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Villa Lante a Bagnaia

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Non lontano da Viterbo, luogo favorito per la residenza estiva dai vescovi di questa citt, la propriet di Bagnaia si configura alla fine del XV secolo come il "barco", cio un territorio recintato per la caccia, del cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV. Nel 1523 Niccol Ridolfi fa costruire un primo casino di caccia e l'acquedotto, opera di Tommaso Ghinucci, ma solo dal 1566, con il vescovato del cardinale Francesco Gambara, segretario del papa Giulio III ed amico di Alessandro Farnese, che ha inizio la trasformazione della residenza di Bagnaia in uno dei giardini pi affascinanti e meglio conservati frutto dell'arte del manierismo italiano.

Per il progetto si cita il nome di Jacopo Barozzi da Vignola, impegnato nello stesso periodo nel palazzo dei Farnese a Caprarola, anche se non si ancora potuta precisare la portata effettiva del suo intervento.

La straordinaria particolarit di questa residenza insita nella predominanza del giardino rispetto all'opera architettonica: infatti la residenza si sdoppia in due piccoli edifici

gemelli (anche se costruiti in tempi diversi) simmetrici rispetto all'asse centrale del giardino, che domina l'intera composizione attraverso il percorso d'acqua. L'acqua nasce, scorre, si nasconde e riappare in svariate forme, in un susseguirsi di fontane che danno corpo ad un percorso simbolico, dall'alto verso il basso: a partire dalla fonte del Diluvio, posta sulla sommit a segnare il passaggio tra il bosco "selvatico" che rimanda ad una primigenia et dell'oro in cui l'uomo viveva in perfetta armonia con la natura, e l'et della ragione (o di Giove) nella quale, dopo il diluvio universale, l'uomo si trova a lottare con le sue forze per dominare quella natura stessa. Passando attraverso due logge - le case delle Muse, ovvero le due sommit del monte Parnaso dove sbarcarono Deucalione e Pirra - l'acqua zampilla nella fontana dei Delfini in cui leggiamo il regno di Nettuno, il mare che circondava e inghiottiva tutta la terra durante il Diluvio - poi scende tumultuosa attraverso la catena d'acqua, formata dall'avvolgersi e concatenarsi delle chele di un gambero, verso la fontana dei Giganti, personificazioni dei fiumi Arno e Tevere, per acquetarsi nella tavola di pietra o "tavola del cardinale" - un raffinato gioco di trasparenza per formare una tovaglia cristallina. L'acqua torna vivacemente nella fontana detta dei "lumini" dove si spezza in mille zampilli simili a fiammelle di candele d'argento, per

fermarsi infine nel parterre d'acqua, diviso in quattro parti da altrettanti ponti, dove il modulo quadrato si ripete nei compartimenti del giardino circostante.

http://fiorellarabellino.wix.com/the-garden/settecento#! Scrive Pierre Grimal, uno dei maggiori studiosi dei giardini dell'antica Roma: Il giardino romano d un corpo al sogno greco. Tanto rare sono le testimonianze di giardini nella Grecia antica, quanto numerose sono quelle dei giardini dell'epoca Romana. La cultura greca caratterizzata da un senso immanente della natura, che divinizza i luoghi naturali in quanto manifestazione degli dei, inoltre la tradizione politica greca di ordinamento democratico rende difficile la concentrazione dei beni terrieri, lasciando poco spazio a grandi realizzazioni, quelle che pi facilmente sopravvivono alla storia e al tempo. Dell'arte dei giardini in Grecia rimangono quindi essenzialmente testimonianze letterarie, in particolare i testi omerici, che ci parlano di giardini-frutteti - in cui la funzione 'utile' non mai disgiunta dal senso della bellezza - e di giardini sacri - come quello della ninfa Calypso che esprime l'idea di giardino "naturalistico" e nello stesso tempo incantato. Ma nell'antica Roma che le testimonianze si moltiplicano, a partire dai dipinti di paesaggio affrescati sulle pareti delle ville fino alle strutture portate alla luce dagli scavi archeologici, che ci permettono ancora oggi di ammirare le vestigia di una raffinatissima arte del costruire giardini. Nella cultura dell'antica Roma l'arte dei giardini raggiunge il suo apice in seguito alla conquista dei paesi ellenistici ed all'incontro con un'arte raffinata, in cui si erano fuse la sensibilit greca e l'espressione delle civilt della Persia, della Fenicia, dell'Egitto che erano state a loro volta conquistate. Fino a quel momento era prevalso in Roma il carattere agreste nel rapporto con la natura, legato agli austeri principi di vita che riconoscevano nel lavoro dei campi l'origine della formazione morale e civile del buon cittadino romano. Le stesse divinit, di origine etrusca, sono frequentemente associate ai riti della fecondit e della terra, e ad esse erano dedicati i boschi sacri: come il Lucus

Populorum (dei pioppi), nel sito dell'attuale Piazza del Popolo che ne conserva il ricordo nel nome. La nuova influenza ellenistica sconvolge l'austerit dell'hortus romano, portando all'interno delle citt e delle case giardini sontuosi, coltivati per il piacere dei sensi anzich per l'utilit dei frutti, e avviando un processo di urbanizzazione delle campagne con la diffusione delle ville suburbane. Il giardino diventa parte integrante dell'abitazione e della vita quotidiana: il luogo dell'otium e dell'incontro conviviale, la cornice prestigiosa che dimostra lo status del proprietario. Tra le testimonianze pi importanti di questo fenomeno, le case di Pompei mostrano, nell'attimo immobilizzato del 24 agosto del 79, l'importanza e lo splendore dei giardini dell'epoca, ricostruiti oggi grazie agli studi delle radici e dei pollini imprigionati dalla lava del Vesuvio. Nella forma del giardino si ripropongono i principi di geometria e simmetria propri dell'architettura. Attraverso la costruzione di graticci si struttura lo spazio e si definiscono i percorsi. L'acqua sgorga da fontane e scorre attraverso il giardino. Nella casa di Loreio Tiburtino il canale dell'acqua, detto euripo, asse portante di tutta la costruzione del giardino e la fonte situata sotto un padiglione che ne accentua l'importanza. La presenza del giardino conserva in s un richiamo all'antico significato rurale, con la presenza dei Larari, le edicole dipinte dove si celebrano gli dei della natura e della fertilit. E' anche grazie agli affreschi di Pompei che l'immagine dei giardini arrivata fino a noi: le pitture rappresentano una grande variet di alberi e specie vegetali, pergolati coperti di rampicanti, uccelli di ogni specie, vasche e fontane, e padiglioni immersi nel verde. Talvolta sono prospettive illusionistiche, che prolungano verso un immaginario spazio esterno gli ambienti delle stanze - portando al loro interno gli elementi del giardino -, altre volte sono vere e proprie scene di paesaggio, i cosiddetti topia, termine che dar origine, per estensione di significato, all' "arte topiaria", ossia all'arte - propria del topiarum, il giardiniere - di tagliare e potare gli alberi in modo da comporre quelle stesse scene dipinte, animate da personaggi e paesaggi fantastici. Il rapporto stretto che lega interno ed esterno nella casa romana si esprime in primo luogo nel peristilio, il cortile porticato che il vero e proprio cuore della domus, su cui si affacciano tutte le stanze e intorno al quale ruota la vita familiare, e che si trasforma sovente in un giardino chiuso, ricco di vasche colme d'acqua, che attirano gli uccelli ad abbeverarsi, di fiori coltivati in vaso, di diverse specie di arbusti potati in tutte le forme dettate dalla fantasia dell'opus topiarium. Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) descrive, nel suo trattato De Re Rustica, le caratteristiche fondamentali per una villa: il peristilion - il colonnato - il peripteros - il pergolato - e l'ornithon, la voliera: tutti gli elementi che compongono, in sintesi, l'ambiente del giardino. Nella Roma dell'Imperatore Adriano il fasto del potere si sostituito all'essenzialit della cultura rurale, il principio estetico ha soppiantato l'utile.

