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LA CONFESSIONE OGGI

Antonio dal Covolo


docente nella P. Universit Lateranense

LA CONFESSIONE OGGI
confessori e penitenti

CITTA' NUOVA EDITRICE

il Edizione

Con approvazione ecclesiastica

ANTONIO DAL COVOLO - Roma

ABBREVIAZIONI E SIGLE

Apostolicam actuositatem, decr. del Vatic. II sull'apostolato dei laici. AAS, Acta Apostolicae Sedis, Citt del Vaticano. AG, Ad Gentes, decr. del Vatic. II sull'attivit missionaria della Chiesa. CD, Christus Dominus, decr. del Varie. II sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa. CJC, Codice di Diritto Canonico. D.S., Denzinger-Schnmetzer, Enchiridion symb., defin. et deci. de rebus fidei et morum, Romae, 1965. Euch. Myst. , Eucharisticum Mysterium, Istr. della S.C. dei Riti del 25.V.67. GS, Gaudium et Spes, Costit. Dogm. del Vatic. II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. IM, Inter mirifica, decr. del Vatic. II sui mezzi di comunicazione sociale. LG, Lumen Gentium, Costit. Dogm. del Vatic. II sulla Chiesa. OR, L'Osservatore Romano. PC, Perfectae Caritatis, decr. del Vatic. II sul rinnovamento della vita religiosa. Pers. Hum. : Persona humana, Dichiaraz. della S.C. per la dottr. della Fede, 29.XII.1975. PO, Presbyterorum Ordinis, decr. del Vatic. II sul ministero e la vita dei presbiteri. SC, Sacrosanctum Concilium, Costit. del Vatic. II sulla Sacra Liturgia.

AA,

PREFAZIONE

La parte pi vasta del libro risultata quella riguardante le varie categorie di penitenti (distinte secondo l'et, il sesso, lo stato spirituale, le condizioni psico-fisiche, lo stato di vita e le professioni). Per primaria importanza vuol avere la trattazione generale sull'efficacia del sacramento la Confessione soprattutto un dono di Dio sugli atti del penitente, sul ministero del confessore (il quale dovr pure interrogare se stesso sulle proprie qualit, sulla propria condotta di ministro del sacramento e di consigliere). L'ultima parte prevalentemente ascetica ed ha per oggetto la Confessione frequente e .la direzione spirituale quali mezzi di perfezione. Comunque, il presente lavoro anche considerato nelle sue singole parti segue una linea e conserva uno stile ben diverso dai compendi di teologia morale perch anche se riferisce sinteticamente le conclusioni pi sicure delle questioni morali (specialmente di quelle oggi pi dibattute) sempre lo fa con la prospettiva pratica di suggerire al confessore ed al direttore spirituale il comportamento prudente da tenere, con riguardo alle diverse situazioni dei penitenti, nello sforzo d'adattarsi alla loro psicologia affinch la verit morale non sia solo dichiarata ed imposta ma anche fruttuosamente recepita. Ho tentato di aggiornare e sviluppare quanto celebri autori (d'un passato pi o meno lontano) hanno scritto sull'argomento. Il P. B.H. Merkelbach, O.P. ha premesso alle sue Quaestiones de variis Poenitentium categoriis (Lige, 1933) una nota bibliografica sugli autori, anche antichi, che hanno trattato del sacramento della Penitenza dal punto di vista pastorale. Mi limito a segnalare quelli che hanno avuto maggior autorit ed esercitato maggior influsso nella storia della Pastorale della Penitenza. Poco conosciute ma estremamente interessanti ed importanti sono le Avvertenze ai Confessori di S. Carlo Borromeo (15381584). Si veda l'edizioni del Ratti in: Acta Ecclesiae Mediola7

nensis, voi. II, coli. 1870-99, Milano, Ferraris, 1890-92. Il santo tratta dapprima della preparazione del Confessore: preparazione anzitutto intellettuale (non si dimentichi che l'autore s'indirizzava ad un clero immerso in una profonda ignoranza); preparazione spirituale (perch, se il sacramento agisce ex opere operato , per il suo effetto sar tanto pi abbondante quanto maggiore sar il fervore di chi lo amministra e di chi lo riceve). D particolari suggerimenti sul portamento esterno sullo spirito d'umilt del confessore (che deve ritenere i penitenti migliori di s). Passa quindi ad esporre gli uffici del confessore. Li riduce a due: quello di giudice e quello di medico. Come giudice deve investigare se il penitente ha le disposizioni richieste, deve conoscere la causa, proferire la sentenza, imporre la penitenza. Si nota una certa severit con coloro che non si son debitamente preparati: con parole caritative consiglia il santo si ammoniscano di andar prima a prepararsi e poi ritornino. Ricorda che non si possono assolvere coloro che non hanno vera risoluzione di lasciare i peccati mortali, o di restituire il debito, o di lasciare le occasioni libere di peccato. Ed a chi, altre volte ammonito, non ha mantenuto quanto promesso, conviene differire l'assoluzione. Riguardo agli occasionari mostra pure una certa severit. Se il caso di chi si trova in un'occasione continuamente presente ( in esse ) (per esempio di chi tiene in casa la concubina) costui non si deve assolvere se prima non l'ha attualmente dimessa. Per l'occasione non continuamente presente ( non in esse ) basta la promessa del penitente di evitarla; ma se, nonostante altre volte l'abbia promesso, non s' emendato, si differisca l'assoluzione. Altrettanto si deve fare se il penitente che si trova in un'occasione necessaria non d prova di qualche emendazione. Se i rimedi suggeriti per render l'occasione da prossima, remota, non si sono dimostrati efficaci, bisognerebbe imporre di lasciare l'occasione purch (dice s. Carlo) l'Arcivescovo al quale si dovrebbe in tali casi difficili ricorrere (senza rivelare la persona) non giudichi diversamente. La regola quindi non assoluta e si possono dare eccezioni, anche secondo s. Carlo. Al momento opportuno si dir come questi suggerimenti possano oggi esser giudicati. S. Carlo raccomanda poi ai confessori di seguire una uniforme norma d'azione quando questione di concedere o meno l'assoluzione. Tutto questo riguarda il confessore come giudice. Conside8

randolo inoltre come medico, il santo indicava i rimedi salutari (fra i quali la penitenza) da dare al penitente ed i consigli per indirizzare le anime anche verso la perfezione positiva: il che significa che, per s. Carlo, il confessore dev'esser anche direttore spirituale. Pertanto raccomandava ai penitenti di scegliersi un confessore ordinario e di non lasciarlo senza un grave motivo. Ai direttori spirituali in particolare raccomanda di suggerire alle anime aspiranti alla perfezione d'accostarsi frequentemente alla Confessione ed alla Comunione e di indicare loro qualche libro spirituale adatto. Si pu senz'altro affermare che le norme di s. Carlo ai confessori costituiscono un corpo di dottrina organico, anche se non completo in tutti i particolari (perch non si trovano trattate questioni importanti, come quella sull'opportunit o meno d'ammonire i penitenti quando sono in buona fede). Comunque l'autorit di queste Instructiones indiscussa, come l'influsso che avranno negli autori posteriori. Naturalmente questo giudizio positivo riguarda non tanto le singole norme quanto il loro complesso. Difatti non si deve dimenticare il contesto storico in cui furono dettate. da aggiungere che la dottrina di 5. Carlo fu, in seguito, da taluni svisata ed invocata a sostegno del giansenismo pratico e del rigorismo. In realt egli seppe indicare la" prudente condotta che evita da una parte i pericoli del lassismo, dall'altra gli eccessi del giansenismo. In Italia particolarmente s. Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751) e s. Alfonso apprezzarono ed usarono le Avvertenze di s. Carlo. S. Leonardo le cita nel suo Discorso morale e mistico da farsi dopo la missione, Roma, 1737. S. Alfonso vi attribuiva grande autorit e pi volte le cita nella Theologia Moralis e nella Pratica del Confessore (per esempio, trattando degli occasionari, dei recidivi, della penitenza sacramentale, della Confessione generale, quando consiglia di non mutar facilmente confessore). Si pu affermare che in molti punti della Pastorale della Confessione s. Carlo ha prevenuto s. Alfonso (cfr. G. Sofia, La dottrina di s. Carlo sui doveri del Confessore, Milano, Ed. La Scuola Cattolica , 1938). Le Avvertenze di s. Carlo esercitarono un grande influsso su moralisti e confessori anche nel periodo precedente s. Alfonso, periodo segnato da animate controversie. Richiamo i fatti principali. Il 2 Marzo 1679 si aveva la condanna da parte di Innocenzo XI delle 65 proposizioni lassiste. I teologi rigidi vi vedevano una conferma delle loro posizioni. Accusavano i lassisti
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d'esser una delle cause della corruzione dei costumi nel popolo cristiano. La pastorale dei rigoristi si esplicava in modo particolare nell'amministrazione del sacramento della Penitenza. Disprezzavano l'attrizione, esigendo la contrizione. Non pochi confessori davano l'assoluzione al penitente solo dopo ch'egli aveva compiuto la penitenza e dato tali prove d'essersi emendato da non far pi temere ricadute nel peccato. E cosi differivano sempre, o quasi sempre, l'assoluzione. Imponevano per penitenza l'astensione dalla Comunione. Alle Avvertenze ai Confessori di s. Carlo aggiungevano glosse e commenti interpretandole in senso diverso da quello inteso dall'autore. Per, tutto considerato la condanna delle 65 proposizioni lassiste contribu, in genere, ad accrescere l'autorit delle regole di s. Carlo ed indusse la maggior parte dei confessori a stimarle ed applicarle. E quindi rettamente interpretate ebbero la funzione non solo di frenare la rilassatezza dei costumi ed i gravi disordini provocati dal lassismo, ma anche di moderare gli eccessi del rigorismo. Perci furono accolte con favore dai teologi e soprattutto dai pastori e confessori. Molto stimate erano dai vescovi di Francia. Nel 1676, sotto il pontificato di Innocenzo XI, venivano stampate a Roma con l'approvazione del Maestro del S. Palazzo e divennero obbligatorie per i confessori di Roma e suo distretto. Sotto il pontificato d'Innocenzo XII, il card. Carpegna, suo Vicario, pubblicava, per ordine del Papa, due edizioni delle Regole di s. Carlo, per uso dei confessori di Roma e suo distretto. La seconda edizione del 1700. Nel 1702 usciva la terza edizione. Oltre che a Milano ed a Roma, furono in uso anche in altre parti d'Italia. Il cardinal Orsini, arcivescovo di Benevento, ad esempio, le rendeva obbligatorie pel clero della sua diocesi. Oltre che in Francia, nelle Fiandre, nel Belgio, anche in Olanda era generalmente sentito il bisogno d'applicare queste regole, non solo per eliminare il lassismo e frenare le esagerazioni dei rigoristi, ma anche perch gli acattolici migliorassero l'opinione che avevano nei riguardi della Chiesa cattolica: insomma, affinch il sacramento della Penitenza non fosse pi infruttuoso pei cattolici ed oggetto di disprezzo presso i cristiani separati (cfr. P. Savio, Le Avvertenze ai confessori di s. Carlo, La Scuola Cattolica , Luglio-Agosto 1960, pp. 261-285). Proseguendo nella rassegna degli autori che trattarono della Pastorale della Confessione ricordo il gesuita P. Paolo Segneri (1624-1694). Nel 1669 pubblicava a Bologna II penitente istruito. 10

Tre anni dopo lo faceva seguire da II confessor istruito (Brescia, 1672). L'opera ebbe molte edizioni e traduzioni. S'accorda colle direttive che, nel secolo seguente, dar s. Alfonso e merita pertanto simili lodi, approvazioni, e richiede anche i debiti aggiornamenti e qualche riserva. Alcuni anni dopo, Pier Francesco Giordanini (1657-1720), prete della Missione, pubblicava, in 4 volumi, la sua Istruzione per i novelli confessori che ebbe molte edizioni. Ricordo quella di Venezia (Remondini, 1757) e quella di Roma (Societ della Minerva, 1841). Il Giordanini godette grande autorit nel secolo XVIII. Da Benedetto XIV fu detto auctor satis peritus in administratione sacramenti Poenitentiae apprime versatus {Syn. Dioeces., 1. II, e. 2); da s. Alfonso pi volte lodato e citato nella Pratica del confessore. In Germania il P. Giovanni Reuter S.I. (1680-1762) pubblicava a Colonia, nel 1750, il Neo-confessarius practice instructus (forse apparso ad usum privatum nel 1749). Tratta del comportamento del confessore nei rapporti coi penitenti in genere; dei peccati e difetti pi frequenti; dei penitenti considerati secondo le differenti et, il sesso, gli stati e condizioni. Il libro ebbe un grande successo come testimoniano le numerose edizioni fatte, vivente l'Autore e dopo la sua morte. Fu ritoccato ed aggiornato secondo le necessit dei tempi dai PP. Mllendorf, Lehmkuhl, Umberg il quale cur l'edizione (Friburgo Br., Herder, 1919) in conformit al CJC. Il Neo-confessarius del Reuter ebbe grande influsso nella pratica pastorale penitenziale della Germania e dei paesi del Nord. Circa la stessa epoca usciva in Italia la Pratica del Confessore di s. Alfonso. Le due opere hanno lo stesso spirito e danno spesso delle direttive del tutto simili. Allorch in Francia il ministero penitenziale s'impregnava di rigorismo," sulle sponde del Reno come a Roma si manteneva umano e paterno, nella linea che aveva da principio presa dopo il Concilio di Trento (R. Brouillard, DThCath., 2573-74). S. Alfonso (1696-1787) pubblicava nel 1755 (secondo Brouillard, l.c, nel 1748) la Pratica del confessore. La traduzione latina del 1757 (secondo Brouillard, del 1760). Nello stesso tempo scrisse pure la Istruzione e pratica per un confessore che un riassunto in 3 volumi della Theologia moralis (alla quale l'autore rimanda quasi ad ogni pagina). Abbiamo un'edizione napoletana del 1757. Fu poi tradotta in latino col titolo Homo apostolicus ed edita a Venezia dal Remondini nel 1759. Ma in specie alla Pratica del confessore s. Alfonso annetteva evidentemente molta 11

importanza. Volle fosse aggiunta prima nell'originale stesura italiana e poi nella versione latina a tutte le edizioni della Theologia moralis dal 1755 in poi. Difatti l'operetta richiama ai sacerdoti che gi hanno studiato la teologia morale, non solo i principi di questa scienza (ordinandoli all'azione pastorale del confessore) ma anche i principi d'ascetica e mistica perch il confessore si preoccupi non solo di dare un'assoluzione ma anche di consolare, iUuminare ed elevare mediante l'uso dei mezzi di santificazione che, secondo le disposizioni naturali ed i doni che Iddio largisce ad ognuno, devon trasformare l'uomo vecchio in immagine vivente di Cristo (G. Pistoni, Pref. all'ediz. 1948, Modena). Nel Congresso teresiano di Madrid tenuto nei giorni 1-4 maggio 1923, fu appprovata unanimemente la seguente dichiarazione: Nessun confessore n direttore deve ignorare il trattato Praxis confessarti di sant'Alfonso Maria de' Liguori, dov' compendiata tutta la dottrina mistica ed ascetica di s. Teresa di Ges, di s. Francesco di Sales e del medesimo s. Alfonso (R. Bayon, Como escribi Alfonso de Logorio, Madrid, 1940, El Perpetuo Socorro, pp. 344-345). Una edizione critica della Pratica uscita nel 1948, dalla Tipografia Pont, ed Arciv. di Modena, a cura del Can. G. Pistoni. Per valutare tutta l'importanza ed il merito di s. Alfonso, nel campo della teologia morale e pastorale, bisognerebbe ricostruire la difficile situazione storica nella quale egli venne a trovarsi. Da una parte c'erano tendenze al quietismo. Questa dottrina, sviluppata specialmente dallo spagnolo Molinos (1640-1696) si era diffusa per mezzo di gruppi e chiesuole in vari centri d'Italia. Sotto l'illusione' di un perfetto abbandono ed inabissamento in Dio, si riduceva, in fondo, ad un naturalismo pratico perch era bandito ogni sforzo d'ascesi cristiana. L'appplicazione di siffatte teorie poteva avere le pi funeste conseguenze e portare alla rilassatezza dei costumi morali; e tali conseguenze non tardarono a manifestarsi. Dall'altra parte c'era il rigorismo che gettava le anime nella sfiducia, rendeva molti confessori difficili nel dare l'assoluzione, provocava una rarefazione nell'uso dell'Eucaristia, misconosceva la finalit medicinale e salvatrice della Comunione, il suo carattere di dono misericordioso (anzich di premio per le nostre opere buone). Bisognava trovare l'aurea via della prudenza cristiana. Ed in questo equilibrio si dimostr la saggezza di s. Alfonso. Si pu dire che tutti gli autori che in seguito scrissero sul mi12

nistero pastorale del confessore si sono ispirati alla Pratica di s. Alfonso (facendo i debiti adattamenti, ampliamenti, revisioni ed anche qualche riserva). . Pili vicino al nostro secolo, il germanico P. Giuseppe Schneider S.I. (1824-1884) pubblicava nel 1862 a Colonia il Manuale sacerdotum che ebbe molte edizioni. La sedicesima del 1905, a cura del P. A. Lelimkuhl S.I. In Italia il sacerdote Giuseppe Frassinetti (1804-1868), verso la fine della sua vita scrisse il Manuale pratico del parroco novello, molto prezioso perch frutto d'una trentennale esperienza di parroco. Trattando della Confessione si sofferma a considerare la prudente condotta del confessore con alcune categorie di penitenti (uomini, donne, fanciulli, persone pie, anime che hanno da Dio grazie straordinarie). Di quest'opera furono fatte molte edizioni. La undecima, del 1928 (Soc. s. Paolo) conformata al CJC a cura del P. F. Cappello S.J. e porta un'appendice del prof. G. Stocchiero. Il Frassinetti scrisse pure appositamente pei confessori, specialmente novelli il Compendio della Teologia Morale di s. Alfonso che non solo un compendio ma porta l'aggiunta di molte Note e di alcune Dissertazioni riguardanti la pratica e le questioni del giorno che hanno lo scopo di render l'opera maggiormente utile, in particolare ai confessori novelli. Ad esempio mostra come si possono abbreviare certe Confessioni troppo lunghe e prolisse (che a quel tempo si facevano), suggerisce il modo come comportarsi (senza inutili indagini) in materia contra sextum , le industrie per facilitare la Confessione di coloro che non hanno formazione ed istruzione e dei fanciulli (che costituiscono la massima parte dei penitenti). Un'opera quindi (egli scriveva) che riguarda specialmente la pratica, che importa molto pi della teorica (Prefazione). Il libro usci a Genova nel 1865-66. La quarta ristampa era stata quasi completamente preparata dall'autore stesso prima della sua morte. L'undicesima edizione apparve nel 1944 (Torino, S.E.I.) a cura del P. F. Cappello S.I. e di D. A. Gennaro S.D.B., con adattamento al CJC. stato scritto che se s. Alfonso aveva abbattuto il subdolo giansenismo, questo mostro, bench atterrato, non era del tutto spento; chi gli ha dato il colpo di grazia stato principalmente il santo e dotto parroco genovese. Ma con lui vanno ricordati altri insigni sacerdoti che schiantarono il giansenismo. A Genova il 13

Gianelli (1789-1846), il Cattaneo (per quasi 18 anni rettore del seminario arcivescovile), lo Sturla (1805-1865); in Francia il Gous* set (1792-1866); in Piemonte il Diesbach (1732-1798), il Lanteil (1759-1830), il Guala (1775-1848), il Cafasso (1811-1860), il Bertagna (1828-1905). Certamente il Frassinetti lo sentiamo molto vicino ai nostri tempi e molto sensibile alle esigenze psicologiche dell'uomo d'oggi: egli mostra d'aver compreso che coi penitenti non si possono pi usare certi sistemi che potevano esser efficaci quando i fedeli avevano pi fede, umilt e pazienza l. Sempre nella seconda met del secolo scorso Emilio Berardi (1831-1916) pubblic, nel 1879, a Faenza, la sua Praxis confessariorum, divisa in due parti: nella prima tratta della scienza, nella seconda della bont del confessore. Agli inizi del nostro secolo un autore germanico molto equilibrato, G. Adloff, ha scritto una pregevole opera: Beichtvater uni Seelenfuhrer, Strasbourg, 1910 (trad. it. Il Confessore Direttore, Torino, L.I.C.E. 1930). Sull'esempio della Pratica del Confessore di s. Alfonso ha cercato di mostrare l'intima connessione fra l'ufficio di confessore e quello di direttore spirituale. Sulla direzione spirituale ci sono molte opere le quali, per, fanno pi o meno astrazione dalla Confessione. A loro volta, quelle che trattano della condotta del confessore con le differenti categorie di
1 A titolo d'esemplificazione riporto (perch si confrontino e si rilevi la differenza) due passi, uno di s. Alfonso e l'altro del Frassinetti, che riguardano il modo di trattare con gli scrupolosi. S. Alfonso (Pratica, n. 83): Con coloro che fanno scrupolo circa le confessioni passate... sia forte il confessore in farsi ubbidire, e se il penitente non ubbidisce, lo sgridi, gli tolga la comunione e lo mortifichi quanto pu. Gli scrupolosi debbono trattarsi con dolcezza, ma quando mancano nell'ubbidienza debbon trattarsi con gran rigore, poich se perdono quest'ancora dell'ubbidienza, essi son perduti, perch o diventano pazzi o si danno ad una vita rilasciata . Il Frassinetti (Compendio, 1944, I, Dissertaz. II): Il confessore e avverta a non mostrarsi irritato con loro, neanche qualora si mostrino disubbidienti... Egli deve esigere ubbidienza ai suoi ordini, ubbidienza cieca, pronta e costante. Tuttavia bisogna pur riconoscere che la forza degli scrupoli terribile, e che alle volte, anche volendo, non possono, moralmente parlando, ubbidire; hanno momenti nei quali il giudizio stesso della ragione cos perturbato da non lasciarli padroni di s; ed allora chiaro che se non ubbidiscono non sono perci in colpa. Che se il Confessore credesse cosa opportuna alcuna volta sgridarli... per... ottenere che facciano uno sforzo maggiore per vincere i loro vani timori, dovr attendere a non usare maniere troppo aspre e risentite; e... dovr sempre conchiudere... con parole caritatevoli e dolci che ispirano confidenza; altrimenti non far che accrescere afflizioni agli afflitti senza alcun loro vantaggio.

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penitenti si attengono soprattutto all'applicazione dei principi morali (sul lecito e l'illecito, sul modo di convertire i peccatori) ma poco considerano la direzione spirituale propriamente detta ossia l'arte di condurre i penitenti dal bene al meglio cio verso le vette della perfezione, mentre, invece, ogni buon confessore, pio e dotto, quasi spontaneamente anche direttore spirituale (come ho cercato di dimostrare nella terza parte del libro). L'Adloff tratta della direzione in generale e della direzione di alcune anime in particolare (peccatori, tiepidi, anime pie, scrupolosi, religiosi e religiose). Su casi particolarmente delicati che possono capitare al confessore chiamato al letto d'un moribondo (concubinario, eretico, demente, sordomuto, sconosciuto che ha perduto i sensi, ed altri) scrisse il Sac. Antonio Rossiello, Una parola ai Confessori, 2* ed. 1938, Napoli. Di Mons. G. M. Camele l'operetta: G. M. C, Trattatela per Confessori, 3a ed. Torino, L.I.C.E. 1932, nella quale passa in rassegna varie categorie di penitenti (timidi e reticenti, scrupolosi, indisposti, recidivi) dando consigli molto saggi e molto pratici. Il redentorista F. Ter Haar tratt De occasionariis et recidivis, secondo la dottrina di S. Alfonso e d'altri stimati autori, Torino, Marietti, 1927. Dello stesso autore bisogna apprezzare due volumi di Casus conscientiae sulle precipue occasioni di peccato oggi esistenti, 2 a ed. Torino, Marietti, 1939. Del domenicano P. B. H. Merkelbach sono da segnalare le Quaestiones de variis Poenitentium categoriis, Lige, 1933. Lo stesso autore tratta di altre categorie di penitenti in: Quaestiones de variis peccatis, Lige, 1935. Benemerita la pubblicazione di Mons. A. Grazioli, La pratica dei Confessori nello spirito del Cafasso, 2* ed. Colle don Bosco. L.D.C. 1944. L.-J. Lebret e Th. Suavet, con la collaborazione di molti amici sono riusciti a riunire nel libro: Rajeunir Vexamen de conscience (trad. it.: Ringiovanire l'esame di coscienza, Roma, Studium, 1954) un gran numero di esami di coscienza distinti secondo la vita personale, familiare, professionale, sociale e religiosa dei penitenti; ed anche secondo la vita dei popoli. Sono partiti dal principio t:he l'esame di coscienza viene proposto con tanta maggiore efficacia ed utilit quanto pili si scende alle categorie specializzate. Si tratta per di schemi che hanno bisogno di essere elaborati. Manca poi una premessa sulla Confessione, il confessore ed il pe15

nitente in generale. Ci si trova invece nel manuale di A. Chanson, Pour mieux con]esser, Arras, 1952 (trad. it.: Per meglio confessare, Ed. Paoline, 1956) il quale pure considera molte categorie di penitenti (soffermandosi sia detto fra parentesi molto ed anche troppo, su certi particolari della vita intima degli sposi nell'uso del matrimonio, particolari che praticamente non si trattano in Confessione). Molto importanti per i confessori i commenti delle Norme (riservate) date dal S. Officio, il 16.V.1943, De agendi ratione confessariorum circa VI Decalogi praeceptum. Ricordo quello del Pistoni, 4a ediz. Padova, Gregoriana, 1959 e quello del Luzi, La condotta dei Confessori riguardo al 6 comandamento. Torino, L.I.C.E. 2a ed. 1953. Non continuo la rassegna bibliografica degli autori odierni che hanno trattato di qualche singola categoria di penitenti. Sono cosi numerosi specialmente quelli che hanno scritto sulla Confessione dei fanciulli e dei giovani da scoraggiare, chi tentasse di elencarli. Qualcuno (non molti) stato da me citato nel corso della trattazione. Ricordo qui solo un autore: Kl. Tillmann, Die Fhrung zu Busse, Beichte und Christlichem Leben, Echter - Verlag. Wiirzburg, 1961 (trad. it.: Catechesi della Confessione, Brescia, La Scuola, 1963), perch rileva (con altri autori moderni) i difetti della vecchia catechesi di preparazione dei fanciulli alla prima Confessione (qualche volta, a quanto pare, esagerando e generalizzando, forse facendosi eco delle critiche protestanti). Ho voluto citare, nel testo, anche alcuni autori d'un passato molto lontano, purtroppo da noi dimenticati od ignorati, mentre sono tutt'altro che superati, almeno circa molti problemi. Ma, anche sulla loro bibliografia, sia ben chiaro, ho inteso fornire in questa Prefazione solo qualche traccia orientativa. stato osservato che da qualche anno tutta la teologia ha orientato la sua speculazione in un senso caratteristicamente pastorale. E questa voleva esser la specifica finalit dell'ultimo Concilio. Secondo questa prospettiva si muover in modo tutto particolare chi rivede e rivive la Teologia Morale in vista ed in funzione del ministero della Confessione. Nel trattato De Poenitentia si ha un riepilogo e l'applicazione di tutta la Teologia Morale; e tutte le questioni possono esser studiate, da un punto di vista piuttosto dogmatico, o morale, o pastorale, o giuridico, o psicologico. Il confessore avr presenti tutti questi aspetti, per16

che tutti hanno importanza, anche se non uguale, pel suo ministero. Si segnala una lacuna sulla preparazione del giovane sacerdote al ministero della Confessione. Dopo un esame talvolta piuttosto fugace e pili teorico che pratico vien mandato ad esercitare vari ministeri: predicazione, catechesi, confessione... Meno male per la predicazione. Egli pu riflettere al modo come predicano quelli che sono pi capaci di lui; e gli errori che commetter gli potranno esser segnalati da laici e da confratelli. Ma non pu vedere come confessano i pi abili confessori; e nessuno pu osservare come egli confessa ed ammonirlo se sbaglia. Pu anche darsi che porti fino alla tomba i suoi difetti. Potr anche correggersi e migliorare. Ma ci avverr attraverso non pochi errori e se da essi sapr ricavare per riflessione un salutare insegnamento. Contro questi sbagli lo studio della Pastorale dovrebbe premunirlo. Ma bisogna che sia una Pastorale veramente (anche se non esclusivamente) pratica. Non solo un compendio del trattato De Poenitentia , come si nota in qualche libro al cui titolo suggestivo non corrisponde il contenuto (G.M.C., Tratt. per Conf., p. 6). E non bastano le ricerche teoriche o storiche sulla Pastorale. Se, ad esempio, si studia in qual modo dall'uno o dall'altro autore stata insegnata la Pastorale della Confessione, si fa la storia della Pastorale della Confessione. La quale pu essere un'utile premessa; ma a me occorre inoltre sapere qual il metodo migliore che io posso seguire, come devo esercitare il mio ministero di confessore in questo momento storico, tenendo conto dei problemi pi attuali, del grado di fede che oggi comunemente troviamo nelle anime, dei bisogni relativi alle varie categorie di penitenti. Per questo non sar sufficiente studiare, per esempio, il pensiero e le direttive di un s. Alfonso (per quanto grande possa esser la sua autorit e la prudenza delle sue opinioni). A proposito, in particolare, della delicata materia del sesto comandamento, un autore di pastorale del passato scriveva: Quanto al confessore novello lo consigliamo a farsi istruire in questo punto da qualche confessore vecchio, e che egli giudicher pi prudente (F. Giordanini, Istruzione per i novelli confessori, Roma, 1841, I, p. 115). Purtroppo per osservava un altro autore di pastorale quanto son rari, anche tra i confessori vecchi, quelli che siano capaci di dare su questo punto ammaestramenti pratici, davvero efficaci e sicuri! (G. M. C, Tratt. per 17

Con]., p. 28). Su questo punto : ma oltre il VI ci sono tante spinose questioni sulle quali il confessore novello dopo aver studiato avrebbe bisogno d'un qualche orientamento pratico, frutto dell'esperienza. Orientamento che spesso non sa a chi chiedere. Spero che quanto ho scritto possa servire ai sacerdoti non solo pel loro specifico ufficio di confessori ma anche per altri ministeri (preparazione di un ritiro spirituale per un gruppo di persone che hanno particolari problemi, suggerire un esame di coscienza comunitario...): ci sono spunti che potranno esser sviluppati. Ho approfittato dell'occasione per fare qualche cenno anche alla problematica di altri sacramenti che, talora, insieme alla Confessione, vengono amministrati ai fedeli (fanciulli, malati, fidanzati, candidati al sacerdozio, aspiranti alla vita religiosa...). Per l'esigenza d'osservare certi limiti mi hanno costretto ad eliminare molte questioni, pur interessanti, oppure a limitarmi a riferire solo le conclusioni. Le materie e gli argomenti toccati sono cos vasti e numerosi da offrire infinite considerazioni pratiche ed applicazioni: non stato pertanto possibile altro che sceglierne qualcuna, pi che altro a titolo d'esemplificazione. Altrettanto si dica delle categorie di penitenti che specialmente se considerate secondo lo stato di vita e la professione potrebbero esser moltiplicate all'infinito.

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INTRODUZIONE

Per quanto pastorale-pratico voglia esser lo studio del sacramento della Confessione (sia dal punto di vista del suo ministro, sia dal punto di vista dei penitenti) non possibile omettere un accenno alle principali questioni che al momento presente si agitano da parte dei teologi. 1. Tali questioni sono sollevate proprio in seguito alla rarefazione della Confessione privata, nel tentativo di dare una spiegazione (od una giustificazione) di questo fatto. Ma di questo fatto la problematica teologica diventa, a sua volta, una delle cause. Coloro, ad esempio, i quali oggi propongono che siano attenuate le disposizioni del Tridentino sull'integrit dell'accusa, sull'obbligo della Confessione prima della Comunione per chi in stato di peccato mortale, questi teologi non si assumono una qualche responsabilit dell'attuale rarefazione delle Confessioni? Altrettanto si dica di coloro i quali propongono di sostituire i termini confessione , penitenza , dolore ... con quelli di conversione , riconciliazione , Pasqua ... Il fatto che queste siano espressioni pi perfette non giustifica che possano sostituire in pieno quelle che significano specificamente il Sacramento della Penitenza. 2. Ad una morale degli atti tende oggi a sostituirsi una morale della disposizione , degli habitus : non si pu valutare obbiettivamente un'azione si dice se non vista in relazione a tutta la vita, come una scena d'un film deve esser giudicata in base al senso del film intero. Si pu spiegare allora come, dopo commessa un'azione che, considerata isolatamente contraria ad una legge, si possa tranquillamente soprassedere dalPaccusarla in Confessione: perch solo a distanza si potr valutare serenamente un momento particolare dell'esistenza d'un uomo. La conclusione dunque sar che non occorre confessarsi tanto spesso: invece di confessare i singoli atti si attender di formarsi un 19

giudizio globale pi equilibrato. E cosi gli autori moderni trattano con insistenza e preferenza della formazione del carattere e della personalit. Ma la perfezione, per s, consiste negli atti. Anche se ci sono qualit buone, il merito sta nell'esercitarle liberamente. vero che la ripetizione degli atti buoni produce l'abitudine, cio la facilit. Ma, per s, ci che in pratica pi preme in ordine alla perfezione sono gli atti (siano essi compiuti con facilit naturale o no). Quando poi si tratta di atti contrari alla norma della moralit, ovvio come sia pericoloso il cercare una certa giustificazione nella disposizione fondamentale ed abituale buona e ritardarne pertanto l'accusa in Confessione. 3. Altra causa del regresso della Confessione individuale: si sollevano dubbi sul carattere peccaminoso di certe azioni, e sulla gravit di certi disordini. Per logica conseguenza s'insinua il dubbio che non sia strettamente necessario accusarsene in Confessione: il peccato non mortale pu esser rimesso con altri mezzi, specialmente con l'Eucaristia. Sappiamo bene come non questa una ragione valida per trascurare il Sacramento: qualunque sia il grado di colpa soggettiva, chi accusa il suo peccato e chiede l'assoluzione riceve sempre un accrescimento di grazia. A proposito di certe leggi ecclesiastiche (Messa festiva, digiuno, astinenza...) si parla di una certa elasticit che sarebbe stata introdotta, cosicch il peccato di chi le trasgredisce diventerebbe meno percepibile (cfr. Orientamenti per un rinnovamento della pratica penitenziale, Torino, L.D.C., 1974, p. 16). Se il peccato risulta meno percepibile, si sentir meno il bisogno di ricorfere alla Confessione perch sia cancellato. 4. In questi ultimi anni si sottolineato il ruolo della coscienza personale come norma immediata dell'azione morale. Principio pacificamente da tutti ammesso. Ma evidente che a sentirlo proclamare con insistenza, taluni possono esser indotti a rasserenare la propria coscienza cercando qualche ragione giustificante la trasgressione di certe leggi (anzich ricorrere alla Confessione, pi facile e pi sicuro rimedio contro ogni rimorso ed ogni eventuale colpa: mi accuso di tale azione secondo la responsabilit che Dio vede... ). da dire che anzitutto si supporrebbe una introspezione seria, calma, spassionata. Inoltre, in molte materie e in molti casi, non sar, comunque, facile giungere ad un giudizio deciso della coscienza, neppur da parte di chi conosce bene la legge morale e sa esaminare accuratamente la propria condotta. Trascurare 20

la Confessione significherebbe non approfittare di un dono offerto da Dio per la sicurezza e la pace dello spirito. 5. stato osservato come il cristiano moderno non percepisce pi se stesso come un individuo isolato: si sente coinvolto in un intreccio di relazioni. Perci il male morale sentito fortemente nella sua dimensione orizzontale. E ci giusto e porta dei vantaggi. Ma c' anche un pericolo ed un inconveniente: che la relazione verticale rischi di passare in secondo ordine. Un'azione che non reca danno a nessuno '- si dir perch peccato? E se viene percepita meno l'offesa fatta a Dio, si sentir meno il bisogno della Confessione. Ma questo dipende da mancanza di fede: un orizzontalismo che dimenticasse Dio porterebbe ad annullare la coscienza cristiana cio quella vera del peccato. 6. Quanto al ruolo della Chiesa e del ministro del sacramento nella conversione del penitente, sembra a taluni che prima del Vaticano II si fosse sottolineata in maniera forse troppo esclusiva la dimensione ministeriale e si fosse ridotta la Chiesa alla sua gerarchia ed al suo potere. Ora si preferisce affermare che tutta la Chiesa pastori e fedeli il sacramento visibile della salvezza e si mette in risalto il sacerdozio comune (la diaconia) di tutti i fedeli. Le. conseguenze di questa prospettiva possono esser per ambivalenti nella pratica, ed apportare tanto bene come male. Occorre un'equilibrata interpretazione. Altrimenti la funzione del ministro potrebbe esser meno apprezzata e valutata. L'attuale indagine teologica cerca di definire la natura ed il ruolo della presenza attiva della comunit nel momento in cui il peccatore contrito riceve la grazia sacramentale nella Confessione. Sembra che qualche teologo non sia contrario ad ammettere che come noi ci perdoniamo vicendevolmente i nostri debiti, cos Dio perdona i nostri peccati. Si verrebbe cos a metter in dubbio la specificit del sacramento della Penitenza, nonch la differenza essenziale tra sacerdozio dei fedeli e sacerdozio ministeriale (cfr. Orientamenti..., pp. 16-17; 21-23; 71-73). 7. Da parte di moralisti non cristiani ed anche cristiani e cattolici si maggiormente rilevata pi o meno equilibratamente la causalit che nell'azione morale esercita l'inconscio, l'influsso della societ e dell'ambiente, dell'elemento fisico e di tutti quei fattori che gli autori classici chiamavano impedimenti dell'atto umano . Procedendo su questa strada si arriva ad una diagnosi pi sfumata del male e della sua gravit; fino, forse, a 21

chiedersi: quando agiamo davvero con piena avvertenza e deliberato consenso ? (cfr. Orientamenti..., p. 18). E cosi si sentir meno vivo il bisogno di confessare frequentemente il peccato le cui categorie grave e veniale diventano in concreto difficilmente definibili. Si sar tentati di chiedersi se le colpe gravi siano tanto frequenti, o, addirittura se esistano, se siano possibili. I moralisti scolastici s'ingegnarono a distinguere con esattezza le diverse specie e categorie di peccato. Questo sforzo di catalogazione aveva i suoi vantaggi: serviva ad affinare la coscienza, a far sentire la seriet del peccato, a stimolare il progresso morale. Ci poteva essere il pericolo di perder di vista l'aspetto soggettivo del peccato, il cuore cattivo dal quale provengono, come dice Ges, tutti i peccati (Me. 7, 14-23). D'altra parte, se oggi si tende a superare la considerazione degli atti isolati per ravvivare piuttosto la coscienza di essere peccatori, si rischia di non impegnarsi con seriet nello sforzo di conversione: ci si riconoscer peccatori semplicemente in modo globale senza chiedersi n come n quando (cfr. Orientamenti..., p. 29). Ci si accontenter di accusarsi in modo generico: per celebrare degnamente ,i santi misteri riconosciamo i nostri peccati... Confesso... che ho molto peccato in pensieri parole opere ed'omissioni... Signore, piet... . La Confessione individuale pu venir cosi trascurata. 8. Si obbietta che l'uomo moderno prova ripugnanza a raccontare le sue miserie ad un suo simile. Preferisce regolare direttamente i suoi rapporti con Dio. Si potrebbe con altrettanta ragione psicologica ed antropologica rispondere che la colpa comporta il bisogno di parlare (in chi riconosce pentito la sua colpa): parlare anche ad un altro uomo. Tanto pi che il peccato ferisce anche gli altri, minaccia la comunione ecclesiale voluta da Dio. Perci chi veramente pentito sar spinto irresistibilmente anche a parlare per sentire dalla bocca d'un fratello la parola del perdono, della riabilitazione e della riconciliazione. Si pu dire che l'ordinamento divino della riconciliazione secondo la struttura dell'alleanza s'incontra con questo "desiderio della natura" {Orientamenti..., p. 53). Comunque ogni eventuale sentimento di ribellione verrebbe superato se la fede fosse viva. 9. In questi ultimi tempi si ricordato che la riconciliazione, la conversione, la purificazione almeno quando si tratta di colpe non mortali pu ottenersi per altre vie oltre che mediante 22

la Confessione sacramentale. L'insistenza esagerata e quasi esclusiva sulla Confessione stato detto aveva messo in ombra valori preziosi che arrivato il tempo di rivalutare (Orientamenti..., p. 56): elemosina, digiuno, preghiera, rito penitenziale all'inizio della Messa, visita e cura dei malati, dei carcerati... Non c' dubbio: queste opere dimostrano la vera conversione e varrebbero pi di una pratica sacramentale priva di ogni volont di riformare la vita. D'altra parte non possono sostituire il sacramento che produce (in chi ha un minimo di disposizione sufficiente) la grazia ex opere operato . Chi la pensa diversamente sar portato naturalmente a trascurare la Confessione. 10. La Confessione ovviamente poco frequentata da chi ha meno vivo il senso della colpa. Ma c' anche qualche maestro di morale che sconsiglia la Confessione frequente per timore che il senso della colpa diventi eccessivo. Evidentemente si pu dare qualche caso nel quale una singolare frequenza alla Confessione sia determinata da un senso ossessivo del peccato. Ma, entro i limiti della normalit, una serena frequenza al sacramento un mezzo pedagogico e psicologico efficacissimo. Non solo per purificarsi dai peccati reali, ma anche per ritrovare la pace e l'equilibrio. Lo stesso Freud scrisse che la Confessione penitenziale cattolica la pi grande nemica della nevrosi. Del resto, si pu chiedersi se oggi convenga, in linea di massima, siffatta precauzione (di non inoculare un esagerato senso di colpa) quando le cronache quotidiane testimoniano che la coscienza del peccato e della responsabilit personale di fatto carente in modo spaventoso.

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Parte prima EFFICACIA DEL SACRAMENTO COOPERAZIONE DEL PENITENTE E DEL CONFESSORE

1. Il nuovo rito. Significati teologici e suggerimenti pastorali-ascetici

Il Vaticano II, nel quadro d'una riforma liturgica in materia sacramentaria, aveva espresso il voto di rivedere il rito e le formule della Penitenza in modo che esprimano pi chiaramente la natura e l'effetto del Sacramento (SC, 72). Nel rito finora vigente certuni rilevavano non solo l'assenza di una dimensione comunitaria, ma la ridottissima attivit del penitente, fatta eccezione per la confessione... Non risulta evidente dicevano il cambiamento del cuore, il ritorno laborioso, la reintegrazione nella comunit, l'intercessione della Chiesa. L'opus operatum ha soffocato Vopus operantis (R. Falsini in AA.VV., La penitenza, riconciliazione con Dio e con la Chiesa, Milano, Ares, 1968, p. 38). A proposito, di dimensione comunitaria all'ordine del giorno l'indagine teologica sulla natura e la portata di quest'azione della Chiesa tutt'intera nella vita spirituale dei singoli fedeli. Non c' dubbio, la comunit attivamente presente quando il singolo si riconcilia con Dio e quando riceve il sacramento. Ma bisogna evitare gli eccessi. Qualcuno, appellandosi ad alcuni testi della Scrittura ( Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori , Mt. 6, 12; dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro , Mt. 18, 20) e spingendosi molto avanti, potrebbe concludere che la remissione dei peccati si pu ottenere anche senza l'intervento d'un ministro autorizzato. Conseguenza: verrebbe meno la distinzione essenziale fra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale; il sacramento, poi, della Confessione perderebbe la sua specificit e la sua necessit. A proposito dei citati testi scritturistici. che il perdono agli altri sia condizione e speranza per ottenere le grazie di Dio e disponga la Sua misericordia a perdonarci, questo certo; ma concludere
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che sia sufficiente e che strettamente ed automaticamente ci meriti il perdono di tutti i nostri peccati, questo troppo; tanto pi che qualcuno pu aver gravi debiti direttamente verso Dio e non debiti gravi da condonare al prossimo. Il fatto, poi, che dove ci sono alcuni riuniti in preghiera in nome di Cristo, Egli presente in mezzo a loro, non ci autorizza a concludere che ogni preghiera in comune ci merita in modo diretto il perdono dei peccati, ma bens ci pu ottenere la grazia per giungere alla conversione piena (cfr. Orientamenti per un rinnovamento della pratica penitenziale, Rifless. dottr. e past. a cura della Comm. Dottrin. della Conf. Episc. e della Comm. Past. Lit. del Belgio, LDC, 1974, pp. 71-73). Comunque, quand'anche con un atto di carit verso il prossimo espresso nel perdono o di carit verso Dio implicito ed operante nell'orazione fosse ridata la grazia a chi era in stato di peccato, resterebbe (per volont di Dio e non della Chiesa) il dovere di confessare distintamente i peccati, se possibile. Ma, siccome si tace da taluni su questo dovere, perci si spiega come presso i fedeli pu diminuire la stima verso la Confessione privata individuale e certi possono concludere che non necessaria. Il nuovo Ordo Paenitentiae del 2.XII.1973 (E. Vat. 1974; AAS, 66, 1974, 172-173) ha cercato di venir incontro alle istanze dei teologi. Anche nel rito per i singoli penitenti proposta allo scopo d'una miglior preparazione penitenziale una, sia pur breve, lettura della S. Scrittura (da farsi prima o durante la celebrazione del sacramento). Per le celebrazioni comunitarie, poi, 1' Ordo offre molteplici riferimenti biblici. Di significati teologici sono pregne le formule sacramentali. E si nota l'intento che il sacramento si celebri in un'atmosfera di serenit e porti alla gioia della riconciliazione o d'una intensificata amicizia con Dio \ 1. Anzitutto nell' Ordo c' una raccomandazione sul modo come il confessore accoglier il penitente: con carit fraterna, e, se vede opportuno, lo saluter con parole di particolare cortesia
1 Nell'Istruz. Euch. Myst. {AAS, 59, 1967, 561) si consiglia ai fedeli di confessarsi non durante la celebrazione della Messa: cosi potranno ricevere il sacramento con pi tranquillit ed utilit e non esser impediti dalla partecipazione attiva alla Messa. Ottimo consiglio. Il quale per suppone ci siano sacerdoti disponibili per le Confessioni anche extra la celebrazione della Messa (specie il sabato e la vigilia delle feste, nelle ore pomeridiane e serali).

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(n. 16). Questa accoglienza difatti ha una efficacia psicologica forse determinante ai fini d'una aperta, serena, risanatrice Confessione. Il penitente inizia la sua confessione facendo il segno di croce. Il confessore recita una formula colla quale invoca sul penitente la luce dello Spirito Santo. Poi P Ordo accenna alla possibile lettura (od alla recita a memoria) di qualche Parola di Dio per motivare ed aiutare gli atti del penitente. Se non lo conosce, il confessore pu chiedergli da quanto tempo non si confessa e quali peccati gli sembra di ricordare. Cosi inizia il colloquio ed invita il penitente all'accusa: sar pronto ad "' offrirgli la sua mano per aiutarlo, secondo le circostanze e la convenienza, evitando sia il disinteressamento, sia le indiscrezioni. 2. Dopo l'accusa e l'accettazione della soddisfazione proposta dal confessore, utile che il penitente reciti una qualche formula per rinnovare il dolore dei peccati, il proposito di evitarli, e per implorare il perdono di Dio (Ordo Paenit., n. 19). Cosi si disporr meglio a ricevere l'assoluzione e parteciper pi attivamente alla celebrazione del sacramento 2 . Per s non necessario che pen, timento e proposito siano espressi esteriormente. Se sono stati :; concepiti interiormente, sono impliciti, nell'atteggiamento di chi % domanda con retta intenzione ed umilt l'assoluzione dei peccati %, che accusa. Si faceva la questione: quanto tempo possa passare senza che sia necessario rinnovare dolore e proposito. da rispondere che basta siano virtualmente perseveranti ed operanti, cio influiscano nella vita del penitente. E si dovrebbe presumere che egli si sia preparato alla Confessione. Per di fatto, specie i fanciulli, spesso non si preparano. E pu anche darsi il caso d'un V penitente che non era ben disposto prima della Confessione ma vien condotto ed arriva a disporsi debitamente nel corso della Confessione, prima dell'assoluzione. Comunque, la psicologia inse" gna che non lo stesso l'atto di dolore recitato (forse distratta'T mente e freddamente) prima dell'accusa e quello che scaturisce da ,: un cuore (umiliato ma fiducioso) dopo le toccanti parole d'un coni fessore vibrante d'amore. In questo momento solenne ed intimo
2 Pertanto la recita dell'atto di dolore non deve mai sovrapporsi alle formule della preghiera sacerdotale (Dirett. Ut. Post, [ital.], 1967, pp. 66-67).

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s'incrociano il gemito della creatura e la parola consolante e trasformante del perdono divino. Una qualche parola d'esortazione desiderabile che il confessore la rivolga a tutti, prima di dare l'assoluzione (Ordo Paenit., n. 18). Ed buona consuetudine che inviti il penitente ad abbracciare nel suo atto di dolore anche i peccati che non ricorda e quelli della vita passata. 3. Il nuovo Ordo Paenitentiae , n. 19, ripropone poi un gesto che per molti era caduto in disuso: il sacerdote stende le mani (od almeno quella destra) sul capo del penitente mentre pronuncia la formula sacramentale, per poi tracciare il segno di croce mentre dice le parole dell'assoluzione. Questa imposizione delle mani esprime l'atteggiamento paterno di Dio che accoglie il figliuol prodigo; significa la grazia dello Spirito Santo che vien infusa per ricostruire (od accrescere) la vita battesimale; indica la riconciliazione (o l'intensificata unione) del peccatore con la Chiesa. 4. Le parole essenziali dell'assoluzione non sono state mutate: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo . Il penitente risponde: Amen . Nuova la formula nella quale sono inserite: Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a s il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace : la grazia di questo sacramento riportata alla morte e redenzione di Cristo; la conversione e santificazione nostra attribuita allo Spirito Santo; si rileva che il ministero di questo sacramento si opera nella Chiesa e per la Chiesa; si d al penitente il lieto annuncio che il frutto del sacramento dev'esser la pace. Cosi il sacramento si illumina della vita stessa della Trinit santissima, intesa sia come punto di partenza il Padre che per primo ci ha amati, Cristo che per noi ha dato se stesso, lo Spirito Santo su di noi effuso in abbondanza sia come punto di arrivo: il Padre che accoglie il figlio pentito nel suo ritorno a Lui, Cristo che si pone sulle spalle la pecora smarrita per riportarla all'ovile, lo Spirito Santo che santifica di nuovo U suo tempio, o rende in esso pi viva e intensa la propria dimora (Lettera a firma del Card. Villot, fatta pervenire da Paolo VI alla XXVI Sett. Lit. Naz., OR, 27.VIII.1975, p. 1). 30

Mediante il ministero della Chiesa si opera la riconciliazione con Dio. Ed anche la riconciliazione con la Chiesa: la Confessione stata istituita propriamente dice s. Bonaventura perch l'uomo si riconcili con la Chiesa e cosi rende visibile la sua riconciliazione con Dio (Pent, e Unz. degli Inf., C.E.I. 12.VII.1974, n. 66). La Penitenza come conversione autentica , quindi, in definitiva, un'azione soprannaturale di Dio che ci dona la sua grazia e per primo ci vien incontro perch ci lasciamo riconciliare con Lui. Il che non deve significare pel penitente l'esclusione di quel ripiegamento introspettivo che pu esser necessario per conoscere le colpe, pentirsi, proporre, e cosi disporsi a ricevere la grazia. La quale domanda all'uomo la collaborazione, come in tutto il lavoro di santificazione. Ma essenzialmente diversa la prassi penitenziale sacramentale da quella in uso presso i Protestanti che non riconoscono il valore dell' opus operatum ma solo quello degli atti soggettivi. 5. L' Ordo Paenit. , n. 21, avverte che quando la necessit pastorale lo suggerisce, il sacerdote pu omettere od abbreviare alcune parti del rito, ma non sacrificare l'integrit per quanto riguarda la confessione dei peccati, l'accettazione della soddisfazione, l'invito alla contrizione (n. 44), la formula dell'assoluzione e quella del congedo . Se per fosse imminente il pericolo di morte basta che il sacerdote pronunci le parole essenziali della formula assolutoria: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo . 6. Riguardo al luogo della celebrazione del sacramento, detto semplicemente che si amministra in luogo e sede stabiliti dal diritto (n. 12). N diversa disposizione e concessione da vedersi l dove (n. 55) si parla di penitenti che, dopo esame di coscienza e preparazione fatti in comune, s'appressano ai sacerdoti che si trovano nei luoghi convenienti (in locis aptis) per fare la confessione privata. Paolo VI facendo, in occasione dell'udienza generale del 3 Aprile 1974 (OR, 4.IV.74, p. 1), alcuni rilievi sul nuovo ordinamento liturgico della Penitenza lamentava certe notizie inesatte che sono state divulgate (e, pertanto, da precisare e rettificare ) come quella dell'abolizione dei confessionali: il confessionale dichiarava in quanto diaframma protettivo fra il ministro e il penitente, per garantire l'assoluto riserbo della conversazione loro imposta e loro riservata, 31

chiaro, deve rimanere . E ricordava l'esempio del lazzarista Guillaume Pouget che a Parigi rue de Svres, 85 riceveva molte persone d'ogni genere, anche rinomate ed altolocate. I colloqui spesso terminavano colla confessione sacramentale. Perch tanta fiducia e confidenza in quest'uomo? Oltre alle doti di consigliere e confessore, egli aveva anche il difetto fisico d'esser cieco (cfr. J. Guitton, Portrait de M. Pouget, Gallimard, 1941; Dialo gues avec M. Pouget, Grasset, 1954). E nella lettera alla XXVI Settimana Lit. Naz. (firmata dal Card. Villot) Paolo VI ripeteva che il confessionale deve rimanere , anche se il nuovo rito ne prevede un'eventuale ristrutturazione, approvata dalla legit. tima Autorit , perch mantiene tutta la sua importante funzione (OR, 26.VIH.1975, p. 1). Dunque nessun cambiamento, rispetto alle norme ed alia prassi in uso, finora autorizzato. Anche se pacificamente augurabile che si costruiscano confessionali sempre pi razionali, accoglienti, comodi, che permettano un colloquio segreto e, nel tempo stesso, meno difficile e meno disagevole3. 7. Dopo il dono della grazia, una brevissima preghiera di ringraziamento: Lodiamo il Signore perch buono . Eterna la sua misericordia . Ed infine il saluto di pace ed il congedo: Il Signore ha perdonato i tuoi peccati. Va' in pace . Ma nella edizione in lingua italiana dell'* Ordo Paenitentiae , a cura della C.E.I., si legge che in luogo del ringraziamento e del congedo il confessore pu ancora recitare la preghiera: La Passione di Ges Cristo nostro Signore, l'intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i santi, il bene che farai e il male che dovrai sopportare ti giovino per il perdono dei peccati, l'aumento della grazia e il premio della vita eterna. Va' in pace . Una preghiera che meriterebbe un meditato commento. Ricorda al penitente che egli ha associato quest'atto penitenziale e sacramentale al mistero pasquale. Oltre ad ottenere un interessato colpo di spuIn una recente Nota della C.E.I. si ripete che il confessionale di tipo tradizionale dev'essere conservato. Si d peraltro mandato alle Commissioni regionali o interregionali per la Liturgia e l'Arte sacra di studiare e presentare alle Conferenze Episcopali regionali i progetti d'un opportuno adattamento. L'approvazione spetter ai singoli Ordinari (cfr. Notiziario della C.E.I., 30.IV.75, p. 72). Quanto all'abito liturgico per la celebrazione del sacramento, l'Assemblea dei Vescovi italiani ha disposto che nella celebrazione comunitaria si usi alba e stola, nella celebrazione individuale in luogo sacro, alba e stola, oppure talare e stola (ivi).
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gna sui suoi peccati, il cristiano invitato a riferire consapevolmente questa grazia (questa seconda tavola di salvezza dicono i Padri, questo battesimo laborioso , dice il Tridentino, sess. XIV, 2) alle sofferenze del Signore: tutta la vita di chi ha ricevuto questo sacramento pu acquistare un valore espiatorio e santificante. Partecipazione al mistero del Cristo sofferente, partecipazione alla gloria del Cristo Risorto. Ma, per quanto queste preghiere siano ricche di significati dogmatici ed ascetici, e siano, per s, efficaci, lo saranno tanto pi se il ministro del sacramento animato da una profonda piet personale che si comunichi al penitente. questa che assicura alle parle alla stessa formula essenziale un tono iriconfondibile, una forza trasformante (che rientra nell' opus operantis ). Tutta la liturgia pu restar fredda e non toccare i cuori se il celebrante s'accontenta di pronunciare meccanicamente o frettolosamente e non in spirito di preghiera le formule del rito.

2. Necessit della Confessione e concetto vero di peccato mortale 1. Ci sono pastori d'anime preoccupati perch temono che non tutti coloro che si comunicano osservino la legge espressa dalla Chiesa nel CJC, e. 856, che richiede la Confessione per chi ha commesso peccati gravi e certi. Qualcuno ha forse insinuato nei fedeli l'idea che non occorre la Confessione (ma pu bastare la contrizione) dopo il peccato grave, prima della Comunione? Qualche teologo ha scritto che la facolt data da Ges agli Apostoli di rimettere i peccati rende la Confessione un mezzo efficace di salvezza, senza per escludere che la riconciliazione si possa avere per altra via. ovvio che in menti non preparate e non avvezze alle sottili distinzioni teologiche, simili discorsi portan molta confusione ed un minore apprezzamento per quello che il pi sicuro e pi facile mezzo di conversione. Alcuni han messo da parte il Codice di Diritto Canonico (e quindi anche il precetto di confessarsi prima della Comunione per chi ha colpe gravi). S'appellano sempre al Vaticano II: con questo Concilio ogni disciplina precedente sarebbe caduta. Ma per quale ragione? Se si sta proprio lavorando alla revisione del CJC, segno che questo codice con33

serva il suo valore, a meno che, per qualche norma, non sia stata dichiarata l'abrogazione od una deroga. C' chi auspica che il rinnovamento del CJC segni, fra l'altro, l'abrogazione del precetto di confessare i peccati gravi prima della Comunione (come pure, per chi incorso in una scomunica, tolga il divieto d'esser assolto dal peccato prima che dalla pena, ed abolisca la legge ecclesiastica che obbliga i cattolici a celebrare, extra certi casi straordinari, il matrimonio davanti al ministro autorizzato, pena l'invalidit, e. 1098). Alcuni autori (cfr. Z. Alszeghy, Problemi della celebrazione penitenziale comunitaria, Gregorianum , 48, 1967, 583; J. Galot, Euc. e Penit., La Civ. Cattolica , 19.1.1974, 127) fanno notare che quando si tratta dell'obbligo di confessarsi prima di comunicarsi bisognerebbe anzitutto precisare a quali peccati ci si riferisce. stata avanzata la distinzione fra peccati mortali e peccati gravi . Perci, secondo la specie teologica, il peccato si distinguerebbe in veniale, grave, mortale. Ed il peccato mortale che il Concilio di Trento prescrisse di confessare prima di ricevere l'Eucaristia, andrebbe inteso secondo una nozione pi consistente che farebbe meglio comprendere la fondatezza della regola seguita dalla Chiesa : designerebbe un atto per il quale l'uomo orienta tutta la sua esistenza nel senso contrario all'amore di Dio, o per lo meno in modo inconciliabile con questo amore (Galot, a.c. 127). Che dire? Anzitutto siamo d'accordo che il peccato perch ci sia l'obbligo di confessarlo dev'essere non solo oggettivamente grave secondo le abituali categorie morali , ma anche soggettivamente gravej compiuto con piena (anche se non somma) avvertenza e deliberazione. Inoltre, chi ha una volont abitualmente orientata al bene e cerca d'amare Dio (nonostante i suoi difetti) e procura di coltivare l'unione con Lui, questi ha l'opzione di fondo buona. E non praticamente e psicologicamente verosimile che di punto in bianco si determini a commettere un peccato obbiettivamente e soggettivamente mortale. Il quale sempre preceduto da uno stato di tiepidezza (che una pacifica consuetudine a commettere il peccato veniale). Per se giusto dare importanza primaria e somma all'opzione di fondo i singoli atti disordinati non vanno trascurati, perch anche se non sono gravi n per la materia n per la deliberazione un po' alla volta possono incrinare la buona volont e la scelta di fondo, produrre un certo indurimento e cosi disporre al peccato mortale. Non dimentichia34

mo la nostra condizione e la psicologia della natura umana. Siamo in uno stato di debolezza morale, cosicch si pu cadere nel peccato grave volontariamente (dopo un processo di tiepidezza preparatoria e di colpe pi o meno leggere) senza perdere la fede e la speranza (se non si pecca direttamente contro queste virt) e quindi senza rompere ogni collegamento con Dio. Si capisce dunque che si dia peccato mortale che rompe l'amicizia con Dio ma non ogni legame col soprannaturale. Non si capisce come possa darsi un peccato compiuto con una certa pienezza di deliberazione, in materia grave, il quale non distrugga n ogni fondamento soprannaturale n l'amicizia con Dio. Perch ogni peccato grave un'offesa grave di Dio. Ed tale ogni atto contrario alla Sua volont in materia grave, anche se non c' l'intenzione d'offender Dio, cio di disprezzare il Suo amore. Diceva Pio XII ai quaresimalisti di Roma nel 1944: Anche in ci che spetta ai comandamenti di Dio si creduto di aver trovato un ripiego. Nella materia morale, si detto, vi inimicizia con Dio, perdita della vita soprannaturale, grave colpa in senso proprio, solamente quando l'atto, di cui si deve rispondere, stato posto non solo con la chiara consapevolezza che contro il comandamento di Dio, ma anche con la espressa intenzione di offendere con esso il Signore, di rompere l'unione con Lui, di disdire a Lui l'amore. Se questa intenzione mancata, se cio l'uomo da parte sua non ha voluto troncare l'amicizia con Dio, l'atto singolo si afferma non pu nuocergli (Discorsi e Radiomessaggi, Edit. Vaticana, V, p. 189). non solo un'ipotesi di alcuni moralisti, ma una scusa addotta da certi penitenti i quali si accusano di qualche disordine (per esempio, di pratiche anticoncezionali) e nel tempo stesso si difendono asserendo che non intendono offender Dio e non possono fare altrimenti. Si potr ammettere un'attenuante nella colpevolezza ed, in particolari circostanze, anche una sostanziale buona fede o mancanza di deliberazione piena. Ma, per s, si pu dare il peccato mortale anche senza l'esplicita intenzione d'offender Dio quando, in materia grave, ci si mette consapevolmente in contrasto colla Sua volont. Diceva Pio XII che chi ha messo fuori e sostiene la suddetta teoria la rinnegherebbe se si volesse tirarne tutte le conseguenze. Praticamente contro il sesto comandamento non si darebbero mai peccati mortali perch non c' nessuno che manchi in questa materia con l'intenzione d'offender Dio: si manca non perch Dio vuole l'onest ma nonostante Dio voglia l'onest. Facciamo il caso d'un uomo che tradisce la moglie con l'adulterio 35

(supponiamo non abituale). Forse dopo ogni atto impuro sente rimorso. Peccati dunque di debolezza, non di malizia. Ma non escluso che il peccato di debolezza sia mortale: nulli dubium esse debet quin peccata ex infirmitate perpetrata quandoque sint mortalia (S. Tommaso, De malo, q. 3, art. 11; art. 15). La concupiscenza per s non toglie la deliberazione piena (anche se non somma perch la passione una attenuante). Inoltre, come osservava lo stesso Pio XII, in molti casi si commettono azioni gravemente illecite con la sola intenzione di farne dei mezzi per liberarsi da una situazione difficile, cio per un fine, per s, onesto. Si pensi a tante ragazze-madri che ricorrono all'aborto non perch vogliono del male alla creatura od al Creatore, ma solo per non perder la buona fama o non aver il peso della figliolanza. Quali colpe occorrono per affermare il peccato grave ed il dovere di confessarsi prima della Comunione, secondo la mente della Chiesa? In fondo si rischia di cadere nella dottrina protestante: nessun peccato sarebbe ostacolo alla salvezza purch resti un legame con Dio, cio la fede e la fiducia. Non si vede pertanto ragione per abbandonare la tradizionale dottrina sulla duplice specie teologica del peccato obbiettivamente considerato: peccato veniale e peccato mortale (o grave). 2. Anche l'Eucaristia pu ridonare ex opere operato lo stato di grazia: precisamente a chi in stato di peccato la riceve avendo non solo l'attrizione ma anche la buona fede. Battesimo e Penitenza per sono sacramenti istituiti colla finalit specifica di rimettere i peccati: perci li rimettono sempre purch ci sia l'attrizione (dolore imperfetto). L'Euraristia per s e primariamente non stata istituita per rimettere i peccati ma per la refezione dell'anima. Suppone quindi lo stato di grazia, o almeno, che il soggetto creda di essere in grazia. La stessa Unzione degli Infermi (primariamente almeno) stata istituita non per rimettere i peccati ma per il sollievo spirituale dell'ammalato: conferisce lo stato di grazia a chi ha l'attrizione ed insieme la buona fede. Fermo il dovere (per legge divina) di non ricevere l'Eucaristia con la coscienza del peccato grave nell'anima, si disputa se l'obbligo di riacquistare lo stato di grazia prima della Comunione, implichi per legge divina anche la Confessione dei peccati gravi certi. Per l'Unzione degli Infermi, per s, strettamente non consta nessun obbligo di premetter la Confessione dei peccati gravi (la quale pur resta un dovere a parte e per chi 36

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pu usarlo il mezzo pi facile e sicuro di riconciliazione). Per l'Eucaristia la maggioranza dei teologi ammette che il dovere della Confessione prima della Comunione venga solo da una legge ecclesiastica. Oggi per c' una tendenza a considerare l'Eucaristia come sacramento della riconciliazione e quindi del perdono. Se cos qualcuno potrebbe logicamente pensare resa inutile la Confessione, almeno per chi ha occasione di partecipare alla Mensa, e si pu accettare la dottrina protestante che nega la necessit della Confessione sacramentale. Ma non bisogna confondere (come oggi taluni fanno) l'Eucaristia come Sacrificio e l'Eucaristia come Sacramento: L'Eucaristia leggo rimette i peccati non solo leggeri ma gravi in forza del suo carattere di sacrificio di riconciliazione (AA.W., La penitenza..., o.c, p. 44). Con ci si intende affermare che l'Eucaristia anche oltre il caso di chi la riceva attrito ed in buona fede perdona il peccato mortale senza che il peccatore ricorra al sacramento della Penitenza? Ma questa teoria detto nel documento Past. dell'Episc. Ital. sulla Penitenza, del 12.VII.74 non conciliabile con l'insegnamento della Chiesa ... L'affermazione del Concilio di Trento che l'Eucaristia rimette i peccati gravi ( peccata etiam ingentia ) va vista nella luce di tutto il documento conciliare. Essa significa che il sacrificio della Messa, da cui proviene alla Chiesa ogni grazia, ottiene al peccatore il dono della conversione senza cui il perdono non possibile; al tempo stesso corrobora il penitente gi riconciliato con Dio nella lotta contro le tentazioni, suscitando in lui il fervore della carit ; ... e cos l'Eucaristia efficacissimo "antidoto che ci libera dalle nostre colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali" (Istruz. Eucharisticum Mysterum) . Ma ci non significa affatto che quelli che hanno commesso un peccato veramente mortale, possano accostarsi alla Comunione eucaristica, senza essersi prima riconciliati con Dio nella Chiesa: la necessit di confessare i peccati mortali infatti deriva non solo dal precetto della Chiesa, ma dalla volont stessa di Cristo (n. 58) \ Ma, anche ammesso che l'Eucaristia ridoni la

4 L'Istruz. Eucb. Myst. del 25.V.67 (AAS, 59, 1967, 561) richiama il e. 856 del CJC secondo il quale non lecito, neppur a chi conscio d'aver la contrizione, cio il dolore perfetto, dei suoi peccati (gravi), accedere alla Comunione senza la Confessione, a meno che urgeat necessitas ac copia confessarii illi desit . Allora potr comunicarsi premettendo l'atto di contrizione.

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grazia santificante a chi l'aveva perduta, indubbio che il sacramento della Penitenza conferisce una grazia sua propria, specifica: ridona (od accresce) la grazia santificante e conferisce la grazia sacramentale : un titolo a tutti gli aiuti che corrispondono al fine proprio del sacramento: in sacramentali... gratia, et est gratia gratum faciens, et effectus specialis, qttem habet virtute sacramenti. Et in quantum gratum faciens una est, sed ratione effectuum distinguuntur: et quia sacramentum signat gratiam, ut in tali effectu: ideo signa, et sacramenta sunt diversa S. Bonav., In L. IV Seni., d. VII, a. 2, q. 2, Lugduni MDCLVIII, p. 85). Nel caso della confessione, il fine e gli effetti, i frutti specifici di questo sacramento non si riducono solo alla momentanea distruzione del peccato: s'aggiunge l'assicurazione di grazie attuali per resistere contro gli assalti futuri delle tentazioni, una sensibilit pi delicata di fronte al male ed al pericolo, una sempre maggiore purificazione ...: recta sui ipsius cognitio augetur si legge nella Mystici Corporis di Pio XII Christiana crescit humilitas, morum eradicatur pravitas, spirituali neglegentiae torporique obsistitur, conscientia purificatur, roboratur voluntas, salutaris animorum moderano procuratur atque ipsius sacramenti vi augetur gratia (AAS, 35, 1943, 235). Ciascun sacramento si legge nel Docum. Past. della C.E.I. del 12.VII.1974 ha una sua grazia particolare. La grazia sacramentale della Penitenza ci assimila a Cristo redentore, che lotta contro il peccato e lo vince, e ci comunica lo spirito di penitenza, non solo per i nostri peccati, ma anche per quelli dei nostri fratelli (n. 74). Perci quand'anche il penitente non portasse alla Confessione peccati veniali nuovi per ottenere il condono, la frequenza del sacramento avrebbe ancora la sua piena giustificazione.

3. Confessione privata e celebrazione comunitaria della Penitenza 1. L'accusa principale che si suol muovere contro la Confessione privata auricolare, praticata fino ai giorni nostri, sembra questa: sarebbe prevalso l'aspetto individualistico del sacramento su quello comunitario (cfr. AA.VV., La penitenza..., pp. 19 ss.). Si detto che le celebrazioni comunitarie ovvierebbero anche agli inconvenienti dello psicologismo, dello psichiatrismo e del diri38

[ che hanno influito sulla rarefazione odierna delle Confessioni. Constato il fatto. Come giudicarlo? Qualcuno ha pensato che, \ in fondo, non poi il caso di rammaricarsene tanto. Se si tratta soltanto d'una questione di diminuzione numerica stato scritto pu esser perfino un bene perch ci che conta nel sacramento della penitenza anzitutto l'atteggiamento interiore di penitenza e di conversione, pur tenendo presente nel sacramento il primato dell'iniziativa e dell'azione da parte di Dio che vi comunica la sua misericordia in Cristo attraverso la ChieH sa, animata dallo Spirito Santo (AA.W., La penitenza..., H o.c, p. 100). Ma, insomma, come pu essere un bene la minor |; frequenza alla Confessione quando certo che vi si riceve semI pre questa grazia di Dio, se non manca il sufficiente (anche se | non il pi perfetto) dolore richiesto? | Per stato scritto ancora la minor frequenza delle v Confessioni potrebbe indicare non solo una migliore concezione I nella distinzione tra peccato grave e peccato meno grave, ma l anche uno sforzo costante per una scelta di fondo, in base alla | quale si organizza la propria vita e quindi uno sforzo di estir| pare il peccato ... (La penitenza..., o.c, p. 104). Tutto questo % per dovrebbe esser dimostrato. Inoltre, non sar presunzione il i credere di poter vincere coi propri sforzi il peccato senza ricort rere a quel sacramento che d proprio la grazia sacramentale \, per ottenere questo effetto specifico? Qualcuno replica: si valorizzino gli elementi penitenziali della celebrazione eucaristica: sono vere celebrazioni penitenziali. Si abbia cura di celebrarle con efficacia... istruendone i fedeli nella catechesi. Si inculchi il senso della penitenza... Allora la frequenza alle confessioni pu opportunamente diminuire (La penitenza..., o.c, p. 118). Con simili ragioni si vorrebbe crear la persuasione che, in definitiva, il confessarsi meno pu esser 39 segno d'una pi autentica spiritualit cristiana, contro una diffusa concezione del mancata sacramento operante con contro I (La vi ferente ristia quella penitenza..., abitudine abitudine dianche una quando o.c, che di confessarsi p. avrebbe non partecipazione 22). c'era Ma avuto ogni la anzitutto coscienza qualvolta sacramentale la magica conseguenza dovrebbe certa si efficacia, riceveva di al esser peccati Sacrificio nonl'Eucadimoindifgra

f gismo che si sono intrufolati nelle confessioni individuali | (ibid., p. 117). Non entro a parlare sulle cause e sulla responsabilit di coloro (

strato che di fatto la minor frequenza alla Penitenza compensata oggi, generalmente, da una maggior frequenza all'Eucaristia. Poi bisognerebbe ammettere che, anche confessandosi meno frequentemente (da parte di chi non ha peccati gravi) praticamente possibile o facile comunicarsi con i migliori frutti. Confessarsi meno significher aver minor purezza di coscienza, per quanto presumibile. E la minor purezza di coscienza importer minor tranquillit e serenit di spirito; e quindi si sentir meno attrazione alla mensa eucaristica, oppure meno bisogno d'una purificazione prima di ricevere l'Agnello Immacolato. Non c' dubbio: taluni hanno fatto ricorso a tutti gli argomenti, han cercato di escogitare tutti i difetti possibili immaginabili della confessione privata mirando e sperando che la Chiesa desse il permesso della Confessione generica comunitaria anche fuori del caso di necessit. Influsso della mentalit e della prassi protestanti? un fatto che presso i Protestanti dopo l'ultima guerra si sono introdotte con fervore pratiche e riti penitentenziali: una specie di confessione comunitaria generica nella quale il singolo si riconosce peccatore davanti a Dio. Manca evidentemente l'assoluzione impartita dal sacerdote. Ma la Chiesa si ancora una volta energicamente pronunciata e circa la confessione specifica e circa la confessione frequente . Nelle Normae past. circa absol. sacrarti, generali modo imperi., emanate dalla S. Congr. Pro Doctr. Fidei il 16 Giugno 1972 (AAS, 64, 1972, 510-514) richiamate e confermate nel nuovo Ordo Paenitentiae del 2.XII.1973 pare che di nuovo ci sia solo questa precisazione (che si legge al n. V del documento): riservato all'Ordinario del luogo il giudicare (dopo averne discusso con altri componenti della sua conferenza episcopale) se sia il caso d'impartire l'assoluzione collettiva perch i penitenti sarebbero davvero costretti (senza loro colpa) a restare per lungo tempo (diu) privi della grazia sacramentale o della santa Comunione. Ed pure concesso al confessore, se non pu consultare l'Ordinario, d'impartire in qualche caso l'assoluzione ad un gruppo di fedeli che, secondo il suo giudizio, dovrebbero restare a lungo privi dei sacramenti. Dovr per darne poi avviso al superiore 5 . Comunque, nel penitente ci dev'essere, oltre al
5 I vescovi tedeschi, ad esempio, hanno deciso che pel territorio della Repubblica Federale Tedesca il caso di bisogno, per ora, non si verifica (OR, 19.XI.72, p. 2). Ed in una recente Nota della Presidenza della C.E.I. si di-

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dolore, oltre al proposito di non pi peccare e di adempiere gli obblighi che si impongono, anche il proposito di confessare, a suo tempo, specificamente i peccati gravi. E questo proposito (n. VII) richiesto alla validit : nel senso, s'intende, che costituisce un obbligo per s grave. Perci il penitente che, consapevole di questa necessit, avesse volont contraria, non sarebbe affatto disposto a ricever la grazia sacramentale. Necessit grave, fondata sulla natura stessa del sacramento. Non cosi assoluta come quella dell'acqua nel Battesimo e del pane e vino nell'Eucaristia poich si pu avere valida assoluzione anche con una accusa solo generica se c' causa scusante. 2. Non si pu sperare alcuna ricostruzione se i confessori, per primi, non sono istruiti e convinti, preparati e disponibili. Solo allora essi potranno col consiglio e con la predicazione influire efficacemente sugli altri. La Confessione specifica richiesta da ragioni teologiche stringenti (se la Confessione essenzialmente un giudizio, esige che il giudice conosca la causa). Ma ci sono anche motivi pastorali offerti dal buon senso e dall'esperienza. Ed anche per ottenere che i fedeli ritornino ad accostarsi con frequenza alla Confessione l'opera persuasiva del confessore (e del predicatore) dovranno, pare, far leva su due argomenti fondamentali. Il primo, di ordine teologico: la Confessione conferisce la grazia sacramentale , una grazia sua propria che non pu esser supplita da alcun altro sacramento; l'altro, pastorale: il confessore, oltre che giudice, maestro, padre, fratello, amico, medico; direttore spirituale, si diceva una volta (oggi in ossequio alla psicologia e per fobia d'ogni paternalismo ed autoritarismo si preferisce parlare di consigliere ). Lo so, c' chi, caldeggiando la prassi della Confessione generica, propone al posto di una Confessione che sia ogni volta privata un colloquio fra penitente e sacerdote da farsi in un momento di calma, quando si offrir l'occasione. Ma, siamo concreti, quando si offrir quest'occasione? Quando si verificher
chiara che i Vescovi italiani, singolarmente interpellati sul problema, non convengono sull'effettiva presenza, in Italia, di situazioni tali che giustifichino la necessit, e, quindi, la liceit della concessione, sia pur in casi particolari, dell'assoluzione collettiva . La quale pertanto rimane, come prima, legata ai soli casi di emergenza con pericolo di morte (Notiziario della C.E.I. 30.IV.75, p. 71; cfr. AAS, 36, 1944, 155-156). 41

il momento buono nel quale il penitente trovi il tempo e trovi disponibile un sacerdote adatto per lui? Non c' dubbio, lo si sempre detto ed il Vaticano II non ha fatto che riaffermarlo (LG, 11): tutto il Corpo Mistico ne risente quando il singolo pone un atto, sia peccaminoso sia virtuoso, perch c' una comunione di vita fra tutti i membri. La Penitenza per primariamente ha per fine la liberazione del peccatore, il suo bene individuale ed indirettamente il bene comuneTutti i sacramenti, del resto, sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del Corpo di Cristo e a render il culto a Dio (SC, 59). Pu anche dirsi che la Confessione il simbolo della riconciliazione del peccatore con la comuni' t , ma anzitutto la sua riconciliazione realissima e pienissima con Dio. Pertanto il riflesso sociale della pratica sacramentaria penitenziale non significa affatto (come alcuni pretenderebbero) l'esigenza d'una celebrazione pubblica. 3. A parte l'assoluzione comunitaria di peccati anche gravi dopo una confessione solo generica (assoluzione ammessa solo in casi di necessit) si possono dare altre forme di celebrazione comunitaria della penitenza. Il nuovo Ordo Paenit. (n. 37) raccomanda anzitutto d'attendere che nell'opinione dei fedeli queste celebrazioni non si confondano colla celebrazione del sacramento della Penitenza. Si pu infatti limitarsi ad atti penitenziali fatti in comune: esame di coscienza, implorazione della misericordia di Do, atti di fiducia, di dolore e di proposito. Atti ai quali non s'accompagna la celebrazione del sacramento. Costituiscono quindi solo un sacramentale. Assomigliano ai riti penitenziali dei Protestanti. Possono esser spiritualmente utili. Anzi, utilissimi, dice il nuovo Ordo Paenit. (n. 37), quando non fosse possibile avere un sacerdote disponibile per le Confessioni: in questo caso la celebrazione penitenziale aiuterebbe i fedeli a fare l'atto di contrizione perfetta (motivato dall'amore di Dio); e cosi (avendo l'implicito desiderio e proposito di confessarsi in seguito) possono ricevere gi la grazia di Dio. Queste celebrazioni possono esser organizzate e guidate da un diacono, da un catechista ed anche da un qualsiasi fedele che sia preparato. Qualora per fossero intese esplicitamente e dichiaratamente come preparazione d'un gruppo di fedeli alla celebrazione eucaristica (allo scopo che pi numerosa sia la partecipazione alla Mensa da parte dei fedeli che non hanno 42

strettamente bisogno della Confessione) potrebbero esser occasione di qualche disagio spirituale. Taluni, forse, non si sentiranno tranquilli nel ricevere la Comunione senza la Confessione: e pertanto sia che si confessino sia che non si comunichino avrebbero l'impressione d'esser notati. Altro modo. Gli atti in comune sono solo un quadro in cui s'inserisce la celebrazione privata del sacramento. Servono come preparazione, come ringraziamento e conclusione. Si congiunge il duplice pregio dell'atto comunitario e dell'atto personale notava Paolo VI (OR, 4.IV.1974, p. 1). la forma migliore per il nostro Popolo, quando possibile; ma suppone di solito la presenza simultanea di parecchi ministri del sacramento; e ci non sempre facile . Queste iniziative possono esser utili. Utili specialmente per speciali categorie di penitenti, come i fanciulli, i catecumeni (Ordo Paenit., n. 37). Utili in particolari circostanze, come durante un Ritiro spirituale od una Missione. Utili anche per coloro che non si accostassero di fatto alla Confessione. Utili purch pensate ed attuate con competenza e discrezione (Dirett. hit. Past. per l'uso del Rituale dei Sacramenti e dei Sacramentali , a cura della Comm. Episc. Ital. per la Lit., 1967, p. 67). Ci sono difficolt pratiche. Dovrebbe esser presente qualcuno che possa e sappia con intelligenza e prudenza assistere guidare istruire aiutare il gruppo secondo i suoi particolari bisogni di condizione, di stato, di et. Bisogna usar gli accorgimenti perch tutti siano lasciati pienamente liberi di confessarsi o no. E dichiararlo espressamente. Occorre si dia libert di scegliere il confessore. Libert che verr spesso a mancare perch da aspettarsi che non ci sar molta facolt di scelta fra i confessori disponibili. Sappiamo per esperienza che l'adolescente (ed anche il ragazzo) mal sopporta d'esser condotto a confessarsi. Prova un senso di ribellione. Rivendica la sua autonomia. Ci andr,, ma quando vorr. E da chi vorr. Senza controlli. Sar forse attratto sentimentalmente da quella particolare chiesa, da quel confessionale, da quella cella, da quel padre. Don Bosco era decisamente contrario alle Confessioni in comune ed alla Comunione generale dei fanciulli e degli adolescenti. C' anche un qualche pericolo che qualcuno tema, per un complesso di circostanze, che i superiori lo giudichino meno favorevolmente se s'accorgono che non si confessa o non si comunica. Il nuovo Ordo Paenit. propone alcune preghiere, canti e qualche traccia e schema (o meglio qualche elemento indicativo) 43

per l'esame di coscienza secondo i diversi tempi liturgici ed alcune categorie di penitenti (fanciulli, giovani, malati). Nei formulari pi specifici e distinti che si prepareranno per questi esami di coscienza in comune, si domanda intelligenza e discrezione. Va evitato ogni eccesso, sia d'astrattismo vago, sia di minuziosit e di terrorismo. Concludendo, queste celebrazioni comunitarie della penitenza (salva sempre la Confessione privata specifica) possono esser un richiamo ad un maggior fervore, a suscitare la preghiera ed a ravvivare cosi un atto religioso sacramentale perch non tenda a diventare per taluni una pratica piuttosto meccanica ad effetto magico. D'altro canto, sono possibili anche gli inconvenienti contrari. Queste celebrazioni potrebbero esser per qualcuno un'occasione all'indolenza: il penitente omette lo sforzo personale, si lascia trascinare dall'assemblea, diventa pi passivo che attivo. il pericolo generale per chi partecipa solo alle preghiere liturgiche comunitarie. In molte parrocchie si introdotta la prassi della Confessione mensile: Confessione individuale con preparazione comunitaria. In tal modo s'intende eliminare l'uso di confessarsi (spesso per sola devozione) durante la celebrazione della Messa. Pare che i risultati di questa iniziativa siano buoni, che l'invito sia accolto da molti. Per i sacerdoti un po' alleggerito il lavoro nei giorni festivi. Per, in pratica, se ci sono penitenti che chiedono di confessarsi durante la Messa festiva, non si pu rifiutarsi, pena il rimandare la loro riconciliazione a chiss quando. Ed i confessori devono esser disponibili anche per coloro che vogliono confessarsi ancora pi frequentemente ed anche se non hanno materia necessaria. Infine si potrebbe pensare ad una celebrazione comunitaria unita all'assoluzione sacramentale, dopo accusa solo generica, nel caso in cui la Confessione non fosse necessaria. L'ho sentita proporre da una commissione che aveva studiato il problema in un convegno diocesano del clero. Si constata dicevano quei parroci come non pochi fanciulli potrebbero accostarsi pi frequentemente alla Comunione. Non lo fanno perch desiderano premettere la Confessione, ma non si ha il tempo di confessarli. In realt portano solo peccati veniali. Non si potrebbe, nella catechesi che si tiene a loro, la sera del sabato, riservare l'ultima parte alla preparazione penitenziale dopo la quale il sacerdote darebbe l'assoluzione? Dal punto di vista dogmatico non esisterebbero ostacoli certi (dato che l'accusa solo generica probabil44

mente lecita anche nella Confessione privata) quando fosse ben noto ai penitenti che l'assoluzione per chi ha solo peccati veniali. E dal punto di vista pastorale psicologico pratico ascetico? C' da restar perplessi. E suppongo che anche coloro che propongono questa prassi saran ben d'accordo nel raccomandare che ogni tanto il fanciullo faccia anche la sua Confessione privata. Poich nulla come la parola del sacerdote rivolta al singolo ha la potenza di eccitare le disposizioni d'un vero dolore e d'un fermo proposito. la parola aderente, incisiva, adatta a lui, tutta e solo per lui. C' una atmosfera d'intimit e di segreto che avvolge il sacramento e gli conferisce (finora almeno, fintantoch i pregiudizi non avranno corrotto la serenit spontanea degli spiriti) una potenza ineguagliabile. Cosa avremmo ottenuto se molti ragazzi perdessero la stima e l'affetto per questo sacramento? Senza dire che potrebbe anche verificarsi il pericolo di un qualche conflitto spirituale per chi non si sentisse tranquillo senza la Confessione privata. Tanto pili che il ragazzo non ancora in grado di distinguere sempre e chiaramente quando la colpa grave e quando solo leggera. Talora forse penser: se non vado alla Comunione dopo questa assoluzione (che non mi pare di aver capito bene cosa valga e quando valga) gli altri (specialmente i miei compagni) diranno che ho peccati grossi; cosi pure se vedono che mi confesso . E se, per non dar nell'occhio andr alla Comunione, lo far senza aver la coscienza serena e sicura. Comunque pacifico che non sarebbe lecito adottare tale prassi di assoluzione in massa senza il permesso della superiore autorit ecclesiastica. E se la Chiesa non lo permette e non lo favorisce perch ha esperienza e fiducia nell'importanza e nei vantaggi della Confessione individuale e della direzione spirituale dei fanciulli stessi. Vorrei passare la vita confessando i fanciulli diceva mons. E. Montalbetti che dei fanciulli e dei giovani conosceva la psicologia. Ogni incontro in confessionale con un fanciullo pu esser decisivo per quella giovane vita, pu determinare una grande vocazione, forse di un santo (Salviamo il fanciullo, L'Assistente Ecclesiastico, XI, 1941, n. 6, 231). Nel confessionale^ si opera un effetto soprannaturale al quale concorrono il penitente, la grazia, il confessore. Si svolge un colloquio che un'occasione preziosa per la liberazione, la rinascita spirituale, o, in ogni caso, per una presa di quota. Uno scalpiccio di piedi, dietro di me, mi ricorda che i bambini stanno 45

aspettando. Ancora un momento, per rinnovare il proposito di non prendere alla leggera le loro piccole mancanze. Qui, dietro di me, vi sono quaranta santi in potenza. Sar la grazia di Dio che far tutto, ma la mia mano dovr tenere il cesello ed io potr dare una forma oppure rovinare tutto. Il cuore d'un sacerdote non potr mai parlare al cuore d'un fanciullo con tanta eloquenza, ed esser udito da lui cosi bene come ora. Dieci parole dette qui valgono pi di mille dette in classe e pi di mille dette dal pulpito (Leo Trese, Vaso di argilla, Brescia, Morcelliana, 1962, pp. 105-106).

4. Occorre ancora un potere di giurisdizione nel ministro del sacramento? Ogni sacerdote consacra sempre validamente anche se non sempre lecitamente l'Eucaristia, in virt dell'Ordine del Presbiterato. Ma il solo Ordine non basta perch possa assolvere i penitenti dai loro peccati. Non basta alla liceit e neppure alla validit dell'assoluzione. Perch la Confessione essenzialmente un giudizio; l'assoluzione una sentenza giudiziale di liberazione pronunciata a nome della Chiesa. Oltre l'Ordine occorre dunque, nel ministro del sacramento, la giurisdizione ricevuta dalla Chiesa. Ma non tutti i sacerdoti hanno idee chiare, cognizione esatta sull'estensione e sui limiti delle facolt a loro concesse dalla Chiesa. Qualcuno non desidera neppure informarsi (per non fare del giuridismo e del legalismo). E qualcuno vorrebbe addirittura che non si parlasse pi n di giurisdizione n di limitazione della giurisdizione. necessario invece che ogni sacerdote rinfreschi la memoria, s'informi, s'aggiorni sulle nuove disposizioni della Chiesa. Mi limito ad alcuni cenni che potranno essere uno stimolo a ristudiare CJC, atti conciliari e sinodali, nonch i manuali dei commentatori. 1. Fin dai primi tempi della Chiesa e secondo tutta la tradizione i vescovi esercitavano questo ministero sempre e soltanto nella propria diocesi; ed i presbiteri ricevevano la facolt sempre dal loro vescovo. vero peraltro che la Chiesa tende sempre pi ad allargare le facolt che concede. In Francia, qualche anno fa, stata estesa a tutto il territorio nazionale la giurisdizione 46

per le confessioni che un sacerdote riceve dal suo vescovo. Altrove (come in Italia) si andato sempre pi diffondendo l'uso di concedere che le facolt (di confessare, celebrare, predicare) ricevute da un sacerdote per la propria diocesi possano esser esercitate in tutta la sua regione ecclesiastica6. E nulla vieta che detta facolt venga eventualmente estesa su scala interregionale, previo necessario accordo tra le conferenze interessate. Anzi, mentre in corso l'aggiornamento del CJC, si fa voti che la giurisdizione per le confessioni sia data ai sacerdoti con ancor minori restrizioni, adottando un sistema semplicissimo, come questo: se un vescovo concede ad un sacerdote la facolt di confessare, questa venga estesa per disposizione del diritto stesso a tutta la Chiesa; se il vescovo la sospendesse, sarebbe sospesa per tutta la Chiesa. 2. Pel momento, oltre alla giurisdizione annessa all'ufficio (di vescovo, parroco, canonico penitenziere) detta ordinaria , c' quella delegata . Delegata dal superiore competente ad una determinata persona; delegata con certi limiti (quanto al tempo, al territorio, ai penitenti stessi talora); pu esser concessa ad beneplacitum , cio senza bisogno che venga rinnovata (a meno che il superiore non la revochi). C' pure una giurisdizione delegata dal diritto stesso (diritto che pu essere o comune cio vigente per tutta la Chiesa o provinciale o diocesano). La facolt che ogni sacerdote ha di assolvere (anche dai casi riservati ) chiunque si trovi in pericolo di morte appunto una facolt delegata a iure (CJC, e. 882). La facolt di confessare in tutta la regione ecclesiastica nella quale un sacerdote ha il domicilio o quasi-domicilio, una facolt delegata dal* diritto provinciale 7 . La facolt data, in molte diocesi, a chi parroco, di concedere per alcuni giorni la giurisdizione, per le confessioni, ai sacerdoti che si recano per un qualche soggiorno nella sua parrocchia, viene dal .diritto diocesano . Cosi nella diocesi di Roma ogni sacerdote pel solo fatto che ha l'Ordine ha la facolt di assolvere i sacerdoti (non i
6 In una recente Nota della Presidenza della C.E.I. si legge: Dati i contatti e gli scambi sempre pi frequenti fra diocesi e diocesi, l'Assemblea dei Vescovi ha deciso che, in conformit con quanto gi avviene in varie regioni, la facolt di ascoltare le confessioni data dall'Ordinario s'intenda estesa ipso facto su scala regionale (Notiziario della CJE.I., 30.IV.75, p. 71). 7 O nazionale, cio stabilita dall'Assemblea dei vescovi d'una nazione.

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chierici od i religiosi non sacerdoti) {Syn. Rom., I, 1960, e. 67). Recentemente, poi, stata concessa una speciale e nuova facolt ai sacerdoti di passaggio per Roma. Per tre mesi, se sono muniti di regolare lettera discessoriale del rispettivo Ordinario, hanno la facolt di confessare negli stessi termini di quella loro concessa nella diocesi di provenienza. La hanno per Roma e per tutto il territorio diocesano. Sono eccettuate le Basiliche patriarcali 8. (Non esclusa, invece, in seguito ad un pi recente decreto della S.C. dei Religiosi, la facolt di assolvere le religiose , anche d'un'intera comunit). Occorre per che i sacerdoti secolari si procurino la vidimazione del celebret presso il Vicariato, non oltre il mese di permanenza in Roma ( Rivista Diocesana , 1969, n. 1-2, &7-88). Ed evidentemente si suppone che il sacerdote non abbia avuto un divieto personale di abitare o confessare a Roma. Per chi, dopo il divieto, vi permanesse con dolo pi di otto giorni, gli sarebbe proibito anche il celebrare la Messa perch incorrerebbe ipso facto nella sospensione a divinis dalla quale a Roma (chi vi continuasse la permanenza) potrebbe esser assolto solo dal Cardinal Vicario (fuori di Roma da ogni confessore) {Syn. Rom., I, 1960, e. 51, S 4 ) 9 . Pi ampie facolt vengono concesse in speciali occasioni, come durante l'Anno Santo 1975: il Cardinal Vicario concesse a tutti i sacerdoti che facevano parte di qualche pellegrinaggio o vi fossero associati nelle celebrazioni comunitarie, la facolt di ascoltare le confessioni in tutta la diocesi di Roma (nei limiti della facolt che i sacerdoti avevano in atto nella loro diocesi). Potevano ascoltare le Confessioni anche nelle quattro Basiliche Patriarcali ed assolvere anche dai peccati e dalle censure riservate all'Ordinario (eccettuate le censure ab homine ), dispensare dai voti privati, anche riservati alla S. Sede, commutandoli con moderazione e prudenza in altre opere buone. Le sopraddette facolt erano concesse anche ai sacerdoti che visitassero privatamente Roma, qualora fossero invitati ad ascoltare le Confessioni ( Rivista Diocesana di Roma, 1974, n. 9-10, p. 1039).
8 In queste possono confessare solo i penitenzieri designati. Per gli altri sacerdoti (di passaggio o no) muniti di facolt, possono confessare nella sagrestia della basilica validamente e (se vien dato loro il permesso richiesto) lecitamente. 9 Ali'infuori di questo caso, nella diocesi di Roma non ci sono altre riserve, n quanto ai peccati n quanto alle censure.

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Per la Confessione delle religiose e novizie, il CJC, e. 876, richiedeva speciale giurisdizione o designazione, salve le numerose facolt di delega a iure concesse dal CJC stesso (ad esempio, se una religiosa chiedeva di confessarsi, occasionalmente, presso un sacerdote approvato, in luogo debito): perci un confessore non designato dall'Ordinario non avrebbe potuto, su richiesta della Superiora d'un convento, ascoltare le Confessioni di tutte le suore della comunit. Ora, in seguito ad un decreto della S. Congreg. per i Religiosi deh"8.XII.1970, tutte le religiose e novizie, affinch abbiano a godere in tale materia della dovuta libert, possono confessarsi validamente e lecitamente presso qualsiasi sacerdote approvato nel territorio per l'ascolto delle Confessioni . 3. La giurisdizione resta limitata dai casi riservati . Secondo il nuovo rito la formula d'assoluzione non contiene riferimenti ad eventuali pene e non da mutarsi nel caso che sia necessario assolvere anche da qualche censura (basta che il confessore ne abbia l'intenzione); una formula particolare stabilita solo pel caso che avesse da assolvere qualcuno da una censura extra sacramentum (cfr. Nuovo Ordo Poeti., App. I). Un peccato pu esser riservato o ratione peccati o ratione censurae . Praticamente quando si trattasse di qualche caso che, in una diocesi, riservato ratione peccati , ci sarebbe sempre il grave incomodo, pel penitente, nel rimanere privo, per qualche tempo, dell'assoluzione (e. 900, 2): quindi anche il confessore che non ha, per s, facolt su un caso riservato presentatogli, pu assolvere subito, in base al diritto stesso, il penitente disposto, dopo avergli rivolta una grave ammonizione e imposta una conveniente penitenza; e la causa cosi chiusa, non c' da ricorrere al Superiore. Secondo il CJC (e. 894) un solo peccato (falsa e qualificata calunnia, con denuncia giuridica, d'un sacerdote innocente) riservato per tutta la Chiesa ratione peccati ; ma a tale peccato annessa anche una pena {e. 2363). detto (e. 893; 897) che i Vescovi, per il territorio della loro diocesi, hanno facolt di riservare a s qualche caso grave 10. La questione pi complessa quando si tratta di peccati riIn una recente Nota della Presidenza della C.E.I. si legge che la revisione dei casi riservati affidata alle Conferenze regionali allo scopo di avere nella stessa zona pastorale un orientamento comune {Notiziario della C.E.I. 30.IV.1975, p. 71). 49
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servati ratione censurae , cio di peccati dai quali non si pu esser assolti se non si prima assolti dalla censura (supposto, naturalmente, che sia stata effettivamente contratta dal singolo). E le censure che impediscono la previa assoluzione dal peccato sono la scomunica (quella, ad esempio, che colpisce l'aborto ed riservata all'Ordinario) e l'interdetto personale. Non quindi la sospensione a divinis : chi ne fosse colpito potrebbe quindi senz'altro esser assolto dai suoi peccati se avesse il pentimento ed il proposito d'adempiere i suoi doveri gravi (fra i quali per ci pu esser quello di sistemare le sue faccende col Superiore nel foro esterno, prima di ricevere o consacrare l'Eucaristia). 4. Come si comporter il confessore qualora gli capiti un caso riservato ratione censurae dalla quale egli non abbia la facolt d'assolvere? In pericolo di morte la Chiesa concede le pi ampie facolt a qualunque sacerdote e la massima libert al penitente di chiedere qualunque confessore (e. 882), con l'obbligo del ricorso , in caso di ristabilimento, salo per le censure riservate specialissimo modo alla Sede Apostolica oppure ab homine (e. 2252). Extra pericolo di morte: anche allora il confessore pu assolvere praticamente sempre chi abbia dolore e proposito necessari, perch esiste per ogni penitente quell' urgenza di ricever l'assoluzione di cui parla II e. 2254; ed il confessore pu, eventualmente, col suo suggerimento, far sentire tale urgenza. Resta per l'obbligo.di ricorrere entro il mese al Superiore, a meno che ci non sia possibile, a norma dello stesso e. 2254, 3. Per ovvie ragioni ricorre quasi sempre il confessore (osservando il sigillo) ed i penitente chieder che ritorni ad recipienda mandata (purch gli sia possibile). Perch non ci sia l'obbligo del ricorso occorrerebbe che non potesse farlo senza grave incomodo n il penitente n il confessore; e quando si trattasse del caso di cui il e. 2367, dovrebbe esserci fisica impossibilit sia per il penitente sia per il confessore. Perci il confessore deve sapere a chi deve ricorrere ed in qual modo. Lo insegnano tutti i manuali di T. Morale (che per devono esser aggiornati secondo le pi recenti disposizioni ecclesiastiche). Esempio: un peccato d'aborto. Anzitutto da considerare se, nel caso in questione, si verificano tutte le condizioni necessarie per contrarre effettivamente la scomunica riservata all'Ordinario: la cognizione, da parte della persona penitente, che a questo delitto annssa una qualche pena spirituale; 50

che il peccato sia stato grave (internamente ed esternamente);, che non ci sia stato solo il tentativo, ma sia seguito l'effetto; per un cooperatore quale pu esser un'ostetrica la sua azione dev'esser principale o necessaria. Supposto dunque che la censura sia stata contratta dal penitente, il confessore pu assolverlo - se pentito ma (se non ha ricevuto la facolt per le censure riservate all'Ordinario) dovr ricorrere (al Vescovo od al Vicario Generale) dopo aver informato il penitente che deve ritornare per ricevere eventuali istruzioni e penitenza (pur potendo star sicuro sulla validit dell'assoluzione ricevuta). Dunque, in caso urgente , il e. 2254 permette di assolvere da tutte le censure incorse ipso facto ( latae sententiae ). Pel ricorso successivo, se hanno facolt il Vescovo ed il Vicario Generale si pu rivolgersi a loro. Altrimenti, alla S. Penitenzieria, Palazzo della Cancelleria, P. della Cancelleria, 1, 00168 Roma. C' per un'eccezione stabilita da un decreto della S. Penitenzieria del 18.IV.1936 {AAS, 28, 1936, 242-243) a cui segu la dichiarazione del 4.V.1937 (AAS, 29, 1937, 283). Riguarda l'assoluzione dalla scomunica che il Codice classificava fra quelle simpliciter s. Sedi riservate (e. 2388) nella quale sia incorso un sacerdote contraendo senza dispensa un matrimonio (anche solo civile). La Chiesa continua ad esser severa per scongiurare l'eventualit del caso doloroso. Se il sacerdote penitente domandasse l'assoluzione dichiarando che gli impossibile non convivere sotto lo stesso tetto con la donna colla quale s' legato, ma promette d'osservare la castit, non pu esser assolto, deve ricorrere all'Autorit competente: la S. Penitenzieria, P. della Cancelleria, 1. Non competente il Vescovo. L'assoluzione si pu dare solo in pericolo di morte (allora ogni penitente pu esser assolto validamente e lecitamente da qualsiasi sacerdote, CJC, e. 882). Il caso in questione era pi pratico quando la Chiesa osservava la rigida regola di non concedere al sacerdote la dispensa dal celibato. Ma pu capitare anche ora. Col Motu proprio Pastorale munus del 30.XI.1963 (AAS, 56, 1964, 5-12) nuove facolt sono state concesse da Paolo VI ai vescovi. Anche quelli non residenziali possono assolvere in foro interno da tutte le censure, eccetto quelle ab nomine , quelle specialissime riservate (cfr. e. 2320; 2343; 2367; 2369) fra le quali c', ad esempio, la scomunica contro i ladri che 51

profanano l'Eucaristia, quella contro il confessore che violasse direttamente e consapevolmente il sigillo sacramentale ; sono pur eccettuate dalle facolt dei Vescovi la scomunica che colpisce VescQvo consacrante^ e Vescovo consacrato privi della regolare nomina o conferma d parte del R. Pontefice (censura stabilita da Pio XII nel 1951), la scomunica annessa alla viola2one del segreto pontificio (se ancora una scomunica riservata) e quella che inflitta al sacerdote ed alla donna che, senza dispensa, abbian contratto matrimonio anche solo civile e. 2388 ed attualmente intendono continuare a convivere. Per la donna, per, che ha presunto contrarre matrimonio col sacerdote, ogni confessore pu indurre il caso urgente , con l'obbligo del ricorso, non al Vescovo, ma alla S. Penitenzieria. Pertanto questa censura (dopo le disposizioni seguite al CJC) da ritenersi specialissime riservata alla S. Sede. (Perci, a norma del CJC, e. 2252, nel caso che il pericolo di morte venisse superato, resterebbe l'obbligo del ricorso per chi fosse stato assolto). Da tutte le altre censure i Vescovi, anche non residenziali, possono assolvere personalmente ed in foro interno . I Vescovi residenziali lo possono anche in foro externo e possono altres delegare la loro facolt di assolvere dalle censure a sacerdoti distinti per scienza e prudenza: facolt da usarsi in actu Confessionis . 5. Mentre allo studio un aggiornamento- del diritto canonico, son note le critiche mosse da giuristi alle vigenti disposizioni del CJC in materia di pene ecclesiastiche e di Sacramenti. Si dice, ad esempio, aberrante che nel sacramento della Penitenza si possa ricostituire la pace e l'amicizia dell'anima con Dio e non ancora (almeno perfettamente) con la Chiesa, se il confessore non ha tutte le facolt per un'assoluzione piena e definitiva. Ma questa difficolt c' solo per le pene dalle quali un dato confessore non abbia facolt, al momento, d'assolvere il penitente che pu esser pentito e, con un atto di dolore perfetto, riconciliarsi con Dio. Praticamente quasi sempre il sacerdote ha la facolt di indurre il caso urgente (e. 2254) e di concedere subito l'assoluzione. Resta l'obbligo del ricorso, se possibile: ricorso voluto dalla Chiesa contro il pericolo di troppo facili assoluzioni, senza serio impegno, debita penitenza, uso dei mezzi necessari per non ricadere. Ma, quando si segue la procedura stabilita, si gi in regola (e perci in pace) con la Chiesa, come con 52

una madre che ha gi perdonato ma non pu non volere il bene delle anime e la loro sincera e profonda conversione. Difatti non obbliga al ricorso quando sia impossibile (e. 2254, 3) e tanto meno in pericolo di morte (fatta eccezione dei casi pi gravi, nell'eventualit d'un ristabilimento, a norma del e. 2252). Del resto, se si volesse insister troppo su una certa frattura fra pace con Dio e pace con la Chiesa nel sacramento della Penitenza, tale questione dovrebbe esser sollevata anche circa l'obbligo pel penitente di confessare i suoi peccati gravi. Se egli fa un atto di dolore per amore di Dio si mette in pace con Lui, eppure gli resta anche il dovere di confessare (se possibile) i peccati a chi ha il potere di sciogliere o di non sciogliere, cio alla Chiesa. vero che quest'obbligo di confessare i peccati di diritto divino, mentre quanto alle pene la norma giuridica viene dalla Chiesa. Per resta possibile senza intrinseca contraddizione che si possa esser riconciliati intimamente con Dio ed avere ancora qualche pendenza con la Chiesa. Pendenza voluta, in definitiva, da Dio stesso perch la Chiesa intende e cerca di procurare la salvezza ed il bene delle anime interpretando (per quanto possibile) i desideri di Dio. Il bene stesso della comunit, indipendentemente dal diritto ecclesiastico, pu esigere che un'anima, pur riconciliata nel sacramento della Penitenza, compia inoltre qualche atto esterno, dia prima d'accostarsi pubblicamente all'Eucaristia una dimostrazione della sua .vera conversione, eliminando qualche occasione di scandalo, riparando il cattivo esempio eventualmente dato. C' chi propone (in un riformato diritto penale ecclesiastico) la separazione del foro esterno da quello interno. La scomunica non dovrebbe mai impedire, a chi l'ha contratta, di ricever (se disposto) il sacramento della Penitenza e l'Unzione degli Infermi. Resterebbe proibito di ricever l'Eucaristia finch la pena non sia stata tolta (nel foro esterno). prevedibile che ci saranno, in pratica, difficolt nel ricorrere al superiore competente per l'assoluzione in foro esterno; nonch il disagio di non poter, prima, ricever la Comunione o celebrare. (Secondo il CJC, e. 2254, una volta ricevuta l'assoluzione in caso urgente , il penitente pu subito comunicarsi, a meno che non debba prima riparare uno scandalo). 6. Certamente la Chiesa sempre madre. Guarda al bene delle anime. Perci ha espressamente aggiunto la clausola: se un 53

confessore assolvesse un penitente da un caso riservato senz'aver la facolt e senz'usare la debita procedura perch ignora che riservato, l'assoluzione sarebbe valida (e. 2247, S 3) anche se avesse per oggetto solo questo caso riservato. Ed anche conosciuto lo sbaglio, a nient'altro sarebbero tenuti confessore e penitente. Si fa eccezione (per ovvie ragioni) per i casi pi gravi (censure specialissime riservate o ab nomine ); ma anche in tal caso praticamente (se c' la buona ee del penitente) non invalida Passoluzione perch generalmente s'accusano anche altri peccati: circa questi l'assoluzione resta direttamente valida; e quindi diventa indirettamente valida anche per i riservati (similmente all'assoluzione d'un peccato grave che il penitente dimenticasse).

5. Il confessore s'interroga sulle sue doti spirituali Il confessore deve conoscere il diritto, le proprie facolt giurisdizionali, la procedura di questo specialissimo giudizio che la Confessione. Ma non solo un giudice. Ha altri uffici: di maestro, i padre, d'amico, di medico. Ed i penitenti attendono e cercano il confessore che abbia le qualit corrispondenti a questo ufficio. Il Catechismo Romano (p. 244) dice che gli occorre la scienza e la prudenza; ma, afferma altresf che dev'esser visto dai penitenti come un fedele amico che pu aiutarli col suo ministero e col suo consiglio (p. 235). Ed al penitente che voglia esser saggiamente consigliato. ed efficacemente guidato nelle vie della perfezione, il medesimo catechismo raccomanda una scelta altrettanto saggia del proprio confessore: cuivis maximo studio curandum ..., ut eum sibi Sacerdotem deligat, quem vitae integritas, dottrina,, pietas, prudera judicium commendet (p. 244). implicito il consiglio di non lasciarlo e di non cambiarlo senza giusti motivi. 1. Scienza. Per esser obbiettivo ed equilibrato nei suoi giudizi e consigli il confessore deve anzitutto aver studiato e continuamente coltivare la teologia morale e procurarsi una qualche informazione delle scienze affini ed ausiliarie. Oggi per si ha l'impressione che, anche nelle scuole ecclesiastiche, si sia meno preoccupati dello studio metodico e sistematico di tutti i trattati della teologia morale. Specialmente poi si disprezza la casi54

stica. Taluni sostengono che basta dare ai fedeli ed ai penitenti alcuni principi generali e suscitare nelle loro anime le buone disposizioni di fondo. Le conclusioni sulle azioni concrete (da porsi o da evitarsi) le tirer ognuno applicando i principi secondo la sua situazione e la sua coscienza, guidato dal naturale senso morale. Senonch il penitente anche quando non gli mancata una. certa apprensione dei principi morali generalissimi ed una certa consapevolezza della situazione propria spesso incerto sull'opzione da fare, perch non si sente in grado di applicare debitamente i principi e dedurre una sicura conclusione; inoltre non sempre conosce tutte le leggi morali, naturali e positive (per le quali non basta il possesso dei principi generali); infine, anche se capace di dare un giudizio su un caso obbiettivo altrui simile al proprio stenta a pronunciarsi in causa propria e desidera chieder consiglio (come i medici quando son malati). Insomma il confessore potr sempre esser chiamato ad illuminare od a confermare od a correggere una coscienza. E non potr limitarsi a suggerire i principi, ad esortare a far tutto nella carit ed in buona fede rettificando l'intenzione. La carit anima ed eleva tutte le altre virt ma non le supplisce quando si possono esercitare consapevolmente; e non si pu rifugiarsi nella buona fede quando si dubita circa una specifica scelta e ci sono i mezzi per istruirsi. Il documento pastorale della C.E.I. del 12.VII.74 raccomanda lo studio attento della dottrina morale e spirituale della Chiesa , una adeguata attenzione ai risultati delle scienze antropologiche moderne e del contesto culturale odierno . Suggerisce alle Chiese particolari ed ai presbiteri diocesani di promuovere frequenti incontri sacerdotali non solo per l'aggiornamento liturgico-pastorale, ma anche per una permanente formazione all'esercizio di un cosi grande ministero (n. 116). 2. Prudenza. necessaria al confessore in particolare nei giudizi e consigli sulle scelte concrete che suggerir con la debita discrezione ai singoli penitenti nelle loro particolarissime situazioni. Prudenza occorre altres nell'indicare i rimedi pi idonei per guarire le anime e premunirle, per l'avvenire, contro la forza del male (Cat. Rom., p. 244). Prudenza anche nel comportamento personale che il confessore dovr tenere coi diversi penitenti. Un confessore potrebbe esser dotto, pio, zelante, ma esser mancante nella prudenza. Perch, se i principi astratti sono chiari, 55

non altrettanto facile pronunciare un giudizio sui casi concreti. Bisogna saper applicare i principi cercando di aver presenti tutte le circostanze, ma tenendo pure conto che certi dati particolari (che sarebbe utile conoscere) spesso sfuggono. Il compito del confessore consigliere non consiste solo nel fornire, per tutti i casi simili, delle ricette gi bell'e preparate: appunto perch sono casi solo simili. Ci pu esser * qualche circostanza che incide e fa cambiare la situazione. La prudenza una virt in parte innata; si acquista inoltre con l'esperienza secondo il proverbio: fabricando fit faber . Bisognerebbe che il confessore arrivasse ad una tale pratica del suo ministero da afferrare certe delicate situazioni del penitente da una sola parola. A proposito, in particolare, delle interrogazioni sui peccati impuri, il Giordanini scriveva: Se un confessore una, o due volte avr studiato seriamente in buoni autori ci che necessario per dichiarare la specie di queste oscenit, e voglia seguire le buone dottrine, trover, che avr da far pochissime parole, potr far dire al penitente quanto bisogna, e l'esperienza, che ha tra le mani, e il suo buon zelo e prudenza gli suggeriranno ogni giorno, se vi rifletter seriamente, nuovi modi pi cauti, e pi onesti per farlo {Istruzione per i novelli confessori, I, Roma, 1841, p. 115). Nel comportamento personale del confessore coi singoli penitenti, prudenza ed esperienza suggeriranno ci che i sacerdoti giovani in genere non pensano (forse per zelo): che le confessioni per solito conviene che siano brevi perch valgono di pi poche parole ben ponderate ed adatte, che non tante esortazioni, prediche prolisse e generiche. Specie se ci sono altre persone che attendono. Il che ben diverso da quella insofferenza che certuni dimostrano quando non lasciano neppure parlare i penitenti. Si narra che s. Francesco di Sales era un confessore tanto ricercato per questo solo che lasciava parlare (non era solo questa la sua virt, ma ci fa capire che molti confessori non lasciavano parlare). Brevit, s'intende, in via ordinaria: il sacerdote impiegher tutto il tempo necessario e metter tutto il suo impegno apostolico per disporre chi disposto non era. 3. Le capacit d'intelligenza e la virt della prudenza non bastano. Se il confessore anche padre, amico e medico gli si richiedono altres certe doti e virt che piuttosto nel cuore hanno la loro sede. Un complesso di piccole e grandi virt. Vitae integritas... pietas... {Cat. Rom., p. 244): che suppone sforzo con56

tinuo di personale perfezionamento, d'autocontrollo, d'apertura. E zelo, certamente. Ma non solo attivit, prontezza ed assiduit alle fatiche di questo ministero che potrebbe anche esser esercitato con una certa freddezza, per motivi, piuttosto umani, senza l'umilt, lo spirito di servizio, il calore della carit che caratterizzano i santi confessori. Il confessore sa di esser al servizio di tutti, senza distinzioni e preferenze. Sa che gli sono affidati in modo speciale i poveri ed i pi deboli (PO, 6) sull'esempio di Cristo. Preparer per tutti un'accoglienza festosa. Chi dona letizia comunica l'amore, illumina lo spirito ottenebrato del peccatore, gli infonde fiducia. I penitenti avranno, fin dalle prime battute, la sensazione che s'incontrano con uno che porta la gioia d'un lieto annuncio anche se ha una veste nera ed una stola violacea. Una gioia che egli d gratuitamente: basta solo che gliela domandino. Con il suo volto ed il suo comportamento dice quanto si legge nel Journal d'un Cure de campagne di Bernanos: Non colpa mia se porto un vestito da beccamorto. Dopo tutto il Papa si veste di bianco ed i cardinali di rosso. Avrei il diritto di passeggiare vestito come la Regina di Saba, perch porto la gioia. Ve la donerei per niente se me la domandaste. La Chiesa dispone della gioia, di tutta la parte di gioia riservata a questo triste mondo (Gallimard, 1961, p. 1046). Pietas (Cat Rom., p. 244): bont, amore verso il peccatore penitente. Ma l'amore suppone la compassione e la comprensione. Compassione, cio sensibilit spirituale, delicatezza, finezza: facolt preziosa, frutto e premio della bont. Certo senza compassione non c' comprensione ( durch mitleid wissend ). E senza comprensione non c' il vero amore, verso tutte, indistintamente, le anime. Ma comprendere pi difficile che amare: non basta l'intelligenza, occorre intuizione ed attenzione amorosa agli stati ed ai bisogni spirituali delle anime. Capacit questa che propria di tutti coloro che hanno affinato il loro spirito soffrendo ed amando. quindi la dote che, praticamente, i penitenti maggiormente ricercano nel confessore: solo se si sentiranno compresi, si apriranno ed accoglieranno volentieri ammonizioni e consigli. Comprendere significa anzitutto riconoscere in ognuno valori e possibilit (forse nascoste, forse solo potenziali e seminali). Ed il penitente (per quanto peccatore) quando apre il suo cuore e confida le sue debolezze, ha bisogno oltre al dono della gra-

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zia invisibile della nostra stima. Non dobbiamo mostrare per lui solo compassione e tolleranza. E la nostra parola di stima non dev'esser solo un complimento d'obbligo (simile alla bugia pietosa detta all'ammalato pel quale non c' pi speranza): forse, nel regno dello spirito, il peccatore, che abbiamo dinanzi, pi ricco di quanto noi crediamo. E vale per ognuno quanto Ges disse ai superbi che si proclamavano giusti: Amen dico vobis, quia publicani, et meretrices praecedent vos in regnum Dei (Mt. 21, 31). Una parola di stima il penitente non la dimentica. Sar forse l'ancora di salvezza in qualche momento di depressione e di disperazione. Stima sincera: con l'umile coscienza d'esser anche egli un uomo peccatore (ma beneficato da una grazia di predilezione) che il sacerdote accoglie altri peccatori per aiutarli a ritrovare la fiducia. Sembra composta per lui quand'entra nel confessionale la preghiera che si trova ne I grandi cimiteri sotto la luna di Bernanos: O Dio! siccome io non so amare secondo la vostra grazia, non toglietemi l'umile compassione, il pane grossolano della compassione che noi possiamo spezzare insieme, peccatori, seduti nel ciclo della strada, in silenzio, a testa bassa, alla maniera dei vecchi poveri (Les Grands Cimitires sous la lune, Gallimard, 1971, p. 526). Perci quando rivolge ammonizioni ed esortazioni, il confessore non lo far in tono autoritario. Ed user il plurale: quel noi indica che anche lui ne ha bisogno, che non intende costituire un'eccezione, o, quasi, mettersi al posto di Dio (cfr. K. Tillmann, La catechesi della Confessione, Brescia, 1963, p. 300). Coraggio, amico diceva lo Chevrier ai penitenti che accusavano gravi ed umilianti peccati siamo tutti fragili, tutti possiamo cadere . Il che non significa scusare il peccato. Bisogna (senza sgarberie) far capire chiaramente quel che lecito e quel che non lecito. Con chiunque. Non si strumentalizzi la Confessione per motivi inferiori. Aver comprensione significa, pel Confessore, saper adattarsi alla psicologia ed ai bisogni spirituali delle diverse categorie di penitenti e dei singoli penitenti. Adattamento non facile. Domanda molta pazienza. Fanciulli impreparati, leggeri, distratti, gente rozza od indifferente, spiriti pieni di s, antipatici; e poi fedeli fedelissimi, ma noiosi e petulanti, ed i vecchi duri d'orecchio e quelli duri di comprendonio... Con costoro saranno messe alla prova le capacit del confessore di sopportare e d'amare (facili colle 58

persone simpatiche). D'altra parte, se possiede qualche conoscenza dell'umana psicologia, egli sapr (senza esser insensibile) non turbarsi e non dare eccessiva importanza a certe espressioni di persone portate per natura ad esagerare ed a drammatizzare. Sapr quanto variabile sian l'umore e quanto forti le impressioni della fantasia, specialmente neil!anima femminile. E poich la pazienza non di tutti, si spiega come molti sacerdoti rifuggano dal ministero delle Confessioni, passata la novit ed il fervore delle primizie apostoliche. Preferiscono gettarsi nell'attivit esteriore. Ma cosi possono rendersi insensibili ai problemi della vita interiore delle anime, fino a sorridere su certe loro aspirazioni od inquietudini. Penseranno che non vai la pena di perder tempo con spiriti complessi, meticolosi o suggestionabili, a discutere su questioni senza importanza ed utilit. E cercheranno di liberarsene. Ogni penitente ha il suo temperamento naturale (unico, originalissimo). Ogni cristiano ha anche (come stato scritto) un suo temperamento soprannaturale individualissimo ed irripetibile. Lo sforzo di adattamento alla psicologia del singolo non cesser mai nel confessore, per quanto fine sia la sua sensibilit e ricca la sua esperienza. Quante volte dovr umilmente riconoscere di non aver capito un'anima. E conserver sempre un certo qual timore nel guidare gli altri nelle vie dello spirito perch sa bene che ognuno anzitutto guidato da Dio: si tratta d'interpretare il Suo pensiero ed i Suoi disegni. Ma l'azione, i movimenti, gli effetti della grazia non sempre si percepiscono immediatamente e chiaramente. Il confessore sentir anzitutto il bisogno-d'esser, lui stesso, guidato da Dio. Non pu imporre a tutti gli stessi schemi, programmi, mezzi di perfezione. Neppur quelli che egli ha personalmente sperimentato validi. Modo di pregare, di meditare, d'esaminare la coscienza, libri spirituali da leggere, durata della preghiera...: sono tutti mezzi relativi, necessari od utili, ma non per tutti in egual modo e nella medesima misura. Le stesse esortazioni al dolore ed al proposito d'una vita migliore varieranno nella forma, lunghezza, espressioni ed accenti, secondo la capacit ed il bisogno del penitente. Quando in un confessore c' piet e carit verso i penitenti, ci sar anche l'autentico zelo che lo animer a mostrarsi anzitutto facilmente disponibile all'esercizio d'un cosi santo ministero (Doc. C.E.I. 12.VII.74, n. 101). Ad esempio, cercher di non far aspettare (o di faraspettare il meno possibile) i penitenti, 59

specialmente gli uomini che praticano poco la religione. Con costoro che di volta in volta, almeno a Pasqua, s'accostano ai sacramenti, il Frassinetti suggeriva, fra le altre avvertenze, quella la prima di non farli aspettare quando si presentano e di mostrarsi sempre pronti ad ogni loro richiesta, anche se l'ora incomoda e inopportuna. Se ci sono poi uomini e donne da confessare, conviene sentire prima-gli uomini perch questi, generalmente, hanno occupazioni pi importanti ed hanno meno pazienza. La seconda avvertenza che il Frassinetti dava per la confessione degli uomini d'accoglierli non solo in modo cortese ma allegro e festivo . Dar loro l'impressione che al confessore riesce graditissimo l'ascoltarli. Anche se sono d'infima condizione, usare il miglior garbo e mostrare l'affetto che si avrebbe per il pi caro amico (cfr. Manuale prat. del parroco nov.,.p. 352). Strumento e segno della misericordiosa paternit di Dio e della comprensione materna della Chiesa (Doc. C.E.I. n. 101): il confessore consapevole di questo suo altissimo ministero sente il bisogno urgente di disporvisi con la preghiera (remota ed immediata): perch sa di compiere un servizio: cerca incessantemente d'essere un docile strumento di Dio per aiutare le anime a scoprire e metter in pratica quelle che sono veramente le sue ispirazioni. Ma conosce tutti i propri limiti, tutta la propria fragilit, tutti i pericoli inerenti anche a questo ministero. Perci prima di entrare in confessionale raccoglie il suo spirito, rettifica la sua intenzione innalzando lo sguardo in alto chiedendo l'aiuto di Dio e rinnovando la consacrazione della sua castit a Maria, Vergine purissima.

