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SOCIET STORICA VERCELLESE UNIVERSIT DEL PIEMONTE ORIENTALE

RICCARDO RAO

I beni del comune di Vercelli. Dalla rivendicazione allalienazione


(1183-1254)

VERCELLI 2005

BIBLIOTECA DELLA SOCIET STORICA VERCELLESE

Pubblicazione realizzata con il contributo del MIUR e del Dipartimento di Studi Umanistici dellUniversit degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro.

SOCIET STORICA VERCELLESE UNIVERSIT DEL PIEMONTE ORIENTALE

RICCARDO RAO

I beni del comune di Vercelli. Dalla rivendicazione allalienazione


(1183-1254)

VERCELLI 2005

PROPRIET LETTERARIA RISERVATA 2005

SOCIET STORICA VERCELLESE Via Fratelli Garrone, 20 - Tel. 0161.254269 - 13100 Vercelli

Sommario

INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 1. I comunia nellet comunale: un tema storiografico? . . 11 2. Il campo dindagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 CAPITOLO I: I beni comunali e il governo cittadino tra fase consolare e prime esperienze podestarili (1192-1208) 1. Il recupero delle propriet comunali nel 1192 . . . . . . . . . 23 2. Multitudo populi vociferando: il ruolo del popolo . . . . 32 3. La provenienza sociale dei possessori espropriati . . . . . . . 35 4. Lequiparazione delle molte a comunia e il sorgere della questione dei diritti sulle acque . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 5. Le cause: i terreni requisiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 6. Le sentenze dei consoli di giustizia . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 7. Dalluso comune ad una gestione remunerativa delle comunanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

CAPITOLO II: I beni comunali e il governo podestarile (1208-1229) 1. Trasformazioni istituzionali e gestione dei beni comunali . 73 2. Il governo podestarile e la razionalizzazione della gestione delle comunanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 3. Una magistratura per i beni comunali . . . . . . . . . . . . . . . 89 4. Lassegnazione degli uffici relativi ai beni comunali: la professionalizzazione della politica tra popolo e nobilt . . . . . . . 95 5. In curia Vercellarum: lappalto del mezzano del Cervo . 102 6. Le case ed il mercato immobiliare . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 7. Il comune e il contado: le terre di Trino e di Tricerro . . 110 8. Lo sfruttamento economico delle pertinenze dei castelli . 113 CAPITOLO III: I mulini comunali 1. La costruzione dei mulini comunali . . . . . . . . . . . . . . . 124 2. I diritti sulle acque e la politica nei confronti dei mulini cittadini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 3. I mulini comunali nel distretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 4. La gestione dei mulini cittadini e i consules molariarum . . 144

CAPITOLO IV: Il governo popolare e il controllo del territorio: lestinzione dei beni comunali 1. Indebitamento e tensioni sociali alla base dellalienazione dei beni comunali negli anni 1229-1231 . . . . . . . . . . . . . . 153 2. Lalienazione dei beni comunali (1229-1231) . . . . . . . . 162 3. Lascesa dei paratici e il governo del territorio sotto il popolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168 4. Crisi finanziaria ed alienazione degli ultimi beni comunali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174 CAPITOLO V: Conclusioni 1. I beni del comune: una parabola politica . . . . . . . . . . . . 187

Appendice 1: i possessori espropriati del 1192 e le loro famiglie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 Appendice 2: extimatores, iudices, inquisitores e procuratores comunium . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215 Fonti e bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239

Ringraziamenti

Questo libro nato dalla mia tesi di laurea, seguita da Rinaldo Comba e discussa, con la correlazione di Giorgio Chittolini, nel maggio 2001 presso lUniversit degli Studi di Milano. Nel corso di questi ultimi anni lo scritto ha avuto modo di passare tra le mani di numerosi studiosi, ognuno dei quali, con la sua paziente lettura e con gli utili suggerimenti, mi ha permesso di migliorarlo: in ordine rigorosamente alfabetico, Alessandro Barbero, Andrea Degrandi, Gianmario Ferraris, Paolo Grillo, Jean-Claude Maire Vigueur, Patrizia Mainoni. A tutti costoro devo la mia pi viva riconoscenza.

Abbreviazioni utilizzate

Archivio comunale di Vercelli AcoV, Libro degli Acquisti, tomo I e II Archivio del capitolo cattedrale di S. Eusebio Archivio dellOspedale di S. Andrea di Vercelli Archivio di Stato di Vercelli Biscioni, 1/I: I Biscioni, a cura di G.C. Faccio e M. Ranno, Torino 1934 (BSSS, 145), tomo 1, vol. I Biscioni, 1/II: I Biscioni, a cura di G.C. Faccio e M. Ranno, Torino 1939 (BSSS, 146), tomo 1, vol. II Biscioni, 1/III: I Biscioni, a cura di R. Ordano, Torino 1956 (BSSS, 178), tomo 1, vol. III Biscioni, 2/I: I Biscioni, a cura di R. Ordano, Torino 1970 (BSS, 181), tomo 2, vol. I Biscioni, 2/II: I Biscioni, a cura di R. Ordano, Torino 1976 (BSS, 189), tomo 2, vol. II Biscioni, 2/III: I Biscioni, a cura di R. Ordano, Torino 1994 (BSS, 211), tomo 2, vol. III BSBS: Bollettino storico-bibliografico subalpino BSS: Biblioteca Storica Subalpina BSSS: Biblioteca della Societ Storica Subalpina DAC: Documenti dellarchivio comunale di Vercelli relativi ad Ivrea, a cura di G. Colombo, Pinerolo 1901 (BSSS, 8) HPM: Historiae Patriae Monumenta Investiture: AcoV, Libro delle investiture, tomo I e II MGH: Monumenta Germaniae Historica PC: Il libro dei pacta et conventiones del comune di Vercelli, a cura di G.C. Faccio, Novara 1926 (BSSS, 97) Statuta: Statuti del comune di Vercelli dellanno MCCXLI aggiuntivi altri documenti storici dal MCCXLIII al MCCCXXXV ora per la prima volta editi e annotati, a cura di G.B. Adriani, Torino 1877.

AcoV: Acquisti: ACV: AOSAV: ASVc:

Tavola delle misure (i valori sono tratti da F. PANERO, Terre in concessione, Bologna 1984, p. 13) Misure di superficie 1 manso = 30 moggi 1 moggio = 8 staia 1 staio = 12 tavole moggio vercellese = 33,33872 are Misure per aridi 1 moggio = 8 sestari 1 sestario = 2 mine 1 mina = 2 quarteroni moggio vercellese = 41 litri circa

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Introduzione

1. I comunia nellet comunale: un tema storiografico? I beni collettivi urbani ricevettero lattenzione degli storici soprattutto tra la fine del diciannovesimo e linizio del ventesimo secolo, quando, principalmente da parte di giuristi, si tent di indagare la continuit delle propriet municipali dallet romana lungo tutto il periodo longobardo, fino agli esordi del comune: il dibattito, volto sostanzialmente a comprendere le mutazioni avvenute allinterno dellistituto giuridico, non presentava rilevanti differenze nella trattazione dei patrimoni pertinenti alle citt rispetto a quelli inerenti ai comuni rurali. Il maggiore punto di disaccordo era costituito dallorigine dei comunia medievali: contro coloro che asserivano lorigine germanica di questi ultimi, per esempio Francesco Schupfer1, presto prevalse la teoria che li metteva in connessione con i possedimenti municipali romani.
1 F. SCHUPFER, Allodio, lemma contenuto nel Digesto italiano, vol. II, parte seconda, Torino 1893, pp. 445-502. La tesi dellinfluenza germanica sulle comunalie italiane, viste come derivazione dellallmende, stata successivamente ripresa da F. SCHNEIDER, Le origini dei comuni rurali in Italia, Firenze 1980 (prima edizione in lingua tedesca Berlino 1924), pp. 69-156: un contributo importante, seppure vincolato ad un rigido filogermanesimo, che rischia di ridurre il discorso alla gi nota contrapposizione di uninterpretazione nazionale germanica ad uninterpretazione nazionale italiana (cfr. per esempio: Lelemento germanico del comune rurale non ha potuto scacciare l col suo fresco alito il deleterio e mefitico latifondo romano, ibidem, p. 74); questo lavoro stato recensito da G.P. BOGNETTI, in Archivio storico lombardo, 52 (1925), fasc. III-IV, pp. 383-394, ora riproposto in ID., Studi sulle origini del comune rurale, a cura di F. Sinatti dAmico e C. Violante, Milano 1978, pp. 339-352 (le divergenze tra il Bognetti e lo Schneider sono attentamente vagliate da G. TABACCO, I liberi del re nellItalia carolingia e postcarolingia, Spoleto 1966, pp. 13-17). Recentemente il problema dellinfluenza della storiografia tedesca, in particolare degli studi del Gierke, sulle ricerche italiane sui beni comuni stato preso in esame da E. CONTE, Comune proprietario o comune rappresentante? La titolarit dei beni collettivi tra dogmatica e storiografia, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge, tome 114 (2002), pp. 7394 (sui lavori del Gierke cfr. anche il fondamentale studio di G.I. CASSANDRO, Storia delle terre comuni e degli usi civici nellItalia meridionale, Bari 1943, pp. 66-70). Per unanalisi

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Per comprendere quali fossero le diverse posizioni, pu essere utile ripercorrere per sommi capi la tesi del Roberti: questa, infatti, oltre ad essere stata tra le pi discusse dalla storiografia novecentesca, anche tra quelle che maggiormente si concentrata sulla situazione cittadina. LAutore faceva risalire la diffusione della propriet collettiva in Italia ai beni comuni delle citt romane, che vennero indistintamente incamerati dal fisco dopo linvasione longobarda. In questo modo si dissolse lantico uso civico delle terre di pertinenza urbana, che sarebbe risorto solo durante il regno franco, quando lo Stato [], ridotto senza mezzi finanziari, doveva concedere allarimanno i beni stabili della corona2. Seguirono tra IX e XI secolo numerose donazioni di diritti e possedimenti ai vescovi da parte degli imperatori. Al dominio vescovile doveva gi, dopo il mille, sostituirsi nelle citt italiane il governo autonomo dei cittadini. E quasi contemporaneamente [] dovevano riapparire le propriet comuni di diritto pubblico3. Un solo paragrafo lautore dedicava alla piena et comunale, ricordando lattenzione rivolta dai podest al controllo ed al recupero di questi beni4: la scelta era del resto coerente con le finalit della ricerca, che si proponeva come campo dindagine il periodo antecedente allaffermazione delle autonomie urbane. Il medesimo taglio venne mantenuto anche da chi critic il Roberti. Il Solmi, per esempio, mise in dubbio il valore della presunta infiscatio longobarda delle terre comuni, sostenendo che regolarmente i diritti sovrani si risolsero in un dominio eminente e in unautorit di supremo regolamento interno, che non riuscirono mai ad escludere il carattere della propriet comunale o a mutare la loro destinazione5. Pur su posizioni diverse, il probledelle correnti filosofiche che influenzarono le posizioni storiografiche sui beni collettivi tra XIX e XX secolo cfr. P. GROSSI, Un altro modo di possedere. Lemersione di forme alternative di propriet alla coscienza giuridica postunitaria, Milano 1977, in particolare da p. 191 per la vicenda italiana e alle pp. 246-252 per il pensiero dello Schupfer. 2 M. ROBERTI, Dei beni appartenenti alle citt dellItalia settentrionale dalle invasioni barbariche al sorgere dei comuni, Modena 1903, p. 39. 3 ROBERTI, Dei beni appartenenti alle citt cit., pp. 45-46. 4 ROBERTI, Dei beni appartenenti alle citt cit., pp. 59-60. 5 Oltre a A. SOLMI, Ademprivia. Studi fondiari sulla propriet in Sardegna, in Studi storici sulla propriet fondiaria nel Medioevo, Roma 1937, pp. 229-326 (la citazione tratta da p. 246), tra coloro che si occuparono del tema occorre citare almeno G. MENGOZZI, La citt italiana nellalto Medioevo. Il periodo longobardo-franco, Firenze 1931 (prima edizione Firenze 1914), pp. 85-130, in cui si sostiene la criticata identificazione di campanea e beni suburbani della citt; cfr. inoltre CASSANDRO, Storia delle terre comuni cit., in cui vengono

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ma delle comunanze era posto sul lungo periodo e veniva fatto risalire almeno al regno franco. La questione cos impostata, fin troppo attenta allorigine degli usi civici6, finiva con il disinteressarsi della piena et comunale: quandanche la documentazione delle amministrazioni cittadine ne avesse suggerito la presenza, difficilmente tali beni venivano considerati pi che unappendice dellepoca precedente, una sopravvivenza, priva dinteresse, della fase antecedente al sorgere delle autonomie urbane. Pochi studiosi, fra i quali opportuno ricordare Angelo Mazzi7, Carlo Calisse8 e Alessandro Lattes9, pur adottando un approccio prevalentemente descrittivo, si discostarono da questo modello storiografico, i cui limiti sono stati messi in evidenza in tempi pi recenti da Andrea Castagnetti: egli ha significativamente indicato, contro quanto si era allora sostenuto, la prima et comunale come momento di creazione dei comunia cittadini10. Se fu possibile un progresso nella conoscenza di questi ultimi, ci avvenne soprattutto in margine allo sviluppo del dibattito sui rapporti tra citt e contado, avviato antecedentemente al primo conflitto mondiale dalla scuola economico-giuridica e vivacemente ripreso solo dopo la pubblicazione nel 1956 di un articolo da parte del Fiumi11; in esso vennero ridimensionate le posizioni del
trattate le principali vicende storiografiche; alle pp. 90-93 egli critica inoltre lipotesi del Mengozzi. 6 Lossessione delle origini richiamata da Bloch stata messa in connessione con la storiografia sui beni comunali sia da J.-C. MAIRE VIGUEUR, Premessa, in I beni comuni nellItalia comunale: fonti e studi. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge Temps modernes, tome 99 (1987), vol. II, pp. 553-554, dove ripercorre le principali vicende storiografiche e i temi di ricerca di pi promettente sviluppo riguardo alle comunanze, sia da S. CAROCCI, Le comunalie di Orvieto fra la fine del XII e la met del XIV secolo, ibidem, pp. 701-728. 7 A. MAZZI, Note suburbane, Bergamo 1892. 8 C. CALISSE, Storia di Civitavecchia, Roma 1898, pp. 128-135. 9 A. LATTES, Il Liber potheris del comune di Brescia, in Archivio storico italiano, 29 (1902), pp. 228-307. 10 A. CASTAGNETTI, La campanea e i beni comuni della citt, in Lambiente vegetale nellalto Medioevo, XXXVII Settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto Medioevo (30 marzo 5 aprile 1989), Spoleto 1990, vol. I, pp. 137-174. Il problema della campanea stato affrontato anche da R. BORDONE, La citt e il suo districtus dallegemonia vescovile alla formazione del comune di Asti, in BSBS, 75 (1977), pp. 535-625, anche se questo contributo rivolto piuttosto alla determinazione del territorio cittadino e accenna solamente al tema dei beni comuni, e, per Torino, da A.A. SETTIA, Fisionomia urbanistica e inserimento nel territorio (secoli XI-XIII), in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 785-831, con particolare riferimento alle pp. 824827. 11 E. FIUMI, Sui rapporti economici tra citt e contado nellet comunale, in Archivio storico italiano, 114 (1956), pp. 18-68. Per una bibliografia pi recente sul tema rimandiamo

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Salvemini e del Caggese, mentre le esigenze annonarie della citt vennero indicate come il vero motore della politica comunale nelle campagne. Il Salvemini, infatti, aveva posto il problema dellamministrazione dei beni comunali come una delle manifestazioni del conflitto tra popolo e magnati12. Con la consueta sensibilit nei confronti della documentazione presa in esame, Gioacchino Volpe nel suo fondamentale studio su Pisa mise piuttosto in luce i fenomeni di usurpazione delle terre collettive e la loro messa a coltura al fine di affrontare la crescente pressione demografica cittadina13. A sua volta Romolo Caggese nel 1906 aveva accennato a propriet fiscali nellambito dellopera di assoggettamento condotta da Siena nei confronti del contado14. Tali temi erano stati ripresi nel secondo volume di Classi e comuni rurali nel Medio evo italiano15, in cui lAutore si era soffermato sui possessi comunali per mostrare il carattere di iniziativa economica della citt, volta a trarre il maggior profitto possibile dal suo comitatus. Egli sottoline lintraprendenza del governo urbano in questo settore: nel Dugento non v quasi Comune che non abbia il suo patrimonio e che non lo accresca continuamente con compre, con usurpazioni e confische, con donazioni ricevute dai sovrani, e non v quasi Comune,
ai lavori di A.I. PINI, Dal comune citt-stato al comune ente amministrativo, in Comuni e signorie: istituzioni, societ e lotte per legemonia, La storia dItalia, diretta da G. Galasso, Torino 1981, vol. IV, pp. 449-587, con particolare riferimento alle pp. 451-524 e di G.M. VARANINI, Lorganizzazione del distretto cittadino nellItalia padana dei secoli XIII-XIV (Marca Trevigiana, Lombardia, Emilia), in Lorganizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII-XIV, a cura di G. Chittolini e D. Willoweit, Bologna 1994, pp. 133233. 12 G. SALVEMINI, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Torino 1960, p. 234236. Il passo gi stato messo in rilievo da J.-C. MAIRE VIGUEUR, Il problema storiografico: Firenze come modello (e mito) di regime popolare, in Magnati e popolani nellItalia comunale. Quindicesimo convegno di studi del Centro italiano di studi di storia e darte di Pistoia. Pistoia 15-18 maggio 1995, Pistoia 1997, pp. 1-16, con particolare riferimento alle pp. 11-12. 13 G. VOLPE, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa (citt e contado, consoli e podest). Sec. XII-XIII, Pisa 1902, pp. 32-34 e pp. 111-113. Il Volpe accenn anche alluso di vendere i guariganghi nel tentativo di saldare lingente debito pubblico; queste intuizioni vennero successivamente riprese da Cinzio Violante (v. oltre, testo corrispondente alla nota 45). 14 R. CAGGESE, La Repubblica di Siena e il suo contado nel secolo decimoterzo, Siena 1906, pp. 12 e sgg., pp. 29-30, p. 39. 15 R. CAGGESE, Classi e comuni rurali nel Medio Evo italiano. Saggio di storia economica e giuridica, Firenze 1908, vol. II, pp. 209-226, dove Caggese affronta il problema della creazione dei borghi franchi (con particolare riferimento a Vercelli), delle bonifiche promosse dal comune, della politica annonaria della citt, ma soprattutto ibidem, pp. 273-282, dove viene affrontato il problema dei patrimoni comunali (anche qui viene trattato il caso di Vercelli).

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quindi, che non abbia la sua amministrazione organizzata pi o meno bene per sfruttare i suoi beni patrimoniali16. Un contributo innovativo, per quanto isolato, venne da Giorgio Falco, che consider i possessi comunali della Campagna e della Marittima come una delle principali ragioni di contrasto tra pedites e milites17. Se da una parte questa interpretazione ha forti legami con quella di Salvemini, dallaltra se ne discosta in maniera rilevante. Per lo storico pugliese la lotta di classe si riverberava su tutti i settori della vita comunale e quindi anche sulle propriet civiche. Il punto nodale dellattrito sociale era tuttavia spostato altrove, nello scontro tra due diversi sistemi di produzione, quello feudale e quello borghese. Il Falco, invece, aveva riscontrato condizioni affatto diverse per larea laziale, caratterizzata piuttosto da uneconomia agraria e da un mancato sviluppo mercantile: in questo contesto i beni pubblici erano uno dei nuclei di interessi attorno ai quali si form il comune, assieme a signoria, vita religiosa, organizzazione tributaria, giudiziaria e militare18. Essi rimasero, per tutto il XII secolo, il cespite pi importante delle finanze urbane19. Il conflitto tra popolo e milites pi che una lotta di classe nellaccezione salveminiana dunque per lAutore la contrapposizione tra una classe agraria ed agricola cittadina ed una classe feudale, che si concentra nel contado; esso divampava per lelezione alle magistrature e per lamministrazione dei proventi comunali20. Si tratt di intuizioni decisive, che tuttavia per molto tempo non ebbero seguito nella medievistica. La discussione sui beni collettivi rimase, infatti, a lungo un tema frequentato solo dalla storiografia altomedievale e dai giuristi, soprattutto in relazione al problema della formazione del comune rurale, ed in questi settori giunse ad arricchirsi di numerosi interventi21. Gli studiosi delCAGGESE, Classi e comuni rurali cit., vol. II, p. 275. G. FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima nel Medioevo, Roma 1919. 18 FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima cit., p. 26. 19 FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima cit., p. 59. 20 FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima cit., pp. 106-107. Le differenze della concezione del Salvemini rispetto a quella del Falco sono state recentemente oggetto di un articolo di MAIRE VIGUEUR, Il problema storiografico cit. 21 Cfr., tra i tanti, BOGNETTI, Studi sulle origini del comune rurale cit.; CASSANDRO, Storia delle terre comuni cit.; M. LUZZATO, A proposito della guariganga, in Bollettino storico pisano, 3 (1934), pp. 57-63, dove si possono trovare indicazioni bibliografiche per il complesso problema dei guariganghi pisani; TABACCO, I liberi del re nellItalia carolingia cit. e, per una recente messa a punto, C. WICKHAM, Comunit e clientele nella Toscana del XII secolo. Le origini del comune rurale nella Piana di Lucca, Roma 1995, con ampia bibliografia.
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let comunale tardarono invece a soffermarvi la loro attenzione: le sporadiche eccezioni, quando non liquidarono gli usi civici come unanomalia nella struttura della propriet fondiaria, li considerarono comunque un settore limitato, difficilmente rilevante, dellamministrazione finanziaria urbana, che sarebbe invece stata dominata dalle diverse forme di imposizione22. Significativa fu la posizione assunta nel secondo dopoguerra dal Peyer nella sua sintesi sulle politiche annonarie dei comuni dellItalia centro settentrionale, che, pur mostrando sensibilit verso il problema, forse anche a causa del tipo di documentazione utilizzata, affermava: non abbiamo trovato, tra le fonti facenti parte della nostra bibliografia, riferimenti alle entrate di grano provenienti dalle propriet terriere dei comuni. Anche nellelenco completo delle entrate comunali non era fatta menzione di ci. Questo significa che tali entrate non erano di particolare importanza, n per il fisco, n, tantomeno, come quota parte dei rifornimenti di grano23. Si dovette a Giuseppe Mira una serie di contributi contro tendenza, stimolati anche dallo spazio occupato dai comunia nella documentazione della citt umbra24, e incentrati sulle propriet patrimoniali dellamministrazione perugina25: a lui il merito di
22 Cfr. per esempio W.M. BOWSKY, Le finanze del comune di Siena. 1287-1355, Firenze 1976, pp. 82-92; o G. CHERUBINI, Aspetti della propriet fondiaria nellAretino durante il XIII secolo, in Archivio storico italiano, 121 (1963), pp. 3-40, con particolare riferimento a p. 3. 23 H.C. PEYER, Zur Getreidepolitik oberitalienischer Stdte im 13. Jahrhundert, Zurigo 1949, p. 27. 24 Losservazione appartiene a J.-C. MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare, in Societ e istituzioni dellItalia comunale: lesempio di Perugia (secoli XII-XIV). Perugia 6-9 novembre 1985, Perugia 1988, vol. I, pp. 41-56, con particolare riferimento a p. 44. Proprio la situazione anomala di Perugia ha fatto s che questa citt e pi in generale lUmbria divenissero delle teste di ponte nello studio delle comunanze (cfr. oltre): Perugia pu, infatti, contare, oltre ai lavori del Mira, anche su quelli di J. GRUNDMAN, The Popolo at Perugia, Perugia 1992, dello stesso Maire Vigueur e di M. VALLERANI, Le comunanze di Perugia nel Chiugi. Storia di un possesso cittadino tra XII e XIV secolo, in Risorse collettive, a cura di D. Moreno e O. Raggio, Quaderni storici, 81 (1992), pp. 625-652, ID., Il Liber terminationum del comune di Perugia, in I beni comuni nellItalia comunale cit., pp. 649-699. SullUmbria si possono inoltre ricordare J.-C. MAIRE VIGUEUR, Comuni e signorie in Umbria, Marche e Lazio, in Comuni e signorie nellItalia nordorientale e centrale: Lazio, Umbria e Marche, Lucca, Storia dItalia, diretta da G. Galasso, Torino 1987, vol. VII, tomo 2, pp. 321-606; CAROCCI, Le comunalie cit. 25 G. MIRA, Le entrate patrimoniali del comune di Perugia nel quadro delleconomia della citt nel XIV secolo, in Annali della Facolt di Economia e Commercio dellUniversit di Cagliari, anno accademico 1959-60, Cuneo 1961, pp. 1-55. ID., Il fabbisogno di cereali in Perugia e nel suo contado nei secoli XIII-XIV, in Studi in onore di Armando Sapori, Milano 1957, pp. 505-517.

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avere posto laccento sullaspetto sociale del problema e di averne evidenziato la rilevanza economica. Unattenzione cos discontinua imped la creazione di un settore di studi di storia comunale specificatamente dedicato ai beni pubblici delle citt italiane. Una svolta in questo senso avvenne negli anni Ottanta, per merito soprattutto di storici impegnati in indagini sulle realt urbane dellItalia centrale, Jean-Claude Maire Vigueur in primis. Egli sugger un nesso tra lo sfruttamento delle terre possedute dai governi cittadini e lattuazione di strategie annonarie. La questione delle comunanze venne cos collegata alle istanze affermate dai comuni di popolo, particolarmente solleciti allapprovvigionamento della collettivit, ma soprattutto attenti ad avocare a s le risorse del territorio26. Lo storico francese inoltre deline una parabola politica, che interess le propriet pubbliche di molte citt, debitrice nei confronti dei lavori di Salvemini e Falco27, giacch individuava negli stessi beni comunali uno dei pi scottanti motivi di attrito tra milites e pedites durante il periodo consolare e podestarile28: inizialmente amministrati per porte o parrocchie, essi vennero rivendicati ad uso esclusivo dei milites, che ne pretesero una fruizione privilegiata in compenso delle prestazioni militari da loro fornite alla collettivit29. Contro questa gestione, che favoriva le usurpazioni nobiliari, si impegnarono i governi podestarili, spinti dal malcontento del populus: il recupero delle propriet comunali si protrasse per diver26 MAIRE VIGUEUR, Premessa cit.; ID., Les rapports ville-campagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XIIXVIII sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34, con particolare riferimento alle pp. 32-33. Il nesso con le politiche annonarie cittadine era stato gi suggerito, oltre che dal Mira, anche da A. CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria nellItalia comunale. La bonifica della palus comunis Verone,, (1194-1199), in Studi medievali, 15 (1974), pp. 363-481; tuttavia merito di Maire Vigueur lavere riportato lattenzione sulle comunanze come terreno di scontro tra popolo e milites. 27 probabilmente esagerata la necessit di definizione, che caratterizza oggi la medievistica italiana e che individua una contrapposizione quasi ideologica fra le due categorie di Salveminiani e di Ottokariani. La scelta di campo pu comunque avere senso quando corrisponde ad un generale modo di interpretare la storia dellet comunale, come caratterizzata dalla natura di classe dei conflitti politici (MAIRE VIGUEUR, Il problema storiografico cit., pp. 1-2, in cui per altro lAutore professa la sua simpatia per Salvemini) rispetto a chi ritiene i contrasti della storia cittadina semplici aggiustamenti di equilibrio allinterno delloligarchia dominante. Sulle differenze tra la concezione salveminiana della storia e quella ottokariana cfr. E. SESTAN, Nicola Ottokar, in ID., Scritti vari III. Storiografia dellOtto e Novecento, a cura di G. Pinto, Firenze 1991, pp. 345-354. 28 MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., p. 46. 29 MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., p. 46.

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si anni, spesso attraverso inchieste e cause30. Entratine in possesso, i rettori urbani intrapresero un sistema di conduzione centralizzato delle comunanze, considerato una delle grandi conquiste dei regimi popolari31. In questo modo i beni comunali cittadini uscirono faticosamente dalloblio, ricevendo un taglio interpretativo che li leg a doppio filo alla storia sociale e che assegn loro un ruolo determinante, fino allora sottovalutato, allinterno dei bilanci comunali32: proprio la loro importanza economica spinse, infatti, gli studiosi a rivolgersi ad essi come ad una cartina al tornasole per individuare le contrapposizioni urbane tra popolo e nobilt. Si sugger, inoltre, che i patrimoni civici rivestivano sovente unimportanza strategica, sicch il loro studio avrebbe contribuito a gettare luce su un problema di portata pi generale, quello del peso e dellincidenza diretta degli organismi pubblici cittadini sui territori rurali33. Confluirono quindi nel pi generale problema della gestione del patrimonio civico singoli settori che gi da qualche tempo avevano assorbito le fatiche degli storici, portando ad unestensione della definizione di comunanze. Infatti, non ponendosi pi il problema della ricerca delle loro remote origini, tali beni apparvero un aspetto rilevante, tuttaltro che residuale, delleconomia urbana. Si mise quindi in evidenza che essi non erano costituiti solo da pochi pascoli passati dalle mani dei cittadini o, come presupposto dalla storiografia di inizio Novecento, da quelle degli arimanni a quelle dei consoli34: spesso si tratt invece di fondi di grande consistenza, acquisiti nel corso del processo di formazione del districtus e valorizzati dalle amministrazioni podestarili. Tra i beni comunali poteva dunque essere annoverata in senso lato tutta la
MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., p. 47. MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne cit., p. 32. 32 A portare lattenzione su questo campo di studi contribu anche la pubblicazione di due raccolte esclusivamente dedicate al problema dei beni comuni: I beni comuni nellItalia comunale cit. e Risorse collettive cit. 33 P. CAMMAROSANO, Citt e campagna: rapporti politici ed economici, in Societ e istituzioni dellItalia comunale cit., vol. I, pp. 303-349, con particolare riferimento alle pp. 324325. 34 Cfr. per esempio SCHNEIDER, Lorigine cit., p. 238: Una storia delle libert cittadine in Italia pu ora essere intrapresa con successo e deve partire dai rapporti degli arimanni cittadini con i terreni collettivi; da questi, dai communia, la comunit cittadina prende il nome di Comune. La ben nota tesi dello Schneider, fondata su uninterpretazione datata del termine arimanni, stata analizzata dal Tabacco (cfr. supra, nota 1).
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gamma di propriet cittadine: le superfici ad uso civico, ma anche i terreni di recente bonifica35, i castelli ed i territori di cui il governo urbano era entrato in possesso durante lassoggettamento del contado36, i mulini37, le miniere. Le modalit di recupero e di gestione dei beni comunali delineate da Jean-Claude Maire Vigueur, la cui cronologia varia a seconda delle aree prese in considerazione, sono state studiate per diverse zone dellItalia centrale e sembrano valide nelle linee generali anche per le autonomie cittadine della pianura padana, seppur con alcune varianti: per esempio, in parecchi casi una precoce alienazione del patrimonio civico fu la necessaria conseguenza delle difficolt economiche in cui incorsero molti comuni settentrionali durante la guerra con Federico II. Tuttavia molte verifiche rimangono ancora da fare e, se si eccettuano poche ricognizioni38, non sono ancora stati prodotti studi esaurienti sui beni comunali di questarea, malgrado le poche notizie di cui siamo in possesso lascino presagire interessanti sviluppi.
A. CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria cit. VALLERANI, Le comunanze cit.; CAROCCI, Le comunalie cit. 37 Sui mulini cittadini cfr. per un inquadramento generale C. DUSSAIX, Le moulins a Reggio dEmilie aux XIIe et XIIIe sicles, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge Temps modernes, tome 91 (1979), vol. I, pp. 8-147. D. BALESTRACCI, Approvvigionamento e distribuzione dei prodotti alimentari a Siena nellepoca comunale. Mulini, mercati e botteghe, in Archeologia medievale, 8 (1981), pp. 127-154. A.I. PINI, Canali e mulini a Bologna tra XI e XV secolo, in ID., Campagne bolognesi. Le radici agrarie di una metropoli medievale, Firenze 1993, pp. 15-38. Cfr. inoltre quanto esposto nel corso del III capitolo con i relativi rimandi bibliografici. 38 P. GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici fra XII e XIII secolo: da un processo del 1207, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge temps modernes, tome 113 (2001), vol. I, pp. 433-451; sempre per Milano, ma in et viscontea, si ricorda larticolo di E. SAITA, I beni comunali a Milano ed alcuni esempi della loro amministrazione fra Tre e Quattrocento, in Let dei Visconti. Il dominio di Milano fra XIII e XV secolo, a cura di L. Chiappa Mauri, L. De Angelis Cappabianca, P. Mainoni, Milano 1993, pp. 217-268. Per Brescia: R. RAO, Beni comunali e governo del territorio nel Liber potheris di Brescia, in Contado e citt in dialogo. Comuni urbani e comunit rurali nella Lombardia medievale, a cura di L. Chiappa Mauri, Milano 2003, pp. 171-199. Per i beni comunali di Mondov, un borgo con aspirazioni urbane e con dinamiche istituzionali simili a quelle dei comuni cittadini cfr. invece R. RAO, Beni comunali e bene comune: il conflitto tra Popolo e hospitia a Mondov, in Storia di Mondov e del Monregalese. II Let angioina (1260-1347), a cura di R. Comba, G. Griseri, G. Lombardi, Cuneo - Mondov 2002, pp. 7-74. Nuove conoscenze sui beni immobiliari delle citt italiane sono pervenute grazie a studi che si occupavano della ricostruzione dei paesaggi urbani: per Bologna si segnala il lavoro di J. HEERS, Espaces publics, espaces privs dans la ville. Le Liber Terminorum de Bologne (1294), Parigi 1984, dove lAutore tratta degli accaparramenti e delle confische effettuate dal comune dopo la vittoria dei Geremei; lanalisi volta soprattutto a delineare la politica urbanistica cittadina e
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2. Il campo dindagine La gestione dei beni del comune di Vercelli, per il quale mancano interventi in proposito se si eccettuano poche ricognizioni di Massimo Vallerani e di Francesco Panero, rimane dunque un argomento tutto sommato poco approfondito39. In primo luogo occorre effettuare qualche precisazione sulloggetto del lavoro. Come richiamato nel titolo, ho scelto di parlare di beni del comune. Tale opzione non del tutto arbitraria in quanto in accordo con la stessa interpretazione che i notai ed i legislatori vercellesi del XIII secolo applicavano ai comunia, vocabolo che veniva utilizzato per designare genericamente i beni spettanti allamministrazione cittadina: per esempio un documento del 2 marzo 1203, riguardante un mulino posseduto dal comune in Arborio, venne rubricato come carta comunium40. Della nomenclatura medievale tale definizione rispettosa anche sotto un altro aspetto, strettamente legato allimpostazione del lavoro. Credo, infatti, che lespressione beni del comune o beni comunali sia in grado di includere egualmente sia le terre su cui gravavano usi civici cio i diritti, detenuti dai cittadini, di fruizione collettiva di alcuni pascoli e boschi , sia le propriet gestite dal governo urbano, non necessariamente assegnate a pi individui o sfruttate gratuitamente dalla cittadinanza. Vengono quindi compresi sia i beni pubblici, sia quelli patrimoniali. Del passaggio
i conflitti di parte che presiedono allazione comunale, in accordo con la visione che lo stesso Autore aveva espresso in ID., Le clan familiale au Moyen ge. tude sur les structures politiques et sociales des miliex urbains, Parigi 1974. Per Pavia altomedievale cfr. invece P.J. HUDSON, Levoluzione urbanistica di una capitale altomedievale (774-1024), in AA.VV., Paesaggi urbani dellItalia padana nei secoli VIII-XIV, Bologna 1988, pp. 15-69, con particolare riferimento alle pp. 33-34. Su questi due lavori e sullo sviluppo della storia dellinsediamento in ambito urbano cfr. le osservazioni di R. COMBA, Premessa, in Paesaggi urbani dellItalia padana cit., pp. 7-12. Importante il recente lavoro di G. MILANI, Lesclusione dal comune. Conflitti e bandi politici a Bologna e in altre citt italiane tra XII e XIV secolo, Roma 2003, pp. 329-375 sullamministrazione comunale dei beni dei banditi a Bologna. 39 M. VALLERANI, Laffermazione del sistema podestarile e la trasformazione degli assetti istituzionali, in Comuni e signorie nellItalia settentrionale: la Lombardia, Storia dItalia, diretta da G. Galasso, vol. VI, Torino 1998, pp. 385-426, con particolare riferimento a p. 416; F. PANERO, Terre in concessione, Bologna 1984, pp. 75-76; ID., Istituzioni e societ a Vercelli dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165, con particolare riferimento a p. 98; ma soprattutto ID., Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979. Da ultimo cfr. R. RAO, La propriet allodiale civica dei borghi nuovi vercellesi (prima met del XIII secolo), in Studi storici, 42 (2001), pp. 373-395. 40 PC, doc. 62, pp. 134-135. Cfr. anche capitolo IV.

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dagli uni agli altri, indifferentemente chiamati comunia nella documentazione, ci si occuper dunque nel corso di questa ricerca. Inoltre lampiezza di significato del vocabolo consente non solo di approfondire le vicende delle comunanze propriamente dette, che pure hanno fornito le coordinate storiografiche in cui situare la discussione, ma anche di affrontare la trattazione di altri settori, come i mulini, i castelli o la miniera: tale allargamento permetter sia di cogliere sviluppi e problematiche comuni, sia di avere un pi ampio quadro delle risorse di cui disponeva il governo urbano41. Si dovrebbe, quindi, pervenire ad una visione complessiva delle forme di conduzione attuate dalle autorit cittadine nel periodo preso in considerazione. Come si accennato, inoltre, il lavoro manterr un taglio rigorosamente socio - istituzionale. Sar proprio lanalisi delle vicende inerenti ai possedimenti comunali a suggerire la natura e le modalit dei conflitti che dividevano la cittadinanza. La struttura delle istituzioni urbane e la pressione su di esse operata da parte di milites e populus riceveranno quindi ampio spazio, soprattutto relativamente ai periodi meno studiati dalla storiografia vercellese. Larco cronologico allinterno del quale verr preso in esame il complesso rapporto tra le amministrazioni urbane ed il loro patrimonio partir dalla pace di Costanza, che gi Castagnetti ha ricordato come momento decisivo per laffermarsi dellattenzione del comune nei confronti delle propriet collettive42. Anzi, fu proprio con laccordo tra imperatore e comuni che si posero le basi per lequiparazione dei beni collettivi a diritti pubblici. Del resto in questo stesso periodo si assistette alle prime attestazioni di pascoli civici per Vercelli43. Termine ideale dellindagine sar invece la pacificazione del 1254 tra il comune e gli esuli guidati dagli Avogadro: essa segn - assieme allesaurirsi del problema dei beni dei fuoriusciti, al minore controllo sul contado, al declino delle istituzioni popolari vercellesi e allalienazione della maggior parte delle comunanze - anche una minore importanza da parte di quegli stessi possedimenti che a lungo avevano occupato un posto centrale allinterno delle scritture pubbliche44.
Questo anche il metodo adottato nel suo studio da CAROCCI, Le comunalie cit. CASTAGNETTI, La campanea cit., p. 167. 43 Cfr. capitolo I. 44 Sulla pacificazione del 1254 cfr. V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-61, vol. I, pp. 323-338; R. ORDANO, Storia di Vercelli, S. Giovanni in
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Al fine di non ricadere nel pericolo, pi volte richiamato, di trattare la storia del patrimonio civico nella piena et comunale come un episodio marginale, si cercher da un lato di considerarlo nel contesto degli avvenimenti politici, dallaltro di scorgere il suo ruolo allinterno delle finanze vercellesi: si tenter, ad esempio, di mostrare il legame che intercorre tra fiscalit, proventi apportati dai comunia e gestione del deficit cittadino. A questo proposito non sar fuori luogo citare il noto intervento di Cinzio Violante sulle origini di un procedimento di disavanzo consolidato a Pisa, in cui la comparsa della pratica dellindebitamento da parte dellamministrazione urbana - nella quale si riesce a cogliere bene anche lo sviluppo costituzionale del Comune in senso pubblicistico - coinvolge pure lo sfruttamento dei guariganghi, le terre ad uso collettivo pisane45. A fianco di questa tematica non sar neppure trascurato lutilizzo delle comunanze al fine di soddisfare le crescenti esigenze annonarie della citt, costretta tra XIII e XIV secolo a considerare il sistema degli approvvigionamenti nellinsieme dellazione economica e politica che andava sviluppandosi46. In questo modo si tenter di restituire alle propriet civiche il loro giusto peso, se non tramite una stima quantitativa della loro importanza allinterno dei bilanci comunali - operazione che lassenza di documenti contabili consente solo a tratti -, per lo meno attraverso la messa in rilievo dei nessi economici e istituzionali che ne determinarono la valorizzazione e la gestione.

Persiceto 1982, pp. 178-180; F. PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie nella politica territoriale del comune di Vercelli (secoli XII-XIII), in ID., Comuni e borghi franchi cit., pp. 73-99, con particolare riferimento alle pp. 92-93; sul rapporto tra beni comunali vercellesi e scritture pubbliche cfr. anche L. BAIETTO, La politica documentaria dei comuni piemontesi fra i secoli XII e XIII, in BSBS, 98 (2000), pp. 105-165. Cfr. inoltre capitolo IV, pp. 174186. 45 C. VIOLANTE, Le origini del debito pubblico e lo sviluppo costituzionale del Comune, in Economia, societ, istituzioni a Pisa nel Medioevo, Bari 1980, pp. 67-81: i guariganghi venivano dati in pegno per i debiti contratti dal comune. 46 FIUMI, Sui rapporti economici tra citt e contado cit., p. 39.

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I. I beni comunali e il governo cittadino tra fase consolare e prime esperienze podestarili (1192-1208)

1. Il recupero delle propriet comunali nel 1192 La documentazione vercellese non offre consistenti segnalazioni dellesistenza di beni collettivi sino alla fine del XII secolo: stato possibile rintracciarne una prima menzione solo in un atto dellarchivio arcivescovile, in cui, nel 1179, tra i confini di un appezzamento in territorio de Vercellis ubi dicitur ad pissinam Asinariam indicato un pasculum comune, senza che si possa capire a chi fosse destinata la fruizione e se ci fossero limitazioni al riguardo, in particolare nei confronti di cives o milites1. Per rinvenire maggiori informazioni sulle comunanze a Vercelli occorre attendere il mese di febbraio dellanno 1192: in quella data la collettivit lamentava che le antiche terre comuni, abitualmente utilizzate per il pascolo degli animali2, erano state chiuse ed inglobate nelle propriet dei confinanti3 e che, sia quelle che venivano inondate dalle acque, sia quelle asciutte4, erano condivise da
1 Le carte dellarchivio arcivescovile di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/2), doc. 15, p. 232. Il tema dei beni comunali non stato indagato dagli storici vercellesi, se non per accenni, comunque posteriori al 1192: la bibliografia non soccorre dunque sul silenzio della documentazione per il periodo precedente. Sullesclusivit del godimento dei pascoli cittadini cfr. J.-C. MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare, in Societ e istituzioni dellItalia comunale: lesempio di Perugia (secoli XII-XIV). Perugia 6-9 novembre 1985, Perugia 1988, vol. I, pp. 41-56, con particolare riferimento alle pp. 44-48; P. GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici fra XII e XIII secolo: da un processo del 1207, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge temps modernes, tome 113 (2001), vol. I, pp. 433-451, qui alle pp. 433-436. R. RAO, Beni comunali e bene comune: il conflitto tra Popolo e hospitia a Mondov, in Storia di Mondov e del Monregalese. II Let angioina (1260-1347), a cura di R. Comba, G. Griseri, G. Lombardi, Cuneo - Mondov 2002, pp. 7-78, qui alle p. 32. 2 PC, doc. 60, p. 128: vetera comunia ad vescendum animalibus solita. 3 PC, doc. 60, p. 128: cum terris, turris et possessionibus illorum qui coherebant; sullinterpretazione del riferimento alle torri cfr. oltre. 4 PC, doc. 60, p. 128: de his quas aque moluerant et de illis que non molute fuerant.

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pi persone, sicch dalla loro recinzione derivava un grave pericolo per lintera citt5. Accondiscendendo alla protesta6, i consoli Corrado Salimbene, Corrado Avogadro, Bonifacio de Ugucione, Nicola de Fontaneto, Ottone Preve, Buongiovanni Mangino e Gilberto Caroso decretarono con grande solennit che i comunia della citt, sia pascoli e incolti, sia isole, ghiaieti e molte - ossia terreni che si trovavano ad essere bagnati durante le piene dei fiumi7 -, venissero individuati da uomini anziani eletti dalle porte8. In ragione di ci vennero convocati Matteo Bondoni, Martino de Tronzano, Simone Cavagliasca, Giovanni Rubeus, Ruffino Pomario ed Enrico Scannagatta, della Pusterla, di porta Ursona e di porta Gribaldi e quattro uomini bone memorie et sane: Bartolomeo Panclerico, Vercellino Rossello detto Seroa, Porco e Guido de Faraianua. Costoro furono costretti dai consoli a stimare i comunia et molta, secondo ci che ricordavano ed avevano visto. I dieci estimatori testimoniarono allora sotto giuramento a Corrado Avogadro, ad Ottone Preve e a Buongiovanni Mangino, che agivano in vece dei loro colleghi, quali terre fossero comuni e, riportatele in un lungo elenco, le consegnarono agli stessi tre consoli e ad Ottone, earum rationator9. Questultimo era un notaio Sacri Palacii vercellese, che rog numerosi atti per il capitolo cattedrale cittadino, solo episodicamente menzionato tra i rogatari comunali10.
5 PC, doc. 60, p. 128: cuius cohartatione actus maximum dampnum seu periculum civitatis universitati conferebatur. 6 PC, doc. 60, p. 128: iamdicto clamori adquiescentes. 7 Cfr. oltre, nel corso di questo stesso capitolo, pp. 43 e sgg. 8 PC, doc. 60, p. 128: cum [] comoda civitatis et episcopatus populique universi beneplacita multipliciter decretarent inter cetera potissimum et dignissimum illis visum fuit ut comunia huius civitatis, tam pascuis et ierbis, quam insulis et glariis et moltis, per veteres homines per portas electos, sub iuramento ab ipsis electis prestito consignarentur. 9 PC, doc. 60, pp. 128-134. 10 In questo periodo a Vercelli agivano diversi notai di nome Ottone: confrontando il suo segno notarile si pu escludere una sua identificazione con il notaio Ottone da Bussero, anchegli presente sia nella documentazione comunale sia in quella dellarchivio del capitolo cattedrale (PC, doc. 32, p. 69, documento relativo allanno 1170; Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi e F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS, 71), vol. II, doc. 391, p. 91, documento relativo allanno 1180), mentre stato possibile attribuirgli un atto rogato per il comune nel 1181 in cui si definiva Otto vercellensis notarius sacri palacii (Acquisti, I, f. 92, edito in DAC, doc. 9, pp. 19-22). Per il capitolo cattedrale rog invece numerosi atti, pi volte in funzione di racionator terrarum (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol., II, doc. 520, pp. 277-278; doc. 562, p. 317; doc. 630, p. 402); nel 1194 ag come missus della canonica (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol., II, doc. 565, pp. 322323). Sul notariato vercellese di questo periodo cfr. I. SOFFIETTI, Problemi relativi al notariato vercellese nel XIII secolo, in Vercelli nel XIII secolo. Atti del primo congresso storico vercel-

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Due furono i requisiti di cui si tenne conto nellaffidare lincarico agli estimatori: lanzianit e lappartenenza alle porte. Lelevata et degli eletti dimostra che laccaparramento fu un processo lento, sviluppatosi nel corso di parecchi anni, tuttavia in un periodo non superiore alla durata di una vita umana, poich si presupponeva che uomini, seppur veteres, potessero ricordare lubicazione degli antichi pascoli comuni11. La seconda caratteristica pone maggiori problemi interpretativi: infatti, se probabilmente vero, non essendo specificate limitazioni, che tutte le porte cittadine parteciparono allelezione degli estimatori, anche vero che questi ultimi provenivano esclusivamente da quelle della Pusterla, Gribaldi e Ursona, site nella parte orientale della citt, sul perimetro delle mura longobarde12. La nuova cinta, terminata nel secolo successivo, venne iniziata tra il 1162 e il 116413; in quellepoca per il nuovo fossato era gi stato completato14: lutilizzazione delle antiche entrate della citt potrebbe quindi indicare che lorganizzazione per porta era da tempo consolidata. inoltre possibile che in questo modo, gi in passato, fossero gestiti i beni collettivi deputati al pascolo degli animali, come del resto avveniva anche in altre citt15, o che, nel caso in cui al tempo della
lese, Vercelli 1982, pp. 65-79; P. CANCIAN, Attivit notarile urbana e di contado nella societ vercellese del XIII secolo, ibidem, pp. 379-392; E. BARBIERI, Notariato e documentazione a Vercelli tra XII e XIII secolo, in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 255-292. 11 Nei processi in seguito scaturiti se il possessore riusciva a dimostrare di detenere il terreno da almeno 40-45 anni veniva legittimato (cfr. oltre, pp. 57 e sgg.). 12 D. ARNOLDI, Vercelli vecchia e antica, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1992, pp. 20; 48-49; G. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, pp. 35-52; G. GULLINO, Uomini e spazio urbano. Levoluzione topografica di Vercelli tra X e XIII secolo, Vercelli 1987, pp. 9-18. 13 ID., Inurbamenti ed espansione urbana a Vercelli tra XII e XIII secolo, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 279-320, con particolare riferimento alle pp. 293-294. 14 Nel 1184 si dice: Casamentum itaque de Vercellis iacet in porta Sancte Agathine cum tota terra ipsi casamento pertinenti existente supra Barbacanam usque in fossatum veteris fossati civitatis et usque foris (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 443, pp. 150-152). Se si accenna ad un vecchio fossato significa che gi esisteva quello nuovo, tuttavia anche in questo atto, facendo riferimento alla porta di S. Agata, si utilizzarono ancora i vecchi parametri. La costruzione del nuovo fossato, in attesa che fossero completate le mura, veniva a costituire il perimetro della civitas, essenziale per la definizione degli obblighi fiscali e militari dei cittadini (GULLINO, Uomini e spazio urbano cit., pp. 18; 38-42). 15 Il rapporto tra circoscrizioni territoriali cittadine e pascoli comuni reperibile in MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., p. 46 per Perugia; GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit., per Milano; A. CASTAGNETTI, La campanea e i beni comuni della citt, in Lambiente vegetale nellalto Medioevo, XXXVII Settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto Medioevo (30 marzo 5 aprile 1989), Spoleto 1990, vol. I, pp. 137-174, qui alle pp. 160-161 per Verona. Cfr. anche il caso di Alessandria, dove nel

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fruizione collettiva dei pascoli cittadini le porte non avessero ancora acquisito un ruolo amministrativo, tali beni fossero anticamente sfruttati solo dagli abitanti della zona. Il fatto che fossero stati tali organismi ad eleggere gli inquisitores significativo: il ruolo delle porte a Vercelli ricostruibile solo attraverso poche testimonianze16. La documentazione a partire grosso modo da questo periodo assegna invece ampio spazio alle vicinie, che nei primi decenni del XIII secolo arrivarono non solo a prevalere nelle indicazioni toponomastiche, ma anche a legare ad una serie di obblighi i loro abitanti, ad eleggere rappresentanti e ad occupare una posizione di rilievo nelle mansioni di interesse pubblico17. Si pu comunque ipotizzare che nel 1192 le porte estendessero la loro autorit sul suburbio, tanto pi che il documento precis che gli eletti compirono la stima omnes per eorum portas et vicos territoria huius civitatis circuendo18: la menzione di sole tre porte
1191 i cittadini di Porta Roboreto vendettero i loro beni collettivi (Le carte dello archivio capitolare di Tortona (sec. IX-1220), a cura di F. Gabotto, V. Leg, Pinerolo 1905 (BSSS, 29), doc. 117 bis, p. 368; ulteriori disposizioni della porta sui beni comuni nei docc. 244, pp. 282-283; 275, pp. 315-316, anni 1207-1215). 16 Sicuramente le porte detenevano un ruolo fiscale: nel 1222 gli uomini di Biandrate nellaccettare il cittadinatico si sottoposero alle stesse condizioni degli abitanti della Pusterla e di porta Ursona (GULLINO, Uomini e spazio urbano cit., p. 47). Inoltre in particolari casi alcuni ufficiali comunali cui venivano assegnati incarichi particolarmente delicati potevano essere eletti per porta: questo era il caso previsto da due norme statutarie, prive di datazione, la prima tuttavia anteriore al 1240 e relativa agli accusatori (Statuta, 63, pp. 54-55), la seconda allelezione di 12 sapienti (Statuta, 137, pp. 104-105; al riguardo cfr. anche capitolo IV; p. 167). Prima del 1192 le porte comparvero nelle designazioni toponomastiche diverse volte: nei cittadinatici a partire dal 1186 (in porta S. Agatine, PC, doc. 134, p. 228) fino al 1218 (in porta Santina, PC, doc. 299, p. 312) si localizzarono le case dei nuovi cittadini con la porta. Si tratta di testimonianze importanti, poich indicano che esisteva un territorio che dipendeva dalla porta. Tuttavia, gi nel medesimo periodo, attestato lutilizzo delle vicinie, destinato a diventare dominante a partire dal secondo decennio del XIII secolo (del 1191 la concessione ad alcune vicinie del Rivus Gualdricus: cfr. capitolo III, p. 131). Divenne invece meno frequente la designazione tramite il borgo, la via o la porta per indicare lubicazione, causa anche lambiguit che veniva a crearsi con la costruzione della nuova cerchia muraria. Questi problemi sono trattati in GULLINO, Uomini e spazio urbano cit., pp. 43-67, che ipotizza che lamministrazione per porta sia precedente a quella per hora, a sua volta sostituita dal termine vicinia, con essa identificabile. R. BORDONE, La citt e il suo districtus dallegemonia vescovile alla formazione del comune di Asti, in BSBS, 75 (1977), pp. 535-625, con particolare riferimento alle pp. 560-571 riuscito a ricostruire il ruolo circoscrizionale delle porte astigiane valendosi delle indicazioni toponomastiche, unitamente per a una serie di testimonianze (ruolo fiscale delle porte, tarda apparizione delle vicinie, esplicite menzioni di un rapporto amministrativo porta cives) non frequenti a Vercelli. 17 Al riguardo cfr. GULLINO, Inurbamenti ed espansione cit., p. 285. Nel 1191 il sistema amministrativo per vicinie era probabilmente in corso di affermazione (cfr. oltre, testo corrispondente alla nota 42). 18 PC, doc. 60, p. 129. Sul nesso tra porte e suburbio cfr. anche G.M. VARANINI,

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potrebbe quindi essere spiegata, poich i beni accaparrati si concentravano proprio nellarea da loro dipendente19. Unaltra peculiarit dellatto, in parte legata a quanto appena detto, la presenza tra gli estimatori di individui non legati alla credenza e di chiara ascendenza popolare: generalmente la prassi prevedeva lassegnazione degli uffici a personaggi esperti della politica comunale20. Infatti, tra gli eletti dalle porte, solo i primi tre, Matteo Bondoni, Simone Cavagliasca e Martino de Tronzano, facevano parte dellaristocrazia consolare. Matteo, console del comune nel 1180 e nel 1194, di giustizia nel 1188 e nel 1191, proveniva da una famiglia che faceva parte della vassallit vescovile21. Simone, console del comune nel 1148 e di giustizia nel 1178, aveva contatti anche con la societ di Santo Stefano, di cui resse il consolato nel 1182 e nel 118622. Anche i de Tronzano, pur non potendo beneficiare dellappartenenza alla curia vassallatica del presule, erano saldamente inseriti nelle schiere della nobilt cittadina23: Guala fu console di giustizia nel 117924, Nicola fu console
Lorganizzazione del distretto cittadino nellItalia padana dei secoli XIII-XIV (Marca Trevigiana, Lombardia, Emilia), in Lorganizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII-XIV, a cura di G. Chittolini e D. Willoweit, Bologna 1994, pp. 133-233, con particolare riferimento alle pp. 147-150. Il rapporto tra organizzazioni territoriali urbane e suburbio messo in rilievo anche da F. BOCCHI, La citt e lorganizzazione del territorio, in EAD., Attraverso le citt italiane nel Medioevo, Casalecchio di Reno 1987, pp. 7-22, con particolare riferimento a p. 10. 19 Lindipendenza delle porte, capaci di agire separatamente, testimoniata anche per Milano: per esempio Annales mediolanenses minores, in MGH, Scriptores, XVIII, a cura di G.H. Pertz, Hannover 1863, pp. 396-397. 20 Nel XIII secolo venne inserita negli statuti una norma, che non avrebbe conosciuto deroghe, attraverso cui si prevedeva lassegnazione degli uffici ai credenziari (Statuta, 23, p. 30). Luso tuttavia si era probabilmente gi affermato prima della codificazione degli statuti: per esempio, nel 1200, furono incaricati di compiere una stima dei danni subiti da Guglielmo di Castello per la costruzione del ponte sulla Dora presso Saluggia, Alisio De Benedetti e Pietro Carraria, appartenenti a famiglie abitualmente rappresentate nelle credenze di quegli anni (Acquisti, I, f. 49). 21 V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-1861, vol. III, pp. 268269; Acquisti, I, f. 45-46; Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 479, p. 192. Su questa famiglia cfr. Appendice 1. 22 Cfr. Appendice 1. 23 Guido de Tronzano nel 1207 definito assieme a alcuni suoi concittadini nobilis civis vercellensis (DAC, doc. 53, pp. 77-79). Sulla cautela che occorre usare nellinterpretare questo appellativo cfr. G. ROSSETTI, Ceti dirigenti e classe politica, in AA.VV., Pisa nei secoli XI e XII: formazione e caratteri di una classe di governo, Pisa 1979, pp. XXV-XLI, con particolare riferimento alle pp. XXVI-XXVII; tuttavia il fatto che per tutti costoro si possa rintracciare unascendenza militare indirizza verso un utilizzo del termine volto a rimarcare anche il rilievo sociale di tali famiglie (cfr. anche linterpretazione data da F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo cit., pp. 77-165, con particolare riferimento a p. 146). 24 Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 14, p. 231.

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del comune nel 1180 e nel 118425, Guido resse il consolato di giustizia nel 1203 e nel 120426. La loro famiglia, vassalla della canonica di S. Eusebio, riusciva a fare eleggere suoi appartenenti nel capitolo cattedrale27 e contemporaneamente aveva un solido rapporto con la societ popolare, tanto che i suoi esponenti ne ressero pi volte il consolato28. invece incerta lidentificazione di Giovanni Rubeus. Una famiglia denominata in questo modo partecip in quegli anni alla vita politica comunale: Uberto Rubeus di Arborio fu console del comune nel 119829 e credenziario nel 1199 e nel 120130; inoltre un personaggio di tale nome menzionato nel 1233 come pelliparius31. Tuttavia, considerata la diffusione dellappellativo Rubeus e il fatto che i personaggi citati non erano di origine vercellese, bens provenienti dal contado32, risulta improbabile che Giovanni appartenesse a questo gruppo parentale. Nessuno Scannagatta o Pomario, questi ultimi bubulci33, invece riferito come credenziario34.
MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, pp. 268-269; PC, doc. 273, pp. 296-297. Biscioni, 1/III, doc. 620, p. 185; Biscioni, 1/III, doc. 621, p. 187. Nel 1224 egli venne indicato come dominus (Il libro rosso del comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914 (BSSS, 74), doc. 142, p. 127). 27 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 156. Buongiovanni nel 1203 era canonico di S. Eusebio (ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 8 ottobre1203). 28 Nicola fu console di Santo Stefano nel 1182 (Acquisti, I, f. 27), Ardizzone nel 1192 (Acquisti, I, f. 47), Guido nel 1200 (Acquisti, I, f. 30), nel 1202 (DAC, doc. 25, p. 45) e nel 1208 (ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208), Giovanni nel 1207 (DAC, doc. 53, p. 77). 29 Cartario Alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, Torino 1928 (BSSS, 113), vol. I, doc. 146, p. 208. 30 Biscioni, 1/II, doc. 288, pp. 136-138; Gli atti del comune di Milano fino allanno 1216, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, doc. 217, p. 309. 31 A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, pp. 70-71. 32 Gli estimatori dovevano, infatti, ricordare lantica collocazione delle comunanze: dunque verosimile che vivessero a Vercelli da molto tempo. 33 Nicola Pomario, testimone ad un processo nel 1208, ricord che da 14 anni risiedeva a Caresana pro bubulco (ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 6 luglio 1208). Giovannino Pomario nel 1231 era iscritto nel libro del comune dove erano annotati i camparii dei cives e dei milites per la citt e per il vescovo, come campario a Caresana e a Gazzo per il conte Ruffino di Langosco, per Ostachio di Caresana, per i figli di Dionisio Pelliccia, per Pietro Bentivoglio e per Maifredo Cagnola (ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 28 novembre 1231). Pietro, figlio dellestimatore Ruffino, gi morto nel 1202, era fittavolo dei preti Giacomo e Giovanni Carosa, dai quali venne investito di due bubulconie di terra in Cantarana (ACV, Atti privati, cartella XI, documento relativo allanno 1202). Benedetto Pomario era fittavolo del capitolo di S. Eusebio da cui deteneva un sedime e delle terre in Caresana (ACV, Atti privati, cartella XIV, doc. in data 7 aprile 1210). 34 Enrico Scannagatta fu testimone ad una vendita nel 1165 (Le carte dellarchivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, G.C. Faccio, F. Gabotto e G. Rocchi, Pinerolo 1912 (BSSS, 70), vol. I, doc. 185, p. 225).
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Fra gli uomini bone memorie, non necessariamente provenienti dalle predette porte35, solo Bartolomeo Panclerico apparteneva ad una famiglia discretamente documentata: di recente ascesa sociale, sartores di professione36, i Panclerico erano legati alla societ di Santo Stefano, di cui Giulio fu console nel 118237; lo stesso incarico avrebbe rivestito Bartolomeo nel 120438. Giulio Panclerico, inoltre, era stato tra i fondatori dellospedale di S. Bartolomeo39. Degli altri personaggi non si ha menzione tra i credenziari40. Dunque a quattro esponenti di famiglie cospicue, stabilmente inserite nella vita politica del comune, di cui tre facenti parte dellaristocrazia consolare, si affiancavano sei individui pi schiettamente popolari. Inoltre, la stessa scelta di nominare altri quattro uomini di buona memoria, in aggiunta a quelli delle tre porte, potrebbe essere dovuta alla volont di ridimensionare ulteriormente linfluenza degli appartenenti al gruppo dirigente cittadino. Latipicit pu essere spiegata con il fatto che non erano stati i consoli o la credenza a eleggere gli estimatori, ma le stesse porte, dove era rappresentata una fascia di cives pi eterogenea41, pur essendo ormai consolidato, nel caso vercellese, linserimento delle maggiori famiglie nelle strutture vicinali e a radicamento territoriale. Analizzando, infatti, i nomi degli otto rappresentanti di alcune parrocchie del settore meridionale della citt per lanno precedente, il 1191, emerge il dominio dei maggiori gruppi
35 Bartolomeo Panclerico possedeva casa in hora S. Andree (PC, doc. 238, p. 272), dunque in unarea dipendente da Porta Aralda. 36 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 71. La citazione risale tuttavia solo alla met del secolo successivo; in questo stesso periodo si ha menzione di un Antonio Panclerico notaio (cfr. per esempio Biscioni, 1/II, doc. 369, p. 276). La famiglia doveva disporre di cospicue risorse: infatti nel 1247 Giovanni Panclerico era creditore del comune per 500 lire di pavesi (Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 70, p. 467). 37 Acquisti, I, f. 27. Giulio Panclerico fu anche credenziario nel 1170 (Biscioni, 1/II, doc. 369, pp. 276-278). 38 PC, doc. 110, p. 203. 39 Una menzione che, oltre a ragguagliarci sulla consistenza della famiglia, riveste un interesse politico: infatti lospedale di S. Bartolomeo era una delle istituzioni in cui si riconoscevano i gruppi parentali vicini al movimento popolare. La maggior parte dei suoi fondatori e diversi tra i suoi benefattori furono, infatti, legati alla societ di Santo Stefano (DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 143; cfr. anche le osservazioni fatte da E. MAYER, Die Funktion von Hospitlern in stdtischen Kommunen Piemonts (11.-13. Jahrhundert), Frankfurt am Main 1992, pp. 78-90). 40 Porco potrebbe essere figlio di Negro Gastaldo di Vercelli, proprietario di terreni in Caresana (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 288, pp. 329-330). 41 Cfr. quanto detto sulle organizzazioni territoriali vercellesi da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 94-95 e da DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 136-139.

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parentali vercellesi, nobili e di origini popolari42: compaiono i De Benedetti43, i de Tronzano44, i Bondoni45, i Culbaatus46, i Tizzoni47, i Bigurracane48, i Buttino49, i Rusullo50 ed i de Artaldo51. Si trattava in ogni caso di famiglie di grande peso politico: anche quelle che non esprimevano consoli del comune, non avevano esponenti nel capitolo cattedrale o non vantavano un legame privilegiato con il presule - come era il caso dei Tizzoni, dei Buttino, dei Rusullo e dei Culbaatus -, erano comunque inserite negli apparati di potere, imparentate con casate di ascendenza militare, in possesso di diritti signorili e talora esse stesse esprimevano milites. Del resto, in questo periodo, rispetto agli anni Quaranta del secolo successivo52, la vicinia non si presenta ancora nella documentazione come organizzazione locale di popolo: essa si propone piuttosto come una comunit da tempo avvezza a comportarsi in modo solidale e unitario53. La rilevante presenza di maggiorenti a capo delle circoscrizioni territoriali non impediva comunque allintera collettivit di fare valere le proprie idee nei consigli: allo stesso modo probabile che anche allelezione effettuata dalle porte avesse partecipato buona parte della cittadinanza54.
42 Acquisti, I, f. 45-46. Il documento interessante anche per comprendere il ruolo amministrativo della parrocchia, forse identificabile con lhora o vicinia, che in questa data sembra gi essere dominante su quello della porta. Al riguardo cfr. anche capitolo III. 43 Cfr. Appendice 1. 44 Su questa famiglia cfr. quanto detto in precedenza. 45 Cfr. Appendice 1. 46 Buongiovanni Culbaato nel 1195 possedeva assieme a Vercellino Robollione la decima su terre tra Larizzate e Asigliano (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 578, pp. 337-338; doc. 580-582, pp. 340-342). Lo stesso Buongiovanni nel 1197 deteneva lhonor e il districtus su un manso (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 603, pp. 373374). I Culbaato vantavano precoci presenze nel consiglio cittadino: Bartolomeo fu credenziario nel 1170 (Biscioni, 1/II, doc. 369, pp. 276-278). 47 Cfr. Appendice 1. 48 Cfr. Appendice 1. 49 Essi erano imparentati con i Tetavegia (Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 17, pp. 234-235); Guala Buttino nel 1172 fu monaco di Muleggio (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 277, pp. 318-320); Buongiovanni fu credenziario nel 1222 (Biscioni, 1/II, doc. 323, pp. 197-198). 50 Nel 1199 Rusullo transige le sue differenze con il capitolo di S. Eusebio (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 634, pp. 404-405). 51 Questa lunica famiglia scarsamente documentata; suoi esponenti si inserirono per tre volte nella credenza cittadina negli anni 1184-1202 (PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 113). 52 Cfr. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 65, con particolare riferimento alla partecipazione dei Seicento delle vicinie nel periodo 1243-1247. 53 ARTIFONI, Tensioni sociali e istituzionali nel mondo comunale cit., p. 473. 54 In G. CAMINITI, La vicinia di S. Pancrazio a Bergamo. Un microcosmo di vita politico-

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Era stato, dunque, lo stesso populus, qui inteso come totalit della popolazione cittadina55 - pur, come si vedr, avvalendosi dello stretto legame con la societ di Santo Stefano - a sollecitare linchiesta. Esso aveva forse individuato una precisa connotazione sociale nelle famiglie che si erano rese responsabili dellaccaparramento di terre sentite di propriet dellintera collettivit: i cives recriminavano, infatti, che gli appezzamenti erano stati inglobati nei fondi dei possessori urbani56. Tale protesta, nata dalle frange popolari che trovavano difficolt ad esprimere le proprie istanze nel consiglio di credenza, si indirizz, secondo Panero, contro i
sociale (1283-1318), Bergamo 1999, in special modo alle pp. 32-40; 55-83 vengono trattate le modalit di elezione e la dialettica tra consoli e vicini; cfr. inoltre i classici lavori di G. DE VERGOTTINI, Il popolo nella costituzione del comune di Modena sino alla met del XIII secolo, in ID., Scritti di storia del diritto italiano, a cura di G. Rossi, Milano 1977, vol. I, pp. 263-332 e ID., Arti e popolo nella prima met del secolo XIII, ibidem, pp. 387-467; E. ARTIFONI, Una societ di popolo. Modelli istituzionali, parentele, aggregazioni societarie e territoriali ad Asti nel XIII secolo, in Studi Medievali, 24 (1983), pp. 545-616; ID., Tensioni sociali e istituzioni nel mondo comunale, in La storia. Il Medioevo. 2. Popoli e strutture politiche, a cura di N. Tranfaglia e G. Firpo, Torino 1986, pp. 461-491, con particolare riferimento alle pp. 470-477; ID., Corporazioni e societ di popolo: un problema della politica comunale nel secolo XIII, in Quaderni storici, 74 (1990), pp. 387-404; S. BORTOLAMI, Le forme societarie di organizzazione del popolo, in Magnati e popolani nellItalia comunale. Quindicesimo convegno di studi del Centro italiano di studi di storia e darte di Pistoia. Pistoia 15-18 maggio 1995, Pistoia 1997, pp. 41-79; J. KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord nel XIII secolo, Bologna 1986, pp. 203-219; A.I. PINI, Le ripartizioni territoriali urbane di Bologna medievale. Quartiere, contrada, borgo, morello e quartirolo, Bologna 1977; ID., Dal comune citt stato al comune ente amministrativo, in Comuni e Signorie: istituzioni, societ e lotte per legemonia, Storia dItalia, diretta da G. Galasso, Torino 1981, vol. IV, pp. 449587, con particolare riferimento alle pp. 485-490; D. WALEY, Le citt-repubblica dellItalia medievale, Torino 1980, pp. 153-167. P. GRILLO, Milano in et comunale (1183-1276). Istituzioni, societ, economia, Spoleto 2001, pp. 444-449. Cfr. anche ID., Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit. 55 Sui termini utilizzati nellItalia dei secoli XI-XII per indicare la popolazione cittadina cfr. O. BANTI, Civitas e Commune nelle fonti italiane dei secoli XI e XII, in ID., Studi di storia e di diplomatica comunale, Roma 1983, pp. 1-19. 56 Il Faccio trascrive vetera comunia [] forent clausa et continuata cum terris, turris et possessionibus illorum quibus coherebant, dove appare sospetta lerrata declinazione del sostantivo turris. La copia dei primi decenni del Duecento (sulla compilazione del libro dei Pacta et conventiones cfr. PC, pp. III-XI e A. ROVERE, I libri iurium dellItalia comunale, in Civilt comunale: Libro, Scrittura, Documento. Atti del Convegno. Genova, 8-11 novembre 1988, Genova 1989, pp. 157-199, con particolare riferimento a p. 170 e, pi nel dettaglio, A. DEGRANDI, I libri iurium duecenteschi del comune di Vercelli, in Comuni e memoria storica. Alle origini del comune di Genova (Atti del convegno di studi, Genova, 24-26 settembre 2001), Genova 2003, pp. 131-148) attraverso cui ci pervenuto il documento presenta un segno di croce sopra la parola turris; a margine del foglio il notaio riport lo stesso segno seguito dalla parola terris, da interpretare piuttosto in sostituzione del termine nel testo. Tuttavia anche il lapsus calami del notaio, che probabilmente aveva vissuto il recupero delle comunanze ed i processi che si erano conclusi solo pochi anni prima della trascrizione in codice del documento del 1192, pu essere indicativo della connotazione sociale che egli attribuiva ai possessori, segnalando un modello abitativo tipicamente nobiliare. Sul

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cives appartenenti alla vecchia classe dirigente (nella quale ormai non si faceva pi distinzione tra vassalli vescovili e non)57. 2. Multitudo populi vociferando: il ruolo del popolo In questo caso lo scarso ricorso ai meccanismi tradizionali della dialettica politica sembrerebbe apparentemente lasciare poco spazio allassociazione popolare. In realt il ruolo rivestito dalla societ di Santo Stefano fu fondamentale nel sostegno al movimento che richiedeva loperazione di avocazione delle terre comuni: infatti, tre dei consoli del comune autori della disposizione, seppur vincolati per interessi familiari al gruppo dirigente cittadino, erano legati a questa associazione58. Grazie a tale circostanza il popolo riusc in quellanno a esercitare uninfluenza sul governo consolare decisamente eccezionale rispetto agli anni precedenti (ma anche a quelli successivi), quando pi netto apparve il dominio delle famiglie aristocratiche59. La natura prettamente politica della protesta suggerita anche da altre considerazioni. significativo che questa sollevazione, allapparenza cos fluida e spontanea, avesse dato concretezza alle sue istanze proprio in un momento di forte sviluppo della societ di Santo Stefano, quello stesso anno ben rappresentata nel governo della citt. In realt lascesa dellassociazione and di pari passo con la maturazione del movimento popolare e con la presa di consapevolezza delle sue finalit. Sotto questa visuale latto del 1192
significato nobiliare e aristocratico delle torri si ricordano A.A. SETTIA, Lesportazione di un modello urbano: torri e case forti nelle campagne del nord Italia, in Societ e Storia, 12 (1981), pp. 273-297, ID., Lo sviluppo di un modello: origini e funzioni delle torri private urbane nellItalia centrosettentrionale, in AA.VV., Paesaggi urbani dellItalia padana nei secoli VIIIXIV, Bologna 1988, pp. 155-171, ID., I luoghi e le tecniche dello scontro, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 81-115 e G.M. VARANINI, Torri e casetorri a Verona in et comunale: assetto urbano e classe dirigente, in Paesaggi urbani dellItalia padana cit., pp. 173249. Sul modello delle torri suburbane cfr. invece R. COMBA, Metamorfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luoghi del Piemonte sud occidentale dal X al XVI secolo, Torino 1983, pp. 131-161. 57 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 98. 58 Si tratta di Buongiovanni Mangino, Gilberto Caroso e Nicola de Fontaneto: Buongiovanni era stato console della societ nel 1185 (Biscioni, 1/III, doc. 563, p. 143); per i rapporti tra Santo Stefano e le altre due famiglie cfr. invece Appendice 1. 59 Sulla composizione del governo consolare vercellese cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 86-98 e R. RAO, Politica comunale e relazioni aristocratiche: gli Avogadro tra citt e campagna, in Vercelli nel XII secolo, IV Congresso della Societ storica vercellese (Vercelli, 18-20 ottobre 2002), in corso di stampa.

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offre un testimonianza preziosa e decisiva sullesistenza di uno stretto raccordo tra popolo e associazione di Santo Stefano, ma permette anche di superare unanalisi della natura sociale dellassociazione che si basi esclusivamente sulla prosopografia dei suoi consoli. Sicuramente il gruppo dirigente vercellese era reso notevolmente coeso dai legami familiari ed economici, dalla condivisione dei medesimi attributi distintivi per esempio lattestazione di milites e di iudices allinterno delle casate che lo componevano - e, a giudicare dallestrazione sociale di chi aveva occupato i pascoli collettivi, anche dalla presenza di comuni interessi, tra cui lappropriazione dei beni pubblici60. Ciononostante, la partecipazione alllite cittadina di individui contemporaneamente rappresentanti della societ popolare non aveva indebolito, ma piuttosto consolidato, la capacit di intervento dellintero populus, che in tal modo poteva avvalersi di uomini di governo autorevoli ed esperti della politica urbana. Il movimento popolare, che trovava espressione politica nellassociazione di Santo Stefano, riusc agevolmente a fare prevalere le istanze antinobiliari anche nella scelta degli inquisitori delle terre comuni, di cui tre erano legati alla societ ed altri cinque erano comunque esclusi dal gruppo dirigente61. In questo modo veniva garantita una maggiore imparzialit, essendo proprio i maggiorenti vercellesi i pi coinvolti nellestimazione. bene sottolineare che loperazione di recupero del 1192 presenta quindi due componenti: da un lato una protesta spontanea da parte della popolazione; dallaltro un incanalamento di tale protesta in un contesto istituzionale, funzionale alle istanze popolari e comunali. Le vivaci frasi utilizzate nella scrittura del documento per esempio multitudo populi vociferando clamaret o iamdicto clamori adquiescentes - inducono a ritenere che i consoli fossero stati costretti dalla violenta reazione della popolazione
60 Sullappartenenza cetuale degli iudices cfr. J.-C. MAIRE VIGUEUR, Gli iudices nelle citt comunali : identit culturale ed esperienze politiche, in Federico II e le citt italiane, a cura di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 161-176; cfr. anche, per unepoca precedente, H. KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt (secoli IX-XII), Torino 1995, pp. 178-184; G. ROSSETTI, Elementi feudali nella prima et comunale, in Il feudalesimo nellAlto Medioevo, XLVII Settimana di studi del Centro italiano di studi sullAlto Medioevo (8-12 aprile 1999), Spoleto 2000, vol. II, pp. 875-909, con particolare riferimento alle pp. 881-886. Sui costumi e sulle caratteristiche dellaristocrazia vercellese cfr. invece A. BARBERO, Vassalli vescovili e aristocrazia consolare a Vercelli nel XII secolo, in Vercelli nel XII secolo cit.; R. RAO, Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93, qui alle pp. 68-70. 61 Sullorigine sociale degli estimatori cfr. quanto detto in precedenza.

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cittadina a prendere provvedimenti che finirono con il danneggiare le famiglie a loro legate ed il raggruppamento sociale a cui appartenevano62. Limpressione rafforzata dalla solennit che il notaio Ottone volle mostrare nel redigere latto, sottolineando nellarenga che era linteresse per i comoda civitatis et episcopatus populique universi veniva dunque richiamata lattenzione allintero popolo - a muovere lazione dei consoli, pur senza riuscire a mascherare la palese tensione che pervadeva la cittadinanza63. Proprio lo stato di latente conflitto sociale rendeva ancora pi delicato il ruolo degli estimatori, che rischiavano di condizionare la loro decisione secondo gli interessi familiari, gli odi sociali e di fazione, o di farsi influenzare da forme di pressione e di corruzione da parte degli inquisiti: i consoli si premunirono non solo insistendo pi volte sul giuramento e sulla bona fide degli inquisitores, ma anche raccomandando loro quod non debeant vitare per odium aut per amorem ad ipsam consignationem faciendam, sed bona fide et absque timore et amore seu odio illud consignamentum facere64. Il movimento popolare, probabilmente guidato dalla societ di Santo Stefano, fu dunque alla base delloperazione volta al recupero delle terre di cui si ricordava un antico uso collettivo: ad esso i consoli furono costretti a venire incontro. Non bisogna tuttavia pensare ad un ruolo esclusivamente passivo da parte del comune, nel quale, come si visto, le istanze popolari erano ben rappresentate. La stessa ampollosit dellatto, preceduto da una lunga arenga, dimostra lattenzione delle autorit comunali a cercare solide corroborazioni ad unoperazione, che, coinvolgendo superfici possedute da tempo da privati ed inserendosi in un clima di conflit62 Cfr. anche M. VALLERANI, Laffermazione del sistema podestarile e le trasformazioni degli assetti istituzionali, in Comuni e Signorie nellItalia settentrionale: la Lombardia, Storia dItalia cit., Torino 1998, vol. VI, pp. 385-426, con particolare riferimento a p. 416 e L. BAIETTO, La politica documentaria dei comuni piemontesi fra i secoli XII e XIII, in BSBS, 98 (2000), pp. 105-165, con particolare riferimento alle pp. 128-131. 63 Lespressione multitudo populi ricorre anche in un atto del vescovo Leone del 1022, conservato presso larchivio capitolare (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 40, p. 49). Risulta valida anche per il caso vercellese losservazione di J.C. MAIRE VIGUEUR, Premessa, in I beni comuni nellItalia comunale: fonti e studi. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge Temps modernes, tome 99 (1987), vol. II, pp. 553-554, il quale sottolinea che i documenti pi ricchi di informazioni sui beni comuni quasi sempre vengono prodotti in concomitanza di conflitti o nei momenti di pi forte competizione tra gruppi o enti rivali. 64 PC, doc. 60, p. 133.

