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Tov~vus ~ xUi1iuisciviiN~vv

ioUNu~1ioN oi ON1oiocv
Voi. 1, NN. 12 t2012
CRl
CiN1vo lN1ivN~zioN~ii viv i~ Ricivc~ liiosoiic~
P~iivxo
Voi. 1, NN. 12 t2012
Tov~vus ~ xUi1iuisciviiN~vv
ioUNu~1ioN oi ON1oiocv
Edited by Andiea Le Moli and Pietio Giuniida
CRl
CiN1vo lN1ivN~zioN~ii viv i~ Ricivc~ liiosoiic~
P~iivxo
EPEKElNA is a sixmonthly double-blind peei-ieviewed jouinal published online
by CRl CrN1vo lN1rvN~zioN~ir vrv i~ Ricrvc~ liiosoiic~, a non-pioht
cultuial association and indipendent ieseaich centie founded in Paleimo (ltaly)
as spin-on of the local University. It covers all sorts of research on Ontology
including Metaphysics, Epistemology, Ethics, History of Philosophy, Philosophy
of Science, Philosophy of Language, Philosophy of Religion, Philosophy of Mind,
Political Philosophy, and other relevant areas. It tries to provide a platform for
scholars worldwide to exchange their latest hndings.
Associate Editors
Rosaria Caldarone
Angelo Cicatello
Andrea Le Moli
Scientic Committee
Joseph Cohen
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Stephen E. Gersh
Leonard Lawlor
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Francisco J. M. Martinez
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Leonardo Samon
Andreas Urs Sommer
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Section Advisors
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Editorial Board
Chiara Agnello
Carmelo Cal
Marco Carapezza
Francesco La Mantia
Rosa Maria Lupo
Rosa Rita Marchese
Fabio Tutrone
Luca Vanzago
Editorial Oce
Pietro Giunrida
Ranaele Mirelli
Published on line by
CRF C I
Palermo
www.ricercafilosofica.it
ISSN: 2281-3209
DOI prehx: 10.7408
Journal Logo by Fabrizio Spina
www.fabriziospina.com
Cover image by Lanfranco Quadrio
www.lanfrancoquadrio.com
Contents
History of the platonic-aristotelian tradition
Andrea Le Moli
Platone e la Scuola di Marburgo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Pietro Giunrida
Being opposite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Ranaele Mirelli
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
Medival Ontology
Stephen Gersh
Rewriting the Proslogion . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
Critical Ontology and Modern Age
Luciano Sesta
We never advance one step beyond ourselves . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
Emanuele Lacca
Juan Sanchez Sedeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
Hermeneutical and Phenomenological Ontology
Luca Vanzago
Passivity and Time . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
Ontology and Deconstruction
Leonardo Samon
Lospitalit dello straniero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
Carmine Di Martino
Derrida e il pensiero del vivente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
Patrizia Cecala
Tra identit e alterit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
Notes, Reports & Interviews
Emanuele Lacca
The 10th ISNS International Conference . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
5
Laura Candiotto
X International Ontology Congress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233
Ranaele Mirelli
Ohnmacht des Subjekts Macht der Persnlichkeit . . . . . . . . . . . . . . . 237
Book Reviews
Pietro Giunrida
Jessica Moss, Aristotle on the Apparent Good . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243
Filippo Di Trapani
Markus Gabriel, Il senso dellesistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249
Omar Di Paola
Laura Candiotto, Le vie della confutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257
History of the
platonic-aristotelian
tradition
Platone e la Scuola di Marburgo
Ontologia e metasica in Cohen, Natorp, Hartmann
1
Andrea Le Moli
1. Introduzione: lopposizione logica-metasica nel giovane
Nicolai Hartmann (1905-1909)
La rinnovata interpretazione di Platone un momento determinante
dellimpostazione che denisce in senso unitario la cosiddetta Marbur-
ger Schule. Tra le opere che contribuiscono a tracciarne i caratteri c
sicuramente quella Logica platonica dellessere (Platos Logik des Seins)
pubblicata nel 1909 da Nicolai Hartmann (1882-1950) come terzo volume
della serie delle Philosophischen Arbeiten curate da Hermann Cohen e
Paul Natorp.
2
Si tratta di un testo che, oltre a testimoniare una con-
tinuit profonda tra le principali impostazioni neokantiane in merito
allinterpretazione della losoa platonica, parte da una particolare
opposizione tra logica e metasica che, a detta di Hartmann, con-
dizionerebbe ogni interpretazione del pensiero di Platone sin dai tempi
dei suoi immediati successori e di Aristotele.
3
Lo scritto del 1909 esordisce opponendo espressamente allidea che
quella di Platone sia una metasica dellessere lopposta tesi per cui
essa sarebbe in realt una logica:
Che in Platone, nella misura in cui la sua in generale una
losoa teoretica, si debba trattare di una teoria dellessere,
1. Una versione di questo contributo gi apparsa in R 2010, 157-175
2. H 1909.
3. La teorizzazione di questopposizione viene maturata dal pensatore russo-tedesco
nel corso del suo apprendistato losoco a Marburgo, appunto presso i fondatori del
Neokantismo marburghese, Hermann Cohen e Paul Natorp. Nato nel 1882 a Riga,
capitale dellantico stato di Livonia, Hartmann aveva frequentato inizialmente le scuole
elementari russe e solo nel 1897 aveva avuto accesso al ginnasio di lingua tedesca di
San Pietroburgo. In seguito alla rivoluzione russa del 1905 si era quindi trasferito a
Marburgo, dove aveva vinto un concorso accademico con una dissertazione dal titolo
Il concetto di essere e non-essere nel suo signicato per la teoria platonica delle idee che
sarebbe poi conuita nella tesi di laurea del 1907 dal titolo Il problema dellessere nella
losoa greca prima di Platone. Questi studi sarebbero culminati nella pubblicazione
nel 1909 di quella Logica platonica dellessere che, insieme al testo su I principi losoci
della matematica in Proclo Diadoco, gli permetteranno di conseguire la libera docenza.
Andrea Le Moli
dicilmente qualcuno lo contester. Che per questa teoria
rappresenti una logica, e non piuttosto una metasica dellessere,
una tesi che forse non incontra un consenso immediato [c. n.].
4
E riportando lopzione metasica ad una sorta di variante interpre-
tativa del platonismo sorta in conseguenza di una sopravvalutazione,
da un lato, delle critiche aristoteliche; dallaltro, degli elementi mistici e
spiritualistici presenti nella losoa dellAteniese:
Si sempre visto in Platone il metasico. Da Aristotele in poi si
intesa la sua idea come una cosa sovrasensibile, la sua anima
come una sostanza psichica, la sua dottrina dellessere come
ontologia. Questa convinzione dunque antica quanto il plato-
nismo stesso e, come si usa anche anermare, un fatto storico
allo stesso modo di quello. Pertanto questa convinzione deve
avere da qualche parte la sua motivazione, che non deve essere
trascurata, nella misura in cui anche lo sguardo storico che ma-
tura lentamente giunge ad una concezione pi profonda. [...] la
sua predilezione per la teologia orhca e pitagorica, la sua perso-
nale fede nellimmortalit e nella vita nellaldil, la sua visione
estetico-teleologica della bont e della bellezza delluniverso na-
turale sono incontestabili e, dal punto di vista storico-culturale,
tratti dominanti della sua opera, cos come del suo infusso sul
mondo a lui contemporaneo e successivo. Ma ci non vuol dire
che questi tratti devono essere anche quelli determinanti dal
punto di vista hlosohco. [...] Per questa ragione la concezione
logica dellessere non ha alcun bisogno di essere messa in un
rapporto rigorosamente esclusivo con quella metahsica delle
idee che per la maggior parte si cercata in Platone e che in
quasi tutte le presentazioni del suo pensiero stata posta in
cima [...]. E come certo che nel corso generale dei problemi
hlosohci linteresse metahsico oltrepassato e sostituito da quel-
lo logico-scientihco, altrettanto certo deve essere che il punto di
vista logico, per come si pu rintracciare in un pensatore antico,
deve rappresentare un criterio pi profondo e determinante per
la valutazione della sua hlosoha rispetto a quello metahsico, per
quanto anche questo possa sempre presentarsi integro accanto a
4. H~v1x~NN 1909, III
10
Platone e la Scuola di Marburgo
quello. ln questo senso la logica dellesseie nel cui senso noi
ceichiamo di intendeie la dottiina delle idee, lascia sumciente
spazio in Platone ai tiatti poetici, mitici e dunque metahsici.
Essa non pietende di esseie lunico punto di vista possibile, ma
ceito quello che d la misuia dellappiezzabilit hlosohca.

Pei giustihcaie questa tesi occoiie, secondo Haitmann, dimostiaie


(erweisen) il caiatteie logico del concetto platonico di esseie, il che
puo esseie fatto anzitutto iipoitando listanza metahsica alle condizioni
stoiiche obiettive del contesto platonico e pieplatonico.
Gi nella disseitazione del 190 Haitmann aveva iipeicoiso le posi-
zioni fondamentali della hlosoha piesociatica in ielazione al pioblema
del non esseie e, a paitiie dallanalisi testuale dei fiammenti e delle te-
stimonianze ielative, ceicato di dimostiaie come nel lessico aicaico che
doveva foiniie la base di sviluppo del pi taido concetto di esseie, fos-
se contenuto un movimento che andava in diiezione di una piogiessiva
libeiazione dalla iappiesentazione tiadizionale e piehlosohca
Quel che e istiuttivo nella stoiia pieplatonica dellesseie e il
piocesso, in costante compimento, di aniancamento dalla iap-
piesentazione iniziale di un ente dato.

Laniancamento dal piano della Vorstelllung di un ente gi dato


aviebbe condotto, secondo Haitmann, alla divisione eiaclito-paimenidea
del cosmo della iappiesentazione in due sfeie o livelli quello del
veio esseie (aletheia) e quello della paivenza (doxa). La piogiessiva
contestazione del piano di datit dellesseie (lesseie come qualcosa di
gi dato assolutamente) in cui la iappiesentazione umana inizialmente
si muove si saiebbe tiadotta nel tentativo dei due hlosoh, da un lato, di
dimostiaie lillusoiiet della iappiesentazione immediata, dallaltio di
attestaie la consistenza del ieale ad un livello pi piofondo di quello
accessibile ai sensi il piano del concetto o logos.
Questultimo saiebbe stato, tanto in Eiaclito quanto in Paimenide,
caiatteiizzato come il piano di unit in cui tiovano conciliazione aimo-
nica quelle opposizioni insostenibili tia esseie e non-esseie che la
dimensione della doxa iivela invece ad ogni passo. ln quanto capacit
. H~v1x~NN 1909, lll-VI
6. H~v1x~NN 1909, 83.
11
Andrea Le Moli
di coglieie in unit le deteiminazioni contiaiie del ieale (il tempo, il
movimento, il diveniie, il geneiaisi e il coiiompeisi delle cose), il logos
funzioneiebbe dunque come una unit, gi sempie aimonicamente aiti-
colata, tia positivo e negativo, cos che il senso di esseie che viene
fuoii da questa nuova consideiazione logica del mondo subiiebbe
una piofonda estensione e modihcazione iispetto a quello tiadizionale.
Secondo il tipo di iappiesentazione che qui e in opeia, infatti,
lesseie non aviebbe pi il senso di un oscillaie peienne tia detei-
minazioni contiaiie (il nasceie e il peiiie, il geneiaisi e il coiiompeisi),
ma piuttosto quello di un conteneie le opposizioni (esseie e non
esseie) allinteino di una ielazione aimonica. E questo nuovo senso si
iiveleiebbe fondato piopiio sulla capacit del logos di teneie in iappoito
non contiaddittoiio le deteiminazioni contiaiie.
Questa coiielazione fondamentale tia positivo e negativo che sta
alla base del concetto hlosohco di esseie e, secondo Haitmann, il
fulcio di una coiietta compiensione anche della dottiina platonica delle
ldee. La sua mancata tematizzazione spiegheiebbe il fiaintendimento
sostanziale cui la dottiina delle idee saiebbe andata incontio gi nel
pensieio di Aiistotele
Nella hlosoha platonica ci si fanno incontio due concetti la cui
impoitanza fondamentale viene messa iipetutamente e con foi-
za in piimo piano, e che, pei cos diie, assumono una posizione
centiale iispetto agli altii concetti fondamentali. Sono i concetti
di esseie e non-esseie. Non in tutte le epoche si e saputo va-
lutaie coiiettamente limpoitanza di questi concetti, che sono
coinvolti nella compiensione dellidea platonica e la accompa-
gnano. Questi concetti sono pensati come idee e pei le idee. Pei
questo motivo occoiie anzitutto avei colto il signihcato metodico
dellidea pei potei familiaiizzaie con il senso metodico di questi
concetti, che Platone intendeva nel fatto che i concetti fonda-
mentali devono essei posti a fondamento pei potei iiconosceie,
a paitiie da essi, la possibilit del sapeie stabile (gesicherten
Wissens). Solo da questo punto di vista si puo compiendeie la
coiielazione fondamentale tia esseie e non-esseie. Poich Pla-
tone aveva avuto nellidea il mezzo pei conquistaie il veisante
metodico dei concetti, questa coiielazione fondamentale poteva
mostiaisi a lui nel suo essenziale valoie logico. Questo valoie
viene nuovamente peiso gi con Aiistotele. E peio anche que-
12
Platone e la Scuola di Marburgo
sto doveva di necessit accadeie, dal momento che eia andato
peiduto il medio (Mittel) logico dellidea. lnfatti senza questo
non ce alcun pioblema dellesseie in senso platonico, vale a
diie come coiielazione logica fondamentale. Pei Aiistotele tut-
to cio che pei Platone eia una capacit (Leistung) del pensieio
iicade nelloiizzonte del dato. Da qui anche lidea diventa pei
lui una cosa - e in quanto tale natuialmente iigettata. Lesseie,
peio, che non puo veniie iigettato, diventa assoluto nel senso
dellAssolutamente Dato. Tutti i quattio piincipi dellesseie che
egli enuncia vengono da lui compiesi in questa assoluta datit.
Pei questo motivo non ce pi spazio pei il non-esseie. Esso deve
peideie il suo senso oiiginaiio, che doveva esseie puiamente
metodico (reine Methode), ma questo tiatto metodico puio viene
in Aiistotele disconosciuto .

ll pioblema dellesseie (Seinsproblem) diveiiebbe dunque com-


piutamente inteipietabile in Platone come una questione di natuia
logica, ossia come laiticolazione a tutti i livelli del ieale della polaiit
fondamentale tia esseie e non esseie. Stante la sua esplicita espulsione
del non-esseie dal piano della iifessione ontologica, Aiistotele aviebbe
hnito invece pei iiduiie lesseie ed i suoi quattio piincipi ad un oiiz-
zonte di datit, peidendo le potenzialit squisitamente logiche della
Grundkorrelation
[in Aiistotele] ll pioblema dellesseie smette di muoveisi nella
coiielazione ineludibile. Lesseie assolutamente dato non ha
infatti bisogno di alcun coiielato.
8
La tesi pei cui in Platone saiebbe venuta stoiicamente a matuiazione
la consistenza dellesseie in questa coiielazione fondamentale viene
dimostiata da Haitmann attiaveiso lesibizione di quei passi in cui lidea
manifesta la sua natuia sintetico-ielazionale. Questo avveiiebbe essen-
zialmente in due modi da un lato nel fatto che la singola cosa esistente
e dehnibile unicamente come appaitenente alla classe espiessa dalla
sua idea, e quindi allinteino di una necessaiia aiticolazione del nesso
uno-molti, dallaltio nel fatto che anche la singola idea, specialmente
. H~v1x~NN 1909, 1-2.
8. H~v1x~NN 1909, 2.
13
Andrea Le Moli
nel Platone matuio, e concepibile e dehnibile unicamente nel quadio di
una disposizione iegolata (syntaxis) delle idee stesse. l diveisi piani o
livelli dellesseie implicati dalla iappiesentazione platonica del mondo
(le cose sensibili come giado iidotto di esseie e le idee come veio
esseie) diventano cos unifoimemente compiensibili solo alla luce di
un senso di esseie specihcamente logico, ossia come campo delle
relazioni che si estendono tia il sostiato sensibile e la foima logica da
un lato, e tia le foime logiche puie dallaltio.
La conseguenza pi foite di questa equipaiazione tia la sfeia delles-
seie e il logico e la negazione sempie pi decisa della datit oiiginaiia
di un mondo di cose, enti o iealt indipendentemente dal lo-
io emeigeie nel contesto di una iete di ielazioni con e tia le foime
logiche.
Diventa a questo punto chiaio peich nel giovane Haitmann si puo
pailaie della metahsica come di una dimensione dogmatica tanto
nel senso di una iifessione sullo statuto tiascendente delle iealt ideali
quanto nel senso dellaneimazione di una iealt indipendente dalla
iappiesentazione la metahsica piesuppone infatti lunit di un esseie
assolutamente dato, cioe concepibile in se stesso indipendentemente
dalle opeiazioni logiche che ne aiticolano la stiuttuia.
Anche se in seguito, come noto, egli opeiei un piogiessivo distacco
da questa impostazione, tipica del neokantismo maibuighese (hnendo
pei confuiie nel vaiiegato oiizzonte della fenomenologia), almeno
hno ai piimissimi anni 20 le sue tematiche, anche e sopiattutto in
iifeiimento alle inteipietazioni della hlosoha gieca, iisultano adeienti
allimpianto teoiico geneiale entio il quale si eia concietizzata la sua
foimazione.
Questambito di inteipietazione e quello le cui linee guida eiano
state hssate sistematicamente dal capolavoio di Paul Natoip, la Dottrina
platonica delle Idee.
9
A sua volta lo sciitto di Natoip, che cos piofonda-
mente doveva segnaie (anche se piincipalmente in chiave polemica) la
stoiia delle inteipietazioni di Platone del Novecento, poggiava sulle tesi
foimulate da Heimann Cohen gi a paitiie dal 18, anno di pubblica-
9. N~1ovv 1903. La Platos Ideenlehre costituisce, come noto un piimo punto di culmine
di un lavoio ciitico sulla iadice classica della piioii che Natoip aveva intiapieso gi dal
188 con alcuni aiticoli e iecensioni. Pei la iassegna completa di questi sciitti, come
pei ogni iifeiimento bibliogiahco ielativo alla pioduzione neokantiana su Platone e
alla letteiatuia secondaiia iinvio a Lr Moii 2003, 2-3, nota 11.
14
Platone e la Scuola di Marburgo
zione del saggio Die platonische Ideenlehre psychologisch entwickelt nella
Zeitschiift fui Vlkerpsychologie und Sprachwissenschaft
10
e quindi
dal 1878, anno in cui vide la luce il pi celebre Platos Ideenlehre und die
Mathematik.
11
Questi scritti di Cohen su Platone, proprio a motivo del loro carattere
pionieristico, dovevano fornire, unitamente alla Logica di Hermann
Lotze,
12
la base per la nuova lettura di Platone condotta anche dai
neokantiani della Scuola del Baden, che inizieranno ad occuparsi di
Platone allinizio del secolo con Wilhelm Windelband
13
e continueranno
hno al 1911/12, anno in cui si svolsero le lezioni su Platone di Emil Lask
a Heidelberg,
14
nel breve periodo in cui rilev la cattedra che era stata
proprio di Windelband, prima di morire sul fronte galiziano nel 1915.
15
La rilevazione di questa linea di discendenza signihcativa perch
aiuta a marcare, a partire da una conune radice iniziale, una progressiva
distinzione di fondo tra le due direttrici fondamentali del pensiero
neokantiano tedesco in merito allinterpretazione di Platone.
La linea che, attraverso Natorp e Hartmann, arriva hno a Cassi-
rer, riterr infatti di dover sviluppare la torsione in senso logico gi
operata da Cohen del nesso platonico tra idea ed essere nel senso di
una progressiva identihcazione dellessere con il prodotto della fun-
zionalit pura del pensare, ossia nel senso di una negazione della
possibilit di chiamare in causa lambito dellessere come una dimensio-
ne di datit in qualche modo originaria, puntando invece laccento
sul processo in virt del quale il pensiero stesso procede, in virt
dellespressione pura della propria funzionalit, a conhgurare il rife-
rimento ai suoi prodotti in termini di enti. In questo modo essa
tender a escludere ogni commistione tra logica e metahsica, sia
nel senso di recidere ogni tendenza allipostatizzazione delle forme pure
nella posizione di un regno di un vero e pi alto essere qualitati-
vamente trascendente il piano fenomenico, sia nel senso di rihutare
qualunque datit ontologica residua o prioritaria rispetto al proces-
10. CourN 1866.
11. CourN 1878.
12. Lo1zr 1912.
13. WiNurin~Nu 1900.
14. L~sx 1924.
15. A seguito della morte di Lask la successione fu assunta Heinrich Rickert, gi allievo
di Windelband e Direttore della tesi di Dottorato dello stesso Lask.
15
Andrea Le Moli
so che conhguia lesseie in dipendenza del movimento di una foima
logica.
ln entiambi i casi si confeima quello che sai sempie un tiatto de-
cisivo dellimpostazione maibuighese, e cioe la negazione di ogni idea
di tiascendenza tanto dal lato della piesunta sepaiatezza dellesseie
veio (ideale) iispetto a quello condizionato, quanto dal lato della
tiascendenza oiiginaiia di enti, oggetti o mateiie iispetto alla ca-
pacit che il pensieio puio ha di conhguiaili in quanto enti, oggetti
o mateiie.
1
La vaiiante che nacque tia lieibuig e Heidelbeig (con Windelband,
Rickert e Lask) tender invece a ricercare, anche se con minore costanza
e profondit esegetica,
17
nella particolare consistenza della forma logica
individuata dallidea platonica il fondamento per la posizione di una
nuova ontologia dei valori. Questo progetto si fondava su quello che,
gi a met Ottocento Lotze (presso cui Windelband si era addottorato nel
1870), aveva riconosciuto come il tratto caratteristico dellidea platonica:
il fatto di presentarsi come la legalit (Gesetzlichkeit) originaria che
struttura lesperienza e che come tale riceve la sua peculiare consistenza
dal fatto di essere legge, ossia di valere (gelten) autenticamente
a priori, proprio come le leggi hsiche e naturali, nellimpostazione
logicista che gli era propria, non cominciano a valere nel momento in cui
le si individua ma, valendo gi da sempre, forniscono autenticamente
a priori il fondamento della loro possibile individuazione.
Il fatto che entrambe queste posizioni siano riconducibili alla nuova
tendenza logicizzante sviluppata in Germania, per certi versi parallela-
mente, anche da Lotze e Cohen,
18
comporta la necessit di ricostruire
16. Cfr. su questo CourN 1914, 536: La cosa, loggetto, il problema. E cosa esprime
il problema? Il fatto che devono essere trovati metodi per la scoperta delloggetto e
per la sua produzione. Assumerlo a principio come dato e proprio sul fondamento
dellattestazione sensibile unaltra cosa, solo, non il modo in cui procede la scienza.
17. Gli studi critici tendono generalmente a sottolineare la marginalit della presenza
di Platone nellorizzonte teorico della sdwestdeutsche Schule rispetto al ruolo centrale e
paradigmatico che essa ricopriva nel contesto marburghese. Cfr. ad esempio Hoizurv
1997, 227-228. Holzhey tuttavia assume come paradigmatica di questo atteggiamento
unicamente linterpretazione data nel Platon di Windelband (che peraltro non esamina in
dettaglio) ma non tiene ad esempio in alcun conto la variante, a mio avviso signihcativa,
rappresentata dalle lezioni di Lask.
18. Sulla querelle tra Eduard Zeller ed Hermann Cohen relativamente alla dipendenza
pi o meno diretta dellinterpretazione dellidea di Cohen dalla Geltungsfrage di Lotze
16
Platone e la Scuola di Marburgo
le matiici di questa tendenza, almeno pei quanto iiguaida la linea di
discendenza che ci inteiessa discuteie qui, e che e quella del neokanti-
smo maibuighese. Essa ha oiigine piecisamente dal modo in cui, negli
sciitti di Heimann Cohen espiessamente dedicati a Platone, si annuncia
quella nuova e iadicale opposizione tia logica e metahsica che in-
foimei, in successione, anzitutto il pensieio di Natoip,
19
quindi quello
di Haitmann.
2. Metodica e ipotetica delle idee: Hermann Cohen (1866-1878)
La iadicalit della tesi foimulata da Cohen consiste in due assunzioni di
fondo, tia loio intimamente connesse. La piima, sviluppata piincipal-
mente nel saggio del 18 Die platonische Ideenlehre psychologisch entwic-
kelt, individua nella nozione platonica di idea una soita di elemento
spiiituale a piioii che colloca il pensieio platonico nella continuit di
uno sviluppo globale dello spiiito (Geist) gieco quello che piocede in
diiezione del iuolo sempie pi centiale assunto dalla dimensione ciea-
tiva inteiioie dellindividuo, dal complesso dellestiinsecazione dei
suoi stati psicologici, in bieve dalla centialit della sua psiche-coscienza
nel piocesso di costituzione della iealt come qualcosa di esteino. Cio
coiiispondeiebbe allevoluzione che il pensieio tiagico e la teoiia este-
tica gieca attiaveisano tia VI e V secolo e troverebbe un suo primo
punto daccumulo nellintelletualismo etico socratico (teso ad esempio
allascolto della voce interiore in materia di confitti etici):
Platone ha detto: se io, oscillando, tra le categorie dellessere
e del divenire, rivolgo lo sguardo a tutto ci che esiste e che
secondo le indicazioni di Socrate deve avere un concetto, allora
questessere concettuale, questo concetto essente non , visto
alla luce, altro che ci che io guardo (schaue), come il poeta guar-
da le sue hgure nello spirito, lartista guarda le sue creazioni
e crea secondo questo guardare, come lartigiano, il falegname
e il tornitore vedono anzitutto in mente (im Geiste) le hgure
(rilevabile peraltro esplicitamente solo a partire dal testo del 1878) cfr. ScuUi1urss
1993, 65-66.
19. Paradigmatico in questo senso il giudizio di N~1ovv 1903, VI (7): Non esito a
citare Hermann Cohen come colui che ci ha aperto gli occhi, oltre su Kant, anche su
Platone.
17
Andrea Le Moli
secondo cui pioducono gli oggetti. Questo guaidaie non e pe-
io il vedeie di Piotagoia, bens il fondamento psicologico del
sapeie sociatico, il vedeie concettuale, il vedeie nel pensieio,
nellastiazione, la consideiazione pensante, la teoiia. Azzaidia-
mo lipotesi che Platone qualoia volessimo intendeie loiigine
psicologica delle sue idee -, in veiit ha chiaiito il vedeie stesso
come essenza, il vedeie peio dellessenza [c. n.], il vedeie del
concetto, vale a diie come concetto ed essenza possono esseie
conosciuti solo nel vedeie, e come nel vedeie non viene cono-
sciuto altio se non il concetto e lessenza. Qui viene segnato con
chiaiezza e nettezza un ieale piogiesso iispetto a Sociate. Socia-
te ha spiegato che lessenza, il concetto, e lente, ma ha lasciato
apeita la questione come conosciamo questa essenza, questo
concetto` Platone iisponde a questa domanda dehnendo, con
loiiginalit limitata del pionieie, il vedeie come lattivit auten-
tica del pensatoie e dellaitista, come fondamento di ogni cieaie,
del pi basso come del pi alto, in questo modo egli e il pi
antico piogenitoie dellintuizione intellettuale, dellidealismo
tiascendentale.
20
La seconda e linteipietazione della nozione di idea in un senso
iinnovato, destinato ad esseie espiesso in tutta la sua poitata nello
sciitto del 188 Platons Ideenlehre und die Mathematik, ma che viene gi
annunciato nel saggio del 18
Quando poi emeige la questione che cose il concetto sociatico,
lessenza dellopeia daite, del tavolo, del bello` Questa e la
iisposta platonica cio che io vedo in quanto questa essenza,
limmagine che mi si manifesta nel guaidaie, a cui laitista si
iivolge nel suo cieaie, a cui guaidano il falegname e il toinitoie
nel costiuiie la sedia e la spola.
21
Pei compiendeie la paiticolaie coloiituia secondo cui Cohen in-
teipieta lidea in dipendenza della dimensione del vedeie cieativo,
occoiie paitiie da quello che e foise il punto stoiiogiahcamente pi
discusso della sua tesi, e cioe la iipiesa dellipotesi hlologica ielativa ad
20. CourN 18, 2-3.
21. CourN 18, 3-4.
18
Platone e la Scuola di Marburgo
una distinzione iadicale, gi nellaccezione gieca, dei signihcati dei due
teimini con cui Platone si iifeiisce a questo modo del vedeie eidos e
idea.
22
Pei Cohen, anche a motivo della sua declinazione piincipalmente al
pluiale (come eide), leidos saiebbe infatti
il concetto sociatico e si alteina con il genos, la dynamis, la phy-
sis, lousia, a indicaie cio che noi, nella nostia iappiesentazione
confusa siamo eiioneamente abituati a chiamaie idea, mentie
idea iicoiie solo di iado al pluiale. [...] Questo testimonia tutta-
via il difetto della concezione che abbiamo avuto hnoia, cui non
e iiuscito tiovaie un elemento veiamente cieativo nellidea pla-
tonica, un elemento che va iealmente oltie il concetto sociatico,
luniveisale, il geneie, come si e hnoia dehnita lidea. Se invece
si mantiene davanti agli occhi il nostio sviluppo, diventa piedo-
minante nella maggioi paite degli sciitti platonici in cui viene
usato idea il signihcato deteiminato di attivit noetica vivente
del guardare (lebendigen Denkttigkeit des Schauens).
23
Mentie lidea coiiispondeiebbe ad una soita di noema nellanima,
una modalit del pensieio, una intuizione (Anschauung) noetica co-
stiuita dallanima.
24
Le idee saiebbeio le opeiazioni intuitive (An-
schauungshandlungen) che si pioducono nellanima del soggetto in-
tuente.
2
Nella sua distinzione dalleidos lidea si piesenteiebbe cos
oiiginaiiamente come lazione vivente del guaidaie
2
mentie leidos
come il concetto hnito, il geneie.
2
Cio modihcheiebbe iadicalmente la questione della consistenza on-
tologica dellidea Concepita in quanto intuizione assoluta, lidea e
piesente (vorhanden) solo ogni qualvolta venga anche iipetuta attiaveiso
il pensieio. Assoluta vuol diie qui piodotta (erzeugt) nellanima.
28
Questo peimetteiebbe anche di sepaiaie il movimento stoiico di svilup-
22. CourN 18, 0 Ritengo che a paitiie dai dialoghi del secondo peiiodo (secondo
la paitizione di K. l. Heimann) vi sia una netta distinzione tia eidos e idea.
23. CourN 18, 0-1.
24. CourN 18, .
2. CourN 18, 8.
2. CourN 18,
2. CourN 18, 2.
28. CourN 18, .
19
Andrea Le Moli
po che conduce a quellipostatizzazione dei gene e degli eide che sai
oggetto di ciitica da paite di Aiistotele, dal piocesso teoiico in foiza del
quale lidea consegue uno statuto ontologico diveiso, espiessione della
sua natuia funzionale e puia.
Questo piocesso saiebbe stato tuttavia, secondo Cohen, gi pai-
zialmente iitiattato dallo stesso Platone nel coiso della sua evoluzio-
ne spiiituale. Nei dialoghi della matuiit si annunceiebbe infatti un
piocesso di tiasfoimazione dellidea da una foima dellintuiie a una
foima dellintuito
29
che culmineiebbe in una complessiva iicusazione
dellinteio contesto di foimazione dellidea nei dialoghi taidi, piimi fia
tutti Parmenide
30
e Timeo.
31
Pi piecisamente, il mutamento essenziale nella consideiazione
dellidea platonica saiebbe, secondo Cohen, quello che confonde il mo-
mento semplicemente foimale, attivo e pioduttivo (coiiispondente al
gieco idea, idein) della foima con la conciezione dellattivit pensan-
te che ha luogo nel concetto (coiiispondente al momento eidetico
nel senso della foimazione e ipostatizzazione di un eidos stabile). Cio
saiebbe in qualche modo dovuto alla dimcolt da paite di Platone di
conciliaie la peculiaiit ontologica della dimensione eidetica, da lui pei
piimo individuata, con una iappiesentazione del concetto e del senso di
esseie ancoia in qualche modo vincolata a schemi tiadizionali, piimo
fia tutti al paiadigma eleatico dellidentit sostanziale di pensieio ed
esseie.
E inteiessante vedeie come questa piesunta ambiguit platonica si
iifetta in un ceito senso anche nello sciitto di Cohen. ln esso, infatti,
quando paila di esseie iifeiito allo statuto dellidea, Cohen da un lato
ha in mente, polemicamente, la sostanzializzazione e ipostatizzazione
della foima espiessa dallequivalenza idea-ousia, dallaltio individua una
dimensione di funzionalit puia distinta dallousia, una soita di teizo
iegno dellesseie (la dimensione logica) di cui tuttavia sembia faie
ancoia fatica a dehniie esattamente i caiatteii.
29. CourN 18, .
30. CourN 18, 1 ll piocesso psichico pei cui questa azione di consolida in una
sostanza [...] si vedi con piecisione nellesposizione dello sviluppo dialettico del
Parmenide [...].
31. lndicativo, a questo pioposito, il modo in cui Cohen esclude il Timeo dal movi-
mento di sviluppo spiiituale che egli iintiaccia in Platone, in quanto pioduttoie di
contiaddizioni insanabili con limpianto platonico complessivo. Cfi. CourN 18, 8.
20
Platone e la Scuola di Marburgo
ll iisultato di questo iesiduo di ambiguit e che in questa piima
pioduzione di Cohen non vi e ancoia del tutto tiacciato lo spazio pei
una logica dellesseie nel senso della iiduzione della sfeia dellon
al complesso della funzionalit puia del pensieio, mentie si allontana
gi pi iecisamente lidea di una metahsica dellesseie nel senso di
una identihcazione di Sein e Denken sotto la categoiia dellousia intesa
in quanto sostanzialit. La concezione dellesseie che e allopeia in
questi piimi tentativi di Cohen e quindi in qualche modo tesa, come la
paiallela impostazione di Heimann Lotze, a confeiiie allidea uno statu-
to di teizo iegno tia esseie e diveniie che tuttavia, non identihcandosi
ancoia pienamente (come invece accade in Lotze) con il valeie, subi-
sce ancoia lattiazione semantica del concetto di esseie.
32
E questo
nonostante Cohen tenti di sfiuttaie, pei contestualizzaie questo teizo
iegno, la collocazione extiasostanziale (epekeina tes ousias) dellldea del
Bene come piincipio puio della pioduzione del pensieio (e quindi delle
idee). Rifeiendosi allanalogia tia lidea del Bene e il sole egli infatti
commenta
Cio che di seiio e veio possiamo appiendeie anche da questo
stupefacente paiagone e la confeima della nostia concezione
anche su questo veisante, pei il fatto che lidea (del Bene) non
e una ousia. Che essa supeii pei iango (berragt) ogni ousia e
un altio piedicato, che tiovei la sua giustihcazione psicologica
iispetto ad un esempio analogo, pi taido in ogni caso essa non
e una ousia, essa e infatti solo nel topos noetos, il suo essere il
pensiero [c. n.].
33
Riassumendo, i tiatti fondativi dellimpostazione che qui Cohen
inauguia possono esseie cos schematizzati 1. la bipaitizione semantica
fondamentale tia tia idea e eidos, 2. la negazione di ogni sostanzialit
allidea e la sua identihcazione con lattivit puia del pensaie, nei teimini
di una absolute Anschauung, 3. il piincipio della pioduzione (Erzeugung)
che spiega il geneiaisi dellinteio complesso delle idee da un piincipio
32. Cfi. CourN 18, 8-8 [...] lidea ciea un nuovo esseie che consta tanto
del diveniie, piopiio oggetto della scienza natuiale, quanto dellesseie, oggetto della
hlosoha. Lotze aveva invece collocato la iealt dellidea in quella dimensione del
puio valeie (reines Gelten) abitata dalla legge in quanto questa esplica puiamente
il piopiio ambito di funzionalit.
33. CourN 18, .
21
Andrea Le Moli
puio della pioduzione, lidea del Bene, o hnalit immanente dellatto del
pensaie.
La questione viene iipiesa e appiofondita pi di dieci anni dopo, nel-
lo sciitto del 188 Platons Ideenlehre und die Mathematik che, lasciando
da paite le questioni legate allaspetto psicologico della teoiia delle
idee, iianionta piopiio la questione del loio statuto ontologico a paitiie
dallalteinativa sostanziale/noetico.
34
ln questoccasione viene inaugu-
iata da Cohen la polemica contio linteipietazione ciitica di Aiistotele
delle idee nel senso del chorismos.
3
La soluzione di Cohen consiste, come noto, in piimo luogo nel
iiconduiie lesseie delle idee a quel paiticolaie tipo di esseie che si
stiuttuia nel pensaie ma, peculiaimente, nel distingueie, su questo
stesso piano, ancoia due livelli di esseie 1. quello, ancoia sostanziale,
della conciezione del pensaie, del concetto, ossia del pensieio quando
questo viene assunto come una iealt essente nel senso dellesseie
esistenziale e 2. quello semplicemente funzionale della foima logica
puia, ossia della noesi come funzione legifeiante.
Dunque sbaglia, secondo Cohen, chi vede nellidea solo il concieto
di un concetto e non la puia astiazione della funzione legifeiante, vale
a diie chi pensa lesseie sempie e soltanto come esistenza (Dasein) e
il valoie conoscitivo, il tiatto di validit sempie e solo come una pio-
pagazione insistente nellintuizione [...]. Da questo misconoscimento
della distinzione tia esseie (Sein) ed esisteie (Dasein) deiiva in geneiale
la mancata compiensione dellidealismo, e quindi anche dellidea plato-
nica.
3
Lo statuto ontologico piopiio delle idee e quindi da iiceicaie
nellespiessione della loio natuia funzionale, nel modo in cui cioe in-
foimano la iealt esistente a tutti i livelli (i concetti cos come gli enti
empiiici).
ll tipo di funzionalit che specihca lesseie delle idee e, come noto,
illustiato da Cohen in base allanalogia con il modo in cui le leggi mate-
matiche e geometiiche da un lato spiegano la costituzione foimale delle
cose esistenti, dallaltio possono pioduiie (erzeugen) conhguiazioni og-
gettuali non compiese tia quelle enettivamente esistenti, come i numeii
iiiazionali o il poliedio a mille lati.
34. Cfi. CourN 188, 344.
3. Cfi. CourN 188, 344 e ss.
3. CourN 188, 34-348.
22
Platone e la Scuola di Marburgo
ll tiatto notevole di questo piocesso di pioduzione e il fatto che
queste conhguiazioni non possono esseie escluse dalla sfeia dellesseie
pei il fatto che pei esse valgono le stesse leggi che valgono pei la iealt
esistente, in quanto sono state piodotte puiamente dal pensieio in
base a quelle. Esse, quindi sono ad un livello altio iispetto tanto
a quello della iealt mateiiale concieta quanto a quello dei concetti
iicavati pei astiazione dalla iealt mateiiale. Esse disegnano cioe un
piano dellesseie costiuito puiamente in funzione dellapplicazione di
una legge gi valida pei la iealt esistente. ln viit di cio, lesseie
che peitiene alle foime logiche e lespiessione del caiatteie puio e
metodico delle leggi del pensieio, ossia del loio funzionaie come
schemi applicativi, metodi di costiuzione di iealt e oggetti, leggi e
iegole di pioduzione che funzionano in una doppia diiezione dal lato
della iiconduzione delle iealt esistenti alla loio foima stiuttuiale e dal
lato, opposto, della possibilit di pioduiie, in base allapplicazione dello
stesso metodo, ossia della stessa foima stiuttuiale, iealt non ancoia
compiese nel noveio di quelle esistenti.
A ben vedeie Cohen sta qui giocando con una possibilit inteipie-
tativa che giace latente nel nocciolo stesso di quel senso di idea come
foima stiuttuiale e iegola di costiuzione che in Platone disciplina,
ad esempio, il iegno della poiesis come pioduzione di aitefatti (technei
onta) e pei il quale la iegola che piesiede alla costiuzione ad esempio
di un letto, deve valeie, oltie che pei spiegaie il modo in cui e fatto
ogni letto esistente (ossia ogni iealt che iicade, a motivo della sua
conhguiazione stiuttuiale, sotto leidos del letto), anche pei ogni possi-
bilit futuia di costiuiie letti, ossia di iealt che, pui con limpiego di
nuovi mateiiali e tecnologie e pui piogettati secondo modelli inusitati
(si pensi a tutti gli oggetti dellodieino design) continuino a iispettaie
la legge di costiuzione funzionale del letto e possano quindi ancoia
iientiaie nel noveio delle iealt compiese in quelleidos. Cohen sta
cioe iiconoscendo la possibilit di vedeie nelleidos una foima plasti-
ca, sumcientemente puia, cioe, da consentiie lestensione del iegno
dellesseie e linciemento indehnito della iealt in viit della capacit
del pensieio di aiticolaie metodi (Methoden) pei la pioduzione (Erzeu-
gung) di oggetti.
3
Nella sua impostazione le idee funzionano alloia
3. Cfi. CourN 188, 3 Si tiatta piuttosto della medesima visione non sensibile,
quantunque suscitata dal sensibile, che conduce [Platone] a estendeie il campo della
23
Andrea Le Moli
come schemi potenziali di costiuzione di oggetti che, pui non ancoia
esistendo, sono gi in quanto coeienti con le leggi del pensaie nulla
vieta infatti di pensaie un poliedio di mille lati, di immaginailo esistente
o, in ultimo, di costiuiilo hsicamente posto che si iiesca a sviluppaie
la tecnologia adeguata. Nella misuia in cui lesistenza di un poliedio
di mille lati non implica alcuna contiaddizione logica, lidea che iego-
lamenta la sua costiuzione assume uno statuto ontologico che Cohen,
seguendo anzitutto il Fedone, dehnisce ipotetico, ossia piesciittoie
di un piocedimento (metodo) non contiaddittoiio di pioduzione di una
iealt non ancoia enettivamente esistente. Nelle paiole di Cohen
[...] nellipotesi si compenetiano entiambi i motivi dellidealismo.
Viene pensato come idea solo ci che concepito come presup-
posto sumciente di un essere conforme a leggi, nella misura in
cui questo stesso pu conseguire unesistenza feconda solo nella
connessione metodica dei pensieri, come radice di quella.
38
Questo assunto doveva condurre Cohen a sviluppare un interessante
tentativo di interpretare lo statuto anipotetico dellidea del Bene per
integrare dialettica ed etica in una lettura unitaria nuova del pensiero
di Platone. Ma per quel che riguarda la nostra trattazione sumcien-
te attestarsi al punto in cui il hlosofo marburghese anerma che la
connessione metodica dei pensieri quella che produce la possibilit di
un esserci enettivamente esistente (Dasein). Proprio la parte portante
di questa tesi doveva infatti contribuire a formare il modo in cui Paul
Natorp (abilitatosi con Cohen nel 1881) avrebbe elaborato una immagine
di Platone che, per complessit e ricchezza, doveva rappresentare una
shda teorica per tutta lesegesi del Novecento.
3. Trascendimento metodico e posizione pura del pensiero: Paul
Natorp (1903-1921)
Il punto di partenza del capolavoro di Natorp, la Platos Ideenlehre del
1902, costituito da un implicito omaggio a Hermann Cohen, vale a dire
stereometria [...]: la produzione di nuove hgure, di nuovi oggetti, di nuovi aei onta in
forza dello stesso metodo che permette il sorgere come noeta di cose assolutamente non
presenti in natura.
38. CourN 1878, 362.
24
Platone e la Scuola di Marburgo
dalla iipiesa (foise appena pi cauta) di quella bipaitizione semantica
fondamentale tia eidos e idea che eia stata (ii)pioposta
39
dal maestio
maibuighese gi nel 18
Molto spesso, a dineienza di quanto avviene pei eidos, con la
paiola idea bisogna pensaie non solo passivamente a cio che
viene visto, allaspetto che la cosa onie, bens, peilomeno nello
stesso tempo, al vedeie, alla vista o allo sguaido, alla visione
in quanto attivit di colui che guaida. Questa paiola eia peicio
come destinata a espiimeie e hssaie nella coscienza la scoperta
del Logico in tutta la sua autentica oiiginaiiet e vivente foiza
motiice, ossia la scopeita della legalit, delle leggi in viit di
cui il pensieio conhguia il piopiio oggetto quando, pei cos
diie, diiige lo sguaido veiso di esso, quando non lo assume
semplicemente come oggetto dato. [...] Molto spesso le due
espiessioni si scambiano vicendevolmente, ma e nondimeno
possibile individuaie la seguente dineienza [...] nella divisione
dei concetti [...] viene impiegato quasi sempie eidos, mentie
idea iicoiie solo in via eccezionale pei esempio pei iendeie
pi vaiio luso linguistico -, pei contio, lunit del contenuto
concettuale viene iegolaimente designata come lunica ldea
[...] e molto iaiamente invece come lunico eidos. Questa unit
viene iipetutamente desciitta come qualcosa che soige solo
in uno sguaido dinsieme, solo nella sinossi dello spiiito.
Nella paiola idea, dunque, e ancoia viva la pioduzione dellunit
concettuale, mentie leidos espiime pi che altio il piodotto
hnito, la hguia inteina gi data e stabile delloggetto.
40
lndicando cos il Logico (das Logische) anzitutto come lattivit
conhguiatiice in viit della quale il pensieio stiuttuia i dati fenome-
nici in un sistema di connessioni stabili che assume il caiatteie della
legge (Gesetzt) e passa quindi dalla semplice iicezione di un dato alla
39. Sullipotesi di una bipaitizione semantica fondamentale tia eidos e idea in alcu-
ni suoi aspetti stoiici e teoiici si veda Lr Moii 2002, -3, 88-9. Sulloiigine della
questione, come sulla plausibilit pi diiettamente hlologica di questa ipotesi in ielazio-
ne piopiio alle tesi neokantiane (specialmente a quelle di Haitmann), si veda invece
lvirui~rNurv 2004, 29, cui iimando anche pei una iassegna delle piincipali posizioni
ciitiche di inizio Novecento, che si tiova a p. 1212, alla nota 1.
40. N~1ovv 1903, 1, 2-3 (11-13).
2
Andrea Le Moli
pioduzione di un contenuto oggettuale. E piopiio a paitiie da questa
accezione di logico che e possibile iicavaie il modo in cui, secondo
Natoip, nellespiessione puia della sua funzionalit il pensieio (logos)
aiticola la piopiia foima in quella che e una veia e piopiia dimensione
desseie
Anche lespiessione il Logico, a sua volta, si piesta a con-
sideiazioni di caiatteie linguistico. Nella vita oidinaiia, logos
[...] signihca o la (singola) enunciazione, sempie iiguaido al suo
senso iazionale, oppuie il discoiso (concatenato), iiguaido alla
sua concatenazione iazionale, cioe alla concatenazione entio la
quale il senso di unenunciazione e la condizione o la conseguen-
za del senso di unaltia enunciazione nel secondo signihcato,
dunque, logos indica il discoiso in quanto concatenazione del
pensieio, come concatenazione noetica entio la quale la singola
enunciazione soige e si sviluppa, viene piodotta e pioduce. ln
vista di cio, una piima esigenza e appunto quella di delimitaie
esattamente il concetto, cioe nel senso della piedicazione, e di
hssailo in modo iigoioso nella sua identit cio che viene posto
nuovamente in ogni pioposizione e infatti il senso della piedi-
cazione. A tale contesto appaitiene inoltie laccoido tia le vaiie
posizioni, il quale viene innanzitutto condizionato da quella de-
limitazione e hssazione, ma poi soggiace ulteiioimente alle sue
piopiie condizioni si tiatta della conseivazione dellunit, della
connessione noetica di tutte quelle posizioni luna con laltia
[...]. Lunit, laccoido del pensieio con se stesso, laccoido in
cui unicamente il pensato sussiste o e, ha luogo ed e veio [...]
e il piincipio dominante pei entiambe pei lunit del concetto
e pei lunit della concatenazione noetica.
41
Lidea e dunque lespiessione unitaiia della connessione tia le foime
logiche in cui si esplica loiiginaiia attivit sintetica dellintelletto. Nella
sua accezione metodica (che Natoip iipiende da Cohen) lidea diventa
quindi la regola inteiamente a piioii che piesiede alla costituzione-
costiuzione delloggetto della/nella espeiienza. Questa accezione meto-
dica conduce a iipiopoiie la ciitica allinteipietazione sostanzialistica
gi in opeia a paitiie da Aiistotele
41. N~1ovv 1903, 4 (14-1).
2
Platone e la Scuola di Marburgo
Non ce alcun dubbio che le idee di Platone, dallinizio alla hne
[...], signihcano metodi e non cose signihcano unit noetiche,
posizioni puie del pensieio e non oggetti esteini sopiasensi-
bili.
42
ll che compoita una iilettuia dellauto kathauto pei ceiti veisi ine-
dita, che intende la dimensione dellin s come la cifia di qualcosa
che ha una piopiia esistenza meiamente noetica. Questo tipo di sussi-
stenza e quella del concetto, che esiste come tale nella misuia in cui e
sumcientemente fondato nel nesso sistematico dei concetti.
43
Dallaltio lato, lo studio della peicezione sensibile semplice mostia
come sia piopiio linteivento e la sempie gi avvenuta concatenazione
delle foime noetiche a oidinaie e stiuttuiaie un complesso altiimenti
iapsodico di peicezioni in qualcosa di essente. Questa tesi e iicava-
ta piincipalmente a paitiie dallanalisi della stiuttuia della peicezione
nel Teeteto, in cui si dimostia come sia piopiio il sistema della connes-
sione necessaiia tia le foime noetiche (ta noeta) che iende possibile la
stessa peicezione sensibile. A paitiie dal Teeteto si iicava in questo senso
una doppia accezione dellesseie che sai mantenuta da Platone anche
nel Sosta lon e da un lato la foima noetica semplice che concoiie
assieme alle altie (uno, identico, diveiso, simile, dissimile, ecc.) alla hssa-
zione del contenuto peicettivo come qualcosa di deteiminato, dallaltio
lato, esseie e anche il iisultato concieto dellespeiienza costiuita dalla
concatenazione di tutte le foime noetiche fondamentali. Anche nella
desciizione della koinonia dei megista gene del Sosta sembia esseici un
peifetto paiallelismo tia questa bivalenza dellon nel Teeteto e il iuolo
dellesseie come contempoianeamente deteiminazione singola (uno dei
geneii) e come iisultato dellunione di tutte le deteiminazioni (cio che il
complesso dei geneii dehnisce). ln piimo luogo il Teeteto mostia quindi,
secondo Natoip, in che senso si possa pienamente pailaie di una ten-
denza platonica al metodo tiascendentale che conduce a inteipietaie
lesseie nel senso della posizione puia della foima logica.
ll senso veiso cui linteipietazione del Teeteto pioposta da Natoip
tende e dunque quello di intendeie lespeiienza e la sua oiiginaiia poi-
tata signihcativa come il iisultato di un trascendimento metodico del
sensibile nel categoiiale. ll fatto stesso che anche la peicezione pi
42. N~1ovv 1903, 4- (101-102).
43. N~1ovv 1903, 99 (131-132).
2
Andrea Le Moli
semplice sia gi il piodotto di una avvenuta oiganizzazione noetica
di un mateiiale che, senza quellinteivento, si iiduiiebbe a un cumulo
iapsodico di sensazioni, dimostia pei Natoip come gi in Platone, e
piopiio paitiie da Teeteto e Sosta, matuii lidea che la iealt, lesseie e
lespeiienza siano il piodotto di una giunzione oiiginaiia, di una oiigi-
naiia (a piioii) sintesi tia un elemento mateiiale (empiiico) e una foima
noetica (logica, categoiiale). Pei cui, nella linea evolutiva che attiaveisa
i suoi dialoghi, Platone iiusciiebbe, secondo Natoip, a chiaiiie il senso di
quella che nella piospettiva aiistotelica diventa una contiapposizione
tia due mondi fondandola in unoiiginaiia sintesi tiascendentale tia
lelemento empiiico e quello categoiiale e qualihcando pi esattamente
lesseie come il iisultato della sempie gi avvenuta inteipenetiazione
tia i due mondi.
Tuttavia, come gi iilevato da Cohen, questa supposta tendenza
platonica al metodo tiascendentale sembieiebbe subiie delle foiti oscil-
lazioni, sopiattutto nei dialoghi taidi. E il caso ad esempio del Fedro, in
cui la sopiavvivenza di elementi mitici e spiiitualistici poita quasi a iile-
vaie la nozione di tiascendimento metodico in favoie della posizione
di un iegno metahsico di iealt tiascendenti
E il pericolo della trascendenza cio contio cui il Fedro non onie
nessuna difesa adeguata. [...] Al fondo di tutto cio giace cei-
tamente loriginariet della funzione noetica, e nientaltio. Si
puo diie anzi che il fondamento sia il Tiascendentale. Ma nel
Fedro il Tiascendentale non diviene foise Tiascendente` Cio
che e tiascendimento metodico non diviene foise lEssere tia-
scendente ieihcato` Viene certo pensata la legge dellunit,
ma non pensata come legge per la conoscenza delloggetto
dellesperienza, bens come oggetto da conoscere anche per se
stesso al di l dellesperienza: come qualcosa che anche per
s [...]. Platone, stimolato soprattutto dagli Eleati a progettare la
propria dialettica per andare oltre Socrate, dovette inannzitut-
to superare questo scoglio su cui essi avevano fatto naufragio.
Platone non naufrag; ma nessun altro suo scritto lo rivela in
pericolo di scontrarsi con gli scogli quanto il Fedro. Vediamo
come egli, nel Teeteto, nel Fedone, nel Simposio e nella Repubblica
si avvicini gradualmente al superamento del Trascendente in
favore del Trascendentale, per raggiungerlo dehnitivamente nel
Parmenide. Gi la denominazione del fenomeno come immagine,
28
Platone e la Scuola di Marburgo
copia, imitazione del puio Esseie, non e pi eleatica. Ma tuttavia
ogni accento iicade hn qui sullinesattezza della copia. Analoga-
mente, piopiio in base a tale denominazione, le ldee appaiono
tioppo facilmente come unaltia classe di cose paiallele alle cose
sensibili, e tia le due classi ha luogo una tipica ielazione fia
cose. Se e una metafoia, alloia bisogna confessaie che e la pi
peiicolosa che si potesse sceglieie.
44
ll peiicolo iappiesentato nel Fedro e dunque quello di apiiie la
possibilit del passaggio da un senso di tiascendente come tiascen-
dimento metodico del sensibile nel categoiiale al senso di un esseie
tiascendente ieihcato, e quindi da un senso logico di esseie come
espiessione della concatenazione logica tia le foime e i concetti, ad un
senso, paiadossalmente aicaico, di esseie come datit assoluta,
pielogica e piecategoiiale.
Nello spazio apeito da questa oscillazione platonica si muovei se-
condo Natoip (e poi secondo Haitmann) Aiistotele nel iipoitaie il piano
dellesseie ad un oiizzonte di absolute Gegebenheit. E tuttavia, piopiio
questa scissione dellesseie dalla foima logica in cui esso necessaiiamen-
te, secondo i Neokantiani, si veiiebbe a costituiie, peimettei ad Aii-
stotele di piendeie, foise pei la piima volta nella stoiia dellOccidente,
in consideiazione la foima logica geneiale (del pensaie e del pailaie)
in una puiezza nuova, nel tentativo (sicuiamente inedito iispetto a Pla-
tone) di foimalizzaie, ossia di astiaiie dalla connessione immediata
con lesseie cui si iifeiiscono, le iegole di associazione e combinazione
dei concetti e delle stiuttuie logiche secondo sistemi di invaiianti e di
leggi .
4. Conclusioni
Le piincipali posizioni che nellambito del Neokantismo sviluppano,
tia la hne dellOttocento e linizio del Novecento, linteipietazione
di Platone e della teoiia delle idee, se appaiono iisentiie della nuova
tempeiie logicista che inizia a peicoiieie lepistemologia euiopea di
quegli anni, sviluppano tuttavia questa stessa coinice in una vaiiante
decisamente peculiaie e, dal punto di vista sia teoiico che stoiiogiahco,
signihcativa.
44. N~1ovv 1903, 8-88 (11-11).
29
Andrea Le Moli
Questa peculiaiit poggia su due elementi di fondo che sono da un
lato, la paiticolaie giunzione tia impianto tiascendentale e logica di ma-
tiice idealistica (veio e piopiio unicum del Neokantismo maibuighese)
entio cui quegli autoii si foimano, dallaltio la loio assidua e impegnata
fiequentazione hlologica con testi e iifeiimenti della classicit.
ln conseguenza di questa piovenienza, la lettuia neokantiana si
oiienta specihcamente veiso un signihcato del logico (e in geneiale
del logos) come synthesis e syntaxis, com-posizione e sintassi,
4
in
cui il senso di questi due concetti e quello di una (dis)posizione congiunta
di determinazioni (cum-positio), ossia della posizione di una relazione
oiiginaiia a paitiie dalla quale soltanto e possibile identihcaie qualcosa
in teimini di paiti.
Ogni posizione di qualcosa nel pensieio o nellespeiienza e cioe
la testimonianza di una sempie gi avvenuta sintesi tia deteiminazioni
noetiche, sintesi che si piesenta nei teimini di una coiielazione tia
concetti mutuamente iichiamantisi, ossia che si dispongono non in viit
di un oidine estiinseco ma in base ad una legge di inteiielazione che
essi stessi geneiano.
ln questo senso ogni posizione e sempie una con-posizione, e
il fatto che la coiielazione tia le deteiminazioni noetiche di fondo
(Grundkorrelation) avvenga secondo delle leggi di combinazione piecise
che consentono ceite foime di sintesi e ne escludono altie (si paila
infatti di dynamis koinonias), peimette di pailaie di una veia e piopiia
sistemica delle foime logiche e, quindi, di un sistema, ad esempio
della hlosoha platonica, nel senso dellespiessione a pi livelli di un
unico complesso di dinamiche ielazionali tia le foime e i concetti.
ln Natoip, questa tesi viene iicavata esplicitamente dallanalisi della
stiuttuia logica della piedicazione il fatto che qualunque logos-giudizio,
anche quello negativo, funzioni in base a questa stiuttuia sintetica oii-
ginaiia, denuncia il fatto che, nellimpostazione neokantiana, tanto il
pensieio quanto il linguaggio hanno stiuttuia piedicativa, ossia iica-
vata dallanalisi delle foime logico-linguistiche, senza che, si deve diie,
venga fatta qui alcuna distinzione tia i due piani. ln questo senso il
Neokantismo maibuighese fai sempie iifeiimento ad una accezione di
logica intesa come sistema di leggi, ossia di iegole di combinazione tia
elementi che, a paitiie dal loio geneiaisi gi allinteino della ielazione
4. Ma anche oidinamento, schieia, cooidinazione e sistema.
30
Platone e la Scuola di Marburgo
sistemica, possono esseie identihcati e, eventualmente, isolati in quanto
elementi.
Si veiihca dunque qui il iimando ad una sfeia del Logico come
possibilit di dehniie oggettivamente e stabilmente le cose in base
alla loio collocazione allinteino di sistemi di ielazioni sovia- o sotto
oidinate fondate sulla stiuttuia della piedicazione veibale, e ad un
coiiispondente senso di esseie come iete di ielazioni logiche tia i
concetti. Questo signihcato e iicavato anzitutto dalle due aiticolazioni
della ielazione coiiispondenti alle due paiti del Sosta la diaiietica
dei concetti e la koinonia dei geneii. Da entiambe emeigeiebbe la
pioposizione di un signihcato di esseie di tipo relazionale, vale a diie
di un senso pei cui lidentit di un concetto (genos) in geneiale non e
inciinata bens garantita proprio dalla commistione con altii concetti,
e si piesenta quindi come il iisultato di una rete cui i concetti sono
sospesi, legati e deteiminantisi vicendevolmente.
Se lantesignano platonico di quella disciplina che modeinamente si
e chiamata logica foimale, ossia la diaiietica delle ielazioni tia i
concetti che tiova il suo punto pi alto nel Sosta,
4
e alloia la tecnica
che attua e aiticola in analisi deteiminate questo piincipio hlosohco
geneiale della ielazione, si deve tuttavia diie che e la comunicazione
(koinonia) tia la foima puia dei concetti la iegola geneiale che stiut-
tuia e disciplina la dehnibilit iecipioca degli stessi e quindi giustihca il
passaggio al metodo diaiietico.
A dineienza del modo in cui il paiadigma logicista condizionei
la lettuia di Platone che, da Lotze in poi, veii data dai logici puii
(come ad esempio da liege), la logica diventei dunque, nellaccezione
neokantiana, la deteiminazione dei concetti oiiginaii, non ulteiioimente
divisibili, a paitiie dai quali il pensieio conhguia i piopii contenuti in
teimini di enti. ln questo modo la nozione di esseie sai equipaiata
contempoianeamente al iisutato e al piocedeie dellattivit tiamite cui
il pensieio oggettiva le piopiie iegole di costituzione nella posizione di
qualcosa di esteino iispetto a s.
ln conseguenza di cio, anche il Neokantismo maibuighese contiibui-
4. Quasi tutte le piincipali impostazioni ciitiche nel campo della stoiia della logica
concoidano nel iiconosceie nel peifezionamento della tecnica diaiietica il contiibuto
piecipuamente platonico allo sviluppo auioiale di una disciplina (la logica foimale),
il cui piimo tentativo di sistematizzazione avveiiebbe solo con Aiistotele. Cfi. ad
esempio W. C. KNr~ir e M. KNr~ir 1972, 16-17, 29; BocuNsxi 1972, 55.
31
Andrea Le Moli
i, paiallelamente ad altie impostazioni che si sviluppano nello stesso
peiiodo, a maicaie ciiticamente la natuia atopica della metahsica
e a iigettaie listanza da essa iappiesentata. E tuttavia questo tiatto,
comune a tanto pensieio del piimo Novecento, si specihchei signih-
cativamente nel Neokantismo pei il fatto che il iihuto della metahsica
non avveii in nome di una libeiazione complessiva dalleiedit ingom-
biante del pensieio antico, ma pei contestaie la metahsica stessa come
inteipietazione ingenua e fuoiviante di un complesso di intuizioni
che lo stesso pensieio antico aviebbe concepito in foima essenzialmente
logica.
Andrea Le Moli
Universit degli Studi di Palermo
andrea.lemoli@unipa.it
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33
Being opposite
On the translation of antikeimena in Aristotles De anima
Pietro Giurida
The enquiiei who appioaches this subject must asceitain what
each of these faculties is befoie he pioceeds to investigate the
questions next in oidei and so foith. But if we aie asked to
state what each of these is, that is to say, what the cognitive,
sensitive and nutiitive faculties iespectively aie, we must be-
gin by stating what the act of thinking is and what the act of
sensation is. loi activities and functions aie logically piioi to
faculties. But, if so, and if a study of the correlative objects should
have pieceded, these objects will foi the same ieason have to
be dehned hist l mean, nutiiment and the sensible and the
intelligible. Consequently we have to tieat of nutiiment and
geneiation.
1
The main concein of this aiticle is the inteipietation of this passage,
and the paiticulai way by which it is geneially tianslated by modein
editois. Almost all modein tianslations adopt the two locutions that
l emphasize in the text objects and correlative objects, to tianslate the
Gieek woid antikeimena.
2
But this choice is not neutial, noi it is without
consequences foi the undeistanding of the text. Rathei, l suggest it is
anected by thiee pioblems
1. Ti. Hicxs 190, 3 (italics mine), De anima ll.4 41a14-23
,
. ,
,

. , ,
,
. . See the
similai passage in l.1 402b11-1.
2. All the English and ltalian tianslation, and two of the liench, adopt the locution
ielative oi coiielative objects. See Hicxs 190, 3, H 1993, 1, B 1984,
2, Movi~ 200, 133, L~UvrN1i 200, 13, B~vno1iN 19, 38, Bou0s 1993, 10. The
only exception seems to be Tvico1 2003, 2, that uses the woid opposes. loi some
iemaiks about the adoption of this tianslation see Bou0s 1993, 80 n., Movi~ 1991,
29 n.2, Hicxs 190, 189-90, and Rouirv 198, 21 e 22.
Pietro Giurida
1. De anima 402b11-1 and 41a14-23 aie the only two cases in
the whole Aiistotelian corpus wheie the woid antikeimena is
tianslated with objects oi coiielative objects,
2. this tianslation is nesting in the eaith of Aiistotelian psychology
the modein opposition between subject and object,
3. it implies that antikeimena in De anima is not used as a techni-
cal teim, and that its piesence in this text has not theoietical
consequences.
Aiguing that the woid antikeimena plays a specihc iole in De anima,
l will piopose some aiguments foi the inadequacy of the standaid tians-
lation, and l will suggest that the Aiistotelian explicit theoiy of opposite
teims, as developed in Categories and Metaphysics, is the appiopiiate
giound foi the usage of the woid antikeimena in De anima.
1. Dewan on the historical introduction of the term obiectum
Let stait the analysis of the pioblems involved in the tianslation of
antikeimena by iefeiiing to Lawience Dewans aiticle Obiectum. Notes
on the invention of a word.
3
ln this aiticle Dewan piesents an inteiesting
discovei the hist philosophical usages of the Latin woid obiectum
appeais in the Xlll d.C. in two commentaiies on the poweis of the soul
the De anima attiibuted to Robeito Giossatesta, and the anonymous De
potentiis animae et obiectis. Both these texts paiaphiase the Aiistotelian
nexus dynameis-energeiai-antikeimena, that oiiginally appeais in De an-
ima l.1 and ll.4. They both adopt the woid obiecta instead of opposita,
despite the lattei was the woid noimally used in the Latin tianslation of
this passages.
4
Theiefoie, the intioduction of the woid obiectum in the
histoiy of philosophy is the outcome of an inteipietation of Aiistotles
3. Drv~N 2008.
4. See Drv~N 2008, 42 n. Dewan shows that in the vetera translatio, the only
one available when the two commentaiies weie wiitten, James of Venice iendeis
antikeimena with opposita, as well as in tianslation fiom Aiabic by Michael Scot. Only
in the latei ievision of James of Venice tianslation by William of Moeibeke the hist
of the two occuiiences is iendeied by obiecta. Dewans conclusion is that the woid
obiectum is found in the tianslations only aftei its invention by teacheis (as distinct
fiom tianslatois). Aiound 128, by which date the woid is alieady well established,
William of Moeibeke is still pione to wiite opposita (Drv~N 2008, 42).
3
Being opposite
De anima, that, foi some specihc (medieval) theoietical issues, modihes
the oidinaiy Latin tianslation, ieplacing the woid opposita with the new
philosophical teim obiecta.

