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LE STORIE

DI

POLIBIO
DA MEGALOPOLI
VOLGARIZZATE
SOL T E ST O GRECO D ELLO SCHWEIGHAUSER E CORREDATE DI NOTE

DAL DO TTO RE I. G. B. KOHEN


DA T R I E S T E

TOMO SSTTIMO

MILANO
COI T IP I DI PAOLO ANDREA MOLINA Contrada delP Agnello , num. g63 ,

1837.

DELLE STORIE
DI POLIBIO DA MEGALOPOLI

A V A N Z I D E L L IB R O VIGESIMO TERZO

I. D o p o la strage d'uomini accaduta (i) in Compasio, a , m r , alcuni Lacedemoni, cui non andavan a grado le cose 56^ avvenute e che credeano aver Filopemene disciolta la 01*mP C X L V III forza e superiorit de1 Rom ani, venuti a Roma accu- ^mb. ^ sarono Filopemene e la sua amministrazione ; e final mente procuraronsi lettere pegli Achei da (a) Marco Le pido , che poscia divenne pontefice massimo, ed allora assunta avea la dignit consolare, il quale scrisse agli A chei, come non avean rettamente maneggiate le bi sogne de Lacedemoni. Non s tosto ebbono costoro fatta l'ambasceria, (3) che Filopemene cre una lega A. d i R, zione, cui diede a capo Nicodemo dElea, e mandolla a-Roma. In quel tempo venne ancora da Tolemeo per ... r . . 1 r C X L V III] arnbasciadore Demetrio ateniese, a fine di rinnovare (4) l'alleanza antica fra il re e la nazione achea. La quale, accolta di buon grado la rinnovazione, cre

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Adi R, ambasciadori a Tolemeo Licorta (5) nostro padre , e 568 Teodoride e (6) Rositele, amendue da Sicione, per prestare il giuramento a nome degli Achei, e pigliarlo dal re. Avvenne allora cosa, che, sebbene forse qui non appartiene, tuttavia degna di memoria. Compiuta la rinnovazione dellalleanza (7) da parte degli Achei, Fi lopemene ricevette I arnbasciadore a convito , e fattasi infra il banchettare menzione del re, il legato (8) preso argomento molto si diffuse nelle lodi di Tolem eo, e produsse alcune prove della sua abilit ed ardire nella caccia , poscia ramment la sua possa nel maneggiare cavalli ed armi, e l esercizio eh egli in queste cose avea. Finalmente per acquistar fede alle sue parole disse, che il re cacciando a (9) cavallo stendeva al suolo un toro con una (10) lancia da coreggia. \mb, 38 Nella (11) Beozia, dopo conclusa la pace fra An tioco ed i Rom ani, essendo a tutti coloro che tenta vano novit tronche le speranze, presero i pubblici af fari altro fondamento e disposizione. Il perch traen* dosi presso di loro in lungo la giudicatura da quasi ven ticinque a n n i, si sparsero allora certe voci pelle citt, che le vicendevoli differenze fossero per riuscir a qual che esito e terminazione. Ed essendo su ci grandi le contese, dappoich v avea pi (1 a) malcontenti che ricchi, avvenue un accidente che favor il miglior par tito. Imperciocch Tito Flaminino erasi in Roma gi da lungo tempo adoperato per far ritornare ( i 3) Zeusippo in Beozia, de servigi del quale egli erasi molto valuto a tempi dAnlioco e di Filippo, ed allora ot-

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tenne, che il senato icrivesse a* Beozii di dover richia mare Zeusippo ed i suoi compagni d esilio. La qual cosa essendosi risaputa, temendo i Beozii non , ritor nando gli anzidetli, fossero staccati dall amicizia de' M acedoni, ( i 4) volendo pubblicare con bando le sen tenze che avevano gi pria contro Zeusippo sottoscritte^ il condannarono per tal guisa con un giudizio di sa* crilegio, perciocch tratte avea le lamine d argento dalla mensa -di Giove, e coll'altro domicidio, dappoi ch ucciso avea Brachilla. Fatte queste disposizioni non badarono alle lettere del senato, ma spedirono con Gallicrito ambasciadori a Roma, che dicessero noti poter essi abolire ci che secondo le leggi era stato presso di loro stabilito. In quello pertanto venuto es sendo Zeusippo stesso ( i 5) a supplicar il senato, i Ro mani significarono agli Gtoli ed agli Achei (16) i sensi de Beozii, ingiugnendo loro di rimettere Zeusippo in pa tria. Gli Achei s'astennero dal (17) ricondurlo con un esercito, ma risolverono di mandar oratori che gli esortassero ad ubbidire a quanto direbbon i Romani, ed a recar a fine la giudicatura nelle faccende sue sic come l ' avean recata nelle proprie ; conciossiach le controversie nate da contratti si mandassero in lungo gi da gran tempo. I Beozii, udite queste cose, essendo 1r pretore Ippia , nelPistante promisero che farebbono quanto da loro chiedessi ; ma fra poco tutto negles sero. Il perch Filopemene, poich Ippia ebbe deposto il supremo magistrato, ed Alceta assuntolo, concesse Ile loro instanze di usar (18) rappresaglie contro i Beozii: donde insurJe fra quelle nazioni non isprege-

r. di . 568

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1. di Jt. vole discordia. Imperciocch ((9) tocc subito d es*

ser preg0 al b e s tia le di Mirrico e di Sim one, e nata per questo una zuffa, si fece il principio e l introdusione, non gi d una differenza civile , ma d un odio nimico. Che se il senato continuato avesse ad insistere sul ritorno di Zeusippo, incontanente sarebbesi accesa la guerra. Ma quello si tacque, ed (ao) i Megaresi im pedirono le rappresaglie, mandando oratori circa i contratti. mi. 39 III. La discordia fra i Licii ed i Rodii nacque per <qtreste cagioni. Allorquando i dieci amministravano gli affari dell1Asia, vennero ambasciadori da' Rodii Teeteto e Filofrono, chiedendo che loro si dessero (ai) la Licia e la C aria, in grazia della benevolenza e della propensione che dimostrate avean aRomani nella guerra d Anlioco. Giunsero pertanto da parte degl Iliei Ipparco e Satiro , domandando (aa) peli affinit che seco aveano, che fosse accordato perdono agli errori deLicii. Le quali cose avendo i dieci udite, ingegnarono! di c o rre , per quanto era possibile, ne dcsrderii d amendue. Imperciocch (a3) per cagione degl Iliei non fe cero contro quelli ruinosa deliberazione, e per grati ficare ai Rodii, assegnaron loro in dono i Licii. Da questa sentenza nacque fra i Licii ed i Rodii un mo vimento ed una dissensione di non picciol conto. Im perciocch gl1Iliei, girando pelle loro citt, annunzia rono aver ssi placata lira deRomani ed impetrata ad essi la libert. Teeteto poi rec in patria la nuova, che (a4) la Licia e la Caria sino al Meandro sarebbono

9 date a Rodii in dono da Romani. In appresso vennero A. ili F 568 ambasciadori licii in Rodo per chieder alleanza. I Ro dii , eletti alcuni de loro cittadini, gli spedirono per metter ordine agli affari nelle citt della Licia e della Caria. Ed essendo grande (a5) la gara pella discrepanza dopinioni in am endue, sino ad uu certo tempo non fu a tutti manifesta la loro dissensione. Ma poich i Licii vennero a parlamento, e ragionarono dalleanza, e dopo dessi surse Potione , pritanide de R odii, (26) e rec alla luce la sentenza d entram bi, (27) e rampogn eziandio i Licii $ dissero questi che tutto avrebbon tol lerato anzich fare le comandamenta de Rodii.

IV. (28) Come nellOlimpiade centesima quadrage A. di l. sima ottava vennero ambasciadori aRomaui da Filippo 569 e dapopoli confinanti colla Macedonia. Decreti del se e seg. O lim p . nato circa gli ambasciadori. C XLVI I I, i li (29) Disputa in Grecia nata tra Filippo, i Tessali ed e seg. Argomenti i Pei rebi intorno alle citt che Filippo tenne datempi cavati dal codice Ba' della guerra antiochica nella Tessaglia e nella Pene* varo, edal l'O rin i. bia. Discussione nata circa questi affari innanzi a Quinto Cecilio presso Tempe. Risoluzioni fatte da Cecilio. Altra disputa intorno alle citt della Tracia cogli ambasciadori d Eumene e cofuorusciti di Maronea. Ci che su queste cose fu discorso in Tessalonica, ed i decreti fatti da Cecilio. Arrivo d ambasciadori nel Peloponneso da parte del re Tolomeo, e dEumene, e di Seleuco. Decreti degli Achei sull alleanza con Tolemeo, e su doni offerti loro

IO A . di R. da re anzidctti. Venuta di Quinto Cecilio, e rimprocci

sull amministrazione degli affari di Lacedemone. Come Areo ed Alcibiade, antichi fuorusciti di Lace demone, andaron ambasciadori a Roma, ed accusarono Filopemene e gli Achei. Uccisione fatta per ordine di Filippo in Maronea. Arrivo degli ambasciadori da Roma , ed ordini chessi recarono. Cause, per cui nacque la guerra de Romani con Perseo. Amb. 43 V. Come nellolimpiade centesima quadragesima ottava vennero ambasciadori romani in (3o) Clitore, e vi fu tenuto congresso degli Achei. (3 i) Discorsi fatti da amendue le parti circa le faccende della Laconia, e de creti degli Achei. Ci sommariamente.
A . di R. VI. Circa que tempi vennero in Roma da parte del 569 re Eumene ambasciadori che indicarono, come Filip-

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C ILV IIU H r

01'mP;. po (32) disertava dabitanti le citt della Tracia. Ven\ / ed accagionandolo del loro bando. Insieme con questi furono gli Atamani, i Perrebi, (33) i Tessali, dicendo, dover s riavere le citt che loro avea tolte Filippo nella guerra dAnliochia. Vennero ancora ambasciadori da Filippo per ribattere tutti coloro che 1 accusavano. Ed essendo nate molte contestazioni fra tutti gli anr.idetti e gli oratori di Filippo, parve al senato di creare tosto un ambasceria eh esaminasse gli affari di Filippo, e procacciasse sicurezza a chi dir volesse il suo parere in faccia al re, ed accusarlo. Elessero pertanto Quinto Cecilio, Marco Bebio e Tiberio (34) Claudio.

Amb. 4o nero eziandio gli esuli de Maroniti, accusando Filippo,

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Avvenne che (35) gli Gnu ed i Maroniti da lungo . ili l tempo discordassero, ma che receutcmente gli uni in- ^69 clinassero ad Eumene, gli altri aMacedoni (Suida). VII. Nel Peloponneso (36) abbiam gi esposto come, Amb.ii essendo Filopemene pretore, la nazione degli Achei sped ambasciadori a Roma circa la citt de1 Lacedemoni, ed al re Tolemeo (3y) per rinnovare 1 antica alleanza. Ma al tempo di cui parliam o, essendo pretore Aristeno , vennero dal re Tolemeo ambasciadori, mentre che tcneasi in Megalopoli il congresso degli Achei. Sped eziandio il re Eumene ambasciadori, promettendo di dare agli Achei centoventi talenti, (38) a condizione che, dati ad usura, co frutti si stipendiasse il consiglio degli Achei nelle pubbliche tornate. Vennero ancora amba sciadori del re (3g) Seleuco per rinnovare 1 amicizia , e per promettere che darebbono una diecina di navi lunghe agli Achei. Agitavansi gli affari nel congresso, quando entr primo Nicodemo dElea, ed espose agli Achei il discorso fatto da lui in senato sulja citt deLace* demoni, e lesse la risposta, donde poteasi trar conghietlura, che dispiaceva apadri la ruina delle mura diSparta, (4< > )e 1 abolizione delle leggi di Licurgo, e luccisione di coloro eherano periti inComppsio: tuttavia non annullar essi le risoluzioni degli Achei. Non essendovi nessuno che contraddicesse, 0 approvasse, (4 0 si diede passata alla cosa, Poscia entrarono gli oratori d Eumene, e rin novarono l alleanza paterna, ed esposero alla moltitu dine la promessa circa i danari. (42) E poi chebbero discorso molto in questa sentenza, e dimostrata la

1. ili R. grande benevolenza ed amicizia del re verso la nazione,


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cessarono di parlare. V ili. Dopo questi rizzossi Apollonida sicioneo, e disse degno essere il dono degli Achei, ove si riguardi (43) alla quantit del danaro che davasi, ma ove si miri al* P animo del donatore ed all uopo per cui davasi, nulla esservi di pi vituperoso e scellerato. Imperciocch vie* taudo le leggi, cos a particolari, come a magistrati, di prender doni da un re sotto qualsivoglia pretesto^ il (44) lasciarsi manifestamente contaminare da regali, ac cettando danari, sarebbe cosa perGdissima, ed oltre a ci senza dubbio vergognosissima. Che Io stipendiarsi il consiglio da Eumene ciaschedun anno ed il deliberare circa gli affari pubblici, dopo aver come ingoiata Pesca, era palese onta e danno. Dar ora Eumene danaro, poscia il darebbe Prusia, ed in appresso Seleuco. Siccome pertanto, soggiunse, le faccende dere e quelle delle democrazie hanno natura contraria, e la maggior parte delle nostre consultazioni e le pi grandi aggiransi sempre sulle dif ferenze che abbiamo co re ; cos chiaro che una di queste due cose dovr avvenire: o che preponiamo il vantaggio de re alla nostra propria utilit, ovveramente, ci non facendo, che compariamo a tutti ingratissimi, operando contra coloro che ci danno i salarii. Il perch esortava gli Achei non solo a ricusare 1 offerta d Eu mene, ma eziandio ad odiarlo pel divisamento del dono. Dopo di lui surse Casandro d Egina, e ramment agli Achei la sciagura degli Egineti, in cui erano caduti per essersi governati a comuue cogli Achei: cio (45) Pa>crii Publio Sudicio, andatovi con un armata, tutti mi-

seramentc ridotti in servaggio; intorno a1quali abbiam A . di > gi ragionalo, per qual modo gli E toli, impadronitisi ^9 della citt (46) secondo i patti stabiliti coRomani, la co' segnarono ad A italo, ricevendo da lui trenta talenti. Queste cose adunque avendo egli poste innanzi agli oc chi'degli Achei, pregava E um ene, che non offerendo danari si procacciasse la benevolenza degli Achei, ma restituendo la citt s ingegnasse di conseguire senza contrasto ogni amichevole dimostrazione. E gli Achei esort a non accettare siffatti doni, per cui sembrerebbono toglier agli Egineti eziandio peli avvenire la spe ranza di salvezza. A cotesti discorsi fu la moltitudine tanto commossa, che nessuno os di parlar a favore del re, e tutti gridando rigettarono il dono offerto , sebbene pella quantit del danaro esibito sembrasse aver qualche cosa (47) d abbagliante. IX. Dopo le anzidette cose fu proposto alla delibera zione (48) il decreto mandato da Tolemeo; nella quale essendo stati citali gii ambasciadori che a Tolemeo spe diti furono dagli Achei, fattosi innanzi Licorta cogli altri legali, rendettero conto dapprima in qual guisa dato aveano da parte degli Achei e preso (49) il giuramento circa I alleanza \ poscia come recavan in (5 o) pubblico regalo agli Achei sei mila armadure di bronzo pei fanti leggieri, e dugento talenti di moneta coniata in bronzo. Indi lod il re, ed avendo brevemente parlato della be nevolenza di lui e del suo animo propenso verso la na zione, pose fine ai discorso. Dopo di ci surse Aristeno pretore degli Achei, ed interrog I oratore di Tolemeo e quelli eh erano stati mandati dagli Achei pella rinuo-

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i. di R. vazione, qual societ egli (Si) avea rinnovata? Non ri5^9 spondendo nessuno , e discorrendo tutti fra di loro, fu la curia avvolta in grave difficolt. G ci che facea (5a) la confusione si era , (53) che avendo gli Achei avute molte alleanze colla casa di Tolemeo, ed essendo queste state grandemente diverse secondo le circostanze de tempi, 1 oratore di Toletneo non avea fatta distinzione alcuna, allorquando esegu la rinnovazione, ma parl generalmente della cosa ; n tampoco la fecero gli am basciadori mandati dagli Achei, ma come se una sola fosse stata, essi diedero il giuramento ed il presero dal re. Quando poi il pretore produsse tutte le alleanze, e distinse i particolari di ciascheduna, grande essendo la differenza, chiese la moltitudine di sapere qual alleanza si fosse rinnovata. Ma non potendo renderne ragione (54) n Filopemene, il quale essendo pretore avea fatta la rinnovazione, n Licorta eh era stato arnbasciadore in Alessandria ; parvero costoro avere con negligenza ope rato ne pubblici affari, ed Aristeno venne in grande ri putazione di saper solo ci che diceva, e finalmente non lasci confermar il decreto, ma differ la faccenda ad altro tempo peli anzidetta confusione. Entrati gli am basciadori di Seleuco, piacque agli Achei di rinnovar^ con lui 1 amicizia , ma di ricusare al presente il dono delle navi. Poich ebbero intorno a queste cose delibe rato, (55) sciolsero il congresso e ritornarono ciasche duno nelle proprie citt. X. In appresso, nel bel mezzo (56) de giuochi Nemei venne Quinto Cecilio, ritornando dalla legazione che (5y) in Macedonia sostenne presso Filippo. Ed avendo

il pretore Aristeno raccolti i principali degli Achei in Argo, Quiuto entrato (58) proverbiolli, dicendo aver essi trattati i Lacedemoni con maggior durezza ed acerbit che non si conveniva, e con molte parole esortolli ad emendar il passato errore. Arisleno si tacque, manife stando collo stesso silenzio, che gli dispiaceva (59) la condotta tenuta, e che approvava i detti di Cecilio. Ma (60) Diofane da Megalopoli, uomo pi militare che politico, rizzossi, non gi per iscusare gli Achei, ma per riferir a Cecilio, stimolato dall inimicizia che avea con Filopemene, un altr accusa contro gli Achei. Imper ciocch disse, essere stati mal amministrati non solo gli affari di Lacedem one, ma eziandio quelli di Messene. Avean i Messeni certe dispute fra di loro circa il de creto di Tito (61) sulle robe de fuorusciti, e la corre zione che fatta vi avea Filopemene. Laonde Cecilio , osservando che eziandio alcuni Achei erano del suo a v viso, tanto maggiormente corrucciavasi che i congregati non seguissero prontamente le sue insinuazioni. Avendo pertanto Filopemene e Licorta, e con essi Arcone, con molte e varie ragioni dimostrato, che gli affari di Sparta erano stati bene amministrati, e (62) col maggior van taggio degli stessi Lacedemoni, ed esser impossibile di muover alcuna delle cose presenti, senza violare i diritti degli uomini, e la venerazione verso gli Dei : parve a quelli del consiglio di non cangiar nulla, e di dar al1 arnbasciadore siffatta risposta. Cecilio, veggendo il co storo animo, domand che (63) gli si raccogliesse il po polo a parlamento. 1 magistrati degli Achei chiesero da lui mostrasse le instruzioni che intorno a ci avea dal senato.

j.

di 56g

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(. di R. Ma tacendo egli, dissero che non avrebbon altrimenti 5^9 raccolta la moltitudine ; perciocch le leggi noi permcttevano, se non fosse recato I' ordine scritto dal senato circa quelle cose per cui dovea farsi la convocazione. Cecilio mont in tanta collera per non essergli accor data la sua richiesta, che non volle neppur ricevere la risposta da magistrati, ma senza questa se ne and. Gli Achei riferirono la causa e dell anterior (64) arrivo di Marco F ulvio, e di quello di Cecilio ad Aristeno e a Diofane, i quali aveanli (65) chiamati a rafforzare il loro partito, perciocch erano di fazione contraria a quella di Filopemene ; ed in sospetto alla moltitudine. Cosi stavano le cose nel Peloponneso. f. di R. XI- Essendosi Cecilio ed i suoi compagni ritirati dalla 570 Grecia, ed avendo esposto al senato quanto apparteneva )limp. agli affari della Macedonia e del Peloponneso, (66) in* mi. *4? trodussero nel senato gli ambasciadori che a tal uopo erano stati mandati. Entrati prima quelli di Filippo e <TEumene, indi i fuorusciti dEno e di Maronea, e par lato avendo nella stessa conformit di ci che avean detto in Tessalonica dinanzi a Cecilio: parve al senato di mandar nuovamente altri ambasciadori a Filippo, che investigassero, primieramente, se sgomberate avesse le citt della Perrebia, (67) secondo la sentenza proferita da Cecilio ; poscia gli ordinassero che facesse uscire i presidj da Eno e da Maronea, ed in generale abbando nasse tutti i luoghi marittimi della Tracia, castella, terre e citt. Dopo di questi introdussero quelli ch erano venuti dal Peloponneso. Imperciocch gli Achei

17 mandata aveatto un ambasceria con (68) Apollonida da A- di Sicione, per farsi render ragione da Cecilio del non aver ^7 egli preso risposta, e per dar informazione sugli affari di Lacedemone. Da Sparta ancora giunsero ambasciadori (6 g) Areo ed Alcibiade. Questi erano degli (70) an fichi fuorusciti, da Filopemene e dagli Achei di recente ricondotti a easa : lo che sovrattutto accese dUra gli Achei, perciocch (71) vedeano che, essendo s grande e fresco il beneficio recato (7?) a fuorusciti, subitamente divennero lor ingrati a tale, che impresero unamba* sceria contro di lo ro , ed accusarono (73) presso i do minatori quelli che inaspettatamente gli aveano salvati, e ricondotti in patria, XII.. Poich ebbero costoro insieme disputato (74) di confronto , ed instruito il senato, dicendo da una parte Apollonida da Sicione , come non era assolutamente possibile damministrar meglio gli affari di Sparta di quello che ora gli avea amministrati Filopettiene e gli Achei ; xlall altra parte ingegnandosi Areo di dir il con* ' trario, asserendo primieramente esserp stalo fiaccato 4 nerbo della citt collaverne (75) cacciata per forza la plebe.; quindi esser loro rimasa la repubblica mal sicura e senza libert : mal sicura, perch erano pochi, e que sii (76) spogli di mura ; senza libert, perch non solo ubbidivano a pubblici decreti degli Achei, ma servivan eziandio privatamente a magistrati che vi ponevano. 11 senato (77) udite queste cose risolvette di dare agli stessi ambasciadori incutabenze circa siffatti particolari, e cre unambasceria pella G re c ia , di cui era capo roLiBio , tom, r ii. , a

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4. di R. (78) Appio Claudio. Scusaronsi ancora nel senato gli am-

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basciadori degli Achei contro Cecilio a difesa de9 loro magistrati, diceodo, non aver essi peccato, n meritar accusa per non aver ragunato il popolo ; dappoich era legge presso gli Achei di non convocare la moltitudine, se non dovea farsi consultazione intorno ad alleanza od a guerra, o se (79) alcuno non recasse lettere dal se* nato. Quindi aver allora pure a buon diritto deliberalo i magistrati di convocare gti Achei a parlamento ; ma esserne stati impediti dalle leggi, perciocch egli non re* cava lettere dal senato, n volea dar ordini scritti a magistrati. Ci detto , surse Cccilio ed accus Filope mene e Licorta, ed in generale gli Achei, ed il maneg gio che usarono negli affari de Lacedemoni. Il senato, sentili questi discorsi, diede risposta agli Achei, che per ci che risguardava Lacedemone, esso manderebbe per sone per esaminare la faccenda; ma (80) esortavali a ri spettare gli ambasciadori che ad essi spedivan si, ed a far loro convenevot (81) accoglienza, siccome facevan i Ro mani agli ambasciadori che a loro venivano. XIII. (82) Il re Filippo, essendogli stati mandati da Roma i suoi propri ambasciadori, per significargli chegli di necessit avesse a sgomberare le citt della T ra cia , ne fu dolente, (83) veggendosi da tutte le parti meno maio il reame, e volt la sua ira contro i miseri Maro niti. Imperciocch mandato a chiamar Onomasto gover natore della T r a c ia , concert con lui la faccenda. (84) Onomasto come fu ritornalo spedCasandroin Maronea, il quale era famigliare colla moltitudine, avendo col

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fallo lungo soggiorno j dappoich Filippo avea da molto 4 . di j tempo collocati in quell.e citt uomini della sua corte, ^7 e rendute famigliai i ngl indigeni le costoro peregrina zioni. Dopo alcuni giorni, essendo preparati (85) i Traci, ed introdotti per Gsandro di notte tempo, succedette una grande uccisione, e molti Marouiti perirono. Ca stigando per tal guisa Filippo la fazione a lui contraria, e saziando il suo sdegno, aspett l arrivo degli amba* ciadori, persuaso che nessuno sarebbesi arrischiato d accusarlo, per timore. Dopo qualche tempo giunse Appio, ed avendo tosto udito ci ch era accaduto in M aronea, aspramente ne rampogn Filippo, il quale volc scusarsi, dicendo , eh egli non avea avuta parte alla scelleratezza , ma che i Maroniti erano fra di loro insorti, e propendendo gli uni colla benevolenza ad Eumene, gli altri a s, erano caduti in siffatta sciagura. In* vitava poi a comparirgli dinanzi chiuuque volesse accu sarlo. La qual cosa egli faceva, confidando che nessuno Toserebbe per paura; perciocch da Filippo appariva che presta verrebbe la punizione su chi lo contrarieebbe, laddove l aiuto de Romani era lungi. Ma di cendo Appio, non esser mestieri di contestazione, giac ch beue sapevasi quanto era accaduto, e chi ne fosse stalo lautore, cadde Filippo in imbarazzo. Essendo nel primo colloquio sin qui proceduti, si separarono, XIV.-(86) Il giorno vegnente Appio impose a Fi lippo di mandar incontanente Onomasto e Casandro a Roma, affinch il senato sentisse da loro lavvenuto. Il re turbato mollissimo, e stato grati tempo sopra s, disse (~he manderebbe Casandro, come qutgli che, a detta di

ao

. i R. loro, era stato autore del fatto, perch (87) da lui cono* ^7 scesse il senato la verit; ma Onomasto eccettu, nell istante, e poscia ogni qnal volta parlava cogli ani' basciadori, adducendo per pretesto non essere stato Onomasto in Maronea al tempo dell uccisione, anzi non essersi neppur trovato in alcun luogo vicino. Ma il fatto si era chegli temeva, non venuto a Roma (88) colui che in molte simili opere prestato gli avea ser vigio, non solo Pattare deMaroniti, ma gli altri tutti an cora indicasse aRomani, Ed alla 6ne eccettuato Ono masto, ordin a Casandro di andarsene cogli ambasciadori, e fattolo accompagnare sino in Epiro, (89) il tolse di mezzo con veleno. Appio e gli altri ambasciadori par* tironsi colP opinione , che Filippo era colpevole della scelleratezza commessa coDtro i Maroniti, ed avea P animo alieno -daRomani. (90) Il re abbandonato a s stesso, e consigliatosi circa P emergenza cogli amici Apelle e Filocle, conobbe appieno essere molto innanzi proceduta la sua dissensione co Romani, e questa non esser occulta, ma quasi a tutti manifesta. Era egli adun que dispostissimo a difendersi in Ogni m odo, ed a ven dicarsi; ma siccome ad alcuni suoi divisameuti non era preparato, si mise a pensare , come (91) porrebbe ancor qualche tempo in mezzo ed indugerebbe per fare gli apparecchi di guerra. Gli piacque pertanto di mandar il suo figlio minore Demetrio a Roma, parte perch il difendesse dalle accuse, parte perch chiedesse perdono se di qualche mancanza fosse colpevole. Imperciocch t r a ' egli al tutto persuaso, che per mezzo di lui conse guito avrebbe ogni propouimeuto dal senato, (9a) per

ai

la grande slimaeone ita che era staio il gioviaetto, A . di 2 quando f ostaggio,, T ra questi pensamenti occupavasi egli della spedizione di costui e degli amici che insieme con esso doveansi m andare, e ad un tempo (93) pr* metteva a Bizantini di soccorrerli', non tanto per sod disfar a loro, quanto con animo di spaventare col pre testo di loro i potentati- della T ra c ia , che abitano (94) sopra la Propontide, per cagione (95) dell impresa che avea per mani.

XV. In C reta, essendo (96) Cosmo di Gortine EUra (97) Cida dAntitalce e volendo i Gortinii ad ogni modo *'ales' stremare i (98) Gnossii, tolta loro una parte della campa gna, (99) il cos detto Licastio attribuirono a (100) Raue ii, ed (101) il Diatoiiio (ioa) a Lita. In quel tempo venuto Appio da Roma in Creta con un ambasceria , ( io 3) per comporre le liti che fra diloroaveano, e fattone discorso a Gnossii, aGortinii ed aCidoniati lasciaronsi i Cretesi persuadere, e rimisero le loro cose allarbitrio dAppio. ( io 4) Questi adunque restitu aGnossii la cam pagna lolta-, ed ( io 5) a Cidoniali impose di riprenderai gli statiehi, chebbero abbandonati, avendoli pria dati a Casinione, e duscire di Falasarna, senza appropriarsi di quella alcuna cosa. P er ci che spetta al (ro6) comune consiglio, accord loro di parteciparne, chi vojesse, ed il contrrio a chi non volesse, astenendosi dal resto di Creta. E ci permisero ad essi ed a fuorusciti di Fa* lasania, th avean ucciso Menezio, ed altri dc pif il lustri cittadini.

2 2

f. di R, XVI. (>07) Allorquando Tolemeo re d Egitto asse 5^o diava (108) Licopoli, i signori egizii sbigottiti si rimisero Estrat. Fales. alla sua discrezione. Li tratt egli male, (>09) e cadde

in molti pericoli, (tio ) Lo stesso all incirca avvenne a que tempi, in cui ( i n ) Policrate soggiog i ribelli. Imperciocch (11 a) Atini e Pausira e Ghesufo ed Irobasto, cherano i signori ancor rimasi, cedendo alle circostanze, vennero in (113) S ai, consegnando le loro persone alla fede del re. Ma Tolemeo violando la fede, legatili ignudi a carri, strascinolli, e poscia tormentatili gli uc cise. Venuto in (114) Naucrati coll esercito , e recali seco (115) i mercenari che Aristonico gli avea condotti dalla Grecia, navig in Alessandria, non prendendo parte alcuna alle operazioni della guerra, peli (116) am bizione ingiusta di Policrate, (117) qualunque egli avesse venticinque anni.
'Stirai. VaUs.

XVII. (118) Aristonico era, a dir vero, eunuco di T o lemeo re d Egitto, ma fu sin da fanciullo con lui'edu cato. Progredendo in et divenn egli d audacia e d a nimo (t 19) pi virile, che non cade in eunuco. Imper ciocch era di natura guerriero, e moltissimo s interteneva nell esercizio delle armi. Nelle conferenze an cora ebbe singolare abilit, e, ci eh raro, (fao) in gegno accomodativo; ed inoltre era dindole inclinata a beneficare gli uomiui. XVIII. (121) Apolloniade, moglie dAttaloche fu pa dre del re Eumene, era daCizico: donna per mohe cause degna di memoria e (iaa) d onorevole menzione. Ini*

Attrai. Vales.

a3
perciocch essendo plebea divenne regina , e conserv A. di i questa dignit ( i a 3) sino alla sua fine, non isfoggiando ^ 7 merelricie attrattive, ma conseguendo giusto tributo di lode colla sua modestia e civile dignit , e coll one sta sua condotta^ e sovrattutto, perch generati avendo quattro figli, conserv verso tutti insuperabile benevo lenza e svisceratela (ia4) sino al termine della vita, comech non poco tempo sopravvivesse al marito. Del resto Attalo e suo fratello nell ( i a 5) arrivo in Cizico acquistarono buona fama, dando alla madre il dovuto ossequio ed onore. Conciossiach conducendola in mezzo di loro per amendue le mani, girarono petempli e pella citt con grande comitiva. Laonde coloro che videro i giovani grandemente li lodarono ed esaltarono, e ram mentando il fatto di (126) Cleobi e Bitone confronta vano gli animi di loro, e supplivano all'insigne volont di quelli coll eminente regia dignit di questi. Siffatte 'ose operarono in Cisico (127) dopo la pace fatt$ col ' re Prusia.

FINE

D E G L I AVANZI

D EL LIBRO M G E S I M O T E R Z O .

SOMMARIO
A G L I AVANZI DEL LIB RO VIGESIMO T ERZO .

A r r U I DELLA G r e c i a .

Lacedemoni accusano in Roma Pilopemene, -

M . Lepido

console. - Tolemeo Epifane rinnova V alleanza cogli Achei. Lodasi la destretta di Tolemeo ( I). - Turbolente in Beoiia. I Romani vogliono rimetter Xeusippo. - I B eotii noi ricetrono - Invano s'interpongono gli Achei. - Principio d i guerra opportunamente soffocato ( II). - Controversia de' Rodii co Lidi. - Indicazione sommaria d i alcune cose qui trattate da Polibio (j III). - I M aroniti ed attri accusano Filippo. - Quin to Cecilia amltasciadore romano ( IV-V). - Dissensioni degli JSnii ($ VI). - Aristeno pretore degli Achei. - Concilio degli A chei in Megalopoli. - Eumene offre un dono insigne agli Achei. - Ambasciadori d i Seleuco. - Nicodtm o rinuncia la legaxione. - Ambasciadori d Eumene (J VII). - Apollonida esorta a rifiutare i doni del re. - Gli Egineti chieggono d iEu mene li rimetta in libert. - rigettata la largizione d 1 Eu mene ( VITI). - Orazione di Licorta intorno al trattalo con Tolemeo. - Aristeno svela l'assurdit di Filopemene e di Licorta. - rinnovata l'alleanza con Seleuco ($ IX). - Cecilio rampogna gli Achei. - Aristeno e Diafane gli acconsentono. Filopemene e Licorta rispondono a Cecilio. - NrgaSi a Cecilio la convocazione del popolo. - Aristeno sospetto agli Achei

a6
( X). - Cecilio rinuncia la legaiione. - Causa < li Filippo. Apollonida arnbasciadore degli Achei. - Areo ed Alcibiade oratori degli Sparlarti ( XI). - Gli A chei e gli Spartani trat tano la loro causa. - Appio Claudio mandato arnbasciadore in Grecia. - Gli Achei disputano nel senato con Cecilio ( XII). - Strage fa tta in Maronea da Filippo ( XIII). - Casandro fa tto morire da Filippo con veleno. Filippo ha in odio Romani. - Manda il figlio Demetrio a Roma ( XIV). - Liti de' Gortinii co' Gnossii ( XV). A r r jtt
d

E gitto .

Tolemeo EpifaAe assedia Lieopoli. - Incrudelisce ne' vinti che supplican grazia. - Aristonico. - Policrate ($ XVI). A ristonico, eunuco valoroso ( XVII). A r r ja i a E fhene. Apolloniade, madre d Eumene. - Rispetto figliale <TEumene e d"Aitalo verso di lei. - Pace d Eumene con Prusia ( XVIII).

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIMOTERZO.

(i) Jl* Compatto. Invailo cercasi questo luogo pressoi geografi e gli altri storici. Lo Schweighauser giudica b ene, che probabil mente iti tale il nome della terra presso cui trovavasi il campo degli A chei, allorquando . secondoch narra Livio (xyxviii, 55), gli esuli spartani assallaron alle porte degli alloggiamenti i La cedemoni Tenuti con Filopemene per trattare la loro causa. Di qaesto avvenimento avea gi iu addietro (atta menzione il No stro , conforme apparisce da un brano di Plutarco inserito net. libro x x ii, cap. a 3 , dove consultisi la nota 1 44- Mi piace la congettura degl interpetri di Livio approvata dal Reiske , che nelle parole di questo storico al lib. x ix ix , c. 36 : Caedem primum jd coarucrum factum eortim , qui a Philopoemene caustam dieendam evocati v e n isstn t, stiaci celalo il notne di Compasium . In questo fatto non vebbe altrimenti conflitto, seb bene aggressione. (a) Marco Lepido. Da Livio (xi, i? ) apparisce che questi fu creato pontefice massimo lanno di Roma 5ya, essendo consoli A. Postumio Albino e C. Calpurnio Pisone, quindi cinque anni dopo il presente suo consolato. Fu poscia, a detta dello storico, Creato censore, console la seconda volta nel 5yg , e tre volle principe del senato. <3) Che Filopemene ec- E quest ambasceria mandata dagli

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Achei a R om a, mentrechfc Filipemen* era pretore, c quella che (come pi sodo leggesi) fu inviata in Alessandria sembrano amendue doversi riferire all anno 568 di Roma. Imperciocch appena lanno 56g (v. il principio del cap. 6 ) cos questo Nicodemo dElea come gli ambasciadori mandati in Alessandria, riportarono lambasciala agli Achei (c. 7 , 9 ), un poco prima che Q. Cecilio, il quale nello stesso anno era stato mandato da Roma in Mace donia , giunto fosse dalla Macedonia nel Peloponneso (c. 1 0 ). Il perch quanto qui dicesi del consolato di M. Lepido hassi ad intendere dell ultimo tempo del suo consolalo, ed al margine del nostro testo dovr da questo periodo in poi per tutto il re cto della narrazione porsi 1' anno di Roma 568 Schweigh. Essendoci parato giustissimo il test riferito ragionamento, noi regolammo la data storica a norma del medesimo. (4) V a le a n ia antica. Strinse questa Arato pretore degli Achei con Tolemeo Evergete, avo del presente Epifane, qua ran ta n n i circa innanzi agli avvenimenti qui narrali. Intorno ai qual particolare leggasi la nota 1 6 0 al secondo libro di queste storie. (5) Nostro padre. 11 w * f i pleonastico col genitivo personale non solo riscontrasi nel Mostro, conforme osserva lo Schweigh., ma eziandio in autori di pi specchiata classicit, siccome in Se nofonte (Cyrop. fi, 4, s i) 7 r K v tt% ifv t rrpiltvf**, VeserJ cito di Classare. Quindi al tutto immaginaria la supposizione del Reiske, che in fim t il con a n i striseettaf di sopra stesse in qualche antico codiee per w itlf, e che alcuno per ispiegare siffatta abbreviatura scrittovi abbia superiormente lanzidetto sostantivo. Inopportuna altres k la correzione dellO rs in i, seguito dallE rnesti, in i f, non meno che quella del Casaub., cui si attenne il Gronovio, in nf. (6 ) Rositele. Sositele, con sigm a, come vorrebbe il Reiske che fosse scritto, suona a dir vero pi grecamente. Tuttavia non questo sufficiente motivo a colai arbitrio. (7 ) Da parte degli Achei. Non mi dispiace il ritenere quf

a9 i w f nel senso che ho espresso, dappoich Filopemene avea iu Questo trattato rappresntati gli Achei ed operato in nome loro, siccome vedemmo di sopra dov riferito aver egli prestalo il giuramento a nome degli A chei, i-utp 7i* Qui ndi fuori di proposito lemendazione di Reiske iw 7. A. (8 ) Preso argom ento, cio la menzione che si fece del re in fra il banchettare porse allambasciadore di lai occasione di esal tare le abilit sue qui' esposte. Questo sembrami il senso dellw*< /8 A voluto dal contesto, non g i , conforme piacque allo Schweigh. : A d ea tjuae ab alis erant propotila su b je cit , re spondit , in vicem 'exorsus est ; quasich il discorso dellambasciadore fosse mia risposta a quanto gi altri nello stesso propo sito avea ragionato. Gli esempi addotti in conferma di questo supposto significalo non provano nulla, denotando iu essi V iu tjS x x it (i, 8 0 in princ.): soggiunse semplicemente, non rispose, e 1jt*,S#a7j od t*r</3*AAu (xi, aa verso la fine) schierar un corpo dietro V altro , V. la nota 101 al libro xi. (9 ) A cavallo. 11 Casaub. sembra no n aver- trovale nel suo codice le parole p l w r t t , dappoich egli le ommise nel testo nella traduzine. Lo Schweigh. sospetta che fosse scrtto * $ ' x v t v , da cavallo ; ma a me pare che la lezione Volgata sia mi gliore, come quella ch esprime l'atto di lanciar nn dardo e di colpire, premendo il dorso ad un cavallo che corre di tutta carriera. ' ( 10 ) Lancia da coreggia. Non ho saputo meglio rendere il fttr iy itv X tt del testo , la cui definizione leggesi nello Scoliaste dEuripide al verso 1 1 33 dell Andromaca : MtirayxvX* i iin in yRif* r w i f l f S i i i p i t t / r , c h $ {tr*t , specie di dardi legali n e t m etto con una funicella , tenendo la quale lanciavansi. pertanto da credersi die cotesla funicella o coreggia (forum, amenlurn de Latini) passasse per un uncino, 0 maniclietto, onde ansams chiam Ennio siffatte saette, conforme abbinino da Nonio; e forse deriva da questa circostanza il-nome greco, couciossiachc iyK vhn, da 1 citrvo , significhi U

le altre cose manico. V. i Lessicografi. Pi comunemente chiainavanli i Romani jacula , tela amentata , autore dequali fu secondo Plinio (H. N. vii) Etolo figlio di Marte. Il modo di lan ciar cotesta arma insegna esattamente Lipsio (PoliorceL iv, dial. 5). Fuit autem am entum , sono sue parole, non aliud quam lorttm revinclum in media hasta circiler > quod manui deinde et primoribus digilis illigabant leviter : in emissu cum implu tolvendum (era dessa nuli altro che una coreggia attortigliata a inezz asta , che poscia leggiermente legavan alla mauo ed alle prime d ita , per {scioglierla con impeto nel rilasciarla). Veggansi aucora il Vossio ed il Forcel!ini alla voce amentum. ( n ) Nella Beozia. Circa lo stato de Bozii a quc* tempi da leggersi il libro xx a ce. 4 , 8 . (io) Malcontenti. Kik7 t li chiama Polibio, che il Casaub. seguilo dallo Schweigh. tradusse turbatore;* olii propter suam inopiam (disturbatori della quiete per cagione della loro povert). Propriamente mala 'disposizione ed inclinazione alla malattia * cosi del corpo come dell animo , e spesso troviam usalo dal Nostro siffatto vocabolo per esprimere lo stato iufermo e cagionevole delle repubbliche , procedente dalla malvagit de' suoi cittadini. Cos leggiamo nel lib. i l , 4 > < *che io tradussi discordia e m al um ore, e lo si riscon tra eziando nel lib. xx, 6 , dove lho reuduto per depravazione. N Itat ir lx tu s x t *({/> , morbo e mala disposizione dello stato appella eziandio Strabooe (xiv, p. 6^5) cotal corruttela, che pi assai alligna ne governi liberi, che non ne monarchici, dappoich iu quelli il minuto popolo, avendo parte od influenza nella pubblica amministrazione , tolta crede luguaglianza de po litici diritti dall ineguaglianza delle dignit e della fortuna. La qual cosa mirabilmente espresse Nepote nella vita di Cabria (3) con queste parole : E st enim hoc comune vitium in magnis liberisque civitatibus, ut invidia gloriae comes s ii , et libenter de his detrahalur quos emine re altius videant, neque animo acquo pauperes alienam opulentium intuentur fortunam (

3-i
cumuli vizio nc grandi liberi sta ti, che linvidia compagna sia della gloria, che detraggasi di coloro i quali veggonsi in pi alti luoghi saliti , e che i poveri mirar non possano con animo in differente l'altrui doviziosa fortuna). (i 3) Zeusippo. Di cosini leggasi il Nostro nel lib. xvm, c. 2 6 . Presso Livio nulla trovasi di queste pratiche infruttnossmeote te* nule per restituire in patria colesto partigiano de Romani. (4) E volendo pubblicare ec. Zeusippo , conforma sappiami da Livio (xxxm, a 8 ) , era fuggito in Alene dopo l uccisione di Brachilla, principal fautore del partito macedone , ad istigazione di lui eseguila parecchi anni innanzi allintercessione di Flaminino pel suo ritorno. Quindi ben da supporsi che i Beozii lo accu sassero e condannassero assente e sottoscrivessero la sua sentenza, quantunque non la pubblicassero per timore de Romani allor ad essi vicini. Ma, allontanatisi questi dalla Grecia dopo la pace fermata con Antioco, faceano pi a fidanza, n davano gran fiilto retta a comandamenti che venivano da Roma. 11 perch, richiesti dal senato di rimettere Zeusippo, vollero dare la mag gior pubblicit alla sentenza gi alcuni anni prima contro di lui pronunciata. Quindi apparisce linco'nvenienza dell Xti irp tltp ti (lanno prima) proposto dal Reiske in luogo del volgato f71 f i l i f i (gi prima), e la probabilit dellopinione dello Schweigh., che, cancellando la copula (innanzi 7*7 7S 1parrai. il te s t O i non sia interrotto da nessuna lacuna , conforme credette il Casaub. Resta la sconcordanza della proposizione i l iv ty ty p a p tfttttt, non abbastanza tolta dagl interpreti, e che svanirebbe ove si scrivesse Ai ir*t-ivl7(-iw *ytyfM ptpcinn , riferendo il pronome ed il participio a Kftrtts, le sentente che fu ro n o - da loro sottoscritte. (i5) A supplicar il senato, tip tr/tvu r non significa sempre andar ambasciadore, lo che suppone una persona che mandasi a fare lambasciata; sibbene prendesi talvolta questo verbo nel significato di chieder alcun favore presso unautorit suprema , de in tal senso il prendemmo qui dove Zeusippo va a Roma

3a onde trattare la propria causa. Quindi male tradussero gl iulerpetri latini: Cum Z euxipput ipse ad senalum Ugatus venissel T lftrfitvttltc, i t a t i t t , chiedenti, preganti. Esichio. ( 16 ) / sensi de' Beozii. Non mi par opportuna 1 aggiunta di xult, ovveramente wi fi alle voci 75* B<75 proposte dal Rei ske , dappoich la volont de' Romani verso i Beozii che per tal -modo si verrebbe ad accennare trovasi ab basta ni espressa nel comndamento agli Achei ed agli Etoli di ricondurre Zeu sippo io patria. ( 17 ) Ricondurlo. Pi ragionevole ini sembra il *&/ dellOrsini conservato dal Casaub. che non Y ip o ftt -ricevuto dallo Schweigh. nel suo testo, e r|if>r proposto dal Reiske. Qui non si trattava gi d una spedizione guerresca contro i Beozii, ma di proteggere con un esercito lesule che dovea rimettersi in pa tria. Se non che ilp lu ra le (Tic, oppure ftili (conforme meglio piacque al Reiske) in induce a credere che dopo < < T < ' Ak<i (gli Achei) sia ominesso *1 (e gli Etoli), 1 ultima di queste nazioni ancora essendo Stata eccitala da Romani al mentovato ufficio. Xi8 ) Rappresaglie. V. la nota aa5 al lib. iv. Del resto non avrebbono queste potuto esercitarsi dagli Achei senza che Me garesi posti tra loro ed i Beozii conceduto avessero a primi il passaggio ; lo che probabilmente fecero dapprincipio , e perch erano loro alleati, e perch essi pure aveano delle pretese sul* l'adempimento degli antichi contratti. In appresso pertanto si op posero a coleste violenze , tentando 'la via delle pratiche. ( 1 9 ) Tocc subito (Fesser preso. Lo Schweigh., non volendo tentar il volgato *< vi pose dopo un segno di lacuna. LO rsin i, seguito dal Casaub., avealo mutato in , che giudi ziosamente il Reiske propose di cangiar in A me sembr correr meglio il senso aggiugnendo xifiir& ai ad (2 0 ) I Megaresi. Eran costoro a tempi di cui ragiona qui il Nostro nemici de Beozii ed alleati degli Achei, conforme leggesi el lib. x x , 6 ; ma temendo, non nella guerra eh' era per ac

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cendersi tra questi due popoli il loro territorio ne divenisse il teatro , ingegnaronsi di riconciliarli. 11 Casaub. e lo Schweigh. supposero, quegli dopo f i n , questi dopo una lacuna ed a lor modo la supplirono. 11 Reiske stim dopo J ia v ftrt 8 . smarrita la parola ' A $ i | m a tu tti, per mio av viso , vanno errali , n parmi scorgere nel testo difetto alcuno. Gli oratori furono probabilmente da Megaresi mandati ad amendue le nazioni, n perci hassi a credere che manchi w f i t potendo la preposizione cfit esprimere cotesta reciprocanza e perfezione! siccome in cfutAvnr, Siaxpittr$n, essa significa compimento di divisione, di scioglimento, di fa zio n e guerresca. (ai) La Licia e la Caria. I Romani, poichebbero dala la pace ad Antioco, concedettero a Rodii per mezzo de dieci commis sari! incaricati del componimento degli affari in Asia, la Licia tutta, e la Caria sino al Meandro (xxu, 3 7 ). (a) PelVaffinil ec. A detta di Strabone (x i i , p. 5 ji ) due Licie vavea; luna Troica, ed a questa accenna Omero (Calalog. v. 3 3 1) ricordando la citt loro Zeleia posta alle falde del monte Ida ; laltra presso la Caria, formanti amendue una sola nazione, e reciprocameute propagatesi. Dell Ilio nuovo nella Troade veggasi la nota a3a al lib. v. (a3) Per cagione deglIliei. I Romani che per via dEnea consideravansi discesi dagli abilanti dell antico Ilio teneano in gran pregia il nuovo Ilio ancora. Laonde Io stesso L. Scipione, le di cui gloriose geste contro Antioco qui narransi , giunto a quella citt, innanzi di progredir olire, pose il campo solto le sue m ura, ed entratovi e salilo sulla rocca, sacrific a Minerva; magnificando gllliesi con parole e con fatti (secoudocli narra Livio, xxxvii, 3 7 ) il popolo romano da s uscito, e lieti dimo strandosi i Romani di tal origine. (a4) 1 Licia e la Caria ec..Siccome nel cap. 2 7 , del lib, xxu leggo qui Kctphtif, e non altrimenti 7itf A v /* t POLIBIO 9 Ioni. n i . 3

34 *. 7. A ., conforme dietro il Gronovio ed il Reiske Triste lo Schweigh. V. la nota 1 9 3 al lib. m i . (a5) La gara pella discrepanza. Molto ragionevole m sem brata la lezione dello Schweigh. recata dal cod. Bav. r w l e 7 i s-a^aAAayr. in luogo del semplice 7 t wafaXXay'uc. che hanno gli altri libri ; anzi ho ricevuta ancora la correzione da lui proposta 1 7c w. (2 6 ) E rec alla luce. Furon i Licii tratti in errore daglIliei, i quali fecero lor credere che i Romani gli avean assegnati a R odii, non come sudditi , ma come socii. E sembra che non pochi tra i Rodii medesimi tenessero questa opinione, sino a che il pritanide, o dir vogliamo il capo del governo , cui Teeleto avea da parte de dieci commessarii manifestata la verit , non chiar il dubbio insorto circa la somtnessione de Licii. Stando la faccenda in questi termini rigettarsi dee lifflu r t (ricerc) delPOrsini e del Casaub., e 1 (investig) del Reiske, dap poich nulla avea il pritanide, cui lutto era noto in quel parti colare , da ricercare o da investigare, sibben era sua incumbenza d illuminare amendue le nazioni circa il destino de Liei. Bene adunque sappose lo Schweigh. di porre nel suo testo p7<ri ebe questo senso esprime; tanlo maggiormente che il verbo trovasi usato dal Nostro al c. 8 del lib. 1. (3 7 ) E rampogn eziandio i Licii. Dopo queste parole a me non pare che siavi nel testo un vuoto , siccome stimaron il Ca saub., il Reiske e lo Schweigh., il primo de quali aggiunse del suo : Tarn vero paluit error (allora pertanto manifeslossi lerrore); laddove gli altri proposero dinserire nella scrittura: v iti lit i v l S f palesaron costoro (cio i Licii) la propria sentenza. Avendo gi il pritauide fatta chiara la volont de Rodii e de L ic ii, era superfluo che questi la esponessero, e pella stessa ragione non fu allora soltanto che veune in luce lerrore. ( 2 8 ) Come ec. ec. Questi titoli, o dir vogliamo argomenti degli estratti, che parte poscia si espongono, garte furon anche

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ammessi, sembrano essere stati avvertimenti prescritti al menante da colui che diresse' la composizione e la raccolta di questi estratti, affinch il menante conoscesse quali particelle della storia Polibiana egli ridur vi dovesse. Per errore poi furono co tali titoli copiati in luogo degli estratti. Schweigh. - II primo di questi comenti appartiene all ambasceria x i eh esponesi nel cap. vi. 11 secondo trattato da Livio nel lib. x xxix, a 4 e segg. ; il terzo dallo stesso xxxix, 2 7 - 2 9 ; il quarto si riferisce all am basceria xli, che Igggesi nel c. vii; il quinto allauib. x lii, con tenuta nel c. xi e segg. ; il sesto allamb. xliv nel c. xii e segg. Il settimo titolo che presso noi forma il cap. v esser dovea subbieMo dell ambasceria xliii , ma il compilatore la ommise. Trat t olio Livio nel lib. xxxix, 35. (3 9 ) Disputa-naia ec. Mi son attenuto alla lezione i-ytfit proposta dallo Schweigh. in luogo dell insignificante cf(<p#p7 che arreca il cod. Bav. (3o) Clitore, citt dell Arcadia rammentata dal Nostro nel lib. iv , 1 8 , non lungi da confini dellAchea, dove gli ambasciadori romani recaronsi dalla Macedonia, affine di non esporre Areo ed Alcibiade, che conducevano seco, all ira degli Achei da loro accusati. (3 1) Discorsi f a t t i ec. Pegli Achei ed a difesa di Filopemene parl Licorta padre del Nostro. Non pertanto certo, conforme suppone lo Schw eigh., che la costui orazione, siccome la leg giamo presso Livio (xxxix, 36) , sia quale la scrisse Polibio e non altrim enti, secondo il costume di quello storico, cavala dal suo ingegno. (3?) Disertava d abitanti ec. Leggesi in Livio (xxxix, 2 4 ) che Filippo, per ristabilire ne suoi stati la moltitudine d uomini pe riti nella guerra, trasportata avea molta gente dalla Tracia in Macedonia, ina nulla e dice di tributi a Traci imposti. Quindi i paruta falsa l interpretazione data qui dal Casaub. alla voce i | t f a c e n d o l a valere fo rza la esazione di tributi, quando pi naturalmente con maggiore conformit colla relazione dello

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dorico romano, tratta lenza dubbio dal Nostro, la si potea de rivare da u sc ita , trasmigratione, e da t iig tii, promovere siffatta trasmigratione . L Ernesti, considerando, come Polibio piglia talvolta <{/; nel senso di spese, tra dusse exactionem tributi (riscuotimento di tributi), la qual operazione riflette giustamente lo Schweigh. esser affatto contraria all'idea di spese. Ma non meglio suggeriscagli dapplicarlo alla spedizione fatta da Filippo contro le citt della Tracia, che questore, a detta di Livio (1. c.), per vim occupavit. Per sostenere cotesto significato dovett egli, seguendo il Reiske, scri vere 7* 7#u G>tXt'irzTov **7 I S t i v i &p*xiit la speditione d i Filippo contro le citt della Tracia: la qual aggiunta pella nostra spiegazione si rende superflua. (53) I Tessali. Stando a Livio sembra dopo Tessali smar rito i Magneti ; ma nulla manca , perciocch i Magneti contengonsi nel nome di Tessali. Reiske. (34) Claudio. Questo nome arrecan i codici tulli di Polibio, ma lO rsini, dietro Livio, mutollo in Sempronio, lo suppongo che costui fosse Tiberio Claudio Nerone, creato pretore lo stesso anno che M. Bebio Tsmfilo, suo collega nella presente ambasciata, fu fatto console (Liv. x l , i 8 ) . Il terzo legato Q. Cecilio Metello fu poscia console lanno di Roma 5^8. (35) Gli Enii ed i Maroniti. Eno e Marouea erano citt' ma rittime della Tracia , ed insieme con altre di quella costa e Li simachia nella Chersonneso tracica aveano gi appartenuto a re dEgitto (1. v, c. 34, e col la noia 9 1 ). Le tolse a questi Filippo dopo la rotta chegli tocc per mare da Aitala e da Rodii, ap profittando della morie allor accaduta di Tolemeo Filopalore che lasciato ebbe pupillo il figlio che gli succedette (Liv. xxxr, 3i ; Polib. xv, qo). Le perdettegli dopo la battaglia alle Cinoscefale, ma rioccuperolle dopo la partenza de Romani dalla Grecia (Liv., xxxix, 94; Polib. al eap. 11 di questo libro). (36) Abbiam gi esposto* Nel cap. 1 del lib. xvir, dove scoigesi arnbasciadore lo stesso Aristeuo cbe qui comparisce pretore..

