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Il dibattito sulle sorti della sinistra o autodefinendosi tale era finora insabbiato sotto le speculazioni attorno alle quotidiane

interviste di Matteo Renzi o le proposte, pi facete che serie, avanzate da alcuni esponenti di Sel, di congressi paralleli e convergenti fra grandi e piccole forze di una coalizione, Italia Bene Comune, che dopo avere perso di fatto le elezioni si trovata, senza ancora avere ben compreso il perch, divisa fra governo e opposizione. Essendo il primo pessimo oltre limmaginabile, mentre del tutto inadeguata la seconda, se non altro per mancanza di referenti e di insediamento sociali.

Daltro canto, dopo un primo sbandamento, la visibilit dellopposizione nelle istituzioni spetta indubbiamente al Movimento 5 stelle che giustamente ha imparato presto ad usare tutte le armi di quello che una volta si chiamava il filibustering parlamentare lungamente praticato durante la cosiddetta prima repubblica dalle forze di opposizione di sinistra e di destra. Siamo cio di fronte ad un paradosso: il Movimento 5 stelle, dato precipitosamente per morto nelle recentissime elezioni amministrative, riprende fiato proprio in e grazie a quel parlamento che a parole Grillo dichiara di disprezzare tanto. Anche se questo non basta certo a frenare lastensionismo, che dilaga anche tra i ceti forti orfani anchessi di una qualche rappresentanza politica solida e affidabile, costretti quindi a oscillare di elezione in elezione tra il voto occasionale e il non voto.

Malgrado che questo quadro deprimente sia quello assolutamente prevalente, si possono manifestare fatti e parole in controtendenza. Quando succede non bisogna perdere loccasione per tentare, attraverso questi, di rivivificare una sinistra dalternativa che pare anchessa in sonno.

Mi riferisco ad esempio allesito di unelezione paradigmatica, quella di Messina, su cui cos poco si ragionato. Ed un peccato perch non si tratta di una tarda propaggine dei successi elettorali atipici - alcuni gi un po ingialliti come quelli di Milano, di Genova, di Cagliari o di Napoli, ma di un risultato nuovo e originale, accaduto in una citt di non trascurabili dimensioni e con una tradizione difficile alle spalle, costruito completamente al di fuori del quadro politico dato e fondato sulla capacit di aggregazione dei movimenti, delle loro nuove pratiche di democrazia diretta, o, meglio, deliberativa e delle intelligenze politiche presenti al loro interno. Naturalmente una vittoria elettorale al ballottaggio non permette di vivere di rendita neanche per un minuto. Sar quindi interessante seguire lesperienza del sindaco Accorinti e della sua Giunta e costruire attorno ad essa una rete di solidariet, di simpatia e di partecipazione come conviene fare nei confronti di unesperienza pilota particolarmente significativa.

Sullaltro lato, quello del dibattito vero proprio, vorrei qui ricordare non per dovere di ospitalit, ma per leffettiva importanza che ha avuto - in primo luogo la discussione promossa da un supplemento allultimo numero di Micromega. Si trattato come noto di una discussione a cinque, fra Maurizio Landini, Marco Revelli, Stefano Rodot, Gustavo Zagrebelsky e Paolo Flores dArcais cui si deve il merito principale delliniziativa. Come questultimo riconosce nelle pagine conclusive del libretto (Il futuro dellaltrapolitica), lesito della discussione non stato positivo: Sembra proprio che dovremo aspettare una futura e imprevedibile congiunzione astrale scrive Paolo Flores dArcais per dare vita ad un nuovo soggetto. Per quanto questultimo sia messo tra molte virgolette, di questo si tratta. Della costruzione di una nuova

soggettivit politica della sinistra in connessione con lo sviluppo della sinistra diffusa nella societ. Obiettivo in quel caso fallito, forse anche perch si chiedeva troppo ad alcuni interlocutori, gi sovraccarichi di altre responsabilit che sarebbe un delitto abbandonare.

Tuttavia non stato un tentativo inutile. Mi sentirei di correggere un poco il pessimismo di Flores dArcais. Infatti nei giorni successivi il dibattito ha ripreso forza e nuovi protagonismi. Innanzitutto vi stato un articolo di Marco Revelli sul Manifesto che, in coerenza con quanto affermato nella discussione di Micromega, ribadisce linsufficienza di una azione dal basso e della necessit di un ente catalizzatore, ovvero di qualcuno un gruppo di donne e di uomini che dallalto dia un segnale con pochi semplici denominatori comuni, dalla difesa intransigente della Costituzione, al primato del lavoro, passando per la difesa dei beni comuni, per imporre allEuropa un cambio radicale della sua politica economica e al nostro paese una bonifica politica e morale.