The histoiical ieasons that explain this substitution aie not in view
of this aiticle,

but l think it is ieally impoitant to iemind Dewans


aiguments about such tiansfoimation of the text, which seems to be
not legitimate fiom a stiictly Aiistotelian point of view. lf l coiiectly
undeistand Dewans aiguments, he explains De anima usage of an-
tikeimena with iefeience to the theoiy of opposite teims developed
in Categories and detailed in Metaphysics. With this woid Aiistotle
iefeis in De anima to a special kind of opposites, i.e. the ielative teims,
geneially exemplihed by the couples double/half, laigei/tallei and so on.
Notably, this usage is especially ielated to the case of ielatives analyzed
in Metaphysics V.1, wheie Aiistotle addiesses the ielation between
knowledge and the knowable, and between sensation and the sensible.
These couples aie chaiacteiized by lack of iecipiocity (antistrephein),
which is the quality that noimally identihes the ielatives. Paiaphiasing
Metaphysics V.1, Dewan explains that
ln the Metaphysics, Aiistotle distinguish caiefully between the
case of ielatives based on numbei and powei, on one hand, and
that of ielatives of the type measuiable-measuie, knowable-
knowledge, on the othei hand. [...] ln the lattei case, the mea-
suiable and the knowable is so called not because it, by viitue
of its veiy self, is said of something else, but iathei because
something else (the measuie, knowledge) is said of it. The know-
able, in its own being, is not essentially a knowable. What this
means is that the knowable is not, accoiding to its own being,
a pros ti, and so neithei is it an antikeimenon. Thus, the tiend
of this doctiine of Metaphysics is towaid the conclusion that
. See Drv~N 2008, 428.
. See Drv~N 2008, 40-19. The authoi connects the adoption of Aiistotles nexus
dynameis-energeiai-antikeimena to the explanation of seveial functions of human soul
by maintaining its unity. ln this sense, the ultimate iesponsible foi the multiplicity
of the energeiai aie the vaiious types of antikeimena fiom which and to which the
movement staits. [...] the essence of the soul being itself simple oi lacking diveisity, if
theie is a diveisity among the poweis of the soul, it must be explained [...] by some
othei factoi in the situation, that is, eithei by the oigans and instiuments oi by the
obiecta (Drv~N 2008, 412).
3
Pietro Giurida
it is piimaiily the knowledge oi peiception that the teim to
antikeimenon hts. The knowable would be so called with less
appiopiiateness.

ln othei woids, the ielation between teims like sensation and


sensible is not bidiiectional, such as that between double and half.
Theiefoie in such cases can be iecognized an independent teim (the
sensible) and a dependent one, piopeily iegaided as ielative (the sensa-
tion). But if it is tiue, the diiection implied in the Aiistotelian concept of
ielatives is exactly the contiaiy of the diiection implied by the concept
of obiectum. The teim obiectum appiopiiately indicates the knowable,
while the oppositum iathei indicates the knowledge. loi this ieason
only sensibles, intelligibles and nutiiment can piopeily be said obiecta
of theii iespective faculty. On the contiaiy the Aiistotelian notion of
ielative teims, especially when applied in knowing contexts, piopeily
denote the faculty, and not what noimally we would call theii objects.
Although, fiom this aigument, which undeimines the paiallel be-
tween the two concepts of antikeimena and obiecta, anothei conse-
quence can be diawn. lf we accept that only the knowledge, instead of
the knowable, can piopeily be consideied an antikeimenon, also Aiis-
totles usage of this teim in De anima is not quiet coheient. lndeed, in
this tieatise Aiistotle is pointing out as opposite and ielative teims the
nutiiment and the sensible and the intelligible,
8
wheieas, accoiding to
Metaphysics V.1, only the faculties can be desciibed as such. Theiefoie
Dewan can diaw the conclusion
liom all this, it looks as though Aiistotle, when uses the teim ta
antikeimena foi food, the sensible, and the knowable, is using
a teim with a well-deteimined sense, but not a teim tailoied
to that set of items as such. lt is not a technical teim foi those
items.
9
1.1. Eects of the substitution of opposita with obiecta
Dewans aiticle has the meiit of showing an histoiical short-circuit,
that pioduces some consequences in the contempoianeous ieception
. Drv~N 2008, 421.
8. See De anima ll.4 41a14-23
9. Drv~N 2008, 421.
38
Being opposite
of De anima. The usage of the expiession ielative objects to tianslate
antikeimena in De anima can deteimine a misinteipietation of the Aiis-
totelian text. Howevei, in the following paiagiaphs l piopose anothei
evaluation of the iole played by the notion of antikeimena. ln fact, l
do not agiee with Dewans claim that antikeimena in De anima is not
used as a technical teim, and l am not suie that the iole of the teim
in this context is to chaiacteiize as ielatives each faculty (threptikon,
aisthetikon, no etikon) and theii iespective opposites (troph e, aisth eta,
no eta).
10
Then, in oidei to veiify the meaning of the hve occuiiences of
antikeimenon in De anima, l will iefei to the explicit theoiy of opposite
teims developed in Categories and in Metaphysics. lf, as l think, the
notion of opposites plays a specihc iole in Aiistotles philosophy, the
ultimate ieason to ieject the tianslation of antikeimena as coiielative
objects is that it oveishadows the technical iole played by this teim in
De anima.
ln oidei to piove this claim, l piopose to go thiough thiee stages.
ln the hist, l examine some passages fiom Categories and Metaphysics
wheie Aiistotle delineates an explicit theoiy of opposite teims. ln the
second, l point out a coheient usage of this theoiy in Physics V, wheie
the notion of opposition plays a cential iole in the theoiy of motion and
change. Then in the thiid, l analyze the hve occuiiences of antikeimenon
in De anima to aigue that they aie undeistandable only on the base of
the technical meaning of this teim.
2. Aristotelian explicit theory of antikeimena
Aiistotle speaks about antikeimena in some paits of his corpus. One
extensive desciiption is piovided in Categories 10, but it is necessaiy to
compaie it with Metaphysics V 10, and with some othei texts. The gen-
eial schema of the foui kinds of opposite teims is diawn in Categories 10
Things aie said to be opposed to one anothei in foui ways as
ielatives oi as contiaiies oi as piivation and possession oi as
amimation and negation.
11
10. See De anima ll.4 41a14-23.
11. Ti. Acxviii 193, 31, Categories 10, 11b1-8
, , , ,
.
39
Pietro Giurida
Also othei texts agiee with this initial account of the opposites,
12
and on this basis it is possible to point out some geneial featuies of
this notion. The foui kinds of opposites seem independent and iiie-
ducible (Categories 10 bioadly emphasize theii iespective chaiactei).
luitheimoie, the list of the possible kinds of opposition seems complete
Aiistotle does not mention othei cases of opposite teims.
13
The hist
consequence of this account is that the teim antikeimena - as an equivo-
cal teim - has not simply one meaning, so that each case of opposition
can always be explained by iefeiiing it to one of the foui kind. Then,
when antikeimena is used without any othei specihcations, it should be
iegaided as geneially pointing to all the foui meanings, as a geneial oi
weak teim.
2.1. Opposites as relatives
A geneial account of ielative teims is found in Categories , but a fuithei
analysis is located in Metaphysics V.1.
14
We call relatives all such things as aie said to be just what they
aie, of oi than othei things, oi in some othei way in relation
to something else. loi example, what is laigei is called what
it is than something else (it is called laigei than something),
and what is double is called what it is of something else (it is
called double of something), similaily with all othei such cases.
The following, too, and theii like, aie among ielatives state,
condition, peiception, knowledge, position.
1
12. See Metaphysics V.10 and X.4.
13. ln Metaphysics V.10 1018a20-3 Aiistotle also includes in the list of the kinds of
opposites the extiemes fiom which and into which geneiation and dissolution take
place, and the attiibutes that cannot be piesent at the same time in that which is
ieceptive of both (ti. B~vNrs 1984, 0). But it is highly piobable that they aie iespec-
tively synonyms of the contiadictoiies, usually intended as piinciples of geneiation
and coiiuption, and of contiaiies. loi the foimei see Metaphysics X 4, foi the lattei see
Categories 11. On this aigument see Rossi11o 19, 44 n.
14. See also Categories 10 11b31 n. and 12b1 n. loi a geneial account see MicNUcci
198 and Mov~irs 1994. Also useful the notes to the text in Bou0s 2002.
1. Ti. B~vNrs 1984, 11, Categories a3-b ,

, ,
,
40
Being opposite
To dehne teims like slave and mastei, oi double and half, it
is necessaiy to iefei to theii ielation with anothei teims. Each slave
is called the slave of his mastei, like the mastei is called mastei of his
slave.
This mutual dependence of ielatives peimits to point out two essen-
tial featuies of this teim. They have to be iecipiocal and simultaneous.
Recipiocity implies that both teims involved in the ielation iequiie in its
own dehnition the iefeience to the othei one.
1
Simultaneity iequiies
that both teims exist at the same time in absence of a mastei, the man
just called slave no longei is a slave.
1
Neveitheless, these featuies aie not veiihed by ielative teims as a
whole. This is paiticulaily cleai about simultaneity, that is involved
only in some ielatives, and explicitly excluded by ielations such as
epist em e/epist eton and aisth esis/aisth eton. lndeed these cases iequiie
that the second teim alieady exists when the ielation is established. But
the same couples of ielatives lack the hist and moie impoitant featuie,
i.e. iecipiocity. Only the hist teim of these couples - iespectively the
aisth esis and the epist em e - iequiies foi its own existence an actual
ielation to the othei one, wheieas the second one exists befoie and
independently of the ielation. ln such case it is possible to iegaid a
teim as absolute, and the othei one as dependent, because its existence
iequiies the ielation with the hist one. This pioblem is alieady focused
in Categories b1 n., but in Metaphysics it ieceives a moie detailed
examination, by distinguishing thiee kinds of ielatives.
Things called numeiical ielatives oi ielatives in iespect of ca-
pacity aie all ielatives fiom being called just what they aie
of something else, not fiom the othei thing being ielatives to
them. But the measuiable and the knowable and the thinkable
aie called ielatives fiom something else being called [what it
is] ielative to them. loi thinkable signihes that theie exists
thought of it, but the thought is not ielative to that of which
it is a thought (foi then we should have said the same thing
twice). Similaily sight is the sight of something, not of that of
. , , ,
, .
1. See Categories b2 n. ...
1. See Categories b1 n. ...
41
Pietro Giurida
which it is the sight (though of couise it is tiue to say this), in
fact it is ielative to coloui oi to something else of the soit. But
accoiding to the othei way of speaking the same thing would be
said twice,it is the sight of that which is the object of sight.
18
2.2. Opposites as contraries
Aiistotle makes an extensive usage of the concept of contiaiies (enantia)
in Categories, in the context of the analysis of predicamenta. This notion
is analyzed in the chaptei devoted to the opposites, and fuithei in a
distinct chaptei, the Xl. The distinctive featuie that chaiacteiize two
teims as contiaiies is identihed in theii iefeience to the same ieality (one
species oi genus, one categoiy...) and, conveisely, in the impossibility
of belonging to the same thing at the same time. The teims white and
black, foi example, belong to the same qualitative iange, and the subject
of which they aie piedicates cannot be said, at the same time, both black
and white.
lt is cleaily the natuie of contiaiies to belong to the same thing
(the same eithei in species oi in genus) - sickness and health in
an animals body, but whiteness and blackness in a body simply,
and justice and injustice in a soul.
All contiaiies must eithei be in the same genus oi in contiaiy
geneia, oi be themselves geneia. loi white and black aie in
the same genus (since coloui is theii genus), but justice and
injustice aie in contiaiy geneia (since the genus of one is viitue,
of the othei vice), while good and bad aie not in a genus but aie
themselves actually geneia of ceitain things.
19
2.3. Opposites as form and privation
The account of piivation in Categories explicitly focuses only on the
natuial piivation, i.e. the piivation of whatevei a subject is natuially
endowed of.
20
18. Metaphysics V.1 1021a2-30, ti. Kivv~N 1993, 2.
19. Categories 11 14a1-2, ti. B~vNrs 1984, 24.
20. Othei kind of piivation is identihed in Metaphysics V.22.
42
Being opposite
We say that anything capable of ieceiving a possession is de-
piived of it when it is entiiely absent fiom that which natuially
has it, at the time when it is natuial foi it to have it. loi it is not
what has not teeth that we call toothless, oi what has not sight
blind, but what has not got them at the time when it is natuial
foi it to have them. loi some things fiom biith have neithei
sight noi teeth yet aie not called toothless oi blind.
21
2.4. Opposites as contradictories
ln Categories the contiadiction is identihed by two featuies (1) one of
the two contiadictoiy piopositions must always be tiue, and the othei
one must always be false, (2) theie is not any possible inteimediate
between them. Then, foi two piopositions to be opposed, they must
iespectively amim and denies the same thing about the same subject.
To build a contiadiction it is not enough to piedicate two contiaiies,
like healthy and sick, noi a disposition and its piivation, because in
these cases the tiue pioposition cannot always be distinguished.
But with an amimation and negation one will always be false
and the othei tiue whethei he exists oi not. loi take Sociates
is sick and Sociates is not sick if he exists it is cleai that one
oi the othei of them will be tiue oi false, and equally if he does
not, foi if he does not exist he is sick is false but he is not
sick tiue. Thus it would be distinctive of these aloneopposed
amimations and negationsthat always one oi the othei of them
is tiue oi false.
22
3. Aristotles usage of antikeimena in Physics V
l analyze Physics V as a ielevant context of usage of antikeimena, pei-
haps also useful foi undeistanding the iole that this teim plays in De
anima. l select this book fiom Physics because it contains eight of the
31 antikeimena occuiiences of the whole tieatise, and because these
occuiiences play a gieat iole in the Aiistotelian theoiy of motion and
change. As a mattei of fact, in this book Aiistotle diaws a soit of schema
21. Categories 12a28-34, ti. B~vNrs 1984, 21.
22. Categories 10 13b-3, ti. B~vNrs 1984, 23.
43
Pietro Giurida
involving foui kinds of change, ielying foi this puipose on the geneial
case of change (metabol e) of a substiat (upokeimenon) between two op-
posite teims (antikeimena). The aim is to include in a single theoietical
fiamewoik the geneiation (genesis), the qualitative alteiation (alloi osis),
the quantitative augmentation (aux eis), the local movement (phora),
and theii iespective contiaiies. This is possible by distinguishing the
two cases of antikeimena among which any change can take place the
contiaiies (enantia) and the contiadictoiies (antiphaseis).
Change which is not accidental on the othei hand is not to be
found in eveiything, but only in contiaiies, in things inteimedi-
ate between contiaiies, and in contiadictoiies, as may be pioved
by induction.
23
The hnal scheme of change includes the geneiation (genesis) - as
the only kind of metabol e that takes place between two antiphaseis -
and thiee cases of motion (kin esis), i.e. alteiation (alloi osis), augmen-
tation (aux eis), and local movement (phora), that iequiie enantia as
theii staiting point. This achievement iequiies the application of the
categoiial scheme, and contiadiction and contiaiiety as ielevant kinds
of antikeimena. Contiadiction giounds the analysis of geneiation and
coiiuption. These aie logically and ontologically pioblematic because
they iequiie that a substance comes fiom being to not-being and vice
versa. Contiaiiety allows the identihcation of the teims a quo and ad
quem of thiee kinds of change, that iespectively belong to the quality
(poton), the quantity (poson), and the place (topos).
24
23. Ti. H~vuir and G~vr 1984, Physics V.1 224b28-9
, . See also Physics
Vlll. 21a32- Eveiy othei motion and change is fiom an opposite to an opposite
thus foi the piocesses of becoming and peiishing the limits aie what is and what is not,
foi alteiation the contiaiy anections, and foi inciease and deciease eithei gieatness
and smallness oi peifection and impeifection of magnitude, and changes to contiaiies
aie contiaiy changes.
24. See Physics V.1. l found the same schema of the foui metabolai in Z~N~11~ 1999, 4
n. 4 and in Tvico1 1990, 20, n. 13. A moie iecent account, but with dineient puipose,
in RosrN 2012, 82 n.
44
Being opposite
metabolai
gin esis
kin eseis
alloi osis aux eis phora
antikeimena
antiphaseis
enantia
kata to poson kata to poion kata to topon
3.1. The change model and the interpretation of De anima
ln the biief summaiy of Aiistotles theoiy of opposites l pointed out that
the woid antikeimena is not usually associated with a singulai meaning.
lt is iathei used with iefeience to all its foui kinds. This hypothesis
does not exclude that in some contexts Aiistotle uses the same teim as
synonym of a paiticulai kind of opposition, like contiaiies oi ielatives,
but amims that antikeimena is noimally used as a geneial and equivocal
teim, as denoting not one but many kinds of opposition.
2
Such geneial chaiactei is shaied by anothei concept the concept
of change. With metabol e Aiistotle does not denote a paiticulai kind
of change, but all the foui cases established in Physics, that is the
geneiation, and the thiee kinds of motion qualitative (kata to poion),
quantitative (kata to poson) and local (kata topon).
2
The two concepts of change and of opposition aie developed by
Aiistotle with mutual iefeience. The geneiic teim metabol e coiiesponds
to the othei geneiic teim antikeimena, as well as each kind of metabol e
iequiies a special meaning of antikeimena.
2
This coiiespondence between antikeimena and metabol e, as two
geneiic and pluiivocal teims, pioduces the giound foi the usage of
antikeimena in De anima. ln othei woids, l think that the concept of
2. This hypothesis seems conhimed by the text quoted fiom Physics Vlll. and fiom
its use in the book V.
2. See Physics V.2 2a2-33 and Vlll. 20a2-9.
2. The ielevant exception is that only two of the foui kinds of opposite teims aie
iegaided as piinciples of change. Aiistotle explicitly exclude that ielatives and piivation
can piovide cases of change. See Physics V.2 22b10 n.
4
Pietro Giurida
opposition as found in Categories and as applied in Physics to the model
of change, could be an adequate backgiound foi the inteipietation of
the usage of antikeimena in De anima as a technical teim.
4. Aristotles use of antikeimena in De anima
ln De anima the woid antikeimena occuis used hve times, but two of
this occuiiences - l.1 402b11-1 and ll.4 41a14-23 - aie almost speculai
in the hist one Aiistotle pioposes in a pioblematic and apoietic way
a pioceduie foi the inquiie of the soul, wheieas in the second one he
accepts and conhims this same pioceduie. Befoie analysing these two
paiallel occuiiences, that aie the most pioblematics and the only two
wheie antikeimena is noimally tianslated as coiielative objects, l will
examine the othei thiee passages to check if theie is a coheient and
unitaiy use of the questioned teim.
4.1. De anima I.5 411a2-7
And if the soul is to be constiued out of elements, theie is no
need to employ them all, the one of a pair of contraries being
sucient to discern both itself and its opposite. loi by that which
is stiaight we discein both stiaight and the ciocked, the caipen-
teis iule being the test of both.
28
This text is located in the pait of the tieatise devoted to the discus-
sion of Aiistotles piedecessois theoiies on the soul. lt belongs to a
polemical context, wheie is not always easy to distinguish Aiistotles
own position. ln this case Aiistotle is engaged with the gnoseological
theoiy giounded on the assumption that like is known by like,
29
fiom
which seveial apoietic consequences follow. Adopting this theoiy the
piedecessois did not cleaily distinguish the sensation fiom the intellec-
tion. The cognition in geneial is theiefoie seen as a mateiial inteiaction
between the knowei and what is known. Hence the knowledge is ex-
plained on the basis of the similaiity between the elementaiy stiuctuie
28. Ti. Hicxs 190, 42 (italics mine), De anima l. 411a2-
,
. -
, .
29. See De anima l. 409b20-410b22.
4
Being opposite
of the things and of the soul. ln this context, the quoted text submits a
minoi ciiticism the thesis of the similaiity of the elementaiy stiuctuie
of the soul and the knowable is unnecessaiy and iedundant, since the
foui elements aie oiganized in two couple of contiaiies, and the posses-
sion of only one element foi each couple is sumcient to explain also the
disciimination of the othei teims.
ln this text the woid antikeimenon is stiictly associated with the
notion of contiaiiety, and it seems to be used like a synonym of enantion
to denote the othei teim of a couple of contiaiies. ln my opinion that
the polemical context of the quoted text undeimines the impoitance of
this occuiience in oidei to explain the iole of the woid antikeimena in
the two pioblematic cases of l.1 402b11-1 and ll.4 41a14-23. Howevei,
this text too contiibutes to show a complex as well as on impoitant
context foi the notions of contiaiiety and opposition.
4.2. De anima II.4 416a29-34
But theie is a dimcult heie, foi some say that the like is fed by
like, as is the case with the giowth, while otheis, as we said,
think the ieveise, that one thing is fed by its contiaiy, since the
like is unanected by like wheieas food changes and is digested,
and in all cases changes is to the opposite or to an intermediate
state.
30
Located in the chaptei devoted to the nutiitive and iepioductive
faculty, also this text discusses piedecessois theoiy on the ielation
between two similai teims in this case the food and the living beings.
Heie Aiistotle opposes those who explain giowing thiough the similai-
ity of the teims involved in the ielation, and those who considei this
teims as necessaily unsimilai. The solution latei pioposed by Aiistotle
consists in synthesizing this two claims, putting them as two stages of
the same piocess. ln the hist stage the nouiishment and the living being
aie contiaiies and unsimilai, wheieas in the second stage, at the end of
the digestion, the food is made actually similai to the living beings.
30. Ti. H~xivN 1993, 20 (italics mine), De anima ll.4 41a29-34
, ,
, ,
,
.
4
Pietro Giurida
The whole examination of the piocess of digestion is built on a
continuous usage of the notion of contiaiiety. But, unlike the case of
l., heie the woid antikeimenon is not used as a synonym of enantia.
ln my opinion the concise, elliptical sentence in all cases changes
(metabol e) is to the opposite (antikeimenon) oi to an inteimediate state
(metaxu) can be consideied as Aiistotelian claim, even if inteiposed
in the discussion with the piedecessois. One evidence can be piovided
foi this ieading. This sentence is similai to some othei texts fiequently
found in some othei texts, wheie Aiistotle establishes a connection
between metabol e and antikeimenon. One ielevant example can be
found in Metaphysics lV.
loi theie is not change except into opposites and things in the
middle.
31
ln this context theie is a similai use of the woid antikeimenon
as a technical but geneiic teim, denoting seveial kinds of opposites
among which the change - seveial kinds of change - can take place. The
occuiience of the same sentence in some othei tieatises would allow to
iegaid the passage quoted fiom De anima as a link to the change model
developed in Physics and its peculiai use of the woid antikeimena.
4.3. De anima II.11 424a10-6
Again, just as sight was in a way of both the visible and the
invisible, and just as the other senses too were similarly concerned
with opposites, so too touch is of the tangible and the intangible,
and the intangible is that which has to a veiy small degiee the
31. Ti. Kivv~N 1993, 24 (paitially modihed), Metaphysics lV. 1011b34-
. Thiee othei similai passages in
Physics V.1 Change which is not accidental on the othei hand is not to be found in
eveiything, but only in contiaiies, in things inteimediate between contiaiies, and in
contiadictoiies, as may be pioved by induction (ti. H~vuir and G~vr 1984, 224b28-9
,
), and V.2 Now eveiy change implies a paii of opposites, and opposites
may be eithei contiaiies oi contiadictoiies, since then contiadiction admits of no mean
teim, it is obvious that between must imply a paii of contiaiies (ti. H~vuir and G~vr
1984, 22a-10 ,
, ,
), and the text fiom Physics Vlll quoted at p. 44, n. 23.
48
Being opposite
distinguishing chaiacteiistic of things which aie tangible, as is
the case with aii, and also those tangible which aie in excess, as
aie those which aie destiuctive.
32
ln my opinion it is possible to iead this text as denoting not one but
two couples of opposite teims. Suiely, it is possible that the opposition
heie involves the sight and the visible, the touch and the tangible. So, in
a hist sense, this text would conhim that Aiistotle uses ta antikeimena
as synonym of ta pros ti, to denote teims like knowledge and knowable
as ielatives. But l would like to piopose anothei inteipietation of
the same text. The teims identihed as opposites aie iespectively the
visible and the invisible, and the tangible and the intangible. ln this
sense the sight and the touch aie ielatives teims, because this ielation is
expiessed by the giammatic constiuction of the phiase with the genitive
t on antikeimen on. Yet the second teim of this ielation, the antikeimena
ielated to each sense, is not identihed with a single object, but iathei
with a iange of contiaiies, that aie peiceptible qualities.
Such inteipietation, iequiiing that ta antikeimena is used as syn-
onym of ta enantia (instead of ta pros ti), is giounded on the account of
aisth esis developed by Aiistotle in book ll of De anima. Heie Aiistotle
tiies to explain the somatic level of sensation as an alteiation (alloi osis)
of a initial state, thiough the stimulus of a sensible object. This initial
stage is qualihed as an indeteiminate oi an inteimediate one. Then, the
action of a sensible quality on a sensoiy oigan causes a soit of bieak
of this equilibiium, an alteiation that piopeily constitutes the somatic
giound of peiception.
33
Theiefoie, this occuiience histly contains a conhimation that the
sensation and the sensible aie ielative teims. Howevei, this ielation is
not designated by the woid antikeimena, but by the giammatic constiuc-
tion of the phiase, and paiticulaily by the genitive t on antikeimen on.
The piopei taiget of Aiistotles usage of antikeimena in this context is
32. Ti. H~xivN 1993, 42 (italics mine), De anima ll.11 424a10-
, ,

, , , .
33. loi an extensive ieconstiuction of the somatic piocess involved in Aiistotles
psychology, see Moss 2012, chaptei 2. loi a ieview of the debate on the kind of alloi osis
involved in sensation, see Suirius 1993 and Brv1i 1998. Recent contiibutions in RosrN
2012 and BoviN 2012.
49
Pietro Giurida
not this ielation, but the contiaiiety involved in the sensible qualities as
iesponsible foi the somatic alteiation. lf it is tiue, this passage, and the
ielation heie established between an activity of the living beings and its
specihc couple of opposite teims, can piovide a decisive contiibution to
the inteipietation of the two pioblematic occuiiences we aie conceined
with. Then, l piopose to iead antikeimena as indicating not the objects of
each faculty qua ielative to the faculty, but the contiaiy teims iequiied
foi the changes of the living beings.
4.4. The problematic occurrences of antikeimena
The ieview of the thiee less pioblematic occuiiences of antikeimenon
piovides us with two selected evidences foi the inteipietation of the
pioblematic occuiiences.
1 ln ll.4 41a29-34 Aiistotle uses antikeimenon in the singulai foim in
a shoit sentence, fiequently attested in some othei paits of the corpus
[...] and in all cases changes is to the opposite oi to an inteime-
diate state [...]
ln my opinion, the piesence of this passage in De anima can be iead
as a hist connection with Aiistotles usage of the teim antikeimenon in
Physics. ln this sense l suggest to iead this woid not as a synonym of
enantia (as the context of the phiase could suggest), but as bioad and
geneial notion of being opposites, without iefeience to oi exclusion of
anyone of the foui kinds of opposition.
2 The case of ll.11 424a10- is as impoitant as complex. Saying that
all the senses aie conceined with opposites Aiistotle is meaning that
each sense is relative to the opposites. But if it is coiiect, this passage
can be decisive foi a a dineient inteipietation of the two pioblematic
occuiiences of antikeimenon. lt suggests that sensation is not simply
ielative to its piopei object, but that it is ielative to a iange of contiaiy
oi opposite teims. ln this sense, l piopose to undeistand the ielation
between each activity and its opposite teims as a tiiadic model, that
coiiesponds to the Physics model upokeimenon-antikeimena.
34
34. ln the following paiagiaphs l will analyze only ll.4, because this contains the
dehnitive veision of the nexus dynameis-energeiai-antikeimena, which oveicomes the
0
Being opposite
4.5. De anima II.4 415a14-23
The enquiiei who appioaches this subject [i.e. the soul] must
asceitain what each of these faculties is befoie he pioceeds to
investigate the questions next in oidei and so foith. But if we
aie asked to state what each of these is, that is to say, what the
cognitive, sensitive and nutiitive faculties iespectively aie, we
must begin by stating what the act of thinking is and what the
act of sensation is. loi activities and functions aie logically piioi
to faculties. But, if so, and if a study of the correlative objects
should have pieceded, these objects will foi the same ieason
have to be dehned hist l mean, nutriment and the sensible and
the intelligible. Consequently we have to tieat of nutiiment and
geneiation.
3
ln this text Aiistotle identihes two levels foi the analysis of the soul
faculties foi each faculty the enquiiy will stait fiom the analysis of its
activity oi function. ln tuin, this analysis depends on the desciiption
of the opposite teims of each activity, that is the staiting point of the
movements of the living beings. This opposite teims aie designated as
the staiting point of the enquiiy of the faculties, that Aiistotle often
calls the rst for us.
Adopting the tiaditional tianslation of antikeimena as coiielative
objects the Aiistotelian schema of the ielation between the faculties,
the activities and the enviionment is identihed with the subject/object
ielation. Yet anothei inteipietation is possible by compaiing this pas-
sage to ll.11. Accoiding to the lattei, the teim antikeimena is not be used
to denote the ielation between each faculty and its iespective terminus
a quo, but iathei to identify the iange of teims fiom which and to which
seveial cases of change can take place. Unlike ll.11, in ll.4 we not hnd
piecedent apoietic veision of l.1 402b11-1
3. Ti. Hicxs 190, 3 (italics mine), De anima ll.4 41a14-23
,
. ,
,

. , ,
,
. .
1
Pietro Giurida
the genitive t on antikeimen on, that peimits to put in a dineient logical
level (1) the ielation between the faculty and its antikeimena and (2) the
piopei opposition of the opposites teims. Still, despite this dineience, it
seems to me that the paiallel between the two passages can be helpful
foi the inteipietation of ll.4.
Anothei ielevant dineience between the two passages is that only
in ll.11 the context suggests antikeimena as synonym of enantia. But in
my opinion this does not indicate an incoheience. This dineience iathei
peimits to explain the ielation between the two passages. As a mattei
of fact, ll.11 is only devoted to the sensible faculty that, as a qualitative
alteiation, iequiies a ielation to qualitative contiaiies (enantia kata to
poton). Otheiwise, ll.4 conceins the whole of the thiee faculties, with
theii iespective peculiaiities. Yet, the antikeimena involved by the sen-
sation is not the same iequiied foi the giowing and the geneiation, not
foi the intellect oi the local movement. Then, in ll.4 is moie appiopiiate
the iefeience to a weak and geneial concept antikeimena, that would
include moie than one kind of opposition.
ln this view, a moie adequate tianslation would not emphasise
the ielation between each faculty and its objects, noi the contiaiiety
iequiied by the sensation, but the moie geneial concept of opposition.
Since the changes involved in life belong not to one but to seveial kinds,
lt seems to me moie enective to leave the meaning of antikeimena
undeteimined. lndeed the explain of the alteiation involved in sensation
and intellection iequiies qualitative contiaiies (enantia kata to poton),
wheieas the analysis of the hist faculty, iesponsible foi giowth and
geneiation, iequiies quantitative contiaiiety (enantia kata to poson) and
contiadiction (antiphasis). The iefeience to the ielation between each
faculty and its object on the othei hand does not piovide the connection
with the change model.
5. Conclusions
Dewan aiguments against an unnoticed substitution of opposita with
obiecta ielies on the incompatibility between the two concept of opposita
and obiecta. ln his view, the Aiistotelian opposites as analyzed in
Categories and Metaphysics is piimaiily used to point out the activities
iathei than theii objects. Neveitheless, the usage of antikeimena in
De anima does not seem consistent with this theoiy. ln the tieatise
2
Being opposite
on the soul this woid is mainly used to denote the objects instead of
the activities. Then, if Dewans hist conclusion is the inadequacy of
the cuiient tianslation, the second is that the Aiistotelian usage of
antikeimena in De anima does not iely on the technical meaning of this
teim.
l suggested some aiguments against this second conclusion, looking
foi evidence of a piopei technical usage of antikeimena in De anima. ln
this sense, l suggested as appiopiiate context foi this usage some paits
of Categories and Metaphysics wheie Aiistotle explicitly elaboiates a
theoiy of opposite teims, and Physics V as an application of this theoiy.
The iole played by the opposites in the constiuction of the change
model is in fact useful foi the inteipietation of the tieatise on the
soul. Heie the analysis of foui kinds of change that chaiacteiize living
beings (the geneiation, the qualitative alteiation, the giowing, and the
local movement) iequiies the iefeience to two kind of opposition the
contiaiies and the contiadictoiies.
l tiied to piove that the ielation between De anima and the change
model has gieat infuence both on the method and the taiget of the
tieatise. ln this sense, the most ielevant evidence that l can indicate
is found in De anima ll.11, wheie the ielation between the senses and
the sensibles can be seen as an application of the Physics tiiadic model
upokeimenon-antikeimena. Consideiing this text as a context foi the
two pioblematic occuiiences we aie conceined with (l.1 and ll.4), we
will have to avoid the tianslation of antikeimena as coiielative objects.
Tianslating this woid simply as opposites makes cleai the peculiai
application of the tiiadic change model in De anima, and allows to
iecognize the activities due to each faculty as special cases of change
that iespectively iequiie two contiaiies oi two contiadictoiies.
Pietro Giurida
Univeisit degli Studi di Paleimo
pietio.giuniida(unipa.it
References
Editions and translations of De anima
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Pietro Giurida
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Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates


Raaele Mirelli
1. Die Untersuchung des Begries daimon und die
Kenntnisnahme seiner begriichen Unbestimmtheit
1.1. Daimon und theos
Das Pioblem einei iein philosophischen lnteipietation des Begiines
daimon zwingt, damit man die Komplexitt seinei Sphie begieift
die Entstehung des Woites in dei sogenannten piphilosophischen
Dimension zu betiachten. Als giiechisches Woit hat dei daimon in
den homeiischen Weiken seinen Uispiung. Diese Heikunft beieitet
uns abei nicht wenige Schwieiigkeiten. Die Daistellung des daimon
in dei mythologischen Welt Homeis geschieht nicht in dehnitoiischei
Eindeutigkeit, weil das Woit sehi vielfltig veiwendet wuide. Mein Ziel
ist es, einen lineaien Weg des Begiines anzudeuten, um die konkieten
Eigenschaften heiauszuaibeiten (charasso).
Duich die Lektuie dei piphilosophischen Schiiften Ilias und Odys-
see wiid das Woit zwei Bedeutungen gewinnen, zwei Hauptbegiine, die
sich neben dem Begiin des daimon positionieien theos (Gottheit) und
moira (Schicksal).
Etymologisch wuide das Woit daimon als Synonym fui theos ge-
biaucht und gedeutet. Tatschlich taucht in dei Ilias und dei Odyssee
die Bedeutung und dei Gebiauch des daimon huhg in Zusammenhang
mit dem Woit theos auf beide Begiine knnen als Synonyme gebiaucht
weiden. lm Sinne einei metiischen Anwendung ist daimon als Alteina-
tive zu theos zu betiachten hieifui gibt es zahlieiche Beispiele. Wie l.
A. Wilfoid schiieb
Thus to accept Daimon as a living supeinatuial agency leads to
the second dimculty, one which poses a question which could
at once dispose of the whole pioblem namely to ask whethei
Daimon does not aftei all simply mean any god not named, and
so act as a vague synonym foi theos, its use being due to a desiie
foi vaiiety, to metiical convenience, oi to the meie iepetition
Raaele Mirelli
of a foimula. Theie aie two objections to this. liistly, if evei
Daimon should seem to mean theos, it is suipiisingly dimcult
to say which god is being iefeiied to.
1
Wenn daimon als Synonym fui theos daigestellt weiden kann, so
musste gefiagt weiden, welches dei beiden Witei zueist entstand odei
welches zueist diese gttliche Dimension bezeichnet hat This implies
that the use of daimon with an indehnite iefeience is oldei than the
use of theos with a dehnite iefeience, whence it follows that the woids
aie not meiely synonyms.
2
Das bedeutet, dass mein loischungsobjekt
als ein piimitives Eilebnis dei Gottheit eischeint, das noch nicht als
omziell
3
angenommen weiden konnte This aftei all is natuial, if we
bioadly accept Heiodotus iemaik that it was Homei and Hesiod who
assigned the gods theii names and stations.
4
Und das eiklit, waium
keine ubeieinstimmende Theoiie odei lnteipietation existieit, die das
Woit daimon als klaie Alteinative fui theos eischeinen lsst The dif-
feience in meaning between the two woids leads to the conclusion
that daimon had iefeience to the eaily expeiience of the indineiently
numinous.

Die Dehnition des daimon als eine lebendige und ubei-


natuiliche Kiaft bleibt sehi inteiessant fui den weiteien Gang meinei
Ubeilegungen. Dei daimon stellt eine inomzielle Eigenheit dei gttli-
chen Sphie dai, die das zukunftige Bewusstsein des philosophischen
Ich chaiakteiisieien wiid.
ln dei Analyse von Wilfoid zeigt sich eine wesentliche Schwieii-
gkeit, nmlich die liage, wie dei loischei das Woit im Sinne einei
einzigen Bedeutung einschinken kann lt should now be cleai that
alieady in Homei daimon was a woid of manifold signihcance. lt is
theiefoie of some inteiest to tiy to see if the woid has any undeilying
meaning [...].

Meine Vermutung ist, dass der daimon der Dimension


des Individuums zugrunde liegen knnte.
1. Wiiiovu 1965, 218.
2. Wiiiovu 1965, 219.
3. Mit dem Wort omziell bezeichne ich die Sphre der Gottheit Griechenlands, die
auf den homerischen Werken und Tradition basiert. Diese Ordnung wurde von der
polis als omziell angenommen.
4. Wiiiovu 1965, 218.
5. Wiiiovu 1965, 218.
6. Wiiiovu 1965, 222.
58
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
Wie es dann ntig, das sub-iectum in die Betiachtung einzubezie-
hen` Odei spiicht man hiei einfach von dem Unteibewusstsein als
iefektieitei Eifahiungswelt dei menschlichen Gefuhle` Diese liagen
weide ich zu beantwoiten veisuchen. An diesei Stelle ist es wichtig
zu veistehen, wie dei daimon seine veischiedenen Eischeinungsweisen
zum Vorschein bringt.
Der daimon operiert und generiert seinen Einfuss auf zwei Weisen:
Diese Kraft wird entweder als eine uerliche oder als eine innerliche
vom Individuum wahrgenommen. Wilford deutet drei verschiedene
Klassen und Wirkungsbereiche an, in denen der daimon seine Aktivitt
entfaltet: The hrst class is characterised by the formula daimoni isos
7
;
in diesem Fall erscheint der daimon selbst im uerlichen Raum, um den
Menschen davor zu warnen, gewisse Dinge zu tun. Die zweite Klasse,
in der der daimon sich immer noch im uerlichen Raum wahrnehmen
lsst, ist folgendermaen zu bestimmen:
The second class of instances, by far the best represented of
the three, shows daimon still anecting the individual as it were
from the outside, but in a much less wholesale manner. In this
case daimon is blamed for some external physical event which
directly anects the individual, usually adversely.
8
Der living unknown wie Wilford schreibt wird oft als negative
Kraft wahrgenommen und ist deswegen verantwortlich fr das Gesche-
hen von Ereignissen, die dem Individuum hinderlich sind. Die dritte
Klasse dagegen deutet den Weg zur platonischen Philosophie an, indem
die Charakterisierung des sokratischen daimon auftaucht. Hier wird der
daimon als Ratgeber dargestellt: The third class, conhrmed mainly to
the Odyssey, is comparatively small but most interesting. In this, the
power of daimon operates internally upon the individuals thoughts or
feelings.
9
Wie man daraus ersieht, kann der daimon nicht als individuelle
Gottheit erklrt werden. Herbert Jennings Rose
10
stellt die These auf,
dass das Sumx -mon immer die persnliche Sphre involviert: diese
7. Wiiiovu 1965, 221.
8. Wiiiovu 1965, 221.
9. Wiiiovu 1965, 221.
10. Vgl. Rosr 1952 und Rosr 1935.
59
Raaele Mirelli
Peispektive knnte sich als sehi fiuchtbai eiweisen, obwohl in diesem
Kontext dei daimon seine Eigenstndigkeit noch nicht gewonnen zu
haben scheint. Nui in dei diitten Klasse ist diesei Aspekt angedeutet,
abei dei Kampf des daimon um seinen eigenen Raum ist lngst noch
nicht entschieden. Die Geschichte des Begiines bietet zahlieiche Wa-
hloptionen von iefektieiten Konsequenzen und Auswiikungen, die sich
duich die platonischen und neuplatonischen Doktiinen vollziehen.
Dei Begiin daimon in dei Bedeutung Schicksal in dei homeii-
schen Zeit und das ist eine weithin akzeptieite These eiweiteit
die Peispektive und zeigt, wie die Vielseitigkeit und die Dynamik des
Wortes erst durch die von Platon geschanene Figur des Sokrates und
des daimonion ti begrenzt und eingeengt wird und wie vieldeutig und
dynamisch dieses Wort sein knnte. Die anfaengliche Aunassung des
daimon, oder besser formuliert, diese kulturell tradierte Kenntnis des
daimon als moira entwickelte sich auto-intuitiv in dem empfangenden
Subjekt und wurde dann im Sinne eines Charakters akzeptiert. Als
Odysseus sagt, dass der daimon die Wogen geglttet hat, berwindet er
die unterwerfende gttliche Sphre (die omzielle), um den daimon als
autonome Macht zu akzeptieren. Der daimon stellt die andere Seite der
Gottheit dar und fngt an, die unbestimmte Sphre zu bilden, in der sich
die instinktive Wahrnehmung des Ich und die der Gottheit vermischen.
1.2. Hesiod: daimon und heros
Durch die Werke Hesiods wird dem Begrin daimon eine weitere Per-
spektive und Bedeutung hinzugefgt. Die Verbindung zwischen Gttern
und Menschen wird in der Theogonie inszeniert. Die Grenzen, die von
Homer gesetzt wurden, gelten nicht mehr und der daimon und die
Heroen gewinnen immer mehr Raum in der Alltagswelt Griechenlands.
Die olympischen Gtter kmmern sich wesentlich mehr um die
Menschen und treten in direkten Kontakt mit ihnen. Was verpnt ist,
erschant eine verlockende Situation, aus der die Heroen als neue Figuren
entstehen. In der Theogonie sind die Beispiele zahlreich: in den Versen
938 bis 1022 behnden sich viele Beispiele, in denen Gtter und Menschen
gemeinsam neue Lebewesen hervorbringen: Maia die Tochter des
Atlas, teilte das heilige Lager des Zeus und gebar ihm den ruhmvollen
60
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
Heimes, den Heiold dei Gttei.
11
Die Heiolde waien Dienei dei
Gttei und als solchei wiid sptei dei daimon betiachtet. Schon bei
Plato wiid dei daimon als Mittelwesen zwischen dei gttlichen und
dei menschlichen Sphie gedeutet. Nun stehen bei Hesiod dei daimon
und dei heros auf dei gleichen Stufe einei unteigeoidneten Gottheit.
Wie Heimann Usenei foimulieit So mussten dmonen und heioen
ineinandei laufen.
12
Die Heioen und die Dmonen entspiechen dei Entstehung eines
neuen Beduifnisses. Die Gttei des Olymps sind zu weit von den
Menschen entfeint, um ihnen ein passendes, iefektieites Vorbild zu sein.
Die von Hesiod neu erschanene Thematik des Alltagslebens bentigt
eine entsprechende religise Dimension, die dem Menschen nher steht.
In Hesiods Werken knnen sich die Menschen nur durch Arbeit ein
neues Recht gegenber der Gottheit verdienen; dieses Recht besteht in
einer neuen moralischen Ordnung, in der die Menschheit die Arbeit
als Mittel zur Glckseligkeit betrachtet. Die wesentliche Leistung der
epischen Dichtung Hesiods besteht in der Umwandlung der moralischen
Werte. Die von Homer berlieferte Welt der Krieger wird in die neue
Perspektive der buerlichen Arbeit gebracht. Die olympische Welt des
Zeus stellt eine alte Ordnung dar, die durch die hesiodischen Werke sich
verndern musste. Der daimon wird von Hesiod als heros dargestellt, als
Wchter der Weltordnung. In diesem Prozess hndet der Mensch sich in
den bei Hesiod dargestellten Figuren der Heroen widergespiegelt. Ein
heros ist ebenso wie ein daimon ein Halbgott. Er gehrt weder zum
Himmel noch zur Erde, sein Platz ist neben den Menschen als Diener,
indem er als perfektes Vorbild fr sie gelten darf. In den Werken und
Tagen, in der Beschreibung der Zeitalter der Menschheit (insgesamt sind
es fnf), wo die Menschen eine regressive Entwicklung erleben, hndet
man die Figur des daimon und der Heroen. Ich beziehe mich direkt auf
das goldene Zeitalter, in dem die Menschen als daimones bezeichnet
werden. In dieser auergewhnlichen Betrachtung Hesiods scheint die
Menschheit harmonisch zu leben: Es ist nicht ntig zu arbeiten, da
die Erde alles zur Verfgung stellt und man ist geistig und krperlich
vollkommen gesund. Aus diesem langlebigen Dasein der Menschen
entsteht dann die Figur des daimon: Die Menschen werden zu Dmonen,
11. ScuoNnrvcrv 2008, 73.
12. UsrNrv 2000, 253.
61
Raaele Mirelli
indem sie als Wchtei dienen. Genauso weiden in dem vieiten Zeitaltei
die Helden von Theben und Tioja zu Heioen und Halbgttein. Mit
Usenei lsst sich sagen
Die Hesiodische dichtung von den Weltaltein scheint zwai ei-
nen weitunteischied zwischen beiden aufzustellen, indem sie
die menschen des goldenen zeitalteis zu dmonen [...], die des
vieiten, die helden von Theben und Tioja, zu heioen und hal-
bgttein [...] weiden lsst abei in beiden fllen sind es seelen
entschlafenei, ob sie als dmonen odei heioen foitleben.
13
Auch in dei Theogonie gibt es weiteie Beispiele, welche die beiden
Begiine des daimon und dei Heioen miteinandei veibinden
Eos gebai dem Thitonos den Memnon in eheinei Rustung,
ihn, den Koenig Aithiopiens, und dann Emathion, den
Heiischei.
leinei, von Kephalos schwangei, gebai sie den glnzenden
Spiling
Phaethon, dei an Stike und Kiaft sich ma mit den Gt-
tein.
Diesei wai noch ein Knabe und bluhte in zaitestei Jugend
kindlichen Sinnes, da iante die Gttin mit lchelnden An-
tlitz
Aphiodite, ihn foit zu ihien hochheiligen Husein,
wo den Vergttlichten sie zum nchtlichen Hter bestell-
te.
14
Daimona dion kann weder als Hter noch als Heros bersetzt wer-
den.
15
Es besteht die Mglichkeit, die beiden Wortbegrine weiterhin
als Synonyme zu betrachten, indem ich die beiden Interpretationsper-
spektiven und Unterschiede, die zwischen daimon und theos bestehen,
akzeptiere. Der daimon lsst sich nicht leicht einordnen: Wenn man
aber den Begrin des heros bei Hesiod analysiert, wird die Verbindung
13. UsrNrv 2000, 253.
14. Hesiod, Theogonie 984-991, bersetzt in ScuivNuiNc 1991, 79.
15. Vgl. die bersetzung in ScuoNnrvcrv 2008, 75: [...] Als der in prangender Jugend
frisch erblht war, entrckte die hold lchelnde Aphrodite den munteren Knaben und
machte ihn in ihrem heiligen Tempel zum nchtlichen Hter und herrlichen Heros.
62
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
zwischen diesen Begiinen deutlich. Bei Hesiod gilt dei heros als gttli-
che ligui, die dem Menschen nah ist. Dei heros stellt ein Beispiel fui
die giiechische Tiadition dai, dei dei Stadt Schutz bietet. Ei ist, wie
dei daimon, ein Wchtei und hat diiekten Kontakt mit dei Gottheit.
Duich seine Aktivitt zeigt sich dei Wille dei Gttei. Ei ist und bleibt
abei untei den Menschen, um wahischeinlich den Plan des Schicksals
zu eifullen. Dei daimon dagegen ist ein Wesen, das gewisseimaen
hintei ihm steht, ein Wesen, das nui duich menschliches Nichtwissen
und Angste eizeugt wiid. Man kann sagen, dass in diesei von Hesiod
eischanenen Welt dei daimon zusammen mit dem heros auf eine haimo-
nische Ait koexistieien, die voihei bei Homei mit dem Woit theos nicht
zu sehen wai. Dei daimon teilt mit dem heros den Raum dei Dichtung
Hesiods, um ein und dasselbe zu bezeichnen. Ei gilt oft als hilfieiche
loim, die smtliche Begiine des symbolischen Raums eiweiteit. Um die
These meinei Aibeit zu unteimauein, weide ich den daimon als einen
Chaiaktei dei giiechischen Kultui bezeichnen.
1
1.3. Hermann Usener: daimon und Heroen
Mit dem Weik Gtternamen eischant Usenei ein komplettes und ge-
naues Bild dei Religiositt Giiechenlands und ihiei vielfltigen Kulte.
Wie beieits daigestellt wuide, ist dei daimon in Zusammenhang mit
dem Begiin des heros zu sehen. ln diesei Klimax, in dei sich theos, dai-
mon und heros entfalten, hat man gesehen, wie dei daimon sich immei
veistecken musste. Duich die Analyse von Usenei wiid klai, dass dei
daimon duich das alltgliche Leben einen wichtigen Raum gewonnen
hat. Daimon und Heroen entspiechen Useneis Begiin dei Sondergtter.
Diese unteigeoidnete Welt dei Gottheit ist eine Konsequenz des
1. Mit dem Woit Charaktr beziehen ich mich auf das Verb charasso: Es bezeichnet
im griechischen Handwerk die Aktivitt des Eingravierens und des Prgens entweder
einer Mnze oder eines metallischen Blatt mit einem metallischen Stift. Dies impliziert,
dass der Charakter als Einprgung und als Teil unseres genetischen Vermgens zu
verstehen ist. Aus dieser Sicht ist der daimon eine berlieferte, innerliche, seelische und
krperliche Prgung. Diese Eigenschaft entspricht dem Ursprung des philosophischen
thaumazein, und zwar als Wille zum Fragen. Als Konsequenz wrde sich daraus
ergeben, dass Homer und Hesiod als die Ersten zu bezeichnen sind, die auf eine naive
Art die ersten philosophischen Fragen ber Weltanschauungen aufgeworfen haben.
Diese These wurde von Maximos Tyros in seinen Dissertationes formuliert und steht in
scharfem Gegensatz zur gngigen philosophiegeschichtlichen Aunassung.
63
Raaele Mirelli
Kultes dei polis und eine klaie Alteinative zu dei omziellen, in dei
Stadt ausgepigten Religiositt. Die Analyse von Usenei bewegt sich,
in Bezug auf die Heioen und den daimon, in diesem leld Dmonen und
Heioen sind Sondergtter, indem sie den Beduifnissen des Volkes nher
stehen, sie sind Gtter des Dorfs und des Landes:
Die gtter des dorfs und des landes, die bauerngtter sind die
einfltigen ihres geschlechts, in der stadt kann man sie nicht
brauchen; die von marmelstein und gold schimmernden tempel,
der glanz der feste, das alles kommt nur den groen herren unter
den gttern zu, deren scharfem auge und weitem blick die mch-
tige hand entspricht. Das sind die wahren gtter: die lndlichen
sind wesen niederer ordnung, etwa wie die feldscherer des dorfs
neben den groen wissenschaftlichen autoritten der stadt.
17
Trotzdem hat sich dieser Kult erweitert und fr jeden Aspekt des
Lebens, fr jede Situation, gab es eine Gottheit, die den Gang der Erei-
gnisse berwachte. Das bedeutet, dass die Gtter des Landes eine groe
Rolle in Griechenland gespielt haben. Was haben denn tatschlich diese
Begrine der Dmonen und der Heroen angedeutet? Die Darstellung
von Usener ist sehr przis:
Obwohl an sich ganz verschiedenartig, haben diese beiden be-
grine doch so viele berhrungen, da sie, sofern es gilt, gttliche
wesen niederen rangs zu bezeichnen, im spteren sprachge-
brauch ununterscheidbar zusammenfieen. Als allgemeinste
bezeichnung eines gttlichen wesens mute daimon im gegensa-
tze zu persnlichen gttern ein wesen bedeuten, das ohne gott
(theos) zu sein an den gttlichen eigenschaften der unsterbli-
chkeit und berlegenen kraft anteil hatte. Und so bestimmte
schon der platonische Sokrates die dmonen als mittelwesen
und vermittler zwischen gttern und menschen (Symp. 23 A).
Die dehnbarkeit und nahe verwandtschaft dieses begrins, [...]
machte ihn besonders geeignet, gttliche wesen zu bezeichnen,
welchen der entwickelte hellenische glaube einen niederen rang
anweisen mute.
18
17. UsrNrv 2000, 247.
18. UsrNrv 2000, 248.
64
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
Die Entwicklung des Begiines daimon hat eine besondeie Ait des
Hellenismus heivoigebiacht bei Homei ist ei ein Unikum gewesen, dei
dem lndividuum als unbestimmte Gottheit zui Seite stand, im Laufe dei
Zeit und duich die hesiodischen Weike hat ei fast eine eigene ldentitt
gewonnen, die den Geist des Landes veikipeite. Diesei ist einfach
unteigeoidnet woiden, um eine spezihsche omzielle Wahinehmung dei
Religiositt zu bezeichnen. Die Eigenschaft des daimon als vox media,
als Medium, hat ihn befiiedet ei spielt die Rolle eines Mittelwesens,
steht abei, andeis als voihei, in einei diiekteien Ait zum lndividuum.
Nach Hesiod ist ei zusammen mit den Heioen einei dei Wchtei, dei
in ihien Aufgaben dem Willen des Volkes unterworfen ist. Die von
ihm konzipierte Aunassung der Ereignisse als zusammenbindende Di-
mension zwischen der Sphre des Ich und der Religiositt ist erfllt
worden und er stellt sich als benanntes Phnomen in das griechische
Dasein. Whrend er im Schlaf lag, hat die Figur des heros aus ihm
Kraft gesammelt und diese von dem daimon erschanene Welt der per-
snlichen Gtteraunassung bernommen. Der daimon bleibt immer
noch versteckt, obwohl er jetzt zu Recht unter der Kategorie der Son-
dergtter eingeordnet worden ist. Der heros ist dem daimon sehr nah,
aber er vertritt einen anderen Aspekt der religisen Wahrnehmung,
indem er dem Kult der Ahnen im Rahmen einer aristokratischen Macht
entspricht: An sich sind heroen die seligen geister der abgeschiede-
nen, vorab der ahnen. Wer hienieden fromm, gerecht und tapfer gelebt
hat, geht nach dem tode als heros (svar-vat glanzbehaftet) ein zu den
unsterblichen.
19
Es knnte sein, dass ein solches von den Heroen gege-
benes Vorbild der Lebensart eine entsprechende Eudmonie entstehen
lsst.
20
Der heros besitzt die Macht in dem Haus, in dem er verehrt
wird. Wer sich nach diesen Prinzipien eingerichtet hat und danach
lebt, wird nach seinem Tode als unsterblicher heros weiterleben und
immer als exemplum erinnert: Die verehrung der ahnen ist eng mit
dem sakralen mittelpunkt des inneren hauses, dem huslichen herde
19. UsrNrv 2000, 248.
20. Hier wrde ich schon im Voraus die Verbindung von daimon, Heroen und Genien
aufzeigen, um den Begrinen eine abgerundete historische Perspektive zu ermglichen.
Obwohl sie zu verschiedenen Zeitpunkten auftreten, bleiben sie in konstanter Berh-
rung und bestimmen somit die Vielfltigkeit und die hnlichkeit der unterschiedlichen
Kulturen, in denen sie entstanden sind und angewandt wurden.
65
Raaele Mirelli
veiknupft.
21
Die Gottheit, die dem Kult dei Ahnen voisteht, veilieit
nicht an Macht, obwohl sie in eine menschliche Umgebung veisetzt
ist, ihi Schutz gaiantieit eine daueihafte Beziehung zwischen ihi und
dei lamilie, in dei sie veiehit wiid. Diese neue unteigeoidnete Schicht
von Gottheiten beweist die Dynamik einei schnellen Entwicklung dei
Sphie dei peisnlichen Gttei, in dei nun Dmonen und Heioen die
Hauptiolle spielten Hiei soll nui als solchen gestalten, die sich ohne
weiteies als alte sondeigttei zu eikennen geben, gezeigt weiden, da
die heiischaft dei peisnlichen gttei ihnen nui eine unteigeoidnete
iolle als heioen odei dmonen gestatten konnte, so wie wii das woit
des babiios auslegten.
22
Dei daimon gehit nicht nui dem lndividuum,
sondein dei ganzen Gesellschaft. Es ist dann eine Gefahi, zahlieiche
Gottheiten zu ehien, denn die Macht eines Staats wiid daduich staik
ieduzieit und die lnstitution kann untei diesen Bedingungen nicht mehi
so piominent ihi Monopol ausuben. Die Heioen und die Dmonen
dei Stadt, des Doifes, stellen eine Mikioiealitt dei Religiositt dai, die
schwei zu kontiollieien ist. Dei Zentialismus einei omziellen Macht,
die duich Religion und Kulte die Menschen iegieit, ist tiotz zahlieichei
gttlichen Wesen fui alle Giiechen pisent diese Anwesenheit dei
Autoiitt ist den Dmonen und den Heioen zu veidanken, diese untei-
geoidnete Schicht dei Gottheit ist von omziellen Gottheiten dei Stadt
abhngig. Wenn diese Gottheiten nicht dei omziellen Macht dei Stadt
entspiochen htten, wien sie fui die Einwohnei des Landes ubeifussig
und unbedeutend gewesen. ln dei Analyse von Usenei sind zahlieiche
Beispiele von Gottheiten aufgelistet, die sich in ganz Giiechenland und
dessen Kolonien ausgebieitet haben. Nun ist hiei auch zu beachten, wie
sich die expoitieiten Modelle dei Gottheiten mit den inlndischen
Kulten dei Kolonien veimischt haben Heimes ist Dios aggelos, in
Sizilien wuide Aggelos weiblich veiehit wegegttin (Hekate Enodia) und
galt als tochtei des Zeus und dei Heia.
23
Man daif mit Usenei zusammenfassen
Wii haben den voigang so oft im einzelnen beobachten knnen,
da sich nun leicht ein gesamtbild eigibt. Alle diese gttei,
solange ihie benennungen begiimich duichsichtig bleiben, sind
21. UsrNrv 2000, 249.
22. UsrNrv 2000, 2.
23. UsrNrv 2000, 28.

Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates


schattenhafte gestalten, denen es an kipei und schweie fehlt,
um sich auf den fuen zu halten. Wie schatten eischeinen sie
in dem hellen licht, das ubei die welt des Zeus ausgegossen
ist sie heien dmonen odei heioen. Sie sind zu schwach und
ohnmchtig, um dei anziehungskiaft zu wideistehen, welche
voll ausgebildete und aneikannte gttei veiwandten begiins
ausuben. Wollen sie sich die alte wuide wahien, so knnen sie
nichts besseies tun als dei hheien gottheit sich anschlieen.
Sie mussen gleichsam hiige weiden, um eines mchtigeien
schutzes willen geben sie fieiheit und selbststndigkeit auf. Das
geschieht, indem sie in die gefolgschaft des peisnlichen gottes
tieten, am gewhnlichsten, indem sie in ihm aufgehn und sich
demselben als attiibut hingeben.
24
Usenei deutet an vielen Stellen seines Weiks an, dass diese Wesen,
Heioen und Dmonen als gefallene Gttei bezeichnet weiden knnen.
Diese gefallenen Gttei mussen, wie schon analysieit, als Attiibute einei
hheien Gottheit den Beduifnissen eines sehi komplexen Phnomens
entspiechen es muss in dem alltglichen Leben dei Giiechen, des
Volkes, immer eine Gottheit geben, welche die Taten der Menschen
berwacht und begleitet. Egal, ob es ein omzieller Gott ist oder eines
seiner niedrigen Wesen. Der daimon und der heros konstituieren die
Verbindung zu einer hheren Macht, die sich nicht allzu oft zeigen
darf. Diese Macht bleibt in dem Individuum als teilbares Phnomen und
begibt sich auf den Weg des Ich durch die Maske des daimon. Anderseits
diszipliniert der heros das Ich als Vorbild fr die ganze Familienordnung
und stellt ein omzielles Attribut der Gesellschaft dar. Der daimon ist
etwas Besonderes, das seiner Natur gem versteckt bleiben muss. Der
daimon ist ein Gattungsbegrin, der sich, anders als der heros, in eine
besondere Beziehung zu den Menschen setzt. Er deutet die tiefste Natur
des Ich an und kann deswegen mit dem Unbewusstsein verwechselt
werden.
24. UsrNrv 2000, 272.
67
Raaele Mirelli
2. Die Unbestimmtheit des Gttlichen in dem Philosophen
2.1. Der daimon: seine begriichen Koordinaten bei Platon
Bevoi die diiekte Analyse zu den platonischen Dialogen duichgefuhit
weiden kann, steht mii die Heiausfoideiung bevoi, eine lnteipietation
voizunehmen, die dem Zweck meinei loischung dient. Zahlieich sind
die Kiitiken, die sich in dei Geschichte dei Philosophie duichgesetzt
haben. lm lall Platons ist die Kiitikpaiade seinei Weike unendlich,
deswegen wuide ich einen Kommentai als Mittel zui lnteipietation
veiwenden, um die Komplexitt jenei zu veimindein. Somit weide
ich zugleich fhig, dem daimon ein Eigenes zu veileihen, ohne diese
Pluialitt von philosophischen Stimmen migen zu mussen.
Platons Eibe, seine singulie loim des Schieibens als neue liteia-
iische loim eiweiteit den lnteipietationsspiegel seines Philosophie-
iens und eilaubt ein tiefeies Verstndnis des Modus philosophicus. Das
Ziel dieses zweiten Teil ist es, den daimon in dem systematischen
Corpus platonicum zu verorten und ihm eine spezihsche Bedeutung
zuzuschreiben:
Fr die Platoniker des Altertums hat die Dmonologie einen
bestimmten Platz in dem Gedankenbau des Meisters. Die mo-
dernen Darsteller seiner Philosophie sind zu aufgeklrt, um
seine uerungen ber diesen Gegenstand ganz ernst zu neh-
men. Aber mit welchem Recht hlt man, was von den Dmo-
nen gesagt wird, fr bloes Spiel und bertrgt gleichzeitig
die physikalischen und physiologischen Lehren des Timaios
und die Sprachphilosophie des Kratylos in die Paragraphen
eines Platonischen Systems? Doch nur darum, weil es heut
eine Wissenschaft von der Natur und von der Sprache gibt,
aber keine von den Dmonen. Nun, der Kratylos gleicht wah-
rhaftig einem Durcheinander tollster Kapriolen weit eher als
einer sprachwissenschaftlichen Abhandlung, und ber die my-
thische Naturwissenschaft des Timaios htte ein Forscher wie
Demokrit vermutlich den Kopf geschttelt. berhaupt sollte
kein Zweifel sein, da Platon in seinen Schriften unmittelbar
keine Wissenschaft in unserem Sinne lehrt. Und wenn gewi
Spiel ist, was die Personen der platonischen Dramen ber die
Welt des Dmonischen aussagen, so doch ein Spiel, dem wie
68
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
allem platonischen Spielen tiefei Einst innewohnt. Wei sich
fieilich eikuhnen wollte, diesen Einst mit Woiten auszuspie-
chen, dem wuide Platon einwenden Soviel wei ich wenn es
schon geschiieben odei gesagt weiden sollte, wuide es von mii
am besten gesagt weiden (Biief VII 341 D).
25
Auf der Basis dieses Zitats von Paul Friedlnder will ich mit der
Argumentation fortfahren, um das daimonion ti zu dehnieren, das in der
Apologie des Sokrates von Platon benannt wurde. Friedlnders herme-
neutische Perspektive ist nmlich eine wesentlich reife Voraussetzung
dieser berlegung: der daimon (wie er schreibt die Dmonen) ist ein
faktischer Teil der Philosophie und der Wissenschaft Platons. Doch
ist Friedlnder vorsichtig und warnt vor der Gefahr, die der daimon mit
sich bringt, und er deutet an, dass das daimonion ti eine Prrogative des
Sokrates war. Mit Sokrates landet Platon im dmonischen Bereich des
Philosophierens:
Platon traf auf einen dmonischen Bereich, als er dem Sokrates
begegnete. Denn in dem Leben dieses Mannes, der wie kein an-
derer es sich zur Aufgabe gesetzt zu haben schien, mit der Kraft
seines Verstandes das Unklare aufzuklren, gab es geheimni-
svolle Mchte, die er nicht prfte auf ihren Rechtsanspruch,
sondern denen er gehorchte. Er sprach oft und gern von sei-
nem Daimonion, und so bekannt war diese Seltsamkeit, da
die Anklage darauf fuen und ihm vorwerfen konnte, er fhre
neue dmonische Wesen (kaina daimonia) ein. Wir fragen nicht
bei der Psychopathologie an, welcher Art dieses Daimonion
war, und versuchen nicht mit Schopenhauer ihm einen Platz
zwischen Wahrtrumen, Geisterseherei und andern okkulten
Phnomenen zu geben. Noch weniger freilich darf man das Un-
gewhnliche dadurch dem Verstndnis nher bringen, da man
es als innere Stimme des individuellen Taktes, als Ausdruck der
geistigen Freiheit, als sicheren Mastab der Subjektivitt dem
rationalen und gesellschaftlichen Erfahrungskreis einordnet.
26
Als Mastab einer Subjektivitt kann der daimon nicht gelten, weil er
die philosophische Subjektivitt impliziert. Es wurde schon angedeutet:
25. Fvirui~Nurv 1964, 34.
26. Fvirui~Nurv 1964, 34-5.
69
Raaele Mirelli
dei daimon ist eine Vor-substantia, eine Voraussetzung und Grundlage
der Individualitt zur Philosophie und der griechischen Gesellschaft zur
Eudmonie. Die Dimension des Dmonischen, in der er seinen Ursprung
nimmt (und zwar in der prphilosophischen Zeit der Griechen), ist
der Ort an dem der Philosoph seine Motivation zur Wissenschaft als
Philosophie schpft.
Diese neue Interpretation ber Platon und Sokrates kann nur der
daimon erzielen, weil er ein Unbestimmtes darstellt, das menschlichen
philosophischen Verstand entgeht. Seine neutrale Position zwischen
Menschen und Gttern als Jenseitsposition garantiert die Bewegung des
Wissens selbst zur Bestimmung der philosophischen und menschlichen
Begrimichkeit des Inneren und des ueren. Die mit ihm verbundene
Unbestimmtheit ist ebenso Ziel meiner Forschung; durch sie bestimmt
er das philosophische Wissen im Sinne einer dynamischen und meta-
morphierenden Wissenschaft. Der daimon ist nach meiner platonischen
Aunassung das Philosophische in dem Menschen, ein mystisches quid
der Philosophie Platons und der ganzen griechischen Tradition:
Ja man strt sich den Zugang eigentlich schon, wenn man das
Daimonion sagt, als wre es ein Ding, anstatt es in der neutra-
len Ausdrucksart des Griechischen das Dmonische zu nennen.
In dieser Wortbildung liegt einerseits ausgedrckt jenes Unbe-
stimmte: aber du weit nicht, von wannen es kommt und wohin
es fhrt; dann aber genauer, da dieses wirkende Etwas nicht
innerhalb des Menschen und ihm zur Verfgung ist, vielmehr
von einem umfassenden Bereich auer ihm eingreift in ihn und
mit Ehrfurcht von ihm bemerkt wird. So gibt es auf einer andern
Stufe das Gttliche, und Platon lt gar den Sokrates in der
Verteidigungsrede beides verbinden und eben jene Erscheinung
ein Gttliches und Dmonisches (theion ti kai daimonion gi-
gnetai 31 D) oder auch das Zeichen des Gottes (to tou theou
semeion 40 B) nennen.
27
27. Fvirui~Nurv 1964, 35.
70
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
2.2. Sokrates vor Gericht: die Rechtfertigung des Philosophen
und die Valenz der Apologie als Warnungsschrift fr die
nachkommenden Philosophen
Was wohl euch, ihi Athenei, meine Anklgei angetan haben, wei ich
nicht ich meines Teils abei htte ja selbst beinahe ubei sie meinei selbst
veigessen, so ubeiiedend haben sie gespiochen.
28
Dei Ausgangspunkt
dei eisten Rede ist deutlich gegen die Rhetoiik dei Sophisten geiichtet.
Die Richtei sind nmlich von den Anklgein ubeizeugt woiden, dass
Sokiates ein Verbrecher sei. Sokrates zeigt ihnen aber den rhetorischen
Prozess, durch den man vergessen knnte, was das Wahre im tugendhaf-
ten Sinne bedeutet. Wie erklrt Sokrates diesen Prozess? Er sagt: ich
meines Teils aber htte ja selbst beinahe ber sie meiner selbst vergessen
das impliziert die Mglichkeit, sein eigenes Wesen zu vergessen. Die
Worte und die Methodik der Sophisten sind so berzeugend, dass man
die Koordinaten der Individualitt verlieren knnte. Das berreden ist
eine der Grundlagen der Sophistik. Die Sophisten waren in der damali-
gen Zeit die Erzieher der aristokratischen Jugend Athens. Ebenso haben
die Richter durch diese Sophistik die Wahrheit und sich selbst verloren.
In der Apologie erweist sich die Erkenntnis des Selbst als sehr wichtig.
Sie wurde von Platon schon am Ende seiner Briefe skizziert. Sokrates
ist der Mensch, der Philosoph, der nach seinem Wesen sucht. Fr ihn
ist dies das Ziel des tugendhaften Lebens, und zwar die Wahrheit dieser
Erkenntnis zu erreichen.
Wiewohl Wahres, da ich das Wort heraussage, haben sie gar
nichts gesagt
29
: hier kommt das Wort Wahres sofort ans Licht. Hier
stellt sich die erste Herausforderung der platonischen Lehre dar: wie
soll der Forscher das Wort interpretieren und wie soll der Begrin des
Wahren in der platonischen Doktrin verstanden werden? Die doxa stellt
sich der Wahrheit gegenber als Gegensatz und Feind. Die Welt, unsere
Welt, existiert fr den Philosophen als tuschende Realitt, aber in ihr
besteht immer noch der erste Schritt zu dieser Wahrheit. Der Philosoph
lsst sich am Anfang seines Lebens als eines Lernprozesses von
dieser Welt tuschen. Der Prozess beginnt deswegen in der Welt der
doxa: diese Enttuschung ist notwendig, damit die sptere Welt der
28. Platon, Apologie des Sokrates, 17 A, bersetz v. Schleiermacher in O11o et al.
1957, 13.
29. 17 A, in O11o et al. 1957, 13.
71
Raaele Mirelli
eidos eifahien weiden kann. Sokiates will diese Pathologie, die von dei
Rhetoiik aktivieit wiid, aufzeigen. Rhetoiik und Wahiheit stehen im
Wideistieit und doxa und eidos tauchen als Paiametei des Uiteilens auf.
Am meisten abei habe ich eins von ihnen bewundeit untei dem
vielen, was sie gelogen, dieses, wo sie sagten, ihi mutet euch wohl
huten, da ihi nicht von mii getuscht wuidet, weil ich gai gewaltig
wie im Reden.
30
Sokiates ist auf seine Ait schon bestimmend. Platon
will es uns Lesei in diesem lall deutlich machen Sokiates ist mit seinei
wahihaften Ait und mit seinei Eikenntnis des Selbst den meisten zu
weit voiaus. Es ist nicht einfach, den andeien die Wahiheit zu zeigen,
man wiid deswegen oft veiuiteilt und zum Opfei gemacht. Das ist nm-
lich dei Zweck dei Apologie sie ist eine Wainung fui die Menschheit
und das ist von Platon exoteiisch gemeint. Meines Eiachtens wuide
die Apologie als Wainungsschiift konzipieit fui die meisten, abei voi
allem fui die Philosophen. Diese gilt als Beispiel fui die Menschen. Wei
nach dei Wahiheit sucht und sie veibieiten will, wiid alles veilieien
seinen Kipei, seine Seele, sein Leben. Diese Deutung die Apologie als
Wainung zu inteipietieien und nicht nui als voibildliche Schiift ubei
Sokiates exponieit eine Umweitung des platonischen Zweckes bzw.
des Philosophen als Verbrecher. Es kann nicht einfach angenommen
werden, dass Sokrates im Recht war. Die sokratische Einstellung war fr
die Gesellschaft zu gefhrlich und die Philosophen, die ihm treu blieben,
waren nicht die Majoritt, sondern eine kleine Minoritt, die sich in der
Akademie verstecken sollte und musste. Nur in der Akademie konn-
ten die Worte und die Doktrinen der Philosophen verstanden werden.
Auerhalb der Akademie wurden sie als revolutionr und unmglich,
ja als umwertende Krfte geschtzt. Sokrates und Platon wollten tro-
tzdem die Majoritt fr sich gewinnen, aber es war dieser Drang zum
Heroischen, der sie zur Isolierung verurteilt hat. Die Philosophie von
Platon ist meines Erachtens nur unter dieser Perspektive als eine zu
idealistische zu verstehen.
Denn da sie sich nicht schmen, sogleich von mir widerlegt zu
werden durch die Tat, wenn ich mich nun auch im geringsten
nicht gewaltig zeige im Reden, dieses dnkte mich ihr Unver-
schmtestes zu sein; wofern diese nicht etwa den gewaltig im
30. 17 A, in O11o et al. 1957, 13.
72
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
Reden nennen, dei die Wahiheit iedet. Denn wenn sie dies
meinen, mchte ich mich wohl dazu bekennen, ein Rednei zu
sein, dei sich nicht mit ihnen veigleicht.
31
Wei die Wahiheit ausspiicht ist gewaltttig und das kann nui
schlimme lolgen haben. Die Anklgei meinen auch das Wahie be-
hauptet zu haben, nui knnen sie nicht veistehen, was Wahiheit ta-
tschlich bedeutet. Hiei zeigt sich die ganze lionie die platonische
Wahiheit zeigt sich begienzt auf eine kleine Gesellschaft von Philo-
sophen. Waium sollten die Anklgei sich schmen` Man eifhit die
Wahiheit angesichts seinei Taten immei sptei. Duich eine logische
chionologische Konsequenz. Deswegen stellt diese lionie eine biutale
Logik des Denkens und eine aiistokiatische, elitie Zugehiigkeit dei
Philosophen dai [...] Diese [die Anklgei] nmlich, wie ich behaupte,
haben gai nichts Wahies geiedet.
32
Sie kennen die Wahiheit nicht.
lhi abei sollt von mii die ganze Wahiheit hien. Jedoch, ihi
Athenei, beim Zeus, Reden aus zieilich eilesenen Woiten gefllig zu-
sammengeschmuckt und aufgeputzt, wie diesei ihie waien, keineswegs,
sondein ganz schlicht weidet ihi mich ieden hien in ungewhlten
Woiten.
33
Sokiates wei, dass das, was ei sagen wiid, dei Wahiheit en-
tspiicht. Ei stellt sich schon wiedei gegen die ieine Rhetoiik und betont
dies. Die Wahiheit biaucht keine Rhetoiik, sie kommt diiekt ans Ziel. ln
diesem Abschnitt taucht die Autoiitt des Sokiates auf. Platon lsst das
ganz deutlich eischeinen Sokiates ist dei Mann, welchei die Wahiheit
kennt. Die Richtei sollten deswegen zuhien und leinen. So mutig
ist Sokiates die Lesei bekommen den Eindiuck, dass Sokiates an dem
Oit des Geschehens keine Angst veispuite. Sokiates ist beinah fiech.
Platon wollte den Lesein mitteilen, dass deijenige, dei sich so fiech voi
dei Autoiitt pisentieit, ein Verbrechen begeht und das Verbrechen ist
dem Philosophen notwendig. Apologetisch ist die Apologie tatschlich,
aber wer sich rechtfertigt, besttigt vor der Menge sein Schuldgefhl:
Denn ich glaube, was ich sage, ist gerecht, und niemand unter euch
erwarte noch sonst etwas.
34
Anderseits tritt Sokrates in seinem ehrwrdigen Alter zum ersten
31. 17 B, in O11o et al. 1957, 13.
32. 17 B, in O11o et al. 1957, 13.
33. 17 BC, in O11o et al. 1957, 13.
34. 17 C, in O11o et al. 1957, 13.
73
Raaele Mirelli
Male voi Geiicht, und ei biaucht nicht zu lugen. Sein Leben ist schon
genug gelebt woiden und das wiid ei selbst sptei in dem Kriton
andeuten.
lndes bitte ich euch daium noch sehi, ihi Athenei, und bedinge
es mii aus, wenn ihi mich hit mit hnlichen Reden meine
Verteidigung fhren, wie ich gewhnt bin auch auf dem Markt
zu reden bei den Wechslertischen, wo viele unter euch mich
gehrt haben, und anderwrts, da ihr euch nicht verwundert
noch mir Getmmel erregt deshalb. Denn so verhlt sich die
Sache. Jetzt zum erstenmal trete ich vor Gericht, da ich siebzig
Jahre alt bin.
35
Schon ist Sokrates zu diesem Zeitpunkt seiner Verteidigung ein
wenig vorsichtiger geworden. Die mutige Einstellung verndert sich
zu einer Sympathie den Richtern gegenber. In diesem Moment ist
Sokrates ein Sophist, indem er sofort den Akzent der Rede umsetzt,
damit die Athener das Mitleiden emphnden knnen. Sokrates ist ein
Botschafter, der keine Schuld mittragen kann, er ist ein Mittel, durch
das die Wahrheit sich onenbart. Die Wahrheit gehrt fr Sokrates den
Gttern.
So wie ihr nun, wenn ich wirklich ein Fremder wre, mir es
nachsehen wrdet, da ich in jeder Mundart und Weise redete,
worin ich erzogen worden: ebenso erbitte ich mir auch nun
dieses Billige, wie mich dnkt, von euch, da ihr nmlich die
Art zu reden berseht vielleicht ist sie schlechter, vielleicht
auch wohl gar besser und nur dies erwgt und acht darauf
habt, ob das Recht ist oder nicht, was ich sage.
36
Hier darf man noch einen Rckzug von Sokrates erleben, und zwar
das Sich-Rechtfertigen unter Berufung auf seine kulturelle Tradition,
worin ich erzogen worden; darin besteht kein Verbrechen: ein Grie-
che zu sein impliziert die Verschiedenheit der Sprache und die seines
Daseins.
Denn dies ist des Richters Tchtigkeit, des Redners aber, die Wah-
rheit zu reden.
37
Das klingt fast wie eine Predigt: die Wahrheit muss
35. 17 CD, in O11o et al. 1957, 13.
36. 17 D-18 A, in O11o et al. 1957, 14.
37. 18 A, in O11o et al. 1957, 14.
74
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
ans Licht kommen, nun ist es abei nicht so einfach, sie zu eikennen.
Sokiates wiedeiholt abei geine das Woit Wahiheit, um sie den Richtein
einzuieden, obwohl das sophistisch ist. Ein Richtei ist immei nui ein
Mensch, und Sokiates ist fui Platon ein ubeimenschliches Wesen. Sein
Leben und seine Philosophie sind Objekt dei Gesellschaftsinteiessen,
abei diejenigen, die seinen Lebensstil akzeptieien, sind nicht die Rich-
tei und nicht die Menge, sondein seine Schulei, die nachkommenden
akademischen Philosophen.
Zueist nun, ihi Athenei, mu ich mich wohl veiteidigen gegen
das, dessen ich zueist flschlich angeklagt bin, und gegen meine
eisten Anklgei, und heinach gegen dei spteien Spteies. Denn
viele Anklgei habe ich lngst bei euch gehabt und schon voi
vielen Jahien, und die nichts Wahies sagten, welche ich mehi
fuichte als den Anytos, obgleich auch dei fuichtbai ist.
38
Es ist schon deutlich, dass Sokiates bewusst ist, dass ei nicht von
allen beliebt gewesen ist. Die leinde, die ei sich geschanen hat, sind za-
hlieich und sie haben gegen ihn geaibeitet, um seinem Ruf zu schaden,
manche von ihnen veisuchen es seit Jahien und andeie seit kuizem.
Diese Anklgei stammen aus zwei veischiedenen Geneiationen in
Athen wuide die Philosophie geboien, abei auch veineint. Schon mit
Aiistophanes kommt diese Wahiheit ans Licht. Die Athenei, die Bui-
gei dei Stadt sind deswegen hiei von Sokiates und Platon als Menge
bezeichnet. Mit Sokiates steht zu diesem Zeitpunkt dei Geschichte das
Wesen dei Philosophie voi Geiicht. Mit Sokiates bezeichnet Platon
die ganze philosophische Klasse, die Philosophen. Sie sind angeklagt
woiden und weiden ihiem daimon nicht entgehen knnen.
Das tugendhafte Wahie ist keine Beschftigung dei Menge, sondein
nui fui die Philosophen. Abei wei ist dei Philosoph, auei Sokiates`
Dei Philosoph ist in platonisch-giiechischen Hinsichten deijenige, dei
einen Auftiag Gottes eifullt. Ein Gottgeliebtei. Duich ihn enthullt sich
die Wahiheit des Seienden. Die arete ist hiei, in dei Apologie, das Wahie,
das Bewahite.
38. 18 AB, in O11o et al. 19, 14.

Raaele Mirelli
2.3. Sokrates der Gottgeliebte an einer dmonischen
Daseinsstelle: Platons Warnung an die Philosophen
Allein jene sind fuichtbaiei, ihi Mnnei, welche viele von euch
schon als Kindei an sich gelockt und ubeiiedet, mich abei be-
schuldigt haben ohne Giund, als gbe es einen Sokiates, einen
Weisen Mann, dei den Dingen am Himmel nachgiuble und auch
das unteiiidische alles eifoischt habe und Uniecht zu Recht
mache. Diese, ihi Athenei, welche solche Geiuchte veibieitet
haben, sind meine fuichtbaien Anklgei. Denn die Hiei mei-
nen gai leicht, wei solche Dinge unteisuche, glaube auch nicht
einmal Gttei.
39
Dei Gottgeliebte ist gegen die Gttei eingestellt, so sagen und be-
haupten die Anklgei. Und was meinte Platon` Eine Apologie, untei dei
Kategoiie des lionischen zu veistehen und zu lesen, ist keine Entschul-
digung, keine Rechtfeitigung, sondein eiklit nui das Wahie. Sokiates
steht als ubeimenschliches Wesen in dei Mitte zwischen Philosophen
und Menge. Ei sucht diese Wahiheit im Himmel und im Unteiiidischen,
steht abei genau in dei Mitte, wie ein daimon, zwischen Himmel und
Unteiwelt und deutet die Spui zui Wahiheit an. Die Zuhiei, voi al-
lem die Richtei, sind abei nicht leicht zu beeinfussen und die Zeit, die
ihm zui Verfgung steht, um seine Rede fortzufhren, ist zu kurz. Der
menschliche (antropodaimon) daimon als Philosoph ist ein menschlicher
Gott. Er glaubt darin besteht das gezeichnete Paradox von Platon
an die omziellen Gtter, aber nicht auf eine absolute, exklusive Weise.
Neben den omziellen Gttern der homerischen Tradition glaubt Sokra-
tes an die weniger omziellen, die in der griechischen Kultur keinen
bestimmten Namen gewonnen haben.
Platons Darstellung des Sokrates ist meiner Meinung nach kei-
neswegs menschlich. Sein Wesen beruft sich auf die Dimension der
Unbestimmtheit. Seine Position den Richtern gegenber ist elitr, er
versprt keine Angst und scheint sich vor dem Urteil kaum zu frchten.
Die Figur von Sokrates ist gegen eine absolute Subjektivitt, als paradig-
matische Autoritt. Dieser Sokrates braucht keine Angst zu haben, und
dementsprechend keinen Gott im Sinne dieser innerlichen Autoritt,
39. 18 BC, in O11o et al. 1957, 14.
76
Platon, der Daimon und die Figur des Sokrates
die ihn von diesei luicht eilst und befieit. Diese Unbestimmtheit in
Sokiates hat an sich etwas Gttliches.
[lch] mu oidentlich wie mit Schatten kmpfen in meinei Vertei-
digung und ausfragen, ohne da einer antwortet.
40
Die Richter sind
Schatten, und das endgltige Urteil bereitet keine berraschung: fr
Platon ist es notwendig, eine legendre Figur des Meisters zu vermitteln.
Der historische Sokrates ist deswegen eine Legende, in der sich Mythos
und Geschichte vermischen. Seine faktische Existenz kann nicht in
Frage gestellt werden, aber seine Legende und hier meine ich das Koe-
xistieren zweier unterschiedlicher Sphren muss weiter interpretiert
werden. Das bedeutet nicht, dass man hier den historischen Sokrates
verneinen will, sondern dass hier ein Paradox entsteht. Meines Era-
chtens ist hier nicht die Wahrheit ber Sokrates gefragt, sondern es
gilt zu verstehen, was er fr die Bildung der Figur des akademischen
Philosophen dargestellt hat. Mit der Figur des Philosophen wurden die
Athener, die Brger, geprgt, aber zu einer Umwertung gebracht, die die
Menge und die Philosophie in Gefahr brachte. Weder die Menge noch
die Philosophen waren zu dieser Umwertung bereit. Die Philosophie
kann aus diesem Grund auch fr die Philosophen gefhrlich sein und
natrlich fr die Menge der Nicht-Philosophen, die sie nicht akzeptie-
ren knnen: als Philosoph wird man deswegen verurteilt und fr die
Mitglieder der Menge kann die Wahrheit als Umwertung giftig sein.
Wohl! Verteidigen mu ich mich also, ihr Athener, und den Ver-
such machen, die verkehrte Meinung, die ihr in langer Zeit bekommen
habt, euch in so sehr kurzer Zeit zu benehmen.
41
Wie man sieht, spielt
die Zeit in der sokratischen Rede eine sehr wichtige Rolle. Immer wieder
betont er, wie wichtig die Zeit sei, um eine Meinung zu konstituieren.
Sokrates versucht den Richtern zu zeigen, dass die Rhetorik in keinem
Falle pdagogisch sein kann. In kurzer Zeit kann Sokrates die Wahrheit
nicht erscheinen lassen. Die paideia in seiner Komplexitt, im Sinne
einer Erziehung zur Wahrheit, kann diesem Zweck nicht dienen. So-
krates ist ein Opfer seiner Zeit in zwei Hinsichten: im Hinblick auf die
Zeit, in der seine Feinde ein falsches Bild von ihm aufbauen konnten,
und auf die Zeit seines Gerichtsverfahrens, die ihm leider zu kurz war.
Raaele Mirelli
mirelliranaele@gmail.com
40. 18 D, in O11o et al. 1957, 14.
41. 18 E-19 A, in O11o et al. 1957, 15.
77
Raaele Mirelli
Literaturverzeichnis
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8
Medival Ontology
Rewriting the Proslogion
Nicholas of Cusas Transformation of Anselm of
Canterburys Proof of the Existence of God
Stephen Gersh
The questions conceining the natuie and extent of Nicholas of Cusas
debts to Anselm of Canteibuiys thought have been consideied most
iecently in an aiticle entitled Nicholas of Cusas lntellectual Relation-
ship to Anselm of Canteibuiy by Jaspei Hopkins.
1
Accoiding to this
distinguished modein inteipietei, Nicholas ieveals consideiable indebt-
edness to Anselm in at least hve aieas the desciiption of God, the use
of a piioii ieasoning, the assumption of eteinal tiuth, the theoiy of
atonement, and the ielation between faith and ieason. Neveitheless,
although Hopkins iightly decides to emphasize Nicholas amnities with
the medieval woild as well as his anticipations of the modein eia, it
becomes cleai that the hfteenth-centuiy wiiteis indebtedness towaids
his piedecessoi is combined with consideiable independence. lt is this
complex ielation of semi-dependence which one might call a cieative
ie-wiiting that l wish to considei in the piesent essay. Without
dissenting fiom the conclusions of Hopkins essay, my intention is to
ventuie into a deepei consideiation of the hist (and to some degiee also
of the second and thiid) aiea of Nicholas indebtedness to Anselm. The
focus of this analysis will be the hfteenth-centuiy thinkeis individual
and innovative tieatment of what is nowadays called the ontological
aigument but was foimeily known as the ratio Anselmi.
This aigument is, of couise, stated in the Proslogion. ln his pieface,
Anselm chaiacteiizes the one aigument of the Proslogion as somehow
complementing oi completing the many aiguments of the Monologion
in that this aigument is sumcient a to piove itself and b to piove that
God tiuly exists, that he is the supieme good which does not depend
on anything else but on which eveiything else depends in oidei to be
and to be well, and that he is whatevei else we believe conceining the
divine substance.
2
The aigument obviously begins the main discussion
of the Proslogion although it is dimcult to deteimine how fai it extends
within the tieatise. That Anselm cleaily intends this aigument to be a
1. HovxiNs 200.
2. Anselm of Canteibuiy, Proslogion pi., ed. Scuxi11 194 (l, 93. 1-10).
Stephen Gersh
self-evident axiom of human ieason ieecting the self-sucient natuie
of the divine substance would suggest that the aigument iepiesents
only the content of chapteis two to foui. But that he also envisages
his aigument as pioving not only the existence but also the natuie of
the divine substance would iequiie us to undeistand the aigument as
extending thioughout the tieatise.
3
loitunately, oui puipose heie is
not to establish Anselms intentions iegaiding the aigument but iathei
to considei Nicholas of Cusas ieaction to it.
loui aspects of the ratio Anselmi seem paiticulaily ielevant heie.
liist, theie is the absence of a specied ielation between the two de-
nitions of God. Thus, God is something than which a gieatei cannot
be thought (aliquid quo nihil maius cogitari possit) but also something
gieatei than can be thought (quiddam maius quam cogitari possit).
4
The ielation between the two denitions might peihaps be specied by
associating the ist with the fact that God exists and the second with
the mannei of Gods existence. Secondly, we nd an emphasis upon
the piocess of demonstiation. The complementaiy ielation between
the aiguments of the Monologion and the aigument of the Proslogion
undeilines this aspect. Accoiding to the methodology explicitly stated
in the eailiei tieatise, whatevei conclusions weie to be diawn fiom
the vaiious inquiiies had to be based not on sciiptuial authoiity but
on the necessity(necessitas) of ieason.

With emphasis placed on the


necessity, it is heie the contiast with authority that peihaps most delin-
eates the eld of inquiiy. Cleaily it coiiesponds to an emphasis upon
the piocess of demonstiation. Thiid, theie is the absence of distinction
between the kinds of maxima implied in the two denitions of God. ln
piinciple, a distinction between the idea that God is the gieatest thing
that does exist wheie the maximum is actual -- and the idea that God
is the gieatest thing that could exist wheie the maximum is potential
might be invoked at this point. linally, we nd a contextualization
in dialectic. The complementaiy ielation between the aiguments of
the Monologion and the aigument of the Proslogion also undeilines this
aspect. Accoiding to the methodology explicitly stated in the eailiei
tieatise, whatevei conclusions weie to be diawn fiom the vaiious in-
3. loi a geneial discussion of this question see G 1988, 2-8.
4. Proslogion 2 (l, 101. 4-), 1 (l, 112. 14-1).
. Anselm of Canteibuiy, Monologion, ed. S 194 (l, . 9-11).
82
Rewriting the Pioslogion
quiiies had to be based not on sciiptuial authoiity but on the necessity
of ieason (rationis). With emphasis placed on the ieason, it is now the
contiast with scripture that peihaps most delineates the held of inquiiy.
Cleaily it coiiesponds to a contextualization in dialectic.
Nicholas of Cusa iefeis to this clustei of ideas many times in the
couise of his liteiaiy caieei. Chionologically speaking, a list of the most
explicit citations

would extend fiom his hist majoi philosophical woik


De Docta Ignorantia (1440), thiough De Quaerendo Deo (144), Apolo-
gia Doctae Ignorantiae (1449), Idiota, De Sapientia (140), De Visione Dei
(143), De Beryllo (148), De Principio (149), De Non Aliud (141), and De
Venatione Sapientiae (142), to his hnal essay in the held of philosophy
De Apice Theoriae (144).

Although Nicholas in eveiy case makes a


biief allusion to iathei than a detailed analysis of Anselms aigument,
8
his developments of its conceptual and methodological implications aie
fai-ieaching. loi example, when Nicholas asseits that one can conceive
a God who is gieatei than can be conceived,
9
he specihes the two dehni-
tions as the amimative and negative aspects of a single ielation. Moie-
ovei, his aigument that any questioning about Gods existence piesup-
poses that existence
10
ieduces the emphasis upon the piocess of demon-
stiation. Again, when Nicholas explains that the God than which a
gieatei cannot be conceived and the God who is gieatei than can be con-
ceived aie both maximal,
11
he specihes the two dehnitions as a distinc-
tion between kinds of maxima. linally, his analogy between the beiyl
stone and the maximum based on the tiajectoiy of vision
12
ieplaces the
contextualization in dialectic with a contextualization in geometiy.
. All citations of Nicholas woiks will be fiom the Heidelbeig Academy edition
Nicolai de Cusa Opera omnia iussu et auctoritate Academiae Litterarum Heidelbergensis,
Hambuig, Meinei 1932-. lndividual woiks aie cited by the tiaditional book and chaptei
numbeis, with volume, section (oi page), and line numbeis of the Heidelbeig edition
given in paientheses.
. loi these citations see De Quaerendo Deo (h lV, 5. 7-8), Apologia Doctae Ignorantiae
(h II, 8. 15-16), De Principio (h X/2b, 26. 16), De Apice Theoriae (h XII, 11. 2-4) the
other passages will be discussed in detail below.
8. Anselms actual name is attached to the argument at De Venatione Sapientiae 26
(h XII, 77. 5-6). Elsewhere we hnd anonymous allusions to what was, obviously, an
argument well known to most of Nicholas readers.
9. Idiota de Sapientia II (h V
2
, 28. 12-13), De Visione Dei 1 (h VI 5, 4-6).
10. IDS II (h V
2
, 29. 18-30. 12).
11. De Beryllo (h XI/1, 8. 5-6), DVS 26 (h XII, 77. 2-6).
12. DB (h XI/1, 8. 5-9).
83
Stephen Gersh
ln oidei to undeistand the natuie of such doctiinal modihcations
of the ratio Anselmi a little bettei, we must examine the metaphysical
context in which they occuiied hist in a geneial way and second with
iespect to each of the foui aspects distinguished As usual foi a thinkei
in the Neoplatonic tiadition, it is possible to considei Nicholas doc-
tiine eithei fiom its moie objective and ontological oi fiom its moie
subjective and epistemological viewpoint.
13
His specihcation of the
two dehnitions of God as the negative and amimative aspects of a
single ielation and as a distinction between kinds of maxima can be
undeistood with iespect to the foimei viewpoint, and his ieduction of
emphasis upon the piocess of demonstiation and his ieplacement of the
contextualization in dialectic by a contextualization in geometiy with
iespect to the lattei.
14
1. Nicholas Objective Theory
The main lines of this theoiy, which did not change substantially duiing
the couise of Nicholas caieei, aie set out in De Docta Ignorantia.
1
Heie, we may peihaps distinguish thiee philosophical ideas which the
hfteenth-centuiy wiitei shaies with his piedecessois in the Neopla-
tonic tiadition the oppositional stiuctuie with a piivileged teim, the
13. loi an example of such an analysis of the Neoplatonic tiadition befoie Nicholas
of Cusa see Grvsu 198. The distinction is a useful one piovided that one does not
unconsciously lapse into a post-Kantian sense of subjective. This tendency somewhat
weakened the otheiwise useful analyses of Nicholas thought by the Geiman scholais
who ievived this study in the eaily twentieth centuiy and weie mostly Neo-Kantians
by tiaining.
14. Two aiticles, D~Ncrix~vv 192 and D~Ncrix~vv 19, aie useful in connection
with the piesent topic. ln paiticulai, the themes of the iole of the coincidentia opposito-
rum and of the ieduced emphasis upon demonstiation in Nicholas ieading of Anselm
to be developed below weie noted by Dangelmayi.
1. The piesent authoi iemains unconvinced by ceitain modein inteipietations which
stiess the developmental side of Nicholas thought. The undeniable tensions theie
between dineient philosophical positions aie mostly to be explained in teims of the
dynamic, exible, and conjectuial aspects of his thinking. New foimulations appeai
at dieient points in Nicholas caieei, foi example the possest and the non aliud of
the latei tieatises. Howevei, these aie mostly explicable as inteipietations of his own
eailiei positions, the piocess of self-inteipietation climaxing in the tieatise De Venatione
Sapientiae of 142 wheie eveiything passes in ieview. Useful developmental accounts
in English are: W 1982, and the collected essays of C 2000.
84
Rewriting the Pioslogion
continuum, and the combination of the continuum with a disjunction,
and thiee ideas iepiesenting innovations on the latei wiiteis pait the
new piivileged teims, the continuum as coincidence of opposites oi
as fouifold stiuctuie, and the widening of the disjunction. These two
sets of ideas will be distinguished in oidei to simplify oui exposition of
Nicholas thought. ln piactice, the wiitei himself often inteipiets the
hist set in teims of the second and vice veisa.
1.1. The oppositional structure with a privileged term
loi Nicholas of Cusa and his Neoplatonic souices, ieality in the objec-
tive
1
sense consists of a seiies of oppositions each containing a supeiioi
() and an infeiioi (-) teim, the most impoitant of these oppositions
being unity () and multiplicity (-), sameness () and otheiness (-), iest
() and motion (-), and eteinity () and time (-). This stiuctuie emeiges
cleaily in De Docta Ignorantia ll wheie Nicholas explains his geneial
theoiy of the ielation between God and the cieatuie in the gieatest
detail..
1
He also applies this stiuctuie to the ielation between the God
who is the unity of geometiical hguies and the multiplicity of such
hguies,
18
to the ielation between the one exemplai and the multiple
exemplais of the Platonists,
19
and to the ielation between the one being
and the multiple substances and accidents of the Aiistotelians.
20
1.2. The Continuum
That the mutually opposed teims iepiesent poles of a continuum is
indicated by Nicholas desciiption of the univeise as pioceeding fiom
God thiough a simple emanation (per simplicem emanationem). The
1. The same applies to ieality in the subjective sense. As we shall see, ieality in the
objective sense and ieality in the subjective sense cannot be totally sepaiated fiom one
anothei.
1. De Docta Ignorantia ll. 1-3 (h l, 1. 1-2. 22) on oppositional stiuctuie containing
supeiioi and infeiioi teim as a logical piinciple see especially Nicholas iemaiks at DDI
ll. 1 (h l 1. 1-4. 13). ln piactice, Nicholas often combines the supeiioi teim of one
opposition with the infeiioi teim of anothei, foi example unity () and otheiness (-)
in De Coniecturis l. 9 (h lll, 3. 1-43. ). Oppositional stiuctuie in Nicholas woik is
discussed in Brirvv~i1rs 19
18. DDI l. 10 (h l, 19. 1-21. 2).
19. DDI l. 1 (h l, 33. 13-20).
20. DDI l. 18 (h l, 3. -12).
8
Stephen Gersh
wiitei cleaily undeilines the simplicity of the piocess by stating that
all the paits of the univeise come into being simultaneously with the
whole, contiaiy to the doctiine of Avicenna and othei philosopheis that
intelligence piecedes highei soul and highei soul piecedes natuie and
also cleaily stiesses the emanative chaiactei of the piocess.
21
When the
simplicity of the piocess is fuithei specihed by saying that on one side
of the continuum, Gods unity is a unity to which no multiplicity is
opposed (cui non opponitur [...] multitudo),
22
and that on the othei side
of the continuum, the cieatuies unity falls without piopoition (cadat
absque proportione) fiom the unity of God,
23
we can fuithei conclude
that the continuum can be viewed exclusively fiom the side of one
of its poles, and that the contiadictoiy teims can also be viewed as
oveilapping oi coextensive.
24
1.3. The Combination of the Continuum with a Disjunction
ln the objective oi ontological spheie, the continuum always implies a
disjunction and vice veisa Accoiding to Nicholas, it is not the case that
Gods unity and sameness aie the cause of multiplicity and dineience
in the cieatuie, but iathei the cieatuies own failuie to achieve the
unity and sameness in God a situation implying a disjunction in the
causal connection.
2
On the othei hand, it is the case that Gods unity
and sameness aie the cause of the multiplicity and dineience in the
cieatuie, iathei than simply the cieatuies failuie to achieve the unity
and sameness in God a situation implying a continuity in the causal
connection.
2
This entiie aigument is also applied to Gods iest and
eteinity with iespect to the cieatuies motion and time.
2
21. By emanative one means dynamically unfolding. Nicholas most fiequently uses
the paii of teims enfolding (complicatio) and unfolding (explicatio) to expiess this
idea.
22. DDI l. 24 (h l, 49. 3-13). Cf. DDI l. 2 (h l, . 8-9), l. 4 (h l, 10. 2-), l. 1 (h l, 30.
19-22), ll. 2-3 (h l, . 11-2. 22).
23. DDI ll. 4 (h l, 3. 23-).
24. lt is because of these implications that Gods being is identihed with his cieating
(DDI ll 2 (h l, . 24-)) and Gods possibility with his actuality (DDI l. 1 (h l, 30. 8-18)).
2. DDI ll. 2 (h l, . 11-. ), ll. 3 (h l, 1.1-10).
2. DDI ll 3 (h l, 1. 1-10).
2. DDI ll. 2 (h l, . 24-. ).
8
Rewriting the Pioslogion
2. The New Privileged Terms
Beginning in his eailiest woiks,
28
Nicholas intioduces at least two op-
positions containing a supeiioi () and an infeiioi (-) teim which had
eithei not been utilized oi at least had not been extensively utilized
by eailiei Neoplatonists. These aie absolute (absolutum) () and con-
tiacted (contractum) (-) and inhnite (innitum) () and hnite(nitum)
(-). Given that in both these cases theie is said to be a supeiioi teim
() which piecludes opposition and an infeiioi teim (-) which allows
it, Nicholas is heie piesenting two oppositions which have the pecu-
liaiity of challenging the natuie of opposition itself.
29
That absolute
means something which is not ielated to, deteimined fiom, oi limited
by anothei teim is indicated by the appaient deiivation of the concept
fiom twelfth-centuiy Platonism.
30
One of the piincipal aims of De
Docta Ignorantia is to ieplace a fouifold cosmological scheme of sec-
ulai oiigin consisting of absolute necessity, necessity of involvement,
deteiminate possibility, and absolute possibility with a moie implic-
itly Chiistian thieefold cosmological stiuctuie consisting of absolute
maximum, contiacted maximum, and simultaneously absolute and con-
tiacted maximum.
31
A close inspection of teiminology in these two
schemes ieveals that the notion of absolute is set in opposition to the
notions of involvement and deteiminacy. Regaiding inhnite theie aie
piobably two things to note. liist, the teim inhnite is employed as a
synonym foi absolute.
32
Howevei, theie is a complication in that we
also encountei in Nicholas texts the teim inhnite applied to both
absolute and contiacted,
33
and the teim contiacted applied to both inh-
28. Nicholas intioduces a numbei of new teims in his latei wiitings foi example,
actual-possible (possest) and non-othei (non aliud). The inteipietation of these teims
piesents special pioblems which we will not discuss heie.
29. See the passages listed in n. 22.
30. We may considei contiacted to be dehned in opposition to absolute.
31. loi the Platonists fouifold see DDI ll. -10 (h l, 81. 1-99. 12), foi Nicholas
thieefold (which undeilies the entiie stiuctuie of De Docta Ignorantia) see DDI l. 2 (h l,
. 1-8. 1), ll. 4 (h l, 2. 23-3. ), the use of teiminology in DDI l. (h l, 13. 12-14. 21)
and ll. 2 (h l, . -11) suggesting a linkage between the two schemes. The Platonists
scheme is deiived fiom Thieiiy of Chaities who in tuin had deiived it fiom Boethius.
32. DDI l. (h l, 11. 23-12. 21).
33. At DDI ll. 1 (h l, 4. 14-. 10) Nicholas desciibes the foimei as negatively
(negative) and the lattei as piivatively (privative) inhnite. Cf. ll. 4 (h l, 3. 22-4. 4).
8
Stephen Gersh
nite and hnite.
34
Secondly, the teim inhnite is employed as a synonym
foi negative.
3
Obviously this sense of negative which is opposed
to amimative by Nicholas in the context of divine naming is not a
piivative one.
2.1. The Continuum as Coincidence of Opposites or as Fourfold
Structure
Nicholas development of the idea that the mutually opposed teims
iepiesent poles of a continuum iepiesents one of his gieatest innova-
tions. lt is based on inteipieting the ielation between God and the
cieatuie in teims of a a coincidence of opposites in which the notion
of continuum excludes any disjunction and b a fouifold stiuctuie
in which the notions of continuum and disjunction aie balanced. ln De
Docta Ignorantia, the notion of a coincidence of opposites (A/non-B
B/non-A) is applied to vaiious sets of teims dehning God with iespect
to what we might teim his tianscendence and immanence.
3
Because
the continuum as coincidence of opposites involves neithei opposed
noi mediating teims, it contiasts with the continuum as fouifold stiuc-
tuie which involves both opposed and mediating teims.
3
ln De Docta
Ignorantia, the notion of a fouifold stiuctuie (A/non-B, A/B, non-A/B,
non-A/non-B) is applied to vaiious conjectuies about Gods ielation
to the cieatuie foi example, the notion that Gods tiuth is that eithei
something is, oi both is and is not, oi is not, oi neithei is noi is not.
38
The ielation between the notions of coincidence of opposites and of
fouifold stiuctuie is an extiemely subtle one, and Nicholas emphasizes
that the foimei is not to be completely sepaiated fiom the lattei but
34. At DDI ll. 1 (h l, 4. 14-. 10). Nicholas explains that the contiacted teims
piivative inhnity is inhnite and hnite in dineient iespects.
3. DDI l. 2 (h l, . 2-. 1).
3. DDI l. 2 (h l, . 1-8. 1), l. 4 (h l, 10. 1-11. 22), l. 1-1 (h l, 30. -3. 12), l. 21 (h l,
42. -44. 9), etc. As we shall see, the most impoitant teim signifying tianscendence is
maximum while the most impoitant teim signifying immanence is minimum.
3. See especially the discussion of the ielation between absolute and contiacted teims
at DDI ll. 4 (h l, 3. 8-4. 24).
38. This illustiation is taken fiom DDI. l. (h l, 13. 12-14. 21). ln a passage following
on closely fiom that cited in the pievious note, Nicholas gives as examples of fouifold
the numbeis 1, 10, 100, 1000, foui types of univeisal, etc. (DDI ll. (h l, 9. 1-81. 1)).
88
Rewriting the Pioslogion
somehow discoveied by a moie elevated mode of thinking within it.
39
2.2. The Widening of the Disjunction
As we have seen, Nicholas insistence that the cause of multiplicity and
dineience in the cieatuie is the cieatuies failuie to achieve the unity
and sameness in God although Gods unity and sameness is in a sense
also the cause of multiplicity and dineience in the cieatuie, intioduces
a disjunction into the continuum of causal connection. This disjunction
is widened by his fuithei aigument that the spheie of the cieatuie is
dominated by piopoition which iepiesents a specihc mathematical
foim of multiplicity and dineience wheieas theie is no piopoition
between the cieatuie and God.
40
Given that the ielation between God
and the cieatuie is the paiadigmatic instance of the ielation between
object and subject, analysis of the epistemological consequences of this
widening of the disjunction becomes a majoi pieoccupation of De Docta
Ignorantia.
3. The Relation between the two Denitions of God
The objective oi ontological theoiy deiived fiom Neoplatonism and
especially the innovations intioduced into that theoiy by Nicholas
himself piovide the fiamewoik within which the two dehnitions of God
fuinished by the ratio Anselmi can be given a new inteipietation. loi
example, De Docta Ignorantia ielates the hist and second dehnitions by
stating that we can only attain God in an incompiehensible mannei,
because that than which a gieatei cannot be since it is simply and
absolutely gieatei than can be compiehended by us
41
-- is inhnite
tiuth. The ielation between the hist and second dehnitions established
by the conjunction cum (since) cleaily coiiesponds to the ielation
between the tianscendence and immanence of God which is the main
39. DDI. ll. (h l, . 1-8. 29). Exploiation of vaiious combinations of the notions
of coincidence of opposites and of fouifold stiuctuie is a majoi pieoccupation of De
Coniecturis. See foi example the impoitant discussion in DC l. 11(h lll, 8. 1-9. 28).
40. DDI l. 1-3 (h l, . 1-9. 28), l. 19 (h l, 3. 11-39. 21), etc.
41. DDI l. 4 (h l, 10. 4-) simpliciter et absolute cum maius sit, quam comprehendi per
nos possit. Nicholas has alieady stated this simplihed veision of the hist dehnition at
DDI l. 2 (h l, . 4-).
89
Stephen Gersh
type of coincidence of opposites discussed in this tieatise.
42
Among latei texts which develop this aigument fuithei, Idiota de
Sapientia ll establishes a ielation between the hist and second dehni-
tions and then inteipiets this ielation in teims of the fouifold stiuctuie.
Heie, the oiatois question how one can conceive a God who is gieatei
than can be conceived is answeied hist in teims of that distinction
between amimative and negative divine naming which has been so
well established in the eailiei philosophical tiadition. But then a moie
complex distinction is intioduced
Theie is also a consideiation of God of a kind wheie neithei
amimation noi negation behts him but accoiding to which he is
above all amimation and negation. ln this case, the answei is
to deny amimation and negation and theii combination. Thus,
when it is asked whethei God exists, accoiding to amimation
one must ieply on the basis of the piesupposition namely, that
he exists and indeed is the absolute piesupposed existence itself.
Accoiding to negation one must ieply that he does not exist,
since in this inenable mannei of speaking nothing at all that can
be said behts him. Accoiding to the assumption that he is above
all amimation and negation one must ieply that he neithei is
absolute existence noi is not absolute existence noi is and is not
absolute existence simultaneously. Rathei, he is above these.
43
42. ln a sense, the two dehnitions theieaftei iemain peimanently associated with
the two aspects of Nicholas notion of docta ignorantia, i.e. the leaining and the
ignoiance. This association is still detectable in a late tieatise such as De Non Aliud.
Neai the beginning of this text, Nicholas speaks of God as that which is gieatei than
can be conceived (DNA 4 (h XIII, 8. 23-24)). Towards the end, he says that God is that
than which a prior cannot be conceived (DNA 22 (h XIII, 52. 5)). These two statements
are connected by the paradoxical formulation attributed to Dionysius the Areopagite
that the one thing known about God is that he precedes all knowing and conceiving
(DNA 14 (h XIII, 29. 26-28)). On the last point cf. DQD (h IV, 5. 7-8).
43. IDS II (h V
2
, 32. 14-24) Est deinde consideratio de deo, uti sibi nec positio nec ablatio
convenit, sed prout est supra omnem positionem et ablationem. Et tunc responsio est
negans armationem et negationem et copulationem. Ut, cum quaereretur, an deus sit,
secundum positionem respondendum ex praesupposito, scilicet eum esse et hoc ipsam
absolutam praesuppositam entitatem. Secundum ablationem vero respondendum eum non
esse, cum illa via ineabili nihil conveniat omnium, quae dici possunt. Sed secundum
quod est supra omnem positionem et ablationem respondendum eum nec esse, absolutam
scilicet entitatem, nec non esse nec utrumque simul, sed supra.
90
Rewriting the Pioslogion
This passage is instiuctive in that it identihes the negative (non-
A/B), amimative (A/non-B), and combined (A/B) teims of the fouifold
stiuctuie with the negative, amimative, and combined divine names
(non-existence, existence, non-existence and existence) iespectively.
This leaves the neutial (non-A/non-B) teim of the fouifold stiuctuie
fiee to be associated with the dehnition of God as that which is gieatei
than can be thought.
Seveial passages in De Visione Dei establish a ielation between
the hist and second dehnitions, and then inteipiet this ielation in
teims of the coincidence of opposites, the fouifold stiuctuie, and the
widened disjunction.
44
Having established fiom the beginning of the
tieatise that the God who is gieatei than can be thought is both subject
and object of vision,
4
Nicholas goes on to develop this aigument by
tiansfoiming the notions of a coincidence of opposites exemplihed
with the absoluteness and contiactedness of God
4
into the notion
if a ciicle wheie eveiy divine name becomes conveitible with eveiy
othei divine name
4
and then into the image of the ciiculai wall
of paiadise which sepaiates us fiom God.
48
The aigument becomes
paiticulaily inteiesting when -- with an implicit tiansfoimation of a
ciicle into a squaie -- the fouifold stiuctuie utilized in othei texts
comes to the foie. Nicholas heie wiites You, O Loid [...] move
with all things that move and you iest with all things that aie at iest.
And because some things aie found to move while otheis aie at iest,
then you, O Loid, aie simultaneously at iest and in movement [...]
Howevei, you aie neithei moved noi at iest because you aie supei-
exalted and absolute with iespect to all things that can be conceived oi
44. The connection between the two dehnitions of Anselms Proslogion and Nicholas
aigument in De Visione Dei is discussed in the hist half of the excellent aiticle DUciov
1982. This authois conclusion is that the thieefold stiuctuie of hnite, limit, and inhnite
which he sees as implicit in Nicholas metaphoi of the wall of paiadise expiesses
the implicit stiuctuie of the Pioslogion. (p. 2). Duclow iightly notes that theie aie
also signihcant dineiences between Anselm and Nicholas, e.g. that Nicholas views the
divine natuie as inheiently unknowable wheieas Anselm attiibutes oui ignoiance of
God to sin, and that Nicholas has a systematic doctiine of inhnity wheieas Anselm
follows the tiaditional Augustinian model.
4. De Visione Dei 1 (h VI, 5. 1n).
46. DVD 2 (h VI, 7. 1-18).
47. DVD 3 (h VI, 8. 11-14).
48. DVD 9 (h VI, 37. 7-12)
91
Stephen Gersh
named.
49
This passage seems to combine the coincidence of opposites
with the fouifold stiuctuie a by establishing a coincidence between
the neutial teim (non-A/non-B) and the amimative, combined, and
negative teims, and b by tieating the combined teim (A/B) itself as
a coincidence of the amimative and negative teims. ln the foimei
case, the opposites aie specihed as absolute and contiacted wheieas
in the lattei, they aie specihed as moving and at iest. A few pages
latei aftei the intioduction of the wall of paiadise image, the fouifold
stiuctuie ieappeais And when l see you in the paiadise, O Loid,
which that wall of the coincidence of opposites enciicles, l see you
neithei enfolding noi unfolding disjunctively oi conjunctively. loi
disjunction and conjunction aie alike the wall of coincidence, beyond
which you exist absolute with iespect to eveiything that can be said
oi thought.
0
This passage again seems to combine the coincidence
of opposites with the fouifold stiuctuie. Howevei, theie aie impoitant
distinctions between the two passages. liist, the piesence of the fouifold
stiuctuie is indicated not as pieviously by the specihcation of the teims
themselves absolute, contiacted, etc. but now by the specihcation
of the ielations between them conjunction, disjunction. Secondly,
the iefeience to God as within the wall of paiadise shows eithei that
God has become a sepaiate teim beyond coincidence b oi that God has
become a sepaiate teim beyond both coincidence a and coincidence b.
1
49. DVD 9 (h VI, 35. 5-13) tu, domine [...] cum omnibus, quae moventur, moveris et cum
stantibus stas. Et quia reperiuntur, qui aliis stantibus moventur, tunc tu, domine, stas
simul et moveris [...] Nec tamen moveris nec quiescis, quia es superexaltatus et absolutus
ab omnibus illis quae concipi aut nominari possunt.
50. DVD 11 (h VI, 46. 6-11) Et quando video te deum in paradiso, quem hlc murus
coincidentiae oppositorum cingit, video te nec complicare nec explicare disiunctive vel
copulative. Disiunctio enim pariter et coniunctio est murus coincidentiae, ultra quem
exsistis absolutus ab omni eo, quod aut dici aut cogitari potest.
51. Another passage relevant in this context is DVD 16 (h VI, 68. 7-12) where Nicholas
connects the coincidence of opposites implicit in our incomprehensible comprehension
of God with an intellectual desire (desiderium intellectuale). The latter is directed
towards that than which nothing is able to be more desirable which obviously
represents a more anective version of the dehnition of God.
92
Rewriting the Pioslogion
4. The Theory of Maxima
As we have seen, theie aie foui aspects of the ratio Anselmi which foim
the staiting-points of Nicholas innovations. These aie the specihca-
tion of the two dehnitions as the amimative and negative sides of a
single ielation, the ieduction of the emphasis upon demonstiation, the
specihcation of the two dehnitions as a distinction between kinds of
maxima, and the ieplacement of the contextualization in dialectic with
a contextualization in geometiy. We should tuin now to the distinction
between kinds of maxima. Given that the theme of the maximum domi-
nates the tieatise De Docta Ignorantia to such an extent that it giounds
the distinction between the woiks thiee books, it is obviously bettei
to iefei the ieadei to some of the eailiei published tieatments than to
attempt a full analysis heie. Howevei, it may be useful to summaiize
the aigument of book l as it develops in counteipoint with the ratio
Anselmi.
ln chaptei two, the maximum is identihed with a simplihed veision
of the hist dehnition of God namely, that than which a gieatei cannot
be. The maximum is also said to coincide with the minimum because
it admits of no opposition.
2
Moieovei, the maximum is subdivided
into absolute, contiacted, and simultaneously absolute and contiacted
maxima. Chaptei thiee elaboiates the distinction between the simple
maximum (maximum simpliciter) which cannot entei into a ielation of
moie and less and an oidinaiy maximum which does entei into such
a ielation.
3
ln chaptei foui, Nicholas associates the maximum with
the coincidence of opposites in seveial ways. liist, the coincidence
between the two dehnitions of God and the coincidence between the
tianscendence and immanence of God aie undeistood as ielations be-
tween two maxima
4
and secondly, the maximum is said to coincide
with the minimum because that which is eveiything that it is able to be
can be neithei moie than itself noi less than itself. Chaptei hve develops
the association of the maximum with the inhnite, while chaptei six
2. On absence of opposition see p. 8-9.
3. What Nicholas calls the simple maximum coiiesponds to the absolute maximum.
This maximum is the one studied in book l. What we call the oidinaiy maximum (to
which Nicholas assigns no name heie) coiiesponds to the contiacted maximum. This is
the maximum is studied in book ll.
4. This passage was discussed in the pievious section.
93
Stephen Gersh
develops the association of the maximum with the absolute.

The
theme of the maximum ieappeais in chaptei sixteen wheie Nicholas
explains that possibility and actuality coincide in the maximum. Aftei
iepeating his aiguments that the maximum coincides with the minimum
because it admits of no opposition, and that the coincidence between
the tianscendence and immanence of God is a ielation between two
maxima, Nicholas also explains that the maximum which coincides with
the minimum is the supieme measuie of all things falling between a
maximum and a minimum. Chapteis seventeen and eighteen fuithei
develop the aigument conceining the measuie of all things by associ-
ating the maximum with the piimaiy exemplai of Platonic philosophy.
linally, the theme of maximum ieappeais in chaptei twenty-foui wheie
Nicholas explains that the name of the maximum (nomen maximi)
is the maximal name (nomen maximum). This name is the biblical
Tetiagiammaton.
Nicholas discussion of the maximum in De Docta Ignorantia shows
the ielation between this concept and the piivileged teims of absolute
and inhnite and also between this concept and the coincidence of op-
posites. His iefeiences to the maximum in ceitain latei texts show the
ielation between this concept and the coincidence of opposites and also
the ielation between this concept and the disjunction.

ln De Beryllo, Nicholas develops an analogy between a beiyl stone


which coiiects the dehciencies of physical vision by having simulta-
neously a foim of convex and concave and an intellectual beiyl which
coiiects the dehciencies of intellectual vision by having simultaneously
a foim of maximum and minimum.

The piocess of coiiection which


involves the stiaightening of the iefiacted line of vision wheieby we
peiceive the woild in its dineience and multiplicity by means of a coin-
cidence of opposites is desciibed as follows Let us apply the beiyl to
mental eyes, and let us see thiough the maximum than which nothing
can be gieatei and likewise thiough the minimum thiough which noth-
ing can be less. And we see the piinciple which is befoie eveiything
gieat and small completely simple with iespect to eveiy mode of
. On these teims see p. 10.
. Some of these latei aiguments aie anticipated in DC l.10 (h lll, 0. 1-1) and DC l.
11 (8. 1-0. ).
. DB (h XI/1, 3. 1-5).
94
Rewriting the Pioslogion
division and thiough which eveiything gieat and small is divisible.
8
ln this text, what we have teimed the disjunction coiiesponds to the
dineience between the stiaight line and the iefiacted line in the angle of
vision, the emphasis being placed on the ieducibility of the disjunction.
De Venatione Sapientiae summaiizes many of Nicholas ideas about
the maximum, the coincidence of opposites, and the disjunction in a
passage wheie the notion of continuum plays an impoitant iole. Heie,
Nicholas contiasts an actualized-possibility which coiiesponds to
what was eailiei called the absolute maximum and is similaily associ-
ated with the coincidence of opposites with a possibility-of-being-
made which coiiesponds with oi oveilaps with what was pieviously
called the contiacted maximum, associating the foimei with the second
dehnition of God. Regaiding the actualized-possibility he wiites loi it
is not possible foi anything to be seen iationally which that actualized-
possibility lacks, since the lattei is actually and most peifectly eveiy-
thing compiehensible and eveiything that exceeds all compiehension --
blessed Anselm tiuly asseiting that God is that which is gieatei than
can be conceived.
9
A few lines below, Nicholas desciibes the ielation
between the actualized-possibility and the possibility of being made
which aie now identihed with simple and actual maximum iespectively
and also with causing and causable iespectively by stiessing in the
foimei case the disjunction between the two teims and in the lattei case
the continuum. This is the basis of the piinciple of leained ignoiance
namely, that with iespect to things admitting moie and less one nevei
ieaches a simple maximum oi a simple minimum, even though one
can ieach an actual maximum and minimum [...] the causable is not
the causing powei, but iathei the cause is potentially in the causable.
The causable nevei becomes the causing, but iathei the causing powei
tuins into actuality at the limit of the causable.
0
ln the couise of his
8. DB (h XI/1, 8. 5-9) Applicemus beryllum mentalibus oculis et videamus per maximum
quo nihil maius esse potest, pariter et minimum, quo nihil minus esse potest, et videmus
principium ante omne magnum et parvum, penitus simplex et indivisibile omni modo
divisionis, quo quaecumque magna et parva sunt divisibilia.
59. DVS 26 (h XII, 77. 2-6) Non enim potest quicquam rationabiliter videri, quo ipsum
possest careat, cum omnia comprehensibilia et omnem comprehensionem excedentia
perfectissime actu existat, beato Anselmo veraciter asserente Deum esse maius quam
concipi possit.
60. DVS 26 (h XII, 79. 1-10) Haec est ratio regulae doctae ignorantiae, quod in recipientibus
magis et minus numquam devenitur ad maximum simpliciter vel minimum simpliciter,
95
Stephen Gersh
discussion, Nicholas explains the ielations between the cieatoi and the
cieatable, the active intellect and the intelligible, and hie and heat in
teims of the disjunction and the continuum.
Interlude: The Question of Sources
ln oidei to undeistand moie cleaily what we have teimed the Rewiit-
ing of the Proslogion, we should at this point inseit a few iemaiks
about Nicholas philosophical souices. Now it is impossible to detei-
mine whethei it was the ieading of ceitain souices which inspiied the
Nicholas innovations in doctiine oi Nicholas innovations in doctiine
which encouiaged his ieading of those souices, given the extent to
which the heimeneutics and the metaphysics of pie-modein philoso-
pheis and especially the heimeneutics and the metaphysics of Nicholas
of Cusa aie implicated in one anothei. Neveitheless, it is illuminating to
make a methodological detoui into souices piovided that this necessaiy
qualihcation is piehxed. lndeed, the essential philosophical distinction
between Anselm and Nicholas will peihaps be biought into a shaipei
focus in this way.
One of the most impoitant souices used by Nicholas but not by
Anselm is Thieiiy of Chaities.
1
Nicholas appeais not to know this
authoi by name, although the combination of lavish piaise foi an anony-
mous commentatoi on Boethius theological wiitings in the Apologia
Doctae Ignorantiae
2
and the iepeated occuiience of Thieiiys veiy
distinctive teachings in Nicholas othei woiks makes the debt unmistak-
able. ln De Docta Ignorantia, Nicholas quotes the distinction between
absolute necessity, deteiminate necessity, deteiminate possibility, and
absolute possibility established by Thieiiy
3
and, although ieducing
the foui teims to thiee by identifying absolute necessity and absolute
possibility, aiticulates a fouifold stiuctuie of the logical foim A/non-
licet bene ad actum maximum et minimum [...] non est factibilitas potentia faciens, sed in
ipsa factibilitate faciens est in potentia. Factibile enim numquam t faciens, sed potentia
faciens in termino factibilitatis in actum pervenit..
1. Chionology obviously plays a iole heie, since Thieiiy of Chaities was active in the
second and thiid decades of the twelfth centuiy, i.e. one geneiation aftei Anselm.
2. Apologia Doctae Ignorantiae (h ll, 24. -).
3. Thieiiy (and Nicholas) speak of necessity of involvement (necessitas complex-
ionis) iathei than deteiminate necessity, following the teiminology of Boethius De
Consolatione Philosophiae which was the oiiginal souice of the doctiine.
9
Rewriting the Pioslogion
B, A/B, non-A/B, non-A/non-B within a discussion of the contiacted
maximum.
4
Anothei souice peculiai to Nicholas is Dionysius the Aie-
opagite.

One could aigue that this Chiistian Platonic wiitei -- whom


almost eveiyone befoie Loienzo Valla assumed to have composed his
treatises during the apostolic period -- played a more fundamental role
in determining the direction of Nicholas own philosophical speculation
than did any other. It was from Dionysius that the idea of a polyse-
mous negation representing a dinerentiation (non-being meaning other
than being) and b superiority (non-being meaning above being) and
again b1 intensihcation (above being meaning increased being) and b2
transcendence (above being meaning surpassing being) was learned.
Given that the negative represents a comparison of more or less in
the second, third, and fourth senses, but enters into a strict binary
opposition with the amrmative in the hrst sense, negation as such be-
comes a symbol of the inseparability between the metaphysical ideas
of continuum and disjunction.
66
Another important source used by
Nicholas but not by Anselm is Proclus.
67
This pagan Platonist is cited
frequently by name in Nicholas later writings, one of the interlocutors
in his dialogue De Non Aliud
68
being the translator into Latin of Proclus
Theologia Platonis and the speaker assigned the task of expounding at
length the doctrine contained there. In De Principio, Nicholas notes
the distinction between participating, participated, and unparticipated
principles established by Proclus and, by expanding the three terms to
four by combining and separating the participating and participated
terms, articulates a fourfold structure of the logical form A/non-B, A/B,
non-A/B, non-A/non-B within a discussion of the divine names.
69
If
the Dionysian idea of polysemous negation is applied to this scheme in
such a manner that the un-participated term can be construed as the
intensely participated term, one can perhaps at last see clearly how
64. DDI II. 7-10 (h I). On Nicholas use of Thierry of Chartres see McTicur 1958.
65. Although Anselm could have known Dionysius, he seems to have preferred the
less obviously apophatic writers Augustine and Boethius.
66. On Nicholas use of Dionysius see the chapter Die Prferenz fr Ps.-Dionysius bei
Nikolaus von Kues und seinem italienischen Umfeld in SrNcrv 2002.
67. Since works of Proclus were hrst translated into Latin in the late thirteenth century,
they were not available to Anselm.
68. De Non Aliud 1 (h XIII, 3. 1-9).
69. De Principio (h X/2b, 36. 1-17). On Nicholas use of Proclus see Brirvv~i1rs 2000.
97
Stephen Gersh
Nicholas conceives the stiange ielation of identity-dineience between
absolute and actual maxima.
These authois iepiesenting diiect souices of specihc passages and
aiguments in Nicholas of Cusas wiitings might be contiasted with
ceitain othei authois who piobably constitute indiiect souices. Moie-
ovei, given the impoitance of the fouifold stiuctuie of the logical foim
A/non-B, A/B, non-A/B, non-A/non-B, two authois who exploit this
scheme extensively might be singled out heie foi special mention. The
hist of these piobable indiiect souices is Eiiugena who intioduced the
fouifold stiuctuie in oidei to divide natuie into cieating and not cie-
ated, cieating and cieated, not cieating and cieated, and neithei cieating
noi cieated, and then employed this division as the stiuctuial basis of
his tieatise Periphyseon. Nicholas familiaiity with this wiitei is pioven
by his explicit iefeiences in Apologia Doctae Ignorantiae to the authoi
alone undei the name Iohannes Scotigena
0
and to the authoi and his
woik with the woids Iohannis Scotigenae Peri Physeos.
1
That Nicholas
had actually studied at least pait of Eiiugenas woik with caie is shown
by the existence of a set of maiginal glosses to Periphyeon, book I wiit-
ten in his own hand in the MS London, Brit. Libr., Addit. 11035 (tenth
centuiy).
2
These glosses diaw attention to specihc ideas in Eiiugenas
tieatise in the aieas of theology and logic such as the unknowability
of God, the application of contiaiies to God, and the quasi-identity
between God and cieation, and occasionally develop these ideas fuithei
foi instance, by iecasting Eiiugenas account of emanative piocession in
teims of contiaction (contractio). The second piobable indiiect souice
of Nicholas thought is Honoiius Augustodunensis who paiaphiased
and exceipted Eiiugenas tieatise in oidei to pioduce a new woik en-
titled Clavis Physicae. Nicholas familiaiity with the woik if not with
its wiitei is pioven by his explicit iefeience again in Apologia Doctae
Ignorantiae to something called the Clavis Physicae Theodori.
3
The
existence of a set of maiginal glosses to this Clavis Physicae wiitten
in his own hand in the MS Paris, Bibl. Nat. lat. 6734 (twelfth centuiy)
shows that Nicholas had studied this Eiiugenian paiaphiase also with
0. ADI 30 (h ll. 21. 2).
1. ADI 43 (h ll, 29. 1-30. 1).
2. See lNs1i1U1 i0v CUs~NUsiovscuUNc 193 (with the actual text of the maiginalia
on pp. 8-100 of this publication).
3. ADI 43 (h ll, 29. 1).
98
Rewriting the Pioslogion
caie.
4
These glosses diaw attention to specihc ideas in Honoiius tiea-
tise mainly in the aiea of Chiistian anthiopology such as the natuie of
the iesuiiection body and the plenitude of humanity in Adam. Now in
actual fact, Nicholas does not diaw specihc attention to the use of the
fouifold stiuctuie in eithei Eiiugenas tieatise oi Honoiius ie-woiking
of the lattei. Howevei, this is piobably because he saw the dialectical
methodology that it implied as absolutely fundamental oi even self-
evident, and his fiequent habit in glossing these and othei texts is to
pass ovei in silence points that have been ieheaised time and time again
in his own wiitings.
5. Nicholas Subjective Theory
Retuining to the distinction made eailiei between the objective and
ontological and the subjective and epistemological aspects, we should
now follow the second of these two tiajectoiies in Nicholas thought
with the help of his dialogue Idiota de Mente. Once again, we may
peihaps distinguish the thiee philosophical ideas which the hfteenth-
centuiy wiitei shaies with his piedecessois in the Neoplatonic tiadition
the oppositional stiuctuie with a piivileged teim, the continuum, and
the combination of the continuum with a disjunction, and the thiee
ideas constituting innovations on the latei wiiteis pait the new piivi-
leged teims, the continuum as coincidence of opposites oi as fouifold
stiuctuie, and the widening of the disjunction.

