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JEAN-LOUIS SKA S.I.

Come leggere lAntico Testamento?

Questo articolo avrebbe potuto intitolarsi: Dobbiamo ancora leggere lAntico Testamento [AT]? o anche: Perch non leggiamo lAT?. Quanti cristiani, infatti, hanno una vera familiarit con la prima, e di gran lunga la pi ampia, parte della loro Bibbia? La liturgia del Vaticano II offre regolarmente letture tratte dallAT; liniziativa per ha messo ancor pi in evidenza la difficolt che molti provano nel prendere contatto con tali testi, perch pi semplice leggere tali passi nelle introduzioni, nei manuali o nelle storie sacre destinate a ogni et che non nella versione originale dal linguaggio piuttosto ostico. Da dove viene la difficolt? possibile risolverla? Ecco i problemi che vorremmo trattare in questo articolo. Le difficolt obiettive Eviteremo di trattare il problema del linguaggio, perch non specifico della Bibbia, ma di qualsiasi testo che provenga da unaltra epoca e da unaltra cultura. Le questioni pi discusse dai lettori dei racconti dellAT si possono ricondurre a tre problemi principali: la moralit di certe grandi figure bibliche, la durezza manifestata da Dio in alcuni racconti e la teologia insufficiente riguardo allaldil. Prima di proporre alcune soluzioni, preciseremo il carattere di ognuna di tali difficolt. La moralit delle grandi figure bibliche. Il Genesi offre alcuni esempi di racconti che scandalizzano il cristiano di oggi come quello di ieri. Non si tratta tanto delle azioni stesse quanto del modo di presentarle, poich certi racconti biblici non contengono apparentemente nessun giudizio sui fatti narrati. La menzogna, la vilt, linganno vi figurano indisturbati e, a prima vista, gli scrittori biblici non se ne scandalizzano affatto. Abramo fa passare due volte la propria moglie per la propria sorella ; poco dopo Isacco far lo stesso . Questi patriarchi sono bugiardi e non dimostrano grande coraggio, poich espongono le loro spose agli oltraggi degli stranieri pur prof ttando della situazione per arricchirsi spudoratamente. Giacobbe inganna due volte il fratello Esa, in due episodi ben noti . Prima di riconciliarsi con i fratelli, Giuseppe li tratta con una durezza che non facilmente giustificabile . Dov il senso della fraternit e del perdono? Inutile continuare la lista parlando dei Giudici, di Sansone o di Iefte, o dei re come Davide e Salomone: questi esempi sono pi che sufficienti a illustrare la difficolt. Gi i Padri si erano interessati a tale problema. Lesposizione classica delle loro soluzioni si trova nel De Doctrina Christiana di santAgostino, che proponeva due
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* Articolo 1 Cfr

apparso in La Civilt Cattolica 1993 III 209-223. Gen 12,10-20 (v. 13); 20,1-18 (v. 2). 2 Cfr ivi, 26,6-11 (v. 6). 3 Cfr ivi, 25,24-34 (il piatto di lenticchie e il diritto di primogenitura); 27,1 28,9 (la benedizione rubata). 4 Cfr ivi, 42-45; soprattutto 42,7.17.19.24 b; 44,17.

soluzioni . La prima, storica, consiste nel dire che le epoche e i costumi erano diversi ; la seconda era dinterpretare i testi in senso fgurato . Tali soluzioni sono eleganti, ma non soddisfano pi il lettore moderno della Bibbia. Se i racconti appartengono a unepoca passata, perch leggerli ancora? E se non possono essere proposti come normativi per la condotta dei cristiani del nostro tempo, non una ragione di pi per abbandonarli? La lettura figurativa, poi, comporta essa pure le sue difficolt. Se la figura indica una realt pi elevata che ci viene fornita dal Nuovo Testamento [NT], certamente pi semplice attenersi alla realt neotestamentaria e accantonare la figura imperfetta. Ecco il vicolo cieco in cui si trova il cristiano e le ragioni per cui lAT cos poco popolare. La violenza divina in alcuni racconti. Diversi testi del Deuteronomio, di Giosu, del primo libro di Samuele parlano di una usanza secondo cui le citt conquistate dovevano essere votate allinterdetto, dovevano cio essere completamente distrutte, massacrati tutti gli abitanti, uomini, donne, bambini e anche il bestiame, e tutti gli oggetti preziosi consacrati solo a Dio . La questione si complica perch Dio stesso a chiedere di agire cos . Non dunque possibile considerarla una usanza propria di unepoca rozza e senza piet o una delle leggi barbare della guerra. Il problema teologico. Sono state proposte alcune soluzioni, che per rimangono inadeguate. forse sufficiente dire che tale legge poco realistica e che mai o molto raramente stata applicata ? Perch allora menzionarla nei racconti? Un solo esempio gi basterebbe per creare un caso difficile alla coscienza cristiana che non pu non contrapporre a tale costume le parole di Ges sullamore verso i nemici . Se il NT ha corretto quella nozione primitiva della sovranit di Dio , ci non significa che quei passi testimoniano usanze obsolete? Allora, perch fanno ancora parte del canone? Una teologia insufficiente. Questo problema si pone con maggior forza in quello che rappresenta uno dei vertici della poesia ebraica, il libro di Giobbe. Il dramma di questo giusto, secondo la maggioranza degli interpreti, si ridurrebbe a ben poco se egli avesse conosciuto il dogma della risurrezione dei morti . Ma allora, se possediamo la soluzione di questo problema, perch leggere ancora quei capitoli? Il libro di Giobbe non ha altra utilit fuorch servire da contrasto? La nostra reazione, in tal caso, pu facilmente essere oggetto dellamaro rimprovero che lo stesso Giobbe rivolgeva agli amici quando chiedeva loro compassione, non spiegazioni