Un compito tanto pi urgente se si registra che anche Casaleggio, il guru di Grillo, seguito dallinsospettabile ministro Del Rio quali novelli J.G. Ballard ( il famoso scrittore inglese scomparso pochi anni fa, autore di Crash) prevedono rivolte sociali per il prossimo autunno. Per la verit c solo da stupirsi che non ci siano state finora. Ma, se cos accadr, queste rischiano di consumarsi in esplosioni isolate se non incrociano almeno un abbozzo di forza alternativa dotata di un programma, di una ferma determinazione per un radicale cambiamento e di coraggio politico, dote completamente passata nel dimenticatoio.

Poco dopo anche da Sel si alzata qualche voce. Per la precisazione da due indipendenti del gruppo parlamentare, Giorgio Airaudo e Giulio Marcon che in un articolo hanno posto la questione della totale inadeguatezza dello stato della sinistra a fronte del deperimento della situazione del nostro paese e della necessit di dare vita a un campo del cambiamento capace di impegnare le forze della sinistra attorno a un numero limitato ma enormemente significativo di questioni, quali luscita dalla crisi su posizioni antiliberiste; la costruzione di un blocco sociale postliberista sulla base di nuovi tipi di relazioni; la promozione su questi temi di cento iniziative pubbliche; una campagna per le elezioni europee per unaltra Europa. Ce ne a sufficienza, peraltro mi sono fermato solo ad alcuni esempi, per non dare per defunto il dibattito aperto da Micromega.

Una discussione di questo genere non pu venire isolata in un resort, ma tanto meno lasciata allequivoco delle primarie o delle tante promesse di cantieri della sinistra che mai si aprono e, nei pochi casi in cui lo fanno, tantomeno si chiudono con un qualcosa di fatto. C bisogno di unassunzione precisa di responsabilit di quel quadro pensante, diffuso e privo di contorni partitici, ma pure esistente e resistente, che variamente intrecciato con esperienze di movimento, di ricerca intellettuale, di militanza sindacale, di costruzione di un nuovo senso di sinistra nella societ.

Non saprei dire quale il numero delle questioni da porre per dare concretezza ad una simile discussione. Probabilmente qualcuna di pi di quelle cui fanno riferimento Revelli, Airaudo e Marcon, anche se gi costituirebbero un ottimo punto di avvio. Ci che conta infatti il punto di partenza e la linea di direzione verso un possibile approdo, pur da verificare e rettificare quanto si vuole e quando si rende necessario strada facendo.

E quindi inevitabile introdurre da subito alcuni elementi per incanalare e guidare questa discussione. La premessa non pu non essere altro che la constatazione della morte dellattuale centrosinistra. Il suo rapido deperimento cominciato con il governo Monti, contando gi su solide premesse; stata ispirato, sostanziato e guidato dalle scelte della nuova governance europea, il cosiddetto pilota automatico, secondo le famose parole di Draghi, che rendeva del tutto indifferenti i colori dei singoli governi; approdato a quellodore marcio del compromesso di cui ha scritto Barbara Spinelli, che tale proprio perch a lungo covato. Solo il non esito, questo non del tutto prevedibile, delle ultime elezioni politiche ha fatto s che Sel, contrariamente alla retorica governista sviluppatasi al suo interno particolarmente negli ultimi tempi, si trovasse allopposizione e invece il Pdl per intero al governo. Il tutto avvenuto senza che nella prima venisse avvertita la necessit di un riposizionamento strategico, (per questo non tanto la data, quanto il senso e lasse del prossimo congresso sono cos incerti) mentre per il secondo si trattato di ribadire una pratica di continuit seppure in tono minore di occupazione del potere.

Ma la Grosse Koalition non uninvenzione dellultima ora. Parafrasando Giulio Bollati che in quel caso parlava del fascismo, che cosa diversissima da ci cui abbiamo a che fare, per dire che questo non era improvviso n imprevedibile - si potrebbe oggi affermare che il fenomeno pu essere condensato in una formula: nulla (nelle larghe intese) quod prius non fuerit nella societ, nella cultura, nella politica italiana, tranne che (le larghe intese) stesse da almeno 25 anni a questa parte. Infatti questa forma di governo ademocratica, prima ancora che tecnocratica, la pi congrua al capitalismo finanziario nel quadro europeo, con particolare evidenza dallinizio della grande crisi, cio dal 2007 in poi.