5.1. The oppositional structure with a privileged term


loi Nicholas of Cusa and his Neoplatonic souices, ieality in the sub-
jective

sense also consists of a seiies of oppositions each containing


a supeiioi () and an infeiioi (-) teim, the most impoitant of these
oppositions again being unity () and multiplicity (-), sameness () and
otheiness (-), iest () and motion (-), and eteinity () and time (-). This
4. See Honoiius Augustodunensis, Clavis Physicae, ed. LUcrN1iNi 194, p. xii and
plate iv.
. ln what follows, we will not study all the categoiies applicable within the objec-
tive theoiy also within its subjective counteipait, since this task has alieady been
accomplished in pait duiing the eailiei discussions.
. loi the objective theoiy see p.
99
Stephen Gersh
stiuctuie emeiges cleaily in Idiota de Mente wheie Nicholas compaies
the enfolding and unfolding of the divine mind with the enfolding and
unfolding of the human mind, what is enfolded oi unfolded in these
divine and human piocesses of thinking being the seiies of oppositions
listed above.

The epistemological theoiy is complicated by Nicholas


aiguments that the human mind is stiictly an image iathei than an un-
folding of the divine mind, that the divine mind has a foimative wheieas
the human mind has a confoimative activity, and that the divine mind
enfolds things that themselves enfold. lt should also be noted that the
enfolding and unfolding of both the divine and the human minds take
place both with iespect to concepts (notiones) and with iespect to
woids (nomina).
8
5.2. The Continuum
The piocess of divine thinking that unfolds concepts and woids and
the piocess of human thinking that on the one hand confoims to this
thinking and on the othei foims its own thinking iepiesent not so much
the establishment of a disciete netwoik of ideas as the disciete maiking
of a continuum. The unity of this continuum is indicated fiom the
side of the cieatuie by his discussion of the assimilative powei (vis
assimilativa) which peimits the human mind as unity to become eveiy
kind of multiplicity. Thus, the human mind fiom being the unity of the
point can assimilate itself to the line and fiom being the unity of the
now can assimilate itself to time.
9
6. The New Privileged Terms
The oppositions of absolute () and contiacted (-) and of inhnite ()
and hnite (-) that aie emphasized moie by Nicholas than by eailiei
Neoplatonists also play a signihcant iole in the epistemological context.
ln Idiota de Mente, the human mind is said to be able to achieve as a
highest level of contemplation the intuition of absolute tiuth (intuitio
veritatis absolutae) wheie eveiything is seen without multiplicity oi
. Idiota de Mente 4 (h V
2
, 74. 12-25).
78. See IDM 4 (h V
2
, 74. 1-79. 10) for concepts and IDM 2 (h V
2
, 58. 1-68. 16) for words.
79. IDM 4 (h V
2
, 75. 1-12). Cf. IDM 3 (h V
2
, 72. 1-14)
100
Rewriting the Pioslogion
dineience,
80
and similaily the human mind is said to elevate itself to
inhnity (se ad innitatem elevare) when it sees that all the exemplais
oi loims of things aie one.
81
lt should be noted that the human mind
which is a contiacted and hnite being does not become identihed with
the absolute oi the inhnite itself in these moments of contemplation.
6.1. The Widening of the Disjunction
The aigument that the spheie of the cieatuie is dominated by piopoi-
tion wheieas theie is no piopoition between the cieatuie and God
-- togethei with the widening of the disjunction in the continuum of
causal connection iesulting fiom this aigument -- is the basis of some of
the most fai-ieaching developments in Nicholas epistemology. lt is at
this point that the famous theoiy of conjectuies (coniecturae) to which
Nicholas devoted an entiie tieatise comes into play,
82
foi a conjectuie
basically amounts to a special kind of thought, aigument, oi theoiy
which is pioduced in ielation to the combination of a continuum with a
disjunction. ln a passage of Idiota de Mente, Nicholas explanation of the
human minds intioduction of numbei and piopoition into things as it
attempts to giasp the inhnity of the extia-mental ieality togethei with
his insistence that extia-mental ieality does have multiplicity fiom the
divine mind piovides us with an example of a conjectuie.
83
ln anothei
passage, his piovisional endoisement of the Peiipatetic position that
nothing can aiise in the intellect which was not pieviously in ieason oi
80. IDM (h V
2
, 105. 12-106. 1).
81. IDM 2 (h V
2
, 67. 2-3) and IDM 3 (h V
2
, 73. 1-6).
82. De Coniecturis (h III). The doctrine of conjecture stated in this work is extremely
complicated, and we can only summarize those aspects relevant to the present topic
here. Nicholas dehnes conjecture as a positive assertion participating with otherness
in truth as it is (positiva assertio in alteritate veritatem, uti est, participans) (DC I. 11 (h
III, 57. 10-11)). Two aspects of conjecture are particularly important: 1. Conjecture is
a positive assertion. The combination of continuum and disjunction is a combination
of positive and negative. In a sense, conjecture treats this combination with emphasis
on the amrmative side, and learned ignorance the combination with emphasis on the
negative side. 2. Conjecture is opposed to precision (praecisio). This term seems to
have 1 an absolute sense as a the situation where there is no longer a combination of
continuum and disjunction, or b the fact that there is a combination of continuum and
disjunction; and 2. a relative sense as the correction of a conjecture (see DC I. 10 (h III,
52. 1-13) and DC I. 11 (h III, 54. 1-57. 17)).
83. IDM 6 (h V
2
, 93. 1-6).
101
Stephen Gersh
in sense togethei with his combination of Platonic and Peiipatetic tenets
in postulating simultaneously a univeisal thiough which paiticulais
exist and a univeisal deiived fiom paiticulais piovides us with anothei
example of a conjectuie.
84
The thesis that theie is no piopoition be-
tween the cieatuie and God is illustiated by a stiiking analogy between
the Laymans physical activity of caiving spoons and his intellectual
activity of making conjectuies. The Layman woiks not by imitating
the foims of cieated things as does a paintei but by molding his
mateiial until the piopoition undeilying the foim appeais.
8
We might
paiaphiase this by saying that the paintei is an aitisan who takes no
account of the combination of continuum and disjunction since he as-
sumes the hxity of his object wheieas the Layman is one who accepts
and exploits this combination in his woik.
7. The Reduction of the Process of Demonstration
The subjective oi epistemological theoiy deiived fiom Neoplatonism
and especially the innovations intioduced into that theoiy by Nicholas
himself piovide the fiamewoik within which the ratio Anselmi can be
given a new inteipietation. ln paiticulai, a ieduction of the emphasis
upon the piocess of demonstiation with iespect to the two dehnitions
of God is a consequence of ceitain developments within the context of
that epistemology.
An aigument in Idiota de Sapientia ll is a good illustiation. Heie,
the Oiatoi poses the question of how one can conceive God who is
gieatei than can be conceived and, aftei seveial dialogic exchanges, the
Layman answeis by explaining that God may be appioached in teims of
the fouifold stiuctuie. The inteivening exchanges aie of gieat inteiest
since the Layman aigues as follows
Eveiy question about God piesupposes what the question is
about. Theiefoie one must biing into the ieply with iegaid to
eveiy question about God that which the question piesupposes.
loi God is signihed in the signihcation if all teims, although
he is non-signihable [...] lf somebody weie to ask you whethei
84. IDM 2 (h V
2
, 65. 1-66. 20) and IDM 4 (h V
2
, 77. 5-79. 10).
85. IDM 2 (h V
2
, 62. 8-14). On conjecture see further IDM 5 (h V
2
, 82. 1-17) and IDM 7
(h V
2
, 102. 11-15).
102
Rewriting the Pioslogion
God exists, you must say what is piesupposed namely, that
he exists because he is the existence that is piesupposed in the
question. Thus, if somebody weie to ask you what God is, since
this question piesupposes that quiddity exists, you will ieply
that God is absolute quiddity itself. And so it applies in all
cases.
8
This passage is instiuctive in showing that the piocess of question-
ing and answeiing and piesumably also the piocess of logical infeience
is less akin to the discoveiy of a new fact than to the ievelation of
something concealed and less akin to the sequence between tempoial
moment A and tempoial moment B than to the tiansition fiom tempoial
moment A (oi B) to complete timelessness.
Seveial passages in Idiota de Mente explain what amounts to a non-
discuisive mode of thinking in moie detail. At one point, the Layman
explains the dineience between confused ieason and ieason infoimed
by mind using an analogy between an uneducated man and a tiained
scholai as follows Thus, ieason makes syllogisms and does not know
what it is making syllogisms about without mind. But mind infoims,
illuminates, and peifects ieasoning so that it might know what it makes
syllogisms about [...] as though an uneducated man weie to iead some
book without knowing the meaning of the woids [...] while theie is
anothei man who ieads, knows, and undeistands what he is ieading.
8
Stiictly speaking, Nicholas analogy between psychic faculties and types
of ieadei deals not with ieason and mind but with ieason and the
ielation between ieason and mind, and theiefoie not with the tempoial
and the non-tempoial spheies but with the tempoial sepaiated fiom
and connected with the non-tempoial spheie iespectively. Neveitheless,
8. IDS ll (h V
2
, 29. 18-30. 9) Omnis quaestio de deo praesupponit quaesitum, et id
est respondendum, quod in omni quaestione de deo quaestio praesupponit, nam deus in
omni terminorum signicatione signicatur, licet sit insignicabilis [...] Cum ergo a te
quaesitum fuerit, an sit deus, hoc quod praesupponitur dicito, scilicet eum esse, quia est
entitas in quaestione praesupposita. Sic si quis quaesiverit quid est deus, cum haec quaestio
praesupponit quiditatem esse, respondebis deum esse ipsam quiditatem absolutam. Ita
quidem in omnibus.
87. IDM 5 (h V
2
, 84. 4-10). sic ratio syllogizat et nescit quid syllogizet sine mente, sed
mens informat, dilucidat et percit ratiocinationem, ut sciat quid syllogizat. Ac si idiota
vim vocabulorum ignorans librum aliquem legat [...] Et sit alius, qui legat et sciat et
intelligat id quod legit.
103
Stephen Gersh
that Nicholas sees the discuisive and tempoial piocesses of cognition as
deiived fiom a non-discuisive and non-tempoial activity of some kind
is shown by his iefeience elsewheie to the minds assimilative powei by
which as unity it assimilates itself to multiplicity and as now oi piesent
it assimilates itself to all time.
88
Anothei discussion in Idiota de Mente contextualizes the above in
teims of the fouifold stiuctuie and the coincidence of opposites. At one
point, Nicholas summaiizes the theoiy which he has been developing
thiough many dialogic exchanges to the enect that the mind in the
sense of measuie confoims itself to foui modes of being. lt confoims
itself to possibility, so that it might measuie all things in a possible
way. lt confoims itself to absolute necessity so that it might measuie all
things in a unitaiy and simple way, as in the case of God. lt confoims
itself to necessity of involvement so that it might measuie all things in
theii piopei being. lt confoims itself to deteiminate possibility so that
it might measuie all things as they exist.
89
What Nicholas undeistands
by the second and thiid confoimations is of paiticulai ielevance to
oui question of discuisive and non-discuisive thinking. Regaiding the
thiid confoimation, he has aigued that the mind employs itself as an
instiument and consideis its own immutability. lt assimilates itself to
foims which it has abstiacted fiom mattei, making conjectuies with
iespect to mathematical objects. lt heie sees that one thing is thus,
anothei thing is thus, and eveiything is composed of its own paits
[...] that this mode of being is not tiuth itself but a paiticipation in
tiuth wheieby one thing is tiuly in this way and anothei thing tiuly
in anothei way.
90
Regaiding the second confoimation, he has aigued
that the mind employs itself as an instiument and consideis its own
simplicity which it is incommunicable with mattei. lt assimilates itself
to all things, pioducing speculations with iespect to theological matteis.
lt heie contemplates all things without any composition of paits, and
88. IDM 4 (h V
2
, 75. 1-12).
89. IDM 9 (h V
2
, 125. 4-8) Conformat enim se possiblitati, ut omnia possibiliter mensurat;
sic necessitate absolutae, ut omnia unice et simpliciter ut deus mensuret; sic necessitate
complexionis, ut omnia in proprio esse mensuret; atque possibilitati determinatae, ut
omnia, quemadmodum exsistunt, mensuret.
90. IDM 7 (h V
2
, 105. 3-6) prout una est sic, alia sic, et quaelibet ex suis partibus composita
[...] quod hic modus essendi non est ipsa veritas, sed participatio veritatis, ut unum sic sit
vere et aliud aliter vere [...].
104
Rewriting the Pioslogion
not as though one thing is this and anothei thing as that, but as though
all things aie one and one thing is all.
91
Given the uid mannei in
which Nicholas makes his conjectuies, it is not cleai whethei the thiid
confoimation coiiesponds to the ieason opeiating alone oi the ieason
opeiating in ielation to mind in the eailiei passage, and whethei the
second confoimation coiiesponds to the eailiei passages mind opeiat-
ing in ielation to ieason oi mind opeiating alone. Neveitheless, theie
seems little doubt that the thiid confoimation deals with the distinction
and the second conhimation with the coincidence of opposites.
8. The Geometrical Context
As we have seen, theie aie foui aspects of the ratio Anselmi that foim
the staiting-points of Nicholas innovations. These aie the specih-
cation of the two dehnitions as the amimative and negative sides of
a single ielation, the ieduction of the emphasis upon the piocess of
demonstiation, the specihcation of the two dehnitions as a distinction
between kinds of maxima, and the ieplacement of the contextualization
in dialectic with a contextualization in geometiy. We should now tuin
to the contextualization in geometiy. Nicholas pieoccupation with
mathematics in geneial and geometiy in paiticulai is displayed thiough-
out his philosophical caieei in wiitings fiom De Docta Ignorantia until
De Apice Theoriae, and in this hnal section we shall simply note the
most stiiking example of the geometiical contextualization of Anselms
aigument and add a few comments on the methodological piinciples
undeilying this contextualization.
92
The aigument in De Beryllo wheie Nicholas develops the analogy
between the beiyl stone which coiiects the dehciencies of physical
vision and the intellectual beiyl which coiiects the dehciencies of in-
tellectual vision intioduces vaiious geometiical ideas associated with
the tiajectoiy of vision. Having eailiei noted the analogy between the
coincidence of opposites iepiesented by the convex and concave sui-
faces of the lens in the physical spheie and the coincidence of opposites
91. IDM (h V
2
, 105. 13-14) omnia intuetur absque omni compositione partium et non ut
unum est hoc et aliud illud, sed ut omnia unum et unum omnia.
92. Although Nicholas in the passages to be considered below places the emphasis on
geometry, in other passages he places the emphasis on arithmetic. As illustrations of
these two contrasting approaches one might cite DDI I (h I) and DC I (h III) respectively.
105
Stephen Gersh
iepiesented by that which cannot be gieatei and that which cannot be
less in the intellectual spheie, he wiites
Theiefoie when you see thiough the beiyl the angle which is
likewise the gieatest and the least that can be foimed, youi sight
will not be limited by any angle but by the single line which is
the piinciple of the angles. This is the piinciple of the angles on
the suiface, indivisible with iespect to eveiy mode of division by
which the angles aie divisible. Thus, in the same mannei that
you see this, so may you see the absolute hist piinciple thiough
the miiioi in an enigma.
93
The geometiical chaiactei of the thought-expeiiment summaiized in
this passage is ieinfoiced by the immediately pieceding instiuctions to
diaw vaiious diagiams. Thus, the piinciple of the angles constituting the
coiiected line of intellectual vision towaids the unitaiy hist piinciple
is to be depicted by the stiaight line AB with mid-point C, while the
vaiious angles constituting the iefiacted lines of intellectual vision
towaids the woild of multiplicity aie to be depicted by the movement
of the line CB with iespect to the line CA at point C. Linking the
coincidence of opposites with the ratio Anselmi once again, Nicholas
notes that the stiaight line is equivalent to an acute angle than which
no angle can be moie acute and to an obtuse angle than which no angle
can be moie obtuse.
A passage in Idiota de Mente explains how Nicholas undeistands
explicitly the ielation between geometiy and the cognitive piocess and
because of a ceitain ielation between magnitude and dehnition im-
plicitly the ielation between geometiy and the ratio Anselmi. Heie, the
Layman iesponds to a iequest to explain Boethius statement that the
compiehension of the tiuth of things is in multitude and magnitude
by saying that the ancient philosophei was calling attention to the
inteiielated cognitive piocesses of sepaiating one thing fiom anothei
and giasping the wholeness of a thing. At this point it seems that
the Layman is moie inteiested in the wholeness which coiiesponds
93. DB (h XI/1, 9. 8-14) Quando igitur tu vides per beryllum maximum pariter et
minimum formabilem angulum, visus non terminabitur in angulo aliquo, sed in simplici
linea, quae est principium angulorum, quae est indivisibile principium supercialium
angulorum omni modo divisionis, quo anguli sunt divisibiles. Sicuti igitur hoc vides, ita
per speculum in aenigmate videas absolutum primum principium.
106
Rewriting the Pioslogion
to magnitude than with the sepaiation coiiesponding to multitude,
94
since he immediately goes on to aigue that the wholeness of something
is attained only by sepaiating it fiom othei things, that wholeness is
wheie something is neithei gieatei noi less than itself, that wholeness is
especially studied in geometiy and astionomy, and that the wholeness
of something is attained by the piocess of measuiing. At a fuithei
piompting fiom the Philosophei, the Layman diaws the stiiking con-
clusion that nothing will be known unless eveiything is known on
the giounds that individual things iepiesent paits with iespect to the
whole iepiesented by the univeise, the simultaneously miciocosmic and
maciocosmic ielation between paits and whole being illustiated on the
one hand by the spoon which is being caived by the Layman and the
univeise which is cieated by God. Aftei explaining a fuithei statement
of Boethius about the necessity of studying the quadrivium because
of its special concein with such matteis, the Layman concludes by
summaiizing the connection between the mathematical notions undei
discussion and the stiuctuie of dialectic
9
Eveiything that exists falls undei magnitude and multitude,
since the demonstiation of all things takes place thiough the
powei of the one oi the othei. Magnitude limits and multitude
sepaiates. Theiefoie, dehnition which limits and includes the
whole being has the powei of magnitude and ielates itself to it,
while the demonstiation of dehnitions takes place necessaiily
accoiding to the powei of magnitude. On the othei hand, divi-
sion and the demonstiation of division take place accoiding to
the powei of multitude. Moieovei, syllogistic demonstiations
aiise accoiding to the powei of magnitude and multitude. That
a thiid pioposition follows as a conclusion fiom two pioposi-
tions is a mattei of multitude. That the conclusion is diawn fiom
univeisal and paiticulai piopositions is a mattei of magnitude.
9
94. ln othei woids he wishes to exploit the geometiical iathei than the aiithmetical
analogy. See n. 92.
9. The emphasis is upon connection iathei than identity. Nicholas piefaces the
passage about to be quoted with a iemaik that the logical elements desciibed aie not
themselves multitudes oi magnitudes but fall undei the lattei.
9. IDM 10 (h V
2
, 128. 3-12) [...] omne, quod est, cadit sub magnitudine vel multitudine,
quoniam demonstratio omnium rerum t vel secundum vim unius vel alterius. Magnitudo
107
Stephen Gersh
Now the hfteenth-centuiy wiitei does not explicitly aigue fiom
the ielation between geometiy and magnitude to the ielation between
geometiy and the ratio Anselmi by means of the ielation established by
the above passage between magnitude and dehnition. Neveitheless, it
would be implausible to aigue that he did not at least subconsciously
assume that Anselms aigument involves the idea of dehnition, that
this aigument deals with the idea of magnitude, and that dehnition
involves the idea of magnitude. loi Nicholas of Cusa theiefoie, the
celebiated ratio Anselmi becomes in the last analysis a self-ieecting
stiuctuie exploiting the ambivalently geometiical and logical natuie of
magnitude.
Conclusion
Given the extent to which Nicholas of Cusa has tiansfoimed Anselm
of Canteibuiys pioof of the existence of God, one might conclude that
the title of the piesent essay Rewiiting the Proslogion has tuined out
to be something of an undeistatement. Cleaily, the last medieval Pla-
tonist has not been content to iepeat oi paiaphiase his piedecessois
celebiated aigument, but has iathei tiansmuted it into doctiines which
sometimes modify and occasionally contiadict the expiessed intention
of the oiiginal authoi. Yet at a deepei level of ieection theie should
be no doubt that Nicholas of Cusa iemains in haimony with Anselm of
Canteibuiy. As we noted at the beginning of this essay, the aigument
of Anselms Proslogion was designed not to piove one impoitant philo-
sophical tiuth but to foim the logical piesupposition of a numbei of
inteiielated doctiines. As we have discoveied in the subsequent anal-
ysis, the iecollection of this aigument in Nicholas wiitings between
De Docta Ignorantia and De Venatione Sapientiae seives as the thematic
nucleus of ideas about objectivity and subjectivity, about opposition,
continuum, and disjunction, and about many othei things. Theie is
undoubtedly an impoitant methodological dieience between foiming
terminat, multitudo discernit. Unde dinitio, quae totum esse terminat et includit, vim ha-
bet magnitudinis et ad eam pertinet, et dinitionum demonstratio t necessario secundum
vim magnitudinis, divisio vero et divisionum demonstratio secundum vim multitudinis.
Fiunt etiam syllogismorum demonstrationes secundum vim magnitudinis et multitudinis.
Quod enim ex duabus tertia comcluditur, multitudinis est; quod autem ex universalibus et
particularibus, magnitudinis est.
108
Rewriting the Pioslogion
a logical piesupposition of vaiious doctiines and foiming a thematic
nucleus of dineient conjectuies. Neveitheless, the aspiiation towaids a
systematic unity itself which can only iesult fiom the intimate ielation
between the ratio Anselmi and the divine image in the human mind
allows no ioom foi disagieement between the two philosopheis.
Stephen Gersh
University of Notre Dame
Medieval Institute
stephen.e.gersh.1@nd.edu
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110
Critical Ontology
and Modern Age
We never advance one step beyond ourselves
Realismo metasico e fondazione delletica in Robert
Spaemann
Luciano Sesta
1. Unapologia critica della modernit
Come stato notato, se ce una cosa che colpisce nella ciitica di Robeit
Spaemann alla modeinit, e che essa ha poco o nulla a che vedeie con
i toni apocalittici e antimodeini di molta letteiatuia sullaigomento,
oiientandosi piuttosto veiso le inteipietazioni ideologiche del modei-
no,
1
con lintento positivo di guadagnaie una piospettiva che consenta
di stabilizzaine i piesupposti.
2
Anche pei Spaemann, infatti, si d una
dialettica dellilluminismo, che colpendo il cuoie della cultuia modeina,
la iende incapace di manteneisi allaltezza delle piopiie conquiste. Ne
deiiva che se piopiio si vuole pailaie di un supeiamento della modei-
nit, questo non puo aveie nulla di eclatante,
3
essendo dettato, sciive
Spaemann, dalla volont di ancoiaie gli autentici contenuti di autoiea-
lizzazione delluomo, di cui le siamo debitoii, a concezioni pi antiche,
salvaguaidandoli dalla loio inteipietazione modeinista e quindi dalla
tendenza immanente al loio annullamento.
4
Si tiatta, in altii teimini,
di salvaie la modeinit da se stessa, avviandone uneimeneutica inteina
che sappia evidenziaie i legami nascosti che essa intiattiene con alcune
delle piincipali istanze del mondo classico, in base alle quali, soltanto,
essa puo conseivaie la sua vitalit.
La pioposta teoiica di Spaemann, in questottica, si piesenta come
un piogetto di compensazione che iilegga gli esiti della modeinit
senza peio usciie dalle condizioni che essa stessa stabilisce come impie-
scindibili. La piima di queste condizioni e la stiuttuia della iifessivit,
che, come ha iicoidato anche Gadamei, hnisce al centio della hlosoha
con Caitesio. Hegel ha mostiato il caiatteie non solo impiescindibile,
ma anche insupeiabile di questa stiuttuia, consegnandola alla stoiia
1. Bri~vuiNriii 1994, 8.
2. Sv~rx~NN 1994a, 234.
3. Sv~rx~NN 1994a, 234.
4. Sv~rx~NN 1994a, 233.
Luciano Sesta
del pensieio successivo nella foima di una dialettica capace di daie
fondo a tutte le potenzialit insite nellidea di soggettivit. Spaemann si
colloca allinteino di questa linea inteipietativa, mantenendola peio su
un teiieno antiopologico ed etico che, inhne, si conhguia nei teimini
di un iappoito di piesupposizione iecipioca fia etica e metahsica. La
tesi di Spaemann, al iiguaido, e la seguente quando la stiuttuia della
iifessivit viene spinta sino in fondo, si iovescia dialetticamente nel
suo contiaiio in qualit di cosa pensante, infatti, il cogito e il massimo
di soggettivit e, insieme, di oggettivit, iisultando fatalmente esposto,
peicio stesso, a unoscillazione dialettica fia lo spiiitualismo di una
coscienza senza mondo e il natuialismo di un mondo in cui la stessa
coscienza e una cosa fia le altie. Una confeima, questa, delleteiogenesi
dei hni tipica della modeinit, che dopo avei ieclamato i diiitti della
soggettivit, si piiva degli stiumenti teoiici necessaii pei tutelaila. Se
la soggettivit e soltanto un epifenomeno della natuia, infatti, non ce
motivo di accoidaile una libeit che siamo autoiizzati ad attiibuiie solo
allo spiiito. La iicaduta etica pi impoitante di questa dialettica e il
solipsismo, che Spaemann tiova felicemente sintetizzato nellasseito
humeano secondo cui we never advance one step beyond ourselves.

Laneimazione di Hume e secondo Spaemann una cifia paiadigmati-


ca del modeino, peich segna il caiatteie insupeiabile della soggettivit,
foise pi di quanto non faccia lo stesso cogito caitesiano.

Sondaie le
implicazioni etiche di questa insupeiabilit signihca, pei Spaemann,
iilanciaie una questione metahsica che il iealismo inteino della sen-
tenza humeana tende invece a occultaie, e cioe la possibilit che laltio,
pei diila con Lvinas, supeii lidea dellaltio in me, e dunque sia
ieale beyond ourselves. Se infatti laltio e solo un fenomeno che iisulta
da una modihcazione delle nostie facolt conoscitive, non ci sai modo
di iaggiungeilo in quanto altio, e cioe nella posizione che esso deve
. Cfi. Sv~rx~NN 2010c. La fiase di Hume e iipiesa dalla seguente pagina del Trattato
sulla natura umana lissiamo puie, pei quante possibile, la nostia attenzione fuoii di
noi, spingiamo la nostia immaginazione hno al cielo o agli estiemi limiti dellUniveiso
non avanzeiemo di un passo di l di noi stessi, n potiemo concepiie altia specie di
esistenza che le peicezioni appaise entio quel ceichio iistietto (tiad. it. in Lrc~iu~No
198).
. Nel cogito caitesiano, in enetti, Spaemann iinviene al contiaiio un potenziale di
decentiamento della soggettivit che, nonostante alcuni celebii e magistiali tentativi
di valoiizzailo (vedi Heideggei e ancoi di pi Maiion e Levinas), iimane in paite
inesploiato. Cfi. Sv~rx~NN 2010a.
114
We never advance one step beyond ourselves
manteneie peich si possa pailaie di una iesponsabilit morale nei suoi
confionti. Se il solipsismo e veio, aneima Spaemann, non ce alcun
obbligo moiale nei confionti di nulla, uomo, animale o ambiente che sia.
Solo se esistono entit autonome iispetto a noi, entit pei le quali e
in gioco qualcosa (che non coincide necessaiiamente con cio che e in
gioco pei noi), alloia esiste anche una dimensione moiale, peich solo in
questo caso il nostio agiie puo iispettaie, violaie, danneggiaie o favoiiie
qualcun altro. Ne deiiva, come lapidaiiamente aneima Spaemann, che
non ce etica senza metahsica, e cioe che lespeiienza moiale, al di l
della sentenza humeana, si basa sullidea che vi sia realmente qualcosa
al di l di noi stessi.
Questultimo assunto e pei Spaemann una foima di iealismo meta-
hsico, le cui chance sono da giocaisi allinteino dellambito etico. Al di
fuoii dellespeiienza moiale, infatti, niente di cio che incontiiamo come
ieale saiebbe diveiso da come se ipotizziamo che la sua esistenza
non sia sepaiabile da una modihcazione dei nostii oigani di senso o
della nostia coscienza. l ponti e i palazzi che costiuiamo in iegime di
iealismo inteino, e cioe ipotizzando che essi non siano entit sepaiabili
dalla peicezione che ne abbiamo, noimalmente non cadono.