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tualit sociale, poteva incontrare la contrapposizione di parte della cittadinanza, come effettivamente accadde. Le espressioni che richiamano al clamor e al consenso dellintera collettivit urbana sono infatti caratteristiche della presenza e della costruzione di una publica fama: esse vennero adoperate poich costituivano un argomento giuridico in grado di giustificare la presa di possesso dei comunia da parte del comune65. Significativamente nei processi scaturiti, come si vedr in seguito, il sindaco cittadino difese i recuperi comunali adducendo lesistenza di una publica fama66. Il comune dunque, in una situazione di diritto non chiara, utilizz il malcontento popolare per organizzare unoperazione che ben presto assunse contenuti pi ampi, di consolidamento dellesercizio delle funzioni pubbliche67. 3. La provenienza sociale dei possessori espropriati Unaltra suggestione da sottoporre a verifica leventualit di un collegamento tra i possessori dei pascoli comuni e i milites cittadini: in tal senso una conferma del movente sociale della protesta pu venire solo da unanalisi delle propriet recuperate dagli estimatori e da unindagine prosopografica sugli individui danneggiati. Di costoro si cercher di rintracciare la condizione sociale attraverso la partecipazione alla vita politica cittadina, ma anche tramite criteri quali lindividuazione nelle loro famiglie di milites,
65 Sulla publica fama cfr., in generale, F. MIGLIORINO, Fama e infamia: problemi della societ medievale nel pensiero giuridico nei secoli XII e XIII, Catania 1985 e gli atti del convegno Lenqute au moyen ge, Roma, 29, 30, 31 gennaio 2004, in corso di stampa. Ultimamente la storiografia insiste sullutilizzo sempre maggiore della publica fama come quasi prova nei processi del XII secolo. Una riflessione giuridica compiuta su tale argomento, interpretato, nella forma della denunciante fama, come passaggio fondamentale per pervenire allinquisitio, avvenne tuttavia solo pochi anni dopo latto in questione, con Innocenzo III (J. THRY, Fama: lopinion publique comme preuve judiciaire. Aperu sur la rvolution mdivale de linquisitoire (XIIe-XIVe sicle), in La Preuve en justice de lAntiquit nos jours, a cura di B. LEMESLE, Rennes 2003, pp. 119-147; M. VALLERANI, I fatti nella logica del processo medievale: note introduttive, in Quaderni storici, 108 (2001), pp. 665-693; ID., Inchieste penali e inchieste politiche: costruzione del reato e sistemi di validazione delle prove nelle procedure delle citt italiane fra XIII e XIV secolo, in Lenqute au moyen ge cit.). Lepisodio vercellese deve dunque essere inquadrato in tale periodo di crescente ricorso alla pubblica fama nei procedimenti giudiziari e di fluida problematicit del rapporto tra sistema accusatorio ed inquisitorio. 66 Cfr. oltre, paragrafo 6, p. 66. 67 Cfr. oltre, paragrafo 4, pp. 43 e sgg.

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iudices, canonici del capitolo cattedrale o potenti vassalli vescovili (queste ultime due categorie a Vercelli costituivano un indicatore particolarmente importante, a cui spesso corrispondeva una presa di posizione filonobiliare nella politica urbana)68. Innanzitutto la superficie totale delle terre requisite ammontava a dieci mansi, otto moggi, tre staia e mezza tavola, pari a quasi 103 ettari, tenendo conto che di alcuni lotti gli estimatori approssimarono per difetto lestensione69. Le aree in cui si localizzarono gli espropri furono due, entrambe nel suburbio vercellese, poco fuori delle mura cittadine. La prima era ubicata a sud est della citt, tagliata orizzontalmente dal canale della Varola, oggi scomparso, fino in localit Biliemme70, e verticalmente dalle strade che da Vercelli conducevano a Larizzate e a Casale. Qui le tenute, molte delle quali situate lungo la Varola, erano piuttosto frammentate e le estensioni contenute: si trattava, infatti, di 56 appezzamenti, mai superiori ai quattro moggi, divisi fra 38 possessori. Parecchie pecie (dieci) furono menzionate nel documento come vigne: poich la cittadinanza reclamava terreni che inizialmente venivano adibiti al pascolo degli animali, evidentemente gli usurpatori, annettendoli alle loro propriet, li avevano convertiti ad una coltura maggiormente redditizia. Del resto le tipologie colturali dei lotti requisiti, quando indicate, mostravano una certa
68 Sul prestigio di cui godevano i vassalli vescovili vercellesi si rimanda ai lavori di KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt cit., di A. DEGRANDI, Vassalli cittadini e vassalli rurali nel Vercellese del XII secolo, in BSBS, 91 (1993), pp. 5-45 e di PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit.; ID., Capitanei, valvassores, milites, nella diocesi di Vercelli durante i secoli X-XII, in La vassallit maggiore del Regno Italico. I capitanei nei secoli XI-XII, a cura di A. Castagnetti, Roma 2001, pp. 129-150. Per lestrazione nobiliare dei canonici del capitolo cattedrale segnalo H. KELLER, Origine sociale e formazione del clero cattedrale dei secoli XI e XII nella Germania e nellItalia settentrionale, in Le istituzioni ecclesiastiche della societas christiana dei secoli XI-XII. Diocesi, pievi e parrocchie. Atti della sesta Settimana internazionale di studio. Milano 1-7 settembre 1974, Milano 1977, pp. 136-186; A. RIGON, Il ruolo delle chiese locali nella lotta tra magnati e popolani, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 117-135. Cfr. anche Appendice 1. Per una valutazione complessiva dellaristocrazia vercellese si rimanda al saggio di BARBERO, Vassalli vescovili e aristocrazia consolare cit. 69 Per esempio si dice, specie in relazione alle terre presso la Sesia: modiorum XII et plus o ultra tres mansos terre continentes; inoltre, talora non riportata lestensione (PC, doc. 60, pp. 134-138). La cifra calcolata dunque inferiore alla reale estensione dei beni consegnati. 70 Una testimonianza rimasta nel toponimo Cascina Varola, sita a nord est di Larizzate; da qui il corso dacqua doveva digradare leggermente, passando per lattuale Cascina S. Giovanni e seguire un percorso parallelo alle mura vercellesi: esso , infatti, nel documento preso in esame, menzionato presso Biliemme, localit che riceve il nome dalla chiesa di S. Maria di Betlemme. Infine confluiva nella Sesia, non lontano dalla foce del Cervo.

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variet: terra, campus, pratum cum arboribus, ma non mancavano anche zone fangose e fossati. Ben dieci dei proprietari erano enti ecclesiastici, che tuttavia, naturalmente, raramente coltivano gli appezzamenti direttamente: talora alcuni individui tenevano il terreno a nome della chiesa71. Costoro solo in parte possono essere individuati in rustici che lavoravano la terra dietro corresponsione di un fitto: la presenza di un personaggio come Buongiovanni Oliva, appartenente ad una famiglia inserita nellaristocrazia consolare72, tra i possessori di terre del capitolo di S. Eusebio, induce piuttosto a ritenere o che egli la desse in affitto versando un censo ai canonici, oppure che lavesse ricevuta in feudo da questi ultimi73. Nove possessori facevano invece parte dellaristocrazia consolare: Guglielmo Biterno, probabilmente appartenente alla famiglia dei Bigurracane74, Simone Cavagliasca, Bartolomeo75, Gilberto e Vercellino Caroso, Centorio, Uberto De Benedetti, Nicola de Fontaneto e Dromone Tizzoni76. Tra costoro i De Benedetti, i Bigurracane e i Caroso potevano vantare un rapporto vassallatico con il vescovo77. I Caroso, di cui vennero menzionati ben tre esponenti, cos come i Centorio, i Cavagliasca e i de Fontaneto, erano, invece, legati anche alla societ di Santo Stefano78: da queste famiglie, che si erano inserite solo tardivamente nel consolato maggiore, discendevano anche due dei consoli autori del documento, Gilberto Caroso e Nicola de Fontaneto.
71 Per esempio: de S. Lazaro picionus campi quem tenet Andreas de Montonario, oppure de illa S. Eusebii XV staria quam tenet Bonusiohannes de Oliva (PC, doc. 60, p. 129). 72 Cfr. Appendice 1. 73 Non stato possibile riscontrare un legame diretto tra capitolo di S. Eusebio e Oliva: si sa tuttavia che questa famiglia era imparentata con i Traffo, ramo di unantica famiglia capitaneale vassalla del capitolo (cfr. Appendice 1). Anche la presenza tra i possessori di Andrea de Montonario significativa: egli discendeva da una casata che nei primi decenni del secolo successivo avrebbe espresso notai e che possedeva terre a Larizzate. Lo stesso Andrea ricordato nei necrologi eusebiani come donatore di un campo (I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 2 (1897), pp. 210-221, con particolare riferimento a p. 213). Per un confronto con le relazioni intrattenute dal capitolo cattedrale cremonese con i suoi fittavoli cfr. G. CHITTOLINI, I beni terrieri del capitolo della cattedrale di Cremona fra il XIII e il XIV secolo, in Nuova rivista storica, 49 (1965), pp. 213-274, con particolare riferimento alle pp. 227-234; 258-261. 74 Per tutti questi personaggi cfr. Appendice 1. 75 Si dice in realt in vinea que fuit Barthlomei Carosi, senza indicare chi allora la possedesse (PC, doc. 60, p. 129). 76 Cfr. Appendice 1. 77 Cfr. Appendice 1. 78 Cfr. Appendice 1.

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Numerosi erano anche gli appartenenti a gruppi parentali cospicui, che, pur senza esprimere consoli maggiori, ebbero numerose menzioni nei consolati di giustizia e di Santo Stefano e talora adottarono costumi di vita militari: si tratta di Tetavegia, Guido Biandrate, Vercellino Crispo, Giacomo Fata, Maifredo de Carengo e Giacomo Calvo79. Facevano, invece, parte di famiglie abbienti, che, pur non contando tra le loro fila consoli, erano rappresentate nella credenza, il popolare Antonio Pelliccia e laristocratico Giovanni Garbagna: i Pelliccia erano una famiglia di beccai legata alla societ di Santo Stefano80, mentre i Garbagna erano un ramo dei Bentivoglio, vassalli vescovili81. Lo stesso Giovanni, inoltre, era sposato con Mantropola de Guidalardis ed era cos imparentato con una delle maggiori casate vercellesi82. Alcuni possessori, seppur di ascendenza militare, ebbero pochi rapporti con la vita politica cittadina: Pietro di Asigliano era valvassore del vescovo, Guala de Fossato apparteneva ad una stirpe di vassalli della canonica di S. Eusebio, mentre da una famiglia di piccoli feudatari discendevano probabilmente i figli di Cona83. Gli altri possessori di terre requisite in questarea, ossia Anfosso di Uberto Rufino, Abate, Pelagallus, Zanardo84, appartenevano invece a gruppi parentali di origine popolare, scarsamente rappresentati nelle credenze cittadine. Per gli individui di nome Ostachio ed Aichino, invece, non stato possibile effettuare unidentificazione sicura. Tra gli usurpatori vennero infine menzionati anche illi de Vezolano ed i consorziali super aqua, probabilmente proprietari di terre costiere che avevano unito i loro diritti sulluso delle acque della Varola85. In conclusione, oltre a sei vassalli vescovili, anche per molti altri individui stato possibile determinare, attraverso lo spoglio di una documentazione che dagli anni antecedenti latto preso in esame si spinge fino ai primi decenni del secolo successivo, unascendenza militare o giuridica: questa era propria dei Centorio, dei de Fontaneto, dei Tizzoni, dei Tetavegia, dei
Cfr. Appendice 1. Cfr. Appendice 1. 81 Cfr. Appendice 1. 82 Cfr. Appendice 1. 83 Cfr. Appendice 1. 84 Cfr. Appendice 1. 85 Cfr. il caso dei possessori privati di diritti sulle rive dei fiumi milanesi studiato da L. CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali di Lombardia, Bari 1990, pp. 142-150.
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Biandrate e dei de Fossato, cui si possono probabilmente aggiungere Calvo, de Carengo e Fata, nonch Montenario, Oliva e Cona86. Circa la met dei possessori di questarea appartenevano dunque a famiglie di milites o di iudices. La seconda zona oggetto delle requisizioni comunali era ubicata in posizione orientale rispetto alle mura cittadine, demarcata dal fluire della Sesia e dalla confluenza in essa del Cervo e della Varola87: assai diversa si presentava la situazione dei beni avocati dagli estimatori in questarea, a causa soprattutto della sua diversa conformazione idrica. Infatti, la presenza dei fiumi Sesia e Cervo, soggetti a straripamenti e a cambiamenti di letto, rendeva pi ostica la delimitazione della propriet e meno appetibile lo sfruttamento agricolo88. Qui le estensioni risultavano essere maggiori, raggiungendo in un caso una superficie superiore ai tre mansi (30 ettari) e misurando, di norma, diversi moggi. Le terre richiamate alla mano pubblica consistevano in isole, letti fluviali abbandonati, ghiaieti, terreni che costeggiavano la Sesia. Sembra, per, che gli stessi estimatori non avessero una cognizione chiara della loro delimitazione: essi, infatti, spesso come punto di riferimento, al posto dei confini dellappezzamento, preferivano fornire pi genericamente il nome del suo occupante. Il possesso qui non era frammentato, ma nelle mani di pochi individui, dei quali appare omogenea lestrazione sociale: in maggioranza provenivano, infatti, dalle fila dellaristocrazia consolare. Di questo gruppo facevano parte Uberto e Giovanni De Benedetti, Filippo Burro, Ottone e Maifredo Camex, Trancherio de Iudicibus, Giacomo de Guidalardis, Bartolomeo de Fontaneto, Alberto Bondoni, Dromone Tizzoni, Oliverio Capella e forse Guiscardo89. Da unimportante famiglia
Cfr. Appendice 1. Per il possesso di Bartolomeo de Fontaneto si dice: ibidem prope intra terram Bartholamei de Fontaneto, longora que incapitat in Sarvum et in Verolam (PC, doc. 60, p. 131), dove lavverbio ibidem si riferisce a localit nei pressi della Sesia. 88 del resto usuale anche nel resto dItalia la presenza di beni comunali in concomitanza di aree paludose o fluviali (A. CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria nellItalia comunale. La bonifica della palus comunis Verone,, (1194-1199), in Studi medievali, 15 (1974), pp. 363-481; S. CAROCCI, Le comunalie di Orvieto fra la fine del XII e la met del XIV secolo, in I beni comuni nellItalia comunale cit., pp. 701-728, con particolare riferimento alle pp. 706-707; A. PADOA SCHIOPPA, Aspetti della giustizia milanese dal X al XII secolo, in Atti dell11 congresso di studi sullAlto Medioevo. Milano 26-30 ottobre 1987, Spoleto 1989, vol. I, pp. 459-549, con particolare riferimento alle pp. 525-528). 89 Cfr. Appendice 1. Guiscardo aveva possessi in questa zona gi prima dellaccaparramento: aveva infatti un mulino presso il vecchio letto del Cervo (PC, doc. 60, p. 131).
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inserita nel capitolo cattedrale, ma pressoch assente dalla vita politica cittadina proveniva Ostachio de Bugella90. Pi limitata era, invece, la presenza di chiese, ossia S. Orso, S. Giuliano e S. Graziano. In compenso vennero menzionati anche alcuni ecclesiastici: prete Pietro, forse legato ad Alberto Bondoni, assieme a cui possedeva un mulino, e Bertramo capellarius. I soli popolari presenti erano Uberto Bigura, Mesclavinus e Rainaldo Barletarius91. Tra gli espropriati figuravano infine illi de ponte, illi de Vezolano e un non meglio identificato Opizzone. Emerge abbastanza chiaramente la connotazione sociale dei possessori di queste terre: numerosi (sette) appartenevano a famiglie vassalle del vescovo, ossia Alberto Bondoni, Giacomo de Guidalardis, Filippo Burro, Trancherio de Iudicibus, Giovanni e Uberto De Benedetti, Guiscardo92. Anche la maggior parte dei rimanenti era comunque di ascendenza militare, ossia Maifredo ed Ottone Camex, Bartolomeo de Fontaneto, Dromone Tizzoni, Oliverio Capella, Ostachio de Bugella93. Uno sguardo dinsieme sulle due aree mostra che su 57 possessori indicati nel documento, 11 erano enti ecclesiastici, tutti cittadini ad eccezione di S. Orso di Aosta, cui il presule vercellese don la chiesa di S. Paolo presso la Sesietta nel 117394; 46 erano invece laici, di cui due consorzi, ossia i ponterii e i consortiales super aqua. Gli ecclesiastici erano proprietari di terreni di estensione abbastanza limitata, complessivamente 18 moggi ed una tavola, equivalenti a circa sei ettari, tuttavia ubicati nellarea pi fertile, quella presso la Varola. Tra i laici primeggiavano invece gli appartenenti allaristocrazia consolare (19), per unestensione di cinque mansi, quattro moggi e nove tavole (pi di 51 ettari), di cui la maggioranza era concentrata nella zona presso la Sesia, per una superficie superiore ai cinque mansi; essi tuttavia erano presenti anche nellaltra area, grazie ad appezzamenti per tre moggi, uno
Inoltre gli inquisitori non requisirono le terre di S. Giuliano e di Dromone que aquisivit a Guiscardo (PC, doc. 60, p. 133). 90 Cfr. Appendice 1. 91 Cfr. Appendice 1. 92 Cfr. Appendice 1. 93 Cfr. Appendice 1. 94 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 282, pp. 323-324. Il fatto ricorda che la stessa chiesa di S. Paolo era stata beneficiata dai Garbagna, che comparivano tra i possessori abusivi di terreni comunali (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 262, p. 305).

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staio e nove tavole di terreni, circa un ettaro. La quasi totalit dei rimanenti possessori laici era comunque inserita negli organi di governo comunale ed apparteneva a cospicue famiglie vercellesi: costoro, otto individui, rivendicavano terre per quattro moggi, due staia e 11 tavole (poco pi di un ettaro) la cui esiguit era compensata dalla localizzazione nei pressi della Varola, maggiormente favorevole. Tra gli espropriati che non partecipavano alla politica cittadina pochi erano i milites, mentre pi numerosi gli individui, sette, che sembrano essere riconducibili, pur con un ineliminabile margine di dubbio, a discendenze popolari: questi ultimi possedevano due mansi, dieci moggi e quattro staia (24 ettari), di cui circa due moggi e due staia (approssimativamente 50 are) presso la Varola ed i rimanenti due mansi e pi in prossimit della Sesia, concentrati quasi esclusivamente nelle mani di Rainaldo Barletarius e di Mesclavinus. Infine, due dati si impongono alla nostra attenzione: per circa la met dei possessori (26) stato possibile rintracciare unascendenza militare, per un gruppo consistente (14) un legame con la societ popolare. Il primo concorre a provare che furono per lo pi milites a portare avanti con decisione laccaparramento delle comunanze95. La seconda caratteristica non deve fare scordare che i consoli di Santo Stefano venivano scelti in prevalenza tra famiglie cittadine nobili o eminenti, e che in questa societ trovarono un punto di riferimento probabilmente anche i milites inurbati96: una cos ampia presenza dei vertici societari tra i danneggiati da unazione che dalla stessa societ, come abbiamo visto in precedenza, fu voluta e patrocinata, dimostra che le istanze associative seppero farsi valere sugli interessi particolaristici dei propri consoli97. Non sempre i possessori erano identificabili con gli autori dellaccaparramento: talora, nellarea della Varola, questi ultimi avevano alienato le terre occupate, come nel caso di Enrico Caroso in
95 Cfr. per esempio i casi studiati da G. FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima nel Medioevo, Roma 1919, pp. 26; 59; 106-107; MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., p. 46; GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit. 96 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 83-86. 97 PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo cit., pp. 535-537 e ARTIFONI, Corporazioni e societ di popolo cit., pp. 392-393 hanno mostrato come la presenza dei maggiorenti cittadini a capo delle istituzioni popolari non vada affrettatamente interpretata come dominio di unoligarchia, ma occorra considerare le regole del gioco intrinseche a ogni specifico assetto istituzionale e che il ristretto accesso alle maggiori cariche di governo avverr sempre in ogni democrazia anche in quelle pi avanzate e a pi larga base popolare.

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favore dei figli di Cona, del vassallo vescovile Giacomo di Lenta nei confronti dellospedale di S. Graziano (forse una donazione)98, dei figli di Guiscardo verso un tal Pelagallus, di Pietro de Bugella a Guido Biandrate. Ci sposta ulteriormente a favore di individui di estrazione militare lazione di presa di possesso dei pascoli comuni e suggerisce forse un aumento della propriet popolare nei confronti di quella dei milites: questa ipotesi trova riscontro negli avvenimenti politici di quegli anni che videro lascesa di nuove discendenze nel gruppo dirigente cittadino99. Le caratteristiche dei terreni requisiti variavano sensibilmente da unarea allaltra: presso la Varola si riscontrava una minore estensione degli appezzamenti, la frammentazione dei fondi, la diffusione del possesso cittadino ed ecclesiastico, lesistenza di un mercato fondiario, la conversione a vigna di molti terreni. Questi dati fanno ipotizzare che qui laccaparramento fosse avvenuto gi precocemente, su una struttura della propriet da tempo consolidata: le comunanze, come ricorda il documento, erano state unite alle petie dei confinanti, sicch la consapevolezza dellappartenenza delle terre alla collettivit andava perdendosi. In questarea, infatti, gli estimatori difficilmente indicarono intere tenute, ma solo parti di esse, poche tavole o poche staia de terra o de vinea, accorpate in pi ampie propriet. Inoltre la descrizione dei terreni era estremamente accurata e di ognuna si segnal il possessore, eventualmente i suoi antecessori, lubicazione e la precisa misurazione. A proposito dei lotti situati presso la Sesia il notaio fu molto pi reticente, limitandosi spesso a fornire una generica indicazione toponomastica, approssimando la misura degli appezzamenti o tralasciandola del tutto, scegliendo di non riportare gli autori dellaccaparramento o elencando insieme quelli presenti su ciascun fondo requisito dal comune. Mancano o sono attestati con frequenza molto minore, infine, accenni a passaggi di propriet100 e a conversioni colturali di terreni fluviali; inoltre le terre richiamate alla mano pubblica non si presentavano come piccoli appezza98 Giacomo Lenta, che effettivamente possedeva terre presso la Varola, nel suo testamento, rogato nel 1175, benefici, tra gli altri, anche la canonica di S. Graziano, per la somma di venti soldi (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 312, pp. 7-9). 99 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 101-108. 100 Lunica indicazione in tale senso lacquisto di terre di Guiscardo da parte della chiesa di S. Giuliano e di Dromone Tizzoni. Queste tuttavia erano detenute legittimamente dallo stesso venditore (PC, doc. 60, p. 133).

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menti inglobati in preesistenti tenute, ma come ampie estensioni autonome101. Anche la caratterizzazione sociale dei possessori era differente, essendo maggiormente presente laristocrazia consolare e circoscritta la propriet ecclesiastica. Tutto ci concorre a suggerire che qui laccaparramento fu pi recente, e riguard loccupazione di lotti poco redditizi in unarea dove la struttura della propriet era abbastanza fluida o incerta, forse anche a causa delle frequenti inondazioni del fiume. A portare avanti questoperazione furono coloro che gi detenevano interessi in questa zona e chi aveva il potere per farlo, ossia le famiglie appartenenti al gruppo dirigente cittadino. 4. Lequiparazione delle molte a comunia e il sorgere della questione dei diritti sulle acque Si gi osservato come descrivendo i beni comuni il redattore del documento del 1192, Ottone notarius, avesse utilizzato due categorie: i pascoli ed i terreni fluviali (tam pascuis et ierbis, quam insulis et glariis et moltis)102. Egli aveva in seguito distinto le terre molute dalle acque da quelle asciutte. Questa distinzione era dunque ben presente nella mente dei consoli e contrapponeva ai tradizionali pascoli cittadini quelle aree su cui il diritto era pi incerto, condizionate dai continui cambiamenti di corso del Cervo e della Sesia: queste ultime venivano probabilmente accomunate ai primi perch, proprio per la loro natura di incolti, venivano generalmente adibite al pascolo libero e alla raccolta della legna. Su tali superfici il governo civico voleva, dunque, imporre la sua volont. La documentazione accenna ad una vallis que condam fuit lectus Sarvi103. Inoltre, nei processi scaturiti dalloccupazione comunale delle terre molute, si chiese si ille molte et glare a XXX annis infra fuerint lectum aque Sarvi vel Sicide104: una
101 Viene fatta una sola menzione a terreni requisiti messi a vite: alcune terre consegnate in un passo sono definite terre et vinee (PC, doc. 60, p. 132). 102 PC, doc. 60, p. 128. Sul termine glarea, usato per indicare le aree addossate ai letti dei torrenti, cfr. A. RAPETTI, Campagne milanesi. Aspetti e metamorfosi di un paesaggio rurale fra X e XII secolo, Cavallermaggiore 1994, p. 77. 103 PC, doc. 60, p. 131. 104 PC, doc. 60, doc. 70, p. 146. una domanda che compare spesso nei processi di questi anni, legata alla prova della prescrizione acquisitiva e mostra che la situazione idrica della zona doveva essere caratterizzata da continue inondazioni e cambiamenti di alveo:

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situazione idrica assai incostante lasciava libere nuove superfici coltivabili e ne ricopriva altre. Si rese necessario dirimere, dunque, la questione sulla titolarit di questi fondi, soprattutto di quelli rive, isole fluviali, ghiaieti - bagnati dalle acque durante la piena del Cervo, ma fruibili, sulle quali accampavano diritti cittadini per lo pi appartenenti allaristocrazia consolare. Costoro gi da parecchio tempo avevano iniziato a sfruttarne i suoli, secando, boscando et colligendo et suum bonum inde faciendo105, talora da un periodo superiore ai 40 anni. La rivendicazione delle prerogative da parte del comune sulle isole e sulle molte della Sesia sollevava inoltre un problema pi complesso: i diritti sulle acque dei fiumi, i rapporti con il vescovo e, pi in generale, la stessa giurisdizione cittadina. Ogni corso dacqua perenne era per la giurisprudenza romana di pertinenza pubblica: questidea di demanialit dei fiumi rimase sempre presente nella mente dei giuristi medievali, anche se durante lalto Medioevo numerose concessioni imperiali trasmisero tali diritti a vescovi, monasteri, talora a vassalli vescovili106. Ciononostante secondo il Vaccari la cessione, pur attribuendo agli enti concessionari un uso esclusivo, non implic ladozione di un concetto privatistico di propriet107. Questi privilegi, per usare le parole di Pierre Racine, vanno inquadrati nellambito dellassunzione di diritti di tipo pubblico da parte dei vescovi, de iure o de facto, in un processo di disintegrazione della funzione pubblica e di dispersione del potere politico108.
infatti, un testimone cui si era chiesto se la terra presa in considerazione fosse inondata dallacqua rispose quod credit a XXX annis infra (PC, doc. 63, p. 136). Interessante anche un passo dei Necrologi Eusebiani, dove, riferendosi alla morte dellimperatrice Beatrice, avvenuta secondo la leggenda a Vercelli, si ricord una pericolosa inondazione del Cervo verificatasi in quegli anni: Ydus novembris anno Domini J. MCLXXXIV. obiit semper Augusta Beatrix imperatrix uxor invictissimi et gloriosissimi Domini Federici Rom. Imp. Et semper Augusti quae cum multi Chrisianorum in transitu fluminis Servi eius innundatione periclitarentur (V. MANDELLI, Del governo civile di Vercelli nel secolo XII, a cura di R. Ordano, Vercelli 1990, pp. 52-53). 105 PC, doc. 70, p. 146. 106 P. RACINE, Poteri medievali e percorsi fluviali nellItalia padana, in Quaderni storici, 61 (1986), pp. 9-32, con particolare riferimento alle pp. 12; 15-16. 107 P. VACCARI, I diritti concessi alle citt lombarde sulle acque e sui fiumi nellalto medioevo, in Archivio Storico Lombardo, 85 (1958), pp. 204-212, con particolare riferimento a p. 208. Cfr. anche le osservazioni di E. CORTESE, voce Demanio, in Enciclopedia del diritto, a cura di F. Calasso, Varese 1964, vol. XII, Delitto Diritto, pp. 70-83, qui alle pp. 77-78. 108 RACINE, Poteri medievali cit., p. 15; sullargomento cfr. anche G. TABACCO, Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, Torino 1979, pp. 189-218.

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Un freno alla patrimonializzazione delle acque e allestensione sempre maggiore delle prerogative accampate dai domini e dai proprietari rivieraschi109 fu imposto alla dieta di Roncaglia del 1158 da Federico I, che ricord i fiumi navigabili (non pi quelli perenni) ed i loro affluenti tra le regalie110. I diritti sulle acque pervennero infine, con la pace di Costanza, tramite una generica concessione imperiale delle consuetudines quas ab antiquo exercuistis in aquis111, ai comuni che iniziarono a legiferare in materia, trovandosi spesso in contrasto con la prassi e gli usi locali: sorsero, infatti, controversie con gli enti detentori di diplomi emanati in tempi passati dagli imperatori112. Il contrasto nasceva non solo poich gli antichi titolari di privilegi potevano legittimare le loro rivendicazioni, ma anche perch i contenuti della regalia non erano per niente chiari, andando ad interessare un campo, le acque, controverso per lo stesso diritto romano e poco formalizzato nei secoli medievali113. Ad ogni modo il riconoscimento espresso dalla pace di Costanza, fu utilizzato dai comuni cittadini solo a supporto di unazione di recupero delle prerogative sulle acque che spesso era cominciata in tempi antecedenti, gi nella fase del primo comune114. I governi urbani non sempre si indirizzarono verso lesproprio, ma anzi in molti casi cercarono la strada dellaccordo. A beneficiare di questa politica furono i concessionari di diplomi imperiali: gli enti ecclesiastici - dei quali, come nel caso di Piacenza gi studiato dal Solmi115, furono riconosciuti i titoli
CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali cit., p. 134. MGH, Legum sectio IV, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, a cura di L. Weiland, Hannover 1898, I, p. 244: Regalia sunt hec: arimannie, vie publice, flumina navigabilia, et ex quibus fiunt navigabilia G. ASTUTI, Acque (storia), in Enciclopedia del diritto, Milano 1958, vol. I, Ab-Ale, pp. 346-387, con particolare riferimento alle pp. 376378. Cfr. inoltre il caso milanese studiato da P. BOUCHERON, Usages et partage de leau Milan et dans le Milanais (XIIIe-XVe sicles), in Water Control in Western Europe, Twelfth-sixteenth Centuries, a cura di E. Crouzet Pavan e J.-C. Maire Vigueur, Milano 1994, pp. 123-138. 111 Constitutiones et acta publica imperatorum et regum cit., p. 412. 112 ASTUTI, Acque cit., p. 378. 113 ASTUTI, Acque cit., pp. 370-372. 114 D. BALESTRACCI, La politica delle acque urbane nellItalia comunale, in Leau dans la socit mdivale: fonctions, enjeux, images. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge, tome 104 (1992), vol. II, pp. 431-479, con particolare riferimento alle pp. 436-445. Una trattazione completa dellazione comunale di recupero dei diritti sulle acque deve rendere conto dei problemi inerenti i corsi dacqua urbani, le opere di canalizzazione ed i mulini: per questi temi e per la relativa bibliografia si rimanda al capitolo III. 115 A. SOLMI, Le diete imperiali di Roncaglia, il diritto di regalia sui fiumi e le accessioni fluviali, in ID., Studi storici sulla propriet fondiaria nel Medio Evo, Roma 1937, pp. 117110 109

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acquisiti in epoca precomunale - e il vescovo, che in quasi tutti le citt italiane si era arrogato diritti in questo settore. Ne fruirono anche le famiglie aristocratiche, che avevano cercato di sfruttare le potenzialit delle acque valendosi dei rapporti beneficiari con le istituzioni ecclesiastiche: esse costituivano una parte importante del gruppo dirigente comunale che aveva intrapreso lazione di recupero ed erano dunque le pi interessate ad arrivare ad una soluzione compromissoria116. Le scelte delle amministrazioni cittadine furono dunque improntate come ha messo in evidenza Duccio Balestracci - al coinvolgimento dei maggiorenti che gi avevano il possesso di mulini, porti e fiumi, piuttosto che alla loro esclusione117; tale politica si svilupp durante la fase consolare, ma venne perseguita anche con levolversi delle istituzioni comunali, rispettando la volont di salvaguardare una molteplicit di interessi118. Del resto era la stessa ambiguit del diritto a suggerire cautela ai consoli urbani. Alcuni casi erano particolarmente controversi, come la questione della insula in flumine nata, dellalveus derelictus e delle rive dei corsi dacqua. Presso i Romani la pubblicit dellalveo era, infatti, subordinata alla presenza del fiume: mutando esso corso, le norme giustinianee escludevano la demanialit del letto abbandonato e delle isole fluviali eventualmente prodottesi. Gi allora esisteva, tuttavia, uninterpretazione differente: un testo attribuito a Labeone affermava che insula, quae in flumine publico nata est, publica esse debet. Questa opinione fu sposata dalla tradizione medievale, in particolare da quella sviluppatasi a partire dallepoca carolingia, che prese a considerare le isole dei fiumi pubblici come propriet pubblica119: al riguardo significativo il caso di due diplomi imperiali del X secolo in favore dei monasteri pavesi di S. Giovanni Domnarum e di S. Maria Teodote ineren211, con particolare riferimento alle pp. 151-152, nonch alla ricca documentazione apportata in appendice. Il caso piacentino stato pi recentemente oggetto dello studio di A. ZANINONI, Ponti, guadi, porti. I diritti dacqua del monastero di S. Sisto di Piacenza tra XII e XVI secolo, in Bollettino Storico Piacentino 94 (1999), pp. 251-273. 116 BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 434-445; G.M. VARANINI, Energia idraulica e attivit economiche nella Verona comunale: lAdige, il Fiumicello, il Fibbio (secoli XII-XIII), in Paesaggi urbani cit., pp. 333-372, con particolare riferimento alle pp. 348-349. 117 BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 442-445. 118 BALESTRACCI, La politica delle acque cit., p. 443. 119 Per questi passaggi cfr. SOLMI, Le diete imperiali cit., pp. 148-155; ASTUTI, Acque (storia) cit., p. 354.

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ti ad una concessione di insulae presso il Ticino e alla confluenza dellAgogna nel Po120. I due esempi sono singolarmente interessanti, perch presentano analogie con la situazione che venne a verificarsi pi di due secoli dopo a Vercelli, nel periodo trattato in questo studio: i privilegi erano, infatti, assegnati su terre di spettanza dei due monasteri, in previsione di un cambiamento di letto del fiume. Da essi il Vaccari infer che la concezione della regalia sui fiumi pur come espressione di quella del potere assoluto dello Stato nella tradizione medioevale, aveva un contenuto rigoroso e di grande ampiezza, che soverchiava, e talvolta eliminava, come in questo campo (alveo derelitto, isola nata nel fiume) il diritto dei proprietari rivieraschi121. A conclusioni simili era pervenuto anche il Solmi nello studio delle isole fluviali del Po presso Piacenza, qui pure di pertinenza regia122. Demaniali, secondo alcuni giuristi, erano anche le rive dei fiumi pubblici; vari invece erano i criteri utilizzati per determinarle: Ulpiano riteneva si dovessero stimare in base al corso normale dellacqua, Paolo secondo il livello massimo del fiume, escluse le inondazioni straordinarie. La stessa incertezza permaneva nel definire la condizione delle rive esterne, ossia dellavvallamento che conduce dal piano al pelo dellacqua123. Fornisco tale sommaria rassegna delle diverse interpretazioni giuridiche, nellintento di rappresentare la complessit del problema con cui si dovettero confrontare le istituzioni comunali vercellesi, in grado di fruire di testi di diritto romano124.
120 I documenti citati dal VACCARI, I diritti concessi alle citt lombarde cit., pp. 211-212, sono pubblicati in Conradi I Enrici I et Ottonis I diplomata, in MGH, Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, I, Hannover 1879-1884, doc. 144, pp. 224-225, quello relativo a S. Giovanni Domnarum del 952, dove si dice concedimus ecclesie beati Ioannis Baptiste [], quatenus si Ticini fluvius alveum deserens terram prefate ecclesie invaserit et ibi locum piscationi aut alicui utilitati aptum effecerit, quidquid inde acquiri poterit iure propretario, parti ipsius ecclesie funditus donamus et perdonamus in usum et in potestatem predictorum canonicorum suorumque successoribus in perpetuum e in I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, doc. 27, pp. 79-83, quello inerente S. Maria Teodote, dove Berengario conferm nellanno 899 insulas iuxta predictam piscationem ex utraque parte Padi, quicquid antiquo tempore idem monasterio seu moderno optinuit vel Padus invasit aut in futurum irruperit de propriis ipsius monasterii rebus. Altre conferme avvennero nel 900 (I diplomi di Berengario I cit., doc. 30, pp. 88-92) e nel 932 (I diplomi di Ugo e di Lotario e di Berengario II e di Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1924, doc. 30, pp. 90-94). 121 VACCARI, I diritti concessi alle citt lombarde cit., p. 212. 122 SOLMI, Le diete imperiali cit., pp. 148-155. 123 ASTUTI, Acque (storia) cit., pp. 354-355. 124 Per la conoscenza di testi di diritto romano gi durante lalto Medioevo cfr. R.

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Anche a Vercelli, infatti, si aveva chiara coscienza della pubblicit dei corsi dacqua del Cervo e della Sesia, i cui diritti gli imperatori diedero in concessione alla Chiesa vercellese: nel 945, alla presenza del vescovo, Ugo e Lotario, re dItalia, assegnarono lalveo dei fiumi Cervo e Sesia cum insulis et suis ripis nobis pertinentibus ai canonici di S. Eusebio125. Nelle conferme imperiali e papali dei possessi del capitolo e della Chiesa eusebiana comparvero, inoltre, i porti sulla Sesia e sul Cervo, le insule di Casale126: lattestazione delle isole nel diploma dimostra che anche le istituzioni vercellesi, laiche ed ecclesiastiche, potevano risalire ad un concetto di pubblicit delle insulae e forse anche degli alvei abbandonati. Nei secoli XII-XIII, almeno nella nostra area, era del resto usuale che le isole fluviali venissero consuetudinariamente considerate spettanza dei domini e di coloro che esercitavano i poteri giurisdizionali in loco127. Ottone III nel 999 e Corrado II nel 1027 confermarono inoltre al presule eusebiano aquam de Scicida, aquam de Sarvo, aquam de Helveo cum utrisque ripis a loco ubi nascuntur usque in Padum, aquam de Pado cum duabus rippis a Lionna usque plebem Martori, aquam de Duria cum utrisque ripis a Petra grossa
BORDONE, Vescovi giudici e critici della giustizia: Attone di Vercelli, in La giustizia nellAlto Medioevo (secoli IX-XI), XLIV Settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto Medioevo (11-17 aprile 1996), Spoleto 1997, vol. I, pp. 456-490, con particolare riferimento alle pp. 464-465 e G. GANDINO, Limperfezione della societ in due lettere di Attone di Vercelli, in BSBS, 86 (1988), pp. 5-37; A. BERSANO, Le antiche scuole del comune di Vercelli, in BSBS, 59 (1961), pp. 453-594. Per Milano cfr. PADOA SCHIOPPA, Aspetti della giustizia milanese cit., pp. 541-548. In et comunale testimoniata nel campo del diritto delle acque una frattura tra i seguaci del diritto romano e quelli delle consuetudines (P. VACCARI, La regalia delle acque ed il diritto di navigazione sui fiumi, in ID., Ricerche di Storia Giuridica, Pavia 1907, pp. 45-79, con particolare riferimento alle pp. 72-79; CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali cit., pp. 154-158). Numerosi testi di diritto possedeva nel 1205 larcidiacono vercellese Guala (ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 14 luglio 1205). 125 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 10, pp. 7-8. 126 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 22, pp. 33-34; doc. 120, pp. 143-146; doc. 148 ter., pp. 360-362; Biscioni, 1/I, doc. 38, p. 124. Estremamente interessante il caso dellisola Mediana di Caresana, che venne immessa in possesso di Oberto de Gaslia dallimperatore Federico I nel 1176 (Friederici I. diplomata inde ab a. MCLII ad a. MCLVIII, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, X/1, a cura di H. Appelt, Hannover 1975, docc. 656-657; al riguardo cfr. H. GRONEUER, Caresana. Eine oberitalienische Grundherrschaft in Mittelalter. 987-1261, Stoccarda 1970, p. 191). 127 Cfr. per esempio un documento casalasco in cui la chiesa eusebiana rivendic che insulas ad ecclesiam Vercellensem pertinere ex dato imperatoris, propter consuetudinem Regni, quem dicebat fore talem, ut qui habet iurisdictionem et districtum alicuius loci ab imperio debeat habere insulas et moltas quas fuerint in curia ipsius loci (V. DE-CONTI, Notizie storiche della citt di Casale del Monferrato, Casale 1838, vol. I, p. 374. Tale attestazione spiega peraltro la ragione per cui loperazione di recupero del comune eusebiano

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usque Verucham128. Si gener in tal modo una situazione di incertezza riguardo alle prerogative del vescovo e del capitolo che scatur in una lite sul possesso dei porti sulla Sesia e sul Cervo avvenuta nel 1146129. Il prelato frattanto aveva investito per feudum i de Guidalardis dei diritti a lui spettanti sugli stessi porti: nel 1178 li recuper nellambito di unoperazione finanziaria molto complessa, su cui gi posero la loro attenzione Giancarlo Andenna e Cosimo Damiano Fonseca, i quali mostrarono come alla transazione presiedesse linteresse a patrocinare il partito filoimperiale vercellese130. In questa sede si vorrebbe piuttosto sottolineare come il vescovo Guala Bondoni fosse rientrato in possesso dei suoi diritti, dopo averli venduti a Federico I, attraverso Beatrice, moglie del Barbarossa, che glieli restitu in dono: in questo modo il presule ottenne un legame imperiale ad autorevole conferma del proprio possesso. Diritti di competenza pubblica erano dunque stati dati in concessione alla chiesa vercellese e venivano realmente esercitati anche sulle isole fluviali: infatti, nel 1166 la canonica richiese un arbitrato ad Ambrogio Camex e a Barozus de Burgo di Pavia per una molta, posseduta dai de Sartirana ed ubicata tra il Lamporo e la Sesia, affermando che gli alvei dei detti fiumi erano di sua pertinenza131. Il dominio fu riconosciuto solo per met al capitolo, mentre il rimanente rest nelle mani della controparte, che nel
avvenne allinterno della curia Vercellarum). Per una pi approfondita trattazione del tema, in particolare per le connessioni tra possesso delle isole fluviali, esercizio della giurisdizione e concessioni imperiali, rimando alla mia tesi di dottorato in Storia medioevale, appena ultimata presso lUniversit degli Studi di Milano (XVII ciclo), dal titolo Comunia. Risorse collettive e patrimoniali dei maggiori comuni subalpini (secoli XII-inizio XIV). 128 Ottonis III diplomata, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, II/2, Hannover 1893, doc. 323, pp. 748-751; Conradi II diplomata, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IV, a cura di H. Wibel e A. Hessel, Berlino 1957, doc. 84, pp. 114-116. Il diploma di Ottone III, cos come le concessioni alla canonica di S. Eusebio, sono ricordate anche da VACCARI, I diritti concessi alle citt lombarde cit., p. 210, che per confonde il capitolo vercellese con un monastero. 129 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 130, pp. 160-161. 130 G. ANDENNA, Per lo studio della societ vercellese del XIII secolo. Un esempio: i Bondoni, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 203-225, con particolare riferimento alle pp. 205-206; C.D. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la societ vercellese dei secoli XII e XIII, in Contributi dellIstituto di Storia medioevale dellUniversit Cattolica di Milano, Milano 1968, vol. I, pp. 207-262, con particolare riferimento alle pp. 213-214; latto pubblicato in Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 369, pp. 65-67. 131 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 198, pp. 237-239: adfirmantes ipsam moltam et alveos suprascriptorum fluminorum iuris ipsorum esse. Al riguardo cfr. P. GRILLO, Origine ed evoluzione istituzionale del comune, in Vercelli nel XII secolo cit.

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1180 lalien in favore degli stessi canonici132. Nel 1203, inoltre, in un processo volto a determinare la legittimit della propriet di un acquedotto, i possessori reclamarono di averne ricevuto i diritti dal capitolo di S. Eusebio, che a sua volta aveva ottenuto lalveo della Sesia dai re Ugo e Lotario: per provare quanto sostenevano essi mostrarono tali privilegia, in seguito confermati da Federico I133. La situazione era per cambiata dopo la pace di Costanza: si indebol notevolmente la supremazia del vescovo, che ancora nel 1165 si fregiava del titolo di comes, forse a riconoscimento di un periodo di predominio sulla citt, probabilmente in connessione con una fase di debolezza del comune, scarsamente attestato nella documentazione degli anni 1149-1165134. Egli, pur continuando a mantenere poteri giurisdizionali anche in pieno Duecento, dovette cedere parte delle sue prerogative al comune, che aveva assunto sempre maggiore autorit135. Lazione di recupero delle molte della Sesia e del Cervo aveva dunque una forte valenza politica, poich presupponeva una piena capacit di autogoverno da parte dei consoli urbani, anche in campi su cui lepiscopato vercellese tradizionalmente estendeva la propria tutela136. Al recupero delle vecchie possessioni comunali si venne quindi ad aggiungere una decisione a carattere generale, volta a risolvere il problema dei diritti sulle acque in concomitanza con il variare delle rive dei fiumi. Gli oltre tre mansi di isole que omnes de longo in longum sicut continent ripe universorum camporum
Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 396, pp. 101-103. Item allegabant istud ius illius aqueductus a canonicis Sancti Eusebii habere, quibus canonicis alvei Sicide dati fuerunt pietatis intuitu a divina clemencia Ugone et Lotario regibus, sicut per privilegia ostendebant confirmata etiam per Fredelicum (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 27 dicembre 1203). Il richiamo alle concessioni antiche per giustificare il proprio uso nei casi contestati ricordato da F. SINATTI DAMICO, Limmenso deposito di fatiche. Per la storia del territorio e dellirrigazione in Lombardia. I Dal VII al XVI secolo, Roma 1988, p. 62. 134 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 78-83; GRILLO, Origine ed evoluzione istituzionale del comune di Vercelli cit. Ancora nel XIII secolo si aveva coscienza del ruolo del vescovo come titolare di diritti pubblici sulle acque: il Libellus questionum di Giuliano da Sesso ricordava: Episcopus Vercellensis episcopus est et comes, episcopatum habet ab ecclesia, comitatum ab imperio. Habet flumina navigabilia et non navigabilia (L. SORRENTI, Tra scuole e prassi giudiziarie. Giuliano da Sesso e il suo Libellus questionum, Roma 1999, p. 119: molto probabile che il passo si riferisse a localit su cui il vescovo deteneva ancora il districtus, come Santhi e il Biellese). 135 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 78-83. 136 PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo cit., pp. 471-473.
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illinc esistentium furono, infatti, consegnati dagli estimatori per moltas et comunia: si decret dunque che quanto era contenuto da quelle rive fino alle acque della Sesia, essendo requisito dal comune, fosse di pertinenza pubblica137. Il notaio Ottone, inoltre, al fine di accertare la consistenza delle terre reducte ad comunia nei pressi della Varola, specific che i confini non solo dovessero essere stabiliti tramite le indicazioni degli estimatori ed i fossati scavati nei fondi degli usurpatori, ma anche che fossero estesi fino alle sponde del canale138. Il redattore del documento faceva evidentemente riferimento alla questione giuridica del possesso delle rive, cui si gi accennato: difficilmente il governo cittadino avrebbe potuto fare una simile allusione, se non avesse avuto la consapevolezza di dover affrontare il delicato tema della legislazione sulle acque. Pi volte si ricorse nellatto allespressione comunia et molta, suggerendo cos unequiparazione dei due termini139. Inizi in tal modo ad instaurarsi una stretta relazione tra le isole fluviali e le comunanze, di cui il testo del 1192 divenne un punto di riferimento, ma anche un momento legislativo per lassimilazione della terra inondata dalle acque a propriet civica. Infatti, in un documento stilato dieci anni dopo, il 31 dicembre 1202, i consoli entrarono in possesso di una molta presso la confluenza della Varola e del Cervo, di tutte le molte, i boschi, i ghiaieti e le comunanze infra Sarvum seu citra et ultra contenute nella recognitio del 1192, ma anche di tutte le altre molte e comunia che nellatto stilato dal notaio Ottone non vennero indicate e che si pot provare appartenere al comune140: purtroppo non segu lelenco dei lotti che il comune aveva avocato a s, ma comunque evidente che il provvedimento si inseriva nel solco della precedente operazione di requisizione, estendendone il contenuto, forse in seguito al reperimento di ulteriori terreni fluviali.
137 PC, doc. 60, pp. 130-131: ita quod quantumcumque continetur ab illis ripis continuantibus usque in Sicidam sit apertum comuni. 138 PC, doc. 60, p. 130: omnes igitur terre reducte ad comunia sunt continentes a consignatione predictorum consignantium et a fossatis seu bosis factis in prediis et terris possessorum et est essentia earum et protelatio usque ad aquam sicut est Verola viva et Verola morta vel usque ad vias seu terras aliorum consortum sibi coerentes. 139 Laccostamento dei due termini compare sette volte nel documento del 1192 (PC, doc. 60, pp. 128-134). 140 PC, doc. 61, p. 134: ad nomen omnium aliarum moltarum, insularum, silvarum, et glarearum atque comunium que non sunt determinate neque designate in carta facta a predicto Ottone notario et que poterunt reperiri ad prefatum comune pertinere.

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La consignatio del 1192 rimase presente nelle disposizioni dei consoli e della collettivit, tanto che nei successivi processi spesso si sarebbe chiesto ai testimoni se la terra oggetto di controversia fuit ostensa a Matheo Bondonno et sociis141. Essa divenne quindi il punto di partenza per una pi ampia indagine sulla pertinenza delle isole fluviali, anche se i suoi autori dovevano essere consapevoli della delicatezza del problema sollevato e nella loro indagine avevano incluso solo una parte delle molte vercellesi, risparmiando probabilmente quelle su cui i diritti dei privati si erano ormai consolidati. A partire da tale ricognizione i rappresentanti del governo urbano interpretarono che le molte, a prescindere dagli eventuali titoli di propriet su di esse, dovessero essere comunia. Un momento cruciale di questo passaggio pu essere individuato nel problema delle investiture vescovili: il presule, che, come si detto, aveva mantenuto estese prerogative sulla citt, aveva imposto al comune il giuramento vassallatico. In questo modo egli, pur costretto a riconoscere lautonomia cittadina, deteneva intatto il suo prestigio e si assicurava la supremazia feudale e la conservazione di alcuni poteri giurisdizionali142. Di tali investiture pervenuta testimonianza per gli anni 1208 e 1214, ma solo un atto trecentesco informa del loro contenuto: feudum comunis est quod tenet ab episcopo et ecclesiam omnem iurisdictionem civitatis, insulas, pedagium et mercatum, quae plenissime habet Ecclesia ab Imperio secundum multa privilegia143. La presenza delle insulae nellinvestitura aiuta a comprendere le basi della rivendicazione comunale, anche se sarebbero utili maggiori precisazioni cronologiche sulla sua stipulazione144. Se il presule si
PC, doc. 63, pp. 136-137. MANDELLI, Del governo civile cit., pp. 61-64; ID., Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 46-47; PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 80-83; R. BORDONE, Civitas nobilis et antiqua. Per una storia delle origini del movimento comunale in Piemonte, in Piemonte medievale. Forme del potere e della societ. Studi per Giovanni Tabacco, Torino 1985, pp. 2961 con particolare riferimento alle pp. 55-56; P.G. CARON, La giurisdizione ecclesiastica negli statuti medioevali del comune di Vercelli, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 357-378. 143 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, p. 79. 144 Non solo il documento citato pervenuto in copia trecentesca, ma anche latto di investitura del 1208 ricorda che il giuramento fu prestato in hac forma qua fidelitas illa, ut ubi dictum fuit, consueta est fieri: la subordinazione feudale al vescovo dunque precedente alla sua messa per iscritto (MANDELLI, Del governo civile cit., p. 64). Quando questa sia avvenuta per incerto, probabilmente in un arco di tempo compreso tra la pace di Costanza e il 1205 (cfr. oltre); forse essa fu addirittura anteriore al 1202 ed in quel caso il comune se ne pot servire per supportare la sua causa.
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richiam alle concessioni imperiali ricevute tuttavia probabile che i suoi diritti fossero stati messi in discussione dal governo cittadino: in tal caso latto nasconderebbe un riconoscimento a posteriori dellazione del comune, di cui verrebbe confermata lassunzione di ampi poteri giurisdizionali gi nellultimo quarto del XII secolo, anche in ragione dei mutamenti politici che, dopo la pace di Costanza, avevano investito lItalia centro-settentrionale145. Il percorso che condusse i consoli ad estendere alle acque la loro autorit fu dunque condizionato dalla vivace, ma anche oscura dialettica con il vescovo: offre qualche chiarimento una sentenza del 1205, relativa ad una lite vertente tra il sindaco comunale Pietro Pavia ed il capitolo di S. Eusebio, che reclamava la propriet di una molta di cui lamministrazione urbana si era impossessata. Pietro Pavia, afferm che il comune teneva in feudo dal presule le molte e i ghiaieti generati dal Cervo e dalla Sesia in curte Vercellensi146; lo contraddisse Stefano, il sindaco della canonica, cui i consoli di giustizia che giudicarono la causa, habito eciam conplurium sapientum consilio, diedero ragione147. Linvestitura vescovile fu dunque uno strumento utilizzato dal comune per rivendicare il dominio utile delle terre bagnate dalle acque fluviali, ma fu estremamente contestata e non riconosciuta dallo stesso capitolo, che, come abbiamo visto, ancora nel 1203 usava i diplomi imperiali per giustificare le proprie prerogative sui letti del Cervo e della Sesia148. La controversia tra canonici e governi cittadini sui diritti delle acque si protrasse anche negli anni successivi: nel 1225, quando ormai era stata risolta la situazione della maggior parte delle comunanze, il capitolo contendeva unisola sulla Sesia presso Oldenico ad Ottone Gambaruto, un affittuario del comune149. Comunque il legame beneficiario con il presule fu utilizzato dai rappresentanti urbani solo a corroborazione delle loro pretese:
145 Gi in precedenza si fatto richiamo alle liti che insorsero dopo la pace tra i comuni e i detentori di privilegi imperiali (cfr. supra,p. 45-46); il fatto che linvestitura riservasse al vescovo delle prerogative giurisdizionali potrebbe rendere applicabile anche al caso vercellese lipotesi di un compromesso con il presule, illustrata da BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 439-442, cui si fatto riferimento. 146 Cum etiam ipse Petrus allegaret quod Comune Vercellensis tenebat in feudum per episcopum Vercellensem moltas et glareas factas a Sarvo et Siccida in curte Vercellensi (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205). 147 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205. 148 Cfr. supra, p. 50. 149 ACV, Atti privati, cartella XXII, doc. in data 25 aprile 1225.

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esse poggiavano direttamente sul fatto, contestato dai testimoni, che quelle terre erano state inquisite durante le requisizioni del 1192, da cui era nata lequiparazione delle molte a comunia150. Del resto linvestitura vescovile fu addotta come strumento probatorio esclusivamente in questa causa, che la prima ad esserci pervenuta per i beni comunali. Di rilievo il fatto che latto sia stato conservato nellarchivio del capitolo cattedrale e non nel liber dei Pacta et conventiones, compilato negli anni Venti dello stesso secolo: possibile che proprio il richiamo allinvestitura vescovile, disconosciuta dai consoli giudicanti, avesse fatto ritenere poco prudente il suo inserimento nel codice da parte dei notai vercellesi redattori151. Nei successivi processi Pietro Pavia si limit a reclamare lappartenenza delle molte al comune, senza specificare la provenienza dei diritti accampati. In una lite scoppiata nel 1206 tra Guido, Robaldo e Girardo de Mortario e lo stesso Pietro per il possesso di una molta ultra Sarvum, a Girardo, che testimoniava di possedere da antico tempo il terreno in questione, il sindaco comunale oppose argomentazioni piuttosto tautologiche: egli sostenne che il bene conteso era inondato (terram illam totam moltam fuisse et inundatam fuisse aqua, fatto peraltro contestato dalla controparte), concludendo quindi che, poich tutti i fondi paludosi erano di pertinenza municipale (cum omnes molte comuni Vercellarum pertinerent), le richieste dei de Mortario non dovessero essere accolte152. Ormai, che si trattasse di terre che in seguito al cambiamento di corso del Cervo e della Sesia venivano ad essere bagnate, o che fossero isole da numerosi anni sfruttate dai loro possessori, tutte venivano rivendicate dallamministrazione cittadina. Liniziativa doveva, tuttavia, esulare dai propositi degli estimatori del 1192 che, nel requisire numerose isole avevano escluso quelle di Mesclavinus e di Rainaldo, que antiquitus sua fuerat153.
150 Ad hec respondebat ipse Petrus Papia [] affirmando iamscriptam terram et insulam comune esse et moltam et pro comuni et molta consignata et detenta fuisse a consignatoribus comunium quid iuraverant bona fide comunia et molta consignare (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205). 151 DEGRANDI, I libri iurium duecenteschi del comune di Vercelli cit.: lAutore chiarisce le varie fasi di redazione dei codici civici, mostrando come nella raccolta dei documenti vigessero precisi criteri selettivi. Il liber raccoglie anche le cause in cui il comune usc sconfitto: non fu quindi questo il motivo dellesclusione dellatto del 1205. 152 PC, doc. 63, pp. 136-137. 153 PC, doc. 60, p. 132.

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Del resto nel 1205 Vercellino Seroa, uno degli inquisitori del 1192, interrogato come testimone si scit moltas et insulas a Sarvo vel Siccida in curte Vercellensi pertinere comuni rispose di non saperlo e che non aveva mai visto la terra oggetto della lite essere posta ad comune154. Quando in un processo del 1206 a Martino de Tronzano, un altro incaricato della prima operazione di avocazione dei comunia, venne rivolta la medesima domanda, egli replic solo di crederlo e che esisteva una tale opinione155. Giovanni Pomario, probabilmente imparentato con quel Ruffino Pomario estimatore nel 1192, sempre alla stessa questione contest quod audivit dici et fama terre talis est156. Dunque la collettivit, pur non essendo certa del buon diritto della rivendicazione comunale, aveva accettato lipotesi che esse fossero di pertinenza del governo urbano; chiara la testimonianza di Martino Faxolaza: iuramento testatur et interrogatus de questionibus comunis si scit quod glaree et molte in curia Vercellarum sint comunis et pertineant comuni, respondet quod nescit, []. Interrogatus si publica fama est quod ille molte et glaree pertineant comuni, respondet sic157. Sorse una vera e propria inchiesta, difficile da dirimere per gli stessi consoli di giustizia che chiesero la consulenza di giurisperiti provenienti da altre citt158. La cautela che essi usarono nel pronunciarsi deve essere messa in connessione con i mutamenti istituzionali avvenuti sul finire del XII secolo: dopo la pace di Costanza il comune poteva esercitare nuovi diritti, rafforzati nel caso vercellese dallinvestitura ricevuta dal vescovo, ma fino a che punto essi potessero prevalere sugli usi consuetudinari probabilmente non era ancora del tutto chiaro. Aiutavano a dirimere la questione i giuristi di Milano, Lodi e Cremona, centri che avevano sviluppato precocemente una legislazione sulla gestione dei fiumi navigabili159, essenziali per i commerci e forse di unimporACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205. PC, doc. 70, p. 147: respondet quod credit et quod talis fama est. 156 PC, doc. 70, p. 146. 157 PC, doc. 70, p. 145. 158 PC, doc. 63, p. 137: quamplurium sapientum [], videlicet Mediolani, Laude et Cremone. Ma, come si visto, gi nel 1205 si richiese il consiglio di giurisperiti (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205). Anche nel 1203, per il processo volto a determinare il possesso di un acquedotto (dunque ancora una volta per un caso che sollevava il problema della giurisdizione delle acque cittadine), si richiese il consulto di sapienti di Pavia, Piacenza e Lodi (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII doc. in data 27 dicembre 1203). 159 VACCARI, La regalia delle acque cit., pp. 72-79, per primo e successivamente ASTUTI,
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tanza militare sottovalutata dalla storiografia160; costoro indirizzarono la decisione dei consoli di giustizia verso una regolarizzazione della situazione vercellese con le altre citt lombarde che vivevano il problema della giurisdizione sulle acque161. 5. Le cause: i terreni requisiti Lentrata in possesso degli appezzamenti non fluviali requisiti dagli inquisitori nella zona sud orientale della citt non ha lasciato testimonianze nella documentazione, forse perch, data anche la loro esiguit, essa avvenne in maniera indolore, senza fare scaturire particolari lagnanze da parte dei possessori162. Al contraAcque (storia) cit., p. 381, L. MAGNOLI, Il regime giuridico delle sponde padane nei secoli XII e XIII, in Archivio Storico Lombardo, 89 (1962), pp. 32-35 e RACINE, Poteri medievali cit., pp. 19-27 instaurarono una contrapposizione tra i comuni dotati di una legislazione sulle acque (tra cui Cremona, Lodi e Milano) e quelli che, rifacendosi al principio romano della libera derivazione dei corsi dacqua, ne erano privi (tra cui Vercelli), che Racine spiega, almeno parzialmente, con gli interessi dei governi delle citt pi vicine al Po, maggiormente attente ad intervenire in questo campo. Il caso vercellese permette quantomeno di sfumare questa rigida bipartizione e di concludere che una minore produzione statutaria in questo settore non inferiva un disinteresse per i diritti sulle acque. La documentazione su cui il Vaccari fond la sua argomentazione era, infatti, di stampo statutario e, per il caso vercellese, si basava su una norma degli statuti trecenteschi prodotta dunque in un periodo posteriore a quello da me preso in considerazione - che vietava che il comune possa alienare, dare in affitto, stipulare contratti intorno alle acque tutte (VACCARI, La regalia delle acque cit., p. 74): in realt atti del XII e del XIII secolo mostrano che i cittadini vercellesi dovettero rivolgersi al comune per la derivazione delle acque (cfr. capitolo III): un recupero integrale delle normative romane era dunque lontano. Critiche alla ripartizione del Vaccari sono state inoltrate, relativamente al caso milanese, da CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali cit., pp. 154-158. 160 RACINE, Poteri medievali cit., pp. 25-26. Cfr. anche M. DI GIANFRANCESCO, Per una storia della navigazione padana dal Medioevo alla vigilia del Risorgimento, in Quaderni Storici, 28 (1975), pp. 199-226. Pi in generale sullimportanza delle acque allinterno della politica comunale cfr. SINATTI DAMICO, Limmenso deposito di fatiche cit., pp. 96-100. 161 Bisognerebbe capire se nella vicenda vi sia stata uninfluenza della Lega Lombarda: a proposito della diffusione di modelli giuridici comuni cfr. R. BORDONE, I comuni italiani nella prima Lega Lombarda: confronto di modelli istituzionali in unesperienza politico-diplomatica, in Kommunale Bndnisse Oberitaliens und Oberdeutschlands im Vergleich, a cura di H. Maurer, Sigmaringen 1987, pp. 44-59. Sugli accordi allinterno della Lega Lombarda per la libera circolazione fluviale cfr. invece RACINE, Poteri medievali cit., p. 22 e BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 445-446. 162 pervenuta una sola causa, relativa allanno 1230, tra il comune e lospedale di S. Spirito fondato nel 1214 (sulla fondazione cfr. G. FERRARIS, I fratres et sorores de karitate e la fondazione dellospedale di S. Spirito di Vercelli (1214), in Bollettino storico vercellese, 54 (2000), pp. 47-67), quindi in un periodo successivo al recupero dei terreni al riguardo di due appezzamenti prativi nei pressi della Varola, lungo la strada che portava Larizzate e a Trino (Biscioni, 2/II, doc. 239, pp. 11-12; ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, mazzo n. 111, Inventario di S. Spirito): questi erano stati

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rio loccupazione delle isole della Sesia, del Cervo e della Varola, sia di quelle menzionate nel documento del 1192, sia di quelle segnalate nellatto del 1202, fu estremamente contestata: i Pacta et conventiones e i Biscioni contengono 36 atti inerenti a cause tra il comune e gli antichi possessori. Queste liti, che si svolsero in un arco di tempo compreso tra il 1206 ed il 1211, tuttavia non furono le uniche. Larchivio capitolare, infatti, ci ha lasciato altre due sentenze: una relativa allanno 1205, cui gi si fatto riferimento ed una del 1225 per terreni fluviali ad Oldenico163. Questultima localit, peraltro, era posta allesterno della curia Vercellarum, sicch la disputa potrebbe riguardare una fase successiva dellazione comunale. Dunque il corpo delle cause, sebbene sia stato probabilmente impoverito da lacune documentarie, fu accumulato per lo pi entro il 1211 e riguard, nella maggior parte dei casi, localit site allinterno del territorio cittadino. Esso ha innanzitutto il merito di illuminarci su aree e possessori non menzionati nella descrizione fatta dal notaio Ottone e verosimilmente espropriati in seguito alle decisioni stabilite con latto del 1202: la zona dove maggiormente si concentrarono le isole fluviali avocate fu ancora la confluenza del Cervo nella Sesia. Qui, gi in territorio di Casalvolone164, era situata la localit Forcalda, dove si addensavadati in godimento allospedale dal podest Guarnerio Castiglioni (in carica nello stesso anno) per 29 anni e gli inquisitores comunali riconobbero la legittimit della cessione; nel 1247 il comune li vendette allospedale per una somma di 70 lire di pavesi (ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, mazzo n. 111, Inventario di S. Spirito). 163 Per gli atti del 1205 e del 1225 cfr. quanto esposto in precedenza. Esiste inoltre una sentenza del 1215 a favore dei Traffo per alcuni terreni siti a Caresana, per i quali la famiglia era in lite con il comune urbano e forse anche con quello locale (ACV, Atti privati, cartella XVI, docc. in data 21 marzo e 8 ottobre 1215). Non tuttavia dimostrabile che la disputa vertesse su beni fluviali e non fosse piuttosto conseguenza del processo di indebitamento della casata, vassalla del capitolo di S. Eusebio. Su Caresana sita sulla destra della Sesia, 12 chilometri a sud est di Vercelli, quindi ai margini dellarea dove erano ubicate le terre recuperate dal comune cittadino - cfr. GRONEUER, Caresana. Eine oberitalienische Grundherrschaft cit. (recensione di G. TABACCO in BSBS, 69 (1971), pp. 617-622); F. PANERO, Villenove e villefranche in Piemonte: la condizione giuridica e socio-economica degli abitanti, in I borghi nuovi, a cura di R. Comba e A. Settia, Cuneo 1993, pp. 195-217, con particolare riferimento alle pp. 199-202 e H. ZUG TUCCI, Caresana: quali confini?, in Bollettino storico vercellese, 54 (2000), pp. 5-11. Cfr. inoltre le sintetiche considerazioni di TABACCO, Egemonie sociali e strutture del potere cit., pp. 252-253. Sui Traffo cfr. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., pp. 259-262. 164 Guido del fu Guala di Casalvolone e la moglie Isabella nel 1180 vendettero al monastero di Muleggio la loro porzione di Isola Forcalda, circa tre mansi, in curia Casali (Casalvolone): essa confinava con De Benedetti, Gazzo e Avogadro, gli stessi possessori coinvolti nei processi; inoltre si fece riferimento alla presenza in quellarea del fiume Cervo

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no 13 degli appezzamenti contestati, per una superficie complessiva di sei mansi, 22 moggi e due staia, pari a circa 67 ettari: si trattava di una vasta estensione, che veniva ad aumentare di circa la met larea dei terreni requisiti nel 1192. Inoltre, queste terre erano state inondate solo recentemente: la totalit dei danneggiati dallesproprio comunale protest, infatti, di avere in propriet gli appezzamenti da prima che divenissero molte165. Per estrazione sociale, i possessori espropriati appartenevano soprattutto alle maggiori famiglie vercellesi: erano, infatti, presenti diversi membri degli Avogadro, i Dal Pozzo, i Gambaruto, gli Alciati, i Villano e i Volta, oltre a pochi individui meno influenti, Bergognone Cainsac e Anselmo Gazzo ed infine il comune di Oldenico. I primi tre gruppi parentali erano subordinati vassallaticamente al vescovo166; inoltre Avogadro e Gambaruto detenevano un rapporto beneficiario con il marchese di Monferrato167. Alciati e Villano erano presenti nel capitolo cattedrale168 e legati
(Cartario del monastero di Muleggio e di Selve, a cura di G. Sella, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/1), doc. 7, pp. 9-11). Lanno successivo, nella cascina dellabate sullisola, una vendita dello stesso tenore fece Attone Tigna di Casalvolone (Cartario del monastero di Muleggio cit., doc. 8, pp. 11-12). 165 I processi inerenti allisola Forcalda sono reperibili in Biscioni, 2/I, docc. 187-188, pp. 289-290; docc. 197; 200-201, pp. 294-298; doc. 217, pp. 305-308; e in PC, doc. 71, p. 149; doc. 81, pp. 162-163; docc. 88-92, pp. 171-177; docc. 94-98, pp. 179-185. 166 Per le note famiglie degli Avogadro e dei Dal Pozzo mi limito a rimandare a PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 79-80 con le estese informazioni riportate in nota e a ibidem, pp. 150-151. Dei Gambaruto, il cui legame vassallatico con il vescovo testimoniato in Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 365, pp. 62-63, riferisco la partecipazione alla politica urbana: Giacomo fu console del comune nel 1170 (MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 268), Ardizzone nel 1196 (Acquisti, I, f. 49). Essi erano legati alla societ nobiliare di Santo Eusebio, di cui Ottone resse il consolato nel 1214 (Acquisti, I, f. 10). 167 A.A. SETTIA, Geografia di un potere in crisi: il marchesato di Monferrato nel 1224, in BSBS, 89 (1991), pp. 417-443, con particolare riferimento alle pp. 428-429; RAO, Fra comune e marchese cit., pp. 68-70. 168 Anche la famiglia degli Alciati sufficientemente nota: al riguardo cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 102 e E. ARTIFONI, Itinerari di potere e configurazioni istituzionali a Vercelli nel secolo XIII, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 263-278, con particolare riferimento alle pp. 273-274, dove vengono messi in rilievo i suoi legami con la societ popolare. Per quanto riguarda i Villano, Ottone fu console di giustizia nel 1187 (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 479, p. 192) nel 1196 (ibidem, doc. 600, pp. 370371), Villano nel 1209 (PC, doc. 96, p. 182) e nel 1212 (ibidem, doc. 109, p. 201). Ottone in un documento del 1202 venne indicato come nobilis civis vercellensis (DAC, doc. 28, pp. 53-55). Federico fu canonico del capitolo di S. Eusebio nel 1214 (Biscioni, 1/II, doc. 360, p. 265). I Villano erano vassalli della canonica di S. Eusebio (PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 156). Nel 1240, ormai defunto, Villano venne qualificato come dominus (Archivio dellOrdine Mauriziano, Lucedio, Scritture diverse, mazzo 3, n. 124 in data 6 maggio 1240).

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alla societ di Santo Stefano169. Anche i Volta, una famiglia di estrazione militare170, avevano interessi nellassociazione popolare, di cui Giovanni resse il consolato nel 1212171, cos come Bergognone Cainsac ed Anselmo Gazzo, consoli rispettivamente nel 1200172 e nel 1205 e nel 1207173. Tutti costoro provenivano da casate di rilievo, inserite nella vita politica cittadina: particolarmente cospicua era dunque la presenza di discendenze militari, confermata anche da altri documenti174, in possesso della quasi totalit dei beni requisiti. La supremazia delle famiglie di alto rango in questo caso dovuta al fatto che si trattava di terreni sui quali spesso in passato la chiesa vercellese aveva esercitato i propri
169 Ottone Villano fu console della societ nel 1193 (Biscioni, 1/III, doc. 576, p. 163), nel 1197 (PC, doc. 116, p. 212) e nel 1203 (Acquisti, I, f. 30); Villano nel 1219 (PC, doc. 328, p. 329). 170 I Volta erano domini di Villanova (PC, doc. 116, pp. 212-215; cfr. anche F. PANERO, I borghi franchi del comune di Vercelli: problemi territoriali, urbanistici, demografici, in ID., Comuni e borghi franchi nel Piemonte medievale, Bologna 1988, pp. 43-72, con particolare riferimento alle pp. 45-51 e ID., Particolarismo ed esigenze comunitarie nella politica territoriale del comune di Vercelli (secoli XII-XIII), ibidem, pp. 73-99, con particolare riferimento alle pp. 73-78). Essi furono beneficiati di possedimenti a Villanova ed Olenico da Matteo Bondoni nel 1199 (ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1803, doc. in data 4 ottobre 1199). Giovanni, cui furono requisite le terre prese in considerazione, fu console di giustizia nel 1209 (PC, doc. 96, p. 181). 171 PC, doc. 109, p. 201. 172 Acquisti, I, f. 30; I Cainsac detenevano un feudo dagli Avogadro in localit Rovoredo, in territorio di Vercelli (Le carte dello archivio capitolare di Santa Maria di Novara. Vol. II. (1034-1172), a cura di F. Gabotto, G. Basso, A. Leone, G.B. Morandi e O. Scarzello, Pinerolo 1915 (BSSS, 84), doc. 452, pp. 384-386). 173 PC, doc. 337, p. 336; DAC, doc. 53, p. 77. Anselmo nel 1207, anno in cui era console della societ, fu uno degli arbitri tenuti a giudicare una causa tra il capitolo di S. Eusebio e Bartolomeo Panclerico, legato a Santo Stefano. Non si sa tuttavia se lincarico gli pervenne per lautorit allinterno della societ popolare o piuttosto poich, come Bartolomeo, abitava in porta Aralda; del resto qui erano siti anche i beni giudicati e la chiesa di S. Eusebio. In quelloccasione Anselmo fu detto dominus (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 15 ottobre 1207). I Gazzo erano imparentati proprio con i de Mortario e con i Villano (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, docc. 316317, pp. 12-13). 174 Cartario di Muleggio cit., docc. 7-8, pp. 9-12: Guido era figlio di Guala di Casalvolone, console del comune nel 1149 (MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 268) e capitaneus (DEGRANDI, Vassalli cittadini cit., p. 22). Da una famiglia capitaneale proveniva anche Ottone Tigna (ibidem, p. 9). Inoltre nel 1208 il capitolo di S. Eusebio entr in possesso di una molta sita nella stessa localit precedentemente detenuta in feudo dal fu Ottone Preve (ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 20 gennaio 1208), anchegli vassallo vescovile (PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84). Interessante notare come n il monastero di Muleggio, n il capitolo di S. Eusebio, cio i due enti ecclesiastici presenti in questarea (la presenza patrimoniale in questarea della canonica confermata anche in ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 9 ottobre 1206), siano stati coinvolti in processi con il comune per il possesso di molte, almeno per quanto concerne i documenti conservati.

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diritti, favorendo i suoi vassalli. Inoltre il consistente riscontro di consoli della societ di Santo Stefano, gi verificato anche durante linquisizione del 1192, mostra chiaramente come questi fossero vincolati al rispetto della volont e delle decisioni della base popolare dellassociazione. Le altre aree interessate dallesproprio comunale, di cui difficile valutare lestensione, erano collocate alla confluenza della Varola nella Sesia175 ed in Lacazo, localit sita oltre il corso del Cervo, nei pressi della via che conduceva a Biandrate176: tra i possessori non segnalati nellatto del 1192 comparivano Giordano de Sabello, pi volte console di giustizia177, Ottone Baiguerio178 ed i fratelli de Mortario - iudices179 e vassalli della canonica di S. Eusebio180 - provenienti da una famiglia che in precedenza era probabilmente riuscita ad esprimere un vescovo181 e che era legata alla societ di Santo Stefano182.
175 questo il caso dellisola di Giordano de Sabello, confinante con quelle di Maifredo Camex e Buongiovanni Barletarius, site, appunto, presso Varola e Sesia (PC, docc. 65-66; pp. 139-141). 176 PC, doc. 63, pp. 135-138. 177 Egli ricopr questa carica nel 1193 (PC, doc. 144, p. 234), nel 1196 (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 600, pp. 370-371), nel 1200 (Acquisti, I, f. 30), nel 1203 (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 27 dicembre 1203), nel 1204 (PC, doc. 110, p. 203), nel 1206 (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 9 ottobre 1206) e nel 1210 (Biscioni, 1/III, doc. 504, p. 50). 178 Lunica menzione che mi stato possibile rinvenire di questo personaggio relativa allanno 1190, in cui fu testimone alla concordia tra Vercellesi e domini di Bornato, stilata nel castello di S. Lorenzo (Biscioni, 1/III, doc. 640, pp. 195-198). 179 PC, doc. 63, pp. 135-138: ci si riferisce a loro come iudices de Mortaria. Al consolato di giustizia peraltro legata lattivit politica di questa famiglia: Alberto, console del comune nel 1167, fu console di giustizia nel 1178 (Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 371, p. 68), nel 1180 (Biscioni, 1/III, doc. 495, p. 43), nel 1186 (Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 383), nel 1190 (PC, doc. 143, p. 233), nel 1191 (Acquisti, I, f. 45-46), nel 1193 (Biscioni, 1/III, doc. 576, p. 163) e nel 1196 (Acquisti, I, f. 45), Guido nel 1206 (PC, doc. 65, p. 139). 180 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 156. 181 DEGRANDI, Vassalli cittadini cit., p. 16; questa famiglia espresse anche numerosi canonici del capitolo di S. Eusebio, per i quali si rimanda allelenco compilato da MAYER, Die Funktion von Hospitlern cit., pp. 298-302; al ceppo parentale preso in considerazione va ricondotto anche il canonico Guglielmo Boccaccio, che nei necrologi eusebiani fu ricordato come Guglielmo Boccaccio de Mortario (I necrologi eusebiani, a cura di R. Past, in BSBS, 25 (1923), pp. 332-355, con particolare riferimento a p. 348). Sia Enrico, sia Giacomo ricevettero la qualifica di nobilis civis Vercellensis, rispettivamente nel 1202 (DAC, doc. 28, pp. 53-55) e nel 1207 (ibidem, doc. 53, pp. 77-79). 182 Gilberto fu console di Santo Stefano nel 1181 (Acquisti, I, f. 27), Alberto nel 1184 (PC, doc. 273, p. 296), Guido nel 1197 (ibidem, doc. 116, p. 212), nel 1200 (Acquisti, I, f. 30) e nel 1204 (PC, doc. 111, p. 205), Uberto nel 1219 (Acquisti, I, f. 41).