3r (3j) Per rinnovare tantica alleanza. Questa era stata fermata dagli Achei con Tolemeo terzo , detto Evergele, per opera dArato che gli era singolarmente caro (Vedi il Nostro 11, 4 7 , e col la nota 1 6 0 ); lo che accadde quarantanni avanti gli avvenimenti qui narrali. Ma in appresso quel r e , abbandonati gli Achei , confederossi con Cleomene tiranno di Sparta loro nemico (V. la nota 1 6 7 all anzidetto libro, e 1. v , c. 35). 11 successore di lui sovrannomato Filopatore trascur del tutto gli affari esterni (v , 34), e non fu quindi n amico, n avversario di quella nazione. Ma salito sul trono Tolemeo Epifane, e giunto all et che allo il rendeva a reggere da per s lo stato, gli Achei saviamente divisarono di rannodare con quel principe lalleanza che stabilita aveano col suo avolo, come quella che di grande presidio riuscii' loro dovea contro le macchinazioni del sovrano macedone. Il luogo qui citato, dove il Nostro ragion di questo trattato, tra gli smarriti. (38) A condizione ec. Prudente disposizione, per cui Eumene assicuravasi del favore del Consiglio aclieo nelle pubbliche deli berazioni ; e ad un tempo impediva lo sprecamento del danaro da lui somministrato. (Sg) Seleuco. Era questi Seleuco Filopatore succeduto lo stesso anno al padre Antioco Magno nel regno della Siria. Schweigh. (4o) E labolizione ec. ragionevole la supposizione dello Schweigh. che 7 ad allr oggetto sia relativo che a coloro che periron in Comppsio , non trovandosi questo sostan tivo nel senso d uccisione, sibbene di scioglimento di potere , d istitu to , quali sono le leggi ed il governo dalcuno stato, che gli Achei appunto distrussero in lsparla. Conghielturai quindi coll anzidetto commentatore che Polibio scritto abbia 7* xulctXvrti l$ t tr tX ilu 'x t, o meglio '7 3 7*5 A m o ify tu t fitti. Veggasi Pausania v ii , c. 8 , 4 5 Plut. in Filopemene, pag. 365. - In Livio pure (xxxix, 36) leggonsi gli stessi capi daccusa porlati da Lacedemoni a Romani : u Caedem primum ad con-

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flictum (Compasium) factam eoruiu, qui a Philopoemene canssam dicendam evocati venissent : deinde muros dirutos urbis nobilissimae esse, leges velustissimas abrogalas, inclitainqne per gentes Lycurgi disciplinam sublalam. (4i) Si diede passala. Secondo il Varchi (Ercolano, p. n 3 ) dar passata, dar cartacce, passarsi leggiermente duna cosa , o rispondere metto che non si conviene a chi l Jia o punto o dimandato d alcuna cosa , lo che parmi eh esprima ad un di presso P 87 w S t del testo, che il Reiske ade guatamente interpelr : Hac ratione, eo fa c to , transmittebatur fe r e absque ulta animadversione. (4a) E poich ebbero. Leggo col Reiske s c i wAi/ S '% w fet la iltit lit vw cfh rtt. Il volgalo v X tltv c male difeso dal Grono vio, conforme ha gi osservato lo Schweigh., facendo soleci smo il A y o v t, che quegli volea introdurre col che segue. (43) A lla quantit del danaro. I centoventi talenti promessi da Eumene ascendevano a 6 4 8 0 0 0 lire tornesi, calcolato il ta lento a lire 54oo tornesi. Che se nellAchea siccome in Atene lusura legale per ciaschedun mese (cenlesimae de Romani) era d una dramma ed eziandio duna dramma e mezzo per la mina di ioo dram m e, cio del 13 e del 1 8 per cento all anno (V. Demost., orai, prima contrAfobo , p. 8 1 6 - 8 1 8 , 1 9 ) , di leggieri comprenderassi avere la somma conceduta agli Achei dall anzi detto re dAsia secondo la legge attica frullato a quelli annual mente 7 7 7 6 lire tornesi, e forse 1 0 7 3 4 * Dov da considerarsi la povert de Greci dEuropa appello alle dovizie di quelli del lAsia , figlie cred io non meno della fertilit somma del loro suolo che dell esteso e vantaggiosissimo commercio eh esercita vano co barbari dell Asia interna , tributarii della loro indu stria. - Del resto apparisce dalle parole del Nostro che come dono presentato da Eumene alla nazione achea'Apollonida non biasimasse cotesla generosit, laddove il dare quel danaro a

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frutto, affinch te ne stipendiasse il consiglio, egli reputava cosa vituperevole, come infatti lo era. (44) Lasciarsi contaminare. A iptftxt'iefrcti il vocabolo del testo che a questa frase corrisponde, e chequivale a Jtttig irS * !, il di cui attivo J tx ig tit interpretalo da Suida e dalletimolog. m. tfia$St/ptir %pn/*itoi n S i f t t t , corrompere con danari o con doni , e non semplicemente dare danari o d o n i, conforme spiegano questo verbo i traduttori latin i, che cotesti giudici sti pendiarli chiamarono acceptorum munerum r e o s , quando erano propriamente muneribus corrupti. Nella Crusca, ed eziandio nella pi recente edizione di Padova , non trovasi contaminare nel senso che noi qui gli diamo, e che non pare abbiasi a ri fiutare. (45) V averli P. Sulpicio. Tito Livio , che nel lib. xxvu, 3o, 33 narra larrivo di Sulpicio in Egina, non fa motto della grave sciagura cui soggiacquero i suoi abitanti, esposta dal Nostro. Egli perci cbe ragionandone questi di passaggio nel lib. x i , 6 , io che non avea innanzi gli occhi se non se la relazione dello storico rom ano, nella nota a quel luogo supposi la infe licit di quegl'isolani ben inferiore a quella che fu realmente. . (46) Secondo i patti stabiliti co Romani. Avea Sulpizio, con forme abbiam altrove osservato , (ix , 3 g ; x i , 6 ) pattuito cogli E loli, che nelle conquiste da farsi questi andrebbon a possesso de luoghi, ed i Romani avrebbono tutta laltra preda (Liv. xxvi, 24). Gli Etoli adunque, valendosi de loro diritti, vendettero ad Attalo la citt dEgina di cui eransi renduti p adroni, ed i Ro mani trassero profitto dalla schiavit cui assoggettati avean i suoi abitanti. Il luogo di Polibio qui citalo tra i perduti. (4 7 ) D'abbagliante. A vrx/loQ SiX fttfl**, in cui difficilmente affiserebbonsi gli o cch i, non altrimenti che in una luce troppo v iva, Io che ho voluto esprimere nel volgarizzamento. Supra modum blandientem (oltremodo lusinghevole) tradussero il Casaub. e lo Schweigh., fiaccando molto la forza del testo. (48) Il decreto. Non tradusse qui male , per mio avviso , il

Casaub. 7 J tu fitv X ttt, che pi sotto nello stesso capitolo li* certamente il senso di decreto, dappoich una consultazione non si stabilisce n si sanziona, siccome col leggesi. Oltracci il verbo ilrcty in introdurre , molto pi saccorda con un decreto , che qual cosa scritta da nn luogo allaltro si trasporta, che non con una deliberazione o consultazione, cui meglio convieasi il proporre * recar in m e n o , w fth 9 k i* i. Ho quindi abbandonata linterpre tazione dello Schweigh. , amplificando soltanto quella del Casaub. per renderla pi chiara. Cos spiegando questo luogo pu rite nersi il wmft lu (decreto venuto da Tolemeo) de MSS. in vece del 7u recato dallo Schweigh. (49) I l giuramento. Questa solennit che convalid l alleanza prova, che non duna semplice proposta maudata alla delibera zione ed a voti qui trattavasi, ma d una cosa gi stabilita ed in forma di sentenza ridotta. (50) Pubblico regalo. Altra dimostrazione che la societ degli Achei con Tolemeo era da parte di questo re bella e conchiusa, siccome lo era da parte dEumene, quando propose il vituperoso dono cbe con giusto sdegno rigettato fu da quella generosa nazione. (51) Avea rinnovata. Bene fece il Reiske di mutare l*t i u t f i l i t i futuro in a ta ttm r iftttts aoristo, giacch lalleanza con Tolemeo era gi rinnovata e non da rinnovarsi, conforme mente a quanto abbiam osservato nelle note antecedenti. (5 2 ) La confusione. T ir i k t y f u t tradusse il Casaub. dubita tionem , siccomegli volt V iir fla t del periodo che precede, cui questo significato molto meglio conviene, comech , se non vo errato, quello di difficolt da me prescelto gli sia pi adattato. Male rendette lo Schweigh. i X t y f x i per absurditatem , essendo la omessa distinzione de trattati conchiusi con Tolemeo in vari! tempi confusione anzich assurdit, il primo de quali sensi at tribu sovente il Nostro a siffatto vocabolo. Vedi v, 53; xiv, a. (53) Che avendo gli A chei ec. Quali fossero questi diversi trattali de Tolcmei colla nazione achea noi non abbiamo n

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tt.il N ostro, n da L ivio, n da aleuti altro scrittore. Uno solo, che citammo di sopra nella nota 3 7 , riferito da Polibio nel I. 11 , c. 4 7 . (54) N Filopemene - , n Licorta. Abbiamo gi osservato al trove (1. 1 , nota 38), come Polibio talmente sacrificava ogni ri guardo alla verit , che non la risparmi eziandio a suo padre in un errore d alta importanza. Sono ben rari gli storici , i quali per adulare chi temono, o per iscusare chi am ano, o per vituperare chi disprezzano, talvolta non travisino i fatti. T ra i Romani parmi che Tacito al nostro si avvicini, in quanto che amendue dalla genuina e maschia sposizione degli avvenimenti traggono precetti utilissimi pel viver civile e pella politica con dotta ; aggiugni in Polibio pelle operazioni di guerra. (55) Sciolsero il congresso. Checch dica il Reiske J tu X ittt per andarsene non pu esser ricevuto, trovandosi in questo senso e presso il Nostro (iv, 8 6 ), e presso altri classici scrittori (Senof., Cirop., v, 1 , 1 7 ; vi, 5, 4 0 ) il mentovalo verbo nel modo passivo, e lattivo richiedendo sempre un nome nell accusativo. Quindi scrsse il Nostro o SukL $nr*t, si sciolsero (Jia X vn t iw u tr tttl ha Tucidide 1, p. 35, ed Emil. P o ri.), ovveramente JttXvrat 7*i *'< . . . . conforme espressero i traduttori latini. (56) De giuochi N em ei. 11 testo ha semplicemente 7 jt v m y if iu t, che il Reiske congettur bene essere stata la solennit che in Nemea netlArgolide celebravasi ogni tre anni sotto questo nome ; dappoich leggesi poco appresso che Aristeno raccolse i maestrali in Argo. Vedi 11, 7 0 ; v, 1 01 ; x, 9 6 , ed in questultimo libro la nota i 4 i. (5 7 ) In Macedonia. II Casaub., avvedutosi dellassurda lezione i* che recano tulli i MSS. sorpass, senzapportare oscurit al lesto, il nome del paese donde allora Quinto fece ritorno, e che certamente era la Macedonia , conforme osserv il Gronovio. (58) Proverbiolli. Ha molta probabilit la correzione introdotta

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dallo Schweigh. nel testo, dove leggevasi l insignificante ip tfttnl, che questo commentatore dietro la proposizione del Reiske cangi in tftiptQtl. Se non che un poco strana la imperso nalit di questo v erb o , che sempre riscontrasi nel dativo della persona, per modo che sarebbe da supporsi aver qui scritto Polibio iftiftQ tl* i v i a lt (l*i n . 7ir ccp%*7{). (5g) La condotta tenuta. opportuna lemendazione che fece il Grouovio del volgalo ix ttt fU fft'tm t in i x t t t f t t v f t f t t , participio perfetto d c iK tftfittt ; n posso approvare 1 <f t t v f i i f t f recato in mezzo dallo Schweigh., e che sarebbe il passato imperfetto , non punto valevole ad esprimer azione gi consumata, quale fu la violenza usata dagli Achei a Lacedemoni. (6 0) Diafane. Era costui stato allievo di Filopemene nella pratica m ilitare, e sebbene , siccome qui veggiamo, egli fosse politico mediocre , os, ingrato e traditore de su o i, con una .pubblica accusa aggravar le colpe apposte al suo maestro (V. 7)(6 1) Sulle robe de' fuorusciti. Cos parmi che debbasi interpetrare il 7S t Q oyaSixSt, conforme gi osserv il Reiske, che vi sottintese x ltiftilm , facolt, possedimenti. Cotesti fuorusciti avean lasciata la patria sino dal tempo che Filippo , concitata eh ebbe la plebe de Messenii contra i nobili, era stato cagione della strage che di questi ultimi col si fece (Vedi vii, g, io). V d I o Filippo alle Cinoscefale, era bene d aspettarsi che i Ro mani restituissero quegl infelici alle loro case, e con particolar decreto li rimettessero in possesso de loro beni. Qual modifica zione pertanto fatta avesse Filopemene al decreto de Romani in tal proposito noi sappiamo, perduto essendo il testo di Polibio che ne tratta, e non trovandosi in Livio contezza degli avveni menti della Grecia che non s intrecciano con quelli deRomani, siccomegli stesso protesta (xxxix, 48 > fine). (6 3 ) E col maggior vantaggio degli stessi Lacedemoni. Quanto alle leggi tolte , disse Licorta nella robusta orazione da lui pronunciata innanzi Appio Claudio, io stim che i tiranni ab-

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liitn tolte le antiche leggi a Lacedemoni, non noi tolte quelle che non aveano, ma date loro le nostre; n i aver male prov veduto al loro stato , facendolo della nostra lega, e con noi me scolandolo. V. Liv. xxxix , 5 7 . (63) Gli si raccogliesse. N iu l S t che hanno i MSS. , n 7/proposto dallO rsini, n iv l t v i preferito dal Casaub. qui reggono, sibbene ium scritto dallo Schweigh., e sostenuto dal l esempio di Pausatii ( v i i , 9 , 1 ) e del Nostro medesimo nel seguente periodo. (64) Arrivo di M . Fulvio. Era questi, secondoch narra Li vio (xxxvm, 3), venuto nel Peloponneso a pacificare gli Achei co Lacedemoni nell atto che incominciava tra questi popoli la g u e rra , in cui distrutte furono le mura di Sparta ed abolite le leggi di Licurgo. Poco grata al certo riusc alla moltitudine degli Achei ed a Filippo la presenza ,di que duci rom ani, il di cui scopo era d impedire il soggiogamento degli S partani, tanto da questi vagheggiato. 11 perch io tengo collo Schweigh. che abbia a conservarsi il w aptvr/xi de M SS., cangiato senza ragione in wapjnrfat (franchezza, parlar ardito) dallOrsini e ritenuto dal Casaub. che il tradusse licentiae. Lo stesso Casaub. pertanto bene sappose a cancellare V ip * innanzi a 7S M ip x tv , che in qualsivoglia sito affatto superfluo ed imbarazza, eziandio mutato in k7 siccome volle 1 Orsini. (65) Chiamati a rafforzar il loro partilo. Q t r tv ltv s i t h n r a r*/u tr tv t ha il testo che il Casaub. volt: Illos a caeteris aba lienatos sibi adjunxisse (dagli altri alienati a s unissero), e lo Schweigh. : Istos sibi adjunxisse quos ei (Philopoemeni) opponerent (uniti a s gli avesse per opporli a Filopemene). Fatto sta che i t h r v S t significa tirar a s dalla parte contraria , Io che fecero allora Aristeno e Diofane a dispetto di Filopemene di cui erano avversar in politica. Nel qual senso mi piacerebbe meglio la traduzione del Casaub. Se non che diffidi a provarsi che Fulvio e Cecilio sostenessero le parti di Filopemene innanzich si recassero tra gli Achei. Il perch io minduco a credere

44 eh tm -ifm tm /tin v t abbia scritto il Nostro: verbo ch egli usa spesso nel significato di chiamar a s; la qual cosa pellappuuto allora fecero i capi della fazione avversa a Filopemene per aggiugner forza alla propria. (6 6 ) intro d u ssero , sottintendi i consoli test entrati in carica, secondoch hassi da Livio (xxxix, 33) ; circa la qual reticenza del nominativo vedasi la nota 3 al lib. xxi. (6 7 ) Secondo la sentenza ee. Seguo la lezione del cod. Bav. imt'xptTii, che sembra esser pure stata nel cod. dellOrsini , os servando come nel secondo argomento del cap. iv , che agli av venimenti qui narrati si riferisce, scritto 7Ji xpiS-'itlm cTit 7> K *ntiX/v (le sentenze pronunciate da Cecilio). Gli altri editori e lo stesso Schweigh. preferirono allanzidelto vocabolo iv ittp tri, risposta , avendo, credo, sott occhio la risposta negata nel cap. antecedente dagli Achei allo stesso Cecilio. (6 8 ) Apollonida da Sicione. Lo stesso che di sopra (c. 8 ) ve demmo opporsi all accettazione del dono in danaro offerto agli Achei dal re Eumene. Livio non fa motto n di lu i, n della sua ambasceria qui esposta. (6 9 ) A reo ed Alcibiade. Le maggiori accuse contro gli Achei mossero i lacedemoni A reo ed Alcibiade , nobilissimi in lsp a rta, ma contro gli Achei ingiusti. Imperciocch esiliali da Nabide li accolsero gli A chei, e morto Nabide li ricondussero in lsparta contro la volont del popolo de Lacedemoni. Costoro adunque recatisi in sento con violenza attaccarono gli Achei. Pausania, v ii, 9 , a. (7 0 ) A ntichi fuorusciti. Circa costoro veggasi la nota 6 9 al lib. xx. (7 1 ) Vedeano. Non al lutto riempitivo qui il S x t!t. siccome parve a traduttori latini che lo sorpassarono. Gli esuli beneficati dagli Achei e loro accusatori non furono soltanto col fallo ingrati , ma ne fecero eziandio indegna mostra al cospetto del pi rispettabile tribunale che allor era nell orbe. (7 3 ) A 'fu o ru sc iti, cio a tutti i fuoruscili c h e , siccome ve

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demmo poc anzi , gli Achei ricondussero in Sparta insieme con A reo ed Alcibiade. Quindi male t radussero il Casaub. e lo Schweigh. h i exules. (y3) Presso i dominatori. Grave in singoiar modo lespres sione TTfif 7ut K p*ltvtlat che qui usa il N ostro, e che viva mente dipinge tutto il terrore di un' accusa con impeto soste nuta presso chi ha nelle mani la forza , T* * p ii or, con cui ogni cosa si assoggetta. (7 4 ) Di confronto , cio l uno in presenza dell altro, lo che nella lingua odierna del foro dicesi in contraddittorio : cosa inso lita presso i Romani quando trattavasi d ascoltar le ambascerie straniere, le quali introducevansi luna dopo laltra, e non unite conforme qui erasi fatto. I commentatori escono del seminato spiegando la frase ia m yxctxB'tm tit che qui riscontrasi, n io ripeter le loro in gran parte strane congetture. Baster osser vare c h e , essendo secondo Esicbio n y x a 'td tv tt quanto cvptQmrnrit, consenso, accordo, non a credersi che Polibio con siffatto vocabolo abbia voluto esprimer un senso affatto contrario al dialogo di due parti tra loro discordanti. Quindi avr il No stro scritto i | th x * l* r r itt* s , siecome nel lib. i v , 4 7 scrisse di due persone che compariscono innanzi al giudice, ed agiscono l uno in presenza dellaltro la loro causa; ovveramente converr dar qui r v y x a W h r if il significato nuovo di comparazione, avvicinamento dette parli ad oggetto di disputare , dando a x* la il valore di presso , fuxta , per modo che x x l i Strie sonerebbe appressamento , collocamento in vicinanza , ju x ta positio, e dall aggiunta del a ii acquisterebbe maggior forza. In T. Livio mancano affatto i particolari della presente disputazione. (7 5 ) Cacciata . . .la plebe ec. Secondo Livio (xxxvm, 34) furono cacciate da Sparta le milizie straniere eh erano state ni soldo de tira n n i, e gli schiavi da tiranni liberati ; quindi non tocc siffatta sciagura a nessuno de popolari, ed a torto se ne lagna vano gli SpartanL

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( 7 6 ) Spogli d mura. Nessuna cosa , dice l anzidetto storico rom ano, fecero i Lacedemoni di miglior grado che abbattere le mura della loro capitale, quando cib fu lor imposto dagli Achei; dappoich Sparla era sempre stata citt aperta, ed i ti ranni la chiusero per loro sicurezza. Il perch di questa cosa ancora ingiustamente gravaronsi. Ci pertanto che maggiormente loro dispiacque, continua Livio, fu il ristabilimento degli esuli in patria ; perciocch, credio, restituir loro doveano i beni passati ad altri padroni. Donde apparisce la somma ingratitudine dAreo e dAlcibiade i quali, per quanto sembra, scagliaronsi con tanto furore contro gli A chei, affine d entrar in grazia presso gli an tichi loro concittadini cbe a malincuore ricevuti ebbero tutti i fuorusciti. (7 7 ) Udite queste cose. Disapprov con ragione il Reiske }, ancora (J ia ttlrttr* x<7*v7m) che arrecano i libri, e cui egli propose di sostituire <f. N vale ci che addusse lo Schweigh. per difendere quella voce , riferendola alle cose disputate delle quali ragionasi nel principio del capitolo, dov essa sta pure mal collocata, non sapendosi che altri ambasciadori fuorch quelli degli Achei e de Lacedemoni avessero esposte le loro ragioui di confronto innanzi al senato. (7 8 ) Appio Claudio. Non questi da confondersi con Tib. Claudio che fu membro della prima legazione, conforme abbiain detto di sopra, c. 6 , nota 34- Lo Schweigh., non badando alla differenza de* pronomi e quindi delle persone , sostenne Sem pronio contro 1 autorit de codici. (7 9 ) Alcuno. Leggendo in Livio: A t quum legali ab senatu ec. , io era tentato di porre qui r ftrfu v liii (arnbasciadore) in luogo dellindeterminato e poco dignitoso 7k (alcuno); taulo mag giormente che le lettere potevano essere recate eziandio da uu semplice corriere, tabellario. Ma considerando la soverchia discre panza delle lezioni non volti introdurre nel testo novit. (8 0 ) Esortavali. Non comprendo che cosa inducesse lo Schweigh. a mutare il volgalo w p tit 11 (chegli espresse eziandio nella tra*

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duzione) nell'oscuro wupifr ir, cui non pu adattarsi qui nessuno de sensi che al verbo w*pt~rtn si attribuiscono, e che posson esaminarsi presso i Lessicografi. (8 t) Accoglienza. La viziata scrittura xalXyn che arrecan i codici fu ritenuta dagli editori di' Polibio sino al Reiske, i quali lessero nel glossario di Filosseno questo vocabolo tradotto per respectus, quando non vha dubbio eh egli scrivesse despectus (disprezzo), dappoich x a la X ty tit significa disprezzare. Preferisco pertanto il dello Schweigh. alV ivtS^i del Reiske, siccome pi vicino al termine volgato. Il Casaub. vi fece prece der un asterisco, quasich vi mancasse qualchespressione deter minante il senso eh egli espresse in traducendo : Cum honore susciperent . Dopo le cose esposte in questo capitolo avea Polibio recate io mezzo le geste degli Achei posteriori alla venuta d Appio Claudio, ambasciadore de Rom ani, dalla Macedonia nellAchea, i quali fatti brevemente ricord il compilatore nell argomento , che tra le ambascerie annoveravasi la x lh i, e fu da noi di sopra al cap. 5 congiunta con altri simili accennamenti di quanto con tenevasi in questo libro. Schweigh. (8 3 ) I l re Filippo. Tratta Livio gli avvenimenti qui narrati nel lib. .xxxix , c. 34 e seguenti, quasi colle medesime parole del Nostro. (83) Figgendosi. Intorno a questa determinazione cui nel testo corrisponde i v i 7 consultisi la nota 7 1 di questo libro. (8 4 ) Onomasio. Livio (1. c.) dice di lui : Qui praerat orae marilimae (che governava la costa marittima), senza rammentare la Tracia , quasich il suo governo esteso si fosse anche a lidi della Macedonia. Fatto sta che Filippo nella Tracia non aveva occupale che le citt marittime, e che di queste sole parla il Nostro qualificando Onomasto governatore della Tracia , laddove Livio ne lascia in dubbio circa 1 estensione del comande affidalo a questo suo cortigiano. (85) I T ra c i, quelli cio del suo parlilo, i quali introdutti j

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furtivamente fecero strage de seguaci dEuinene , donde l astuto principe, per {scusarsene presso i Rom ani, trasse il pretesto cbe luccisione si fosse operata in conseguenza dun tumulto cittadino. (8 6 ) I l giorno vegnente. Nella relazione cbe d Livio di questo colloquio apparisce che tenuto fosse in una giornata. Oltracci lo spavento che assali Filippo , allorquando senti in timarsi di mandar a Roma i ministri della strage da lui coman data , sa presso lo stesso storico di reltorica esagerazione , leg gendosi in lui : Adeo perturbavit ea vo x regem , ut nec color nec vultus ei constaret (Talmente quella voce turb il re, che cangiossi di color e di faccia) ; laddove il Nostro con maggior dignit descrive questa scena. (8 7 ) Da lui. Bene propose il Reiske di cangiare trtf) le 11tu in iru fk 7. , dappoich, conforme osserva lo Schweigh. , da e non circa Casandro dovea il senato udire la verit. Ma che /?* aX nitxs debbasi scrivere in luogo di Ilei A. , siccome piacque allo stesso Schweigh. , io non so persuadermi in primo luogo perciocch trovasi il verbo vv tS -ii >p< costrutto collac cusativo (et wviSK t tfit n i Itivi* Senof. Agent. 1 , aa), poscia perch altrove (z, 4) us Polibio il vocabolo A'$te nel plu rale, scrivendo 7*7* in luogo del pi comune 7$ aXnS-t/u , che riscontrasi poco appresso. (8 8 ) Colui. A delta di Livio aveva egli maggior grado tra gli amici di F ilippo, quindi pi il risparmiava : Et parcebat magis Onomasto, honoratiori amico; ma il temeva grandemente, per ciocch avea tenuto seco lui discorso su questo affare, sermonem cum eo contulerat , lo che egli non sembra aver fatto con Ca sandro , ministro di secondo ordine, il quale con Ouomasto solo avea conferito. (8 9 ) I l tolse d i mezzo con veleno. Secondo Livio non certo che Casandro di tal morte perisse. F en en o , sono sue parole, creditur sublatus. (9 0 ) I l re ec. Con poche parole si spaccia Livio di questa parte della narrazione , n vi compariscono i consiglieri di F i

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lippo qui nominati. La frase y i i l f i t t t t *&' 'suvici credo non essere stata ben compresa da traduttori latini, che ne fecero per se tum rem reputans (considerando la cosa da s ); dappoich acc9'"ucvr<i non ha presso il Nostro altro senso che di solo , di per s y separatamente (vm , 4 ) ; laonde unito al y t i i p t n s equivale a fa tto s i, divenuto solo , n vi entra punto l idea di / ijlettere , considerare. (g) Parrebbe ancor. Leggo collo. Schweigh. ih y t tn l in vece di iir<yo<7a che hanno tutti i lib ri, non avendo qui a sopraggugnere sibbene a fo rm a rsi 1 intervallo di tempo che dovea dar comodo a Filippo per apparecchiare la guerra. (ga) Per la grande estimazione, non qui eccellenza d animo e di corpo > siccome vorrebbe il Reiske , ch questa sola senza la grazia e benevolenza de1 Romani bastata non sa rebbe a Demetrio per procacciare al padre il loro favore. Quindi tengo coll Eroesti che tradusse : Propter gratiam inslgnem quam sibi conciliasset , cum esset obses , seguendo Appiano (de reb. Maced. c. 4 ) che scrisse di questo principe: K i * *X) 'V m p t tis 7?r tfttjflctt j era egli gi buona pezza in grazia a R om ani, dacch f a ostaggio. 11 Casaub. am meglio d'attenersi a Livio in cui leggesi: Quod Romae obses specimen regine indolis dedisset (perciocch essendo ostaggio a Roma fece mostra d indole regia), lo che certamente non volle dir Polibio. Meglio di tutti lo Schweigh.: In singulari honore adolescens jite ra i, al quale mi sono attenuto. (g3) Prometteva a' Bizantini. Sappiamo dal lib. i v , c. 38 di queste storie come , grandi essendo i vantaggi commerciali che i Greci ritraevano da Bizantini , questi a viccuda ne ottenevano soccorsi quando erano minacciali da barbari loro vicini. Eccone un esempio , sebbene Filippo beneficando i suoi alleati mirava pi al suo proprio che non al loro interesse. Gli riusc pertanto con siffatto stratagemma di viucerc i Traci iu una battaglia e di far prigione il loro capitano, siacome riferisce Livio (I. c.). POLIBIO . lOt. VII. 4

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(gi) Sopra la Propontide. Leggo col Reiske vzrtf e non In (sotto), cosi richiedendo la considerazione del sito die occupavano quebarbari sopra Bizanzio, la quale giace allingresso della Propontide per chi viene dal Bosporo. (g5) .Dell' impresa. Era questa lattacco eh egli preparava con tro que Signorotti della Tracia. La traduzione del Casaub. rite nuta dallo Schweigh.: Ne ad ea tjuae moliebaiur sibi impedi mento f o r e n t , non esprim e, per quanto p a rm i, la mente di Polibio. (g6 ) Cosmo, magistrato supremo de Cretesi come lo era il Cosmopoli io Locri della Magna Grecia (iti, i 6 ), ed il Pritanide in Rodi (xiii, 5). Se non che , siccome quell isola divisa era in varii sta li, che da s reggevansi , ed erano sovente tra di loro in g uerra, cos il Cosmo non estendeva la sua autorit sovra tutta Creta , ma sulla repubblica di .cui era capitale la citt della sua resideuza. Era G ortine, o Gortina , come altri la chiamano (V. Slef. Bizant.), citt mediterranea e quasi nel centro deUisoIa. (9 7 ) Cida. Sembra questo nome essere stalo molto comune in Creta ; giacch, quand anche quello che qui riscontrasi fosse stato il medesimo duce de Gortinii che leggesi iu Livio (xxxtu, 3) aver uniti cinquecento uomini coll esercito di Filippo (quan tunque nellablativo sia col C y d a n te , o Cydate secondo Gronovio, e non Cjrda da C yd a s, a e , giusta la declinazione del Nostro che ha K#tf nel genitivo); probabil che colui di que sto noine che pacific Eumene con Perseo (Liv. xmv, i 3 , 2 4 ) diverso fosse dal presente. A tempi posteriori appartiene quel Cida cretese , uomo audacissimo e perdutissimo , che a detta di Cicerone (Philipp, v, 5 ; vili, 9 ) Autonio cre membro del suo consiglio. Forse aggiunto avea Polibio al suo nome quello del padre, affine devitare la possibilit di confonderlo con altri. (9 8 ) Giiossii. Il N ostro, a dir vero, Iu K i tn i r, Cnossios, c cos scrivono Omero , Strabone e Tolemeo , ma trovandosi questo nome in Livio, Plinio e Solino col G , io ho preferita la cousonanle pi molle , perch meglio suona ad orecchie italiane.

5i Altra citl mediterranea in Creta era Guosso antica reggia di Mi* nosse. A detta di Straberne (z, p. 4 7 6 ) fu essa, lungo tempo la principale di quellisola, ma poscia perdette molto del suo splen dore, il quale pass in Gortina e Litto. Tuttavia risal essa fi lialmente , continua l anzidetto Geografo, a maggiore prosperit; lo che credo che accadesse appunto allorquando Appio Claudio compose le sne discordie colla rivale Gortiue. (9 9 ) I I . . . Licastio. La citt di Licasto esisteva a tempi dOmero (II. catal. v. i 54), ma era distrutta nell et di Strabone (z , p. 4 7 9 )) e forse gi quando scrivea Polibio, il quale nomina qui il solo suo distretto. Fa maraviglia il riscontrarla in Plinio poste riore a Strabone. ( 1 0 0 ) Raucii. Fuorch il Nostro e Stef. Bizantino , nessuno rammenta la citt di Rauco. Il Golzio cita una medaglia de Raucii. (to t) I l Dialo nio. Lo Schweigh. crede questa scrittura viziala, e- propone di leggere L u tl ftiio t , Dillannio , ovveramcnle A m ll/u iti, Diltinio . Avrebbe mai Polibio scritto A m l i n t t , Diltonio , indicar volendo il territorio del monte Ditte, da Litto per avventura, secondo Tolemeo, poco distante e celebre pel tempio che vi avea Giove, giusta i favoleggiatori, col educato? Rende pi probabile questa conghiettura lesistenza in quella parie duna piccola cill denominata Prasia (V. Slrab. x , p. 4 7 2 ) , che non sar stata senza circondario. ( 1 0 3 ) A 'Lili. Le vicende di costoro e la distruzione della loro citt, che sola era rimasa libera in Creta, fatta da Gnossii, ve dasi nel lib. i t , 54. (io3) Per comporre le liti. In due parti dell isola erapo le popolazioni tra di loro in guerra. Nella orieutale i Gortinii ab bassati avean i Gnossii, e lolla loro una gran parte della cain.pagna che diedero a proprii alleali ; nell occidentale i Cidouiati, che al riferire di Strabone formavano siccome gli auzidetti uno de principali stali di Creta, eransi impossessali di Falasarna e del suo territorio. Quindi io non avrei difficolt alcuna d aggiugner

52
nel testo all emendazione dello Schweigh. dopo Veplvi/u le parole xa 7 X .v S tiiiilu t, siccome le aggiunsi nella traduzione. Per tal modo spacciavansi tutti gli affari de Cretesi-, e ristabilivasi tra di loro la pace. Sappiamo pertanto da Livio (xxxvn. 6 0 ) che, quando i Gorlinii ed i Gnossi accordavansi, i Cidoniati sostenevano contro d essi un aspra guerra. (104) Questi adunque restitu ec- Con ragione sospell qui lo Schweigh. un alterazione nel testo, ma non p arm i, siccome a lu i, che siensi perdute parecchie parole. Sibkene credo che il vnr& 'tStf non sia al suo luogo , e per isbnglio del copiatore fosse ripetuto; quindi l bo dipennato, e cosi sembrami d aver rcnduto al testo la chiarezza. (105) Ed a Cidoniati ec. E si pare che costoro al primo ar r i v o dAppio, che T e n e n d o da Roma sbarcar dovea nella parte dell' isola dov era Cidouia, spaventati, per la loro sicurezza m a n d a s s e r o statichi al duce rom ano , consegnandoli a certo Cas m i o n e , forse d a questo a l o r o spedito con un ambasciata. ( 1 0 6 ) Comune consiglio. Supremo tribunale dove agitavansi le controversie di lutti gli stati ondera composta Creta, e dal quale sottraevansi quelli che si faceano la guerra. Provvide pertanto il savio mediatore che la spontanea esclusione da cotesto consiglio non fornisse pretesto a nessuno di turbare la pace dell isola. ( 1 0 7 ) Allorquando Tolemeo ec. Questa sollevazione de baroni egiziani conira il loro sovrano fu dal Nostro al certo pi diffu samente trattata di quello che qui leggesi ridotta a breve com pendio dal compilatore. ( 1 0 8 ) Licopoli. Due citt di questo nome descrive Strabone. (xvn, p. 8 oa, 8 i3 ) , luna della prefettura Sebennitica nel Delta, laltra nella Tebaide. Non v ha dubbio che della prima qui si tra tti, dappoich era dessa nelle vicinanze di S a i, dove tosto vedremo cbe convennero i signori ribellali eli erano rimasi. E rr pertanto lo Schweigh. citando Stef. Bizant., presso il quale invano cercatisi le due Licopoli. Non le rammenta neppure .To-

53
lfnifo , cd in Plinio trovasi la prima soltanto , dond egli llenomina mia prefettura che in Tolemeo non trovasi. ( 1 0 9 ) E cadde ec. Per poco, racconta Diodoro Sic., 11011 pcrdeti egli peli eccessiv* sua crudelt il regno. ( 1 1 0 ) Lo stesso ec. Altra S p e d i z i o n e setnbra e s s e r e S l a t a que s t a , p o s t e r i o r e a l l a s s e d i o d i L i c o p o l i , la quafe r i u s c i t a e s s e n d o i n f e l i c e a r i b e l l i , d e t e r m i n i l o r o m a l a c c o r t i c a p i o d a r r e n d e r s i
s u lla fede.

( i 1) Policnate. Di costui veggasi il c. 38 del lib. xvin. Fede! ministro in giovent , divenn egli in et avanzata autor al soo principe di scellerate azioni. ( i n ) A tini. Eran allora quasi tre secoli e mezzo passati, dac ch Cambise -avea soggiogato P E gitto, abolito il sue cnlto e mutate le sue ie g g i, te tuttavia non era perita la nazionalit di quel popolo le cui memorie risalivano alta pi remobf antichit. Egiziano era sopra nn sarcofago deteinpi dAntonino Pio, da me ve duto, non solo il nome della persona che vi era collocala, ina loienan eziandio i nT>rai de mesi della nascila e morte di lui , comecli in c a r atteri greci espressi, e sopra nn altro allincirca della stessa epoca, che io vidi egualmente, oltre aHinscrizione greca- , ve ue avea una in caratteri egiziani volgari, cos detti fonetici 7**), vocali, ^perciocch esprimevano la lingua parlata). Non poteron adunque sette secoli di civilt operar in 'Egitto' la estin zione della lingua e de' costumi, che pochi anni di barbarie vi operarono. (ii3 ) Sai. Capitale della prefettura Sakica nel D tta, Ira il fiuqae Farmutiaco, eh esce pella bocca sebenniiica ed il fmnie Tali (amendue rami del NId), che Sgorga pella bocca bolhitica. Scrissi Sai e non Saide, perciocch seconde Stefano Biz. il,suo genitivo j x i t u s , Saeos, non .altrimenti che queUo di M tptQtt, M em phis , M tftQ im t, eos, che italianamente scrivesi Memfi. ( 1 1 4) Naucrati. G rand em porio, anzi unioo, degli Egiziani innanzi che fabbricala fosse Alessandria, fondato da Milesii

(Erod. n, 1 7 9 ; Strab. xvn, p. 8 0 1 ). Giaceva esso a sinistra del l'ultim o ramo occidentale del Nilo, a poca distanza da Sai. ( u 5 ) I mercenari!. Lo Schweigh. crede che nel trattato dal leanza rinnovato cogli Achei (xxm, 1 ) fosse al re accordato dassoldar gente in Grecia. Ma non potevano queste milizie esser fornite da altri Greci fuorch dagli Achei ? Noi vedemmo gli Etoli militare sotto il padre di questo Tolemeo, ed i Cretesi prestavano senza pubblica autorit il loro servizio in guerra a chi meglio li pagava ; a tacere che Senofonte condusse in aiuto di Ciro il gioviue molta gente raccolta da tutta la Grecia , e Sanlippo al soldo de Cartaginesi , senza che vi fossero trattati tra' le respettive nazioni. ( 1 1 6 ) Ambizione ingiusta. Al Reiske noti piacque del testo , cui egli amerebbe di sostituire Jtxiu , ingiustizia , oppure A qiiXtf f / , avversit alla gloria ; quasich 1 aver la sciato partecipar il re alla gloria che ridondata gli sarebbe- da un buon successo fosse stato a lui Policrate onorevole. Propos egli ancora eccessivo desiderio di glofia, o super bia insigne. Ma non credo daudar errato se mattengo al signi ficato degli elementi che compongono siffatto vocabolo, qualifi cando per ingiusta lambizione che sugger a quel duce di man dar a casa il r e , affine d arrogar a s stesso tutto lonore della vittoria.' La definizione di Suida X n J tft , rimbrotto inaspettato , affatto ' assurda , non cbe possa esser applicata al caso presente. ( 1 1 7 ) QunlUnqu egli avesse venticinque anni. Tolemeo Epifane succedette a Filopatore (non Eupatore) in et di cinque anni (Giustin. z x x , 2 ), e nell anno di Roma 5 5 1 . Entrava egli adunque nell anno vigesimo quinto lanno di Roma 5yo , a cui riferito abbiamo questo estratto. Schweigh. ( 1 1 8 ) Aristonico. Questo articolo fu tutto copiato da Suida , ed a buon diritto lo Schweigh. lo ha qui collocato, essendosi dAristonico parlato nell estratto antecedente ; comech per or-

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dioe stqrico sembri che dovesse aver luogo in un altro lib ro , dove gli avvenimenti conducevano a ragionare delle sue qualit. (i ig) Pi virile che non caete in eunuco. Tuttavia non man cano esempli d eunuchi che segnalaronsi per alle imprese, siccome Filctero che fond il regno di Pergamo (Strab. xiii , p. 6a3), e Narsete cbe sotto Giustiniano I cacci i Goti dItalia. ( n o ) Ingegno accom odativo, che sa adattarsi a varii umoridelie persone con eui tra tta , e per tal modo conseguisce di leg gieri i suoi proponimenti. Tale mi sembrato lo spirito di rr m i ; , alta lettera: M ente fa c ile a comunicarsi. Non parmi che ci esprima il moderati ac civilis animi de traduttri la tini. (la i) Apalloniade. Di lei diede gi il Nostro un cenno ne! lib. xvnr, a4, dove consultisi la nota 1 4 8 . Sembra essa aver so pravvissuto al figlio Eumene che regn dopo Attalo I; perciocch leggesi in Suida che Aitalo, altro suo figlio che succedette ad Eum ne, seppell ' la madre nel maggior tempio di Pergamo eh egli stesso avea fabbricato, ed al 'lago vicino diede il nome di lei. (laa) D'onorevole menzione. T lttfa rtftxT ixt, se pur bene scritto , appartiene a vocaboli che s interpretano in senso op posto. Iftiperciocch qui non pu riceversi che come lode, lad dove di sopra (xvi, aa) indicava riprensione e vituperazione. Al tre volte usa il Nostro iw tn iftx tti^ tc ed tzrtrtiftxrixi, sebbene questi ancora in amendue le p a rti, quando per approvazione quando per biasimo. Reiske. (ia3) A lla sua fin e. Amerei di scrivere col Reiske 7*t7Ut (fiue della vita), anzi che scrivendo ItivlxT xc (ultima) aggiugnervi ifttftcf (giorno) con Suida , o sottintenderlo col Yalesio. E vero che trovasi < 7sAvl*7t (gli ultimi) (Y. Senof., Ciropcd. vi, 3, ?5) senz altra aggiuuta, ma allora fa vece di sostantivo. ( i l{ ) Sino al termine delta vita. Suida mut qui la bella frase 7iU 7v fi/tu xn tu iT f^ic in 7iXfu7yi>, lo che fa conoscere cbe questo Lessicografo non copi sempre Polibio con tutta la fe-

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della, c talvolta us espressioni che forse a suoi tempi d'inferiore grecit erano pi ia voga. (ia 5) Arrivo in Cizico. In questa citt ed isola dell Ellesponto, eli era la patria dApolloniade, sembra ella essersi riiirata dopo la morte del marito. Col i suoi due figli maggiori aodaroa a visitarla , e le rendettero la pubblica testimonianza donore eh qui descritta. (ia6) Ciechi e Bitoue. Parecchi scrittori narrano quest presso l antichit famosissimo tratto di figliai am ore, e pi degli altri vi si diffonde Erodoto (i, 3 1); sul quale particolare consultasi le erudite note del eh. Musloxidi, dal quale con vivo desiderio at tende lItalia il compimento dell iosigne lavoro da lui con tanta lode oltre alla met condotto. Noi lo esporremo colle parole di Cicerone uelle Tusculane (i, <7). L odam i Cleobi e Bilone fig li

d una sacerdotessa, d'A rgo. Essendo dovere che un carro con dono fo ss e ad un solenti e stabilito sacrificio per assai lun ga strada dalla citt a l tempio , tardando le giumente; cote sti giovani, deposto il vestilo, unsero i corpi d olio ; ed accoslaronsi a l giogo. Cos la sacerdotessa and a l tempio , con dotta m carro dafig li. (127) Dopo la pace. Della guerra tra i re Eumene e Prusia
fa menzione il Mostro nel lib. x u v , 1 , e Livio copiandolo nel

1. xxxix, 46. Non per vero, conforme asserisce lo Schweigh.,


che cotesta guerra si facesse 1 anno di Homa {>70 , dappoich erano gi entrati in funzione i consoli dellanno 5 j l . Quindi ap partiene questo estratto pi presto al libro che segue, che non al presente ; a nulla dire che difelliam al tutto di dati circa il tempo in cui fu conchusa la pace tra gli anzidelli sovraui.

FINE AGLI AVANZI

DELLE DHL

ANNOTAZIONI VICESIM O TJ2&Z0.

LIBRO

DELLE STORIE
DI PO L IB IO D A M E G A L O P O L I.

AVANZI DEL LIBRO V I G ES I M O QUARTO.


I. (1) N e l l Olimpiade centesim a quadragesim a nona affolaronsi tanti ambasciadori venuti dalla Grecia, quanti Don facilm ente se ne videro pria. Im p erciocch essen do F ilip p o (2) per con ven zion e ridotto a disputare c o suoi v i c i n i , e con osciutosi che i R omani accoglievano le ac cuse contro F ilipp o, e provvedeano alla salvezza di c o lo ro che co n lui con ten d evan o: ven n ero tutti i confi nanti della M a c e d o n i a , chi p r iv a ta m e n te , chi a n om e della sua c i t t , o di corpo della nazione, per accusar Filippo. C on questi giunsero gli oratori d E u m en e in sieme con A teneo fratello del re , affine d accusarlo ( 3 ) per le citt della T r a c i a , e p eli aiuto m andato a Prusia. V e n n eziandio D em etrio figlio di F ilip p o , per d i fenderlo con tro tutti costo ro , avendo se co ( 4 ) Apelle
Po l ib io ,

di R.
>71
CXUX I

tom. r i i .

58
t, d R. e F i l o c l e , reputati allora principali amici del re. Giun^7 1 sero ancora ambasciadori da parte d e L a c e d e m o n i , (5 ) da ciascheduna fazione ch era nella citt. Dapprim a fece il senato entrar A te n e o , d accettata la corona d oro e h egli avea apportata, della som m a di quindici mila (6) m on ete d oro , lod m agnificamente nella ri sposta E u m en e ed i suoi f r a t e lli, ed esortolli a perse* verare negli stessi sentim enti. P oscia i consoli introdus sero D em etrio, chiam arono tulli gli accusatori di Filippo, e ad una ad una fecero entrar (7) le legazioni. M a essen do le ambascerie m olte, e continuandosi la loro introdu zione per tre g io r n i, cad d e il senato in im barazzo circa il m od o di trattare tanti particolari. Im p erocch daT essali vennero ambasciadori ed a n om e di tutta la nazione, e per ciascheduna c ill in privato ; da P e r r e b i, e si m ilm ente dagli A ta m a n i, e dagli E p ir o t i, e dagl Illirii ne vennero a con ten dere (8) chi pella cam pagna , chi pegli s c h ia v i, chi pe bestiami ; alcuni pel favore nel dar sentn za su c o n t r a t ti, e pelle ingiurie ad essi fatte n e medesimi ; altri d icend o non poter conseguire i di ritti fermali (9) per accordo, dappoich F ilipp o (10) sot to vani pretesti toglieva il rendim ento di giustizia; altri ancora lagnavansi d e giudizii co m e (11) mal g o vern ati, sen d och F ilipp o corrom peva i giudici. In som m a varia era la confusione e (12) difficile P uscita dalle accuse. II. Laonde il senato stesso non p otend o discernere n u lla , e giudicando non dover D em elrio render ragio ne ( i 3 ) a ciasch ed un o di c o s to r o , essen do an ch e verso di lui ben d is p o s to , e ( 14) considerando c h era m olto giovine, e di gran lunga inferiore a tanta ( i 5 ) tem pesta

e variet d assalti; volend o principalm ente non adir i A . discorsi di D e m e t r i o , m a venir a cogn izion e della vera m en te di F ilip p o : assolse D em etrio stesso dall obbligo d c o n t e s t a r e , e d iu terrog il giovine e gli amici ch e se co lai erano,, se in torno a quelle co se aveano dal re q ualche m em oria scritta ? C om e D em etrio disse e h egli n e a v e a , e trasse fuori (16) certo p icciolo libretto: il senato gli co m an d di recitar ad ogni accusa la replica sa c cin ta ch e c o n te n e r la memoria. D iceva il re in quel libro eh egli fatto avea ci ch e gli era stato im posto dal s e n a t o , e la colpa della m ancata esec u z ion e rifer agli a cc u sa to r i; ma alla m aggior parte d elle (17) c o n clusioni eran aggiunte queste parole : sebbene Cecilio e gli ambasciadori ch'egli avea seco non ci hanno in ci con equit trattati ; ed a n c o r a , quantunque noi ab biavi ci sofferto ingiustamente. T a l essen do la m en te

5g.

di j
1

di F ilip p o in tutte le c o n c lu s io n i, il senato (18) sentiti i p r e s e n t i, fece una sola sentenza sopra tutti. Im per c io cc h , a ccolto D em etrio co n m agnificenza e benignit per m ezzo del c o n s o l e , e d avendolo co n m olte parole d olcem en te a m m o n it o , gli r isp o s e , co m e prestavagU fed e in tutte le c o s e da lui d e lle e recitale, ed era per su aso alcune esser f a t t e , altre per f a r s i, conform era giusto. E d affinch sapesse F ilip p o c h e il senato ac cordava questa grazia a D em etrio, disse ch e spedirebbe ambasciadori i quali osservassero se lutto si eseguisse s e c o n d o il volere d el se n a to , ed insiem e significassero al r e , c h egli conseguiva questa (19) deferenza per cagione di D em etrio. Siffatto esito ebbe questo affare. HI. (ao) D o p o costoro entrarono gli ambasciadori

6o
4. d R. d E u m en e, per accusare F ilip p o ( a i) dellaiuto spedito 571 a P r u s i a , e circa le citt della T r a cia ; d ice n d o n on es sere per an ch e le guernigioni co n d o tte fuori di coteste citt. V o le n d o lo F ilo c le di ci scusare , p erciocch era stato an cor arnbasciadore presso P r u s ia , ed allora fu m and ato al senato da F ilipp o ; ascoltata alcun p o c o di tem p o la sua d ic e r ia , il senato gli risp ose, ch e per ci c h e spettava all citt della T r a c i a , se li legati non fossero per trovare ogni cosa amministrata s e co u d o la m en te d el s e n a t o , e tutte le citt con segnate a d ispo sizione d E u m e n e , esso noi potrebbe sofferire, n tol lererebbe d esser in ci (aa) disubbidito. E d essendo gi m olto progredito il rancore tra F ilip p o ed i Romani, n a c q u e allora qualche tregua pella presenza di D em etrio. T uttavia contribu in generale non p o co alla sciagura di quella casa 1 ambasceria del giovinetto a Roma. Imp erciocch il se n a to , appoggiando la grazia a D e m e trio , il rend ette superbo, ed afflisse gravem ente F ilippo e P erseo , s e m b r a n d o , ch e non per am or di l o r o , m a di D em etrio ottenuta avessero la b en evolenza d e R om ani. E ( 23 ) T ito (Flaminino) chiam ato il giovine in d is p a r t e . ed entrato con lui in discorsi s e g r e t i , m ollo aggiunse alla stessa calam it; p erciocch lusingollo ch e i R om ani fra non m olto gli apparecchiavano la dignit regia, e Filippo irrit, scrivend ogli, rimandasse subito D em etrio a R om a con maggior num ero d amici (a 4 ), c o m e quello c h e utilissimo a lui tornerebbe. Conciossia* ch P e r s e o , valutasi di siffatti pretesti, in d i a p oco per* lu a se al padre di acconsen tir alla m orte di D em etrio.

6i
( i 5 ) In tr n o i prtidolare m aneggio delle quali c o se A . di h ragionerem o in appresso. IV . D o p o questi furono chiamati gli ambasciadori dei L ac ed em on i. D i costoro vavea quattro sorte. Gli uni con* d otti da Lisi eran venuti (26) pegli antichi fuorusciti, e ripetevano tutte le possessioni, (27) c h e aveau dapprim a allorquando furon esiliati. Ma (28) A reo ed Alcibiade c h ie d evano ch e d e proprii possedim enti prendessero il valo re d un talento, ed il resto fosse distribuito a cittadini benem eriti. Sirippo orava, perch rimanesse (29) quella costituzione che a v e a n o , allorquando reggevansi a c o m u n e cogli Achei. ( 3 o) D parte di quelli eh 1 erano stati con d ann ati a m orte o sbanditi, seco n d o il d ecreto degli A c h e i, presentossi G herone, d om an d an d o c h e .v e n isse loro accordato il ritorno , e ch e ( 3 1) fosse loro, restituita l cittadinanza. T u tti questi ten evan o cogli Achei discorsi conformi a proprii argom enti. I l senato p e r t a n t o , non p oten d o discerner i particolari di sif fatte c o n tr o v e r sie , elesse tre uom ini, i quali gi in. ad dietro erano stati per questi affari ambasciadori nel P e lo p on n eso ; c i o , ( 3 a) T i t o , C ecilio, ed Appio. P resso a1 quali essendosi m olto ragionato sul ripatriare defuoruscili e d e condannati a m o r t e , e sul rimanere della citt cogli A c h e i , tutti furono d accord o. M a circa l e possessioni, e se i fuorusciti dovessero ciasch ed un o s c e gliersi il valore dun talento dalle proprie facolt, ( 33 ) o ricuperarle t u t t e , dissentivano fra di loro. T u tta v ia , affinch non si ritornasse di bel nuovo alle con tese in to rn o a tutti gli o g g e t t i , ordinarono ch e si scrivessero le c o s e su cui andavano d a c c o rd o , e ch e ciasch ed un o

5? i

62 t. di R. vi apponesse il suo sigillo. Ma volend o T ito indurre gli


571
Achei col terrore al co n sen so, chiam a s ( 34 ) Senarco. Questi era allora am basciadore da parte degli A ch ei per rinnovare l1 a lle a n z a , ed insiem e per stare in osserva zione della controversia ch e aveano c o L aced em on i. C o stui interrogato ( 35 ) con tro la sua a s p e t ta z io n e , se a c consentiva agli articoli s c r t t i, n on so co m e im barazzossi. C onciossiach gli dispiacesse il ritorno d e fuoru sciti e de condannati a m orte, su cc ed en d o esso eon lra il d ecreto degli A chei e l iscrizione della c o lo n n a : ci non per tanto approvava egli la co sa in g en e r a le , es send o scritto c h e lo stato di L ac ed em o n e dovea gover narsi in c o m u n e cogli Achei. E f in a lm e n t e , parte per n on saper ch e 6 fare, parte perch i tre gli m etlean o s p a v e n t o , v im pront il suo sigillo. Il srenato, eletto Q u in to Marcio ad a m b a s c ia d o r e , lo sped in M aced o nia e n el P elop on n eso. 4 nb. 47 c<*
iiitr.ra l. ,

V . D in ocrate da M e s s e n e , venuto am basciadore in

, R o m a , e trovato ( 36 ) T i t o creato dal senato ambasciador a Prusia ed a oeieuco, ne fu assai lieto, stimando
. . ' , , ...

ch e T i t o peli amicizia di lui ( d a p p o ic h era stato suo famigliare ( 3 ?) nella guerra la c o n ica ) ( 38 ) e pella d i scordia con F ilo p e m e n e , venuto nella G r e c ia , ammini strerebbe gli affari della M essenia s e co n d o la sua volont. Il p erch , om essa ogni altra c o s a , era sem pre intorno a T i t o , e tutte le sue sp e r a n z e n lui appoggiava. ( 3g) E d era D in ocrate n o n solo per p r a t ic a , ma eziandio per natura n o m o cortigiano e militare. (4o) N e g li affari di stato aveva egli l apparenza d esser con su m ato-, ma

63
falsa nera la soprascrizione, ed ( 4 i) ingannevole il c o lore. Im p e rc io cc h nelle bisogna di guerra m ollo avan zava gli altri in destrezza ed audacia , ed era illustre negli scontri particolari. E gu alm en te n elle altre o c c a sioni della vita era egli in discorrendo grazioso e pronto, e nel conversare festevole ed u r b a n o , ed insiem e ad amare p rop en so. M a nelle faccen de pubbliche e civili n on poteva egli p un to fissare la m e n t e , n preveder il futuro (4 >) con p rudenza, n tam p oco apparecchiarsi e parlar al p o polo . Costui essen d o (43 ) ajlora stato m o tore di grandi mali alla p a tr ia , cred ea di non aver falto n u lla , ma c on d u c eva la stessa vita, ( 44 ) non prov ved en d o p u n to all a v v e n ir e , ma am oreggiando e g o z zovigliando ( 45 ) m entre e h era ancor giorno, e p orgen d o le orecchie aeanti convivali. T i t o .pertanto il costrin se a prender alcuna co gn iz io n e dello stalo delle cose. Impcrciojcch yeggen d olo ballare al b a n c h e tto (46 ) in lunghi v e s t it i, n el m om entq tacque ; m a il giorno ap presso essen do a lui venuto, ed avendogli chiesto q ya|ch e cosa pella patria : I o , disse , o D in ocrate, far ci c h e p o sso ; ma di te mi maravijglioj c o m e ti basti lani m o di ballare in b a n c h e t t a n d o , m otor esseu do fra i G reci di cos grandi affari. Allora parv egli entrar un p o c o in s s te sso , e ricon oscere (47) c o m e avea m esso innanzi un argom en to ch e n on confacevasi alle sue m as sim e ed alla sua indole. ( 48 ) D e l resto era egli allora ven u to iu Grecia co n T i t o , persuaso ch e di bqtto le c o s e della M essenia ( 4 9) sarebbono m aneggiate secon d o la sua volont. (5 o) Ma F i l o p e m e n e , ch e b en sapeva n o u aver T ito dal sen a to alcuna incum benza circa gli 7 i

. di 1

64
L di R. affari della G rec ia , stette z i t t o , aspettando il suo ar571 rivo. P o ic h approd a N aupatto, scrisse al pretore ed a ( 5 i) capi degli A chei, com andando loro di raccoglier gli A chei a parlam ento. Q a e sti gli rescrissero ch e il f a r e b b o n o , ove significasse circa quali cose egli volea c h e si parlasse agli Achei \ d app oich le leggi ci im p on evan o amagistrati. M a non osando egli di scrivere, le speranze di D inocrate ( 5 3) e d e fuorusciti cosi detti a n t i c h i , ch e allora erano di bel nuovo stati espulsi da L a c e d e m o n e , e tutta la venuta e l'aspettazione di T ito ebbero cotal esito infruttuoso.

mb. 48

V I. P o ic h Q u in to Marzio ven n e am basciadore in M a c e d o n ia , F ilipp o u sci del tutto dalle citt greche della T r a c i a , e ne con d usse fuori le guernigioni : ma n e usc (53 ) a mal in cuore, e sospirando. Rimise eziandio tutte le altre cose , se c o n d o c h gli avean im posto i R o m a n i , co n anim o di n on dar loro alcuna apparenza d a li e n a z io n e , sibbene di pigliar tem p o a preparar la guerra. C o llo stesso divisam ento fece una spedizione con tra i b arb ari, ed attraversata la T r a c ia , invase gli O drisi, i Bessi ed i D en teleti. G iu n to presso a ( 54 ) F ilippopoli, fuggendo gli abitanti sulle cim e d e m onti, o c cu p la citt al primo arrivo. Poscia corse tu t ta la cam pagna , e parte guastatala , parte avutala a discrezione, se ne ritorn , lasciando un presidio in F ilipp opoli. Ma questo fu p o c o stante scacciato dagli O d r i s i , c h e rup p ero al re la fede.

'mb. 5o

V II. ( 55 ) Ritornato ch e fu

D em etrio da R om a in

65
il favore e tutta la fede riponevan in D e m e t r i o , ed in grazia di lui dicevano aver falla ogni c o s a , ed esser per fare : i M aced oni lietamente la c c o lse r o , stim andosi per lui liberati da grandi timori e pericoli, ch ( 56 ) aspettavan essi in breve la guerra daRomani, per cagione degli ol traggi di Filippo. Ma F ilipp o e P erseo non videro con pia cere la faccenda, n era loro grato ch e i Romani palesas sero di non tener alcun co n to di loro e riferissero a De* m etrio tutti i favori ch e aveano prestati. Tuttavia F ilippo celava il rammarico c h egli di questa cosa'provava ; ma P e r s e o , ch e n on solo nella b enevolenza verso d e R o mani era m olto inferiore al f r a t e llo , sibbene in tutte le altre qualit e per natura e per disciplina ra m olto ad* d ie tr o , ( 5 7) s e n e m ostr dolente. sovrattutto temeva egli pel regno , n o n , sebbene d et m aggiore, n e fosse b a lza to pelle an zid ette cagioni. Il perch corruppe gli amici di D e m e t r i o .............. V i l i . (58 ) Al re Filip p o ed a tutta la M acedonia Eslr.Fo venne in quel tem p o ad dosso una furia di m a l i , ben d egna d essere osservala e rammentata. Im perciocch n o n altrimenti ch e se la fortuna volesse in tem p o o p portuno trarlo a punizione delle scelleratezze e delle perfidie eh egli co m m ise in tutta la vita , allora gli a c c o s t le (59) s m a n i e , (60) e le ven d ette e le im preca zioni di co lo ro ch e per lui eran divenuti infelici. L e quali e n otte e giorno co n lui dim orando, siffattamente il t o r m e n ta v a n o , finch lasci di v iv e r e , c h e tutti gli u om in i confessarono a v e r v i, se n d o ch suona il pr-

M a c e d o n i a , colla risposta nell quale i R om an i tutto A , di 1

5? 1

66
di R. Terbio, (61) un cc h io della giustizia , ch e disprezzar
57*
non d ee chi mortale. (62) C onciossiach primieramente questo pensiero glinspirassero, ch e, avendo egli a guer reggiare c o R o m a n i, dalle pi illustri e marittime citt d oresse spiantar i cittadini c o figli e colle m ogli, tras portarli nella provincia ora chiam ata Gmatia , antica m en te P e o n i a , e riempiere le citt di T raci e di bar b ari, la di cui fede era a lui pi sicura (6 3 ) nelle disgra zie. La qiral cosa essen d o recata ad effetto, e strappata la gente d a 'su o i fo co la r i, tan to lutto e tanto strepito ne n a c q u e , ch e sembrava la faccenda simile ad una espugnazione. D o n d e m aladizioni ed (64 ) in vocazioni agli D ei sorgevano con tro F ilippo , non solo di n a sco sto, ma eziandio palesem ente. P oscia volen d o che nulla d alieno (6 5 ) lo insidiasse, c nulla di n em ico rimanesse (66) alla regia casa scrisse ai governatori delle citt , ch e rintracciassero i figli e le figlie d e M aced oni ch egli avea uccisi, (76) e li m ettessero in carcere : accen nan d o principalm ente A d m eto , Pirrico, e (68) S am o, e quelli e h erano con co storo periti ; com p rend en do eziandio co n essi lutti gli altri ch e per ordine regio erano stati privali di v ita , e r e c i t a n d o , conform e d i c o n o , questo verso:
(69) Stolto chi uccide il padre e lascia i fig li .

E ssen d o la maggior parie di loro chiari pegli onori dei padri, chiara fu eziandio la loro sciagura e da tu lli c o m miserata. U n terzo sp ettacolo introdusse a quel te m p o la fortuna, (70) quello d e figli. N el quale insidiandosi i giovani v ic e n d e v o lm e n te , ed essen do la co sa al padre

riferita, e d o ven do egli giudicare (71 ) qual figlio avesse A . di 1 ad esser dell altro 1 u c c i s o r e , e quale di loro d ovesse m aggiorm en te tem ere nel resto della v ita , n on invec ch ian do lo stesso da lui p atisse; notte e giorno con sif fatti pensieri si t o r m e n ta v a . F r a tali disgrazie e co n f u sioni agitan dos i 1 an i m a sua , chi n o n istimer a b u o n dirit to , essersi lira di q u a l c h e Dio sulla vec chiezza di lui aggr av ata pelle scelleratezze o p e r a l e nella vita a n te c e d e n t e ? L a qual cosa pi manifesta si far p e r q u a n t o d i r e m o in appre sso . >71

(72)

I M a c e d o n i nel mese ( ; 3 ) S a n ti c o fa n n o leseqnie,

e pur iGc an o 1" es ercito colla ca valleria a r m a t a (Suida).

IX . ( j 4 ) F i l o p e m e n e , p r e t o r e degli Achei , era

u n Eslr.Va

u o m o p e r vi rt n ie n te inferiore a qualsivoglia degli a n tichi , m a p e r f o r t u n a era egli d a m e no . A p p re ss o a lui fu L i c o r t a , n o n p u n t o allo stesso inferiore.

(75) Egli p e r t a n t o di l parti tos i moss e in na nzi , g r a valo e (76) dalla ma lattia e dal leia. I m p e r c i o c c h aveva egli s e t t a n t ann i. Ma f a c e n d o forz a alla sua d eb o le z za coll ab i tu d in e del te m p o a d d i e t r o , (77) giunse d a A rgo ia M egalopoli lo stesso giorno ( Suida ).

F ilo p e m e n e , avendo (78) per quarant anni continui (79) cercato gloria in un governo popolare e moltiforme, sfoggi al ta tto in o g n in con tro l invidia della mollitu-

68
f. di R. dine : eppure governava egli il pi delle volte, non per ^7 * procacciarsi grazia, ma (80) con franchezza, lo ch e Ir* vasi di rado esser avvenuto.

(81) Annibale, rimaso essen do diciassettanni in cam po a p e r to , ed avendo adoperati mollissimi uomini di varie genie e di lingue differenti pelle pi disperate e. maravigliose im p r e s e , non fu da nessuno giammai insidiato, n da suoi com pagni di guerra abbandonato.

P ub lio S c ip io n e , quantunque nel governo (83) favo risse co n zelo gli ottim ati, tale ben evolenza acquistossi presso la moltitudine , e tal fede presso il senato , che avendolo alcuno citato dinanzi al p o p o l o , s e co n d o il costu m e d e R o m a n i , m olto ed acerbam ente a cc u s a t o , (83 ) nuli altro disse facendosi a v a n ti, se non se, non convenirsi al popolo rom ano di udire l accusa di quel Publio C ornelio S cip ion e , per cui gli accusatori h ann o la facolt di parlare. quali detti la m oltitudine tosto dileguossi dalla ragunanza , e lasci l accusatore solo.

