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Lapo Gianni

Canzoni e ballate

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

Edizioni di riferimento elettroniche F. Bonomi, Duecento: la poesia italiana dalle origini a Dante a stampa Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960 Design Graphiti, Firenze Impaginazione Thsis, Firenze-Milano

Lapo Gianni Canzoni e ballate

Sommario
I Eo son Amor, che per la mia libertate ........................... 5 II Amore, i non son degno ricordare .............................. 7 III Gentil donna cortese e dibonare ................................. 8 IV Angelica figura novamente ......................................... 9 V Dolc il pensier che mi notrica l core ...................... 10 VI Donna, se l prego de la mente mia .......................... 11 VII Se tu, martorata mia Sofferenza ............................. 14 VIII Amore, i prego la tua nobeltate............................. 15 IX Angioletta in sembianza ........................................... 16 X Novelle grazie a la novella gioia.................................. 17 XI Questa rosa novella .................................................. 18 XII Ballata, poi che ti compuose Amore ........................ 19 XIII O Morte, della vita privatrice ................................ 21 XIV Amor, nova ed antica vanitate ................................ 24 XV Nel vostro viso angelico amoroso ............................ 26 XVI S come i Magi a guida de la stella ......................... 26 XVII Amor, eo chero mia donna in domno .................. 27 XVIII Pelle chiabelle di Dio, no ci arvai [attribuito]...... 28

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Lapo Gianni Canzoni e ballate

Ballate e canzoni

I Eo son Amor, che per la mia libertate venuto sono a voi, donna piagente, chal meo leal servente sue greve pene deggiate lenare. 5 Madonna, e no mi manda, e questo certo; ma io, veggendo l su forte penare e langosciar che l tene in malenanza, mi mossi con pietanza a voi vegnendo: ch sempre tene lo viso coverto, e gli occhi suoi non finan di plorare e lamentar di sua debol possanza, merzede a la su amanza e me cherendo. Per voi non mora, poi chio lo difendo; mostrate inver di lui vostr allegranza, s chaggia beninanza. Merz: se l fate, ancor poria campare. Non si convene a me, gentil segnore, a tal messaggio far mal acoglienza: vostra presenza vo guiderdonare, s come sle usar bona ragione. Veniste a me con s libero core, di vostro servo avendo cordoglienza: gran canoscenza lo vi fece fare, ond i vo dare al su mal guarigione. Portateli lo cor chavea n pregione, e da mia parte li date allegranza, che stea fermo a su amanza di buono amore puro da laudare Mille merz, gentil donna cortese, del buon risponso e del parlar piagente, ch nteramente mavete appagato, ed adoblato mia domandagione: s che nver voi non posso usar riprese,

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ch mai non trovai donna s valente che suo servente aggia s meritato, ch suscitato da morte e pregione. Donn e donzelle chamate ragione, deh or ecco donna di gran valentia, che per sua cortesia vuole su servo s guiderdonare!

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II

Amore, i non son degno ricordare tua nobiltate e tuo canoscimento: per chero perdon, se fallimento fosse di me vogliendoti laudare. 5 Eo laudo Amor di me a voi, amanti, che mha sor tutti quanti meritato, n su la rota locato veramente: ch l ond i sole aver tormenti e pianti aggio si bon sembianti dogni lato, che salutato son bonairemente, grazi e merzede a tal signor valente che mha si alteramente sormontato e sublimato in su quel giro tondo, che n esto mondo non mi credo pare. Unqua non credo par giammai trovare, se n tale stato mi mantene Amore, dando valore a la mia innamoranza. Or mi venite, amanti, acompagnare; e qual di voi sentisse al cor dolore, impetrer ad Amor per lui allegranza: chegli segnor di tanta benenanza, che qual amante vuol lui star fedele, savesse il cor crudele, si vle inver di lui umilare. Vedete, amanti, comegli umle ed gentile e daltero barnaggio, ed ha l cor saggio in fina canoscenza; ch, me veggendo s venuto a vile, si mosse el segnoril come messaggio: fe riparaggio a la mia cordoglienza, e racquist l meo cor, chera in perdenza, da quella che mavea tanto sdegnato; poi che gli ebbe donato, mha poi sempre degnato salutare.