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Cfr S. AGOSTINO, La Dottrina Cristiana , 1. III, sez. II, soprattutto 5 (9); 28 (39), Milano, Ed. Paoline, 1989, 230; 258. 6 Occorre dunque considerare attentamente quel che conveniente a seconda dei luoghi, dei tempi, delle persone, per non essere accusati alla leggera di turpitudini (ivi, 1. III, sez. II, 12 [19], p. 242). 7 Il modo sostanzialmente questo: tutto quel che nella parola di Dio non pu essere riferito in senso proprio n allonest morale n alla verit della fede, dovresti riconoscerlo come figurato (ivi, 1. III, sez. II, 10 [14], p. 237). 8 Cfr Nm 21,2; Dt 7,1-2; 13,13-19; 20,16-18; Gs 6,16-19.21; 1 Sam 15,3.16-23. La norma viene mitigata in alcuni casi, come in Nm 31,15-23; Dt 2,34-35; 3,6-7; 20,13-14; Gs 8,26-27; 11,14. Quando, invece, altre volte essa non viene applicata in tutto il suo rigore, il colpevole severamente punito (Gs 7; 1 Sam 15,16-23). 9 Cfr Dt 7,1; 20,17; Gs 7,15; 1 Sam 15,2-3. 10 Cfr Traduzione ecumenica della Bibbia , nota esplicativa di Gs 6,17. 11 Cfr Mt 5,43-48 // Lc 6,27-28.32-36. 12 Cfr La Bibbia di Gerusalemme [BG], nota esplicativa di Gs 6,17. 13 A titolo di esempio, citiamo una frase tipica dellintroduzione al libro di Giobbe nella BG: Per illuminare il mistero della sofferenza innocente, bisognava attendere di avere la certezza della retribuzione dellal di l (sic) e di conoscere il valore della sofferenza degli uomini unita a quella di Cristo.

(Gb 6,21-29; 16 2-5). Atteggiamenti contraddittori Oltre le difficolt obiettive appena enunciate, ne esistono altre, pi sottili, derivanti dai comportamenti spesso inconsciamente contraddittori dei cristiani. Esiste infatti un impressionante contrasto tra le difficolt che sorgono quando i credenti affrontano lAT e il loro atteggiamento di fronte a pi di un capolavoro letterario o artistico ispirato alla Bibbia, o ancora quando incontrano i problemi sopra citati, ma al di fuori della Bibbia. Nessuno si scandalizza nellascoltare gli oratori di Handel che pur trattano soggetti controversi . Il compositore tedesco della corte dInghilterra ha scelto personaggi certo poco edificanti come Sansone, racconti dal contenuto teologico difficile come la storia di Giosu, di Saul o di Giuda Maccabeo, una figura ambivalente come Salomone e un racconto, quello di Iefte, altamente drammatico, ma che fa fremere il teologo e il credente. Il punto di vista dellartista o dellamante dellarte rende linterpretazione di quelle pagine bibliche meno difficoltosa. Daltro canto i nostri contemporanei, se trovano difficile riconciliarsi con il contenuto dei libri di Giosu e dei Giudici, possono assistere impassibili alle scene violente descritte nei componimenti epici di Omero, di Virgilio, della Chanson de Roland o nelle opere moderne dello stesso genere. Certamente, il cristiano non cerca nella Bibbia anzitutto una soddisfazione di ordine estetico, ma un nutrimento per la sua fede. Inoltre, la Scrittura parola di Dio. Nondimeno lartista trova una via meno ingombra per raggiungere i testi biblici ed lecito domandarsi se il credente non potrebbe imparare qualcosa alla sua scuola. Un teologo come H. U. von Balthasar non ha forse parlato di una dimensione estetica della teologia ? Nello stesso ordine di idee, la storia di Iefte, che deve sacrificare la figlia in virt di un voto imprudente (Gdc 11), costituisce un ostacolo per non pochi lettori della Bibbia. Le stesse persone, certo, leggeranno con intensa emozione il dramma dIfigenia in Aulide, come stato trattato in epoche diversissime da Euripide (circa 405 a.C.) o da Racine (1674); ora, anche l un padre deve sacrificare la figlia a una divinit. Sansone un personaggio poco brillante dal punto di vista morale e le sue avventure ne fanno un eroe picaresco pi che un modello di virt. Di tutto ci che la Bibbia offre riguardo a questo colorito personaggio, la liturgia ha conservato un solo racconto: lannuncio della sua nascita (Gdc 13,2-25) , cio lunico episodio di tutto il ciclo in cui Sansone non presente. Gli artisti, dal canto loro, si sono invece spesso ispirati a quelle pagine. Oltre al citato Handel, ricordiamo, nel mondo della letteratura, il Sansone agonista di John Milton (1671) e, in quello della musica, lopera di Camille Saint-Sans, Sansone e Dalila (1877), per limitarci al passato. Questi pochi esempi mostrano che esistono canoni diversi nel modo di leggere la Bibbia. Ci che costituisce ostacolo per gli uni, diventa per gli altri fonte dispirazione. Sarebbe indubbiamente facile obiettare che gli artisti ricercano nelle Scritture solo valori umani, mentre il credente vuole trovarvi valori di ordine superiore, perch
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F. HNDEL ha composto su temi biblici i seguenti oratori: Saul (1739), Sansone (1742), Il Messia (1742), Giuda Maccabeo (1746), Giosu (1747), Salomone (1747), Iefte (1751). 15 Cfr H. U. VON BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische sthetik , Einsiedeln, Johannes, 1961-69 (tr. it. Gloria. Una estetica teologica , Milano, Jaca Book, 1971-77). 16 Cfr Messa del 19 dicembre. Il testo del resto molto abbreviato, passando la lettura dal v. 7 al v. 24.