6. Maestro e psicologo La Confessione non solo un processo; non si risolve solo in una sentenza giudiziale. E, prima di proferirla, prima di rivolgere la sua parola al cuore del peccatore, il confessore potrebbe esser impegnato come maestro. Alle volte una qualche istruzione pu esser necessaria per avviare il giudizio e perch il sacramento sia amministrato validamente e fruttuosamente. Altre volte quest'ufficio potr esser suggerito dalla carit. Il confessore deve, all'occasione, far uso della sua scienza di maestro e delle sue doti di psicologo perch c' un duplice ordi60

ne di moralit: quello oggettivo e quello soggettivo. Secondo l'ordine obbiettivo l'atto umano considerato alla luce della legge obbiettiva della moralit (legge divina od umana); secondo questa norma l'atto giudicato nei suoi elementi che sono l'oggetto, il fine, le circostanze. L'oggetto la finalit intrinseca dell'azione; il fine del soggetto operante pu coincidere con questo effetto immediato dell'azione, oppure esser diverso (c' chi uccide per uccidere e c' chi uccide una persona per liberare dal pericolo un'altra: priva, ad esempio, della vita il bimbo non ancor dato alla luce, per sollevare la madre togliendola dallo stato di gravidanza). Sul piano, invece, soggettivo l'atto umano visto in relazione alla norma soggettiva della moralit, che la coscienza. Si considera inoltre quale sia il merito o l'imputabilit d'un'azione compiuta. I. Ordine obbiettivo 1. Fonti della moralit: l'oggetto, il fine, le circostanze. L'oggetto: ci a cui l'azione tende per s e primariamente. Esempio: l'oggetto (od effetto immediato o finalit intrinseca) dell'aborto terapeutico l'espulsione del bimbo immaturo dalla madre, e quindi la sua uccisione. Il fine del medico operante pu esser non la uccisione del bimbo ma la salute della madre. Ma questo effetto mediato perch ogni azione non ha che un solo effetto morale immediato da cui specificata. Per giudicare quale sia l'oggetto morale di un'azione e quindi la sua moralit buona o cattiva l'azione va considerata secondo tutte le sue circostanze: il ferimento d'un uomo pu esser secondo le circostanze effetto indiretto d'una legittima difesa oppure il fine immediato e l'effetto diretto di una violenza ed aggressione ingiusta. Le circostanze in senso stretto sono qualit accidentali che modificano in pi od in meno la moralit, buona o cattiva, d'una azione senza mutarla sostanzialmente (un furto in materia grave pu esser pi o meno grave). L'oggetto d all'azione la sua moralit essenziale: difatti se l'oggetto cattivo l'azione non diventa buona pel fatto che fine e circostanze accidentali sono buoni. A meno che non si tratti di circostanze che mutano la moralit dell'oggetto stesso (ma allora non sono propriamente circostanze, cio qualit puramente accidentali). Il lavoro proibito in 61

giorno festivo cessa di essere un'azione illecita quando si verifica lo stato di necessit. Ma ci sono azioni che non possono subire una mutazione sostanziale di moralit per quanto possano cambiare le circostanze: sono le azioni cosiddette intrinsecamente cattive , ad esempio gli atti impuri contro natura (masturbazione, omosessualit, pratiche anticoncezionali). E siccome anche il fine soggettivo una circostanza, perci un'azione intrinsecamente cattiva non diventa lecita pel fatto che posta come mezzo per un fine onesto. La legge naturale (cio incarnata nella natura umana di cui esprime le esigenze) immutabile come la natura stessa ". A meno che non si tratti di atti che pel cambiamento di circostanze, subiscono una mutazione sostanziale della loro moralit, cosicch una legge naturale viene a cessare. Una legittima difesa che indirettamente causa un omicidio non un'azione proibita dalla legge naturale (appunto perch non un'uccisione diretta ma la conseguenza d'una permessa difesa). Uccidere invece direttamente proibito dalla legge naturale (senza un permesso di Dio).
11 Objectum a quo actus accipit essentialem et primariam moralitatem est illud circa quod versatur actus moralis et primo et per se attingitur ab ipso actu... Si objectum est intrinsece et natura sua conforme rectae rationi, ut est amor Dei, erit immutabiliter bonus. Si objectum sit indecens et inconveniens naturae rationali, ex eo consurget malitia essentialis actus (S. Alf., Tb. Mor., 1. V, art. IV, nn. 36-37). A torto, quindi, molti oggi pretendono che, per servire di regola alle azioni particolari, non si possa trovare n nella natura umana n nella legge rivelata, altra norma assoluta ed immutabile, se non quella che espressa per mezzo della legge naturale della carit e del rispetto della dignit umana. A prova di questa asserzione essi sostengono che nelle cosiddette norme della legge naturale o nei precetti della Sacra Scrittura, non si deve vedere altro che determinate espressioni d'una forma di cultura particolare in un certo momento della storia. Ma, in realt, la Rivelazione divina e, nel suo proprio ordine, la sapienza filosofica, mettendo in rilievo esigenze autentiche dell'umanit, per ci stesso manifestano necessariamente l'esistenza di leggi immutabili, inscritte negli elementi costitutivi della natura umana e che si manifestano identiche in tutti gli esseri dotati di ragione (Dich. Pers. Hum. , n. 4). Esiste dunque una legge conoscibile della stessa ragione riflettente sul fine e sulle esigenze della natura umana. E ci che una esigenza della natura umana immutabile come la natura stessa. Perci nella legge naturale non ammessa epikeia propriamente detta, cio qualche caso nel quale si possa presumere che il legislatore non intenda obbligare. S. Alfonso affermava si che pu darsi epikeia anche per la legge naturale (Th. Mor,, t. I, 1. I, tr. II, n. 201) ma aggiungeva: ubi actio possit ex circumstantiis a malitia denudari. Egli si riferiva dunque, per esempio, al caso in cui sarebbe da

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Fine e circostanze non giustificano l'uccisione diretta. L'aborto diretto terapeutico non diventa lecito pel fatto che si intende e si proclama di voler solo assicurare la salute della madre ammalata e di operare a malapena. Ma se si espelle il bimbo mettendolo in condizione di non poter vivere non si pu non intendere anzitutto la sua uccisione. Chi affermasse che il fine onesto rende lecita l'azione che ha una finalit intrinseca disonesta si pronuncerebbe sulla moralit oggettiva dell'azione e formulerebbe cosi un principio che, per esser logici, dovrebbe valere per tutti i casi simili. Se si fa invece il caso di uno che erroneamente crede lecito per un fine buono compiere una data azione cattiva, allora ci si porta sul piano soggettivo della coscienza (come vedremo): ma questo giudizio della coscienza vale solo per il singolo che sia in buona fede. Ed il male non cessa d'esser male pel fatto che il soggetto intende e pensa, con un'azione illecita intrinsecamente cattiva, d'evitare un male maggiore (come potrebbe essere il raffreddamento dell'amore coniugale od il pericolo d'adulterio da parte di uno dei coniugi qualora essi osservassero la consigliata astinenza invece d'usare del matrimonio onanisticamente). La moralit obbiettiva resta invariabile sia nei principi sia nelle conclusioni della legge morale naturale. E nessuno pu trovarsi, obbiettivamente, nella necessit di fare il male. Solo l'ignoranza del singolo pu indurre una coscienza erronea e far credere lecito o doveroso ci che non . Ma allora dal piano oggettivo ci si porta a quello soggettivo u .
restituire a qualcuno il suo. Ma si sa che ne abuserebbe ( un'arma). Cessa allora l'obbligo della restituzione perch mutata la materia stessa della legge. Se poi s. Alfonso scriveva che pu darsi epikeia si aliter lex redderetur nimis dura si riferiva non alla legge naturale, ma alla positiva perch portava l'esempio del precetto d'ascoltar la Messa quando questo importasse un eccessivo incomodo (n. 201). Ma neppur lontanamente pensava che epikeia potesse concedersi per quanto riguarda, ad esempio, l'uso contro natura del matrimonio, l'uccisione diretta d'un innocente (anche se solo concepito). 12 Quantum ad proprias conclusiones rationis practicae, nec est eadem veritas seu rectitudo apud omnes; nec etiam apud quos est eadem, est aequaliter nota... et hoc propter quod aliqui habent depravatam rationem ex passione, seu ex mala consuetudine, seu ex mala habitudine naturae (S. Th. I-II, q. 94, a. 4, e). In questo passo s. Tommaso sembrerebbe affermare che la legge naturale in qualche caso particolare cessa d'aver valore obbligante. Ma dal contesto risulta come egli si riferisse al solito esempio:

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2. Il fine onesto non giustifica un'azione disonesta: per la salute della madre non si pu sacrificare la vita del bimbo innocente mediante l'aborto. Se invece un'azione avesse un duplice effetto (uno buono ed uno cattivo) sarebbe lecita se si verificano queste condizioni: che l'effetto immediato, ossia l'oggetto dell'azione (a cui essa tende per sua intrinseca finalit) sia buono od indifferente; che l'effetto cattivo sia mediato (il che implicitamente dimostrato se dimostrata la prima condizione perch un'azione non pu avere due fini morali intrinseci ed essenziali, uno buono ed un altro cattivo); che l'intenzione del soggetto operante sia diretta al fine buono e quello cattivo sia solo permesso; che, naturalmente, si cerchi se ci sono altri mezzi per raggiungere l'effetto buono e si prendano tutte le precauzioni per allontanare, se possibile, l'effetto cattivo; nel caso che una via migliore non si trovi, l'effetto buono dovr controbilanciare, in un giusto apprezzamento, quello cattivo: ci dev'essere (come si suol dire) una causa proporzionatamente grave. Noi dobbiamo infatti preoccuparci anche degli effetti indiretti delle nostre azioni (purch per siano umanamente prevedibili, e quindi non troppo remoti e non puramente accidentali e casuali). Perci se l'aborto diretto sempre illecito (anche se terapeutico od eugenetico e non criminale ) non illecito quello indiretto quando si tratta di salvare la madre: sar perci lecita l'operazione di isterectomia estirpazione dell'utero canceroso anche se ha per conseguenza la morte del bimbo quando il caso sia operativamente curabile e non si possa attendere per il rischio che il tumore divenga inoperabile; in questi casi permesso pure l'uso del radium sempre che non si possa attendere che il feto diventi vitale e che si abbiano elementi per sperare di raggiungere la guarigione della malata... Nella pan-isterectomia alla Wertheim... l'allacciatura delle arterie che precede l'estirpazione dell'utero provoca la morte del feto... Ma anche in questo caso l'aborto sar indiretto (F. Clauser, L'aborto terapeutico sotto il deposita sunt reddenda: sed potest in aliquo casu con tingere quod sit damnosum et per consequens irrationabile, si deposita reddantur, puta si aliquis petat ad impugnandam patriam . Ma in tal caso lo stesso oggetto morale dell'atto che cambia per mutationem materiae : si deve restituire ad ognuno il suo, ma non quando lo chiede irragionevolmente. Perch l'azione diventi da illecita lecita bisogna dunque, come si esprime s. Alfonso, che l'azione possa esser spogliata della sua malizia per l'intervento di particolari circostanze (Th. Mor., t. I, 1. I, tr. II, n. 201). 64

punto di vista giuridico medico e morale, Minerva ginecologica , 3, 1951, 22-23). Difatti fra le condizioni del principio del duplice effetto non c' l'esigenza che sempre l'effetto cattivo si produca, quanto al tempo, dopo quello buono: si considera l'efficienza intrinseca dell'azione e si richiede quindi che l'effetto buono sia immediato e venga prima quanto alla causalit (non strettamente quanto al tempo). 3. Il principio del duplice effetto ci porta e ci aiuta a risolvere i casi difficili di cooperazione al male. La partecipazione ad un'azione cattiva pu esser immediata oppure mediata: mediata quando non si partecipa direttamente all'azione stessa ma si d, a chi la pone, la materia di cui egli si serve per far il male, cio abusa. Ci sono azioni illecite che ammettono lecita, in certi casi, una cooperazione anche immediata, perch non sono azioni intrinsecamente cattive e quindi le circostanze possono render lecita la cooperazione immediata. Si pensi a chi costretto a partecipare ad un furto sotto minaccia di morte. Il derubato non pu ragionevolmente pretendere che uno sacrifichi od esponga al pericolo la sua vita per difendere un bene materiale altrui: la partecipazione immediata al furto , dunque, in tal caso, giustificata dal diritto ad un bene d'ordine superiore. Ma ci sono azioni illecite nelle quali non c' causa che giustifichi una partecipazione immediata. il caso delle azioni intrinsecamente cattive (come sono le pratiche anticoncezionali). Per giustificare una partecipazione solo mediata s'intende a tali azioni si esigono, press'a poco, le stesse condizioni richieste dal principio del duplice effetto anche se un caso diverso (non sempre dagli autori chiaramente distinto) da quello di chi pone una causa dalla quale per l'intervento di circostanze naturali segue anche un effetto cattivo. Ma chi non partecipa all'intenzione cattiva altrui e coopera mediatamente all'atto illecito, d solo la materia di cui abusa chi vuole e pone l'azione: questi ne la causa principale. Non lecito cooperare neppure mediatamente, se non c' causa scusante. Ma, appunto perch la responsabilit dell'intenzione e dell'azione diretta spetta a chi la pone immediatamente, perci (dicono gli autori) per giustificare la cooperazione mediata occorre una causa uguale o meno grave di quella necessaria per chi pone liberamente un'azione che ha un duplice effetto per l'intervento accidentale di cause non libere, perch questi a differenza del cooperatore mediato pu dirsi, in certo qual modo, causa principale anche dell'effetto cattivo (Vermeersch, 65

Th. Mor., I, 1947, n. 122). Qualche esemplificazione. Una sposa potr rendere il debito coniugale (in modo da parte sua regolare, s'intende, non gi con l'uso di preservativi) anche se prevede che il marito far in modo di evitare le conseguenze interrompendo l'atto. Appunto perch l'irregolarit e l'abuso sono praticati solo dal marito direttamente e non mediante strumenti. Basta che, mossa dalla carit, gli faccia capire benevolmente che preferirebbe seguire la natura. Ripeter questo suo desiderio quando le sembrer opportuno, cio quando prevede che la parola buona sar fruttuosa: altrimenti pi prudente che si astenga. Nel caso che rifiutasse il debito o si mostrasse restia e cosi il marito si raffreddasse e si disgustasse potrebbero nascere mali e pericoli maggiori. (In tal caso vale il principio che conviene evitare il male maggiore, ma vale perch la moglie non pone nessun atto intrinsecamente cattivo). E non deve ritenersi colpevole se dopo fatto quanto carit e prudenza le suggeriranno sentisse un sollievo nel non aver una prossima gravidanza (tanto pi se ragionevole una certa limitazione della prole): basta che internamente non approvi l'abuso e, da parte sua, sia disposta ad evitarlo ad ogni costo. Sia invece generosa nell'accettare la figliolanza, se viene. Qualcuna si lamenta col marito rendendogli la vita pesante o addirittura impossibile; cosi facendo potrebbe indirettamente indurlo all'onanismo se invece di portargli con una vita nuova, la gioia, gli porta l'infelicit. Sia generosa comprendendo che se per lei l'astinenza non difficile, lo per l'uomo. Partecipazione ad un atto illecito quella di un giudice che pronuncia sentenza di divorzio cooperando agli effetti dannosi d'una legge ingiusta. Per tale sentenza, ha, di per s, come oggetto immediato e diretto solo la cessazione degli effetti civili del matrimonio (che resta valido come prima, secondo la legge morale naturale). Su questo indissolubile vincolo il giudice non si pronuncia. Anzi, il magistrato che non approva questa legge permissiva ed ha coerenza di fede, delicatezza di coscienza, sapr dire espressamente a chi chiede il divorzio che la sentenza civile riguarda solo gli effetti civili, non il vincolo indotto dal diritto e dalla legge morale naturale per chi ha gi contratto un matrimonio valido. Si cercher d'evitare cosf lo scandalo che un giudice potrebbe provocare negli altri con un comportamento (sia pur richiesto dal suo ufficio) contrastante con la sua fede ed i suoi principi morali. In modo particolare in una nazione ove il divorzio introdotto per la prima volta (come in Italia, bene66

fidata da una delle peggiori tra le leggi divorziste esistenti). Ma, se un giudice per non cooperare alla prassi divorzista, dovesse dimettersi dal suo ufficio ne avreboe un gravissimo danno per la propria professione e danno recherebbe anche alla comunit che resterebbe priva d'un giudice onesto. Perci egli pu restare al suo posto: si verificano le condizioni per giustificare la sua cooperazione ad un danno morale, sia pur anche sociale. Del resto, la stessa legge italiana sul divorzio stabilisce che i coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente (salvo gravi e comprovati motivi). Ed il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente tentando di conciliarli (art. 4). Pi difficilmente potr giustificarsi un avvocato che patrocina una causa per ottenere il divorzio perch egli libero di assumere o rifiutare queste cause. Chi poi d il suo voto favorevole al divorzio (nel Parlamento o nel Referendum) questi pone un'azione che ha un oggetto immediato intrinsecamente cattivo: l'approvazione della legge stessa. N pu esser giustificata la cooperazione del coniuge che sottoscrive anche se lo fa a malapena ed incolpevole nella sua vita matrimoniale la domanda di divorzio voluto dall'altra parte in seguito al proprio colpevole comportamento. Come si vede, nei casi di cooperazione (mediante un atto che non ha una finalit intrinseca cattiva ma indifferente) bisogna considerare la maggior o minor prossimit di tale cooperazione all'azione illecita; la causa giustificante poi dev'essere prudentemente considerata e ponderata mettendo sui piatti della bilancia il danno che uno avrebbe se negasse la sua cooperaxione ed il male (pi o meno grave, pi o meno probabile, pi o meno certo, privato o ristretto o pubblico) che consegue a tale cooperazione. Ci sono mali e scandali (specialmente pubblici) ai quali molti sono soliti cooperare scusandosi con troppa facilit, anzi con indifferenza. Si pensi al fenomeno dilagante della pornografia a cui tanti concorrono per scopo commerciale. D'accordo, un film osceno, se fa del male lo fa, in definitiva, perch i singoli vogliono andar a vederlo; potrebbero non andarci. E se le sale cinematografiche fossero semivuote si cambierebbe forse registro. Gli spettatori si assumono tutta la responsabilit degli effetti nocivi che subiranno personalmente, nonch della cooperazione alla produzione di films scandalosi. Per chi li produce e li allestisce offre la materia incendiaria e favorisce lo scandalo 67

pubblico. E se approva, raccomanda, fa pubblicit propagandistica di questi spettacoli la sua mala cooperazione anche intenzionale. La gravit di questa cooperazione diversa da quella di un operaio che (senza far propaganda di erronee ideologie e procurando che non sorga scandalo) prende la tessera d'un partito che ha un programma antireligioso, e lo fa solo perch altrimenti resterebbe senza il pane per la famiglia. Ci si chiede invece se siano scusabili quegli edicolanti che mettono in mostra pubblicazioni pornografiche. vero che son gli autori e gli editori che cooperano al male con azioni in s, immediatamente, cattive; i rivenditori cooperano mediatamente. Ma se devono (in base ai contratti esistenti in materia) detenere e vendere simili periodici, possono non raccomandarli. E chi non vuol raccomandarli, evita anzitutto di esporli in visione. Questo comportamento pu certamente costituire una rinuncia a qualche guadagno maggiore. Ma questa costosa (e non troppo) coerenza che si domanderebbe. Specialmente da chi vuol esser cristiano militante per una causa ed un ideale. II. Ordine soggettivo 1. Norma prossima e soggettiva della moralit: la coscienza. S esiste una norma obbiettiva della moralit, ognuno dovrebbe cercar con un impegno ordinario, non si esige straordinario di conoscerla, in modo che la coscienza corrisponda alla legge. La trasgressione (sia pur per ignoranza) della legge morale naturale sempre nociva (Vermeersch, Th. Mor., II, Roma, 1945, n. 104). L'ideale , dunque, una coscienza certa e retta. Nel dubbio che un'azione sia peccaminosa, prima di porla bisogna rettificare coscienza ed intenzione. Per formarsi una coscienza giusta e serena si confider specie quando capitano difficili casi perplessi nella preghiera e nella divina ispirazione interiore. Senza per trascurare la riflessione, l'analisi razionale, l'esercizio della prudenza; e, all'occorrenza, si chieder informazione ad un saggio consigliere spirituale. 2. Il confessore deve presumere che il penitente, quando si accusa d'un peccato, l'abbia appreso secondo la sua obiettiva malizia. Ma ci possono esser indizi per dubitare che la coscienza sia vera; e la presunzione pu, alla prova dei fatti, cadere di fronte alla realt. Per assolvere un penitente non necessario che il confessore sia in grado di giudicare se il peccato fu in con68

creto effettivamente grave o leggero. Questo giudizio , anzi, spesso impossibile allo stesso penitente. Per il confessore user coi penitenti un diverso trattamento pastorale a seconda che danno segni d'aver gravemente e consapevolmente, o meno, disobbedito alla voce della coscienza. 3. Qualora il confessore s'accorga che il penitente non ha appreso il peccato secondo la sua obbiettiva malizia, dovr correggere la coscienza erronea? Bisogna distinguere. Se constata (o dubita) che il penitente creda peccato (o peccato grave) ci che non tale, il confessore deve illuminarlo. Con chi, in buona fede, non ritenga grave ci che grave (o creda che non ci sia per lui un obbligo che obbiettivamente c') bisogna prudentemente esaminare se l'ammonizione secondo verit da prevedersi fruttuosa o no. Se si prevede infruttuosa sar da omettersi (al fine di impedire la colpa soggettiva): ratio est scrive s. Alfonso quia magis cavendum est a periculo peccati formalis quam materialis; quia Deus tantum formale punit, siquidem hoc solummodo in sui offensam habet (Praxis Confess., Venetiis, 1834, p. 84). il caso d'una restituzione che, per s, sarebbe doverosa. Altro esempio: il confessore, nella sua veste, al medico che manifestasse in confessione di consigliare o praticare l'operazione illecita d'aborto dir chiaro che non lecito. Coi fedeli specialmente se gi stato dato il consiglio ed il giudizio da parte del medico bisogna agire con quella prudenza che conosciamo necessaria: si danno casi eccezionali in cui/conviene lasciare una persona in buona fede, anche perch il confessore non sapr con precisione che genere di operazione sia e non conviene indagar molto (ci sono casi nei quali l'aborto provocato dall'intervento solo indiretto). Pu esser per che il bene stesso del penitente od il pericolo d'un male comune postulino o consiglino l'ammonizione. Ad esempio, un ragazzo che per ignoranza compisse atti impuri sarebbe da ammonirsi perch non contragga il vizio, anche se si prevede che forse non si corregger subito. Quasi tutti iniziano la pratica della masturbazione per caso o per l'esempio dei compagni, senza per chiara coscienza che un male. Poi contraggono l'abitudine e molti sono infelici perch non riescono a vincersi e confessano che non vi sarebbero caduti se avessero saputo che era peccato. Qualora il penitente stesso dubitasse se abbia avuto la consapevolezza necessaria alla colpa grave, si giudicher in base alla 69

presunzione: a seconda che si tratta di coscienza delicata o larga. L'ideale formare coscienze delicate. Sempre giuste per. Il confessore, quindi, di massima, illumina il penitente secondo la verit. E quando si presenta prudente non turbare la buona fede sostanziale, anche allora non pu positivamente dichiarargli lecito ci che lecito non . Altrimenti si pronuncerebbe sull'ordine obiettivo della moralit, erroneamente. 4. Sul piano soggettivo pu presentarsi pure il problema della imputabilit di un atto per s disordinato. Ci sono impedimenti al libero arbitrio. Dopo il peccato originale la vita morale , di per se stessa, difficile. Non per questo si scusati dallo sforzo di osservare la legge. Per, di fatto, avvertenza e deliberazione hanno gradi diversi, l peccato grave richiede una certa pienezza di cognizione e di consenso. Potrebbe darsi che la forza della passione ostacoli la libert, oscurando quel giudizio ultimo che precede l'opzione; conseguentemente anche il pieno consenso verrebbe a mancare. Potrebbe darsi perci che non manchi la chiara cognizione teoretica della legge, ma che non altrettanto chiaro sia il giudizio pratico (se questo non fosse impedito, anche il consenso, di chi si determina all'atto, sarebbe pieno). In un documento sui problemi dell'etica sessuale in data 2-II-74, i Vescovi LombardoVeneti, accennando, fra l'altro, al fenomeno della masturbazione negli adolescenti, dopo aver affermato che secondo l'insegnamento certo della Chiesa... sul piano oggettivo un disordine morale grave , aggiungono che sul piano soggettivo, soprattutto nell'et adolescente, pur senza escludere a priori la possibilit di una completa responsabilit non si deve sottovalutare, allo scopo di un retto giudizio morale, l'incidenza dei condizionamenti psicologici e sociali che possono compromettere un'avvertenza piena ed un consenso deliberato. Tuttavia il giusto riconoscimento delle cause che diminuiscono la responsabilit soggettiva, non deve mai velare agli occhi dell'adolescente il fermo valore della norma etica; e tanto meno deve attenuare nell'educatore l'impegno di incoraggiarlo con infaticabile fiducia verso un progressivo dominio di s, prospettandogli la speranza di conquistare la vera libert, di aprirsi con matura sollecitudine agli altri, di crescere in una fede personale, e anche di accogliere Videale della, verginit, se Dio volesse chiamarlo per tale via a uno specifico servizio nella Chiesa (nn. 18-20). E quando al confessore capitasse qualche caso nel quale dubbia la piena deliberazione di atti obiettivamente gravi (per 70

esempio, di masturbazione) il confessore sar cauto e non precipitoso nel proferire giudizi sulla colpevolezza soggettiva d'un penitente. Il dubbio pu venire magari dal fatto che si tratta di un soggetto nevropatico il quale durante il giorno combatte contro le tentazioni, prega, ma alla sera, a letto, non riesce a prendere sonno, tormentato da fantasmi e stimolazioni sessuali, finch non placa questa tensione procurandosi la piena soddisfazione. In simili casi il confessore non dir al penitente che questi atti non gli sono imputati. Tale dichiarazione pu essere temeraria e causa di temerariet: c' pericolo che il penitente insensibilmente opponga minore resistenza alle tentazioni e suggestioni, e sia meno cauto nell'evitare le occasioni esterne. D'altra parte, il confessore neppure affermer positivamente che si tratta di colpe gravi: ci potrebbe provocare uno scoraggiamento. Egli seguir prudentemente una certa qual via di mezzo. Senz'altro sar pieno di benevalenza e di misericordia con questi recidivi che lungo il giorno cercano di evitare le occasioni pericolose { questo, insieme alla preghiera, sostanzialmente il segno tranquillizzante) u . Non far difficolt a dare l'assoluzione. Li esorter alla Comunione frequente, anche quotidiana. La Confessione previa e frequente , in genere, tutt'altro che dannosa e credo vani i timori espressi da B. Haring in Adolescenza e Penitenza, Torino, L.D.C^/ 1969, 142. La Confessione pu e dev'essere sempre consigliata: un'infusione di grazia sacramentale ed un ottimo rimedio psicologico (i casi psichiatrici non costituiscono la normalit ma una eccezione). III. Su questi principi si desidererebbe che il discorso fosse sempre chiarissimo. 1. Ad esempio, in certe dichiarazioni di Conferenze episcopali che hanno commentato l'Enciclica Humanae vitae bisogna distinguere esattamente la considerazione di un caso sotto l'aspetto oggettivo e lo stesso caso visto da qualche soggetto (forse in
Nel ministero pastorale, per formarsi un giudizio adeguato nei casi concreti, sar preso in considerazione, nella sua totalit, il comportamento abituale delle persone, per ci che riguarda non solo la pratica della carit, e della giustizia, ma anche la preoccupazione d'osservare il precetto particolare della castit. Si vedr, specialmente, se si fa ricorso ai mezzi necessari naturali e soprannaturali che l'ascesi cristiana, nella sua esperienza di sempre, raccomanda per dominare le passioni e far progredire la virt (Dich. Pers. Hum., n. 9).
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buona fede a causa di particolari circostanze delle propria vita coniugale). N si deve partire dalla presunzione che legge e coscienza siano in opposizione (e questa impressione pu aversi se si presenta la legge come qualcosa d'impersonale che s'impone dall'esterno e va contro i cosiddetti diritti della coscienza). Il dissidio fra legge e coscienza ci pu essere, ma, come scriveva E. Hamel, dev'esser considerato come qualcosa d'eccezionale, di provvisorio e, per quanto possibile, da superarsi {Conferentiae episcopales et encyclica Hurnanae vitae , Periodica, 58, 1969, 347). Altrettanto si dica di alcuni documenti degli episcopati stessi a proposito di qualche caso-limite di estrema gravit, nei quali qualcuno pu ritener lecito il ricorso all'aborto (presso G. Caprile, Non uccidere, il Magistero della Chiesa sull'aborto, Roma, La Civilt Cattolica , 1973). Se invece queste dichiarazioni intendessero ammettere eccezioni vere e proprie sul piano obbiettivo per le difficolt sempre mutevoli dei casi particolari , se si spingessero davvero ad ammettere che la stessa legge morale naturale meno rigida di quanto pu apparire dall'insegnamento del Magistero supremo della Chiesa, se fossero da intendersi cosi siffatte dichiarazioni, allora bisognerebbe semplicemente concludere che l'insegnamento dei Vescovi tutt'altro che infallibile quando non concorda in pieno con quello di Pietro. 2. Ed anche per la prassi del confessore la chiara distinzione tra ordine soggettivo della moralit ed ordine oggettivo ha conseguenze importantissime. Se si dovesse ammettere il principio che le norme della morale sono in concreto flessibili secondo le esigenze della persona considerata nella sua situazione, il confessore, di fronte a chi, ad esempio, ricorre alle pratiche anticoncezionali, dovrebbe (per esser logico ed onesto) in qualche caso (e forse non raramente) dare la sicurezza ed affermare chiaramente ad un determinato penitente che, nella sua situazione, ci lecito (e perci non deve farsene scrupolo, n confessarsi, n astenersi dalla Comunione). Se invece (a parte il giudizio morale sulla moralit oggettiva) il confessore considera solo la questione della coscienza, pu giudicare in qualche caso, prudente tacere, cio non turbare la buona fede. Ma comportandosi in tal modo egli non approva positivamente: appunto perch si conserva solo sul piano soggettivo della coscienza. IV. La Confessione non solo una continua ed ottima occasione per richiamare ai penitenti la legge morale e per formare coscienze giuste, fornite d'un equilibrato senso del bene e del 12

male. E neppur solo per muoverle alla riforma della vita mediante il dolore e proposito. La Confessione offre anche e bisogna dire anzitutto, se la fede il fondamento l'occasione per sollevare le anime alla contemplazione delle principali e pi vitali verit che esse gi credono. Perch queste verit anche se noi le crediamo non le pensiamo : perci non diventan norma del nostro operare, cio vita . questo non pensarci che ci fa operare come se non le credessimo M. Abilit carismatica di certi confessori: con poche parole sanno aprire orizzonti di fede e di speranza. La Confessione pu diventare scuola condensata di vita spirituale.

7. L'accusa. Deve il ministro interrogare od il penitente interrogarsi? 1. L'atto principale del penitente il dolore dei peccati (con l'implicito proposito di non pi peccare). Ed il dolore dovrebbe sorgere immediatamente in chi commette il peccato con certa deliberazione: la voce della coscienza ed il tocco della grazia-si fanno sentire subito senza attender che si faccian esami di ^coscienza. Siccome per nella pratica della Confessione il penitente suole (e lodevolmente) riflettere sui peccati della vita trascorsa prima dell'accusa e prima di formulare o rinnovare l'atto di dolore perci si pu prima trattare della materia dell'accusa sulla quale dovranno puntare dolore e proposito. Con l'esame di
14 Gi Aristotele osservava che gni peccatore in certo qual modo un ignorante. Il Lessius sviluppando lo stesso concetto, metteva alla radice dei disordini morali la mancanza di considerazione: Bona nim spiritualia nisi attente, et crebro cogitentur, non cognoscitur eorum dignitas, et pulchritudo; quod autem non cognoscitur, non aestimatur, quod non aestimatur, non amatur, non quaeritur, facile negligitur et contemnitur. Pari modo peccatorum malignitas, et damna immensa, nisi attenta consideratione, non cognoscuntur; quo fit ut etiam non horreantur, nec vitentur, ut par est. Et sane, si quis diligenter advertat animum, deprehendet omnes fere lapsus, et peccata hominum ex defectu considerationis provenire; ut merito dixerit Aristoteles: otnnetn peccantem esse quodammodo ignorantem. Nam omnes, vel fere omnes ideo peccant, quod malitiam peccati, et poenam ipsi debitam, vel non considerent, vel non satis considerent... Hinc Scriptura vocat peccatores stultos, fatuos, insensatos, insipientes: non tamen hinc inferas orane peccatum esse ex ignorantia; hoc enim postulat ut noscatur esse peccatum (L. Lessius, De iustitia et jure..., I, 2, 29, Venetiis, 1734, p. 10).

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coscienza il peccatore la richiama alla mente, la riconosce, la vede nella sua realt, forse pi brutta (s'egli di coscienza larga) forse meno brutta (se di coscienza piuttosto delicata) di quanto gli apparsa nel momento del peccato. Ora pu con animo pi sereno e pacato valutare ci che ha fatto e per quanto possibile la maggior o minor malizia con cui l'ha fatto. Essenzialmente la Confessione un giudizio. Per un giudizio specialissimo che si differenzia sostanzialmente da quello proferito nei processi umani. Un giudizio che ha per scopo la liberazione e non la condanna del colpevole. Un giudizio che si compie davanti a Dio di cui il confessore ministro. Perci da accusatore funge lo stesso reo il quale nei processi umani, invece, sempre in stato di difesa ed ha sempre il diritto di negare il suo delitto. 2. Il confessore dopo aver accolto con benevolenza il penitente se non lo conosce gli pu chiedere (anche per dar l'avvio ad un cordiale colloquio) da quanto tempo non s' confessato. La Confessione essenzialmente un giudizio, ma il confessore (colle sue industrie) far in modo che ne abbia meno che possibile l'aspetto: cosicch il penitente senta spontaneamente il bisogno di riconoscersi con un atto liberissimo peccatore e d'aprire la sua coscienza al confessore il quale, oltre che giudice, padre, fratello, amico, medico delle anime. Questo giudizio si svolge in una sfera sovrumana. La fiducia in Dio sar il motivo dominante da richiamare a chi ha poca speranza nelle sue forze ed a chi troppo attaccato alle cose terrene ed a se stesso. Ci sono penitenti i quali si lamentano di confessori che fanno troppe domande. D'altra parte ci sono penitenti i quali vorrebbero che il giudice non si limitasse ad ascoltare, ma uscisse dal suo mutismo: desidererebbero esser maggiormente aiutati nel loro esame di coscienza, per riconoscere meglio le proprie mancanze, ed anzitutto le radici di certi peccati ed i mezzi per vincerli: penitenti che, in una parola, vorrebbero sapere se han fatto o no quant'era necessario per conoscersi, correggersi, riformarsi e progredire. Pertanto il sacerdote anche in questo > user discrezione e tatto, evitando ogni eccesso. Ed in genere, quando il confessore sar richiesto di guidare il penitente nel suo esame di coscienza, non occorreranno molte domande per conoscere a sufficienza lo stato d'un'anima (purch per il confessore sia preparato a questo compito). Anzitutto pu avanzare la discreta domanda: Cosa le sembra di ricordare? . Non sarebbe consi-

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gliabile che si assumesse sempre l'iniziativa d'una interrogazione generale sui distinti probabili peccati del penitente. Potrebbe indurre l'abitudine di trascurare la personale preparazione, l'esame di coscienza e gli atti di dolore e proponimento. 3. L'accusa specifica dei peccati una legge non solo ecclesiastica ma divina. Emana dalla natura stessa del sacramento che un giudizio: il giudice deve conoscere lo stato del reo: non solo che reo ma perch reo. S'aggiunge l'esplicito precetto positivo di Cristo: saran rimessi i peccati a chi li rimetterete: e saran ritenuti a chi li riterrete (Gv. 20, 23). Il potere comunicato agli Apostoli non pu esser convenientemente esercitato se essi non conoscono i peccati; e non li possono conoscere se non vengono loro manifestati nella Confessione. Legge divina, positiva per. Perci non obbliga con grave incomodo. Su essa prevale il diritto naturale. Per esempio, quando il penitente temesse che il suo complice sia facilmente individuato dal confessore (e cosi perda presso di lui la sua buona fama) pu (pel momento e finch si trova nella medesima difficolt) ometter/la confessione specifica del peccato in questione includendolo iti un'espressione generica. D'altra parte, siccome si pu obbiettare che il complice, peccando, ha perduto questo diritto alla buona fama, perci il penitente avr anche la facolt di accusare specificamente tale peccato, soprattutto se ci si presenta conveniente per avere (da parte del confessore-direttore che lo conosce) un saggio consiglio sul modo di comportarsi. Tuttavia l'accusa specifica dei peccati non l'elemento principale della Confessione. Non bisogna quindi darvi un'importanza eccessiva. Se ci fosse il senso vivo del peccato dovrebbe esser molto facile il ricordarlo (anche se poi dicevo l'esplicita riflessione dar una conoscenza pi obbiettiva del peccato e della colpa reale). E subito si avrebbe, sotto il tocco della grazia, il dolre d'averlo commesso. Ma, specialmente oggi, in molti il senso del male che manca. Perci l'esame di coscienza diventa pi laborioso perch non solo un richiamo dei fatti, ma una valutazione che si cerca di fare, in un momento di silenzio interiore, di atti compiuti forse con coscienza dubbia: coscienza che pertanto va anzitutto corretta sinceramente. 4. Spetta, per s, al penitente esaminarsi in tanto in quanto necessario per conoscere i suoi peccati ed accusarli. Il confessore pu sentire il bisogno d'orientare chi non sa con chiarezza ci che deve accusare o non sa come esporre la sua accusa. Tenga 15

presente che, se interviene, per supplire ci che il penitente dovrebbe confessare secondo le sue possibilit. Lasci quindi che faccia la sua esposizione secondo l'ordine ed il modo con cui s' preparato. Non lo interrompa con domande che potrebbero disturbare la sua memoria, impedire che si confessi con quella integrit che desiderava e riteneva conveniente. Le eventuali interrogazioni che far dopo l'accusa spontanea saranno proporzionate alla capacit non del confessore ma del penitente. L'arte pi difficile del confessore sta proprio in questo adattamento alle condizioni ed ai bisogni dei singoli. Interrogazioni delicate, prudenti, discrete: non bisogna importunare eccessivamente il penitente. Anche quando si presenti opportuno fare qualche domanda sui doveri di stato, non conviene entrare troppo nei particolari. Difatti non si ragguagliati e non il caso di far indagini non strettamente necessarie (le quali spesso non fornirebbero in definitiva una sicura e giusta idea) sulla vita privata, sulla condizione del penitente, ad esempio sulle sue disponibilit economiche in ordine alla beneficenza consigliabile. Per non esser indiscreti, occorre tatto e sensibilit. Ci son penitenti che si lamentano per le domande che vengon loro rivolte. Domande che possono inutilmente turbare certe coscienze delicate oppure infastidire certi spiriti suscettibili. Perci il confessore risvegli soprattutto le buone disposizioni di fondo. Ci sono raccomandazioni che non si sbaglia mai a ripetere amabilmente: sul buon esempio (che .un'implicita professione di fede ed esercizio della fortezza cristiana contro l'errore ed il vizio), sulla pratica sacramentaria pi frequente possibile... Il timore stesso (almeno io penso) che il penitente - d'altronde ben disposto s'indisponga in seguito ad una domanda che gli sembrasse sconveniente o superflua, pu esser causa giustificante perch non si insista ulteriormente sul numero e la specie dei peccati gi in sostanza accusati. Anche nella direzione spirituale d'anime che aspirano alla perfezione cristiana, conviene evitare quell'empirismo che si restringe a particolari minuziosi consigli i quali, alle volte, non sono utili perch non adatti al temperamento del soggetto. Questi deve soprattutto trovare nel confessore una spinta ad agire poi da solo, a far le proprie scelte e prender le proprie decisioni con pronta docilit agli impulsi della grazia ed alla voce della coscienza. E bisogna star attenti che ai fini d'ottenere l'integrit della Confessione non si corra il rischio di far apprendere al penitente l'esistenza di peccati che ignorava e che meglio continui 76

ad ignorare. Piuttosto che incorrere in questo pericolo e danno meglio sacrificare l'integrit della confessione. S'aggiunga che con certi uomini o giovani poco riflessivi e poco assidui alla pratica sacramentaria bisogna accontentarsi d'un'accusa sommaria: i loro cervelli non arrivano a percepire certe finezze e distinzioni. Chi studia solo nei libri, conoscer certi generali e dettagliati esami di coscienza, preparati pel confessore. Ma la pratica pastorale vuole un adattamento continuo degli schemi astratti ed ideali: il confessore deve saper toccar il tasto che pi conviene alla situazione del singolo penitente. E dovr anche far in modo che il proprio linguaggio sia comprensibile: sapr perci anche conformarsi al modo di esprimersi dei penitenti, secondo le consuetudini del luogo. Ad esempio, il termine carit , per moltissimi non ha certo quell'immenso significato, quel profondo contenuto, quella soprannaturale finalit che il teologo intende, ma vien ristretto ad indicare l'elemosina .fatta ai poveri. 5. un fatto che circa il dovere dell'esame di coscienza e della specifica accusa si nota talora una mentalit ed una prassi poco equilibrate. L'esame di coscienza un mezzo perch non venga meno la doverosa accusa. Quindi la sua necessit ed utilit relativa al fine. Il dovere poi di accusare distintamente i peccati secondo la specie ed il numero una legge precipiente, positiva, la quale pertanto (anche se divina) non obbliga con grave incomodo. Non c' obbligo stretto di confessare i peccati dubbi (i quali, se eventualmente fossero reali, possono essere distrutti con l'atto di contrizione o rimessi a chi attrito ed in buona fede dal sacramento dell'Eucaristia). L'accusa distinta dei peccati, in definitiva, richiesta perch il confessore conosca lo stato del penitente: in certe matematiche indicazioni si pu tacere dello stato abituale dell'anima. Perci l'esatto numero dei peccati sar sufficientemente, anzi meglio, supplito dall'indicazione della consuetudine (dei peccati commessi in media ogni mese, ogni settimana) (cfr. Vermeersch, Th. Mor., I, Romae, 1947, n. 419). L'esame di coscienza, in particolare, dovrebbe esser relativo allo stato di coscienza del singolo (che pu esser pi o meno gravato di peccati), all'intelligenza, alle forze fisiche (che possono sconsigliare uno sforzo di memoria o far temere turbe psichiche non salutari), alla mentalit stessa del penitente (alcuni sentono ripugnanze invincibili nel richiamare alla mente e nel manifestare dettagliatamente le loro azioni); relativo alle disposizioni abituali di coscienza (la quale pu essere lassa oppure timorata e delicata o 77

addirittura scrupolosa). Ad uno scrupoloso il confessore potr ridurre esame ed accusa (se creano turbamento inutile o dannoso) o addirittura dichiarer che dispensato da ogni esame e dal dovere d'una specifica accusa (di peccati non pienamente certi e gravi). Del resto, tutti coloro che fanno ogni giorno un po' di esame di coscienza possono ritenersi sempre preparati alla Confessione. Comunque, per nessuno ed in nessun caso, si esige un impegno, una ricerca, una diligenza straordinaria nell'esame di coscienza: basta quella che si usa nelle solite ordinarie faccende, non si richiede quella riservata alle operazioni ardue, delicate, pericolose. La Confessione una pratica religiosa alla quale Ges intende sia applicata la Sua parola consolante: il mio giogo soave, il mio peso leggero (Mt. 11, 30). Il confessarsi (anche per chi non lo faceva da anni) una cosa facilissima con l'aiuto d'un confessore esperto. Certi ammalati, per paura di non saper esaminarsi e di non accusarsi bene, rimandano e rimandano la Confessione. un errore ed un pericolo: corrono il rischio di non confessarsi mai. Pertanto se, da una parte, non si pu approvare il. sistema di confessarsi senza premettere alcuna riflessione e preparazione (specie da parte di chi non lo faceva da tanto tempo), d'altro canto non bisogna pretender troppo. Certi studenti di teologia ricevevano, pel passato, un'istruzione che rendeva forse troppo complessi gli uffici del confessore ed i doveri del penitente. Cosicch pensavano, ad esempio, di dover indagare ed arrivare al giudizio se un peccato accusato fosse stato grave o no. Ma altro la materia del peccato ed altro la colpa soggettiva. Certo il confessore deve conoscere la gravit dei principali peccati ex parte materiae . Chi' disprezzasse come inutile questa conoscenza disprezzerebbe tutta la teologia morale che la insegna. Circa la colpa soggettiva, invece, si potr fare un giudizio di presunzione sulla gravit o meno degli atti accusati da un penitente. Ma in tanti altri casi ci resta molto incerto; e non necessario, per assolvere, che il confessore superi questa incertezza: assolve dal peccato come lo vede e lo giudica Dio. Per reazione ad una Morale che' esponeva quasi unicamente la materia oggettiva di possibili peccati, con abbondante casistica, avvenuto che taluni giovani confessori, dopo qualche esperienza, hanno buttato all'aria tutti i manuali e tutte le norme e si sono affidati al proprio buon senso (che speriamo buono). L'odierna invocazione da parte anche di certi sacerdoti della Confessione generica, pu esser anche una reazione, per eccesso opposto, ad una specie 78

\ di giansenismo che s'era infiltrato nella pratica di questo sacramento, f. In conclusione, tenendo presente che il giogo del Signore soave e che l'atto principale del penitente il dolore (con l'implicito proposito), conviene che quando il penitente dimostra rettitudine, sincerit e pentimento, il confessore sia discreto ed eviti investigazioni che possono indisporre. E s'accontenti, in genere, di quanto il penitente, in buona fede, ha creduto di dover specificare. Se prester il suo aiuto, indirizzando, ad esempio, l'esame su qualche altro punto, lo faccia in modo che il penitente sia lieto e riconoscente d'aver ricevuto questo orientamento. 6. Il confessore sar prudente anche nei suoi consigli circa l'eventuale accusa di peccati gi confessati. Capita talora qualche penitente che propone di fare una specie di confessione generale (di tutta la vita passata b di parecchi anni). Gli autori di morale e di ascetica distinguono tre casi possibili. Primo, quando fosse necessaria la ripetizione di confessioni gi fatte perch il penitente certo dell'invalidit delle confessioni fatte: egli sa che, a partire da un dato momento, si sempre (dico sempre ) confessato insinceramente e sacrilegamente. Direi che oggi il caso meno pratico e meno frequente che pel passato, sia perch c' pi libert nell'uso dei sacramenti (anche negli ambienti religiosi ) sia perch c' pi possibilit di spostamento (per le suore stesse) per trovare un confessore al quale il penitente sconosciuto. C' poi il caso in cui la confessione generale (di peccati gi confessati) pare consigliabile perch spiritualmente utile al penitente, anche se non strettamente obbligatoria: ad esempio, per uno di coscienza piuttosto lassa e di vita piuttosto tiepida, il quale abbia dubbi fondati sulla validit delle confessioni precedenti; oppure per chi si trova ad una svolta della sua vita in cui ha bisogno d'una presa di quota: l'umile richiamo del suo passato sotto la guida del confessore, potrebbe infondergli sentimenti di sincera umilt e scuotere l'abituale apatia. Infine c' il caso in cui si teme che la ripetizione di colpe gi accusate sia dannosa e pericolosa: quando un'anima per indole scrupolosa od mossa a ripensare alle confessioni gi fatte da un'ansia non salutare, oppure quando il rivangare certi fatti della vita passata risveglierebbe la passione e farebbe risorgere le tentazioni. Il confessore sia prudente. Pu domandare amabilmente al penitente (che propone di fare una confessione generale) per 79

/ quale ragione desidera farla. Se la confessione generale vien fatta ma motivata da devozione e non da necessit, avversa subito il penitente che non affatto tenuto ad accusare tutto quanto gi stato accusato. Tenga pure presente che spesso (in chi, ad un dato momento, sente l'incubo di non aver accusalo qualche peccato commesso, pur essendosi confessato serenamente innumerevoli altre volte) c', dopo parecchi anni, il ricordo vivo del male fatto, mentre venuta meno la memoria distinta e certa d'averlo accusato. Pertanto, se il penitente ansioso, il confessore lo pu tranquillizzare. C' il pericolo che se si prendono in considerazione simili timori, il ricordo d'un peccato richiami quello di altri, con la stessa ansiet, e non la si finisca pi. Perci, tutto considerato, da ritenere che, in linea di massima, sia pi vantaggioso il consiglio di non rivangare la vita passata e di non richiamare alla memoria in particolare e distintamente i peccati commessi; neppur allo scopo di rinnovare e ravvivare il dolore. I maestri di vita spirituale suggeriscono piuttosto di ripensarvi solo in generale facendone come un fascio affinch non ci tornino ad inquietare (A. Rodriguez, Esercizio di perfez. e virt crisi., IV, Torino, 1926, p. 137). Tanto pi che i penitenti i quali tendono a ripensare ai peccati gi accusati perch insoddisfatti delle confessioni fatte, non sono, in genere, quelli che hanno debole senso del peccato, ma piuttosto quelli inclini all'incubo della colpa (forse unito ad una concezione legalistica della Confessione). 7. Il confessore preparato ha davanti agli occhi il panorama della vita morale virt e ideali, ombre e scogli . Avr anche nella memoria qualche breve interrogatorio, adatto alle varie categorie di penitenti. Interrogatorio di cui si servir con misurate parole. Una domanda ben centrata ( stato scritto) provoca talvolta tutta una nuova impostazione di spiritualit; particolarmente in certi uomini che raramente si confessano. Capita, alle volte, qualche penitente agitato perch gli vien meno la memoria, o non sa come deve accusarsi; perci ha bisogno o chiede d'esser aiutato ed interrogato. Qualche altro, appare impreparato per abituale negligenza e leggerezza: non conviene, neppur questo, rimandarlo a far l'esame di coscienza. Qualcuno, forse, da solo non d riuscirebbe, ed meglio sia aiutato dal confessore; qualche altro potrebbe offendersi, indisporsi (invece che disporsi meglio), potrebbe non ritornar pi. Gi il Segneri ammoniva i confessori: il pi intollerabile errore, che mai potreste commettere in questo punto, sarebbe quando senza 80

cagion molto urgente mandaste indietro qualcuni sotto colore, che dovendo replicare le confessioni di molti anni/riavessero a ci bisogno di molto esame . E aggiungeva che anche con costoro non riesce troppo penoso ad un Confessore, patiente, pratico, esaminarli : cosa che forse essi non saprebbero fare esaminandosi da s medesimi un mese intero . L'esperienza poi insegna che, se vengono rimandati rare volte ritornano (Il Confessore istruito, Venezia-Bassano, 1672, p. 27). Lo stesso consiglio veniva riferito e dato pi tardi da s. Alfonso (Prat. del Conf., n. 20). In altri tempi i confessori potevan esser pi severi con chi, non mancando di fede e di pratica religiosa, fosse andato a confessarsi con imperdonabile leggerezza 15. Lo stesso Catechismo Romano consigliava qualche misura pedagogica da usarsi con quelli che non avessero saputo come dichiarare i peccati commessi, n come si comincia in questa pratica (sia perch si confessavano raramente sia perch nessuna cura e riflessione usavano nella ricerca delle colpe). Consigliava, se fossero stati del tutto impreparati, di rimandarli con parole cortesissime e di esortarli a pensare un po' ai propri peccati e poi ritornare {De Poenit. Sacram., n. 60). Per aggiungeva: in quo tamen magna cautio adhibenda est . Ed il Catechismo Romano il Catechismo del Concilio Tridentino ai Parroci stampato a Roma per volont di s. Pio V, nell'ottobre del 1566. Ora, nella Pastorale, bisogna distinguere ci che accidentale (e pu cambiare secondo i luoghi ed i tempi) e ci che essenziale (come il dolore ed il proposito, da parte del penitente, di lasciare il peccato) e su questo non possono ammetttersi variazioni. S. Alfonso fa anche il caso d'un penitente che ignori i quattro misteri principali: che Dio esiste, che rimuneratore del bene e del male, i misteri della SS. Trinit e dell'Incarnazione e morte di Ges Cristo . E riportava l'avvertimento di s. Leonardo da Porto Maurizio (che si trova nel suo Discursu mystico et morali, n. 26): non conviene rimandare questi ignoranti ad istruirsi, ma insegnar loro brevemente il minimo neces15 S. Carlo nelle sue Avvertenze ai confessori esortava che quelli che si fossero portati alla Confessione passando da qualche occupazione temporale senza qualche raccoglimento nell'orazione, senza cognizione dei peccati commessi in una parola, senza alcuna preparazione costoro dovessero esser ammoniti dal confessore con parole caritative secondo la capacit di ciascuno che andassero prima a prepararsi convenientemente e poi tornassero ( Avvertenze , Ada Eccl. Mediol., II, col. 1876).

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/ sario, con la raccomandazione d'istruirsi meglio: Bonurri non est consilium scriveva s. Leonardo dimittere simile ignaros ut ab aliis haec doceantur; quia nullus alius sperabitur fructus nisi ut sic ignari remaneant: ideoque expediens est breviter eos docere praedicta mysteria principalia, efficiendo paritei ut secum efforment actus fidei, spei, charitatis et contritionisL. (Prat. del Conf., n. 22). Quando un fanciullo (od una persona non istruita) risponde affermativamente al confessore che esplicitamente propone a credere i misteri della fede, per esempio in pericolo di morte, ci basta strettamente, per il momento, in ordine all'assoluzione. Speriamo che oggi questo sia un caso piuttosto ipotetico o molto raro nei nostri paesi, dato il grado pi elevato di cultura. Per in molti c' cultura profana ma non pi esatta e profonda istruzione religiosa che pel passato. Ed oggi pu capitare il penitente che, per falsi pregiudizi, pur non ignorando i misteri, li riduce al mito e quindi li ritiene non pi seriamente credibili. Ci potrebbe esser in qualcuno un vago senso religioso ed anche una pratica religiosa ma senza la vera fede. Non illudiamoci che tutti coloro che vengono in Chiesa credano pienamente i misteri principali della fede cristiana come li crede e li insegna la Chiesa Cattolica. Il confessore interverr, all'occasione, far riflettere che la fede autentica dev'esser adesione anche ai misteri; che essa per ragionevole in forza dei motivi di credibilit che sono certi. Con questi penitenti che hanno una mentalit erronea il compito del confessore certo pi difficile che con coloro che avevano una semplice e volgare ignoranza della dottrina cristiana.

8. Orientamenti per un esame generale di coscienza Quale falsariga suggeribile al penitente ed al confessore (qualora debba aiutare il penitente che non vuole o non sa interrogarsi)? Come primo difetto della vecchia catechesi sulla Confessione si suol denunciare di aver condotto il penitente non a cercare anzitutto Dio (e nemmeno a praticare la virt) ma a voler soltanto liberarsi dai suoi peccati. Perci si prendeva come materia d'esame il Decalogo nel quale non figurano n il comandamento evangelico dell'amore n le virt caratteristicamente 82

\ cristiane\ come l'umilt, l'obbedienza doverosa (secondo la condizione del singolo), la pazienza, la mitezza, la fortezza, la temperanza, la povert, la compassione, il compatimento ; non figurano i doveri particolari relativi allo stato e professione d'una persona; non prospettato, oltre allo stretto necessario all'onest, quell'ideale di perfezione al quale il cristiano tende per esser santo come santo Dio. A queste critiche si potrebbe rispondere che tutto sta nell'interpretazione e nelle applicazioni che si vuol fare dei 10 comandamenti. Possono esser visti non solo in chiave negativa (quasi una patologia della vita morale) ma anche in chiave positiva (come un invito alla virt). Bisogna per presentarli nei loro giusti rapporti e nella loro gerarchia: dal primo comandamento scaturiscono tutti gli altri. E l'amore di Dio almeno implicito nei primi comandamenti. Non voler nulla al posto di Dio significa non amar nulla contro di Lui, nulla pi di Lui, nulla come Lui. Ogni preghiera pu esser un atto d'amore (nel Padre nostro le prime tre invocazioni sono tre atti di carit teologale). E cosi dall'amore di Dio si pu esser mossi all'osservanza di tutti i comandamenti. E chi ama veramente Dio si chieder sempre quale sia la Sua volont. L'esame di coscienza serve a formare coscienze rette ed equilibrate che hanno, ad esempio, il senso delle proprie responsabilit professionali. C' chi si accusa di non aver ascoltata la Messa festiva (forse perch impedito da causa giustificante) e non ha rimorso, in qualit d'impiegato, di perder tempo, d'esser trascurato e disordinato abitualmente nel lavoro con danno dei clienti. Ci sono giovani che non si rimproverano d'aver fatto matrimonio sbagliato contro la volont dei genitori, magari fuggendo da casa. E chi ama Dio sar portato anche ad amare il prossimo e non solo a dare a ciascuno il suo diritto. I. Certamente le virt caratteristiche ed essenziali della vita cristiana sono le teologali. Fondamento la fede. E le crisi della fede hanno sempre due cause (fra loro connesse intimamente ed impercettibilmente interdipendenti): ignoranza ed opere cattive. Ignoranza che oggi si direbbe spesso affettata , cio direttamente voluta ed unita all'indifferenza speculativa ed all'insensibilit morale. Per ovviare a questa ignoranza bisognerebbe che la crescita nella fede mediante la catechesi e l'iniziazione ai sacramenti si svolgesse parallelamente alla formazione integrale della persona. Altrimenti si rischia di riempire 83

con verit religiose delle menti impreparate che non sanno comprenderle, assimilarle e viverle. E se anche insegneremo ai fanciulli tutta la sostanza della religione e li condurremo alla pratica sacramentaria, tutto ci, col passare degli anni, non regger con sicurezza, stabilit, perseveranza, se non stato un insegnamento progressivo, un momento della formazione totale della persona: una religione che verr abbandonata perch non era entrata e sentita come elemento indispensabile della vita. Un'efficace catechesi all'uomo secondo le diverse et della sua vita deve (oggi specialmente) muovere dai problemi umani che lo interessano. Non pu partire da verit astratte della vita e restare in questa sfera, anche se sono verit da conoscere e credere necessariamente. Bisogna trovare il collegamento fra verit religiose e gli interessi e le esperienze della vita e svelare allo spirito umano il senso religioso delle realt terrestri e dei problemi esistenziali: verso di questi che la sete di conoscenza del fanciullo, del giovane, dell'uomo s'orienta istintivamente. Inoltre, a dar fermezza alla fede del singolo, bisogna aggiungere all'educazione individuale (opportunamente e tempestivamente dosata) l'influsso e la vita della comunit credente. Ogni fedele e specialmente i pi lontani ed i meno assidui alla pratica religiosa hanno bisogno di trovare nella parrocchia una comunit che tutt'intera testimonia la fede e la vive in un'atmosfera di gioia e d'amore. Il sacerdote deve avere quest'obbiettivo: formare questo popolo di Dio e non credere di essere lui solo che pi o meno burocraticamente, per quanto indefessamente espleta il suo ministero, evangelizza, amministra i sacramenti. Se tutto si riducesse a questo lavoro del prete, qualcuno potrebbe anche pensare che egli lo fa perch deve; o, comunque, il singolo non sarebbe trascinato dalla fede comunicabile ed irradiante d'una comunit che sente il bisogno di Cristo, d'appartenere alla Sua Chiesa, d'identificarsi con essa. Questa motivazione ben superiore a quella di chi viene si in Chiesa ma per non aver il rimorso d'aver mancato ad una legge. E naturalmente nella parrocchia ognuno dovrebbe trovare il gruppo che corrisponde alla sua et: ecco, specialmente l'Azione Cattolica. Bisogna che il confessore inviti discretamente a scoprire, in ogni caso concreto, la specifica radice dell'incredulit. E nel caso che il penitente accusi dubbi di fede, sappia distinguere chiaramente difficolt (dottrinale o psicologica), tentazione di dubitare, dubbio vero e proprio. Una difficolt che il soggetto non riesce, 84

al momento, a risolvere e superare gli pu dar l'impressione che la fede sta crollando; non eliminata, pu esser occasione e diventar tentazione di dubitare. Bisogna cercare la risposta esauriente con lo studio e l'informazione attinta da un libro o dalla spiegazione offerta da una persona dotta. Spesso per (in coloro che lamentano dubbi) la causa del turbamento non una difficolt determinata ma solo un vago timore che l'oggetto della fede non sia vero perch non si vede: timore dipendente dall'istintiva esitazione ad ammettere ci che non si percepisce coi sensi. Ma un timore vago ed irragionevole che chi riflette disprezzer. In ogni caso la tentazione di dubitare non implica, per s, nessuna imputabilit. Talora i cosiddetti dubbi di fede si riducono alla paura d'aver perduto la fede (perch non si vede la risposta a qualche speciosa obbiezione oppure si vorrebbe sperimentare l'invisibile), una paura dipendente da semplice stanchezza psichica e da impressionabilit: un fenomeno che appartiene al campo dell'affettivit e non della razionalit e della volontariet. Altrettanto si dica di certi stati psicologici che qualche penitente accusa come disperazione e che non sono vera perdita della speranza teologale ma solo una depressione psichica (indipendente dalla volont): depressione fra le cui manifestazioni c' appunto la impressione di insicurezza in materia di fede o di scoraggiamento sul piano dell'azione. In simili casi solo il confessore che abbia dottrina, intuito ed esperienza pu mostrare al penitente tutta la comprensione e compassione di cui ha bisogno. Doti che purtroppo si trovano in pochi. Il consigliere spirituale sia per ben persuaso che non bastano scienza e psicologia per dare alle anime la tranquilla stabilit della fede e 10 slancio della speranza. indispensabile il soccorso della grazia. 11 miglior consiglio che, dopo tutto, il confessore pu dare di chiedere la luce a Dio e di ricevere i sacramenti. Anzi, questo il consiglio che prima di tutto pu dare, anche a chi non vorrebbe riceverli pensando di non avere la fede e la speranza perch non le sente . Assicuri coloro che cercano la fede od hanno paura di averla perduta, che possono ritenersi credenti. E quando i turbamenti sono originati pi che altro da stanchezza nervosa, suggerisca di distrarre la mente e riposarla: lo sforzo intellettuale fatto per eliminare direttamente la causa del turbamento e per uscire dalle tenebre potrebbe accrescere sempre pi l'oscurit. Meglio procurare uno stato di suprema indifferenza e d'incrollabile fiducia nella grazia. 85

La fede e la speranza cristiana dovrebbero essere, normalmente, le forze spirituali che permettono di risolvere i problemi (non facili) della vita (anche naturale). Quando manca la vita interiore spunta inevitabile la tentazione di ricorrere a surrogati che danno solo l'impressione momentanea di euforia ma debilitano, distruggono e annientano. Il ricorso alla droga (tanto pi grave in quanto si verifica specialmente nei giovani) rappresenta una resa a discrezione, una sconfitta di fronte alla vita. Bisognerebbe saper cogliere e presentare ai giovani le efficaci motivazioni della fede e della speranza non solo illuminando le menti, ma toccando anche i cuori. Se si suscita in loro il sano orgoglio e la fiducia nelle forze dello spirito, pu esser che si determinino a tentare uno sforzo. Una qualche vittoria raggiunta pu dar la soddisfazione ed infonder la speranza di superarsi. Con la buona volont, con la guida amorosa e saggia d'un consigliere, chi stava per perdersi pu salvarsi. II. SulTtfmore verso Dio i penitenti comuni non sono soliti interrogarsi. Con ci implicitamente attestano che, per s, l'amore di Dio non sarebbe difficile: se non avesse disordinati legami morali l'uomo andrebbe a Lui come attratto da una calamita. D'altra parte non dobbiamo far credere che per cercare, trovare, amare Dio bisogna prima essersi liberati dai peccati. Il pensiero e l'amore di Dio una forza, oltre che un frutto dell'azione morale. Una mancanza contro la carit teologale e contro la religione che i penitenti accusano frequentemente la bestemmia. Vergognoso record di qualche regione d'Italia nostra. Si bestemmia per ribellione, si bestemmia a freddo; si bestemmia da parte di adulti, anche di donne; ed anche di ragazzi incoscienti i quali credono di mostrare cosi la loro spregiudicata maturazione. Il sacerdote stenta a rendersi conto, nel caso concreto, della gravit soggettiva di questo disordine; e, come confessore, ha pochi mezzi per cooperare ad una efficace riforma che dovrebbe esser promossa con un lavoro ben organizzato nel campo esterno pastorale; intelligentemente ma fermamente e costantemente; col concorso dei laici cristiani militanti. Bisognerebbe creare una forte mentalit contraria. Allora il bestemmiatore sentirebbe vergogna ad offender gli altri (a meno che, in virt della libert religiosa, non sia diventato un diritto anche il bestemmiare in pubblico!). Qualche seria ammonizione, anche da parte del con86

fessore, non sta male. Tanto pi che i penitenti riconoscono sinceramente la loro incoerenza. Il confessore pu chiedere se con malizia , se spesso . A chi risponde che alle volte non si pu farne a meno, mostrer di non prender la cosa alla leggera e di non ammettere simili giustificazioni. D'accordo, anche quando l'espressione significa obbiettivamente una grave ingiuria a Dio, bisognerebbe tener conto della intenzione e della volontariet di chi la proferisce: in un momento d'ira la piena deliberazione pu mancare; a chi ha gi contratto l'abitudine pu sfuggire inavvertitamente qualche bestemmia anche dopo fatto il proposito di non pi pronunciarne. Per bisogna insistere perch sempre se ne pentano e perch si sforzino di vincere l'abitudine: pensino, se non altro, allo scandalo che danno; specialmente ai piccoli cosi facili ad imitare i grandi (nel male pi che nel bene). III. Nelle accuse di penitenti sono all'ordine del giorno certe mancanze di carit verso il prossimo: risentimenti, rancori, rottura dei rapporti, rifiuto dei segni comuni di carit, invettive, ingiurie, offese, invidia. Non facile invece incontrare coscienze sensibili a certe mancanze che comunemente si dicono imprudenze ma sono anche contrarie alla carit. C' chi mette in pericolo la vita propria o di altri esercitando sports pericolosi (ad esempio con una scalata rischiosissima). Il discorso sugli sports pericolosi sarebbe lungo. C' chi guida l'auto in stato di ebriet, oppure ha l'abituale ambizione di tenere, sul confronto degli altri, una media di corsa pi alta, di effettuare sorpassi spericolati; c' chi non osserva la segnaletica, chi viaggia di notte sull'autostrada a velocit sostenutissima sentendo che la testa si piega sul volante per il sonno. Si noti che comportamenti del genere si hanno talora anche in persone profondamente religiose: comportamenti che non saranno imputabili perch certuni hanno una certa ingenuit naturale, un certo semplicismo che sa di leggerezza unito a retta intenzione generale e buona fede. Ci non toglie che sarebbe da ricordare anche a costoro l'ammonimento di massima, non per insinuare scrupoli, non per indurre una condotta eccessivamente timorosa e perplessa, ma una condotta ragionevolmente prudente. N capita di frequente chi, con coscienza delicata, s'accusa d'aver omesso ci che poteva fare facilmente per aiutare il prossimo bisognoso. Lo spirito comunitario oggi proclamato ma (anche dai migliori) spesso solo a parole o per le proprie personali 87

rivendicazioni (senza riguardo al bene comune o al danno pubblico). Si danno penitenti che si accusano di odio. Penso che il caso di vero odio grave non sia frequente (in coloro che vengono a confessarsi) e che taluni non lo sappiano distinguere bene dalla fortissima avversione naturale e dalla detestazione dei difetti (o della malizia) d'una persona (da distinguersi dalla deliberata malevolenza verso la persona stessa). In certe maledizioni lanciate all'indirizzo di qualcuno manca la seria intenzione o la piena deliberazione. Tant' vero che interrogati se soccorrerebbero quella persona (che dicono di odiare) qualora si trovasse nel bisogno, rispondono subito di si. Il confessore esorter a deporre i sentimenti di malevolenza, ad evitare sgarberie e vendette. Sia cauto nel dichiarare ed imporre l'obbligo di dimostrare i segni comuni di carit: qualcuno, avendo ricevuto un torto, crede, in sostanziale buona fede, di non esservi pi tenuto prima che il colpevole abbia fatto la debita riparazione (escluso, s'intende che ci sia odio interno, ed escluso che gli altri giudichino tale comportamento come espressione di grave odio). E quando si tratta di soccorrere il prossimo bisognoso, meglio parlarne (ad esempio negli esami di coscienza comunitari) in termini di carit e di consiglio che in termini di giustizia (e di diritto corrispettivo) per non dare occasione a fraintendimenti, arbitrarie interpretazioni, applicazioni facili (come se fossero giustificate dalla destinazione universale dei beni economici): ecco il frequente ricorso alla compensazione occulta, ecco le asportazioni abusive, l'occupazione di locali altrui fatta con la forza. IV. Sulla pratica della religione i penitenti si interrogano, ma spesso con una mentalit piuttosto legalista. Guardano pi alla lettera che allo spirito. Tutta la loro preoccupazione nella Confessione pare sia quella di esaminarsi se hanno posto od omesso l'atto esteriore materiale. Alcuni s'accusano anche quando erano pienamente scusati: non gi che costoro sian tutti degli ignoranti e da rimproverarsi come tali in materia di religione e di morale; dobbiamo comprenderli, ben sapendo che spesso ci si confessa pi che altro per un motivo psicologico affettivo: sentirsi pi tranquilli, esser tranquillizzati. Motivo non disgiunto da quello dell'umilt e della dipendenza. Il confessore nel suo comportamento e nelle sue esortazioni in questa materia della pratica religiosa dev'esser positivo e consapevole della realt. Da un 88

lato come scriveva il card. Suenens in una sua Lettera Pastorale (OR, 20.VIII.1975, p. 2) statistiche recenti, registrano una sensibile diminuzione dell'assistenza dei fedeli alla Messa domenicale (e ci un segno negativo della vitalit religiosa, anche se l'osservanza di questo precetto non l'unico criterio per giudicare il senso religioso d'una comunit). D'altra parte lecito anche pensare che oggi, per certe categorie di persone ci possono esser delle scusanti se non osservano regolarmente il precetto domenicale. A parte il fatto che molti hanno ben poca istruzione religiosa e formazione spirituale: ci permette di presumere una qualche attuale buona fede (senza escludere per una qualche colpa in causa). La vita moderna poi impone ad innumerevoli persone un lavoro assorbente anche e proprio nei giorni festivi (si pensi a tutti coloro che, a cusa del turismo, sono costretti a lavorare proprio soprattutto la Domenica). E non sarebbe prudente il confessore che, senza conoscere esattamente la situazione o senza speranza di frutto, turbasse con severe dichiarazioni chi non manca di fede e d'una certa buna volont. Conviene bens la generale esortazione agli atti di religione, alla frequenza ai sacramenti. Tanto pi quando si tratta di chi tralascia ogni pratica religiosa per la sola ragione di allontanarsi da casa, d'andare all'estero a lavorare, magari per met anno. Se si omette una volta, due, tre, la Confessione, la Messa, la preghiera quotidiana, diventa sempre pi difficile il decidersi a riprenderne l'abitudine. Lo sperimentiamo tutti: quando si comincia a non esser regolari, c' il pericolo delle procrastinazioni all'infinito. Perci l'importanza anche nella pratica religiosa di formarsi delle abitudini e di esser fedeli. Pel fatto che la pratica religiosa diventata un'abitudine non significa che vi manchi lo spirito e la volont. Quella che non vale l'abitudine meccanica che non costa sacrificio e sforzo e produce atti senz'anima e senza vita. Ma i tempi nostri non son troppo favorevoli alle sante abitudini del culto religioso. Si dice, ad esempio, che oggi diversamente dal passato c' minor sensibilit per gli oggetti sacri (come le corone del Rosario) e per le immagini sacre. Si interpreta ci come un segno dei tempi. Come dire un segno di religione pi autentica? C' da restar quantomeno perplessi. Le immagini sacre nelle case e per le strade sono sostituite da altre tutt'altro che edificanti. L'immagine sacra, magari col lumino davanti sempre accesso, era un richiamo alla fede, alla trascendenza, alla bont. Un'esteriorit? Non solo. Era un segno 89

che diventava una preghiera continua da parte di chi l'aveva voluta, di chi la voleva, la venerava, la guardava. Un'eredit che si tramandava con la fede e come la fede. Ma l'odierna secolarizzazione da una parte nell'intento d'eliminare tutto ci che sa di superstizione crea un'atmosfera ambientale che pu spegnere negli animi il senso del sacro: conseguenza fatale se si demolisce senza sostituirvi qualcosa di migliore. D'altra parte le troppe preoccupazioni pel benessere terreno fan dimenticare Vunum necessarium. Risultato: non c' pi n tempo n amore per la pratica religiosa. Qualcuno risponde che si pu esser religiosi e praticanti anche se non si va ogni Domenica e proprio la Domenica ad ascoltare la Messa. Ma da replicare semplicemente che di fatto molti non ci vanno quasi mai e c' molto da dubitare sulla loro abitudine agli atti di culto religioso ed alla preghiera privata. Alcuni anche ammesso che la Domenica siano impegnati nel lavoro stanno mesi e mesi senza partecipare alla Messa. Cosa che potrebbero fare in qualche giorno non festivo. Certi emigranti che vivono all'estero, per lavoro, la maggior parte dell'anno, riprendono la pratica religiosa solo nei mesi che passano in parrocchia. Non si pu ammettere che la vita religiosa d'un cristiano, che vuol esser tale, sia cosi trascurata; specie se si omette anche ogni preghiera privata. Bisognerebbe indurli a sentire il bisogno dell'incontro amoroso col Cristo per ricordare e rivivere l'evento decisivo della nostra vita spirituale: la Pasqua del Signore, la vittoria sulla morte e sul peccato, la risurrezione alla vita soprannaturale. Ma per sentire questo invito occorrerebbe avere e risvegliare la fede. Ed allora ci si sentirebbe mossi ad andare alla Messa non per evitare il peccato d'omissione, non per sgravarsi da un peso e liberarsi da un obbligo, ma per unirsi a Dio. Altrimenti la pratica del culto diventa l'esecuzione d'una legge morta che si sar tentati di ritenere imposta arbitrariamente da una autorit ecclesiastica. Mentre la Chiesa non fa che render concreto l'invito del Signore: Tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, voi ricorderete l'annuncio della morte del Signore, fino a che Egli venga (1 Cor. 11, 26). E specialmente coloro i quali per notevole tempo o con molta frequenza prevedono di aver impegni che rendono difficile la partecipazione alla Messa, farebbero bene a chiedere consiglio o la dispensa . Lo so come oggi da parte di giuristi si fa voti che in materia di leggi ecclesiastiche positive che hanno per scopo la santificazione personale, non si parli pi di dispense nel 90

futuro CJC. meglio (si dice) che ognuno, formata la propria coscienza, giudichi liberamente e responsabilmente se ha una giusta causa per omettere un atto: colle dispense si cadrebbe nel legalismo. Ma la dispensa per esser esatti un favore concesso oltre i casi nei quali si strettamene scusati ; ed insieme rende pi certi e sicuri anche coloro che gi sarebbero scusati; da parte del fedele una dimostrazione di dipendenza dalla Chiesa e da Dio; un esercizio di umilt; un riconoscimento della bont di Dio che sa attenuare la rigidit delle sue leggi per le anime di buona volont. Nella concessione materna della Chiesa si pu e si deve vedere un permesso ed un dono di Dio stesso il quale vuole che il suo giogo sia soave. Comunque, qualunque possano essere le innovazioni strettamente giuridiche del Codice, un fedele potr sempre utilmente chiedere almeno il consiglio. Non sbaglia il confessore che anche per facilitare la confidente accusa ed iniziare il cordiale colloquio che il penitente spesso non sa come introdurre chiede (a chi non conosce) se solito recitare qualche orazione. un tastar il polso della vita spirituale. Ed una domanda che i penitenti si lasciano fare molto volentieri (diversamente da qualche altra). Per l'interrogazione sulla preghiera mattutina e vespertina non dovrebbe rinforzare l'errata mentalit legalista anche questa che si possa e si debba pregare (fuori di Chiesa) solo all'inizio ed al termine del giorno. Quante ore passate nella solitudine e nel silenzio del viaggio quotidiano o di un lavoro manuale meccanico: lunghi interminabili tratti di tempo in cui il lavoratore potrebbe, con qualche semplicissimo atto, rinnovare il senso della presenza di Dio e della dipendenza da Lui. Farebbe, di tutto il lavoro, una preghiera. E supplirebbe sovrabbondantemente a quelle formule d'orazione che talora dice di non riuscir a recitare nella fretta della levata o nella stanchezza di fine giornata. Anche al lavoratore offerto il modo di santificarsi pregando: un modo, una spiritualit propri e adatti alla sua professione. Evidentemente per trasformare il lavoro in preghiera bisogna non aver il cuore travolto dalla dissipazione; e l'abitudine d'elevarsi col pensiero frequente a Dio s'acquista gradatamente. Ma sarebbe gi molto infondere l'idea che ci possibile e non tanto difficile. D'altra parte l'avversione al minimismo giuridico non deve spingere nessuno, e tanto meno il confessore, ad affermare obblighi che in realt non esistono. Siccome oggi l'omilia ha assunto 91

un pi stretto legame col sacrificio (tanto che si chiama liturgia della parola ) qualcuno ha pensato che (diversamente dal passato) non osservi pi la sostanza del precetto chi ascolta la Messa solo dall'Offerta alla fine. Ma ci non pu esser strettamente affermato. Altra la questione del dovere di istruirsi per conoscere e coltivare la fede. Questo dovere c' senza dubbio, obbiettivamente. Siccome per l'attuale omilia non pare sufficiente per nutrire e salvaguardare la fede e siccome sono cadute, di fatto, altre forme di evangelizzazione del passato (catechesi domenicale, quaresimali, tridui, ottavari, mese mariano...) bisogner che si organizzino altre forme e si cerchino altre occasioni per l'istruzione religiosa. Ad esempio rendendo obbligatoria pei fidanzati la partecipazione ad un corso di preparazione al matrimonio. Cosi i Vescovi delle Marche hanno stabilito normativamente che i fidanzati debbano presentarsi al parroco, per un incontro di conoscenza e di orientamento, almeno tre mesi prima della celebrazione del matrimonio; e nell'arco dei tre mesi si terranno almeno tre incontri, eventualmente col sussidio di persone esperte ( Awenire , ed. emiliana, 31.X.1975). A proposito del precetto festivo, c' persino chi ha espresso l'opinione che per partecipare veramente alla celebrazione della Messa bisogna anche ricevere la Comunione: quasi che la Messa senza la Comunione non valga nulla. Ma non bisogna confondere precetto e consiglio (oggi c' questa tendenza). Il bene resta bene (e meritorio) anche se non il massimo bene. E la Chiesa madre: quando raccomanda, non sempre comanda. Spetta, del resto, a Lei interpretare il diritto divino, la natura e la finalit del Sacrificio e del Sacramento e giudicare quindi se la partecipazione alla Messa esiga, non solo per la perfezione ma per sua essenziale natura, necessit, validit, anche la partecipazione dei non celebranti alla Mensa. Cosa che la Chiesa non ha mai affermato. Anzi, ha implicitamente asserito il contrario quando con recenti concessioni ha precisato in quali casi nello stesso giorno si pu ripetere la Comunione (cfr. Istru, della S.C. per la Discipl. dei Sacram., 26.1.1973, AAS, 65, 1973, 264-271). V. La prudenza. Nella catechesi e negli esami di coscienza che si propongono ai penitenti bisognerebbe soffermarsi maggiormente ad educare e sensibilizzare le coscienze ai postulati di questa virt che importantissima. Comunemente s'intende significare con questo vocabolo quelle cautele, quell'assennatezza, ponderazione, 92

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previdenza, da usarsi nella vita terrena per evitare errori, non danneggiare e non metter in pericolo la vita propria od altrui. Ma la prudenza regola tutte le altre virt (anche le teologali nel loro umano concreto esercizio) e quindi dirige tutta la nostra vita considerata dinamicamente. Tutta la morale si risolve in un giudizio della prudenza, giudizio che quando esercitato dal soggetto circa le proprie azioni diventa giudizio della coscienza . E la coscienza pu esser certa e nel tempo stesso erronea: si pu, ad esempio, per ignoranza invincibile ritenere lecito ci che obbiettivamente non lo . Ma allora ci portiamo sul piano soggettivo. Quando invece si tratta dell'esercizio della prudenza del giudizio ch'essa suggerisce circa l'agire umano siamo sul piano oggettivo della moralit. E non si pu appellarsi a questa virt per ammettere che tutte le leggi morali sono flessibili secondo le esigenze esistenziali e secondo le condizioni situazionali della persona. N s. Tommaso n s. Alfonso ammettono questa tesi. S. Tommaso (I-II, q. 94, a. 4-5) parla della possibile ignoranza di qualche legge naturale (s'intende, d'una conclusione dedotta dai primi principi morali); parla d'una mutazione di circostanze che possono render irragionevole l'osservanza d'una legge naturale: e porta l'esempio di chi pu (anzi deve) non restituire un'arma avuta in deposito se sa che il proprietario ne abuser funestamente. Ma, come si vede, si tratta di circostanze che mutano la materia della legge e rendono lecito una omissione od un atto che non intrinsecamente cattivo. Lo stesso esempio riporta s. Alfonso quando afferma (T. Mor., 1. I, tr. II, e. IV, n. 165) che epikeia non solum locum habet in legibus humanis, sed etiam in naturalibus , ma aggiunge (ci che alcuni facili commentatori volentieri tralasciano): ubi actio possit ex circumstantiis a malitia denudari . Ma questo non potr mai avvenire quando si tratta di una legge che proibisce atti contro natura (come la masturbazione, le pratiche anticoncettive, l'omosessualit). Se nel caso concreto la responsabilit viene pi o meno a mancare sar per mancanza della libert richiesta o per ignoranza invincibile. Non la legge che subisce flessione. In conclusione, le norme morali vanno praticate con realismo secondo le circostanze e secondo l'impulso della grazia. Ma la questione se prescindendo dalla questione soggettiva della buona fede le circostanze possano render obbiettivamente lecita un'azione intrinsecamente cattiva. Se la rendessero lecita, si potrebbe (e si dovrebbe) non solo rispettare la buona fede d'un individuo ma dichiarargli che nel suo caso la legge subisce un'epi93

keia, cio fa eccezione, date le particolari circostanze. E lo stesso si dovrebbe dire per tutti coloro che si trovano in un caso simile: appunto perch un giudizio della prudenza che riguarda il piano obbiettivo della moralit. Alcuni oggetti particolari circa i quali va esercitata la prudenza. Saper riflettere prima d'agire frenando la precipitazione. Possedere lucidit di giudizio per dominare i ciechi impulsi. Aver coscienza dei propri limiti, dei pericoli (interni ed esterni); e quindi mostrar apertura ai consigli degli altri, umilt e docilit (nessuno bastante a se stesso). Ma possedere anche la prontezza ad afferrar le situazioni impreviste e a risolverle: la decisione l'atto specifico e precipuo della prudenza; esclude tutti gli stati d'irragionevole irrisolutezza, d'inadempienza, d'incostanza. S. Tommaso (II-II, 47, 9) osserva che, se pu esser prudente l'indugiare nella considerazione del da farsi, poi prudenza vuole che l'azione premeditata sia rapida, come gi notava Aristotele nell'Etica nicomachea, VI, 9: oportet operari quidem velociter consiliata, consiliari autem tarde . E non si pu, nelle decisioni, eliminare ogni, anche mnima, incertezza, ed escludere, con piena certezza, assolutamente ogni possibilit di rischio: perch nelle situazioni concrete contingenti pu esserci sempre qualche elemento che sfugge anche allo spirito pi vigile ed attento: quia vero materia prudentiae sunt singularia contingentia, circa quae sunt operationes humanae, non potest certitudo prudentiae tanta esse, quod omnino sollicitudo tollatur (II-II, 47, 9). Resta sempre qualcosa da lasciar alla Provvidenza di Dio. Con fiducia assoluta, conservando la pace intima. Devono tenerlo presente le anime inclini al perfezionismo ed alla perplessit, specialmente quando sanno di trovarsi in uno stato di debolezza fisica e psichica. VI. La giustizia. Su questa virt i penitenti poco si interrogano e poco si accusano. Eppure tutti sanno che gli abusi in materia di giustizia sono tanti: domestici che arrotondano a proprio vantaggio i conti della spesa quotidiana, dipendenti (forse praticanti in fatto di religione ) che falsificano persino le fatture cancellando e correggendo cifre, fattori e agenti che vendono abusivamente roba del padrone (prodotti del suolo, piante, bestie) ed intascano personalmente il ricavato; autisti che s'accordano col meccanico per ingannare il padrone fingendo guasti della macchina che non ci sono. Capita si qualche penitente che si confessa di furto. Ma specialmente sulla giustizia meno stretta sono 94

poco sensibili. Raramente si esaminano, a quanto pare, sui doveri del proprio stato, della professione: ad esempio su retribuzioni eccessive (per visite, cure, assistenza, prestazioni) retribuzioni forse richieste a chi ha poca disponibilit. Persone pur religiose e praticanti non fan caso ai postulati dell'equit (virt che sta in mezzo fra la giustizia e la carit). Ad esempio c' chi (non avendo figli) fa donazioni, in vita, ad uno solo dei nipoti e poi lascia a lui la eredit intera (ignorando qualche altro pur degno) solo per motivi di preferenza, di simpatia, o per conservar unita la sostanza: si possono cosi suscitare interminabili strascichi di odiosit fra parenti. Poco ci si esamina sulla giustizia distributiva (quanti favoritismi di persone meno degne a preferenza di altre veramente meritevoli!), sulla giustizia legale o sociale. Quando si tratta di imposte, tasse, multe, lo Stato ha i mezzi per riscuotere di forza i contributi. Ma quando si ruba di nascosto allo Stato non in questione solo la giustizia legale o sociale (la quale chiede al singolo un positivo ragionevole concorso al bene comune) ma anche la giustizia commutativa. Per, quando si tratta di furti fatti a danno dello Stato, il confessore tenga presente che per arrivare alla materia grave occorre una somma pi forte di quella richiesta nei furti fatti a persone (fisiche o morali) del tutto estranee al ladro: fra lo Stato ed i suoi membri non c' netta alterit. Ed anche la restituzione urge meno e si pu fare beneficando poveri od opere pie. Comunque anche se il cittadino pu ritenere di esser in credito collo Stato (al quale pensa di aver pagato, ad esempio, sovrabbondante contributo di tasse) non si pu dare positivo permesso al singolo di farsi giustizia da s mediante occulte asportazioni. C' il rischio che l'interessato stesso sia punito dalla legge penale o che sia accusato e colpito qualche altro che innocente. La stessa carit verso s stessi suggerisce di adire (extra i casi eccezionali) le vie legali, regolarmente. Si direbbe che molti continuino a fare lo stesso esame di coscienza che facevano da bambini quando il raggio della loro vita d'azione era molto ristretto; e si direbbe che credano di mostrare il loro cristianesimo solo in quella mezz'ora che passano in Chiesa ogni domenica, mentre si cristiani e ci si dimostra tali specialmente fuori di Chiesa. Perci qualcuno si domanda se non si debba rendere il sacramento della Penitenza pi educativo, sollevando, per siffatti penitenti, anche delle inquietudini. Per bisognerebbe che queste inquietudini fossero veramente giuste e salutari. In materia, per esempio, di giustizia sociale e di bene95

ficenza, il confessore prudente ed intelligente sa che per poter affermare precisi doveri o condanne o approvazioni, gli sfuggono molte circostanze concrete circa lo stato ed il comportamento -del penitente (tanto pi se non ne il consigliere abituale); e sa quanto siano complessi i problemi ed i fatti della vita sociale di oggi. Ad una parola indiscreta del confessore qualcuno potrebbe stizzirsi e indisporsi; qualche altro, di coscienza delicata o scrupolosa, inutilmente turbarsi. Anche negli esami di coscienza comunitari, come gi dissi, se si insiste troppo sul diritto e sul dovere dei miglioramenti sociali, sulla destinazione universale dei beni, c' pericolo che qualcuno pensi gli sia lecito operare di propria iniziativa non so quali rivendicazioni (occulte o violente) senza riguardo ai turbamenti provocati nell'ordine pubblico. A. Il confessore anzitutto possegga chiari / principi indiscussi. Poi, da uomo pratico e positivo, sappia, per esperienza, quali sono in una determinata materia le situazioni normali, ma, col suo intuito, cerchi inoltre di rendersi conto della concreta e reale condizione dei singoli penitenti. Per esempio, fra commercianti, mercanti, sensali si usa un linguaggio che pu sembrare una frode ma reciprocamente capito e reciprocamente non creduto. Altro il caso se avessero a trattare con galantuomini che non sono del mestiere o con un ignorante od un ragazzo ed avessero a vendere della merce che ha dei difetti (forse non palesi a prima vista) o comprassero da gente semplice ed inesperta, a vile prezzo, oggetti preziosi od opere d'arte. E per ogni caso che gli si presenta, nel quale compromessa la giustizia, il confessore dovr fare una duplice considerazione: una sullo stato (o l'atto) d'ingiustizia che crea uno squilibrio; l'altra sul dovere o meno della restituzione (o della riparazione) per riportare l'equilibrio. 1. Le radici della restituzione sono il furto, il possesso (anche se incolpevole) della roba d'altri, il danno ingiustamente causato, la cooperazione ingiusta (sia al furto, sia al danno). 2. Il dovere della restituzione deve constare con certezza. Il confessore sappia distinguere in linea, anzitutto, di principio ci che certo e ci che probabile; ci che probabile e ci che pura ipotesi. Oggi alcuni autori tendono a ridurre la giustizia alla carit; altri, invece, vedono doveri di giustizia l dove comunemente si afferma solo la carit; altri ancora sosterrebbero obblighi di restituzione non solo dove c' violazione della giustizia commutativa e legale, contrariamente al principio tradi96

zionale: restitutio est actus iustitiae commutativae (S. Th. I M I , q. 62, a. 1). 3. Ed anche quando, stando ai principi, il dovere della restituzione in un determinato caso constasse con certezza, bisogna attendere se non ci sia attualmente una causa scusante; o se non sia prudente non turbare la buona fede (qualora si preveda che l'ammonizione sarebbe infruttuosa). Oltre a possedere la scienza, bisogna fare attenzione alle circostanze ed aver sensibilit allo stato d'animo del penitente. Ma, soprattutto, ripeto, ai penitenti non si dichiarino doveri di restituzione se l'obbligo solo probabile. Ad esempio, quando probabile che la dovuta restituzione sia stata fatta ma c' pure il dubbio che non sia stata fatta, molti autori, interpretando la mente del divino legislatore, pensano che non ci sia obbligo di dare ci che forse gi stato dato. Altri interpretano in modo diverso rigoristico legge e mente del legislatore, e rispondono che ad un obbligo certo non si soddisfa con una prestazione dubbia. Altri pensano che non la stretta giustizia ma l'equit suggerisca una parziale prestazione, specie se il creditore non ricco. Comunque, data la diversit delle soluzioni, strettamente non si potrebbe imporre nulla. Se c' bisogno, occorre dire una parola chiarissima perch potrebbe esser pericoloso che uno creda d'aver un obbligo che forse non adempir. Cosi, perch ci sia obbligo di riparare un danno causato ad altri, bisogna consti con certezza che l'azione fu efficacemente e coscientemente ingiusta: violazione d'un diritto stretto, non solo mancanza di carit; azione che sia vera causa del danno (e non sola occasione, come pu avvenire mediante il cattivo esempio); ingiustizia compiuta con vera colpa teologica della coscienza che si mette di fronte alla legge di Dio, non solo con quella negligenza giuridica che lo Stato richiede per punire od obbligare alla riparazione dei danni. E il caso d'un danno prodotto ad una persona investita da una macchina per cause (supponiamo) non imputabili: la persona investita non ha colpa, ma neppure il guidatore ha avuto coscienza alcuna di ci che avrebbe potuto fare per evitare l'investimento. Se l'autorit civile impone un obbligo anche nel caso di negligenza indeliberata, le sue disposizioni sono giustificate in vista dell'ordine pubblico; e bisogna obbedire. Ma quando si tratta di rapporti privati, nei quali non intervenga l'autorit civile, per affermare il dovere della riparazione bisogna si verifichino tutte le condizioni richieste dalla legge morale naturale. Ad esempio, chi avesse avuto relazioni ille97

gittime con una donna sposata dalla quale poi nato un figlio, dovrebbe attribuirsene la paternit (con tutte le conseguenze in ordine al mantenimento della prole adulterina) se fosse certo che quella donna non ha avuto alcun rapporto n col marito n con altri. 4. Casi complessi (per la cui soluzione concreta non basta conoscere la teoria) sono quelli di cooperazione ad una azione ingiusta (per esempio ad un furto); specie circa il dovere o meno della restituzione o della riparazione in solido . Chi coopera a tutto il danno (anche se secondariamente) per s sarebbe obbligato a riparare tutto il danno se gli altri non facessero la loro parte. Ma perch un cooperatore secondario sia responsabile di tutto il danno bisogna che ci sia stata mutua intesa e la azione del cooperatore secondario sia stata necessaria per ottenere lo scopo. Ci dev'essere indubbio perch si possa parlare di obbligo a riparare tutto il danno. E bisogna consti che gli altri non hanno restituito n restituiranno: ma, fino a prova contraria, si pu presumere che facciano il loro dovere. Questo in linea teorica. In pratica, riguardo a coloro i quali cooperano ad un furto (o danno) si pu ritenere che o non sanno con precisione quanto son obbligati a restituire, o non si persuaderebbero di dover restituire o riparare anche per quanto han rubato (o perpetrato) gli altri cooperatori, o si trovano nell'impossibilit di farlo (impossibilit che in genere da supporre per un cooperatore secondario, se venisse e quando venisse a confessarsi). Perci il confessore potr presumere il consenso del creditore stesso ad un trattamento di clemenza. Altrimenti, ad esiger tutto, si rischia di non ottener nulla e di turbar inutilmente una certa buona fede. E cosi anche con chi, per s, sarebbe obbligato a riparare in solidum si potr spesso accontentarsi che restituisca pr rata tantum ; o si potr affidare al penitente stesso di determinare secondo la sua coscienza il quantum da restituire. Perci il confessore, prima di ammonire il cooperatore ingiusto sul suo dovere di restituire, anche dopo essersi accertato che questo dovere obbiettivamente esiste, sar prudente se tasta il terreno, contro il pericolo che il penitente s'allontani senza un qualche proposito concreto ed efficace. 5. Altra questione nella quale i principi astratti non sono sufficienti quella riguardante la materia grave del furto. Gli autori discutono sul criterio stesso da seguire come misura. La difficolt 98

cresce quando si scende al caso concreto, anche se bisogna ammettere la distinzione fra una materia che sempre ( assolutamente ) grave ed una materia che grave relativamente alla condizione della persona derubata. Ma bisognerebbe tener conto anche della condizione e del bisogno di chi ruba. Ed anche delle circostanze di tempo e di luogo: il valore del denaro minore nelle grandi citt che nei piccoli sperduti paesi di campagna o montagna ove ci sia ancora gente piuttosto povera. Perci, com' possibile, nel caso singolo, lo stabilire qual , nel furto, il confine fra venialit e gravit? Pericolosissimo sarebbe il definirlo; e qualora un penitente lo chiedesse sar meglio non rispondere con una determinazione precisa. A parte sempre i casi circa i quali evidente la soluzione ed il giudizio da dare. Ed inutile dire che se non si pu pronunciare una definizione sulla gravit o meno, c' sempre da rivolgere quella esortazione vivissima che non pu esser che utile 16. B. Quando dai principi morali e dalle norme pastorali passiamo alla realt, troviamo che i penitenti, in materia di giustizia, impegnano i confessori meno che in qualche altra virt morale. Ci dipender certo anche da scarsa sensibilit e poca delicatezza di coscienza, ma bisogna altres ricordare che i doveri positivi di giustizia non sono nei casi concreti sempre ben definibili e certi. Inoltre siamo realisti chi si appropriato indebitamente della roba d'altri, se viene a confessarsi e quando si trova in questa condizione di penitente, in genere ridotto ormai
16 ...Haec materia non potest mathematica determinali, sed moraliter, non secus ac pretia mercium quae admittunt latitudinem. Et sane ridiculum foret asserere eum qui furatur viginti quinque asses peccare mortaliter, et illum qui furatur viginti quattuor peccare venialiter. Neque mirum videri debet si difficile sit praecise discernere inter furtum mortale et veniale. Quamvis enim... statuantur regulae quibus mortalia a venialibus generice loquendo distinguantur, si tamen quaestio sit de particularibus casibus, id, inquit s. Augustinus lib. 1, De Civit., cap. ultimo, non solum in hac materia, sed in pluribus aliis "difficillimum est invenire, periculosissimum definire: ego certe usque ad hoc tempus, cum inde satagerem, ad eorum indaginem pervenire non potui; et fortassis propterea latent, ne studium proficiendi ad omnia peccata cavenda pigrescat". Non ergo praesumant animarum directores ad singulos et individuales casus certo resolvere: Hoc est mortale, hoc est veniale, nisi id aperte constet; sed plerumque expedit cum s. Augustino suam ignorantiam fateri. Et dum ea de re a poenitentibus interrogantur prudenter responsionem absolutam declinent, illisque omnium peccatorum etiam venialium horrorem incutiant (F.C.R. Billuart, Stimma s. Thomae, IV, Diss. XI, a. 3, Parisiis, 1900, p. 276).

