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Contributo pubblicato in AA.VV., Manteniamo ferma la professione della fede.

Situazioni credenti e appelli alla fede negli ultimi scritti del NT Proposta di formazione dei catechisti e degli operatori pastorali 2012-2013, Treviso 2012, pp.9-22.

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia (2Tm 3,16)

La nostra fede e le comunit cristiane dal 60 al 100 d.C.


Introduzione Il nostro itinerario di presentazione dellintera Bibbia si conclude con questo quarto anno dedicato agli ultimi scritti del Nuovo Testamento. Si tratta di alcuni testi molto noti, come la lettera agli Ebrei, o lApocalisse, che per non sempre sono facilmente comprensibili, e di altri testi che, invece, sono decisamente meno noti, come le lettere di Giuda, di Giacomo o le due lettere di Pietro. Un caso particolare forse costituito dalle tre lettere di Giovanni, note almeno per alcuni fondamentali passaggi della prima (si veda lespressione famosissima: Dio amore, in 1Gv 4,8), ma pressoch sconosciute nel loro insieme. In verit, mancano allappello anche alcune lettere che sono raccolte allinterno del cosiddetto corpus paolino, ossia quelle indirizzate alle comunit degli Efesini e dei Colossesi e quelle inviate non a comunit, ma a dei singoli, primi responsabili delle giovani chiese dopo lesperienza missionaria di Paolo: Timoteo (a cui sono indirizzate due lettere) e Tito. 1. Gli ultimi scritti del canone biblico cristiano Prima di presentarle nelle loro caratteristiche complessive e specifiche, partiamo da una constatazione abbastanza elementare, ma importante per il tipo di approccio che qui vogliamo realizzare: si tratta di scritture che fanno parte della nostra Bibbia e dunque contengono la parola di Dio e, perch ispirate, sono veramente parola di Dio (cf. DV 24); ci significa che anche da queste dipende la nostra fede, cos come ci stata tramandata; anche questi testi, per restare sempre in ascolto delle indicazioni conciliari, devono essere come lanima della teologia (DV 24); attraverso questi scritti Dio pu ancora parlare a noi oggi nel suo Figlio, la Parola fatta carne se, in comunione con la Chiesa ci lasciamo guidare docilmente allascolto dallo Spirito Santo che, come promesso da Ges stesso, vi insegner ogni cosa e vi ricorder tutto ci che vi ho detto (Gv 14,26). Ebbene, nonostante questo e anche se alcuni di questi scritti ricorrono in periodi particolari dellanno liturgico (la lettera di Giacomo, per esempio, stata letta quasi per intero nelle domeniche XXII-XXVI del T.O. B), si ha limpressione che rimangono per la maggior parte dei cristiani, compresi operatori di pastorale e catechisti, dei testi secondari. Se vero che i Vangeli in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo Incarnato, nostro Salvatore (DV 18), rivestono unimportanza speciale, messa in evidenza anche dal rilievo dato loro nella liturgia, resta pur vero che anche gli altri scritti apostolici composti per ispirazione dello Spirito Santo [] per sapiente disposizione di Dio confermano tutto ci che riguarda Cristo Signore, spiegano ulteriormente la sua autentica dottrina e che attraverso di essi predicata la salvezza dellopera divina di Cristo. Inoltre, c da considerare che, dal punto di vista storico, proprio questi testi rivestono unimportanza decisiva, poich si collocano verso la fine del periodo apostolico, nel momento in cui lo stesso canone del NT si va definendo e sono, per cos dire, essi stessi determinanti per la fissazione dei libri biblici e per la comprensione del modo nel quale devono essere letti. Si pensi, per esempio, allaffermazione di 2Pt 3,15-16 a proposito delle lettere di Paolo e del loro rapporto

