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Breve storia dellimperialismo Maurizio Brignoli ______________________________________________________________ ______________________________________________________________

I. LA CONQUISTA DEL POTERE 1789-1871: la costruzione dellegemonia borghese ______________________________________________________________

Larco temporale racchiuso nelle due date simboliche della rivoluzione francese e dellunificazione tedesca, che si chiude sul piano strutturale con linizio della crisi del 1873, vede delinearsi allinterno del modo di produzione capitalistico la formazione del mercato nazionale e la conquista del potere politico da parte della classe borghese. In questo periodo assistiamo non solo alle rivoluzioni politiche borghesi, ma anche ad una trasformazione interna al modo di produzione capitalistico determinata dalla cosiddetta rivoluzione industriale, frutto di un processo che porta alla definitiva separazione fra propriet dei mezzi di produzione e lavoratori semplificando il rapporto fra capitale e lavoro grazie alla creazione di una classe imprenditoriale borghese in possesso del primo, e disposta ad investirlo nelle nuove tecniche, e di un proletariato che vende la sua forza-lavoro su di un libero mercato. Il problema che vorremmo affrontare consiste nel cercare di capire il rapporto che intercorre fra gli elementi dello stato-nazione, della rivoluzione borghese, della questione nazionale allinterno della totalit costituita dal modo di produzione capitalistico nella sua fase preimperialistica. I. 1. La rivoluzione come rivoluzione borghese La rivoluzione borghese un lungo processo di costruzione dellegemonia consistente nel saper far convergere, e riconoscere in ununit di interessi ed ideali, diversi gruppi sociali posti al di fuori della nobilt le cui posizioni forti erano basate sulla propriet e sullistruzione. Gli stessi sviluppi della rivoluzione francese mostrano come si sia di fronte ad unalleanza fra piccola e media borghesia con le masse urbane e rurali volta al superamento dellancien rgime. Una piccola-media borghesia intellettuale politicamente avanzata, pur se divisa al suo interno con la lotta fra giacobini e girondini, capace di allearsi anche con la frazione della borghesia economicamente pi forte e progredita, quella dei grandi finanzieri e mercanti, che aveva fino ad allora prosperato da posizioni monopolistiche privilegiate anche allinterno dell ancien rgime. Gli storici revisionisti (Cobban, Furet, Richet) hanno negato il carattere borghese della rivoluzione francese o, per lo meno, hanno ritenuto improprio identificare societ borghese e capitalismo in quanto nulla la rivoluzione avrebbe fatto per sviluppare il capitalismo, conoscendo la Francia uno sviluppo industriale solo nella seconda met dellOttocento e non essendo classe borghese e classe feudale economicamente antagoniste; anzi, la rivoluzione, rafforzando la piccola propriet rurale, avrebbe ritardato lo sviluppo capitalistico. Qui si dimentica che la Francia rispetto allInghilterra ebbe uno sviluppo differente con una maggior valorizzazione dellagricoltura e dei beni di consumo e con fabbriche pi ridotte, ci dovuto anche al predominio del capitale commerciale, rispetto alle concentrazioni industriali di oltremanica. Inoltre la Francia possedeva scuole tecniche ed universit di alto livello, buoni livelli di specializzazione ed una buona, per quanto limitata nelle dimensioni, tradizione industriale. quel principio di divisione del lavoro allinterno del sistema capitalistico che destin la Francia e gli altri paesi in via dindustrializzazione a puntare su beni di consumo e su di una produzione fondata sulla forza-lavoro, che era il fattore produttivo pi a buon mercato, rispetto allInghilterra che godeva di una superiorit nei beni capitale grazie anche alla sua condizione di prima arrivata nella rivoluzione industriale
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ed alla sua posizione egemone sui mercati internazionali. In realt grazie alla rivoluzione in Francia si pongono le basi per unaffermazione definitiva dei rapporti borghesi di produzione nel corso di un rilevante processo in cui labbattimento del sistema feudale iniziato il 4-5 agosto 1789 con labolizione dei diritti feudali culmina con la legge di abolizione della feudalit senza riscatto del 17 luglio 1793. La borghesia non necessariamente riconducibile ad una classe imprenditoriale industriale, anche se questa sar quella che dar la sua impronta fondamentale al processo e sar capace di sviluppare unegemonia nel corso degli anni, soprattutto dopo la met del XIX secolo, con gradi e forme diverse a seconda dello sviluppo dei singoli paesi. Le imprese di medie dimensioni e la propriet contadina svolgono dunque un ruolo importante in questo sviluppo dei rapporti capitalistici, per la completezza dei quali molto importante il raggiungimento di un libero mercato del lavoro e di un mercato di prodotti per il capitale industriale. Il Terzo stato rappresenta una posizione estremamente avanzata sul piano economico ma moderata su quello politico. Sono i giacobini che fecero della borghesia la classe nazionale dirigente, sono loro che, superando gli stessi obiettivi politici immediati di buona parte della borghesia francese volti allinstaurazione di una monarchia costituzionale, furono capaci di eliminare il pericolo della controrivoluzione feudale e di porre la borghesia alla guida di tutte le forze nazionali. La borghesia francese, nella sua ala pi avanzata e progressiva pu condurre nella lotta le masse popolari, senza le quali era impossibile pensare e completare il processo rivoluzionario, sviluppando unalleanza vincente con i lavoratori delle citt e delle campagne in funzione antifeudale e contro la stessa area moderata della borghesia. Il governo giacobino dura fino a quando le contraddizioni fra unavanguardia borghese e lo scatenamento delle masse popolari non trovano una soluzione col Termidoro e con Napoleone con cui si pone fine alla partecipazione popolare alla trasformazione rivoluzionaria. Limpero inoltre favorisce la modernizzazione e la concentrazione di industrie capaci di sfruttare la politica protezionistica e mercantilistica del governo, iniziano a porsi le basi per unindustria pesante e, soprattutto, la capitale diventa un importante centro bancario. Il tentativo di restaurazione non poteva certo imbrigliare le potenzialit della classe rivoluzionaria e lo scontro fra Borboni ed Orlans in realt quello fra i due grandi interessi che dividono la borghesia: propriet fondiaria e capitale. I grandi pensatori liberali (Guizot, Thiers, Cousin, Tocqueville) vedono la rivoluzione del 1830 come il vero trionfo della borghesia. Infatti dove i fermenti rivoluzionari otterranno i maggiori effetti sar proprio in Francia, dove la borghesia porta a potenziamento lo stato-nazione con la monarchia borghese di Luigi Filippo, e nel Belgio industrializzato e liberal-rivoluzionario. Anche nel luglio del 1830 le masse popolari, e nello specifico gli operai parigini, tornano a svolgere un ruolo fondamentale, ma la classe egemone che, negando la sovranit popolare, riesce ad evitare linstaura zione di una repubblica democratica optando per una monarchia costituzionale. Intanto, grazie allo sviluppo del capitalismo industriale e alla diffusione della rivoluzione sul continente, quelle che abbiamo definito masse popolari si trasformano nel moderno proletariato. La monarchia di Luigi Filippo rappresenta per gli interessi solo di una parte della borghesia, la cosiddetta aristocrazia finanziaria che governa a danno della borghesia industriale, e ci generer una nuova fase della lotta. Lesplosione rivoluzionaria del 1848 ha caratteristiche e obiettivi differenti a seconda del livello di sviluppo dei paesi interessati e delladeguamento a completi rapporti di produzione capitalistici. Se nellEuropa sudorientale la lotta ancora contro le permanenze del sistema feudale, nellEuropa occidentale si sviluppa una lotta fra le diverse frazioni della classe dominante e si delinea sempre meglio lo scontro col proletariato. Se in Inghilterra il contrasto fra agrari e borghesia industriale si risolve con labolizione della legge protettiva sul grano (1846) che avvantaggiava la nobilt fondiaria, in Francia bisognava portare a compimento il dominio della borghesia facendo entrare tutte le classi possidenti nella cerchia del potere politico [per una ricostruzione degli eventi francesi si vedano di Marx: Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (1850), Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (1852) e, per quanto riguarda la Comune, La guerra civile in Francia (1871); in particolare sul ruolo dei giacobini si veda il quaderno 19 di Gramsci]. Il 48 rovescia soltanto la forma dello stato trasferendo il potere dal settore finanziario alla borghesia nel suo insieme. Si risolve dunque in un compromesso che meglio risponde alla maggior forza acquisita dalla borghesia industriale. Il vero nemico di classe ormai costituito dal proletariato ed infatti linsurrezione del 23 giugno, in seguito alla chiusura degli ateliers nationaux, viene prontamente soffocata nel sangue. Il 48 segna una cesura interessante nella storia della borghesia che non ha pi bisogno, in presenza di un proletariato che inizia ad essere sempre pi cosciente dei suoi interessi e della sua contrapposizione alla classe dominante, di essere rivoluzionaria. Quello che importa che tutti i sistemi cosiddetti conservatori che escono vincenti dalla temperie del 48 non abbiano difficolt a scendere a patti coi liberali. Ci che pi preme alla borghesia, una liberalizzazione generale e uno sviluppo economico, si affermer nel decennio successivo con unampia diffusione dellindustrializzazione in tutto il continente senza bisogno di ricorrere a rovesciamenti politici. In fondo la borghesia liberale, dai tempi della prima fase della rivoluzione francese (1789-1791), ha sempre mostrato le sue preferenze per una monarchia parlamentare a suffragio censitario
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espressione di unoligarchia proprietaria. Dal Termidoro laspirazione di trovare un equilibrio che scongiuri il sistema dellancien rgime ed il ripresentarsi della democrazia e della volont popolare giacobina. I. 2. Lo sviluppo del modo di produzione capitalistico e lo stato La rivoluzione borghese un fenomeno costituito da diverse specificit dipendenti dalle varianti determinate dalla storia e dalla collocazione, nella totalit costituita dal modo di produzione, dei diversi paesi. Cos la lotta antifeudale della borghesia rivoluzionaria ha conosciuto caratterizzazioni specifiche pur mantenendo la valenza unitaria dello scopo finale di eliminare, pi che il potere politico dellaristocrazia, gli ostacoli allo sviluppo del modo di produzione capitalistico. In Inghilterra si delinea un compromesso fra aristocrazia e borghesia in un quadro di sviluppo dellaccu mulazione primitiva allinterno del mercato mondiale. Il capitale industriale trae la sua forza da quello commerciale in cui il dominio dei mari e lapertura di nuovi mercati costituisce la caratteristica saliente. Laristocrazia continua ad occupare gli alti gradi dello stato, dellesercito, del parlamento, ma la borghesia domina la sfera economica. un compromesso utile ad entrambe e favorisce lo sviluppo del modo di produzione capitalistico. Quando nel ventennio 1830-1850, con lo sviluppo della rete ferroviaria collegata con lindustria pesante, la borghesia industriale inizia a reclamare il potere politico si raggiunge un nuovo accordo che garantisce un numero adeguato di rappresentanti alla borghesia industriale nella camera dei comuni, mantenendo un ristretto suffragio censitario che escluda ceto medio e proletariato. In Francia, stante la diversa evoluzione economica, il contrasto fra la nobilt e le nuove forze borghesi pi radicale. Oltretutto nel corso del XVIII secolo siamo in presenza di un tentativo da parte della nobilt di rimpossessarsi dello stato fino ad ora usato dalla borghesia con i regni di Luigi XIII e Luigi XIV lungo regno di vile borghesia, secondo le parole del duca Louis de Saint-Simon come via di promozione econo mica e sociale. Non potendo pi servirsi dello stato assoluto, la borghesia procede ad un suo sovvertimento ed alla creazione dello stato borghese. In fondo lassolutismo, rafforzando lunit dello stato e ponendosi a difesa del mercato nazionale, aveva favorito la borghesia ed il processo di accumulazione originaria. Nel momento in cui lo stato assoluto non permette pi lavanzata della borghesia, e diventa di ostacolo allo sviluppo delleconomia capitalistica, la borghesia diventa una classe rivoluzionaria. In Germania sar una classe nobiliare che governa a vantaggio del capitalismo. Anche qui la borghesia ottiene il governo economico lasciando agli junker il controllo politico dello stato. Mentre in Francia il superamento dellantico regime era stato ottenuto con la rivoluzione dal basso qui si procede ad una rivoluzione dallalto, ma ai fini dello sviluppo del modo di produzione capitalistico il risultato lo stesso. Abbiamo visto la lotta condotta dalla borghesia per conquistare il potere politico, onde rafforzare quello economico, e per creare istituzioni pi adatte alla fase raggiunta nello sviluppo del modo di produzione. Che funzione svolge lo stato in questa operazione e che ruolo ha nella fase preimperialistica del modo di produzione capitalistico? Nella celebre definizione del Manifesto lo stato moderno descritto come un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese. Il fatto che esistano affari comuni implica, come abbiamo visto, che esistano anche interessi particolari delle diverse frazioni della borghesia che possono entrare in contrasto. Queste contraddizioni trovano riscontro allinterno dello stato che deve quindi operare anche una funzione mediatrice in vista del mantenimento e della riproduzione dei rapporti di produzione capitalistici. Lo stato di cui stiamo parlando lo stato del modo di produzione capitalistico corrispondente ad un determinato sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione e non deve essere semplicemente interpretato come espressione del potere di una classe monolitica, ma espressione anche di una lotta di classe non solo verso le classi subordinate, ma che attraversa la stessa classe dominante, un luogo di lotta e di mediazione. Daltra parte la natura classista viene occultata in unipotetica posizione super partes dello stato che e pu essere sopra le parti allinterno di quel discorso di mediazione degli interessi fra le diverse frazioni dominanti, ma non lo verso le classi sconfitte e subordinate. Lo stato non mai al di fuori e al di sopra dei rapporti di classe e lo stato-nazione moderno ha una connotazione di classe ben precisa e determinata. Se la lotta per il potere da parte della borghesia produce diverse forme istituzionali il moderno stato centralista francese nato dalla rivoluzione, la monarchia parlamentare inglese nata dal compromesso aristocraticoborghese, lo stato bismarckiano guidato da una casta militare aristocratica ci non elimina il fatto che queste siano tutte allinterno dello stesso modo di produzione. Lo stato nazionale si forma in stretta relazione con ledificazione di un mercato nazionale che risponde alle necessit dei capitali di avere un mercato sufficientemente vasto ed unificato, quindi la forma di stato storicamente adeguata allo sviluppo del capitale. Compito della rivoluzione borghese non certo quello di estinguere lo stato, ma di crearne uno nuovo pi adatto alle esigenze progressive del modo di produzione dominante. Il capitale necessita di una vasta area economica unificata dal punto di vista valutario, legislativo, fiscale. Dove non si perviene ancora ad una unificazione politica, come nel caso della Germania, si giunge comunque ad una significativa unione doganale (1834). Lo stato borghese deve favorire la circolazione di capitali e di forza-lavoro e garantire un facile accesso al mercato dei prodotti e dei venditori. Compito
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preliminare sar quello di eliminare i monopoli corporativi e favorire laccumulazione originaria, poi, grazie allistruzione, al servizio militare, alla burocrazia lo stato aiuta ad imporre quelluniformit nazionale di cui il capitale ha bisogno. Lintervento dello stato importante anche per quanto riguarda il mercato del lavoro. Secondo la pi coerente applicazione dei principi liberali e liberisti le coalizioni degli operai vanno vietate (1791 legge Le Chapelier, 1795 e 1799 Combination Acts), la forza-lavoro deve poter affluire sul mercato liberamente. Lo stato del modo di produzione capitalistico interviene adeguatamente con una legislazione appropriata per impedire un rafforzamento di quello che diventer il pi pericoloso nemico di classe. I limiti giuridici alle associazioni dei lavoratori verranno tolte solamente per la prima volta in Inghilterra fra il 1867 e il 1875, grazie alle lotte condotte dai lavoratori ed al grado di maturit e forza raggiunto dal capitale che poteva scendere a queste concessioni. I. 3. 1850-1873: il grande sviluppo Nel periodo che va dal 1850 al 1873 abbiamo il grande sviluppo delleconomia capitalistica: emergono nuove potenze economiche come gli Usa, il Giappone ed i paesi tedeschi; lindustrializzazione si sviluppa anche grazie ad una buona disponibilit di capitale tramite le banche per azioni che si dedicano al credito industriale; si intensifica lespansione coloniale alla ricerca di nuovi mercati gli inglesi completano la conquista del subcontinente indiano (1859), dellAustralia e della Nuova Zelanda e con la prima guerra delloppio (1839-1842) obbligano i cinesi a cedere Hong-Kong e ad aprire cinque porti fondamentali per il commercio estero; i francesi occupano lAlgeria (1830) e lIndocina negli anni Sessanta ; si avvia un processo di concentrazione industriale e sempre pi numerose diventano le societ per azioni; si apre lepoca del libero scambio, che permette di ottimizzare i frutti della divisione internazionale del lavoro, con leliminazione di dazi interni ed esterni e con la sigla di numerosi trattati commerciali fra gli stati europei, si arriva anche a stipulare lUnione monetaria latina (1865) tra Belgio, Francia, Italia e Svizzera. I settori trainanti di questo boom sono soprattutto quello siderurgico e meccanico, in particolare a determinare la grande crescita il settore dei trasporti. Imponente lo sviluppo delle vie di comunicazione volte ad allargare ed integrare il mercato mondiale, ferrovie e nuove vie marittime (canale di Suez nel 1869) abbattono il costo del trasporto delle merci contribuendo a velocizzare la concorrenza dei capitali e a favorire la penetrazione coloniale. Il mercato mondiale la premessa storica, a partire dal Cinquecento, per lo sviluppo capitalistico ed a sua volta verr rivoluzionato ed ampliato su scala sempre pi vasta e completa dallo sviluppo e dalle trasformazioni di questo modo di produzione. nel periodo tra il 1850 e il 1873 che il capitalismo industriale incomincia la sua estensione su scala planetaria, insieme allintensificarsi degli scambi commerciali, e ad assumere le dimensioni di uneconomia mondiale. Le economie nazionali si sviluppano e si potenziano allinterno di un mercato mondiale, che si allarga sempre pi, in cui il commercio con lestero ed i possedimenti coloniali svolgono il ruolo fondamentale di favorire e sviluppare il processo di accumulazione. Di questo processo di estensione planetaria lunificazione e lestensione del mercato nazionale costituiscono una tappa ed un elemento di ulteriore progresso verso lunificazione futura del mercato mondiale. Il periodo 1850-1873 quello che viene considerato come il periodo aureo del liberismo che, pur se integralmente adottato solo dallInghilterra, che stante la sua posizione dominante sui mercati internazionali poteva giovarsene appieno senza temere troppo la concorrenza, si diffuse nel sistema degli stati capitalistici poich, portando ad unespansione del commercio mondiale, giovava alla classe imprenditoriale. Detto questo, anche se nella fase liberista il capitale si presenta come geloso della sua autonomia e negatore dellintromissione dello stato, in realt la conquista dello stato a lungo perseguita aveva, come abbiamo visto, un senso. Lintervento dello stato risponde alle necessit dello sviluppo del modo di produzione dominante e della classe egemone, ad esempio a seconda delle esigenze del capitale che lo stato opta per favorire il liberismo o il protezionismo. Lutilit dello stato si vede bene ad esempio nella cosiddetta et delle ferrovie (1840-1870), inizia infatti qui una vera e propria esportazione di capitali e i prestiti avvengono non tanto sotto forma di investimenti diretti allestero, come accadr successivamente, bens come prestiti ai governi. Inghilterra a parte le reti ferroviarie vennero realizzate per opera degli stati e, quando non direttamente, attraverso investimenti e generose concessioni ai privati come nel caso dellItalia postunitaria o negli Usa, dopo la guerra di secessione, quando lo stato doner le terre per la costruzione delle grandi linee che attraverseranno il continente. Questo imponente processo di sviluppo nel corso del quale la borghesia diventa veramente la classe dominante un processo che non riguarda solo lEuropa, ma come detto da inserirsi nel processo di mondializzazione del sistema capitalistico. Il processo di unificazione dei mercati nazionali e lestendersi del mercato mondiale comportano anche sconvolgimenti violenti e lingresso di nuove forze. Si completa lunificazione di Italia (1861, con successivi completamenti nel 1866 e nel 1870) e Germania (1871).
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In Germania lalleanza fra la grande propriet terriera aristocratica, che stava trasformando le sue propriet in aziende capitalistiche, e la grande borghesia industriale, sviluppatasi intensamente nelle regioni occidentali a partire dagli anni Trenta, crea una grande potenza economica. Lunificazione italiana va inizialmente a vantaggio della borghesia agraria che, oltre ad avvantaggiarsi dalla vendita delle terre demaniali ed ecclesiastiche, poteva entrare meglio in connessione non solo con un pi vasto mercato nazionale ma, grazie alla politica liberista, anche col mercato internazionale. Nella ricerca di nuovi sbocchi commerciali le cannoniere statunitensi obbligano nel 1853 il Giappone a por fine al suo isolamento e a stipulare una serie di trattati ineguali. La reazione nazionalistica porter ad una rivoluzione dallalto guidata dallaristocrazia feudale, capace di trasformarsi in unoligarchia industriale e finanziaria, con lappoggio dei ceti mercantili, che diede vita allabolizione dei diritti feudali, allinstaurazione di un forte stato centralizzato, alla creazione di un mercato nazionale e di un moderno sistema fiscale, con un prelievo di capitali dallagricoltura che vengono investiti nellindustria. Negli Usa lespansione verso il Far West port allannessione dei territori messicani del Texas (1845) e, soprattutto, della California (1848) dove si erano scoperti importanti giacimenti auriferi. Proprio a proposito del problema di come sfruttare i nuovi territori, bisognosi di macchinari per procedere alla meccanizzazione dellagricoltura e quindi economicamente pi legati al nord industrializzato che al contempo costituiva un ottimo mercato per i prodotti agricoli, nasce la guerra di secessione (1861-1865) fra un sud agricolo sostenitore di una politica liberista che garantiva i suoi scambi con lEuropa ed un nord favorevole al protezionismo per garantire le proprie industrie dalla concorrenza europea. La vittoria del nord port alledificazione di un enorme mercato unificato protetto da barriere doganali che agevolarono la nascita ed il rafforzamento del settore industriale e finanziario e la nascita di numerose societ per azioni con forti aiuti federali. La guerra civile ha anche unimportante ricaduta sullorganizzazione del lavoro che vede lintroduzione, per far fronte alla carenza di uomini, di nuovi macchinari e nuove tecniche di produzione ed in agricoltura il massiccio ricorso alle mietitrici meccaniche che quintuplicarono la produzione cerealicola. In questo ventennio la classe borghese completa il suo cammino per essere classe dominante e non ha pi bisogno dellalleanza col proletariato. Quando e dove la borghesia riuscita nel suo intento di unificare il mercato a livello nazionale la rivoluzione non serve pi, dove il processo ancora da completare vanno bene anche le rivoluzioni dallalto come quella di Bismarck. Lo stato del capitale, nelle sue diverse forme, deve essere ora se mai difeso dal pericolo proletario ed il nazionalismo uno strumento utile a questo fine. I. 4. Origine e funzione del nazionalismo La costituzione dello stato-nazione frutto di un processo di lotta di classe da cui la borghesia esce vincitrice. Il nazionalismo serve a legittimare la costruzione dello stato borghese. Non quindi il nazionalismo a creare gli stati-nazione quanto il processo di formazione degli stati nazionali, cio del moderno stato della borghesia in contrapposizione allo stato come propriet del sovrano, a creare i nazionalismi. In questo lungo processo che si dipana nellarco temporale compreso fra la rivoluzione francese e lunificazione tedesca due sono i modelli di nazionalismo utilizzabili: quello che vede nella nazione il luogo per la realizzazione di universali diritti di cittadinanza e quello che si basa sullelemento particolaristico delletnia1. Se il primo ha il vantaggio di poter mobilitare meglio le masse popolari, indispensabili nella lotta contro l ancien rgime, ma ha il grande difetto di rendere queste masse protagoniste, il secondo permette di meglio integrare le masse in una posizione subordinata. Non a caso, soprattutto dopo il 1848, la borghesia preferir il secondo modello, quello in fondo utilizzato da Bismarck anche se, da vero statista, Bismarck utilizza lo strumento nazionalista pur rimanendo ben tiepido nei confronti dei suoi contenuti: lo stato pi importante della nazione. Lelemento nazionale costituisce una componente di tipo storico, una creazione della classe dominante e risponde alle esigenze di una fase specifica di sviluppo del capitalismo. con la rivoluzione francese che la nazione viene individuata come fondamento e giustificazione del potere politico. Questa creazione di unidentit fittizia evidente nelle sue origini: la borghesia rivoluzionaria deve trovare qualcosa che sostituisca la legittimit del sovrano o, meglio, che sostituisca il re e legittimi la sovranit della borghesia stessa. Si tratta allora di sostituire la nazione al re e di convincere che la borghesia coincide con la nazione: Il principio di ogni sovranit risiede essenzialmente nella nazione [ Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino del 1789, art. 3]. La sovranit della nazione, declinata come sovranit popolare, serve a creare una nuova legittimazione rispondente agli obiettivi della classe rivoluzionaria. Onde comunque evitare pericolosi fraintendimenti la
1 In tutti e due si applica lequazione stato=nazione=popolo, ma mentre nel secondo modello si presume la precedente esistenza di una comunit, antecedente la creazione di unentit politica, distinta dallo straniero, nel primo caso il cittadino-popolo sovrano che costituisce la nazione (cfr., E. J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismo dal 1870, Einaudi, Torino 1991, p. 27). Lo stesso termine nazionalismo non risale in genere a prima del XVIII secolo. Diversi studiosi, pur appartenenti a diverse scuole storiografiche, quali Anderson, Chabod, Gellner, Hobsbawm concordano nel far risalire il senso attuale del termine allet moderna.