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Lesproprio comunale fu caparbiamente contestato e spesso, come ricordano i testimoni, avvenne per vim [] et contra voluntatem illorum qui tenebant predictas insulas183: questo quanto si pu inferire dalle testimonianze presentate nel 1206 per la causa vertente sulle isole consegnate nel 1192 e possedute da Benedetto e Federico De Benedetti, da Ottone Camex, dai figli di Filippo Burro e da quelli di Filippo de Fontaneto, da Buongiovanni Barletarius e da illi de Vezolano184. In questo caso il governo cittadino si sarebbe avvalso di un utilizzo rituale della violenza al fine di affermare il proprio diritto sui terreni contesi, sul cui significato gi altri studiosi hanno posto la loro attenzione185. Per alcune propriet menzionate nello stesso atto loccupazione comunale era avvenuta da dieci anni, quindi nel 1196186, per altre ancora successivamente, nel 1202187: in quel lasso di tempo i possessori avevano opposto resistenza, lamentandosi dellazione del sindaco Pietro Pavia188. Al contrario, per altri terreni loperazione di avocazione alla mano pubblica fu addirittura immediata: nel 1208, in risposta alle proteste di Ottone Camex, Pietro Pavia giur che il comune sfruttava lisola requisita da sedici anni189. Le amministrazioni cittadine non mantennero un comportamento univoco nei confronti degli appezzamenti di cui erano entrati in possesso: alcuni vennero venduti, altri affidati in custoPC, doc. 70, p. 146. PC, doc. 70, p. 148: un testimone afferma che le terre consignate fuerunt pro comuni a Matheo de Bondonno et Martino de Tronzano et Anrico Scannagata et Simone Cavagliasco sicut scit et vidit. 185 GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit.; C. WICKHAM, Ecclesiastical Dispute and Lay Community: Figline Valdarno in the Twelfth Century, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge temps modernes, tome 108 (1996), vol. I, pp. 7-93, con particolare riferimento alle pp. 76-79; ID., Legge, pratiche e conflitti. Tribunali e risoluzione delle dispute nella Toscana del XII secolo, Roma 2000, p. 257. 186 PC, doc. 70, p. 146: Giovanni Pomario interrogatus si comune eas moltas et glareas tenuit et possedit incidendo et faciendo eas custodiri et faciendo suum bonum, respondet sic, per decem annos et ipsemet eas custodivit tempore d. Drudi et adhuc custodit, silicet illam Ottonis Camicis et insulam Iordani Grassi et insulam Mainfredi Camicis et insulam q. Philipi de Burro et insulam de Guidalardis. 187 PC, doc. 70, p. 146: Martino Faxolaza interrogatus si comune eas moltas et glareas tenuit et possedit incidendo et faciendo custodiri et faciendo suum bonum, respondet sic per IIII annos et plus de hoc totum sic testificatus est super insulam q. Bertholomei de Fontaneto, super insulam q. Philipi de Burro et super insulam Benedicti et Frederici de Mezano, scilicet et super insula Ottonis Camicis. 188 Arduino Pomario, testimone, ricorda significativamente che comune eas [le isole] tenet, set dicit quod illi qui eas petunt semper sunt conquerentes (PC, doc. 70, p. 147). 189 Nella sentenza si ricorda, riferendosi allisola espropriata che comune eam tenuerit per XVI annos et plus (PC, doc. 86, pp. 168-169).
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dia. Purtroppo le testimonianze al riguardo sono laconiche; tuttavia in un processo intentato nel 1206 contro il sindaco comunale dagli antichi possessori, i testimoni interpellati ricordarono che tra il 1196 ed il 1202 Martino de Tronzano, Maifredo de Carengo, Martino Faxolaza e Guglielmo Veglus avevano venduto a nome del comune alcune delle isole a chi le voleva comprare: probabilmente le propriet requisite vennero dunque messe allincanto190. Dalle dichiarazioni rese nello stesso processo altre isole risultarono affidate a custodi: non sappiamo quali fossero precisamente le loro mansioni, ma il fatto che queste terre non furono date in affitto n vendute pu fare pensare ad un loro utilizzo come pascolo comune. Del resto proprio dalla rivendicazione popolare delluso collettivo dei pascoli cittadini era nata linchiesta del 1192. Inoltre tra i custodi vennero citati Mesclavinus ed Ardizzone e Giovanni Pomario: il primo deteneva unisola da pi di tre anni, mentre il secondo ricordava di averne ricevuta una in affidamento al tempo del podestariato di Drudo Marcellino, dunque tra il 1198 e il 1199191. Malauguratamente non si tratta di un campione molto indicativo, comunque tutti costoro ci sono gi noti: il primo era un popolare possessore da antica data di beni in quella stessa area, mentre i secondi dovevano essere parenti di quel Ruffino Pomario che comp la consignatio del 1192192. Se comprensibile la presenza di individui di non elevata estrazione sociale a rivestire tale incarico, maggiormente indicativo che provenienti dalle fila del popolo, o in ogni caso ad esso legati, fossero anche i venditori in nome del comune: infatti, Martino Faxolaza e Guglielmo Veglus erano popolari, mentre Martino de Tronzano, gi estimatore nel 1192, e Maifredo de Carengo, che invece dalle requisizioni di quellanno era uscito danneggiato, erano entrambi in rapporto con la societ di Santo Stefano193. Ancora una volta, per portare avanti unoperazione invisa ai maggiorenti vercellesi, il comune si appoggi a individui apparteMartino de Tronzano, chiamato a testimoniare, nel 1206 dichiar che ipsemet testis et Mainfredus Carengus una vice pro comuni vendiderat eas illis qui emere volebant, plus est IIII annis et minus X (PC, doc. 70, p. 147); un altro teste dichiara invece che Martinus Faxolaza et Guilielmus Veglus eas insulas a parte comunis vendiderunt (PC, doc. 70, p. 148). 191 PC, doc. 70, pp. 146-148. 192 Cfr. quanto esposto in precedenza in questo stesso capitolo. 193 Per i de Tronzano cfr. quanto detto in precedenza; per i de Carengo cfr. invece Appendice 1.
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nenti al movimento popolare: esemplificativo che il sindaco comunale, incaricato di rispondere alle rivendicazioni dei possessori espropriati, fosse un personaggio di rilievo di tale orientamento, ossia Pietro Pavia, gi miles di giustizia nel 1203194 e nel 1204195 e console della societ nel 1200, nel 1202, nel 1206 e nel 1208196. 6. Le sentenze dei consoli di giustizia I processi hanno anche il merito di fornire nuove informazioni su come fosse avvenuta la presa di possesso delle comunanze da parte dei maggiorenti vercellesi e su quali basi poggiassero la rivendicazioni del governo cittadino197. I possessori espropriati che intentarono causa a Pietro Pavia, a sostegno delle loro pretese non apportarono documentazione scritta, ma si valsero della produzione di testimoni198. Costoro tentarono di dimostrare tre fatti: che le requisizioni comunali erano avvenute con la forza, che, in alcuni casi, le terre richiamate alla mano pubblica erano bagnate dalle acque da meno di trentanni e che i possessori avevano detenuto i terreni con continuit per almeno quaranta anni. Se evidente linteresse che gli espropriati avevano nel denunciare che lazione degli ufficiali cittadini era stata condotta per
PC, doc. 54, p. 112. Biscioni, 1/III, doc. 623, p. 189. 196 Acquisti, I, f. 30; PC, doc. 334, p. 333; ibidem, doc. 341, p. 342; ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 197 Per un inquadramento generale sullutilizzo della documentazione giudiziaria e delle deposizioni testimoniali cfr. WICKHAM, Legge, pratiche e conflitti cit.; ID., Ecclesiastical Dispute and Lay Community cit.; P. GRILLO, P. MERATI, Parole e immagini in un documento milanese del XII secolo: una raccolta di testimonianze sullorigine di Villanova di Nerviano, in Archivio storico lombardo, 124-125 (1998-1999), pp. 487-534; P. MERATI, La rappresentazione dellesperienza: mediazioni culturali e meccanismi della memoria a Milano nel XIII secolo, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge temps modernes, tome 113 (2001), vol. I, pp. 453-491; R. MUCCIARELLI, La terra contesa. I Piccolomini contro Santa Maria della Scala. 1277-1280, Firenze 2001 e, particolarmente attinenti, A. ESCH, Gli interrogatori di testi come fonte storica. Senso del tempo e vita sociale esplorati dallinterno, in Bullettino dellIstituto storico italiano per il medio evo, 105 (2003), pp. 249-265 e L. PROVERO, Usi politici dellinchiesta nella societ rurale nel nord Italia (secoli XII-XIII), in Lenqute au moyen ge cit. 198 Lassenza dellostensio cartae tra gli strumenti probatori, sostituita dalla produzione di testimoni in giudizio, stata riscontrata anche per Milano (PADOA SCHIOPPA, Aspetti della giustizia milanese cit., p. 532).
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mezzo della forza, maggiori chiarimenti richiedono le altre prove addotte. Trenta e quaranta anni sono i termini stabiliti dalla prescriptio longissimi temporis, che si attuava rispettivamente per i privati e per enti ecclesiastici, assistenziali e citt (il primo lasso ricorre anche per la prescrizione estintiva delle actiones perpetuae stabilita da Teodosio)199. credibile che i possessori volessero palesare che gli appezzamenti occupati erano divenuti molte e quindi di spettanza pubblica - solo in tempi recenti e che quindi il comune non aveva diritto ad intervenire; al contrario il loro possesso era suffragato dalla detenzione ininterrotta per quaranta anni, sicch potevano avvalersi della prescrizione acquisitiva nei confronti della citt200: tale strada, non il ricorso a diritti di propriet, fu lo strumento di prova che gli espropriati adottarono per difendersi, sebbene in aree soggette a continue inondazioni ed adibite al pascolo o alla raccolta della legna dovesse essere particolarmente
199 Cfr. Institutiones, II, 6 e Digestum, VII, 39, nonch le relative glosse (per esempio, La glossa di Poppi alle istituzioni di Giustiniano, a cura di V. De Crescenzi, Roma 1990, p. 214, che mette in connessione i due passi del corpus relativamente alla prescrizione acquisitiva degli immobili con i succitati termini temporali, oppure le minuziose interpretazioni in Codicis domini Iustiniani sacratissimi principis Imperatoris Augusti libri IX priores cum lectionum varietatibus diligentius quam antea in marginis appositis post Accursii commentarios, Venezia 1598, coll. 2080-2100). Tale lasso di tempo stabilito anche dalle consuetudini milanesi per avvalorare un uso (cfr. Liber consuetudinum Mediolani anni MCCXVI, a cura di E. Besta, G.L. Barni, Milano 1949, cap. 19, p. 107. In particolare una sentenza milanese del 1215 permetteva lirrigazione di alcuni prati dei canonici di S. Giovanni, poich ci avveniva ormai da trentanni: CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali cit., p. 140; cfr. inoltre MERATI, La rappresentazione dellesperienza cit., p. 464). Il medesimo intervallo compare anche in alcune cause vercellesi: per esempio, nel gi menzionato processo per il possesso di un acquedotto del 1203, i fratelli Gambaruto dichiararono di detenere la terra oggetto della lite da trentanni (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 27 dicembre 1203). Non sembra siano da ricollegarsi, considerato il contesto romanistico in cui si svolgono le cause, le leggi di Grimoaldo sulla prescrizione acquisitiva (cfr. Le leggi dei Longobardi. Storia, memoria e diritto di un popolo germanico, a cura di C. Azzara e S. Gasparri, Milano 1992, p. 123: si noti per che un editto di Liutprando si discostava dal diritto romano, prevedendo che lusucapione nei confronti delle propriet pubbliche fosse di sessanta anni, sebbene gi sotto il re longobardo si preferisse restringere pragmaticamente la durata ai trenta anni [ibidem, pp. 167; 229]). Su tempo e riconoscimento dei diritti cfr. E. CONTE, Vetustas. Prescrizione acquisitiva e possesso dei diritti nel Medioevo, in E. CONTE, V. MANNINO, P.M. VECCHI, Uso, tempo, possesso dei diritti. Una ricerca storica e di diritto positivo, Torino 1999, pp. 49-128. Sul fatto che fossero proprio gli espropriati a volere dimostrare che le terre erano bagnate da trenta anni a questa parte cfr. lespressione presente in una causa del 1206: cum eciam videretur probatum esse per dicta testium illorum filiorum q. Philippi de Burro possessionem illius terre sive insule corrutam esse a XXX annis infra (PC, doc. 68, pp. 143-144). 200 Il possesso continuo per quarantanni compare come metodo di dimostrazione del diritto di propriet anche nelle cause pisane (WICKHAM, Legge, pratiche e conflitti cit., pp. 248-253). Esso in et imperiale era lintervallo stabilito per la prescrizione acquisitiva (CONTE, Vetustas cit., p. 51).

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difficile dimostrarne la continuit duso201. Solo per le terre dellisola Forcalda gli inquisiti cercarono di provare il loro diritto di propriet, reclamandone il dominio da prima che fossero inondate202, tuttavia il fatto che i processi si conclusero sovente con un accordo indicativo dellautorit della rivendicazione comunale, estesa anche a terreni solo recentemente bagnati dalle acque. Per contro Pietro Pavia si limit a ribattere, come abbiamo gi visto, che tutte le molte nel territorio di Vercelli erano di pertinenza comunale - nel 1205 aggiungendo che le sue pretese derivavano dallinvestitura vassallatica ricevuta dal vescovo - e che gli appezzamenti presi in considerazione erano stati consegnati pro comuni203. La dimostrazione delle prime due argomentazioni addotte dagli espropriati non fu decisiva nellinfluenzare il giudizio dei consoli, mentre ebbe successo la terza, quando essi trovarono il modo di provare il possesso continuo; al contrario se coloro che avevano intentato la causa fallivano nellapportare le prove o non riuscivano ad avvalorare in maniera convincente una detenzione senza interruzioni, era il sindaco del comune ad avere la meglio204. Alla luce dei recenti studi di Chris Wickham, tali andamenti processuali devono essere inseriti nelle strategie di disputa adottate dalle due parti205. Non essendo laspetto pi propriamente giudiziario oggetto del presente lavoro, al fine della nostra indagine ci si limiter ad osservare da un lato come liter delle pratiche, pur dimostrando una vasta conoscenza della giurisprudenza romana, non vi fece ricorsi espliciti. In particolare il comune non si appell n a norme del diritto giustinianeo, n alle prerogative conseguite con la pace di Costanza, le quali sarebbero state in grado di corroborare la sovranit cittadina sui fiumi: tali riferimenti rimasero sottintesi. In secondo luogo nella maggior parte dei casi colo201 Il ricorso alla prescrizione acquisitiva stato riscontrato anche per i beni comunali di Milano (GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit.). 202 Per esempio il canonico Guglielmo Avogadro eam dicebat suam esse et sibi pertinere quia, antequam moltam esset, terra sua erat et scagnum illius terre adhuc remanserat (PC, doc. 98, p. 184); questa lamentela comune a tutti i possessori dellarea presa in considerazione. 203 Per esempio in PC, doc. 65, p. 139. 204 il caso di Buongiovanni Barletarius e dei figli di Filippo Burro (PC, doc. 61, pp. 140-141; doc. 69, pp. 144-145). I giudici, prima di pronunciare la sentenza, chiedevano il giuramento alla parte cui volevano dare la vittoria, seguendo un procedimento in uso anche a Milano (PADOA SCHIOPPA, Aspetti della giustizia milanese cit., p. 539). 205 WICKHAM, Legge, pratiche e conflitti cit.

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ro che possedevano le molte, seppur solo attraverso testimonianze, erano in grado di apportare prove ben pi convincenti di quelle di Pietro Pavia, che per lo pi rimanevano nel vago o erano indimostrabili. Eppure, anche attraverso la laconicit del suo sindaco, il comune portava avanti i suoi obiettivi: avanzava una rivendicazione programmatica su tali terreni e, con il richiamo alloperazione del 1192, allinvestitura vescovile e allantico uso collettivo, consolidava gradualmente la publica fama della titolarit comunale, sulla cui base i consoli opportunamente gi nel 1192 avevano intrapreso loperazione di recupero. Gi si visto come molti qualcuno con pi sicurezza, altri in maniera maggiormente dubitosa ritenessero le terre in questione pertinenza del comune206. Svoltesi nel corso di pi anni, difficilmente le cause furono risolutive e alle sentenze dei giudici seguirono gli appelli degli sconfitti, determinati a fare valere le proprie ragioni207. Una via duscita a questa situazione di latente tensione fu trovata tramite accordi che tra il 1207 e il 1211 posero fine alle vertenze, assegnando la propriet delle isole al comune, che a sua volta ne invest lantico possessore dietro corresponsione di un esiguo fitto208. Questa soluzione rispondeva indubbiamente al pragmatismo dei giudici, che, in assenza di un chiaro diritto, tendevano ad un esito compromissorio delle cause che rispecchiasse un equilibrio tra le richieste programmatiche, e spesso volutamente sproporzionate, delle due parti. inoltre possibile che tale risoluzione fosse stata agevolata dalla presenza di appartenenti alle famiglie degli espropriati tra i consoli di giustizia che pronunciarono le sentenze209.
206 Cfr. supra, p. 55, dove vengono riportati i giudizi di pi cittadini vercellesi. Sul valore decisivo della publica fama nei processi cfr. WICKHAM, Legge, pratiche e conflitti cit., pp. 155-162. 207 Linchiesta sulle comunanze vercellesi dovette suscitare un notevole clamore, dividendo la cittadinanza e giungendo a conoscenza anche degli abitanti delle localit vicine: infatti, potrebbe non essere casuale il fatto che alcuni milites di Caresana, credenziari del comune di quel luogo, si promettessero reciproco aiuto nellamministrazione delle loro terre ad recuperandas omnes comunias Carexiane que sunt montrate per inquestis in tota curte predicti loci (ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 13 ottobre 1207; sullinfluenza dei modelli cittadini sui comuni rurali italiani cfr. C. WICKHAM, Comunit e clientele nella Toscana del XII secolo. Le origini del comune rurale nella Piana di Lucca, Roma 1995, pp. 220-221). 208 La modicit del fitto dovuta anche alla natura poco redditizia dei terreni (cfr. F. PANERO, Terre in concessione, Bologna 1984, pp. 75-76). 209 La met degli accordi fu pronunciata nel 1209, anno in cui erano consoli di giustizia Ambrogio Cocorella, Villano Villano e Giovanni Volta (PC, doc. 87, p. 170).

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Venne dunque scelta la strada della mediazione e del coinvolgimento delle parti interessate - gi illustrata da Balestracci210 - che divenne realizzabile nel momento in cui la fazione nobiliare trov un nuovo punto di riferimento nella societ di Santo Eusebio, nata nel 1208211, mentre lo slancio popolare della protesta andava attenuandosi. Tale esito riconobbe definitivamente al governo cittadino la propriet sulle comunanze, ma segn anche un decisivo cambiamento nella concezione dei beni collettivi e nella loro amministrazione. 7. Dalluso comune ad una gestione remunerativa delle comunanze Linchiesta sui beni collettivi era partita dalla volont della popolazione di recuperare il possesso degli antichi pascoli comuni, originata pi dallo sdegno per una situazione sentita come ingiusta, che da un organico piano di valorizzazione delle risorse cittadine. Supportata dalla societ popolare, lazione delle autorit urbane riusc incisiva e dimostr di saper incanalare la protesta non solo in un ambizioso progetto di acquisizione delle comunanze, ma anche dei diritti sulle acque: in tal modo veniva ad essere coinvolto il problema dellestensione della giurisdizione sulla citt. Il successo delloperazione di avocazione dei comunia fu dovuto allascesa di nuove componenti sociali212, che attraverso tale operazione vennero a scontrarsi con numerosi nuclei familiari legati alla vecchia aristocrazia consolare, alcuni dei quali sarebbero declinati nel secolo successivo213: in molte citt italiane tutto questo spinge, fra la fine del XII secolo e il primo scorcio del XIII, alla ricognizione dei diritti pubblici su tutto ci che pu costituire una risorsa economica214, che nel caso vercellese si concentr
Cfr. paragrafo precedente. Sulla data di creazione della societ, reperibile in ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208, si rimanda oltre, pp. 75-80. Sulla societ di Santo Eusebio cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 98-100; DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 61-64. 212 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 101-108. 213 ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 265-267. Si cita per esempio il caso dei Capella, degli Oliva e dei Caroso, famiglie eminenti del periodo consolare del comune e ridimensionate fino quasi a sparire nei primi decenni del successivo, per cui si rimanda a Appendice 1. 214 BALESTRACCI, La politica delle acque urbane cit., p. 437.
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sui beni collettivi messi in relazione con le prerogative sulle acque. Si tratta di un binomio, riscontrato anche in altri comuni215, su cui opportuno riflettere: esso, instauratosi per le possibilit di intervento che questi due settori offrivano, coinvolgeva, come si mostrer pi diffusamente nel capitolo seguente, le necessit annonarie cittadine e la volont, in un periodo di espansione demografica, di mettere a coltura nuove terre216. Questo processo a Vercelli fu portato avanti dalle forze popolari, inquadrate nelle organizzazioni territoriali, le porte in questo caso, e nella societ di Santo Stefano; nelle sue prime fasi esso lasci intravedere passaggi di forte conflittualit sociale, indirizzandosi verso la requisizione dei beni reclamati. Lazione venne duramente contestata e pot poggiare pi sulla spinta del populus che su inappellabili basi giuridiche: ci emerge sia dallimbarazzo del sindaco comunale nel provare le proprie pretese, sia dalla mesta risposta del decimatore Aimone, che, interrogato sulla legittimit della condotta del governo cittadino rispose quod nescit, set comune cepit id quod ei placuit217. Solo sul finire del primo decennio del XIII secolo i podest, nel tentativo di salvaguardare i risultati acquisiti e di sedare le crescenti tensioni allinterno della popolazione urbana, che ora vedeva la nobilt raggrupparsi attorno alla neonata societ di SantEusebio, scelsero di adottare soluzioni pi aperte alla mediazione. Il momento dellavocazione dei beni comuni - ma anche dellacquisizione dei diritti sulle acque218
215 questo il caso di Verona relativamente alla palus comunis studiata da CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria cit., la cui connessione con il problema dei diritti sulle acque stata messa in rilievo da VARANINI, Energia idraulica e attivit economiche cit., p. 342. 216 Al riguardo cfr. CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria cit.; BALESTRACCI, La politica delle acque urbane cit., pp. 449-451; J.-C. MAIRE VIGUEUR, Les rapports villecampagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XIIe-XVIIIe sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34, con particolare riferimento alle pp. 32-34; M. VALLERANI, Le comunanze di Perugia nel Chiugi. Storia di un possesso cittadino tra XII e XIV secolo, in Risorse collettive, a cura di D. Moreno e O. Raggio, Quaderni storici, 81 (1992), pp. 625-652. Pi in generale sul vasto problema delle esigenze annonarie cittadine si richiama il classico studio di E. FIUMI, Sui rapporti economici tra citt e contado nellet comunale, in Archivio storico italiano, 114 (1956), pp. 18-68. Sulle bonifiche comunali e sugli interventi del comune nel settore delle acque cfr. SINATTI DAMICO, Limmenso deposito di fatiche cit., pp. 80-82; 92-100. 217 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205. 218 Credo che si possa evincere facilmente il valore di oggetto sociale rivestito dalle acque da quanto detto in precedenza, cui si rimanda per gli opportuni riferimenti bibliografici. Al riguardo cfr. inoltre, anche se incentrati su un periodo successivo a quello preso in considerazione, gli studi di S. ESCOBAR, Il controllo delle acque: problemi tecnici e interes-

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- fu dunque caratterizzato da una grande variet di istanze: esso deve essere inquadrato allinterno di un pi vasto problema di affermazione dellautonomia cittadina. A ragione tale operazione pu dunque essere considerata una carta al tornasole dellazione popolare, uno snodo per la chiarificazione degli obiettivi di questultima ed un punto di partenza per le sue rivendicazioni219. Proprio nel periodo intercorso tra lesproprio e i successivi compromessi, il comune, una volta entrato in possesso dei terreni inquisiti, si trov a dovere decidere sul loro utilizzo: come si visto, in parte essi vennero fatti custodire, forse adibiti alluso collettivo, rispettandone liniziale destinazione. Tuttavia, vendendone altri, il governo cittadino mostr di affiancare alla concezione tradizionale unaltra che tendeva ad assicurare il massimo profitto dalla cura delle comunanze. Del resto, a spingere allalienazione, o in ogni modo ad indirizzare verso sistemi gestionali pi redditizi, erano le esigenze dellerario urbano, in quegli anni impegnato a fondo dalle costose iniziative di assoggettamento del territorio e dalle dispendiose guerre volute dalle autorit comunali220: al 1192 risalgono le prime testimonianze di debiti, che divennero pi numerose per i primi anni del secolo successivo221. Significativo un documento del 1204, in cui il podest Pietro Pietrasanta222 sanc che i pagamenti dei creditori venissero effettuati allinizio dellanno de pecunia mutuata pro comuni. Egli decret inoltre che i beni comunali intra civitatem223 che non
si economici, in Storia dItalia. Annali 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella societ dal Rinascimento a oggi, a cura di G. Micheli, Torino 1980, pp. 83-153, con particolare riferimento alle pp. 89-104 e di G. FANTONI, Lacqua a Milano. Uso e gestione nel basso medioevo (1385-1535), Bologna 1990, pp. 7-11. 219 MAIRE VIGUEUR, Premessa cit.; ID., Il comune popolare cit., pp. 41-42. 220 Per la costruzione di borghi franchi si rimanda ai lavori di Francesco Panero (F. PANERO, Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979; ID., I borghi franchi del comune di Vercelli cit.; ID., Particolarismo ed esigenze comunitarie cit.); sulla situazione politica e sulle guerre in cui era impegnata Vercelli cfr. invece MANDELLI, Del governo civile cit., pp. 57-60, ID., Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 38-47, F. COGNASSO, Il Piemonte nellet sveva, Torino 1968 e pi recentemente M. VALLERANI, Modi e forme dalla politica pattizia di Milano nella regione piemontese: alleanze e atti giurisdizionali nella prima met del Duecento, in BSBS, 96 (1998), pp. 619-655. 221 Acquisti, I, f. 46; f. 51; f. 52. Cfr. oltre, pp. 153-162. 222 Sullattivit podestarile della famiglia dei Pietrasanta cfr. E. OCCHIPINTI, Vita politica e coesione parentale: la famiglia milanese dei Pietrasanta nellet dei comuni, in Studi di storia medioevale e di diplomatica, 7 (1983), pp. 25-42. 223 Sul valore da attribuire allespressione intra civitatem, rappresentante larea delimitata dal perimetro murario cfr. GULLINO, Uomini e spazio urbano cit., pp. 21-25.

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era possibile recuperare (spaciari et aperiri) senza massimo danno dai possessori, fossero dati a costoro dietro prestazione di un fitto annuo stabilito dagli extimatores comunium224. Si tratta di un atto estremamente ricco, dove indebitamento del comune e affitto delle comunanze appaiono abbinati, quasi messi in connessione. inoltre testimoniata la presenza di estimatori specificatamente addetti al controllo dei beni comunali, non necessariamente da identificare con i personaggi che si erano occupati delle alienazioni. Infine si instaurava lidea che le comunanze potessero anche essere affittate a singoli e che non dovessero forzatamente essere adibite alla fruizione collettiva. Di l a poco questa concezione si sarebbe definitivamente imposta, come testimoniano gli accordi cui si pervenne nelle cause. Infatti, il governo cittadino, dopo essere entrato in possesso delle terre che giudicava di sua pertinenza, pratic solo occasionalmente il ripristino delluso comune per il quale non era contemplata alcuna fruizione esclusiva da parte dei milites225 lasciando ad esso una funzione minoritaria, rimasta in vigore solo per pochissimi appezzamenti. Di questutilizzo pervenuta una sola testimonianza risalente al 1233, anno in cui la maggior parte dei beni comunali era ormai stata alienata226: il capitolo di S. Eusebio e il comune di Montanaro intentarono causa di fronte al podest cittadino ad alcuni individui per un prato, che questi ultimi affermavano di detenere dal comune di Vercelli pro comunibus; il rettore urbano, dopo essersi consultato con alcuni giudici, riconobbe i diritti del capitolo, riservando tuttavia ai Vercellesi la facolt di pascolo, idest quod liceat hominibus Vercellarum ibi pascare227. Nel concedere lo ius pascandi agli homines Vercellarum
224 Biscioni, 1/III, doc. 622, pp. 188-189. Si faceva riferimento probabilmente a sedimi e a piccoli appezzamenti, frequenti nella parte meridionale della citt, poco edificata. Spaciari e aperiri sono termini utilizzati anche nel recupero dei beni comunali milanesi (GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit., pp. 441-444). 225 Per tale problematica cfr. MAIRE VIGUEUR, Il comune popolare cit., pp. 44-48; GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit. Come si visto del resto per il caso vercellese non esistono testimonianze che affermino prerogative nobiliari sugli incolti cittadini. Attestazioni di questo genere sono rinvenibili solo per alcuni centri rurali: i milites di Lucedio, per esempio, effettivamente esercitavano diritti su boschi e beni comunali, che si inseriscono tuttavia in una contestualizzazione assai differente rispetto a quella urbana, legata probabilmente allesistenza di un dominio eminente sugli usi civici da parte dei domini (PANERO, Due borghi franchi padani cit., p. 49). 226 Cfr. capitolo IV, pp. 162-168. 227 DAC, doc. 121, pp. 198-199.

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non vi era nessuna differenziazione sociale: i cives coinvolti nel processo uomini, ma pure due donne - erano di estrazione cetuale varia. Infatti, a fianco del conte di Alice, di Girardo Carisio e delle figlie del defunto Maifredo Gambaruto, comparivano il beccaio Nicola Crispo228 ed altri popolari. Il comune, nellassegnare questi pascoli non sembra avere adoperato particolari criteri restrittivi, anzi, il suo atteggiamento, se confrontato a quello usato verso i ben pi redditizi terreni comunali dati in affitto in questo stesso periodo229, appare di sostanziale disinteresse230. Le autorit urbane, costrette in alcuni casi anche dallimpossibilit di recuperare i terreni perduti, intrapresero piuttosto unaltra strada, attraverso cui ruppero definitivamente con il precedente utilizzo delle comunanze come pascoli collettivi: scegliendo di dare gli appezzamenti richiamati alla mano pubblica in affitto o di venderli al migliore offerente, esse adottarono una gestione volta a trarne il maggiore vantaggio economico possibile. La documentazione vercellese continu ad individuare tali terreni con il termine comunia, ma questo non identific pi i beni comuni, ma i beni del comune: la funzione pubblica andava appannandosi in favore di quella patrimoniale. Le comunanze vennero, infatti, trasformate in beni alienabili: fu cos inaugurato un sistema di amministrazione che faceva di esse uno specifico settore delle finanze comunali e che prevedeva unapposita magistratura probabilmente straordinaria, comunque - cui era delegata la loro cura: gli extimatores comunium. Costoro, inoltre, non facevano riferimento alle porte o alle vicinie, ma direttamente al podest e alla credenza, sicch le circoscrizioni territoriali scomparirono dalla documentazione inerente ai beni comunali successiva allatto del 1192: attore nei processi che scaturirono fu il comune rappresentato dal suo sindaco231. Ad ogni modo gi in quella circostanza le porte non agirono direttamente, poich a promuovere linchiesta furono i consoli: nella stessa ope-

Appendice 1. Cfr. capitolo II. 230 Un comportamento simile fu assunto dal comune di Milano nei confronti dei pascoli comunali (GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit.). 231 Le organizzazioni territoriali ebbero invece un ruolo di rilievo nel recupero dei beni comunali milanesi analizzato da GRILLO, Il Comune di Milano e il problema dei beni pubblici cit.
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razione di requisizione vi era dunque in nuce una volont centralizzatrice che sminuiva il ruolo degli organismi rionali232. Lobliterazione delle associazioni di quartiere dalla gestione fu anche uno dei passaggi decisivi che pose le premesse per svincolare i beni comunali dal territorio cittadino: infatti, nel documento del 1192 il progetto di recupero era stato condotto da inquisitori eletti dalle porte; anche successivamente, quando lazione era passata nelle mani del sindaco comunale, decisivo era stato il legame con il suburbio cittadino. Su questarea, nella curia Vercellarum, si estendevano le pretese del comune riguardo a molte ed isole fluviali, sicch uno degli intenti precipui dei consoli di giustizia nei processi, al fine di definire la validit delle richieste del sindaco comunale, fu di determinare se le terre interessate si trovassero allinterno del territorio vercellese233: il motivo era essenzialmente giuridico, poich il dominio eminente (che il comune pretendeva di avere) sui beni collettivi era limitato allarea di esercizio della giurisdizione234. Ci tuttavia contribu al fatto che in questa prima fase, come in altri comuni italiani, il problema delle comunanze rimanesse iscritto nella campanea della citt235. La gestione centralizzata dei beni requisiti - resa possibile dallascesa del popolo236 incrin questo rapporto, che venne definitivamente messo in crisi dopo laffermazione stabile del regime podestarile: furono, infatti, i podest a portare a termine un sistema di amministrazione direttamente dipendente dal governo cittadino237, di cui si approfondiranno gli aspetti nel capitolo seguente.

232 PC, doc. 60, pp. 128-134: tra gli espropriati compaiono le chiese parrocchiali di S. Lorenzo, di S. Tommaso e di S. Giuliano, nellamministrazione dei cui beni erano forse coinvolte le collettivit vicinali. 233 Una delle domande rivolte ai testimoni nel processo del 1205 fu si hec terra unde agitur est de curte Vercellensi (ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 16 giugno 1205). 234 Cfr. supra, p. 48. 235 Per il problema della campanea cfr. CASTAGNETTI, La campanea e i beni comuni della citt cit.; A.A. SETTIA, Fisionomia urbanistica e inserimento nel territorio (secoli XI-XIII), in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 785-831, con particolare riferimento alle pp. 824-827; R. BORDONE, Assestamenti del territorio suburbano: le diminutiones villarum veterum del comune di Asti, in BSBS, 78 (1980), pp. 127-177. 236 Sullascesa in questi anni di nuove componenti popolari cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 101-108; ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 265-267. 237 MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne cit., pp. 32-34.

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II. I beni comunali e il governo podestarile (1208-1229)

1. Trasformazioni istituzionali e gestione dei beni comunali Gi dagli ultimi anni del XII secolo si erano avvicendati a Vercelli governi podestarili, che rispondevano allascesa di un populus sempre pi influente, deciso a strappare legemonia politica allaristocrazia consolare1. Laffermazione del nuovo assetto istituzionale tuttavia fu lenta e durante la prima decade del XIII secolo ai podest si alternarono consoli cittadini, eletti rispettando il tradizionale predominio delle maggiori famiglie2. Tale instabilit pu essere interpretata come segno delle tensioni che pervadevano la comunit vercellese in quegli anni: le vicende dei beni comunali durante questo periodo ne sono una conferma3. Fu proprio sotto lamministrazione dei primi podest che si registrarono cambiamenti importanti nella gestione del patrimonio: essi riuscirono a rendere decisivo questo settore nellambito delle finanze comunali. Lo sfruttamento economicamente redditizio di tali risorse, lo scollamento dei beni collettivi dalla campanea e dalle circoscrizioni territoriali cittadine, la creazione di unapposita magistratura delegata alla loro cura e dipendente dal governo centrale furono, come si visto, conquiste precipue, che si attuarono in concomitanza con il cambiamento della consistenza delle comunanze vercellesi. Gi linstaurazione di un legame
1 F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165, con particolare riferimento alle pp. 98-108. 2 Su 58 consoli del comune eletti a partire dal 1198, anno da cui il podestariato inizia ad affermarsi con assiduit, solo 15, tutti appartenenti a famiglie di maggiorenti vercellesi (Alciati, Caroso, Centorio, Oliva, Tetavegia, Tizzoni), appartenevano a gruppi parentali vicini alla societ di Santo Stefano. 3 Cfr. capitolo I.

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con la questione dei diritti sulle acque aveva condotto ad un notevole incremento dellestensione dei comunia4; essi furono ulteriormente beneficiati dallacquisizione di nuovi possedimenti conseguiti nel contesto del processo di controllo del territorio5 - che il comune scelse di gestire in prima persona, contrariamente a quanto fatto fino allora. il caso di Trino e di Tricerro, comprati nel 1202 dal marchese di Monferrato, che portarono il governo urbano a disporre di ampie superfici nella zona immediatamente a settentrione del Po6. Tale circostanza si pu riscontrare anche per alcuni castelli sottratti a famiglie di milites del contado Mongrando e Burolo per esempio - che i podest fecero stimare e diedero in affidamento a castellani vercellesi: venne cos sospesa lusuale pratica di infeudazione a favore dei precedenti proprietari7. In questo cambio di rotta si pu vedere il segno dellascesa ai vertici della politica cittadina di nuovi ceti, meno volti che in precedenza al compromesso con la nobilt rurale, ma anche la maggiore autorit acquisita dal comune, capace di unazione pi incisiva nellassoggetamento delle autonomie presenti sul territorio dominato8.
Cfr. supra, pp. 43-56. Cfr. il classico studio di G. DE VERGOTTINI, Origini e sviluppo storico della comitatinanza, in ID., Scritti di storia del diritto italiano, a cura di G. Rossi, Milano 1977, vol. I, pp. 3-122; per una bibliografia pi aggiornata cfr. G.M. VARANINI, Lorganizzazione del distretto cittadino nellItalia padana dei secoli XIII-XIV (Marca Trevigiana, Lombardia, Emilia), in Lorganizzazione del territorio in Italia e Germania: secoli XIII-XIV, a cura di G. Chittolini e D. Willoweit, Bologna 1994, pp. 133-233 e A.I. PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo, in Comuni e Signorie: istituzioni, societ e lotte per legemonia, Storia dItalia, diretta da G. Galasso, Torino 1981, vol. IV, pp. 449-587. Per Vercelli cfr. F. PANERO, I borghi franchi del comune di Vercelli: problemi territoriali, urbanistici, demografici, in ID., Comuni e borghi franchi nel Piemonte medievale, Bologna 1988, pp. 43-72 e ID., Particolarismo ed esigenze comunitarie nella politica territoriale del comune di Vercelli (secoli XII-XIII), ibidem, pp. 73-99. 6 ID., Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979; sullacquisto di tali terre dagli Aleramici cfr. inoltre R. RAO, La propriet allodiale civica dei borghi nuovi vercellesi (prima met del XIII secolo), in Studi storici, 42 (2001), pp. 373-395, qui a pp. 381-382 e ID., Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93, qui alle pp. 46-52. 7 Per la pratica dellinfeudazione allaristocrazia rurale da parte del comune cfr. G. FASOLI, Citt e feudalit, in Structures fodales et fodalisme dans lOccident mditerranen (XeXIIIe sicles). Bilan et perspectives de recherches. Colloque international organis par le Centre national de la recherche scientifique et lcole franaise de Rome (Rome, 10-13 octobre 1978), Roma 1980, pp. 365-385. Per il caso vercellese cfr. G.S. PENE VIDARI, Vicende e problemi della fedelt eporediese verso Vercelli per Bollengo e SantUrbano, in Vercelli nel XIII secolo. Atti del primo congresso storico vercellese, Vercelli 1982, pp. 27-63. 8 PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit.
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Proprio lampliamento delle propriet comunali port i governi podestarili a mostrare nei loro confronti un nuovo interesse: fu dunque con la piena et comunale, grazie al raggiungimento della maturit istituzionale da parte dellamministrazione urbana ed alla sua affermazione nel contado, che i beni patrimoniali conquistarono un ruolo di rilievo allinterno delle finanze vercellesi9. Non pi soltanto pascoli suburbani, ma anche castelli, case, ampie superfici coltivabili: in questo modo si andava sostituendo alla nozione di bene di uso collettivo, ancora presente in periodo consolare, quella pi estesa di bene comunale, ugualmente definito tramite il termine comunia. A questo processo, gi iniziato durante le prime esperienze podestarili, avevano contribuito sia la cessione in affitto delle comunanze - realizzata per mezzo della loro sottrazione agli organismi territoriali10 -, sia la costituzione di vasti possedimenti nel contado. Esso giunse, come si mostrer in seguito, a compimento con lattivazione di uno sfruttamento efficiente e redditizio del patrimonio attraverso la creazione di unapposita magistratura delegata alla sua cura. In tale forma di conduzione erano coinvolti sia il populus, sia con una novit inaugurata dalle amministrazioni podestarili e resa possibile dalla fine delle cause per la propriet dei terreni pubblici che avevano diviso la cittadinanza la pars nobiliare. possibile riscontrare la maggiore attenzione del comune urbano nei confronti delle sue propriet anche nelle nuove direttive intraprese sotto i primi governi podestarili, le quali vennero perseguite e razionalizzate con la definitiva affermazione di tale regime, che a Vercelli si verific dal 1208. In quello stesso anno vennero avviati decisivi cambiamenti istituzionali: prese vita lorganizzazione di SantEusebio11, da cui elementi popolari non erano pregiudizialmente esclusi12, ma che si faceva portavoce di
9 Il processo di ampliamento dei beni comunali nel corso del XIII secolo stato messo in luce anche da S. CAROCCI, Le comunalie di Orvieto fra la fine del XII e la met del XIV secolo, in I beni comuni nellItalia comunale: fonti e studi. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge Temps modernes, tome 99 (1987), vol. II, pp. 701-728, con particolare riferimento alle pp. 717-718. 10 Cfr. supra, pp. 67-72. 11 La data di fondazione, tradizionalmente attribuita al 1209, grazie ad un documento recentemente confluito nellArchivio di Stato, pu essere retrodatata almeno di un anno (ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208). 12 A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, p. 60, che mette in evidenza come la presenza di appartenenti al mondo dei mestieri tra i consoli di SantEusebio si fosse fatta consistente dopo il 1243. Per il periodo precedente tali menzio-

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ideali nobiliari13. Di essa facevano parte i maggiori gruppi parentali dellaristocrazia consolare, per lo pi legati al vescovo, che non avevano trovato spazio nella societ di Santo Stefano e che anzi le si erano contrapposti. Nel momento in cui si riducevano gli incarichi di prestigio, con la scomparsa del consolato maggiore e con la sempre pi accentuata professionalizzazione degli incarichi inerenti allamministrazione della giustizia, riservati con frequenza crescente a iudices e talvolta ad appartenenti alla familia del podest14, tali discendenze videro nel meccanismo associativo lo strumento adatto a fare valere le proprie istanze15. La nuova organizni sono rare. Forse popolari erano Corbellario (PC, doc. 34, p. 71) e Vercellino Robolmo (Biscioni, 1/III, doc. 558, pp. 130-131), consoli nel 1210 e Giacomo Ferrario, console nel 1219 (Acquisti, I, f. 41). Alberto Cagnola, segnalato come console nello stesso anno (ibidem), in realt apparteneva alla famiglia dei Centorio, di origini popolari, ma ormai integrata per modelli di vita nella nobilt cittadina (cfr. Appendice 1). 13 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 98-100; DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 61-62. A conferma della vocazione aristocratica della societ di SantEusebio la composizione del suo primo consolato: i sei consoli - Uberto Carraria, Alisio De Benedetti, Flamengo Bigurracane, Giacomo di Giulio de Ugucione, Mannara Scutario e Maifredo de Guidalardis - appartenevano tutti alla nobilt vercellese che non aveva aderito alla societ di Santo Stefano (ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208). 14 Si guardi ai consolati ricoperti nel primo decennio dallistituzione del governo podestarile da Giacomo de Rugia, Ambrogio Cocorella, Federico de Cremona, Aichino Salimbene, Uberto di Saluggia e Giovanni Visconte, tutti iudices; nella piena et comunale la giustizia era invece amministrata in prevalenza da giudici senza rapporti con la credenza cittadina, provenienti dallentourage dei podest, tra cui si ricordano, tra secondo e terzo decennio del secolo, nel momento di maggiore maturit del governo podestarile, Maifredo de Piperariis (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 20 agosto 1218), Opizzone Salarius (ibidem, cartella XXIX, doc. in data 22 febbraio 1220), Passaguardo di Monticello (ibidem, doc. in data 6 agosto 1220), Martino de Caminato (DAC, doc. 91, p. 128), Alberto Pasquale (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 25 novembre 1222), Ugo Clarus (ibidem, doc. in data 27 marzo 1223), Guido de Plonara (ibidem, doc. in data 18 ottobre 1223). Si pu inoltre riscontrare il sempre maggiore rilievo assunto dalla figura dello iudex et assessor, cooptato allinterno della familia podestarile, a scapito dei consoli di giustizia. Dal 1228 uninfluenza su questa magistratura dovette giocare listituzione delluniversit: significativo , per esempio, che il comune nel 1240 avesse versato un salario di 50 lire di pavesi, forse proprio in pagamento dellinsegnamento, al doctor legum Guglielmo de Ferrario (Biscioni, 1/III, doc. 487, pp. 35-36). Egli lanno successivo diede il proprio consilium nellemanazione di una sentenza (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXX, doc. in data 6 settembre 1241); lo stesso personaggio fu procuratore del comune nel 1228 a Padova per listituzione delluniversit (Biscioni, 1/III, doc. 513, pp. 69-74) e ambasciatore nel 1243 (Biscioni 1/I, doc. 87, p. 187). Sulla professionalizzazione della politica comunale cfr. E. ARTIFONI, I podest professionali e la fondazione retorica della politica comunale, in Quaderni storici, 63 (1986), pp. 687-719. 15 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 61-62; E. ARTIFONI, Itinerari di potere e configurazioni istituzionali a Vercelli nel secolo XIII, in Vercelli nel secolo XIII cit., pp. 263278, con particolare riferimento alle pp. 273-274. Sul nesso tra istituzione del regime podestarile e affermazione delle strutture societarie popolari e nobiliari, con conseguente com-

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zazione venne quindi ad accogliere in prevalenza le componenti magnatizie che allora cominciavano a delinearsi, caratterizzate da ampi possessi nel contado16. comunque opportuno sottolineare che lobiettivo della nuova societ non era tanto quello di conferire incarichi di prestigio agli esponenti delle discendenze eminenti dellantica aristocrazia consolare escluse dalla societ di Santo Stefano, in modo da rispondere alla loro volont di affermazione familiare, quanto quello di portare avanti gli obiettivi politici di un intero raggruppamento sociale, quello nobiliare, allinterno del quale, sicuramente, le predette discendenze erano egemoni. Da questo punto di vista, se si visto che i processi nati dalla questione dei beni comunali si accordavano con la situazione di instabilit istituzionale del primo decennio del XIII secolo, possibile che essi siano stati uno stimolo alla chiarificazione ed alla coesione dei due schieramenti. Lassociazione nobiliare assunse ad ogni modo fin dalle sue prime attestazioni una spiccata connotazione politica: del resto, come si detto, essa si svilupp in una fase istituzionale particolarmente delicata. Le circostanze della sua creazione devono tuttavia essere vagliate con particolare cautela. Nel 1208 Innocenzo III aveva ricevuto cum gratia [] et favore il vercellese Ambrogio (forse Cocorella?), latore di una lettera dei consoli della societ di SantEusebio. Il papa aveva risposto con unepistola in cui incoraggiava il mantenimento dei buoni propositi degli aderenti allorganizzazione ad honorem Dei, utilitatem Ecclesie, auspicando il raggiungimento della salvezza delle loro anime, piis vestris operiplicazione del quadro politico cfr. ID., Tensioni sociali e istituzioni nel mondo comunale, in La storia. Il Medioevo. 2. Popoli e strutture politiche, a cura di N. Tranfaglia e G. Firpo, Torino 1986, pp. 460-491. 16 PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit., pp. 84-95. Per degli esempi si pu ricorrere al caso dei De Benedetti Burolo, che verr illustrato in seguito, oppure a quello dei Passardo, famiglia che, salvo gli anni del fuoriuscitismo, continu a fare riferimento alla societ popolare: beccarii di professione e presenti fin dalle loro prime apparizioni nella societ di Santo Stefano (DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 71-72; 153-154), nel 1207 furono coinvolti in un episodio di vendetta nei confronti di un messo del podest, per il quale subirono un banno di 500 lire di pavesi (Acquisti, I, f. 31, fatto riportato da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 165). Guglielmo Passardo nel 1214 divenne castellano per conto del comune a Torcello, localit di grande importanza strategica (Cartario Alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, Torino 1930 (BSSS, 115), vol. II, doc. 344, p. 207); Tommaso nel 1246 ricopr il consolato di SantEusebio (Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271). Per questa famiglia e per gli esiti magnatizi della societ vercellese cfr. anche capitolo IV, pp. 168-174.

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bus provocatus17. Anche se la corrispondenza con la curia romana non ebbe seguito, si pu comunque evincere che la societ praticava probabilmente unattivit caritativa. Si pu quindi iniziare a provare a formulare alcuni interrogativi sulla nascita dellistituzione, destinati almeno per il momento a restare irrisolti. Si trattava di unassociazione nata a scopi assistenziali e in seguito chiamata a ricoprire - forse per la buona fama conquistatasi presso la cittadinanza - incarichi allinterno dellamministrazione comunale? Oppure si era essa strutturata fin dal principio come organizzazione nobiliare? In questo caso il tentativo di un raccordo con il pontefice era stato forse ricercato per conseguire un solido riconoscimento in grado di attribuire alla neonata associazione un ruolo di primo piano allinterno della politica urbana, paritario a quello svolto dalla ben collaudata societ di Santo Stefano18. Rimane comunque in ombra come, posti la connotazione nobiliare dellassociazione ed il suo ruolo nellamministrazione civica, si sviluppassero le istanze religiose. In ogni caso la nascita della societ di SantEusebio e laccettazione definitiva del regime podestarile contribuirono ad una maggiore stabilit istituzionale e, almeno fino agli anni Trenta del secolo, ad un pi solido equilibrio, i cui risultati produssero, come abbiamo visto nel corso del primo capitolo, un compromesso sui beni collettivi e la fine dei processi che a lungo li avevano coinvolti19. La nuova stagione politica del comune vercellese si basava sullequa ripartizione degli uffici cittadini tra le due associazioni. Esse erano parte integrante del governo comunale20: infatti, i consoli delle societ erano presenti nella
17 Patrologiae cursus completus, tomo 215, Innocentii III Romani Pontificis opera omnia tomis quatuor distributa, tomo 2, a cura di J.P. Migne, Parigi 1891, col. 1362. Il documento citato anche da T. DESBONNETS, Dalla intuizione alla istituzione, Milano 1986, pp. 4445. Ringrazio Francesco Mores per avermelo segnalato. 18 Su un raccordo tra nobilt urbane e papato si basa lanalisi di J. KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord nel XIII secolo, Bologna 1986. 19 Sul significato sociale dellintroduzione del regime podestarile e sulle sue caratteristiche cfr. P. CAMMAROSANO, Il ricambio e levoluzione dei ceti dirigenti nel corso del XIII secolo, in Magnati e popolani nellItalia comunale. Quindicesimo convegno di studi del Centro italiano di studi di storia e darte di Pistoia. Pistoia 15-18 maggio 1995, Pistoia 1997, pp.17-40. 20 Il rapporto tra governo comunale e societ per Asti stato oggetto dello studio di E. ARTIFONI, Una societ di popolo. Modelli istituzionali, parentele, aggregazioni societarie e territoriali ad Asti nel XIII secolo, in Studi Medievali, 24 (1983), pp. 545-616. La pervasiva occupazione degli spazi offerti dalla politica comunale da parte delle societ cittadine stata riscontrata anche per il caso milanese, studiato da P. GRILLO, Milano in et comunale (11831276). Istituzioni, societ, economia, Spoleto 2001, pp. 457-458; 468-471.

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credenza21 e gli stessi servitori di Santo Stefano e di SantEusebio erano pagati dallerario urbano22. Si verific inoltre una riduzione degli incarichi che potevano incidere sulle scelte di governo, che condusse ad una ridefinizione delle strategie familiari e alla configurazione di nuovi itinerari di occupazione del potere, sicch alcune discendenze decisero di utilizzare indifferentemente il consolato delle due organizzazioni come strumento di affermazione politica e sociale ( il caso dei Calvo, de Carengo, Carraria, Durio e Mangino)23. La cospicua presenza di milites nellassociazione di Santo Stefano trova spiegazione nel fatto che gli aristocratici rimasero un punto di riferimento naturale per la gestione della cosa pubblica: la loro opzione per il popolo, quandanche non fosse motivata da unadesione ai suoi ideali, non si risolse quindi in un appiattimento dei valori portati avanti dalle due societ su una rigida ed opportunistica logica di accaparramento degli apparati di potere. Infatti, una idea che va sfatata che il comune medievale non conosca il sistema della rappresentanza24: Santo Stefano e SantEusebio, come gi si detto, rappresentavano fasce di popolazione e modelli di vita differenti ed in nessun modo possono essere sovrapposte. Pi difficile spiegare con precisione i contenuti di tale contrapposizione. Unanalisi prosopografica metterebbe in rilievo come, mentre in SantEusebio le famiglie pi rappresentate coincideva21 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 58, nota che le famiglie dei consoli della societ partecipavano nello stesso tempo alla credenza; in alcune attestazioni gli stessi consoli in carica sono citati assieme ai credenziari (Biscioni, 1/III, doc. 558, pp. 130-131 per il 1210). 22 Statuta, 140, p. 106. Un ruolo amministrativo della societ di SantEusebio desumibile anche da un atto del 1211, in cui una sentenza fu consegnata da Alberto de Galiciano, console di tale associazione (Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 1 dicembre 1211). 23 Per le partecipazioni ai consolati di Santo Stefano e di SantEusebio da parte dei Calvo e dei de Carengo cfr. Appendice 1, mentre per quelle di Carraria e Durio v. Appendice 2. Buongiovanni Mangino fu console di Santo Stefano nel 1185 (Biscioni, 1/III, doc. 563, p. 143), nel 1194 (PC, doc. 161, p. 241), nel 1197 (ibidem, doc. 116, p. 212), nel 1198 (Biscioni 1/II, doc. 358, p. 263), nel 1202 (DAC, doc. 25, p. 45), nel 1206 (Acov, Pergamene, doc. in data 6 dicembre 1206), nel 1211 (PC, doc. 248, p. 280), nel 1213 (ibidem, doc. 256, p. 286) nel 1214 (ibidem, doc. 262, p. 290); Guglielmo, figlio di Buongiovanni (ASVc, Pergamene, doc. in data 9 febbraio 1224), resse invece il consolato di SantEusebio nel 1212 (PC, doc. 254, p. 284). Cfr. ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 273-274; per un confronto con Asti v. ID., Una societ di popolo cit. 24 PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo cit., p. 536. Su questo problema cfr. anche le interessanti considerazioni di J.M. NAJEMY, The Dialogue of Power in Florentine Politics, in City States in Classical Antiquity and Medieval Italy, a cura di A. Molho, K. Raaflaub, J. Emlen, Stoccarda 1991, pp. 269-280.

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no con la parte eminente della milizia cittadina, ossia quella legata al vescovo, egemone allinterno dellaristocrazia consolare nei decenni precedenti, in Santo Stefano si identificavano con prestigiose casate di milites, spesso altrettanto anticamente affermatesi nelle magistrature urbane, tuttavia in relazioni meno strette con il presule e talora solo recentemente immigrate in citt; per alcune di esse, dedite anche ad attivit mercantili (Calvo e Centorio, per esempio), possibile che lappoggio alla politica popolare rispondesse anche a concreti interessi economici. Accanto a questi due raggruppamenti, da una parte vi erano numerosi milites, che cercavano unascesa sociale e sentivano lesigenza di una differenziazione dal populus e dalla sua linea politica. Dallaltra vi erano invece casate pi marcatamente popolari25. Usando molta cautela si potrebbe quindi dire che nelle due organizzazioni, a fianco della difesa degli interessi di alcuni raggruppamenti particolari, aveva luogo il contrasto tra milites e populus, la cui distinzione formalizzata a Vercelli, nei documenti pervenutici, almeno dal 117826. tuttavia importante sottolineare che la storia della contrapposizione tra le due societ, come si gi osservato per Santo Eusebio, non pu essere ridotta allanalisi della differente estrazione sociale dei rispettivi appartenenti, che del resto non sempre cos evidente: essa consisteva soprattutto nel confronto tra due diversi modi di intendere la politica cittadina, soprattutto relativamente a specifiche questioni, come la gestione dei beni comunali o le modalit di controllo del territorio. Al di l della diversa coloritura cetuale di Santo Stefano e di SantEusebio, che, come gi si cercato di evidenziare, non era esclusiva, vi si esprimeva soprattutto un indirizzo popolare o nobiliare, solo mitigato dalla presenza in entrambe di uno strato socialmente intermedio27. La peculiarit del caso vercellese nellopposizione tra populus e milites risiede anzitutto nellessere riuscito il governo urbano a incanalare tale
25 Cfr. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 58-62 (cfr. anche la recensione fattane da M. VALLERANI, in BSBS, 97 (1999), pp. 760-761); ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 273-274. Per un profilo dei diversi orientamenti dellaristocrazia urbana a cavallo tra XII e XIII secolo cfr. anche A. BARBERO, Laristocrazia vercellese, in Vercelli nel XII secolo cit. e RAO, Fra comune e marchese cit. 26 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 59. Anche gli statuti hanno lasciato testimonianza di questa contrapposizione: per esempio le multe venivano comminate in somme differenti in base allessere o miles o pedo con un estimo oltre 50 lire di pavesi oppure pedo con estimo tra le 50 e le 20 lire di pavesi (Statuta, 37, pp. 40-42). 27 La presenza di tale strato intermedio stata messa in luce da DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 62.

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rivalit in una dialettica pressoch esclusivamente istituzionale, almeno fino agli anni Trenta del secolo. Peraltro anche le fondazioni ecclesiastiche non rimasero estranee a questa contrapposizione, pur mitigata dalla variet e dalla spontaneit delle scelte devozionali28. per esempio possibile ricondurre, almeno per certi periodi la politica della canonica di S. Andrea ad ideali nobiliari29, mentre per lospedale di S. Bartolomeo pi forte appare il rapporto con lambito popolare30. Vicina al populus era anche la Societas scacorum o scacheriorum, unulteriore manifestazione del diffuso associazionismo che pervadeva la societ vercellese di quegli anni31. Di essa sono rimaste poche testimonianze comprese tra gli anni 1208 e 121832, senza che se ne possa capire la natura, se si trattasse cio di una societ rionale, corporativa o forse sorta con altre finalit33. I consoli dellassociazione presenti nella documentazione provenivano tuttavia da gruppi parentali di pedites o comunque legati allorganizzazione di Santo Stefano: si trattava, infatti, di Buongiovanni Biandrate, Gilberto Guaitamalus, Nicola Caroso, Bartolomeo
28 Lipotesi di rigide contrapposizioni in questambito stata smentita da G. FERRARIS, Lospedale di S. Andrea di Vercelli nel secolo XIII. Religiosit, economia, societ, Vercelli 2003, pp. 58-70. 29 C.D. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la societ vercellese dei secoli XII e XIII, in Contributi dellIstituto di Storia medioevale dellUniversit Cattolica di Milano, Milano 1968, vol. I, pp. 207-262. 30 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 143; il ruolo politico delle chiese cittadine stato messo in luce anche da J. KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord nel XIII secolo, Bologna 1986, pp. 233-287 e da A. RIGON, Il ruolo delle chiese locali nella lotta tra magnati e popolani, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 117-135. 31 Per il tessuto associativo vercellese cfr. ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 269-271, nonch le osservazioni di PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 95 e DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 142-144, che segnala lesistenza della Societas scacorum. Essa fu verosimilmente soppressa prima del 1224 quando si viet lesistenza di societ differenti da Santo Stefano e SantEusebio e dai paratici (cfr. oltre, p. 102, nota 151). 32 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 7 febbraio 1216; ibidem, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 6 gennaio 1217 e ibidem, cartella XVIII, doc. in data 20 agosto 1218. 33 Dubbia linterpretazione dei termini scacum e scacherium, qui pi verosimilmente nellaccezione di scacchi e scacchiera, che di furto o depredazione o di scacchiere come strumento di conto: la scacchiera del resto ricorrente nellaraldica medievale ed possibile che essa fosse disegnata sul gonfalone societario. Curioso il fatto che gli appartenenti allorganizzazione venissero designati come scacherii (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 7 febbraio 1216). Le sue attestazioni sono legate alla riscossione di un credito di 50 lire di pavesi nei confronti di esponenti di una famiglia popolare, Rainaldo e Buongiovanni de Amalrico: Oddone de Salvano, Pietro Asigliano e lo stesso Buongiovanni avevano elargito a nome della societ tale somma a Rainaldo nel 1216.

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Calvo, Guglielmo de Alaria, Giacomo Cavagliasca e Giovanni di Rufino34. Lappartenenza a tale societ di casate di ascendenza militare che guidavano il popolo avvalora lipotesi dellesistenza tra di esse di rapporti di solidariet e forse addirittura delladesione a comuni ideali. Ci confermato anche da un episodio verificatosi nel 1219: nel settembre di quellanno i signori di Bagnolo trattarono con il comune la liberazione di alcuni Vercellesi da loro catturati mentre si recavano in pellegrinaggio a S. Maria di Becetto35. Tra coloro che erano stati fatti prigionieri, la maggior parte, Tetavegia, de Tronzano, de Tholeo e Speciarius, era legata alla societ di Santo Stefano36. La contrapposizione tra le due societ verificabile anche da un atto del 1214, in cui il podest prest una casa nella vicinia di S. Michele, acquistata pochi giorni prima37, alla societ di SantEusebio, per adeguare questultima ai privilegi di cui gi fruiva quella di Santo Stefano. Il documento specificava tra laltro che se lorganizzazione popolare avesse lasciato la domus affidatale, lo stesso avrebbe dovuto fare lassociazione nobiliare38: la clausola venne ribadita anche negli statuti39. Se appare evidente la preoccupazione del rettore urbano acciocch le due societ godessero
34 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 6 gennaio 1217. Sulle famiglie dei Calvo, dei Caroso, dei Cavagliasca e dei Biandrate cfr. Appendice 2. I Guaitamalus erano un gruppo parentale popolare; un loro esponente fu console di Santo Stefano nel 1224 (Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 5), vol. I, doc. 115, p. 161). Gilberto era inoltre credenziario quello stesso anno (Carte valsesiane fino al secolo XV conservate negli archivi pubblici, a cura di C.G. Mor, Torino 1933 (BSSS, 124), doc. 28, pp. 63-68). Appartenevano a Santo Stefano anche i de Alaria, che si fregiarono di alcune presenze nella credenza cittadina (Ottobono de Alaria fu pi volte credenziere tra il 1208 ed il 1221): in una lite tra Buongiovanni de Alaria e il capitolo di S. Eusebio, il primo ricevette la condanna dei consoli della societ (Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi e F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS, 71), vol. II, doc. 598, pp. 361-362), forse ad indicare una capacit giurisdizionale dellassociazione su un suo appartenente. Popolare, probabilmente, era Giovanni di Ruffino per il quale non stata rinvenuta alcuna informazione. Anche il sindaco chiamato a rappresentare la societ, Ottone Vaetus, proveniva da una casata popolare, spesso rappresentata nei consigli urbani di quegli anni. 35 Carte inedite o sparse dei signori e luoghi del Pinerolese fino al 1300, a cura di B. Baudi di Vesme, E. Durando, F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 3/2), doc. 98, pp. 281-284. 36 Carte inedite o sparse dei signori e luoghi del Pinerolese cit., doc. 98, pp. 281-284. Erano presenti anche Giacomo de Liburno, legato invece alla societ di SantEusebio, Martino de Bugella e altri due popolari che parteciparono alle credenze di quegli anni: Pellegrino Coparius e Ferrarotus. 37 Biscioni, 1/II, doc. 214, pp. 57-58. 38 Acquisti, I, f. 10. 39 Statuta, 333, p. 232.

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delle stesse prerogative, la loro autonoma capacit di decisione e la volont di SantEusebio di recuperare uno svantaggio nei confronti della pi antica e forse meglio strutturata Santo Stefano denotano la loro differente identit e un clima di contrapposizione. Di questo sistema, caratterizzato da una regolata rivalit tra le due organizzazioni, che nella prassi arrivarono a spartirsi gli uffici comunali40, beneficiarono anche i communia: di essi si inaugur forse agevolata dal periodo di espansione nel contado che fece da collante per la cittadinanza41 - una gestione ordinata. Vi parteciparono sia il partito popolare, sia quello dei milites, vigili nei confronti di un settore che per anni aveva travagliato la vita urbana e che ora costituiva un consistente cespite dentrata per le finanze pubbliche. 2. Il governo podestarile e la razionalizzazione della gestione delle comunanze Una volta terminati i processi, la maggior parte delle isole e delle molte vercellesi si era ritrovata nelle mani dei precedenti possessori: essi pur versando un esiguo fitto, a causa anche della natura poco produttiva dei terreni42, continuavano a disporre liberamente dei fondi. Ai governi podestarili spett dunque il compito di procedere a poche nuove investiture e di riuscire a tenere saldo il controllo su appezzamenti che variavano facilmente con i differenti regimi idrici del Cervo e della Sesia, evitando che si perdesse il ricordo della propriet comunale a vantaggio dei concessionari. Tra le non molte locazioni ex novo sopravvissute, ne sembra significativa una avvenuta nel 1210, inerente a due moggi di unisola che Provino de Ingoardis, allora podest, diede, dietro corresponsione di un affitto di due staia e di una mina di segale, a Giovanni Calza e a Carlevarius, immigrato da Arborio, qui servitor est43: nello scegliere di affidare i suoi possessi a personaggi di umile estrazione sociale, di cui uno neppure vercellese di origine,
40 Una normativa statutaria relativa allanno 1242 assegnava alle due societ la spartizione degli incarichi (Statuta, 427, pp. 302-303). 41 PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit., pp. 73-85. 42 F. PANERO, Terre in concessione, Bologna 1984, pp. 75-76. 43 PC, doc. 99, p. 185.

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il comune volle cercare una controparte malleabile ed evitare il rischio di avere sui propri fondi individui nobili o potenti, pi difficili da affrontare in caso di controversie. Ad un tentativo di razionalizzazione occorre ricondurre un ordinamento emanato dal podest Provino de Ingoardis, che nel 1219 decret che de facto comunium inquirendorum vel ad fictum dandorum et super facto ipsorum communium si attendesse ad ogni cosa decisa dallo stesso rettore cittadino con il consenso della maggior parte dei consoli di giustizia e delle due societ e con lapprovazione dei procuratori dei comunia44. Nella medesima occasione egli affid a Pietro Biandrate e a Guala Carraria, procuratores comunium, lincarico di inquisire le insulae e le molte del comune e di darle in concessione a coloro che avevano possessi confinanti; essi si dovevano inoltre impegnare a stimare ogni cinque anni le propriet e a modificare i fitti a seconda di quanto rilevato, evidentemente tenendo conto dei cambiamenti intervenuti, frequenti nel caso di terreni insulari45. Chiara la condotta del governo urbano: le comunanze dovevano essere individuate e date in affitto; tali operazioni erano regolate dal podest, dai consoli di giustizia e dai consoli delle societ, che rappresentavano i partiti cittadini e che, abbiamo visto, erano legati alla credenza. Dallatto si pu inoltre evincere la volont del comune di mantenere un controllo costante ed accurato sui beni di sua propriet, che prevedesse ogni eventualit: venivano stabiliti accertamenti quinquennali che giungessero a rendere conto dellintervento di qualsivoglia mutamento nei confini dei terreni, si emanavano disposizioni sui fitti, che, pur essendo contenuti, non erano simbolici, poich se ne prevedeva una variazione direttamente proporzionale allaumento della superficie; infine si decideva chi dovessero essere gli investiti. La scelta di assegnare le isole fluviali ai confinanti facilmente comprensibile, poich la creazione di possessi pi compatti poteva garantire una migliore gestione dei fondi; del resto gi nel 1204 si era stabilito che i beni comunali che non potevano essere recuperati, se non con massimo danno, fossero attribuiti ai coherentes46. Le regolari inchieste effettuate sia in relazione alle isole fluviali del Cervo e della Sesia, sia
Acquisti, I, f. 41. Acquisti, I, f. 41: solvendo fictum et addendo et diminuendo pro rata secundum quod de illis additum vel diminutum requiratur. 46 Cfr. capitolo 1, p. 69.
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per i fondi di Trino e di Tricerro, avevano poi la funzione di tenere vivo il senso della propriet comunale e, implicando il rinnovo dellinvestitura, di riparare dal rischio di usurpazioni e di accaparramenti. Lamministrazione civica era quindi riuscita ad esercitare una rigorosa supervisione su tutti gli episodi inerenti alle comunanze, malgrado gli antichi detentori ne avessero conservato nella maggioranza dei casi il possesso: in un processo del 1225, gi menzionato nel corso del primo capitolo, tra Ottone Gambaruto ed il capitolo di S. Eusebio per unisola a Oldenico, furono i consoli a procedere allelezione di un rappresentante di Ottone nella causa, scelto nella persona di un ex procurator comunium47. Lattenzione prestata dal comune podestarile nei confronti dei beni comunali trova riscontro nella scrittura dei tre libri iurium vercellesi, concepiti contestualmente negli anni 20 del XIII secolo. Gi Laura Baietto ha osservato come censimenti e redistribuzioni dei beni comuni rientrino tra le principali tipologie oggetto della produzione documentaria delle citt piemontesi tra la fine del XII secolo e i primi venti anni del XIII48. Ai fini del nostro discorso interessante rilevare come gli atti relativi ai beni comunali inseriti nei Pacta et conventiones facessero parte di specifici quaterni comunium, come li definiscono i notai redattori del liber49. Il cosiddetto Libro delle investiture - il pi recente dei tre, redatto fra il 1221 e il 1223 - venne addirittura programmato specificamente per la raccolta degli atti di locazione dei beni comunali, in particolare di quelli collocati a Trino e Tricerro50. I rettori
47 ACV, Atti privati, cartella XXII, doc. in data 25 aprile 1225. Non si specific quali consoli avessero proceduto allelezione, anche se verosimile che fossero i consoli di giustizia. 48 L. BAIETTO, La politica documentaria dei comuni piemontesi fra i secoli XII e XIII, in BSBS, 98 (2000), pp. 105-165, riedito in Reti Medievali, da cui si trae la citazione (p. 12). Sulla redazione dei libri iurium vercellesi cfr. A. DEGRANDI, I libri iurium duecenteschi del comune di Vercelli, in Comuni e memoria storica. Alle origini del comune di Genova (Atti del convegno di studi, Genova, 24-26 settembre 2001), Genova 2003, pp. 131-148 e ID., I libri iurium vercellesi nella prima met del Duecento: prassi redazionale e finalit politiche, in Libri iurium e organizzazione del territorio in Piemonte (secoli XII-XVI), a cura di P. Grillo e F. Panero, Bollettino della Societ per gli studi archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, 128 (2003), pp. 37-49. Per le modalit di registrazione per iscritto dei beni comunali un confronto pu essere istituito con il caso di Brescia (R. RAO, Beni comunali e governo del territorio nel Liber potheris di Brescia, in Contado e citt in dialogo. Comuni urbani e comunit rurali nella Lombardia medievale, a cura di L. Chiappa Mauri, Milano 2003, pp. 171-199, qui alle pp. 187-189). 49 PC, doc. 60, p. 133 n. 50 L. BAIETTO, Elaborazione di sistemi documentari e trasformazioni politiche nei comuni piemontesi (secolo XIII): una relazione di circolarit, in Societ e storia, 98 (2002), pp. 645679, qui a p. 654.

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vercellesi sentivano dunque lesigenza del potenziamento delle scritture atte alla conservazione della memoria, ma anche alla gestione dei comunia, concepiti ormai come un settore ben delineato allinterno dellamministrazione comunale. Le scritture dedicate ai comunia vennero ulteriormente potenziate dopo il 1224 con la creazione di almeno tre nuovi libri, o forse fascicoli, uno, attestato nel 1229, relativo ai fitti del comune, un altro, documentato nel 1230, riguardante una ricognizione sui beni comuni; lultimo, del 1240, contenente la lista dei beni mobili ed immobili del governo urbano51. Ad una cura meticolosa del patrimonio da parte del governo cittadino fece riscontro linserimento del suo utilizzo nella pi ampia pianificazione economica del comune: il tentativo di instaurare un controllo capillare sui comunia fu parte integrante di un progetto attuato dalle autorit urbane volto a valorizzare tutte le risorse a disposizione. Lo sviluppo dellistituzione comunale e dei suoi uffici, il consolidamento del distretto52, la fondazione di borghi franchi53, nonch le numerose azioni belliche intraprese54 avevano esasperato le esigenze finanziarie: lo sfruttamento delle comunanze fu quindi solo uno degli strumenti, accanto al ricorso a mutui forzosi55 o allesazione del fodro e dellestimo56, per pagare i debiti che venivano a gravare sullamministrazione pubblica. Infatti, se, come si visto nel corso del primo capitolo, almeno dal 1204 il comune faceva regolare ricorso al prestito, sempre pi
51 BAIETTO, Elaborazione di sistemi documentari cit., p. 660. Cfr. inoltre capitolo IV, pp. 164-165. 52 V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-1861, vol. I, pp. 38170; PANERO, I borghi franchi del comune di Vercelli cit., pp. 45-53; ID., Particolarismo ed esigenze comunitarie cit., pp. 73-84. 53 ID., Comuni e borghi franchi nel Piemonte medievale cit. 54 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 38-170; cfr. inoltre A.A. SETTIA, Lesercito comunale vercellese del secolo XIII: armamento e tecniche di combattimento nellItalia occidentale, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 327-355. 55 Una norma statutaria vincolava il ricorso a prestiti forzosi al consenso della credenza (Statuta, 229, p. 170); v. anche MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 97-108. 56 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 94-118; la prima menzione dellestimo vercellese va fatta risalire al 1228 (al riguardo cfr. le osservazioni fatte dal Mandelli in Statuta, p. 241, nonch P. LTKE WESTHUES, in collaborazione con P. KOCH, Die kommunale Wermgenssteuer (Estimo) im 13. Jahrhundert. Rekostruktion und Analyse des Verfahrens in Kommunales Schriftug in Oberitalien. Formen, Funktionen, Uberlieferung, a cura di H. Keller e T. Behrmann, Mnchen 1995, pp. 149-188); con solide argomentazioni Laura Baietto, che prende in esame il sistema di registrazione dellestimo, propone un antecipazione di almeno alcuni anni (BAIETTO, Elaborazione di sistemi documentari cit., pp. 660-663). Cfr. inoltre capitolo IV, pp. 177-179.

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numerosi divennero i suoi creditori in piena et podestarile cittadini vercellesi come Mancoldus de Stripiana57, Pietro Biandrate58, gi incontrato tra i procuratores comunium, e Roberto Avogadro59, ma anche forestieri, come i Mandelli di Milano60 e i Sili di Torino61 e sempre pi difficile il loro pagamento. Per altro verso possibile ipotizzare che il comune urbano, interessato da un forte incremento demografico tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo62, fosse in grado di avvantaggiarsi dellutilizzo delle sue propriet fondiarie al fine di soddisfare, almeno parzialmente, le necessit annonarie della citt. Le esigenze di derrate, infatti, erano mitigate soltanto dalla conformazione pedologica del territorio vercellese, pianeggiante e fertile, sicch le normative statutarie relative al commercio dei grani - salvo alcune disposizioni che prevedevano lo smercio delle eccedenze al di fuori del distretto cittadino durante le buone annate, in determinati periodi dellanno63 - praticavano la tradizionale politica protezionistica nei confronti delle esportazioni: in questo modo ci si voleva tutelare dai rischi di carestia64. Anche a Vercelli esisteva dunque una pianificazione dellapprovvigionamento volta a sopperire ai
Acquisti, I, f. 56 (doc. in data 30 dicembre 1220). Nel 1219, lo stesso anno in cui ricopr lincarico di procuratore, Pietro era creditore dellamministrazione civica per 128 lire di pavesi (Appendice 2). 59 Biscioni, 1/III, doc. 562, pp. 142-143. 60 PC, doc. 387, p. 375; docc. 391-292, pp. 377-378. Al riguardo v. GRILLO, Milano in et comunale cit., p. 261. 61 Biscioni, 1/III, doc. 562, pp. 142-143. A proposito di questa famiglia e della loro attivit feneratizia a Vercelli cfr. oltre, pp. 160-161. 62 G. GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana a Vercelli tra XII e XIII secolo, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 279-320, con particolare riferimento alle pp. 293-298; ID., Uomini e spazio urbano. Levoluzione topografica di Vercelli tra X e XIII secolo, Vercelli 1987, pp. 209-213; F. PANERO, Linurbamento delle popolazioni rurali e la politica territoriale e demografica dei comuni piemontesi nei secoli XII e XIII, in Demografia e societ nellItalia medievale. Secoli IX-XIV, a cura di R. Comba e I. Naso, Cuneo 1994, pp. 401-440. 63 Statuta, 295, pp. 209-210. Sulle politiche annonarie v. F. BOCCHI, Una campagna per la citt: la politica annonaria delle citt emiliane nel Medioevo, in Annali dellIstituto Alcide Cervi, 7 (1985), pp. 65-88 e M. DREWNIOK, Die Organisation der Lebensmittelversorgung in Novara im Spiegel der Kommunalstatuten des 13. Jahrhunderts, in Kommunales Schriftug in Oberitalien cit., pp. 189-215. Essenziale rimane il lavoro di H.C. PEYER, Zur Getreidepolitik oberitalienischer Stdte im 13. Jahrhundert, Zurigo 1949. 64 Statuta, 290, pp. 207-208; 298, pp. 212-213; 330, p. 231. Recenti messe a punto storiografiche sul problema sono contenute, assieme ad unampia bibliografia in G. PINTO, Citt e spazi economici nellItalia comunale, Bologna 1996, pp. 77-96 ed in J.-C. MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XII-XVIII sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34; si rimanda inoltre ai classici studi di E. FIUMI, Sui rapporti economici tra citt e contado nellet comunale, in Archivio storico italiano, 114
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bisogni di una popolazione in crescita, gravata dal 1228 dalla presenza delluniversit, che imponeva al comune la fornitura di 1000 moggi di grano da vendere agli studenti al prezzo di acquisto: proprio linstaurazione in citt dello Studio port ad un inasprimento delle misure statutarie relative allannona e ad una crescita delle esigenze cerealicole65. Lamministrazione urbana vi provvide comprando derrate che venivano fatte confluire nel granaio pubblico66, la cui costituzione forse il segno pi evidente della progettualit del comune vercellese in questo settore. Se si eccettuano i divieti allesportazione dei prodotti alimentari, non giunta testimonianza degli espedienti escogitati dalle autorit cittadine per rispondere a tale domanda67, ma possibile che anche a questa funzione, seppur non primaria, si siano adattati i beni comunali, per mezzo delle ampie pianure di Trino, delle opere di bonifica del mezzano del Cervo68 e di alcuni canoni versati in natura per i terreni del suburbio69.

(1956), pp. 18-68 e di U. GUALAZZINI, Aspetti giuridici della politica frumentaria dei Comuni nel Medioevo, in Scritti in memoria di S. Mochi Onory, Milano 1958, pp. 371-394. Lestensione del divieto di esportazione dei grani in relazione alla politica annonaria comunale ricordato anche in P. RACINE, Poteri medievali e percorsi fluviali nellItalia padana, in Quaderni storici, 61 (1986), pp. 9-32, con particolare riferimento a p. 25. Per una messa in connessione delle politiche annonarie con il problema del patrimonio comunale cfr. invece G. MIRA, Il fabbisogno di cereali in Perugia e nel suo contado nei secoli XIII-XIV, in Studi in onore di Armando Sapori, Milano 1957, pp. 505-517. 65 PEYER, Zur Getreidepolitik cit., pp. 39-40. 66 Lattestazione contenuta nel documento relativo alla fondazione delluniversit, avvenuta nel 1228, in cui il comune si impegn a tenere nella caneva comunis 500 moggi di frumento e 500 di segale che sarebbero stati venduti solo agli studenti al prezzo di acquisto (Biscioni, 1/III, doc. 513, pp. 69-74). Al riguardo cfr. anche R. ORDANO, Listituzione dello studio di Vercelli, in Luniversit di Vercelli nel Medioevo cit., pp. 167-204, con particolare riferimento alle pp. 180; 188 e A.I. PINI, Auri argentique talenta huc ferimus dites: i risvolti economici della presenza universitaria nella citt medievale, ibidem, pp. 205-225, con particolare riferimento a p. 216. Uno studio sul controllo dei comuni sulla produzione annonaria stato eseguito da S. COLLODO, Il sistema annonario delle citt venete: da pubblica utilit a servizio sociale (secoli XIII-XVI), in Citt e servizi sociali nellItalia dei secoli XII-XV, Pistoia 1990, pp. 383-415. 67 Non si pu sapere se, per esempio, lapprovvigionamento dei grani rientrasse nel sistema fiscale cittadino; al riguardo cfr. L. CHIAPPA MAURI, Una impositio blave del 1259 in Lomellina, in Acme, Annali della Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit degli Studi di Milano, 28 (1975), pp. 115-171 e COLLODO, Il sistema annonario cit. 68 Sul valore delle bonifiche comunali allinterno delle politiche annonarie cfr. A. CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria nellItalia comunale. La bonifica della palus comunis Verone,, (1194-1199), in Studi medievali, 15 (1974), pp. 363-481. 69 Per esempio PC, doc. 99, p. 185 ed i fitti pagati per gli appezzamenti del mezzano del Cervo, su cui ci si soffermer in seguito.