A. di R.

X . L anno se co n d o (84 ) d ell olim piade centesim a

c x m x ,h . 0 Amb. 5 (fuorusciti d e L a c e d e m o n i, e da quelli ch e ten ean o la

^ 7 Z quadragesim a nona , venuti essen d o ambasciadori da O lim p . E u m en e e j a F arn ace e dalla n azion e deeli A chei, dai costoro c ill , il seuato diede loro udienza. V en n ero eziandio oratori da R odo ad esporre ( 85 ) la sciagura

d e S inop esi. A questi pertanto ed agli ambasciadori A . di 1 d E u m en e e di Farn ace il seuato rispose, (86) ch e man* derebbe legati per esaminare gli affari d eSinopesi, e le c o n t e s e d e re. S e non c h e essen do (87) Q u in to M arcio di re ce n te ven u to dalla G recia, e riferito avendo circa le cose della M acedonia e del P e l o p o n n e s o , il senato n on ebbe mestieri di molti d is c o r s i, ma fatti entrare gli ambasciadori del P e lo p o n n e so e della M a c e d o n i a , ascolt bens le loro d ic e r i e , c i non di m en o le rispo ste e le sen ten ze sugli affari non diede se c o n d o i discorsi degli ambasciadori, ma con form em en te alla relazione di Marcio. Q u esti intorno al re F ilipp o ebbe annunziato, eh egli avea fatto quanto gli era stato im p osto, ma ogni cosa falla di mal grado , e c h e , ove gli venisse il d e stro, tutto im prenderebbe con tro i Romani. L a o n d e agli ambasciadori di F ilipp o diede tal risposta, ch e d elloperato il lod , ma iu avvenire esortollo a badare, (88) ch e n on lo si cogliesse iu qualche pratica con tro i Romani. Circa le cose del P elo p o n n e so Marcio fece questo rap porto , c h e , non volendo gli Achei riferir nulla al s e n ato , ma essen do essi o r g o g l io s i, e facendo tutto da s stessi, se per ora solo non gli ascoltassero gran fatto, e facessero alcun p o co vista dessere dispiacenti, (89) L a ce d e m on e tosto s accorderebbe con M essene, e ci a c cad en d o, gli Achei verrebbono (90) rifuggendo alla m erc d e Romani. Il perch risposero a (91) S tripp o cap o del lambasceria di L a c e d e m o n e , v olend o lasciar sospesa la spettazione di questa citt : ch e avean fatto per loro tutto il possibile, m a ch e al presente stim avano (92) non ap partener pi a s 1 affare. Pregandoli allora gli Achei

7
(. di R. m andassero loro , se possibil fosse, giusta I alleanza uu
5^2 soccorso contra i M a c e d o n i, se n o provvedessero che n essu no dallItalia introducesse n arm i, n vettovaglie in M essene : n o n b adarono p un to a siffatte r i c h ie s t e , e risposero che quan d an ch e i L a c e d e m o n i, i C orin ti! e gli Argivi da loro si ribellassero, n on dovean o m a ravigliarsi se il senato credesse non spettar a s la cosa. En un ciala questa risposta ch e avea forza di bando per chi col favore d e Rom ani staccarsi volesse dal governo degli A c h e i , ritennero gli ambasciadori stando attenti co m e procederebbe agli Achei (g 3) lim presa con tro M es sene. In questi termini erano gli affari d Italia.

tmb. 49

XI* (94) A q ue tem pi furono spediti da fuorusciti di L ac ed em o n e ambasciadori a R o m a , tra cui era Arcesilao ed (95) Agesipolide, il quale essen do ancor fanciullo fu fatto re in Sparla. C ostoro pertanto certi p ir a t i, ai quali nell alto mare sa b b a tte r o n o , uccisero ; ma quelli che d op o di loro furono Roma. m a n d a t i, giunsero salvi in

tmb. 5*

X II. (96) Licorta, pretore degli Achei, s p a v e n t a c i M e s se n e colla guerra, (97) trasse in nan zi, guastando la loro cam pagna. C ostoro pertanto frenava in addietro da lungo tem p o il terrore d e magistrati ; ed allor appena alcuni di loro arrischiaronsi di m andar fuori la voc ( affidati (98) nell appoggio de nemici ) e di dire ch e bisognava spedir ambasciadori pella pace. D inocrate adunque non p o len d o pi far testa alla m o ltitu d in e , perciocch le

V
circostanze lo strin gevan o, cedette e ritirossi nelle pr- A . di l prie case. Il volgo p e r t a n t o , esortato davecchi, e precipuam ente (99) dagli ambasciadori di Beozia, (E p en eto ed A pollodoro, ch e gi prima erano venuti pella pace, ed allora op portu nam en te trovavansi iu M essen e ) tosto vi acconsen t , e creati a m b a sc ia d o r i, gli spedirono , ch iedend o perd on o de falli com m essi. Il pretore degli Achei unitosi cogli altri m agistrati, ed ascoltati gli ora tori v e n u t i , disse in un sol m od o potersi i M essenii pacificare colla sua nazione : se gli con segnassero gli autori della ribellione e dell uccisione di F ilo p e m e n e , e dulie altre cose tutte lasciassero larbitrio agli A ch ei, e ricevessero in con tan en te presidio nella rocca. A nnun ziate ch e furono queste c o se alla m o ltitu d in e , coloro c h e da lungo tem p o (100) covavan rancore con ira gli autori della gu erra, eran pronti a catturarli ed a c o n segnarli: e c o lo r o .c h e confidavano n on aver a so fie ri re alcun male dagli A c h e i , di b uon grado c o n d i scesero ad accordar loro larbitrio d ogni cosa. Ma sov r a t lu tt o , non avendo essi libera la scelta in quella accettarono le condizioni e m e r g e n z a , u n an im em en te ^7*

offerte. Il pretore a d u n q u e , ricevuta subito la rocca , v introdusse gli scudi brevi. P oscia , eletti i pi idonei dall ese r c it , ven n e in c i t t , e raccolto il popolo aringollo conform e conveniva alle presenti circostanze, p ro m ettend ogli che non sarebbono per pentirsi d ellessersi dati alla sua fede. La deliberazione pertanto intorno alla som m a delle co se rimise alla sua nazion e : cli al lora quasi a proposito a v v e n n e , che gli A chei si raccogliessero iu Megalopoli per un secon d o concilio. Per ci

72
. di R. ch e spetta a c o l p e v o l i , quanti n furono c h ebhero ^7 a parte (101) alla subitanea u ccision e di F ilo p e m e n e , d o vettero tutti per suo co m a n d am en to ( i o a ) torsi da s la vita.

FINE DEGLI AVANZI DEL LIBRO VIGES1KO QUARTO.

SOMMARIO
A G L I A V A N Z I D E L L IB R O V IG E S 1MO QU ARTO.

P a h M J M tA tC Z ta t MAKBVB A R o M J.

Q bjli fis te r le diverse legazioni. - Ateneo, fra tello <f Eu mene. - D enutrio e gli accusatori d i Filippo I). - Risponde Sem elrio in nome d el padre. - Risposta del senato ($ II). A mb*tsci*Pri Eumene. - Filippo e Perseo portan invidia a Demetrio (J III). Ambasciadori de Lacedemonii. - I l senato eiegge tre de suoi p er ascoltar le controversie. - Senarco , ambasciadore degli A chei. - Quinto M arcio eletto ambasciad o m iii M acedonia e nel Pelopqnneso (j IV).
A t t a i i de M s s s b k i i .

Dinocrate da M essene, ambasciadore a Roma. - amico d i T. Quinzio. - Suo carattere. Filopemene manda a vuoto il consiglio di T . Quinzio e d i Dinocrate ( V). ArtARi
di

F iiippo .

Q. Marcio ambasciadore in Macedonia. Filippo ubbidisce d i mal grado a Romani. Spedizione in Tracia (J VI). I Macedoni sono fa vo revo li a Demetrio. - Filippo e Perseo ne hanno dispiacere ( VII). - Filippo prende risoluzioni ro-

potiBio, tom. r ii.

74
vinose. - Trasferisce nell * Emaiia gli abitanti delle eiu ma rittime. - A ltro consiglio crudele. - Insidie mutue defig li di Filippo (J V ili) .

Filopemene. - Annibaie. - P. Scipione ( IX).


A
m ijscbm ib

4 R oma .

Oratori d?Eumene e d i Fornace - de Rodii circa la cala mit de Sinopei. - Q. M arcio espone lo stato della Macedo nia , e d el Peloponneso, - Oratori de Lacedemoni - degli A chei (5 X). Gli ambasciadori de Lacedemoni sono uccisi da pirati ( XI).
L ic o m t r s K B i c j l o c c h i o * * o t A u n n i i .

M essem i rimettonsi alT arbitrio degli A chei - Gli ttmmmt latori d i Filopemene sono p un iti (J XII).

ANNOTAZIONI

A G L I A V A N Z I D E L LIBR O V IG E S IM O Q U A R T O .

(i) * * e l l Olimpade ec. Livio tratt questa materia nel lib. xxxix, 46-48, e quantuaqu egli abbia avuto soli occhio la relazione del Nostro , che iu grau parte copi, non discese in tutti i par ticolari che qui si riscontrano. (2) Per convenzione ridotto ec. , cio a dire : Filippo , accu sato da suoi vicini presso il senato , costretto fu a pattuire seco loro, che avrebbe innanzi a quello esposte le sue ragioni, e di sputato del suo diritto. Tal , se non erro , il senso del testo , nel quale non so quali difficolt trovaron i commentatori per ispiegare la frase xx la Tot r iiKataStiriitt. Vero che quest ultimo vocabolo riceve qualche modificazione dalle circo stanze espresse nel discorso. Cos nel lib. v , 16 desso appli cato alle ingiurie commesse nel passato e che temonsi nellavven ir e , dove noi gli demmo il doppio senso di soddisfazione c guarentigia , rigettando nella nota corrispondente (64) linterpre tazione dello Schweigh. , vocare in ju ris contentionem, che non conviene punto al futuro. Talvolta suona esso semplicemente am

76
ministrazione d i giustizia, siccome nel passo di Dionigi dAlicaroasso (z, 19) ed in quello del Nostro (xx, 6) che noi voltam mo: occasioni di render giustizia, amendue citati dallo Schweigh., cui pu aggiugoersi quello che leggesi verso la fine di questo stesso capitolo. Nel presente luogo pertanto la circostanza di tante accuse fa s che in h x u n S tr l comprendasi 1 idea di difesa e giustificazione, non gi di rendimento di giustizia, ca dendo la prima soltanto in Filippo che , a detta di Polibio , vi era come rinchiuso (5) Per le citt della Tracia. Teuea Filippo queste occupate con presidii contro i trattati. Livio: Quod non deducerentur ex Thracia praesidia. Era gi stata agitata la presente quistione in Tessalonica tra il re e gli ambasciadori d Eumene. 1 commis sari! romani che dar doveano sentenza in questa lite, mossi dal discorso di Filippo, riferironsi alla decisione del cenato (Polib., m iii, 5 ; Liv., xxxiv, 37-29). v (4) A pelle e Filocle. Livio qui pure passa costoro sotto silen zio f siccome nella narrazione del sutlerfugio usato da Filippo per {scolparsi della strage commessa in Maronea. V . ty Nostro, XXIII , i 4 (5) Da ciascheduna fa zio n e ee. Queste erano quattro, con forme vedesi nel cap. 4 di questo libro, dove addotte sono le domande di tutte. Livio non. ne fa motto , perch, credo, cotesti partili entrano unicamente negl interessi de Greci , di cui eg li, secoudoch 'abbiamo gi osservato, uqu ragiona se non se iu quanto s intrecciano colla storia romana. (6) Monete doro. Secondo Polemarcp, citato da Esichio, ha la moneta doro z fv r iv s il valore d due dramme d oro, cia scheduna delle quali pari a dieci dramme d argento; quindi equivale la somma qui indicata a trecentomila dramme dargento, od a cinquanta talenti c h e, a 54 oo lire di Francia per talento, formano 270.000 lire francesi. Ricordiamo qui ci che nella nota 111 al libro xxn abbiam detto circa luso eh era presso gli an tichi di dar alla nazione vincitrice, ed eziandio a suoi capitani ,

ri
una certa quantit d oro col titolo di coronario , lo che indicai in qusto luogo colle parole : Della somma. (j) Le legazioni. Sono queste distinte dagli accusatori di Fi lippo , e pare che il Nostro eoa esse accenni alle ambascerie de Lacedemoni e degli Achei, cbe nulla avean che fare colle brighe del re di Macedonia, le quali furono prima di quelle prese in considerazione. (8) Chi pella campagna ec. Secoudo Livio la maggior parte di coteste lagnanze aggiravasi sopra cose di piccolissimo momen to : Pleraque oppido quam parva e ra n t , e cos le annovera l anzidetto storico, che certamente ebbe allora Polibio tra le mani. De controversia fin iu m , r t f i %*p*s del Nostro ; de hominibus raptis , iri f) a* p i i u t , pecoribusque abactis , pi

S-pif*ftil/t ; de jure aat dicto p er libidinem, ty * * X tv tln I ts xpff**an mt (libido esprimendo il caprio
ci di Filippo che regolava la sentenza de giudici da lui corrotti; aut non dicto ju re , ti.Q<rx. 7u J iiu rS a i 1 v Sk*(v

de rebus per vim aut gratiam judicatis , wtp tea) 7 2 * ilt i p l t t iJi% np*iltii, sopra 1 ultima delle quali accuse conviene che ci fermiamo, non' apparendone tosto la congruenza tra i due storici. Res per vim judicatae non a dubitarsi che significhino le ingiurie sofferte dagli accusatori. Rimarrebbe che avfttiX at* corrispondesse alle cose aggiudicate ad alcuni per sem
plice favore, per gratiam. Ma siccome rvp*/ixattt k propria mente contratto , n contiene la cagione di lamentanza qui in dicata ; cos forza supporre che manchi qualche parola nel te sto , tauto maggiormente che ci che segue mediante la con giunzione x< distinto dagli stessi contratti, donde risulta un senso ben diverso da quello chespressero i traduttori latini scri vendo: In caussis pecuniariis injuriam sibi faclam ; quasich dell ingiustizia ne contratti soltanto, e non d altre offese ancora si trattasse. Propongo quindi di leggere : Zlfpi 7i < rv/*/3Ai(r (T< % ipilts (frase che si uniforma col

78
J ix a tt di Tucidide, i , p. 5 i) x S t 'i v l S t 'ut v7vr A<ftxtiptJtl*t ; il qual senso lio renduto nel volgarizzamento. (9) Per accordo . -Lo stesso che per convenzione nel principio
di questo capitolo. (10) Sotto vani pretesti. Queste parole ho io aggiunte per la ragione che.addussi nella nota 93 del lib. xx. Del resto fe oppor* tuna la correzione dello Schweigh. che sostituisce 7i t r/<t in luogo del dativo 7jf S ix m tS trf , arrecata da libri. (11) M a! governati. Hpttfitvut propriamente aggiudicar il premio d* una gara qualunque a chi n degno; laonde fip*B'ivit attribuirlo a chi noi merita. Ora il premio ne gidizii civili la sentenza favorevole, in forza di cui entra in possesso della cosa disputata ; quindi la sentenze giudiziarie h quanto il m al governo nella de premi i. L aggiunta di i t (come) fa conoscere chi la ottiene iniquit nelle distribuzione che il verbo

usato da Polibio somministrato da una similitudine. (13) Difficile P uscita. Tra le diverse lezioni proposte dal Reiske e dallo Schweigh. io preferisco da stretta donde s esce difficilm ente, gi usata dal Mostro (11, 6 , itt, 38) ; se non che il secondo de due aggettivi e /*applicati ad a x fir i , k poco meno che vano, la confusione essendo sempre uno stato dal quale si pena a venir fuori. Per la qual cosa io suppongo che manchi nel testo nn sostantivo a cui il secondo epiteto si riferisce, e forse h desso Slxn , discussione , contesa giuridica. Ci non pertanto attenuto mi sono nella versione italiana alla scrittura volgala. ( i 3) A ciascheduno d i costoro. Il Casaub. alter qui la le* zione de MSS. scrivendo i f ix A fr ttt in luogo del semplice

t x i r r t i f , e riferendolo nella versione alle cose di cui Demetrio


dovea render ragione: Ut horum omnium rationem redderet. In un passo simile (x v m , 55) aveva il Nostro costruito l iw i col genitivo della persona presso cui rendevasi ragione, e la persona con cui disputavasi vi si riscontra nel dativo : A iy tt

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l* lt w ptf mt*t ip t f t r f a l t i e i che noi aviemmo dovuto voltare: Rendessero ragione presso i Romani a chi seco lui contendeva. Lasciando adunque la scrittura vol
gala senza la proposizione sarebbe la sentenza del testo, che De metrio , per giudizio del senato, non dovea render ragione a ciascheduno di cotesti accusatori di Filippo ; e cosi la intese lo Schweigh. Che se ritener si volesse 1 '<, converrebbe giusta il passo simile testi citato scriver ip a7 ( n y x h fl tu) presso di s (del senato) ; ma chi non vede esser ci al tutto superfluo ? (i{) Considerando. Abbiamo gi osservato altrove che 3ip* 7r, derivato da nel senso di contemplazione , meditazione, significa considerare, riflettere , non semplicemente vedere, con forme il voltarono i traduttori latini ; quasich allor appena il senato, veggendo Demetrio, venisse in cognizione della sua gio vent. ( i 5) Tempesta. Non bene prese il Casanb. r v r r fp tm i per astuzia (imparem vafris versutisque accusato rum ingeniis), lo che non pu significare questa voce. dessa pi presto la f o n a d i

iwi%u> tir)

coloro che trattano le cause acremente e con veemenza : im peto dell azione chiamolla Quintiliano xi, 3. * Ernesti. A me
sembra pertanto quel sostantivo denotare la forza ed insieme la moltiplicit delle accuse, che il debole giovine arvolgeano a guisa di procella ; n r r p t f i essendo dietro la sua etimologia il moto vorticoso del vento che accompagna i gravi turbamenti del l aria, e lo stesso esprime nrrp*<p/* con maggior propriet che non 1 adunamento di molli, Vlmpeto congiunto e tumultuoso d i m o lti, recati innanzi dallo Schweigh. L tv r r ftftM , versatilit, e Svrtp*<pf* , malignit proposte dal Reiske, non sono punto accettabili. (i 6) Certo piccolo libretto. Livio (xxxix, 47) dice semplice mente librum ; il Nostro con doppio diminutivo iu f t t y * , libretto non grande. Tuttavia eran in quello, secondo lo storico romano, de rebus singulis in breve coactae caussae (i ragionamenti intorno a ciascheduna cosa in ristretto ) , e se-

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coodo il greco impose ii senato a Demetrio- di kbciTS iti snccinto il contenuto della memoria. Per togliere siffatta incongnienza coDvien supporre che nel codice eh ebbe soli occhio Livio *1 stesse avanti per modo che avrebbe detto Polibio, che la memoria contenea succintamente ci che il figlio di Filippo risponder dovea agli accusatori. In questo senso, secondoch io credo, pi ragionevole volgarizzai il presente passo, diversamente da traduttori latini che scrissero: A d singulas criminaliones mummatim za dicbue (dire sommariamente ci), quae

commentario conlinerentar. (17) Conclusioni. 'A rtQ u n ic non sono capila, siccome piacque al Casaub. ed allo Schweigh. , sibbene giudiii, decisioni, con forme spiega Esichio questo vocabolo: ' A w i p u n t , * flrts, \f<iQts, Ji'ttn, decisione, sentenza , giudizio. Filippo, volle dir il
Nostro , dopo aver conclusa la sua difesa , e pronunciato il giu dizio sulla propria condotta, aggiunse ec. (18) Sentiti i presenti, cio gli ambasciadori delle nazioni re clamanti contra Filippo, i quali rispondevano alle difese da lui prodotte. Questa parte della disputa non toccata da Livio , n tampoco 1 accoglienza fatta dal senato a Demetrio , non essendo costume di questo storico di molto diffondersi nelle particolarit spettanti a Greci. AH opposito si distend egli maggiormente , e con qualche sfpggio d eloquenza, nel discorso tenuto dal senato a quel principe , onde far vie pi spiccare la generosit de Ro mani. (19) Deferenza. Questa mi sembrata la vera iaterpetrazione di , eh propriamente l atto daccomodarsi all opinioue ed alla volont di persona che vogliamo gratificare, non gi la remissione delle colpe per magnanimit dell offeso , nel qual senso s accordano anche le espressioni di Livio : Inte

gra omnia sibi cum populo romano Demetrii beneficio esse


(Esser tutte le sue faccende col popolo romano aggiustate per be neficio di Demetrio), dove non si fa motto dell'indulgenza e del perdono che secondo i traduttori latini qui espresse il Nostro.

8i
E cotesta deferenza non gi a Filippo troppo colpevole, sibbene al figlio che amavano e stimavano, e pe meriti di lui al padre concedevano (V. il vocab. alla voce deferenza). Nel lib. i, '73 sono distinti coll interposizioue dell i (ovvero) i significali di tvyyniptn e rvfixtptQ tp'k, il primo essendo propriamente venia, e cos fu latinamente tradotto , quando 1 altro leggesi col ren duto per g ra tin , poco men che sinonimo dell antecedente. Noi Voltammo n y y ti/tn * grazia, ma non siam appieno contenti del vocabolo agevolezza, per cui rendemmo avpitpiQ*ptt. (30) bopo costoro. Il contenuto di questo capitolo affatto omesso da Livio. (31) Dellaiuto spedito a Prusia. # Qui non trattasi dellaiuto mandato in addietro da Prusia a Filippo, del quale detto ne libri x v , 23 e i v m , 4 , ma di quello che poc anzi era stato inviato a Prusia contra Eumene nella guerra di cui si fatto Cenno nel libro xxm , 8 . Schweigh. (33) Disubbidito. Mi piace la supposizione dello Schweigh. che in luogo del volgato x*p**ptvptitn, deluso , ingannato (il senato) cui poco conviene il rpi I ttiln i che segue, abbiasi a leggere **pUfotpttiti, appoggiandosi 1 anzidetto commentatore ad opportuni esempli tratti dal Nostro ed alla riflessione , che prima erasi detto , dover Filippo amministrar ogni cosa secondo la volont del senato. Il perch io ho volgarizzata la voce da lui proposta. (33) Tito. Ho seguito lo Schweigh. il quale, preceduto dal Palmieri, osserv nelle note che la storpiatura 7s h e recata da MSS. e dall Orsini, ed accresciuta dal Casaub. collinterpolazione di fra 7i e 7<r , va cangiata in i 7i T /lte , sottin tendendovi Flaminino, il quale era special protettore di Demetrio, secondoche hassi da Livio e da Appiano. (34) Come quello ec. 1 codici scritti danno levita rti xct't

Z p vrip iilu lti , e lO rsini, per trar un qualche senso da qul statirrat isolato, vi aggiunse tp'tXtpin , donde risulta questa sentenza , che Demetrio rimandato a Roma riuscirebbe a Fi- '

8a
lippo utilissimo e di grandissimo uso , lo che il Casaub. che copi lOrsini rendette colle seguenti parole : Magno namque ipsi usui et comodo co loci illum futurum . Ma quella tautolo gia di due superlativi, esprimenti la stessa stessissima cosa , intollerabile e tutta dovuta all arhitrio dal primo correttore di questo passo ; quindi abbandonala con ragioue il Gronovio, e dietro di lui il Reiske e lo Schweigh., ma ci che vi sostitui rono non sembrami tuttavia la vera lezione. Fanno essi dire a Polibio che Flaminino scrisse a F ilippo, dover lui mandare De metrio con grandissimo corteo d amici de pi abili a trattare : Mt7 7> i s -Ai/rr* **\ %p%riptil*l*t, ed infatti Li
vio (zl, 11) mette in bocca a Perseo queste parole dirette a Fi lippo: A che credi tu che tenda quella lettera di T. Quinzio,

con cui ti esorta a mandare p er tuo vantaggio a Roma Deme trio cor m o lti AM9AsciADOu c co rtinciPsLi M acidosi ? Laonde il wXtlrrmt certamente relativo a ed hassi a scrivere coll m ma l altro aggettivo che non riscontrasi in L iv io , non
improbabile chesprima il vantaggio di che Flaminino lusingava Filippo, ov egli nel modo a lui consigliato avesse restituito il figlio (quibus bene et de rebus suis consuluisse ait). Per la qual cosa io tengo che il testo abbia ad emendarsi cosi scrivendo : *E|7r (una parola) 7> Apc*7pi r r i X X i a r a X it t i t

'tfc n * , i f

fili* Imi xXtlrtmt

conforme

ho volgarizzato questo luogo. Ch se i surriferiti commentatori credettero aver Livio espresso co primoribus M acedonum il di Polibio, io osservo che sotto lonorevole nome d amici del r e , che acccompagnar doveano Demetrio, cotnprendevasi la qualit di legati ed insieme quella di maggiorenti della nazione. (25) Intorno ec. Tratta il Nostro questo argomento nel cap. 7 del presente libro , e Livio ne libri z z z i x , 53 e z l , 5 . (16) Pegli antichi fuorusciti. Circa costoro veggasi la nota 69 al lib. zz. Eran essi gi stati da Filopemene restituiti in patria ; quindi assurda la lezione pi x irtm t introdotta dall Orsini e

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ritenuta dal Casaub. , quasich della loro liberazione si trattasse. Caogiata pertanto k ir ttit nel nome proprio Avr(*r (Lisia) se condo il Reiske, o A ir tt giusta lo Schweigh., nasceva dopo f a t t i t i (venuti) un picciolo vuoto, che il primo suppl con iw if e laltro con e titi, lo adoltai ir\p, cosi per il mal suono che ridondato sarebbe da due X ih t che sarebbersi incontrati , come per la superfluit dell'espressione,* non potendosi supporre che gli ambasciadori i quali trattarono la causa de fuorusciti gi ri tornati , non appartenessero a questi medesimi fuorusciti. ' (27) Che avean dapprima. Temo che il testo sia qui corrotto, oscuro riuscendo egualmente 1 * l p ' d e l Casaub. e V*<p'Ut dello Schweigh. 11 senso, a dir vero, fu ben renduto da amen* due che scrissero : Quas (possessiones) irrogati sibi exsilii tem pore habuissent; ma non so quanto bene si dica: ir tim a t

p t v y i t t , siccome vuole lo Schweigh. che intendasi questa frase,


spiegandola : A quibus (possessionibus) pulsi erant cum in exsi linm mitterentur , dappoich andar esule dalla patria richiede in greco laccusativo del luogo (n flS a Q tv y itt, Cyrop. I l i , 1, ?{). Sarebbe mai la vera lezione: Zs (xlnrtn) t T%*t J7 t{

<pvV t , ovveramente 111

'h pvytt?

(28) A reo ed Alcibiade. Non accomunaronsi costoro cogli an tichi fnorusciti, quantunque fossero tra loro compresi (xxm, 11), perciocch non chiedevano tutto il lor avere , sibbene conlentavansi d un talento , affine di rendersi benevoli gli Spartani, che a malincuore ricevuti aveanli in patria. (129) Quella costituitone, cio quello stato di cose che stabilito avea Filopemene allorquando, ucciso Nabide, ricevette gli Spar tani nella lega achea senz* abolire , siccome fece in appresso , le leggi di Licurgo, su di che veggasi Livio, xxxv, 3j?> e Pausania, V ili, 5 i in principio. (3o) Da parte di quelli ec. N in Polibio n in Livio trovasi fatta menzione di costoro, ed in Pausania soltanto (1 . c.) parlasi di trecento che, come principali autori della ribellione degli Spar tani contro gli Achei, cacciati furono fuori del Pelopponeso. For

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erano tra costoro alcuni ch e, conoscendosi pi colpevoli, pre vennero 1 esilio clla fuga , e furono dal duce acheo assenti per pubblico decreto condannati alla morte. Non sono questi pertanto da confondersi^con coloro che, al dire di Plutarco (in Philopoem., p. 365) , ascritti dal tiranna Nabide alla cittadinanza spartana , confinati furono nell Achea. (3 i) Fosse loro restituita la cittadinanza. Essendo la scrittura Volgata 7J wtXtlti'at -la r g ititi Ittttvltit , il Casaub., non raccapezzandovi forse dapprincipio nessun senso , ne omise la versione, sebbene nelle correzioni e ne supplementi posti in nanzi all opera egli vuole che alla traduzione si aggiunga: E t ut respublica in priorem statum restitueretur. Lo Schweigh. dopo l ultima parola mise un asterisco, e volt : Et ut respublica in eum statum restitueretur *. A me pertanto sembrato c h e , scrivendo i v h l s in luogo di l e iiv ltit, e dando a Ai7i ! il senso di diritto di cittadinanza , nel quale 1 us gi il Nostro, (lib. v i, a) tutto *ia accomodato. Infatti non competeva a que sta sola porzione di cittadini il chiedere il ristabilimento della costituzione di Sparta, sibbene ragionevol il credere che, grave essendo stato il loro delitto, temessero che , quand anche loro si accordasse il ritorno in patria , non si concedesse egualmente che ricuperassero i diritti di cittadini ed abbassati fossero alla condizione servile. Nelle note lo Schweigh., sostenendo la sua traduzione , suggerisce d empier il vuoto del testo con queste parole: (perch non x7 ; ma pi inclina egli all emendazione del Gronovio, 7J m vlt , la stessa , ovveramente 7J rprnlnt (di prima). Proposegli poscia d omettere , donde risulterebbe, ma con minore chia rezza , il senso da noi sospettato. (3 a) Tito , Cecilio ed Appio Claudio. Siccome i tre uomini scelti dal senato pel componimento delle liti tra i Lacedemoni e gli Achei erano gi stati nel Peloponneso per lo stesso oggetto;, cos non a dubitarsi eh essi fossero T. Quinzio Flam inino, il quale vi and Tanno di Roma 56 a dopo aver vinto Filippo (Po-

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lib. xx, 13), Q. Cecilio Metello cbe vi -fu nel 56g (xxm, 6 ) ed Appio Claudio che col recossi nel 570 (xxm , 13). Quindi chiaro che l ultimo di questi manca nel testo volgalo. Noi non/terremo dietro alla viziosa scrittura de lib ri, che hanno: (Bavar.) T T ts , K<x/A<r ; (Orsini) i T ltt , K*<77r K Pausania (vii, 9 ) , che nomina Appio Claudio sltanto ed il fa andare nel Peloponneso per terminare ogni differenza, quando la discussione fu fatta a Roma. La storia eh esser qui dee la sola nostra guida fa svanire tutte queste mostruosit. (33) O ricuperarle tutte. Queste parole ho io .aggiunte per consiglio del Reiske; il quale osservando che due erano i partiti, 1 uno che chiedeva la restituzione di tutti i possedimenti, laltro (quello dAreo e d*Alcibiade) che ne domandava il valore d uu talento, suppose smarrite. nel testo le parole J..7V * t , ovveramente X 7 t %X* itaxlccrB-af, oltrech il ir S ltftt che cor risponde al latino utrum vuole una seconda parte, che reggesi coll ?, lat. an. Cancellisi adunque dalla versione latina : an ae-

quum e s s e t , u t , e si ponga in sua vece : ' utrum exsules ec . , e dopo optarent scrivasi : an cuncta rcuperarent. (34) Senarco. Fu costui pretore degli Achei 1 anno di Roma 56 i (Liv., xli, 94)- e fratello dArcone, il quale dinanzi a Cecilio Metello difeso avea le cose operate da Filopemene in Sparta (Polib., xxm, io). Nel testo essendo 7W ip . % (Senarco ed i suoi compagni d ambasciate) tutti i verbi che a loro si ri feriscono posti sono in plurale. Siccome pertanto il capo dell am basceria faceva i discorsi e rispondeva alle inchieste,, cesi non ho considerato che la sola persona di lu i, e lo stesso. fecero il Ca saub. e lo Schweigh. (35) Contro la sua aspetlaiione. Non era egli stato mandato dagli Achei .per dare in nome loro lapprovazione alle conclusioni che farebbon i Romani circa i Lacedemoni, m a soltanto per ispiare gli andamenti della disputa; quindi non erasi egli pre parato a cotal emergente, ed improvviso il colse la imperiosa domanda de'commessarii. Nel qual particolare gravemente erra

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rono gli Achei stimando , che i Romani in grazia dellantica al leanza tutto avrebbero deciso in lor favore. (36) Tito creato ec. Finita la guerra de Romani con Antioco a svantaggio di quest ultimo, Annibaie cartaginese, la di cui con segna era stata pattuita nel trattato di pace ( m i , > 4) , ricover presso Prusia, il quale colla guerra che mosse ad Eumene, allealo de Romani, dimostrossi a questi avverso. A lui dunque mand il senato T . Quinzio Flam in ino per ripetere Annibaie (V. Livio, x x z ix , 5 i). Di qual missione incaricato fosse presso Seleuco noi trovo n in L ivio, n in Appiano, n in Plutarco. (37) Nella guetra laconica , cio in quella che Tito fece a Rabide tiranno di Sparta. (38) E pella discordia con Filopemene. Circa gli affari di Sparta che Tito condusse a buon partito contro le pretensioni degli Achei (V. il cap. antecedente) voleh Dinocrate giovarsi di questa circostanza per istaccare la Messenia dalla lega degli Achei, ma non pot ottenerlo, conforme leggesi nella fine del presente capitolo. Tuttavia riusc a questo aggiratore di farsi nominare pretore de Messemi l anno medesimo che Filopemene fu fatto prigione da suoi (Liv., xxxiv, 49; Pausan. i v , ag ; Plutarch. in Philopoem. p.v 360). (3g) E d era Dinocrate. Qui incomincia 1 estratto Yalesiano, riportato anche da Suida alla voce Dinocrate, e lambasceria 47 ripiglia colle parole : D el resto egli (Dinocrate) venuto in Grecia. (4o) Negli affari d i stato ec. In volgarizzando questo periodo ho creduto di conservare meglio la propriet della favella italiana ove alla dicitura greca m accostassi, di quello che, attenendomi alla traduzione latina , in cui desiderasi la bella concisione del testo. Eccola; Prudentiam vero in rebus gerendis specie quidem omnibus numeris absolutam p raesta b a t , re ipsa autem adum-

brata quaedam et fu c a ta civilis prudentiae imago in ipso fu e ra t. (4 >) Ingannevol il colore, 'tm w in .it , secondo Suida a-ftfiK , colorato, da P u t i i detta da Esichio roba di poco va
lore , ed anche le tinte che adoperan i pittori: significato omesso

nel dizionario manuale dell Ernesti. Qui non sarebb eziandio fuori di proposito il primo senso esprimente uomo (nelle faccende politiche) di nessuna vaglia. (4?) Con prudenta. Ho seguita la lezione che reca \ p t ffim r , come quella che meglio s addice all azione di prevedere che non il volgalo ir Q a X S t, con sic u rezza , cautamente. (43) Allora. Il compilatore degli estratti delle virt e de* vitii poteva scrivere tr'7> (un tempo), staccando queste cose dal resto della nazione , ma non hassi a dubitare che Polibio scri vesse ac< T ilt , b mbilo mtbsso tbmpo (quando era a Roma) a l

8?

lorquando pose il fondamento di grandi mali alla patria ;


cio come prese il consiglio di levar i Messeni dalla societ de gli Achei, donde non potea non sopraggiugner un atroce guerra tra amendue le nazioni. Schweigh. (44) N on provvedendo. n p tt p it non prudenler praevidere, conforme fu tradotto dal Valesio e dallo Schweigh. ; ch l im prudenza non gi semplice difetto della mente che non pene tra nel futuro, sibbene della volont che ricusa o trascura di por riparo alle sciagure sovrastanti, quandanche si preveggano, e questo appunto esprime il verbo greco che qui riscontrasi, anzi talvolta lo schietto ipSt ancora, siccome scorgesi in Senofonte (Cyrop., iv, 5, 8). La qual operazione di riparar allavve nire esprimon i fratini collo stesso verbo provider* , dond tratto il nostro provvedere. (V. esempli nel Forcellioi a questa voce). Ed in ci peccava appunto Dinocrate il quale, mentreoh trattava con Flaminin de pi importanti affari di stato, non procurava di condurli a buon esito coll attendervi di proposito, ma consumava il tempo m sensuali diletti, che pessimo concetto > di lui destavano nel sobrio Romano. (45) M entre cK era ancor giorno. Se iq> ipi'tptf la'genuina lezione, e non piuttosto i$>' ip iip u t , secondoch vuole il Kustero presso Suida alla voce k 9w/V< (gozzovigliare che ha qui il Nostro) il suo significato non de die (infra il giorno) siccome fu voltato, e frivola .Ja quistione se i Greci tolto abbiano sif

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fatto modo di dire da' Latini, conforme suppose il Reiske , ovveramente i Latini da Greci , siccome piacque al Yalesio (Diod. Sic., tom. II , p. 5^7, ediz. del Yesseling.) Fatto sta che im t indicante modificateione di tempo sempre relativo al principio della cosa indicata. Cos *v quanto , da quel tempo in

p o i , da quando incominci il tem po; in Senofonte tr <rxcf#>, tino dalla fa n c iu lle zta , r t y a i a t , sino dalla nascila, e presso il Nostro * l i vi u t 7S t x * l(* * ( v , 107), U ifr S t, dal tempo de Persiani ( v , 5 5 ). Cosi potrebbe qui i p ' if tift tt valere, sino dal principio del giorno. Se non cbe
riscontrasi la stessa frase in Polibio (v m , 37 e a9), dove non pu sospettarsi che i banchetti de' quali, siccome in questo luo go , si ragiona avessero principio dal far del giorno. Resta quindi che cotesto incominciamento si riferisca al convito medesimo , e che intendasi, non aver voluto Dinocrate e gli altri da Polibio nel lib. vm rammentati aspettare la notte, ma di bel giorno aver essi incominciate le loro gozzoviglie. (46) In lunghi vestiti , cio in abiti da donna, siccome dipo Plutarco al luogo citato. (47) Come avea messo binanti un argom ento, cio come im presa aveva una faccenda cosi grave, qual era lo sconvolgimento delle relazioni politiche del Peloponneso, quando era uomo tanto vilmente dedito a pi sozzi piaceri. Lo Schweigh. attribuisce nelle note alle parole del Nostro un altro senso , che non mi sembra il vero. Come desse un aliena, assurda ed indegna pruova delle sue massime e del suo talento , ovveramepte come recasse agli uomini un opinione poco favorevole delle sue mas sime e della sua indole. (48) Del resto era egli allora. Qui legasi il. testo delle amba scerie con quelle che interruppe di sopra lo Schweigh. per inse rirvi l estratto Yalesiano, e noi l abbiamo seguito nella piccola mutazione da lui fatta scrivendo : HA* 7 eh w pt in luogo di x< iiitx p ttln t w itpit. (4g) arebbono maneggiale. Correggasi, conforme avverte lo

Schweigh., nelle note, il Volgalo

da \y% ti, con segnar , in j ji i f i j t i n r S i i i che arreca il cod. Pei*

rnciano. (5oJ Ma FUopemen'e. Le cose - qui esposte avvennero nel principio- dell anno 5 f t . frattanto, all* incortiinciar delta prima vera dello stesso anno, succedette presso gli' Achet Licorta, ch era stato'pretore Tanno S jo ^ L iv .,'x x x ix , 36) , filopemene (Liv., xxzix, 49)) Crat l ottava volta pretore degli Achei, se cond Plutarco e Pausrania. Schweigh. (5 i) A capi degli A chei. Demiurgi li chiama il Nostro, i quali secondo Livio (xxxii , a) erano presso gli Achei un mestrato di dieci persone, corrispodenli a'demarchi in Atene. 'Riconoscevan essi la origine lro da Dorii che , a dtta di Tucidide (1, p.' 10), ottantanni dopo la caduta di Troia occuparon il Pelo ponneso ; e li ebbero gi parecchie nazioni di quella penisola , siccome gli Elei, iMantinei ed i Corinzi! (Tucid., 1, p. 38 ; v, p. S^g), iunanzich su basi stabili si piantasse la confederazione A chea (Polib., 11, $ 0 - Quindi leggesi bene in Livio (1 . c.) Dmiurgos in dialetto dorico invece di Demiurgos che vi ' sostituirono il Gronbv. ed il Grev. Altrove (xxiu, 10) li chiama Ptlibio

f i a t i t i , arconti. (5a) E de' fuorusciti ec. Se mal non mappongo erano questi
Areo ed Alcibiade i quali, comecli per opera degli Achei fos sero restituiti in patria, vennero a Roma per accusare i loro be nefattori ; per la qual cosa meritaron&i lodio degli Achei, e non faron al certo da questi protetti allorquando gli Spartani ,cacciarooli un altra volta in bando. Non cosi h da credersi che. acr cadesse agli altri fuorusciti che nop incorsero nello sdegno degli Achei. Ma perduta essendo questa parte della storia polibiaua, e non trovandosi in Livio con che supplirvi, noi non intendiamp di dar alla nostra opinione maggior valore di quello che conviensii ad una conghiettura. Lo Schweigh. estender vorrebbe questo nuovo esilio a tutti gli antichi fuorusciti. Soscrivo pertanto al
POLIBIO , to m . r i i . 6*

suo parere circa Y&v&t, nuovamente da porti avanti i * l f Amxii i f n * (53) ^ ma/ in e u o ff e sospirando. Gran parte nel no dcr Iqfo ebbe la vista del figlio Demetrio il qpale, superbo della gra tta ip che era presto i Romani, pi basaipav gli rubajcidori clw lui. V . f.iv < k i* , 53, (54) FiKppapoli. Circa questa citt situala nella Testagli, sa che prima chiam^vasi Teb* FtioU ed appartenuta era. gli E toli, veggasi il Nostro v . IDO e co li la pota 3.t$, Ebbela gi Filippo, espugnata, vendutine gli abitatori e ripopolata di Mace doni (iyi g g ), che furono poscia espulsi dagli Odrisi, (55) Ritornato che f u Demetrio 'ec. Quantunque non facci Polibio qui (nottp degli ambasciqdori romani ajla testa de quali fu Q- Marcio , ci pon pertanto non segue da questa reticenza, con (orme lima lo Schweigh., aver lui valuto significare che Demetrio giugoess* in Macedoni avanti l ' ambasceria, laddove secondo Livio (l. c.) vi arrivaron insieme, (56) Aspettavi in e tti. J>o jichweigb. pretese di corregger il wf*rtiT cbe dalledixiooe dellOrsioi patt nelle susseguenti, sostituendovi w pts icfj*#* che trov nel cod. B i t . , lo stesso aveva egli fatto nel lib. i , 53 . Siccome pertanto scrivesi b o b meno w p trf i* che wp*vJe*m, cos amendue le lezioni sono giuste. (57) Se ne mostri dolente. L espressione dl testo eh* l aegre tulit de* Latini, non corrisponde certamente a quanto volle qui dire Polibio. Filippo, la sentenza di questo periodo , invecchialo cm era nell arte d ingannare, dissimulava il suo dispiacere; ma Perseo, giovine ed inesperto, manifestava il suo dolore, lo che io suppongo che il Nostro avr espresso con queste o simili parole : Sv<r%ift p ip t * * 7c e fu rf i y itilo . Il Casaub. e lo Schweigh. a questo senso accomodarono la loro Versione , ma lasciaron il testo intatto. (58) A l re Filippo. .Spaventoso quadro duno scellerato che in sul finire della vita sfuggirsi vede i frutti delle violente e delle

rapine per tanghi anni da s esorditale, e dall* apice de prsperi successi precipitato scorgesi nell abisso dell' infortunio che ogni sua grandezza irreparabilmente assorbe ! E tanto pi efficace ed istruttiva la vivissima descrizione di siffatta catastrofe che Po libio sotto gli occhi ne pone, quanto pi profondamente scendono nell animo i fatti con dignit storica rappresentati, che non le pi ingegnose rettoriche declamazioni ed i precetti pi ragionati. Fedele - all istituto di correggere gli Uomini, nel bel principio dell opera ( i , 1) annunziato, il Mostro e qui ed in lutto il corso della sua storia si dimostra , nfe l ultimo pregio questo tra tanti che il rendono stimabile alla posterit, e deplorar fatrtio la perdila di gran parte del suo lavoro. (Sg) {fonante. Questo vocabolo semtoommi pi d ogni altro confarsi al senso ehe qui ha l l f i t t t del testo. Imperciocch seb bene I fiti ls derivar si faccia comunemente da

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co ntesa,

laltra sua derivazione dallantiquato l f/m (Y . Ernesti letic. man.),

slim olare, agitare , pare pi ragionevole* Ora l'efftto imme


diato dell agitazione che prova un infelice l irresistibH in quietudine che lo spinge a tentare la mutazione dello Stato in cui si trova, e questa , se non vo errato, la definizione di

smania. (6 o) 12 le fendette e te im pretationi. I t m ii f nati ttfarT ftm tltv t ha il testo, alle quali non credo che corrispondi l'ultrices diras (maladizioni vendicatrici) de traduttori latini. l n i vendetta d una ingiuria, o punizione < un peccato j e V ftr ftt r a ltt , Secondo Esichio, chi, bruttato dellltrtii san gue volgesi ad a lcu n o , w f'it 7> , per esser pu rificato. Ma tal era Filippo, non gi coloro ch egli renduti aveva
infelici. Quindi resta ch applichiamo all auzidetta voce l altro senso , notato da Suida, d uomo che supplica gli Dei , a loro si volge supplice per qualche favore, che nel presente caso la vendetta del lor offen so re, o lire a quella, **, e h essi me desimi gli macchinavano. La separazione di qusti due atti di-1 stinti non fu eseguita da summentovati traduttori.

9?
(6i) Uii occhio della giustizia , che veglia le azioni um ane , per punirle se sodo malvage, Per quanto. Polibio non tenesse in nessun conto le fole ecT i pregiudizi della credenza pagana , si dimostra egli io parecchi luoghi adoratore della suprema Prov-, videnza e propugnator c^ldo e tenace d una virtuosa politica, che non fui in tempi a noi pi vicini quella di Macchiavelli e de suoi seguaci. : () GonciosSiach ec. Il cap. 3 del lib. di Livio contiene' pressoch colle stesse: parole le cose qui narrate dal Nastro , ma > le rifer egli, secondo che Osserva Io Schweigh., all anno suste-, guente, pronunciate in senato da Q. Marcio, pur allora ritornalo, dall ambasceria che fatta avea nella Grecia. > (63) N elle disgrafie. In romano bello, dice Livio, dal quale Filippo, dopo la rotta alle Cinoscefale , aspetta vasi le maggiori sciagure. .Strana csa ella pertanto, che questo re tjjinor fidu cia ne prQprii sudditi ponesse, che non in cotesti stranieri strap-; pati a fofza da loro focolari. Couvien credere che i Macedoni, esperti com erano de tirannici modi con che Filippo li gover nava , meno amore gli portassero che i rozzi forestieri, lusingati forse ad arte dal .novello sovrano. (64) Invocazioni agli Dei. 0 ieitAt>7nVi<f fe nel testo, che pr*. priameu,le significa : Preghiere ed implorazioni che si f i n ito agli Dei a ffine d esser esauditi ; dappoich esaudire esprimc il. verbo iv o ; donde nella composizione cbe qui riscontriamo si. fatto xX vliu. y . Eschilo, Pers. v. 5 oo. Male per mio avviso fu questo vocabolo latinamente tradotto Vola, i quali suppongono sempre una promessa unita alla preghiera. V . Forcellini lexic. alla voce vola. (65) Lo insidiasse. inesatta la version latina di questo luo go, non essendosi in essa repduto 1 il cui signi ficalo come l abbiamo qui espresso trovasi in Esichio. () A lla regia casa. Tengo collo Schweigh., che fixn X n 'tt sta qui nel senso di fa m ig lia , corte -del r e , siccome l us gi il Nostro ne libri v , 61 e x x m , 9 , a quali luoghi noi l ab-

PoUbie, Vi TU,pM jf* $3

93
tradotta . a u a . N. croio ;coll anzidetto commcntatore lutto erronea ! lezione 7y del cod. Peire$ciano , por l^ndovi.e^ser-omessa o sottintendersi la vooe m*. ,

{6 j ) E li mettesse. Supposi il testo difettivo della copula ),


senaa coi il 'periodo non corre. N parmi. eh elittica sia la co-' s t r a z ia n e e che manchi avanti l<ir9ir 9wii, siccome vuole il Reiske tiri 7* , affinch - il pongano ec. , o conforme amerebbe meglio lo Schweigh. S t ovvero t u * , p er cagione d i metterli tc. Miglior l altra conghiettura dello Schweigh. appi di pa gina, che abbiasi a legger in luogo di fendendosi cosi superflua l aggiunta del ai. (68) Samo. Intorno a questo egregio pota , un d amico di Filippo, poscia da Ini tolto a vivi per la sua franchezza, vedi la nota 26 al libro v. (6g) Stolto chi uccide. Lo Schweigh. ci fa a sapere che que sto verso del poeta Stasino , e che trovasi in Clemente Ales sandrino, Strom., lib. vi. Nella stessa sentenza parla Ciro a Cre so presso Erodoto, t , i 5 5 , rinfacciando a questo re de Lidi le ingiurie ricevute da sudditi di lu i, quasi figli eh egli avea be neficati. (70) Quello de? figli. N el quale ec. Polibio avea qui Soltanto (ti passaggio fatta menzione della gurra domestica che ardva tra i figli di Filippo , e eh egli senza dubbio , conforme scorgesi da quanto promette alla fine di questo capitolo, descrisse in ap presso minutamente, fornendo a Livio la matria della lUnga narrazione che'leggesi nel lib. x l delta sua Storia. (71) Qual figlio avessse a d esser del? altro ruccisore. Ho restituita la lezione volgala a-pflipcr ricevuta dal V alesio, e m ale, secondoch io credo, cangiata in vtVipov (ISt viS t) di quale d e 'fig li , dal Reiske e dallo Schweigh. I figli di Fi lippo (Perseo e Demetrio), dice il Nostro , insidiavansi reci procamente ; lo che quanto dire , che 1 uno tentava d torre la vita all altro, non gi che alcuno di loro meditasse ducci der il padre. Le parole di Livio (xi, 8) addotte dallo Schweigh.,

ib onferrti della Stia lezione, fanno ah*i eobtro di lui. ' SeriVG h> Storico rqmano : Sede tnistt+imtti p a tir , ju d e x in tir daos filio s , accusatore* patrieidii et reum ; uni con fid i , atti adtnissi crim init (aetn apud toeos inventariti (Padre miserissimo k> seggo qui giudibe tra due figli, l Uno ccliia lo re d ut parri cidio , l altro di questo reo J ita prociato di trevare presso i miei la bruttezza d un delitto, 0 fiato, d cttiudiesso). Aspettava dunque Filippo di rinveuire tta i suoi Commetta u* uccisione. E qui notisi che parrieidium nota sempre denota uccisione del padre, ina in seuso pi largo quella di qualsivoglia prossimo pa rente ; onde in Cicerone pr Cluent. tt leggesi : In ipso fra te rn o parricidio, ed in Livio medesimo (xt., 1$), dov riferito lavvelenamebto di Demetrio: Parrieidium fra tris. In tanta perplessit non potea lo sciagurato genitore punir nessuno de* due figli, per timore di colpir 1* innocente. Ch se tuttavia il minacciato fratricidio fosse accaduto, non perci si proponeva il padre di trar a morte l Unico figlio superstite ; sibbene temeva egli ch e, siccome costui tolto avea di mezzo il fratello per succedere al pa dre nel regno, cos avrebbe ucciso il padre stesso, impaziente d'a spettar la sua morte naturale. (>)o) t M acedoni Questo brano, riferito da Suida senza nome dell'autore, lo Schweigh. a buon diritto attribuisce a Polibio; -e quantunqu egli lo abbia rigettato tra gli avanzi da lui posti in fine di tutta 1 Opera, ci non pertanto io ho stimato di dargli luogo nel testo , dappoich accenna ad una cerimonia che il Nostro certamente ha con ogni esattezza descritta, nel modo che leggesi presso Livio .(x l , 16). (73) Santico. Mese macedonico, che corrisponde al Nissn degli E brei, al Pharmuthi degli Egiziani ed all aprile de* Ro mani. Era il loro primo mese dell anno, e la festa della perlu strazione dell esercito, chiamata S a ra n c i (le Santiche) celebravasi nell ottavo giorno dello stesso , conforme dice Esichio. V. Joseph. Antiq. jud. 1, i ; 11, 5 ; Anast. Archiep. Antioch. in Meurs. vai-. Divin., p. 17 ; Macar. Aegypt homil, v , J 9.

(74) Filopemene, pretore ec. Qvasto fnwnnjento ^ > tre cke


Io seguono tolti sono dal confronto che fece Polibio fra i ire capitani illustri, Filopetijerie, Annibale e Scipione , morti nello stesso anno , conformi? sci-Use Livio (x*xix, 5 o). l a morte, sono parole del test ciuto storico (c. 53) di tre ifom ipi, chiaristi*

ma ciascheduna tra, la tu a g en te, sembra, non, essere state maggiormente paragonabile p el tempo a qui si: a b b a ttu ta , che p e r a m oneri nessuno di fona conseguito un. esito abba stanza degna dello splndane della vita. E pnm ier^vipnte tu tti n m orirono, n furono sep o lti, nel patrio suolo ; Annibaie in esilio tradita f u dallospite; Filopemene spir in carcere ed in catene. Scipiane, comeeh non esule, n dannato, non comiparso in giudicio nel giorno destinato, e vitato assente, volon tario esilio bandi non. a s solo, ma eziandio a l suo fu nerale, -r Del resto semhr* che il Nostro commesso abbia qualche inesat
tezza nell additare 1 anno della morte di quegli uomini illustri. Secondo Livio avvenn e s v l'anno 570 di Roma> essendo con soli P. Claudio Fulcro, e Porzio Licinio, e ci prova egli coq buone ragioni, cartfwtandp 1 opinione di Polibio che fa caderq quell avvenimeqto pell anqo di Romq 571 , quand erano consoli Q. Fabio Labeoa e e M- Claudio Marcello. Ch se, confortine as serisce Coro. Nepote, il Nostro lasci scritto Annidale esser morto nel consolato di L. Emilio Paulo e Co. Rebip panfilo, non coinciderebbe pi nella piedesitna epopa l estremo caso dell eroe romano e quello del Cartaginese, ma vi sarebbe tra di loro l intervallo d oltre un anno. Nascono, cred io, queste dif ferenze dalla diversit de calcoli che seguirono Livio e Polibio nella determinazipne de tempi storici, da noi gi accennata d1t l introduzione alle note del lib. xvi. Giusta il primo furono Q. Fabio Labepne e C Claudio Marcello consoli 1 anno 669 del l era Varvoniana distante quattr anpi dallera Polibiana , e Sci pione mor non in quest anno , sibbene nell antecedente 56$ 'siccome vedemmo di sopra. Quipd 1 anno 5^2 in cu i, a detta di Nepote, Polibio-pone la morte d Annibaie, corrisponderebbe

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al 56g Varroniano, f molto si discosterebbe da quello di S ci' piriei (^5) Egli pertanto eie. Ho creduto di accogliere net testo que sto frammento rapportato in due volte da Snido sotto'il Kome di Polibio, ma che non offre l a c u n a ,' ove p o n g a si in Continuazione, siccme, seguendo'-1 a u to rit di Plutarco nel FHopemetie (pagi 366 ) , fece il Valesio. ' (76) Dlia Malattia. Gfaev egli*, secondo -Plutarco -( l c . ) ammalato di febbre quando gli giana la nuova che 4 'Messemi occupata aveano Megalopoli. (77) Giunse d Argo in JUegatopl k stesso i'orrto> Scrive Plutarco cbe queste citt erano tra d loro distatiti quattrooenlo Stdii, eguali a cinquanta miglia romane. Non' avrebb egli per corso tanto spzio in un solo giorno , se Ir mitrai d lui cova dotta non fosse stato un corpo scetfo di cavalleria, conforme a* serisce' l anzidetto scrittore. (78) Per qualrant anni. Essendo Filopemene vssuto seMan-i t anni, e per quarant anni continui avendo egli -sostenute cari che nella repubblica , ne segue che1 di treni anni incominciato avesse a servire lo stato ; et presso gli Achei ' richiesta V pub blici impieghi, siccome indica Polibio nell Ambasceria 5g (xxix, 9 ), e Dionigi dAlicarnasso nel' Kb. iv. # Valesio. ' (79) Cercalo gloria. Non parmi cbe il del testo sia convenientemente espresso dal cum gloria versatiti de tra duttori latini, e che pi gli si convenga il senso da me preferito, i! quale senza render l idea d ambizione che cader non: poteva in uomo tanto virtuoso, corrisponde' alla passione di che arde un anima generosa d acquistarsi riputazione nel beneficare 1 patria. (80) Con franchezza. Latinamente fu qui fitlt w nfiinnxt voltato 'cum liberiate et constantia. Io stimo cotesto \ocabolo equivalente all ardire che nasce da sicurezza d animo, ed al1 i S i l * , mancanza d i p a u ra , con che Io spiega Esichio. (8<) Annibaie ec. Pi esteso rapporta Suida questo luogo,

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donde comprende aver egli avuto sott' occhio tutto il testo di Polibio, siccome abbiamo g ii sospettato altrove, e non, seeoodoch crede lo Schweigh., essersi egli valuto daltro compilatore, che in altra parte degli estraiti compilati per ordine di Costan tino Porfirogenete rifer il presente elogio. Ecco il brano siccome leggesi nel anzidetto lessicografo : M irabil cosa ed i l . maggior

in d u io , essere stato questuomo attissimo a comandar eserciti, e molto pi eccellente degli altri nelP arte della guerra. Im per ciocch rim ato diciassettanni in campo aperto , e passato per moltissime e barbare nationi , e volutosi dell opera cC uomini d i varie genti p er imprese disperate e strane , non f u sponta neamente abbandonato da nessuno eh ibbe a fa r e con lui e che gli si diede nelle mani. (8a) Favorisse con telo. In certa guisa il contenuto di que
sto frammento opposto a. quello del primo in cui vantasi la pru denza politica di Filopemene, 4>iA</nVaf >

veX iTtvftttTi, (nel governo aristocratico) leggesi qui ; e col Q. ir -a. (nel g. democratico), col medesimo verbo
esprimente l impegno ed il fervore con che gli anzidetti eroi sostenevano la loro fazione, e ne ritraevano gioirla. Nel qual con tegno era questo ammirabile , che al duce acheo l aura popolare non concitasse invidia, ed al romano la protezione degli otti-' mali non iscemasse la venerazione della moltitudine. (83) N ulF altro disse ec. Qui sembrami viziato il testo, gofifa ssendo anzich no la costruzione: VAAA* / i t i iv S ti ! i wyr i x S - t / t , iti tpn efi wptwret tT ia i, nulP altro disse fa cen d o si a va n ti, ma disse non convenirsi. In Suida leggesi questo passo altrimenti : vAAAaf /ili v& r , ttvlc efi ettx . 7. A. ) cio : N essun altro parl in sua d ife sa , ed egli sol disse ec.

quantunque io non abbia osato d introdurre nel volgarizzameato la lezione di Suida, correndo sufficientemente il senso colle parole da me espresse, ci non pertanto 10 ho per isbagliata la scrittura del Valesio ricevuta dallo Schweigh., n ade guatamente da loro voltata. Oltrech non vero che Scipione te
i> o i.ib io , t o m . n i .

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sole parole qui riferite abbia in tal occasione pronunciate, ove
meritino fede Livio (xxxvm, 5 o), A. Geli io (iv, 18) ed Appiano Alessandr. (Syriac. c. 4) > > quali asseriscono, aver queirillustre capitano recitato allora un discorso in cui parl magnificamente delle sue gesta, annoverandole tutte, e cos chiudendo : In que sto g io rn o , o R o m a n i , io vinsi in Africa Annibale Cartagi

nese vostro acerrimo nemico in una grande battaglia. Oggi vado in Campidoglio p er s a lific a re agli D eif chi a m a la p a tria m i segua. (84) Dell Olimpiade centesima quadragesima nona. Queste
parole ho aggiunte al testo per maggior chiarezza, attenendomi alla versione dello Schweigh. Hujus Olimpiadis ha il Casaub., nella cui cronologia all epoca qui citata non v ha cenno degli avvenimenti narrati nella presente ambasceria, avendoli egli tras portati all anno primo della stessa Olimpiade insieme co con soli Bl. Claudio Marcello e Q. Fabio Labeone che. appartengono secondo Livio a lf anno susseguente. < 85) La sciagura de Sino pesi. Sembra che qui debbasi in tendere l espugnazione ch esegu Farnace di questa citt in ad dietro libera, rammentata da Strabone (xu, p. 545). Non potendo pertanto i Sinopesi-, soggiogati da Farnace, lagnarsi della loro disgrazia presso il senato romano per via d'ambasciadori, il fe cero i R odii, come quelli eh erano amici ed alleati de Sinopesi, e gi prima avean lojo dato soccorsi, allorquando Mitridate, pa dre di Farnace, lar ruppe la guerra, secondoch attesta Polibio (v, 56). Drakenborchio sopra Livio ( x l , 4). (86) Che manderebbe legati. Esegu ci. il senato lanno ap presso, poich comparvero gli ambasciadori de re Farnace, Eu mene ed Ariarate, mandando in Asia lo stesso Q. Marci* che qni veggiamo ritornato dalla Grecia (V. xxv, i). (87) Quinto Marcio. Intorno alla costui andata in Grecia nell anno a questo antecedente, per provvedere agli aflari della Ma cedonia e del Peloponneso , consultinsi i capitoli 4 e 5 di que sto libro. (88) Che non lo si cogliesse. Ci che io sono per dire seni-

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brer per avventura sottigliezzr grammaticale. Tuttavia, siccome in volgarizzando la presente storia mi sono proposto davvicinarmt meglio che per me si potesse, e la propriet dell'italica fa vella il comportasse, al carattere della dicitura greca ; -cosi non ho voluto saltar a pi p a ri, conforme feceift) i traduttori latini, il significantissimo c b e , reggendo u a altro verbo ed applicato a persona, ha il' senso di m o tiva re,, manifestare ThAS Hesych.) di far qualche cosa. Avver tisse beni Filippo, diceva il senato a costui ambasiadori, di non lasciarsi sorprender avvolto in macehinamenti cantra i Romani. Cotesta frase, molto famigliare a Senofonte, non al trimenti , siccome pronuncia il Z eune, un modo perifrastico, la qual cosa era gi stata1bene intesa dal interpetre di Itti Leunclavio, che Q c t f r u l (Cyrop. v , a, 4 ) non volt, con forme fece 1 anzidetto pi moderno editore m en tia tu r , sibbene m endax deprehendatar; n S i a Q t f i t (Ibid. j , 3 , l) excellebat, ma p a l a m praeslabat, n (ppitat Qn/tti (Ibid. iv , 6, 8) sa p ia s , ma p a s e a t te sentire. - Il latino videor ancora , che al greco corrisponde, sarebbe a detta del Forcellini stato sovente usato da Cicerone come riempitivo ; ma i due esempli in un periodo di quellOratore (pr lege Manil., c. io) da lui addotti panni che non confermino la sua asserzione, dappoi ch satis multa mihi verba fecisse vid eo r , detto in tuono di modestia , non lo stesso che lassoluto satis multa verba fe c i, n dicendum esse vid ea tu r , esprimente ponderazione delle cose che s hanno a d ir e , quanto lo schietto dicendum sii. (89) Lacedemone tosto ec. Messene a quel tempo fu staccata dalla societ degli Achei per opera di Dinocrate; Ma meutrech agitavansi queste cose in Roma , nello stesso anno almeno , fu Messene ricuperata dagli Achei, su di che veggasi il cap. 12. Schweigh. (90) Rifuggendo. Bene osserv lo Schweigh. che. in luogo di *7 ct9 v r o t l a f abbiasi qui a porre x . * l t t < p t v y o i 7< tt. Infatti

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brutto solecismo il primo di questi vocaboli ed ibrido mostra del presente del passato. (91) Strippo. Lo stesso che l anno antecedente venuto era ambasciadore a Roma (x x iv , 4) bassi ad intendere coli ritor nato. Schweigh. Costui area nella prima ambasceria rappre sentata non la intiera nazione laconica, ma sibbene la parte di lei cbe chiedeva il ristabilimento della costituzione che le avean data gli Achei. Al presente sembra che tutta la nazione si fosse in questo desiderio accordata, facendo capo cotesto Serippo. 1 Romani pertanto, non contenti dell arbitrario procedere degli Achei, ricusavano d accrescer le loro forze coll unir altre nazioni alla loro lega. (93) N on appartener pi a s i laffare. Modo ironico cbe veniva a significare, essersi gli Achei oramai emancipati da Romani, i quali per conseguente non potevano lor imporre l adempimento di quanto chiedevan i Lacedemoni. Nella risposta data agli Achei ripetute sono le stesse parole con una spiegazione pi chiara , nella quale rendesi palese tutta l acerbit d animo che 1 ebbe dettata. (g 3) L impresa contro M essene , per vendicare l uccisione crudele di Filopemene. Licorta, padre di Polibio, ne fu il con duttore , ed dessa narrata qui tosto al cap. is . <94) A q u t tempi. Giudiziosamente osserva lo Schweigh. che quest ambasceria non era presso gli altri editori di Potibio at suo sito, e che va essa collocata dopo il cap. x , nel quale non compariscono gli ambasciadori degli esuli spartani per la ragione eh qui accennata. (g 5) Agesipolide. Dopo la morte di Cleomene aveano gli Spar tani dati a lui per successori Agesipolide, di stirpe regia, e Licurgo che non lo era, ma che corrotti avea gli efori con danaro. C o stui per regnare solo cacci il primo in bando, ed ecco perchfe il veggiamo qui tra gli ambasciadori mandati dagli esuli di Spar ta. V . Polib. iv , 35 ; Livio x x x iv , 3 6 , secondo il quale era egli capo di quell ambasceria. (96) Licorta ec. L argomento di questo libro fu brevemente

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toccato da Livio ( r * t , 5o); pi distesamente Io espose Plutarco nel Filopemene, cui aggiungasi Pausan. (Arcad. 5 i ) . Schweigh. (97) Trasse trinanti. Secondo il Casaub. v avrebbe qui dopo 7S mt Ktpm una grande lacuna, chegli accenna con motti punti, e lo Schweigh. ancora la indica con due asterischi. Io ho con sultati i luoghi degli autori nominati nella nota antecedente, in cui trattato 1 avvenimento qui descritto, e parmi che, seguen do sovrattutto Plutarco, si possa far svanire colai mancanza, aggiugnendo al testo w f t v f l u f t , v tp S tln u 7 iu l S t , d bo espresse queste parole nel volgarizzamento. % xlftt*t &r(cJt)'yci Avite f i , scrive Plutarco, tir 7}r tui/ta-

>it , * * x a x S t we/avr Ini % i p * i ,

$ r v f t Q f i *re ttiti

icfi|7 Itvt'A%*t)>vf. Preso a supremo duce L ico rta, inva

sero la Mes$enia , e maltrattarono la campagna finattantochi accordatisi ricevettero gli Achei. (98) N e ir appoggio. Lo Schweigh. dopo aver accettata la tra duzione del Casaub., che 7? tQtfftftf rese per praesidio , nelle note spiega questo luogo scrivendo : Confidentes proxim itati hostium. Ed infatti la vicinanza de nemici dar doveva animo ed
ispirar fiducia a Messeni ; giacch, discordando da chi governa va , collocavan ogni speranza di salvezza negli A ch ei, entrati allora coin nemici nel loro paese , ma che realmente sostegno ed appoggio recavan al partito del popolo oppresso da coloro che avean avuto parte nell uccisione di Filopemene. Questa idea mi sono ingegnato d esprimere senz allontanarmi dalla propriet della voce greca qui usata. (99) Degli ambasciadori d i Beotia. Convien credere, che la guerra accesasi cinque anni addietro tra gli Achei ed i Beozii (V. x x in , 2) fosse terminata, avvegnach n presso il Nostro, n in Livio trovasi fatta menzione dell andamento e della fine di quella ; altrimenti non si comprenderebbe come i Beozii man dala avessero un ambasceria apposita per confortare i Messemi alla pace cogli Achei. (100) Covavan rancore . HixpSt , secondo la let

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tera amaramente d ispo sti , eh quanto: Chiudevano nel petto am aretta ed odio , c questo pensiero ho voluto rendere colla frase da me adoperata. Fiacco e non corrispondente all idea del testo il male oderant de traduttori latini. (101) A lla subitanea uccisione, eseguita cio subito dopo la, sua presura. Dinocrate temendo non dall indugio nascer potesse la salvezza di Filopemene , il fece avvelenare lo stesso giorno ili cui fu fatto prigione, come prima annott (V.- Plutarco, Filope mene, verso la 6ne). Il Casaub., copiato dallo Schweigh., spieg, il .test anzich tradurlo, scrivendo: Ut Philopoemen statim captus inlerficerelur . Io non ho creduta necessaria laggiunta della, circostanza che manca nel Nostro, e che di leggieri si sottintende. (102) Torsi da s la vita. A delta di Plutarco, Dinocrate, siccome il pi colpevole , non aspett il comandamento di darsi la morte. Gli altri complici si uccisero da s1 , tranne quelli che opinato avean di martoriare Filopemene, e che consegnali fu rono al capitano degli Achei per essere uccisi con tormenti. Que sti ultimi od il primo da credersi che omessi fossero dal com pilatore. Lo Schweigh. avendo ricevuta la traduzione del Ca saub. , eh pure la nostra, e sostenutala nel dizionario polibiano , la riform, rapportando il l e i l t t s a Messenii od agli Achei, e non altrimenti agli stessi colpevoli. Ma la medesima frase i i* loo i> nel senso d uccidersi ha il Nostro nel lib. x l , 3 , n facea mestieri di questa ritrattazione. Plutarco, a dir vero , nulla dice di siffatto comandamento, ma, oltrech egli narra che morirono pelle proprie m ani, ben ragionevole a supporsi che > 1 timore d una morte crudelissima fra tormenti indotti abbia quegl infelici ad eseguire volonterosi quella intima zione, fatta ad essi nell atto che venivano, legati coloro che a pi grandi strazi! riserbavansi.