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costituzione del 1791 spiega bene come la nazione non si possa esercitare che per delega (titolo III, art. 2), delega che spetta a deputati eletti con suffragio censitario. Visto che la sovranit ancora una volta la sovranit di una parte, una sovranit di classe, bisogna individuare un elemento unificante. Oltretutto unalleanza coi lavoratori indispensabile per sconfiggere lantico regime, ma, al contempo, gli interessi di borghesia e ceti popolari sono diversi. utile allora delineare una sovranit popolare, una sovranit di tutti i membri della nazione, senza per che ci comporti conseguenze troppo pericolose sul piano politico ed economico. Ci vuole una comunit nazionalmente unita in cui la borghesia funga da fiduciaria e delegata della nazione intera. La caratteristica saliente del nazionalismo che si delinea in questo periodo sta nello stretto rapporto instaurato con le ideologie liberali e democratiche in una lotta antifeudale. La lotta per lindipendenza nazionale ha anche un connotato sopranazionale: molti patrioti combattono non solo per la libert del proprio paese, ma anche per quella degli altri. La Giovine Europa di Mazzini, nel quale emerge un messaggio interclassista borghese che si pu sposare con questo tipo di nazionalismo, ha pur sempre come fine ultimo non solo la costituzione di stati nazionali indipendenti, ma anche la creazione di una grande comunit internazionale. La nazione non un principio di esclusione e soprattutto non si afferma la superiorit di una nazione sulle altre e non vi spazio per una teorizzazione razziale ed etnica. Anche se non bisogna dimenticare come questo progetto sia limitato solo allEuropa e non riguardi certo le colonie; al di l infatti di unelaborazione che gi sul piano teorico ed ideologico esclude questa eguaglianza, nei fatti gli stati africani, asiatici e sudamericani costituiscono solo un territorio di espansione di capitali europei e statunitensi. Il messaggio che emerge di tipo interclassista e si rif alla Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino , espressione di quellaspirazione ad una dimensione universalistica, in realt apparente ed illusoria in quanto tende ad eludere la questione della lotta di classe, del pensiero liberale borghese. Le classi sociali anzi tendono ad essere omogeneizzate allinterno dellunit spirituale del popolo. Dallaltra parte troviamo anche un concetto di nazione, di impianto pi propriamente romantico e preromantico, e che bene esprime la reazione alluniversalismo illuministico, che si svilupper completamente nel periodo successivo. Qui, pur con diverse sfumature, vige il principio di una comunit originaria basata sulletnia con la visione di uno stato nazionale diviso in caste. Il nazionalismo, influenzato dalla borghesia liberale, inizia a diventare un fenomeno di massa insieme allo sviluppo economico. Daltro canto anche vero che proprio la fine dei moti del 48 e la successiva fase di sviluppo capitalistico che pongono termine ai tentativi di sollevamento rivoluzionario di matrice democratica. allora funzionale al processo di unificazione del paese, e soprattutto del mercato, non solo il nazionalismo liberale, ma anche quello etnico pi vicino allo spirito della disillusa borghesia postquarantottesca. Nel caso tedesco proprio il secondo tipo di nazionalismo ad essere utilizzato per portare a compimento quellunificazione iniziata dal primo. Vediamo cos, nel caso concreto della Germania, come i nazionalismi non siano altro che espressione, a livello di elaborazione ideologica e politica, di un processo strutturale condotto da fazioni diverse, ma alla fine convergenti, della classe dominante. Il problema che lintegrazione delle masse, se avviene solamente attraverso il mercato nazionale, lascia fin troppo evidenti, nella sua cruda realt, i rapporti di classe; bisogna allora cercare di sostituire alla lotta di classe la solidariet nazionale. Ecco allora che lideologia nazionalista svolge un ruolo cruciale di integrazione interclassista, sia nella sua formulazione democratica-liberale sia in quella etnica, in un processo di rafforzamento del mercato nazionale. innanzi tutto una falsa astrazione considerare una nazione, il cui modo di produzione fondato sul valore, e per di pi organizzata capitalisticamente, come un corpo collettivo che lavora unicamente per i bisogni nazionali [K. Marx, Il capitale, III.49]. Il cosiddetto interesse nazionale serve a mascherare il carattere classista dello stato, ma non lo elimina. Il nazionalismo quindi unelaborazione del ceto intellettuale di una ben determinata classe sociale dominante in una fase altrettanto determinata del modo di produzione capitalistico. Nella creazione di un interesse nazionale, superiore a quello di classe, possibile far evaporare i rapporti capitalistici di produzione e di propriet trasformando le diverse classi sociali in un unico popolo. Alla guida delle forze nazionali, cio delle diverse classi sociali ideologicamente omogeneizzate vi la borghesia. Tutto ci non vuol dire che il nazionalismo non sia una forza capace di conquistare gli animi delle diverse classi e di far percepire quellidentit immaginata, per usare la definizione di Benedict Anderson, come un qualcosa di estremamente reale, anzi questa la sua forza. Altri sistemi per garantire unintegrazio ne delle classi lavoratrici saranno lallargamento del suffragio come in Inghilterra (1867) quando i conservatori di Disraeli cercano di ampliare il loro consenso, o il suffragio universale in Germania (1871) e meglio ancora la legislazione sociale bismarckiana che tentava di integrare il proletariato ispirandosi al paternalismo di matrice bonapartista. Ma tutti questi elementi si svilupperanno appieno nella successiva fase imperialistica del modo di produzione capitalistico.