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nell'impossibilit di restituire (almeno tutto il rubato): se sentisse dal confessore l'immediata dichiarazione che bisogna restituire, se vuole l'assoluzione, potrebbe indisporsi perch la scossa brusca ed, al momento, probabilmente pu riuscire irragionevole e controproducente. 1. Il confessore esamini e giudichi anzitutto se obbiettivamente ci sia o no nel caso in questione il dovere di una qualche restituzione o riparazione. Caso non raro: un giovane (o qualche suo parente) chiede consiglio perch la donna colla quale il ragazzo ha avuto rapporti pretende un compenso. Se non ci fosse stata la conseguenza della prole, il dovere di una riparazione ci sarebbe solo se la ragazza fosse stata violentata ed inoltre a causa di questo fatto si sia trovata nell'impossibilit di sposarsi. Ma non si pu consigliare che riparino con traendo il matrimonio se non si prevede che sar felice. Quale garanzia pu dare senza la debita preparazione e maturazione, tale matrimonio, specie se di giovanissimi? E qualora la ragazza e la sua famiglia minacciassero di denunciare il seduttore, questa non sarebbe una ragione per celebrare il matrimonio; anzi sarebbe una ragione per non consigliarlo: se ci fosse vero amore, mutuo, ragionato, libero, sereno come necessario al consenso non ci sarebbe bisogno di ricorrere alle minacce che vogliono forzare una decisione. Quanto all'eventuale prole, se la ragazza fosse stata violentata dal giovane, questi in linea di principio dovrebbe assumersi tutte le spese pel mantenimento della prole. Se ci fu connivenza, sono tenuti entrambi. Fortunatamente casi del genere non sono portati con frequenza al confessore. Dico fortunatamente perch tutt'altro che semplice, alle volte, il risolverli con sicurezza li per li. Bisognerebbe esaminar bene tutte le circostanze prima di dichiarar obblighi precisi o di indicare il modo pi opportuno per adempierli: in caso d'incertezza il confesssore si prender il tempo per consultare qualche persona esperta o mander da questa il penitente. Tenga presente che ci sono donne furbe che sanno far cadere nella rete un ragazzo e colle loro arti fan si che egli creda d'esser stato seduttore, mentre caduto nel laccio che gli stato teso. GDmmesso il peccato, possono accusare stato di gravidanza. Ma alle volte fingono e spaventano (per spillar soldi); alle volte hanno avuto relazioni con altri uomini. Dicono che metteranno tutta la faccenda in silenzio purch abbiano, secondo il loro diritto, un equo compenso. Ma se uno fa loro una elargizione (sia pur solo per farle tacere) anche questa pu esser presa 100

come una confessione ed un'autoaccusa di chi si assume l'eventuale paternit. Un precedente che gli pu impedire, per lungo tempo, di liberarsi da una donna (cfr. A. Vermeersch, Th. Mor., II, 1945, n. 591). 2. Anche quando ci fosse il dovere obbiettivo di una restituzione ci pu essere una causa scusante. Oltre che per assoluta impossibilit fisica, l'obbligo di restituire (o di riparare il mal fatto) cessa o vien sospeso se importa la perdita d'un bene pi alto (in confronto all'oggetto della restituzione) od il pericolo d'un male maggiore. Pertanto giustificata la dilazione della restituzione finch uno non potesse farla senza rivelarsi come ladro: in giuoco la sua buona fama. Chi poi convinto del dovere di restituire ed ha attualmente tale proposito, pu esser assolto subito anche se pel passato non lo avesse mantenuto. 3. Ma anche quando ci fosse il dovere obbiettivo e la possibilit di restituire il confessore tenga pure presenti le norme circa l'ammonizione. Prima di farla, cerchi d'esplorare le disposizioni del soggetto. Se prevede che probabilmente l'ammonizione non sarebbe fruttuosa e pare che il penitente sia in sostanziale buona fede e non creda (per un motivo o l'altro, ad esempio se ha rubato allo Stato) di dover restituire, meglio (pel momento almeno) non turbare questa buona fede: soprattutto bisogna evitare che la mancanza materiale si trasformi in colpa soggettiva. Particolare riguardo occorre coi malati in pericolo di morte nel parlare di obblighi di restituzione. 4. D'altra parte si danno casi nei quali si stenta ad ammettere buona fede e scuse. Ci sono coloro che potendo fare subito la restituzione la rimandano a tempo indeterminato. Ci sono quelli e son tanti che hanno avuto un, prestito da un amico (magari con l'abbuono degli interessi) e potrebbero, ad un dato momento, restituire, sia pur a rate, ma procrastinano (forse aspettando la florida condizione per poter restituire tutto in una volta) ma cosi non restituiscono nulla, mentre fan spese e compere non necessarie. Certuni restituiscono solo una prima rata e si dispensano dalle altre, pur non trovandosi in maggiori difficolt. Simili omissioni saranno dovute a negligenza, pigrizia, indolenza e non proprio al proposito di non restituire. In tali casi l'esame di coscienza dovrebbe sensibilizzare e scuotere il penitente. Per si 101

tenga presente il monito di s. Alfonso: sono da evitare piuttosto i peccati formali che i materiali . 5. Il confessore aiuta e consiglia il penitente sul modo migliore di fare la restituzione. Farebbe, per s, un'opera di carit se si prestasse a trasmettere al proprietario la roba che il debitore trova difficile consegnare personalmente e con sicurezza. Per la carit dev'esser guidata dalla prudenza: potrebbe esserci pericolo per la fama del confessore stesso; bisogner (anche se ha avuto l'incarico e quindi non vien meno al sigillo sacramentale) far in modo che il reo resti sconosciuto. Quando si tratta di furti fatti allo Stato, a grandi ditte, societ, istituti d'assicurazione, si pu soddisfare alla restituzione facendo elargizione ai poveri, ad istituti di beneficenza, opere pie, perch altrimenti il denaro si perderebbe nel labirinto della contabilit burocratica e difficilmente arriverebbe a destinazione. Se il possessore di mala fede (quale un ladro) ignora chi sia il proprietario della cosa o non pu fargliela avere oggi e prevede che non potr fargliela avere neppure in un domani, per particolari circostanze, allora comunissimamente i moralisti ritengono che deve darla ai poveri (anche se non pochi trovano difficile il dimostrare con un chiaro argomento stringente che quest'obbligo viene dal diritto naturale). A coloro che non possono restituire tutto, il confessore dica che diano quello che possono e cosi avranno modo di farlo a rate. Se dichiarasse che bisogna dar subito tutto, quando ci fosse difficile, anche se non impossibile, il penitente potrebbe abbattersi. Il confessore alle volte avr l'accortezza d'intuire, che bisogna accontentarsi d'una transazione e d'interpretare in tal senso la mente del creditore. Ad esempio quando si tratta di dipendenti che rubano ai loro padroni. Se la somma modesta (pur raggiungendo forse il limite della materia grave) si potr ammettere che restituiscano usando maggior diligenza e laboriosit nel loro servizio, con qualche prestazione non strettamente dovuta. Se la somma fosse grossa (magari rubata un po' alla volta) si presumer che i padroni siano piuttosto remissivi se il dipendente sar fedele ed onesto per l'avvenire e che si accontentino d'una restituzione ridotta, fatta quando e come sar possibile. Se il confessore dichiarasse il dovere della restituzione integrale, il penitente probabilmente non restituirebbe nulla. Se si trattasse di qualche caso discutibile sotto il profilo della giustizia, o perch il salario insufficiente o perch i padroni esigono troppo (ed il dipendente non pu in alcun modo ottenere di pi n trovare altro posto di la102

voro) allora si potr esaminare se convenga non proibire positivamente una qualche occulta compensazione per un discreto conguaglio. Ma se si considera la sempre maggiore preoccupazione dello Stato di soccorrere chi per impossibilit di lavorare si trova nell'indigenza, se si considera l'intervento dei sindacati che sorvegliano e regolano i contratti di lavoro, da ritenere che si presenter sempre meno facile il caso di chi abbia il diritto di approfittarsi della roba d'altri per vero bisogno o perch costretto ad accettare un ingiusto contratto di lavoro che non gli procura un sufficiente guadagno. Resta fermo il principio che nell'estrema necessit ognuno ha diritto a quanto gli necessario per vivere. Questo un diritto naturale. Ma bisogna tener conto, quanto al modo di usarlo, delle circostanze (fra le quali c' anche la legge civile) le quali suggeriscono il mezzo meno dannoso alla comunit, all'ordine pubblico ed al soggetto stesso che si trova nella necessit. Comunque, extra i casi eccezionali, non si pu ammetter l'occulta compensazione come prassi abituale: sono sistemi pericolosi a quelli stessi che li applicano. 6. L'obbligo della restituzione relativo all'entit della materia rubata o del danno causato. Quindi, per s, obbligo leggero c' anche se non grave l'entit della somma da restituire. Dico' per s perch anche da vedere se nel caso concreto questo dovere non sia cessato. Ad esempio quando si tratta di roba ordinaria da mangiare che un domestico consuma (o d alla propria famiglia che ha bisogno), oppure di prodotti del suolo, in poca quantit, asportati dal fondo d'altri, da supporre che il proprietario, se non indigente, voglia condonare esercitando la carit. Nei furti di non grande entit fatti allo Stato si potr considerare se virtualmente il debitore non soddisfi alla restituzione col pagamento delle tasse. Bisogna pure chiedersi, in qualche furto da poco, se l'incomodo costituito dalla restituzione, non sia sproporzionato, si da scusare. Tutto questo sia detto ed inteso con grande discrezione, senza dimenticare la delicatezza di coscienza, la abituale correttezza e sincerit d'agire, i limiti dell'altrui condono presunto. E resti fermo che bisogna educare alla giustizia. Specialmente i ragazzi. Alla loro et provano fortissime capricciose attrattive per qualche oggetto che non hanno: una penna fiammante, un quaderno dall'attraente copertina colorata, francobolli nuovi o antichi... Chi non ha i mezzi di procurarseli pu esser tentato di arrangiarsi. E ci pu essere anche chi ruba non perch abbia biso103

gno o particolare desiderio d'un determinato oggetto, ma pel gusto e la bravata della rapina e dell'avventura, o per non apparire meno spregiudicato dei compagni (si pensi all'episodio del furto delle pere commesso da Agostino all'et di sedici anni e raccontato nelle Confessioni, 1. II, e. IV-IX). Anche nei collegi, nei seminari minori, sono frequenti i furterelli. Qualche superiore forse credeva che ci sia impossibile in ragazzi che ogni giorno pregano, forse si comunicano, e frequentemente si confessano. Dava una certa libert e mostrava fiducia. Un giorno deve aprire gli occhi: nel botteghino ove gli alunni acquistano, senza troppo rigidi controlli, roba di cancelleria, risultano degli ammanchi. Che fare? Proporre qualche esame di coscienza, parlare in qualche istruzione del rispetto per la roba d'altri e della giustizia (e non solo dello spirito comunitario) non sar inopportuno. Dopo di che probabilmente qualcuno andr a confessarsi: ho preso la stilografica ad un compagno . Il confessore non minimizzi il fatto. Faccia sentire al colpevole il bisogno di restituire l'oggetto, in un modo o nell'altro (senza manifestarsi), appena possibile: con esortazione paterna, non con una imposizione nuda e brusca che pu compromettere le disposizioni del penitente all'assoluzione. Ma formare coscienze rette e delicate in fatto di giustizia necessario. Tanto pi se sono giovani abitualmente praticanti o che si preparano al sacerdozio, alla vita religiosa. Altrimenti, quale meraviglia se c' tanta delinquenza minorile, quando nei migliori ambienti d'educazione non c' il senso della giustizia? Oggi abbiamo gli scassinatori ed i rapinatori di 15-16 anni, perfettamente addestrati ed organizzati. Chi li ha istruiti? E chi ha mancato di educarli a non mettersi sul sentiero della malavita? Bisognerebbe esser forti, anzi severissimi nel formare i piccoli al culto di certe virt come l'onest, la sincerit, la giustizia. Senza queste, quale cristiano pu crescere e quale sacerdote? Perci un genitore od un superiore mander il ragazzo a restituire anche cento lire al venditore che avesse sbagliato il conto: pedagogico. E quando qualcuno rubasse un oggetto, non si faccia tante distinzioni (se la cosa ha maggiore o minore valuta, se il compagno derubato ricco o povero). Certamente pi grave rubare (sia pur poco) ad un povero che ad un ricco, rubare ad un estraneo che in famiglia. Ma coi ragazzi, se si sottovalutano certe loro mancanze, c' pericolo che fraintendano: che con larga interpretazione concludano che, insomma, si pu chiuder un occhio, che rubare ad un ricco non peccato. Questa idea, in un domani, insensibilmente potr gene104

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rarne un'altra: che per far fronte ad un bisogno economico, o per migliorare la propria condizione sociale, sia permesso promuovere rivendicazioni che importano danni e privati e comuni: si penser che le disuguaglianze sociali (non dipendenti dalle colpe dei meno abbienti) sono un'ingiustizia che il singolo ha il diritto di eliminare; anche facendosi la giustizia che crede e come crede da s, anche colla violenza, anche se ne segue un disordine sociale e pubblico. Certamente, per una convivenza pacifica ed una vita sempre migliore bisognerebbe che al bene comune (oggetto della giustizia sociale ) attendessero e coloro che sono in condizione privilegiata ed i meno fortunati. Entrambi hanno doveri e diritti. 7. Certi manuali tradizionali di teologia morale, quando trattano dell'elemosina sembra non considerino altro che quella materiale che procura vitto e vestito ai poveri. Su questa fanno una abbondante casistica. Quando poi trattano della carit verso chi nella necessit spirituale pare contemplino solo il caso d'un peccatore da convertire o di un'anima da salvare dal pericolo e dall'occasione di peccato. Cosicch, ad esempio, l'assistere e confortare una persona oppressa e depressa sarebbe una carit di ordine temporale, ma non materiale, n spirituale in senso stretto e classico. Per non la si pu ignorare quando si parla d'elemosina. Gi s. Tommaso (II-I, q. 32, a. 2) parla di sette opere della misericordia: temporale, per non solo corporale, ma anche spirituale (come pu esser l'insegnamento della verit, il consiglio buono, la consolazione data a chi nella tristezza). 8. Anche quando si ricorder il dovere di riparare danni fatti al prossimo, non si dimentichi lo scandalo dato spargendo errori od offrendo occasioni alle disordinate passioni ed al malcostume. Oggi l'argomento urgente. Un'esigenza di riparazione pu esserci non solo in virt della carit, ma della stessa giustizia per chi s'era impegnato anche ex officio a comunicare l'autentica dottrina insegnata dalla Chiesa ed a dare il buon esempio. Si pensi ai non pochi membri della comunit ecclesiale i quali in Italia hanno recentemente dato tutt'altro che la doverosa solidariet alla tesi giusta e buona dell'indissolubilit del matrimonio (Paolo VI, 15.V.74, OR, 16.V.74, p. 1). Supponiamo pure che essi abbiano agito senza rendersi pienamente conto delle gravi incidenze del loro comportamento . Ma affinch tale comportamento non si converta in loro perpetuo rimorso , dovranno farsi effettivamente... promotori della veri concezione della fami105

glia (Paolo VI, 15.V.74, OR, 16.V.74, p. 1). necessario che essi (specie se sacerdoti e religiosi) vogliano come hanno dichiarato i Vescovi Lombardi in un comunicato emesso il 14.V.74 riesaminare in proposito la loro coscienza con profonda sincerit {OR, 17.V.74, p. 2). E Paolo VI, in occasione della concelebrazione coi vescovi italiani, a conclusione della loro Assemblea generale l'8 giugno 1974, accennava al risultato del Referendum dicendo che non intendeva farne argomento di ormai superate polemiche, ma rivolgeva piuttosto un paterno appello agli Ecclesiastici e Religiosi, agli Uomini di cultura e di azione, e a tanti carissimi Fedeli e Laici di educazione cattolica, i quali non hanno tenuto conto, in tale occasione, della fedelt dovuta ad un esplicito comandamento evangelico, ad un chiaro principio di diritto naturale, ad un rispettoso richiamo di disciplina e comunione ecclesiale, tanto saggiamente enunciato da codesta Conferenza Episcopale e da noi stessi convalidato: li esorteremo tutti diceva a dare testimonianza del loro dichiarato amore alla Chiesa e del loro ritorno alla piena comunione ecclesiale, impegnandosi con tutti i fratelli nella fede al vero servizio dell'uomo e delle sue istituzioni, affinch queste siano internamente sempre pi animate da autentico spirito cristiano (OR, 9.VI.74, pp. 1-2). Dunque coloro che non son stati solidali in un tema d'ordine civile e religioso come questo, son venuti meno alla fedelt ed hanno creduto affermare propri particolari carismi venendo meno cosi alla piena comunione ecclesiale : non potest... intra unitatem ecclesiasticam esse qui ab oboedientia recedit illius qui sedet in Cathedra Ptri (S. Bonaventura, Quaest. disp. de perf. evang., q. 4, a. 3, 14, Opera omnia, Quaracchi, V, p. 191). Costoro devono sentire il bisogno di ritornare alla perfetta concordia coi loro fratelli di fede ed anche di riparare in qualche modo l'azione funesta che hanno esercitato sugli altri. Almeno se vogliono esser coerenti alla loro fede professata. Serve nulla l'appellarsi, per proprio sostegno, all'opinione ed al comportamento di altri, anche se numerosi, anche se altamente qualificati', nella Chiesa, per dottrina ed ufficio. Anche il loro resta sempre un cattivo esempio. E quindi da ripararsi. VII. La fortezza. Se la prudenza regola tutte le virt del cristiano, la fortezza le anima . Si dimostra e si esplica nella testimonianza della fede vissuta. La coerente condotta della vita una virtuale testimonianza della fede. In qualche caso per 106

l'onore di Dio ed il bene del prossimo possono domandare al cristiano un'esplicita coraggiosa professione della fede (CJC, 1325). Ma tendere all'ideale cristiano ardua impresa; domanda spesso l'eroismo. Anche il credente pu esser ghermito dalla paura. Perci necessaria la virt infusa della fortezza che ci aiuta a vincere la naturale paura. Non per una virt indipendente, non guida se stessa: ha bisogno di esser illuminata. Porta ad affrontare le situazioni disposte da Dio ed a prender le decisioni volute da Lui. Con speranza, sicurezza, fiducia. Fiducia anche in s stessi, ma subordinatamente e in second'ordine rispetto alla fiducia in Dio: per fiduciam, quae nunc ponitur fortitudinis'pars, homo habet spem in seipso, tamen sub Deo (S. Th., II-II, 128, 1, ad 2). E, per esser autentica, integrata dalla pazienza e dalla perseveranza. V i l i . La temperanza regola le soddisfazioni della gola e della sensualit. 1. I disordini della gola non superano, per s, sul piano morale, la venialit. Ma se vi si aggiunge l'uso di bevande alcooliche, stupefacenti, droghe (uso oggi diffuso fra i giovani) allora sono da rilevare gli effetti dannosi (e per il soggetto e per le conseguenze ereditarie) di questi abusi. Ai quali pare che solitamente si dia troppo poca importanza nella predicazione e nella confessione. 2. Essenzialmente diverso l'abuso in materia di sessualit: non si tratta solo di eccesso nell'uso di ci che, di per s, ordinato al bene dell'individuo, ma d'una inversione dell'ordine stabilito dal Creatore. L'atto impuro un atto sessuale privato della sua naturale finalit: quindi sostanzialmente viziato. D'altra parte l'istinto sessuale suol esser molto forte e l'uomo frequentemente cede alla passione. Pertanto certi confessori credono di dover puntare subito su questa materia con tante interrogazioni rivolte ai penitenti. Il S. Officio nelle Norme (riservate) del 16.V.1943 (De agendi ratione confess. circa VI...) ha dichiarato che male si comporterebbe quel confessore che desse l'impressione d'esser fere unice de his peccatis sollicitus (n. II). Difatti le mancanze contro la castit non sono, di massima, le pili gravi perch la naturale concupiscenza antecedente , pur accrescendo la volontariet, diminuisce la libert dell'atto offuscando il giudizio della ragione. Se il confessore si mostra quasi solo preoccupato del sesto comandamento c' pericolo che i penitenti non s'interroghino debitamente e non sentano adeguata responsabilit per tante altre mancanze gravi che, specialmente oggi, si commet107

tono: ad esempio, contro la fede (quanti difendono e diffondono Terrore contro la dottrina insegnata dalla Chiesa, ad esempio circa il divorzio, l'aborto), contro la religione e la morale (quanti coi mezzi di comunicazione - nelle sale cinematografiche, con gli scritti, con qualche radiotrasmissione cooperano a metterla in cattiva luce ed a schernirla), contro la giustizia: la corruzione amministrativa, la speculazione edilizia, l'abuso di potere, il commercio pornografico e altre forme di oppressione dell'uomo nascondono subdolamente, sotto l'involucro di strutture sociali, gravissime responsabilit di persone e di gruppi (Doc. Past. C.E.I. 12.VII.74, n. 46). Perci meglio conservare la castit come ultima materia di una eventuale interrogazione. Ci non significa che le mancanze contro questa virt abbiano a venir minimizzate. Tutt'altro. Sono quelle che maggiormente degradano l'uomo (l'ubbriaco diventa un pagliaccio, il sensuale sfrenato s'inginocchia ai piedi della pi lurida prostituta). Sono i peccati pi pericolosi anche perch tendono a ripetersi e moltiplicarsi. E cosi accecano la mente, induriscono il cuore. Julien Green, in data 15 aprile 1950, scriveva nel suo Journal : Conversazione con un giovane religioso circa il peccato della carne. Io gli dicevo che il solo peccato grave che non sia seguito immediatamente da rimorsi, e che a mio avviso la sola prova che un peccato grave, ed anche molto grave, che finisce per indurire il cuore. Nessuno pi ferocemente attaccato alla sua propria volont dell'uomo dedito al piacere. Sul giovane il peccato non ha in apparenza alcuna presa, perch niente sembra aver presa' sulla giovent. In apparenza il frutto resta meravigliosamente intatto. La putrefazione, l'indurimento non compaiono che alla lunga, ma compaiono sempre... (Journal, 1946-50, Paris, Plon, 1951, p. 360). E chi contrae un vizio sar tentato di ricorrere ad ogni mezzo pur di soddisfarlo (quanti ladri occulti che passano per persone oneste). Sono i frutti di un certo insegnamento impartito oggi da psicologi e medici secondo i quali il sentimento di colpa in materia sessuale dovrebb'esser eliminato e guarito come qualsiasi altra malattia. Diceva Pio XII ai partecipanti al Congresso di Psicoterapia e Psicologia clinica il 15.IV.53: ...// sentimento della colpa, la coscienza cio di aver violato una legge superiore di cui tuttavia si riconosceva l'obbligo... pu tramutarsi in sofferenza e anche in turbamento psichico . Per la psicoterapia tocca qui un fenomeno che non di sua esclusiva competenza, poich altres, se non in primo 108

luogo, di carattere religioso. Nessuno pu contestare che pu esserci, e non raramente, un sentimento di colpa irragionevole, persino morboso. Ma si pu avere egualmente coscienza d'una colpa reale che non stata cancellata. N la psicologia n l'etica posseggono un criterio infallibile per casi di tale specie, perch il processo della coscienza che genera la colpevolezza ha una struttura troppo personale e troppo sottile. Ma in ogni caso certo che nessuna cura puramente psicologica guarir la colpevolezza reale... La psicoterapia s'ingannerebbe e ingannerebbe gli altri se, per cancellare il sentimento di colpa, pretendesse che la colpa stessa non esistesse pi... Ancor meno la psicoterapia pu dare all'ammalato il consiglio di commettere tranquillamente un peccato materiale, perch egli lo commetter senza colpa soggettiva; questo consiglio sarebbe erroneo anche se una simile azione dovesse sembrare necessaria per la distensione psichica dell'ammalato e, perci per la finalit della cura. Non lecito mai consigliare una azione cosciente che sarebbe una deformazione e non un'immagine della perfezione divina (Pio XII, Discorsi ai medici, Roma, 1959, pp. 239-241). Ma i penitenti che non son giunti alla perdita del senso morale, quando passata la passione sentono il disgusto di s stessi e forse la vergogna d'aprirsi e di manifestare queste loro debolezze ad un uomo. Da una inchiesta condotta, anni addietro, in Francia, fra ragazze studenti, risultato che i peccati pi difficili a confessarsi sono quelli contro la purezza, specialmente quando vi si ricade indefinitamente: perch allora stato detto si ha l'impressione di mancare di volont. Per confessarli bisogna fare un atto d'umilt molto pi grande che per mancanze passeggere (P. Blanchard, Ractions contemporaines devant la Confession, Lumire et vie , X, 1955, 317). Perci il confessore, dopo aver invitato il penitente a dire i peccati che ricorda, lo aiuter se lo vede in difficolt. 3. Il S. .Officio raccomandava di non far interrogazioni su peccati di cui non c' alcun positivo e solido sospetto che il penitente si sia reso colpevole (Norme, n. 1). Per questo sospetto pu venire sia da qualche cenno od indizio diretto fornito dal peni-, tente, sia dalla sua generale situazione spirituale (come nel caso che avesse numerose altre mancanze gravi). Allora il confessore mosso dalla carit (anche se non tenuto) a rivolgere qualche domanda per poter poi dare l'eventuale consiglio opportuno. Tutto sta che l'interrogazione sia fatta in modo discreto e delicato. Per esempio, ad un ragazzo: nulla contro la modestia, la purezza? ; 109

ad un coniugato: nulla contro la santit del matrimonio e la legge di Dio per impedire la figliolanza? . 4. Perci il S. Officio raccomandava che il confessore, qualora interroghi su questa materia (di sua iniziativa o dietro richiesta del penitente), cautissime semper procedat (Norme, n. 1). E nel dubbio che una domanda sia troppa, conviene mancare piuttosto per difetto che per eccesso. In particolare coi fanciulli. Somma discrezione e cautela raccomandava il Frassinetti per evitare il pericolo d'insegnare loro ci che probabilmente non sanno ancora. N tema il confessore di mancare per questo all'integrit; poich il fanciullo non obbligato a confessarsi in miglior modo di quel che sa, n il confessore lo deve o lo pu istruire in questa materia; ... la confessione sar ben fatta ancorch non esprima bene la specie dei suoj peccati (Manuale del parr. nov., pp. 377-378). Con nessun genere di penitenti il confessore indaghi su circostanze che non mutano la specie morale del peccato. C' una sola specie (nell'ambito della castit) di peccati consumati in modo naturale: rapporto normale fra uomo e donna extra matrimonio. Ulteriori specie morali possono esser indotte da circostanze particolari ma per violazione d'altra virt (della giustizia nell'adulterio; della religione nel sacrilegio; della pietas nell'incesto). Specificamente contrari alla castit ci sono alcuni disordini contro natura, quali gli atti solitari, quelli compiuti con persona dello stesso sesso, l'onanismo (coniugale od extraconiugale). Gli atti per s indifferenti (toccamenti, ad esempio), se sono posti senza intenzione sensuale e per una causa onesta, sono leciti; posti senza ragione giustificante sono pi o meno pericolosi relativamente al soggetto e sono detti atti impudici ; diventano impuri se la soddisfazione sessuale intesa. Quanto alle anomalie, queste possono esser quantitative o qualitative a seconda che riguardano o l'intensit dell'istinto o l'oggetto dell'istinto. L'ipostenia (carenza dello stimolo sessuale) crea un problema in ordine al matrimonio (occorre la cura ed il consiglio d'un medico prudente); l'iperestesia (anormale sovreccitazione) fa sorgere difficolt in ordine alla scelta del sacerdozio ed all'impegno del celibato (il consigliere spirituale dovr studiare accuratamente il caso per formulare un ponderato giudizio). Circa le anormalit qualitative il confessore deve saper distinguere, ad esempio, l'omosessualit come vera e propria anomalia da una deviazione solo parziale o temporanea dell'istinto. La prima importa 110

nel soggetto una spontanea ed abituale inclinazione verso persone del proprio sesso, cosicch questo l'oggetto completo ed esclusivo dell'istinto sessuale. A questa inclinazione s'accompagna la avversione al sesso diverso. ovvio che non si potrebbe giudicare se si verifica la vera anomalia in una persona la quale vivesse in un ambiente dove non vede mai persone dell'altro sesso. C' infatti una omosessualit che una tendenza transitoria o non esclusiva, e pu dipendere da varie cause, come le condizioni ambientali (quale la vita collegiale), una mancanza d'evoluzione e di maturit sessuale, o qualche abitudine contratta. Anzitutto non si pu ammettere che Pomossessualit (sia essa esclusiva o parziale, permanente o transitoria) sia una forma naturale della sessualit, avente uguali diritti dell'eterosessualit. Se si tenesse questa teoria, allora chi avesse questa tendenza potrebbe concludere che inutile cercar di superarla e di guarirla. E chi si sentisse incapace di condurre una vita solitaria potrebbe ritenere giustificato il vivere in comunione di vita e d'amore, analoga al matrimonio, con una persona del suo sesso (cfr. S. C. per la dott. della fede, Dichiar. Persona Humana, 29.XII.1975, n. 8, OR, 16.1.1976, p. 1). E non neppur sostenibile l'opinione secondo la quale pur trattandosi d'una prassi che un disordine sul piano normativo teorico generale poi, sul piano della vita concreta, in forza della prudenza, lo stesso piano oggettivo dei valori ammetterebbe una flessione delle norme derivate, meno generali. Una norma morale che proibisce un'azione intrinsecamente cattiva (che resta cio sempre cattiva, per quanto mutino le circostanze) qual l'omosessualit non pu ammettere, obbiettivamente, eccezioni. In chi la trasgredisce potr, in qualche caso, mancare la piena responsabilit per mancanza di deliberazione o per ignoranza invincibile. Ma allora siamo sul piano soggettivo. Obbiettivamente, gli atti di omosessualit sono intrinsecamente disordinati e... in nessun caso possono ricevere una qualche approvazione (Dich. Pers. Hum., n. 8). Questa approvazione potrebbe e dovrebbe (per esser logici) venir data se, e nei casi in cui, la norma morale subisse^ sul piano obbiettivo dei valori, una flessione. Del resto, chi pu con certezza giudicare che quest'anomalia sia, nel caso concreto, talmente connessa con un istinto innato ed una costituzione patologica da essere assolutamente incurabile? In nessun caso (ripeto) si pu ammettere, sotto questo pretesto, che venga liberamente assecondata. Sta il fatto che molti riescono a dominare colla forza della volont e l'aiuto 111

della grazia la loro tendenza, occupandosi intensamente in un campo di lavoro prudentemente scelto, nel quale trovino il meno possibile occasioni di tentazione e di turbamento. Nell'azione pastorale si tratter con questi omosessuali con comprensione perch non tutti coloro che soffrono di questa anomalia ne sono responsabili. Si sosterranno nella speranza di superare le loro difficolt personali ed il loro disadattamento sociale. La loro colpevolezza sar giudicata con prudenza (Dich. Pers. Hum., n. 8). Col passare degli anni in seguito ad un tenace lavoro di controllo e di autoeducazione alle volte si verifica una parziale normalizzazione, per cui l'istinto si corregge e si raddrizza orientandosi anche verso il sesso diverso. A parte gli stimoli sessuali che hanno un oggetto morale specificamente diverso, bisogna notare che anche quelli che si riferiscono fondamentalmente a persone d'altro sesso possono essere infinitamente vari (c' chi eccitato solo guardando o toccando qualche determinato oggetto dell'abbigliamento femminile). Ma non necessario che ci sia specificato in Confessione. 5. Il S. Officio raccomandava al confessore (il quale vedesse conveniente fare qualche interrogazione) di cominciare dalle questioni pi generali (Norme, n. I) ( qualche mancanza contro la modestia, la purezza? ). Poi, se il penitente risponde affermativamente, si proceder passando dai peccati meno gravi ai pi gravi: pensieri? ; volontari? . Solo in caso di risposta affermativa si chieder al penitente se abbia anche fatto qualche atto non puro; e (nel dubbio) se furono atti completi. Non si faccia inchieste sull'oggetto particolare dei pensieri e dei desideri. Piuttosto si raccomandi di evitare le cause e le occasioni (sguardi, letture, films, compagnie, discorsi ascoltati e fatti...). Si eviti certe domande in forma disgiuntiva ( da solo o con donne? ) se possono suscitare pericolosa curiosit in chi forse non conosce ancora l'esistenza di certi peccati. Quando i ragazzi si accusano di atti impuri ( cose sozze , porcherie , dicono) commessi fra di loro, si supponga che si tratta di mutua procurata polluzione. Non si faccia alcuna indagine sul modo . Si raccomandi di fuggire le cattive compagnie, e, magari, si avanzi una domanda per vedere se c' nell'ambiente qualche occulto corruttore. Se il penitente fosse vittima di qualche lupo che fa strage tra gli innocenti d'una comunit, il confessore che abbia le mani legate dal sigillo, dovrebbe suggerire al ragazzo, prepararlo e prudentemente gui112

darlo a denunciare il fatto a chi pu intervenire per evitare un danno comune. Quando i penitenti non sposati accusano peccati di fornicazione con persone d'altro sesso, non si indaghi se furono commessi secondo natura od in modo onanistico. (Per la donna potrebbe darsi il peccato di tentato o procurato aborto. Ma, in genere, se colpevoli, si accusano spontaneamente). Il colpevole dovrebbe invece dichiarare se sposato e se ha peccato con persona sposata (perch in caso affermativo ci sarebbe la specie dell'adulterio). E chi commette azioni impure da supporre che abbia pure brutti pensieri volontari, in altre occasioni, anche se non se ne confessa (con certi penitenti inutile fare minute indagini). Invece, chi non si determina a compiere atti esterni (pur avendone forte sollecitazione e facile occasione) non da presumere che manchi gravemente con pensieri. Discrezione anche nel pretendere la dichiarazione del numero dei peccati. Evidentemente pi facile ricordarlo riguardo ai peccati esterni consumati che riguardo a quelli interni; pi facile se la Confessione precedente fu fatta poco tempo prima. 6. Particolarmente scabroso e tormentoso il caso, cosi frequente, di coniugati che ricorrono all'una od all'altra pratica anticoncezionale per non aver figli. Si deve interrogare su questo punto? Conviene stare alle direttive date dalla Chiesa. Il confessore non deve n disinteressarsi affatto del problema n applicare un rigorismo inutile o dannoso. Pertanto non interroghi quando su questo abuso nulla cadit in poenitentem positiva atque firma suspicio ,(S. Off., De agendi ratione..., n. I). Interroghi prudenter et discrete quando fundata adsit suspicio (ibid.). Il sospetto positivo e fondato pu venire sia da qualche cenno che il penitente abbia fatto direttamente al problema dei figli; oppure dal complesso della sua vita spirituale (se ha avuto una condotta mondana e non d segno d'essersi sufficientemente interrogato sulle sue colpe gravi...). Ma chi, pur confessandosi solo una volta all'anno, mostra d'accusarsi con cura dopo un serio esame di coscienza, questi non offre sospetti obbiettivi. ben vero che si d talora il caso di chi esente da colpe gravi nelle altre materie e manca solo in questa. Ma il confessore, ad un dato momento, quando si conformato alla direttiva generale, potr ricorrere alla presunzione ed affidare il penitente alle mani ed alla misericordia di Dio, o gli raccomander di abbracciare tutte le 113

sue colpe, anche quelle eventualmente non ricordate e non accusate, e di chieder perdono secondo che Dio vede. Il confessore potr presumere che il penitente sia sinceramente disposto specialmente quando gli abbia domandato se non gli pare di ricordar altro ed il penitente abbia risposto negativamente con tono di umilt e di convinzione. Nel caso che convenga fare una interrogazione, il confessore la formuler prudenter et discrete: chieder al penitente se sente forse qualche rimorso per non aver sempre agito secondo la santit del matrimonio e la legge di Dio per aver impedito con malizia la conseguenza dei figli. Domanda discreta, ma chiara. Se risponde affermativamente non si facciano indagini in base alla direttiva generale del S. Officio, De agendi rat., n. I sul modo (per interruzione dell'atto od uso di strumenti o di pillole); n (praticamente) si chieda sul numero o frequenza (si presume che l'abuso sia abituale: quando succede solo qualche volta i penitenti stessi lo dichiarano). Chi riconosce d'esser ricorso a questo abuso, dev'esser ammonito ed invitato a fare un proposito contrario? O si pu presumere una buona fede che sconsigli l'ammonizione? Anzitutto da osservare che il solo fatto che un penitente si confessa di praticare l'onanismo non sempre segno certo che egli sia gravemente colpevole. Certe spose si accusano anche se in ci non hanno responsabilit. Interrogate se l'abuso dipende anche da loro o solo dal marito, qualcuna sincramente riconosce che entrambi sono d'accordo nella maliziosa prassi; qualche altra afferma che il disordine dipende solo dal marito che interrompe l'atto: bisogna allora dire la parola opportuna che serva a rettificare eventualmente la coscienza della donna: essa dovr far noto al marito che sarebbe pi contenta se agisse regolarmente; e, quando le sembrer opportuno ed il momento propizio, dir la parola buona cercando di convertirlo (ma si noti bene con prudenza perch non nasca discordia). Se si sar comportata cos, bisogna assicurarla che, se il marito domanda il debito, essa pu soddisfarlo e corrispondere senza scrupoli e perplessit per evitar il pericolo che egli si raffreddi, si disgusti, si allontani (il che sarebbe un male ancor maggiore dell'onanismo). Potrebbe per aver una responsabilit la moglie stessa quando, non volendo i figli, pretendesse dal marito una totale astinenza (per lui troppo difficile) sapendo che egli per non contrariarla user irregolarmente del matrimonio. Allora virtualmente egli sarebbe indotto all'abuso 114

della moglie anche se essa direttamente non intende usare del matrimonio con malizia ma senz'altro evitare i rapporti sessuali. A parte il caso della cooperazione solo materiale ed incolpevole da parte della moglie, si pu presumere nei coniugi onanisti una buona fede che sconsigli l'ammonizione? In questa materia l'assoluta buona fede come ignoranza piena d'ogni malizia oggi non si pu supporre. Ed anche se in qualche caso ci fosse, bisogna attendere al pericolo d'un danno comune (quale si avrebbe se qualcuno frequentasse i sacramenti e parlasse, il che facile, con altri, di questo abuso come se non entrasse fra i disordini da accusare in Confessione, come se il confessore glielo avesse permesso). Ma se di massima non si presume l'assoluta buona fede, di fatto ci pu esser una certa quale sostanziale buona fede in qualche caso nel quale speciali circostanze straordinarie rendano difficilissima l'osservanza della legge di Dio. Si pensi al caso specie se si tratta di giovani sposi in cui il medico avesse dichiarato sul serio che ci sar per la donna pericolo di morte nell'eventualit di una nuova gravidanza; oppure a qualche situazione di tale indigenza che il guadagno familiare basta si e no a vivere, cio a mantenere k famiglia coi figli gi procreati... In tali casi il confessore si asterr dal turbare la buona fede. Ma rispettare la buona fede non significa affermare positivamente che questo modo d'agire lecito, tanto pi che questi coniugi riconoscono essi stessi che un comportamento che non andrebbe bene , ma pensano e sperano che Dio non li condanni (almeno gravemente) perch Egli vede la difficolt e la disposizione a non rifiutare altri figli appena le condizioni economiche miglioreranno. Il confessore esorter il penitente a pregare per aver la forza di fare pi che possibile la volont di Dio e lo assolver. Bisognerebbe pure che il penitente tenesse il caso riservato e non ne parlasse con altri i quali crederebbero facilmente che egli abbia avuto il permesso positivo dal confessore per la pratica onanistica. Ma chi dev'essere, ed , ammonito, questi deve fare il proposito di cambiar condotta se vuol esser logico e coerente nella sua Confessione sacramentale. Ed nell'ottenere il proposito che si trova pi resistenza (anche in coloro che son persuasi di non agire come si dovrebbe). Se il penitente restasse irriducibile per principio, non sarebbe disposto all'assoluzione ,(per il proposito non esige come taluni pensano una vera promessa con 115

una quasi certezza di non ricadere pi). Ed anche anzi particolarmente in questa materia il miglior confessore non quello che seccamente nega l'assoluzione a chi non fa subito H proposito, ma il confessore che fa di tutto per suscitare, nel penitente onanista, almeno una qualche disposizione positiva che sia sufficiente per poterlo assolvere sotto condizione (specialmente se uno di coloro che si accostano molto raramente ai sacramenti). Il confessore pu, quando ragionevoli motivi consigliano di limitare la prole, cautamente suggerire di ricorrere alla continenza periodica, riservando l'uso del matrimonio ai giorni che per la donna sono sterili. Questi sono individuati secondo i vari metodi. Non spetta al confessore entrare nei particolari della questione fisiologica; consigli ai penitenti di rivolgersi ad un medico che sia perito ed abbia principi religiosi e morali. La pratica della continenza periodica non nuoce all'amore ma lo alimenta. Recentemente stato divulgato l'uso del cosiddetto amplexus reservatus (unione fisica prolungata, mediante l'atto propriamente sessuale con l'intento e lo sforzo di non giungere, prima della disunione, alla piena soddisfazione). Cosi non si.otterrebbe la procreazione, bensf gli altri fini del matrimonio; e sarebbe;tin. rimedio contro la tentazione dell'onanismo. Evidentemente non si pu dirlo incondizionatamente lecito: in pratica ci pu essere il pericolo d'una soddisfazione piena separata e priva della sua naturale imaita (S. Off. 30.VI.1952, AAS, 44, 1952, 546). Occorre perci una causa proporzionata (pericolo di morte per la moglie in caso di una nuova gravidanza, impossibilit di mantenere altri figli...): stante tale causa, se, dopo l'interruzione dell'atto dovesse succedere raramente una polluzione separata si pu applicando il principio del duplice effetto considerarla un effetto accidentale, indiretto, non imputabile (se non inteso). L'osservanza della legge di Dio nel matrimonio domanda l'abitudine all'autocontrollo ed alla castit che purtroppo una gran parte di giovani non possiede quando arriva al matrimonio. Se, oltre la passione dei sensi, avessero per la moglie un profondo affetto spirituale, troverebbero la forza di sopportare temporanei periodi di astinenza. E quando questa si fa difficile eppure talora necessaria o consigliabile dovrebbero risvegliare la loro fede: coli'aiuto della grazia di Dio si possono risolvere problemi che sul piano naturale sembrano insolubili. 116

Ma non si pu approvare quanto qualcuno oggi si permette di suggerire: se un coniuge giudica che per lui il ricorso alla contraccezione sia il minor male (senza pertanto giustificarsi) gli si pu consigliare d'accostarsi abitualmente ed incessantemente alla mensa eucaristica anche senza essersi prima riconciliato mediante la Confessione (basta una periodica frequenza a questo sacramento). A chi ha fatto la sua scelta di fondo per Cristo si pensa la Comunione dar la forza ma gradatamente di osservare la legge di Dio. Senonch, a parte l'obbiettiva malizia della prassi anticoncezionale (a cui nessuno pu esser necessitato perch Dio d a tutte le anime di buona volont la grazia di evitarla), inoltre da temere che un suggerimento simile servir al penitente, anzich a correggere questo disordine, piuttosto a formarsi la coscienza che non peccato. Quando gli si dicesse: anche se Lei ricorre a questa pratica, pu andare alla Comunione senza bisogno di confessarsi ogni volta , certamente egli interpreter (o sar insensibilmente portato ad interpretare) questa concessione come un'implicita positiva dichiarazione della permissivit (in certi casi) della contraccezione. ben diverso U contegno che deve osservare il confessore nei casi in cui prudente rispettare la buona fede: allora egli non dichiara al penitente che si tratta d'un abuso che non necessario accusare in Confessione prima della Comunione. E la Confessione (oltre alla grazia sacramentale che conferisce) ha un'efficacia psicologica e pedagogica insostituibile. 7. Non minore prudenza aggiunge il S. Officio (De rattorie agendi..., n. II) occorre al confessore nei suoi consigli ed istruzioni in materia del sesto comandamento. I suggerimenti siano opportuni ed adatti ai bisogni dei singoli. Ad esempio, ai ragazzi evitate le troppe interrogazioni si rivolger piuttosto qualche viva esortazione: si metter il dito sul rimorso che frutto cattivo del peccato, sulla gioia che il frutto buono della presenza di Dio nella nostra anima; si indicheranno i mezzi necessari per conservarsi puri. Non molte domande ai ragazzi: per un minimo d'informazione sullo stato del penitente necessario se si vuol dargli un efficace aiuto spirituale: altra la condizione di chi solo ogni tanto commette il peccato impuro ed altra quella del vizioso (ci sono giovani che hanno contratta l'abitudine quotidiana). E ferma la direttiva di non entrare in particolari inutili, di non sollevare questioni im117

pertinenti, di non avanzare domande pericolose non si pu ignorare che molti ragazzi ed adolescenti non hanno idee chiare su ci che lecito e su ci che illecito in questo materia, sul comportamento da tenere (per esempio coi compagni pericolosi); qualcuno ha coscienza di quello che male ma non ha il senso dell'esempio buono da dare; c' chi ritiene peccato o peccato grave ci che non lo (azioni compiute nel sonno o nel dormiveglia, sogni in seguito a pensieri avuti lungo il giorno; non sanno con chiarezza che nello stato di dormiveglia non c' l'avvertenza necessaria alla colpa grave, che se i pensieri impuri volontari avuti nello stato di veglia sono imputabili, non lo sono i sogni conseguenti). Certo, nella catechesi e negli esercizi spirituali ci sarebbe pi tempo per illuminare le coscienze (sempre entro i limiti prudenziali imposti dall'insegnamento pubblico ), per anche al confessore pu presentarsi l'opportunit di dare un'istruzione, discreta e breve, ma pi efficace perch riservata e adatta al bisogno del singolo. Con chi tribolato dalle tentazioni eppur fugge le occasioni, occorre una decisa parola rassicurante ed incoraggiante: sono prove che Dio manda anche ai grandi santi. Chi ha la volont abitualmente contraria al peccato la retta opzione fondamentale specialmente se si ricorda di Dio nella tempesta, deve ritenersi immune da colpa, anche se ha l'impressione di aver avuto qualche compiacenza (capita facilmente alle anime delicate di temere che alle suggestioni dei sensi s'accompagni qualche consenso e desiderio). Queste tentazioni sono un mezzo tormentoso ma efficace di santificazione. Molta misericordia e carit anche con coloro che cadono e ricadono, ma umilmente riconoscono il loro peccato, son pentiti e propongono la conversione. Ci posson esser molte attenuanti. Chi, all'infuori di Dio, pu scandagliare gli abissi delle coscienze? Chi pu conoscere a fondo il carattere d'una persona, la parte che ha l'ereditariet morale e fisica, l'educazione ricevuta, l'influsso delle letture e delle amicizie e di altri fattori e circostanze che possono incidere sulla mente, sulla volont, sull'energia d'una persona? A proposito, ad esempio, della masturbazione la psicologia odierna fornisce parecchi indizf validi ed utili per formulare un giudizio pi equo sulla responsabilit morale e per orientare convenientemente l'azione pastorale. Essa pu aiutare a comprendere come l'immaturit dell'adolescenza, che talvolta si protrae oltre questa et, oppure la deficienza d'equilibrio psicologico, o l'abitudine contratta, possono influire sul modo d'agire 118

dell'uomo diminuendo la deliberazione degli atti e facendo si che soggettivamente non si contragga sempre la colpa grave. Per non si deve sempre presumere l'assenza della responsabilit grave (Dich. Pers. Hum., n. 9). E tanto meno si potr lasciar intendere agli adolescenti che la masturbazione non un disordine preoccupante da prender in seria considerazione, ma un normale fenomeno dell'evoluzione sessuale. E non si pu ammettere opinione anche questa, oggi, difesa che la colpa grave si ha solo quando il soggetto si chiude nella sua soddisfazione (ossia nella ipsazione ) senza orientare la passione verso la comunione amorosa con una persona d'altro sesso (Dich. Pers. Hum., n. 9). Il confessore parler quindi con gravit a coloro che con leggerezza accusassero i loro indubbi peccati in questa materia, o cercano di difenderli (ad esempio, i rapporti prematrimoniali). La situazione pi penosa pel confessore si ha quando i penitenti (ragazze praticanti, ad esempio) rivelano tali colpe ed aggiungono di non vedervi nulla di male. Si tenter (senza umiliarli) di toccare il loro cuore e di far capire che la Confessione non vale nulla se manca la convinzione, il pentimento ed il proposito. Ma oggi, per convertire certuni (che si dicono religiosi) pare non basti toccare il loro cuore: ci sarebbe da cambiare in loro tutta una mentalit. Corruzione di costumi ce ne fu, e tanta, in tutti i tempi (i confronti del presente col passato non sono facili perch bisognerebbe precisare i luoghi, i tempi pi o meno remoti). Il fatto oggi preoccupante che se alcuni educatori, pedagogisti e moralisti hanno contribuito ad illuminare i valori d'entrambi i sessi per un sano umanesimo, altri invece hanno proposto opinioni e modi di comportamento che sono in contrasto con le vere esigenze morali dell'essere umano giungendo al punto di aprire la via alle licenze dell'edonismo (Dich. Pers. Hum., n. 1). Di qui un disorientamento ed una confusione degli spiriti, anche fra i cristiani: principi morali, finora indiscussi, sono stati fortemente messi in discussione e molti trovano sempre crescenti difficolt nel prender coscienza della sana dottrina morale e finiscono col domandarsi quel che devono ancora ritenere per vero (Pers. Hum., n. 1). Quali frutti si pu attendersi da questa perdita dei principi morali? S'incontrano giovani d'ambo i sessi i quali hanno talmente assimilato la concezione del libero uso della sessualit da esser incapaci di sentire la bellezza e la nobilt della purezza prematrimoniale e della fedelt coniugale. 119

Tutte le norme restrittive sono viste come il residuo d'una morale anacronistica perch avrebbero avuto origine da un certo tipo di cultura e sarebbero ora superate (o messe in dubbio)'in seguito ad una nuova situazione culturale (cfr. Dich. Pers. Hum. , n. 5). Ma, siamo chiari, questo lo spirito del mondo a cui n la Chiesa n i confessori possono conformarsi. Ges l'ha detto. Ed i penitenti che per principio sono irriducibili nel voler seguire la via larga non hanno diritto a ricever i sacramenti: se li chiedono una incoerenza, una contraddizione, un assurdo. Non si tratta solo di cadute per debolezza. Perci la situazione di questi penitenti tanto pi grave. Non si nega che un complesso di fattori interni e di circostanze esterne (non ultima l'amoralismo dell'ambiente) possano talvolta diminuire la responsabilit nel singolo soggetto (cfr. Episc. Lomb.-Ven., Docum. sui principi morali..., 2.II.74, nn. 19, 25). Spetta al confessore istruire e trattare ognuno con gravit e fermezza, comprensione e misericordia secondo i casi. Il lavoro per disporre e persuadere certi penitenti non si presenter facile nel breve corso della Confessione. Si potrebbe illuminarli ed aiutarli anche suggerendo qualche libro. Ma non facile impresa l'indicazione del libro che sia del tutto buono ed adatto al singolo. Bisognerebbe averlo letto attentamente e non fidarsi con troppa fiducia del giudizio altrui (e tanto meno delle recensioni). Specialmente oggi.

9. Dolore e proposito. L'arte divina di convertire i peccatori stato detto che pel passato ci si troppo affidati all' opus operatum del sacramento e si trascurato di procurare 1' opus operantis del penitente. Certo il confessore non un meccanico distributore d'assoluzioni: se avverte che un penitente accusa peccati gravi con visibile leggerezza, cercher di suscitare in lui dolore e proposito. L'assoluzione non un biglietto di viaggio che, acquistato da chi paga il prezzo solo materiale dell'accusa, assicura l'arrivo a destinazione ". Ma intendiamoci il fatto
17 Anche in materia di indulgenze la Chiesa ha recentemente riaffermato contro ogni mercantilismo il primato della carit. Nella Costituzione Indulgentiarum doctrina del 1.1.1967 ha (contro qualche tendenza di

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stesso che uno chiede di confessarsi fa presumere che sia mosso da un sentimento di fede, d'umilt, di pentimento; pentimento che, a sua volta, si presume autentico. Quest'autenticit sar confermata da una accusa che appaia seria e sincera. All'atto pratico occorrer equilibrio: non pretender troppo, non accontentarsi di troppo poco. 1. Come maestro, il confessore, prima della sentenza, quando conveniente, istruisce ed ammonisce il penitente. Come giudice, constata se disposto, ma, come medico, cerca di disporlo. Quando gi sufficientemente disposto potrebbe assolverlo senz'altro. Ma bene che rivolga a tutti qualche parola d'esortazione. Anche a coloro che sono ottimamente disposti. L'aspettano, la desiderano. Desolante commento di qualcuna (ed anche di qualcuno) che torna dalla confessione: Non m'ha detto nemmeno una parola. Nessuna soddisfazione. Non mi pare neppure d'essermi confessata . Sono confessori diventati ormai vecchi e mestieranti? Ma taluni son giovani. Eppure han fretta di sbrigarsi dei penitenti. venuto gi meno il fervore delle primizie? Si considera questo ministero come un perditempo e come ormai superato? A nessuno conviene fare lunghe prediche, ma piuttosto servirsi di formule brevi, toccanti, incisive. l'arte e l'abilit carismatica di certi confessori, pii, dotti, sperimentati: saper racchiudere in poche parole un concetto profondo, teologico, una massima penetrante, una direttiva adatta al singolo, accendere entusiasmi di vita spirituale. (I giovani confessori fervorosi tendono a far lunghi discorsi, tante e tante esortazioni e raccomandazioni, non sempre afferrate e poi non ricordate dal penitente, specialmente se un ragazzo). Il confessore psicologo cerca di dire quello che gli sembra corrispondente ai bisogni ed alla formazione del singolo penitente. Per non sbaglia mai quando pio e sensibile comunica quello che egli stesso vive, quando sa trovare quella parola di Dio che a lui ha fatto impressione e s' dimostrata, sperimentalteologi moderni) ribadito la dottrina teologica essenziale sul suo potere e sulla sua volont di concedere la remissione della pena temporanea dovuta al peccato, ha raccomandato ai fedeli di non trascurare questo tesoro spirituale. Per ha ricordato che l'indulgenza sostanzialmente un mezzo per unirsi maggiormente a Cristo. A tal fine la Chiesa ha proceduto ad una revisione. Nella indulgenza parziale la misura della remissione della pena data dalla devozione del fedele e, per intervento della Chiesa, viene raddoppiata. L'indulgenza plenaria non si pu acquistare pi di una volta al giorno.

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mente, efficace. Le parole che vengono dalla convinzione, dall'esperienza, dal cuore e non son dette solo colle labbra e solo perch si deve incidono, anche senza bisogno di tante indagini psicologiche e tentativi. 2. Ci pu esser qualche anima che ha bisogno di particolare cura. S. Alfonso consiglia il confessore d'impegnarsi ad aiutare e disporre all'assoluzione quanto pu il penitente che ha davanti ed ha trovato non debitamente disposto: non si prenda pena che altri aspettino o se ne vadano. Attenda solo a chi gli sta davanti. Ancorch vi fosse concorso di penitenti scrive s. Alfonso non si dia fretta pi del dovere, si che per isbrigarne molti si abbia a mancare nell'integrit della confessione o nel disporre a dovere il penitente oppure nel dargli i dovuti avvertimenti (Prat. del Confess., Append. I, 1, n. VII). quanto raccomandava gi il Segneri: Dovrebbe il Confessore havere un cuor simile alle arene del Mare, come lo bram Salomone, che per qualunque inondazione di flutti... non si commuovono. Che importa che i Penitenti, ch'aspettano sieno molti? Meglio risanarne pochi, che medicarne assai, e non guarirne niuno (Il Confessore istruito, Venezia-Bassano, 1672, p. 28). Un consiglio assai benefico dal punto di vista soprannaturale ed anche naturale. Sar vantaggioso al penitente e favorir pel confessore uno stato di calma spirituale, impedir l'agitazione e la tensione che nasce dal conflitto: dalla preoccupazione di attendere con cura al singolo penitente ed insieme dal dispiacere di far aspettare gli altri che fanno la coda per confessarsi. In tali casi per bisogna limitarsi al necessario e non dilungarsi in una direzione spirituale che si pu rimandare ad altro tempo quando non ci siano penitenti che attendono. 3. Si dice che minore la facilit di disporre coloro che hanno forte attacco ai peccati contro il quinto, o il sesto od il settimo comandamento: c' chi nutre qualche radicato rancore od odio verso il prossimo, chi sembra accecato dalla passione sensuale verso una persona (cosicch, avendola tutto il giorno vicina, gli difficilissimo non ricadere nel peccato); c' chi sente grande ripugnanza a restituire la roba d'altri. (Circa il sesto creano difficolt specialmente gli occasionati ed i recidivi). Perci con queste tre sorte di penitenti il confessore dovr usare maggior carit ed esporre e proporre in modo pi vivo i motivi di conversione. E specialmente a questi raccomander come medicina la frequenza ai sacramenti. 122

4. Non si dimentichi che, se talora il penitente pu mancare di sincero dolore e di buona volont, in qualche caso ha bisogno che gli siano rettificate dal confessore (che maestro) le idee sull'essenza del pentimento e del proposito, pena il pericolo di depressioni e scoraggiamenti. Col dolore perfetto (o contrizione) il penitente detesta il suo peccato in quanto offesa di Dio oppure in quanto la causa della passione e morte di Ges. Con questo atto chi era in stato di peccato si mette immediatamente in stato di grazia. E se ama Dio, ha pure virtualmente (anche se non coscientemente) il proposito di confessare i suoi peccati secondo la volont di Dio. Tale efficacia rivivificante e risuscitante non messa in dubbio pel fatto che il peccatore mosso all'atto di carit dalla paura di morire e di non salvarsi: basta che emetta effettivamente l'atto di dolore il quale abbia come motivo immediato l'amore di Dio. Raccomandazione da rivolgere abitualmente ai fedeli, nelle prediche e nelle confessioni: che rinnovino spesso, specie subito dopo ogni colpa grave, e la sera prima di addormentarsi, l'atto di carit teologale. Unito al sacramento, anche il dolore imperfetto (od attrizione) basta a giustificare il peccatore. Il suo motivo meno perfetto, dell'amor di Dio ma dev'esser anch'esso soprannaturale (la bruttura del peccato come aversio a Deo un voltar le spalle a Dio , il timore della Sua giustizia, delle pene anche temporali, ma in quanto hanno per causa Dio, non solo in quanto conseguenza naturale d'una vita dissipata...). Ed anche il dolore imperfetto deve implicare la volont di lasciare il peccato decisamente, incondizionatamente, a qualunque costo, e senza eccezione per nessun peccato grave. In questo senso il dolore dicono i moralisti deve sempre esser sommo , se si vuol che sia vero ed efficace; sempre, anche quando si ottiene la grazia, nel sacramento, in virt dell'assoluzione. Sommo : in tal senso, non nel senso che debba esser il pi perfetto, n nel senso che debba avere il massimo grado possibile d'intensit. Nel dolore concepito per un motivo soprannaturale ed universale (il timore, ad esempio, di perder col peccato grave la felicit eterna) implicito evidentemente il proposito di non commetter pi nessun peccato mortale. E se c' l'esplicito proposito che abbia un motivo soprannaturale di non pi commettere peccati, allora c' pure il dolore dei peccati commessi; 123

ma certo meglio formulare, oltre all'atto di dolore, anche un espresso serio proposito. 5. Proposito fermo, efficace, universale, esteso (virtualmente almeno) a tutti i peccati gravi. Proposito d'una vita migliore ed anche di riparare il male fatto quando possibile e doveroso (la fiducia illimitata nella Misericordia di Dio infinitamente Provvido, s'accompagna alla pronta volont di cooperare colla grazia). Proposito quindi di fuggire le occasioni quando, considerate le circostanze, la prudenza lo suggerisce o, se non possibile fuggirle, proposito di ricorrere ai mezzi per rendersi pi forti della tentazione; proposito di procurare la riconciliazione col prossimo (se, tutto considerato, la carit lo consiglia) come raccomanda Ges (Mt. 5, 23-24); proposito di riparare, eventualmente lo scandalo, o con l'esempio d'una vita rinnovata od, in qualche caso, con un atto esplicito; proposito di riparare anche il danno materiale fatto al prossimo, quando possibile e quando, secondo i principi della giustizia, lo si prodotto con un'azione veramente ingiusta, con causalit diretta ed efficace, con la deliberazione che implica una vera colpa teologica (e non solo giuridica ), e via dicendo. Ad esempio, chi convive con un'altra persona senza valido matrimonio dovr fare secondo le circostanze uno dei seguenti propositi: o sanare la situazione e regolarizzare la relazione contraendo il matrimonio (ma talora impossibile; in qualche caso, se possibile, domanderebbe grande coraggio) o decidere una rottura e separazione (per eliminare occasione e scandalo) o se continua la convivenza proporre la castit, ed altres procurare in qualche modo che sia tolto lo scandalo cogliendo l'occasione per far nota ad altri la difficolt d'una divisione ci possono esser figli da educare ma anche la volont di vivere come fratello e sorella. Risoluzioni difficili, impossibili? Possono apparir tali, come, del resto, tutta la vita cristiana. Ma ci che impossibile colle sole forze umane, non impossibile colla grazia. E se le difficolt attuali, in certi casi, son tali che sembra giustifichino una certa qual buona fede, sono difficolt nelle quali uno per sua volont s' posto. 6. Proposito fermo ed efficace. Vale a dire seria volont attuale. Non significa propriamente e direttamente sicurezza nei riguardi del futuro, sicurezza che un'azione non sar mai pi posta. Riguarda l'affetto della volont, non un evento. E riguarda il presente affetto della volont; non si esclude che la buona 124

volont possa mutare: pel fatto che poi manca non , per s, segno che prima mancasse. Ed il proponimento sincero pu coesistere col dubbio, anzi per s colla previsione di una qualche ricaduta nel peccato (in certi casi, stante l'abitudine contratta dal peccatore, occorrerebbe dell'eroismo od un miracolo della grazia perch non ricadesse mai pi): ma se ricadr, lo far non per la presente volont che di non ricadere ma per una diversa volont. Ma qualche speranza di osservare il proposito, per, ci dev'essere: speranza fondata non sulle forze umane (con queste sole la ricaduta sarebbe certa) ma sulla grazia di Dio, dalla quale sempre si pu aspettare la vittoria. Se non ci fosse proprio nessuna speranza, si avrebbe la disperazione, incompatibile colla disposizione richiesta al penitente. 7. Il dolore dei peccati quindi un sentimento molto delicato, quando sano ed autentico. Dovrebbe scaturire naturalmente in chi ha la vera fede e sa di esser peccatore. Ma se si volesse far l'analisi di quest'atto psicologico, vi troveremmo una ricchezza ed un complesso di note, di qualit, di sentimenti, fusi con giusto dosaggio ed equilibrata proporzione. Non c' dubbio, il pentimento implica anzitutto un senso di sofferenza per il male commesso; ma il rimorso ed il senso della colpa non restano soltanto un fatto psicologico spontaneo o determinato da qualche ragione umana. Nella Penitenza che purifica e riconcilia il motivo del dolore anche soprannaturale: il pi perfetto il dispiacere d'aver offeso Dio; meno perfetto il timore di perdere la salvezza ed i beni soprannaturali. Questo dolore non disgiunto dalla fiducia nella Miserciordia. Ma contiene anche un certo timore, altrimenti potrebbe diventare presunzione. Senza la fiducia sarebbe inutile, sterile e, se intenso, porterebbe alla disperazione perch la colpa apparirebbe imperdonabile, il male irreparabile. Ma per chi crede davvero in Dio ed ha una lucida percezione della realt, ci non si verifica mai. La sua tristezza di esser un peccatore e di non esser un santo serena e fidente. Mai sconsolata. 8. Per la pratica pastorale non inutile ricordare come il pentimento essenzialmente un atto della volont. E voler avere il dolore, si pu sempre. Istantaneamente. Perci se ad un penitente sembrasse di non averlo, mentre desidererebbe provarlo, gi segno che lo ha: confonde il dolore voluto con il dolore sentito (il quale non necessario). Se non avesse il dolore 125

non sarebbe spiacente di non averlo 18. Il serio proposito di non commettere pi il male pure, in pratica, un criterio favorevole per supporre che esista anche il dolore del male commesso. 9. Ma c' qualche penitente il quale riconosce che tutto quanto il confessore gli ha suggerito giusto, tuttavia dichiara di non sentirsi di promettere . persuaso di dover cambiar condotta. E non vorrebbe pi peccare. Ma avvilito perch tante altre volte l'ha promesso e poi tornato daccapo. Perci non osa pi prometterlo sapendo d'esser tanto debole. Bisogna istruirlo che non gli propriamente chiesto di far promesse come se avesse in mano, in base all'esperienza, le prove che in grado di mantenere la parola data, come se avesse la previsione e la morale certezza di non cadere pi. Proposito non significa strettamente promessa a Dio, o voto (il quale, per esser prudente, vuole che il soggetto, in seguito ad un debito esperimento, abbia una certa sicurezza di poterlo adempiere). Per s dunque, ci pu esser il fermo proposito di non pi peccare ed insieme qualche timore di cadere ancora. Ma una speranza, ripeto, questa si ci dev'essere, speranza fondata sulla fede: tutto posso in Colui che potenzia le mie forze (Fil. 4, 13). A chi gli domandava un miracolo Cristo soleva chiedere un esplicito atto di fede (perch questa non era sempre implicita nella domanda di chi a Lui si rivolgeva per ottenere un beneficio terreno). All'adultera non chiese un'espressa promessa di non pi peccare. Disse che non voleva condannarla (alla pena della lapidazione). Ma, se perdonava il peccato, non poteva non riprovarlo. Perci aggiunse: va', e d'ora innanzi non peccar pi (Gv. 8, 11); in queste parole si pu leggere, oltre alla raccomandazione, anche una qualche fiducia nella buona volont di quella donna aiutata dalla grazia del Maestro misericordioso (Lagrange, Jean, p. 231). Quel che si richiede ad
Confessarius... si videtur ei (poenitentem) non habere sufficientem contritionem, cohortetur eum ad maiorem concipiendam illis considerationibus... quae sunt privatio gratiae, mors animae, amissio felicitatis aeternae, recessus a patrocinio divino, et accessus ad subiectionem diaboli. Deinde inducat illum ad Dei amorem propter quem dolorem et detestationem de peccatis praeteritis, propositum firmum cavendi sibi in futurum concipere debet. Quod si adhuc bis omnibus ad dolorem non sufficienter eum moveri consideret, interroget, an doleat, quod non doleat tantum, quantum deberet, et an vellet huiusmodi dolorem sufficientem concipere. Quod si annuat, satis erit... (Navarrus, Encbiridion sive manuale confess. et poenit., cap. X, n. 4, Venetiis, 1597, p. 49).
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ogni penitente di decidersi e di proporre risolutamente di non offender pi Dio; e per esser positivi di ricorrere ai mezzi necessari (naturali e soprannaturali): non mettersi nell'occasione prossima di peccato, attingere la forza alla preghiera ed ai sacramenti. Bisogna persuadere il rtcidivo che se tornato ancora/ a peccare non perch sia debole (tutti lo siamo) ma perchj non ha usato i mezzi lasciatici da Ges Cristo per fortificarci.) Se vuol avere la vita, bisogna che il peccatore ritorni alla fonte della vita. Naturalmente, quando si tratta di anime che per tanti anni sono state abitualmente lontane dai sacramenti, occorrer con senso psicologico proporre e chiedere quella pratica sacramentale che, pel momento, si prevede di poter ottenere. Un programma d'assidua frequenza, da osservare di punto in bianco, spaventerebbe. Si agir con tatto. Si far capire che le confessioni in seguito saranno pi brevi e pi facili. Si proporr un arrivederci dopo un certo numero di giorni, o per la prossima festivit ricorrente. Cos il confessore colle sue industrie cercher che il penitente, quasi senza avvedersene, contragga, un po' alla volta, l'abitudine di confessarsi frequentemente. Ma per ottenere questo bisognerebbe che il medesimo confessore guidasse il penitente in periodici incontri. 10. Giova insistere sull'intuizione e sull'abilit del confessore psicologo il quale sapr percepire e richiamare al singolo penitente i motivi di pentimento pi adatti per toccarlo, commuoverlo, smuoverlo quando stenta a decidersi per la conversione. Alle volte il processo di trasformazione graduale. Dapprima hanno efficacia motivi meno perfetti d'attrizione, soprannaturali, ma interessati: il penitente insensibile al fatto che Ges morto per lui, ma sente una naturale insoddisfazione intima, l'umiliazione per la propria debolezza e bassezza indegna, ha il timore d'una morte sulla quale pende la minaccia dei castighi eterni... Per indurre i ragazzi e gli adolescenti a vincere l'abitudine impura spesso efficace motivo farli riflettere sulla necessit di liberarsi dal rimorso stesso: rimorso che, in genere, tutti sentono, ma che si cercher di mostrare, da un punto di vista soprannaturale, come un sintomo dell'assenza dall'anima dell'Amico Divino. Agli adolescenti pi avanti negli anni, fidanzati o quasi, sar efficace, pure, far sentire la bellezza e l'esigenza di portare un corpo puro a quella che sar la compagna della vita. Ma perch il motivo diventi soprannaturale, bi127

sogna non limitarsi a questo vantaggio solo terreno ma vederlo soprattutto nella luce della volont di Dio: fin dalla eternit Egli ha amorosamente stabilito quella che sar la compagna dell'uomo per una vita felice; colla Sua Provvidenza condurr entrambi a realizzare quest'unione. E per prepararsi e corrispondere al disegno di Dio entrambi devono conservarsi puri. 11. Sarebbe sbagliato e segno d'una mentalit piuttosto giansenistica il ritenere che l'atto d'amore e di dolore perfetto sia tanto difficile e riservato ad anime elette e perfette. Difficile rompere qualche legame (che costituisce un'occasione prossima di peccato), rinunziare a qualcosa in cui una persona s' invischiata. Ma la grazia ed il motivo dell'amore di Dio aiuteranno anche in questo l'anima che abbia sincera e buona volont. Esperienza insegna che, in genere, anche gli uomini materiali e grossolani si commuovono di pi pensando a Dio offeso od a Cristo sofferente e morto per noi che non all'Inferno ed alle pene del peccato. Talvolta per, per scuotere certi spiriti freddi ed induriti dalla lunga abitudine di peccato, si sente il bisogno di richiamare pure il motivo dei novissimi : la morte ci pu visitare repentinamente quando meno ce l'aspettiamo: cosa avverrebbe, allora, se non fossimo preparati ma in stato di peccato grave, cio di rottura con Dio? Comunque, il confessore, oltre a richiamare al penitente che ne ha bisogno, questi motivi, pu sempre proporre anche quelli pi perfetti nella speranza che siano efficaci. Il timore una scossa necessaria quando l'amore non basta. E perch il penitente si dolga per amore di Dio, bisogna ricordargli quanto Egli ci ha amati per primo: Sic... Deus diiexit mundum ut Filium suum unigenitum daret (Gv. 3, 16); quanto Ges ci ha amati: diiexit me et tradidit semetipsum pr me (Gal. 2, 20). Il confessore invita il penitente alla contemplazione della croce con una triplice finalit: far sentire l'orrore per il peccato che stato la causa della morte di Ges; far comprendere quanto misericordioso Dio: a chi, pentito, crede in Lui, Cristo ripete: oggi sarai con me nel paradiso (Le. 23, 43); e terza finalit indurre l'anima penitente a vivere il mistero della croce: al martirio d'una vita continuamente animata dal senso del dovere e della conformit al divino volere. Il confessore presenter continuamente ai penitenti l'immagine del Cristo morente: siamo noi dir che l'abbiamo crocifisso per una passione disordinata, per la soddisfazione d'un istante. Ogni nostra ricaduta nel pec128

cato un'ingratitudine ch'egli ha prevista e della quale ha particolarmente sofferto. Bisogna che il singolo senta la responsabilit del suo peccato e non la riversi sulla famiglia, la scuola, la societ. la contemplazione della Croce che gli far sentire tutto il suo impegno ascetico di riparazione. Ma stato osservato se ieri si insisteva prevalentemente sulla Croce, oggi si parla solo di Risurrezione, spezzando cosi l'unit del Mistero Pasquale. Il confessore consapevole d'esser ministro d'un Dio che muore e risorge per noi. Ma anche consapevole che la stessa conversione dell'uomo che si pente dei suoi peccati resta, per noi, un mistero. L'iniziativa viene da Dio (il quale non solo aspetta ma cerca il peccatore); per Egli attende la libera risposta dell'uomo. E questa risposta , essa stessa, un dono di Dio, pur restando libera. Perci complesso e misterioso il fatto d'una conversione. E tale deve restare. Non resterebbe un mistero se volessimo troppo accentuare uno dei due fattori (grazia divina - libert umana) rispetto all'altro. Il confessore sa che, per sciogliere il velo del mistero, dovrebbe avere l'esperienza diretta dello Spirito di Dio. Perci, in definitiva, non gli resta che contemplare con ammirazione, stupore, umilt e gratitudine, ed insieme con un senso di tremore, le meraviglie della grazia e le tremende possibilit ed incertezze della libert umana.

10. L'assoluzione. Pedagogia e finalit del processo penitenziale

Secondo la norma del Catechismo Romano, se il confessore udita la confessione avr giudicato che non del tutto mancata nel penitente la diligenza per conoscere i peccati ed il dolore per detestarli, pu assolverlo (De Poenit. Sacram., n. 60, Padova, Gregoriana, 1930, p. 247). Avere l'assoluta sicurezza che il penitente ha le debite disposizioni interne sar spesso impossibile: baster quindi, per il confessore, il giudizio prudente e probabile, solidamente fondato, che il penitente disposto19. Constatato questo, se sussistesse anche qualche grave sospetto contrario, il
19 Se si esigesse di pi, nota s. Alfonso, vix ullus posset absolvi, dum quaecumque signa paenitentium non praestant nisi probabilitatem disposi- tionis (Th. Mor., 1. VI, tr. IV, e. I, dub. II, n. 461). Questa dottrina

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confessore zelante procurer di eliminarlo con una esortazione al pentimento ed al proposito. Per, per s, da parte sua pu presumere la positiva disposizione del soggetto ( la bont che si presume qualora ci fosse qualche dubbio non la malizia). Qui dunque si tratta della condotta del confessore, delle disposizioni del penitente come son viste dal ministro, della assoluzione da darsi o no; non dell'effettivo stato spirituale del penitente (che, per s, potrebbe anche non corrispondere al giudizio del confessore, il quale agisce umanamente: non scruta i cuori come Dio). Ma in ordine all'assoluzione, egli potr trovarsi di fronte a tre categorie di penitenti: quelli che gli appaiono certamente disposti 30 ; quelli che secondo il suo giudizio umano considera certamente non disposti; e quelli di cui gli pare ci sia da dubitare. I primi hanno diritto, per giustizia, ad esser assolti subito. Se hanno da riparare eventuali danni colpevolmente prodotti, o da rimuovere qualche scandalo, basta, per s, che abbiano il proposito di farlo 21 . Oggi, indizio di buona disposizione per certi uomini gi il fatto stesso che vengono a confessarsi almeno se lo fanno spontaneamente; specie in certe zone scristianizzate, in paesi dove dominano movimenti antireligiosi. Indizi favorevoli sono il sacrificio fatto per venire a confessarsi, per attendere il proprio turno, l'atteggiamento di umilt, di seriet, di fiducia in Dio. Nel nostro tempo, grazie al maggior senso di libert ed anche di coerenza nella pratica religiosa, vogliamo credere un'ipotesi il caso del peccatore che attaccato al suo peccato anche nel momento in cui s'umilia a confessarlo nel sacramento, pur sapendo che gravemente contrario alla volont di Dio. A parte questo caso, pu verificarsi piuttosto quello di chi pare classificabile fra i dubbiamente disposti: da un lato non presenta un irriducibile
s'appoggia su un passo del Corpus juris canonici: Judicium Dei ventati quae non fallit neque fallitur, semper innititur; judicium autem Ecclesiae nonnunquam opinionem sequitur quam et fallere saepe contingit et falli, propter quod contingit interdum ut qui legatus est apud Deum, apud Ecclesiam sit solutus (L. V. Decretai., tit. XXXIX De sententia excommunicationis, e. 28, A nobis). 30 Certamente disposti : nel senso inteso per la pratica dal Catechismo Romano, sopra ricordato. 21 Si veda, nella parte riguardante le categorie dei penitenti, la questione degli occasionati : se per chi in occasione prossima, continua e libera basti il proposito d'abbandonarla perch possa esser assolto o si richieda il previo distacco.

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rifiuto di lasciare il peccato grave o di adempiere qualche obbligo grave, dall'altro d segni negativi che pare compromettano anche la solida probabilit della buona disposizione richiesta. Faccio l'esempio di chi ricade sempre negli stessi peccati senza dimostrar d'opporre resistenza alle tentazioni (se ne parler a proposito dei recidivi); di chi si confessa con una certa leggerezza e freddezza, senz'umilt e senza propositi rassicuranti; di chi viene ai sacramenti pi che altro (come risulta dal suo stesso colloquio col confessore) per far piacere alla moglie od alla madre e difatti nella confessione pare gli faccia difetto quella spontanea compunzione e quella personale convinzione che si desidererebbero... In questi casi l'assoluzione sarebbe da differire. Ma se c' qualche ragione pu esser consigliabile il darla subito (sotto condizione): in caso di pericolo di morte, d'infamia; se il penitente dovesse stare poi a lungo senza la grazia sacramentale; se ricorre il precetto annuale della Confessione e Comunione; se si tratta di persone che forse non hanno il pieno uso della ragione (ragazzi forse non ancora capaci della colpa grave cosicch si dubita se certe mancanze dipendano da malizia consapevole o da immaturit psichica); deficienti che si accusano ogni tanto di peccati gravi; fidanzati che si confessano prima del matrimonio... In linea di massima, oggi conviene adoperarsi per disporre chi risulta dubbiamente disposto. C' da temere che chi fosse invitato a ritirarsi per prepararsi meglio, non ritorni pi. Ed il miglior confessore non quello che sa negare o differire l'assoluzione ma quello che aiuta il penitente a poter ricever l'assoluzione. Altro caso imbarazzante: quello d'un penitente che s' posto in qualche situazione moralmente irregolare, dalla quale non vede pi come poter uscire, pur riconoscendosi peccatore. Si pensi a chi, sposato, s' separato dal coniuge, ha intrapreso un'altra relazione, ha avuto dei figli, forse ha ottenuto il divorzio. Rompere questa seconda relazione pu presentarsi praticamente impossibile, essendoci di mezzo i figli. Qualche volta la gente ignora (solo il sacerdote lo sa) che si tratta d'una relazione che non un vero matrimonio. I principi morali sono chiari. Per l'assoluzione, in casi del genere, il penitente che continuer a convivere con l'altra parte dovrebbe aver il proposito di osservare la castit. Per la Comunione bisogna inoltre attender all'eventuale scandalo. A tale riguardo meno pericolo ci sarebbe se non fosse nota pubblicamente l'irregolarit dei due che convivono senz'esser sposati, o se la Comunione fosse fatta solo privatamente. Qualche facile moralista ha recentemente scrit131

to al proposito che si potr sempre sostenerli con una parola buona e se gradita con una autentica direzione spirituale . E questo senz'altro. Ma, stato aggiunto, oggi ci si chiede se debbano sempre essere esclusi dai sacramenti costoro che in realt vivono in concubinato. A qualcuno sembra che il problema dovr esser studiato attentamente dalla chiesa locale nei suoi molteplici aspetti. Potr esser utile concedere subito a persone responsabili il diritto di esperimentare un nuovo trattamento pastorale... Il problema stato scritto aperto. Ci vuole solo la volont di risolverlo sul piano teorico da parte degli studiosi e sul piano pratico-sperimentale da parte dei pastori. In questa fase di esperimentazione accettabile anche un pluralismo di opinioni . S'intende proporre cosi un trattamento pi umano coi divorziati, non negando loro i sacramenti della Confessione e della Comunione: non ci sono si pensa difficolt in foro interno , ma solo quella di evitare lo scandalo dei fedeli, ma si potr evitarlo, si dice, se i sacramenti saranno dati in una comunit che ha discusso il problema, o altrove, dove la coppia non figura irregolare . Ed a conferma di questa tesi, qualcuno crede di poter affermare che tale prassi all'estero oggi anche "approvata" almeno dal tacito consenso dei vescovi . Ora, in queste considerazioni ci sono molteplici confusioni. Chi divorzia viola una legge morale non solo ecclesiastica ma divina e naturale (perci non si pu ammettere epikeia ) a . Chi divorzia si* pone dunque fuori della Chiesa: non pu pretendere le grazie che sono concesse attraverso i sacramenti nella Chiesa. Situazioni
Non si pu propriamente ammettere, interpretando la mente del legislatore, che la legge naturale cessi in qualche caso particolare (cessazione della legge che i moralisti chiamavano epikeia). Difatti la legge naturale esprime le esigenze della natura umana stessa, stabilisce un ordine indispensabile anche nei casi particolari e proibisce ci che intrinsecamente illecito (cfr. Suarez, De legibus, 1. 2, e. 16, n. 2 e 10; Vermeersch, I, 1947, n. 190). Solo una certa qual specie di epikeia si pu affermare, cio quando la legge naturale non enunciata adeguatamente. Per esempio, da render a ciascuno il suo, purch (si sottintende) lo chieda ragionevolmente. Non lecito uccidere un innocente, salvo (si sottintende) il supremo dominio di Dio (cfr. Aertnys-Damen, Ih. Mor., I, 1944, n. 135). Non altre eccezioni ammetteva s. Alfonso (come appare da tutta la sua dottrina) quando affermava la possibilit dell'epikeia anche nella legge naturale (Th. Mor., t. I, 1. I, te. 2, n. 201). Altrettanto si dica di s. Tommaso (I-II, q. 94, a. 4 e 5; nella q. 100, a. 8, dimostra che i precetti del decalage sunt omnino indispensabilia ).
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tragiche, d'accordo, che possono, ad un dato momento, far sentire ad un'anima il bisogno dei sacramenti e tutta la sofferenza di esserne priva. Ma, se, essendoci dei figli da educare, impossibile venire ad una separazione, e se, convivendo, ritengono che la castit impossibile ed in buona fede sperano che la Provvidenza comprenda la situazione e non pretenda l'impossibile? Se questa buona fede ipotizzabile, allora possiamo pensare che la Provvidenza preparer un'altra via alle anime di buona volont. Non si dice che ci sono anche dei protestanti (non si sa quanti) i quali, in buona fede, senza i sacramenti hanno una fervente vita interiore ed un'intima unione di amicizia con Dio? Del resto, non si dimentichi che certuni domandano si i sacramenti, ma sono essi stessi convinti di non poterli ricevere perch sarebbe una incoerenza; e ci sono anche motivi umani (sia pur rispettabili ed onesti, come l'esempio da dare ai figli) che li muovono a tentar d'ottenere ci che si meraviglierebbero, essi stessi, intimamente, se fosse loro concesso. La sperimentazione delle Chiese locali non potr cambiare la legge morale naturale. Nessun Vescovo pu n espressamente n tacitamente approvare un confessore che assolva e permetta di accedere alla Comunione coloro che hanno divorziato, a meno che non abbiano il fermo proposito di vivere come fratello e sorella e non ci sia lo scandalo della comunit. Da taluni oggi si adduce la ragione del minor male: vale nella situazione di certi divorziati, dicono. Perci, anche se non propongono di vivere castamente potrebbero esser assolti ed ammessi ai sacramenti quando si amano generosamente, sono impegnati seriamente nell'educazione dei figli, pregano quotidianamente, soffrono per la lontananza dai sacramnti . Ora, bisogna distinguere: ci potranno esser ragioni (specialmente l'educazione dei figli) che giustificano la convivenza, ma non l'unione sessuale: questa concubinato e non si giustifica con la teoria del minor male: il male resta sempre male. Perci il proposito di vivere castamente occorre in base alla dottrina sempre tenuta dalla Chiesa: implicita nella semplice definizione che il Tridentino e il Catechismo Romano danno del dolore, primo requisito chiesto al penitente: animi dolor, ac detestatio de peccato commisso, cum proposito non peccandi de cetero (Cat. Rom., p. 227). Perch si abbia, vero dolore e vera penitenza bisogna, dice poi il Catechismo Romano, che il penitente si dolga di tutti i peccati, li confessi e pensi alla conversione. Primum... necesse est peccata omnia, quae admisimus, odisse et dolere (il che in un divorziato 133

che ama la sua compagna pu esserci e pu non esserci); ne si quaedam tantum doleamus, ficta et simulata, neque salutaris Poenitentia a nobis suscipiatur... Alterum est, ut ipsa Contritio confitendi et satisfaciencfi voluntatem coniunctam habeat... Tertium est, ut poenitens vitae emendandae certam et stabilem cogitationem suscipiat (pp. 231-232) (ed questo che sar difficile nei divorziati: il proposito di non continuare a vivere come marito e moglie in una unione anche sessuale la quale solo per gli sposati legittima).

11. Trasformazione immediata o progressiva del penitente? curioso come quelli che criticano oggi la Confessione privata, adducono varie ragioni che sono fra loro contraddittorie. Ad alcuni sembra che dovrebb'esser stimolata maggiormente l'attivit del penitente (l' opus operantis ) perch c' pericolo che si confidi nell' opus operatum del sacramento come in uno strumento a magico effetto. Ad altri al contrario pare che si sia data, pel passato, troppa importanza alla riflessione psicologica, richiesta al soggetto penitente, e sia venuta meno la sua fede semplice nell'efficacia risanante e trasformante del sacramento, l'abbandono al Dio misericordioso, al Cristo redentore. Costoro pensano che il confessore, invece d'indicare ed esigere tante opzioni e propositi particolari secondo il metodo casistico, farebbe meglio a rimettere le decisioni alla coscienza del penitente suscitando, in lui, piuttosto atti generali di fede, di speranza, di fiducia nell'ispirazione e nell'azione di Dio. In realt, una questione d'equilibrio, dal momento che la grazia, concessa da Dio nel sacramento, domanda la collaborazione dell'uomo. Recentemente stato scritto che secondo la dottrina del Concilio Tridentino il perdono divino non una semplice amnistia, ma causa una trasformazione progressiva del penitente, il quale, sotto l'influsso della grazia, faticosamente si eleva attraverso il timore, la speranza... fino alla riconciliazione con Dio (Z. Alszeghy, Sar abolita la confessione?, La Civilt Cattolica , 2.V.1970, p. 256). Certo non un'amnistia perch l'amnistia pu esser concessa anche se il reo non fosse intimamente pentito del male commesso. Nella Penitenza richiesta la riforma interiore, personale, libera: riconoscimento e dolore sinceri del peccato col propo134

sito serio di non pi commetterlo. Bisognerebbe per precisar meglio cosa s'intende affermando che il penitente, quando riceve questo sacramento inizia una progressiva conversione e trasformazione che lo porter fino alla riconciliazione con Dio. Dobbiamo tener per certo che in chi ha il dolore, il sacramento opera immediatamente questa riconciliazione. Il Tridentino chiama bens la Penitenza laboriosus quidam baptismus (come era stato detto dai Padri) (D.S. 1672) ma nel senso che questo sacramento richiede nel peccatore lo sforzo del pentimento e del proposito (il che non sarebbe richiesto in chi ricevesse il battesimo, raggiunto l'uso di ragione, senz'aver peccati personali). E lo stesso Tridentino aggiunge che non solo la contrizione (motivata dall'amore di Dio) ma anche l'attrizione (purch il motivo di questo pentimento anche se inferiore alla carit sia, almeno implicitamente, riferito a Dio e contenga il proposito di lasciare il peccato a qualunque costo), anche quest'attrizione basta ad ottenere l'effetto del sacramento (D.S. 1677). E dichiara esplicitamente che questo effetto la riconciliazione con Dio (D.S. 1674). Riconciliazione che si opera certamente anche se tale grazia non percepita e sentita. Ordinariamente detto avviene che le anime pie le quali ricevono con devozione questo sacramento, hanno ogni tanto un senso di pace e di serenit della coscienza con grande consolazione spirituale (D.S. 1674). Il confessore deve assicurare quindi il penitente che, quando il dolore soprannaturale (anche se non perfetto ) non gli manca, pu fermamente credere grazie al sacramento nel perdono immediato e gioire subito della ritrovata amicizia con Dio. Tutto il Vangelo attesta che la riconciliazione del peccatore con Dio avviene istantaneamente, appena l'anima riconosce umilmente la sua colpa ed implora, pentita ma fidente, la salvezza. Il buon ladrone al compagno: Nemmeno tu temi Dio... riceviamo quel che dovuto alle nostre azioni... E diceva a Ges: Signore, ricordati di me, giunto che sarai nel tuo regno. E Ges gli disse: In verit ti dico: oggi sarai con me nel paradiso (Le. 23, 40-43). Ricuperato lo stato di grazia, non sempre il penitente ottiene anche un'immediata conversione e riforma effettiva. Consigliato ed aiutato, all'occasione, dal confessore, avr forse tutto un lavoro interiore da compiere per metter in pratica i propositi, toglier gli ostacoli. Ed oltre alla conversione morale c' quella ascetica , dal bene al meglio. In questo senso si pu dire che il perdono divino causa una trasformazione progressiva del pe135

nitente . Per non bisogna confonder il perdono di Dio, che opera l'immediata riconciliazione del peccatore, con il lavoro di riforma che, praticamente, pu conoscer ritardi, progressi e regressi. N bisogna confonder l'ufficio di consigliere a cui il confessore pu esser chiamato (per aiutare il penitente a perseverare nella grazia ricevuta, a realizzare quanto ha proposto) con quello di ministro del sacramento. La dottrina cattolica formulata dal Tridentino sull'efficacia del sacramento nell'anima del penitente attrito contrasta con la concezione luterana. Secondo la quale il peccato cessa d'esser imputato quando l'uomo ha e sente ferma fiducia in Cristo redentore, e crede nel proprio stato di grazia, quale effetto della sola fede. Ma a questa certezza non si perviene se non attraverso grandi prove, sofferenze, fors'anche per la strada della disperazione. Una disperazione che salva se porta alla fiducia. L'attrizione, invece, secondo il riformatore un sentimento inferiore che rende l'uomo ipocrita ed ancor pi peccatore (D.S. 1677). I nostri peccati sono rimessi solo in virt del sangue di Cristo. E perci Lutero ritiene che da parte nostra abbia valore in ordine alla salvezza solo la fiducia nel Redentore. Per quanto riguarda la pratica religiosa dei cattolici, se giusto denunciare un uso del sacramento che si riducesse ad una specie di magia o sapesse di superstizioso, non bisogna per esagerare. N quando si critica il passato, n quando si propongono riforme per l'avvenire. C' anche il pericolo di far credere che il sacramento della Penitenza supponga nell'anima una cosi forte volont di conversione, purificazione e santificazione da esser riservato a poche anime elette. Ma ci sono anche i deboli che ricadono nel peccato (e per insufficiente decisione di volont e per la forte concupiscenza e per l'abitudine contratta) ma non mancan di fede, vorrebbero risorgere ed han bisogno della Confessione e della Comunione per eliminare, un po' alla volta, le loro ricadute nel peccato. Cristo possiamo credere vuole che la grazia del sacramento giunga anche a costoro, se sono sinceramente pentiti. E non si dimentichi che la Confessione se in certi casi domanda, per esser una cosa seria, la sincera e, si direbbe, eroica rinuncia ad un passato per un dono di Dio, prima e pi che un atto di volont ed un sacrificio dell'uomo. Dono della grazia, dono della liberazione, dono d'una vita nuova. Bisogna infonder nei penitenti questa fede. Senza di essa il peccatore 136

che sente tutta la propria fragilit e l'invincibile concupiscenza ed coerente non potr n capire, n accettare, n desiderare questo sacramento.
12. Il confessore deve ancora assegnare penitenze per i peccati?

Il confessore dev'esser un diligente ministro che cura l'integrit del sacramento. Dev'esser anche medico intento alla guarigione delle anime dai loro vizi. 1. Perci dopo aver conosciuto lo stato del penitente e dati gli opportuni consigli impone la soddisfazione (o penitenza). Anche se si tratta di colpe solo veniali o di mortali gi direttamente rimesse, non omette di suggerire una qualche penitenza, per quanto leggera. Soddisfazione che ha quattro finalit: riparare l'offesa fatta a Dio; partecipare attivamente all'opera redentrice di Cristo in unione con la Chiesa; ottenere il condono delle pene che restano da espiare dopo il perdono dei peccati; produrre un benefico effetto medicinale: reagire al male, puntare al bene ed al meglio. Spero non sia vero quanto si legge nell'inchiesta sulla Confessione fatta da La Vie Spirituelle , dicembre, 1968, p. 487: che molti confessori ormai non assegnano pi penitenze (mentre dalla stessa, inchiesta risulta che chi si confessa ne sente invece il bisogno e le desidera). Se fosse vero, sarebbe da concludere che per smania di novit si omette di dare alla Confessione tutto il suo senso penitenziale (come da molti si omette un minimo di direzione spirituale concentrata nelle brevi parole di esortazione). E poi stranezza e contraddizione s'accusa la Confessione privata d'esser diventata uno strumento per ottenere effetti quasi magici. Ma chi l'ha fatta diventare una magia? Una qualche penitenza da imporsi sempre (anche se questo obbligo del confessore e quello conseguente del penitente non sono gravi quando la materia della Confessione non necessaria). Al penitente, come atto e disposizione necessaria, richiesta l'accettazione della soddisfazione (imposta, s'intende, per peccati gravi confessati e rimessi per la prima volta). L'adempimento della soddisfazione non parte essenziale, ma integrante, del sacramento gi ricevuto. La penitenza dovrebb'esser, per s, proporzionata alla gravit 137

ed al numero dei peccati accusati, nonch alla condizione del penitente. Si pu sempre assegnare un'opera gi comandata da un'altra legge (come la partecipazione alla Messa festiva, la Comunione pasquale). In questo modo e con altre industrie non difficile imporre una penitenza per s grave la quale sar compiuta dal penitente senza tanta fatica. Ad esempio si pu assegnare la Comunione (con l'aggiunta di qualche preghiera): Comunione che molti hanno gi intenzione di ricevere dopo la Confessione. Ottima soddisfazione da suggerire qualche opera indulgenziata: ad esempio l'acquisto del Giubileo, quando ricorre: una penitenza grave e tale resta anche per chi venuto a confessarsi proprio in vista del Giubileo. Quando, in altri casi, non consta della possibilit e intenzione del penitente, gli si chieder, per delicatezza, se pu e si sente di fare l'opera prescritta dall'indulgenza plenaria. (Chi impedito da malattia o da altra grave causa pu acquistare il Giubileo senza far visita alla chiesa, offrendo le proprie sofferenze ed unendosi agli altri con la preghiera). Ma le indulgenze, oggi, da qualche cattolico che vuol evitare una materia di dissenso coi Protestanti, son considerate con poca simpatia; oppure si va dicendo che la concezione cattolica tradizionale dell'indulgenza superata. Ma sostanzialmente non c' stato cambiamento da parte del Magistero: la Chiesa raccomanda ancora di non trascurare questa pratica santa, basata su sicuri fondamenti teologici; tuttavia, vero, ha affermato il primato della carit e dell'unione a Cristo (per esempio abolendo, nell'indulgenza parziale, la misura in giorni o anni e prendendo invece come misura la piet, la devozione, il fervore personale del fedele); con la stessa finalit la Chiesa ha stabilito che l'indulgenza plenaria non si possa acquistare pi d'una volta al giorno ed ha sottolineato la necessit del distacco da ogni affetto disordinato. Ma, ripeto, la Chiesa raccomanda che non si trascuri la pratica delle indulgenze. In quella parziale, per intervento della Chiesa, vien raddoppiata quella remissione della pena che il soggetto ottiene nella misura del suo fervore. Di questo dono della Chiesa si pu approfittare, quindi, nella prassi delle penitenze per i peccati. Sar edificante quel confessore il quale, intuendo che il penitente difficilmente compirebbe una grave soddisfazione, lo avverte che si assumer in sua vece e in suo favore l'aggiunta di qualche altra opera penitenziale. Comunque, pu sempre chiedere al penitente se un'opera gli troppo difficile, o dare una 138

certa opzione aggiungendo che ha facolt di compiere l'opera quando vorr e quando potr farlo agevolmente. Se poi il penitente fosse incapace di fare alcuna penitenza positiva, non sarebbe necessario imporla, neppur colla clausola di farla quando potr. il caso di certi ammalati gravi: si potr suggerir loro un'invocazione, dar a baciare il crocifisso, invitarli a sopportare con fede i dolori come una penitenza per aver il pieno condono delle mancanze ed acquistare incommensurabili meriti per l'altra vita. 2. La penitenza, come si disse, dovrebb'esser anche medicinale (oltre che penale). Medicinale significa non solo proporzionata alla gravit dei peccati, ma corrispondente alle specifiche condizioni ed infermit spirituali del soggetto. Perci la prassi di dare a tutti come penitenza la recita di qualche preghiera, non sarebbe l'ideale. Ma anche nel correggere quest'abitudine bisogna andar cauti. Alle volte qualche penitenza che non ardua ed,.insieme, corrisponde alle colpe commesse si offre a portata di mano: a chi s'accusa d'aver mancato alla carit verso qualcuno si pu suggerire di dire una preghiera proprio per quella persona. Qualche giovane riflessivo e generoso propone lui stesso al confessore che, come penitenza per peccati d'impurit, gli sia imposta l'astinenza da qualche soddisfazione, non proibita, della gola (stare un giorno senza fumare). Se lo chiede il penitente non v' difficolt. Ma se lo propone il confessore c' qualche pericolo: che il penitente, al momento, abbia timidit nel rifiutarsi o pensi di mantenere il proposito ma, poi, per una causa o l'altra, non lo adempia. Per evitare queste complicazioni, il confessore per lo meno dovrebbe chiedere al soggetto se gli pare d'esser liberamente e sinceramente disposto a fare una penitenza simile. Comunque, per una ragione o l'altra, praticamente e normalmente ci si riduce ad imporre come penitenza la recita di alcune preghiere o la Comunione. I penitenti desiderano una penitenza che sian sicuri di compiere e di compier presto; non amano certo contrarre obblighi a lunga scadenza; tanto meno se non avessero, per oggetto, prestazioni ben definite o dipendessero da qualche circostanza aleatoria ( fare un atto di carit verso una persona quando si presenter l'occasione : ma cosa? e quando?). Il Cafasso voleva e cercava che le penitenze fossero brevi, ben determinate, pratiche, esterne. In definitiva, le preghiere restano sempre un'ottima penitenza (anche se sembran poco medicinali). Sarebbe certamente sbagliato dar l'impressione che la preghiera sia 139

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anzitutto una penitenza o sia la sola penitenza possibile. Ma on il caso d'aver scrupoli e rimorsi nell'assegnarla come penitenza. Basta pensare quale valore ha quest'atto se vi si mette il cuore. ci che meglio corrisponde come gesto libero e gratuito al perdono gratuito di Dio. Certamente le penitenze che, secoli addietro, venivano imposte ai convertiti erano pi gravi di quelle oggi in uso. Con ci si metteva pi in rilievo l'offesa fatta a Dio e l'esigenza della riparazione. La mitezza delle penitenze odierne mette invece in evidenza la misericordia ed il perdono di Dio per suscitare sentimenti di gioiosa riconoscenza nel peccatore. Sarebbe segno d'una mentalit farisaica la pretesa di ricomporre l'equilibrio fra i nostri debiti e la giustizia di Dio ad aequalitatem (come nella giustizia commutativa). La penitenza rester sempre e soltanto un umile gesto che testimonia la nostra buona volont rinascente (cfr. La Vie Sp. , 1968, XII, 484): la misericordia di Dio, sono i meriti di Ges Cristo che ci salvano. Una vita di macerazioni non sarebbe che un granello di sabbia gettato su un foglio sterminato di debiti. Ed il perdono non un'"oncia" di grazia ma il dono stesso dello Spirito, il quale non conosce la misura e di cui abbiamo bisogno in maniera smisurata {Orient. per un rinnov. della prat. perni., o.c , p. 35).
13. Amico prudente e fedele (Cat. Rom.)

Pel confessore vicario di Cristo Signore dice il Catechismo Romano {De Voenit. Sacram., n. 37, p. 235) stabilita... la legge severissima del perpetuo silenzio . La legge naturale lo obbliga al segreto su ci che gli rivelato dal penitente ai fini d'un consiglio. Ma c' un vincolo estremamente pi stretto, assolutamente inviolabile: il sigillo sacramentale . 1. inerente ad ogni Confessione sacramentale e soltanto alla Confessione sacramentale. Sacramentale la Confessione fatta per ottenere l'assoluzione. Il sigillo tiene anche se la Confessione fu solo cominciata, o sacrilega, anche se venne negata l'assoluzione e non si ebbe il sacramento. Non ci sarebbe invece nessun obbligo del segreto se constasse che una persona (son fatti reali) s' finta penitente ed ha intrecciato un colloquio col confessore solo nell'intento di sentire (o registrare) le sue risposte a scopi, ad esempio, pubblicitari. Ma se l'intenzione d'un penitente d'ottenere l'assoluzione, egli ha una cauzione ed un salvacondotto che lo assi140

cura contro gni rivelazione (ed ogni uso indesiderato) di quanto confida al confessore. Appunto perch egli ha il dovere di esporlo al sacerdote solo al fine d'ottenere l'assoluzione. Le regole comuni riguardanti l'obbligo del segreto naturale non bastano dunque: non cesserebbe l'obbligo del sigillo neppure se urgesse evitare uno scandalo pubblico; piuttosto che violare il sigillo si dovrebbe persino amministrare il sacramento della Comunione ad un sacrilego; e se una persona violasse il sigillo narrando un peccato udito stando presso il confessionale, tutti coloro che ne venissero a conoscenza sarebbero gravissimamente obbligati al segreto. 2. Ho parlato di rivelazione e di uso di notizie avute in Confessione. Il CJC (e. 889; 890) fa una chiara distinzione (mentre in molti autori del passato si nota una certa confusione). Rivelazione, o pericolo di rivelazione: la violazione propriamente detta del sigillo. Diretta, quando vengono manifestati apertamente il peccatore ed il suo peccato. Indiretta quando si narra il peccato, oppure si rivela il peccatore, ma col pericolo che chi ascolta colleghi i due termini. Questa violazione propriamente detta (sia diretta, sia indiretta) sempre intrinsecamente illecita e quindi assolutamente proibita. Sempre stata ritenuta tale, anche se la rivelazione avesse per oggetto un minimo peccato veniale. Dalla violazione propriamente detta del sigillo (e quindi anche dalla rivelazione indiretta) il Codice ha distinto l'uso delle notizie acquisite dalla Confessione. Quest'uso detto omnino prohibitus se fatto cum gravamine poenitentis . Perci se un Superiore, dopo aver ascoltato la Confessione d'un dipendente (il che, per ovvi motivi, sconsigliabile), cercasse tutti i pretesti per espellerlo dalla casa (decisione che non avrebbe presa senza le informazioni avute dalla Confessione) farebbe un uso illecito di tale conoscenza acquisita: illecito appunto perch gravoso al penitente. Non invece proibito, anzi, che il confessore conoscendo meglio dalla Confessione un penitente, le sue difficolt ed i suoi sforzi gli mostri pi stima e benevolenza di prima. Ma il confessore non pu rifiutare la Comunione ad un penitente che gliela domanda se solo dalla Confessione fosse venuto a sapere che il soggetto non pu, al momento, riceverla pubblicamente per ragione di scandalo (ad esempio d'un notorio concubinato). Neppur potrebbe pregare la concubina (in base a quanto ha conosciuto solo dalla Confessione) d'allontanarsi durante la Comunione dalla stanza del morente, per evitare lo scandalo. al penitente, durante la Confessione, che il confessore deve di141

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chiarare quanto deve fare; oppure a lui deve chiedere il permesso di dare qualche avviso necessario perch sia tolto lo scandalo. (Perci consigliabile che, prima di portare ad un ammalato, non ben conosciuto, la Comunione, il sacerdote gli faccia qualche visita per rendersi conto della situazione e delle disposizioni del soggetto). Il confessore d'una comunit, alla quale egli tiene pure delle istruzioni, pu bens per esser pratico prender i temi anche da quanto apprende nelle confessioni. Purch per si tratti di difetti che, pi o meno, si trovano in tutte le comunit del genere. Non, invece, se si trattasse di disordini particolari propri di quella singola comunit. D'altra parte non si deve neppur paralizzare la predicazione con esagerati riguardi e timori che qualcuno possa collegare quanto ascolta con quanto ha accusato, in Confessione. Con tali ansie un predicatore (che sia anche confessore in una comunit) non colpirebbe mai efficacemente il male. Scriveva il Frassinetti colla sua saggezza ed equilibrio: ... Neanche in materia di sigillo... sono buoni gli scrupoli, sempre d'altra parte riprovevoli, sempre dannosi. Ecco adunque la regola da tenersi. Dei peccati sentiti in Confessione non si parli mai senza che vi sia una qualche utilit di parlarne, e non se ne parli neppure quando non paia esservi alcun pericolo di violazione di sigillo. Che se invece siavi qualche utilit di parlarne: quando cio siavi qualche utilit di servirsi delle cognizioni avute per mezzo della Confessione, non se ne parli mai ove siavi un vero morale pericolo di far conoscere direttamente o indirettamente chi li abbia commessi, oppure ove siavi un vero morale pericolo che il penitente soffra gravame dalla sua Confessione. Quando poi il pericolo soltanto possibile, non vi si deve attendere. La ragione , perch il possibile non pu essere regola per le umane azioni, n quanto al farle, n quanto all'ometterle... L'uomo deve far caso soltanto di ci che probabile, e non guardare mai al possibile... Lo scambiare il probabile col possibile la fonte d'innumerevoli scrupoli, abbagli ed errori (Compendio della T. Morale di s. Alfonso, II, Torino, S.E.I., 1937, pp. 183-184). 3. La casistica in questa materia abbondantissima. I moralisti parlano anche di una violazione indiretta del sigillo in senso largo che si avrebbe quando il confessore raccontando ad altri un peccato udito da un penitente che appartiene ad un gruppo o ad una comunit, facesse sorgere il sospetto su tutti i membri 142

\ di quella comunit (sospetto tanto pi probabile e pericoloso quanto pi esiguo il gruppo); oppure quando il confessore viene cosi a ledere la fama di una comunit (numerosa) o di un luogo (escluso ogni pericolo di sospetto nei singoli). Ma meglio lasciar la casistica e tener l'aurea norma: non parlare mai... n in pubblico n in segreto di ci che avvenuto in confessionale, neppure usando le cautele che sembrassero sufficienti a salvare il sigillo (G.M.C., Tratt. per confessori, p. 38). Difatti i fedeli hanno un concetto altissimo del segreto sacramentale: presumono che tutto quanto detto al confessore sia sepolto in una tomba. Qualche confessore, ad esempio, chiacchierando, racconta ad altri che una data persona (che tutti sanno esser suo penitente) piena di scrupoli, o ha la tendenza allo scrupolo. Nessun penitente che venisse a saper queste indiscrezioni sulla sua coscienza, lo sopporterebbe di buon animo, neppure se si tratta di difetti o tendenze che sono note anche fuori della Confessione. Quando, nella soluzione d'un caso difficile, il confessore avesse bisogno di consultare qualche altro, ricorra ad un teologo al quale il penitente completamente ignoto; se ci non fosse possibile, proponga al sacerdote consultato un caso fittizio,'lo vesta di circostanze cosi diverse dalle reali che non si possa mai sospettare del vero penitente. In caso estremo chieda licenza al penitente (purch per sia delicato nel chiederla e la concessione sia pienamente libera). Altrimenti non gli resterebbe che risolvere da solo il caso prendendosi il tempo necessario per riflettere, studiare, pregare. 4. La Chiesa nel CJC, e. 889, 2, dichiara che il confessore ed anche tutti coloro ai quali in qualsiasi modo giungesse qualche notizia di confessione sulle colpe da altri accusate nel Sacramento hanno il dovere di rispettare l'inviolabilit del sigillo. In materia di tanta gravit e delicatezza aggiunge anche delle sanzioni per impedire violazioni dannose al singolo penitente ed alla comunit tutta dei fedeli. C' la scomunica riservata specialissime alla S. Sede (CJC, e. 2369), la quale per colpisce solo il confessore che con coscienza certa e con pieno dolo rivelasse direttamente peccato e peccatore. Una recente dichiarazione del 23 marzo 1973 della S. Congr. per la Dottr. della Fede ha annesso la scomunica (non riservata per) al peccato di chi si permettesse registrare confessioni vere o simulate, e di chiunque prendesse consapevolmente parte alla loro pubblicazione (come autore o come collaboratore). Tale mi143

sura ha lo scopo di tutelare il segreto della Confessione (od, in ogni caso, il rispetto dovuto al Sacramento) contro chi volesse violarlo con mezzi che finora non erano stati ipotizzati (AAS, 65, 1973, 678). 5. Amico prudente e fedele ; vicario di Cristo Signore (Cat. Rom., De Poen. Sacram., n. 37, p. 235). Se il confessore vicario di Cristo, il suo intento e tutta la sua preoccupazione dev'esser di condurre le anime a Lui. Non gi conquistarle al proprio affetto umano. E tanto meno approfittare della Confessione per permettersi qualche atto meno puro. Dovrebb'esser un assurdo che il sacramento dell'amore di Cristo fosse strumentalizzato per fini indegni. Eppure l'uomo anche se sacerdote pu trovar tentazioni in questo santo ministero. La Chiesa lo ha previsto. E per proteggere il sacramento e scongiurare la rovina delle anime ha stabilito severe sanzioni contro abusi del genere (CJC, e. 884; e. 2367; e. 904). Trattandosi di leggi penali umane, la casistica vastissima ed intrincata. Si trova in tutti i manuali scolastici di teologia morale e di diritto canonico. Nel capitolo seguente ne tratter ma solo schematicamente, omettendo la sterminata casistica.

14. La santit del sacramento da proteggere contro ogni abuso

Il demone della lussuria sempre in agguato. Non lo placa il matrimonio (giovani che si son conservati intemerati fino alle nozze confessano che la lotta pi ardua venuta dopo: per osservare la castit coniugale e la legge di Dio nell'uso del matrimonio). Ed anche nel pi santo dei ministeri il demonio impuro cerca d'insinuarsi, subdolo e mascherato, perch odia la Confessione che gli strappa di mano tante anime. Perci, affinch non avvenga che il Sacramento del Cuore di Ges sia profanato e diventi uno strumento di rovina, anzich di salvezza, affinch sia tenuta lontana ogni possibilit d'abuso, la Chiesa ha stabilito alcune sanzioni severissime. Devono servire per far osservare ai confessori ed ai penitenti la debita prudenza nei loro rapporti. Perch, se qualche abuso avvenuto, agli inizi si trattato solo di imprudenze. Ma l'imprudenza in materia delicatissima pu avere le pi gravi conseguenze ed esser fatale. 144

Tre disposizioni severissime. 1. La Chiesa priva il confessore della giurisdizione ad assolvere il complice in peccato turpe (CJC, e. 884) perch non succeda che un sacerdote si permetta di peccare con una persona assicurandola che poi la potr assolvere. Per quando si parla di complicit s'intende un peccato grave contro il sesto comandamento, grave anche se non completo e consumato, grave nell'una e nell'altra parte, grave esternamente ed internamente. Solo in pericolo di morte la Chiesa (che madre preoccupata soprattutto della salvezza delle anime) concede al sacerdote la facolt d'assolvere validamente la persona complice; ed a questa sempre lecito, in tale frangente, chieder di confessarsi presso il suo complice (e. 884). 2. Altra disposizione. stabilita la pena della scomunica riservata in modo specialissimo alla S. Sede contro il confessore che assolva o finga d'assolvere il complice in peccato turpe (e. 2367): pena che il sacerdote incorre anche se il penitente confessandosi tacesse tale peccato perch persuaso dal confessore che non peccato. Ma perch si incorra in questa sanzione occorre che il peccato contro il sesto comandamento sia grave (anche se non completo e consumato) nell'una e nell'altra parte. 3. Terza legge severissima. Perch il Sacramento della purificazione e della riconciliazione non diventi occasione a commettere delle colpe (particolarmente in materia d'impurit) la Chiesa ordina che il confessore il quale (approfittando del ministero della Penitenza) si rendesse reo di sollecitare (cio d'indurre od invitare) un penitente a cose turpi, dev'esser denunciato entro un mese al Vescovo (od al suo vicario generale) oppure alla S. Congregazione per la Dottrina della Fede (CJC, e. 904); ed un confessore che dal penitente sollecitato vien a conoscere tale abuso, deve imporgli la denuncia da farsi entro il mese (e. 2368, 2) sempre supposto che l'obbligo di tale denuncia sia, in base al e. 904, certo. Difatti, affinch si verifichi il caso contemplato dalla legge e colpito dalle sue sanzioni, bisogna che consti con certezza la prava intenzione libidinosa del confessore. Non basta una imprudenza per quanto grande 23 .
E la sollicitatio colpita da questa legge ecclesiastica deve procedere dal sacerdote come confessore : cio, come precisa la Costituzione Sacramentum Poenitentiae di Benedetto XIV (1.VI.1741), citata dal CJC,
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Quindi, prima d'imporre una denuncia, bisogna esaminare accuratamente le circostanze del caso per rendersi conto che si verificano tutte le condizioni. Nella incertezza sul dovere o meno d'una denuncia o sul modo di procedere nel farla il penitente far bene a consigliarsi in Confessione con un sacerdote stimatissimo, osservando con tutti gli altri il segreto perch non nasca scandalo o non si procuri uri grave danno ad un confessore che forse ha agito pi per imprudenza ed ingenuit che per malizia. Qualora non urga l'obbligo giuridico della denuncia, ma appaia comunque opportuno, per una esigenza morale naturale, un intervento (per evitare il pericolo d'altri scandali) si cercher la via migliore per far pervenire al confessore colpevole un privato e fraterno avvertimento, una discreta ammonizione (PO, 8). Magari si potesse con questo aiuto tempestivo impedire ulteriori imprudenze del genere e cosi evitare il naufragio morale con tutte le conseguenze e l'obbligo della denuncia imposta dal diritto. La Chiesa, se tutela la dignit del sacramento della Penitenza contro i possibili abusi per colpa dei confessori, nel tempo stesso per difende il confessore contro le false accuse. Gravissime sanzioni spirituali sono stabilite contro chi falsamente denuncia, con procedimento giuridico, un sacerdote d'aver abusato del suo ufficio di confessore per fini impuri (cfr. CJC, e. 894; e. 2363). Sanzioni dalle quali non si pu assolvere il colpevole senza prima esigere la ritrattazione della falsa accusa, con uno scritto firmato od una dichiarazione di fronte a due testimoni (a meno che ci non sia impossibile perch la morte imminente). Inoltre come stabilito nella Lettera Apostolica Integrae servandae , data Motu Proprio di Paolo VI, del 7.XII.1965 (AAS, 57.1965, 952-955) il confessore, anche se reo, ha sempre, d'ora innanzi, la facolt di difendersi o di scegliersi un difensore tra quelli che sono autorizzati dalla Congregazione (n. 8) per la Dottrina della Fede (prima che si proceda contro di lui).

e. 904, quando ha luogo nell'atto della Confessione, o immediatamente prima o immediatamente dopo, o in occasione della Confessione (non avvenuta), o sotto pretesto della Confessione (non avvenuta), o in confessionale od in luogo stabilmente adibito alle confessioni oppure provvisoriamente scelto ma con simulazione della Confessione. 146

Parte seconda CATEGORIE DI PENITENTI

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A. Secondo l'et ed il sesso

1. Fanciulli

Gli psicologi distinguono molteplici tappe nel processo evolutivo dell'uomo: la prima infanzia che arriva fino ai quattro anni circa; la seconda infanzia dai quattro ai sette circa; la fanciullezza dai sette-otto agli undici-dodici circa, cio fino alla preadolescenza che comprende un paio d'anni (ed un po' anticipata per le fanciulle, rispetto ai ragazzi). Pel nostro fine pastorale la Confessione e la direzione spirituale si prenderanno in considerazione le grandi categorie dei fanciulli, degli adolescenti e dei giovani. 1. La Confessione dei fanciulli ed in particolare la loro jprima Confessione merita tutta la nostra attenzione. Difatti come IT stato osservato il modo di fare le prime Confessioni diventa per molti la regola di quelle che faranno in futuro. I difetti possono trascinarsi per tutta la vita. Talvolta crescono con gli anni (A. Grazioli, La Confessione dei giovanetti, Torino, 1935, p. 49). Diceva il cardinale Merder ai suoi parroci, curati, vicari: Non potete rendere alla vostra parroc' chia servizio migliore che preparando con zelo apostolico i vostri bambini alla prima comunione... alla confessione... a piccolissimi gruppi, ad ore in cui non sono sbandati, dopo una preparazione generale, pia, raccolta, che i fanciulli devono accostarsi con rispetto e compunzione al s. sacramento della penitenza. Ed [il momento eminentemente propizio per dare a ciascuno di | essi una istruzione personale ed una direzione. Six una direzione. Dalla pi tenera et, bisogna, con consigli ed esortazioni appropriati, far intrawedere ai fanciulli l'ideale della perfezione evan' gelica, far loro desiderare, al di sopra di tutto, l'amore di Nostro Signor Ges Cristo, le relazioni d'amicizia con lui, il culto del Verbo di Dio e del suo Santo Spirito nel santuario della loro 149

anima. Quanti non ci sono tra noi nei quali il primo bagliore dalla vocazione alla vita sacerdotale ha fatto la sua prima apparizione nell'anima il giorno della prima comunione? (La vie intrieure, Bruxelles, 1918, pp. 245-246). E non si creda che per poter esser santi si debba diventare pi maturi d'et. Si pu esser santi a dieci anni. Le grandi idee d'unione a Dio, di rinuncia, di spirito di sacrificio sono accessibili a queste anime ancora pure, delle quali lo Spirito Santo ha fatto il suo santuario. Una delle grandi opere realizzate dal Papa Pio X, di santa memoria, d'aver aperto le anime dei fanciulli alla recezione della Santa Eucaristia, prima che fossero alterate per il peccato mortale (D. Mercier, La vie int., p. 245). I fanciulli poi offrono terreno propizio alla nostra pastorale della Confessione perch, anche se sono facili alle mancanze quando non hanno ancora piena conoscenza e coscienza della legge morale, poi, appena ne sono avvertiti, sono sensibilissimi al rimorso. Quindi, anche se hanno peccato, facilmente si dispongono all'assoluzione. Assai pi facilmente che i cuori degli adulti scriveva il Frassinetti perch sono ancora semplici n tiranneggiati da vecchie passioni (Manuale pratico del parroco novello, Alba, 1928, p. 367). Lo stesso Frassinetti riportava una lettera scrittagli dal moralista P. A. Ballerini S.I., che, fra l'altro, diceva al proposito: Credo difficile trovare un fanciullo che non senta subito rimorso, e grave, del male fatto: ...essendo annessa all'idea di confessarsi quella di dovere e voler essere buono, niente pare pi facile che l'avere i fanciulli disposti a ricevere la grazia del Sacramento (ivi). Ed aggiungeva il Frassinetti: che se poi con facilit ricadano, non a credere che fossero male disposti quando furono assolti; ma invece da giudicare che sieno caduti per mutazione di volont, in essi assaissimo volubile ed incostante. Ed per questo motivo che ritornando a confessarsi, con molta facilit si devono nuovamente assolvere, perch assai agevolmente si far loro concepire nuovo dolore dei peccati, il quale basti per loro giustificazione; il che s'intende quando non siano in occasioni libere di peccati che non vogliono abbandonare (Manuale del parroco nov., pp. 367-368). I fanciulli, poi, spesso han particolare bisogno di trovare nel confessore appoggio, comprensione, bont. Fanno ben presto esperienza sofferta della vita... desiderio di avere e delusione per ci che non si pu realizzare. Alcuni fanciulli portano nel loro corpo i segni di mali incurabili (Il Catechismo dei fanc. Io 150

sono con voi, Ed. C.E.I., 1974, p. 107). Anch'essi possono attraversare periodi di profonda indicibile malinconia. Cosi scriveva Papini della sua fanciullezza: ... Io non sono stato bambino ... Fin da quel tempo, tagliato fuori dall'affetto e dalla gioia, mi rintanavo, mi distendevo in me stesso nella fantisticheria bramosa, nella solitaria ruminazione del mondo rifatto attraverso l'io. Non piacevo agli altri e l'odio mi rinchiuse nella solitudine. La solitudine mi fece pi triste e spiacente... e mi stringe il cuore ripensando a tutti quei giorni smorti, a quegli anni infiniti; a quella vita rinchiusa, a quella mestizia senza motivi; a quella nostalgia incancellabile di altri cieli e d'altri camerati (Un uomo finito, Firenze, 1939, pp. 10-12). Quali le cause di questa tristezza dei fanciulli? Sono svariatissime. Vanno dalla costituzione fisica a qualche fatto e vicenda particolare che pu aver provocato una specie di trauma: la paura per una rapina a cui han assistito (o di cui han sentito parlare), lo spettro degli esami sopravvalutati da qualche educatore, eccessiva severit, minacce, busse... Ci son genitori che non hanno la minima nozione d'igiene, di psicologia e di pedagogia (obbligano, ad esempio,"il fanciullo a mangiare mentr'egli non ne ha mai voglia, senza fare in modo di ridonargli l'appetito). Certi disturbi fisicopsichici non curati da ragazzi possono esplodere in forma acuta nella giovinezza. Con facili accorgimenti si sarebbe potuto evitarli; quando si cercher il rimedio, forse sar troppo tardi. Il sacerdote dovr essere un amico nel quale il ragazzo possa riporre i la sua fiducia e confidarsi in tutto. Il cuore e la simpatia d'un fanciullo (specialmente se ancora bambino) si conquista, pi che cori le parole, con l'atteggiamento, l'accoglienza, l'affetto: pu bastare uno sguardo, un sorriso; egli non dimenticher facilmente i primi incontri col confessore. Il quale per ha un ; compito delicatissimo: il suo intento non sar d'affezionare a s il giovane, ma, sia pur servendosi di motivi umani, d'orientarlo verso Dio, verso Cristo, supremo Maestro ed amico. Il fanciullo ha oggi bisogno urgente del confessore perch al centro di una universale fermentazione e cospirazione lussuriosa che lo scandalizza. Infanzia: et della vita, della rinascita soprannaturale, del candore, della speranza. Questa vita sta in molti per morire soffocata dall'impudicizia. Impudicizia che, come sempre, porta al mutismo ed alla disperazione. L'impurit dei fanciulli, soprattutto..., fa dire Bernanos al "Curato di campagna" nel suo "Diario". Io la conosco... Io ho conosciuto anche 151

troppo presto la tristezza, per non sentirmi in rivolta contro la scemenza e l'ingiustizia di tutti nei riguardi di quella dei piccoli, cosf misteriosa. L'esperienza, ahim, ci dimostra che ci sono delle disperazioni infantili. Ed il demonio dell'angoscia essenzialmente, io credo, un demonio impuro (Journal d'un cure de campagne, 1961, ed. Gallimard, pp. 1106-1107). E non si venga a dire che la Confessione e la direzione spirituale (pratiche private) possono essere sostituite da una formazione religiosa, morale, ascetica fatta in gruppo . un'illusione. Ad esempio, da un comunicato emesso a chiusura dei lavori del Consiglio permanente dell'Episcopato francese nel dicembre del 1974, risulta che la Chiesa francese molto preoccupata per il progressivo allontanamento dei fanciulli dall'insegnamento religioso. Fra le cause s'individua l'azione deleteria di certa stampa che presenta ai ragazzi stessi un'immagine falsa della Chiesa e mina la loro fede (OR, 18.XII.74, p. 3). 2. Bisogna preparare con cura ed intelligenza pastorale la Prima Confessione dei fanciulli. Si eviter quell'atmosfera lugubre che alle volte avvolgeva le Confessioni precedenti la Prima Comunione alla quale sembrava riservata la nota della festosit. Eppure anche la Prima Confessione il primo incontro con Cristo, tanto pi lieto ed entusiasmante in quanto il suo perdono costituisce per l'anima la vera condizione ed il motivo supremo del gaudio pasquale. Forse il passaggio dalla morte alla vita anche per il ragazzo (almeno psicologicamente, qualunque sia la vera gravit dei peccati che accusa). Pu esser utilissimo inserire la Confessione dei fanciulli in una celebrazione penitenziale, con una preparazione e (possibilmente) una conclusione comunitaria. Ma se si organizza questa celebrazione tutto deve essere preparato con cura, perch i fanciulli la sentano propria e possano parteciparvi con gioioso impegno, senza ansiet e indebiti timori (Doc. past., C.E.I., 12.VII.74, n. 102). E specialmente bisogna dare a loro piena libert: tutti sanno per esperienza come anche e specialmente a quell'et ognuno attratto a confessarsi con facilit e confidenza da un determinato sacerdote mentre pu provare un'invincibile ripugnanza ad aprirsi con qualche altro. Lo si tenga presente anche quando, in seguito, si avesse a fissare un orario per la Confessione dei fanciulli. Da una parte bisogna abituarli a confessarsi con una certa regolarit, dall'altra bisogna evitare ogni imposizione, sia quanto al latto della 152