I grandi imperatori fanno del giardino il simbolo del loro potere. Nerone crea, con la Domus Aurea, una struttura che quasi una citt nella citt, con un lago artificiale, un teatro, una cupola con struttura rotante che rappresentava le costellazioni celesti. Nella Villa di Adriano presso Tivoli il giardino diventa evocazione di altri paesaggi: l'imperatore qui costruisce una moltitudine di elementi che evocano i luoghi del suo impero e dei suoi viaggi. Cos l'Euripo un braccio di mare tra la Grecia e la penisola Eubea; il Canopo un porto egiziano su un ramo del Nilo. Troviamo anche un Ippodromo, l'Accademia - che richiama la cultura ateniese - un tempio di Serapide, e infine l'elemento pi misterioso e simbolico di tutto il complesso: il Teatro marittimo. Meravigliosa isola circolare, attorniata da un colonnato come un vero e proprio tempio in miniatura, questa architettura stata letta secondo molteplici interpretazioni. Per esempio come luogo esclusivo dell'Imperatore (tale per volont divina, quindi isolato dai comuni mortali suoi sudditi, e caricato di poteri ben oltre la sua normale umanit) che qui si ritirava per fare i vaticinii: secondo questa teoria il teatro marittimo sarebbe stato una sorta di planetarium, e il colonnato che oggi ammiriamo sarebbe stato la struttura portante di una cupola, forse azionata da meccanismi - in modo analogo a quella descritta nella Voliera di Varrone - che simulavano il movimento degli astri e permettevano all'Imperatore la lettura degli 'horoscopi'. I GIARDINI NEL MEDIOEVO Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, nel 476 d.C., le invasioni barbariche e l'instabilit politica rendono insicure le campagne: le societ si ritirano in luoghi chiusi e protetti, i castelli e i monasteri, che diventano i luoghi di riferimento per la civilt e la cultura durante il lungo arco dell'epoca Medievale. Anche l'arte dei giardini, come le altre forme della cultura, in Europa, viene preservata attraverso queste strutture, laiche e religiose, dove si definiscono due tipologie che racchiudono l'essenza del giardino medievale: quella dell' "hortus deliciarum", giardino paradisiaco fonte di piaceri terreni, frutto della cultura cortese e troubadour, e quella dell' "hortus conclusus", simbolo della Chiesa, in cui si esprimono i principi fondamentali della religione cattolica. Tra le diverse forme di giardino presenti all'interno di monasteri ed abbazie, e spesso legate a funzioni utilitaristiche - l'orto, il frutteto, il "giardino dei semplici" ovvero delle erbe medicamentose - il chiostro rappresenta l'elemento carico del maggiore significato simbolico nell'ambito della comunit religiosa: spazio raccolto della meditazione, della contemplazione e della ricerca di Dio, racchiude i principi fondamentali della vita monastica nella sua forma ricorrente di spazio quadrangolare, ripartito in quattro parti da due percorsi disposti ortogonalmente a croce, che definiscono un fulcro centrale segnato da un elemento simbolico come una fontana, un pozzo (che richiamano alla sorgente di vita rappresentata dall'acqua benedetta) o un albero (che rimanda al legno della Croce). 1. PADULA (SA) - I chiostri della Certosa di San Lorenzo. foto: links: Home Page Certosa di Padula 2. NAPOLI - Monastero di S. Chiara. Il chiostro maiolicato. foto: links: Museo dell'Opera di Santa Chiara; Munasterio e' Santa Chiara

3. NAPOLI - Certosa di S. Martino. foto: links: Museo Nazionale di S. Martino; Movimento culturale napoletano . I GIARDINI MANIERISTICI ALL'ITALIANA Nella seconda met del Cinquecento il giardino italiano raggiunge la massima raffinatezza di composizione e significato: l'epoca del cosiddetto Manierismo. Nella storia delle arti ad un'epoca che codifica una cultura nuova e originale quasi sempre ne segue un'altra che porta all'estremo le possibili combinazioni e varianti. Nel 1527 i Lanzichenecchi agli ordini di Carlo V si riversano su Roma devastandone e saccheggiandone il territorio e le ricchezze. E' una prova molto dura, il cui significato va al di l del risultato politico e militare, e fa vacillare la fiducia nel rapporto tra ordine celeste e armonia terrena. Ne segue una corrente di forte inquietudine intellettuale e culturale che attraversa la penisola italiana ed ha conseguenze e si manifesta in tutte le forme artistiche. I giardini ora non sono pi una pura espressione di perfezione e di armonia cosmica, ma diventano allegorie del potere. Dimensioni pi ampie, decorazione ricca di elementi fantastici, messaggio allegorico sempre pi complesso ed elaborato sono le caratteristiche principali di questi nuovi raffinatissimi giardini, di cui si possono riconoscere tre modelli emblematici: la Villa del cardinale d'Este a Tivoli, la Villa Lante a Bagnaia e il Sacro Bosco di Bomarzo. Villa del cardinale d'Este a Tivoli Progetto: Pirro Ligorio per il cardinale Ippolito d'Este, 1560-1575 La villa realizzata a Tivoli per il cardinale Ippolito dEste, figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso I duca di Ferrara, opera dell'ingegno dell'architetto e archeologo Pirro Ligorio, disegnatore, erudito, studioso dell'antichit e delle opere classiche. Ci che risulta dal connubio tra un committente di grande cultura, che si formato alla corte del Re di Francia e ha sfiorato il soglio pontificio, e un artista attento alla rispondenza di ogni minimo dettaglio all'interno di un complesso disegno di simboli e metafore, un'opera architettonica e artistica di senso compiuto che esprime al massimo livello il concetto del simbolo allegorico. Il linguaggio simbolico qui un reticolo complesso di significati su diversi piani di lettura che si combinano nella simmetria del giardino e nei suoi molteplici percorsi. La costruzione formale giocata su una struttura a terrazze che sfrutta l'andamento digradante del terreno e su una simmetria retta da un asse principale e da diversi assi trasversali che moltiplicano i percorsi e le prospettive. Gli elementi simbolici, che esaltano la casa d'Este e fanno riferimento alla figura e alle vicende pubbliche del cardinale Ippolito, sono disposti secondo uno schema bipolare che mette in contrapposizione la Roma capitale dello stato pontificio - che ha in certo modo "rifiutato" Ippolito - e la citt di Tivoli - di cui il cardinale diventa governatore dopo essere stato escluso dal seggio papale - che diventa allegoricamente la sede eccelsa delle arti e della bellezza, in una rinnovata creazione di un Giardino delle Esperidi. L'acqua l'elemento di continuit che oppone e insieme mette in relazione i poli opposti. Il primo degli assi trasversali quello "geografico": da una parte sta Tivoli, rappresentata dalla fontana dell'Ovato che ripropone le vicine cascate dell'Aniene, al suo opposto si ergono le rovine della Rometta. Le unisce il viale delle Cento Cannelle,