I. 5. Verso una nuova fase Mentre con la sconfitta della Comune i lavoratori parigini venivano massacrati, grazie allimmediata alleanza (di classe) fra gli ex nemici franco-prussiani, si creavano le premesse congiunturali per lavvio di un periodo di crisi e di trasformazioni che avrebbero portato alla fase imperialistica del modo di produzione capitalistico. Nel maggio 1871 la Germania impone alla Francia un alto indennizzo (5 miliardi di franchi oro) che viene saldato in tempi molto brevi riversando nelle casse delle banche tedesche ingenti capitali destinati ad essere investiti immediatamente nei settori trainanti, trasporti in primo luogo, quando ormai per le reti ferroviarie erano per lo pi completate e gli investimenti destinati a fermarsi. Ci diede vita ad unautentica bolla speculativa, destinata ad esplodere nel giro di due anni quando le banche austriache furono le prime a fallire creando un processo che si diffuse immediatamente dando via alla crisi del 1873-1895 ed al periodo che vede la nascita dellimperialismo. La crisi di sovrapproduzione oltre a manifestarsi nel settore agricolo, dove la meccanizzazione diffusa negli Usa crea una concorrenza fortissima, e nellindustria con larresto delliniziativa nelle ferrovie, con conseguente ricaduta nei settori collegati caratterizzata dalla comparsa di nuovi protagonisti (Germania, Usa, Giappone, Russia) che grazie allo sviluppo dellindustrializzazione iniziano a produrre ci che prima importavano dallEuropa, ponendo cos fine ad unimportante via di sfogo alla sovrapproduzione. Sconfitta del proletariato, guerre, bolle speculative che esplodono. Ferma restando la fondamentale differenza fra diverse e specifiche fasi del modo di produzione capitalistico questi sono elementi che permettono di delineare unanalogia fra il momento attuale della fase transnazionale del capitalismo, fase che si sviluppa in coincidenza con lavvio di unaltra grande crisi i cui sintomi iniziano a manifestarsi alla fine degli anni Sessanta e linizio dei Settanta del XX secolo, e gli avvenimenti di un secolo fa.

I. LA NASCITA DELLIMPERIALISMO 1873-1914: lepoca del capitale finanziario nazionale ________________________________________________________________

Il periodo della cosiddetta grande depressione (1873-1895) vede delinearsi lo sviluppo della nuova fase imperialistica del modo di produzione capitalistico. La crisi dovuta nel settore industriale, oltre al completamento delle principali linee ferroviarie europee che avevano guidato lo sviluppo precedente, alla comparsa di nuovi protagonisti quali la Germania, gli Usa, il Giappone, la Russia che avevano iniziato a produrre ci che prima importavano dallEuropa. Lagricoltura europea che dava ancora impiego, con esclusione del Regno Unito, al 50% della popolazione maschile dei paesi industrializzati ed al 90% negli altri si trov di fronte ad una concorrenza fortissima proveniente da oltreoceano dove la meccanizzazione diffusasi durante la guerra di secessione, unita ad un veloce calo dei costi di produzione (negli Usa fra laltro assente lonere della rendita fondiaria) e ad un aumento della velocit nei trasporti rivers in Europa tonnellate di grano a prezzo competitivo. Un altro elemento che aggrava la crisi la temporanea riduzione degli investimenti allestero che, per quanto non significativi nella loro dimensione ed importanza come sar nelle fasi successive, costituivano una redditizia via di sfogo alla sovrapproduzione. Seppur in presenza di un rallentamento dei ritmi di crescita tutto ci non implica comunque un arresto della produzione: gli investimenti si rivolsero inizialmente verso il mercato interno, la produzione continu a crescere ed il commercio mondiale ad allargarsi. Nelleconomia mondiale non vi pi un solo paese egemone, ma ve ne sono almeno quattro: Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Francia. II. 1. Il capitalismo finanziario Il capitalismo diventa imperialismo in una fase determinata del suo sviluppo che porta allo stadio monopolistico del modo di produzione capitalistico. Inizialmente tre autori hanno fornito gli strumenti per comprendere questo passaggio: il liberale inglese Hobson con Imperialismo (1902), il socialista austriaco Hilferding con Il capitale finanziario (1910) e Lenin con Limperialismo fase suprema del capitalismo che
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cos delinea le caratteristiche dellimperialismo: 1) la concentrazione della produzione e del capitale, che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione decisiva nella vita economica; 2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi, sulla base di questo "capitale finanziario", di unoligarchia finanziaria; 3) la grande importanza acquistata dallesportazione di capitale in confronto con lesportazione di merci; 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo; 5) la compiuta ripartizione della terra tra le pi grandi potenze capitalistiche [V. I. Lenin, Limperialismo fase suprema del capitalismo (1916), VII]. Lapprodo al sistema dei monopoli costituisce un superamento della fase concorrenziale del capitalismo ed il capitale monopolistico, a sua volta, costituisce la premessa del capitale finanziario. La trasformazione di una parte del capitale industriale in capitale finanziario richiede, come termine medio, il capitale monopolistico. Il capitale monopolistico prevale come forma di reazione alla caduta tendenziale del saggio di profitto. Laumento della composizione organica determinato dalla necessit per le grandi imprese appartenenti ai settori trainanti (siderurgia, meccanica, elettricit, petrolio, chimica) di dotarsi di imponenti impianti e necessitanti di enormi investimenti si trova in un rapporto inverso col saggio di profitto, quindi una delle conseguenze che caratterizzano il capitalismo monopolistico la necessit di aumentare lintensit e la produttivit del lavoro ed alla fine di questa fase si approder infatti al fordismo. Questo aumento della composizione organica porta a trovare come via duscita il passaggio dalla fase concorrenziale al monopolio col che si supera, eliminandolo, il problema di un saggio generale del profitto sostituito con saggi particolari monopolistici non concorrenti. Gli accordi sui prezzi permettono, tra laltro, di rovesciare sul consumatore la perdita di profitti determinata dallaumento della composizione organica. La concentrazione che aumenta la massa del capitale, garantisce una riproduzione su scala allargata e pone le permesse per superare la fase concorrenziale e la centralizzazione che supera la molteplicit dei capitali in lotta fra di loro e consente di controllare, tramite le societ per azioni, un capitale ben pi vasto di quello di cui si proprietari costituiscono due aspetti del capitale monopolistico. Storicamente il settore ferroviario quello che d vita a questa nuova fase di organizzazione ed proprio qui che si ha la forma tipica di raccolta capillare di enormi masse di capitali e di controllo di minoranza costituito dalle societ per azioni. Lindice Dow Jones, che risale al 1884, venne calcolato utilizzando i valori di undici imprese, di queste undici nove erano compagnie ferroviarie. Il tentativo di superare la concorrenza e controllare mercati e produzione costituisce solo un aspetto del processo di concentrazione. Lapprodo allo stadio monopolistico non elimina la concorrenza fra capitali: si tratta di una contraddizione che viene portata ad un grado superiore di sviluppo, ma che non pu essere cancellata essendo insita nella realt del modo di produzione capitalistico. Il rapporto monopolio-concorrenza costituisce un processo in cui la concorrenza genera il monopolio, ma questi, a sua volta, riproduce la concorrenza; la componente concorrenziale viene oltrepassata, ma al contempo conservata in una forma superiore dove si ripresenta sotto laspetto dello scontro fra monopoli concorrenti per la spartizione del mercato mondiale. La forma finanziaria del capitale una conseguenza della forma monopolistica, infatti sia la nascita delle societ per azioni che il successivo affermarsi, originariamente in Germania, della banca mista presuppongono la trasformazione monopolistica della produzione determinata dalla crisi di sovrapproduzione e dal processo di concentrazione e centralizzazione. Il capitale finanziario lu nione del capitale monetario col capitale industriale, il superamento dellantitesi delle due frazioni del capitale in una unit superiore. Il capitalismo finanziario non va quindi identificato col capitale bancario, n bisogna ritenere che questultimo domini incontrastato questa fase delleconomia capitalistica. Il ruolo rilevante ricoperto dalle banche, che operano come istituti di credito industriale, si basa sul bisogno di ingenti finanziamenti da parte delle prime societ per azioni, la nuova banca capitalistica deve concentrare la ricchezza monetaria sul mercato e ritrasformare in capitale il plusvalore che circola nella forma di denaro. Anche le banche conoscono un processo di centralizzazione e concentrazione e si trasformano in potenti monopoliste. La centralizzazione del capitale monetario cos strettamente legata al processo di concentrazione del capitale industriale. Questo rapporto pu poi assumere concrete forme diverse a seconda dello sviluppo dei diversi paesi: mentre la Germania e gli Usa sono allavanguardia nel ruolo esercitato dalle grandi banche i capitali inglesi si indirizzano verso gli investimenti allestero trovando profitti pi allettanti nellintermediazione piuttosto che nellinvestimento nelle industrie nazionali, lasciando priva di capitali lindustria nella fase in cui le nuove caratteristiche della produzione industriale avrebbero richiesto una pi alta intensit di capitale. Il dominio delle grandi banche comunque un fenomeno transitorio 2. La fase del capitalismo monopolistico finanziario permette di superare quei limiti, che caratterizzavano ancora la fase precedente, legati alle capacit direttive ed alle disponibilit finanziarie del capitalista. Le nuove forme giuridiche della propriet che fioriscono in questo periodo (societ per azioni, holding, trust,
2 Il limite di Hilferding sta nel fatto che lo studioso austriaco si sofferma sul ruolo della banca, ritenendo per altro definitiva la supremazia del capitale bancario, senza cogliere sufficientemente la struttura monopolistica che sta a fondamento della banca stessa. Ci dovuto anche al fatto che lo studio di Hilferding ha come oggetto privilegiato di analisi il capitale tedesco ed il periodo in cui la banca mista ricopre un ruolo egemone (Cfr. G. Pietranera, Il capitalismo monopolistico finanziario, La citt del sole, Napoli 1998, pp. 183-233). Uno dei limiti di Hobson consiste invece nel non cogliere il rapporto tra capitale monopolistico e corsa alla spartizione coloniale del mondo interpretata come conseguenza delle politiche di ristretti gruppi finanziari ed industriali. 8

cartelli) sono espressione adeguata dei monopoli industriali. La separazione fra la propriet (del capitale) e la direzione (della produzione) non certo un superamento della forma di propriet capitalistica, ma solo un elemento che caratterizza il processo di centralizzazione. In fondo la societ per azioni permette una socializzazione privata della propriet allinterno della classe dominante, una propriet concentrata che si espande su unit produttive separate e che pu sottomettere relazioni di possesso distinte permettendo una maggiore centralizzazione del controllo del capitale. II. 2. Limperialismo e il ruolo dello stato Fra le vie utilizzate per uscire dalla crisi vi il ricorso al protezionismo determinato dallalleanza fra la grande propriet terriera e gli industriali. Solo lInghilterra, ormai esportatrice pi di capitali e servizi finanziari che di merci, rimase fedele al liberismo. Il protezionismo per espressione, pi che di uno strumento di difesa dei mercati nazionali, di una concorrenza internazionale fra capitali e di una lotta per il controllo dei mercati mondiali. La dimensione mondiale del mercato diventa una realt. Questo processo di mondializzazione delleconomia, premessa e supporto dellestensione planetaria del modo di produzione capitalistico, non una novit assoluta, ma conosce una significativa intensificazione in questa fase: fra il 1880 e il 1913 il valore complessivo delle merci importate ed esportate si triplica. Si delinea una stretta dipendenza su scala mondiale fra mercati, centri produttivi metropolitani, periferie agrarie e grandi centri finanziari. Un altro elemento della connessione mondiale delleconomia costituito dallo sviluppo di un sistema monetario integrato, chiamato gold standard perch le monete dei paesi guida del sistema capitalistico erano convertibili in oro, che coinvolge pi dei due terzi delle transazioni monetarie mondiali e che ha la sterlina, e in secondordine il franco francese, come moneta di riferimento. Ancora pi importante la costituzione di un mercato mondiale dei capitali in cui lesportazione dei capitali stessi avviene non solo verso i paesi capitalisticamente progrediti o in sviluppo, ma anche verso le colonie. Si tratta di elevare i profitti mediante lesportazione dei capitali nei paesi dove le materie prime sono a poco prezzo, la forza-lavoro a buon mercato, la composizione organica del capitale pi bassa e dove si pu operare in condizioni pressoch monopolistiche. Il tutto facilitato dalla presenza di un mercato mondiale in cui i paesi arretrati sono gi attratti. Una fonte di redditi sicura costituita dai prestiti ad alto tasso e, nelle colonie, dallo sfruttamento di forme pi semplici della produzione senza bisogno di ricorrere ad una industrializzazione massiccia dei paesi conquistati. Lesportazione di capitali non implica certo la diminuzione dellesportazione di merci, anzi, questultima viene favorita dalla prima ad esempio obbligando il paese che riceve il prestito ad acquistare prodotti dei paesi creditori. Nellultimo decennio del XIX secolo il termine imperialismo inizia a diffondersi e a diventare di uso comune. Luso di questa parola richiede per unaccortezza: non va confusa con colonialismo, altrimenti si perde di vista come le conquiste delle potenze capitalistiche nellultima parte dellOttocento siano una conseguenza della nuova fase del modo di produzione e non si colgono le fondamentali differenze fra la politica coloniale dei precedenti stadi del capitalismo e quella del capitale monopolistico finanziario. Per il monopolio il controllo delle sorgenti delle materie prime fondamentale nella lotta contro i monopoli concorrenti. Per uscire dalla crisi il capitale costretto a cercare di espandere la sua sfera di influenza e di sfruttamento il pi lontano possibile ed solo la forza dei grandi gruppi monopolistici che pu avviare una politica di conquista e di spartizione di tali dimensioni. La conquista delle colonie solo uno degli aspetti dellimperialismo, una conseguenza del processo di esportazione del capitale, dellunificazione mondiale del mercato e della lotta interimperialistica. Fra il 1875 ed il 1914 un quarto delle terre emerse del pianeta viene spartito fra un numero ristretto di stati. Il Regno Unito aggiunge 11 milioni di kmq ai 19 che gi possedeva lungo una direttrice che attraversa lAfrica da nord e sud, la Francia con altri 10 milioni conquista l85% del suo impero estendendosi nellAfrica occidentale ed equatoriale e nella penisola indocinese; Belgio, Italia, Germania si lanciano nella corsa, ma anche gli Usa ed il Giappone prendono parte alla spartizione del mondo. Gli Usa sconfiggono gli spagnoli nel 1898 e sottraggono loro Cuba, Portorico, Guam, Filippine (indispensabili come base proiettata verso la Cina); si annettono poi le Hawaii e parte delle Samoa. Limperialismo implica anche unesportazione del modo di produzione capitalistico e la tendenziale riproduzione dei rapporti capitalistici su scala mondiale e, da questo punto di vista, si distingue rispetto al colonialismo delle fasi precedenti proprio per la radicalit di un processo che pu implicare lo sradicamento o, a seconda degli scopi del capitale, la subordinazione e lutilizzo di forme economiche pi antiche e la formazione di un moderno proletariato. Questo processo di rottura storica avviene con una maggiore o minore intensit a seconda della destinazione specifica, allinterno della divisione internazionale del lavoro, cui destinato il territorio conquistato anche se avvenuto, per lo pi, con modalit tali da spezzare lo sviluppo dei paesi conquistati3. Spesso lo sviluppo industriale della colonia stato limitato per impedire
3 Lagricoltura africana estensiva ed itinerante, sufficiente a soddisfare le pressioni demografiche solitamente non superiori ai mezzi disponibili, non richiedeva grandi sviluppi tecnici. Tecniche agricole pi sviluppate non vennero perfezionate non per intrinseca arretratezza delle popolazioni locali, ma perch un basso livello tecnologico era sufficiente alla bisogna. Questo lento sviluppo verr comunque violentemente interrotto con lintroduzione di monocolture specializzate, che nel giro di pochi anni renderanno sterile il terreno ponendo le premesse per future carestie, e trasferendo, dove necessario, la manodopera nelle citt o nelle miniere.