F1NB AGLI AVANZI

DELLE DEL

ANNOTAZIONI VIGESIM O QUARTO.

LIB RO

IJ oK b> , Voi. V JT,pai?. io3

DELLE STORIE
D I P O L IB I D A M E G A L O P O L I

AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO QUINTO.


I. (i ) X M e s s e n i i , pella lor o sto lt ezz a r id ot ti allestre- A . di m a miseria, rimessi f ur on o nel pr ist in o st a to di g ov er n o sociale pella ge ne ro si t di L i c o r t a e degli Achei. A quel t e m p o ( 2 ) A b ia , T u r i a e F e r a n e , ( 3 ) ed e r e t t a u n a p r o p r i a c o l o n n a , fu c i a s c h e d u n a a m m e s s a al c o m u n e r e g g i m e n t o degli Achei. I R o m a n i , c o m e s e n ti r o n o ch e gli affari di M e s s e n e e r a n o riusciti s e c o n d o il des iderio degli Achei , n o n f a c en do r ag io n e della p r im a se n t e n z a , d ie d e r o (4) agli stessi am b a s c ia d or i ( 5 ) u n altr a rispo sta , i n d i c a n d o loro , ave r essi p r o v v e d u t o , c h e n e s su n o dallItalia n ar m i , n vettovaglie in trodu cesse in M e sse n e (6). D o n d e fu chiaro a tu t ti, co m e tanto son o lungi dal respinger e trascurare le c o s e e s t e r n e , b e n c h m en o im p o r ta n t i, ch e al con tra rio adontansi, ove n on venga loro data relazione di tutto, n tutto si operi s e co n d o la loro volont. Giunti gli

se p a r a r o n s i da Me sse - Amb. 5

io4
i. di R. ambasciadori d a R om a in L a c e d e m o n e , e recala aven573 do (7) la risposta: il pretore degli A c h e i , co m e prima m ise ordine agli affari di M e s s e n e , raccolse il popolo in S icion e. Gli A ch ei col uniti proposero il partito di ricevere Sparla nel loro c o m u n e , d icen d o che i R omani avean rifiutato I arbitrio dato lor pria su quella citt ; p erc ioc ch r is p o s e r o , non appartener a s le faccen d e di L a c e d e m o n e , e quelli ch e al presente signoreggia van o j n Isparta (8) partecipar volean al governo sociale degli Achei. L aon d e esortava il pretore ad accettare la c itt ; d appoich ci sarebbe loro utile in d ue m a n iere: l una ch e accetteran n o tali (9) c h e serbata avean o la fede alla nazione ; 1 altra ch e non avranno a socii del governo gli antichi f u o r u s c it i, i quali eransi diportati verso di loro con ingratitudine ed em piet, ma essen do questi per opera d altri esclusi dalia c i t t , avranno (10) tali c h e con ferm eran no le loro is t it u z io n i, ed in siem e reuderan l o r o , colla provvidenza degli D e i , le con ven ienti grazie. Licorta dun qu e co n questi e simili discorsi apimava gli Achei ad accogliere le citt. Ma D io fa n e e d alcuni altri tentavano di difender i fuorusciti, ed sortavano gli A chei a non viem aggiorm ente oppri m ere gii esiliati, n (11) per ca gion e di p och i uom ini a c crescer la potenza di quelli c h e gli aveano co n em piet e perfidia cacciati fuori dalla patria. Q u este c o se si dis sero da a m e n d u e.le parti. i l . Gli A c h e i , uditi c h ebbero entram bi, risolverono di accettare la citt, poscia, essen do stata (1 a) scritta la c o l o n n a , Sparta si resse a co m u n e cogli A c h e i , e furon accolti nella citt quelli fra gli antichi fuorusciti,

foS i quali non eransi dimostrati sconoscnti verso la na- A. di i zione Acbea. Avendo gli Achei ci stabilito, m andaron 5^3 ambasciadori a Roma, capo dequli era ( t 3) Bippo argivo , per informar il senato di tutto^ ed i Lacedemoni egualmente nominarono ( l 4) Cherone. I fuorusciti an cora m andarono ( i 5) Cleti per mediatore, affine di op porlo in senato agli oratori degli Achi. (16) Giunti in Roma gli am bastiadori de'fuorusciti di Lacedemone e degli A ch ei, e venuti ad un tempo quelli d Eumene e del re A ria ra te , e di F arnace : il senato diede prima udienza a questi. Ma avendo non ha guari riferito (17) Marcio e gli altri ambasciadori, cherano stati con lui mandali per la guerra mossa tra Eumene e F arnace, (18) e significata la moderazione d Eumene in tutte le co se, e l avarizia e grande superbia di Farnace : non ebbe pi il senato mestieri di molti discorsi, dopo uditi i le g a ti, e rispose, che avrebbe di nuovo mandati am basciadori per esaminare pi accuratamente le diffe renze degli anzidetti. Poscia entrati gli oratori (19) dei fuorusciti di Lacedemone ed insiem con essi quelli della c i t t , il senato ascoltatili lungam ente, con quelli della citt non fece alcun risentim ent# per 1 accaduto, ma a fuorusciti promise di scriver agli Achei che li rimettessero in patria. Dopo alcuni giorni entrato es sendo Bippo argivo, che mandato avea la nazione A* c h e a , ed esponendo il ristabilimento de' Messnii \ il s e n a to , non rincresciutogli punto cotal m aneggio, ac colse benignamente gli ambasciadori.

III. Essendo venuti da Roma nel Peloponneso i fuo* Amb. 5

io6 di . rnsciuti di Lacedemone, e fccando seco lettere dal se7^ nato agli Achei, sul provvedimento da-farsi circa il loro ritorno in patria e la loro salvezza: parve agli Achei di differirne la deliberazione, finattantoch venissero gli ambasciadori da s mandati. Data questa risposta ai fuorusciti, posero la cdlonna della pace fatta co Messe n ii, cui accordaron , oltre ad altre beneficenze, im munita per tre anni, (ao) a tale che il guasto delle cam pagne non offese meno gli Achei che i Messenii. Ritor nato Bippo da Roma , e significando, come la lettera scrilta'intorno a fuorusciti non era per volont dei se n a t o , ma (a i) estorta dall importunit de fuorusciti : piacque agli Achei di non alterar le cose presenti.

'tnb. 55

1V< In Asia il re (%a) F a r n a c e , disprezzata di bel nuovo la relazione che fu fatta di lui a Romani, spedi L eocrito, essendo ancor in v ern o , con diecimila soldati per guastare la Galazia ; ed egli stesso in sull apparir della primavera raccolse le sue forze, come per inva dere la Gappadocia. La qual cosa sentendo Eum ene ne fudolente,- perciocch F arnace trasgrediva tutti i limiti della fede ; e vicfesi costretto a fare lo stesso. E ra gi ragunalo il suo esercito , quando (a 3) Aitalo approd proveniente da Roma. Poich furono insieme e sebbero abboccati, mossero incontanente colie forze. Giunti nella Galazia, non vi trovarono pi Leocrito: ma avendo (? 4) Carsignato e Gazitorio, che gi in addietro ebbero abbracciato il partito di Farnace, m andato a loro per ottener salvezza, e prom ettendo di far ogni Ior coman dam ento : li rifiatarono per cagione dell anterior per-

107
fid ia, e levatisi con tutto P esercito marciarono conira A. di F arnace. Pervennti il quinto giorno da (a 5) Calpito al 5^3 fiume A li, il sesto proseguirono sin a Parnasso. Col (26) Ariarate, re della Cappadocia, si un ad essi col pro^ prio esercito, e cos giunsero nel territorio degli (27) Amiseni. Appena sebbero accampati, che venne la nuova esser arrivati da Roma (28) ambasciadori per trattar l pace. La qual cosa avendo risaputa il re Eumene, sped Aitalo a riceverli, ed egli (29) raddoppi le forze, ed ornolle con ogni diligenza, acconciandole cos pe bi sogni della g u e rra , come per m ostrar a 'R o m a n i, cbe di per s potea punir F arnace e debellarlo. V. ( 3o) Venuti gli ambasciadori, ed esortatolo a ces sare dalla guerra : dissero Eumene ed A ria rate, esser pronti a tutti i suoi com andam enti, ma domandaron a Romani, se possibil fosse di convocar una ragunanza a cui essi e F arnace interverrebbono, affinch, pr* nunciandosi i discorsi a viso a viso, vedessero la costui perfidia e crudelt a molte prve: ch se ci non fosse possibile, li pregavano giudicassero- gli affari con equit e giustizia. Impegnatisi gli ambasciadori di fare tutto ci che sard>be possibil ed onesto, e chiedendo che levassero I esercito dal luogo ( dappoich eli era as s u rd a 'c o sa , che in loro p resenza, e mentre trattavano la pace, si facessero la guerra, e vicendevolmente sof* fendessero)} cedette E u m e n e ,, ed il giorno appresso toltosi di l, marci verso la Galazia. I R om an i, ab boccatisi con F a r n a c e , dapprincipio il richiesero di venir a discorso con E um en e, potendo per lai guisa principalmente condursi gli affari a buon fine. Ma op-

io8
4. di /{.ponendosi egli a siffatto particolare, e dando finalmente 5?3 un rifiuto, fu tosto chiaro a Romani a n c o ra , com'egli
s stesso apertamente co n d an n av a, e diffidava de' pro pri! affari; ma volendo essi ad ogni modo por fine alla g u erra, insistettero, finch acconsent di m andar am basciadori (3 i) per alla volta della m arina, coll arbitrio di far la pace a quelle condizioni che comanderebbona gli stessi legati. Giunti gli am basciadori, ed unitisi ad essi quelli de Romani e d Eumene , condiscesero que sti prontamente a tutto per conseguir la pace, ma quelli di F arnace a tutto contrastavano, e non istavano saldi a p a tti, ma domandavano sempre qualche cosa in ag* giunta e pentivansi. D onde fu subito manifesto a Ro mani che lavoravan in d a rn o , e che Farnace non era disposto a condiscender ad un aecomodamento. Quindi essendo riuscito infruttuoso il colloquio, ed i Romani partiti da P erg am o, e gli ambasciadori di Farnace an dati a casa, la guerra co n tin u , ed Eumne ritorn a suoi apparecchi. (3a) Nel qual tempo Eumene chia mato da Rodii con ista n z a , usc in grande fretta per condurre la guerra contro i Licii.

4 . di R.

VI. Poich fu fermato I accordo tra F arnace nd Attalo ( 33) e gli a ltri, se ne andarono tutti a casa colle c x u x 4 proprie forze. Eumene in quel tempo erasi riavuto da 4mb. 57aa inferm it, e dimorava in Pergamo. Come venne il fratello e gli espose il maneggio degli affari, egli approv quanto erasi eseguito, e si propose ( 34) di m andar tutti i fratelli a Roma ; sperando di por fine alla guerra con F arnace pella costro ambasceria, ed iusieme Bramando

....................................................* 9

j . d i

di presentare i fratelli agli amici privati ed agli ospiti che avea in R o m a , ed al senato pubblicamente. Essendo Aitalo ancora a ci propenso, si posero in viaggio. Ve* nati a Roma , fecero tutti in privato lieta accoglienza a giovanetti, eon cui avean contratta famigliarit nelle spedizioni dell A sia , e pi magnificamente ancora li ricevette il senato; perciocch forn loro (35) doni do* spitalil e lautissime provvigioni, e mand loro incon tro a salutarli onorevolmente. Aitalo entrato in sen a to , ramment con molte parole 1 antica amicizia, ed ac cusando F arnace, preg vedessero modo di fargli avere condegna giustizia. 11 senato a questi d' .Ti benignamente rispose , che manderebbe ambasciadori, i quali ad ogni modo finirebbono la guerra. Cos stavano le cose in Italia. . V II. In quel tempo il re T o le m e o , volendo legarsi colla nazione acbea, mand un arnbasciadore che pro mise di dar dieci navi da cinquanta remi in tutto punto. Gli Achei parendo loro il dono degno di riconoscenza, ( 36) volonterosi accettarono la promessa ; dappoich sembrava loro la spesa non minore di dieci talenti. F atta questa deliberazione, elessero ad ambasciadori Licorta e Polibio, e con questi Arato figlio dArato da Sicione, i quali ringraziar dovessero il re ( 3y) 'delle armi che avea pria m an date, e della m o n e ta , ed insieme ricever le n a v i, e far provvedimento circa il loro trasporto. Nominarono L i c o iia , perciocch, allorquando Toleraeo fece la rinnovazione dellalleanza, egli era pretore e con tutto limpegno il favoriva ; Polibio, (38) sebbene

5^3

I IO (. di l. pi giovane di quello che permettevano le leggi, perch 5/3 suo padre rinnovala avea la stessa alleanza, quando fu
ambasciadore presso T o le m e o , e recato agli Achei il dono delle armi e della m oneta; egualmente Arato pel* 1 amicizia de suoi maggiori colla casa reale. Ma non usc quest ambasceria della patria, (3g) essendo morto Tolemeo intorno a quel tempo.

str.Val.

V il i . Era a qnetempi in Lacedemone certo (4 o) Che* rone , il quale nell anno antecedente avea fatta unarnbasceria a Roma : uomo sagace ed attivo, ma (4 i) gio vane e p o v e ro , e che avea sortito educazione plebea. C o s tu i, ariugando il volgo , e osando di muovere pi che alcun altro avrebbe fatto , venne presto in estima zione presso la moltitudine. E primieramente tolse la c a m pagua, che i tiranni conceduta aveano alle sorelle, Alle mogli, alle madri ed a figli lasciati (4a) da fuoru s c iti, e distribuilla temerariamente e senza norm a se* condo il proprio arbitrio a pi abbietti. Poscia valen dosi depubblici danari come se suoi fossero stati, s p re c i proven ti, non curandosi di legge, n di pubblico d e c re to , n di magistrato. Delle quali cose alcuni s d e gnati , adoperaronsi perch secondo le leggi fossero creati riveditori de pubblici denari. Cherone, veggendo la bisogna, conscio com era davere mal am m inistrate le cose della citt1 , sped alcuni sicari! contrApolionide, il pi illastre de riveditori, che sovra gli altri potea fin vergar i suoi furti, e di giorno mentre ritornava dal b a gno il fece trafiggere. Venuta di ci la nuova agli Achei,

1f I ed adiratosi il popolo dellaccaduto, nellisjante partissi (43) il p re to re , e giunto in Lacedemone trasse Gherone in giudicio peliuccisione di Apollonide, e condannatola il fece carcerare; e gli altri rivedilori incit ad instiluire un serio esame circa i pubblici danari, e di aver cura che restituite fossero a parenti de fuorusciti le facolt che poco prima eran loro state tolte da Cherone.

di 1

IX . Filopemene ed (44) Aristeno, achei, non ebbero Estr.Fc per avventura l indole egu ale, n alla medesima setta nella repubblica furoii attaccati. Imperciocch era F i lopemene e nel corpo e nell animo ben disposto alle militari imprese; laltro (45) alle consultazioni ed ai ra* gionamenti intorno agli affari civili. P er ci che spetta . alla fazione in questo tra di loro differivano. Allorquando la potenza romana intrecciavasi gi per ogni verso ne gli affari della G recia, a tempi della guerra di Filippo e dAntioco, Aristeno governava talmente la repubblica, (4o) che di buon grado facea tutto ci eh era vantag gioso a Romani, ed alcune cose eziandio avanti che quelli le ordinassero. Tuttavia ingegnavasi d apparire attaccato alle leggi, e siffatta opinione procacciavasi, cedendo quando queste manifestamente contrariavano alle prescrizioni de Romani. (4 y) Filopemene pertanto tutti i comandamenti eh erano conformi alle leggi ed all alleanza approvava ed eseguiva senza opposizione ; ma a ci che contro queste ordinavano, non poteva egli volonterosamente assoggettarsi ; sibbene dicea, che dapprincipio era mestieri di combattere colle ra g io n i,

113 R. poscia colle preghiere : e se per tal guisa neppure persuadessero, ceder finalmente come protestando faccia agli D e i, ed allora fare quanto imponevano.

FINE DEGLI AVANZI DEL LIBRO YIGESIMO QUINTO.

SOMMARIO
AGLI AVANZI D E L LIBRO V IG ESIM O Q U IN T O .

A m m e tti*

tt J B D J T B

R o itJ .

3 1 e s i b i i a ricevuta da Licorta, nella confederazione degli A chti. - Incostanti risposte dtf Romani agli Achei. - Congresso degli Achei in Sicione. - Deliberazione circa il ricevimento di Sparta nell alleanza (5 I)> - Due generi di fuorusciti. 1Uofane discorde con Licorta. - Sparta i ricevuta nella con federazione degli Achei. - Ambasciadori dEumene, dAriarate e di Farnace in Roma. - Oratori de'fuorusciti Spartani degli Achei (5 li);
A ffau
d e l P b lo p o k b b so .

Gli ambasciadori defuorusciti spartani ritornati da Roma. - Indulgenza degli Achei verso i Messemi ($ III).
A rr* u
d e l l A

su .

Farnace invade la Galazia e la Cappadocia. - Eumene gli va incontro. - Aitalo ritorna da Roma ( IV). - Carsignato p o lib io , tom . n i . 8

fi Gazitorio. Ariarate re della Cappadocia. Gli ambasciadori romani tentano di combinare la pace. - Farnace vi si oppone. - Eumene soccorre i Rodii ( V).
A.TTA I.0 c o ' t B A T t l L I A R o H A .

ferm ata una tregua con Fornace. - Aitala magnifica mente ricevuto a Roma ( VI).
A
ffari del

P elopos s e s o .

Tolemeo offre dieci navi agli Achei. - Licorta, Polibio ed Arato sono creati ambasciadori a Tolemeo. Muore Tolemeo Eptfane (Jj VII). - Cherone spartano disgusta la plebe. - Sciar laequa il pubblico danaro. - Ammazta Apollonide. - gii tato in carcere. ( V ili). - Indole e massime polilifke di filopemetffi e dfritte n e (J 1^ ).

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI D EL LIBRO V IG ESIM O Q U IN T O .

(i) J- Mettenti. Osserva giustamente lo Schweigh. che gli av venimenti qui descritti appai tengono all anno antecedente 573 Polibiano ; dappoich le ambascerie riferite dal Nostro nel cap. 1 presentate furono a lie n a to , secondoch scorgesi da Livio uo) nel consolato di P. Cornelio Cetego e M. Bebio Tanfilo dl anno susseguente. Gli oratori pertanto degli Achei e de Lace demoni erano a Rom a' sino dall anno a questo antecedente, pendoli il Senato col trattenuti, conforme leggesi nel cap. x lei lib. xxiv. ( 2) A lia , Turia e Fera. La prima di queste citt, Abea di J'olenieo, e la terza erano situale sulla costa marittima della Messeriia confinante colla Laconia, settanta stadii tra di loro didistanti (Pausan. v, 3o). Turia era mediterranea, poca lungi dalla Metropoli di quello stalo. (3) Ed eretta una propria colonna. QuUidi apprendevi che una citt greca, allorquando abbandonava la confederazione cofi cui era legata, oppur indipendente entrava in societ di governo con un altro stato, rizzava per ci ^dicare una colonna, e resta Ter tal guisa confermato quanto dietro 1 opinione del Reiske so stenuto abbiamo nella noia 149 al lib, 11 di queste istorie. Il codice dell Orsini ed il Bavaro hanno iSt'a , privatamente, per

i iG
proprio contiglio ch e, siccome pi espressivo , amerei sostituito all iS/mt (rAi|) volgalo. (4) Agli stessi ambastiadori , ciofc a que medesimi che nell auno passato avean trattenuti a Rom a, affinch dessero loro Ulta risposta, quale richiederebbe I esito di quella guerra, (5) Un altra risposta. Pria che gli Achei occupassero Messene non aveva il senato data reit agli ambasciadori loro, i quali chiedevano che provvedessero i Romani, se noti voleano con* ceder loro aiuti secondo i trattati , che dall Italia recate non fossero a Messenii n arm e, u vettovaglie (xxiv, io). Era gi sino dallora sospetta a Romani la potenza degli Achei , ed ove a questi male riuscita fosse l impresa di Messene , non v h^ duhbio che , in luogo di soccorrerli, ne avrebbono con mezzi indiretti promossa la dissoluzione. (6) Donde /il chiaro ec. Bella lode questa, tributala da Po libio alla somma vigilanza deRomani sugli avvenimenti di fuori, comech ad. essi poco spettanti; ma ad un tempo ne appalesa lo. storico il vero scopo del loro procedere ita questo particolare, il quale scopo non era gi di reuder giustizia a ciascheduno, ma l assoluta volont che ogni cosa si amministrasse a loro senno , e fossero, essi da tutti' riconosciuti per supremi moderatori dellr politica esterna. (7 ) La risposta. V. il lib. xxiv, c. lo, (8 ) Partecipar volean al governo sociale degli Achei. Gli Achei, poi eh* ebbero espugnala Sparta e morto Nabide, aboli rono le leggi di Licurgo e ricevettero i Lacedemoni nella loro, confederazione. V. Liv. xxxvm, 34- V avea pertanto una fazione cui siffatto cangiamento non andava a sangue, e che se n ebbe lagnato presso i Rom ani, siccome narra il Nostro nel libro xxm, 13. Ma al tempo del quale s ragiona in questo luogo erano tutti d' accordo circa il reggersi in comune cogli' Achei. Dubita lo Schweigh. se il Klk Te al presente , riferirsi debba a a chi siguoreggiava (xvptivtilits), ovveramente alla costoro vo lont (fieixtr$xi). lo tengo la prima di queste opinioni ; percioc ch molto pi probabile sembrami che gli Spartani pef amor

dHa paCe dati siens nuovi capi d'ingegfro cncil latore, di quello che i capi antichi, poco tra di loro concordi, cangiati allora si fossero d inclinazione. (9 ) Che serbata aveano ec., cio gli antichi cittadini di Sparta, che da Filopemene erano gi stati uniti alla societ degli Achei. >1 Schweigh. ( 10) Tali che confermeranno ec. 1 manoscritti Sono qui vi ziati , ma nessun commentatore , per quanto p arm i, li corresse convenientemente, Il Casaub., parte seguendo l Orsini, parte di sua niente scrisse: "Aaa Yiptvt, avi Ut txi *a<x7 * 7Jr Aj ii ; sibhene , quelli uscendo (excedentibus) della citt altri (riceveranno) che confermeranno ec.: senso al crto che noti volle esprimere Polibio, siccome bene osserva lo Schweigh. Il Reiske, conservando 1 Yiftit utui de lib ri, donde risulta la sentenza die noi abbiamo renduta, vi aggiugne > che farebbe le veci di lit/ltr t <, quelli che. Lo Schweigh; non contenlossi dell aggiunta del pronome personale, ina vi uni ancora espressamente il relativo 1 chiudeudoli tuttavia amendue in cancelli, siccome sospetti'; poscia pentitosi li omise af fatto, estim non doversi toccarii testo, lo mi sono volto ad al tro parere, riflettendo che non regge il nominativo coll fvov* cui si riferisce, e , s mal non m appongo, la vera lezione sarebbe ^'accusativo 7 tir ^ m ir a ti u t (avranno chi con*fermer). Cos la dicitura avr tutta la propriet greca, n sapr di latinismo , siccome quel 7v7vr ii degli anzidelti interpreti. (u ) Per cagione d pochi uomini. Accenna, per quanto crediamo , ad Areo ed Alcibiade , contro a quali confessa esser gli Achei meritamente adirati. E per cagione di costoro , cui odio portavano , non dover essi insultare alla calamit degli innocenti, n aiutare gli Spartani, e fermare con essi alleatila^

117

dappoich avean molti di loro che ih nulla mancron , e contra ogni diritto scacciati furono dalla patria. La qual coSa
dice Diofane pi da nimicizia verso Licorta che da ragiohe in dotto , non altrimenti che in addietro ebli egli biasimato quanto

118 gli Achei fecero in Sparla ed in Messene pel solo odio die por tava a Filopemene , xxm , io. Schweigh. ( 12) Scrilta la colonna. Vedi la nota terza di questo libro. (13) Bippo argivo. IL Reiske che altre volte non riconobbe per greci i nomi che in quella lingua non hanno alcun signifi cato , o semplici o composti che sieno, amerebbe che si leggesse qui Evippo, 'Ed/s-b-o, sebbene lo stesso nome ripetasi due volte nel presente capitolo. Ma se ci fosse, non vi sarebbe tanto consenso ne manoscritti, e le differenti scritture del cod. Bavaro cbe reca 'Rizrzret e Bn'iVir* non suonano' pi grecamente del volgato B/Vi rti. (14) Cherone. Lo stesso che l anno passato era stato a Roma per impetrare il ritorno nella patria agli Spartani, che gli Achei aveano condannali a morte o cacciati in esilio. V. xxiv , {. (15) Cleti per mediatore. Non comprendo perch gli spositori del Nostro abbiano voluto tentar il KAj7< decodici, facendone l Orsini KA7< , o meglio (secondo Idi) K x iltt , ed il Reiske KAe77 , od un nome che finisce in <cA?r , siccome ITrpu trii. N 1 v ha ne nomi maggior autorit dell o , n la desinenza in ir ne medesimi tanto insolita ('A y is , vEv/?vA<c). Pi sospetto il nome patrio A ix x l p itt, quand'anche lo si cangiasse, sic-' come alcuni vogliono, in od 'A ttttlip it , Clilore essendo nell Arcadia, ed Anaclorio nellEpiro , e non altrimenti nella Lacqnia, cui appartenevano que fuorusciti patrocinati da cotesto Cleti. Io leggo Sunti l f e r , e credo che con questo voca-bolo Polibio volesse esprimer il ministero di costui, eh era di recare (Ji&ynt) le loro difese al senato, affine di pacificare i cittadini espulsi con la loro patria. Vedi i lessicografi. ( 16) Giunti in Roma. A me non p are , siccome al Gronovio' ed allo Schweigh., che smanile siensi dal testo le parole wgph IS t A**.iS*ipttii'tit, di maniera che la versione italiana cos avrebbe suonato : Giunti in Roma da parte de Lacedemoni gli ambasciadori. Distinta essendo gi lambasceria de fuorusciti da quella della citt che mandato avea Cherone, la qualificazione

1 complessiva d Lacedemoni che vi si vorrebbe premettere non avrebbe puuto contribuito alla maggior chiarezza del letto. ( 17) Marcia e gli altri ambasciadori. Male ha qui il cod. Bav. M if K t t , che non si comprende chi sia, e che senza ragione ha seguito lo Schweigh. Meglio fece lOrsihi dl attenersi a Livio, il quale nel lib. xl , a narra che Marcio era stalo mandato ad esaminare gli affari della Grecia e della Macedonia , menlrech lo Schweigh., consultando il cap. ao dello stesso libro , dove non falla menzione di Marcio falsamente Sostiene che lo sto4 rico romano non rammenta punto (fucato ambasciadore. ( 18) significata la moderazione ec. Livio che riferisce que st ambasceria nel lib. x t , a , 2 0 , non tocca punto limportante, particolare qui esposto , e toglie per tal modo ogni ragionevolezza alla condotta del senato verso i re dAsia che davanti a lui per mezzo de loro oratori disputavano. ( 19) D fuorusciti. Cio degli antichi , che compresi non erano nell accoglimento e nella restituzione test avvenuti.

*9

Schweigh. (30) A tale che ec. L essersi gli Achei spontaneamente pri
vati delle entrate che a buon diritto percepir poteano da Messe p ii, divenuli loro sudditi, rec ad essi certamente non minor danno di quello che recato avesse a Messenii il guasta sofferto, nelle campagne, allorquando i primi vi andaron ad oste. Gene roso fu questo non meno che prudente contegno , il quale can cellava nell animo de beneficati ogni aulico rancore, ed in sin ceri amici cangiava coloro che provocavansi dapprima a reci proche atrocissime offese.^ Senzachfc non era lieve motivo di cosi operare l aver osservato che il ristabilimento de Messenii era Stato da Padri molto aggradito. (ai) Estorta ec. Il senato , a dir Verd , avea, Conforme ve demmo nel cap. antecedente , promesso a costoro d adoperarsi prsso gli Achei, affinch li ritornassero in patria, ma sicco^ m esso non ne fece motto agli ambasciadori degli Achei ch'erano presenti, e non riprese punto gli oratori di Spari? della loi a ripugnanza di ricever i fuoruscili ; cos Bippo non sappose malti

lao
in riferendo alla sua nazione , come il senato a malincuore scritta avea quella lettera. Il perch gli Achei, che per il loro migliore gratificar voleano in tutto i Rom ani, tolsero a quegl' infelici la loro protezione. (aa) Farnace. 11 pi scellerato tra quanti sino a lui erano stati il pronuncia Polibio nel lib. xxvii, i5 , e ben ne fa fede la truce sua faccia che qui riproduciamo copiata dal Visconti (Iconogr. grec., tom. a). Per invadere la Cappadocia , portandovisi dal Ponto suo regno, gli era d uopo passare pella Galaliti, la quale, debellata gi da Romani perciocch tenuto avea con Antioco , e poscia pacificata , era da Farnace trattata ostilmente con grave offesa di quelli. V. Polib. xxu, 30 e seg.; Liv. xxxvut, 17 e seg. (a3) A lalo. Dal non esser questi n dal Nostro, n da Livio nominato tra gli ambasciadori, cbe maudati furono da Eumene a' R om a, conclude lo Schweigh. eh egli non vi fosse stato al trimenti, e che, siccome i Rodii a quel tempo accignevansi a far la guerra a Licii , per il qual uopo chiesti aveano soccorsi a quel r e , cosi Aitalo probabilmente da Rodi , dovera stato man dato per esaminare gli affari, e non da Roma ritornava : nomi eh egli osserva essere sovente stati cambiati da copisti. Ma ove* si consideri , cheffetto della venula d Aitalo fu Ventrata delle sercito dEuinene nella Galazia, e non gii una spedizione in aiuto de Rodii, non pu dubitarsi che Attalo , abboccandosi col fratello , non gli abbia manifestata la relazione data da Marcio al senato, tanto a lui favorevole quanto vituperosa a Farnace , e eh egli fosse stato capo dell ambasceria inviata da Eumene a Roma per lagnarsi delle violenze commesse dal re del Ponto. (a4) Carsignato. Livio ( x l i i , 57 ) lo appella Cattignato , e narra coli che comandava gli aiuti de Gallogreci nella guerra di Perseo. L Orsini pretese di farne Eposognato ; ma oltrech nulla poteva autorizzarlo a siffatta correzione, noi osservammo (x x u , 20) il regolo test mentovato, anzich contrario ad Eu mene alleato de R om ani, amico di questi nella guerra in cui vinsero quella barbara nazione. -

12 1
05) Cdlpito-ParnasSo. Il primo di questi luoghi, non ram mentato da nessun geografo, debb*essere stato ne'la Galazia , dond Eumene procedendo giunse al fiume Ali, confine della Ga lazia e della Cappadocia , dov era Parnasso , conforme hassi da Costantino Porfirogeneta (Ceremou., pag. 4 60 ). Non seguir qui le conghietture de commentatori che arrecaron al testo molla con fusione. Affioch pertanto meglio si comprendano le mosse dEumene converr riflettere, che qusti inseguendo Leocrito generale di Farnace entrato era per la Frigia nella Galazia e , non avendovelo trovato prosegui per la Cappadocia, passando il fiume' Ali che divide amendue i paesi. Unitosi coll esercito d Aria rate, ripass 1 Ali e la Galazia , e quindi penetr nel Ponto , portando a Farnace la guerra nella propria casa. (?6 ) Ariarate. Quinto di questo nomesovrannomato il P io , conforme scorgesi dalle medaglie che di lui ci pervennero. Io stesso che scrisse il Nostro (iv , a) aver assunto il regno 1 anno 533 di Roma ; quindi dominava egli, allora gi da quarantanni< A detta di Diodoro Sic. (xxxi, Ectog. 3) salito era sul trono an cor fanciullo. (27 ) A miteni. La lezione de MSS. M u xitrm i (deMocissei) che lOrsini seguito dal Casaub. muta in 'A fitn a t (degli Ami seni) , ma che lo Schweigh. volle ristabilita , cotnech la chiu desse tra cancelli. Che se , conforme osserva il test mentovalo commentatore, Mocissa a tempi del Porfirogeneto, per comando del quale compilati furono questi estratti, fu metropoli episcopale nella Cappadocia , ci non basta per provare che gli eserciti uniti dEum'ene e dAriarate accampati si fossero ne suoi dintorni per attaccar Farnace ; dappoich non era altrimenti lesercito di que sto re penetrato nella Cappadocia, sibbene ritiratosi dalla Galazia era desso rientrate nel Ponto. Al contrario Atniso fu secondo Strabone ( x u , p. 547 ) ragguardevole citt posseduta da re del Ponto , alla quale , passato tAli, i re alleati ben naturai era che pervenissero colle loro forze (V. la carta dellAsia minore nel tomo 3. di queste istorie).

1 11
( j 8 ) Ambasciadori per Imitar la pace. Nel cap. a alibiam veduto come il senato risposto aveva agli oratori d Eumene e degli altri r e , che mandali avrebbe ambasciadori per esaminar le loro differenze. Ora se , confortn nostro parere, Aitalo vi fu presente , non poteva egli supporre che , dopo ^informazione di Marcio sovra questa bisogna, grandemente a Farnace contra ria , i Padri amassero di dar un pacifico esito a siffatta contesa) quindi fatti avea tanti apparecchi di guerrp. (09) Raddoppi le fo rte . Non ' aggiunse gi Eumene alle sue forze altrettante di quelle che prima avea, siccome crede lo Schweigh. che valga l cf<*Ar/a< qui osato da Polibio; il per ch egli suppone questa parola poco sana, riflettendo che quel re era troppo da casa discosto per render cosi in un subito dop pio il suo esercito. Il vero si che d ogni fila di soldati ne fece due, conservando Io stesso numero di gente, procacciando, per tal guisa al suo schieramento pi efficacia in battglia. V. il Grassi nel Dizion. milit. alla voce addoppiare, ed Esichio in /itTXdrirftcf. Nello stesso senso adoper il Nostro qutto verbo nel lib. xvm, 7 , la qual cosa stupisco come sia sfuggita all ocu* latezza dello Schweigh. Yeggasi la nota 48 che apponemmo a quel luogo. "(3o) Venuti gli ambasciadori ee. Degli avvenimenti narrali in, questo e nell antecedente cap. nulla trovasi presso Livio; quindi, riesce impossibile di supplire a quanto dall epitomatore fu omesso, circa la condotta e 1 esito della presente guerra , che agli amba sciadori romani non riusc d impedire, (3i) Per alla volta delta marina. 'Zm) A77 ha il lesto che m ale, secondoch io stimo, fu renduto in latino per ad oram marilimam , quasich gli ambasciadori tlEumene avessero precisamente dovuto calar alla costa del mare, quando, conforme leggesi poco appresso, quelli de Romani eran a Pergamo, si -1 Inala infra terra. Ha dunque in questo luogo iwV il senso 'di i i lo-, verso, in direzione d i, che il Nostro costruisce cos col genitivo come coll accusativo: Cli i A iSvtit, alla volta

la 3
dellAfrica (i , ag), iti -tt\ alta.'volta deit Sicilia (j, 4i). E nello stesso significato ufea egli il semplice tri , sic come nel lib. n, 11, tiri Ine Asro alla volta dApollonia.
Cotal mare era lEgeo, alla costa del quale approdati erano gli oratori di Roma per recarsi ideila capitale dEumene , passando un breve tratto di terra. (3n) Nel qual tempo ec. Osserva opportunamente lo Schweigh. che lepitomatore troppo qui restrinse il testo di Polibio. Non cos sembrami aver egli colto nel segno difendendo il volgalo pleonastico x a , e meglio forse la intese il Reiske suggerendo di cancellarlo, o di aggiugnervi un verbo p. e. (ed esortandolo, pregandolo con istanza) ; ch troppo a spropo sito qui stassi quella congiunzione, non senza eleganza posta ne gli altri passi del Nostro dallo stesso Schweigh. citati. (33) E gli a ltri, cio Ariarate ed i regoli della Galazia che tenuto aveano parte con Farnace, parte con Eumene. Non era questa una pace definitiva , siccome osserv gii lo Schweigh. , sibbene una tregua, dappoich per concludere la pace mand poscia Etimene tutti i fratelli a Roma. (34) Di mandar ec. Non a credersi che Livio omettesse W ambasceria tanto solenne, ma noi incliniamo a supporre collo Schweigh. che contenuta essa fosse nella parte del lib. x u delle sue storie che and smarrita. Gli onori fatti ad Eumene slesso e la diceria di lui quando venne a Roma per denunziar le scel* leratezze di Perseo appartengono ad unepoca dieci anni a quest posteriore, e distesamente ne parla lanzidetto storico net lib. x in , 11 e seg. ; e per quanto Valerio Anziate supponesse che Aitalo e non il fratello col venisse, non probabile , siccome sospetta lo Schweigh., ch'egli confondesse un ambasceria coll'altra. (35) Doni dospitalit e tantissime provvigioni, %'ttta n) termini che i lessicografi confondano, ma ch e , se non m inganno, debbon essere distinti; dappoich tr< , con forme indica la sua derivazione da %'uti, spite, erano i regali di suppellettili preziose che ofTerivansi a re od agli ambasciadori

124
amici (V. la nota 4 al lib* **>) ; laddove erano le somministrazioni di vettovaglie ehe faceansi a medesinrti. In un senatus consulto inciso in tavola di bronzo , gii posseduto dl1 Orsini e rapportato dal G rutero, oltre alle due specie di doni qui rammentati , si fa cenno d' un luogo (locus) che il questore incaricato era di prender a pigione pegli stessi individui, e presso Livio pure (xxvm, 39 ; xxx, 17) distinguono loca, lautia, munera. Donde scorgesi lerrore di Plutarco (Problem. roman.), e di Festo e di G. Gherardo Vossio (Etimologie.), secondo i quali fi> (doni d'ospitalit , munera) sarebbono la stessa cosa che lautia ; voce la di cui affinit con lotus e lautitia fa abbastanza cono scere la sua relazione alla magnificenza de conviti. (36) Volonterosi accettarono la promessa. Tuttavia rifiutaron essi lofferta a questa similissima di Seleuco (xxm, 7 e g); forse perciocch il dono accettato dal re di Siria potea reudere gli Achei sospetti a Romani ; non cosi quello di Tolemeo , de Romani amico, Schweigh. Ma 1 amicizia che in quella con giuntura rinnovarono con Seleuco non li mettea forse in diffidenza presso i Romani ? Fatto sta pertanto che gli Achei, protettori com erano de Greci sotto gli auspici de Romani , non abbiso gnavano di soccorsi esterni ; quando a tempi la cui storia qui* narrasi , varii essendo gli umori tra le nazioni greche , e dimi nuito il favore di che godevano gli Achei presso i dominatori dli o rb e , non riuscivan ad essi superflui i presidii onde foraivali un principe potente. (37) Delle armi ec. Circa-queste e la moneta avuta da To* lemeo veggasi il lib. xxm, 9 , poco dopo il principio. (38) Sebbene pi giovane. Non aveva egli ancora trentanni, et che 9 secondo che leggesi nel lib. xx ix , g * era richiesta presso gli Achei per esercitare un pubblico ufficio. (3g) Estendo morto Tolemeo. Era costui sovrannomato Epifane , e mori avvelenato in et di 3i anno nel 573 di Koma (Visconti, lconogr. grec. r t. a , pa. 334). Il Vesselingio ed il Petavio sono pure di questo parere ; ma il Simson (Chronica

ia5
universale) e lo Schweigh. vogliono cbe finisse di vivere l anno appresso. (40) Cherone. Lo stesso che tre anni addietro (5yi) patroci nalo avea-davanti al senato la causa di quegli Spartani cbe gli Achei avean condannali a'm orte o cacciati in esilio (xxiv, 4)- H primo saggio della sua politica abilit dato in questa occasione l avr messo in grazia presso il minuto popolo eh egli sempre pi seppe guadagnarsi colle sue arti. (41) Giovane. Cosi i Greci come i Romani estendevano la giovent sino all anno quarantesimo sesto, e parecchi esempli di ci ne offre Senofonte, il quale giovine qualifica Agesilao al lorquando nell anno suo quadragesimo ter?o assunse il regno di Sparta , e si giovinetto ( tttttim s ) riferisce esser s stalo chiamato da un duce greco che militava presso Artaserse, mentrech se condo i calcoli pi prohabili avea gi oltrepassati i quaranlapni di sua et (Auabasi, n , i , io). Quindi verisimile che cotesto Cbcrtme ancora varcato avesse il mezzo cammino dellordinaria v ita , qpaodo sai) iu reputazione di consumato politico presso i suoi conciuadipi. (4 a) Dafuorusciti. Nota con .ragione lo Schweigh. che co storo erano gli antichi fuorusciti che Filopemene ricondusse in patria l anno 565, ma che di bel nuovo gli Spartani aveano scacciali ; trattando Cherone. peggio i loro parenti che non avean fatto gli tessi tiranni. (43) Il pretore. e questi fosse Aristeno, conforme suppose lo Schweigh., od altri difficil a determinarsi. Cl^e npl fosse Filopemene, secondoch credette il Reiske, certo , dappoich V avvenimento qui narrato accadde un anno dopo 1 ambasceria sostenuta da Cherone a Roma nel 573, quando Filopemene mor el 570 . (44) Aristeno. Dal nou trovarsi dopo, il presente confronto menzione alcuna nel Nostro di questo illustre Acheo arguisce lo $chweigh., che il brano qui riferito e copiato eziandio da Suida (ormasse parte dell elogio di lu i, ovveramenle che in questanno

12 6 egli fosse pretore. Io inclino alla prima opinione, non essendo alieno dal costume di Polibio l istituire simili paragoni nellatto di lodare grandi personaggi defunti. Veggasi a tal proposito il confronto tra Scipione , Annibaie e Filopemene morti nel me* desiino anno (xxiv, q). (45) Alle consultazioni ec. Tic 7Ut Zi*/3jvA/r lo stesso che 72t jrAi7iK* , e eos 1 ho tradotto ; ma il X tyixa che lo Schweigh. trasse dal testo di Suida e che fu da lui voltalo eloquenlia, mentrechegli rendette per consilio , non so se esprima la mente di Polibio , il qual non parmi che abbia voluto lodar in Arlsleno l eloquenza de consigli politici, anzich il giusto ed energico ragionare nel

porgerli.
(46) Che di buon grado facea ec. Fu egli che trasse gli Achei dall alleanza con Filippo all amicizia deRom ani, e ne venne perci lodato dal Nostro (xvn, i3). Filopemene non era gi amico de Macedoni, m a , geloso custode della patria indipendenza, temeva egli la influenza romana , che il suo rivale in politica, veggendo pi addentro negli avvenimenti, stimava utilissima alla sua nazione. (47) Filopemene pertanto. La onest somma di questo duc gli facea rigorosamente osservare i trattati, ma la sua franchezza non gli permetteva di sorpassare le ingiustizie degli stessi suoi amici , cui non nascondeva come cedea soltanto alla forza ; lad dove l accorto Aristeno dissimulava il suo risentimento ed a mal giuoco mostrava buon viso. '

FINE AGLI AVANZI

DELLE DEL

ANNOTAZIONI V 1G E SIU O QUINTO.

LIBRO

DELLE STORIE
DI PO LIB IO DA M EGALO POLI

AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SESTO.

I. In quel tem po, avendo il pretore Iperbato proposto A. di , a deliberazione che cosa dovea farsi nel particolare scrit5^5 to daRomani (i) circa i fuorusciti di L acedem one: Li- Oliuij . C L ,I corta esortava a non fare n o v it , dappoich i Romani Anib. i facean ci che ad essi apparteneva se davano retta ad uomini miseri (a) che chieder sembravano cose discrete; ed ove alcuno gl instru isse, come ci che imponevano era parte impossibile, parte graude vergogna e danuo recherebbe agli amici, non insislerebbono contra il loro costum e, n ve li trarrebbon a forza. Quindi se ora informati fossero cbe gli A c h ei, ubbidendo a quanto scriveano , prevaricherebbono i giuram enti, le leggi, i patti espressi nelle colonne, le quali cose i legami souo del comune loro governo ; essi ritrarrebbonsi ed accon* sentirebbono al giusto nostro indugiare, ed allo scu sarsi cbe facciamo di non m andar ad effetto le loro

128

t. di R, prescrizioni. Cos parl Licorta. Ma Iperbato e Calli^7$ crate confortarono all' ubbidienza , ed a non reputare u la legge , n la colonna, n qualsivoglia altra cosa pi importante di questa. Tali essendo le contrarie opinioni , parve agli Achei di spedir ambasciadori al se nato per informarlo di quanto avea dello Licorla , e tosto elessero ad ambasciadori Callicrate (3) leoutes i o , (4) Lidiada megalopolitano , ed (5) Arato sicionio, e dando loro incumbenze; conformi alle cose anzidette, gli spedirono. Arrivati costoro a Roma, ed entrato Cal licrate nel se u a to , tanto fu lungi dall informar i padri conformemente agli ordini rice v u ti, cbe al contrario prese non solo ad accusar audacemente quelli della fa zione opposta, ma eziaodio (6) ad ammonir il senato. II. (7) Imperciocch d icev a, i Romani stessi aver colpa che i Greci loro non ubbidivano, ma si beffavano delle loro lettere e deloro comandamenti. Che due es sendo al presente i partiti in tutti i governi popolari; luno di coloro che dicono doversi seguitare le prescri zioni de R o m an i, e non reputar n legge, n colonna, n qualsivoglia altra cosa pi importante della volont loro ; I altro di quelli che producono le leggi, i giura menti e le colonne, ed esortano la moltitudine a non passar con leggierezza su queste cose : lultimo di q u e sti partiti esser molto pi accetto agli A c h ei, (8) ed il popolo vincerlo pi facilmente. Donde avveniva, cbe coloro che seguitavan i Romani erano presso il volgo disonorati e calunniati, mentre che il contrrio accadeva a chi 1 opposto praticava. Se adunque il senato (9) ne facesse qualche risentim ento, tosto e coloro eh eran

12Q
al maneggio degli affari passerebbon alla fazione deRo- A. m a u i, e la moltitudine li seguirebbe (io) per timore. M a ove trascurasse questa p arte , tutti inclinerebbon all altro p a r tito , dappoich il vlgo lo riputava pi glorioso ed onesto. Quindi esservi gi ora alcuni, i quali non recando innanzi, ( n ) nessun altro merito all aihbir delle cariche, per ci appuhto i maggiori onori con* seguiscono daloro governi, perch oppongonsi a quanto voi scrivete, affinch rimangano salde le leggi ed i de creti da loro fatti. (12) Se adunque indifferenti erano che i Greci loro ubbidissero e s adattassero alle loro prescrizioni, serbassero la stessa condotta che allora tenevano. Ma se voieano eh eseguiti fossero i loro comandamenti , e non punto disprezzate le cose cbe seriveano, gli esortava egli a m etter a questa parte la mag gior cura possibile; ( i 3) dover essi saper b e n e , come il contrario avverr delle loro intenzioni: lo che p u r ora era accaduto. Imperciocch poc a n z i, nella guerra messeniaca , ( i 4) adoperandosi molto Quinto M arcio, affinch gli Achei non facessero alcuna deliberazione intorno a Messenii senza la volont de Romani : essi non facendone conto decretarono da s la g u e r ra , e non solo ingiustamente guastarono tutta la loro cam p a g n a , ma i pi illustri cittadini ancora, parte cacciaron in bando, parte si fecero dar nelle m ani, ( i 5) ed uccisero con ogni maniera di to rm e n ti, perch nelle loro controversie appellato avean aRomani. I quali scri vendo da lungo tempo circa la restituzione de fuoru scili di Lacedemone, tanto eran essi lontani dallubbid ire , che han eretta la colonna, ed affermato con giupolibio , tom. n i . " 9

i3o
di A. ramento a coloro che tengono la c i t t , di non ricon575 durre giammai i fuorusciti. Alle quali cose riguardando,
egli li pregava di far provvedimenti peli avvenire. III. Callicrate, poich'ebbe fatti questi e simili discorsi se ne and. I (16) fuorusciti furono poscia in tro d o tti, ed avendo brevemente di s ragionato, e dtte alcune parole per destarla pubblica misericordia, si-ritirarono. s e n a to , parendogli ehe Callicrate avesse parlato in suo vantaggio, (17) e persuaso essendo di dover esaU ta r coloro che i suoi decreti sostenevano, ed umiliar quelli eh eran ad essi contrarii: s accinse ad abbassar chi ne respettivi stati seguiva il miglior partito, ed a render potenti coloro che, (18) o ragione o torto avesse* ro, a lui ricorrevano. Donde a poco a poco gli avvenne, che in processo di tempo abbondasse di adulatori, e di veri amici scarseggiasse. Tuttavia scrisse allora circa il ritorno d e fuorusciti, non solo agli Achei, esortandoli a dar loro a iu ti, ma agli Etoli ed agli Epiroti aucora , ed insieme agK Ateniesi, a Beozii, agli Acarnani ; non altrimenti che se scongiurasse tuiti ad abbattere gli Achei. Ma intorno a Callicrate stesso in particolare, ta cendo de suoi compagni d am basceria, aggiunse nella risp o sta, che tali dovean esser i sentimenti di ciasche duno ne governi , quali erano quelli di Callicrate. Costui pertanto eoa siffatta risposta ritorn in G re cia, gongolante di gioia, non sapendo, com egli era diyennto autore di grandi mali a tutti i G re c i, ma singolarmente agli Ajchpi. Im perocch sino a que1 gior ni avean essi in qualche modo uguaglianza di diritto co R om ani, in premio d aver serbata la fede (ig) u

13 1

tempi pi ragguardevoli, dacch abbracciato aveano A. di 1 il partito de Romani ; dico de' tempi di Filippo e 5^5 d Antioco. (20) La nazione pertanto degli Achei an dava crescendo e progrediva in meglio da tempi in cui principiammo la nostra storia, ed incominci a mutarsi in peggio peliaudacia di Callicrate . . . . I R om ani, (ai) mercecch sono uomini e d animo splendido e di massime on este, hanno piet di tutti gl infelici, ed a tutti quelli che ad essi ricorrono ingegnansi di gratifi care ; e se qualche socio fedele ram m enta loro i suoi d iritti, ritornan in s stessi, e correggonsi, per quanto possono, nella maggior parte de casi. Ma Callicrate, essendo allora stato ambasciadore a Roma per far va lere i diritti degli A chei, ed avendo fattoi tutto il con trario , e (sa) trattivi per giunta gli affari de M essenii, su quali i Romani non aveano mosse lagnanze: ritor nato in Achea minacci i suoi cl terrore de1 Romani, e colla relazione della sua ambasciata spavent ed a b batt l p le b e , la q u a le , (a 3) perciocch non sapeva che cosa egli realmente avea detto nel senato , il cre' primieramente p re to r e , quantunque di molti vizii fosse b ru tta to , (24) e da doni corrotto; poscia, ssendo egli entrato nel suo ufficio, rimise in patria i fuorusciti di Lacedemone e di Messene.

IV. (a 5) Ci che narra Polibio, che Tiberio Gracco Strab dirocc trecento citt deCeltiberi, dice Posidonio, bef> p- *63 fandosene, aver quegli scritto per gratiGcare a Gracco, chiamando l torri citt, siccme (i6) nelle pompe trion-

i3a
4.

di R. fali. E forse non disse cosa im probabile; perciocch i


capitani e gli storici facilmente incorrono in siffatto m enzogne, abbellando i fatti. (Strabone in, p. i 63).

Zstr.Fal.

V. (3 7 ) Perseo , come prima ebbe rinnovata P amici zia coR om ani, prese (38) ad ambir il favore deGreci : chiamando in Macedonia, (ag) e chi per debiti era faggito, e chi per condanna era andato in esilio, e chi per delitto di lesa Maest ( 3o) avea la patria lasciata. (3 t) Ed espose editti in Deio ed in D elfo, e nel tempio di Mi nerva Itonia; loro dando non solo sicurezza pel viag gio, ma restituendo eziandio i beni tutti (3a) che avea n o , quando fuggirono. F ranc ancora quelli che nella stessa Macedonia eran debitori allerario , e liber co loro che per delitti di Stato erano rinchiusi nelle car&r.-.Ci facendo (33) crebbe animo a molti, e mostr itgjjji belle speranze a tutti i Greci. Appariva pure nel re* stallie tenor di sua vita regia dignit; perciocch (34) era d aspetto poderoso e ben disposto ad ogni fatica del corpo appartenente alle occupazioni di guerra e di pace, e nella faccia avea (35) grave piglio e (36) componi mento all et sua non disdicevole, (37) Evitava ancora la scostumatezza del padre.nelle donne e neconviti, e non egli solo bevea poco cenando, ma eziandio gli amici che con lui usavano. Tali furono i primordii del principato di Perseo.

(38) Il re Filippo, poich aggrand ed ebbe la Grecia

i33

in sua potere , fu I1 uomo il pi perfido e scellerato ; A. di , ma poich la fortuna (39) gli spir contraria , fu gli ^7^ oltre ogni altro moderato. Caduto affatto , acconciossi ad ogni vicenda avvenire, e tent per ogni modo d afforzare il suo regno.

VI. ( 4) F a r n a c e , cui l invasione nemica giunte re* J mf,, pentina e grave, pronto era a qualsivoglia proposizione: il perch sped ambasciadori ad Eumene e ad Ariarate. Q ussti avendo benignamente accolti i discorsi di pace^ mandarono tosto proprii ambasciadori a F arnace , ed accadendo ci pi fiate da amendue le p a r t i , fermato fu l'accomodamento a queste condizioni : Sia pace fr a Eumene e Prusia ed Ariarate da un lato , e Farnace e (40 Mitridate daW altro in perpetua. (4 a) Non in vada Farnace la Galatia in alcun modo. Tutte le conveneioni che in addietro avea Farnace co Galasii sieno nulle. Sgombri del pari la Paflagonia, restituendovi gli abitanti , che rie avea prima cavati, e con essi (43) gli armamenti ed i dardi , e gli altri apparecchi. Renda

eziandio ad Ariarate tutti i luoghi che gli sono stati p resi , e gli apparati che pria vi si trovavano , e gli statichi. Renda pur (44) l'io situato sul Ponto i ( cote*
sto luogo dopo alcun tempo diede Eumene a Prusia, il quale gliene avea fatta istanza, e lebbe a gran favore). Vi fu scritto a n c o r a , che Farnace restituisse i prigioni senza riscatto , e tutti i disertori : oltre a ci del da naro e del tesoro che avea tolti a (45) Morzio e ad A riaratey restituisse agli anzidetti re novecento talenti , 0

134
. iti R. od Eumene ne aggiugnesse trecento pelle'ipese delta 5< p 5 guerra. F urono pure imposti in questa scrittura a M i tridate s atropa deW Armenia trecento talenti, percioc

ch trasgredito avea il trattalo con Eumene e fa tta la guerra ad Ariarate. In questa convenzione si compre* s e r o , deSignori dellAsia (46) Artassia cbe comandava quasi tutta 1 A rm enia, ed Acusiloco ; di quelli d Eu ropa Gatalo sarmata; (47) degli stati liberi gli Eracleoti,
i Mesembriani, i Gherronesiti ed insieme i Ciziceni. I n torno agli staticbi fu per ultimo stabilito, quanti e quali doves.se d a r Farnace ; e venuti q u e sti, levaronsi tosto di l colle forze. T al esito ebbe la guerra di Eumene e d Ariarate contra Farnace.

. di R. VII. Dopo la spedizione de consoli (48) Tiberio e S 77 Claudio contro gl Istri ed i S ardi, (49) il senato diede udienza agli ambasciadori veuuti da Licii, volgendo la inb. 60 state gi alla fine. Questi giunsero in R o m a, quando erano gi debellati i L ic ii, sebbene fossero stati m an dati molto prima a tempo opportuno. Imperciocch (5o) i Sanlii, allorquando ei-ano per entrare in guerra, spedirono Nicostrato per arnbasciadore nell Acbea ed a Roma; il quale pervenuto allora a Roma cosuoi com pagni mosse a piet molti senatori, ponendo loro sotto gli occhi (5 i) il gravoso impero deRodii e la calamit de suoi. Finalmente a tanto ridussero il senato, (5 a) che mand ambasciadori a R o d o , per significare , come , . (53) rivedute le memorie fatte da dieci legaci in Asia, allorquando fu maneggiato laccordo con Antioco ,

135

trovaron i Licii dati a R o d ii, non in dono , ma pi A. di } presto (54) per amici ed alleali. F atta per tal modo la ^77 transazione, non piacque del ta tto (55) a molti Pavve nuto; perciocch sembrava che i Romani presieder vo lessero allo spettacolo d un cimento da loro suscitato tra i Rodii ed i Licii, affine di consumare gli apparati ed i depositi de Rodii, (56 ) poich ebbero udito che questi avean test condotta la sposa a P e rs e o , e fatta prova delle loro navi. Conciossiach non molto prima avessero i Rodii con isfarzoso e magnifico apparato spe rimentati tutti i loro vascelli, avendo lor Perseo data grande quantit di legna pella costruzione delle navi, e regalalo d nna (57) stregghia doro ciaschedun (58) re* matore de banchi sup eriori, di quelli che gli aveauo recentemente condotta la sposa (59) Laodice.

V i l i . Poich vennero in Rodo g)i ambasciadori di Am. 6 R o m a , ed esposero il decreto del s e n a to , fu a Rodo grande tumulto e confusione tra (60) i maestrali, i quali erano sdegnati dell aver detto i R o m an i, come i Licii non furon loro altrimenti dati in d o n o , ma per alleati. Imperciocch laddove parea loro di aver non ha guari ben ordinati gli affari de L ic ii, vedean sorger un prin cipio di nuovi affanni: ch i Licii, come prima giunsero gl inviati de R o m an i,, e significarono ci a R o d ii, i-ibollaronsi un altra volta, apparecchiati a tollerar ogui cosa (61) p er la salvezza delle proprie leggi e per la. loro libert* Tuttavia i R odii, uditi gli ambasciadori, e credendo cbe i Romani (62) fossero stati ingannali dai

i 3 6

(. di R. L ic ii, crearono sbito Licofrone ambasciadore infor5?7 mando il senato di quanto abbiam detto. Cos eran al
lora gli affari, quando sembrava cbe fra poco i Licii sarcbbonsi ribellati.