animato da simboli araldici (aquile e gigli) su tre livelli differenti che richiamano i tre fiumi del Lazio. L'asse mitologico ripropone il mito di Ippolito e della castit - si tratta pur sempre della residenza di un cardinale - e della Virt che vince il Vizio nei percorsi contrapposti che portano alle grotte di Venere e Diana. E ancora la mitologia e il mito di Ercole e del giardino delle Esperidi domina l'intero complesso nel punto baricentrico di intersezione degli assi, dove la fontana del Dragone ci ricorda come l'eroe riusc a rubare i Pomi d'Oro dal giardino incantato protetto dal feroce drago. Al contrario, i preziosi Pomi sono ora al sicuro, come ci ricordano gli affreschi all'interno della Villa, custoditi dall'Aquila estense. la Villa Lante a Bagnaia Non lontano da Viterbo, luogo favorito per la residenza estiva dai vescovi di questa citt, la propriet di Bagnaia si configura alla fine del XV secolo come il "barco", cio un territorio recintato per la caccia, del cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV. Nel 1523 Niccol Ridolfi fa costruire un primo casino di caccia e l'acquedotto, opera di Tommaso Ghinucci, ma solo dal 1566, con il vescovato del cardinale Francesco Gambara, segretario del papa Giulio III ed amico di Alessandro Farnese, che ha inizio la trasformazione della residenza di Bagnaia in uno dei giardini pi affascinanti e meglio conservati frutto dell'arte del manierismo italiano. Per il progetto si cita il nome di Jacopo Barozzi da Vignola, impegnato nello stesso periodo nel palazzo dei Farnese a Caprarola, anche se non si ancora potuta precisare la portata effettiva del suo intervento. La straordinaria particolarit di questa residenza insita nella predominanza del giardino rispetto all'opera architettonica: infatti la residenza si sdoppia in due piccoli edifici gemelli (anche se costruiti in tempi diversi) simmetrici rispetto all'asse centrale del giardino, che domina l'intera composizione attraverso il percorso d'acqua. L'acqua nasce, scorre, si nasconde e riappare in svariate forme, in un susseguirsi di fontane che danno corpo ad un percorso simbolico, dall'alto verso il basso: a partire dalla fonte del Diluvio, posta sulla sommit a segnare il passaggio tra il bosco "selvatico" che rimanda ad una primigenia et dell'oro in cui l'uomo viveva in perfetta armonia con la natura, e l'et della ragione (o di Giove) nella quale, dopo il diluvio universale, l'uomo si trova a lottare con le sue forze per dominare quella natura stessa. Passando attraverso due logge - le case delle Muse, ovvero le due sommit del monte Parnaso dove sbarcarono Deucalione e Pirra - l'acqua zampilla nella fontana dei Delfini - in cui leggiamo il regno di Nettuno, il mare che circondava e inghiottiva tutta la terra durante il Diluvio - poi scende tumultuosa attraverso la catena d'acqua, formata dall'avvolgersi e concatenarsi delle chele di un gambero, verso la fontana dei Giganti, personificazioni dei fiumi Arno e Tevere, per acquetarsi nella tavola di pietra o "tavola del cardinale" - un raffinato gioco di trasparenza per formare una tovaglia cristallina. L'acqua torna vivacemente nella fontana detta dei "lumini" dove si spezza in mille zampilli simili a fiammelle di candele d'argento, per fermarsi infine nel parterre d'acqua, diviso in quattro parti da altrettanti ponti, dove il modulo quadrato si ripete nei compartimenti del giardino circostante.

a figura di Vicino Orsini, signore di Bomarzo, strettamente legata alla realizzazione di una delle opere pi originali dell'epoca del manierismo nel campo dell'arte dei giardini: il Sacro Bosco di Bomarzo, non lontano dalla citt di Viterbo. Quello che attualmente conosciuto dalla maggior parte dei visitatori come il "parco dei mostri", con una definizione che ne riduce il significato alla mera apparenza, caratterizzata dalle statue gigantesche e misteriose che lo popolano, in realt una creazione di altissima espressione intellettuale, frutto della volont e del gusto di un principe "artista ed anarchico" come lo definisce Horst Bredekamp nel suo bellissimo saggio dedicato a Bomarzo. Amico di Alessandro Farnese, di cui sposa una cugina nel 1541, Giulia, Vicino Orsini coltiva una cerchia di conoscenze e di amicizie nell'lite culturale dell'epoca: importanti soprattutto i suoi contatti veneziani, da cui assorbe un atteggiamento indirizzato verso la libert delle idee e la tolleranza, e presso cui si tiene aggiornato sulle novit delle scoperte geografiche che stanno cambiando la concezione del mondo conosciuto. Dopo gli anni dell'impegno militare, costellati non solo di successi ma anche di forti delusioni, Vicino si ritira dalla vita politica e guerresca, e abbraccia una filosofia di vita sotto gli auspici dell'epicureismo, inteso come ricerca del piacere, come sommo scopo della vita, attraverso l'assenza del dolore e delle preoccupazioni. Espressione di questa filosofia e concezione della vita proprio il suo giardino, anzi "Sacro Bosco" come lui stesso definisce, di Bomarzo, alla cui realizzazione si dedica a partire circa dal 1547. Numerose e diverse le interpretazioni che gli studiosi hanno voluto dare a questa mirabile impresa, e a cui facilmente si presta, grazie alla molteplicit degli elementi, simboli e riferimenti culturali che raccoglie. Le letture pi interessanti mi sembrano, a tutt'oggi, quella fatta da Horst Bredekamp nel suo testo del 1989, Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo. Un principe artista ed anarchico (Roma, 1989) e quella pi recente di Maurizio Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura (Milano, 2000). Mentre Bredekamp inserisce l'interpretazione di ogni scultura, architettura o epigrafe presente nel parco in un disegno filosofico-simbolico, che passa attraverso la rappresentazione di tutte le parti del mondo conosciuto, qui presenti ad auspicare il diffondersi della fama del Sacro Bosco, ed altre figurazioni che esprimono la concezione di Vicino per la vita, la morte e l'Aldil, Calvesi imposta invece tutta la sua lettura sulle sorprendenti analogie e connessioni tra le figure che popolano il Sacro Bosco e i poemi del Boiardo e dell'Ariosto, rispettivamente l'Orlando innamorato e l'Orlando Furioso, composti nei decenni precedenti alla realizzazione del giardino. A questi saggi, che sarebbe troppo ambizioso riassumere in questa sede, rimando per una puntuale lettura del significato di questo affascinante Bosco e della sua popolazione di sculture e meraviglie, contribuendo con le mie immagini all'interpretazione che ognuno vorr dare di queste opere. 1600 IL GIARDINO BAROCCO ALLA FRANCESE Lo stile del giardino italiano del Cinquecento si diffonde in tutta Europa, e trova in Francia, alla met del secolo successivo, la rielaborazione pi originale che porter ad

una rivoluzione nella concezione dei giardini formali e alla nascita del giardino cosiddetto "alla francese". Dal punto di vista formale la maggiore innovazione sono i 'parterres en broderie': le rigide squadrature geometriche del giardino allitaliana si trasformano in elaborati intrecci, veri e propri ricami ottenuti tramite la potatura delle siepi. Questo nuovo modo di disegnare le aiuole viene codificato dai Mollet (1651) e da Boyceau de la Baraudire (1638) che nei loro trattati esemplificano decine e decine di diversi motivi ornamentali e floreali che possono essere usati per il disegno delle aiuole. Il Seicento il secolo dell'assolutismo monarchico. La Francia del Re Sole si impone come capitale della cultura e dell'arte. Il giardino e il parco diventano i luoghi per eccellenza della rappresentazione scenografica e dellintrattenimento teatrale, dimostrazione di un potere che dal dominio sui popoli si estende a quello sulla natura stessa. Nella concezione spaziale barocca il giardino in relazione con il contesto ambientale, ingloba il paesaggio come veduta prospettica, che dilata i punti di fuga e le dimensioni reali. Del paesaggio vengono evidenziate le caratteristiche pi scenografiche, dislivelli, boschi e colline, ed la disponibilit di grandi spazi territoriali, di solito di propriet della Corona, a permettere questo tipo di realizzazioni. Le strutture architettoniche all'interno del giardino, prima in legno o in muratura, diventano vive con luso delle piante potate: le 'palissades' sono come alti muri che nascondono i 'cabinets de verdure', vere e proprie sale verdi; le superfici d'acqua si ampliano e creano effetti di riflessi che dilatano il verde e l'architettura. Il giardino una compiuta architettura verde, le cui dimensioni vengono esaltate e modificate con un raffinato uso delle leggi della prospettiva. In quest'epoca l'arte si misura con le nuove conoscenze scientifiche che indagano sulla forma del mondo e l'idea di Cosmo, e si esprime con realizzazioni che superano la dimensione tradizionale. Nel 1610 Galileo punta il telescopio verso il cielo e rende note delle verit sconvolgenti sulle stelle e delle ipotesi sulla loro distanza. Il sistema di ruoli dell'uomo e di Dio nell'universo cambia. Contemporaneamente, l'evoluzione della scienza ottica spiega le leggi della visione dell'occhio, potenziata dall'invenzione delle lenti e degli specchi (si costruiscono il canocchiale e i primi telescopi). Queste nuove conoscenze non circolano pi solo tra intellettuali e scienziati, ma coinvolgono e interessano tutti. Il potere si allea alla scienza per trovarvi conferme e fondamenti. Uno dei primi riflessi si trova nell'urbanistica: la realizzazione di strade come canocchiali prospettici per lunghe vedute rettilinee, segnate da punti visivi come obelischi, fontane, fondali scenografici. E' l'idea dell'infinito, della sua "cattura" che affascina artisti e progettisti, e che nel giardino trova realizzazione concreta nel punto di fuga dei grandi viali rettilinei. Se nel giardino rinascimentale il punto di fuga dentro il giardin VESAILLES E' il progettista di giardini Andr Le Ntre a rappresentare l'apice dell'arte dei giardni francesi, portandone alla massima espressione i principi. Si forma come giardiniere, ma anche come pittore, disegnatore, conosce le leggi della geometria e dell'ottica. E' una nuova figura di 'jardinier' che si impone con una nuova professionalit.