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3. Una magistratura per i beni comunali Gi nel 1204 abbiamo visto operante una magistratura costituita al fine di gestire le comunanze: per quellanno sono testimoniati alcuni extimatores comunium, anche se la loro comparsa va probabilmente fatta risalire alla fine del XII secolo70. Nel periodo del trapasso dal consolato alla definitiva fissazione del regime podestarile costoro sono attestati con continuit, ad indicare che lufficio comunale si era ormai affermato: nel 1207 Faxa, Giacomo Leffo e Nicolino de Montenario, furono incaricati di dare in concessione alcuni terreni dellisola Forcalda; lo stesso Faxa, su ordine dei consoli, mise in possesso degli appezzamenti gli affittuari designati71. Nel 1208 il podest Alberto Mandelli assegn in locazione a Ottone Baiguerius e ai fratelli della Torre rispettivamente 11 staia e cinque moggi di prato, stimati da Alberto Scogia e Bartolomeo Musso, extimatores comunium72. A questa magistratura era dunque attribuito il compito di stimare i terreni che il comune voleva concedere in locazione e di determinarne conseguentemente il canone, mentre ai consoli o al podest era conferita lautorit di dare luogo alle investiture. La loro presenza in questo periodo appare legata a casi controversi, in cui si richiedeva la necessit di una misurazione, mentre pi spesso, ad occuparsi della gestione delle comunanze, erano direttamente i rettori cittadini. Le competenze degli estimatori in piena et podestarile vennero rilevate da procuratori con pi ampi poteri: nel 1218 Manuele de Carengo e Corrado Rifferio, procuratores super facto comunium, investirono Pietro Marena di un appezzamento a Trino, in presenza del podest del luogo73. Gi nel 1211 Maifredo de Guidalardis per attestato assieme a Giacomo de Ast come procurator constitutus a potestate Vercellarum super his que comune Vercellarum habet in loco Tridini74. Il passaggio dagli estimatori ai procuratori delle comunanze fu dunque precoce, proprio nei primi anni dalla stabilizzazione del regime podestarile, e si inser in un generale processo di potenziamento degli uffici pubblici e di
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Cfr. capitolo I, pp. 67-72. Biscioni, 2/I, docc. 200-201, pp. 296-298. 72 Biscioni, 2/I, docc. 202-203, pp. 298-300. 73 Biscioni, 2/II, doc. 320, pp. 127-128. 74 Acquisti, I, f. 41.

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sviluppo delle istituzioni cittadine: non casuale che a questo periodo, oltre alla creazione della societ di SantEusebio, risalga forse anche la prima redazione degli statuti75. La nomina di procuratori era usuale in et podestarile e il rettore urbano se ne serviva per le incombenze cui non poteva attendere personalmente; si trattava di un incarico prestigioso, che comportava ampie responsabilit, tanto che una normativa statutaria del 1224 prevedeva che i procuratori, come i castellani e i podest locali, dovessero aspettare cinque anni prima di poter essere rieletti76. Essi avevano a disposizione una camera subtus palacium vel alibi in broleto, dove dovevano recarsi ogni giorno per occuparsi del loro ufficio, erano vincolati da severe norme che ne controllavano la condotta e la spesa del denaro pubblico e facevano redigere gli atti da loro emanati su un apposito liber procuratoris77. La creazione di una magistratura per i beni civici avvenne per quando si scelse di attribuire ai procuratori comunali uno specifico incarico inerente al patrimonio; tale incarico veniva istituito dal podest con lapprovazione della credenza per risolvere questioni particolari, le quali richiedevano unassidua attenzione che egli non poteva garantire. Le inchieste sulle comunanze e il loro affitto - in special modo di quelle di Trino, distanti dalla citt - erano i casi pi ricorrenti, che del resto imponevano unelezione pressoch continua di procuratori. Il loro ruolo veniva dunque stabilito al momento della nomina ed era specificato nel manda75 BAIETTO, La politica documentaria dei comuni piemontesi cit.; P. KOCH, Die Statutengesetzgebung der Kommune Vercelli in 13. Und 14. Jahrhundert. Untersuchungen zur Kodkologie, Genese und Benutzung der berlieferten Handschriften, Frankfurt am Main 1995. Sul nesso tra scritture e maturazione istituzionale del comune cfr. H. KELLER, Gli statuti dellItalia settentrionale come testimonianza e fonte per il processo di affermazione della scrittura nei secoli XII e XIII, in Le scritture del comune. Amministrazione e memoria nelle citt dei secoli XII e XIII, a cura di G. Albini, Torino 1998, pp. 61-94, che offre suggerimenti anche sul caso vercellese e P. CAMMAROSANO, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte, Roma 1991, pp. 136-144. Sullo sviluppo degli uffici comunali in et podestarile v. S. COLLODO, Ceti e cittadinanze nei comuni della pianura veneta durante il secolo XIII, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 313-346; G. TAMBA, Note per una diplomatica del Registro Grosso, il primo liber iurium bolognese, in AA.VV., Studi in memoria di Giovanni Cassandro, Roma 1991, vol. III, pp. 1033-1048; W.M. BOWSKY, Le finanze del comune di Siena. 1287-1355, Firenze 1976, pp. 1-20. Il periodo podestarile a Vercelli vide la comparsa di numerosi nuovi uffici, tra i quali si ricordano, oltre ai notai comunali, gli inquisitori dei banditi e dei loro beni (ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 1 gennaio 1222) ed i collectores e taliatores del fodro (ibidem, doc. in data 25 aprile 1218; Investiture, II, f. 106, doc. relativo allanno 1227). 76 Statuta, 124, pp. 97-99. 77 Statuta, 358, pp. 253-256, norma relativa allanno 1232.

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to: ad terras comuni Vercellarum in Tridino et Tribus Cerris et eorum territorio apertas inquirendas78, ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino79 erano alcune delle incombenze affidate ai procuratori. La terminologia utilizzata per designare questi ufficiali mantenne tuttavia una certa variet, ricorrendo sia allespressione di procurator comunium, sia a quella pi generica di procurator comunis, con specificazione dellincarico (laffitto delle comunanze di Trino o di quelle vercellesi, linchiesta su terreni pubblici) conferito dal podest e dalla credenza80: lufficio comunale aveva assunto una grande importanza, tuttavia il suo ruolo continuava ad essere fluido e ad adattarsi di volta in volta alle esigenze dellamministrazione cittadina. Ad ogni modo in piena et podestarile la magistratura si impose, sicch durante i quasi venti anni intercorsi dalla definitiva affermazione del regime podestarile al 1229 si assistette allelezione di numerosi procuratori, cui fu affidata la cura dei beni comunali: Maifredo de Guidalardis e Giacomo di Ast nel 121181, Corrado Rifferio e Manuele de Carengo nel 121882, Pietro Biandrate e Guala Carraria nel 121983, ancora Pietro Biandrate e Gilio de Guidalardis, Giovanni di Alisio e Uguccione Tetavegia prima del 122084, Mantello Balzola e Nicola Garbagna nel 122085, Buongiovanni Carraria e Zenoardo de Carengo alla fine dello stesso anno86, Uguccione Bondoni nel 122587, Pietro Biandrate e Alberto Bondoni nel 1225 e nel 122688, Alberto Avogadro sempre nel 122689. Le numerose menzioni rinvenute dimostrano sia che lufficio si era affermato come strumento privilegiato per la cura dei beni
Investiture, I, f. 45. Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120. Talora anche per i procuratori in carica in uno stesso anno si assisteva ad un cambiamento di terminologia da atto ad atto: per esempio in Acquisti, I, f. 41 Pietro Biandrate e Guala Carraria vennero definiti procuratores comunium ut debeant inquirere insulas et moltas comunis et comuni retinere, in Investiture, I, f. 55, genericamente procuratores comunis. 81 Acquisti, I, f. 41. 82 PC, doc. 302, p. 313. 83 Acquisti, I, f. 41. 84 Investiture, f. 56; 67. 85 Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120. 86 Investiture, I, f. 45. 87 Biscioni, 2/II, doc. 286, p. 88. 88 Biscioni, 1/III, doc. 465, pp. 9-10; Biscioni, 2/II, doc. 362, p. 172. 89 Biscioni, 1/III, doc. 489, p. 38.
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comunali, sia lattenzione rivolta dal governo cittadino a questo settore, di cui era ormai definitivamente mutata la concezione: in gestione ai procuratores comunium venivano assegnati, oltre agli antichi pascoli suburbani, i terreni fluviali, il mercato delle case, i fondi dei borghi franchi e quelli dei castelli amministrati direttamente. Si trattava dunque di una magistratura con ampie competenze, divenuta ormai ricorrente per la conduzione di un ramo che veniva sentito come dotato di una sua autonomia allinterno delle finanze pubbliche. Negli anni tra il 1218 ed il 1220 essa giunse anche ad assumere una certa stabilit e a superare il suo carattere straordinario: nel 1218 sono attestati con continuit da aprile a novembre gli interventi dei procuratori Manuele de Carengo e Corrado Rifferio nei confronti del patrimonio civico90; nel 1220, da maggio a ottobre, si ha menzione di quelli di Mantello Balzola e Nicola Garbagna91. Dal dicembre del 1220 alla fine del 1221 operarono invece Zenoardo de Carengo e Buongiovanni Carraria92, in ottemperanza ad un mandato evidentemente di lunga durata. Ci nonostante il ruolo dei procuratori poteva sovrapporsi facilmente a quello di altre autorit, poich a costoro poteva sempre sostituirsi il podest vercellese o unaltra figura da lui incaricata: gli uffici comunali nella prima met del Duecento mantennero dunque una certa indeterminazione. Infatti, nel novembre 1211 il podest Uberto Vialta trasfer ad Alberto Tetavegia, podest di Trino, il compito, che ad aprile era stato attribuito ai procuratori93, di assegnare in locazione i fondi di quella localit; la decisione venne confermata nel 1212 e nel 1213 da Bertramo Lampugnani94. Nel 1222 fu invece il rettore cittadino Ugo Praellono a investire gli abitanti di Tricerro dei comunia; tra i testimoni figurava Mantello Balzola, procuratore dei beni comunali nel 122095. Anche nel 1225 i possessi vercellesi a Tricerro venneCfr. per esempio PC, doc. 302, p. 313 e Investiture, I, f. 37. Cfr. per esempio Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120 e DAC, doc. 88, p. 114. 92 Investiture, I, f. 33; 45. 93 Acquisti, I, f. 41. 94 PC, doc. 107, p. 196 per il 1211; ibidem, doc. 109, pp. 198-201 per il 1212; Investiture, I, f. 39 per il 1213: Cum dominus Albertus Tetavegia potestas Tridini foret nuncius constitutus a domino Bertramo de Lampugnano Vercellense potestate [] ad dandas terras et sedimina in Tridino et curte Tridini hominibus habitantibus in predicto loco. 95 Gli atti sono reperibili in Biscioni, 2/II, docc. 288-296, pp. 90-100; docc. 298-306, pp. 102-112; docc. 309-313, pp. 114-119; docc. 343-344, pp. 173-175; molti dei quali con la data errata relativa al 1221.
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ro dati in concessione dal podest, tuttavia in presenza di Uguccione Bondoni, procurator comunis; non chiaro per se lufficio di Uguccione fosse legato alla gestione delle comunanze96. In alcuni casi era invece il chiavaro ad entrare in competizione con i procuratores comunium: se la locazione dei mulini di Trino nel 1226 fu fatta dal podest, con procuratore e chiavaro come astanti97, tre anni dopo fu questultimo a rinnovarla98. Inoltre talora il governo urbano preferiva avvalersi, per situazioni eccezionali, di altre figure: questo il caso di Giovanni de Rugia e di Federico de Cremona, indicati come iudices electi a domino Guillelmo de Mandello potestate, a parte et nomine comunis Vercellarum, super facto terrarum et sediminum pertinencium comuni Vercellarum et reiacencium in Tridino et eius curte et territorio, et in Tribus Cerris et eius territorio, videlicet in condampnandis illis qui iniuste tenebant et absolvendis qui iuste tenebant99. A costoro, pur ricoprendo una funzione simile a quella dei procuratori delle comunanze, era affidato lo svolgimento di cause con gli inquisiti: evidentemente si richiedeva loro una particolare competenza giuridica, che non sempre gli altri ufficiali possedevano, essendo lunico requisito loro necessario lappartenenza alla credenza. Ad ogni modo il loro mandato era a termine: fu svolto nel corso di una sola giornata, il 9 giugno, mentre altri procuratores comunium furono ricordati essere in carica in quello stesso anno100. Rispetto a quella degli estimatori del periodo consolare, lautorit dei procuratori, eletti generalmente in numero di due, era pi ampia: essi erano in grado di condurre personalmente le investiture, senza lintervento del podest, da cui del resto, come abbiamo
96 La documentazione contenuta in Biscioni, 2/II, docc. 286-287, pp. 88-90; doc. 321, pp. 128-129; docc. 323-340, pp. 130-170. 97 Biscioni, 1/III, doc. 489, pp. 37-38. 98 Biscioni, 1/III, doc. 485, pp. 33-34 99 I documenti relativi alle condanne dei due giudici sono collocati in Biscioni, 2/II, docc. 307-308, pp. 112-114 e in Investiture, I, f. 47-71. 100 Si trattava di Mantello Balzola e Nicola Garbagna procuratores comunium et specialiter ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino (Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120); interessante osservare che in un caso i due giudici condannarono anche un affittuario che pot mostrare un atto che attestava uninvestitura fatta da Nicola Garbagna, gi procuratore delle comunanze (Investiture, I, f. 53). Il 21 dicembre dello stesso anno Buongiovanni Carraria e Zenoardo de Carengo vennero eletti dal podest ad terras comuni Vercellarum in Tridino et Tribus Cerris et eorum territorio apertas inquirendas (ibidem, f. 45). Sullattivit dei due giudici cfr. anche PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 52-52.

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visto nellatto del 1219, era partita la delega dei poteri101; inoltre stimavano il valore dei terreni, decretavano lentit dei canoni da corrispondere102, davano il permesso agli affittuari di vendere i beni che avevano ricevuto in locazione103, compivano inchieste104, effettuavano ricognizioni delle propriet comunali105. A costoro spesso era affidata la gestione del patrimonio ubicato sia in citt, sia in tutto il distretto vercellese: ad esempio, nel 1218 Corrado Rifferio e Manuele de Carengo furono nominati procuratores constituti a potestate et sapientibus civitatis Vercellarum super facto comunium et rerum comuni pertinencium tam in Vercellis, quam in Tridino et Tribus Cerris et alibi106. Estesa era la loro area di competenza, che riguardava soprattutto i beni urbani e quelli dellagro, ossia di Trino e Tricerro, ma anche case di propriet comunale ed alcuni castelli, di cui si intraprese una gestione centralizzata: il legame tra procuratori e immobili , infatti, testimoniato da un cittadinatico del 1218, in cui Pietro da Pratomaggiore e i fratelli Alberto e Pietro di Ottone di Giulia di Roppolo giurarono lhabitaculum obbligando unabitazione che avevano acquistato dai procuratores comunium Vercellarum107. Il nesso con i castelli del contado invece attestato in un atto del 1220, in cui lincarico di stimare le terre di Burolo, localit non molto distante da Ivrea, venne conferito a Mantello Balzola e Nicola Garbagna, procuratores comunis108; in quello stesso anno i due erano stati istituiti procuratores comunium et specialiter ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino109. Inoltre nel 1225, alla promessa degli abitanti di Casalvolone che non avrebbero venduto ad altre persone i propri beni, furono testimoni i due procuratori
Acquisti, I, f. 41. Acquisti, I, f. 41. 103 Nel 1218 Corrado Rifferio e Manuele de Carengo diedero il permesso di vendere un appezzamento comunale (Investiture, II, f. 8); nel 1220 i due procuratori delle comunanze Nicola Garbagna e Mantello Balzola erano presenti allatto in cui Alberto Ragia di Tricerro vendette a Pietro Asigliano un terreno comunale (Biscioni, 2/II, doc. 297, p. 101). 104 Acquisti, I, f. 41, documento relativo allanno 1219; Investiture, I, f. 45 (1220). 105 DAC, doc. 88, pp. 114-118. 106 Biscioni, 2/II, doc. 320, pp. 127-128. 107 PC, doc. 302, p. 313. 108 DAC, doc. 88, pp. 114-118. 109 Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120. Pu essere utile un raffronto con lufficio dei procuratori bolognesi, cui era delegata lintera amministrazione economica del comune (TAMBA, Note per una diplomatica del Registro Grosso cit., pp. 1043-1044).
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comunali Pietro Biandrate ed Alberto Bondoni110, che lanno successivo si occuparono dei comunia di Trino e di Tricerro111. A caratterizzare lufficio era comunque il possesso di una procura podestarile che consentiva ai designati di prendere decisioni a proposito delle comunanze: tale operazione di delega si rendeva necessaria data la varia dislocazione dei beni, spesso distanti da Vercelli, ai quali il rettore urbano difficilmente poteva attendere. Conferma ne che nei casi in cui la credenza o il podest elessero ufficiali istituiti ad eseguire solamente misurazioni tecniche o indagini sulla propriet, mentre altra era lautorit che decideva su di esse, questi non assunsero il nome di procuratori, ma quello, di volta in volta, di extimatores o di inquisitores: cos nellaprile 1225, quando il sindaco comunale Pietro Frogerio prese possesso dei beni dei signori di Casalvolone, chiese al podest di eleggere extimatores aliquos qui extiment et michi in solutum dent, nomine comunis, tot de bonis predictorum dominorum112: a tal fine vennero nominati Giacomo de Odemario, Giacomo Tizzoni, Galiano de Ugucione e Buongiovanni Carraria. I medesimi ufficiali occupati in aprile a stimare i fondi di Casalvolone, nellottobre dello stesso anno furono incaricati di misurare alcuni terreni acquistati dal rettore urbano nel borgo franco di Borghetto Po113. 4. Lassegnazione degli uffici relativi ai beni comunali: la professionalizzazione della politica tra popolo e nobilt Gli statuti vercellesi disponevano che ad accedere agli uffici comunali fossero i credenziari, scelti dal podest e dallo stesso consiglio cittadino114, attraverso unelezione a doppio grado in cui era previsto un meccanismo di sorteggio115. Con la riduzione degli
Biscioni, 1/III, doc. 465, pp. 9-10. Biscioni, 2/II, doc. 362, p. 172. 112 Biscioni, 1/III, doc. 469, pp. 13-15. Inquisitores vennero chiamati gli eletti dal podest a ricercare i beni comunali da alienare durante le complesse vicende degli anni 12291231, di cui si tratter in seguito (cfr. capitolo IV, pp. 162-168). Altri estimatori vennero infine eletti nel 1245 (Biscioni, 2/I, doc. 106, pp. 163-168). 113 Biscioni, 1/III, doc. 554, pp. 127-128. quindi possibile che anche in questo caso la carica fosse a durata semestrale o annuale. 114 Statuta, 23, p. 30. 115 Sulle modalit di istituzione degli uffici comunali vercellesi cfr. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 33-37.
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incarichi di governo avvenuta in et podestarile i posti amministrativi, soprattutto quelli legati alla gestione di cospicue ricchezze, cominciarono ad essere particolarmente ambiti per le strategie di affermazione familiare; per altro verso essi divennero decisivi per il controllo della politica urbana ed attirarono lattenzione delle due societ che fecero in modo di spartirseli116. Anche estimatori, inquisitori e procuratori delle comunanze erano dunque cooptati tra i credenziari. Il momento della loro elezione veniva ad essere particolarmente delicato, come evidenziato dalle meticolose norme che ne presiedevano la designazione: gi ci si soffermati sulla centralit dei beni comunali allinterno delle finanze urbane e su come le magistrature addette al loro controllo, soprattutto quella dei procuratori, che su di essi aveva ampi poteri, comportassero una grande responsabilit, acuita dalla possibilit che i designati avevano di compiere malversazioni. Con listituzione definitiva del regime podestarile intervennero cambiamenti anche nella loro nomina: nel 1207 tra gli extimatores poteva avvenire lassegnazione dellincarico ad un individuo di estrazione popolare che probabilmente non aveva avuto modo di partecipare alla credenza, Faxa117, forse perch ancora forte era in quegli anni lazione di supervisione delle fasce meno elevate della cittadinanza sulla questione dei beni collettivi, della cui avocazione al comune, come abbiamo visto nel corso del primo capitolo, erano state le principali artefici. Dopo il 1209 - con la fine dei processi inerenti alle comunanze, con lavvento della societ di SantEusebio, con lintroduzione di restrittive norme sulla designazione degli ufficiali pubblici - estimatori e procuratori vennero invece eletti allinterno del consiglio urbano: in tal modo venne espressa sia la volont di affermazione delle maggiori famiglie vercellesi, che fecero di questa magistratura una prestigiosa tappa del cursus honorum dei loro appartenenti, sia la tendenza ad inquadrare ogni momento della politica cittadina nellattivit delle due societ, che instaurarono cos un controllo capillare su un settore vitale delleconomia comunale. Tutti coloro che rivestirono incarichi legati alla cura delle comunanze erano, infatti, accomunati dallappartenenza alle pi prestigiose casate vercellesi, sia afistocratiche, sia di facoltosi popo116 117

Cfr. supra, pp. 78-79. Biscioni, 2/I, docc. 200-201, pp. 296-298.

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lari: de Guidalardis, Carraria, Avogadro, Bondoni, Calvo, Tizzoni e Tetavegia, in ogni caso erano individui provenienti da gruppi parentali rappresentati con continuit nella credenza cittadina e, quasi sempre, anche nei consolati societari118. Per pochi tra gli eletti non stato possibile tracciare una carriera politica allinterno dellamministrazione comunale, ossia per Maifredo Calvo e per Galiano de Ugucione, membri di famiglie vercellesi aristocratiche119. Forse proprio perch appartenenti a casate numerose e gi ben rappresentate, a costoro fu possibile dedicarsi ad altre attivit: il conferimento dellufficio di procuratore rimase quindi per costoro occasionale, legato a particolari contingenze o alle loro conoscenze tecniche120. Per i pi invece si delinea una costante partecipazione agli incarichi di governo della citt, attraverso unadesione alla credenza cominciata negli anni della giovinezza e continuata pressoch ininterrottamente fino alla morte, passando attraverso nomine di prestigio, ambasciate e consolati di giustizia e societari: questo il caso, per esempio, di Giacomo Durio, di Pietro Biandrate, di Federico de Cremona, di Manuele de Carengo, di Mantello Balzola, di Aichino Salimbene e di tanti altri ancora121. Essi furono dei veri e propri professionisti della politica e dagli uffici comunali furono in grado di trarre, oltre ad una grande considerazione sociale per s e per la propria famiglia, notevoli benefici economici: malgrado non ci siano pervenute le somme loro corrisposte, possiamo ritenere che entrare a fare parte dellamministrazione civica garantisse cospicui introiti122. Numerose norme statutarie regolavano, infatti, gli emolumenti delle magistrature cittadine123 ed un articolo riferibile al 1241 imponeva al podest il loro pagamento124: esso, per essere
Cfr. Appendice 2. Cfr. Appendice 2. 120 Un utile raffronto, seppur per unepoca completamente differente e per una realt lontana, sulla capacit di specializzazione delle famiglie che partecipavano alla politica cittadina pu essere compiuto con M. BERENGO, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1999 (prima ed. Torino 1965), pp. 19-53. 121 Per questi e per altri personaggi cfr. Appendice 2. 122 Gli articoli pervenuti per la remunerazione degli uffici comunali sono contenuti in Statuta, 309, pp. 221-223; 361, p. 257, per quanto concerne i notai; si tratta di due norme relative rispettivamente allanno 1231 e al 1232. Il pagamento degli ufficiali laici che non erano giudici e dei notai che non prendevano parte ai banni era oggetto dellarticolo stilato nel 1242 e contenuto in Statuta, 430, p. 305. I consoli di giustizia nel 1246 venivano pagati 25 lire di pavesi lanno (Statuta, Statuta e documenta nova, 36, p. 429). 123 Statuta, 132-139, pp. 103-105. 124 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 3, pp. 329-330.
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oggetto di tali attenzioni da parte degli statuti, non doveva essere ininfluente sulle finanze pubbliche, tanto pi che gli ufficiali erano in una posizione da cui era facile imbastire malversazioni a danno dellerario urbano125. Forse non sarebbe errato ipotizzare che il fenomeno, verificatosi nel Duecento, di professionalizzazione della politica cittadina, studiato soprattutto per la figura del podest126 e per il ruolo dei notai allinterno dellamministrazione civica127, caratterizzati da competenze tecniche, giuridiche e retoriche, non si sia limitato a costoro, ma si sia esteso, fatte le debite proporzioni, a una parte del gruppo dirigente urbano128: la ricorrenza di pochi nomi tra gli ufficiali pubblici procuratori, sindaci, chiavari, ambasciatori mostra come questi fossero generalmente cooptati allinterno di un ristretto nucleo di credenziari, che veniva a costituire il fondamento della nascente burocrazia comunale129. Possiamo farcene unidea abbastanza precisa ripercorrendo i pi di trentanni di attivit politica di Pietro Biandrate o di Mantello Balzola, entrambi habitu della credenza. Il primo era esponente di spicco del movimento popolare; trascorse la sua carriera tra ambasciate, consolati di giustizia e procure, quattro delle quali dedicate a fatti inerenti ai comunia; Per tali incarichi bisogna ritenere che fossero necessarie conoscenze tecniche e retoriche, che sicuramente vennero valo125 Per la remunerazione degli uffici comunali cfr. A. BARBERO, Unoligarchia urbana. Politica ed economia a Torino fra Tre e Quattrocento, Roma 1995, pp. 231-233 e S. MERLI, con A. BARTOLI LANGELI, Un notaio e il Popolo. Notizie su Bovicello Vitelli cancelliere duecentesco del comune di Perugia, in Bullettino dellIstituto storico italiano per il Medio Evo, 101 (1997-1998), pp. 199-303, con particolare riferimento alle pp. 219-223. Una norma del 1248 prevedeva che dovessero essere eletti quattro inquisitori i quali accertassero che gli ufficiali pubblici non avessero prelevato dallavere comunale pi di quanto era loro consentito (Statuta, 117, pp. 91-92). 126 ARTIFONI, I podest professionali cit. 127 Al riguardo cfr. G.G. FISSORE, Autonomia notarile e organizzazione cancelleresca nel comune di Asti. I modi e le forme dellintervento notarile nella costituzione del documento comunale, Spoleto 1977, pp. 123-184. E. BARBIERI, Notariato e documento notarile a Pavia (secoli XI-XIV), Firenze 1990, pp. 31-39; 157-181. A. BARTOLI LANGELI, La documentazione degli stati italiani nei secoli XIII-XV: forme, organizzazione, personale, in Culture et idologie dans la gense de ltat moderne, Roma 1985, pp. 35-55. MERLI, Un notaio e il Popolo cit. 128 Un suggestivo termine di paragone, seppure relativamente ad un periodo posteriore, pu essere la situazione torinese studiata da BARBERO, Unoligarchia urbana cit., pp. 231252. 129 Sulla burocrazia o meglio protoburocrazia comunale cfr. A.I. PINI, La burocrazia comunale nella Toscana del Trecento, in La Toscana nel secolo XIV. Caratteri di una civilt regionale, a cura di S. Gensini, Pisa 1988, pp. 215-240. Gli uffici comunali di Modena sono oggetto della puntuale analisi di R. RLKER, Nobilt e comune a Modena. Potere e amministrazione nei secoli XII e XIII, Modena 1997, pp. 249-272.

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rizzate quando nel 1234 e nel 1237 divenne podest di Torino e di Novara130. Il secondo fu invece console di giustizia nel 1224; per due volte gli furono delegate indagini sui beni comunali, mentre una volta fu consul molariarum131: egli era evidentemente a suo agio negli uffici che si occupavano della gestione economica132. Il possesso di nozioni specifiche si pu riscontrare anche per Giovanni di Alisio, procuratore delle comunanze e, in unaltra occasione, estimatore dei danni subiti in guerra dallamministrazione vercellese a Torcello: anche in questo caso, come per Pietro Biandrate, alla pratica degli uffici che richiedevano competenze tecniche si abbinava la frequenza della politica cittadina, svolta nel seno del partito nobiliare di cui fu console nel 1210133. Colpisce anche la partecipazione al consolato di giustizia per molti tra coloro che si occuparono del patrimonio civico: tale segnalazione assume tanto maggiore rilievo in quanto si assiste ad unassegnazione sempre pi ricorrente della carica a giudici legati al podest134. La trasformazione della politica urbana in unattivit prestigiosa e ben remunerata che andava creando una propria deontologia accanto allo sviluppo, messo in rilievo da Andrea Degrandi, di uno strato sociale intermedio composto da notai, mercanti e nobili immigrati che si divideva tra le due strutture societarie - pu inoltre favorire la comprensione del fenomeno di permeabilit tra le due societ135. Personaggi come Martino Bicchieri, Manuele de Carengo e Giacomo Durio, per ceto e forse anche per mentalit pi vicini alla politica della nobilt, poterono ricoprire il consolato di Santo Stefano136 poich lassociazione popolare necessitava di personaggi esperti nella gestione della cosa pubblica per attuare le sue istanze. La scelta di Santo Stefano da parte di alcuni milites fu dunque agevolata sia dal clima di contrapposizione tra le due
Appendice 2. Su tale magistratura cfr. capitolo III, pp. 144-151. 132 Appendice 2. 133 Appendice 2. Sempre nel 1210 Giovanni sorvegli a nome del comune vercellese le operazioni di costruzione del borgo nuovo di Piverone (Il libro rosso del comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914 (BSSS, 74), doc. 158, pp. 142-143). 134 Per esempio il milanese Girardo Cagapisto, segnalato nel 1229 (ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 7 dicembre 1228) e Cazulo, giudice nel 1230 (ibidem, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 28 maggio 1230). Anche alcuni tra coloro che rivestirono incarichi legati alla cura delle comunanze erano giudici, per esempio Federico de Cremona, Aichino Salimbene, Giacomo de Rugia e Giacomo Sperlinus (cfr. Appendice 2). 135 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 62. 136 Cfr. Appendice 2.
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societ, che tuttavia non era ancora deflagrato in forme violente, sia dalla presenza, tra i consoli del populus, di individui pi schiettamente popolari che erano in grado di controllarne loperato137. Lindividuazione di unoligarchia politica accomunata dalla partecipazione agli uffici comunali e dalla discendenza dalle maggiori casate vercellesi non implic necessariamente unincipiente omologazione cetuale, rimanendo inalterato lo stato di divisione radicato nella societ cittadina138. Lanalisi della provenienza familiare degli eletti alle magistrature urbane inerenti alla gestione dei beni comunali lascia intravedere il tentativo da parte delle associazioni di Santo Stefano e di SantEusebio di imporre un rigido controllo su questo settore. In linea con la consuetudine di dividersi gli uffici, i procuratori cui venivano affidati gli incarichi pi delicati avevano in genere strette relazioni con le due societ. Per la quasi totalit delle coppie di procuratori pervenuteci dunque possibile contrapporre un individuo legato allorganizzazione popolare ad un altro vicino a quella nobiliare139: per il 1211 Maifredo de Guidalardis, pi volte console di SantEusebio e tra i personaggi eminenti della fazione dei milites, era accompagnato da Giacomo de Ast, console di Santo Stefano lanno precedente ed appartenente ad una discendenza aristocratica schieratasi con decisione nelle fila del movimento popolare140. Dei procuratori del 1218 Corrado Rifferio era legato alla parte pi intransigente del populus; Manuele de Carengo, al contrario, era stato console di SantEusebio nel 1214141. Pietro Biandrate divise tre procure con Guala Carraria nel 1219, per due volte console di SantEusebio, con Gilio de Guidalardis prima del 1220 e con Alberto Bondoni
137 Efficace losservazione del PEYER, Zur Getreidepolitik cit., pp. 14-15, che alle visioni oligarchiche di Ottokar ribatteva, sulla scorta del Doren, che tuttavia anche nei partiti moderni si mostrano spesso sorprendenti incongruenze tra i fini istituzionali e la posizione sociale dei membri che ne fanno parte. 138 Il riferimento ancora a BARBERO, Unoligarchia urbana cit., pp. 24-30. 139 Questi meccanismi di spartizione del potere sono stati evidenziati anche da BARBERO, Unoligarchia urbana cit., ricordando che lAutore si confrontato con unepoca differente: la coloritura sociale che presiedeva alla contrapposizione delle associazioni di parte per la quale, relativamente al caso vercellese, si rimanda al primo paragrafo di questo capitolo facilmente dimostrabile per il XIII secolo, mentre diviene di pi difficile interpretazione per il XIV ed il XV secolo. 140 Appendice 2. 141 Appendice 2. Tuttavia la figura di Manuele de Carengo abbastanza ambigua: proveniente da una famiglia tradizionalmente legata alla societ popolare egli, pur essendo stato console anche di Santo Stefano, sembra aderire alla fazione nobiliare.

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nel 1226, tutti e tre legati ai milites vercellesi142. Per lanno 1220 lufficio fu affidato al popolare Mantello Balzola e al nobile Nicola Garbagna143; pochi anni prima esso era stato gestito da Uguccione Tetavegia, appartenente ad una delle famiglie di spicco della societ di Santo Stefano, e da Giovanni di Alisio, console di SantEusebio nel 1210 e proveniente dalla nobile casata dei De Benedetti144. Dai Tetavegia discendeva anche Roberto, che nel 1230 fu rector istituito alla ricerca dei beni comunali assieme ad Aichino Salimbene: i due erano accomunati da unaltra caratteristica, essendo stati entrambi consoli societari, rispettivamente di Santo Stefano e di SantEusebio, lanno precedente145. Pi difficile intuire come fossero collocati i procuratori del 1220, Buongiovanni Carraria e Zenoardo de Carengo, considerata loscillazione dei due gruppi parentali tra fazione nobiliare e fazione popolare146: se i Carraria sembrano, salvo poche eccezioni, schierarsi con i milites probabile che Zenoardo, console della societ di Santo Stefano nel 1213, aderisse alle fila del populus147. Il medesimo modello interpretativo pu essere esteso ai quattro estimatori delle terre di Casalvolone nel 1225, Giacomo de Odemario, Giacomo Tizzoni, Galiano de Ugucione e Buongiovanni Carraria, legati a Santo Stefano i primi due, a SantEusebio i secondi148. Questa chiave di lettura in linea di massima resta valida anche per le operazioni che precedettero la liquidazione dei beni pubblici durante i movimentati anni 1229-1231, di cui ci si occuper pi approfonditamente nel capitolo seguente: dei 12 sapientes preposti allestimazione delle comunanze, vicini al populus erano Mantello Balzola, Enrico Leffo, Sarzano, Pietro Biandrate e Maifredo Calvo, mentre al partito dei milites facevano riferimento Flamengo Bigurracane, Giulio de Ugucione, Uberto de Saleta, Giacomo da Robbio, Uguccione Bonello149. Ambigua era invece la posizione di Giacomo Durio e Martino Bicchieri, entrambi nobili, che tuttavia avevano rivestito il consolato della societ di Santo Stefano150.
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Appendice 2. Appendice 2. 144 Appendice 2. 145 Appendice 2. 146 Cfr. ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 273-274. 147 Appendice 2. 148 Appendice 2. 149 Appendice 2. 150 Appendice 2. Probabilmente ai popolari faceva riferimento Giacomo Durio, poich

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Le due associazioni regolavano tutti i momenti della vita dellamministrazione cittadina. Ancora una volta occorre insistere sul significato di tale esclusivit: il riconoscimento da parte degli statuti delle due sole strutture societarie di Santo Stefano e di Santo Eusebio era il sistema con cui i Vercellesi erano riusciti a convogliare e controllare le differenti istanze politiche presenti nel corpo civile151. La contrapposizione delle due associazioni, se da un lato contribu ad una qualificazione professionale dei suoi esponenti, dallaltro non fu un espediente per lemarginazione dal governo comunale di alcuni raggruppamenti della cittadinanza vercellese, quanto laccesso istituzionale alla vita politica che tutti i cives avevano a disposizione. Il successo di tale sistema nel mantenere i termini del contrasto tra milites e populus inscritti nei meccanismi previsti dalla dialettica politica fu forse condizionato positivamente da circostanze particolari tra cui il periodo di espansione del comune, che fece probabilmente da collante per lintera cittadinanza. 5. In curia Vercellarum: lappalto del mezzano del Cervo Unutile angolatura per comprendere ed osservare da vicino la politica del governo cittadino sui beni comunali offerta dallanalisi delle vicende che riguardarono il mezzano - ossia un territorio il quale viene semplicemente circuito da un braccio del fiume, che indi ritorna a confluire nellalveo principale152 - di cui esso era proprietario sul Cervo. La documentazione, relativa allanno 1207, particolarmente interessante, poich mostra il comune al passaggio tra fase consolare e governo podestarile, nel momento in cui, seppur non ancora in modo compiuto, gi stava delineando il suo atteggiamento nei confronti del patrimonio civico. Per altro verso occorre ricordare che in questo periodo le comunanze erano
egli, pur essendo nobilis e pi volte a capo di SantEusebio, nello stesso anno dellelezione fu console di Santo Stefano. 151 Probabilmente al 1224 risaliva una norma che irrobustiva la presenza delle societ nella credenza, vietando per la creazione di altre associazioni al di fuori delle due esistenti e di quelle di mestiere (PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit., p. 81; DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 63-64). 152 A. SOLMI, Le diete imperiali di Roncaglia, il diritto di regalia sui fiumi e le accessioni fluviali, in ID., Studi storici sulla propriet fondiaria nel Medio Evo, Roma 1937, pp. 117211, con particolare riferimento alle pp. 152-153.

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ancora oggetto di forti discordie tra milites e populus, il quale continuava a detenere un ruolo propulsivo nel controllo del loro effettivo passaggio allamministrazione civica: i processi che coinvolgevano i beni collettivi, dividendo la cittadinanza, non erano infatti ancora terminati. Soprattutto, per, bisogna evidenziare che quello preso in considerazione fu uno dei primi organici progetti di sfruttamento dei comunia da parte del governo vercellese. Le vicende dellappalto del mezzano, consistente in una superficie probabilmente di trenta o quaranta ettari153, se pure non riescono a rendere conto dellimpatto che i possedimenti comunali avevano sulleconomia cittadina, possono tuttavia offrire suggestioni sulle finalit dei rettori vercellesi. Esso era sito presso la porta Aralda, immediatamente al di fuori della nuova cinta muraria, in una zona particolarmente soggetta al rischio delle inondazioni, spesso rovinose, del Cervo154: sebbene i documenti siano reticenti, non avendo lasciato tracce di processi per i beni di questarea, verosimile che le autorit urbane se ne fossero impadronite durante le operazioni di avocazione dei terreni fluviali intraprese nel 1202155. Queste terre il 19 novembre 1207 vennero date in affitto alla presenza dei consoli da quattro estimatori istituiti dal comune infictuariando terram de mezano Sarvi ante portam Airaldi, i popolari Alberto Scogia e Leonardo Pancagno e i nobili Uberto de Albano e Bartolomeo Musso156: alla vigilia del definitivo passaggio al regime podestarile gi iniziavano a delinearsi i sistemi di designazione degli uffici comunali che si visto essere caratteristici della prima met del Duecento. Gli estimatori procedettero a dividere il mezzano in appezzamenti abbastanza regolari, con estensione minima di un moggio
153 La somma della superficie delle parcelle documentate dai contratti di investitura del 1207 ammonta a 16 moggi e mezzo, poco pi di cinque ettari, tuttavia si fa riferimento a nove confinanti per cui non ci sono pervenute investiture, che, tenuta valida lestensione media di due moggi ad appezzamento, farebbero circa raddoppiare larea complessiva. A questo dato bisogna aggiungere i 78 moggi, 26 ettari, detenuti da Martino Butigia et consortes, nominati nelle operazioni di confisca effettuate dal comune nel 1230 (Biscioni, 1/III, doc. 228, pp. 315-316). 154 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, pp. 55-56. Cfr. anche GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana cit., p. 293. Nella concessione del locus di un mulino dietro la chiesa di S. Eusebio si ricordavano le expensas in laborerio facto ad defentionem muri civitatis quem Sarvus destruabat (HPM, Chartarum, Torino 1836, II, doc. 1579, coll. 1077-1078). 155 Cfr. capitolo I, pp. 51-52. 156 Cfr. Appendice 2.

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(circa un terzo di ettaro) e massima di quattro, che poi assegnarono ai diversi affittuari157. I beneficiati dagli otto atti di investitura pervenuti - salvo Pietro Moncravello158 e lestimatore Uberto de Albano159, che forse grazie alla sua carica riusc ad avvantaggiarsi Tabella CONCESSIONARI Abate di Golzano Giacomo de Mercato Perrono ferrarius de rua Ferraria Uberto de Albano Stefano tabernarius Arduino fornaio Amico fornaio Pietro Moncravello
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CONFINANTI Nicola de Molino Berardo Calcinaria Guido de Meleto, Uberto de Albano Guido de Meleto, Riccardo Giacomo de Mercato, Vercellino Boverio Guglielmo de Agamio, Giovanni spadaio Amico fornaio, Pietro Moncravello Non specificati Giovanni de Bellino, Arduino fornaio

AREA 12 staia 2 moggi 1 moggio 2 moggi 2 moggi 4 moggi 1 moggio 2 moggi

I documenti si possono rinvenire in PC, docc. 72-79, pp. 150-160. Nel 1211 i Moncravello detenevano dei possessi in Biandrate e Azeglio in feudo dagli Alciati (HPM, Chartarum, II, doc. 1737, coll. 1260-1261). Guglielmo e Giovanni furono canonici allinizio del XIII secolo (ACV, Atti privati, cartelle XI-XII, docc. in data 11 giugno 1200; 8 ottobre 1203); Giovanni nel 1213 fu console di SantEusebio (Acquisti, I, f. 72). Pietro nel 1218 subaffitt lappezzamento a Enrico de Donato (Investiture, I, f. 37). Lo stesso Pietro, figlio di Giovanni, divenne successivamente converso dellospedale di S. Spirito (G. FERRARIS, I fratres et sorores de karitate e la fondazione dellospedale di S. Spirito di Vercelli (1214), in Bollettino storico vercellese, 54 (2000), pp. 47-67, con particolare riferimento a p. 61; cfr. anche ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, Pergamene, doc. in data 3 agosto 1240). 159 Cfr. Appendice 2.

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delle designazioni dei suoi colleghi - erano tutti popolari, di cui quattro artigiani160. Tale indicazione confermata anche dallindividuazione dei confinanti: costoro erano di umile estrazione sociale; in particolare vi era una cospicua presenza di provenienti dal mondo delle arti161. Il comune scelse dunque una precisa strada: ripartendo larea in piccoli appezzamenti e affidandoli a personaggi popolari cercava una controparte debole, che non potesse preoccuparlo con eventuali rivendicazioni di propriet; in questo periodo, infatti, non essendo ancora terminate le cause, si respirava unatmosfera di incertezza riguardo ai beni comunali. Per altro verso esso intraprendeva una politica favorevole al populus, il raggruppamento sociale che pi lo aveva sostenuto nellincameramento delle comunanze. Inoltre nella met dei contratti pervenuti presente la clausola ad vineam plantandam et ad vineam retinendam162: i concessionari non erano solo tenuti ad impiantare la vite, ma anche a conservarla, in previsione degli eventuali danni provocati dalle piene del Cervo. Infatti, la zona del mezzano, ubicata a ridosso delle mura cittadine, gi in precedenza era stata danneggiata dallirruenza del fiume163. Il comune in questo modo cerc forse di attuare un progetto di bonifica delle terre del mezzano: esso, infatti, spingeva allaumento della superficie coltivata in un periodo di espansione demografica, favorendo lafflusso in citt di maggiori
160 In tal senso si creduto di interpretare la presenza di quattro personaggi le cui designazioni cognominali rimandano al mondo dei mestieri. Per costoro del resto non stato possibile riscontrare n un legame con casate nobiliari, n una tradizione politica consolidata. Inoltre per Amico fornaio lattivit connessa al mondo dei mestieri rinvenibile nel suo testamento relativo al 1212 (ACV, Sommario delle carte dellarchivio capitolare di S. Eusebio. Parte II, Registro di mano moderna, f. 258). 161 Cfr. tabella. Di un certo rilievo la presenza di Giovanni de Bellino, appartenente ad una famiglia di notai comunali (Guglielmo rog per il comune nel 1202 in PC, doc. 27, p. 56, Nicola esercit tale professione nel 1221: ibidem, doc. 43, p. 90); rog per il comune anche il notaio Guido de Meleto (ibidem, doc. 91, p. 176), anchegli proveniente da un gruppo parentale che esercitava la professione notarile (in Acquisti, I, f. 10 e Investiture, I, f. 37 sono ricordati i notai Nicola e Giacomo de Meleto). Su artigiani e propriet immobiliare cfr. invece DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 155-163. 162 La clausola presente in PC, docc. 73-76, pp. 151-156. Sulla coltivazione della vite e sulle relative tipologie contrattuali cfr. Vigne e vini nel Piemonte Medievale a cura di R. Comba, Cuneo 1990, in special modo il saggio contenuto nello stesso volume di F. PANERO, Levoluzione dei patti agrari e la viticoltura nellAlbese fra la met del secolo XII e la met del Quattrocento, pp. 113-141. 163 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, pp. 55-56.

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quantit di un bene di prima necessit, il vino, facilmente trasportabile grazie alla vicinanza dei terreni a Vercelli164. Tale tentativo ebbe un esito positivo, poich, nel corso di unoperazione di recupero dei beni di pertinenza comunale avvenuta nel 1230, vennero menzionati anche alcuni fra gli appezzamenti siti nellarea presa in considerazione: due di essi vennero indicati come vinea e un altro come terra culta165. Dunque, anche nel caso vercellese lo sfruttamento delle comunanze ben si attaglia alle osservazioni di Andrea Castagnetti e di Pierre Racine, che hanno inteso sottolineare come lattenzione delle autorit pubbliche alle opere di bonifica fosse volta ad ottenere un migliore sfruttamento del suolo166. La preoccupazione di garantire alla popolazione urbana derrate alimentari da immagazzinare nei granai cittadini non esulava dai propositi comunali. Infatti, unaltra caratteristica accomuna tutte le investiture stipulate: la riscossione di un canone in natura, pari a circa uno staio di segale per ogni moggio di terra dato in concessione, una somma non molto al di sotto della media dei fitti registrati per il Vercellese167. Le terre del mezzano non erano n estese, n fertili e certamente non potevano garantire molte staia di cereali168; tuttavia esse erano in grado di offrire alle esigenze
164 PINTO, Citt e spazi economici cit., pp. 80-85; sulla legislazione statutaria nei confronti del vino cfr. R. GRECI, Il commercio del vino negli statuti comunali di area piemontese, in Vigne e vini nel Piemonte medievale cit., pp. 245-280, dove viene preso in esame anche il caso vercellese, di cui si evidenzia la capacit di istituire ufficiali comunali delegati alluopo. 165 Biscioni, 1/III, docc. 223-224, pp. 316-317; doc. 229, pp. 309-311. 166 CASTAGNETTI, Primi aspetti di politica annonaria cit.; RACINE, Poteri medievali cit., pp. 24-25. 167 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 176-177, prende come riferimento il fitto di mezzo staio di segale e mezzo di frumento per moggio (41 litri per 33 are). Manca un accordo in sede storiografica su quali canoni possano essere ritenuti congrui: in area lombarda G. CHITTOLINI, I beni terrieri del Capitolo della Cattedrale di Cremona, in Nuova rivista storica, 49 (1965), pp. 213-274, con particolare riferimento a p. 247, pur ricordando come i fitti vadano considerati unitamente al tipo di contratto utilizzato, accettava le stime del Torelli, il quale riteneva congrui canoni di uno o due staia di frumento per biolca (1,12,4 ettolitri per ettaro), nonch quelle del Romeo di quattro o cinque quartari per pertica (circa sette are). Gi G. MOLTENI, Il contratto di masseria in alcuni fondi milanesi durante il secolo XIII, in Studi storici, 22 (1914), pp. 176-232, con particolare riferimento a p. 199, stabiliva due o tre staia per pertica come un canone assai cospicuo. F. MENANT, Campagnes Lombardes au Moyen ge, Roma 1993, pp. 339-345, ritiene comuni i canoni di 1\4, 1\2 staio per pertica che a suo avviso non lasciavano grandi risorse ai coltivatori. Sebbene i calcoli siano stati generalmente effettuati sul frumento, che ha una resa minore rispetto ad altri cereali, in base a questa rassegna i canoni vercellesi potrebbero essere ritenuti congrui. 168 Le otto investiture a nostra disposizione prescrivevano la consegna di circa 22 staia per circa cinque ettari di terreno.

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annonarie urbane un contributo, che poteva essere reso ancor pi consistente dalla presenza di altri fondi gestiti secondo le stesse modalit. Ad ogni modo, ancor prima della significativit delle cifre complessive, occorre rilevare la sensibilit verso queste problematiche da parte del comune, che dispieg una politica consapevole ed attenta, in un periodo di forte pressione popolare, alle richieste dei ceti meno abbienti: comunanze, populus ed approvvigionamento cittadino anche nel caso vercellese risultarono un trinomio difficilmente scindibile169. 6. Le case ed il mercato immobiliare Tra i beni immobili di propriet comunale hanno lasciato numerose tracce documentarie le case. Anchesse furono talvolta sottoposte allautorit dei procuratores comunium sicch a pieno titolo venivano incluse dal governo podestarile tra le comunanze170. Il loro vasto utilizzo da parte delle autorit urbane non rispondeva per solo ad esigenze economiche: di edifici lamministrazione aveva una necessit costante per molteplici scopi. Gi dal 1190 i consoli procedettero allacquisto di alcune case sulle quali venne costituito il palazzo comunale171: esso venne ampliato tra il 1203 ed il 1208 con una serie di cospicue compere, che mise il comune in possesso di una dimora con torre appartenuta ai de Guidalardis e di alcune abitazioni confinanti172. Tale operazione avvenne sotto legida dei primi governi podestarili e segn la definitiva emancipazione dellistituzione comunale dallingombrante tutela dellaristocrazia consolare173. I rettori cittadiMAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne cit. PC, doc. 302, p. 313. Un atto del 1204 inerente ad un sedime venne copiato dai redattori dei Pacta et conventiones in un quaternus comunium con lesplicita dizione di carta comunium (ibidem, doc. 64, pp. 138-139). 171 Biscioni, 1/II, docc. 120-121, pp. 61-65. 172 Biscioni, 1/II, docc. 199-203, pp. 42-47; doc. 209, pp. 51-52; docc. 215-217, pp. 58-61. Sulla costruzione del palazzo comunale vercellese cfr. R. ORDANO, Le torri pi antiche di Vercelli e la torre del comune, in Bollettino storico vercellese, 17 (1988), pp. 44-49; C. TOSCO, Potere civile ed architettura. La nascita dei palazzi comunali nellItalia nord occidentale, in BSBS, 97 (1999), pp. 513-545, con particolare riferimento alle pp. 516-518. 173 Cfr. P. RACINE, Les palais publics dans les communes italiennes (XII-XIIIe sicles), in Le paysage urbain au moyen ge, Lione 1981, pp. 133-153; G. SOLDI RONDININI, Evoluzione politico-sociale e forme urbanistiche nella Padania dei secoli XII-XIII: i palazzi pubblici, in La pace di Costanza 1183. Un difficile equilibrio di poteri fra societ italiana ed impero. MilanoPiacenza, 27-30 aprile 1983, Bologna 1984, pp. 85-98; G. GARZELLA, Ledilizia pubblica
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ni si mostrarono intraprendenti in questo settore, sicch altri edifici vennero comprati nel 1196 e nel 1197174 e, successivamente, nel 1214: questultimo fu dato in prestito alla societ di SantEusebio175. Queste acquisizioni, se erano servite allenucleazione di un primo patrimonio immobiliare del comune, tuttavia non avevano risposto a finalit economiche, quanto al miglioramento della struttura amministrativa pubblica. Un altro fenomeno aveva interessato il mercato immobiliare sul finire del XII secolo e nei primi decenni del XIII, contribuendo a cambiarne la fisionomia: in quel periodo Vercelli aveva visto limmigrazione di numerose famiglie provenienti dal contado, di cui rimasta testimonianza in circa 1700 giuramenti di cittadinatico; essa era stata incoraggiata dal comune nellambito della sua politica di controllo territoriale176. Dal 1210 le norme inerenti allhabitaculum previdero che i nuovi abitanti al momento del giuramento obbligassero allamministrazione civica una casa: essa doveva sempre restare a disposizione di questultima e passare in suo possesso qualora gli inurbati avessero deciso di abbandonarla. Si trattava di una misura presa dal comune nellintento di vincolare i cittadini alla residenza e di garantirsi limposizione fiscale177. Giuseppe Gullino ha rilevato una notevole disparit nelle somme relative agli edifici impegnati, ipotizzando che essa fosse dovuta alla qualit degli elementi caratterizzanti le strutture abitative, ma anche allintromissione del comune nella valutazione, effettuata in base a ceto, censo o provenienza178. Si era dunque verificato un massiccio intervento del governo podestarile in campo immobiliare, che comportava un dispiego di capitali e, conseguentemente, una costante attenzione da parte delle autorit cittadine. Il comune non tard ad intuire le prospettive economiche che offriva il settore, facendo inserire una norma statutaria, purtroppo non datata, che arrogava lo sfruttamento delle case requisite a procomunale in Toscana, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 293-311; P. GRILLO, Spazi privati e spazi pubblici nella Milano medievale, in Studi storici, 39 (1998), pp. 277289. 174 Biscioni, 1/II, doc. 207, pp. 50-51; Biscioni, 1/III, doc. 516, p. 78; HPM, Chartarum, II, doc. 1683, coll. 1179-1180. 175 Biscioni, 1/II, doc. 214, pp. 57-58. Acquisti, I, f. 10. 176 GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana cit., p. 280. 177 GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana cit., pp. 286-291. 178 GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana cit., pp. 297-298.

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prio vantaggio179. Queste ultime nei primi decenni del XIII secolo erano notevolmente aumentate: gi nel 1204 i consoli avevano avocato alla mano pubblica unabitazione nella vicinia di S. Maria, appartenuta a Guglielmo Rapizza180; nel 1207 il miles iusticie Cassina entr in possesso di altre due case presso la chiesa di S. Salvatore181. Essendosi incrementato il patrimonio immobiliare cittadino assieme alla sua redditivit182, se ne complic anche la gestione: essa venne migliorata trasferendola sotto la giurisdizione dei procuratori delle comunanze. Comunia venivano, infatti, considerate le case: significativa la scelta dei redattori del libro dei Pacta et conventiones di porre accanto alla requisizione di unabitazione la rubrica carta comunium183. Ad ogni modo, sebbene le sopravvivenze documentarie non consentano di delineare laspetto remunerativo dello sfruttamento degli immobili confiscati184, questo settore rimase piuttosto vincolato alle esigenze di controllo del territorio e dellimmigrazione. Esemplificativo al riguardo lacquisto di una casa in hora Sancti Michaelis eseguito dal podest Ugo Praelloni il 18 marzo 1232; lo stesso giorno essa venne ceduta in affitto ad un osbergarius milanese185. Pi che agli interessi del mercato immobiliare, loperazione rispondeva alla volont del comune di impiantare in citt una ricercata attivit artigianale186.

Statuta, 253, pp. 184-186. PC, doc. 64, pp. 138-139. 181 PC, doc. 344, p. 344. 182 Sulle possibilit di arricchimento offerte dal mercato immobiliare cittadino cfr. E. SAITA, Case e mercato immobiliare a Milano in et visconteo-sforzesca (secoli XIV-XV), Cassina de Pecchi 1997. 183 PC, doc. 64, p. 138. 184 La testimonianza pi interessante riguarda lalienazione di una casa effettuata dai procuratori delle comunanze, senza che per ne venisse indicato il prezzo di vendita (PC, doc. 302, p. 313). 185 Biscioni, 1/II, docc. 225-226, pp. 68-74. 186 Lepisodio ricordato da SETTIA, Lesercito comunale vercellese cit., p. 333; sulle direttive comunali volte a favorire lo sviluppo economico cittadino cfr. C.M. CIPOLLA, Storia economica dellEuropa pre-industriale, Bologna 1974, pp. 91-92.
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7. Il comune e il contado: le terre di Trino e di Tricerro Lacquisto del territorio di Trino, sito a nord del Po, da parte dei consoli vercellesi dal marchese Bonifacio di Monferrato avvenne nel 1202, alla vigilia della partenza di questultimo alla volta della Terrasanta: loperazione, dietro la quale possibile intravedere un prestito mascherato, fu concertata da tutte le forze politiche cittadine ed impegn a fondo lerario pubblico, costretto a versare 7000 lire di pavesi ai procuratori marchionali187. Con essa il comune entr in possesso della giurisdizione su un territorio da un punto di vista politico estremamente importante, ma anche delle ampie risorse allodiali degli Aleramici in questarea e delle terre collettive del luogo188. Il governo urbano si trov quindi a disporre di consistenti beni fondiari, caratterizzati da appezzamenti pianeggianti dominati dal coltivo e dal bosco: per essi dal 1211 - cio dopo che scadde la clausola di riacquisto che il marchese di Monferrato aveva inserito nel contratto di vendita e probabilmente in connessione con la maggiore maturit dellistituzione comunale -, cominci ad elaborare un organico piano di sfruttamento189. Francesco Panero ha mostrato in maniera convincente che lattenzione delle autorit cittadine nella gestione dei nuovi possedimenti, sebbene questi ultimi fossero potenzialmente idonei ad una valorizzazione annonaria, fu volta piuttosto al consolidamento del controllo del territorio: tra il 1210 ed il 1212 Trino fu dichiarato borgo franco, con il proposito di assicurarsi la fedelt degli abitanti in vista di un possibile colpo di mano da parte degli Aleramici190, che in quegli anni avevano intentato contro i Vercellesi un processo per usura presso la Santa Sede191. Per incrementare la consistenza demica del luogo, essenziale per il suo rafforzamento e per una migliore difesa, dal 1211 si procedette alla
187 RAO, Tra comune e marchese cit., pp. 46-59; PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 36-38. 188 Il comune allacquisto richiese esplicitamente la titolarit su comunibus et comunanciis (Biscioni, 1/I, doc. 95, p. 203); non tuttavia semplice determinare se tali estensioni continuarono a essere caratterizzate da un utilizzo collettivo oppure, come stava avvenendo negli stessi anni in citt, fossero state ridotte ad appezzamenti dati in affitto. probabile che esse rimasero propriet comuni, poich non mancano attestazioni nella documentazione posteriore di usi civici (cfr., ad esempio, C. SINCERO, Trino, i suoi tipografi e labazia di Lucedio. Memorie storiche con documenti inediti, Torino 1897). 189 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 155-177. 190 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 41-47. 191 RAO, Tra comune e marchese cit., pp. 51-53.

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concessione delle terre di propriet comunale a condizioni particolarmente favorevoli192. Al fine di incoraggiare il popolamento del borgo franco vennero, infatti, messi a disposizione degli abitatori appezzamenti dellestensione media di un manso circa dieci ettari - per un canone annuo esiguo, 20 soldi, che rispondevano ad un valore ricognitivo piuttosto che reale193. Nel 1220, al fine di minare ulteriormente le basi della fazione monferrina presente nella localit, il comune, dopo avere requisito a numerosi concessionari le terre di sua propriet, patrocin limmigrazione di 32 famiglie comasche: tra gli obblighi dei nuovi abitanti spicca quello della fedelt militare alla citt. Dal 1218, a condizioni simili, Vercelli diede luogo allassegnazione dei suoi estesi fondi nel neonato borgo franco di Tricerro, della cui giurisdizione si era impadronita nellambito dellacquisto di Trino194. Al di l del prevalere dellinteresse politico su quello economico nello sfruttamento delle terre di cui il comune era entrato in possesso, occorre rilevare che sia per la loro estensione - almeno 1289 ettari di terreno195 -, sia per il cospicuo reddito che comunque garantivano196, esse costituivano beni di rilievo eccezionale tra le propriet di Vercelli e, proprio a causa della loro importanza, richiedevano una gestione accurata da parte dellamministrazione urbana. Inoltre, rispetto ai beni comunali siti nel suburbio, erano distanti dalla citt ed era difficoltoso per il podest attendervi in maniera continua: si rendeva necessaria una delega di poteri che garantisse una supervisione meticolosa dei fondi di Trino e di Tricerro, a maggior ragione considerata la loro funzione politica. Inizialmente la scelta dei rettori urbani rimase divisa tra due autorit, che si spartirono la gestione delle terre: il podest del luogo, scelto da Vercelli, e appunto - i procuratores comunium. Questi ultimi prevalsero infine, imponendosi definitivamente nella gestione delle terre trinesi tra il 1215 e il 1220197. Assegnando a costoro lamministrazione dei possedimenti, il comune cerc linserimento dei redditi trinesi in una pi ampia pianificazione ecoPANERO, Due borghi franchi padani cit., p. 43. PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 67; 176. 194 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 47-64. 195 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 155-156. 196 PANERO, Due borghi franchi padani cit., p. 176. 197 Per la trattazione di questi problemi rimando a RAO, La propriet allodiale civica cit., pp. 390-392.
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nomica centralizzata che ne garantisse una maggiore resa198. Si pu rintracciare laffermazione di questo indirizzo nella progressiva mutazione dei canoni, che, pur rimanendo estremamente favorevoli ai coloni, tesero al rialzo: essi, rispetto alle condizioni iniziali, erano pressoch raddoppiati verso il 1225, passando dagli otto ai 16 denari pavesi per moggio199. La decisione di mantenere invariati alcuni contratti ad quartum, probabilmente ereditati dalla precedente amministrazione marchionale, pu invece fare pensare ad unattenzione alle esigenze annonarie urbane200, cui, come si visto, il comune vercellese non era alieno. Se lentrata dei possedimenti del contado nellamministrazione centralizzata dei beni comunali scombussol indelebilmente la struttura della propriet delle localit soggette, vero anche che per altro verso lespansione al di fuori della citt stravolse la fisionomia del patrimonio civico e ne condizion la gestione: indicativo che la prima testimonianza dellutilizzo da parte del comune urbano di procuratori al fine di attendere alla cura delle sue comunanze riguardi proprio Trino201. Qui, infatti, si trovavano vaste estensioni che diedero maggiore consistenza ai comunia vercellesi, rimasti fino allora abbastanza circoscritti. Inoltre in questa localit era avvenuta una frattura netta con le condizioni di affitto utilizzate in precedenza, costringendo le autorit cittadine a cercare nuove forme di amministrazione. Queste caratteristiche fecero aumentare linteresse del governo podestarile per le comunanze, spingendolo ad elaborare un sistema gestionale centralizzato che soddisfacesse le sue esigenze di controllo e di valorizzazione delle terre civiche. La lontananza di tali possessi dalla citt sugger ai rettori urbani una delega di poteri, che stimol una diversificazione di competenze nellapparato comunale e la creazione di unapposita magistratura202. Le numerose attestazioni di inchieste sui fondi di Trino e di istituzioni di procure designate alla loro cura, che hanno lasciato traccia nella documentazione vercellese, sono il segno pi tangibiRAO, La propriet allodiale civica cit., pp. 390-392. PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 175-176. 200 PANERO, Due borghi franchi padani cit., pp. 175-176. 201 Essi furono Maifredo de Guidalardis e Giacomo de Ast nel 1211 (al riguardo cfr. quanto detto in precedenza). 202 Molto simile levoluzione dei beni comunali bresciani (RAO, Beni comunali e governo del territorio cit., pp. 184-194).
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le di come il contado sia stato il principale stimolo allevoluzione dellamministrazione dei beni comunali ed il momento decisivo per la loro elevazione a settore indipendente e cospicuo delle finanze urbane. 8. Lo sfruttamento economico delle pertinenze dei castelli Un capitolo separato costituito dal problema delle pertinenze dei castelli, strettamente connesso al tentativo del comune vercellese di controllare il contado fra la fine del XII e linizio del XIII secolo. Esse, pur rientrando solo in senso improprio nella definizione di comunia203, denotano punti di contatto con questi ultimi, essendo state oggetto in piena et podestarile di forme di gestione affini, e, almeno in alcuni casi, venendo sottoposte allamministrazione degli stessi procuratores comunium204. Il concetto che il governo urbano aveva dei castelli come beni comunali, tuttavia interessati da una valenza politica che richiedeva una conduzione a s stante rispetto alle altre comunanze, del resto ben chiarito nellarticolo statutario del 1229 in cui si provvide allalienazione di omnia que et quecumque inventa fuerint communi pertinere: dallelenco delle propriet comunali destinate ad essere vendute venivano eccettuati, assieme a comunanze interne alle mura, mulini cittadini, ponti, pedaggi e curadia (ossia il dazio cittadino), proprio i castelli205. I primi tentativi vercellesi di entrare in possesso dei castelli comitatini avevano avuto luogo durante la fase consolare. In quel periodo il comune, nellintento di estendere la sua autorit sui
203 I castelli sono inclusi nei beni comunali, per esempio, da CAROCCI, Le comunalie di Orvieto cit., pp. 717-718. 204 Al riguardo cfr. quanto esposto in precedenza, p. 74. 205 Statuta, 337, pp. 237-243. La prassi di acquistare i castelli e il suolo su cui venivano eretti i borghi nuovi stata studiata in RAO, La propriet allodiale civica cit. Recentemente stato mostrato che lacquisto di tali terreni era consueto anche per altre citt, per esempio Brescia, Asti e Novara (cfr. i contributi di P. GRILLO, La politica territoriale delle citt e listituzione di borghi franchi: Lombardia occidentale e Lombardia orientale a confronto (11001250), pp. 45-97; R. BORDONE, Loci novi e villenove nella politica territoriale del comune di Asti, pp. 99-122; A.M. RAPETTI, I borghi franchi del Piemonte centro-settentrionale: Novara, Vercelli, Ivrea, pp. 307-328 in Borghi nuovi e borghi franchi nel processo di costruzione dei distretti comunali nellItalia centro-settentrionale (secoli XII-XIV), a cura di R. Comba, F. Panero, G. Pinto, Cherasco-Cuneo 2002 e RAO, Beni comunali e governo del territorio nel Liber potheris cit.).

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numerosi centri di potere signorile di un distretto tanto ampio quanto difficile da tenere sotto osservazione, aveva cercato di legare a s i signori detentori di roccaforti: i consoli si erano garantiti la sottomissione vassallatica dei domini, mentre questi ultimi avevano potuto mantenere i loro possessi206. Sorgevano tuttavia immancabilmente dispute quando il governo vercellese, impegnato in azioni belliche, richiedeva il loro sostegno. I beneficiari appartenevano, infatti, ad una nobilt rurale che ben poco partecipava dei problemi della comunit urbana. Del resto costoro erano preoccupati dalle conseguenze che poteva comportare una loro entrata in guerra, esposti come erano alle ripercussioni dei nemici, molto pi pericolosi della lontana Vercelli: il centro urbano spesso era molto distante dai suoi vassalli, come si pu osservare facilmente nel caso dei castelli sottomessi nellEporediese, Burolo, Mongrando, Bollengo e S. Urbano, prossimi alla citt di Ivrea. Essi negavano quindi il loro aiuto, talora avvalendosi dellappoggio o dellinvestitura del vescovo - in rapporti conflittuali con il comune e titolare di diritti nel contado207 - dando cos origine a prolungate controversie con la dominante208. Per reagire a questa situazione gi durante lultimo periodo consolare e ancor pi sotto il regime podestarile si cerc di irrobustire lautorit sul territorio, soprattutto attraverso la creazione di borghi franchi209; tale politica si riflesse anche in una pi attenta amministrazione dei castelli, tramite iniziative che coinvolgessero i fedeli gruppi dirigenti urbani. Il controllo delle zone limitrofe, di vitale importanza per la sicurezza vercellese, venne invece assicurato attraverso una norma statutaria del 1225, la quale impose che i castelli nel raggio di quattro miglia dalla citt restassero in mano a cives210. In questarea il comune non arriv a nominare propri
206 Al riguardo cfr. PENE VIDARI, Vicende e problemi della fedelt eporediese cit.; ID., Vescovi e comune nei secoli XIII e XIV, in Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al secolo XV, a cura di G. Cracco, Cittadella 1998, pp. 925-971; RAO, La propriet allodiale civica cit., p. 375. 207 Cfr. L. MINGHETTI RONDONI, Alberto vescovo di Vercelli (1185-1205). Contributo per una biografia, in Aevum. Rassegna di Scienze linguistiche e filologiche, 59 (1985), pp. 267-304. 208 Cfr. per esempio le controversie riguardanti i signori di Robbio nel 1215 (PC, docc. 28-29, pp. 56-65) o il conte Pietro di Masino (DAC, docc. 119-120, pp. 196-198). 209 Su tutti si ricordano PANERO, Comuni e borghi franchi cit.; ID., Due borghi franchi padani cit.; RAO, La propriet allodiale civica cit. Sul rapporto tra controllo del territorio e borghi franchi cfr. anche i volumi I borghi nuovi, a cura di R. Comba e A. Settia, Cuneo 1993 e il gi ricordato Borghi nuovi e borghi franchi cit. 210 Statuta, 185, pp. 140-141.

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ufficiali preposti alla custodia delle roccaforti, ritenendo che il fatto di lasciarle in possesso di cittadini fosse comunque una garanzia di tranquillit. Del resto il principio di favorire i maggiorenti urbani a scapito della nobilt rurale - qualora non fosse possibile instaurare propri castellani - trov costante applicazione nella politica vercellese durante il periodo preso in esame: esso rispondeva alle ambizioni del gruppo dirigente comunale, allinterno del quale peraltro sempre maggior peso andavano assumendo alcune famiglie di provenienza popolare e di recente ascesa, per esempio i Passardo, beccai211. Anche nei confronti delle roccaforti pi lontane il governo podestarile elabor forme di controllo, che poggiavano innanzitutto sullutilizzo del diritto feudale, tramite la creazione di una sua curia vassallorum: si tratta di una testimonianza insolita nellItalia dei comuni che tanto meno convocavano i vassalli in una curia dei pari per risolvere qualche controversia212. Con essa lamministrazione urbana regolava le controversie con i suoi vassalli, ritenendo probabilmente di potere addomesticare pi facilmente il giudizio dei pari213. Lautorit sul distretto era ottenuta anche attraverso una gestione in prima persona dei castelli acquistati: ad essa si provvide tramite listituzione di propri castellani cooptati allinterno del gruppo dirigente vercellese, spesso in seguito ad una pi decisa azione nei confronti della nobilt rurale che venne esautorata dei propri possessi. In questo modo il governo cittadino si assicur nuovi introiti214 ed una sicura fedelt delle roccaforti, presso le quali si cerc di costringere il castellano a risiedere215. I cives titolari, pagati dallo stesso comune, in tale sistema trovarono invece una buona possibilit di arricchimento e di
211 Si rimanda anche in questo caso alle considerazioni fatte nel primo paragrafo di questo stesso capitolo con la relativa bibliografia. Per un confronto con la situazione senese cfr. A. GIORGI, Il conflitto magnati/popolani nelle campagne: il caso senese, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 137-211; per il Piemonte si veda invece R. BORDONE, Magnati e popolani in area piemontese con particolare riguardo al caso di Asti, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 397-419. 212 FASOLI, Citt e feudalit cit., p. 382. 213 Le testimonianze risalgono allanno 1224, nellambito di una causa tra il comune di Vercelli ed il comune di Ivrea (Il libro rosso del comune di Ivrea cit., docc. 142-157, pp. 126142). Al riguardo cfr. PENE VIDARI, Vicende e problemi della fedelt eporediese cit., pp. 3738. 214 I castellani avevano lobbligo di amministrare la giustizia (Statuta, 180, pp. 135138), oltre alle pertinenze dei castelli, sulle quali ci si soffermer in seguito. 215 Statuta, 363, p. 258.

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aumento di prestigio: nel 1207, per esempio, Giovanni Garbagna ricevette dai consoli vercellesi 50 lire di pavesi in pagamento dei primi quattro mesi di custodia di Mongrando216. Il salario versato non doveva tuttavia essere il solo emolumento percepito, poich quando nel 1227 Uguccione Bonello fu istituito podest e castellano di Casalvolone si stabil che gli fossero corrisposti, oltre al feudum consuetum castellanie, anche la met dei proventi derivanti dai banni e dallamministrazione della giustizia217. Gli statuti imponevano inoltre che i castellani non fossero rinominati, qualora non fosse trascorso almeno un lustro218: oltre a garantire un avvicendamento del gruppo dirigente negli incarichi prestigiosi e lucrosi, facendo s che questi potessero essere ricoperti da un maggiore numero di cittadini, ci si cautelava dalla formazione di signorie personali stabili da parte degli investiti219. Il tentativo di un maggiore controllo sul distretto da parte delle autorit urbane si svilupp nei primi trenta anni del XIII secolo e fu reso possibile dal periodo di espansione del comune: a patrocinarlo furono soprattutto i ceti popolari, politicamente egemoni in citt, ma ancora deboli nelle campagne, dove per contro laristocrazia aveva numerosi diritti signorili e poteva facilmente risultarne danneggiata220. Esso fu dunque reso possibile da una particolare congiuntura, che al momento di forza del comune aggiunse la pressione popolare, a cui i milites, almeno in questo primo momento, non si opposero: quando invece, con il divampare delle lotte intestine, la fazione magnatizia scelse di ritirarsi nel contado, questultimo venne in gran parte perso dal governo cittadino221. Questo sistema di amministrazione comport anche unespansione dei comunia: infatti, la gestione delle roccaforti tramite ufficiali comunali si estese a Casalvolone222, Mongrando223, Burolo224,
Acquisti, I, f. 53. Biscioni, 1/II, doc. 416, p. 359. Delle stesse condizioni in precedenza aveva goduto anche Aicardo Grasso (ibidem, doc. 421, p. 362). 218 Statuta, 128, p. 101, norma del 1224. In un articolo del 1242 (ibidem, 120, pp. 9495) si disponeva che trascorresse invece un biennio. 219 R. BORDONE, Vita economica del Duecento, in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 749-783, con particolare riferimento alle pp. 778-780; GIORGI, Il conflitto magnati/popolani nelle campagne cit. 220 PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit. 221 Cfr. capitolo IV, pp. 168-174. 222 Cfr. oltre, in questo stesso capitolo. 223 Cfr. oltre, in questo stesso capitolo. 224 Cfr. oltre, in questo stesso capitolo.
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Vintebbio225, Visterno226, Gattinara227 e Torcello, posseduto assieme ad Alessandria e Milano228. Esso rese possibile uno sfruttamento economicamente remunerativo delle loro pertinenze, che presenta molti punti di contatto con quello delle comunanze. Il governo vercellese, infatti, non aveva unautorit soltanto nominale sulle terre dei castelli: ci si pu evincere dal fatto che, in seguito al loro recupero a spese della nobilt rurale, avvenuto non senza difficolt, si procedette ad una stima dei beni di cui il comune si impadron - appezzamenti, sedimi appartenuti agli antichi proprietari -, eseguita da extimatores eletti per loccasione. Il castellano gestiva tali pertinenze dandole in affitto a nome dellamministrazione cittadina, che vedeva cos affluire nuovi emolumenti. La prima attestazione di un procedimento di stima dei beni dei castelli, presupposto necessario al loro sfruttamento economico da parte dei rettori urbani, riguarda il castello di Mongrando: il 28 aprile 1207, Monrovello Alciati, nuncius constitutus a comuni Vercellensis, entr in possesso a nome del comune di terrarum et nemorum et vinearum et castanearum et pratorum et sediminum dei signori di Mongrando229. Nellatto vennero elencati tutti i singoli appezzamenti che Monrovello rivendic a nome del governo cittadino, anche se non furono menzionati estimatori preposti alla ricognizione. Lamministrazione comunale, alla vigilia della definitiva affermazione del regime podestarile, in una delle sue prime esperienze di conduzione tramite propri ufficiali, non aveva ancora maturato una prassi inerente alla misurazione dei beni di cui entrava in possesso: essa non era ancora delegata a extimatores, seguendo il sistema usuale per le comunanze, che in futuro sarebbe stato adottato anche per i castelli. Ad ogni modo, a riprova del fatto che il castrum venne effettivamente gestito dal comune, nel giugno dello stesso anno Giovanni Garbagna, come
225 Biscioni, 2/I, doc. 8-9, pp. 25-27; Acquisti, II, f. 62. Su Vintebbio cfr. anche G. ANDENNA, Presenze signorili, iniziative politiche cittadine e gruppi vassallatici nella bassa Valsesia tra XII e XIII secolo, in Bollettino storico vercellese, 44 (1995), pp. 71-96, con particolare riferimento alle pp. 79-84; R. ORDANO, Due castelli forti, minacciosi, inespugnabili, ibidem, pp. 123-136. 226 Biscioni, 1/I, doc. 99, pp. 218-222. 227 Biscioni, 2/I, doc. 10, pp. 27-28. Cfr. anche F. FERRETTI, Un borgo franco vercellese di nuova fondazione: Gattinara. Motivi e condizioni dun impianto residenziale-difensivo, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 393-449. 228 Cartario alessandrino cit., vol. II, doc. 344, p. 207. 229 Biscioni, 1/III, doc. 572, pp. 156-160.

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si gi riferito, venne pagato per i primi quattro mesi di custodia del castello230; esso successivamente, nel 1219, venne dato in consegna dal podest Provino de Ingoardis, hinc ad annum unum proximum, a Guglielmo Oliva231. Unaltra attestazione di una stima delle pertinenze di un castello risale al 1225, quando il sindaco del comune Pietro Frugerio richiese al podest la nomina di estimatori che misurassero le terre dei signori di Casalvolone, luogo a lungo conteso con i Novaresi232. Tale roccaforte era gi stata acquistata nel 1186, ma fu subito riconsegnata ai signori locali233: costoro non lavevano dovuta cedere di buon grado ai rettori cittadini, poich Casalvolone era stato costituito borgo franco nel 1223 e nello stesso anno essi erano stati banditi dal comune; il provvedimento fu confermato nel 1225234. Il 21 aprile dello stesso anno il podest procedette alla nomina dei quattro estimatori, Giacomo de Odemario, Giacomo Tizzoni, Buongiovanni Carraria e Galiano de Ugucione, i quali una settimana dopo, il 28 aprile, presentarono la ricognizione delle terre: essa sarebbe dovuta servire ad estinguere il debito che i domini avevano con il comune235. I beni di cui il governo cittadino entr in possesso a Casalvolone furono gestiti da un castellano vercellese, che li dava in affitto a nome dei rettori urbani: nel 1230, infatti, Pietro Oliva, castellanus in quella localit, fece tre atti di investitura a beneficio di abitanti di Casalvolone per tre sedimi di propriet comunale, dietro corresponsione di un fitto annuo236. Tali vicende possono essere ripercorse nellemblematico caso di Burolo, che costituisce un ottimo punto di osservazione attraverso cui comprendere la parabola che interess la politica vercellese
Acquisti, I, f. 53. Biscioni, 1/III, doc. 573, pp. 161-162. Sui due castellani, uno legato alla fazione nobiliare, laltro a quella popolare cfr. Appendice 1. 232 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 217-220. Su queste vicende cfr. anche G. ANDENNA, Andar per castelli. Da Novara tutto intorno, Torino 1982, pp. 237-243; RAO, La propriet allodiale civica cit., pp. 385-386; P. KOCH, Der Rechtskonflite der Kommune Vercelli Zur Entstehung und zum Einsatz von Prozeschriftug, in Kommunales Schriftug in Oberitalien cit., pp. 91-116, con particolare riferimento alle pp. 93-95; F. COGNASSO, Il Piemonte nellet sveva, Torino 1968, pp. 632-633. 233 PC, docc. 101-106, pp. 186-196. 234 Nel 1223 il banno era contenuto nel liber bannorum del comune (KOCH, Der Rechtskonflikte cit., p. 93); il provvedimento fu ribadito nel 1225 (MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 133-136). 235 Biscioni, 1/III, docc. 470-471, pp. 13-22. 236 Biscioni, 1/III, docc. 481-483, pp. 30-32.
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nei confronti dei possessi nel distretto, ben spiegando le premesse che portarono ad una conduzione in prima persona delle pertinenze dei castelli in et podestarile. Soprattutto, per, esso esplica le cause del declino di questa forma di amministrazione, avvenuto dopo listituzione del regime popolare e con il fenomeno del fuoriuscitismo, che sar oggetto del quarto capitolo. Nel 1193 il governo civico aveva acquistato il castello da Aicardo da Burolo e dai suoi nipoti, restituendolo subito in feudo agli antichi proprietari237. Per alcuni anni il comune si era accontentato del dominio eminente, ma dal 1199 cerc di gestirlo direttamente, iniziando una lunga causa con i da Burolo e, a seconda delle circostanze, con il vescovo e con i consoli eporediesi238. In piena et podestarile Vercelli riusc finalmente a gestire il castello, che venne dato in custodia prima a Uguccione Bonello, poi a Guglielmo Mangino, spesso menzionati nelle credenze vercellesi di quegli anni: nel mese di agosto del 1220, a distanza di pochi giorni, essi ne vennero investiti dal governo cittadino239. Alcuni mesi dopo, in ottobre, Nicola Garbagna e Mantello Balzola, nello stesso anno procuratores comunium et specialiter ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino, procedettero a stimare prata et sedimina et terre et vinete (sic) et castegneta pertinencia castro Burolii240. Dunque, fu solo negli anni di piena maturit del governo podestarile e di maggiore forza del comune che si posero le basi per una gestione efficiente delle pertinenze dei castelli, ricalcata sul sistema di conduzione delle comunanze: infatti, la stima dei beni, se da un lato esprimeva la necessit dei Vercellesi di avere un quadro chiaro della propriet, onde tutelarsi da controversie ed accaparramenti, per altro verso mostra linteresse economico per la valorizzazione delle terre civiche, nel momento in cui, esautorato lantico dominus, gli subentrava lamministrazione cittadina, nella persona del castellano.
237 DAC, doc. 19, pp. 34-38. Su queste vicende cfr. anche KOCH, Der Rechtskonflikte cit., p. 106. 238 Al riguardo cfr. M.P. ALBERZONI, Da Guido di Aosta a Pietro di Lucedio, in Storia della Chiesa di Ivrea cit., pp. 193-255, con particolare riferimento alle pp. 217-219; 226-229 e EAD., Citt, vescovi e papato nella Lombardia dei comuni, Novara 2001, pp. 187-188. Il caso di Burolo preso in esame anche da L. BAIETTO, Vescovi e comuni: linfluenza della politica pontificia nella prima met del secolo XIII a Ivrea e Vercelli, in BSBS, 100 (2002), pp. 459546, qui alle pp. 476-477. 239 DAC, docc. 86-87, pp. 112-114. 240 DAC, doc. 88, pp. 114-118.