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III

Gentil donna cortese e dibonare di cui Amor mi fe prima servente, merc, poi che n la mente vi porto pinta per non ublare. 5 I fu s tosto servente di voi, como dun raggio gentile amoroso di vostri occhi mi venne uno splendore, lo qual damor s mi comprese poi, chavante voi sempre fui pauroso, s mi ncerchiava la temenza il core; ma di ci grazie porto a lui segnore, che l fe contento d lungo desio, de la gioi che sento, la qual mostr in amoroso cantare. In tal manera fece dimostranza meo cor leggiadro de la gio che prese, che n grande orgoglio sovente salo, fra scovrendo vostra disnoranza; ma poi, riconoscendo come offese, cos folle penser gitt in oblio. Quando vostr alto intelletto ludo, si come il cervio inver lo cacciatore, cos a voi servidore torn, che li degnaste perdonare. Perdon cherendo a voi umilemente del fallo che scoverto si sentia, venne subbietto in vista vergognosa; voi, non seguendo la selvaggia gente, ma come donna di gran cortesia, perdonanza li feste coposa. Ora mi fate vista disdegnosa e guerra nova in parte comenzate: ond i prego Pietate ed Amor che vi deggia umilare.

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IV

Angelica figura novamente di ciel venuta a spander tua salute, tutta la sua vertute ha in te locata lalto dio dAmore. 5 Dentr al tuo cor si mosse un spiritello, esc per li occhi e vennem a ferire, quando guardai lo tuo viso amoroso; e fe il camin pe miei si fero e snello, che l core e lalma fece via fuggire, dormendo luno e laltro, pauroso; e quando l sentir giugner s argoglioso, e la presta percossa cos forte, temetter che la Morte in quel puntoverasse l su valore. Poi, quando lalma fu rinvigorita, chiamava il cor gridando: Or se tu morto, chio non ti sento nel tu loco stare? Rispose il cor, chavea poco di vita (sol, peregrino e senzalcun conforto, quasi tremando non potea parlare), e disse: Oi alma aiutami a levare e rimenare al casser de la mente! E cos insiememente nandaro al loco onde fu pinto fre. Onde mia labbia s mortificata divenne allora, ohim, chi non parea, sentendo il cor morire innaverato; dicea meco sovente ogne fata: Ahi lasso, Amor, che giammai non credea che fussi contra me s spetato! Ahi, che crudel torto e gran peccato fa inver di me, s tuo servo leale! Ch Merz no mi vale che tu no mi tormenti a tutte lore.

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Dolc il pensier che mi notrica l core duna giovane donna che disia, per cui si fe gentil lanima mia poi che sposata la congiunse Amore. 5 Io non posso leggermente trare il novo essemplo ched ella simiglia, questangela che par di ciel venuta; dAmor sorella mi sembl al parlare, ed ogni su atterello meraviglia. Beata lalma che questa saluta! In colei si pu dir che sia piovuta allegrezza, speranza e gioi compita, ed ogni rama di vert fiorita, la qual procede dal su gran valore. Il nobile intelletto ched i porto per questa gioven donna ch apparita mi fa spregiar viltate e villania; e l dolce ragionar mi d conforto, chi fe con lei de lamorosa vita, essendo gi in sua nuova segnoria: ella mi fe tanta di cortesia, che no sdegn mio soave parlare, ond i voglio Amor dolce ringraziare, che mi fe degno di cotanto onore. Com i son scritto nel libro dAmore conterai, ballatetta, in cortesia, quando tu vedrai la donna mia, poi che di lei fui fatto servidore.