La sua prima realizzazione paesistica su grande scala Vaux-le-Vicomte, che mentre attira sul sovrintendente Fouquet i sospetti del Re Sole, ne attira su Le Ntre l'attenzione e l'ammirazione, al punto da affidargli la progettazione dell'immenso parco della nuova reggia di Versailles. Quella di Versailles a tutti gli effetti un'operazione politica, volta ad attirare le potenti famiglie aristocratiche sotto il controllo del sovrano, in una nuova capitale caratterizzata dallo sfarzo della vita di corte. Il parco diventa una parte predominante del complesso: il paesaggio, completamente rimodellato, simbolo concreto del potere infinito del Re Sole. Le Ntre diventa controllore generale del progetto territoriale, e coordina gli apporti di tutti gli altri artisti. Il castello di caccia preesistente, propriet di Luigi XIII dal 1632, occupava una piccola altura davanti ad una conca paludosa: la scommessa del potere reale di trasformare proprio questo luogo, decisamente inadatto, significativo unicamente per motivi dinastici, in un parco magnifico. L'impresa viene portata a termine attraverso diverse campagne di costruzione, a partire dal 1662 e per i successivi trent'anni, ma nel 1982 la Corte viene gi trasferita da Parigi a Versailles. Lo spettacolo architettonico comincia dalla strada proveniente da Parigi, dove nasce un asse rettilineo lungo circa 9 km. Il primo tratto, di 1,8 km, sale alla quota del castello, che si presenta come uno sbarramento di un fronte di quasi 500 m. L'asse prosegue al di l del palazzo, in direzione nord-ovest, in discesa fino al Grand Canal a forma di croce che occupa il fondo della valle. Subito dopo lo sguardo si arresta su una collinetta (a 3 km di distanza dal castello) da cui parte la raggiera di strade tagliate nei boschi, eredit della consuetudine di tagliare le foreste con le rotte di caccia. Un viale diagonale di 4,5 km collega questo punto al castello di Marly. Lo spazio accessibile alla vista progettato in modo completamente controllato in tutte le direzioni giocando sulle due soglie della visione in rilievo (300 m) e piatta (3000 m). L'illusione compensa i difetti della realt, anche quando si rende necessario nascondere l'insufficienza delle risorse, come per esempio la scarsezza d'acqua, mai risolta, con una sequenza di attivazione delle fontane subordinate al percorso del re e manovrate mirabilmente da un esercito di fontanieri. Nel 1690 Luigi XIV compone il libretto: Manire de montrer les jardins de Versailles, nel quale il Re in persona a stabilire la coreografia della visita al suo parco. Il percorso tocca, in successione, il Parterre d'eaux, nella zona pi prossima al castello, che fa dell'effetto specchio uno spettacolo di moltiplicazione dell'architettura. Segue un'incalzante alternanza di assi grandiosi, specchi d'acqua, prospettive all'infinito, boschi che racchiudono segreti e mondi fantastici. Fontane e statue con rappresentazioni mitologiche delle quattro stagioni segnano gli snodi dei viali che si incrociano nelle toiles. Domina su tutti l'asse centrale, che si distende in direzione Est-Ovest emblema del percorso del sole che nasce ad Est, segnato dal bacino di Latona, ed idealmente unito attraverso il grande Tapis vert al bacino di Apollo, che guida al riposo il Carro del Sole e in cui l'astro si specchia al tramonto, in una perfetta metafora di culto del potere assoluto.

Da qui parte ancora il Grand Canal, che sfocia dopo 1670 metri di lunghezza in un ultimo bacino, dalla forma ottagonale, luogo di feste sull'acqua, caroselli teatrali e spettacoli pirotecnici in cui il protagonista principale sempre il potere, incarnato da Luigi XIV nel suo roboante costume di Re Sole. CASERTA La reggia e il parco di Caserta sono concepiti come un progetto unitario e compiuto dallarchitetto Vanvitelli a met del Settecento, quindi pu sembrare un errore collocarli nella sezione "Seicento". Ma se consideriamo il Seicento come il secolo del Barocco, delle monarchie assolute che rappresentano il proprio potere attraverso le opere monumentali dell'architettura, e l'epoca in cui nasce e viene portato al suo maggiore splendore il giardino alla francese giocato sugli assi prospettici che prolungano lo sguardo allinfinito, il segno emblematico sul territorio e la geometrica simmetria imposta alla natura, possiamo affermare senza dubbio che anche il parco della reggia di Carlo III di Borbone frutto di questa filosofia progettuale ed estetica. Sarebbe pi preciso parlare di modelli di passaggio, in cui l'elemento paesaggistico e informale si mescola, o si affianca, al repertorio geometrico e formale alla francese, proprio come succede a Caserta nel giardino inglese a cui si accede al termine del monumentale percorso centrale delle fontane. I primi progetti per una nuova reggia a Caserta, dove Carlo III stabilisce di trasferire la sua Corte, sono anteriori al 1751. La sede al palazzo reale di Portici non pi ritenuta adeguata alle nuove esigenze della Corte, sia dal punto di vista strategico Caserta pi lontana dal mare e anche dal pericolo naturale del Vesuvio sia dal punto di vista della rappresentanza. I modelli di riferimento sono l'Escorial e la reggia di San Ildefonso, dove il Borbone cresciuto, e naturalmente la Versailles di Luigi XIV. Nel 1751 Luigi Vanvitelli presenta i suoi progetti ai sovrani, illustrati in una serie di splendide tavole acquerellate, che vengono rapidamente approvati, per dare inizio ai lavori immediatamente dopo, allinizio del 1752. Le incisioni che rappresentano l'opera nel suo complesso nelle vedute a volo duccello sono una magnifica testimonianza dell'unitariet del progetto, e della precisione e fedelt nella sua realizzazione. L'architetto romano supervisiona accuratamente la realizzazione del complesso, anche se in buona parte verr terminato solo dopo la sua morte, nel 1773, sotto la direzione del figlio Carlo. I fulcri del complesso, la reggia, le fontane, sono organizzati scenograficamente lungo un unico asse lungo 3 chilometri, un vero e proprio cannocchiale prospettico: il viale alberato che dalla citt porta all'ingresso della reggia, la attraversa, prosegue nel canale d'acqua centrale che taglia simmetricamente il parco, intervallato da scalinate e fontane, e culmina nel Belvedere da cui origina la cascata d'acqua, nel punto pi alto oltre la fonte di Diana. L'iconografia del parco attinge pienamente dalle Metamorfosi di Ovidio. I personaggi di marmo che popolano i giochi delle acque sono entit fluviali connesse ai temi della fertilit, dell'agricoltura e della caccia, argomenti di forza del regno di Carlo III. Le divinit chiamate a rappresentare metaforicamente il sovrano sono Eolo e Giunone, Cerere, Venere e Adone, fino al trionfo finale di Diana e Atteone circondati dalle ninfe e dai cani da caccia, letteralmente vivi nella loro dinamica plasticit.