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Dopo gli anni Trenta del secolo il comune perse per gradualmente autorit sulla roccaforte, probabilmente anche in conseguenza delle violente contrapposizioni allinterno della societ urbana in questo periodo241. Esso si dovette accontentare di sostenere le pretese sul castello da parte di un suo cittadino, Ottobono De Benedetti, che vi esercit stabilmente la signoria. Con lavvento del regime popolare lamministrazione cittadina in questo possesso lontano non riusc pi a conservare alcuna autorit e dovette lasciare via libera alle ambizioni egemoniche dei De Benedetti: durante il fuoriuscitismo di Pietro Bicchieri Burolo fu ricordata negli statuti come una delle roccaforti schierate contro il comune242. Ci che si vuole evidenziare nella parabola di Burolo come il contado, in special modo nelle zone pi difficilmente controllabili dalla citt, rimase sottomesso alle signorie di cives vercellesi, di enti ecclesiastici cittadini e di milites rurali. Durante la fase consolare il comune tent di ottenere da costoro una sottomissione formale, attraverso la creazione di un legame vassallatico; tuttavia, fu solo con il progredire del XIII secolo, con la stabilizzazione del regime podestarile e con lascesa del populus, che esso riusc ad estromettere i vecchi proprietari e ad inaugurare forme di gestione centralizzate tramite ufficiali cittadini. Questi ultimi garantivano inoltre un razionale sistema di amministrazione anche delle pertinenze delle roccaforti, equiparate alle comunanze urbane. Effettivamente lo sviluppo di una magistratura dedicata alla cura dei beni comunali e listituzione dei castellani procedettero in modo parallelo, negli stessi tempi. Non casuale che gli articoli statutari emanati nel 1224 dunque in piena et podestarile e nel periodo di massima espansione del comune inerenti ai procuratori e ai castellani seguissero le medesime modalit: a tali ufficiali veniva imposto il divieto di rielezione qualora non fosse trascorso un lustro243. Lamministrazione urbana era quindi riuscita a creare un sistema efficiente, che era stato stimolato dalliniziativa popolare. Esso, tuttavia, era vincolato, data la lontananza dei beni, al controllo del territorio, che a sua volta si reggeva sulla parteciCfr. Capitolo IV. Statuta, Statuta e documenta nova, 77, p. 482; ibidem, 53, p. 443, doc. relativo al 1246, in cui Ottobono e Ranieri erano stati banditi assieme ai Bicchieri. 243 Statuta, 128, p. 101.
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pazione aristocratica alla politica cittadina244: le guerre con Federico II, i conflitti magnatizi e il fuoriuscitismo interruppero questo processo, lasciando spazio allinstaurazione ed al consolidamento di signorie rurali da parte dei milites vercellesi.

244 CAROCCI, Le comunalie di Orvieto cit., p. 714 ha osservato che tutte le comunalie orvietane si trovano nella zona del contado sulla quale il comune esercita effettivamente la propria autorit.

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III. I mulini comunali

I mulini di propriet della citt di Vercelli nel Duecento venivano classificati dai redattori dei libri del comune allinterno dei comunia1. Essi furono interessati dalla medesima parabola, strettamente connessa agli sviluppi politici e sociali urbani, che condizion le comunanze; tuttavia una loro trattazione a parte giustificata dalle problematiche demografiche ad essi legate, alla funzione di centro di potere che rivestivano, ma soprattutto allimpressione che gli impianti molitori, almeno quelli cittadini, occupassero un ruolo a s stante allinterno delle finanze comunali. Non solo non erano sottoposti come le altre comunanze - ai procuratores comunium, ma facevano anche parte, assieme alla curadia, al peso ed al pedaggio, del patrimonio civico pi rigorosamente inalienabile, cui i podest vercellesi guardarono con unattenzione tutta particolare2. Del resto la stessa storiografia ad avere sviluppato, proprio in considerazione del complesso intreccio di tematiche che avvolge la trattazione dei mulini, uno specifico filone di ricerca su di essi, che dai lavori pionieristici di Marc Bloch andata affinando i suoi strumenti: in Italia, in particolare, negli ultimi 25 anni la conoscenza in questo campo molto aumentata, grazie a studi che, partendo dalle suggestioni proposte dal grande medievista francese, hanno progressivamente sviluppato singoli settori3. I mulini sono stati quindi messi in luce nei loro aspetti tecnici, ambientali ed insediativi, nelle loro valenze annonarie, economiche e politiIntroduzione, p. 20. Oltre, pp. 146-151. 3 R. COMBA, Intrecci e frontiere di una ricerca, in Mulini da grano nel Piemonte medievale. Secoli XII-XV, a cura di R. Comba, Cuneo 1993, pp. 7-8, con particolare riferimento a p. 7. Lo studio a cui si fa riferimento M. BLOCH, Avvento e conquiste del mulino ad acqua, in ID., Lavoro e tecnica nel Medioevo, Roma-Bari, 1992, pp. 73-110.
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che4. Non sono mancate indagini che, parallelamente al rinnovato interesse per la storia cittadina5, si sono occupate del complesso rapporto tra comuni ed impianti molitori: stata cos delineata la precoce attenzione nata gi nel XII secolo ed intensificatasi nel XIII con limposizione dei governi popolari da parte delle amministrazioni urbane per queste strutture, in connessione con lattuazione di politiche annonarie e di recupero dei diritti sulle acque (temi questi che sono gi emersi dalla trattazione dei beni collettivi)6. Con una bibliografia sempre pi ampia, che allanalisi dei singoli casi va aggiungendo le prime sintesi, e con le ricche suggestioni da essa offerte deve confrontarsi lo studio dei mulini vercellesi, i quali, pur condividendo problematiche comuni a molte altre citt prese in esame dalla medievistica italiana, presentano caratteri originali7. 1. La costruzione dei mulini comunali Nel XII secolo a Vercelli il possesso di mulini si presentava come una lucrosa forma di investimento che si giovava della favorevole congiuntura demografica8: la collettivit cittadina, a causa anche di unattenta politica comunale che aveva incoraggiato linurbamento, era, infatti, in crescita. Tra il 1162 e il 1164 fu intrapresa la costruzione di una nuova cerchia muraria, che rispondeva alla mutata consistenza demica: oltre ad un aumento naturale della popolazione, Giuseppe Gullino ha stimato per que4 Solo per il Piemonte cfr. i saggi contenuti in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit. e Acque, ruote e mulini a Torino, a cura di G. Bracco, Torino 1988, 2 voll. Cfr. inoltre lapprofondito studio dei mulini milanesi compiuto da L. CHIAPPA MAURI, I mulini ad acqua nel Milanese (secoli X-XV), Citt di Castello 1984. 5 Al riguardo cfr. M. VALLERANI, La citt e le sue istituzioni. Ceti dirigenti, oligarchia e politica nella medievistica italiana del Novecento, in Annali dellIstituto storico italo-germanico di Trento, 20 (1994), pp. 165-230. 6 D. BALESTRACCI, La politica delle acque urbane nellItalia comunale, in Leau dans la socit mdivale: fonctions, enjeux, images. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge, tome 104 (1992), vol. II, pp. 431-479, con particolare riferimento alle pp. 436-451. 7 Per la bibliografia si rimanda ai titoli elencati nel corso del capitolo. 8 Sul rapporto tra mulini e demografia cfr. BLOCH, Avvento e conquiste del mulino ad acqua cit., pp. 94-95; A.I. PINI, Canali e mulini a Bologna tra XI e XV secolo, in ID., Campagne bolognesi. Le radici agrarie di una metropoli medievale, Firenze 1993, pp. 15-38, con particolare riferimento alle pp. 23-24; J.P. DELUMEAU, Arezzo. Espace et socits, 7151230. Recherches sur Arezzo et son contado du VIII au dbut du XIII sicle, Roma 1996, vol. II, pp. 886-899.

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sto periodo lafflusso in citt di quasi mille nuovi abitanti in seguito a trattati di cittadinatico9. Il progresso demografico e il conseguente sviluppo dei problemi legati al vettovagliamento fece s che negli anni centrali della seconda met del XII secolo i mulini ad acqua conoscessero a Vercelli una diffusione capillare, fenomeno comune, non sempre con la stessa cronologia, ad altre citt dellItalia centro-settentrionale10. Nel suburbio erano localizzati numerosi impianti molitori, il cui funzionamento era facilitato dalla presenza dei corsi dacqua della Varola, della Sesia e del Cervo, che, addomesticati attraverso opportune chiuse, fornivano lenergia necessaria11. Una rapida scorsa attraverso la documentazione vercellese sufficiente per determinare dove essi fossero situati e chi nel XII secolo ne fosse titolare: nel 1115 ne esistevano in prossimit delle propriet del capitolo di S. Eusebio, fuori delle mura, in localit Monteglio12; lospedale di San Paolo ultra Sarvum aveva una parte del mulino oltre il Cervo, donatagli nel 1170 da Arduino Garbagna13. I macinatoi dei Carraria erano posti al di l del Cervetto almeno dal 117714; lanno successivo il giudice Medardo cedette al vescovo i suoi diritti su un impianto fuori del fossato della citt, ad locum ubi dicitur ad Moliam15. Nel 1192 Alberto Bondoni e prete
9 G. GULLINO, Uomini e spazio urbano. Levoluzione topografica di Vercelli tra X e XIII secolo, Vercelli 1987, pp. 209-213. Cfr. anche capitolo I. 10 Un raffronto con unarea meno ricca di acque, il Cuneese, pu essere istituito tramite il lavoro di L. PALMUCCI QUAGLINO, Corsi dacqua e sfruttamento dellenergia idraulica: il Cuneese nei secoli XII-XVI, in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit., pp. 91-106. I mulini bolognesi sono invece stati studiati da PINI, Canali e mulini a Bologna cit., pp. 1824. 11 Cfr. il caso di Voghera, preso in analisi da L. DE ANGELIS CAPPABIANCA, Vogheria oppidum nunc opulentissimum. Voghera ed il suo territorio tra X e XV secolo, Torino 1996, pp. 35-39. In un atto del 1177 si fece riferimento alla clusa molendinorum de Carrariis, giacente al di l del Cervetto (Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi e F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS, 71), vol. II, doc. 347, p. 43). 12 Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, G.C. Faccio, F. Gabotto e G. Rocchi, Pinerolo 1912 (BSSS, 70), vol. I, doc. 70, pp. 84-85. Al riguardo cfr. anche G. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, p. 245. 13 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 262, pp. 305-306. Su questa famiglia cfr. Appendice 1. Sul frazionamento del possesso dei mulini cfr. invece CHIAPPA MAURI, I mulini ad acqua nel Milanese cit., pp. 27-31. 14 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 347, pp. 43-44. Sui Carraria v. Appendice 2. 15 C.D. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la societ vercellese dei secoli XII e XIII, in Contributi dellIstituto di Storia medioevale dellUniversit Cattolica di Milano, Milano 1968, vol. I, pp. 207-262, con particolare riferimento a p. 214.

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Pietro erano comproprietari di un mulino presso la Sesia16; nella stessa zona, presso il vecchio letto del Cervo, ne aveva uno Guiscardo17. Si ha menzione di tali strutture anche intra civitatem, situate sulla roggia Vercellina, il principale corso dacqua che attraversava la citt: Ranieri de Bulgaro nel 1145 invest Nicola di Pietrobono della quinta parte di un mulino in rugia Vercellina, ultra monasterio S. Clementi18. Vicino alla chiesa di S. Eusebio lospedale di S. Graziano nel 1176 possedeva un macinatoio19; un altro, del quale non per indicata lubicazione, nel 1195 era stato dato in affitto dai canonici del capitolo cattedrale a Tetavegia20. Nel 1202 Guglielmo Becco, proveniente da una famiglia di recente ascesa21, vendette un impianto sito oltre la Sesia ad Ardizzone Becco e ad Ottone Camex22. Non casuale che la maggior parte dei proprietari possa essere rintracciata negli espropriati delle comunanze inquisite nel 1192 o, quantomeno, in appartenenti a famiglie signorili o in rapporti di subordinazione vassallatica nei confronti dei maggiori enti ecclesiastici cittadini23. Ad investire nel settore della molitura era, infatti, chi, ad una sufficiente disponibilit finanziaria, aggiungeva la rivendicazione di diritti sui corsi dacqua24: istituzioni ecclePC, doc. 60, p. 131. PC, doc. 60, p. 131. Su Guiscardo cfr. Appendice 1. 18 Le carte dellarchivio arcivescovile di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/2), doc. 1, pp. 213-214 19 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 336, p. 31. 20 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 585, p. 344. 21 Per la partecipazione di questa famiglia alla vita politica cittadina cfr. F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165, con particolare riferimento a p. 114 e Appendice 1. 22 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 1 maggio 1202. Su questa casata cfr. Appendice 1 e lultimo paragrafo di questo stesso capitolo. 23 Cfr. Appendice 1. 24 La necessit di cospicui capitali per intraprendere la costruzione di mulini stata messa in rilievo da G. DUBY, Leconomia rurale nellEuropa medievale. Francia Inghilterra Impero (secoli IX-XV), Bari 1972, p. 25. Cfr. anche D. BALESTRACCI, Approvvigionamento e distribuzione dei prodotti alimentari a Siena nellepoca comunale. Mulini, mercati e botteghe, in Archeologia medievale, 8 (1981), pp. 127-154, con particolare riferimento alle pp. 138-139. Cfr. anche il caso della famiglia milanese con interessi nel settore della molitura degli Scaccabarozzi, studiata da L. FASOLA, Una famiglia di sostenitori di Federico I. Per la storia dei rapporti dellimperatore con le forze sociali e politiche della Lombardia, in Quellen und Forschungen aus italienisichen Archiven und Bibliotheken, 52 (1972), pp. 116-218, con particolare riferimento alle pp. 156-158.
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siastiche, casate dellaristocrazia consolare, a Vercelli dotate di cospicui patrimoni25, chiese a loro legate26 e, talora, gruppi parentali di pi recente ascesa sociale, ma in ogni caso provvisti di notevoli capitali. A favorire gli investimenti in questambito fu anche la costruzione di nuovi corsi dacqua allinterno delle mura cittadine: a nord scorreva, infatti, la roggia Vercellina, dove, forse in coincidenza con lerezione della nuova cerchia muraria, si scav un fossato in prossimit della chiesa di S. Andrea, del quale vi menzione dal 117127. Nella parte meridionale della citt prese invece avvio la progettazione di un canale che servisse quelle parrocchie che non erano bagnate dalla Vercellina28. Si trattava in entrambi i casi di iniziative patrocinate dal comune che, come meglio si vedr nel prossimo paragrafo, ne rivendic la giurisdizione. La presenza di una maggiore disponibilit di energia idrica in citt, grazie alle nuove opere di canalizzazione, rese qui la costruzione di mulini particolarmente appetibile: essa permetteva un pi facile accesso dei cives agli impianti molitori; ai cospicui proventi che ne potevano derivare non vollero rinunciare n laristocrazia consolare, n gli enti ecclesiastici. Lungo il fossato settentrionale, presso Porta Nuova, nel 1180 Giordano e Lantelmo de Guidalardis, come meglio si illustrer in seguito, domandarono ed ottennero dai consoli il permesso di edificare un mulino; nel corso dello stesso anno la medesima autorizzazione venne richiesta da Roberto de Guidalardis e da Guala Bicchieri29. Nel 1181 Giacomo Aiolfo, figlio di Ostachio de Pusterna, e Sibilla, sorella di Tetavegia, vendettero un macinatoio ad Gatescam, probabilmente sulla roggia vecchia, nel settore meridionale della citt30, allospedale di S.
25 A. DEGRANDI, Vassalli cittadini e vassalli rurali nel Vercellese del XII secolo, in BSBS, 91 (1993), pp. 5-45, con particolare riferimento alle pp. 14-15; R. RAO, Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93. 26 Cfr. S. BORTOLAMI, Acque, mulini e folloni nella formazione del paesaggio urbano medievale (secoli XI-XIV): lesempio di Padova, in AA.VV., Paesaggi urbani dellItalia padana nei secoli VIII-XIV, Bologna 1988, pp. 277-321, con particolare riferimento alle pp. 289-290. 27 Il documento citato da D. ARNOLDI, Vercelli vecchia e antica, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1992, p. 91. 28 Acquisti, I, f. 45-46; al riguardo cfr. anche A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, p. 118. Sul canale scavato nel settore meridionale della citt, il rivus Gualdricus, cfr. oltre. 29 Cfr; oltre. 30 Nel 1204 Gilberto e Gervasio Caroso cedettero il letto del mulino del fu Giacomo Aiolfo, sito in rugia veteri (Biscioni, 1/II, doc. 220, pp. 52-53).

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Bartolomeo31. Nella stessa zona, nella vicinia di S. Agnese, nel 1183 il monastero di S. Stefano si accord con Benedetto De Benedetti per la costruzione di un impianto32. Da un investimento cos remunerativo e prestigioso33 fu attratto anche il comune, che negli anni Ottanta usciva rafforzato dalla pace di Costanza: esso si stava liberando lentamente dellegida dal vescovo e della sua curia, grazie sia allinserimento di nuove componenti sociali negli apparati di potere, sia al ruolo assunto dallassociazione di Santo Stefano nellamministrazione pubblica34. Ledificazione di macinatoi in citt era inoltre ben vista dalla collettivit, inserendosi nel quadro di una politica attenta alle esigenze annonarie della popolazione, che in questo modo riusciva ad impossessarsi degli strumenti di controllo sullapprovvigionamento urbano35. Il primo atto che testimoni un interesse del governo vercellese nei confronti dei mulini risale al 9 giugno 1180: in quelloccasione i consoli del comune, di giustizia e di S. Stefano, con il consenso della credenza, concessero e promisero a Giordano e Lantelmo, esponenti dellimportante famiglia dei de Guidalardis - facente parte dellaristocrazia consolare e legata vassallaticamente al vescovo e, per rapporti di parentela, agli Avogadro - di immettere una roggia in fossatum comune civitatis de super a ponte Porte Nove e di costruire nello stesso fossato, presso il ponte, due mulini. In cambio Giordano e Lantelmo alienarono i loro diritti sulla gora al
Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 17, pp. 234-235. Le pergamene di S. Stefano in Vercelli (1183-1500), a cura di G. Bologna, Milano 1972, doc. 1, pp. 3-4. 33 Cfr., per esempio, il caso padovano studiato da BORTOLAMI, Acque, mulini e folloni cit., pp. 285-288. 34 P. GRILLO, Origine ed evoluzione istituzionale del comune, in Vercelli nel secolo XII, IV Congresso della Societ storica vercellese (Vercelli, 18-20 ottobre 2002), in corso di stampa; PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 83-90. 35 Per il nesso tra proventi dei mulini ed approvvigionamento cittadino cfr. CHIAPPA MAURI, I mulini ad acqua nel Milanese cit., pp. 105-109 e, relativamente al caso della Torino tardomedievale, R. COMBA, Il principe, la citt, i mulini. Finanze pubbliche e macchine idrauliche a Torino nei secoli XIV e XV, in Acque, ruote e mulini cit., vol. I, pp. 79-103, con particolare riferimento a p. 96. Le disposizioni vercellesi sui mugnai - che riguardo alle leggi sulla panificazione venivano equiparati a fornarii e bolengarii - sono contenute in Statuta, 275-276, pp. 199-200: in esse si pu vedere come i mugnai fossero considerati una corporazione legata allapprovvigionamento (cfr. anche A.I. PINI, Alle origini delle corporazioni medievali: il caso di Bologna, in ID., Citt, comuni e corporazioni nel medioevo italiano, Bologna 1986, pp. 219-258 e R. GRECI, Corporazioni e politiche cittadine: genesi, consolidamento ed esiti di un rapporto (qualche esempio), in ID., Corporazioni e mondo del lavoro nellItalia padana medievale, Bologna 1988, pp. 93-128).
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comune, che avrebbe potuto temporaneamente deviarla dal fossatum comune per svolgervi lavori pro utilitate comunis veluti pro molendino faciendo. Si stabil inoltre che fosse permesso alle stesse autorit urbane di costruire loro impianti nella roggia ita vero ut non noceant molendinis predictorum Iordani et Lantelmi nec molendino Roberti et filii Guercii. Una volta che i molendina comunis fossero stati innalzati, i consoli e i de Guidalardis, infine, avrebbero dovuto partecipare insieme alle spese per qualsiasi danno al canale o alla sua chiusa secondo la quota di mulini detenuta36. Poco dopo, il 30 ottobre dello stesso anno, i rettori cittadini comprarono da Roberto de Guidalardis e da alcuni altri non identificati personaggi, i diritti dacqua sulla Vercellina e la facolt di stabilirvi macinatoi37. I consoli avevano dunque lintenzione di erigere uno o pi mulini - in tale direzione sembra dover essere interpretata linclusione di norme in caso di uneventuale edificazione presso Porta Nuova, sulla Vercellina. La costruzione degli impianti comunali nella parte settentrionale della citt rimase per irrealizzata, forse anche per le difficolt che ponevano le continue inondazioni del Cervo in quellarea38: il comune, infatti, scelse di attuare tale disegno nelle parrocchie di S. Lorenzo e di S. Agnese. Esse alla posizione abbastanza centrale, nel Borgo (questo quartiere si era formato ad est dellantica cerchia muraria e gi nel corso del XII secolo aveva ricevuto lestensione dei diritti di cittadinanza, venendo successivamente incluso nelle nuove mura comunali)39, univano il vantaggio di essere attraversate dal corso dacqua recentemente scavato nel settore meridionale della citt, il rivus Gualdricus. Il progetto prese il via allinizio del XIII secolo, sotto legida dei primi podest vercellesi: con listituzione del regime podestarile, lo si gi rilevato, il comune assunse, infatti, una maggiore intra36 Biscioni, 1/III, doc. 499, pp. 47-48. Si tratta dellatto che segna la ricomparsa nella documentazione vercellese della societ di S. Stefano, dopo la sua prima apparizione nel 1169. dunque significativo che essa appaia proprio in questa occasione. Cfr. anche FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., pp. 185-186. 37 Biblioteca capitolare di S. Eusebio di Vercelli, Indice ovvero sommario categorico dello Archivio della Rev. Abbazia et Monastero di S. Andrea di Vercelli, ordinato lanno 1769, pp. 275-276. Il documento, gi citato dal Mandelli (V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-61, vol. III, p. 74), stato edito da FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p. 186. 38 Cfr. capitoli I e II, pp. 43; 103. Nellatto del 1180 si stabiliva, infatti, chi dovesse riparare i danni arrecati dalle possibili esondazioni del Cervo (Biscioni, 1/III, doc. 499, pp. 47-48). 39 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 84-85.

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prendenza nella gestione dei propri beni e nella valorizzazione delle sue risorse40. Il 7 maggio 1204 il rettore cittadino Pietro Pietrasanta acquist dalle figlie del defunto Nicola de Fontaneto il terreno, sito in S. Agnese, su cui edifficata sunt molendina comunis, sicut ipsa terra capta est et dessignata per extimatorem comunis pro ipsis molendinis edifficandis41. Il comune comp dunque una sorta di esproprio per erigere i mulini in S. Agnese, che erano gi in costruzione nel maggio del 1204. A questo punto prese a rilevare i diritti sulle rogge e sui macinatoi di questarea, probabilmente con lintento di effettuare lavori di ampliamento sulle strutture esistenti: il 1 giugno 1205 acquist da Benedetto De Benedetti la met del letto del mulino vetus42; laltra met fu invece comperata lanno successivo, il 6 dicembre 1206, dal monastero di S. Stefano che, come si visto, con il De Benedetti nel 1183 aveva equamente ripartito le spese di costruzione dellimpianto43. Al momento della cessione, tuttavia, il molendinum vetus, che aveva forse preso questo nome in contrapposizione ai nuovi comunali, non doveva essere pi funzionante, poich i monaci riferivano di un molendini veteris iacentis condam [il corsivo mio] in rugia veteri44. Il 5 agosto 1204 il podest aveva inoltre rilevato da Federico De Benedetti locum molendini quondam reiacentis in ora Sancti Laurencii in rugia veteri, cum alveo et rugia et ripatico et curssu et omni iure sibi exinde pertinente45, su cui venne forse edificato un altro macinatoio: infatti, gi dal 1208 gli impianti pubblici vennero indicati come mulini del comune (molendina comunis) que illud comune habet ad pontem Sancte Agnetis in rugia comunis et que habet ad pontem Sancti Laurenci in eadem rugia46. I due mulini erano dunque ubicati presso il ponte di S. Lorenzo e presso quello di S. Agnese, sulla rugia comunis, ma altri canali dovevano affluire alle loro pale (omnes rugias que veniunt vel venire debent ad illa molendina; rugie de quibus molunt illa molendina)47.
Cfr. capitolo II, pp. 73-83. Biscioni, 1/II, doc. 206, pp. 49-50. 42 Biscioni, 1/II, doc. 205, pp. 48-49. 43 Acov, Pergamene, doc. in data 6 dicembre 1206. 44 Acov, Pergamene, doc. in data 6 dicembre 1206. 45 Biscioni, 1/II, doc. 204, pp. 47-48. 46 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208; sulla connessione tra ponti e mulini cfr. anche BORTOLAMI, Acque, mulini e folloni cit., pp. 294295. 47 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208.
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Per comprendere meglio lubicazione degli impianti e la loro progettazione occorre tornare con pi attenzione allatto che per primo testimonia la presenza di un corso dacqua nel settore meridionale della citt, il rivus Gualdricus: nel 1191 i consoli del comune concessero solennemente ai rappresentanti delle parrocchie di S. Giuliano, di S. Agnese, di S. Graziano, di S. Lorenzo, di S. Tommaso, di S. Salvatore e di S. Vittore48, a nome anche degli abitanti del Borgo e della civitas, di derivare lacqua del canale per Burgum et per totam civitatem, dove si fosse reso necessario; lamministrazione urbana si riservava inoltre il diritto di edificarvi mulini e di utilizzarne le acque a suo piacimento49. Le sei parrocchie si susseguivano alla stessa altezza da est ad ovest: il canale tagliava dunque orizzontalmente la citt, da mura a mura. Ci sembra possibile identificare il suo percorso con una roggia rappresentata nella pianta secentesca di Vercelli, raccolta nel Theatrum Sabaudiae. Essa partiva dalla parrocchia di S. Bernardo, costeggiando probabilmente la cerchia muraria di et longobarda: questo era forse un primo tratto per cui era stato utilizzato lantico fossato cittadino (si spiegherebbe cos perch non comparissero i rappresentanti di tale vicinia). In prossimit della parrocchia di S. Vittore e di S. Salvatore si immetteva in un tracciato viario abbaQueste ultime due chiese costituivano ununica parrocchia. Acquisti, I, f. 45-46. Si d, per linteresse che presenta ai fini della trattazione, una parziale trascrizione del documento: Anno dominice incarnationis MCXXXXI. Indictione nona. In ecclesia Sancte Trinitatis, celebrata contione hominum civitatis Vercellarum, populo laudante ed confirmante, Benivolius consul comuni Vercellarum [...] dedit et concessit a parte comunis Iohanni de Benedicto et Dalfino de Tizono, nomine parochie Sancti Iuliani, et Alisio de Benedicto et Arditioni de Artaldo, nomine parochie Sancti Agnetis et nomine parochie Sancti Graciani, et Iordano de Bondonno et Guilelmo de Biguracano, nomine parochie Sancti Laurentii, et Arditioni de Tronzano et Arnaldo Butino, nomine parochie Sancti Thome, et Lafranco Rusullo et Petro Culbato, nomine parochie Sancti Salvatoris et Sancti Vitoris et nomine omnium hominum de Burgo et civitatis Vercellarum, videlicet ad hominum Vercellarum utilitatem dedit et et (sic) concessit eis ducere aquam Vercellinam et rivum Gualdricum per Burgum et per totam civitatem ubi oportuerit. Et sapientibus civitatis visum fuerit et concessit eis locum per quem libere veniant et si quis inpedierit ordinavit quod ille aque et locus debeant expediri ad expensas illorum qui aquas et locum impedierit. Et consules comunis qui tunc fuerint debeant illos cogere qui inpedierint restituere omnia dampna que fecerint operi illarum aquarum et loci. Item debeant cogere homines de Burgo et de civita (sic) solvere illud quod ab electis procuratoribus inpositum fuerit, pro dicendis (sic) et curendis illis aquis per Burgum et per civitatem ubi visum fuerit consulibus et sapientibus civitatis. Hoc tamen concessit salvo in omnibus domino et iure comunis de ipsis aquis et loco in construendis molandinis et ducendis ipsis aquis ubi voluerit tam intus quam extra et omnibus aliis rebus, utilitatibus et operibus que comune facere voluerit. Ita que nulli alii liceat edifficare nec construere nec aliquod facere nec prohibere nec removere nisi soli comuni et sicut consulibus et sapientibus visum fuerit [].
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stanza ampio, coincidente con lattuale Corso Libert: era quella che nel Medioevo veniva chiamata la Strata de Burgo, che attraversava, appunto, il Borgo50: di qui seguiva con andamento rettilineo il percorso della strada, intersecando nel mezzo le sette predette vicinie, per terminare in una fortificazione secentesca, da cui a sua volta scorreva una roggia che metteva in connessione il fossato delle mura con la Sesia51. Su questo canale gi nel 1191 il comune aveva deciso di erigere alcuni mulini, la cui costruzione venne portata a termine solo nel secolo successivo: in seguito il rivus prese probabilmente il nome di rugia comunis, su cui nel 1208, in prossimit dei ponti di S. Agnese e di S. Lorenzo, erano ricordati essere stati innalzati i macinatoi. Rimane da chiarire con che cosa i Vercellesi identificassero la rugia molendinorum - menzionata diverse volte nella documentazione vercellese dal secondo quarto del XIII secolo52 - che, correndo tra S. Lorenzo e S. Agnese, metteva in comunicazione i due impianti: era essa un altro canale che muoveva le pale comunali? Sembra pi verosimile che questo fosse piuttosto un ulteriore nome dato al rivus, che nella presenza dei due mulini trovava il suo elemento pi caratteristico agli occhi della cittadinanza. La roggia dei mulini era sicuramente tagliata da un ponte in S. Lorenzo, come risulta anche per la rugia comunis: infatti, nel 1240 un palazzo in tale vicinia, venduto da Iohanotus de Uguccione al comune, confinava con la via qua itur super rugiam molendinorum; si trattava di un vicolo probabilmente non molto ampio, poich ledificio era unito tramite due volte ad un casamento sullaltro lato della strada53. Inoltre, proprio come il rivus Gualdricus, essa giungeva fino al fossato della citt, nella vicinia di S. Graziano: nel 1255 loratorium dei frati Predicatori, allinterno delle mura urbane, era sito prope ruggiam molendinorum. Un sedime del convento era invece ubicato allesterno delle mura, presso i fossati della cerchia muraria (in curte Vercellarum, prope
50

Sulla strata de Burgo cfr. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p.

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51 Teatro degli stati del Duca di Savoia, a cura di L. Firpo, Torino 1984-1985; cfr. anche la cartina disegnata nel XIX secolo dal Della Rovere e pubblicata, con le indicazioni dei nomi delle parrocchie, in ARNOLDI, Vercelli vecchia e antica cit. 52 Biscioni, 1/II, doc. 228, pp. 76-78. In ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1811, doc. in data 11 aprile 1246 anche detta rugia molendinorum comunis Vercellarum. 53 Biscioni, 1/II, doc. 228, pp. 76-78.

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civitatem Vercellarum et apud fossata ipsius civitatis): esso confinava proprio con la rugia, che attraverso un canale scorreva allinterno della civitas ed andava a muovere le pale dei mulini (Rugia, que labitur per canalem in civitatem Vercellarum, qua molunt molendini ipsius civitatis)54. Unidentificazione della roggia dei mulini con la rugia comunis suggerita anche da due atti del 1246, in cui, a distanza di un giorno, lospedale di S. Andrea acquist due appezzamenti nella vicinia di S. Bernardo, in rua Vinearum, probabilmente propinqui: il primo confinava con la rugia molendinorum comunis Vercellis, il secondo con la rugia comunis55. Del resto proprio dalla parrocchia di S. Bernardo, presso la via delle Vigne, ossia lattuale via G.B. Viotti, iniziava il rivus Gualdricus56. forse da riconnettere allo scavo del rivus Gualdricus ed alla progettazione dei due impianti una norma statutaria, sfortunatamente non datata, in cui il podest giurava di impegnarsi a costruire una nuova roggia che attraversasse il Borgo (in questo quartiere erano situate le parrocchie di S. Lorenzo e di S. Agnese) e che scorresse per la citt due giorni alla settimana. Sul canale il rettore urbano prometteva inoltre di fare edificare, cum utilitate communis, due o pi mulini, extra civitatem superius et inferius, dove fosse ritenuto pi opportuno57. Il fatto che il destinatario del provvedimento fosse il podest fa ascrivere larticolo quanto meno agli inizi del XIII secolo, quando il regime podestarile divenne abituale a Vercelli, probabilmente almeno dopo il 1208; essendo in quella data i macinatoi comunali gi eretti, occorre dunque interrogarsi se si tratt di una normativa precedente, poi modificata e confluita nel codice, oppure di un ulteriore progetto rimasto senza esito58. Nel primo caso il canale passante per il Borgo e per la civitas andrebbe identificato con il rivus
54 Il documento, proveniente dal fondo dellAbbazia di S. Andrea, stato edito da G.G. MEERSSEMAN, La bienhereuse Emilie Bicchieri (1238-1314), in Archivum Fratrum Praedicatorum, 24 (1954), pp. 199-239, con particolare riferimento alle pp. 233-234. 55 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1811, doc. in data 11 aprile 1246; doc. in data 12 aprile 1246. Uno degli appezzamenti confinava anche con le mura cittadine: ci conferma lipotesi che il rivus scorresse lungo lantico perimetro murario. 56 FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p. 88. 57 Statuta, 212, pp. 153-156: Iuro dare operam bona fide quod rugia nova fluat per burgum. Ita tamen quod per duos dies in ebdomada currat per civitatem sicut per cartas ordinatum est. Et de hac rugia duo molendina vel plura si fieri potuerint cum utilitate communis extra civitatem superius et inferius constitui faciam ubi melium visum fuerit. 58 Sulle modalit di redazione degli statuti cfr. p. 90, nota 75.

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Gualdricus, il cui percorso era effettivamente situato quasi interamente in quel quartiere; i due mulini invece sarebbero stati costruiti allinterno della citt, ma comunque allesterno della civitas antiqua, che a cavallo dei due secoli, non essendo ancora state terminate le nuove mura, rimaneva in molti punti il riferimento per stabilire il perimetro urbano59. Linserimento dellarticolo negli statuti potrebbe essere dovuto al fatto che comunque il podest era tenuto a fare scorrere lacqua nella roggia due volte a settimana, o forse perch i lavori non erano ancor conclusi al momento della compilazione della norma. Ad ogni modo di per s interessante rilevare la presenza di capitoli statutari specificatamente rivolti alledificazione di opere di canalizzazione e di mulini: ci dimostra come la credenza ritenesse che questo settore potesse essere sviluppato cum utilitate communis60, in maniera tale da apportare entrate soddisfacenti e benefici alla popolazione. 2. I diritti sulle acque e la politica nei confronti dei mulini cittadini Si potuto vedere nel corso del primo capitolo come il comune si fosse mosso con una certa cautela nel recupero delle acque: prima di rivendicarne a s il controllo invocando principi giuridici generali, aveva cercato appigli pi concreti, che con maggiore facilit potessero essere accettati dalla popolazione vercellese. Lindagine sulle propriet collettive nel 1192, cos come la presunta investitura del vescovo, erano stati i pretesti, il contatto con la consuetudine e con lordinario iter giudiziario: da essi il governo urbano era partito per abbracciare politiche di ampia portata, che coinvolgevano il problema della sua emancipazione dalla tutela episcopale, della sua maturazione istituzionale, dellaffrancamento dagli interessi particolaristici dellaristocrazia consolare, fino al ruolo che il popolo era in grado di rivestire nellamministrazione comunale. Non diversamente si pose la questione nei confronti delle acque cittadine, tanto pi vitali per lautonomia del comune e tanto pi sentite dai cives come necessarie, in quanto bene di
59 G. GULLINO, Inurbamenti ed espansione urbana a Vercelli tra XII e XIII secolo, in Vercelli nel XIII secolo cit., pp. 279-320, con particolare riferimento alle pp. 293-294; ID., Uomini e spazio urbano cit., pp. 9-18; cfr. anche capitolo I. 60 La citazione tratta dalla predetta norma statutaria (cfr. supra, n. 57).

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pubblica utilit61. Tuttavia in questo caso, ad aggravare la situazione, mancavano norme precise cui i consoli potessero appellarsi per stabilirne la pubblicit: infatti, con la pace di Costanza solo i fiumi navigabili venivano considerati tra le regalie concesse alle citt, mentre per i fossati si demandava genericamente a quanto stabilito dalla consuetudine62, sicch, di fatto, i diritti sui canali urbani erano pervenuti nelle mani di potenti laici ed enti ecclesiastici63. Ciononostante, come si visto nel precedente paragrafo, sul finire del XII secolo unintensa stagione di opere di canalizzazione volute dai consoli aveva stravolto il paesaggio urbano, facendo s che il comune si imponesse agli occhi della collettivit come il maggiore possessore di diritti sulle acque della citt64: alle rogge preesistenti, la Vercellina e la rugia vetus, si erano aggiunti il nuovo fossato lungo il perimetro murario e il rivus Gualdricus65. La costruzione dei mulini comunali, ventilata dal 1180, fu accompagnata dal precoce (soprattutto se si pensa che il recupero delle terre di propriet collettiva e delle isole fluviali inizi solo pi di dieci anni dopo) e consapevole tentativo di rilevare sistematicamente le prerogative sui canali cittadini in mano a privati. Su tale circostanza grav, come per il recupero dei pascoli comuni, la pressione popolare. Si ritorni ancora brevemente allatto del 9 giugno 1180: il comune, che fino a quel momento non aveva elaborato una precisa legislazione sui mulini e sulle acque, ad un tempo era entrato in possesso della roggia dei de Guidalardis ed aveva deciso la costruzione dei macinatoi pubblici. Il 30 ottobre aveva
61 Per la concezione delle acque cittadine come beni di pubblica utilit cfr. BORTOLAMI, Acque, mulini e folloni cit., pp. 303-321 e, seppur per un periodo successivo, lindagine svolta su Cuneo da P. CAMILLA, I mulini negli statuti medievali del Cuneese, in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit., pp. 153-166, con particolare riferimento alle pp. 154-155. 62 L. CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali di Lombardia, Bari 1990, pp. 132-162, che in EAD., I mulini ad acqua nel Milanese cit., pp. 101-109 ha preso in considerazione anche la legislazione milanese sulle acque cittadine. Questa distinzione, tra fiumi navigabili e non, nella prassi non sempre veniva applicata: significativo il passo del Libellus di Giuliano da Sesso che attribuiva al vescovo e conte di Vercelli tutti i corsi dacqua (L. SORRENTI, Tra scuole e prassi giudiziarie. Giuliano da Sesso e il suo Libellus questionum, Roma 1999, p. 119; cfr. capitolo I, p. 50, nota 134). 63 Sulla privatizzazione dei diritti sulle acque cfr. anche capitolo I, pp. 43-56. In compenso la Pace di Costanza includeva i molendina tra i diritti pubblici (MGH, Legum sectio IV, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, a cura di L. Weiland, Hannover 1898, I, p. 412). 64 Sullimpatto che i lavori ebbero sulla coscienza dei Vercellesi cfr. GULLINO, Uomini e spazio urbano cit., pp. 9-18. 65 Sullubicazione della Vercellina cfr. V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-61, vol. III, pp. 73-74.

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invece acquistato da un altro esponente della stessa famiglia, Roberto, rugiam Vercellinam et cursum ipsius ruggiae [] ac iuris construendi molendina super ipsamet rugiam66: in tal modo esso esprimeva la volont di assumere un ruolo rilevante in questo settore. La scelta - in questo caso certo non pregiudiziale nei confronti degli appartenenti allaristocrazia consolare, di cui anzi si cercava il coinvolgimento67 - fu fortemente sollecitata dal populus, sicuramente sensibile alle prospettive annonarie offerte dallintervento dellamministrazione civica nel campo della molitura: proprio il primo dei documenti presi in considerazione segn, infatti, la fine di un lungo silenzio da parte dellassociazione popolare di Santo Stefano, scomparsa dagli atti vercellesi dopo la sua prima attestazione nel 116968. Non solo: se nel 1169 i consoli della societas presenziarono solo in veste di testimoni, nel giugno del 1180 essi mostrarono di avere ben altra autorit, agendo in prima persona nella stipulazione dellaccordo. La politica intrapresa fu confermata in seguito, sicch da questo momento i privati che desideravano utilizzare le acque urbane dovettero sempre pi confrontarsi con il comune: pochi giorni dopo lacquisto della Vercellina, il 2 novembre 1180, in un atto di grande solennit, i consoli del comune, anche in questo caso coadiuvati da quelli della societ, fecero concessione a Guala Bicchieri nominative de loco uno ad molendina costruenda retro ecclesia S. Clementis per totum fossatum novum factum unde rugia Vercellina currere debet usque in fossatum civitatis69. Gi si riferito del permesso, dato nel 1191, alla cittadinanza di utilizzare le acque del rivus Gualdricus: in questo caso veniva ribadita la supremazia del comune sui canali urbani, di cui esso stesso aveva finanziato lo scavo. Lamministrazione era stata tuttavia delegata alle circoscrizioni territoriali, tramite i rappresentanti delle parochie attraversate dalla roggia, che pi facilmente potevano controllare che avvenisse un uso corretto ed evitare abusi70. Ad ogni modo era ormai al comune che i cives dovevano fare riferimento per derivare le acque cittadine; attraverFERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p. 186. Rimangono valide le osservazioni di BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 434445, sulla partecipazione dellaristocrazia consolare al recupero dei diritti sulle acque; tuttavia ad avvantaggiarsi delloperazione in questo caso fu soprattutto il popolo. 68 DAC, doc. 8, pp. 18-19. 69 HPM, Chartarum, Torino 1836, I, doc. 1579, coll. 1077-1078. 70 Acquisti, I, f. 45-46.
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so questa facolt esso poteva non solo assicurarsi una parte dei profitti, ma anche controllare la costruzione dei mulini e vegliare al loro funzionamento: con il moltiplicarsi di attivit che utilizza[va]no lenergia idraulica, si impone[va] agli utenti una disciplina pi stretta71. Cos nel 1219, in occasione delledificazione della chiesa di S. Andrea, il cardinale Guala Bicchieri si rivolse alle autorit urbane per ottenere il permesso di deviare una roggia fino al cantiere, senza danno per coloro che vi possedevano mulini72. Si poi visto che il comune procedette allacquisto dei diritti sulle acque in mano ai privati tra il 1204 ed il 1206, in seguito alla costruzione degli impianti molitori pubblici. Tale iniziativa solo parzialmente spiegabile con lavori di ampliamento sui mulini recentemente edificati e svela un progetto di maggiore portata: infatti, i podest non rilevarono solamente le prerogative dei cives nellarea degli impianti urbani soprattutto la rugia vetus, che alimentava le pale dei macinatoi esistenti in S. Agnese ed in S. Lorenzo, alcuni dei quali, appartenuti ad Aiolfo, De Benedetti e monastero di S. Stefano, erano gi in disuso , ma si impossessarono anche delle pertinenze del canale di S. Andrea, sito nella zona settentrionale della citt73. Dietro queste operazioni non vi era solo la volont di avocare a s il settore delle acque urbane, ma anche un concreto rapporto con la costituzione dei mulini e il tentativo di assumere una funzione di supervisione e di regolamentazione delle attivit legate allapprovvigionamento cittadino: ledificazione degli impianti molitori da parte del comune era avvenuta, come si cercato di mostrare in precedenza, in risposta alle esigenze annonarie della popolazione, alle occasioni offerte dai mutamenti demografici ed urbanistici di Vercelli, ma soprattutto in previsione dellistituzione di un cospicuo cespite. La propriet pubblica di macinatoi del resto cosa abituale per lItalia comunale, su cui la medievistica ha gi soffermato la sua attenzione74. Vercelli citt di consistenza demica non irrilevante e bagnata da corsi dacqua che rendevano
71 C. DUSSAIX, Le moulins Reggio Emilia aux XIIe et XIIIe sicles, in Mlanges de lcole Franaise de Rome. Moyen ge - Temps modernes, tome 91 (1972), vol. I, pp. 8-147, qui a p. 125. 72 Biscioni, 1/I, doc. 183, pp. 372-374. 73 Biscioni, 1/II, doc. 210, pp. 52-53; Acov, Pergamene, doc. in data 6 dicembre 1206. 74 Cfr. quanto esposto in precedenza, in questo stesso capitolo.

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propizia la costruzione di tali strutture tutto sommato non ebbe che pochi mulini sotto il diretto controllo del governo urbano, solo due allinterno delle mura, rispetto ad altri casi gi oggetto di approfonditi studi: Siena possedeva 12 mulini75, Bologna pi di 8076, Reggio Emilia, sullesempio di Bologna, tra il 1238 ed il 1241 comp una sorta di nazionalizzazione degli impianti molitori cittadini77. Se vero che linvestimento vercellese appare sicuramente di portata inferiore in confronto a quello, per esempio, dei due centri emiliani, tuttavia, per effettuarne una corretta valutazione, occorre soffermarvisi maggiormente. possibile che i due macinatoi fossero di particolare importanza, anche rispetto a quelli in possesso dei cives: si gi accennato al loro impatto sulla topografia urbana, che port allindividuazione evidentemente sentita come familiare dalla collettivit, che vi fece pi volte riferimento negli atti privati della rugia molendinorum comunis78. Un documento del 1255, stilato dunque in una data successiva alla vendita dei mulini avvenuta nel 124979 ai creditori comunali, la identific invece come ruggiam molendinorum ipsius civitatis80: tali macinatoi rivestivano dunque una posizione di rilievo tra gli impianti cittadini. Il governo urbano tuttavia non realizz un progetto monopolistico, sicch le strutture molitorie in mano ad altri enti continuarono a proliferare: lospedale di S. Andrea nel 1244 ne possedeva una sulla Vercellina81. Anche la vicinia di S. Graziano alla met del secolo, nel 1250, possedeva alcuni mulini, probabilmente non ad acqua82, inseriti in due tetti di legname coperti di paglia che la predetta vicinanza aveva fatto fare nella corte della casa con forno di S. Spirito, situata nella strada appresso la casa di Bongioanni de Donato, n quali tetti stavano li molini dessa vicinanza83. Anche il recupero dei diritti sulle acque urbane rimase incompleto, sicch alcuni cives continuarono a possederne: per esempio,
BALESTRACCI, Approvvigionamento e distribuzione cit., p. 137. PINI, Canali e mulini a Bologna cit., pp. 30-36. 77 DUSSAIX, Les moulins Reggio Emilia cit., pp. 127-139. 78 Cfr. paragrafo precedente. 79 Cfr. capitolo IV, pp. 185-186. 80 MEERSSEMAN, La bienhereuse Emilie Bicchieri cit., pp. 233-234. 81 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1810, doc. in data 3 maggio 1244. 82 Essi vennero venduti, infatti, allospedale di S. Spirito per un prezzo estremamente esiguo, tre lire di pavesi . 83 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, mazzo n. 111, Inventario di S. Spirito.
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Pietro Bicchieri ancora nel 1250 era proprietario del suum fossatum aque civitatis Vercellensis84. Le prerogative acquisite furono tuttavia uno strumento in mano al comune per controllare la presenza di strutture molitorie private alternative a quelle pubbliche, che vennero circoscritte e regolate: gi nel 1191 i consoli, dopo aver concesso agli abitanti del Borgo e della citt luso del rivus Gualdricus, imposero che nessuno, al di fuori del comune, potesse su di esso edificare o costruire (Itaque nulli alii liceat edifficare nec construere nec aliquod facere nec prohibere nec removere nisi soli comuni)85. In questo senso potrebbe essere interpretata anche una norma statutaria tramite cui si vietava lerezione di mulini sui maggiori tra i nuovi fossati urbani86. In conclusione, il comune - pur senza attuare tentativi di monopolio e non potendo contare sulla consistenza numerica dei suoi impianti - elabor pi espedienti, attraverso cui si assicur la supervisione sulle attivit molitorie, essenziali allapprovvigionamento urbano. Non avvennero, come a Bologna e a Reggio Emilia, degli esperimenti di nazionalizzazione dei mulini: lintervento delle autorit pubbliche si limit ad alcuni impianti cittadini, disinteressandosi invece completamente di quelli posti nel suburbio. Neppure giunta testimonianza di alcun obbligo per i Vercellesi di macinare il proprio grano presso i mulini comunali, come avveniva in altre localit, per esempio a Chieri87. Ciononostante il governo urbano riusc a conquistare un ruolo precipuo nel ramo della molitura, valendosi di strumenti giuridici - il recupero dei diritti delle acque e la regolamentazione delle concessioni di edificazione di mulini - e forse anche di una maggiore qualit e grandezza degli apparati pubblici. Purtroppo ben poche sono le informazioni a nostra disposizione sulla struttura materiale degli impianti pubblici. Lunica notizia risale al 1229 e riguarda piuttosto gli utensili del mulino di S. Agnese: nel darlo in affitto il comune includeva quattro mole, un asino e gli altri attrezzi di pertinenza del macinatoio in quo
MEERSSEMAN, La bienhereuse Emilie Bicchieri cit., p. 221. Acquisti, I, f. 45-46. Su questa stessa roggia vennero successivamente innalzati i due mulini pubblici (cfr. paragrafo precedente). 86 Statuta, 213, p. 156. possibile che lobiettivo in questo caso fosse piuttosto quello di conservarne la navigabilit. 87 M. MONTANARI PESANDO, Carenza idrica e attivit molitorie nella Chieri medievale, in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit., pp. 11-46, con particolare riferimento a p. 18.
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molendino sunt88. Difficile anche fare una stima della loro redditivit: nel 1208 il loro appalto decennale, assieme a quello di altri proventi, venne valutato 4000 lire di pavesi, quando la vendita di un mulino extraurbano, oltre la Sesia, pochi anni prima, nel 1202, venne effettuata per 225 lire di pavesi89. In questo caso il rapporto sembra favorevole agli impianti comunali, che nel contratto di affitto rappresentavano la rendita principale. Alla met del secolo, nel 1249, i mulini pubblici vennero alienati, assieme agli stessi redditi dati in concessione nel 1208, per 2000 lire di pavesi (la differenza sfavorevole rispetto alla precedente locazione almeno in parte imputabile alla situazione di emergenza in cui le autorit urbane furono costrette ad effettuare la vendita, alla riduzione degli emolumenti ed alla scarsit di denaro in citt dovuta alla guerra intestina che da ormai sei anni travagliava Vercelli), mentre un mulino sito poco fuori le mura, ad Moliam, nel 1250 venne stimato 400 lire di pavesi90: in questo caso il divario appare ridotto, anche se, considerate le condizioni in cui avvenne la transazione, le strutture comunali continuavano probabilmente ad essere di maggior valore. Dovendo effettuare una valutazione della politica comunale nel campo delle acque cittadine e della molitura ci si trova di fronte ad una strategia articolata, in conclusione; che ha come concetto di base, ogni volta che possibile, il coinvolgimento di ceti e interessi, pi che laffermazione attraverso atti dimperio; che si muove sulla ben nota e frequente sovrapposizione dei concetti di propriet e di diritto pubblico91. Tale strategia fu attuata con
Biscioni, 1/III, doc. 484, pp. 32-33. ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208; ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 1 maggio 1202. 90 Cfr. capitolo IV, pp. 174-186. Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 144 (16 dicembre 1250). difficile trovare nella bibliografia confronti che possano essere rapportati ai prezzi vercellesi: vengono, infatti, a cambiare aree geografiche, strutture, periodo preso in considerazione, andamento dellinflazione; ad ogni modo studi che tengano conto dei costi degli impianti molitori nel Piemonte medievale sono quello di G. ALLIAUD, Molitura e ambiente in una regione povera di corsi dacqua: Caluso e dintorni allinizio del XIV secolo, in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit., pp. 47-66, con particolare riferimento alle pp. 50-51 e quello, volto piuttosto a considerare i costi derivanti dalla manutenzione, di V. CHIARLONE, I mulini del Piemonte bassomedievale: costruzione, funzionamento, manutenzione (secoli XIIIXIV), ibidem, pp. 169-188. Un termine di paragone pu essere costituito dal lavoro di J. MEUNDEL, The grain mills at Pistoia in 1350, in Bullettino storico pistoiese, 74 (1972), pp. 39-64. 91 BALESTRACCI, La politica delle acque cit., p. 443.
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estrema prudenza dal comune vercellese, ma, proprio per la decisione di evitare provvedimenti che lo ponessero in radicale contrapposizione con laristocrazia consolare, port alla creazione di una supremazia sulle acque cittadine solo de facto; il processo di riacquisizione dei diritti sulle acque nei confronti dei privati dovette quindi svilupparsi nel lungo periodo, senza che ne potesse avvenire una definitiva ricomposizione in mano pubblica. Del resto neppure i successivi governi popolari si preoccuparono di modificare questa politica, forse perch essa ebbe buon esito e riusc ugualmente a rispondere alle esigenze della cittadinanza92. 3. I mulini comunali nel distretto La storia del mulino, se documentata da una ricca serie di fonti contabili medievali come nel Piemonte sabaudo, costituisce [] un insostituibile punto di osservazione di nodi e strutture di storia ambientale, economica, demografica, istituzionale delle finanze signorili e della cultura materiale. A esserne illuminate sono soprattutto le interpretazioni che principi, signori locali e gruppi dirigenti comunali diedero delle potenzialit di inquadramento giuridico-istituzionale e di sfruttamento economico delle diverse realt territoriali, spesso geograficamente assai diverse fra loro, in cui si trovarono ad operare93. Le osservazioni di Rinaldo Comba, seppur riferite ad unarea differente da quella presa in considerazione, mostrano efficacemente il nesso tra potere ed economia insito nel possesso dei mulini: tale legame emerge in maniera evidente dallo studio della gestione che il comune vercellese intraprese sui propri impianti molitori ubicati nel contado. Purtroppo le testimonianze non sono molte: una, molto precoce, riguarda il mulino di Arborio. Esso nel 1203 venne dato in locazione dai consoli ad Alberto Guercius di Arborio, al fitto annuale di venti moggi di grano; lo stesso Alberto venne investito del gastaldatico, con limpegno di consegnarlo ai rappresentanti cittadini94. Il comune evidentemente era riuscito a impossessarsi dei poteri bannali del locus, fondamentali per il controllo della popo92 Lintensificarsi dellazione di recupero dei diritti sulle acque da parte dei governi popolari stata messa in rilievo da BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 447-451. 93 COMBA, Intrecci e frontiere di una ricerca cit., p. 7. 94 PC, doc. 62, pp. 134-135.

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lazione: di essi speriment una conduzione tramite un contratto a breve termine, un anno, che consentisse una presenza continua sul territorio dominato. Infatti, non veniva dato in concessione solo un provento, ma anche uno dei cardini dellautorit cittadina sul distretto. I rettori comunali si premurarono inoltre di richiedere un canone in natura, che forse rispondeva alla domanda cerealicola urbana. Una documentazione pi ricca permette di seguire con maggiore attenzione le vicende degli altri mulini posseduti da Vercelli nel suo districtus: quelli di Trino. Dal loro studio emergono chiaramente le stesse istanze di affermazione dellautorit cittadina sulle popolazioni rurali, gi riscontrate per Arborio. Quando nel 1202 i consoli vercellesi acquistarono Trino dal marchese di Monferrato, vollero rilevarne tutti i fondamenti del potere: terre allodiali, usi civici, boschi, banni, fodri, diritti di successione, consuetudini, ma anche diritti sulle acque e mulini95. Il possesso degli impianti molitori veniva quindi sentito come essenziale per avere una piena giurisdizione sul luogo96: infatti, alcuni anni dopo, nel 1211, labate di S. Maria di Lucedio pose fine ad una lite con il comune, cedendo definitivamente ai rappresentanti cittadini le sue prerogative sui mulini di Trino, che evidentemente erano sopravvissute allalienazione del 1202, al prezzo non irrilevante di 122 lire di pavesi 97. La transazione aveva un marcato valore politico: le propriet del monastero cistercense a Trino, confermate dal marchese Guglielmo anche dopo la vendita della localit, significavano uningerenza nel dominio vercellese ed una testa di ponte per il ritorno degli Aleramici98. In questo modo il comune consegu un ampio complesso moliBiscioni, 1/I, doc. 95, p. 203; cfr. inoltre R. RAO, La propriet allodiale civica dei borghi nuovi vercellesi (prima met del XIII secolo), in Studi storici, 42 (2001), pp. 373-395, qui a p. 394. 96 Sul rapporto tra mulini, diritti sulle acque e bannalit cfr. anche CHIAPPA MAURI, I mulini ad acqua nel Milanese cit., pp. 24-27. 97 PC, doc. 108, pp. 197-198. Segu la vendita degli stessi diritti da parte di Maifredo di Trino al prezzo di cinque lire di pavesi. 98 Sui rapporti tra Lucedio ed i marchesi di Monferrato cfr. A.A. SETTIA, Santa Maria di Lucedio e lidentit dinastica dei marchesi di Monferrato, in Labbazia di Lucedio e lordine cistercense nellItalia occidentale nei secoli XII e XIII. Atti del terzo congresso storico vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 24-26 ottobre 1997), Vercelli 1999, pp. 45-68. Sulla cessione di Trino cfr. invece F. PANERO, Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979, pp. 32-39; R. RAO, Fra comune e marchese cit., pp. 73-77.
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torio, composto da pi mulini disposti sulla roggia Stura99. Esso consentiva cospicui redditi derivanti, forse, dallabbinamento di attivit manifatturiere a quelle di macina dei cereali: infatti, gli impianti erano dotati di pista et paratorio100. In ragione di ci il suo valore doveva essere particolarmente elevato: nel 1231, quando venne dato in pagamento ai creditori comunali, esso fu stimato per la considerevole somma di 2500 lire di pavesi101. Dei mulini trinesi il governo cittadino appront una gestione particolarmente attenta, che segu per lo pi due criteri: una conduzione centralizzata da parte dellautorit podestarile, spesso rappresentata dai chiavari, e il coinvolgimento dei cives nellamministrazione di tali strutture. La documentazione vercellese ci ha lasciato due atti di locazione dei mulini, relativi agli anni 1226 e 1229: il primo venne compiuto dal podest Bonifacio de Poltronis, che invest Ranieri Biandrate e Raimondo de Bugella degli impianti per un fitto annuale di 130 lire di pavesi 102. Nel secondo il chiavaro comunale Giulio di Carlo stipul un contratto con il mugnaio Zambra a durata annuale, dietro prestazione di una somma di 44 soldi la settimana, pari a quasi 115 lire di pavesi annuali103. Entrambi i canoni, non molto differenti luno dallaltro in quanto allimporto complessivo, erano in denaro, forse perch i rettori urbani credettero scomodo un versamento in natura per una localit piuttosto distante da Vercelli. Infatti, un altro documento del 1229, inerente alla locazione di uno dei mulini pubblici cittadini, pur presentando le stesse caratteristiche dellatto trinese, prevedeva invece un pagamento in natura104. Il comune, nonostante la lontananza di Trino, aveva scelto, almeno in questi anni, una gestione rigorosamente centralizzata, dipendente da chiavari e podest; da essa le autorit locali erano completamente esautorate. Del resto tale tentativo di avocazione delle prerogative delle comunit sottomesse in accordo con la
99 La documentazione fa sempre riferimento a molendina: cfr. per esempio Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 2, n. 59 (1 gennaio 1231), dove si accenna alla presenza della Stura. 100 Biscioni, 1/III, doc. 485, p. 33. La pista era probabilmente un edificio rurale, mentre il paratorium un opificio tessile (queste sono le definizioni date dal Du Cange). 101 A. DI RICALDONE, Documenti vercellesi in un archivio del Ducato di Monferrato, in Bollettino storico vercellese, 7 (1975), pp. 47-52, con particolare riferimento alle pp. 4950. Cfr. anche capitolo IV, pp. 164-165. 102 Biscioni, 1/III, doc. 489, pp. 37-38. 103 Biscioni, 1/III, doc. 485, pp. 33-34. 104 Cfr. oltre.

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politica condotta dallamministrazione civica in quegli stessi anni a Trino, tramite la limitazione dei poteri delle magistrature rurali105. Un altro aspetto dellimpostazione centralizzatrice adottata dal governo urbano fu la creazione di un rapporto privilegiato tra i cives e i mulini trinesi: dei tre mugnai investiti solo uno, Raimondo de Bugella, era probabilmente abitante del luogo106. Sicuramente vercellese era Ranieri Biandrate107, cos come, forse, Zambra: egli, infatti, non solo non menzionato altrove nella documentazione relativa a Trino, ma per laffitto dei macinatoi ebbe come fideiussore il cives Giacomo Pizeninus Biandrate, recentemente immigrato in citt e sostenitore del partito popolare108. Il rapporto si rafforz con lassegnazione dei beni comunali negli anni 1229-1231: i mulini trinesi erano inclusi nellalienazione, riservata ai cittadini, ai nobili ed ai castellani con un estimo superiore alle 25 lire di pavesi. Essi furono dati ai maggiori tra i creditori comunali, che, come meglio si vedr, si identificavano con il gruppo dirigente urbano109: gli impianti di Trino furono dunque un utile veicolo per la penetrazione, avvenuta nei primi decenni del XIII secolo, dei maggiorenti vercellesi nei centri di potere del contado. 4. La gestione dei mulini cittadini e i consules molariarum Lamministrazione degli impianti molitori pubblici fu caratterizzata da una notevole flessibilit: uninteressante testimonianza su come essa avvenne offerta da un documento del 1208, cui gi si fatto riferimento, con cui il comune appalt per dieci anni i suoi mulini a Simone Neuxant e soci per la ragguardevole somma di 4000 lire di pavesi, con il fine di pagare il disavanzo accumulato dallerario cittadino. Latto, a cui presenzi lintera credenza ad eccezione di Alberto de Mortaria, venne redatto con grande solennit, data limportanza della transazione110. Tra gli astanti vi erano
RAO, La propriet allodiale cit., pp. 390-392. PANERO, Due borghi franchi padani cit., p. 198. 107 Su questo ramo dei Biandrate cfr. Appendice 1. 108 Egli nel 1224 fu console della societ di Santo Stefano (Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 5), vol. I, doc. 115, p. 161). 109 Cfr. capitolo IV, pp. 164-165. 110 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208.
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anche i consoli di S. Eusebio, che fecero la loro prima comparsa nella documentazione vercellese111: si tratta di un dato di rilievo, poich conferma come le operazioni inerenti al controllo dellapprovvigionamento suscitassero vivamente linteresse della cittadinanza, che non rinunciava a parteciparvi attraverso le proprie rappresentanze sociali. Con lappalto del 1208 le rendite dei mulini vennero date in pagamento di un prestito, seguendo un sistema abbastanza diffuso nelle citt italiane, le cui attestazioni per Vercelli vanno riferite per lo pi alla met del secolo112. Poteva per avvenire che il governo urbano, in momenti in cui le casse erano meno bisognose di liquido, provasse a concedere direttamente in locazione i macinatoi, richiedendo versamenti talora in denaro, talora in natura: ci accadde nel 1229, quando il mulino di S. Agnese fu assegnato per un anno al mugnaio vercellese Guglielmo de Yporegia, dietro corresponsione di un fitto settimanale di tre staia di segale e tre mine di frumento113. Il comune scelse dunque un canone in natura, che garantiva un reddito annuale di 156 staia di segale e 78 di frumento: una somma non irrilevante, se si pensa che probabilmente poteva essere raddoppiata tramite gli emolumenti prodotti dal mulino di S. Lorenzo. Attraverso questa opzione si voleva dunque andare incontro alle esigenze annonarie della citt, recentemente aumentate con listituzione delluniversit: non solo per lafflusso demografico derivatone o almeno previsto114 , ma anche per limpegno preso da parte delle autorit pubbliche di fare affluire nel granaio civico 1000 moggi di grano a disposizione degli studenti al prezzo di acquisto115. Ad ogni modo, oltre a fornire un
Al riguardo cfr. capitolo II, pp. 75-77. J.-C. MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XII-XVIII sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34, con particolare riferimento a p. 26; M. GINATEMPO, Prima del debito. Finanziamento della spesa pubblica e gestione del deficit nelle grandi citt toscane (1200-1350 ca.), Firenze 2000, pp. 73-80. Cfr. inoltre capitolo IV, paragrafo 1. 113 Biscioni, 1/III, doc. 484, pp. 32-33. 114 Sullo scacco delluniversit vercellese cfr. i saggi contenuti in Luniversit di Vercelli nel Medioevo cit.: C. DOLCINI, Bologna e le nuove universit, pp. 23-33; S. BORTOLAMI, Da Bologna a Padova, da Padova a Vercelli: ripensando alle migrazioni universitarie, pp. 35-75; R. ORDANO, Listituzione dello Studio di Vercelli, pp. 167-204; A.I. PINI, Auri argentique talenta huc ferimus dites: i risvolti economici della presenza universitaria nella citt medievale, pp. 205-225. 115 Cfr. capitolo II, pp. 87-88. Si pu quindi dedurre che i due mulini comunali apportavano al granaio pubblico poco pi di un ventesimo dei 1000 moggi previsti dal contratto, che a loro volta rappresentavano solo una parte del fabbisogno cerealicolo della citt.
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apporto allapprovvigionamento urbano, la soluzione della gestione dei mulini tramite concessioni a breve termine direttamente effettuate dai rappresentanti comunali era funzionale al progetto di centralizzazione e di controllo dei gangli vitali della citt, che i podest vercellesi dallinizio del XIII andavano mettendo in atto116. Rispetto agli impianti molitori del contado, quelli cittadini, in ragione della loro particolare importanza117, erano amministrati separatamente dalle altre propriet pubbliche: assieme ai mulini il podest nel 1208 cedette, sempre per dieci anni, le rendite garantite dai vari pedaggi di cui il comune era in possesso, ossia la molaria, il pedagium, la curadia e il pugnaticum118. La molaria era, infatti, la tassa imposta sul traffico delle mole, particolarmente remunerativo in Piemonte sullasse che partendo dalla Valle dAosta (Bard) univa Ivrea e Vercelli119. Proprio questultima aveva attuato dalla seconda met del XII secolo un disegno egemonico su tale commercio, che attraverso i trattati del 1215 e del 1224 con i conti di Savoia era sfociato nella creazione di un monopolio: esso fu contrastato da Ivrea fino allinsorgere di una vera e propria guerra, conclusasi solo nel 1231120. Nellatto del 1208 il notaio faceva esplicitamente riferimento a due pedaggi sulle mole, quello della Valle dAosta e quello di Lanzo (tam de Agustana molaria quam de molaria Lanzii), ossia le due aree di produzione attraverso cui le mole entravano nellepiscopato vercellese e sulle
Cfr. capitolo II. Al riguardo si veda quanto detto in precedenza. 118 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 119 Largomento ha ricevuto lattenzione di R. ORDANO, Il commercio vercellese delle macine della Valle dAosta, in La Valle dAosta. Relazioni e comunicazioni presentate al XXXI Congresso storico subalpino di Aosta, Torino 1959, vol. II, pp. 811-818; M.C. DAVISO DI CHARVENSOD, I pedaggi delle Alpi occidentali nel Medio Evo, Torino 1961, pp. 74-78; J.G. RIVOLIN, Il pedaggio di Bard ed il commercio delle mole (XIII e XIV secolo), in Mulini da grano nel Piemonte medievale cit., pp. 189-214; P. GRILLO, Il commercio delle mole nel Piemonte del Basso Medioevo (inizi XIV inizi XV secolo), ibidem, pp. 215-231. 120 Al riguardo cfr. ORDANO, Il commercio vercellese delle macine cit.; RIVOLIN, Il pedaggio di Bard ed il commercio delle mole cit., pp. 189-190. Non chiaro il tenore di una norma statutaria del 1242: si quis de districtu Vercellarum ab illo termino in antea quo molaria vendita est, emeret aliquam vel aliquas (molas) ad usum suum scilicet molendini sui vel quod ab alio tenuerit, non debeat solvere communi vel alicui pro communi molariciam (Statuta, 428, p. 304). Se non si trattava semplicemente di unagevolazione in favore degli abitanti del districtus vercellese, possibile che essa vada riferita alla pratica corrente di appaltare questo dazio ed allimpossibilit da parte del comune di riscuoterne in seguito altre somme.
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quali il comune aveva stabilito la supremazia121. La curadia era invece il dazio che si esigeva lungo lanno alle porte della citt sui vari oggetti di consumazione interna o di transito122. Non sono state invece rinvenute notizie sul pugnaticum, che alla curadia era stato allegato e che con essa era probabilmente in connessione: si potrebbe ipotizzare che si trattasse del pugno di grano versato dai cittadini per i cereali portati al macino123. Il pedagium, infine, era la tassa riscossa dallamministrazione urbana in Vercelli, distinta dalle altre esazioni che il comune prelevava nel contado e che nel documento non erano accluse124. Ci si soffermati cos a lungo sulle prerogative appaltate, poich, tramite larticolo statutario del 1229, come meglio si vedr, furono questi stessi diritti, assieme al peso pubblico, ai mulini di S. Lorenzo e di S Agnese e a poche altre propriet (comunanze cittadine, castelli, ponti e il palazzo di Trino), ad essere eccettuati dallassegnazione ai cives125. Infine, nellalienazione dei beni pubblici del 1249, ancora una volta, agli impianti molitori del comune vennero affiancati i pedaggi, il peso, la curadia e la molaria126. I macinatoi di S. Lorenzo e di S. Agnese erano dunque oggetto di unamministrazione separata da quella degli altri beni comunali, cui sovrintendevano non i procuratores comunium, bens i consules molarie: costoro proprio nellappalto del 1208 si impegnarono ad accertare gli eventuali danni ricevuti dagli acquirenti, senza che essi ne avessero colpa, nella riscossione degli emolumenti provenienti sia dai mulini sia dai pedaggi127. Indagare su tali
121 Sul pedaggio di Lanzo nel XIV secolo cfr. GRILLO, Il commercio delle mole nel Piemonte del Basso Medioevo cit., pp. 218-227. 122 Cfr. V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-61, vol. II, p. 95. Le somme riscosse sono contenute in Biscioni, 2/I, doc. 131, pp. 220-222 e Biscioni, 1/I, doc. 186, pp. 383-386. 123 Tuttavia questa prestazione dovuta al mugnaio dal Du Cange chiamata soltanto pugnanderia o pugnatoria. Di questo dazio non fa menzione DAVISO DI CHARVENSOD, I pedaggi delle Alpi occidentali cit., pp. 11-35. 124 Sul pedagium cfr. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, p. 96. 125 Cfr. capitolo IV, pp. 162-168. 126 Cfr. capitolo IV, pp. 185-186. 127 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208, di cui si fornisce una trascrizione relativa agli obblighi dei consoli della molaria, sottolineando le loro attestazioni: et percipiant illud pedagium et omnes conventiones illius pedagii a termino predicti Simonis et sociorum qui olim illud emerunt sicut in earum carta continetur finito usque illud tempore quo ipsi emptores debent tenere molariam et alias res venditas sicut in presenti legitur carta ita que si pedagium perderet quod percipere non possent mutacione strate vel alia ocasione vel facto, tunc tantumdem tempore debeant tenere ac percipere illud pedagium per quantum tempore constabit eos perdidisse quod non percepient,

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ufficiali pu essere utile a comprendere perch il comune cerc di preservare con tutte le sue forze questi proventi, che costituivano un settore particolare allinterno delle finanze urbane: esso resistette allassegnazione delle comunanze negli anni 1229-1231 e fu ceduto solo con riluttanza nel 1249128. Tuttavia le funzioni di questi ufficiali cittadini rimangono avvolte nellombra e per avanzare qualche ipotesi si costretti ad appellarsi ad un esiguo numero di documenti: molti interrogativi rimangono quindi irrisolti, primi fra tutti quale fosse il rapporto tra i consules molarie ed i molares e, punto ancor meno chiaro, se costoro fossero appaltatori incaricati dal comune di riscuotere certe entrate oppure fossero semplicemente suoi rappresentanti. La prima attestazione di unorganizzazione che sorvegliasse gli interessi inerenti al settore della molitura deve essere ricondotta alla fine del XII secolo: nel 1193 Bonbellus Bazzano, Giacomo de Guidalardis e Ottone Camex presenziarono come molares ad un atto in cui Corrado de Septimo, Amedeo e Guido Foglia di Montalto giurarono, su ordine del vescovo di Ivrea, di salvaguardare il transito di Vercellesi, Eporediesi e dei loro beni et specialiter molariam et molares et eorum nuncios129. Di rilievo che almeno due dei tre incaricati, ossia Ottone e Giacomo, appartenessero a famiglie in possesso di mulini130: ci potrebbe indurre a ritenere che si trattasse di privati delegati dai rettori urbani allesazione del dazio dopo un appalto. Ad ogni modo gi da quella data,
hoc tamen cognito et fide data per sacramentum consulum molarie. [] Et si aliquo caso contingeret quod rugie de quibus molunt illa molendina aliquo modo tollerentur pro comuni vel alio facto, tunc per tantumdem tempore debeant illa molendina tenere et godimenta percipere per quantum constabit eos per illa ocasione perdidisse godimenta hoc tamen cognito et fide data per sacramentum consulum molarie. [] Et si contigerit quod ipsi emptores vel eorum heredes seu cui dederint infra illos decem annos pro guerra vel discordia aliqua vel quoquo aliquo modo cure vel secure non possent ducere suprascriptas molarias nec illa godimenta et obventiones earum ut supradictum est in toto vel in parte percipere hoc tamen cognito et fide data per sacramentum consulum molarie, tunc per tantumdem tempore ultra illos decem annos debeant tenere ac percipere per quantum tempore non acceperint nisi tamen manifeste apparuerit quod culpa eorum steterit quo minus perceperint. Quod verbum debeat declarari per sacramentum molarium quod culpa eorum non stetit quo minus perceperint ita quod alia probatio non interveni ac nisi forte fieret per bonos homines ut inferius in capitulo quodam continetur. 128 Cfr. capitolo IV. 129 DAC, doc. 18, pp. 33-34. Sul commercio vercellese delle mole cfr. R. BORDONE, Potenza vescovile e organismo comunale, in Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al secolo XV, Cittadella 1998, pp. 799-837, con particolare riferimento a pp. 825-831. 130 Si rimanda a quanto esposto nel corso del primo paragrafo di questo stesso capitolo; Ottone tuttavia acquist il mulino solo successivamente allelezione a molarius.

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in piena fase consolare, in un periodo in cui gli uffici comunali difficilmente erano strutturati, costoro gi agivano con lappoggio dellamministrazione cittadina: essa faceva valere tutto il suo peso politico a loro protezione, a dimostrazione della priorit di questi interessi per il comune vercellese131. I fini di questa magistratura, se pu essere chiamata tale, si concentravano per sulla riscossione della molaria, anche perch i mulini non erano ancora stati costruiti. Il gi menzionato documento del 1208 in cui gli impianti molitori rientravano per la prima volta nelle competenze dellufficio - in alcuni punti pratic un utilizzo sinonimico dei termini molares e consules molarie, mostrando chiaramente che si trattava di cariche interinali132. In nessun passo sembra invece possibile dedurre unidentificazione tra i soci di Simone Neuxant ed i molares: questi ultimi erano anzi dispensati dal dare iudicaturam in uneventuale causa tra comune ed appaltatori133. quindi possibile che, sebbene i ruoli rimanessero distinti, tra molares ed acquirenti del 1208 esistessero dei legami. Maggiori ragguagli su questa ambigua carica provengono da un atto logoro ed incompleto del 1221, in cui Orsetto de Sabello, in qualit di procuratore dei molares, cerc di dimostrare che questi ultimi tra il 1210 ed il 1214 non erano riusciti a riscuotere la molaria a causa dellaumento del pedaggio e dellostilit degli Eporediesi, provocando grave danno al comune134. Il processo si rese probabilmente necessario, sebbene non ne venga fatto cenno, poich la mancata esazione impose il procrastino del termine di appalto a favore degli acquirenti del 1208135. Nella causa i consu131 Sugli uffici comunali a Vercelli cfr. capitolo II. Sulle magistrature dedicate alla cura dei mulini nellItalia medievale cfr. invece BALESTRACCI, La politica delle acque cit., pp. 476-477. 132 Oltre ai passi gi trascritti, si veda nello stesso documento poco oltre (le sottolineature sono mie): In predictis tamen omnibus de concordia partium additum est quod testes possit inducere videlicet quod fides molariis debeat prestari cum iuramento dum tamen contrarium non probaret per bonos homines et legales civitatis aut de districto, hoc addito quod per molares debeant denunciari comuni quam molariam ducere et habere non posset se non deberent et quod molares qui pro tempore fuerint debeant iuramento teneri quod fraudem non committent in non ducenda molaria pro suo lucro et dampno comunis. Item convenit inter eos quod finito termino molendina debeant consigari (sic) comuni in eo statu quo nunc sunt et si questio inde inter comune et illos emptores moveretur per bonos homines dissiniatur. Item convenit inter eos quod in omnibus causis de quibus comune appellaret eos non teneantur molares iudicaturam dare (ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208). 133 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 134 DAC, doc. 91, pp. 127-131. 135 Sulle clausole del contratto cfr. le due trascrizioni in nota.