riconosce alla Scrittura unautorit quale nessunaltra opera profana pu pretendere. Tra le opere ora citate, pi di una esprime un profondo spirito religioso. E daltro canto, la rivelazione biblica, nellAT come nel NT, non ha forse modificato il confine che separava il sacro dal profano? Questi due campi non si confondono, ma da quando il Verbo si fatto carne, il sacro si profondamente radicato nel mondo profano o, per adoperare la parola di Charles Pguy, lo spirituale si fatto carnale. Le nostre riflessioni mirano solo a trarre alcune conseguenze da questa verit per quanto riguarda linterpretazione dei testi biblici. Alcuni principi interpretativi Prima di tornare ai problemi citati sopra e di tentare di risolverli, opportuno enunciare alcuni princpi di ermeneutica partendo dagli studi pi recenti sulla Bibbia come letteratura e, in particolare, sulla narrativa biblica . In un libro di una ventina di anni fa, H. W. Frei notava un fenomeno interessante a proposito dellesegesi biblica dal sec. XVIII ai nostri giorni . A partire dallepoca dei Lumi e con la nascita del razionalismo, lesegesi biblica ha molto ristretto il proprio campo dindagine. Di fatto, i biblisti sono giunti a trattare quasi esclusivamente due tipi di questioni: la storicit dei racconti biblici e il loro contenuto ideologico. Da un lato, lindagine verteva sul legame tra testi biblici e storia. Razionalisti e credenti, moderati o estremisti si sono incontrati su questo terreno. Per tutti, salvo qualche sfumatura, la verit del testo biblico dipendeva quasi totalmente dalla sua storicit. Che gli uni la difendano e gli altri lattacchino poco importa. Per la maggior parte dei credenti, la storicit finiva per confondersi con la verit del racconto. Per i razionalisti, era invece necessario metterla da parte per arrivare alla verit universale del testo. In sintesi, la questione era diventata, per gli uni e per gli altri, la chiave dinterpretazione dei racconti biblici . Daltro canto, tale interpretazione si sforzata dintegrare i testi biblici in un quadro ideologico o in un sistema di categorie astratte. Che queste siano quelle della religione naturale, di una ragione illuminata dalla fede, della teologia e della morale classiche, del kerygma o dellordine delle verit ispirate secondario. Per H. W. Frei sorprendente notare come partigiani e avversari, progressisti e conservatori, credenti e razionalisti, pietisti e filosofi dei Lumi procedano allo stesso modo: essi interpretano la Bibbia in funzione di elementi estranei ad essa e trovano il suo significato altrove anzich nello svolgimento dei racconti stessi. Il senso diventa unastrazione o una verit che ha scarso rapporto con gli elementi inerenti al testo, con la sua struttura, con le sue immagini e con i suoi percorsi narrativi; meno ancora esso si trova nellesperienza della lettura vista come una componente indispensabile della sua costituzione. In breve, il senso diventato estrinseco al testo biblico, poich si trova unicamente nel suo riferirsi a fatti esteriori o a concetti astratti . Ne derivano importanti conseguenze. La prima che il racconto biblico non pi la mediazione obbligata della verit che esso annuncia, ma una semplice illustrazione di quella verit. Limpresa ermeneutica consiste dunque, grosso modo, nello spogliare il
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Cfr, ad esempio, il nostro articolo Narrativa ed esegesi biblica, in Civ. Catt. 1991 III 2l9-230. W. Frei, The Eclipse of Biblical Narrative , New Haven - London, Yale University Press, 1974. 19 Ivi, 85. 20 Cfr ivi, soprattutto 124-154: cap. VII: Apologetics, Criticism, and the Loss of Narrative Interpretation.
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testo della sua forma letteraria per enuclearne il senso, sia esso una verit della ragione o della fede . La seconda conseguenza implicita nella prima. Se il senso esiste al di fuori dei racconti, lo scopo dellinterpretazione sidentifica con una conoscenza, cio con la scoperta o la riscoperta dei fatti e dei contenuti astratti cui le Scritture fanno riferimento . Il senso non viene costruito o ricostruito a poco a poco nel corso del processo dinamico della lettura, esso sidentifica invece con una rappresentazione statica. Linterpretazione sidentifica allora con una teoria della conoscenza che abilita a ritrovare il significato nascosto come una cosa nella trama dei racconti biblici. Ora, prosegue ancora H. W. Frei, questo cambiamento di tendenza piuttosto recente nella storia della Chiesa, poich risale allinizio del sec. XVIII. E, se abbiamo qualcosa da reimparare dalla storia dellinterpretazione, che il senso del testo si trova esclusivamente nel suo intreccio. In questo modo i cristiani hanno letto la Bibbia sino allepoca moderna. Dobbiamo dunque, alla loro scuola, ritrovare il senso della narrazione biblica, come pure delle altre parti della Bibbia. Certo, incontestabile che le questioni affrontate a partire dal sec. XVIII siano cruciali. Non irrilevante che la rivelazione biblica si basi oppure no su fatti storici. altrettanto fondamentale poterne ricavare unautentica teologia e non solo qualche messaggio umanistico o qualche godimento estetico, per quanto purificato. La questione non di sapere se il fine assegnato allinterpretazione sia legittimo, quanto piuttosto dinterrogarsi sul metodo da adottare per raggiungere tale fine; di sapere per quale verso affrontare i testi biblici per interpretarli correttamente. Ora, una prima condizione di leggerli secondo le norme che essi stessi si danno. lunico modo per evitare le manipolazioni e le riduzioni di qualsiasi genere, poich i testi biblici definiscono il rapporto con la realt storica in accordo con le convenzioni letterarie della loro epoca e generano la loro peculiare teologia seguendo le vie a loro proprie. Questa preoccupazione delle convenzioni letterarie Divino afflante spiritu e Dei Verbum parlano di generi letterari uno degli elementi che permettono di riconciliare la lettura estetica e la lettura teologica della Bibbia, quella degli artisti e quella dei credenti. Infatti, chi stabilisce un approccio al testo biblico dallangolazione appropriata in grado di risolvere non poche difficolt . quello che vorremmo mostrare riprendendo le questioni lasciate in sospeso allinizio del presente articolo.