A Carlo III succede l'erede Ferdinando IV ed la sua sposa, Maria Carolina d'Asburgo, che nel 1782 decide di costruire il giardino all'inglese, creando un completamento e un artistico contrasto alla vastit geometrica del parco originario. La moda del giardino paesaggistico si sta gi diffondendo in tutta Europa. Sir William Hamilton, ministro plenipotenziario di Sua Maest Britannica presso il Regno di Napoli, trova per la regina un "british gardener" disposto a trasferirsi in Italia: John Andrew Graefer, che arriva a Napoli nel 1786, e sar affiancato da Carlo Vanvitelli che si occuper delle architetture costruite allinterno del giardino, come i finti ruderi del Tempio Italico, il sito dell'Aperia per l'allevamento delle api, il criptoportico, la cappella gotica, il tempio circolare, che si incontrano nel percorso attraverso i boschetti e attorno all'immancabile lago. A fianco della ricerca degli effetti pittorici anche notevole l'attivit di sperimentazione botanica per l'acclimatazione di specie esotiche, che in seguito saranno diffuse nei siti reali e nei vivai pubblici, unendo lo scopo utile e commerciale alla fruizione puramente estetica del luogo di delizie. 1700 IL GIARDINO PAESAGGISTICO "ALL'INGLESE" Il modello di giardino che diventa dominante nell'Europa del Settecento ha origine in Inghilterra, in una situazione politica e culturale specifica, si pone in diretta contrapposizione rispetto al giardino "alla francese" che si diffuso nel corso del Seicento, e si richiama a forme naturalistiche e non geometriche. In virt di queste caratteristiche, questo giardino detto, di volta in volta, all'inglese o anglo-cinese, paesaggistico (traduzione italiana della definizione originale "landscape garden"), informale, naturalistico, pittoresco: tutti aggettivi che definiscono pi o meno lo stesso tipo di giardino, bench assumano nel tempo sfumature di significato differenti. in riferimento a specifici stili e correnti di pensiero. L'idea di natura non deve ingannare sulla realt di questa estetica del giardino, infatti se pure ispirato a ideali in netta contrapposizione con il giardino geometrico, non meno di questo plasma e modifica artificialmente la natura per ottenere l'effetto voluto, anche se questo effetto deve essere improntato alla massima naturalit. L'origine del giardino all'inglese ha le sue basi nella situazione socio-politica dell'Inghilterra del XVIII secolo, nell'arte e nella letteratura. Politicamente, in Inghilterra a partire dal 1714 si affermata una monarchia costituzionale, che si contrappone alle monarchie assolute che ancora dominano l'Europa, in particolare quella francese. Assume grande importanza il Parlamento, diviso tra la presenza dei rappresentanti Whig (classe dei commercianti-imprenditori per cui la natura libera ha un vero e proprio significato politico) e dei Tory (grandi proprietari terrieri per cui la campagna rappresenta la tradizione). Le due classi hanno comunque interessi economici in comune: entrambi investono nelle colonie e partecipano del forte rilancio dell'economia inglese. La corte non pi il modello riconosciuto di organizzazione socio-politica del potere. I nuovi capisaldi sono la libert e la propriet. Libert rispetto all'assolutismo monarchico di origine divina; propriet sottinteso terriera - intesa come mezzo per ottenere un posto ed avere voce in capitolo tra chi decide e detiene il potere. L'atteggiamento di opposizione all'assolutismo (di cui maggior rappresentante la Francia) provoca un sentimento di opposizione al dominio-forzatura della natura che si

legge nei giardini alla francese. La campagna, e nella fattispecie il paesaggio rigoglioso e curatissimo della campagna inglese, la nuova espressione del mondo liberale. In quest'ottica il giardino si mette in relazione con i concetti di propriet, di paesaggio e di 'improvement' (miglioramento in senso sociale o abbellimento - in senso estetico). Per primo Joseph Addison (giornalista e scrittore) si chiede perch una propriet non possa diventare un vero e proprio giardino solo attraverso l'attenzione estetica nei piantamenti e nella disposizione degli elementi naturali. L'idea di un'Inghilterra conquistatrice e portatrice di civilt si identifica con quella di una nuova Roma, ed in quanto tale fa riferimento all'antichit classica (sempre valida!) come valori e come modelli estetici. Questa idea trova poi la maggiore diffusione possibile attraverso la conoscenza che gli inglesi acquisiscono della classicit attraverso la pratica del viaggio in Italia in cui vengono direttamente in contatto con la secolare espressione di questa classicit. Accanto alle vestigia romane, un altro modello si impone: quello delle fabbriche palladiane. La cultura veneta della "vita in villa" rivive nel revival palladiano dei nobili inglesi, il rapporto armonioso che si instaura tra la villa, il giardino dalle forme semplici, e il paesaggio veneto diventa il modello architettonico e culturale per le residenze della nobilt inglese. Nel 1715 esce la prima edizione inglese dei 4 libri di Palladio, nel 1728 Robert Castell, finanziato da Lord Burlington, pubblica "Villas of Ancient" in cui descrive le ville degli antichi sulla base letteraria di Vitruvio e Plinio. E' l'inizio dell'espansione di una nuova cultura del fare giardini. CHISWICK Progetto: Richard Boyle, Lord Burlington, 1726; William Kent, 1733 Espressione paradigmatica del modello "palladiano" del giardino inglese la villa di lord Burlington a CHISWICK (Twickenham, villaggio presso Londra) che ripropone la Rotonda di Palladio ad una scala meno monumentale, pi domestica. E' proprio in Italia che Richard Boyle, 3 conte di Burlington, conosce il pittore William Kent (1685-1748). Effettua due viaggi in Italia - il primo nel 1715, il secondo nel 1719 e acquisisce una notevole conoscenza delle ville palladiane, studia le ville degli antichi romani e visita i giardini italiani. La casa di Chiswick viene costruita intorno al 1729, dopo che la Old House ha subito un incendio. Burlington frequenta il poeta Alexander Pope (anche lui creatore di un giardino, a Twickenham, che incarna i nuovi principi estetici) e lo scrittore Horace Walpole, che ne orientano il gusto. Ma soprattutto Kent, che ha una formazione di pittore esercitata in Italia e conosce la campagna romana. Su un impianto preesistente di giardino allitaliana Burlington realizza un tridente di viali che si attestano su altrettanti punti focali: la Casina, il Pantheon (o tempio pagano) e l'Arco rustico. Ad ovest del tridente si trova un avvallamento verde a forma di anfiteatro che viene ornato di piante di aranci in vaso, intorno ad uno specchio d'acqua circolare con al centro un obelisco e su cui si affaccia un tempietto classico. L'intervento di Kent successivo (1733-36), prima con la modifica del canale rettilineo che diventa ondulato e l'inserimento di una cascata d'acqua artificiale, poi con l'introduzione di una distesa erbosa verso il canale e oltre l'esedra dietro la villa, ad