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leventuale conflitto con altri interessi del capitale della madrepatria trasformando la colonia in fonte specializzata di pochi prodotti primari da esportare o di produzioni complementari non antagonistiche e concorrenti nei confronti di quelle del capitale del paese conquistatore. Limperialismo colonialista alla fine, avendo come scopo principale quello di spogliare di manodopera, giacimenti, prodotti primari la colonia ha finito alla lunga per privarsi, mancando di favorire lo sviluppo industriale e compiutamente capitalistico di queste terre, di futuri e ampi mercati. Nella fase imperialistica ci troviamo di fronte ad un insieme di economie nazionali, strettamente legate alle frazioni nazionali del capitale finanziario, che si trovano in competizione tra di loro per difendersi dalla reciproca concorrenza e contendersi il mercato mondiale. La lotta fra i capitali monopolistici diventa scontro interimperialistico fra gli stati di riferimento dei capitali stessi. Dopo una iniziale relativamente pacifica divisione del globo si arriva inevitabilmente allo scontro: gi a Fascioda in Sudan nel 1898 si sfiora il conflitto fra Regno Unito e Francia, nello stesso anno la guerra ispano-americana, lanno seguente viene inaugurata la politica della porta aperta in Cina, con cui inglesi e statunitensi cercano di danneggiare gli europei, e si apre la guerra anglo-boera (1899-1902), seguiranno il conflitto russo-giapponese (1904-1905), le crisi marocchine (1905 e 1911), il contrasto per lAfghanistan fra Russia e Regno Unito, la crisi per lespansione nei Balcani fra Austria e Russia (1908), le guerre balcaniche (1912 e 1913), fino ad arrivare allesplosione vera e propria del primo conflitto mondiale. Con lavvento dei monopoli il ruolo dello stato si dilata, il capitale abbisogna di uno stato forte per poter favorire e appoggiare lespansione dei capitali sul mercato mondiale garantendo loro una certa sicurezza con politiche protezionistiche o coloniali. Un ruolo rilevante riveste la spesa pubblica che garantisce la realizzabilit di una massa di plusvalore in continuo aumento non smaltibile ricorrendo alle forze dei soli privati. Tramite lo stato ampie quote di ricchezza vengono trasferite dalle classi lavoratrici, grazie al ricorso alla tassazione indiretta e alle tariffe doganali e con le imprese coloniali e la corsa agli armamenti gli stati diventano ottimi clienti per i monopoli. Lelemento economico e quello politico sono sempre pi saldati nel momento in cui ci troviamo di fronte un insieme di capitali monopolistici a base nazionale in lotta fra di loro. Le economie nazionali diventano espressione della lotta fra capitali ed il capitale, per sua natura internazionalista, ha ancora a che fare con le economie nazionali degli stati-nazione, dando vita allidentificazione stato-monopoli nazionali condizione dello scontro interimperialistico. Lo stato del periodo monopolistico svolge una funzione non solo repressiva nei confronti della lotta di classe, ma anche un ruolo di mediazione fra il capitale finanziario e la classe operaia riducendo lintensit della lotta di classe. Nasce cos il primo embrione di stato sociale con lo scopo di garantire unadeguata riproduzione della forza-lavoro ed unidentificazione dei lavoratori con lo stato (del capitale). Bismarck vara nel 1881 lassicurazione sugli infortuni, nel 1883 lassicurazione sulle malattie, nell89 i contributi per la pensione e per linabilit al lavoro. Nel Regno Unito del conservatore Disraeli (1867-1868 e 1874-1880) e del liberale Gladstone (1868-1874 e 1880-1885), oltre allaumento del corpo elettorale, si aboliscono i divieti allattivit sindacale, con il riconoscimento legale delle Trade Unions (1871), e al diritto di sciopero e si varano leggi sulla salute pubblica e sulle case operaie. Anche nellItalia di Zanardelli e Giolitti si introducono le assicurazioni volontarie per la vecchiaia e obbligatorie per gli infortuni sul lavoro e vengono estese le leggi che limitano il lavoro minorile e femminile nelle industrie. Le classi lavoratrici vengono cos integrate soprattutto tramite i sindacati che, in particolar modo in Germania e Inghilterra, si trasformano in gestori burocratici di questi strumenti di protezione sociale. Ci permette al capitale di rendere meno aspre e conflittuali le lotte di classe, favorendo contemporaneamente un miglioramento delle condizioni di vita delle classi operaie nei paesi capitalisticamente avanzati e garantendo con questa pace sociale lo sviluppo pacifico e ulteriore delle forze produttive. Lintegrazione si perfeziona anche attraverso lallargamento del suffragio che procede di pari passo con lestensione dellimperialismo. Si cerca di utilizzare lallargamento dei diritti civili come antidoto alla lotta di classe. I sovrapprofitti derivanti dallo sfruttamento imperialistico rendono possibile far partecipare, per quanto in forma minore o anche solo indiretta, di questa nuova ricchezza anche parte del proletariato metropolitano e ci permette unidentifica zione dellaristocrazia operaia con la propria borghesia. Questo ruolo di mediazione che lo stato ricopre a volte fra padroni e lavoratori non deve far comunque dimenticare che la difesa dei diritti riconosciuti ai lavoratori permane solo allinterno di una sottomissione al processo di sfruttamento capitalistico. Lo stato uno stato di classe. Al mutamento della struttura capitalistica corrisponde un parallelo mutamento dellideologia nazionalistica. Dal nuovo concetto di nazione vengono espulsi i sovversivi concetti libertari ed egualitari introdotti dalla rivoluzione francese ed il precedente riferimento alla volont come fondamento della nazione viene sostituito col richiamo ad un elemento aprioristico di tipo naturale in cui letnia ha un ruolo di rilievo. In realt questo accostamento fra nazione e organismo naturale ha lo scopo di giustificare lesistente assetto sociale come qualcosa di corrispondente alle leggi di natura e quindi di immutabile. Ci non in contraddizione con lampliamento del suffragio per gli appartenenti al Volk che, anzi, si differenziano ancora di pi da chi (colonizzati, immigrati) escluso da questi diritti.
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II. 3. Nazionalismo imperialista, razzismo, lotta di classe Le classi dominanti necessitano, di fronte allo sviluppo organizzativo del movimento operaio, di uno strumento ideologico da contrapporre alla lotta di classe che porti ad un ricompattamento ed identificazione con lo stato borghese. Questo compito viene svolto dallideologia della nazione superiore coerentemente con le necessit, prima, di sviluppo imperialistico e, poi, di lotta contro gli altri colonialisti. Lintegrazione delle classi potenzialmente rivoluzionarie nello stato nazionale avviene cos tramite unideologia che deve dividere la classe lavoratrice indebolendo qualsiasi possibilit di solidariet internazionale di classe. Per il proletariato, nei paesi capitalisticamente pi avanzati, la difesa della nazione coincide con la difesa di quei benefici e miglioramenti che sono stati ottenuti con la lotta od elargiti per integrare meglio le classi sovversive. Gli interessi dei padroni e del proletariato devono coincidere nellinteresse supremo del bene nazionale e se, per fare ci, utile sottolineare lidentit etnica degli uni con gli altri lelemento volkisch o razziale potr in ogni momento essere utilizzato. Dal punto di vista ideologico la comunit nazionale non deve eliminare la divisione in classi, ma la deve integrare in un ordine che garantisca questa divisione in modo non conflittuale. Nei paesi guida del capitalismo vi una saldatura fra nazione e imperialismo. Il nazionalismo con risvolti etnici diventa un buon elemento per giustificare limperialismo in quanto il principio di irriducibilit di una nazione allaltra esclude un rapporto di parit fra simili e lascia spazio ad una politica di potenza che al suo fondamento ha lo scontro inevitabile fra elementi inconciliabili in cui il pi forte, e pi civile, destinato a trionfare. In questo modo, spacciando la politica del capitalismo finanziario come espressione non dei grandi gruppi economici e finanziari monopolistici, ma dellintero popolo, le masse lavoratrici, potenzialmente pericolose, vengono portate ad identificarsi con lo stato-nazione imperiale ed a legittimare il sistema sociale rappresentato dallo stato stesso. Un altro elemento efficace del nazionalismo per disinnescare il pericolo della lotta di classe la trasposizione della lotta fra le classi allinterno di un paese allo scontro fra nazioni capitalistiche e nazioni proletarie come fece Enrico Corradini, una delle figure pi rappresentative del nazionalismo italiano, per giustificare lespansione coloniale italiana. Del resto le classi dominanti avevano perfettamente chiara lalternativa che si poneva loro: o lasciare spazio allesplosione della lotta di classe o ricorrere ad una progressiva inclusione degli sfruttati della metropoli capitalistica ponendoli in netta contrapposizione allo sfruttamento ancora pi duro esercitato nei confronti dei lavoratori delle colonie e degli immigrati e sostituendo alla lotta di classe la lotta fra etnie o fra razze. Come ricordava Cecil Rhodes nel 1895: Se non si vuole la guerra civile, occorre diventare imperialisti. Una caratteristica importante del razzismo la sua duttilit ed elasticit, esso, infatti, non va ridotto alla pura differenza di pigmentazione, alle mere caratteristiche fenotipiche, ma ha il grande pregio di permettere una razzizzazione di qualsiasi gruppo che debba essere discriminato. La vera funzione del razzismo crediamo possa essere individuata nella giustificazione dei rapporti sociali di produzione e di propriet attraverso una razzizzazione delle classi lavoratrici che, eventualmente, nel centro capitalistico, possono anche essere cooptate allinterno dellunit di razza per frantumare il fronte della lotta di classe. Alla fine ci che determina lappartenenza alle razze inferiori una divisione di classe e nellapologetica razziale le virt della razza superiore coincidono con quelle della classe media cos come sono percepite dallideologia borghese: intelligenza, inventiva, rispetto delle leggi, laboriosit. Il razzismo unideologia di classe, in particolare della classe borghese che ne ha portato a pieno compimento lelaborazione teorica, una componente storica del mondo borghese strettamente correlata con il fondamento della propriet privata: lesclusione dalla propriet si accompagna a forme di razzizzazione che servono a giustificare la mancanza della propriet e la trasmissione ereditaria della stessa. Il razzismo borghese raggiunge poi i suoi punti pi alti nellet imperialistica verso i popoli colonizzati, gli ebrei ed i lavoratori immigrati per sviare verso un nemico interno debole lodio di classe. Il razzismo possiede una dimensione storica in quanto le sue diverse manifestazioni sono determinate dal divenire e dalle caratteristiche della lotta di classe. Cos se le concezioni dellaristocratico Gobineau [ Saggio sullineguaglianza delle razze umane, 1853-55] sono quelle pessimistiche e sconsolate di una classe sconfitta e vedono nella progressiva mescolanza di razze lelemento destinato a portare linevitabile decadenza, nelle t imperialistica non si tratta pi della nobilt di sangue ma della nobilt della classe capitalistica nei confronti del proletariato interno e dei popoli soggiogati e sfruttati; se nella fase precedente prevale la lotta antidemocratica dellaristocrazia ora emerge il darwinismo sociale della borghesia vincente e del capitalismo che domina sul mercato mondiale. Di fronte alla crisi economica diventa facile ed utile individuare in una minoranza o, meglio, in un componente estraneo per cultura, razza, ecc. la responsabilit della crisi al fine di ricompattare la nazione intorno alle classi dominanti. Lantiebraismo serve cos, nei momenti di crisi, a rafforzare ununione
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interclassista nazionale sottolineando la presenza di un elemento estraneo su cui far ricadere le responsabilit della crisi stessa; di fronte alle caratteristiche capitalistiche della crisi serve a mostrare un modello degenerato di borghesia in contrapposizione ad un modello virtuoso al quale si deve rimanere fedeli; sostituisce alla lotta di classe ed alla possibile alleanza fra piccola borghesia e proletariato la lotta interclassista fra razze. Per quanto riguarda il rapporto con lesterno le mire espansionistiche, rispondenti alle esigenze economiche dei monopoli in lotta, vengono giustificate con le caratteristiche naturali e razziali della nazione dominante. Il razzismo cerca di fondare biologicamente lespansione del capitale finanziario che spaccia cos i suoi interessi come condizionati da leggi naturali. La conquista di uno spazio vitale da parte di una nazione razzialmente superiore la giustificazione ideologica del colonialismo. Le conquiste dimostrano darwinianamente leffettiva superiorit di una specie pi evoluta e la selezione naturale legittima, da un punto di vista scientifico, limperialismo dei popoli superiori. La stessa identit occidentale si forma, a livello transnazionale, sullimmagine del fardello delluomo bianco 4. Lorigine del pregiudizio razziale collocabile nel XVI secolo quando i conquistatori devono poter giustificare lo sterminio degli indios, il saccheggio delle loro ricchezze e linaugurazione del traffico di schiavi. Il rapporto col nazionalismo successivo e corrispondente ad una fase dello sviluppo capitalistico in cui necessario soffocare le potenzialit della lotta di classe inserendo le classi lavoratrici delle metropoli capitalistiche allinterno dellunit interclassista della nazione tramite ideologie capaci di dare lillusione di appartenere, a livello di collettivit nazionale, alla classe dominante tramite una netta contrapposizione con lo straniero, il colonizzato, lemigrato, laltro da s. In questo modo il razzismo unito al nazionalismo permette di giustificare sia gli assetti sociali interni che la lotta per la conquista ed il saccheggio di popoli inferiori ed infine lo scontro interimperialistico visto che la dimensione razzistica pu a questo punto, andando al di l della transnazionalit che ha il razzismo di classe, reinterpretarsi anche contro le altre nazioni imperialiste. Il razzismo si applica bene nei rapporti di classe ed in quelli lavorativi a tutto vantaggio del capitale. Il razzismo, in relazione col nazionalismo, serve a sancire una divisione internazionale del lavoro (nei rapporti con le colonie) e a giustificare una gerarchizzazione e stratificazione interna alla stessa classe lavoratrice (nei confronti dei lavoratori immigrati o delle minoranze etniche) favorevole al mantenimento dei rapporti di forza fra le classi e indispensabile per frantumare la lotta del proletariato ed impedire in anticipo unalleanza fra lavoratori (indigeni-immigrati, bianchi-neri, ariani-ebrei, cattolici-protestanti). La razzizzazione infatti applicabile non solo al colore della pelle, ma a qualsiasi principio di esclusione nazionale, religiosa, ecc. a seconda delle necessit della classe dominante di dar vita ad un processo disgregatore ricorrendo al razzismo di classe. In questo modo si lascia libero spazio al conflitto interno alle classi subordinate, impedendo che la contraddizione capitale-lavoro appaia nella sua dimensione fondamentale, mantenendo una gerarchizzazione nella stessa classe lavoratrice tale da poter giustificare la presenza di aristocrazie operaie e di lavoratori precari e peggio retribuiti (tali perch appartenenti a nazioni, razze, culture inferiori e non perch ci utile al capitale) che occupano gli ultimi gradini della scala sociale. Un buon esempio delluso del razzismo come strumento della lotta di classe nelle mani delle classi borghesi ci viene dagli Usa. Negli anni 1880-1890 in alcuni stati del sud assistiamo ad unalleanza fra i contadini poveri bianchi e negri elettoralmente schierati contro il partito democratico espressione dei ceti proprietari sudisti. Immediatamente la classe dominante si diede da fare per por fine a questa pericolosa alleanza interrazziale. Vengono varate le norme che servono a restringere il diritto di voto e le leggi sulla segregazione e la propaganda invita i bianchi a non posporre lintegrit razziale a limitati e particolari interessi economici. Ancora una volta la separazione fra bianchi e negri favorisce unillusoria partecipazione, sulla base della condivisione del colore della pelle e della parallela diseguaglianza imposta ad altri, al potere della classe dominante; le richieste di segregazione razziale nascono negli Usa anche dalle frange pi povere dei lavoratori bianchi. Oltre alle differenze razziali un altro elemento che permette la disunione della classe lavoratrice la presenza di immigrati. La grande depressione che aveva colpito in modo virulento le campagne europee determin un massiccio esodo transoceanico. Niente di meglio della presenza di elementi stranieri per rafforzare la contrapposizione con laltro e la solidariet etnica e nazionale del noi, superando cos le meschine rivendicazioni economiche della classe lavoratrice che, secondo la propaganda della classe dominante, deve unirsi coi suoi fratelli di razza, religione, nazione contro un pericolo proveniente dallesterno. Daltro canto anche vero che gli stessi lavoratori vivono in modo forte questa divisione che corrisponde, non solo ad unabile propaganda ideologica da parte della classe dominante, ma anche ad oggettive distinzio4 I versi di Kipling sono stati scritti dopo lacquisizione delle Filippine da parte degli Usa nel 1898, in seguito alla vittoria nella guerra ispanoamericana scoppiata per il controllo di Cuba, e mantengono intatta la loro esemplariet: Caricatevi del fardello delluomo bianco/mandate in giro i migliori che avete allevato,/ legate a lunghi esilii i vostri figli/ per servire alle necessit dei sottomessi,/ per vigilare, in pesante assetto,/ su genti irrequiete e selvatiche -/torve popolazioni, da poco assoggettate,/ per met demonii e per met fanciulli... cercando laltrui vantaggio,/ producendo laltrui guadagno... e mietete come vostra consueta ricompensa/ le accuse di chi fate progredire,/ lodio di chi intanto proteggete -/ il grido di folle che vi premurate/ (ah lentamente!) di guidare verso la luce (R. Kipling, Il fardello delluomo bianco, in Poesie, Newton Compton, Roma 1995, pp. 128-30). 12

ni in seno alla classe lavoratrice: i livelli sempre pi bassi della scala sociale vengono occupati ogni volta dallultima ondata di emigranti. Con questi strumenti possibile dar vita ad una segmentazione interna alla stessa classe degli sfruttati creando sempre nuovi esclusi, nuove razze destinate ad occupare gli ultimi gradi della scala sociale ed a permettere unidentificazione tra classe dominante e aristocrazia operaia indigena appartenente alla nazione con diritto di voto e forme di garanzia sociale. Per quanto riguarda la questione elettorale se vi un parallelismo fra allargamento del suffragio in Europa e ampliamento delle colonie, negli Stati Uniti vediamo che le suffragette borghesi della National american woman suffrage association conducono la propria campagna sostenendo che la concessione del diritto di voto alle donne anglosassoni sarebbe stato daiuto nella lotta contro i pericoli provenienti da negri, slavi, latini. Non a caso mentre si riducono drasticamente negli anni Novanta le possibilit dei negri di accedere al voto alcuni stati dellovest iniziano a concederlo alle donne. Ci conferma la funzionalit e flessibilit della discriminazione rispetto alle esigenze della lotta di classe: in questo caso la differenza di genere facilmente superabile perch la componente prima estromessa non in realt che una parte ora mobilitabile, allinterno della divisione pi fondamentale e decisiva di classe, della classe dominante.