con le altre Scritture1, o al passaggio di 2Tm 3,16 che costituisce il titolo di questo incontro, come pure alle parole di apertura e di chiusura del libro dellApocalisse, che in qualche modo possono essere considerate anche valide per linsieme di tutti i libri biblici2. Infine, questi scritti risultano importanti anche perch in essi sono narrati gli inizi della Chiesa e la sua mirabile diffusione nel mondo (DV 20). Il nostro sguardo, dunque, sar attento ad una duplice prospettiva: quella teologica, che ci permette di riconoscere limportanza di tali testi per la nostra fede e per il nostro modo di accostare nella fede lintera Scrittura, e quella storica, che ci permette di ricostruire, almeno parzialmente, le vicende della Chiesa primitiva che non sono direttamente prese in considerazione da Luca nel racconto di Atti degli Apostoli. 2. Scritti anonimi e pseudepigrafici nel NT Quando si accostano questi ultimi scritti biblici, specialmente le cosiddette lettere cattoliche, anche con il solo aiuto delle introduzioni alle moderne edizioni della Bibbia, si rischia di rimanere alquanto perplessi, poich spesso i commenti ne mettono in discussione la paternit3. Per affrontare adeguatamente tali perplessit occorre notare, innanzitutto, un dato sul quale normalmente non si pone adeguata attenzione: molti scritti del NT sono anonimi. Infatti, n i quattro Vangeli, n Atti degli apostoli e nemmeno le lettere comunemente dette di Giovanni, riportano la firma del loro autore. La tradizione, fin dai primi secoli, ha individuato gli autori di tali scritti, aggiungendo un titolo che li identifica chiaramente, ma nel testo biblico originale non appare in maniera esplicita il nome di colui che ha composto il testo. Nei vangeli di Marco e di Matteo, per esempio, il narratore rimane completamente sullo sfondo e in quello di Luca (e in Atti), dove c una sorta di dedica iniziale a Teofilo (cf. Lc 1,1-4; At 1,1-2), anche se lautore parla di se stesso in prima persona (anchio ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza), non rivela mai la sua identit. Similmente, nel Quarto Vangelo, mai si dice che lautore sia Giovanni, mentre, nellultima conclusione del capitolo 21, la comunit giovannea parla nei seguenti termini del discepolo che Ges amava: Questi il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza vera (Gv 21,24). Non diversa la situazione per la lettera agli Ebrei, che stata in qualche caso attribuita a Paolo solo per lultimo riferimento a Timoteo, fidato collaboratore dellApostolo (cf. Eb 13,22-25), ma nella quale non appare mai il nome di Paolo; nelle lettere di Giovanni, poi, si trova solo nella seconda e nella terza una sorta di firma nellespressione Io, il presbitero (2Gv 1; 3Gv 1) che la tradizione

La magnanimit del Signore nostro consideratela come salvezza: cos vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli stata data, come in tutte le lettere, nelle quali egli vi parla di queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina. 2 In apertura dello scritto troviamo una beatitudine: Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritti: il tempo infatti vicino (Ap 1,3); alla fine, invece, c un avvertimento alquanto impegnativo che, essendo a conclusione dellultimo libro biblico, potrebbero anche essere riferite allintera Bibbia: A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli far cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglier qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priver dellalbero della vita e della citt santa, descritti in questo libro (Ap 22,18-19). 3 Riporto come esempio solo una parte dellintroduzione alla seconda lettera di Pietro nellultima edizione della Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 2009, pp. 2878-2879: Vi sono molte considerazioni che mettono in forse lautenticit della lettera e suggeriscono una data pi tardiva. La lingua presenta notevoli differenze rispetto alla Prima lettera di Pietro. Tutto il c. 2 riprende, liberamente ma chiaramente, la Lettera di Giuda. La raccolta delle lettere di Paolo sembra gi formata (3,15s). Il gruppo apostolico messo sullo stesso piano del gruppo profetico e lautore parla come se non ne facesse parte (3,2). Queste difficolt autorizzano dubbi che si sono manifestati fin dallantichit. Non solo luso della lettera non attestato con certezza prima del II sec., ma, in pi, alcuni la rigettavano, come ci testimoniano Origene, Eusebio e Girolamo. Anche molti critici moderni si rifiutano di attribuirla a san Pietro ed difficile dar loro torto. Ma se un discepolo posteriore si rivestito dellautorit di Pietro, forse aveva qualche diritto a farlo, sia che appartenesse alle comunit che dipendevano dallapostolo, sia che utilizzasse uno scritto proveniente da lui, adattandolo e completandolo con laiuto di Giuda.