ottenere l'effetto di una discesa naturale digradante verso un fiume. Nell'esedra vengono collocate urne e statue romane come ulteriore richiamo alla capitale della classicit italiana. Chiswick rappresenta uno dei primi momenti del percorso di rinnovamento del giardino all'inglese. Non ancora un 'landscape garden', ma testimonia il passaggio dal giardino allitaliana, attraverso un giardino che mescola elementi classici (tempietti, tridente, esedra), fino alle innovazioni naturalistiche: la distesa erbosa, il canale sinuoso. STOWE Progetto: Charles Bridgeman e William Kent, 1716-1740. Lancelot Brown, 1741-1750. Un altro parco che splendida esemplificazione delle interazioni tra poesia, pittura, architettura, riferimenti letterari e colti, storia antica e moderna quello di Stowe, in cui il proprietario e l'artista interagiscono in questa creazione con ruoli quasi paritari. Si tratta della residenza di Sir Richard Temple - poi Lord Cobham - nel Buckinghamshire (a N-E di Oxford). Brillante uomo politico, fa carriera nel partito Whig, ma per dissensi politici si ritira nel 1743. Comincia ad occuparsi della creazione del parco dal 1715. Le vicende personali e politiche si intrecciano con la realizzazione del parco, che rapresenta un modello di giardino in cui convivono il richiamo alla cultura classica, quello (qui pi ironico) alla tradizione storica inglese, e il concetto di 'improvement' che porta a diverse riplasmazioni della struttura del giardino. La progettazione iniziale affidata agli architetti John Vanbrugh e Charles Bridgeman. Dal 1730 interviene anche William Kent. In seguito (1740) vi impegnato anche Lancelot Brown. Il primo impianto del giardino ancora geometrico: pentagonale con assi radiali. Attraverso gli interventi successivi (di cui non sono distinguibili con precisione le fasi) l'impianto geometrico si destruttura in percorsi sinuosi, riutilizzando elementi del primo impianto, come p. es. la Rotonda di Vanbrugh (1719) che vengono inseriti nel nuovo contesto come punti baricentrici della composizione. Molto forte il significato ideologico, riferito alla storia contemporanea, con allegorie politiche rappresentate nelle diverse parti del giardino. Alla fase orchestrata da Kent (1733-38) appartiene la creazione dei "Campi Elisi" con una serie di edifici classicheggianti: il tempio delle antiche virt (in cui Kent "cita" il Tempio della Sibilla a Tivoli); il tempio delle moderne virt (che si presenta ironicamente in rovina); il tempio delle virt britanniche: si tratta di una programmatica riflessione dei rapporti tra virt e politica. Nel primo sono infatti collocate le statue di Omero, Socrate, Licurgo, ed collegato visivamente al tempio delle virt britanniche, in forma di esedra, con busti di famosi uomini inglesi (Shakespeare, Newton, regina Elisabetta ). Invece il tempio delle nuove virt in rovina, con il busto decapitato di Robert Walpole, suo avversario politico: l'Inghilterra del passato, con i suoi grandi, era degna erede delle virt della Grecia antica,, mentre ora la virt si ridotta ad un cumulo di rovine.

In seguito il giardino si arricchisce di numerosi altri edifici classicheggianti: il tempio dellamicizia costruito da James Gibbs nel 1739, adorno dei busti dei compagni politici di Lord Cobham, il tempio gotico (1741, J. Gibbs) dedicato ai padri inglesi - i Goti - fondatori delle libert anglosassoni; il ponte palladiano (1739-40, Joshua Briggs) riferimento culturale al viaggio in Italia. La cinta costituita da un fossato continuo. Sembra sia la prima realizzazione inglese di uno "ha-ha!": si tratta di un fossato asciutto, gi utilizzato nei parchi francesi, che separava dal giardino vero e proprio le parti di parco accessibili agli animali (da allevamento come per la caccia) e l'origine del nome si deve all'esclamazione di stupore dei visitatori quando arrivavano ai confini del parco. Kent ne comprende la portata rivoluzionaria nell'abbattimento del recinto dei nuovi giardini e lo utilizza largamente per delimitare il giardino senza introdurre un elemento di discontinuit e di separazione dal paesaggio circostante. Il visitatore, da lontano, ha cos l'impressione che il giardino non finisca mai. Lunica differenza sta nella presenza, al di l, degli animali al pascolo che cos non si possono introdurre nella parte ornamentale del parco. ROUSHAM Progetto: Charles Bridgeman, 1737, William Kent, 1740 ca. Propriet del generale Dormer, che diversamente da altri esempi di forte coinvolgimento "progettuale" del proprietario, ha qui un ruolo molto meno dominante, che lascia molta pi libert di espressione alla creativit di William Kent. Il giardino, di dimensioni piuttosto contenute, era gi stato impostato formalmente da Bridgeman: la casa si affacciava su terrazzamenti rettangolari e il fiume a sud ovest era stato incanalato in argini artificiali a formare quasi un angolo retto. Il resto del giardino era giocato su viali rettilinei che tagliavano il boschetto e portavano ad elementi di rilievo. La casa d'altronde godeva di una bellissima visuale che spaziava lontano sulla campagna circostante. A partire dal 1741, Kent interviene rendendo sinuosi i sentieri, e annullando l'idea dello spazio ridotto con la moltiplicazione dei punti di vista e dei percorsi, che non si incrociano, offrendo innumerevoli possibili variazioni di percorso. Episodi culminanti, che si rifanno alla cultura classica, la valle di Venere, la "Praeneste terrace", statue di Apollo e di satiri disposti in mezzo alle fronde degli alberi e nelle radure. Anche qui il fiume viene reso sinuoso, si conserva il vecchio ponte gotico e si trasforma un vecchio cottage con mulino in mulino gotico. Kent applica qui la soluzione innovativa e geniale dell'"eye-catcher": il collocare edifici o elementi architettonici al di fuori della propriet, per includerli nella visione del paesaggio dal bowling green ed annullare i confini. A Rousham inserisce in lontananza un arco trionfale, che espande l'illusione della vastit della propriet, con la piena approvazione dei proprietari vicini che vedono in questo modo valorizzata anche la loro propriet. Stourhead Progetto: Henri Hoare I, 1717; Henri Hoare II, 1741-1762 Il parco di Stourhead uno dei casi pi evidenti, e pi belli, di trasferimento della pittura di paesaggio nella creazione di un giardino, questo intimamente legato alle opere di Claude Lorrain.

E' evidente il rapporto stretto che lega il nuovo giardino inglese al concetto di pittura, ed un altro elemento derivato dall'Italia che ha un'influenza primaria sulla nascita del giardino paesaggistico: la pittura di paesaggio, al punto che Alexander Pope scriver che all gardening is landscape painting. La pittura di paesaggio diventa il termine di paragone per la nuova visione del giardino, ed in particolare il paesaggio della campagna romana, con le sue rovine antiche e immortalato come sfondo di scene mitologiche ed arcadiche nei quadri di Claude Lorrain [1600-1682], ma anche di Nicolas Poussin [1594-1665] e Salvator Rosa [16151673], Opere di questi artisti sono presenti in moltissime collezioni inglesi: proprio il collezionismo inglese del Settecento a consacrare la fama di Lorrain. La campagna romana dipinta da Lorrain un paradiso perduto, con orizzonti inondati da tenui luci rosate e dorate, una visione dell'Arcadia. La nuova pittura di paesaggio romantico che si sviluppa in Inghilterra nel Settecento, ha in Lorrain il suo modello ideale e nume tutelare. Lo stesso stato di degrado in cui si trovavano i giardini del Lazio, enfatizzato dalla vicinanza di rovine classiche (soprattutto Villa d'Este, con la visuale sul tempio della Sibilla, le cascate dell'Aniene e le ville di Frascati) le trasforma in altrettanti scenari modello per i giardini inglesi. Su questa scia, Alexander Pope partecipa all'elaborazione della nuova estetica. Secondo i suoi principi, il giardiniere-architetto paesaggista deve lasciarsi guidare dalla natura e non dall'arte (intesa come artificio), una natura pi naturale possibile; rinuncer all'ordine in nome della variet, della sorpresa, della capacit di nascondere i confini del giardino. Il giardino dovr armonizzare col paesaggio circostante. Creare un giardino da quel momento deve essere come dipingere un quadro. La composizione di un giardino diventa l'organizzazione della natura in modo da creare una successione di quadri da ammirare percorrendo il giardino, da scoprire lungo un cammino pieno di sorprese, scorci e punti di vista. Il proprietario di Stourhead Henry Hoare I, erede di una famiglia di banchieri che acquista nel 1717 la propriet e il vecchio castello di Stourton. Hoare fa demolire il vecchio edificio e affida il progetto della nuova dimora in stile palladiano a Colin Campbell. La villa completata nel 1725 (prima di Chiswick) e richiama le forme di Villa Emo a Fanzolo. Henry Hoare II (1705-1785) eredita la propriet nel 1725, alla morte del padre. Campbell aveva gi progettato un giardino, ma ancora in stile formale. Henry II ha ereditato insieme alla propriet una nutrita collezione di dipinti, tra cui molti paesaggi e soggetti mitologici. Effettua lui stesso diversi viaggi nel continente tra 1737 e 1739. A partire dal 1741 si dedica personalmente alla realizzazione del giardino, che dura un paio di decenni, con laiuto dellarchitetto Henry Flitcroft. Nel percorere il parco ci si sente letteralmente immersi in un quadro di Lorrain: il lago dalle sponde dolcemente ondulate circondato da quinte alberate e cespugli fioriti. L'accostamento delle piante sapientemente studiato sugli effetti di colore. Le variazioni e le gradazioni di colore sono concepite come stesure cromatiche e contrasti di chiaroscuri, come in un dipinto. In mezzo a faggi, castagni, querce e abeti, si affacciano sul lago diversi edifici classici: il Pantheon (1753), il tempio di Flora (1744), il tempio di Apollo (1765), il ponte romano (1762).