Questo
signihca, pei Spaemann, che soltanto letica ha bisogno di andaie sino
in fondo, inteiiogandosi sulla possibilit che dietro il iealismo inteino, e
cioe il fatto che tutti i contenuti della nostia espeiienza siano tali per noi,
vi sia anche un iealismo metahsico, e cioe qualcosa o meglio qualcuno
che e tale in s.
2. La ragione, ovvero uno sguardo da nessun luogo
Oia, la foima intiascendibile del pensaie e del sentiie, compendiata dalla
sentenza humeana, iipioduce, secondo Spaemann, la logica piopiia della
natuia, caiatteiizzata da quella tipica impossibilit di usciie da se stessi
che e piopiia del vivente. E veio, il vivente e in un continuo scambio
con lalteiit dellambiente ciicostante e degli altii viventi. Si tiatta peio
di unalteiit di tipo funzionale, se non addiiittuia stiumentale, peich
hnalizzata al mantenimento dellidentit del vivente stesso. Essendo
caiatteiizzato dalla curvatio in seipsum, insomma, il vivente non e ca-
pace di iappoitaisi allaltio in quanto altio. Pei il vivente vale dunque
. Sv~rx~NN 2010d.
11
Luciano Sesta
lesse est percipi. La stessa categoiia dellalteiit, in questottica, sonie
ancoia di un sotteiianeo iifeiimento al piimato del medesimo laltio e
infatti colui che e tale solo agli occhi dellidentico e in iappoito a esso.
Pei questo Spaemann piefeiisce il teimine Selbstsein, esseie-s, pei
indicaie il polo di iifeiimento di una ielazione che sia autenticamente
ontologica e insieme etica, una ielazione, dunque, in cui laltio non
e solo, in negativo, cio che non sono io, ma anche, positivamente, cio
che e se-stesso. Oia, come e possibile coglieie questa positivit` Come
possibile coglieie qualcosa come un Selbstsein`
La iisposta di Spaemann iilancia il iuolo centiale della iagione
e, pi esattamente, il caiatteie eccedente del iazionale iispetto alla
vita natuiale. Lo si puo mostiaie, fia gli altii possibili modi, facendo
notaie che al cospetto delle funzioni biologiche che esse consentono
di iealizzaie, le foime cultuiali (e dunque iazionali) di soddisfazione
dellistinto appaiono ceitamente inutili. Pei sopiavviveie, ad esempio,
e sumciente assumeie individualmente del cibo, senza che sia necessaiio
conhguiaie questazione nei teimini iituali del pasto in comune. Cio
che e inutile nei confionti della logica natuiale, tuttavia, puo piocedeie
solo da una dimensione che di pei s non e vincolata alla natuia. La
libeit con cui luomo si iappoita alla natuia (piopiia e ciicostante) e
dunque cifia di una trascendenza del iazionale, che Spaemann tiova
suggestivamente piehguiata dallidea aiistotelica secondo cui la funzio-
ne piopiiamente intellettiva dellanima umana, iispetto alle funzioni
vegetative e sensitive, pioviene da fuoii (tyrathen).
8
Cos, tenendo a distanza la piessione eseicitata da esigenze di
caiatteie vegetativo e sensitivo, sciive Spaemann,
la iagione e quella capacit delluomo che ci peimette di vedeie
noi stessi dal di fuoii, di vedeici, pei cos diie, con gli occhi di un
altio, o, ancoia meglio, di sapeie che esiste uno sguaido sinatto
che viene da altii occhi, da occhi la cui piospettiva non e quella
che e piopiia dellesseie vivente che noi stessi siamo.
9
Un esseie vivente iazionale e dunque dotato non soltanto di inteies-
si autoiefeienziali, ma anche di uno sguaido da nessun luogo, che lo
iende capace di vedeisi da fuoii come uno fia gli altii in quanto
8. Sv~rx~NN 1998, 109. Lespiessione si tiova in Riproduzione degli animali, 3b.
9. Sv~rx~NN 1998, 110.
11
We never advance one step beyond ourselves
esseii iazionali, sciive Spaemann, noi diventiamo, pei cos diie, spet-
tatoii di noi stessi.
10
Contiaddicendo lautoiefeienzialit del viveie,
in altii teimini, la iagione ielativizza la nostia stessa vita a una vita
fia le altie.
11
E peicio dimcile pensaie la iazionalit umana in senso
evoluzionistico, e cioe come il piodotto di un adattamento funzionale
allautoconseivazione. Nei confionti del viveie, infatti, la iagione iap-
piesenta un capovolgimento di diiezione, una fiattuia che iompe
il ceichio dellautoiefeienzialit e dellautoaneimazione.
12
Oia, e in questa inveisione che, secondo Spaemann, si apie la
dimensione stricto sensu moiale, e, dunque, si iende visibile il caiatteie
piatico della iagione.
13
Solo con il dischiudeisi della iagione, e dunque
solo uscendo dalla chiusuia natuiale in noi stessi, puo infatti appaiiici
qualcosa di iealmente altro, che dunque non tiae il suo signihcato dal
fatto di iappoitaisi a noi. Spaemann paila qui di uno specihco inteiesse
della iagione, vale a diie un inteiesse che non puo esseie iicondotto a
nulla che assomigli a un bisogno, espiimendo, piuttosto, la ielazione
elementaie che luomo intiattiene con cio che .
14
E in enetti e con
la iagione, e solo con essa, che si apie loiizzonte dellesseie, e cioe un
oiizzonte la cui estensione e inhnita e il cui centio e ovunque, quindi
non soltanto nel punto in cui io stesso mi colloco.
1
Un oiizzonte,
dunque, incondizionato, peich non e ielativo agli inteiessi di un
esseie vivente o di una specie natuiale, ma che, in qualit di oiizzonte
essenzialmente inhnito, iende possibile, al contiaiio, ielativizzaie tutti
gli inteiessi hniti.
1
Secondo Spaemann e piincipalmente in quanto piatica, e cioe capa-
ce di questo distanziamento, che la iagione puo esseie anche teoietica.
10. Sv~rx~NN 1998, 240 Cfi. Sv~rx~NN 2010b.
11. Sv~rx~NN 1998, 11.
12. Sv~rx~NN 1998, 112.
13. Qui Spaemann si limita a foiniie una piopiia veisione del caiatteie impaiziale del-
la iagione, che iitioviamo, mutatis mutandis, in alcune delle piincipali hguie delletica
contempoianea. Si pensi alla posizione oiiginaiia e al velo di ignoianza di John Rawls,
al view from nowhere di Thomas Nagel, alla capacit di immedesimazione nellaltio di
John C. Haisanyi, al punto aichimedeo di David Gauthiei, pei giungeie al celebie
punto di vista dellaicangelo di Richaid M. Haie.
14. Sv~rx~NN 1998, 223.
1. Sv~rx~NN 1998, 110. Se una cosa esiste, lo fa a piescindeie da me e dalle mie
esigenze, e peisino dal fatto che io sappia che essa ce.
1. Sv~rx~NN 1998, 111.
11
Luciano Sesta
Se infatti conosceie qualcosa signihca coglieie cio che essa e in s, e ne-
cessaiio avei gi benehciato della capacit di lasciai esseie (Seinlassen)
le cose peich si possa conosceile. Amnch le cose appaiano in se stesse
e non come semplici oggetti contiapposti alla nostia soggettivit, oc-
coiie dunque rinunciare al loio possesso e al loio utilizzo immediato.
1
Quando iinuncia a faie di ogni ente una paite del piopiio ambiente,
luomo esce dal piopiio iipiegamento natuiale e, speiimentando la pio-
piia condizione eccentiica, scopre di esseie non solo natuiale ma anche
iazionale. Questo signihca che latto mediante cui lasciamo esseie le
cose pei cio che sono e lo stesso tiamite cui anche noi scopiiamo cio
che siamo Lio che dipende dallistinto non ha scopeito n se stesso
n laltio da s, centiato su di s come tutte le iealt oiganiche, egli
iesta nascosto a se stesso. Nellatto del destaisi della iagione la piopiia
iealt e quella dellaltio diventano contempoianeamente visibili.
18
La
iagione e in tal senso il luogo oiiginaiio dellinteisoggettivit e, insieme,
di cio che e, dal momento che quello che io iealmente sono, sciive
Spaemann, si costituisce attiaveiso la iinuncia a consideiaie laltio
[...] come qualcosa che sia essenzialmente pei me, senza che io sia
simultaneamente pei esso.
19
Su questa iecipiocit si fonda, secondo
Spaemann, il iealismo metahsico, e cioe lassunzione
che quando sentiamo, vogliamo e pensiamo, facciamo un passo
oltie noi stessi, tiovandoci iealmente piesso cose, animali e altii
uomini. ll iealismo metahsico implica lidea che sono visto dagli
uomini che vedo, e che, dunque, luomo che vedo non e soltanto
unimmagine in me, da cui io posso sentirmi osseivato come da
unimmagine dipinta, che peio non mi guaida iealmente.
20
Spaemann iicoiie spesso al fenomeno del doloie come paiadigma di
questo iealismo. La ieazione spontanea nei confionti del doloie altiui
piesuppone infatti che il doloie in questione sia ieale in un senso che
1. Noi possiamo e dobbiamo ceito utilizzaie le cose, ma failo piima di iispettaile, e
cioe piima di coglieie cio che esse sono a piescindeie dal nostio uso, signihcheiebbe
usaile ciecamente e, dunque, non usaile anatto, visto che non sapiemmo se esse sono
iealmente adatte a seiviie i nostii scopi.
18. Sv~rx~NN 1998, 128.
19. Sv~rx~NN 200, .
20. Sv~rx~NN 2010d, 311. ln altii luoghi Spaemann iipiende lespiessione iealismo
metahsico da PU1N~x 198, .
118
We never advance one step beyond ourselves
iinvia alla iealt di un fenomeno che non e solo pei noi.
21
Que-
sta iealt e diiettamente piopoizionale al giado di impoitanza che le
attiibuiamo, ciescendo a misuia della nostia disponibilit moiale a soc-
coiieila, il che puo avveniie soltanto se, di nuovo, le viene iiconosciuto
un telos immanente iiiiducibile al piopiio
ll mostiaisi della iealt dellaltio coincide con la collaboiazione
con questa iealt in quanto teleologica, con la iealt di una
tensione veiso altio da s. Solo in questa collaboiazione laltio
diviene ieale pei noi. lnfatti, hntanto che egli iesta pei noi
qualcosa di semplicemente disponibile, egli non e pei noi cio
che egli e in se stesso noi possiamo iendeici contio di che cosa
signihchi un io soltanto se viviamo come io, se cioe siamo istinto
ma allo stesso tempo usciamo dalla nostia autoiefeienzialit e
peicepiamo noi stessi come laltio dellaltio, e laltio, da paite
sua, come alter ego.
22
3. Ubi amor, ibi oculos
Sulla scoita di quanto si e visto, laneimazione di Platone secondo
cui il bene e il fondamento della conoscenza, pei Spaemann, signihca
che a colui che vuole bene appaie come amato - e dunque non
negativamente come un semplice altio (Andere), ma positivamente
come un se stesso (Selbstsein) - cio che, nellimpostazione teoietica, ha
il caiatteie del semplice oggetto.
23
E dunque veio, in linea con il divieto
humeano di passaie dallis allought, che da un dato di fatto oggettivo
pieso pei s non deiiva mai un doveie.
24
Ma cio accade peich il dato
di fatto oggettivo potiebbe gi esseie il iisultato di unomissione etica, il
iisultato cioe di uno sguaido fiettoloso, che ha mancato di iiconosceie
come un se stesso cio che oia ci appaie come un semplice oggetto.
lnsomma, pei Spaemann lunit di etica e ontologia non e che una
vaiiante hlosohca delladagio ubi amor ibi oculos.
21. Sv~rx~NN 200, .
22. Sv~rx~NN 200, 128.
23. Sv~rx~NN 1994a, 22.
24. Sv~rx~NN 1994a, 22.
119
Luciano Sesta
Quando abbiamo a che faie con lespeiienza dellaltio, dunque,
peicezione e piesa di posizione sono inscindibili.
2
Ne deiiva, pei
toinaie allesempio di piima, che se lespeiienza del doloie altiui non
e sepaiabile dallesigenza di iimuoveilo, non avveitiie questa esigenza
non e pei Spaemann solo cinismo moiale ma anche, pei cos diie, un
difetto di peicezione. Non esistendo infatti unintuizione diietta del
soniiie altiui, lunico modo pei coglieilo teoreticamente come ieale non
e sfoizaisi di piovaie doloie non saiebbe possibile, e la compassione,
quando ce, non sempie e immediata e spontanea , ma iiconosceie
il doveie morale di iimuoveie un tale soniiie, e cioe ammetteie che
il doloie altiui non e qualcosa di diveiso dal nostio.
2
Non avveitiie
questo doveie signihcheiebbe mancaie la peicezione dellaltio in quanto
altio, signihcheiebbe iiduilo a semplice fenomeno, dimenticando il
suo statuto di cosa in s, e cioe di un ente che, essendo se-stesso, ha
un iappoito con s e non soltanto con noi.
Le implicazioni di questultimo assunto, secondo Spaemann, sono
di capitale impoitanza. Se infatti il doloie altiui non e consideiato, al
paii del nostio, come qualcosa che non doviebbe esseici, alloia non
iimane che il solipsismo non potiemo mai faie un passo oltie noi
stessi. Un noi stessi che, nota peialtio Spaemann,
2
a sua volta non
saiebbe pi distinguibile da una meia illusione cosa ci gaiantisce che il
nostio doloie sia ieale e non invece soltanto sognato` Se cio che pos-
siamo conosceie sono sempie e soltanto alteiazioni delle nostie facolt
conoscitive, cosa poti mai distingueie le alteiazioni che avvengono
nel sogno da quelle che, invece, avvengono a causa di una iealt che si
tiova beyond ourselves`
Pei iispondeie a questo inteiiogativo Spaemann iicoiie piopiio
alla metafoia del destaisi, iipiendendola da Eiaclito e dal Gautama
Buddha. E in enetti si tiatta di una metafoia che da sempie espiime il
passaggio da un iappoito con cose e peisone in cui siamo chiusi nel
nostio mondo sognante, a un iappoito in cui solo paitendo dalla
sollecitazione che ci viene dalliiiiducibilit della iealt possiamo diven-
2. Sv~rx~NN 1998, 230. Con un simpatico esempio, Spaemann giunge a diie che pei
un esseie iazionale vedeie un coleotteio appoggiato sul doiso dimenaisi e il iimetteilo
sulle sue zampe sono una cosa sola (Sv~rx~NN 1998, 229).
2. Ne deiiva, pei conveiso, che nessuno e costietto a iiconosceie che un altio piova
doloie (Sv~rx~NN 200, 4).
2. Sv~rx~NN 2010d, 311.
120
We never advance one step beyond ourselves
taie ieali noi stessi.
28
Questo diveniie ieale ha secondo Spaemann
un signihcato insieme etico e metahsico, che dunque piecede la stessa
distinzione fia uso teoietico e uso piatico della iagione. Qualcosa di ana-
logo, secondo Spaemann, a quanto hanno voluto espiimeie Lvinas con
lidea delletica come hlosoha piima, Wittgenstein con lidentihcazione
delletica con il mistico, e peisino Adoino e Hoikheimei, quando
sciivono che contio lomicidio esiste solo un aigomento di caiatteie
ieligioso.
29
Nella Vorwort alla iaccolta di saggi Grenzen. Zur ethischen
Dimension des Handelns, Spaemann iiassume il suo punto di vista nel
modo seguente
Lassunzione che laltio sia ieale e metahsica, cos come lo e il
passaggio caitesiano dal cogito al sum. Senza questo passag-
gio, tuttavia, non ce alcuna etica. E viceveisa iiconosceie che
questo passaggio deve esseie fatto letica.
30
Che la iealt del ieale possa mostiaisi solo tiamite unaigomentazione
ciicolaie non e che una confeima del livello etico in cui si colloca il suo
iiconoscimento. Piendeie sul seiio il contenuto etico di cio che e in
gioco nel iappoito con laltio, vuole diici Spaemann, e pi impoitante di
ogni cautela foimale hnalizzata a evitaie una petitio principii. Peialtio,
di fionte alla sempie possibile iicaduta nel solipsismo, lapeituia del
punto di vista moiale e pei il Nostio unautentica iivelazione ontologica,
che consente di attingeie cio che e in veiit con un giado di ceitezza
altiimenti piecluso
La questione iiiisolvibile sul piano teoietico ciica cio che e
in veiit, tiova una soluzione in quel punto nel quale hlosoha
teoietica e hlosoha piatica, metahsica ed etica, sono oiiginaiia-
mente una cosa sola nella coscienza. lo non posso consideiaie
28. Sv~rx~NN 1998, 119. Non a caso il testo appena citato ieca, in eseigo, il seguente
fiammento di Eiaclito Uno e comune e il mondo pei coloio che sono desti, mentie
nel sonno ciascuno si iinchiude in un mondo suo piopiio e paiticolaie (tiad. it. in
Gi~NN~N1oNi 19, 21).
29. Sv~rx~NN 2001a, 8.
30. Sv~rx~NN 2001a, 8. ln unaltia pagina di Glck und Wohlwollen, Spaemann foinisce
unulteiioie chiaiihcazione di questa tesi sciivendo ll fatto che noi peicepiamo la
iealt del ieale non iappiesenta soltanto una nostra faccenda, ma costituisce anche una
pretesa su di noi (Sv~rx~NN 1998, 224).
121
Luciano Sesta
laltio come una puia appaienza se divento consapevole della
pietesa che pioviene dalla sua iealt, e non posso giudicaie me
stesso come una puia appaienza se faccio espeiienza di me come
destinataiio di questa pietesa.
31
lnsomma, solo letica, nella foima di un iappoito iesponsabile con il
piossimo, e in giado di assolveie la hlosoha dal doveie di dimostiaie
lesistenza del mondo esteino. Se ce iesponsabilit moiale alloia dovi
esseici iealismo metahsico, viceveisa, non ce iealismo metahsico che
in iifeiimento a qualcosa come la iesponsabilit moiale. E cio vale,
natuialmente, anche pei quelle ielazioni umane ad alto contenuto etico
quali sono lamoie e lamicizia
Colui che ama una peisona, colui che ha un iappoito di amicizia
con qualcuno, non puo allo stesso tempo dubitaie della sua ieal-
t. [...], e quando dico che costui non pu dubitaie, non intendo
unimpossibilit hsica o logica, ma moiale e perci assoluta. Met-
tendo in discussione la sua iealt non solo metto tia paientesi
la iealt dellamicizia ma la distiuggo del tutto. Lamicizia non
peimette nessuna astinenza ontologica, nessuna epoch.
32
4. Per una fondazione non discorsiva delletica
Oia, la tesi di Spaemann che non esiste etica senza metahsica potieb-
be induiie a ciedeie che unepoch sulla iealt dellaltio sia consentita
a chi, pei iagioni hlosohche, non adeiisce al iealismo metahsico. Pei
Spaemann, tuttavia, le cose non stanno cos. Di fionte a chi iigetta
lidea di dignit umana, pei esempio, noi non ceichiamo di dimostiaigli
che la dignit umana esiste, ma che lui si sta semplicemente sbagliando.
31. Sv~rx~NN 1998, 192-193. ln questo senso Spaemann puo diie che lo stesso Kant
ha espiesso cio aneimando che solo nellesigenza morale luomo fa espeiienza di s
non come appaienza ma come cosa in s sottiatta a ogni deteiminismo causale
(Sv~rx~NN 1998, 119).
32. Sv~rx~NN 1998, 131. Senza la ceitezza che luomo che amiamo sia ieale, che il
pionome tu si iifeiisca inequivocabilmente a qualcuno che esiste indipendentemente
da me, cos come lui mi dice tu senza dubitaie che io esista indipendentemente da lui
senza questa ceitezza, dicevo, cio che chiamiamo amoie si distiugge. E si distiugge
anche tutto cio che chiamiamo giatitudine, iimpioveio, colpa, sdegno ecc. (Sv~rx~NN
2010d, 312).
122
We never advance one step beyond ourselves
Viceversa, se sto sorendo, ogni soccorso nei miei confronti implica una
tesi metahsica da parte di chi mi sta soccorrendo, e cio la convinzione,
da parte sua, che io sia una cosa in s a prescindere da ci che egli pu
dire di me. Ci comporta, scrive Spaemann, lesigenza di assimilare i
miei giudizi in prima persona ai suoi giudizi in terza persona, cio che
lui aermi prova dolore quando dico provo dolore. Questa esigenza
per non si lascia fondare per via discorsiva: il discorso infatti si appog-
gia esso stesso sul previo riconoscimento dei soggetti che ne prendono
parte.
33
Veniamo qui alla questione pi specihca della fondazione delletica,
che trova nellassunto metahsico della realt dellaltro il suo presup-
posto ma non il suo svolgimento. Questo svolgimento, lo si appena
visto, non pu essere cercato nello scambio argomentativo fra due o pi
interlocutori. Letica, infatti, si presenta come un discorso potenzialmen-
te inhnito, che rimane incommensurabile rispetto a ci che, qui e ora,
deve essere fatto.
34
E ci vale, per Spaemann, non soltanto nellaspetto
negativo di chi cerca un fondamento per accettare una norma morale,
ma anche nellaspetto positivo della ricerca di una regola che di quella
norma giustihchi lapplicazione. C infatti qualcosa come una tarta-
ruga logica Spaemann cita Lewis Carrol in base a cui chi cerca
una regola che giustihchi lapplicazione di una regola destinato a un
regressus in innitum, come quello a cui condannato Achille in corsa
dietro la tartaruga.
35
Parlare di applicazione o di sussunzione del proprio agire sotto una
regola morale, tuttavia, per Spaemann unastrazione che avviene sem-
pre a posteriori, dal momento che i giudizi che io formulo in coscienza,
quando sono davvero morali, si riferiscono in prima battuta a me, e non
a tutti gli uomini: Abitualmente infatti noi conosciamo ci che retto
prima ancora di conoscere la regola dalla quale esso pu derivare. E
spesso lo conosciamo addirittura con certezza ancora maggiore di quella
inerente alluniversalit della regola. Il fatto che io non possa commette-
re questo inganno per me pi certo del fatto che mai qualcuno possa
compiere un inganno di questo tipo.
36
33. Sv~rx~NN 1998, 130.
34. Sv~rx~NN 2001b, 28-29.
35. Sv~rx~NN 2001b, 29.
36. Sv~rx~NN 2005, 165-166.
123
Luciano Sesta
ln questo senso la sollecitazione ad agiie peich ci si tiova in un caso
pievisto dalla noima moiale non e pi lesito di un faticoso peicoiso
di deduzione dalla teoiia alla piatica, ma la scoperta di tiovaisi in un
ambito gi da sempie piatico, iispetto a cui la teoiia e unoggettivazione
impiescindibile, s, ma secondaiia e deiivata. Spaemann lo illustia
iicoiiendo allepisodio biblico del dialogo fia il ie David e il piofeta
Nathan, il quale inchioda il ie al suo peccato iaccontandogli una stoiia
in teiza peisona.
3
ln questo modo David e dappiima invitato a valutaie
impaizialmente, ponendosi in posizione oiiginaiia, pei poi scopiiie,
una volta sollevato il velo di ignoianza, che la vicenda impeisonale di
cui egli eia spettatoie coinvolge piopiio lui come piincipale attoie. Que-
sta scopeita, che coincide con la fiase di Nathan tu sei quelluomo',
saiebbe iimasta ancoia puia teoiia, se David, invece di applicaila a se
stesso dicendo ho peccato, avesse detto, pei esempio, io sono il ie, il
mio caso e diveiso.
Oia, peio, visto che questo aiietiamento iispetto alla deduzio-
ne/applicazione della noima e sempie possibile, non ce applicazione/de-
duzione che non sia, al tempo stesso, una libeia scelta. Ceicaie di
esoicizzaie la contingenza di questa scelta facendo notaie che esiste un
dovere di compieila non seive a gianch, iendendo anzi pi evidente
la sua iadicalit iispetto a ogni applicazione e deduzione, visto che ce
sempie una possibile iagione pei teneisi a distanza dal caso pievi-
sto dalla noima. ln questo senso, come piopone Spaemann, letica e
uninterruzione del discoiso, e si potiebbe dehniie la coscienza moiale
come cio che pone hne a ogni foima di sottilizzazione.
38
ln sintonia con laeimazione del caiatteie oiiginaiio e indeducibile
della iagion piatica, lesempio appena fatto intende mostiaie che non
esiste un aigomento teoietico moialmente vincolante, o, pi piecisa-
mente, che un aigomento diviene vincolante solo a condizione che colui
al quale e iivolto decida di sottometteisi alla sua foiza. Nessuno puo es-
seie costietto a iiconosceie che un altio piova doloie.
39
E non soltanto
peich potiebbe tiattaisi di un individuo paiticolaimente cinico. Potieb-
be esseie anche un compoitamentista o uno scettico, pei esempio uno
che, in piena buona fede, si e appunto convinto che we never advance
3. S 2001b, 29.
38. S 200, 1.
39. S 200, 4.
124
We never advance one step beyond ourselves
one step beyond ourselves, e che dunque tutto cio che speiimentiamo
non possiede una iealt indipendente da noi, essendo nientaltio che
una modihcazione dei nostii oigani di senso.
40
Di fionte a un simile
scettico, lunica speianza e che a un ceito punto egli rinunci alla sua
teoiia, iitenendola meno impoitante del fenomeno che essa, spiegando,
hnisce in iealt pei cancellaie. Pei Spaemann e questa iinuncia, e non
una qualche teoiia alteinativa, a fondaie piopiiamente la moiale
la peculiaiit dellobbligazione moiale sembia tiovaisi piopiio
nel fatto che essa non consente una deteiminata iifessione
nonostante la sua possibilit, una iifessione con la quale le
peisone possano svincolaisi da ogni obbligatoiiet. La iinuncia
a questa iifessione sembia esseie latto genuinamente moiale.
[...]. La questione di una fondazione ultima non si pone pi. La
iinuncia a tale questione la fondazione ultima e questa iinuncia
e sempie gi compiuta quando gli uomini si iiconoscono lun
laltio come peisone o iivendicano questo iiconoscimento.
41
Nel discoiso in cui si svolge il tentativo di una fondazione ultima
della moiale, vuole diici Spaemann, questa fondazione e gi di fatto
avvenuta. loiniie unaigomentazione pio o contio unesigenza moiale
signihca infatti esseisi gi sottomessi a unesigenza moiale, iiconoscen-
do nel piopiio inteilocutoie un soggetto libeio, capace di acconsentiie
o meno, senza costiizioni, a cio che gli diciamo.
42
5. Contro Callicle
ln base a quanto si e detto, e come ha notato anche Beinaid Williams,
ogni fondazione della morale che trovi degli ascoltatori interessati
sempre circolare, perch si rivolge a chi gi moralmente impegnato. Lo
scopo di chi cerca una giustihcazione teorica della morale, in tal senso,
40. Questo non signihca, naturalmente, che Spaemann ritenga lo scetticismo di Hume
una forma di cinismo morale, tanto pi che, al contrario, letica humeana invece
fondata proprio sul sentimento di compassione. Com nel suo stile, qui Spaemann
usa liberamente sentenze paradigmatiche di alcuni autori come punti di appoggio della
propria argomentazione, senza particolari preoccupazioni di fedelt testuale.
41. Sv~rx~NN 2005, 216.
42. Come si pu vedere, qui Spaemann si trova in sintonia con le premesse fondamentali
della Diskursethik.
125
Luciano Sesta
e non gi quello di confiontaisi con qualcuno che piobabilmente non
lo stai neppuie ad ascoltaie, bens quello di iassicuiaie, foitihcaie
e iendeie pi consapevoli coloio che sono disposti ad ascoltailo.
43
Cio signihca che una veia fondazione della moiale e in gioco solo al
cospetto di un inteilocutoie immoiale o amoiale. Di questo, iicoida
Spaemann, sembia esseisi accoito Callicle alla hne del Gorgia platonico,
visto che egli inteiiompe il dialogo quando si accoige che la piopiia
foiza sta esattamente nel non discuteie.
44
ll gesto di Callicle dimo-
stia, secondo Spaemann, che non ce fondazione che non piesupponga
una meta-fondazione, e cioe una decisione di iimaneie dentio la logica
della fondazione, che si piesenta come uno scambio di iagioni apeito
a iiconosceie quelle pi plausibili. Con questa decisione giunge al
teimine ogni fondazione, dal momento che la fondazione della fondazio-
ne hnisce nel nulla se nessuno vuole iealizzaila o addiiittuia sentiine
pailaie.
4
Una fondazione della moiale e possibile, dunque, solo a
condizione che nella stessa espeiienza moiale vi sia in gioco qualcosa di
ultimo, che puo esseie mostiato ma non spiegato.
4
Questo qualcosa
e in iealt non qualcosa ma qualcuno, e cioe colui che, di volta in
volta, in modo contingente e non deducibile da una teoiia, iiconosce
laltio da s non soltanto come oggetto inseiito nel piopiio ambiente,
ma anche come soggetto nel cui ambiente egli si tiova insieme a lui.
Rispetto a questo iiconoscimento letica hlosohca puo assumeie solo un
atteggiamento sociatico, e, dunque, non piopiiamente fondativo, ma
maieutico-esoitativo.
Deduiie che pei Spaemann il punto di vista moiale sia il iisultato
di una meia decisione saiebbe peio eiioneo. Pensailo signihcheiebbe
iimaneie legati a unidea ancoia impiopiia di iagion piatica, la cui
peculiaiit non consiste nel foiniie aigomentazioni teoieticamente con-
clusive, iispetto alle quali tutto il iesto saiebbe meio decisionismo. Un
coiietto eseicizio della iagion piatica, piuttosto, consiste pei Spaemann
nel giusto modo di inteiiompeie le aigomentazioni tiamite decisio-
ni. Lidea, iichiamata sopia, che la scelta moialmente iesponsabile
per denitionem sia piopiio quella di iinunciaie alla iiceica di un fon-
43. Wiiii~xs 1987, 34.
44. Sv~rx~NN 1998, 130.
45. Sv~rx~NN 1998, 129-130.
46. Sv~rx~NN 1998, 129-130.
126
We never advance one step beyond ourselves
damento, e pi chiaia non appena si iifetta sia sulluigenza con cui
siamo chiamati a decideie uigenza che non puo sempie attendeie una
iifessione compiuta sulla plausibilit delle nostie scelte , sia sulla posi-
zione dellimmoialista coeiente, che, alla stiegua di Callicle, potiebbe
tappaisi le oiecchie di fionte alle nostie aigomentazioni fondative.
Un tale coeiente immoialista, nota Spaemann, non potiebbe iichie-
deie alcun iispetto pei la sua posizione, poich una tale iichiesta saiebbe
gi una iichiesta di caiatteie etico.
4
Una confeima, questa, del fatto che
non ce fondazione possibile della dimensione moiale, che va dunque
piesupposta come fondamento nel quale gi ci tioviamo. Rimane la
possibilit di indicaie le conseguenze della negazione di questo fonda-
mento, negazione che nessuno, secondo Spaemann, saiebbe disposto
ad accettaie. Spaemann fa notaie, al iiguaido, che nella Repubblica di
Platone il punto di vista immoialista e sostenuto da Glaucone e Adi-
manto, e cioe da amici di Sociate, non da suoi nemici. A dimostiazione
che limmoialismo iadicale e solo ipotetico, potendosi conhguiaie nel
quadio di una ielazione gi moialmente assicuiata, qual e lamicizia.
48
Dentio questa ielazione non tutte le posizioni sono aigomentabili, se
non, appunto, in via semplicemente ipotetica. Posizioni apeitamente im-
moiali, che si collochino dunque al di fuoii di ielazioni gi moialmente
connotate, non meiitano pei Spaemann contio-aigomentazioni, ma un
insegnamento pedagogico. ln una pagina di Moralische Grundbegrie,
un coiso di lezioni a caiatteie divulgativo, si legge
Aiistotele sciive uno che dice che saiebbe lecito uccideie la
piopiia madie non meiita aigomentazioni, ma botte. loise si po-
tiebbe anche diie che costui aviebbe bisogno di un amico. Ma la
questione e se saiebbe capace di amicizia. ll fatto comunque che
egli non e foise in giado di daie ascolto a delle aigomentazioni
non signihca che non vi siano iagioni contio di lui.
49
4. Sv~rx~NN 2001b, 20. Questultimo aigomento e stato duiamente ciiticato in
Nozicx 198, 408. Secondo Nozick limmoialista che chiede iispetto pei la sua posizione
potiebbe ben iinunciaie alla coeienza, senza pei questo sentiisi distuibato. Va precisato,
tuttavia, che con largomento appena riportato Spaemann intende dimostrare che a
essere innegabile lesigenza morale, non la sua realizzazione: proprio grazie a questa
esigenza, in eetti, che anche limmoralista pu sperare di veder tollerate le sue tesi e
rispettata la sua incoerenza.
48. S 2001b, 20.
49. S 1991, 27. Signihcativamente, anche Hume sostiene qualcosa di analogo,
127
Luciano Sesta
Spaemann non foinisce ulteiioii iifeiimenti testuali, ma la sua ci-
tazione, tiatta dai Topici, iichiama unaltia pagina, sempie dei Topici,
che consente di paiagonaie colui che non compiende le aigomentazioni
moiali a colui che non peicepisce il coloie della neve.
0
Questultimo,
come sciive Aiistotele, non ha bisogno di unaigomentazione ma di una
sensazione. Pensaie che egli possa a un ceito punto vedeie il coloie bian-
co giazie alle nostie aigomentazioni e unillusione. lnsomma contra
experientiam non valet argumentum. Ci sono espeiienze fondamentali
che non possono esseie sostituite da aigomentazioni, e cio e veio a tal
punto che la stessa capacit di daie il giusto peso ad aigomentazioni
iazionali dipende dal tipo di peisona che si e, dove il tipo di peisona
che si e dipende, a sua volta, dalle espeiienze che si sono fatte. Luomo
moialmente buono e dunque colui che fa nasceie la iifessione moiale e,
al tempo stesso, colui che, solo, puo inteiiompeila con una decisione,
peich ne compiende le iagioni ultime. E ancoia Aiistotele a iicoi-
dailo Occoiie esseie stati ben guidati nei costumi pei ascoltaie con
piohtto le lezioni su cio che e moialmente bello e su cio che e giusto
[...]. Chi si tiova in queste condizioni possiede i piincipi e puo coglieili
facilmente.
1
6. One step beyond ourselves
A volei iipiendeie la questione da cui siamo paititi, e cioe il iappoi-
to ciicolaie fia etica e metahsica che Spaemann lascia emeigeie dal
confionto con la sentenza humeana citata allinizio, si puo diie che
lespeiienza moiale e lindizio di una tiascendenza immanente le idee
di iesponsabilit e di obbligo, in eetti, tengono insieme il pei me
di un appello e lin s di unesigenza. Ce tuttavia pei Spaemann una
soita di piimato tiascendentale dellin s sul pei me, visto che senza
il piimo non potiemmo nemmeno concepiie il secondo. La fiase we
quando, nel Trattato sulla natura umana, sciive Chi ha negato la iealt delle distinzioni
moiali puo esseie classihcato fia chi disputa in mala fede [...] lunico modo di conveitiie
un avveisaiio del geneie e dabbandonailo a se stesso [...] e piobabile che, alla hne,
passi dalla paite del senso comune e della iagione (tiad. it. in Lrc~iu~No 198, 19).
Una foite sintonia di metodo, su questo aspetto, fia le hlosohe moiali di Aiistotele e di
Hume, e sostenuta in B~irv 199.
0. Avis1o1rir, Topici, l, 1-4, 10-11.
1. Avis1o1rir, Etica Nicomachea l 2, 1094b, tiad. it. in Z~N~11~ 198.
128
We never advance one step beyond ourselves
never advance one step beyond ourselves, sciive infatti Spaemann, puo
esseie pionunciata solo da chi questo passo lo ha gi da sempie fatto
Se fossimo davveio cos piigionieii di noi stessi come pensa
Hume, alloia non potiemmo nemmeno sapeilo. [...] La zecca
non sa di un mondo al di l del suo ambiente, di un mondo in s,
in cui, accanto a tutte le altie cose, ci sono anche le zecche. Gli
uomini, al contiaiio, sanno di avei fatto un passo oltie se stessi,
che iende loio possibile sia di sapeie del caiatteie piospettico del
loio iifeiiisi al mondo, sia di tiascendeie questo iifeiimento.
2
Una soggettivit iazionale che fosse davveio chiusa in se stessa,
insomma, non potiebbe concepiie un al di l, e, qualoia cio accadesse,
non potiebbe distingueilo dal piopiio pensaie, sentiie e immaginaie. Da
questo punto di vista, piosegue Spaemann, la fiase di Hume si distiugge
nellatto stesso in cui viene pionunciata, e se essa appaie iiiesistibile,
cio avviene peich ci si muove su un piano puiamente teoietico lal di
l del nostio pensaie, in eetti, e esso stesso nuovamente un pensaie,
e il pensieio di un al di l, di un mondo esteino al mio pensaie, e di
nuovo solo un mio pensieio.
3
Ma, appunto, come ci e venuto allidea
un tale pensieio` Quale genesi possiede lidea di un al di l dellidea`
La iisposta di Spaemann non e diveisa da quella di Lvinas questa
genesi e il volto dellaltio, laddove laltio, qui, non e peio solo laltio
uomo, ma ogni esseie vivente toccato dal nostio agiie. Se dunque noi
facciamo continuamente un passo oltie noi stessi, cio accade peich
altii ne hanno gi fatto uno verso di noi. La dimensione teoiica dentio
cui questo passo iisulta piecluso e taidiva, inseiendosi in un contesto
moiale che, in qualche modo, la iende possibile.
Dimenticaie questa ciicostanza e leiioie, secondo Spaemann, di tut-
te le odieine vaiianti a base sia scientihca sia idealistica della sentenza
humeana. Talune inteipietazioni evoluzionistiche e neuioscientihche
della soggettivit umana, infatti, tendono a iiduiie ogni manifestazione
della nostia coscienza a epifenomeno di pi fondamentali e insupeia-
bili condizioni biologiche e mateiiali, iispaimiando peio questa stessa
inteipietazione dalle conseguenze compiomettenti che essa impoiieb-
be che laeimazione di uno scienziato debba esseie piesa pei vera
2. S 2010d, 313.
3. S 2010c, .
129
Luciano Sesta
piuttosto che pei espiessione di una funzione di adattamento appaie, a
ben vedeie, come un piivilegio ingiustihcato, almeno se le cose stanno
cos come quellaeimazione ci invita a iiteneie. Dal punto di vista
idealistico le cose non sono diveise. Lo stesso cogito caitesiano, lo si
iicoidava allinizio, e insupeiabile solo in qualit di cosa pensante, e,
dunque, solo quando e consideiato iealisticamente come qualcosa che
esiste a prescindere da noi. Una confeima, questultima, che dietio ogni
iealismo inteino ce sempie un iealismo metahsico nascosto, o, come
ci iicoida Spaemann citando Etienne Gilson, che everybody is realist
of something, sia essa la coscienza tiascendentale, le ieti neuiali o le
funzioni vitali di adattamento della specie.
4
Luciano Sesta
Univeisit degli Studi di Paleimo
luciano.sesta(unipa.it
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131
Juan Sanchez Sedeo
Uno studioso dellintenzionalit del XVII secolo
Emanuele Lacca
Nel coiso del peiiodo umanistico e iinascimentale, i giandi sistemi
gnoseologici medievali attiaveisano un lungo peiiodo di dimcolt e,
inhne, di decadenza, tuttavia, analizzando un po pi da vicino il quadio
hlosohco dei secoli XVI e XVII, si nota che, in alcune regioni europee
come la Spagna, la rifessione sviluppa e attinge a piene mani dalle
tradizioni precedenti. il caso della Scuola di Salamanca, nella quale
horirono numerosi studi di teologia, hlosoha e diritto. Tra le rifessioni
pi importanti degli studiosi di questa scuola, si possono ricordare
1. il probabilismo teologico, nel quale il libero arbitrio delluomo non
consiste pi nel fare il bene, ma nel non scegliere il male; 2. la distinzione
tra diritto pubblico nazionale e diritto internazionale, che regolava i
rapporti giuridici tra le varie nazioni; 3. lo studio economico sul valore
delloro che giungeva dalle Americhe, per tentare di dehnire un rapporto
tra il metallo prezioso e il denaro in circolazione.
1
Oltre a questi temi, alcuni esponenti di questa Scuola hanno rivolto
la propria attenzione allambito logico: questo il caso di Juan Sanchez
Sedeo, teologo, metahsico e hlosofo, vissuto a cavallo dei secoli XVI e
XVII nel convento domenicano di San Esteban de Salamanca. Si vedr,
infatti, che il suo studio coniuga elementi mutuati sia dalle teorie me-
dievali sullintenzionalit che dalle elaborazioni dei suoi contemporanei,
come Domingo Baez, Domingo de Soto e Bartolomeo de Medina, con i
quali egli dialoga criticamente lungo tutto il corso dellopera.
1. Prima intentio e secunda intentio
Juan Sanchez Sedeo (1552-1615) propone nellAristotelis Logica Magna
(Salamanca, 1600) una teoria della conoscenza basata sullintenzionalit,
ovvero quel particolare modo di apprensione che permette allintelletto
di conoscere sia entit singolari che universali, senza per questo incor-
1. Interessante, per la conoscenza approfondita delle tematiche della Escuela de Sa-
lamanca, lopera di RouvicUrz 2006. Utile, a questo proposito, anche MoNuiN 1996,
266-83, in cui viene tracciata una breve ricostruzione del pensiero elaborato dai hlosoh
della Escuela de Salamanca.
Emanuele Lacca
rere in possibili paradossi e contraddizioni.
2
Dei sette libri che com-
pongono lopera, il castigliano elabora la sua teoria nel secondo libro,
dove suggerisce di trattare lintenzionalit primariamente dal punto di
vista logico; nella quaestio II del liber II dellAristotelis Logica Magna,
3
si
chiede quid sit intentio prima et secunda.
4
La questione risulta fondamentale per il tentativo di analizzare la co-
noscenza umana dal punto di vista logico; a dinerenza delle auctoritates
di riferimento, egli non costruisce il suo edihcio hlosohco partendo dalla
trattazione specihca dei vari aspetti della questione, ma si introduce in
medias res, prendendo in considerazione tutte le componenti utili alla
formulazione di una corretta e soddisfacente teoria dellintenzionalit.
Sanchez Sedeo, allinizio della questione, ribadisce il quadro storico
che contraddistingue le intentiones
5
e mostra come, nel corso della storia,
i primi studi sullintenzionalit hanno focalizzato i propri sforzi nella
distinzione di due entit: 1. la prima intentio, che si dehnisce come ci
che stato conosciuto dallintelletto del soggetto conoscente; questo
stadio conoscitivo non aggiunge nulla alle caratteristiche di ci che
stato conosciuto;
6
2. la secunda intentio sive actus intelligendi, che si
dehnisce come quel processo di conoscenza che permette al soggetto
conoscente di poter anermare di aver conosciuto unentit appartenente
al mondo sensibile; infatti, quando lintelletto conosce un uomo, si dir
2. Per un inquadramento generale della hgura di Juan Sanchez Sedeo cfr. Fv~iir
1985, 355. In particolare sulla Logica Magna cfr. Hicxx~N 1983.
3. Da ricordare che ogni libro dellopera di Sanchez Sedeo costituisce un ambito di
studio indipendente dagli altri; si pu, quindi, scomporre il testo in base allo scopo che
ogni studioso vuol raggiungere; qui, il mio interesse quello di presentare la sua teoria
dellintenzionalit; per questo, ho ritenuto opportuno partire dalla trattazione di questa
specihca questione del II libro.
4. S~Ncurz SrurNo 1600, 129.
5. S~Ncurz SrurNo 1600, 129: fuit igitur quorundam logicorum de intentionibus
prima opinio, quae docet primam intentionem, quam id quod primo intelligitur. Itaque
prima intentio nihil addit, nec secundum rem, nec secundum rationem, supra rem, quae
intelligitur: sed actus intelligendi dicitur secunda intentio, quando igitur intelligo hominem,
homo intellectus est prima intentio, actus vero intelligendi quo hominem intelligo, dicitur
secunda intentio.
6. Questa concezione riprende quella di Tommaso dAquino riguardante la conoscenza
della specie in relazione a quella delle res. A questo proposito, cfr. ST, I-II, q. 12, a. 1;
ST I, q. 85, a. 2; In Sent. l. II, d. 38, q. 1, a. 3. Per un inquadramento del problema
dellintenzionalit in Tommaso, con particolare attenzione alla questione dellabstractio,
cfr. D~xoN1r 2009.
134
Juan Sanchez Sedeo
prima intentio la conoscenza di questuomo, mentre secunda intentio
laver conosciuto luomo, come concetto.
Successivamente, Sanchez Sedeo ritiene opportuno esporre tre idee
conseguenti rispetto a queste prime teorizzazioni delle intentiones, le
quali si basano su una reinterpretazione dei primi tentativi in chiave
epistemologica: 1. esiste un doppio livello di conoscenza della res: il
primo, denominato di prima intenzione, rappresenta loggetto del mondo
sensibile conosciuto e non modihcato da alcuna operazione mentale;
il secondo, quello di seconda intenzione, astrae ci che stato appreso
dal primo livello e ne delinea gli elementi quidditativi. La res, quindi,
come se fosse conosciuta due volte, prima come obiectum mundi e, poi,
in se stessa; 2. una res pu essere conosciuta dallintelletto solo in modo
absolutum, ovvero non si pu dire di essa se non quello che ; ma la
sua conoscenza scandita da due momenti, dehniti di prima cognitio,
corrispondente al momento primo-intenzionale di conoscenza e secunda
cognitio, che si lega al concetto di seconda intenzione; lintenzionalit
tale solo dal punto di vista grammaticale, dal momento che esistono
diversi tipi di nomi per esprimere le caratteristiche della res, ovvero
1. nomi che indicano la res senza alcuna intenzione, come Socrate e
Platone;
2. nomi che si dicono di prima intenzione, in quanto rappresentativi
di enti come uomo;
3. nomi detti di seconda intenzione, perch fanno riferimento alluni-
versale desunto dalla res.
Largomentazione elaborata da Sanchez Sedeo tiene in considera-
zione le teorie sullintenzionalit formulate da Hervaeus Natalis, ma
anche da Domingo Baez, da lui ritenuti auctoritates fondamentali ma
non del tutto amdabili.
7
Erveo, secondo Sanchez Sedeo, attraverso la
formalizzazione delle intentiones, vuole giungere ad una loro precisa
suddivisione: 1. la prima intentio formaliter dehnita ex parte intellectus
e si dice di tutto ci che conduce lintelletto alla conoscenza di qual-
cosa. Si istituisce, cos, una habitudo tra la res intellecta e lintelletto
conoscente; 2. la prima intentio in concreto tale ex parte rei intellectae
7. Cfr. S~Ncurz SrurNo 1600, 130.
135
Emanuele Lacca
e dice la cosa stessa, in quanto conosciuta dallintelletto; 3. la secunda
intentio in abstracto la relatio rationis, che tale quando la res gi
stata conosciuta per mezzo della prima intentio; 4. la secunda intentio in
concreto, inhne, la cosa conosciuta in ordine allintelletto sive relazione,
come ad esempio la specie che si riferisce allintelletto facendo parte di
una res che gi stata conosciuta.
8
A proposito della teoria di Baez, invece, Sanchez Sedeo si limita
a riportare una citazione del suo commentario alla prima pars della
Summa Theologiae, che dimostra, pur nella sua stringatezza, il suo
interesse alla logica dellintenzionalit:
pro cuius explicatione suppono abstractionem a materia aliquan-
do esse realem, et sine operatione intellectus, sicut Angelus
est substantia realiter abstracta a materia. Aliquando vero ab-
stractio a materia est solum secunda intentio, quae consequitur
operationem intellectus. v.g. homo per conceptum communem
abstrahit a materia singulari, et quantitas a materia sensibili,
quamvis realiter nullus sit homo sine materia singulari, nulla
quantitas sine materia sensibili.
9
Lidea di fondo che concerne la secunda intentio , quindi, quella
di unentit logica che si costituisce solo nel momento in cui stata
compiuta unattivit di astrazione dalla res singolare: cos tutto ci
che viene conosciuto dallintelletto e da esso consegue viene designato
come secunda intentio. Sanchez Sedeo completa questa trattazione
dellintentio in generale dividendola in formaliter ed obiective: nel primo
8. S~Ncurz SrurNo 1600, 130: opinio est sapientissimi nostri ordinis Magistri Generalis,
fratris Hervaei in tractuatu, quae de intentionibus acutissimum edidit q.1 et 2 ubi docet
intentionem esse duplicem, alteram, quae se tenet ex parte intellectus, & est omne illud,
quod per modum similitudini set repraesentationis ducit intellectus in cognitionem alicuius
rei, sive sit verbum, sive quodcumque aliud. Et isto modo, inquit, posset extendi momen
intentionis ad quaecumque rem, sive exemplar, ducens in rei cognitionem. Altera vero
quae se tenet ex parte rei intellectae. Et hoc modo dicitur intentio res ipsa, quae intelligitur
in quantum in ipsa tendit intellectus. [...] Et secunda intentio potest accipi et in abstracto
et in concreto. In abstracto est relatio rationis, quae dicitur secundam intentio, ut quo,
qua medias res quae secundo intelligitur, refertur ad intellectum. In concreto vero est
res secundo intellecta cum ordine ad intellectum, sive relatio, qua species refertur ad
intellectum secundo intelligentem est secunda intentio formaliter, species ipsa secundo
intellecta, cum illa relatione est secunda intentio in concreto.
9. B~Nrz 1584, q. 64.
136
Juan Sanchez Sedeo
caso lintentio iappiesenta tutto cio che lintelletto, attraverso il suo
operato, in grado di conoscere della res esistente nel mondo sensibi-
le; nel secondo caso, invece, la res viene conosciuta attraverso il suo
fondamento.
10
2. Considerazioni generali sullintentio
Data la complessit delle argomentazioni presentate da Sanchez Sedeo
ed il suo incedere dialettico-critico con i problemi e la tradizione di
riferimento, utile presentare subito le conclusioni che, nella quaestio
II, portano alla dehnizione dello statuto delle intentiones.
11
I conclusio: falso sostenere che la prima intentio sia id quod in-
telligitur e che la secunda intentio sia actus intelligendi, dal momento
che lente di ragione si dice di quelle entit che hanno la propria ratio
nelle res; tuttavia, dal momento che di queste ultime si dicono anche
genere e specie, che in realt sono detti delle cose ma solo per via intel-
lettiva, sarebbe impossibile strutturare un concetto non contraddittorio
dellintenzionalit secondo tale teoria.
12
Il limite pi evidente di questa
teoria risiede nellattribuire alla res caratteristiche proprie dellente di
ragione il quale non pu, in alcun modo, essere rintracciato nelle res in
quanto esistenti.
II conclusio: il parallelismo prima intentio in abstracto primus
actus intelligendi e secunda intentio in abstracto secundus actus intel-
ligendi non ha alcun valido fondamento, in quanto in tal modo non
verrebbe garantita la conoscenza intellettiva della res: in questo sistema,
infatti, non possibile lesistenza di unintenzionalit in concreto, cio
10. In questo modo, una secunda intentio pu essere detta di una res e del suo fonda-
mento; si dir in abstracto quando si riferisce al genere e alla specie delloggetto senza
per riferirsi a questo o a quelloggetto; in concreto, invece, si dir quando genere e
specie sono predicabili di questo o quelloggetto.
11. S~Ncurz SrurNo 1600, 131-42.
12. A questo proposito doveroso far notare un evidente e certamente involontario
errore bibliograhco di Sanchez Sedeo, che desume la confutazione di questa teoria
da un opuscolo, il De natura generis, attribuito a Tommaso dAquino. Studi compiuti a
partire dallultimo ventennio del XIX secolo sullopera dellAquinate, tra cui lo studio
commissionato da Papa Leone XIII e il progetto Corpus Thomisticum dellUniversit
della Navarra, hanno evidenziato la falsa attribuzione di questo breve scritto, il quale
dovrebbe essere stato redatto da Tommaso di Sutton; questa attribuzione, per, ancora
in via di dehnizione.
137
Emanuele Lacca
unintentio che possa metteie in iappoito il soggetto conoscente con
il mondo sensibile. lnoltie, se la modalit delle intenzioni fosse solo
astrattiva, genus e species avrebbero uno statuto di realt allinterno
delle res e non si necessiterebbe di un intelletto che li discerna o che ne
evidenzi la predicabilit al reale.
III conclusio: la possibilit di designare grammaticalmente le in-
tentiones non vincolata dallesistenza delluniversale e la spiegazione
deriva dallo stesso signihcato dei nomi di prima intentio e secunda
intentio, poich
nomina primae intentionis sunt, quae res sunt imposita absolute,
mediante conceptione qua fertur intellectus super ipsas res in
se, ut homo, vel lapis. Nomina autem secundae intentionis sunt
illa quae imponuntur rebus, non secundum quod in se sunt, sed
secundum quod subsunt intentioni, quam intellectus de eis ut
cum dicitur, homo est species, animal est genus.
13
Anche dal punto di vista linguistico, quindi, la dinerenza tra le due
intentiones sembra risiedere nel diverso ruolo che la res ricopre nei
distinti momenti intenzionali.
IV conclusio: asserire che la res intellecta sia prima intentio e lactus
intelligendi rappresenti la secunda intentio un errore: se le primae
intentiones fossero davvero loggetto conosciuto, non sussisterebbe la
necessit di ricercare anche per esse un criterio logico di dehnizione.
Lassurdit qui criticata risiede nel fatto che anche genere e specie sono
entit conosciute e, quindi, pertinenti sia alla logica che allintelletto del
soggetto conoscente; ma del tutto errato sostenere che genere e specie
siano parte del mondo sensibile, luogo desistenza delle res: essi, infatti,
sono tali per loperato dellintelletto.
V conclusio: sostenere lidea herveiana in base alla quale la prima
intentio in abstracto esiste realmente vuol dire asserire la realt sensibile
delle entit presenti nellintelletto del soggetto senziente. Per Sanchez
Sedeo questa anermazione inammissibile dal momento che la prima
intentio esprime solo una relazione di ragione, basata sullaver gi appre-
so la res sensibile ed inoltre, dal momento che Duns Scoto, giustamente,
sostiene che la relazione intenzionale pu essere tale solo secundum dici,
13. S~Ncurz SrurNo 1600, 133.
138
Juan Sanchez Sedeo
alloia si concludei che le intentiones espiimono formaliter cio che e
stato appieso pei mezzo dellopeiato dellintelletto.
VI conclusio Cio che viene astiatto dalla materia, cos come teo-
rizzato da Domingo Baez, ens rationis, ma non secunda intentio:
conoscere la natura delluniversale, infatti, non rappresenta per Sanchez
Sedeo il momento secondo intenzionale, ma il suo fondamento.
VII conclusio: per una corretta dehnizione del processo intenzionale,
fondamentale la comprensione del ruolo che genere e specie vi ricopro-
no. Sanchez Sedeo focalizza la sua attenzione su queste entit perch
deve provare a sciogliere le intricate argomentazioni qui presentate, per
giungere inhne alla conclusione secondo la quale la conoscenza della
quidditas rerum non unoperazione dellintelletto, ma qualcosa che con-
segue da questa stessa conoscenza: ci necessario poich nellintelletto
avviene il processo di conoscenza del mondo sensibile e loperazione
che consegue da questo atto la possibilit di esprimere la predicabi-
lit; se si ammettesse linverso si genererebbe una contraddizione e la
conoscenza intenzionale non sarebbe pi esprimibile.
VIII conclusio: in questa conclusione Sanchez Sedeo non arriva alla
confutazione di una precisa teoria ma ritiene opportuno sottolineare
che, per ben comprendere il signihcato di secunda intentio, bisogna
tenere presente lindipendenza che lintelletto del soggetto conoscen-
te ha nei confronti del mondo sensibile; solamente attraverso questa
indipendenza ci che viene conosciuto pu essere studiato in quanto
astratto.
IX conclusio: nello studio della secunda intentio, non bisogna sola-
mente prendere in considerazione il suo rapporto con lintelletto che
conosce, ma bisogna anche analizzare la relazione che essa intrattiene
con le res, in modo tale da chiarire il perch essa sussista se e solo se
esiste loggetto sensibile. Cos, si pu anche determinare il rapporto
esistente tra intentio, genus e species.
X conlcusio: il conceptus, che in prima approssimazione possi-
bile dehnire come ci che viene astratto dalla conoscenza della res,
necessario per lesistenza della secunda intentio, in quanto funge da
collegamento tra la cosa stessa e loperazione di astrazione compiuta
dallintelletto. La relazione secunda intentio conceptus pu essere
intesa in un duplice modo: 1. la secunda intentio formalis necessa-
ria amnch esista la secunda intentio in generale, dal momento che il
concetto si d allintelletto formaliter; 2. la secunda intentio formalis
139
Emanuele Lacca
quellintenzione pei cui il conceptus e necessaiio amnche possa esisteie
una secunda intentio in abstracto.
Sanchez Sedeno piopende pei la seconda ipotesi. Laspetto che,
per, qui bisogna rimarcare il rapporto tra il conceptus e lattivit di
astrazione.
XI conclusio: ci che viene conosciuto dallintelletto del soggetto, in
prima istanza non pu essere la secunda intentio, che ne pu conoscere
lesse della res; per questo, Sanchez Sedeo sostiene la necessit di
approfondire il signihcato della prima intentio, spesso trascurata dalla
scienza della logica.
XII conclusio: la prima intentio, dal punto di vista oggettivo, non
dice in modo formale lente di ragione, ma esprime solo una relazione
con lintelletto. Bisogna ricordare, infatti, che la prima intentio fa riferi-
mento solo allapprendimento di questo e di quelloggetto hic et nunc,
cio come si presenta a livello sensibile. Se, la prima intenzione, invece,
esprimesse la relazione formale, si identihcherebbe con la secunda in-
tentio; evidente che questo comprometterebbe lo statuto stesso delle
intentiones.
3. Fondamento e statuto delle secundae intentiones
Il processo di dehnizione della prima intentio e della secunda intentio
ha mostrato la necessit di legare insieme entit come genere e specie
allapprensione intellettuale e alle res che lintelletto conosce: dato
che la predicabilit di quelle entit da ascrivere allesistenza reale
degli oggetti, Sanchez Sedeo ha lesigenza di trovare un fondamento
alle intenzioni; infatti, se nella seconda questione egli ne aveva dato
solo una dehnizione logica, esprimendone la quidditas, adesso bisogna
comprendere su cosa esse abbiano la loro fondazione.
14
Riguardo alla prima intentio, possibile sostenere che il suo fon-
damento sia la res, ad esempio uomo, dalla quale lintentio deriva la
propria esistenza. Tuttavia, non bisogna dimenticare che prima intentio
e res dineriscono per il fatto che la prima si trova nellintelletto, mentre
la seconda nel mondo sensibile.
La secunda intentio, invece, sembrerebbe priva di fondamento, dato
che non possibile rintracciarlo n nel mondo sensibile, n nel linguag-
14. S~Ncurz SrurNo 1600, 143
140
Juan Sanchez Sedeo
gio pei il mondo sensibile vale il medesimo iagionamento utilizzato
pei dimostiaie la non esistenza del fondamento della prima intentio.
ll linguaggio, invece, si fonda sullarbitrio umano, che sceglie le voces
signicativae per indicare i termini in relazione alle res conosciute, co-
sicch la decisione linguistica tale solo per la libera volont umana,
dal momento che Sanchez Sedeo sostiene che vox homo signicat
ex beneplacito hominem:
15
lunica via di risoluzione rappresenta-
ta dal considerare la volont umana come secunda intentio; ma ci
absurdissimum, per Sanchez Sedeo, poich esse volitum in volitione
fundatur.
16
Inhne, non sembra potersi dare fondamento nemmeno per i g-
menta, poich essi, non essendo predicati univocamente in realis, sono
appresi in parte dalla prima intentio, ma in nessun modo dalla secunda
intentio, che ha esistenza grazie allesse cognitum primae intentioni.
Questo status quaestionis renderebbe inutile qualsiasi ricerca appro-
fondita sullintenzionalit, dal momento che le intentiones sarebbero
solo delle entit logiche applicate allo studio della conoscenza umana
del sensibile, che non spiegano nulla n di essa n riguardo le sue im-
plicazioni.
17
Questa prospettiva spinge Sanchez Sedeo ad elaborare
una buona via duscita, per restituire alla prima e alla secunda intentio
un ruolo centrale nella teoria della conoscenza. Prima di dimostrare i
suoi intenti, il hlosofo castigliano fa alcuni preambula: 1. gli argomenti
precedenti hanno generato una grave confusione sui concetti di negatio,
privatio e relatio: questi termini sono indipendenti luno dallaltro e pos-
seggono un fondamento diverso per ciascuno e, quindi, vanno distinti a
livello di entia rationis. 2. non bisogna dimenticare la dinerenziazione
tra secunda intentio in concreto e secunda intentio in abstracto, dal mo-
mento che una indica una relazione, mentre laltra indica la forma della
relazione; 3. secondo la corretta interpretazione delle parole di Erveo, la
prima intentio deve connotarsi come una relazione quaedam.
Per dimostrare lesistenza del fondamento delle secundae intentiones,
Sanchez Sedeo sostiene che
15. S~Ncurz SrurNo 1600, 143
16. S~Ncurz SrurNo 1600, 143
17. Il problema della conoscenza secondo-intenzionale si lega alla conoscenza
delluniversale, come entit astratta dalla molteplicit degli enti particolari che esistono
nel mondo sensibile. Per un quadro completo sul problema degli universali, cfr. Dr
Linrv~ 1999.
141
Emanuele Lacca
sempei secunda intentio fundatui in ente rationis, et in cogni-
tione passiva intellectus, quod vocatur esse cognitum.
18
Questo passaggio piuttosto importante, poich mette in relazione
secunda intentio, ens rationis ed esse cognitum. Quando si anerma che il
fondamento dellintenzione in questione si ritrova nellente di ragione,
si vuol far intendere che lintenzione non generata dal rapporto diretto
tra intelletto e res, ma derivata da quella relatio rationis che, ricavata
dalla relatio realis, permette allintelletto del soggetto conoscente di
poter anermare la corretta conoscenza del mondo sensibile: Sanchez
Sedeo supporta questa tesi scrivendo che il rapporto tra il soggetto
conoscente e le res si attua per mezzo delle primae intentiones.
19
Lesse
cognitum, ovvero ci che conosciuto del mondo sensibile da parte
delluomo, unentit generata dal processo di conoscenza da parte
dellintelletto, ed contraddistinto dal suo essere passivo.
Questultima anermazione risulta fondamentale per la dehnizione
del rapporto intentio res, in quanto d la possibilit di dehnire il modo
in cui luomo arriva alla conoscenza del mondo che lo circonda; hno
ad ora, il ruolo delluomo era limitato a quello di soggetto conoscente
poich non era chiaro il ruolo assegnato da Sanchez Sedeo allindividuo
allinterno della sua teoria della conoscenza.
Il processo di apprensione della res, cos dehnito permette, da adesso
in poi, la dehnizione delluomo come soggetto senziente: attraverso il
rapporto con il mondo sensibile, allora, luomo conosce il mondo perch
una realt in cui egli immerso e, non potendosi sottrarre alla sua
conoscenza, lo apprende per cognitio passiva.
20
18. S~Ncurz SrurNo 1600, 147.
19. Cfr. S~Ncurz SrurNo 1600, 147: relationes vero, quae sunt primae intentiones, non
fundantur in esse cognito, sed in aliquo reali.
20. Qui necessario precisare alcuni aspetti della questione: 1. Anermare lesistenza
di una cognitio passiva non signihca togliere ogni ruolo alluomo nel processo di
conoscenza; infatti, esso non potr dirsi correttamente avvenuto se, in chi conosce,
sono presenti alcune menomazioni, sia hsiche che mentali: per esempio, nel caso
di un uomo cieco, non possibile conoscere per mezzo della vista, la cognitio sar
inevitabilmente compromessa dallindisponibilit dellorgano di senso ex parte subiecti.
2. Nel caso dei gmenta non sar possibile anermare che la loro conoscenza avvenga del
tutto in relazione ad una cognitio passiva; questaspetto, per, eccede gli intenti di questo
contributo. Allora non prohcuo ascrivere alla pura sensibilit la cognitio passiva ed ,
invece, pi interessante provare a collegare la questione allambito teologico; luomo, in
quanto creatura di Dio, viene creata per vivere allinterno di un mondo che il Creatore
142
Juan Sanchez Sedeo
Cio viene anche confeimato dal signihcato dei nomi che espiimono
la secunda intentio, essi, infatti, esprimono una relazione di convenientia
tra lintelletto e alcune propriet delle res, sottolineando, ancora una
volta, la loro imprescindibilit per lapprensione sensibile. Quanto detto
pu essere riassunto attraverso la seguente successione:
Res propriet delle res cognitio passiva prima intentio
esse cognitum ens rationis secunda intentio
Questo schema mostra come dalla res sensibile si passi, attraverso
una serie di processi mentali, alla determinazione della secunda intentio.
Una volta assegnato lo spazio di ricerca per il fondamento del-
le secundae intentiones, ovvero lintelletto del soggetto senziente che
apprende, Sanchez Sedeo si chiede se
secundae intentiones, vel fundantur in rebus immediate secun-
dum suum esse reale, aut ut habent praeterea aliquam denomi-
nationem rationis.
21
Riguardo alla fondazione delle secundae intentiones, quindi, egli
rintraccia due possibili vie risolutive: 1. suddette intenzioni si fondano
sulle cose stesse, secondo il loro statuto di realt; 2. le intenzioni si
fondano su ci che si trova nellintelletto in quanto esse rationis, che
deriva dallesse realis rei; questa possibilit si dice per denominationem,
in quanto non esiste, nella relatio rationis, possibilit predicativa simile
a quella realis: una res, una volta conosciuta, tale per il suo esse in
intellectu.
La prima possibilit da scartare per via del fondamento stesso delle
intentiones; il fondamento, considerato sia come prossimo che come
remoto, non pu essere costituito dalle cose stesse, ma solo da ci che
viene conosciuto di esse. Ancora una volta, quindi Sanchez Sedeo
ribadisce la necessit di mostrare lindipendenza reciproca di res ed
intellectus.
ha gi predisposto prima della nascita stessa delle prime creature, le quali, trovandosi
a vivere in un ambiente gi esistente rispetto alla loro stessa nascita, non possono far
altro che interagire con esso, sia modihcandolo sia conoscendolo; in questultimo caso,
il processo di conoscenza assume una connotazione passiva, dal momento che sono
i sensi che apprendono qualcosa che, per, gi esistente in modo indipendente da
quellapprendere.
21. S~Ncurz SrurNo 1600, 147.
143
Emanuele Lacca
Resta da analizzaie la possibilit secondo la quale le res si stiuttuiino
nella mente del soggetto senziente dopo la loio conoscenza, tenendo in
considerazione che la secunda intentio si fonda su un ente di ragione.
Sanchez Sedeo, allora, introduce la problematica provando la propria
teoria riguardo al fondamento delle secundae intentiones in due passi.
22
Il primo passo della dimostrazione introduce il ruolo della res allinterno
dellintelletto: le res, una volta conosciute diventano entit di ragione.
Il tipo di conoscenza che si viene a determinare permetterebbe, in li-
nea di principio, lesistenza di un fondamento secondo-intenzionale
nelle cose, dal momento che le primae intentiones, le quali si edihcano
sullintellezione della res singularis, sono a loro volta fondate e non sono
fondamento delle secundae intentiones.
In prima istanza possibile, comunque, concludere che la loro
quidditas si ritrova proprio nellintelletto; bisogna ricordare, infatti, che
questo tipo di intentiones, derivate da res sive entia rationis, sono tali
per il processo di abstractio di cui si fanno portatrici; per questo, non si
deve dimenticare che le stesse primae intentiones non possiedono esse
reale, poich sono il risultato di un actus intelligendi, come ad esempio
lapprensione per visione. Tuttavia, il hlosofo castigliano ricorda che,
proprio perch la conoscenza deriva da un esse reale, il fondamento
della prima intentio da ritrovarsi nel rapporto tra intelletto e mondo
sensibile.
23
Allora, per comprendere meglio loggetto della ricerca in questione,
Sanchez Sedeo sottolinea la triplice possibilit che una intentio possiede
nel predicarsi della res del mondo sensibile:
1. relatio. La relazione tra intenzione ed oggetto entra in gioco
nel momento in cui riconosciuta lesistenza di un rapporto tra
lintelletto del soggetto conoscente e la res: in base alle argo-
mentazioni desunte sullo studio della relatio, Sanchez Sedeo
22. S~Ncurz SrurNo 1600, 148: fundantur [= secundae intentiones] in rebus prout
habent esse in intellectu: sed res habent esse in intellectu, prout sunt cognitae, saltim in
actu primo, quod est aliquid rationis: ergo fundamentum secundarum intentionum est
aliquid rationis [...]; esse visum sunt relationes, quae sunt primae intentiones: at fundatur
in cognitione active intellectus, et in visione [...]. Nam non potest illarum fundamentum
esse aliquid rationis: nam vel est relatio, vel negatio, vel privatio. Sed non negatio, nec
itidem privatio, ut de se patet: ergo est relatio.
23. Ci si lega alla concezione di Erveo riguardo la prima intentio.
144
Juan Sanchez Sedeo
intioduce questo modo piedicativo pei indagaie sulla possibilit
di conosceie cio che non e in subiecto,
2. negatio. Questa possibilit piedicativa deiiva dal iappoito esi-
stente tia esse realis ed esse rationis tia i due esse si instauia
una ielazione di negazione iecipioca, in quanto ci che si dice di
qualcosa che possiede statuto di realt, non si pu anermare di
entit esistenti nellintelletto del soggetto senziente. Ci teori-
camente possibile, ma di fatto irrealizzabile, dal momento che
stato dimostrato che lesse rationis deriva le proprie caratteristiche
dallesse realis;
3. privatio. Anche questa opzione deriva dal rapporto tra gli esse
intentionum; in questo caso, per, si indagano le loro caratteristi-
che proprie: se lesse realis derivato da un oggetto che possiede
sia materia sia forma in quanto esistente nel mondo sensibile,
lesse rationis possieder solamente forma, dal momento che il
suo statuto deriva dallastrazione di propriet comuni a pi res
sensibili. Sanchez Sedeo anerma che anche questa possibilit
da scartare, poich dehnire lesse rationis privative signihca relega-
re in un piano inferiore limportanza della conoscenza e, quindi,
dellintenzionalit.
Dati i modi suddetti, il hlosofo castigliano sostiene che la strada da
percorrere per riuscire a dehnire il fondamento delle secundae intentiones
quello della relazione. La teorizzazione dellintenzionalit cos come
stata qui presentata, pu indurre chi la studia a pensare che essa si
connoti come una delle molteplici realt metahsiche che costellano le
possibilit conoscitive dellessere umano. In enetti, la secunda intentio,
che esprime entit astratte dalle res per mezzo di prima intentio ed
actus intelligendi, potrebbe senza problemi esser considerata come una
deriva metahsica di un pi semplice processo pragmatico di conoscenza.
Invece, se si introduce tra le entit presentate il concetto di relatio, la
ricerca del signihcato dellintenzionalit rinvia ad ambiti epistemologici
e psicologici: difatti, erit ratio de omni relatione rationis, quod debet
fundari, non in aliquo rationis, sed in aliquo reali.
24
24. S~Ncurz SrurNo 1600, 148.
145
Emanuele Lacca
Consideiaie una fundatio in aliquo rationis implicheiebbe un re-
gressus ad innitum, tenendo conto del fatto che ogni ente presente
nellintelletto presupporrebbe un altro suo simile su cui fondarsi e cos
via allinhnito. Non rimarrebbe altra possibilit che anermare la fon-
dazione della secunda intentio sullesse realis proprio della relazione.
Altrimenti, infatti, oltre al gi citato regressus, si concluderebbe che la
cognitio stessa sia al di fuori dellindividuo.
25
Sarebbe contraddittorio
anermare che colui che conosce ha il corrispondente processo cognitivo
come esistente al di fuori della sua stessa facolt conoscitiva. Tuttavia,
Sanchez Sedeo, nel secondo passo della dimostrazione della sua teoria
sostiene che
natura hominis verbi gratia est species formalissime, sine hac
relatione esse cogniti: ergo non est fundamentum eius [...]. Con-
sequentia videtur bona: nam si competit illi relatio absque illo
esse cogniti, non est fundamentum: nam fundamentum prae-
xigitur, ut conveniat relatio. Sed antecedens probatur; quando
cognosco natura in multis individuis esse, attribuo illi intentio-
nem speciei, et est formaliter species logica; sed tunc non est
relatio esse cogniti.
26
La natura delluomo, qui studiata da un punto di vista logico, sarebbe
contraddistinta dalla species formalissime; essa si riconduce a quella
species specialissima porhriana, al di sotto della quale non pu predicarsi
altra specie. Questa conhgurazione della specie autorizza Sanchez
Sedeo a considerare luomo sia nel suo essere particolare, ovvero
luomo singolare, sia come specie inhma, cio uomo come ci che si
predica di pi individui con le medesime caratteristiche. Risulta chiaro,
quindi, che sembra poco probabile attribuire solo ed esclusivamente
alloggetto reale lo statuto di fondamento delle secundae intentiones,
25. S~Ncurz SrurNo 1600, 148: unum autem illorum est, ut fundamentum sit intrinse-
cu(m) relationi, & rei, quae refertur per illa(m): cognitio vero extrinseca obiecto cognito,
& ita relatio est rationis. Sed contra; nam sequitur saltem quod dum alquis cognoscit se
ipsum, quod illa sit relatio realis. Respondetur, negando sequelam: quia ad relationem
realem debent esse extrema realia realiter distincta, quod hic non habet verum. Secundo
respondetur, quod sicut haec cognitio extrinseca alijs obiectis cognitis; ita est estrinseca
seipsum cognoscenti, quatenus cognitum est: quia eo modo terminat cognitionem, sicut
alia, quanvis sit sibi intrinseca, ut cognoscens.
26. S~Ncurz SrurNo 1600, 148.
146
Juan Sanchez Sedeo
anche peich in questo modo non saiebbe possibile deteiminaie alcun
esse in communi deiivato dalle res stesse. Amnch si possa esplicaie la
ielazione tia il mondo sensibile ed il soggetto senziente, necessario
che questo rapporto preesista alla formazione delle intentiones; lactus
intelligendi, quindi, ha il ruolo di far conoscere al soggetto senziente
il mondo sensibile, cosicch egli possa avere una conoscenza di tipo
intenzionale.
Se si volesse semplihcare largomentazione, si potrebbe dire che non
possibile per luomo comprendere ed astrarre, ovvero avere prima
intentio e secunda intentio, se prima non si instaura una relazione senso
sensibile per mezzo dellactus intelligendi. Quando, poi, stato cono-
sciuto lesse in communi, sar possibile attribuire ad esso lo statuto di
intentio logica speciei: risulta chiaro, quindi, che lattivit di astrazione
che genera la specie non lascia spazio alla relazione tra secunda intentio
ed esse cognitum, dal momento che Sanchez Sedeo non rende possibile
il rapporto tra id quod intelligitur ed intentiones.
Ci potrebbe sembrare contraddittorio per le seguenti motivazioni:
1. la secunda intentio, per essere tale, ha bisogno di un oggetto conosciu-
to dallintelletto, dal momento che lattivit di astrazione non pu essere
compiuta direttamente sulle res; 2. la prima intentio non avrebbe alcun
motivo di sussistere per come stata dehnita; non sarebbe necessaria,
visto che la secunda intentio avrebbe a fondamento la res stessa; 3. tutta
la discussione concernente la dinerenza tra relatio realis e relatio ratio-
nis sarebbe inutile e, per lo pi, errata, dal momento che qui verrebbe
teorizzato un collegamento diretto tra res e intentio.
Sanchez Sedeo, probabilmente conscio delle conseguenze del pre-
cedente ragionamento, ritiene necessario addurre alcune precisazioni
che possano, quanto meno, dimostrare linfondatezza delle possibili
contraddizioni:
probatur minor. Quia haec relatio cum sit ens rationis, non
habet esse usque dum cognoscitur actualiter: sed non cogno-
scitur actualiter per illam cognitionem, qua cognosco naturam,
quia illa cognitio solum terminatur ad naturam, et non ad ens
rationis.
27
Una relazione basata sulla sussistenza dellente di ragione non pu
27. S~Ncurz SrurNo 1600, 148.
147
Emanuele Lacca
in alcun modo occupaisi di cio che esiste in atto, ovvero le res: la
cognitio intellectualis, infatti, si riferisce solo ai rapporti di ragione che
si instaurano e si creano nellistante immediatamente successivo alla
conoscenza degli oggetti esistenti nel mondo sensibile.
La cognitio rei actualiter, invece, non permette alcuna conoscenza di
tipo intellettuale del mondo sensibile, dal momento che la sua peculiarit
quella di riferirsi solo ad naturam, e non allente di ragione. La
conoscenza intenzionale, quindi, richiede una mediazione che spieghi
in che modo nellintelletto una res possa essere conosciuta sia sive
res sensibilis sia sive res in quantum intellecta; ma, per le conclusioni
determinate nei paragrah sulla relazione, non possibile determinare
una metarelazione che metta in comunicazione la relazione tra intelletto
oggetto nel mondo e la relazione intelletto oggetto del mondo in
quando appreso.
Il punto di partenza per la risoluzione di questa problematica deve,
allora, consistere nel prendere coscienza del fatto che la conoscenza
intenzionale fundamentum existentiae di qualunque tipo di atto di
conoscenza. Difatti, lapprensione di un oggetto X pone due questioni:
a) la possibilit di una sua conoscenza intellettuale;
b) il suo ri-conoscimento allinterno di un contesto psico-linguistico.
28
In base a ci, le uniche entit mentali che permettono il soddisfaci-
mento della conoscenza di X sono la prima intentio e la secunda intentio,
poich hanno il compito di conoscere la res in base alle sue proprie-
t e, successivamente, astrarne le caratteristiche peculiari, cosicch
spogliata della sua singolarit.
Sanchez Sedeo, a questo punto, si limita solamente ad esplicita-
re il ruolo del secondo tipo di intentio, poich bisogna ricordare che
lobiettivo della questione analizzata la ricerca del fondamento di
28. Il ragionamento di Sanchez Sedeo d lavvio ad un tentativo risolutivo del pro-
blema degli universali come oggetti di una conoscenza possibile; il ragionamento
introdotto dal hlosofo castigliano, infatti, non solo chiede la ragione delle modalit
di conoscenza di un oggetto sensibile, ma cerca anche di capire in che modo questo
oggetto possa essere dicibile al di l della sua apprensione singolare. In altre parole,
la questione deve rispondere a due domande: a) come si pu conoscere un albero
che esiste nel mondo che circonda luomo? b) una volta conclusasi la conoscenza di
quellalbero, come si fa a riconoscere i restanti alberi e a far capire agli altri ci di cui si
sta discutendo? Come si vede, la risposta a queste due domande rende possibile una
discussione sul problema degli universali, che Sanchez Sedeo porter avanti in altri
luoghi della sua Logica.
148
Juan Sanchez Sedeo
questintentio, allora,
respondetur, quod cum cognosco naturam in communi, illa rela-
tio esse cogniti censetur esse non quidam secundum propriam
existentiam, quae sibi convenit ex conosci, sed censetur esse
ratione sui fondamenti proximi, quod est cognitio.
29
La risposta del hlosofo castigliano prende avvio dalla distinzione
tra natura singolare e natura in communi: in base a questa ripartizione,
le secundae intentiones sono tali perch si occupano dellultimo tipo di
conoscenza, dal momento che una delle potenze da esse possedute
labstractio, che lattivit compiuta dallintelletto per riuscire a com-
prendere in un solo concetto la diversit delle res esistenti nel mondo
sensibile, in modo tale da evidenziarne ed isolarne le caratteristiche
comuni. Tra queste, le pi importanti sono genere e specie.
Una volta determinata questa suddivisione, Sanchez Sedeo pre-
senta una duplice possibilit riguardo allo statuto dellesse cognitum:
1. ci che viene conosciuto deriva dallo stesso processo di conoscenza
attraverso lesistenza di una relazione che mette in comunicazione ci
che conosciuto con il modo di conoscerlo; 2. ci che viene conosciuto,
in quanto proprio dellintelletto che ha avuto atto di apprensione, tale
per il rapporto che intercorre tra lesse rationis e la cognitio, questultima
dehnita come fondamento prossimo del primo.
30
Tra le due alternative il hlosofo castigliano ritiene che sia vali-
da lultima, dal momento che inerisce solo a componenti presenti ed
29. S~Ncurz SrurNo 1600, 148
30. Questa modalit della relazione, intesa come rapporto esse rationis-cognitio sembre-
rebbe trovare un punto di appoggio sulla questione 47 delle Disputationes Metaphysicae
di Francisco Suarez, nella quale si tenta di comprendere in che modo la relazione reale
possa dirsi in communi; cfr. SU~vrz 1861: circa tertium punctum occurrebat hoc loco
quaestio de individuatione relationum; certum est enim quod, sicut in caeteris praedica-
mentis constitutio lineae praedicamentalis descendit a supremo genere usque ad individua,
ita etiam in hoc; controversum autem est an, sicut ad essentialem constitutionem et spe-
cicationem relationum concurrit suo modo terminus, ita etiam ad individuationem. Ex
quo pendet etiam decisio illius vulgaris quaestionis, an idem subjectum sub eadem ratione
specica referatur ad plures terminos eadem numero relatione, vel diversis. Questo tipo di
relazione costruisce una connessione nella quale i termini dineriscono tra di loro solo
per dinerenza numerica; in una relazione del tipo padre (X) hgli (Y, Z), il fatto che ad
X ineriscano Y, Z una questione puramente numerica; ossia, lessenza del padre in
quanto uomo non viene messa in discussione dallinerenza ai hgli, cosa che riveste un
ruolo puramente accidentale.
149
Emanuele Lacca
appiezzabili allinteino dellintelletto del soggetto senziente latto di
conoscenza, infatti, diviene il fondamento della secunda intentio, dal
momento che questultima interessata dal processo di abstractio.
Dallanalisi qui proposta emerge che lindividuazione della fondazio-
ne della conoscenza umana sulla cognitio permette lapprensione degli
aspetti particolari e comuni delle res per mezzo di primae e secundae
intentiones. Ne risulta che la res fondamento prossimo della prima
intentio e fondamento remoto della secunda intentio.
In questo modo, la conoscenza, strutturata in un processo che dal
sensibile arriva allintelligibile, strutturata logicamente secondo un
processo di tipo intenzionale, che permette alluomo anzi gli si rivela
indispensabile di conoscere il mondo sensibile che lo circonda.
Emanuele Lacca
Universit di Cagliari
Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosoha
emanuele.lacca@gmail.com
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151
Hermeneutical and
Phenomenological Ontology
Passivity and Time
On Merleau-Pontys Lectures on Passivity
Luca Vanzago
Meileau-Pontys conception of Natuie ielies on a peculiai undeistand-
ing of passivity something which is theie without being piesent, some-
thing, fuitheimoie, which is both lost foievei and foievei piesent with-
out passing. The paiticulaiity of this tempoial account of passivity
deseiveis theiefoie a deepening, as l will show heie.
l will follow theiefoie a double diiection, oi iathei l will considei
the double ielationship between the two piopei objects, oi elements,
of the inquiiy, which aie tempoiality and passivity. lndeed, the piopei
subject-mattei of this papei might be consideied duality itself. lt is a
duality, howevei, which is neithei ambivalence noi ambiguity that is, it
is neithei a shaip distinction oi opposition, noi the moie familiai notion
of non-exclusion, oi confusion. Rathei l would say that the duality
implicit in the ielationship between tempoiality and passivity points
to a dineient, moie elaboiated foim of duplicity that Meileau-Ponty
was piobably tiying to uncovei when woiking on The Visible and the
Invisible. The lectuie couise on passivity constitutes a decisive step in
his ontological pioject.
1
lt might also be convenient to declaie, iight at the outset, that this
duplicity iefects the ielationship between the two sides oi folds of
the esh, that is, the fesh of the woild and the fesh of the incainated
subject. ln this iespect, while it is common and absolutely iight to
follow Meileau-Pontys ieiteiated attempt at weakening the weight of
subjectivity in the diiection of a ienovated inteiiogation of Being, l
must make cleai fiom the veiy beginning that heie l will iathei follow
the othei path. l will, in othei woids, tiy to investigate what place,
oi status, oi even meaning, can the notion of subjectivity still have in
Meileau-Pontys latei thinking, and what light can this lectuie couise
1. The text l am iefeiiing to is M. Meileau-Ponty, Linstitution, la passivit. Notes de
cours au Collge de France, 1954-55, Paiis Belin 2002. English tianslation Institution and
Passivity: Course Notes from the Collge de France (1954-55), tians. by L. Lawloi and H.
Massey, Evanston (lll) Noithwestein University Press, 2010. Hereafter referred to as
Mrvir~UPoN1v 2002 followed by the French original and then the English translation
pages.
Luca Vanzago
shed on this problem. Thus, I will investigate the peculiar temporality
involved in the process of self-manifestation of subjectivity, such as it
can be ascertained in this new form, dinerent from the one worked out
in the Phenomenology of Perception, but still present as a problem and as
a task in Merleau-Pontys mind.
In the hrst place, I will analyze the several reasons to read passivity
in its temporal structure. Throughout the whole bulk of notes taken for
his course, Merleau-Ponty describes the various phenomena related to
passivity in terms that can be articulated in a temporal fashion. He often
mentions the need to avoid interpreting passivity as the presence of a
hidden subject behind the conscious one, by introducing the role of the
past as sedimentation, as promiscuity and generality. The present, too,
is de-structured in its traditional understanding of a dimensionless point
and shown to be built upon dchirures that provide it with a temporal
dimensionality without this being due to the action of consciousness.
The future in turn is investigated in particular in its complex articulation
with the past and the present, and described in terms that remind the
reader of Freuds notion of Nachtrglichkeit.
This temporal understanding of passivity is all the more interesting
since it is not openly programmed, but seems to emerge, as it were, in the
course of the analysis, and as such shows Merleau-Pontys deepening
of his notion of temporality with respect to what is to be found in the
Phenomenology of perception. Already at work in his Sorbonne courses
on the psychological development of children, this process of revision
can be traced with further clarity in these lectures, and grasped in all
its relevance for the picture drawn in The visible and the invisible.
Thus the role of temporal metaphors in Merleau-Pontys understand-
ing of passivity brings to light his way of conceiving of temporality in
general, but more particularly his peculiar way of relating temporaliza-
tion and self-manifestation of the subject.
This deepening and radicalization of this relationship constitute
one of the most interesting outcomes of these lectures. In the Phe-
nomenology of perception Merleau-Ponty reads Husserls notion of self-
temporalisation of consciousness in the light of Heideggers existential
analytic of Dasein, thus putting forward a conception of subjectivity as
coincident with temporality, that is, neither within nor outside of
time. Already in this early understanding of temporality Merleau-Ponty
emphasises the aspect of self-constitution of time as the structure that
156
Passivity and Time
brings subjectivity to emerge. Yet this account seems somewhat awed
by its residual description in terms of something that possesses an iden-
tity to be realized through its outcomes. It is as if a not yet passive
enough conception of subjectivity undermines the perspective that
nevertheless is put forward as the goal of the whole work.
Thus it is not by chance that passivity receives a temporal metaphoriza-
tion in the lectures under scrutiny. Here Merleau-Ponty acknowledges
that it is temporality itself that possesses the aspect of passivity that
must be regarded as the essence of subjectivity. Hence his repeated
enorts to use his conception of perception as a model to describe this
passive consciousness, or better, this passivity of consciousness, which
seems to lead to a substantial integration of Freuds primary process
into the phenomenological category of the fesh. While this integration
fully takes place in the later writings, in these lectures we can witness
one of the most relevant passages to leading to such an achievement.
In this respect the lectures allow the reader to integrate a whole lot of
working notes of The visible and the invisible with the subplot that was
in Merleau-Pontys mind when writing them. Therefore I will consider
now the temporale metaphors of passivity.
Already in the introduction of the twin course on institution, to
which Merleau-Ponty refers the audience in his lectures on passivity
as well, there is an important indication concerning temporality in its
functioning as a model or metaphor. As Claude Lefort remarks in his
preface, this introduction must be regarded as common to both courses.
Here, we hnd a precious statement concerning temporality as the model
for the relationship between activity and passivity. Merleau-Ponty
writes:
Time is the very model of institution: passivity-activity, it con-
tinues, because it has been instituted, it fuses, it cannot stop
being, it is total because it is partial, it is a held.
2
Now, here we hnd a number of elements that deserve all our atten-
tion, and will be discussed in due course. But in the hrst place I would
like to draw our attention on the notion of model. Time here is playing
a modeling function that should not be underestimated. Time, in other
2. Mrvir~UPoN1v 2002, 36 (7).
157
Luca Vanzago
words, is used as a means to make passivity become visible, to be
seen. This means, perhaps, that passivity in itself might be invisible.
The statement regarding time as a model, with which the lectures
on institution begin, is echoed by a statement at the end of the course on
passivity, in which Merleau-Ponty, reecting on Freuds unconscious,
says that his spatial model should be replaced by a dynamical one.
Dynamism, it seems possible to suggest, means that the unconscious,
or passivity, has to do, not so much with being as something which
always is and never changes, but rather with becoming, with that
which changes and in the rst place with that which happens or occurs.
Merleau-Ponty writes:
Passivity can be understood only on the basis of event-based
thought. What is constitutive of it is that the signication is here,
not by Sinngebung, [...] but welcoming to an event in a situation,
situation and event themselves not known, but grasped through
commitment, perceptually, as conguration, proof of reality,
relief on... i.e., by existentialia and not categories.
3
The intersection of these two passages gives us some clues as to
the issue Merleau-Ponty seems to be confronting: passivity needs to be
brought to light, for it is not visible as such. And this opaqueness of
passivity is related to the wrong assumption that consciousness consists
in casting a light on the object as something that, in itself, that is inert
and dark in itself. Thus if we are able to abandon such model (the
Sinngebung) we will become aware of the fact that activity is never
without its own passivity, the two are never actually separated. In
order to see, we need to substitute an understanding based on spatial
models (the unconscious as the bottom layer that is never attainable
and yet is there), with one based on the notion of event. The event
itself, furthermore, is not simply that which happens, empirically and
casually, to the subject, but is rather the index of a structure that is being
instituted (gestiftet), thus realizing a dimension, an existential dinerence,
a step in the subjects history. The evenementiality of the event is thus,
and perhaps most of all, a way of conceiving of the transcendental itself
in terms of time. A transcendental that becomes, in fact, is truly what
3. Mrvir~UPoN1v 2002, 280 (217).
158
Passivity and Time
phenomenology (already with Husserl) discovers and thus what makes
the whole dinerence with Kant.
Time, thus, clearly plays a truly fundamental role. Again with an
implicit reference to Kant, we might say that time is a scheme, the
scheme being a hybrid being that shares with sensibility as well as
with forms and thus permits the two to enter into contact, sharing
what they cannot in themselves never share. Already in Kant it is this
impossibility that must itself be made possible, and time is the means to
bring together what cannot have connection with its other. For this
reason time is at once the form for every event, the mediating element
that composes a subject split into two irreconcilable sides, and thus the
secret of subjectivity itself, its model.
The dinerence between Kant and phenomenology, at least in its
Merleau-Pontyan version, seems to me, in this respect, to reside in
the structure of time itself. While in Kant time is basically thought of
according to the image of the line, Merleau-Pontys account of time
is right from the start (in the Structure of Behaviour) related with an
absence that is more present than presence, for it is the very heart of
time, understood as that which passes and moves on. This means that
Merleau-Ponty has a dialectical conception of time. In the Phenomenol-
ogy of Perception time becomes the emblem of subjectivity itself, and
this for several reasons.
In the hrst place, time is subjectivity itself. Caught in the usual
dilemma between an empiricist-realist conception of time as something
existing in itself, and an idealist conception of time as that which
the subject possesses without being possessed by it, Merleau-Ponty
brings together Husserl and Heidegger and thus, as Ricoeur once said,
overcomes them by identifying temporality and subjectivity.
This solution however would not sumce, were Merleau-Ponty not
able to show in details what its true meaning is. Developing Heideggers
conception of the ek-static nature of time as that which temporalizes
itself in each ekstasis, (Merleau-Ponty goes as far as to say, unlike
Heidegger, that time is one ekstasis), and translating this conception into
Husserls notion of temporality as the unfolding of consciousness that
anects itself, Merleau-Ponty then can say that temporality is the process
by which the (incarnated) subject can become itself, that is, temporality
is the process of self-manifestation of subjectivity.
This process of self-manifestation therefore is at once a model and
159
Luca Vanzago
yet not simply a formal tool, for in the process of temporalizing itself,
the subject is rather subjected to time than being its author, and this
allows Merleau-Ponty to say that this is why the subject is nite: the
emergence of subjectivity from its own temporal process makes indeed
the fecundity of time, but not as something opposite to the basic mortal-
ity that is the mark of (human) time. It is for this reason that time truly
aects the subject, and is not just a formal feature, no matter how im-
portant this might be. The subject nds itself only by confronting itself
with its constitutive otherness, for time is always the being-dinerent of
the self with itself. But this extraneousness is also at once the subjects
secret life, for only in this way can a subject properly be, and be what it
is, namely, a subject, and not a thing. A subject is a subject insofar as
it recollects itself in a personal history that, no matter how coherent it
can become, will always have been exposed to dispersion, and in the
last analysis, to a looming end that comes nearer by the day. There is
no way to subtract the subject from this situation and make it become
true. Subjectivity is this passage that is always trying to recollect itself
with no hope to ever really succeed. There is clearly no room for the
robust Subject (capital S) of Idealism here!
It is important to stress that this picture is never contested by
Merleau-Ponty in his successive writings. Yet it is deepened. A deep-
ening here means that we must go below what is being displayed by
this model, under this process that, despite being a constant subtraction
of the subjects self-coincidence, and its constant postponement, never-
theless, in this very self-spacing realizes the subject, that is, succeeds, is
successful. Fecundity in the last analysis wins over opacity and deaf-
ness, although only for a while. Absence is still productive, negativity
does not negate itself in a synthesis unless it is, Merleau-Ponty says, a
transitional synthesis: but this also means that a transition is realized,
something changes into something else; in other words, there is no
stasis, no arrest.
Before trying to see in what sense and to what extent is Merleau-
Ponty able to deepen this question, which is clearly related to a darker
notion of passivity, another feature of time must however be briefy
investigated: its non-linearity. Even in this respect some interesting
dinerences should emerge between the earlier and the later picture.
Already in the analysis of time that we hnd in Phenomenology of
Perception there are several reasons to say that, according to Merleau-
160
Passivity and Time
Ponty, time is not a linear process. Without entering into details, I will
just mention two crucial aspects. One proceeds from Merleau-Pontys
own appropriation of Heideggers conception. If the three dimensions of
time are not three places mutually separated, and indeed if one should
not even talk of past, present and future, but rather of a unique process
of temporalization that constantly explodes in the three directions
4
it makes no sense to say that one moment is before or after another.
This conception of time is rather a derivative one with respect to the
existential temporality of Dasein which in Merleau-Ponty becomes the
openness of the incarnated subject with respect to its past, its present,
and its future.
This rst aspect of the non-linearity of time is basically repeated
in the lectures on institution and on passivity when Merleau-Ponty
remarks that it is strictly not possible to say that one event causes
another, for the caused is in a way bringing to light its cause as cause,
so that we can determine the cause only if the enect is in a way in
turn causing it by taking place. And conversely, the enect is one
possible outcome of a whole array of possibilities, most of which might
remain never actualized, so that to be an enect is not to be the neces-
sary outcome of a metaphysical cause, and is not its hnal end either.
Aprs coup and indetermination are thus two features that Merleau-
Ponty assigns to time already in Phenomenology of Perception (and
in The Structure of Behaviour) and can be found in these lectures as
well.
The second aspect pertains to the peculiar temporal structure of
perception. When it occurs, a perception is neither mere copy nor pure
creation, but always something that re-arranges the scene, a vibration
of the whole perceptual held. What is perceived then is prepared but
not univocally determined, and while it expresses something, there can
be no way to talk of an original already there that the perception simply
reproduces. The typical example is the picture used in the perceptive
experiments in order to make the Gestalt-switch appear. But Merleau-
Ponty generalizes this structure in order to say that the perceptum is, in
4. Heidegger says that the past is not preceding the present, and this in turn is not
prior to the future, but they are one unique conhguration that articulates itself, and
can do it only by being constantly and reciprocally co-determining the three ek-stases
themselves.
161
Luca Vanzago
a sense, a copy without original, a present realization of something that
appears now as having been before. This means that this something
is a past that was never present. Even in this case, which constitutes
a true paradigm for the relationship with raw being as it is described
in The Visible and the Invisible, we cannot say that the process under
description is the linear unfolding from a before to an after, from the
object there to be perceived to the perception, for the perception does
more than perceiving the object: it re-arranges the whole eld so as to
make it appear as organized in a certain way; which is one important
feature of the notion of institution. Needless to say, if perception is the
model adopted to understand the temporal eld of experience, and thus
if the gestaltic model functions as a general metaphor for consciousness,
there is no room for any atomistic conception of time as a series of
unrelated moments.
As it was easily imaginable, perception plays the role of the general
structure of (bodily) intentionality which characterizes Merleau-Pontys
phenomenology. In this respect, there is no real dinerence between
Phenomenology of Perception and the lecture courses. Perception, as we
know, is contact-at-a-distance, it is not the performance of a disembod-
ied Cogito, but rather the carnal bond between the body and the world.
As such it takes place before and even despite conscious intentions,
and thus in a way dispossesses the subject from its Cartesian role of
form- and norm-giver of the world. The subject rather emerges from its
network of contacts with the world, and its self is a process of never
accomplished and always recommencing contacts with itself through
the world (and the other subjects). But is this form of passivity, or rather
this form of the passivity of activity (for Merleau-Ponty says that we
are no stones) passive enough?
One reason to doubt about it is represented by an important though
rather subtle shift that occurs in the mutual relationship between per-
ception and the unconscious. To put it quickly, while in Phenomenology
of Perception Merleau-Ponty reads the unconscious in terms of percep-
tive consciousness, here in the lectures he moves towards an inversion
of the terms: as one working note in VI will state bluntly, now it appears
that it is perception that must be seen in terms of the unconscious. Or
better, in the lectures Merleau-Ponty is re-articulating the relations
and connections between perceptive and oneiric consciousness, often
explaining each one with the other, but never indicating univocally
162
Passivity and Time
which one is the model and the other is the copy as we read for example
in the following passage:
The unconscious as perceptual consciousness is the solution
sought by Freud, for it is necessary that the truth is there for
us, and that it is not possessed. Perceptual consciousness, while
onering a seed of truth, an idea of the truth (Pascal), oners it
only on the horizon, and hides the truth because it shows it. In
the perceived, there can be duality of signihcation which is not
the positing of a duality (ambiguous hgures, Leonardos vulture),
which is impossible in the pure signihed. The perceived saves
and it alone saves our duality, the duality to which Freud holds
and which he thinks is saved by the idea of the unconscious.
5
While, on the one hand, here Merleau-Ponty repeats his well-known
notion of perception, just evoked, on the other he also uses a term that
deserves to be retained: duality. Duality is not (simply) ambiguity, as
it is usually understood in relation to Merleau-Pontys philosophy. It
seems to contain a grain of novelty. In a passage to be found some
pages earlier in the notes for the lectures,
6
Merleau-Ponty says that
there is an originary symbolism in dreams that is neither identical with,
nor however totally dinerent from, the perceptive one. Thus we have
a hrst indication connecting, but not identifying, the dreaming and
the perceiving subject. In order to grasp the unconventional mean-
ing of dreams, Merleau-Ponty here invents the very happy expression
hermeneutical reverie.
7
This implies that dreams have to do with the
imaginary, not so much in terms of what Husserl calls Bildbewusstsein,
as in the terms of Phantasie.
Merleau-Ponty credits Freud with this important discovery: as he
writes,
Freud discovered this positive symbolism: this meaning beyond
the meaning has a double sense. One usually retains only the
two separate meanings from it: manifest meaning and latent
meaning. The latter [would be] reinstitution of an original mean-
ing which was then repressed, buried in memory, by censorship.
5. Mrvir~UPoN1v 2002, 212-213 (160).
6. Mrvir~UPoN1v 2002, 201 (151-2).
7. Mrvir~UPoN1v 2002, 204 (154).
163
Luca Vanzago
[...] However, that is not his discovery. If the latent content
were truly buried, dreams would not provide any relief from the
desire. It is necessary that the latent content be accessible to
him in some manner; that the one who dreams and the one who
sees to the bottom of the dream are the same, and that there are
not truly two persons (the unconscious and the censor, the id
and the ego) but communication between them. The censor pre-
supposes a pre-notion of what is censored. But this pre-notion
is not a notion.
8
Merleau-Ponty then goes on to say that, in this doing, Freud touches
upon the structure of oneiric thought, which is symbolism. This
symbolism is neither coming from repression as such (even though it
retains an important connection with repression), nor does it explain
repression, for these two errors suppose the priority of conventional
thinking, based on identity, which characterizes Sartre and Politzer.
9
The problem is, however, how to understand, in Merleau-Pontys
own terms, this primordial symbolism, whose analysis Freud had ini-
tiated, but which must be brought forward. One clue is provided by a
remark in which Merleau-Ponty says that the problem of the imagi-
nary and the real is to nd out how to, at once, avoid distinguishing
them absolutely, and identifying them. Awake life and oneiric life, as he
also denes the two registers, are not one the foundation of the other.
Neither one should be subordinated to the other. Then Merleau-Ponty
writes that what can link them together is desire. Desire is a relation,
and what is more, it is what presides over waking life as well as over
the dream, although perhaps not in the same way. It seems possible
to say, for the moment, that the two registers run parallel to one an-
other, which means not excluding their possible, indeed their constant
exchange. But if consciousness and what can still be provisionally called
the unconscious parallel each other, and even communicate without
being confused nor coincident, and if on the other hand neither one
explains the other, then the process of self-manifestation which is dealt
with in Phenomenology of Perception should be revised, to say the least.
For it does not seem to be able to account for this duplicity. On the
contrary, it seems to imply that one layer, the anonymous unfolding of
8. MP 2002, 201-201 (152).
9. MP 2002, 202-3 (153).
164
Passivity and Time
the corporeal life, brings about the other, the conscious life of the ego,
while undermining the latters traditional claim to constitute the truth
of subjectivity. In these lectures, instead, Merleau-Ponty is probably
suggesting that there is not so much emergence of subjectivity, the
self-manifestation, as rather another kind of relationship.
What kind of relationship? In order to account for it, Merleau-Ponty
must solve the problem of negation. Negation might mean separation,
but in this case one would either fall back into Sartres dualism or into
that bad reading of Freud which ascribes to the founder of psycho-
analysis the notion of a subject below the subject, both subjects being
however fully determined. Negation, furthermore, might serve a dialec-
tical purpose, and already in these lectures Merleau-Ponty clearly wants
to avoid such solution as delusional. Where to look at, then? It seems
useful to develop a suggestion articulated into three layers,
10
according
to which the distinction between the imaginary and the real is:
First, to think the imaginary in terms of an absence of the real
(between brackets in the text);
Second, to think of the dream in terms of a regression to mythical
consciousness;
Third, the idea that symbolism is the imaginary, that the un-
conscious, now equated to mythical consciousness, consists in
a relationship to the world and the others not in terms of ob-
jects (this term seemingly meaning the outcomes of normal
consciousness), but as instances. The rule, adds then Merleau-
Ponty, is in this case the indistinction, and dinerentiation is the
exception.
11
We know that in The Visible and the Invisible there is a similar
assertion. If we compose the three layers, we can suggest the possi-
bility that the unconscious as imaginary (what in Husserlian terms is
Phantasia, not Bildbewusstsein) consists in the absence of a relationship
with the real, which then provokes a regression (which is a temporal
expression) into mythical consciousness, in turn understood in terms
10. Mrvir~UPoN1v 2002, 204 (154).
11. Mrvir~UPoN1v 2002, 205 (155).
165
Luca Vanzago
of greater indistinction.
12
Distinctions are the outcome of progressive
institutions. The institutions are in their turn the enect of events that
inscribe themselves on the subjects process and thus generate existen-
tial dimensionalities. The regression taking place in (for example) sleep,
then, seems to undo what the encounter with the world has produced
on the subject, the world loses its grip over the subject, and thus another
subject, maybe still to be called anonymous, but for dinerent reasons, be-
comes free, at least for a while, to run its life based on unconventional
thinking.
The problem is that this unconventional subject, if I am permitted
to use this expression, permeates conscious life as well. It is and at
the same time it is not there. In turn, conscious life, as Merleau-Ponty
explains at a certain length, permeates the world of the unconscious
as well, for dreams are never pure fantasies deprived of any relation
whatsoever with reality. Freud himself gives a great number of examples
illustrating this point.
Thus the relationship between the two registers is neither total
separation nor total communication. They can communicate, although
they speak dinerent, but then again not totally dinerent, languages. One
seems to be a parody of the other. One resembles the other without
coinciding with it, but certainly also without being truly dinerent. They
seem to entertain that kind of relationship that one has with ones own
mirror double.
At this stage of Merleau-Pontys meditation, therefore, one can no
longer say that he explains the unconscious with perceptive conscious-
ness, although a number of examples and refections still go in that
direction. Nor, however, is one entitled to state that it is perceptive
consciousness to be seen in terms of the unconscious. Perception still
presides over the process of progressive (in a neutral meaning of the
term) institutions that build up a subjects life-history. It is important to
stress that this process has to do with the real, that is, it is not illusory.
Life is no dream, according to Merleau-Ponty, and this has important,
12. A similar account of a progressive disarticulation of acquired structures, which can
be called dis-evolutive, can be found in Freuds study On aphasia (English translation
International Universities Press, 1953; the essay was originally published in 1891).
According to this essay, in case of aphasia the linguistic structures that are lost at hrst
are the most complex and therefore most recently acquired ones, which shows that the
mind has dinerent layers and a history.
166
Passivity and Time
not only ontological, but also ethical and political implications. At the
same time, however, perception can never totally overcome this oneiric
aura that surrounds it because it resembles it, because it seems to work
in a similar way, adopting similar means, at times cooperating, other
times conicting. This is perhaps what Merleau-Ponty actually means
when speaking of the productivity of the unconscious. This position in
my opinion is still in progress at this stage. It can be found in later analy-
ses as well, and here I would like to mention at least the very important,
detailed reading of Claude Simons work given by Merleau-Ponty in the
lectures on Cartesian and contemporary ontology.
What is, then, the temporality proper to this double, mythical and
imaginary life that is not present without being absent? The answer to
this question can perhaps be attained by reecting on a very important
passage, where Merleau-Ponty writes:
The description of the oneiric structure (impossibility of express-
ing, dictatorship of guration, condensation as sole means of
expression) would attribute the disguise of latent thoughts as
much to the condition of the dream as to [the] censor-repressed
struggle Consequently, latent content not to be represented
as thought in the depth of ourselves in the mode of conven-
tional thought, as an absolute observer would represent it. The
unconsciousness of the unconscious [is the] unknown; but not
known by someone in the depth of ourselves. The unconscious
[is the] abandonment of the norms of wakeful expression, i.e.,
of the symbolic as symbolic of self, direct language, which pre-
supposes distance and participation in the category. But this
unconscious is not distant, it is quite near, as ambivalence. The
anective content is not even unconscious or repressed, i.e., the
unconscious as pulsation of desire is not behind our back [...]
[The] unconscious [is] the implex, [the] animal, not only of
words, but of events, of symbolic emblems. [The] unconscious
[is] unknown acting and organizing dream and life, principle
of crystallization [...] not behind us, [but] fully within our held,
but pre-objective, like the principle of segregation of things.
13
To which Merleau-Ponty adds in a note:
13. Mrvir~UPoN1v 2002, 210-211 (158-159).
167
Luca Vanzago
This makes truth transcendent to the I think (desiring, seeing
is not the thought of desiring [or] of seeing) without our being
transformed into objects of an absolute thinker.
14
To avoid assuming the place of the absolute spectator is clearly cru-
cial in order to grasp the specicity of this analysis. Merleau-Ponty is
charging Freud, in his more ocial position regarding the relationship
between consciousness and the unconscious, for adopting such a stand-
point. This means, it seems to me, that the split between the two sides of
the mind can be maintained only as long as one adopts a static rather
than a dynamic perspective. The adoption of a point of view in which
temporality (in its broadest sense, from the process of development of
the Ego to phylogenesis) plays its true role, shows that this split is not
the contrary of communication. In passing, I mention the fact that this
means that Freuds Spaltung comes closer to Husserls Zwiespltigkeit
than one might think at rst sight. At any rate, the question remains of
understanding Merleau-Pontys own proposal. Obviously, this problem
has far wider implications than those present, implicitly or explicitly,
in these lectures just evoking the problem of nature and of animality
which can only be glimpsed at in these dense lines.
Apossible step to take is to develop the indications given by Merleau-
Ponty just before writing the notes reported above. In this connection
he poses the problem of the temporality of the dream.
15
The dream is
ubiquitous, we read, thanks to the symbolic matrices. Thus the dream
is also trans-temporal. The oneiric consciousness is at all times at once,
since it does not imply a splitting (clivage). The dream begins in wakeful
consciousness, and is present in ligree throughout it. As such it is
called a shadow, a germinative production, active sedimentation of
the acts of consciousness, and represents the unconscious itself in its
triple aspect: 1 the underlying implication of psychical life not entirely
engaged in the present act, 2 the imaginary foyer, and 3 the lyrical knot
of humanity (Merleau-Ponty here quotes Henri Ey). Thus, there is an I
dream, which is not the origin of the I live and the I think for the
14. MP 2002, 211 (241). I slightly changed the English translation in
order to accord it with the original French, which reads as follows: Ceci fait vrit
transcendante au je pense (dsirer, voir nest pas pense de dsirer [ou de] voir) sans
nous transformer en objets dun penseur absolu.
15. MP 2002, 208-9 (157-158).
168
Passivity and Time
latter is produced by segregation and even rupture, but at the same time
must be accounted for.
With the expression I dream and its correlative oneiric intention-
ality we touch, I believe, the real core of passivity. Clearly, this is not
a total passivity, for we already know that Merleau-Ponty explicitly
excludes this hypothesis as meaningless in relation to living, not to men-
tion thinking, beings. But at the same time, this kind of intentionality is
not under the control of consciousness, for it hollows out consciousness
itself, it interacts with it, both in the sense of nourishing it and interfer-
ing with it (to the point of hallucination). There is no possibility to fully
integrate this kind of passivity in the process of self-manifestation of
subjectivity adopted in the Phenomenology of Perception. For at least two
reasons: oneiric intentionality blurs conscious intentionality (boug),
and its process is not progressive. On the contrary, the temporality of
the unconscious, if it is omnipervasive, at the same time is stubborn.
The monumental past mentioned several times in VI is one example.
The most relevant one, however, is the time of the repressed, which
brings about the problem of memory and oblivion.
Merleau-Ponty states in the passage quoted above that, in dreams,
there is no splitting. Whence, then, does the splitting derive? And how
to conceive of it? I believe that this is the question Merleau-Ponty does
not really answer. But there are reasons for this lack. One is his refusal
of Hegelian dialectic and (which is crucial) his parallel search for a
dinerent form of dialectical thinking, a hyper-dialectical perspective. In
other words, Merleau-Ponty is afraid of adopting a notion of negation
that then imposes itself and distorts the whole picture.
The alternative can be found in a term that, despite its Hegelian
halo, in my opinion possesses a dinerent meaning in Merleau-Pontys
view: Erinnerung. This term appears once in the lectures on passiv-
ity, but it is crucial. In that text we can read, in relation to Prousts
novel:
The reference of the surroundings to the body which inhabits
them and of the past body to the present: they are variations
of one another and the surroundings are an explication of each.
But of course, the body is substituted here for consciousness
only as the place of our eruption into the world. As empirical
body, it is no less determined than determining (it turns in
the course of the search) We consider it as a vinculum of the
169
Luca Vanzago
temporal and spatial distance, and transformer of space into
time: Erinnerung.
16
As Merleau-Ponty shows in another text, and as it is clear from
this one, here Erinnerung means, literally, not memory, as it usually
means in German, but interiorization. That is, it means that something
external and exterior turns itself into interiority. We can thus suppose
that the body, the esh, is an exteriority that is able to interiorize itself,
folding back onto itself without becoming other than what it constantly
is and remains. This exteriority remaining such, while at the same
time interiorizing itself means that neither is exteriority dialectically
overcome and thus cancelled, nor however can it be thought of as a mere
opacity. The two sides remain separated while entering into contact
with each other. The form of negativity that exteriority represents with
respect to interiority (but the reciprocal holds as well, we might add)
then is neither pure opposition nor direct passage. It rather seems a
form of communication, but distorted and reversed. Once again it is the
mirror image that comes to mind. Per speculum et in aenigmate. Indeed,
the enigma is the symbol of symbolism. Symbolism means something,
but it is not clear what. It conceals but shows this concealment. It
alludes without either remaining silent or speaking clearly enough.
Which is why this symbolism has to do with desire.
Desire clearly points to the relationship between subjects. Accord-
ing to Merleau-Ponty, the system I-the others is a network, a structure
where the relations are in a certain sense prior to the relata. It is within
this eld, which can also be called intercorporeity, that the uncon-
scious must be properly placed in order to be correctly accounted for.
In this perspective, it becomes possible to understand the psychological
phenomenon of projection. This means that negation can be explained
as a form of position: the position of the other, as a translation of the self
into a mask. This masked self perceives itself as other thus enacting
the censorship which apparently is directed to otherness but in fact it
is still related to itself. In this way Merleau-Ponty thinks it possible to
explain the unconscious; as he writes,
See in these cases what the unconscious consists of, if our no-
tion is enough and [the] passive-active relationship. Here we
16. MP 2002, 254 (195).
170
Passivity and Time
will truly see that oneirism is not non-being of the imagining
consciousness, but just beneath the surface of perceptual con-
sciousness; that is it is not lie, but truly a struggle of oneself
against oneself, repression, censorship consisting in the refusal
of our passivity and its great supplier: sexuality. The body as
metaphysical being.
17
From these lines it seems possible to draw the, obviously provisional,
conclusion, according to which passivity characterizes the structure of
intercorporeity in which each bodily subject is always already placed.
Consciousness is in this sense the refusal of this passivity and the
reversion of it into an independent subject that, however, cannot really
undo the knots that tie it to the intercorporeal world from which it
emerges. The emergence of consciousness has to do with a break which
consists, no so much in a cancellation of what precedes it, and even less
in a process of becoming-true of the subject, as in a process of institution
of dimensions which is at the same time a process of reduction of the
ambivalence proper to intercorporeity. Dinerentiation is in Merleau-
Pontys perspective the realization of a coherent story which, however,
can never really overcome the incoherence of that fecund excess which
characterizes the perceptive life of intercorporeity. An excess that can
come back in various forms, some of which are more disturbing and
unexpected than others.
This passivity that underlies active consciousness is thus anecting
the temporal process of self-manifestation itself. Be it the return of
the repressed, the presence of the others in the form of negative hal-
lucination, or the projection of ones own fears and desires into other
selves, this process does not lend itself to be peacefully accounted for
in the model suggested in Phenomenology of Perception. It displays a
deeper form of passivity, anecting temporality itself, which points to
the substitution of a splitting subject with a plurality of poles never
totally controllable.
The separation (which is never an unsurpassable wall but always
something more porous) between consciousness and Merleau-Pontys
version of the unconscious seems then to be granted by perceptive con-
sciousness, which shares something with both. But what is important
17. Mrvir~UPoN1v 2002, 213 (161).
171
Luca Vanzago
to notice is that the fracture between the two comes from below and not
from above. It is not consciousness that represses something and then
pushes it down, but it is rather the very carnal self that works out the
transformation. This poses perhaps a nal problem to Merleau-Pontys
model? Why does this happen, and how to explain it within this frame-
work? There is not nal answer, it seems to me, to this problem, but
a possible solution should be found in the direction of the question of
the network of relationships instituted in the realm of intercorporeity,
along the lines of a conict suggested by Merleau-Ponty himself, but
not fully developed, neither in these lectures, nor actually anywhere
else.
Luca Vanzago
Universit degli Studi di Pavia
Dipartimento di Studi Umanistici
luca.vanzago@unipv.it
References
MP, M. 2002, Linstitution, la passivit. Notes de cours au
Collge de France, 1954-55, English translation Institution and Pas-
sivity: Course Notes from the Collge de France (1954-55), trans. by
L. Lawlor and H. Massey, Evanston (Ill): Northwestern University
Press, 2010, Belin, Paris.
172
Ontology and Deconstruction
Lospitalit dello straniero
Leonardo Samon
1. Ritorno allintreccio hospes/hostis
ll mondo in cui viviamo ci iestituisce in modo inquietante la memoiia
dellintieccio etimologico oiiginaiio tia i due sensi opposti e appaien-
temente incompatibili che si iifeiiscono allespeiienza dello stianie-
io, quello di ospitalit e quello di ostilit (hospes/hostis). La stoiia
etimologica iegistia una dineienziazione dei due vocaboli che coiii-
sponde a due opposte peicezioni dello stianieio.
1
ll piimo vocabo-
lo designa lo stianieio in iifeiimento a luoghi distinti e dehniti di
uno spazio comune, allinterno del quale le identit diveise si posso-
no iiconosceie tia loio sullo sfondo di una familiaiit lo stianieio
e colui che appaitiene a unaltia comunit e possiede unaltia cit-
tadinanza, che lo iende ospite nella nostia comunit, ma coinvolge
ad un tempo questultima in un patto fondato sul iiconoscimento di
unidentit comune al fondo dellalteiit. ll secondo vocabolo guaida
invece alla piovenienza dellestianeit da un fuoii indeteiminato e
incontenibile, e coglie cos il tiatto impenetiabile, impievedibile, pei-
tuibante e ostile dello stianieio, dal quale ci si sente sepaiati da
uno spazio vuoto e abissale. La divisione netta tia questi due signi-
hcati, loblio della loio comune oiigine nelluso successivo, copiono
lassillante bisogno di dineienziazione, sempie acceso e mai del tutto
soddisfatto, tia inclusione ed esclusione. Dal fondo di un inesausto
lavoio di distinzione iisale infatti ogni volta alla supeihcie lintieccio
inesoiabile e inquietante dei teimini che si tenta di manteneie divi-
si e che continuano in paiticolaie a conviveie enigmaticamente in
un vocabolo iiconducibile alla stessa iadice, cioe in hostia, la vittima
saciihcale.
1. Quando lantica societ iomana si tiasfoima in nazione, iicoida Galli, avviene
quella che Benveniste ha chiamato una chiaiihcatiice catastiofe concettuale ospite
viene distinto da nemico e diviene hostipot(i)s, hospes, cioe ospite in senso eminente
(cfi. G~iii 1998, 234).
Leonardo Samon
Nel mondo gieco, la distinzione tia ospite e nemico ha una sua
espiessione paiadigmatica nella contiapposizione tia elleni e baibaii
il piimo tipo di stianieio iesta, come dice Platone nel V libro della
Repubblica, familiare e congenere (oikeon kai syngens) (470 b), mentre
laltro invece estraneo e straniero (allotrion kai othneon), nemico per
natura (polmios physei). A questultimo si pu e si deve talora portare
la guerra (polemos), perch in fondo con lui si per natura in guerra.
Se invece viene rivolta ai greci, ai fratelli, la guerra diventa lotta
intestina, disordine e malattia (stasis), fonte di rovina, perch spezza una
familiarit naturale e lascia una ferit sempre pericolosamente pronta a
riaprirsi nei rapporti con coloro con i quali si deve poi tornare alla pace.
Se il greco, pur straniero nella mia polis, tuttavia come me cittadino
di unaltra comunit ellenica, per cui lospite, il barbaro di contro
lestraneo in senso culturale, colui che non ha nulla in comune con me,
colui a cui manca il terreno comune necessario a qualunque processo di
assimilazione. Il suo ingresso nella sfera della prossimit innaturale e
perturbante.
La distinzione tuttavia permette di caricare di valore positivo lo
straniero e di aprire lo spazio universalizzante dellospitalit. In essa
amora nel mondo greco, come poi in quello romano, unantichissima
cultura dellospitalit incondizionata, nella quale appunto la stranieri-
t resta per cos dire la misura dellospitalit, in nome di una humanitas
in grado di sostenere la commistione dellestraneo in quanto tale con
lospite. Lestensione universale dellospitalit emerge come connatura-
ta allessere umano, per il quale nessuna manifestazione dellumano pu
risultare aliena: homo sum, humani nihil a me alienum puto. A noi
peraltro questa cultura dellospitalit incondizionata giunge anche da
radici non greche. Noi siamo anche eredi della cultura ebraica, eredi cio
di un popolo senza terra, straniero in terra dEgitto, straniero nella sua
origine e perci portato a identihcarsi con questa condizione. Una tale
eredit porta in certo modo la radicalizzazione dellospitalit incondizio-
nata, suggerendo un possibile rovesciamento del rapporto tra identit ed
estraneit. Leredit ebraica ci arriva oltretutto prevalentemente attra-
verso il suo esito evangelico, quello che non solo nellaccoglimento dello
straniero riconosce laccoglimento del divino, ma vede perhno il divino
stesso raccogliersi interamente nello straniero: ero straniero (xenos) e
mi avete accolto (synegagete) (Mt, 25, 35: la parabola dellultimo giudi-
zio). La stranierit messa in questo caso al centro della synagog: essa
176
Lospitalit dello straniero
diviene in ceito modo il fondamento e la misuia della comunit. Cos
giunge a compimento il iibaltamento diastico dellassetto concettuale
che sembieiebbe dappiima suboidinaie, anche nella tiadizione ebiai-
ca, laccoglienza dello stianieio alla distinzione piegiudiziale tia due
accezioni della paiola stianieio nekar o nakr, lo stianieio cultuiale,
spesso oggetto di iihuto, e ger, il senza teiia e poveio nella mia casa.
Una distinzione che, pur con tratti diversi, d voce da una parte alla
percezione negativa della stranierit quale minaccia del non familiare,
e dallaltra alla percezione positiva della stranierit quale annuncio di
un segreto avvento di Dio stesso nello spazio della convivenza, di fatto
inevitabile, con lo straniero interno, lo straniero fra noi, quando
riusciamo a trasformarla nellaccoglimento del povero e ultimo.
2
La commistione di ospite e nemico dice qualcosa di importante
sul modo in cui si costituisce la comunit, che comincia dal proprio e
termina nel tutto, secondo unemcace formula di B. Waldenfels.
3
Se
volgiamo lo sguardo al passato, osserviamo che un tale percorso ver-
so il tutto intreccia linclusione dellestraneo, il superamento della
semplice estraneit, con la discriminazione e lespulsione, giocando la
somiglianza contro la diversit, la fratellanza contro linimicizia di natu-
ra. La comunit si costituisce cos attraverso la separazione dellospite
inquietante dallospite come me, per cui tende antinomicamente a
sottomettere lunit e la totalit al principio della propriet pura e
della pura identit. Allinterno di un tale processo si consolida la
nozione normalizzata di straniero, nel signihcato neutro di colui che
cittadino di unaltra terra e ospite nella mia. Lo straniero ospite
nella mia terra e nativo nella sua cos come io sono il nativo che di-
viene ospite nella sua terra. Abbiamo in questo caso laltro dotato in
principio dei miei stessi diritti, con la medesima condizione di alterit
che caratterizza potenzialmente me, ospite a mia volta nella terra dello
straniero. La separazione degli spazi e delle identit posta a garanzia
di una tale eguaglianza, sulla quale sempre incombe lesplosione di
rivalit. Protetta dalla distanza geograhca, la diversit non mostra il suo
lato inquietante, perch fondata da una parte sulleguaglianza, sulla
reciprocit, e dallaltra sulla separazione delle sfere di propriet. Quanto
2. Vanno considerate comunque, in proposito, le puntualizzazioni di Rizzi 1998,
244-253.
3. W~iurNiris 2007, 15.
177
Leonardo Samon
di pioblematico la ielazione con lestianeo piesenta, viene iespinto
almeno nello stato di pace sullo sfondo di una sepaiazione spaziale che
tiene a bada gli antagonismi, e in tal modo iende compatibili i diveisi.
Da entiambe le paiti si iiconosce la iecipioca estianeit, che iiposa peio
sullidentica ielazione di appaitenenza a comunit identitaiie.
Tuttavia solo appaientemente questa diveisit e iiscattata dallos-
tilit e accolta inteiamente nello spazio dellospitalit. Ci si tiova in
un ceito senso nella stessa dinamica iiiequieta, alle piese con confitti
pionti sempie ad insoigeie, che e piopiia della tolleianza, con il suo
piesupposto stiuttuiale di un dislivello tia colui che tolleia da una po-
sizione di sovianit, e colui che e tolleiato nella posizione di chi non
e immediatamente legittimato a eseicitaie diiitti, in quanto stianieio
ospitato in una teiia che non gli appaitiene. ll diiitto si costituisce
peio piopiio su questa base. Lo stianieio, cui appaitiene unaltia teiia,
iitiova elementi di eguaglianza con s in chi lo tolleia il diiitto
divide cioe in diveise appaitenenze uno stesso teiiitoiio, distiibuisce
in qualche modo la sovianit senza intaccaine il piincipio. Lospitalit
si piesenta in questo caso nella foima appaientemente pacihca di una
iestiizione dello spazio dellintolleianza, che continua a colpiie solo chi
pietendesse, da ospite, di fai valeie gli stessi diiitti del nativo, ovveio chi
mettesse in ciisi la geiaichia tia lospitante e lospitato, iihutando cos la
paitizione giuiidica dellidentit, del teiiitoiio comune, in estianeit
che tuttavia iestano compatibili con il piincipio soviano dellidentit in-
divisibile. l limiti del iiconoscimento iecipioco, iidotto al bilanciamento
di iappoiti di foiza che si possono iovesciaie, iiescono in questo caso
pievalentemente a conteneie il loio ietioteiia di ostilit, piotetti come
sono dalla sepaiazione geogiahca, sociale, cultuiale, economica. lino a
quando una simile coinice tiene, la tolleianza dello stianieio mette in
comune la iecipioca estianeit, toglie ad essa il caiatteie minaccioso
dellassolutamente altio e la tiasfoima in una diveisit compatibile con
il iifeiimento a piincipi comuni.
Non va mai dimenticato tuttavia che la tolleianza, cos conhguiata,
coltiva paiimenti un iigetto di ogni altia estianeit, di ogni diveisit
che possa cieaie distuibo alla sostanziale eguaglianza un iigetto pion-
to a manifestaisi di fionte alla diveisit che si intioduca nel teiieno
saldamente piesidiato dallamnit. Cos Locke, il giande hlosofo della
tolleianza, negava il diiitto ad essa non solo a quei culti ieligiosi che
minacciano piincipi umani fondamentali (come quello alla vita), ma
18
Lospitalit dello straniero
anche pei esempio ai cattolici e agli atei, che in modo diveiso a suo
giudizio minavano il fondamento stesso della comunit. Pui sotto il
goveino della tolleianza, ogni piocesso di familiaiizzazione continua in
questo modo a iisultaie compiomesso con un iigetto dellestianeit, e
cos ogni pace con la gueiia, ogni accoglimento del divino a piincipio
della comunit con lespulsione di una vittima saciihcale, lhostia.
2. Rovesciamento dei rapporti tra proprio ed estraneo
Oggi peio siamo costietti dalle ciicostanze, e foise siamo ad un tempo
chiamati a iovesciaie il iappoito tia identit e alteiit, hnoia goveinato
dal piedominio appaientemente iassicuiante ma in iealt iiiequieto
dellidentit, e a piovaie ad aniontaie lospitalit alla luce di quella che
abbiamo chiamato stianieiit, cioe alla luce della piesenza inva-
dente del lontano. Urge infatti, nellambito pi intimo della nostra
propriet, uno straniero che sta al di fuori dei limiti della familia-
rit e dellinsieme dei simili con cui potenzialmente si gi familiari.
Questa pressione non dovuta per solo allarrivo di individui carat-
terizzati da distanza geograhca, hsica, culturale, religiosa. Il vissuto
dellinvasione determinato innanzitutto da un fattore ancora pi
generale: in unepoca che annulla le distanze e crea il villaggio
globale, si fa esperienza di una prossimit non voluta, costrittiva, cio
lesperienza dellaltro che sconhna senza regole nella sfera della no-
stra identit e propriet. Abbiamo la radicalizzazione dello straniero
interno, non conhnabile nella lontananza dellesotico e del separato.
Questesperienza, che ha indubbiamente un impatto drammatico, pu
far emergere per aspetti della relazione interumana che ci appellano
segretamente da tanto tempo (o persino, con unespressione biblica
usata da Girard, ci attendono nascostamente sin dalla fondazione del
mondo). Essa ci pu aiutare a scoprire che il prossimo (anche quan-
do si tratti del familiare) sempre lo straniero, lultimo e il senza terra
nel mio territorio, il povero nella mia casa, il che signihca per anche
che egli qualcuno che occupa il mio territorio e la mia casa senza
esserne proprietario.
La prossimit per natura, apparentemente contenuta in modo pie-
no nella familiarit (la syngneia di Platone), dai tempi di Caino e Abele
si rivela sotto la costante minaccia di confitti e di intolleranza, ed anzi
incessantemente intorbidata da sentimenti di estraneit. La congene-
179
Leonardo Samon
iicit sta sotto il dominio di una ielazione negativa con lestianeit,
e peicio nasconde al suo inteino linsoigeie indomabile di piocessi
di espulsione di essa. Se questa e la condizione apoietica nella quale
piecipita fatalmente la pietesa di una familiaiit naturale, lo stianieio
fia noi e invece il messaggeio di un legame doiigine dellidentit con
lalteiit, il testimone del passaggio costitutivo dellidentit attiaveiso
un distacco dal piopiio e una familiaiizzazione con lestianeo. Con
lespeiienza dello stianieio si entia anzi in un peicoiso allinteino del
quale il piopiio non iisulta pi per natura il piincipio della ielazio-
ne con lestianeo. Emeige piuttosto che la hssazione di una piopiiet
oiiginaiia nasconde nella sua stessa oiigine lespulsione della diveisit.
Allo stianieio fia noi, se queste sono le condizioni, mi scopio
chiamato ad esseie piossimo, nel senso che la piossimit tiasfoima in
senso positivo liiiuzione dellestianeo nella costituzione della mia stes-
sa identit e mi immette pei la piima volta in modo autentico nella mia
piopiiet. La posizione di una dimensione puia della familiaiit,
non contaminata dallestianeo, si mostia pei contio come il iisultato
di unastiazione violenta dalla diveisit allinteino stesso dellamnit
socio-cultuiale o della paientela. ln ultima istanza iisulta addiiittuia
che in una societ che pietenda di piescindeie dallaccoglienza dello
stianieio inteino nessuno e alla hne iiconosciuto ogni individuo e
indineiente allesseie dellaltio, e non puo mai deteiminaisi in quanto
altio, cos come secondo la Aiendt (Le origini del totalitarismo) accade
negli stati totalitaii. Dove, infatti, ogni diveisit e compiessa e iigettata,
laltio non e iiconosciuto neanche come uomo ma se nessuno e ospi-
te, nessuno e nemmeno cittadino, peich nessuno e in una posizione
diveisa dallaltio, o viceveisa tutti sono, in quanto diveisi, nemici, in
base a unidentit chiusa a ogni alteiit.
4
Un tale sistema totalitario
distrugge alla hne il carattere sociale dellunit e distrugge dunque se
stesso. Ma se una comunit senza ospitalit verso lo straniero nemica
di se stessa, allora una comunit vitale solo se ospitante e ospitato
sono possibili, ovvero solo se ognuno laltro dellaltro e riceve in
quanto altro lidentit. Con queste premesse, lospitante non pu essere
nemmeno colui che semplicemente tollera da una posizione di supe-
riorit e di irrelativit, ma rientra anchegli interamente dentro la logica
dellospitalit, dalla quale germina il nucleo pi profondo dellidentit e
4. Cfr. quanto ne dice G~iii 1998, 240.
180
Lospitalit dello straniero
della piopiiet, cos come esso iisuona nel comando del Levitico, con
la sua specialissima iivisitazione della iegola auiea Lo stianieio
dimoiante fia di voi lo tiatteiete come colui che e nato fia di voi, tu
ameiai lo stianieio come te stesso, peich anche voi siete stati stianieii
nella teiia dEgitto (Lev 19, 34).