ha indubitabilmente identificato con lapostolo Giovanni: ma anche qui, in effetti, il testo biblico lascia spazio alle ipotesi pi varie. Tra gli scritti non anonimi del NT, dobbiamo poi distinguere almeno tre categorie: 1) le 7 lettere indiscusse di Paolo (Rm, 1Cor, 2Cor, Gal, Fil, 1Ts, Flm) che riportano il nome reale del mittente, a volte quello dei co-mittenti4 e sempre quello dei destinatari, comunit o singoli che siano; 2) le lettere di tradizione paolina (Ef, Col, 2Ts, 1-2Tm e Tt) che, pur presentandosi come scritte direttamente da Paolo (a volte anche qui con dei co-mittenti) e riportando in maniera chiara lidentit dei destinatari, sono da considerarsi pseudepigrafiche, cio scritte da un autore che si nasconde dietro limportante nome dellApostolo; 3) infine, ci sono le lettere dette cattoliche, che pure riportano il nome del mittente (Pietro, Giacomo, Giuda, Giovanni) sul quale, appunto, gli studi moderni pongono numerosi interrogativi, ma non indicano in maniera chiara chi siano i destinatari5. Tali lettere inizialmente vennero chiamate apostoliche, in quanto scritte da qualcuno degli apostoli, ma in seguito si diffuse anche la qualifica di cattoliche, poich il termine greco katholiks, che significa universale, sembrava adeguato per indicare che questi scritti sono indirizzati ai credenti in generale e non ad una persona o ad una comunit specifica6. Caso del tutto particolare, come si vedr, invece lApocalisse, che descrive chiaramente chi lautore e in quali condizioni si trovava nel momento in cui scrive. 3. Quale affidabilit hanno questi libri del NT? La presenza nel NT di scritti anonimi e ancor pi degli scritti pseudepigrafici pu suscitare in noi alcuni interrogativi che meritano di essere presi in considerazione: 1) possibile che i primi cristiani, se avessero avuto le conoscenze scientifiche che abbiamo noi, se cio fossero stati in grado di mettere meglio in evidenza quali scritti siano realmente di un determinato autore, avrebbero escluso alcuni di questi dal canone biblico? 2) Come dobbiamo considerare quei testi che la Tradizione ha accolto come scritti dagli apostoli e che, invece, con ogni probabilit sono opera di qualcuno allinterno delle comunit legate a detti apostoli? 3) Siamo di fronte ad una sorta di falsificazione che pu mettere in crisi la nostra fede e il nostro approccio a tali testi? Per trovare risposta a tali questioni occorre innanzitutto ricordare che, nel processo di canonizzazione, le prime comunit cristiane non si sono lasciate condizionare dalla presenza del nome di un apostolo o di un autore di area apostolica, ma hanno sostanzialmente sempre tenuto conto di almeno tre criteri fondamentali: 1) lapostolicit, 2) lortodossia e 3) la cattolicit7. Dovevano, cio, essere scritti da apostoli o
Sstene in 1Cor, Timteo in 2Cor, Fil e Flm, tutti i fratelli che sono con me in Gal, Silvano e Timteo in 1Ts. Giacomo, servo di Dio e del Signore Ges Cristo, alle dodici trib che sono nella diaspora, salute (Gc 1,1); Simone Pietro, servo e apostolo di Ges Cristo, a coloro ai quali il nostro Dio e salvatore Ges Cristo, nella sua giustizia, ha dato il medesimo e prezioso dono della fede (2Pt 1,1); Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito [], quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunciamo a voi, perch anche voi siate in comunione con noi ((1Gv 1,1.3); Io, il Presbitero, alla Signore eletta da Dio e ai suoi figli, che amo nella verit, e non io soltanto, ma tutti quelli che hanno conosciuto la verit (2Gv 1,1). 6 Se si vuole, fanno in parte eccezione 1Pt 1,1 che esordisce cos: Pietro, apostolo di Ges Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadcia, nellAsia e nella Bitinia, ma anche in questo caso le indicazioni sono molto generiche e comprendono unarea ampia quasi come tutta la moderna Turchia e la Terza lettera di Giovanni, che riporta un destinatario preciso: Io, il presbitero, al carissimo Gaio, che amo nella verit (3Gv 1,1). 7 Tertulliano accomuna insieme i tre criteri essenziali, consistenti nelluso tradizionale di uno scritto (quid legant philippenses, thessalonicenses, ephesii), nellautorit apostolica (quod ab initio quod ab apostolis) e nellortodossia in quanto conformit agli inizi (id verius quod prius) (Adv. Marc. 5,5,1). Proprio questultimo in realt il pi importante, perch ingloba in s gli altri due; ma determinante precisare che, a ben vedere, non tanto lantichit cronologica fa lortodossia e lautorit dello scritto, ma piuttosto la conformit dello scritto alla tradizione che fa la sua ortodossia e autorevolezza; cio, il contenuto determina il valore, R. PENNA, Le prime comunit cristiane. Persone, tempi, luoghi, forme, credenze, Carocci Editore, Roma 2011, 176.
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da autori a loro vicini (n Luca n Marco sono apostoli, ma sono considerati rispettivamente legati a Paolo e a Pietro), per sensibilit e per epoca storica; dovevano avere contenuti corrispondenti al Vangelo di Ges e mostrare la loro capacit di edificare la fede dei singoli e la vita della comunit; dovevano, infine, essere utilizzati nella liturgia dalla maggioranza delle comunit cristiane. Vale la pena di riprendere qui una testimonianza di Eusebio di Cesarea che ci fa comprendere come i primi cristiani non siano stati per niente degli sprovveduti quando hanno accolto come ispirati solo alcuni scritti, selezionandoli tra i numerosi che circolavano nellarea mediterranea tra il I e il II secolo.
Nella Historia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea si narra della visita del vescovo Serapione di Antiochia (200 circa) a Rosso, in Cilicia, ove viene a conoscenza di un vangelo attribuito a Pietro. Egli sulle prime non indaga sullautenticit dellautore di tale scritto ma, quando viene a sapere di eresie che turbavano la comunit, esamina il contenuto del libro e lo rifiuta, perch scorge in esso testimonianza di dottrine fuorvianti (della cui natura purtroppo Eusebio non fa menzione). Per giustificare la propria presa di posizione, Serapione afferma: Come uomini di esperienza (hs empeiroi) respingiamo gli scritti che falsamente portano i loro [intendi: degli apostoli] nomi, sapendo che nulla di simile ci stato trasmesso. Egli, quindi, per rifiutare lo scritto adduce la motivazione della falsit della sua attribuzione a Pietro. Tuttavia questa falsit non stata appurata sulla base di unindagine critica sulla possibilit che lapostolo avesse effettivamente scritto tale vangelo, ma sulla base contenutistica, in quanto la sua esperienza di fede trova il contenuto del vangelo difforme dalla dottrina ortodossa (contenuto dottrinale), e sulla base della mancata trasmissione di tale vangelo da parte delle Chiese (criterio dellaccettazione della Chiesa). Che Pietro non fosse lautore del vangelo attribuitogli non il criterio dirimente, ma la logica conseguenza del mancato riscontro degli altri criteri. Di essi, risulta quindi 8 preponderante quello dellortodossia .