A. di R. IX. 11 senato, giunti gli ambasciadori da Rodo, ascolt I 5^8 le loro dicerie, ma differ la risposta. Venuti pertanto limp. jq\ j j ) ar(j anj; e riferito avendo circa la moltitudine e t ,4 . Amb. 6a de (64) B astam i, e la grandezza delle loro persone ,
ed il loro ardire nelle battaglie ; esponendo altres l societ loro co^ Perseo (65) e co G alazii, e dicendo (66) paventare costoro pi che i Bastami, e per tal cgi-; ne pregandoli d'aiuti; venuti ancora i Tessali, e confer mate avendo le asserzioni de D a rd a n ii, e chiedendo essi pure aiuto : parve al senato di m andar alcuni che fossero testimoni oculari delle cose annunziate. Ed elet to incontanente (67) Aulo Ppstumio lo sped irono , e con lui alcuni de giovani. /

X . Polibio nel libro vigesimo delle Storie chiama ^ 7 9 (68) cotesto Antioco Maniaco, (Ep'imane) e non Magnic ^ P - fico (Epifane). pelle sue azioni. Intorno al quale dico Ateneo queste cose Polibio. Scantonatosi talvolta da serventi ffi.rex.fuorj della c o rte , compariva in qualsivoglia parte della citt vagando con uno o due compagni. Ma il pi delle volte trovavasi presso gli argentieri e gli orafi (6g) ciar lando ed intertenendosi sulle particolarit dellarte coi cesellatori e cogli altri artefici. Poscia discendeva fra la

A. di R.

m inata plebe, e c o d chiunque riscontravasi conversava, A. d h e co pi vili viaggiatori e forestieri bevea. Quando sa^79 peva che alcuni giovanotti gozzovigliavano insieme in qualunque sito si fosse, senza far alciina vista era loro addosso- gavazzando (70) con timpani e canti; per modo che i p i , sbigottiti dall inaspettato arrivo, alzavansi e (71) fuggivano. Sovente ancora, deposto il regio vestito, passeggiava in toga per la piazza, facendo da candi dato , e chi prendendo per la m a n o , chi eziandio ab bracciando , invitava a dargli il voto, quando per dive nir edile , quando tribuno della plebe. O ttenuto il maes tr a to , ed assiso sopra una sedia d avorio secondo il costume de R om an i, ascoltava nel foro le liti circa i contratti, e giudicava con molla premura e sollecitudine. Donde avvenne che uomini asssennati non sapevano che cosa di lui s avessero a pensare; dappoich alcuni lo stimavano (72) semplice, altri furente. N era diverso intorno adoni; perciocch ad alcuni dava dadi di corno di capriuolo , ad alcuni d a tte r i, ad altri dbll oro ; ed abbattutosi ad alcuno chegli non avea mai veduto, gli dava regali inaspettati. ( j 3 ) Ne doni pertanto che fa ceva alle citt, e negli onori che conferiva agli Dei su perava tutti i suoi predecessori nel regno. Lo che pn argomentarsi (74) dal tempio di Giove Olimpico presso gli Ateniesi, e dalle statue intorno allaltare in Deio. Lavavasi ne bagni pubblici, quando erano pieni di gente p le b e a , ed allora portavansi a lui (75) orci pieni degli unguenti pi preziosi. In tal occasione dicendogli alcuno, felici siete voi, o regi, che adoperate queste cose, e s bene olezzate : senza risponder nulla a costui, en-

i38
4.

d R. trato il d vegnente l dove b a g n a v a , gli fece versar


sul capo u d ben grande orcio del preziosissimo angueQto chiamato (76) mirra in lagrima. Ecco alzarsi tutti e cor re r in folla per lavarsi coll unguento; ma cadendo essi per cagione della lubricit, non meno he il r e , die* doro molto da ridere.

579

FINE DEGLI AVANZI DEL LIBRO YIGESIMQ SESTO.

SOMMARIO
A GLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SESTO.

Ir s u d T o , pretore degli Achei. Deliberazione intorno afu o rusciti spartani. - Gli Achei mandano ambasciadori a Roma (J 1). Orazione di Callicrate al senato ( II). Richiesta de, fuorusciti di Sparta. I l senato ubbidisca a Callicrate. - Da Callicrate derivano tutti i mali agli Achei Callicrate crea to pretore degli Achei ( III). Gracco atterra trecento citt de Celtiberi ( IV). - Persto si procaccia il fa vo re del popolo. - Lode di Perseo. - Indole paria di Filippo ( V). - Farnace thiede la pace ad Eumene e ad Ariarate. ~ Articoli del trattato. - I regoli vi sono compresi (J VI). Tiberio Gracco e C. Claudio consoli. - I Licii accusano < Rodii di durezza d'impero. IR o d ii conducono la sposa a Perseo ( VII). - Ambasciadori romani a Rodii. - . Nuova ambasceria de1Rodii a Roma V ili). 1 t Dardanii lagnansi de' Bastami e di Perseo. A . Postumo arnbasciadore ($ IX). - Antioco meglio sopranaomato Bpirnane che non Ifyifane (5 X).

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI D EL LIBRO V IG ESIM O SESTO .

C ^ o i fluiscono i libri c h e , siccome notammo nel principio del xxi, comprendono frammenti, i quali non si saprebbe indicar con certezza a quali d essi libri appartengano. Nel presente si contengono gli avvenimenti dell anno 5^5, in cui erano consoli Q. Fulvio Fiacco e L. Manlio Acidino, narrati da Livio nel lib. xl , e quelli degli anni susseguenti 5 j 7 , 78 , 79 , descritti, sono dallo storico romano nel lib. x u , di buona parte del quale pertanto deplorasi la perdila. ( 1) Circa i Jtorusciti. Ho omesso seguendo .il suggerimento del R eiske, il volgalo insieme col Ktt&ttTcv che per non la sciar ozioso' questo articolo l Orsini aveva aggiorno al testo , potendosi senza siffatto sostantivo conoscere loggetto su cui ag gravasi la volont scritta de Romani. (?) Che chieder sembravano cose diserete. -Noq credo che renda il senso di Polibio la traduzione latina: Precibut.ac vo-, lunlali, qua e praesertim (Casaub.) quatenus (Schweigh.) aequa videatur (alle preghiere ed alla volont , mssimamente che , in quanto che sembra giusta). Dov nel testo volont ? e come oser di spiegare volont colui che ha mestieri di ricorrer a pre ghiere ? Oltrech nel testo non riscontrasi l equivalente u di praesertim, n di quatenus, e 7* fttft non quanto aequa.

i4i (3) Leonlese. A ttlie ttt ha il Nostro che non il gentilizio di Leonzio, A tS th t, citt ragguardevole della Sicilia, e non altrimenti dell Achea. Suppongo ;quindi, che il testo sia viziato; ma per quauto si cerchi ne geografi Ira le citt dellAchea una che a questa si approssimi, non viene fatto.di ritrovarla. Che se attenerci dobbiamo all analogia della desinenza , colesto luogo di nascita di Callicrate dovea chiamarsi Leontesia , o Leonteso, dietro Ecaletia e Peloponneso, i di cui abitanti appellati sono da Stefano Ecatesii, e Peloponnesii. (4) Lidiada megalopolitano. U n.altro Lidiada era stato ti* ranno di Megalopoli molti anni addietro, ma rinunzi sponta neamente al supremo dominio (P olib., n , 44). (5) Aralo sicionio. Lo stesso eh era stato un anno prima destinato con Lcortn col Nostro arnbasciadore a Tolemeo Epifane, figlio probabilmente di quellArato che quarantacinque anni addietro era stato mandato dal padre, che avea lo stesso nome, ad Antigono Oosoae per eccitarlo alla guerra contro Cleoinene ( u , 5i). (6 ) A d ammonir il senato , cio ad istruirlo con arditezza di quanto dovea fare per atterrire la fazione meno devota aglinte ressi de Romani e meno propensa ad eseguir i loro comanda menti , ove ne fosse per risultare qualche danno alla nazione achea, conforme apparisce dalla continuazione . di questo discorso. 11 verbo greco v$t7t7i usalo qui dal Nostro esprime proprio la prosunzione colla quale cotesto raggiratore la facea da maestro al senato, equivalendo esso ad i k tto t ItB'itai, porre nell'animo altrui i divisamenti da s concetti. (7) Imperciocch diceva ec. Questo discorso tanto pi interessante, quantocb non Io si trova in Livio, smarrita e s sendosi quella parte della sua storia dove contenevasi la relazione della presente ambasceria. Ne apprendiamo la condotta politica che perdette i G reci, la divisione cio del popolo nel partito ligio alla volont de Romani ed in quello de propugnatori delle patrie costituzioni , l ultimo de quali pi non aflacevasi a tempi a c'(|i erano ridotti. Che Polibio a questo avesse appartenuto

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non V ha dubbio , biasimando egli il contegno di Callicrate e chiamando poco appresso (c. 3) migliore il partito a costai av verso; per la qual cos fu dopo la disfatta di Perseo condotto a Doma cogli altri sospetti di parzialit contro i Romani (Vedi la vita di Polibio premessa al primo libro delle sue Storie , p. 3). furono gi alla medesima sfetta attaccati suo padre Licorta e Filopemene, quando Aristeno, uomo di gran peso egli pure tra gli Achei ,- teneva colla fazione contraria, comech sottratta avesse la sua nazione dall amicizia de Macedoni per introdurla ih quella de Romani (xvn, i3). ( 8) Ed il popolo vincerlo e c ., cio , proponendosi in una repubblica greca di non eseguir nna qualche prescrizione de Ro mani cbe all onore ed all utilit di qtiella si opponesse, esser pi facile che il popolo a questo partito sappigli, di quello he persuader si lasci al contrario, 'tw i& iril ir 7Tt ucXXtls sentenza pi vincitrice ira la moltitudine la chiama il Nostro con molta propriet , e noi ci siamo ingegnati di con servare nel volgarizzamento la forza di questa frase. pi agitalrice (della moltitudine) che Contro l autorit che cdici ha rOrsini e difende il Reiske, fu con ragione dallo Schweigh. disapprovata ( 9) S e facesse qualche risentimento. da accordarsi allo Schweigh. che il Casaub. non bene cogliesse la mente di Polibio in voltando questo passo cosi : Si liquam senatus darei signficaliontm (se il Senato desse qdalche iti dizio), e giusta la sua osservazione che twitniftariu pu prendersi in senso buono non meno che cattivo, cio per approvatone e per biasimo ; ma non posso acconsentirgli che debba-darsi a questo vocabolo il valore di castigo, pena, quale ha talvolta t-airrptifi. Bastava, secondo il suggerimento di Callicrate , che i Romani si mostras sero sdegnati di cotal procedere, perch i reggitori ed i popoli' cangiassero condotta ed al tlio si accostassero alla loro volonl. ( 10) Per timore. Ed il timore appunto fu cagione che nella guerra di. Perseo gli Achei per non irritare i Romani proibirono a Macedoni l entrata nel loro sialo, vincendo la senleuza di'

1 Callicrate, il quale, se giudichiamo da quanto asserisce Livio (xi, a3), non era Unto avverso all indipendenza della sua patria, od avido desaltazione presso i dominatori dell orbe , quanto per suaso che la salvezza della sua nazione non riposasse che uel serbar inviolata la fede a Romani. Callicrates ex iit, qui in eo

43

verti salulem gentis crederent, ti cum Romanit inviolatum foedut servaretur. ( l i ) Nessun altro-merito. tlip ti S tn a itt, nessun altra cosa giusta , cbe io credetti equivaler al merito per cui
giustamente alcuno chiede qualche rimunerazione. 1 traduttori latini omisero affatto questo essenziale vocabolo, scrivendo sem plicemente : Jtliud nihil. (la ) Se adunque indifferenti erano. Recando i MSS. pt\t > i < >. lOrsini scrisse Sm *.lptn, ed il Reiske che difende la scrittura volgala d a questa frase il senso di sentir contrariamente , derivandola da StxQ tptit. dissentire : spiegazione contorta, secondo la quale avrebbe detto Callicrate a Romani: Se contrarii siete all"ubbidiamo. de' Greci, se dis sentite dalla loro ubbidientii. 11 Casaub. conserv lemendazione dellOrsini e tradusse : Non eum rent, che non comprendo in qual guisa corrispondala aver saziet , esser ristucco. Meglio s appose lo Schweigh. Scrivendo S indifferentemente , che noi abbiam espresso nel volgarizzamento. pertanto bene da esaminarsi se nel Jm Q lpttt stiasi celato il senso di utilit , interesse, attribuito sovente a JtmQipu* (V. lo Scoliaste di Tucidide, lib. in, p. aoo, note 8 e a); sicch avrebbe detto 1 orstor acheo : Se credete adunque non esser di vostro interesse che i Greci vi ubbidiscano. Ma troppo allora conver rebbe scostarsi dal testo, e cos modificarlo : "Et pttr vi ft S ia iftftt i v i t i t ttfti^ tv r tt 7 vEAAF<*f (zraiSw^i? x*l) v iu c m iv ii* 75V ypaQ pttm t. (i3) Dover essi saper bene. Il cod. Bav. solo ha rq>t iJik* che, Conforme giustamente opina Io Schweigb., la vera lezione. 11 Casaub., seguendo gli altri M SS., omette le prime

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parole ti S '% pt (altrimenti) e scrive: y*f , eh egli traduce : Certo enim scire se (ch sapeva egli bene). Ma ci D o n ha siccome laltra scrittura l aria di quell ammonizione, che Callicrate pretendea di dar al senato. (i<) Adoperandosi molto Q. Marcio. V. xxiv , io: (15) E d uccisero ec. Nella nota 102 del lib. x n v osservammo sull autorit di Plutarco , che coloro tra i Messenii i quali avean dato il voto pella nccisione di Filopemene con torm enti, cobsegnnti furon a Licorta, perch di questo medesimo genere di morte li facesse perire. ( 16) 1 fuoruscili. Intorno a costoro consultisi il cap. a di lib. xxv, e col la nota 19. ( 17) E persuaso essendo. Non pormi che il '/ del testo sia stato ben renduto da traduttori latini per ditserentbus etiam non nullis, quasich oltre a Callicrate qualche altro degli ambasciadori, od alcun membro dello stesso senato, avesse suggerita lesaltazione degli Achei eh erano favorevoli a Romani e labbassamento di quelli che contrariavan ad cssi. A<cf-i<r nel senso di persuadere, dimostrare con argomenti; riscontrasi in Senofonte (C yrop., 11, 1, 8). Cosi stimo affatto alina dalla mente di Polibio la versione del passo che precede : Senalus , probaio consilio qnod Callicrates suggerebt (il senato, ap provato il consiglio che Callicrate suggeriva), quando il greco cosi suona: *H Si riy*Xt)lt S^ir* Ttt BLuXkUftiliit X iy u t 7i U t *7f r v ftp ifiilttt. Dov nel latino espresso il vantaggio Che dal suggerimento di Callicrate al senato ridondava? ( 18) O ragione o torto avessero. Nel testo solamente Jixititt!, che il Casaub. suppl felicemente nella traduzione, supponendovi aggiunto * iS ftttn . Non piacenti pertanto quel qui sectam ejus (quo jure, qure injuri) sequerentur. Volle significar Polibio, che il senato risolvette daggrandire coloro tra gli Achei che in nessuna causa , o giusta od ingiusta che fosse, s attaccasse alla decisione delle patrie autorit, ma sibbenc ap-. pellava sempre al parere de Romani e le loro sentenze eseguiva.

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(ig ) N e tempi pi ragguardevoli, cio di maggior conio , piit cospicui, ne quali la fede serbata dagli Achei a* Romani maggiormente risplendeva, ed a pi grande merit loro ascrive r s i pel vantaggio sommo che quelli n ebbero ritratto. Quindi chiara l inopportunit della mutazione di iriQttt*rT*7M in iwirp*Xtrruie (pi pericolosi), suggerita dal Toupio e dal Reiske e gi censurata dallo Schweigh. ( 20) La natione pertanto ec. Tengo collo Schweigh. che tutto questo periodo sia staccato dalla continuazione del testo, e che avanti e dopo il medesimo sieno da porsi segni di lacuna , non avendo il compilatore voluto metter distesamente un articolo che rigorosamente non appartiene alle ambascerie da lui estratte. Quindi l 7i con cui incominciano tutti gli estratti che riscontrasi qui per prima parola e nel principio del seguente perodo , cui deesi sottintendere ^ i '; n IIoPi//3ir , dice Polibio. ( a i) Mercecch tono uomini. Il Nostro in varii luoghi della sua storia insiste sulla miseria dell umana condizione, dove gl accade parlar de rivolgimenti dejla fortuna , e della prudenza e della carit verso gl infelici necessarie a chi sollevato trovasi a lr l apice di quella (u, 4 e 7 ; x v , 7 ; x v u i, 16). Qui ancora d egli a Romani, nellatto di lodare la loro generosit, un efficace ricordo della caducit dell umana grandezza , con parole che senza offenderli, dovessero eccitarli ad usare moderazione e piet verso la vieta sua patria. (aa) Trattivi per giunta. Nou vammi a sangue la correzione fatta dall Orsini al suo codice che arrecava : correzione che veggo ricevuta ne testi del Casaub. e dello Schweigh. L i a i aggiunto al cvrva* d a questo verbo il signicato d attrarre alla superficie , siccome fanno gl irritanti che i medici applicano alla c u te, distinti col qualificativo di epi-

spastici.
(a3) Perciocch non sapeva ec. [ da maravigliarsi che nessuno de colleghi suoi in quell ambasciata ne abbia informato P o lib io , torti, r i i .
10

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il popolo ; se non che se ne saranno forse astenuti per paura di quell uomo tanto affidato nella potesti de Romani. Schweigh. (a4) < & > / corrotto. Bene giudica il Reiske, che 1 vada qui mutato in SttftStxnras , -significando i n f i t t i l i in forma attiva secondo Esichio cosi dare come prender d o n i, e lastratto S a fS tx t* la malvagit non meno di corrom per che di lasciarsi corrompere con doni. (a5) Ci che narra Polibio ec. Chi considera il carattere imparziale del Nostro, tanto alieno dall adulazione, non potr toon reputar ingiusta la censura di Posidonio, la quale comechfe da Strabone non disapprovata, poscia da lui stesso modificata, in quanto che riflette come le grandi borgate saranno state in cotal relazione avute in conto di citt. Alla qual modificazione io aggiungo che, siccome altrove (v, p. a i 3) osservi il medesimo Geografo che i Galli non abitavano citt murate, sibbene terre aperte, cosi gli Spagnuoli ancora, poco a que tempi meno bar* bari di quelli , non avran abbondato di citt chiuse di mura. ( 36) Nelle pompe trionfali, dove portavansi effigiate le citt conquistate dal capitano che trionfava, sotto la forma di torri. (a^) Perseo ec. A detta di Livio ( x l , 58) aveva egli mandati ambasciadori per rinnovare l amicizia paterna ed esser dal se* D ato riconosciuto per re. ( 38) A d ambir il favore deGreci. Circa il verbo w tit, che ho cosi volgarizzalo, veggasi la nota 48 al lib. xx. (39) E chi per debiti ec. Fuggiron costoro per non pagar e ad un tempo sottrarsi dal castigo per tal cagione loro dovuto, 10 che poteva esprimersi con 7 vt (sottint tv i t u t , 11 castigo) Qtyttlttc. Non altrimenti secondo Esichio dicesi x e w t, t(*i Qi&ytit (fuggir la pena del furto, dell adul terio) : frase pi naturale di Va yp't* tp tiy u t (fuggir i debiti), e che lo Schweigh. mal difende ponendo a suo confronto $ tiy tir y p p t, cf/** (fuggire laccusa, il, giudizio) , che non ha nulla di strano. Quindi o mettasi il genitivo di %p**, o scrivasi (f< 7t %pt conforme ha Suida in uno de luoghi dovegli co

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pi il presente testo, e conforme leggono il Valesio , il Reiske ed il Kustero. , ^3o) Avea la patria lasciata. Bene cangi il Yalesio M kiJ n iu t eh era nel suo codice in M axtion'at , che il Reiske e 10 Schweigh.' senza ragione omisero affatto ; non essendo siffatta ripetizione (leggesi poco prima x a x x x X it i!s 7> M tcxiSttiat) aliena dallo stile di Polibio , presso il quale oltre -a ci trovasi 1 1 verbo i x v M t t t pi di frequente coll aggiunta del luogo nel genitivo , cbe senza di quello. Io ho mutata, per causare la noia della ripetizione, Macedonia in patria. (3 1) Ed espose editti ec. Scelse Perseo questi luoghi, per farvi affigger i decreti del perdono concesso a malfattori mace doni , per la celebrit di che godevano i templi 'che cola erano, e che vi attraeva da tutte le parti della Grecia gran rumore di gente, e di facinorosi eziandio che in essi, siccome in sacri asili; erano salvi da ogni persecuzione. Dell isola di Deio consacrata ad Apollo che in lei nacque, e del tempio dello stesso Dio in Delfo non accade dir nulla. Quanto a quello di Minerva Itonia ricorderemo, che Itone era citt della Tessaglia, dove Minerva avea un famoso tempio donde le derivava quell epiteto, e di questo cred io che parlasse il Nostro anzich di quello della Beo zia, dove a detta di Plutarco (Narrat. Amat., Opp. li, p. 774) e di Strabone (ix, p. 434) era un altare od un tempio dedicato a Minerva Itonia (consultisi su questo particolare Stef. Bizant. in "'flitt, ed i suoi commentatori, singolarmente lOlstenio ed Esichio che scrive ''l&ttr. Intitolavasi ancora la stessa Dea da cotesto luogo secondo Eustazio "ilatti, Itone, e giusta lantologia greea , e Io scoliaste d Apollonio vl7*iut, Itonide. V ebbe eziandio in Atene la porta Itonia, 'iltitia i wxai. (3a) Che aveano quando fuggirono. Aq> t sarebbe la le zione pi piana ove si riferisse a la t se fosse buona frase q>%iynt ara 7 tr u ffiti * 1, siccome lo sarebbe y n t 7 trp>7a, abbandonar gli averi , cui analogo f i i y i n Iti vxlpi'J*, abbandonare la patria- In tal supposizione

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converrebbe ad q> i r sostituire , o , se ci non piacesse,, scrivere tv , dal tempo che , il qual senso pi ragionevole fu accolto dal Valesio ; n so vedere con qual fondamento il Reiske e lo Schweigh. vi si oppongano. 11 Gronovio amerebbe che' si leggesse ij> i , citando un passo dArriano, chegli crede simile a questo , ma che a me non sembra tale. Narra listorio* grafo dAlessandro Magno (11, i) che gli esuli di Mitilene, ri tornati in patria per grazia di Dario, ridotti erano alta met di

quanti erano allorquando andaron in esilio , ttr) Itie pt/rtn la t 77 i t i ut 371 tpuytt , la qnal espressione non ha la pi
remota simglianza con quanto qui dice Polibio. (33) Crebbe animo. Il verbo ( tilm ftJ titilt che in vari! tempi e modi danno il cod. Peiresciano, Suida ed i commentatori t al certo una storpiatura , e per tale la riconobbe lo Schweigh. che mollo acconciamente scrisse : w tXXtvt ipttliaptn , **X*t uoJiiicthttu . 7. A. A molti ispir coraggio,

sembrando mostrar belle sperante. (34) Era <aspetto poderoso. Kaltt l t twiQ&ttittt J xurcf, tradusse male il Yalesio , non corretto dallo Schweigh., Specie eroi honesta, dappoich i t u r r , luattltis racchiudono il senso di f o n a adequata e sufficiente ad ottener un qualche
effetto, lo che secondo il Nostro manifestava appunto 1 aspetto di Perseo, di cui vanta egli tosto la buona disposizione alle fatiche del corpo. (35) . Grave piglio. Sebbene questo sostantivo s usi per espr mere cosi una piacevole come una truce' guardatura, ci non pertanto denoia esso pi sovente un aspetto fiero , siccome ne fanno fede gli esempli addotti dal vocabolario della Crusca a siffatta voce ; ed in tale significato vuoisi qui prender, essendo l i w m i u t t del testo definito da Esichio: T iv<> Imi i<p9-x*fit c<Pp/Sitt, il piccolo ciglio eh sopra gli occhi', che si spiana nella serenit dellnimo e si raggrinza nell ira e nella tristezza, ed allorquando la mente volge grandi pensieri e severi divisamente 11 supercilium de Latini corrisponde al greco

vocabolo che qui leggesi nel senso proprio e nel figurato ; se non che trasei pi spesso a significare superbia e fasto. V . il Forcellini. . (36) Componimento. Diciamo che un volto composto a se riet, ad allegrezza od | qualsivoglia affetto dellanimo, quando i. suoi . lineamenti prendono la disposizione e l'ordine., donde risulta 1 espressione visibile di que sentimenti. Quindi mi sem brata la voce pur ora spiegata la pi opportuna a render il 7|<r. che qui riscontrasi. ( 37) Evitava ancora ec. Questo brano con qualche piccola variazione trovasi citato da Ateneo (lib. x, p. 445) ed da lu i . riferito al libro xxvi di Polibio. (38) I l re Filippo. Veggasi a questo proposito il cap. 16 del lib. xviii, e la nota 98 che vi corrisponde. Come questo brano si. leghi coll estratto che il precede non bene si comprende. Forse era nel mezzo una continuazione del confronto tra Perseo e Filippo gi incominciato nella fine dell estratto, il quale chi-, desi col presente giudizio sul carattere del defunto. ( 39) Gli spir contraria. L *7ijnre che ha qui il testo immagine veramente sublime, tolta dal mare cbe agitano i venti soffianti in varie direzioni, e con cui viene paragonala linstabi lit della fortuna. Io volli conservarla, freddo sembrandomi quell adversam forlunam est experlus de traduttori latini. (40) Farnace ec. Nel lib. x x v , 6 veduto abbiamo' che per intercessione de Romani era stata stabilita una tregua tra questo re ed i suoi nemici. Poich fu spirata rinnovaronsi le ostilit, e non v ha dubbio eh Eumene ed Ariarate avessero invaso il rea me di F arnace, siccome avean fatto la prima volta, allorquando usciti amendue della Cappadocia passaron il fiume Ali e compar vero ad Amiso, citt che apparteneva a re di Ponto. ( 4 0 Mitridate. Era questi figlio di Farnace e, quinto di que sto nome, regn dopo il padre col titolo d Evergete (benefattore), serbando sempre fedel amicizia a R om aui, della cui nimist fatto avea funesta sperieuza sotto il genitore.

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i5o
(4 a) Non invada Fornace la Galazia. Situato coitier que* sto paese tra il Ponto e la Cappadocia , varcarlo dovea chi dal primo di questi regni passava nell altro ; lo che eziandio fatto avea Farnace allorquando mandate ebbe le sue forze con Leocari contro Ariarale (xxv, 4)- Lo Schweigh. disapprov con ra gione il volgalo 7 r*XV*> (nellaccusativo) pii iw ifix /tu t , che il Casaub. tradusse: Galaliam non ingredilor; quasich Scritto fpsse , e ne fece VxXxltat, siccome nel lib. ut, 3o scrisse il Nostro 75c ZxxxtS-xi'vr %t>pxr ; ma non doveva egli conservare l ingredilor del ,Casaub., dappoich Im fix /ttit entrar ostilmente , ed infatti volt egli il passo test citato: Si ditionem Sagunlinorum infesti ingrederentur , e noi pure col scrivemmo : ove mrAso avessero il territorio de Saguntini. Quindi abbiam giudicalo di usar qui pure lo stesso verbo. Al Reiske piacerebbe che si leggesse 7? T xX xl/x, costru zione che si trova quando l iw ip x im t si riferisce a persona, ed esprime, assaltar> investire, andar addosso ad alcuno ; cosi scrisse Senofonte (Cyrop. v, , 06) twi&xi'iyl Arrvpv, assalti VA ssirio , caso che forse a questo luogo non conviene. Resta che scegliamo tra iir/lxitn i 7J TaXxlIxt ed <tri/xlttit 7e TxX xliaf. N la prima di queste lezioni senza qualche proba bilit; perciocch non era duopo che Farnace corresse d? ne mico la Galazia, polendo ci avvenire con intelligenza de suoi abitanti, i quali, conforme tosto vedrassi , ed iu parte si gi osservalo (xxv , 4), erano stati favorevoli a suoi disegni, al qual caso sarassi provveduto colla clausola in alcun modo. (4^) Gli armamenti. T<e a \ x termine generale, che se condo Esichio esprime ogni suppellettile di guerra , 7x v tX ip me rxivn , e che per conseguente comprender dovrebbe ed i dardi j8tA, e gli altri apparecchi che tosto seguono. Ma siccome facea mestieri che un trattalo solenne conceputo fosse con parole precise e che non lasciassero luogo a dubitazione ; cos fu fatto preceder il genere, gli armamenti, poscia la specie pi essenziale le armi da getto, che pi spesso usavansi delle armi da taglio ,

i 5i
cio, fr ic c e , lance, pietre,, patte da frombole, (glande*), fuochi lavorati, e finalmente tutto cib che rimaneva a compimento dun apparato guerresco , spade , accette, macchine, fu n i , pelli p ir

costruir tende ec. (44) Tio. Noi abbiamo ricevuta la scrittura di Stef. Bizqnt. T i, appoggiata alla sua derivazione da lift** T*t A/ce (venerar
Giove) donde, secondo un antico geografo, denominata fu que sta citt dal suo fondatore Pataro. i Tolemeo la scrive T o , Strabone , giusta la citazione di Stefano (xii, p. 543 ) , T i'n a t, la qual lezione piacque al Salmasio (exercit. P lin ., p. 6a4) > ed citata da Stefano e Fulvio Orsini, e non so donde lo Xilandro, traduttore di Strabone, e gli altri editori di questo geografo ab biano tratto T '(, che a Polibio ancora fu affibbiato. (45) M onio. Livio (xxxvm, 26 ) chiama questo regolo M o n u s , e Straboue (xn, p. 56a) ci fa a sapere che Gargra era la sua regia, appellandolo nel genitivo M tpgiavs , che frse dqvrebbe mutarsi io M tpgm t, il cui nominativo M tpgiit, o in M a t t a r secondo caso di M tp&t, la desinenza volgala difettando d ana logia. (46) Artassia. Signoreggiava costui l Armenia m aggiore, fregiato del distintivo di Dinasta, Potentato, laddove Mitridate , diverso dal Mitridate figlio di Farnace compreso pure in questo trattalo, reggeva lArmenia minore col titolo di satrapo, corri spondente al nostro duca. X itlfitra i, p%t)i), , duci, condottieri d eserciti. E sicbio In un annotazione parti colare che ponemmo alla fine del volume terzo di questo nostro", volgarizzamento provato abbiamo, secondoch ne pare, che lef figie attribuita dal Visconti al Mitridate regolo armeno, del quale Polibio qui ragiona, appartenga a Milridate IV re del Ponto, che marit la figlia ad Antioco Magno e fu forse padre di Farnace I, che veggiam ora pacificato con Eumene, Ariarate ed i signori dell Asia. Alle ragioni da noi col addotte a sostegno della no stra opinione aggiungiamo, che il distintivo di Filopatore (giusta il Visconti Filometore) apposto al Mitridate armeno indica un

i 52 sovrano di maggior dignit , che non h quella dun regolo. Eb bero gi siffatti distintivi i re di Siria, dE gitto, di Pergamo, del P onto, della Bitinia, della Cappadocia , co quali pertanto non sono da confondersi gli elogii che leggonsi. sopra alcune me daglie coniate da principi di minor conto , siccome il anJStvf jc S m a lti (cultore degli Dei e giusto) sopra qoella di S a n e , fondatore di Samosata. recataci dal Visconti. Senza che Cotesto Mitridate che appena dopo la disfatta dAntioco Magnp, per cui fu questi costretto ad abbandonare tutti i paesi di l del Tauro dellAli, cio nove soli anni avanti questi avvenimenti scosso avea il giogo del re di Siria , a, nome del quale governava lAr menia m inore, ed erasi fatto di lei monarca; cotesto Mitridate , dissi, primo dominatore di quello stato., bisogna non avea dun titolo che il distinguesse da suoi predecessori od antenati che uon ebbero regnalo. (47) Degli siati liberi. Tutti marittimi. Eraclea , citt sai jPonto Eussiao poco lungi da Tio (V. la nota 44); Mesembcia, sullo stesso mare nella Tracia ; Cixico, nella Misia minore sulla Propontide ; Cherroneso, penisola dEuropa tra il mar Egeo, la Tracia e lEllespouto. (48) Tiberio e Claudio , cio Tiberio Sempronio Gracco cui a detta di Livio ( x l i , g) toccala era la Sardegna , e C. Claudio fulcro eh ebbe a combattere gl Islri. Noi seguendo lo storico r o m a D abbiamo sostituito agli Agrii i Sardi, tenendo per fermo che sbagliata sa la scrittura volgala. Erano gli gr od Agrei una nazione etolica (V. xvn, 5 nota 4?)> che allora Don trovavasi in guerra coRomani; Polibio adunque non scrisse altrimenti Aypi'tve, sibbene TapSaavt, ovvero X xpSttltvs, siccome son altrove i Sardi da lui denominati, e singann altres il Casanb. supponendo che abbiasi a leggere' XafS/tvs. (4g) I l senato diede udienza ec. cosa oltremodo difficile il conciliare qui Livio con Polibio, essendosi, secondo il primo, ( x l i , 6 ) data questa udienza avanti la creazione de consoli test nominati, e non dopo le loro respeltive spedizioni, conforme riferisce lallro. Pensai un tratto che per inavvertenza de copisii

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u1t fosse stalo scambiato per fit 7 i , e che *7 7r ijr tr r tX t significasse al tempo della speditione ; ma ci pure non sana cbtesto anacronismo, dappoich avanti il tempo della spedizione, Jrp* 7*r itrrrXit, introdotti furono in senato gli ambasciadori de Licii* Se non ch e, ove riflettasi c h e , allorquando lanzidetla ambasceria fu ascoltata, i Licii, conforme subito appresso riferisce il N ostro, erano gi debellati, e che dallo stesso Livio (ili, 3o) risulta esser i Licii stati in guerra co Rodii dopo la spedizione de summentovati consoli ; non si potr a meno di riconoscer Livio in contraddizione seco medesimo e di render giustizia alla yeracit di Polibio. (50) I Santii , abitanti della citt di S anto, E tS-n, ch era una delle sei principali della Licia secondo Artemidoro presso Strabone (xiv, p. 664), anzi la maggiore di tutte (Id., p. 665), bagnata dal fiume dello stesso nome. (51) Il gravoso impero. Con questa espressione ho credulo (li meglio avvicinarmi alla forza del vocabolo greco fluptliit di quello che fecero i traduttori latini, voltandolo crudelitas. Lagnavansi i Licii, non gi de singoli atti di crudelt commessi da Rodii contro di loro, ma in generale dellasprezza di tulio il loro governo. (5i) Che mand ambasciadori. Secondo Livio ( x l , 6 ) diede il senato agli oratori licii una lettera pe R o d ii, nella quale con(enevasi la sua risposta,' lo che pi probabile che non la spedizione di un apposita ambasceria. (53) Rivedute. Il testo ha M>Aiip9t>7i>, riprese in m ano, cio, siccome spiega il Reiske , per esaminarle, lo ho stimato di dover usare verbo tale, che unisse possibilmente amendue i sensi. (54) Per amici ed alleati. alquanto oscura questa risposta, non comprendendosi bene come i Rodii potessero considerarsi signori de L icii, non essendo cbe loro amici ed alleati, quali avrebbono potuto essere altri stati indipendenti. Livio (l. c.) fa parlar il senato in modo pi chiaro e ragionevole : Nec Lycios

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Rhodiis, nec alios alicuiquam, qui nati liberi sinl, in servituttm dori piacere. Lycios ita sub Rkodiorum simul imperio et- tutela esse, ut in ditione populi romani civitales sociae sint. (Non
piacer a s che i Licii diansi a R o d ii, n altri a chicchessia in servaggio. Esser i Licii sotto l impero e la tutela de Rodii, non altrimenti che le citt sociali sotto il dominio de Romani). E ra colesta suggezione una specie di vassallaggio che fruttava a' Pa droni tributi e forze ausiliarie nelle guerre, senza conceder loro il diritto di mescolarsi nell amministrazione dellg stato. Circa il trattato che attribuiva a Rodii la Licia vggasi di sopra xxn, 7 , 97 ; xxiu , 3. (55) A molti tra i Romani e forse del medesimo senato ch e, favorevoli essendo a Rodii, con dispiacere vedevan il loro abbassamento. (56) Poich ebbero udito. Era gi Perseo sospetto a Romani per cagione della benevolenza eh egli procacciavasi ne modi pi straordinari! da tutti i Greci. Ora la mostra pomposa che avean fatta i Rodii di tutto il loro naviglio conducendo la sposa a quel re , ed il legname da lui ad essi abbondevohnente sommibistrato per la costruzione di nuovi vascelli erano circostanze che dubbia reudeano la fede di quegl isolani, tanto potenti per mare, nel caso che lo stesso Perseo meditato^ avesse una impresa contro i Romani. Ragione sufficiente era questa per iscemare nel costoro animo il favore che sin allora accordato avean a.R odii, singolarmente dacch uniti ad Attalo sterminate ebbero presso Chio le forze navali di Filippo. (57 ) Stregghia d oro. Due sensi addita Polluce (Onomast. vii,' 179) della voce m ^ y \ ( , la stessa che rrX tyytt siccomegli la scrive: l uno di stregghia, pettine di ferro che a nostri tempi s usa unicamente per liberare i cavalli dal sudore e dalla polvere, e con cui gli antichi radevansi aucor ne bagni, fregando la pelle per torle da dosso l immondizia. Laltro significato, ricevuto qui dal Casaub., dall Ernesti e dallo Schweigh. di benda o lamina da mettersi intorno al capo. Il Drakenborchio a Livio xlii , 12 adotta per questo luogo il primo senso , n senza ragione ; per

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ciocch un aureo ornamento che cigne la lesta si addice a per-; sona d alto affare, anzich a rematore ; a Dulia dire che secondo Polluce rrXtyyic un cuoio dorato Stpf** *t%pvrmpnrt , e non altrimenti una suppellettile aurea, rrtxy'ie x p v n i , quale, dice il Nostro che Perseo donasse a primi rematori. Mi si op porr che una stregghia doro pella pieghevolezza de suoi denti poco servigio avrebbe prestato all uopo di tergersi la cute nel bagno ; ma forse era il manubrio soltanto di quel nobile me tallo, ed i denti in quello incassati di ferro; o forse servir non dovea questo dono a nessun u so , ma era un semplice oggetto prezioso dato per gratificazione; (58) Rematore de banchi superiori. Il volgato Q paxlflai un errore goffissimo , che non pu correggersi facendone *lu fp in ltit (cavalli coperti di ferro), quasich , siccome sogna il Drakenborchio (1. c.), Perseo donate avfesse stregghie d oro pe cavalli, che non aveano certamente avuta parte nella con dotta della sposa reale eseguita dalle navi de Rodii. Leggasi adunque col Reiske S-ptilS>. la qual voce occorre nel lib xvi, 3, dove vedi la corrispondente nota la . Erano cotesti rematori pi pregiali, e perch seduti in luogo pi cospicuo , e percli la lun ghezza de remi che maneggiavano richiedeva pi forza e destrezza. (5g) Laodice. Apprendiamo da Livio (xlii, ia) che costei era fi glia di Seleuco successore dAntioco Magno , non avendola Per seo chiesta, siccome narra lo slesso storico , ma essendo egli stato per lei domandato : tanta era la gara de potentati della Grecia in onorare quel re di Macedonia. (6o) I maestrali. Il Casaub. voltato avea 7ole w tX tlttcpttitvr in cives , e lo Schweigh. opportunamente il corresse e ne fece magistratus, citando due altri luoghi del Nostro (xxvi, a e xxvii, 11) dove 1 anzidetto participio ha indubitatamente questo senso. pertanto da sapersi cbe JtXilit/tit e s-A<7mr< trovansi promiscuamente presso i pi classici scrittori per amministrar i pubblici affari. Tucidide, a dir vero, usa sempre la forma attiva , ma in Senofonte, Isocrate e Dionigi riscontrasi ancor la

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passiva, o media che dir vogliamo. Se non che v t X j t v i p t i f i sono talvolta, giusta losservazione del Volfio nelle note ad Iso crate, p. 107, 68 r , 7 9 0 , abitanti e cittadini, duna repubblica, e cos l iu finito significa alcune fiate abitare in una citt , in uno stato ; ma il senso pi frequente quello di regger una

repubblica , esserne il reggitore. . (61 ) Per la sa lvata delle proprie leggi. 'Tw tf 7SV i v l t t t fila ti per la facolt di sgovernarci colle proprie leggi, eh era loro contrastata da R odii, ed accordata da Romani - E per la loro libert. Quest avea maggior estensione e consisteva nel
lindipendenza de Licii da ogni comandamento de Rodii, eziandio dallobbligo di somministrar loro soldati e danari in qualit dal leati , secondo la volont de Romani. (61 ) Fossero stati ingannali da' Licii, cio che questi aves sero loro fatto credere dessere stati maltrattali da Rodii , mepirech esercitati non ebbero sopra di loro se non se i diritti di sovranit trasmessi ad essi da Romani. (63) I Dardanii. Nazione bellicosa tra lIlliria e la Macedo nia (Strab. vii, p. 3 t5 , 16), che avea parecchie yolte fatta irru zione in questo regno (V. Polib. v, 66 ; v, 97), e dequali Per seo , in procinto di romper guerra aRomani, voleva assicurarsi. Livio, che fa sovente di loro menzione, li chiama sempre Dardan i , ma io ho voluta seguire la scrittura di Polibio, eh pure quella di Strabone. (64) Bastami. Gente d origine germanica, valentissima iu guerra, che occupava tutto il paese tra la Vistola, il Tana! mi nore (Donez) ed il mar Nero sino alllstro. Strabone (vh , p. 3o6) li distingue in Atmoni, Sidoni, Peucini e Rosolani, gli ultimi de quali, abitanti tra il Boristene ed il T ana!, sono i pi set tentrionali e combatterono con ciuquanlamila uomini contro i ge nerali di Mitridate Eupatore. L altezza decorpi e laudacia nelle pugne comuni aveaao colla nazione donde derivavano, nella quale Tacito nota queste qualit (Hist. v , i4> de morib. Ger mana 14). Erano costoro gi da Filippo, padre, di Perseo, stati suscitati a passare lIstro con gran numero di fanti e di cavalli,

i 57 c varcata la Tracia , i di cui principi il Macedone guadagnati avea con uffici! e doni, recarsi a distruggere la nazione de Dardanii, nel paese de quali doveano stabilirti ; poscia, lasciati col le mpgli ed i figli, pel territorio degli Scordisci, simili ad essi in lingua ed in costumi , passare pel mar Adriatico in Italia e guastarla. Non giunse pertanto al sno destino tutta la moltitudine eh erasi partita di casa ; dappoich conosciuta da Traci la morte di Filippo non accordaron essi a Bastami on facile passaggio, ma resister non potendo alle forze loro superiori, ritiraronsi colla propria gente armata in un monte altissimo, dove i nemici vo lendoli seguire, colti furono da una procella sterminatrice, che a molti di loro cost la vita. Trentamila dessi pertanto giunsero nella Dardania (Liv. i l , 5 j, 58). (65) E co Galatii. Erati costoro il terrore de popoli dellA sia , ed aveano gi ne tempi addietro lasciate di s funeste tracce nella Grecia dEuropa, allorquando sotto Brenno la inondarono; onde meritamente i Dardanii li paventavano pi ancora de Ba stami. (66 ) Paventare costoro. Leggo 1ivi evi col Reiske, e non il volgajo I ti le , che si riferirebbe a Perseo, reggendo molto me glio il confronto tra le due nazioni barbare che annunziavansi alleate del re Macedone , che non tra questo e luna di quelle. (67 ) Aulo Poslumio. And egli co suoi compagni dambasciata nel paese de Bastami, e "ritornato a Roma rifer, come avea ve duta la Macedonia ben fortificata e .provveduta d un poderoso apparecchio di guerra, e la giovent esercitata nelle armi (V. Appian. degli affari maced., fram. x in principio). La noti zia di questambasceria non trovasi in L ivio, ed era certamente tra le cose perdute che contenevansi nel libro x li delle sue storie. (68 ) Cotesto Antioco. A maggiore chiarezza del testo ho po sto il nome di re in luogo del pronome vTt (lui) riferito da Ateneo al nominativo i 'Atll%es ch egli avea poc anzi usato. - Quanto poi al sovrannome scherzevolmente trasformato da Polibio colla mutazione d una sola lettera, -ingegnato mi sono dapprossimarmi alla parodia dell originale - Livio al lib. x i ,

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ao narra la maggior parte delle cote qui esposte. Se non clic c nello storico romano e nel greco ci sono vaste lacune che potrebbono viceudevolmente supplirsi. Noi non im prenderem o que' sto lavoro; solo rimetteremo nella sua integrit il tronco periodo con cui presso Livio incomincia ^anzidetto capitolo, togliendo dal Nostro le poche parole che vi mancano : MjaisTHArvu 'imo jdeptus , RoMAnonvtt mokb ec. Lo Schweigh. rec la presente descrizione al primo anno dell'Olimp. i 5 i , che secondo Eusebio nelle Cronache fu il primo anno del regno dAntioc E pifane, corrispondente allanno di Roma polibano 5 j 5 , non gi , con* forme asserisce lo Schweigh., 5 yg , ed al 578 varroniano. Non essendo pertanto noto a qual anno del regno dAnt. Epifane ap partenga presso il Nostro qnesto brano (com ech, a detta di Diod. Sic. negli estratti Pciresciani, si foss egli dato a questa -vita poco dopo aver assunta la regia dignit), e mutilala essendo la relazione di Livio e staccata per notevole intervallo dalle cose antecedentemente da lui n a r r a le , nulla pu affermarsi di certo intorno allesattezza dellepoca che dietro il surriferito com mentatore abbiamo qui apposta. (69) Ciarlando. E vptnX tySt non confabulando, siccome lha tradotto lo S ch w eig h ., a malgrado eh egli abbia altrove -(xvni, ag) interpretato iv p tn \ y !ttt, loquacitatem, secondo Suida che spiega iv p tri\ y ti, QXiaptt fr iv o lo , e che al verbo deri vatone cita Polibio. Il Casaub. voltando questo vocbolo, quan tunque non senza qualche affettazione , copiose verba fundentem (spandente parole a dovizia), avviinossi meglio alla sua etimologia. (70) Con timpani e canti. Non piacque la lezione volgala xipxpti'tv allo Schw eigh., che da Diodoro tolse *p7lo ed il tradusse tibia. Questa pertanto non noto che fosse di corno , siccome lo indica la voce da lui alla prim a sostituita , ed *xr da Greci denominavnsi. 11 Dalecampio, traduttore d A teneo, cosi volt questo passo: Lascivientem et comessabundum, nec aspernanlem figulina r asa, nec cantantium rudes concentus (lasciva mente diportandosi e gozzovigliando, n tlisprezzando vasi di c o tto , n i rozzi concerti de cantanti). La lascivia e la gozzovi

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glia in che dimembrato credo abbastanza spresse col gavazzante ; ma i Tasi di co tto , chesser doveano boccali ad uso di bere , ovveramente , giusta la nota, marginale del tradut to r e , strumenti da rtuisica fatti d argilla in forma di vasi , da battersi con bacchette per trarne suoni armoniosi, probabil non che servissero ad inluonar i c a n ti, non ro zzi, sibbene concer tati (ch tal il valore di <rvpt<pi(x) della comitiva d Antioco. A detta del Casaub. (Animadv. in Athn. I. v, c. 4 ) chiamavansi cotesti vasi acelabula (recipienti d aceto), donde la musica che ne risultava, inventata da Diocle poeta com ico, era detta ' { ptcvrixi, ippitt/ct ; ma in. progresso di tempo fatti fu ro n o , secondo Suida , di varii metalli che insieme fondevansi. Ho quindi restituito l antico Kipcc.pi/tv nel senso test espo sto. - A quale pertanto degli strum enti musicali che oggid son in uso, e che gli antichi eziandio adoperavano, cotesto xtpiptitr maggiormente corrispooda diffidi a determinarsi. Tuttavia ri flettendo come i Sirii nelle pom pe della dea Cibele che con di stinto culto v eneravano, e nelle solenni gozzoviglie usavan il tim p a n o , strumento da quella nazione in v e n tato , conforme ne fa fede Giovenale scrivendo : S y ru s ............ gentilia tympana secum vexil ; riflettendo altres che il timpano ha la forma di Vaso circolare , e che la principal sua materia e pi risonante era il cerchio metallico (comech non questo, sibbene la pelle b o vina' sopra di lui tesa battevasi), il perch presso i poeti trovasi sovente significato collespressione di aera (V. Propert. iv , eleg. 7, v. 61; Stat. Thebaid. 11, 78; vm , a a i); io non ho dubi ta to di riceverlo nel miri volgarizzamento. Consultisi il Voss. Etym olog. a questo vocabolo, e S p o n ., Miscellan. erud. a n tiq ., dissert. 8. (71) Fuggivano. Qui aggiugne Diodoro : T t l t Si Jtt 7

q>iSai ri htt.>, gli altri per la paura ammutolivano , le quali


p a ro le qui non disconverrebbono a compimento del quadro bur lesco. certo pertanto che non appartengon esse a Polibio ; dap p o ich in tal ipotesi avrebb egli cos costruito il periodo :

i6o
T o f o x>i*t ft\t . . . Q thytit, I tv t scrisse poco appresso:
w tftw lvm tr.

Jt .

7.

A ., siccome

Tr (ttt

S i^ ttifin e t, Itu t Si *\

{'jt) Semplice , per la scipitezza ne detti e nelle opere che il qualificano privo di buon senso ed idiota, o fatuo che d ir vo gliamo - Furente per le impetuose azioni inspirategli da lascivia e da baldanza. Due generi di pazzia luno all'altro affatto opposti, dipendendo la semplicit da poco sviluppo ed il furor da esaltata attiviti della ragione.- (73) Ne doni. Nel testo (1 Si Ittit W , ne sacrifica che debb essere sbaglio; giacchi Livio annovera bens molti doni fatti da questo re a parecchie c itt , siccome a M egalopoli, a T e g e a , a Cizico , a Rodo, ad Atene e ad altre, m a di sacrifici! da lui in queste procurali non fa egli motto. Q uindi da leggersi con Gio. Fed. G ronovio e collo Schweigh. Smft* 7t ovveranaente Sirtrt.
(74) Dal tempio di Giove Olimpico presso gli Ateniesi. Questo pare che fosse stato da lui incominciato a fabbricarsi colla maggior magnificenza che alcun altro sulla terra. Le altra profusioni fatte in onore degli Dei che rammentale sono dallo storico romano non da credersi che fossero omesse dal Nostro, sibbene da Ateneo, il cui assunto non era destendersi in siffatte architettoniche suntnosili. (75) Orci. Non vasi semplicemente, chfe term ine generale cui corrisponde in greco iy y tic t , ma vasi di terra c o tta , che sono propriam ente k i piptt*. Di questa materia appunto faceansi gli orci c h e , siccome,a d nostri ancora si pratica in alcune p a r ti' d Italia, riempievansi dolio. Il lussurioso Antioco in esse riponeva gli ungenti preziosi che abbondanti recava seco ne* bagni. (76) Mirra in lagrima. Intorno a questo unguento ed alla sua preziosit veggasi la nota 5 g al lib. xiu.

FINE
a

D E L L E AN N O T A Z IO N I DE L L I B R O V I G H S I M O S E S T O .

FU A M M B N T I

DELLE STORIE
D I P O L IB IO DA. M EG A LO PO LI

AVANZI DEL L.IBRO VIGESIMO SETTIMO.

I.In q u e lte m p o (i) vennero ambasciadori, daTespieJ A . di t Lasi e Callia, da (2) Nene (3 ) Ismenia : Lasi per con583 segnare la sua patria Romaui, ed Ismeoia pkr rimet* 0 *'mF te r all arbitrio de legati tutte le citt della Beozia in Amb. 1 com une. Ci (4) era contrattissimo al divisamenlo di M arcio ; sibbene gli ( 5) andava molto a sangue la se* ptrtzione de7 Beozii in singole citt. Il perch Lasi, ed i Gherone, ed i Lebadei, e tutti gli altri cherano olan d a ti dalle citt lieto accolse ed accarezz , ma Isme* n ia (6) pubblicamente svergognava, discacciandolo e negligendolo. Ei si fu allora che alcuni fuorusciti d ac c o rd o T assaltarono, e per poco noi lap id aron o , se ri fuggito non si fosse (7) nella tribuna de Romani. Circa q u e l tempo avvennero in Tebe tumulti e sedizioni e b alcuni dicevano doversi dare la citt alla discre* P o l i b i o , tom. n i . \1

. di R. zione de Romani j ma i Corouei gli Aliarti, concorsi 5 ^ in Tehe, recaronsi premurosamente gli affari nelle mani, e dissero doversi rim anere nell alleanza con Perseo. E p e r qualche tempo furon eguali le gare de sediziosi 5 ma poich Olimpico da Coronea voltassi il p rim o , e disse, eh era da attenersi a Romani (8), nacque versq di questi nell universale u na inclinazione e mutazione d animo. E dapprincipio (9) costrinsero Diceta ad audare in ambasciata da M arcio , p e r iscusarli dell al leanza fatta con Perseo. Poscia espulsero Neqne ed Jppia, correndo a furia alle loro c a s e , ed im ponendo loro di render conto della lor amministrazione \ d ap poich essi aveano negoziata I alleanza. Non s tosto (io) se ne andaroiio costoro, che ragun^ronsi a parlamento, e primieramente (11) decretaron onori e doni a Ro mani $ indi ordinarono a magistrati (ia) d ia d o p e ra rs i con vigore nell alleanza ; per uUjm o. c r e a r la amba* sciqdpri che consegnassero la citt 9 R o m a n i e ricon ducessero i loto fuorusciti. II. M entre cbe ci eseguiva*! ip T e b e ,i fuorascitiche? ran a in Qalcide, fatto lor capo Pam pide., mossero ac* cusa contro Ismenia, e Neone, e Diceta. Siccom a p e r tanto era manifesta la cqstoro.(i3) c o lp a , ed i Romani astenevano j fuorusciti ; cosi venne, ( i 4)j Jppa peli estrema angustia, per modo cbe in qneH' istante corse pericolo della vita peliimpeto della plebe, finch i Ro-r mani alcun poco provvidero alla_sua salvezza , ra tte i neado la furia della moItitudkie. Ma ginti i T ebani, a recando i decreti e gli onori de quali dianzi parlammo, presero sollecitamente gli affari iuna piega c o n tra ri* ,

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p e r cagione, della breve distanza c h e J una citt dal* A . di i l altr separa. Del resto Mrcio, accolti benignam ente 583 irTebbni^ lod la citt, e consiglioHa di rco n d r casa i fuorusciti; e ad nn tempo ingiunse che da tn tt? le citt ai mands&etfo arabasciadovi Roma ( i 5 ),fpw.-renderla diicnesione. B?ocdeada ogni cosa a asconda del loro propouitanto : cio a dir, disfatta >essendo la unione nazionale denteasti,: e (iG) guastata la benevolenza della unaUitudiae verso lai casa di M a c e d o n i a >fecero ve> n ire (17) Servio d a A rg o , e lasciatolo governatore io Calpide, avViaronsi alla volta del Peloponneso. Neone dopo, alcuni, giorni ritorti^ iu M acedonia ; ma Ismtjnia e. Diaeta furetti allora condotti i n , carcere , e fra non (dotta 'si ; tolsero la vita. Cosi la nazione de1 Beozii,

avendo lungo tejnpo .fcanaervato il reggimento, otnune e molti e varii pericoli maravigliosamente scampati, ac cettando (18) allora precipitosamente e senza riflessione le offerte (19) di Perseo, pfesa d& ano e puerile spa v e n to f i diseiolfa e smertb/cata ia sDgoU citt, (20) Aula e 'Marcio, giunti'in Argo, diedero, udienza a1c&agistrati degli (Achei c o l u n iti,e d < * iiv e n tird tto itp re tore (a i) Arsone di mandai*'ratlieslifUi in Galctde, pev presidiare la citt, sino al tragitta de Romaini. Lo he avendo Arpone fatto, prontamente, essi, (aa) dato Ordino in Grecia a cotesti affari nel corso dell inverno, ed (3-) abboccatiti con Publio'.Laotuloj fdcem vela per Koaia.

III. (a^) Tiberio a Postumio, (5) girando circa que ^m 64 tempi pelle isole, e lelcitt dell'Asia , la mag$icur parte

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. ili R. del tempo consumaron in Rodo, quantunque (36) i Rodi! 683 allora non abbisognassero di quella visitazione. Im per ciocch Egesiloco, uomo co sp icu o , chera in quel tem po (27) p rita n id e , e poscia fu eziandio ambasciadore a Roma , gi in addietro , come fu palese che i Romani erano per far la guerra a P e rs e o , esortato avea il po polo ad associarsi con q u e lli, e consigliati i Rodii ad allestire quaranta navi, affinch, se insorgesse qualche circostanza in cui facessero mestieri, non le apparecchias sero allorquando ne fossero richiesti, ma tenendosi pronti eseguissero nell istante ci che sarebbe decretato. Le quali cose recando egli innanzi a Romani, e mostrando loro ocularmente gli apparati, lasci partire gli am ba sciadori (28) contenti della citt. T ib e rio , lodata la benevolenza de Rodii ^ ritorn a Roma.

mb. 65

IV. (29) Perseo, dopo l1abboccam ento avuto c e Ro mani, (3 o) scrisse alle citt della Grecia, esponendo o r dinatam ente in una lettera tutte le sue ragioni, ed i d i scorsi fatti da amendue le parti : stimando che appari rebbe superiore nel diritto, ed insieme con animo d e splorare l intenzione di ciascheduna. Nelle altre citt m and le lettere per corriere, (3 i) ma in Rodo spedi p ur am basciadori, Antenore e Filippo. I q u a li, giunti che furono, diedero lo scritto a magistrati, e dopo a l cuni giorni saliti al consiglio esortaron i Rodii ad esser cheti per ora, stando alla vedetta per osservare ci cheac cad ev a} ma se i Romani contro i patti 4 enUssero di p o r le mani addosso a Perseo ed a M aced on i, procu-

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rassro d accomodarli } l qual cosa a (otti era u tile , J . di i ma canvemyasi specialmente a Rodii. Im perocch quanto 583 maggior affetto ponessero all eguaglianza ed alla fran chigia, (e sopravvegliar essi non solo alla propria libert, ma.eziandio a quella degli altri G re c i), tanto maggior* mente dovessero (3 a) aver 1 occhi al partito contrario ed a tutta possa guardarsene. Avendo i legati dette queste cose ( 33 ) ed altre sim ili, piacque il discorso a tutti ; ma preoccupati com erano dalla benevolenza verso i R o m a n i, e vincendo la sentenza m igliore, accolsero bens amichevolmente gli am basciadori, ma pregarono P erseo nella risposta di non incitarli a nessun passo, per cui sembrerebbero contrariare la volont de R o mani. Antenore non accett la risposta, ma aggradite le altre cortesie de R o d ii, salp alla volta della M a cedonia.

V. P e rs e o , sentito che alcune citt dulia B eoaia Amb.66 si conservavano a lui ben affezionate, m and ad esse. (34 ) Antigono di Alessandro, p er am basciadore; il quale giunto in B eozia, le altre citt lasci , perciocch non aveva occasione a lc u n a d i inirodur con esse pratiche ; ma entrato la C o ro n e , (35 ) in T ebe ed in Aliarlo , esortava la gente ; ad attenersi all amicizia de Mace*! doni. (36 ) Avendo queste accolti favorevolmente i suoi' detti, e decretato di m andar ambasciadori in M acedo n i a , Antigono si p art, ed andato al re gli espose ci ohe aveva o p e r a to la Beozia. F u ro n a Ini poco stante ambasciadori, pregandolo d i spedire aiuti aH* citt che

i6<3
di A. avean abbracciato il partilo d M acedoni; dappoich i:
583 Tebani eran loro addosso, e gravemente li molestavano^ perciocch n oa voleano con essi accordarsi e parteg-: giavano co Romaui. L e che avendo udito Perseo,. lisse> non poter in alcnn modo m andar soccorsi a nessa-i na, (3 7) per cagione della tregua ; sibbene gli esortava^si difendessero da Tebani .quanto potessero , e,co 'R < H mani un guerreggias^ro, m a stessero tranqailli.