Confessione, sia quanto alla persona del confessore. Anche il fanciullo deve confessarsi se vuole, quando vuole, da chi vuole. E deve sapere che nello spirito della Chiesa lasciare la massima libert, specialmente nella scelta del confessore. L'ideale sarebbe di fargli sentire il bisogno interiore di confessarsi senza che fosse necessario parlargli di obbligo. Perci queste celebrazioni comunitarie della penitenza come con qualunque categoria o gruppo di penitenti riusciranno bene se ci saranno molti confessori a disposizione. Allora in poco tempo si potr assolvere un folto gruppo. E si dar a tutti la libert di scelta. 3. Sono note le riflessioni e le raccomandazioni di pedagogisti e di moralisti moderni i quali mettono in guardia gli educatori sul danno che ci sarebbe nel parlare troppo presto ai fanciulli di peccato grave . In chi (dicono) ancora non riesce a distinguer bene il peccato mortale dal veniale, pu nascere l'ossessiva apprensione di veder in ogni mancanza il peccato grave; e questi sensi di colpa, molto facili nell'infanzia e nella fanciullezza stato scritto possono servire a spronare l'individuo a far meglio, ma molto pi spesso provocano scoraggiamento e insicurezza, o portano per reazione alla indifferenza morale (M. T. Bellenzier). C' da dubitare sull'obbiettivit di tanta apprensione. Certamente son da rimproverarsi quegli educatori che per ottenere che il piccolo non commetta qualche mancanza, per s non grave, gli fan credere che peccato grave, sgridandolo con severit e minacce di condanna eterna (come non si pu approvare quel parroco il quale, per ottenere il silenzio dai ragazzi durante la Messa, li rimprovera affermando che, se parlan fra loro, non soddisfano al precetto). Qualora il confessore si trovasse a correggere le idee del fanciullo in seguito ad errato insegnamento dei genitori lo far con delicatezza (non dir che essi hanno sbagliato ma che egli deve aver capito male). La catechesi, dunque, abbia sempre il marchio dell'obiettivit e dell'equilibrio. Per i temperamenti inclini allo scrupolo, alla fobia, ed all'incubo della colpa sono eccezioni. E per costoro anche il parlare solo di peccato sic et simpliciter (senza alcuna allusione alla gravit o meno) non ovvierebbe al pericolo di paure irrazionali (dato che per lo scrupoloso non esiste che una specie di peccati: quello mortale). Per evitare questa possibilit si potr dire al fanciullo che fra le azioni non buone ce ne sono che dispiacciono di pi ed altre di meno al Signore. Talvolta si riscon153

tra piuttosto se c' qualche erroneo giudizio sul peccato e c' mancanza di coscienza giusta perch non hanno ricevuto idee chiare, non perch manchi la capacit di distinguere peccato grave e peccato leggero (difatti alle volte sono gi adolescenti). Ma evidente come la norma che si legge nei manuali dei moralisti: il confessore pu presumere che il penitente abbia appreso il peccato secondo la sua obiettiva malizia se non c' ragione contraria , questa norma non potrebbe dare la presunzione che, nel caso concreto, la colpa grave se il soggetto non ha ancora raggiunto l'uso della ragione e non ha chiara nozione di peccato grave. Psicologi e moralisti odierni, dal canto loro, quando denunciano il pericolo che il senso del peccato degeneri in senso patologico della colpa, dovrebbero anche pensare che a forza di insister sulla libert religiosa, sul rispetto della buona fede e della coscienza, sulla incapacit del fanciullo a vincere i suoi difetti ed a mantenere i propositi, ad individuare chiaramente il valore dell'intenzione nel determinare la responsabilit d'un atto, a forza di tutte queste precauzioni si pu omettere d'illuminare fin dalla fanciullezza e dalla adolescenza i giovani sulle verit di fede e sulla moralit obiettiva delle azioni. Mentre hanno bisogno d'istruzione e di buoni esempi (non sar alla scuola di religione che conserveranno il senso del peccato se, per caso, sanno che il loro insegnante ha i suoi illeciti rapporti amorosi). Il senso normale del peccato esiste naturalmente. percepito chiaramente (anche se confusamente). Per va coltivato sapientemente, delicatamente, attentamente. Altrimenti potrebbe venir soffocato dalla marea del vizio e dei cattivi esempi. Educatori ed educatrici dichiarano che negli adolescenti oggi mancante in modo pauroso. (Le cronache quotidiane hanno registrato il caso di fanciulli fra gli 8 ed i 13 anni che, armati di rivoltella, hanno compiuto rapine in negozi ed hanno sparato e ferito i proprietari). 4. La Chiesa ha dato delle disposizioni pastorali sull'uso del sacramento della Confessione che non suppongono strettamente la soluzione di tante questioni biologiche e psicologiche riguardanti la prima et. La prassi della Chiesa si dimostra comunque (a chi riflette serenamente) ragionevole. Il CJC d semplicemente questa direttiva: chi ha raggiunto l'et della discrezione si confessi almeno una volta all'anno (e. 906). Questo canone per va commentato. E, perch sia inteso rettamente, va collegato 154

storicamente con altre disposizioni e consigli che manifestano la mens Ecclesiae . Nel decreto Quarti singulari, emanato dalla S.C. de Sacram. l'8.VIII.1910 (AAS, 2, 1910, 582 ss.) sotto il pontificato di s. Pio X, stabilita questa norma, al n. 1: Aetas discretionis tum ad confessionem tum ad sanctam communionem ea est, in qua puer incipit ratiocinari, hoc est circa septimum annum, sive supra sive etiam infra. Ex hoc tempore incipit obligatio satisfaciendi utrique praecepto confessionis et communionis (D.S., 3530). L'et, dunque, della discrezione: s'intendeva quella in cui i fanciulli, come aveva precisato gi s. Tommaso, jam incipiunt aliqualem usum rationis habere, ut possint devotionem habere huius sacramenti . Allora potest eis hoc sacramentum conferri (S. Th. III. 80, 9, ad 3). Non dunque necessario che sappian ragionare perfettamente e pienamente. La Chiesa quando poneva questa norma non lo richiedeva. Mentre invece lo richiedevano alcuni autori del passato e lo richiedono anche autori moderni (forse considerando il problema sotto un altro punto di vista). In conformit a questa direttiva fu fissata la norma del CJC: omnis utriusque sexus fidelis, postquam ad annos discretionis, idest ad usum rationis pervenerit, tenetur omnia peccata sua saltem semel in anno fideliter confiteri (e. 906). Ma perch ci sia vero obbligo occorre secondo i principi morali sulla necessit della Confessione che ci sia: l'uso della ragione; il settennio; peccati gravi e certi. (Ci evidentemente sottinteso quando, ad esempio, il I Sinodo Romano, 1960, e. 447 afferma il dovere della Confessione per i fanciulli che hanno l'uso di ragione quamvis nondum ad sacram Synaxim admissis ). Certo anche quando non c' stretto precetto, ci pu esser il consiglio. 5. In questi ultimi tempi in alcuni luoghi si era introdotta una innovazione circa l'ordine della Prima Comunione e della Prima Confessione. Contrariamente al decreto Quam singulari (8.VIII.1910) si era creduto opportuno procrastinare (per un tempo pi o meno lungo) la Confessione, dopo la Comunione. Il Direttorio Catechistico Generale edito dalla S.C. pr Clericis , approvato da Paolo VI, pubblicato l'I 1 aprile 1971 (Ed. Vaticana, 1971), mostrava d'essersi anche reso conto dei motivi addotti; ma aggiungeva che l'accesso al sacramento della penitenza fin dagli inizi dell'et della discrezione non porta danni per s, all'animo dei fanciulli, purch segua quella delicata e prudente preparazione catechistica che si richiede (Addendum, n. 4, 155

p. 115). questa considerazione psicologica che interessa perch, per la parte disciplinare, la Chiesa ultimamente (24.V.1973) ha disposto che tutti ed in ogni luogo cessino ogni esperimento nuovo e tornino alla pratica tradizionale secondo il decreto Quam singulari : la prima Confessione dei fanciulli non si rimandi a dopo la loro prima Comunione (AAS, 65, 1973, 410). E la disposizione della Chiesa ragionevole: il fanciullo che in grado di capire cosa riceve nella Comunione e di distinguere il pane eucaristico da quello naturale, perch non sapr distinguere anche il bene dal male? Qualunque sia il grado della colpa, il confessarla, il pentirsene, il ricever la grazia di Dio ed il consiglio prudente del confessore, non pu esser che un bene. L'esperienza l'attesta. Quali sono i risultati positivi riscontrati dalla ritardata Confessione? \ La possibilit che in qualche caso si esageri il senso del peccato fino alla nevrosi, non giustifica che si rinunci ad una prassi che , in genere, benefica. Del resto, gli scrupoli possono venire a qualunque et, persino ai convertiti, che non possono certo addebitarli alla Confessione fatta troppo presto. Di fatto, anche nei migliori sono un'eccezione. Comunque non dipendono dal Sacramento. Possono dipendere da una meno saggia preparazione e catechesi fatta ai piccoli; possono dipendere dal modo come il confessore li accoglie e ammiMa siccome in alcuni luoghi, nonostante la dichiarazione della Chiesa del 73, si continuato ad ammettere i fanciulli alla Comunione senza la previa ammissione alla Confessione, la S.C. per i Sacramenti ed il Culto Divino e la S.C. per il Clero, in data 20.V.77 (OR, 28.V.77, p. 1) hanno ribadito le norme della Chiesa mediante la risposta ufficiale ad un quesito sull'argomento. Ed in un chiarimento aggiunto si giustifica questa prassi specialmente con tre ragioni: 1) qualunque sia il contesto sociale e culturale nel quale il ragazzo cresciuto, se capace di ricevere con proporzionata consapevolezza l'Eucaristia altres in grado di avere la coscienza del peccato e di chiederne perdono a Dio in confessione ; 2) l'esame di coscienza sul quale s. Paolo (1 Cor. 11, 28) ammonisce chi si accosta alla Mensa, al fanciullo molto pi facile e rassicurante se compiuto non da solo ma con il sacerdote confessore. Molti sono infatti i fanciulli che si sentono turbati e angosciati per piccole cose, mentre potrebbero ignorare o sottovalutare cose pi importanti ; 3) qualunque siano i peccati che i fanciulli accuseranno nella Prima Confessione, questa personale e viva convinzione della piti profonda purificazione possibile per ricevere degnamente l'Eucaristia, che si inizia appunto alla prima Comunione, se prudentemente e adeguatamente realizzata, accompagner certamente i fanciulli nel corso della loro vita e li porter a stimare maggiormente e a frequentare pi e meglio il Sacramento della Riconciliazione (Confessione e Prima Comunione dei fanciulli, OR, 28.V.1977, p. 1).
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nistra loro il sacramento. Forse taluni creano nell'animo dei fanciulli qualche stato complesso e rendono difficile la Confessione perch partono dal falso presupposto: che il fanciullo debba confessarsi come l'adulto, mentre invece ha da comportarsi secondo la sua mentalit e la sua psicologia (J. Galot, Bucar, e Penti., La Civilt Cattolica, 1.1.74, 134-135). Se poi qualcuno avesse la predisposizione psichica ad un eccessivo senso e timore del peccato, il confessore che deve capirlo e quindi usare uno speciale trattamento, in modo che la Confessione sia una liberazione e non diventi una fonte di angosce e di ossessioni. Ma quando sia serenamente ricevuto, questo sacramento purificher o comunque premunir il ragazzo in un momento nel quale sta per fare le prime opzioni, forse decisive per la sua vita (cfr. G. Hansemann, Pedagogia della Confessione nella catechesi, Padova, Gregoriana, 1968, p. 86). Tutti riconoscono che oggi i fanciulli son precoci, tutti sanno quanti pericoli li minacciano. Si vuol attender che siano gi trascinati nel vortice prima d'esser soprannaturalmente premuniti mediante i sacramenti dell'iniziazione cristiana? Per la Cresima, nel diritto comune della Chiesa (CJC, e. 788) stabilito che non venga amministrata prima dei sette anni circa, se non c' pericolo di morte o qualche ragione particolare, giusta e grave, a giudizio del Vescovo. Per l'Italia la C.E.I. ha recentemente disposto che si rimandi ai dieci dodici anni (fra la fine della scuola elementare e l'inizio della scuola media). Ma ad experimentum . Il che significa che non si ha affatto la certezza che tale prassi sia la migliore, neppure per la Cresima. La Confessione, in particolare, abbia o no il fanciullo peccati gravi, sia gi o non ancora capace di commetterli, gli servir sempre come medicina almeno preventiva, perch non arrivi mai alla grave malizia pienamente deliberata. Sarebbe sbagliato il fargli credere che non si pu comunicarsi se non ci si confessati anche quando non ci sono peccati gravi (Direct. Catech. Gen., addendum, n. 3). Per una volta che il ragazzo stato ammesso alla Confessione, questa dovr esser periodica e frequente se si vuole che influisca efficacemente sulla sua vita. Anche qualora non servisse altro che a conservare la sua sensibilit morale, bisogna ammettere che sarebbe gi molto, se si pensa all'odierna insensibilit morale. Ed i sacerdoti devono prestarsi. Anche i fanciulli hanno diritto di confessare i loro peccati, di ricever il sacramento e non solo una benedizione. Consuetudo non admittendi ad confessionem pueros, aut numquam 157

eos absolvendi, cum ad usum rationis pervenerint, est omnino improbanda (Quam singulari, n. VII, AAS, 2, 1910, p. 583). Nel Direct. Catech. Gener. (11.IV.71) si legge: A stento (vix) si provvede (consuli potest) al diritto che i fanciulli battezzati hanno di confessare i propri peccati, se quando comincia l'et della discrezione non vengono preparati e soavemente condotti (adducuntur) al sacramento della penitenza (Add. n. 5). La questione se coll' et della discrezione si dia la capacit di commetter peccato non solo leggero ma anche grave, pu restar aperta. Secondo la Chiesa a sette anni si presume ci sia o cominci 1' uso della ragione , almeno tale da distinguere il bene dal male e quindi da render possibile una qualche colpa. E ci sono illustri psicologi che ritengono pienamente giusta questa norma tradizionalmente tenuta dalla Chiesa, in linea di massima. Si danno, del resto, dei segni per riconoscere se un fanciullo di fatto abbia o no raggiunto l'et della discrezione. Si osserver, se, nelle sue scelte, mostra di non esser condizionato solo da motivi esteriori ed ambientali come la paura del rimprovero, del castigo ma di saper guidarsi da un giudizio personale circa le proprie azioni: un giudizio che gli fa percepire indipendentemente dalle ragioni e dai risultati puramente umani la voce della coscienza che si rivela col senso di gioia, di pace, di soddisfazione, oppure di rimorso e di tristezza profonda. Questa personalizzazione ed interiorizzazione dell'agire evidentemente progressiva. Ed relativa. Quindi solo approssimativamente si pu determinare in quale et il ragazzo pu commetter peccati, in quale et pu commetter anche il peccato grave. Pertanto il confessore gli pu parlare del bene da fare, del male da evitare, senza usare il termine peccato mortale . E certamente nella prassi della Confessione conviene insistere di pi sulla necessit di evitare il peccato, ogni peccato, che sulla necessit di evitare quello grave (come se solo questo fosse da evitare). 6. Nella lettera inviata (tramite il Card. Villot) alla XXVI Settimana Liturgica Nazionale, Paolo VI poneva un accento particolare sulla Confessione dei fanciulli, e specialmente nella prima Confessione, che diceva deve sempre precedere la prima Comunione, anche se da essa opportunamente distanziata (OR, 27.VIII.1975, p. 1). Per un complesso di ragioni desiderabile che la prima celebrazione della Confessione preceda d'un po' di tempo la festa della prima Comunione. E sar utile, 158

dopo la conveniente istruzione, far precedere la celebrazione sacramentale della Penitenza da qualche celebrazione comunitaria non sacramentale. Cosi il ragazzo imparer a pentirsi prima di imparar a confessarsi. La prima Confessione assuma anch'essa dicevamo il carattere d'una festa (a cui dovrebbero collaborare famiglia e parrocchia). Festa che lasci nel cuore del fanciullo un'impressione di pace e di gioia: impressione che conserver per tutta la vita (cfr. G. Frumento, Iniziazione dei fanciulli alla Penitenza, Torino, L.D.C., 1973, pp. 59-64). 7. Qualora circa la prima Comunione di qualche fanciullo venisse il dubbio se sia pi opportuno ammetterlo alla Comunione od aspettare ancora un po' di tempo, si terranno presenti due principi (applicandoli e contemperandoli prudentemente secondo i casi). Primo: l'Eucaristia "culmine" della vita cristiana; esige una maturazione spirituale, che la famiglia insieme con la parrocchia chiamata a considerare. Cosi l'ammissione alla iMessa di prima Comunione legata non solo all'et o alla classe ma, soprattutto, alla maturit di fede dei fanciulli e del loro ambiente di vita . Secondo principio: d'altra parte l'Eucaristia "fonte" della vita, per i fanciulli come per gli adulti. Ges chiede di andare a lui con grande confidenza. Egli "viatico" per il nostro cammino (Il Catech. dei fanc. Io sono con voi , Ed. C.E.I., 1974, p. 108). 8. Importantissima la prima catechesi ai fanciulli sulla Confessione. Importantissima l'iniziazione all'esame di coscienza. Posson esser decisive e determinare tutta la loro vita spirituale, per sempre, nella sua essenziale fisionomia e nelle sue motivazioni. Un'istruzione quindi senza fretta e che non si riduca agli ultimi giorni che precedono immediatamente l'amministrazione dei sacramenti: le idee dovrebbero depositarsi e bisognerebbe assicurarsi che la dottrina penetrata nelle anime, stata compresa, ha portato frutto. Quindi sarebbe augurabile che la preparazione fosse, se non individuale, quanto pi possibile specializzata e adattata alle capacit ed ai bisogni spirituali d'un piccolo gruppo. Bisognerebbe infatti poter controllare ed assicurarsi che tutti hanno compreso, almeno grosso modo , il significato del mistero e della presenza eucaristica. Qualunque sia lo schema che si intende scegliere per suggerire al fanciullo il modo di interrogarsi sulla sua condotta, bisogner non ridursi a qualche applicazione (magari stiracchiata) dei dieci comandamenti in chiave puramente negativa (sulle disub159

bidienze, le bugie, i furterelli, le baruffe fra compagni, la prepotenza, la superbia, l'ira, l'egoismo, i brutti discorsi...) con l'aggiunta di un paio di doveri religiosi positivi (dir le orazioni quotidiane ed ascoltar la Me* sa festiva). Il fanciullo ha bisogno di sapere che c' un Amico venuto sulla terra e nel suo cuore per vivere con lui, per insegnargli a fare la volont di Dio e dargli la forza d'esser buono e santo. Un Amico che ha tutte le doti d'un amico umano e, per di pi, Dio: fedelissimo e non ci abbandoner mai; e pu tutto perch Dio. Il ragazzo deve sentire vicino quest'Amico e con Lui vivere tutti i giorni della settimana (non solo la Domenica), tutti i momenti della sua giornata, in tutti i luoghi: casa, chiesa, scuola, campo da giuoco. Questo Amico ci ammaestra e ci corregge. Ci manda anche i dolori, ma sempre pel nostro bene e perch diventiamo pi buoni. Ci suggerisce di fare la volont di Dio, specialmente nell'adempimento dei doveri di stato che per il ragazzo saranno (dopo la preghiera e la santificazione del giorno del Signore) lo studio e l'impegno scolastico. Far la volont di Dio non per condannarsi ad esser meno lieti di chi fa invece la propria volont, ma per esser felici. Questo Amico divino si sacrificato per noi e ci ha cosi insegnato che la vita non solo piacere ma anche sacrificio. Per noi ha istituito i sacramenti. La Confessione un mezzo per stringere sempre pi intimamente l'amicizia con Lui (o per restituircela, qualora l'avessimo infelicemente perduta). Nel confessore bisogna vedere il rappresentante di Ges e perci venerarlo ed amarlo perch per mezzo del sacerdote Egli ci comunica le Sue grazie, cio viene nel nostro cuore. Dunque la catechesi dovr puntare anzitutto sull'amicizia di Ges e sull'amore di Dio che non verr mai meno e sar sempre con noi se noi gli saremo obbedienti. Chi lo ama non fa ci che Egli non vuole, ma cerca sempre di conoscere e fare ci che a Lui piace. Insomma, si cercher che il fanciullo comprenda come il rapporto con Dio non si riduce ai pochi istanti delle preghiere quotidiane (pur necessarie) ma a tutta la giornata, perch se si fa la volont di Dio si vive sempre con Lui, specialmente se si procura qualche volta di rivolger a Lui il pensiero, nel modo pi semplice ed immediato, come anche al fanciullo possibile. Dovrebbe abituarsi a collegare la preghiera con gli avvenimenti (anche piccoli) della sua vita quotidiana perch pure in questi veda la presenza e domandi l'aiuto di Dio. Cercheremo di fargli capire che anche per lui la vita lotta spirituale segnata da un alternarsi di speranze e di delu160

sioni, di gioie e di lacrime. Vivere significa, fin dalla prima et, lavorare, studiare, godere, soffrire. Perci, proprio per vivere, deve sentire il bisogno di Dio, della Confessione, di Ges Eucaristia, della Madonna, dell'Angelo Custode. Una fede in .Dio presentata cosi dovrebbe metter radici stabili nei cuori giovanili e non aver la stessa sorte di certe nozioni scolastiche che non hanno relazione alcuna colla vita e svaniscono col passar degli anni. Poi l'amore verso il prossimo. Una fede pratica, una religione aperta, una piet soprannaturale ed insieme umana. Amore che si manifesta nelle opere (la simpatia non conta nulla). Amore che non si riduca solo alla sua parte negativa: evitare le discordie, i litigi, le rappresaglie, la sopraffazione, la violenza. Bisogna render il fanciullo sensibile alla sofferenza di tanti altri che sono malati o poveri o senza lavoro. Non deve vivere immemore degli altri in una felicit ed agiatezza naturale nella quale forse nato e si trovato. Perch, anche questa, fino a quando durer? Tutto precario ed ognuno dovrebbe, fin da piccolo, non farsi illusioni. Solo se si abituer a non pensare solo a se stesso e a non godere solo del suo benessere, si pu attender da lui la carit effettiva. Le occasioni si presenteranno continuamente. Ma la generosit di chi dona non sempre istintiva. Fare un piacere, dare un aiuto, mostrare il sorriso benevolo a tutti. Salutare anche chi non ci ha fatto del bene. Si nota spesso nel fanciullo una parzialit nel trattare sia coi suoi compagni sia coi suoi educatori, anche sacerdoti (qualcuno dei quali non ha altro difetto se non quello d'esser meno espansivo o di non possedere il dono dello charme ). In particolare durante il giuoco sar messa alla prova la generosa benevolenza del ragazzo verso tutti i compagni indistintamente, la cortesia, lo spirito di distacco dal proprio io, di rinuncia a vantaggio degli altri, la capacit di soffrire per render contento qualcuno, la sensibilit e la compassione per i dolori e le privazioni altrui... Alle volte invece esplodono anche nei piccoli degli istinti selvaggi e belluini che li portano ad azzuffarsi ciecamente ed a picchiarsi fino al sangue: Era il tramonto: ai garruli trastulli erano intenti, nella pace d'oro dell'ombroso viale, i due fanciulli. Nel gioco, serio al pari d'un lavoro, corsero a un tratto, con stupor de' tigli, 161

tra lor parole grandi pi di loro. A s videro nuovi occhi, cipigli non pi veduti, e l'uno e l'altro, esangue, ne' tenui diti si trov gli artigli, e in cuore un'acre bramosia di sangue, e lo videro fuori, essi, i fratelli, l'uno dell'altro per il volto, il sangue! (G. Pascoli, Primi poemetti, Mondadori, 1952, p. 85). Se il ragazzo stenta a vedere nel prossimo il Signore ed a sentire questo motivo soprannaturale, cercheremo di fargli capire il valore della rinuncia per stare meglio con gli altri; per fare "comunione" con gli altri. Se vivono nel loro ambiente queste esperienze, i fanciulli maturano il senso dell'amicizia, della generosit e della fiducia; imparano ad ascoltare gli altri e a dialogare, a dire "grazie" e ad offrire doni {Cai. dei fatte. Io sono %n voi , p. 108). La preghiera. Al mattino ed alla sera. E sta bene. Ma dicevo dobbiamo anche infondere negli animi, cominciando dai fanciulli, l'idea che se si fa tutto secondo la volont di Dio e si vive per Lui e con Lui, ogni atto diventa preghiera. Il che non significa che si possano eliminare i tempi consacrati all'esplicito contatto con Dio. Ma bisogna che il ragazzo si abitui a non concepire la preghiera e la religione come un'attivit spirituale che sia del tutto distinta dalla vita, o addirittura serva solo a frenarla ed a sacrificarla, quasi contro natura, unicamente allo scopo di far meritare all'anima, attraverso la rinuncia, il Paradiso ed evitare l'Inferno. Bisogna coltivare l'entusiasmante persuasione che l'unione con Dio ci, che, solo, pu dare senso e pienezza alla vita. Bisognerebbe condurre il fanciullo a concepire la preghiera come un colloquio personale e spontaneo: si parla all'Amico delle proprie cose, di ci che ci sta a cuore, di ci che Lo interessa di noi, si chiede ci che ci interessa. Ci non significa che preghiere come il Pater, l'Ave, vengano scartate. Ma bisogna spiegarne il significato ai ragazzi affinch sentano quelle parole come qualcosa che parte dal loro interno, come un'espressione della loro anima bisognosa d'elevarsi. Altrimenti la recita di quelle formule sar un peso dal quale non vedono l'ora di liberarsi. Parte negativa: il peccato. Sia presentato come ci che disgusta e rattrista Ges; ci fa perdere l'intimit con lui; pu condurci 162

alla rottura ed alla perdita della Sua amicizia. Si eviter cos il pericolo d'una concezione legalistica la quale potrebbe far sorgere nell'animo impressionabile di certi fanciulli l'idea d'aver fatto peccato anche quando hanno agito male in buona fede o sopra pensiero, od hanno avuto nella parte sessuale un fenomeno naturale (magari notturno) od un'impressione della fantasia che non stato possibile evitare o frenare. Il fanciullo buono data la sua immaturit tende a confondere mancanza volontaria e disavventura, colpa e disgrazia, senso e consenso. Va istruito perch abbia la lucida coscienza che male fare ci che il Signore non vuole, ma il peccato sta nel farlo quando si sa quello che si fa e si sa che il Signore non lo vuole. Perci gli si deve discretamente suggerire di pentirsi e di accusarsi di quelle azioni che avrebbe dovuto e potuto non fare o di quelle che avrebbe dovuto e potuto fare mentre, invece, non ha seguito il suggerimento della coscienza che la voce di Dio. Bisogna insegnargli prima a pentirsi e poi ad accusarsi; condurlo a chieder perdono a Dio quanto prima dopo le mancanze commesse con certa malizia, e non solo aspettar la Confessione. Aspettar questa sintomo di spirito legalistico. Occorre quindi che il bambino prenda l'abitudine di fare un sia pur breve e sempre sereno esame quotidiano di coscienza, seguito da un atto di dolore e d'amore di Dio e da un buon proposito. Ma bisogna fargli ben capire che non la recita d'una formula che costituisce il pentimento, la riparazione, la penitenza e la conversione: la quale si deve dimostrare colle opere, adempiendo con sacrificio un dovere, con qualche atto di generosit, col perdono... Bisogna insistentemente richiamargli questa idea: Dio perdoner a noi se noi perdoneremo ai nostri fratelli e non ci vendicheremo umiliandoli e colpendoli (cfr. Io sono con voi, p. 138). Si insegner poi chiaramente al fanciullo che, quando ha il dolore e la volont di accusarsi sinceramente, non deve turbarsi se dimentica qualche peccato; e che i peccati leggeri non necessario confessarli tutti. Stiamo attenti a non presentargli la Confessione come una pratica in s difficile (non lo mai e per nessuno) e tanto meno come un atto che richiede conoscenze, riflessioni, lavoro interiore superiori all'et ed alla maturit del penitente. Non meraviglia che nel fanciullo (il quale non ha ancora interiorizzata la sua pratica religiosa) ci sia la tendenza a dare pi importanza all'accusa che al pentimento ed al proposito. Potr anche darsi che, pi di puntare energicamente e costantemente sul 163

difetto o sui difetti reali predominanti, qualcuno applichi attenzione e preoccupazione a preparare un'abbondante lista di peccati, con pi o meno obbiettivit e criterio; allo scopo forse, chi lo sa?, di far presso il confessore la bella figura d'essersi esaminato con cura o, persino, d'aver qualcosa di nuovo da raccontargli. D'altra parte bene preavvisare e preparare i penitenti, fin da piccoli, a non aver nessuna vergogna di confessare quelle colpe delle quali sentono pi rimorso (perch il confessore non si meraviglia di nulla e tiene tutto in assoluto segreto). Mentre si invita il fanciullo a riflettere sui suoi peccati bisogna ravvivare in lui la fede che Dio abita nel suo cuore e che tutta la sua vita dev'essere un'amicizia con Lui. Accennando, ad esempio, alle mancanze contro la purezza o la modestia, gli si ricorder che il nostro corpo qualcosa di santo perch dimora di Dio, e quindi bisogna rispettarlo servendosene secondo la sua volont. Con tutta semplicit lo si abituer cosi a metter in pratica il principio: l'imitazione del Cristo storico (cio la vita morale) non fine a se stessa ma una condizione per godere la vita del Cristo mistico nelle nostre anime. S. Tommaso scrive che alla Nuova Legge evangelica spetta (pertinet) principalmente (principaliter) gratia Spiritus Sancti interius data (I-II, 106, 2). Ges nato a Betlemme e nei nostri cuori. Solo se noi non lo vogliamo Egli se ne va mestamente. E chi prender il Suo posto? Purtroppo oggi chi cerca di suscitare nei fanciulli il santo timore di Dio e d'ogni azione che lo disgusta, si trova in un momento particolarmente delicato. Da una parte bisogna evitare ogni esagerazione e materializzazione che ad animi piuttosto sensibili potrebbero nuocere; dall'altra parte non dimentichiamo che c', in genere, imo scadimento del senso del peccato ; e di questa mancanza risentono anche i ragazzi. Con tanti timori di insegnare una moralit solo negativa e di creare un senso eccessivo del peccato, si corre il rischio ripeto che non abbian pi paura di far peccati. 9. Nell'atto della Confessione il sacerdote avr accorgimenti ed attenzioni corrispondenti alla psicologia del penitente. Specialmente al fanciullo a causa della sua timidit bisogna non dar l'impressione che egli ci di peso e che si vuol liberarsene il pi presto possibile. Qualche confessore, ad ogni peccato che il ragazzo accusa ribatte seccamente e poi? , hai altro? , quasi per dirgli che ora di finirla con siffatta tiritera. 164

Solo dopo l'accusa si deve fare le debite osservazioni ed ammonizioni, come suggerisce, del resto, per ogni penitente il Rituale Romano: Demum, audita confessione, perpendens peccatorum, quae ille admisit, magnitudinem, ac multitudinem, pr eorum gravitate, ac poenitentis conditione, opportunas correptiones ac monitiones, prout opus esse viderit, paterna cantate adhibebit (De Sacrarti. Poen., n. 18). Il Frassinetti dava al confessore come una delle pi importanti avvertenze quella di non sgridare mai il fanciullo o rimproverarlo aspramente nel momento che si confessa. Ad una severa parola, il fanciullo subito tace; se ha altri peccati da accusare non li accusa pi; a qualunque interrogazione risponde un no... Gli si deve parlare sempre con buona grazia, ancorch accusi peccati molto gravi; anzi in questo caso necessario incoraggiarlo assai, e promettergli anche espressamente di non sgridarlo (Manuale del parroco novello, p. 377). Se il confessore sar abitualmente aspro, i fanciulli lo abbandoneranno oppure per non incorrere nei suoi duri rimproveri taceranno su ci che sentirebbero il bisogno di manifestargli. (Ho anche appreso che qualche confessore, quando un ragazzo s'accusa di peccati impuri, non si accontenta di sgridarlo, ma lo schiaffeggia). Infine il confessore avr molta fiducia nelle parole che, dopo l'accusa, cercando d'interpretare il cuore di Dio, rivolger al penitente, specialmente al fanciullo: il suo spirito non ancora oscurato dai pregiudizi, il suo cuore non ancora indurito dalle passioni e dai vizi. Certo l'efficacia dell'esortazione dipende dalla sua aderenza ai bisogni del singolo, suppone una giusta considerazione del caso concreto. Solo nella confessione auricolare questo si rende possibile. Una predica, un esame di coscienza fatto in comune, un sermone per quanto toccante ed esauriente rivolto ad un gruppo di persone, difficilmente avranno la forza della parola detta dal sacerdote nella Confessione privata. Il quale, pertanto, non si limiter a fare al fanciullo qualche raccomandazione generalissima: esser sempre pi buono, voler pi bene al Signore... . Il fanciullo ha anche bisogno, per la sua et, di concretizzare le disposizioni di fondo e di concepire, come frutto della Confessione, qualche proposito determinato. Saper suggerirlo opportunamente ed efficacemente quanto all'oggetto e quanto al modo e quanto alle motivazioni: motivazioni adatte ai particolari doveri del fanciullo; motivazioni che non siano soltanto naturali ( esser bravo in scuola per esser premiato agli esami ) ma neppur troppo vaghe o astratte o lontane ( per andar in Cielo ). Que165

stabilit un'arte pedagogica che non tutti possiedono. Domanda un complesso di doti pastorali, oltre che interiorit ed intuito. Ma non si sbaglier certo nel raccomandare al ragazzo obbedienza ai genitori ed ai maestri e la buona volont nell'attendere alle lezioni ed allo studio. Non si sbaglier nell'insister molto e sempre (anche se non hanno accusato colpe in complicit) sul problema delle buone e cattive amicizie. L'esperienza insegna che un amico buono pu esser la salvezza, uno cattivo la rovina, per sempre. Per specialmente ai piccoli di propositi non bisogna suggerirne molti n moltiplicare le raccomandazioni. Neppur seguirebbero i nostri lunghi discorsi; e non ricorderebbero poi nulla di determinato. Difatti si nota come il fanciullo si distrae facilmente, anche quando gli si parla con gravit di cose importanti. Bisogna che il confessore riesca a fissare l'attenzione del piccolo e ad impressionarla sanamente con discorsi brevi, anzi brevissimi, ma incisivi e toccanti. E piuttosto che fargli discorsi, prediche e ragionamenti, conviene, allo scopo, usare la forma del dialogo: dunque, quale ti sembra il proposito pi importante che ora devi fare? . Se sar interrogato su qualche questione, il confessore sia chiaro, deciso, pratico. Si adatti alla mente ed alla comprensione del ragazzo. Si assicuri che rimasto soddisfatto ed ha capito. Sia sempre breve.

2. Adolescenti e giovani

I. L'adolescenza vien definita con aggettivi vari: et critica, et preziosa, et ingrata, et incompresa. Una cosa certa: un'et difficile e delicata. E perci l'adolescente che non conosce se stesso cerca qualcuno che lo capisca e lo guidi. Il bisogno che i fanciulli stessi sentono almeno quando la loro vita non pienamente tranquilla e fortunata di trovare nel confessore un amico confidente, s'acuisce nell'adolescente. Avevo bisogno d'affetto scriveva Papini in Un uomo finito. Volevo sentire una mano nella mia mano, volevo essere ascoltato ed ascoltare; aver qualcuno a cui dire in segreto nell'abbandono indimenticabile delle prime amicizie, quei sentimenti, quei desideri e pensieri, che non si possono dire ai babbi e alle mamme. Volevo qualcuno eguale a me, per lavorare assieme; qualcuno pi grande di me per 166

imparare, per esser guidato; qualcuno al di sotto di me, per aiutare e ammaestrare (Firenze, 1935, p. 76). 1. Cosa porta l'adolescente alla ricerca, in particolare, d'un confessore e d'un consigliere? Un senso d'insicurezza spirituale, uno stato di malessere, diranno gli psicologi. Un senso di rimorso per certe azioni commesse, un bisogno di luce e di verit, una aspirazione alla felicit, dicono i moralisti. In realt la stessa cosa. L'adolescenza l'et in cui si profilano le prime e ancora acerbe manifestazioni della personalit, e incominciano a definirsi orientamenti e scelte di vita . In questo periodo di massima importanza che l'adolescente sperimenti, nel sacramento della Penitenza, l'incontro con la bont del Padre e il sostegno della persona e della grazia di Cristo. Efficacissimo in questa et il richiamo a una forma di serena introspezione, che pur mettendo a nudo manchevolezze e colpe, non provochi scoraggiamenti o depressioni, ma ravvivi piuttosto la fiducia in Colui, che dalla debolezza stessa sa trarre la spinta per un rinnovato impegno di ripresa. Ed d'ordinario proprio la Confessione frequente, che aiuta l'adolescente a scoprire e a seguire la sua vocazione (C.E.I., Penit e Unz. d. Inf., 12.VII.74, n. 103). Ed il confessore, da parte sua, dovrebbe venirgli incontro per aiutarlo a passare dal dubbio alla certezza, dall'instabilit alla fortezza, dal turbamento alla pace interiore: presbyteri... peculiari etiam diligentia prosequentur iuniores (PO, 6). 2. Dopo un'et nella quale il ragazzo era portato a tutto oggettivizzare, viene un momento in cui egli si ripiega per entrare in se stesso. la fase della soggettivizzazione, della personalizzazione, dell'interiorizzazione, dell'anticonformismo (cfr. Coudreau, L'enfant et le problme de la fot, Paris, 1961). Dio che prima era immaginato piuttosto antropomorficamente come il Padre buono od il Signore irato, diventa un interrogativo sul quale la ragion critica comincia a discutere, come disorientata e spaventata, svegliandosi da un sonno felice. E tutta la vita dell'adolescente che era una realt goduta spensieratamente diventa un problema. Il problema dell'amore. Il problema del dolore e della felicit. Il problema della giustizia nel mondo. Il problema della ricchezza e della povert. Il problema della libert e dell'obbedienza ad un'autorit. Il problema della mitezza cristiana e della violenza intesa a rivendicare qualche preteso diritto. Il problema della scelta dello stato, cio della vocazione. Ed anche quello della scelta della professione. 167

Tipiche manifestazioni di questo periodo dell'et evolutiva: insofferenza, stravaganza, contestazione, variabilit d'umore, slanci estasiami, abbandoni e depressioni accascianti. Gua se il confessore si mostra come spaventato o si pone, per principio, sulla difensiva od assume atteggiamenti di stroncatura pesante ed umiliante come chi non sente un problema e non partecipa alla sofferenza del suo interlocutore. Ma questo pericolo c' da parte di chi non ha mai provato, o non ricorda pi, questi stati d'animo. lui possono sembrare inspiegabili o trascurabili. Ma non lo sono pel giovane. Egli cerca, nella sua sofferenza, qualche presenza umana. Ha bisogno di cordialit intelligente perch ha bisogno di luce, di coraggio; ed anche di forza psichica (non lo si dimentichi). Il confessore che ha soffertole sofferto molto, sapr comprendere, aiutare, soccorrere chi soffre (cfr. I. Lefort, Adolescente, domani uomo, Torino, Gribaudi, 1970). 3. Tenga presente che i giovani, specialmente gli studenti sono sensibilissimi alla prima impressione. Se vengono dal sacerdote per un consiglio extra od intra Confessione bisogna che restino soddisfatti. Qualora un impegno urgente impedisse al confessore di ascoltarli, egli fisser un appuntamento per un colloquio. E se si accorge che un giovane ha vero bisogno di conferire con lui veda se pu rimandare qualche altro lavoro programmato: passato il momento buono chiss se il giovane trover il tempo e la volont per decidersi a ritornare. E quando lo si ascolta non bisogna mostrar segni di fretta o di aver altre preoccupazioni importanti che assorbono la mente. Egli deve sentire che il consigliere con lui e tutto per lui, disponibilissimo finch sar necessario. E quando racconter le sue vicende (pi o meno ordinatamente) bisogna mostrare la massima attenzione ed interesse, senza interromperlo, senza fare osservazioni critiche, senza sorridere come su cose di poca importanza. In tutto per discrezione. C' anche l'eccesso dei colloqui interminabili, magari notturni. Ci non necessario, n vantaggioso, n opportuno. Scrive Claire Arbelet: Non bisogna insistere. Non ripetersi. Non annoiare. necessario riuscire a farci sopportare. Il modo giusto esiste: guardare con simpatia il giovane che si rivolto alla nostra vecchia saggezza: lo sguardo di simpatia la cosa pi necessaria; la sola, forse, che rester. Quindi parlare, esprimere la propria idea, una volta sola. Poi, tacere {Quando si fa sera, Torino, Boria, 1969, p. 80). Pi che le molte parole, avr efficacia la sicurezza equilibrata dei 168

nostri consigli; e, soprattutto, un raggio ineffabile della bont di Dio 2 . 4. Oggi i ragazzi discutono su problemi che si direbbero superiori alla loro et, presentano spirito di contestazione, dubbi o addirittura scetticismo in materia di fede 8 , anticlericalismo (anche se in grado e forma diversa dal passato), irreligiosit, spregiudicate concezioni in materia morale, oltre alle mancanze di fragilit contro il sesto comandamento: qualcuno (e qualcuna), ad esempio, vorr sostenere, come principio, che non c' nulla di male se due che si vogliono molto bene si comportano come marito e moglie, quando hanno intenzione di sposarsi ed il matrimonio non un sogno lontano. E c' chi pretenderebbe conciliare con queste idee la pratica religiosa e la frequenza ai sacramenti. Sono i casi pi difficili pel confessore il quale dovr, senza spegnere il lucignolo fumigante, trovar la via per riformare la mentalit dell'adolescente. Dovr riparare ad una educazione sbagliata o supplire la mancata educazione. Ci sono mamme (vedove e non vedove) che, per ragioni di lavoro, passano quasi tutta la giornata fuori casa: si disinteressano dei figli o li affidano ad altre mani. Se riusciranno male, si scuseranno dicendo che i ragazzi oggi son vittime della societ, dell'ambiente, della miseria. In parte vero. Ma non si dovrebbe dimenticare che la societ costituita dai padri, dalle madri, dagli insegnanti, da ognuno di noi. Ed ognuno dovrebbe chiedersi se ha fatto quanto poteva per preservare i giovani dal cattivo influsso di compagni, di maestri infidi, di gruppi, movimenti, partiti sovversivi. 5. Particolare interessamento e carit avr il confessore quando s'incontra in giovani che sono infelici perch la loro famiglia
* Id, quod saepe numer est maxime necessarium, iam non est verborum abundantia, sed potius sermo cum vita magis evangelica consentiens. Ita profecto est; mundus indiget testimonii sanctorum... Animos attendamus ad eas quaestiones, quae ipsa vita hominum, potissimum vero iuvenum, proferuntur... Indulgenter toleremus interpellationes, quae pacem nostrani et quietem obturbant. Patienter feramus illorum haesitationes, quae ad lucem iter veluti pedibus praetentant. Fraterne ambulare sciamus cum iis omnibus, qui, eo lumine carentes, quo ipsi fruimur, nihilominus contendunt, ut per dubii caliginem repetant domum paternam. (Paulus VI, Adhort. Ap. Quinque iam anni, 8JQI.1970, AAS, 63, 1971, 104). 3 Non difficile sollevare difficolt contro la fede; ma non tutti sono preparati a vederne e comprenderne la soluzione.

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in dissesto ed in dissoluzione. Questi figli stanno volentieri lontani da casa. Talvolta fuggono per non tornare. Provano avversione verso i genitori. Ed anche quando sono fra i compagni, si senton menomati, invidiano la loro fortuna, la gioia d'un focolare domestico. Il loro cuore stretto da malinconia ed amarezza. molto difficile trattare con questi giovani. Sulle prime sono chiusi e forse rispondono sbrigativamente. Stentan a svelare tutto il loro singolarissimo e complesso mondo interiore. Potran farlo gradatamente. Ma bisogna che il confessore sappia conquistarsi la loro fiducia mostrando che li stima. Poi potr suscitare qualche speranza. Il ragazzo trover nel sacerdote la comprensione ed il calore d'un affetto che gli mancava. Forse trover la sua salvezza. 6. Il recupero poi dei minorenni rinchiusi nei centri di rieducazione difficile perch non sono solo afflitti per la vita che conducono ma anche in stato di ribellione contro l'ambiente. Si sente il bisogno che questi istituti siano sempre meglio organizzati per procurare il reinserimento nella societ dei ragazzi reclusi. I quali dovrebbero esser veramente rieducati e non solo controllati perch non disturbino, non aver solo un trattamento di massa che li umilia e li irrita. Occorrerebbe un personale scelto e preparato e non quello proveniente dai penitenziari e dalle carceri per adulti. Il risanamento dei riformatori (come anche delle prigioni) render meno difficile la conversione morale dei singoli e faciliter il compito del sacerdote assistente e del confessore. 7. La psicologia della giovane ha caratteri propri che la distinguono da quella del giovane. Il confessore deve tenerlo presente per poter dare con lucidit e decisione i suoi consigli. Dev'esser preparato a trovare nelle ragazze particolare instabilit e bruschi cambiamenti d'umore dipendenti dalle condizioni di salute, dalle epoche cicliche, dallo sviluppo naturale stesso del sistema nervoso strutturalmente fragile. Perci la giovane ha bisogno d'appoggio, d'una parola sicura. E non dev'esser il confessore che, per debolezza e condiscendenza, si lascia guidare ed influenzare dalle sue penitenti. Discrezione e garbatezza, ma anche una certa fermezza. Bisogna abituarle a sapersi condurre con la ragione e la volont e a non dar importanza a quei disturbi fisico-psichici che sono passeggeri. Non si ricorra per ai rimproveri che umiliano, ma alle persuasioni. 170

E nelTeducare i penitenti alla piet il confessore- sapr che il cuore d'un giovane non quello d'una giovane. L'amicizia col Cristo, la devozione alla Madonna si devono presentare e suggerire a tutti. Ma nella donna per il suo temperamento pi sensibile, delicato, gentile certe devozioni sono apprezzate in modo del tutto particolare e coltivate con maggior intensit. E ci dev'esser favorito (purch non si cada nella morbosit, nel naturalismo, nella superstizione) perch il sentimento una grande forza. Sarebbe sbagliato voler imporre o consigliare ad una donna una forma di religione, fondata sul ragionamento e le persuasioni, che piuttosto propria dell'uomo. Perci nelle sue esortazioni il confessore che conosce la psicologia, sapr quali sono le corde del cuore che pu toccare colla sicurezza di ottenere un effetto positivo. 8. La Confessione e la direzione spirituale sono un bisogno che l'adolescente ed il giovane sinceri sentono spontaneamente. Purch non abbiano ancora subito l'influsso d'una mentalit oggi diffusa. Il documento pastorale della C.E.I. (12.VII.74), dopo aver affermato l'importanza e l'efficacia della Confessione per gli adolescenti , tratta poi in particolare dei giovani cominciando con un rilievo di situazione : il quale ha mostrato una crisi della Confessione assai diffusa e preoccupante tra i giovani, anche tra quelli che rimangono vicini alla vita e ai problemi della Chiesa, e aderiscono ai suoi movimenti e alle sue associazioni. Si rende perci necessaria un'attenta pastorale giovanile, che ridesti nei giovani il senso cristiano del peccato e la gioiosa certezza del perdono di Dio in. 104). IL Nella pastorale giovanile della penitenza dovr essere affermato il primato. di Dio e del rapporto personale con lui (C.E.I., o.c.y n. 105). Il primo e fondamentale problema che s'agita nell'animo umano quello della fede. Una regolata frequenza al sacramento della Penitenza sarebbe un aiuto impareggiabile di grazia per la formazione della coscienza, per il superamento delle tentazioni e per la crescita della vita spirituale (ibid. n. 105). 1. Il problema della fede. Da una parte come osserva il Vaticano II il giovane d'oggi trova nel popolo di Dio una fede cristiana che, purificata in virt d'una pi acuta riflessione critica, da certi atteggiamenti piuttosto magici e da certe superstizioni (ancora peraltro circolanti) permette e favorisce una ade171

sione di giorno in giorno sempre pi personale e pi attiva. E di fatto non pochi giungono ad un pi vivo senso di Dio. D'altra parte l'adolescente vede un numero, maggiore che pel passato, di persone che si staccano dalla religione; sente proclamare da filosofi, scienziati e letterati questo abbandono come un'esigenza della scienza e dell'umanesimo. Di qui un turbamento ed un disorientamento nell'animo dei giovani (GS, 7). Hanno bisogno di qualcuno nel quale trovare un punto d'appoggio, principi e orientamenti sicuri. Quest'appoggio non lo trovano negli amici, non lo trovano nella scuola, spesso non lo trovano nella famiglia. Hanno la sconcertante impressione che gli adulti stessi brancolano nel buio: in una confusione d'idee, nel dubbio sistematico sulle verit religiose e morali. Sentono quindi il bisogno di passare, nella loro fede, da un livello di abitudini e di passivit ad un livello di personali persuasioni, mediante un lavoro di reinvenzione, di controllo, di discussione. Il consigliere spirituale, che vuol illuminare ed aiutare l'adolescente, terr conto del suo stato d'animo e si adatter alla sua psicologia individuale. a) Molti oggi pur non dicendosi antireligiosi od increduli si mostran piuttosto indifferenti ed apatici in materia specificamente religiosa. Pel passato era pi netta la distinzione: da una parte i giovani che avversavano la religione come nemica della libert e della vita; dall'altra i giovani che aderivano in pieno alla fede, oppure, sentendo vivamente i problemi teologici, li discutevano e passavano magari attraverso crisi e dubbi. Oggi molti non mostrano d'interessarsi pei dogmi che il cristiano deve credere, giudicano ed interpretano con molta disinvoltura e flessibilit le leggi morali, muovono critiche (ed in pratica disobbediscono) alla gerarchia ecclesiastica. Tuttavia sono pronti a prestarsi per le opere di bene. Il problema ecumenico, ad esempio, da non pochi visto non come ricerca dell'unit di fede, sacramenti, governo in un'unica Chiesa, ma come collaborazione delle diverse Chiese per portare e realizzare nel mondo il messaggio sociale del Cristianesimo. In costoro bisognerebbe suscitare interesse anche per una fede veramente personale ed interiore. b) In altri c' un processo di maturazione della fede, sereno, normale corrispondente all'et. Allora pel confessore il compito facilitato: egli pu con soddisfacente risultato assistere, sostenere il giovane, chiarirgli qualche punto oscuro, fornirgli in172

dicazioni, suggerirgli qualche lettura e tutti i mezzi utili alla cultura ed al progresso spirituali. e) In alcuni, invece, scoppia una vera crisi tormentosa. Un conflitto: da una parte sono affezionati alla fede dell'infanzia, dall'altra temono che ci siano obbiezioni insuperabili contro la fede. Bisognerebbe scoprire la causa vera o principale di questa crisi: causa che pu esser di ordine intellettuale (difficolt di conformarsi alle espressioni di fede adulta e pacifica degli anziani) oppure d'ordine morale (come pi spesso, anche se in modo subconscio). Comunque, il confessore deve sapere che il giovane (per la sua immaturit ed impressionabilit) incline ad agitarsi per qualche oscurit della fede. Qualcuno turbato senza tregua come da un'idea fissa che solo il sonno interrompe. Vorrebbe vedere la soluzione di certi misteri della fede: com' possibile che l'Infinito sia presente e rinchiuso in un piccolo disco di pane? Come pu esistere una Provvidenza quando tanti strazi, guerre, torture, s'abbattono su degli innocenti? Perch la preghiera (contrariamente, sembrerebbe, a quanto il Figlio di Dio ha promesso) >non sempre ottiene la grazia ai buoni che la chiedono? Un confessore sar tentato di stizzirsi a sentir che qualcuno ripropone sempre le stesse questioni; e forse risponder sbrigativamente: o si crede o non si crede; se si avesse l'evidenza la fede sarebbe senza merito; e questa fede non si acquista ragionando ma umiliando la propria mente e pregando . Il giovane invece vede i problemi della fede secondo un'altra prospettiva: non secondo il merito della fiducia nella Parola rivelatrice, ma secondo l'esigenza d'una dimostrazione razionale, cio con mentalit scientifica, come in altri campi del suo studio. Ed in certo senso ha ragione perch non pu credere chi non possiede una prova razionale sicura dei motivi di credibilit. Ma siccome il giovane non ha studiato ancora una solida, larga inconfutabile dimostrazione, dei praeambula fidei perci non se la sente di ricorrere alla fede per spiegare, ad esempio, il dolore; ma parte dal dolore (che non capisce e vorrebbe capire) per metter in discussione la fede. In realt (senza saperlo) yivoca la fede perch alla ricerca dell'unica spiegazione del dolore. Il confessore non giudichi giovani secondo il proprio metro; non pretenda una formazione intellettuale che non possono avere; e tanto meno prenda in derisione, con termini pungenti, i loro stati psicologici. Lasci invece parlare chi desidera aprirsi se vuol 173

rendersi conto delle sue difficolt e dare il consiglio opportuno e specifico. Le chiarificazioni in materia di fede devono corrispondere alle esigenze del singolo giovane. Perci il sacerdote deve essere preparato a rispondere a qualunque obbiezione ragionevole, a saper, con tutti, portare il discorso fino in fondo per una soluzione diretta delle difficolt. Nulla renderebbe tanto antipatico il confessore e la sua direzione spirituale quanto un'esortazione untuosa che vale per tutti. Il giovane ha bisogno di sentirsi compreso. Aspetta una parola di luce che sia proprio e solo per lui. Ed alla fine e soprattutto, una parola di conforto: ti sembra che Dio non esista, che sia tanto lontano; sappi che mai ti e stato cosi vicino come ora: se ne senti il bisogno Lo hai gi trovato. Nel mondo dello spirito il criterio della certezza non la sensibilit ma la ragione e la fede (difatti oltre al giovane che domanda una dimostrazione, c' il giovane che vorrebbe sentire Dio; ma l'Infinito non , almeno ordinariamente, oggetto della sensibilit e neppure d'una diretta esperienza spirituale). Insomma, quando un giovane vuole discutere su qualche problema della fede non va trattato come un imberbe saccente, vanerello o ribelle. In genere, quando tratta col confessore lo fa con seriet: segno che realmente vuol - che la sua fede diventi un fatto personale, una realt vissuta. Ed in genere nelle nostre regioni l'adolescente educato nella religione cristiana, quando sente il bisogno d'una riflessione razionale per convincersi dei motivi di credibilit, ha gi fatto una personale esperienza della fede. Bisogna persuaderlo che il metterla seriamente in dubbio, anche se vede qualche difficolt, sarebbe irrazionale finch i motivi di credibilit non gli risultino con certezza privi di solidit; irrazionale il sospendere l'assenso a causa di qualche speciosa obbiezione che lo impressiona. Del resto, se volesse esaminare tutte le prove da s, non ne avrebbe n il tempo n la voglia. Il confessore ricordi a chi dice e pensa di dubitare in materia di fede che bisogna nettamente distinguere difficolt intellettuale (prodotta da una obbiezione di cui non si vede al momento la soluzione) e dubbio di fede vero e proprio. Ed anche distinguere (cosa facile in teoria, ma non altrettanto in pratica) la tentazione di dubitare dal dubbio. Le obbiezioni contro la fede quando non siano risolte, possono dar l'impressione (od insinuare la tentazione) di dubitare. Ma altro dubbio, altro difficolt, altro tentazione di dubitare. 174

d) Purtroppo c' anche la categoria di coloro che veramente dubitano e che non vogliono neppure uscire dal dubbio. Come mai? Perch ci pi comodo e non crea nessun vincolo per la libert? Sarebbe, questo, un motivo inferiore dettato dall'egoismo. O perch hanno sentito filosofi e scienziati metter tutto in discussione (anche le leggi fisiche) ed affermare che non c' nulla di assoluto e di certo? Allora il disorientamento sarebbe d'ordine intellettuale: si supporrebbe in partenza che nessun ragionamento abbia titoli ed argomenti per imporsi come valido e per generare la certezza. Bisogna far capire che questo atteggiamento contrario alla natura ed alla ragione dell'uomo la quale fatta per la luce, la verit, la certezza. 2. Fermo il primato di Dio e del nostro rapporto personale con Lui, la pastorale giovanile della penitenza dovr sapientemente porre in risalto quei valori ai quali le nuove generazioni sono particolarmente sensibili: l'aspetto ecclesiale e comunitario, l'autenticit e la concretezza, l'apertura ai problemi della giustizia e della solidariet (C.E.I., Doc. Post., 12.VII.74, n. 105). a) In fatto di sensibilit a questi problemi e valori si potrebbero distinguere due categorie di giovani. Ci sono coloro che, nati in famiglie ricche, preferiscono godere del loro benessere piuttosto che proporsi un'inquietante problematica sociale. Contenti del loro stato, vogliono essere conservatori indisturbati. Altri (e non solo fra i poveri) riflettendo sulla realt (ricchezze eccessive da una parte, indigenza e miseria dall'altra) desiderano un mondo migliore, lo creano colla fantasia, domandano che le riforme vengano attuate. Nasce in loro uno spirito di reazione, di protesta, di contestazione. E per loro natura i giovani puntano al massimo dei programmi, vorrebbero vedere realizzazioni immediate. Non sanno moderarsi (come quando un affetto pi o meno altruistico li travolge). Sono estremisti, in tutto. (Se noQ fossero cosi, non avremmo nessuno che sceglie la via del sacerdozio o dello stato religioso). Perci vanno compresi, stimati, anche se dolcemente-frenati nei loro slanci. Altrimenti possono passare anche alla violenza. Comunque, suppongo che le loro aspirazioni siano generose. Non parlo di coloro che, ancora adolescenti, praticano, organizzati, la rapina. Si giustificano appellandosi a qualche ideologia. Si potr, forse, ammettere in certuni, sulle p'rime, una reazione contro tante ingiustizie. Ma, di fatto, fanno della rapina un mezzo per non lavorare e per soddisfare i propri vizi. Questa delinquenza minorile nella quale influisce, 175

oltre alla volont del soggetto, un complesso di fattori: indole, educazione, ereditariet. Sono casi difficili che impegnano piuttosto gli assistenti dei riformatori. Per questi ragazzi ci sarebbe bisogno d'una rieducazione integrale, delicata e specialissima; la quale suppone adeguati mezzi ed ambienti, preparazione accurata e specifica nelle persone addette. Parlo ora dell'adolescente serio e riflessivo che, mosso da un ideale, s'interessa del problema sociale. Non ha la maturit di capire che la storia procede senza sbalzi violenti (solo Ges il pi grande rivoluzionario di tutti i tempi ha potuto segnare una svolta nella storia, ma era Dio). L'adolescente, se religioso, forse si turba quando legge che Marx ha prevenuto la Chiesa ed ha promosso, nel campo specificamente sociale, ci che (per altra via e finalit) avrebbero dovuto fare i cristiani: un uomo e non in nome della carit cristiana ha schiuso le porte d'un avvenire di maggior giustizia ai poveri ed agli affaticati. Mentre la Chiesa (che avrebbe dovuto realizzare il messaggio sociale cristiano) ha piuttosto difeso la propriet privata e cosi si schierata dalla parte dei capitalisti e non dalla parte degli operai e dei servi. In questi ultimi tempi ha cambiato rotta prendendo posizioni favorevoli ai poveri ed ai lavoratori. Ma arrivata in ritardo. quanto sente dire l'adolescente. Ed egli s'impressiona quando gli par di constatare che anche negli uomini di Chiesa spesso si annunciano le beatitudini evangeliche ma non si praticano; si esorta, si auspica, si sollecita, ma poi ogni volta, o quasi gli uomini di religione non ritrovano nelle opere quella presenza, quell'ispirazione e quei propositi che predicano. tentato di chiedersi se l'attuazione del messaggio evangelico non vada, a mano a mano, smorzandosi, esaurendosi, e quindi se lo stesso messaggio sia credibile o meno. b) Il sacerdote dev'esser preparato e pronto a dir la parola illuminante (che suppone per una profonda conoscenza delle questioni nelle loro radici ed in tutti i loro aspetti): 1) anzitutto quando si discute su quanto la Chiesa ha fatto, fa e far per una maggiore giustizia sociale nel mondo bisogna fissare e tener ben fermo il principio: la missione specifica di Cristo e della sua Chiesa non d'ordine politico, economico o sociale ma religioso (GS, 42): portare la salvezza e la vita soprannaturale alle anime. Perci, ad esempio, la Chiesa primitiva non parti col programma d'abolire la schiavit. Il suo annuncio era un invito alla conversione predicata sulla linea 176

dei principi: l'amore di Dio e del prossimo. L'abolizione della schiavit sar la conseguenza della nuova spiritualit cristiana. Nel Medioevo (e nei secoli seguenti) permasero stridenti disuguaglianze di carattere economico. La Chiesa non pens che bisognasse prima risolvere efficacemente il problema sociale se si voleva che le anime accogliessero il Vangelo. Le situazioni d'ingiusta indigenza negli individui e nei popoli andranno sempre pi eliminandosi. Ma non questo l'obbiettivo diretto della missione della Chiesa: ne sar uno dei frutti. Del resto, Cristo ha preannunciato che lo sviluppo dello stesso Regno di Dio nella sua essenzialit e nelle sue benefiche conseguenze sociali sar progressivo e sar simile al seme che lentamente diventa pianta. Ma se si sposta sul piano puramente terreno il fine missionario della Chiesa logico che i giovani siano presi dai dubbi di fede quando affrontano i problemi sociali. Almeno nei paesi cristianizzati pensano la Chiesa avrebbe dovuto realizzare di pi nel campo sociale: non solo compiere, qua e l, opere di carit, ma indurre una pi generale trasformazione del mondo secondo giustizia. Se non ci riuscita, concludono, si pu chiedersi se sia davvero una societ divina e non solo umana. 2) Sicuramente, se la vita spirituale dei credenti fosse fiorente, ne scaturirebbero anche impegno, luce, forze per lo stesso benessere terreno dell'umanit (GS, 42). E se gli uomini di Chiesa non hanno sempre lavorato con zelo per il fine soprannaturale, comprensibile che anche i benefici temporali della loro missione non siano stati quali potevano essere nei desideri della Provvidenza e dell'umanit. C' un elemento umano della Chiesa con tutti i suoi limiti e volontarie manchevolezze. 3) Comunque, nessuno pu negare che gli uomini di Chiesa abbiano lavorato direttamente nel campo della carit, della cultura, della civilt, fondando istituti con un primato da tutti indiscutibilmente riconosciuto. Il giovane s'impressiona di fronte alle incoerenze d'alcuni uomini di Chiesa, perch non ancora in grado di giungere ad una globale e serena visione che gli permetterebbe di registrare anche gli eroismi. Certo se gli uomini corrispondessero pi generosamente alla grazia, il disegno di Dio s'attuerebbe pi celermente. Eppure, nonostante le debolezze e gli errori dei suoi figli, la Chiesa sempre in crescita e diventa sempre pi pura, pi bella, pi giovane. Ma l'adolescente non riesce a formarsi da solo, con sicurezza, questi giudizi. 4) Si accusa la Chiesa di non aver affermato pi decisamente 177

e tempestivamente certi diritti della classe povera, ma di aver piuttosto difeso la propriet dei ricchi. Ora, anzitutto si dovrebbe riconoscere che documenti quali la Rerum Novarum non nascono dalla sera alla mattina. E quanto la Chiesa insegna e fa non si trova solo nelle Encicliche e nelle opere promosse dalla gerarchia. Ci sono altri scritti ed altre opere di cristiani che appartengono alla Chiesa, lavorano nella Chiesa e rappresentano la Chiesa. (Ad esempio, l'opera La questione operaia ed il cristianesimo del Ketteler usci nel 1864, quattro anni prima de Il Capitale di Marx). La Chiesa ha difeso la propriet privata, vero. Ma l'ha fatto anzitutto perch un diritto (salva la destinazione universale dei beni), diritto da rispettarsi sotto pena di aprir le porte al disordine sociale, alla violenza, alla delinquenza; e la Chiesa ha sostenuto la propriet privata nell'intento che venga sempre pi estesa anche a coloro che possono giungervi solo per mezzo del proprio lavoro, cio agli operai. Lo scopo a cui tende nel suo lavoro l'operaio si legge nella Rerum Novarum (n. 4) di possedere qualche cosa come sua e propria . Se poi, dopo aver provveduto alle necessit della vita, riesce colle sue economie a far dei risparmi ed investe il denaro in un terreno (come ha diritto), questo non altra cosa che il salario il quale ha assunto altra forma . Questa libert, questo diritto, questa speranza di migliorare la propria condizione sarebbe resa impossibile in un regime statale collettivista (quando parla dei socialisti Intr. n. 3 l'Enciclica si riferisce a quelli estremisti che pretendono doversi abolire la propriet privata dei beni e fare di tutti i patrimoni particolari un patrimonio comune da amministrarsi per mano dello Stato). Quanto poi a suggerire allo State quale pu essere il suo intervento nel limitare il diritto dei singoli secondo il principio della' destinazione universale dei beni, ovvio che la Chiesa ha dovuto pronunciarsi con somma discrezione, sia per non esorbitare dal suo compito sia per non favorire azioni di forza contrarie all'ordine pubblico ed ai diritti naturali del singolo. Il progresso della civilt e della giustizia sociale graduale (nei disegni stessi di Dio) e non era compito della Chiesa proporre direttamente formule e programmi determinati. Il giovane sente dire dai critici della Chiesa che Leone XIII nella Rerum Novarum sarebbe stato alquanto miope affermando con intransigenza il diritto di propriet privata come diritto naturale inviolabile, quasi ignorasse la distinzione fra beni produttivi e beni di consumo. 178

Evidentemente (si dice) egli alludeva ad una societ agricola e non si prospettava i problemi dell'incipiente societ industriale nella quale beni ingenti si sarebbero accumulati nelle mani d'una classe dirigente preoccupata d'accrescere il capitale anzich di migliorare le condizioni dei poveri operai. Pertanto la Chiesa praticamente avrebbe sostenuto coloro che sfruttavano i lavoratori. Ma anche questo non esatto. La Rerum Novarum parlava di operai i quali sive in agris artem atque manum, sive in officinis exerceant (n. 18); trattava di salari , di scioperi , di associazioni operaie . Quindi non solo di rurali. E richiamava com' suo specifico compito i principi morali interessanti la vita sociale. Da una parte, il Pontefice affermava energicamente, contro il collettivismo, il diritto di propriet privata. Il quale non pu essere ristretto ai beni di consumo ed esser negato in linea assoluta per i beni di produzione. D'altra parte e nel tempo stesso per l'Enciclica rivolgeva un invito ai privati ed allo Stato perch facessero tutto il possibile per migliorare le condizioni degli operai (n. 18). Cosa si pretende di pi dalla Chiesa? Che in modo definitorio dichiarasse che l'unica soluzione del problema sociale e l'unico rimedio contro le eccessive disuguaglianze era la generale socializzazione dei mezzi di produzione, sui quali soltanto allo Stato spetterebbe il dominio? E si pretende forse (anche da parte di certi cattolici) che la Chiesa affermasse prima d'ogni altro, in modo assoluto e profetico che bisogna e conviene indurre la partecipazione di tutti gli operai agli utili dell'impresa? Ma questioni come questa a parte i principi del diritto naturale in concreto vanno risolte secondo modi e gradi che dipendono dalle varie situazioni e circostanze (come osserva la Mater et Magistra, n. 78). E la Chiesa in quanto Collegio Apostolico docente non ha il compito specifico di fare le indagini sociologiche sulle condizioni economiche della societ, secondo i luoghi ed i tempi. Se, alle volte nell'esposizione dei principi dottrinali vi fa qualche riferimento perch il discorso non rimanga astratto e privo di aderenza ed efficacia pratica. Perci a proposito, ad esempio della partecipazione degli operai agli utili dell'azienda la Chiesa, al massimo, potr suggerire (come si leggeva gi nella Quadragesimo Anno, n. 30; 34) che si veda (secondo le possibilit, s'intende) di temperare il contratto di salario con quello di societ di modo che gli operai siano cointeressati o nella propriet o nella cura ( curatio ) dell'impresa e diventino partecipi 179

in qualche misura dei guadagni realizzati. La Ma ter et Magistra di Giovanni XXIII (15.V.1961) richiamava quanto affermato nella Quadragesimo Anno (promulgata trent'anni prima) esortando che dove le imprese realizzano ingenti sviluppi produttivi mediante l'autofinanziamento, sia riconosciuto ai lavoratori qualche titolo di credito nei confronti delle imprese in cui operano, specialmente quando venga loro corrisposta una retribuzione non superiore al minimo salario (n. 81); ricordava (n. 82) il principio esposto nella stessa Quadragesimo Anno: del tutto falso ascrivere od al solo capitale od al solo lavoro ci che si ottiene con l'opera unita dell'uno e dell'altro (AAS, 23, 1931, 195); auspicava altres che i lavoratori, nei modi pi convenienti, possano giungere a partecipare alla propriet delle imprese stesse, in modo che oggi come e pi che ai tempi della Quadragesimo Anno i capitali guadagnati non si accumulino se non con equa proporzione presso coloro che dispongono di mezzi economici, e si distribuiscano con sufficiente larghezza presso i prestatori d'opera (cfr. AAS, l.c, p. 198). Tuttavia l'enciclica Mater et Magistra aggiunge che questo adeguamento fra la rimunerazione del lavoro ed il reddito va attuato in armonia alle esigenze del bene comune, sia della propria comunit politica sia dell'intera famiglia umana. Bisognerebbe, ad esempio, sul piano nazionale, dare occupazione al maggior numero possibile di lavoratori, evitare che si costituiscano categorie privilegiate, anche fra i lavoratori, eliminare o contenere entro certi limiti gli squilibri esistenti fra i settori dell'agricoltura e dell'industria (nn. 84-85). Circa la nazionalizzazione di certi mezzi di produzione la Rerum Novarum fissava anzitutto il principio che individuo e famiglia non devono esser assorbiti dallo Stato, che bisogna lasciare facolt d'agire con libert, quanta se ne pu, cio salvo il bene comune e gli altrui diritti . Ma se non c' altra via per riparare, od impedire, un danno arrecato, o sovrastante, alla societ, od a qualche sua parte, allora l'intervento dello Stato necessario (n. 19). Un principio generalissimo, ma che conteneva virtualmente quanto la Quadragesimo Anno dichiarer: si pu sostenere a ragione che certi generi di beni siano riservati allo Stato quando portano con s tale potere economico che non si pu lasciare in mano di privati senza pericolo pel bene comune (n. 46). La Mater et Magistra richiama e riafferma lo stesso principio considerando la tendenza dell'epoca moderna d'estendere sempre 180

pi la propriet dello Stato e degli enti pubblici. Lo pu esigere il bene comune, per secondo il principio di sussidiariet: allora solo lecito allo Stato ed agli enti pubblici ampliare i confini del proprio dominio, quando lo esige evidente e vera necessit del bene comune; e deve esser escluso il pericolo che le propriet dei privati siano oltremodo ridotte o il che sarebbe ancor peggio siano completamente eliminate (n. 124). 5) Nessuno pu negare che la Chiesa abbia sempre predicato carit e giustizia ed anche realizzato, qua e l, innumeri opere di misericordia e di civilt. Quel che le si rimprovera che la sua dottrina sia rimasta sulla carta e non abbia portato nel corso di tanti secoli un pi sensibile cambiamento d'ingiuste strutture sociali. Si pu rispondere che se la Chiesa avesse fatto di pi, la si sarebbe accusata d'aver abusato del suo ministero occupandosi anche d'economia e di politica: il liberalismo contestava ogni attivit della Chiesa che non fosse strettamente religiosa. 6) C' un'altra accusa (che non lascia insensibili gli.'animi, specialmente giovanili) mossa alla Chiesa: di esser ricca (oltre ad aver difeso le classi privilegiate)4. E come pu esser credibile (si conclude) questa societ che ha accumulato e continua ad accumulare ricchezze, mentre dovrebbe avere una missione spirituale? A questo rimprovero bisogna rispondere decisamente che se la Chiesa ha amministrato (e continuer ad amministrare) molti beni economici di sua propriet, ci non contrrio alla povert evangelica. Perch anche per le opere d'ordine spirituale e soprannaturale sono utili e necessari i mezzi materiali 5 . Quel che importa il modo come si usano, la finalit, lo spirito'con cui ci si serve di quanto terreno. Certo la Chiesa composta da uomini che non sono senza difetti. Anche nei componenti la gerarchia cattolica pu esser mancato (in grado vario, a seconda dei luoghi e dei tempi) quello spirito di distacco e di povert
4 Si noti la confusione che questi critici fanno fra i beni economici della S. Sede con quelli di tutte le comunit, enti, famiglie, istituti religiosi ed ecclesiastici: questi hanno una propriet indipendente dei loro beni (anche se ovviamente la suprema autorit ecclesiastica esercita un certo controllo perch sia assicurato l'ordinato funzionamento ed il fine sociale e spirituale al quale le varie opere rette da ecclesiastici e religiosi sono destinate). 5 E se la Chiesa ,deve aiutare le opere apostoliche di tutto il mondo cattolico, non dovrebbe recare n meraviglia n scandalo se i mezzi materiali di cui dispone la S. Sede fossero notevoli relativamente alla superficie territoriale del simbolico Stato della Citt del Vaticano.

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che dovrebbero distinguere i veri cristiani, ed anzitutto quelli che hanno abbracciato una vita di perfezione. Specialmente pel passato ci fu troppa differenza economica fra una classe e l'altra della societ: a questa situazione si sono conformati nella loro vita non sempre evangelica anche molti uomini che nella gerarchia ecclesiastica avevano posti di responsabilit. E questi non si possono lodare. 7) Resta il fatto mortificante si obbietta che un non cristiano, Carlo Marx, ha prevenuto i cristiani facendo una diagnosi sociale per certi lati tuttora valida. Ebbene, possiamo rispondere semplicemente che qualsiasi uomo (anche non credente) pu esser nei disegni della Provvidenza occasione sollecitante la Chiesa ed i Cristiani a riformare i costumi morali, a migliorare le condizioni di vita. stato scritto che come l'Assiria fu la verga con cui Dio cercava di convertire il popolo d'Israele che Lo abbandonava, cosi il comunismo ha una funzione punitiva nel mondo moderno. il concime della nostra civilt, il fertilizzante magari maleodorante alle narici degli uomini dabbene; la scopa in mano dei sovietici ai quali Dio permette di spazzar via le imperfezioni del pensiero orientale; la spada punitrice della civilt occidentale che ha troppo dimenticato la funzione dello spirito nella cultura umana (Fulton J. Sheen, La crisi del mondo e la Chiesa, 1956, pp. 6-7; 22). Questi ed altri spunti potranno esser sviluppati e servire per qualche risposta che illumini sui problemi sociali le menti immature dei giovani. 3. Il problema del rapporto fra autorit e libert. Sorge prestissimo ed acutissimo nei giovani d'oggi anche nei migliori. Precoci, pi impazienti che pel passato, sono coscienti d'avere anch'essi un ruolo importante nella societ: non semel impatientes, immo angore rebelles fiunt, et conscii de proprio momento in vita sociali, citius in eadem partes habere cupiunt (GS, 7). Bisogna far s che siano evitate certe contestazioni e contrasti violenti, anzitutto nei rapporti coi genitori. Le fughe , ad esempio, sono segno d'un problema non risolto. La colpa della mancata soluzione pu trovarsi tanto nell'una come nell'altra parte. a) Prima condizione ed accorgimento per ottenere che i giovani seguano il prudente consiglio dei pi anziani: bisogna saperli prendere, iniziare il dialogo dimostrando loro fiducia. Non trat182

tarli come ragazzini. Il confessore, abbia questa^ sensibilit. Ed ai genitori, all'occasione, raccomander che procurino anzitutto d'ottenere il bene senza bisogno di ricorrere all'esercizio dell'autorit. L'ideale: comandare meno che possibile. Agli adolescenti anche opportuno spiegare le ragionevoli motivazioni d'un consiglio. Non sono pi bambini. Vogliono esser persuasi, sentirsi valutati ed amati da parte degli educatori. Allora potr stabilirsi un clima di collaborazione per una educazione che non si riduca alla disciplina della caserma. Per se un giovane, nonostante tutte le cure intelligenti ed amorose dei genitori, si comporta indegnamente ed irresponsabilmente, non si dovr escludere ogni ricorso ai mezzi piuttosto energici. Infine, in certi casi nei quali ogni metodo e tentativo si dimostrato inefficace, l'esperienza insegna che bisogna ricorrere anche ad un consulto e ad una cura medica. b) Al giovane bisognerebbe far capire che quanto gli chiedono i suoi consiglieri, mossi da ragionevoli motivazioni, sar il meglio per lui. Perci quando si sentir sollecitato da qualche impulso, o ragione personale o di terze persone, amici, ad esempio a dissentire ed agire contro il suggerimento dei genitori, dovrebbe avere la decisa abituale autocoscienza che, nel dubbio, normalmente non sbaglia nel fidarsi di chi retto, spassionato, ha pi esperienza di lui, lo ama ed ha la missione di aiutarlo e guidarlo. Dico: normalmente, perch non escluso che, in qualche caso, un consiglio pressante dei genitori per esempio sulla scelta dello stato, della professione appaia, per ben fondate ragioni, contrario alla volont di Dio. Allora il giovane potr consultarsi col suo esperto confessore e direttore spirituale che gli suggerir come comportarsi prudentemente e quale decisione prendere responsabilmente, con sicurezza e tranquillit di spirito. 4. Il problema della purezza. a) purtroppo attuale quanto scriveva il Mercier parecchi decenni fa: Due vizi ignobili decimano la nostra giovent con maggior ferocia d'una guerra mondiale, Palcoolismo e la prostituzione {La vie intrieure, p. 249). Per i giovani delle nostre citt e delle nostre scuole stato scritto l'aprirsi del periodo della pubert non corrisponde come poteva essere nell'et del risorgimento o del romanticismo a uno spalancarsi di nuovi orizzonti, di nuovi ideali, di possibili nuove felicit. Il giovane, molte volte, prima ancora che al problema della 183

"cotta", si trova di fronte a quello del meretricio. Ne sente parlare, lo conosce, talvolta lo esperimenta, prima ancora di capirlo, prima ancora di avere la possibilit di comprendere quanto sia turpe e triste l'esperienza amorosa senza l'amore (AA.W., Responsabilit della cattedra, Roma, 1944, p. 84). In questi ultimi anni s' aggiunto e diffuso l'uso della droga. Da inchieste abbiamo dati allarmanti. A Roma, ad esempio, non c', praticamente, scuola nella quale la droga non sia entrata o non sia in grado di entrare. Risposte date da cinquemila alunni fra i 16 e i 18 anni, ci fanno sapere che una percentuale fra il 30 ed il 35 per cento degli studenti ha provato, almeno una volta, la droga. A Milano la droga venduta nelle vicinanze, di quasi tutte le scuole e stazioni ferroviarie dei piccoli centri. Al Centro antidroga dello stesso capoluogo lombardo, l'et media degli assistiti intorno ai 18-20 anni. Ma spesso i genitori vi conducono ragazzi di 13-14 anni che presentano sintomi gravi d'intossicazione. Diagnosi delle cause e valutazioni delle responsabilit non sono facili, nei singoli casi. La pubert esplode improvvisamente e trova molti ragazzi spiritualmente e moralmente impreparati (oltre che, per natura, strutturalmente fragili). S'aggiunge un ambiente familiare e sociale che fornisce continui incentivi alla passione sessuale. I giovani pertanto meritano anche comprensione. b) Bisogna affrontare il problema con intelligenza, amore e fede. Ho sentito dire che un educatore il quale conosceva bene l'animo degli adolescenti e le vie di Dio non temeva affermare: datemi un giovane puro e ve ne far un santo . Ed un autore di Teologia Pastorale scriveva: Ogni et ha i... suoi particolari peccati, onde si riferisce un detto di s. Filippo Neri, che, tolta da' giovani la lascivia, da' vecchi l'avarizia, tutti si salvano (Giordanini, Istruz. per i novelli conjess., I, 1841, p. 85). Indubbiamente chi possiede una delle virt cardinali (autentica s'intende, anche se non in grado straordinario) possiede virtualmente tutte le altre virt morali cardinali (in grado pi o meno elevato). Chi ha dunque la castit e la possiede come un valore amato, acquisito, conquistato e difeso questi sar anche laborioso: nei doveri del suo stato non conoscer ozio e dissipazione. Sar generoso: coltiver l'amicizia e l'amore verso gli altri, specialmente verso i pi deboli ed i pi poveri. Irradier la sua fede e la sua virt con pi efficacia di tante prediche. Non si dovr imporgli altro che il dovere dell'esempio: alTocca184

sione sapr spontaneamente impegnarsi anche nel dialogo, professare la sua fede e cosi comunicarla agli altri. Per la sua purezza praticata intelligentemente e serenamente con un contegno rettilineo ma disinvolto godr un prestigio ed eserciter un'influenza fortissima e profonda, anche se non appariscente e forse non avvertita. e) Ma la purezza esige un'aspra lotta continua e tante rinunce. Il problema si risolver nell'uso dei mezzi che siano pedagogicamente, psicologicamente, naturalmente e soprannaturalmente efficaci per conservarla (o riconquistarla). 1) Anzitutto nessuno s'impegner con decisione e sacrificio in questa battaglia se non ha un ideale che lo affascina. L'entusiasmo, a sua volta, dev'esser fondato su solide persuasioni. Invece, nelle menti giovanili spessissimo non ci sono che idee torbide e confuse sull'alta finalit dell'istinto sessuale. C' una frattura tra valore religioso e valori umani della sessualit e dell'amore: effetto deleterio della secolarizzazione. Perci si passa con leggerezza da una amicizia all'altra come per gioco, solo per godere passeggere soddisfazioni. Al confessore in quanto tale proibito (S. Off., De agende ratione confess. circa VI, n. II, 16.V.1943) di dare ai giovani una specifica istruzione sessuale. Ma, all'occasione, se necessario, potr (pare) indicare con delicatezza ed elevatezza d'espressioni, i fini provvidenziali che Dio ha avuto dando all'uomo l'inclinazione verso la donna. Non si presenter quindi la purezza come una legge che viene solo dall'esterno per autorit della Chiesa ma come una necessit della natura per la sua felice realizzazione. I giovani si ribellano ad ogni imposizione che abbia la sua giustificazione solo nell'autorit da cui procede. Talora sentiamo che si pongono e ci pongono la domanda: perch Dio ci ha dato la libert e nel tempo stesso la vincola con una legge morale? Possono vedere, in questo, una contraddizione appunto perch considerano la legge morale come una negazione della libert. Bisogna far loro capire che questa legge non viene solo dall'esterno: un'esigenza della natura razionale. Se vogliamo raggiungere il nostro fine dobbiamo seguirla. Il bimbo pu credere che i genitori sacrifichino il suo bisogno di moto quando gli proibiscono di correre all'impazzata, in luoghi pericolosi, colla sua bicicletta. Solo quando sar caduto e dolorante, forse capir. Ma l'adolescente non un bimbo. Pu e deve comprendere che la legge morale dentro di noi: la nostra stessa natura considerata secondo le sue pi profonde 185

aspirazioni e secondo tutte le sue relazioni. Il giovane pretende difendere la sua libert da imposizioni dogmi, leggi morali, strutture : in realt, proprio oggi, ognuno rischia di perdere la sua autentica libert e di subire le pressioni esteriori specialmente degli strumenti di comunicazione sociale anzich seguire gli impulsi interiori alla verit ed al bene 6 . 2) Infondere convinzioni esatte; suscitare la passione per un ideale. E perch i buoni propositi si traducano nei fatti, il giovane ha bisogno d'esser sollecitato dolcemente ma insistentemente a formarsi un carattere, ad irrobustire la propria volont. E la volont si fortifica con l'allenamento. Le grandi energiche decisioni, gli atti eroici suppongono l'abitudine ai piccoli sforzi ed alle rinunce d'ogni giorno: vincere l'indolenza e la pigrizia, evitare ogni eccesso nell'accontentamento del corpo, dei capricci e delle vanit. E cosi la castit del giovane, se da una parte pu dirsi garanzia d'ogni altra virt, dall'altra dev'esser vista e presentata sempre come la risultante d'un complesso di sforzi generosi e costanti compiuti in tutti i campi della vita morale, ascetica, religiosa. Si comprende allora e si deve ammettere che chi la possiede sulla via della santit. 3) Ma le sole forze umane, per quanto buona sia la volont, non sono sufficienti alla formazione di questa virt. La natura umana debole. Il confessore quindi incessantemente infonder e ravviver nei giovani penitenti l'idea che necessaria la grazia: bisogna possedere un ideale vivo, un carattere forte e l'anima unita a Dio per resistere alle passioni se si scatenano veementi ed improvvise (cfr. S.C. per la Dottrina della Fede, Dich. Pers. Humana, 29.XII.75, n. 12). Strumentalizzeremo cosi la religione come un mezzo per risolvere il problema della prudenza? Ma, un fatto, i giovani stessi quando hanno capito le alte finalit del sesso e sentono il bisogno di conservarsi puri, sono istintivamente indotti senza far esplicita questione sulla gerarchia dei fini ad un consapevole e non solo abitudinario esercizio della preghiera e della pratica sacramentaria. Vita eucaristica. Devozione alla Madonna che Madre purissima, Vergine delle vergini sem6 Per l'influsso continuo della TV, del cinema, d'un determinato giornale quotidiano, si pu modificare la mentalit dell'ascoltatore e del lettore. E questo avviene gradatamente, senza ch'egli se n'accorga.

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pre stata invocata in particolare da chi desidera la grazia della castit. Devozione all'Angelo Custode (oggi trascurata, mentre tutta la Scrittura e la Tradizione la raccomandano). Frequenza alla Confessione. Una direzione spirituale, sia pur breve ma periodica e costante: l'incontro stesso, una sola parola con un semplice arrivederci serve come una carica per conservare la buona volont, esser pronti nel resistere alle tentazioni e, nel caso di cadute, non scoraggiarsi e non arrendersi mai. Ricorrendo a questi mezzi i giovani migliori mettono cosi in pratica questo principio: senza il sentimento religioso e la pratica religiosa non si risolve positivamente ed abitualmente il problema morale. Qualche mamma chiede: quali argomenti devo portare al mio figliolo perch sia forte nei pericoli e nelle tentazioni? Gli dico che se comincia a cedere alla passione dei sensi pu, un po' alla volta, diventare un vizioso, ed allora risentirne nella salute, contrarre qualche malattia, ed inoltre rovinare qualche compagna irrimediabilmente... . Tutto bene. Ma sono motivi in pratica inefficaci. Se non c' una fede sentita e vissuta, il giovane, quando esplode la sensualit, non avr freni che lo arrestino: sar travolto dall'immoralit, sedotto dai cattivi esempi dei compagni. Vizio, malavita, teppismo possono essere le estreme conseguenze. 4) L'impurit volgare far capire il confessore all'adolescente sempre una forma di egoismo. Egoismo che molti adolescenti vorrebbero coprire, ad esempio cercando di scusare come una necessit fisiologica la pratica della masturbazione. D'altra parte se ne confessano. Dunque hanno coscienza che qualcosa che sconviene, che non si dovrebbe fare. Forse senza colpa hanno contratto l'abitudine e, non riuscendo a vincersi, cercano una giustificazione. Per vincersi sar ottima medicina l'aprirsi, l'interessarsi ed il prestarsi per gli altri con generosit e dedizione; partecipare ai dolori altrui recando qualche servizio, aiuto, conforto; non approfittare di chi pi debole per dominarlo, ma rispettarlo, aiutarlo, proteggerlo. Anche l'affetto per una compagna appunto perch non solo la ricerca d'una soddisfazione egoistica pu esser, per un giovane, un mezzo per superare le tentazioni impure o risollevarsi dal fango. Per quest'affetto anche se non privo di simpatia sensibile deve conservarsi sempre in una sfera di spiritualit: perci domanda forza di volont, autocontrollo. d) Anche in materia di sessualit l'indole della giovane diversa da quella del giovane. Nell'uomo l'istinto sessuale si manifesta, in genere, fortemente, sia pur con diversit di tempo e di 187

grado. Tuttavia egli pu ben distinguere, nella sua vita, la simpatia e l'affetto elevato (anche se non immune da sensibilit) dalla passione puramente sessuale verso altre persone alle quali nessun affetto spirituale lo muove e lo lega. In genere la donna molto meno incline dell'uomo ai rapporti sessuali. In lei predomina il cuore. Per ognuna ha il suo temperamento. Alcune, al pensiero dei rapporti sessuali, provano un senso di disagio (prima del matrimonio e nel matrimonio stesso) che pu arrivare fino all'avversione ed al ribrezzo: si senton chiamate al matrimonio e lo desiderano, per lo vedono solo sul piano dell'affetto spirituale ed ai fini della maternit. Queste dovranno esser illuminate (o richiamate a riflettere) sul fine stabilito dal Creatore: sul merito, anche soprannaturale, che avranno nel compiere tutto ci che rientra nella volont di Dio. L'ideale d'una vita pi spirituale sar astrattamente pi alto ma in concreto non conforme all'ordine provvidenziale per coloro che abbracciano lo stato matrimoniale. E la santit che Dio vuole da ognuno consiste nel compiere i doveri del proprio stato. Qualche ragazza, invece, che ha sortito una sessualit prepotente e precoce dovr esser aiutata a frenarla, a cercare e coltivare un affetto pi serio, spirituale e profondo. Il confessore adatter i consigli alle penitenti a seconda delle loro particolari inclinazioni prevalenti. Se la fisiologia e la psicologia del ragazzo diversa da quella della ragazza, anche per questa esistono pericoli, crisi, disordini. Saranno d'altro genere, ma non sono meno gravi pel fatto che riguardano meno apertamente e meno direttamente la parte fisica. Anzi. Se la giovane ha, in genere, una natura meno sensuale del giovane, pi facile a lasciarsi travolgere dal sentimento. Per il giovane un amore uno degli elementi della sua vita; per la giovane spesso diventa l'ideale che s'impadronisce interamente della sua anima, in ordine al quale organizza tutta la sua vita. La ragazza prova poi l'innato e vivo bisogno d'esser ricercata, assistita, vezzeggiata, amata. Perci pu asser tentata ed indotta ad usare ogni mezzo per attirare a s altre persone, specialmente giovani, senza rendersi conto degli effetti e delle conseguenze di questi suoi atteggiamenti Ci tiene ad esser preferita. Dal confessore stesso. E facilmente fa capire ad altri questa sua compiacenza. Siccome oltre lo spirito ci sono anche i sensi, se un confessore ingenuo perdesse il pieno autocontrollo, potrebbero nascere pericoli e guai anche per lui. Perci anche la giovane impegnata in una lotta per la purezza. Ha 188

da tener a freno la sua vanit: il desiderio di piacere naturale e non un male, ma non deve portare agli eccessi. Bisogna moderare certe libert, negli atteggiamenti, nei gesti, nell'abbigliamento, nelle parole. Una ragazza composta ma disinvolta, franca, padrona di s contro tutte le insidie e le turpitudini (che non ignora) sapr reagire senza paura colla sua parola, ed anche col solo sguardo e contegno, ad ogni insinuazione o provocante allusione che possa venire da un compagno o da una compagna. Per l'attuale precocit degli adolescenti, nei rapporti fra i due sessi, c' maggior libert e minor timidit che pel passato. Il fenomeno, se fosse contenuto entro i limiti e nell'ordine della disinvoltura, della franchezza, della semplicit, non sarebbe da considerarsi negativo. Ma i pericoli sono ovvi quando manca la formazione spirituale che assicura a questi rapporti un'atmosfera d'elevatezza, di rispetto, di gentilezza, di riserbo. 5. La scelta dello stato. I giovani riflessivi e religiosi tanto maschi che femmine quando sentono il bisogno d'un consiglio in materia, spesso non ricorrono n ai genitori, n a parenti, conoscenti, amici (per quanto prudenti): l'unica persona alla quale s'aprono con confidenza e fiducia il confessore. a) Bisogna presentare chiaramente ai giovani i due stati matrimonio e verginit (o celibato) come due vocazioni e due carismi che testimoniano, in diversit di espressioni, l'unico amore per Cristo: due vocazioni le quali, entrambe, offrono i mezzi per la santificazione personale e concorrono all'edificazione della Chiesa. Ma non si pu tacere la superiorit della verginit o celibato, abbracciati per amore del Regno dei Cieli (Mt. 19, 12): si quis dixerit statum coniugalem antepnendum esse statui virginitatis vel caelibatus, et non esse melius ac beatius manere in virginitate aut caelibatu, quam iungi matrimonio: an. s. (C. Trid., Sess. XXIV, De matrim. e. 10, D.S. 1810). Oggi per questa superiorit quanto mai messa in discussione sul piano ideologico ed messa in pericolo sul piano pratico. Per difenderla in teoria e coi fatti coerentemente, occorre un amore ardente e gioioso pel Cristo ed il desiderio d'una intima unione con Lui. b) Ferma la superiorit in s astrattamente ed idealmente dello stato di verginit sullo stato matrimoniale resta da considerare il problema in relazione al singolo soggetto. La scelta in s pi perfetta non sempre la migliore in concreto II con189

fessore, invitato a dare un consiglio, prima di proferire una risposta sicura si prender il tempo necessario per esaminare tutte le circostanze e per attendere se mai venga alla luce qualche fatto ed elemento che potrebbe esser determinante. D'altra parte, sarebbe il pi grave degli sbagli il tenere un'anima continuamente sospesa, rimandando all'infinito una decisione. Non prenderla tempestivamente pu significare il rimanere per sempre, nel mondo, come una persona spostata. Per solito la chiamata avviene fra i sedici ed i vent'anni. e) Il consigliere spirituale aiuta il giovane o la giovane a scoprire la volont di Dio nella scelta dello stato. Bisogner attendere a tutte le circostanze attitudini fisiche, morali, spirituali, inclinazione, impedimenti per riconoscere se un determinato genere di vita adatto ad un soggetto e se ci sono garanzie di sicurezza e di perseveranza. In questo esame sui segni di vocazione c' ima collaborazione fra la persona interessata ed il suo direttore spirituale. Collaborazione fondata soprattutto sulla preghiera. In una Nota sulla perfezione del clero secolare del 13.VII.1952, Pio XII suggeriva che ad un giovane o ad una giovane bisogna dire press'a poco cosi: Nella preghiera, nella meditazione, nel consiglio, e, in base ai tuoi talenti naturali e alle tue serie intenzioni, chiediamo al Signore la luce necessaria per vedere se tu devi raggiungere la perfezione stando nella vita ordinaria di un padre o madre di famiglia oppure entrando in un Istituto Secolare, in un Ordine religioso o in una Congregazione. Se devi farti sacerdote in un seminario diocesano o in un Istituto religioso . La decisione ultima, liberissima e personalissima spetter e sar lasciata sempre al soggetto. Anche quand'egli volesse affidare la scelta al suo consigliere ( faccio quanto decide Lei che mi conosce ), il consigliere propriamente potr assicurarlo soltanto che una data decisione tutto considerato prudente e gli sembra esser secondo la volont di Dio, cio la migliore. Se il consigliere imponesse questa scelta o la facesse al posto dell'interessato, gli inconvenienti che in seguito possono sorgere sono ovvi: di fronte a difficolt (immancabili in ogni stato ma superabili colla fiducia e la grazia di Dio) nascerebbe forse l'idea controproducente ed opprimente d'aver fatto una scelta non libera, ma imposta (cfr. J. De Guibert, Th. Spirti., Romae, 1939, n. 192). d) La grande maggioranza dei giovani e delle giovani chiamata al matrimonio, e, di fatto, lo segue senza incertezze e senza 190

far questioni sulla scelta. La via migliore e pi sicura, in ordine alla perfezione resta sempre lo stato religioso con la pratica dei consigli evangelici. Perci se un'anima ha questa vocazione, bisogna favorirla: provarla e assodarla prudentemente, ma, quando ci siano le debite garanzie, si deve sostenerla ed incoraggiarla e non lasciarsi condurre da preconcetti erronei o da motivi umani. Un parroco pu esser tentato di trattenere una giovane che svolge un'attivit benefica in parrocchia e di proporle una consacrazione a Dio mediante i voti privati, restando e lavorando dov': bisogna fiorire dove si stati piantati, si sente dire come argomento. Ma una responsabilit ostacolare una vocazione ad una vita che offre maggiori titoli di stabilit e di perfezione. Quindi il*clero non pu pensare soltanto alle vocazioni sacerdotali diocesane, dimenticando tutto il resto, ostacolando per principio ogni vocazione religiosa o missionaria. Ed i religiosi, da parte loro, non possono cercare e favorire solo le vocazioni al proprio istituto o congregazione. E l'Azione Cattolica non pu eludere il problema delle vocazioni ecclesiastiche o religiose se non vuole essa stessa scomparire. Qualche anno fa il cardinale Pellegrino in una Lettera ai religiosi ed alle religiose della sua diocesi di Torino, dopo aver constatato che il numero delle vocazioni alla vita religiosa va decrescendo in maniera impressionante con grave danno della diocesi e delle sue istituzioni, lamentava il mancato apprezzamento, da parte di un certo numero di sacerdoti e di laici impegnati, della vocazione e dello stato religioso . Pur ammettendo che ci forse dipenda da una carente testimonianza che alcuni religiosi e religiose danno colla loro vita, ci non giustifica aggiungeva il disprezzo, talora dichiarato e ostentato, verso la vita religiosa, la mancanza di rispetto per coloro che la praticano, il disinteresse, o, peggio, l'avversione dimostrata talvolta di fronte ai segni della vocazione religiosa (M. Pellegrino, I religiosi e le religiose nella pastorale diocesana, 20.VIII.1971, Torino, L.D.C., n. 6, p. 10). e) La libera scelta della verginit e del celibato virtuoso da parte di chi resta nel mondo, importa molte difficolt ed quindi la pi rara. Oggi per l'appartenenza ad un Istituto secolare offre maggiori aiuti spirituali e tempera la solitudine spirituale di chi non abbraccia la vita religiosa dove troverebbe una nuova famiglia. Quindi se un giovane od una giovane vogliono vivere in uno stato di perfezione abbracciando consigli evangelici mediante i voti privati, e nel tempo stesso si sentono chia191

mati a continuare la propria vita, attivit, professione nella societ, allora si pu indicare loro questa via. Qualcuna, ad esempio, non pu lasciar la famiglia, abbandonar sola la mamma, oppure teme per la sua salute nel sottomettersi ad una regola di vita comune. L'adesione ad un Istituto secolare domanda l'impegno a seguire una certa regola e programma di vita, d aiuti e stimoli alla perfezione anche senza la vita in comune: un'anima non abbandonata a se stessa ed alla sola guida d'un direttore spirituale (pi o meno prudente). Trattandosi poi di associazioni clandestine, non ci sarebbero praticamente difficolt per chi, ad un dato momento, non si sentisse di continuare. f ) Non si pu ignorare il caso di chi aveva sognato il matrimonio ma, per qualche ragione, non pu realizzare il suo sogno, n, d'altra parte, sente la vocazione ad uno stato pi perfetto. una prova spirituale: il direttore spirituale aiuter l'anima a superarla felicemente, anzi santamente. C' un pericolo: certe donne disincantate scriveva Jean Guitton provano talora un sentimento di disinganno per la vita, di risentimento contro l'autore della vita. Provano una specie di rabbia che rende tristi i loro tratti... necessario che la giovane si prepari una vita bella, qualunque sia l'ipotesi... La vocazione fondamentale della donna una vocazione spirituale, una vocazione ai misteri... : la missione di portare e di suscitare la vita, non dimenticando che la vita dell'anima sola pi di quella dell'anima incorporata. La vocazione alla vita, nella nostra civilt, ha mille volti. La maternit e il matrimonio costituiscono uno di questi aspetti; il pi naturale. Ve ne sono altri. La donna non deve convincersi che ha bisogno di un uomo per realizzare la sua missione totale (J. Guitton, La fanciulla di domani, OR, 18.XII.1975). In pratica il consiglio da dare a queste donne che non si sono sposate n fatte suore, che si occupino molto, anzitutto in famiglia e poi nell'apostolato: non si dissipino n si perdano come spesso in preoccupazioni inutili, n cadano nello stato di permanente depressione per un complesso d'inferiorit. Bisogna confortarle e far loro capire che sono tutt'altro che delle fallite: possono svolgere un'attivit preziosissima, fonte di grandissimi meriti, anche se lo stato nel quale si trovano una necessit e non stato l'oggetto d'una libera scelta. g) Particolari problemi, condizioni ed impegni esistono per quei giovani che sono chiamati al sacerdozio cattolico, specie nella Chiesa Latina. Problemi che saranno considerati a parte nella trat192

tazione sulle varie categorie di penitenti. Osservo solo come, a proposito del problema sul numero dei chiamati al sacerdozio, la risposta non tanto semplice se si vuol considerare la questione radicalmente. Il confessore lo deve sapere. Si suol affermare che la quasi totalit dei giovani ed anche delle ragazze chiamata al matrimonio. Ammettiamo che di fatto sia cosi, almeno per quanto riguarda la vocazione prossima . Ma si pu aggiungere che se i coniugi sanno santificare il loro matrimonio, se le famiglie sono sane e per quanto possibile numerosi i figli, allora pi liberamente e facilmente si svilupperebbe quel seme di vocazione (al sacerdozio od alla vita religiosa) che remotamente nell'animo di non pochi fanciulli e fanciulle. Ma, per questo, bisogna che il matrimonio sia santificato, che nella famiglia si tenga in grande stima questa vocazione superiore. Per rispondere, quindi, alla questione se essa sia o no frequente, bisogna distinguere fra disposizione remota e chiamata prossima. 6. Anche la scelta della professione di capitale importanza. Dal punto di vista non solo umano, ma anche soprannaturale. Va fatta con criterio, rettitudine, sagge motivazioni. facile che il giovane immaturo, impressionabile, suggestionabile, si lasci condurre da miraggi puramente naturalistici, egoistici, capricciosi, di immediato interesse. In seguito dovr forse pentirsi d'una scelta fatta con leggerezza senza il consiglio di persone prudenti. Altre volte vittima dell'influsso della famiglia, mossa da ragioni grette o dal tradizionalismo che ostacolano le giuste esigenze e la libert dei figliuoli: questa famiglia ha sempre tenuto la farmacia: la tua strada studiar farmaceutica . Il direttore spirituale sapr capire ed aiutare chi, per la sua et, pu sentirsi solo e senza il coraggio d'una decisione personale responsabile. Procurer di conoscere quelli che sono i problemi che interessano i giovani e quelli che sono propri invece delle giovani. Avr la sensibilit per adattarsi alle loro esigenze, diciamo pure, professionali, che sono diverse in chi chiamato ad una vita intellettuale ed in chi invece avviato ad un lavoro piuttosto manuale o ad un'attivit pratica: diversi saranno quindi i suggerimenti, le esortazioni, tutto il modo di trattare da parte del direttore spirituale. 7. Per terminare, osservo come risulta dall'esperienza e da inchieste fatte che i giovani se hanno estremo bisogno d'un appoggio, d'una guida, d'una direttiva sicura desiderano per che l'ultima parola e decisione venga da loro. A parte le disposi193

zioni necessarie a ricevere il sacramento della Penitenza, in materia di consigli che chiedono desiderano esser informati, illuminati, rassicurati ma, poi, esser lasciati liberi e fare le loro scelte responsabilmente. Non sopportano di sentirsi sotto tutela. Vogliono esser amati, ma rispettati. Aiutati, senza perder la propria autonomia. Guidati, senza esser condizionati. Sentono vivo il desiderio, il bisogno, il piacere di consultarsi con qualcuno, il quale per non faccia pesare la sua autorit; non li costringa, non li opprima ma li aiuti ad affermarsi. La domanda del consiglio e la discussione su certi problemi verranno da s, quand' il momento. Particolarmente su quello della scelta dello stato. Ma se il confessore, di sua iniziativa, lo proponesse esplicitamente ed insistentemente sollecitando la soluzione, potrebbe farlo fuor di tempo od anzi tempo, e quindi non fruttuosamente. Bisogna indirettamente condurre il giovane a sentirne il bisogno personale spontaneo. Ed indirizzare, ma senza forzare (cfr. G. Barra, Inchiesta sulla confessione, Torino, Boria, 1963, pp. 53-55).

3. Adulti. Uomini e donne 1. I due sessi mostrano la loro diversit d'indole anche nella Penitenza. L'uomo, in genere, nella manifestazione del suo intimo, deve superare pi resistenze psicologiche della donna la quale portata, per natura, alle confidenze, anche sulle sue debolezze morali. pi affettuosa e sensibile. Parla di pi. pure abile nel narrare le sue pecche e, nel tempo stesso, compensarle, e quasi coprirle d'un velo, raccontando i suoi atti virtuosi. L'accusa dei suoi peccati sar quindi abbastanza abbondante e dettagliata, anche se poco razionale. Spesso, ad esempio, non si riesce a capire ed a giudicare fino a che punto arrivi la vera colpevolezza: pu apparire e risultare come attenuata anche dai riferimenti alle mancanze altrui; altre volte invece la donna afferma la colpa l dove in realt non esiste: ha piacere d'accusarsi comunque, per naturale bisogno d'aprirsi e di confessarsi, per avere come una garanzia contro ogni rischio, eventualit ed ipotesi e per acquistare cosi uno stato di sicurezza psicologica (bisogno, del resto, sentito, pi o meno, da tutti, anche dagli uomini). Per esempio, pu esser che la moglie, in caso di sua cooperazione solo materiale ed incolpevole all'onanismo, accusi in confessione l'abuso come se entrambi i coniugi fossero ugualmente responsabili. 194

La donna, per il suo temperamento, portata ad ingrandire i fatti ed a drammatizzare. Talvolta fino alle lagrime. Lagrime talora di dispiacere e di avvilimento; lacrime, qualche volta, di rabbia. Il confessore lo terr presente quando raccontano le mancanze altrui ed i torti ricevuti. Bisognerebbe, per giudicare con esatta obbiettivit, sentir anche l'altra campana. Il confessore intelligente, specie se non la prima volta che ascolta la confessione d'una penitente, si render conto della situazione reale. Qualcuna racconta piuttosto i peccati degli altri che i propri. Qualche altra, dopo l'accusa d'ogni mancanza, fa anche la parte di direttore spirituale perch aggiunge l'ammonizione debita. Ma accanto a penitenti piuttosto ciarliere e superficiali, ci sono donne colpite da dolori tremendi, le quali portan la loro croce con virilit e coraggio intrepido. Nella Confessione cercano e trovano il conforto e l'energia per proseguire il loro cammino eroicamente. Il confessore resta allora edificato. Vorrebbe esser un santo per trovare e dir loro quelle parole che vengono dal cuore di Cristo. X'uomo^ anche perch non possiede l'arte d'esporre con garbo e finezza i fatti dello spirito, pu sentir ripugnanza a raccontare ad un altro uomo i suoi nascosti pensieri e le sue azioni personali: per lui un'umiliazione. Spesso vi si aggiunge il rispetto umano. Per tutte queste ragioni d'ordine psicologico, l'accusa dell'uomo penitente sar pi imperfetta e sommaria di quella della donna. Alle volte grossolana (cfr. A. Chanson, Per meglio confessare, 1956, p. 217). Ci adatteremo. Il Signore che rappresentiamo domanda a ciascun penitente di comportarsi secondo le proprie possibilit che dipendono dalla natura del singolo. Pretender troppo, interrogare ulteriormente il penitente per sapere ci ch'egli non ritiene necessario dire, potrebbe indisporlo. A meno che non si presenti chiaramente la necessit di dargli un determinato avviso per evitare un male all'individuo od alla comunit (ad esempio per togliere uno scandolo prima di ricevere pubblicamente l'Eucaristia). A parte un caso del genere, quel che importa che la Confessione sia fatta in buona fede, induca sinceri propositi di vita nuova e riporti allo spirito del penitente la pace e la gioia. Il confessore se avr la sensibilit d'intuire gli ostacoli (interni ed esterni) che gli uomini devono spesso superare per fare la loro confessione andr loro incontro ricevendoli e trattandoli con molta cordialit, anche se danno l'impressione d'esser freddi e di non cercare parole gentili ed affettuose: ne sentono invece il bisogno, ma non lo esprimono e non sanno corrispondere (diver195

samente dalle donne). E con essi non c' quel pericolo di eccedere nel calore affettuoso che ci pu esser trattando con le donne. 2. Particolare pazienza, bont, rispetto occorrer coi vecchi, sia uomini che donne. Mentre spesso son trattati peggio del giovani; e qualche volta vengono umiliati pei difetti caratteristici della loro et. Ridotti allo stato d'inattivit possono esser inclini a rivangare il passato. Naturalmente ora giudicano certe azioni con coscienza e sensibilit diversa da quando le hanno compiute. Possono quindi sentir il bisogno di far confessioni generali. Ma, se non c' evidente necessit od utilit, sar bene che il confessore li rassicuri assumendosi tutta la responsabilit e suggerendo loro piuttosto un atto generale di dolore e la fiducia nella misericordia di Dio. Abbia pazienza per, anche se sentir che ripetono sempre gli stessi peccati, anche se si accusano di mancanze nelle quali non hanno colpa (e sanno di non averla): le confessano per una ragione affettiva, per esser pi tranquilli o tranquillizzati. Pazienza dovr avere il confessore quando gli racconteranno d'esser abbandonati, trattati male dai figli, dai parenti, dalle persone dirigenti od inservienti nell'istituto o nell'ospedale dove vivono. Ci pu esser del vero in quanto asseriscono, ma spesso esagerano. Bisogna aver comprensione: dipende dalle loro condizioni fisiche. Non li rimprovereremo. Hanno bisogno d'una parola di conforto e d'incoraggiamento affinch accettino con fede la loro condizione e non diano troppa importanza alle mancanze di riguardo, di cui si sentono oggetto, ed alle contrariet della vita: l'essenziale esser in pace con Dio (cfr. G. B. Guzzetti, TV. di T. Dogm., I I I / 2 , Torino, 1965, pp. 154-155). 3. Circa i doveri morali e la necessit di riformare la vita, l'uomo sente il bisogno d'esser persuaso fermamente: sar smosso ed indotto alla conversione dalle considerazioni razionali (purch adattate alla sua capacit). La donna, invece, generalmente gi abbastanza convinta dal momento che viene a confessarsi che certe azioni non si dovrebbero fare. Pi che ricorrere alle ragioni, bisogner quindi far leva sul sentimento. Grande influenza pu avere il confessore col prestigio stesso della sua personalit: con la sua santit e con una sana suggestione pu ottenere irresistibilmente da una donna la conversione completa. E se si accorge ch'essa manca di generosit e di fedelt a propositi e promesse, potr usare, qualche volta, la maniera un po' forte. 196

Con l'uomo, abituato a comandare, conviene esser pi cauti: il confessore gli ricorder che non si pu servire a due padroni; che, una volta conosciuta la volont di Dio, bisogna esser coerenti, che vai poco la pratica religiosa se non accompagnata dalla vita cristiana. Ammonizione rispettosa, calma, grave: allora l'uomo ne comprender l'importanza e potr sentirsi scosso. 4. Si dice che gli uomini, a differenza delle donne, non amano star a lungo nel confessionale e che hanno stima del confessore che regola rapidamente e risolutamente gli affari della loro anima (cfr. Chanson, o.c, p. 217). Penso invece che l'uomo, se parla meno della donna, non ha meno piacere (oltre che bisogno) di sentire una parola buona da parte del confessore. Discorsi troppo ' lunghi no, con nessuna categoria di penitenti. L'uomo vorrebbe quella parola che fa proprio per lui, non solo quella generica; e non quella che va bene per la donna. D'una esortazione, per, han bisogno non solo gli uomini, ma anche le donne. Queste saran pi facili a far propositi; ma il difficile mantenerli. Le donne si presentan al confessore in atteggiamento pi devoto, contrito, e talvolta piagnucoloso. Ma non da credere che l'uomo, pel solo fatto che sembra accusarsi con pi freddezza, sia intimamente meno disposto della donna. Pu esser agitatissimo, preoccupatissimo, ansioso, addolorato e pentito; ma, per indole, ha una specie di rispetto umano che lo trattiene dal manifestare ci che prova. Tiene dentro, come se avesse paura d'apparire un debole. Il confessore, dolcemente e gradatamente, cercher d'educare i suoi penitenti, moderando la naturale tendenza del loro temperamento: abituer le donne a non esser eccessivamente verbose e gli uomini a fare della confessione un colloquio, per quanto breve, che offra pure la possibilit d'una minima direzione spirituale. In genere e tutto sommato, gli uomini avrebbero pi necessit d'assistenza e d'aiuto: per un complesso di cause sono pi dissipati e travolti dalla vita materiale con tutti i suoi pericoli tentazioni; sono gravati da uffici impegnativi (professionali, oltre che familiari); spesso hanno funzioni direttive di responsabilit; pi difficilmente sentono il bisogno e si decidono a varcare la soglia del tempio per riconciliarsi con Dio, mentre, specialmente quando si fa sera, dovrebbero farlo spesso, per esser sempre pronti a ricevere la visita di Dio, della quale non conosciamo il giorno e l'ora. Se si riuscisse a curare la formazione spirituale degli uomini
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si procurerebbe indirettamente, e forse in maniera decisiva, il bene delle famiglie e della comunit. Perci un parroco, quando nella ricorrenza di qualche solennit o durante qualche missione dispone, ordina, organizza le confessioni periodiche in massa, si preoccuper soprattutto degli uomini; dar ad essi la maggiore opportunit e comodit di confessarsi, mettendo a loro disposizione, se possibile, pi d'un confessore, preavvisando tempestivamente: i penitenti conoscano chi sono i confessori disponibili e l'ora in cui saranno pronti all'appuntamento. Bisogna sian evitate agli uomini quelle lunghe attese che non favoriscono certo una soddisfacente Confessione. Se si prevede un grande afflusso di penitenti si distribuir il lavoro in pi giorni. 5. La Confessione dovrebbe essere un mezzo non solo per cancellare i peccati, ma anche per progredire nel cammino della perfezione. Quali risultati si ottengono di fatto? Prescindo dal caso di coloro che, rinunciando al matrimonio, ma rimanendo laici e vivendo nel mondo, hanno voluto e saputo fare della loro vita una missione di bene e d'apostolato: questi trovano il tempo ed il modo per coltivare con cura la vita interiore. Mi riferisco in particolare alle persone sposate o, comunque, gravate da pensieri, occupazioni e responsabilit familiari e professionali. Fra le spose, specialmente se mamme, meno difficile trovare anime che vivano in intima abituale unione con Dio ed usino i mezzi normalmente richiesti alla perfezione, quali la meditazione e la direzione spirituale. Abituate al sacrificio ed al dono di s, pi delicate ed elevate degli uomini, nei loro affetti, le mamme hanno una finezza d'animo che le dispone alla vita spirituale, al senso ed al gusto del soprannaturale. Lo stato di vedovanza, poi, offre spesso a quelle che sono bene animate e guidate ancor maggiori occasioni per progredire nella via della perfezione e dedicarsi ad opere di beneficenza e d'apostolato. Fra gli uomini , di fatto, pi difficile trovare chi oltre a partecipare alla Messa, ad accostarsi alla mensa eucaristica coltivi la vita interiore con la preghiera personale, la lettura spirituale, la meditazione, la direzione spirituale. Non bisogna cessare tuttavia, nonostante i pochi risultati, dal tentativo di avviare anche gli uomini all'intimit divina. Se saranno maggiormente assistiti le eccezioni potranno moltiplicarsi.

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B. Secondo lo stato spirituale e le condizioni psico-fisiche

1. Timidi e reticenti

Do la precedenza a questa categoria di penitenti per una considerazione psicologica. I. Pu succedere a qualsiasi persona che pur accostandosi alla Confessione con l'idea di accusare sinceramente tutti i suoi peccati poi, al momento di aprirsi, si senta come bloccato per il rossore e la timidit. E se la grazia necessaria al peccatore perch interioramente si converta, possiamo credere che anche necessaria perch abbia l'umilt di riconoscere i suoi peccati e di confessarli ad un uomo. Scrisse s. Gregorio che la facilit di cadere in peccato e poi la difficolt di confessarlo, usitatum Immani generis vitium est. Basta esser uomo per vergognarsi di manifestare le proprie turpitudini, ancor quando si ha gran desiderio di manifestarle per conseguire la giustificazione (G. M. C, Tratt. per Confessori, p. 15). 1. Che si vada alla Confessione col proposito di tacere certi peccati (sapendo che sono peccati) oggi certo meno presumibile che in altri tempi. Allora ci si teneva a seguire la tradizione della famiglia o della comunit, oppure interessava (anche per fini temporali) aver l'attestato di Confessione e l'immaginericordo della Comunione Pasquale. In tempi pi lontani, poi, facilmente si conciliava fede ed immoralit abituale, pratica religiosa (pi o meno sincera) ed opere cattive. Oggi si pu supporre che chi si decide spontaneamente a confessarsi, abbia pure l'intenzione d'accusare tutti i peccati della cui gravit ha coscienza. C', in genere, pi autenticit ed interiorit personale nella pratica religiosa. 2. D'altra parte, per quel relativismo morale ai nostri giorni diffuso, pu capitare il caso di penitenti che non accusano o scusano certe mancanze, ad esempio l'uso irregolare del matrimo199

nio. Occorrer l'intuito del confessore per giudicare se, in concreto, ci sia o no una certa buona fede. E ci vorr prudenza per decidere se, nel caso di buona fede, sia meglio non turbarla oppure convenga istruire ed ammonire delicatamente ma chiaramente. E quest'ammonizione pu esser ardua impresa, talora snervante, specie quando per mancanza d'umilt il penitente non si lascia indurre alla persuasione, al dolore, al proposito. Il Catechismo Romano indicava il primo ostacolo ad una buona Confessione nella superbia che difende o minimizza certi disordini morali: In primis... reprimenda est quorundam superbia, qui scelera sua excusatione aliqua vel defendere, vel minora facere nituntur (p. 246). 3. L'esperienza insegna che i peccati che i penitenti trovano pi difficile dire al confessore (anche quando sono convinti di doverlo fare) sono anzitutto quelli contro il sesto comandamento. Pur non essendo queste le colpe possibili pi gravi, tuttavia, l'uomo, ripensando a mente fredda alle sue cadute nell'impurit, ne prova vergogna perch sente d'essersi come degradato, abbrutito, contaminato. A questi peccati sono connessi quelli contro il quinto comandamento, commessi dalla donna per sopprimere la conseguenza di relazioni disoneste, ed evitare la maternit. Poi ci sono le mancanze contro il settimo. Crediamo pure che sono molto frequenti. In tutti i luoghi, anche i pi santi. Ma c' in ognuno un forte amor proprio che rende difficile il riconoscere e manifestare le mancanze (gravi o leggere che siano) in questa materia. umiliante l'impressione d'esser qualificato per ladro . E veramente, a sentir certuni, sono solo questi i disonesti (come se non ci fossero tante altre disonest ). 4. Quanto alle persone, il rossore di confessare i propri peccati colpisce, secondo s. Alfonso, specialmente tre generi di penitenti: le persone rozze, le donne, i fanciulli ed i ragazzi. Nel ragazzo, ad esempio, pu avvenire che, al momento della Confessione, la vergogna diventi un'emozione cos alterata, da inibirgli quasi di parlare e di manifestarsi qual . E questo per un complesso di circostanze: il temperamento emotivo e timido, la persona intimidatrice del confessore, la particolare situazione scabrosa, e, particolarmente, le conseguenze che sono forse previste o temute da una confessione sincera (si pensi ad un seminarista che si trovi nella necessit d'aprire al direttore spirituale tutto il suo intimo e tempestoso stato d'animo, anche in ordine
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alla vocazione). Non si deve poi ignorare che da piccoli si naturalmente inclinati per mancanza d'esperienza a stimare tutti gli altri (siano simpatici od antipatici): il ragazzo pu quindi credere d'esser il solo ad avere siffatte e cosi forti tentazioni ed a commettere certi brutti peccati. Pertanto si spiega la tendenza del fanciullo a chiudersi in se stesso. Ma se, in confessione, non manifesta subito le prime cadute, si trover, ad un certo punto, nella necessit di ritornare sul passato per metter a posto lo stato della sua coscienza rivelando quanto in precedenti Confessioni stato taciuto e non doveva esser taciuto. Il che richieder ancora maggior sforzo, tanto pi penoso quanto pi si rimanda. 5. I classici autori di morale e di pastorale aggiungono alla vergogna altri motivi che possono indurre il penitente a tacere i suoi peccati: il timore d'esser sgridato dal confessore aspro; di esser udito da altri penitenti che s'accalcano presso il confessionale; che sia percepito quanto dice il confessore il quale parla troppo forte (e forse non se n'accorge perch sordastro, ma dovrebbe esser avvisato); il timore che il confessore non dia l'assoluzione, non permetta la Comunione oppure la celebrazione del matrimonio; paura che egli imponga l'obbligo di lasciare un'occasione, di fare una restituzione; timore (sia pur irragionevole) che il confessore violi in qualche modo il sigillo, o si serva della scienza avuta dalla Confessione per qualche decisione gravosa o svantaggiosa al penitente. C', infine, una mancanza d'apertura e di confidenza che viene dalla troppa familiarit che intercorre fra confessore e penitente (cfr. G. M. C, Tratt. per Confessori, pp. 3738). Il confessore avr l'avvertenza di eliminare le cause di ragionevoli timori. II. C' un duplice modo d'incoraggiare i penitenti all'accusa sincera: indiretto e diretto. La pastorale (si ricordi sempre) una arte: al confessore occorre intuizione, sensibilit e tatto per usare i mezzi pi efficaci, dosati in giusta misura, per disporre il singolo penitente in difficolt. Incoraggiamenti indiretti: benignit dei modi; pazienza inalterabile; aria abitualmente serena del volto; tono normalmente mite della voce. Questo linguaggio eloquentissimo ed efficacissimo dev'esser usato generalmente e prudentemente con tutti i penitenti perch tutti possono averne bisogno. Con tutti, ma special201

mente con coloro che si avverte esser imbarazzati, confusi, paurosi, preoccupati della propria accusa. Altro mezzo indiretto per impedire ogni reticenza: il confessore eviter qualsiasi monopolio sulle anime. Mostrer gradimento anzi esorter che il penitente abituale si confessi ogni tanto da qualche altro sacerdote (a meno che non si tratti di anime scrupolose). E cosi terr lontano il pericolo che il penitente provi vergogna e manchi di coraggio per confessare un eventuale peccato grave al sacerdote che gli dimostra grande stima. Q vale per penitenti che vivono in una comunit oppure, anche, nel mondo. Altro accorgimento: ci sono notizie circa la sua vita che il penitente pu con pieno diritto, e forse desidera, tener riservate. Il confessore intelligente e delicato avr l'avvertenza di non mostrar di conoscere il penitente, specie chi s'accosta alla grata del confessionale, ma anche chi si fa vedere dopo tanto tempo (forse pensando e sperando che il confessore non lo ricordi pi). E, se non c' necessit, meglio non chieda particolari circa il suo ambiente, professione, stato, patria, parrocchia, famiglia, condizione, confessore abituale... Ad un penitente abituale, quando sospetti che vada talvolta da altri confessori, non gli domandi neppure da quanto tempo non si confessato (Frassinetti, Manuale del parroco, p. 359). Incoraggia indirettamente il penitente il confessore che ha la pazienza di lasciarlo parlare. Se mostra che gli un peso e non vede l'ora di levarselo dai piedi, lo mette in uno stato d'imbarazzo e lo paralizza. Se c'era gi nel penitente una difficolt psicologica a manifestare certe miserie, se c'era una certa perplessit sul modo di rivelarle, sui particolari da specificare, sulle parole da usare, che sar se vede che ogni sua parola indispone ed impazientisce il confessore? Si sentir come bloccato. Gli incoraggiamenti diretti vanno rivolti a chi d segni positivi d'averne bisogno. Sono quindi relativi. Fatti indebitamente, avrebbero l'aria d'un sospetto e potrebbero offendere. Se ce n' quindi bisogno, si dir al penitente che non abbia nessun timore; che il confessore non si meraviglia di nulla perch ha visto cadere anche i cedri del Libano; che non c' miseria a cui la natura umana non sia incline ed esposta; che la sincerit e l'umilt d'accusare le proprie mancanze gi un segno positivo ed un merito per ottenere il perdono da Dio; che, aprendosi, l'anima si sentir sollevata e liberata...
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Mentre il penitente si accusa, il confessore non mostri il minimo segno di meraviglia, di turbamento, di nausea (per quanto di ributtante o di strano ci sia nella esposizione) ma con la serenit del volto ed il tono della voce incoraggi e faciliti ogni confidenza pi intima che pu esser terribilmente difficile. Consta che taluni ad una parola d'ammonizione (anche se garbata), fatta durante l'accusa, non hanno pi avuto la forza di rivelare altri peccati pi gravi. In genere, secondo una naturale tendenza psicologica, il penitente comincia dai peccati meno gravi e riserva i pi gravi per la fine. Per, se non trova confidenza nel confessore, non si sa se avr il coraggio di arrivare sino in fondo. Il confessore quindi si riserver di fare le ammonizioni prima dell'assoluzione. Durante l'accusa solo per facilitare l'esposizione, lodare la sincerit, assicurare d'aver capito bene, che pu interporre qualche parola. E soltanto qualche parola quando vede che il penitente ha preparato la sua accusa: altrimenti questi potrebbe perder il filo, dimenticar qualcosa e poi restar meno soddisfatto della confessione fatta. III. Riguardo ad eventuali interventi per supplire all'accusa (o per aiutare il penitente che desidera esser interrogato) il confessore tenga presente il principio: necessario in concreto che il penitente non ometta di specificare ci che sa di dover specificare, quando lo pu: cio quando non ci sia un incomodo estrinseco alla Confessione (ed estrinseco al disagio interiore che essa naturalmente pu importare) o quando non ci sia qualche altra causa (ad esempio il pericolo di scandalo) che scusa dall'integrit effettiva e, talora, suggerisce al confessore che meglio accontentarsi di ricevere un'accusa piuttosto generica. Perci l'aiuto del confessore che s'accorge di aver a trattare con penitenti timorosi mira ad ottenere che non tacciano sui loro peccati gravi, volontariamente e maliziosamente. 1. Ad esempio, circa le Confessioni passate, non bisogna suscitare angustie irragionevoli perch Confessioni mal fatte sono soltanto quelle nelle quali si tace peccati gravi con piena avvertenza. Si sappia che ci sono penitenti i quali anche se non hanno una vita interiore fervente sono sempre preoccupatissimi circa il modo di confessarsi e sempre ansiosi sulla sufficienza e bont delle Confessioni passate. Bisogna assolutamente distoglierli dal ripensarci e dal confessare alcunch delle colpe commesse prima dell'ultima Confessione che han fatta. Se, invece, il confes203

sore avesse fondato motivo per sospettare sulla sincerit di confessioni precedenti e ci fosse stata realmente qualche grave reticenza del penitente pel passato, baster che il sacerdote gli offra dolcemente l'aiuto della sua mano pietosa: il penitente specialmente se ammalato od in pericolo di morte he approfitter, felice di liberarsi dal peso che l'opprimeva. 2. Per le eventuali interrogazioni, c' questa regola pastorale: predicando si mostri di supporre l'uditorio migliore di quello che ; confessando, di supporre il penitente peggiore del verosimile . Massima da applicarsi, come ogni altra, con discrezione. Bisogna unirla all'altra, importante: nelle interrogazioni si proceda con gradualit: dai peccati pi leggeri ai pi gravi e, quanto al numero, dal minore al maggiore. L'uomo, pel suo innato amor proprio, riluttante ad esporre di colpo tutto il suo stato e rivelare tutte le sue colpe. Ma se vede che il confessore, senza nessuna meraviglia lo conduce gradatamente, con avvertenza e delicatezza psicologica, allora con minore o nessuna difficolt passer a rivelare anche le miserie pi nascoste ed umilianti. Ad esempio, circa il tempo dal quale non si son confessati, tralasciando il precetto pasquale, taluni cominciano col dire che un pezzo (perch hanno avuto tanti pensieri, occupazioni e preoccupazioni). Poi, talvolta, risulta che per una decina di anni hanno trascurato ogni pratica religiosa, messa festiva, Confessione e Comunione pasquale. 3. Particolare delicatezza occorre con fanciulli e ragazzi quando stentano a manifestare i peccati contrari al sesto comandamento. Questa difficolt psicologica pu dipendere anche dal naturale pudore istintivo che li trattiene dal parlare di certi argomenti, dalla perplessit sui termini da usare, sul modo d'esprimersi circa il lato pi personale e nascosto del proprio essere, circa ci che lo sentono sta avvenendo e cambiando nella loro vita. Il confessore, da una parte, deve facilitare la manifestazione di quanto strettamente necessario accusare. D'altra parte, cercher di non urtare la buona riservatezza dell'animo. Anche il ragazzo ha la sua personalit che noi dobbiamo rispettare trattandolo con un certo riserbo. Guardiamoci dal tempestarlo con domande e scandagli fino ad annoiarlo ed umiliarlo, spogliandolo, quasi, spiritualmente, per ridurlo in nostra balia. Alle volte il ragazzo stesso desidera che il discorso sui suoi stati d'animo sia avviato dal confessore, preferisce che gli sia rivolta qualche domanda sui pec204

cati {perch imbarazzato, non sa come introdursi, quali parole usare). Ma al confessore spetta intuire se c' o no bisogno di entrare in una materia, di fare o no una determinata domanda. E, se interroga, occorre sempre la discrezione: non bisogna insistere oltremodo con le indagini, non bisogna dilungarsi con una sequela di domande: insomma, non soffermarsi in questa delicata materia della castit pi del necessario. da rispettare nei ragazzi il naturale pudore. E non si deve indurli a pensare che i peccati contro la purezza siano l'unica materia importante da accusare e che la questione sessuale sia il centro di interesse di tutta la vita morale e spirituale. IV. Per concludere, sia ben chiaro che facilitare l'accusa non significa sottovalutare la bruttezza del peccato, minimizzare la malizia delle colpe, oppure indurre la persuasione che il peccare una fatale condizione dell'umana esistenza a cui bisogna rassegnarsi con indifferenza, apatia, inerzia. C' anche questo pericolo. Perci nelle ammonizioni e nelle esortazioni prima dell'assoluzione, non durante l'accusa il confessore user parole la cui gravit corrisponda alla gravit della colpa. Il peccato pu e deve esser vinto; ma, per esser vinto, dev'esser combattuto con tutte le forze.