Non difficile capire, dunque, perch alcuni di questi scritti, la cui autenticit letteraria discussa, non siano stati accettati subito nel canone della Chiesa in maniera unanime. Questi vengono detti anche deuterocanonici perch la loro accoglienza, rispetto ad altri scritti, ha rischiesto tempi pi lunghi e il superamento di una serie di constrasti tra le diverse comunit cristiane. Si pensi al caso emblematico della lettera di Giacomo: il primo che la cita come scrittura al pari degli altri scritti Origine (morto nel 254), e se dal IV secolo si pu ritenere che si fosse trovato un certo consenso, ancora Lutero, al tempo della Riforma, aveva escluso il testo dal canone perch lo riteneva in contrasto con le posizioni di Paolo sulla giustificazione; solo nel sec. XVII, dopo che la polemica con il Concilio di Trento era andata un po scemando, anche le chiese luterane decisero di accogliere la lettera nel loro canone. La questione dellautenticit letteraria, dunque, (=il fatto che uno scritto sia storicamente e realmente opera di un certo autore), pur essendo presa in considerazione fin dai primi secoli di storia della Chiesa, non mai stata considerata il criterio decisivo per riconoscere il valore di uno scritto in quanto parola ispirata: quanto gli studi moderni possono dire, dunque, non mette in discussione limportanza di tali testi per la nostra fede, perch il canone biblico si forma in relazione a un discernimento ecclesiale che tiene conto di parametri che la stessa comunit credente ha progressivamente riconosciuto come decisivi. 4. Gli ultimi scritti del NT e la storia Fatta questa precisazione, dunque, passiamo alla descrizione dei testi che ci interessano. Dopo i 4 racconti evangelici e la narrazione lucana di Atti degli Apostoli, troviamo nella nostra Bibbia una raccolta di 13 lettere dellapostolo Paolo, di cui 9 destinate a 7 diverse comunit ecclesiali (Roma, Corinto [2], Galazia, Efeso, Filippi, Colosse, Tessalonica [2]) e 4 indirizzate a dei singoli (a Timoteo [2], a Tito e a Filemone). La quattordicesima, che costituisce una sorta di confine esterno dellepistolario stesso, la cosiddetta lettera agli Ebrei che non pretende di essere di Paolo, ma che a lui stata associata per vari motivi. Nel gruppo delle lettere paoline, come abbiamo accennato, ce ne sono alcune (Ef, Col, 2Ts, 1-2Tm, Tt) che, con ogni probabilit, devono piuttosto essere attribuite ad autori della scuola, o meglio della
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S. ROMANELLO, Lettera agli Efesini, Paoline, Milano 2003, 264.