1 1 b. 67

VI. (33 ) Cajo Lucrezio, essendo ancoratoeU e.aeqnd di Cefallenia, mand lettere a BodiS p e rd i gii: spedi*-, sero navi, Consegnando il foglie a certo Socrate (3^); maestro d atleti. Pervenne la lettera in Rodoj quandoi Stratocle era prilaoide del secondo semestre, ed es* sendo proposto il p a r tito , piacque ad Agatageto e a Rodofonte e ad Astimede ed alla maggior parte degli altri che si mandassero le navi, (4o) ed afferrassero to sto il principio.della g u e rra , senza m endicar pretsti ; ma K a o n e e Poliarato, cbe disapprovava eziandio oi eh era g i stato fatto in favore de H om ani, recai/ aNt lor in m e s s o .(4*) la persna d E am e^ incornili ciiron; a (4 a) guastare la volont della moltitudineu (43 ) Impei*. ciocch nutrivano i Rodii sospetto e mal: talento ooni tra Eum ene , anticam ente per. cagione delfa gBfcrra eo a F a rn a c e , quando il ne Eam pne stanziando.alla, bocca delliEIlesponto p e r im pedir alle navi : 1 ingcesad nel P o n to , i. Rodii fren&roa il suo im peto ed il ratteaNi n ero ;* : poep tm po a d d ie tro , essendo* nella.'uem> Lictaoa esacerbata la loro diacordi'a per certe c a ste H e .

t 6j

la cf^Sgha situata nrfPieiWetnit del coiltnenteR odio A . d 1 c h i a m a t a f t r e , errio stti di' coriUnao molestati da 583 generali d Eum ene i per tutte quste ragioni di buon grado ascoitaraa ogni csa che Ricevasi contra il re. Il perch Dinone ed il sbo p a r tito , colta qoesta occa sione, beffeggiavano la lettera, dibendo, non venir essa da Romani, ma da Kumetie^ il quale volevali ad ogni modo (44) trarre nella guerra , e procacciar i popolo spendi! e disagi non necessaria C d a prova della loro asserzione ad d u cev an o , come il portatore della lettera fosse 'certo maestro di schrma , (45 ) ed nomo1 vile \ lo che non solevano farr i R o m a n i, s ib b en e'co iim o lta pfrettfura fcptediVattd pei* siffatte cose tiottltoi di conta.' Gi dldftand ben sapendo , che la lettera era scritta da Lucretio, ina con nimo d* insinuar al popolo di rton fer nulla prontam ente a vantaggio de R o m a n i, e di andar in tatto a rilente , affine di dar motivo alle of fse ed ' ar dissapori. Imperciccli et loro proponirilento di alienar il ppolo da R o m a n i, (46) ed avvoW gerlo , per quanto potevano ^ nelP amiciiia di Perseo. E rano pertanto gir anzidetti pei* queste cagioni ift )) & lui deVOti. PtKiarato , uomo spavaldo e vanagloriso t perciocch avea le sue sostanze obbligate a1 creditori 3 e Dinone avaro ed audace^-era sino dalla giovent in tento ad accrescer le sue ricchezze colle generosit de potenti de' re. Dbfco costoro rizzossi il pritanide Stra-* parlando contra P e rs e o , molte in Romani, indusse la moltitudine a conferirea la spedizion delle navi. Onde al-* tlifrtf s&bit 'ite navi da Ire palchi, cinque ne m andai

i68
. di R. rotto alla volta di Calcide, preponendo loro T im a g o ra ,' 583 ed una a T enedo, su cui era com andante (48 ) un altro Timagora. Questi, trovato a Tenedo Diofane, m andato da Perseo ad Antioco, di lui nou pot insignorirai, sib bene della ciurma. Lucrezio , ricevuti amichevolmente tutti gli alleati venuti per mare , liberolli dal prestargli. 1 opera loro, dicendo che gli affari non abbisognavano , di aiuti marittimi.

mb. 68

V II. (49) I R o m an i, ascoltali gli ambasciadori che. venuti erano dallAsia, sulle faccende rig u a rd a n ti Rodi e le altre citt, chiamaron all udienza gli oratori di Perseo. Spione adunque ed Ippia tentarono, di dire alcuna cpsa intorno alla somma degli affari, e di placar il sen ato ;, e massimamente scusaronsi ( 5o) delle insidie eh etmano incolpali daver tese ad. Eumene. F in ita la loro-difesa, il senato, avendo gi anticipatam ente preso di far la guerra,, ordin loro ed a tutti gli altri Macedoni che per av ventura soggiornavano in R o m a, d andarsene to sto ,.e d uscire dell Italia fra trenta giorni. Poscia invitarono, i consoli a star pronti alle occasioni , ed a n o ,n in dugiare. .

mb. 69

V ili. (5 i) Dopo la vittoria de M acedoni Perseo *agun un congresso, nel quale alcuni desuoi amici dichia rarono, che il re dovea m andar u n ambasceria al capi tano de Romani, assumendo tuttavia di p*gar iorp gli stessi tributi che avea in addietro promessi il, padre.

i69

quando,fu d e b e lla to le di sgomberare gli. stessi luoghi. . di 1 583 Imperciocch se accettassero la pacc, il re condurrebbe la guerra a gloriosa fine, dopo essere stato superiore io. cam pagna, ed in generale pi cauti sarebbono i Ro-, m ani, sperimentato avendo il valore de M acedoni, a non im porre ad ssi ingiuste e gravi condizioni. Che se nou accettassero l offerta, (5 a) indispettiti dell avve-, n ato : il Cielo meritam ente sarebbe contra di lorp sde-, gnato ^laddove pella sua moderazione gli uomini e gli, Dei a favore di lui comba^terebbopo. Questa., fu l opir< nione della maggior parte degli amici ; cui avendo ac consentito P erse o , furon incontanente mandati amba sciadori, Pantauco di Balacro, e (53) Midon.e da Beroe. I quali come giunti furono al conscie Licinio, questi subito raccolse il consiglio. Avendo gli ambasciadori, esposti gji ordini ricevuti, furono fatti uscire, e s i d e liber sullemergente. P ia c q a e d u n q u e a tutti una,nima* m ^ n te , che si desse, la pi aspra risposta. (54) ImpercioQch cotesto costume al tutto proprio de;9 ,Romani e presto di loro ereditario, mostrarti dopo le sconfitte n e l ,maggior ,g^ad? arroganti e m in acc iasse dopo i pr-, speri successi moderatissimi. Lo che esser cosa' lodevole ognuno confesser, ma se in alcune circostanze possi?: b;le fifl,.peritam ente dubiterassi. Allora pertanto die dero questa, risposta.1Ingiunsero a Perseo di rim etter le sue cose alla discrezione deR om ani, e di conceder a i senato piena facolt di deliberare come pi gli piace rebbe intorno agli affari della Macedonia. Pantauco e M idone,,udito ci,, ritornarono ed esposero tutto a P e r seo e d ^ p u ftia mici } ,d s \ quali alcuni attoniti di t&u-

170

< ti R. t orgoglio, esacerbaronsi, e cohsigliaron a P erse o d i non


583 m andar pi n ambasciadori, n messi per qualsivoglia cosa. ( 55) Ma Perseo non era di questo parere, sibbene crescendo ancora la somma del danaro inviava spesso' gente a Licinio. Non profittando pertanto nulla , e d 1 essendo ripreso dalla maggior parte degli amici, i quali' dicevano che vincitore fdcea ci che COnVenivasi S I c h i1 era vinto ed al tutto disfatto : fti c,o|S!f'ttO di rinuii*iai" alle ambascere, e di (56) rim etter il campo presso Sfa curio. In ttali termini erano questi affati.

SuiJft

IX . Il (5 ^) Cestro era un ntrovo rilroVdmento tlella guerra persie*^ d un arma di q u e s ( a f t t a .( 58 ) Avea due palmi col tubo egufe alla prominenza del frro.' A questa congegnatasi ( 5g) un legno lungo dodici dita, e grosso un dito nel diametro, nel m ezto del quale eran incuneale (60) tre ,afe di legn brvissime.' Cotesto dardo avendovi (61) due! corggifed ftdnda ine'* guali, poteva (61) avvinghiarsi nel m ezto di quste pel modo che facilmente sciogliessi. (63 ) Q u and o dunque1 nel girar le coregge errino t e s e , il cestro stava saldo f ma come nell* atto di lanciar nna delle coregge era sciolta, balzava esso fuori del legaccio hon altrimenti che fa il piombo dalla fi'bdrf, e cdrido con1 colpo Vio lento mal governava chi ad esso abbatteva?!.

Ir.Pai.

X. (64 ) Coti eraittoUiO di di^rtitoso BspeU'y ed grtf* gio nelle fazioni-guerrsche* D^animo ancdi-a fu ii tutte1

le cosa maggiore d un T r a c e } perciocch ntoslravasi sobrio, umano, e di (65 ) gravit liberale.

A.

Ai l
583

XI.

(66) A l l o r q u a n d o P e r s e o fu l i b e r a l o d al la g u e r r a A m

c o n t r a i R o m a n i , v e n u t o e s s e n d o a R o d o A nt e n o r i ? m a n d a l o d a P e r s e o p e r il r i s c a t t o (67) d e p r i g i o n i c h e a v e a n navigato con D iofanc, v e n n e r o b li c a in g r a n d e i m b a i a z z o Filofrone e pratica : T eetelo non piacque bens i rettori della repub farsi. su ci d i e dovea

piacque d 1 accettare

si ffat ta

a (68) D i n o n e e d a P o l i a r a t o .

E f i n a l m e n t e f e c e r o c o n P e r s e o n n a c c o r d o pel r i s c a t t o d e prigioni.

XII.

(69) T o l e m e o , g o v e r n a t o r e di C i p r o , (70) n o n fu Estr nei

p e r n u l l a eg izi o , m a u o m o p r u d e n t e , e c o n s u m a l o

maneggi. Imperciocch ricevuta avendo 1 isola m en tre (71) il re era ancor fanciullo, adoperossi con molta cftira in raccoglier danari, ma non diede nulla a nes suno, comech sovente ne fosse richiesto (72) daregii amministratori ed acerbamente accusato che niente met teva fuori. Venuto il re in et adulta, accozz buona quantit di danari e gliela sped ; per modo che Tole m eo stesso ed i snoi cortigiani approvarono lanteriore atta strettezza, ed il non d ar fuori eh1 egli faceva.

l 'J I X III. (73 ) Cefalo venne dallEpiro gi in addietro ben Ai R. 584 affezionalo alla casa di Macedonia, ma allora per catlim p . gione d e l l e circostanze costretto ad abbracciare il par :l u ,2 tr.Val. tito di Perseo. La causa dell avvenimento fu questa. Era certo Crope epirola, uomo in generale o n esto , ed amico de Romani, il quale, oqcupando Filippo le strette d e l l Epiro, (74) cagion divenne dell esser, questi, cacciato dell Epiro , e dell impossessarsi di Tito cos, dell Epiro come de Macedoni. Ebbe costui p e r figlio M acata donde nacque Crope. Avendo questi per-: duto il padre appena uscito di fanciullezza, Crope, il mand a Roma con accompagnamnto conyeiievoJ#,,. affinch apparasse la favella e je lettere romane. Il gio vinetto, procacciatasi la famigliarit di molti,<ritprn in. patria. F rattanto mor il vecchio C ro p e , ed il gio vine, essendo per natura orgoglioso e pieno d ogni ma lizia, (75) si mise a cozzar cogli uomini pi illustri e ad offenderli. Dapprincipio non si ebbe a lui rispetto alcuno, ma (76) Cefalo ed Antiooo cbe io l ed io rppu-rr taaione (77) lavanzavano, ammiinfittavanro la repubblica* secoadoch ad essi pareva.,.M a come prima insorse lai guerra p ersica, Crope accus gli aozid etti, presso i> Romani, prendendo occasione d a ll'a s tic a loro amipiwa colla casa di Macedonia. Allora massimamente osaer-; vava egli ogni lor dello e fatto, ed in peggio gl intcr-i pretava, togliendone alcune cose, altre aggiugnendone ? 1 e cos acquistava fede contro di qnett*. Cefajo pertanto,r uomo prudente e costante, -era a que tempi pure neU,. miglior sentenza. Im perciocch supplicava agli D e i , che non nascesse la guerra r n-, succedesse una deci*

J73
mone degli al Fari : (78) che se fosse per effettuarsi la A. di guerra, aveva egli iti animo di admpiere i suoi doveri verso i R om ani, ina di non (79) precipitarsi vilment pi in l, n di spinger in alcuna cosa 1 ossequio oltre il decro.'Insistendo GrOpe tenacem ente nelle accuse contri* di lui intentate , ed attribuendo a mai talento (80) tltoci cbe facevasi contro la volont de1Romani: gli anzidetti dapprincipio il disprezzarono, come quelli che non eransi co nsci di voler cose aliene a Romani. Ma poich videro gli Etoli (81) Ippoloco e Nicandro e Locago condotti a Roma (82) dopo, la pugna equestre senza ragione, ed esser credute le calunnie che contro di loro spargeva Licisco ed altri che in Etolia addetti erano alla fazione di C ro pe: allora finalmente pre* reggendo t avvenire, consigliaronsi circa i propri! ca si. Piacque loro adunque di tentar ogni Cosa, e non la sciar s stessi (83 ) senza esser giudicati, pelle accuse di Crope condur a Roma. Cos fu Cefalo contra il pro prio sentimento costretto ad appigliarsi al partito di Perseo.

XIV. (84 ) Teodoto e Filostrato fecero setza dubbio Hsl una cosa empia e perfida. Imperciocch come udirono che veniva il console rom ano Aulo Ostilio, che recavasi in Tessaglia all esercito , credendo di dar a Perseo la maggior prova di fede, se gli consegnassero Aulo, e di causar al presente grave danno a Romani, sollecitarono Perseo con frequenti lettere a non indugiare, il re volea bens tosto progredir e raggiugnerlo ; ma aveudo

4i

K. i Molossi occupato il ponte del fiume (85 ) Aoo , fu il


suo impeto ratteauto, ed egli prima Costretto a com battere con quelli. Avvenne pertanto che Aulo, giunto in (86) Fauotea, alloggiasse presso (87) Nestqre eropio, e desse a1 nemici contro di s (88) U concertata occasione; la quale se la fortuna non avesse a miglior esito c o n d o tta , ooq parmi c h 'e g li avrebbe cassata. Ora Nestore trayeggendo, quasi per in sp ira to n e diviua | avvenire, nellistante lobblig a passar di uQtte tempo (89) da un suq vicino. Laonde i-inunziato avendo al viaggio peli E p iro , staccassi dal lido e naviga in tjcira, e quindi and alla volta della

5*4

.Fai.

XV. (90) F arnace fu i! pi^ ficellcrato di tatli i


che jl p rec ed ette ro ,

A ttaJq, svernando in Eiatea j e bene sapendo ,coi me il fratello Eumene era tristissimo ed a male si.recava che i suoi pi cospicui onori erano stati aboliti dagli stati del Peloponneso per puhblico d ecreto , ma celava a tutti' la disposizione del suo animo : mand ad alcuni degli Achei, ingegnandosi che fossero Destituite a suo fratello non solq (91) le statue, ma aiawjio le onorifi che inscrizioni. E ci fece persuaso, che colai atto a quegli fosse per esser gratissimo, ma sovrattutto affin ch mostrasse p er tal modo, a Greci (93^ il suo am or (rateino e U gpuerosit d* suoi sentimenti.

< ] 5
X V I. (93) I C idoniati-di G reta fecero a quel tem po u n a cosa indegua, qualificata da tutti o rrenda e scellerata. (94) E q u a n tu n q u e m olte siffatte azioni comnqettansi in C ie ^ a , tuttavia q u a n to , avveonp allora sem br su p e ra r il consueto. C o n c io ssia c h , avendo essi non solo ami cizia, (95) ma eziandio com unit di governo cogli Apoll o n ia ti, ed a dirla breve , societ di tutti i diritti che sono in pregio fra gli u o m in i, e giacendo la conven zione giurata circa q ueste cose presso la statua di Giove I d e o : trad iro n o gli A pqlloniali, e gli uomini trucida* ro n o , le sostanze ra p iro n o , e le do u n e ed i figli e la citt e la cam p a g n a fra s divise si tennerq.

4 di . 584

X V II- (96) A n tio co , vedendo gi manifestamente che Amb. quelli dAlessandria p reparavansi alla guerra pella Cele* siria, m a n d Mefeagro p e r arnbasciadore a Roma ? in caricandolo, d i dire al san a to , e di p r o te s ta re , che c o n tr a ogni, d iritto (97) T o lsraeo l attaccava.

Il re Antioco era negli affari co nsum alo, e del no- Es Rie regio noli indegno, (98) fuorch negli stratagem m i phe us presso Pplusio.

F1ME DEGLI AVANZI DEL tlB B O VIGESJMO SETTIMO^

176

SOMMARIO
AGLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SETTIMO.

PtlXCiril D ELLA GUtMA PesICA.


JtM Ef tA beato- - Quieto Marcio . ambasciadore 'in ' Biotici. Fazioni a Tebe. - Neone ed Ippia (J I). - Ambasciadori ro

mani in Calcide. I Tebani $ arrendono a,. Romani. - Sei*vio Lenitilo. - Repubblica de* eoti disfalla. - Arcn pre tre degli Achei ( II). - TibriO Claudio,' Alilo Postimio.' Egesiloco , prilaHide de? RodiU I- R di f\ff'rorioi ? annata' < * * Romani ( III). Perseo invila i Rodii al suo partito. I Ro dii serbano la fede a Romani ( IV). - I Coronei e gli Aliartii favoriscono Perseo ( Y). Q. Lucrezio pretore manda una lettera a Rodii per meno dun acconciatore di Atleti. - Di none e Poliaralo sono favorevoli a Perseo. - Eumene sospett a Rodii. - deriso il portatore della lettera? - Invano Dino ne sluttica i Rodii. - 1 Rodii mandano navi a Romani ($ VI). Diofane. Solone ed Ippia oratori di Perseo. Decreto del senato ( VII). - Perseo vincitore per suggerimento del suo concilia manda ambasciadori al console Licinia. - I Romani ostinali nelle sciagure. - Perseo non conseguisce nulla (fj V ili). - Cestrosfendone ( IX). Lode di Coti re di Tracia (J X). Perseo redime i prigioni fa tti da' Rodii (5 XI).

J77
A rreni n n ' JZq i t t o .

Tolemeo governatori di Cipro. - fedele al re frolemea Filometare ( XII).


Girem Persica,

Carope il maggiore epirota. - Carope il minore educato a Roma. - Accasa Antinoa e Cefalo, t Cefalo uomo dabbene. Nicandra ed altri Etoli menati a Roma. - Cefalo provveda, al suo caso ( XIII). - A l console A. Ostilio tendonsi insidie in Epiro. - Aoo fiume, -r Nestore Cropio ( XIV).
A r r jx i
d ell'

A fU .

Farnace. - Amore dl Aitalo versa, il fratello Eunfene


< S XV),

A ttai

db C u r i .

Perfidia de* Cidoniali verso gli Apolloniati (Jj XVI). ArrAHl BELLA SuiA E D E LL* EGITTO. Guerra d Antioco con Tolemeo Filomelore. - Anliooo presso Pelusio ( XVII).

p o lib io j

foni. r n .

178

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIMO SETTIM O .

L a cote appartenenti alla guerra Macedonica, d cui rimasi ci o d o i frammenti che leggonsi in questo libro , trattate furono da Livio nel lib. x l i i , c. 43 e segg. ; ma gli ultimi non Irovansi nello storico romano > presso il quale nel loro luogo /k una grande lacuna. Che sieno da porsi nel ventisettesimo di Po libio ce lo fanno a sapere il cod. Bav. ed il Peiresciano al prin cipio del primo estratto. Gli affari della Siria e dellEgitto rife riti sono da Diod. Siculo (tom, 11 , p. 8 7 9 ediz. del Vesselingio), il quale senza dubbio li tolse dal Rostro. ( 1) Vennero ambasciadori cio in Calcide a Q. Marcio e ad A. Atilio , i quali essendo stali mandati a girar le contrade della Grecia , affinch spiassero le intenzioni de popoli che volgevano gli occhi alla guerra di Perseo , e li confermassero nella feda verso i Romani ; varcati 1 Epiro , lEtolia , la Tessaglia per la Beozia andaron a Calcide nellEubea, dove aspettavano gli am basciadori de singoli stati della Beozia. V. Liv. x l i i , 3? Schweigh. Essendo Calcide divisa dalla Beozia pel solo stretto denominato Euripo, i Romani la scelsero a luogo delle loro ragunanze per ispicciare gli affari di quel paese , che a dir vero arano intricatissimi per cagione del rilassamento dogqi disciplina

*79
e dell* Intestine discordie che il laceravano, secondoch riferisca

il Nostro nel libro x x , c. 4 > 8 . ' (a) Neone. Nipote probabilmente di quel Neone che, conforma narra Polibio (xx, 5), seppe cinquant anni prima degli avveni menti qui discorsi obbligarsi Antigono Doso u , zio e predeces sore del re Filippo, con un'azione generosa. Era egli favorevole a Perseo , e con due altri gli fu dopo la sua disfatta compagno nella fuga. Per instigazione di lui i Tebani si congiunsero col Macedone ; il perch fu egli alla fine punito da Romani coll estremo supplicio (Liv. xuv, 43; x l v , 3 i ) . (3) Ismenia. Da Livio (xtu, 43) sappiamo che costui era in quell anno pretore. Vir nobilis ac potens egli dall anzidetto storico qualificato, e nel c. 38 il riscontriamo da lui appellato principe della sua fazione. Siccome pertanto 1 osserviamo qui mandato ambasciadore da JXeone, la influenza del quale nella politica de Beozii debbessere stata maggiore di quella dIsmeuia pe meriti e per la dignit de suoi antenati, cosi probabile che Livio abbia qui preso un abhaglio. Ma da credersi che cos luno come laltro simulassero rimettendo tutte le citt della Beozia alla discrezione de Romani ; il perch gli esuli stiman dosi da lui traditi, dappoich per insinuazione di lui abbracciata avean il partito di Perseo (Liv, x i . i i , 43 in fine) attentarono , siccome tosto leggesi, alla sua vita. (4) Ci era contrariissimo. I legali romani che bene sape vano come le singole citt parteggiato aveano pe Romani, mentrech in Tebe insorta era una forte fazione ad essi contraria , capo della quale era stato Ismenia, non tolleravano che la capi tale della Beozia si facesse bella de meriti delle altre citt con queste accomunandosi, e molto meno piaceva loro la persona dIsmenia, la cui fede era assai dubbia, ed il quale cedeva soltanto alla preponderanza del partito da lui prima combattuto. (5) Andava mollo a sangue ec. LJ*/7*7 del testo uon , conforme fu latinamente interpretato, consiliis ejixs accontodalissimum, sibbene ha qui mi" il senso di famigliare, pr-

i8o
fi rio , eh quanto acconcio al desiderio di Marcio che la citt
Beozia separatamente si arrendessero ; lo che studiato mi esprimere nel volgarizzamento. (6 ) Pubblicamente svergognava. 11 verbo qui usato da Polibio secondo la sua etimologia statuir un esempio in alcuno a terrore altrui, il qual senso racchiude l'i dea di pubblicit che al dolore della pena inflitta aggiungi la vergogna, e ci fu mio intendimento di far sentire nella traduzione. Famigliar cotesto verbo al Nostro , e dappertutto lo si risoontra nello stesso significato. Vedi u, 6 0 , xv, 3a. Quin di non ha fondamento la versione del Casaub. : decretis suis eludebat, n paion a ine tampoco esprimer perfettamente il testo le parole: propalam contemtim tractabat dello Schweigh.; av vegnach n lingannare , raggirare con decreti, n il trattai' con disprezzo ha la forza di una esemplare vituperazione. (7 ) Nella tribuna de Romani. Osserva giudiziosamente l* Ernesti che tffvpx del testo non dovrebbe significar il tribu nale iu cui seggono i maestrali per render giustizia , dappoich noto che cotesto luogo era senza tetto e porte. Tuttava leggesi in Livio (m i , 44) in tribunal legatorum perfugisset, donde si arguisce esser questo stato un edifizio col pavimento al zato dal suolo, siccome sono peli* appunto le tribune' su cui sale chi aringa la moltitudine. Podium tradusse lo Schweigh. , togliendo il nome dal fabbricato che sorgeva dal suolo nella parte anteriore degli anfiteatri , di forma rotonda chiuso da co lonnette , e sormontato da cornice, doude le persone pi di stinte godevano gli spettacoli, e dove 1* imperatore avea la sua stanza particolare (cubiculum). V. Lips. de Amphiteatris, Opp. t. 3 , p. 8 6 6 e segg. La qual forma' io non dubito che fosse quella della tribuna dove rifuggissi Istnenia , ed in tal caso non che due porte non ne avea dessa nessuna , essendo nella parte anteriore al tutto apeita, e nelle altre non avendovi che gli spazj tra le colonnette. Il perch io credo sbagliata la scrittura , che Polibio solo usata avrebbe nel senso di luogo prov
d ella odo d

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veduto di due porte j quando SfSvftt suona secondo Esichio e e Polluce (Onomast. x , 5 7 } un libretto a dittico, ypptpt*h'Jtot J{w1v%n , compreso tra due tavolette di cui luna sovra 1 altra si piega : configurazione al certo lontanissima da quella di una tribuna e di qualsivoglia stanza. Avrebbe mai scritto il Mostro H9vp* da iSvpe t , e t, luogo senza porte, conform era infatti quel podio , o dir vogliamo palco elevato degli anfiteatri , e lo sar stato ancora il tribunali; de legati romani ? (8) Nacque verso di questi ec. 11 testo mi qui sembrato abbisognare di un amplificazione , onde riuscir pi chiaro. Le parole di Polibio sono: Zytttl Aer%tpir peri *< p***wlnn t , nacque universal inclinazione e mutazione. Animontm lolius mullitudinis facta inclinatio est et mutalio scrissero i traduttori latini con qualche parafrasi, che a me pertanto non parata sufficiente, non iscorgendosi da essa loggetto a favore del quale succedeva cotal inclinazione e mutazione. Del resto non ap provo il *ct\ Aripn petti che reca il cod. dellOrsini, n do* vea pentirai lo Schweigh. daver dipennata quella congiunzione , seguendo il cod. Bav., la qual congiunzione legherebbe Yiles%ipt al solo p ir che gli tiene dietro, mentrech luniversalit h qui relativa non meno all inclinazione degli animi {perii) che alla loro mutazione (piti i v i uni). (9 ) Costrinsero DiceUt. Era stato costui complice d Ismenia e Neone nel favore dato a Perseo, conforme scorgesi dal princi* pio del cap. 3 ; quindi dovette a malincuore eseguire quell* am basciata. (to) Se ne andaron costoro. Dapprincipio ricoveraron in Calcide, dove accusati furono da fuorusciti ; poscia recossi Neone in Macedonia , e gli altri due si uccisero in carcere (c. a). (1 1 ) Decretaron onori e doni a' Romani. La lezione volgala pili htttr *x) 7*7s 'TttplttieK, cui impossibile dappiccar alcun senso, fu felicemente corretta dal Gronovio che 7itttt muto in 7fptctt ( onori ) , He quali , siccome osserva lo SclfWeigh., fatta menzione nel cap. susseguente. N mi dispiace

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il Jipitt (doni), aggiunto da questi per semplice conghiettur. 11 Casaub. ritenendo la scrittura de libri pose un segno di lacuna dopo e cos tradusse questo passo : Quosdam elegerunt qui ad Romanos proficiscerentur, quasich fosse nel teslo : t. f t . l . infittirpt'tijvt wp'cs laus Thpimttvt. In tanta cor ruzione che presentano i libri, questa emendazione non parmi assurda ; tuttavia da preferirsi quella che arreca il testo dello Schweigh. Livio, che nel lib. u , 44 tratta sommariamente que sti affari , non fa motto n di onori, n di doni decretati. ( 1 3 ) Di adoperarsi con premura. Cos ho creduto di dover render Y lttpyt i che ha qui il Nostro, e che non sempliceniente operarti dare , conforme il voltarono gl interpetri latini, sibbene solliciiam operarti dare, ejjfcaciter agere , adoperarsi con ogni cura e sollecitudine. Secondo Esichio iitp y it, * ! fitti irpiTliit, operare con prontezza , alacrit. Questo evidentissimo verbo a Polibio mollo famigliare, e dappertutto egli lo costruisce coll accusativo della cosa operata. V. la noia i4 al lib. vii, dove abbiam tradotto h p y ttii, assiduamente

attese.
(3) Colpa. "k y m a che ha qui il Nostro come altrove (v, 1; vii, 13) nel senso di delitto , propriamente significa man canza commessa per errore. E pertanto secondo Aristotile (Elhic. m, c. 3 ) l'ignoranza volontaria, quando il peccato che da essa procede seguito non da pentimento ; e chi in cotale stalo pecca si merita la qualificazione di scellerato e di cattivo che non sa ci che sia da farsi , n da omettersi. Sembra dun que , giusta l ' anzidetto filosofo, che l malizia di chi commette un delitto consista meno nellatrocit d una indole perversa che non nella ostinazione di respingere gli ammaestramenti circa le cose buone e cattive. Ed infatti le male inclinazioni del cuore difetti essendo di natura, o figlie di pravi esempli, non possono ascriversi a colpa di coloro che le hanno sciaguratamente sortite;, sibbene sar a buon diritto reputato colpevole l uomo che, sen tendosi agitato da coleste furie, non si procaccia con tutto lim

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pegno quali* cognizioni che tono ! armi pi efficaci per debel larle. In questo senso diceva Socrate, al riferire di Diogene Laerzio, che l ' ignoranza il male, e la scienza il bene. (4) Ippia. Era costui stato beotarca (pretore de Beozj ) diciajseltanni avanti questi avvenimenti, cio l anno di R. 5 6 7 , e sotto il suo regime incominciarono presso quella nazione i tu-' multi derivati dal mal postume e dalla ritardata giustizia che t Romani, fattisi mediatori, non valsero ad attutare (xxut, 2 ). Il non trovare cotesto Ippia tra gli accusati potrebbe far sup porre eh egli fosse quell amico ed intimo confidente di Perseo , da lui adoperato nell ambasciata con cui tentava di placare il senato di Roma, e poscia in quella che mirava a suscitare con tro i Romani Genzio re dell llliria (xxvii, 7 , 9 ) , e che quindi siccome abile negoziatore potesse essere stato mandato a Tebe per trattare 1 alleanza tra la casa di Macedonia e la gente beozia , se non che la circostanza esposta nel cap. antecedente, che il popolo infuriato corso era alla casa di lui e di Neone, distrugge siffatta ipotesi. Forse noi accusarono i suoi concittadini perch, siccome, nemico inveterato della patria , il credevano meritevole di un pronto supplizio ; ed infatti and egli in quella contin* genza debitore della vita alla protezione datagli da Romani. (15) Per renderle a discrezione. Non v ha dubbio che SiSitlas ulit sia la vera lezione, giacch 1 iulcut (per lv7tlt) volgalo, con cui si accorderebbe ix ir r tv t, riferirebbesi agli ambasciadori, i quali arrender doveano la citt e non altri menti s stessi. Non quindi da ammettersi 1 alternativa pro posta dallo Schweigh. ( 16 ) E guastata la benevolenza. Ho potuto nel volgarizza mento meglio avvicinarmi alla forza del testo, conservando ad an tempo la propriet dell italiana favella , di quello che fecero i traduttori latini voltando Xvpta/ttrS-ai 7J i v itia , averter popuorum animos (a domo regia Macedonum). ( 1 7 ) Servio. Livio (xlii, 44) scrive: Discusso Boeoliorum toncilio , Peloponnesum. proficitcuntur, Ser. Cornelia Chalet-

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dem arcessilo. Era questi Ser. Cornelio Lentulo confr. Livio col, c. 3 7 . Schweigh. L due fratelli Lentuli, Publio e Servio.
traghettati erano, conforme scorgesi da luoghi di Livio testi citati* da Cefallenia nel Peloponneso, e precisamente in Argo, siccome qui dice il Nostro. Ottenuto da Beozii l intento che de sideravano , diedero gli ambasciadori il cambio a Servio, ondo condur a termine le altre pendenze della Grecia. ( 1 8 ) Accettando allora ec. Non raro a vedersi e ne gl individui e ne popoli leccesso della temerit degenerar subi tamente in pusillanime timore per la sopravvegnenza della pii debole contrariet ; laddove le resoluzioni piantate nella coscienza delle proprie forze e del proprio diritto oppongono all avversa sorte ed all umana violenza la pi salda difesa, e con piccioli mezzi ottengono sovente grandi risultamene. ( 1 9 ) Le offerte. ''E xiftutt 7J wp* Iliprms spiegano il Reiske e lo Schweigh. ; Persei partes et set atnplexa , sot tintendendo / t if i , le parti , al 7 e dichiarando il *rpt pleonastico. Un passo simile in Senofonte (Cyrop. I l i , 1 , 1) m induce ad interpetrar altrimenti questo luogo. T wxpt Kipou col l intimazione proveniente da Ciro , e similmente qui V* wmpk Ilipnmt sono le cose provenienti da Perseo , ale a dire le offerte , le proposte da lui fatte a Beozii onde trarli al suo partito. Il Reiske avea sospettato che questa fosse la mente di Polibio, e tuttavia gli parve cotale spiegazione troppo stiracchiata. Non da (legarsi, che il Nostro spesso usasse per abbondanza il vxpet in simili frasi, che ha raccolte lo Schweigh. nella nota al lib. 111, 9 , a , ma qui non si potendo aggirare 1 elissi sul vocabolo pttpn > dappoich, pttptt no trovasi nel yenso di partito, fazione, non resta che dappigliarsi allaltro si gnificato da me prescelto, nel quale lanzidetla proposizione noa pu abbondare. (3 0 ) Aulo di cognome Atilio , siccome scorgesi da Livio xlii , 3 7 . (ai) Arcone. Era questi fratello di quel Seuocrate che cinque

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anni addietro essendo pretore, -a detta, di Livio (tiri * a4), erasi nel consiglio degli Achei con una violenta orazione opposto a Callicrate, il quale difendeva le parti de Romani. Del resto non trovasi in Livio menzione alcuna del presidio mandato da Ar pone in Calcide per avvertimento de Romani. (3 3 ) Dato ordine in Creda ec. Qui il lesto di Polibio manifestamente compendiato , omesso essendo labboccamento di Perseo co legati romani distesamente esposto da Livio , secondo il quale lo scioglimento della nazione beozia fu posteriormente a siffatto colloquio. (33) Abboccatisi con P. Lentulo. Al dire di Livio (1. c.) ulo Atilio e Q. Marcio passati nel Peloponneso stabilirono di trovarsi Co Lentuli, quando, secondo il Mostro, Servio era in Calcide, e Publio solo rimase net Peloponneso. (?4) Tiberio e Poslumio, Cio a dire Tib. Claudio ed Aulo Postumio che insieme con M. Giugno , siccome insegna Livio ( x l i i , 45) , andati erano commessarii per esaminare gli affari delle isole greche e dellAsia minore. Reiske. (a5) irando circa que tempi. Livio esprime questa faccenda cosi: Costoro girando esortavano i scii ad imprendere la

guerra contro Perseo pe' Romani. E quanto pi ricco era cia scheduno stato con tanta maggior premura operavano ; percioc ch i minori seguir doveano V autorit de' maggiri. I Rodii reputati furono i piti importanti per ogni conto. Quindi pu
supplirsi ci che forse manca nel Nostro, ma che non interrompe il filo del discorso, e che perci non pu propriamente chia marsi lacuna, conforme la stimaron il Reiske e lo Schweigh. (3 6 ) I Rodii allora non abbisognassero. Circostanza omessa da Livio, e che fa conoscere la somma fedelt de Rodii verso i Romani. Tuttavia credettero i commessarii di farvi pi lungo Soggiorno che altrove, dappoich la grande Opulenza di quegli isolani dava loro Don poca autorit sopra gli altri meno dovi ziosi stati della Grecia. (3 7 ) Pritanide. Dignit suprema presso i Rodii , conforme

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hassi da Livio, e che durava sei mesi (Polib. xxvm , (J). La qual breve durata , ed il non trovarla qualificata dal Nostro coll' attributo di rrpalnyit come quella del pretore degfi Achei, degli Etoli e d altre nazioni greche, mi fa supporre che colesto pritanide presiedesse solo agli affari politici, e non avesse altri menti , siccome i pretori delle anzidette genti , il supremo co mando in guerra. (3 8 ) Conienti della citt. Leggo col Reiske ioeftiptirtit 7? 'An , il qual senso avea gi espresso il Casaub. nella ver sione latina, cumech nel testo ritenesse 1 in che mut lOrsini Viu del suo codice. 11 Gronovio, con siderando che per siffatta supposizione il seguente periodo sa rebbe una ripetizione di quanto qui esposto, litenne la scrit tura dell Orsini e cos spieg questo passo: Gli apparali che piacque di fa r alla citt de Rodii. N gli dispiacque la lezione dei MSS. cosi interpetrandola. Gli apparali, che i Romani non aspetlavansi dalla citt de Rodii, ma in tal caso avrebbe scritto Polibio 7jt w lxtm . Del resto osserva il Reiske che le tautologie non sono tanto aliene dallo stile di Polibio , e che tvStx.i'riti Iti va Ai , aver piacere, buona opinione della citt, non affatto lo stesso che ifutS iir$< 7_7? trixm t i vittu t,

lodare la benevolenza della citt. (?g) Perseo ec, Questo colloquio riferito da Livio nel lib.
, 3g e seg. (30) Scrisse alle citt della Grecia. Nel testo D o n vha che IS t ' EAA> ti r , innanzi alle quali parole lo Schweigh. pose un segno di lacuna , cos nel testo come uella traduzione. Ci per tanto che and s m a r r i t o suppos egli che avesse questo senso :
x lii

Mand a varii popoli della Grecia lettere scritte secondo un solo esemplare. Il Casaub. non not nel testo difetto alcuno, ma omise nella traduzione il Graecorum. Io ho creduto.che fa cendo preceder a 7Si 'AAn'ti le parole 77 w iktn
ogni sconcio si potesse togliere. (31) Ma in Rodo sped pur ambasciadori. Questi , second*

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Livio c. 4 6 1 (pedi egli ancora in Bizaniio con la lettera ohe invi coli ; ma quelli soltanto che andaron a Rodo aggiunsero allo scritto il discorso qui riportato. (3a) Aver rocchio al partito contrario. Felicemente cangi il GronOvio in wptpZcr&*t il volgalo n-fiT o-S v ti, donde risul terebbe una sentenza affatto opposta a quella eh esprimer volle Polibio; dappoich non doveaa i Rodii, secondo l esortazione di Perseo, preferir il partito contrario aglinteressi della Grecia, sibbene guardarsene; ma n 1 observare del Casaub., n il providere dello Schweigh. , abbastanza esprimono quest ultimo senso. L Ernesti nel lessico Polibiano d a cotesto verbo il si gnificato di sospettare, aver alcuno in sospetto, temere, guar darsi. Ma guardarsi non lo stesso che sospettar, o temere; sibbene, se non vo errato, il re macedone facea presente a Rodii com era necessario eh ssi badassero ben bene a tutti i ma

neggi del partito contrario, vi rivolgessero tutta la loro atten%ione, e non si lasciassero da quelli sedurre. (33) Ed altre simili. In tutti i libri a l i vi t u precede irA 1tu
(molti altri), tranne nel cod. Bav., che mi sembrato ragione-1 vole di seguire, sufficiente essendo l aggiunta levi tic whirt , pi analoga al modo di esprimersi del Nostro in occa sioni di tal fatta. Livio pure non si estende in maggiori parole di quello che qui fece Polibio. (34) Antigono < F Alessandro. A detta di Livio ( x l i i , 46) non and altrimenti costui ambasciadore alle citt della Beozia , ma gli stessi eh erano.stati a Roma recaronsi a quelle nel loro ritorno. Potrebbe pertanto darsi che oltre all ambasceria occa sionale riferita dallo storico romano, e della quale forse parl il Nostro nella pirte del lesto non conservata, un altra apposita e per conseguente pi onorevole vi abbia Perseo inviata. (35) In Tebe. A torto ebbe il Casaub. sospette le parole **5 e le omise nella traduzione. Livio pure rammenta Tebe tra le citt visilate dall ambasceria , e vi aggiugne la cir costanza eh# dava a Perseo lusinga di trarre gli abitanti di lei

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nel suo partito, ci Tessere Costoro stati ua colai poco irritati coDtro i Romani per la dannazione de loro uomini principali e per la ricondotta de fuorusciti; comechfe siffatta speranza li fallisse. (36) Avendo questi. Lo Schweigh. pone dopo il punto un segno di lacuna, dicendo cbe quauto manca debbasi supplire da Livio con queste sue parole: Thebani nihil moli sunt ; quam

quam nonnihil, et damnatis principibus et restituii! exsulibus suocensebnnt Romanis. Ma a me sembra che queste non basti
no, e che fia duopo aggiugner quelle ancora che incominciano: Coronae et Haliartii; dappoich furono gli abitanti di queste citt che aderirono sinceramente alle parli di Perseo , e quindi accolsero favorevolmente i detti dellambasciadore* (3 7 ) Per cagione della tregua fatta co Romani. Propter inducias factas cum Romanis scrive Livio (1. c.), della qual tre-gua noa leggesi nulla negli avanzi del Nostro , sibbene nel cap. 43 (lib. cit.) dello storico romano. (58) Cajo Lucrezio di cognome Gallo fu crealo pretore da mandarsi dove piaciuto sarebbe al senato , e nelle calende di Giugno ebbe il comando dell armata colla quale salp da Brin disi ed approd in Grecia (Liv. x l i i , 2 8 , 3i, 35). Nessuna delle particolarit che raccolgonsi dal presente capitolo esposta fe da Livio, forse perch non aggiransi se non se sulla disparit d opinione nel consiglio de Rodii, e formano quasi una digressione dalla storia della guerra eh qui narrata. (5g) Maestro d atleti. ' Axlttlm ha il testo che fu latina mente renduto pello stesso vocabolo; propriamente colui che pre parava i lottatori, ungendoli con olio. Tuttavia non davasi sem pre siffatto nome a chi esercitava questo vile ministero , ma lo si applicava ancor a tale che tenea scuola desercizii ginnastici, sovraitutto addestrava gli atleti che a divertimento del popolp Iacea a mostra di maravigliosa forza. V ebbe tra costoro alcuni uomini di merito, siocome fu quell Icco da Taranto che regol la dieia degli atleti, ed introdusse nella costoro arte la temperanza (V. Aelian. var. hist. xi, 3; Plato de legib-, vm, p. 53g-4o), e sovra gli altri Erodico da Selimbria, solista ed inventore della

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ginnastica medica (Platode repub. in, p. ao6 ). Presso i Romani avean essi condizione servile e confondevansi comedici, percioc ch curavano ferite, piaghe, dislogamenti e fratture d'ossa, e cac ciavano sangue. (40) Ed afferrassero tosto ec. I traduttori latini cosi voltarono questo passo : Et jam inde a principio belli Romanis sese jungerent; ma nulla nel testo dRomani, i quali, se vera fosse questa spiegazione, sarebbonsi riscontrati nel terzo caso, 7*t'htptaUtt. SvtiwIt&ut poi col genitivo quanto approfittarsi d alcuna cosa, coglierla, non lasciarsela sfuggire, nel qual senso scrisso il Nostro (*v, 3 8 ) r ptn 7*3 uatpt, che noi vol tammo : Se non cogliessero il tempo. (41) La persona diEumene, cio la maschera di lui, per coi prir le loro viste private e l interesse turpe che faceali propen der a Perseo. Vedi la nota 358 al lib. v su questo vocabolo in che rendemmo auche col il wrpirtwtt del Nostro. (4>) Guastare. Vedi la nota 1 6 di questo libro corrispoti^ dente al cap. 1. (43) Imperciocch nutrivano i Rodii. La prima offesa, per quanto scorgesi da questo luogo, era partita daRodii nella guerra tra Eumene e Farnace, ma n nel Nostro, n in Livio trovasi la descrizione di questo fatto al tempo in cui accadde. Del qual ol traggio il re di Pergamo tent di vendicarsi nella guerra che i Rodii mossero a Licii ricusanti di porsi sotto il giogo di quelli. E di questo avvenimento pure non v ha traccia ne due storici, salvoch Livio (jcui, i4) rammenta di passaggio la instigazione data da Eumene a Licii contro i Rodii i quali, sebbene inutil mente, di ci 1 accusarono al senato romano, e d esser pi mo lesto a Greci dell Asia che noi fosse stato Antioco. Secondo lo Schweigh. si riferisce a presenti rimproveri di Diuone quanto . narrato da Polibio pi lib. xxv, c. 5 verso la fine ; ma a me gftibra che tutto 1 opposto ne risulti, dicendosi col eh Eume-> ne, chiamalo con molta istanza da Rodii perch fosse loro gio vevole nella guerra contro i Licii, premurosamente vi si vee.

1 travagli dati a* Rodii da tuoi generali debbono quindi esser* stati contenuti nell esposizione a uoi non pervenuta de* fatti di quella guerra, ohe fu tutta greca, e perci sorpassata da Livio. (44) Trarre nella guerra. Il Reiske corresse il volgato \x@if i i g u t (condur fuori), mutandolo in (introdurre), la qual emendazione lo Schweingh. non istim punto necessria, lo, pertanto la tengo col primo di questi commentatori ; dappoi ch parmi che dicasi con molto maggior propriet fa r entrar alcuno in una impresa, che non farlo uscir alla medesima. Ol tracci male s accorda un verbo che dinota uscita colla prepo sizione it eh esprime entrata, e meglio gli sarebbe convenuto
il
W ft.

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(45) Ed uomo vile. K* 7<*v7> , ed uomo siffatto, detto cos per isprezzo senza metter fuori tutto il pensiero, per la qual reticenza appunto la frase fassi pi espressiva ; quasich non si trovasse parola che bastantemente rendesse la vilt del portatore di quella lettera. Quindi si comprende essere stato co lui uno di que mendiconzoli che presso i Romani aveano la con dizione di servi. V. sopra la nota 3 9 . (46) Ed avvolgerlo. Ho procurato di conservar al volgariz zamento la forza del testo allontanandomi dalla traduzione latina, nella quale i f i r X i x t n t i r 7** Qi Xt xt fiaccamente renduto per conciliare. Intendevano Dinone e quelli del suo partito dintrin secar il popolo rodio nell amicizia di Perseo, e d imbarazzarvelo propriamente , non per il suo bene, ma per procacciar a s devantaggi e conseguire da quel re danari, onde accrescer le proprie sostanze e menar vita lussuriosa. (4 7 ) A lui devoti. Con ragione sospetta il Reiske che mani chi nel testo x i / t c v , ovveramente iv i t v , che noi abbiam espresso senza ripeter, come fu fatto nella versione latina, il nome di Perseo. Sottintender quel pronome, conforme vorrebbe lo Schweigh., cosa dura. (4&) Un altro Timagora. Nel testo semplicemente Tima gora, e- l aggiunta di un altro (alter) fu fatta datraduttori latini

di*tinzon d! questi due duci eh* compariscono otto lo stesso nome. La supposizione del Gronovio, che 1 uno di questi capi tao i navali si appellasse Tmanore, nome che trovasi in Tucidide (i, 2 9 ) non irragionevole ; perciocch se amendue Timagora si fossero addimandati, Polibio non avrebbe mancato di distinguerli coll apporvi i nomi depadri, o della patria od altra qualifica zione. N fa difficolti, siccome pretende lo Schweigh., che presso Tucidide Timanore sembra essere stato corinzio e non rodio, trovandosi, secondocb egli stesso osserva, in Livio (xm, 18) un Timanore della Dolopia, e non essendo provato che ogni paese della Grecia conservasse i nomi personali che gli erano proprii con tanto rigore, che non ne prendesse talvolta da altre genti elleniche. (4 9 ) 1 Romani cc. La presente ecloga , per quanto apparisce , un sunto di pi estesa narrazione nella quale compresi erano i discorsi delle ambascerie dell Asia, e singolarmente di quella che mandata avea Eumene per iscusarsi avanti il senato, e che leggesi in Appiano ( De reb. JMaced. ecl. x). Laccusa di Perseo recitata da Eumene, e 1 aggressione eseguita contro di questo in Delfo per ordine del primo trattate sono per esteso da Livio ( x l i i , 1 1 e seg.}; (50) Delle insidie ec. Aveano gli assassini mandali da Perseo scagliate contro Eumene, mentrech per un sito angusto passava, alcune grosse pietre, 1 una delle quali il colse nel capo, l altra nell omero ; pe quali colpi egli cadde tramortito, e fu per estinto trasportato in nav e, ma poscia si riebbe. V. gli autori citali nella nota antecedente. (51) Dopo la vittoria, a Yale a dire quella vittoria nella quale Perseo vinse in battaglia equestre presso il monte Calliuico in Tessaglia il console P. Licinio Crasso lanno di R. 583, della qual vittoria da vedersi Livio ( x l i i , 58 e seg.). Del restante argomento di questa ecloga veggasi lo stesso col al cap. 6 3 ed Appiano delle cose macedoniche ecl. x Schweigh. (5a) Indispettiti delP avvenuto. Ho adottata la spiegazione

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i7 che qui riscontrasi : Irasc al teri ob a qiice evenire, non sembrandomi abbastanza ragione vole quella del Casaub. e dello Schweigh.: Animis magis qiiam viribus post cladem acceplam contendere; quasich a Romani che d 1 Eroestl al dopo la perdita di duemila fanti e quattrocento cavalli '(V. Livio, 1. c.) noa restassero forze sufficienti da opporre a Macedeoni. E che ci noa fosse bene compresero i consiglieri di Perseo e'Perseo medesimo, facendo a Romani offerta cotanto generosa. Qv/*tppr semplicemente esser irato trovasi negli atti degli Apost. z i, ao. Sebbene nell altro senso aucora l ha il Nostro nel lib. ix, c. 4 , dovequivale a 4 < 'X, lu xX e sovente da lui usalo (t, 58 ; vi, 5a; x , 3g). Diverso significato pertanto dagli amendue qui esposti ha il bhptm di Senofonte nellAgesilao, vi, a, con qui esprimesi il combattere con furore di ac canimento. (53) Midone da Beroe. Non scrissi Medone, conforme i tra duttori latini rendettero Mk'J*, ma ho preferito di seguire Livio che scrisse Midon. Lo Schweigh. cita a proposito di questo no me Livio xliy, 3a , dove riscontasi Medeone, citt deLabeati * la quale nulla ha che fare col presente Midone, < j Medone chegli fosse. Del resto v avea due citt che appellavansi Serpe, l una in Macedonia della quale parla qui Polibio , l altra nella Siria. Secondo Stef. Biz. il geqtilizio della prima B iptatt!, BeriaeuSy ma il Nostro ha ispitiut, Beriensis. In italiano corrisponde ad amendne Berieo , ma a scanso di dubbiezze io posi il nome della citt stessa, che nessun credo confonder colla siriaca, il di cui gentilizio scritto da Stefano Bs^ois Beroensis poco differisce da quello della Macedonica; a nulla dire che in tre monete* recate da Aleppo, nome odierno dellantica Beroe, leggesi BEFOlAjQN, donde si conosoe che Bifi7ts non esclusivamente proprio alla Beroe di Macedonia, siccome dicemmo esser opinione di Stefano (V. Lue. Holsten. nota et castigat. in Steph. Byz., p. 65). (54) Imperciocch ec. L* moderazione duq nemico, che pu gnando conseguiti de vantaggi dimostra la poca fiducia chegli

ha nelle proprie forze ed il timore che gl inspirano quelle che ancor rimangono al suo avversario. Questo era il caso di Perseo , ed i Romani non erano tali che si lasciassero vincere da generose proposte, come quelli che altamente di s sentivano , e nel coi aniino non capiva n avvilimento per avversa fortuna, n orgo glio per prosperi successi. Livio sembrami chesponesse questi sensi cou maggior dignit che non fece il Nostro, dandoci per tanto un cenno che perduto era a suoi tempi cotale magna nimo costume : Ita tum mos erat (sono sue parole) in adversis vultum secnndae fortunae gerere, moderari animos in secundis. (Cosi costumavasi allora di mostrar nella sciagure il viso di fa vorevole fortuna, e di moderar 1 animo nelle prosperit ). La prima di queste virt avrebbesi a credere che fosse prudenza, )a seconda assoggettamento del senso alla ragione, amendue scom parse sotto il regno del lusso e dell avarizia che apersero ogni via alla corruzione. (55) Ma Perseo ec. Livio adduce il motivo per cui questo re altramente opinava. Perseus , die egli, hanc ipsam superbiamo qliippe ex fiducia virium esse , timere. ( Temeva Perseo questa stessa superbia, perciocch derivava da fiducia nelle forze). (56) Rimetter il campo presso Sicurio. Ad Sjrcurium, unde pro/ectus erat , rediit ( ritorn a Sicurio dond erasi partito ) scrive Livio, ed i traduttori latini del Nostro il copiarono. MiTurrfltwtStairi wA< nel testo, trasportare nuovamente. Del resto era Sicurio, a detta di Livio (xvn, 54), una citt della Tessaglia appi del monte Ossa dov volto a mezzod, domi nava i campi della Tessaglia ed avea da tergo la Macedonia e la Magnesia. Debb essere stato luogo di poca considerazioue, dappoich non trovasi ne geografi, quantunque per la sua posi zione fosse eccellente punto militar#:' (5?) Cestro. Livio (xlii, 65) chiama quest arma cestrosphendonis ( cestro-fionda ) e ne trae la descrizione dal Nostro , ma la rende pi breve ed oscura. Lipsia -^Poliorcetic., libro iv , dial. 3 ) fu il primo cha attribuisse a Polibio quella che Suida
POLIBIO,

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TOM. n i .

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ne ha conservata, ed a lui siamo debitori della sua illustrazione. Noi terremo dietro a questo dottissimo interpelre dell antichit, spiegando i passi del testo che maggiormente han bisogno desscr rischiarati, avendovi aggiunta la figura eh egli ne offre alla p. 33g del voi. iu delle sue opere. pertanto cestro, secondo la sua etimologia, islrumento da incdere, bulino ( Plin. H. N. xzzv , li ). in latino vericulum , veruculum, picciolo spiedo , quasi diminutivo di vertt , ch era arma guerresca. La denomi nazione data da Livio a questa macchina meglio n esprime la composizione. (58) Avea due palmi, cio otto dita , essendo quattro dita la misura della wcXmirr , palmo minore , qui accennata. Cosi il tubo come la parte tagliente erano d un pezzo solo. Queste due parti non distinguonsi da Livio, nel quale leggesi bipalm spiculum senza pi. (5g) Un legno lungo dodici dita. EAst 7 p fa u rwt&aftetiti. La spitama , nri&*pti ( palmo maggiore ) era presso i Greci lo spazio compreso tra il pollice ed il dito mignolo, quando la mano aperta , ed avea la misura di dodici dita. Livio d a siffatto legno la lunghezza di mezzo cubito, eh pari al numero di dita test indicato , dappoich secondo Vitruvio (l- 111, c. 1 ) il cubito ha sei palmi minori , eguali a vntiquattro dita. (6 0 ) Tre ale di legno, e non di penna che, secondo V os servazione del Lipsio per la pioggia o per la violenza nel'girare vrebbono potuto guastarsi ; e quantunque fossero di legno potevan contribuire al volo ed alla direzione dell arma. A detta di Livio erano simili a quelle che circondano le frecce; ma in que ste sono esse congegnate aireslremit inferiore, e sono di penna, quindi il paragone non perfetto. Ho conservato nel volga rizzamento Virpnttii* (atticamente per trtpjtttlt ) da rp t cu neo , non espresso n' da Livio che ha circumdabantur , n dallo Schweigh. che scrisse infixae siine. Le parole ad librarnem del primo significano, per dare maggior fo n a ed uguagliamo allo slancio , lo che realmente facevano quelle piccole ale.

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(6 i) Due cortgge di fionda. La fiond.n tra composta di due funi, o strisce di cuoio, con in mezzo un recipiente concavo , nel quale ponevan la pietra che avessi a lanciare. Siffatto reci piente chiamavasi sinus ( seno ) , e sculaie ancora dalla sua for ma (lib. xxxvm, 0 9 ). In questo collocavasi il cestro , intorno a cui mollemente avvolgevasi un legaccio (amettum) allo stesso seno attaccato, per modo che, nell atto in cui il il frombolatore roteava la fionda e lasciavasi fuggire di mano una delle coregge ( verisimilmente la minore per dar al cestro colla maggiore un pi vigoroso lancio ) la freccia svincolatasi dalla fionda via se ne volava. Livio nulla dice de) legaccio che fermava il cestro al seno della fionda , e descrive il meocanismo del lanciare con so verchia brevit che il rende intricalo. Ecco le sue parole : Funda

media duo funalia imparia habebat. Cam majori sinu libratum funditor habena rotarsi, excussum velut glans emicabat. Ingegnamoci pertanto di recar a questo testo qualche luce confron tandolo con qnello di Polibio. Funda media la parte concava della fionda , donde pendeano le due coregge. L altro periodo render, credo pi chiaro, una collocazione pi naturale delle pa role : Cum funditor majori habena rotaret (cestrum) sinu libra tum, ci: Quando il frombolatare colla maggior coreggiaroteava il cestro equilibrato nel seno (della fionda), eh quanto dire : Non si tosto ilfrombolatore (rilasciando la coreggia mi nore ) faceva girar il cestro equilibrato nel seno della fionda colla coreggia maggiore, ( che questo scoccava ). La circostanza del legaccio che saldava il cestro alla fionda ha Livio creduto che si possa sottintendere. II xA del Nostro corrisponde al funalia di Livio, essendo, secondo, Suida: <r$tiStmt tn iltfx ftipn, amendue le parti della fionda. da maravigliarsi che questo vocabolo non trovisi nell' anzidetto senso presso il maggior numero de Lessicografi. Non renderebbesi male in latino per crura , significato ovvio di KfA<c, essendo le coregge quasi gambe di quel bellico strumento. Sogna il Turnebo sostituendo scutalia a funalia, e supponendo che cotesti due seni apparte

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nessero a due fionde tra di loro unite, e che nel maggior seno librato fosse di cestro (majori sinu libratum). ' (6 2 ) Avvinghiarsi: Ci praticavasi per via d un legaccio attac
cato per un capo al seno della fionda, o con lui cucito, e libero nell altro capo che leggiermente avvolgevasi intorno al cestro. (63) Quando adunque. Nelle frecce che si scoccano collarco, finattantoch la mano trae a s il dardo, la corda, cedendo alla forza che le fa il ferro, si curva verso il lanciatore ; ma coin prima questi abbandona a s la freccia, la corda, da nessun impe dimento rattenuta, con quanta maggior forza era stata fuori della sua posizione a rimaner costretta, con tanto maggior impelo scatta ed imprime la rapidit del suo movimento all arnia liberata. Nella fionda, o una palla di qualche peso, od un dardo conten gasi nel suo seno, il corpo destinalo a colpire non iriuovesi dal suo sito, finch amendue le coregge o funi tengonsi nelle mani di chi n armato ; ma tolto l equilibrio delle forze che risiedono nelle gambe della fionda con lasciarne scappar una, non v ha ritegno al piombo od al ferro, cui si comunica la reazione della coreggia o della fune abbandonata. (6 4 ) Coti, figlio di Sente, re della nazione Odrisia(Liv. x l i i , . 5i). Tra le effigie de re di Tracia che presentali sono da numi smatici v ha bens quella del padre, contemporaneo del re Fi lippo V che fu genitore di Perseo, non gi quella di Cli, che probabilmente era> secondo di cotal nome, dappoich il terzo, la cui medaglia pu vedersi nella Iconografia greca del Visconti , I. 3 , tav. 6 , visse pi tardi assai a tempi di Cicerone (Orai, in L. Pison. 34), ed era alleali* de Romani, laddove il presente era amico di Perseo. V. Livio, 1. c. che il chiama Cotys, non altri menti che Cesare e Dione Cassio, mentrech Cicerone scrive regi Cotto da Coltus. Non ebb qgli pertanto la miseranda fine del re di Macedonia ; perciocch avendo , finita la guerra , dimostrato che parteggiato avea con Perseo, non di sua volont , ma dalla costui prepotenza costretto, gli fu con un ambasceria onorevole rimandalo il figlio Bili eh era stato fallo prigione, e restituito non solo il danaro offerto dal padre pel suo riscatto, ma ag

giuntavi una somma da distribuirsi a Tract (Liv. xlv, 4a). Per avviso del Reiske ragion Polibio di questo sovrauo in occasio ne dellannoverare gli amici ed alleati che Perseo procacciossi. Lo Schweigh. ci avverte che in Suida ed in Diod. Sic. leggonsi di lui le stesse cose. (65) Gravit liberale. i L u n g a m e n t e ragiona il Valesio circa questa espressione, ma non s aggira propriamente che sul significalo che hassi qui ad attribuir a fiutt, e che se condo lui corrisponde all'altitudo animi deLatini, ci alla qua lit della mente cbe non' si appaga della superficie delle cose ma ama di penetrar per entro alla loro sostanza e d i , come suol dirsi, sviscerarle. La liberalit poi aggiunta a questo pregio cre diamo che accenni al lodevole scopo per cui si fanno coleste profonde indagini, vale a dire al desiderio di trarne cognizioni utili all umana societ. (6 6 ) Allorquando Perseo ecc. Avvenne quanto qui narrasi dopo la battaglia equestre vinta da Perseo conira i Romani, ed il suo ritorno in Macedonia. V. Liv. xlii, 5y5g, 65. (6 7 ) De' prigioni ec. Intorno a questi veggasi il cap. 6 del presente libro verso la fine. (6 8 ) Dinone-Poliarato. Costoro, secondoch scorgesi dal cap. succitato, erano presso i Rodii i capi della fazione avversa a Romani. (6 9 ) Tolemeo, lo stesso che Polibio nel lib. xvm, 38 disse nativo da Megalopoli e che ricevuto avea il governo di Cipro da Policrale. L amministr egli, per quanto raccogliesi da que sto luogo, colla stessa fedelt del suo predecessore. (7 0 ) Non f a per nulla egizio. Popolo crudele nell ira sono gli Egizj dipinti dal Mostro (xv, 33), e perduto nella lussuria da Valer. Massimo ( v i l i , exlr. 6 . 1 quali vizii Tolemeo, sebbene nato arcade, avrebbe potuto contrarre dagli Egizj tra cui sempre visse. (7 1 ) Il re Tolemeo Epifane, lasciato fanciullo dal padre Fi lopatore e protetto da Romani, il di cui ajuto implorato avean i suoi tutori contro Antioco Magno e Filippo, affine di riacquipolibio ,

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TOM. rii.