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Un tentativo di risposta agli interrogativi posti dalla lettura dellAT La moralit delle grandi figure bibliche . La prima domanda da porsi in proposito se i racconti biblici che ci presentano le grandi figure del passato dIsraele hanno quale primo scopo di proporre al lettore una galleria di modelli di virt. Esistono buone ragioni per dubitarne. La questione morale non viene per questo rimossa, ma non sta al
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Nellermeneutica realistica, invece, il senso costituito dal racconto, non solo illustrato da esso: Non andare troppo oltre affermare che la narrazione il significato o, in alternativa, che il significato emerge dalla forma della narrazione, piuttosto che venire semplicemente illustrato da essa, come avviene per lallegoria e, in modo diverso, per il mito (ivi, 280). 22 Ivi, 138. 23 Divino afflante spiritu , 314-316; Dei Verbum, 12; S. AGOSTINO, La Dottrina..., cit.: Occorre guardarsi anche da un altro pericolo: pensare di poter trasferire anche in questi tempi, nella pratica della vita, ci che nelle antiche Scritture, in rapporto alle condizioni di quei tempi, non una turpitudine n un misfatto, pur intendendolo in senso proprio, e non figurato (l. III, sez. II, 18 [26], p. 248). 24 Il termine usato dalla filosofia scolastica in questo caso quello di oggetto formale.

primo posto. Perch? Perch i racconti sono anzitutto memorie che conservano il ricordo degli antenati, dei fondatori e degli eroi del passato. Sono sopravvissuti nella tradizione a motivo del vincolo particolare che li univa alle origini e ai momenti essenziali della storia del loro popolo. Che tali eroi abbiano difetti o no ha minore importanza del fatto che siano antenati o che abbiano svolto un ruolo determinante nella formazione e nellesistenza del popolo dIsraele . Queste figure fanno parte dellidentit del popolo, e i lettori cui tali testi sono indirizzati sono i discendenti o gli eredi di quegli uomini e di quelle donne. Che Abramo, Isacco e Giacobbe abbiano avuto le loro debolezze non impedisce che essi siano i padri dIsraele, secondo la carne e nella fede. Mos il fondatore del popolo di Dio, sia egli irreprensibile o no . Sansone certamente tanto violento quanto vulnerabile, egli e rimane un eroe dIsraele nella sua lotta contro i filistei in unepoca in cui questi ultimi erano molto superiori in forze. A questo si aggiunge una seconda ragione. Quelle figure del passato riflettono tutti i brancolamenti, le esitazioni, le cadute e i risvegli di una fede che si forma a poco a poco nel corso delle vicende della storia, nelle pi svariate circostanze. LAT non conosce certo campioni invincibili della virt. In ci esso umano e incarnato. una caratteristica fortemente sottolineata da E. Auerbach nella sua celebre opera Mimesis . Gli eroi della Bibbia non appartengono a una classe privilegiata, n dal punto di vista sociale, n da quello morale. Essi fanno parte del popolino e vivono i drammi pi intensi e pi seri dellesistenza umana. Un uomo e una donna si ritrovano attorno a un albero in compagnia di un serpente, due fratelli litigano in un campo, e proprio l si gioca il destino dellumanit (Gen 2 3; 4). Alle origini dIsraele, il lettore incontra problemi di greggi, di matrimoni e di eredit, di spose rivali che si invidiano, di fratelli che bisticciano e si separano per poi riconciliarsi dopo lunghe peripezie. Questo aspetto dei racconti biblici ha tre conseguenze per la loro interpretazione. In primo luogo, la materia e lo stile di tali racconti impediscono il frapporsi di uno schermo tra quegli antenati e anche lultimo dei membri del popolo eletto. Essi possono riconoscersi nei loro antenati poich la loro esistenza lo specchio di ci che costituisce lessenziale della vita di ognuno. In secondo luogo, litinerario delle grandi figure dIsraele movimentato. A prezzo di molte deviazioni, cadute e riprese, errori e smarrimenti essi hanno cercato Dio nel corso della loro esistenza. Il lettore, antico o moderno, pu trarne la conclusione che lesperienza di Dio inseparabile da una ricerca di Dio con tutte le sue vicissitudini. Ci non giustifica gli errori, ma mostra piuttosto che essi possono condurre a Dio. Infine, il lettore cristiano non deve dimenticare che il NT ha ripreso questo dato della rivelazione veterotestamentaria. Certo, la venuta di Ges Cristo ha impresso un nuovo e radicale orientamento al cammino del credente. Si tratta per ancora di un cammino su cui egli procede spesso a tentoni, come i suoi antenati dellAT: gli ci vorranno ancora giorni e giorni per decifrare i segni del passaggio del suo Signore nel quotidiano della sua storia, di quella della Chiesa e di tutta la famiglia umana. Ma che cosa bisogna fare in concreto? Un esempio, quello della storia di Iefte,
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Su tale aspetto, cfr E. BLUM, Die Komposition der Vatergeschichte , Neukirchen-Vluyn, Neukirchener Verlag, 1984, 505 s. Questo autore insiste sulla polivalenza dei racconti dei patriarchi; essa si fonda tuttavia su un aspetto essenziale di quei racconti, il fatto cio che essi siano la storia delle origini dIsraele. 26 Gli si pu rimproverare di avere ucciso un egiziano (Es 2,12). Quanto al motivo per cui egli non potuto entrare nella Terra Promessa, esso rimane oscuro e i testi biblici ne danno diverse spiegazioni non sempre concordanti; cfr Nm 20,l-13; Dt 1,37; 3,26; 4,21; 32,51; Sal 106,32-33. 27 E. AUERBACH, Mimesis. Dargestellte Wirklichkeit in der abendlndischen Literatur , Bern, Francke, 19562 (tr. it. Mimesis, Torino, Einaudi, 1979).