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les molarie, pur continuando a tratti ad essere identificati con i molares, venivano chiamati anche consules molariorum: quindi possibile che essi fossero dei molares eletti ad una funzione di supervisione, che prevedeva anche il controllo dei mulini136. Una sfumatura tra le due cariche possibile rintracciare in un altro passo del documento, in cui si chiedeva se i consoli avessero dato a ciascuno dei molares 25 lire di pavesi per comprare delle mole. In questo caso a tale magistratura spettava non solo di riscuotere il dazio sulle mole, ma anche di provvedere al loro acquisto: non si esplicit per se questo fosse finalizzato al rifornimento dei mulini di propriet del comune o, come sembra pi verosimile, ad operazioni di lucro. Il mandato degli ufficiali era probabilmente annuale: infatti, vennero interrogati cinque personaggi in carica nellanno a cui si riferivano i fatti contestati137. Anche in questo caso non venne per sciolta lambiguit intorno a queste figure: il fatto che i molares si facessero rappresentare di fronte al comune da un procuratore fa pensare che fossero privati che agivano a tutela dei loro interessi. Ci nonostante ai testi si chiedeva anche se il comune avesse percepito dei danni dalla mancata riscossione della molaria: forse possibile ipotizzare che lappalto prevedesse comunque la consegna allamministrazione urbana di una quota degli emolumenti, che per non venne segnalata nel documento del 1208. Unultima osservazione su questa sfuggente carica riguarda la variet delle sue competenze, che andavano dai pedaggi alla gestione dei mulini urbani. Gina Fasoli e Antonio Ivan Pini si sono occupati in passato degli iscarii bolognesi, una magistratura comunale cui era delegata la gestione di strade, mercato e mulini138. Non possibile rintracciare alcun legame tra questi ufficiali ed i molares vercellesi molto pi sfuggenti ed apparentemente
DAC, doc. 91, pp. 127-131. DAC, doc. 91, pp. 127-131: Simon Reccanus iuratus testatur quod molares non potuerunt habere molariam; Manoellus de Balzula, Simo Porca, Manfredus de Guidalardis et Jacobus de Calvo fuerunt consules molarie per annum I currente tunc incarnacione MCCXIIII [] Respondit quod illo anno erat consul molariorum [] Iacobus de Calvo iuratus testatur quod eo anno quo fuit molarius cum Manoello de Balzola et Simone Porca []. 138 G. FASOLI, Un fossile nel vocabolario istituzionale bolognese del Duecento, in Studi storici in onore di Ottorino Bertolini, Pisa 1972, vol. I, pp. 325-335, con particolare riferimento alle pp. 330-333; PINI, Alle origini delle corporazioni medievali cit., pp. 246-248; 257258.
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molto meno definiti come magistratura , ci nonostante emerge una comunanza di aspetti condivisa dalle due istituzioni. Entrambi gli storici bolognesi hanno osservato come il filo rosso che univa le attivit degli iscarii sia da rintracciare nel controllo dellapprovvigionamento cittadino, per cui trasporti e mulini erano fondamentali: tale interpretazione, con molta cautela, pu forse essere estesa anche ai consules molarie. In tal modo spiegabile perch per tutta let podestarile le vicende dei mulini pubblici si siano intrecciate a quelle dei pedaggi (curadia, peso pubblico, molaria). Per questo motivo le autorit vercellesi furono sempre riluttanti ad alienare tali proventi, il cui valore non era solo economico. Viene inoltre confermato linteresse del comune piemontese per le questioni annonarie: la costruzione dei mulini, avvenuta sotto legida del popolo cittadino, deve essere inquadrata in questordine i problemi.

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IV. Il governo popolare e il controllo del territorio: lestinzione dei beni comunali

1. Indebitamento e tensioni sociali alla base dellalienazione dei beni comunali negli anni 1229-1231 La ripresa delle ostilit tra Federico II e la Lega nellItalia settentrionale dopo il 1228 si fece sentire anche a Vercelli, impegnata tra laltro nel confronto con Ivrea ed i marchesi di Monferrato1. La guerra aveva peraltro sollecitato le necessit difensive dei Vercellesi, che in questa direzione avevano rivolto cospicue risorse dellerario comunale: nel 1230 era stata acquistata la miniera dargento del monte Assolata2. Essa fu data in locazione allargenterius bresciano Umberto de Patrico e ai suoi soci, cui, tra le varie clausole, si richiesero sei milites da fornire allesercito urbano: tale indicazione, oltre a confermare che la cavalleria cittadina, almeno in questo periodo, non implicava una discriminante cetuale, evidenzia limpegno del comune nel settore bellico3.
1 F. COGNASSO, Il Piemonte nellet sveva, Torino 1968, pp. 580-606. Su queste vicende cfr. anche M. VALLERANI, Le citt lombarde tra impero e papato (1226-1250), in Comuni e signorie nellItalia settentrionale: la Lombardia, Storia dItalia, diretta da G. Galasso, vol. VI, Torino 1998, pp. 455-480, con particolare riferimento alle pp. 455462. La politica di Federico II nei confronti delle citt padane stata anche oggetto dellintervento di G. FASOLI, Federico II e le citt padane, in Politica e cultura nellItalia di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986, pp. 53-70. 2 La miniera vercellese stata oggetto del dettagliato studio di G. GULLINO, Un insediamento minerario del XIII secolo: iniziative per lo sfruttamento delle vene dargento nel Biellese, in Archeologia medievale. Cultura materiale, insediamenti, territorio, 18 (1991), pp. 721-735. Il suo acquisto da parte del comune stato invece messo in relazione allaggravarsi delle esigenze belliche della citt da A.A. SETTIA, Lesercito comunale vercellese del secolo XIII: armamento e tecniche di combattimento nellItalia occidentale, in Vercelli nel XIII secolo. Atti del primo congresso storico vercellese, Vercelli 1982, pp. 327355, con particolare riferimento alle pp. 332-333. 3 GULLINO, Un insediamento minerario cit., pp. 723-725. Sui rapporti tra estrazione sociale e cavalleria cittadina cfr. G. TABACCO, Nobili e cavalieri a Bologna e a Firenze tra XII e XIII secolo, in Studi medievali, 17 (1976), pp. 41-76, e i pi recenti lavori di F. CARDINI, Nobilt e cavalleria nei centri urbani: problemi e interpretazioni, in Nobilt e

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Le guerre e linstabilit venutasi a creare in quegli anni si ripercossero anche sulle istituzioni vercellesi: nel 1230 a capo delle due societ, invece dei consoli, vennero nominati podest, Uguccione de Miralda per SantEusebio e Sanguisagni Alciati per Santo Stefano4. I de Miralda, un ramo dei Bondoni5, erano un gruppo parentale pi attento alle propriet nelle campagne che alla vita politica cittadina, cui si erano limitati ad offrire pochi credenziari6; gli Alciati, pur essendo una delle maggiori famiglie vercellesi, che vantava diritti signorili nel contado e che era riuscita a fare eleggere suoi membri nel capitolo cattedrale, da sempre era legata a Santo Stefano, forse anche perch durante la sua ascesa non aveva sviluppato relazioni con il presule, ponendosi per interessi in opposizione alle casate a questultimo afferenti7. Il podestariato delle societates probabilmente rimase in vigore anche lanno successivo: la citazione di Ruffino Avogadro come potestas militum per il 1231 potrebbe, infatti, forse essere riferita allorganizzazione nobiliare di SantEusebio8. In questo caso la scelta di unindicazione che esprimesse la caratterizzazione sociale del raggruppamento sarebbe utile a comprendere come il ruolo di mediazione delle associazioni fosse sempre pi obliterato in favore dello scontro tra le due fazioni che le sostenevano. Lopzione del podestariato, oltre ad indicare una maggiore solidit istituzionale
ceti dirigenti in Toscana nei secoli XI-XIII: strutture e concetti, Firenze 1982, pp. 13-28; S. GASPARRI, I milites cittadini. Studi sulla cavalleria in Italia, Roma 1992. 4 Il documento edito in G. FERRARIS, recensione a Le pergamene Belgioioso della biblioteca trivulziana di Milano (secoli XI-XVIII). Inventario e regesti, a cura di P. Margaroli, Milano 1997, vol. I, in Bollettino storico vercellese, 51 (1998), pp. 176179. 5 V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-1861, vol. I, p. 334. 6 Negli anni presi in considerazione lo stesso Uguccione fece parte pi volte della credenza e nel 1222 presenzi al consiglio privato del podest (Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111); Pietro de Miralda fu chiavaro del comune nel 1232 (Il libro rosso del comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914 (BSSS, 74), doc. 246, p. 270) e ambasciatore nel 1233 (Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 5), vol. I, doc. 132, p. 183). Buongiovanni nel 1219 era monaco di Lucedio (ibidem, doc. 90, p. 129), Ardizzone chierico di S. Eusebio nel 1243 (ACV, Atti privati, cartella VI, doc. in data 22 marzo 1243); Giacomo fu canonico di S. Andrea nel 1248 (ibidem, doc. in data 1248). 7 Sugli Alciati cfr. F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165, qui a p. 92. 8 DAC, doc. 109, p. 171; il documento che segnala lesistenza di un podestariato di SantEusebio per lanno precedente sembra rafforzare lipotesi, finora considerata con prudenza, che il potestas militum potesse essere identificato con quello della predetta societ (cfr. A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, p. 63).

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ed unemulazione della forma di governo comunale9, sembra anche alludere ad un nuovo ruolo ricoperto dalle societ in questi anni, il quale si tradusse in una maggiore intraprendenza politica. Il cambiamento pu essere individuato agevolmente soffermandosi ancora brevemente sulle condizioni che portarono allacquisto della miniera del monte Assolata, una comunanza, seppure piuttosto atipica, che ancora una volta conferma come le decisioni inerenti al controllo dei beni comunali comportassero limmancabile entrata in gioco degli schieramenti sociali. Latto che stabiliva la transazione fu stilato nella chiesa della Santa Trinit, dove fu facto conscilio et quasi concione [] multe magne quantitatis hominum societatis S. Stephani, et ibidem mandato domini Saguinisagni Alzati potestatis ipsius societatis et eius voluntate convocato; alla riunione dellassociazione popolare convennero tuttavia anche molti milites e pedites ad essa estranei, che decisero allunisono lacquisto, effettuato dal podest di Santo Stefano, lAlciati, e da Pietro e Martino Bicchieri vice et nomine comunis. Si stabil inoltre che alcune clausole fossero inserite, oltre che negli statuti comunali in quelli della societ10. La volont del populus era dunque stata la vera promotrice delloperazione, solo in seguito assecondata da altre componenti della cittadinanza; ma ci che pi stupisce vedere come essa fosse riuscita ad eludere i tradizionali meccanismi istituzionali. Infatti, sebbene lacquisto fosse stato condotto a nome del comune, tra gli attori non figuravano appartenenti al governo podestarile; inoltre non veniva neppure menzionato il consenso della credenza. Ad agire in prima persona era il podest della societ, coadiuvato dai fratelli Bicchieri, di cui difficile determinare il ruolo: operavano in rappresentanza della fazione dei milites (in questo caso stupisce che non sia stata specificata la delega da parte di SantEusebio)? Appartenevano essi stessi a Santo Stefano, cui la famiglia risultava legata, avendone entrambi ricoperto il consolato, Pietro lanno precedente, Martino nel 122411? Rivestivano una funzione di mediazione, favorita dai loro rapporti con le discendenze signorili del Vercellese? Quale che sia la corretta interpretazione, le uni9 Sulla capacit delle associazioni cittadine di eleggere podest cfr. anche le osservazioni di J. KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord nel XIII secolo, Bologna 1986, pp. 145155 e, sulla situazione piacentina, pp. 66-81 10 Biscioni, 2/I, doc. 132, pp. 224-226. 11 Cfr. Appendice 2.

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che autorit ad intervenire direttamente nellatto furono quelle legate al populus: una tale capacit di sostituirsi nelle prerogative al governo podestarile in quellanno rappresentato da Guarnerius Castiglioni, probabilmente instaurato a seguito della legazione pontificia del cardinale Goffredo Castiglioni, ad indicare una situazione delicata ed un fragile equilibrio tra gli schieramenti sociali12 induce a ritenere che le istituzioni comunali non rispondessero pi alle esigenze societarie. Mentre lacuirsi del divario tra Lega e imperiali prodotto dalla violenta ripresa delle operazioni belliche in Piemonte favoriva laumento dello stato di conflitto tra populus e milites, le due associazioni tentarono di assicurarsi legemonia prescindendo dallusuale dialettica con lamministrazione cittadina ed effettivamente riuscirono ad assumere dei margini di autonomia non contemplati in passato. La loro forza si dispiegava tuttavia non tanto attraverso un controllo pervasivo della credenza e degli uffici comunali, come era stato in precedenza, quanto attraverso la loro pressione sul governo urbano, la capacit di creare luoghi di potere (la chiesa della S. Trinit), assembramenti di popolazione (conscilio et quasi concione), scritture (gli statuti societari) alternativi a quelli podestarili13. La scelta della chiesa della S. Trinit come sede della riunione particolarmente evocativa: qui tra il 1186 ed il 1208, prima della costruzione del palazzo pubblico, la concio vercellese si riuniva in occasione di decisioni particolarmente significative14. In questo modo il popo12 Un esempio sui contatti avuti con Vercelli da Goffredo durante la sua legazione in Lombardia avvenuta tra il 1228 e il 1229 rinvenibile in Le pergamene di S. Giulio dOrta dellarchivio di Stato di Torino, a cura di G. Fornaseri, Torino 1958 (BSSS, 180/1), doc. 67, pp. 119-120, in cui un canonico vercellese fu designato dal Castiglioni a giudicare una lite tra il monastero di S. Giulio dOrta e i conti di Biandrate. Su Goffredo, papa come Celestino IV, cfr. A. PARAVICINI BAGLIANI, Celestino IV, lemma del Dizionario biografico degli Italiani. Cavallucci Cerretesi, Roma 1979, vol. XXIII, pp. 398-402. 13 KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord cit., pp. 145-161 e la recensione, ricca di spunti, di P. RACINE, Le popolo, groupe social ou groupe de pression?, in Nuova rivista storica, 73 (1989), pp. 133-150; cfr. inoltre S. BORTOLAMI, Le forme societarie di organizzazione del popolo, in Magnati e popolani nellItalia comunale. Quindicesimo convegno di studi del Centro italiano di studi di storia e darte di Pistoia. Pistoia 15-18 maggio 1995, Pistoia 1997, pp. 41-79, con particolare riferimento alle pp. 42-43; 63-64 e PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo cit., p. 488. 14 Si veda per esempio lacquisto del castello di Casalvolone nel 1186 (PC, doc. 101, pp. 186-187); nellarchivio comunale ho rinvenuto 28 atti qui stilati. Sulla chiesa della S. Trinit cfr. G. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, pp. 13-14. Sulle chiese cittadine come luoghi di ritrovo per il popolo cfr. M. RONZANI, La chiesa del comune nelle citt dellItalia centro-settentrionale (secoli XII-XIV), in Societ e storia, 6 (1983), pp. 499-534; A. RIGON, Il ruolo delle chiese locali nella lotta tra magnati e popolani, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 117-135,con particolare riferimento alle pp. 124-128.

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lo sapeva dare solennit e peso istituzionale alle sue assemblee: se pu sorgere il dubbio che esso rivendicasse leredit del primo comune, emerge invece con certezza la capacit da parte delle associazioni di Santo Stefano e di SantEusebio di assurgere al governo nei momenti pi difficili della storia urbana. Tale abilit si ripropose ancora nel 1243, quando rectores della citt furono Ardizzone de Ivaco e lo stesso Ruffino Avogadro, consoli delle due societ15. Che lintervento della societas esplicasse non solo la volont della comunit cittadina, ma soprattutto uniniziativa popolare, si pu riscontrare anche risalendo alle finalit dellatto: non era secondario, infatti, lintento di estendere a queste localit il districtus urbano16, sottratto ai domini de Bulgaro e de Saluzola, due famiglie che si riconoscevano nellorganizzazione nobiliare di cui avevano ricoperto il consolato17. In effetti, laffermazione dellautorit vercellese sul contado e lespansione della sua giurisdizione, come si mostrer pi diffusamente in seguito, erano anche uno degli obiettivi cardinali del populus: per lassociazione di Santo Stefano - al contrario della nobilt, allinterno della quale vassalli vescovili e milites erano in possesso di castelli dove detenevano cospicui interessi18 - linserimento di un progetto di controllo del territorio nella politica comunale era fondamentale, per le risorse fiscali che garantiva e per la sicurezza stessa della citt19. Levoluzione del corpo civile vercellese aveva, infatti, condotto allo sviluppo allinterno della popolazione di un raggruppamento indirizzato in senso magnatizio, in cui probabile cominciassero ad essere compresenti partigiani filopapali come gli Avogadro e
Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 12, pp. 351-355. GULLINO, Un insediamento minerario cit., pp. 721-722. 17 Guglielmo de Saluzola fu console di SantEusebio nel 1210 (DAC, doc. 72, p. 92), Bertolino, uno degli autori della vendita, nel 1246 (Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271). Dei de Bulgaro, una famiglia di domini rurali proveniente da Borgovercelli che in precedenza aveva avuto accesso alla cattedra episcopale (A. DEGRANDI, Vassalli cittadini e vassalli rurali nel Vercellese del XII secolo, in BSBS, 91 (1993), pp. 5-45, con particolare riferimento a p. 16) e che si era inserita, dopo essere immigrata, nellaristocrazia consolare vercellese (PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 92), Giacomo ed Uberto, entrambi tra i venditori, furono consoli della societ dei milites rispettivamente nel 1223 (Biscioni, 2/I, doc. 99, p. 153) e nel 1246 (ibidem, doc. 178, pp. 270-271). Tutte e due le casate nel 1246 risultavano nellelenco dei magnati banditi dal comune assieme ai Bicchieri (Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 53, pp. 443-448). 18 Cfr. per esempio il caso dei De Benedetti da Burolo preso in considerazione nel corso del secondo capitolo. 19 Cfr. anche PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 107.
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filoimperiali come i Bicchieri, le cui consorterie, non necessariamente provenienti dalle fila dellantica aristocrazia consolare (per esempio i Tizzoni), erano caratterizzate da una connotazione solo parzialmente urbana: esse si rivolgevano piuttosto ad una dimensione regionale o distrettuale, che si muoveva verso la creazione di centri di potere nel territorio extra cittadino (propriet fondiarie, ma soprattutto diritti signorili)20. Con lo sviluppo del tessuto produttivo, a tali raggruppamenti andava opponendosi un movimento popolare in cui sempre pi forte erano le componenti legate alle corporazioni, sicch le basi della sua autorit erano concentrate soprattutto allinterno delle mura e nel suburbio21. Per altro verso le guerre e gli ambiziosi progetti intrapresi dai governi urbani, alcuni dei quali, come listituzione delluniversit, solo parzialmente ripagarono le aspettative dei Vercellesi22, ebbero quale ulteriore effetto laggravio del processo di indebitamento del comune, che a sua volta pot forse influire sullaumento della conflittualit sociale. Le prime testimonianze risalgono agli anni Novanta del XII secolo, quando i consoli erano impegnati con diversi creditori: si trattava comunque di somme abbastanza contenute, probabilmente da mettere in relazione a circoscritte opera-

20 Cfr. R. RAO, Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93. Per un confronto con altre realt cfr. S. CAROCCI, Baroni in citt. Considerazioni sullinsediamento e i diritti urbani della grande nobilt, in Roma nei secoli XIII e XIV. Cinque saggi, a cura di E. Hubert, Roma 1993, pp. 137-173; A. GIORGI, Il conflitto magnati/popolani nelle campagne: il caso senese, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 137-211; BARBERO, Unoligarchia urbana cit., pp. 77-88. Quanto alla complessa origine sociale del ceto magnatizio cfr. TABACCO, Nobili e cavalieri a Bologna e a Firenze cit.; E. ARTIFONI, Una societ di popolo. Modelli istituzionali, parentele, aggregazioni societarie e territoriali ad Asti nel XIII secolo, in Studi Medievali, 24 (1983), pp. 545-616; P. CAMMAROSANO, Il ricambio e levoluzione dei ceti dirigenti nel corso del XIII secolo, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp.17-40, con particolare riferimento alle pp. 17-22. 21 Lo sviluppo della propriet fondiaria presso i ceti popolari fu consistente e non escludeva lacquisizione di diritti signorili: ad esempio si pu assumere il caso del beccaio Dionisio Pelliccia, in possesso di una quota signorile a Caresana e a Gazzo (ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 28 novembre 1231); tuttavia le basi del loro potere rimanevano prevalentemente circoscritte in curia Vercellarum. Per latipicit del popolo vercellese nel quadro del Piemonte comunale, caratterizzato da un ruolo precipuo delle arti che si avvicina maggiormente al modello lombardo, cfr. ARTIFONI, Itinerari di potere cit., p. 272; R. BORDONE, Magnati e popolani in area piemontese con particolare riguardo al caso di Asti, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 397-419, con particolare riferimento alle pp. 397-398. 22 R. ORDANO, Listituzione dello studio di Vercelli, in Luniversit di Vercelli nel Medioevo cit., pp. 167-204.

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zioni finanziarie23. Nel 1204, come si mostrato nel corso del primo capitolo, fu emanata una prima norma volta alla regolamentazione del pagamento dei debiti comunali, che si stabiliva avvenisse sempre in capite anni24: seppure i creditori non vadano necessariamente identificati con prestatori, si pu ipotizzare che la pratica di prendere denaro a termine cominciasse ad essere abituale. Nel 1208 vennero cedute le entrate derivanti dalla molaria, dalla curadia, dal pedaggio e dai mulini cittadini a Simone Neuxant e soci per la somma di 4000 lire di pavesi, pro solvendo debito illius comunis25. prematuro parlare della formazione di un debito pubblico: infatti, non si assiste ancora alla creazione di un deficit permanente e allutilizzazione dei proventi per il pagamento degli interessi dei creditori26. Non si pu per non rilevare laumento dellattenzione comunale a questo settore: negli anni presi in considerazione lamministrazione cittadina, oberata dai costi bellici, per procurarsi capitali in moneta circolante, oltre allo sfruttamento delle risorse fiscali e dei prestiti forzosi, cominci a rivolgersi con sempre maggiore frequenza a ricchi finanziatori, non necessariamente vercellesi, la cui soluzione non avveniva sempre con facilit. Nel 1224 il comune si era impegnato per quasi 5000 lire di terzoli con i Mandelli di Milano27. La testimonianza ambigua, poich gi in passato la famiglia ambrosiana aveva riscosso denaro per il pagamento di mandati podestarili adempiuti da suoi consanguinei28, lultimo dei quali solo due anni prima da parte di Guglielmo. tuttavia possibile rinvenire dietro latto indizi della politica intercittadina di Milano nellItalia settentrionale, che favoriva il sostegno ed il finanziamento dei centri urbani alleati29. Inoltre il primo gennaio del 1222 il podest Guglielmo Pusterla decret che i creditori del comune si presentassero per ricevere il pagamento; dalla stessa disposizione fu eccettuato il saldo del debito con Roberto Avogadro e Giovanni Silo, che dove23 Acquisti, I, f. 46 (relativo allanno 1192); ibidem, f. 54 (1207, in questo caso si trattava del pagamento di una casa acquistata dal comune a Milano). 24 Cfr. capitolo I, p. 70. 25 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. Al riguardo cfr. capitolo III, pp. 144-147. 26 M. GINATEMPO, Prima del debito. Finanziamento della spesa pubblica e gestione del deficit nelle grandi citt toscane (1200-1350 ca.), Firenze 2000, pp. 13-31. 27 PC, docc. 391-392, pp. 377-378. 28 Acquisti, I, f. 58-60. 29 P. GRILLO, Milano in et comunale (1183-1276). Istituzioni, societ, economia, Spoleto 2001, p. 261.

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va ancora avvenire30. Proprio con la famiglia dei Sili di Torino, provenienti dallaristocrazia consolare di quella citt, prestatori del presule torinese, dellabbazia di S. Solutore a Torino e del comune di Moncalieri31, i Vercellesi instaurarono un rapporto privilegiato. Nel 1230 i rappresentanti del governo si rivolsero ad un mercante milanese, Giacomo Marinoni, da cui ricevettero 172 lire di bresciani, cremonesi e mantovani errogati in sanandis debitis illius comunis et spetialiter domino Johanni Rubeo de Blandrato et domino Johanni Syro de Taurino32; latto, se considerato unitamente a quello precedente dei Mandelli, suggerisce per altro che i prestiti dei cittadini ambrosiani nascondessero una natura politica di sostegno alla citt alleata. Nel 1240 il rettore urbano Giliolus Guiberti si impegn a saldare lingente debito contratto con i Sili, 5500 lire di pavesi: la promessa venne rinnovata nel 1241 e prorogata nel 1242. In questa occasione si fece giurare al futuro podest di imporre agli abitanti della citt e del districtus una coltam sive mutuum per la soluzione della somma, cui si erano aggiunte altre 125 lire di pavesi per le spese sostenute dai fratelli Giovanni, Uberto e Guglielmo, figli di Tommaso Silo, per venire a Vercelli e qui dimorare al fine di riscuotere il credito33. Per pi di 20 anni questa famiglia aveva finanziato con continuit il comune, arrivando a coltivare numerosi interessi nel luogo: nel 1228 essi risultavano avere prestato denaro per 300 lire di pavesi alla famiglia di cives dei Lanterio34; nel 1235 Giovanni Silo vendette al capitolo di S. Eusebio un podere a Balzola, acquistato in precedenza da Vercellino e Giordano figli di Ottone Camex35. La loro presenza a Vercelli doveva essere un fatto abituale, specie per Giovanni: non stupisce dunque rinvenire questultimo tra i testimoni di un atto
30 Biscioni, 1/III, doc. 562, pp. 142-143. Per il credito di Roberto Avogadro cfr. RAO, Fra comune e marchese cit., p. 82. 31 R. BORDONE, Vita economica del Duecento, in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 749-783, con particolare riferimento alle pp. 774-776. L. CUTTIN, I difficili inizi della certosa di Mombracco, in Certosini e cistercensi in Italia (secoli XII-XV). Atti del Convegno. Cuneo Chiusa Pesio Rocca de Baldi. Gioved 23 domenica 26 settembre 1999, a cura di R. Comba e G.G. Merlo, Cuneo 2000, pp. 191-206, con particolare riferimento a p. 193. Cfr. anche A. BARBERO, Unoligarchia urbana. Politica ed economia a Torino fra Tre e Quattrocento, Roma 1995, pp. 43-45; 51-55. 32 Archivio storico della Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Belgioioso, cart. 291, n. 37. 33 Statuta, 418, p. 295; ibidem, Statuta et documenta nova, doc. 2, pp. 326-328; doc. 6, pp. 335-339. 34 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1806, doc. in data 3 dicembre 1228. 35 ACV, Atti privati, cartella XXX, doc. in data 16 giugno 1235.

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comunale stilato nel 1223 fuori da Porta Nuova assieme ad altri cittadini36. Probabilmente, proprio al fine di curare agli investimenti effettuati, i prestatori torinesi acquistarono un casamentum cum domunculis nella vicinia di S. Agnese, che lamministrazione urbana alien nel 1247, quando il debito era ormai stato estinto e i Sili avevano liquidato almeno la maggior parte delle loro rendite sul territorio37. I legami instaurati con la societ locale furono particolarmente solidi e permasero anche dopo linterruzione delle elargizioni alle autorit cittadine: un indizio pu essere rinvenuto nei rapporti tra Giordanino Silo e il vescovo di Torino, il vercellese Giovanni Arborio, negli anni Cinquanta del secolo38. Se dunque per questa casata i prestiti al comune erano stati un investimento importante, attorno a cui costruire una solida rete di operazioni finanziarie e tramite il quale estendere la loro attivit feneratizia, per altro verso i podest si ritrovarono in imbarazzo crescente al momento di saldare gli interessi: gi nel 1222 essi avevano promulgato una disposizione per il loro pagamento a parte rispetto agli altri creditori, forse poich la somma dovuta era particolarmente consistente (si aggiungeva, infatti, che una parte dellemolumento era gi stato corrisposto)39. Lintervento di un prestatore milanese nel 1230, avallato dal comune lombardo, denunciava lincapacit dei rettori vercellesi a superare il processo di indebitamento e lo stremo delle finanze pubbliche. Il governo podestarile, sobbarcandosi il gravoso impegno con i Sili ed accettandone la presenza sul suo territorio, ritenne che la scelta di un prestatore forestiero avesse meno possibilit di condizionare la politica comunale rispetto ai creditori cittadini, tuttavia anche a costoro fu costretto a ricorrere: esso si indebit, infatti, verso Giovanni Rubeus Biandrate, Roberto Avogadro, Pietro Biandrate, Liprando e Ardizzone de Ivaco Biandrate, i fratelli Uberto, Guglielmo e Uguccione Bondoni40. Si trattava per lo pi di perBiscioni, 1/III, doc. 474, p. 24. Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 76, pp. 480-481. 38 CUTTIN, I difficili inizi cit., pp. 193-196. 39 possibile che nel caso di Roberto Avogadro si aggiungessero anche motivazioni politiche (RAO, Fra comune e marchese cit., p. 82). 40 Archivio storico della Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Belgioioso, cart. 291, n. 37; Biscioni, 1/III, doc. 562, pp. 142-143; Acquisti, I, f. 56; A. DI RICALDONE, Documenti vercellesi in un archivio del Ducato di Monferrato, in Bollettino storico vercellese, 7 (1975), pp. 47-52, con particolare riferimento alle pp. 49-50; Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 2, n. 59 (1 gennaio 1231).
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sonaggi appartenenti alle maggiori famiglie di cives, sia aristocratiche sia popolari, spesso schierati politicamente41. Una parte consistente ed influente del gruppo dirigente urbano aveva dunque prestato denaro allerario comunale ed aveva tutto linteresse a rientrarne in possesso: costoro furono coloro che maggiormente spinsero allalienazione dei beni comunali. 2. Lalienazione dei beni comunali (1229-1231) Nel dicembre del 1229 il podest Giannone de Andito convoc solennemente la credenza e, volendo essere certo che essa presenziasse al completo, incaric dei nunzi di andare a chiamare i credenziari qui de foris habitabant. Egli invit quindi i partecipanti al consiglio cittadino ad avanzare proposte de qualicumque utilitate communis. Inoltre, si decise allunanimit che gli interventi sarebbero stati rimessi nelle mani di 12 sapienti che li avrebbero dovuti redigere per iscritto; successivamente essi sarebbero stati riportati alla credenza, che li avrebbe decretati e confermati a sua discrezione42. Oltre a spiegare i meccanismi che presiedevano alle decisioni pi solenni della citt quelle inserite negli statuti la risoluzione attira lattenzione poich coinvolge il campo di questa ricerca: infatti, gli ordinamenti approvati stabilivano e regolavano la cessione di tutti i beni comunali vercellesi. Non solo la lunga arenga che insisteva sul consenso del consiglio urbano e sulla legittimit della deliberazione, ma anche la meticolosit con cui vi si provvide, dimostrano la portata che la disposizione assunse agli occhi della cittadinanza43. Con essa, infatti, veniva posto termine alla gestione di uno dei settori pi rilevanti delle finanze comunali, a cui era interessata gran parte della collettivit vercellese, non solo per limportanza del cespite, ma anche perch comunia erano stati dati in locazione a molti cives, sia nobili, sia pedites. Lalienazione, che come si visto doveva porre un freno allaumento del disavanzo, sarebbe inoltre andata a beneficiare solo
41 Per alcuni di costoro cfr. i rimandi in Appendice 2. Di Ardizzone Biandrate si parler pi avanti in questo stesso capitolo. 42 Statuta, 336, pp. 236-237: Cumque demum universi de credencia in concordia devenissent ut quecumque ibi relata fuerant sive dicta ferentur in manibus XII sapientum qui ea et alia quecumque sibi porrigerentur in scriptis rediggentur et redacta statuenda et firmanda discrimini credencie ducerentur. 43 Statuta, 337-342, pp. 237-245.

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alcune fasce della popolazione, fatto che rendeva la situazione particolarmente tesa e difficile. Lo statuto stabil quali trapassi di propriet comunali a Trino e Tricerro avvenuti in precedenza dovessero essere ritenuti legali e quali invece cassati, chi dovesse essere espropriato e chi avesse diritto ad essere rifuso del danno subito44; decret inoltre che per tutto il mese di febbraio del 1230 il nuovo podest dovesse entrare in possesso delle comunanze e che entro l8 febbraio dovesse fare eleggere dalla credenza 12 homines legales tenuti a estimare et xortare et livrare et in solutum dare omnia que et quecumque inventa fuerint communi pertinere. I beni sarebbero stati dati in pagamento agli hominibus civitatis Vercellarum et nobilibus et castellanis qui cum civitate solvunt fodrum a XXV libris supra estimatis secundum estimationem cuiuslibet sive secundum eius quantitatem estimi facti tempore domini R. Troti, cio, secondo un criterio censitario, ai cittadini vercellesi, ai nobili ed ai castellani che nellestimo imposto nel 1228 dal podest Rainaldo Trotto risultavano registrati per pi di 25 lire di pavesi45. Si precisava che dalloperazione di alienazione dei comunia dovessero essere eccettuati una serie di diritti, ossia i pedaggi, la curadia, il pensum, i mulini pubblici, i castelli, i ponti, la molaria, il palazzo di Trino e le comunanze allinterno delle mura della citt46. I beni recuperati a Trino e Tricerro dovevano essere ricercati solo da Giovanni Visconte e Giovanni de Galiciano, sicch al riguardo non potevano essere eletti altri inquisitores47. Si stabilivano infine i compiti del futuro podest Guarnerius Castiglioni e dei suoi collaboratori, incaricati di fare rispettare lo statuto e di regolare le operazioni (queste ultime due parti, risalenti a dopo lelezione del Castiglioni, furono probabilmente unaggiunta posteriore)48. In
44 Queste disposizioni sono state analizzate da F. PANERO, Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979, pp. 65-68. Si decise inoltre di interrompere i precedenti contratti di locazione delle terre colte, ma soprattutto incoltre, situate in curia Vercellarum (cfr. anche Biscioni, 2/I, doc. 223, p. 309). Per un confronto con le alienazioni di beni comunali a Mondov cfr. R. RAO, Beni comunali e bene comune: il conflitto tra Popolo e hospitia a Mondov, in Storia di Mondov e del Monregalese. II Let angioina (1260-1347), a cura di R. Comba, G. Griseri, G. Lombardi, Cuneo - Mondov 2002, pp. 7-74, qui alle pp. 53-58. 45 Statuta, 337, pp. 237-241, dove sono contenute anche le osservazioni del Mandelli sullestimo. 46 Statuta, 337, pp. 241-242. Su questi cespiti cfr. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 94-96. 47 Statuta, 337, p. 242. 48 Statuta, 337, pp. 242-243.

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capitoli separati si trattavano invece le disposizioni inerenti allindagine sui possessi di Trino e Tricerro, alla conservazione dei diritti di successione sulle propriet cedute, alla possibilit di prelazione, previo conguaglio, sui terreni comprati dal comune o da persone in causa con questultimo, alla redazione in libro comunis dei fitti dovuti ai rappresentanti urbani e delle cause relative al patrimonio civico, ai rimborsi spettanti a coloro che in passato avevano acquisito comunanze49. Si gi detto dellinteresse che avevano i maggiori creditori del comune ad ottenere la cessione dei comunia: questa si presentava, infatti, come un pagamento, una soluzione dei debiti contratti, che andava a beneficio di coloro che erano registrati con un estimo superiore alle 25 lire di pavesi durante il podestariato di Rainaldo Trotto. Lassegnazione era stata, infatti, preparata proprio tenendo presente il sistema impositivo, poich la stessa espressione hominibus civitatis Vercellarum et nobilibus et castellanis richiama direttamente le modalit che presiedevano alla compilazione dei libri destimo, forse stilati separatamente per cittadini, nobili e castellani: nel 1240 ricorreva alla medesima partizione il liber consignamentorum comunis Vercellarum, in cui venivano consegnati i beni mobili ed immobili di cives, nobiles et castellani ac burgi, ville et loca civitatis et districtus Vercellarum50. Non si pu escludere che in base allestimo fosse stato imposto alla cittadinanza vercellese un prestito forzoso a rimborso, il cui pagamento era stato effettuato tramite la concessione delle comunanze51. Del resto che allassegnazione di beni comunali non fosse corrisposta unentrata di denaro, ma che si fosse trattato piuttosto della soluzione di un debito, non suggerito solo dallutilizzo dellespressione in solutum dare, ma anche da alcuni atti di alienaStatuta, 338-342, pp. 243-245. DAC, doc. 123, pp. 200-201. Anche nel capitolo statutario in cui si imponeva la consegna dei castelli al podest, probabilmente sempre in base ad un libro destimo (cfr. paragrafo successivo), ad essere soggetto alla norma era quis castellanus vel nobilis aut civis de civitate vel episcopatu Vercellarum (Statuta, 394, p. 279). Ad ogni modo questa divisione doveva essere sentita gi da tempo dai Vercellesi: nel 1202 il borgo franco di Piverone venne istituito dopo aver ricevuto il consensum credencie Vercellarum et consolum et militum et populi et castellanorum; la stessa distinzione venne ribadita a fine documento con i termini cabalarii et populares et castellani (DAC, doc. 29, pp. 55-56). 51 La pratica della prestanza, generale o particolare, a rimborso era diffusa a Vercelli in questo stesso periodo (cfr. oltre).
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zioni di queste propriet: si tratta di due documenti relativi alla consegna, avvenuta il 1 gennaio 1231, degli impianti molitori di Trino a favore dei fratelli Ardizzone e Liprando de Ivaco e di Uberto, Guglielmo e Uguccione, figli del fu Giacomo Bondoni. A costoro i 12 homines legales, la cui elezione era prevista dallo statuto gi preso in considerazione, diedero una quota dei mulini calcolata per una somma equivalente al loro credito nei confronti del comune, pari rispettivamente a 343 lire di pavesi e 17 soldi e a 51 lire di pavesi e 16 soldi52: dunque in quella data, terminate le operazioni di inchiesta e recupero, si era proceduto al saldo delle comunanze, di cui le pi cospicue i mulini di Trino, stimati dai 12 homines legales per un valore complessivo di 2500 lire di pavesi erano state cedute ai maggiori creditori. A beneficiare della spartizione dei terreni comunali non furono tuttavia solo i ceti socialmente pi elevati e con maggiori disponibilit finanziarie, ma anche famiglie di cives mediocri, che pure dovevano vantare un estimo superiore alle 25 lire di pavesi, come quegli Inburiatus che nel 1233 vendettero al monastero di S. Maria di Rocca delle Donne circa tre moggi di terra a Trino, acquisiti dal comune53; lo stesso cenobio nel 1236 compr un appezzamento da Maifredo Camerlengus, di cui egli era potuto entrare in possesso grazie alla norma statutaria emanata nel 1230 da Guarnerius Castiglioni54. Ad ogni modo perch si giungesse allassegnazione dei terreni comunali, fu necessaria una lunga fase preparatoria di indagini, requisizioni e risarcimenti, che si protrasse per tutto il 1230 e che diede luogo alla stesura di un libro in cui era contenuta la segnalazione degli appezzamenti rivendicati dal governo cittadino55. Eletti seguendo il tradizionale meccanismo di spartizione degli
52 DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50; Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 2, n. 59 (1 gennaio 1231). Esiste un documento analogo in ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 1 gennaio 1231, completamente illeggibile. Per un confronto con il caso di Mondov cfr. RAO, Beni comunali e bene comune cit., pp. 27-29. 53 Le carte del monastero di Rocca delle Donne, a cura di F. Loddo, Novara 1929 (BSSS, 89), doc. 90, pp. 121-123. 54 Le carte del monastero di Rocca delle Donne cit., doc. 100, pp. 133-135. probabile che nel documento si attribuissero al Castiglioni le norme emanate da Giannone de Andito, la cui attuazione del resto era avvenuta solo lanno successivo, proprio con il podestariato di Guarnerius Castiglioni. 55 Archivio storico della Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Sola Busca, Raccolta Landoni, cart. 13, doc. relativo allanno 1230, in cui si accenna ad un liber illorum rezercatorum (riferito a Roberto Tetavegia ed Aichino Salimbene).

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uffici tra nobilt e popolo, il dominus Giovanni Visconte e Giovanni de Galiciano56, secondo quanto stabilito dagli statuti, si occuparono dellindagine sulle comunanze di Trino e Tricerro. Furono invece il dominus Aichino Salimbene e Roberto Tetavegia a badare allindividuazione delle propriet in curia Vercellarum, mentre i giudici Federico de Cremona e Giacomo Sperlinus, nominati ad cognoscendum super facto comunarum curtis Vercellarum, vennero incaricati di pronunciare i giudizi sulle cause conseguenti57. Si procedette infine allalienazione dei terreni fluviali della Sesia, per i quali si stava probabilmente perdendo il ricordo del dominio eminente detenuto dal presule: si evince comunque come tale investitura avesse ormai un carattere pressoch esclusivamente formale58. Le operazioni di recupero mostrano, inoltre, chi avesse avuto accesso alla locazione delle terre del comune: mentre per le possessioni di Trino e Tricerro risultava dominante la presenza di abitanti del luogo ed invece ridotta a poche attestazioni quella di cives59, i terreni suburbani erano assegnati ad una fascia pi eterogenea di popolazione. In essa confluivano le famiglie di coloro che detenevano pascoli collettivi e terreni insulari antecedentemente alle azioni di recupero avvenute nel 1192 e nel 1202 e che attraverso la mediazione con lamministrazione cittadina erano riuscite a mantenerne il possesso60, casate di maggiorenti vercellesi che probabilmente avevano tratto beneficio dalle concessioni comunali61, popolari62 ed enti ecclesiastici63.
nel capitolo statutario dove si assegnava lincarico che si rileva la differenza di ceto tra dominum Johannem Vicecomitem et Johannem de Galiciano (Statuta, 337, p. 242). 57 Cfr. Appendice 2. In questo caso la diversa denominazione potrebbe indicare una differente estrazione sociale (Archivio storico della Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Sola Busca, Raccolta Landoni, cart. 13). 58 Cfr. in particolare Biscioni, 1/III, doc. 543, pp. 110-113, dove in una causa del 1266 si ricostruisce la storia di unisola fluviale, il cui fitto venne alienato probabilmente nel 1231 dal comune agli eredi di Centorio Scutario. 59 La pi rilevante quella di Aichino figlio del fu Uberto de Albano (su questo personaggio cfr. Appendice 1), che aveva assembrato assieme al fratello Gilberto un patrimonio abbastanza ampio a Trino, costituito da cinque sedimi, di cui uno con forno (Biscioni, 2/II, doc. 282, pp. 274-276). 60 Cfr. capitolo I; tra costoro compaiono De Benedetti, Alciati, Villano, Tizzoni, Tetavegia e Barletarius (Biscioni, 2/I, doc. 226, pp. 312-313; doc. 232, pp. 319-320, doc. 234, pp. 321-323; Biscioni, 2/II, doc. 238, pp. 10-11; docc. 241-242, pp. 14-16). 61 Per esempio Porca, Neuxant, Biandrate, Scutario e Carraria (Biscioni, 2/I, doc. 223, pp. 309-310; doc. 225, pp. 311-312; doc. 231, pp. 318-319; doc. 233, pp. 320321; doc. 235, pp. 323-324). 62 Si veda lappalto del mezzano del Cervo trattato nel corso del capitolo II, pp. 102-107. 63 Per esempio il monastero di S. Stefano (Archivio storico della Biblioteca
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Si gi insistito sulla tensione implicita nellassegnazione dei beni comunali, per la quale, a causa della portata degli interessi in gioco e per lampiezza della popolazione coinvolta, si doveva assicurare una conduzione imparziale. Occorre dunque soffermarsi ulteriormente sui 12 homines legales incaricati della fase pi delicata delloperazione: la stima e la cessione delle comunanze. Nel corso del secondo capitolo si proposto che la loro nomina, avvenuta arbitrio credencie entro l8 febbraio 123064, avesse rispettato il consueto equilibrio tra popolo e nobilt. Bisogna inoltre aggiungere che lelezione di homines legales in numero di 12 non era una novit per i Vercellesi: un capitolo statutario prevedeva che essa avvenisse per portas ogni semestre, e che i designati si assicurassero delloperato degli ufficiali comunali e delle loro eventuali malversazioni, leggendone i risultati alla credenza65. Costoro decidevano inoltre, assieme al podest, i chiavari ed i procuratori, la remunerazione dei notai comunali66. A una simile commissione, il numero dei cui componenti gi era una garanzia di maggiore equit, i Vercellesi ricorrevano dunque nelle questioni pi controverse: ad essa, per esempio, si erano affidati proprio nel 1229 per la redazione delle proposte del consiglio cittadino relative alla cessione delle comunanze. Dinteresse anche che la prassi, almeno per quanto concerne il controllo delloperato degli ufficiali comunali, prevedesse lintervento delle porte cittadine nellelezione: per analogia possibile immaginare che questo fosse stato un criterio che la credenza avesse tenuto presente nella designazione di coloro che dovettero stimare ed assegnare il patrimonio civico. In questo caso sarebbe stato rispettato un sistema che coinvolgeva maggiormente la popolazione urbana e che trascendeva le tradizionali forme della dialettica istituzionale. Attraverso le porte, come si visto anche nel corso del primo capitolo, i ceti popolari potevano influenzare la politica cittadina: esse continuarono a sussistere anche in et podestarile - quando punto di riferimento per le funzioni amministrative divenne la vicinia - utilizzate a scopi fiscali, prendendo
Trivulziana di Milano, Fondo Sola Busca, Raccolta Landoni, n. 13, doc. relativo allanno 1230) ed il capitolo di S. Maria (ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 4 marzo 1230). 64 Statuta, 337, p. 240. 65 Statuta, 137, pp. 104-105. 66 Statuta, 139, p. 105.

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il sopravvento in quei casi che richiedevano unapprovazione pletorica da parte della collettivit67. Le porte, organismi che traevano probabilmente origine dalla fase consolare del comune vercellese, sebbene fossero uscite ridimensionate dallazione di centralizzazione attuata dal governo dei podest nel XIII secolo, mantennero un importante ruolo di rappresentanza del populus68: solo lascesa al potere dei paratici riusc a soppiantarle. 3. Lascesa dei paratici e il governo del territorio sotto il popolo Nel 1234 Vercelli fu coinvolta nelle tormentate vicende della Magna devotio: il frate Minore Enrico di Cominciano, probabilmente con lappoggio della societ di SantEusebio, introdusse significative modificazioni negli statuti cittadini a favore delle libert ecclesiastiche69. Il podest allora in carica, Guido da Landriano, produsse inoltre una serie di condanne nei confronti di esponenti del populus, quali il gi menzionato Ardizzone de Ivaco Biandrate, uno dei suoi capi, cui fu inflitto un banno di ben 200 lire di pavesi, e Calderia, Buongiovanni Ferrus et socios: le riforme statutarie del 1234 erano dunque state contestate dallo schieramento popolare, che non si pu escludere ne fosse stato particolarmente danneggiato, tramite per esempio le norme contro lusura70. Lopposizione port ad un vero e proprio colpo di mano da parte della societ popolare che costrinse il nuovo podest, il novarese Alberto di Boniperto, ad abolire i provvedimenti di frate Enrico, a rimettere le condanne pronunciate da Guido da
Cfr. capitolo I, pp. 29-31. Un raffronto pu essere istituito con il caso milanese studiato da GRILLO, Milano in et comunale cit., pp. 485-493: qui il ruolo delle porte appare assai pi rilevante, forse in connessione con lestensione della citt, dove pi ostica si presentava unoperazione di centralizzazione che avocasse al governo podestarile la maggior parte delle funzioni ricoperte dagli organismi territoriali, come avvenuto nella al confronto piccola Vercelli. 69 A. VAUCHEZ, Una campagna di pacificazione in Lombardia verso il 1233. Lazione politica degli Ordini Mendicanti nella riforma degli statuti comunali e gli accordi di pace, in ID., Ordini mendicanti e societ italiana. XIII-XV secolo, Milano 1990, pp. 119-161, che alle pp. 148-151 ipotizza il favore di SantEusebio alle riforme. A. THOMPSON, Revival Preachers and Politics in Thirteenth-Century Italy. The Great Devotion of 1233, Oxford 1992, pp. 190-192 analizza loperato di frate Enrico, mettendo tuttavia in dubbio che la riforma statutaria del francescano fosse in relazione con le vicende dellAlleluia, a causa delle anomalie rispetto alle legislazioni dei predicatori coinvolti nelle altre citt. 70 Statuta, 368-369, pp. 272-273. Sulla legislazione contro lusura cfr. THOMPSON, Revival Preachers cit., pp. 185-186; si ricorda che lo stesso Ardizzone Biandrate era un notevole prestatore.
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Landriano e a rispettare i banni voluti dai consoli di Santo Stefano71. Con questi episodi inizia un lungo periodo di egemonia popolare allinterno della citt, destinato a durare almeno fino al 1248, anno del rientro dei filoimperiali guidati da Pietro Bicchieri in citt. Oltre alla cassazione delle risoluzioni di frate Enrico, sorretto dalla nobilt, una delle prime iniziative del governo della societ popolare, forse da ascrivere ancora al 1234, era stata, la sottrazione delle prerogative giurisdizionali, fino ad allora consistenti, al vescovo e limposizione di estimo e fodro alla Chiesa72. Il populus intraprese dunque una decisa scelta politica e, al fine di porre riparo al pressante indebitamento, si risolse ad applicare la tassazione al clero ed incoraggi il tentativo del comune di annettere il districtus vescovile in alcune aree del contado, operazione questultima che comportava a sua volta nuove disponibilit fiscali73. Si trattava, come si visto, di una strategia volta allo sfruttamento ed al controllo del territorio, che intendeva in questo modo saldare laumento vertiginoso delle spese desercizio dei comuni urbani e le imponenti opere pubbliche volute e portate avanti dal comune podestarile, in citt e nel contado, unite alle spese di guerra sostenute nellopera di effettiva conquista del contado, nelle lunghe e dispendiose campagne affrontate contro le milizie imperiali o filoimperiali di Federico II74. Il comune cerc quindi di recuperare tutte le risorse che poteva avere a disposizione, trovandosi inevitabilmente ad agire nei due settori dove maggiormente ebbe sviluppo la conflittualit tra governo urbano e clero nelle citt dellItalia settentrionale: la fiscalit e la giurisdizione sul territorio75. Il fatto che fosse stata la societ di Santo Stefano a condurre in porto questa iniziativa conferma peraltro la tesi, sostenuta con vigore da John Koenig, di una particolare intra71 Statuta, 368-370, pp. 272-273. Cfr. inoltre L. BAIETTO, Vescovi e comuni: linfluenza della politica pontificia nella prima met del secolo XIII a Ivrea e Vercelli, in BSBS, 100 (2002), pp. 459-546, qui alle pp. 518-520. 72 KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord cit., pp. 233-287 ha preso in analisi la conflittualit tra popolo e clero; al riguardo cfr. anche G. BISCARO, Gli estimi del Comune di Milano nel secolo XIII, in Archivio storico lombardo, 55 (1928), fasc. III, pp. 343-495, con particolare riferimento alle pp. 349-357; 416-456 ed il fondamentale studio sulle finanze fiorentine eseguito da B. BARBADORO, Le finanze della repubblica fiorentina. Imposta diretta e debito pubblico fino allistituzione del monte, Firenze 1929, pp. 58-65. 73 Sul rapporto tra annessione della giurisdizione contado ed aumento delle risorse fiscali cfr. BARBADORO, Le finanze della repubblica fiorentina cit., p. 21. 74 PINI, Dal comune citt stato al comune ente amministrativo cit., pp. 490-496, la citazione tratta da p. 493. 75 KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord cit., pp. 234-254.

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prendenza popolare verso la soppressione dei privilegi ecclesiastici, spiegabile con i nessi socialmente discriminanti impliciti nellabolizione delle aree di autonomia della Chiesa76: era, infatti, unoperazione che andava a ledere la tradizionale autonomia dei centri di potere signorile dislocati nel contado, attorno a cui gravitavano gli interessi dei magnati vercellesi, in ottemperanza ad istanze proprie della popolazione cittadina e delle sue componenti artigianali77. Lacuirsi della conflittualit con il vescovo corrispose al rafforzamento del governo popolare, che nel 1236 riusc a farsi rappresentare dai Duecento dei paratici78. Essi ricevettero il diritto di partecipare alle decisioni pi importanti, ossia de pace vel guerra facienda, vel mutuo vel equis imponendis, vel extimo faciendo, vel de avere communis dando79: si trattava dunque delle questioni pi care al popolo, ossia la collocazione allinterno della politica estera, lamministrazione dei beni comunali e soprattutto i prelievi fiscali, in primo luogo lestimo, frequentemente motivo di divisione sociale nelle citt italiane. Infatti, anche a Vercelli, come illuminano le vicende del 1235 con lestensione della tassazione agli ecclesiastici, limposta diretta sembra essere stata uniniziativa
76 KOENIG, Il popolo nellItalia del Nord cit., pp. 254-260. La tesi stata ripresa e sfumata da A. RIGON, Il ruolo delle chiese locali nella lotta tra magnati e popolani, in Magnati e popolani nellItalia comunale cit., pp. 117-135. Cfr. anche J.-C. MAIRE VIGUEUR, Religione e politica nella propaganda pontificia (Italia comunale, prima met del XIII secolo), in Forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, a cura di P. Cammarosano, Roma 1994, pp. 65-83 e M. VALLERANI, La politica degli schieramenti: reti podestarili e alleanze intercittadine nella prima met del Duecento, in Comuni e signorie nellItalia settentrionale: la Lombardia, cit. Storia dItalia, diretta da G. Galasso, Torino 1998, vol. VI, pp. 427-453, con particolare riferimento alle pp. 446-449. 77 Cfr. quanto detto in precedenza in questo stesso capitolo. 78 Il conflitto con il vescovo degener in scontri armati, sicch, mentre Gregorio IX e il cardinale Tommaso di Capua intimavano ai Vercellesi la revoca della tassazione degli ecclesiastici, il comune invase il distretto vescovile, in particolare nel Biellese. Il testo della lettera di Tommaso di Capua edito da G.A. IRICO, Rerum Patriae libri III ab anno urbis aeternae CLIV usque ad annum Chr. MDCLXXII ubi Montisferrati principum, episcoporum, aliorumque illustrium virorum gesta ex monumentis plurimis nunc primum editis recensentur, Milano 1745, p. 89; per quella di Gregorio IX cfr. Le bolle pontificie dei registri vaticani relative ad Ivrea, in Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 6), vol. II, doc. 16, pp. 231; in un documento conservato presso larchivio comunale di Biella si legge la seguente annotazione: Anno dominice incarnationis millesimo ducentesimo XXXVII, indicione X, mense setembris, fuit Bugella guastata ab hominibus Vercellarum et illo anno mense madio fuit incepta guera a suprascriptis hominibus versus dominum episcopum Vercellensis (sic) et versus homines eius, que duravit usque ad ianuarium proximum post sequentem (Le carte dellarchivio comunale di Biella fino al 1379, a cura di L. Borello e A. Tallone, Pinerolo 1928 (BSSS, 105), vol. III, doc. 37, p. 38). 79 Statuta, 421, p. 299; al riguardo cfr. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 63.

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marcatamente popolare, volta ad una migliore ridistribuzione dellonere fiscale, ma soprattutto al controllo del territorio e della nobilt80. Il movimento popolare prosegu sulla via dei provvedimenti intrapresi e costrinse il nuovo podest a riconoscere i cambiamenti avvenuti nellistituzione comunale e a portare avanti le decisioni da esso determinate: nonostante linterdetto papale, non venne mutata la politica di tassazione del clero e di estensione del districtus. La restituzione al comune dei beni in mano ai castellani vercellesi, lannessione del districtus vescovile e limposizione dellestimo facevano parte di un unico progetto che port alla redazione di un libro delle consegne: tale meccanismo, al pari della scrittura degli estimi in molte citt italiane, pu essere interpretato come un tentativo di controllo sociale da parte del populus sui magnati81. I podest, infatti, in questo modo cercavano di consolidare il governo del distretto, sottraendo autorit ai signori rurali, ma producevano anche una schedatura di questi ultimi e delle loro propriet82. Linfluenza popolare in questi anni dunque facilmente individuabile negli indirizzi politici fatti propri dal comune: un segno tangibile la sua legittimazione attraverso listituzione dei Duecento dei paratici. Essa continu tuttavia ad esercitarsi solo come pressione, attraverso gli organismi fedeli, sul governo podestarile e sulla credenza, in forme non differenti da quelle sperimentate nel 1230: la divisione degli uffici comunali tra nobilt e populares e la composizione dei consigli cittadini non conobbero, infatti, rilevanti mutamenti fino al 124383.
80 P. GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano alla met del secolo XIII (1240-1260), in Politiche finanziarie e fiscali nellItalia settentrionale (secoli XIII-XV), a cura di P. Mainoni, Milano 2001, pp. 11-37; una panoramica storiografica sullestimo ed anche sul suo rapporto con gli altri cespiti comunali, incluse le comunanze, stata offerta da P. MAINONI, Finanza pubblica e fiscalit nellItalia centrosettentrionale fra XIII e XV secolo, in Studi storici, 40 (1999), pp. 449-470. 81 Il suggerimento di un nesso tra la redazione degli estimi ed il controllo sociale della nobilt sviluppato da GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit. 82 Un esempio costituito dalla consegna dei beni che Pietro Bicchieri possedeva in Azeglio nel 1240 (DAC, doc. 122, pp. 199-200); nello stesso anno a Giovanni Avogadro, appartenente allaltra grande famiglia di magnati vercellesi, venne imposta la riconsegna del castello di Masserano (Biscioni, 1/I, doc. 59, pp. 160-161). Nel 1240 era stata, infatti, imposta la consegna di beni mobili ed immobili a cives nobiles et castellani (DAC, doc. 123, p. 200), che gi il Mandelli interpretava nellambito della redazione dellestimo (MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 100-101). 83 Ancora nel 1242 gli statuti prescrivevano che unaggiunta di 28 credenziari venisse compiuta tramite unequa ripartizione tra le due associazioni. Requisito per lelezione

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Si pu dunque riscontrare per questo periodo una marcata volont di controllo del territorio da parte del popolo. Non a caso lobbligo imposto ai proprietari dei castelli di consegnare le loro fortezze al comune su sua richiesta compare nello stesso capitolo statutario che prevedeva la partecipazione alla credenza dei paratici84. Il movimento popolare era infatti consapevole di poter contare soprattutto sulla sua presenza allinterno delle mura urbane, mentre allesterno, nel contado ricco di castelli e pervaso dai diritti signorili nobiliari, risiedevano le basi della forza dei magnati, la cui posizione nellamministrazione cittadina usciva ridimensionata. Negli anni 1234 1243 il potenziamento del governo del territorio si fece dunque sempre pi accentuato, incontrando per lavversione sia dellaristocrazia, sia della Chiesa. Il governo del contado diviene quindi una delle migliori chiavi di lettura per comprendere le vicende di questo periodo. Anche il passaggio allalleanza filomilanese nel 1243 fu condizionato dalla questione dellannessione del districtus vescovile, che ancora nel 1242 il podest aveva lobbligo di richiedere allimperatore85. Per questo motivo, la prima tappa del tentativo di Gregorio di Montelongo di reintegrare il comune vercellese nellalleanza filopapale - avvenuto quantomeno in un clima di forti tensioni, poich allaccordo segu lingresso in citt di ben 600 milites milanesi86 - fu lalienazione in favore dellamministrazione cittadina della giurisdizione ecclesiastica, resa possibile dalla vacanza del soglio pontificio e di quello dellepiscopio eusebiano87. Il buon esito della mediazione fu incrinato tuttavia dallopposizione dei Bicchieri e i loro alleati, che uscirono da Vercelli ingaggiando guerra dai loro castelera tuttavia lappartenenza ai paratici: ricorre, infatti, lespressione dominus et maior domus sue, gi riscontrata per gli aderenti alle corporazioni (Statuta, 142, pp. 106-107). 84 PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie cit., pp. 84-86. 85 COGNASSO, Il Piemonte in et sveva cit., p. 674. 86 Annales Placentini gibellini, in MGH, Scriptores, XVIII, a cura di G.H. Pertz, Hannover 1863, p. 486. 87 La mediazione del Montelongo stata dettagliatamente presa in esame da M.P. ALBERZONI, Le armi del legato: Gregorio da Montelongo nello scontro tra Papato e Impero, in La propaganda politica nel basso Medioevo, Atti del XXXVIII Convegno storico internazionale (Todi, 14-17 ottobre 2001), Spoleto 2002, pp. 177-239, qui alle pp. 191-193; 231-232. Cfr. inoltre M.C. FERRARI, 1243: loperato di Gregorio da Montelongo a Vercelli, in Studi di storia medioevale e di diplomatica, 17 (1998), pp. 109-118; EAD., Lospedale di S. Brigida degli Scoti nella storia di Vercelli medievale (secoli XII-XIV), Vercelli 2001, pp. 67-71 e BAIETTO, Vescovi e comuni cit., pp. 534-542. Pi in generale sulloperato di Gregorio da Montelongo in Lombardia cfr. MAIRE VIGUEUR, Religione e politica cit.

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li nel contado. Significativamente il popolo, sempre pi influente allinterno del comune, rispose con laffrancamento delle comunit rurali dagli oneri signorili nel 1243, con lintento di colpire i possessi dei fuoriusciti e di ristabilirvi lautorit urbana88. Lautorit sul distretto da parte dei fuoriusciti aument progressivamente, agevolata dal passaggio alla fazione di Pietro Bicchieri delle localit soggette alla canonica di S. Andrea ed allabbazia di Santo Stefano89. Per altro verso lemergenza politica allinterno della citt costrinse il comune popolare ad un controllo decisamente discontinuo del territorio: nel 1246 il comune cerc di risollevare le sue posizioni, assegnando 500 lire di pavesi a Pietro Rifferio, console della Comunit90, con lincarico di recuperare il castello di S. Germano, non molto distante dalle mura urbane91. Tale tentativo avvenne in concomitanza con un colpo di mano del popolo che port alla cacciata del podest Guglielmo da Soresina, alla creazione di nuove societ popolari ed alla soppressione, per pochi mesi, della societ di Santo Eusebio, oltre ad un consistente intervento sugli statuti che attribuiva maggiore autorit alle societ popolari di Santo Stefano e della Comunit92.
88 Al riguardo cfr. F. PANERO, Schiavi servi e villani nellItalia medievale, Torino 1999, pp. 284-287. 89 FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., pp. 233-235; 239-240. 90 PC, doc. 394, pp. 379-380. 91 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 43, pp. 433-434. I progressi dei Bicchieri nel 1247 sono stati messi in evidenza da MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 290-291. Quanto al castello di S. Germano dato di sapere solo che allinizio della guerra intestina nel 1243 esso era una delle roccaforti dei Bicchieri (FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., pp. 233-235); qui, infatti, la canonica di S. Andrea aveva costituito una signoria (cfr., tra i tanti documenti conservati, Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 6 luglio 1238). Sempre nel 1246 il castello di Torcello, in posizione strategica per il controllo del ponte sul Po, risulta essere gestito da un castellano dipendente dal podest di Casale (Le carte dellarchivio capitolare di Casale Monferrato, a cura di F. Gabotto e V. Fisso, Pinerolo 1907 (BSSS, 41), vol. II, doc. 205, pp. 6-7). 92 Questo periodo deve essere ancora dettagliatamente studiato: per ora mi limito a rimandare ad alcuni cenni contenuti in MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 279-289; 298-302, che tuttavia non segnala n il colpo di mano popolare, n la soppressione o emarginazione della societ di Santo Eusebio fino al 28 aprile. Per le modifiche statutarie cfr. Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 28, pp. 419-422: nei giorni tra il 13 ed il 15 marzo fu prodotta unenorme mole legislativa, segno dellinfluenza che la novit istituzionale, prodotta dalla svolta popolare, esercit sulla vita vercellese. Sulla rivoluzione documentaria attuata dai governi popolari cfr. J.-C. MAIRE VIGUEUR, Discussion. Rvolution documentaire et rvolution scripturaire: le cas de lItalie mdivale, in Bibliothque de lcole des Chartes, 153 (1995), pp. 177-185. e ID., Reprsentation et expression des pouvoirs dans les communes dItalie centrale (XIIIe-XIVe sicles), in Culture et idologie dans la gense de ltat moderne, Roma 1985, pp. 479-489.

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Il ritorno in citt dei Bicchieri mediato da cinque rectores provvisori del comune, Nicola Alciati, Nicola Carraria, Ardizzone de Ivaco, Andrea de Guitaco e Antonio Passardus93 e il passaggio di Vercelli alla parte imperiale nel 1248, favorito dallo stesso Pietro Bicchieri, non significarono linizio di un periodo pi pacifico94: rimasero, infatti, irrisolti il problema del controllo del contado e la conflittualit interna. La pressoch immediata cacciata dei filomilanesi, capeggiati dagli Avogadro ripresent il problema di un controllo del territorio divenuto ormai impossibile95. Come si vedr, la gestione dei beni comunali risent pesantemente dellinstabilit politica e della difficolt comunale a controllare il distretto: il tentativo del popolo di una razionalizzazione della gestione del territorio si scontr con la reazione della fazione nobiliare96. Tale scontro di fatto pose fine allespansione del patrimonio comunale. 4. Crisi finanziaria ed alienazione degli ultimi beni comunali La presentazione delle vicende istituzionali del comune vercellese opportuna per un inquadramento delle dinamiche relative alle comunanze negli anni 1231-1254. A tal fine si rende inoltre necessario un esame complessivo delle finanze vercellesi. Solo unindagine sullo sviluppo della fiscalit tema che recentemente ha ricevuto una rinnovata attenzione da parte della medievistica nellambito del suo rapporto con linstaurazione dei governi popolari97 e sulla gestione del rilevante disavanzo pu essere in grado di mettere in luce il reale ruolo svolto da questo settore allinterno
93 DAC, doc. 124, p. 202; Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 84, p. 508. Al riguardo cfr. anche FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., p. 241. 94 Annales Placentini gibellini cit., pp. 497-498: Petrus Becherius circa kalendas octubris proximi marchionem Lanciam cum milicia Papie civitatem Vercellarum introduxit. Post hec imperator qui erat apud Casale civitatem Vercellarum intravit. [] Imperator, dimissa civitate Vercellarum in custodia Petri Bercherii et Iacomini de Careto atque marchionis Lancie equitavit Cremonam. La testimonianza chiarisce che la mediazione dei cinque Vercellesi fu probabilmente una resa allesercito imperiale, che sostenne il rientro dei Bicchieri. 95 Su queste vicende cfr. per gli avvenimenti politici MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 302-305 e per levoluzione sociale DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 64-65. 96 Il rapporto tra lotte di fazione, governi popolari e regresso nel controllo del territorio comunale stato oggetto di approfonditi studi, ripercorsi in GRILLO, Milano in et comunale cit., pp. 593-594, che affronta il problema per Milano. 97 Al riguardo cfr. il volume miscellaneo Politiche finanziarie e fiscali cit.

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delleconomia comunale. Gi Jean-Claude Maire Vigueur ha del resto evidenziato come imposte dirette, gabelle, cessione delle entrate patrimoniali e sfruttamento dei beni civici compartecipino al budget dune commune medievale, ciascuna entrata con un peso differente a seconda delle citt prese in considerazione98, sebbene proprio il cespite costituito dalle propriet urbane non abbia destato minimamente lattenzione di quelli che hanno studiato il sistema fiscale dei comuni italiani nelle diverse fasi della sua evoluzione99. Lalienazione degli anni 1229-1231 non riusc ad interrompere il processo di indebitamento del comune, tuttavia il sollievo che lerario ne ricevette consent ai podest di approntare un tentativo di regolamentazione delle somme prese in prestito: fu decisa probabilmente successivamente al 1231, in un contesto di pervasivo controllo delle operazioni finanziarie tramite lelaborazione di scritture atte a renderne conto la redazione di un libro in cui fossero segnalati i creditori comunali e gli importi loro dovuti100. Si decret inoltre che lamministrazione urbana non potesse avere ogni anno un deficit superiore alle 2000 lire di pavesi, che il podest si impegnasse a pagare il debito entro due mesi dallelezione e che non rimanessero pi di 200 lire di pavesi in solvenza101. Queste norme tuttavia, soprattutto dopo il 1243, furono destinate ad essere disattese, sicch il comune continu a contrarre ingenti prestiti con finanziatori di altre citt: gi abbiamo visto la rilevanza delle somme erogate dai Sili, ma creditori erano anche dal 1237 al 1247 i Cagnoli e i Banbafolice di Brescia per pi di 300 lire di pavesi102, dal 1243 al 1247 il novarese Pietro da Monticello per 5500 lire di pavesi103 e, tra il 1246 ed il 1247, lastigiano Giovanni Garretus per pi di 3000 lire di pavesi104. I conti cittadi98 J.-C. MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XII-XVIII sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34, con particolare riferimento alle pp. 24-28. 99 ID., Il comune popolare, in Societ e istituzioni dellItalia comunale cit., vol. I, pp. 41-56, con particolare riferimento a p. 44; losservazione risale al 1985 e, fortunatamente, nel frattempo sono aumentate le ricerche in questo settore (cfr. Introduzione). 100 Statuta, 318, p. 227. 101 Statuta, 317-320, pp. 226-228. 102 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 80, pp. 491-494. 103 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491. 104 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 47, pp. 436-437; doc. 75, pp. 477480. Il medesimo Giovanni nel 1214 gi esercitava lattivit di prestatore nel Vercellese, concedendo a credito 446 lire e 19 soldi a Guglielmo di Costanzana (Biblioteca Reale di

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ni registravano forti passivi anche nei confronti di Vercellesi, come uno dei due rettori urbani del 1243, Ardizzone de Ivaco Biandrate, che gi nel 1242 aveva finanziato il governo urbano105. Creditori per cifre inferiori erano, inoltre, altri appartenenti a famiglie di cives, come Panclerico, Passardo, de Guitaco, de Toleo, Scutario, che evidentemente, se non era stato imposto loro un mutuo forzoso, individuavano nel prestito al comune una buona forma di investimento106. Talora si ricorreva al finanziamento, in questo caso per lo pi offerto da cittadini vercellesi, per pagare singole spese: cos Lottieri tinctor, Bartolomeo Sonamonte, Giacomo Testa, Durio Barletarius, Giovanni Pixus, Corrado Musso e Lebaldus Cornalus, che nel 1242 versarono il pagamento dovuto dal comune ai milites ed ai balestrieri che avevano partecipato allesercito imperiale107. Non devono invece ingannare le 4390 lire di pavesi, corrisposte nel 1242 al chiavaro Ruffino Avogadro in soluzione delladequancia richiesta ai milites e delle relative emende equorum108: in questo caso non era intervenuto un credito, ma solo un saldo dilazionato, affidato per lappunto al chiavaro, in ottemperanza ad una norma stabilita lanno precedente109; anche da questo episodio risulta tuttavia evidente la difficolt dellamministrazione urbana ad attendere con tempestivit al proprio disavanzo. Il problema del deficit divenne sempre pi pressante per i governi cittadini: secondo il Mandelli nel 1246 esso aveva raggiunto le 80000 lire di pavesi. Al di l dellesattezza della stima, al fine di dare sollievo alle casse pubbliche, si decret che i beni di coloro che morivano senza eredi, distribuiti a chiese, ospedali e chierici esenti da tassazione, fossero diminuiti pro rata de hoc quod eis contigerit pro expensis comunis, tam de fodris, quam de mutuis et debitis immanentibus110. Per colmare il disavanzo i retTorino, Sezione di Storia Patria, Cartulario di S. Andrea di Vercelli, 1223, f. 7); tuttavia non bisogna escludere che costui avesse la cittadinanza vercellese: infatti, un Guglielmo Garretus de Ast, assieme ai figli Giacomo e Rolando, nel 1216 giur il cittadinatico (PC, doc. 365, pp. 354-355). Tra i creditori non cittadini si ricorda inoltre anche un tale Sapinus de Arzago, che il 13 marzo 1246 vantava un credito di 60 lire di pavesi (Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 65, p. 460). 105 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 7, pp. 338-341. 106 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 70, pp. 463-470. 107 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 5, pp. 333-335. 108 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 9, pp. 344-347. 109 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 5, pp. 329-330. 110 Il documento citato da MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 103-104; 111. Il problema del debito pubblico milanese negli stessi anni stato preso in conside-

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tori comunali intervenivano secondo diverse modalit. Essi erano costretti ad imporre dei prestiti forzosi allintera popolazione urbana: questo avvenne per esempio nel 1242 quando, di fronte allimpossibilit di saldare il debito contratto con i Sili, gi prorogato in precedenza, podest e credenza, alla presenza dei Duecento dei paratici, decretarono per lanno successivo la riscossione di una colta sive mutuum dai cittadini vercellesi111. Si trattava di un sistema che riusciva a garantire cospicue quantit di circolante e che, rispetto alla tassazione diretta assicurata da fodro ed estimo112, non incorreva eccessivamente nel malcontento dei cives, che speravano nel rimborso delle somme erogate113. Tanto pi che in questo periodo il comune riusciva effettivamente a rifondere i suoi creditori: in questo senso si devono interpretare le menzioni di pagamenti inserite negli statuti a vantaggio di esponenti non abbienti e per cifre minime114. I mutui erano calcolati su un imponibile115 che seguiva gli stessi criteri utilizzati nella ripartizione di fodro ed estimo116, questi ultimi di non facile distinzione nella
razione da GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit. Per Vicenza cfr. invece N. CARLOTTO, La citt custodita. Politica e finanza a Vicenza dalla caduta di Ezzelino al vicariato imperiale (1259-1312), Milano 1993, pp. 103-158. 111 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 6, pp. 337-338. 112 Su questi due cespiti, cui si accenna solo con lintento di dare un quadro delle entrate comunali, per i riferimenti generali si rimanda al classico BARBADORO, Le finanze della repubblica fiorentina cit. e ai pi recenti MAINONI, Finanza pubblica e fiscalit cit. e A. GROHMAN, Il documento perugino nel panorama degli estimi italiani del sec. XIII, in Le scritture del comune. Amministrazione e memoria nelle citt dei secoli XII e XIII, a cura di G. Albini, Torino 1998, pp. 141-154. Per la situazione vercellese a proposito di fodro e estimo, oltre a quanto esposto nel presente paragrafo, cfr. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, pp. 97-102 e P. LTKE WESTHUES, in collaborazione con P. KOCH, Die kommunale Wermgenssteuer (Estimo) im 13. Jahrhundert. Rekostruktion und Analyse des Verfahrens in Kommunales Schriftug in Oberitalien. Formen, Funktionen, Uberlieferung, a cura di H. Keller e T. Behrmann, Mnchen 1995, pp. 149-188. Per lattenzione dei governi comunali a non gravare eccessivamente la popolazione con le imposte dirette cfr. GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit. e A. MOLHO, Tre citt stato e i loro debiti pubblici. Quesiti e ipotesi sulla storia di Firenze, Genova e Venezia, in Italia 1350-1450: tra crisi, trasformazione e sviluppo, Pistoia 1993, pp. 185-216, con particolare riferimento alle pp. 187-191. Importanti integrazioni sono contenute nel saggio di L. BAIETTO, La politica documentaria dei comuni piemontesi fra i secoli XII e XIII (fine), in BSBS, 99 (2000), pp. 473-528. 113 Su questo sistema di finanziamento delle casse comunali cfr. GINATEMPO, Prima del debito cit., pp. 66-80. 114 Cfr. per esempio Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 62, pp. 455-457. 115 Con questo termine si indicher genericamente la massa estimale, che nei comuni medievali solo una quantit numerica astratta, in proporzione variabile con la sostanza complessiva, e quindi di significato mutevole (BARBADORO, Le finanze della repubblica fiorentina cit., p. 75). 116 BARBADORO, Le finanze della repubblica fiorentina cit., p. 73; anche MOLHO, Tre

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nostra documentazione, che chiamava fodrum anche limposta diretta prelevata in citt117, applicata a Vercelli almeno dal 1228118: un efficace esempio rappresentato da una casa nella vicinia di S. Vittore, appartenente al prete Giacomo Balavim, che nel 1238 compariva in libro fodri, come sottoposta al fodro, della cui riscossione erano incaricati Tommaso Cocorella e Ribotus Batalia119. Se la tassazione dei beni di un ecclesiastico da ricollegare al clima di tensione venutosi a creare tra governo urbano, colpito dallinterdetto, e chiesa eusebiana, latto presenta un altro motivo di interesse: infatti, lo stesso edificio nel 1243 venne gravato da diversi mutui imposita dal comune120. Ci sono giunte inoltre parziali trascrizioni dei fodri e dei prestiti forzosi pagati per gli anni 1241 e 1250-1253 dal nobile ghibellino Ranieri De Benedetti: da questi dati si evince come il calcolo della lira destimo fosse ripartito, sistema diffuso nelle citt dellItalia comunale, per vicinie121. Ogni anno potevano essere riscossi pi fodri e mutui e la lira destimo variava di conseguenza. Mentre nel 1241 essa corrispondeva all1,7%, nel periodo del fuoriuscitismo guelfo era sensibilmente aumentata: nel 1250 era al 5%, nel 1251 avvennero due prelazioni, una al 3%, laltra al 6%, nel 1252 pure, ma furono pi leggere, la prima del 2%, la seconda dello 0,8%. Nel 1253, infine, ve ne fu una sola che per raggiunse il 6,6%122. Per la corretta stima di queste cifre appaiono valide le osservazioni di
citt stato e i loro debiti pubblici cit., pp. 189-190 ha rilevato, per unepoca successiva, come fine precipuo dei catasti fosse pi limposizione dei mutui che dellestimo. 117 Lo stesso uso del termine veniva fatto a Milano (GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit.). 118 E. BARBIERI, I pi antichi estimi pavesi, in Bollettino della Societ pavese di storia patria, 32 (1980), pp. 18-31, con particolare riferimento a p. 20 ha richiamato limportanza di considerare sinotticamente limposizione dellestimo nelle citt dellItalia settentrionale, osservando proprio la contemporanea comparsa di tale prelievo a Vercelli e a Pavia nel 1228. 119 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXX, doc. in data 4 agosto 1238. 120 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXX, doc. in data 18 giugno 1243. 121 Biscioni, 1/III, doc. 583, pp. 169-172. Latto conferma inoltre la relazione tra prestiti forzosi e fodro: lexcussor fodri sive mutui si basava infatti sulle somme registrate nel libro in quo continetur fodra, mutua imposita. Unaccurata analisi del carico fiscale cui era sottoposta Milano nello stesso periodo stata effettuata da GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit., attraverso cui si possono anche effettuare confronti tra le lire destimo imposte nelle due citt. 122 Biscioni, 1/III, doc. 583, pp. 169-172. Non sempre il rapporto con la massa estimale avveniva pro centenario; ho scelto di calcolare le esazioni in percentuale per agevolare i confronti. Bisogna anche aggiungere che le somme effettivamente versate nel 1250 e nel 1253 erano inferiori a quelle previste. In alcuni casi fu inoltre sancita una mora pari ad un quarto degli importi stabiliti.

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Paolo Grillo per Milano: purtroppo, lignoranza del rapporto fra la lira destimo e leffettivo valore dei beni soggetti ad imposta non consente di valutare esattamente il peso della pressione fiscale, che comunque, a parte alcune situazioni demergenza, non appare essere stato insostenibile123. Tanto pi che mentre nel 1241 limponibile era calcolato sullestimo dei beni mobili e di quelli immobili, negli anni 1250-1253 fu presa a riferimento unaltra lira, di cui non vennero specificati i parametri. Rispetto ai prestiti forzosi, un buon investimento per i cives erano invece i mutui elargiti in cambio dellassegnazione annuale della riscossione del dazio cittadino: di questo fruirono nel 1247 Ardizzone de Ivaco, Guglielmo Calcinaria, Tommaso de Toleo, Nicola Asigliano, Antonio Passardo, Giovanni Panclerico, Nicola Alciati, Andrea de Guitaco e Mannaria Scutario, appartenenti a famiglie di nobili e di popolari abbienti124. Le misure prese agivano dunque soprattutto sulla fiscalit e sulle risorse disponibili allinterno delle mura urbane: del resto credibile che il comune cerchi il denaro di cui ha bisogno altrove, se non l dove le ricchezze sono pi concentrate e pi facili da mobilitare, ossia presso la popolazione cittadina?125. No, naturalmente, tanto pi che il controllo del contado, dopo limposizione della tutela popolare sulle istituzioni comunali, era divenuto particolarmente difficile. Ne era consequenzialmente derivato anche il deperimento dei beni civici, del resto gi esigui dopo lalienazione degli anni 1229-1231, il cui apporto alle finanze vercellesi era divenuto quasi ininfluente. Per questo settore le testimonianze emergono e silentio: scomparve, infatti, dalla documentazione ogni menzione a facta comunium e a magistrature loro delegate. Una testimonianza contro tendenza invece lacquisto del suolo utilizzato per la costituzione del borgo franco di Gattinara126. Gli unici possessi di un certo rilievo rimasti allinter123 GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit. Al riguardo cfr. anche P. CAMMAROSANO, Il sistema fiscale delle citt toscane, in La Toscana nel secolo XIV. Caratteri di una civilt regionale, a cura di S. Gensini, Pisa 1988, pp. 201211, con particolare riferimento a p. 202. 124 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 70, pp. 463-470. Su questo espediente cfr. GINATEMPO, Prima del debito cit., pp. 73-80; MAIRE VIGUEUR, Les rapports villecampagne cit., p. 26, ne ha sottolineato lutilizzo al fine di porre riparo agli aggravi del disavanzo negli anni pi difficili. 125 MAIRE VIGUEUR, Les rapports ville-campagne cit., p. 27. 126 Cfr. R. RAO, La propriet allodiale civica dei borghi nuovi vercellesi (prima met del XIII secolo), in Studi storici, 42 (2001), pp. 373-395, qui alle pp. 388-390.