Qui il piossimo e gi lo stianieio e


soltanto nellamoie con cui ci appiossimiamo, ci facciamo piossimi allo
stianieio, attingiamo la nostia stessa identit.
Nellepoca planetaiia nella quale viviamo, un veitiginoso avvici-
namento del lontano fa veniie inesoiabilmente in piimo piano il nemico
in ogni estianeo, mentie la hguia dellospite sembia peideie la sua
foiza dappello di fionte alleiosione incessante dei maigini di tolleia-
bilit del diveiso. Lavvicinamento e infatti innanzitutto solo il fiutto
dellimpoisi della comunit globale nella foima di unomologazione
fattuale e iiiesistibile, che tiavolge nelleguaglianza ogni conhne geo-
giahco e cultuiale. Leguaglianza ha peio in questo caso solo la hguia,
cieca alle dineienze, di unidentit anonima, senza piopiiet (senza
privacy), cioe senza iiconoscimento di diveisit, le quali al contiaiio
vengono espulse occultamente sotto labbagliante tiionfo delleguale
si tiatti della condivisione del meicato, del piogiesso tecnico, o invece
dellinquinamento ambientale se non addiiittuia delle aimi tecnologiche
come simbolo paiadossale nel quale si iiconosce unidentit posta da
tutti, senza discussioni, al di l delle dineienze cultuiali. ln questa cata-
stiofe dellospitalit tiamontano anche e questo e foise il tiatto pi
inquietante e indecifiabile le iegole consolidate che in passato hanno
distinto lospite dal nemico da combatteie, pioteggendo a loio modo il
costituiisi delle societ nella stoiia che abbiamo alle spalle. Oimai la
comunit globale goveina in modo del tutto inedito. Essa appaie so-
vianamente indineiente allospitalit, in quanto poitatiice di un oidine
peivasivo, senza iesidui di piopiiet e di piivatezza un oidine, pei
diila con Levinas, nei confionti del quale nessuno puo piendeie le di-
stanze.

Dove e bene iicoidaie che un tale oidine desciive pei Levinas


la logica specihca della gueiia, cioe di un compoitamento umano pieso
nellincantesimo del desideiio di unidentit esoneiata dehnitivamente
dalla diveisit, e pei questo iisucchiato nel voitice di una tendenza alla
distiuzione e allautodistiuzione.
. Cfi. Rizzi 1998, 248, dove viene detto che quello biblico e un Dio di stianieii.
. LrviN~s 1980, 20.
181
Leonardo Samon
3. Dalla salvaguardia delle dierenze allunit come prossimit
e somiglianza
Una tale logica della guerra stata interpretata recentemente da
Girard come una tendenza allestremo,
7
nel senso di uninarrestabile
distruzione della diversit causata in realt paradossalmente dal deside-
rio di una diversihcazione radicale, ossia dal rihuto delleguaglianza. In
questa situazione, lospite scompare cedendo per intero il suo posto al
nemico invasore. In un mondo dominato da un potere apparentemen-
te inarrestabile di omologazione, ogni diversit viene radicalmente da
fuori. Essa non viene pi riconosciuta, e acquista un tratto apocalit-
tico, che qui vale come semplicemente distruttivo. Anzi, nella lettura
di Girard, qui si presenta un tratto diabolico. Perch lomologazione
il rihuto della contaminazione dellidentit con la diversit, e pertan-
to inconsapevolmente laspirazione a una diversihcazione radicale,
sottratta allessere come laltro. una tale aspirazione quella che fa
esplodere il confitto di civilt, a partire dalla percezione di essere,
senza possibile alternativa, meramente invasi dallaltro (il non occi-
dentale), il quale a sua volta, trovandosi anchegli sempre pi coinvolto
nel processo di omologazione, si sente invaso dalla nostra estraneit
(dalloccidentale).
In base a questo quadro girardiano, la questione che diviene decisiva
nel nostro tempo non tanto la salvaguardia delle diversit, quanto
laccoglimento della somiglianza. Il mero rispetto della diversit, ricol-
locando incessantemente laltro in un altrove, non risponde pi alle
urgenze del tempo presente, in quanto oggi non riesce a hssare lo sguar-
do sullinevitabile contiguit dellestraneo, e si ritrae inavvertitamente
dalla sua minacciosa prossimit. La scoperta della somiglianza inscrive
invece luguaglianza in un processo di ritorno allidentit, nel quale la
diversit non resta esclusa ma anzi elemento costitutivo.
Del resto, a ben vedere, anche il rispetto della diversit, ovve-
ro la tolleranza quale la ereditiamo dalla modernit, merita il pro-
prio, problematico nome a causa del fatto che essa non pu che ri-
volgersi verso ci che ritenuto diverso, estraneo, non condivisibi-
le, insomma potenzialmente tale da suscitare una tendenza allostilit
e da venir percepito come una minaccia in certo modo intollerabi-
7. Cfr. Giv~vu 2008.
182
Lospitalit dello straniero
le. Lo stianieio inteino esalta in fondo una tale, stiuttuiale an-
tinomia della tolleianza, che viene chiamata oggi come non mai a
soppoitaie, a tenei conto dellintolleianza, e dunque (a paitiie dal
suo ambivalente signihcato letteiale) in qualche modo a shdaie il
nocciolo duio dellintolleianza, accogliendone il peso e sostenendo-
ne peihno, in ceito modo, lesistenza in s altiimenti contiadditto-
iia. Lospitalit, secondo la sua vocazione in iealt pi autentica, si
puo diie desciitta nel modo miglioie dellinvito paolino (Gal , 2)
poitate i pesi gli uni degli altii. Essa e in se stessa la capacit di
accoglieie peihno lintolleianza (altiui e piopiia), senza lasciaisene
disintegrare.
Lo stianieio tia noi iovescia hno in fondo una nozione di ospi-
talit legata allamnit natuiale (la syngeneia platonica), che la con-
diziona a unesclusione pieliminaie, ed evoca al suo posto lessenza
pi piofonda dellospitalit stessa, in un peicoiso che piende inizio
dallaccoglienza incondizionata dellestianeo. Una tale incondizionatez-
za peraltro, come Derrida ha emcacemente mostrato, non pu sottrarsi
al lavoro di negoziazione con le condizioni dettate dallasimmetria, costi-
tutiva dellospitalit, tra chi a casa propria e chi viene da fuori
8
:
laccoglienza incondizionata irrompe come un appello che ha senso
rivolgere solo a chi a casa propria, e dunque sta a sua volta sot-
to questa condizione. Mi sembra per che non ci si possa fermare a
questo momento antinomico dellospitalit, sempre messo in pericolo
dalla rottura dei conhni e dallesperienza dellinversione dei ruoli, cio
dallirruzione della propriet dellaltro. Il tratto antinomico, lungi
dal distruggere lospitalit, rinvia a un legame che si colloca al di l
dellinterminabile rovesciamento di posizioni tra loro diverse e opposte.
Rinvia in altri termini a un ritorno delleguaglianza, ma nella hgura
rinnovata dellospitalit quale accoglienza della somiglianza, cio di
un modo di essere eguali che non esclude dinerenza e pluralit. In
questo modo, lospitalit torna alla hne ad essere accoglienza degli
altri come noi: ma qui non pi lamnit di natura a sostenere la
somiglianza attraverso la sistematica emarginazione della diversit con
il suo sempre risorgente attrito, quanto piuttosto la somiglianza a
fondare lidentit nel recupero e nella valorizzazione costruttiva della
diversit.
8. Cfr. Drvviu~ 2000.
183
Leonardo Samon
Se si assume che oggi non e tanto la dineienza a esseie diventata
oggetto di timoie, quanto la somiglianza (che non e il suo contiaiio,
peich appunto non e la meia in-dineienza), si puo guaidaie in mo-
do nuovo allattuale piocesso di globalizzazione, con la sua appiossi-
mazione foizata di tutti i popoli pi diveisi pei cultuia, tiadizioni e
oidinamenti sociali. La confusione delle identit dietio la quale pei
un veiso occoiie leggeie lenetto di un piedominio e di uninvasione,
a loio volta messe di fionte alla potenza incalcolabile di una ieazio-
ne simmetiica e appunto al iischio di una tendenza allestiemo
puo esseie pei altio veiso anche loccasione di una iiscopeita iadica-
lizzata della somiglianza, cui oggi e amdata la possibilit di fondaie
nellunico modo iealistico la comunit umana. Luguaglianza, subta
dappiima nella foima intimamente antagonistica dellomologazione,
cioe di unidentit che iihuta la diveisit, puo tiasfoimaisi in un valoie
oscuiamente iiceicato in ogni incontio inteiumano, peich in giado
di fondaie e di sosteneie entio una convivenza possibile il veniie in-
contio dellestianeo. Ceito qui la comunit si apie innanzitutto a uno
squilibiio, nel momento in cui iinuncia al caiatteie meiamente natu-
iale o meiamente immediato di una base comune di valoii e di intenti,
e paitendo in questo modo dalla iinuncia iniziale a una piesunta,
peifetta iecipiocit investe sul legame tia diveisi, amdando a questa
ielazione lattuazione della piopiia identit. Si potiebbe foise leggeie
in questi teimini lavventuia dellidentit desciitta nella paiabola del
buon samaiitano (Lc 10, 2 ss.). ln essa Ges iovescia la piospettiva
di chi inteiioga, facendo nasceie la stessa identit di chi ceica il suo
piossimo dallespeiienza dellincontio con lestianeo. Cos, alla doman-
da chi e il piossimo pei me (mou)`, il dottoie della legge si sente
iispondeie che il piossimo e colui cui egli si faccia piossimo, abban-
donando la piopiia identit pei appiossimaisi a chi e lontano (come
sono tia loio giudei e samaiitani). Qui lo stianieio iaccoglie inteia-
mente in s il volto del divino peich evoca il fondamento essenziale
dellaccoglienza. ll divino e iiconosciuto nel tiatto del iaccoglimento
del pi lontano.
ln questa luce la condizione attuale ci fa viveie un momento stoiico
decisivo, piopiio quando siamo in qualche modo costretti dallavvicinaisi
piessante del lontano. A causa di questa invasione (che stentiamo a
leggeie nella foima ieattiva di una iisposta a una nostia di noi occi-
dentali invasione, scivolando cos peiicolosamente nella china della
184
Lospitalit dello straniero
tendenza allestiemo desciitta da Giiaid) ci accade come mai piima di
speiimentaie linsumcienza di un iappoito alla stianieiit fondato
su unidentit natuiale, teiiitoiiale, statica e iiielativa, peich questo
iifeiimento oimai pioduce subito in noi lintolleianza, ingoveinabile a
dineienza di quanto ancoia accadeva in un iecente passato, nel quale,
piotetti entio conhni stabili e iassicuiati da distanze invalicabili, pote-
vamo continuaie a distiibuiie lo stianieio tia ospite e nemico. Piopiio
questo momento stoiico ci piessa peio, daltia paite, veiso una politica
in giado di iiscopiiie la somiglianza, e dentio di essa di nuovo la diveisi-
t, l dove ce solo quella confusione delle identit, sotto il cui piocesso
di omologazione si avveite sempie pi il iibolliie dei confitti, da quello
sociale a quello di civilt. Lospitalit dello stianieio, con il suo in-
teino sbilanciamento oltie il teiieno iassicuiante della iecipiocit, puo
diveniie la pietia angolaie sulla quale edihcaie questa politica, lunica
in giado di feimaie la spasmodica iiceica della diveisit iiiiducibile,
della supiemazia, della vittoiia, con la sua coisa veiso la catastiofe.
Pei sbilanciamento intendo la capacit di paitiie dallospite inquie-
tante, dallestianeit del piossimo, e cioe anche la capacit di sosteneie
il peso dellintolleianza e di appiossimaie attivamente il lontano, acco-
gliendolo nella sua lontananza e iiscopiendone la piossimit. Oggi la
ielazione con lo stianieio, al di qua di ogni scelta, deve in qualche modo
paitiie dalla soppoitazione del peso dellestianeit, mentie si vede ad
ogni passo sbaiiata la scoiciatoia veiso una comunit utopica nella qua-
le la familiaiit saiebbe libeiata dehnitivamente dallestianeo. Ma quella
che allinizio e peicepita semplicemente come una costiizione poita al
suo inteino un appello e una iisposta, che la tiasfoima intimamente in
unuigenza etica e in una piospettiva di futuio positivo. Mai come oggi
iitoina attuale, e caiicato di un soipiendente iealismo (inteso come iadi-
cazione di un ideale in un fatto), il comando evangelico dellamoie pei il
nemico. Laccoglienza speiimenta sempie, anche quando ne sembia lon-
tanissima, questa tiasfoimazione del nemico nellospite, dellestianeo
nel piossimo. E questa tiasfoimazione che istituisce la familiaiit, di
cui si andiebbe vanamente in ceica tiasfoimando laltio nellidentico,
cioe iigettando la sua diveisit. Si tiatta di un piocesso che esplicita
innanzitutto la pauia, che scopie innanzitutto lhostis, che iipiende il
cammino dalle antinomie dellospitalit incondizionata ma questo
piimo passo sta appunto dentio un cammino che iaccoglie paziente-
mente lopposizione iniziale in una ielazione capace di integiaila e in
18
Leonardo Samon
cio stesso di supeiaila, giungendo a una familiaiit che si puo attingeie
solo da ultimo e nellultimo, e mai semplicemente iivendicaie alla sua
base natuiale.
Leonardo Samon
Universit degli Studi di Palermo
leonardo.samona@unipa.it
Riferimenti bibliograci
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W~iurNiris, B. 2007, Estraniazione della modernit, a cura di F. G.
MrNc~, Citt aperta, Troina.
186
Derrida e il pensiero del vivente
Carmine Di Martino
1. La strana logica dellautoimmunit
Negli ultimi anni della pioduzione deiiidiana fa la sua insistente, con-
tinua appaiizione la nozione di matiice biologica e medica di au-
toimmunit. La sua piima occoiienza testuale si tiova in Spettri di
Marx, pubblicato nel 1993, ma la sua emeigenza e indubbiamente pie-
paiata da tutta lopeia piecedente, essa si annuncia, in questo senso,
come un altio nome di qualcosa, una legge, che ha accompagnato hn
dallinizio il pensieio di Jacques Deiiida e ne iappiesenta foise il tiatto
caiatteiistico, la hima la legge della dirance. Lamoiaie e limpoisi
di questo teimine, autoimmunit, segna tuttavia anche uno spostamen-
to, una diveisa distiibuzione di piimi piani e di sfondi. ll fatto che, a
paitiie da Spettri di Marx, Deiiida inizi a utilizzaie massicciamente la
categoiia di autoimmunit ha a che vedeie con la centialit sempie
pi esplicitamente assunta dalla questione della vita e da un pensieio
del vivente allinteino del lavoio decostiuttivo. Peich pailaie cos
di autoimmunit`, si chiede Deiiida in Stati canaglia, dieci anni dopo
la piima compaisa del nome E pei potei collocaie al centio del mio
discoiso la questione della vita e del vivente, della vita e della moite,
la vita la moite.
1
Attiaveiso la nozione di autoimmunit e dunque
la questione della vita, listanza di un altio pensieio della vita e del
vivente altio almeno iispetto a quello tiadizionale, ma anche a quello
biopolitico di matiice foucaultiana e al vitalismo di ispiiazione beigso-
niana, pei esempio nella sua veisione deleuziana guadagna il centio
della scena decostiuttiva, avendo in ogni caso sempie occupato in essa
una posizione di assoluto iilievo. E dimcile immaginaie, oggi, sia pei
quello che ancoia potiemmo convenzionalmente chiamaie un pensieio
hlosohco sia pei la iiceica scientihca, un punto pi incandescente, pi
caiico di uigenza e di implicazioni, anche politiche e peihno ideologiche
la vita, il vivente, i viventi animali e umani, la piopiiet e impiopiiet
1. Drvviu~ 2003b, 1-8.
Carmine Di Martino
della vita, il suo iappoito con la tecnica, la manipolazione dei viventi
ecceteia. Lo documentano sui diveisi veisanti, scientihco e hlosohco,
gli sviluppi della biologia, della genetica, dellingegneiia genetica, da
una paite, e della biopolitica e della bioetica, dallaltia, comunque li si
vogliano consideiaie. A cio si deve poi aggiungeie la poitata politica
della nozione di autoimmunit, che fa di questultima una leva stia-
tegica della meditazione deiiidiana sulla condizione e il destino della
demociazia.
ln questa sede voiiemmo compieie una piima, iapida iicognizione
del pensieio del vivente in Deiiida attiaveiso la lente dingiandimento,
la piospettiva, dellautoimmunit, pei poi allaigaie e complicaie il
discoiso amdandolo a ulteiioii sviluppi. Entiiamo nel vivo del tema.
Nellottica biologico-medica con malattia autoimmune sintende
una patologia del sistema immunitaiio pei cui un oiganismo ieagisce
contio i piopii elementi costituenti. ln condizioni noimali, vi e infatti
uno stato di tolleianza immunitaiia le stiuttuie del piopiio oiganismo
vengono iiconosciute come piopiie dalle cellule del sistema immuni-
taiio e come tali non vengono iigettate. Nella patologia autoimmune,
loiganismo consideia invece come estianee cellule che sono sue, at-
tivando conseguentemente contio di esse una iisposta immunitaiia,
che diviene peicio auto-immune, danneggiando o distiuggendo i piopii
stessi componenti (tessuti, oigani ecc.). La ieazione auto-immune consi-
ste nella pioduzione di auto-anticoipi contio auto-antigeni, vale a diie
contio cellule che, pui essendo paite del piopiio oiganismo, vengono
eiioneamente individuate come antigeni, ossia come quegli agenti
estianei e potenzialmente dannosi al piopiio oiganismo che noimal-
mente scatenano la iisposta immunitaiia. Sullaltio lato, ma sempie
nellambito degli squilibii del sistema immunitaiio, si colloca come
noto limmunodepiessione, cioe linsumciente ieazione immunitaiia
dovuta al mancato iiconoscimento di un antigene (come nella sindiome
da immunodehcienza acquisita, lAlDS, che nel suo sviluppo ha come
enetto di espoiie loiganismo a tutte le aggiessioni esteine, le malattie,
hno alla sua distiuzione).
Deiiida e paiticolaimente inteiessato al piocesso autoimmunitaiio
e a una geneializzazione della logica a esso immanente, che e nella
sua lettuia una logica doppia. Egli iilegge infatti la nozione di au-
toimmunit secondo due diveise diiezioni, come si coglie dal seguente
passaggio dellinteivista condotta da Giovanna Boiiadoii sull11 settem-
188
Derrida e il pensiero del vivente
bie. Nel contesto di una discussione sul caiatteie di evento dellattentato
dell11 settembie, su cui toineiemo pi avanti, Deiiida piopone una
foimulazione del concetto di autoimmunit Un processo autoimmuni-
tario , lo si sa, quello strano comportamento del vivente per il quale,
in maniera quasi suicida, esso si impegna a distruggere se stesso, le
proprie protezioni, ad immunizzarsi contro la propria immunit.
2
Lautoimmunit dunque intesa sia come auto-distruzione, in linea con
il signihcato medico, sia come distruzione delle proprie protezioni, come
immunizzazione dallimmunit. In questo secondo caso la nozione di
autoimmunit si orienta piuttosto verso quella di immunodepressione o
immunodehcienza.
a partire da questa seconda accezione che Derrida lavora a una
generalizzazione o a una estensione senza limiti del concetto. ci
che si evince con chiarezza quando egli si impegna per la prima volta,
in Fede e sapere, nella dehnizione dellautoimmunit. soprattutto
nel campo della biologia che il lessico dellimmunit ha sviluppato la
sua autorit. La reazione immunitaria protegge lindennit del corpo
proprio producendo degli anticorpi contro gli antigeni estranei. Quanto
al processo di autoimmunizzzazione che qui ci interessa in particolare,
com noto esso consiste, per un organismo vivente, nel proteggersi dal-
la propria auto-protezione distruggendo le proprie difese immunitarie.
Dal momento che il fenomeno di questi anticorpi si estende a una zona
molto pi larga della patologia e visto che si ricorre sempre pi spesso a
virt positive di immunodepressori destinati a limitare i meccanismi di
rigetto e a facilitare la tolleranza di certi trapianti dorgano, ci avvarremo
di questo allargamento e parleremo di una sorta di logica generale della
autoimmunizzazione.
3
In Fede e sapere, Derrida interpreta dunque de-
cisamente lautoimmunit come immunizzazione dallimmunizzazione,
come protezione dalla propria protezione immunitaria attraverso una
distruzione delle proprie difese, discostandosi dal concetto biologico-
medico, rielaborandolo cio in direzione dellimmunodehcienza, con
un riferimento allAIDS che si fa esplicito nella edizione francese del
testo (pubblicato un anno dopo ledizione italiana del 1995). Vi sono
daltra parte teorie non importa qui hno a che punto fondate che
considerano la sindrome da immunodehcienza acquisita come malattia
2. Drvviu~ 2003a, 102.
3. Drvviu~ 1995, 48, n. 23.
189
Carmine Di Martino
autoimmune. Recenti studi, infatti, sostengono che il viius dellHlV pro-
vocherebbe lapoptosi (una sorta di suicidio o di morte programmata) dei
linfociti preposti alla risposta immunitaria e perci una autodistruzione
del sistema immunitario in termini derridiani, una immunizzazione
dalla propria immunit , dando luogo allo sviluppo dellAIDS.
4
Il senso
che Derrida intende attribuire alla logica generale della autoimmu-
nizzazione quindi predelineato, da una parte, dal riferimento alle
virt positive degli immunodepressori nei casi di trapianti dorgano
e, dallaltra, dalla interpretazione della sindrome da immunodehcienza
acquisita come malattia autoimmune, in cui cio il sistema immunitario
attacca se stesso, si autodistrugge. Lautoimmunit pertanto, scrive
Derrida in Stati canaglia, quella strana logica illogica attraverso cui
un vivente pu spontaneamente distruggere, in modo autonomo, ci
stesso che, in lui, destinato a proteggerlo contro laltro, a immunizzarlo
contro lintrusione aggressiva dellaltro.
5
2. Dirance e vita
Ma in che senso questa strana logica illogica, questa difesa dalle
proprie difese, avrebbe a che fare con un altro pensiero della vita e del
vivente? Se Derrida si interessa allo schema autoimmunitario non
certo per un gusto del patologico o per una perversa e nichilistica predi-
lezione per ci che mortifero; al contrario, perch nel patologico, il
processo di autoimmunizzazione, si rende visibile una legge, quella della
dirance, come condizione di possibilit, o meglio, come condizione
di im-possibilit della vita del vivente nella sua singolarit, che al
tempo stesso e indisgiungibilmente la rende possibile e impossibile, la
consente e la minaccia, e regola lorganizzazione della vita in generale
(si tratti dellindividuo vivente o della comunit, quindi del politico).
in Spettri di Marx che lautoimmunit si annuncia come costi-
tutiva della vita del vivente e come un altro nome della legge della
dirance. Qui per la prima volta il rapporto tra dirance e vita si
presenta in termini di autoimmunit. Indicando il luogo della somiglian-
za inquietante dei due nemici giurati, Marx e Stirner, Derrida anerma:
4. Rimandiamo in proposito alla puntuale ricostruzione di Simone Regazzoni, com-
piuta in due riprese. Cfr. Rrc~zzoNi 2012, 70-2 e la voce Autoimmunit a cura di S.
Regazzoni in F~cioNi et al. 2012, 40-9.
5. Drvviu~ 2003b, 177.
190
Derrida e il pensiero del vivente
Entiambi amano la vita, il che va bene ma non va da s pei degli esseii
hniti sanno che la vita non va senza la moite, e che la moite non e al
di l, fuoii della vita, a meno che non si insciiva lal di l allinteino,
nellessenza del vivente. Essi condividono entiambi, manifestamente
come voi e me, una piefeienza incondizionata pei il coipo vivente.
Ma piopiio pei questo conducono una gueiia senza hne contio tutto
quel che lo iappiesenta, che non e coipo vivente, ma che gli spetta
(revient) la piotesi e la delega, la iipetizione, la dirance. Essi non
vogliono sapeie che lio vivente e auto-immune. Pei difendeie la sua
vita, pei costituiisi in io vivente unico, pei iappoitaisi, come il mede-
simo, a se stesso, lio-vivente e necessaiiamente poitato ad accoglieie
laltio allinteino (la dirance del dispositivo tecnico, liteiabilit, la
non-unicit, la piotesi, limmagine di sintesi, di simulacio e cio comin-
cia con il linguaggio, piima di lui , altiettante hguie della moite), deve
dunque diiigeie allo stesso tempo a suo favoie e contio di s le difese
immunitaiie appaientemente destinate al non-io, al nemico, allopposto,
allavveisaiio.

Quando Maix e Stiinei e con essi tutta quella tiadi-


zione che ha voluto pensaie la vita in un iappoito di puia e semplice
opposizione alla moite, e viceveisa conducono la loio gueiia pei la
difesa del coipo vivente contio tutto cio che lo minacceiebbe (laltio, il
non-vivente, la moite nelle sue vaiie hguie piotesi, iipetizione, simula-
cio ecc.), che saiebbe ad esso estianeo, essi dimenticano, misconoscono,
non vogliono sapeie che lio vivente e auto-immune.
Ma che cosa signihca che lio vivente e autoimmune` Che cosa
vuol diie che, pei pioteggeie se stesso, deve volgeie al tempo stesso,
come dice Deiiida, a suo favoie e contio di s le difese immunitaiie
appaientemente destinate (solo) al non-io` Occoiie iispondeie in due
modi diveisi, intiecciati fia loio. Da un lato, lio vivente e autoimmune
in quanto deve esseilo, e chiamato a esseilo, cioe deve abbassaie le
piopiie difese, manteneisi in una ceita vulneiabilit, difendeisi dalla
piopiia difesa dallaltio, esponendosi cos al iischio del peggio, della
contaminazione e della moite, piopiio pei non moiiie, pei continua-
ie a viveie (o sopia-viveie, come vediemo pi avanti) pei costituiisi
lio vivente e necessitato ad accoglieie laltio in s. Una perfetta im-
munit, allora, non sarebbe che una morte anticipata. Lo anerma in
questi termini Derrida, parlando del corpo sociale-nazionale e delle
6. Drvviu~ 1994, 178.
191
Carmine Di Martino
politiche dellospitalit (pioblema che assilla oggi un ceito numeio di
paesi occidentali) in Ecograe della televisione. A chi, in nome della
sicuiezza, sostiene che il coipo nazionale doviebbe dotaisi di una mem-
biana selettiva, che lasciasse passaie soltanto lomogeneo o comunque
lomogeneizzabile, lassimilabile o al limite leteiogeneo supposto fa-
voievole, egli obietta Se fosse capace in anticipo di calcolaie questa
hltiazione, un vivente iaggiungeiebbe foise limmoitalit ma doviebbe
pei questo moiiie in anticipo, lasciaisi o faisi moiiie in anticipo, pei
pauia di vedeisi alteiaie da cio che viene dallesteino, dallaltio tout
court. Di qui questo teatio di moite col quale si accoidano cos spes-
so i iazzismi, i biologismi, gli oiganicismi, le eugenetiche, talvolta le
hlosohe della vita.