Animali liberi, anatre, uccelli, sottolineano l'idea di natura arcadiana, mentre altre costruzioni propongono modelli non classici ma anglosassoni e gotici: la grotta, il cottage gotico, la Torre di re Alfredo, la Bristol Cross (1765) proprio davanti allantica chiesa di Stourton inglobata nel parco. Le ultime costruzioni (1762-69) sono ormai in pieno gusto romantico / gotico. Nel progetto di Campbell il lago non c'era: l'acqua era presente solo in due bacini rettangolari. Per formare il lago si costruisce una diga che convoglia le acque dello Stour nella depressione e allaga la valletta. Il giardino non ha nemmeno un collegamento visuale con la casa: ormai un'opera d'arte a s, che dichiara la propria indipendenza dall'architettura e sceglie l'appartenenza alla natura e alla pittura. Blenheim Progetto: John Vanbrugh, 1704; Lancelot Brown, 1764. Giardino formale: Achille Duchne (XIX sec.) La concezione del gusto del giardino 'all'inglese' si evolve prevalentemente lungo due percorsi differenti: da una parte la ricerca di una naturalit ad oltranza, che rifiuta ogni inserimento estraneo alla natura. Dall'altra invece si impone l'idea di "sublime" e di pittoresco come categorie estreme dell'emozione umana. La prima strada quella percorsa da Lancelot "Capability" Brown (1716-1783) e un esempio del suo modo di operare nella creazione dei giardini di Blenheim Palace. La costruzione della dimora, su progetto di Vanbrugh, ha inizio nel 1709 vicino al villaggio di Woodstock, e comporta la distruzione dell'antico Woodstock manor. Il committente John Churchill duca di Malborough, che riceve la propriet in dono dalla regina per la vittoria riportata a Blenheim, un villaggio sul Danubio, contro la Francia nel corso della guerra di successione spagnola (1701-14). Il primo impianto del giardino formale, disegnato da Henry Wise, e questa parte del giardino stata reimpiantata nel 1925-32 da Achille Duchne. Il ponte sul fiume Glyme, che attraversa la propriet, costruito da Vanbrugh ed monumentale, sovradimensionato rispetto alla larghezza del fiume e molto costoso. Dopo il 1716 le spese vengono sostenute non pi dalla regina ma da Marlborough, nello stesso anno Vanbrugh abbandona l'incarico per le liti con la duchessa e il ponte non viene terminato. Nel 1758-64 il 4 duca di Marlborough - George Spenser - affida a Lancelot Brown l'incarico per trasformare il giardino nel gusto moderno. Soprannominato "Capability" per la sua capacit di capire subito le potenzialit di un luogo e di trasformarlo in paesaggio, Brown ha una formazione di giardiniere autodidatta e comincia a farsi conoscere lavorando a Stowe. Nel 1764 gi sovrintendente ai giardini di re Giorgio III. E un po' lopposto di Kent: non mai stato in Italia, ma si forma un'esperienza pratica di professione come 'gardener' che lo rende ben presto famosissimo. Realizza circa 120140 'improvements ' - miglioramenti nel corso di 30 anni (quasi un monopolio) lavorando per nobili e piccoli proprietari in tutto il paese. Nella sua opera non c pi posto per i riferimenti letterari. La bellezza deriva da un'impressione di naturalezza e libert, il prato giunge fino alle soglie della casa. Gli animali pascolano, trattenuti solo dagli ha-ha, e nella scelta delle piante preferisce le specie locali. I suoi interventi sono spesso molto drastici pur di ottenere l'effetto voluto: distrugge i giardini preesistenti, disbosca ed elimina alberi secolari, spiana colline, allaga valli

senza la minima esitazione. Qualsiasi terreno pu essere domato e trasformato: questo gli attirer grande ammirazione e numerose critiche A Blenheim, Capability Brown spiana i parterres davanti alla dimora portando il prato fino ai piedi della casa, e fa salire il livello del fiume costruendo uno sbarramento sul Glyme che "allaga" il ponte e fcrea un lago dai contorni irregolari. Bowood Progetto: Lancelot Brown, 1760 ca. Il parco di Bowood House fornisce un ottimo esempio del cambiamento nel gusto dei giardini inglesi a partire dal VIII secolo. La prima testimonianza di un progetto di giardino nella propriet risale ad una rappresentazione pittorica della casa del 1725, epoca in cui veniva costruita da Sir Orlando Bridgeman, e mostra un viale dietro la casa, sopra un terreno ondulato, e un lago di forma geometrica. Nel 1754 la propriet viene acquistata dal primo conte di Shelburne, che incarica Lancelot Brown di plasmare il parco, ma il paesaggista inizier l'opera soltanto dopo la morte del Conte, nel 1761. L'intervento pi importante consiste nella realizzazione di un lago che segue strette linee sinuose e la creazione di dolci pendenze ad est della casa. Al suo progetto si deve il piantamento di un'enorme quantit di alberi, tra cui 12.000 biancospini. Elemento architettonico di spicco il piccolo tempio dorico, inserito tra il prato e le sponde del lago in cui si riflette creando uno di quei "quadri" di paesaggio che caratterizzano il gusto pittorico dell'epoca.

1800 I GIARDINI E I PARCHI PUBBLICI. Con lavvento dell'era industriale, cambia il rapporto tra l'uomo e la natura. L'ingresso della macchina nella vita quotidiana segna un momento di rottura. Gli uomini che hanno visto le prime ciminiere e ferrovie sono anche gli stessi che hanno lasciato la campagna per andare a lavorare come operai nelle citt, che diventano poli di attrazione fortissimi. Le forme colossali partorite dalla fantasia (da Bomarzo al Desert de Retz) ora sono reali, sono le grandi macchine a vapore, veri mostri della tecnologia. Il fumo, il rumore, creano un ambiente che avrebbe ben soddisfatto i teorici dell'orrido e del sublime. L'Europa scossa da una crisi economica e politica che destabilizza la societ (la Rivoluzione francese ha lasciato i suoi segni ovunque). Il tema del rapporto fra uomo e natura riappare profondamente modificato, il paesaggio ormai segnato dalla presenza della macchina, e mai come ora si sentita la nostalgia della natura. Diversi sono gli atteggiamenti e i sentimenti che gli abitanti delle citt nutrono per la natura, molto cambia a seconda della situazione sociale: ci sono gli sradicati dalle campagne, che ricordano l'orto che hanno lasciato per la fabbrica, ci sono igli appartenenti alla classe benestante, i privilegiati che possono isolarsi a proprio piacimento nel silenzio dei loro parchi, c' la piccola borghesia urbana, che nelle periferie ricrea il suo angolo verde.