III. LA SECONDA GUERRA DEI 30 ANNI 1914-1945: imperialismo e capitalismo monopolistico di stato

III. 1. Guerra e crisi La competizione interimperialistica, una volta esauritasi la spartizione del mondo, sfocia nella guerra. Limperialismo inglese e quello tedesco danno vita allo scontro che diviene gradualmente mondiale e che si trasformer in un conflitto fra il capitale tedesco e quello statunitense per spartirsi i possessi e le zone din fluenza del grande sconfitto britannico. Uno scontro tra capitali che permette di delineare una continuit sostanziale, chiamata da diversi storici Seconda guerra dei Trentanni, fra il primo e il secondo conflitto mondiale. Le caratteristiche della fase liberale ottocentesca vengono superate verso una forma superiore e pi adeguata alle esigenze del capitale in questepoca di crisi. Lo stato nazionale diventa il committente principale per le industrie del settore bellico garantendo la fornitura di materie prime e ampi profitti e lasciando un alto grado di autonomia decisionale agli imprenditori che gestiscono, insieme ai militari, la direzione e la pianificazione della produzione, pianificazione che elimina la concorrenza sui prezzi e garantisce i contratti ai grandi monopoli. La guerra permette poi leliminazione del capitale variabile in eccesso tramite le riduzioni delle paghe e sul luogo di lavoro vi lapplicazione della disciplina militare. Lo stanziamento statale dedicato allacquisto di armi ha infine il pregio di produrre strumenti di distruzione anzich aggravare la sovrapproduzione e le spese per la guerra hanno un ruolo trainante e decisivo per leconomia nazionale dei paesi dominanti simile a quello svolto dalle ferrovie nel secolo precedente. La guerra unimpresa produttiva, per chi riesce a rapinare gli sconfitti, volta alla distruzione pianificata del nemico. Alloperaio-massa corrisponde il soldato-massa e nellesercito fordista si applicano i medesimi principi di gerarchia e disciplina della fabbrica della societ industriale. cos che dalla guerra totale interimperialistica sorgeranno quelli che saranno definiti sistemi totalitari che non caratterizzano solamente, allinterno del modo di produzione capitalistico, i fascismi, ma anche il mondo liberale. La disciplina e le gerarchie della fabbrica, applicate allesercito in tempo di guerra, dovranno essere garantite anche allinterno della totalit dei rapporti sociali , a maggior ragione dopo il dispiegarsi di quel nuovo spartiacque nella storia del modo di produzione capitalistico costituito dalla crisi del 1929. La seconda guerra dei trentanni vedr vincitori, allinterno dellarena capitalistica, gli Stati Uniti che acquisiranno un ruolo egemone. La prima guerra mondiale in particolare porta ad un declino dellEuropa come produttrice e ad un rafforzamento degli Usa, non solo come produttori, ma, soprattutto, come creditori. Gli Usa sono il solo paese nel dopoguerra in grado di concedere aiuti, anche se i prestiti governativi vengono rapidamente sostituiti dai capitali privati che trovano negli investimenti nei paesi europei una lauta fonte di profitti. Lintervento del capitale statunitense negli anni venti determinato dalleccedenza di merci e di capitali che necessitano di uno sbocco sul mercato mondiale, si spiega cos la realizzazione dei piani Dawes (1924) e Young (1929) [cfr. la Contraddizione, no.1], tramite pressioni sugli alleati anglo-francesi per la riduzione dei danni di guerra, che favoriscono la ripresa della Germania, il cui capitale aveva saputo fare
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buon uso dei prestiti e dellinflazione del 1920-1923 per rafforzare la sua posizione sul mercato mondiale, e che, come funzione politica, hanno anche lobiettivo di scongiurare definitivamente, tramite la ripresa economica, lo spettro di nuovi tentativi rivoluzionari comunisti. La crisi del 29 determina una trasformazione importante della forma dellimperialismo. Il ruolo dello stato, come strumento del dominio del capitalismo finanziario monopolistico, deve diventare ancora pi ampio per garantire, attraverso la forma corporativa e lapprofondimento del processo di sussunzione del capitale non monopolistico, il rafforzamento e lestensione dei monopoli. Con la crisi il ruolo dello stato si potenzia ancora di pi passando dalle politiche protezionistiche, adottate nel primo dopoguerra, allintervento sui prezzi, sui salari, sulla produzione e sorreggendo la ripresa degli anni trenta tramite lespansione della domanda dei beni di consumo e dei mezzi di produzione o rilevando le imprese in crisi. Negli anni venti i grandi trust si spartiscono il mercato ed aumenta sempre pi il processo di centralizzazione e concentrazione. Laumentare della composizione organica comporta una diminuzione del saggio di profitto ed necessario aumentare il plusvalore relativo con unintensificazione della produttivit e, infatti, si assiste alla definitiva affermazione del taylorismo. Nel paese guida del mondo capitalistico, i profitti dei grandi monopoli aumentano del 60% con una produzione che si incrementa del 40% mentre laumento dei salari non va oltre il 10%, ma, nel frattempo, alla fine del decennio, la domanda di beni durevoli (radio, frigoriferi, automobili) che caratterizza questa fase di espansione non pi in grado di reggere visto il sempre pi ampio divario che si va delineando fra enormi profitti e i limitati aumenti salariali. Esplode cos la crisi di sovrapproduzione di merci e di capitali. Fra il 1929 ed il 1931 la produzione statunitense cala del 30%, una percentuale che caratterizzer anche il resto del mondo capitalistico quando la crisi raggiunger lEuropa e i disoccupati saranno 14 milioni negli Usa e 15 milioni in Europa. Lespansione dellindustria europea, in particolare quella tedesca, era stata finanziata dai capitali stranieri che iniziano ad essere ritirati gi dal 1928 per essere investiti nella speculazione borsistica negli Usa e scompaiono definitivamente dopo lesplosione della crisi. Il processo di mondializzazione del mercato capitalistico conosce una battuta darresto ed ogni stato cerca di difendere la propria economia nazionale ricorrendo al protezionismo: fra il 1929 e il 1932 il valore del commercio mondiale si riduce del 60% con una diminuzione del volume degli scambi del 35% e questa situazione perdurer per almeno un decennio. Le esportazioni di capitali si riducono quasi a zero ed i capitali prima destinati allestero sono investiti dai centri imperialistici, con maggiori possibilit di controllo e minori rischi, nelle rispettive colonie o vengono impegnati in prestiti di stato e successivamente nellindustria bellica. I capitali diretti precedentemente allestero devono essere allora riorientati in settori gi occupati, il saggio di profitto pu essere salvato a questo punto, visto che gli sbocchi esterni sono chiusi, solo intensificando lo sfruttamento della forza-lavoro riducendone ulteriormente il costo e incrementando quindi il processo monopolistico interno. III. 2. Il capitalismo monopolistico di stato Lo stato interviene direttamente al fine di sostenere e coordinare lattivit dei grandi monopoli, industriali e bancari, e di garantire il processo di valorizzazione. Il capitale monopolistico di stato diventa tanto pi importante e sviluppato quanto pi ampia la situazione di crisi del capitale stesso e cos, se le sue prime caratteristiche iniziano a sviluppare con la prima fase della seconda guerra dei trentanni , con la crisi che scoppia nel 1929, e che dura fino al 1933, che inizia a dispiegare appieno le sue potenzialit e viene coscientemente individuato dalle classi dominanti come lo strumento adatto per garantire il processo di produzione e accumulazione capitalistica e per superare la crisi. Lo stato, espressione della classe dominante o della parte egemone di questa classe, ha il compito di garantire la riproduzione dei rapporti di produzione ed il suo intervento diretto nella vita economica, allinterno della riproduzione degli assetti del modo di produzione capitalistico, tramite anche salvataggi, costituzione di imprese miste e statalizzazioni ha sempre come scopo la sopravvivenza e la riproduzione del sistema cui lo stato stesso appartiene. Con lesplosione della crisi lintervento diretto dello stato diventa condizione indispensabile, e coscientemente perseguita dal capitalismo finanziario monopolistico, per garantire la riproduzione del sistema e quanto era gi stato sperimentato nella prima guerra mondiale viene portato a compimento con uneconomia regolata che garantisce al capitale finanziario unautogestione del sistema. Lo stato non si impone in realt al capitale finanziario: sono i rappresentanti dei monopoli pi potenti che siedono negli organismi amministrativi destinati alla programmazione economica. Questo intervento su prezzi, crediti, materie prime, ecc. non fa che influire sulla distribuzione totale del plusvalore complessivo a vantaggio dei monopoli. Vi insomma il dominio completo del capitale finanziario sullapparato produttivo. La forma di propriet che viene difesa e rafforzata quella della propriet capitalistica nella forma del capitale finanziario monopolistico. In questa situazione chiaro che non lo stato come qualcosa di super partes e indipendente che guida leconomia, ma il capitale monopolistico che, assunto il controllo dello stato, dispone di uno strumento indispensabile per realizzare i propri fini. Lo stato garantisce tramite la spesa
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pubblica, che permette lassorbimento del plusvalore che attraverso canali privati non troverebbe sbocco, un mercato pi ampio ed interviene nella crisi facendosi carico delle perdite del capitale. Lapparato corporativo, alla cui guida troviamo i capi delle imprese maggiori, permette una pi completa organizzazione monopolistica dellapparato produttivo. Pensiamo ad esempio alle limitazioni imposte al libero investimento di capitali, che rafforzano i monopoli contro eventuali concorrenti, o allistituzione di lavori pubblici, agevolazioni nelle fusioni, crediti con garanzia statale, controlli dei salari, ecc. La soluzione corporativa non cosa che riguardi solo la parte fascista del sistema capitalistico in quanto in un arco di tempo ristretto sorgono il Consiglio nazionale delle corporazioni (1930) in Italia, la Corporazione dellindustria tedesca (1933) e il National industrial recovery act (Legge nazionale per la ripresa industriale, 1933) negli Usa che, avendo come esplicito punto di riferimento il corporativismo fascista, legalizza gli accordi che i monopoli avevano preso sulla produzione e sui prezzi [sul rapporto fra fascismo e New deal cfr. no.47]. Il punto pi alto ed efficace del corporativismo statunitense si avr poi con la creazione nel 1939 del War resources board (Consiglio per gli approvvigionamenti bellici) che diede vita ad uneconomia controllata e pianificata dai grandi monopoli. Con la crisi vi lintervento diretto dello stato anche nella sfera della circolazione del capitale. Lo stato si assume, tramite il salvataggio delle banche in fallimento e la socializzazione delle perdite, il compito di finanziatore che era appartenuto precedentemente alla banca mista. lo stato che si occupa di garantire ai monopoli bancari ed industriali la reperibilit di capitali spremendo il proletariato e la piccola e media borghesia come contribuenti e risparmiatori e istituendo una serie di istituti di credito come lImi italiano o la Reconstruction finance corporation (Corporazione per la ricostruzione finanziaria) negli Usa, entrambi nati nel 1931, destinati al salvataggio di banche e monopoli privati. Lintervento dello stato permette al capitale anche di aumentare i suoi diritti nei confronti dei lavoratori. Il capitale monopolistico ha due vie per aumentare il tasso di sfruttamento: una con lintensificazione del lavoro grazie alla diffusione del taylorismo, laltra con il controllo dei salari. Lo stato corporativo mantiene bassi i salari, col fascismo e il nazismo addirittura vengono regolarmente ridotti, accrescendo cos rapidamente i profitti e quando la corsa agli armamenti garantisce un aumento delloccupazione i salari vengono mantenuti stabili o aumentano meno dei prezzi determinando cos unulteriore diminuzione del salario reale. Fra i paesi guida del mondo capitalistico, al di l delle forme politiche ed istituzionali, permane una sostanziale identit nelle politiche adottate nei confronti dei lavoratori: se negli Usa non si giunge, come nei paesi fascisti, alla soppressione legislativa del diritto di sciopero si lascia mano libera allassunzio ne di corpi paramilitari e polizie private da parte delle grandi corporation come la General Motors e la Ford che non potendo pi contare, dopo lavvio del New deal che punta ad integrare le organizzazioni sindacali allinterno del sistema corporativo, sulla polizia e lesercito arrivano ad investire per queste necessit e per lacquisto di armi la cifra annuale di un milione di dollari. Il periodo di ripresa economica che conoscono solo gli stati dominanti, ai danni delle popolazioni oppresse e dei paesi perdenti, fra il 1933 ed il 1937 determinato fondamentalmente dal dispiegarsi dellintervento statale che abbiamo sopra descritto, ma la crisi si riaffaccia nuovamente e a questo punto lunica soluzione costituita dalla guerra. Se il ricorso ai lavori pubblici aveva garantito nel periodo della ripresa nuovi sbocchi allindustria solo con lavvio del riarmo e con lo sviluppo della produzione bellica che gli stati capitalisti trovano una definitiva via duscita dalla crisi. Il piano economico nazista del 1933 prevede uneliminazione della disoccupazione, che colpiva sei milioni di lavoratori, proprio tramite lo sviluppo del settore militare. Anche negli Usa solo la spesa militare che riesce a riassorbire la disoccupazione (1,2% nel 1944) tra il 1941 ed il 1944 vengono creati 19 milioni di posti di lavoro che nel periodo del New deal era comunque rimasta oltre il 17%, mentre la produzione industriale raddoppia sancendo cos latto di nascita di quello che sar chiamato complesso militare-industriale. Agli stati imperialisti non resta ora che usare queste armi per aprirsi nuovi sbocchi allestero che garantirebbero ulteriori vantaggi monopolistici ai propri capitali e una destinazione per lesportazione di capitali nei paesi conquistati. Lintervento diretto dello stato borghese risponde alle necessit del capitale indipendentemente dalle forme istituzionali che vediamo delinearsi nel mondo capitalistico avanzato e le cui differenze dipendono dal maggiore o minore vantaggio del capitale nella conservazione di equilibri di classe precedenti (Usa, Regno Unito, Francia) o dal bisogno di procedere ad una repressione violenta dove il proletariato pu essere pi pericoloso (Germania). Due sono le forme principali di fuoriuscita dal vecchio sistema liberale borghese e che rispondono alle necessit immediate dellimperialismo: il fascismo ed il New deal. Le varie forme politiche, delle quali il fascismo italiano costituisce il modello originario, come del resto evidenziato dalla scrupolosa attenzione mostrata dallamministrazione rooseveltiana nei confronti del corporativismo fascista, rispondono tutte alle medesime esigenze della crisi capitalistica. Del resto il capitale pu trovare accordi con qualunque forma di governo che non miri ad un superamento del capitalismo stesso o, pi semplicemente, ad un suo esproprio; al capitale quindi vanno bene anche le forme democratiche purch svolgano lo stesso compito svolto da quelle fasciste. Per il capitale le forme istituzionali democratiche pi raffinate ed avanzate che implichino una consensualit alla subordinazione