permetter di precisare questo punto e di proporre una lettura che tenga conto della reale intenzione dei testi biblici. Troppo spesso il lettore cristiano vi cerca modelli da imitare, una specie di Vita dei Santi o di Leggenda aurea, mentre i racconti biblici gli offrono esperienze da condividere. Il dramma di questo eroe non pu lasciare insensibili e proprio a questo esso mira (Gdc 9 11). Non vuole edificare, vuole commuovere. Il lettore non chiamato a giudicare, n per approvare n per condannare; il racconto gli domanda piuttosto di entrare nella crocifiggente esperienza di un padre e di sua figlia, di rivivere il terribile momento in cui la vittoria del padre volge in tragedia, il canto di trionfo della giovane figlia si muta in una trenodia, cio in un canto funebre. Come ci pu nutrire lesperienza di fede? In una maniera precisa: la dimensione propriamente religiosa del racconto inscindibile dal modo di rivivere lepisodio. Essa non consiste in una idea, ma nella qualit della partecipazione al dramma come esso si svolge sotto gli occhi del lettore. Tuttavia, sarebbe erroneo voler scambiare le idee per sentimenti soggettivi. Si tratta piuttosto di ricomporre una esperienza, di divenire attivamente coscienti delle forze che vi si confrontano e di seguire nei tempi della lettura le tappe del suo percorso. Concludendo, il senso di quel racconto non dunque una cosa che basterebbe cogliere al volo nel testo, esso legato a un atto che richiede da parte del lettore un esercizio di assimilazione per entrare nel mondo della narrazione e orientarvisi secondo i punti di riferimento propri di tale universo. In questo modo egli si arricchir a contatto con il testo, senza ricercarvi ci che gi conosceva. Nel linguaggio paolino, il senso risulta quando linterprete esercita la propria capacit ermeneutica di farsi tutto a tutti (1 Cor 9,22). Cos, il credente scoprir la verit di una celebre frase di Terenzio: Nulla di umano mi estraneo , una frase che riveste un senso nuovo da quando il Verbo divino ha rivestito la nostra fragile carne (Gv 1,14).
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La crudelt dei racconti di conquista. Qui pure la questione anzitutto di ordine formale. La difficolt diminuisce molto quando il lettore prende coscienza che quei racconti sono vicini al mondo idealizzato dellepopea . Ora, in tale mondo, non possono esserci mezze vittorie: o esse sono complete o non ci sono. Questo tratto si capisce partendo dal contesto nel quale il libro stato scritto e nel quale vivevano i suoi primi destinatari. La data del libro di Giosu non pu ovviamente essere fissata con certezza. Gli esegeti concordano tuttavia nel datare lultima redazione dallesilio o anche dallimmediato postesilio . Il popolo dIsraele ha dunque composto questo affresco epico e si dato un passato glorioso nel momento in cui ha sentito che stava perdendo la propria terra. Ha voluto cos esorcizzare il presente con laiuto del passato, pur dandosi ragioni di sperare che Dio avrebbe rinnovato le gesta di un tempo e restituito al suo popolo la terra avita. Per questo motivo gli israeliti hanno voluto offrire una descrizione ideale della conquista, adottando uno stile che ha tra le sue principali caratteristiche la volont di abbellire. Indizi vari confermano come il racconto abbia inteso idealizzare il passato. Giosu uno dei pochi eroi irreprensibili della Bibbia. Dio non gli rifiuta mai il suo aiuto. Cos, Lui a rivelare a Giosu la causa dello smacco davanti ad Ai e il modo di scoprire il colpevole (Gs 7,10-15); ancora Lui a fermare il sole e la luna per permettere alleroe
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Homo sum, humani nihil a me alienum puto: TERENZIO, Hautontimorumenos, 77. Di fatto, buone ragioni lasciano pensare che non esista equivalente esatto dellepopea classica nella Bibbia: cfr C. CONROY, Hebrew Epic: Historical Notes and Critical Reflections, in Biblica 61 (1980) 1-30; S. TALMON, Did There Exist a Biblical National Epic?, in Proceedings of the Seventh World Congress of Jewish Studies , Jerusalem, Magnes Press, 1981, 41-61. 30 Tra gli altri cfr J. A. SOGGIN, Introduzione allAntico Testamento , Brescia, Paideia 1987, 218-226, ID., Joshua. A Commentary, London, SCM, 1988, 4 s.