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state la Celcsiria e difender il nuovo monarca dalle loro perse ruzioni ; inentrechfe promeltcvau a quelli o g D sussidio nella guerra hiaccdonica. Y. Polib. xv, 90 e col la nota 1 0 6 ; Liv. xlii, 2 9 . (7 1 ) Da regii amministratori. Con una nota eruditissima fa qui conoscer il Valesio, come Snnnf/eTt presso i Greci erano gli ufficiali che i Latini chiamavano qucstores, e diSpensaiores, ci a dire distributori de' pubblici danari. A me sembra pertanto che pi largo sia il significato di questa voce, e che vi si debba comprender ancora il ministero di ricever, incassare i proventi dello stato, conciossiach da amendue le incombenze risulti l uf ficio degli amministratori i quali , conforme apparisce da questo luogo, incaricati erano in Egitto eziandio della riscossione deltanzidetta pecunia. Tuttavia deducesi da un passo nella Politica dA ristotele che propriamente denoininavansi i ricevitori, e 1a.ft.Ui i distributori ; o si considerassero separate amendue le cariche nella stessa persona, o fossero diverse persone a ciasche duna destinate. (7 3 ) Cefalo eco. Il felice successo eh* ebbero le armi di Per seo contro i Romani nella prima campagna apriron a quelle la via al conquisto de popoli vicini, Traci, Dardani, ed Illirii. Gli Epiroti prevennero la tempesta arrendendosi al vincitore per le congiunture qui narrale. V. Liv. xliii, 1 8 ; Diofl. Sic. ed. Vesseling., t. h, p. 5 7 8 . (7 4 ) Cagion divenne ecc. Vedi Liv. xxxir, 6 0 , e Plutarco nella vita di Flaminio. Vales. Cheropus fe da Livio (1. c.) chia mato colui che secondo la scrittura di Polibio appellavasi Cha-

rops.
(75) Si mise a coitar. Mi sono ingegnato davvicinarmi alenergica espressione del testo, i xtptiti, cbe suona urlava con violenta, siccome fanno i tori che hanDO le corna ritte in su , chiamati da Esichio * tpttttt. Non saprei approvare la derivazione da Ktpim cornacchia , preferita dal Valesio : uccello che ama d* azzuffarsi con altri di lui anche pi forti, nelle quali zuffe bens l idea d ostinatezza e d accanimento nel rapir altrui la
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preda, ma non quella d* irisolente orgoglio Che la offesa sola cort tempia, siccome fa peli' appunto il toro. (7 6 ) Cefalo ed Antinoo. Bene s appose il Valesio Voltare ! trtfH tt A tl/,tt in ntinous eunt Cephalo , dappoich il secondo era senza dubbio persona principale nella 'repubblica deA gli Epiroti. Antinous et Cephalas ha lo Schweigh. Io ho cre duto far preceder Cefalo , che nel principio di questo capitolo 4 poco appresso scorgo superiore in autorit ad ogni altro cittadino. (7 7 ) L avantavano. Lo Schweigh. dubitando propose irpti% tilu in luogo di , -verbo che significa preoccu pare , posseder prim j tuttavia non mut Bulla del testo, quan tunque lo eseguisse nella traduzione. Ed infatti il verbo volgalo non da tollerarsi. (7 8 ) Che se fosse per effettuarsi la guerra. Forte mi mara viglio come il Reiske pot dichiarar plebea la frase *fr7/i>la* piti , il di cui seoso , la guerra essendo in piena azione, in vigore, noli solo incominciata, rfarrlurar, conforme leggesi pi sopra, e nel primo membro di questo periodo rurrtxt l i t wtXtput. E peggio vorrebbe lo stesso commentatore sostituirvi riitapatltpttitv, ovvero n>pp*rlt/itttv, da rviapirlut e cvpputlm che valgono urlarsi, andarsi addosso, lo che pu applicarsi alle persone guerreggiatiti, non gi alla guerra, o d itti tt, bollendo , fervente la guerra , che liou frase grcta, n meta fora necessaria. (7 9 ) Precipitarsi, cio correr, recarsi con furia a compiacer a Romani, mostrandosi con zelo esageralo partigiano della loro causa, lo che meglio esprime il volgalo *yr7ffiir che non il trptl pi^tit prescelto dal Valesio. (8 0 ) Tutto ci. Itane avea il MS. del Valesio , che questi giudiziosamente mut in v i i ' Lo Schweigh ne fece 2 Sr, che a malgrado del mal suono pu stare, essendo ilt particella potenziale che aggiugne forza al participio y ty tip titti , ed avvicinandosi questa emendazione maggiormente alla scrittura del testo corrotto che nou il *> 7 dallo stesso preferito nelle note. 1 1 supplimenio

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proposto dal Reisk per conservare la letioue Volgata assoluta mente da rigettarsi. (8 1) Ippolocot, e Nicandr e Locago. A questi deve aggiugners Eupolemo che , conforme vedremo nel lih. xxvm , 4 fu egual mente condotto a Roma per essere stato fautore di Perseo, anzi insieme con Nicandro i principali della setta avversa a Romani, Cui all opposto servivano LicisCO e Tisippo ( Xxx , io,). (8 q) Dopo la pugna equestre, nella quale fu Perseo vincitore. Non ripeter le congetture del Valesio e del Reiske che tenta rono questo luogo senza bisogno; dappoich 1 qui prodotta costituisce appunto il motivo per cui i capi degli Etoli test citati andarono prigioni fuori della patria. Da loro, narra Livio ( x l i i , 6 o ), ed eran essi secondo lui cinque, m a ne tic egli i noini > che incominciata fosse la fuga ed il terrore. (83) Senta esser giudicati. Il testo qui guasto, ed i com mentatori s aflaticaron a sanarlo , ma non partni che vi sieno riusciti. Il codice Peiresciano reca , rmtvs 51 , sema, esser giudicati, ma salvi che sono due cose tra di loro con trarie , trattandosi, come qui , d una condanna. Siffatta contra riet non fu tolta dall* inversione che propose il Valesio : <rtt ptt> , ix.fiTaf Si, salvi s, ma non giudicati. 'Cls I t i t S i , sic come quelli, cio i tre di sopra nominati , vorrebbe il Reiske che si scrivesse, ed al senso non vi sarebbe nulla da opporre, ma in buona grammatica avrebbe ad essere i r loltvs ( Si ). A tvx itv t T, ma non ascoltali, proposto egualmente dal Reiske, non lezione da rigettarsi , ma troppo si discosta dal testo. Lo Schtveigh si dichiara, comech dubitando, per 7vi Si che io accetterei colla debita correzione da me accennata. Tuttavia mi parve meglio di escludere dal volgarizzamento cotesto imbarazzo. (8 <) Teodoto. La sposizione dell avvenimento che qui narra Polibio , e che dee riferirsi all* anno di R. 584 > manca presso Livio, il libro xliii , in cui contencvasi la storia di questanno, essendo in cotal parie Incero e mutilalo. Il Freinsliemio tolse da Polibio il supplimento di siffatta lacuna. Schweigh.

301 (85) Aoo , fiume della Macedonia che scorre in distanza dt dieci stadi! da Apollonia ( Polib. v , 1 0 1 ) , lacuale divide dal mare un intervallo di circa dieci miglia ( Strab. vii, p. 5i6). I Molossi eran un nobilissimo popolo dellEpiro, e presso dessi trovavasi il famoso oracolo di Dodona. Ei sembra che costoro in assenza del re Perseo avessero falla una irruzione nella Macedo nia a vantaggio de Romani, de quali furono, siccome le altre nazioni epirote, alleati innanzi alla pugna equestre in cui quelli succuinbettero. Il perch pare che questa ecloga sia qui male col locata, e che debba porsi avanti lAmbascera 6 9 , cio iivanti il capo 8 di questo libro. (8 6 ) Fanotea. Io non credo che questa sia la citt di tal nome che secondo Strabone ( x , p. 4 0 7 ) nella Focide ! provincia per la quale , andando coni egli faceva iu Tessaglia, non sarebbe passato senza prolungare d'assai la strada. Il perch stupisco che il Valesio sostenga questo parere , quando ben pi verisimile che di Fanota , castello dell Epiro rammentato da Livio (xlhi , 23, xlv, 2 6 ) qui si parli, e cos la intese lo Schweigh., il quale riflette che dal fiume Aoo per alla volta della Tessaglia la via conduce per 1 Epiro e non per la Focide. (8 7 ) Nestore cropio. Non trovandosi presso i geografi nessun luogo che corrisponda a questo gentilizio, il Gronovio venne nel pensiero, che il Nestore che riscontrasi nel presente testo fosse da Oropo , sebben non dica da quale delle cinque citt rammen tate da Stefano che portavano questo nome. Se la supposizione dell anzidetto commentatore fondala, convien credere che con templata qui fosse I Oropo della Beozia situata su confiui del' 1 Attica, e perci appunto oggetto frequente di controversie co gli Ateniesi; dappoich i suoi abitami dicevansi Oropii, conforme bassi da Strabone ( x, p. 399), e Pausania ( Achaic., 11). Il cittadino delle altre chiamavasi O ftvtvs, Oropeo. V. lo stesso Stefano. (8 8 ) La concertata occasione. Non compresero i traduttori latini il valore dell IfttXtytiptir, in questa frase, che rendet tero per ofportunam causarti. Ovvia ipteloyi'a nel senso di

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accordo, patto , e cosi del verbo che ne deriva io quello di pattuire , convenire , accordarsi, siccome peli appunto fecero
Teodoto e Filostrato con Perseo affine di dargli nelle mani il console Ostilio. Sta dunque bene r, conforme ha .il cod. ed approva il Reiske, ed inopportuna la correzione del Valesio in che sarebbe quanto certamente, senta

dubbio, a confessione di tutti. (8 9 ) Da un suo vicino. In proximam civitatem voltate furono le parole tlsTtt y ttlit* ; ma oltrech manca nel testo la indica zione del luogo, yifltn , cttt sustantivo ch'esprime la persona
vicina e non aggettivo applicabile a qualche oggetto.
E i f

7J

tyyvlal>it oroAii avrebbe scritto Polibio se avesse voluto esporre


la sentenza che i suoi traduttori gli attribuiscono. Del rima nente da credersi che cotesto Mestore fosse legato in ospitalit col console romano, lo che i traditori non avranno mancato di riferir a Perseo; quindi si sar egli potuto salvare, nasconden dosi per quella notte in un altra casa senza uscire della citt. (9 0 ) Farnace. Della guerra che costui sostenne contro Eu mene ed Ariarate e continu a malgrado de Romani, e del suo iniquo proceder in quella veggasi il Nostro a libri xxiv, 1 0 ; xxv, 3 ; xxvi, 6 . (9 1 ) Le statue. Atx$npi*l* da iicl$nftt , verbo con cui esprimevasi il dedicar a Divinit o ad altissimi personaggi la sta tua di un uomo che voleasi particolarmente onorare, siccome leggesi in Strabone (xiv, p. 65y) che Tiberjo consacr ad Augusto una statua della Venere Anadiomne (che sorge dall acqua) , ed in Dionigi d Alicarnasso (L. v i i ) che Romolo dal danaro tratto dalle prede fece delle quadrighe che insieme colla sua effigie de dic a Vulcano, ed in Diogene Laerzio che Mitridate figlio di Radobate persiano dedic alle Muse la statua di Platone. Il Va lesio pretende che oltracci erano stati decretali ad Eumene al tari , templi e giorni festivi, stimando che questi onori fossero stali compresi in quelli che nel lib. xxvm, 7 chiamausi inconve-

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venienti (<rf swii) e contrarii alle leggi, lo che da siffatto luogo non apparisce chiaramente. (g) Il suo amor fraterno, dal quale ebb egli il cognome di Filadefo. Fabbricato avendo una citt nella Frigia, in onore del fratello nomolla Eumenia. Strab. xiv, p. 64 1 , Ste Bizant. in

' &Uft'ull*.
(g3) / adontati di Creta. Nel lib. vi, 45, 46 attribuisce Po libio la mala fede de Cretesi negli' affari e le interne discordie ond erano lacerati alla somma loro avarizia non frenala dalie leggi. Aggiungasi a questo un altro non lieve motivo, che sar forse stato conseguenza del prime. Divisa com era quell isola in molti stati, aveano questi a dir vero un comune consiglio inca ricato a decider le loro controversie, conforme lo aveano gli Achei, gli Etoli, i Beozii ; ma ben sovente sottraevansi dall? sua autorit (xxiii, 15, nota 1 0 6 ) , della qual cosa non v ebbe mai esempio tra le anzidette genti greche Quanto a Cidoniati ei si pare che fossero i pi violenti ed ostinati tra i Cretesi, dap poich ebbero il coraggio di opporsi soli alle unite forze deGnossii e de Gortinii, le cui citt erano le principali di Creta, secondoch abbiam osservato nella nota 9 8 al lib. xxm A detta di Livio pertanto vennero essi poscia in pericolo dessere disertati da Gortinii, per salvarsi da quali ebbero ricorso ad Eumene (xxvui, i3). (g4) E quantunque. Non era da tentarsi il xxivtp recato dal cod., siccome fecero il Reiske e lo Schweigh., che vi sostituirono xx) yip. Siffatta congiunzione reggesi secondo le regole gram maticali da un participio che la segue, qual il yirepetmt che tosto riscontrasi. (9 5 ) Ma eziandio. Sta bene AAt *< proposto dal Gronovio in luogo del semplice AA* volgalo. (9 6 ) Antioco, il quarto di questo nome, detto Epifane, V Il lustre. Suo padre Antioco I I I , sovraonomato il Grande, avea conquistate la Fenicia e la Celesiria, possedute prima da re dEgitto , ma le perdette poscia per la battaglia di Raffa , sic

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come narra distesamente il Nostro nel libro v. Tuttavia non a dubitarsi eh egli alla fine ricuperasse que paesi, sebbene non se ne ' trovi cenno alcuno presso gli storici le di cui memorie sono a noi pervenute; dappoich veggiam da questo luogo che sotto il regno del figlio preparavasi in Egitto una spedizione che tendeva al conquisto della Celesiria. (9 7 ) Tolemeo, sesto re Lagide che avea 1 epiteto di Filom lore. Era egli ancor fanciullo quando i suoi tutori impresero que sta guerra, nella quale fu tanto infelice che perdette il suo regno, n 1 avrebbe ricuperato se i Romani non avessero costretto An tioco ad abbandonarlo. Liv. x l i , 1 1 , l a . (9 8 ) Fuorch negli stratagemmi ecc. Teneva Antioco tutto l Egitto, tranne Alessandria e Pelusio, nella qual ultima citt po sta all ingresso, del regno lasciato avean i fratelli Tolemei (rap pattumatisi per necessit da nemici eh erano) un grosso presidio. Montato in collera per la inaspettata concordia stabilitasi tra i suoi avversarti, sped Antioco subito un armata in Cipro, e riso luto disse agli ambasciadori che a lui rano venuti per sentire la sua volont: Non richiamerebbe larmala, n ricondurrebbe V esercito, ove ceduti non gli fossero Cipro, Pelusio e tutta la campagna eh i intorno alla bocca Pelusiaca del Nilo (Liv. , 1. c.). Condotta fu questa al certo di re indegna, ed a questa parmi che qui alluda il Nostro, non gi agli avvenimenti accen nati dal Valesio sulle tracce di S. Girolamo e di Giosefio che riferirsi debbono alla prima entrata d Antioco in Egitto, succe duta un anno innanzi a questa.

F1NB D E L L E ANNOTAZIONI A G L I AV AN ZI DE L LI BR O V I G E S I M O S E T T I M O .

DELLE STORIE
DI PO LIB IO DA M EGALO POLI

AVANZI DEL LIBRO V I GE S I MO OTTAVO.

I. Essendo gi incominciata (i) la guerra pella Ge- Olim lesiria da re Antioco e Tolemeo vennero ambasciadori ^ Ll^\ ^ a Roma ; da parte d* Antioco M eleagro, Sosifane ed 'ggg E ra clid e, e da parte di Tolomeo Tim oteo e Damone. Amb. 75 E ra allora Antioco signore della Gelesiria e della F e nicia; perciocch dal tempo in cui A ntioco, padre del test mentovato re, vinse nella battaglia al (2) Panio i duci di Tolemeo , ta tti gli anzidetti luoghi ubbidivano a re di Siria. (3) Laonde A ntio co , stimando che un acquisto fatto in guerra fosse il pi solido ed il pi one sto , avea per que paesi la stessa cura che pe proprii. Ma Tolemeo credendo che 1 Antioco anteriore, ingiu stamente attaccatolo uentr era orfano del padre , gli avesse tolte le citt della Gelesiria, non poteva indursi
Po l ib io ,

tomi r ii.

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4.

di R. a cedergli que' luoghi. Il perch venoe Meleagro, inca


ricato di protestar al senato, che Tolemeo co atta ogni diritto era stato il primo ad assaltarlo ; e Timoteo per rinnovare l amicizia, (4 ) e terminare la guerra con P er seo, ma sovrattutto per osservare ( 5) le negoziazioni di Meleagro. Ora quanto (6) alla pace D o n os egli di far motto, cos avendogli consigliato (7) Marco Emilio; ma rinnovata l'amicizia, e ricevuta una risposta conveniente alle sue richieste, ritorn in Alessandria. A Meleagro rispose il s e n a to , che darebbe a (8) Q uinto Marcio l arbitrio di scrivere su questo particolare a Tolem eo, (9) conforme gli parrebbe utile e di propria fede. P e r tal modo furon allora maneggiali gli affari. II. Circa que tempi (10) vennero da Rodii ancora ambasciadori^ essendo gi in sul finir della.state, Egesiloco , Nicagora e Nicandro , per rinnovare I amiczia , ed ottenere (11) la tratta del fru m en to , d insieme per difendersi dalle accuse fatte contro la Iqro citt. Imperciocch era notissimo che v anea sedizioni in R odo; m entre Agatageto, Filofrane, Rodofonte e Tee* teto a Romani appoggiavan tutte le loro sp eran ze, e ( i i ) Dinone e Poliarato a Perseo ed a Macedoni. Doade avveniva sovente, che nascendo controversie ( i 3) nelle loro pubbliche deliberazioni e trae n d o sile sentenze in opposte p arti, coloro che diffamar voleano la, citt a e prendevan occasione. Il senato pertanto dissimulava allor ogni cosa, quantunque bene sapesse ci cb presso di loro era accad uto , e permise d 1 estrarre diecimila, moggia di frumento dalla Sicilia. (<4 ) Cosi tratt ii se

585

tmb. 73

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nato questo affiire per messo degli ambasciadori di A. & R Aodo , e nella stessa conformit rispose a tutti gli altri eh erano venati dalla G re c ia , e che seguitavan il m rdesiato partito. l a tali termini erano ( i 5) le cose d Italia.

III. (i6) Aalo Ostilio in quel tempo, essendo procon- Amb sole, e svernando in Tessaglia coll eseroito, sped am* basciadort pelle citt della Grecia Cajo Popillio e Gneo Ottavio. I quali venuti dapprima a T ebe, lodaren e con* frtarono i Tebani a conservarsi ben affezionati a Ro mani. Poscia girarono pelle citt del Peloponneso, ed ingegnaronsi di mostrar alla gente la clemenza e la umanit del sen a to , prodneendo (17) i decreti di cui poc anzi parlammo. Davan insieme a divedere ne loro discorsi, come coooscevan in ogni citt (18) quelli che contro y dovere ritiravansi dalladerire, e quelli ancora che appartiti accostavansi, ed era a tutti manifesto, come rincresceva loro (19) chi cansavasi non meno, che cht palesemente operava cantra di essi. Quindi i pi rendevansi solleciti e dubbiosi circa ci che avean a dire o a fare per adattarsi alle presenti circostanze. Gajo pertanto e gli altVi legati, raccolti gli Achei a par lamento, dissero aver deliberato d accusare Licorta, Ar sone e Polibio, e dappuntarli siccome alieni dalla fa zione romana, e che al presente stavansi cheti, non per ch tal era la loro in d o le, ma perch osservavano gl? avvenimenti, e temporeggiavano. Non arrischiaronsi tut tavia di ci eseguire, non avendo alcun ragionevole mo tivo d attaccare gli uomini anzidetti. Quindi raccoltosi

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d . di R. (oro il concilio (30) in E g io, poich ebbero con amorevoli parole ammoniti gli Acheij salparono peli Etolia. IV. E col nuovamente congregatosi loro il concilio popolare in T e r m o , vennero fra la moltitudine, e ten nero discorsi esortatorii e benevoli. Ma la causa prin cipale della ragunanza si era cbe (21) chiedevano sta* tichi dagli Etoli. Discesi i legati dalla trib u n a , riiaossi Proandro e volle rammentare alcuni suoi buoni ufficii verso i Romani, ed accusare coloro che il calunniavano. Dopo di lui surse Cajo di b el nuovo, e comech gli fosse beu noto esser lui contrario a Romani, lodollo tuttavia, ed accord tutto ci che diceva. Appresso questo fattosi innauzi Licisco, per nome,'a dir vero, nessuno accus, ma molti rendette sospetti. Imperciocch disse, circa le per sone principali essersi i Romani a bnon consiglio appiglia* ti, conducendoli a Roma (e parlava (a a) dEnpolemo e Ni candro); ma i loro coadjutori e partigiani rimaner an cora in E to lia, i quali, tutti dovrebbon incontrare lo stesso castigo, ove non rimettessero i figli per istaticbi a' Romani. E singolarmente accennava egli Archidamo e Pantaleone. Ritiratosi costui-surse Pantaleone, e svil laneggi Licisco con poche parole, dicendo eh egli da impudente ed'illiberale adulava i potenti ; indi, pass a Toante, stimando esser lui che scagliava contro d i s accuse, reputate degne di fede, perciocch non appariva fra di loro (* 3 ) discensione alcuna. Ranaoaenlavagli parte (a 4 ) i tempi dlla'guerra dAntioco, parte gli rimprove rava la sua* ingratitudine, dappoich essendo stato (a 5) consegnato a Romani, (26) pellambasceria dis e di Nicandro wrea inaspettatamente conseguita la sua sai-

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vezza. (27) Quindi instigava gli Etoli non solp a tumul tuare contro Toante, (28) ogni qual volta volea parlare, m a 'a (29) dargliene tutti d accorda. Dopo questi avve nimenti Popillio con brevi detti rampogn gli Etoli delle percosse -che minacciavano a Toante, e partissi tosto col collega peli Acarnania, tacendo degli sfatichi e lascian do gli affari dell Etolia in mutui sospetti grandissime confusioni. V. (3 o) In Acarnania, raccoltosi il parlamento in (3 i) T urio, Escrione, Glauco e (32) Creme, cherano amici de'R om ani, esortarono Popillio a presidiare l Acarna nia} perciocch, dissero, esservi fra di loro ehi traeva gli affari a Perseo ed aMacedoni. Ma Diogene diede loro un consiglio a questo contrario, dicendo non do versi introdurre presidio in nessuna citt ; dappoi ch ci fassi a coloro che sono stati nemici de Ro mani , e da lro debellati. Gli Acaraani non aver fatto n u lla , per cui - meritassero di ricever guernigione in alcun modo. Ma Creme e G lauco, volendo conso lidare la propria potenza , accusare la fazione contra ria, ed ingegnarsi d"attirar un presidio che sostenga la loro (33 ) avidit. Dette che furooo queste cose, Popil lio (34 ) veggendo il vlgo mal disposto a ricever guar nigioni, e volendo attenersi al proponimento del senato, acconsent al parere di D iogene, e recossi in Larissa d a l proconsole. VI. Intorno a questa ambasceria (35 ) parve a Greci che d uopo fosse (36 ) di star attenti a ci che avver rebbe; Presi adunque coloro che nell amrninisUmione

2 IO

f. d R. pubblica ccordavansi, i quali erano ( i 1 )) Arcesilao ed


Aristone da Megalopoli, (38 ) Stratio da T rite a , Seno* ne (3 g) da P atra, Apollonide da Sicione , consultarono sulP emergente. (4 o) Licorta pertanto rimase nel p ro ponimento di prim a, deliberando (4r) di *n a ju ta re , n tampoco di contrariare n Perseo, u 1 Romani. Im perciocch P ajntare stimava egli inutile a tutti i Greci, preveggendo la grandezza della futura potenza de vin citori; ed il contrariare pericoloso, (4) dappoich ne tempi addietro a molti d a pi illustri fra i Romani (43 ) eransi opposti circa i pubblici affari. Apollonide e Strai tio dicevano ohe non doveansi a bello studio opporre a Romani ; sibbene coloro cbe (44 ) davano denteo al* 1 impazzata , e mettevan a repentaglio il comun bene per porsi privatamente in grazia presso i Romani, con tro le leggi e I utile universale , dovessero ratteaere e ad essi resistere valoroaraente. Arcone diceva Joversi seguitar i tem pi, e non dar a nemici occasione d ac c u sa , n precipitarsi nella situazione di (45 ) Nicandr e de suoi partigiani, i q a a l i , (46) avanti di sperimen tare la potenza de1 R om ani, caddero nelle maggiori sciagure. Di questa opinione: partecipavano P o lieno , Arcesilao, A ristone, e Sewone. Il perch piacque lo ro (47 ) che Arcone si accostasse tosto alla p re tu r a , e Polibio (48 ) al comando della cavalleria. VII. (49 ) Queste cose essendo di recente accadute, ed avendo gi Arcone risoluto di cooperare coRomani e co loro amici , avvenne fortuoatamente che Attalo trovollo ben disposto quando a lui fece parole. Quindi Arcone pronto gli acconsenti, e promise che s adopre*

211

rebbe in ci di che il richiedeva. (5 o) Avendo adunque Attalo mandali ambasciadori, i quali vennero (5 i) nella prima ragu n an za, e ragionarono agli Achei (5 a) degli onori da restituirsi al r e , esortando di ci fare in gra< zia d Attalo : non era chiaro a qual sentenza il volgo s attenesse, ma motti snrsero per contraddire , e per molte cagioni. Imperciocch coloro che dapprincipio fnron autori di levare gli onori ad Eumene voleano che si confermasse la loro sen ten za, e quelli che aveano private lagnarne contro il re stimavano esser venuto il tempo di vendicarsi. Alcuni, per invidia verso i fautori del re, adoperava osi eon ogni ardore perch Attalo non conseguisse l intento. Arcone rizzossi p e r ajutar i le gati ; perciocch l affare stesso chiamava la sentenza del p re to re ; ma dette poche parole ritirossi, temendo non sembrasse aver egli dato siffatto consiglio per pro cacciarsi qualche guadagno, ( 53) come quello che speso avea molto danaro pel sapremo magistrato. Essendo tutti in grande imbarazzo, ( 54) sorse Polibio, e fece un lungo discorso , che (55) andava grandem ente a versi della moltitudine, dim ostrando come il decreto che dap principio fecero gli Achei circa gli o n o ri, in cui era scritto, cbe togliersi doveano (56) quelli eh erano con tr o il decoro e contro le leggi, non esprimeva che si togliessero tutti. Ma (5^) i rodii So9gene e D io p ite, c b e a quel tempo erano giudici, e per alcune private cagioni in discordia con E um ene, presa, disse, questa occasione, aver sovvertiti tutti gli onori del re, ed aver c i fatto contro il decreto degli Achei, e contro la fa* co lta loro co n ced u ta, e , ci che pi m o n ta , contro il

2,2
/ . di R. giusto e I1 onesto. Conciossiach gli Achei non per <offese ricevute deliberassero di tor gli onori ad Eum ene; ma per averli egli chiesti maggiori desuoi benefizi! de cretassero di reciderne ci eh' era soverchio. Laonde disse, siccome i giudici, ponendo il proprio odio in nanzi al decoro degli Achei, tutti gli onori rovesciaro n o ; cos dovere gli Achei, stimando cosa principale il loro ufficio ed il decoro, corregger l e rro re. de\giudici, ed emendare tutta (58) la irragionevole condotta versa d Eum ene; tanto pi che ( 5g) sarebbono per conferire questa grazia non solo al r e , ma maggiormente ancora al fratello-Attalo. Approvato avendo la moltitudine que sti d e t t i , fu scritto un decreto che ordinava a magi- strati di ristabilire tutti gli onori del re E u m en e , ecceltoch se (6o) contenessero qualche cosa., che fosse non decorosa al comune degli Achei x o contraria alle leggi. P er tal guisa, ed a quel tempo Attalo corresse la ingiustizia commessa circa gli onori, che il fratello umene godeva nel Peloponneso.

imb. 76

V ili. Perseo sped al re Genzio ambasciadori , (61) Pleurato fuoruscito illirio che presso di lui trovav a si, e (62) Adeo da B eroe; incaricandoli d esporgli (63) quanto egli avea operato nella guerra coatro i Roma ni e contro i Dardanii e presenter ente nellEpiro e nel* lIlliria, e d invitarlo a $trigoer seco.e co Macedoni ami cizia ed alleanza. Costoro,,varcato il monte (64) S c u d o , pel cos detto Deserto dell1Illiria, che i Macedoni, non . molti anni addietro aveano spopolato, affinch difficile. rendessero (65) a Dardanii l invasione dellIlliria (66) e,

2l3
della Macedonia; per siffatti luoghi, dissi, vennero con grande stento a (67) Scdra, e udito che Geozio soggirnava in (68) L isso , mandarono a lui. Q uesti avendoli tosto a s ch iam ati, furoo insime e ragionarono circa gli oggetti della loro incumbenza. Geuzio non sembrava alieno dal far amicizia con Perseo, ma (69) addueeva in iseusa del non aderire subito alle richieste, l essere sprov veduto delle cose necessarie, ed il non potere senza danari addossarsi la guerra contro i Romani. Pleurato ed Adeo con questa risposta se ne ritornarono. Perseo, venato in (70) S tu b erra, vendette la p re d a , e fece ri posare lese rcito , aspettando gli ambasciadori. Come giunsero costoro , ed egli ud la risposta di G en zio , rimand nellistante Adeo, e con esso (71) Glaucia, uno delle guardie del c o r p o , ed il terzo fu (72) 1 I Hirio , perciocch conosceva la favella illirica, dando loro la stessa incumbenza; quasich Genzio non avesse (73) so vra ogni altra cosa (atto conoscere di che abbisognava, e con qual mezzo poteasi indurlo ad acconsentire a quanto da' lui chiedeasi. Partiti che furono quelli, egli levossi coll esercito ed and alla volta (74) d Aucira.

di R

IX. ijH) Intorno a quel tempo Vennero gli. am b a -^ "1 ^ sciadori e h erano stati spediti a Genzio, snz aver co n seguito meglio di prima, (76) n annunziata alcuna cosa davvantaggio ; dappoich Genzio perseverava nella stessa determ inazione, ed era pronto a far societ con Per seo, ma diceva claver bisogno di danari. Le quali cose come sent P e r s e o , mand di bei nuovo Ippia con al tri per formare il trattato, ommettendo larticolo [trinci-

2 14 i. di R. pale (n7) per cui solo potea rendersi benevolo Genzio; 585 a tale ch'egli dubbioso, se di costoro debba dirsi'
che spinti sieno da sciocchezza , o da (78) ira de'N um i. Da quest ultima io credo , dappoich mettonsi ad im prese audaci, ed espongono la vita ad ogni p erico l , sorpassando ne divisamenli la cosa principale, ebbene la veggono, ed hanno la facolt di ridurla ad atto. Im perciocch se allora Perseo avesse voluto esser largo di danari, e pubblicamente alle eitt* e privatamente a re ed a quelli che maneggiavan i governi, non dico e a quella magnificenza eh egli avrebbe potuto per sttp-> plire alle spese, ma solo mediocremente; ne sarebbe av venti to che tutti i Greci ed T re , almeno la maggior parte (79) avrebboa il lor animo spiegato; e crdo che nessun uomo d i senno intorno a ci meeo disputer. Ora (80) male avvisandoli non iitr in questa strad a, per cui, o riportando una compiuta vittoria, conseguita avrebbe una potest superba, o sconfitto tratti avrebbe molti (81) nella stessa sua sorte. Ma appigliandosi alla via opposta, pochissimiGreci (82) caddero in errore al lorquando giunse il tempo dell azione.

tmb. jS

X. (83) Essendo Perseo per venire coll esercito in Tessaglia, ed avvicinandosi secondo ogni ragione I esilo della g u e rra , parve ad Arcone di ribatter un al tra volta co fatti stessi (84) li sospetti e lei calunnie. Propose dunque agli Achei un decreto, per cui doves sero con loro sforzo far una spedizione in Tessaglia j rd associarsi al tutto co' Romani. Avendo vinto questo p a rtito , piacque agli Achei che Arcone si occupa$s

2l5

,li R nell accozzate l esercito, e negli apparecchi necessari? 585 alla spedizine ; e che si mandassero ambasciadori al console in TeSsaglia, per esporgli quanto gli Achei avean decretato, e sentire quando e dove l'esercito dovea -i lui unirsi. Elessero tosto ad ambasciadori Polibio ed a ltr i, ed a Polibio raccom andarono con grande pre mura, che, ove il console approvasse la venula dli' esercito, mandasse incontanente (85) gli altri ambascia* d o r i, per farlo sapere, affinch le forze non tardassero ad arrivare: egli poi avesse cura che tutto l esercito trovasse nelle citt, (86) per cui passerebbe, mercati di provvigioni, e che a soldati nulla mancasse del bisogne- vole. Con queste incumbenze gli anzidetto si partirono. Crearon eziandio (87) Telocrito arnbasciadore presso Ai talo, (88) per recargli il decreto che rimetteva gli onori d Eumene. Iu quello, giunta essendo agli Achei la nuo va eh erano stale celebrate (89) le Anacleterie (feste di proclamazione ) ia onore del r Tolemeo , conform e costume di farsi a re , quando entrano n e ll'e t legitti m a ; stimando lor dovere di significare l'esultanza loro peli'accaduto, presero di tnaudar ambasciadori che rin novassero le antiche relazioni amichevoli della nazione (90) eoa la casa re g ia , ed elessero tosto Alcito e Pasida. XI. Polibio trovati i Romani che avean' mosso dalla 'Tessaglia, ed eransi accampati nella Perrebiafra (91) Azorio e Doliche ; differ il colloquio per cagione (ga)delle circostanze difficili, ma ebbe parte a tutti i com battim enti che si fecero nell'ingresso della Macedonia. P oich l'esercito venne n e'dintorni (g3) d 'E raeleo , gli

2l6
4.

di R. parve tempo d abboccarsi, sembrando che. il console


avesse compiuta la maggior parte (94) del suo divisa* m ento.. Allora cotta 1 occasione produsse il decreto a M arcio, e gli espose 1 animo degli A chei, che volean col loro sforzo partecipar a tutti i combattimenti e pe. ricoli; ed inoltre dimostr, che quanto fa agli Achei da Romani scritto o comandato nella presente g u en a senza contraddizione venne eseguito. Marcio accettata la buo na volont degli Achei con magniSche p a r le , gli as solvette dalla fatica e dallo spendio, perciocch le cir costanza reudeano superfluo il soccorso degli alleati: Gli altri ambasciadori dunque ritornarono nell Achea ; ma Polibio rimase col prese parte alle fazioni, fin ch M arcio, risaputo che (95) Appio Centone chiedeva dagli Aehei cbe gli mandassero cinquemila uomini nel* P Epiro, 496) spedi I*anzidetto, esortandolo a far si che non si dessero i soldati, n si cagionasse spesa cos vana agli Achei; dappoich Appio senz alcuna ragione chie deva quella milizia. Se. egli ci facesse p er riguardo verso gli Achei j o con intenzione di render Appio.in operoso , dilfieil a d irsi. Del resto P o libio, ritornato nel Peloponneso, essendo gi venute le lettere dall Ep iro , e ragunatisi poco stante gli Achei in Sicioa , cadde in una (97) dubbiezza grandissima. Imperciocch propostasi la delibrazione intorno a soldati che iv e a chiesti C entone, (98) reput egli non doversi in alcun modo negligere quanto Marcio aveagli ordinato priva tamente di procurare ; ma (99) non avendo nulla in iscritto, era csa al tatto pericolosa l'opprsi manifestamente all ajuto. Essendo 1 ' argomento scabroso ed

217

am biguo, Polibio per uscir d impaccio si vlse per al- A- di R, lora (io) del decreto del senato, cbe comandava di non badare a ci che scrivessero i capitani, se nol facessero secondo un senatusconsplto. Il quale siccome non era apposto alla lettera (id i)' di Appio C entone, cos o t tenne Polibio che si riferisse laffare al console, e che per mezzo d i lui fosse liberata la nazione dalla sp esa, Che avrebbeavanzati (102) centoventi talenti. A chi per tanto voleva accusarlo presso Appio forn grandi occa sioni, (io 3 ) come colui cbe aveagli rotto il disegno di procacciarsi ajutj. XII. ( io 4) Eraeleo fu preso in un modo singolare. Avendo la citt da una parte, per breve spazio, il muro basso , i Romani scelsero tre insegne; La prima alzati gli scudi sovra la testa form una testuggine, per modo d ie P addensamento delle armi la rendeva simile ad una tettoja su cui scorre la pioggia. Indi le altre due . . . Testuggine a tettoja un esercizio m ilitare, quale fanno i Romani in una parte (io 5) de loro giuochi. X III. In Creta, i (106) Cidoniati temendo i Gortinii, per cui P anno addietro la Ioni citt poco manc che lon verssc nell estremo pericolo, tentando Notocrate doccnparla, mandarono ambasciadori ad E um ene, ri chiedendolo d vjuti giusta l'alleanza. Il re scelto Leone, e con lui trecento soldati, li sped in fretta. Venuti co sto ro , i Cidoniati consegnarono a Leone le chiavi deHe porte, e gli rimisero al tutto la citt. g uiJ a

5^

218

4.

d i R .

585 gio* forza acquistavano. Ma giunse la nuova del decreta 4 mb. 80

XIV.

(107) Io Rodo le sette contrarie sempre mag

del senato, in cui questo significava di non badare agli ordini de capitani, ma sibbene a' suoi proprii d e c re ti, e lodando la moltitudine la provvidenza del san a to ; Filofroue e Teeteto, afferrata .questa occasione, opera* vano in .conformit, dicendo doversi spedire ambasciadori al. senato ed al console Quinto M arcio , ed a (108) Cajo Marcio comandante della forza, navale} eoociossiach fosse allora gi noto a tutti (109) quali magi strati in Roma novellamente creati sareb b o n o p er venir in Grecia, ( n o ) Applaudita essendo la proposizione, quantunque non senza contrasto, furpno mandati a R ma ( m ) in spi principio della state ( n ) Egesilocodi Egesia, Nicagora e Nicandro ; ed al console ed al ca pitano ; navale ( u 3) Agepolide, Aristone e^ Paacrate. Aveap costoro ordine di rinnovare 1 * amicizia co! Ro mani , e di ribatter le accuse fatte da alcuni contro la citt; ma ad Agesiloco oltre le anzidette cose fu impo sto di parlare (1 14) c> r 9a trattaceli frumento, ( r i 5) [ discorsi fatti da questi al senato, e l e r i s p o s i e che il se* uato jo r d ie d e , e come ritornarono Y poich furon ac colti con ogni maniera di co rtesia, detto, abbiamo, n ar rando gli affari d Italia. Su questo particolare pertanto egli utile di riandar sovente, lo cbe noi eziandio c1idgegnamo di fa re , essendo spesso costretti a raccontar le dicere (116) degli ambasciadori e le ris p o s te ch eb bero aranti d indicare la loro elezione e spedizione. Imperciocch, siccome noi descrivendo per ordine d awi (117) le gesta che tengoasi dietro, tentiamo di restrin

ger ad nn solo tempo i fatti presso ciascheduna nazione accadati; chiaro che ci in questo scritto necessa riamente addiviene. XV. Agepolide, come fu presso Q uinto , trovatolo accampato in Macedonia (118) vicino ad E raeleo, gli espose la sua incombenza. Q u e sti, udita la faccene da, (119) disse, non che ponesse mente alle accuse cbe gli venivano recate, esortkvali anzi di non tollerar chiun que osasse di .parlar male de R o m an i, (120) e colmolli di cortesie, ( i a i ) Scrisse di ci pure al popolo de Ro dii. Agepolide essendo forte lusingato da lutto il collo quio, Q uinto il prese in disparte, e disse maravigliarsi, come i Rodii non ingegnavano di sciogliere (122) la-so vrastante guerra, dappoich laffare grandemente loro con verrebbe. Ma se egli ci facesse sospettando, non A ntio co, impossessatosi dAlessandria, minaccioso stesse alle riscosse protraendosi la guerra con Perseo (12B) (che gi rimestavaai la guerra pella Celesiria); o se, veggendo che fra poco doveau decidersi gli affari di Perseo , le le gioni rom ane ( 1a 4) essendosi accampate nella Macedonia, ed avendo liete speranze dellesito, egli volesse stimolar i Rodii a dichiararsi mediatori ( 125} fra i re e ci facendo dare a Romani ragionevole pretesto di prender intorno ad essi la deliberazione che sarebbe loro piaciuta: pon facile a dirsi accuratam ente, sebbene parisi che sia piuttosto l ultimo, conforme attesta (126) ci che poco stante avvenne a Rodii. Agepolide, passato incontanen te da C a jo , ed accolto da lui con molto maggiore b en ig n it, che non da M arcio , ritorn presto a Rodo. P oich ebbero renduto conto dell am bascera, e che

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di R . amendue i capitani, cos D e lla cortesia delle espressioni,

come nella benevolenza delle risposte sembrarono fra di loro gareggiare , i Rodii sollevarono gli animi ; ma non tutti nello stesso modo. Imperciocch i pia assen nati rallegravaasi della benignit de' Robaani ; i raggira* tori e mal intenzionati pensarono fra s , cbe cotal ec cessiva cortesia era segno che i Romani temevan it p e ricolo ebe loro sovrastava, e che gli affari non anda van loro a seconda. Ma allorquando Agepoli fece come p er avventura qualche motto presso alcuni amici dell incumbeoza particolare ricevuta da Marcio di ram m entare nel consiglio il componimento della p ace; al lora Dinone e la sua fazione (127) ebbero per certo che i Romani erano a mal partito. (ia8 ) M andaron i Rodii ancora ambasciadori in Alessandria p er disto* gliere dall incominciata guerra Antioco e Tolemeo.

!mb. 81

XVI. (129) Poich Antioco occup l'Egitto, parve a Cornano ed aC in ea che sedevan a consiglio col r e , che si coscrivesse una consulta generale depi illustri duci, per deliberare in to rn a agli affari presenti. Piacque adau* que primieramente a cotesta consulta di m andar i Greci forestieri per ambasciadori ad A n tio co , affinch tra t tassero con lui la pace. Eran ivi allora due ambasciale della nazione achea; l una pella rinnovazione dell a micizia, eseguita da Alcito di Senofonte, da Agieo :e da P asiada; f altra ( i 3o) pelle feste Antigonie. V era pure u n ambasceria degli- Ateniesi ( i 3 i) per certa donazio ne, capo della quale era Demarato; e due ( i 3a) legazio* ni sacre, luna pelle (133) feste Panatenee, condotta da

221
Gallia ( i 34) il pancratista, e laltra ( 135) pellfe iniziazioni, pella quale Gleostrato trattava e faceva 1 orazione: Da Mileto v avea Eudemo ed Icsio; da .Clazomene Apol lonide ed Apollonio. Sped ancora il re Tlepolemo e T o lemeo il retore per ambasciadori. Costoro adunque na vigarono (i 36) contro il fiume per trovarsi con Antioco;
4*

XV II. (137) Come gli ambasciadori convennero con"^^ Antioco , questi gli accolse benignamente , cd il primo giorno invitolli ( i 38) a lauto banchetto; il secondo diede loro udienza, e confortolli ad esporgli ci di cui erano stati incaricati. ( i 3g) I primi a parlare furono quelli de gli A c h ei, dopo di loro Demarato mandato dagli A te niesi , poi Eudemo da Mileto. I quali discorrendo tutti nello stesso tempo e sul medesimo argom ento, erano simili i particolri da loro addotti. Imperciocch tutti accagionavao dell avvenuto ( i 4 ) Euleo, ed allegando la parentela e l et di T o lem eo , pregavan il re si la sciasse placare. A n tio co , acconsentito a tutto ci che dicevano, ed aggiunte altre parole nello stesso sen so , iucominci a ragionare (l 41 ) 'd e suoi antichi d iritti, per cui ingegnossi di provare che a re di Siria spet tava la possessione della Celesiria ; valido dimostrando il dominio che di que luoghi avea Antigono, colui che primo costitu il regno di Siriil; producendo te conces sioni fatte a Seleuco ( i 4 2) da re origuiarj dalla Macedonia dopo la morte d A ntigono; poscia appoggiandosi ( i(\i) all ultimo riacquisto fatto colle armi da suo padre An tioco; finalmente ( i 44) negando laccordo che gli Afqmbio, tom. f u . i5

322

/ . di R. lessandrini dicevano fermato da Tolemeo test trapas

585

sato con Antioco padre di l u i , in forza del quale do vea egli ricever in dote la C elesiria, allorquando prese Cleopatra madre dell ora regnante. In siffatta sentenza avendo parlato, e persuaso non solo a s medesimo, ma eziandio a quelli cbe col trovavansi che giusti erano i suoi detti, navig a ( 145) Naucrati, e trattati i suoi abi tanti amorevolmente, e data a ciascbeduu Greco che vi soggiornava una moneta d oro, prosegu verso Alessan dria. Agli ambasciadori promise che avrebbe data ri sposta quando Aristide e T eri sarebbon a lui ritornati. Imperciocch disse come gli avea spediti a Tolemeo, e come volea cbe gli ambasciatori (146) venuti dalla G re cia fossero conscii e testimoni d ogni cosa.
X V III. Antioco (147) dopo aver abbandonato l as sedio d Alessandria, sped ambasciadori Roma, i quali erano Meleagro , Sosifane ed Eraclide ; ( 14 ) accozz cencinquanta talenti, cinquanta (149) per una corona a Romani, ed il resto del danaro in dono ad alcune citt della Grecia.

imb. 83

im i.

84

XIX. Gli stessi giorni navigarono ( i 5o) da Rodo in Alessandria ambasciadori per conseguire la pace, capo de quali e r a .( i 5 i) P ra tio n e , e fra non molto giunsero negli alloggiamenti d'A n tio co . Succeduto il colloquio , fecero lunga dicera, ramm entando la benevolenza della loro patria verso amendue le case reg ie,-e l1 affinit degli stessi re fra di lo ro , ed il vantaggio che.ad en trambi ridonderebbe dalla pace. Il re interrompendo

3a3
lambasciadore che ancor parlava, disse non essere me stieri di molti discorsi; dappoich ( i 5a) il regao ap parteneva a Tolemeo maggiore. Con questo egli da lungo tempo area fatto pace , ed esser tra di loro amici, ed ora, ove i cittadini volessero ricondurlo a casa, egli noi impedirebbe, (i 53) G cos fece.

HNR DEGLI AVANZI DEL LIBRO VIGES1MO OTTAVO.

SOMMARIO
DEGLI AVANZI DEL LIBRO VIGESIM* OTTAVO

A mbascerie a Roma.

(jr v e r r pella Celesiria ( I ) . - Diritti d' Antioco. - Diritti di Tolemeo. lncumbenze d entrambi per il senato. Ri sposta del senato. 1 Rodii chieggono la tratta del frumento dalla Sicilia ( li) . - Scusano le contese delle fazioni. G uerra Persica. A . Ostilio proconsole ( III ). - C. Popiltio e Cn. Otta vio ambasciadori a Tebani, ed agli Achei. - Agli Etoli ( IV). Agli Acamani ( V). Arcone pretore degli Achei ( VI). Polibio comandante della cavalleria. - Attalo tratta cogli A chei circa gli onori d Eumene ( VII ). - Orazione di Po libio. - Sono restituiti gli onori ad Eumene. - Perseo invita Genzio ad associarsi seco ( V ili ). - Scardo monte. - Scodra, Lisso citt. - Risposta di Genzio ( IX). - Perseo man da altri ambasciadori. - Ancira citt. - Terza ambasceria di Perseo a Genzio. - Cecit di Perseo salutare a Greci. - Gli Achei offrono ajuti a' Romani contro Perseo ( X). - Polibio

a 26

ambasciadore al console Q. Marcio. - Ambasciadori degli Achei a i Aitalo. - Proclamazione di Tolemeo Filometore. Marcio non accetta gli ajuti degli Achei ( X I ). - Appio Cen tone chiede ajuti dagli Achei. - Gli vengono negali per opera di Polibio. ArtU db' CETESt.

I Cidoniati chieggono soccorso da Eumene contro i Gor tinii (Sxui).


A r r j u de Rodii.
t

Egesiloco , Agepoli ed altri sono mandati ambasciadori ai Romani ( $ XIV ). - Modo che usa Polibio nel comporre la storia de'fatti contemporanei. - Q. Marcio presso Eraeleo ( J XV }. - Risponde benignamente a Rodii. - Raccomanda loro gli affari della Celesiria. - Gli ambasciadori ritornano a Rodo.
A
tt jr i della

Siua

dell*

g it t o

Mandanti ad Antioco ambascerie de' Greci che sono in Egitto ( j XVI ). - Tolemeo pure gli manda ambasciadori. Gli oratori de' Greci chiedono grazia per Tolemeo ( $ X V II ). Euleo, autore della guerra, - Antioco muove verso Alessan dria. - Ambasciadori spediti da Antioco a Roma ($ X V III). Ambasciadori d i' Rodii ad Antioco {$ XIX ). - Antioco rista bilisca Tolemeo maggiore nella patria e nel regno.

ANNOTAZIONI
AGLI AVANZI D E L LIBRO V IG ESIM O O T TA V O .

F r a gli argomenti che adduce lo Schweigh. affine di provar* che le cose trattale da Polibio nel presente libro appartengono all anno 585 d. R . , sembrami il pi convincente che Livio pure ne riempia un libro pressoch intiero, cio dal xtm , i i, sino al xtiv , 1 6 ; non altrimenti che gli affari del 58 6 , estendoosi presso lo stesso autore dal lib. xliv, 17 , sino al xlv, 1 6 , comech i Polibio abbia molto pi minutamente che non fece Livio esposti gli avvenimenti, sovrattutto quelli de G reci, dellAsia e dell Egitto. ( 1 ) La guerra pella Celesiria. Su questa guerra leggati la nota 9 6 del libro antecedente. Consultisi ancora io Diod. Sic. l ambasceria xvm. (1) Panio. Era questo luogo secondo Stef. Bizant. una grotta della Palestina, donde scaturisce il Giordano. A detta di Giuseppe Flavio (de bel. judaic. I. in, c. 1 8 ) si precipita quindi la sor gente sotterra, e n esce al sito chiamato Phiale (boccia ), lo che si reso manifesto in veggendo che le pagliuzze gittate in uno di questi recipienti comparivan nell altro : prova che' si fatta senza successo nel nostro Timavo, o perch maggior la distanza

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da suoi spiragli ne'm onti del Carso al suo sbocco presso S. Gio vanni di Duino , o perch' siffatti leggieri corpicciuoli siensi ab battuti nel progredire a qualche vortice in quelle cavernose mon-1 tagne , che li avr strascinati al fondo. Avvenne questa battaglia poco dopo la morte di Tolemeo Filopatore, essendo fan-* ciullo Tolemeo Epifane , della qual guerra narr Polibio nel lib. xv, ma peri quella parte, e non ne rimane che un piccolo frammento ( xv, io ). Reiske. (3) Laonde Antioco stimando ecc. Notisi qui la diversit de sentimenti che circa lo stesso oggetto sorgevano negli animi dAntioco e di Tolemeo. Il primo, prescindendo dalle cause che il mossero a quel conquisto, non considerava che la gravit de* mezzi che ve lo condussero, cio a dire il sangue sparso, i pati menti ed i pericoli sostenuti , premio ben meritato de quali sti*mava egli che fosse la vittoria ^ed il possedimento de paesi sog^ giogati. All opposito il re d Egitto poneva solo mente all ingiu stizia dell aggressione fatta in un tempo nel quale a s mancava la forza e l opportunit di difendersi. Ridonda, a dir vero, in onore dAntioco l aver trattati i popoli fatti suoi per mezzo delle armi con non minor cura di quelli dell avito suo regno; tutta via ci non rendeva legittimo il suo possedimento, ed i Romani giudici giusti nelle controversie tra le nazioni che ad essi 'appellavansi, diversamente da lui la sentivano in rinnovando 1 amici zia con Tolemeo. * (4) E terminare la guerra con Perseo. Dopo la pugna eque stre vinta da questo re contra i Romani, conforme di sopra ve demmo, scrive T. Livio ( x l i i , 43), come non solo coloro tra i Greci che tenevano co Macedoni, ma eziandio la maggior parte di quelli che i Romani co maggiori beneficii avean a s. legati, ed altri che la loro forza e superbia aveano sperimentate, n ' eb bero piacere. Tanto maggior merito credeva Tolemeo d acqui starsi in quel frangeute, intercedendo per la pace che Perseo stesso aveva inutilmente proposta a condizioni vantaggiose pe vinti ( x l i i , 42 ) Di tutta quest ambascera non trovasi cenno in [ T. Livio.

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(5) Le aegotiazioni di Meleagro. Tac 7i wip Tot MiXtttype* Vi7e|f<;. Il congressus de traduttori latini qui termine troppo generale, applicabile ad ogni maniera di colloquio, conversazione, conferenza; il perch vi aggiunsero tum Romanis. Ma in ita liano reodesi superfluo siffatto aggiunto, usando il vocabolo di negoziazioni da negoziare, che'secondo la Crusca ( I) il trat tare che fanno i Principi le cose di stato, qual era l incumbenza di Meleagro. (6 ) Alla pace cpn Perseo , della quale sarebbe stata cosa im prudente parlare allora a Romani che a nessun patto la voleano. (7 ) Marco Emilio, di cognome Lepido, fu gi uno de tre commessarii mandati a re di Siria e d Egitto. V. xvi, i j , 35. Allora era egli principe del senato. Schweigh. (8 ) Quinto Marcio> cognominato Filippo, che fungeva il se condo consolato con Gn. Servilio Cepione l anno di Roma 585. (9 ) Conforme gli parrebbe. Espresse Polibio 1 antica formola che usavano ne Senatusconsulti. Ita ut eis e republiea fideque sua videbitar. I. V. E. E. R. F. S. V. # Orsini. Se non che manca nel nostro la copula 'che unir dovrebbe I utile alla fede , ed al sua sostituito propria. Io ho aggiunta la prima e ritenuta la seconda, per cui si evita di riferire quel pronome di relazione a Tolemeo anzich a Romani. ( 10 ) Vennero da Rodii. Quest ambasceria e quella di cui nel presente libro ragiona il Nostro, e quella cb riferita da T. Li vio ilei lib. x l i v , l i , non sembrano esser la medesima cosa, sic com e parve alto Schweigh. Qui veggonsi gli ambasciadori gili gnee a Roma in sul finir della state, e nel cap, 1 4 > vi arrivan ssi nel principio della stessa stagione. Quindi da supporsi che nella compilazione delle ambascerie sia stato rovesciato 1 ordine di queste due, per modo che la seconda fu messa nel luogo della prim a e cos viceversa. Quanto poi a quella ch espone T. Li vio senza il nome degli ambasciadori, io suppongo che fosse posterior a quelle che rammenta Polibio ; dappoich la minaccia che in essa leggesi de Rodii di abbracciar il partilo di Perseo nel

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c a s o che i Romani non facessero con lui pace, minaccia cui que sti condegnameute alla loro grandezza risposero (ivi, c. 1 5 ), f* chiaramente conoscere, come in quell isola la fazione favorevole a Romani era gi dalla contraria superata. La utlima pertanto di queste ambascerie sar probabilmente stata eseguita nell' autunno dello stesso anno, essendo ancor console G. Marcio, le cui let tere, conforme veggiaino dallo stesso Livio (ivi, c. 1 6 ), recitate vennero in senato, come prima furono spacciati gli ambasciadori rodii. i ( n ) La tratta. Secondo la Crusca ( iv) facut o licenzia di estrarre, della quale propriamente abbisognavano i Rodii per provvedersi di frumento. Se poi chiedessero siffatta estrazione pro prio dalla Sicilia, siccome crede il Reiske, non pu dimostrarsi. L aver i Romani permesso che il grano d a quell isola si cavasse noi prova abbastanza. (i?) Dinone e Poliarato. Cbe costoro parteggiassero con Per seo il disse gi il Nostro nel lib. xsvir, 6 . (13) Nelle loro pubbliche deliberazioni. Cos ho stimato di dover voltare l ir 77* im / m i i r p i y p u t n t cbe qui leggesi, r p i y significando in questo luogo affari appartenenti allo stato}

all amministrazione della repubblica. Rebas qtiae. ad deliberandum proponebantur, tradussero il Casaub. e lo Schweigb., e
non espressero la qualit importante delle cose che proponevano alla deliberazione. (14) Cos tratt il senato. Essendo la scrittura Volgata ixpnptih t t t S tcIS i'V tS ivt xp ir&tvl't, il Reiske s e g u ito d allo Schweigh. scrisse %f. }5t 7S i P5< xptrfitvlx'if, dando a iS/ il senso di sigillatim (privatamente) in opposizione al77r che segue. Ma io non veggo la necessit di questo cangiamento, giacch non ha fondamento la supposizione che la risposta data alle altre ambasciate fosse a tutti in complesso, distinta da quella pronunciata a Rodii, e xp i/txltg itt nel significato di trattar affari in coi deve qui esser preso regge molto meglio il SicTSt che il dativo del sostantivo che segue.

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(15) Le cose tP Italia. Propriamente spellavano gl interessi qui imitati alla Grecia ; ma siccome le ambascerie che a quelli si riferiscono eseguironsi in Roma dove regolnvansi i destini del1 Orbe, cos pu& in certo modo considerarsi l Itali come il tea tro di tali avvenimenti. Nel cap. i4 di questo libro ritorna il Nostro sa questi fatti, e li qualifica V* <7A<* (le cose d 1talia ). ( 16 ) Aulo Ostilio di cognome Marciano, console nell anno 584, ora proconsole. Y. Liv. xliii, 1 7 , dove rammenlansi questa legatone e gli affari in essa trattati, Schweigh. ( 17 ) I decreti ecc. Perl il testo in cui Polibio parla di sif fatti decreti. Uno ce qe ha conservalo Livio ( x t m , 1 7 ) con queste parole : 2V# qui* ullam rem in belhtm magistratibus con fe r iv i , praeterquam quod senatus censuisset ( Non recasse al cuno qualsivoglia cosa per uso di guerra alle autoriti rom ane, fuorch ci che approvasse il sentilo ). ( 18 ) Quelli che contro il dovere ecc. Ed il Reiske e lo Schweigh. sembrami eh errassero interpretando questo luogo. 'A i tifiti propriamente ritirarsi dalle occupation , ed in questo senso potrebbe, secondo il Reiske significare torsi, le varsi dal? amministrazione dello stato; ma nulla vieta che lo si applichi a luoghi donde uno si allontana , conforme con alcuni esempi dimostra lo Schweigh., ed alle persone ancora cui si ri cusa d aderire, nel qual significato us Tucidide questo verbo ( iv, p. 2 7 ?, ed it Emil. Porti ), dove lo Scoliaste il dice posto in luogo d i*3via$*i, ritrattarsi, recedere. N parmi che il n *(* 7* i t t i che immediatamente precede 1 ammetter possa altro senso di questo verbo se non se quello da noi espresso j quindi- stimo alieno dalla mente di Polibio il longius quam par est in che lo volta il Casaub. , col quale non com prendo come pot accordarsi lo Schweigh. nelle note dopo ver adeguatamente tradotta questa frase nel testo. Il quale sbaglio precipitollo nellaltro, di cangiare il volgato xp trxix liit in wftwiwht* che, a detta sua, suonerebbe qui ultra id quod detitum erat

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progred; quasich alcuni de' Pelopnnesii troppo ti dispostasi sero da' R om ani , altri d i soverchio a loro si avvicinassero ; rimprovero quest ultimo la di cui assurdit facil a conoscersi (ig) Chi cansavasi ecc. Lo starsi di mezzo , o, come suol dirsi oggid, il rimaner neutrali nelle guerre civili fu gi dalle leggi di Solone ascritto a colpa. Una guerra tale ardeva nel Pe lo poti neso, non col fatto, ma nelle opinioni, parteggiando alcuni de suoi abitanti co Romani, altri essendo a questi Contrar]. Gl in differenti eran coloro cbe ritiravansi da amendue partiti, e cau savano di dichiararsi f*%*paZtTit). Laonde gli altri che si ac* costavano ( r f t m r l i l t f ) non erano i soli partigiani de Ro mani, siccome noi erano gl indifferenti, ma eziandio quelli ch tenevano colla fazione contraria, e per tal modo gli uni agli al tri oppongonsi. Andaron adunque, se mal non m appongo, lungi dal vero il Casaub. e lo Schweigh. riferendo i neutrali non meno che i partigiani dichiarati a soli Romani, i quali nel testo non sono nominati. (io) In Egio. Dalle parole di Polibio apparisce che presso Livio ( z l i i i , 1 7 ) bassi a scrivere Aegii per Argis (errore con servato nelle edizioni di Livio posteriori all autore di questa nota ). imperciocch gli Achei solevano celebrar in Egio le loro pubbliche ragunanae, lo che cosi Polibio, come Livio, dietro Po* libio, riferisce nel lib. x l v , dove leggesi : T. Quinctio A san da timi est concilium. Orsini. (ai) Chiedevano statiehi. 11 motivo di questo passo di pre cauzione ce lo dice Livio. Ib i nondum quidem sedilio e r a t , sed omnia saspecla, criminumque inter ipsos p ie n a , ob quae obsidibas poslulatis eie. ( Col non v avea per anche ammuti namento, ma era tutto sospetto e pieno tra loro di delitti; per lo che chiesero statiehi ). 11 Nostro pertanto discende in molti particolari, taciuti dallo storico romano, che chiaramente fanno conoscere le dissensioni ond era questa nazione agitata, e le vio lenze a cui aveano 1 animo pronto. (2 2 ) DEupolemo e Nicandro. Intorno costoro veggasi la nota 8 1 al libro xxvn.