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no delle citt, che in precedenza erano entrati a fare parte dei comunia, erano i mulini e gli immobili, di cui ancora, nel periodo preso in considerazione, abbiamo numerose testimonianze di acquisti: tra il 1235 e il 1236 il podest Ruffino di Lomello compr, non dato di sapere a quale scopo, cinque abitazioni nelle vicinie di S. Bernardo, di S. Salvatore de Strata, di S. Tommaso e di S. Giacomo de Albereto, per le quali pag 347 lire di pavesi127. Il 10 maggio 1240 Giulio de Ugucione, per la ragguardevole somma di 600 lire di pavesi, cedette al comune il suo palazzo in hora Sancti Laurencii, che pochi mesi dopo venne concesso al marchese Manfredi Lancia per il cittadinatico128. Nel 1249, invece, in un periodo di grandi difficolt finanziarie, il podest Enrico di Lomello vendette a Bozinus Tizzoni quattro case nella vicinia di S. Bernardo al prezzo di 44 lire di pavesi129. Linclusione di questi beni nelle comunanze era stata possibile solo nel momento di massima espansione del settore, il cui ambito vitale era un altro: i possessi suburbani e, soprattutto, comitatini. Una volta che questi furono scomparsi, il comune popolare si era rilevato incapace di garantire un controllo tale sul territorio da gestire direttamente le risorse del contado sottoposto, come si visto, allinfluenza dei magnati e reso insicuro dal continuo stato di belligeranza se non attraverso lo sviluppo della tassazione. In questo modo le comunanze vercellesi vennero relegate ad un ruolo marginale e private di un sistema amministrativo ad hoc, avviandosi verso la decadenza. La concezione di bene del comune andava piuttosto trasferendosi sul piano fiscale, maggiormente remunerativo, a cui il popolo, salito al potere, forn uno stimolo decisivo nel senso di una burocratizzazione e statualizzazione del settore130. Il comune, infatti, cerc la creazione di monopoli particolarmente invisi alla collettivit urbana che potessero incrementare le entrate cittadine: oltre a quello garantito da curadia, molaria e mulini pubblici, due attirarono lattenzione dei
127 Acov, Pergamene, docc. in data 19 dicembre 1235; 2 gennaio 1236; 15 gennaio 1236; 16 febbraio 1236; 21 dicembre 1236. 128 Biscioni, 1/II, docc. 227-228, pp. 74-78. 129 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 28 settembre 1249. 130 Sul processo di statualizzazione delle citt medievali e sul contributo ad esso apportato dalla documentazione fiscale sotto i governi di popolo cfr. MAIRE VIGUEUR, Reprsentation et expression des pouvoirs cit. e ID., Rvolution documentaire et rvolution scripturaire cit.

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governanti. Un primo tentativo riguard il commercio del sale, sul quale fino allora gravava soltanto un dazio riscosso prima dal vescovo e successivamente dal comune131. Nel 1240 il podest imperiale Giliolus Guiberti decise linstaurazione di una saleria, costruita ad utilitatem comunis: essa tuttavia dovette sollevare la protesta della credenza e delle societ di Santo Stefano e di SantEusebio, che riuscirono a premere sul vicario imperiale, il marchese Manfredi Lancia, affinch il Guiberti ne decretasse la soppressione e ripristinasse il libero acquisto del sale (permitat omnes salerios et omnes homines salem emere et vendere, volentes emere et vendere prout consueverunt)132. possibile che nellepisodio avesse giocato un ruolo decisivo lappoggio che la corte di Federico II diede allo sfruttamento di tale commercio come oggetto di monopolio133. Risvolti fiscali favorevoli al comune probabile che avesse anche la norma entrata in vigore con la riforma popolare degli statuti, avvenuta nel 1246, che limitava a due il numero di beccarie presenti in citt, ossia la becaria maior e la becaria de Pusterna, sottoposte ai consoli delle due macellerie134; tuttavia il periodo in cui la disposizione venne emanata suggerisce che in questo caso venissero ad incontrarsi la volont del governo popolare di ottenere un controllo centralizzato sullapprovvigionamento annonario
131 Il 3 agosto 1200 avvenne una lite per la riscossione della curadia su alcuni carri di sale tra il vescovo e Giacomo de Masiano e Enrico de Cumana, soci nella vendita del sale ai forensibus (Acquisti I, f. 231). Il dazio era successivamente passato al comune, sicch nel 1249 si ricordava che de qualibet bestia honerata de sale et ducta in eadem plathea papiensem unum (Biscioni, 2/I, doc. 131, p. 220). 132 Biscioni, 1/III, doc. 487, pp. 35-36. 133 Sul commercio del sale e sulle implicazioni fiscali e politiche ad esso connesse, per un inquadramento generale, cfr. W.M. BOWSKY, Le finanze del comune di Siena. 12871355, Firenze 1976, pp. 75-82 e J.C. HOCQUET, Le sel et le Pouvoir. De lAn mil la Rvolution franaise, Parigi 1985; ID., Il sale e la fortuna di Venezia, Roma 1990, pp. 97130. Sul commercio del sale nel Piemonte sud occidentale cfr. invece R. COMBA, Momenti di vita economica. I secoli XII-XIII, in Storia di Mondov e del Monregalese. I Le origini e il Duecento, a cura di R. Comba, G. Griseri, G.M. Lombardi, Cuneo 1998, pp. 185-214. Riferimenti anche in P. MAINONI, Le Radici della discordia. Ricerche sulla fiscalit a Bergamo tra XIII e XV secolo, Milano 1997, pp. 42-51. Sulle citt dellItalia settentrionale nel periodo preso in considerazione, sulla politica di Federico II e sul passaggio dal dazio al monopolio sul sale cfr. invece EAD., La gabella del sale nelle citt dellItalia del Nord fra XIII e XV secolo, in Politiche finanziarie e fiscali cit., pp. 39-85, qui alle pp. 40-41; della saleria vercellese la stessa autrice parla in EAD., A proposito della rivoluzione fiscale nellItalia settentrionale del XII secolo, in Studi storici, 44 (2003), pp. 5-42, qui alle pp. 40-41; sul rapporto tra fiscalit imperiale e fiscalit cittadina cfr. P. CAMMAROSANO, Lesercizio del potere: la fiscalit, in Federico II e le citt italiane, a cura di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 104-111. 134 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 68, pp. 461-462.

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peraltro minacciato dalla guerra intestina e gli obiettivi dei beccai, che erano una delle componenti pi importanti dei paratici vercellesi135: la famiglia, con interessi nel settore della macellazione, dei Passardo, al cui esito magnatizio si gi accennato nel corso del secondo capitolo, era riuscita a schierare quello stesso anno un suo esponente, Tommaso, nel consolato di SantEusebio ed un altro, Antonio, in quello di Santo Stefano. verosimile che essa, assieme alla sua corporazione, fosse stata tra le promotrici dellazione popolare136. Queste tendenze, in nuce gi dal periodo successivo allassegnazione delle comunanze negli anni 1229-1231, vennero esasperate durante le lotte intestine, tra il 1243 ed il 1254, quando lamministrazione pubblica fu costretta a cercare la maggior parte dei suoi introiti negli angusti limiti del perimetro murario. Pressato dallincombente disavanzo, bisognoso di nuovi cespiti, in questo lasso di tempo il governo comunale non trascur certo limpiego delle ultime propriet rimastegli, che fu tuttavia costretto a destinare sistematicamente allalienazione. Il 19 febbraio 1246 - dunque poche settimane prima del colpo di mano popolare - il podest Guglielmo de Soresina fu costretto a convocare la credenza e i Duecento dei paratici, chiedendo loro in che modo dovesse avere il denaro per pagare i castellani e i servitori che sono preposti alla custodia dei castelli dellepiscopato vercellese137. Il consiglio cittadino decise allunanimit di vendere le terre e i possessi comunali in Trino, Tricerro e nelle localit sottoposte allautorit urbana138. Si trattava degli esigui fondi che erano resistiti allalienazione degli anni 1229-1231 e che si decret di cedere di fronte alle necessit finanziare della guerra e alle difficolt dei Vercellesi a controllare il territorio. Gli archivi non hanno restituito altri atti omologhi a quello preso in considerazione, sicch difficile effet135 Sul ruolo dei beccai nellapprovvigionamento cittadino si soffermato A.I. PINI, Alle origini delle corporazioni medievali: il caso di Bologna, in ID., Citt, comuni e corporazioni cit., pp. 219-258, con particolare riferimento a p. 250. Sul ruolo della corporazione dei macellai, influente in alcune citt ed invece mediocre in altre cfr. ID., Le arti in processione cit., pp. 263; 281 ed il volume I macellai bolognesi, Bologna 1980. 136 Cfr. capitolo II, n. 16 e Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271. Sui Passardo cfr. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 153-154. 137 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 19 febbraio 1246: Guilielmus de Sorexina [] postulavit quomodo et qualiter debeat haberi denarios ad solvendum castellanos et servitores qui sunt [] ad castra episcopatus Vercellarum custodiendi. 138 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 19 febbraio 1246.

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tuare una stima della transazione. Ad ogni modo nel documento vennero alienati a Giacomo Rondolinus due soli appezzamenti per 30 moggi complessivi, siti a Trino, al prezzo di 18 lire di pavesi: poca cosa, se si pensa a quale era stato il valore del suo patrimonio solo ventanni prima. Ma ormai la situazione era cambiata. Il comune, alla vigilia di una pesante crisi politica, aveva rinunciato ad utilizzare i propri beni allodiali a fondamento della sua autorit nel distretto. Nel periodo del fuoriuscitismo vitale fu soprattutto il settore dei beni requisiti ai banditi: gi dal 1222 esisteva a Vercelli una magistratura designata in exigendis bannis et in inquirendis bonis bannitorum et in capiendis bannitis139. Tuttavia, essendo la malesardia ancora fenomeno marginale, tra coloro che comparivano nel liber bannorum, in cui erano segnalati i reati di ogni genere, ad essere oggetto di consistenti confische erano soprattutto pochi signori rurali che cercavano di opporsi allespansione urbana140. Poich il numero dei banditi dalla citt era ridotto e le finanze ancora in buona salute, il comune agiva nei confronti dei loro possedimenti in maniera intransigente e, con una norma del 1223, prevedeva che i beni immobili di costoro fossero devastati, mentre quelli mobili dati in soluzione ai loro creditori141. Questa severa legislazione non trovava applicazione nel caso in cui si trattasse di capitali cos rilevanti da potersi rivelare utili allerario cittadino, come nel caso dei beni dei signori di Casalvolone o di Manuele de Carengo142. Il fuoriuscitismo diede nuove proporzioni al problema, sicch il comune si decise ad impiegare le propriet dei banditi dalla citt per il pagamento dei debiti che opprimevano le finanze urbane143: ad uno sviluppo in questa direzione si assi139 ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 1 gennaio 1222. La legislazione statutaria sui banniti contenuta in Statuta, 97-112, pp. 81-87. 140 Al riguardo cfr. RAO, La propriet allodiale civica cit., pp. 385-386. Sui banditi nei comuni italiani cfr. P. TORELLI, Il bando [nei comuni medievali italiani], in Le scritture del comune cit., pp. 109-120. 141 Biscioni 1/II, doc. 414, p. 358; larticolo fu confermato nel 1240 (Biscioni, 1/I, doc. 58, p. 159). 142 Cfr. Appendice 2, alla voce Manuele de Carengo. 143 Per il caso dei beni dei banditi bolognesi cfr. J. HEERS, Espaces publics, espaces privs dans la ville. Le Liber Terminorum de Bologne (1294), Parigi 1984, pp. 102-115, ma soprattutto G. MILANI, Il governo delle liste nel comune di Bologna. Premessa e genesi di un libro di proscrizione Duecentesco, in Rivista storica italiana, 108 (1996), pp. 149-229 e il recentissimo ID., Lesclusione dal comune. Conflitti e bandi politici a Bologna e in altre citt italiane tra XII e XIV secolo, Roma 2003, pp. 329-375. Per la politica dei governi popolari nei confronti dei beni dei banditi cfr., per Milano, GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit.

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stette dal 1245, quando lamministrazione pubblica decret che i creditores ipsius comunis potessero chiedere in soluzione dei loro debiti i beni dei malesardi. Gli estimatori comunali ritennero quindi di compensare adeguatamente Maifredo Astanova per alcuni crediti detenuti fino allammontare di 69 lire di pavesi, tramite la cessione di un poderium che Martino Bicchieri aveva in hora Sancti Graciani144. Il ritorno dei Bicchieri e la restituzione dei possessi requisiti ai filoimperiali pot dare lidea della consistenza che il fenomeno di contenimento del disavanzo attraverso le confische aveva assunto negli anni precedenti: erano state alienate propriet per pi di 2000 lire di pavesi, di cui si erano avvantaggiate soprattutto famiglie popolari145. Il rientro in citt dei filoimperiali, come si visto, non aveva provocato consistenti cambiamenti: il processo di indebitamento del comune, su cui non avevano smesso di gravare le spese causate dalla guerra con i fuoriusciti, era continuato senza interruzioni. Anzi era stato acuito dagli impegni presi dai rappresentanti urbani nella pacificazione con i Bicchieri, in cui si prevedeva la restituzione dei beni requisiti tra il 1243 ed il 1248, che nel frattempo erano stati alienati ai creditori. Ad approfittarne erano state soprattutto le casate popolari pi abbienti, che, mentre la nobilt appariva esausta per le lotte sostenute i Bicchieri in questo periodo si erano gravemente indebitati146 , avevano deciso di finanziare la nuova amministrazione con cospicui capitali: Faciotus di Crevacuore, Ruffino Faxolus, il notaio Giovanni Speciarius147, Nicola Vassallo, Tommaso de Toleo, Giovanni Spina, Giacomo Testa, Lottieri tinctor, Ardizzone de Ivaco, Giovanni Panclerico, Ottobono de Galiciano non erano che alcuni tra i cives vercellesi che nel 1248 avevano dato in prestito pi di 10000 lire di pavesi al governo cittadino148. Lunione tra ricchi popolari e magnati
Biscioni, 2/I, doc. 106, pp. 163-168. Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 94, pp. 538-540. 146 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1813, doc. in data 15 dicembre 1250; ibidem, doc. in data 27 marzo 1251; al riguardo cfr. le considerazioni di G. FERRARIS, Lospedale di S. Andrea di Vercelli nel secolo XIII. Religiosit, economia, societ, Vercelli 2003, pp. 134136. Alcuni prestiti contratti dal comune con enti ecclesiastici nel periodo 1243-1249, probabilmente almeno in parte volti a soddisfare le esigenze annonarie urbane (alcuni furono infatti corrisposti in cereali), sono reperibili in un atto del 1265 (Biscioni, 1/III, doc. 542, pp. 103-110). 147 Per costui cfr. anche Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 94, p. 539. 148 Biscioni, 2/I, doc. 131, pp. 216-223; ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, mazzo 49, doc. in data 4 giugno 1255.
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filoimperiali venne sicuramente rafforzata da matrimoni ad hoc, come quello tra Gioacchino de Ivaco e Beatrice, figlia di Pietro Bicchieri149. Le propriet confiscate agli Avogadro ed ai loro seguaci seguirono due sorti. In parte vennero vendute, come veniva ricordato nella pace del 1254: alla famiglia vennero infatti restituite le propriet confiscate e fu compito del comune rifondere gli emptores150. In parte, seguendo la linea di condotta adottata dal comune prima del 1245, vennero distrutte: tale linea, prevista nel bando della casata guelfa dalla citt, venne effettivamente applicata almeno per la casa di Bresciano Avogadro. Sua figlia Agnese, infatti, nel 1272 alien un edificio diruto, ossia la domus que destructa fuit per quondam dominum Petrum Bicherium et eius sequaces151. Gli ingenti prestiti erogati dai finanziatori popolari ebbero per leffetto di aggravare ulteriormente il bilancio cittadino, costringendo nel 1249 il podest Enrico di Lomello a procedere allalienazione degli ultimi beni pubblici: si trattava dei mulini di S. Lorenzo e di S. Agnese, ceduti assieme ai pedaggi e alla curadia. Tali risorse avevano sempre garantito un cespite cospicuo ed erano state gelosamente custodite dai governanti urbani che le avevano escluse dalla cessione delle comunanze avvenuta tra il 1229 ed il 1231152. Gli impianti molitori ed i pedaggi vennero dati, in pagamento di un credito di 2000 lire di pavesi, a numerosi cittadini vercellesi, per lo pi popolari, quando podest e credenziari constatarono di non avere di che rifondere i creditori con beni mobili: tra le propriet comunali si decise quindi di mettere queste allincanto, senza tuttavia trovare nessuno che volesse pagare un prezzo cos oneroso153. Lalienazione del patrimonio rispondeva
149 Essi risultavano sposati nel testamento di Pietro Bicchieri, avvenuto nel 1250, edito da MEERSSEMAN, La bienhereuse Emilie Bicchieri cit., pp. 217-224; nel 1254 Beatrice aveva tra i 14 ed i 15 anni (ibidem, pp. 225-233). Lunione avvenne dunque tra il 1248 ed il 1250, quando ella doveva avere tra gli otto e gli 11 anni, mentre prima del 1243, Beatrice poteva avere al massimo quattro anni: non solo era troppo piccola per sposarsi, ma in quella data neppure sono testimoniati rapporti di alcun tipo tra le due famiglie. 150 Statuta communitatis Novariae, in Leges municpales (Historiae Patriae Monumenta, t. XVI), a cura di A. Ceruti, Torino 1876, p. 505-col. 832, qui a col. 741. 151 Biscioni, 1/III, doc. 550, pp. 124-126. Per il bando degli Avogadro cfr. Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 26, pp. 392-408. 152 Biscioni, 2/I, doc. 131, pp. 216-223. Sullalienazione dei mulini pubblici per colmare il disavanzo si veda il caso di Voghera, preso in analisi da L. DE ANGELIS CAPPABIANCA, Vogheria oppidum nunc opulentissimum. Voghera ed il suo territorio tra X e XV secolo, Torino 1996, pp. 40-42. Cfr. inoltre capitolo III, pp. 146-147. 153 Biscioni, 2/I, doc. 131, p. 220: Protestantes et dicentes iamdictus potestas et credenciarii quod iamdictum comune non habet de rebus mobilibus, unde iamdictum debi-

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allinsufficienza delle entrate, non supportate da un adeguato sviluppo della fiscalit indiretta, e allincapacit o alla mancata volont del comune vercellese di creare un sistema di debito consolidato: alle autorit cittadine apparve pi opportuno, come negli anni 1229-1231, risolvere il problema dellindebitamento con la cessione delle comunanze. In questo modo si riusciva a mantenere tollerabili e relativamente bassi gli importi versati con il fodro, in un momento di forti tensioni politiche, a causa delle quali i prelievi fiscali risultavano difficilmente incrementabili154. Con la transazione, la totalit dei beni comunali era ormai scomparsa o alienata. Il comune, debole politicamente e oberato dai debiti, non fece pi affidamento su questo settore n in seguito riusc a ricostituirlo. Le propriet civiche, a Vercelli cespite e fattore politico protagonista nella piena et comunale, ora, nel periodo delle lotte tra magnati, lasciavano la scena alle entrate fiscali155.
tum solvere possint et quod expedit comuni et magis utile est vendere predicta quam alias res inmobiles ipsi comuni pertinentes et quod predicte res exposite sunt venales et publice subastate et nullus apparuit qui tanto precio emere vellet et predicta et singula. 154 Alla medesima dinamica si assistette a Milano, dove nel settembre del 1251 unassemblea cittadina decret uningente vendita di beni pubblici per risolvere il pressante indebitamento. Per questa vicenda e per la messa in relazione della cessione dei beni comunali con la mancata creazione di un debito pubblico consolidato cfr. GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano cit.; assonanze presenta anche il caso aretino di fine Duecento, studiato da G.P.G. SCHARF, Le prime esperienze signorili di Uguccione della Faggiola: il periodo aretino (1292-1311), in Archivio storico italiano, 160 (2002), pp. 753-767, qui a p. 757. Lalienazione di beni comunali stata rilevata anche per Chiavenna (P. MAINONI, Economia e finanze a Chiavenna, un borgo alpino del Duecento, in Clavenna. Bollettino del centro di studi storici valchiavennaschi, 38 (1999), pp. 69-88, qui alle pp. 78-81). Sui sistemi di debito pubblico consolidato, ascrivibili solo ad un periodo successivo della storia di alcune tra le pi importanti citt italiane cfr. G. LUZZATTO, Il debito pubblico della repubblica di Venezia dagli ultimi decenni del XII secolo alla fine del XV, Varese-Milano 1963, la cui precocit nella formazione di un debito permanente, messa in rilievo dallo stesso Autore, ne fa un caso unico; C. VIOLANTE, Le origini del debito pubblico e lo sviluppo costituzionale del Comune, in ID., Economia, societ, istituzioni a Pisa nel Medioevo, Bari 1980, pp. 67-81 che approfondisce il nesso tra processo di indebitamento del comune e cessione delle propriet comunali, le guariganghe. Scritti pi recentemente sono invece gli studi di MOLHO, Tre citt stato e i loro debiti cit.; ID., Lo Stato e la finanza pubblica. Unipotesi basata sulla storia tardomedievale di Firenze, in Origini dello Stato. Processi di formazione statale in Italia fra medioevo ed et moderna, a cura di G. Chittolini, A. Molho, P. Schiera, Bologna 1994, pp. 225-281; GINATEMPO, Prima del debito cit. 155 Non ci si soffermer in questa sede sul rapporto, che pure meriterebbe uno studio approfondito, tra la cessione di questi dazi (molaria, pedaggio e peso pubblico), di cui difficile valutare la resa economica, e il parallelo sviluppo stimolato dal comune delle risorse fiscali dirette ed indirette (sulla fiscalit indiretta cfr. MAINONI, A proposito della rivoluzione fiscale cit., che prende in esame anche il caso della curadia vercellese).

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V. Conclusioni

1. I beni del comune: una parabola politica Lo studio dei comunia vercellesi nella piena et comunale ha confermato i nessi sociali insiti nel problema ed ha consentito lindividuazione di una modificazione dellatteggiamento dei rettori urbani nei confronti di questo settore dalle vicende immediatamente successive alla Pace di Costanza ai conflitti ghibellini della met del XIII secolo. Si potuto rintracciare un cambiamento nella gestione dei beni comunali che segu abbastanza rigorosamente levoluzione politica e sociale della citt, sicch i tre grandi momenti individuabili corrispondono ad altrettante fasi istituzionali del comune vercellese: il periodo dellalternanza tra consoli e podest forestieri, la piena et podestarile e lintercorso delle lotte tra popolo e magnati. Il collegamento tra mutamenti della struttura dellautonomia urbana ed amministrazione dei beni pubblici spiegabile con il fatto che questultima fu fortemente condizionata dalla differenza nel rapporto con il territorio e negli equilibri sociali che si verific nei tre momenti presi in considerazione. quindi stato possibile indicare lesistenza di alcuni fili conduttori, che hanno guidato la trattazione per tutto larco di tempo analizzato. Essi di volta in volta hanno avuto maggiore o minore peso sulle vicende delle comunanze: consistono nel controllo del contado, nello sviluppo delle esigenze annonarie e nelle tensioni sociali, o meglio nella progressiva influenza che il popolo conquist sulla politica cittadina1.
1 Le tre componenti sono state analizzate sinotticamente da J.-C. MAIRE VIGUEUR, Le rapports ville-campagne dans lItalie communale: pour une revision des problmes, in La ville, la bourgeoisie et la gense de ltat moderne (XII-XVIII sicle), a cura di N. Bulst e J.-Ph. Genet, Parigi 1988, pp. 21-34.

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Il paradigma proposto da Maire Vigueur, sulla base dello studio di alcune citt dellItalia centrale, di unopposizione militespopulus a motore delle operazioni di avocazione al comune dei beni collettivi ha trovato conferma - fatte salve le peculiarit dei centri padani nel differente sviluppo cronologico e nella composizione del ceto nobiliare2 - nella situazione vercellese3: infatti, sebbene lindagine sullorigine familiare dei possessori delle comunanze inquisite dai consoli nel 1192 non abbia permesso una rigida identificazione con i milites, rimasta valida lipotesi di un movente sociale alla base dellazione dei consoli e di una spinta popolare nella diffusione della protesta; al contrario non stato possibile dimostrare che le usurpazioni compiute dai milites derivassero dal servizio militare a cavallo prestato alla citt. La presa di possesso dei beni collettivi appare dunque, nel caso vercellese, vincolata allaffermazione del populus e connessa pi in generale alla maturazione dellistituzione comunale: avvento del podestariato, istanze popolari, limitazione degli interessi particolaristici del ceto dirigente, sviluppo di una strategia di controllo del territorio sono indissolubilmente legati al problema delle propriet pubbliche. La presenza dei comunia al centro del dibattito politico al termine del XII secolo per solo una delle angolature attraverso cui si pu riscontrare lemancipazione del governo cittadino dalla tutela dellaristocrazia consolare e della vassallit vescovile, a Vercelli in buona misura sovrapponibili: tale fenomeno, infatti, non pu essere correttamente valutato senza coinvolgere altri aspetti, sviluppatisi parallelamente alla questione dei
2 Lo sviluppo sociale e cetuale dellItalia padana stato oggetto del lavoro, cui si fatto pi volte riferimento nel corso di questa trattazione, di H. KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt (secoli IX-XII), Torino 1995; i differenti esiti della societ umbra, presa in considerazione da Maire Vigueur, rispetto a quella padana sono stati invece studiati per Spoleto da E. SESTAN, Il comune di Spoleto tra i comuni italiani, in ID., Scritti vari II. Italia comunale e signorile, Firenze 1989, pp. 75-112, le cui osservazioni sono state riprese ed ampliate da TABACCO, Dinamiche sociali e assetti del potere, in Societ e istituzioni dellItalia comunale: Lesempio di Perugia (secoli XII-XIV). Perugia 6-9 novembre 1985, Perugia 1988, vol. I, pp. 285-286. Oggi studi approfonditi sullaristocrazia urbana dellItalia comunale sono reperibili in La vassallit maggiore del Regno Italico. I capitanei nei secoli XI-XII, a cura di A. Castagnetti, Roma 2001; J.-C. MAIRE VIGUEUR, I profili, in I podest dellItalia comunale. Parte I. Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XIII sec. met XIV sec.), a cura di Id., Roma 2000, vol. II, pp. 1009-1099 e, per Milano, in P. GRILLO, Milano in et comunale (1183-1276). Istituzioni, societ, economia, Spoleto 2001. Per una rassegna problematica cfr. invece P. GRILLO, Aristocrazia urbana, aristocrazia rurale e origini del Comune nellItalia nord-occidentale, in Storica, 19 (2001), pp. 75-96. 3 Cfr. capitolo I.

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beni pubblici, quali linaugurazione di una politica sulle acque o i cambiamenti nellorganizzazione delle circoscrizioni territoriali e la ripartizione delle competenze tra autorit podestarile e credenza. Lidentificazione di queste diverse questioni nella complessa operazione del 1192 pone un altro problema. Tale operazione solo impropriamente pu essere considerata come il recupero dei terreni comuni che anticamente erano detenuti dallintera popolazione e che in seguito furono usurpati dai milites: essa innanzitutto unoperazione dal significato del tutto nuovo, che porta il comune, nel momento in cui acquisisce maggiore consapevolezza delle sue prerogative, a rivendicare una tradizione che era anticamente esercitata dalla collettivit, ancor prima che essa si strutturasse istituzionalmente come citt-stato. Lavocazione delle terre anticamente soggette alluso civico segn quindi per la prima volta la sottomissione di tali terreni allamministrazione cittadina. A pieno titolo questo pu dunque essere considerato il momento della vera e propria creazione dei beni comunali4; il punto di rottura sancito sia dallaccorpamento nelloperazione di avocazione di terre che in buona parte, molto probabilmente, comuni non erano mai state (per esempio i terreni fluviali), sia dallimmediata spoliazione dellantico uso collettivo nei confronti del patrimonio acquisito. Occorre quindi ribadire - anche per evitare di ricadere nellannoso problema dellorigine delle propriet collettive, che tanta parte ha avuto come si visto, nella storiografia di inizio secolo che i beni comunali si formarono di fatto solo con la comparsa del comune, che fece proprie due differenti tradizioni: quella degli usi civici rivendicati dalla collettivit e quella dei diritti pubblici, un tempo di pertinenza vescovile (in sostanza il diritto duso e il dominio eminente)5. In seguito, esso attribu ulterio-

4 Al riguardo cfr. anche A. CASTAGNETTI, La campanea e i beni comuni della citt, in Lambiente vegetale nellalto Medioevo, XXXVII Settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto Medioevo (30 marzo 5 aprile 1989), Spoleto 1990, vol. I, pp. 137-174. 5 Le due categorie erano del resto prossime, poich sui comunia gravava un diritto eminente pubblico. La pubblicit dei beni comuni, molto discussa in storiografia, stata solidamente argomentata da G.P. BOGNETTI, Sulle origini dei comuni rurali del Medioevo con speciali osservazioni pei territorii milanese e comasco, in ID., Studi sulle origini del comune rurale, a cura di F. Sinatti dAmico e C. Violante, Milano 1978, pp. 1-262, in particolare alle pp. 4-8; 198-202; nello stesso volume si veda la Prefazione dei due curatori alle pp. X-XIII. Cfr. inoltre le osservazioni di G. TABACCO, I liberi del re nellItalia carolingia e postcarolingia, Spoleto 1966, pp. 134-136.

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ri accezioni a tali beni con la sua espansione patrimoniale nel contado6. I beni comunali hanno visto maturare la loro vicenda in questo complesso intreccio di fattori nel corso dellultima fase consolare e delle prime esperienze podestarili, seguendo uno svolgimento piuttosto fluido: le amministrazioni urbane di quegli anni non affrontarono con un piano consapevole la loro gestione, ma furono costrette a preoccuparsi soprattutto della tensione sociale che presiedeva alloperazione, che talora parve tralignare in forme di violenza nella contrapposizione delle parti. Un progetto per la loro cura si configur poco a poco, quasi per tentativi, e raggiunse una sua maturit solo con lavvenuta stabilizzazione del regime podestarile7. Fu con esso che si assistette alla centralizzazione del settore individuata da Maire Vigueur come uno dei momenti decisivi nellevoluzione delle comunanze8 , alla sua sottrazione dallautorit degli organismi territoriali in favore di quella di unapposita magistratura delegata alla sua gestione. Fu con esso che vennero approntati metodi di sfruttamento sempre pi organici e redditizi: a tal fine le propriet pubbliche persero il loro ruolo di pascolo cittadino, di bene comune, per divenire cespite delle finanze urbane, bene comunale. Esse vennero periodicamente inquisite e date in affitto; il controllo degli emolumenti derivanti fu invece assegnato a procuratores comunium, istituiti ad hoc dal podest e dipendenti direttamente dai rettori cittadini. A determinare queste trasformazioni non fu solo la presenza di un governo centralizzato, che con listituzione del podest rispondeva allesigenza di una formalizzazione, di una istituzionalizzazione di intensit diversa rispetto alla gestione consolare9 ed implicava una minore importanza delle circoscrizioni territoriali, ma soprattutto il disciplinamento del contado e la volont di avere su di esso un controllo diretto.
6 Per tali aspetti si rimanda a R. RAO, La propriet allodiale civica dei borghi nuovi vercellesi (prima met del XIII secolo), in Studi storici, 42 (2001), pp. 373-395. 7 Cfr. capitolo I. 8 MAIRE VIGUEUR, Le rapports ville-campagne cit., pp. 32-34. 9 P. CAMMAROSANO, Il ricambio e levoluzione dei ceti dirigenti nel corso del XIII secolo, in Magnati e popolani nellItalia comunale. Quindicesimo convegno di studi del Centro italiano di studi di storia e darte di Pistoia. Pistoia 15-18 maggio 1995, Pistoia 1997, pp. 17-40, con particolare riferimento a p. 27.

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Si ebbe in questo modo una piena espansione del patrimonio immobiliare - non pi iscritto negli angusti limiti della campanea - in cui venivano ad affluire oltre ai pascoli suburbani, le case cittadine, i castelli e le terre possedute nel distretto; una valorizzazione di queste risorse fu resa necessaria anche dalla sempre maggiore articolazione delle finanze pubbliche e, nello stesso tempo, dalla crescente esigenza di denaro. Lattivit della politica comunale nel territorio vercellese e la strutturazione raggiunta dalle istituzioni civiche avevano, infatti, dato avvio ad un vistoso processo di indebitamento. La consistenza assunta dai beni comunali, la rilevanza del loro ruolo economico, limportanza della magistratura dei procuratores comunium, non tardarono ad attirare le mire delle fazioni che controllavano la politica urbana. Proprio negli anni dellaffermazione del governo podestarile a Vercelli, in sincronia con ci che avveniva in altre realt cittadine italiane, si assistette alla definizione politica ed ideologica di una contrapposizione interna fondamentale tra milites e populares10. Essa prendeva forma nellantitesi delle societ di Santo Stefano e di Santo Eusebio, che riuscirono a spartirsi equamente gli incarichi inerenti allamministrazione delle propriet civiche, con il potere e il prestigio che essi comportavano, senza degenerare in forme di opposizione violenta: si tratt di un periodo di relativa unit di cui il comune si giov raggiungendo la massima espansione11. Ma una nuova realt andava delineandosi a Vercelli negli anni Trenta del Duecento: erano ripresi i conflitti tra Federico II e comuni, sicch il ceto magnatizio venutosi a creare nei primi decenni del XIII secolo, and polarizzandosi in un partito filomilanese ed in uno filoimperiale. Fu probabilmente in conseguenza delle cresciute spese belliche, nonch delle prime incrinature nellequilibrio di poteri su cui si reggeva la societ locale, che si arriv alla cessione delle comunanze12. Molto, infatti, era cambiato nel sistema di equilibri vercellese: gi si fatto riferimento allo sviluppo di una formazione magnatizia, ma anche il populus andava modificandosi al suo interno. Unimportanza sempre maggiore avevano assunto le corporazioni,
10 11

CAMMAROSANO, Il ricambio e levoluzione dei ceti dirigenti cit., p. 28. Cfr. capitolo II. 12 Cfr. capitolo IV.

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che erano giunte ad essere rappresentate nel governo tramite i Duecento dei paratici: ne era nata unegemonia del popolo in citt, ma la conseguente radicalizzazione del conflitto con i magnati, divisi in fazioni, faceva s che pi incerta fosse lazione comunale nel contado, dove erano situati i centri di potere nobiliari. In effetti, lespansione dellistituzione urbana a capo della quale erano ora i ceti artigiani, forti allinterno delle mura cittadine, ma deboli fuori aveva subito una battuta di arresto: la volont di controllo del territorio, lucidamente percepita come precipua dal regime popolare, si scontrava con le difficolt nella realizzazione delle radicali misure intraprese (imposizione dellestimo agli ecclesiastici, annessione del districtus vescovile, obbligo della consegna dei castelli). Il difficile mantenimento dellautorit sul contado e la fine della fase di espansione si riflessero anche sul settore dei beni comunali, non pi incrementati: del resto essi erano ormai esigui dopo lalienazione degli anni 1229-123113. Persa la sua vocazione comitatina, sviluppatasi nel periodo pi florido dellistituzione comunale, il patrimonio civico torn, come ab origine, ad essere un problema soprattutto urbano. La situazione si aggrav nel periodo del fuoriuscitismo, dal 1243 al 1254, quando i ceti popolari ressero lamministrazione cittadina prima assieme ai magnati filomilanesi, poi con quelli filoimperiali: il sempre maggiore indebitamento causato dalla guerra intestina e dalla perdita del contado condusse alla vendita degli ultimi beni pubblici, mentre il peso delle spese e dei debiti del comune andava tutto a riversarsi sui cespiti prodotti dal sistema fiscale14. La scelta di procedere alla cessione delle propriet urbane era del resto una diretta conseguenza dellinstabilit delle finanze, della estrema elasticit dei bilanci comunali durante tutto il XIII secolo ed ancora una buona parte del XIV secolo15. A questo espediente le amministrazioni civiche ricorrevano nei momenti pi difficili con lintento di ottenerne almeno un temporaneo alleggerimento: il comune, infatti, per ovviare al problema della carenza delle entrate non era riuscito a procedere ad un potenziamento dellapparato fiscale tramite laumento della tassazione indiretta, n ad una stabilizzazione del suo disavanzo attra13 14

Cfr. capitolo IV. Cfr. capitolo IV. 15 La citazione tratta da MAIRE VIGUEUR, Le rapports ville-campagne cit., p. 25.

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verso la creazione di un debito pubblico permanente entrambi provvedimenti che riguardano solo la storia successiva delle cittstato italiane16. Sicch, se da un lato lerario rimaneva in balia delle vistose oscillazioni del bilancio provocate dalle guerre, dalle carestie e dalle crisi politiche, dallaltro la sua gestione restava vincolata, con limposizione di governi a forte influenza popolare, allaccettazione ed al consenso della cittadinanza17.

16 Per la creazione dei debiti pubblici consolidati cfr. la bibliografia esposta nel corso del IV capitolo. 17 Cfr. capitolo IV; sulle fluctuations des dpenses dei comuni medievali cfr. MAIRE VIGUEUR, Le rapports ville-campagne cit., pp. 25-26 e M. GINATEMPO, Prima del debito. Finanziamento della spesa pubblica e gestione del deficit nelle grandi citt toscane (1200-1350 ca.), Firenze 2000, pp. 33-49; sullimportanza del consenso popolare nel prelievo fiscale cfr. P. GRILLO, Lintroduzione dellestimo e la politica fiscale del comune di Milano alla met del secolo XIII (1240-1260), in Politiche finanziarie e fiscali nellItalia settentrionale (secoli XIIIXV), a cura di P. Mainoni, Milano 2001, pp. 11-37.

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Appendice 1: i possessori espropriati del 1192 e le loro famiglie

Vengono qui forniti i nomi delle famiglie cui appartenevano i possessori di terre avocate dal comune nel 1192, accompagnati da brevi prosopografie, nellintento di delineare il loro rilievo sociale1. A questo fine, in conformit con i criteri di analisi utilizzati nel primo capitolo, si dar innanzitutto un quadro della loro partecipazione alla politica cittadina: questo il modo attraverso cui si pu intravedere una ristretta lite, la classe di governo vercellese2, caratterizzata da comuni modelli di vita ed unita da molteplici legami familiari che spesso oltrepassarono gli orientamenti politici delle diverse discendenze3. Inoltre, lindividuazione dei consoli pu arrecarci ulteriori informazioni. Alla maggiore delle magistrature urbane accedevano solo gruppi parentali di primissimo piano o individui dotati di un grande prestigio personale, magari in et avanzata: consoli del comune erano generalmente i pi prestigiosi vassalli del vescovo o di altri enti ecclesiastici, personaggi provenienti da famiglie inserite nel capitolo cittadino, milites o iudices. Unelezione reiterata al consolato di giustizia poteva invece comportare una formazione giuridica dellincaricato. Lessere consoli di Santo Stefano o di Santo Eusebio indicava, infine, pur con una notevole elasticit - essendo frequente il caso di individui che passavano dal consolato di una societ a quello dellaltra -, ladesione a differenti schieramenti politici cittadini. Ad ogni modo appare evidente come unarida enumerazione degli incarichi di governo risulti insufficiente a dare conto delle differenze sociali di famiglie che
1 Sullutilit dello studio prosopografico per la descrizione della societ cittadina cfr. R. BORDONE, Le lites cittadine nellItalia comunale (XI-XII secolo), in La prosopographie: problmes et mthodes. Coutumes, pouvoir locaux et affirmation de ltat moderne. Histoire religieuse. Chronique. Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen ge temps modernes, tome 100 (1988), vol. I, pp. 47-53. 2 BORDONE, Le lites cittadine cit., pp. 48-49. 3 F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165; A. BARBERO, Vassalli vescovili e aristocrazia consolare a Vercelli nel XII secolo, in Vercelli nel XII secolo, IV Congresso della Societ storica vercellese (Vercelli, 18-20 ottobre 2002), in corso di stampa. Sulle divisioni cetuali che permanevano anche nella societ cittadina cfr. di H. KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt (secoli IX-XII), Torino 1995. Sulladozione di un comune modello di vita militare come fondamento della nobilt cfr. S. GASPARRI, I milites cittadini. Studi sulla cavalleria in Italia, Roma 1992 e G. TABACCO, Nobilt e potere ad Arezzo in et comunale, in Studi medievali, 15 (1974), pp. 1-24.

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assieme partecipavano al consolato del comune, a quello delle associazioni o alla credenza, ma che spesso avevano una diversa estrazione. Perci si creduto di aggiungere alcuni ragguagli sullindirizzo politico e cetuale dei gruppi parentali presi in considerazione: indirizzo, poich non solo la documentazione spesso reticente e si limita ad offrirci pochi indizi, ma, in una societ fluida ed in continua evoluzione come quella comunale, oltre che poco prudente, lutilizzo di una rigida ripartizione pu non rendere conto n dei processi di nobilitazione avvenuti gi nel XII secolo, n degli esiti magnatizi del XIII4. Per questo si scelto di evidenziare, oltre a dati sulle capacit economiche delle famiglie, quelli che appaiono come gli attributi della nobilt, ossia quelle caratteristiche che permettono di rintracciare un comune stile di vita, orientato verso costumi aristocratici5. Precipua in esso la componente militare, che assume unimportanza considerevole nelleconomia di questa ricerca: appartenenza alla milizia cittadina e beni comunali appaiono, infatti, intimamente legati nella storiografia sul tema e, come si visto, sono in connessione, seppur indirettamente, anche nel caso vercellese6. Queste caratteristiche sono le stesse di cui partecipava laristocrazia consolare, cio legami vassallatici con enti ecclesiastici7, esponenti nel capitolo cattedrale cittadino8, iudices9 e milites10. Sono stati, inoltre, segnalati i podest espressi da que4 Occorre fare attenzione a non inferire da criteri di analisi sociali classificazioni cetuali, le quali hanno vita autonoma, come sottolineato da G. DILCHER, I comuni italiani come movimento sociale e forma giuridica, in Levoluzione delle citt italiane nellXI secolo, a cura di (R. Bordone e J. Jarnut), Annali dellIstituto storico italo-germanico, quaderno 25, Bologna 1988, pp. 71-98. Cfr. anche KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt cit. e G. TABACCO, Nobili e cavalieri a Bologna e a Firenze tra XII e XIII secolo, in Studi medievali, 17 (1976), pp. 41-76. Sugli esiti magnatizi sviluppatisi in seno alla societ comunale si rimanda a ID., Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, Torino 1979, pp. 275-292; per i magnati vercellesi cfr. invece F. PANERO, Particolarismo ed esigenze comunitarie nella politica territoriale del comune di Vercelli (secoli XII-XIII), in ID., Comuni e borghi franchi nel Piemonte medievale, Bologna 1988, pp. 73-99 e, per il consolidamento dellidentit aristocratica di un gruppo di famiglie nella seconda met del XII secolo R. RAO, Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93. G. FASOLI, Citt e feudalit, in Structures fodales et fodalisme dans lOccient mditerranen (Xe-XIIIe sicles). Bilan et perspectives de recherches. Colloque international organis par le centre national de la recherche scientifique et lcole franaise de Rome (Rome, 10-13 octobre 1978), Roma 1980, pp. 365-385, con particolare riferimento a p. 366, ha ricordato la rischiosit dellutilizzo delle parole nobilt o aristocrazia per la societ italiana del XII secolo, preferendo loro categorie pi generiche quali maggiorenti o notabili. 5 Si cercato di rispettare i suggerimenti forniti da BORDONE, Le lites cittadine cit., pp. 50-51, accentuando naturalmente gli aspetti funzionali alla nostra ricerca. 6 Si rimanda ad Introduzione. 7 A. DEGRANDI, Vassalli cittadini e vassalli rurali nel Vercellese del XII secolo, in BSBS, 91 (1993), pp. 5-45; KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt cit.; A. BARBERO, Vassalli, nobili e cavalieri fra citt e campagna. Un processo nella diocesi di Ivrea allinizio del Duecento, in Studi Medievali, 33 (1992), pp. 620-644. 8 H. KELLER, Origine sociale e formazione del clero cattedrale dei secoli XI e XII nella Germania e nellItalia settentrionale, in Le istituzioni ecclesiastiche della societas christiana dei secoli XI-XII. Diocesi, pievi e parrocchie. Atti della sesta Settimana internazionale di studio. Milano 1-7 settembre 1974, Milano 1977, pp. 136-186. 9 J.-C. MAIRE VIGUEUR, Gli iudices nelle citt comunali: identit culturale ed esperien-

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ste famiglie11, il possesso di diritti signorili, ed eventuali menzioni di cittadini nobiles12 o domini13, riferite ad individui appartenenti ai gruppi parentali presi in considerazione. N.B. Segnalo la collocazione delle credenze citate, considerate dalla prima menzione, relativa al 1170, fino allanno 1230: Biscioni, 1/II, doc. 369, pp. 276278 per il 1170; HPM, Chartarum, Torino 1836, II, doc. 1579, col. 1078 per il 1180, PC, doc. 273 pp. 296-297 e Acquisti, I, f. 28-29 per il 1184; Gli atti del comune di Milano fino allanno 1216, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, doc. 217, pp. 308-309, per il 1199; Biscioni, 1/II, doc. 288, pp. 136-138 per il 1201; PC, doc. 27, p. 55, Biscioni, 1/I, p. 214 e DAC, doc. 28, pp. 53-54 per il 1202; DAC, doc. 53, pp. 77-78 per il 1207; ASVc, Archivio Berzetti Murazzano, Pergamene, m. 49, doc. del 18 febbraio 1208 per il 1208; Biscioni, 1/III, doc. 558, pp. 130-131 per il 1210; PC, doc. 109, pp. 200-201 per il 1212; Acquisti, I, f. 65 per il 1213; Biscioni, 2/I, doc. 65, pp. 116-117 per il 1214; PC, doc. 29, p. 64 per il 1215; AcoV, Pergamene, doc. del 28 ottobre 1217, edito in Carte valsesiane fino al secolo XV conservate negli archivi pubblici, a cura di C.G. Mor, Torino 1933 (BSSS, 124), doc. 28, pp. 63-68 per il 1217; Biscioni, 2/I, doc. 122, pp. 201-202 per il 1218; DAC, doc. 89, pp. 125-126 per il 1221; Biscioni, 1/II, pp. 197-198 per il 1222; Biscioni, 2/I, doc. 99; pp. 152-153, ibidem, doc. 104, pp. 159-160, PC, doc. 378, pp. 364-365, ASVc, V. BELLINI - A. BELLINI, Annali della citt di Vercelli sino allanno 1499 composti da Amedeo figlio di Vercellino Bellini e Vercellino Bellini nobile vercellese autore della storia stampata di Serravalle composti nellanno 1631, tempo in cui questa citt era occupata dal Re di Spagna Filippo Quarto, p. 72 per il 1223; Biscioni, 1/I, doc. 162, pp. 352-353, Biscioni, 2/I, doc. 90, pp. 137139 e Acov, pergamene, doc. del 9 febbraio1224 per il 1224; DAC, doc. 105, p. 155 per il 1228; Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 358 e G. FERRARIS, La convenzione ritrovata. Ancora su Omobono de Cremona e lo Studium di Vercelli, in Bollettino
ze politiche, in Federico II e le citt italiane, a cura di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 161-176. Cfr. anche KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt cit.; G. ROSSETTI, Elementi feudali nella prima et comunale, in AA.VV., Il feudalesimo nellAlto Medioevo, Spoleto 2000, tomo 2, pp. 875-909. 10 J.-C. MAIRE VIGUEUR, Cavaliers et citoyens. Guerre, conflits et socit dans lItalie communale, XIIe-XIIIe sicles, Parigi 2003; GASPARRI, I milites cittadini cit. 11 Si ricorda che i podest erano cavalieri addobbati (GASPARRI, I milites cittadini cit., pp. 66-67). 12 Come messo in evidenza da Gabriella Rossetti occorre essere cauti nellattribuire a questa parola unintenzione di distinzione cetuale (G. ROSSETTI, Ceti dirigenti e classe politica, in AA.VV., Pisa nei secoli XI e XII: formazione e caratteri di una classe di governo, Pisa 1979, pp. XXV-XLI, con particolare riferimento alle pp. XXVI-XXVII), tuttavia le menzioni cui si far riferimento, oltre ad essere rappresentative della stima goduta dalle famiglie cos indicate allinterno della citt, comportano una maggiore pregnanza cetuale: pare, infatti, significativo il fatto che per quasi tutti i cittadini vercellesi che compaiono nei due atti che citeremo si possa rintracciare unascendenza militare (cfr. anche linterpretazione data da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 146). 13 Attestazione che indica generalmente i cavalieri addobbati (BARBERO, Vassalli, nobili, cavalieri cit., p. 622); per il caso vercellese cfr. linterpretazione data da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 164-165.

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Storico Vercellese, 52 (1999), pp. 17-35, con particolare riferimento alle pp. 2627 per il 1229; Biscioni, 2/I, doc. 134, pp. 230-231 Abate Nessuna informazione certa stata rinvenuta a proposito di questo personaggio. Asigliano (Pietro) Questa famiglia di valvassori vescovili14, malgrado lelevata estrazione sociale, non si inser ai vertici dellapparato politico cittadino, pur partecipando con assiduit alla credenza. La documentazione ha, infatti, lasciato ricordo di diverse presenze tra i credenziari per gli individui legati a questo ceppo parentale: Giacomo lo fu nel 1207, nel 1210, nel 1213, nel 1221, nel 1223, nel 1224; Guido nel 1208 e nel 1210. Gli Asigliano erano titolari di terre in Campo Martio, nel suburbio vercellese, che vendettero ai Burro15. Barletarius (Rainaldo) Rainaldo possedeva beni a Caresana16. Giacomo e Tebaldo Barletarii sono attestati verso la met del XII secolo: essi erano vicini alla famiglia dei Salimbene, di cui furono fideiussori17. Questo gruppo assente dalla credenza cittadina, tuttavia doveva disporre di cospicue risorse: infatti nel 1242 Durio Barletarius era creditore nei confronti del comune per una somma di 120 lire di pavesi18. Nel 1258 Guglielmo fu invece console di giustizia del comune e iudex19. De Benedetti (Uberto, Giovanni) Si tratta di una delle famiglie vercellesi eminenti, vassalla del vescovo20. Giovanni e Uberto si alternarono numerose volte al consolato del comune tra il 1185 e il 119621. Con listituzione del regime podestarile si legarono alla societ di Santo Eusebio, di cui Alisio fu console nel 120822 e Ottobono nel 121223. Aderenti durante i tempi del fuoriuscitismo al partito filoimperiale dei Bicchieri, instauraDEGRANDI, Vassalli cittadini cit., p. 8. C.D. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la societ vercellese dei secoli XII e XIII, in Contributi dellIstituto di Storia medioevale dellUniversit Cattolica di Milano, Milano 1968, vol. I, pp. 207-262, con particolare riferimento a p. 214. 16 Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi e F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS, 71), vol. II, doc. 461, pp. 174-175. 17 Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, G.C. Faccio, F. Gabotto e G. Rocchi, Pinerolo 1912 (BSSS, 70), vol. I, doc. 148, pp. 183-184, anno 1151. 18 Statuta, 5, p. 1274. 19 Biscioni, 1/III, doc. 528, p. 89. 20 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 92. 21 Si rimanda allelenco compilato da V. MANDELLI, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-1861, vol. III, pp. 268-269. 22 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 23 PC, doc. 254, p. 284.
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rono una signoria sul castello di Burolo24. Ricoprirono inoltre numerosi incarichi di prestigio, tra cui si ricordano il podestariato di Paciliano ricoperto da Ottobono nel 1219, del cui comune lo stesso personaggio era creditore in precedenza25. Biandrate (Guido) Si tratta in prevalenza di un gruppo di milites provenienti da Biandrate, immigrati a Vercelli, probabilmente legati da rapporti di solidariet26: il fatto che esistesse nella documentazione il riferimento ad una domus illorum de Blandrato nella vicinia di S. Stefano de Monasterio per il 1218, cos come la circostanza che dei Blandratinenses fossero genericamente indicati come prestatori di S. Maria di Vezzolano nel 1219, potrebbe indurre a ritenere che esistesse unidentit comune ai differenti ceppi27. La difficolt consiste nel rintracciare legami di parentela tra i numerosi esponenti di primo piano della politica vercellese, di preferenza legati alla societ di Santo Stefano, contraddistinti con il cognome Biandrate. Nella prima met del XIII secolo possono essere individuati almeno sei discendenze influenti sulla politica vercellese: Pietro, Giacomo e Buongiovanni figli di Ardizzone28; Alberto figlio di Guglielmo29; Alberto figlio di Alberto30, Nicola figlio del nostro Guido31; i fratelli Ardizzone e Liprando, figli di Buongiovanni de Ivaco Biandrate32; Giacomo e Ranieri figli di Giulio33; i fratelli Allo ed Ottone34.
Si rimanda al capitolo II del presente studio, pp. 119-121. Biscioni, 2/I, doc. 66, pp.117-122; gi nel 1165 Ottobono era creditore del comune di Paciliano (Le carte dello archivio capitolare cit., vol. I, doc. 187, pp. 226-228). Su questa famiglia cfr. anche le informazioni fornite da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 92. 26 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84. 27 PC, doc. 305, p. 315; ibidem, doc. 318, pp. 322-323: ledificio non apparteneva ai conti di Biandrate, la cui casa a Vercelli era sita in S. Tommaso e che nelle fonti erano espressamente qualificati come comites (Investiture, I, f. 79). Per il prestito, contratto a Vercelli, cfr. il documento edito da A.A. SETTIA, Santa Maria di Vezzolano. Una fondazione signorile nellet della riforma ecclesiastica, Torino 1975 (BSSS, 198), p. 252. 28 Cfr. Appendice 2. 29 ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 22 ottobre 1231. 30 PC, doc. 286, p. 305. 31 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 7 dicembre 1226. Guido risiedeva nella vicinia di S. Pietro (PC, doc. 268, p. 287). 32 Liprando fu credenziario nel 1249 (Biscioni, 2/I, doc. 131, pp. 222-223); su Ardizzone cfr. quanto esposto nel capitolo IV. I due risultano essere fratelli in un documento relativo al 1231 ed edito da A. DI RICALDONE, Documenti vercellesi in un archivio del Ducato di Monferrato, in Bollettino storico vercellese, 7 (1975), pp. 47-52, con particolare riferimento alle pp. 49-50. Di Buongiovanni pervenuta una menzione relativa al 1220 (Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 12 settembre 1228). Nel 1228, ormai defunto, risult essere padre di Ardizzone (ibidem, doc. in data 8 ottobre 1228). Forse fratello di Buongiovanni era Arduino de Ivaco, console di Santo Eusebio nel 1215 (Biscioni, 1/II, doc. 348, p. 256) e nel 1223 (Biscioni, 2/I, doc. 99, p. 153). Ivaco era forse tra i milites immigrati a Vercelli nel 1199 (PC, doc. 277, p. 300). 33 Biscioni, 1/III, doc. 489, pp. 37-38. Si trattava di un famiglia che ricevette in concessione i mulini comunali di Trino; essi erano legati alla famiglia dei de Donato, un cui esponente, Pietro, fu per tre volte console della societ di Santo Stefano nei primi anni del Duecento (Acquisti, I, f. 30; PC, doc. 110, p. 203; ibidem; doc. 262, p. 290): non solo un terreno posseduto dai due fratelli confinava con le terre di Enrico de Donnato (Biscioni, 2/I,
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Guido nel 1199, nel 1201, nel 1202, nel 1208 e nel 1210 fu credenziario. Nel 1202 fu definito assieme ad alcuni suoi concittadini nobilis civis vercellensis35. De Bugella (Ostachio) Anche questa famiglia, pur essendo di elevata estrazione sociale, partecip solo marginalmente alla vita politica cittadina: Pietro e Lanfranco de Bugella furono presenti tra i credenziari del 1170. Corrado era prete e canonico del capitolo cattedrale36. Bigura (Uberto) Si tratta di una famiglia probabilmente di estrazione popolare. Bigura era credenziario nel 1180. Nellanno 1209 Pietro Bigura di Montemorfoso consegn delle terre di propriet del capitolo al canonico Nicola Alciati37. Biterno-Bigurracane (Guglielmo) A Vercelli, se si eccettua lo stesso Guglielmo, non vi menzione di un ceppo familiare nominato Biterno: questo potrebbe piuttosto essere un soprannome dato a Guglielmo Bigurracane, console nel 119438, ossia nello stesso anno in cui tra i consoli, in altri documenti, compare Guglielmo Biterno39. Errata invece linterpretazione del Mandelli40: egli ipotizza che Matteo Bondoni fosse subentrato a Guglielmo Bigurracane, motivando cos le scarse presenze di questultimo: tuttavia entrambi sono presenti in un atto del 18 luglio41. Bigurracane fu console di giustizia nel 118442, Flamengo rivest la medesima carica nel 121043, nel 121344e nel 121945. I Bigurracane appartenevano alla curia vescovile46: imparentati con i Bicchieri47 e con la famiglia di vassalli vescovili dei
doc. 231, pp. 318-319) ma lo stesso Enrico fu fideiussore per Ranieri nellappalto del mulino (Biscioni, 1/III, doc. 489, pp. 37-38). I de Donato erano legati allospedale degli Scoti: Martino, gi presente nel capitolo di S. Eusebio, fu probabilmente suo ministro tra il 1174 e il 1183 (M.C. FERRARI, Lospedale di S. Brigida degli Scoti nella storia di Vercelli medievale (secoli XII-XIV), Vercelli 2001, pp. 42-43). 34 Allo fu console della societ nobiliare di Santo Eusebio nel 1213 (Acquisti, I, f. 66); egli era ormai defunto nel 1217, anno in cui il fratello Ottone fu credenziario. 35 DAC, doc. 28, pp. 53-55. 36 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 11 giugno 1200. 37 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 17 agosto 1209. 38 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 568, pp. 327-330; PC, doc. 49, p. 101; Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, Roma 1880, vol. IV, doc. 991, p. 9. 39 PC, doc. 156-161, pp. 239-242. 40 Cfr. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 271. 41 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 568, pp. 327-330. 42 PC, doc. 273, p. 269. 43 Biscioni, 1/III, doc. 504, p. 50. 44 Acquisti, I, f. 69. 45 Acquisti, I, f. 41. 46 Documento dellarchivio arcivescovile relativo allanno 1181 e trascritto in G. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, p. 255.

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Preve48, un loro esponente, Flamengo, presenzi alla vendita del castrum di Larizzate fatta dagli Avogadro in favore dei Bondoni, riguardo a cui Francesco Panero ipotizza un nesso di solidariet tra le famiglie ivi convenute49. Flamengo Bigurracane nel 1202 fu definito assieme a alcuni suoi concittadini nobilis civis vercellensis50. Nel 1208 lo stesso Flamengo partecip al primo consolato della societ di Santo Eusebio, assieme a un de Guidalardis e a uno Scutario, a conferma dellinclinazione nobiliare di questa associazione51. I Bigurracane erano creditori del monastero cistercense di S. Giovanni della Varola52. Bondoni (Alberto) Sembra superfluo ripercorrere tutte le numerose testimonianze di partecipazione alla vita politica dei Bondoni, vassalli vescovili ai vertici della nobilt vercellese; si rimanda al contributo dedicato a questa famiglia da Gianfranco Andenna53. Burro (Filippo) I Burro erano un ramo dei De Benedetti e, come questi ultimi, erano vassalli del vescovo54. Lo stesso Filippo fu console di giustizia nel 119255 e console del comune nel 120256. Calvo (Giacomo) Giorgio Calvo nel 1207 venne definito assieme a alcuni suoi concittadini nobilis civis vercellensis57. Lo stesso Giorgio fu console della societ nel 120558; a conferma del prestigio di cui godeva la sua famiglia nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest59. Alario Calvo resse il consolato di Santo Stefano nel 116960;

ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 6 settembre 1203. Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 552, pp. 306-309. 49 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 94; erano testimoni allatto di vendita: magister Giacomo Cerrione, Giacomo Visconte, Pietro Agnino di Novara, Vercellino Scutario, Dromone Tizzoni, Ardizzone e Maifredo Gambaruto, Rogerio e Bondono Bondoni, Gilberto e Vercellino Caroso, Flamengo Bigurracane, Giacomo Durio, Guala Cocorella e Uberto Serra (ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1804, doc. in data 10 marzo 1201). 50 DAC, doc. 28, pp. 53-55. 51 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. Sulla societ di S. Eusebio cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 98-100; A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, pp. 61-64. 52 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1808, doc. in data 4 ottobre 1229. 53 G. ANDENNA, Per lo studio della societ vercellese del XIII secolo. Un esempio: i Bondoni, in Vercelli nel XIII secolo. Atti del primo congresso storico vercellese, Vercelli 1982, pp. 203-225. 54 FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., p. 214. 55 Acquisti, I, f. 29. 56 DAC, doc. 28, p. 53. 57 DAC, doc. 53, pp. 77-79. 58 PC, doc. 337, p. 336. 59 Biscioni, 1/II, doc. 260, p. 109. 60 DAC, doc. 8, p. 19.
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Giacomo fu console di giustizia nel 119261 e nel 121662 e di Santo Eusebio nel 121263. Nicola fu console di giustizia nel 120264, nel 120665, nel 120866 e nel 121267, di Santo Stefano nel 120168, nel 120469 e nel 120770. Bartolomeo fu console della societ degli scacchi nel 121771. I Calvo erano imparentati con i de Guidalardis72 e con i Salimbene73. In un documento del 1178 Giacomo fu detto figlio di ser Calvo74. Nella credenza del 1259 Rogerio de Calvis fu tra i pochi ad essere segnalato come dominus assieme a Centorio, Tizzoni e de Cremona75. Sebbene questa famiglia appaia legata alla societ popolare, la presenza di un suo esponente nel consolato di Santo Eusebio potrebbe indicare che i Calvo, nel momento in cui linstaurazione del regime podestarile e la professionalizzazione del consolato di giustizia portarono ad una diminuzione degli incarichi di prestigio, sempre pi gravitanti su ambasciate, procure e consolati societari, utilizzarono queste cariche per la propria affermazione familiare76. Camex (Ottone, Maifredo) I Camex erano vassalli della canonica di S. Eusebio77. Ambrogio Camex nel 1166 fu testimone al testamento del vassallo vescovile Guala di Casalvolone78. Nello stesso anno fu pari di curia in una lite da lui giudicata tra il capitolo di S. Eusebio e i de Sartirana79; nel 1167, nel vendere dei beni al capitolo di S. Eusebio, pose come fideiussore Bonifacio de Ugucione80. Nel 117381 e nel 118082 fu assessore del vescovo Guala Bondoni.
Acquisti, I, f. 29. ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 7 febbraio 1216. 63 PC, doc. 254, p. 284. 64 DAC, doc. 28, p. 53. 65 PC, doc. 65, p. 139. 66 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 67 PC, doc. 109, p. 201. 68 Biscioni, 1/II, doc. 288, pp. 136-138. 69 PC, doc. 110, p. 203. 70 DAC, doc. 53, p. 77. 71 ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 6 gennaio 1217 72 Biscioni, 1/II, doc. 217, p. 61. 73 Maifredo era sposato con Giacoma, figlia di Corrado (I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 6 (1901), pp. 1-15, con particolare riferimento a p. 5). 74 Le carte dellarchivio arcivescovile di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/2), doc. 12, p. 229. 75 Biscioni, 1/II, doc. 286, pp. 131-132. 76 E. ARTIFONI, Itinerari di potere e configurazioni istituzionali a Vercelli nel secolo XIII, in Vercelli nel secolo XIII cit., pp. 263-278; cfr. capitolo II, p. 81. possibile reperire una fotografia del vasto patrimonio immobiliare dei Calvo, composto da case, terre e anche da due luoghi di mercato, alla met del XIII secolo in DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., p. 165. 77 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 156. 78 M. PEROSA, Bulgaro (Borgovercelli) e il suo circondario, Vercelli 1889, p. 281. 79 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 198, pp. 237-239. 80 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 220, pp. 262-263. 81 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 287, pp. 328-329. 82 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 391, pp. 90-91.
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Egli fu console di giustizia nel 117883, nel 118084, nel 118185, nel 118486 e nel 118587, credenziario nel 1170 e nel 1184. Maifredo Camex fu credenziario nel 1184, nel 1199, nel 1201 e nel 1202, Ottone Camex nel 1208; inoltre nel 1193 lo stesso Ottone rivest limportante incarico di molaris88. Al suo arbitrato e a quello di Guala Avogadro, di Girardo Carisio e di Alberto Tetavegia si sottomisero nel 1208 il vescovo di Torino, il vercellese Giacomo Carisio e la famiglia dei Sili, per una lite sul pedagium nella citt di Torino89. Nel 1173 Ottone vendette a Alberto Dal Pozzo un manso a Casalrosso90. Nel 1197 Maifredo Camex, alien delle terre in Selve al monastero del Muleggio: dal documento si viene a sapere che tramite la moglie si era imparentato con i Pelato91. I Camex erano imparentati anche con i Bondoni e gli Sperlinus92. Ottone Camex possedeva un mulino assieme a Ardizzone Becco93. Capella (Oliviero) Oliverio Capella fu console del comune nel 116794, nel 117095, nel 117996, nel 118097, nel 118198, nel 118399, nel 1184100, nel 1185101 e nel 1191102 e di giustizia nel 1187103. Matteo Capella fu console nel 1193104. Guala fu canonico di S. Eusebio alla fine del XII secolo105. Nel XIII secolo questa famiglia scomparve dallorganigramma comunale106.

Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 371, p. 67. HPM, Chartarum, II, doc. 1579, col. 1077. 85 Biscioni, 2/I, doc. 83, p. 133. 86 Acquisti, I, f. 28. 87 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 446, pp. 158-159. 88 DAC, doc. 18, p. 34. Su questa carica cfr. capitolo III, pp. 147-151. 89 Le carte dello archivio arcivescovile di Torino fino al 1310, a cura di F. Gabotto e G.B. Barberis, Pinerolo 1906 (BSSS, 36), doc. 140, pp. 145-148. 90 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 295, pp. 337-339. 91 Cartario del monastero di Muleggio e di Selve, a cura di G. Sella, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/1), doc. 15, pp. 19-21. 92 ACV, Atti privati, cartella XXIX, doc. in data 22 marzo 1234. 93 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 1 maggio 1202. 94 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 215, p. 256. 95 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 268. 96 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 268. 97 HPM, Chartarum, II, doc. 1579, col. 1077. 98 Biscioni, 2/I, doc. 83, p. 132. 99 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 269. 100 Acquisti, I, f. 28. 101 Biscioni, 1/III, doc. 563, p. 143. 102 Acquisti, I, f. 45-46. 103 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 479, p. 192. 104 PC, doc. 159, p. 240. 105 E. MAYER, Die Funktion von Hospitlern in stdtischen Kommunen Piemonts (11.-13. Jahrhundert), Frankfurt am Main 1992, p. 299. 106 Sui Capella cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 97, dove viene mostrata lascendenza nobiliare di questa casata, i cui esponenti non comparvero mai nelle fila della societ popolare.
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de Carengo (Maifredo) Lantelmo de Carengo fu credenziario nel 1184 e console di Santo Stefano nel 1193107. Manuele de Carengo fu console di Santo Eusebio nel 1214108, di giustizia nel 1219109 e di Santo Stefano nel 1224110. Difficile avanzare delle ipotesi sulla collocazione cetuale di questa famiglia; di rilievo il fatto che Lantelmo nel 1202 venisse definito nobilis civis vercellensis111. I de Carengo erano imparentati con famiglie inserite nellaristocrazia cittadina come i Carraria, gli Agazia e gli Stroppiana112. Il fatto stesso che dopo aver partecipato alla societ popolare essi nel XIII secolo abbiano ricoperto consolati anche di quella di Santo Eusebio potrebbe indicare una loro maggiore integrazione nellambiente nobiliare, su cui si riflettono forse anche gli esiti magnatizi della societ vercellese del XIII secolo. Essi possedevano terre in numerose localit del Vercellese: a Balzola113, a Borgovercelli, a Casalvolone, a Isolella114, a Trino e a Carengo, dove avevano una cascina115. Lantelmo de Carengo, i cui figli erano Manuele e Ambrogio116, aveva contratto debiti117. I de Carengo praticavano inoltre lattivit creditizia118. Caroso (Bartolomeo, Gilberto, Vercellino) Enrico Caroso fu console del comune nel 1180119, nel 1181120, nel 1185121, nel 1186122, nel 1188123 e nel 1189124. Bartolomeo fu console di giustizia nel 1184125, nel 1190126, nel 1197127 e console di Santo Stefano nel 1188128 e nel 1194129. Giacomo fu console di giustizia nel 1185130. Gilberto Caroso fu console del comuBiscioni, 1/III, doc. 576, p. 163. Acquisti, I, f. 10. 109 Acquisti, I, f. 41. 110 Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 5), vol. I, doc. 115, p. 161. 111 DAC, doc. 28, pp. 53-55. 112 Biscioni, 1/II, doc. 220, p. 61-63, documento relativo allanno 1191. 113 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 26 aprile 1207. 114 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 31 maggio 1209. 115 Le carte del monastero di Rocca delle Donne, a cura di F. Loddo, Novara 1929 (BSSS, 89), doc. 75, pp. 102-105. 116 Cfr. Appendice 2 e ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 16 giugno 1205. 117 G. FERRARIS, Lospedale di S. Andrea di Vercelli nel secolo XIII. Religiosit, economia, societ, Vercelli 2003, p. 136. 118 ACV, Atti privati, cartella XXI, doc. in data 26 luglio 1223. 119 Biscioni, 1/III, doc. 495, p. 43. 120 PC, doc. 118, p. 219. 121 PC, doc. 119, p. 220. 122 PC, doc. 120, p. 220. 123 Il Registrum magnum del comune di Piacenza. I, a cura di A. Corna, F. Ercole, A. Tallone, Torino 1921 (BSSS, 95/I), doc. 27, p. 28. 124 PC, doc. 138, p. 231. 125 Acquisti, I, f. 28. 126 Biscioni, 1/III, doc. 640, p. 197. 127 PC, doc. 116, p. 212. 128 Il Registrum magnum cit., doc. 27, p. 28. 129 PC, doc. 49, p. 104. 130 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 446, pp. 158-159.
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ne nel 1192131, nel 1201132, nel 1202133, console di giustizia nel 1208134, di Santo Stefano nel 1215135 e probabilmente nel 1219136; nel 1205 fu podest di Ivrea137. Vercellino fu console di Santo Stefano nel 1197138. Gervasio fu console del comune nel 1205139, nel 1206140, console di giustizia nel 1202141 e di Santo Stefano nel 1201142, nel 1204143, nel 1207144, nel 1208145, nel 1209146 e nel 1210147. Nicola fu console della societ degli scacchi nel 1217148. Le informazioni rinvenute non lasciano dubbi sulla collocazione cetuale di questa famiglia: i Caroso appartenevano alla curia vescovile149 e vantavano esponenti nel capitolo cattedrale, di cui Matteo fu canonico150; inoltre sia Gilberto sia Vercellino Caroso furono detti nobiles cives vercellenses151. Linserimento di questa famiglia nella societ popolare avvenne in maniera tardiva, quando ormai era ben inserita nellaristocrazia consolare, a partire dal 1194. Tale indirizzo, che forse rispose anche ad una politica familiare di occupazione degli apparati di potere152, si accorda con gli interessi commerciali intrattenuti proprio in quel periodo dalla casata153. Cavagliasca (Simone) Simone Cavagliasca fu console del comune nel 1148154 e di giustizia nel 1178155; aveva contatti anche con la societ di Santo Stefano, di cui resse il consolato nel 1182156 e nel 1186157. Giacomo fu console della societ degli scacchi nel 1217158.
PC, doc. 60, p. 128. MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 272. DAC, doc. 28, p. 53. 134 PC, doc. 86, p. 168. 135 PC, doc. 28, p.56. 136 Acquisti, I, f. 41, dove viene citato un tale Gilberto. 137 DAC, doc. 38, p. 64. 138 PC, doc. 116, p. 212. 139 PC, doc. 337, p. 336. 140 DAC, doc. 22, p. 40. 141 DAC, doc. 28, p. 53. 142 Biscioni, 1/II, doc. 288, pp. 136-138. 143 PC, doc. 110, p. 203. 144 PC, doc. 83, p. 165; il documento datato 1208, ma lindizione e la presenza dei consoli dellanno precedente lo fanno ascrivere al 1207. 145 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208. 146 PC, doc. 81, p. 162. 147 PC, doc. 34, p. 71. 148 ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 6 gennaio 1217. 149 FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p. 255. 150 ACV, Atti privati, cartella XVI, doc. in data 26 marzo 1214. 151 DAC, doc. 28, pp. 53-55; doc. 53, pp. 77-79. Sui Caroso cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 115. 152 ARTIFONI, Itinerari di potere cit., pp. 263-278. 153 Acquisti, I, f. 51-52. 154 Biscioni, 1/III, doc. 565, p. 145. 155 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 371, p. 67. 156 Acquisti, I, f. 27. 157 PC, doc. 102, p. 188. 158 ACV, Atti privati, XVII, doc. in data 6 gennaio 1217.
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Il fatto che Simone abbia rivestito uno dei primi consolati comunali lo fa ascrivere al ceto dirigente cittadino. Andrea Degrandi ha mostrato come costui non possa essere ricondotto alla famiglia comitale dei Cavagli159. I Cavagliasca possedevano beni ad Asigliano160. Centorio I Centorio erano inizialmente mercanti di pellicce161; nel 1181 Medardo Centorio fu credenziario nel 1184 assieme a Aichino e Bentivoglio. Centorio fu console del comune nel 1170162, di giustizia nel 1179163, nel 1187164, nel 1188165, nel 1189166, nel 1193167 e nel 1196168, di Santo Stefano nel 1180169, nel 1181170 e nel 1186171. Aichino fu console del comune nel 1198172, di giustizia nel 1190173 e nel 1195174 e della societ nel 1188175 e nel 1194176; fece inoltre unambasciata per conto del comune nel 1199177. Bentivoglio fu console del comune nel 1191178; Paino fu console della societ nel 1200179, Maifredo nel 1205180 e nel 1209181. Paino, inoltre, fu ambasciatore vercellese a Torino182. Centorio nel 1206 deteneva una procura dal capitolo cattedrale per propriet a Balzola183. A conferma della loro elevata estrazione sociale Ranieri Centorio fu podest di Casale Monferrato nel 1224184, mentre Giacomino nel 1243 fece parte del capitolo cittadino185. Inoltre, nel 1224 Aicardo fu console della societ nobiliare186. Tuttavia gi nel 1181
DEGRANDI, Vassalli cittadini cit., pp. 37-38. Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 2, n. 59 (4 luglio 1210). 161 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 96. 162 Biscioni, 1/III, doc. 498, p. 47. 163 Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 14, p. 231. 164 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 479, p. 192. 165 Il Registrum magnum cit., doc. 27, p. 28. 166 PC, doc. 139, p. 231. 167 Biscioni, 1/III, doc. 576, p. 163. 168 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 600, pp. 370-371. 169 Biscioni, 1/III, doc. 495, p. 43. 170 Acquisti, I, f. 27. 171 Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 383. 172 Cartario Alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, Torino 1928 (BSSS, 113), vol. I, doc. 149, pp. 208-209. 173 PC, doc. 143, p. 233. 174 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 585, p. 344. 175 Il Registrum magnum cit., doc. 27, p. 28. 176 PC, doc. 161, pp. 241-242. 177 PC, docc. 51-52, pp. 105-110. 178 Acquisti, I, f. 45-46. 179 Acquisti, I, f. 30. 180 PC, doc. 337, p. 336. 181 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 21 aprile 1209. 182 Le carte dello archivio arcivescovile di Torino cit., doc. 117, pp. 114-123. 183 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 3 aprile1206. 184 Le carte dellarchivio capitolare di Casale Monferrato, a cura di F. Gabotto e V. Fisso, Pinerolo 1907 (BSSS, 40), vol. I, doc. 112, p. 172. 185 Biscioni, 1/I, doc. 48, p. 144. 186 Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 115, p. 161.
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Medardo Centorio venne menzionato tra i maiores vercellesi che giurarono fedelt agli uomini di Ivrea187. Alla famiglia dei Centorio apparteneva anche Alberto Cagnola ricordato in un documento del 1222 come Alberto de Centorio qui dicitur Albertus Cagnola188 , console di Santo Eusebio nel 1219189 e miles iustitie nel 1214190. Egli nel 1218 cedette a Giacomo Ferrario e ad Alberto Tetavegia i suoi diritti nei confronti di Guglielmo Pedeoca di Modena e Borronus Rubacore di Parma, in una transazione che potrebbe lasciare intravedere interessi commerciali191: linformazione non priva di interesse se si pensa che con lambiente mercantile parmigiano era in contatto anche la famiglia dei Garbagna192. Maifredo Cagnola fu invece console di Santo Stefano nel 1224193. Questo ramo della famiglia diede anche un vescovo a Torino, Uguccione, in precedenza canonico vercellese194, in carica dal 1231 al 1243195. Per questa casata testimoniata la pratica di attivit feneratizie196. Cona (figli di) Fra il 1182 e il 1185 vennero denunciate le dilapidazioni del vescovo Guala Bondoni: in quelloccasione si accenn a Ottone, fratello di Cona e vassallo dei Bondoni197. Lo stesso Cona diede a Pietro Bondoni 4 bubulconie di terra di pertinenza vescovile, ottenendo vantaggi198. Crispo (Nicola) Si tratta di una cospicua famiglia popolare di beccai199, la cui fortuna politica
187 Il libro rosso del comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914 (BSSS, 74), doc. 164, p. 148; Su questa famiglia cfr. anche quanto detto da PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 96. Sullinterpretazione da attribuire al termine maior, non necessariamente discriminante da un punto di vista cetuale, seppure orientato nellambito del gruppo dirigente cittadino, cfr. FASOLI, Citt e feudalit cit., pp. 368-371. A. BARTOLI LANGELI, La realt sociale assisana e il patto del 1210, in Assisi al tempo di San Francesco. Atti del V convegno internazionale. Assisi 13-16 ottobre 1977, Assisi 1978, pp. 271-336 considera con grande attenzione il significato del termine per Assisi, dove veniva utilizzato in contrapposizione al popolo; inoltre mostra come il suo contenuto e la cronologia delle attestazioni varino da citt a citt. 188 ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 1 gennaio 1222. 189 Acquisti, I, f. 41. 190 Acquisti, I, f. 65. 191 Acquisti, II, f. 63. 192 Cfr. oltre il lemma dedicato a questa famiglia. 193 Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 115, p. 161. 194 ACV, Atti privati, cartella XXI, doc. in data 25 giugno 1223. 195 G. CASIRAGHI, Vescovi e citt nel Duecento, in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 659-714, con particolare riferimento alle pp. 669-671. 196 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 2 gennaio 1201: Giacomo Centorio aveva un credito di venti lite sui Traffo. ACV, Atti privati, cartella XIV, doc. in data 9 febbraio 1211: Maifredo e Alberto Centorio vantavano assieme a Giacomo Ferrario un credito di 200 lire di pavesi su Ruffino di Caresana. 197 Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 18, p. 236. 198 Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 18, p. 236. 199 DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese cit., pp. 85-86.