tradizione paolina e che, dunque, sono state redatte qualche anno dopo la morte di Paolo (dopo il 67), da qualcuno che aveva conosciuto lApostolo e che ne aveva ben assimilato il messaggio, quando le problematiche comunitarie e la comprensione teologica del vangelo avevano subto gi una certa evoluzione. Le lettere scritte alle comunit di Colosse e di Efeso, in effetti, possono essere un punto di riferimento per tentare di riscostruire la situazione di tali chiese nella seconda met del I secolo. Ulteriori informazioni sulle comunit della fine del I secolo si ricavano dalle cosiddette lettere pastorali, la Prima e Seconda lettera a Timoteo e quella a Tito: questultima, in particolare, sembra in grado di offrirci informazioni relative alla comunit cristiana che si era formata nellisola di Creta. Dopo la Lettera agli Ebrei, anonima, altre 7 lettere si pongono sotto lautorit di differenti figure apostoliche: Giacomo, Pietro (2), Giovanni (3) e Giuda. Quella agli Ebrei, indirizzata ai cristiani dellItalia, o proveniente dallItalia (cf. Eb 13,24), non rivolta solo a giudeo-cristiani, ma pi in generale a tutta la comunit ed piuttosto unomelia che presenta una straordinaria sintesi dellinsegnamento cristiano in un confronto tra Antico e Nuovo Testamento, dove spicca la novit assoluta del sacerdozio di Cristo che si realizza nella sua passione, morte e risurrezione. Le lettere di Giacomo, Pietro e Giuda hanno alcuni elementi caratteristici comuni. Innanzitutto, sebbene utilizzino il formulario epistolare, non sono lettere in senso proprio: hanno, infatti, il tono di una comunicazione orale, raccolgono soprattutto ammonimenti ed esortazioni con la finalit di persudare luditorio: ci viene fatto con un ricorso costante alle Scritture dellAT. Dunque, si tratta di discorsi esortativi o di omelie inserite in una cornice epistolare che possono aver visto la luce in comunit composte soprattutto di giudeo-cristiani che avevano tenuto vito il legame con lambiente giudaico originario (anche se occorre ricordare che si trattava comunque di un giudaismo ormai totalmente immerso nel mondo ellenistico). Le tre lettere di Giovanni vengono normalmente raccolte nel corpus giovanneo, insieme al Quarto Vangelo e allApocalisse. Questultima chiude il canone biblico ed caratterizzata da un genere letterario apparentemente molto diverso ma che, in effetti, risulta essere comunqe una lunga lettera indirizzata alle comunit dellAsia minore introdotta da 7 biglietti pi specificamente indirizzati a feso, Smirne, Prgamo, Titira, Sardi, Filadlfia e Laodica. Se tutti questi scritti sono tradizionalmente attribuiti allapostolo ed evangelista Giovanni, ricordiamo che solo lApocalisse riporta il nome di Giovanni come autore, mentre il Vangelo parla del Discepolo che Ges amava e le lettere di un non meglio precisato Presbitero. probabile, dunque, che gli autori siano diversi, ma effettivamente la tradizione ha visto bene nellindividuare elementi comuni ai cinque scritti: se un nucleo originale, specialmente nel Vangelo, pu risalire direttamente alle memorie di Giovanni, gli altri sono probabilmente scritti che nascono in comunit legate strettamente a questo grande apostolo, ma che ci portano, storicamente, ad un periodo che si colloca tra l80 e il 100 d.C.. 5. Il complesso rapporto tra cristianesimo nascente e giudaismo Dal punto di vista storico, dunque, se per ricostruire le vicende delle comunit di Gerusalemme, Antiochia, Tessalonica e Corinto fino al 60 circa abbiamo raccolto notizie tanto dal racconto di Atti degli Apostoli, quanto da alcuni passaggi delle prime lettere paoline, prendendo in considerazione questi ultimi scritti possiamo, invece, provare a ricostruire il quadro storico delle comunit cristiane negli anni dal 60 al 100 d.C.: le comunit paoline di seconda generazione, quelle legate alla figura di Giovanni e quelle da cui nascono le lettere di Giacomo, Pietro e Giuda. Le prime comunit cristiane si sono diffuse nel bacino del mediterraneo a partire dal riferimento alle sinagoghe giudaiche della diaspora. Non solo, infatti, le sinagoghe furono il luogo del primo annuncio del vangelo (in Atti degli Apostoli Paolo inizia sempre la sua predicazione dalla sinagoga o, dove questa non ci sia, dal luogo di raduno dei giudei, come a Filippi, cf. At 16,13), ma anche lo stesso stile della liturgia sinagogale diventa il modello delle prime assemblee cristiane, che si radunano prevalentemente per 5