2. Gran peccatori in via di conversione 1. Si possono distinguere (in astratto almeno) tre conversioni: intellettuale: dall'errore alla verit, dall'incredulit alla fede; morale: dal male a bene; ascetica: dal bene a meglio. Tratto, qui, direttamente della conversione morale (di quella ascetica in seguito). Si suppone che chi si decide di confessarsi abbia la fede, anche se qualcuno pu aver l'impressione di non averla e va dal confessore per discutere e poi (se rester persuaso) per confessarsi. Alle volte la conversione totale sembra avvenire in due tempi: prima si ha il passaggio dall'incredulit (o dall'indifferenza) alla fede, poi la liberazione dalle catene del vizio. Per in concreto il cambiamento della mentalit e la riforma della vita sono strettamente connesse ed esercitano un vicendevole influsso. E ci sono penitenti i quali fanno quest'esperienza: difficolt e dubbi di fede si risolvono automaticamente colla Confessione sacramentale: faciendo illuminati sunt (S. 205

Greg. Papa, Hom. 23 in Evangelia). Il fenomeno si spiega sia perch la causa delle oscurit ed incertezze non era effettivamente d'ordine intellettuale, ma piuttosto morale, sia perch la grazia del sacramento illumina anche la mente. Perci confessori dotati di speciale carisma, come il Curato d'Ars, l'abate Huvelin, a certuni che andavano da loro per discutere sulla fede indicavano subito, decisamente, il confessionale. 2. Gran peccatori : anime che erano incatenate in abitudini gravemente disordinate e, ad un dato momento, si pentono e propongono di mutar vita. Si pensi al legame che teneva prigioniero Agostino anche dopo la conversione intellettuale e prima della sua piena conversione morale. In via di conversione : perch, spesso, non sar una confessione che assicurer immediatamente la. piena e stabile conversione che escluda ogni ricaduta nel peccato. Talvolta resta pure qualche dubbio sulla seriet dei propositi del penitente, sulla sincerit delle sue professate intenzioni. Sia che questa incertezza dipenda dalla libera volont del soggetto, sia da cause ad esempio il temperamento psichico che possono sfuggire alla volont. Si pensi all'ambiente carcerario, al mondo della prostituzione. Ma si pu avere almeno la speranza d'una perseverante conversione se questi detenuti o queste prostitute vengono a confessarsi spontaneamente e non per evidenti motivi umani. 3. Non ripeto quanto dissi sull'aiuto che il confessore pu dare al peccatore per suscitare sincero pentimento e fermo proposito. Ricordo piuttosto, con PAdloff (Il Confessore Direttore, pp. 89-90) come il confessore dev'esser preparato e consapevole di due particolari pericoli che possono minacciare anche questo genere di penitenti quando hanno preso la decisione e sono sulla via della conversione: il pericolo dello scoraggiamento e quello (che potr sembrar strano) degli scrupoli. Sono gli ultimi disperati tentativi del demonio per trattenere un'anima che sta per sfuggirgli di mano. Lo scoraggiamento pu ghermire il convertito quando nonostante Confessione, Comunione, propositi, preghiera gli capita di ricadere negli antichi peccati. facile passare alla conclusione: tutto inutile, non servono n i mezzi naturali, n i soprannaturali. Ed allora s'insinuer la tentazione: tanto vale non tentar pi e ritornare alla vita d'un tempo. Il confessore non solo aiuter il penitente a non cedere a questa terribile tenta-

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zionip ma far bene a prevenirlo sulle tentazioni, forse pi forti di pfrima, che si faranno sentire anche dopo la riconciliazione. Prevenire discretamente, s'intende; qualcuno non pensi (anche questo possibile, specialmente oggi) che fatale peccare. Il Confessore ricorder a chi pecca per debolezza che a fondamento d'ogni sicura conversione sta l'umilt: la convinzione che solo la grazia di Dio pu dare la forza di risorgere e di non ricadere. E questa grazia sar concessa a chi assiduo alla preghiera, persevera nella fiducia e nello sforzo. Chi corrisponde con generosit avr, in merito, grazie sempre pi abbondanti. Fino alla vittoria completa. Gli scrupoli. Pu arrivare ad un dato momento anche questa prova. una tentazione diabolica, come tutto ci che turba, senza utilit. Ma si spiega anche psicologicamente. L'anima che prima era fredda, insensibile e, alle volte, aveva quasi perduto il senso del peccato, ora ha acquistato, illuminata dalla grazia, una viva conoscenza delle sue colpe, una conoscenza sperimentale della propria malizia. Pu sorgere lo scrupolo di non aver ben riconosciuto e confessati certi particolari delle sue colpe. Il confessore distoglier il penitente dal ripensare alla vita che fu. Se qualche altro atto penitenziale voluto da Dio, Egli lo far sentire, passata rinquietudine, in un momento di pace. Una volta fatta una sincera Confessione, il penitente deve pensare che la pace un suo diritto: il Signore che la vuole. Talvolta bisogna abbandonarsi ad occhi chiusi nella misericordia di Dio. Ha detto un poeta italiano: La coscienza della propria miseria senza la conoscenza di Dio la disperazione .

3. Occasionari

Penitenti difficili. Mettono alla prova tutte le doti del confessore: di giudice, maestro, padre, medico, consigliere. La maggior parte delle cadute morali risalgono ad una qualche occasione sollecitante che il soggetto avvicina con imprudenza (pi o meno cosciente) oppure trova per necessit di cose nella sua vita in scuola, nell'ufficio, sul lavoro, nella famiglia stessa alla volte. Non preparato e non corazzato spiritualmente, trascinato, travolto e cede. Talvolta quasi subito; talvolta attraverso graduali
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concessioni, debolezze e compromessi7. Caso tipico frequentissimo: quello della segretaria d'azienda o d'ufficio. Qualcun^ era sempre stata irreprensibile nel contegno e nell'abbigliamento. Ma ad un dato momento, in seguito al quotidiano contatto ed alla collaborazione della ragazza con un capo-ufficio od un collega, facilissimamente sorge, nei due, una simpatia fisico-psichica (con tutte le varianti che dipendono dai temperamenti diversi e dalla natura dell'uomo e della donna). E quando cominciano a permettersi intimit, libert, manifestazioni esterne d'affetto, difficile che si fermino. La sensibilit s'ingigantisce e porta alla sensualit, con tutte le conseguenze. Si pu arrivare al punto che la segretaria, se dipendente sul piano del lavoro, diventa una dominatrice sul piano sentimentale. Anche se la seduzione partita dall'uomo. Al legame passionale, spesso s'aggiunge il calcolo d'un avanzamento o d'un vantaggio economico. Si tratta di esperienze , come si suol dire oggi. Ma chi se le permette non pensa alle conseguenze. Spesso una giovane, dopo qualche tempo, viene abbandonata. Rester sola. Alle volte, talmente disillusa e sfiduciata da non trovar pi n l'occasione n la voglia di sposarsi. E chi l'ha sfruttata per soddisfare egoisticamente la propria passione se n'infischia d'averla rovinata e resa infelice per sempre. Ci sono occasioni che non si possono fuggire, ma ce ne sono di evitabili senza difficolt. una questione di prudenza. idea diffusa che la forza morale non si dimostra fuggendo i pericoli morali, ma rendendosi superiori (senza dire che, per taluni, rendersi superiori significa giustificare il male stesso). Psicologia ed esperienza insegnano che spessissimo chi credeva di poter vincere l'occasione, si lascia vincere dall'occasione. Specialmente quand'essa esercita una forte suggestione sulla concupiscenza. Gli antichi maestri di vita spirituale raccomandavano quando l'occasione non sia necessaria , ma libera non solo di fuggirla, ma di fuggirla subito perch chi non la
7 certo che se gli uomini attendessero a fuggire le occasioni, si eviterebbe la maggior parte de' peccati. Il demonio senza l'occasione poco guadagna, ma quando l'uomo volontariamente si mette nell'occasione prossima, per lo pi e quasi sempre il nemico vince. L'occasione, specialmente in materia di piaceri sensuali, come una rete che tira al peccato ed insieme accieca la mente, sf che l'uomo fa il male senza quasi vedere quel che fa (S. Alf., Prat. del Conf., n. 59).

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fugge subito, non la fuggir pi. Prime cadute: primi anelli d'una catena. Nella guida degli occasionari ci sono due eccessi opposti da evitare. Il primo la negligenza, la rilassatezza, la leggerezza, la fretta del confessore che si accontenta di distribuire assoluzioni senza sollevare e presentare nella sua giusta gravit, al penitente, il problema dell'occasione (da fuggire o da superare coi dovuti mezzi). L'altro eccesso quello dei confessori che affermano il principio morale sul dovere di evitare o vincere l'occasione ma non offrono con comprensione e pazienza utili suggerimenti. Difettano di zelo, difettano di prudenza la quale vuole la considerazione di tutte le circostanze. Se manca questa virt e ci si accontenta di dichiarare una nuda e rigida norma, c' anche il pericolo di esigere troppo, col rischio di gettare qualche penitente in uno stato di scoraggiamento e di quasi disperazione. Il compito del confessore con certi occasionari, oltre che difficile, pu diventare penoso anche perch spesso sono penitenti di passaggio. Vengono in una data chiesa proprio perch non vi sono conosciuti: non andrebbero da un confessore che li conosce. Ed allora, a chi ascolta per la prima volta la loro confessione, non sar facile n afferrare tutte le circostanze del caso e l'esatta obiettiva situazione spirituale del penitente; n vien data la possibilit di una direzione continuata. Per tutte queste ragioni si capisce come il Segneri, dopo aver formulato tante regole pei confessori circa questa importante e scabrosa materia, sentisse il bisogno di rivolger loro, col cuore, questa parola di fede: il miglior partito, per quando voi vi troviate fra tali angustie, si alzar gli occhi al Signore, e dimandare umilmente quella Sapienza... affinch voi non manchiate n per troppa austerit, n per troppa amorevolezza (Il Conf. istruito, 1672, p. 27). I. Principi chiari, anzitutto. Quando non c' seria probabilit che il penitente, se resta nell'occasione o continua lo stesso comportamento nei suoi riguardi, abbia ad evitare il peccato grave, allora un qualche cambiamento sulla sua condotta s'impone assolutamente. La previsione della caduta fornita in base a vari criteri: la frequenza delle cadute precedenti, l'indole della persona, la normale inclinazione e fragilit della natura umana stessa. Mettersi in certe occasioni significa contrarre in causa la responsabilit degli effetti prevedibili e previsti. Anzi, una questione morale ed un caso di coscienza anche l'entrare 209

in un cinema senza informarsi del contenuto dei film proiettato: un esporsi. con probabilit di fatto al pericolo; una responsabilit <c in causa >, anche se poi, in realt, il pericolo non risultasse grave. I casi pi difficili sono quelli dell'occasione che il penitente trova (o conserva), presente nella sua vita, in continut od abitualmente (una persona colla quale convive od a contatto della quale lavora tutto il giorno). Difficili specialmente quando, per evitare il pericolo, non ci fosse che una soluzione: dimettere una persona o dimettersi; licenziarla o licenziarsi. Ma, spesso, uno ostacolato in questa decisione da motivi d'interesse o di gratitudine, o dal rispetto umano e dalla timidit. Ma se da una parte il compiere quest'atto costa tremendamente, dall'altra pu essere che s'imponga se si vuole che cessi lo stato di continuo peccato, e sia tolto lo scandalo pubblico (come nel caso d'un notorio concubinato). I casi d'occasione continua sono pertanto i pi delicati e scabrosi e per i penitenti e per i confessori. Siamo positivi. Una ragazza che ha contratto da tempo una relazione peccaminosa, in occasione del suo ufficio d'impiegata, con una persona dalla quale dipende o colla quale lavora, difficilmente presumibile che trovi la forza di rifiutarsi al suo complice, se continua a vivere in stretto contatto con lui. A meno che non intervenga qualche fatto particolare che cambia tutta la situazione e lo stato psicologico dei due (o di quello dei due che ha un influsso determinante sull'altro) e cosi toglie, praticamente, l'occasione. Certo bisogna ammettere che se il lasciare l'occasione fosse, nel caso concreto, impossibile o troppo difficile, Dio dar la grazia d'evitare il peccato a chi fa tutto quanto sta in s pur restando nell'occasione. il caso di due fidanzati prossimi al matrimonio, di due che convivono ma senza regolare matrimonio (perch impossibile) ed ormai hanno figli da educare, il caso di un operaio che, se lasciasse il suo posto di lavoro, mancherebbe (al momento almeno) del pane per s o per la famiglia. E non si parla di coloro che, se volessero fuggire certe occasioni, dovrebbero rinunciare all'esercizio della loro professione (com' il caso d'un medico). Ma tutti costoro, per aver da Dio la grazia di superare le tentazioni, devono usare i mezzi naturali e soprannaturali. Mezzi che si riducono a tre gruppi. Primo, quelli che servono a smorzare la suggestiva influenza dell'occasione. Ad esempio, quando si tratta di pericoli in materia di castit bisognerebbe evitare tutti quegli atti che sono fatalmente preparatori di pi gravi mancanze: familiarit, 210

inutili e prolungati sguardi di compiacenza, toccamenti non necessari (quello che per un medico nell'esercizio della professione pu esser necessario, non lo per un altro), conversazioni intime e confidenze. Mezzo sicuro sarebbe il non stare, senza necessit (e soprattutto non appartarsi) solus cum sola . Chiudere gli occhi dinanzi alle scene pi scandalose d'un film (che uno per necessit di cose si trovato a vedere) non scrupolo ma contegno risolutamente conforme alla prudenza ed alla coerenza. In simili circostanze valido il consiglio di quei maestri di spirito i quali ritengono che il confessore non deve accontentarsi di esortazioni generiche e vaghe. Ci sono poi i mezzi che servono a diminuire la forza dell'interiore concupiscenza. Tutto un regime di vita temperata, un lavoro assiduo ed assorbente (senza per giungere allo stato di tensione dannosa). Don Bosco ai suoi giovani: Non vi raccomando cilici e discipline, ma lavoro, lavoro, lavoro . Ci sono infine i mezzi che potenziano le forze morali e le resistenze naturali. Specialmente la preghiera e la frequenza ai sacramenti. II. Non basta possedere i principi. Bisogna poi applicarli prudentemente con intuito delle circostanze e dello stato psicologico del penitente. 1. Il confessore individuer anzitutto chiaramente l'occasione dalla quale dipende il disordine morale del penitente: quelle conversazioni, quella casa, quell'amicizia, quel ritirarsi in luoghi solitari, quell'ozio... E bisogna puntare con lucidit e senso pratico sul comportamento concreto che s'impone urgentemente al peccatore occasionano. Alle volte si sentono curiose osservazioni che sono scuse per giustificare la mancanza di generosit, di coraggio, di decisione. Il padrone che entra nella stanza da letto della camerira e chiude a chiave la porta. Ma una donna contro un solo uomo sa.come difendersi ed in genere ci riesce (se non miseramente ignorante ed impreparata). Pu gridare, reagire con tutte le sue forze fisiche. Questa resistenza che non cede pu importare pericolo, in qualche caso, per la vita stessa. A questa resistenza pericolosa, perseverante a qualunque costo fino all'estremo delle forze, una non obbligata se evita l'interno consenso. Ma sarebbe eroismo. frequentissimo il caso di ragazze che dalla campagna o dalla montagna s'inurbano andando a servizio in qualche casa ove trovano nel padrone o nei suoi figli chi approfitta della loro ingenuit per rovinarle. Avrebbero ragione per licenziarsi su due piedi. Per non sempre hanno la forza ed il coraggio d'af211

frontare i disagi conseguenti. Sono disorientate. Cercare un altro servizio? Con quali garanzie? Tornare a casa? Hanno bisogno d'una mano che le aiuti: se avessero una persona sicura, una buona ed esperta signora del luogo alla quale confidarsi, potrebbero avere una via di uscita e di salvezza. Non dovrebbero mai avventurarsi in una grande citt senza la conoscenza e l'appoggio d'una persona amica e fidata. Comunque, se pel momento rimangono nell'occasione, devono usare i mezzi ma decisamente ed efficacemente per non cadere ancora: mostrarsi serie, severe, minacciare di gridare, di parlare con la moglie di quel padrone... Non basta che il confessore rivolga loro le solite raccomandazioni generiche: bisogna usare precauzioni, stare in guardia... . Occorre suggerire anche quei rimedi e mezzi pratici che appaiono immediatamente necessari. Perch la confessione una cosa seria. Occorre volont, non velleit. Ci sono sfruttatori assassini dell'innocenza verginale, talora per anche le ragazze sono responsabili. Perch deboli nella virt e perch pi che alla virt tendono ai lauti e facili guadagni. Sognano macchina, pelliccia e via dicendo. 2. Il confessore ascolter benevolmente chi si trova nell'occasione prossima di peccato grave, mostrando comprensione per le difficolt del caso e per l'umana debolezza. Ma cercher d'ottenere una decisione energica e precisa quando ne vede chiaramente la necessit. Come proceder, per essere prudente ed insieme raggiungere lo scopo? Anzitutto tasti il terreno, cerchi di sondare fin dove arriva la disposizione generosa ed il proposito concreto del penitente. C' chi di punto in bianco non prenderebbe la decisione di troncare il legame con l'occasione, anche se questa decisione obbiettivamente la sola ragionevole. Il confessore non lo abbandoner. Eviter le imposizioni intempestive e drastiche. Lo seguir procurando di disporlo e persuaderlo. Cercher di dargli forza con l'arte della pi sana e santa suggestione. Un'anima che non avesse ancora questa forza (pur desiderando la sua salvezza) e fosse messa bruscamente di fronte all'alternativa: o lasciar l'occasione o esser privata dell'assoluzione , potrebbe urtarsi oppure dichiararsi non disposta a seguire quest'imposizione, oppure mostrarsi disposta ma solo a parole perch non ha il coraggio, per timidit, di confessare che non intimamente convinta o coerentemente decisa. Il miglior confessore non quello che sa solo imporre gli obblighi ma quello che sa anche intuire come il penitente reagir ai suoi consigli ed ha la pazienza di compiere il lavoro di persuasione per sgomberare certi spiriti da errori ed 212

illusioni (l'illusione di non bruciare accostandosi al fuoco): il confessore che cerca e propone al penitente i motivi pi efficaci per sbloccare la situazione, i motivi dell'amore di Dio e, se necessario, del timore di Dio. 3. Altro prudenziale accorgimento. Prima che il confessore dichiari al penitente che obbligato a lasciare un'occasione, consideri se sia pi difficile, nel caso concreto, ottenere che eviti il peccato, pur rimanendo nell'occasione, oppure che allontani o lasci l'occasione con un atto positivo che pu importare tanta fede e tanto coraggio. Se il penitente non l'ha e non adempisse tale imposizione del confessore, c' il rischio che manchi e nel non lasciare l'occasione e poi nel cedere alla tentazione. Il Segneri, dopo aver ricordato che quasi tutti i Dottori si riportano alla prudenza del Confessore, che attese bene le circostanze determini il danno che uno avrebbe lasciando l'occasione, aggiungeva che il precetto di fuggire l'occasione stat'imposto dalla Legge naturale per diminuire i peccati, non per accrescerli. Adunque quando il togliere l'Occasione pi difficile in pratica, che non difficile posta l'Occasione, l'evitare effettivamente il peccato, non vi pu essere obbligatione di toglierla: altrimenti si accrescerebbe il pericolo di raddoppiare la colpa per quei medesimi mezzi, che sono prescritti dalla Legge a distruggerla (i7 Conf. istruito, p. 48). ovvio per che se il non romperla con un'occasione implicasse anche uno scandalo pubblico allora s'aggiunge un'altra legge morale naturale che il confessore non pu dimenticare. 4..Ma per assolvere subito il peccatore basta che trovi in lui il proposito sincero, non solo quando l'occasione necessaria (e richiede la volont di usare i mezzi immunizzanti) ma anche nel caso d'occasione libera (che dev'esser abbandonata); non solo nel caso d'occasione non presente , ma anche in quello d'occasione presente . Non necessario che il penitente abbia dato prova d'aver effettivamente lasciata l'occasione: se ha il proposito sincero di fare tutto quanto sta in s colla grazia di Dio, degno di ricevere subito la grazia sacramentale che sar, per lui, una forza a realizzare quanto ha proposto e quanto Dio domanda da lui 8 .
8 Pili severo s. Carlo nelle sue Avvertenze ai confessori: se il penitente si trova in occasione continua che di per s costituisce pericol prossimo ed libera, come tener la concubina o simile, non deve il

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I I I . Per evidente che questo proposito di lasciar l'occasione il pi costoso ed impegnativo. E di fatto il confessore si prepari a trovare, in genere, il penitente restio a questa decisione, anche quando sarebbe la soluzione liberatrice. restio per varie ragioni. Talvolta, ad esempio, disapprova, detesta, da parte sua eviterebbe certi atti sessuali, ma gli sembra impossibile soffocare l'affetto del cuore; pensa, sulle prime, che un'amicizia possa continuare conservandosi sul piano spirituale-sensibile. Ma una moglie che cerca e favorisce un'amicizia extraconiugale per riempire il vuoto che prova per mancanza d'affetto verso il marito, dovrebbe prevedere che, oltre al proprio cuore, dar ad un altro uomo un momento o l'altro ma con ogni probabilit tutta se stessa, per un adulterio spirituale e materiale. Talvolta l'occasionario presume nelle sue forze di resistere alla tentazione: pensa che colla buona volont ed i mezzi soprannaturali superer il pericolo. Altre volte, per debole spirito di fede, perch tiene molto al posto che occupa: posto che, in qualche ambiente, purtroppo, dato con preferenza a qualcuna che, oltre ad un buon servizio, disposta a prestare qualcosa d'altro. Bisognerebbe indurre l'anima a riflettere che la sua salvezza va sopra tutti i vantaggi terreni e ben merita qualunque sacrificio: Se... la tua mano o il tuo piede ti occasione di peccato, mozzalo...; meglio per te entrar nella vita monco o zoppo che esser gettato con due mani e due piedi nel fuoco eterno (Mt. 18, 8). Poich ha la viva coscienza del suo ufficio, il confessore, in certi casi, si sente come dibattuto in un intimo conflitto: da una parte non vuol dare l'impressione di minimizzare il dovere del penitente di evitare il pericolo, dall'altra ha paura che il penitente non si mostri disposto a seguire una direttiva decisa. Non intendo riferirmi ai casi nei quali occorre solo un po' di volont e di confessore assolverlo se prima non lascia essa occasione (Acta Eccl. Mediol., II, col. 1885). S. Leonardo da Porto Maurizio si conforma alla direttiva di s. Carlo: Certo che in simili casi non si deve assolvete se prima attualmente non si tronca l'occasione (Discorso Mistico e Mt 'ale, n. 23, 1739, p. 107). (Non si dimentichi le condizioni dei tempi: la facilit e l'abitudine di conciliare pratica religiosa e vita peccaminosa). Anche s. Alfonso afferma la stessa regola ordinariamente parlando , eccetti cio casi speciali, per esempio quando il penitente dimostrasse straordinari segni di dolore (Prat. del Con]., nn. 61-62). Gli argomenti di s. Alfonso per non sembrano convincenti: l'occasione, finch non dimessa, costituisce un pericolo, ma la grazia del sacramento pu dare (come si spera) la forza di mantenere il proposito. 214

coraggio per evitare (ad esempio con una scusa) un'occasione pericolosa, quale pu essere una gita, una conversazione notturna, un ballo che si sa per esperienza essere estremamente eccitante (per l'una o l'altra parte)... Non si pu, quando non ci siano speciali difficolt indipendenti dalla volont, far discussioni: il penitente sincero, pel fatto stesso che venuto a confessarsi, deve avere (almeno hic et nunc ) il debito proposito risoluto. Ci sono, dall'altra parte, situazioni nelle quali non si potrebbe consigliare di lasciar l'occasione neppure all'anima pi generosa: il caso di un medico che si lasciato travolgere dalla tentazione nel normale esercizio della sua professione, d'un sacerdote che per necessit di ministero messo a contatto con determinate persone. In queste occasioni necessarie occorre che il penitente si disponga ad usare energicamente i mezzi per non cadere. Ma fra questi due tipici casi estremi (di occasione libera e di occasione necessaria ) ce ne sono altri nei quali non si verifica lo stato di stretta necessit ; il lasciare l'occasione importerebbe per qualche inconveniente e qualche danno (e non solo un rincrescimento soggettivo e un dispiacere d'ordine affettivo). Come norma, quanto maggiore il pericolo effettivo di peccato e quanto pi grave il peccato (in s e nelle sue conseguenze, tenuto conto anche dello scandalo che produce) tanto pi grave ragione dev'esserci perch si possa ritener l'occasione come necessaria e si possa ritenersi scusati dal lasciarla. Nel dubbio se sia il caso d'indicare al penitente la via pi sicura o meno, il confessore potr assolverlo se gli pare che abbia il proposito serio d'usare i mezzi per vincere la tentazione. Per, in seguito, l'esperienza pu ammaestrare confessore e penitente che praticamente questi mezzi non sono serviti a render remota l'occasione prossima . Realt purtroppo frequente. Colpa certamente del penitente che non ha usato tutti i mezzi che poteva per preservarsi dalle cadute. Sta il fatto che le cadute si ripetono. Son questi i casi pi spinosi pel confessore. Strettamente egli pu assolvere anche questi occasionari recidivi purch (al presente almeno) propongano sinceramente d'usare con pi impegno i mezzi necessari. Non si pu per negare che, specie in tali casi, sarebbe quanto mai consigliabile fare un taglio netto (con quell'amicizia, quell'ufficio, quella casa, quel gruppo, quell'ambiente...). Costerebbe minor sofferenza e pena che il combattere settimane, mesi, anni contro un'occasione continuamente vicina, implacabilmente assediante ( un'illusione il pensare di riuscir a ridurre o limitare certe relazioni alla semplice affettivit 215

spirituale). Ma occorrerebbe generosit e decisione. Ad esempio, un religioso od una religiosa (anche se superiori d'una comunit) possono chiedere un trasferimento adducendo un pretesto; un'impiegata appena pu trovare un altro ufficio che le d i mezzi, per vivere lascer quel posto di lavoro che un'occasione abituale di peccato; chi in un reparto di fabbrica, ospedale, azienda, vede che, rimanendo dov', non avr la forza di rompere un legame con una donna che ivi lavora (e non pu sposare) veda se pu ottenere il proprio trasferimento in un altro reparto (tanto pi se stato lui che l'ha sedotta e rovinata). Certo, ogni cambiamento pesa, ed sempre, sulle prime almeno, un incomodo non indifferente, importa qualche incognita, rischio, inconveniente imprevisto. Ma sono rischi che assicurano la liberazione e la salvezza. 4. Recidivi 1. Evidentemente le norme sulla condotta del confessore nei riguardi dei recidivi dipendono anzitutto dal significato che s'intende dare al termine recidivo . Significa tutti coloro che ricadono nello stesso peccato dopo essersene tante volte confessati? Ma ci capita a molti penitenti i quali hanno pur fatto qualche sforzo e mostrato della buona volont: questi non si possono dire non disposti a ricevere l'assoluzione, anche se non hanno messo tutto quanto l'impegno che sarebbe stato loro possibile. Il fenomeno ha la sua spiegazione semplicemente nella debolezza umana (che non significa incolpevolezza). Questi sono penitenti recidivi in senso largo; i quali per devono certamente proporre d'esser pi generosi. O per recidivo s'intende chi finora non ha mostrato nessun impegno di conversione e perci ricaduto e ricade? Questi veramente recidivo in senso specifico stretto. Oppure, ancora, per recidivo si vuol addirittura indicare chi anche attualmente manca di pentimento o del proposito richiesti? Questi sarebbe recidivo nel senso pi deteriore: uno semplicemente non disposto all'assoluzione (finch si conserva irriducibile). 2. Equivoci nel significato del termine recidivi possono spiegare come si ha negli autori di morale (antichi e moderni) una certa confusione e divergenza sulle direttive che danno al confessore per l'assoluzione (o meno) di questa categoria di penitenti. 216

S. Alfonso (Th. Mor., VI, n. 459; Pratica del Confessore, e. V, n. 66) ed alcuni moralisti con lui, richiederebbero che i recidivi se vogliono esser assolti diano qualche segno straordinario di dolore. Perch, dicono, dev'esser eliso il sospetto che non siano sufficientemente disposti. Sospetto causato dalle ricadute stesse. da rispondere che se al presente ci son segni di vero dolore e di proponimento, il sospetto gi tolto; e pertanto non si vede perch un tale penitente non possa esser assolto, anche se non presenta segni straordinari di penitenza 9 . per la debolezza costituzionale della natura umana che possono verificarsi questi due fatti: volont, oggi, di non peccare, ed inadempienza, domani, di questo proposito. Tanto pi quando si tratta di consuetudini per concupiscenza ( antecedente l'atto umano) la quale diminuisce il libero arbitrio (come in certe miserie solitarie di peccato impuro). Del resto, ci sono circostanze ed atti che possono far pensare all'esistenza di disposizioni penitenziali piuttosto straordinarie. Il fatto stesso di andar a confessarsi in certe zone scristianizzate; la vittoria sul rispetto umano (tanto forte in certuni); il sacrificio del viaggio fatto per portarsi in chiesa, la paziente attesa fra tanti penitenti, l'ascolto della predica (oltre la Confessione)... La dilazione dell'assoluzione (che, in pratica, agli occhi del penitente, significa negazione, per quanto vellutata) oggi non , in genere, fruttuosa. Poteva esserlo in epoche passate: anime che avevano istruzione e fede ma poca coerenza, si sentivano impressionate e salutarmente scosse, erano indotte a riflettere ed a convertirsi sinceramente 10. Ai nostri giorni bisogna cercar di disporre chi non lo (o lo dubbiamente) e poi, appena possibile,
9 Poenitere est anteacta peccata deflere, et flenda non committere, scilicet simul dum flet vel actu, vel proposito. Ille enim est irrisor, et non poenitens, qui simul dum poenitet, agit quod poenitet, vel proponit iterum se facturum quod gessit, vel etiam actualiter peccat eodem vel alio genere peccati. Quod autem aliquis postea peccat vel actu, vel proposito, non excludit quin prima poenitentia vera fuerit: numquam enim veritas prioris actus excluditur per actum contrarium subsequentem; sicut enim vere cucurrit qui postea sedet, ita vere poenituit qui postea peccat (S. Th. Ili, 84, X, ad IV). 10 Cosi s. Carlo nelle sue Avvertenze ai confessori poteva suggerire che chi suol cadere in occasione prossima libera (non continua e non presente) deve promettere di lasciarla (per esser assolto); ma se avendo promesso altre volte nondimeno non si sia emendato, (il confessore) differisca l'assoluzione fin tanto che veda qualche emendazione (Ada Eccl. Mediol., II, e. 11, 1884).

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assolverlo (almeno condizionatamente). Specie se si tratta di gente che in fatto di religione mostra tanta ignoranza e grossolanit, viene a ricevere i sacramenti molto raramente. Negare o differire l'assoluzione potrebbe causare un avvilimento con problematico risultato. Dobbiamo far capire che ricever l'assoluzione un impegno alla coerenza, ma insieme (per quanto possibile) far in modo che il penitente non si allontani del tutto dalla pratica sacramentaria. Vorrei dire che questa norma di massima si pu estendere anche a certe anime di debole fede e scarsissima pratica religiosa, le quali si trovano in qualche occasione libera, propongono di lasciarla ma non mantengono: si spera che coll'aiuto della grazia rafforzino la loro volont: dicendum quod maius remedium praebetur contra peccata vitanda ex gratia quam ex assuetudine nostrorum operum (S. Th. Suppl. 25, 1, ad IV). Insomma, pare che oggi convenga che il confessore (nel dare o no l'assoluzione) inclini piuttosto verso la misericordia che verso il rigore della giustizia. Comunque, quando il ministro del sacramento agisce con rettitudine d'intenzione, cercando il bene del penitente, Dio interverr a riparare qualche eventuale sbaglio, qualunque possa essere, per eccesso sia in un senso sia in senso opposto. Pu darsi che in due casi simili dei due confessori, uno si senta piuttosto ispirato a scuotere il penitente, l'altro a mostrar compassione, a toccare e intenerire il cuore, a piegare la volont dolcemente colla bont. Dio sa ricavare vantaggio per un'anima sia dall'uno come dall'altro comportamento dei confessori. Perci pu capitare ad un confessore di sentire un penitente che si lamenta di non aver ricevuto l'assoluzione da un primo confessore. In tal caso non mai opportuno che il secondo confessore anche se giudica che il primo ha agito con troppa rigidit od in un momento d'impulsivit ne critichi apertamente l'operato. Dir semplicemente che forse non ha capito bene la situazione perch il penitente non s' spiegato chiaramente (come invece ha fatto in questa nuova Confessione). Per pu anche darsi che il penitente, impressionato dalla lezione ricevuta, sia ritornato a confessarsi con ben diverse disposizioni, anche se a lui sembra d'esser lo stesso (l'amor proprio impedisce di riconoscere che la misura usata, umiliando l'anima, ha giovato). In tal caso non ci sarebbe che da far capire che il primo confessore ha agito ragionevolmente perch allora, forse, il penitente non aveva mostrato un deciso proposito, quale ora. 218

3. Nella cura spirituale dei recidivi (che di solito sono anche consuetudinari) il confessore procurer d'ottenere un sincero proposito (che provochi lo sforzo attuale d'una volont coerente), qualunque siano state le Confessioni ed il passato del penitente. La guarigione di fatto e di solito non si ottiene istantaneamente. Per il confessore deve conservare la fiducia ed infonderla nel penitente. E tenendo conto che si tratta, di solito, non solo di recidivi, ma di consuetudinari mossi dalla forza della concupiscenza antecedente e dell'abitudine contratta proprio per questo il confessore avr speciale compassione, pazienza ed indulgenza. Certamente per riuscire a ridurre progressivamente la frequenza delle sue ricadute e giungere alla piena liberazione, il peccatore recidivo avrebbe bisogno d'una direzione spirituale stabile e continuata. Invece spesso avviene ch'egli si confessa presso diversi sacerdoti secondo il momento e l'occasione; e forse non trova mai un confessore che s'informi del suo stato e pensi a dargli i consigli necessari. Bisognerebbe quindi consigliarlo a ricorrere possibilmente allo stesso confessore e quanto pi frequentemente possibile. Ed al confessore bisognerebbe consigliare di non accontentarsi d'assolvere ma di voler praticare anche un minimo di direzione spirituale. Potr quindi, appena sospetta che si tratti d'un recidivo, fare qualche discreta domanda: scf simili mancanze son compiute abitualmente, da tempo; quali raccomandazioni gli son state fatte da altri; se, oltre alla passione interna, c' qualche occasione anche esterna... Osserva s. Alfonso (Pratica del confessore, e. V, nn. 68-69) come pi che non verso gli occasionari, bisogna usare bont ed indulgenza verso coloro che soccombono per debolezza intrinseca, come accade nei peccati di collera, di bestemmia, di pensieri impuri, di polluzioni solitarie... Perch l'occasione esterna eccita dei pensieri assai pi vivi e la presenza dell'oggetto o della persona commuove pi facilmente i sensi e rende quindi pi intenso l'amore al peccato di quanto non lo faccia la cattiva abitudine. Inoltre, una volta presa sia pur colpevolmente un'abitudine, esiste un'inclinazione, alla quale bisognerebbe resistere, ma che non dipende attualmente dalla volont. Mentre dipende dalla volont il togliere o non togliere l'occasione libera. Perci il penitente deve farsi forza per allontanare l'occasione, se libera, o per neutralizzarla e rendersi invulnerabile se l'occasione necessaria. 219

4. In conclusione, ai recidivi bisogna mostrare paternit e dolcezza per preservarli dallo scoraggiamento ed insieme esortarli a non desistere mai dallo sforzo di correggersi, ad avere il coraggio di fare sempre gli stessi propositi: questo l'autentico spirito evangelico. Fiduciosamente, ma umilmente, per non cedere alla tentazione di scusarsi e di giustificarsi: su questa via si arriverebbe a difendere il male, all'amoralismo. Ma carit e tenerezza del confessore, queste dovranno crescere a mano a mano che il penitente moltiplica i suoi peccati. Questi deve sentire che sempre invitato a ritornare alla casa del Padre e che la porta sempre aperta. Misericordia da usare e conciliare, da parte del confessore, con una certa fortezza, quando occorre. Perch si pu dare anche il caso di chi s'accontenta d'accusare i peccati ma non vuol proporre (per egoismo, indolenza, incoerenza) di romperla con un'occasione libera e cosi non fa solo del male a se stesso ma detiene qualche vittima in stato di peccato e di schiavit. Bont, prudenza, fermezza. Saper conciliare queste virt non facile per un Confessore. Suppone una luce ed una forza interiori che vengono dalla grazia e dalla santit.

5. Abitudinari 1. Sono coloro che, in. seguito alle ripetute cadute nello stesso peccato, ne contrassero forte inclinazione e per la prima volta se ne confessano. Se si fossero confessati molte altre volte, allora sarebbero anche recidivi . Per s, quindi, il penitente potrebb'esser abitudinario senz'esser recidivo . Se si sta alle leggi della natura e della psicologia umana, normalmente i vizi non si perdono di punto in bianco. Ma non escluso che la grazia dia la forza al penitente generoso di fare una Confessione con fervore straordinario e, poi, d'intraprendere una pratica assidua di preghiera e di mortificazione, cosi da non ricadere pi nel peccato grave. Ed il recidivo sempre un abitudinario ? Ordinariamente si. Per, ad esser esatti, l'abitudinario colui che suol commetter un determinato peccato non solo con una certa ripetizione, ma con facilit e forte inclinazione. Per giudicare se, nel caso concreto, un penitente abbia o no contratto una vera abitudine, bisogna considerare tutte le circostanze: la frequenza delle cadute, la materia; ad esempio, molto maggior frequenza si richiede quando si tratta di bestemmie che quando di peccati 220

(esterni e consumati) contro il sesto comandamento: il ricadere in questi pi volte al mese per lungo tempo (un anno) si pu ritenere gi un'abitudine. Bisogna considerare anche l'indole del soggetto e la sua inclinazione ad un dato disordine morale: quanto pi forte questa strutturale propensione, tanto pi rapidamente si contrae l'abitudine. L'inclinazione, a sua volta, s'accresce col ripetersi degli atti. Specialmente di quelli esterni, i quali suppongono una pi deliberata, decisa, audace, sfrenata determinazione da parte della volont. Dapprima il peccatore deve quasi farsi violenza quando trasgredisce la legge morale. Poi pu subentrare una certa indifferenza alla malizia di tali atti che diventano quasi una seconda natura. 2. La consuetudine, per s, non crea speciale difficolt pel confessore in ordine all'assoluzione. Anzi, siccome la debolezza s'accresce per la consuetudine, meno colpevole chi ricade in forza d'una inclinazione (antecedente l'atto volontario) di chi ha minor trasporto spontaneo e cerca le eccitazioni. La consuetudine, per s, non peccato, ma un'inclinazione a peccare. Taluni si credono pessimi perch hanno una fortissima concupiscenza. Non giusto il giudicarli tali, ma non si deve neppure scusarli: c' pericolo che pensino che la concupiscenza invincibile. Il consuetudinario, pertanto, pu esser assolto anche se non preceduta alcuna emendazione purch ne abbia la seria volont col proposito d'usare i mezzi naturali e soprannaturali necessari. 3. Difficile bens che il consuetudinario si corregga effettivamente e prontamente. Tanto pi difficile quanto pi la consuetudine radicata. Perci sarebbe un problema per chi stesse per assumere l'impegno della castit (con l'Ordine Sacro o la professione religiosa). per questo che si richiede una prova sufficiente. Senza la quale pu esserci fondato dubbio che uno mantenga quanto s'appresta a promettere: il voto di castit sarebbe temerario. Ma il semplice penitente, in quanto tale, pu esser, per s, sufficientemente disposto all'assoluzione anche se umanamente prevedibile che non si corregger subito. Ottimo rimedio per vincere le consuetudini impure (le pi frequenti) l'uso assiduo dei sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. I penitenti stessi spesso riconoscono e dicono espressamente che se avessero la forza d'esser fedeli alla Confessione ed alla Comunione sarebbero anche in grado di vincere le tentazioni. Non facile che in pratica, specie oggi, usino altri mezzi: non pregano, non leggono libri spirituali, non meditano, non recitano il Rosario (come si faceva un tempo). 221

Perci non raramente l'uso dei sacramenti dovrebbe dirsi un mezzo necessario (anche se non si pu strettamente imporlo).

6. Carcerati 1. Non bisogna illudersi che molti detenuti trovino nelle sofferenze del carcere uno stimolo alla riflessione salutare e la via della redenzione. Per un complesso di ragioni, solo una minoranza torna alla fede, si pente e si converte. Molti non diventano n migliori, n peggiori. Sembrano strutturalmente fissati nelle loro abituali disposizioni psicologiche. Taluni si direbbero in uno stato d'indifferenza e d'incoscienza. Sono coloro che in carcere riescono a dormire molte ore, a mangiare, a non pensare, a cercar soddisfazioni e rapporti sessuali (anche se superficiali) con persone che avvicinano; son diventati quasi insensibili ai disagi della vita carceraria, conducono un'esistenza non umana, amorale, perch senza problemi. E siccome l'insensibilit morale la pi grave malattia dello spirito, possiamo dire che per toccare e commuovere simili individui ci vorrebbe un miracolo della grazia. Ma ci sono anche coloro che si convertono. Nel documento pastorale della C.E.I. Evangelizzazione e sacramenti (12.VII.1973, n. 112) si legge che non di rado, proprio nell'ascolto della parola di Dio e nella pratica sacramentale il carcerato ritrova quella serenit e quel desiderio di ripresa, che gli sono tanto necessari per un dignitoso reinserimento nella societ . E fra coloro che riconoscono il proprio passato riprovevole, il confessore si prepari a trovare ed a sorreggere anche qualcuno a cui il demone della disperazione cerca di togliere la fiducia insinuando il dubbio pi insidioso: il mio delitto, le mie colpe non sono troppo gravi perch io possa esser perdonato da Dio? . Ci sono infine quelli e quelle che, sia per reazione e ribellione, sia per l'amicizia ed il deleterio influsso di altri (o di altre) incalliti e pi esperti nelle tecniche della delinquenza, diventan peggiori. Sappiamo quali sono le richieste dei detenuti e le accuse contro gli attuali sistemi carcerari. Tutti siamo d'accordo nell'auspicare un loro risanamento e la trasformazione delle prigioni in istituti capaci di agevolare il reinserimento degli ex-detenuti nella societ. Ma, ad esempio, al fine d'impedire l'autoerotismo e l'omosessualit, non si potr positivamente approvare che siano loro concessi, se222

condo il capriccio personale, i rapporti sessuali extraconiugali (solo parte dei detenuti sono ammogliati). Il sacerdote deve conoscere la realt della vita carceraria. Ma non per questo deve perder l'entusiasmo della sua missione. Un cappellano, un confessore che sia intelligente e santo potrebbe ottenere anche conversioni quasi miracolose. 2. Ogni detenuto merita gran compassione. Come tutti coloro che soffrono (anche se non sanno sfruttare la sofferenza per redimersi ed elevarsi). Come le prostitute che si dicono infelici, possono versar lagrime, senza per desistere dal loro degradante mestiere. Avere compassione ma non esser neppure ingenui. gente che pu continuare a perseguire anche in prigione quello che ha fatto prima (se capita l'occasione rubano, hanno rapporti sessuali, altrimenti si soddisfano da soli). Pel fatto che hanno l'aspetto dei falliti, dei finiti e dei pentiti non vuol dire che siano convertiti. La bugia e la doppiezza talora, nei delinquenti di professione, una componente della loro struttura psicologica e della loro personalit. Alle volte, son finti e mendaci senza saper d'esserlo. questa una caratteristica dei tipi anormali (frequenti fra i criminali e le donne di malaffare). Ed l'arma dei malviventi reclusi. Forse l'unica. Forse, per cosi dire, con un certo fondamento giuridico, dato che hanno sempre il diritto di negare il proprio reato (eccetto che in Confessione). 3. Il confessore non ignori tutto questo. Possono non esser pessimi, ma non improbabile che si servano di tutto, anche della pratica religiosa (pi o meno in buona fede) per raggiungere scopi materiali (aiuti, raccomandazioni presso giudici, guardiani, direttore del carcere). Cosi una prostituta pu venire anche alla Comunione per far credere che s' convertita e per trarre in inganno qualcuno da cui spera avere dei vantaggi. Quindi, per principio e per presunzione, non si pu credere a tutto quanto dicono. Ma neppur contraddirli senza carit disprezzandoli ed umiliandoli. A proposito, in particolare, dei reati loro imputati, il sacerdote che li avvicina noter che ci son quelli che riconoscono sinceramente d'aver mancato (pur con l'aggiunta delle attenuanti, ad esempio per un momentaneo stato d'ebriet). Altri negano sempre (anche dopo la sentenza) d'esser colpevoli e sostengono l'errore giudiziario. Pu anche essere. E se, quanto al resto, sono pentiti e dan segni di fede, si potranno assolvere: sotto condizione perch resta pure un indizio sfavorevole. certo che, almeno tempo addietro, qualcuno conciliava abbastanza pacificamente pra223

tica religiosa, bugie e furti. Oggi speriamo ci sia, in chi esternamente non rifiuta gli atti di religione, una fede pi autentica e meno formalistica; e, d'altra parte, speriamo non ci sia chi si professa irreligioso poco sinceramente, cio pi che altro per rispetti e motivi umani. Potrebbe anche darsi (come dicevo) che qualcuno non sia perfettamente normale: la bugia entrerebbe allora nel suo temperamento e nel suo comportamento senza ch'egli abbia coscienza della sua malizia morale, anzi, senza che abbia la coscienza di mentire. Certi tipi bisognerebbe avvicinarli spesso se si volesse aver elementi per un giudizio fondato. E talora si stenta, comunque, a formularlo perch sono abilissimi ed abilissime. 4. Per tali ragioni sarebbe meglio che facessero la loro Confessione presso un sacerdote estraneo e non presso il cappellano delle carceri; tanto pi se sanno che questi fa parte del consiglio di disciplina dell'istituto penitenziario: c' pericolo e tentazione che vengano da lui per ottenere qualche favore e raccomandazione. E Chanson scrive che sarebbe bene si confessassero solo dopo che l'istruzione giudiziaria compiuta, altrimenti quasi impossibile che siano sinceri e pentiti (A. Chanson, Per meglio confessare, 1956, p. 252). E sarebbe bene fossero avvisati che dal confessore non avranno aiuti materiali ma solo il perdono dei peccati: quindi inutile vadano da lui per altre ragioni. E bene anche ricordar loro che il confessore obbligato al pi rigoroso segreto: non far il minimo cenno di quanto ha sentito con nessuno, n con guardiani, n con avvocati, n coi giudici. Sappiano pertanto che la Confessione se vogliono che sia efficace non serve ad altro che all'anima; per il resto non porter n alcun danno, n alcun aiuto direttamente (A. Chanson, Le).

7. Prostitute 1. Oggi, quando in molti paesi (come in Italia) le case chiuse di tolleranza sono state abolite, il fenomeno della prostituzione non diventato meno preoccupante. Consta, ad esempio, che si diffusa anche fra le ragazze che hanno un certo grado di cultura. Da recenti indagini (interessanti l'Italia) risulterebbe che il 14,7% delle prostitute professioniste (non solo occasionali) possiede una laurea od un titolo di studio press'a poco equivalente. Son dunque persone intelligenti che han fatto una consapevole scelta riguardante tutta la propria vita. Scelta che un altro 224

sintomo della degradazione morale del nostro tempo, proprio mentre si sperava che la chiusura delle case di tolleranza avrebbe contribuito ad un risanamento del costume (G. Garblli, La prostituzione in Italia oggi, Ed. Paoline, 1973, p. 43). 2. Molte di queste donne, ad un certo momento della loro esistenza, devon essere giudicate con infinita compassione. Il pi delle volte hanno-imboccata la via che le ha portate alla rovina perch erano ignare, ingenue e si son lasciate ingannare o suggestionare. Pensavano che tutto si limitasse ad alcune affettivit e carezze (e per la donna questo pu essere sufficiente per soddisfare in pieno la sua sensualit). Alcune sono state rovinate ed hanno cominciato una vita viziosa quand'erano ancora ragazzine. Per molte c' stato il deleterio influsso della situazione familiare. Molte rimasero prive dell'affetto dei genitori, sono orfane di padre o di madre, o figlie di ragazze-madri: ecco allora le fughe di giovanissime che s'infatuano di qualche ragazzo e lo sposano in fretta. Dopo appena un anno di matrimonio avviene facilmente la rottura. Subentra quindi uno stato di tensione. Ed allora cercano una liberazione nell'incontro con altri uomini. Lo spirito geme nella nostalgia d'un amore deluso. Per qualcuna di queste relazioni susseguentisi ci pu esser anche l'elemento affettivo. Comunque, ormai hanno iniziato la discesa sulla china che porta all'abisso: fatta un'esperienza, sono sollecitate a provarne altre, forse per stordirsi, dimenticare, vincere l'infinita malinconia verso la quale si sentono disperatamente franare. Vittime, dunque, di squallide situazioni familiari, di delusioni e di tradimenti. In Italia il 4 1 % sono fuggitive; di questo 4 1 % , l'82% lasci la casa dai 12 ai 19 anni (quindi senza la piena consapevolezza dei rischi, Garblli, o.c, p. 43). Per altre il bisogno economico, stato la causa per cui hanno ceduto. Altre volte, ancora, stata la promessa (non mantenuta) di matrimonio il tranello che le ha fatte cadere. Talune hanno per ereditariet una natura caratteristicamente sensuale, tanto che si parlato di prostitute nate . Ci non va generalizzato: se sono, pi o meno, anche fisicamente e psichicamente tarate, ci pu esser anche la conseguenza della loro sregolata e tempestosa condotta di vita. Consta che solo in via eccezionale sono state indotte a quel mestiere da una iperestesia sessuale. Esiste si qualche prostituta costituzionale, ma la spiegazione lombrosiana oggi sempre pi messa in dubbio. Ordinariamente non provano inclinazione alcuna a compiere l'atto sessuale; ne sono anzi disgustate (Garblli, La 225

prostit. in Italia oggi, p. 34). innegabile per (lo si vede nelle carcerate) che la loro fame del sesso diventata un tormento. Sono sensibilissime ed avidissime di amicizie particolari (con manifestazioni esterne passionali). Il sesso il loro chiodo fisso. Non possono non parlarne. Vanno al cinema perch questa la materia del film. Non leggono che libri che trattano di questi argomenti e cercano i pi piccanti, pornografici e veristi sull'istinto (normale od anormale) del sesso. Alcune confessano che impazzirebbero se non potessero soddisfare la loro passione (secondo o contro natura). Se in carcere vedono un uomo non son capaci di non guardarlo e di distogliere lo sguardo da lui. D'altra parte, fanno piet perch sono e si dicono infelici. I medici che le avvicinano nei reparti clinici (dove sono curate dalle malattie veneree) affermano che son poche quelle che non conoscono la depressione e l'angoscia e che quelle poche risultano psichicamente anormali (P. Babina, Corruzione della donna, responsabilit dell'uomo, Milano, I.P.L., 1942, p. 48). 3. Nei primi anni del loro smarrimento c' qualche umana speranza di salvarle. Se la loro vita di dissipazione si ormai protratta per lungo tempo, danno l'impressione d'esser strutturalmente fissate in un'invincibile consuetudine. Ci non toglie che possano, ogni tanto, recarsi in chiesa, e persino accostarsi ai Sacramenti. Ma il vizio resta: diventato una seconda natura. La loro pratica religiosa come va giudicata? espressione d'una mentalit legalista cosicch la considerano come un compenso per regolare i conti con Dio? Oppure segno d'una fede sincera ma che non ha la forza d'esser coerente, d'una volont e di un'umile speranza di non rompere ogni legame con l'ai di l? Di fatto una religiosit superficiale che non porta una trasformazione della vita. La conversione di queste donne (almeno finch hanno salute sufficiente per godere la vita) un problema difficile. Ci sarebbe bisogno d'una radicale riforma perch, ordinariamente, tutta la loro vita disordinata. Fumatrici accanite, spesso dedite all'alcool, non raramente alla droga, senza regola alcuna nei pasti e nel riposo: la loro regola l'istinto, il capriccio, il piacere (il che non esclude gesti di bont, di generosit, di compassione per gli altri). Specialmente nelle drogate c' un'ossessione del sesso. stato scritto che nelle carceri circa il 20% sono mercenarie del sesso. Per queste recluse se si sta a certe inchieste si dovrebbe esser pessimisti circa la speranza di redenzione. Non sono in galera solo per aver commesso qualche grosso sbaglio o 226

qualche debito. Sono viziose che hanno perduto ogni ideale. Non credono in una societ che possa diventare migliore. Sono preoccupate solo di s stesse, di soddisfare le loro passioni: sesso, alcool, fumo, droga. E, per farlo, sono pronte anche a rubare. da aspettarsi (come di fatto avviene) che, uscite dal carcere, riprendano la vita di prima. Qualcuna va a convivere stabilmente con uno sposato. Quelle che si sposano, facilmente e ben presto si separano dal marito. Non si sa se la vita dissipata abbia portato in esse qualche squilibrio psichico, o viceversa. Una cosa certa: alle loro parole non si pu credere. Sapendo che non cambieranno condotta, cercano ogni espediente per scusarsi. Vorrebbero farci credere che han trovato il fango nel carcere (anche in qualche persona religiosa che si votata alla verginit) e che nel carcere son diventate peggiori. Solo un miracolo della grazia potrebbe operare la loro conversione. Tuttavia anche le peggiori meritano gran compatimento perch noi non conosciamo le cause remote che le hanno portate a tale insensibilit, amoralismo, fissazione perversa. Basti pensare che la grande maggioranza delle donne che vanno in prigione sono analfabete o semianalfabete. Qualcuna, quand'era ancora giovanissima ed ignorava il male, ha subito violenza; qualcuna stata vittima d'un padre alcoolizzto e bestiale dal quale non hanno saputo liberarsi, difendersi, fuggire, contro il quale non hanno avuto il coraggio di sporger denuncia rivelando l'incesto. 4. Alcuni caratteri tipici di queste donne: a) incostanza, variabilit d'umore e di sentimenti (sintomo dell'isterismo). In carcere con tutta facilit s'aggrediscono e si picchiano; poco dopo fanno pace e si danno baci ed abbracci; b) la finzione (conscia od inconscia) comunissima (come nell'isterico). Possono andare alla Comunione per far credere che si son convertite se loro interesse conquistarsi la stima d'un sacerdote o di qualche altro; e) hanno atteggiamenti contraddittori. Accettano in dono la corona del Rosario e la tengono con s, ma, in altra occasione bestemmiano; baciano un'immagine sacra, una medaglia che si regala loro e, pi tardi, proferiscono un discorso sconcio. Sono molto generose con l'individuo a cui si affezionano. Ma, all'occasione buona, sono capaci, con tutta disinvoltura, di rapinarlo. Molte hanno una naturale generosit nel dare, nel prestarsi e prodigarsi che le rende simpatiche. Ma non si pu fidarsi. Son 227

facili a mettere le mani sulla roba d'altri od a suggerire e favorire qualche furto da parte dei loro amici. In genere la prostituzione in stretto legame e complicit colla malvivenza e la delinquenza; d) raramente dotate d'un aspetto avvenente, talora eleganti, ma spesso vestite in forma dimessa, modesta e senza trucchi (sia per naturale trascuratezza, sia per l'intento di non esser notate) sanno usare tutte le arti per far cadere sugli altri responsabilit, sospetti, calunnie, difetti, sollevare supposizioni immaginarie. Perci mi chiedo quanto credito meriti qualche inchiesta sulle voci di prostitute ex detenute; e) non si ignori che sono particolarmente attratte verso coloro che non hanno ancora perduto il candore della loro purezza e verginit: esca desideratissima che tentano con tutti i mezzi di carpire, sia per confermarsi nella persuasione che la castit impossibile, sia per aver la soddisfazione di conquistare e far cadere chi si credeva invulnerabile, sia perch si tratta di uomini ancora illibati coi quali non corrono il rischio di contaminarsi. 5. Cristo incontr anche le prostitute, parl loro, perdon loro aggiungendo la raccomandazione di non pi peccare. Comprensione, compassione, ma discrezione nelle Sue parole. Non sappiamo se tutte avranno corrisposto al Suo perdono ed al Suo invito. La grazia di Dio pu toccare ogni cuore, riportare la vita e ricostruire l'unit sui frantumi d'un'anima spezzata e spenta. Il sacerdote al quale sia offerta l'occasione di porgere una mano ad una di queste sventurate nel tentativo di salvarla, agir come il Maestro con la semplicit e la dignit dei puri di cuore, ma con la cautela di chi conosce il mondo. Con carit ma con gli occhi aperti. Non dimenticher che si tratta di gente strutturalmente falsa (in mala o buona fede). Non ignorer che ci sono quelle dalla doppia vita: le quali fanno le serie colle persone serie e la notte si danno alla prostituzione (od albergano le prostitute). Ma prendono l'atteggiamento delle offese e delle calunniate se sono scoperte e qualificate per quel che sono. Si presentan sempre come vittime: a sentirle, avrebbero sempre ragione, il torto sarebbe sempre del marito il quale (dicono) non le rispetta, le sospetta, le picchia. Perci non meraviglia che, con chi spera di convertirle, siano disposte a discutere per ore, ripetendo, su per gi, sempre le stesse cose; ma, alla fine, forse concluderanno mestamente che non si sentono d'impegnarsi, 228

di promettere, di proporre. Se sono coerenti, diranno che non si sentono neppure d'accostarsi ai sacramenti della Confessione e della Comunione. Ma se qualcuna (che non ancora prostituta cronica) desiderasse sinceramente di rialzarsi e si rivolgesse al sacerdote, egli potrebbe darle grande aiuto. Purch per sappia usare discrezione, tatto, intelligenza. Sbaglierebbe se impostasse tutto il problema sul piano della responsabilit morale e della colpa grave. Se si tien conto di tutte le circostanze individuali, familiari, ambientali, che hanno influito nella vita d'una prostituta, ogni giudizio semplicistico apparir carente d'obbiettivit. Tanto pi se conduce alla condanna implacabile od all'ironia umiliante. Il confessore terr presente di trovarsi di fronte a persone profondamente frustrate, coi nervi a pezzi, incapaci di prender decisioni ferme, prostrate dalla sfiducia, instabili per temperamento, oltremodo impulsive, impressionabilissime. Per tutte queste ragioni, la riabilitazione morale d'una donna perduta sar possibile solo se essa avr l'impressione di trovare chi le dimostra anche sull'esempio di Cristo comprensione, fiducia e stima. Evidentemente non baster il generico invito a non voler pi peccare per ottenere lo scopo (noi non siamo, come Cristo, autori della grazia che trasforma i cuori): bisogna indicare anche i mezzi necessari. E qui ritorna il discorso che stato fatto per gli occasionari, i recidivi, gli abitudinari. Soprattutto bisognerebbe ottenere che l'ambiente di vita e di lavoro di queste donne fosse in un'atmosfera di libert e di serenit favorevole alla loro redenzione morale; ottenere, specialmente, che sostituiscano alle loro pessime amicizie (quali sono le colleghe nel lurido mestiere) altre di migliori, dalle quali, quasi insensibilmente si sentano ricondotte, con delicatezza ed affetto, sulla via della risurrezione e della salvezza.

8. Tiepidi Non sono, per l'esattezza, i seguaci della mediocrit. Tiepidezza un termine classico insostituibile^ penso mediante il quale gli autori d'ascetica intendono significare uno stato ed un disordine spirituale ben preciso. Non gi il senso d'aridit che uno prova nelle pratiche di piet orazione mentale e vocale (aridit che pu dipendere da cause non volontarie e rendere 229

gli esercizi spirituali pi meritori); e neppure la prima istintiva ripugnanza possibile anche nei santi a compiere certe azioni, ad intraprendere certe attivit volute o desiderate da Dio. Nemmeno possono dirsi in stato di tiepidezza coloro che commettono qualche peccato veniale al quale fanno prontamente seguire il pentimento ed il proposito. La vera tiepidezza si ha quando un'anima pur non giungendo al peccato grave, eccetto, forse, qualche volta commette con frequenza ed abitudine peccati veniali senza pi reagire col rimorso ed il dolore, ma scusandoli: Non dunque il fatto del peccato veniale che il segno distintivo della tiepidezza, la facilit a commetterlo, l'abitudine presa e soprattutto l'attacco. La persona tiepida si lascia andar senza lotta a questa sorta di mancanze... e finisce per vivervi tranquillamente (Pratique progressive de la confession et de la direction, Paris, 1903, I, p. 112-113). I. Questo discorso riguarda e deve interessare particolarmente coloro che hanno abbracciato uno stato di perfezione (nel quale godono di privilegiati aiuti spirituali) oppure, attratti dalla grazia, erano gi giunti ad un alto grado di fervore. Per queste anime lo stato di tiepidezza denota una certa incorrispondenza alla grazia. pericoloso. Pu far perder anche il sano ed equilibrato senso del peccato. Ci sono anche coloro che dopo essersi convertiti da una vita di peccato si veda la categoria dei gran peccatori in via di conversione poi si fermano a vivacchiare nello stato di tiepidezza. Per meno difficile scuotere queste anime che non quelle cadute dall'antico fervore nelle quali maggiore l'abuso delle grazie e pi avanzato l'indurimento della coscienza (cfr. Prat. progress, de la conf., I, p. 116). Ci sono poi quei cristiani che vivono nel mondo e si conservano fedeli alla legge morale naturale ed a quel minimo di preghiera e di pratica religiosa richiesto ad ogni cristiano ed imposto dalla Chiesa. Per essi, praticamente, non facciamo la questione della tiepidezza. In genere, coloro che (vivendo fra i pericoli e le tentazioni del mondo) evitano, lottando, il peccato grave, non si trovano propriamente in stato di tiepidezza. Avranno una vita cristiana mediocre per mancanza d'istruzione e formazione spirituale, per animata da solida virt (anche se per motivi naturali). Virt che qualche volta pu raggiunger l'eroismo pel fatto stesso che si conservano sostanzialmente onesti. Bisogna esortarli a 230

perseverare nella preghiera ed a frequentare, pi che loro possibile, i sacramenti. Ci sono poi coloro (uomini in particolare) che sono piuttosto alieni dalla piet, quantunque qualche volta, almeno a Pasqua, si accostino ai sacramenti. Hanno le loro cadute gravi, pi o meno frequenti. Bisogna incoraggiarli e stimolarli a sempre rinnovare il proposito e la tensione all'onest e ad usare i mezzi necessari. Il Frassinetti raccomandava al Confessore di guardarsi dal suggerire a costoro regole di perfezione, le quali non sarebbero n gustate n intese. Ordinariamente dovr contentarsi d'instillare nei loro cuori l'odio al peccato mortale, e inculcare l'adempimento dei precetti mostrandosi intanto franco, disinvolto, indulgente e benigno . Altrimenti diceva c' pericolo che lo tengano in conto di uomo bigotto, come essi dicono, e rifuggano dal ritornare (Man. Pan. nov., p. 353). Benignit si, ma, intendiamoci, anche fermezza nei principi, per esempio, nel richiedere l'abbandono delle occasioni prossime di peccato. Del resto, un invito discreto a vivere generosamente la vita cristiana (senza fissare ed imporre rigide norme di vita e programmi) non far male a nessuno; e la grazia pu far sentire l'attrattiva ad un fervore e ad una perfezione maggiore di vita. Allora sar chiesta all'anima la corrispondenza a questo impulso interiore e si avr, forse, la conversione ascetica . II. I segni della tiepidezza sono facilmente riconoscibili. 1. L'anima sa che dovrebbe e potrebbe pregare di pi. Invece prega poco e male senza applicazione e gusto. Prega pi che altro perch costretta da una regola, trainata da una comunit alla quale appartiene. 2. trascurata negli uffici del proprio stato: li compie senza nessun impegno ed esattezza, ed in parte li tralascia spendendo del tempo senza utilit. 3. Accontenta soddisfazioni disordinate senza alcuna delicatezza di coscienza, preoccupata solo di non arrivare alle conseguenze gravi: per esempio, si permette amicizie sensibili con esterne manifestazioni pericolose, sia pur senza giungere alla deliberata impurit vera e propria. Insomma, una vita spirituale contrassegnata da un grigio minimismo. Ma la coscienza non fa sentire la sua voce? Evidentemente la consuetudine di commettere coscientemente e frequentemente 231

mancanze (anche se veniali) diminuisce il senso del peccato e la delicatezza della coscienza. Per, ad intervalli, un rimorso si fa sentire; ma vien soffocato. E cosi lo spirito si avvia verso uno stato d'indurimento. come una malattia che s'aggrava progressivamente, invade, colpisce, devasta sempre pi profondamente e sempre pi diffusamente l'organismo. Indebolimento generale: porta aperta a tutti gli attacchi del male. I I I . Rimedi. Siccome la tiepidezza propriamente detta si verifica, in genere, in coloro che hanno gi sentito una vocazione alla perfezione, il primo rimedio risuscitare in essi l'entusiasmo per quell'ideale che un giorno li affascin. Si richiamer al loro spirito l'amore che Dio ha per noi. Amore che si manifesta specialmente nel mistero della Croce e nel mistero dell'Eucaristia. Quest'amore domanda il nostro amore. Se necessario, colle anime meno sensibili ai motivi dell'amore, si ricorrer pure ai motivi di timore: il peccato veniale deliberato, specie se commesso abitualmente e freddamente, una preparazione alla colpa grave, con tutte le sue conseguenze. Oltre a suscitare il generale desiderio della virt e della perfezione, sar utile puntare, col dolore ed il proposito, su qualche mancanza predominante. I propositi generici e vaghi possono restar superficiali e sterili. Ed in particolare, bisogner indurre i tiepidi a superare quell'indolenza e ripugnanza che di solito provano per l'orazione della quale hanno perduto il gusto; indurli a riprendere la pratica d'una preghiera veramente personale. E della preghiera anche mentale, perch quella orale comunitaria, alla quale partecipano, pu fermarsi, per tali anime, all'esteriorit. Bisogna spingerle allo sforzo di penetrazione e di ricerca, nella meditazione. Siano preparate ed aiutate a superare gli ostacoli iniziali: dapprima proveranno aridit, distrazioni, vuoto, solitudine. Non devono impressionarsi e buttare subito le armi per questa mancanza di consolazione e devozione sensibile. Pi si prega e pi si pregherebbe. Anche questo problema si risolve in un atto di fiducia nell'aiuto immancabile della grazia. 9. Scrupolosi A. C' qualcuno che chiama senz'altro scrupolosi tutti coloro che hanno coscienza delicata. Ma la distinzione (almeno teoricamente) netta, anche se in concreto pu facilmente darsi la in232

clinazione allo scrupolo in chi ha la coscienza delicata. Questi sensibile anche alle microscopiche mancanze. Lo scrupolo una malattia, un danno, un pericolo, un inciampo, una tentazione: si vede il peccato anche dove non c'; lo si vede grave anche dove non pu esser che lieve. Il soggetto opera una erronea maggiorazione. Ed anche quando la materia lieve, egli teme di avere una interiore disposizione ed intenzione viziata da grave malizia. Perci per lo scrupoloso non esiste di fatto la distinzione fra peccato grave e peccato lieve: il peccato (commesso o da commettersi) lo pensa sempre grave (se lo ritenesse veniale non avrebbe l'angoscia della colpa). B. I sintomi della coscienza scrupolosa non sono difficili a riconoscersi. In ultima analisi le turbe si riducono ad un sentiment d'incompltude : ad una eccessiva ansiet circa la sufficienza delle azioni (di tutte o di alcune determinate, rientranti nei doveri abituali oppure occasionali del soggetto). Ad esempio, nei conti, registrazioni, misure di sicurezza, d'igiene, c' l'incubo del controllo, della precauzione, dell'esattezza ad oltranza. Nel campo religioso la coscienza scrupolosa si manifesta frequentemente in una eccessiva meticolosit nell'accusa dei peccati e delle loro circostanze e nella paura di non informare (o di non aver, pel passato, informato) sufficientemente il confessore. Nonostante questi dia la decisa assicurazione che l'accusa sufficiente, il penitente trova difficolt ad acquistare l'intima sicurezza perch manifesta e ripete sempre gli stessi timori e turbamenti. Circa le azioni da cui deve astenersi lo scrupoloso ha l'irragionevole timore di commettere peccato grave, se non esternamente, almeno interiormente, per esempio con pensieri impuri. Si noti che la stessa paura d'avere un pensiero cattivo pu farlo sorgere e violento, data l'impressionabilit del soggetto. un fenomeno psicologico: come la stessa fobia di turbarsi, nel caso che abbia ad accadere un determinato fatto, produce (verificandosi il fatto) il turbamento. Alla coscienza scrupolosa s'accoppia facilmente la coscienza perplessa. Si vede peccato sia nel porre un'azione, sia nel non porla: non soddisfa una decisione n quella contraria. Ci provoca un esasperante esame ed una debilitante altalena. Anche quando si deciso per una parte, il soggetto si sente scontento e cambia decisione ma sempre insoddisfatto. Esaurite, in questo lavoro interiore, tutte le sue energie psichiche, potr trovarsi come bloc233

cato. Chi ha tale tendenza dovrebbe per evitare questo stato penosissimo determinarsi subito per l'una o l'altra parte (quando il dovere od il meglio non evidente) e poi non ripensarci pi, affidando tutto alla misericordia di Dio. Se trova la forza di far questo gi vittorioso e sicuro. Sicuro pu e deve esserlo, perch, in questi casi, rettificata Pintenzione non possibile ci sia colpa morale, quand'anche la decisione presa non fosse obbiettivamente la migliore. C. Cause della coscienza scrupolosa. Potrebbero essere, oltre che naturali, anche preternaturali: Dio che direttamente prova un'anima per purificarla nella via della santificazione. un fatto che queste passive purificazioni sono assai simili agli stati psichici di nevrosi (depressioni, malinconia, tristezza, incubi, tenebre, apparente perdita della fede e della speranza, angoscia, languore). C' poi il demonio che, col permesso di Dio, pu causare questi stati. Secondo s. Tommaso, per, il demonio non pu agire sull'intelletto dell'uomo n influire direttamente sulla sua volont, ma solo sulla fantasia e sulla sensibilit (anche se l'uomo pu aver l'impressione che lo stesso intelletto e la volont siano aggrediti) (I, q. 114, a. 1-3; I I I , q. 80, a. 1-4). Ma abbastanza raro il caso di scrupoli che abbiano una causa solo preternaturale. E questi, di solito non duran per lungo tempo. Molto pi spesso le cause sono naturali: o fisiche come la stanchezza causata da eccessivo lavoro (le quali causano una debolezza, od astenia psichica), o cause morali: errata educazione spirituale, atmosfera opprimente prodotta da ambiente, compagnie, libri dannosi (per taluni almeno). Di solito c' una qualche predisposizione psico-fisica che poi il tenore di vita attua determinando lo stato di coscienza scrupolosa. Si noti per come Dio pu servirsi dei nostri malanni fisici per purificarci (anche se non Lui che causa direttamente come invece avviene nelle purificazioni passive questi stati). Il demonio stesso, col permesso di Dio, pu approfittare dello stato di debolezza fisica d'una persona che gli d noia, per giuocare le sue carte: indurla allo scoraggiamento, disturbare le sue azioni pi sante, come la preghiera, la pratica dei S. Esercizi Spirituali, la celebrazione della Messa o della Penitenza. Perci la classificazione delle cause dello scrupolo (soprannaturali - naturali) solo astratta e teorica: nella dinamica concreta posson esser molto complessi i fattori determinanti questo fenomeno. 234

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Lc*_ scrupolo nella grande maggioranza dei casi dipende da una naturale debolezza psichica. Pi precisamente una manifestazione "3ela psicastenia. Malattia che ha molteplici espressioni: produce manie e fobie ad oggetto determinato oppure agitazioni diffuse, vaghe, indeterminate. Lo scrupoloso si distingue dall'isterico perch in questo c' la perdita inconsapevole di qualche fenomeno del cosciente e del reale (perci si spiegano le bugie incoscienti). Nello psicastenico non c' perdita di fenomeni, ma percezione torbida di alcuni di essi. Poich indebolita la forza psichica del soggetto, un fenomeno fa pi impressione di quanto dovrebbe fare, cosicch lo spirito non riesce pi a percepire in tutta la loro chiarezza obbiettiva altri fenomeni, che dovrebbero donare l'equilibrio. Un sacerdote, ad esempio, che ha distribuito la Comunione vede una macchia bianca sul pavimento. Potrebbe esser una particola che mi caduta, pensa. Se non fosse impressionabile, a questo pensiero ( possibile ) farebbe seguire un altro: non un fatto cos probabile da esser preso in considerazione. E rimarrebbe pienamente tranquillo. Lo scrupoloso, invece, anche se non si lascia prendere dall'idea preoccupante e la supera, tuttavia si turba. Per la debolezza psichica, non ha la forza d'attribuire a ciascuna idea il suo vero posto, peso, valore nella sintesi interna: perci il giudizio non sar sicuro e tranquillo, deciso e soddisfacente. Per lo psicastenico (percependo, sia pur imperfettamente, tutti i fenomeni e gli elementi per giudicare la sua azione) ha coscienza di questa sua tendenza esagerata. Ma non ha la forza di superarla. Perci ne soffre. una debolezza psichica cosciente e che egli vorrebbe non ci fosse. Un sacerdote, ad ! esempio, sa che le parole della consacrazione sono state da lui pronunciate, sa che impossibile non avere l'intenzione richiesta, ma non avendo avuto l'attenzione desiderata e, soprattutto, la calma non riesce a vincere il turbamento irrazionale: turbamento, perch il soggetto, forse, non lo giudicher neppure vero dubbio. Perci si sforzer di esaminare l'idea preoccupante e tormentosa nell'intento di vedere una soluzione tranquillizzante e cosi acquistare il senso di sicurezza. Ma quanto pi ripensa, indaga, analizza (in stato di tensione) tanto pi si stanca e s'indebolisce. E cosi tanto pi l'idea torturante si fissa, l'incubo e l'oscurit aumentano. Occorrerebbe tagliar corto subito, prender una posizione o decisione e non pensarci pi. Forse agli inizi sarebbe possibile. Ma chi inesperto pu avviarsi verso uno stato terribile. Una parola di consiglio da parte di chi edotto in materia, pu 235

liberare uno spirito dal labirinto nel quale rischia di diventare prigioniero disperato. Perch, sentendosi, nonostante gli sforzi, impotente ad uscire, si deprimer, si accascer. A causa di questa cosciente incapacit di superarsi, si produrr allora l'angoscia, come stato vago e generale di sofferenza psichica. Qualcuno ha l'impressione d'esser trasportato verso il basso da una corrente pi forte di lui e di non aver la forza di resistere e di risalire la riva. Caratteristiche, dunque, della vita spirituale dello scrupoloso: mancanza di serenit e di gioia, languore, depressione (pi o meno grave), angoscia (pi o meno acuta), stati di perplessit. Anche l'isterico soffre (ad esempio per pi o meno immaginarie persecuzioni) ma non soffre della sua malattia psichica perch c' la perdita di qualche fenomeno del reale, una perdita inconscia. Lo psicastenico soffre per la tensione interna che lo strazia. Ma, appunto perch cosciente, il suo disturbo meno grave dell'isterismo. Lo scrupolo, fobia, idea fissa, che ha per oggetto la vita religiosa o morale d'una persona, alle volte sembra paralizzare ogni campo della sua condotta, alle volte restringersi ad una materia particolare. Sotto il profilo morale si pu dare anche il tipo scrupoloso in una determinata materia e di coscienza lassa in altre materie. La direzione spirituale di tali soggetti si fa pi difficile. D. Sia ben chiaro: controllo e delicatezza di coscienza sono qualit morali sane che nei singoli soggetti, pi o meno sensibili, esistono in grado maggiore o minore. Diventano vero scrupolo quando (nonostante la sufficiente istruzione) vi si insinua il timore irragionevole, l'ossessione e l'angoscia. Altrettanto si dica in altri campi dove non bisogna diagnosticare con troppa facilit casi patologici e giudicare come mania ci che senso accentuato, per esempio, dell'esattezza, dell'ordine, dell'igiene. Certe esigenze e tendenze fan parte dell'indole d'una persona (ed esistono, ripeto, in grado vario). Lo stesso temperamento psicopatico non costituisce, per s, un'anormalit, ma una variante del carattere. Bisogna quindi che il confessore eviti certi giudizi frettolosi e superficiali i quali oltre ad essere sbagliati potrebbero indurre disagi e conflitti interiori nella persona giudicata cos malamente. Pertanto non bastano alcuni sintomi d'instabilit mentale, o di depressione o di emotivit, per ritenere d'aver a che fare con una persona anormale. Nei sistemi nervosi delle persone c' una gradazione: alcuni funzionano meglio, alcuni 236

peggio (la perfezione non di questa terra). Per chi ha un sistema nervoso piuttosto debole bastano certe difficolt trovate nell'ambiente, nella famiglia o nel lavoro, per addurre uno stato di sofferenza. Bisogna quindi non drammatizzare, non eccedere nell'impegno clinico che eccita l'intuito, muove alla scoperta della malattia e forse la sopravvaluta. Ci sono personalit ricuperabili perch sostanzialmente sane; ma bisogna star attenti che la cura psichica, invece di esser tranquillizzante, non diventi traumatizzante. E. La guarigione. Bisogna che il confessore dia allo scupoloso i consigli opportuni, usi i modi, gli suggerisca i mezzi affinch trovi la forza questa che gli occorre di seguire i consigli ricevuti. I. Generalmente queste turbe psichiche hanno come sottofondo una debolezza fisica: quindi fra i mezzi di guarigione bisogna porre anche una cura medica ricostituente, e, quanto meno, un igienico tenore di vita. Razionale per. Un discreto riposo: tale da permettere un ricupero di energie ed, insieme, non rendere impossibile la ripresa normale dell'attivit; se si tronca ogni occupazione pu esserci il pericolo di provocare uno stato di depressione e di avvilimento, o di lasciar il campo agli inutili e dannosi ripiegamenti (su idee preoccupanti che bisogna invece cancellare dalla memoria), il pericolo di favorire l'impressione di non aver pi la forza per nessun lavoro, neppur per leggere una pagina di libro. Comunque tutte le cure sono relative: quel che importa che siano, in definitiva, vantaggiose. E bisogna che il direttore spirituale dando consigli empirici, forse svantaggiosi non invada quello che specificamente il campo medico. II. Occorre poi un'efficace psicoterapia. Questa non consiste solo nel dare ordini e nell'esiger l'obbedienza. A chi non ha mai provato lo scrupolo, l'obbedire a consigli benevoli e benefici pu sembrare la cosa pi facile del mondo perch la pi logica, perch liberatrice. Ci sono autori di morale e d'ascetica i quali trattano dello scrupolo solo in chiave d'obbedienza e, diciamo pure, in modo troppo rigido e semplicistico. Dicono che l'unica medicina. In un certo senso giusto perch quando lo scrupoloso riesce a seguire con tranquilla sicurezza le direttive del confessore gi guarito. Ma quest'obbedienza non solo una questione morale ed ascetica. un problema psicologico. Igno237

rarlo porta a giudicare come un disobbediente lo scrupoloso che non segue ciecamente e pacificamente gli ordini del consigliere spirituale. Bisogna invece aiutarlo a trovare la forza di obbedire. Perch egli vorrebbe obbedire ma non ci riesce per mancanza d'energia psichica. Quest'obbedienza a comandi di cui, al momento, non percepisce la ragione pu essergli difatti difficilissima. Bisogna illuminarlo e persuaderlo che obbedendo non sbaglia perch si conforma alla volont ed al desiderio di Dio. Quante volte, per esser ragionevoli, tutti dobbiamo fidarci del giudizio altrui senza poter renderci conto dei perch. Perci quella dello scrupoloso l'obbedienza d'un uomo libero che si autodetermina a seguire un consiglio colla coscienza d'agire ragionevolmente. Ma bisogna che quest'idea non resti astratta, debole, fredda, ma diventi cosi luminosa ed efficace da infondere nello scrupoloso il senso della sicurezza: la persuasione che bene obbedire. Bisogna che questa persuasione acquisti una carica ed una motivazione psicologica cosi forte da aver il sopravvento sull'idea ossessionante. Ma non sempre ci facile. Ci sono scrupolosi che non vogliono neppur convincersi d'esser scrupolosi e d'aver bisogno di curarsi fisicamente e d'obbedire. Vogliono solo ragionare e discutere (credendo cosi d'arrivar a persuadersi). Ed il confessore ripete sempre gli stessi argomenti senza nulla concludere. Bisogna, dunque, chieder allo scrupoloso, l'obbedienza, ma facilitarla, prima con una sana suggestione e poi abituandolo a praticare l'autosuggestione. 1. Una benefica suggestione. Questa sar tanto pi efficace quanto pi il direttore spirituale avr il prestigio d'una non comune scienza ed esperienza, e d'una autentica virt. Allora tanto pi facilmente l'ammalato avr fiducia e creder alle parole del medico, anche se non ne percepisce le ragioni. 2. Colla fiducia la confidenza. Per ottenerla, il confessore user dolcezza nel tratto. Il Bucceroni gli suggeriva questa prima norma: Patiens ac cantate plenus sit, cum scrupulosorum cura longa sit et ardua, ac miserrima eorum condtio (Instit. T. Mor., Romae, 1914, I, 1, n. 164). Le misure dure, secche, sbrigative non sono, in genere, consigliabili appunto perch lo scrupoloso non un disobbediente colpevole ma ha bisogno di formarsi l'efficace persuasione che bene obbedire. Ma ci sono sacerdoti, pur onesti e laboriosi, che per natura sono impazienti ed insofferenti di fronte alle piccole debolezze del prossimo, hanno aspetto 238

arcigno, maniere aspre, facilit allo sdegno, al risentimento, tendenza a pungere ed umiliare gli altri. Siffatti temperamenti non sono adatti alla direzione spirituale e, tanto meno, a quella delle anime scrupolose. Anche costoro per possono acquistare con lo sforzo e l'esercizio ascetico quanto non possiedono per indole e spontaneit (cfr. G.M.C., Tratt. per Confess., p. 67). 3. Insieme alla bont ed alla gentilezza per ottenere che lo scrupoloso s'apra senza difficolt, il confessore gli dimostrer tutta la sua stima. Riferendosi agli scrupolosi che hanno retta intenzione, il Godinez non temeva asserire: Tutti questi scrupolosi sono buoni e predestinati alla gloria. Perch, come solo i predestinati entrano nel Purgatorio della vita futura, cosi pure Dio non d ordinariamente ai reprobi il Purgatorio degli scrupoli in questa vita. Altri scrupolosi che divorano peccati mortali e sollevano scrupoli in inezie, questi sono pazzi piuttosto che scrupolosi (M. Godinez, Praxis theologiae mysticae, Paris, 1921, p. 16). 4. In genere non il caso di rimproverare lo scrupoloso come un disubbidiente, n di spaventarlo (per ottenere di forza l'obbedienza) presentandogli il pericolo d'avviarsi, su questa strada, verso la follia. Pericolo, del resto, infondato perch di rado la psicastenia, anche negli stadi pi avanzati, porta alla demenza. N il consigliere sorrider ironicamente sullo scrupoloso come su uno strano individuo, mostrando tutta la sua meraviglia perch d peso a sottigliezze e futilit (ci si verifica, di fatto, anche in uomini intelligentissimi e, d'altronde, equilibratissimi). 5. Bisogna, invece, infondere nel malato la fiducia in se stesso e nella sua guarigione. La quale possibile e come conferma l'esperienza si deve ottenere se si usano i mezzi efficaci. Almeno, si deve riacquistare quel minimo di pace che rende la vita, se non felice, almeno sopportabile. 6. Presupposto l'uso di queste industrie allo scopo d'infondere nell'ammalato confidenza e fiducia come proceder, in particolare, la cura*? In fondo, tutto si riduce ad ottenere l'obbedienza. Ma non possibile che il penitente porti ogni fatto e caso che lo turba al confessore per conoscere le singole decisioni concrete. Perci tutti gli studiosi insegnano che il consigliere dovr dare allo scrupoloso alcune norme generali d'azione che egli seguir senza voler ricercarne le ragioni. Queste norme devon essere 239

poche, molto chiare, brevi, adatte ai singoli scrupoli e tali da non prestarsi ad eccezioni. Per chi ha tendenza generale allo scrupolo si suggeriscono queste tre regole a cui il soggetto ricorrer appena gli si insinua qualche ansiet o dubbio in materia morale. Prima regola: nel timore d'aver peccato (nel fare una cosa o nel dirla o nel pensarla) stia certo di non aver peccato gravemente, a meno che non possa giurare d'aver chiaramente conosciuto che era peccato mortale e di aver avuto piena volont di commetterlo. Seconda regola: nel timore di peccare facendo o dicendo o pensando una cosa, agisca liberamente ogni volta che non pu giurare che vi sia peccato. Terza regola: lo scrupoloso pratichi tutto ci che pu infondere nella sua anima pace, santa letizia e dolce fiducia in Dio; ed eviti tutto ci che pu mantenere od accrescere i suoi abituali timori (cfr. G.M.C., Tratt. per Conf., pp. 58-59). Poi ci sono norme meno universali, relative e adatte a scrupoli determinati. A chi, ad esempio, ha ansiet circa le Confessioni passate per temuta mancanza del dolore o dell'integrit si pu dire che, se per qualche notevole tempo stato solito accedere al sacramento della Penitenza con diligenza e piet, deve non pensar pi alle colpe passate e non farne pi parola, a meno che non possa giurare di aver commesso certamente quei peccati mortali e di non averli mai scaricati nella Confessione (I. Bucceroni, Inst. T. Mor., I, 1, n. 164). A chi teme di aver aderito a pensieri cattivi (contro la fede, la carit, la castit) bisogna ricordare che non i cattivi pensieri ma l'assenso cattivo peccato; che un brutto pensiero puramente naturale ed involontario pu esser molto forte e persistente. Il fatto poi vien ingrandito dal timore stesso. Questi timori vanno quindi disprezzati, se non c' la certezza d'aver dato il consenso. Spesso converr pure scrive il Bucceroni d'imporre allo scrupoloso d'astenersi dalla Confessione di questi pensieri, se non conscio d'avervi acconsentito con tale certezza da poter immediatamente giurare {Le). In particolare chi solito comunicarsi assai frequentemente o quotidianamente, dovr esser distolto dalla previa Confessione. Ad un sacerdote scrupoloso, alla Messa, nella consacrazione, bisogna proibire di ripetere alcunch se non certo come alla luce del sole d'aver tralasciato una parola essenziale o d'averla 240

sbagliata. La paura che manchi l'intenzione necessaria va sempre disprezzata: in chi pronuncia le parole impossibile manchi l'intenzione di consacrare (qualunque sia l'impressione contraria o la distrazione od il turbamento). Perch venga meno l'intenzione occorrerebbe che la volont di dar efficacia alle parole della formula fosse ritrattata con un atto esplicito. La validit non compromessa dalla distrazione volontaria perch l'intenzione pu esser virtualmente duplice. Non bisogna quindi confondere attenzione ed intenzione. Del resto, il timore stesso che l'intenzione manchi segno che c'. Un sacerdote pu trovar scrupoli nel suo ministero di confessore. Per esempio, pu talora sperimentare l'ansia di non essersi adoperato abbastanza per scuotere un penitente (della cui disposizione dubita) oppure di non essersi informato sufficientemente sul suo stato. Ebbene, tenga per regola che, se ha cercato in qualche modo di eccitare il penitente al dolore ed al proposito (richiamandogli il pensiero e l'immagine di Ges morto per i nostri peccati) poi, superi il dubbio, dia l'assoluzione, affidi il caso alla misericordia e provvidenza di Dio e non ci pensi pi. Tenga poi per norma che gli sufficiente conoscere lo stato generale del penitente. Perci nelle eventuali interrogazioni sia sobrio, particolarmente in quelle dirette a conseguire l'integrit circa il sesto comandamento. Il direttore spirituale come imporr queste (e simili) norme? a) Senza esporne le ragioni ed i motivi. Altrimenti lo scrupoloso sottile com' ne trover qualcuno che non gli sembra valido; ed allora verr a dubitare del valore della regola stessa. Ad esempio il confessore non motiver le sue direttive colla ragione che il penitente di coscienza delicata: perch proprio di questo, forse, lo scrupoloso dubiter: sta a vedere se io sono davvero di coscienza delicata . b) Il direttore spirituale dar le risposte e direttive con estrema sicurezza e decisione. Terr presente la massima: l'accento di convinzione la prima potenza della parola . e) Se il penitente mostra qualche timore di non aver sufficientemente specificato 'il suo stato, il confessore lo tranquillizzer. Se necessario, far qualche domanda (che denoter il suo interessamento e la seriet del suo impegno); ma, per dimostrare d'aver ben capito il caso, non ripeter l'esposizione fatta dal penitente. Altrimenti con tutta probabilit ometter qualche particolare; ed allora lo scrupoloso, che esattissimo, si preoccuper che al con241

fessore sia sfuggito qualche elemento necessario per un giudizio retto. d) Il confessore, quando si reso conto che il penitente si sforza sinceramente d'evitare ci che dispiace a Dio, non defletter dal suo giudizio fondato sulla presunzione. Mostrer di non dare assolutamente alcun peso a qualsiasi ansiet del penitente, n ai motivi che egli pu addurre per giustificare il suo turbamento e le sue preoccupazioni. Per esempio, quando si tratta di pensieri cattivi, moralisti e psicologi fan presente che alcuni penitenti sono cosi impressionabili ed impressionati da asserire che potrebbero giurare d'aver acconsentito. Il confessore sia risoluto: non ne faccia alcun conto e dica che si assume tutta la responsabilit dinanzi a Dio. Scriveva il Berardi: Se il penitente cominciasse gi a dire di poter giurare del consenso, il confessore (durante gli scrupoli) non lo creda, se il soggetto non confessa di aver peccato anche con azioni esterne (E. Berardi, Praxis Confessariorum, Bologna, 1891, II, p. 290). e) Una volta conosciuto un penitente scrupoloso ed iniziata una benefica terapia, il confessore far bene ad indurre anche un certo monopolio. Lo sconsiglier di rivolgersi ad altri confessori che non lo conoscono, o non sono idonei (certuni non sanno neppure cosa sia lo scrupolo); lo distoglier dal legger libri di medicina o trattati riguardanti le questioni morali che lo preoccupano oppure certi scritti terrificanti adatti per anime di coscienza lassa (che sono la grande maggioranza). 7. Tutti i maestri di spirito suggeriscono che delle regole date allo scrupoloso e riguardanti la materia che lo turba non si deve a lui render conto. Ad esempio non si porter la ragione di questa norma: non ritenere d'aver mancato gravemente in pensieri se non ci sono azioni cattive compiute con piena coscienza e libert . Difatti probabile che qualche ragione non soddisfi lo scrupoloso, e quindi non lo tranquillizzi. L'esperienza lo conferma: qualche volta lo scrupoloso stesso preavvisa il confessore di non esporgli il perch dei suoi consigli. Per ci sono dei principi generali che si pu sempre utilmente richiamare; che servono a tutti, ma particolarmente agli scrupolosi, in specie quando non potranno chieder consiglio ma dovranno guidarsi da soli facendosi forza con l'autosuggestione. Ad esempio, terranno presente che il Signore il Dio della pace: il turbamento infruttuoso non viene da Lui, ma dal demonio. Nel 242

dubbio, possiamo chiederci quale consiglio ci darebbe il direttore spirituale che ci conosce, o come comunemente agirebbero gli uomini onesti. Nel timore di qualche cattivo effetto delle nostre .$: azioni, si terr questo principio: dobbiamo attendere agli effetti '; probabili, non a quelli solo possibili, delle nostre azioni. E, fatto %i, quanto richiesto alla nostra provvidenza, affidare il risultato alla Divina Provvidenza la quale penser a riparare quanto ci fosse eventualmente di dannoso. Dio non vuol renderci la vita impos;'i sibile, n troppo pesante, obbligandoci ad eccessive precauzioni. Bisogna poi abituarsi a ben distinguere il giudizio dell'intelletto da quell'ansiet (propria dello scrupoloso) che non risiede nella parte superiore dell'anima ma in quella inferiore, affettiva, sensibile. (Per, in pratica, facile confondere nei nostri atti interni l'elemento emozionale con quello razionale. Perci pu darsi l'impressione, ad esempio, d'aver perduto la fede e la speranza; di non aver avuto l'intenzione di consacrare l'Eucaristia pur avendo pronunciato la formula; di aver acconsentito a brutti pensieri). Questi e simili principi saranno molto utili perch lo scrupoloso impari a superare, anche da solo, le sue irragionevoli ansiet. 8. Considerato lo stato dello scrupoloso perch sia liberato dalle angustie e conquisti la pace di cui ha diritto giusto che egli sia liberato da certi doveri positivi che, per lui, sarebbero fonte di inutili ed eccessive preoccupazioni, non volute da Dio. Pertanto gode di certi privilegi. Ad esempio, non deve mai ritenersi obbligato a correggere gli altri. Nessun impegno quanto all'esame di coscienza, prima della Confessione; talora il confessore potr dirgli che, non solo non manca, ma fa meglio a non esaminarsi. scusato anche dall'integrit materiale della Confessione. Il confessore lo tenga presente in modo da usufruire di questa legittima libert a favore di se stesso e del penitente. stato scritto che se le confessioni delle persone devote devono esser brevissime, quelle degli scrupolosi arcibrevissime (G.M.C., Tratt. per Confess., p. 62). Per anche questo dev'esser applicato con criterio e con adattamento, secondo i principi della psicologia. La natura non vuol esser violentata. Scriveva saggiamente il , Berardi: Si d pure come regola di non permettere la con; fessione sulla materia degli scrupoli, non solo circa il passato ma ^ anche circa il presente. Ma questa regola affidata alla prudenza v del confessore. Non raramente specie quando si tratta di perii. sone che gi da lungo tempo accusano scrupoli, e particolar-

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mente in certe materie che inducono fortemente il pericolo del consenso conviene piuttosto che sia ascoltata la confessione e usata la pazienza (Praxis Confess., II, p. 290). Certo bene condurre il penitente a formarsi la coscienza sicura che, fidandosi della parola del confessore (il quale lo esonera da ulteriore accusa e prende tutto sulla sua responsabilit) egli si conforma pienamente alla volont di Dio e riceve la grazia del sacramento. Ma non bisogna dimenticare che, in genere, solo gradatamente lo scrupoloso si forma il giudizio limpido e deciso che meglio non accusare ci che gli premeva accusare: si pu dire che quando si forma questo giudizio generatore di pace e di tranquillit gi sulla via della guarigione. stato pure scritto che agli scrupolosi bisogna far capire che noi confessori dobbiamo spendere il nostro tempo soprattutto a riconciliare con Dio i poveri peccatori (G.M.C., Tratt. per Conf., p. 62). Ma si deve pure ricordare che gli scrupolosi sono anime delicate e meritano ogni cura (entro i limiti della discrezione) come tutti coloro che aspirano sinceramente alla santit. Inoltre gli scrupoli, se durano per qualche spazio di tempo, possono esser molto utili per purificare, far progredire, istruire un'anima. Ma se si protraggono per lungo tempo possono aver serie conseguenze, non solo per il fisico, ma anche per lo spirito, perch inducono talora uno stato di disperazione e, talora, per reazione, l'abbandono d'ogni aspirazione alla perfezione e forse anche al bene ed alla virt (cfr. s. Ignazio, Exerc. Esp., Reglas, Escrupulos, 3a reg., n. 348). Perci, al fine di ottenere la guarigione, al confessore chiesta molta pazienza e sacrificio. 9. La guarigione sar, normalmente, graduale, secondo le leggi della natura e della psicologia. Proceder attraverso due stadi. In un primo, non sar sufficiente neppure il dare alcune norme che dovrebbero esser valide per i casi che creano turbamento allo scrupoloso. Egli avr bisogno di sentire frequentemente dalla voce del confessore la parola di conferma che in una determinata situazione fa bene ad applicare la regola generale ricevuta. Il fatto stesso di manifestare la propria ansia lo rende cosciente che essa irragionevole. Il sentire poi ripetere una norma d'azione (anche se ben nota) gli dona un senso di persuasione, di decisione e di sicurezza che non riusciva a formarsi da solo. In una parola, in questo primo stadio ha bisogno della suggestione che viene da un altro per uscire dal suo cerchio chiuso e vedere la realt sotto altra luce. 244

Ma dopo aver per qualche tempo sottoposto al giudizio ed al consiglio del direttore spirituale le principali situazioni della sua vita, in un secondo stadio un po' alla volta si awier a ricuperare il governo di se stesso, avendo fatto tesoro delle esperienze e delle esplicite rassicurazioni ricevute dal direttore spirituale. In base alla soluzione dei casi datagli, di autorit, dal confessore, sapr da solo risolvere i casi simili. questo dovrebbe esser il fine di ogni direzione spirituale: portare il penitente a saper guidarsi da solo limitandosi a chieder esplicito consiglio solo per i casi pi difficili ed insoliti. Per gli altri, pi comuni, quando dovr farsi forza, lo scrupoloso sapr ricorrere all'autosuggestione domandandosi cosa il direttore spirituale gli consiglierebbe in tale situazione. Quando l'idea autosuggestionante acquista pi forza dell'irragionevole idea ossessionante, allora l'ammalato ha vinto. Ed ogni vittoria sar un aumento di gioia, di soddisfazione ed anche, conseguentemente, di forza psichica che assicura una sempre pi completa liberazione. Chi non conosce le leggi della psicologia pu credere che lo scrupoloso, per superarsi, basti voglia superarsi ed obbedire. Chi conosce queste malattie sa che lo psicastenico, oltre alla forza di volont, ha bisogno di dominare l'idea fissa mediante un'altra idea pi forte, ch'egli ha reso forte mediante la suggestione e l'autosuggestione. Questo potenziamento di forza psichica dovr esser ottenuto non solo sul piano psicologico ma anche su quello organico, qualora ci sia come d'ordinario anche uno stato di debolezza fisica. D'altra parte molti medici, credenti e non credenti, riconoscono il vantaggio, anche naturale, della Confessione e della direzione spirituale saggiamente praticate nella cura della psicastenia.

10. Chi aspira alla perfezione Oggi, da parte di molti scrittori, si mette sott'accusa anche l'ascesi (finora praticata nella Chiesa cattolica) per la santificazione personale. La si denuncia come malata d'individualismo religioso, d'egoismo, di perfezionismo una specie di malattia psichica o addirittura di narcisismo. Al suo posto, si vuol favorire una spiritualit pi aperta, pi comunitaria. Si pensa che la rinuncia a qualche valore terreno non sia giustificata se intesa solo al perfezionamento dell'individuo: il sacrificare lo sviluppo della persona si dice apprezzabile se si tra245

sforma in un aiuto agli altri. Ma chi ragiona in tal modo dimentica che ognuno, perfezionando autenticamente se stesso, aiuta automaticamente gli altri, pi o meno direttamente. E non ci pu esser vera perfezione senza il sacrificio di qualche passione istintiva. Certamente a chi tende a ripiegarsi eccessivamente su se stesso sar da raccomandare semplicit, rettitudine d'intenzione e dedizione operosa agli altri. Sar da suggerire come motivo della penitenza non solo la ginnastica della propria volont, la formazione del carattere, l'acquisto delle abitudini virtuose, ma l'ideale d'una vita riparatrice per il mondo e per la Chiesa: per la Chiesa che santa perch animata dallo Spirito di Dio, ma anche peccatrice per la debolezza delle sue membra. Se l'amore per la Chiesa avr per oggetto questo suo duplice aspetto teandrico, sar un amore fattivo. Fermo per il principio che non ci pu esser amore alla Chiesa ed all'umanit se non c' vita interiore e sforzo di personale santificazione; e, d'altra parte, se c' vera virt cio amore non pu mancare lo spirito comunitario (LG, 40). Ma oggi (come stato scritto) un certo sociologismo di esteriorit pu esser scambiato cori lo spirito comunitario (AA. VV., La penitenza..., 1968, Milano, Ares, p. 152). I. Circa la perfezione, il confessore anzitutto avr, dalla Teologia Ascetica, idee esatte. 1. Tutti vi son chiamati. Non tutti, di fatto, vi tendono. Perci distinguiamo la categoria di coloro che chiamiamo aspiranti alla perfezione. C' chi ritiene che, per aver garanzie di santit, bisognerebbe aver scelto uno stato particolarmente adatto: religioso o sacerdotale; quasi che nelle attivit, pur doverose, della propria vita e professione ci sia un fatale ostacolo alla perfezione. piuttosto da dire che molti, per semplice mancanza di generosit si chiudono la via alla santit, perch sanno bene ci che dovrebbero fare e non fare nel loro stato, ma mancano di coerenza e di carattere. 2. Parlare, come si fa volgarmente, di vocazione generale alla somma perfezione non esatto. Se secundum caritatem specialiter attenditur perfectio christianae vitae (S. Th. II-II, q. 184, a. 1; cfr. LG, 40), la perfezione in ogni anima pu crescere sempre; quindi la somma perfezione irrealizzabile. 246

3. N tutti sono chiamati, di fatto, allo stesso grado di santit. C' per ognuno un disegno divino il quale si attuer per opera della grazia. Non senza per la libera corrispondenza della volont umana. Se l'uomo manca di generosit piena, il disegno di Dio potr realizzarsi su scala ridotta. Anzi, ad ognuno dopo qualunque suo rifiuto della grazia per s possibile, in qualsiasi punto della vita, sia la salvezza dell'anima sia il conseguimento della perfezione; cosi il ladrone in crocex in condizioni disperate, non solo salv l'anima ma forse giunse fino alla perfezione (L. Hertling, Th. Asc, n. 70). Com' vero ch'io vivo, dice il Signore Dio, io non voglio la morte dell'empio, ma che l'empio si converta dalla sua condotta e viva (Ez. 33, 11). Certo un mistero l'economia della grazia: mistero di giustizia, di misericordia, di predilezione. Ed certo che chi corrisponde alla grazia attira altre grazie; chi non corrisponde pu rendersi indegno. Ma Dio, volendo la salvezza di tutti, per s disposto a dare la Sua grazia a tutti. Dico per s perch anche possibile (senza che venga meno la volont salvifica universale di Dio) che l'uomo sia privato della vita e non abbia pi il tempo di convertirsi e di ricevere la grazia. E, per chi vive, la scelta del bene e del meglio sar meno facile se non ha corrisposto pel passato, alla grazia, meno facile di quanto sarebbe se avesse sempre corrisposto. In pratica, ognuno qualunque sia il suo passato conviene non rifletta inutilmente sugli errori commessi e su quanto, invece, poteva fare, ma si chieda cosa, al momento, corrisponde alla volont di Dio, segua la sua coscienza; e cosi potr riparare il passato con la fiducia che Dio da ogni situazione sa trarre possibilit di santit, oltre che di salvezza, perch infinitamente provvido e potente. Questi principi illumineranno il confessore affinch, nella direzione spirituale, segua la grazia: non esiga da un'anima ci che non corrisponde alla volont di Dio e nel tempo stesso la sostenga e la incoraggi perch sia docile e pronta agli impulsi soprannaturali. Compito non sempre facile. 4. Se le anime non sono predestinate tutte allo stesso grado di santit e se il massimo grado irraggiungibile, tutte per devono tendere alla perfezione. E nessun limite devono porre; nessun grado ulteriore devono escludere (LG, 40). Anzi il cessar di tendere al meglio significherebbe praticamente indietreggiare, come insegnano i maestri di vita spirituale. Il non progredire 247

un indietreggiare , si dice. Quel non progredire , per esser esatti, significa cessar di tendere al meglio. Perch non escluso che, attraverso alterni periodi di crescenza e di rilassamento, si stabilisca un livello di media nella vita spirituale complessivamente considerata di un'anima. consigliabile il cercare di conoscere se nella vita della perfezione si avanza o si indietreggia o si conservan le posizioni? Tutti i maestri di vita spirituale rispondono che, se pu esser utile l'esame ed il bilancio circa qualche difetto o virt particolare, non opportuno voler sapere se si progredisce o no nella perfezione globalmente considerata: meglio abbandonare il risultato ed il giudizio alla misericordia di Dio e vivere in uno stato d'umile fiducia (cfr. De Guibert, Th. Spir., 1939, nn. 124125). 5. La misura della perfezione data principalmente dall'amore di Dio (II-II, 184, 1): amore affettivo ed effettivo; essenzialmente per la virt e la perfezione consistono nella carit interiore (le opere possono venir meno pur essendoci il sincero desiderio e l'efficace proposito di compierle). Illuminato da questi principi, il confessore far capire alle anime pie che la loro perfezione, pi che in quanto fanno, sta nel modo come lo fanno e nel motivo per cui lo fanno. Molti si credono esclusi dalla perfezione perch chiamati e destinati, in forza delle circostanze, ad un lavoro molto ordinario. Invece, qualsiasi attivit per quanto umile se non contrasta colla volont di Dio, pu esser occasione per esercitare nel grado pi alto la virt (LG, 40-41). Fare le cose comuni, ma non comunemente; farle per un motivo d'amore, quanto pi possibile attuale, quanto pi possibile universale, quanto pi possibile intenso: in questo sta la perfezione u . II. Il confessore che vibra d'amore per Dio e per le anime sa comunicare loro l'ideale della santit alla quale tutti sono chiamati e devono tendere , suscitare questo desiderio e questa tensione. Proceder con tatto ed intuito psicologico.
11 Praemium essentiale, ad quod tenemur, mensuratur secundum intensionem caritatis, non secundum magnitudinem factorum, quia Deus magis pensat ex quanto quam quantum fiat (S. THOM., In IH Sent., d. 29, q. I, a. 1, ad 2). Multum facit qui multum diligit. Multum facit qui rem bene facit. Bene facit qui communitati magis quam suae voluntati servit (De Imit. Chr., I, XV).

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1. Con chi appena risorto da una vita di peccato potr esser pi opportuno non usare certe parole forti: perfezione , santit , rinuncia , sacrificio , mortificazione ... Bisogna arrivare allo scopo e portare in alto le anime senza, quasi, che se ne accorgano. Specialmente non si dovr presentare la pratica della perfezione con le tinte dell'austerit cupa e desolata: non c' nulla di pi facile che compiere la volont di Dio, poich la Sua volont s'identifica con l'impulso interiore dello Spirito. Santit attuata significa sviluppo pieno della vita. Frutto della santit pace e gioia. Il segreto per condurre insensibilmente un'anima verso la santit (anche dopo una vita di peccato) riuscir ad infonderle la persuasione che ha bisogno della grazia di Dio: far si che abbia sete dell'acqua che zampilla nella vita eterna e che comunicata specialmente mediante i sacramenti. L'incontro, ad esempio, col confessore con frequenza e periodicit regolari anche se l'accusa si riduce a pochi minuti ed a pochi minuti l'esortazione del sacerdote servir a tener viva nel penitente l'aspirazione all'ideale. 2. Anche coloro che sono gi in cammino verso la perfezione meritano le cure del confessore. Il tempo ad esse dedicato non sprecato. Egli non deve ritenere che molto meglio sarebbe occuparlo nel convertire i lontani. Afferma s. Alfonso: Vale pi innanzi al Signore un'anima perfetta che mille imperfette (Pratica del Confessore, IX, 99). Ed in ogni luogo, anche nelle pi piccole parrocchie, il sacerdote trova anime che sono gi in un grado piuttosto elevato di perfezione. Il confessore deve dimostrar loro rispetto, usare carit, aiutarle con dedizione. Trover in loro forse qualche esagerazione che pu irritare come qualcosa che falsifica la vera religione. Ma sono deviazioni accidentali che non compromettono la sostanza della loro fede e della loro rettitudine. Purtroppo c' qualche sacerdote, piuttosto leggero ed imprudente, che si permette di stroncarle con aria di disprezzo e d'ironia. Questo comportamento fa molto dispiacere ai fedeli e fa molto piacere ai non praticanti perch getta il discredito sulle anime pie in blocco e sulla piet stessa (G. Adloff, II confessore direttore, Torino, 1930, p. 137). Il Reuter suggeriva ai novelli confessori di riconoscere l'autentica piet delle anime che tendono davvero alla perfezione da questi indizi: uno spirito d'umilit nell'obbedienza a Dio 249

(e quindi nell'accettazione d'ogni sua provvidenziale disposizione anche nelle circostanze difficili); ordinariamente una certa qual gioia nel compiere la divina volont; non voler guidarsi sempre da sole, ma saper ricorrere, quand' prudente, anche al consiglio altrui, particolarmente del direttore spirituale; una certa superiorit spirituale che rifugge dalle meschine vanit mondane (Neoconfessarius practice praesertim instructus, Ratisbonae, 1906, p. 285). III. Il progresso verso la santit sar graduale (per un miracolo della grazia si pu diventare eroici istantaneamente, come avvenne per Saulo a Damasco). 1. Il direttore spirituale moderi la corsa eventualmente troppo precipitosa nella quale un neofita fervente ed impulsivo pu, sulle prime, lanciarsi. Le erbe che crescono in fretta non hanno la stabilit delle piante dalle radici profonde e dalla crescita lenta. C' chi si addossa un peso eccessivo d'esercizi spirituali, pratiche ascetiche e fatiche apostoliche; c' chi leggendo le vite dei santi si sente spinto ad imitarli alla lettera. Ma non tutti, per quanto generosi, possono aver la forza e neppur la grazia per ricopiare quanto essi fecero una volta giunti ad un grado elevatissimo di virt e di unione con Dio. Chi non ha discrezione ed esperienza pu, in seguito, non riuscendo a realizzare propositi e programmi, gettare dalle spalle tutto questo carico, cadere nello scoraggiamento, e forse passare all'eccesso opposto rinunciando addirittura ad ogni sforzo di progresso, dare un addio all'ideale della perfezione. Con la guida d'un esperto direttore spirituale ognuno deve, giorno per giorno, compiere quei passi che sono voluti da Dio e portano infallibilmente anche se insensibilmente verso l'alto. E quand'anche i primi tentativi andassero a vuoto, n l'anima n il suo direttore spirituale devono perdere l'entusiasmo ed il coraggio di rinnovare gli stessi propositi con umilt e con fiducia in Dio. 2. Il consigliere spirituale deve quindi tenersi pronto a risollevare le anime pie dallo scoraggiamento (provocato, in genere, dalle cadute che si credevano ormai scongiurate)'oppure dalla cessazione delle consolazioni spirituali e del fervore sensibile. A queste anime bisogna ricordare che Dio guarda pi allo sforzo della volont che ai risultati ottenuti; che permette le cadute perch acquistiamo l'umilt di cui tanto abbiamo bisogno. Nei santi canonizzati ci furono tutte le virt in grado eroico: tale 250

santit per non implica una immunit da imperfezioni, peccati semideliberati, e neppure da ogni peccato veniale deliberato (Hertiling, Th. asc, 1944, n. 41). Il direttore spirituale terr presente e toccher con mano che quanto pi un'anima si unisce a Dio, tanto pi illuminata dalla grazia, acquista una percezione sperimentale quasi morbosa, si direbbe talora della sua miseria e delle sue imperfezioni, di cui prima non s'era accorta. E questa sensibilit pu causare una sofferenza acutissima. Solo la fiducia fondata sulla pura fede salva l'anima, in certi casi, dallo stato di depressione e d'angoscia. I santi sono sinceri quando si credono peggiori di qualsiasi altro: quanto pi cresce la santit di un'anima, tanto pi questa prende coscienza delle grazie ricevute e s'acuisce il senso della sua indegnit di fronte a Dio. Riguardo alle consolazioni non c' che da richiamare alle anime l'economia della grazia. Ne parlano tutti i maestri della vita interiore. Le consolazioni sono concesse da Dio ai principianti perch ne hanno bisogno. Sono indice d'uno stato d'immaturit e di debolezza. Nello stato d'aridit non si meno cari a Dio. Anzi, molto pi cari e ricchi di meriti. , del resto, da attendersi anche dal punto di vista naturale psicologico che, col passar del tempo si smorzi, in certuni, il fascino di quanto v' d'accidentale o d'esteriore nella piet. Ad esempio, di certe cerimonie liturgiche. Bisogna aspettarselo. Qualcosa del genere avviene spesso nel periodo del noviziato per chi ha abbracciato lo stato religioso. La vita di comunit che per qualcuno, in un primo tempo, sembrava felice, ad un dato momento pu diventare pesante (specialmente quando la salute fisica sia indebolita). Bisogna non impressionarsi ma ravvivare lo spirito di fede, concedersi le cure, il riposo necessario alla salute. E continuare fidenti nonostante si abbia l'impressione che la stessa fede e speranza siano venute meno. La grazia non mancher: dar i mezzi per realizzare la vocazione. Il consigliere spirituale come una voce ed uno strumento di Dio deve sostenere l'anima che si trova sotto la furia dell'uragano o nell'aridit del deserto. 3. L'altro pericolo opposto allo scoraggiamento per chi vuol percorrere il cammino della perfezione la fiducia eccessiva in se stesso, ossia la presunzione. Pi facile nei principianti. occasionata, in genere, dalla mancanza di gravi tentazioni, dall'assenza di tribolazioni (fisiche e psichiche) e dalle abbondanti consolazioni spirituali e sensibili (cfr. Adloff, Il conf. dirett., p. 159). Queste consolazioni sono molto utili al progresso 251

spirituale. Anzi normalmente necessario che, ogni tanto, ci sia qualche consolazione (grande o piccola) nella vita dello spirito. Chi le disdegna sbaglia in pieno. Quel che si deve evitare il ricercarle con troppa sollecitudine. E bisogna sempre tenersi preparati ad esserne privati. Sono, in genere, di breve durata. Il consigliere spirituale disporr l'anima alla fortezza ed alla santa indifferenza. E siccome la grazia normalmente perfeziona la natura, bisogna che non trovi nel corpo uno strumento inetto. Dio pu render forte proprio chi debole, se ci rientra nei suoi disegni di salvezza e di misericordia. Ma pur vero che la salute fisica ha, nella vita dello spirito, pi importanza di quanto si crede: ad esempio, lo stato d'aridit e di desolazione s'unisce ordinariamente alla stanchezza e depressione psichica. IV. Il consigliere spirituale terr sempre presente e metter in pratica la fondamentale distinzione fra perfezione e mezzi di perfezione. Perfezione significa pratica delle virt cristiane, specialmente della carit. L'autentico amore di Dio e del prossimo si esprimono in una disposizione abituale a compiere in tutto la volont di Dio. Riguardo ai mezzi di perfezione il direttore spirituale sapr ben distinguere ci che, di massima, pu esser molto utile e ci che si deve ritenere necessario. Ad esempio, l'esame di coscienza particolare (su un determinato difetto pi frequente e pi spiacevole) pu essere efficacissimo alla riforma della vita, per non in egual grado .idoneo per tutte le anime e per tutte le materie (Hertling, Th. Asc, 1944, n. 283). Necessaria, perch si possa dare vera vita interiore, la preghiera, la vita sacramentaria, lo spirito di penitenza e la mortificazione. Ma ci che ha solo valore di mezzo andr applicato e praticato secondo le possibilit, lo stato, i bisogni concreti d'ogni singola anima. 1. Preghiera. Non basta la orale. Neppure quella liturgica. Questa bens frutto ed alimento della vita interiore ma suppone una spiritualit, almeno in qualche grado, gi esistente. Non pu quindi far a meno della preghiera personale e mentale la quale preparazione e continuazione dell'orazione liturgica. Il Concilio Vaticano II afferma esplicitamente: Il cristiano, bench chiamato alla preghiera in comune, sempre tenuto ad entrare nella sua stanza per pregare il Padre nel* segreto (SC, 12). Secondo l'insegnamento del Concilio diceva Paolo VI ai Superiori generali degli Istituti Religiosi, il 25.V.1973 252

rettamente e giustamente s'afferma l'importanza e l'utilit della preghiera fatta dalla comunit. Ma oltre a questa da coltivarsi anche quella privata. Per essa il vigore spirituale d'ognuno si conserva e s'accresce, gli animi si dispongono salutarmente alla preghiera comune, specialmente a quella liturgica, dalla quale poi ricevono alimento ed incremento (OR, 26.V.73, pp. 1-2) u . In particolare la celebrazione del Sacrificio Eucaristico mancherebbe della desiderata interiorit qualora celebrante e fedeli non avessero una piet nutrita nel silenzio e nell'intimit. Il pericolo non ipotetico: sacerdoti che sbrigano la Messa in dieci minuti senza premettere e far seguire alcuna pausa di raccoglimento. So cosa si risponde: per chi cerca di fare sempre la volont di Dio tutta la vita una preghiera e quindi una preparazione ed un ringraziamento all'atto principale del culto divino: le nostre azioni anche se non hanno la stessa dignit oggettiva, non vanno come soggettiva attivit morale considerate su piani diversi. Del resto si aggiunge la Messa stessa contiene la preparazione orazioni e letture bibliche ed il ringraziamento esplicito dopo la Consacrazione (che l'atto strettamente essenziale del Sacrificio). Ora, non c' dubbio la continua disposizione a fare in tutto la volont di Dio attua l'invito evangelico alla continua preghiera. l'abituale unione con Dio: dello studioso che studia in spirito di preghiera, del mietitore che miete in spirito di preghiera. la preghiera latente, animatrice dei nostri pensieri, dei nostri gesti, delle nostre fatiche. Anche chi non giunto allo stato di abituale e consapevole intimit con Dio, propria della vita contemplativa, pu (colle sue forze e l'aiuto della grazia) rivolgere, per qualche istante, frequentemente, il pensiero a Dio, durante il lavoro; pu far si che questo pensiero non si allontani mai dalla soglia della coscienza ma vi rimanga sia pur oscuramente in forza dell'esplicita intermittente elevazione a Dio, anche quando l'attenzione chiara si rivolge ad altri oggetti. Per, nella realt pratica, da vedere se sia possibile attuare questo esercizio della presenza di Dio senza riservare qualche tempo esclusivamente alla preghiera prolungata. Perch non si diffonde nella
12 Concilio docente, momentum et utilitas praecationis, quae a communitate fit, recte ac merito praedicantur. Sed praeter hanc colenda est etiam oratio privata, qua cuiusque vigor spiritualis servatur et augetur et quae ad praecationem communem praesertim liturgicam, animos salubriter disponit et ab hac ipsa alimoniam et incrementum potest accipere .