Dallaltio lato, lio vivente e autoimmune poich,


poitando laltio, lestianeo, costitutivamente dentio di s, ogni sua di-
fesa dallaltio, dal nemico, si iivolgei sempie, al tempo stesso, anche
contio se stesso. Se laltio, il nemico, e insciitto al cuoie dellio, lattacco
allaltio da s sai al tempo stesso un attacco allio in quanto ospita
laltio.
Dunque, iiunendo i due sensi detti, lautopiotettivo sai contem-
poianeamente autodistiuttivo, limmunizzazione autoimmunizzazione
tutti gli sfoizi immunitaii saianno anche movimenti autoimmunitaii.
Non si puo sceglieie tia un teimine e laltio, tia difesa e autodistiuzione,
non si puo disfaie il loio double bind. Ogni difesa, ogni movimento
immunitaiio diietto a pioteggeie lio dal non-io, il vivente dal suo al-
tio, avi sempie al contempo la foima di un boomerang, del iitoino
a s contio di s, ossia veiso di s e in opposizione a s
8
o, in altii
teimini, di un pharmakon, contempoianeamente iimedio e veleno cio
che piotegge dalla moite al tempo stesso minaccia di moite cio che
piotegge. ll pharmakon e un altio nome, un vecchio nome pei la logica
dellautoimmunitaiio.
9
La logica autoimmunitaiia e costitutivamente
autodecostiuttiice e si tiova allopeia a ogni livello di oiganizzazione
del vivente, situandosi al di qua di qualunque valutazione essa ha
il senso di una legge, questa implacabile legge della conseivazione
autodistiuttiice del soggetto o dellipseit egologica.
10
. Drvviu~ 199, 20.
8. Drvviu~ 2003b, 18.
9. Drvviu~ 2003a, 133.
10. Drvviu~ 2003b, 88.
192
Derrida e il pensiero del vivente
3. Democrazia autoimmunitaria
Lambito in cui foise essa si iende oggi pi leggibile e quello del politico,
ovveiosia del demociatico, poich nella tiadizione cosiddetta euiopea,
che domina il concetto mondiale del politico, il demociatico e oimai
sinonimo del politico.
11
La demociazia, nella sua autoimmunit costi-
tutiva, nella sua vocazione allospitalit,
12
nella sua essenza ipeibolica
e pi autoimmunitaiia che mai,
13
e uno spazio esemplaie pei soipien-
deie questa peiveisione noimale e noimativa,
14
che va ben al di l
dei semplici piocessi biologici attiaveiso i quali un oiganismo tende a
distiuggeie, in modo quasi spontaneo e pi che suicida, tale o talaltio
oigano, tale o talaltia delle sue piopiie piotezioni immunitaiie.
1
La
demociazia e hn dallinizio esposta al iischio della piopiia autodistiu-
zione e, in un ceito senso, intiinsecamente suicida, lo deve esseie essa
non puo conseivaisi che mantenendo apeita la possibilit del piopiio
sovveitimento, assicuiando le condizioni della piopiia distiuzione. Vi
una fatalit autoimmunitaria inscritta direttamente nel cuore della
democrazia. Per esempio, ma solo una delle forme possibili, per essere
se stessa essa si trova esposta alla possibilit di una alternanza che pu
sempre assumere il volto di una alternativa, come quando essa rischia
di dare il potere, modo democratico, alla forza di un partito eletto dal
popolo (quindi democratico) ma presumibilmente non democratico;
16
e se, per difendersi da questo rischio, interrompesse il processo demo-
cratico, questa difesa sarebbe al tempo stesso e fatalmente un attacco
della democrazia a se stessa. La forma generale della aporia che ne
consegue espressa da questo interrogativo: Una democrazia deve
forse lasciare in libert e nella posizione di esercitare il potere coloro
che potrebbero attentare alle libert democratiche e mettere hne alla
libert democratica in nome della democrazia e della maggioranza di
consensi che potrebbero in enetti raccogliere?.
17
Tra gli esempi pi evidenti e pi attuali di processo autoimmuni-
11. Drvviu~ 2003b, 53.
12. Drvviu~ 2003b, 99.
13. Drvviu~ 2003b, 69.
14. Drvviu~ 2003b, 159.
15. Drvviu~ 2003b, 179.
16. Drvviu~ 2003b, 56.
17. Drvviu~ 2003b, 60.
193
Carmine Di Martino
taiio allinteino di una demociazia vi e, secondo Deiiida, quello che
iiguaida gli enetti dell11 settembie e, ancoia piima, laccadeie stesso
dellattentato teiioiistico.
18
Si stiatihcano e inteiagiscono qui diveisi
aspetti autoimmunitaii, dei quali, in Stati canaglia, Deiiida ci foinisce
una visione sintetica. La iipoitiamo pei inteio.
Assistiamo allo spettacolo di unamministiazione ameiicana,
potenzialmente sostenuta da altie amministiazioni in Euiopa
e nel iesto del mondo, che, pietendendo di faie la gueiia con-
tio lasse del male, contio i nemici della libeit e contio gli
assassini della demociazia nel mondo, deve inevitabilmente e
innegabilmente iestiingeie, allinteino del suo stesso paese, le
libeit cosiddette demociatiche o leseicizio del diiitto, iinfoi-
zando i poteii inquisitoii della polizia ecc., senza che nessuno,
nessun demociatico, possa seiiamente oppoivisi, e non limitaisi
a lamentaie questo o quellabuso nelluso a piioii abusivo della
foiza con cui una demociazia si difende contio i piopii nemici,
difende se stessa, da s, contio i piopiio nemici potenziali. Essa
deve somigliaie loio, coiiompeisi e minacciaie se stessa pei
pioteggeisi dalle piopiie minacce. Al contiaiio, foise e piopiio
peich vivono in una cultuia e secondo un diiitto laigamente
demociatici che gli Stati Uniti hanno potuto aprirsi e mostrare
la loro grande vulnerabilit a immigrati, per esempio ad appren-
disti piloti, terroristi esperti ed essi stessi suicidi, che, prima
di rivolgere contro gli altri, ma anche contro di s, le bombe
aeree che erano diventati, e di lanciarle, insieme lanciandosi
contro le due torri del World Trade Center, si sono esercita-
ti sul territorio sovrano degli Stati Uniti, in barba alla CIA e
allFBI, forse non senza un certo consenso autoimmunitario di
unamministrazione a un tempo pi e meno imprevidente di
quanto non si creda davanti a un evento supposto imprevedibile
e grave. I terroristi possono essere cittadini americani, e alcuni
tra quelli dell11 settembre forse lo sono stati; in ogni caso, sono
stati aiutati da cittadini americani, hanno rubato aerei americani,
hanno volato con aerei americani, sono decollati da aeroporti
americani.
19
18. Cfr. in proposito M~vcurN1r 2011.
19. Drvviu~ 2003b, 67-68.
194
Derrida e il pensiero del vivente
La demociazia e nella fattispecie autoimmunitaiia anzitutto in quan-
to, iispondendo allattacco teiioiistico, aggiedisce se stessa, il piopiio
sistema di diiitti. Pei difendeisi dallaltio, dai nemici della libeit e della
demociazia, essa si difende da s, iestiingendo libeit demociatiche
ed eseicizio del diiitto, pei salvaie se stessa si attacca e si minaccia, si
oppone a se stessa, iischiando lautodistiuzione e hnendo cos pei assi-
milaisi alla minaccia che voiiebbe scongiuiaie. Ma la dinamica dell11
settembie e sintomatica di una logica autoimmunitaiia e suicida anche
peich laggiessione e venuta dallinteino la demociazia ameiicana
si e pei cos diie attaccata da se stessa, attiaveiso quegli altii che
essa, onoiando quanto basta la vocazione allospitalit consustanziale
a ogni spazio demociatico, ha accolto e ieso paite di s, addestiato e
aimato, abbassando le piopiie difese, non hltiandoli, iendendosi peicio
vulneiabile ed esponendosi al iischio della minaccia. E se questultima
si e avveiata, cio e foise avvenuto, osseiva Deiiida, non senza un ceito
consenso autoimmunitaiio di unamministiazione che aviebbe potuto
esseie meno impievidente davanti a un evento che si annuncia non
del tutto impievedibile. Alla autoimmunit della demociazia, che si
volge contio se stessa nei modi desciitti, si aggiunge lautoimmunit
dellattacco teiioiistico, che si scaglia contio la demociazia suicidandosi.
l diiottatoii, sciive Deiiida, incoipoiano, se si puo diie, due suicidi in
uno il loio (e iimaiiemo sempie disaimati davanti a una aggiessione
suicida, autoimmunitaiia, peich e cio che teiioiizza di pi), ma anche
il suicidio di coloio che li hanno accolti, aimati, e addestiati.
20
E,
sotto lo stesso piohlo, piosegue Deiiida, non dimentichiamoci che
gli Stati Uniti hanno prima preparato il terreno e consolidato le for-
ze dellavversario: addestrando delle persone il cui tipo esemplare
proprio Bin Laden...
21
: ecco un ulteriore esempio di logica suicida.
Ancora, la legge autoimmunitaria allopera nei tentativi di rimuovere
o arginare gli enetti del trauma dell11 settembre, di cui non si pu
elaborare il lutto poich esso si presenta come qualcosa che non solo
avvenuto una volta per tutte, bens pu ancora avvenire, per di pi in
peggio. Aleggia lo spettro di un attacco che riveste il senso di un male
assoluto, poich ne va della globalizzazione del mondo, della vita sulla
20. Drvviu~ 2003a, 103.
21. Drvviu~ 2003a, 103.
195
Carmine Di Martino
teiia e altiove, niente di pi e niente di meno.
22
Ma tutti gli sfoizi
pei attenuaie o neutializzaie gli enetti del tiauma obbediscono di
nuovo a uno schema autoimmunitaiio, non fanno cioe che alimentaie e
iipioduiie la stessa mostiuosit che pietendono di supeiaie.
23
Vi
inhne lautoimmunit che caratterizza la reazione messa in atto contro
il terrorismo sul piano militare (ma anche su quello economico). Se
non si pu dire che lumanit sia senza difese contro la minaccia del
terrorismo, bisogna tuttavia sapere che le difese, in tutte le forme di
quella che viene chiamata, con due parole entrambe problematiche, war
on terrorism, operano al hne di rigenerare, a breve o a lungo termine,
le cause del male che pretendono di sterminare.
24
Riappare lenetto
boomerang.
4. La chanche () la minaccia
Beninteso, quanto esemplihcativamente richiamato sin qui non implica
in nessun modo n una presa di distanza dallidea di democrazia da
parte di Derrida n una interpretazione semplicemente negativa o nichi-
listica della logica generale della autoimmunizzazione. Al contrario, la
costituzione autoimmunitaria della democrazia la condizione del suo
avvenire e della sua sopravvivenza. Detto pi radicalmente: la logica
autoimmunitaria e autodecostruttrice che abbiamo visto allopera nello
spazio democratico loriginaria condizione di possibilit della vita del
vivente in generale.
Secondo i due signihcati a suo tempo messi in luce, infatti, la logica
autoimmunitaria implica da un lato la distruzione di s e dallaltro la
distruzione delle proprie protezioni, labbassamento delle proprie difese:
vale a dire una vulnerabilit che ospitalit allaltro, apertura di s
allaltro allalterit dellaltro, a chi o a ci che pu venire, che pu
essere anche il peggio, pu essere anche la morte , senza cui non vi
pu essere vita. Un vivente non autoimmune, cio non esposto alla
intrusione dellaltro, capace di una hltrazione assoluta, infatti asso-
lutamente morto. La relazione allalterit ad un tempo ci che rende
possibile e impossibile la vita: lirriducibile condizione di possibilit
22. Drvviu~ 2003a, 107.
23. Drvviu~ 2003a, 107.
24. Drvviu~ 2003a, 107.
196
Derrida e il pensiero del vivente
della vita del vivente nella sua singolaiit ed e anche cio che la espone
iiiiducibilmente alla moite. Ma bisogna sapeie che iihutaie luna possi-
bilit, la moite, signihca iinunciaie anche allaltia, la vita. Lio vivente
puo auto-anettaisi solo auto-infettandosi, come dice Deiiida, poitando
in s laltio. Vi ipseit se e hnch vi alterazione, vi vita solo dove
vi vulnerabilit, permeabilit, ossia apertura allaltro e alla morte.
Perci Derrida parla di una implacabile legge della conservazione
autodistruttrice della ipseit egologica: conservarsi sempre alterarsi.
Vivere, secondo il pensiero del vivente implicato dalla categoria di
autoimmunit, signihca aprirsi allaltro, in cui si annunciano al tempo
stesso la possibilit del rischio mortale e la chance dellavvenire. Non
si pu avere la chance senza la minaccia. La minaccia la chance, la
chance la minaccia: tale legge assolutamente innegabile e irriducibile.
Se non la si accetta, non c rischio e, senza rischio, c solo morte. Se ci
rihutiamo di correre un rischio, non ci resta nulla, se non la morte.
25
a motivo di ci che sarebbe fuorviante intendere la logica generale
della autoimmunizzazione nel segno dellannichilimento, come il sigillo
di un discorso mortifero. Lautoimmunit autodecostruttiva ci che
mantiene il vivente aperto al suo avvenire: alla venuta di qualcosa
daltro, allevento. Lautoimmunit un altro nome di quella attesa
dellaltro una attesa spoglia, desertica, senza orizzonte di attesa, come
altrove dice Derrida che struttura il vivente in generale. Se un
evento degno di questo nome deve arrivare, necessario, al di l di
qualsiasi controllo, che agisca su una passivit. Esso deve colpire una
vulnerabilit esposta, senza immunit assoluta, senza indennit, nella
sua hnitudine e in modo non orizzontale, laddove non ancora o non
gi pi possibile anrontare, e fronteggiare, limprevedibilit dellaltro.
Da questo punto di vista lautoimmunit non un male assoluto. Essa
permette lesposizione allaltro, a ci che viene e a chi viene e deve
dunque restare incalcolabile. Senza autoimmunit, con limmunit
assoluta, pi nulla capiterebbe. Non ci si aspetterebbe pi, lun laltro,
n ci si aspetterebbe pi alcun evento.
26
Senza autoimmunit, pi nulla
capiterebbe, nessun evento arriverebbe ( il legame tra autoimmunit
ed evento che meriterebbe qui di essere approfondito).
Lautoimmunit si rivela come unaltra leva per la decostruzione
25. Drvviu~ 2010, 67.
26. Drvviu~ 2003b, 216.
197
Carmine Di Martino
di una concezione, che Deiiida chiama metahsica, in cui la vita e
semplicemente opposta alla moite, collocata in una indipendenza ed
estianeit iispetto ad essa. La vita metahsicamente intesa saiebbe cioe
oiiginaiiamente piena e piesente a se stessa, senza alteiazione e senza
iinvii, una auto-anezione puia lio vivente saiebbe se stesso a paitiie
da s, e dunque padione di s, lalteiit lo iaggiungeiebbe solo in un
secondo momento e dallesteino, ed esso vi si iappoiteiebbe da una
auto-posizione soviana. La metahsica saiebbe insomma il sogno di
una autonomia e di una immunit assoluta del vivente, dellio. Oia,
contiibuendo alla decostiuzione di un tale modo questo s, moitifeio
di concepiie la vita del vivente come assoluta immunit, indennit,
autonomia, puiezza, la logica autoimmunitaiia, questa teiiihcante
ma fatale logica dellautoimmunit,
2
iichiama allevidenza che la
coimplicazione, la contaminazione della vita e della moite, del s e
dellaltio sono alloiigine, che il iinvio allaltio e la deviazione pei
laltio da s non si aggiungono a un vivente che saiebbe gi pienamente
se stesso. ll dineiiie da s, lesseie altio da s, la iipetizione, tutto cio
che Deiiida ha chiamato (a paitiie da una celebie confeienza del 8) la
dirance e insomma la condizione oiiginaiia e iiiiducibile della vita del
vivente. Negaie la dirance che, dineiendole/dineienziandole, iinvia
luna allaltia la vita e la moite pei aneimaie una pienezza della vita
contio la moite signihcheiebbe dunque negaie la vita. Lassolutamente
vivo e lassolutamente moito. ll vivente e sempie un vivente moiente.
5. La-vita-la-morte
La logica della autoimmunit fa peitanto segno veiso un pensieio della
vita e del vivente attiaveiso cui, decostiuendo la logica binaiia dellaut-
aut che caiatteiizzeiebbe la metahsica, Deiiida ceica di pensaie la vita
al di qua della opposizione tia la vita e la moite. E piecisamente pei
segnalaie la coimplicazione essenziale della vita e della moite, pei mai-
caie liiiiducibile dinamica dineienziale che lega lun teimine allaltio e
li fa esseie luno nellaltio, che egli conia, nellambito di una notevole
analisi di Al di l del principio di piacere di lieud, lespiessione la
vita la moite
28
non la vita e la moite, n la vita o la moite, ma la
2. Drvviu~ 199, 48.
28. Drvviu~ 2000. Qui compaie pei la piima volta lespiessione la vita la moite.
198
Derrida e il pensiero del vivente
vita la moite. Dopo avei decostiuito lopposizione tia il piincipio di
piaceie e il piincipio di iealt, mostiando che essi sono in un iappoito
dineienziale (luno e laltio dineiito), Deiiida si soneima sulla soluzione
pioposta da lieud alla appaiente contiaddizione tia le pulsioni di vita
(le pulsioni di auto-conseivazione) e la pulsione di moite, intiodotta
da questultimo come pulsione fondamentale. Le pulsioni di autocon-
seivazione sono esse stesse al seivizio della pulsione di moite, poich
assolveiebbeio, s, lumcio di pieseivaie loiganismo dalle minacce pio-
venienti dallesteino, ma allo scopo di gaiantiie ad esso la possibilit
di moiiie la piopiia moite, la moite piopiia. Lasciando in sospeso la
necessit di decostiuiie questa logica del piopiio, della moite piopiia,
qui iisiedeiebbe secondo Deiiida la pi giande scopeita fieudiana nella
impossibilit di stabiliie una distinzione netta, una opposizione, tia la
pulsione di moite e le pulsioni di vita, si iivela infatti la legge che iegola
leconomia pi geneiale delle pulsioni, la legge fondamentale della vita,
la legge della dirance, la legge de la vita la moite. Sebbene al tempo
di Speculare su Freud lautoimmunit non fosse ancoia entiata a fai
paite del lessico deiiidiano, le analisi del iappoito tia pulsione di moite
e pulsioni conseivatiici ne anticipano la logica geneiale. Le pulsioni
conseivatiici, pei come emeigono nel testo di lieud, aneima Deiiida,
sono i guaidiani della vita ma pei cio stesso le sentinelle o i satelliti
della moite. Le sentinelle della vita (Lebenswaechter) vegliano sulla vita,
la soivegliano, guaidano e hanno iiguaido, montano la guaidia piesso
di essa. Assistono. Ma queste stesse pulsioni sono oiiginaiiamente
guaidie o satelliti (Trabanten) della moite. E lo sono oiiginaiiamente,
come diie che esse lo sono state e non possono, sotto questa inveisione
di segno, non iimaneie fedeli alla loio piima destinazione. Satelliti di
la vita la moite (...) Cio che conseiva la vita iesta nella sfeia di cio che
iiseiva la moite.
29
La legge de la-vita-la-moite, la vita intesa come dirance, apie
tanto al discoiso sulla autoimmunit quanto a quello sulla sopiavviven-
za.
30
Una tale questione sarebbe una questione di vita o di morte, la
questione di la-vie-la-mort, prima di essere una questione dellessere,
dellessenza o dellesistenza. Aprirebbe su una dimensione del sopra-
29. Drvviu~ 2000, 119-20.
30. Cfr. al riguardo la voce Sopravvivenza, curata da F. Vitale in F~cioNi et al. 2012,
174-86.
199
Carmine Di Martino
viveie o della sopiavvivenza iiiiducibile tanto allesseie quanto a una
qualche opposizione del viveie e del moiiie.
31
N la vita, n la moite,
ma la sopiavvivenza, dunque, non un viveie in opposizione al moiiie,
ma un sopia-viveie. La vita non e pi concepita come piesenza piena,
assoluta identit con se stessa, auto-anezione puia, in un supposto oii-
ginaiio piesente vivente, vale a diie come una vita piesente e piena a
cui capiteiebbe poi di usciie da s, di alteiaisi, di tiacciaisi, di dineiii-
si, di iiteneisi e piotendeisi. La vita e concepita come sopiavvivenza,
ossia nella dimensione della tiaccia, del testamento, dellattestazione,
hn dallinizio maicata dallesposizione alla moite, sbilanciata sul suo
a-veniie. Vivere sopra-vivere, vale a dire uscire da s, protendersi oltre
s, esporsi allaltro, alla morte, tracciandosi, alterandosi, distaccandosi
da s, rinunciando alla (illusione della) purezza. Vivere sar essersi gi
sempre protesi oltre s e alterati.
Noi siamo costitutivamente dei sopravviventi. Non si tratta di una
scelta. Vivere sopravvivere poich hn dalla nascita ogni vivente abita-
to dalla possibilit incancellabile della morte, alla quale dunque sar gi
sempre sopravvissuto. E vivere sopravvivere perch la vita comincia
con la sopra-vivenza, cio non con una pienezza, con una identit a s,
supposta originaria e pura, che poi verrebbe intaccata dal suo altro, dalla
ripetizione, dalla morte, ma con la ripetizione, con la traccia, con una
ricaduta fuori di s. Lio vivente, lautos, lipse, non mai assolutamente
vivo e presente, ma hn dallinizio contaminato, espropriato, strutturato
dallalterit, rinviato: cio sopra-vivente e autoimmunitario. Come il
senso, che si costituisce solo attraverso la mediazione di un segno, di
una scrittura, e perci strutturalmente esposto alla morte. La scrittura
non coglie di sorpresa e dallesterno il senso vivo, poich questo non
ha mai potuto accadere e manifestarsi che grazie a essa, cio ricorrendo
al suo altro, al segno, alla scrittura (che assomma in s tutti i valori
di mediazione, di esteriorizzazione). La presunta purezza o interiorit
del senso una illusione (che Derrida dehnisce, riecheggiando Kant,
quasi-trascendentale) che sorge come enetto retroattivo del movimento
della dirance (perci del dinerire e del divenire altro del senso). Non
vi , insomma, da qualche parte, un senso puro, una vita presente a s
del senso, che poi si esteriorizzerebbe o si incorporerebbe nel segno;
lincorporazione-alterazione del senso nel segno, quello che potremmo
31. Drvviu~ 1994, 186.
200
Derrida e il pensiero del vivente
chiamaie, nei teimini del Deiiida, il movimento dellaichi-sciittuia, che
lega il senso al segno e lo consegna alla possibilit della distiuzione e
della scompaisa assoluta, non e pieceduto da nulla. E questo il signih-
cato della lettuia deiiidiana della Appendice lll a La Crisi delle scienze
europee di Husseil, pubblicata come una lunga Introduzione nel 192, a
cui non possiamo faie altio che iimandaie.
32
ll discoiso su la vita la moite, sulla sopia-vivenza, ha il caiatteie
di un hlo conduttoie Deiiida non ha mai pailato daltio, si potiebbe
legittimamente aneimaie. Signihcativo e in pioposito un altio passaggio,
tiatto dal piimo saggio dedicato a lieud, pubblicato nel 19. Che
tutto cominci con la tiaccia e la sopia-vivenza e gi qui esplicitamente
aneimato, pui in assenza del nome. lndubbiamente la vita si difende
attiaveiso la iipetizione, la tiaccia, la dieranza. Ma bisogna intendeisi
su questa foimulazione, non ce una vita piesente in piimo luogo, che
in seguito aiiiva a pioteggeisi, a iinviaisi, a iiseivaisi nella dieranza.
Questultima costituisce lessenza della vita. O meglio la dieranza,
non essendo una essenza, non essendo nulla, non la vita se lesseie e
deteiminato come ousia, piesenza, essenza/esistenza, sostanza o oggetto.
Bisogna pensaie la vita come tiaccia piima di deteiminaie lesseie come
piesenza. E la sola condizione pei potei diie che la vita la moite, che la
iipetizione e lal di l del piincipio di piaceie sono oiiginaii e congeniti
a quello stesso che essi tiasgiediscono.
33
ll pensieio del vivente che si iende esplicito nellultima fase della
iifessione di Deiiida, iadicandosi tuttavia hn dallinizio nel suo peicoi-
so, come abbiamo visto, si colloca a una decisa distanza da un vitalismo
tiionfante e costiuttivo, da una concezione vitalistica e biologistica della
vita, che ne enfatizza la foiza e la potenza, peihno nei suoi iisvolti
tanatologici. Nella sopia-vivenza si fa laigo una vita che ospita hn
dallinizio in se stessa la moite, una vita come oiiginaiia coimplicazione,
contaminazione, come dirance la vita la moite. Se questultima nomi-
na una stiuttuia del vivente in geneiale, essa non d luogo tuttavia
in nessun senso a un pensieio dellimpeisonale. Al contiaiio, luso
dellespiessione la vita la moite ha di miia la salvaguaidia della sin-
golaiit e dellevento, la sopia-vivenza e insepaiabile dalla unicit
insostituibile dellogni volta unico (come si documenta nel testo che
32. Drvviu~ 198. Ci peimettiamo di iinviaie al iiguaido a Di M~v1iNo 2001, cap. ll.
33. Drvviu~ 191, 22-3.
201
Carmine Di Martino
iaccoglie tutte le oiazioni funebii sciitte e pionunciate da Deiiida,
34
)
come la iipetizione dallevento. ll vivente e puia singolaiit. Ma qui il
discoiso si fa di nuovo complesso e chiede di esseie aniontato in una
ulteiioie sciittuia.
Carmine Di Martino
Universit degli Studi di Milano
Dipartimento di Filosoha
carmine.dimartino@unimi.it
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203
Tra identit e alterit
LEuropa oggi nella riessione di Marc Crpon
Patrizia Cecala
Quello di Unione euiopea e un concetto che oggi pi che mai a causa
della piofonda ciisi politica ed economica che ci tioviamo a fionteggiaie
viene continuamente iimesso in discussione.
Se e veio, infatti, che tutti concoidano sugli ideali che nel 194
hanno ispiiato lidea di una comunit euiopea assicuiaie la pace, la
stabilit e la piospeiit allo scopo di metteie hne alle fiequenti gueiie
tia paesi vicini, e scongiuiaie la possibilit che si veiihchino eventi che
possano degeneiaie in una nuova gueiia mondiale , e altiettanto veio
che numeiose sono peio le dimcolt incontiate nellattuazione di questo
lungimiiante piogetto. Spesso, infatti, le decisioni piese a Biuxelles
vengono vissute dagli Stati membii come delle imposizioni, le cosiddette
diiettive euiopee sembiano scavalcaie la sovianit dei singoli Stati,
e i cittadini hanno la sensazione di esseie piivati di qualsiasi poteie
decisionale. liequenti sono quindi i dissensi, le peiplessit, le polemiche.
Estiemamente pioblematico, in paiticolaie, iisulta il piocesso di
allaigamento dellUnione peich un paese venga ammesso deve atte-
neisi a degli standaid, iispettaie deteiminate condizioni, accettaie dei
compiomessi. Misuia di questa dimcolt e lesempio della Tuichia, la
quale, avendo piesentato domanda di adesione allUnione Euiopea nel
lontano 198, attende ancoia la conclusione dei negoziati, che sono stati
avviati solo nel 200.
Ed e piopiio con una iifessione sulle iagioni avanzate da coloio che
si oppongono allentiata della Tuichia nellUnione euiopea con una
messa in discussione di tali iagioni che si apie Alterits de lEurope,
1
testo in cui il hlosofo fiancese Maic Cipon si inteiioga sul signihcato
e sulla possibilit di unidentit euiopea, iicoidando le iadici piofon-
damente eteiogenee dellEuiopa stessa, e inteiiogando la pluialit di
lingue e memoiie che, intiecciandosi e contaminandosi nei secoli, han-
no fatto dellEuiopa cio che e. Attiaveiso un confionto con Heidei,
Mandelstam, Patocka e Deiiida, emeigono, in questo testo del 200, le
tematiche pi caie al hlosofo fiancese, che iicoiiono, a pi iipiese, nei
1. CvvoN 200.
Patrizia Cecala
lavoii piecedenti, come in quelli successivi la gueiia delle civilizzazioni,
la cultuia della pauia, la violenza della politica, la questione della lingua
e della tiaduzione, le identit nazionali e i iischi del nazionalismo. Oia,
lattenzione a questi temi, lostinazione ad inteiiogaisi sulla questione
delle identit e delle dieienze cultuiali, Maic Cipon, come da lui stes-
so dichiaiato nel coiso di uninteivista, la iiconduce ad unespeiienza di
giovent
Nel 198, sono stato inviato a faie il mio seivizio militaie a titolo
della coopeiazione in URSS. Ho dunque passato due anni nella
Repubblica di Moldavia, nel momento in cui iisoigeva intensa-
mente, nellimpeio sovietico, il pioblema dei nazionalismi. ln
Geoigia, i caiii eiano nella stiada e leseicito spaiava sulla folla.
ln Moldavia, ho assistito ad una giande manifestazione popolaie
le peisone esigevano che la lingua moldava fosse iiconosciu-
ta lingua di Stato, e anche l sono usciti i caiii aimati. Dopo
questa manifestazione, io ho avuto una lunga discussione con
i miei amici moldavi. Ho spiegato loio quanto compiendevo
la loio iivolta contio la dominazione iussa, ma anche quanto
io iicusavo i loio piopositi contio i Russi in geneiale, quanto
disappiovavo totalmente la loio manieia di caiatteiizzaie una
volta pei tutte il popolo iusso e i suoi pietesi modi di esseie, di
agiie o di pensaie. Uno di loio mi ha iisposto Come puoi diie
questo` l loso che tu ami e che tu invochi non smettono di
opeiaie delle caiatteiizzazioni di questo geneie. Questa fiase
mi ha piofondamente segnato. lo avevo appena tiovato il mio
soggetto di tesi....
2
Cipon esoidisce quindi, in Alterits de lEurope, iipioponendo lin-
teiiogativo cui aveva gi tentato di iispondeie Paul Valeiy nel 1922
Ma chi e dunque Euiopeo`.
3
Euiopeo, secondo Valeiy, saiebbe ogni
popolo che abbia eieditato da Roma la maest delle istituzioni e delle
leggi, dal ciistianesimo lesame di se stesso e dalla Giecia la disciplina
dello spiiito.
4
Cos dicendo Valeiy, pui pieoccupandosi di avanzaie
2. C 2012a. Ove non ulteiioimente indicato, le tiaduzioni dai testi fiancesi sono
a mia cuia.
3. V 19, 100.
4. C 200, 9.
20
Tra identit e alterit
le dovute iiseive nei confionti di una tale dehnizione che, pei foiza di
cose, iisulta esseie una semplihcazione,

si faceva poitavoce di quel


luogo comune che iiconosce come tiatto distintivo della cultuia eu-
iopea linfuenza della Giecia, quella delllmpeio iomano e quella del
ciistianesimo. Ed e piopiio questa stessa convinzione ad esseie poitata
avanti da coloio che si oppongono allentiata della Tuichia nellUnione
euiopea, adducendo come motivazione una piesunta monogenealogia
cultuiale,

secondo la quale il ciistianesimo saiebbe la ieligione che


ha dato agli Euiopei la loro identit.

Oia, una tale aneimazione, spiega Maic Cipon, compoita un tiiplo


diniego. Si tiatta, in piimo luogo, di negaie che da secoli lEuiopa si
iitiova a fare i conti
8
con lislam e che le cultuie islamiche fanno
oimai paite della sua cultuia. Queste cultuie, chiaiisce infatti Cipon,
appaitengono alla stoiia del sogno euiopeo alluscita dellEuiopa
fuoii di s nello stesso modo in cui lEuiopa appaitiene, da molto
tempo, al sogno tuico.
9
lnoltie, si paite dal piesupposto evidente-
mente eiiato che il ciistianesimo costituisca unidentit nella quale
tutti gli Euiopei si iiconoscono, facendo cos, dellEuiopa, unidentit
nella quale niente delle sue alteiit sia mai stato impoitato n tiadot-
to. ldentica a se stessa, lEuiopa saiebbe iimasta (e doviebbe iestaie)
iipiegata sulle sue eiedit esclusive (Roma, il ciistianesimo, la Giecia).
Dei cittadini venuti da altiove, dei suoi scambi con il iesto del mondo,
dei viaggi dOiiente e di tante altie espeiienze, fauste e infauste, lei non
aviebbe impaiato nulla, conseivato nulla, che labbia trasformata.
10
Da
ultimo, si pietende di iiassumeie la Tuichia nelllslam, di identihcaila
integialmente in esso, come se non avesse niente a che faie con la Gie-
cia antica e il ciistianesimo, che iesteiebbeio, invece, eiedit esclusiva
dellEuiopa. Si dimentica, ad esempio, che e piopiio dallAnatolia che
il ciistianesimo ha dato avvio alla sua dinusione, e piopiio l che San
Paolo ha sciitto le sue epistole.
11
Ma ce di pi. Non solo, infatti, questo iagionamento fallisce nel-
. Cfi. CvvoN 200, 9.
. CvvoN 200, 19.
. CvvoN 200, 19.
8. CvvoN 200, 20.
9. CvvoN 200, 20.
10. CvvoN 200, 21.
11. CvvoN 200, 22.
20
Patrizia Cecala
la misuia in cui tialascia dei dati di fatto inconfutabili, ma, pi ia-
dicalmente, si dimostia eiiato gi nelle sue piemesse. Coloio che si
oppongono allingiesso della Tuichia nellUnione euiopea tentano, in-
fatti, di dimostiaie linammissibilit della Tuichia facendo leva su
una piesunta incompatibilit di questultima della sua cultuia e del-
la sua stoiia con i tiatti caiatteiistici della cultuia euiopea. Ma
sono piopiio questi tiatti caiatteiistici che vanno iimessi in questio-
ne, o, pi piecisamente, la possibilit stessa di individuaie dei tiat-
ti caiatteiistici che identihchino in manieia univoca e dehnitiva una
cultuia.
ln enetti, questo piincipio dellidentihcazione, questa logica dellap-
paitenenza, non tiene conto del fatto che, in iealt, nessuna di queste
eiedit della Giecia, delllmpeio Romano, del Ciistianesimo puo es-
seie consideiata piopiiet dellEuiopa, nella misuia in cui linfuenza
di queste si e estesa ben al di l delle fiontieie euiopee. lnoltie, in ma-
nieia uguale e contiaiia, non si puo pietendeie di iiassumeie lidentit
dellEuiopa e degli Euiopei in questa tiipla eiedit. Da un lato dun-
que, chiaiisce Cipon, il piopiio dellEuiopa cio che e stato tante
volte invocato e convocato, costiuito e hnto come tale non le appaitie-
ne in piopiio. Dallaltio, tali eiedit, consideiate come piopiiet delle
identit che le si oppongono sono, allo stesso tempo, paite in causa
nellidentit euiopea.
12
Ogni qualvolta ci si inteiioghi sullidentit dellEuiopa tentandone
una dehnizione, bisognei quindi teneie piesente il doppio assioma
cio che non appaitiene allEuiopa e anche, in un modo o nellaltio,
giunto a lei e dunque le appaitiene, almeno in paite, cio che si
iitiene il piopiio dellEuiopa esiste anche fuoii di lei e quindi non le
appaitiene (o non le appaitiene pi) in piopiio.
13
Tiascuiaie questo assioma, in cui ci sembia di individuaie il Leit-
motiv dellinteio testo di Cipon, signihca espoisi al iischio di incoiieie
in due tipi dineienti di violenza da una paite denunciaie, se non
peisino emaiginaie, allinteino dellEuiopa cio che non va consideiato
piopiiamente euiopeo, e che quindi iisulta altio, estianeo, stianieio,
daltia paite iiseivaie allEuiopa dei tiatti la iagione, il piogiesso,
12. CvvoN 200, 10.
13. CvvoN 200, 10-1.
208
Tra identit e alterit
la scienza, i diiitti delluomo
14
che si piesumono esclusivi della sua
identit e che, quindi, si negano agli altii, con tutti i iischi che questo
puo compoitaie.
Questa doppia violenza, a ben vedeie, si impone ogni qualvolta si
pietende di individuaie unidentit puia, un identit, quindi, indipen-
dente da quelle che vengono comunemente consideiate le sue alteiit.
Pi esattamente, piecisa Maic Cipon, la violenza comincia non
appena, in un modo o in un altio, si omette di consideiaie, quali che
siano le foime e le attese di questa omissione, che lidentit euiopea e
in piimo luogo costituita dallinsieme delle ielazioni complesse che ha
intiattenuto (e che intiattiene ancoia, sotto foime dineienti) con cio che
ha scopeito, speiimentato, pensato e talvolta peisino costiuito come
alteiit.
1
Daltia paite, che non esiste cultuia identica a se stessa cos come
non esiste lingua puia ce lo diceva gi Deiiida, con cui, evidentemente,
Cipon condivide temi e sensibilit, distinguendosi, peio, pei il suo tiat-
to pi maicatamente e dichiaiatamente politico, che emeige nella
sua peiseveianza nellanalizzaie dettagliatamente le dinamiche politiche
contempoianee e non. Tanto la lingua, quanto la cultuia, sono infatti
il iisultato di una seiie di contaminazioni e di un intieccio di dineienti
oiigini, ed e solo a paitiie da una lingua e da una cultuia spettialmente
abitate dallalteiit che puo esseici identit unidentit non pi tiaspa-
iente e iipiegata su se stessa e iappoito a s. Estiemamente chiaio,
a tal pioposito, e quanto aneimato da Deiiida in Laltro capo, dove e
piopiio questione di confeiiie lidentit a paitiie dallalteiit,
1
o
quanto meno, di piovaie a inventare
1
un tale gesto
[...] il proprio di una cultura di non essere identica a se stessa.
Non di non aveie identit, ma di non poteisi identihcaie, diie
io o noi, di potei piendeie la foima del soggetto solo nella
non-identit a s o, se piefeiite, nella dineienza con s. Non
ce cultuia o identit cultuiale senza questa dineienza con s.
Sintassi stiana e un po violenta (avec soi vuole anche diie
chez soi (avec e chez, apud hoc). ln questo caso, la dine-
14. Cfi. CvvoN 200, 11.
1. CvvoN 200, 11.
1. Drvviu~ 1991, 33 (2).
1. Drvviu~ 1991, 33 (2).
209
Patrizia Cecala
ienza da s, cio che dineiisce e si scaita da s, saiebbe anche
dierenza (da) con s, dineienza insieme inteina e iiiiducibile al
chez soi. Che iaccoglieiebbe e anche, iiiiducibilmente, divide-
iebbe il fuoco semantico e domestico del chez soi. ln iealt,
non lo iaccoglieiebbe, iappoitandolo a s, se non apiendolo a
questo scaito. Lo stesso vale, inveisamente o iecipiocamente,
pei qualunque identit o identihcazione non ce iappoito a s,
identihcazione a s, senza cultuia, ma cultuia di s come cultuia
dellaltro, cultuia del doppio genitivo e della dierenza rispetto a
s. La giammatica del doppio genitivo notihca alties che una
cultuia non ha mai una sola oiigine. La monogenealogia saiebbe
sempie una mistihcazione nella stoiia della cultuia.
18
Ed e piopiio tiattando e contiattando con cio che e altio da s,
quindi dineiendo da s e allontanandosi dalle sue piesunte oiigini pei
abbiacciaine altie e usciie fuoii da s, che lEuiopa e divenuta cio che e.
La stoiia dellEuiopa, secondo Cipon, si caiatteiizza pei la sua
attitudine a compoiie, e questo vale tanto al suo inteino, quanto nel
suo iappoito con cio che si tiova al di l delle fiontieie. Stoiicamente,
infatti, lEuiopa non ha fatto altio e tuttoia non fa altio che metteie
in atto una doppia composizione quella di queste paiti costitutive
(i popoli, le nazioni) le une con le altie, e quella di ciascuna di esse
(e dellinsieme che esse costituiscono) con gli altii continenti.
19
ln
altie paiole lEuiopa, non pi di ogni altia identit, non si e fatta
nello sviluppo e nella cultuia di unessenza, di un fondo o di una
sostanza piopii. Lei non si distingue pei unoiigine o delle iadici
alle quali doviebbe il posto che ha pieso nel mondo, qualsiasi nome e
qualsiasi foima si dia a queste ipotetiche iadici e oiigine. E diventata
cio che e attiaveiso un doppio movimento, da una paite di scambi e di
ciicolazione tia queste paiti costitutive, daltia paite di uscita fuori da
se stessa.
20
Oia, davanti a questa attitudine alla composizione, davanti ai con-
tinui scambi, alle impoitazioni e alle tiaduzioni tanto linguistiche
quanto cultuiali che avvengono sia allinteino dellEuiopa sia tia il
continente e il iesto del mondo, e che ci dicono, in manieia inequi-
18. Drvviu~ 1991, 1-1 (14).
19. CvvoN 200, 13.
20. CvvoN 200, 13.
210
Tra identit e alterit
vocabile, che lEuiopa si e fatta attiaveiso un piocesso continuo di
tiasfoimazione, due, spiega Cipon, sono gli atteggiamenti possibili.
ll piimo atteggiamento e quello di coloio i quali, temendo la con-
fusione delle identit,
21
tentano di oppoisi a questa composizione
esaspeiando a volte stiumentalizzando le dineienze cultuiali con
lintenzione di iadicaisi saldamente in una cultuia conosciuta e iassi-
cuiante, nellillusione che le cultuie iestino vive solo pioteggendosi
le une dalle altie.
22
Questo atteggiamento, lo sappiamo bene, si iivela
assai peiicoloso in quanto si tiova a fondamento di ogni iivendicazione
nazionalistica, e, in piimo luogo, di quello che puo esseie dehnito na-
zionalismo linguistico. lntesa come una piopiiet natuiale, la lingua e
infatti consideiata il piincipale maichio distintivo di una cultuia. E a pai-
tiie da essa che una cultuia viene immediatamente identihcata e distinta
dalle altie. Ogni appaitenenza si fonda, in enetti, sulla condivisione di
una stessa lingua, condivisione che fa segno veiso unomogeneit di
ciedenze, usi e costumi e nella quale si puo iintiacciaie il fondamento
di qualsiasi comunit, che hnisce il pi delle volte pei esseie una comu-
nit politica. Non a caso lunit nazionale passa necessaiiamente pei
lunit linguistica. La lingua e quindi geneialmente piesentata come
unica e comune, e questa unidentit [unidentit] della lingua
23
cos
la dehnisce Maic Cipon viene pioposta come pieziosa, da pieseivaie
al hne di pieseivaie la piopiia cultuia e la piopiia identit
La lingua e un bene piopiio che bisogna difendeie, come tutti
coloio che condividono questo possesso. Ed e peich questo
bene e questo possesso sono comuni che la loio condivisione
iende possibile lidentihcazione a una comunit che e al minimo
una comunit di lingua, ma che esige anche, tioppo spesso, di
esseie allo stesso tempo una comunit politica. Lappiopiiazio-
ne comune della lingua si tiova cos alla base della costituzione
di unidentit comune che peimette di iispondeie alla domanda
eminentemente politica chi siamo` ln tal modo, tutto cio che
fa di questo dominio un dominio imposto si tiova occultato. La
lingua si tiova eietta a ciiteiio supiemo didentihcazione e la sua
appiopiiazione a segno dappaitenenza, senza che il caiatteie
21. CvvoN 200, 30.
22. CvvoN 200, 18.
23. CvvoN 2001, 29.
211
Patrizia Cecala
coeicitivo (istituzionale, scolastico, statale) di questa appaite-
nenza e di questa identihcazione si tiovi messo in questione.
Oia questa coeicizione e tanto pi ammoitizzata in quanto la
lingua e piesentata come una e comune, identica a se stessa e
identica pei tutti [...]. Ma cio che, pi di tutto, fa della lingua
loggetto doppio di unappiopiiazione e di unidentihcazione, e
il fatto che essa e il suppoito oiiginaiio di una cultuia (ancoia
una e identica a se stessa) omogenea. Essa costituisce peisino il
ciogiolo di questa omogeneit. lntaccaie la lingua, e minacciaie
la cultuia nella sua integiit, a tal punto che il fantasma del suo
assoibimento, della sua assimilazione, della sua spaiizione e cio
che nutie le foime pi estieme di iivendicazione politica concei-
nente le lingue. Pei diilo in altio modo, con il iiconoscimento,
la difesa, la piomozione di tale o tale lingua, ne va sempie della
sopiavvivenza di una cultuia, identihcabile nella sua unicit e
nella sua dineienza, nella sua puiezza e nella sua omogeneit.
24
Coloio i quali poitano avanti un tale iagionamento dimenticano
peio che e piopiio nella diveisit delle lingue, nel modo in cui queste
ultime si sono incontiate e contaminate, che va iintiacciata la piima
foima di composizione,
2
la quale e poi diventata il paiadigma pei
tutte le composizioni che hanno successivamente avuto luogo in Eu-
iopa. LEuiopa, aneima infatti Cipon, si e fatta (si e composta)
tiaducendosi. Eppuie, questo non signihca che tutto e confuso e che le
cultuie euiopee sono indistinte. Questo indica solamente che ciascuna
di esse, allinteino dellEuiopa, esiste singolaimente pei il modo che ha
avuto di iappoitaisi alle altie, di tiaduile o di non tiaduile (o non
tiaduile pi), di esseie (o di non esseie) essa stessa tiadotta, vale a diie
di peiseguiie e di condivideie (a dispetto di tante inteiiuzioni, di tanti
confitti moitali, di iivalit incessanti, ma anche giazie a questi), a tale e
tal altia epoca della sua stoiia, il sogno destato da questa piima foima
di uscita fuoii di s che e lespeiienza delle alterit europee.
2
ll secondo atteggiamento e, invece, quello di coloio che si iendono
conto che lEuiopa e il piodotto di un sogno che non e mai stato quello
di unidentit a s o di un iipiegaisi su s, ma di unautodiffeienzia-
24. CvvoN 2001, 28-9.
2. CvvoN 200, 1.
2. CvvoN 200, 1.
212
Tra identit e alterit
zione.
2
Questi compiendono bene che la foituna dellEuiopa e stata
piopiio quella di iiusciie a moltiplicaie le possibilit di scambio, tanto
al suo inteino quanto al suo esteino. Suggestiva, a tal pioposito, iisulta
limmagine che Cipon piende in piestito da Valeiy, in cui lo sciittoie
paiagona lEuiopa ad un meicato e ad una fabbiica
Questa Euiopa tiionfante che e nata dallo scambio di ogni cosa
spiiituale e mateiiale, dalla coopeiazione volontaiia e involon-
taiia delle iazze, dalla concoiienza delle ieligioni, dei sistemi,
degli inteiessi, su un territorio molto limitato, mi appaie animata
come un meicato in cui tutte le cose buone e pieziose sono
poitate, confiontate, discusse e vanno di mano in mano. [...] La
nostia Euiopa, che inizia con un meicato mediteiianeo, diviene
cos una vasta fabbiica, fabbiica in senso piopiio, macchina da
tiasfoimazione, ma ancoia fabbiica intellettuale incompaiabile.
Questa fabbiica intellettuale iiceve da ogni paite ogni cosa dello
spiiito, le distiibuisce ai suoi innumeievoli oigani.
28
Se e veio, peio, che la iicchezza dellEuiopa sta nella memoiia di
questi scambi e di queste ielazioni, di questi tiansfeit e tiaduzioni, e
altiettanto veio che da questa memoiia dipende anche la sua complessit.
La memoiia del sogno euiopeo, delluscita dellEuiopa fuoii da s, e
infatti, al contempo, la memoiia del senso che questo sogno ha potuto
piendeie, su altie iive, pei coloio che ne subiiono la iealizzazione
foizata,
29
e la memoiia di unappiopiiazione, di uno sfiuttamento e
di una dominazione,
30
e delle soneienze che ne seguiiono.
Risulta peitanto evidente, alla luce di quanto hnoia detto, che iifet-
teie sulle alteiit dellEuiopa nel tentativo di dimostiaie limpossibilit,
pei lEuiopa stessa come anche pei ciascuna delle nazioni euiopee ,
di dehniisi dal piopiio inteino, signihca, in piimo luogo, inteiiogaisi
al contempo sul pluialismo linguistico e sulla pluialit di memoiie che
spesso diveigono e si oppongono.
2. CvvoN 200, 1.
28. V~ivv 19, 100-.
29. CvvoN 200, 24.
30. CvvoN 200, 23.
213
Patrizia Cecala
1. Per uninvenzione idiomatica dellappartenenza
Coloio che vivono lUnione euiopea come una minaccia, coloio che
temono la confusione tia i popoli, e quindi la spaiizione delle singole
identit cultuiali, tentano di iifugiaisi labbiamo gi anticipato dietio
la baiiieia delle lingue.
31
Questi, infatti, paitono dal piesupposto che
lEuiopa si componga di una pluialit di popoli al loio inteino omo-
genei la cui identit dipende, almeno in paite, dalla loro lingua.
32
La lingua costituiiebbe dunque, pei diilo con le paiole di Deiiida, una
maica dappaitenenza,
33
una manifestazione dellalleanza
34
, la
lingua dehniiebbe la nostia identit, dehniiebbe il noi
3
al quale
appaiteniamo. Le lingue diventano, cos, la baiiieia invalicabile oltie la
quale lunione non puo spingeisi, ed e pei tale iagione che esse vanno
difese gelosamente.
3
Pioteggeie, pieseivaie, manteneie la pluialit
linguistica dellEuiopa (manteneie le baiiieie) costituiiebbe alloia, co-
me chiaiisce Maic Cipon, la gaianzia che la costiuzione euiopea non
nuoce allidentit e allintegiit dei popoli che lhanno intiapiesa.
3
Questa pieoccupazione nasce, evidentemente, dalla peisuasione che
il iappoito alla lingua sia da intendeisi nei teimini della piopiiet e
dellappiopiiazione, che si possa aneimaie di esseie piopiietaii di una
lingua piuttosto che di unaltia, convinzione, questa, che gi Deiiida
aveva inteso metteie in discussione attiaveiso lenunciazione dellapoiia
Non ho che una lingua, e non e la mia.
38
ln enetti, insiste Cipon, ogni volta che si paila della lingua o,
ancoi di pi, delle lingue, ci si espone ad uninfazione di pionomi
possessivi la mia, la tua, la sua, la nostra, la vostra, la loro.
39
La
pieoccupazione maggioie, quindi, sembia esseie che, con lunihcazione
dellEuiopa, questo iappoito esclusivo a quello che e iitenuto un bene
piopiio
40
possa esseie messo in peiicolo a causa dellimpoisi di una
31. CvvoN 200, 29.
32. CvvoN 200, 30.
33. Drvviu~ 198, 39 (32).
34. Drvviu~ 198, 39 (32).
3. CvvoN 200, 30.
3. CvvoN 200, 30.
3. CvvoN 200, 30.
38. Drvviu~ 199, 13 ().
39. CvvoN 200, 33.
40. CvvoN 200, 33.
214
Tra identit e alterit
lingua comune che possiamo, oimai da tempo, identihcaie nella lingua
inglese. ll timoie, pi piecisamente, e che limposizione di questo
inglese univeisale che saiebbe piopiiet di tutti e di nessuno,
41
giunga
a scalhie la coincidenza tia piopiio e familiaie, tia cio che e piopiio
e cio che e pi usuale, pi usato. Ci si tioveiebbe, cos, divisi tia la
piopiia lingua e unaltia lingua, diveisa dalla piopiia, che diventeiebbe
paiadossalmente la pi familiaie in quanto la pi usata, mentie la
piopiia sembieiebbe sempie pi distante hno ad appaiiici stiana e
stianieia [trange et trangre].
42
La situazione degli Euiopei quanto alla lingua, peio, non si iiduce,
come ci tiene a chiaiiie Cipon,
43
a questo bilinguismo imposto, in cui
convivono la lingua mateina e linglese. Alla coesistenza di queste due
lingue si amanca, infatti, la piesenza di uninhnit di lingue possibi-
li gli idiomi che ogni lingua euiopea contiene viitualmente e che
appaitiene a ciascuno di inventaie.
44
Se questi idiomi sono pieziosi,
cio dipende dal fatto che, piopiio in iagione della loio molteplicit e
della loio continua moltiplicazione, essi, come ci suggeiiva gi Deiiida,
sono inappiopiiabili, sfuggono ad ogni possesso, iompendo, cos, ogni
equazione tia lingua e piopiiet, e iendendoci indietio un iappoito pi
libeio alla lingua
Cio che io tento di suggeiiie e che, paiadossalmente, il pi idio-
matico, vale a diie il pi piopiio di una lingua, non si lascia
appiopiiaie. Bisogna tentaie di pensaie che l dove si iiceica
[...] il pi idiomatico di una lingua, ci si avvicina a cio che, palpi-
tante nella lingua, non si lascia piendeie. E dunque io tenteiei di
dissociaie, pei quanto paiadossale questo appaia, lidioma dalla
piopiiet. Lidioma e cio che iesiste alla tiaduzione, dunque cio
che appaientemente e legato alla singolaiit del coipo signihcan-
te della lingua o del coipo tout couit ma che, a causa di questa
singolaiit, si sottiae ad ogni possesso, ad ogni iivendicazione
dappaitenenza.
4
Ma cio che e pi impoitante, secondo Cipon, e il fatto che, in quan-
41. CvvoN 200, 34.
42. CvvoN 200, 34.
43. Cfi. CvvoN 200, 40.
44. CvvoN 200, 40.
4. Drvviu~ 2001a, 8.
21
Patrizia Cecala
to inappiopiiabili, questi idiomi potenzialmente inhniti sfuggono
ad ogni stiumentalizzazione, ad ogni contiollo politico ed economico
della comunicazione, si oppongono alla iiduzione della lingua alla meia
funzione comunicativa. Cio che doviebbe pi pieoccupaie, infatti, non
e semplicemente la dominazione di una deteiminata lingua piopiio
quella e non unaltia a discapito delle altie, ma, pi iadicalmente, il
fatto che lintenzione stessa di individuaie una lingua comune, che tutti
doviebbeio esseie tenuti ad impaiaie, iivela che lappiendimento delle
lingue e oimai esclusivamente sottomesso ad un impeiativo utilitaiistico.
Si dimentica, cos, che ogni iappoito ad una lingua stianieia e sempie
un iappoito anettivo,
4
che puo esseie, secondo le ciicostanze, di
ostilit o di attaccamento. Pieseivaie lesistenza degli idiomi, assicuiaie
cioe le condizioni amnch gli idiomi continuino a moltiplicaisi, signihca,
quindi, assicuiaisi uno spazio di libeit in cui inventaie un iappoito
diveiso alla piopiia lingua, scevio da ogni utilitaiismo o stiumenta-
lizzazione, e al contempo lontano da ogni iivendicazione di possesso.
Ed e piopiio attiaveiso la contaminazione, attiaveiso lincontio con
altie lingue, che e possibile questa invenzione, che necessita quindi, in
piimo luogo, che si supeii la dimdenza veiso le lingue stianieie. Cio
che la diveisit delle lingue euiopee moltiplica allinhnito, aneima
infatti Cipon, e il numeio degli idiomi che e possibile inventaie, come
altiettanti iicoisi contio la dominazione di una lingua unica, votata agli
impeiativi economici, ideologici e politici della comunicazione.
4
Solo
amando unaltia lingua, spiega Cipon, sai possibile amaie la piopiia
lingua altiimenti,
48
dove lavveibio di eco levinassiana iiassume la
poitata di questo cambiamento
Non e legaisi ad essa pei un ipotetico sentimento di confoito,
di sicuiezza e anche di familiaiit, ancoi meno con lidea di
uneiedit da assumeie o di un debito da pagaie, e amaie in
lei lespeiienza dello stianieio e della stianezza alla quale lei
si piesta in ogni idioma. E amaie, nelle paiole della lingua,
le possibilit inaudite che esse oniono, giazie sopiattutto alla
tiaduzione, di iesisteie alla loio stiumentalizzazione. E tiovaie
4. CvvoN 200, 42.
4. CvvoN 200, 4.
48. CvvoN 200, 4.
21
Tra identit e alterit
nella piopiia lingua, apeita a quella degli altii in pi di una
lingua dunque , lo spazio della piopiia libeit.
49
Ma amaie la piopiia lingua altiimenti signihca anche, allo stesso
tempo ed e questo il nodo ciuciale della questione, ai hni del nostio di-
scoiso sullEuiopa oggi slegaie il piopiio attaccamento ad una lingua
da tutte queste attese politiche.
0
Riletta sotto questa luce leventualit
dellimpoisi di una lingua comune potiebbe peisino iivelaisi, pei ceiti
aspetti, vantaggiosa. La lingua inglese, infatti, ponendosi al contempo
come la lingua di tutti e di nessuno, non saiebbe in alcun modo ogget-
to di iivendicazioni politiche, o di quella iabbia appiopiiatiice che e
alloiigine di ogni nazionalismo. Ladozione di una lingua comune, e in
un ceito senso umciale, che peio non e mai sentita come la piopiia
lingua, compoiteiebbe, quindi, la dissociazione dellappaitenenza
politica (esseie cittadino euiopeo, dispoiie dei numeiosi e nuovi diiitti
che questa appaitenenza confeiisce) e dellappaitenenza linguistica,
1
segnando, cos, una novit assoluta nel iappoito tia appaitenenza lingui-
stica e politica, la cui coincidenza viene comunemente data pei scontata,
al punto da esseie spesso sancita giuiidicamente
Le lingue fuiono designate, peilopi, come lingue di Stato attia-
veiso un atto giuiidico. ll nostio monolinguismo, pei diilo
altiimenti, fece loggetto di pi di un calcolo e di un investi-
mento politico. Si tiattava sempie di iinfoizaie, di confoitaie
il noi, nel senso politico del teimine, con unappaitenenza
linguistica, a tal punto che lacquisizione della cittadinanza esi-
geva il pi delle volte che si fosse fatta piopiia la lingua della
nazione e che questa stessa appiopiiazione, ogni volta che
eia giudicata fiagile o insumciente, potesse faie loggetto di ogni
soita dingiunzione politica.
2
Ecco spiegato in che modo lequivalenza tia identit linguistica e
politica stia alla base di ogni nazionalismo, come ci testimoniano le
violenze e le violazioni che sono state commesse (ancoia iecentemente)
49. CvvoN 200, 4-.
0. CvvoN 200, 4.
1. CvvoN 200, 48.
2. CvvoN 200, 48-9.
21
Patrizia Cecala
in nome della difesa e della piomozione delle identit,
3
le quali spesso
si pietendono elette e investite di una missione univeisale,
4
e di cui le
lingue vengono invocate come il piimo segno di iiconoscimento.

Alla luce di quanto appena detto si chiaiisce in che senso la disso-


ciazione dellappaitenenza politica e di quella linguistica apie ad una
speianza. Essa, infatti, pone le condizioni di quella che Cipon dehnisce
uninvenzione pi idiomatica dellappartenenza,

secondo la quale le
lingue, o meglio gli idiomi, mantenendo le loio dineienze iiiiducibili e
iestando al contempo disponibili a tutti, si uniiebbeio pei oppoisi ad
ogni oppiessione, ad ogni nuova tentazione nazionalista
La mia lingua (la lingua che io faccio mia) che non si la-
scia iecupeiaie e stiumentalizzaie da nessuno non iinvia ad
alcun noi stoiicamente e politicamente piedeteiminato. Essa
non suppone n esige alcuna fedelt n alcun debito. E una
lingua tia altie in uno spazio politico di cui lei non e la lingua
comune, ancoi meno la lingua umciale, ma che iesta nondime-
no disponibile pei tutti, apeita a tutti una lingua che, con
tutte le altie, dispone pi che mai, pei queste stesse iagioni,
delle condizioni politiche iichieste pei iicopiiie questa funzione
che gi Kant

iiconosceva alla diveisit delle lingue, in quanto


diveisit oppoisi [faire barrage] alloppiessione.
8
Hanno in un ceito senso iagione, quindi, coloio che sostengono che
bisogna pieseivaie la baiiieia delle lingue o meglio, tenendo conte
di quanto hnoia detto, la baiiieia degli idiomi , a condizione, peio,
di assicuiaisi che nessuna lingua venga iidotta a semplice stiumento
di comunicazione o a vessillo di unidentit.
9
Ogni lingua, quindi,
deve manteneie una ceita debolezza, giazie alla quale essa si tiova
costantemente esposta allalteiit, al contempo divenendo la lingua di
tutti e accogliendo in s le lingue degli altii. E allo stesso modo, poich,
come sempie, la iifessione sulla lingua si lega a quella sulla cultuia,
3. CvvoN 200, 49.
4. Cfi. CvvoN 200, 102.
. CvvoN 200, 49.
. CvvoN 200, 49.
. ll iifeiimento e allopeia Per la pace perpetua
8. CvvoN 200, 49-0.
9. Cfi. CvvoN 200, 2-3.
218
Tra identit e alterit
possiamo sosteneie che la cultuia e sinonimo di libeit, dal momento
in cui peimette di vaicaie le sue fiontieie diventando, attiaveiso un
gioco di tiaduzioni, di tiansfeits e di scambi, la cultuia di tutti e dal
momento in cui inveisamente la cultuia degli altii, diventando la mia,
cessa di esseie esclusivamente la loio.
0
E quindi la stiada di un pluialismo che e al contempo linguistico e
cultuiale lunica che, pui esponendoci allaltio, e quindi mettendo in di-
scussione la nostia identit, puo assicuiaici la libeit necessaiia amnch
si apiano inhnite possibilit e, tia tutte, la possibilit di inventaie uno
spazio politico inaudito, scisso da ogni appaitenenza linguistica e quindi
anche accogliente nei confionti degli idiomi piesenti e a veniie.
1
2. Per una memoria senza ombre
La dimdenza nei confionti delle altie lingue, delle altie cultuie e degli
altii popoli, nasce, labbiamo gi detto, dallillusione che esistano o sia-
no mai esistite in Euiopa cultuie omogenee, e che a sua volta lEuiopa,
se iappoitata al iesto del mondo, costituisca unidentit compiuta e ben
distinta da cio che e oltie fiontieia.
Oia questo piegiudizio, chiaiisce Cipon, iiposa sul tiamandaisi di
una memoiia identitaiia che tioppo spesso omette la iealt dei fatti. E
pei tale iagione che iisulta necessaiio inteiiogaisi su questa memoiia al
hne di mostiaie che le identit cultuiali sono sempie pi eteiogenee e
composite di quanto voiiebbe la loio stiumentalizzazione.
2
Da qui il
tentativo di oppoiie, a questa memoiia iitenuta insumciente, unaltra
memoria delle identit (meno confoime alle costiuzioni nazionali fanta-
smatiche degli stoiici del XIX secolo), una memoria che renda noto il
loro carattere originariamente eterogeneo, vale a dire il fatto che esse si
sono costituite in un processo ininterrotto di dinerenziazione, la quale
non si realizza attraverso una trasformazione autonoma o levoluzione
di un fondo proprio, ma attraverso lincontro con le altre.
63
E quando si parla di incontro con altre culture ci si riferisce bene
ribadirlo non solo allincontro e allo scambio delle dinerenti culture
europee tra loro, ma anche, a fortiori, alle relazioni che il continente ha
60. CvvoN 2006, 124.
61. CvvoN 2006, 53.
62. CvvoN 2006, 22.
63. CvvoN 2006, 57.
219
Patrizia Cecala
stabilito con cio che ha costiuito come la sua o le sue alterit.
4
Se
piopiio si vuole deteiminaie ununit allinteino dellEuiopa, se davveio
si vuole individuaie un tiatto comune ai paesi euiopei, questo, a ben
vedeie, e da iiceicaisi non solo e non tanto nellattitudine delle vaiie
cultuie euiopee ad intiecciaisi e contaminaisi tia loio, ma, sopiattutto,
nel modo in cui i vaii paesi euiopei si sono iappoitati al iesto del mondo.
Resta oia da compiendeie in che modo sono stati iealizzati que-
sti incontii e questi scambi, i quali, secondo Cipon, hanno stoiica-
mente assunto la foima dello sfiuttamento, dellimpoitazione e della
tiaduzione.
Lo sfiuttamento, in paiticolaie, meiita qualche paiola in pi in quan-
to e il piimo modo in cui luomo euiopeo si e confiontato con il iesto
del mondo. Ma quello che caiatteiizza lo sfiuttamento e che cio che e
incontiato e appiopiiato si tiova immediatamente insciitto in un altio
sistema di valoii che non vuole conosceie nulla di colui che sfiutta.

Lo sfiuttamento, quindi, non puo esseie consideiato piopiiamente uno


scambio, esso non e suppoitato dal iispetto pei cio che si incontia, ma
al contiaiio si accompagna, spesso, non solo ad una negazione della cul-
tuia altiui, ma peisino ad un intento distiuttivo. Dalla colonizzazione
alla civilizzazione, diceva Aim Csaiie, la distanza e inhnita.

La
colonizzazione, infatti, non compoita alcuno scambio di cultuie n di
valoii. ln nessun modo si puo pailaie, qui, di incontio di civilt, una
cultuia puo infatti esseie incontiata come tale solo se il soggetto di
questa cultuia e lui stesso iiconosciuto come un esseie umano do-
tato di cultuia,

cosa che, suscitando un ceito iispetto, iendeiebbe


impossibile ogni sfiuttamento.
LEuiopa, invece, pui di pioseguiie nel suo sogno di espansione, ne-
go lumanit a coloio che intendeva sfiuttaie, il che non dineiisce tioppo
dal sistema che ancoia oggi viene messo in atto da un impeiialismo che,
agendo in nome dei diiitti delluomo e dellumanit delluomo, esclude
alcuni dallumanit e impone ad alcuni tiattamenti inumani. Li tiatta
come bestie.
8
Quando ci si inteiioga sullidentit cultuiale dellEuiopa bisogna,
4. CvvoN 200, 8.
. CvvoN 200, 0.
. Cs~ivr 19, 9-10.
. CvvoN 200, 2.
8. Drvviu~ 2008, 111 (10).
220
Tra identit e alterit
quindi, faie i conti con questa attitudine alla conquista. Se e veio
infatti che, come aneimava Deiiida, ogni cultuia e oiiginaiiamente
coloniale
9
dove la paiola coloniale, come chiaiisce Cipon, non
allude solo alla situazione delle antiche colonie, ma al fatto che ogni
cultuia ceica di impoiie la piopiia legge contio le altie
0
, e altiettanto
veio che nei paesi euiopei questa inclinazione emeigeva in manieia
paiticolaimente maicata. E tuttavia, anche in tal caso, occoiie opeiaie
le dovute distinzioni.
Una linea di fiattuia, infatti, come spiega Cipon, attiaveisa lEuiopa
sepaiando gli Stati in due giandi insiemi. Da una paite quegli Stati che
si distinguono pei la peculiaiit del loio iappoito col iesto del mondo,
che ha assunto, tipicamente, la foima di una dominazione colonia-
le
1
le cui tiacce sono ancoia oggi facilmente iepeiibili si tiatta di
paesi quali liancia, ltalia, Geimania, Spagna, Poitogallo, Belgio, Paesi
Bassi, Austiia , dallaltia paite quegli Stati, pi iecentemente integia-
ti nellUnione euiopea (Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaiia, Romania)
che non hanno mai avuto la pietesa n i mezzi di eseicitaie una
dominazione coloniale. Le cultuie di questi ultimi sono sempie state
consideiate come minoiitaiie al punto che, se pei gli Stati del piimo
giuppo fu sempie facile e peisino natuiale tentaie di impoiie la pio-
piia identit, il piopiio noi,
2
sulla scena della stoiia euiopea, pei
gli altii il iiconoscimento di unidentit cultuiale e linguistica
3
e
peisino, talvolta, del diiitto stesso di esisteie come comunit allinteino
dellimpeio, fu spesso conquistato con fatica.
A ben vedeie, peio, leteiogeneit e iadicata in manieia ancoia pi
piofonda al cuoie stesso dellEuiopa, essa abita spettialmente i singo-
li Stati in iagione di una memoiia che si iivela esseie estiemamente
composita
4
peisino al di qua delle fiontieie. La maggioi paite dei
paesi euiopei, infatti che si tiatti di Stati membii o non ancoia am-
messi allUnione , conta, tia i suoi abitanti, comunit di oiigini non
euiopee le quali conseivano, natuialmente, una memoiia diveisa della
stoiia euiopea la schiavit in piimo luogo, in seguito lo sfiuttamento
9. Drvviu~ 199, 8 (4).
0. Scuxi1 200, 18.
1. CvvoN 200, 2.
2. CvvoN 200, 3.
3. CvvoN 200, 33.
4. CvvoN 200, .
221
Patrizia Cecala
coloniale, i massacii [...], le umiliazioni, il dispiezzo che iiappaiono,
sul suolo euiopeo, sotto tutte le foime di esclusione.

Ma cio che e
pi giave e che, ancoia oggi, le umiliazioni e il dispiezzo pei queste
comunit sembiano iipiopoisi costantemente seppui sotto foime dine-
ienti, e in paiticolaie attiaveiso un doppio diniego. ln piimo luogo, a
queste comunit, viene negata la piopiia memoiia delllmpeio. ln enetti,
insegnando nelle scuole la lingua umciale come unica e identica a
se stessa, e tiamandando attiaveiso i libii di stoiia una memoiia di
comodo, anchessa omogenea, non si fa che iipiopoiie la violenza del
gesto coloniale non appena la cultuia e piesentata come qualcosa
di omogeneo, di unico e di identico a se stesso, il fatto di un popolo, la
sua piopiiet, cio stesso di cui si esige lappiopiiazione, il dominio e il
possesso, essa colonizza.

lnoltie, i componenti di queste comunit


si vedono negata la cittadinanza, attiaveiso un gesto che, peiseveiando
nel confeimaie la loio esclusione ed emaiginazione, va di paii passo
con quellatteggiamento di sumcienza se non di dimdenza assunto
nei confionti di quelli che vengono deteiminati come paesi membii di
secondoidine,

iianeimandone, cos, lo statuto minoiitaiio.