lascolto delle Scritture. Eppure proprio da parte della sinagoga, come gi in Israele cos pure nella diaspora, si registra una ostilit testimoniata sia dal racconto lucano (cf. At 13,45; 14,2.19; 17,13; 18,6; 19,9) che dalle lettere paoline (cf. 1Ts 2,14-16; 2Cor 3,14; Fil 3,2; Gal 5,11; 6,12). Qualcuno ha cercato di individuare una data precisa nella quale si sia realizzata una chiara presa di distanza tra giudaismo e cristianesimo, ma forse pi corretto pensare a dei passaggi progressivi di presa di distanza, come pure a situazioni differenziate a seconda delle diverse zone di influenza. Se gi il Ges storico ha sperimentato una certa opposizione, almeno da una parte del giudaismo, Paolo si trova ad affrontare in maniera drammatica lincredulit e il rifiuto ostile del messaggio evangelico da una parte del suo popolo, il popolo eletto (cf. Rm 9-11); la Lettera detta agli Ebrei testimonia una forte presa di distanza da parte cristiana nei confronti della tradizione del culto e del sacerdozio giudaico; la tradizione giovannea, qualche anno dopo, mette in evidenza che ormai si realizzata una sorta di esclusione reciproca tra giudei e credenti in Cristo: basti considerare il modo nel quale il Quarto Vangelo si riferisce alle feste dei giudei (cf. Gv 2,13; 5,1; 6,4; 7,2; 11,55), oppure al fatto (anacronistico, se riferito alla vicenda del Ges storico) della possibilit di essere espulsi dalla sinagoga che si riscontra nellepisodio della guarigione del cieco nato (cf. Gv 9,20-23). Le comunit cristiane nate dal giudaismo della diaspora, dunque, negli anni dal 60 al 100 si dovevano ormai trovare ai margini della loro tradizione di origine, e probabilmente risultavano non ancora del tutto integrate con quella parte di comunit che proveniva dal paganesimo. Si possono fare, per, delle ulteriori precisazioni, che ci aiutano a collocare storicamente i testi che andremo accostando, perch non si deve dimenticare che il cristianesimo delle origini conosce diverse sfumature nellinterpretazione dello stesso messaggio evangelico, le quali sono state raccolte e, in qualche modo, unificate nel testo biblico. Possiamo dire che il cristianesimo ha la sua vera matrice, sia in senso cronologico che teologico-cristologico, nel giudeo-cristianesimo: si tratta del cristianesimo nella sua prima fase, costituito dagli uomini di Galilea che avevano seguito Ges nel suo ministero pubblico, ma anche da quei cristiani di Gerusalemme che erano pi legati ai Dodici e ai parenti di Ges (cf. At 1,14), come pure da quelli di Damasco. Proprio a questo gruppo sembrano maggiormente legate le lettere che abbiamo chiamato cattoliche e che, non a caso, sono attribuite allapostolo Pietro, a Giacomo il fratello del Signore (cf. Gal 1,19) che era diventato punto di riferimento principale della comunit di Gerusalemme (cf. anche At 12,17; 15,13) e a Giuda fratello di Giacomo (cf. Gd 1,1). Tener conto di questa appartenenza, render pi facile comprendere il senso di certe sottolineature, specie di quelle che sembrano esplicitamente antipaoline (cf. Gc 2,14-18). A questo gruppo che rimaneva ancorato alla circoncisione e allosservanza della Torah, in effetti, si oppone chiaramente Paolo e il paolinismo, che insistono sulla gratuir del dono della salvezza accolto nella fede e sulla conseguente libert rispetto alla Legge. Come si potr constatare, per, in modo diverso si realizza pure una presa di distanza anche nella lettera agli Ebrei e, soprattutto, nella tradizione giovannea. Anzi, proprio le comunit legate alla figura di Giovanni sembrano essere quelle che registrano un distacco ormai realizzato rispetto al giudaismo da cui provengono. Forse lallontanamento dalle sinagoghe dei Giudei che erano diventati cristiani (cf. Gv 9,20-23; 16,2) pu essere legata alla Birkat haminm, maledizione dei separati, che Rabbi Gamaliele fece inserire nelle Diciotto Benedizioni tra l80 e il 90 d.C., anche se i separati non erano esclusivamente i cristiani. La prima e pi grave conseguenza di questa espulsione dalla sinagoga era la perdita della identit giudaica e, dunque, anche di quei privilegi giuridici sociali che questa comportava, come la possibilit di rifiutare di rendere culto allimperatore: questa sar poi una delle cause delle persecuzioni nei confronti dei cristiani di cui troviamo una drammatica testimonianza nel libro dellApocalisse9.