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legata alla societ di Santo Stefano, in cui si inserirono precocemente: ne furono consoli Vercellino nel 1169200 e Nicola nel 1213201. Vercellino Crispo fu credenziario nel 1170, nel 1199 e nel 1202. A consolidamento della propria posizione sociale questa famiglia attorno alla met del XIII secolo espresse anche un notaio, Aichino Crispo202. Fata (Giacomo) Giacomo era legato alla societ di Santo Stefano, di cui resse il consolato nel 1182203, nel 1184204, nel 1186205 e nel 1202206; fu anche console di giustizia nel 1179207 e credenziario nel 1170 e nel 1184. Il fatto che Giacomo nel 1181 venisse ricordato assieme ad alcuni concittadini come maior208 induce a collocarlo tra le pi cospicue famiglie vercellesi. Martino Fata nel 1200 fu converso di S. Bartolomeo, ospedale legato alla societ popolare209. I Fata possedevano terre ed una cascina a Larizzate210. De Fontaneto (Nicola, Bartolomeo) Nicola de Fontaneto era uno iudex211. Egli fu console del comune nel 1192212, di giustizia nel 1180213, nel 1181214, nel 1184215, nel 1186216, nel 1188217, nel 1190218 e nel 1194219, di Santo Stefano nel 1182220, nel 1187221 e nel 1188222. Il fratello Bartolomeo de Fontaneto fu console di Santo Stefano nel 1184223, nel 1186224, nel 1194225. Lo stesso Bartolomeo e laltro fratello Filippo furono tra i
DAC, doc. 8, p. 19. PC, doc. 256, p. 286. 202 PC, doc. 30, p. 65, il documento relativo allanno 1254. Egli era stato console di giustizia lanno precedente (ACV, Atti privati, cartella VIII, doc. in data 1 febbraio 1253). 203 Acquisti, I, f. 27. 204 PC, doc. 273, p. 296. 205 Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 368. 206 DAC, doc. 25, p. 45. 207 Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 14, p. 231. 208 Il libro rosso cit., doc. 164, p. 148. Sullinclusione dei doctores legis nei maggiorenti cittadini cfr. FASOLI, Citt e feudalit cit., p. 371 209 Le carte dellarchivio arcivescovile, doc. 25, p. 246. 210 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 16 ottobre 1203; ibidem, doc. in data 29 aprile 1207. 211 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 413, p. 119. 212 PC, doc. 60, p. 128. 213 HPM, Chartarum, II, doc. 1579, col. 1077. 214 Biscioni, 2/I, doc. 83, p. 132. 215 PC, doc. 273, p. 296. 216 Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 383. 217 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 479, p. 192. 218 Biscioni, 1/III, doc. 640, p. 197. 219 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 568, p. 328. 220 Acquisti, I, f. 27. 221 PC, doc. 130, p. 226. 222 Il Registrum magnum cit., doc. 27, p. 28. 223 PC, doc. 273, p. 296. 224 Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 383. 225 PC, doc. 161, pp. 241-242.
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fondatori dellospedale di S. Bartolomeo, legato alla societ di Santo Stefano226. Per questa famiglia il ruolo rivestito nella societ popolare, oltre al prestigio personale di cui doveva godere il giudice Nicola, fu un trampolino di lancio per il suo inserimento nellaristocrazia consolare. Interessante constatare la corrispondenza tra i consolati di giustizia di Nicola e quelli della societ di Bartolomeo. I de Fontaneto sono imparentati con alcuni dei maggiori gruppi parentali vercellesi: con i Salimbene227, una famiglia di vassalli vescovili228, i Carosio e i de Guidalardis229. Lo stesso Nicola era imparentato con i Barletarius, con i Testa e con gli Alciati230. Ci nonostante i de Fontaneto esercitavano unattivit artigianale: infatti Filippo de Fontaneto menzionato come ferrarius231; inoltre in una presentazione di testi per la causa vertente sulle isole di Filippo Burro, Federico e Benedetto De Benedetti, Ottone Camex e Bartolomeo de Fontaneto i testimoni citano questultimo come Bartolomeo ferrarius232. Se stupisce lo svolgimento di un mestiere artigianale in una famiglia che esprimeva giudici, era legata ad alcune delle pi nobili famiglie vercellesi e che era titolare di diritti signorili nel Biellese, bisogna comunque ipotizzare che costoro avessero in propriet una grande fucina; inoltre lo svolgimento di tale attivit chiarisce ulteriormente i legami di questa discendenza con la societ di Santo Stefano233. De Fossato (Guala) Pur non occupando grande spazio nella vita politica vercellese, egli nel 1181 fu segnalato tra i maiores vercellesi che giurarono fedelt agli uomini di Ivrea234. I de Fossato, vassalli della canonica di S. Eusebio, nel 1182 possedevano un mulino a Caresana235. Garbagna (Giovanni) I Garbagna erano un ramo della famiglia di vassalli vescovili dei Bentivoglio236: infatti, Giacomo di Garbagna era fratello di Guala di Bentivoglio237. Essi erano legati alla fazione nobiliare. Ampiamente rappresentati nella credenza cittadina, Guido resse il consolato della societ di Santo Eusebio nel 1219238 e nel 1229239.
226 FERRARIS, Le chiese stazionali cit., pp. 190-191. Sul legame tra lospedale e la societ popolare cfr. invece supra, p. 81. La parentela fra Nicola, Bartolomeo e Filippo testimoniata da Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 398, p. 105, relativo al 1181. 227 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 573, pp. 334-335. 228 Cfr. Appendice 2. 229 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 93. 230 Documenti biellesi, a cura di P. Sella, F. Guasco di Bisio, F. Gabotto, Pinerolo 1908 (BSSS, 34), doc. 9, pp. 225-226. 231 Biscioni, 2/I, doc. 210, pp. 302-303. 232 PC, doc. 70, pp. 145-149. 233 Sui de Fontaneto cfr. anche PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84. 234 Il libro rosso cit., doc. 164, p. 148. 235 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 411, pp. 116-118. 236 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84. 237 FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori cit., p. 191. 238 Acquisti, I, f. 41. 239 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359.

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Lo stesso Guido in un documento del 1247 venne ricordato come quondam domini Guidonis de Garbania240. Arduino Garbagna fece una cospicua donazione in favore dellospedale di S. Paolo241. Giovanni, che abitava nella vicinia di S. Maria242, era sposato con Mantropola de Guidalardis243. Lo stesso Giovanni fu castellano di Mongrando nel 1207244. Nel 1192 gli eredi del fu Giovanni, di cui non stato rinvenuto il rapporto di parentela con il Giovanni castellano di Mongrando, vantavano un credito verso Manzo, merciaio di Parma, a testimonianza di unattivit feneratizia o forse commerciale245. Guiscardo (de Adalaxia) Si trattava forse di Guiscardo di Adalasia, appartenente ad una famiglia di vassalli del vescovo246 e dellabbazia di S. Stefano247, proveniente da Caresana248, probabilmente imparentati con Centorio e de Fontaneto249. Egli fu console del comune nel 1186250 e nel 1187251. Raimondo, figlio di Guiscardo, fu canonico di S. Eusebio allinizio del XIII secolo252. De Iudicibus (Trancherio) Probabilmente inserito nel gruppo vassallatico del presule vercellese253, egli, figlio di Bono fratello di Buonsignore254, deteneva un feudo dal vassallo vescovile Giacomo Lenta255. Buonsignore Giudice, probabilmente lo stesso zio di Trancherio, ricopr i primi consolati del comune256. Alla fine del XII secolo e allinizio del XIII i de Iudicibus apparivano legati alla societ popolare, di cui Guido resse il consolato nel 1182257, Buonsignore nel 1201258, nel 1206259, nel 1208260,

Biscioni, 1/II, doc. 291, p.140. Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. I, doc. 262, p. 305. 242 PC, doc. 336, p. 334. 243 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. II, p. 375. 244 Acquisti, I, f. 53. 245 Acquisti, f. 46. 246 DEGRANDI, Vassalli cittadini cit., p. 8. 247 Le pergamene di S. Stefano in Vercelli (1183-1500), a cura di G. Bologna, Milano 1972, doc. 2, p. 5. 248 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 306, p. 2. 249 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 443, p. 152. 250 Biscioni, 1/II, doc. 446, p. 368. 251 PC, doc. 122, p. 222. 252 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 27 agosto 1203. 253 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84. 254 I necrologi eusebiani, a cura di R. Past, in BSBS, 25 (1923), pp. 332-355, con particolare riferimento a p. 348. 255 Le carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 312, pp. 7-9. 256 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, pp. 268-269. 257 Acquisti, I, f. 27. 258 Biscioni, 1/II, doc. 288, pp. 136-138. 259 PC, doc. 341, p. 342. 260 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, doc. del 18 febbraio 1208.
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nel 1209261 e nel 1212262, Tealdo nel 1219263. Il fatto che Buonsignore e Tealdo abbiano avuto accesso al consolato di giustizia denuncia la preparazione giuridica di alcuni dei loro esponenti264. Buonsignore, assieme ad Alario di Moncravello e a Guido Asigliano nel 1210 venne detto miles265. Trancherio nel 1181 fu istituito missus dal suo dominus Aldo de Vareglato266. Mesclavinus Si hanno poche notizie a disposizione su questo personaggio e sulla sua famiglia: come si visto egli fu custode di unisola requisita dal comune nei primi anni del XIII secolo267. A partire dal secondo decennio del XIII secolo un notaio di nome Bentivoglio de Mesclavino, credenziario nel 1222 e sindaco comunale nel 1224268, roga atti per il comune269: possibile che si tratti del figlio, morto prima del 1230270. Oliva (Buongiovanni) Giovanni o Buongiovanni Oliva fu console del comune nel 1184271, nel 1185272, nel 1202273 e nel 1205274, di giustizia nel 1190275, nel 1191276, nel 1194277, nel 1197278, nel 1199279 e nel 1200280, di Santo Stefano nel 1181281, nel 1182282, nel 1184283, nel 1192284, nel 1193285 e nel 1201286. Il legame tra la societ popolare e questa famiglia permase con Guglielmo che ne fu console nel 1215287. Gli Oliva erano imparentati con la casata capitaneale dei Traffo288.
ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 21 aprile 1209. PC, doc. 254, p. 284. 263 Acquisti, I, f. 41. 264 PC, doc. 84, p. 166; Gli atti del comune di Milano cit., doc. 380, p. 502; ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 6 settembre 1226. 265 ACV, Atti privati, cartella XIV, relativo allanno 1210. 266 HPM, Chartarum, I, p. 1088. 267 PC, doc. 70, p. 148. 268 Il libro rosso cit., doc. 150, p. 135. 269 Cfr. per esempio Il libro rosso cit., doc. 28, p. 57, relativo allanno 1215. 270 Biscioni, 2/I, doc. 132, p. 226: Nicolino filio condam Benivolii de Mesclavino. 271 Acquisti, I, f. 28. 272 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 269. 273 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, p. 272. 274 PC, doc. 337, p. 336. 275 PC, doc. 143, p. 233. 276 Acquisti, I, f. 45-46. 277 PC, doc. 161, p. 241. 278 PC, doc. 116, p. 212. 279 PC, doc. 277, p. 300. 280 Acquisti, I, f. 30. 281 Acquisti, I, f. 27. 282 Acquisti, I, f. 27. 283 PC, doc. 273, p. 296. 284 Acquisti, I, f. 95. 285 Biscioni, 1/III, doc. 576, p. 163. 286 Biscioni, 1/II, doc. 288, p. 136. 287 PC, doc. 207, p. 259. 288 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 29 dicembre 1201.
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Essi praticavano lattivit feneratizia289. Pellagallo Nessuna informazione certa su questo personaggio. Pelliccia (Antonio) Si tratta di una famiglia del populus, che svolgeva la professione di beccai e che era legata alla societ popolare, di cui Dionisio resse il consolato nel 1204290. Lo stesso Dionisio fu credenziario nel 1221, nel 1222, nel 1223, e nel 1224. Bruno Pelliccia ricordato nei necrologi eusebiani per avere donato un campo al capitolo291, cos come Otta292. Rufino (Anfosso di Uberto) Nessuna informazione certa su questo personaggio. Tetavegia Apparteneva ad una famiglia di ascendenza militare e con una preparazione giuridica, che, pur di origini probabilmente popolari, nel XIII secolo riusc ad affermarsi tra i maggiori gruppi parentali vercellesi: egli fu console di giustizia nel 1200293 e di Santo Stefano nel 1193294. Alberto Tetavegia fu console del comune nel 1207295, di giustizia nel 1201296, nel 1204297, nel 1205 e nel 1214298, di Santo Stefano nel 1197299 e nel 1199300. Nel 1218 fu canevario del comune301; fu inoltre podest di Trino nel 1211-1213302 e di Treviso nel 1219303. Egli fu detto dominus nel 1224304, cos come Tetavegia de Tetavegiis nel 1254305. Del resto gi nel 1181
ACV, Atti privati, cartella XIV, doc. in data 26 agosto 1211. Acov, Pergamene, 9 febbraio 1224: Dionisio detto becharius. Anche nel 1204 un Dionisio compare tra i consoli di Santo Stefano come beccarius (PC, doc. 112, p. 206), mentre negli altri documenti relativi a quellanno tra i consoli della societ compare Dionisio Pelliccia (per esempio in PC, doc. 111, p. 205). 291 I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 2 (1897), pp. 210-221, con particolare riferimento a p. 213. 292 I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 7 (1902), pp. 366-374, con particolare riferimento a p. 370. 293 Biscioni, 1/II, doc. 248, p. 102. 294 PC, doc. 144, p. 234. 295 PC, doc. 78, p. 158. 296 Biscioni, 1/II, doc. 288, p. 136. 297 PC, doc. 111, p. 205. 298 PC, doc. 337, p. 336. 299 PC, doc. 116, p. 212. 300 PC, doc. 52, p. 108. 301 Biscioni, 1/II, doc. 354, p. 260. 302 PC, docc. 107-109, pp. 196-201. 303 G. MAURISIO, Cronaca Ezzeliniana (anni 1183-1237), Vicenza 1986, p. 37; S. BORTOLAMI, Da Bologna a Padova, da Padova a Vercelli: ripensando alle migrazioni universitarie, in Luniversit di Vercelli nel Medioevo cit., pp. 35-75, con particolare riferimento a p. 54. 304 AcoV, Pergamene, 9 febbraio 1224. 305 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1813, doc. in data 20 settembre 1254.
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Tetavegia venne ricordato assieme ad alcuni concittadini tra i maiores della citt306. I Tetavegia erano imparentati con i Buttino, con i de Pusterna307 e, nel 1239, con i Bentivoglio308. Tetavegia possedeva un mulino per cui pagava un censo al capitolo di S. Eusebio309. Tizzoni (Dromone) Nel XIII secolo questa famiglia rivest un ruolo di primo piano nella politica vercellese, tuttavia si inser solo tardivamente nellaristocrazia consolare, nel 1196, quando Dalfino Tizzoni fu console del comune310. Dromone fu console del comune nel 1205311 e nel 1206312; di giustizia nel 1197313, nel 1201314 e nel 1208315. Federico ricopr il consolato di giustizia nel 1202316. Lunico contatto relativo al periodo preso in considerazione con le societ vercellesi relativo al 1219, anno in cui Giacomo fu console di Santo Stefano317. Dromone Tizzoni fu ambasciatore per il comune nel 1207318. Federico Tizzoni nel 1224 venne detto dominus319. I Tizzoni possedevano terre a Larizzate, a Casalrosso e nel castello di Desana, tuttavia n provenivano dalla curia vescovile n vantavano esponenti nel capitolo cattedrale320. Zanardo Nel 1201 Zanardo fece parte della credenza cittadina. Circa venti anni dopo comparve nelle credenze un tale Zenoardo de Carengo, presente nel 1222 e nel 1223 (in questultimo caso indicato semplicemente come Zenoardo)321: improbabile si tratti dello stesso personaggio.

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Il libro rosso cit., doc. 164, p. 148. Le carte dellarchivio arcivescovile cit., doc. 17, pp. 234-235. 308 ACV, Atti privati, cartella IV, doc. in data 10 aprile 1239. 309 Le Carte dellarchivio capitolare cit., vol. II, doc. 585, pp. 344-345. 310 Biscioni, 1/II, doc. 516, p. 78. 311 PC, doc. 337, p. 336. 312 DAC, doc. 22, p. 40. 313 PC, doc. 116, p. 212. 314 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVII, doc. in data 12 maggio 1201. 315 PC, doc. 86, p. 168. 316 DAC, doc. 28, p. 53. 317 PC, doc. 86, p. 168. 318 PC, doc. 57, pp. 115-117. 319 Acov, Pergamene, 9 febbraio 1224. 320 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 92. 321 Cfr. Appendice 2.

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Appendice 2: extimatores, iudices, inquisitores e procuratores comunium

Si forniscono qui alcune informazioni sui personaggi che parteciparono con differenti mansioni alla gestione dei beni comunali. Di ognuno, oltre a specificare il ruolo ricoperto, si riporteranno notizie, dove ve ne siano, a proposito della sua attivit politica e dellestrazione della famiglia, seguendo i criteri gi adottati nella compilazione della prima appendice, di cui si utilizzeranno anche i rimandi alle credenze fino allanno 1229. Per i consigli cittadini dal 1230 al 1249 invece si far riferimento a Biscioni, 2/I, doc. 134, pp. 230-231 e ad Archivio storico della Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Belgioioso, cart. 291, n. 371 per il 1230; DAC, doc. 109, pp. 170-171 per il 1231; Il libro rosso del comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914 (BSSS, 74), doc. 246, pp. 270-271 per il 1232; Il libro rosso cit., doc. 247, p. 280 e Biscioni, 2/I, doc. 101, pp. 154-155 per il 1233; Biscioni, 1/I, doc. 158, pp. 334-335 per il 1234; Biscioni, 1/II, doc. 377, pp. 294296 per il 1236; Biscioni, 1/I, doc. 175, pp. 362-363 per il 1240; Biscioni, 2/I, doc. 171, pp. 264-266 per il 1244; ibidem, doc. 106, pp. 166-168 per il 1245; ibidem, doc. 178, pp. 270-272 per il 1246; Biscioni, 1/II, doc. 302, pp. 150-151 per il 1247; Biscioni, 2/I, doc. 131, pp. 222-223 per il 1249. Uberto de Albano Egli fu a comuni Vercellarum constitutus estimator et infictuariando terram de mezano Sarvi ante portam Airaldi nel 12072. Fu credenziario nello stesso anno, nel 1208, nel 1212, nel 1214, nel 1215, nel 1218 e nel 1229. Egli nel 1222 possedeva una casa nella vicinia di S. Bernardo3; mor tra il 1229 e il 12304. Nel 1255 venne ricordato come dominus e padre di Agnese, data in

1 Il documento edito in G. FERRARIS, recensione a Le pergamene Belgioioso della biblioteca trivulziana di Milano (secoli XI-XVIII). Inventario e regesti, a cura di P. Margaroli, Milano 1997, vol. I, in Bollettino storico vercellese, 51 (1998), pp. 176-179. 2 PC, doc. 72, p. 150. 3 Investiture, I, f. 80. 4 Egli risulta defunto nel 1230 (ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1807, doc. in data 12 giugno 1230). Lanno precedente era stato credenziario.

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sposa a Gilio Cainsac5. I de Albano erano imparentati anche con i Salimbene6 e con i Rifferio7. Egli possedeva terre a Trino8; nel 1230 i suoi figli vendettero una cascina con edifici sita nel suburbio vercellese per 1620 lire di pavesi9. I de Albano erano inoltre titolari di diritti signorili ed erano inseriti nel capitolo cattedrale10. Giovanni di Alisio (De Benedetti) Prima del 1220 fu procurator comunis11. Nel 1216 fu eletto estimatore per quantificare i danni subiti dal ponte di Torcello durante la guerra12. Egli fu console di Santo Eusebio nel 121013 e credenziario nel 1208, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1215, nel 1218, nel 1230. Nel 1211 fu canevario del comune14. Si tratta del figlio di Alisio De Benedetti, ampiamente testimoniato nelle credenze di quegli anni15. Assieme ad altri due di Alisio, nel 1223 fu debitore per linvestitura del castello di Burolo, concessa ad Ottobono De Benedetti, a conferma del fatto che erano rimasti forti i legami con questo ramo della famiglia16. Nel 1214 prest 124 lire a Pietro Bondoni e a Guglielmo di Costanzana17. Mor prima del 123918. Il fratello Giacomo di Alisio era uno iudex19 e nella credenza del 1224 venne definito dominus. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1.

5 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, Pergamene, doc. in data 9 maggio 1255. 6 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1807, doc. in data 17 Luglio 1230. 7 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 149 (14 luglio 1252). 8 Investiture, I, f. 5. 9 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1807, doc. in data 12 giugno 1230. 10 F. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli. Dalle origini del comune alla costituzione dello studio (1228), in Luniversit di Vercelli nel Medioevo. Atti del Secondo Congresso Storico Vercellese (Vercelli, Salone Dugentesco, 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994, pp. 77-165, con particolare riferimento a p. 97. 11 Investiture, I, f. 67. 12 Acquisti, I, f. 75-76. 13 Biscioni, 1/III, doc. 558, p. 130. 14 Acquisti, I, f. 22. 15 Per esempio fu console di giustizia nel 1203 (ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 27 dicembre 1203). Un documento del 1239 offre interessanti ragguagli su Giacomo di Alisio: egli, Iacobus de Alisio de Benedictis, era fratello di Giovanni (ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, Pergamene, doc. in data 1239). 16 DAC, doc. 101, pp. 147-149. Tra i fideiussori era presente gran parte della nobilt vercellese, per lo pi facente capo alla societ di Santo Eusebio. 17 Biblioteca Reale di Torino, Sezione di Storia Patria, Cartulario di S. Andrea di Vercelli, 1223, f. 13. 18 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, Pergamene, doc. in data 1239. 19 DAC, doc. 106, p. 158.

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Giacomo de Ast Nel 1211 fu procurator constitutus a potestate Vercellarum super his que comune Vercellarum habet in Tridino20. Egli fu credenziario nel 1207, nel 1212, nel 1215, nel 1217, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1231, nel 1234 e nel 1247. La sua famiglia era tradizionalmente legata alla societ di Santo Stefano, di cui Olrico fu console nel 119321 e Amedeo nel 120422. Egli ne resse il consolato nel 121023, nel 121324, nel 121425 e nel 1223: lindicazione mostra, infatti, Santo Eusebio, ma i sette consoli indicati, per appartenenza sociale e per tradizione familiare, devono piuttosto essere collocati nelle schiere della societ popolare26. I de Ast erano una famiglia di milites rurali provenienti da Caresana, che si inser nel capitolo eusebiano27. Unaltra testimonianza ci segnala invece nel 1248 Giacomo de Ast (nellimprobabile caso che si trattasse della stessa persona) come formagiarius e creditore del comune per 62 lire di pavesi28. Guglielmo Arborio Nel 1245 fu super predictis extimationibus [dei beni dei malesardi] constitutus29. Fu credenziario nel 1221, nel 1234, nel 1240. Nel 1224 e nel 1246 venne qualificato come dominus30. Nel 1243 fece unambasciata a Milano31; nel 1247, ormai defunto, assieme ad altri cittadini vercellesi risultava essere impegnato a nome del comune per un prestito di 5500 lire di pavesi, precedentemente contratto con Pietro di Monticello32. Appartenente agli Arborio era anche Giovanni, abate di S. Genuario di Lucedio: egli dal 1244 al 1254 fu vescovo di Torino e sostenitore della politica guelfa33, cui questa famiglia, esiliata assieme agli Avogadro nel 1248, appare indissolubilmente legata.
Acquisti, I, f. 41. PC, doc. 144, p. 234. 22 Biscioni, 1/II, doc. 204, p. 48. 23 PC, doc. 34, p. 71. 24 Acquisti, I, f. 72. 25 PC, doc. 262, p. 290. 26 Biscioni, 2/I, doc. 99, p. 152; inoltre poco oltre sono riportati i nomi di altri nove consoli ugualmente di Santo Eusebio. A spiegare il fraintendimento pu concorrere il fatto che il documento una copia tratta da un originale scritto da un notaio milanese. 27 E. MAYER, Die Funktion von Hospitlern in stdtischen Kommunen Piemonts (11.-13. Jahrhundert), Frankfurt am Main 1992, p. 301. Sui de Ast cfr. anche PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 84. 28 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 94, p. 359. 29 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164. 30 Il libro rosso cit., doc. 142, p. 127; Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, p. 488. 31 DAC, doc. 124, pp. 201-203. 32 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491. 33 G. CASIRAGHI, E. ARTIFONI, G. CASELNUOVO, Il secolo XIII: apogeo e crisi di unautonomia municipale, in Storia di Torino. 1. Dalla preistoria al comune medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1997, pp. 657-714, con particolare riferimento al contributo di G. CASIRAGHI, Vescovi e citt nel Duecento, alle pp. 672-674.
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Alberto Avogadro Nel 1226 come procurator comunis diede lassenso allinvestitura di un mulino a Trino34. Fu credenziario nel 1218, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1229, nel 1233, nel 1234, nel 1240. Sindaco del comune nel 123235, nel 1233 fu ambasciatore ad Ivrea per le trattative di pace con il comune di questa citt36. Mantello Balzola Nel 1220 fu procurator comunium et specialiter ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino37; nello stesso anno in qualit di procurator comunis fece consegnare le terre del castello di Burolo38. Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi39. Egli fu credenziario nel 1208, nel 1214, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1230, nel 1231 (Morrellus Balzola), nel 1232, nel 1234, nel 1236 e nel 1240; nel 1224 fu console di giustizia40. possibile che sia il Mantello menzionato tra i consoli di Santo Stefano del 122941. Nel 1214 ricopr limportante incarico di consul molariorum42. Nel 1215 fu ambasciatore a Milano per la restituzione de Casalaschi prigionieri nelle carceri milanesi43; nel 1222 fu miles iusticie44. La sua famiglia sembra essere di origini popolari, tuttavia suoi esponenti furono inclusi nel bando pronunciato nel 1246 contro i Bicchieri, ad indicarne una sua possibile evoluzione in senso magnatizio45. Infatti, nel 1240 venne qualificato come dominus46. Egli, assieme al figlio Lantelmino, nel 1240 possedeva terre a Trino47. La sua origine era di Balzola, dove doveva avere mantenuto contatti, malgrado la residenBiscioni, 1/III, doc. 489, p. 38. Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII (1217-1250), a cura di M.F. Baroni, vol. I, Milano 1976, doc. 283, p. 407. 36 Il libro rosso cit., doc. 248, p. 281. Per la famiglia Avogadro si rimanda a R. RAO, Politica comunale e relazioni aristocratiche: gli Avogadro tra citt e campagna, in Vercelli nel XII secolo, IV Congresso della Societ storica vercellese (Vercelli, 18-20 ottobre 2002), in corso di stampa. 37 Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120. 38 DAC, doc. 88, p. 114. 39 Documento edito in A. DI RICALDONE, Documenti vercellesi in un archivio del Ducato di Monferrato, in Bollettino storico vercellese, 7 (1975), pp. 47-52, con particolare riferimento alle pp. 49-50. 40 Le carte dello archivio vescovile di Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1900 (BSSS, 5), vol. I, doc. 115, p. 161. 41 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359. 42 DAC, doc. 91, p. 128. 43 Biscioni, 1/II, doc. 378, p. 297. 44 ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 4 novembre 1222. 45 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 53, pp. 443-448. 46 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 6 febbraio 1240. 47 Archivio di Stato di Torino, sez. I, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 31 gennaio 1240.
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za a Vercelli: nel 1222 venne, infatti, definito Mantello qui dicitur de Balzola et manet in Vercellis48. Bartolomeo Balzola fu notaio nel 123049. Pietro Biandrate Egli fu procurator comunium ut debeat inquirere insulas et moltas comunis et comuni retinere nel 121950. Nel 1225 venne eletto dai consoli per rappresentare Ottone Gambaruto in una lite con il capitolo di S. Eusebio per unisola fluviale a Oldenico51. Nel 1226 fu procurator comunis Vercellarum et nuncius specialiter et procurator constitutus super facto terrarum et sediminum ipsi comuni pertinentium in Tridino et Tribus Cerris, investiendis, concedendis et ad fictum dandis52. Nel 1231 fu nominato dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi53. Personaggio di primo piano della politica vercellese e del movimento popolare, egli fu console di giustizia nel 122154 e nel 122255, di Santo Stefano nel 1208 e nel 1209, credenziario nel 1207, nel 1208, nel 1212, nel 1214, nel 1217, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1230, nel 1233, nel 1236 e nel 1240; inoltre nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest56. Nel 1212 fu chiavaro del comune57. Nel 1225 fu qualificato procurator comunis riguardo alla questione con il monastero cistercense di Casalvolone58. Nel 1232 fu procuratore per la pace con i conti di S. Martino, ambasciatore a Milano per chiedere il banno degli uomini del Canavese e legato del comune per la sottomissione del conte Guido di Valperga59. Nel 1233 fu ambasciatore per il comune sui fatti di Burolo60 e nel 1243 per preparare la venuta dei legati milanesi a Vercelli61. Partecip alla pace con il conte Pietro di Masino nel 1248, alleato dei Bicchieri durante il fuoriuscitismo, sicch si deduce il suo sostegno al partito guelfo - popolare62. Nel 1247, assieme ad altri cittadini vercellesi, risultava impegnato a nome del comune per un prestito di 5500 lire di pavesi precedentemente contratto con Pietro di Monticello63. Uno dei pochi
48 C.F. FRASCONI, Carte dei Conti di Biandrate, in Bollettino storico della Provincia di Novara, 83 (1992), pp. 295-313, qui a p. 301, doc. in data 13 dicembre 1222. 49 Biscioni, 2/II, doc. 236, p. 8. 50 Acquisti, I, f. 41. 51 ACV, Atti privati, cartella XXII, doc. in data 25 aprile 1225. 52 Biscioni, 2/II, doc. 322, p. 129. 53 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 54 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 21 maggio 1221. 55 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 31 dicembre 1222. 56 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 57 Acov, Pergamene, doc. in data 7 aprile 1212. 58 Biscioni, 1/II, doc. 416, p. 359. 59 Il libro rosso cit., doc. 246, pp. 262-271; DAC, docc. 113-114, pp. 180-181. 60 C.D. FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri e la societ vercellese dei secoli XII e XIII, in Contributi dellIstituto di Storia medioevale dellUniversit Cattolica di Milano, Milano 1968, vol. I, pp. 207-262, con particolare riferimento a p. 231; Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 132, p. 183. 61 Biscioni 1/I, doc. 87, p. 187. 62 DAC, doc. 125, p. 205. 63 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491.

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Vercellesi in grado di rivestire lincarico di podest in altre citt, egli fu rettore di Torino nel 1234 e di Novara nel 123764. Egli era figlio di Ardizzone di Biandrate65, uno dei personaggi eminenti del clan dei Biandrate66, console di giustizia e della societ alla fine del XII secolo67 e ricordato in un documento come Arditio maior de Biandrato68; suoi fratelli erano Giacomo e Buongiovanni, pi volte credenziari e consoli di Santo Stefano69, il secondo anche console nel 1218 della societas scacorum70. Pietro fu indicato come dominus nel 124771 e nel 1253 anno in cui era ormai defunto72. Il figlio Giacomo fu credenziario nel 123373. La famiglia praticava attivit, probabilmente feneratizia, assieme ad altre discendenze legate alla societ di Santo Stefano come gli Alciati74. Pietro nel 1228 fu tutore dei figli di Nicola Lanterio75, con cui questo ramo dei Biandrate risultava essere imparentato nel 123676. Nel 1219 egli fu creditore di 128 lire di pavesi nei confronti del comune77. Possedeva inoltre terre a Borgovercelli e a Casalvolone, a Casale S. Evasio assieme al fratello Giacomo78. Il fratello Buongiovanni aveva invece possedimenti a Montemorfoso79. Nel 1241 il figlio di Pietro, Enrico, era registrato allestimo per lingente somma, tra propriet mobili ed immobili, di 1241 lire di pavesi80.
64 Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1914 (BSSS, 65), docc. 131-132, pp. 130-131. Archivio storico della diocesi di Novara, Fondo Frasconi, XI/4, Giunta ai Monumenti Novaresi. 65 PC, doc. 277, p. 300. 66 Cfr. Appendice 1. 67 Egli fu console di giustizia nel 1188 (Il Registrum magnum del comune di Piacenza. I, a cura di A. Corna, F. Ercole, A. Tallone, Torino 1921 (BSSS, 95/I), doc. 27, p. 28), nel 1189 (PC, doc. 139, p. 231) e nel 1195 (Cartario del monastero di Muleggio e di Selve, a cura di G. Sella, Pinerolo 1917 (BSSS, 85/1), doc. 12, p. 13) e console di Santo Stefano nel 1187 (PC, doc. 130, p. 226), nel 1191 (Acquisti, I, f. 45-46) e nel 1194 (PC, doc. 161, pp. 241242). 68 Acquisti, I, f. 47. 69 Buongiovanni, console di Santo Stefano nel 1192 (Acquisti, I, f. 47), fu menzionato come figlio del defunto Ardizzone nel 1203 (Biscioni, 1/II, doc. 215, pp. 58-59); Giacomo venne citato come fratello di Pietro nel 1242 (Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 11, p. 351). 70 ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 6 gennaio 1217. 71 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491. 72 Biscioni, 1/III, doc. 583, p. 172. 73 Il libro rosso cit., doc. 247, p. 280 74 Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi e F. Gabotto, Pinerolo 1914 (BSSS, 71), vol. II, doc. 535, p. 290. 75 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1806, doc. in data 3 dicembre 1228. 76 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1808, doc. in data 5 settembre 1236. 77 Acquisti, I, f. 56. A testimonianza della disponibilit di denaro della famiglia, nel 1212 Giacomo fu creditore di 12 lire verso Guglielmo di Costanzana (Biblioteca Reale di Torino, Sezione di Storia Patria, Cartulario di S. Andrea di Vercelli, 1223, f. 8). 78 Biscioni, 1/II, doc. 376, p. 289. 79 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 31 maggio 1209; ibidem, doc. in data 17 agosto 1209. 80 Biscioni, 1/III, doc. 583, p. 172.

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invece dubbia lidentificazione di questa famiglia con i Biandrate che praticavano il commercio dei fustagni, tra cui compare un individuo di nome Giacomo, crediamo solo omonimo del fratello di Pietro81. Martino Bicchieri Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi82. Fu credenziario nel 1224, nel 1230, nel 1234 e nel 1240; nel 1224 fu console della societ di Santo Stefano83 e forse anche nel 122984. Nel 1229 fu rettore della lega lombarda per il comune assieme a Nicola Carraria85. Nel 1230 fu arbitro sul problema della miniera acquistata dal comune86. Nel 1233 fu ambasciatore ad Ivrea per le trattative di pace87. Nel 1246 venne segnalato tra i fuoriusciti ghibellini88. Nella credenza del 1224 venne qualificato come dominus. I Bicchieri, oggetto dello studio di Cosimo Damiano Fonseca89, per ceto appartenevano senza dubbio alla nobilt cittadina e ben rappresentarono gli esiti magnatizi della societ vercellese. Tuttavia, dopo aver fornito numerosi consoli del comune nella prima fase del governo comunale, durante il periodo podestarile parteciparono solo occasionalmente alle strutture societarie, senza scegliere nettamente uno dei due schieramenti: nel 1215 Giovanni fu console di Santo Eusebio90, aderirono invece alla fazione popolare nel 1224 con il gi ricordato consolato di Martino e nel 1229 con quello di Pietro91. Flamengo Bigurracane Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi92. Fu credenziario nel 1207, nel 1213, nel 1214, nel 1217, nel 1221, nel 1229, nel 1231, nel 1232 e nel 1233. Egli fu console di giustizia nel 121093, nel 121394 e nel 121995. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1.
81 A. DEGRANDI, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996, p. 94 (18 maggio 1223): Giacomo e i suoi fratelli ereditarono un locum in foro fustaneorum appartenuto a Guglielmo. 82 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 83 Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 115, p. 161. 84 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359. 85 F. COGNASSO, Il Piemonte nellet sveva, Torino 1968, p. 583. 86 Biscioni, 2/I, doc. 132, pp. 224-226. 87 Il libro rosso cit., doc. 248, p. 281. 88 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164. 89 FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit. 90 Biscioni 1/II, doc. 348, p. 256. 91 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359. 92 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 93 Biscioni, 1/III, doc. 504, p. 50. 94 Acquisti, I, f. 69. 95 Acquisti, I, f. 41.

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Alberto Bondoni Nel 1226 fu procurator comunis Vercellarum et nuncius specialiter et procurator constitutus super facto terrarum et sediminum ipsi comuni pertinentium in Tridino et Tribus Cerris, investiendis, concedendis et ad fictum dandis96. Egli, probabilmente solo un omonimo dellAlberto riportato in Appendice 1 e credenziario nel 1199, sedette nella credenza nel 1218, nel 1221, nel 1222, nel 1223, nel 1230, nel 1231, nel 1234 e nel 1247. Nel 1228 fu procuratore del comune per ratificare listituzione delluniversit97. Possedeva terre in Oldenico98 e a Borgovercelli99. Nel 1249 venne definito dominus100. Uguccione Bondoni Presenzi nel 1225 allinvestitura di beni siti in Tricerro in qualit di procurator comunis101. Fu credenziario nel 1221 e nel 1224 e ambasciatore nel 1217 alla pace con il comune di Piacenza102. Nel 1226 fu nominato dai rettori della Lega Lombarda procuratore per fare la pace con limperatore103. Egli era fratello di Uberto e Guglielmo e figlio di Giacomo (menzionato ripetutamente nelle credenze di quegli anni come Giacomo Bondoni o anche come Giacomo levaocculus): assieme ai due fratelli ricevette una quota di 51 lire di pavesi e 16 soldi sui mulini comunali di Trino, in pagamento di un credito detenuto nei confronti del comune104. Nel 1232 fu presente alla sottomissione del conte Guido di Valperga assieme allaltro fratello Pietro ed in quella occasione venne qualificato come dominus105. Uguccione Bonello Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi106. Fu credenziario nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1232, nel 1233, nel 1234 e nel 1236; nel 1236 venne indicato come dominus107. Nel 1220 venne investito della custodia del castello di Burolo108. Nel 1227 fu podest e castellano di Casalvolone109. I Bonello appartenevano alla nobilt vercellese ed erano tra i domini di Villanova che cedettero al comune i loro diritti110.
Biscioni, 2/II, doc. 322, p. 129. Biscioni, 1/III, doc. 513, p. 69. 98 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1811, doc. in data 30 marzo 1246. 99 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1812, doc. in data 30 maggio 1249. 100 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1812, doc. in data 30 maggio 1249. 101 Biscioni, 2/II, doc. 286, p. 88. 102 DAC, doc. 77, p. 104. 103 Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII cit., doc. 173, p. 252. 104 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 3, n. 92 (1 gennaio 1231). 105 DAC, doc. 114, p. 181. 106 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 107 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1808, doc. in data 30 agosto 1236. 108 DAC, doc. 86, pp. 112-113 109 Biscioni, 1/II, doc. 416, p. 359. 110 PC, doc. 116, pp. 212-215.
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Maifredo Calvo Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi111. Egli fu credenziario nel 1234. Nel 1232 vendette una vigna allospedale di S. Spirito. Per la collocazione cetuale della sua famiglia si vedano le informazione riportate in Appendice 1. Manuele de Carengo Nel 1218 fu procurator constitutus a potestate et sapientibus credencie Vercellarum super facto comunium et rerum comuni Vercellarum pertinencium, tam in civitate et curte Vercellarum quam aliqui112. Fu credenziario nel 1214, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1222, nel 1223, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1230, nel 1231. Ricopr la carica di console di S. Eusebio nel 1214113, di console di giustizia nel 1219114 e di Santo Stefano nel 1224115. Egli, figlio di Lantelmo, nel 1233, essendo malato, fece un legato di 10 soldi in favore del capitolo di S. Eusebio116. Mor prima del 1235 e i beni della figlia Giacomina vennero confiscati dal comune, attraverso un atto inserito negli statuti117. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1. Zenoardo de Carengo Egli nel 1220 fu ad terras comuni Vercellarum in Tridino et Tribus Cerris et eorum territorio apertas inquirendas a domino Guilielmo de Mandello Vercellense potestate constitutus118. Egli fu credenziario nel 1222, nel 1223, nel 1230, nel 1231, nel 1234 e nel 1236. Nel 1213 fu console di Santo Stefano119. Nel 1218 fu miles iusticie del comune120. Il figlio di Zenoardo era Maifredo121. Buongiovanni Carraria Egli nel 1220 fu istituito ad terras comuni Vercellarum in Tridino et Tribus Cerris et eorum territorio apertas inquirendas a domino Guilielmo de Mandello Vercellense potestate122; nel 1225 fu extimator ad extimandas terras et sedimina et possessiones dominorum de Casaligualono123.
Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. Investiture, I, f. 37. 113 Acquisti, I, f. 10. 114 Acquisti, I, f. 41. 115 Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 115, p. 161. 116 ACV, Atti privati, cartella XXVIII, doc. in data 19 luglio 1233. 117 Statuta, 393, pp. 276-278. 118 Investiture, I, f. 45. 119 Acquisti, I, f. 66. 120 ACV, Atti privati, cartella XVIII, doc. in data 12 marzo 1218. 121 Le carte del monastero di Rocca delle Donne, a cura di F. Loddo, Novara 1929 (BSSS, 89), doc. 75, p. 105. 122 Investiture, I, f. 45. 123 Biscioni, 1/III, doc. 470, pp. 15-22.
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Fu credenziario nel 1207, nel 1208, nel 1210, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1215, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1222, nel 1223, nel 1224, nel 1229, nel 1230, nel 1231, nel 1234, nel 1240, nel 1244 e nel 1247. Buongiovanni era fratello di Pietro Carraria124, podest di Alessandria nel 1218125, che nel 1207 fu definito nobilis126; egli stesso nel 1229 venne qualificato come dominus127, forse ad indicare che era capofamiglia dei Carraria128. I Carraria erano inseriti nei maggiori enti ecclesiastici vercellesi: Giacomo era canonico di S. Maria nel 1214129, un omonimo membro della famiglia faceva parte del capitolo di S. Eusebio nel 1217130. Pur avendo interessi commerciali, essi aderirono di preferenza alla fazione nobiliare131. Enrico Carraria Nel 1245 venne super predictis extimationibus [dei beni dei malesardi] constitutus132. Fu credenziario nel 1218, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1228, nel 1230, nel 1232, nel 1234, nel 1236 e nel 1244 e console di S. Eusebio nel 1243133 e nel 1246134. Fu tra i fideiussori per linvestitura del castello di Burolo, concessa nel 1223 ad Ottobono De Benedetti135, e per quella del castello di Mongrando nel 1219 a Guglielmo Oliva136. Guala Carraria Egli fu procurator comunium ut debeat inquirere insulas et moltas comunis et comuni retinere nel 1219137.

ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 25 novembre 1200. Codex qui liber crucis nucupatur e tabulario alexandrino descriptus et editus a Francisco Gasparolo, a cura di F. Gasparolo, Roma 1889, doc. 97, p. 117. 126 DAC, doc. 53, pp. 77-79. 127 DAC, doc. 108, p. 159. 128 Sullinterpretazione del termine dominus a Vercelli cfr. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 164-165. 129 Biscioni, 1/I, doc. 94, p. 201. 130 ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 20 luglio 1217. 131 Espressero numerosi consoli di Santo Eusebio. Pietro nel 1200 (Acquisti, I, f. 30), Olrico nel 1212 (PC, doc. 109, p. 201) e Landrico nel 1229 (Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359) furono invece a capo della societ popolare. Su questa famiglia cfr. G. FERRARIS, Ricerche intorno ad una famiglia di cives vercellesi tra XII e XIII secolo: i Carraria, in Bollettino storico vercellese, 35 (1990), pp. 27-72. Sugli interessi commerciali cfr. P. MAINONI, Uneconomia cittadina nel XII secolo: Vercelli, in Vercelli nel XII secolo, IV Congresso della Societ storica vercellese (Vercelli, 18-20 ottobre 2002), in corso di stampa. 132 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164. 133 Biscioni, 1/I, doc. 48, p. 142. 134 Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271. 135 DAC, doc. 101, pp. 147-149. 136 Biscioni, 1/III, doc. 573, p. 162. 137 Acquisti, I, f. 41.
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Fu console di S. Eusebio nel 1223138 e nel 1246139, credenziario nel 1217, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1233, nel 1240 e nel 1247; nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest140. Nel 1229 fu istituito procuratore dal comune al fine di ricevere il giuramento del podest per lanno successivo, Guarnerio Castiglioni141. Nel 1232 fu procuratore per la pace con i conti di S. Martino142 e ambasciatore a Milano per la pace con Novara nello stesso anno143. Nel 1247, assieme ad altri cittadini vercellesi, risultava impegnato a nome del comune per un prestito di 5500 lire di pavesi precedentemente contratto con Pietro di Monticello144. Federico de Cremona Nel 1220 fu iudex electus a domino Guillelmo de Mandello super facto terrarum e sediminum pertinencium comuni Vercellarum et reiacencium in Tridino et eius curte et terrtorio145. Nel 1230 venne electus et constitutus ad cognoscendum super facto comunarum curtis Vercellarum146. Egli fu credenziario nel 1217 e console di giustizia nel 1213147, nel 1214148 e nel 1215149; nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest150. Ricopr numerosi incarichi diplomatici per il comune: fu ambasciatore per la pace con Novara nel 1223151, ambasciatore a Ivrea nel 1224152, nunzio e procuratore per le condizioni di pace con Ivrea nel 1231153, sindaco del comune nel 1232154, ambasciatore per il problema dei pedaggi del pons vetus sul Ticino e per unemenda equorum nel 1234155, procuratore del comune per la divisione di Biandrate nel 1259156. Nel 1235 fu chiamato a pronunciarsi su una lite tra il comune di Caresana ed il capitolo di S. Eusebio157. Nella credenza del 1259 fu tra i pochi ad essere segnalato come dominus assieme a rappresentanti delle famiglie Centorio, Tizzoni e Calvo158.

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Biscioni, 2/I, doc. 99, p. 153. Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271. 140 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 141 Biscioni, 2/I, doc. 150, p. 247. 142 Il libro rosso cit., doc. 246, pp. 262-271. 143 DAC, doc. 116, p. 191. 144 Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491. 145 Biscioni, 2/II, doc. 307, p. 112. 146 ACV, Atti privati,cartella XXV, doc. in data 4 marzo 1230. 147 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1804, doc. in data 26 febbraio 1213. 148 Acquisti, I, f. 10. 149 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 31 dicembre 1215. 150 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 151 DAC, doc. 100, pp. 139-146. 152 Il libro rosso cit., doc. 163, p. 147. 153 DAC, doc. 109, p. 160. 154 Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII cit., doc. 283, p. 407. 155 Biscioni, 1/III, doc. 511-512, pp. 68-69. 156 PC, doc. 59, p. 119. 157 ACV, Atti privati, cartella XXX, doc. in data 24 giugno 1235. 158 Biscioni, 1/II, doc. 286, pp. 131-132.

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Giacomo Durio (Scutario) Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi159. Fu console di Santo Eusebio nel 1210160 e nel 1223161, console di Santo Stefano nel 1229162, console di giustizia nel 1222163 e nel 1227164, credenziario nel 1208, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1215, nel 1217, nel 1218, nel 1222, nel 1223, nel 1224, nel 1228, nel 1230, nel 1231, nel 1232, nel 1233, nel 1234 e nel 1236; nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest165. Sempre nel 1222 fu eletto dal podest in exigendis bannis et in inquirendis bonis bannitorum166. Nel 1181 un suo omonimo era vassallo vescovile167. Nel 1200 vendette un fitto su una casa nella vicina di S. Eusebio168. Un suo parente, Pietro Durio, era notaio nel 1230169. Nel 1222 Giacomo Durio venne detto Scutarius, ad indicare la provenienza da questa famiglia170; nel 1208 diede il suo assenso alla vendita di un casale con diritti signorili effettuata da Grampa Scutario171; nel 1215 fu tra gli appartenenti della casata degli Scutario che cedettero al monastero di S. Maria di Lucedio la libert di transito sulla Dora attraverso Saluggia172. Ci sono dunque possibilit che possa essere identificato con Giacomo Scutario, sindaco del capitolo di S. Eusebio nel 1203173. Egli inoltre nel 1226 fu sindaco della canonica di S. Andrea174. Faxa Egli nel 1207 fu extimator di unisola di propriet comunale175. Giovanni de Galiciano Nel 1230 fu uno dei due cives imposti dal podest Guarnerio Castiglioni ad investiganda et inquirenda comunia et res territorias existantes in locis et curtibus et territoriis Tridini et Trium Cerrorum, que comuni pertinebant176.
Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. DAC, doc. 72, p. 92. 161 Biscioni, 2/I, doc. 99, p. 153. 162 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359. 163 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXIX, doc. in data 4 novembre 1222. 164 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1806, doc. in data 21 dicembre 1227. 165 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 166 ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 1 gennaio 1222. 167 G. FERRARIS, Le chiese stazionali delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XIV, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, p. 255. 168 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 16 dicembre 1200. 169 Biscioni, 2/II, doc. 236, p. 8. 170 ACV, Atti privati, cartella XX, doc. in data 1 gennaio 1222. 171 ACV, Atti privati, cartella XIII, doc. in data 27 aprile 1208. 172 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 2, n. 64 (24 maggio 1215). 173 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 8 ottobre 1203. 174 G. FERRARIS, Super quibusdam terris questio verteretur. Osservazioni sugli atti della causa tra labate di S. Andrea di Vercelli e Divizia di Bellano (1226-1228), in Bollettino storico vercellese, 38 (1992), pp. 31-80. 175 Biscioni, 2/I, docc. 200-201, pp. 296-298. 176 Biscioni, 2/II, doc. 243, p. 17.
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Egli fu credenziario nel 1221, nel 1230, nel 1231, nel 1233, nel 1234 e nel 1236. Giovanni era figlio di Ottobono177, un personaggio legato alla societ di Santo Stefano, di cui resse il consolato nel 1197178. Alberto de Galiciano, invece, nel 1211 fu console di S. Eusebio179. Nicola Garbagna Nel 1220 fu procurator comunium et specialiter ad dandum terras et sedimina hominibus habitantibus in Tribus Cerris et Tridino180; nello stesso anno in qualit di procurator comunis fece consegnare le terre del castello di Burolo181. Fu credenziario nel 1208, nel 1212, nel 1217, nel 1231. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1. Gilio de Guidalardis Fu procurator comunis prima del 1220182. Fu credenziario nel 1207, nel 1208, nel 1210, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1217, nel 1218 e nel 1222. Gilio non deve essere confuso con Guglielmo, figlio di Poltrono e fratello di Maifredo, anchegli presente nella credenza del consiglio cittadino del 1217 e impegnato in incarichi dellamministrazione urbana negli stessi anni. Egli mor nel 1222183. Maifredo de Guidalardis Nel 1211 fu procurator constitutus a potestate Vercellarum super his que comune Vercellarum habet in Tridino184. Fu console di Santo Eusebio nel 1208185, nel 1212186, nel 1214187 e nel 1219188. Fu credenziario nel 1210, nel 1214, nel 1217, nel 1218; clavario del comune nel 1207189, nel 1215190 e nel 1219191. Nel 1214 ricopr limportante incarico di consul molariorum192. Egli non deve essere confuso con il Maifredo console di Santo Eusebio nel 1225193, credenziario nel 1224, nel 1228, nel 1230, nel 1231, nel
PC, doc. 345, p. 344, relativo allanno 1208. PC, doc. 117, p. 217. 179 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 1 dicembre 1211. 180 Biscioni, 2/II, doc. 314, p. 120. 181 DAC, doc. 88, p. 114. 182 Investiture I, f. 56. 183 I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 4 (1899), pp. 349-364, con particolare riferimento a p. 349. 184 Acquisti, I, f. 41. 185 ASVc, Famiglia Berzetti di Murazzano, Pergamene, m. 49, doc. del 18 febbraio 1208. 186 PC, doc. 254, p. 284. 187 Acquisti, I, f. 14. 188 PC, doc. 328, pp. 328-329. 189 Acquisti, I, f. 54. 190 PC, doc. 171, p. 245. 191 PC, f. 41. 192 DAC, doc. 91, p. 128. 193 Biscioni, 1/II, doc. 433, p. 374.
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1234 e excussor fodri nel 1250194. Il primo, infatti, era figlio di Poltrono195 e mor nel 1219196. Il secondo assieme ai fratelli Guglielmo e Gonnello nel 1234 fece un lascito in favore del capitolo eusebiano197. Giacomo Leffo Egli fu extimator nel 1207 di unisola di propriet comunale198. Fu credenziario nel 1199, nel 1210, nel 1212, nel 1214, nel 1215, nel 1217 e nel 1218. Enrico Leffo Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi199. Enrico Leffo fu credenziario nel 1221, nel 1222, nel 1228, nel 1230, nel 1231 e nel 1233. Nicolino de Montonario Egli fu extimator nel 1207 di unisola di propriet comunale200. Era figlio di Guglielmo, nipote del prete Pietro de Montonario201. Nicolino de Montonario aveva propriet a Larizzate, che don in parte allOspedale di S. Andrea202. Nel 1236 un tale Filippo de Montonario era notaio203. Bartolomeo Musso Egli fu a comuni Vercellarum constitutus estimator et infictuariando terram de mezano Sarvi ante portam Airaldi nel 1207204 e extimator comunium nel 1208205. Fu credenziario nel 1207, nel 1208, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1222. Nel 1210 diede in affitto una casa ad muraciam206. I Musso erano una famiglia di vassalli vescovili207.
Biscioni, 1/III, doc. 583, p. 169. Linformazione riferita nella credenza del 1217. 196 I necrologi eusebiani cit., 4 (1899), p. 355. 197 ACV, Atti privati, cartella XXIX, doc. in data 28 gennaio 1234. Dopo quella data Maifredo dispose un lascito alla stessa Chiesa per Gonnello, miles strenuus et industrius, morto in Puglia, in itinere Hierosolimitano (I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo, in BSBS, 3 (1898), pp. 279-297, con particolare riferimento alle pp. 293-194). 198 Biscioni, 2/I, docc. 200-201, pp. 296-298. 199 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 200 Biscioni, 2/I, docc. 200-201, pp. 296-298. 201 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 20 febbraio 1204. 202 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1809, doc. in data 18 febbraio 1239. 203 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1808, doc. in data 30 novembre 1236. 204 PC, doc. 72, p. 150. 205 Biscioni, 2/I, docc. 202-203, pp. 298-300. 206 PC, doc. 281, p. 302. 207 A. DEGRANDI, Vassalli cittadini e vassalli rurali nel Vercellese del XII secolo, in BSBS, 91 (1993), pp. 5-45, con particolare riferimento a p. 16.
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Giacomo de Odemario Nel 1225 fu extimator ad extimandas terras et sedimina et possessiones dominorum de Casaligualono208. Nello stesso anno, probabilmente assieme a coloro che lo avevano coadiuvato a Casalvolone, stim alcune terre a Borghetto Po209. Fu console di Santo Stefano nel 1212210. Nel 1210, nel 1214, nel 1217, nel 1221, nel 1222, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1231 e nel 1234 fu credenziario. Nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest211. Fu clavario del comune nel 1209212 e procuratore del comune per una riscossione dal comune di Milano nel 1213213. Nella citt ambrosiana si rec anche nel 1231 in occasione della richiesta di 200 cavalieri fatta da Vercelli al comune milanese214. Nel 1227 fu rettore della lega per Vercelli215. In tarda et frater Giacomo de Odemario divenne devoto dellOspedale di S. Andrea216; nello stesso anno risultava essere indebitato per 24 staia di frumento verso Giacomo Testa assieme al figlio Matteo. A questultimo erano passati i beni del padre, il quale pur essendo ancora in vita non li possedeva: dallo stesso documento Giacomo risult possedere un mulino presso S. Martino Lagatesco217. Leonardo Pancagno Egli fu a comuni Vercellarum constitutus estimator et infictuariando terram de mezano Sarvi ante portam Airaldi nel 1207218. Fu console di Santo Stefano nel 1207219, anno in cui venne qualificato come nobilis vir assieme a Pietro Pavia e Alisio De Benedetti220. Fu credenziario nel 1201, nel 1208, nel 1214, nel 1221, nel 1232 e nel 1233. Ricopr lincarico di clavario del comune per il 1206221. Ambrogino Porca Nel 1245 venne super predictis extimationibus [dei beni dei malesardi] constitutus222. Egli fu console di Santo Eusebio nel 1246223. Fu credenziario nel 1218, nel 1221, nel 1223, nel 1231, nel 1233, nel 1234, nel 1240 e nel 1247. Nel 1226 fu
Biscioni, 1/III, doc. 470, pp. 15-22. Biscioni, 1/III, doc. 554, p. 127-128. 210 PC, doc. 254, p. 284. 211 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 212 Acquisti I, f. 32. 213 PC, doc. 35, p. 71. 214 DAC, doc. 111, p. 179. 215 Gli atti del comune di Milano nel XIII secolo cit., doc. 175, p. 254. 216 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1813, doc. in data 13 ottobre 1250. 217 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 143 (30 maggio; 6 settembre 1250). 218 PC, doc. 72, p. 150. 219 DAC, doc. 53, p. 77. 220 Acquisti, I, f. 101. 221 PC, doc. 339, p. 341. 222 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164. 223 Biscioni, 2/I, doc. 178, pp. 270-271.
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rettore della Lega Lombarda224. Nel 1231 si rec a Milano, in occasione della richiesta di 200 cavalieri fatta da Vercelli al comune ambrosiano225. Corrado Rifferio Nel 1218 fu procurator constitutus a potestate et sapientibus credencie Vercellarum super facto comunium et rerum comuni Vercellarum pertinencium, tam in civitate et curte Vercellarum quam aliqui226. Egli fu credenziario nel 1208, nel 1210, nel 1213, nel 1215, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1223, nel 1229 nel 1230, nel 1234 e nel 1236. Rivest lincarico di clavario del comune negli anni 1241227 e 1246228. I Rifferio erano una famiglia legata al movimento popolare: Pietro nel 1246 fu console della societ popolare della Comunit229, nata dalla divisione di quella di Santo Stefano230. Si trattava, comunque, di un gruppo parentale cospicuo: Corrado fu definito dominus nel 1224231. I Rifferio erano probabilmente inseriti per censo tra le fila della cavalleria cittadina232. Giacomo Rifferio, uno iudex233, fu ministro dellospedale di S. Leonardo degli ospedalieri234. Corrado era creditore di Uberto del fu Silone Carraria235 ed aveva rapporti con i de Albano, essendo sua nipote, domina Iula, sposata con Pietro de Albano236. Nel 1246 alien un fitto allospedale di S. Andrea237. Nel 1250 era indebitato per 35 lire di pavesi con il mercante Uguccione Guaza. Il passivo venne saldato attraverso la vendita dei suoi diritti sui mulini che il comune aveva posseduto a Trino: evidentemente egli ne aveva rilevato la propriet dai Bondoni, i quali li avevano ricevuti nel 1231 durante le operazioni di incanto dei beni comunali vercellesi, in soluzione di un loro credito con il comune238. inoltre pervenuto il suo testamento del 1252, in cui istituiva il monastero di Lucedio suo erede, con la volont di restituire il maltolto alle persone da lui danGli atti del comune di Milano nel secolo XIII cit., doc. 158, p. 238. DAC, doc. 111, p. 179. 226 Investiture, I, f. 37. 227 Statuta, Statuta e documenta nova, 3, p. 329. 228 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 19 febbraio 1246. 229 PC, doc. 394, p. 380. Lo stesso Pietro nel 1251 vendette 12 stai di vigna in curte vercellensi al capitolo di S. Eusebio (ACV, Atti privati, cartella VIII, doc. in data 15 maggio 1251). 230 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. I, pp. 279-302. 231 Il libro rosso cit., doc. 147, p. 132. 232 Nel suo testamento compaiono anche selle e scudi decorati, a indicare ladesione ad un costume di vita militare (Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 150, doc. in data 26 agosto 1252). 233 Biscioni, 1/1, doc. 158, p. 335. 234 MANDELLI, Il Comune di Vercelli cit., vol. II, p. 315. 235 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1805, doc. in data 22 marzo 1225 236 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 149 (14 luglio 1252). Sui de Albano cfr. la voce corrispondente in questa stessa appendice. 237 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1811, doc. in data 12 aprile 1246. 238 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 3, n. 92 (5 gennaio 1250).
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neggiate specialiter usure239. I suoi beni sono noti grazie alla redazione di un inventario, in cui vennero anche elencati i crediti da lui detenuti: dallatto emerge che Corrado, attraverso lusura, aveva accumulato enormi capitali a danno di numerose famiglie vercellesi e forestiere, tra cui spiccano Avogadro, Scutario, conti di Biandrate e di Valperga240. Giacomo da Robbio Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi241. Egli fu credenziario nel 1234. I da Robbio erano una famiglia capitaneale242 con scarse presenze nellorganigramma comunale: Pietro fu credenziario nel 1234. Giacomo de Rugia Nel 1220 fu iudex electus a domino Guillelmo de Mandello super facto terrarum e sediminum pertinencium comuni Vercellarum et reiacencium in Tridino et eius curte et terrtorio243. Ricopr il consolato di giustizia nel 1212244 e nel 1218245. Fu credenziario nel 1213, nel 1215, nel 1217, nel 1218, nel 1221, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1230, nel 1231, nel 1232, nel 1233 e nel 1234. Nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest246, che consigli in una decisione nel 1233247. Rivest anche diversi incarichi diplomatici: fu procuratore nel 1213 per riscuotere un credito dal comune di Alessandria248, ambasciatore a Milano nel 1215 per una trattativa con i Casalaschi prigionieri nelle carceri milanesi249, ambasciatore e procuratore nella pace con Alessandria del 1217250 e ancora ambasciatore nello stesso anno per addivenire alla pace con Milano251. Nel 1220 si rec sempre come ambasciatore in castris prope Narniam per ricevere da Federico II la conferma dei privilegi concessi al comune vercellese252. Nel 1223 fu qualificato come dominus253.
239 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 149 (14 luglio 1252). 240 Archivio dellOrdine Mauriziano, Archivio dellAbbazia di S. Maria di Lucedio, Scritture diverse, mazzo 4, n. 150 (26 agosto 1252). 241 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 242 H. KELLER, Signori e vassalli nellItalia delle citt (secoli IX-XII), Torino 1995, pp. 170-172; FONSECA, Ricerche sulla famiglia Bicchieri cit., pp. 260-262 e, pi recentemente A. BEDINA, Robbio e dintorni tra concorrenze politiche e riassetto circoscrizionale (secoli IX-XIII), in Nuova rivista storica, 84 (2000), pp. 107-122. 243 Biscioni, 2/II, doc. 307, p. 112. 244 ACV, Atti privati, cartella XV, doc. in data 11 marzo 1212. 245 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 9 marzo 1218. 246 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 247 DAC, doc. 121, p. 198. 248 PC, doc. 5, p. 6. 249 Biscioni, 1/II, doc. 378, p. 297. 250 PC, doc. 10, p. 25. 251 PC, doc. 42, p. 89. 252 Biscioni, 1/I, doc. 83, pp. 183-185, gi edito in HPM, Chartarum, Torino 1836, I, doc. 849, coll. 1263-1265. 253 Biscioni, 1/II, doc. 451, p. 387.

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Egli era dunque, anche grazie alla sua competenza giuridica, uno dei personaggi pi prestigiosi del gruppo dirigente vercellese, cui venivano affidati incarichi particolarmente delicati. Uberto de Saleta Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi254. Fu credenziario nel 1218, nel 1233, nel 1234 e nel 1236. Nel 1218 fu miles iusticie del comune255. Nel 1220 fu fideiussore per linvestitura di Guglielmo Mangino a castellano di Burolo256. Nel 1238 fu testimone ad un atto stilato nel palazzo comunale257. I de Saleta erano una famiglia di vassalli del marchese di Monferrato, con propriet a Trino e a Saletta; essi discendevano probabilmente da Ambrogio e Gervasio Russo, vassalli vescovili258. Un inventario completo delle propriet di Uberto, abitante nella parrocchia di S. Stefano de Civitate, contenuto nellestimo compilato dal podest Giliolo Lombardo nel 1240259. Aichino Salimbene Nel 1230 fu nominato rector constitutus super insulis et moltis et aliis comunibus in curia Vercellarum comuni pertinentibus inquirendis et recercandis260; nello stesso documento definito dominus. Fu console di S. Eusebio nel 1229, di giustizia nel 1211261, nel 1219262 e nel 1241263. Fu credenziario nel 1213, nel 1217, nel 1221, nel 1222, nel 1223, nel 1224, nel 1228, nel 1230, nel 1231, nel 1232 e nel 1233; nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest264. Nel 1221 fu ambasciatore a Milano265. Nel 1223 fu testimone a Genova per la disputa con il monastero di Morano, forse in qualit di rappresentante comunale266. Nello stesso anno fu procuratore per un accordo con i consoli della comunit di Pallanza267. Egli era uno iudex268 ed in tale qualit consigli il podest in una decisione nel
Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. ACV, Atti privati, cartella XVIII, doc. in data 21 febbraio 1218. DAC, doc. 87, pp. 113-114. 257 ACV, Atti privati, cartella I, doc. in data 1 gennaio 1238. 258 R. RAO, Fra comune e marchese. Dinamiche aristocratiche a Vercelli (seconda met XII - XIII secolo), in Studi storici, 44 (2003), pp. 43-93, qui alle pp. 63-64. Cfr. inoltre F. PANERO, Due borghi franchi padani. Popolamento ed assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979, pp. 92-99. 259 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 1240. 260 Biscioni, 2/I, doc. 232, p. 318. 261 ACV, Atti pubblici (Sentenze), cartella XXVIII, doc. in data 8 aprile 1211. 262 Acquisti, I, f. 41. 263 ACV, Atti privati, cartella V, doc. in data 12 giugno 1241. 264 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 265 Biscioni, 2/I, doc. 138, p. 236. 266 Biscioni, 1/III, doc. 478, p. 29. 267 Biscioni, 2/I, doc. 107, p. 168. 268 Il libro rosso cit., doc. 150, p. 136.
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1233269. Nel 1221 assieme a Giacomo De Benedetti fu nominato procuratore dai coniugi Reccagno di Montestrutto per la scomunica contro di loro lanciata dal papa270. I Salimbene discendevano da Lanfranco qui dicebatur Saliens in Bonum, defunto nel 1151271: suoi figli erano Corrado, Aichino e Presbitero. Dal 1168 erano saldamente inseriti nellaristocrazia consolare vercellese272. Erano una famiglia di vassalli vescovili273, imparentata con le casate dei Becco274 e de Fontaneto275. Sarzano Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi276. Egli fu console di giustizia nel 1203277 e nel 1204278, console di Santo Stefano nel 1202279, nel 1210280, nel 1224281 e nel 1229282. Fu credenziario nel 1201, nel 1208, nel 1212, nel 1213, nel 1214, nel 1217, nel 1224, nel 1228. Rivest gli incarichi di ambasciatore nel 1209 ad Alessandria ed a Chivasso per la restituzione a Vercelli di Pontestura, sottratta dal marchese di Monferrato283, e di procuratore nel 1213 per riscuotere il credito di cui il comune godeva nei confronti di Alessandria284. Nel 1217 fu ambasciatore a Milano285. Per Sarzano testimoniata unintensa attivit feneratizia286.

DAC, doc. 121, pp. 198-199. DAC, doc. 90, p. 127. 271 Le carte dello archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, G.C. Faccio, F. Gabotto e G. Rocchi, Pinerolo 1912 (BSSS, 70), vol. I, doc. 148, pp. 183-184. 272 MANDELLI, Il comune di Vercelli cit., vol. III, pp. 268-273. 273 Cartario di Muleggio cit., doc. 12, p. 15: vidit et interfuit tempore episcopi Gualonis quod capellanus episcopi ad nomen illius episcopi misit illus Conradum per frenum equi nomine feudi; il feudo includeva probabilmente i diritti signorili che la famiglia esercitava a Messerano e Pertengo (ibidem: Conradus cepit fodrum super homines Messoriani). 274 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 1 maggio 1202. 275 Cfr. Appendice 1. 276 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 277 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 27 dicembre 1203. 278 PC, doc. 54, p. 113. 279 Acquisti, I, f. 165, i consoli della societ vennero indicati come consoli di giustizia. 280 PC, doc. 34, p. 71. 281 Le carte dellarchivio vescovile di Ivrea cit., vol. I, doc. 115, p. 161. 282 Biscioni, 1/I, doc. 173, p. 359. 283 Cartario alessandrino fino al 1300, Torino 1930 (BSSS, 115), vol. II, doc. 294, pp. 144-145. Acquisti, I, f. 169. 284 PC, doc. 5, p. 6. 285 PC, doc. 42, p. 89. 286 PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 160-161. Tra i suoi crediti si ricorda quello di 30 lire di pavesi con Pietro di Maltalento di Caresana (ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data 4 marzo 1217) e quello di 40 lire di pavesi con la chiesa di S. Graziano (Cartario di Muleggio cit., doc. 34, pp. 52-55).
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Alberto Scogia Egli fu a comuni Vercellarum constitutus estimator et infictuariando terram de mezano Sarvi ante portam Airaldi nel 1207287 e extimator comunium nel 1208288. Fu credenziario nel 1207, nel 1208 e nel 1210, nel 1212. Ricopr la carica di console di Santo Stefano nel 1215289. La sua abitazione era sita dietro il palazzo comunale290. Fiorino Segazarius Nel 1245 venne super predictis extimationibus [dei beni dei malesardi] constitutus291. Fu console di Santo Stefano nel 1246292 e credenziario nel 1244. Giacomo Sperlinus giudice (de Ugucione) Nel 1230 venne electus et constitutus ad cognoscendum super facto comunarum curtis Vercellarum293. Egli, da non confondere con lomonimo padre, console di giustizia nel 1212294 e nel 1215295 e presente nei consigli cittadini di quegli stessi anni296, fu console di giustizia nel 1246297, nel 1250298, nel 1251299 e di Santo Eusebio nel 1213300 e nel 1243301. Fu credenziario nel 1229, nel 1230, nel 1231, nel 1232, nel 1233, nel 1234, nel 1236, nel 1240 e nel 1245. Nel 1243 fu procuratore del comune eletto a prendere possesso di Biella e del Biellese302. Ancora nel 1254 compariva come testimone in un atto privato303. Egli era imparentato con la famiglia dei Camex304. Nel 1229 Giacomo Sperlinus (il padre del nostro giudice) fu procuratore del fratello Tommaso de Ugucione e
PC, doc. 72, p. 150. Biscioni, 2/I, docc. 202-203, pp. 298-300. 289 PC, doc. 207, p. 259. 290 ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 5 settembre 1206 291 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164. 292 Biscioni, 2/I, doc. 178, p. 270. 293 ACV, Atti privati, cartella XXV, doc. in data 4 marzo 1230. 294 PC, doc. 254, p. 284. 295 PC, doc. 29, p. 64. 296 In Biscioni, 1/II, doc. 432, p. 373 (doc. relativo allanno 1225) si dice Iacobs filius Iacobi Sperlini. Rispetto al padre egli veniva generalmente qualificato come iudex: si dunque scelto di riportare solo le menzioni in cui venne riferito il titolo, anche se possibile che in alcuni casi venisse omessa la qualifica. Questo avenne per esempio nel 1243, quando fu menzionato semplicemente come Giacomo de Ugucione (Biscioni, 1/I, doc. 75, p. 175; sullappartenenza di Giacomo a questa famiglia cfr. oltre). 297 Statuta, Statuta e documenta nova, 36, p. 429. 298 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1813, doc. in data 15 dicembre 1250. 299 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1813, doc. in data 27 marzo 1251. 300 Acquisti, I, f. 69. 301 Biscioni, 1/I, doc. 80, p. 179. 302 Acquisti, II, f. 81. 303 ACV, Atti privati, cartella VIII, doc. in data 7 novembre 1254. 304 Cfr. Appendice 1.
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avvocato di S. Giovanni della Varola: egli dunque non era altri che Giacomo de Ugucione. Dagli atti relativi allavvocazia del monastero cistercense emergono i complessi legami tra i due rami della famiglia de Ugucione305. Roberto Tetavegia Nel 1230 fu nominato rector constitutus super insulis et moltis et aliis comunibus in curia Vercellarum comuni pertinentibus inquirendis et recercandis306. Fu console di Santo Stefano lanno precedente, console di giustizia nel 1225307 e credenziario nel 1230, nel 1231, nel 1234, nel 1236, nel 1240, nel 1244, nel 1247 e nel 1249. Nel 1232 fu procuratore per la pace con i conti di S. Martino308; nel 1243 fu procuratore del comune eletto a prendere possesso di Biella e del Biellese309. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1. Uguccione Tetavegia Prima del 1220 fu procurator comunis310. Fu credenziario nel 1207, nel 1210, nel 1212, nel 1221, nel 1223, nel 1230. Effettu una donazione in favore dellospedale di S. Spirito311. Egli era fratello di Alberto312, Uberto, Tetaveginus e Alasina313. Giacomo Tizzoni Nel 1225 fu extimator ad extimandas terras et sedimina et possessiones dominorum de Casaligualono314. Console di Santo Stefano nel 1219315 e nel 1246316, fu credenziario nel 1210, nel 1213, nel 1218, nel 1221, nel 1223, nel 1224, nel 1228, nel 1229, nel 1230, nel 1233, nel 1234, nel 1236, nel 1240, nel 1244 (anno in cui venne qualificato come dominus), nel 1249 e nel 1250. Rivest numerosi incarichi diplomatici: fu
305 ASVc, AOSAV, Pergamene, mazzo 1808, doc. in data 13 ottobre 1229; ibidem, doc. in data 14 ottobre 1229; ibidem, doc. in data 15 ottobre 1229: Pietro era figlio di Tommaso e nipote di Giacomo. Dalfino, figlio di Giacomo era chierico di S. Giovanni della Varola, cos come Aichino figlio di Tommaso: su questa chiesa i de Ugucione esercitavano lavvocazia (M. CASSETTI, Cenni storici sul monastero e ospedale della casa di Dio di Vercelli, in Bollettino storico vercellese, 15 (1980), pp. 31-55). Tra i testimoni allatto del 14 ottobre figurava Giacomo filius Iacobi Sperlini advocati dicte ecclesie. Nellatto del 15 ottobre si parla infine dei fratelli Giacomo e Tommaso de Ugucione. 306 Biscioni, 2/I, doc. 232, p. 318. 307 ACV Atti privati, cartella XXII, doc. in data 27 febbraio 1225. 308 Il libro rosso cit., doc. 246, pp. 262-271. 309 Acquisti, II, f. 81. 310 Investiture, I, f. 67. 311 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, mazzo n. 111, Inventario di S. Spirito. 312 Acquisti, I, f. 168, doc. relativo al 1209. 313 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, mazzo n. 111, Pergamene, doc. senza data. 314 Biscioni, 1/III, doc. 470, pp. 15-22. 315 PC, doc. 328, pp. 328-329. 316 Biscioni, 2/I, doc. 178, p. 270.

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ambasciatore a Milano per il cittadinatico reciproco nel 1225317, nunzio e procuratore per le condizioni di pace con Ivrea nel 1231318, procuratore per la pace con i conti di S. Martino nel 1232319. Fu inoltre ambasciatore a Milano per la pace con Novara320 e per il compromesso con lImpero321 nello stesso anno, ambasciatore a Brescia nel 1233322 e per la pace con Casale S. Evasio nel 1236323, nunzio del comune nel 1241324. Nel 1246 fu podest di Caresana325. Egli era figlio di Federico Tizzoni326. Nel 1219 fu fideiussore per 100 lire di pavesi per il castello di Mongrando327. Su questa famiglia si vedano le informazioni e i rimandi riportati in Appendice 1. Galiano de Ugucione Nel 1225 fu extimator ad extimandas terras et sedimina et possessiones dominorum de Casaligualono328. Sui de Ugucione si veda PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., pp. 144-145. Giulio de Ugucione Nel 1231 fu eletto dal podest Giannone de Andito ad estimanda, sortanda, livranda et in solutum danda i beni comunali vercellesi329. Figlio di Bonifacio330, egli fu credenziario nel 1221, nel 1224, nel 1228, nel 1229 e nel 1240. Nel 1222 fece parte del consiglio privato del podest331. Nel 1229 e nel 1240 fu clavario del comune332. Nel 1236 fu ambasciatore per la pace con Casale S. Evasio333. Nicola Verrua Nel 1245 venne super predictis extimationibus [dei beni dei malesardi] constitutus334.
Gli atti del comune di Milano nel XIII secolo cit., doc. 188, p. 203. DAC, doc. 109, pp. 160-171. 319 Il libro rosso cit., doc. 246, pp. 262-271. 320 DAC, doc. 116, p. 191. 321 Gli atti del comune di Milano nel XIII secolo cit., doc.273, p. 388. 322 Gli atti del comune di Milano nel XIII secolo cit., doc. 306, p. 447. 323 Biscioni, 1/II, doc. 377, p. 296. 324 Biscioni, 1/I, doc. 182, p. 370 325 Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 28 agosto 1246. 326 Acquisti, I, f. 65. 327 Biscioni, 1/III, doc. 573, p. 162. 328 Biscioni, 1/III, doc. 470, pp. 15-22. 329 Documento edito in DI RICALDONE, Documenti vercellesi cit., pp. 49-50. 330 ACV, Atti privati, cartella XVII, doc. in data febbraio 1216. 331 Biscioni, 1/II, doc. 260, pp. 110-111. 332 G. FERRARIS, La convenzione ritrovata. Ancora su Omobono de Cremona e lo Studium di Vercelli, in Bollettino Storico Vercellese, 52 (1999), pp. 17-35, con particolare riferimento alle pp. 26-27; Archivio di Stato di Torino, Archivio dellAbbazia di S. Andrea di Vercelli, Pergamene, doc. in data 8 maggio 1240. 333 Biscioni, 1/II, doc. 377, p. 296. 334 Biscioni, 2/I, doc. 106, p. 164.
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Nicola fu credenziario nel 1234, nel 1244 e nel 1246. Nel 1247, ormai defunto, assieme ad altri cittadini vercellesi risultava impegnato a nome del comune per un prestito di 5500 lire di pavesi precedentemente contratto con Pietro di Monticello335. Questa famiglia, rappresentata nella credenza, dove Ardizzone e Vercellino presenziarono pi volte nella prima met del XIII secolo, era inizialmente legata alla societ di Santo Stefano, di cui lo stesso Vercellino fu console nel 1205336. Per costoro si potrebbe ipotizzare unattivit mercantile: infatti, lo stesso Vercellino aveva un credito con Uguccione Dal Pozzo, pro pannis illius Ugucionis quos portavit cum transmeavit337. Ci nonostante non bisogna escludere che si trattasse degli stessi domini di Verrua, unantica famiglia proveniente dal contado, che aveva esponenti nel capitolo cittadino e che nel XII secolo era pervenuta alla cattedra episcopale338. Giovanni Visconte Nel 1230 fu uno dei due cives imposti dal podest Guarnerio Castiglioni ad investiganda et inquirenda comunia et res territorias existantes in locis et curtibus et territoriis Tridini et Trium Cerrorum, que comuni pertinebant339. Fu console di giustizia nel 1215340, credenziario nel 1199, nel 1200, nel 1201, nel 1214, nel 1217, nel 1228, nel 1230 e nel 1231. Alla sua presenza, nella citt di Novara, Giacomo Visconte fece testamento nel 1217, effettuando lasciti in favore delle fondazioni religiose locali, tra cui quelle cistercensi di Lucedio e di S. Spirito341. I Visconte avevano stretti rapporti con la canonica di S. Maria: Guala era canonico nel 1202342, Enrico nel 1220343.

Statuta, Statuta et documenta nova, doc. 79, pp. 487-491. PC, doc. 337, p. 336. ACV, Atti privati, cartella XII, doc. in data 7 luglio 1204. 338 F. SAVIO, Gli antichi vescovi dItalia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Il Piemonte, Torino 1899, pp. 469-476; 479. PANERO, Istituzioni e societ a Vercelli cit., p. 97; DEGRANDI, Vassalli cittadini cit., p. 16. Queste informazioni risalgono tuttavia al XII secolo e sono relative ai domini di Verrua: possibile che lomonima famiglia testimoniata nel XIII secolo sia differente. 339 Biscioni, 2/II, doc. 243, p. 17. 340 PC, doc. 29, p. 64. 341 ASVc, Corporazioni religiose, Monache cistercensi di S. Spirito, Pergamene, doc. in data 20 maggio 1217. 342 ACV, Atti privati, cartella XI, doc. in data 6 ottobre 1202. 343 ACV, Atti privati, cartella XIX, doc. in data 6 luglio 1220.
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TIPOGRAFIA E D I Z I O N I S A V I O L O

Finito di stampare nel mese di gennaio 2005

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