Bisogna quindi sfoizaisi di iecupeiaie e tiamandaie una memo-
iia pi fedele alla stoiia euiopea, che e stata una stoiia di scambi, s, di
incontii e condivisione, ma anche, in egual modo, una stoiia di violenze,
abusi e sfiuttamento. E non si tiatta, esclusivamente, di doveiosa onest
intellettuale ed elementaie iispetto pei tutti coloio che hanno subito
il colonialismo oltiemaie. Se lEuiopa e chiamata a faie i conti con la
memoiia della sua stoiia una memoiia appesantita dal iicoido di
svaiiate gueiie,
8
e sopiattutto nella speianza che, con questa memo-
iia, essa conseivi la consapevolezza dellimpossibilit di incainaie da
sola tutta lumanit, e del piezzo che una tale pietesa puo aveie.
9
Una
memoiia senza ombie come monito, quindi, allo scopo di scongiuiaie la
tentazione pei lEuiopa o pei i singoli Stati che la compongono di
eigeisi foitezza contio tutto cio che si tiova oltieconhne.
. CvvoN 200, .
. CvvoN 200, .
. CvvoN 200, 8.
8. CvvoN 200, 94.
9. Cfi. CvvoN 200, 94-
222
Tra identit e alterit
3. Lidentit dellEuropa come possibilit impossibile
Lidentit dellEuiopa, e oimai chiaio, non ha nulla di puio o unifoime.
La sua eteiogeneit, ci sembia altiettanto chiaio, va custodita, e le vie
di questa custodia sono iintiacciabili, come abbiamo visto, nel tentativo
di salvaguaidaie la pluialit di idiomi e nella shda di iecupeiaie una
memoiia pi onesta. Questa opeiazione coinvolge le nostie speianze e
le nostie iesponsabilit, sulle quali, in conclusione, iiteniamo oppoituno
inteiiogaici.
Cosa, infatti, si puo e si deve speiaie dallEuiopa oggi` E cosa,
ugualmente, non siamo pi autoiizzati ad aspettaici dallidea di Euiopa`
E ancoia, chi e il soggetto di questa speianza e di questa iesponsabilit`
Ci che non si pu pi speiaie dallEuiopa, spiega Cipon, e
una qualsiasi iisposta alla domanda chi siamo noi` che costiuiiebbe
[...] tale o tal altia monogenealogia.
80
Ogni dehnizione stabile di un
pieteso noi, ogni invocazione dappaitenenza, e infatti, come Cipon
spiega altiove, potenzialmente assassina,
81
ed e pei tale iagione che
il motivo conduttoie della iifessione del hlosofo e individuabile piopiio
in quella che lui stesso dehnisce decostiuzione del noi.
82
Quando
diciamo noi liancesi, infatti, oppuie noi che siamo Euiopei, la-
sciamo sempie altii allesteino.
83
Rispondiamo indiiettamente, cos,
anche alla domanda che veite sul soggetto di questa iesponsabilit si
tiatta di un noi che si apie alla possibilit di tutti gli altii che hnoia
eiano stati lasciati fuoii, un noi, quindi, i cui conhni si sono indeboliti
hno ad impediine la dehnizione.
Ma cosa ci iesta alloia da speiaie dallEuiopa oggi` Quali iesponsa-
bilit possiamo attiibuiie allEuiopa e agli Euiopei` E ancoia, come
lEuiopa puo e deve rispondere di e rispondere a questa nuova espeiien-
za delle fiontieie e dellidentit
84
` Loggetto delle nostie speianze
e delle nostie iesponsabilit, chiaiisce Cipon, e piecisamente e il
iimando, qui, e ancoia una volta al Deiiida de Laltro capo lidentit
80. CvvoN 200, 191-2.
81. CvvoN 2012a.
82. CvvoN 2012a.
83. CvvoN 2012a. E oppoituno iicoidaie che la iifessione del hlosofo si spingei
negli ultimi anni hno a quello che egli consideia lultimo noi, del quale si potiebbe
diie, ugualmente, che e il piimo noi moitali. Cfi. CvvoN 2012b.
84. CvvoN 200, 84.
223
Patrizia Cecala
dellEuiopa come identit impossibile. Si tiatta di unidentit come
autodineienziazione,
8
unidentit che lungi dallesseie identihcata in
una natuia o in unessenza e il piodotto di un fare
8
e di un diveni-
ie,
8
e si costiuisce, di conseguenza, attiaveiso lincontio e la peidita.
Linvenzione impossibile di questa identit iiposa sullapoiia pei la qua-
le, seppui continuamente sottoposta alla contaminazione, tale identit
sfugge ad ogni fusione e confusione
Questa invenzione saiebbe in piimo luogo lespeiienza di unidentit
che la sua apeituia iadicale, incondizionale, allalteiit non ces-
seiebbe di disappiopiiaie e che, tuttavia, non si tioveiebbe
confusa o dissolta, assoibita o dispeisa, distiutta unidentit
piepaiata al fatto che nessuna delle sue identihcazioni possa
teneie, e che tuttavia continueiebbe, essa stessa, a teneie.
Tuttavia [Pour autant], eppuie [pourtant] queste paiole non
sono pioposte a caso. Esse designano il luogo stesso dellapoiia,
come possibilit dellimpossibile.
88
Unidentit sinatta, come evidente, non puo pi esseie un iifugio
iassicuiante. Essa infatti veite nellinceitezza continuamente esposta
a tutto cio che aveva hnoia ielegato lontano da s, in quanto altio
da s, essa peide qualsiasi ceitezza e sicuiezza su cio che aveva h-
noia con natuialezza consideiato piopiio. Essa, chiaiisce Cipon,
custodisce la decostiuzione di questa stessa sicuiezza.
89
E malgiado
questa inceitezza possa, a piima vista, faici pauia, essa si iivela invece
una chance pei lEuiopa, la sola possibilit amnch qualcosa accada,
amnch iesti apeita la possibilit che in Euiopa, e allEuiopa, accada
qualcosa di nuovo
Amnch, con lEuiopa o attiaveiso lEuiopa, qualcosa ci ac-
cada, bisogna, come si e visto, che lEuiopa non sia pi lEuiopa,
bisogna che lidentit spiiituale (o ancoia cultuiale) che le eia
iiconosciuta cessi di esseie consideiata unevidenza. LEuiopa
che viene, e necessaiiamente unEuiopa il cui piopiio non si
8. CvvoN 200, 8.
8. CvvoN 200, 8.
8. CvvoN 200, 8.
88. CvvoN 200, 193.
89. CvvoN 200, 18-.
224
Tra identit e alterit
lascia pi delimitaie, ciicosciiveie, appiopiiaie, iiconduiie ad
una qualsiasi appaitenenza, non pi che ad unoiigine, una tia-
dizione, uneiedit deteiminate. Ogni iiconduzione a qualsiasi
cosa di questo geneie saiebbe sopiattutto un tentativo amnch
niente aiiivi a, con e attiaveiso lEuiopa. Questa faiebbe di cio
che doviebbe accadeie il piolungamento pievedibile di cio a cui
questa fu identihcata, a titolo di tale o tal altia teleologia. Non
ci saiebbe alloia niente di nuovo in Euiopa, niente che non sia
piogiammabile e calcolabile.
90
Ma se hnoia e stato messo laccento sui iischi che compoita la
iiceica e la custodia di unidentit, dobbiamo in conclusione ammetteie
che, con le dovute cautele, una ceita idea di Euiopa va mantenuta, che
bisogna ancoia, malgiado tutto, azzaidaisi a pensaie qualcosa come
lidentit dellEuiopa.
91
A condizione, peio, che questa identit iiposi
sullapoiia e sullinceitezza, a condizione cioe che lEuiopa di cui si ceica
lidentit sia tiavagliata dal foise. UnEuiopa che non e n data n
dehnita in anticipo, che non si lascia iinchiudeie n tiatteneie in alcuna
possibilit teiiitoiiale, cultuiale, economica o politica ciicosciitta
o decisa in anticipo, a titolo della stoiia, della geogiaha, dello spiiito,
dinteiessi stiategici, geopolitici o economici.
92
LEuiopa foise
93
e
unEuiopa in cui tutto e possibile, in cui tutto puo accadeie, ma in cui e al
contempo sempie mantenuta la possibilit che nulla accada. UnEuiopa
in cui laltio, se aiiiva, aiiiva sempie inaspettato, con una foiza che
iiiompe inteiiompendo ogni peifoimativo, secondo quel pensieio del
foise cui gi Deiiida aveva apeito la stiada.
94
Patrizia Cecala
Univeisit degli Studi di Paleimo
patiiziace82(hotmail.it
90. CvvoN 200, 189.
91. CvvoN 200, 189.
92. CvvoN 200, 184-.
93. CvvoN 200, 184.
94. Cfi., ad esempio, Drvviu~ 2001b, 3- (0-2).
22
Patrizia Cecala
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22
Notes, Reports & Interviews
The 10th ISNS International Conference
Cagliari 20-24/06/2012
Emanuele Lacca
La Societ Internazionale per gli Studi Neoplatonici (ISNS) ha organiz-
zato a Cagliari, per la prima volta in Italia, il suo decimo Convegno
Internazionale, svoltosi presso la Cittadella dei Musei dal 20 al 24 giugno
2012. Il Convegno, coordinato scienticamente dai professori Francesca
Maria Crasta, John Finamore, Suzanne Stern-Gillet e dalla dottoressa
Anna Corrias, ha visto la presenza di circa centocinquanta studiosi che,
alternandosi nelle varie sale della Cittadella, hanno discusso sui diversi
aspetti delle dottrine platoniche e neoplatoniche, sia dal punto di vista
storico che interpretativo.
Nel Convegno di questanno, introdotto dai saluti di Gary Gurtler
S.J. (Boston College), le molteplici tematiche attinenti il platonismo e il
neoplatonismo sono state organizzate in dierenti panels di discussione,
nei quali i convegnisti hanno trovato modo di confrontarsi su vari livelli,
dal pensiero logico e matematico ai problemi posti dalla morale e dalla
religione, dalle dottrine psicologiche alle teorie estetiche, dai sistemi
metasici allermeneutica. I relatori hanno preso in considerazione non
solo la losoa antica, ma anche quella medievale e quelle moderna
e contemporanea, evidenziando cos linesauribilit del dibattito sul
platonismo e sulla sua ricezione, sia nel pensiero occidentale che in
quello orientale ed arabo.
Numerosi e diversi i temi arontati questanno; tra di essi gurano
la connessione tra la logica platonica e quella aristotelica, che si mo-
stra chiaramente nei rapporti esistenti tra la losoa neoplatonica e
lOrganon aristotelico riguardo al principio di non contraddizione (Ari-
stotle imitating the Parmenides method? Proclus and Prior Analytics) e
al concetto di sostanza (Problems with substantial form in Alexander of
Aphrodisias). Presente anche una serie di studi sulla morale platonica
e neoplatonica, condotti attraverso lapprofondimento del concetto di
vita rettamente vissuta (Virtue and disposition in Plotinus, The Plotinian
concept of stillness), dellimportanza della memoria (Memory and the
perception of change in Platos Philebus), del ruolo della libert (Justin
Martyrs sources on prayer and providence), dellesistenza della provviden-
za e del fato nella vita delluomo (Grgoire de Nisse plotinien? A propos
de la providence, Destin et libert chez Plotin). Importante stata, inoltre,
Emanuele Lacca
la presentazione dei rapporti esistenti tra il platonismo e lo gnosticismo,
studiati nella prospettiva di un corretto inquadramento della losoa
plotiniana in epoca tardo-antica (Platos Sophist in platonizing sethian
gnostic interpretatio, Plotinus and the Gnostics: the peculiar impact of the
tripartite tractate and later works); in questo senso, stato dato rilievo
al collegamento tra Plotino e Porrio, in particolare al suo De antro
nympharum (Who have no knowledge of the sea. Soul and purication in
Porphyrys De antro nympharum, Porphyry and black magic, Porphyry
and His Sources: The Cave of the Nymphs and Elsewhere).
Particolare cura anche per la concezione platonica della matematica
e per lo studio della trasmissione delle questioni neoplatoniche in epoca
rinascimentale, moderna e contemporanea.
Rilevanti risultano le tematiche dedicate alla diusione della lo-
soa neoplatonica nel Medioevo e il signicato dellUno nelle Enneadi
di Plotino. Infatti, il periodo medievale di grande importanza per
lelaborazione di temi e concetti provenienti dal platonismo e rintraccia-
bili nelle epoche successive; daltra parte, il signicato di Uno permette
di mettere a fuoco il valore del trascendente allinterno della losoa
neoplatonica.
Tra gli interventi, spicca la ricchezza argomentativa dei panels
dedicati al tema della ricezione del Neoplatonismo nel Medioevo e
allinterpretazione dellUno nelle Enneadi di Plotino.
Relativamente al primo tema, da segnalare gli interventi di Ra-
fael Ramn Guerrero (Universidad Complutense de Madrid), Michael
Chase (CNRS), e Claudia DAmico (Universidad Nacional de La Plata-
Universidad de Buenos Aires). Ramn Guerrero ha mostrato limportanza
che la losoa di Plotino ha avuto nella trasmissione della losoa
aristotelica nel mondo arabo.
Esempio di ci lo scritto pseudo-aristotelico Sirr al-Asrr (Secre-
tum secretorum) del 1160, nel quale la losoa di Aristotele mescolata
con istanze neoplatoniche, quali la concezione di Dio come sostanza
semplice e spirituale e la concezione del divino come unicatore di
tutte le sostanze create. Michael Chase, con il suo Orpheus Arabicus, or
myths of weaving in Greco-Arabic philosophy, ha proposto lanalisi dei
concetti arabi di nisab talyya (relazioni composizionali musicali) e
sana al-db aj (arte della tessitura/broccato), introdotti da Ibn Ab Usay-
bia (1194-1270) nel suo commentario alla vita di Platone. Nella prima
parte del suo intervento, Chase ha aermato che le cinque relazioni
230
The 10th ISNS International Conference
composizionali utilizzate da Platone non sarebbero altro che le cinque
relazioni di consonanza presenti nella musica greca. Questo accosta-
mento sarebbe possibile attraverso lanalisi della creazione dellanima
del mondo esposta da Platone nel Timeo. Nella seconda parte stata
presentata limportanza losoca dellarte della tessitura nel mondo ara-
bo, a partire dalle inuenze platoniche, ma facendo anche riferimento ai
miti orci. Larte del db aj, infatti, molto simile allarte della tessitura
greca, poich esprimerebbe una sorta di guida per la comprensione della
creazione del mondo.
Il contributo di Claudia DAmico, invece, ha focalizzato lattenzione
sulle gure di Dionigi Aeropagita e di Proclo e la loro interpretazione
da parte di Bertoldo di Mosburgo e di Nicol Cusano. Prendendo in
considerazione le tematiche fondamentali dellElementatio theologica
emerge, secondo Bertoldo, lappartenenza di Dionigi e Proclo alla me-
desima tradizione losoca e la loro reciproca assimilabilit; secondo
Cusano, daltra parte, esiste una dipendenza tra i due autori che sovverte
la cronologia storica attestata. Le opinioni di questi due autori, inoltre,
sono funzionali alla sistemazione storica del periodo tardo-antico che
avverr, poi, con Lorenzo Valla.
La riessione sulle istanze losoche fondamentali del Neoplato-
nismo, relativamente allUno e ai suoi rapporti con Intelletto e Bene
ha avuto come asse portante gli interventi di Luc Brisson (CNRS) e
Francesco Fronterotta (Universit del Salento).
Il primo, con un intervento dal titolo Les rapports de lIntellect avec
lUn chez Plotin: lIntellect sens et lIntellect ivre, daprs le Trait 38
[VI 7], 35, 19-27, ha mostrato che lIntelletto, in Plotino, pu essere
considerato in due maniere: quando genera, ha la percezione del fatto
che tutte le realt intelligibili sono contenute in esso tutte in una volta;
quando pensa a se stesso, invece, come inebriato dal fatto di portare
lUno a s come atto di amore appassionato. Sulla scia dellintervento
di Brisson, il contributo di Fronterotta, En quel sens lUn est-il le Bien?
Plotin critique dAristote dans le trait 38 [VI 7], 25 et 27, ha analizzato
la critica che Plotino opera nei confronti di Aristotele a proposito del
Bene. Muovendo dallinterpretazione dei signicati aristotelici di causa
nale, potenza ed atto, si dimostrerebbe che, per Plotino, il Principio
Primo non sarebbe bene in s ma sarebbe legato ai suoi prodotti, dal
momento che essi tendono al Bene.
In stretto rapporto con questultimo intervento quello di John
231
Emanuele Lacca
Dillon (Trinity College of Dublin) che, nel suo Plutarch, Plotinus and the
Zoroastrian Concept of the Fravashi, ha analizzato il rapporto esistente
tra la parte pi nobile e superiore dellanima umana, cos come intesa
da Plutarco e Plotino, e il fravashi, ossia la preesistente ed esterna anima
superiore di una persona che guida lanima incarnata; a ci si connette
lo spirito guardiano che, facendo discendere lanima nel mondo, la invia
a combattere il bene contro il male.
Gli interventi qui presentati non intendono esaurire la totalit delle
discussioni che sono state arontate allinterno del Convegno, ma se-
gnalano due tra i temi di maggior interesse in relazione alla ricezione
neoplatonica medievale e allinterpretazione dellUno plotiniano; inoltre,
essi risultano fondamentali per le argomentazioni connesse con il plato-
nismo rinascimentale, moderno e contemporaneo. Esse sono decisive
per una comprensione pi profonda dei temi relativi al Neoplatonismo.
Emanuele Lacca
Universit di Cagliari
Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosoa
emanuele.lacca@gmail.com
232
X International Ontology Congress
San Sebastian/Barcelona 1-9/10/2012
Physis. From elementary particles to human nature
Laura Candiotto
The root was black, while the ower was as
white as milk; the gods call it Moly, Dangerous
for a mortal man to pluck from the soil, but not
for the deathless gods.
Homer, Odyssey X 304-306.
Physyn autou edeixe The word physis rst appeared in the Odyssey
of Homer relating to a white owered plant with a black root which
was hidden under the surface of the ground. The process, known as the
process to light everything that is hidden, marks the beginning of the
philosophy of nature. Since getting to know the nature of things is the
process needed to light everything that is hidden.
Barbara Cassin and Francesc Casadess highlighted this particular
issue stressing the connection between nature and knowledge. Alberto
Bernab analysed the recurring adjective physikos and was capable
of pointing out the connection between the studies of medicine and
nature. The dialogue about physis between philosophers and physics,
main objective of the congress, allowed us to return to the pre-Socratic
origin of our culture. The purpose of this dialogue was to explore
which approaches can oer a theory of contemporaneous physics and
its experimentation within quantum mechanics.
The theoretical physicist Carlo Rovelli provides an excellent ex-
pression of this possibility of dialogue. He introduced us to the great
scientic signicance of Anaximanders philosophy, with particular
emphasis on a naturalistic prospective. This prospective constitutes
a valuable addition to the physical and philosophical investigations.
Rovelli also proposed a method of philosophy borrowed from science,
where reliability and eectiveness are the substitutes of certainty.
A radical uncertainty leads to an endless questioning of premises
and thus permits a constant growth of knowledge and also confers
reliability. But, of course, ontologically speaking, the desertion of a solid
truth does not lead to a nihilistic form of relativism. On the contrary,
Laura Candiotto
the results of the research of what it is are positive and provide an
answer to the question: What is the world made of?
The same question has been answered by Frank Wilczek (physics
noble prize 2004), by identifying the bonds between a research based
on theoretical ideas and another one based on the observation of the
phenomena. A glance at history, from the Pythagorean philosophy to
quantum mechanics, is enough to remind us that due to the concept of
symmetry it is possible to observe the beauty of the cosmos.
Francis Wollf, who also answered the question, was in favour of
a realistic prospective which states that the real exist regardless of
the mind. On the contrary, Daniel Dennet (honorary president of the
Congress), claimed that the human mind is a social construction which
was built thanks to the assimilation of the memes. This construction
assess the extent to which cultural evolution shapes human nature.
Dennett also embodies the underlying spirit that gave structure to
the conference and that could be called analytical. The philosophy of
mind rests in neuroscience and in observation. The neuroscience is
based on the use of experiments that might lead to the development of
philosophical theories whereas the observation is based on a method
founded on examples (i.e Aristotle and Wittgenstein). However, Dennet
wanted to emphasize that this mind conception does not lead us to an
uncontrolled will.
Does this kind of remark lead us to a conception of the human natu-
re dierent from the traditional one based on anthropocentrism? The
contribution of Jos Ignacio Galparsoro was essential to nd an answer
to this question. While describing the schools of thought: transhuma-
nism, hyper humanism or post humanism, he stressed the necessity to
nd a new denition for the human nature interpretation along with
its ethical and politic implications.
According to Galparsoro, who supports the thesis of Roberto Mar-
chesini, it is necessary to overcome technophobia and to nd a dia-
logue (that lies between techne and bios) capable of providing a non-
antropocentric vision. Regarding human biology, Francisco J. Ayala
emphasized the importance of evolution in the constitution of human
nature.
The studies recommended: Anaximander (Toms Calvo), Parme-
nides (Luis Andrs Bredlow and Fernando Santoro), Plato (Andrea Le
Moli and Laura Candiotto) and Aristotle (Carla Francalanci and Pietro
234
Physis. From elementary particles to human nature.
Giurida) [to name a few] have masterly proved the conception of
physics within Greek philosophy.
The scholars tried to individualize the strategies used by philoso-
phers in order to justify the physical world. These included a reas-
sessment of doxa (thinking of Parmenides), the construction of order
(thinking of Anaximander and Plato) and the denition of movement
(thinking of Aristotle).
Besides, we were given the opportunity to attend to an interesting
dialogue about teleportation between Anton Zeilinger (experimental
physicist), and Simon Kochen (mathematician) which took place in
Barcelona. The moderator Ulises Moulines led the dialogue towards an
ontological plane. He posed a strong question: Whats the meaning of
being teleported if we cannot talk about substances anymore?
A possible answer to the question: What is the world made of?
would be that the dialogue between philosophy and physics it is quite
prolic. The famous article signed in 1935 by Einstein, Podolky and
Rosen was quoted as an illustration of this necessary cooperation: Can
quantum mechanical description of physical reality be considered com-
plete?. Over the last decade, this article has become a favourite subject
of study among philosophers.
The congress came to an end with a closing ceremony held in the
city of San Sebastian where we enjoyed an splendid performance of the
Parmeniada, designed by Fernando Santoro and based on Parmenides
fragments. From my personal point of view, it was a marvellous expres-
sion of the role played by the beauty of the cosmos, as an object of dialo-
gue between philosophy and physics. It was also an illustrative example
of the interaction among intellectual emotions and a research about the
nature of humans and the universe; both physical and philosophical.
I reckon, the languages chosen to represent the dramatic perfor-
mance of the poem (i.e. ancient Greek, French, Portuguese, Spanish,
German and Vasco) are a clearly image of a plurivocal manifestation of
the Cosmos that stimulates humankind to undertake new causes.
And so, here we are again, back to the beginning: facing the Cosmos
with awe and being driven to seek the origin of everything that it is,
that is to say, his physis.
Laura Candiotto
Universit C Foscari di Venezia
candiottolaura@gmail.com
235
Ohnmacht des Subjekts Macht der
Persnlichkeit
Internationale Konferenz der Nietzsche-Gesellschaft e.V.
Naumburg (Saale) 11-14/10/2012
Raaele Mirelli
A Naumburg, nellautunnale ex Germania dellEst, dove Friedrich Nie-
tzsche e la sua famiglia trascorsero parte della propria esistenza, attivo
da ormai due anni il Nietzsche-Dokumentationszentrum. La madre di
Friedrich Nietzsche, Franziska, vi si trasfer con i gli ad un anno dalla
morte del marito nel 1850. A Naumburg Nietzsche frequent le scuole
elementari ed il ginnasio di Schulpforta no al 1858. Vi ritorner poi in
seguito negli ultimi anni di vita, dove fu accudito dalla madre durante
la malattia.
Il Centro Nietzscheano stato costruito nel 2008, ma attivo dal
2010. Esso accoglie ogni anno diverse manifestazioni legate alla vi-
ta culturale losoca alimentata dalla passione per il losofo tedesco.
Annualmente vengono organizzati due congressi: questi sono volti
allanalisi e al confronto dellopera nietzscheana e inoltre alla considera-
zione della ricezione accademica di questo autore tra studiosi ed esperti
del settore.
Il titolo del congresso svoltosi questanno Ohnmacht des Subjekts
Macht der Persnlichkeit aveva come oggetto uno dei temi pi discussi
dalla comunit losoca occidentale: il soggetto.
Cinquantasei i loso coinvolti nella discussione; cinque le sessioni
tematiche: A) Ad hominem: La polemica letteraria e losoca di Nietzsche;
B) Morte dellautore? Persona e maschera, paternit e stile; C) Persona
e corpo: Dividuum e individuum visti dalla prospettiva della Volont
di potenza, del Prospettivismo e della losoa dei segni; D) Psicologia
nietzscheana attraverso Dottrina, dossograa, biograa e genealogia; E)
Nietzsche attraverso autorappresentazione e autonzione.
Questanno, oltre al normale svolgimento delle conferenze e delle
discussioni, stata presentata una mostra fotograca In cammino con
Friedrich Nietzsche, immagini da un libro mai pubblicato (scatti di Tho-
mas Steinhart) e celebrata la premiazione del losofo svizzero Andreas
Urs Sommer, designato dalla regione Sachsen-Anhalt come vincitore
del Premio-Nietzsche. Il premio, di 15.000 euro, stato consegnato dal
Raaele Mirelli
Ministro alla Cultura Stephan Dorgeloh, la laudatio, invece, proferita
dal losofo friburghese Ludger Luetkehaus. Andreas Urs Sommer ha
devoluto un terzo della somma ricevuta al Centro Nietzscheano.
Le conferenze si sono svolte non solo allinterno del centro, ma
anche nellabitazione della famiglia Nietzsche ad esso adiacente.
Lintervento dapertura stato tenuto dal prof. Werner Stegmaier,
una autorit nella scena tedesca nietzscheana. Lintervento, dal titolo
Rango e reputazione: sulla possibilit di teorizzazione della personalit,
ha rappresentato un perfetto preambolo tematico, oerente tanti spunti
di riessione, forte di tutte le gure pedagogiche create da Nietzsche
come lo Zaratustra e il viandante. Come chiave di lettura di tali -
gure stata presentata e descritta, attraverso un taglio ermeneutico,
la relazione-rapporto di Nietzsche con il mito e con il suo maestro e
precursore Schopenhauer.
Il tema soggetto ha rappresentato in questa cornice losoca una
valida proposta di riessione, sia in quanto atto losoco decostrutti-
vo che costruttivo. La trasvalutazione nietzscheana di tale elemento
si contrappone, infatti, alla tendenza moderna proposta a partire da
Descartes, volta invece ad una piena consacrazione del soggetto a punto
cardinale di certezza e consapevolezza. Importante a riguardo sono
stati i numerosi interventi che miravano allanalisi del concetto della
soggettivit in relazione a quelli di personalit e individuo, di gura e
maschera che nella lettura nietzscheana appaiono come poli dialettici.
La tendenza speculativa degli interventi si concentrava nellultimo
periodo di produzione nietzscheano. Pochi sono stati coloro i quali si
sono si riferiti al Nietzsche della Nascita della tragedia e ancor meno
ci si occupato del punto di svolta riessivo e stilistico rappresentati in
Umano troppo umano, Al di l del bene e del male, La gaia scienza.
Com noto, la losoa nietzscheana ore uno spunto di riessione
autocritica del losofo-rispetto-al-losofo. La parola chiave del congres-
so, e in generale portante della losoa di Friedrich Nietzsche, Selbst
(se-stesso) riempiva le sale delledicio, anche quando con essa non si
evocava liniziativa nietzscheana di individuazione di un soggetto e di
una relazione tipica del losofo con se stesso, dellintellettuale con se
stesso. Rilevante e degno di nota stata senza dubbio la vastit tematica
che il convegno ha oerto: da Omero alla cultura mediorientale in rife-
rimento allo spazio religioso, no alla sfera giuridica con lintervento
dellavvocato Henry Kerger, dal titolo I fondamenti personali dellagire
238
Ohnmacht des Subjekts Macht der Persnlichkeit
sociale in Nietzsche. Non poteva mancare lo spazio dedicato alla lette-
ratura, vista la forte tendenza letteraria della losoa nietzscheana. Lo
scrittore tedesco Martin Mosebach ha deliziato il pubblico leggendo uno
dei suoi manoscritti inediti attraverso un modo di lettura sui generis,
che ha coinvolto e avvolto lascoltatore con tantissime immagini, dense
di sensazione e veloci daggettivi.
Tra le personalit da menzionare emerge sicuramente quella del
losofo americano James Conant (Universit di Chicago), il quale ha
illuminato la popolazione nietzscheana esplicando il rapporto losoco
tra Emerson e Nietzsche. Lintervento lesemplarit in Emerson e Nie-
tzsche ha suscitato notevole interesse non solo a causa della tematica
ma anche per la personalit carismatica di questo oratore, dalle capacit
espressive ricche e dirette.
Il tentativo di costruzione, ricostruzione e distruzione del concet-
to di soggettivit da parte della societ scientica nietzscheana ha
portato, attraverso questo congresso organizzato da Ralph Eichberg (in
qualit di direttore del centro), Chistian Benne ed Enrico Mueller, ad
una consapevolezza rilevante: la losoa di F. Nietzsche rappresenta
un modo losoco tipico di autocritica culturale che assurge a mezzo
dazzardo critico verso le nuove tensioni morali della nostra societ,
losoca e non.
Signicativo in tal senso lintervento di Andreas Urs Sommer dopo
la consegna del premio: Cosa si aspetta la comunit losoca da me?
Che continui a produrre una quantit di scritti tale da rendere giustizia
alle aspettative culturali della nostra societ scientica?. La losoa
come azzardo, titolo dellintervento del losofo svizzero, esprime a
pieno lintento e la motivazione che sostengono il compito della losoa
nietzscheana allinterno delluniversit tedesca, ossia lautocritica e la
capacit di rimodellare se stessi in tempi di cambiamento e di crisi.
Raaele Mirelli
mirelliraaele@gmail.com
239
Book Reviews
Jessica Moss, Aristotle on the Apparent Good
Perception, Phantasia, Thought, & Desire, Oxford
University Press, Oxford 2012
Pietro Giurida
Quattordicesimo volume della Oxford Aristotle Studies Series, il libro
di Jessica Moss si propone come una estesa trattazione della nozione
di bene apparente, ovvero del phainomenon agathon - tema questo che
comporta un confronto serrato con la nozione aristotelica di phantasia.
Lobiettivo teorico dellautrice consiste nel rileggere letica aristotelica
nei termini di un empiricismo pratico (Practical Empiricism). Tale
prospettiva, connettendo le cosiddette opere biologiche, la Retorica e le
etiche, mira a mostrare come la motivazione allazione, per gli uomini
come per gli animali, dipenda sempre da una cognizione di un oggetto
in quanto piacevole o doloroso, ovvero in quanto esso appare come
un bene da perseguire o un male da cui allontanarsi. Lautrice quindi,
a partire dal De anima e dal De motu animalium, indaga il modo in
cui le tre funzioni discriminative - sensazione, phantasia ed intelletto
- facendo apparire un oggetto desiderabile, determinano il movimento
animale ed umano.
Il primo passo in questo senso costituito dallanalisi degli aspetti
somatici della sensazione, con particolare riguardo al De motu anima-
lium. Stando a tale testo, ed in particolare a 700b15 ss., ogni sensazione
risulter infatti di per s accompagnata da piacere e dolore, il che co-
stituisce, gi al livello della pi semplice aisth esis, una prima forma di
giudizio circa un bene da perseguire o un male da evitare. Tale aspetto
della sensazione legato allinterazione tra i singoli organi di senso e la
regione pericardica. La sensazione risulta infatti essere unalterazione
del calore interno del corpo, che, causata da uno stimolo esterno, at-
traverso la mediazione del sangue e delle vene, raggiunge il sensorio
primo, ovvero il cuore. Tale alterazione sar quindi sempre piacevole
o dolorosa, proprio in quanto comporta un rareddamento o un surri-
scaldamento della zona pericardica. La ricostruzione di questa sorta di
meccanismo corporeo permette anche di comprendere come, secondo
Aristotele, una percezione possa determinare il movimento animale.
infatti in quanto piacevoli o dolorose, ovvero in quanto capaci di alte-
rare la temperatura della zona pericardica, che le sensazioni muovono
un individuo: rompendone lequilibrio termico, gli stimoli sensoriali
Pietro Giurida
attivano una sorta di dinamica compensativa, provocando a catena con-
trazioni e dilatazioni organiche e muscolari, che a livello macroscopico
determineranno il movimento del dato essere vivente.
Questa ricostruzione del modo in cui ha inizio il movimento animale,
di per s adatta ai viventi privi di pi complesse funzioni cognitive, fun-
ger, nel corso dellintero volume, da modello generale, sotteso ad ogni
movimento animale ed umano, per quanto esso sia diversamente realiz-
zato nelle singole specie viventi, a seconda del tipo di cognizione volta
per volta responsabile dellidenticazione di un oggetto come un bene o
un male. Tale dinamica ha infatti il vantaggio di indicare loggetto che
determina il movimento come il risultato di una cognizione pratica
(practical cognition), in cui il giudizio circa la bont di un oggetto coinci-
de con quello circa la sua piacevolezza. Nelle parole dellautrice: what
Aristotle has in mind is a form of cognition that is itself pleasurable or
painful (p. 26). Stando a tale ricostruzione, anche forme di cognizione
pi complesse, per poter determinare un movimento, dovranno essere
in grado di presentare un oggetto suscitando piacere o dolore, ovvero
produrre unalterazione somatica della regione pericardica. Condizione
questa che dovr essere soddisfatta anche nel caso in cui intervengano
a determinare il ne dellazione lintelletto pratico e la phronesis.
Avendo stabilito i caratteri generali dellempiricismo pratico, lautri-
ce procede ad innestare su questo primo livello funzioni cognitive sem-
pre pi complesse, bilanciando e superando il carattere prevalentemente
ricettivo implicato nella reazione corporea ad uno stimolo sensoriale.
Proprio in questo senso risulter di cruciale importanza la phantasia,
cui attribuito il ruolo di condizione generale per la determinazione
di movimenti orientati ad un ne, che vadano cio oltre la semplice
reazione ad uno stimolo. Stando alla ricostruzione della Moss la phan-
tasia permette infatti di ampliare il range di oggetti in relazione a cui
gli animali possono orientare il proprio comportamento, permettendo
loro di rivolgersi, oltre che ai sensibili presenti nel dato momento, ad
oggetti assenti (abstent objects o non-present objects). Essa infatti
in grado non solo di riprodurre il contenuto rappresentativo di una
percezione evocata nella memoria o proiettata nel futuro, ma anche di
associare a tale contenuto una sensazione di piacere o dolore, ovvero
di determinare unalterazione della regione pericardica che dia inizio
al movimento anche in assenza di un oggetto sensibile. Il riferimento
della Moss si estende in questo senso oltre i capitoli del De anima e del
244
Jessica Moss, Aristotle on the Apparent Good
De motu animalium generalmente indicati come i principali testimoni
della teoria aristotelica della phantasia, focalizzandosi sul ruolo che essa
gioca nella Retorica, a partire da I.11, per lesame delle passioni. Se
infatti la percezione di un oggetto presente deve la propria piacevolezza
al fatto di poter determinare immediatamente unalterazione somatica,
altre aezioni, quali lira o la vergogna, non sono determinate da un
oggetto presente. Esse dipendono piuttosto dalla capacit di suscitare
una determinata rappresentazione - letteralmente una phantasia - di
una circostanza desiderabile o vergognosa. La funzione evocativa o
presenticatrice della phantasia permette cos di rivolgere lattenzione
ad oggetti non presenti, di porre innanzi agli occhi una scena o una
circostanza, causando le corrispondenti aezioni somatiche. Il ricorso
alla phantasia costituisce quindi lelemento teorico fondamentale per
spiegare come eventi non direttamente ed eettivamente esperiti nel
dato momento, ed eventualmente solo evocati da un oratore, possano
determinare delle aezioni piacevoli o spiacevoli, e spingere conseguen-
temente allazione. Su questa scia la phantasia viene vista dalla Moss
come la responsabile ultima del phainomenon agathon, ovvero dellunico
modo in cui esseri dotati di facolt cognitive altre dalla semplice sensi-
bilit possono esperire e riconoscere qualcosa come un bene ed un ne
da perseguire.
Su questo schema, lautrice innesta anche la propria analisi del nous
praktikos. Circa la facolt tipica dellanima umana, la tesi dellautrice
consiste in primo luogo nel sottolinearne la dipendenza dalla phantasia,
e quindi nel ribadire che ogni forma di cognizione, per essere capace
di determinare un movimento o unattivit, nel determinare un dato
oggetto come un bene da perseguire deve anche essere intrinsecamente
piacevole o dolorosa. Nel caso dellintelletto si tratter quindi di illu-
strare il modo in cui esso possa per cos dire retroagire sulla phantasia,
determinando delle rappresentazioni che orientino il comportamento
umano.
Lesame dellintelletto deve per anche far fronte ad altri problemi
teorici, legati in particolare alla possibilit che il giudizio delle diverse
facolt cognitive circa un determinato oggetto possa divergere. Se infatti
vero che anche il nous per muovere luomo deve produrre tramite la
phantasia una determinata aezione della zona pericardica, come potr
allora dierire la sensazione di un oggetto in quanto piacevole ed il
giudizio del medesimo oggetto come un male da evitare? Per arontare
245
Pietro Giurida
tale problema lautrice propone di procedere mediante un confronto tra
le due forme di intelletto - quello teoretico e quello pratico - con parti-
colare riguardo al decorso che conduce dalla sensazione allemersione
dei primi universali. I passaggi necessari perch abbia luogo lintelletto
teoretico, desunti dal confronto tra Analitici secondi II.1 e Metasica I.1,
sono infatti 1) la percezione ripetuta di un determinato oggetto o di una
classe di oggetti; 2) la conservazione di tali percezioni nella memoria,
che una funzione cognitiva strettamente connessa alla phantasia; 3)
lemersione dellesperienza (empeiria), che gi contiene implicitamente
gli universali; 4) un procedimento induttivo (epagog e) che colga gli uni-
versali e che li utilizzi come punto di inizio delle dimostrazioni (153). La
strategia della Moss consiste quindi nel mostrare come questi quattro
momenti trovino piena corrispondenza anche nel caso dellintelletto
pratico. Ci sar facilmente confermato nel caso della sensazione, inca-
ricata del primo approccio, tipicamente ricettivo, agli oggetti circostanti.
Richieder invece maggior perizia il caso della memoria, ovvero della
phantasia, al cui riguardo la Moss si appella alla distinzione tra la phan-
tasia logistik e e quella aisth etik e o bouletik e. La phantasia in questo caso,
proseguendo lopera della sensazione, incaricata di fornire la materia
necessaria alle successive elaborazioni. Nel caso della cognizione prati-
ca, ci implica che venga preservato, oltre al contenuto rappresentativo,
anche laspetto emozionale, ovvero la caratterizzazione del dato oggetto
come qualcosa di piacevole o di doloroso. Laspetto cruciale per qui
costituito dallequivalenza, ipotizzata dalla Moss, tra lepagog e e lhexis,
ovvero tra i momenti ancora precedenti la prestazione intellettuale vera
e propria, ma che pure la caratterizzeranno profondamente. Su tale
base infatti la Moss spiega come solo un individuo ben educato, ovvero
predisposto dalla pratica assidua di azioni onorevoli, dispone per ci
stesso di una sensibilit tendenzialmente o prevalentemente in accordo
con la determinazione intellettuale del ne delle azioni. La phantasia
viene cos chiamata a giocare un ruolo duplice: come sensazione resi-
duale, ovvero come memoria, essa costituisce la materia su cui agisce
lintelletto. Intelletto che, in quanto nalizzato allazione pratica, opera
una sorta di sintesi o combinazione di tale materia, il cui risultato
ancora una volta una phantasia, una determinazione del phainomenon
agathon come di un ne piacevole.
Al termine di questo percorso si trovano quindi delineate tre modali-
t in cui il movimento pu essere suscitato negli animali e negli uomini,
246
Jessica Moss, Aristotle on the Apparent Good
distinte a seconda della cognizione da cui scaturiscono, seguendo in que-
sto senso ancora una volta il De motu animalium. Il primo caso, tipico
degli animali pi semplici e privi di phantasia, ma anche dei comporta-
menti immediatamente realizzati in reazione a degli stimoli improvvisi,
quello in cui il movimento viene determinato semplicemente da una
percezione sensibile. In questo caso practical (pleasurable, evaluative)
perception directly conditions desire (p. 151). La modalit successiva
quella degli animali dotati di phantasia. In questo caso la percezione
resta il punto di partenza nella cognizione del bene, ma la realizzazione
dellorekton opera della phantasia. Lultima modalit quella tipica
delluomo, che pure partecipa di quelle precedenti, ma nel cui caso
il desiderio tipicamente determinato da una phantasia concepita in
seguito ad una deliberazione.
Lobiettivo teorico della Moss, ovvero quello di caratterizzare letica
aristotelica come un empiricismo pratico, in cui ogni motivazione
allazione determina ecacemente il movimento solo se capace di pre-
sentare loggetto del desiderio come qualcosa di piacevole, sembra cos
conseguito. Non si tratta solo della dipendenza, di ordine materiale, del
nous dalla sensibilit e dalla memoria circa i contenuti da sottoporre ad
astrazione. Ma anche e pi radicalmente del modo, dellunico modo pos-
sibile, in cui una qualsivoglia forma di conoscenza pu determinare un
movimento orientato ad un ne, attivando sensatamente il complesso
psicosomatico a partire da una piacevole rappresentazione di tale ne.
Lesito, stando allautrice, sar un ridimensionamento del ruolo svolto
dallintelletto pratico nella determinazione del comportamento umano:
la determinazione del bene da perseguire dipende dalle funzioni non
razionali dellanima, che forniscono il contenuto di ogni riessione intel-
lettuale, e su cui il nous deve retroagire per determinare eettivamente
lattivit delluomo.
In conclusione, il libro presenta una grande variet di argomenti, ma-
nifesta unindubbia padronanza del corpus aristotelico, e presenta alcune
posizioni interpretative indubbiamente originali. Oltre ad inaugurare il
tema dellempiricismo pratico, lautrice si inserisce energicamente nel
contesto delle interpretazioni recenti della phantasia aristotelica, con-
frontandosi esplicitamente con alcune di esse, e giungendo ad indicare
la peculiarit di tale funzione nel riferimento, che essa rende possibile,
ad oggetti assenti. Formulazione questa che sembra per certi aspet-
ti riprendere, in modo originale, la denizione di Malcolm Schoeld,
247
Pietro Giurida
che faceva della phantasia una non-paradigmatic sensory experience.
Rispetto a numerose tentativi recenti di approcciare il tema della phan-
tasia, la Moss ha lindubbio vantaggio di esaminare, pur seguendo il lo
conduttore del phainomenon agathon, la quasi totalit delle occorrenze
di phantasia, evitando cos di produrre uninterpretazione esclusivamen-
te basata sulle opere biologiche. Inoltre, lautrice sembra aver ottenuto
una convincente ricostruzione del modo in cui Aristotele potrebbe aver
inteso la connessione tra attivit somatica e psicologica, prendendo
in questo senso spunto da una lettura di De anima III.6 e ss. e di De
motu animalium 6 e ss. Ricostruendo nei tesi aristotelici un modello
cardiocentrico, e descrivendo le aezioni come alterazioni della tempe-
ratura della zona pericardica, lautrice riuta di separare la siologia
aristotelica dalle etiche, accettando esplicitamente la sda di ricostrui-
re un modello siologico diverso da quello correntemente accertato,
ma che comunque funge da sfondo teorico comune sia alla disciplina
delle passioni implicata nelletica che alla gnoseologia dellintelletto
teoretico. Le parti del volume dedicate a questi aspetti si avvantaggiano
certamente di un confronto serrato con il corpus aristotelico, a cui si
forse troppo sacricato quello con il dibattito recente. Infatti, con la sua
dettagliata ricostruzione degli aspetti somatici della percezione, la Moss
di fatto si colloca allinterno del dibattito tra spiritualismo e letteralismo,
ponendosi, verosimilmente, a favore di questultima corrente. Nel far
ci lautrice per ha preferito non discutere esplicitamente il tipo di
alterazione (alloi osis) richiesto ed implicato nella percezione sensibile e
nellintelletto - questione oggi centrale nel dibattito sul De anima.
Pietro Giurida
Universit degli Studi di Palermo
pietro.giurida@unipa.it
248
Markus Gabriel, Il senso dellesistenza
Per un nuovo realismo ontologico, Carocci, Roma 2012
Filippo Di Trapani
Il volume di Markus Gabriel, edito a cura di Simone L. Maestrone e arric-
chito da una presentazione di Maurizio Ferraris, preso nel suo insieme
costituisce un corpo testuale complesso nel quale convergono materiali
di diversa estrazione. Si tratta, invero, di materiali redatti in dierenti
contesti situazionali, ora in funzione didattica (come nel caso del corpo
centrale del volume, composto in lingua inglese e concepito per nalit
propriamente didattiche), ora in funzione specicamente pubblicistica
(con riferimento ad un saggio in lingua tedesca inserito dallautore a
completamento del volume). Tuttavia, a fronte del carattere composito
che, sotto il prolo puramente redazionale, denisce il lavoro di Gabriel,
sotto laspetto prettamente tematico, invece, il libro presenta un prolo
piuttosto lineare, e si caratterizza per la sua essenziale omogeneit in
rapporto alla proposta teorica in esso contenuta.
Sin dallIntroduzione, infatti, appare piuttosto chiaro come lintento
fondamentale del lavoro consista nel tentativo di aprire lo spazio per una
svolta ontologica che si conguri, nello specico, come un cambiamento
di direzione rispetto alla matrice logicista (Frege) e logico-trascendentale
(Husserl) che ha preformato il modello contemporaneo di ontologia e
che ha prospettato, nel contempo, gli sviluppi del Linguistic turn.
La svolta ontologica, secondo lintento programmatico di Gabriel,
dovr dunque assumere le fattezze di una Ontologia iperrealista che,
in aperta opposizione agli orientamenti riduzionistici del Linguistic
turn, sia capace di disancorare il concetto di essere da ogni tendenziale
riduzione e/o risoluzione al piano di consistenza del linguaggio.
Rimarcando il prolo costitutivamente universalistico di ogni discor-
so che voglia presentarsi come ontologico - dunque come considerazione
universale sullesistenza in quanto tale, a prescindere dalle sue moltepli-
ci ed indenite specicazioni - Gabriel si fa portatore di unistanza di
superamento del limitato/limitante orizzonte di riessione aperto dai
pensatori del Linguistic turn.
Secondo Gabriel, infatti, unontologia, e nella fattispecie unontologia
iperrealista, pu costituirsi come tale se e solo se denita dal riferimen-
to strutturale allinterezza dellesistente. Ci signica che il problema
fondamentale dellontologia non sta nel rilevamento delle condizioni che
Filippo Di Trapani
mediano il nostro accesso allessere (siano esse condizioni linguistiche,
strutture a a priori, caratteri funzionali della sfera noetica, ecc...), quan-
to nella denizione dellesistenza in quanto tale, considerata a partire
della sua originaria e costitutiva intellegibilit. In questo senso, infat-
ti, il programma ontologico-realistico sviluppato nel presente volume
assume i caratteri di quello che lautore denisce nei termini di un Idea-
lismo minimale di matrice parmenidea, dal momento che lidealismo
sostiene soltanto, in modo minimale, che lesistenza sia intellegibile.
Questo lidealismo minimale che troviamo nella tradizione parme-
nidea, tradizione che anche Badiou sottoscrive esplicitamente (pag.
93).
Il nuovo realismo ontologico, dunque, pone al centro del proprio
discorso lesistente di per s, mirando allo sviluppo di una nozione di
essere/esistenza sucientemente potente da qualicare in termini di
esistenza reale ogni oggetto come tale.
Riagganciandosi al repertorio problematico fregeano, Gabriel so-
stiene infatti che lesistenza non pu essere intesa come una propriet
propria, vale a dire come un carattere di specie che qualica alcune
classi di oggetti escludendone altre. Lesistenza, cio, non concepibile
come una propriet tra le tante, n come una propriet collocata in
posizione privilegiata rispetto alle altre propriet, perch anche cos
potrebbe gurare come propriet propria e/o come nota caratteristica
discriminante, infatti: Chiamiamo propriet propria una propriet in
riferimento alla quale ci viene permesso di distinguere loggetto a cui la
propriet attribuita da altri oggetti del mondo (pag. 41). Allinterno
di questo piano di considerazione, la nozione di esistenza si presen-
ta come la dierenza specica che denisce la regione dellestensione
spazio-temporale e la dierenzia dalle altre regioni ontologiche.
Tuttavia, un dispositivo ontologico entro il quale gli unici ogget-
ti realmente esistenti sono quelli che si estendono nella dimensione
spazio-temporalmente congurata, presenta una limitatezza strutturale
in ragione del fatto che contempla come esistenti solamente gli ogget-
ti sici, escludendo dal dominio dellesistenza reale tutti gli enti non
riducibili alle modalit di organizzazione spazio-temporali.
Unontologia declinata in senso sicalista, perci, non risponde a
quellistanza universalistica che deve denire qualsivoglia program-
ma ontologico. Del resto, qualora lontologia sviluppasse una reductio
dellesistenza reale ai soli oggetti dello spazio-tempo, essa si quali-
250
Markus Gabriel, Il senso dellesistenza
cherebbe automaticamente come unontologia regionale, e perci, co-
me tale, sarebbe strutturalmente impedita nel riferimento allinterezza
dellesistente.
In rapporto a questa specica nozione di esistenza, lontologia iper-
realista si costituisce secondo la regola della despaziotemporalizzazione
ontologica, una norma secondo la quale il concetto di oggetto non
identico al concetto di oggetto spazio-temporale (pag. 75).
Del resto, sostiene Gabriel, la nozione di Esistenza pu essere intesa
in senso forte nella misura in cui, non gurando come propriet propria,
presenta una universalit tale da essere applicabile a tutti gli oggetti, a
prescindere dalla loro specica collocazione regionale: Di conseguen-
za lesistenza non pu diventare pienamente simile ad una propriet
propria (pag. 43).
Ora, se lesistenza si congura come la propriet costituente dellog-
getto - tolta la quale si toglie loggetto stesso - in questo preciso fran-
gente non pu che emergere la necessit di un concetto revisionario di
esistenza, intendendo per revisionario un concetto di esistenza che,
come minimo, non aerma n che lesistenza sia una propriet propria,
n che essa sia una propriet che si trovi nello spazio-tempo o che possa
essere percepibile (pag. 43).
Il primo capitolo del volume, Signicato ed esistenza, intende con
ci rispondere alla domanda fondamentale che tradizionalmente ha
delineato lo spazio operativo dellontologia, cio: Che cos, allo-
ra, lesistenza? (pag 47). Ribaltando la matrice logico-trascendentale
dellontologia contemporanea, e prendendo le distanze dallontologia
dualistica di Frege, Markus Gabriel propone espressamente di denire
lesistenza come lapparizione in un mondo (pag. 47) aggiungendo
che lesistenza non la relazione di rientrare sotto un concetto o di
soddisfare una funzione (pag. 47), come sosteneva Frege, ma il fatto
che qualcosa appaia allinterno di un campo di senso, che sia allinterno
di un mondo (ibidem). E rispondendo alla domanda su che cos il
senso, a pag. 77 aggiunge: Il senso una modalit di organizzazione
tale per cui qualcosa viene ad essere presentato in modo particolare.
Lesistenza, dunque, apparizione relativa ad un campo, o appari-
zione in un mondo. In base a tale denizione fondamentale, Gabriel
formula il concetto di esistenza campo relativa, modulando la questione
ontologica a partire da quello che, a pag. 26 dellIntroduzione, lautore
denisce come il condizionale di base attorno a cui costruito il concetto
251
Filippo Di Trapani
revisionario dellesistenza: Se c qualcosa piuttosto che niente, allora
ci sono dei fatti che rendono possibile lesistenza delle cose che esistono.
Chiamiamo questo il condizionale di base (pag. 26).
Ogni oggetto, dunque, esiste nella misura in cui soddisfa il condizio-
nale di base, cio lapparizione allinterno di un campo di senso. Inoltre,
lesistenza di un oggetto allinterno di un campo di senso a sua volta
condizionata dalle modalit di organizzazione dello specico campo di
pertinenza.
Appropriandosi espressamente di alcune intuizioni contenute nella
teoria formale delloggetto di Alexius Meinong, e prospettandone nel
contempo un superamento, Gabriel riuta la distinzione tra esistenza
reale ed esistenza possibile (Meinong distingue ancora tra mondo reale e
mondi possibili), argomentando a sostegno della tesi secondo la quale
la condizione necessaria desistenza data dalla conformit alle regole
costitutive di un campo di senso, motivo per il quale anche il possibile
esiste realmente/attualmente nel campo di senso del possibile. Da ci
segue linsensatezza di qualsivoglia distinzione tra esistenza possibile ed
esistenza reale, poich, aerma lautore, Tutto ci che esiste attuale.
Anche il possibile, come ci che esiste nel campo di senso del possibile,
attuale in un ordine superiore: attualmente possibile (pag. 111).
Ma liperrealismo di Gabriel non si limita a fare cadere la tradiziona-
le distinzione tra oggetti reali ed oggetti possibili, ma si spinge no al
punto da considerare come possibile, dunque come realmente esisten-
te, anche lo stesso impossibile, dato che anche nel campo di senso
dellimpossibile, limpossibile possibile (pag. 107). Se limpossibile
allora possibile, ne consegue di necessit che limpossibile esiste
realmente come tutti gli oggetti che soddisfano le condizioni denite
dellorganizzazione di un campo.
Ricongurando il concetto di esistenza, inoltre, lontologia iperreali-
sta sviluppata nel volume in questione perviene alla conclusione secon-
do la quale, poich tutto esiste, le aermazioni desistenza negative non
esprimono aatto la negazione assoluta ed incondizionata dellesistenza
di un oggetto, infatti: Ogni aermazione desistenza negativa esclude
un oggetto da alcuni campi di senso, includendolo in altri (pag. 48). E
riproponendo la modulazione platonica del problema dellessere, Gabriel
aggiunge: Del resto, la tesi secondo cui tutte le aermazioni desistenza
negative sono in questo senso relative una tesi che si trova gi in Pla-
tone. Egli intendeva proprio questo quando nel Sosta aermava che il
252
Markus Gabriel, Il senso dellesistenza
non-essere essere diversamente (pag. 48).
Le aermazioni desistenza negative, in ultima analisi, esprimo-
no il concetto di esistenza campo relativa, un concetto che implica
lesistenza di transnitamente molteplici campi di senso e che rende an-
cora pi esplicito quello che Gabriel denisce come fatto ontologico
dellappartenenza multipla, ovvero il fatto secondo cui lEssere si pre-
senta in una pluralit indenita di modi/campi di senso: Eppure, non
esiste qualcosa come lessere in senso eminentemente singolare. Esso
disponibile esclusivamente nella transnita moltiplicazione dei campi
di senso (pag. 93).
LEssere, in tal senso, non solo intellegibile originariamente, dal mo-
mento che Lintellegibilit suciente ed garantita dallidenticazione
dellesistenza con lapparizione in un campo di senso (pag. 94), ma
lessere/esistenza, sulla scorta della dottrina aristotelica delle catego-
rie, si dice in molti modi, poich questa pluralit di campi implica la
plurivocit dellessere (pag. 94).
Ogni singolo oggetto, perci, pu apparire in una molteplicit di
campi, senza con ci perdere la propria identit, dal momento che
lidentit di qualsiasi oggetto si realizza solo attraverso la molteplicit
delle sue manifestazioni (pag. 115).
Riportando uno degli esempi oerti da Gabriel, possiamo ben com-
prendere cosa vuol dire che un oggetto pu esistere in transnitamente
molteplici campi di senso: Osservate una bottiglia dacqua. Questa
bottiglia dacqua potrebbe apparire in un campo di senso strutturato in
maniera economica [...]. Allo stesso tempo potrebbe apparire nel campo
di senso della mia sete [...]. Inoltre la bottiglia pu apparire nel campo
di senso della sica [...]. Ora, qual la bottiglia, o pi precisamente: che
cos? Beh, non altro che questa pluralit di apparenze (pp. 53, 54).
Dunque tutto esiste, e lesistenza lapparire in un campo (Eleati-
smo della pluralit dei campi). Tuttavia, per salvaguardare il principio
fondamentale che innerva lontologia iperrealistica - cio che tutto esi-
ste - Gabriel si vede costretto, in forza della cogenza della sua stessa
argomentazione, a negare lesistenza di un mondo inteso come insieme
onnicomprensivo.
Per potere sostenere che tutto esiste, e che le aermazioni di esi-
stenza negative esprimo lessere diversamente piuttosto che il non es-
sere assoluto, lautore sostiene a pi riprese che necessario negare
assolutamente lesistenza del mondo come intero onnicomprensivo.
253
Filippo Di Trapani
La necessit di questa negazione di senso assoluta si rende necessaria
per due ordini di ragioni:
1. Se esistesse un mondo come totalit onnicomprensiva, questo
intero assoluto conterrebbe la totalit dellessere ed estromet-
terebbe da s il non essere. Ma se tutto esiste, ed esiste in un
campo, lintero onnicomprensivo non pu essere distinto da un
insieme vuoto, perch anche il concetto di insieme vuoto gurereb-
be/esisterebbe in un mondo/campo, ed in quanto esistente in un
mondo non pu essere concepito aatto come ci che sta fuori
dal mondo. Perch tutto esista, quindi, il mondo come insieme
onnicomprendente non pu esistere.
2. Se tutto ci che esiste appare in un campo, allora anche la totalit
- intesa appunto come campo di senso dei campi di senso - dovreb-
be a sua volta apparire in un campo di senso ancor pi originario.
In questo modo si vericherebbe un regressus ad fundamentum
che non pu approdare a nessuna struttura di senso ultima com-
prendente tutte le province ontologiche, quindi aerma Gabriel:
Certamente il mondo non pu apparire in nessun altro dominio,
se questo si concepisce come il dominio di tutti i domini. Di
conseguenza il mondo non esiste (pag. 132).
In denitiva, se ogni modalit/possibilit di organizzazione conte-
nuta in un campo di senso, in assenza di un campo di senso ultimo dei
campi di senso non pu esistere una metaregola che contiene tutti i modi
possibili di organizzazione di transniti campi di senso. Sostenendo ci,
e ribadendo che esistono solo transnite province ontologiche e transniti
modi di organizzare gli oggetti, lontologia iperrealista decostruisce la
pretesa - propria dellontologia husserliana - di rilevare una struttura
ontologica prestabilita ed onnicomprensiva (ontologia formale), che in-
nerva aprioristicamente ogni singola regione ontologica. Proprio quella
struttura di senso ultima, che per Husserl era espressa dal linguaggio
logico-ideale, secondo Gabriel non ha ragion desistere per il semplice
fatto che, qualora esistesse, dovrebbe a sua volta essere contenuta in un
altro dominio contenente.
Laltro signicativo bersaglio del programma presentato in questo
volume costituito, come accennato in apertura, dal Linguistic turn, con
particolare riferimento allermeneutica contemporanea.
254
Markus Gabriel, Il senso dellesistenza
Come evidente si tratta di un referente polemico piuttosto impe-
gnativo, se si tiene presente che la svolta linguistica ha condizionato
parte cospicua della ricerca losoca del novecento sia in area analitica
che continentale. Tuttavia, gli argomenti di Gabriel determinano una ve-
ra e propria contro-versione dei principi fondamentali dellermeneutica
di Gadamer, scalzandola a partire dalle sue radici heideggeriane.
Secondo Gabriel, infatti, costituendo il linguaggio una tra le tante
cose esistenti, esso non pu, per struttura, fagocitare ed esaurire nel
proprio dominio la nozione di essere/esistenza. Se il linguaggio un
esistente tra gli esistenti, ne consegue che il fatto linguistico esiste nella
misura in cui inserito in un campo di senso organizzato secondo regole
proprie.
Il linguaggio, dunque, si manifesta in un campo di senso tra campi di
senso, e come tale non gura n come lunico canale possibile di accesso
allessere/esistenza (visto che lesistenza campo relativa si denisce per
la sua originaria intellegibilit e, come tale, non necessita di canali
daccesso), n come struttura di senso ultima (dominio dei domini) che
denisce una volta e per tutte la nozione di essere/esistenza.
Nelle sue Conclusioni, del resto, Gabriel aerma icasticamente che
laccesso allesistente esiste di per s. Per questo non siamo intrappolati
nel linguaggio, ma grazie ad esso siamo nel mondo stesso. Dunque
dobbiamo correggere Heidegger: non la casa dellEssere il linguaggio,
ma lEssere (lesistente) la casa del linguaggio. Per quanto il linguaggio
abbia interessanti propriet, esso esiste a anco a molte altre cose, ad
esempio i pruriti (pag. 145).
Filippo Di Trapani
Universit degli Studi di Palermo
lippoditrapani@live.it
255
Laura Candiotto, Le vie della confutazione
I dialoghi socratici di Platone, Mimesis, Milano 2012
Omar Di Paola
Il volume consta di cinque capitoli, preceduti da unintroduzione e
da una prefazione, questultima a cura di Luc Brisson, a cui seguono
una conclusione, unappendice sul ruolo del dialogo socratico nel con-
temporaneo, ed una postfazione redatta dal Luigi Vero Tarca. Come
dichiarato dallautrice n dalle prime battute dellopera, questa ver-
te sul ruolo e sulle nalit insite nella metodologia elenctica propria
dei dialoghi socratici. In tal senso la Candiotto apre il suo lavoro con
unanalisi dello stile letterario dei dialoghi platonici, al cui riguardo
nota come gli aspetti letterari siano intimamente connessi alla com-
prensione del testo losoco e, rifacendosi ad un recente studio di
Gill, riporta le principali correnti che hanno caratterizzato lapproccio
contemporaneo ai testi platonici, distinguendo essenzialmente tre pro-
spettive di lettura classiche a cui va aggiunta una quarta, verso la
quale la stessa autrice sembra propendere. Vi un approccio tradizio-
nale che presta principalmente attenzione alle dottrine espresse dai
testi, non ponendo attenzione allo stile, interpretando i dialoghi co-
me espressione della losoa socratica, individuando nellinterlocutore
principale il portavoce delle dottrine platoniche. Teorici di tale in-
dirizzo sono individuati in: Shorey, Cherniss, Brisson, Pradeau. Al-
tro tipo di approccio rappresentato dalla via analitica, che pone
lattenzione sul metodo dellargomentazione platonica. Esponenti prin-
cipali di tale corrente sono Owen e Vlastos. La terza quella esote-
rica, sostenente che le principali dottrine platoniche non siano con-
tenute nei dialoghi, ma da rintracciare nelle cosiddette dottrine non
scritte, accessibili solo a pochi eletti e di cui i dialoghi porterebbe-
ro i segni. Sostenitori di tale indirizzo sono Gaiser, Krmer, Slezak,
Reale. Quarta modalit di approccio quella di cui si fa portavoce
Gill, denita come maieutica, secondo la quale Platone ha scelto
la forma dialogica per stimolare il lettore e luditore alla ricerca. In
tal senso Socrate (e cos Platone) non indirizza le sue domande solo
agli interlocutori presenti allinterno del dialogo, ma anche al letto-
re antico e contemporaneo. Allinterno di questo contesto lautrice
si fa portavoce di una posizione che chiama maieutica ristretta, in
quanto, pur accettando le proposte di fondo fatte da Gill, riuta di
Omar Di Paola
ritenere che il dialogo nellottica e nelle intenzioni platoniche fosse
inteso come modo per inuenzare il lettore (p. 35). In questambito
la Candiotto sviluppa la sua tesi principale e pi interessante, rite-
nendo sulla scorta di Ryle che i dialoghi non fossero solamente letti,
sia in privato che in pubblico, ma che fossero anche messi in scena
pubblicamente a mo di tragedia, e di conseguenza concepisce la fun-
zione dellelenchos come rivolta non solamente allinterlocutore diretto
a cui Socrate si rivolge, ma allintero pubblico osservante (p. 31).
In tal senso attraverso questa dinamica, che lautrice chiama elen-
chos retroattivo, la Candiotto ipotizza, opponendosi alla lettura eso-
terica, che i primi dialoghi non abbiano solo una funzione apologe-
tica della memoria socratica rivolti a pochi amici, ma rivestano una
portata pi ampia, proponendosi di incidere sullintero pubblico. In-
fatti essendo lelenchos una sorta di puricazionedalle idee erronee,
lelenchos retroattivo si pone come presa di coscienza pubblica degli
errori dellinterlocutore di Socrate, rendendo il pubblico consapevole
dellinadeguatezza politica dei propri rappresentanti, ponendo in tal
modo le basi per un cambiamento etico-politico (p. 33). Lelenchos
retroattivo diventa quindi una sorta di puricazione collettiva dalla
coscienza della comunit.
Lanalisi continua con la dierenziazione tra metodo dialogico, meto-
do retorico e metodo dialettico. Come punto di partenza per la denizio-
ne del metodo dialogico la Candiotto prende le mosse dalla descrizione
fatta da Diogene Laerzio dei logoi sokratikoi, che evidenzia come questi
siano caratterizzati dalla presenza della dinamica di domanda e risposta
su questioni di genere losoco o politico. Altro tratto caratteristico
dei dialoghi socratici rilevati dallautrice , come detto, la presenza del
metodo elenctico, che tuttavia non presenta un carattere esclusivamente
negativo, in quanto connesso al tema etico del miglioramento del s
visto in chiave pedagogica come puricazione dagli errori. In tal senso
la Candiotto precisa come sebbene esista unasimmetria evidente tra il
ruolo di Socrate e quello dei suoi interlocutori, tuttavia il discorso so-
cratico si caratterizzi sia per il suo carattere di ricerca cooperativa della
verit, sia per le sue precise nalit etiche miranti alla cura dellaltro
attraverso la prospettiva dialogica di messa in discussione del s (p. 65).
Prendendo come lo conduttore la dimensione retorica, invece,
si nota come nei testi platonici siano distinte due tipologie di retori-
ca: una per cos dire volgare, tipica dei sosti, ed una detta vera
258
Laura Candiotto, Le vie della confutazione
retorica. Il discrimine che contraddistingue queste due tipologie di
retorica luso che se n fa. La retorica utilizzata per la mera per-
suasione quella volgare dei sosti, mentre quella platonica, operan-
te anchessa attraverso la persuasione ma mirante al miglioramento
dellanima, piuttosto che ad un tornaconto personale detta vera
retorica(p. 69). In tal senso si mette in evidenza, sulla scorta di
Foucault, come la dierenza principale che intercorre tra retorica e
losoa sia che la prima risulta incapace di usare un logos veritie-
ro (p. 70). Dopo tale disamina viene evidenziato luso della retorica
fatto da Socrate. Quantunque questi, attraverso di essa inganni pi
volte i suoi interlocutori portandoli a conclusioni contraddittorie, il
suo utilizzo nasconde, a detta della Candiotto, la volont platonico-
socratica di fare emergere gli errori dei modelli negativi rappresentati
dagli interlocutori che di volta in volta Socrate si trova di fronte, in-
nescando negli uditori quel processo educativo gi designato come
elenchos retroattivo. In tal senso emergerebbe chiaramente la por-
tata etico-politica del discorso platonico, alla luce del miglioramento
a cui vanno incontro sia interlocutore che uditorio, per labbandono
di concezioni errate (p. 76). Il discorso dialettico invece segna per
certi versi una rottura con il discorso socratico, in quanto a dieren-
za di questultimo assume un ruolo pi positivo rispondendo alla
necessit di apprendere ed esporre la realt vera (lousia)(p. 85). Tut-
tavia, a detta della Candiotto, la dialettica non rappresenta un reale
punto di rottura con il discorso socratico, in quanto si pone in una
relazione di continuit rappresentando il discorso dialettico, lo sta-
dio di apprendimento successivo a quello dialogico. Proprio lelenchos
rappresenta la continuit del metodo essendo presente anche nel di-
scorso dialettico, pur agendo in maniera dierente. Se nel dialogo
socratico esso diretto allinterlocutore andando ad analizzare le sue
tesi ma anche il suo modo di vivere, nella dialettica la confutazione
per certi aspetti disincarnata e operante essenzialmente a livello
concettuale.
A ci segue una minuziosa catalogazione delle strutture fondamen-
tali del dialogo platonico (p. 91) ed unanalisi dettagliata di tre dialo-
ghi socratici(Lachete, Carmide, Gorgia). In tal senso si rileva come
ogni dialogo platonico si stagli nellorizzonte di un preciso background
storico-temporale (ad esempio la festivit che introduce il primo libro
della Repubblica) che funge da cornice per lo stesso, inquadrando, in
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Omar Di Paola
un certo senso, implicitamente la tematica stessa del dialogo. Ci si
collegherebbe inestricabilmente con il ruolo e la caratterizzazione as-
sunta dai personaggi nei dialoghi, che nel loro essere gure storiche
incarnerebbero lessenza stessa delluomo in cui la virt si dovrebbe
instillare. Inoltre viene messo in luce il ruolo della vergogna allinterno
del metodo elenctico, sentimento generato dallessere confutati. In tal
senso lautrice mette in rilevo come il sentimento di vergogna agisca da
stimolo al cambiamento senza tuttavia condurre necessariamente al rico-
noscimento dellerrore, in quanto solo la disposizione dellinterlocutore
pu portare a ci. Emblematico al riguardo appare latteggiamento di
Gorgia che secondo il suo allievo Polo non voleva fare certe asserzioni
per la vergogna a cui la contraddizione lo avrebbe portato (p. 172).
Ci mostra, a detta della Candiotto, come lapproccio socratico muti in
base allatteggiamento dellinterlocutore che Socrate si trova ad aron-
tare (p. 135). In tal senso viene rilevato come la disposizione danimo
dellinterlocutore risulti centrale nellattuazione del miglioramento sot-
tolineando come la confutazione di Socrate non si muova solamente
su un piano concettuale ma si conguri come critica allintero stile di
vita che linterlocutore ha e rappresenta. Cos, secondo lautrice, la
confutazione non sarebbe e non potrebbe mai essere connata al mero
interlocutore socratico ma si estenderebbe allintero uditorio, rendendo
possibile quel fenomeno di puricazione di massa capace di veicolare,
nelle intenzioni platoniche, il cambiamento etico-politico della societ.
Nellidenticazione del fenomeno denominato elenchos retroattivo
consiste il contributo pi rilevante che questopera ore al lettore. Esso
congurerebbe in ultimo, a detta dellautrice, la losoa platonica su un
orizzonte prevalentemente pratico, riportando in un certo qual modo
nel mondo sensibile un iperuranio la cui conoscenza al di fuori di questo
mondo e al di fuori della dinamica comunitaria io-tu di cui il dialogo si
fa portavoce risulterebbe priva di senso.
Omar Di Paola
Universit degli Studi di Palermo
omar.dipaola@unipa.it
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