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VI

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Donna, se l prego de la mente mia, com bagnato di lagrim e pianti, venisse a voi incarnato davanti a guisa duna figura pietosa, e voi degnaste udir sua diceria, Ragion vi moverebbe ne sembianti, perch udireste li tormenti, quanti soffera lalma mia di voi pensosa, con quella pena che l faticosa, pur aspettando che da voi si mova una dolce piet, se n voi si trova, in farmi grazia dempier lo disio. E se vert damore in voi riposa, spero daver la grazia bella e nova; e di ci mosterrei verace prova chAmor non d voler per ragion chio merito perda per lo buon servire, poi lungo tempo mha fatto languire. Donna, ragion damor mi d speranza che voi serete ver me s gentile che non isdegnerete meo cor vile, meritando vie pi chi non son degno. E di ci si notrica mia possanza, chattende che la vostra mente umle ver me si faccia di Merc simle, onde, ci disando, mi mantegno: ch non m aviso che s altro regno fuor che l ben, donna, che da voi aspetto, il qual sar mirabile diletto che mi terr gioioso sempremai. Eo prego Amor che mi doni suo ngegno, s chi non manchi per alcun difetto, e l ben chattendo mi faccia perfetto aver da vo, di cu inamorai entro l principio della mia vaghezza, quando mapparve vostra gran bellezza,

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Donna, e mi dole ancor quandio rimembro i dolorosi colpi e li martiri che soffriro n quel punto i miei disiri quando mirai ne vostri occhi amorosi e sostenni passione in ciascun membro; ed or conven che dolcemente miri verso di voi senza gittar sospiri per la speranza channo esser gioiosi. I posso dir ched e sian poderosi per lo durar channo fatto soffrendo in ciascuna battaglia, voi vincendo, s che per uso non curan tormento, n son di ci tementi o paurosi. Donna, voi li gabbate sorridendo, e vedete, la lor vita morendo, con Sofferenza far riparamento; e tanto sofferranno nel penare, che vi rincrescer il martorare. Donna, quando sar per me sereno, ched e vincresca de le mie gravezze? Non credo mai, fin che vostre bellezze soverchieranno laltre di beltate. Se Sofferenza mi venisse meno, sappiate, donna, che le mie fortezze non dureranno contra vostraltezze; dunque la Morte avr di me pietate, ed io ne prego la s amistate che mi riceva senza dar fatica. Voi rimarrete al mondo, mia nemica; io sconsolato me nandr in pace. Amor, veggendo vostra crudeltate, vorr servare una sua legge antica: che qual donn a buon servo non amica, le sue bellezze distrugg e disface; onde, se ci vi tornasse in dispregio, sarebbe per ragione a me gran pregio.

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Donna, dunque vi piaccia provedere al vostro stato e l mo n tal manera, che nostra benvoglienza mai non pra; e si ho l torto, Amor dea la sentenza. Deo, voi dovreste per ragion volere che, quando bella donna pi altera, tanto le cresc onor quant men fera ver lo su servo che non ha potenza. Cos a la vostr angelica piagenza nulla vert sarebbe a darmi morte, ancor sentendo chi fosse pi forte, donna, poi che da voi no mi difendo. Qui riconosca Amor vostra valenza: se torto fate, chiudavi le porte e non vi lasci entrar nella sua corte, data sentenza in tribunal sedendo, s che per voi non si possa appellare ad altro Amor, che ve ne possatare.

Canzon mia nova, po chi son lontano da quella cha damor lalma fiorita, va per conforto della nostra vita, e prega che di me aggia mercede. 95 Il tu sembiante sia cortes e piano, quando davanti le sterai gecchita, e contale di mia pena infinita; se sella sorridendo non ti crede, dille: Madonna, con giurata fede 100 se vo vedeste su misero stato e l viso suo di lagrime bagnato, e ve ne increscerebbe in veritate, ch piangendo ne ncresce a chi lo vede. Dunque vi piaccia che sia confortato; 105 che se prima si mor, vostr l peccato, e non vi varr poi aver pietate; che se per voi servendo e fosse morto, poco varrebbe poi darli conforto.