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vita spirituale se non ci che gi esiste, non perdura virtualmente se non ci che era gi presente ed operante. In particolare da chiedersi se la celebrazione della Messa, senza un qualche esplicito raccoglimento, sar praticamente attenta, devota, calma, edificante. Non bastano dunque le letture bibliche (che, per diventare preghiere dovrebbero esser anzitutto comprese e poi gustate e meditate), non basta l'orazione liturgica. Dimostrativo anche il fatto di sacerdoti che oggi si dispensano spesso e volentieri dalla recita dell'Ufficio divino o addirittura si son dispensati una volta per sempre, per principio. Per l'intima unione con Dio e per la perfezione della vita spirituale si ritiene che sia normalmente necessaria anche l'orazione mentale, oltre a quella vocale. Ognuno per sceglier il modo che pi gli adatto e fruttuoso secondo le sue disposizioni e condizioni di vita, secondo il suo temperamento. La grazia scende abbondante nelle anime generose. Conduce ognuno per la sua via. Il direttore spirituale dovrebbe scoprire questi impulsi e non imporre a tutti gli stessi schemi e sistemi. Tutti per possono in una maniera o nell'altra praticare una orazione anche mentale. Ci sono, ad esempio, operai della campagna o dell'officina i quali non hanno tempo a disposizione per raccogliersi in una prolungata meditazione ma potrebbero anche in mezzo alle loro occupazioni pensare frequentemente a Dio od a qualche verit della fede: un'orazione mentale praticata secondo l'istruzione del soggetto e secondo il suo stato di vita, ma che condurrebbe l'anima a gran passi sulla via della santit. Manca purtroppo a loro l'assistenza e la guida d'illuminati direttori spirituali (Adloff, Il conf. dirett., pp. 147-148). S. Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali propone sette modi d'orazione mentale. Fra i quali c' quello della recita lenta, ritmica, gustata d'una preghiera vocale; e c' quello che consiste in una breve riflessione sulle singole parole ed espressioni d'una preghiera (Exerc. espir., nn. 249-260). Alcuni, dopo una lunga pratica della meditazione (a base di riflessioni e propositi determinati) sono in grado di praticare un'orazione mentale, di semplicit. Il P. Lallemant fra le tante forme d'orazione mentale consigliava anche quella che un insieme di semplice attenzione alla presenza di Dio e di meditazione : prima d'applicarsi a meditare l'argomento preparato, ci si mette alla presenza di Dio, senza occuparsi di nessun altro pensiero distinto, senza eccitare nessun altro sentimento se non quello del rispetto e dell'amore per Dio, che ci 254

vien ispirato dalla sua presenza. Si persevera in questa quiete di spirito finch vi si trova gusto... E nel corso della meditazione... si pu molto utilmente indugiarsi alquanto in questa semplice attenzione a Dio . Cosi ci si prepara a poco a poco alla contemplazione che un semplice sguardo a Dio fatto con amore e rispetto (La dottrina spirituale, Milano, 1945, pp. 388389). Ma la meditazione la via normale all'orazione mentale di semplicit ed alla contemplazione (sia essa acquisita od infusa ): le quali, d'altra parte, non son sempre da temersi come pericolose illusioni o da credersi come difficilissime, rarissime, quasi impossibili e riservate ai santi canonizzabili. Non sar difficile riconoscere se un modo di pregare , nel caso concreto, autentico ed efficace: si guarder alla sua perseveranza ed ai suoi frutti. E gli istanti di raccoglimento, lungo il giorno, diventeranno man mano che un'anima progredisce nella perfezione sempre pi frequenti e (per quanto le occupazioni lo permettono) prolungati, per realizzare sempre pi il senso della presenza di Dio. Sembra scriveva qualche anno fa un vescovo che si preghi meno che in passato. Non se ne trova pi il tempo. L'urgenza sostituisce l'essenziale. Eppure da due o tre anni un certo numero di cristiani, molti dei quali sono giovani, sentono sorgere in s stessi un bisogno di pregare, un richiamo alla preghiera di cui finora non si aveva conoscenza (L. A. Elchinger, Vesc. di Strasburgo, Riflessioni e orientamenti pastorali per la Quaresima, 1973, OR, 20.IV.1973, pp. 1-2). Perci ogni confessore e direttore spirituale non si stancher d'esortare i penitenti ad esser assidui all'orazione, cercher d'insegnar l'arte di pregare, a tutti e specialmente a coloro che hanno abbracciato uno stato di perfezione e della preghiera dovrebbero essere gli specialisti. Tutti gli autori d'ascetica distinguono, nella vita spirituale, lo stato d'abituale unione con Dio e gli esercizi di piet nei quali un tempo determinato consacrato unicamente all'orazione, esercizi necessari per ottenere e conservare l'abituale unione con Dio. 2. Penitenza. Ci sono termini che non fan piacere e specialmente oggi si vorrebbe bandire dal vocabolario ascetico, perch opprimono: mortificazione , rinuncia , sacrificio . Si preferiscono altri che fan piacere: gioia , amore , bont , generosit . Certo il messaggio cristiano la lieta novella. Ma la croce non pu esser eliminata. Specialmente da chi aspira alla 255

perfezione. Alla virt eroica indispensabile la mortificazione, non solo quella imposta dalle necessarie circostanze della vita, ma anche quella volontaria, non solo quella interna ma anche quella esterna e corporale. Non detto che una determinata soddisfazione (per s lecita) sia incompatibile colla santit. Ma certo che la mortificazione volontaria (in una o l'altra materia) non pu mancare. E particolarmente oggi bisogna ritrovare come scriveva il vescovo di Strasburgo nella citata lettera pastorale per la Quaresima del 1973 la fierezza della rinuncia. Perch la propaganda commerciale crea bisogni sempre nuovi e ci tenta per portaroi a spendere sempre di pi. Spetta a noi saper discernere ci che c' di puramente artificiale in molti desideri che la societ consumistica suscita. Discernere ci che ragionevole e ci che eccessivo. Saper dominarci, riuscir a frenare i capricci, a limitare le spese. Per esser capaci d'osservare sempre la misura necessaria, occorre, praticamente1, saper rinunciare anche a qualcosa di legittimo. A tutti coloro che aspirano alla perfezione il confessoredirettore comunicher, insieme allo spirito di preghiera, anche lo spirito della mortificazione. Questo spirito indiscutibilmente necessario. Relativa invece la concreta applicazione e la pratica effettiva della preghiera e della penitenza. Ma ci sono mortificazioni che possono esser praticate da tutti senza pericoli: saper sopportare con pazienza e silenzio contrariet e contrattempi d'ogni giorno, rinunciare a curiosit pericolose od inutili, prontezza nel prestarsi potendo a chi domanda un atto di carit o di cortesia, qualche piccola rinuncia nel mangiare e nel bere. Per chi ha abbracciato lo stato religioso la perfetta osservanza delle regole, specialmente circa la vita comune e la povert, contiene eminentemente le mortificazioni volontarie richieste alla perfezione. Di fatto l'esatta (non una qualunque) osservanza della vita comune non pu darsi senza una continua mortificazione, anche esteriore (Hertling, Th. Asc, n. 49). Il direttore, in qualche caso, dovr anche moderare chi all'inizio della sua fervente conversione ascetica si lanciasse senza discrezione nella pratica della penitenza. Se ci diventasse dannoso alla salute potrebbe subentrare (senza uno speciale aiuto della grazia) uno stato d'aridit e di depressione. Ed allora in chi non ha ancora una solida formazione spirituale ci sarebbe il pericolo dello scoraggiamento e, forse, la tentazione di lasciare 256

tutti gli esercizi della vita spirituale, anche l'orazione (Adloff, Il conf. diretta p. 151). I genitori abituino i figli a non aver paura dello sforzo e del sacrificio. Devono per impartire un'educazione equilibrata: non negare ai figli ci che necessario alla vita del corpo ed al sollievo dello spirito, ma neppure adottare il sistema di concedere tutto quello che chiedono. La mortificazione non pu esser amata per se stessa. Il direttore spirituale far capire che tutte le opere di penitenza (come la pratica volontaria della castit perpetua) non sono che applicazioni d'una scelta fondamentale: seguire generosamente il Cristo. Non ha valore il soffrire se non un soffrire per Lui e con Lui. Solo se c' questo motivo soprannaturale sar sentito ed accolto l'invito a vivere una vita che importa delle rinunce; e sar evitato ogni pericolo di compiacenza e d'amor proprio. 3. Mezzo ed espressione d'una vita spirituale che tende alla perfezione il voto: atto di religione, olocausto fatto a Dio mediante la consacrazione della persona o dell'attivit; consacrazione che in grado eminente si ha nella promessa di praticare i consigli evangelici (nella vita religiosa od in modo simile). Questa materia pu interessare il confessore per varie ragioni: anzitutto perch ci sono penitenti che affermano d'aver fatto un determinato voto ma pu esser dubbio che si tratti di vero voto; poi perch da qualche penitente generoso pu esser chiesto il consiglio ed il permesso di far qualche voto; infine potrebbe presentarsi per chi ha gi fatto un voto la difficolt d'osservarlo. II CJC (e. 1307 1) ne d questa definizione: promessa deliberata e libera fatta a Dio d'un bene possibile e migliore (cfr. S. Th. II-II, q. 88). Promessa: non semplice proposito. In pratica, poi, neppure chi dichiara d'aver promesso offre sempre un criterio sicuro per giudicare che si tratta di vero voto. Bisogner chiedere se c'era l'intenzione d'obbligarsi dinanzi a Dio sotto pena di peccato. E se restasse il dubbio, si deve ritenere che non era un vero voto. Bisogna che il confessore eviti sia l'eccesso d'escludere, sconsigliare, proibire per principio ogni voto, sia l'eccesso di permetterlo con facilit senza ben considerare il soggetto ed il suo stato spirituale, senza illuminarlo esattamente sul dovere preciso che si assume: bisogna premunirsi contro ogni complicazione 257

ed incertezza. Ma i voti hanno il loro intrinseco valore e la loro utilit quando sian emessi dopo debita ponderazione, preghiera, ricerca della volont di Dio. Conferiscono ad un atto buono un merito maggiore; confermano nel bene la volont dell'uomo che cosi viene ad imitare l'indefettibile santit di Dio; psicologicamente costituiscono per chi ha sanit ed equilibrio fisici e psichici una carica d'entusiasmo per una pi fervente ascesi. Lutero, prima, senza calma riflessione previa, fece il voto di farsi religioso e lo mantenne; in seguito il riformatore abbandoner la vita del convento e condanner i voti come immorali perch incompatibili colla libert. Ma la vera libert sta nel fare la volont di Dio. E se il voto fatto prudentemente, vuol esser un'interpretazione dei desideri di Dio circa la vita, la scelta dello stato, certe azioni buone. Ad esempio, ad un giovane o ad una giovane che hanno dimostrato di saper dominare le passioni ed hanno acquisito l'abitudine della castit, non imprudente permettere il voto temporaneo d'osservarla. Complessa sarebbe la trattazione sui modi come viene a cessare l'obbligo d'un voto. Si veda il CJC, e. 1307 : 1315. Noto solo che il voto cessa di sua natura se l'oggetto diventa illecito, inutile, impossibile (sia per un'assoluta impossibilit sia per un sopraggiunto grave incomodo non previsto) o quando sarebbe d'ostacolo ad un maggior bene. Perci quando diventasse occasione di scrupoli, ansiet, turbamenti non facilmente superati, allora il voto privato cessa perch non sarebbe pi utile ma dannoso. Chi per sopraggiunte difficolt scusato, ma vuol esser generoso, pu commutare il voto fatto in un altro che gli pi facile. Lo studio della fede, la partecipazione alla catechesi o a conferenze religiose, la frequenza ai sacramenti, gli Esercizi Spirituali sostituiscono validamente qualunque voto. Se si trattasse di casi in cui il voto non cessa di sua natura, il confessore ha facolt di dispensare per ottenuta speciale facolt o in particolari situazioni: nel tempo del giubileo o in ordine al matrimonio, quando questo si dovesse contrarre in pericolo di morte, od in caso di grave e urgente necessit, come quando iam omnia sunt parata ad nuptias e non c' il tempo per ricorrere all'Ordinario, oppure, ricorrendo, ci sarebbe pericolo di violare il segreto (anche non sacramentale) con grave disagio del penitente. Verificandosi le dette condizioni, anche i confessori possono dispensare da tutti i voti che impediscono il matrimonio ma solo pr foro interno in actu sacramentalis confessio258

nis , e purch si tratti di caso occulto (CJC, e. 1043-1046). Extra questi casi, il confessore pu ricorrere, per la dispensa, a chi ha il potere, ordinario o delegato, di sciogliere i voti. Questo potere concesso, per s, ai vescovi secondo la parola di Ges: Tutto quello che avrete sciolto sulla terra, sar sciolto anche in Cielo . Ma bisogna distinguere i voti pubblici da quelli privati. Per quelli pubblici (ricevuti dal legittimo superiore ecclesiastico in nome della Chiesa), se sono perpetui, solo la S. Sede pu concedere la dispensa; se sono temporanei, hanno tale facolt i superiori generali degli istituti religiosi nei quali sono stati emessi. Ci sono pure due voti privati per i quali la dispensa dev'esser chiesta alla S. Sede (e. 1309) (extra il caso, come si disse, d'urgente necessit in ordine al matrimonio): il voto di perfetta e perpetua castit ed il voto d'entrare in un istituto religioso di voti solenni (purch questi due voti siano stati emessi assolutamente e dopo compiuto il diciottesimo anno d'et). Durante il giubileo vien concessa ai confessori particolare facolt di dispensare dai voti (anche riservati alla S. Sede) commutandoli come stato detto per l'anno 1975 con moderazione e prudenza in altre opere buone ( Riv. Dioces. di Roma , 1974, nn. 9-10, p. 1039). 4. Chi vuol tendere alla perfezione dev'esser aiutato e consigliato circa la sua vita interiore. Per conviene suggerirgli anche la partecipazione a qualche attivit di gruppo (oltre a quella liturgica). Sarebbe un'illusione il credere che una persona, colla sola guida del suo direttore spirituale, possa realizzare in grado non comune, anche nei rapporti sociali, l'ideale della perfezione cristiana. Fu ed provvidenziale l'Azione Cattolica. Oggi si propende a creare piccoli gruppi i cui membri s'animano a vicenda, con attivit idonee, a vivere un cristianesimo autentico, confidando nei carismi dello Spirito. Tuttavia questi gruppi devono restar aperti gli uni agli altri ed in reale e continua comunione di mentalit e d'azione con chi posto a capo ed alla guida di tutta la Chiesa. Certa autonomia che sa di contestazione, non si vede quanto sia conforme alla volont dello Spirito. 11. Ammalati e morenti I. La cura spirituale dei malati suppone una qualche conoscenza della complessa problematica teologica giuridica liturgica riguardante i sacramenti che interessano questa categoria. Ecco alcuni cenni. 259

1. Per la Penitenza c' la questione se gli atti esterni del soggetto siano essenziali e quindi assolutamente necessari alla validit. In pratica da regolarsi secondo l'opinione che ritiene essenziali solo le disposizioni interne e che gli atti esterni sono obbligatori quando sia possibile. Perci anche a chi non abbia dato segni di dolore ed attualmente si trovi ormai nella incapacit di far atti esterni ed in grave pericolo (per malattia od infortunio) si pu dare l'assoluzione condizionata. Si pu, anzi conviene, in base al principio sacramenta propter homines . La condizione (tanto per l'assoluzione come per l'unzione) non deve riguardare le disposizioni del soggetto richieste al frutto del sacramento ( si es dispositus ) ma i requisiti alla validit ( si es capax ) perch secondo alcuni autori non improbabile che anche nella Penitenza si possa ricevere per insufficienza (ma non assoluta carenza) dell'attrizione un titolo alla grazia che pu in seguito produrre la reviviscenza del sacramento qualora le disposizioni del soggetto migliorassero fino alla attrizione richiesta. 2. Altra questione discussa. Quale intenzione (oltre all'attrizione) si richiede nel soggetto perch riceva la grazia mediante il sacramento della Penitenza? Secondo alcuni autori un battezzato che ha la volont di fare quanto Cristo domanda ed in buona fede, avrebbe l'intenzione implicita (od interpretativa) sufficiente per ottenere mediante l'assoluzione la grazia sacramentale. Ci potrebbe verificarsi in un cristiano non cattolico morente il quale in sostanziale buona fede non riconosce la Confessione come vero sacramento. Perci un ministro cattolico che lo assiste potrebbe assolverlo, non solo se avesse perduto i sensi ma anche quando fosse ancora cosciente: dopo recitati con lui gli atti di fede, di speranza, d'amore, di dolore, lo pu benedire ed assolvere condizionatamente senza che se ne accorga. Una questione simile si fa per un adulto che avesse perduto i sensi e non avesse ancora ricevuto il battesimo. Poich questo sacramento, oltre ad esser un dono anche un impegno, molti autori pensano che per riceverlo validamente non basti nel soggetto la volont di fare quanto necessario alla salvezza, n la sola attrizione: esigono una qualche intenzione di riceverlo; almeno quella implicita nel desiderio e nel proposito di farsi cristiano. Ma praticamente si pu comportarsi secondo l'opinione meno esigente e pertanto amministrare il battesimo a tutti coloro che hanno perduto i sensi. La questione si risolleva nel caso di coloro che sono 260

precipitati nella demenza che si prevede insanabile. Se si sta strettamente alla lettera del CJC, e. 754, 3, il battesimo potrebbe esser loro amministrato solo in pericolo di morte e se hanno manifestato, prima di perdere la ragione, almeno un probabile desiderio di ricever, il battesimo. Ma secondo qualche autore, se l'amenza non fosse continua bisognerebbe bens aspettare un momento di lucidit: per in pericolo di morte tutti coloro che son privi dell'uso di ragione potrebbero essere battezzati sotto condizione anche se nessuna intenzione espressero di farsi cristiani: prevale il principio sacramenta propter homines , specie in questo caso di sacramento estremamente necessario. 3. I sacramenti che conferiscono il beneficio della grazia senza onere speciale {Cresima, Viatico, Unzione degli infermi) si amministrano senz'altro a coloro che avevano la volont di vivere o morire cristianamente ma attualmente non possono manifestare la loro volont perch hanno perduto i sensi. Questa regola valida di massima. Sar applicata dal ministro prudentemente secondo i vari soggetti e secondo i singoli sacramenti. A chi aveva ricevuto una qualche istruzione cristiana, ma ora ha perduto la ragione, conviene conferire anche la Cresima, a meno che non ci sia forte presunzione che il soggetto non in stato di grazia. Un particolare riguardo si richiede per l'Eucaristia: bisogna evitare il pericolo d'irriverenza esteriore perch non viene solo conferita la grazia, ma Cristo stesso in persona; e siccome minore la necessit di questo sacramento, perci quando si trattasse di una persona che ha perduto i sensi pare si richieda anche una positiva presunzione che il soggetto l'avrebbe chiesto ed internamente ben disposto a riceverlo. Sacramenti d'estrema necessit possono esser per un'anima la Penitenza e l'Unzione degli infermi. Praticamente non si rifiutano a nessuno di coloro che hanno perduto i sensi (neppure a chi avesse rifiutato fino all'ultimo i sacramenti). Chi ha perduto i sensi non pu pi essere qualificato come impenitente contumace (CJC, e. 942) perch nel frattempo pu esser avvenuto un finale ravvedimento intimo. Se l'amministrazione dei sacramenti a chi ha condotto una vita indegna suscitasse ammirazione negli astanti, il ministro cercher di togliere tale impressione con una parola d'istruzione oppure restando solo per qualche istante col moribondo. Con tali cautele si pu dare l'Olio Santo anche ad un eretico che abbia sempre negato che l'Unzione degli infermi sia sacramento. Non si deve dimenticare 261

che questo sacramento pu esser pili necessario e pi utile della assoluzione: non infatti dubbia la sua validit pel fatto che il soggetto non pu fare atti esterni di pentimento. Ed anche se non arrivato a fare l'atto di contrizione (che lo rimetterebbe in stato di grazia) ed ha solo l'attrizione dei suoi peccati con la buona fede, certamente l'Unzione conferisce lo stato di grazia. Ha come primaria finalit di confortare spiritualmente il malato; ma secondariamente istituita anche per togliere i peccati. Domanda l'uso della ragione. Ma a chi l'ha raggiunto non da negarsi anche se ancora fanciullo, come raccomandava il decreto Quam singulari e, pi recentemente, il I Sinodo Romano, 1960, e. 461. Sarebbe da amministrarsi anche a coloro che non fossero ancora stati ammessi alla prima Confessione e Comunione. Se si dubita del loro uso di ragione l'Unzione si dar sotto condizione. sbagliato credere che i fanciulli non ne abbiano bisogno. Possono avere le loro colpe (anche se non mortali), le loro tentazioni. Nei dolori della malattia, nei momenti di paura, di avvilimento e di tristezza che anch'essi provano (forse abitualmente) saranno sostenuti dalla grazia e troveranno colla fede e la speranza immortali il senso della gioia cristiana. E per ricevere il Viatico basta che sappiano distinguere il pane eucaristico da quello comune ed adorarlo (CJC, e. 854), anche se non sono stati ancora istruiti sui misteri principali della fede. 4. Circa la realt e l!entit della malattia (a cui equiparata la vecchiaia) richiesta per l'Unzione degli infermi, basta il probabile pericolo di morte. Ci sono malattie che possono dirsi gravi (nevrosi, perdita della vista, artrosi) le quali affliggono oltremodo ma non inducono alcun pericolo di morte. Ad esempio, non a tutti i malati che si recano in pellegrinaggio a Lourdes da amministrare il sacramento. Si richiede il pericolo (almeno probabile) di morte. questa la direttiva della Chiesa che si legge anche nella recente Cost. Ap. Sacram. Unct. Infirm. di Paolo VI (30.XI.1972). Ciononostante, secondo qualche teologo, il fatto che la Chiesa non conceda l'Olio santo ai sani che vanno verso la morte (militari, condannati a morte ecc.) e che l'Oriente non esige dai malati che essi siano in pericolo di morte per conferirlo loro, sembra chiaramente dimostrare che questo sacramento concerne i malati in quanto tali, fuori di ogni prospettiva di morte (Didier, in L'Ami du Clerg , 7, 1968, 104). Questa interpretazione 262

per mal s'accorda con recentissime espressioni troppo chiare della Chiesa13. Nel nuovo rito prevista accanto alla celebrazione singola ed individuale dell'Unzione, anche quella comunitaria che pu esser inserita nella Messa secondo le modalit indicate. Celebrazione che vuol esser predisposta con cura. Ogni tanto si potr farlo. Essa non soltanto servir a correggere a poco a poco l'idea che si ha del sacramento, come se fosse destinato ai soli moribondi, ma favorir una partecipazione serena e raccolta in chiara testimonianza di fede (Docum. past. della C.E.I., 12.VII.74, n. 163). Ma siccome questo sacramento non si pu neppure amministrare a qualsiasi malato , perci in un luogo di cura, ospedale, pellegrinaggio, si domanderebbe una selezione degli infermi (la quale importa un giudizio implicito sulla loro malattia nei confronti di altri non ammessi: giudizio ed annunzio che presumibilmente non sar ben accetto neppur alle anime di gran fede). Prima d'un'operazione chirurgica spesso il malato gi attualmente in un qualche pericolo. Per, anche quando lo si potrebbe fare, non si soliti conferire l'Unzione quando si tratta di operazioni facili ed il pericolo non effettivamente certo. 5. Sotto debite condizioni, ai malati anche il presbitero pu amministrare la Cresima. Hanno la facolt i parroci e coloro che hanno piena cura d'anime, con determinata chiesa, certo territorio e tutti i doveri e diritti dei parroci. Non possono per delegare la facolt (AAS, 38, 1946, 349-356). Maggiori facolt sono state concesse nel '47 agli Ordinari dei luoghi soggetti alla S.C. di P.F. (AAS, 40, 1948, 41) e nel '54 ai Cappellani delle navi (AAS, 46, 1954, 416ss.). Dal '63 tutti i vescovi residenziali possono concedere la facolt di cresimare ai cappellani di ospedali, case di cura, orfanotrofi, carceri (quando non sia prsente il parroco) (AAS, 56, 1964, 5-12). La facolt data dalla Chiesa al sacerdote (come ministro straordinario) di cresimare vale per i fedeli che si trovino in pericolo di morte: pericolo che deve apparire certo e
18 E non conforme al Magistero della Chiesa quanto suggerito in una rivista diocesana italiana (XI-XII, 1976): d'iniziare una nuova prassi che estenda la celebrazione ai casi di malattia seria che mina la salute sia sul piano fisico che psicologico . Cosicch i destinatari dell'Unzione sarebbero i battezzati colpiti da malattia grave, che si trovano, cio, in uno stato patologico che importa una vera rottura dell'equilibrio vitale, anche se non vi pericolo di morte.

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cosi grave per cui si prevede, umanamente parlando, che seguir la morte del malato. Ci non significa che si debba aspettare 1' articulus mortis , cio che la morte sia imminente. Ed evidentemente la Chiesa non pu richiedere altro che il prudente giudizio sullo stato della malattia richiesto: se tale giudizio c' stato, la validit del sacramento non da metter in dubbio nel caso che il malato avesse a sopravvivere. La Chiesa per vuole che il vescovo resti il ministro ordinario: perci domanda che si ricorra al vescovo diocesano (se possibile averlo e se non legittimamente impedito) od ad un altro vescovo che possa prestarsi senza grave incomodo. Il ricorso al vescovo (anche qualora fosse disponibile) non per una condizione alla validit, ma solo alla liceit della cresima conferita dal presbitero. Praticamente i parroci di citt prima di amministrare la Cresima avvertono il loro vescovo, se in sede, o qualche altro (come a Roma dove ce ne sono molti). Naturalmente un parroco avvertir il vescovo che sia presente nella sua parrocchia in visita pastorale. Non ricorrer al vescovo quando suppone che gli sarebbe di grave incomodo l'accorrere, oppure quando sia urgente l'amministrazione perch c' pericolo che il malato muoia prima che arrivi il vescovo. 6. La categoria di coloro che sono mentalmente infermi fa sorgere un complesso di questioni (oltre a richiedere particolare prudenza e carit pastorale). Coloro che sono completamente e perpetuamente privi dell'uso di ragione fin dalla nascita sono da equipararsi ai bambini. Si amministra loro il battesimo (poich soprattutto un dono di Dio) ed in pericolo di morte la Cresima. Per coloro che cadono nella demenza dopo aver goduto l'uso della ragione, si dovr, come norma generale, tener conto dell'intenzione e delle disposizioni che avevano quand'erano sani di mente. Comunque, se sono moribondi, si d sempre, almeno sotto condizione, l'assoluzione e l'Unzione degli infermi (che pu esser pi utile dell'assoluzione). Si pu amministrar loro anche l'Eucaristia? Per diritto divino la liceit ci sarebbe se, dalla precedente vita cristiana, si pu positivamente presumere, che abbiano l'implicita intenzione e la disposizione richiesta. Si suppone sempre che non ci sia pericolo d'irriverenza per questo particolare sacramento (che non conferisce solo la grazia ma comunica l'Autore della grazia). Il CJC non considera esplicitamente questo caso. Il Rituale Romano sembrerebbe nega264

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I f: l l_ tivo: escluderebbe l'amministrazione dell'Eucaristia, se non nei momenti di lucidit nei quali il soggetto dimostri devozione (T. IV, e. I, n. 10). Alcuni autori, per, pensano che, in pericolo di morte, dopo l'Unzione e l'assoluzione sotto condizione, si possa amministrare il Viatico anche se attualmente non comprendono nulla, purch non ci sia pericolo di irriverenza e si possa presumere che sono positivamente disposti a ricevere questo sacramento. Incertezze circa l'amministrazione dei sacramenti creano pure certi deficienti, o dubbiamente pazzi, o taluni sordomuti non istruiti nella religione. Nei casi pi gravi si dovr porre la condizione anche quando si amministra loro Battesimo, Cresima e (ogni tanto) l'assoluzione. In casi meno gravi si cercher, come regola, di comporre l'utilit del soggetto e la riverenza al sacramento (nel dubbio prevarr il principio: sacramenta propter homines ). Ogni tanto si assolveranno. In pericolo di morte si dar l'Unzione. Circa la Comunione, dovrebbe essere il confessore che li conosce a giudicare prudenzialmente quale sar (oltre che a Pasqua ed in pericolo di morte) la ragionevole frequenza: si terr conto del loro grado di discrezione, del desiderio e devozione. Non esiste una legge precisa: non c' da esser scrupolosi; basta evitare gli eccessi. 7. Qualche altra nota liturgica e giuridica. Nel '72 {Cost. Apost. di Paolo VI del 30.XI. 1972) la formula deUVnzione degli infermi stata sostituita con questa nuova: Per istam Sanctam Unctionem et suam piissimam misericordiam adiuvet te Dominus gratia Spiritus Sanct, ut a peccatis liberatum te salvet atque propitius alleviet . Le unzioni si faranno solo sulla fronte e sulle' mani; in caso di necessit sufficiente un'unica unzione in fronte o, se l'infermo si trova in particolare condizione, in un'altra, pi conveniente, parte del crpo. La formula non si ripete pi ad ogni unzione, ma si pronuncia una volta sola ". Il sacramento si pu iterare quando sopraggiunge un'altra malattia; nella stessa quando si verifica un nuovo pericolo (cio dopo un imperfetto ristabilimento) ed anche quando il pericolo si faccia pi grave
M Nella versione italiana edita dalla G E I . ed ufficiale per l'uso liturgico, la formula stata divisa in due parti: Per questa santa Unzione e la Sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo . R. Amen. E, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella Sua bont ti sollevi. R. Amen. Ed bene (si legge) far in modo di pronunziare la prima parte mentre si fa l'unzione sulla fronte e la seconda mentre si fa l'unzione sulle mani (Sacram. dellVnz. e Cura past. degli Infermi, Roma, 1974, nn. 23-25).

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(AAS, LXV, 1973, 8-9). Passato parecchio tempo (un anno) ci si pu presumere e, nel dubbio, da propendere piuttosto per la iterazione. 8. Ora (AAS, 57, 1965, 409) ogni sacerdote pu tenere in casa l'Olio Santo e portarlo con s, specialmente quando viaggia (il consenso dell'Ordinario certo non manca). Ed oggi non esagerato un sacerdote che lo avesse sempre con s. E se lo lascia in casa, sia in luogo decoroso ma visibile e reperibile (nell'eventualit che debba mandarlo a prendere d'urgenza). 9. Anche per la Cresima cl nuovo rito (Paulus VI, Const. Ap. De Sacrar. Confirm., AAS, 63, 1971, 657-664) una novit nella formula: N. accipe signaculum doni Spiritus Sancti : al cresimato lo stesso Spirito Santo dato in dono, come nella Pentecoste, e con questo dono gli impresso un carattere (signaculum)1S. 10. Nel decreto del '46 detto che il sacerdote che amministra la Cresima osservi (se c' tempo, ovviamente) le disposizioni disciplinari e liturgiche che si trovano nel CJC e nel Rituale. Quindi sarebbe anche da nominare il padrino o la madrina. Per piuttosto che ammettere persone indegne (noti concubinari, donne di cattiva condotta) meglio omettere tale nomina, tanto pi che si prevede il decesso del malato. (Per il battesimo privato , amministrato in pericolo di morte, non consta con certezza l'obbligo di nominare il padrino o la madrina). 11. Richiamo le norme riguardanti il digiuno eucaristico per coloro che sono infermi. Chi in pericolo di morte non tenuto a nessuna legge. Vige poi ancora la concessione di Pio XII (AAS, 49, 1957, 178): gli ammalati, anche se non degenti, possono prendere bevande non alcooliche e medicine (sia liquide sia solide) prima della celebrazione della Messa o della Comunione senza limite di tempo . detto: quamvis non decumbentes : perci l'indisposizione pu essere anche passeggera (indigestione, emicrania, insonnia, tosse) purch questi disturbi non siano leggeri. Infermi sono anche i convalescenti. Ed anche i vecchi ( senectus ipsa est morbus ). Qualche moralista pensa che si possa
15 Quanto all'imposizione della mano, stato autorevolmente dichiarato che, alla validit, essa sufficientemente manifestata dalla stessa unzione crismatica fatta col pollice della mano (AAS, 64, 1972, 526).

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ritener vecchio giuridicamente chi entrato nel sessantesimo anno d'et. Difatti il CJC, e. 1254, 2, pone questo limite per la legge del digiuno ecclesiastico penitenziale (che ora inizia quando il fedele ha compiuto i 14 anni, e non i 7 come aveva stabilito il CJC, e. 1254, 1). Certamente osserva lo spirito, e non solo la lettera, della legge chi tien conto, pi che del numero materiale degli anni, del proprio stato di debolezza o vigore in cui si trova ad una certa et. Le nuove norme del '73 (AAS, 65, 1973, 264-271) riguardano il limite di tempo entro il quale gli infermi possono prendere anche cibo o bevande alcooliche (che per i sani di un'ora). L'astinenza ridotta a circa un quarto d'ora in favore degli ammalati costretti a stare in casa di cura od in casa propria, anche se non siano a letto; in ? favore di coloro che avanzati d'et ( aetate provectioribus ) I sono costretti in casa; in favore delle persone che assistono gli I ammalati (o gli anziani) e desiderino ricever con essi la Comunione | e non possono senza incomodo osservare il digiuno di un'ora; in | favore dei sacerdoti ammalati od avanzati d'et ( aetate provec| ti ), anche se non costretti a letto od a casa. ;V 12. Infine ricordiamoci di dare al fedele, in pericolo di morte, (' la benedizione apostolica con l'annessa indulgenza plenaria (a nor' ma del e. 468, 2, del CJC): Ego, facultate mihi a S. Apost. I tributa, indulgentiam plenariam et remissionem omnium peccatoI rum tibi concedo, et benedico te in nomine Patris et Filii et SpiriI tus Sancti. Amen . da darsi a tutti coloro che hanno raggiunto l'uso di ragione (anche se ancora fanciulli) purch abbian dato I qualche segno di penitenza o, se privi di sensi, si presume l'avrebI bero chiesta. Non vien data a coloro che (secondo il nostro umano I giudizio) si conservano impenitenti. Ha il suo effetto in articulo I mortis : perci, se data prima, non da ripetersi; nella stessa I malattia da darsi una volta sola, anche se l'infermo si fosse ripre1 so e poi fosse ricaduto nel pericolo di morte. Si d anche quando I il pericolo non dipende da malatta, ad esempio prima d'una 1 battaglia. La Chiesa per concede ugualmente l'indulgenza plena1 ria in punto di morte al fedele che non possa esser assistito da I un sacerdote: basta che sia debitamente disposto ed abbia recitato 1 abitualmente durante la vita qualche preghiera (cfr. Cost. Apost. 1 Indulgentiarum doctrina, norma 18, AAS, 59, 1967, 23). Chi lo i assiste gli faccia presente questa concessione e lo inviti a conI templare con fede il Crocifisso. I 267

II. Il sacerdote che ha cura d'anime prepara il suo ministero presso i malati anzitutto illuminando i fedeli. C' la catechesi ufficiale, pubblica, programmata. risultato che dove si fatta un'istruzione periodica (semestrale) sull'Unzione degli infermi e sul Viatico si visto aumentare il numero delle chiamate al letto degli infermi (G. De Barros Camara, Comp. di T. Pastor., Roma, 1955, II, p. 146). Poi c' la catechesi occasionale, privata, spicciola. Si cerchi, in particolare, di togliere il pregiudizio, quasi superstizioso, che ricevere l'Olio Santo significa la perdita d'ogni speranza: ci in contrasto con tutta la liturgia del sacramento il quale, oltre a confortare lo spirito, pu portare anche dei benefici corporei e restituire la sanit. Tanto pi che i due elementi spirituale e corporale si devono considerare come, per loro natura, sempre connessi. Ci si deve tener presente se si vuole comprendere il segno e la grazia sacramentale dell'Unzine degli infermi. La malattia fisica, infatti, aggrava la fragilit spirituale propria di ogni cristiano, e potrebbe portarlo, senza una speciale grazia del Signore, alla chiusura egoistica in se stesso, alla ribellione contro la Provvidenza e alla disperazione {Doc. past. C.E.I., n. 140). Ma oggi, secondo una mentalit che rifiuta la presenza e l'azione del soprannaturale nel mondo, il sollievo corporale e la guarigione sono attese solo come un effetto della scienza medica: l'invocare Dio come "terapeuta", come Colui che pu compiere cose che non sono in potere dell'ingegno umano sembra sconveniente e superstizioso a un uomo che tende ormai a considerarsi unico arbitro del proprio destino (doc. e, n. 123). Certo non si deve attendere e pretendere che l'Unzione degli infermi agisca miracolosamente (quantunque possa fare e di fatto faccia anche questo). Perci non da aspettare, per riceverla, di esser in extremis 16. Ma Dio, oltre che con interventi prenaturali, suole premiare la fede e la buona volont del malato disponendo e ordinando, colla Sua Provvidenza ordinaria quei mezzi ed aiuti naturali che procureranno all'uomo la guarigione od almeno un conforto fisico-psichico. Si istruiscano i fedeli anche sulla facolt concessa al parroco (o
16 Perch non il sacramento dei morenti, ma dei malati (in pericolo, almeno probabile, di morte). piuttosto il Viatico il sacramento della morte, il sacramento che la trasfigura nel mistero del Cristo risorto: fidelis, in suo transitu ex hac vita, corpore Christi roboratur, pignore resurrectionis munitur (Istr. Euch. Myst., AAS, 59, 1967, 562).

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\ a qualche ajtro, se autorizzato) di amministrare la Cresima (sia agli adulti sia ^ bambini che non hanno ancora l'uso della ragione): procureranno cosi che possibilmente nessuno sia privato di questo sacramento c|ie accresce quaggi la grazia ed in Cielo la gloria del cristiano. *Ma bisogna che il parroco sia informato e chiamato per tempo presso l'ammalato. Si spieghi pure ai fedeli come si incerti sul moniento esatto in cui l'anima abbandona il corpo, anche se il medico ha giudicato che non c' pi nulla da fare. Perci chiamino subito il sacerdote anche presso chi apparentemente morto. Ed il sacerdote (si dir) pu amministrare il sacramento dell'Unzione e dare l'assoluzione anche entro lo spazio di pi ore se la perdita dei fenomeni vitali dovuta ad un fatto fulmineo o quasi violento (esterno od interno al soggetto); entro lo spazio di un'ora, circa, se preceduta da una lenta malattia che abbia lasciato minori possibilit latenti di resistenza fisica. III. L'assistenza pastorale ai malati domanda al sacerdote zelo e spirito di sacrificio. Questa cura rientra nel suo ministero diretto ed essenziale. Presbyteri maxime... solliciti sint aegrotantium et morientium, eos visitantes et in Domino confortantes (PO, 6). Bisognerebbe soprattutto che non mancasse agli infermi l'opportunit di ricevere frequentemente i sacramenti, secondo la loro devozione ed il loro desiderio ". Ce ne sono che si lamentano di esser trascurati. I pastori d'anime si giustificheranno col fatto che infinite altre occupazioni li assorbono. Occorre per osservare una gerarchia anche nei ministeri. 1. Il I Sin. Rom. 1960 (e. 463) consiglia che si tenga un registrino privato nel quale si segnino i malati gravi che ci sono in parrocchia: accanto si potr notare se hanno ricevuto o no i sacramenti, le morti ed anche le guarigioni. Si potranno avere utili indicazioni sugli effetti corporali dell'Unzione degli infermi: ci sono parroci che dichiarano di aver toccato con mano casi di guarigioni quasi miracolose. 2. Quando visita il malato il sacerdote s'introdurr con tratto
17 Per esempio, anche se un fedele si fosse comunicato in giornata, molto consigliabile, se poi ridotto in fin di vita, che si comunichi di nuovo (cfr. Istr. Euch. Myst., AAS, 59, 1967, 562). Non si dimentichi poi l'Istruzione emanata il 15.V.69 dalla Congr. per il Culto divino secondo la quale possibile ottenere dall'Ordinario la facolt di celebrare la Messa nella casa d'un infermo o d'un anziano impedito a recarsi in chiesa (AAS, 61, 1969, 807-808).

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soave e proceder con discrezione e tatto. A seconda/ anzitutto, delle reazioni spirituali del singolo di fronte alla sofferenza: su alcuni la malattia non incide sensibilmente perch conservano le loro fondamentali ed abituali disposizioni interiori (che posson esser di religiosit o di areligiosit o di antireligiqsit); altri nel dolore trovano l'impulso alla conversione; altri invece mettono in crisi la loro fede od acuiscono la loro incredulit fino a giungere, talora, alla rivolta contro Dio ed alla bestemmia. Anche con costoro bisogna aver molta pazienza e comprensione. Non sappiamo fino a che punto siano responsabili. L'infermit pu esser un impedimento alla piena deliberazione. Non bisogna perci rimproverarli umiliandoli. Dolcemente e gradatamente si cercher di condurli alla rassegnazione facendo loro capire che questa , per ogni conto, pi vantaggiosa della ribellione. 3. Il sacerdote non impressioner esageratamente ed inutilmente il malato. Certi inganni per possono essere spiritualmente dannosi: qualche ammalato che ha bisogno di ricevere i sacramenti, li riceverebbe se chi sta intorno a lui non gli facesse credere fino all'ultimo che non ammalato seriamente. E cosi egli come dice il I Sin. Rom. 1960, e. 460 forse non si preparer come potrebbe, nel modo migliore a fare la volont di Dio. Spesso sono i familiari che s'impressionano se lo vedono ricevere i sacramenti. Il malato ha una specie di grazia di stato per.prendere lucida coscienza e serena consapevolezza della sua condizione e del suo destino senza funeste illusioni. Il Documento Pastorale della C.E.I. (12.VII.74) indica come uno dei sintomi rivelatori della secolarizzazione (che mette in crisi fede e speranza teologali) lo sforzo che si compie per nascondere sia all'ammalato come alle persone che gli sono vicine qualsiasi segno della gravit del male e soprattutto della morte (n. 119). Conseguentemente, familiari, personale sanitario ed ospedaliero tengono lontano il pi possibile quei segni e aiuti della fede, ai quali il credente ammalato avrebbe diritto (n. 120). La malattia pericolosa e la morte, sono eventi drammatici che devono necessariamente provocare la riflessione sul perch e sul fine dell'esistenza umana. Ma la visita del sacerdote sar sempre rasserenante sia perch egli aiuter a comprendere l'arricchimento spirituale della malattia e della morte, sia per i soccorsi soprannaturali che pu dare al malato come ministro del Signore, sia per quell'atmosfera di festosit di cordialit e di fraternit evangelica ed umana che egli porter in ogni casa come messaggero di Cristo. Le sue visite 270

saranno frequenti ma brevi (come consigliano i medici). Le sue parole daranno coraggio e susciteranno speranza: non tradiranno preoccupazione sulla gravit o l'aggravarsi della malattia n conterranno sentenze, in termini specificamente medici, le quali possono essere oltre che una impertinente ostentazione di competenza, un motivo al malato per riflettere, fantasticare, impressionarsi. \ 4. Quando il malato ha bisogno d'un confessore bisogna, con delicatezza, dargli la possibilit di avere il sacerdote che pi desidererebbe (o meno difficilmente riceverebbe) e non metterlo nella quasi costrizione d'aprirsi (su fatti che forse stenta a manifestare) con quell'unico sacerdote che ha la cura d'anime del luogo (o con un parente proprio). 5. Quando sia chiamato presso un malato, il sacerdote s'informi, prima, chi sia e cosa abbia. Se sente che grave, prenda con s, oltre all'Olio Santo, anche il Viatico, ed eventualmente, il Crisma. 6. A scanso di rigorismo e di scrupoli si tenga presente che la Confessione per l'infermo e dev'essere facilitata (quanto all'esame di coscienza ed all'accusa) relativamente allo stato del singolo (che pu esser in condizione e difficolt pi o meno grave). Facicilitata pel penitente (che ne ha diritto) e facilitata pel confessore (che non deve crearsi inesistenti doveri di interrogare su ci che il malato non tenuto a ripensare ed esporre). Con l'aiuto discreto d'un abile confessore egli potr, anche se da anni non si confessava, manifestare in pochi minuti sufficientemente lo stato della sua coscienza. Il confessore deve prepararsi a trovare qualcuno che mentre nello stato di sanit fisica si sentiva tranquillo e non riteneva di dover ripensare al passato nello stato di malattia in preda ai timori: sulle Confessioni precedenti e su altre questioni di coscienza. In prossimit della morte il ricordo s fissa tormentoso sul male fatto (non sul dolore e la confessione di questi peccati, dolore e confessione che possono esserci stati). Se non supera questa impressione accasciarne coll'aiuto della grazia e del confessore il malato potrebbe mettersi sulla strada della disperazione*. E s. Alfonso (Pratica del Confess., App. II, II, 2) afferma che questa la precipua tentazione dei moribondi. Il confessore deve sapere che per la debolezza fisico-psichica lo spirito esposto a queste impressioni e turbamenti. Sia deciso. Coi malati non da comportarsi come coi sani. Hanno bisogno 271

d'un trattamento speciale: da malati. Bisogna tagliar crto ad ogni loro ansiet. Dio, somma bont e misericordia, vudle che siano nella pace. La pace del Suo perdono. La pace e la/gioia dell'incontro con Lui. Rivangare il passato significherebbe non finirla pi. Anche perch lo stato di prostrazione (e di mipressionabilit) non permette di percepire e ricordare con chiara obiettivit i fatti che sono causa di agitazione. Evidentemente/non mi riferisco al caso di peccati certi e certamente non confessati da parte di chi ha sempre avuto coscienza di non essere in amicizia con Dio. Questi il malato li confesser (come pu secondo le sue forze) per riconciliarsi con Dio. E la Confessione allora porter la liberazione e lascer un senso di profondo sollievo. Ma deve restar sempre una pratica da compiersi con una certa facilit, senza incubi, e con piena fiducia nella divina misericordia. Talora poi converr accontentarsi d'una accusa generica (sia nel caso che quella specifica fosse troppo gravosa, sia nel caso che non potesse essere fatta segretamente). Si avviser il malato che la sua Confessione, anche se generica, valida, quando c' l'intimo e generale pentimento per tutto quanto ci pu esser stato di male. Se potr, si confesser specificamente in seguito. Ma conviene prevenire ogni eventuale dubbio sulla efficacia della Confessione fatta. Tranquillit, sicurezza. E' stato scritto che l'infermo facilmente si turba e difficilmente si tranquillizza da solo: tocca al confessore tagliare la strada alla paura ed allo sgomento. Pi che a risvegliare il ricordo d'un passato (che procura spesso inutili preoccupazioni e turbamenti allo spirito sensibile e depresso) il malato sar invitato a santificare l'attimo presente, le proprie sofferenze. Il confessore (intra ed extra Confessione) lo esorti quindi a confidare nella bont e provvidenza di Dio, ad unirsi spesso a Lui col pensiero e la preghiera semplice: parteciper cosi alla passione del Cristo redentore; riparer qualche mancanza o sbaglio morale commesso; acquister meriti immensi per s e per tanti altri. Molte occasioni di merito sono offerte ad ognuno nel tempo d'una malattia: l'esercizio della pazienza (per quanto possibile), del buon esempio, qualche attenzione ai bisogni di altri malati (negli ospedali), qualche segno di riconoscenza verso coloro che prestano assistenza e cure (cfr. Ordo poemi., 1973, App. II). 7. Con coloro che d tanto tempo non avessero ricevuto i i sacramenti od avessero condotto una vita cattiva, occorre una speciale delicatezza. Si comincer con l'inviare un saluto. Si cer272

cher di informarsi indirettamente (prima di fare domanda esplicita) se l'ammalato riceverebbe volentieri la visita del sacerdote, di quel sacerdote che si pensa essergli pi gradito. Comunque si avr l'avvertenza di farsi annunciare in modo da scegliere il tempo e l'ora che l'ammalato preferisce. Anzitutto visite di cortesia. Nessuna espressione che non dimostri stima. Non si dir a bruciapelo: giunto anche per lei il momento di avvicinarsi di pi a Dio : il malato si offenderebbe pensando di esser giudicato peggiore di quanto sia; forse ne soffrirebbe profondamente. Riguardo al problema della pratica religiosa ed ai sacramenti, bisogna tastar il terreno e prender le mosse alla lontana. Si pu, intanto, dire all'ammalato che si prega per lui perch il Signore gli conceda di star meglio, di sopportare con serenit la malattia: dalle risposte apparir se c' qualche sensibilit ai richiami soprannaturali. Quando si trover la porta aperta si potr fare un accenno esplicito a quegli aiuti soprannaturali che conforterebbero l'infermo e possono gli si dir portare anche un miglioramento delle condizioni di salute. Ancora maggior riguardo avr il sacerdote quando si trattasse di donne notoriamente dedite alla vita dissipata. Si procurer che siano prima visitate da qualche altra persona che sappia, colla sua carit e prudenza, preparare la via al sacerdote. 8. Il quale, se giunge d'urgenza presso chi ha ormai perduto i sensi, far bene, prima di amministrare l'Unzione e l'assoluzione, a suggerire ad alta voce, con una pia giaculatoria, un atto di fiducia e d i pentimento (dicendo di esser un sacerdote o quel dato sacerdote che l'infermo conosceva bene). Anche se han perduto i sensi non escluso che possano intendere: so di qualcuno che, ripresosi, ha dimostrato di ricordare quanto il sacerdote gli aveva detto. Anche a chi aveva debitamente ricevuto i sacramenti ma persevera per qualche tempo nello stato di paralisi celebrale, bene ripetere ogni tanto l'assoluzione sotto condizione (dopo averlo invitato a disporsi) perch nel frattempo potrebbe averne bisogno. noto come secondo la tradizionale prassi pastorale si considera il caso della morte apparente nel quale si amministra condizionatamente gli ultimi sacramenti necessari. Oggi da parte di taluni questa prassi contestata e si suggerisce invece di non conferire l'unzione a chi sia appena spirato, perch incapace del tutto a percepire il segno del sacramento (G. Davanzo, II battesimo al neonato si, l'unzione a chi spirato no?, in Anime e cor273

pi 59, 1975, 353-354). Ma la questione se si tratti di chi, pur essendo giudicato spirato, sia con certezza gi morto del tutto. Qualora non si abbia tale certezza si sempre tenuto il principio generale: sacramenta propter homines : qualora la morte sia dubbia non si priver l'anima d'un probabile, e forse necessario, aiuto soprannaturale; e non si vede come possa esser proposta con sicurezza la norma pastorale di esigere qualche segno di vita e di disponibilit prima di conferire agli adulti infermi l'unzione sacra (ibid., p. 354) 18 . IV. Ci sono dei suggerimenti pel buon uso delle malattie sui quali possono utilmente riflettere anche i sani per disporsi a quelli che sono i problemi, i pericoli, le difficolt, le tentazioni proprie dello stato di malattia. 1. Prepararsi a sperimentare che specialmente quando si star male non sar sempre facile conformarsi alla volont di Dio. Nella malattia non si deve vedere n solo il caso, n un castigo di Dio, ma un mezzo da Lui disposto per la nostra elevazione, purificazione e redenzione. 2. Esser convinti che Dio desidera che noi usiamo tutti i mezzi disponibili per guarire. E conserviamo sempre per quanto possibile ottimismo e speranza. La malattia rappresenta una forzata sosta ad una stazione; ma poi si riprender il viaggio. Non si ignori che c' un pessimismo connesso o conseguente alla malattia che talora blocca anche chi guarito e paralizza ogni sua attivit ed ostacola il ritorno alla vita normale. Si ve18

Anche in una rivista diocesana italiana del XI-XII 1976, leggo la proposta che al malato che gi in stato di coma, venga conferita l'Unzione solo se egli l'aveva gi richiesta o almeno se si pu presumerne il desiderio. In caso contrario pare pastoralmente pi utile non conferirla, sia per rispetto alla personalit del malato, sia per logica coerenza con le finalit del sacramento, sia per togliere l'errata concezione che i fedeli hanno sul sacramento stesso. Nel caso di persona gi morta, i criteri per un conferimento "sub conditione" dovranno essere anche pi restrittivi. invece da ritenere che proprio la finalit del sacramento ( sacramenta propter homines ) e la preoccupazione per la salvezza del malato suggeriscono di non privarlo del sacramento: finch consta con certezza od probabile ch'egli sia vivo, sempre possibile che cambi le sue precedenti disposizioni spirituali ed abbia il bisogno di riconciliarsi con Dio. Non si manca di rispetto alla sua personalit offrendogli un aiuto forse da lui invocato.

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rifica specialmente nei pensionati, anche in persone molto spirituali. 3. Nelle interminabili giornate e nelle notti insonni la fantasia del malato lavora terribilmente. Egli pensa cosa sarebbe e cosa farebbe se non fosse malato. Ritorna con nostalgia al passato, di cui non ricorda che le gioie, prevede un avvenire fosco ed incerto. Pensieri deprimenti che bisognerebbe fugare in un modo o nell'altro, leggendo un.libro, ascoltando la radio, conversando con una persona... 4. C' il pericolo che il malato si concentri troppo sul suo male e ne faccia l'unico oggetto delle proprie riflessioni e conversazioni. Per quanto le forze lo permettono, cerchi di parlare e d'interessarsi anche degli altri e d'altri problemi. 5. Certuni son troppo esigenti con chi li assiste (i quali, a loro volta, specie se infermieri di professione, non sempre la esercitano per vero amore cristiano). D'altra parte, il malato non cadr nell'avvilimento pensando d'esser un peso per gli altri. Si conforti ricordando come rientra nell'ordine provvidenziale che alcuni abbiano bisogno delle cure e dell'assistenza da parte di altri e diano a questi l'occasione d'esercitare carit e pazienza. Nella societ anche il malato ha un ruolo; e prezioso.

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C. Secondo lo stato di vita e le professioni

1. Prefidanzati e fidanzati Possono creare problemi gravi pel confessore. Purtroppo i giovani, nella loro grande maggioranza, li risolvono di propria testa e secondo il proprio istinto. In modo disastroso. L'istruzione sessuale pu esser nient'affatto educativa se non porta a scoprire con umilt e rispetto il disegno arcano e mirabile del Creatore e se non induce a dominare le passioni con l'esercizio della volont e la formazione del carattere. Simpatie, affetti, sogni, amicizie fra ragazzi e ragazze (quando forse di fidanzamento non si pu ancora parlare): il confessore, interrogato, dev'esser preparato a dare almeno qualche direttiva orientatrice, qualche norma di massima; poi, se il penitente ricorrer ancora a lui per un consiglio, potr avere indizi offerti da un complesso di circostanze, che gli permetteranno di formulare un giudizio pi deciso sul caso concreto. I. Che un adolescente, chiamato al matrimonio, pensi, e presto, con la purezza e l'idealit che caratterizza il primo idillio, a quella che sar la sua futura compagna della vita, non si pu dir male. E neppur sconsigliabile se fosse un mezzo di preservazione o di liberazione dall'impurit egoista e volgare. Colle giovani che avvicina (nel lavoro o nel divertimento) bisognerebbe che il giovane si abituasse a trattare con rispetto, disinvoltura, cavalleria, cercando di vedere nella donna non solo la parte sensuale ma anzitutto e soprattutto la parte spirituale che pu elevarlo e renderlo migliore. II. Ma pensiero, simpatia, cameratismo (esclusa la nota della particolarit e della segretezza) non significa amicizia e relazione amorosa. Questa si ha quando l'affetto non resta pi contenuto e riservato, ma diventa consapevolmente mutuo con manifesta276

zioni ed atti esterni. Questi amoreggiamenti cominciati troppo presto anche se, sulle prime, sono o sembrano superiori alla sensualit un'illusione che si conservino tali. Lo saranno, per qualche tempo, ma non a lungo. La sensibilit quando viene soddisfatta liberamente e senza freno ingigantisce. E cos inevitabilmente porta alla sensualit (anche se il passaggio non avvertito). Quindi in linea di massima le amicizie particolari sensibili iniziate molto tempo prima del vero fidanzamento, sono da sconsigliare. La dichiarazione di amore tra due adolescenti, fosse anche soggettivamente sincera si legge nel Documento che in questa materia l'Episcopato Lombardo e Triveneto ha pubblicato in data 2.II.1974 da considerarsi per lo meno immatura e precaria a motivo dell'acerbit del loro sviluppo umano. Perci da tale dichiarazione, e pi ancora da un formale fidanzamento, gli adolescenti vanno distolti con diligente opera di convinzione (n. 26) {Boll. Eccl. Intera, di Belluno e Feltre, 1974, n. 1, pp. 4355). La regola e la raccomandazione vale di massima. Non in modo assoluto esclusa la possibilit d'una relazione seria e pura, piuttosto prematura. Per un giovane durante il servizio militare, ad esempio, potrebbe esser un sostegno ed un conforto nei momenti difficili, una difesa contro la scatenata dissipazione che travolge la massa. Ma bisognerebbe che la ragazza fosse formatissima e, colla sua forte personalit, esercitasse il suo influsso sul giovane: un giovane si suppone fondamentalmente buono. E tutto questo non dispensa da quella prudenza e da quelle precauzioni che sono necessarie anche ai migliori. I I I . Il fidanzamento preparazione prossima al matrimonio consiste anzitutto e principalmente in una scelta prudente. 1. Il primo requisito l'amore fra i due. Amore pienamente umano: vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale (Hum. vitae, n. 9). Spirituale perch non si riduce alla istintiva simpatia, sensibile o sensuale, ma si fonda anche su un complesso di doti spirituali e tende non solo all'egoistica soddisfazione ma anche a rendere felice la persna amata. Ognuno dona all'altro anzitutto e soprattutto il suo cuore e poi tutto se stesso. L'amore autentico dev'esser spirituale fin dal fidanzamento se si vuol sperare che sia tale nel matrimonio. Nel quale prevarr in un primo periodo la componente sensibile e sensuale, poi quella spirituale. Ma anche questa ci dev'essere. Altrimenti se dovesse cessare l'attrattiva sensibile oppure (per malattia o forzato distacco) fosse 277

necessaria l'astinenza, allora ci sarebbe il vuoto. Perci sono pericolosi quei matrimoni nei quali si prevede che mancher la fusione degli spiriti perch c', fra i due, diversit piena di formazione, di cultura, di educazione e solo si guarda alla parte sensuale. D'altra parte, in ordine al matrimonio, non basta l'affetto spirituale. Ci dev'esser pure la simpatia. E fin da principio. Se non c', bisogna troncare senza misericordia, qualunque siano state le promesse. Pericolosissimi sono i matrimoni combinati solo per calcolo, ragionamento, volont: facile che un uomo, dopo qualche tempo, per la moglie conservi solo tutto il suo apprezzamento di stima e di rispetto ma senta sorgere e svilupparsi in s un affetto sensibile e sensuale verso un'altra donna. Si noti che il primo amore quand' vero amore fra due giovani in vista del matrimonio comincia con una simpatia fortissima e dolcissima, ma non con la passione propriamente sensuale. Desiderano stare vicini, aver contatti corporali, non per ancora sensuali. Per questi, all'inizio, provano una ripugnanza. Ma la sensibilit crescer sempre pi in intensit e secondo le leggi del meccanismo fisico-psichico porter alla sensualit. Siccome non conoscono questo processo molti si concedono fin da principio troppe libert mutue. Sono, specie le giovani, forse in buona fede. Ma l'amore sensibile condurr a quello sensuale: altrimenti in genere non perdura neppure come sensibile ed alla simpatia succede il tedio, il disgusto, l'avversione, l'antipatia. Il passaggio dall'amicizia sensibile a quella sensuale avviene insensibilmente. Ad un dato momento vien meno il primitivo pudore istintivo ed i due si sentono trascinati dalla passione a compiere atti strettamente sessuali. Dovrebbero esser istruiti e messi in guardia. Ed una volta istruiti, dovrebbero con l'autocontrollo comportarsi ragionevolmente e volitivamente. Altrimenti sono spiegabili i rapporti prematrimoniali. 2. Doti spirituali. Principi morali e religiosi. L'ideale sarebbe che circa questi principi ci fosse, nei due, 1' idem velie 1' idem sentire . Circa i principi necessari, s'intende, perch psicologia e temperamento posson esser ben diversi: anzi, questa diversit pu apportare una ricchezza ed un completamento reciproci. Ci pu esser sostanziale accordo nella fede e nella religione, ma nel modo di viverla e praticarla non si deve pretendere l'uniformit: ognuno deve rispettare la personalit dell'altro, nella quale influiscono molti fattori, non escluso il sesso stesso. In fatto di moralit l'ideale sarebbe che i due giovani giun\ 278

gesser casti al matrimonio perch il mutuo dono di spirito e corpo fosse totale. Non esiste una moralit per le ragaz2e diversa e pi severa che per gli uomini. Spesso per l'uomo pretende nella fidanzata una integrit fisica, mentre da parte sua non porta e non crede di esser affatto tenuto a portare alla sua compagna un corpo verginale. Consuetudini e concezioni umane sbagliate. Deve una fidanzata rivelare al suo fidanzato di aver perduto la verginit in seguito a rapporti con un altro uomo? Non si pu affermare che ci sia stretto dovere perch un difetto non sostanziale che molto gravoso rivelare. A meno che H fidanzato non esigesse la verginit come condizione per contrarre il matrimonio; ma ci non si presume, se non lo dichiara esplicitamente. In genere, per, si consiglia che la ragazza sia sincera perch siano evitate spiacevoli sorprese che potrebbero render meno felice il primo periodo di matrimonio e, forse, tutto il matrimonio. Una volta contratto il matrimonio , invece, sconsigliabile che uno manifesti il proprio passato spiacevole: e se l'altro lo sa, faccia finta di non saperne niente. Ad una ragazza che chiedesse se, in seguito ad atti impuri solitari, ha perduto la sua verginit da rispondere decisamente e sbrigativamente di no. Comunque, specie per aver un criterio sulla valutazione morale, non bisogna solo considerare se c' stata qualche caduta e sbaglio, sia pur materialmente grave. Una caduta occasionale, dovuta pi che altro ad inesperienza, pu esser stata poi riparata. Ma cosa sar da aspettarsi da una ragazza strutturalmente leggera, instabile, facile a passare da un fidanzamento (o amoreggiamento) all'altro, senza fede sentita e senza spirito cristiano, con una pratica religiosa quasi nulla o puramente superficiale e abitudinaria? dalla madre che dipende soprattutto la formazione spirituale dei figli. Simile discorso (tenendo conto per della diversa psicologia) va fatto anche per l'uomo: occorrer un giudizio prudenziale, caso per caso. Qualche giovane non ha mai fatto questione di principi: la sua vita che ha avuto un periodo di smarrimento che egli riconosce ed ha sinceramente riconosciuto. Per una volta, innamorato d'una ragazza buona che esercita su lui un forte preponderante influsso, subisce una trasformazione psichica completa. Tutto quello che pensa, dice, fa, messo in relazione colla persona amata. una liberazione ed una conversione: ha inizio (per un soggetto fondamentalmente sano o ricuperabile) una vera vita spirituale: la conversione amatoria coincide colla conversione religiosa. Ma altri, ormai avanti negli anni, che non hanno mai dimostrato alcuna dote di labo279

riosit (sulla quale bisogna far molto calcolo), che sono dediti al vizio (specie se a quello impuro s'unisce anche quello dell'alcoolismo), quali speranze possono dare se non c' la prova d'un lungo radicale miglioramento? Qualcuna, gi avanzata negli anni e terrorizzata di restar zitella, accetta anche un partito simile. Poi sono dolori. La Casti Connubii (AAS, 2, 1930, 585-586) porrebbe l'accordo, dei due, circa la vera religione di Cristo come il primo requisito per un matrimonio felice. Difatti, anche escluso il pericolo d'una influenza funesta, prevedibile un intimo disagio e conflitto se uno ha un grande amore verso l'altro ma insieme deve dissentire da lui in una materia cosi profondamente vitale: vorrebbe che l'unione spirituale fosse perfetta e soffre che non sia perfetta. Inoltre, anche quando l'amore autentico assicura una fedelt assoluta e perenne, non basta solo questa alla moralit, alla castit, alla santit coniugale. C' una legge morale da osservare anche nell'uso del matrimonio. E non facile. Nel fidanzamento, ed anche quando iniziano una seria amicizia in vista del matrimonio, desiderabile che ognuno sappia come la pensa l'altro su questo argomento. Meglio discutere e soffrire prima che dopo: e soffrirebbe una sposa costretta a continua complicit (sia pur incolpevole) in un disordine sul quale il marito fosse irriducibile. Altrettanto si dica d'una fidanzata che per principio non volesse che un paio di figli e cosi costringesse, in partenza, il marito o ad una astinenza difficilissima o ad un abuso abituale. I metodi della continenza periodica possono risolvere provvidenzialmente le difficolt che dovessero sorgere aumentando il numero dei figli, ma non certo l'ideale che ci sia come programma il proposito di godere le soddisfazioni coniugali e di evitarne le conseguenze ed i pesi. L'esperienza per insegna che questo di fatto un problema gravissimo, anche per coloro che sono onesti, anche per i migliori. Non basta che si vogliano bene: occorre una grande fede e fiducia cristiana, una religione vissuta. Si noti che i pericoli ed i disagi non ci sono solo quando uno credente e l'altro non credente ma anche quando appartengono a religione diversa. Sia la Chiesa cattolica sia quella protestante sconsigliano i matrimoni misti. I vescovi cattolici, nella loro grande maggioranza, si augurano che permanga l'impedimento di mista religione (anche se molti hanno chiesto che sia data loro la facolt di dispensare dalla forma canonica del matrimonio che vuole la presenza del ministro cattolico autorizzato, oltre che di due testi280 \

moni). Certo, quando l'incendio scoppiato sar difficile spegnerlo: ed allora meglio che si sposino (colle debite garanzie e supposti gli altri requisiti morali, spirituali e fisici) piuttosto che vivano in concubinato. Ma sar piuttosto la donna, se non ha una forte personalit, un fermo carattere, una solidissima formazione religiosa, che subir l'influsso dell'uomo anche in materia religiosa. Perch la donna per natura portata a modificare insensibilmente idee, principi, fede, secondo l'orientamento del cuore. Se ama molto un uomo, e proprio perch lo ama molto, facile che sia da lui trascinata tanto ad abbracciare una religione come a metterla in crisi o in second'ordine. 3. Sufficiente sanit fisica. Il consigliere spirituale avr chiari anzitutto i principi morali. Chi avesse una malattia grave deve in ordine al coniuge ed in vista dei figli cercar di curarsi. Se non riuscisse a curarsi deve avvisare del suo stato l'altra parte. Ma se questa accetta di sposarsi, non consta con certezza che cessi nella persona malata il diritto al matrimonio e che abbia l'obbligo grave di rinunciarvi. Tanto pi che per taluni il celibato pu esser difficilissimo e far sorgere quindi un grave problema di ordine morale. Si noti che, oggi, i metodi della continenza periodica offrono anche a coloro che sono gravemente tarati per malattie ereditarie (per esempio mentali) la possibilit di unirsi in matrimonio secondo le loro aspirazioni senza l'incubo di metter a loro volta al mondo dei figli anormali e deficienti. La continenza periodica non toglie per il pericolo del contagio per l'altra parte (se nella malattia in questione questo pericolo asserito dalla scienza medica). Per, a parte lo stretto diritto e la stretta legge matrimoniale , pu venire il sospetto che, tutto considerato, un dato matrimonio debba esser sconsigliato. E talora pu esser vivamente sconsigliato nell'interesse stesso di chi lo desidererebbe. Perch la salute ha pi importanza di quello che spesso si pu credere: proprio perch ci possa esser la perfetta amicizia coniugale, spirituale, sensibile, sensuale. E poi bisogna pensare anche ai figli: a dar loro una esistenza meno infelice possibile. Nel caso concreto per da attendere a tutti gli elementi e aspetti del caso (fisici, psichici, morali). Il sacerdote quando, richiesto di consiglio, apprende l'esistenza d'una grave malattia (che in realt pu essere pi o meno grave) sar saggio se suggerir all'interessato di rivolgersi ad un medico: un medico che abbia esperienza, principi morali e religiosi, che sappia, con 281

interessamento, affetto sacerdotale e lucidit, considerare la singola situazione in tutte le sue circostanze, non solo sotto l'aspetto fisico ma anche morale; un medico al quale il fidanzato possa quindi dir tutto, come e pi che ad un sacerdote, per avere non solo un giudizio clinico ma un consiglio concreto, umano e fraterno per una effettiva decisione. Ad esempio ci sono talune che hanno onest, religione, ed anche vigore fisico, ma un temperamento che pare strutturalmente nevrastenico (od isterico). Sar un difetto insanabile? Dipende da mancanza di volont e di formazione morale e spirituale, oppure da una debolezza psichica e da una irresponsabile incapacit d'autocontrollo? Sta di fatto che in casa, coi genitori, fanno continuamente scenate; non accolgono mai un'osservazione ma rispondono malamente, incapaci di frenarsi; col fidanzato stesso litigano abitualmente, alle volte stanno ore ed ore senza far parola. Che cosa sar in seguito? Una donna all'uomo non deve servire solo a soddisfare la passione dei sensi. Deve portare in casa il sole dell'ottimismo, della gioia, della serenit. Quando il temporale s'annuncia coi suoi brontoli chiamata ad essere la compagna confortatrice, armata di coraggio e di speranza incrollabili. Non avr paura ad avere un figlio di pi perch ha una carica inesauribile di fiducia e di adattamento. Date le difficolt dell'esistenza, senza queste doti come possibile, come pu essere felice la vita matrimoniale? Purtroppo spesso, di fronte a preoccupanti difetti fisico-psichici, i fidanzati non chiedono un consiglio spassionato. Alle volte lo chiedono, ma poi non lo seguono. Si lascian trasportare dal cuore o dalla passione dei sensi. Qualcuno (o qualcuna) dice che l'amore sta nell'unirsi ad una persona anche se malata, anzi proprio perch malata. Noi non possiamo non ammirare con commozione simili atti di carit e di dedizione, ma sappiamo che la virt-guida di ogni virt la prudenza. E non possiamo approvare qualche consigliere (fra i parroci ad esempio) che, nell'intento di combinare qualche matrimonio, guarda solo alle doti di ordine religioso e morale. 4. Risorse economiche ed abilit personali (almeno sufficienti) per mantenere una famiglia, dirigere la vita domestica, educare i figli. Un giovane, anche se non si ancora fatta una posizione sicura, deve dare per garanzie che ha le capaoit e la volont energica di svolgere un proficuo lavoro professionale. I primi tempi di matrimonio possono presentarsi per un po' difficili ed austeri. Occorre prudenza ma anche un po' di confidenza. Altri282

menti, nell'attesa di una sicurissima posizione e d'una vita agiata, bisognerebbe, per molti, ritardare troppo il matrimonio. Con sofferenza e pericoli morali. Sono consigliabili sia dal punto di vista igienico come dal punto di vista spirituale i matrimoni in et piuttosto giovane. E sono sconsigliabili (salvo casi speciali) i lunghi fidanzamenti. In et giovane: come pu essere per la donna il periodo fra i 18 ed i 23 anni e per l'uomo fra i 23 ed i 30. Sono pure sconsigliabili i matrimoni contratti troppo presto o troppo in fretta. Secondo le ultime statistiche aumentano in Italia i matrimoni di giovani al di sotto dei 18 anni. Ragazze, anche di 12, 13, 14 anni, che invece di frequentare la scuola dell'obbligo, sono costrette a sposarsi. Considerando questo fenomeno i vescovi della Lombardia e della regione Tri veneta, nel recente documento sopra citato, scrivono: I l matrimonio nella prima adolescenza deve essere sempre dissuaso anche nel caso di gravidanza: la maternit fuori del matrimonio un male minore in confronto ad un matrimonio senza garanzie di futuro (n. 26). In Italia con la legge deU'8.III.1975t_n. 39, la maggior et portata dai 21 anni ai 18. E con la legge del 19.V.1975, n. 151 (G.U. n. 135 del 23.V.75) i minori di et non possono contrarre matrimonio. Per il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturit psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, pu con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni (art. 4 della nuova legge). intervenuta cosf una discordanza fra diritto civile e diritto canonico, il quale (pur consigliando l'et pi usuale e pi opportuna) ammette valido il matrimonio se l'uomo ha compiuto i 16 anni e la donna i 14 (CJC, e. 1067, 1 e 2) e, previa dispensa, anche ai 14 anni pel giovane ed ai 12 per la giovane. Ci si augura che tale difficolt giuridica venga risolta. Sul piano pastorale resta comunque dissuaso un matrimonio contratto solo per riparare una situazione qual lo stato di gravidanza della giovane se tale matrimonio fosse contratto da chi non ha ancora raggiunto la dovuta maturit psico-fisica. Un vescovo pu dunque, per s, concedere anche il matrimonio solo religioso (facendo avvertire gli interessati che potrebbe non essere trascritto nei registri dello Stato ed esser quindi privo degli effetti civili). Molti vescovi per propendono a rifiutare il matrimonio a chi abbia questo impedimento civile, a meno che non ci sia l'autorizzazione da parte del tribunale dei minorenni od una previa visita presso un 283

consultorio familiare. Si vuol che sia assicurata nei minorenni la maturit, specialmente psicologica. Quanto alla durata del fidanzamento, qualcuno (cfr. J. Leclercq, Verso una famiglia nuova, Brescia, 1965) pensa che oggi le condizioni di vita, le esigenze della professione e dello studio impediscono spesso un matrimonio prossimo: si sarebbe instaurata pertanto una nuova impostazione di rapporti fra fidanzati cosicch si pu ammettere il fidanzamento come uno stato che duri anche anni senza pericoli. Senza pericoli? Purtroppo l'esperienza smentisce in pieno questa fiducia. Il fidanzamento, secondo la saggia norma tradizionale, dovrebbe avere una durata sufficiente alla mutua conoscenza, necessaria perch la scelta sia matura; ma non una durata cosi lunga per cui diventi occasione prossima di abusi prematrimoniali. Ordinariamente nello spazio di un anno, se gli incontri sono abbastanza frequenti, i due avrebbero tutto il tempo per conoscersi bene. IV. Il periodo del fidanzamento occorre per una duplice finalit: una conoscenza reciproca pi intima, necessaria alla decisione definitiva; e l'unione degli spiriti, preparazione, presupposto, sostegno dell'unione fisica. Le oneste manifestazioni d'affetto sono giustificate dal fine di favorire il mutuo amore in ordine al matrimonio. E siccome l'amicizia anche sensibile, questi atti saranno accompagnati necessariamente da un piacere che non di natura solo spirituale. Ma il confessore, qualora dovesse trattare in materia ei fidanzati, non conviene che dia loro una esposizione particolareggiata degli atti che sono leciti o no, sconsigliabili o meno; e neppure che faccia domande sulla fattispecie di tali atti. Senza entrare nelle distinzioni dei moralisti (in teoria esatte) fra sensibilit e sensualit, richiamer, all'occasione, il principio morale e la norma generale: nelle visite e negli incontri, non proibito che si scambino qualche segno d'affetto secondo la consuetudine dei buoni; con moderazione per e con le debite precauzioni: soprattutto evitino di star soli in luoghi cosi segreti da non poter esser visti da nessuno. Ed aggiunga che assolutamente non possono concedersi ci che diritto solo dei coniugi. Per la semplice ragione che il fidanzamento non il matrimonio ma la preparazione al matrimonio. Specialmente la fidanzata^ dovrebb'esser vivamente esortata a mostrarsi energica fin da principio: a non prestarsi a ci che apertamente illecito n a permettere certe libert pericolose; a riflettere che certi atti che per lei possono 284

non eccitare fortemente la sensualit hanno un effetto diverso sul giovane, perch uomo e donna non hanno la stessa natura fisico-psichica in materia sessuale. Pi passiva e sensibile alle impressioni non propriamente sessuali, la ragazza cerca per di attirare con tutto il suo comportamento il giovane. Di queste attrattive non prevede le conseguenze (a meno che non sia abile nel mestiere di conquistatrice). comprensibile come qualcuna s'accusi, in confessione, di esser stata ad un dato momento come aggredita contro la sua volont. Non ha considerato, per irriflessione o leggerezza, che poteva esser anch'essa la causa di quanto ora lamenta. La giovane onesta giustamente superba della sua integrit fisica e morale. Pensa e dice che nessuno approfitter di lei. In realt anche col fidanzato pu resister molto, prima di cedere e darsi. Per se crolla, pu esser finita: subentra in lei talora lo stato psicologico di chi non sa pi opporre resistenza alcuna. Si dona completamente all'altro, come se ci ormai fosse fatale. Pu giungere al punto di lasciare che l'uomo faccia di lei quello che vuole. Si offre a lui come un campo sperimentale. Senza, si direbbe, pensare pi a s: difatti, per sua natura, la donna non egoista. Ecco perch allora troviamo qualche ragazza che pratica la religione regolarmente e racconta (anche in Confessione) atti consumati col suo fidanzato come se fossero la cosa pi naturale. Stato psicologico pauroso, perch sembra perduto il senso morale. Si pensa che se non si fa danno a qualcuno contro il suo volere, un'azione sia permessa: argomento evidentemente invalido perch il danno si fa anche se chi lo subisce non ne , al momento, conscio, anche se non manifesta la sua volont contraria (come il bimbo prima di nascere, il quale gi persona, coi suoi inviolabili diritti). E comunque il danno una conseguenza della violazione della legge morale: ed anzitutto a questa che bisogna attendere e conformarsi. Non si avrebbe il coraggio di portare tali giustificazioni se ci fosse il senso di Dio. Ma se non si guarda pi a Lui e non ci si chiede quale sia la Sua volont, si arriva a dubitare di tutto, persino della propria identit e della propria vita. Quindi una giovane intelligente (oltre che onesta) deve prevedere ci a cui giunger se concede troppo all'altro; deve sapere che la prima caduta pu essere il primo anello d'una catena; dev'esser preparata a qualsiasi insidia e tranello: se il giovane le facesse capire sul serio che ai rapporti sessuali non pu rinunciare e che se non li avr con lei li dovr avere con qualche altra, allora lo lasci pure senza paura di perder chi 285

non d migliori garanzie morali. E se la maggioranza degli uomini tenta di suggestionare la donna per anticipare ci che loro lecito solo quando saran sposati, la donna che dovrebbe non lasciarsi suggestionare e col suo influsso elevare il tono dei rapporti. Ma oggi molti pensano che non possono sperimentare di volersi veramente bene se non hanno anche l'esperienza sessuale. Perci rivendicano il diritto all'unione sessuale prima del matrimonio, almeno quando una ferma volont di sposarsi e l'affetto, in certo modo gi coniugale nell'animo d'entrambi, invocano quel complemento che essi pensano naturale; e ci specialmente ogni qualvolta la celebrazione del matrimonio impedita dalle circostanze esterne, o questa intima congiunzione giudicata necessaria perch l'amore stesso perduri (Dich. Pers. Hum., 29.XII.75, n. 7). Se ci fosse vero, crollerebbe tutta la morale del matrimonio, nel cui quadro soltanto lecito l'atto genitale. A parte l'incertezza (nonostante propositi ed illusioni) che questi rapporti prematuri assicurino la stabilit, la fedelt sincera dell'unione futura (cfr. Dich. Pers. Hum., n. 7). Ora, come si pu conciliare la frequenza ai sacramenti con siffatta mentalit? E, dal momento che se ne confessano, segno che provano un conflitto intimo nonostante lo sforzo di interpretare in modo personale la legge morale. Certe mamme dicono che oggi coi fidanzati bisogna mostrar fiducia, ricorrere alla persuasione e non ai controlli, e cosi lasciano completamente libere le loro figliuole. L'esperienza ammonisce che non possono esser assolutamente approvate: perch non si pu ciecamente fidarsi neppure dei buoni; e quelli, tra questi, che sono formatissimi non esigono di stare completamente soli e si permettono solo ci che gli altri possono vedere, per la ragione che sono consapevoli del pericolo. V. Ed il confessore come si comporter coi fidanzati che si concedono ci che solo un diritto dei coniugati? Quando hanno rotto i freni e contratta una consuetudine difficile supporre che cambino condotta. La situazione assume particolare irregolarit quando dicono di non poter sposarsi presto, ossia non fra alcuni mesi. D'altra parte se si tratta di un'occasione di matrimonio sostanzialmente buona e se questi abusi prematrimoniali (pur essendo un segno negativo ed un punto scuro) dipendono pi che altro dalla comune debolezza umana e dalla sofferenza pel ritardato matrimonio, anche allora sar praticamente difficile imporre 286

di troncare tale relazione. A meno che il contegno stesso di uno dei due (unito ad altri elementi negativi) non faccia sorgere seri dubbi sulla sua sanit morale. Ma se non mancano le condizioni e qualit indispensabili ad una scelta e ad un matrimonio prudente, non resta che ammonirli vivamente e gravemente a riparare lo sbaglio vivendo meglio il periodo del fidanzamento che hanno davanti. Specialmente alle ragazze si raccomandi l'uso di tutti i mezzi naturali e soprannaturali: frequenza ai sacramenti, ricorso ad un saggio confessore stabile dal quale accogliere umilmente i consigli (e non solo l'assoluzione per poi agire come prima). Devono pensare, che le benedizioni di Dio sulla loro famiglia e vita futura possono essere compromesse da una condotta irresponsabile. VI. Per aiutare i fidanzati a prepararsi con rettitudine, consapevolezza e senso di responsabilit al matrimonio, oggi sono andate moltiplicandosi le iniziative. Nella pastorale prematrimoniale sono ormai diffusi e sperimentati i cosiddetti "corsi per fidanzati" che uniscono alla presentazione dei problemi religiosi e morali del Matrimonio la trattazione dei diversi valori umani della sessualit; dell'amore e della famiglia. Simili corsi sono da incoraggiarsi e da promuoversi su pi vasta scala, sia perch provvedono ad una avvertita necessit d'informazione e di formazione, sia perch possono raggiungere una larga parte di persone che si preparano al Matrimonio. Laddove nemmeno questi corsi fossero possibili sar necessario offrire ai singoli fidanzati un maggior numero di incontri e colloqui pastorali con il sacerdote e con quanti si impegnano pi intensamente nella comunit cristiana (C.E.I., Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, 20.VI.1975, n. 82). Occorre perci che i futuri sposi si presentino tempestivamente (un mese circa prima) al parroco per stabilire i documenti necessari, per fissare il giorno dell'esame e dei colloqui. Devono a norma del CJC, e. 1020, 2, esser interrogati (anche separatamente) perch consti che non ci sono impedimenti, che il loro consenso libero, che sono sufficientemente istruiti nella dottrina cristiana (il che pu essere accertato dalla qualit stessa delle persone, senza bisogno d'esame). Chi non ha partecipato a corsi preparatori in comune, verr opportunamente istruito dal parroco a norma del e. 1033. Questi incontri potranno protrarsi per pi volte, quante appariranno necessarie. consigliabile che, appena i due si presentano per le pratiche richieste e prima dell'esame e delle istruzioni, il parroco offra loro un opuscolo che contenga 287

l'essenziale che devono sapere, sia circa la dottrina cristiana, sia circa i doveri e i diritti matrimoniali, i consigli igienici riguardanti sposi e figli. Di queste brevi guide ce ne sono molte. Per esempio: A. Alessi, Catechismo degli sposi, L.D.C., Torino-Leuman; C. Van Agt, Guida al matrimonio (ottimo ma un po' pi ampio), Torino, Boria, via Andorno, 31. Con l'aiuto di uno di questi catechismi, i fidanzati potranno prepararsi sia all'esame eventuale sia agli incontri nei quali solleveranno tempestivamente i loro particolari problemi. La lettura d'un libretto non pu per sostituire l'istruzione. Nella quale saranno messi alla prova, oltre alla scienza, il senno, la prudenza, il tatto, il garbo, la pazienza, la sensibilit psicologica d'un pastore. Deve saper adattarsi alle diverse condizioni delle persone, alla loro cultura, alla loro formazione religiosa. Insister sull'affetto vicendevole, sull'impegno di non separare mai l'esercizio della sessualit dall'amore, sul mutuo compatimento, sulla completa fedelt nell'amore. Dir chiaramente che per sua indole naturale l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole (GS, n. 48; 50). Non pertanto lecito che i coniugi usino del matrimonio impedendo positivamente la finalit procreatrice. Il sacerdote pu accennare anche ai metodi della continenza periodica da praticarsi sotto il controllo d'un medico di fiducia (che bene scelgano come medico di famiglia): a questo metodo (secondo il quale nel ciclo mensile della donna c' un periodo di giorni sterili ed un periodo di giorni fecondi) gli sposi potranno ricorrere quando vedranno prudente, limitare la prole per ragioni sanitarie od economiche. Il sacerdote, infine, raccomandi ai fidanzati che se in seguito si trovassero in straordinarie difficolt od avessero bisogno di qualche altra informazione, espongano il loro caso ad un sacerdote dotto e pio, in Confessione o fuori, in modo da agire sempre con coscienza retta e tranquilla.

2. Coniugati Vale anche nei riguardi dei coniugati l'ammonizione del S. Officio del 16.V.1943, sulla prassi del confessore circa i peccati contrari al VI comandamento: male si comporterebbe quel confessore che si mostrasse fere unice de his peccatis sollicitus . Il pericolo per esiste. Lo Chanson, ad esempio, nel suo libro: Pour mieux confesser, Arras, 1952 (trad. it.: Per meglio confes288

sare, ed. Paoline) dedica forse troppe pagine a questa materia scendendo a certi particolari e dettagli della vita intima coniugale su cui praticamente i penitenti non sentono un bisogno o un dovere di far questioni in Confessione e non conveniente che il confessore indaghi. Anzi, buona norma che circa l'uso del matrimonio, regolarmente, il confessore non muova per primo questione, a meno che non veda, per positive ragioni, la convenienza d'aiutare il penitente nell'esame di coscienza su questo punto e di rivolgere un'appropriata interrogazione (come si disse nel capitolo: Orientamenti per un esame generale di coscienza ). E quando capita l'occasione e vede che qualche persona sposata ha bisogno d'esser illuminata su ci che lecito od illecito nell'uso del matrimonio, prudenza e delicatezza consigliano al confessore che meglio si limiti a dare regole piuttosto generali come queste: gravemente proibito ci che impedisce positivamente la procreazione; pel resto, ognuno cerchi di comportarsi secondo quanto suggeriscono, oltre l'amore e la passione, il ragionevole diritto dell'altra parte, la carit generosa e discreta, una certa temperanza, k dignit umana e cristiana della persona. I coniugi avrebbero anzitutto da interrogarsi sull'autenticit del loro amore; sull'impegno ed il metodo che usano nell'educazione dei figli; sul buon esempio che a loro danno colla propria condotta, discorsi, comportamento, in casa e fuori. Per assolvere tutti questi compiti e risolvere i casi difficili, fortunati saranno se trovano un confessore che (come auspica il Vaticano II, PO, 6) li segue e li guida peculiari diligentia . I. Natura, esigenze, problemi dell'amore coniugale 1. Non dobbiamo dare ai penitenti sposati l'impressione che li consideriamo in uno stato d'inferiorit dal punto di vista spirituale ed ascetico rispetto a chi ha rinunciato al matrimonio per un fine superiore e che riteniamo, per essi, pili difficile la santificazione (anche se di fatto lo ). Cercheremo invece i mostrar loro grande stima e d'infondere nei loro cuori grande fiducia. Lo stato matrimoniale (al quale chiamata la grande maggioranza del genere umano) non pu non esser casto e santo. L' atto stesso coniugale, se compiuto regolarmente, non pu non esser onesto. E, per chi in grazia di Dio, meritorio. S'aggiungono gli impegni dell'educazione: opera intelligente, delicata, gravosa, preoccupante, fonte di meriti inestimabili. Per 289

il controllare e moderare secondo ragione l'attivit sessuale nel matrimonio domanda forza e generosit. Spesso meno difficile la continenza assoluta di coloro che, scegliendo il celibato santo, han fatto un taglio netto e contratta l'abitudine della castit perfetta. Errore ed illusione di certi giovani: che il matrimonio risolva del tutto ed automaticamente il problema della purezza. La debita continenza coniugale pu richieder una lotta pi aspra di quella prematrimoniale (talora necessit vuole che i coniugi vivano qualche tempo lontani uno dall'altro; un marito deve aver riguardo per la salute della moglie e dei figli, pur vivendo con lei in continuo contatto e dormendo nello stesso talamo). Perci raccomanderemo sempre agli sposati che coltivino una intensa vita interiore e frequentemente ricorrano alle fonti della grazia per avere il dominio sugli impulsi istintivi e la fiducia nella Provvidenza: quella fede che Dio stesso ispira ed insieme domanda. Gli atti sessuali incompleti anche se non ordinati all'atto completo sono legittimati dallo stato stesso coniugale. (Sostanzialmente diverso il giudizio circa gli atti propriamente sessuali, anche se incompleti, compiuti intenzionalmente dai fidanzati, perch questi sono solo in uno stato di preparazione alla vita coniugale ed all'attivit specificamente sessuale). Gli atti incompleti corrispondono particolarmente all'indole ed alla psicologia sessuale della donna. Se guardasse solo a se stessa e non alla maternit, al bisogno ed ai diritti dello sposo forse la donna si accontenterebbe di questi atti incompleti cosi da esser pienamente soddisfatta e felice e non cercar altra attivit sessuale. L'uomo dovrebbe saperlo, non gi per rinunciare al ragionevole uso completo del matrimonio, ma per un adattamento ai desideri della moglie. In entrambi, al di sopra della soddisfazione egoistica, dovrebbe stare l'amore generoso. Anche nell'uso completo del matrimonio gli atti incompleti vanno visti specialmente in ordine alla natura della donna. L'uomo pu non averne bisogno. In lui l'eccitazione sale subito con prontezza per subito scendere e cessare, dopo l'atto completo. Nella donna l'eccitazione pi lenta e pi prolungata. Gli atti incompleti preparatori servono perch l'eccitazione piena si ottenga in entrambi nello stesso tempo. Ci conferisce alla salute fisica facendo evitare alla donna un certo sforzo ed, alla fine, una stanchezza nervosa. Anche di questo il marito dovrebbe tener conto. Un confessore non pu entrare in simili particolari: 290

in genere i penitenti non domandano e neppur desiderano che egli faccia sfoggio di troppo intendimento psicologico in questa materia. Una qualche discreta nozione per tenuta in riserva sar utile in argomenti cosi delicati, se non altro perch si sappia quel che non conviene dire, oppure perch ci si limiti a tacere senza disapprovare, o perch si dica quella parola che forse poco, ma con un'altra ancora, sarebbe troppo. Gli atti sessuali incompleti sono dunque utili. Talora, forse, son da dirsi necessari, per evitare l'incontinenza o l'infedelt, nel caso in cui non sia possibile o conveniente che i coniugi abbiano altri figli. In tale situazione possono ricorrere anche ai metodi della continenza periodica. Comunque, l'uso incompleto, pu supplire l'uso completo dando agli sposi un'onesta e legittima soddisfazione, anche sensuale. Non illudiamoci per: ci suppone capacit di freno, spirito di temperanza. Suppone l'acquisita abitudine alla purezza. Al coniuge non lecito procurarsi, con questi atti mutui incompleti, la polluzione separata (a meno che questa non possa considerarsi come un effetto accidentale, non direttamente inteso, e solo qualche volta conseguente ad atti compiuti da sposi che non possono o non vogliono, per buone ragioni, consumare il matrimonio). Sostanzialmente la castit matrimoniale domanda ai coniugati: che non si procurino la polluzione separata (e quindi non pratichino l'onanismo) nei loro rapporti sessuali; che osservino la mutua fedelt: fedelt esterna (evitando sia gli atti completi ad essa contrari, sia le amicizie amorose extramatrimoniali, anche se non portano ad atti consumati) e fedelt interna (non assecondando neppure il desiderio sensuale adulterino). 2. Il vero amore coniugale, si legge nell'Enciclica Humanae vdtae n. 9, umano (cio insieme sensibile e spirituale), totale, fedele ed esclusivo, fecondo. Sensibile un termine che pu comprendere anche il sensuale . In genere l'affetto autentico, all'inizio appena due si conoscono e nella prima fase della loro amicizia specificamente sensibile (e spirituale) e non ancora sensuale. In seguito la sensibilit porta anche alla sensualit. Si dice che tre specie di amicizie debbono unire i coniugi: la spirituale, la sensibile, la sensuale. Ovviamente non si tratta di tre attivit distinte, indipendenti una dall'altra. Sono aspetti complementari ed intrinseci d'uno stesso ed unico amore: l'amore totale. L'affetto spirituale non dovrebb'esser 291

raffreddato e minacciato ma favorito ed accresciuto dall'affetto sensuale e sensibile (se questo controllato dalla virt della temperanza secondo la legge di Dio e secondo la dignit umana e cristiana della persona). E lo spirituale deve guidare, dirigere, illuminare, santificare l'affetto sensibile e la stessa attivit sessuale perch conservi sempre la nota della dedizione e non sia solo godimento ma anche un dono. Un dono che talvolta importa sacrificio. Al di sopra d'ogni considerazione interessata egoistica sta la carit che suggerisce ad ognuno dei due coniugi di tener conto delle necessit, della natura, dell'indole dell'altro, e non solo dei propri desideri e dei propri gusti. Elevata e moderata dalla carit, l'attivit sessuale dei coniugi non dev'esser ritenuta solo come una concessione, quasi una tolleranza concessa dalla morale e dall'ascetica alla natura inferiore, come se l'ideale di perfezione matrimoniale fosse un amore tutto spirituale o solo spirituale-sensibile. Nell'affetto coniugale le componenti sensibile e spirituale non vanno concepite come opposte e contrastanti cori quella sensuale. Perci non dovrebbero indurre conflitti interiori. Anzi. L'attivit sessuale, per sua natura e per disposizione divina dovrebbe servire ad esprimere il dono mutuo, ad alimentare e costantemente approfondire l'affetto spirituale. Deve per esser esercitata rettamente, con piena sicurezza e serenit di coscienza ed in perfetto accordo fra i due coniugi. Ma col passare degli anni la passione dei sensi pu decrescere. Avviene allora come una purificazione spirituale dell'amore coniugale. Purificazione ed elevazione che, del resto, l'anima femminile opera sempre e per sua natura. Pi delicata, tenera, materna, a poco a poco, insensibilmente suole elevare anche l'altra anima, la maschile, spesso pi debole e superficiale nell'amore, quasi sempre pi grossolana e densa d'istinti. La donna riesce, amando, a dimenticare anche se stessa. L'uomo cerca pi egoisticamente il godimento. La donna sa concepire l'amore stesso come un servizio. L'uomo vive soprattutto di desideri; la donna pu vivere anche di ricordi. Hanno una struttura psichica diversa. Ma dovrebbero completarsi a vicenda; e.cosi ognuno vedrebbe sorgere nell'altra anima una qualche immagine di se stesso. L'amicizia perfetta (cfr. N. Salvaneschi, Breviario della felicit, Milano, 1935, pp. 65-80). 3. Il mondo (ed in questa parola comprendo anche anzi, in modo tutto speciale i fidanzati) suol dare ai primissimi 292

anni di matrimonio il nome di luna di miele . E cosi i fidanzati vanno alle nozze coll'illusione che, col matrimonio, cominci un'epoca di felicit perfetta. Ma il primo anno della vita-a-due non generalmente il pi felice e sereno. Anzitutto, la maggior parte dei giovani si unisce con un concetto errato dell'amore. Amore che difficilmente pu durare se la passione, che spinge uno verso l'altro, non basata sulla reciproca stima, sulla mutua conoscenza morale e spirituale e sulla coscienza d'una missione da compiere. Le cause per cui il primo anno di matrimonio riserva agli sposi sorprese spiacevoli, sono varie. I due sessi hanno caratteri diversi: se l'amore non ha un solido fondamento spirituale minacciato da incomprensioni spesso gravi e, talvolta, insuperabili. La donna , in genere, romantica, incline alla gelosia, alla permalosit, imbevuta spesso di false idee correnti che ha assorbite da certe letture. Va al matrimonio credendolo una continuazione del periodo idilliaco del fidanzamento (nel quale ha molto gioco l'infatuazione). L'uomo, anche quello che ama moltissimo la moglie, attende forse con impazienza il termine del viaggio di nozze per riprendere il suo lavoro. Ecco allora succedere i primi diverbi. La sposa vorrebbe sentire e vedere che in cima ai pensieri del marito, in primo piano, e che tutto il resto vien dopo. Non pensa che il lavoro del marito esige da lui gran parte dei suoi pensieri e della sua attivit. Il vero amore dovrebbe suggerirle di non ostacolare, ma anzi di favorire, con spassionati consigli, le aspirazioni, la vocazione (culturale, artistica, politica) dell'altro, e di riconoscere ed assecondare lietamente le sue necessit fisiche ed anche ricreative. Chi ama profondamente e ragionevolmente, non pretende per s tutto il suo coniuge. Sia pur col dispiacere della sua lontananza temporanea, lo incoraggia ad assolvere tutti i suoi uffici professionali ed anche le convenienti prestazioni d'ordine caritatevole e sociale. Si guarda dal fargli perder tempo e rinunciare a giusti interessi spirituali e materiali. Si nota in qualche sposa la tendenza a troncare e rifiutare per principio tutte le relazioni sociali. Ci potrebbe indicare un'eccessiva preoccupazione a coltivare l'unit, la totalit e l'esclusivit dell'amore coniugale. Quest'esagerazione pu indirettamente, presto o tardi, avere le sue conseguenze dannose. Possono sorgere penosi e pericolosi malintesi. Per evitarli, la sposa dovrebbe persuadersi che la vera, cristiana, durevole intesa col compagno le domanda anche delle rinunce. Da molte esperienze si pu desumere che l'accordo coniugale dipende 293

in massima parte dalla donna. Esistono, s, delle unioni nelle quali la moglie infelice e trascurata. E questo dipende, in moltissimi casi, dall'et troppo giovane degli sposi o, comunque, dalla loro mancanza di maturazione e formazione. In questi casi bisognerebbe che avessero la forza e la prudenza di attendere e curare una migliore preparazione spirituale al matrimonio. Preparazione che porti alla reciproca conoscenza della natura e dei caratteri. Preparazione che premunisca entrambi contro i pericoli e le minacce dell'egoismo. La carit pura amore di benevolenza: fa anche dimenticare 1' io . La sposa non attender il compagno che torna dal lavoro solo per avere da lui tenerezze e parole d'affetto. Anche queste ci dovrebbero essere. Ma da parte sua e per prima gli preparer un volto sorridente, una accoglienza lieta, un ambiente in cui, dopo fatiche e preoccupazioni, possa ristorare il corpo, rasserenare il cuore, riposare la mente. 4. La psicologia insegna che uomo e donna non hanno la stessa natura, desideri, comportamento in materia di sessualit (come, del resto, anche in altri campi: diversa natura fisico-psichica e quindi diversi oggetti d'interesse). Il marito, in genere, domanda l'atto coniugale completo, cerca la propria soddisfazione sessuale nella donna (pi o meno egoisticamente). La donna pi passiva, si fa cercare, richiedere; ma, per sua natura, desidera piuttosto gli atti fisico-affettivi, preliminari all'atto coniugale. Meno desidera l'atto completo. Spesso, anzi lo tollera, pi che desiderarlo. Se vogliono accordo, pace e matrimonio felice, ognuno dei due dovrebbe tener conto della natura dell'altro. L'uomo dovrebbe venir incontro al desiderio della donna che cerca soprattutto le manifestazioni dell'affetto (e questo, se capita l'occasione, pu delicatamente raccomandarlo anche il confessore). Agli uomini, poi, in genere sarebbe da raccomandare un po' di temperanza negli atti sessuali completi (in pratica, per, indelicato e non conviene che il confessore entri in questo argomento). L'uomo che ama spiritualmente, ha un senso di rispetto per la moglie la quale, colla maternit, ha i maggiori pesi, almeno diretti ed immediati. Ma ci sono dei mariti che si comportano nel matrimonio come dei bruti. Tornano a casa avvinazzati e svegliano la moglie due, tre volte in una notte. E se essa, per malattia, non pu prestarsi all'atto coniugale secondo natura, vorrebbero si prestasse contro 294

natura in modo indegno. All'uomo per la sua stessa felicit bisognerebbe ricordare il principio della discrezione. Il piacere sensuale (la differenza dell'affetto spirituale che non viene mai meno e cresce sempre) non muore pel fatto che l'appetito non pienamente soddisfatto ma perch troppo saziato fino alla nausea. Ma come oi potr esser temperanza nell'uso del matrimonio in chi non mai stato abituato a frenare le sue passioni? un'ingenuit il credere che per gli impuri il matrimonio risolva il problema morale. Ma la sposa ha il dovere di rendere il debito quando il marito lo chiede ragionevolmente. E la donna fa bene ad assecondare e soddisfare lo sposo nei suoi bisogni e desideri sessuali giusti e decenti. Fa bene anche ad attirarlo con stimoli sessuali e non deve, per questo, aver scrupoli: l'attivit sessuale non da trascurarsi (pena, forse, pericolose conseguenze). Perci una moglie avr l'accorgimento di curare il suo vestito ed abbigliamento in quella forma e con quella eleganza che piace al marito (senza esagerazioni, si capisce, e senza mancare alla modestia in pubblico): ma ci importa rinuncia e dono di s perch significher alle volte scegliere e vestire non come piace a s ma come piace all'altro. La donna deve anche pensare che gli stimoli dell'istinto sessuale possono perdurare nell'uomo molto pi che in lei. Qualcuna in Confessione racconta d'essere nauseata e ritrosa all'atto sessuale, d'essersi lamentata col marito che lo domanda, d'avergli ricordato che, essendo entrambi ormai vecchi, ora di finirla di pensare a certe cose. Un tale comportamento merita un'ammonizione benevola ma grave. Queste donne non pensano che con simile contegno possono creare pericoli per la vita morale del marito: questi, se non trova nella moglie le soddisfazioni a cui avrebbe anche diritto, forse le cercher in altro modo od altrove. Per anche il marito pu mancare se priva la moglie di quelle manifestazioni d'affetto in cui essa ripone la felicit della vita coniugale. E l'uomo spesso non se ne rende conto perch giudica in base alla sua natura. Se la moglie diventa infedele non perch l'uomo s'astenga dall'atto coniugale (come pu avvenire in un periodo di lunga malattia) ma perch ci sono piuttosto ragioni e tentazioni d'ordine affettivo, sentimentale. In genere, la moglie, se trova nel marito affetto, non sente il bisogno della vita sessuale propriamente detta. Quindi, nel caso in cui avesse a darsi ad altri fuori del matrimonio, il marito potrebbe interrogarsi se non sia stato anche 295

lui occasione di queste crisi, perch non ha compreso la psicologia femminile. Ci sono per, sappiam bene, anche altre cause che spingono la donna all'infedelt: vanit, aspirazione ad attirare in tutti i modi qualche uomo di grido; bisogno di danaro o capricci di spese inutili e lusso. Gravissima responsabilit. Si direbbe che certune sono incoscienti: non capiscono le conseguenze disastrose d'un atto di debolezza morale per chi ha una famiglia. 5. Marito e moglie devono tener sempre presente che ognuno dei due ha una sua propria e diversa psicologia, non solo in materia d'affettivit e sessualit, ma anche in tutte le altre espressioni ed aspetti della loro vita morale e spirituale. Si domanda pertanto mutuo rispetto della personalit e mutuo adattamento. In tutto. All'uomo, se giudica in base a quello che lui sente, pu sembrar ridicolo quel che per la donna tutt'altro che indifferente. Se il marito le ricorder che domani essa compie ormai trentacinque anni, questo discorso pu gettarla in uno stato di malinconia e depressione. Per lui sarebbe come avvisarlo che, l'indomani, il mese ha quel numero di giorni. Perci l'amicizia coniugale delicatissima ed esigentissima. Bisognerebbe che entrambi evitassero tutto ci che fa dispiacere all'altra parte e non necessario dire, rivelare, ricordare. Amare significa non interrogare neppure quando si pu chiaramente intuire i desideri dell'altro. Amare significa comunicare ci che pu far piacere. Per non bisogna neppur dar troppo peso a qualche stato d'animo passeggero. L'uomo non si impressioner per i cambiamenti d'umore della moglie, tanto pi se ne conosce il temperamento sensibile e suscettibile. Non si turber se la vede in una crisi di pianto. Subito dopo la donna passa con tutta facilit al riso. L'uomo, invece quando s'impressiona, s'affligge, si turba subisce un'alterazione e scossa psichica che suol esser pi profonda e duratura. La donna potr, la sera, piangere sconsolata per subito dopo addormentarsi e dormine fino alla tarda mattinata; l'uomo, se sensibile, forse passer una notte insonne. Bisogna dunque che gli sposi siano anche preparati a qualche cambiamento d'umore nell'uno o nell'altra. Guai se, per esempio, uno dei due pensa che l'altro non gli voglia pi bene pel fatto che alle volte trascende. Certamente se questi difetti non ci fossero sarebbe molto meglio; ed ognuno dei due dovrebbe far di tutto per vincerli ed eliminarli. Ma, dopo il fatto, bisogna non darci importanza. Compatirsi e dimenticare. Cercar di sollevare e distrarre chi pare depresso. Sarebbe contro296

producente anche il rilevare un cambiamento d'umore: la moglie, ad esempio, non dir al marito: cos'hai questa sera? ti andato male qualche affare, operazione, causa? . Ognuno s'indispone maggiormente se gli altri notano il suo turbamento o preoccupazione che, internamente, forse, fa ogni sforzo per superare. Bisognerebbe poi che la donna, di fronte a certe difficolt (tanto pi se non gravi) vincesse la sua tendenza a drammatizzarle; e l'uomo, da parte sua conoscendo la mobilit ed impressionabilit dell'animo femminile non dovrebbe, per reazione, inquietarsi ed irritarsi, ma lasciar perder, come non dette, certe espressioni esagerate. Diversit nella natura fisico-psichica dell'uomo e della donna. E quindi diversit nei loro oggetti d'interesse. Il che domander spesso il sacrificio degli interessi e dei gusti personali. La moglie, quando il marito torna a casa stanco e si mette a leggere il giornale cerchi di non infastidirlo per quanto possibile procurandogli nuove preoccupazioni domestiche. A tavola si interessi e gli parli di ci che gli fa piacere (qualcuno parla volentieri della sua professione, qualche altro preferisce non pensarci durante i momenti di riposo). Ed il marito, da parte sua, mostri un po' d'interesse per le cose che sa essere in cima ai pensieri della donna: lavori ed oggetti domestici, vestiti, letture, qualche attivit professionale o da dilettante. La moglie non s'offenda quasi fosse dimenticata se il marito vuol assistere alla televisione, ad una trasmissione di sport che a lei non interessa; non s'offenda se, dopo cena, va a fare una partita con gli amici. Non gli faccia rimproveri e scene perch guarda l'orologio, non gli dica che vuol pi bene agli amici che a lei. Sia comprensiva e mostri di riconoscere lietamente che per l'uomo ci vuole anche qualche ragionevole svago. Se essa non si mostrer troppo esigente, probabile che il marito sia sensibile e riconoscente di fronte a tanta bont e spontaneamente sacrifichi ogni altra ricreazione per stare con lei. Insieme al marito e per far piacere a lui sappia se necessario sopportare anche i parenti del marito coi loro immancabili difetti. tanto frequente il caso di suocera e nuora in contrasto. Eppure, siccome la situazione a tre spesso inevitabile, bisogna che ognuno metta, fin da principio, ogni sforzo per evitare i dissidi e conservare la pace. La parte principale sar chiesta alla giovane sposa perch difficile prentedere che una persona anziana cambi punti di vista, abitudini, mentalit. Sulle prime, dunque, al post d'una facile 297

felicit sognata, occorrer anche della sopportazione. Ma poi, in virt della fede, della carit, della perseveranza, si stabilir una armonia, frutto di comprensione e di adattamento. Ed una grande vittoria, per una moglie, riuscir a stabilire nella propria famiglia un'armonia estesa ad altre persone oltre al marito. Al quale cosi si eviteranno quegli interni dolorosi dibattiti causati da due sentimenti ugualmente forti dibattiti che possono cambiare l'umore abituale e, talora, persino il carattere. 6. Quando un confessore sentir lamenti e lagnanze da parte di uno dei coniugi contro l'altro, non sia facile a prestar fede ed a schierarsi per una parte. Bisognerebbe sentire anche l'altra campana. Non accresca, dando subito piena ragione, l'ebollizione interna d'una persona. Ed a tutti i coniugi che vogliono pace e felicit va ricordato che entrambi dovranno compatirsi a vicenda nei loro inevitabili difetti. Purtroppo, qualche volta, una moglie dovr perdonare al marito se verr a conoscere qualche isolato atto materiale d'infedelt; certi uomini pensano che in ci in gioco solo un bisogno fisiologico (specie quando la moglie non pu prestarsi all'uso del matrimonio): soddisfazione d'un bisogno compatibile col profondo amore alla propria donna, se non donano anche il cuore ad un'altra persona. Non si pu scusarli, ma essi ragionano cosi ed intimamente possono ben conservare la fedelt alla moglie. La quale, di fronte ad una semplice avventura passeggera del marito, far quasi sempre bene a chiuder un occhio comportandosi come se non ne sapesse nulla e facendo di tutto per dare al marito le oneste soddisfazioni sessuali che desidera. Si domanda alla moglie, in questi casi, autocontrollo ed umilt: quel che importa che le sbandate non si ripetano. Se invece si trattasse di un marito che si lasciato conquistare completamente, con tutta l'anima, da un'altra donna, allora c' da metter forse in discussione tutto un modus vivendi e cercar le cause ed i rimedi della nuova grave situazione verificatasi. Ho fatto il caso dell'infedelt del marito e taciuto quello della moglie: non perch sia quasi sempre e solo l'uomo colpevole di questo tradimento. anche pacifico che entrambi hanno gli stessi doveri e diritti: l'infedelt , per s, ugualmente riprovevole nell'uno e nell'altra. Di fatto l'adulterio consumato dalla moglie assume spesso gravit e conseguenze maggiori, per un complesso di circostanze accidentali, sia esteriori, sia interiori. La donna per la sua stessa psicologia quando si d ad un uomo (se non per ragioni d'interesse materiale) lo fa per mo298

tivo d'affetto: toglie al marito il suo cuore per darlo ad un altro. Comunque, di fronte a mancanze di fedelt, la carit suggerisce anzitutto, e soprattutto, che si cerchi di non rompere l'unit della famiglia; che, lasciando da parte lo stretto diritto, non si ricorra alle vie legali per ottenere la separazione; che si compatisca, si perdoni e si dimentichi; che si usino tutti i mezzi per ricostituire l'unione coniugale affettiva e cosi superare le tentazioni contrarie. Finch possibile e c' speranza, s'intende. Perch in qualche caso un coniuge pu perder ogni freno, come uno squilibrato ed un irresponsabile, cosi da render per l'altro insopportabile la convivenza. 7. Se l'infedelt < anche quella spirituale un male grave e pu esser la rovina del matrimonio, c' pure un difetto opposto ed la gelosia. Uno stato di tormento che supera i limiti del giusto e del normale. Pu ben aver origine dal fatto che un coniuge stato trascurato dall'altro il quale ha preferito una terza persona. Alle volte per la gelosia senza fondamento, uno stato psichico nel quale la naturale tendenza egoistica pu diventare morbosa, una specie d'idea fissa che colpisce ed affligge un soggetto strutturalmente nervoso. Un'ossessione che fa vedere in ogni atto del coniuge i sintomi della freddezza, una minaccia di tradimento. Il geloso soffre indicibilmente, l'altro s'irriter tremendamente vedendo interpretata ingiustamente ogni sua azione. Una situazione che impedisce la pace, porta una tensione (che in qualche caso ha una tragica conclusione). Bisogna eliminare questo male, combattere questo pericolo. Se il fenomeno fosse effetto d'uno stato d'esaurimento psichico, bisogna ricorrere al medico, oltre che al direttore spirituale. Come pure nel caso che la sofferenza pur avendo anche una causa obbiettiva raggiunga un'intensit superiore alle resistenze fisiche d'una persona. Dal punto di vista spirituale, ognuno dei due agisca apertamente e con semplicit, senza reticenze e sotterfugi: nulla si nascondano (eccetto quanto riguarda il segreto professionale). Allora ci sar piena fiducia mutua che esclude ogni sospetto d'infedelt. E quando c' il vero ed equilibrato amore, nessuno dei due pretender che l'altro tronchi ogni preesistente rapporto di convenienza con persone dello stesso o dell'altro sesso. Pena il creare, un po' alla volta, il deserto intorno alla famiglia. D'altra parte n l'uno n l'altro dev'esser troppo sicuro del 299

suo amore. La tentazione pu giungere per tutti. E chi comincia colle piccole concessioni non sa dove pu giungere, trascinato insensibilmente dalla passione che s'ingigantisce ed acceca. Forse, ad un dato momento dovr confessare a se stesso: non so spiegarmi come ci sia possibile, ma del mio pensiero, del mio cuore, della mia vita s' impossessata una terza persona. IL II problema dei figli e k loro educazione 1. L'amore coniugale fecondo {Hum. vitae, 9). Per essenzialmente e direttamente unisce due persone. Ed il matrimonio non dovrebb'esser motivato solo da fini che non sono il mutuo amore degli sposi. Non ha il vero affetto chi cerca e tiene caro il proprio coniuge solo (dico solo ) come uno strumento per avere dei figli, continuare la famiglia, o solo per avere una qualsiasi sistemazione, rinsanguare le proprie condizioni economiche. Simili finalit (anche se non esclusive) erano abbastanza frequenti ed influenti specialmente nel passato, anche nei fidanzamenti dei migliori. I figli sono una conseguenza dell'amore. Il quale, se non prima e soprattutto personale, avr fragili puntelli. Quando sopraggiungeranno le difficolt della vita comune o s'accender in uno dei due una forte attrattiva verso una persona estranea, allora scoppieranno i dissensi, i bisticci, e, forse, si profiler il pericolo d'una separazione. 2. Gli sposi dovranno interrogarsi sul problema dei figli: numero ed educazione. Riguardo al numero dei figli, si dice che ci possono essere due opposti eccessi: uno quello di considerare la prole come un peso evitandola per non abbassare il tenore di vita della famiglia e per non dover, alla morte, divider troppo i beni ereditari; l'altro eccesso di voler una famiglia numerosa, senza considerazione e senza discrezione, per una certa qual ambizione. Nelle nostre regioni europee molto e molto pi frequente il primo difetto a causa di calcoli troppo umani e per mancanza di fiducia nella Provvidenza. Pertanto, se in Confessione si dovr far questione circa questo argomento, sar normalmente sull'uso delle pratiche anticoncezionali. Ci sono sposi che vorrebbero avere un bimbo, ma non possono o perch sterili o perch stata loro sconsigliata la procreazione naturale a causa del pericolo d'un'ereditariet tarata. A questi diceva Pio XII in uno dei suoi ultimi discorsi ai me300

dici, il 12.IX.58 si suggerisce il sistema dell'adozione. Si constata, in fondo, che questo consiglio in generale seguito da felici risultati e rende ai genitori la felicit, la pace, la serenit... Sotto l'aspetto religioso bisogna chiedere che dei figli di cattolici si prendano cura genitori adottivi cattolici; la maggior parte delle volte infatti i genitori finiscono con l'imporre al loro figlio adottivo la propria religione (Disc, ai med.t Roma, Ed. Orizz. Med. , 1959, pp. 709-710). 3. Neil'educazione, dei figli da augurarsi che padre e madre non procedano ognuno per conto proprio, ma di comune accordo, evitando, per quanto possibile, conflitti e divergenze. Allora i figli non si sentiranno oggetto di due influssi alternativi, non saranno messi in imbarazzo e perplessit, nelle loro scelte, da due direttive diverse. In pratica si domanda che entrambi i coniugi, sorretti dall'amore e guidati dalla comprensione, guardino spassionatamente al bene ed al meglio nella formazione dei figli, e poi procurino di seguire la stessa linea sia nel metodo educativo sia nei consigli determinati che daranno. Se in una data questione che per un figlio pu avere un'importanza e conseguenze decisive egli ricevesse dai genitori due suggerimenti fra loro contrastanti, allora potr consultare un consigliere illuminato e fare la sua scelta responsabile davanti a Dio preferendo il consiglio migliore, sia esso quello del padre o quello della madre. 4. Molti sono i problemi dell'educazione sui quali i genitori dovrebbero riflettere, studiare, esaminarsi. Pochi lo fanno con seriet e senso di responsabilit. Hanno anzitutto il dovere del buon esempio. Dovrebbero anche ripensare all'educazione che essi stessi hanno ricevuta e chiedersi se sia stata intelligente, indovinata, sufficientemente curata. Occorre equilibrio in tutto. Non accontentare i figli in ogni loro capriccio; ma neppure stroncare (volendo dominare colla forza) ogni loro personale iniziativa. Non preferire uno agli altri. La riuscita negli studi non deve esser n l'unico n il massimo criterio d'apprezzamento. Talora avviene che chi (fra i fratelli) ha minore intelligenza, prontezza d'intuizione, precocit, viene umiliato con odiosi confronti. Si mostri di stimare soprattutto la bont, la buona volont e la laboriosit. I genitori orienteranno i figli chiamati a formarsi una famiglia. 301

Ma useranno il prudente consiglio, che possa esser ascoltato volentieri. Eviteranno di indurli con coazione diretta o indiretta a contrarre matrimonio od a scegliere come coniuge una determinata persona (GS, 52). Circa la scelta dello stato devono favorire la vocazione sacra (LG, 11). Quindi aiutare a scoprire, e poi assecondare, la vocazione autentica del giovane. Non voler quasi imporre tradizioni e pregiudizi familiari irragionevoli. Importantissimo e delicatissimo il loro compito in caso d'eventuale vocazione d'un figlio al sacerdozio od alla vita religiosa. Nessuna pressione (la quale, pel passato, talora non mancava): il giovane deve conservare la massima libert nella scelta del suo stato. Ma i genitori possono e devono ben influire positivamente in modo indiretto. Anzitutto infondendo nei figli un altissimo concetto ed una stima profonda della vita sacerdotale e religiosa. Poi abituandoli ad un regime di vita discretamente austero. perch s' bandita la parola mortificazione che molti genitori vogliono pochissimi figli; e per la stessa ragione fra questi pochi le vocazioni sono rare e non sono favorite. E cosi le missioni mancano di missionari. E le conversioni diminuiscono (AG, 20). Bisognerebbe che i genitori sorvegliassero specialmente le amicizie dei figli. Fin dalle prime, in modo che i giovani s'abituino ad essere discretamente controllati e saggiamente consigliati in questo punto. Una certa sorveglianza, poi, occorrerebbe sulle letture e sui cinema che frequentano. Ed anzitutto i genitori non dovrebbero condurli a vedere spettacoli pericolosi. Ma ci sono mamme che portano figli e figlie a films segnalati come gravemente offensivi della dottrina e della morale cattolica, senza essersi prima informate della qualit dello spettacolo. Sarebbe compito anzitutto dei genitori (e non della scuola pubblica) anche un'opportuna educazione sessuale (o, meglio, alla castit). Non dovrebbero disinteressarsene del tutto ma prepararsi a darla tempestivamente, rettamente, discretamente, secondo il ragionevole bisogno del singolo. Quando il giovane o la giovane hanno bisogno ragionevole di conoscere i misteri della vita l'ignoranza non pi benefica. Per esempio, la ragazza di ieri andava talora al matrimonio ignorante ed impreparata. Ora stato scritto necessario che la fanciulla conosca, riconosca e rispetti in se stessa il mistero proprio della donna eterna, di cui porta nel suo essere il germe e la rassomiglianza. La fanciulla di domani, a differenza di quella di ieri, non dev'essere un'ignorante poich c' un'immensa differenza fra ignoranza e innocenza . 302

Ma sul problema importantissimo della conoscenza della vita, la scienza non basta. Ci vuole anche una specie di conoscenza del mistero , Bisogna far si che la scienza non sia soltanto una conoscenza tecnica, ma scienza totale, completa, piena; la scienza che non si limita a conoscere un meccanismo, ma che conosce la finalit di questo meccanismo, cio il suo significato profondo (J, Guitton, La fanciulla di domani, OR, 18.XII.75). Specialmente la donna pu e deve avere questo senso del mistero. Sapr allora elevare anche l'uomo al di sopra di se stesso e del proprio egoismo. Riguardo agli studi ed al lavoro, bisogna certo coltivare nel fanciullo il senso del dovere: non marini la scuola, stia attento all'insegnamento, faccia i suoi compiti, prenda passione per qualche lettura adatta (passione che nasce solo se si comincia anche con qualche sforzo a leggere il libro che piace ed interessa). Quindi i genitori spingeranno ad applicarsi i figli indolenti. Ma specialmente bisognerebbe suscitare in essi interesse per l'oggetto del loro studio (o lavoro manuale) e non limitarsi ad imposizioni, rimproveri, castighi. Ci sono genitori che credono di educare soprattutto con le busse, talvolta brutalmente. Spesso non che manchi la voglia di lavorare: manca o la capacit, o l'attitudine, o l'amore e l'entusiasmo per un dato genere di studi. Non si sforzer quindi nessuno ad avviarsi per una professione alla quale non sente inclinazione. E non si dovr sovraccaricare di lavoro spalle ancor tenere n pretendere dei risultati superiori, forse, alle capacit d'un ragazzo (alcuni hanno un ingegno precoce, pronto, intuitivo, altri hanno uno sviluppo intellettuale pi ritardato, sono pi lenti e riflessivi). Non si drammatizzer quindi se un esame andato male come se l'esame fosse un criterio assoluto del sapere od il massimo problema nella vita del fanciullo. Qualche genitore d pi importanza alla pagella scolastica che alla vita morale del figlio. Per un esame rimandato lo tormentano tutte le vacanze. Con metodi troppo severi si pu opprimere un'anima che sta sbocciando alla vita, render infelici i primi anni della vita cosciente. Impressioni, amari ricordi, sforzi inumani si riflettono poi su tutta un'esistenza. Certo, bisogna educare il piccolo a saper rinunciare per qualche tempo al gioco, a star fermo (se possibile) a scuola od in chiesa. Per non misuriamo condotta, disciplina e devozione in base al tempo che riesce a star immobile a braccia conserte o a mani giunte (econdo la pedagogia di qualche maestro del passato). Bisogno che ogni fanciullo trovi in casa e a scuola 303

un ambiente caldo d'affetto, sereno, dove possa sentirsi sicuro, fiducioso, godere la giusta libert senza timori e tremori. dunque certamente preferibile interessare il ragazzo nei suoi doveri ed ottenere che compia quello che bene perch gli piace. Per pure sana misura pedagogica, se non basta l'amore, ricorrere a qualche motivo di timore. Tutto sta usare di questo mezzo con discrezione. Bisogna evitare ogni eccesso: anche un'educazione ed un ambiente troppo austeri, senza le. necessarie ricreazioni e le buone amicizie, possono produrre reazioni pericolose. I genitori devono interessarsi degli studi dei figli e (nel caso che non continuino gli studi) del lavoro che intraprendono. Oggi, diversamente dal passato, non solo i ragazzi, ma anche le ragazze si orientano giovanissime verso un posto di lavoro. Per s, niente da eccepire (se non hanno attitudine allo studio e non c' necessit della loro presenza in famiglia): meglio lavorare che oziare. Per per chi lavora fuori di casa ci sono innumerevoli pericoli. I genitori pertanto non devono disinteressarsene. Non devono preoccuparsi soprattutto che una ragazza realizzi il maggior guadagno possibile, ma che quel dato lavoro non le sia dannoso. Dannoso per il fisico, quando fosse troppo faticoso od eccessivamente sedentario. Dannoso per lo spirito: in certi ambienti s'annida la corruzione (che dai dirigenti si propaga ai dipendenti), si fa professione d'ateismo, si getta in ogni modo il disprezzo sulla religione e sulla moralit. I figli, dal canto loro, dovrebbero anche se concorrono al sostentamento della famiglia riflettere sulla propria inesperienza, prestar fede al prudente consiglio dei genitori e non affidarsi solo alle proprie vedute ed ai propri impulsi. Noto in particolare che se i denari o le spese d'una figliuola superano i limiti dello stipendio, i genitori hanno ragione di nutrire preoccupazione e sospetto che ci siano anche dei guadagni poco puliti. 5. Infine, non si pu non accennare ad un gravissimo problema: il lavoro extradomestico della donna (anche sposata). Oltre ad una mentalit nuova che proclama l'individualismo e l'emancipazione femminile, ci sono spesso reali necessit economiche che allontanano la donna dal focolare. Non si discute sul diritto ch'essa ha ad assumersi uffici che pel passato erano riservati all'uomo. Non si nega neppure che la donna, lavorando accanto all'uomo possa contribuire ad un ingentilimento dei costumi, elevare e rendere migliore il suo compagno di lavoro. Per una donna, anche se sotto la pressione delle condizioni economiche obbligata 304

a cercar lavoro fuori di casa, non deve dimenticare che il suo vero compito resta sempre quello di sposa e d madre. Se essa ha diritto a lavorare fuori di casa, anche il fanciullo ha diritto alle cure di sua madre (la sola persona dotata da Dio di tutte le qualit per educare le creature che essa ha dato alla luce). Son troppo frequenti i casi di giovani traviati perch non hanno avuto le cure d'una madre. A parte tutti i pericoli morali che la donna stessa trova fuori di casa e che le impongono precauzione continua. Bisogner poi cercar il modo che sia sentita il meno possibile la sua lontananza dalla casa cosicch possa sostanzialmente adempiere la sua missione di sposa e di madre. Si procurer, ad esempio, che le ore di lavoro extradomestico coincidano con quelle della scuola dei figli. Sia fermo che i genitori non potranno mai abdicare al loro compito educativo lasciando ogni preoccupazione alla scuola od a terze persone.