Cf. PENNA, Le prime comunit cristiane, 208.

6. Come sono nati questi scritti anonimi e pseudepigrafici? Concludiamo questa nostra riflessione introduttiva tornando sul fenomeno della pseudepigrafia: se oggi questo ci lascia alquanto perplessi, occorre notare che allinizio dellera cristiana era in realt ampiamente diffuso sia in ambito pagano che giudaico. Nel giudaismo troviamo questo fenomeno sia negli scritti biblici che in quelli della letteratura intertestamentaria. NellAT buona parte degli scritti anonima, altri sono attribuiti a Davide (vedi i Salmi), mentre gli scritti sapienziali sono normalmente considerati opera di Salomone. Evidente risulta poi lutilizzo della pseudepigrafia negli scritti apocalittici extra biblici, nati nei secoli II a.C. - I d.C., quali quelli attribuiti a personaggi del passato come Enoch, Mos, Baruc, Esdra. Nel mondo greco la pseudepigrafia era addirittura approvata, quando si trattava di discepoli che scrivevano sotto il nome del loro maestro: Nobile cosa che essi [= i pitagorici] attribuissero tutto a Pitagora e assai di rado si procacciassero una gloria personale per le loro scoperte: onde sono assai pochi coloro dei quali si conoscono gli scritti propri10. Data questa constatazione relativa al contesto culturale nel quale nascono i primi scritti cristiani, ci si pu chiedere se tale prassi sia stata semplicemente assunta in maniera acritica dagli autori neotestamentari, o se non ci possano essere dei motivi pi particolari che hanno portato a questa scelta. Tale questione merita di essere inquadrata entro unaltra osservazione: tra le 7 lettere indiscusse di Paolo (tutte scritte entro il 60 d.C.) e lo scritto non biblico della cosiddetta Prima lettera di Clemente (attorno al 100 d.C.), sostanzialmente non si trovano scritti composti sotto il vero nome dellautore, ma solo degli anonimi o degli pseudepigrafi. Eppure proprio in questo periodo, come gi si osservava, viene composta la maggior parte degli scritti biblici neotestamentari. Perch mai tra il 60 e il 100 nessuno scrittore appartenente alla comunit cristiana emerge chiaramente in primo piano, ma resta nascosto dietro i suoi scritti o comunque dietro nomi altrui?11. Un motivo plausibile pu essere il fatto che in tale periodo non esisteva una personalit o unistituzione che avesse autorit su tutta la chiesa, per cui chi intendeva proporre un messaggio di tipo universale, non poteva che rifarsi a coloro che gi godevano di una particolare autorevolezza ormai riconosciuta in quasi tutte le chiese. Bisogna osservare, in effetti, che in questo periodo avvengono alcuni fenomeni interessanti: 1) si rafforza progressivamente la configurazione istituzionale delle comunit locali; 2) si delinea una prima distinzione tra ortodossia ed eterodossia, qualunque connotazione queste vengano ad assumere; 3) il giudaismo e il cristianesimo si allontanano sempre pi fino a separarsi completamente; 4) viene superato il problema del ritardo della parusia e si forma la consapevolezza del compito della Chiesa nella storia; 5) si forma in maniera sempre pi chiara il concetto di una tradizione apostolica vincolante12. Finita la prima generazione apostolica, dunque, alcuni uomini saggi hanno saputo restare fedeli a quanto dagli stessi apostoli avevano ricevuto senza oscurarne il nome e lautorit, prendendo per anche posizione rispetto alle nuove situazioni che la comunit ecclesiale andava incontrando. Ma le prime comunit cristiane hanno vissuto consapevolmente questo fatto? Probabilmente s; anzi, si pu pensare che la pseudepigrafia fosse un fatto comunitario: in effetti, difficile pensare che, in un primo circolo ristretto, dove lo scritto nasceva, la comunit non fosse consapevole della sua reale origine; perci, si pu ritenere che tanto la nascita, quanto laccoglienza dello scritto come autorevole ed ispirato, fossero fenonemi che avvenivano allinterno della comunit13.