Il Pd diventato il pivot di questa politica. Sta assumendo le caratteristiche che i sociologi che studiavamo un tempo avrebbero definito di partito pigliatutti o catch all, se pi piace la formula inglese. Un partito cio che si pone al centro del quadro politico per cercare di afferrare linafferrabile centro della societ che nel frattempo si frantumata e polarizzata, al fine di rendersi garante di una presunta pacificazione e di una assai pi concreta politica di austerit. Non vedo successi nel proporsi di modificare il Pd dallinterno. Oltretutto tutti dai giovani turchi ai redivivi Bettini lavorano per Renzi e solo la bulimia dichiaratoria e limpazienza della vittoria di questultimo lo pu far perdere. N ha senso, se mai ne ha avuto, attenderne la possibile implosione. Tante sono ormai le occasioni nelle quali sarebbe potuta accadere e non avvenuta. Segno che vi allinterno di quel partito un collante, dato da un complesso e non banale sistema di potere, che lo rende abbastanza elastico agli urti interni ed esterni.

Il campo del cambiamento va organizzato fuori, in alternativa e a volte contro il Pd, o quantomeno alle scelte dei suoi gruppi dirigenti. La caduta del governo Letta che comporta la sconfitta del Pd il primo compito di unopposizione di sinistra che si rispetti e non pu essere messo in ombra da calcoli congressuali. Se entro lanno si giungesse a una grande manifestazione nazionale contro il governo, capace di raccogliere tutte le forze che ad esso si oppongono, quale esito di un vasto lavoro nei territori, questo sarebbe lunico modo per cambiare tutte le agende politiche e forse riaprirebbe, pur tra terribili incertezze e contrasti, un nuovo percorso democratico.

Coerentemente lo sbocco europeo deve essere ricercato nel campo della sinistra di alternativa su scala continentale. Serve una campagna di massa, capace e non sarebbe difficile di unire i temi della concreta sofferenza sociale con le cause che la provocano e che stanno nelle politiche di austerit di Bruxelles. E possibile condurla senza che si precipiti immediatamente nella divisione fra chi vuole stare nelleuro e chi no. Anche nel primo caso bisognerebbe ed esattamente la cosa pi urgente da fare unire i paesi in difficolt e le sinistre di alternativa per imporre alla Germania pena la fine dellEurozona che altrimenti imploderebbe in ogni caso un cambiamento radicale di politiche e la revisione dei trattati europei da Maastricht allinsostenibile fiscal compact. Lo stesso Wolfgang Munchau sul Financial Times ha sostenuto che per salvare leuro bisogna che i paesi come lItalia minaccino concretamente di uscirne. A una battaglia come questa non si potrebbe per poi dare una rappresentanza politica scelta nellambito di quel socialismo europeo che, a partire dal paese tedesco, si attrezza a essere garante e continuatore di quelle politiche di austerit comunque mascherate..

Insomma linvito alla discussione progettuale, alla costruzione contemporanea di pensiero alternativo e di elementi di nuovo blocco sociale, allesaltazione del ruolo della sinistra diffusa e dei movimenti con la contemporanea valorizzazione della altrettanto diffusa intellettualit pensante, vanno raccolti da subito senza timidezza o pretese di primogenitura, ma avendo subito il coraggio di produrre scelte politiche di campo nette e riconoscibili. Senza di ci non possibile rispondere positivamente, o quantomeno cercare di farlo, a quella dirimente assenza che, nelle parole di Flores dArcais, la condizione soggettiva, la mancanza della volont delle forze esistenti (movimenti, associazioni, personalit) di unirsi in una massa critica sufficiente.

Se il pendolo temporale degli interessi oscilla tra pubblico e privato, allo stesso modo si potrebbe dire che quello dei caratteri segue una traiettoria tra due estremi, rappresentati da conformismo ed anticonformismo. Quando arrivano le stagioni del non conforme, giunge anche il momento dei grandi irregolari. Pensatori, in passato, non di rado mitteleuropei, che gli anni di ferro e di fuoco del secolo breve trasformarono in migranti cosmopolitici. Come il recentemente scomparso Albert Otto Hirschman, studioso tedesco fuori da ogni schema, giunto a Princeton passando per Trieste, e Karl Polanyi, lungherese formatosi nella Vienna del suo discussant Ludwing von Mises e dellamico di famiglia Karl Popper, in transito da Londra per raggiungere la Columbia University. Tipi umani con una particolare attitudine allecclettismo, dunque a ibridare discipline diverse grazie allapertura mentale indotta spesso malgr soi dal proprio nomadismo biografico.

Leconomista Polanyi storico, sociologo e perfino antropologo. Competenze che si fondono al meglio nella sua opera pi nota La grande trasformazione, del 1944 con cui si ricostruiscono i fondamenti della civilt del diciannovesimo secolo: lordine imperante durante la pace dei cento anni (1814-1914), poi sbriciolato dalla successiva guerra dei trentanni (1914-1945) in cui si consuma la catastrofe dellegemonia europea. Ossia lequilibrio del potere tra potenze continentali, il sistema aureo internazionale come cardine delleconomia mondiale unificata, lo stato liberale. Il tutto cementato dallideologia del mercato autoregolantesi che produceva un benessere economico senza precedenti[3].