3. Nubili
I. Con questo termine intendo significare quelle giovani che pur restando nel mondo non si sposano e probabilmente non si sposeranno mai. Per quali motivi? Come si vedr, alcuni paiono tutt'altro che validi. Non quindi escluso che una serena resipiscenza induca, un momento o l'altro, al matrimonio qualcuna che in un primo tempo aveva, magari per una delusione, deciso di rinunciarvi per sempre. Ordinariamente, coloro che sacrificano le nozze umane per contrarre quelle mistiche collo Sposo Divino abbracciano la vita religiosa entrando in un convento o si iscrivono ad un Istituto Secolare restando e continuando la loro vita nel mondo, facendo i voti privati di castit, obbedienza e povert a norma delle Costituzioni dei singoli Istituti. Dio ha dato ad ogni donna una costituzione fisica ed un temperamento morale fatti per la maternit. E difatti molte che pur vogliono conservare la loro verginit per il Regno dei cieli, dichiarano che sarebbero felici se potessero avere delle maternit senza rinunciare alla consacrazione totale di anima e di corpo che hanno fatto al Signore. Difatti non si tratta solo di una rinuncia: devono elevare ad un piano superiore l'amore e la maternit dandovi un'apertura senza limiti che supera gli stessi legami del 305

matrimonio. Amore e maternit che saranno soprannaturalizzati dalla fiamma dell'amore divino. Ma varie sono le situazioni, vari (e qualche volta discutibili) i motivi che inducono una giovane a rimanere nubile nel mondo (cf. G. Grimaud, Non-maries, Paris, 1933). 1. Alcune erano entrate nella vita religiosa, ma la salute fisica non ha resistito. Tuttavia hanno conservato vivo l'ideale. Pur uscite dal convento perseverano nella consacrazione del loro cuore a Dio e nel proposito di conservarsi vergini. 2. Altre avevano la vocazione religiosa, ma hanno trovato in famiglia un'opposizione inflessibile. Non hanno avuto il coraggio e creduto opportuno fare un colpo di forza. Hanno atteso giorni migliori. Ma quando questi son giunti, forse era troppo tardi. 3. Qualche altra non trova un'espressa opposizione a farsi suora da parte dei genitori. Ma pensa che senza il guadagno che porta in casa, come frutto del suo lavoro, essi stenterebbero a vivere. In qualche caso poi uno dei genitori gravemente ammalato, paralizzato o cieco, ed ha bisogno di continua assistenza. In tali situazioni la giovane pensa che il comandamento: onora il padre e la madre prevalga sul consiglio: vieni e seguimi . E rinuncia alla vita religiosa. Quando si trover libera da questi legami e doveri familiari, la giovane potr realizzare il suo sogno di vita religiosa. Ma, alle volte, ormai troppo anziana per entrare in convento. Non le resta che continuare a vivere sola nella propria casa. 4. C' anche la giovane che avrebbe avuto la vocazione, non alla vita religiosa, ma al matrimonio, per per le condizioni familiari ha sentito l'invito interiore alla rinuncia. la pi anziana d'una numerosa nidiata di fratelli dei quali l'ultimo appena nato. La madre ammalata e dopo poco muore. La primogenita forse gi fidanzata, ma come fa ad abbandonare la famigli ed il padre in lagrime? Coraggiosamente dar l'addio al fidanzato per un eroico sacrificio. 5. Alcune non si decidono a sposarsi perch sono spaventate pensando ai pesi ed alle sofferenze della maternit, agli obblighi (non facili specie per l'uomo) d'osservare la legge di Dio nell'uso del matrimonio, alle responsabilit di condurre una famiglia* di educare (oggi specialmente) dei figli. Certo non esiste, per s, una legge che obblighi a sposarsi e ad avere dei figli, tutti, indistintamente, coloro che non scelgono la verginit per il Regno dei 306

Cieli, essendo la moltiplicazione del genere umano in pratica sufficientemente assicurata. Nel caso concreto sar da considerare prudentemente quali siano i motivi ed i propositi di vita che determinano la rinuncia alla vita coniugale. (Faccio il caso della donna e non quello dell'uomo la cui situazione diversa per tante ragioni). Se fosse per aver tutto il tempo di dedicarsi ad attivit benefiche con tutta l'anima e tutto il cuore educazione dei giovani, carit ed assistenza sociale, ricerca scientifica non sarebbe da riprovarsi una giovane che sceglie questo stato (sempre supponendo che sappia conservare la continenza). Ma se fosse solo per godere la libert (sia pur onestamente), e non avere i pesi del matrimonio (sapendo che, in genere, sono maggiori delle gioie), allora una donna non sceglierebbe certo la via pi perfetta: rifuggirebbe dall'impegnarsi in una professione: quella di sposa o di madre che rende pi meritoria la vita e pi facile e pi probabile la santificazione. In conclusione, per restare nelle scelte degne di stima, bisogner decidersi fra il matrimonio (colle sue gioie e responsabilit) ed una vita piena di attivit che importino fatica ma forse meno rischi e responsabilit del matrimonio. 6. Ci sono le sfortunate che avrebbero la vocazione al matrimonio ma mancano delle doti fisiche richieste o d'una salute sufficiente. Per questo (o per qualche altra ragione) non trovano il fidanzato che abbia le qualit per renderle felici. 7. Alcune, gi fidanzate, sono state private dell'uomo che amavano perito in un incidente o in guerra o per malattia violenta. Ed il dolore della giovane talora cosi grande che essa sente la sua vita spezzata. Qualcuna, dopo qualche tempo, gradatamente riacquista la serenit e rientra nella normalit della vita, sente il desiderio di sposarsi ed accetta la proposta di qualche pretendente. Ma molte pensano che sposandosi tradirebbero il primo uomo che hanno amato con tutto il cuore e restano quindi nella categoria delle nubili generose. 8. Ci sono anche quelle che non possiedono l'arte di farsi amare e stimare. Arte difficile che domanda criterio, tatto, sensibilit, sforzo. Si lanciano violentemente all'assalto d'un fidanzato ma usano un contegno, ostentano un abbigliamento, tengono un linguaggio che, invece di conquistare gli uomini migliori, li lascia quanto meno perplessi. Possono esser ragazze fondamentalmente oneste ma non riflettono che col loro modo di fare provocante suscitano come donne di malavita in alcuni 307

tentazioni, mentre non attirano i giovani che hanno seri propositi di matrimonio. S'illudono e s'ingannano. Vanit e leggerezza pi che altro esteriori: ma che fan pensare sia tale anche l'interiore e cosi non offrono ai giovani benpensanti garanzie di virt e di doti sostanziali. Rischiano di restare nel regno delle nubili, per sempre, se non mutano condotta. 9. E r i sono le giovani difficili che nessun partito trovano soddisfacente. Lamentano che il pretendente o non ha qualit fisiche e spirituali affascinanti, o non ha una professione abbastanza degna, o non ha le desiderate virt e doti morali, od ha origini troppo modeste (a questo proposito ben augurabile che fra i due fidanzati non ci sia troppa diversit di condizione). Se queste ragazze cercano nel fidanzato quello che difficilissimo a trovarsi e pretendono quello che esse stesse forse non possono offrirgli, finiranno per restar nubili. Dovrebbero prepararsi a cercar l'essenziale: amore vero, bont e principi religiosi e morali, salute, intelligenza e amore al lavoro che assicurino il mantenimento della famiglia: la felicit coniugale domanda questi requisiti ma non dipende da altre risorse come la posizione elevata e distinta, i molti denari che sono elementi accidentali. 10. C' la giovane che ha intrecciato un'amicizia con uno sposato (forse infelice nel suo matrimonio). Questa relazione che qualche volta resta solo sentimentale, spesso diventa sessuale, talora provoca la rottura d'una famiglia, porta al divorzio ed al matrimonio civile. Se ci- si arresta all'amicizia segreta, questa, dopo anni, ad un dato momento pu venir meno. Il marito pu riavvicinarsi alla moglie. Ed allora la sua amica rester sola. Dopo aver spremuto dal suo cuore tutto l'affetto per un uomo, quasi certo che non cercher e non trover un altro per sposarsi. 11. Qualcuna aveva riposto tutto il suo amore il primo, prorompente, ardente e tutte le sue speranze in un giovane dal quale aspettava la domanda di matrimonio. Ma un dato giorno, viene a sapere ch'egli s' fidanzato con un'altra giovane. La ragazza delusa cade in un tale abbattimento da ritenersi incapace d'amare altri. Rester nubile. Uguale conseguenza pu avere la decisione del giovane di farsi religioso o sacerdote. Ma la decisione di non pi sposarsi da parte d'una tale giovane, che stata abbandonata, una decisione priva di giustificazione e di ragionevolezza. Passato il primo periodo di abbattimento, essa deve credere che Dio la chiama alla missione di sposa e di madre, fa 308

bene a dimenticare il passato ed a cercare la felicit invece di chiudersi in amari e sterili rimpianti. II. Qualunque siano le circostanze che han condotto una donna a non sposarsi, sia questo suo stato volontario o non volontario, causato da qualche colpa o da qualche disgrazia, la nubile, ad un dato momento deve ritenere che la sua condizione rientra nella volont di Dio. Alla quale bisogna conformarsi sforzandosi di santificare questo stato liberamente scelto od imposto dalla necessit. 1. Una nubile specialmente se iscritta ad un Istituto Secolare di Perfezione ha pi tempo e maggiori mezzi spirituali che una sposata, per attendere alla propria vita interiore ed alla propria santificazione. 2. Non mancano tuttavia i pericoli, sia interni, sia esterni. Non bisogner meravigliarsi n spaventarsi se sorgeranno delle tentazioni (anche per chi ha fatto un taglio netto col mondo). Bisogna stare in stato di continua vigilanza ed in posizione di difesa perch si son visti cadere anche i cedri del Libano. In qualche momento l'anima della nubile sar assalita dalla impetuosa nostalgia d'una famiglia propria, avr l'impressione dolorosa che la sua vita sia inutile e stroncata. Momenti tristi, pi tristi e pericolosi per la signorina ricca che non ha un lavoro assorbente, ad orario fisso, non ha preoccupazioni materiali che riempiano la sua vita e la sua giornata. 3. Perci non si raccomander mai abbastanza ad una nubile di esser sempre occupata in lavori che siano impegnativi e non solo gingilli per passatempo. Tante occasioni si daranno per le generose prestazioni d'una nubile. Prestazioni ed apostolato che cominceranno dai suoi parenti per poi estendersi ad altri secondo l'opportunit e le circostanze. Quasi ogni nubile ha una famiglia con sorelle, fratelli (forse minori); e poi ci sono le famiglie dei fratelli e delle sorelle dove qualche mamma passa molte, ore della giornata fuori casa, occupata in fabbrica od in ufficio. L'aiuto d'una sorella provvidenziale. Essa sapr lavorare nell'ombra, dotata d'una maternit pi umile, pi timida della maternit vera, ma tanto soave e commovente. Queste coadiutrici sono come angeli: sempre presenti ma quasi invisibili. Angeli specialmente di pace perch le famiglie nelle quali vivono non saranno sempre il soggiorno della pace. Anche nelle case nelle quali non vi sono grandi motivi di discordia succedono 309

spesso piccoli malintsi e screzi. La nubile non entrer in queste contese come giudice ma come conciliatrice dei cuori, cercando di trovare la parola che scusa una dimenticanza, attutisce un risentimento. Anzitutto e soprattutto star ben attenta a non far nascere i malumori, a non mettere in risalto i difetti del marito o della moglie. Allora, cos occupata, la nubile sentir che, se sola, non isolata, che la sua vita non inutile e sterile. Il campo di bene che si offre ad ognuno che ha la buona volont di soccorrere il prossimo vasto quanto il mondo e le occasioni si presenteranno e si moltiplicheranno continuamente. 4. Dicono che ci sono certi difetti propri delle donne che non si sposano. Difetti, intendiamoci, che possono ben unirsi a tante virt. Ad esempio, la tentazione ad insuperbirsi del proprio stato disprezzando il matrimonio come uno stato inferiore. Realmente la verginit (scelta per un motivo soprannaturale) superiore alla vita coniugale. Ma a questo principio bisogna aggiungere un dato di fatto: ci sono fra gli sposati anime elette alla cui santit tutti devono inchinarsi. Se la donna, in genere, ha un cuore particolarmente sensibile, la creatura che sola e priva d'affetti pu andar soggetta ad una ipersensibilit per cui soffre e fa soffrire gli altri. L'ipersensibilit porta tristezze e disuguaglianza d'umore, paralizza lo slancio e l'energia ad operare il bene, fa perder tempo: lascia libero il corso alla fantasia la quale spazier nell'irreale, sogner l'impossibile. necessario un continuo energico autocontrollo. anche naturale che nel cuore solitario della donna che non ha potuto sposarsi s'insinui la tentazione dell'invidia sottile verso l'amica che ha realizzato il suo sogno d'amore, che sembra felice nel suo nido col marito ed i figli. Se l'invidia assecondata pu tradursi in espressioni di critica e di maldicenza. Bisogna reagire ricordando che la maggior parte dell'umanit anche se agli altri sembra realizzare, col pi invidiabile matrimonio, ogni suo desiderio in realt non attinge che una felicit molto imperfetta o, comunque, precaria. Mentre c' una felicit umana anche per la donna che non si sposa, qualora sappia organizzare la sua vita per un ideale di bene e per la gloria di Dio. 5. Una nubile ormai decisa a non sposarsi si guarder da tutto quanto pu turbare quella pace che ha ormai conquistata o cerca di conquistare. Ci sono letture che meglio evitare, quando siano troppo sentimentali, romantiche, perch snervano 310

l'anima, ridestano rimpianti: una nubile ha bisogno d'vin'anima virile, e quindi di letture forti, sane, nutrienti. Altrettanto si dica dei films. Riservatezza, delicatezza, austerit poi necessaria nei discorsi delle nubili. Se bisogner toccare certe piaghe, lo si faccia (come deve farlo un sacerdote) per necessit e solo a scopo di bene, evitando ogni compiacenza, ogni curiosit inutile e soprattutto procurando di non restare invischiati. Ma in certi ambienti mondani vien fatto di sentire qualche signorina che parla dei problemi del sesso e del matrimonio con estrema libert lasciando in qualche ascoltatore un'impressione sgradevolissima e penosissima. da attendersi che una nubile senta il bisogno di qualche amicizia. Ma certe amicizie ostacolano la libert dello spirito, impediscono il volo dell'anima verso la perfezione. Sono le amicizie sensibili che generano inquietudine, tolgono la serenit, assorbono e concentrano l'anima nel pensiero continuo della persona amica, sono le amicizie che reclamano anche il contatto fisico e le esterne manifestazioni d'affetto. Si tenga come regola che le amicizie it9 persone di sesso diverso non si mantengono, per solito, sul piano esclusivamente spirituale: a lungo andare diventano sensibili e sensuali, almeno se non si tratta di anime di vera vita interiore e se, una almeno, non possiede un'autentica santit. 6. Per una nubile, dunque, non mancano gli ostacoli lungo la non facile via della perfezione, alla quale deve credere d'esser chiamata. Ha perci bisogno d'una pratica assidua della preghiera e di una discreta ed equilibrata direzione spirituale. Abbia, fra il suo programma, anche il proposito d'irradiare la gioia. Gioia che nasce dalla coscienza di esser un'esistenza non gi fallita ma ricca di risorse interiori utilizzabili a render meno infelici tante anime ed a raggiunger pi facilmente il fine supremo della vita.

4. Vedove
Vedovanza: uno dei pi crudeli dolori. Un dolore che, sulle prime, pare inconsolabile. La perdita del marito sembra stroncare anche la vita della moglie. Una esistenza si spegne ed un'altra precipita nella desolazione, fino forse ai confini della disperazione. La vedovanza la pi grande sventura per una 311

donna, specialmente se giovane (quantunque spesso non sia meno cupa l'afflizione d'una vedova anziana). La donna per natura pi debole, ha bisogno di protezione e d'appoggio. La vedova come l'edera che resta senza l'olmo che la sosteneva. Sola, senza quel complemento spirituale ed affettivo che le era un naturale bisogno, talora priva d'una sicurezza e d'un'autonomia materiale ed economica. Se ha figli, la sua solitudine meno grave, ma sentir gravare solo su di s la difficile missione d'educarli. Ci sono i famigliari ed i parenti: ma, da questi, spesso, avr pi motivi di sofferenza che aiuti spirituali e materiali. C' un'altra ragione al di sopra d'ogni egoismo ed interesse che spiega perch la vedovanza sembra stroncare la vita d'una donna: una ragione inerente alla sua psicologia ed alle sue aspirazioni naturali. La donna alterocentrista, fa centro cio del suo piacere, della sua ambizione, non in se stessa, ma in un'altra persona che essa ama e da cui vuol esser amata... mentre l'uomo fa centro dei propri piaceri, delle proprie ambizioni in s (G. Lombroso, L'anima della donna, I, Bologna, Zanichelli, 1926, p. 6). In questo stato di desolazione le facolt dell'anima sembrano paralizzate mentre memoria e fantasia della donna sono avvinte dai ricordi e dai rimpianti. Nulla di quanto la vita pu offrire serve a consolarla ed a distrarre il suo spirito ma si trasforma in motivo di malinconia e di turbamento. Solo col passare del tempo grande medicina potr tornare un po' di sereno. Ma, qualunque siano le impressioni, una vedova non deve pensare d'aver perduto la fede e la speranza. Tant' vero che simile stato di quasi disperazione si verifica talora (per dolori spirituali od esaurimento nervoso) anche in anime sante le quali come dichiarano anche se potessero farlo, non vorrebbero cambiar nulla di quanto Dio ha disposto. I. Nel primo periodo della sua vedovanza, una donna pu sentire la sua anima cosi presa dal ricordo del marito da esser tentata di chiudersi in se stessa, di vivere solo di memorie e di considerarsi ormai incapace d'ogni attivit. Anche l'affetto verso i figli sembra quasi assopito. Non questo che Dio vuole. Sulle prime, occorrer uno sforzo per superare questo stato di paralisi spirituale. Ma, col passare del tempo, per una legge di natura, la vita riprender a pulsare colle sue speranze, le sue gioie, i suoi ideali. La vedova prender coscienza che il suo amore per il compagno che in Cielo ed presente, in spirito, nella sua 312

casa si dimostra colle opere. Anzitutto (impegnandosi a dare ai figli una saggia ed accurata educazione. E, passato l'uragano del primo dolore, la vedova lascer il posto alla madre. Ci sono anche motivi di grande consolazione in questa sventura. 1. Anzitutto la fede assicura la vedova d'esser amata da Dio con un amore di predilezione. Amata ed assistita dalla Sua Provvidenza. La Scrittura mette la vedova sullo stesso piano del pupillo. Nell'Antico Testamento si legge che Dio ne prendeva le difese (Deut. 10, 18). Non nuocerete alla vedova ed al pupillo. Se farete loro del male, grideranno a me; io udir il loro grido... (Es. 22, 23). E fa dire al profeta: Non fate torto alla vedova ed al pupillo, al forestiero ed al povero (Zac. 7, 10). La legge ebraica poi voleva che fosse assicurato il sostentamento della vedova. Come pel levita, cosi pel forestiero, il pupillo, la vedova, i quali si trovavan dentro le porte, si doveva metter da parte in tutte le case la decima triennale d'ogni prodotto (Deut. 14, 28-29; 26, 12-13). Ognuno doveva ammetter ai banchetti nelle feste delle Settimane e delle Capanne, oltre ai figli, agli schiavi, al Levita, al forestiero, all'orfano, anche la vedova che si trovava dentro le sue porte (Deut. 12, 11-14). Alla mietitura, ognuno doveva lasciare qualche manipolo di grano dimenticato, non doveva ripassare la punta ed i rami dell'olivo, e non tornar indietro a racimolare la vigna: questi resti dovevano esser pel forestiero, l'orfano, la vedova (Deut. 24, 17-21). L'episodio di Eliodoro penetrato nel tempio di Gerusalemme per ordine del re d'Asia Seleuco, allo scopo d'impossessarsi dei depositi di grano ivi accumulati, offerti da anime generose e destinati ad alimentare le vedove ed i pupilli, quest'episodio, risoltosi colla miracolosa cacciata dal tempio dell'invasore e profanatore, dimostra non solo quanto Dio proteggesse il luogo santo, ma come considerasse sacro il patrimonio delle vedove e dei pupilli (2 Macc. 3, 1-40). Quando Giuda Maccabeo con soli seimila uomini vinse l'esercito ultranumeroso di Nicnore, fece molto bottino. Ne destin parte ai mutilati, agli orfani ed alle vedove (2 Macc. 8, 28). Nel Nuovo Testamento si legge che religione pura ed immacolata agli occhi di Dio e del Padre visitare i pupilli e le vedove nelle loro tribolazioni e non macchiarsi a contatto del mondo (Giac. 1, 27). 313

2. A suo conforto, la vedova pensi che se Dio l'ha privata del marito non senza un provvido disegno per la santificazione della sua anima e l'elevazione della sua vita. Si trova ora in uno stato nel quale le possibile e pi facile praticare molte sublimi virt cristiane che non avrebbe avuto l'occasione e lo stimolo a praticare quando l'affetto umano del marito era cosi totale da rendere di fatto ed incoscientemente meno vivi il bisogno e la ricerca di Dio. 3. Altro motivo di conforto per una vedova: l'affetto dei figli si concentrer su di lei, mentre anche l'affetto della madre per i figli si far pi tenero ed attento. Proprio per riguardo verso i figli, dovr, talora, specie nei primi tempi, soffocare la propria tristezza per non opprimere gli altri. Sar una grande carit: domander forse dell'eroismo. Pensi che i figli hanno diritto a vivere ed a sperare in un avvenire sereno e felice. La sofferenza della madre vedova non deve oscurare per essi l'aurora che sorge. Procurer quindi di non gettare troppo a lungo e troppo pesantemente l'ombra del proprio dolore su chi figli e parenti ha bisogno di riprendere la vita normale. Terr bens vivo nei figli il ricordo del padre, specialmente delle sue virt (senza far allusione ai suoi torti e difetti). Ma si adoperer perch i figli non trovino nella propria casa un'aria di mestizia, un vuoto deprimente: potrebbero, per reazione, cercare altrove diversivi dissipanti e pericolosi. II. Non parlo di chi, dopo la perdita del coniuge, trova troppo presto e troppo facilmente la distrazione in ci che non pu dare un vero e profondo conforto. Mi riferisco a chi, dopo la prova tremenda, stenta a rialzarsi dal suo stato di abbattimento per ritornare alla normalit della vita. 1. consigliabile che una vedova, specialmente se giovane, si occupi molto. Anzitutto della sua casa e dei suoi figli. Scrive S. Francesco di Sales: La vedova che ha figliuoli bisognosi della sua protezione e guida, principalmente in ci che riguarda l'anima e l'assicurazione del loro stato, non pu e non deve abbandonarli in alcuna maniera (Filotea, Alba, p. 262). Sembrerebbe ovvio. Ma oggi molte mamme (vedove e non vedove) passano quasi tutta la giornata fuori casa per ragioni di lavoro (talora per vera necessit); e si riducono a stare accanto ai figli nel tempo dei pasti e solo qualche ora della giornata. Quando son piccoli, si limitano a condurli fin sulla soglia dell'asilo. Quando 314

son pi grandi li affidano ad altri, sperando e confidando nella naturale bont delle loro creature. La casa rischia di diventare un albergo. E cosi, succede non raramente che adolescenti cresciuti in regime di troppa libert ad un dato momento si lascian travolgere nel vortice del malcostume. Avrebbero bisogno d'una mamma che vivesse, soffrisse, lottasse con loro, giorno per giorno, ora per ora. Di una mamma che apre volentieri la propria casa ai ragazzi amici dei suoi figli, favorendo e discretamente sorvegliando questi incontri perch si svolgano in un'atmosfera di letizia, di semplicit, di spiritualit e di mutuo rispetto. Se ha il tempo e la buona volont, una vedova deve aver fiducia di poter supplire, coll'aiuto di Dio e le risorse del proprio cuore, anche alla parte del marito: secondo un proverbio giapponese la famiglia riposa sulla madre . Certamente l'opera ardua, specialmente oggi, nei riguardi sia dei figli maschi, sia delle ragazze: in questi ultimi decenni i giovani d'ambo i sessi hanno assunto uno stile di vita, comportamenti ed abitudini che in un passato, non tanto remoto, erano inconcepibili. Una madre intelligente e prudente non dovr n ignorare le esigenze del suo tempo, n chiudere ingenuamente gli occhi sui pericoli che minacciano la purezza, la sanit fisica e morale dei giovani e delle giovani fin dalla loro fanciullezza. Si pensi all'uso cosi esteso della droga da parte di adolescenti e di preadolescenti. Questa strada porta facilmente alla delinquenza minorile. Una vedova che ama veramente e soprannaturalmente i suoi figli, che ama pi la loro anima che il loro corpo, star dunque in guardia perch la sua affettivit esuberante non la porti alla debolezza. E sapr evitare anche l'eccesso opposto: un autoritarismo istintivo. L'educatore troppo severo non ascoltato. 2. Una giovane vedova dovr intraprendere forse nuovi rapporti con parenti, suoceri, fratelli, cognati. Per quanto possibile, siano rapporti improntati a cordialit, serenit, pace, concordia (il che non significa rinuncia ai diritti propri e dei figli). Una vedova sappia che potr esercitare una benefica influenza sui parenti perch in grado d'unire all'innata soavit e delicatezza femminile, la sua sofferta esperienza. Se dovr passare dalla casa propria alla casa d'altri dei suoceri, per esempio avr occasione e necessit di praticare molte virt e molto controllo su se stessa: di sopportare gli altri (specialmente gli anziani) coi loro difetti e le loro manie; d'abituarsi a tacere: cosa difficile, specie per una donna (S. Francesco di Sales ha scritto d'aver tro315

vato nella sua vita molte donne buone ma quasi nessuna che sapesse tacere). 3. Ad una vedova, dopo l'educazione dei figli ed il governo della sua casa, s'offrir la possibilit specialmente se non ha bisogno di guadagnarsi, lavorando, i mezzi per vivere di darsi ad opere buone ed all'apostolato. Fra le donne che seguivano Ges c'erano vedove caste e ferventi di spirito religioso. Al tempo delle persecuzioni molte vedove fecero delle loro case e dei loro palazzi, centri del cristianesimo nascente. Pi di una, dopo aver assistito il marito nel martirio, tornava nelle catacombe per incoraggiare ed aiutare i cristiani. Oggi, il campo dei mali sociali da curare, delle umane miserie da risollevare, della luce e della carit da comunicare, molto vasto e molto vario. Ci sono persone che, bisognose di consiglio e d'aiuto, possono riceverlo pi efficacemente da una vedova che da una nubile. Per esempio, giovani cadute, ragazze-madri. Le occasioni per far del bene non mancano. Non conviene per abbracciar troppo col rischio di lasciar tutto incompiuto. meglio specializzarsi in un determinato ramo d'attivit. Le circostanze suggeriranno cos' meglio. Tutto sta che una vedova non sd chiuda nei suoi pensieri e nei suoi personali problemi ma sia disponibile ed aperta anche ai bisogni degli altri, e, nel tempo stesso, spiritualmente preparata e corazzata (cfr. M. dal Covolo, Vedova, Roma, 1947, pp. 318-321). 4. Il lavoro un diversivo ed un sollievo nel dolore. Una difesa contro i pericoli dell'ozio. Ma le tentazioni, comunque, non mancheranno. Una vedova giovane le trover esternamente, cio nell'ambiente; le trover internamente, cio nel suo cuore stesso di donna che si sente sola. Nella maggioranza dei casi una vedova non pu vivere di rendita, lontana dal mondo, nel raccoglimento della sua casa. Il lavoro la porta spesso a vivere in continua promiscuit cogli uomini, in fabbrica, in negozio, in laboratorio, in ufficio. Le persone colle quali viene in contatto non hanno sempre onest, illibatezza e coscienza scrupolosa. Prima di accettare un posto di lavoro, una vedova dovrebbe anzitutto informarsi circa la seriet o meno dell'ambiente nel quale verr a trovarsi. In tutti i casi da prevedere che i pericoli non mancheranno. Perci le occorre oltre alla preghiera e alla frequenza ai sacramenti una continua vigilanza, prudenza, riservatezza e, all'occasione, fortezza d'animo e volont decisa. 316

Perch, quando cominciasse a concedere qualche libert ad un uomo, difficilmente si arresterebbe sulla cima che porta al precipizio: relazioni fra impiegate e qualche compagno di lavoro o capoufficio sono all'ordine del giorno. Ma il pericolo per una vedova viene anche dall'interno. Il suo stato di solitudine pu farle sentire il bisogno d'un affetto e portarla a cercare qualche amicizia che riempia il vuoto del suo cuore. Oppure sar invitata a ricevere le confidenze ed accettare l'amicizia d'un uomo sposato che si dice incompreso ed infelice nel suo matrimonio. Amicizie fra uomo e donna che, dapprima, possono bens essere spirituali, ma poi facilmente diventan sensibili e sensuali (perch la comunione degli spiriti, se basta alla donna, non soddisfa l'uomo). Una amicizia solo spirituale fra persone di diverso sesso delle quali n l'una n l'altra abbia una santit distinta molto difficile. Per tutte queste ragioni il pericolo di non osservare la purezza, per una vedova giovane che vive nel mondo, grande e continuo. Forse la castit pi facile per una vergine. Noto infine che nonostante tutte le precauzioni e gli accorgimenti una vedova potr essere oggetto di calunnia. Se in coscienza e davanti a Dio sa di agire in buona fede ed anche colla debita prudenza, non deve turbarsi: anche i santi soffrono calunnie. III. Ho parlato della vedova che rimane (e finch rimane) in questo stato. Ma si presenta anche il problema: meglio restare nello stato di vedovanza o passare a seconde nozze? . 1. In linea astratta senza dubbio pi perfetta la vedovanza quando sia abbracciata per motivi soprannaturali: coltivare maggiormente l'unione con Dio, consacrare a Lui la seconda verginit, conservare il cuore fedele allo sposo, dedicarsi, a tempo pieno, all'educazione dei figli ed alle opere buone. Allora la vedova trasforma la rassegnazione in olocausto: offre liberamente e gioiosamente a Dio un bene legittimo al quale rinuncia: le gioie d'un altro possibile matrimonio. E per la vedova che, per un motivo superiore, non si rimarita, diventa pi facile la santit perch pu pensare di pi a Dio ed al prossimo con spirito d'amore e d'apostolato. Anche nell'Antico Testamento la vedova che non si riposava era venerata come in uno stato di maggiore purezza morale. Si legge che Giuditta rimase vedova dopo soli tre anni e mezzo di 317

matrimonio. Nonostante la sua rara bellezza prefer restar vedova. esaltata la sua forza d'animo ed il suo coraggio. Ecco l'elogio della Scrittura: Siccome hai operato virilmente ed il cuor tuo stato forte, siccome hai amato la castit e, dopo il tuo marito, non hai conosciuto altro uomo, cosi la mano del Signore t'ha sorretta e perci sarai benedetta in eterno (Giud. 15, 11). Ma questa castit era frutto della preghiera, d'una vita segnata dall'austerit e passata nel raccoglimento. Anche presso i pagani la vedova che restava fedele alla memoria del marito defunto era degna di venerazione: sulla sua tomba si scriveva univira . Nel Nuovo Testamento, trattando esplicitamente della vedova, s. Paolo dichiara che, se viene a mancare il marito, libera di risposarsi: Tuttavia aggiunge sar pi felice se rester cosi secondo il mio consiglio. Credo d'aver anch'io lo spirito di Dio (1 Cor. 7, 40). Il Concilio Fiorentino, dopo aver affermato che una vedova pu lecitamente risposarsi anche pi d'una volta se le vien a morire il marito, aggiunge: Diciamo tuttavia pi degne d'onore quelle che astenendosi da ulteriore matrimonio, rimangono nella castit, perch riteniamo che la casta vedovanza da preferirsi per lode e merito alle nozze, come la verginit alla vedovanza (D. S. 1353). 2. Tutto questo come un consiglio e sul piano ideale. In concreto, per giudicare se sia consigliabile la vedovanza o le seconde nozze, bisogner esaminare prudentemente tutte le circostanze. Anzitutto, ovvio che, piuttosto di correre il pericolo prossimo d'abbandonarsi alle leggerezze, di contrarre legami illeciti e scandalosi, meglio che una vedova passi alle seconde, ed anche alle terze nozze. Perci l'Apostolo scrive: Ai non sposati... e alle vedove dico: bene per essi se rimangono come me. Se per non sanno serbarsi continenti, si sposino: meglio infatti sposarsi che bruciare (1 Cor. 7, 8-9). Meglio dunque passare alle seconde nozze piuttosto che ardere pel fuoco della concupiscenza e lasciarsi vincere dalla tentazione. Nella prima lettera a Timoteo, s. Paolo, trattando delle vedove che si consacravano in modo speciale al servizio della Chiesa ad esempio, nell'educazione dei fanciulli, nella cura dei malati dice che devono avere non meno di sessantanni, esser state mogli d'un solo marito, ed aver dato testimonianza di virt, e di opere buone (1 Tim. 5, 9-10). Edotto, poi, dall'esperienza di tante 318

giovani vedove che, a quei tempi, colla loro condotta leggera o scandalosa davano ai nemici della Chiesa occasione di diffamare i cristiani, s. Paolo aggiunge che a queste bisogna piuttosto imporre di risposarsi: voglio che le pi giovani si maritino, abbiano figli, governino una casa, non diano all'avversario alcuna occasione di maldicenza (1 Tim. 5, 14). Occorre dunque prudenza nel prender la decisione (e nel dare il consiglio) sia di permanere nello stato di vedovanza, sia di passare ad altre nozze. Pi facilmente per l'uomo vedovo (specie se giovane) si presenter la convenienza per un complesso di ragioni d'ordine sessuale, affettivo, pratico di risposarsi per ritrovare una compagna che riempia il vuoto della sua anima, della sua casa, della sua vita. Ma anche per una donna pu esser meglio considerata la sua situazione rimaritarsi, specie se giovane e senza figli. La vedovanza perenne una vocazione, come la verginit. Ci dev'esser una certa sicurezza di conservarsi, senza troppe difficolt, immuni da ogni caduta peccaminosa. Se la solitudine, le tentazioni, le difficolt e le preoccupazioni, invece di elevare serenamente lo spirito d'una donna, dovessero inasprirlo perch la impegnano in una lotta estenuante e non sempre vittoriosa, allora ritorna l'avvertimento dell'Apostolo: meglio risposarsi che bruciare. Per una scelta dello stato bisogner pertanto prender in esame il temperamento, le tendenze d'una vedova, la sua religiosit (pi o meno solida e fervente), le sue condizioni economiche, familiari, ambientali. Si dovr tener conto anche delle condizioni della vita moderna, ben diverse da quelle di alcuni decenni fa. Con tutta probabilit, una vedova, per ragioni di lavoro, dovr vivere non ritirata in casa ma in mezzo al mondo, a continuo contatto cogli uomini, esposta ad ogni sorta di pericoli, insidie, seduzioni, tentazioni. Perci, se lo stato di vedovanza perenne idealmente pi perfetto, sarebbe sbagliato lo stimar meno chi prende la risoluzione di risposarsi. S. Francesco di Sales arriva a scrivere: La vera vedova non deve mai censurare, n biasimare quelle che passano alle seconde, alle terze ed alle quarte nozze; perch in certi casi Dio dispone cosi per la sua maggior gloria: e ci conviene aver sempre davanti agli occhi quella dottrina degli antichi che n la vedovanza n la verginit hanno in Cielo altro posto, se non quello che ad esse assegnato dalla umilt (Filotea, Alba, p. 264). 319

3. In qualche caso, l'anima d'una vedova agitata dal dubbio e dalla perplessit: possono alternarsi momenti di propensione al matrimonio e momenti di propensione allo stato di vedovanza. In questi casi non basta la calma riflessione personale: bisogna ricorrere alla preghiera (perch nella scelta dello stato in modo tutto particolare si manifesta la volont di Dio) ed anche ad un esperto consigliere spirituale (cfr. M. dal Covolo, Vedova, pp. 237-242). 4. La vedova che decide di passare a seconde nozze non deve lasciarsi condurre solo dai sensi o da calcoli umani, ma da una mente lucida, da un cuore calmo, dalla prudenza cristiana. Nelle prime nozze si edifica; nelle seconde bisogna ricostruire una esistenza, se non felice, almeno serena e tranquilla, sulle rovine d'un passato che non pu mai esser completamente distrutto e dimenticato. Un passo che richiede quindi una ponderazione ancora maggiore (cfr. M. dal Covolo, o.c, pp. 247 ss.). Bisogna che la donna non si lasci solo conquistare dal fascino esteriore, dalle doti appariscenti e, tanto meno, dalle sole possibilit finanziarie del suo nuovo compagno nel miraggio d'una vita lussuosa. Motivo predominante e determinante della scelta dev'esser l'affetto che non solo passione cieca e travolgente, ma si fonda su un complesso di doti e di fatti che una vedova ha da cercare e trovare nell'uomo al quale sta per legarsi. Dovr studiare il suo carattere, informarsi del suo passato, dei suoi principi morali e religiosi. E, se ha gi dei figli, sapr con tatto presentar loro la nuova situazione che si determiner quando avranno da accogliere un uomo il quale dovr esser per loro un secondo padre (si spera provvisto di tutte le doti). E nell'accettare come padre un estraneo, nel vedersi strappati alla loro casa, presumibile che essi soffriranno. Se questa sofferenza fosse troppo grande e se il nuovo matrimonio compromettesse la benefica influenza che la madre godeva sui figli e rompesse la pacifica unione preesistente, allora l'eroismo pu suggerire ad una vedova anche la dolorosa rinuncia. 5. Ed una volta contratto il nuovo matrimonio, occorreranno pure molti riguardi e delicatezze. Ad esempio, nel saper conservare nell'intimo e non manifestare al secondo marito ricordi e nostalgie del primo matrimonio. Memorie e rimpianti si faranno vivi all'apparire di qualche nube sul nuovo cielo coniugale. Bisogner per conservare pace, speranza e fiducia gettare un po' di cenere sul passato. Altrimenti il secondo marito potrebbe soffrire di gelosia. Tanto pi pericolosa in quanto non ha per 320

oggetto una persona vivente ma un fantasma contro il quale non si pu combattere. E l'amore coniugale sempre esclusivo. Se una vedova senza figli trover nelle seconde nozze i figli del nuovo marito, cercher di esser per loro una mamma (anche se in senso pieno una donna lo pu esser solo per i propri figli). Sapr soprattutto conquistarsi i loro cuori con la bont e la virt, prima d'instaurare nuovi metodi d'educazione, i quali possono esser ottimi ma contrastare con le memorie, le tradizioni, le abitudini della famiglia nella quale i figli sono nati. Bisogna anche prevedere gli inconvenienti che ci possono essere qualora una vedova abbia dei figli ed anche il suo secondo marito sia vedovo con figli, o qualora altri figli avessero ad aggiungersi ai gi preesistenti (cfr. M. dal Covolo, Vedova, pp. 247-267).

5. Aspiranti al sacerdozio L'autentica aspirazione al sacerdozio suppone una vocazione divina. E la voce di Dio che chiama si esprime in due modi diversi, meravigliosi e convergenti: uno interiore, quello della grazia... dello Spirito Santo...; e uno esteriore... quello della Gerarchia, strumento indispensabile... (Paolo VI, Alloc, 5.V.1965, OR, 6.V.65, p. 1). Ad ogni confessore pu offrirsi l'occasione d'indirizzare, guidare, consigliare qualche giovane che presenta segni di vocazione al sacerdozio. Egli dovr per esser molto prudente (anche nel suo fervore di suscitare vocazioni) specialmente oggi in cui sempre pi fanno difetto le solide virt che garantiscono riuscita e perseveranza. Non c' dubbio, le vocazioni ci sono; il male che poi si perdono: al momento della scelta definitiva la vocazione spesso non c' pi. Per molteplici cause che rendono il fenomeno, oggi, quanto mai complesso e preoccupante. Non ultima causa lo spopolamento sempre crescente delle campagne, e quindi l'assottigliamento delle famiglie ricche di salute fisica e spirituale, nonostante la loro povert. da queste che usciva la maggior parte dei giovani leviti, sani, robusti, resistenti al logorio dello studio, al lavoro della vita interiore, sereni di fronte alle difficolt ed alle rinunce, formati, fin da piccoli, secondo gli incrollabili principi della fede e della morale. Queste doti verranno sempre pi a mancare, se si considera l'odierno ed il prevedibile tenore di vita delle famiglie urbane. Le previsioni sono tutt'altro 321

che rosee. E non ci consola affatto l'assicurazione di qualcuno secondo il quale, se aumenteranno i diaconi, i sacerdoti potranno senza danno diminuire. Solo il sacerdote che vive una vita di castit, di lavoro, di preghiera, rappresenta ed alimenta efficacemente la fiamma dei pi puri ideali evangelici nella comunit cristiana. stato scritto: Il Sacerdote si presenti come un uomo che ha operato una scelta, la pi bella, e dimostri di essere contento e soddisfatto. Non si ripeter mai abbastanza che il Prete deve essere anzitutto pienamente uomo e che gli stessi valori sacerdotali vanno presentati al mondo dei giovani e dei fanciulli in modo simpatico (C.P.D. di Belluno, Indicazioni per la soluzione del problema delle vocazioni, 1973). esatto. Per non si pu nascondere che in questa scelta implicata la pi grande rinuncia che eleva il giovane sopra tutti gli altri. Senza impoverirlo. Ma per capir questo occorre una fede viva. Bisognerebbe non concentrare tutti i problemi dello spirito sul sesso, come fanno tanti e tanti genitori. Bisogna non insinuare nell'animo dei ragazzi mediante l'istruzione sessuale pubblica (sostenuta anche da qualche educatore cattolico) che cognizioni e vita sessuale sono un elemento indispensabile per esser pienamente uomini. In certo clima lo sperare che fiorisca una vocazione quasi attendere il miracolo: lo spuntar d'un mazzo di fresca erba verde sotto il solleone d'agosto dalle pietre senza terra e senz'acqua. I. Non sempre il confessore potr formulare il giudizio positivo sicuro che un soggetto ha tutte le doti richieste al sacerdozio. I (dubbi possono presentarsi specie a chi solo occasionalmente ascolta la Confessione del penitente. Pi elementi di giudizio avr chi confessore abituale e direttore spirituale del giovane. Ma anche a questo possono non esser note certe circostanze riguardanti la condotta del candidato. Siamo quindi cauti nel dare ai giovani, in foro interno , assicurazioni perentorie circa la loro vocazione. Qualche volta capita che il giudizio del direttore spirituale smentito in pieno dai superiori della comunit seminaristica che conoscono gli alunni nella loro vita esterna e nei loro reali difetti. D'altro canto, al confessore specialmente se anche direttore spirituale dell'alunno possono esser noti certi fatti intimi e segreti della vita del giovane. Il quale potrebbe avere una condotta esterna irreprensibile, ma esser privo della richiesta inclinazione ed attitudine alla vita sacerdotale o di qualche requisito morale. 322

1. Fra i segni della vocazione ci dev'esser un'inclinazione alla vita sacerdotale? Non necessario che il soggetto senta una specie di ispirazione soprannaturale (cfr. J. Lahitton, La vocation sacerdotale, Paris, 1913). Per deve avere una generale attitudine e la spontanea, libera volont di farsi sacerdote. In pratica dato che non occorre un'ispirazione interna pi ancora che il desiderio di diventar sacerdote sar da considerare l'attitudine e le qualit spirituali, morali, intellettuali, fisiche (tenendo in qualche conto anche le condizioni di sanit morale e fisica, o meno, della famiglia). Insomma vagliare l'elemento oggettivo pi che quello soggettivo ed affettivo. Specialmente oggi, quando il clima familiare e sociale non favorisce entusiasmi vocazionali e quindi c' pericolo che la vocazione sia ostacolata e che l'elemento soggettivo non sia alimentato, non regga, non perseveri. Certo, oltre a possedere il fondo di doti richieste, bisogna che uno voglia liberamente esser prete. Oltre la vocazione, occorre la risposta decisa alla chiamata divina. Alle volte gli indizi d'una vocazione possono esser percepiti dal direttore spirituale prima che dal giovane stesso. Il sacerdote per si guarder dal farne troppo presto esplicita proposta al soggetto. Lo guider come se si trattasse di chi ha effettivamente la vocazione e cos vedr le reazioni. Se queste sono positive, allora potr dolcemente attirare l'attenzione del giovane sulla chiamata divina. C' qualcuno che ha realmente la vocazione ma per qualche tempo resiste, pare ne abbia quasi paura e cerca di convincersi del contrardo. Ha quasi l'impressione d'esser ghermito dall'angoscia se dir di si, perch ha coscienza d'immettersi in un cammino che pieno di rinunce (anche se porta alla pi alta felicit). Ma, a queste prime ripulse d'un giovane, non bisogna scoraggiarsi. La grazia ha le sue ore. Occorre aver pronta la parola affettuosa, illuminante, incorraggiante; saper aiutare ognuno con molto tatto, in modo da favorire quella che la reale vocazione divina e nel tempo stesso lasciare all'interessato tutta la libert di decisione. Ci sono, poi, dei giovani che danno qualche indizio di vocazione, ma meno chiara. Questi vanno stimolati ad una pi intensa vita interiore, condizione e garanzia d'ogni scelta generosa e d'ogni chiamata superiore (cfr. G. Siri, La grazia nell'educazione dei giovani, Roma, 1941, pp. 67-69). Vocazione certa; risposta libera. Sia i superiori di disciplina, sia i direttori spirituali vigilino se, nei singoli soggetti e nelle singole situazioni, ci siano indizi che facciano dubitare della libert 323

nella scelta dello stato sacerdotale. Oggi meno facile che pel passato il caso di genitori i quali esercitino una pressione morale perch il figlio che ha iniziato la vita seminaristica si faccia prete e, se non prosegue, lo trattino come un disertore. Altri, opposti, condizionamenti saran pi probabili (anche se a parole tutti proclamano la libert di scegliere la propria professione). Ci sono genitori che esplicitamente o virtualmente distolgono un figlio che sente la vocazione sacerdotale o religiosa. Il confessore deve aiutarlo, sostenerlo, suggerirgli il prudente comportamento. 2. Nel Supplementum della Summa Tbeol. I l i , q. 36, a. 1, s. Tommaso solleva la questione se, in chi vuol ricevere l'ordine sacro, si richieda la bont della vita . E risponde che necessaria non de necessitate sacramenti , non alla validit del sacramento, ma de necessitate praecepti : per precetto divino. Anzi aggiunge (riferendo un testo di s. Dionisio) che, essendo il sacerdote la luce, deve risplendere per la sua virt; siccome chiamato ad esser guida di altri in divino omni , non pu aver il coraggio di assumersi questo ufficio se non deiformissimus et Deo simillimus . In quest'esigenza d'una eminente virt rientra l'impegno del celibato che la Chiesa Latina domanda al diacono che vuol farsi sacerdote. Celibato che un olocausto: offerta, rinuncia, sublimazione d'un amore per s onesto. Rinuncia che facilita l'unione e l'assimilazione a Dio, puro spirito; ed espressione dell'amore verso Dio. Difatti la virt pi sublime resta sempre l'amore a Dio, lo zelo per la Sua gloria, la carit verso il prossimo. E la castit stessa ha il suo valore nella vita del sacerdote solo come offerta a Dio, come trasferimento e concentrazione sul piano soprannaturale Dio e le anime di quella capacit e forza d'amore che un bisogno insopprimibile. Questa castit non significher allora coibizione, oppressione, frustrazione. E dovr esser come la risultante di tutte le altre virt morali (specialmente dello spirito di preghiera e d'abituale mortificazione). Preghiera anzitutto, perch il celibato una grazia speciale e suppone una vocazione particolare: non omnes capiunt verbum istud, sed quibus datum est (Mt. 19, 11). Ed anche chi vi chiamato, avr bisogno per perseverare di praticare tutto un complesso d'esercizi ascetici: orazione mentale, piet eucaristica e mariana, frequente uso della Confessione e ricorso alla direzione spirituale. Sarebbe sbagliato impostare tutto il problema della vocazione sulla castit, considerandola isolatamente. 324

In chi s'impegna pel celibato ci dev'esser l'esenzione da peccati impuri e la previsione di saper osservare la castit. Il confessore che anche direttore spirituale, pu (e forse lui solo) venir a conoscere (o dubitare) che un giovane pur animato da buona volont ha un'eccessiva propensione alla sensualit. In qualche difficile caso pu esser opportuno consigliargli di chiedere il parere d'un medico perito e religioso (pu capitare che un giovane abbia desiderio sincero di farsi sacerdote ma sia affetto da una specie di nevrastenia sessuale, la quale assume espressioni svariatissime). Inoltre da vedere se l'inclinazione abituale verso la donna non sia cosi forte da dissuadere il celibato. Pu darsi che un giovane si conservi (almeno per il momento) puro e tutti dovrebbero conservarsi tali fino al matrimonio ma abbia una propensione verso la donna che incompatibile col celibato perpetuo. E questa spiccata tendenza ed attrattiva potrebbe esser non propriamente sessuale, ma piuttosto affettiva e romantica (a seconda della natura del giovane). evidente come un giovane che ha i suoi pensieri ed immaginazioni incentrati soprattutto sulla donna, non fatto n per la vita religiosa n pel sacerdozio. Per, quando ci sia tale inclinazione, in genere il giovane stesso che spontaneamente s'orienta verso il matrimonio. Evidentemente, non necessario per aver la vocazione che manchi ogni tendenza verso l'altro sesso. Qualche tendenza normale (superata per sempre vittoriosamente e gioiosamente) pu esser, anzi, un segno di vocazione pi sicuro che l'assenza attuale d'ogni inclinazione sessuale (sempre supponendo che ci sia l'altissima stima ed il desiderio del sacerdozio, il senso ed il gusto della vita interiore, un'aspirazione all'azione missionaria ed apostolica e tutte le altre doti richieste). 3. In chi sta per ricever l'ordine sacro al quale annesso l'obbligo del celibato , di massima, necessaria una prova sufficiente della castit. Non c' un'esplicita legge della Chiesa Latina che imponga questo esperimento; esso per una condizione ed un'esigenza implicita nell'obbligo stesso del celibato. Assumersi l'impegno della castit perfetta e perpetua senza averne l'abitudine acquisita, sarebbe una temerariet. Non si pu attendersi, coll'ordinazione, un cambiamento repentino e miracoloso. Ordinariamente non ci si libera da un'abitudine se non gradatamente, in seguito a sforzi e lotte. Chi, senza essersi prima corretto da qualche vizio grave (specialmente in materia d'im325

purit) intendesse, ad esempio, di confessare il suo stato peccaminoso e, subito dopo l'assoluzione, ricever il presbiterato, non sarebbe disposto n a ricever l'ordine sacro n il sacramento della penitenza (se non propone d'astenersi, almeno per il momento, dal ricever il presbiterato) (s. Alf., Prat. del Confess., e. V, n. 70). E non sar certo sufficiente l'esperimento positivo di pochi mesi, passati in seminario dopo il rientro dalle vacanze (durante le quali l'abitudine cattiva continuata): l'imminenza dell'ordinazione pu indurre uno stato psicologico d'emergenza provocando sforzi straordinari. Ma quale garanzia di perseveranza ci pu essere? (cfr. Vermeersch, Th. Mor., I l i , 1948, n. 30). 4. All'atto pratico, che esperimento, quindi, si richiede? Si possono dare alcune norme orientative: a) Per chi aspira al sacerdozio (nella Chiesa Latina) e si trova in trepida situazione morale, la prova di regola dovr durare pi o meno a lungo a seconda del numero delle colpe, della tendenza alla sensualit, della facilit del soggetto a cadere. L'esperimento dovr esser tanto pi severo quanto maggiore si prevede, nel caso determinato, il pericolo delle ricadute, dello scandalo (per esempio, di peccati in complicit) e quanto minori risultano le altre qualit positive (come la piet). Ora, l'esperienza insegna che il pericolo delle ricadute maggiore in chi ha propensione (con gravi mancanze) verso persone dello stesso sesso: maggiore pericolo che nel caso di mancanze in complicit (per normale propensione) con persone d'altro sesso. E queste sono pi pericolose dei peccati solitari. L'abitudine della masturbazione in certuni pu cessare per qualche occasione repentinamente e pienamente; in altri pu eliminarsi gradatamente, in virt dello sforzo costante e della pazienza. Quindi, con ragazzi costituzionalmente normali e spiritualmente deboli, opportuno, sotto certe condizioni, tentare l'emendazione. Si far una prova, la quale dovr durare, di massima, un anno e comprendere anche le vacanze passate fuori di seminario. Se c' qualche miglioramento si potr proseguire la prova ancora per qualche tempo. Se non c' nessun miglioramento, non il caso di far altri tentativi. Meglio un laico fervente che un languido sacerdote (Vermeersch, I I I , n. 30). b) Perci, quando si prevede pef segni chiari offerti dall'indole naturale, dalle consuetudini contratte, dalle tendenze (innate od acquisite) che un candidato non eviter in futuro le mancanze contro la castit, , regolarmente, da dissuadere 326

questa scelta. Non si pu n aspettare miracoli n porre sulle spalle di chi ha una forte sensualit, un peso cosi gravoso che domanderebbe un continuo eroismo. e) Si pu ipotizzare qualche caso 'in cui il confessore dovrebbe negare l'assoluzione a chi pretendesse accedere al diaconato, od al presbiterato, od all'episcopato, con speciale indegnit: ad esempio, lasciando prevedere che cadr ancora con scandalo altrui, oppure per una vera abitudine solitaria (specie se le cadute sono molto frequenti) mentre non ha che una tiepida vita interiore. In casi meno gravi l'accesso agli ordini sacri sar da dissuadere. d) Un confessore occasionale, nel dubbio, dir (od imporr) al penitente che, prima d'impegnarsi pel celibato, stia al giudizio del suo direttore spirituale. e) Il caso si farebbe particolarmente penoso se un confessore straordinario venisse a conoscere solo alla vigilia del diaconato o del sacerdozio che un soggetto penitente non pu (per le sue consuetudini peccaminose) accedere all'ordine sacro. Questo caso non dovrebbe capitare e si spera non capiti. Ma se l'indegnit fosse evidente il confessore dovrebbe esser energico. 5. Norme orientative, perch come gi ammoniva Benedetto XIV non c' una regola generale che in simili casi possa esser applicata in modo assoluto ed uniforme. Perci, nel caso concreto, il confessore terr presenti alcuni principi direttivi e poi procurer di esaminare diligentemente e di valutare con calma tutte le circostanze della persona, delle cose e dei casi; e si ricordi di non aver soltanto l'ufficio di giudice, ma anche quello di medico (De Synodo, 1. XI, e. 2, n. 18). 6. Comunque, la prova della castit e della vocazione dovr comprendere anche un periodo di tempo passato fuori del seminario perch si veda se anche a contatto col mondo il giovane sappia guidarsi, vincersi, ricorrere ai mezzi per conservarsi puro. E cosi potr fare un confronto lucido e consapevole fra quello a cui rinuncia (il matrimonio che pure un sacramento che rende santo l'amore) e quello che sceglie (uno stato pi perfetto nel quale la castit possibile ma pu esigere l'eroismo). Potr allora sentire di pi la sublimit della vocazione. Non un precetto, ma un consiglio. Non esclusione del male, ma una scelta del meglio. Il giovane dev'esser persuaso che colla grazia di Dio e la propria cooperazione non avr rimpianti. Se non ha 327

questa fiducia e questa certezza, vuol dire che non ha una vocazione sicura. La sua scelta dev'esser liberissima e perci serena e senza interiori incertezze. Egli ha un ideale: dare tutto se stesso specialmente il cuore a Cristo. Per questo sacrifica tutto volentieri. A tal fine consigliabile che durante gli anni di preparazione al sacerdozio ci sia anche un sufficiente contatto del giovane colla vita, di modo che non possa dire d'esser rimasto chiuso in un mondo irreale. Di fronte a tentazioni ed attrattive (inevitabili e necessarie) deve mostrar di saperle superare decisamente ed allegramente; deve constatare e dar l'impressione che si sente a suo agio nell'ambiente religioso anzich nei trattenimenti e divertimenti mondani. 7. Oggi questa prova della vocazione predicata insistentemente da molti. Tuttavia osservo che se giusto esigere un maggior approfondimento dello spirito della castit sacerdotale non si devono per sottovalutare i pericoli ai quali si pu andar incontro mettendo i giovani a contatto col mondo allo scopo che la loro scelta sia pi matura e pi deliberata. Questo scopo si pu ottenere anche usando le dovute precauzioni contro le tentazioni del mondo.

6. Sacerdoti Pio XII nell'Esortazione Menti Nostrae rivolgeva un particolare pensiero a quei sacerdoti che con animo umile ma con ardente carit solertemente si prestano a procurare ed accrescere la santit degli altri sacerdoti, sia come consiglieri, sia come guide nei casi di coscienza, sia come ministri del sacramento della Penitenza. Rendono un bene inestimabile alla Chiesa. Quest'opera, durante la loro vita, per lo pi rimane nascosta. Un giorno, nella gloria del Regno divino si manifester in fulgida luce (AAS, 42, 1950, 681). Son passati pi di venticinque anni da quando Pio XII cosi scriveva. Da allora si sono avuti cambiamenti d'una profondit, vastit, celerit impressionanti. Gi il Vaticano II mostrava di rendersi conto delle difficolt che i sacerdoti devono sopportare nelle circostanze della vita di oggi. Trasformazioni nelle condizioni economiche e sociali e nello stesso costume (mores). Mutazione nella stima degli uomini circa la gerarchia dei valori. I ministri della Chiesa anzi, talvolta, gli stessi fedeli hanno l'impressione d'esser estranei a questo 328

mondo; ansiosamente cercano con quali mezzi idonei e con quale linguaggio possano comunicare col mondo. Nuovi impedimenti per la fede, apparenti sterilit del lavoro compiuto, il senso d'un amaro isolamento. Tutto questo pu portare i sacerdoti at pericolo della depressione (PO, 22). Essi certamente non sono mai soli: hanno a sostegno l'onnipotente forza di Dio (ibid.). inconcepibile che un sacerdote il quale vive intensamente la vita interiore si senta solo. Per Dio stesso desidera che, proprio fra gli aiuti della vita interiore sacerdotale, intervenga la parola amica d'un confratello. A. C' una categoria di sacerdoti ferventi; un'altra di mediocri o addirittura tiepidi; ed infine ci sono coloro che sono miseramente ed infelicemente caduti. Queste cadute gravi son sempre precedute da uno stato di tiepidezza e di trascuratezza in tutti i campi della vita spirituale e morale (omissione delle pratiche di piet, facilit e consuetudine ad esonerarsi dalla recita del breviario, Messa celebrata in fretta, disordine ed omissione nell'applicazione delle Messe ordinate...). La maggior parte dei sacerdoti secolari che si professano favorevoli per un celibato facoltativo e non obbligatorio, ha l'et fra i 35 ed i 40 anni: Dopo lunga esperienza di vita parrocchiale ed amare delusioni , ha detto qualcuno. Diciamo piuttosto: dopo passati gli anni del fervore giovanile al quale subentrato l'attivismo, la rilassatezza della vita spirituale, i compromessi con le suggestioni della mondanit e della sensualit. Certamente le contrariet, gli insuccessi, le frustrazioni possono portare uno stato di abbattimento ed anche la malattia, dannosa alla stessa vita spirituale. Ma coll'aiuto della grazia e la cooperazione d'una volont energica, tutto pu trasformarsi in purificazione dello spirito ed in sempre nuovo slancio d'apostolato nel campo di lavoro voluto da Dio. Il confessore pu fare un bene immenso ai suoi confratelli che gli chiedono l'assoluzione sacramentale e l'aiuto d'una qualche direzione spirituale. Potrebbe arrestare un sacerdote che sta scivolando sulla china che porta verso l'abisso. Chi gi recidivo, consuetudinario ed occasionano, assai difficile che si liberi dai legami peccaminosi: coloro che hanno esperienza della vita (oltre che conoscenza della dottrina morale ed ascetica) dicono che la risurrezione d'un sacerdote gravemente abitudinario una specie di miracolo. C' chi aggiunge che, come ogni miracolo, non frequente. Per abbiamo fede possibile: la gra329

zia, nell'intimo delle anime, miracoli ne fa continuamente. Certo non si pu attendere i miracoli senza usare i mezzi naturali e soprannaturali per la guarigione. E per la guarigione la dose del farmaco dev'essere proporzionata alla gravit del male. Anzitutto bisognerebbe ottener da un sacerdote lo sforzo energico per riprendere l'assiduo esercizio della preghiera vocale e mentale per la quale la sua anima, arida e dissipata, non sente pi, sulle prime, nessuna attrattiva. B. Consideriamo, ora, i presbiteri in genere. Il confessore aiuter il confratello penitente a risolvere specialmente tre conflitti, oggi sentiti in modo particolare dai sacerdoti: il conflitto fra personalit ed obbedienza; il conflitto fra azione e contemplazione; il conflitto fra umanesimo e povert, fra umanesimo e penitenza. I. Personalit ed obbedienza. La vera obbedienza non anzitutto adesione alla cosa comandata (che pu esser contraria al proprio giudizio e desiderio) ma all'autorit: per conseguenza lo anche a ci ch'essa comanda. Ges non accord in primo luogo il suo si alla morte sulla Croce (che, anzi, la sua umana volont chiese, se possibile, che le fosse risparmiata) ma al volere del Padre. Ed aderire ad un'autorit, in quanto derivata da Dio, la nobilt dell'uomo libero perch significa legarsi a Dio. La grandezza dell'uomo sta in quest'unione, non nella indipendenza del suo arbitrio personale. La sua personalit unita a Dio non verr impoverita ma affermata ed accresciuta. Perci il Vaticano II ricorda fra le virt che massimamente sono richieste, al ministero dei presbiteri quella disposizione d'animo per la quale sono sempre preparati a cercare non la propria volont, ma la volont di Colui che li ha mandati . E siccome il ministero sacerdotale il ministero della Chiesa stessa, perci non pu esser adempiuto se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo . La carit pastorale domanda ai presbiteri il dono della propria volont nel servizio di Dio e dei fratelli ; l'obbedienza al Sommo Pontefice, al Vescovo, agli altri superiori (PO, 15). D'altra parte, aggiunge il decreto, questa stessa carit muove i presbiteri a cercare prudentemente vie nuove, nell'esercizio del proprio mandato, per un maggior bene della Chiesa . Perci essi esporranno con confidenza le proprie iniziative a coloro che esercitano autorevolmente l'ufficio di reg330

gere la Chiesa di Dio e saranno sempre preparati a conformarsi al loro giudizio (ibid.). Obbedienza verso chi al governo della Chiesa. Fra di loro, i presbiteri sono uniti da una fraternit che si fonda nella stessa ordinazione sacerdotale ( inter se intima fraternitate sacramentali nectuntur , PO, 8). Questa fraternit si esprime in tutte le forme che la carit pu suggerire secondo i casi concreti. Perci i pi anziani accoglieranno veramente come fratelli i pi giovani, li aiuteranno nelle prime esperienze e fatiche ministeriali, cercheranno di comprendere la loro mentalit, anche se diversa dalla propria, seguiranno con benevolenza le loro iniziative. I giovani, ugualmente, rispetteranno l'et e l'esperienza degli anziani e con loro studieranno i problemi riguardanti la cura d'anime e volentieri collaboreranno (PO, 8). Ma oggi c' chi pensa che il Vaticano II superato, in quanto, se parla dei sacerdoti anche come fratelli ed amici del vescovo (PO, 7), con troppa insistenza afferma che i vescovi debbono trattare i sacerdoti come figli (LG, 28; CD, 16). Contro questa concezione s'invoca da certuni un regime collegiale ed una democratizzazione delle strutture della Chiesa. Ma purtroppo, si dice, Consigli presbiterali e pastorali non funzionano perch c' poca capacit al dialogo e poca generosit a rinunciare ad una monocrazia vigente da secoli. A costoro si potrebbe far presente che il regime collegiale importerebbe ai singoli una responsabilit pi pesante dell'obbedienza di chi dopo aver esposto le sue ragioni rimette la decisione al Superiore. Si pu anche chiedersi se le soluzioni dei problemi approvate dai Consigli dopo tante discussioni, siano sempre soddisfacenti, e se, pel fatto che rappresentano l'opinione della maggioranza, siano sempre le pi illuminate. Comunque, il Vaticano II, pur suggerendo ai vescovi di avere i sacerdoti come fratelli ed amici, d'esser pronti ad ascoltarne i pareri, anzi, di consultarli e d'esaminare insieme i problemi riguardanti i ministeri ed il bene della diocesi, di avere una comunione o senato di sacerdoti, rappresentanti il presbiterio, che coi suoi consigli possa aiutare efficacemente il vescovo nel governo della diocesi (PO, 7), d'altra parte lo stesso Concilio non poteva non raccomandare ai presbiteri di venerare nel loro vescovo l'autorit di Cristo, d'essere a lui uniti nella carit e nell'obbedienza: un'obbedienza pur pervasa dallo spirito di collaborazione (PO, 7). Ma se c' un'autorit legittima efficiente, non si pu aspettarsi che le sue disposizioni con331

cordino sempre col giudizio e colla volont di chi all'autorit unito per carit ed obbedienza. Conformarsi all'altrui volont , talora, molto pesante alla natura umana. La fede lo facilita. II. Azione e contemplazione. Uno stato di vita che le unisce e realizza entrambe in giusta dose ed equilibrio lo stato pi completo (S. Tb. IMI, q. 188, a. 6). 1. L'apostolo di vita attiva deve coltivare anche ed anzitutto la sua vita interiore, sia perch questa l'opera pi sublime, sia perch la garanzia d'una attivit conforme ai desideri di Dio, protesa alla Sua maggior gloria, esercitata come pregava S. Bonaventura cum humilitate et discretione, cum dilectione et delectatione, cum facilitate et affectu, cum perseverantia usque in finem . Parlo di contemplazione in senso molto amplio che comprende, oltre all'orazione vocale e mentale, anche lo studio (visto come vittoria dello spirito sulla materia, come subordinazione a Dio Verit): contemplari et contemplata aliis tradere . La vita contemplativa in senso stretto designa un singolare stato di vita, un mezzo particolare di perfezione, una specifica spiritualit che non praticamente possibile ad un sacerdote che vive ed opera nel mondo. Ma la vita interiore e lo studio sono possibili e necessari a tutti. Tanto pi al sacerdote di vita attiva. Il quale non pu mai tralasciare lo studio e lo sforzo per apprendere i migliori metodi d'evangelizzazione e d'apostolato (PO, 19). E nella sua vita accanto (e non sol dentro) al tempo consacrato allo studio ed all'attivit apostolica deve fissare un tempo consacrato alla sua personale intimit con Dio. Bisogna ch'egli sappia volgersi a Lui che lo aspetta (GS, 14) per un incontro esclusivo: evadere dalla vita, sospendere ogni altra attivit, escludere ogni altra preoccupazione, per stare sotto lo sguardo di Dio con una preghiera che sia solo preghiera, allo stato puro. Come ci ha insegnato il Maestro. 2. E non basta la preghiera liturgica. Occorre anche l'orazione mentale, altrimenti neppur quella liturgica sar gustata e trasformata in vita. Il Vaticano II la raccomanda (perch di provata efficacia PO, 18). Come raccomanda il colloquio quotidiano con Cristo Signore nella visita e nel culto personale della Santissima Eucaristia (ibid.) (visita ed adorazione oggi da certi cattolici poco praticata e poco favorita); come raccomanda di
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fare volentieri il ritiro spirituale e di avere in grande stima la direzione spirituale , {PO, 18). Il Vaticano II parla dei presbiteri i quali insegnano ai fedeli a partecipare in tal modo alle celebrazioni della Sacra Liturgia da attingere anche in esse l'orazione sincera : segno d'un pericolo che questa sincera orazione venga a mancare nelle pratiche comunitarie. Vorremmo proporre una ... questione diceva Paolo VI il 13.VI.1973: sappiamo pregare? Non mettiamo in dubbio con questa aggressiva domanda aggiungeva la validit, l'efficacia, il successo della riforma liturgica...; intendiamo piuttosto chiedere se l'uomo di oggi... sappia ancora cavare dal suo cuore qualche sincero, sia pure informe, ma vivo e personale colloquio con Dio {Insegnamenti, T. Vat. XI 1973, pp. 597-98). Il Vaticano II parla dei presbiteri che guidano i fedeli ad avere lo spirito di preghiera sempre pi perfetta, da esercitare in tutta la loro vita, secondo le grazie e le necessit di ciascuno {PO, 5). Ma i sacerdoti non potranno dare simili consigli se per primi non li praticano con impegno e perseveranza. 3. I sacerdoti non hanno in virt del presbiterato il dovere di celebrare ogni giorno la Messa. Bens hanno dalla Chiesa l'incarico di pregare in suo nome, santificando la giornata con quell' opus Dei che la recita dell'Ufficio divino. Con questo estendono alle diverse ore del giorno le lodi ed il ringraziamento che compiono nella celebrazione dell'Eucaristia... Pregano Dio, in nome della Chiesa, per tutto il popolo loro affidato, anzi per tutto il mondo {PO, 5). Nella Institutio generalis della Liturgia delle Ore (S. C. pr Cultu Divino, 11.IV.1971) si legge: I vescovi..., i presbiteri e gli altri ministri sacri che hanno avuto dalla Chiesa il mandato di celebrare la Liturgia delle Ore, lo adempiano recitando ogni giorno integralmente le parti secondo le quali l'Ufficio si svolge, cercando per quanto possibile, che la recita delle singole ore corrisponda ai tempi (n. 29). E Paolo VI nella Costituzione Apostolica Laudis Canticunu del 1.XI. 1970, ripete la stessa espressione: integrum eius cursum cotidie religiose persolvant . Qualcuno per si chiesto se la recita dell'Ufficio costituisca ancora un obbligo stretto e grave com'era affermato prima dal momento che non se ne parla pi nei termini usati dal CJC ( obligatione tenentur , e. 135); e questo specialmente nei riguardi di certe Ore dell'Ufficio, poich detto, con una 333

certa gradualit, che la prima importanza dev'esser data alle Lodi ed ai Vesperi che sono come i cardini della liturgia delle Ore; che si sia fedeli all'Ufficio della Lettura; e che, per meglio santificare tutta la giornata, si abbia anche a cuore la recita dell'Ora Media e di Compieta. Pertanto alcuni hanno avanzato l'opinione che, almeno per quanto riguarda qualche singola Ora , la recita del breviario sia diventata un consiglio. Senonch stato autorevolmente affermato che la riforma del breviario non ha cambiato l'obbligatoriet tradizionale... Il verbo persolvant ha lo stesso valore morale di obligatione tenentur del can. 135 . La scelta d'una espressione diversa sarebbe motivata solo dall'intento di venir incontro alla mentalit moderna che ama assecondare pi le convinzioni che le imposizioni (A. Bugnini, Opportuno ordinamento, OR, 24.XI.1972, p. 2). Di fatto, oggi non pi tanto facile vedere sacerdoti col breviario in mano. Neppure in chiesa. Fino a qualche decina d'anni fa si aveva l'impressione che questo libro fosse, per 1' uomo di Dio a cominciare dal suddiaconato il compagno inseparabile: lo si portava sotto braccio o in tasca; si cercava l'edizione secondo la misura pi idonea all'uso dal grande salterio per la recita corale o domestica al minuscolo formato che si portava nei viaggi e nelle scalate entro il sacco da montagna; lo si recitava dovunque, in chiesa davanti al SS. Sacramento o per i viali ed i sentieri appartati, nel .giardino di ogni istituto religioso; qualche volta lo si dimenticava in una panchina dei giardini pubblici od in treno ma lo si ritrovava immancabilmente alla pi vicina canonica o stazione ferroviaria. Purtroppo non solo la mancanza della visibile recita in luogo pubblico che fa nascere preoccupanti sospetti. Qualche inchiesta parla chiaro. Un settimanale del clero riferiva di recente i risultati d'un sondaggio operato dalla conferenza episcopale austriaca nel 1971. Si leggeva che tra i sacerdoti sopra i 61 anni il 90% recitava l'ufficio regolarmente; il 10% saltuariamente o non quotidianamente; tra i giovani (sotto i 32 anni) solo il 18% lo recitava quotidianamente; P82% non ogni giorno. Gli intervistati (non fedeli alla recita) hanno addotto a loro giustificazione il sovraccarico di lavoro e la molteplicit di attivit che non lascia neppure il tempo al ministero delle Confessioni ed ai colloqui sulla fede, al lavoro d'assistenza pastorale ai gruppi, di direzione spirituale ai singoli. Sono scuse che non meritano neppure risposta. 334

4. Bisogna che il sacerdote sappia unire armoniosamente preghiera ed azione e cosi superi un certo qual conflitto o senso di divisione che pu provare nella sua vita spirituale: l'impressione d'esser quasi lontano da Dio (a causa di tante occupazioni disparate e dissipanti), impressione contrastante col bisogno di esser 1' homo Dei , tanto vicino a Lui. Ma se mosso dal desiderio della gloria di Dio cio dalla carit teologale allora egli deve aver fede che azione e contemplazione non sono come divise e giustapposte. La sintesi offerta: in virt della carit; e questo principio d'unificazione della vita sacerdotale anche il segreto della sua efficacia. L'azione allora non solo santificata, ma santificante. Per la sintesi operata dalla carit la santificazione del sacerdote effetto sia della preghiera sia dell'attivit esterna. S. Tommaso nella II-II, q. 182, a. 3, si chiede utrum vita contemplativa impediatur per vitam activam e risponde che, da una parte, certamente l'attivit esterna pu impedire di pensare esplicitamente a Dio; d'altra parte un vantaggio e favorisce la stessa contemplazione, quando il lavoro sia ordinato e sano, in quanto che quieta le passioni interiori dalle quali provengono i fantasmi che impediscono la contemplazione . Il Vaticano II ai presbiteri i quali non sine anxietate quaerere possunt quomodo cum exterioris actionis ratione interiorem vitam suam ad unitatem componere valeant , ricorda che per ottenere questa unit non bastano da sole, n l'ordinata organizzazione esterna delle opere di ministero, n la pratica per quanto utile degli esercizi di piet... I sacerdoti dovranno << unirsi a Cristo nel riconoscere la volont del Padre e nel donare s stessi pel gregge loro affidato... Cosi nello stesso esercizio pastorale della carit troveranno il vincolo di perfezione sacerdotale che realizza l'unit della vita interiore e dell'attivit esteriore (PO, 14). III. Umanesimo e mortificazione. Un sano umanesimo favorito e vissuto dalla Chiesa, sempre antica e sempre nuova. Ma non c' perfezione della vita cristiana senza mortificazione interna ed esterna, spirituale e corporale. 1. Il sacerdote sar aperto e sensibile a tutti i problemi che travagliano l'umanit. Ma terr sempre presente che il suo compito specifico non d'ordine sociale, economico, politico, ma religioso (GS, 42). Egli civilizza evangelizzando e dispensando i Misteri di Dio . Oggi diceva Paolo VI il 10.X.1973 al 335

Collegio Germanico Ungarico anche si pone fortemente l'accento sulla vita del sacerdote come vita di servizio, sull'esempio di Cristo "uomo-per gli altri", secondo una felice e ben nota espressione. Va per precisato che il servizio del sacerdote, che voglia restare fedele a se stesso, servizio squisitamente ed essenzialmente spirituale. Questo oggi occorre ben ricordare, contro le molteplici tendenze a secolarizzare il servizio sacerdotale, riducendolo ad una funzione prevalentemente filantropica e sociale. nell'area delle anime, delle loro relazioni con Dio e dei loro rapporti interiori con i propri simili, che si qualifica la specifica funzione del sacerdote cattolico (Insegnamenti di Paolo VI, T. Vat. XI, 1973, p. 893). Ministeri principali del sacerdote: evangelizzazione in tutte le forme ( sufficiente la brevissima omelia domenicale? ed, anche questa, com' preparata?); amministrazione dei sacramenti (ci sono sacerdoti che si dolgono perch non trovano penitenti presso il confessionale, ma ci sono fedeli che si lamentano perch non trovano confessori presso i confessionali). 2. Il Vaticano II anzitutto ricorda la soprannaturalit della missione sacerdotale: il fine a cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la loro vita la gloria di Dio Padre in Cristo (PO, 2). Poi, secondo le istanze dell'umanesimo, raccomanda loro quelle virt molto utili e molto apprezzate nella societ umana, quali la bont del cuore, la sincerit, la forza d'animo e la costanza, l'assidua osservanza della giustizia, la gentilezza... (PO, 3). E su queste virt un sacerdote (specialmente se di vita attiva ed in cura d'anime) avr senza dubbio molta materia e molte occasioni per interrogarsi. Ma la virt-guida sar sempre la prudenza. Nello stesso esercizio della bont. Non la prudenza del mondo (che non virt) ma la prudenza soprannaturale; la quale per non trascura gli umani accorgimenti. Ad esempio, c' chi vive d'entusiasmo forza potentissima e preziosissima ma rifugge dalla prudente valutazione delle proprie possibilit, dalla riflessione sulle circostanze e le conseguenze d'una iniziativa. Formula con sensazionali dichiarazioni splendidi programmi ma senza possedere i mezzi adeguati, e quindi con una certa leggerezza e faciloneria (a cui pu far seguito l'incostanza). questa, in taluni sacerdoti, una tendenza caratteristica della loro indole; talora per questa condotta difesa per principio. La fiducia nella Provvidenza non che da ammirarsi, ma, senza speciale e sicura ispirazione, non si pu confidare nei miracoli. Si pensi alla predicazione attuale: c' 336

chi tiene come regola che, per questo ministero, basta la preparazione remota e la vita fervente (come se lo Spirito suggerisse ai suoi amici quanto dovranno dire). Ma cos, spesso, la predicazione non preparata, non meditata non riesce o conclude poco;, talora disgusta. D'altra parte, ci pu esser anche la pi fatale delle imprudenze: l'irrisolutezza, l'inadempienza, l'eccessiva esitazione, complessit, perplessit, timidit. Bisogna osservare il giusto mezzo: n esser troppo sbrigativi n minuziosi. Dare un po' d'ordine e di gerarchia alle proprie azioni, senza per diventar schiavi d'un programma fino a riuscir duri e scortesi col prossimo. Prudenza, dunque, nell'organizzazione del lavoro apostolico, come ha raccomandato Ges colla parabola dell'uomo che coepit aedificare et non potuit consummare (Le. 14, 30). C' un coraggio che Dio approva, sostiene, premia; e c' il falso coraggio di chi osa senza la debita ponderazione, di chi vive di fantasia: nel regno della fantasia i progetti si realizzano in un baleno; nell'ordine della realt domandano un lavoro lento, faticoso, paziente, attraverso mille difficolt prevedibili ed imprevedibili. C' chi ha la tendenza a far tutto da solo, a non chieder mai consiglio, col risultato, spesso, di lasciar poi cadere tutto. Nella sua Lettera sulla S. Sede il Lacordaire affermava che il segreto del prodigioso influsso che il Pontificato Romano ha avuto nella storia del mondo anzitutto la grazia di Dio, ma che, da parte degli uomini, ci sono due virt che illuminano e spiegano questo prestigio operante: una prudenza insuperabile ed una costanza invincibile (che mancano a molti politici). Prudenza, per la quale ci si chiede non solo se un'azione lecita, ma anche se opportuna, come s. Bernardo consigliava al suo discepolo, il Pontefice Eugenio I I I : primo quidem an liceat, deinde an deceat, postremo an expediat . La prudenza pu suggerire di frenare un gesto di carit, di cortesia, di benevolenza, che, in s considerato, sarebbe buono, ma considerate le circostanze, forse sconveniente o pericoloso. Prudenza, ad esempio, nei colloqui, specialmente con persone d'altro sesso. Come ci ha insegnato Ges nel suo colloquio colla samaritana. Tono cordialissimo, gentilissimo ( Dammi da bere , Gv. 4, 7), ma, nel tempo stesso, elevatissimo. Un accento che conquista confidenza e fiducia ed, insieme, venerazione e rispetto, anzi, fa sentire la presenza di Dio ( Signore, io vedo che tu sei un profeta , Gv. 4, 19). Saper introdursi con dolcezza e con una santa abilit, ma aver, come Ges, la fermezza nei principi e la riservatezza nel contegno. Il sacerdote non deve perder tempo a
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parlare con tutti delle cose proprie, dispiaceri, gioie, malesseri. C' chi pensa che, per una efficace direzione spirituale, per disporre gli altri ad aprirsi sinceramente, sia bene che il sacerdote apra a loro la sua anima. Ma c' invece da chiedersi se queste confidenze sui propri intimi problemi come le facili ed acide critiche sull'operato della gerarchia ecclesiastica favoriscano la fiducia che i fedeli devono avere nel rappresentante di Cristo. Uno scrittore d'ascetica suggerisce al sacerdote che incontra qualche anima femminile (od ha un ministero fra le giovani): Senz'esser chiuso, sii riservato. Senz'esser distante, mantieni le distanze (G. Courtois, A te giovane sacerdote, Milano, 1952, p. 195). Bont di cuore e gentilezza (PO, 3): ad esempio, moderare una certa aggressivit con cui l'uomo d'azione (anche apostolico) crede di travolgere chi gli ostacola il cammino: colle belle maniere, senza prender di fronte il prossimo e senza perder il buon umore, forse raggiungerebbe pi efficacemente lo scopo. Si deve esser fermi nei principi che non permettono cedimenti e compromessi, ma nel modo di difenderli bisogna toccare il tasto che meglio dispone l'animo e persuade la mente del singolo interlocutore. Certe mancanze di tatto e certe cocciutaggini, con sfoghi e scatti (specialmente in questioni di poca importanza) irritano ed allontanano il popolo quando lo si contraria in ci a cui per tradizione affezionato. Certe imprese azzardate fan poi tanto soffrire ed il sacerdote che prende l'iniziativa e chi forse stato trascurato (mentre poteva perlomeno essere consultato) e chi vi coinvolto. Bont di cuore e gentilezza . Avere con tutti, senza far distinzione di persone cavendo a personarum acceptione quella simplicitas (di cui parla Benedetto XIV, De Beatificat. servorum Dei et de Beat. Canoniz., Bononiae, 1744, e. 24) e quella humanitas di cui parla il Vaticano II (PO, 6). 3. Umanesimo significa servirsi, a scopo d'apostolato, di tutti i mezzi umani che servono alla cultura dello spirito ed al sano e ragionevole divertimento. Il problema sorge tormentoso quando questi strumenti di comunicazione sociale trasmettono anche notizie ed immagini dannose o pericolose. Resti fermo: ci che male resta male; non diventa bene per la ragione che il minor male. 4. Umanesimo pel sacerdote significa dare giusta importanza (anche se di strumentalit) al fattore corpo . Il ritmo febbrile della vita moderna con le tensioni e gli esaurimenti di tante 338

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persone impegnate ha fatto sentire, pi che pel passato, la funzione che il fisico ha nella stessa vita spirituale. Il sacerdote pertanto che vuol condurre un'intensa vita d'apostolato e di preghiera, cura debitamente anche la sua salute. Certi sbandamenti dipendono pi da fattori patologici che da cattiva volont: qualcuno s' smarrito perch andato avanti senza una sapiente ed energica terapia di qualche grave squilibrio fisico e psichico. Occorre dunque, senza cadere in un naturalismo eccessivo, realizzare una sintesi prudente dell'elemento spirituale e di quello fisico. Per questo, richiesta talora una moderazione nelle attivit. Il Vaticano II afferma che i sacerdoti devono avere una retribuzione che consenta loro, ogni anno, un debito e sufficiente periodo di ferie. Ed i vescovi devono cercare e controllare che questa possibilit ai sacerdoti non manchi (PO, 20). 5. Mortificazione. Il discorso su quest'argomento oggi mal si sopporta. Ma non esiste autentico umanesimo senza mortificazione. La vita moderna poi mette il sacerdote nella necessit d'una continua vigilanza. Pio XII nell'Esortazione Menti Nostrae , accennando ai tanti pericoli, alla dissolutezza dei costumi pubblici, alle seduzioni del vizio che oggi con tanta frequenza e facilit insidiano la castit sacerdotale, rilevava pure l'eccessiva libert nei rapporti fra persone di diverso sesso che alle volte s'introduce senza debiti riguardi, anche nell'esercizio del suo sacro ministero. Vigilate e pregate, raccomandava ai sacerdoti sempre memori che le vostre mani toccano le realt pi sante. Memori che siete consacrati a Dio ed a Lui solo dovete servire. L'abito stesso che portate, in qualche modo vi ricorda che la vostra vita non per il mondo ma per Dio {AAS, 42, 1950, 664). 6. L'intensa attivit apostolica d'oggi domanda al sacerdote temperanza nel vitto (perch, sia in ogni momento, pronto e disponibile all'azione), temperanza nell'uso del tempo, nelle stesse occupazioni oneste e sante, quali i colloqui. 7. Umanesimo significa non temere d'usare (per falsa povert od inerzia) tutti i mezzi in quanto servono al fine supremo (la gloria di Dio e la salvezza delle anime). Ma questo prudente umanesimo pu e deve unirsi allo spirito di povert e ad una reale povert (relativa alla situazione dei singoli) la quale non interessa solo i religiosi che ne hanno fatto il voto. Il sacerdote dev'esser sibi austerus : osservare temperanza, moderazione, semplicit nel suo tenore di vita, nella sua abitazione, nel mezzo 339

di trasporto, evitando ogni lusso non giustificato da un fine superiore. Testimonier, coi fatti, che usa dei mezzi umani solo per la gloria di Dio ed staccato dalle cose terrene. 8. Ci si augura che sacerdoti e religiosi non mostrino per falsa povert od indolenza anche nella loro chiesa quella sciatteria che, specie oggi, si nota spesso nel loro abito. Pur non dimenticando il proverbio: prima le anime e poi il campanile , non si pu non desiderare che la casa di preghiera nella quale la Santissima Eucaristia celebrata e conservata, nella quale i fedeli si radunano... sia nitida ed atta alla preghiera ed alle solenni celebrazioni sacre (PO, 5; cfr. SC, 122-127). 9. In ossequio ad un certo umanesimo od alla secolarizzazione, molti sono tratti ad eliminare dal proprio abito ogni segno distintivo del loro stato sacerdotale o religioso. Eliminazione che sia pur per motivi d'ordine pratico vorrebbero estendere anche alle celebrazioni e riti sacri: stato chiesto all'autorit competente se sia lecito celebrare la Messa senza i paramenti sacri o colla sola stola indossata sopra la veste talare o l'abito civile. E la S.C. per il Culto divino ha risposto che non intende derogare n circa le disposizioni di carattere generale n circa gli indulti particolari. stato dato il permesso di celebrare la Messa colla sola casula chiusa tutt'intorno fino ai talloni e colla stola posta all'esterno. Ma anche quest'uso limitato ai casi di necessit e dev'esser autorizzato su richiesta della Conferenza Episcopale di ciascun paese (cfr. Notitiae , 81, 1973, pp. 96 ss.; A. Bugnini, Celebrare con decoro, OR, 28.VII.1974, p. 2). Con tali disposizioni si vuol mantenere il decoro dei riti, aiutare, anche mediante i segni esteriori, lo spirito umano ad elevarsi e sentire il mistero del sacro. Anche per esser affezionati alla divisa che abbiamo indossato come segno del nostro ingresso ufficiale nella vita sacerdotale o religiosa, ci sono validi ed alti motivi. La amiamo perch rappresenta per noi e per gli altri la nostra consacrazione a Dio; perch benedetta; perch ci stata consegnata dal Vescovo a nome della Chiesa; perch continuo richiamo ad una fede intrepida di fronte al mondo; perch ci ricorda che tutto transitorio e siamo in cammino verso la patria; la amiamo perch ci guadagna pi rispetto e venerazione da parte di tutti; perch anche se povera, vecchia, rattoppata (purch pulita) sempre dignitosa, sempre bella, sempre elegante; la amiamo perch sappiamo che per noi una difesa contro tutti i pericoli del mondo. 340

10. Il presbitero l'uomo che con eroico olocausto, ha rinunciato propter Regnum coelorum a certi valori terrestri, in primo luogo alle soddisfazioni della vita sessuale. Il suo umanesimo quindi unito alla rinuncia. La quale non sar una perdita (se desiderata e suggerita da Dio con la vocazione) ma un guadagno: fonte d'una gioia immensa. Perci i sacerdoti per la loro vocazione e per la loro ordinazione vengono ad esser in certo modo, segregati in seno al Popolo di Dio. Ma non per rimaner separati dal Popolo e da ogni persona, ma per poter darsi totalmente all'opera per la quale il Signore li ha assunti... Testimoni e dispensatori d'una vita che non quella terrena, non potrebbero servire gli uomini, se si estraniassero dalla loro vita, ignari delle sue condizioni reali (PO, 3). Proprio in virt sia d'un sano umanesimo, sia della stessa rinuncia a qualche umana soddisfazione, il sacerdote acquista una sensibilit spirituale e soprannaturale che gli permette di interpretare e pesare (come se l'avesse vissuta e sofferta) tutta la vita concreta d'un uomo o d'una donna. Ha scritto un laico: Quando i laici cristiani hanno veramente incontrato una volta in vita un prete, che ha "compreso", che entrato con cuore d'uomo nella loro vita, nelle loro difficolt, essi non lo possono pi dimenticare . Vogliono per che rimanga padre : non occorre che adotti lo stile cameratesco; e tanto meno la stessa vita del laico. Quando io chiamo "padre" un giovane frate che pu esser mio figlio e lo tratto con grande rispetto, come se la sua et non fosse la sua et d'uomo, ma i duemila anni della Chiesa, lo faccio anche perch lui fa rinunzie che io non sarei mai stato capace di fare (V.C. Rossi, in Epoca , Febbraio 1970). Purtroppo diceva Paolo VI ad un gruppo di sacerdoti il 26.IX. 1973, viviamo in un momento in cui da molte parti, in nome di un adeguamento ai tempi che invece conformit allo spirito del mondo, si sollevano dubbi e incertezze sulla vera natura del sacerdote e sulla sua giusta collocazione in seno alla societ. Sacerdoti carissimi... rimanete fedeli alle vostre scelte, ai vostri sacri impegni, alla vostra irrevocabile consacrazione a Dio avvenuta nel giorno della vostra ordinazione {Insegnamenti, XI, p. 894). IV. Sul problema del celibato al confessore pu capitare di dover sia discutere sul piano teorico, sia dare qualche consiglio sul piano pratico a chi sconvolto dall'uragano e, forse, ha gi preso intimamente la decisione di defezionare. Il celibato importa 341

una difficolt si legge nel n. 7 dell'Enciclica Sacerd. Caelibatus di Paolo VI, 24.VI. 1967 , difficolt che spinge taluni a chiedersi se sia giusto allontanare dal sacerdozio coloro che avrebbero la vocazione ministeriale senza aver quella della vita celibe (AAS, 59, 1967, 660). Oggi pu darsi che anche qualche aspirante al sacerdozio si permetta di contestare la disciplina della Chiesa Latina. Tempo addietro nessuno si sarebbe sognato di far questione su tale argomento: esser sacerdote significava anzitutto, pacificamente, rinunciare alla vita coniugale ed impegnarsi ad osservare la castit esterna ed interna. Realmente, per una persona che ha normali tendenze, il pi grande sacrificio. Un sacrificio ed un'offerta fatta a Dio, la quale per garanzia d'un'abbondanza straordinaria di grazie divine pel sacerdote e di carismi pel suo ministero a vantaggio degli altri. Strettamente parlando, secondo la morale, non sono peccaminosi i desideri spirituali di ci che proibito solo dal diritto positivo purch sia posta la condizione: se non fosse proibito ; perci, per s, non sarebbe illecito avere questa condizionata disposizione di spirito: mi sposerei se non fossi sacerdote (purch non sia una disposizione accompagnata da deliberata concupiscnza). ovvio per come simile desiderio possa esser pericoloso; anzi, sarebbe indice (specie se si trattasse di chi aspira al sacerdozio) d'una mentalit che lascia perplessi. 1. A chi non sacerdote e mette in dubbio l'opportunit del celibato obbligatorio si dovrebbe dire che spetta alla Chiesa regolare colle sue norme la vita dei sacerdoti e stabilire i requisiti al sacerdozio. A meno che non si neghi l'autorit che il Maestro le ha conferito. Certamente Dio che chiama un'anima al sacerdozio ma nella Chiesa e per mezzo della Chiesa. Ognuno libero di fare questa scelta. Se la fa non pu non conformarsi alle disposizioni della Chiesa. Chi pu esser sicuro di sentirsi chiamato al sacerdozio, ma non al celibato ed aver il coraggio di metter decisamente in dubbio che, circa questo requisito tanto importante, la volont di Dio s'identifichi colla volont della Chiesa? 2. Pu anche darsi che qualcuno s'appelli alla Scrittura contro la legge attuale della Chiesa che impone il celibato ai sacerdoti. Certamente il celibato non richiesto dalla natura stessa del sacerdozio. Paolo parla del vescovo sposato. Ma conosciamo bene qual il suo consiglio. E sappiamo quale fu la vita di Ges; e quale fu, dopo la chiamata, la vita degli apostoli che lasciata 342

ogni cosa : casa, famiglia, mestiere lo seguirono (Le. 5, 11) per andar incontro, sulla scia del Maestro, ad un destino di vita e di morte. Comunque, la Chiesa alla quale il credente guarda per conoscere la sua mens , la Chiesa viva d'oggi, la Chiesa guidata lungo i tempi dallo Spirito. E nessuno pu esigere ch'essa, quando emana (o conserva) una legge, domandi l'approvazione dei singoli, con metodo democratico. Ma, per esser sinceri ed andar in fondo, c' da chiedersi se la battaglia anticelibataria non tradisca in molti la persuasione che la continenza impossibile. Eppure, oltre ai sacerdoti, ci sono molti laici che non possono usare del matrimonio. La grazia deve dar loro (se fanno il possibile) la possibilit di conservarsi casti. Sar difficile, sar eroico, ma deve esser possibile. Gli sposati stessi devono osservare la castit coniugale, il che significa fedelt al coniuge, conformit alla legge di Dio nell'uso del matrimonio, osservanza della continenza in certi periodi. 3. Il confessore quando accoglie un confratello in crisi e gli richiama i motivi del celibato procurer di non inasprirlo con risposte secche, dure ed umilianti. Bisogna esser pieni di comprensione e di tenerezza verso chi, in certi momenti, si trova nel totale disorientamento, nel buio assoluto, nella perplessit angosciosa: una prova che domanda un coraggio eroico. Il compito del consigliere spirituale talora tutt'altro che facile: ha due obbiettivi: ottenere che il sacerdote non ceda alla passione travolgente dei sensi; e poi conquista ancora pi profonda e pi stabile ottenere un certo cambiamento di mentalit riguardo a questo problema. Chi solo si rassegna al suo stato dovrebbe esser condotto ad aderirvi con grande slancio dell'animo e con tutto il cuore..., a riconoscere questo prezioso dono concesso dal Padre e tanto apertamente esaltato dal Cristo {PO, 16). Il confessore consigli anzitutto al confratello d'attender con fede ed -in preghiera che passi la tempesta, senza impressionarsi, senza prender decisioni precipitose, senza manifestar imprudentemente ad altri certi stati d'animo che sogliono esser transitori (dipendono spesso ed in gran parte dalle condizioni di salute: bisogna che ritorni un po' di energia che favorisce uno stato di maggior calma e serenit). Sapr poi con delicatezza ed amore ricordargli ragioni e fatti che fanno necessariamente riflettere chiunque (a prescindere dalle discussioni teologiche e dalle disposizioni ecclesiastiche): difficolt (dir) ci sono in ogni stato; laici che si sono conservati 343

puri fino al matrimonio, confessano di trovar maggiori difficolt a conservare la fedelt coniugale e l'astinenza (nei periodi in cui necessaria o consigliabile agli sposi). un'illusione credere che rinunciando al celibato si risolva il problema della purezza: gli adulteri tanto frequenti e gli abusi matrimoniali fanno pensare che pi facile osservare e difendere la castit assoluta, per chi ne ha contratta l'abitudine. S'aggiunga, pel sacerdote, il disagio e l'imbarazzo di sentire intorno a s gente la quale (anche se non ha fede e pratica religiosa) non ama, non approva, stima meno chi, dopo aver preso un impegno (che lo eleva al di sopra degli altri) getta le armi e segue la via comune: una bandiera ammainata per mancanza di maturit. Anche il matrimonio dei preti? , si chiedeva Alfredo Oriani. E rispondeva: ... Cristo nasce dalla Vergine, passa sulla terra senza alcun amore di donna... Dopo di lui, sulle sue orme, e per le sue parole, il prete ripete ancora la stessa mediazione celeste... Non pu amare, esser marito e padre. La sua paternit spirituale, il suo amore deve essere uguale per tutti... L'amore umano nuoce, quello della famiglia angusto: preferenza, necessaria nella vita, impossibile nella Religione (17/tima carica, Bologna, Cappelli, 1933, p. 174). A quei sacerdoti o religiosi che propongono il celibato facoltativo appellandosi al giudizio del popolo di Dio contro l'autorit della Chiesa, bisogna dire che i loro voti non trovano l'approvazione n da parte del popolo fedele, n da parte di quello laico, n da parte di chi conduce una vita lussuriosa. Anche dal punto di vista delle soddisfazioni naturali e della felicit personale ci sono molte riserve da fare alla proposta d'un sacerdozio non celibatario. Chi volesse congiungere sacerdozio e matrimonio dovrebbe prevedere gli incerti ed aspettarsi le delusioni. La scelta della moglie, anzitutto, presenta tante difficolt se si considerano le esigenze che un sacerdote ha, e deve avere, in forza della sua preparazione intellettuale, morale, spirituale. S'aggiunga l'arduo problema di conciliare ministero sacerdotale, vita familiare e professione secolare. Quanto allo stato ed al senso di solitudine (che figura fra le motivazioni pi frequenti degli anticelibatari) il confessore cercher d'infondere la ferma speranza che un accresciuto fervore della vita interiore dissiper quest'impressione. il mondo che giudica il sacerdote come l'uomo della solitudine. Ma il mondo non conosce quale sia la vita che riempie questa solitudine. Riconosciamo scriveva Paolo VI che il sacerdote, a causa del celibato santo, un 344

uomo solo (solitarium). Ma la sua solitudine non ha la vastit e l'inanit del puro vuoto. riempita da Dio e dalle ingenti ricchezze del suo regno celeste (Enc. Sacerd. caelib. , n. 58, AAS, 59, 1967, 680). In questa solitudine potr talvolta insinuarsi una vena di tristezza perch anche il sacerdote conserva la natura d'uomo, per quanto confortato dalla grazia. Ma sar una tristezza superficiale e passeggera: lo consoler il pensiero che questo sacrificio lo associa alla missione salvifica di Cristo. Se la Chiesa ha introdotto il celibato pei sacerdoti, certamente l'ha fatto perch vuol esser sempre pi pura, sempre pi bella, sempre pi santa: con la verginit od il celibato osservato per il Regno dei cieli, i sacerdoti si consacrano a Cristo in maniera nuova ed esimia, aderiscono pi facilmente a lui con un cuore non diviso, si danno in Lui e per Lui pi liberamente al servizio di Dio e degli uomini {PO, 16). A chi fa propaganda per il celibato opzionale, il confessore far riflettere che questa campagna genera turbamento a tanti confratelli tra i quali alcuni (sia pur insensibilmente) ne risentirebbero l'influsso, una diminuzione di certezza e d'entusiasmo; infine, questa umanizzazione del sacerdozio sar tutt'altro che favorevole al sorgere delle vocazioni: sono i preti con l'esempio della loro vita generosa ed eroica che attirano i giovani a prender la strada che porta senza compromessi alla santit. Infine, a chi ha fatto prudentemente (dietro consiglio di sagge persone competenti) la sua scelta del sacerdozio, ma pensasse che, a lungo andare, il celibato nocivo alla salute fisica, il confessore dar una risposta assolutamente tranquillizzante. Ma mi dispenso dal riferire le testimonianze di autorevoli clinici. Non l'osservanza della castit quando sia motivata da un amore soprannaturale che, di per s, porta squilibri nervosi, ma pu esser invece una sopraggiunta debolezza fisica, particolarmente del sistema nervoso, che provoca talora maggiori difficolt nella pratica della castit. 4. Tentiamo infine una qualche classificazione di sacerdoti circa questo problema del celibato. Ci sono anzitutto coloro che si conservano coerenti agli impegni, sia nella vita sia nel pensiero: castit assoluta, convinzione fermissima che il celibato il maggior titolo di grandezza per chi ministro e rappresentante di Cristo, specialmente nella celebrazione eucaristica. Ma c' pure chi afferma di voler esser fedele alla promessa del celibato, per 345

dichiara (e sente il bisogno d'accusarsi) che preferirebbe una disciplina ecclesiastica nella quale il celibato sia facoltativo e non obbligatorio. Qualche altro arriva senz'altro a dire che (pur non sentendosi di venir meno a quanto ha promesso) pensa sarebbe bene fare anche altre esperienze quelle sessuali oltre quella della paternit spirituale. Su questi pensieri e discorsi sentiranno il bisogno d'aprirsi e d'accusarsi in Confessione. Sono in uno stato di conflitto: da una parte non sanno decidersi ad abbracciare con convinzione, gioia, entusiasmo l'impegno che hanno assunto; dall'altra sentono che questa mancanza di dedizione generosa non li rende felici. Situazione penosa, per essi e pel loro confessore. Infine ci pu essere il sacerdote che ha praticamente rinunciato al suo impegno di castit. (C' chi sostiene per ragioni intuibili, cio non spassionatamente che la maggior parte del clero secolare non pratica il celibato: ma come si pu affermarlo e dimostrarlo?). Certo, chi non fedele alle sue promesse non pu esser tranquillo. Si sente in uno stato di falsit, anche umanamente e civilmente. Perci per un senso di coerenza la rinuncia al celibato pu portare all'abbandono del sacerdozio. Occorrerebbe dare una mano a chi caduto, anzitutto tentando d'ottenere il desiderio, la decisione, lo sforzo supremo di liberarsi dal legame che lo incatena. Se la defezione dal sacerdozio dipendesse da crisi di pensiero bisognerebbe discutere quelle difficolt che minacciano la fede d'un sacerdote. Ma dalle inchieste risulta che solo una minima percentuale (circa 1 su 100) abbandona il sacerdozio perch ha perduto la fede. Gli altri lo fanno perch non si sentono di mantener fede all'impegno del celibato. In questi intervengono, in concreto, un complesso di cause (come, del resto, in chi lascia la fede). Spesso nel fisico stesso c' qualche squilibrio che sta al fondo della crisi. Perci chi si sforza, ma non riesce, a superare la prova, merita sempre comprensione e compatimento. E spesso la donna che cerca con ogni arte di far cadere il sacerdote. Egli non dovrebbe ignorarlo ma premunirsi. Non concedersi e non concedere nessuna libert pericolosa. La donna attratta da tutto ci che pu appagare la sua vanit e leggerezza. Pi che stimoli di sensualit sono motivi di estetismo che la muovono: il nome, la carica, la fama d'una persona, la sua divisa stessa, specialmente se portata con inappuntabile propriet, pu indurla a cercarvi la sua preda. D'altra parte i sacerdoti che si son lasciati travolgere da una passione umana, avevano gi perduto la passione, l'entusiasmo, lo zelo per la loro missione. Il 346

sacerdote, stato scritto, non sar vulnerabile da questa tentazione se non nella misura in cui la sua vocazione non riuscir pi a riempire la sua vita. Anche al confratello che avesse decisamente defezionato, il confessore offrir la sua mano e dar il suo consiglio. Lo aiuter a regolare la sua posizione, a trovare una decorosa sistemazione. Il sacerdote che ha chiesta ed ottenuta la dispensa dal celibato deve sentire ancora intorno a s l'affetto della comunit cristiana e dei confratelli nel sacerdozio. La carit suggerisce che non sia trattato come un reprobo, uno scomunicato da fuggire, un pubblico peccatore. Isolato e malvisto, la sua vita precipiterebbe nella tristezza e nell'amarezza. Ma non sar neppur il caso che, quando gli giunger la dispensa dal celibato, i compagni d'ordinazione si riuniscano con lui per una cena d'addio. Non si pu esser lieti e far festa per un abbandono che una sventura. Anche se, nelle vie di Dio, non irreparabile, perch subentrer un altro ordine di circostanze provvidenziali. Per la misericordia di Dio e la buona volont dell'uomo, lo sbaglio e la mancanza di fedelt e generosit non escludono nuove possibilit di vera vita cristiana. Anzi, di santit. Questo pensiero di fede deve rimanere sempre nel cuore del sacerdote; e, se venisse meno, bisognerebbe ravvivarlo. Ad un dato momento, presa la decisione di contrarre regolare matrimonio, egli dovr aggrapparsi alla fede sia per non esser ghermito dall'angoscia degli sterili rimpianti (che impedirebbero d'intraprendere con entusiasmo la nuova vita, coniugale e professionale) sia per non perder la stima verso il sacerdozio e l'ammirazione verso coloro che hanno il coraggio e la forza di perseverarvi. Ricordo che, extra il pericolo di morte, la Chiesa non permette al confessore d'assolvere neppur inducendo il caso urgente (CJC, e. 2254) un sacerdote che abbia contratto matrimonio civile ed asserisce che gli umanamente impossibile cessar di convivere con la sua compagna; non si pu assolverlo neppur se promette d'osservare la castit completa (AAS, 28, 1936, 242243). Perch possa ricevere l'assoluzione, il sacerdote dovrebbe dunque prendere una di queste due decisioni: o troncare la relazione e cessare la convivenza con la complice della sua defezione, o chiedere la dispensa dal celibato e poi contrarre matrimonio religioso. La Chiesa, in questi ultimi tempi, ha allentato l'intransigenza osservata nel passato, quando era difficilissima persino la concessione d'accedere (extra il pericolo di morte) ai sacramenti 347

per un sacerdote che avesse contratto iT matrimonio (e fermo sempre l'obbligo della castit). Oggi colla dispensa sia pur concessa caso per caso, debitamente considerato in tutte le sue circostanze la Chiesa s' mostrata madre misericordiosa. Troppo buona? si chiede qualcuno. Non spetta a noi giudicare ci che il meglio in materia tanto delicata. La dispensa regolarizza davanti a Dio e davanti alla Chiesa certe situazioni (ormai umanamente irreversibili) e cosi leva l'ostacolo alla pratica sacramentaria anche pubblica. Bisognerebbe che la bont della Chiesa verso coloro dei quali non si pu sperare il ritorno, non favorisse l'evasione d'altri sacerdoti deboli ed ondeggianti. La dispensa dal celibato va considerata come una misura di ripiego, come il minor male, perch certamente non edifica, non incoraggia, non stimola ad una vita di purezza austera, non accresce la stima per la verginit ed il celibato offerti a Dio: celibato che significa dominio dello spirito sui sensi, anticipazione della vita futura, azione trionfante della grazia, vocazione privilegiata.