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VII

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Se tu, martorata mia Sofferenza, con questa mia figliuola va plorando avanti a quella donna ove ti mena, quando se giunta, dirai sospirando: Madonna, il vostro servo ha tanta pena che, se voi non avete provedenza, il lasciai con s debile potenza ched e non crede mai veder Fiorenza. E n suo soccorso lo spirito mio per da Samminiato si parto, ed io che sua difesa sono stata, nol posso pi difendere affannata. Dunque vi piaccia lui e me campare, madonna, se merc volete fare

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VIII

Amore, i prego la tua nobeltate chentri nel cor desta donna spietosa, e lei faccia amorosa, s che la spogli dogni crudeltate. 5 Odi la nimist mortal che regna tra lo suo cor e l meo novellamente, Amor, chesser solevano una cosa: con s feri sembianti mi disdegna, che par che l mondo e me aggi a neente, e se mi vede, fugge e sta nascosa; onde non spero chi mai aggia posa mentre che in lei sar tanta ferezza vestuta dunasprezza, che par che sia nemica di pietate. Amor; quando ti piace, movi inteso; e se vai n parte che possi parlare a questa che mi fa guerra sfidata, ben porai dir che sanza colpa offeso da lei mi trovo nel mio lamentare, onde m alma piange sconsolata; se non che l cor lha alquanto confortata, e dicele: Non pianger, mia sorella. Tu averai novella chAmor le porta manto dumiltate.

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IX

Angioletta in sembianza novament apparita, che muccide la vita sAmor no le dimostra sua possanza. 5 SAmor far sentire per li suo raggi de la sua dolcezza, tempo mi d conforto, menomer il martire che mi saetta la sua giovanezza, ondeo son quasi morto: ch son venuto a porto che chi mi scorge fiso pote veder nel viso chii porto segno di greve pesanza. Non fuoro gli occhi miei ne la sua vista una fata ancora, chegli avesser vigore. I gli conforterei con la vert che dentro li nnamora, se non che fugge Amore, che non par che l valore possa mettere in lei, anzi dice: Costei quella che la sua franchigia avanza. Non pu vincer Amore di pinger ne la mente gentilia desta novella cosa, ch selvaggia tuttore la trova con si nova leggiadria contra di lui sdegnosa. E negli atti amorosa a chi la mira pare, onde ne fa pensare Amore e chi ne prende disanza. Non spero dilettanza n gioi aver compita, se l tempo non maita od Amor no mi reca altra speranza.

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Novelle grazie a la novella gioia, vestute dumilt e di cortesia, girete a quella che mha n signoria e dispogliato de lantica noia. 5 Quando sarete avante lei, nchinate e poi, udita sua dolce accoglienza, dite: Madonna, il vostro fedel servo a voi ne manda, che ci riceviate, dicendo che lo scoglio di doglienza ave gittato come face 1 cervo, pregando che ritegnate in conservo lanima e 1 core e tutta sua possanza, ch n voi ricorre tutta sua speranza come nel mare ogni corrente ploia. Appresso le direte che la mente porto gioiosa del su bel piagere, poi che mha fatto degno de lonore; e non vista di cosa piagente che tanto mi diletti di vedere, quanto lei sposa novella dAmore; e non m aviso chalcuno amadore, sia quanto vuol di gentile intelletto, chaia rinchiuso dentro da lo petto tanta allegrezza, chapo me non moia. Ballata, e non donna a la mia voia che tanto degna sia da onorare, quanto colei a cui ti vo mandare, cui gentilezza ed ogni ben sappoia.