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(23) Dissensioni alcuna, cio nessun odio privato, cui doves sero attribuirsi le accuse dategli da Toante. ( 2 4 ) I tempi della guerra dAntioco, Fu Toante il primo chesseqdo pretore degli Etoli incit la sua nazione a mandar amba* sciadori a re per muoverli a danno de Romani, ed a questo ef fetto recossi egli medesimo poscia presso Antioco. V. il Nostro, xxi, i4 ; Liv. xxxv, 1 2 , 32 e xxxvi, 7 e 2 6 . (a5) Consegnato a Romani. Nel trattato di pace conchiuso tra Antioco ed v Romani era stata pattuita la consegna di Toante e di altri instigatori d alcuni stati della Grecia contro di loro. Polib. xxii, 1 4 ; Livio xxxvn, 45, xxxvm. 38. (2 6 ) P M ambasceria tee. Di questa e della restituzione di Toante in patria non trovo menzione alcuna n in Polibio , n m Livio. Lo Schweigh. sospetta che I ambasceria fosse quella che secondo il Nostro ( ixii, 1 7 ) Nicandro sostenne con Fenea ; ina Pantaleone, conforme qui leggesi, era in essa il suo collega, non gi Fenea. (2 7 ) Quindi instigava. Ho diviso in due periodi ci che Po libio in uno comprese, -sembrandomi ehe il passato storico nel volgare maggior chiarezza recata avrebbe al testo che non il par ticipio passato. (1 8 ) Ogni qual volta eec. Il Reiske , accortosi che quell 7 /8 A*dYf cosi isolato, conforme 1 adott 1 Orsini , non poteva stare, vi aggiunse 7< Aiy ttt virtp l*7 tv iticlti, volendo dir alcuna cosa in sua difesa surse, e tolse lo sconcio della costruzione preponendo AA* (m a) che mancava nel testo al *). Lo Schweigh. cangi giudiziosamente 0tv*n&t)t in /3vAih<if, e pota cosi ommettere le parole aggiunte dal Reiske, ma ritenne 1 AA*. Noi 1 abbiamo seguito. 11 Casaub. che pose segni di lacuna in nanzi al * a 't non suppose al certo la sola mancanza di iXXa, sibbene erasi egli atcorto d una ominissione maggiore con cui do vesse accordarsi il /SouAii^lf. che fu tuttavia nella traduzione da Ini mutato nel participio congiuntivo. (2 9 ) Dargliene. Circa il senso di percuotere che abbiam qui

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dato al verbo /3AAi< veggasi la nota 2 3 6 , al primo libro. I traduttori latini scrissero: Lapidibus cttm pelerent (-gli gittassero sassi ). Ma siccome non probabile che in. una numerosa ragnanza si avesse voluto lanciar all avventura delle pietre che avrebbon potuto ferire qualche innocente, cos ho usatam i verbo generale, applicabile anzi alle battiture da vicino cbe alle ferita da lungi. (30) In Acarnania ecc. Il Reiske ridusse ad ordine pi ra gionevole i capp. 5, 6, 7 , che 1 Orsini e dietro di Ivi-il Casaub. aveano bruttamente stravolti. Lo Schweigh. adott cotale riforma che in fatti richiede la successione degli avvenimenti qui riferiti, e noi ci siamo a lui attenuti. (31) Turio. Livio ( x liii, 17 ) dove ragiona di questo con gresso scrive: Thyrii concilium legatis Acarnanum dedere , il nome della qual citt amerebbe l Orsini che presso quello storico si mutasse in Thurii secondo Polibio. Ma il Nostro stesso lo scrisse cosi una volta ( v, 25 ), n era mestieri di seguire Stef. Bizantino, conforme fece 1 anzidetto commentatore, per ritenere quella scrittura. Del resto Polibio ( v, 6 ), se la lezione col sana, la chiama ancora Gip i*>, Thyreum; ma in tutti i luoghi di Livio leggesi Thyrium , ed erronea senza dubbio la corre zione di Gronovio ( Fed. ) e Grevio che ne fanno Thyrreum (V. l ediz. di Livio dell Ernesti, Francof. e Lips. 1 7 7 8 ) al lib. Lxxvmr c. 9 , sbaglio gi sospettato dall Orsini e tolto via dal Drakenborchio. V. la nostra annotazione 1 0 8 al lib. v di Polibio. Lascio il Qvpuitt, Thyraeum, che secondo Ste Biz. citt dellAroadia, e male colla nostra fu confusa. (3a) Creme. Se in Livio fossero i nomi de capi di queste fa zioni, se ne potrebbe trar qualche luce per la vera lezione di questo nome, che in parecchi luoghi del Nostro riscontrasi con varia desinenza. Il cod. Bay. e quello dell Orsini hanno Xptpttt (Cbrem ias) ehe potrebb essere Xpipttt (Chremis), recando egli in questo stesso cap. Xpiput. 11 Casaub. e lo Schweigh. hanuo Xpipenf e Xpiptn> a nessuu codice appoggiati, s non fosse al

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7if d wtp X fift * cbe segue all < xtf't Xptptnt che trovasi nel lib. xxx, c. io, e cbe non neppur in tutti i MSS. Io avrei po tuto nel volgarizzatpento attenermi all, uso' de Latini , e sull esempio del Chremes di Terenzio nel Formione cbe nel genitivo ba Ckremtlis ( Act. 5, se. 8 ) scrivere Cremete; ma amai meglio di non iscostarini dalla pi semplice declinazione greca. (33) Avidit, non solo di roba, che sarebbe.avarizia, ma di qualsivoglia sorta di bene , cbe qui era la preponderanza di po tere e tutti i vantaggi che da questa derivano; lo che propria mente il significato di non gi il prender da alcuno pili del dovere, siccome potrebbe indicare la sua' composizione. ' (34) Vergendo il volgo ecc. Justa deprecatio et visa, dice Livio ( I. c.), donde apparisce che il motivo daver ceduto alle ragioni addotte da Diogene non era precisamente il dispiacere di ricever presidii esternato dal popolo, sibbene la giustezza della sua causa, alla quale se si fosse opposto avrebbe commessa crudelt. Ora fresca essendo la memoria dello smacco fatto al proconsole C. Licinio Crasso dal senato pe trattamenti spietati eh egli si era permessi contro alcune citt della Grecia da lui espugnate ( Liv. xliii, epiu ), poleano bene i duci romani arguirne la volont del senato che non si facesse violenza a queste popolazioni. Il per ch non pu approvarsi il del Casaub. riferito a lavi quasich questi adattarsi volessero al proponimento del senato e non gli ambasciadori, n l applicazione data dal Reiske della voce rvtxXtiTts alla ragunanza degli Acarnani. Lo posto dal Casaub. iu luogo di7pge7 non panni ritrovato tanto felice quanto stima lo Schweigh., il secondo di questi verbi esprimendo molto pi esattamente l incontrarsi della determiuazione degli ambasciadori colla volont del senato che non il primo che, de rivato d a ordine, serie, suona pi presto collocar uo mini, versi, roba in posizione regolarmente continuata. (35) Parve a' Greci. Sebbene i consulenti furono lutti Achei, io tengo collo Schweigh. contro il Reiske che non sia da mu tarsi l,vEAti del testo in ' A% *m, dappoich l ambasceria

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tra spedita a lutti i Greci, ed i forza supporre che dopo il prim periodo il compilatore ahbia ommesso un brano del testo iu cui si ragionava delle altre nazioni greche. Da Livio non possiamo trarre nessun supplimento a cotesta mancanza , avendo egli del tutto ommessa siffatta consulta, come quella in cui non ehansi me scolati i Romani. (36) Di sta r attenti, cio a dire di starsi in mezzo , di non muoversi, ma di porsi alla vedetta della gran lotta eh era per impegnarsi tra Perseo ed i Romani, e d unirsi poscia a quella parte verso la quale s inclinasse la vittoria : partilo consigliato dal tiipore e che non fu sempre il pi prudente. (3 7 ) Arcesilao ed Aristone. Che due fossero i consultori megalopolitani non dee recar maraviglia , potendo la loro patria considerarsi come il pi forte baluardo della lega achea per la grande autorit che le davano a que tempi i pretori Filopemene e Licorla che n erano nativi. Quindi bene s'appose il Reiske-di cangiar il volgalo M iyx\irt\Cns, che si riferirebbe al solo Ari stone, in Aiy*X*t>iClais che Arcesilao ancora comprende. (38) Stratio. Cos chiamasi pure nel lib. x x x i i , 7 , ma poco appresso Stratone (dove lo Schweigh. ne fece Stratio ). V ha dubbio adunque qual lezione sia la vera. Amendue i nomi sono greci. Vedi x x x , a , dove rammentasi uno Stratio medico d E u mene. Reiske. (3g) Da Patra. Alta lezione volgala n*lctptvc, da Patara , osserv il Gronovio che, essendo Patara citt della Licia non si comprende come questo Senone oltramarino potesse tanto nella repubblica degli Achei. Quindi vi sostitu egli molto giudizio samente che adottarono gli editori a lui posteriori, da Patra , citt dellAcbea che sovente riscontrasi in Polibio, ed il di cui abitante secondo Stefano ed il Mostro detto Ila lftu t. (4o) Licorta pertanto ecc. In quel frangente , | tanto decisivo per la sorte della Grecia, gli animi esser doveano in grande- flut tuazione. Il timore de Romani e la carit della patria in con trarie parti li traevano, e meu ticchi la lutto soverchianle potenza

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de Romani gli spaventava avrebbon essi amato d imprendere qualche notevol fazione pr della propria indipendenza. Quindi, non rinunziando alla -speranza che Perseo uscisse vincitore da quel conflitto, assicurarsi voleano dalle conseguenze di un esito opposto : problema oltremodo a scioglier difficile, che imba razzar dovea eziandio i pi prudenti ed i pi moderati. Licorla stimava a tal uopo opportuna una perfetta neutralit; Apollonide e Stratio credevano doversi oltre a ci. tenere gli occhi a d r dosso a coloro che affettavano sviscerato amore pe Romani, af fine di trarne vantaggio a danno de loro compatrioti! ; la sen tenza dArcone e del maggior numera de consulenti era in so stanza pi favorevole a Perseo, m a raccomandava somma avve dutezza per rispetto a Romani innanzi alla decisione della guerra. Non da stupire se questa ultima opinione andasse a sangue a Greci pi delle altre, e cbe il suo autore, perch meglio la po tesse recar ad effetto, fosse investito della suprema dignit presso gli Achei, eh eran allora la nazione pi potente tra i Greci del Peloponneso. (4i) Di non a}utare. La letterale traduzione di questo passo sarebbe: N i con Perseo, n i coi Romani cooperare in nessuna cosa egualmente, n contrariare ad amendue. A me sembrato di render il testo pi semplice e pi chiaro coll ommissione del ftnS (nessuna cosa) e dell ip titis (egualm ente), che pi si affanno all indole della (avella greca che non a quella della nostra. (i?) Dappoi che ne tempi addietro ecc. I Romani che vinto gi avean Filippo padre di Perseo, debellati eh ebbero i Car taginesi e cacciato Antioco fuori d Europa, ben era da prevedersi che di leggieri resistito avrebbono alle forze unite della Macedonia e dellAchea ; quindi pericoloso era il prestar ajuto a Perseo con tra di loro, siccome non era senza rischio per la indipeudeoza de Greci il contrariar a Perseo in cui riducevasi la somma delle loro speranze. Questo, se non vo errata il senso pi ragionep o lib io , tom , r i i . j6

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ole che attribuirsi possa all espressione del pericolo che secondo l.i corta emerger dovea dalla resistenza opposta a Hotnani o al re ii'acedone. Se non che avea Polibio ben a guardarsi dal riferire la ragione per coi sno padre stimava che agli Achei non coave* nisse dopporsi a Perseo. Il perch io tengo cbe intatto abbia a lasciarsi il testo, a malgrado delle correzioni che il Reiske volta introdurvi, e dell averlo dichiarato lo Schweigh. guasto a tale da non potervi recar aldun rimedio senza il soccorso de* migliori codici. (43) E ranti opposti. Secondo il Reiske 1 che ha qui Polibio (propriamente alzare gli occhi contro alcuno) sarebbe nel presente luogo quanto cattar in combattimento ( congredi in certameo). Io mi sono attenuto allo Schweigh. che lo interpetra se opponere. Ed infatti eransi gli Achei bens al cune volte nelle pubbliche deliberazioni opposti agli ambasciadori romani, singolarmente allorquando Licorta e Filopemene acre mente disputarono con Q. Cecilio che rinfacciava loro l asprezza usata co Lacedemoni, e giunsero perfino a rifiutarsi di convocare la ragunanza degli Achei (ix iii, io ), e quando Filopemene neg la stessa cosa a T . Quinzio, chiedendo che palesasse 1 argomento su cui conferir volea colla nazione ( xxiv , 5 ) , quando nega rono a Q. Marcio di consultar i Romani circa la guerra di Messenia che di propria autoriti dichiararono, onde vennero in peri colo che per bando de Romani la loro lega si sciogliesse ( xxiv, 4 , xxvi, i ). (44) Davano dentro a lf impazzala. Il verbo greco vTtpuv&irrxt b nel suo proprio senso gioocare ( /8 <, dadi , prendesi per qualsivoglia giuoco ; come suol dirsi, d azzardo ) con soverchio ardire; laonde pu esso adattarsi a qualsivoglia azione cbe imprendesi ciecamente, e parmi d aver espressa questa idea nel volgarizzamento. Anche il semplice xtfiirTit trovasi presso Se nofonte ( Mcmornb. Soc r a t I. 3 , g ) per cadere a precipizio i<f nelle spade.

(45) Nicandro. Della costui imprudenza e sciagura veggasi xxvn, i3 , x x v i i i , 4 4 * (46) Avanti di sperimentare ecc. , cio dopo la battaglia equestre, nella quale furono vinti i Romani, condotti vennero a Roma Nicandro ed i suoi socii ( x x v i i i , 4 ) Che cosa dunque cre diamo che sarebbono per fare dopo aver riportata vittoria ? Schweigh. (4 7 ) Che Arcone si accostasse ecc. Non gii che fosse tosto promosso a quella magistratura, conforme parve aHo Schweigh. che il Casaub. intendesse d esprimere col procederet, ma eh egli vi aspirasse conciliandosi senza por tempo in mezzo il favore de suoi concittadini, il qual senso conviene al verbo usato dal Ca saub. , e che non veggo perch abbiasi a cangiar in ambirei. (48) A l comando della cavalleria. Osserva lo Schweigh. cbe quest ufficio era nella repubblica degli Achei prossimo in dignit alla pretura ed un gradino per giugnervi. (4 3 ) Queste cose ecc. Con ragione sospetta lo Schweigh. che il compendiatore abbia qui ommesso qualche cosa, dappoich alla fiae del cap. antecedente erano appena stati esortati Arcone e Polibio a chieder i supremi maestrali, ed ora li veggiamo gi in funzione. N ha torto il Reiske supponendo che Attalo non in persona parlasse con Arcone, ma col mezzo d ambasciadori, es sendo egli in Eiatea, conforme apparisce da quanto narra il No stro nel c. i5 del lib. xxvu. (50) Avendo adunque Aitalo ecc. Avea questi prima per lettere ed ambasciadori scandagliati e tentati gli animi dArcone, e de suoi amici, quali fossero verso di s e del fratello Eumene, e conosciutili propizii, incominci a trattar apertamente laffare, e mand un ambasceria al senato ed al popolo degli Achei, af finch domandassero la restituziooe degli onori tolti ad Eumene.

Reiske.
(51) Nella prima ragunama. Prima cio di quella cbe tenne il nuovo pretore Arcone. Reiske. (5a) Degli onori da restituirsi. Aveano gli Achei nella guerra

a \o
antiochica mandati soccorsi ad Eumene ( z z i, 7 ), e questi glieli rimerit coll offerir loro una grossa sommai di danaro, che non fu pertanto da loro ricevuta. Ma quali fossero cotesti onori, e per quale benemerenza si conferissero a quel re , non trovo n in Polibio , n in Livio. Stimarono forse di sostituirli al dono ri cusato, non sofferendo loro l animo di lasciarsi vincer in gene rosit. N crederei gi che si trattasse qui degli onori poco men che divini fatti da Sicionii ad Attalo padre d Eumene pe beneficii da Ini ricevuti'( zvn, 1 6 ). (53) Come quello The speso avea ecc. Dalla fine del cap. an tecedente comprendesi, che Arcone da fautori della sua sentenza circa il partito cui doveansi appigliare gli Achei nella lotta di Perseo coRomani era stato incitato ad aspirar alla pretura. Aveva egli pertanto in ci contrarie le altre due fazioni ; quindi non probabile che fosse per conseguir in suo favore nella pub blica ragunanza per la scelta de nuovi maestrali il maggior nu mero de suffragi!, se guadagnati prima non li avesse col mezzo cbe presso il volgo fa sempre nelle democrazie il pi efficace, cio a dire col danaro. (54) Surse Polibio ecc. Nessun al certo potea meglio del Nostro riferire tutta la lunga diceria chegli recit allora per salvare ad un tempo i giusti onori dovuti ad Eumene ed il decoro della nazione che glieli aveva accordati.- Ma am egli meglio, modesto comera, di ridurla in un transunto. N credo io gi cbe il com pilatore degli estratti l abbia in questa forma ristretta, contro il suo costume di dare per intiero le orazioni decapitani e degli uomini di stato. (55) Andava grandemente a' versi. Mi sembra dessermi eoa una calzante frase italiana avvicinato all'energia della greca: TTfriSpa/tt w ftt Tir . 7: A ., esprimendosi in amendue il moto dell oratore nella direzione della sentenza di chi 1 ascol tava ; la qual cosa ebb eziandio in mira lo Schvteigh. ingegnan dosi di correggere l inesatta traduzione del Casaub.: longoni orationem habuit multitudiki ru ic iro z cifi nelle note

24 I
propose di sostituire : maxime coltineavil ad multitudinis sen

tenliam.
(56) Quelli eh.' erano contro il decoro e le leggi. Nel lib. xxvii, c. i5, leggesi cbe ad Eumene er^no stale dagli Achei riz zate statue e pietre inscritte contenenti senza dubbio il decreto degli onori a lui destinati ; al qual luogo osserva il Valesio che gli onori contrarii al decoro erano gli altari, i sacri ficii ed i giorni festivi in contemplazione di lui ordinati. V. la nota g t al lib. xxv il. (5j) I Rodii ecc. bene da maravigliarsi come persone rodie facessero l ufficio di giudici presso gli Achei; se non che furono forse Rodii d origine, ed il popolo acheo diede loro la cittadi nanza. Schweigh. (58) La irragionevole condotta. N qui n alla fine del ca pitolo io credo che iX ty itt abbia collo Schweigh. ad interpetrarsi preeipitanza, inconsideratezza , essendosi levati gli onori ad Eumne a bello studio e con riflessione da coloro che gli voleano male. Ma neppure contemtus (disprezzo) parmi che in que sto luogo sia il valore dell anzidetto vocabolo, conforme piacque al Casaub. , sebbene nell ultimo periodo egli spieghi 7* y tttftiitlt iX ty ia t, temere peccata. Pi naturale sembrami il si gnificato che deriva dalla composizione della parola , e che sprime il torto, il proceder contro ragione degli Achei nell abolir ad Eumene tutti gli onori indistintamente. (5 9 ) Sarebbono per conferire questa grazia. Male , secondoch a me pare, Voltato fu in latino il testo greco : pifXXttlac ft f i l i t i itr (meglio tir giusta il Reiske) Ttr fiartXt* 7*r %pir i r t S t S t l i t i l f i f , li Si paXKtt iw 7 *St\f>t /a77>, Non regtm dumtaxat eo facto essent demerituri, verum etiam fratrem quoque illius Aitaium; ch Tei 0 w*SiSiti 1U I n * propriamente trasportare, collocare la grazia in alcuno, non gi meritarsela da alcuno , tra i -quali modi di dire passa quella differenza ch tra il dare ed il ricevere, tra l attivo ed il passivo.

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(6 0 ) Contenessero. Se qui nel senso di conte nere come noi 1* abbiam volgarizzalo , bene s appose l Orsini a cangiar il volgalo 7e t t n t i in l i *<, tolto dal margine del suo manoscritto, dappoich concorda esso coll ixt l i . Tuttavolta emmi sospetta in questo verbo la preposizione irs^ che potrebbe dargli il significato di circondare, ed allora noo rifiu terebbe l accusativo del nome che regge. T i n f l i t t i chiama, il Nostro altrove l aria che circonda il globo terraqueo, la cos detta atmosfera. (6 1 ) Pleuratn fuoruscito illirico. Questi fu unito'allamba sceria per la lingua patria eh egli parlava , e forse ancora per esser uomo d autorit, ed a giudicare dal nome eh era quello del padre e d un figlio di Genzio , eziandio parente di qusti, conforme stima Io Schweigh. Ritorn nella seconda, siccome vedremo poc appresso , dov indicato il motivo per cui fu mandato. (6 a) Adeo. Aputeus, nome non greco, in luogo d'Adaeus in Livio al certo una storpiatura. Aridaeut suppone il Reiske cbfe avesse Livio innanzi agli occhi, donde pi facilmente siasi fatilo Aputeus. Circa il nome ed il gentilizio della Beroe di Ma cedonia veggasi la nota 53 al lib. xxvii. (63) Quanto egli avea operato ecc. I Romani ebb egli supe rati in una battaglia equestre, ed i Dardani poco fa domati ( Liv. xliii, 1 7 ). Come Cefalo epirola, per le calunnie che Caropo diede di lui a R om ani, da questi passasse a Perseo ve demmo nel lib. x x v ti, i3. Nell Uliria finalmente era il re di Macedonia poc anzi entrato con dieci mila fanti e cinquecento cavali?, e ne avea soggiogala quella parte che al suo regno era pi vicina, siccome riferisce Livio al luogo citato. (64) Scardo. Cos hanno tutti i M SS., ma i libri stampati e Livio recano Scordo. La prima scrittura coll a riscontrasi an che .in Strabone ( vii, p. 3ag ) , ed in Tolemeo ; quindi giudica bene 1 Orsini che quella di Livio vada corretta dietro Polibio ed i geografi test citati.

(65 ) A' Dardanii. Possente nazione situata tra la Macedonia e l llliria , di cui si parlato in varie parti di questa Storia ( u , 6, v, 66, v, 97, xxvi, 9 ) e che s approfittava dell assenza, de re di , Macedonia, occupati in qualche spedizione, per invadere il loro regno. (66) E della Macedonia. Queste parole ho io aggiunte al testo p er suggerimento del Gronovio. E d in fatti dovea caler a Perseo pi de propri! stati che di quelli del vicino. Livio sem bra averle trovate nel suo manoscritto di Polibio , leggendosi in lui : N e transitili fa eiles D ardanis in lllyricum aut Macedo-

niam esset. (67) Scodra. Questa la vera scrittura di questo nome. Scodra recano il Casaub. e lo Schw eigh. e Cpdra ha il cod.
dell Orsini. Livio e Plinio ( iti, aa , a6 ) . scrivono come noi. Sem bra che fosse la Scalari sdierua, capitale dell Albania turca, non g ii, conforme credeva il R eisk e, la Scardona della Dalma zia che conserva ancora il suo nom e antico ( V. Strabone, v i i , p. 3 15 ). (68) Lisso. Del sito di questa citt illirica e della sua rocca veggasi v ili, i 5 . (69) Adduceva in iscusa ecc. G l interpetri latini non mi paiono aver colto il senso del testo. Quanto adduceva Genzio per far capace Perseo della necessit in cui egli era di non im pren dere per ora la guerra contro i Romani non era gi pretesto , simulazione (hoc praetextu est tisus voltan essi l in fo lt ) , sib bene vera cagione ; che tal era la sua povert non oscuramente da lui indicata, siccome osserva Polibio alla fine di questo capitolo. 2 >ci9 r70< 3i<< da r x i r l t 't coprire quanto difendersi, schermirsi,

tu e ri, tu ta ri , e lo scusarsi, scolparsi, coprire la propria in nocenza con plausibili ragioni significa allincirca la stessa cosa. (70) Stuberra. Livio la chiama Stubera. Che se latinamente si volesse scriverla conforme 1 ha il Nostro 27 /3i fp , cos dovrebbesi esprim ere: Styberrha. (71) Ciancia. Costui fu aggiunto nella seconda ambasceria agli

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altri due che fecero la prima per essere persona di tutta c(tpfidenza del re , che come tale potea con maggior efficacia operare sull' animo di Genzio ed indurlo allo scopo desiderato. impos sibile il confonderlo con Glauco, siccome temeva che Si facesse 1 * O rsini, deputalo acarnane in Turio favorevole a Romani. Vedi il principio del capo 5 di questo ltyro. (J?) V lllirio. Lo stesso Pleura lo eh era stato mandato prim a, e che non fu necessario di nom inare, secondo che cre dette V Orsini. Reiske . ( 7 3 ) Sovra agni altra cosa, Il *tifttts del testo non credo che sia esattamente renduto n dal perspicue (chiaramente) del Ca saub. e dello Schweigh., n dal diserte (espressamente) di Livio. Principalmente , sovranamente , o come noi lo esprimemmo il suo vero significato. (7 4 ) I?Andr. Laccordo di Polibio con Livio nello scrivere questo nome mi fa creder che in amendue gli autori sia genuino, e non abbia a cambiarsi, conforme piace allo Schweigh, in Uscana , citt che lo Storico romano espressamente distingue da Ancira , la di cui presa fatta da Perseo egli narra. Se non che io son indotto a sospettare che Ancira non fosse altrimenti citt, sibbene regione, scrivendo Livio Ancyram popolalus e s t , di sert A ncira, gli diede il guasto, lo che non fassi ad una citt. N quanto racconta qui Polibio la indica assolutamente citt, dap poich puossi eziandio andar alla volta d una campagna che di stinta sia per qualche nome. ( 7 5 ) Intorno a quel tempo. Narra Livio ( x l i i i , a3 ) che Perseo non istancavasi di mandar frequenti ambascerie a Genzio onde trarlo seo in societ contro i Romani ; ma c h e , ostinato a volere cbe quer re del proprio spendesse in questa impresa non consegui mai nulla. Polibio pi diffuso nella sposizione di que ste ambasciate, le quali Livio ad un breve cenno ristrignee. (7 6 ) N annunziata. Non superflua, siccome parve al Reiske, la ripetizione che qui riscontrasi, n tampoco, per quanto a me sembra, suona essa male. S ingann pure, al mio credere

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lo Schweigh., in asserendo che comodamente si potrebbe ommetter il secondo vX 7t, il quale facilmente sintenderebbe da quan to precede; giacch tuT ita yy'tX ttlis tv&tt (n annunziando nulla) non lo stesso che v7 iia y y tX ttltt iti fi (non annunziando nulla di p i ) , e 1 antecedente non senza stiracchiamento vi si trarrebbe per modificarne il senso. (77) ^>er cu sl ecc' Nell oscurit deMSS. i quali, non meno che lediz. dellOrsini, hanno tapmXitrt, Qmtkh \nyutim cre do prudente consiglio l attenersi alla scrittura del Casaub. Si e ili /toro, quantunque non poco 9 allontani dalla Volgata. Gli Sforzi del Reiske per avvicinacela mi pajono infelici, rendendosi secondo lui necessario di far risultar dalla sua lezione con ag giunta al testo di molte parole, un senso che sembr alieno dalla mente di Polibio. Avrebbe, a parer suo, Perseo fatto dire a Gen zio che gli dar il danaro chiesto , allorquando uscir coll eser cito (sostituendo t%np*ih, a iJnV /tf>> , ma noti glielo diede, mentrech per esso solo ecc. (7 8 ) Ira de' Numi. Cosi ho creduto dover vojgarizzare la Sttifitfo^XujSutt del Nostro, che secondo la sua composizione l offesa recata, alla niente da uno spirito superiore e dalla Divi nit medesima, detta Saiftmt per eccellenza; lo che da sup porsi cb essa faccia irata a punizione dell empiet. Divinitus immissam mentis occaecationem ( cecit della mente maudata da Dio ) tradussero siffatto vocabolo il Casaub. e lo Schweigh., ma So ho creduto riferir questo stato dell animo alla sua .causa che in qualche modo il giustifica. Sciocco pertanto chi nel mettersi ad un impresa non conospe i mezzi che condurla ponno a buon esito; ma chi conoscendoli non se ue vale per evitare i pericoli 'quali s abbatte, forsennato convien appellare , quali appuuto sono coloro c h e , secondo Qraeio , Giove ha destinati alla per dizione. 1 ( 7 g) Avrtbbon il loro animo spiegato. 11 testo ha i$t\ty% X itai cbe letteralmente fu tradotto deprehenderentur ( sarebbero stati colti sul fatto ). Ha non parmi che questo ne sia il senso

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preciso , essendo quanto scoprir le intenzioni dal cuno , nudargli , svelargli V animo , e questo avrebbon appunto Tatto di s la maggior parte de Greci, i quali , ove fossero stati provveduti detnezzi occorrenti per guerreggiare, volontieri sarebbonsi associati a Perseo per abbattere la preponderanza deRomani. (8 0 ) 1 Male avvisandosi. Non dovea il Casaub. seguilo dalloSchweigh. tentar i MSS. che coll Orsini recano (m ale), non gi xmXSt (bene) zrttSt (facendo) ; giacch quanto alla pro pria causa Perseo fece malissimo, comech ne risultasse un bene grande pe Greci. (8 1 ) Nella stessa sua sorte. 1 traduttori latini scrissero in ejusdem pemiciei societatem , lo che non nel testo o leggasi co MSS. e coll Orsini 7Hi iv i H e wi tpxt iu 7j* A/3i< , eh frase poco greca, o , facendo segno di lacuna, si adotti col Ca saub. la lezione 7j* iviHf wtip* m. o si approvi la miglior scrittura del Gronovio accolta nel testo dallo Schweigh. 7r u7r li%nc wu'i . A., cui nel volgarizzamento ci siam attenuti.. (8 2 ) Caddero in errore. Non pare a me quanto allo Schweigh. ragionevole il senso che diede il Casaub. ad iXiyn& irat di cad

dero in frode , lasciaronsi ingannare , in fraudem inciderunl.


Non avea gi Perseo tentato d ingannar i Greci traendoli nel suo partito ; ch di tutta buona fede egli operava. Sibbene a* vrebbon essi dando a diveder i loro sentimenti commesso un errore gravissimo, donde risultata sarebbe la loro ultima ruina. (85) Essendo Perseo ecc. Al Casaub. sembr zoppicare il primo membro di questo periodo.*, e perci pose un asterisco dopo n i pnus. Gd infatti, per quanto si voglia accordar al Reiske che BevJitfiittv sta qui per pitXXetlts, del quale significato egli adduce parecchi esempli di autori accreditali ; e qnand anche nulla facesse al proposito 1 osservazione dello Schweigh. che in nessun luogo di Polibio trovasi- (tvXtrBut in questo senso, di scordanza grammaticale troppo strana sarebbe la combinazione del genitivo fieoXe/ettjv tratto al AnSJ/er&itt col plurale 7* *A*-, comech attica eleganza avrebbe a reputarsi il nome plurale retto

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da] verbo singolare. Forse sanerebbesi questa piaga ove si scri vesse IS t eXut. Costituendo Xtyptlttv /3vAjuie come sem bra aver fatto il Casaub. traducendo: Quo tempore dicebatur.... ('nfaruf,rimane la difficolt grammaticale sovraccennala. AitytrBut It'tt Aoit propose il Reiske, riferendo il verbo a Perseo, con tro 1 uso della lingua greca e del Nostro, presso cui trovasi sem pre la cosa e non la persona accordata in questa frase col Xp*-

fiiiiir . Tipi n t i m i t i I t t A%a*n, quam fam a accidisset A chaeis, quum eis nuncialum esset congettura non improba
bile dello Schweigh.; ma incominciando cos converrebbe far se guire a coleste parole: Ttt tJtpA* fStvXoptttti {, o semplicemente Lavenula di Perseo nella Tessaglia, dove trovavasi il console Q. Marcio Filippo, narrala distesamente da Livio ( xliv, 3 , e seg. ); ma nulla riscontrasi presso di lui dell* offerta che gli Achei fecero a Rom ani , secondoch racconta qui Polibio, di poca importanza essendo siffatto avvenimento, ove si riguardi alla somma della guerra, e pi appartenente a Greci per cui scrisse il Nostro. (84) Li sospetti e le calunnie. Di quali mancanze fosse presso i suoi accusato Arcone non bene si comprende da quanto scrive Polibio. Se egli coll indurre gli Achei a mandar ajuti a Romani creduto avesse di sventar coleste male voci che cntro di lui eransi suscitate, si dovrebbe credere che caduto fosse nella suspi cione di parteggiar con Perseo. Ma dal cap. 7 di questo libro chiaramente si conosce come al tutto egli favorisse i Romani. E gli tocc gi uualtra volta, conforme scorgesi dalla voce truXit, di trarsi innanzi co fatti per confonderei suoi nemici, lo che non veggiamo quando accadesse. Se non che da credersi che questi suoi detrattori fossero quegli esagerati (xxvm, 6 ) che all impaz zata gittavansi nel partito de Romani, non perch lo stimassero 'salutare alla repubblica, siccome giudicava Arcone, ma per trarne a s profitto. (85) Gli altri ambasciadori, cio quelli eh erano seco. I li bri hanno lavi piit 'wpitfiivl k s, che pu stare senza che vi si

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aggiunga AAvt, secondoch vorrebbe lo Schweigh., ch nuovi ambasciadori non potea Polibio al certo mandar dalla Tessaglia. (86) Per cui passerebbe. Dispiacque al Reiske V i f t w t f ' w t T n i , che amerebbe di sostituir al semplice w fi u titi , oppur tr tfiv tlm i. Ma se il verbo che leggesi nel lesto fosse relativo al pi vicino iy tp tc anzich al pi remolo *r A ii> ,ed a iftw c ftltr derivato significasse il comperare che si fa ne mercati ? Noi pertanto non abbiain voluto arrischiar una nuova spiegazione. (87) Tqlocrilo. Il Reiske ci sem brato farneticare su questo n o m e, asserendo d ignorarne il valor etim ologico, e di m aravi gliarsi della sua composizione. la generale questo dottissimo commentatore soverchiamente sofistico in siffatto genere d erudi zione , che alla fin fine sterile affatto e d luogo a strane su p posizioni. (88) Per recargli il decreto. V. il cap. 7 di questo libro verso la fine. (89) Le Anaclelerie. V . il lib. x v n t, c. 38 . (90) Con la casa regia. Ilftt 7* /3*?iA tt>. superfluo l'aggiungervi lailnr (quella), siccome suggerisce il R eiske; chfe d altra famiglia regia non pu qui esser discorso. Circa il dop pio significato di /SrtAi<, vedi ci che annotammo ai lib. v , 4 e xxm , 9 .) 1 Romani pure, a detta di Livio ( x l i i , 6)- ordi v am o a' cinque legati che mandati aveano nella Macedonia ad esamioare lo stalo delle cose che, spacciatisi di questo affare, an dassero in Alessandria per rinnovare lamicizia con Tolemeo. Non si scorge pertanto da questa relazione se a siffatta ambasceria avessero data opportunit le Anacleterie del nuova re , comech ci sia probabile. (91) Avorio. Variano gli autori circa la scrittura di questo uome. Livio , S trab o u e, e Stefano Biz. hanno A zoro , Tolemeo Aiorio. Se non che i due ultimi' recano nella seconda sillaba 1 , cbe lo Schweigh. sostituir vorrebbe allo breve del Nostro. (93) Delle circostanze difficili , cio degli ostacoli con cui lottavan i R o m an i, cosi per la difficolt de luoghi come per gli

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impedimenti d ogni genere che lor opponevano i Macedoni. V. Liv. xlii , 3 e seg. Travagliali da tanti disagi non avean essi it destro di ascoltare lambasciata degli Achei e di deliberarvi sopra. fg3) D'Eraeleo. Nelle antiche edizioni di Livio fu questa citt erroneamente scritta Eraclea , finch Gio. Fed. Gronovio , se guendo Polibio , mut lultima a in un o. Era essa non lungi da D io, citt della Macedonia con famoso sacrario , della quale ragiona il Nostro in molli luoghi di questa storia , e dove rico ver Perseo avuta la nuova che Q. Marcio era disceso damonti che separano la Tessaglia dalla Macedonia ( Liv. 1. c. ). Riscon tratisi pertanto presso il Nostro parecchie Eraelee ; nella Mace donia t r a i Lincesti ( xxxiv, l a ) ; nella Tessaglia la trachinia presso il golfo Maliaco , gi posseduta dagli Etoli (x , 4 a ) ; nella Sicilia non lontano d Agrigento, stazione navale de Cartagine si ( i , a 5 ) ; nella Ftiolide vicino alle Termopile ( xx, g ). (g4) Del suo divisamento. Giunto il console, dopo aver tanti pericoli affrontati, a confini della Macedonia, aveva egli al certo compiuta la parte maggiore e pi difficile della proposta impresa (7 S t ) di peueirar in quel regno , non gi di de bellar Perseo, conforme sembrano indicar le parole del Casaub. susceptae expeditionis. E ben si accorse lo Schweigh. dell as surdit di siffatta traduzione nell atto che scrisse le note, coinechi: nel testo 1 avesse ricevuta. Placuit ( dice Livio, x lii, 3 )

movere ex tempio conira atque pergere inde in Macedoniam. (g5) Appio Centone. Questa cosa, siccome di per s mi
nuziosa, Livio passa sotto silenzio; rammenta egli pertanto (xliii, g e seg.) come lo stesso Appio Claudio Centone verso la fine dell anno antecedente fu da Ostilio mandato nell' llliria con quat tro mila fanti. Schweigh. (g6) Sped f anzidetto, cio lo rimand a suoi, dove aveanlo gi preceduto i suoi compagni dambasciata. pertanto propriamente spedire , non gi il redire jussit de traduttori latini, il qual senso ho rifiutato, perciocch cotesta spedizione

a5o
non era un semplice comanda mento di rito rn o , ma sibbene una incumbenza data da Q. Marcio a Polibio per gli Achei. (97) Dubbiezza. U fi/X tiftx [ problema ) che ha qui il testo un caso dubbio che si propone a scioglimento , e termine adottato dalla nostra favella, non solo nelle m atem atiche, ma eziandio nel discorso comune. T uttavia non volli usarlo nel pre sente passo, male accoppiando! con lui il verbo cadere. (98) Reput egli. Molto imbarazzato questo periodo nel te sto , e pu ben credersi che non poco intorno ad esso si affati cassero i commentatori. L o Schweigh. volle difender il *.!*per Q ftJlifttn , appoggiato ad un passo equivoco di A ristofane, la qual cosa lauto meno pu approvarsi quanto che abbiam di sopra lo stesso Q fu lin iti, dov riferito che Marcio diede quest ordine a Polibio. Ma risultando dalla corrotta scrit tura de li b r i, che Polibio non dovesse curare ci che Marcio ordinato gli avea di curare , mut il G ronovio in i p f t t l i r t l t il secondo , e lo stesso fece lo Schweigh. nel testo , proponendo pertanto nelle note appi di pagina una pi ragionevol lezione, cio fi* Q ftility ii, che forse sospett il Casaub. ponendo un asterico in luogo della particella negativa, e 'tradu cendo negligere. Il Reiske sbagli affatto il senso, stimando che Polibio giudicato avesse di non esporre pubblica

mente gli ordini avuti secretamenle da Marcio. (99) N n avendo nulla in iscritto. VLnitftUs
hanno i libri con manifesta lacuna. O rsini la riempi colla voce

X ftia t : non essendovi alcun bisogno. Ma che bisogno non vi


fosse era solo pretesto del console , conforme non era alieno dal creder il Nostra ancora. Il Reiske prese lo stesso vocabolo' nel senso ben ra r o , e direi quasi inusitato di causa, scusa, pretesto. A me piace meglio il suggerimeuto dello Schweigh. di scriver , lettera. proposto pure dal medesimo uon ac cetterei senz apporvi y ty fu fi filtra , ordine scritto ; ch lordine a voce aveva egli ricevuto, ma secreto, temendo il console, le di cui intenzioni, siccome vedemmo, erano forse m en.che rette,

a5i
non una lettera ostensibile il compromettesse in faccia agli Achei ed allo stesso senato. (100) Del decreto d el senato. Circa questo reggasi la nota 17 al presente libro. (101) Di Appio Centone. Questo nome fu aggiunto da tra duttori la tin i, ed ben necessario per iscansare la contraddizione che nascerebbe dal supporre che la lettera fosse del console Mar cio, il q uale, conforme abbiain v ed uto, non ne diede altrimenti a Polibio. ( 1 0 3 ) Centoventi talenti. Il Casaub., giudicando il p t t y u X x t dopo recato dal cod. dell Orsini troppo discosto dal1 i p t f f t i f (occasioni) lo trasport immediatamente innanzi que sto vocabolo; ma il cod. Bav. ha l i \ n l * ftty x tt che lo Schweigh. con ragione rifiu ta, non trovandosi tra i Greci la distinzione di talenti maggiori e m in o ri, a meno che quelli non fossero d oro, questi d argento. (to 3) Come colui ecc.vO lt de MSS. frase tronca che suppone un altro v e rb o , reggente quello eh sc ritto , per esenip. ija&Xtlt, itentala (p erch voleva , avea in anim o), lo ho preferita la lezione del Casaub. alt e lho volga rizzata. (10 4) Eraeleo ecc. Lo stratagemma con cui questa citt fu presa da Livio (xuv, 7) esattamente descritto. Se il lesto di Polibio fosse a noi pervenuto intiero , chiaro apparirebbe aver il mede simo .servito di modello allo storico ro m an o , dappoich il prin cipio della narrazione in amendue perfettamente si rassomiglia. Quindi bene s appose il Valesio d attribuir al Nostro questo frammento. (10 5) D e'loro giuochi. Ludicro circensi ad Usum beli verso dice Livio (1. c.), esponendo questa ben singolare manovra. Quindi non v ha dubbio che Suida tolto abbia la definizione di i/a ftu ie * da quanto trov scritto nel Nostro circa 1 * espugnazione d Eraeleo. (106) 1 Cidoniali. Eran costoro i pi scellerati tra i Cretesi,

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conform chiaro dal tridimelito che usato ebbero contra gli Apollonia ti toro amici e socii (V . Polib. xxvii, 1 6 ). Furon essi gi tanto potenti che osarono d opporsi alle forze unite deG o rtinii e de G nossii, citt principali d it Creta ( V. la nota 98 al lib. xxm , e g 3 al lib. xxvii ). O ra sem bra che i G ortinii ten tato abbiano parecchi? volte di rendere loro la pariglia; ma che ci facessero per vendicare gli A polloniati, siccome stima lo S chw eigh., par mi asserzione gratuita pi probabile essendo che ricattarsi volessero de torti eh essi medesimi da quella trista gente avean ricevuti. (107) In Rodo ecc. Da capi 6 e 11 del libro x x v i i si co nosce che in quell isola v avea un forte partito favorevole a P er seo , capi del quale erano certi uomini di mal costume attivissimi in aggirar la plebe. Tuttavia vinse col il partito pi sano che teneva' co R o m a n i, tra per il timore delle costoro armi che di ogui ostacolo trionfavano e per la benignit del senato che col decreto qui accennato li sottraeva dall arbitrio de capilani. Il perch a me pare che ben lungi dall acquistar vigore amendue le contrarie fazio n i, quella di Perseo . fosse allora grandemente infievolita, e ben il dimostrano 1 approvazione data dalla mol titudine al surriferito decreto * ed il sopravvento preso sopra quella da principali amici de Romani, Filofrone e Teeteto ( x x v i i , 2 e 11 ). Io sostituisco . quindi di al volgalo y tf , ci che in quel tempo accadde essendo eccezione e non altrimenti causa di quanto fu prima asserito. (108) Cajo Marcio, a Che questi fosse il pretore C. Marcio Fignlo cel dice Livio x u n , i 3 e 17 , x l i v , e seg. Schweigh. (109) Quali magitlrati. Era il console Q. Marcio partito da Roma alla volta della Grecia nel principio della primavera, con forme hassi da Livio (x liv , 1 ) , e gli ambasciadori ro d ii, secondoch narra poco appresso Polibio , eransi messi in viaggio all incominciar della sta le , quando in Rodo poteasi conoscere chi fossero i maestrali cui affidata fu per quell anno la guerra di Macedonia. Quindi bene si avvisato lo.Schw eigh. a proporre

*53
il cangiamento del volgalo u t '!<*# (com e alcu n i) in ? h i n , comech noi avena accettalo nel lesta ; e noi lafbbiamo seguito, ( n o ) Applaudita. K pchi approvar aleUnu c*ga eoa p c h ia. mento di mani ; lo che significa pure il plaude re da Latini ; il perch ebbe ragione lo Schweigh. di ristabilire l'a n tic a lesione x f h iS - tin t che arrecano i cedici Bavero ed Orsi il vano, ma ehe gli editori molarono in fa 7 9{nF esprim endo, siccome osserva lo stesso commentatore, u n senso affetto coM rseio, vstn dm stata sup erata , rimasa inferiore la sementa. F o rte scambiala fu qne sta lezione con , essendo stata approvata, u m etta i senso che non disdirebbe!! a questo luogoi ( m ) In su l principio della stata. Arriv duaqe cotestambasciata in Roma a met della stale o poco dopo. Sthwvigh. ( n a ) Egesiloco. Pi sotto h questo medesimo chiamato A g tsiloco, mutandosi secondo il dialetto dorico, che in Rodo pari, vasi 1 * H in A. Q uindi possono tenersi ameodue le scrittu re , n i veggo la necessit di rifiutare la prima, siccome parve allo Schweiglv dappoich si uniforma all uso de Greci. ( u 3) Agepolide. Osserva opportunamente lo Schweigh, phe cosi bassi a scrivere il nome di questo rodio ovunque ricorre, Dot g ii Agesipolide ( re di Sparta e Certo capitano da Dime nsllAchea rammentati dal Nostro), conforme senza tf autorit de* codici volgarmente scritto. ( n 4) d iv a la tratta del frum ento. Intorno a questi ed agl altri oggetti della presente ambasceria veggansi le notte io e n a questo libro, nella prima delle quali ho asserito diversa essere 1 ambasciata col esposta da quella eh qui riferita. Ma giuo co forza che io mi ritratti da siffatta opinione. Lo spazio di tre mesi corso dalla partenza degli oratori da R odo ed il loro ar rivo in Roma * dal principio della siate al no fine egu.il a quello che pass dall elezione de nuovi maestrali qlla notizia giunta in Rodo di colai elezione dall iiicotninciauieato dell primavera a quello della state, non permettendo, secoqdo la pra-

roMBio, lom. r f i .

17

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tica di que tempi di navigare pi eh era possibile terra te rra , maggior celeril di cammino lo distanza da Roma a R o d o ,!p e r varcare la quile egli era d uopo fare un lungo giro marittimo. Ma :quand? anche venti propizi! favorita avessero talvolta la. navi gazione, lo scusarsi che fa qui Polibio dell aver riferiti i discorsi recitati in tal occasione nel luogo dov egli narra gli affari d.'Italia, e la identit delle persone qua e l nominate, non ;meno che delle varie^ iocumbenze che aveano da' loro concittadini ricevute, mettono fuor di dubbio che ad una sola ambasciata relative sieno le cose >in-amendue i luoghi esposti, dappoich degli avvenimenti d Italia appunto afferma- il Nostro di trattare nella prim a rela zione ida lui data dell ambasceria rodia. Quanto all ambasciata che-ram m enta T . L iv io , io non trovo motivo di cangiar il pa rere gi da me esposto, non riscontrandosi nella presente l a r dita proposta degli oratori, n la risposta franca e minaccevole del senato cui tosto con seguitaron i Catti; sibbene. tutto il contrario e !nessuna menzione della pace , da (rsi con Perseo per parte de Rodii, ed una cortesissima accoglienza per parte de Romani. Se non che lo sb ag lio procede da Livio m edesim a, il-quale pose quell im prudente contegno de Rodii nell ambasciata che ;fecero a R o m a , mentrech Marcio guerreggiava in Macedonia ; laddove secondo Polibio (xxiv, 7) essa avvenne d o p o c h il console Emilio ebbe talmente chiuso Perseo nel proprio regno che poca speranza di salvezza gli rinianea. 1 (1 15) I discorsi ecc. Questi e le risposte relative non leg gessi- nel testo a noi pervenuto, che fu dal compilatore degli estratti molto abbreviato. . . , , (116) Degli ambasciadori. 1 libri tutti scritti e stampati hanno. x-ptc/um t, ambasciate, che .non p an n i troppo qui. convenire. Quindi m attenni-alla congettura dell Orsini, cui piacque meglio

W ftcfltvlSf. (117) Le gesta cbe tengonsi dietro. Questa frase, mi sembrata corrisponder al KmTmXXfatvt che bene qui scrisse lo
Schweigh. cui meritamente era sospetto o in una pa-

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rota si coDgiunga col 7 ( > * ), o dallo stesso si di vida ( cos x k l ' i x . ; giacch n * lk costruito Col .genitivo denota sempre contrariet al nome che vien appresso, e coll accusativo gli d il senso di successione. Male adunque avviatesi il Reiske stimando indifferente di porre il secondo o il quarto caso, e .fa cendo risultar una diversit di significato dall unione e dalla 'di* visione di xcflk e d AAifA. . . . (118) Vicino ad Enucleo. Marcio, finattantoch era impacciato ne difficili passaggi che dalla Tessaglia conducono nella Mac* donia , non potea dar retta alle ambasciate che da varie parti della Grecia eran a lui venute. V. il cap. 2 di questo libro in sul principio. (119) Disse, non che ecc. A sentir il Reiske manca avanti ViQn la particella negativa tv, che per propriet della favlla greca fu ommessa, siccome altre fiate essa accumula le negazioni dove non ve nha bisogno, ed anzi nuoce al senso. Lidioma italiano ha per avventura la stessa singolarit che noi abbiamo qui espressa e l opposta ancora di negare dove va affermato; p. e .: temo di cadere, temo non io cada ; egli maggior che io credeva, mag

giore che io non credeva. (io) E colmolli d i cortesie. Di ridondante eleganza ia frase
qui usata da P o lib io , che non lascia perci d esprimere pi de tre vocaboli in che l abbiamo voltata. La qual cosa io ho voluto tanto meno sorpassare, quantoch il suo stile notato di .rozzezza e di scabrosit. ,K a irAA<t, sono sue parole, x aS t X t u U t ut,

<pi?L*t&fvjri*t i* .iil* t (secondo lo Schweigh. w ift'tIfw n t, che in italiano cos suonerebbono letleralinetitc. f molte cose affa tto ,a cortesia spettanti vi agginse. abbondevolmenie. ( i t i ) Scrisse ecc. Questo era poi ecaesso di cortesia, dappoi
ch' avrebbe bastato il dirlo agli am basciadori, affinch, ne rea* dessero consapevole il popolo di Rodo. Forse fu la scrittura vol gala l t corretta dal R eiske, figlia della stranezza di colai atto d esorbitante civilt. ( m ) La sovrastante guerra. Quella che ardeva tra Antioco

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e Tolemeo p e r la Cele*iris, sn cui reggasi il cap. i di questo li b ro ci che col ab b in a annotato. Il Reiske suppose che ai trattaaae qui anche delia guerra eoa Perseo ; ma non poto ci cader io n m l * a Marcio, il quale beo conosceva quanto la pace con questo re contraria era all* intensione del cenalo. O ltre cbe i Rodii nell m o appresso soltanto (V. xxtx, 4 , 5 ), {aitasi pi po tente la fazione favorevole a Persa, decisero dinterporsi per ri conciliare Perseo co R o m an i, e mandarono a tal uopo a Roma quella iofolice ambasciata d ia tanto cara loro cost. (ia 3) Che gt rimesUwasi. Circa questa guerra consultisi ci che a anota ritmo al principio del prim o cap. di questo libro I l verbo che ho qui usato mi parve pi chiaramente reoder il M k t del tetto che non il corjlalum erat (era contralta) de traduttori latini, che propriam ente dicesi de metalli cbe fusi media ole 1 aria spremuta dal soffietto riduconsi in una massa omogenea. Gli elementi donde componevasi la guerra Celeiriana, dice il Mostro, erano gi uniti ed insieme mescolati, sic come liquori d i varia specie versati in un solo vaso ed agitati. <t 4) Accampate nella Macedonia. Scrivo tessendosi accampate, che bene si congiugne col dativo l itau t i f t a del testo, anzich wapafhflXiu/,, avendo fatta irru-

tione cbe si costrnisoe coll accusativo del luogo, tir 7i> . Lo Schweigh. sospett d i e casi avrebbe ad essere , ma falsamente stim cbe nel senso pare d accamparsi il po trebbe costruirsi coll ti r a coll accusativo, e che i> M a u j ,i< M k potesse nel presente luogo quanto t i t MmmtStfimt.
(io 5 ) f l t i re. Queste parole aggiunte al testo da traduttori latini (inter reges) volli io p a r conservare, eh senza d esse non bene si conosce se la mediasioDe esser dpvea tra Perseo ed i Ro mani, oVveramente tra Antioco e Tolemeo. Marcio probabile te neva d ie i Romani tra poco'verrebbon a capo della guerra ma cedonica, ed in tal supposisione egli avrebbe amato cbe amendue i re si fossero paci6cati innanzich il re di Siria s'impossessasse di ta u o 1 Egitto colla presa della capitale, onde togliere a Ro

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mani la briga di costringerli a siffatta p a c e , ed Antioco sovrattutto alla restituzione del paese conquistato. (1-26) Ci che poco stante avvenne a Rodii di m andar unam basceria in Alessandria per ottenere la desiderata pace, cbe per tanto non conseguirono. V . il cap. 19 di questo libro. (197) Ebbero p er certo. T tA i u t . . . n tt S tr a t, assoluta mente, pienamente, giudicarono , la qual cosa eguale all* esser convinti , aver certezza. Ch se il Reiske diede al stii'iS-irai il senso di n u 'i r c i , com presero, conobbero , non and egli, sic come parve allo Schweigh. tanto lungi dal significato che 1 E r rasti e Suida ancora in nn altro luogo, tratto probabilm ente da Polibio, attribuiron a questo verbo. (138) M andaron ancora ecc. Dal testo sem brerebbe che D i none mandati avesse questi ambasciadori, e cosi la intese il Ca saub. che rifer Y xw im iX ctt a Dinone. Ma giustamente riflette lo Schweig. che co stu i, grande partigiano di Perseo , non avrebbe fatta cosa tanto grata a Romapi. Se non^che sembr allo stesso commentatore ( ed io tengo con lui ), cbe il compilatore di que ste legazioni ristringendo questa narrazione abbia prodotta qual che confusione. (139) Poich Antioco. Questa guerra, a detta di Livio ( x l i v , 19) faceva il re di Siria aT minore fratello Tolomeo che allora teneva A lessandria, in realt p er insignorirsi dell Egitto, ina in apparenza sotto il lodevole pretesto di ricondurvi il fratello mag giore. Dopo una felice battaglia navale presso Pelusio aveva egli gittato un ponte sul Milo, ed era col suo esercito andato per alla volta d Alessandria che gi stringeva d assedio. ( i 3 o) Pelle fe s te Antigonie. Antigono Dosone era molto ben affetto agli Achei ; il perch q uesti, a detta di Pausania (v m , 8), non solo cangiaron il nome di Mantinea in Antigonia, ma eziandio altri onori gli conferirono, tra i quali furono, conforme da questo luogo di Polibio si com p ren d e, i giuochi a lui consecrati che chiamaron Antigonii, di cui fatta menzione ancora nel lib. xxx , 20. Reiske. Scorgesi da questo passo che le nazioni
POLIBIO, t o m . n i .

iy"

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greche alta importanza mettevano nelle loro cerimonie religise, dappoich mandavano solenni ambascerie agli altri stati amici p er invitarli 9 concorrervi. (i3 i) Per certa donazione. forse colpa del compilatore t non sappiamo di qual dono qui si trattasse. Probabilm ente m andavan allora gli Ateuiesi in Alessandria qualche oggetto prezioso affinch fosse collocato in un tempio ; siccom era costume presso i Greci quando credevansi beneficali da qualche Nume cbe co* culto singolare veneravasi in una citt. ( 32) Legazioni sacre. Teorie le chiamavan i G reci, perciocch invitavan allo spettacolo wptc 7} delle pompe de giuochi che faceansi nelle feste nazionali. Gli ambasciadori stessi appellavansi b it iftt . 1 ttftu s iw tr l x a i, dice Dio. Sic. T . i, p. 267 ed. Wesseling. 7 7r w i X t n , m fttftv ila t 7r

I S t i y i t m . M andar i Teori nette cill che invitino alto spet tacolo de combattimenti. ( i 33) Feste Panatenee. Furono queste istituite da Teseo, al
lorquando uni in una citt le borgate in che era divisa 1 an tica Atene (V. Pausan. Arcad. 2). V e n e avea di due specie: le minori che celebravansi ciaschedun anno in aprile, e le maggiori cbe ricorrevan ogni cinque anni, con grande invito delle repub bliche e de re amici. <i 34 ) I l Pancralista , male tradotto dal Gasaubono Quinquerlio che corrisponde al a itla x et, e vale esercitato ne cin que giuochi g inn astici, corsa , salto , disco , lotta e pugillato , quando il Pancratio 7i, non conteneva che i due ul timi di questi esercizj, io cui latleta faceva precipuamente mostra di fo rza (*pa 7r). Non scrissi Pancraziaste , perciocch gli an tichi Italiani noi scriveano, conforme hassi dal Vocab. della C ru sca alla voce Pancralista. < 3 5 ) Pelle iniziazioni. Probabilm ente di Cerere Eleusina, colle quali nessuna nazione dovea reputarsi pi degna di gareggiare che l egiziana, i di cui misteri d Iside attraevano tanta genie de prim i ordini da lontani paesi. Quindi veggiamo qucstambasceria

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pi solenne delle a ltre , e pel trattato razione (levt t y tv s ) che la decoravano. per l'o (136) Contro il fium e , ci il Nilo, essendo usciti per m are dAlessandria ed entrati nella bocca pelusiaca per recarsi aquartieri d Antioco. (137) Come gli ambasciadori. Con altre parole incominciava questo frammento nel te sto , che il Reiske s accorse di non ap partener a Polibio, e cui lo Schweigh. sostitu quelle che noi abbiam volgarizzate sino alla prim a virgola. (138) j 4 lauto banchetto. Noi qui non c intratterem m o sulla voce vmt$e%i corrispondente alle epulae latine ed al nostro con vito , banchetto, se in altra occasione non avessimo dovuto so stener una lite ostinata contro tale che pretendeva di darle il si gnificalo che gli attribuiscon i Greci moderni, rendendola in ita liano per ricetto, accoglienza ospitale. Tratlavasi c o li (sulla la pida rodia che serbasi nel Seminario Patriarcale. Venezia, i 83 6 ) del banchetto delle feste triennali di Bacco, espresso nel marmo con hwc 5c%ti, e si credea giustificar il senso materiale di ricetto coll avvertire che siffatta specie d i trattamento supponeva pri ma r accoglienza, poscia il convito (p ro p rie parole dell oppo nente) O ra che un banchetto non possa celebrarsi se non se in un luogo qualunque ove i banchettanti sieno accolti e ricet tati tanto chiaro che goffa superfluit sarebbe 1 esporlo, e nel triennale convito di Bacco mestieri non era duna particolare onorevol accoglienza, perciocch vi concorrevano persone dogni grado che non savean a ricevere con singolari formalit. Le quali formalit, appunto per la test accennata cagione, veggiam usate nel banchetto che diede Antioco agli ambasciadori d'Alessandria, i quali avanti d esser invitati a lauta mensa furono, siccome dice il Nostro, benignamente da quel re accolti Itv s (139) 1 primi. Quindi chiaro il diritto dell ordine del parlare osservato tra gli ambasciadori, il quale ordine seguiva la dignit degli stali. Andaron innauzi gli Achei, dappoich gli A-

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toiesi testi erano nella lega achaica ; renivan appresso gli Ate niesi, e gli ultimi eran i Milesii,' come quelli cbe procedevano da coloni ateniesi. Reiske. (1(0) Euleo. Sappiamo da Diod. Sic. che costui era un eu nuco alla corte di Tolemeo, che sparsi avea i semi della discor dia e di questa guerra. ( 14 >) De suoi antichi diritti. Su questi leggasi quanto scritto al c. 34 del lib. xvnt. (143) Da. re originarj dalla Macedonia , ci da quelli che-' rano di stirpe m acedonica, quantunque di quel regno non fos sero sovrani, siccom era lo stesso Aotigono, fondatore del regao di Siria, e Lisimaco re della Chersoneso tracica ed altri. Se, con forme suppose il Reiske , qui fossero accennali i re che dopo Alessandro Magno regnarono nella Macedonia , si leggerebbe nel testo .7S fS a nX ivt, non gi ir* M . B ., preposi zione che significa origine e provenienza. ( i 43) A ll ultimo riacquisto. L unico cenno questo che della ricuperazione della Celesiria fatta da Antioco Magno si trovi negli autori. Noi labbiamo sospettata nella nota 96 al lib. xxvu. Al volgalo e*7iirit preferisce il R eiske il semplice *7n n t, con q uisto , e l Ernesti 'iyxn<rn ch egli spiega acquisto estern o , fa tto fu o r i de con/ini o della p a tria , citando un testo addotto da Demostene nel decreto de Bizantini (pr coron. 37)^ m erc del quale concedevan essi agli Ateniesi siffatto acquisto coll espres sione iy * 7m y x r in dialetto dorico. Ma a me piace meglio

VtJuclnrit proposto egualmente dal Reiske, posciach era vera mente un riacquisto che fece allora Antioco Magno della C ele-' siria da lui perduta nella battaglia ; n fuori de confini estende*asi cotesto acquisto ; avendo i re di Siria reputata sempre quella provincia una parte integrante del lro stalo. ( 144 ) Negando V accordo. Se ascolliain Appiano (S yriac. 5 ) aon diceva qui Antioco il vero; Ecco le parole di questo storico: Aggiugneva (A ntioco) colle n o tte a s i re vicini, ed a Tote-

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meo mand in Egitto Cleopatra sovrannomata la S ira , dando in oltre gratuitamente la Celesiria. (i{ 5) Naturati, E ra questo porto innanzi l edificazione d Atessandria la citt principale di commercio nell E gitto, e quasi intieramente abitala d a G re c i, siccome lo indica eziandio il suo tuxne. <46) Venuti dotta Grecia. Non semplicemente gli ambascadori greci ( graecos legatos ), siccome furono voltate io latino le parole ar l i t 'tX X u S n , igniBeando 1 w i mossa da alcun luogo. V . sopra la nota i 4. Cotesti ambasciadori non erano G reci mandati da T o lem eo , sibbene quelli che per avventura trovavansi in Alessandria, mandati col per varj oggetti da.alcuni stati della Grecia. ; (147) Dopo aver abbandonalo ecc. Osserva lo Schweigh. come p er colpa, non di Polibio, ma del suo racconciatore, il discorso qui m ale cammina. E d infatti q a e\* u l* X tw tr t ' AXt% at$ftt*t v t X t t f i7 storpiatura anzich no. -Quanto da dolersi che in que* Sti estratti sovente non il nostro storico che parla, ma chi prese a compeudiarlo a danno della dicitura , e talvolta eziandio del senso e della integriti della sposizione! ( 48 ) Jcco it . Male ft>, per quanto a me pare, tradotto tv tShrt in pctus se datnrum (p attu che d a re b b e ) , non essendo i d o n i, quali destinava Antioco a* Romani ed alle citt greche cose p er cui si pattuisca. Meglio prendesi qui il verbo avtli&nfu nel suo senso non figurato di comporre, metter insieme , unire, ed il perferenda dans (dando a p o rtare) che ha lo Schweigh nelle note pi presto conseguenza, che da s si comprende, dell* accozzar danari per mandarli ad alcuno, che non lazione del1 accozzarli. ( i 4g) Per una corona. Circa l oro che in dono sotto il nome di coronario veggasi R om. lib. 11, c. 9 e ci che annotammo al ( 5o) Da Rodo ambasciadori. V, sopra davasi jdagli antichi il Lipsio de inagniu xxu , 16. il cap. i 5 alla fitto

a6a
(i5 i)

H fttlttta,

(orse doricamente per Protione, che suona pi grecamente. ( i 5 a) II regno apparteneva a Tolemeo maggiore , p er di

Pratione. Oi wif

ritto di nscita, ma ft popolo proclamato avea il minore. ' -Del rsto non era che finzione il favore che Antioco accordava al Sovrano espulso, siccome lo dimostra la condotta da lui tenuta dopo la riconciliazione de due fratelli. V. la nota ultima al li bro xxvu. ( 53) E coA fe ce . Qui non ha dubbio che il Nostto nar rasse quanto leggesi in Livio ( x l t , 8), intorn la cessazione- della guerra ' intestina tra i due fratelli Tolemei principalmente per mediazione della loro sorella Cleopatra j la qual'cosa ben lungi dal giugner gradita ad A ntioco, siccome conveniva se gli fosse stato a cuore il ritorno del Tolemeo maggiore in Alessandria, lo spinse a d a tti di violenza. Ma linetto epitomatore d i Polibio spac cassi con tanta brevit, che-potrebbe considerarsi poco meno che perita questa parte di cos interessanti avvenimenti, se conservata noi avesse lo storico romano.

f I N E DELLE ANNOTAZIONI AOLI AVANZI DEL LIBRO Y1GESIMO OTTAVO DEL VOLUME SETTIMO.

INDICE
DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTO SETTIMO TOMO

f olgjuizzjm ekto degli avanzi del libro vigesimoteno Pag. 5 Sommario degli avanzi del libro vigesimoterzo . . . 35 Annotazioni agli avanzi del libro vigesimoterzo . . . 37 Volgarizzamento degli avanzi del libro vigesimoquarto 5 j Sommario degli avanzi del libro vigesimoquarto . . 73 Annotazioni agli avanzi del libro vigesimoquarto . . Volgarizzamento degli avanzi del libro vigesimoquinto i o 3 Sommario degli avanzi del libro vigesimoquinto . . i i 3 Annotazioni agli avanzi del libro vigesimoquinto . . 1 15 Volgarizzamento degli avanzi del libro vigesimosesto . 137 Sommario degli avanzi del libro vigesimosesto . . . i 3g Annotazioni agli avanzi del libro vigesimosesto . . . i 4o Volgarizzamento degli avanzi del libro vigesimosettimo 161 Sommario degli avanzi del libro vigesimosettimo . . 176 Annotazioni agli avanzi del libro vigesimosettimo . . 178 Volgarizzamento degli avanzi del libro vigesimottavo . ao5 Sommario degli avanzi del libro vigesimottavo . . . 335 Annotazioni agli avanti del libro vigesimottavo . . . 337

INDICE
DELLE TAVOLE

Cestro ............................................................................. Pag. g 5

N. 4 Medaglie rappresentanti Tolomeo V Epifane,


Aitalo I I , fo rn a ce I , A lia n te V il Pio . . . io3 Carta geografica per conoscere la posizione dei B ar darli, dei B a sta m i, dei Traci, e dei P untini . . i a 6

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