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da parte dei lavoratori stessi possono anche essere preferibili alle forme fasciste che sono per pi efficaci e rapide nei momenti di crisi nelle riduzioni salariali, nella cancellazione di forme di resistenza tramite un apparato statale di tipo repressivo e con forme istituzionali in cui il potere esecutivo sottomette quello legislativo. Inoltre non va dimenticato come il fascismo sia espressione non degli interessi della media o piccola borghesia, ma rappresenti, allinterno dello sfaldamento del mondo borghese nei periodi di crisi, la parte pi moderna e avanzata del capitale: il capitale finanziario monopolistico. In fondo il New deal come tentativo di stimolare leconomia statunitense per superare la crisi costituisce un fallimento sino a quando non si avvia decisamente dal 1939 leconomia di guerra, cosa che il nazismo aveva invece cominciato dal 1933 diventando cos lunico paese del mondo capitalistico capace di sconfiggere la disoccupazione alle soglie del nuovo conflitto mondiale. Identica poi la politica imperialistica. La necessit di controllare mercati e territori esterni per garantire ulteriori vantaggi ai rispettivi monopoli un problema comune. III. 3. Levoluzione imperialista: popolo, razza e nazione Sul piano ideologico il nazionalismo nellet della seconda guerra dei trentanni si caratterizza come un tentativo di saldare la nazione, una volta spezzato qualsiasi antagonismo con la soppressione delle forze sindacali e politiche del movimento operaio o la loro omologazione allinterno del sistema corporativo, attorno allobiettivo del rafforzamento e dellespansione della nazione quale maschera dello scontro interimperialistico fra i capitali monopolistici nazionali. I cardini su cui si regge questo nazionalismo sono cos lespansione imperialistica, lopposizione alla rivoluzione bolscevica ed il razzismo. Vi una stretta relazione fra il nazionalismo fascista e molti aspetti di quello imperialista liberale della fine del XIX sec. che rimane immutato anche nella prima met del secolo successivo. Il processo di nazionalizzazione delle masse ha un punto di svolta fondamentale nel corso della prima guerra mondiale. Quello che uno scontro interimperialistico fra capitali finanziari nazionali viene propagandato dalle classi dominanti come uno scontro fra civilt e barbarie, fra nazioni capitalistiche e proletarie, fra logica industriale e aristocrazia feudale. Si avvia qui un processo di disumanizzazione del nemico contro il quale si lancia una vera e propria crociata per liberare il mondo dal male. Anche lo stereotipo razziale per definire il nemico si presenta con tutta la sua forza: la guerra fra la democrazia dei paesi dellIntesa e gli unni, fra lantica cultura e civilt tedesca e gli eserciti multirazziali di cannibali. Intanto, sul fronte socialista, la guerra mostra una netta vittoria del nazionalismo sulla coscienza internazionalista di classe con il voto a favore dei crediti di guerra e lingresso nei governi borghesi da parte dei partiti della Seconda internazionale. Nel 1917 per ormai evidente ai popoli in guerra che i massacri di una parte equivalgono a quelli della parte avversa e, cosa ancor pi pericolosa per i capitali in lotta di una sconfitta militare, si delinea il pericolo che la guerra interimperialistica si trasformi in un processo rivoluzionario. I trattati di pace, oltre a dover soddisfare le esigenze dei vari capitali nazionali e internazionali tenendo conto dellaffermazione di un sistema finanziario in cui gli Usa detengono una posizione predominante, vedono lo smembramento dei grandi imperi e la loro sostituzione con stati nazionali su base etnica. I movimenti nazionalisti e micronazionalisti, che nei decenni precedenti erano sempre stati ostacolati dalla tradizione liberale e socialista, vengono utilizzati in funzione di limite al nuovo internazionalismo leninista e per costruire un cordone sanitario intorno alla Russia sovietica (Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Polonia). La questione nazionale serve cos da contrappeso alle aspirazioni rivoluzionarie che si erano manifestate fra i combattenti nel 1917 e che caratterizzeranno poi i falliti tentativi insurrezionali nel primo dopoguerra in Germania ed Ungheria. Le rivendicazioni nazionalistiche sono per il capitale molto meno pericolose, in quanto non alterano sostanzialmente i rapporti di classe, della rivoluzione e la questione nazionale raggiunge i suoi massimi risultati. Un elemento comune ai nazionalismi degli imperialismi in lotta, siano essi liberali o, successivamente, fascisti, che servono tutti altrettanto bene a presentare quelli che sono gli interessi dei grandi monopoli finanziari come interessi del popolo. Vi sono diversi elementi di continuit fra le ideologie fasciste e quelle nazionalistiche dellet degli imperi o del romanticismo: Hitler non fa che mettere in pratica lideologia pangermanista della fine del XIX secolo che delineava gi ununificazione in un unico stato dei tedeschi e unespansione nellEuropa centrale e orientale, mentre il fascismo italiano recupera il mito nazionalistico della nazione proletaria alla ricerca di un posto al sole osteggiato dalle nazioni demoplutocratiche. Il nazismo, se mai, si caratterizza maggiormente per il suo richiamo ad un volk trascendente lo stato di ascendenza romantica: lo Stato non rappresenta un fine, ma un mezzo. Esso la premessa della formazione di una civilt umana superiore, ma non la causa di questa. La causa riposta sola nella presenza di una razza idonea alla civilt... Non lo Stato in s che crea un determinato grado di civilt; esso pu solo conservare la razza... Cos la premessa dellesistenza di unumanit superiore non lo Stato ma la Nazione, sola capace di addurla [A. Hitler, Mein Kampf, II, 2]. Anche se pur sempre lo stato che deve difendere la purezza della razza ed espandersi fino ai confini delletnia (e oltre). Di originale vi che i fascismi iniziano a presentare il loro nazionalismo come prefiguratore di un futuro ordine internazionale, del resto
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corrispondente, come copertura ideologica, al progetto di espansione dei capitali tedeschi e dei loro alleati e come anticipazione della ripresa dello scontro militare interimperialistico. Vi insomma nei nazionalismi fascisti il recupero dellinterclassismo dei nazionalismi borghesi dellet dellimperialismo nazionale: il ceto medio apprezza lidea di una comunit che ponga fine alle classi (ed alla loro lotta) nellindistinta unit del volk o della nazione, senza che ci minimamente implichi una modificazione reale della gerarchia classista e della sua posizione in questa gerarchia. Altra componente che il fascismo eredita dal nazionalismo dellet imperialistica il razzismo ed soprattutto con il colonialismo imperialista che bisogna trovare i maggiori punti di contatto con le conquiste accompagnate dallo sterminio di popoli e razze inferiori. Mentre limperialismo liberale esportava le sue guerre di conquista coloniale fuori dellEuropa, il nazifascismo opera, con i medesimi metodi coloniali e le stesse categorie concettuali riservati ai selvaggi, allinterno dellEuropa stessa. Si tratta di trasformare lEuropa, in particolare quella orientale, in colonia. Gli espliciti punti di riferimento dei nazisti sono la politica di espansione ad ovest degli Stati Uniti, limperialismo inglese, ed i metodi da questi adottati come lo sterminio dei pellerossa, i massacri di milioni di negri compiuti in Africa e la segregazione in riserve dei sopravvissuti. Lo stesso destino destinato agli slavi, dei quali una parte dovr rimanere in vita come manodopera servile, e a zingari ed ebrei che andranno invece completamente eliminati. Anche le leggi di Norimberga del settembre 1935 contro gli ebrei, che sbigottirono perch applicate a persone che erano per lo pi strettamente integrate nello stato tedesco, hanno alle loro spalle una lunga storia e traggono ispirazione dalle legislazioni applicate dai paesi imperialisti nei confronti delle proprie colonie. Non dimentichiamo poi come lapplicazione di una legislazione che segregava i propri cittadini perch di origine pericolosa si avr anche negli Usa nel corso della seconda guerra mondiale quando i cittadini statunitensi di origine giapponese saranno deportati nei campi di concentramento. Per ci che riguarda lantiebraismo con la fine della prima guerra mondiale che la visibilit degli ebrei aument e cominciarono ad essere utilizzati come obiettivo per distogliere le masse dai veri responsabili della tragedia del conflitto interimperialistico. Lopposizione delle classi dominanti di fronte al pericolo dellOttobre inizia a tingersi di una forte coloritura razziale ed il giudeobolscevismo un mito che viene utilizzato e condiviso dalle classi dominanti siano esse liberali, fasciste, nazionaliste o cattoliche: sono gli ebrei i principali responsabili della barbarie bolscevica volta al rovesciamento della civilt, tesi sposata anche da un liberale conservatore come Churchill, da Henry Ford e dal governo statunitense; loccupazione francese della Germania nel 1919-1920 con truppe senegalesi e marocchine porta allaccusa di combattere una guerra negro-ebraica contro la Germania; in Europa orientale inizia a scatenarsi la violenza in quanto la formazione di una classe media locale rende superflua la fino allora indispensabile funzione economica svolta dagli ebrei; in Europa occidentale invece la crisi del 29 a portare alla rovina la piccola borghesia e a suscitare il suo antiebraismo (lavversione cio per la piccola borghesia ebraica sua concorrente diretta) che viene prontamente utilizzato dal grande capitale monopolistico per sviare verso questo facile bersaglio la rabbia e la disperazione popolare. Di fronte alla crisi economica diventa facile ed utile individuare in una minoranza la responsabilit della crisi, sviare lattenzione del proletariato e ricompattare la nazione intorno alle classi dominanti. vero che buona parte degli ebrei russi appoggia la rivoluzione bolscevica che era del resto lunica in grado di garantire uneffettiva parit al popolo ebraico, i bolscevichi dopo il 1917 promulgheranno delle leggi volte alla punizione dellodio etnico o razziale fino a giungere a garantire agli ebrei una regione autonoma riconosciuta dalla costituzione del 1936. Lo stesso Lenin nel marzo del 1919 fa incidere su disco, nel tentativo di raggiungere anche le masse analfabete, una serie di discorsi ed uno di questi proprio dedicato ad un durissimo attacco allantiebraismo quale strumento nelle mani del capitale. Lantiebraismo spinto, soprattutto dopo la crisi del 1929, allesasperazione. Il mito del capitalismo ebraico, creato per spostare la questione della lotta al capitale monopolistico finanziario, che della crisi era il responsabile, al problema di quale razza possegga il capitale, la forma ideologica dellimperialismo tedesco per impadronirsi materialmente (tassazione, espropriazione e deportazione) delle ricchezze delle comunit ebraiche tedesche, con lo scopo principale di recidere i vincoli con il capitalismo internazionale di quelle potenti banche della Germania controllate dalla finanza ebraica, riconducendole tutte al servizio del capitale monopolistico finanziario tedesco, tramite lutilizzo del razzismo antiebraico e antisionista. Il processo di arianizzazione delleconomia lanciato nel 1937 in Germania uno di quegli strumenti di cui si serve il capitale monopolistico tedesco per accelerare il processo di concentrazione economica. A questo punto eliminato il virus ebraico tutto il popolo potr volgersi alla difesa interclassista delleconomia nazionale. Potrebbe essere interessante notare come limperialismo sia riuscito a sfruttare duplicemente la questione ebraica: prima usando gli ebrei come facile bersaglio, poi sfruttandone senza scrupoli la tragedia come faranno gli Usa e Israele usando un altro nazionalismo, il sionismo (nato nel 1896), che condivide le principali caratteristiche dei nazionalismi dellet dellimperialismo. questo comunque un percorso che si sviluppa a partire solo dal 1967 quando Israele dimostra, grazie alla forza palesata nella guerra dei Sei giorni, di poter essere un utile alleato nella scacchiera mediorientale. Fino ad allora lo sterminio era stato dimenticato, anche
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dalle stesse lite ebraiche statunitensi, prima di tutto perch la Germania era diventata un alleato indispensabile, in secondo luogo perch il ricordo dei massacri nazisti era in genere compito dei comunisti e in piena guerra fredda era meglio disfarsi di simili ingombranti compagni. Del resto se per il capitale sono indifferenti letnia, la religione, la nazionalit di chi viene sfruttato sono altrettanto indifferenti quelle di chi sfrutta: pi naturale lalleanza, a maggior ragione nella fase multinazionale, fra il capitalista ebreo e quello wasp che non quella fra il capitalista ebreo o lo statunitense purosangue coi rispettivi proletari. Lo stesso nazionalismo sionista viene trascurato quando svantaggioso per la politica imperialistica statunitense e recuperato solo quando diventa unutile risorsa. Dopo il 1967 limperialismo statunitense che aveva mantenuto rigide quote di immigrazione durante lepoca nazista respingendo, e di conseguenza condannando, molti ebrei, mentre incamerava (insieme alla Svizzera) i beni che gli ebrei stessi cercavano di salvare al di l delloceano e le lite ebraiche (lo stato israeliano almeno, a differenza degli Usa, aveva cercato di catturare i criminali nazisti) recuperano il massacro fino ad allora trascurato tralasciando per altro la morte di milioni di comunisti, slavi, zingari e sottouomini vari per giustificare qualsiasi aspetto della politica dei governi israeliani a danno dei palestinesi cercando di tacciare di antiebraismo qualsiasi critica alla politica imperialistica israelostatunitense [sullo sfruttamento della sofferenza degli ebrei in base ad interessi politici e di classe, cfr. N. G. Finkelstein, Lindustria dellOlocausto, Rizzoli, Milano 2002]. Negli Usa se prima il razzismo serviva a frantumare le forze dei lavoratori opponendo il proletariato bianco rispettivamente ai negri e ai lavoratori stranieri ora, dopo il primo conflitto mondiale, con un eccesso di manodopera rurale da utilizzare e, grazie allo sviluppo del taylorismo, una relativa minor necessit di operai, limmigrazione superflua e, soprattutto, potrebbe essere strumento di contagio rivoluzionario. Limmigrato viene razzizzato politicamente e diventa comodo capro espiatorio come nel caso di Sacco e Vanzetti condannati a morte nel 1927. Nel frattempo negli stati del sud il Ku Klux Klan ottiene grandi successi e si trasforma in una sorta di organizzazione di massa. A met degli anni venti il Klan conta sei milioni di aderenti ed estende le sue attivit non pi solo contro i negri, ma anche contro ebrei, comunisti e immigrati che portano il morbo rivoluzionario e inquinano la purezza etnica. La superiorit razziale una superiorit di classe e il nemico di classe subisce un processo di razzizzazione. In questo modo si pu avere un ulteriore punto di appoggio ideologico per sostenere limmutabilit e la naturalit delle gerarchie sociali e per cancellare, tramite la lotta fra le razze, e soprattutto dopo leliminazione pratica delle organizzazioni del movimento operaio, lo stesso concetto di lotta di classe. Alla fine lunico ordine che rimane quello del sistema capitalistico. III. 4. Internazionalismo e indipendenza nazionale La contrapposizione ideologica sulla questione nazionale , nel corso della seconda guerra dei trentanni, quella fra un nazionalismo che esprime le esigenze dei capitali in guerra caratterizzato dalla xenofobia, dallo sciovinismo e dal razzismo ed un internazionalismo bolscevico antimperialista che non cancella per, nella sua migliore formulazione leninista, la questione nazionale, ma la recupera allinterno della realt dello scontro fra capitali. I bolscevichi concepiscono il partito comunista come unavanguardia del proletariato non limitata alla sola dimensione nazionale e la stessa rivoluzione dOttobre non pensata come avvenimento limitatamente russo. Ci non vuol dire che la dimensione nazionale e la lotta per lindipendenza, allinterno della categoria interpretativa, e al contempo realt effettuale, costituita dallimperialismo e dallo scontro interimperialistico, venga cancellata o sottovalutata. Limperialismo la realt mondiale del capitalismo monopolistico finanziario e loppressione nazionale e coloniale una manifestazione, sul piano politico ed economico nazionale, di questa realt mondiale. La questione nazionale viene originalmente ripensata ed ampliata: essa va estesa ai popoli colonizzati e inserita nella strategia rivoluzionaria mondiale antimperialistica. In contrapposizione a quella che la variante nazionalistica liberale e fascista nel corso della seconda guerra dei trentanni, i comunisti non fanno riferimento alla componente etnica nella lotta per lindipendenza nazionale recuperando cos il meglio della tradizione nazionalistica illuminista e liberaldemocratica del periodo 1789-1848. La chiamata alla lotta, oltre che del proletariato del centro capitalistico, anche dei popoli colonizzati in nome della comune appartenenza allo sfruttamento imperialistico, si pone in netta antitesi a tutta lelaborazione ideologica borghese costruita in questo periodo e conseguentemente la rivoluzione russa e la sua alleanza coi popoli inferiori (e gli ebrei) viene interpretata dalla borghesia imperialista come un pericolo mortale per la civilt occidentale. Nel periodo che va dal 1935 alla vigilia della seconda guerra mondiale il movimento internazionale comunista, pur non obliando la fondante premessa internazionalistica, recupera sempre pi una dimensione anche nazionale. La svolta si ha col VII congresso del Comintern (agosto 1935) che lancia la parola dordine dei fronti popolari e delle alleanze antifasciste coi socialdemocratici ed i borghesi democratici. La dimensione internazionale permane in unottica di lotta ad un fenomeno che transnazionale ed espressione dellimperialismo come il fascismo, al contempo la lotta dei comunisti si pone come lotta per il recupero del principio nazionale, scaturito dalla rivoluzione francese, della difesa della sovranit popolare di fronte al
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fascismo (internazionale). Abbiamo dunque un nazionalismo antifascista che grazie ai comunisti impegnato in una lotta di classe ed in una lotta di liberazione nazionale. Pensiamo soltanto al caso esemplare della lotta dei comunisti cinesi durante loccupazione giapponese che unisce difesa dellindipendenza nazionale e lotta di classe rivoluzionaria, lotta antifeudale e lotta antimperialista.