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XI

Questa rosa novella che fa piacer sua gaia giovanezza, mostra che gentilezza, Amor, sia nata per vert di quella. 5 Si fosse sofficiente di raccontar sua maraviglia nova, diria come Natura lha dornata; ma io non son possente di saper allegar verace prova: di l tu, Amor, che ser me laudata. Ben dico, una fata, levando gli occhi per mirarla fiso, presemi l dolce riso e li occhi suoi lucenti come stella. Allor bassa li miei per lo tu raggio che mi giunse al core entro n quel punto chio la riguardai. Tu dicesti: Costei mi piace segnoreggi l tuo valore, e servo a la tua vita le sarai. Ondio ringrazio assai, dolce segnor, la tua somma grandezza, chi vivo in allegrezza pensando cui alma mia hai fatt ancella. Ballata giovenzella, girai a quella cha la bionda trezza, chAmor per la su altezza mha comandato i sia servente della.

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XII

Ballata, poi che ti compuose Amore ne la mia mente ove fa residenza, girai a quella che somma piagenza mi saett per li occhi dentro al core. 5 Poi se nata dAmore ancella nova, dogni vert dovresti essere ornata: ovunque vai, dolce savi ed intesa, la tua vista ne fa perfetta prova. Per dir non fatico pi ambasciata che, spero, se del mio intelletto appresa. Se tu la vedi nel su viso accesa, non dicer motto se fosse adirata; ma, quando la vedrai umilata, parla soave senzalcun temore. Quando cortesemente avrai parlato con bello inchino e con dolce salute a la serena fonte di beltate, aprendi suo risponso angelicato che move lingua di gentil vertute vestut a manto d soavitate. Se l n piacer daverrni in potestate, non fia suo viso colorato in grana, ma fie negli occhi suoi umil e piana e palidetta quasi nel colore. Appresso che lo tuo dire amoroso prender la sua mente con paura del pensoso membrar chAmor le dona, dirai comio son sempre disioso di far li suoi piageri oltre misura, mentre la vita mia non mabbandona. Di chAmor meco sovente l ragiona, che fu principio desta benvoglienza, quei che la mente e l core e mia potenza ha messa in segnoria del su valore.

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Tu vederai la nobile accoglienza nel cerchio delle braccia ove Pietate ripara con la gentilezza umana; e udrai sua dolce intelligenza: allor conoscerai umilitate negli atti suoi, se non parla villana; e serverai meraviglia sovrana, comn format angeliche bellezze, e d novi miracoli adornezze ond Amor tragge laltezza donore. Movi, ballata, senza far sentore, e prenderai lamoroso cammino; quando se giunta, parla a capo chino: no mi donar di gelosia orrore.

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O Morte, della vita privatrice, o di ben guastatrice, dinnanzi a cui porr di te lamento? Altrui non, sento, chal Divin Fattore. Perch tu, dogni et divoratrice, se fatta imperadrice che non temi n foco, aigua n vento? Non ci vale argomento al tu valore: tuttor ti piace eleggere il megliore e l pi degno donore. Morte, sempre dai miseri chiamata e da ricchi schifata come vile, troppo se n tua potenza segnorile: non provedenza umle, quando ci tolli un om fresco e giulivo, oi ultimo accidente destruttivo! O Morte oscura di laida sembianza, o nave, di turbanza, che ci che vita congiunge e notrica nulla ti par fatica a sceverare, perch, radice dogni sconsolanza, prendi tanta baldanza? Dognuom se fatta pessima nemica; nova doglia ed antica fai crare, pianto e dolor tuttor fai generare; ondio ti vo blasmare, ch, quando un om prende diletto e posa di sua novella sposa- in questo mondo, breve tempo lo fai viver giocondo, ch tu lo tiri a fondo, poi non ne mostri ragion ma usaggio, donde riman doglioso vedovaggio. O Morte, partimento damistate, o senza petate, di ben matrigna ed albergo di male,