di raggiungere la vittoria totale contro gli amorrei e il narratore nota a tale proposito che, fatto inaudito, lunico caso di tutta la storia sacra in cui Dio abbia obbedito a un uomo (10,12-l5; cfr v. 14). La conquista totale (11,12-15.23; 12,16-20; 21,43-45) e Giosu non subisce che una sola disfatta, del resto presto riscattata (7,2-5). Il tempo di Giosu una delle poche epoche in cui Israele si sia mostrato di una fedelt senza incrinature al suo Dio (24,31; cfr Gdc 2,7). Il libro termina con una scena impressionante in cui il popolo, unanime, conclude unalleanza con Giosu e promette di servire solo YHWH. Questo davvero un periodo aureo della storia dIsraele ed bene leggere tutto il libro con tale spirito. Accanto a questa descrizione ideale, per, il libro contiene altre affermazioni che vanno in senso opposto. Ci si nota in maniera pi particolare in quattro campi. Primo: Dio concede la vittoria a Israele su tutti i suoi nemici. Baster sembra, che Egli compaia per fare fuggire i suoi avversari (1,5-9). Tuttavia Giosu manda alcune spie a Gerico prima di attaccare (2,1); ricorre allastuzia per impadronirsi di Ai, subito dopo aver ricevuto da Dio la conferma che la citt veniva consegnata nelle sue mani (8,1-2 e 3 9). Nella guerra contro i cinque re, Dio rassicura di nuovo Giosu prima della battaglia, ma ci non impedisce a questultimo di avvalersi di uno stratagemma per assicurarsi la vittoria: egli attacca allimprovviso, allalba, prima che il nemico si sia disposto per la battaglia (10,8-9). Non c ovviamente contraddizione tra queste due prospettive; il testo, tuttavia, vuole chiaramente mostrare che vi sono due livelli e che lassicurazione divina non esclude limpiego di ogni risorsa a disposizione di un abile capo . Secondo: la vittoria totale e pi volte il racconto ripeter che il territorio stato conquistato . Accanto a queste visioni trionfalistiche, per, il lettore rimane sorpreso di trovarne altre molto pi sobrie. A diverse riprese, il testo afferma apertamente che Giosu non ha conquistato tutta la terra promessa. Tali menzioni dei territori ancora da conquistare abbondano . Una tale descrizione meno esaltante corrisponde del resto a quella che sar offerta dal libro dei Giudici (cap. 1). Nel libro di Giosu, le due serie di affermazioni procedono fianco a fianco e riesce difficile sapere come reagire di fronte a questa contraddizione flagrante che non certo sfuggita agli autori o redattori del libro. Terzo: la legge dellinterdetto doveva essere rispettata in tutto il suo rigore. La prima infrazione stata severamente punita con la lapidazione del colpevole (7,1-26). Ma, alcuni versetti dopo, Dio mitiga la legge e permette a Israele dimpadronirsi delle spoglie e del bestiame della citt di Ai (8,2). Gs 11,13-14 riferisce altre infrazioni a tale legge senza giustificarle in nessuna maniera. Gi al tempo della conquista di Gerico, Giosu aveva risparmiato Raab e la sua famiglia (2,9-13 e 6,22-23.25) perch questultima aveva confessato la propria fede in YHWH. Come si vede, la rigidit della Legge non esclude la possibilit di un suo adattamento in funzione delle circostanze . Quarto: si dice che Giosu si sia conformato in tutto alla Legge che Mos gli aveva affidato (11,15; cfr 1,7-8). Il lettore si stupir allora che Giosu si sia lasciato indurre a concludere unalleanza con i gabaoniti (Gs 9), cosa vietata da tale Legge (Dt 7,1-7; soprattutto 7,2) e in patente conflitto con le istruzioni sulla guerra di Dt 20,1018 . I gabaoniti hanno ottenuto quellalleanza con lastuzia, facendo credere che essi
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Su tale punto, cfr R. POLZIN, Moses and the Deuteronomist A Literary Study of the Deuteronomic History, New York, The Seabury Press, 1980, 86 s. 32 Gs 11,16-20.23; 12,1-24; 21,43-45; cfr pure 1,5; 2,9.24; 10,8; 23,9. 33 Cfr ivi, 12,22 b; 13,1-13; 14,12; 15,63; 16,10; 17,12s.16; 18,3-7.8; 19,47. Su questo punto, Cfr R. POLZIN, Moses..., cit., 130-134. 34 Cfr ivi, 84-87. 35 Cfr J. A. SOGGIN, Joshua... cit., 112 s.

venivano da lontano (Gs 9,3-6). Rimane per vero che lalleanza come tale non poteva essere prevista. Questo racconto non di una sola redazione e gli ultimi compilatori lo hanno probabilmente rimaneggiato. Ci vale soprattutto per il finale (9,19-27), dove Israele e Giosu decidono di utilizzare i gabaoniti come spaccalegna e portatori dacqua . Cos, laffare termina in sintonia con le norme di Dt 20,11, dove si dice che le citt lontane che faranno pace con Israele saranno soggette a tributo . Ancora una volta il racconto attuale testimonia la preoccupazione di far concordare una situazione concreta con la Legge, ma senza eliminare completamente il divario che continua a separarle. Questi esempi inducono a concludere che i racconti del libro di Giosu sono percorsi da una tensione tra la descrizione utopica dellideale e la realt dei fatti. A sua volta, il lettore ha il dovere di percorrere il medesimo cammino per scoprire il senso del libro che vive tale tensione. Egli deve rivivere il contrasto permanente tra la promessa di Dio che non pu mancare di realizzarsi e lincapacit umana di potervi corrispondere in tutto, tra il fatto che il Paese sia stato donato da Dio nella sua interezza e che esso non sia stato completamente conquistato da Israele . Egli vedr che la fiducia in Dio non esclude, ma piuttosto incoraggia, il ricorso allintelligenza. Da un lato, imparer a conoscere lintransigenza di una Legge che non conosce eccezioni e non tollera infrazioni; dallaltro, assister a necessarie concessioni e ad applicazioni ispirate al principio dellepikeia . Il libro di Giosu ci insegna non solo che Dio presente nellideale, nellutopia e nella Legge; ma che esiste anche una via diversa da quella della rassegnazione e degli inevitabili compromessi con una realt deludente. Tale cammino non stato tracciato prima, va tracciato a ogni tappa, come hanno fatto Giosu e il popolo dIsraele. E lultimo messaggio del libro che limpresa non solo possibile, ma che riuscita, nonostante tutto .