IV. LET DELLORO DEGLI STATI UNITI 1944-1971: la fase multinazionale dellimperialismo

1. Il piano Marshall e le istituzioni sovranazionali La fine del secondo conflitto mondiale sancisce definitivamente il passaggio di consegne, una volta sconfitti i tentativi egemonici dellimperialismo tedesco, fra limperialismo britannico e quello statunitense alla guida del sistema capitalistico mondiale. Inoltre, appena terminato il conflitto, gli europei sono in una situazione di carenza di cibo, materie prime, combustibili e capitale fisso e sono nellimpossibilit, per mancanza di riserve di dollari e oro, di poter procedere allacquisto di ci di cui necessitano presso gli Usa che si trovano in una situazione di eccedenza produttiva. Da un lato quindi la necessit di ricostruire in assenza di parte dei mezzi necessari, dallaltra lo spettro di una nuova crisi di sovrapproduzione. indispensabile per il capitale statunitense poter penetrare su un mercato molto pi ampio di quello nazionale, addirittura, nei programmi iniziali, lobiettivo non solo il mercato europeo occidentale, ma si cerca, nel tentativo di realizzare un autentico mercato mondiale, di far partecipare a questi piani anche lUrss ed i paesi esteuropei. Piani che, viste le limitazioni di sovranit, nonch lintroduzione di un diretto controllo del capitale statunitense sulla produzione e la politica dei paesi aderenti, vengono respinti da Stalin e Molotov. Nasce allora lEuropean recovery program (Programma di ripresa europeo), meglio noto come piano Marshall, con il quale si permette lavvio della ripresa delleconomia europea fornendo i dollari, 13 miliardi fra il 1948 e il 1952, con i quali si sarebbero poi comprati presso gli stessi Usa le merci di cui lEuropa necessitava, dando cos soluzione alla sovrapproduzione agricola ed industriale statunitense [cfr. la Contraddizione, no.1. cit.]. Naturalmente lerogazione di fondi prevede degli accordi ben precisi quali lapertura dei paesi beneficiari al mercato internazionale, il pareggio dei bilanci, misure antinflazionistiche. Ogni paese tenuto inoltre a fornire agli Usa un rendiconto trimestrale sullimpiego dei fondi e, soprattutto, ad accettare i controlli delle Erp missions con cui amministratori ed economisti inviati da Washington consigliano gli stati europei su come investire i dollari. Almeno allinizio il Piano Marshall permette il riavvio delleconomia europea, anche se non deve essere considerato lunico e fondamentale elemento. Ricordiamo che siamo sempre in una realt caratterizzata da quello che si pu definire capitalismo monopolistico di stato che continua a svolgere un ruolo importante anche dopo la guerra, per almeno un quarto di secolo, favorendo il processo di accumulazione; pensiamo al caso dellInghilterra con la nazionalizzazione di ferrovie, miniere e settore dellacciaio, al permanere dellIri in Italia o allapparato militare-industriale negli Usa. Il Piano Marshall, comunque, garantisce al capitale europeo e statunitense un periodo di espansione sotto per lo stretto controllo di questultimo effettuato tramite linserimento dellEuropa occidentale nellarea del dollaro. Il periodo della ricostruzione post-bellica permette al capitale statunitense unegemonia sul mercato mondiale e su quello degli alleati-avversari che vengono controllati, oltre che con le Erp missions, soprattutto con linserimento delle multinazionali statunitensi nei settori strategici della grande industria europea. Non dimentichiamo, infine, come i paesi europei vengano inseriti (e controllati) in unalleanza militare antisovietica e come una buona percentuale dei dollari dellErp venga investita nel settore militare. La nuova forma dellimperialismo presenta una novit consistente nel raggiungimento di forme di integrazione sovranazionale del capitale monopolistico finanziario, determinate dallalto livello di integrazione degli investimenti del capitale multinazionale, tramite la creazione di una serie di istituzioni deputate a tale scopo. Gli Usa danno vita ad una comunit finanziaria internazionale da loro dominata tramite il controllo di questi organismi sovranazionali. Si raggiunge cos un equilibrio, che durer fino alla fine degli anni sessanta, in cui il capitale multinazionale, sia esso privato o, meglio ancora, strettamente legato con lo stato, come vedremo nellesemplare caso dellapparato militar-industriale statunitense, sviluppa un controllo delleconomia capitalistica a livello produttivo, distributivo e finanziario. Le basi per questa nuova fase
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dellimperialismo si pongono nel luglio del 1944 che vede, con gli accordi di Bretton Woods, delinearsi un riassetto del sistema finanziario internazionale con la nascita del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, seguiti poi nellottobre del 47 dalla nascita del General agreement on tariffs and trade (Accordo generale sulle tariffe e il commercio). Il Fmi, nato per eliminare politiche di svalutazione competitiva con un sistema di cambi fissi e tramite listituzione di un fondo di credito per i paesi in difficolt, uno strumento controllato dal capitale statunitense, visto che il deposito versato dai membri aderenti deve essere per un quarto in dollari o oro, che permette di imporre lutilizzo del dollaro nel commercio mondiale. Quando un paese ricorre ad un prestito questo erogato in dollari, trasformando gli Usa nel principale creditore mondiale, ed il prestito implica laccettazione di una serie di condizioni che determinano un rigido controllo sulle politiche economiche degli stati debitori. Si determina cos un processo di riduzione della sovranit degli stati pi deboli nei confronti degli stati dominanti e delle istituzioni sovranazionali del capitale. Laltro ente deputato ad indirizzare proficuamente il capitale finanziario, tramite una politica di mediazione fra gli stati e le banche, la Banca mondiale che, nata inizialmente con lo scopo di inviare i capitali nellEuropa in ricostruzione, negli anni successivi finir per erogare prestiti ai paesi in via di sviluppo sempre a condizione di poter controllare ed influire sulle politiche macroeconomiche degli stati debitori. In questa situazione gli Usa possono, almeno inizialmente, godere di una forte posizione di vantaggio anche nei confronti dei capitali europei che, soprattutto dopo la svalutazione della sterlina del 1949, non possono competere col dollaro e le banche centrali sono costrette a pagare in questa valuta tutte le transazioni per le merci fondamentali. Unaltra esigenza immediata per il capitale finanziario statunitense costituita dallapertura dei mercati e la liberalizzazione dei commerci. A ci prepone il Gatt che, sotto lo slogan della liberalizzazione mondiale del mercato, serve a sancire sui concorrenti le posizioni di vantaggio di quella che , di fatto, la politica protezionistica statunitense. Va poi ricordata, ad un livello pi ristretto, la nascita della Comunit economica europea favorita dagli Usa che puntano alla creazione di un grande mercato europeo integrato su cui riversare la loro sovrapproduzione. Oltre allintegrazione militare tramite la Nato lEuropa sarebbe stata meglio collegata alleconomia statunitense con la creazione di questo nuovo mercato, anche se questo processo di integrazione, gi auspicato dagli Usa nel caso della realizzazione del piano Marshall, dovr attendere fino al 1957. Gli Usa si mostrano cos propensi alla nascita di quello che diventer il loro pi temibile antagonista perch la possibilit di una concorrenza europea pare oltremodo improbabile e poi perch, comunque, le multinazionali statunitensi sono ben inserite nei settori strategici delleconomia europea. IV. 2. Il capitale multinazionale e il nuovo ruolo dello stato La tendenza a creare il mercato mondiale data immediatamente nel concetto del capitale stesso [Marx, Lineamenti fondamentali, quaderno IV, foglio 18]. La nuova fase dellimperialismo caratterizzata dal passaggio del capitalismo monopolistico finanziario dalla sua fase nazionale a quella multinazionale . questo il momento che segna il trapasso dallapogeo della fase nazionale del capitalismo, fra le due guerre, a quel processo di ridimensionamento della stessa attraverso una nuova divisione internazionale del lavoro determinata dal capitalismo multinazionale. Tutto linsieme di accordi che abbiamo visto d vita ad organismi sovranazionali del capitale multinazionale nati al fine di garantire una stabilit nella naturale lotta fra le diverse componenti del capitale stesso. questa una fase di attenuazione della lotta concorrenziale fra i capitali. Il capitale finanziario si rende autonomo dalle economie nazionali, i capitali periferici vengono assorbiti negli interessi delle grandi multinazionali, soprattutto statunitensi, quindi con una precisa provenienza nazionale e con una direzione e una propriet facenti capo ad una stessa nazione, ma investiti in molti paesi differenti. Il capitale produttivo, nella sua forma multinazionale, pu superare, grazie anche ad un controllo finanziario centralizzato, le ristrettezze del mercato nazionale tramite unintegrazione e articolazione delle fasi produttive, di circolazione e di realizzazione del plusvalore. Ci permette una localizzazione pi adeguata degli impianti e di superare la frammentazione della produzione mondiale. Con ci si porta ad ulteriore compimento la sussunzione al capitale finanziario monopolistico delle forme sopravvissute di capitale concorrenziale. Per limperialismo fondamentale il ruolo svolto dallesportazione di capitali tramite la forma degli investimenti diretti allestero (ide) che permettono, attraverso lassetto multinazionale, di avere saggi di profitto esteri superiori a quelli interni con investimenti inferiori. Tramite soprattutto gli ide le grandi imprese monopolistiche statunitensi, sia industriali che bancarie, dominano il mercato e di conseguenza il dollaro si impone come valuta universale; inoltre per mantenere in parit la propria moneta, in base agli accordi intercorsi a Bretton Woods, gli altri paesi sono tenuti a intervenire sul mercato valutario acquistando dollari nel caso in cui gli Usa ne stampino oltre il dovuto. Nei ventanni successivi al secondo conflitto
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mondiale gli ide statunitensi passano da 7 mrd $ ad oltre 40. Alla fine di questo ciclo, nel 1968, il 55% delle attivit e degli investimenti delle grandi industrie multinazionali al di fuori del paese dorigine appartengono al capitale finanziario statunitense. Data lalta composizione organica del capitale la valorizzazione del capitale monopolistico multinazionale deve passare ancor di pi attraverso laumento del tasso di sfruttamento del lavoro. La maggior parte degli investimenti produttivi si ha proprio nellarea dellOcse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici) dove lintensit e la produttivit del lavoro sono superiori, mentre quando la composizione organica del capitale pi bassa si pu ricorrere tranquillamente ai paesi pi deboli e neocolonizzati. questo lelemento che determina le nuove forme della divisione internazionale del lavoro. Il ruolo dellorgano statale richiede un intervento pi ampio e diretto per garantire meglio le trasformazioni richieste dal nuovo assetto imperialistico. Fra queste nuove esigenze emerge un inedito compito di mediazione con i nuovi organismi sovranazionali che non implicano certo lestinzione dello stato. Lo stato ha il nuovo compito di facilitare la penetrazione nel territorio nazionale del capitale multinazionale dominante, tenendo presenti gli equilibri e i rapporti di forza della pur sempre ineliminabile lotta fra capitali, e di mediare fra le varie componenti dei capitali multinazionali, nazionali e di stato al fine comunque di favorire il processo di accumulazione e di riproduzione dei rapporti di produzione. Ci comporta una trasformazione dello stato nazionale che richiede una sua internazionalizzazione di funzioni nei confronti del capitale multinazionale e delle contraddizioni fra le varie frazioni capitalistiche (multinazionali statunitensi, capitale multinazionale europeo, capitali nazionali, capitali di stato). Tutto ci non mette in questione la natura e la funzione dello stato borghese di classe, nel quale la frazione egemone deve comunque cercare di garantire linteresse complessivo della classe dominante, ma richiede un suo adeguamento alle trasformazioni del modo di produzione. A partire dal secondo dopoguerra si assiste ad un incremento notevole dellattivit economica dello stato e non tanto nella forma della propriet o della partecipazione nella produzione industriale, visto che la crisi passata e ci si trova in una fase di espansione economica per cui il capitale privato, da questo punto di vista, non necessita di un intervento diretto dello stato con la relativa socializzazione delle perdite, quanto, soprattutto, sotto forma di aumento di spesa dello stato, strettamente collegata al processo di accumulazione del capitale e funzionale al processo di produzione e circolazione del plusvalore. Gli stati capitalisti danno vita dunque ad interventi cosiddetti keynesiani in grado di sostenere loccupazione e redditi relativamente alti. La spesa poi destinata a svolgere un ruolo fondamentale nella ricerca scientifica e tecnologica e nella riproduzione, attraverso listruzione scolastica, di una forza-lavoro sempre pi qualificata; due elementi che permettono la realizzazione di forme sempre pi intensive di lavoro tramite il raggiungimento di una maggiore produttivit e lestrazione di una quota superiore di plusvalore relativo. IV. 3. Lapogeo dellegemonia statunitense In questo quarto di secolo gli Usa si pongono alla guida di quello che in embrione, destinato a svilupparsi nella sua perfezione dopo il tramonto del Secondo mondo, un mercato mondiale integrato di monopoli multinazionali. Siamo in una situazione in cui uno stato nazionale si trova a gestire, allinterno del mondo capitalistico, una sorta di dominio monopolistico. Il capitale mondiale di fatto gravitante intorno allimperialismo statunitense che controlla le istituzioni finanziarie sovranazionali ed utilizza lo stato, con annesso potenziale militare, come base per i propri monopoli miranti al controllo del mercato mondiale. Gli Usa nel periodo 1946-1958 esplicano pienamente la propria supremazia, che si protrarr almeno fino al 1967, anche se gi nel 1958 la bilancia commerciale della Cee in credito e quella statunitense in debito e le contraddizioni interimperialistiche fra il capitale statunitense e quello europeo iniziano ad accentuarsi. Lelemento centrale delleconomia statunitense dellet delloro costituito dalla spesa militare che, dopo una seconda ondata di crescita nellimmediato dopoguerra nel settore della motorizzazione e delledili zia, costituisce lo strumento pi potente per lo sviluppo economico. Negli Usa la spesa dello stato raggiunge un quarto o un quinto del Pnl e la met di questa spesa destinata al settore militare (1000 mrd $ investiti dal governo federale fra il 1945 e il 1970). Infatti, gi nel 1949, iniziano a palesarsi segnali di recessione che vengono superati grazie alla guerra di Corea (1950-1953) ed al conseguente rilancio della spesa militare che raggiunge nel 1953 il 15% del Pil. La spesa militare, inoltre, trover grandi sbocchi nella guerra fredda che stata da diversi studiosi interpretata come il vero motore dello sviluppo economico dellet delloro. Di fronte alla nuova fase di difficolt delleconomia lamministrazione Kennedy risponde con una politica keynesiana di spesa pubblica e l80% di questa destinato a spese militari oltre che a forti investimenti (25 mrd $) nellente spaziale (Nasa). Con la guerra del Vietnam le spese militari superano il 10% del Pil e garantiscono un nuovo periodo di espansione delleconomia, inoltre il reclutamento di soldati per la guerra riduce anche il tasso di disoccupazione in un periodo in cui il 20% della popolazione lavoratrice