Il problema della natura in citt diventa un tema sociale di enorme importanza, e segna anche l'origine dell'urbanistica moderna e dell'idea di "standard" inteso come qualit minima della vita, anche grazie alla presenza della natura. Chi al potere, con scopi filantropici e anche maggiormente di pacificazione sociale, si preoccupa di ristabilire un collegamento tra gli uomini e la natura, che diventa un diritto di tutti a maggiore ragione di chi vive in un ambiete anti-naturale come la citt industriale. E' la nascita del concetto di parco pubblico, di area verde destinata allo svago, al divertimento, alla salute psico fisica dei cittadini, che passa attraverso aria acqua e sole, ma anche la nascita di una nuova pianificazione urbana, esemplificata dalla proposta di Loudon per la crescita regolata di Londra. La sua ipotesi propone infatti uno sviluppo per circoli concentrici: intorno alla citt esistente le zone in espansione, in forma anulare, avrebbero dovuto alternarsi a cinture di verde, le green-belts (che diventano fondamento per la successiva teorizzazione delle citt-giardino di Howard). In effetti i grandi parchi delle residenze di corte gi dal XVII secolo venivano aperti alle pubbliche passeggiate il rito del farsi vedere, del passeggiare e conversare rendeva questi spazi la vetrina del bel mondo. Sono i primi passi di un mutamento nei rapporti fra le classi sociali. Il Desert de Retz fin dall'inizio aperto al pubblico. Nascono i primi parchi di divertimenti in Inghilterra: il Vauxhall di Londra apre nel 1661: in questi luoghi oltre a passeggiare nel tempo libero si ascoltava musica, si andava a teatro, si trovavano varie attrattive. L'organizzazione spaziale si rif inevitabilmente al gusto inglese del giardino, che sembra il pi adatto a contenere le innumerevoli funzioni che si moltiplicano allinterno dei parchi, anche se alcuni teorici affermano invece che la migliore forma per i parchi pubblici rimane quella geometrica, mentre quella informale deve rimanere esclusiva dei parchi privati. Questi luoghi dovevano essere adatti a fare esercizio, respirare all'aria piena, rilassarsi dagli affari, intraprendere conversazioni Per Hirschfeld i viali rettilinei favoriscono queste attivit, ma in un parco grande pu anche essere inserita una parte con viali sinuosi, per aumentare la variet e le attrattive. L'Inghilterra si pone di nuovo all'avanguardia nella creazione di parchi pubblici in quanto, grazie all'accelerato sviluppo industriale, nelle sue citt l'elemento del verde pubblico si rende necessario prima che altrove (dove si passa pi gradualmente dal parco privato aperto al pubblico a quello appositamente progettato). A Londra il Regent's Park (1811) propone un nuovo modello imprenditoriale per la realizzazione di uno spazio di verde pubblico: la lottizzazione residenziale intorno al parco. Altri esempi e modelli sono il Prince's Park di Paxton, molto ammirato da Olmsted. A Birkenhead, una citt nuova, satellite di Liverpool, in fase di accrescimento, il progetto ancora di Paxton inserisce il parco nel nuovo impianto urbano come elemento fortemente innovativo, per migliorare le condizioni di vita ritenute ormai quasi inaccettabili. In Francia, durante l'Impero di Napoleone III, nel disegno della Grande Capitale voluta da Haussmann si applicano le teorie del giardino pittoresco. La sezione 'Promenades et Plantations' quella che suscita pi elogi e ammirazione nell'embellissement di Parigi. La tradizione geometrica lenotriana viene associata all'ancien rgime e quindi per reazione rifiutata. Invece i nuovi principi del giardino inglese vengono accolti con entusiasmo.

Figura di spicco Jean-Charles Adolphe Alphand, ingegnere dell'Ecole Nationale des Ponts et Chausses - dal 1861 direttore amministrativo del Service Promenades et Plantations - e il suo allievo-orticoltore Barillet Deschampes. Alphand tratta per iscritto e codifica i principi seguiti nella progettazione e i modelli a cui si ispira, dedicando spazio anche alle opere idrauliche, di scavo, di piantumazione, ed alla botanica.

Iconologia, psicoanalisi, arte e alchimia


C. stato il primo studioso e storico dellarte italiano a mettere in luce le componenti dellermetismo rinascimentale, a servirsi nella critica darte di spunti della psicologia freudiana e junghiana e a introdurre nella stessa fin dagli anni Cinquanta, (dopo E. Battisti), liconologia, allora fortemente avversata in Italia. Integrando questi strumenti allanalisi formale e attributiva e allindagine darchivio, C. ha inaugurato un metodo che ha portato contributi radicalmente innnovativi alla conoscenza di personalit come Drer, Giorgione, Caravaggio, Piranesi, Seurat, Boccioni, Duchamp, de Chirico; suggerendo anche nuove letture di opere di Piero della Francesca, Cosm Tura, Botticelli, Bellini, Tiziano, Correggio, Dosso, Michelangelo, Bronzino, nonch dei cicli di affreschi della Sistina. Il suo primo studio che alla ricerca attributiva unisce lanalisi iconologica il saggio Il sacro bosco di Bomarzo, in Scritti di storia dellarte in onore di Lionello Venturi, Roma, De Luca, 1956, pp. 369402, poi ripreso, largamente ristrutturato e ampliato in Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura (Milano, Bompiani, 2000, pp. 305, ill. 85), libro che ha ottenuto il gi ricordato Premio Morassi. Fin dagli anni Cinquanta il fratello Alessandro Calvesi, psicoanalista, recentemente scomparso, lo interessa alla psicoanalisi e lo introduce alla lettura di Freud. Il saggio su Alberto Burri (7) il primo testo italiano di storia dellarte che fa ricorso alla psicoanalisi, con una interpretazione delle pulsioni dellartista come contrapposti istinti costruttivi e distruttivi, chiave di lettura che stata riecheggiata da pi autori. Approfondisce poi la dottrina psicoanalitica sul versante junghiano, e dal famoso testo Psicologia e alchimia C. prende le mosse per una serie di studi su un tema inedito in Italia come in campo internazionale, ovvero il tema dei rapporti tra arte e alchimia non gi in chiave junghiana di assimilazione inconscia (Schwarz), bens di cosciente elaborazione, da Albrecht Drer a Marcel Duchamp (8) e altri. Negli scritti su Drer, C. interpreta la nota incisione Melencolia I come momento iniziale dellopus alchemico (interpretazione largamente ripresa); negli scritti e nel volume su Duchamp spiega larte del maestro in termini di consapevole rivisitazione della tradizione

alchemica e mette in luce la doppia lettura del titolo del Grande Vetro: La marie mise a nu par ses celibataires, mme; La Marie est mise nue par ses c(o)elibatteurs, mem: interpretazione questa che rivela nel Grande Vetro le allegorie (classiche nel repertorio alchemico) dellAssunzione della Vergine e della Trebbiatura, e che stata ampiamente condivisa e ripresa in campo internazionale, anche se molto spesso senza citazione della fonte. Varie annotazioni sul rapporto tra arte e alchimia nei secoli, si possono trovare nel fascicolo Arte e Alchimia di C. (Firenze, Giunti Editore, 1986; pp. 66 con ill.ni nel testo, allegato al n. 4 di Art e Dossier). Nellambito della Biennale del 1986 dedicata al tema Arte e Scienza, C. suddivide i temi principali in diverse sezioni: Spazio, Colore, Wunderkammer, Arte e Biologia, Tecnologia e Informatica, Conservazione dei Beni Culturali. A queste C. aggiunge una vasta sezione dedicata a Arte e Alchimia che mostra anche una preziosa raccolta di codici alchemici (di cui incarica Mino Gabriele, allepoca suo assistente) insieme a una rassegna di artisti interessati allalchimia, mostra che C. affida ad A. Schwarz, cio allunico studioso che aveva intravisto lalchimia nellopera di Duchamp, sia pure giudicandola junghianamente come emergenza inconscia. Nelloccasione C. illustra la mostra al Presidente francese Mitterand, che apprezza vivamente lesposizione, particolarmente quella dei codici alchemici, e confida a C. la sua passione per lermetismo e l esoterismo alchemico. Note 7) Apparso in Quadrum n. 7, 1959 (senza mese) e ripubblicato in Le due avanguardie, Milano 1966, Lerici Editore alle pp. 190-203, e alle pp. 220-235 della sesta edizione La Terza del 2008. 8 ) A noir. Melencolia I, in Storia dellArte, gennaio-giugno, 1969, pp. 37-96; La melanconia di Albrecht Drer, Torino, Einaudi, 1993, pp. 204, ill. 1; Duchamp invisibile. La costruzione del simbolo , Roma Officina Edizioni 1975, pp. 415, ill. 122. (vedi anche la nota 25).

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