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La teologia insufficiente di Giobbe. La fede nella risurrezione cambia la nostra lettura di Giobbe? La sapienza di Giobbe non ha forse altro scopo che di permettere di meglio misurare la distanza che separa il NT dallAT? impossibile trattare tutte le questioni che toccano questo tema delicato nellambito del presente articolo. per possibile indicare una via che pu riconciliare il lettore comprensivo con questo monumento della poesia ebraica. Il nostro punto di partenza sar un versetto della conclusione del dramma. Dopo
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J. BLENKINSOPP, Are There Traces of the Gibeonite Covenant in Deuteronomy?, in Catholic Biblical Quarterly 28 (1966) 207-219; Dt 29,10 cita tra i membri inferiori del popolo lemigrato che spacca la legna e che va ad attingere lacqua; cfr anche R. POLZIN, Moses..., cit., 120. 38 R. Polzin (Moses..., cit., 131-133) propone di leggere Gs 21,41-43, descrizione ideale della conquista, come unaffermazione ironica perch in netta contraddizione con la realt. Tuttavia il testo parla in unottica divina; il nome YHWH viene ripetuto quattro volte in questi versetti ed il soggetto di tutte le azioni importanti. Il Paese proprio stato donato interamente e Dio non venuto meno alle sue promesse. Se nelle descrizioni esistono ombre, la ragione va ricercata altrove, e non necessariamente nel peccato dIsraele, come far il libro dei Giudici. Si tratta piuttosto dellimperfezione legata alla condizione umana. Totus sed non totaliter, dicevano gli antichi. 39 Ivi, 84. 40 Sul problema della guerra santa, cfr P. C. CRAIGIE, The Problem of War in the Old Testament , Grand Rapids (Michigan), Eerdmans, 1978; H. HENDRICKX, Reflections on the Meaning of Peace and Violence in the Bible, London, SPCK, 1988; T. R. HOBBES, A Time for War. A Study of Warfare in the Old Testament, Wilmington (Delaware), Glazier, 1989; N. LOHFINK, Il Dio della Bibbia e la violenza , Brescia, Morcelliana, 1985; Atti del Convegno su Gisustitia e violenza , Fermo (AP), Istituto teologico marchigiano, 1992.

aver parlato lungamente a Giobbe e aver ricevuto unumile risposta da costui, Dio si rivolge a Elifaz, uno dei tre amici di Giobbe che hanno cercato invano di riportare il nostro eroe alla ragione, per dirgli: La mia ira si accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perch non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe (Gb 42,7) . Giobbe ha potuto ribellarsi e le sue parole hanno potuto rasentare la bestemmia, ma lui che Dio approva e non i suoi amici che hanno cercato in ogni maniera di giustificare la condotta divina. Giobbe, dal canto suo, ha pi di una volta rimproverato i suoi amici di non essere capaci di compatire il suo dolore e dunque di capire la sua sofferenza . Anzi, hanno fatto di tutto per fargli ammettere che egli era un caso come altri, soggetto alla regola generale della giustizia distributiva: Dio ricompensa il giusto e punisce lempio; se soffri, perch sei punito; se sei punito, perch hai peccato; pentiti e Dio ti guarir . Giobbe oppone la propria esperienza a quella sapienza astratta, che rassomiglia troppo a un preconcetto . Una sola cosa egli chiede: essere ascoltato, dai suoi amici e da Dio stesso . Questi risponder a Giobbe e infine ne approver latteggiamento. Ma come pu, a sua volta, il lettore moderno ascoltare Giobbe e percepire la verit che egli dice a proposito di Dio? questo il problema che dobbiamo affrontare ora. Da un punto di vista letterario, i dialoghi lasciano al lettore diverse possibilit. Egli pu prendere le parti degli amici e difendere la causa divina condannando Giobbe. Pu prendere le parti di Giobbe contro i suoi amici e giungere sino a condannare larbitrio divino. Pu tentare di rimanere neutrale e temporeggiare sino allarrivo della sentenza divina. Pu anche giocare allo spettatore e giudicare il dramma dallesterno, come un arbitro. Pu persino partecipare allintensit del dramma da esteta, senza porsi nessuna questione di fondo. Sono, questi, tutti atteggiamenti possibili. Ma il testo non indica forse una via da seguire? Non invita a entrare nel dibattito in un modo o nellaltro? Per i primi lettori, la questione era cruciale ed essi non potevano non reagire. Semplificando ovviamente i dati, possibile definire il conflitto di Giobbe come segue: lo scontro tra una dottrina tradizionale interamente in favore di Dio e una caso individuale che la rimette in causa. Per essere pi precisi, il conflitto dellindividuo Giobbe contro il sistema della sapienza distributiva dIsraele. Il lettore invitato a entrare passo dopo passo in questa dialettica, a far suoi i differenti punti di vista contraddittori, a percorrere lintero cammino di Giobbe e dei suoi amici per constatare come sia impossibile che essi possano mai incontrarsi. Giobbe invita ancora il lettore a cercare una via verso il giudice supremo e inaccessibile, a ricomporre nella sua dimensione emotiva, umana e spirituale la disperazione di colui che si spella le mani nel bussare invano alla porta del silenzio. Non si tratta proprio di schierarsi con Giobbe e di consolarlo al posto dei suoi amici, ma di poter ricostruire e sperimentare il dramma in tutta la sua intensit e nella connessione di tutte le sue componenti, quelle fornite da Giobbe e dai suoi amici, come pure quelle provenienti dal silenzio divino. Poi, dopo lultimo focoso assalto di Eliu (Gb 32 37), quando Dio infine risponder, di ricomporre larchitettura dellinsieme per integrarvi questa nuova dimensione che fa penetrare ancora pi a fondo nel mistero. Alla fine, il lettore rimarr di fronte a un ultimo paradosso. I discorsi di Dio (38 41), infatti, relativizzano lidea di giustizia
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Cfr la traduzione di E. DHORME, La Bible. LAncien Testament, vol. II, Paris, Gallimard, 1959, 1346. 6,14-21; 12,2-4; 16,2-5; 19,19.21s. 43 Cfr, ad esempio, il primo discorso di Elifaz, Gb 4,1 5,27, soprattutto 4,17 5,17. Il tema verr ripreso e ripetuto in tutti i toni da ognuno dei tre amici. 44 Cfr, ad esempio, 12,14-25 e soprattutto 21,7-34; 24,1-11. 45 Invocazione agli amici: 6,28-30; 13,6.17... Invocazione a Dio: 13,3.13-18...