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disoccupato o sottoccupato. Tutto ci permette, rispetto agli anni Cinquanta, un tasso doppio di sviluppo del Pnl e, soprattutto, un aumento dei profitti delle grandi corporation del 65%. Ormai per la fase di espansione del capitalismo mondiale giunta alla fine e con essa la supremazia degli Usa che sono i primi ad avvertire gli effetti della crisi di sovrapproduzione. Le spese per la guerra, fredda o calda, se hanno sostenuto leconomia e garantito enormi profitti al settore militare-industriale e collegati, hanno anche creato un notevole disavanzo nella bilancia dei pagamenti e nel 1971 gli Usa si trovano con un forte deficit commerciale. Anche se gli Usa sono riusciti ad imporre agli alleati-avversari europei il dollaro al suo vecchio valore, ormai svalutato visto che la guerra del Vietnam stata finanziata stampando dollari, le riserve auree statunitensi si sono assottigliate (dai 23 mrd $ del 1956 ai 13 del 1966), mentre quelle dei concorrenti aumentavano (da 12 a 30 miliardi). Inoltre legemonia statunitense limitata anche dal rafforzarsi negli anni Sessanta di altri poli imperialistici, quali la Comunit europea a guida tedesca ed il Giappone, che hanno ormai superato sul piano produttivo e di competitivit delle proprie merci gli Usa. Le contraddizioni interimperialistiche che, seppur con unEuropa in condizione subordinata, erano riprese almeno dal 1958, quando leconomia europea era ormai in grado di non farsi pi schiacciare dallegemonia del dollaro e venivano siglati accordi preferenziali fra la Cee e diversi paesi in via di sviluppo per favorire la penetrazione europea neocoloniale, hanno un ultimo passaggio, corrispondente alla prima evidente manifestazione della crisi, con la decisione presa da Nixon il 15 agosto 1971, senza consultare gli alleaticoncorrenti, di sospendere la convertibilit in oro del dollaro, esponendo cos europei e giapponesi agli effetti dellinflazione statunitense, e di introdurre un dazio del 10% per proteggere lindustria statunitense. Assistiamo infine in questo periodo ad una nuova forma di penetrazione imperialistica, che verr definita neocolonialista. Il controllo del mercato mondiale non necessita infatti in questa fase, se non in casi particolari, del controllo diretto delle colonie, sufficiente legemonia economica, un ceto politico locale asservito e alcune basi militari opportunamente collocate in centri strategici; solo quando indispensabile si ricorre ad un eventuale intervento militare in difesa dei monopoli minacciati da riforme o rivoluzioni o contro il pericolo di diffusione del morbo comunista (Guatemala 1954, Cuba 1962, Repubblica Dominicana 1965, Vietnam 1964-1973). Si veda anche come gli Usa intervengano, allinterno dello scontro interimperialistico, a rintuzzare le vecchie aspirazioni colonialistiche, nonch lunico e vero tentativo in questa fase di una politica estera indipendente e autonoma, di Francia e Regno Unito in occasione della crisi del canale di Suez nel 1956. IV. 4. La questione nazionale fra decolonizzazione e neocolonialismo Una delle conseguenze pi rilevanti della fine della seconda guerra dei Trentanni il completamento del processo di decolonizzazione. Lespansione imperialistica ha determinato una profonda trasformazione dei territori colonizzati che hanno visto stravolte, tramite linserimento nelleconomia mondiale capitalistica, le loro strutture economiche, politiche e sociali. Oltre al saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento delle popolazioni indigene la dialettica del dominio imperialistico inizia lentamente a porre anche alcune condizioni del suo superamento: si delinea in diversi casi un processo di unificazione economica che comporta ununificazione amministrativa e, successivamente, politica del territorio occupato. La borghesia coloniale, ormai inserita nel mercato mondiale imperialistico per quanto in forma subordinata, punta ad una maggiore indipendenza dal capitale monopolistico della madrepatria o, meglio ancora, vorrebbe acquisirne i privilegi. Limperialismo ha esportato, oltre al modo di produzione capitalistico, anche lelaborazione ideologica nazionalistica favorendo lo sviluppo di una lotta volta alla costituzione di stati-nazione sovrani sul modello delle lotte condotte in Europa dalle borghesie nazionali fra il 1789 ed il 1848. Una prima svolta si verifica nel corso della prima guerra mondiale e negli anni venti. Le colonie durante la guerra vedono aumentare sempre pi la loro importanza, oltre ad essere una riserva di uomini (Francia e Regno Unito arruolano circa sei milioni di soldati coloniali) e una fonte di prelievo fiscale per finanziare le spese militari, procedono ad un imponente sviluppo delle forze produttive, proprio per far fronte alla necessit di rifornire la madrepatria, che continua anche nel dopoguerra e che favorisce, grazie anche alluso del protezionismo, soprattutto in Asia, la nascita di un capitalismo nazionale al punto che, finita la guerra, alcuni mercati coloniali sono in parte sottratti al controllo del capitale del centro imperialista. Il contrasto fra la borghesia nazionale delle colonie e il capitale monopolistico dei paesi colonizzatori si fa sempre pi aspro. Vista la stretta compenetrazione fra le varie parti delleconomia mondiale imperialistica la crisi del 29 ha i suoi effetti anche nelle colonie con un crollo dei prezzi dei beni primari accelerando ulteriormente il processo di avvicinamento fra intelligencija politicamente avanzata, borghesia nazionale e classi lavoratrici. Si forma anche un fecondo rapporto fra il marxismo ed alcuni movimenti di liberazione nazionale: lesempio della rivoluzione dOttobre mostrava possibilit di trasformazioni radicali non solo nei punti alti dello sviluppo capitalistico, ma anche negli anelli deboli del sistema imperialistico; linvito di Lenin alla lotta di liberazione dei popoli coloniali e lappoggio fornito dai bolscevichi a questa lotta, nonch lo
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strumento di analisi costituito dal concetto di imperialismo favoriscono questo rapporto. La lotta per la difesa nazionale allora, grazie al ruolo dei comunisti, anche lotta di classe. Con la seconda guerra mondiale le esigenze belliche dellimperialismo portano ad un sempre maggior rafforzamento delle industrie locali e delle funzioni dello stato colonizzato. Si tratta di intensificare la produzione agricola e di dar vita ad alcuni settori industriali che richiedono comunque una forza-lavoro maggiormente preparata e istruita e quindi allo sviluppo di una classe operaia sempre pi cosciente. Si sviluppa sempre pi una borghesia nazionale che interessata a superare la dipendenza dal capitale straniero, allo sviluppo delle forze produttive e, in alleanza col proletariato, i contadini e la piccola borghesia, alleliminazione di eventuali rapporti feudali e semifeudali ancora presenti. Ricordiamo che al di l delle esigenze belliche, con gli esiti contrastanti per limperialismo che abbiamo visto, in genere il sottosviluppo dei paesi colonizzati determinato proprio dal fatto che limperialismo tende spesso a saccheggiare i beni delle colonie senza investire a sufficienza per determinare un effettivo sviluppo capitalistico. Anche nella nuova fase del processo di decolonizzazione che si concretizza nel secondo dopoguerra vale, tutto sommato, ancora la strada indicata dall Internazionale comunista negli anni trenta consistente nella formazione di fronti popolari nazionali in cui le classi lavoratrici stringono alleanze con le borghesie nazionali. In questa lotta contro limperialismo dei monopoli finanziari si delinea negli anni Cinquanta una collaborazione fra diversi stati nazionali resisi indipendenti (Egitto, India, Birmania, Indonesia, Iraq, Siria, Yemen, Sudan, Ceylon) ed il campo sovietico che costituisce un ostacolo alla mondializzazione completa del sistema imperialistico e del modo di produzione capitalistico. Sar ad esempio il blocco socialista ad aiutare lEgitto quando, dopo il fallimento del tentativo militare imperialista anglo-franco-israeliano, le forze imperialistiche impongono allEgitto un blocco economico. Dal canto loro invece gli statunitensi appoggeranno in modo esplicito e definitivo limperialismo israeliano solo quando questo avr dimostrato con la guerra dei sei giorni (1967) di essere un partner estremamente forte da utilizzare nella regione. Importante in questa politica di indipendenza nazionale il ruolo dello stato visto che il desiderio di raggiungere lindipendenza implica anche la volont di unindipendenza economica da perseguire tramite un processo di industrializzazione: il modello di riferimento diventa cos in diversi casi quello della pianificazione delleconomia di tipo socialista. Certo bisogna tenere ben presente come la risposta dellimperialismo consista nelladozione del cosiddetto neocolonialismo. La maggior parte degli stati sono estremamente vulnerabili e si trovavano a dipendere dai paesi imperialisti per quello che riguarda la possibilit di trovare sbocchi sui mercati o per quel che riguarda la sfera valutaria in quanto rimangono legati allarea monetaria della ex madrepatria. Allindipendenza politica non corrisponde cos quella economica. La divisione etnica, nazionale o razziale ancora un utile strumento nelle mani delle classi dominanti imperialiste. In India gli inglesi fomentano la divisione fra ind e musulmani ed in Palestina quella fra arabi ed ebrei; in Africa la stessa politica di divide et impera utilizzata pi volte anche per rendere pi agile la politica neocolonialistica dopo che era stato necessario rinunciare al controllo diretto delle colonie: i francesi, ad esempio, piuttosto che vedere la creazione di due grandi stati nellAfrica occidentale e nellAfrica equatoriale francesi preferiscono favorire la nascita di una dozzina di stati isolati; il Belgio invece fomenter la guerra civile e la scissione delle province congolesi del Katanga e del Kasai nel 1960. Il desiderio di conseguire lindipendenza nazionale porta con s la necessit di raggiungere, per rendere effettiva e reale la liberazione e non cadere dalla padella della colonizzazione alla brace del neocolonialismo, una qualche forma di indipendenza dal sistema imperialistico. Il mercato mondiale capitalistico, gi intaccato una prima volta dallOttobre, subir ulteriori perdite proprio con quelle lotte per lindipendenza nazionale unite ad una rivoluzione sociale che portano ad una fuoriuscita dal sistema imperialistico come in Cina, Vietnam, Cuba. Anche altri paesi in cerca di una reale indipendenza nazionale, che pur non avevano dato vita ad una trasformazione di tipo sovietico, godono dellappoggio che pu venire dal campo socialista. La lotta antimperialista diventa completa e compiutamente realizzata se capace di unire lindipendenza nazionale a radicali trasformazioni sociali. Limperialismo nella sua nuova forma del neocolonialismo pu meglio affermarsi quando il movimento di indipendenza nazionale vede laffermazione di una borghesia, che per gli interessi internazionali di classe al di l di una (temporanea) diretta concorrenza della borghesia nazionale con i monopoli imperialistici inevitabilmente portata a sacrificare, visto che si tratta di mantenere il paese nellalveo dei rapporti imperialistici, lindipendenza nazionale. Questo stretto rapporto che in diversi casi si venuto a costituire fra la lotta di indipendenza dei popoli colonizzati ed il movimento comunista internazionale viene sfruttato da parte dellideologia imperialista che presenta, in modo indebito, come totale lidentificazione fra lotte di liberazione nazionale e comunismo, cos da poter giustificare lintervento militare, agitando le bandiere dellanticomunismo, ogni volta che lo si riterr necessario. Nel centro capitalistico, sconfitto il nazifascismo, una parte consistente della sua elaborazione ideologica, lanticomunismo, diventa la dottrina ufficiale del paese guida, e di conseguenza dei suoi satelliti. Ci rende anche pi facile giustificare lenorme prelievo fiscale ed i miliardi di dollari spesi nel settore militare a beneficio del grande capitale, ma, come col razzismo antiebraico utilizzato nella fase
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precedente dellimperialismo, la funzione dellanticomunismo la stessa: occultare, a beneficio del grande capitale, i veri nemici di classe del proletariato. Dopo il secondo conflitto mondiale interimperialistico ci si trovati in un mondo bipolare in cui uno degli scontri fondamentali non tanto quello fra le potenze imperialistiche, ma quello fra chi appoggia la lotta contro limperialismo monopolistico, portando un aiuto concreto e determinante al processo di decolonizzazione, e chi cerca di opporvisi. Quindi lalleanza fra (un certo) nazionalismo e il blocco socialista si comprende a partire da questo scontro di fondo in cui il nazionalismo non lunico, e soprattutto originario e fondante elemento; la componente nazionalistica non deve essere considerata come autosufficiente nellambito della spiegazione storica ma richiede un costante rapporto anche con altri elementi. Anche perch va ricordato come la lotta di classe nelle colonie possa essere celata e posta in subordine dalla questione immediata della lotta, unitaria e interclassista e quindi funzionale in genere alle borghesie nazionali emergenti, contro il colonizzatore. O ancora va ricordato come in alcuni casi possano essere le forze della piccola borghesia, forti nel settore dellesercito, a lottare contro limperialismo. Del resto anche vero che le alleanze che si sono stabilite nel corso della lotta per lindipendenza nazionale fra il proletariato, i contadini, la piccola borghesia e la borghesia nazionale, possono poi cambiare natura e la piccola borghesia e la borghesia nazionale, come avvenuto per lo pi in Africa ma anche in Asia e America latina, hanno poi finito per stringere unalleanza col grande capitale internazionale in nome di interessi di classe che vanno al di l della questione nazionale. La parabola della politica egiziana ad esempio abbastanza chiara: nel 1955 Nasser enumera i principi della rivoluzione egiziana: 1) liquidazione dellimperialismo; 2) liquidazione del feudalesimo; 3) distruzione dei monopoli capitalistici e annientamento del loro dominio; 4) instaurazione delleguaglianza sociale; 5) creazione di un forte esercito nazionale; 6) instaurazione di un sistema veramente democratico [ Storia dellAfrica, Teti, Milano 1999, p. 195]. LEgitto gode inoltre dellappoggio del campo socialista nella lotta per lindipendenza contro limperialismo e poi, una volta consolidata la propria indipendenza e acquisiti i capitali stranieri da parte della borghesia nazionale i rapporti internazionali di classe si ripristinano e negli anni Settanta si giunge, anche sul piano diplomatico, ad un capovolgimento delle alleanze pi rispondente alla definitiva affermazione dello sviluppo della classe borghese egiziana che finir comunque per essere subordinata al capitale transnazionale. In altri casi ancora (Golfo Persico) le antiche classi dominanti, grazie alle rendite petrolifere si trasformano in oligarchie finanziarie con stretti rapporti col capitale finanziario mondiale e alcuni paesi arabi (Iraq e Siria in prima linea), pur avendo ricevuto lappoggio sul piano internazionale dellUrss non esiteranno, al momento opportuno, ad eliminare i partiti comunisti nazionali. Non va insomma dimenticato che il processo di indipendenza dei paesi colonizzati, dove non si riesca ad instaurare unegemonia comunista, cio nella maggior parte dei casi, un processo che ha delle similitudini col processo di formazione degli stati-nazione borghesi europei: si tratta insomma di un movimento che risponde agli interessi della classe borghese e del modo di produzione capitalistico.

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Questo breve testo, di Maurizio Brgnoli, pubblicato in quattro articoli apparsi sui numeri della rivista la Contraddizione, citati in calce. Esso, oltre che nella consueta forma cartacea, reperibile anche in rete nella cartella www.contraddizione.it alla pagina qualche tema.

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