Un ordine borghese di cui con le parole della figlia Kari Polanyi-Levitt un fuoriuscito dal mondo borghese scorge lintima follia. E la follia la riduzione dellintera societ alla pura e semplice dimensione economica. La nascita di un soggetto astratto quale lhomo oeconomicus, che induce visioni devastanti per il contesto naturale ed umano (il laissez-faire non era un metodo per conseguire qualcosa ma era la cosa da conseguire[4]). Sebbene lo stesso Padre Fondatore Adamo Smith fosse di parere contrario: Il capitalismo di per s non generava i valori che rendono possibile il suo successo; li eredita dal mondo precapitalista o non capitalista, oppure li prende a prestito (per cos dire) dal linguaggio della religione o delletica. Valori come la fiducia, la fede, la credenza nellaffidabilit dei contratti*5+. Ma Smith non era un fondamentalista mercatista, a differenza di tanta parte dei suoi catastrofici epigoni

Catastrofi che si riproducono puntualmente tutte le volte che leconomicismo si impone come criterio imperante. Tutte le volte in cui si constata quanto prefigurava Pierre Bourdieu: La scienza che si chiama economia riposa su unastrazione originaria, che consiste nel dissociare una particolare categoria di pratiche, o una particolare dimensione di ogni pratica, dallordine sociale nel quale ogni pratica umana immersa[6]. Contro questa infezione mentale Polanyi funziona come un formidabile antidoto. Sicch particolarmente meritoria liniziativa editoriale del Saggiatore di pubblicare una serie di testi, inediti a livello mondiale, che testimoniano levoluzione intellettuale di questaltro grande irregolare lungo larco di un quarantennio (1919-1958): Per un nuovo Occidente.

Autore di non facile inquadramento, il Nostro. Liberalsocialista, come altri borghesi critici (pensiamo al nostro Carlo Rosselli)? Di certo negli anni della sua formazione era allordine del giorno, per giovani menti inquiete e generose, la ricerca di una terza via tra il mercato anarchico delleconomia di profitto capitalistico e il dirigismo centralistico di stampo comunista.

Per un occidentale di matrice borghese, significava mettere in discussione le pretese delleconomia classica e neoclassica di rappresentare la verit ultima per la vita e la natura umana. Quella che con labituale ironia di Hirschman si potrebbe definire una freudiana invidia della fisica da parte degli economisti, ossia limpulso a descrivere il mondo sociale ed economico mediante un sobrio e trasparente sistema di equazioni. *+ Data limportanza del ferro simbolo dellindustria e della potenza nellOttocento, per i primi economisti non era abbastanza uscirsene con una legge: doveva essere una legge ferrea. Limitazione di Newton e specialmente della sua meccanica*7+.

Ci comportava al tempo stesso la riscoperta della societ: il che ritorna particolarmente attuale in questepoca storica agli sgoccioli il quarantennio reaganiano-thatcheriano detto NeoLib su cui aleggia il motto (demenziale) della cosiddetta signora di ferro: la societ non esiste. Cos, parole pronunciate nel lontano 1958 si rivelano persino profetiche: La fame e il profitto vennero isolati come moventi economici e si inizi a presumere che luomo agisse, in concreto, in base a essi, mentre le altre motivazioni apparivano pi eteree e distaccate dai fatti prosaici dellesistenza quotidiana. Lonore e lorgoglio, il senso civico e il dovere morale, persino il rispetto di s e la comune decenza, furono ora ritenuti irrilevanti per i rapporti produttivi e significativamente compendiati nella parola ideale*8+.

Sotto la spinta di poderose forze autodistruttive si sta prefigurando una nuova crisi della civilt occidentale; e Polanyi ci indica la via per evitare la catastrofe ritrovando le ragioni basilari dellantica civilizzazione, i suoi fondamenti morali: I tre fatti costitutivi della coscienza delluomo occidentale: la consapevolezza della morte, la consapevolezza della libert, la consapevolezza della societ[9].

La salvezza dellOccidente e dellintero pianeta passa attraverso la fuoriuscita dalle trappole mentali in cui siamo imprigionati. Una coazione a ripetere che sembra non tenere conto dellevidenza, eppure chiarissima agli occhi di Karl Polanyi: Lintero meccanismo destinato a incepparsi, ponendo lumanit di fronte allimmediato pericolo della disoccupazione di massa, dellinterruzione della produzione, della perdita dei redditi e, conseguentemente, dellanarchia sociale e del caos*10+.

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