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gi non ti cale a cui spegni la vita. Perch tu, fonte dogni crudeltate, madre di vanitate, se fatta arciera e di noi fa segnale, di colpo micidial se s fornita? Oh, come tua possanza fia finita, trovando pocaita, quando fie data la crudel sentenza di tua fallenza dal Signor superno! Poi fia tu loco in foco sempiterno: l farai state e verno, l dovhai messi papi e mperadori, re e prelati ed altri gran segnori. O Morte, fiume di lagrim e pianto, o nemica di canto, desidro che visibile ci vegni, perch sostegni s crudel martire. Perch di tanto arbtro hai preso manto, e contra tutti l guanto? Ben par nel tu penser che sempre regni, poi ci disdegni in lo mortal partire. Tu non ti puoi, maligna, qui covrire, nd a ciascun disdire, che non trovassi pi di te possente, ci fu Cristo, potente a la Sua morte, che prese Adamo ed ispezz le porte, incalciandoti forte: allora ti spogli de la vertute, ed a lo nferno tolse ogne salute. O Morte, nata di merc contrara, o passone amara, sottil ti credo porre mia questione contra falsa ragione de la tu opra. Perch tu, fatta nel mondo vicara, ci ven senza ripara?

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Nel d giudicio avrai quel giuderdone cha la stagione converr cheo scopra. Oi, comavrai in te la legge propra! Ben sai, chi morte adopra, simil deve ricever per giustizia. Poi tua malizia ser rifrenata, ed a orrible morte giudicata, come se costumata in farla sostenere ai corpi umani, per mia vendetta i vi porr le mani. O Morte, sio tavesse fatta offesa, o nel mio dir ripresa, non mi tinchino a pie merz chiamando, ch, disdegnando, io non chero perdono. Io so chi non avr ver te difesa: per non fo contesa; ma la lingua non tace, mal parlando di te e riprovando cotal dono. Morte, tu vedi quanto e quale io sono, che conteco ragiono; ma tu mi fai pi muta parlatura ce non fa la pintura a la parete. Oh, come di distruggerti ho gran sete! Ch, gia veggio la rete che tu acconci per voler coprire cu troverari o vegghiare o dormire.

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Canzon, girane a que che sono in vita, di gentil core e di gran nobeltate: di che mantengan lor prosperitate, 100 e sempre si rimembrin de la Morte in contastarla forte; e di che, se visibil la vedranno, che faccian la vendetta che dovranno.

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XIV

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Amor, nova ed antica vanitate, tu fosti sempre e se gnudo comombra: dunqua vestir non puoi se non di guai. Deh, chi ti dona tanta potestate, chumana mente il tu podere ingombra, ed in cui se, di senno ignudo il fai? Provo ci: chi sovente ti portai ne la mia mente gnudo, e lei spogliasti di savere e di bene in poco giorno; vegnendo teco, mi mirava intorno, e si vedea madonna cha il beI riso le sue bellezze fiso immaginava, e poi, for de la vista, tormentava. Amor, quando apparisci novamente, un angelo ti mostri a simiglianza, dando diletto e gioco in tuo volare. Deh, come ben vaneggia quella gente cha la tua fede appoggia sua speranza, la qual sotto t ale fai angosciare! Provol: che lale me facean penare pi forse assai che laquila il serpente, quando suoi nati divorar volea. Tanto ho sofferto pi chi non dovea, che gran cagion di blasmar mi consente tu convenente, e nol vo pi difendere: che si potesse, io ti vorria offendere. Amor, mendico del pi degno senso, orbo nel mondo nato, etternalmente velate porti le fonti del viso. Deh, quanto ben si trova ognuomo offenso cui corrompi in diletto carnalmente, poi vero lume gli spegni nel viso! Provo ben ci: che la luce del viso mavevi spenta teco dimorando, senza ragion nutricando mia vita; e la memoria avea gi s nfralita,