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retributiva per insistere sul carattere insondabile dellazione divina. Lepilogo in prosa (42,7-17), dal canto suo, descrive come Dio ricompensi la pazienza di Giobbe colmandolo di beni secondo le norme appena criticate. Questo lento lavoro di decifrazione si svolge nel tempo della lettura. Il senso del libro di Giobbe pu essere scoperto solo gradualmente, in un processo di ascolto, di correzione, di ricerca incerta, di revisione, per tentare di situare pi su un campo di battaglia che su un mappamondo tutte le forze in causa e seguire gli scontri sino alla fine . La battaglia rimane lungamente incerta e indubbiamente non bisogna cercare anzitutto chi sia il vincitore. Il punto essenziale che il libro di Giobbe stimola il lettore a vivere, a ricostruire cio il combattimento per capire il senso del libro; senso che non tanto una idea su Dio o sulla sofferenza, quanto piuttosto unazione, una partecipazione attiva allo scontro in un minuzioso lavoro di ricostruzione organica. Ma questo lettore, se crede nella risurrezione dei morti, ancora capace di compiere tale passo? Secondo noi, il messaggio del tardo ebraismo e del Vangelo apre gli occhi del lettore su altri orizzonti, pu e deve indubbiamente allargarli, ma non gli impedisce di compiere quello sforzo di partecipazione alla dialettica contraddittoria di Giobbe; anzi, gli fornisce persino ragioni ulteriori per appropriarsi di tutti i dati del problema. Infatti, i racconti della Passione, specie negli evangelisti Matteo e Marco, donano alla figura del giusto sofferente una profondit nuova. Ges riprende da parte sua tutte le invocazioni dei suoi predecessori, sino alla pi straziante di tutte: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato? (Mt 27,46 // Mc 15,34; cfr Sal 22,l). Ges non solo perora la causa di tutti i giusti innocenti dellAT, ma prende posto tra di loro per far vincere la loro causa . La risurrezione come tale non va interpretata come se Ges fosse scampato alla sorte degli innocenti accusati ingiustamente. Egli ha patito la loro sorte sino in fondo, sino nella morte e ne ha conservato le tracce le sue ferite nel suo corpo glorioso. La risurrezione si manifesta nella e al di l della morte, non al di fuori di essa. Bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria dir il Risorto ai discepoli di Emmaus (Lc 24,26). Questa frase molto nota si propone di mostrare come la passione fosse un passo obbligato. Il NT non rende affatto caduca la sapienza di Giobbe; anzi, mette in evidenza come questa sia la via che conduce verso il mistero del Cristo crocifisso e risorto. La risurrezione promessa ai giusti sofferenti che, come Giobbe, rifiutano ogni facile consolazione come la ricompensa di una felicit futura! e vogliono a ogni costo scoprire Dio nella loro sofferenza, non solo dopo, n solo al di fuori . Per scoprire tale verit, il lettore ha il dovere di prendere sul serio il dramma di Giobbe e il campo di forze opposte che lo percorrono . Potremmo proseguire in queste nostre osservazioni. Ma esse basteranno, almeno ci auguriamo, a ridare allAT ci che gli spetta e a spingerci alla lettura di quelle pagine che fanno parte del nostro patrimonio e della nostra identit. I racconti dellAT per non
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Sul senso della lettura come svolgimento cfr R. ALTER, The Art of Biblical Narrative , New York, Shoken Books, 1981, 12. 47 Su tale punto cfr J.-N. ALETTI, Mort de Jsus et thorie du rcit, in Recherches de Sciences Religieuses 73 (1985) 147-160. 48 J LVQUE, Job et son Dieu. Essai dexgse et de thologie biblique , Paris, Gabalda, 1970, 692: [...] quando luomo schiacciato dalla sofferenza, Dio non altrove n laggi, [...] egli si offre, qui e oggi, al dialogo e alla comunione. 49 Per maggiori particolari, cfr G. RAVASI, Giobbe. Traduzione e commentario , Roma, Borla, 1979, in particolare 92-95; L. ALONSO SCHKEL - J. L. SICRE DIAZ, Job. Commentario teolgico y literario , Madrid, Cristiandad, 1983, 36-63; D. J. A. CLINES, Job 1-20, Dallas (Texas), Word Books Publisher, 1989, XXXIII-XLVI.

rispondono mai del tutto ai nostri quesiti, ci offrono piuttosto itinerari tracciati per partire alla ricerca di quelle risposte; non offrono prodotti finiti, ma ci pongono in mano gli strumenti necessari per forgiarci nel laboratorio della lettura una esperienza di fede sempre nuova.

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