GIAMBLICO, La vita pitagorica 198, citato in PENNA, Le prime comunit cristiane, 175. PENNA, Le prime comunit cristiane, 178. 12 Questa la classica posizione di K.M. Fischer in unopera in lingua tedesca del 1973 i cui contenuti sono sinteticamente riportati da PENNA, Le prime comunit cristiane, 179. 13 Ci significa che, per esempio, improbabile pensare che qualcuno, magari con lo scopo di ingannare, abbia potuto introdurre dallesterno uno scritto attribuito a Paolo nella comunit di Tessalonica, quando magari Paolo era gi stato martirizzato: la comunit doveva aver custodito gelosamente la prima lettera che lApostolo aveva loro indirizzato e
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Conclusione A conclusione del nostro itinerario, dunque, dovrebbe risultare chiaro che il contesto nel quale le Scritture sono nate, e dunque anche quello pi adeguato nel quale leggerle in maniera rispettosa della loro identit profonda, quello della comunit di fede, specialmente quando radunata nel momento della celebrazione liturgica. Le lettere della tradizione paolina lo raccomandano abbondantemente:
La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi ed ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Ges, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre (Col 3,1617);

la tradizione legata agli insegnamenti di Pietro precisa ulteriormente:


E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere lattenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finche non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella luminosa del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poich non da volont umana mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio (2Pt 1,19-21).

Il libro dellApocalisse, infine, tutto collocato entro una solenne liturgia nel giorno del Signore14, verso la fine cos si rivolge al lettore di ogni epoca: Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro (Ap 22,6-7). Infine, la Bibbia si conclude con una promessa che viene accolta da una corale invocazione di tutta lassemblea liturgica: Colui che attesta queste cose dice: S, vengo presto!. Amen. Vieni, Signore Ges! (Ap 22,20). don Michele Marcato

Bibliografia essenziale PENNA, R., Le prime comunit cristiane. Persone, tempi, luoghi, forme, credenze, Carocci Editore, Roma 2011. PEREGO, G., ABC per la lettura della Bibbia. Piccolo vademecum introduttivo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2004. SACCHI, A. (a cura), Lettere paoline e altre lettere, Logos. Corso di studi biblici 6, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1996.

difficilmente avrebbe creduto ad una seconda lettera emersa dal nulla di cui nessuno era a conoscenza: la comunit che lha accolta, probabilmente anche la stessa nella quale la seconda lettera ai Tessalonicesi stata prodotta, proprio per rispondere, nella fedelt al messaggio di Paolo, a questioni nuove che andavano emergendo nei primi decenni dopo la prima missione dellApostolo delle genti. 14 Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Ges, mi trovavo nellisola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Ges. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese (Ap 1,9-11). Sul modo in cui il libro dellApocalisse descrive il fenomeno della parola ispirata si pu vedere il prezioso contributo di U. VANNI, il divenire della Parola di Dio in M. MARCATO (a cura), Scriptura sacra cum legentibus crescit. Scritti in onore di A. Marangon nel suo 80 compleanno, EMP-FTTR, Padova 2012.

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