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che come n tenebre andava palpando, e quella donna cui dato mavea, si la scontrava, no la conoscea. 40 Amor, infante povero detate, per giovanezza sembri un babino a chi sovente rimira il tuo aspetto. Deh, comhai poca di stabilitate! Ch sempre se trovato per cammino mettendo in corpo umano il tuo defetto. Provo ci: che l tuo senno pargoletto mavea l debole cor sorvizato e lalma forsennato e laltre membra. Molte fate, stando teco insembra e rimembrando il tu giovane stato, dicea: Ohm fallace gioventute, comhai poca radice di salute! Amore, infaretrato comarcero, no lena mai la foga del tu arco: per tutti tuo colpi son mortali. Deh, com ti piace star presto guerrero! e se fatto scheran, che stai al varco, rubando i cori e saettando strali. Provol: che di colpire a me non cali, chai tanto al cor dolente saettato chuna saetta lo sport dal segno. Principio naturato in questo regno se dogni reo; di te non son vengiato, ma poi chii non so saettar quadrello, far com fece Caino ad Abello. Amor, poi che tu se del tutto gnudo, non fossi alato, mortesti di freddo, ch se cieco e non vedi quel che fai. Mentre che n giovane essenza sarai, larco e l turcasso sar tuo trastullo; non vo che mabbi omai pi per fanciullo: come campion ti sfido a mazza e scudo.

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Nel vostro viso angelico amoroso vidi i belli occhi e la luce brunetta, che nvece di saetta mise pe miei lo spirito vezzoso. 5 Tanto venne in su abito gentile quel novo spiritel ne la mia mente, che l cor sallegra de la sua veduta; dispuose gi laspetto segnorile, parlando a sensi tanto umilemente, chogni mio spirit allora l saluta. Or hanno le mie membra canosciuta di quel segnor la sua grande dolcezza, e l cor con allegrezza labraccia, poi che l fece virtuoso.

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S come i Magi a guida de la stella girono inver le parti dOrente per adorar lo Segnor chera nato, cos mi guid Amore a veder quella che l giorno amanto prese novamente, ond ogni gentil cor fu salutato. I dico chi fu poco dimorato, chAmor mi confortava: Non temere! Guarda comella viene umile e piana! Quando mirai, un po mera lontana: allora maforzai per non cadere; il cor divenne morto, chera vivo. Io vidi lo ntelletto su giulivo, quando mi porse il salutario sivo.

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Amor, eo chero mia donna in domno, lArno balsamo fino, le mura di Firenze inargentate, le rughe di cristallo lastricate, fortezze alt e merlate, mio fedel fosse ciaschedun latino; il mondo in pace, securo l camino, no mi noccia vicino, e laria temperata verno e state; e mille donne e donzelle adornate sempre damor pregiate meco cantasser la sera e l matino; e giardin fruttosi di gran giro, con grande uccellagione, pien di condotti dacqua e cacciagione; bel mi trovasse come fu Absalone, Sansone pareggiasse e Salamone; servaggi di barone sonar vole, chitarre e canzone; poscia dover entrar nel cielo empiro: giovane, sana, allegra e secura fosse mia vita fin che l mondo dura.

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Lapo Gianni Canzoni e ballate

XVIII

Pelle chiabelle di Dio, no ci arvai, poi che feruto ci hai lomo di Roma. I son da Lucca. Che di che farai?. Porto cocosse a vender una soma. 5 Doit gaitivo, u di che <te> nde vai?. Entro gnArezzo, a vender queste poma. Questscina comprai da barlettai entro n Pistoia e fei tonder la chioma. De che ti dea l malan, fi de la putta, cha Firenze nha serique a danaio, ed ancor pi, e giugnetu_mellone. A le guagnele! carich l somaio, e porta a Siena a vender cheste frutta, s fuoron colte di buona stagione.
[Sonetto attribuito a Lapo Gianni]

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Op. Grande biblioteca della letteratura italiana ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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