7. Vescovi 1. Anche chi ha avuto solo qualche volta l'occasione di prestarsi per amministrare il sacramento della Penitenza a qualche vescovo di passaggio si sar confermato nell'idea di uomini che portano una croce spaventosamente pesante. Uomini che, se trovano anche il pi umile sacerdote che mostri pazienza e comprensione nell'ascoltarli, sentono il bisogno di sfogarsi, di manifestare certi crucci ed angustie che straziano il loro spirito, pur nella sicurezza della fede e nella fermezza della speranza. In ogni diocesi il Signore deve pur preparare qualche sacerdote al quale il vescovo possa confidare il suo intimo. Non sar facile il trovarlo perch dovrebbe avere virt eminente, cultura profonda, esperienza matura, sensibilit fine e delicata. Per qualcuno ci deve essere; e non tanto lontano da ogni sede vescovile. Non sarebbe cosa indiscreta od esagerata, bens edificante (e, per ogni evenienza, forse utile) se si sapesse da quale sacerdote (o da quali sacerdoti) pi frequentemente il vescovo si confessa. D'altra parte, immagino anche che un sacerdote confessore di vescovi si trover spesso imbarazzato, sia perch non sempre conosce tutte le circostanze di chi gli chiede un consiglio su questioni non a prima vista solubili, sia perch la presunta scienza, prudenza ed espe348

rienza del penitente stesso render il confessore cauto e discreto nei suggerimenti. Cosicch per i vescovi, i quali pi dei sacerdoti vanno soggetti a prove di spirito ed attraversano momenti d'abbattimento, si profiler spesso lo spettro della solitudine: non avranno vicino qualcuno al quale pienamente aprirsi e tutto confidare per avere una parola d'incoraggiamento, di luce e di conforto. 2. Strana condizione del vescovo d'oggi. l'uomo che si direbbe il pi popolare e, forse, il pi solo: il pi presente fra le sue pecore ma che, in realt, rischia d'esser il pi assente dei pastori della sua diocesi. Le sue visite sono frequenti dovunque, ma frettolose; e cosi i contatti restano superficiali. Vede tutto, ma non conosce intimamente nessuno. E cosi non trova il tempo n di lavorare in profondit per gli altri n d'accumulare energie spirituali per s, di sostare in calma nella sua Cappellina, di consultare la sua biblioteca dove una volta aveva tanti amici. 3. Il pi solo ed il meno libero fra il clero della diocesi. I suoi movimenti sono sotto controllo. Il suo orario di vita noto, anche nei minimi particolari. La sua casa di cristallo. Tutti spiano pi dentro che possibile per vedere se c' qualche critica da muovere: se mai ci sian lusso e comodit eccessive oppure l'abbandono all'indolenza, alla trascuratezza, al disordine, alla sciatteria. 4. Non il lavoro che lo spaventa. Spesso piuttosto la perplessit sulla linea migliore da seguire perch ci sono spinte fortissime da sinistra e da destra (non mi riferisco ad orientamenti politici). Come e pi che il semplice sacerdote si sentir agitato da tormentosi conflitti. Colla grazia di Dio ed il consiglio illuminato potr e dovr certo risolverli con decisione. Per lo stato di tensione forse rimarr. inerente al governo. la croce del vescovo. 5. Guarda ai suoi sacerdoti con spirito d'umanit, anzi, di fraternit, pi che di autorit. la prima condizione per poter esercitare un influsso efficace, ottenere confidenza, affiatamento, collaborazione. Se, insieme al prestigio, eserciter il fascino della bont, non sar quasi mai necessario che ricorra allo stretto comando. Scriveva un sacerdote (parroco e docente universitario): I rapporti tra vescovi e preti debbono... essere improntati alla amicizia e alla fiducia. A volte, si ha l'impressione che il sacerdote sia visto soltanto o, esclusivamente, come operatore pastorale o, 349

peggio, come delegato, e tutti gli altri aspetti vengano trascurati. L'amore di amicizia guarda all'altro nella sua .totalit e globalit, si interessa di tutti i suoi problemi personali, non solo esteriori come la salute, i rapporti familiari, le necessit economiche, ma anche interiori come gli stati d'animo, le aspirazioni, le disillusioni, le difficolt nelle relazioni con gli altri... Il presbitero, se sente il vescovo amico, supera pi facilmente tante frustrazioni e incomprensioni che sono il vero male che paralizza energie preziose e buona volont... Il sacerdote deve imparare, deve educarsi ad incontrare nell'amore il proprio vescovo... Questo amore, come quello di Cristo, sopporta, perdona, scusa, compatisce, condivide. E quanto anch'essi chiedono al proprio vescovo (A. Mazzolali, II vescovo: mio fratello, Presbyteri , 1973, n. 10, pp. 768-769). Ma allora pel vescovo pu sorgere un conflitto. Da una parte egli vorrebbe che il suo ministero avesse come regola fondamentale quella di essere un umile e fraterno servizio (S.C. per i vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, 1973, n. 32): lasciar benevolmente a tutti esprimere con libert la loro opinione, consultare nelle decisioni gli interessati, promuovere il dialogo e cosi provocare la collaborazione degli altri. E questo sia per l'affetto che deve nutrire per i suoi sacerdoti sia perch oggi tutti invocano un clima di maggior libert e democrazia, l'abbandono di ogni paternalismo, autoritarismo, burocratismo (Dirett. Vescovi, n. 36). D'altra parte il vescovo sperimenta che per questa via si spende molto tempo nella discussione e si conclude poco, gran parte dei partecipanti restan scontenti. Per quanto egli cerchi di soddisfare le comuni aspirazioni ad un regime nel quale decisioni e scelte sian frutto d'una collaborazione di tutti alla prova dei fatti toccher spesso con mano come coloro (sacerdoti e laici) i quali son chiamati a coadiuvarlo, spesso son molto divisi nei loro pareri; la maggioranza stessa stenta ad accordarsi; molti mancano di competenza, d'esperienza, d'equilibrio, di seriet, son mossi pi dal desiderio di novit che dal vero bene spirituale delle anime. Perci il vescovo deve conservarsi calmo ed esser deciso: sapr ascoltare, sapr comprendere poich oggi si dice ognuno ha il suo carisma; per, in definitiva, l'ultima parola spetta a lui (Dirett. Vesc, n. 34); ed egli la dir dopo essersi consigliato (se lo crede necessario) con qualcuno, particolarmente con chi esercita l'autorit di metropolita, oppure con qualcuno della sua o d'altra diocesi che abbia non comune virt e consumata esperienza. Per tutti devono aver l'impressione che chi decide e 350

dirige il vescovo (e non qualche suo amico). Quindi egli dovr conciliare una certa mitezza con la fortezza, una certa arrendevolezza e duttilit (e, diciamo pure, diplomazia) con la prontezza ad intervenire risolutamente; ma praticare la gentilezza con tutti, la finezza, la mitezza e la serena dolcezza, la comprensione (specialmente per le infermit ed i limiti di sacerdoti che hanno meno energie e meno ingegno di lui), conciliare tutte queste virt con la debita energia. Il suo ministero un servizio umile e fraterno, ma anche paterno. Ed , sar sempre, un governo. Da esercitarsi specialmente quando dev'esser assicurata l'unit della fede e della morale, l'unit fra tutti i membri ed i gruppi della chiesa diocesana. Egli deve sapere che in materia delicata il diffondere certe opinioni od ipotesi di lavoro significa praticamente comunicare dubbi ed errori sulla fede e la morale. Oggi da taluni s'invoca un pluralismo specie in materia di morale variante secondo le diverse Chiese locali. Ma quello che la Chiesa universale ha sempre insegnato come rivelato o conforme al diritto ed alla legge morale naturali, non pu mutare. Solo le formule potranno esser sostituite con altre pi intelligibili dall'uomo d'oggi (purch per nulla del contenuto oggettivo sia cambiato o perduto). In campo ascetico potr mutare accidentalmente la manifestazione della virt e della santit cristiana, non la virt e la santit. Un vescovo non pu non esser amareggiato alla vista del dissenso, della divisione, della contestazione, dell'autolesionismo che oggi esistono nell'interno stesso della Chiesa. E pi grave il fatto che ci si appella alla distinzione fra Chiesa istituzionale e Chiesa carismatica per giustificare le disobbedienze ed un malsano pluralismo (Paolo VI, Discorso, 29.VIII.1973, OR, 30.VIII.73, p. 1). Ebbene, perch siano preparati a questi momenti d'emergenza il Concilio Vaticano II ha rammentato nuovamente ai vescovi l'autorit magisteriale che hanno sempre posseduto. Ad essi tocca decidere in prima istanza sulle dottrine teologiche, perch sono i portatori del ministero apostolico. Ma devono anche avere il coraggio di designare errore l'errore, eresia l'eresia, affinch i fedeli, il popolo di Dio, non divengano insicuri e non siano sviati nella loro fede. I vescovi, quando fanno uso della loro autorit dottrinale, non devono temere i mass-media, la cui potenza non oggi inferiore a quella della Chiesa di Stato alcuni secoli fa (H. Jedin, Teologia e magistero, OR, 13.1.1973, p. 5). Certo, coi singoli, prima di giungere alle misure punitive ed alla riprovazione pubblica, il vescovo tenta d'ottenere colla persuasione il suo scopo: 351

egli tempestivamente ammonisce coloro che osassero proporre dottrine discordanti dalla fede e, in caso di mancato ravvedimento, li priva della facolt di predicare o di insegnare (Dirett. Vesc, n. 65). suo dovere e suo diritto nella Chiesa quello di esaminare e, se del caso, riprovare e condannare i libri e le riviste nocivi alla fede o alla morale. Perci personalmente o per mezzo di altre persone adatte, egli vigila su libri e riviste che si stampano o si vendono nel suo territorio . Fa opportunamente confutare gli scritti la cui lettura potrebbe costituire un danno o un pericolo spirituale per i fedeli... Tuttavia se quegli scritti hanno in diocesi una larga diffusione, e il pericolo per la fede e la morale grave e certo, allora egli ricorre anche alla pubblica riprovazione . Ma non addiviene alla condanna di libri prima di avere per quanto possibile, informato i loro autori degli errori di cui li si accusa, e aver loro data ampia possibilit di difendersi anche a mezzo di altre persone di loro scelta . Ed a meno che, in casi particolari, un grave motivo non consigli di fare diversamente, vengono esposte pubblicamente le ragioni della proibizione dei libri... (Dirett. Vesc, n. 73). Insomma, i vescovi in materia di fede e di morale si preoccupano soprattutto del bene comune delle anime, ma usano, per quanto possibile, delicatezza e riguardo anche verso i singoli erranti che recano danno alla comunit. 6. Nelle Visite pastorali alle parrocchie c', o almeno c' stato in passato, qualche vescovo il quale aveva piuttosto l'aria dell'ispettore che faceva tremare parroci e parrocchiani. Segno di particolare temperamento e d'una personale mentalit che possono ben coesistere colla santit, anche se non la rendono simpatica. Si legge nel Direttorio dei Vescovi: In Visita, come del resto in tutte le circostanze della sua vita, conveniente che il Vescovo si comporti verso tutti con semplicit e dolcezza di modi, con bont e affabilit, dia esempio di piet, povert e carit: virt, che, assieme alla prudenza, costituiscono la caratteristica dei pastori della Chiesa e che, soprattutto oggi, sono molto apprezzate (n. 170). Egli giunger in mezzo ai suoi figli come un padre comprensivo e consolatore ma, insieme, come un trascinatore che trasmette irresistibilmente il suo slancio apostolico. 7. Nei suoi scritti rivolti a tutti i suoi diocesani sar consapevole che non il momento di elaborare dissertazioni scolastiche (Dir. Vesc, n. 57). Oggi, poi, si preferiscono lettere 352

pastorali pi brevi, ma pi frequenti (Dir. Vesc, n. 60). Allo scopo, occorrer un'intelligente scelta degli argomenti , uno stile appropriato e conciso , una forma di linguaggio ispirata dalla fede che... sia aderente al pensiero della Chiesa e comprensivo delle molteplici esigenze dell'uomo d'oggi (n. 57). Cosi pure nella predicazione. Il vescovo cercher di conoscere bene la mentalit, le consuetudini, le situazioni, i pericoli, i pregiudizi delle persone e delle categorie alle quali predica e di adattare continuamente la forma del suo insegnamento alla loro capacit, alla loro indole, alle loro necessit (Dirett. Vesc, n. 59). La predicazione avverte il Vaticano II nelle odierne situazioni del mondo diventata non raramente assai difficile... Non basta esporre in modo generale ed astratto la parola di Dio. Bisogna applicare la perenne verit dell'evangelo alle concrete circostanze della vita (PO, n. 4). A tal fine, si richieder uno sforzo continuo. E tempo per prepararsi: per questo, il vescovo affider ai suoi collaboratori fidati il disbrigo di certe pratiche, controlli, conteggi, perizie. Anche nelle Visite delle parrocchie lascer a presbiteri idonei, specialmente ai Vicari foranei, il compito di esaminare i registri della parrocchia e degli altri Istituti, di ispezionare i luoghi sacri e la suppellettile, di controllare l'amministrazione dei beni, in giorni antecedenti o susseguenti alla Visita: cosi egli potr dedicare il tempo della Visita piuttosto ai colloqui e ai sacri ministeri, come ben s'addice alla sua missione di capo, maestro e pastore della comunit cristiana (Dir. Vesc, n. 168). Non c' dubbio, una certa sorveglianza del vescovo ci dovr essere sempre e in tutto. E la sua presenza ed assistenza in certe occasioni senz'altro e per molteplici ragioni, utile a lui ed agli altri. Se ad esempio, presiede qualche esame dei candidati al sacerdozio, conoscer meglio i suoi futuri collaboratori, si render conto dell'insegnamento che hanno ricevuto e dei frutti che ne hanno ricavato. Un vescovo pi parla al suo popolo, al suo clero, ai suoi seminaristi, meglio . Per siccome tempo e forze sono limitate, preferibile che parli quando pu farlo bene e preparato, piuttosto che spesso, improvvisando e senza lasciare alcuna impressione. 8. Accenno ad un conflitto che pu agitare l'animo d'un vescovo: egli vorrebbe soddisfare le richieste di tutti, non smorzare mai gli entusiasmi, ma, se va un po' a fondo, s'accorge che insieme all'onest e suggestivit dei programmi, allo zelo delle 353

iniziative, covano personalismi e campanilismi radicati e difficilmente sradicargli. Tutti oggi parlano di collegialit, di dimensione sociale, di spirito comunitario, per, in realt, ci sono gruppi e do a questa parola un senso larghissimo i quali intendono autogovernarsi, essere indipendenti, E cosf non progredisce la vera unit. Bisogna dunque che il vescovo dopo essersi, se occorre, consultato ad avere l'appoggio dell'autorit superiore prenda in mano con una certa decisione le redini per organizzare il lavoro. Quante maggiori attivit ed iniziative si realizzerebbero pel bene comune se ci fosse pi unione fra le forarne, fra le diocesi, fra i seminari, fra i sacerdoti ed i religiosi (cf. Dirett. dei Vesc, n. 53). 9. Altro conflitto: un vescovo dovrebbe vigilare sulla stampa che si pubblica e circola nella sua diocesi e, se necessario, ricorrere alla proibizione {Dirett. Vesc, n. 65; 73). D'altro canto si sente come legato perch vede che questi stessi scritti altrove (dove si potrebbero e si dovrebbero riprovare) sono liberamente diffusi e venduti nelle librerie cattoliche. Eppure sono libri, di autori ad esempio protestanti, che contengono errori. Comunque, il vescovo, per quanto sta in lui, seguir la sua coscienza e le direttive le quali sono chiare {Dir. Vesc, n. 73). 10. Poi ci sono le critiche e le contestazioni. Da parte di laici e di ecclesiastici. Ci son sempre state e sempre ci saranno. Se il vescovo scriveva gi s. Pier Damiani talvolta crede bene d'osservare il silenzio, si dice che quando il pastore muto il lupo invade il gregge. Parla finalmente? Ci si chiede con quale diritto questo ciarlone intende imporre silenzio agli altri (Opusc XXI, cap. II). A simili maldicenze egli dev'esser preparato. E non deve farne conto se non per riflettere una volta di pi se mai qualcosa gli fosse sfuggito degli elementi e dei fatti che deve sapere per fare con sicurezza le sue scelte che ritiene, spassionatamente, conformi alla divina volont. Anche una santa indifferenza, quindi: s'egli fosse troppo sensibile, la sua vita diventerebbe impossibile. Qualora, ad esempio, in pubblica adunanza, gli fosse mosso qualche attacco od interrogazione con mancanza di riverenza e di discrezione, non si lasci trasportare dall'impulso. Anzi, meglio che neppur risponda n discuta ma inviti l'assemblea a proseguire i suoi lavori. 354

11. Pi comprensibile e fondato motivo di tribolazione sono pel vescovo le defezioni e gli scandali di chi nella sua diocesi e fra il suo clero vien meno ai suoi voti ed impegni. Di fronte a tali casi si sentir talora perplesso sul comportamento migliore da tenere e bisognoso della parola illuminante e rassicurante di un saggio consigliere. Certamente non pu essere insensibile. E quanto pi santo, tanto pi il pastore soffre, sull'esempio di Ges. In qualche situazione la sua sofferenza unita alla consapevolezza dei propri limiti pu raggiungere un grado tale da suggerirgli propositi di rinuncia. Ma chi pu influire su di lui, far bene a distorglielo da tale decisione quando le energie sono ancora valide ed il motivo costituito soltanto dai dispiaceri, dall'impressione d'esser incapace a risolvere un complesso di difficili problemi, di non esser adatto al suo ufficio, d'esser addirittura un uomo finito e fallito. Questa stessa consapevolezza delle difficolt, unita alla vera umilt (che verit) uno dei segni dell'idoneit all'ufficio. Il decreto del Vaticano II sul ministero e la vita sacerdotale termina con un'esortazione alla fede. Vale soprattutto per i vescovi, nei loro momenti di crisi interiore. Ges ha detto: abbiate fiducia in me, io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Con queste parole non ha promesso alla sua Chiesa la vittoria perfetta nel tempo presente . Ed il disegno di salvezza... non si realizza che a poco a poco... Tutto nascosto con Cristo in Dio. Si arriva a percepirlo colla fede... Il dispensatore dei misteri di Dio pu esser paragonato ad un uomo che usci a seminare nel campo...: "dormir, si alzer di notte e di giorno: nel frattempo, il seme germoglier e crescer mentr'egli non se ne accorge", Me. 4, 2 7 (PO, 22). 12. Un servizio spassionato. Perci quando si tratter di prender decisioni per nominare ad un ufficio la persona pi degna, meritevole, adatta, user tutta la ponderazione possibile, pur sapendo che non riuscir ad accontentare tutti. Poich l'abolizione della legge del concorso nell'assegnazione degli uffici vacanti ha reso quasi del tutto libero l'intervento del Vescovo, questi agisce con maggior prudenza onde evitare perfino il sospetto tanto deleterio per i rapporti tra Vescovo e presbiterio che nelle assegnazioni prevalgano l'arbitrio, il favoritismo, le pressioni indebite. Perci egli chiede in ogni caso il parere di persone sagge e di quelle che per diritto deve consultare; ma in casi particolari, udite le persone di cui sopra, pu ancora ricorrere al concorso per esami (Dirett. Vesc, n. 116). 355

13. Servizio soprattutto spirituale. Tutti devono aver l'impressione che la jprima preoccupazione del vescovo il bene delle anime. Perci, a proposito di richiesta e raccolta d'offerte per la costruzione d'edifici od altre opere (pur utili alla vita spirituale) bisogner evitare con ogni cura che l'aspetto finanziario prevalga su quello pastorale: anzi, agli occhi di tutti deve risplendere lo spirito di povert e di fede che proprio della Chiesa {Dirett. Vesc, n. 182). Cosi pure, cercher di rendere visibile l'aspetto spirituale ed apostolico della Visita alle parrocchie (n. 169). Provvedere perch tale visita non sia fuoco di paglia, come sarebbe se si riducesse a fasto di parole e di attivit (n. 170). Efficacissima preparazione e fonte di frutti duraturi un corso di sante missioni popolari, svolte in modo da raggiungere ed interessare all'avvenimento tutte le categorie e tutte le persone, anche le pi lontane dalla vita cristiana (n. 169). 14. Un servizio spirituale distaccato. In genere, un sacerdote pio e cosciente, quando gli proposta la promozione alla pienezza del sacerdozio ed il governo d'una diocesi, trema e cerca di sottrarsi. Ma poi, diventato vescovo, quando s' affezionato alla sua diocesi specialmente se il suo ministero ha avuto successi e frutti abbondanti allora, anche se sente ormai sopraggiunta la vecchiaia, avr l'impressione che lasciare il suo campo di lavoro sia come un morire. Forse, da una parte ha l'impressione di poter ancora lavorare, dall'altra non vede per lui aperti altri campi d'attivit. Teme di esser condannato alla vita del pensionato. Invece, questo il momento d'aggrapparsi alla fede. Dio non l'abbandona. Un sacerdote non mai solo. Ed anche sul piano umano, il Signore gli preparer il modo migliore d'impiegare le sue restanti energie. Perci quando un amico vero, o chi detiene il governo di tutta la Chiesa, gli far capire che opportuno, pel bene della diocesi, un cambio di guardia, non avr neppur un attimo d'esitazione. 8. Religiosi e religiose La perfezione cristiana si realizza specialmente nella pratica dei consigli evangelici (pratica motivata dall'amore di Dio). Lo stato religioso (sostanzialmente specificato dalla pratica dei tre voti e dall'osservanza delle Regole ) pertanto tipo ed esempio di perfezione evangelica. Perci i presbiteri si legge nel Vaticano II invitano tutti a compiere i doveri del proprio 356

stato, ma mostrano, a quelli che hanno fatto maggiori progressi spirituali, la bellezza e l'attrattiva dei consigli evangelici, da praticarsi nel modo pi opportuno per ciascuno (PO, 5). Sarebbe sbagliato il sistema d'istradare per principio tutti coloro che desiderano vivere il Cristianesimo nella sua perfezione, all'apostolato laico nel mondo. Sbagliato il non favorire le vocazioni al sacerdozio od allo stato religioso (come se questo come oggi qualcuno asserisce fosse destinato a scomparire). Le vocazioni alla vita pi perfetta vanno favorite sempre nel rispetto della piena libert, sia esterna che interna dei, singoli (PO, 11). In particolare, i presbiteri ricordino che i religiosi tutti, uomini e donne, costituiscono una parte esimia nella casa di Dio: son degni perci d'esser curati in modo speciale perch progrediscano spiritualmente pel bene di tutta la Chiesa (PO, 6). Tanto pili che, mentre in epoche passate la vita religiosa si considerava come professione dei consigli evangelici rivolta solo alla ricerca della perfezione personale, oggi, specie dopo il Vaticano II, si affermato l'aspetto missionario della vita religiosa, sotto i pi vari punti di vista: ad esempio, anche gli istituti di vita contemplativa sono guardati come fonti di grazie celesti e d'una misteriosa fecondit apostolica per la Chiesa missionaria (cfr. LG, 44). I. Il sacerdote secolare che sia confessore abituale di penitenti appartenenti allo stato religioso, dovr procurarsi una sufficiente conoscenza della natura e finalit della vita religiosa: conoscerla, comprenderla, apprezzarla. Il che non facile per chi non ne abbia avuto, anche personalmente, almeno un qualche desiderio. Sapr distinguere tra virt e voti; fra pratica dei voti ed osservanza delle singole Regole. I voti hanno sempre un oggetto ben specificato ed inducono un obbligo (grave o leggero). La virt invece pu od imporre un obbligo o suggerire un semplice consiglio. Le Regole, poi, talvolta obbligano, talvolta si limitano a dare un consiglio (come, ad esempio, ora diventata regola di consiglio quella di confessarsi con una certa frequenza: prima era regola d'obbligo). Ma anche quelle regole che stabiliscono disposizioni obbliganti, per s non lo fanno sotto pena di peccato. Il peccato per potrebbe esserci gi, indipendentemente dalla regola, se il movente della trasgressione fosse di per s disordinato. anche da aggiungere che pur conservando la giusta libert di spirito e la discrezione chi aspira alla perfezione tien conto anche dell'esempio edificante, quando si tratta di scegliere il meglio. 357

II. Utilissima ad un confessore abituale sarebbe inoltre una qualche cognizione delle Regole e delle Costituzioni particolari dell'Istituto a cui il penitente appartiene. Ogni Ordine o Congregazione ha un suo spirito, un suo programma, una sua finalit particolare. a tutti noto il fermento attualmente in atto negli istituti religiosi, specie per opera degli elementi giovani che pretendono rinnovamenti per una vita religiosa (essi dicono) pi autentica . Ma ogni confessore di anime religiose conoscer il decreto Perfectae caritatis del Vaticano I I , il quale avverte che il rinnovamento dev'essere inteso come un continuo ritorno alle fonti d'ogni vita cristiana ed allo spirito primitivo degli istituti (n. 2). Evidentemente, quando parla di fedelt allo spirito delle origini, il Concilio si riferiva agli elementi essenziali dello spirito primitivo d'un istituto religioso. Realizzazioni concrete, modi di fare, forme sociali, gesti, consuetudini e via dicendo, tutto questo pu (anzi, deve, per non esser un'astrazione) andar soggetto a mutamenti ed evoluzioni secondo la variet dei contesti socioculturali degli ambienti e dei tempi. In questo senso nel religioso e nella religiosa ci dev'esser una certa indifferenza (motivata da ragioni superiori ed apostoliche). Indifferenza ben diversa da certa vanit e leggerezza che tradiscono una qualche conformit allo spirito mondano. Una suora (per far un esempio banale) non si indisporr nel cambiare momentaneamente il suo abito tradizionale col comune grembiule da lavoro, quando questo sia conveniente per servire il prossimo: per nelle sue intenzioni, gesti, comportamento, non dovr mai insinuarsi la mondanit, l'esibizione della propria persona, la ricerca di meschine soddisfazioni ed ambizioni. L'essenziale dello spirito religioso, proprio di un determinato istituto, deve rimanere. Una residenza di gesuiti svizzeri stato scritto ed una residenza di gesuiti brasiliani potranno anche non assomigliare. A condizione tuttavia che nell'una e nell'altra un gesuita di passaggio possa dire: mi ci ritrovo (cfr. J.M.R. Tillard, Per una nuova primavera, Bologna, 1974, pp. 34-35; 45). Ad esempio, rispetto alla suora del passato, nella suora d'oggi si nota una trasformazione. pi libera e disinvolta, ha a disposizione un maggior margine di tempo per qualche attivit di sua iniziativa, trova maggiori occasioni di contatti, anche con persone d'altro sesso. Prima, la religiosa viveva pi isolata. Era guidata pi dagli orari e dai superiori. Oggi si vuol abituarla a saper dirigersi da sola, ad assumersi la responsabilit delle proprie azioni ed a sentire anche la sua corresponsabilit alla vita ed alla sorte della 358

comunit in cui vive. Ad esempio, nello stesso periodo di noviziato si permette (per qualche tempo e solo per la formazione personale) qualche esperienza apostolica perch si possa sperimentare come sa comportarsi e reagire a difficolt e pericoli. Tutto ci ha dei vantaggi ma importa anche dei pericoli: perci occorrer una ancor pi profonda vita interiore, una pi solida formazione, una maggior consapevolezza e preparazione ad affrontare la realt e le insidie del mondo. Il Vaticano II ammonisce che ogni adattamento alle esigenze del nostro tempo non avr utilit se non sar animato da un rinnovamento spirituale (PC, 2). quanto gli autori d'ascetica hanno sempre insegnato: sbagliato cedere alla mondanit , sia pur col pretesto d'attrarre gli uomini (cfr. L. Hertling, Tb. Asc, Romae, 1944, n. 76). Si legge nello stesso decreto sul rinnovamento della vita religiosa (n. 2) che un bene per la Chiesa che gli istituti abbiano una loro peculiare fisionomia ed un loro particolare ruolo : ci che pure sempre stato insegnato (cfr. Hertling, o.c, n. 84). Nel tempo stesso, nel decreto conciliare si parla d'un discreto, sano e santo rinnovamento (fermi restando i principi suaccennati). Si dice che il tenore di vita, le forme di preghiera e d'azione s'adatteranno saggiamente alle attuali condizioni fisiche e psichiche dei religiosi ed anche prout ab indole cuiuscumque instituto requiritur alla necessit dell'apostolato, alle esigenze della cultura, alle circostanze sociali ed economiche... (n. 3). Un adattamento quindi che non dovr mai portare ad un rilassamento nell'aspirazione alla perfezione della vita cristiana. Un adattamento che, da una parte, non impoverisca i membri d'un istituto, ma, dall'altra parte, accresca i frutti che esso pu produrre nell'ambiente e nel tempo in cui vive. In realt tutti invocano (o almeno ammettono) un rinnovamento negli istituti religiosi, una nuova primavera. Ma devono pure riconoscere che l'autunno si prolunga senza fine perch tolte alcune eccezioni si parla, si parla e ci si affaccenda ma in modo inconcludente. Si rischia di perdere senza nulla acquistare di sicuro. Ad esempio, la constatazione che nella vita di molti religiosi la povert reale lascia a desiderare ha provocato una reazione contro una forma di povert concepita essenzialmente come dipendenza da un superiore nell'uso dei beni. Lo stesso Concilio Vaticano II afferma che non basta esser soggetti ai Superiori nell'uso dei beni, ma occorre che i religiosi pratichino una povert esterna ed interna (re et spiritu sint pauperes) (PC, n. 13). Alcuni si son spinti fino ad augurarsi una povert religiosa che sia effettiva insicurezza 359

di vita. La pratica di questa povert, poi, dovrebbe convertirsi in soccorso al prossimo bisognoso. Cosicch se, per ipotesi, mancassero i veri poveri, pare a certuni che non avrebbe quasi pi senso la povert religiosa. Ora, bisogna evitare ogni esagerazione ed esclusivismo. Anzitutto povert non significa indigenza. Significa bens un'effettiva anche se relativa rinuncia a certi beni che non sono strettamente necessari. Effettiva ma non necessariamente assoluta (alla stessa virt eroica si richiede bensi la mortificazione interna ed esterna, ma non si esige che questo esercizio si pratichi in tutte le occasioni). La povert, poi, una virt proposta alle singole persone fisiche: un Istituto religioso, in quanto persona morale, pu possedere molti beni utilizzabili per opere apostoliche; e l'uso di tutto ci che serve al miglior servizio di Dio ed alla Sua maggior gloria non pu esser contrario alla povert. Non quindi esatto che solo una povert che importi insicurezza di vita sia l'autentica povert envagelica. Per lo meno bisogna ammettere che non questa la sola forma di vera povert evangelica. Il religioso che rinuncia alla propriet dei suoi beni, che dipende da un superiore sia quando si serve dei mezzi terreni sia quando se ne priva, pratica una vera povert perch ha il distacco dalle cose create e lo vive continuamente. Che abbia una certa sicurezza di ritrovare tutto quanto gli necessario, una giusta ricompensa della rinuncia fatta, secondo la parola di Cristo stesso: Non vi nessuno il quale abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e del Vangelo, il quale non riceva ora, nel tempo presente, il centuplo... (Me. 10, 29-30). Evidentemente questa ricompensa centuplicata va intesa soprattutto in senso spirituale. Ma non da escludere il senso anche materiale purch i beni spirituali abbiano la prevalenza e quelli materiali siano considerati come un sovrappi. Ed al singolo religioso anche se ha una certa sicurezza di vita e, forse, un'abbondanza di beni sempre offerta la possibilit della sua personale mortificazione libera, della rinuncia a qualcosa da convertire in elemosina (sempre per nella conformit alla Regola e nella dipendenza dai superiori). Per questo, il Concilio (PC, 13) nota che non basta la soggezione ai Superiori nell'uso dei beni ma si invitano i religiosi ad una povert di spirito e di fatto. Giacch per esser esatti oltre al voto di povert, c' la virt della povert la quale ha un campo pi vasto del voto: il voto si pu anche, nella sua sostanza ed essenza, riporre nella dipendenza dai Superiori nell'uso dei beni, e crea 360

sempre un obbligo, almeno lieve. La virt si estende anche a ci che consigliato e pi perfetto. Ma il Concilio ha ritenuto bene non scendere a questa distinzione e trattare della povert nella sua pienezza cio come voto e come virt perch l'uno e l'altra rientrano nel consiglio evangelico. Per anche la pi generosa pratica della povert intesa come spontanea rinuncia convertita in beneficenza quando fosse lasciata all'arbitrio del singolo e sganciata dalla dipendenza ad un Superiore potrebbe non esser regolata dalla prudenza. La dipendenza poi tien lontano ogni pericolo d'amor proprio, esigendo umilt, conformit alla prassi comune: c' merito indubbio nell'adattarsi a quanto sembra meno perfetto, facendo prevalere sul proprio giudizio e sulla propria volont il consiglio di un'altra persona, nella quale si vede il portavoce di Dio. Perci la pratica della povert religiosa avrebbe la sua ragion d'essere anche se non ci fossero poveri veramente indigenti. Insomma, dal momento che la pratica dei voti e l'osservanza delle Regole quale si ha nella vita religiosa secondo la mente della Chiesa la via pi sicura alla perfezione, un religioso dovr esser cauto nell'escogitare altre vie di perfezione personale col rischio di non aver poi le forze d'osservare quella che la regola comune. Certe particolarit e singolarit turbano la vita della comunit; ed a vedere se saranno, a lungo andare, veramente utili alla vita spirituale del singolo, considerata complessivamente 19. Un Superiore, da parte sua, si guarder dall'imporre un regime di austerit e povert tali che la maggior parte dei suoi confratelli difficilmente potrebbero praticare. Procurer d'evitare i due eccessi opposti: da un canto, una certa avarizia fatta pesare sugli altri, dall'altro, una eccessiva indulgenza per quelle forme di lusso, di lucro eccessivo e di accumulazione di beni (PC, 13) che mal si conciliano nella vita del religioso e nel giudizio degli altri collo spirito della povert evangelica. A parte i casi di religiosi (o religiose) infermi per i quali devono
19 Status religiosus continet summam Consiliorum. Ideo fieri potest, ut Consilia particularia non formaliter requirantur, cum eminenter habeantur. Velut abrenuntiatione perfetta omnium honorum exteriorum fatta, religiosus iam non tenetur ad eleemosynam, quae in aliis ad perfectionem indispensabilis est. Ita perfetta observantia regularum, maxime circa vitam communem et paupertatem, eminenter continet mortificationes voluntarias ad perfectionem requisitas. De facto exacta (non qualiscumque) observantia vitae communis absque continua mortificatione, etiam exteriore, fieri non

potest (HERTLING, Tb. Asc, n. 49).

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esser riservate assidua assistenza e cure senza risparmi, instancabile pazienza, bont delicatissima (come merita chi ha rinunciato a tutto ma vive in una famiglia). Comunque prescindendo dalla fondatezza o meno di certe critiche si ha l'impressione che certuni vogliano contestare e demolire senza poi sostituire qualcosa di positivo e di migliore: e cio precisamente senza decidersi ad una povert pi effettiva, ordinata in modo pi reale a comunicare anche ad altri l'usufrutto di quei beni che un istituto religioso possiede in propriet (ed in misura talora rilevante, anche se i suoi membri nulla possiedono in propriet). E cosf s'invoca una povert pi genuina, ma in realt si finisce per svuotarla d'ogni significato o se ne affida l'interpretazione e la pratica concreta al capriccio del singolo. stato scritto che ai nostri tempi venuta la mania della povert predicata da tutti i pulpiti ma praticata realmente da quasi nessuno dei predicatori. III. Primo fondamentale problema nel quale impegnato il confessore e consigliere di religiosi e religiose: da molti e molte (dedite, per esempio, all'assistenza dei malati negli ospedali) sentir continuamente accusare una certa dissipazione, la poca unione abituale con Dio, per la difficolt di conciliare un'intensa attivit esteriore con la vita interiore. La difficolt esiste realmente. Ed il fatto stesso che un'anima se ne lamenta segno di sensibilit e buona volont (allo stesso modo che la sofferenza di chi pensa d'aver perso la fde dimostra che non l'ha abbandonata del tutto). Per il confessore deve illuminare religiosi e religiose ed aiutarli a superare questa difficolt. Conflitti e fratture fra azione e contemplazione non dovrebbero esistere se colla luce della fede si vede nell'attivit esteriore un esercizio della carit teologale, se i religiosi di vita attiva anzich esser ostacolati alla santit dalle cure apostoliche, dai pericoli e dalle tribolazioni, sanno ascendere piuttosto per mezzo di esse ad una maggiore santit (LG, 41). D'altra parte non devono illudersi d'evitare il pericolo delle fratture e d'ottenere l'armonia eliminando i tempi dedicati all'esplicita contemplazione, all'orazione non solo vocale ma anche mentale: certe pratiche di piet, stabilite dalla Regola d'ogni Istituto, devono esser conservate ed osservate, in linea jdi massima, inderogabilmente, perch sono queste che nutrono e danno slancio alla stessa attivit esteriore (LG, 41). IV. Altra questione, riguardante la vita religiosa, sulla quale oggi si discute: la conformit ad una Regola dev'esser ancora in362

tesa rigidamente, od invece la Regola rappresenta solo un orientamentd di massima, che poi, in concreto, ognuno attua secondo quel, caasma personale che gli dato dallo Spirito? da notare che in questi ultimi tempi quasi tutte le Regole sono sta|e ritoccate. Come principio generale, s'intende, pi che scendere*'a determinare i dettagli della vita religiosa, d'ottenere che i mefnbri siano animati dallo spirito che vivifica le disposizioni materiali. Ora, da parte dei giovani (religiosi e religiose) in genere si auspica una maggior autenticit che pel passato, contro ogni forma si dice di falsit e d'ipocrisia. Penso che, con simili espressioni, si voglia alludere al fatto che, pel passato, anche se non si era molto convinti dell'opportunit di una disposizione, ci si dimostrava per osservanti. Oggi per ci si permettono spinte troppo audaci col pretesto dell'autenticit. Questo non lo sento dice qualcuno perci non lo faccio . Il termine sentire equivoco: pu indicare un'interpretazione quanto mai personale, basata su non si sa qual sentimento, ed il pericolo ovvio. Ci si riscontra presso i giovani, mentre gli anziani, in genere, amano di pi conservarsi fedeli alle vecchie Regole. Confessore, direttore spirituale, predicatore devono riaffermare pei religiosi ai quali hanno occasione di parlare la necessit di stimare ed amare la Regola del loro istituto. Ravviver il proposito generale d'osservarla. Senza dubbio, la Regola non ha ragione di fine ma di mezzo (come l'obbedienza stessa). Ci sono quindi i casi particolari nei quali si pu ammettere un'interpretazione piuttosto larga, perch allora si pu presumere la licenza del Superiore stesso (s'intende del Superiore ragionevole, cio che interpreta rettamente la Regola). Ma il religioso non dovrebbe prendersi l'arbitrio di derogare abitualmente a qualche punto della Regola senza prima aver chiesto il consiglio, almeno, del suo confessore e direttore spirituale. Questi poi sar prudente nelle sue risposte. Specie quando, nell'approvare qualche libert, si mettesse in contrasto con le disposizioni esplicite del superiore esterno. A meno che non consti che si ignora la chiara dottrina morale, ad esempio da parte di una superiora la quale affermasse che una suora ha un obbligo di coscienza che invece non esiste. V. Secondo s. Tommaso (II-II, q. 186, a. 8) il pi eccellente fra i tre voti quello dell'obbedienza. Rappresenta infatti una totale consacrazione del religioso a Dio al quale offre la com363

piet rinuncia della propria volont, come sacrificio di se tesso (PC, 14). Coi voti di povert e di castit egli d a Dio ci che ha; coll'obbedienza fa dono di ci che . Col voto stesso di povert s'impegna anzitutto a dipendere nell'uso dei beni, quantunque ci non basti alla perfezione della virt evangelica che dev'esser interna ed esterna se vuol esser partecipazione alla povert di Cristo che da ricco si fece povero (PC, 13). 1. Richiamo i principi. La virt dell'obbedienza ha un campo pi vasto di quello del voto perch questo induce sempre un obbligo, almeno leggero. La virt, col suo ideale di perfezione evangelica, si estende, oltre ci che obbligatorio, anche al consiglio. Perch sorga un obbligo, pel religioso, in virt del voto stesso, bisogna che il Superiore dia un comando chiaro e preciso (a norma delle Costituzioni) circa quanto riguarda specificamente lo stato del religioso in quanto tale (non in quanto comune fedele). Ci conster se il Superiore usa una formula inequivocabile (per esempio: strettamente comando ), colla quale il riferimento al voto implicito, oppure se fa espresso ricorso al voto. Occorre insomma che si abbia un precetto formale impartito (implicitamente od esplicitamente) in virt dell'obbedienza. Perch poi l'obbligo del voto sia grave anche questo deve constare o dalle parole chiare del superiore o dalle formalit solenni richieste per le ammonizioni canoniche (e. 2309, 2). In pratica, raramente si presume che il superiore intenda obbligare i suoi sudditi sotto pena di peccato. E perci i casi in cui un religioso pecca direttamente contro il voto d'obbedienza sono rari. Dico: contro il voto, non contro la virt. E chi disobbedisce ai comandi (anche non strettamente precettivi in forza del voto) pu mancare all'osservanza nei riguardi del superiore, alla carit verso la comunit, all'umilt. E se lo fa abitualmente, il peccato pu diventar grave per il danno che produce a se stesso ed alla comunit. 2. A parte le distinzioni dottrinali (su cui i teorici discutono) in pratica negli istituti religiosi l'esercizio dell'obbedienza crea, in genere, non lievi difficolt psicologiche. Ed naturale. Il superiore talvolta ha dei difetti che rendono poco accetta la sua presenza e la sua opera nella comunit. D'altra parte il religioso sa che deve vedere in lui non l'uomo, ma Dio.' Di qui il conflitto fra la natura umana e lo spirito di fede. Questo conflitto porta talora a sofferenze che raggiungono l'eroismo. L'obbedienza 364

pu diventare un martirio quotidiano. Il direttore spirituale che non l'Ha provato pu mancare di comprensione: sentir impazienza nell'ascoltare, ad esempio, religiose che manifestano sempre gli stesti crucci a proposito di questa virt, approfittano per sfogarsi Ama attendono anche una parola confortante e stimolante per continuare la loro vita altri otto, quindici giorni. Qualcuna potr anche lamentarsi dei superiori. In fondo e senza saperlo dimostrarli voler esser fedele a quanto ha promesso: l'obbedienza con tutte!le sue difficolt. Meglio che si apra col confessore che con estramei o con altri membri della comunit (cfr. G. Adloff, Il confesfyre direttore, p. 205). 3. Ai Superiori si raccomanda di far amare l'obbedienza; e per questo di esercitare l'autorit in spirito di servizio verso i fratelli , di reggere i sudditi... con rispetto della persona umana facendo si che la loro soggezione sia volontaria . E cosi nell'assolvere i propri compiti e nell'intraprendere iniziative i membri avranno la sensazione di non esser solo dipendenti esecutori di ordini ad occhi chiusi, ma di cooperare con un'obbedienza attiva e responsabile (PC, 14). Occorre dunque che i Superiori esercitino prudentemente ed amabilmente il loro ufficio pur restando ferma la loro autorit di decidere e di comandare ci che deve farsi (ivi). Ma se il suddito, per quanto si apra, chieda consiglio, esponga il suo parere umilmente, non trova l'altra parte disposta al colloquio amabile e fraterno, allora resteranno le freddezze, le distanze, le incomprensioni, al posto della pace, della fusione dei cuori e della collaborazione. 4. Il confessore trattando coi penitenti su questo argomento procurer che il principio d'autorit sia sempre salvo. Ma ci non significa che egli debba chiuder la bocca a chiunque sente discutere sull'azione dei superiori e chiede consiglio. Nelle sue risposte non detto che debba far sempre ricadere il torto sugli inferiori quando si lamentano dei superiori. I superiori non sono infallibili. Se evidente che qualcuno si sbaglia od ha dei difetti, il confessore lo ammetter. Ci su cui non si pu pronunciare la loro intenzione; la quale si deve sempre presumere che sia retta. Quando il confessore s'accorgesse che tutto dipende da semplici malintesi, consiglier al penitente d'aprirsi (per quanto gli possibile) col superiore e d'esporre le sue difficolt per cercare un'intesa. Il confessore non mostrer mai d'esser prevenuto da altre informazioni. Tanto meno da quelle del superiore (se mai gli fossero giunte all'orecchio). D'altra parte ricordo come 365

non sia consigliabile che il confessore tenga relazioni epistolari colle religiose all'insaputa e senza il permesso della superiora. 5. La ripugnanza non toglie nulla alla perfezione ed merito dell'obbedienza. Quel che importa la volont. Pare ovvio. Eppure bisogna ricordarlo continuamente ai religiosi (e specialmente alle religiose) che in Confessione lamentano personali/ istintive resistenze nella pratica di questa virt. D'altro canto, si| potrebbe fare l'ipotesi d'un religioso che eseguisse regole, disposizioni, suggerimenti dei superiori per semplice opportunismo, convenienza, calcolo. Siffatta conformit non avrebbe valore: occorre che il motivo sia soprannaturale perch si abbia la vera virt. I religiosi s'accusano frequentemente di ragionare sull'obbedienza. Oggi, ad esempio, una suora fornita, in genere, d'una cultura assai maggiore che pel passato. Ci importa il problema d'armonizzare l'autonomia di giudizio con l'obbedienza. Quelle che si accusano di ragionare sull'obbedienza, suppongono di esser sempre tenute ad obbedire ciecamente? Bisognerebbe illuminarle (se non lo sono) distinguendo. Non proibito cercar di capire il perch di ci che richiesto dall'autorit. Ed il dialogo col superiore dialogo che oggi pi facilmente concesso e raccomandato facilita l'obbedienza: serve al religioso ed al suo superiore a cercare insieme la volont di Dio e, forse, a rivedere, modificare, aggiornare qualche disposizione. E se non si riesce a capire la ragione d'un ordine? Nel dubbio secondo il noto principio la presunzione sta a favore del superiore. Tanto pi che non sempre egli ritiene opportuno render conto di tutti i motivi che l'hanno indotto a prender una decisione, a dare una disposizione. Se si tien presente tutto questo, normalmente chi obbedisce deve aver coscienza di non farlo ciecamente ma ragionevolmente. Ragionevolmente non solo quanto alla sottomissione della volont, ma anche a quella del giudizio. Sbaglierebbe invece chi volesse ragionare al punto tale da non obbedire finch non arriva ad afferrare ed approvare i motivi che determinano il superiore. Essenzialmente l'obbedienza sottomissione della volont nella conformit alla volont del superiore secondo l'esempio di Ges: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice: peraltro si faccia non la mia volont, ma la tua (Le. 22, 42). L'obbedienza riconoscimento effettivo della legittima autorit, ma, non implica, per s, la percezione e l'affermazione positiva della ragione stessa del comando. E quanto pi motivata dalla pura fede, tanto pi meritoria. 366

Va distinta dunque la sottomissione della volont dalla sottomissione del giudizio. Perci se in un caso particolare fosse di solare evidenzalche il superiore sbaglia, Dio non chiede a nessuno di rinunciare al suo giudizio. Ci vale in materia non solo dottrinale ma anche disciplinare. Il confessore esorter per il religioso a non discutere e a non criticare alla presenza d'altri e con altri gli ordini pel Superiore. 6. Ritt'altro che contrario all'obbedienza il fare ai superiori quelle osservazioni che possono informarli ed illuminarli perch compiano ini rettamente il loro arduo officio. Anzi, cosi l'obbedienza acquista una nuova perfezione, si fa pi autentica, cosciente e responsaftile. Diventa anche servizio e collaborazione. Al superiore spetter accogliere di buon animo e far tesoro dei suggerimenti ricevuti. Se si sapesse, se avesse fatto chiaramente sapere che non desidera consigli non richiesti e non ne tien conto, allora non varrebbe la pena di assumersi l'ingrato onere d'informarlo. Il confessore, in tali casi, liberer il religioso da inutili disagi e perditempo. Caso abbastanza frequente: qualche dipendente laico si lamenta con un religioso (col quale ha pi confidenza) perch il superiore lo retribuisce in misura inadeguata. Se al religioso sembra che l'operaio abbia le sue buone ragioni, pu manifestare discretamente il suo parere al superiore. Sapr per tenere un contegno ispirato dalla carit ed insieme dalla prudenza. VI. La castit. 1. Non si d distinzione fra materia del voto e materia della virt. Il religioso ha promesso di osservare la castit perfetta, esterna ed interna: perci se manca alla virt manca anche al voto (gravemente o leggermente) e commette quindi anche un peccato contro la religione. 2. Il Vaticano II raccomanda ai religiosi di non presumere delle loro forze, ma di praticare la mortificazione e la custodia dei sensi. Ed anche di non omettere i mezzi naturali che favoriscono la salute dello spirito e del corpo. E cosi non si lasceranno impressionare da false dottrine che presentano la continenza perfetta come impossibile o nociva al perfezionamento dell'uomo... Tutti inoltre ricordino, specialmente i Superiori, che la castit si potr custodire pi sicuramente se fra i religiosi, nella vita comune, vige un vero amore fraterno {PC, 12). 367

VII. L'amore fraterno: la virt che, insieme all'obbedienza, continuamente messa alla prova nella vita religiosa. Doyrebb'esser il vincolo, l'anima, il frutto, il premio della vita di domunit (o di gruppo). / 1. Ci saranno sempre antipatie alle quali bisogna e*er superiori. Se il confessore propone ad un penitente di fare una gentilezza o di recitare una preghiera proprio per la persola antipatica, non sar una proposta che sa d'ipocrisia (come qualcuno forse insinuer) (cfr. Adloff, o.c, p. 216). carit autentica, perch bisogna tener fermo il principio che l'amore essenzialmente consiste in un atto della volont. sacrificio di s al vantaggio degli altri. / 2. Se un religioso viola veramente ed esternamente la carit verso un altro, normalmente da suggerire che ripari, od esplicitamente, chiedendo scusa, oppure virtualmente, praticando sollecitamente qualche atto particolare di benevolenza e di cortesia verso la persona offesa. A questa bisognerebbe raccomandare di superare la sua suscettibilit e di vincere il rancore (Adloff, p. 216). 3. La vita comune, perch la carit vi fiorisca senza variabilit, domanda ai singoli membri molto spirito di sacrificio, infinita pazienza nel sopportarsi e compatirsi a vicenda. Ci che ad uno piace, all'altro dispiace. Ognuno ha i propri difetti. La sofferenza spesso fra due causata vicendevolmente: ma l'uno tende a vedere nella sua vita solo la sofferenza, nell'altro solo le mancanze che fanno soffrire. Con un duplice pericolo: che uno si ripieghi su se stesso rodendosi fino all'esaurimento, oppure sparli dei propri crucci con tutti, appena si presenta l'occasione. A chi in pericolo d'urtare in questi scogli, il confessore anzitutto rivolger l'esortazione d'aprirsi e confidarsi con Dio, di risollevarsi e confortarsi con motivi di fede. E quando un'anima s' aperta col confessore e direttore spirituale (e, se utile, con un'altra persona prudente della comunit che possa dare un consiglio ed un aiuto) conviene che eviti i pettegolezzi (con gli altri membri della comunit e specialmente con gli estranei). 4. La carit e la pace d'una famiglia religiosa turbata ancora dallo spirito di critica. E le critiche talvolta si fanno freddamente, anche senza la ragione di dispiaceri personali. Ora, per la buona armonia, sarebbe meglio astenersi dall'esaminare e dal giudicare gli atti altrui (tanto pi che non si conosce la particolare situa368

zione ori singoli e l'intenzione d'ognuno si deve presumere retta). In questo senso e per queste ragioni S. Francesco di Sales poteva scriverei La carit tanto lontana dall'andar in cerca del male, che, a n i , ha timore d'incontrarlo; e quando lo incontra volge altrove n faccia e lo dissimula; anzi, al primo rumore che ne sente, chmide gli occhi prima di vederlo, e poi con una santa semplicit erde che quello non fosse male, ma solamente l'ombra o qualche amtasma del male. Ma se poi non pu far a meno di riconoscerlo per quello che , subito volge altrove lo sguardo e cerca di dinenticarne l'immagine (Filotea, P. I l i , e. 28, p. 217). Se si voleise intervenire (perch l'errore o il male evidente) lo si far non con le malevole critiche alle spalle altrui, ma con una benevola parola d'ammonizione (direttamente od indirettamente) a meno che non si preveda infruttuosa. Anche nella vita di comu- ' nit il fondamento e la garanzia della mutua carit sar sempre l'umilt. Bisogna raccomandare aperture alle vedute altrui, ai loro ; insegnamenti e suggerimenti, idee larghe, flessibilit pronta al primo manifestarsi della luce che venga dagli altri (si tratti di dottrina o di direttive pratiche) anche a costo di sacrificare il proprio punto di vista: chi non solo lo ammette a denti stretti, ma gioiosamente vi applaude, ha la carit pi pura ed eroica. Il segreto d'una felice vita comune. Ma come possono vivere in una comunit, o gruppo, certuni che, piantato un chiodo, non cedono per principio di fronte a nessuna ragione, e tendono ad imporre di forza agli altri le proprie idee, contro il parere della maggioranza e senza diritto o gravi motivi? 5. Al religioso secondo il e. 611 del CJC per s sempre lecito e nessuno pu impedire di ricorrere ai superiori maggiori. Per da consigliare che se ne astenga quando non ci siano ragioni serie, vera utilit, ma solo uno sfogo di personale risentimento. 6. Nocive alla vita comune sono pure certe amicizie particolari fra religiosi. A parte il pericolo della sensibilit e della sentimentalit, potrebbero creare divisioni ed esser malviste. La vita comune offre ai singoli il dono ed il calore di tante presenze, ma domanda anche sacrifici di questo genere: un'intima amicizia forse vantaggiosa fra persone che vivono nel mondo (sempre supposto che non crei pericoli per la purezza) potrebbe non esser altrettanto utile e consigliabile pei religiosi che vivono in comunit (cfr. Adloff, pp. 219-220). 369

V i l i . Altro argomento di cui dovr talora occuparsi |il confessore dei religiosi e delle religiose sar costituito dai ldro rapporti con persone estranee all'istituto ed alla comunit. Certe confidenze e certi pettegolezzi (riguardanti la comunit o chi sta fuori) sono dannosi, oltre che indiscreti. Certe relazioni sono pericolose. In qualche caso grave, nel quale chiara l'occasione prossima di peccato abituale, pel confessore non resta ( altro da suggerire al penitente (od alla penitente) che la domande ai superiori d'un trasferimento perch i mezzi per render l'occasione, da prossima, remota, si sono dimostrati, alla prova dei fatti, inefficaci. inammissibile, specialmente per un religioso, che continui una vita che una catena di peccati giustificandoli come un bisogno insopprimibile. IX. Molto bene in una comunit potrebbe fare il confessore consigliando saggiamente coloro che vi tengono posti di responsabilit. Non frequente per che costoro si manifestino in Confessione come superiori e chiedano consiglio. Spesso il confessore ode solo le lagnanze degli inferiori. E, da parte sua, certo non mostrer di cercare e voler scoprire chi il superiore; e se lo riconoscer, non gli far capire d'aver ricevuto lamentele da parte dei membri della comunit. Eviter ogni invadenza ed ingerenza indiscreta e controproducente. Indirettamente e quando gliene offerta l'occasione, dar al superiore, od alla superiora, le esortazioni opportune. Riguarderanno specialmente lo spirito di bont e di fraternit. Il quale, ad esempio, generalmente suggerisce di non ammonire i singoli membri in pubblico, ma in privato, e sempre con bont; di scegliere il momento opportuno, quando la persona da richiamare non pi sotto l'impulso della passione; di non rivangare i fatti incresciosi e le mancanze gi passate e riparate; di non mostrare diffidenza, pur praticando la vigilanza; di mettersi volentieri alla pari degli altri, a meno che l'esercizio stesso delle sue funzioni di superiore non imponga una distinzione dagli altri membri della comunit... (cfr. Adloff, pp. 221-222). X. Il decreto della S.C. per i Religiosi delT8.XII.70 stabilisce che tutte le religiose e le novizie, affinch abbiano a godere in tale materia della dovuta libert, possono confessarsi validamente e lecitamente presso qualsiasi sacerdote approvato nel territorio per l'ascolto delle confessioni; n per questo richiesta una speciale giurisdizione (can. 876) o designazione. Nondimeno aggiunge il decreto per provvedere meglio al bene 370

delle comunit, si dia ai Monasteri di vita contemplativa, alle case di formazione ed alle comunit pi numerose un confessore ordinario; e* almeno ai predetti monasteri e alle case di formazione, anche u confessore straordinario, ma senza alcun obblig di presentarsi l essi. Per le altre comunit, se le particolari circostanze lo consigliano, pu esser nominato un confessore ordinario, a giudizio dell'Ordinario locale, con la previa richiesta o consultazione deljp comunit . Le suddette prescrizioni hanno valore anche per le comunit maschili laicali, in quanto possono essere loro applicate . Il sacerdote che sia confessore abituale d'una comunit di suore ha da tener sempre presenti certe norme di prudenza. Non si immischier in questioni che riguardano la vita esterna delle religiose. Non scender a troppa familiarit con nessuna di esse. Neppure colla superiora (anche perch le altre suore potrebbero non vedere di buon occhio simili frequenti contatti confidenziali). Paternit con tutte, senza per sdolcinatezze. Eviti nelle confessioni la prolissit; osservi piuttosto la brevit, pur conservandosi disponibile e sollecito quando e quanto sar necessario. Procuri di non servirsi mai di quanto sentito in Confessione per fare o dire qualche cosa, ad esempio colla Superiora, oppure colle stesse religiose durante la loro confessione. Il riserbo in questo campo da usarsi non solo quando bisogna vincere la tentazione della curiosit, ma anche quando il fine fosse, per s, buono. Anche su ci che il confessore ha appreso fuori dal sacramento suggeribile il silenzio quando il parlarne potrebbe suscitare il sospetto (facile specialmente nelle donne) che si tratti di notizie avute solo dalle Confessioni. XI. Qualche caso difficile. Il pi trepido quello d'un religioso o d'una religiosa che ha perduto il coraggio per le difficolt e i malanni fisici, oppure per le tentazioni ed i peccati conseguenti, e cosf arriva a dubitare della sua vocazione stessa. Un'anima che si trova in questa situazione ha bisogno d'esser anzitutto sostenuta ed aiutata a togliere, per quanto possibile, direttamente gli ostacoli. Qualche volta basta un po' di riposo, di calma, di distensione. E bisogna ravvivare la fede: la Provvidenza si serve anche delle difficolt e delle umane debolezze per maturare e fortificare una vocazione. Non per escluso il caso che il confessore stesso dubiti, ad un certo momento, d'una vocazione. Ma se la persona ha gi emesso i voti perpetui, non le far capire i 371

propri dubbi. Bisogna anzitutto applicare la parola di s. Alfonso: Se non sei stato dapprima favorito dalla grazia della vocazione, cerca d'ottenerla colle tue ferventi preghiere . (Cit. da Marsot, Petit tratte des voeux de l'tat religieux, Paris, 1920, p. 185). Altrettanto ed a fortiori per chi anche sacerdote. Certo, piuttosto che continuare una catena di peccati che danna scandalo e disonorano lo stato religioso e sacerdotale, meglio dopo fatto ogni tentativo, ma senza esito positivo chiedere la dispensa. Quando si trattasse d'un'anima che, gi entrata nello stato religioso, dovrebbe rinnovare i voti ma non perpetui, allora in qualche caso al confessore pu presentarsi il problema di decidere della vocazione e della scelta dello stato. Dar il suo aiuto, esaminer accuratamente e senza fretta tutte le circostanze e quindi si pronuncer. In qualche caso sar prudente il consiglio di procrastinare la rinnovazione dei voti. Ed, in genere (dopo una matura riflessione ed un tempo di prova) la situazione si risolver quasi naturalmente da s, in seguito alle prudenti indicazioni, ed alle opportune interrogazioni del confessore. XII. Qualche difficile e delicato caso del genere pu capitare anche ad un confessore straordinario (sia tale de iure o de facto ). Anzitutto egli s'informer se gi stato formulato un giudizio, in merito, dal confessore ordinario; e, per quanto possibile, avr la disposizione di non esserne il censore ma l'aiuto. Non per escluso che lo straordinario (specialmente se fornito di pi matura scienza ed esperienza), in qualche caso dopo aver ben ponderata ogni circostanza si senta ispirato a dare una direttiva diversa da quella data dal confessore ordinario. Sar allora deciso perch la penitente (od il penitente) ha bisogno di formarsi una coscienza certa e tranquilla. Sar pure conveniente che soggiunga come la diversa soluzione del caso non deve meravigliare perch i teologi stessi non sempre sono d'accordo quando non si tratta di questioni dottrinali decisamente risolte dal magistero ecclesiastico.

9. Membri d'istituti secolari Fioriti da tempo in seno alla Chiesa, gli Istituti Secolari furono riconosciuti come stato di perfezione nel 1947 (Pio XII, Cost. Ap. Provida Mater Ecclesia, AAS, 39, 1947, 114-224), 372

a trentanni dalla promulgazione del codice di diritto canonico. Rappresentano uqa svolta nella storia della Chiesa. Sono il segno dell'adeguamento sempre pi cosciente ed attuale degli istituti religiosi ^ille istanze della societ moderna. Rispondono alle esigenze di talune anime, chiamate a consacrarsi a Dio, pur rimanendo nel mondo. Rendono possibile una perfezione professata nel secolo senza le forme tradizionali della vita religiosa: abito, convento, vita comune. La societ moderna, spesso paganeggiante, ha fatto sentire, a certe anime generose, la convenienza di mimetizzarsi con l'ambiente per esserne il lievito. Negli Istituti Secolari si realizza lo stato teologico di perfezione perch si pratica tutto quanto sostanziale nella completa consacrazione a Dio: i membri emettono privatamente il voto di castit perfetta, d'obbedienza ai superiori dell'Istituto secondo il regolamento, ed anche di povert (perch, per le spese non necessarie cio non riguardanti vitto, vestito e comuni mezzi di trasporto devono dipendere dai superiori se tali spese superano una data cifra). Colla Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia veniva cos superata la concezione secondo la quale allo stato di perfezione si richiederebbe che i voti fossero pubblici . Dunque, primo impegno essenziale di chi si iscrive ad un istituto secolare: la professione dei consigli evangelici. (Perci sono aperti anche ai sacerdoti, ai quali vien offerta la possibilit di praticare in modo pi perfetto anche le virt dell'obbedienza e della povert). Non sono ammessi segni distintivi. Non si richiede, per s, nessun mutamento della condizione sociale. Tuttavia non esclusa la vita comune. E difatti alcuni istituti secolari l'hanno adottata anche se con un tono caratteristico proprio, diverso dalla vita comune cosiddetta canonica , qual prescritta dal CJC per le Congregazioni Religiose. L'apostolato personale; non necessaria l'organizzazione di opere comuni. Gli aderenti fanno vero voto di castit, ma in genere annuale; e mai pubblico , com' quello dei religiosi . Per l'obbedienza e la povert spesso non si ha neppure vero voto, ma semplice promessa : praticamente quindi non capita che si dia il caso di trasgressioni gravi. Per anche le semplici promesse si devono stimare sommamente perch conferiscono alle opere buone il valore di atti di religione, d'omaggio e d'ossequio speciale a Dio. Per la castit, chi non sposato vi tenuto anche indipen373

dentemente dal voto: se vien meno al voto commette una mancanza anche contro la religione, ma non un vero sacrilegio (come, invece, i sacerdoti della Chiesa Latina ed i religiosi) dato che il voto non pubblico : il sacrilegio suppone che la Chiesa stessa consacri a Dio una persona. Le singole regole, per s, non obbligano sotto pena di peccato (come, del resto, neppur quelle dei religiosi ). Ogni confessore deve avere almeno una conoscenza generica circa la natura, la funzione, la finalit degli Istituti Secolari per poter consigliare all'occasione sia chi gi iscritto, sia chi intende iscriversi ad uno di questi Istituti. Potr allora considerare questa vocazione specifica in relazione ad una determinata persona, alla sua indole, alle sue inclinazioni. Potr ancor meglio esercitare il suo ufficio se prende informazione anche delle Costituzioni del singolo Istituto al quale una persona iscritta o vuol iscriversi. Perch il suo compito importante: molti membri di questi Istituti hanno poche occasioni di ricevere altri aiuti e consigli; si pu dire che solo nel direttore spirituale trovano l'alleato umano per la vittoria sulle tentazioni, la perseveranza nel fervore, l'ascesa verso la perfezione. I pericoli ed i problemi per chi vuol convertire in apostolato la sua vita secolare sono infatti maggiori di quelli che incontra chi vive in una comunit religiosa. 1. Il confessore anzitutto sapr indirizzare a questo stato chi ne ha l'attitudine. Dalle inclinazioni e doti d'una persona, dalle circostanze nelle quali stata posta dalla Provvidenza a vivere la sua vita, si deve poter riconoscere se ha o no questa vocazione. una vocazione speciale. Ben distinta sia dalla vocazione alla vita contemplativa nel chiostro, sia dalla vocazione di coloro che abbracciano lo stato religioso in un istituto di vita comune canonica . A parte gli istituti di vita unicamente contemplativa, gli altri hanno una regola che cerca un contemperamento equilibrato fra preghiera ed opere d'apostolato. Ma gli Istituti Secolari hanno di specifico la consacrazione all'apostolato. Apostolato da esercitarsi non solo nel mondo, ma usando i mezzi offerti dal mondo, ogni specie d'attivit ed ogni professione civile che sono proprie della vita secolare. Il termine apostolato va inteso in senso quanto mai largo; tanto pi che nel consigliare l'aperta azione apostolica intesa espressamente e direttamente alla conversione d'altri alla fede ed alla vita cristiana necessario che siamo moderati e prudenti. Poich per l'esercizio dell'apostolato si ri374

chiedono doti peculiari ed intime d'animo, oltre ad una data condizione di vita, di cui non tutti godono... (Pio XII, Discorsi e Radiomessaggi, XVIII, -p. 491). L'esercizio stesso della professione lavoro sia intellettuale sia manuale compiuto in spirito di fede e rettitudine morale un apostolato. Ed in pratica sar sufficiente. Almeno in sostanza. Un insegnante, un preside di scuola, un'ispettrice di colonie estive, un giornalista, un ministro dello Stato, non hanno che da vivere ed attuare nella loro vita la sublime preghiera liturgica: dirigere et santificare, regere et gubernare dignare, Domine Deus... hodie corda et corpora nostra, sensus, sermones et actus nostros in lege tua, et in operibus mandatorum tuorum... . Si tratta d'impiegare nella professione tutte le energie, ma purificate e moltiplicate dall'intima e sempre rinnovata unione con Dio. In concreto, nella loro attivit i membri degli istituti secolari terranno conto dell'ambiente: se questo fosse ostile, un apostolato diretto ed esplicito potrebbe esser sconsigliabile. Ma, in realt, anche allora l'inefficacia dell'azione apostolica sarebbe solo apparente perch l'influsso benefico nell'ambiente si produce anzitutto con la testimonianza silenziosa della vita (in questo senso l'apostolato di chi vive nel secolo spesso simile a quello del contemplativo recluso). Cambiando le circostanze della vita, un professionista dovr, forse, ad un dato momento, lasciare il suo lavoro. Per egli potr sempre corrispondere pienamente alla sua vocazione di membro d'Istituto Secolare, anche se non far pi della sua attivit secolare un apostolato. Per lui c' allora la possibilit di darsi ad una vita di maggior contemplazione (pel bene proprio e di tutta la Chiesa), o se la situazione lo suggerir d'un esplicito apostolato diretto. Siccome nella Chiesa ci sar sempre bisogno della testimonianza e dell'annuncio cristiano, si pu 'dire che i membri degli Istituti Secolari corrispondono esemplarmente a questa esigenza perch la possono realizzare nella maniera pi semplice, pi duttile e pi snella come cooperatori nelle varie forme e modi dell'unico apostolato della Chiesa che deve continuamente adattarsi alle nuove necessit dei tempi (AA, 33). Da quanto detto, occorre un minimo di doti e di requisiti particolari in chi vuol abbracciare prudentemente questa vocazione. l'istituto stesso che prende informazione e si accerta dell'idoneit d'un aspirante: della sua et, professione, capacit di svolgere un certo apostolato, condotta esterna incensurata e 375

fondamentalmente equilibrata. Per certe doti per, solo aprendosi intimamente col proprio direttore spirituale il soggetto si sentir assicurato in questa scelta. Forse solo il confessore conosce che la piet del soggetto davvero solida e provata (superiore ai sentimentalismi evanescenti); ch'egli ha l'abitudine all'autocontrollo, una certa fermezza nelle decisioni prese dopo ragionevole riflessione; che non ha una sensibilit eccessiva e tale da indurre un'abituale incostanza di carattere; che il temperamento non segnato da quelle angolosit ed intransigenze che, anche nel bene, impecjiscono la pacifica collaborazione ed il rispetto per le idee e la personalit degli altri... 2. Assistenza spirituale. Il confessore ricordi che i membri di istituti secolari ne hanno bisogno per esser solidamente formati e preparati alla loro missione. Pi bisogno, si direbbe, degli stessi religiosi che vivono in comune, perch chi vive nel mondo e fa di tutta la sua vita un apostolato trova pi pericoli e pi problemi. Nella guida degli iscritti agli Istituti Secolari come di tutte le anime che aspirano alla perfezione il direttore spirituale cercher soprattutto di far sentire il bisogno di una sempre pi intima comunione con Dio, ravviver l'abituale disposizione ad usare ogni cosa e ad orientare ogni attivit alla maggior gloria di Dio (non affatto contrario alla povert il possesso di grandi mezzi economici quando lo spirito sia distaccato e l'uso del denaro sia destinato al bene del prossimo). 3. Il direttore spirituale incoragger queste persone anche a segnalarsi se hanno delle doti per il loro ingegno oltre che per operosit. Non trascurino la loro professione (neppur per darsi ad opere di apostolato): se in essa si faranno stimare, se acquisteranno un certo prestigio, e specialmente se saranno eminenti, tanto pi efficacemente potranno esercitare mediante la stessa attivit secolare, un apostolato, anche se non appariscente. Stia quindi attento il direttore spirituale a non spingere senza discrezione i soggetti generosi ad assumersi impegni che possono esser dispersivi, oppure oppressivi, pur essendo, in s, lodevolissimi. Un uomo non pu far bene che un solo mestiere. Se di questo mestiere vuol fare un apostolato, avr poco tempo per altre attivit. I membri di questi Istituti sono elementi da usarsi con coraggio ma con una certa economia. Sono preziosissimi: bisogna evitare che incarichi e lavoro eccessivi provochino o dispersione od esaurimento. 376

4. G sono virt piccole o grandi che sembrano specificamente proprie di chi ha scelto questo stato. Vanno pertanto continuamente richiamate e suggerite. I membri di Istituti Secolari, concentrando tutti i loro affetti in Dio e nel prossimo, amato in spirito di servizio, si doneranno con grande semplicit e naturalezza. Bando ad ogni presunzione di porsi come esempio e modello agli altri. Vivranno immersi e confusi nella massa, senza la minima ricerca di richiamare su di s l'attenzione altrui. Anzi, si mostreranno lieti e pronti ad apprendere quegli insegnamenti che gli altri potranno offrire col loro pensiero o colla loro vita. 5. Il direttore spirituale dev'esser preparato a trovare, anche in queste anime elette, momenti di crisi. I quali possono provocare dubbi, incertezze sulla perseveranza negli impegni e nella consacrazione di questa vocazione. Il confessore sia cauto prima di pronunciarsi. vero che i vincoli spirituali (che i membri contraggono coi voti e le promesse) sono giuridicamente temporanei. Per, spiritualmente, l'intento iniziale era d'una perpetua donazione a questo ideale. Rinunciarvi sembrer, forse, pel momento, una liberazione. Ma bisogna prevedere la possibilit che poi subentri un vuoto, uno stato di depressione come dopo una sconfitta. Perci anzitutto bisogna usare tutti i mezzi per superare la crisi, tenendo presente che ogni stato (anche quello matrimoniale) ha le sue difficolt ed i suoi problemi spinosi e pu riservare delusioni. 6. Quando invece qualcuno, gi appartenente ad un Istituto Secolare, sentisse la vocazione ad uno stato pi perfetto sacerdozio, vita religiosa e chiedesse consiglio al direttore spirituale, bisogna che questi esamini spassionatamente se la grazia chiama. Quando ci constasse, non resta che favorire la vocazione: ostacolarla per motivi umani o per il bene particolare di un istituto o d'una comunit (quale la parrocchia) non sarebbe certo consigliabile. Il passaggio poi da un Istituto Secolare ad un altro Istituto Secolare sar da approvarsi solo se ci sono ragioni ben precise e ben certe d'apostolato, circostanze obiettive che lo rendono ovvio; non piccoli motivi, dipendenti, in fondo, dalla debolezza e variabilit umane.

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10. Professionisti in genere 1. Lavoro professionale: impegno ad un'attivit determinata e continuata. Per molti obbligatorio. Per tutti coloro che sono in grado di farlo pili perfetto che ,1'occuparsi in disparati lavori occasionali. Per due ragioni: prima: Dio ci ha affidato il mondo con l'incarico di provvedere al suo miglioramento e progresso. Senza il lavoro dell'uomo la terra avrebbe l'aspetto, pi o meno caotico, d'una creazione incompiuta. L'uomo chiamato a renderla pi abitabile col suo lavoro intellettuale e manuale. Per questo necessario che gli uomini si aiutino vicendevolmente: ma, per questo, ci dev'esser un ordine nelle loro diverse occupazioni e quindi una stabile divisione del lavoro. E colla divisione del lavoro si hanno le varie professioni. quindi volont di Dio che ci sia l'agricoltore che lavora la campagna perch produca i suoi frutti, che ci siano i muratori perch si abbiano le case. Ogni professionista serve ed aiuta gli altri ed , a sua volta, servito ed aiutato. Il sacerdote ha bisogno dell'operaio, l'operaio del sacerdote. Ogni professione degna e rispettabile. Perci il lavoratore del braccio non ha ragione per vergognarsi del suo lavoro (per quanto umile) ma neppure per disprezzare quasi esistenze non utili e non produttive coloro che, come il monaco o lo studioso, lavorano coltivando la vita dello spirito. Tutte le professioni oneste rientrano quindi nella volont di Dio; ma ognuno cercher di scegliere quella che, in concreto, sembra corrispondere alla volont di Dio su di lui. Oltre a questa ragione d'ordine per cosf dire sociale realizzare il disegno di Dio per la vita del mondo per motivo della sua personale santificazione che l'uomo chiamato ad uno specifico lavoro professionale. Difatti nella pratica dei doveri professionali si d una continua occasione per esercitare le pi altre virt morali: laboriosit, spirito di sacrificio, generosit, lealt, pazienza, dolcezza, concordia (per quanto possibile) con tutti. Ad ogni momento, inoltre, della giornata chiaro pel professionista quale sia il suo preciso dovere che corrisponde alla volont di Dio. Tutta la sua giornata regolata da un orario. Si comincia col risveglio e la necessit d'una pronta levata; c' l'invito alla preghiera (che rientra pure fra i doveri professionali); e poi l'inizio del lavoro manuale od intellettuale, che si protrae fino al ritorno in famiglia; e questa offre momenti di riposo e di ricreazione ma anche impegni e cure quotidiane (che 378

rientrano anch'esse fra i doveri professionali). Doveri che appartengono alla vocazione d'un uomo considerata concretamente e globalmente. Doveri che, se compiuti per amore di Dio, santificano, momento per momento, un'esistenza. 2. In ogni professione onesta compiendo lavori e servizi quanto si voglia modesti si pu santificarsi. un gravissimo errore latente in molti spiriti il credere che una professione profana sia praticamente un ostacolo alla perfezione cristiana e che questa sia quasi riservata a chi si ritira dal mondo per consacrarsi solo alla preghiera in un chiostro, nell'obbedienza ad una Regola. Certo per un professionista che ha un margine di libert, non mancano pericoli e tentazioni: per esempio, di schivare i lavori pesanti, difficili e noiosi e scegliere solo i pi facili e graditi, mentre la sua attivit dev'esser soprattutto guidata dal senso del dovere e del meglio. Un insegnante dovr preparare le sue lezioni con cura e correggere i compiti con diligenza quando avrebbe la voglia di occupare il suo tempo in letture piacevoli non attinenti alla immediata necessit della scuola. Un impiegato non occuper troppo tempo a discutere sulle iniziative dell'azienda che non spettano a lui trascurando il poco simpatico, ma urgente, lavoro di contabilit. La ragione di tante vocazioni mancate: non ci si adatta a far bene ci che preciso dovere professionale del momento e si occupa il tempo in attivit estranee pi attraenti. Una giovane che intende sposarsi e perde tutto il suo tempo in divertimenti inutili, vien meno al preciso dovere di prepararsi alla sua professione di sposa e di madre. Chi previdente e diligente nel rendersi atto ai suoi doveri professionali e fedele nell'eseguirli trover continuamente l'occasione per fare qualche sacrificio e santificarsi. I sacrifici pi meritori non sono quelli che cerchiamo noi stessi ma quelli che Dio pone sul nostro cammino: in questi non c' nessuna volont nostra n amor proprio. Dover dipendere da un capo che ha un brutto carattere e che forse abusa della sua autorit; vivere accanto a colleghi e compagni coi quali non c' affinit spirituale; saper sopportare con pazienza senza voler il male e la vendetta qualche ingiustizia, ostilit, invidia, o qualcuno che si fa avanti dando agli altri lo sgambetto. Sono tutti incidenti e sofferenze della vita quotidiana disposti dalla Provvidenza per la santificazione del professionista. Non contro tale Provvidenza il fare quanto possibile e quanto serve per rivendicare il proprio diritto; ma il professionista cristiano non ripara il male a colpi di violenza che non fanno che aggravarlo e, per 379

quanto possibile, cerca di salvare la fraternit umana. Anche quando si fa valere un diritto v' sempre occasione per esercitare l'umilt e la carit e per offrire a Dio qualche sacrificio. 3. La scelta della professione molto importante perch decisiva per tutta la vita e perch Dio stesso che, volendo l'ordine nella vita sociale, assegna ad ognuno una professione. Naturalmente Egli si serve delle cause seconde per manifestare la sua volont: occorre dunque un giudizio di prudenza con la luce della grazia (la quale per non percepita come tale e non costituisce quindi un criterio per una scelta). Ci si augura che un ragazzo abbia fin dai primi anni seguito la voce di Dio che lo invitava a compiere i suoi doveri di scolaro e di studente: doveri che sono una preparazione alla futura professione. Non avr, in genere, difficolt a scoprire, man mano che cresce, ci a cui destinato. Terr conto delle sue doti intellettuali e fisiche, delle sue inclinazioni e dei suoi desideri (rettamente intesi e ragionevoli), delle circostanze ambientali, delle condizioni familiari, dell'eventuale esigenza di guadagnarsi presto il pane, delle particolari prospettive di successo. Comunque, non si dovr prendere come criterio di scelta solo il maggior guadagno. Alle volte ci sono condizioni indipendenti dalla volont del soggetto come la situazione della famiglia o le relazioni che la famiglia gode che aprono al giovane una strada invece di un'altra. Talora uno si trova nell'occasione di abbracciare una professione senza averla scelta e dovr fare di necessit virt se il lasciare il certo significasse avventurarsi nell'incerto senza alcuna garanzia i successo. Oltre al lume della prudenza, si ricorrer a qualche saggio consigliere per conoscere la volont di Dio. Ma se, ad esempio, una giovane che sognava di fondare una famiglia, non ha potuto farlo per circostanze indipendenti dalla sua volont, non dovr prendere un atteggiamento di rivolta contro la vita, ma cercher di riempire la sua esistenza di opere buone e, soprattutto, d'avanzare rapidamente nel cammino della vita spirituale. Purtroppo spesso avviene che noi perdiamo il nostro tempo sognando altre condizioni di vita e di lavoro, lamentando d'esser le vittime di qualche sbaglio, nostro o di altri; e pensiamo che saremmo capaci d'ogni sorta di buone azioni se la nostra vita fosse diversa da quella che . Ma si sogna l'impossibile. Il che significa non cpnformarsi alla volont di Dio e, cosi, non risolvere il problema della vita. 4. In ogni professione possibile santificarsi se si lavora per conformarsi alla volont di Dio. Non tutte le professioni per 380

sono ugualmente meritorie e non tutte rendono ugualmente facile il conseguimento della perfezione. Una professione tanto pi meritoria quanto pi glorifica Dio. Le professioni che hanno per oggetto il servizio diretto di Dio sacerdozio, vita religiosa sono pi meritorie di quelle profane; quelle che direttamente sono ordinate ad aiutare il prossimo per esempio la professione del medico, dell'insegnante sono pi meritorie di quelle che direttamente sono ordinate al sostentamento del lavoratore stesso; per esempio la professione del rurale. Perci chi ha a cuore la propria vita spirituale terr conto (nei limiti delle possibilit) quando sceglie la sua professione, delia maggiore o minore facilit offerta per conseguire la perfezione cristiana. Non c' dubbio che la vita religiosa la quale importa l'osservanza dei consigli evangelici pi meritoria della vita matrimoniale e rende particolarmente facile e quindi pi probabile la santificazione. A chi osservasse che non tutti vi sono chiamati e quindi ci sarebbe un'ingiusta preferenza da parte di Dio verso pochi eletti, si risponde che Dio d a tutti la possibilit di salvarsi e di santificarsi. Quanto alla concessione di grazie pi o meno abbondanti alle singole anime, Egli ha presente la loro corrispondenza o meno alle grazie precedenti: la generosa corrispondenza attira altre grazie. Comunque, Dio non tenuto a dare a tutti grazie particolarmente abbondanti e speciali aiuti. E bisogna ammettere che c' un mistero di predilezione divina nella distribuzione delle grazie. Ed a chi obbiettasse che se la santificazione in uno stato pi difficile che in un altro, deve, per ci, ritenersi anche pi meritoria, si deve rispondere che ci non , per s, vero. Lo sarebbe se, a parit di condizioni, suscitasse (per le difficolt da superare) un pi intenso amore di Dio. Dico: a parit di condizioni, perch le professioni considerate obbiettivamente non glorificano tutte egualmente Dio. E pel fatto che uno portato per una sua inclinazione (naturale o soprannaturale) alla vita religiosa, non tolto il merito di questa scelta, se corrisponde alla volont di Dio. 5. Per rendere quanto pi possibile meritorio e perfetto l'esercizio d'ogni professione si cercher di vederla non solo come un mezzo di lucro, ma anzitutto come un servizio. Servizio mutuo che gli uomini si scambiano. Quello spirito di vicendevole aiuto generoso che regna nell'ambito della piccola societ familiare, dovrebbe similmente regnare nel campo pi vasto delle varie profes381

sioni. Se ci fosse, la vita sociale sarebbe automaticamente e profondamente trasformata. Invece, in alto come in basso, da parte di imprenditori e di lavoratori, si vede il lavoro anzitutto come una fonte di guadagno. Invece, salve le proporzioni, ogni professionista, nelle soggettive finalit che animano il suo ufficio, dovrebbe essere simile al sacerdote. Questi sarebbe giudicato molto severamente se celebrasse, predicasse, amministrasse i sacramenti per guadagnare. Eppure ha diritto, perch lavora, ad avere i mezzi pel suo sostentamento: ed il problema si risolver da s; i mezzi verranno, e supereranno anche lo stretto necessario, ma non devono esser in cima alle preoccupazioni. Anzitutto la preoccupazione di servire bene Dio ed il prossimo: se ci fosse questa finalit anche nelle professioni profane, ci sarebbe pi unione e pi fraternit fra gli uomini. Il pensiero che tutto quanto abbiamo dal patrimonio intellettuale al mobilio di casa, dall'educazione morale al nutrimento ci venuto e ci viene per uno scambio di uffici professionali, dovrebbe aprire il nostro cuore' a tutti gli uomini per sentirci legati da amore e gratitudine e stimolati alla corrispondenza (cfr. J. Viollet, Les devoirs d'tat, AMG, Paris, pp. 48-50; 59-60). Ognuno deve dunque sentirsi unito agli uomini d'altre professioni perch il lavoro, tutti i lavori, sono mezzi ed occasioni offerti perch la carit si traduca in atti positivi. Ma, in particolare, un legame immediato e diretto dovrebbe unire coloro che esercitano la stessa professione. Carit verso tutti, nonostante i loro difetti. Anzi, carit particolare verso coloro che si sono sviati dal retto sentiero o sono pi lontani dalla fede cristiana. Un professionista non pu vivere come se fosse solo nell'esercizio del suo lavoro. Egli favorir quindi e praticher quelle forme associative che hanno per scopo l'unione ed il mutuo aiuto degli appartenenti alla stessa professione. Non bisognerebbe per che il singolo entrasse a far parte di un'associazione o d'un sindacato solo per motivi egoistici, ma per richiedere se giusto e possibile migliori condizioni di vita per tutti i membri di una professione, per far trionfare la -verit, la giustizia, la pace, sostenere i pi deboli, avendo sempre riguardo anche agli altri raggruppamenti ed alla societ presa nel suo insieme: la pace sociale non sar possibile altro che il giorno in cui i sindacati, pur difendendo gli interessi d'ogni corporazione, saranno preoccupati degli interessi delle altre corporazioni e della collettivit tutt'intera (J. Viollet, o.c, p. 87). 382

11. Chi comanda e chi ubbidisce Dio ha voluto che ci sia un ordine nel mondo. Perci ha implicitamente disposto che ci sia chi comanda e chi ubbidisce. Praticamente, ognuno, nella vita, ha da esercitare tanto l'obbedienza come l'autorit, a seconda delle circostanze, dei tempi, dei luoghi. A parte l'obbedienza nello stato religioso, sulla terra il tipo pi perfetto del rapporto fra autorit ed obbedienza si ha nella famiglia perch in questa c' il mutuo affetto naturale che facilita, eleva, perfeziona, supplisce l'esercizio dell'autorit e dell'obbedienza. Esercizio che, nella famiglia, incontra anche le prime difficolt. Come avviene per l'esercizio della carit. Un figlio trova fratelli e sorelle coi loro difetti; la sua buona volont ancora fragile, deve abituarsi a rapportare, ad adattarsi. Difficolt trover nel superare le prime reazioni e rivolte della natura di fronte ad una correzione o ad un divieto che vengono dai genitori. E dovr prepararsi a rispettarli, amarli, ascoltarli docilmente anche quando riscontrer in essi qualche difetto. Perci dalla vita familiare deve prender l'esempio ogni altro esercizio dell'autorit e dell'ubbidienza (cfr. J. Viollet, Les devoirs d'tat, Paris, pp. 13-29; 56-57). I. Chi comanda 1) deve interrogarsi se esercita l'autorit cercando di conformarsi alla volont di Dio, di rappresentarlo (per quanto indegnamente), e se esercita l'autorit 2) come un servizio reso al prossimo: per dare un aiuto ai dipendenti affinch possano vivere meglio e compiere meglio il loro lavoro. \ Chi comanda dev'esser anzitutto d'esempio. Quale influsso e quale pretesa di farsi ascoltare pu avere chi richiede ad altri qualit che egli non possiede? Quale rispetto e fiducia pu aspettarsi? 4) L'autorit non una superiorit ma una funzione. Chi a capo di altri deve tenerlo sempre presente e star attento che non s'insinui l'orgoglio e l'ambizione, quale pu manifestarsi, ad esempio, nella pretesa d'aver sempre ragione invece di cercare quello che il bene e quella che la verit. Ma non ci sar possibilit d'inorgoglirsi per chi sapr riflettere sugli obblighi e sulle responsabilit che l'autorit importa: ci sar piuttosto da sentirsi impauriti ed umiliati e da riconoscere di non possedere tutte le 383

qualit desiderate dall'incarico e di non fare tutto quello che sarebbe richiesto. L'esercizio d'una autorit una prova impegnativa, non un onore di cui vantarsi. 5) Chi comanda dovr interrogarsi se tien conto degli interessi legittimi dei dipendenti o si comporta in maniera ingiusta ed opprimente, mosso dai propri capricci. 6) Pu esser anche tentato di fare del proprio posto di comando un gradino per dar la scalata ad altri posti pi elevati guardando solo e tutto coordinando a se stesso ed alle proprie mire. 7) Non proibito, anzi, di sviluppare al massimo le proprie possibilit e di far rendere i propri talenti. Per il movente non dovrebbe esser solo il successo personale ma il maggior bene possibile da realizzare, a gloria di Dio e pel vantaggio del prossimo, perfezionando il proprio lavoro professionale: per tal fine una madre si specializzer sempre pi nell'educazione dei figli, un medico nella cura dei suoi malati. 8) Da deprecarsi l'arrivismo: la smania di arrivare ad un posto d comando o di onore a qualunque costo, usando tutti i mezzi possibili, leciti o meno. 9) C' il pericolo, per chi esercita l'autorit, d'aver delle ingiustificate preferenze. Preferenze che provocherebbero inevitabilmente ribellioni, gelosie, discordie e divisioni fra dipendenti e superiori e nei dipendenti tra loro. 10) Il tipo pi perfetto di autorit ed ubbidienza si ha, dicevo, nelle relazioni fra genitori e figli. Perch fra questi il comando e la sottomissione sono elevati, favoriti e facilitati dall'affetto naturale. Su questo esempio, l'esercizio d'ogni autorit dovrebbe esser mosso anche dalla carit cristiana. Chi a capo, non dovrebbe esser solo preoccupato che l'operaio eseguisca debitamente il suo lavoro; e l'operaio non dovrebbe esser solo interessato all'esecuzione materiale del lavoro necessario. Fra superiore ed inferiore dovrebbe intercorrere un sincero affetto: senza questo l'operaio sar considerato come una macchina e stimato solo per quanto rende. Ma se il rapporto autorit-obbedienza vivificato dal soffio della carit, allora si considerer l'operaio come una creatura di Dio e si rispetter la sua dignit di uomo (con tutte le sue capacit e limiti): non gli si imporr un lavoro forse eccessivo o non corrispondente alle sue qualit. Chi dirige lo sosterr con l'incoraggiamento, lo apprezzer, metter a sua disposizione la propria intelligenza ed esperienza, procurer di facilitargli l'adempimento del pesante dovere, di sostenerlo nelle crisi naturali a cui 384

ognuno pu andar incontro, di risvegliare o rispettare (come devono fare i genitori) il sentimento della personale responsabilit e non considerarlo come uno schiavo; cercher di esercitare l'autorit non pel gusto d'imporre la sua volont o per partito preso o per impazienza, ma solo per una esigenza del lavoro da eseguire, cio perch la verit ed il bene lo richiedono. 11) Ma vi pu esser anche chi omette d'esercitare la debita autorit per pigrizia, per indifferenza, per motivi umani che non giustificano il lasciar correre con danno evidente dei singoli e della comunit. Per esempio, i genitori non possono accontentare in tutto i loro figli. Certo, nel modo di comandare, si cercher d'usare le maniere pi accette e meno pesanti, ma chi alla guida deve saper dimostrare anche la fermezza, quando necessario. Concludendo: l'esercizio dell'autorit esige qualit e virt, impone responsabilit tali da diventare un efficacissimo mezzo di perfezione per chi procura d'esercitarla sull'esempio di Dio stesso per aiutare e rendere migliori gli altri. II. Chi ubbidisce 1. L'ubbidienza per eccellenza quella del religioso : facendo il voto di praticare questa virt egli rinuncia alla propria volont, la rimette nelle mani d'un superiore che rappresenta per lui Dio stesso. la massima rinuncia: rinuncia non solo a qualche cosa ma a quello che costituisce la parte pi preziosa della persona: la volont. Ma sia pur in modo e grado diversi praticamente tutti devono ubbidire. E ci sono autorit ben determinate (da quella dei genitori sui figli, a quella dell'impresario sui suoi operai, dell'insegnante sugli alunni, della padrona di casa sul personale di servizio). E ci sono autorit che s'impongono per una ragione non strettamente di diritto ma, per cosi dire, morale: tale pu essere il prestigio d'un operaio anziano che per capacit ed esperienza va tenuto in considerazione dai giovani apprendisti: i suoi consigli ed esempi meritano rispetto ed attenzione. 2. Nella vita professionale ritorna dunque ogni giorno questo dovere. Tutt'altro che facile. Il laico professionista non ha scelto, come il religioso, una vita d'ubbidienza: l'esercizio stesso della professione che gli impone d'ubbidire a qualcuna. S'aggiunga che il superiore religioso ha gli stessi ideali dei suoi confratelli, anche se ci pu esser qualche disaccordo nel giudizio su una singola questione: nella vita professionale chi comanda ha talora menta385

lit e convinzioni completamente contrastanti con quelle dei suoi dipendenti. S'aggiungono difetti personali di carattere, evidenti odiose preferenze che rendono in genere pi penosa l'ubbidienza nella vita professionale che nella vita religiosa. 3. Perci chi aspira alla perfezione deve, nelle sofferenze che l'obbedienza gli procura, non mostrarsi insofferente e ribellarsi, ma cogliere l'occasione che Dio gli offre per santificarsi nell'esercizio della sua professione. I difetti di chi comanda rendono difficile l'obbedienza ma non possono dispensare i dipendenti dal conformarsi alle disposizioni superiori: altrimenti verrebbe meno ogni ordine ed ogni regola nella vita professionale e sociale. Bisogna dominare i sentimenti di malcontento e di rivolta pensando che allora i meriti saranno molto maggiori di quelli che si avrebbero nell'aderire agli ordini di chi fosse fornito d'ogni virt e s'imponesse per la sua santit affascinante.
12. Operai, rurali, impiegati

I. Operai dell'industria. Fra i lavoratori sono i pi difficili ad esser avvicinati dal sacerdote. Hanno maggiori problemi, difficolt, pericoli. Vivono in un ambiente nel quale possono, oltre che dissiparsi, perder facilmente la fede. Fatto incontestabile: la citt favorisce l'allontanamento del lavoratore dalla religione, sia per l'immoralit che vi regna, sia per le false ideologie che dirigenti, intellettuali in gran parte miscredenti vi diffondono. E, nella citt, ambiente pessimo la fabbrica. Testimonianza d'un cappellano dell'ONARMO: In mezzo alla nostre giovani lavoratrici si ha la strage pi grande... Basta una macchina per un ritorno a casa o l'incontro con un uomo simpatico, per prostituirsi... Le giovani lavoratrici sono insidiate continuamente e in tutti i modi, dentro e fuori la fabbrica o l'ufficio, anche da parte di uomini sposati e in posti di responsabilit, e molte, per non dire quasi tutte, presto o tardi cedono... (cit. da A. Toldo, L'evangelizzazione nel mondo del lavoro, Roma, 1966, p. 24). Si direbbe una conferma di quanto drasticamente asseriva Charles Pguy: Nessun luogo di perdizione cosi ben fatto, bene ordinato e bene attrezzato quanto la fabbrica dei nostri tempi, e nessun strumento di perdizione pi adatto e pi efficace di essa (o.c, p. 22). Non meraviglia quindi la scarsa frequenza degli operai alle pratiche del culto religioso. A Bologna, ad esempio, da inchieste 386

condotte alcuni anni fa, risultava che degli operai delle aziende industriali private solo il 7,1 per cento partecipava alla Messa festiva (tenendo conto che, in questa percentuale, il 10,9 per cento erano operaie, mentre gli uomini erano solo il 5,25 per cento) (Toldo, o.c, p. 11). A Marsiglia solo il 3,3 per cento degli operai industriali faceva Pasqua (ibid., p. 29). Il primo problema dunque che richiederebbe per un discorso troppo lungo riguarda i mezzi pi efficaci per evangelizzare gli operai, ed anzitutto per avvicinarli individualmente (perch la pi fruttuosa influenza benefica quella che si pu esercitare mediante i contatti personali). Per mezzo dei cappellani di fabbrica? Anche a questi manca spesso il tempo e l'occasione d'intrattenersi cogli operai (fuori dell'orario e del luogo della mensa). Con iniziative promosse fuori della fabbrica, nelle parrocchie? tutt'altro che facile raccoglierli sia per lo scarso entusiasmo con cui ricevono questi inviti, sia per la lontananza e dispersione delle loro abitazioni. Per mezzo dei preti-operai? Oppure (come oggi da taluni si propone ed in qualche luogo si sta tentando) per mezzo di operai-preti, i quali hanno prima fatto l'esperienza del lavoro come tutti gli altri e poi, senza interromperlo, sentono la chiamata ed intraprendono la preparazione al sacerdozio, con corsi di studi serali, allo scopo di poter, sacerdoti, congiungere le due attivit, lavoro ed apostolato in fabbrica? Questioni che sono in fase di studio e di sperimentazione. Questo certo: i pastori d'anime sono molto preoccupati dello stato spirituale degli operai industriali perch constatano che il loro allontanamento dalla Chiesa progressivo. Ci soffermiamo piuttosto sul modo di trattare con questa categoria di lavoratori, quando s'offrir l'occasione d'un incontro o d'un colloquio (sacramentale od extra-sacramentale). 1. L'operaio che entra in fabbrica dovrebbe avere saldissimi principi religiosi per non subire l'influsso negativo dei compagni, cio della massa, che, a sua volta, manovrata da capi i quali, facendo leva sulle difficili condizioni economiche dei lavoratori, lanciano promesse, sollecitano rivendicazioni, insinuando abilmente (cio pi o meno apertamente) una ideologia antireligiosa come indispensabile garanzia del progresso sociale e civile. E cosf molti sprovveduti perdon la fede, sia perch non sono in grado di difenderla contro gli attacchi di persone pi istruite, sia perch pi comodo liberarsi dei legami morali d'una religione sulla cui verit (dicono) non c', per lo meno, comune consenso, cio la 387

certezza. S'aggiunge il forte rispetto umano che non sanno vincere perseverando nella pratica religiosa appresa da piccoli, professando e difendendo, all'occasione, i principi della loro fede e della morale. Per, dalle inchieste risulta che, anche nelle fabbriche, gli operai che sono decisamente atei sono una minoranza. E non sono molti neppure coloro che prendono una posizione nettamente avversa alla Chiesa accusandola, ad esempio, gravemente e seriamente di parteggiare per i capitalisti. Molti per scivolano verso uno stato d'indifferenza in materia religiosa indifferenza che il carattere tipico dell'incredulit moderna e, per l'influsso dei compagni e dei dirigenti di partito, si allontanano progressivamente dalla Chiesa. Occorrer aver tatto (soprattutto con coloro che sono ostili alla religione). Usando il metodo amabile della persuasione e non quello dell'aspro contraddittorio, si presenter spesso l'occasione di correggere molte idee sbagliate. Ricordiamo: comprensione e bont con gli erranti; fortezza ed intransigenza contro l'errore. Anche in chi non nega Dio, manca spesso il vero concetto cristiano di Dio. Di un Do che promette il Suo aiuto, la Sua Provvidenza purch, per, non ci sforziamo di fare la Sua volont ( Cercate prima il Regno di Dio e la Sua giustizia e tutto questo vi sar dato di sovrappi , Mt. 6, 33; Le. 12, 31): e la Provvidenza sar tanto maggiore quanto pi noi avremo fede nella Sua assistenza e quanto pi questa fede sar pratica ed efficiente. Spesso, invece, l'uomo pretende che Dio faccia la Sua parte, ma non s'impegna a fare la propria e bestemmia Dio quando Egli non a misura dell'uomo. Manca l'esatta concezione dell'esistenza terrena come d'una prova per giungere ad una vita che non ha fine: in ordine a questa tutto dovrebbe esser visto e giudicato, specialmente il dolore da cui Dio intende ricavare la salvezza e la santificazione delle anime. Egli vuole che ricerchiamo anche il nostro terreno benessere, sempre per con lo sguardo al fine ultimo, alla vita eterna. Errori da correggere circa la persona e la missione di Cristo. Si sente qualche volta dire che i cristiani e la Chiesa hanno tradito l'autentico messaggio di Cristo. Il quale sarebbe stato un rivoluzionario, ucciso per aver contestato le ingiustizie dell'ordine costituito. Che si prenda il Cristo come modello certo augurabile, ma bisognerebbe ammettere la Sua divinit e la spiritualit della Sua dottrina. La Sua azione non si svolge mai direttamente sul piano sociale e politico, ma sempre su quello soprannaturale. 388

Condanna si l'ingiustizia, ma come ogni altro peccato. Ci che lo interessa e lo preoccupa direttamente la vita e la salvezza delle anime, contro la falsa religione degli Scribi e Farisei che al popolo non portavano la liberazione ma l'oppressione. Verso la legittima autorit civile egli pratica e raccomanda l'obbedienza: Rendete... a Cesare quel che di Cesare: e a Dio quel che di Dio (Mt. 22, 21). Non mostra incuranza per quanto necessario alla vita presente, ma la suprema aspirazione non dev'esser per i beni terreni ma per quelli che non periscono: Cercate prima di tutto il Regno di Dio . La Sua missione per un mondo migliore, ma anzitutto ed essenzialmente per il mondo dello spirito. Errori circa la natura della Chiesa ed il uso compito. La si accusa di non aver difeso pi efficacemente gli interessi dei lavoratori contro la classe borghese sfruttatrice dei poveri. A tal proposito, bisogna tener fermo e far capire qual la missione propria e specifica che Cristo ha affidato alla sua Chiesa (intesa come Collegio Apostolico): questa missione non di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso di ordine religioso (GS, 42). La Chiesa porta alle anime la salvezza e la vita soprannaturale. Perci santa perch ha tutti i mezzi per santificare le anime (nonostante i difetti dei suoi ministri che restano sempre uomini): ed i frutti di santit non mancano. Impegnarsi sul piano sociale, economico, politico per combattere le ingiustizie e per incarnare il Regno di Dio nelle realt terrene spetta ai cristiani laici. Ma anche la loro azione non sempre stata quella desiderata. Perci se il sacerdote si pone sul piano sociale a discutere di questioni economiche sar facilmente messo in difficolt. Perch non si pu misconoscere che, alla fine del secolo scorso ed agli inizi di questo, il socialismo abbia avuto dei meriti per il miglioramento delle masse contadine, ad esempio in Italia nell'Emilia e nella Romagna. A prescindere, naturalmente, dall'infausta azione antireligiosa. Mentre i cattolici hanno lavorato troppo poco per neutralizzare, coi fatti, la penetrazione e la propaganda marxista. La quale cosi riuscita ad instillare nelle masse operaie l'idea che il comunismo sia l'unico movimento capace di portare la giustizia nel mondo del lavoro, sia pur con la forza ed a costo della perdita della libert. Ho tentato una qualche esemplificazione sui temi e problemi religiosi che possono interessare i lavoratori. 389

2. Il sacerdote che esercita un ministero fra gli operai coglier le occasioni per un apostolato specificamente sacerdotale: far del bene spiritualmente e, se opportuno, anche materialmente, tentare discretamente ed intelligentemente un'evangelizzazione nell'intento supremo di comunicare alle anime la vita soprannaturale. Ma bene non entri in questioni e lotte fra operai ed imprenditori, schierandosi per gli uni contro gli altri ^. Certo, chi pi debole e pi povero ha pi bisogno d'aiuto e per questa ragione, gode la precedenza e le preferenze del sacerdote. Ma il prete non pu fare il mestatore. Se lo facesse la sua posizione e la sua permanenza in fabbrica sarebbe precaria perch, da una delle parti, mal tollerata e contrastata. Ci sono pure i preti-operai. Ma anche questi devono ripensare qual la loro specifica missione e vocazione. Dedicarsi, ad esempio, alle turbolenti attivit sindacali cosa delicata per quanto retta e disinteressata sia l'intenzione: una occupazione che sottrae tempo al lavoro che il sacerdote, in quanto tale, potrebbe svolgere; inoltre egli verrebbe cosi a supplire il laico al quale spetta dare in fabbrica la testimonianza cristiana e, tanto pi, svolger l'azione politica e sindacale. Ai sacerdoti tocca formare cristiani adulti e non sostituirli (rimproverando, magari, alla Chiesa di non aver saputo formarli). 3. Nel trattare cogli operai il sacerdote sia cappellano di fabbrica, sia prete-operaio od operaio-prete, sia nell'amministrazione del sacramento della Penitenza, sia in occasionali colloqui dovr usare tutti gli accorgimenti per incontrare le simpatie di questo elemento spesso ostile o malsicuro. Bisogna anzitutto dimostrargli una stima sincera, considerando la sua condizione: uno stato di dipendenza quasi assoluta, una sistemazione priva di sicure garanzie, un lavoro non sempre adeguatamente remunerato e privo del carattere di personalit ed umanit perch ridotto quasi a quello d'una macchina. Perci un operaio che da qualche sacerdote si vede accolto e considerato con poco riguardo o come un minorenne mentre altri pi influenti, ricchi ed altolocati sono oggetto di pronta deferenza e distinta gentilezza questo operaio non guarder certo di buon occhio clero e Chiesa. Non sopporter certi atteggiamenti autoritari e paternalistici che si
In extruenda vero christianorum communtate, Presbyteri numquam alicui ideologiae vel factioni humanae inserviunt sed, ut vangeUi Praecones et Ecclesiae Pastores, ad Corporis Christi spirituale incrementum consequendum operam impendunt {PO, 6).
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notano (o si notavano) presso qualche parroco (specialmente di campagna o montagna) o presso qualche cappellano militare nei riguardi dei soldati. Atteggiamenti che l'operaio oggi non tollera perch troppo conscio della sua dignit e nobilt di lavoratore e dei suoi diritti d'uguaglianza e di solidariet con tutti gli altri uomini. Bisogna anche ascoltarlo. Ed andargli incontro con spirito fraterno, comprensivo, democratico. I mezzi di conversione e santificazione sono, nella Chiesa, in mano d'uomini: d'importanza decisiva il modo come vengono offerti ai fedeli. Ed il popolo, che non suol fare molte distinzioni, coinvolge nelle critiche contro gli uomini anche l'istituzione e la dottrina. Per esempio, non c' dubbio che, tanto nelle fabbriche come nelle parrocchie, la frequenza degli operai e del popolo alla Messa festiva dipende molto dalle qualit del sacerdote celebrante, secondo che pi o meno santo, prudente od imprudente, amabile od intrattabile, paterno o dispotico. Si apprezzer il suo tenore di vita semplice, la povert della sua abitazione (non si noti bene della Casa del Signore che i santi hanno sempre cercato di abbellire senza lesinare in spese). Aggiungo che oggi si vede di malocchio il sacerdote che si circonda e si fa aiutare solo da persone del mondo borghese od intellettuale. 4. L'operaio che si decide a ricevere il sacramento della Penitenza, in genere si avvicina al sacerdote (che ancora non conosce) con un po' di timore ed anche di diffidenza. Il confessore sapr rompere il ghiaccio portando con cortesia il discorso su qualche particolare della vita del suo interlocutore: dove lavora? molto gravato? soddisfatto del suo mestiere? . Attenzione per a non sollecitare confidenze in maniera diretta ed indiscreta. Verranno anche le confidenze, ma a loro tempo e spontaneamente, nel corso della Confessione stessa. Quel che pi preme ottenere che giovani, un tempo praticanti, e forse militanti nell'Azione Cattolica, passando dall'ambiente ristretto della famiglia a quello della fabbrica, non si lascino (dopo un primo periodo di disorientamento) travolgere dalla maggioranza areligiosa e dissipata. Ma il singolo, quando isolato, si sente debole. Bisognerebbe che stringesse amicizia coi migliori: l'unione rende coraggiosi e forti. Basterebbe un gruppo d'operai cristiani dal comportamento coerente, per far desistere, senza bisogno di prediche, qualche compagno dalla bestemmia e dal turpiloquio. Allo spirito dei buoni si far quindi brillare l'ideale della testimonianza cristiana; colla 391

persuasione, senza imposizioni: non devono aver l'impressione che si chiede loro qualcosa di difficile. La testimonianza sta essenzialmente nel buon esempio. Ma per darlo sempre, coraggiosamente, bisogna liberarsi dalla tirannide del rispetto umano. Il giovane cristiano dovr quindi esser sostenuto nelle sue difficolt psicologiche. Deve trovare nel confessore la parola che lo conforta e lo conferma nella fede e deve trovare nella frequenza ai sacramenti la forza soprannaturale. Senza l'aiuto di questi apostoli laici l'opera del sacerdote per quanto intelligente e zelante sar impari al compito, quanto mai arduo, della conversione della classe operaia: i primi ed immediati apostoli degli operai devono esser operai, come industriali e commercianti devono esser gli apostoli degli industriali e degli uomini di commercio (Pio XI, Quadrag. anno, n. 60). L'esperienza lo conferma: Non c' cappellano dell'ONARMO od assistente delle ACLI che non si renda conto dello scarso rendimento del suo agire finch non sia riuscito a suscitare... nell'ambiente di lavoro un nucleo di lavoratori cattolici (Toldo, o.c, p. 90). Cosi la massa sar impercettibilmente animata e trasformata dal di dentro, pi efficacemente che dal di fuori, pi che dall'opera del sacerdote verso il quale si nutre, da parte di molti, una certa diffidenza istintiva fatta di pregiudizi. Niente di meglio se, oltre alla breve esortazione che si pu rivolgere in Confessione, fosse possibile organizzare, per i migliori, qualche ritiro o corso d'esercizi spirituali. 5. Il sacerdote deve saper, all'occasione, dire una parola illuminante qualora qualche operaio facesse un caso di coscienza a proposito di rivendicazioni di diritti e interessi da parte della sua categoria. C' chi personalmente non farebbe questioni perch s'accontenta della sua situazione, economica; potr per esser solidale con altri che percepiscono un salario insufficiente. Ma, per raggiunger lo scopo, non tutti i mezzi sono leciti. Bisogna dirlo chiaro. Non si pu ridurre il datore di lavoro ad esser vittima d'una lotta disumana e crudele. Non si pu mancargli di deferenza. Non si pu abusare di quanto suo. Gli scassinatori oggi li troviamo ad ogni pie sospinto: dalla fabbrica all'ufficio, dalla canonica alla Chiesa. Non si pu dispensarsi dal lavorare quando il principale assente. Il venir meno ai patti ed al contratto stipulato non si giustifica pel fatto che s'invocano, per l'avvenire, condizioni pi eque, appena siano possibili. Quanto agli scioperi, 392

questi praticamente sono decisi dai sindacati. Ogni operaio per, quando ha da dare il suo nome ad un sindacato, dovrebbe scegliere quello che gli sembra tutelare meglio le istanze dell'ordine sociale e morale. Ed ognuno deve conservare la sua personalit, non pu ridursi ad esser un puro strumento, rinunciando alla sua facolt di pensare, di giudicare, d'influire sull'opinione pubblica. Quando lo sciopero fosse giusto non si pu approvare il crumiraggio. Ma quando fosse apertamente motivato da ragioni politiche ed inopportune (perch i danni prodotti alla comunit non sono giustificati dai vantaggi sperati da una singola classe) allora l'individuo farebbe bene ad esprimere presso amici e compagni di lavoro almeno il suo interno dissenso. Non facile, all'atto pratico, distinguere fra scioperi politici e scioperi economici: certo per che non si pu ammettere una conflittualit permanente che paralizza la continuit efficiente nell'esercizio dei servizi pubblici: questo un grave danno comune difficilmente giustificabile. E si pu chiedersi se in un paese dove ci sono tanti disoccupati o sottoccupati, siano giuste quelle rivendicazioni che pretendono aumenti di salari (salari si suppone che non siano ingiusti, come non lo sono quelli di certi impiegati statali). Oltre alla giustizia commutativa c' da attendere anche a quella sociale, cio al bene comune. E perci non si pu approvare che l'una o l'altra categoria di lavoratori, esercitino, con scioperi continui, una forma di pressione sul parlamento che chiamato a legiferare in piena libert nell'interesse comune. 6. noto come specialmente gli operai sono sempre sospettosi che Chiesa e sacerdoti s'ingeriscano indebitamente nella politica. Perci conviene che il sacerdote ne parli meno che possibile e non dia l'impressione che il clero vuol obbligare i credenti a dare il voto ad un dato partito solo perch si professa e si denomina cristiano. Il compito del sacerdote essenzialmente di evangelizzare. Indirettamente risalteranno automaticamente le conseguenze deleterie di false ideologie e di partiti sovversivi. E chi vuol capire, capir. La Chiesa docente, da parte sua, sa come richiamare ai fedeli i loro doveri di coerenza anche nel campo politico. Col singolo che, per esempio, crede in buona fede di conciliare i suoi principi religiosi e la sua pratica religiosa col voto dato al partito comunista, bisogna agire con prudenza; certo non si pu affermare lecito ci che illecito; ed a chi chiede, in confessione, se si pu dare il voto al partito comunista, bisogna rispondere 393
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chiaramente che ci incompatibile colla pratica dei sacramenti. Ma se qualcuno fosse in buona fede, sarebbe pure pericoloso il turbarla senza speranza di frutto. 7. Infine, salvi sempre i diritti ed i doveri di giustizia, non si pu non annunciare la morale evangelica che a tutti raccomanda la discrezione e la temperanza. I pi abbienti sono invitati ad evitare il lusso eccessivo (che provoca le reazioni della classe operaia). Ma anche ai lavoratori bisognerebbe suggerire di saper privarsi di qualcosa che non necessario e di esser previdenti per realizzare qualche risparmio che permetter un'esistenza futura pi tranquilla e pi agiata. Ma simili esortazioni a ricchi e a non ricchi van fatte con discrezione, e, in genere, quando ci si rivolge alla massa: rivolgerle al singolo potrebbe offenderlo e provocare amarezza o sdegno. II. Rurali. Anni addietro esisteva il tipo del rurale coi suoi caratteri particolarissimi. Oggi va scomparendo, anche se lavora in campagna. 1. Al confessore s'avviciner con timidit, forse col timore d'esprimersi in modo grottesco ed incomprensibile, sapendo di non esser persona istruita. Il rurale ha inoltre un complesso d'inferiorit di fronte agli operai industriali che, come noto, pretendono d'essere o di giungere alla direzione della vita economica. Il confessore deve infondergli coraggio, dimostrargli la massima stima, prender ogni sua parola in seria considerazione, assicurarlo d'aver tutto compreso, sapendo pure adattarsi al linguaggio dialettale del luogo. 2. In genere il rurale, almeno in certe zone, (od era) assiduo alla pratica religiosa, piuttosto esteriore per, tradizionalista, formalista, e non senza, talvolta, una qualche nota di superstizione. Perci, se dalla campagna si trasferir in citt od emigrer, prevedibile il pericolo che subisca il cattivo influsso senza saper reagire con fortezza, e cosi smetta, un po' alla volta, ogni pratica di piet e di culto. (Per una religione veramente consapevole, ragionata, personale, servirebbe una catechesi con eventuale discussione , una catechesi che non si riduca alla breve omili della Messa). 3. E bisognerebbe abituare il rurale (e l'operaio) a spiritualizzare e soprannaturalizzare il suo lavoro: a non considerarlo solo come una fonte di guadagno materiale, ma anche come un mezzo 394

non difficile d'unione con Dio e di raccoglimento. Neppur dai migliori si pu pretender molte pratiche di piet. Per ad ognuno s'offre la possibilit di cercare e vedere Dio presente dovunque: nella bellezza e nella pace della natura, nelle ore di solitudine e di silenzio trascorse nel lavoro dei campi. Senso della presenza di Dio, a cui si unisca qualche brevissimo slancio di preghiera. Tutto pu richiamare pensieri di fede: una chiesetta, il suono delle campane, 1' Angelus , un crocifisso all'angolo del sentiero... Una spiritualit, insegnata e praticata con semplicit, ma che dovrebbe essere quella "propria del lavoratore che vive in campagna o nell'officina o viaggia, giorno e notte, per le strade del mondo. I I I . Impiegati. Ognuno di essi cercher d'amare la propria professione, per quanto monotona, pur senza credersi un intellettuale o l'anima dell'impresa in cui lavora. Solo se animato dalla passione pel suo ufficio, potr essere assiduo al lavoro, in buoni rapporti con superiori e colleghi, pronto e cordiale col pubblico. 1. Dovr quindi esaminarsi sull'impegno che mette e l'organizzazione che sa dare al proprio lavoro (essendo spesso libero dalla sorveglianza dei superiori). Ci pu esser, ad esempio, la tentazione di legger il giornale, di scrivere la propria corrispondenza, di fare altri lavori personali durante le ore d'ufficio; di non metter in ordine i documenti, ma d'accumularli (quasi per dar l'impressione, d'una attivit massacrante); di tirar in lungo il lavoro (per non saper o non voler organizzarlo) in modo da far credere alla necessit di ore straordinarie (cfr. Lebret-Suavet, Ringiovanire l'esame di coscienza, Roma, 1954, pp. 48-50). 2. Rapporti con superiori e colleghi. Verso i superiori: rispetto, equit, comprensione, benevolenza. N adularli nella speranza di miglior trattamento e promozioni, n demolirli sistematicamente di fronte agli altri. Verso i colleghi: stima, solidariet, aiuto fraterno. Non metter ostacoli all'avanzamento di giovani capaci e degni; non danneggiare per invidia la stima che godono presso i superiori. Evitare le odiose concorrenze. da lodare chi, accanto all'indolente ed al pigro, espleta sollecitamente il suo lavoro: bando per a quella certa vanit di chi vuol ostentare la sua superiorit sui colleghi. E c' anche chi si attribuisce il merito del lavoro compiuto da qualche subalterno. 395

3. Relazioni col pubblico. L'impiegato deve considerarsi al servizio e a disposizione (per quanto possibile) del pubblico. Sar messa alla prova la sua pazienza e gentilezza nel sobbarcarsi a qualche sacrificio per accontentare (od almeno per dare un qualche aiuto) a chi fa una richiesta (forse non del tutto pertinente). C' l'impiegato che d risposte sbrigative, informazioni approssimative, incerte (e forse false) per non darsi la pena di fare qualche ricerca (cfr. Lebret-Suavet, l.c).

13. Imprenditori

Per compiere la loro professione efficacemente anche sul piano umano dovranno esercitare un complesso di virt, specialmente quelle morali. Le quali, per, per esser autentiche, suppongono le teologali. I. La grande tentazione dell'impresario quella di restringersi ad una visione soltanto umana, e non soprannaturale, della sua professione; di curare nel modo migliore tutto quanto necessario od utile alla maggiore e migliore produzione dei beni limitando tutte le sue preoccupazioni al piano tecnico ed economico. Ma ci non basta (anche se ha una motivazione disinteressata: il bene della comunit). Perch egli ha a che fare con uomini dai quali non si pu solo ricavare esercizi e movimenti fisici sempre pi ordinati e sincronizzati per una produzione sempre migliorata. Uomini i quali non chiedono solo di aver un salario e delle assicurazioni; cercano nell'ambiente di lavoro un clima d'umanit e d'amicizia cristiana. L'amicizia suppone la giustizia, ma qualcosa di pi. fondata sulla reciproca conoscenza e consiste in uno scambio d'affetto conscio, libero, generoso. Ci che avete in mira diceva Pio XII alle Giovani Lavoratrici Cattoliche il 1.VII.51 la dignit del lavoratore, soprattutto della donna e della giovane... Dio vuole che tutti nel mondo del lavoro, superiori e subordinati, imprenditori e operai, rispettino sempre e dappertutto la dignit umana ed esercitino giorno per giorno nello spirito di Cristo la giustizia e la carit (Pio XII, Disc, e Radiomess., T. Vat. XIII, pp. 192-193). Ad ottenere la desiderata concordia fra il lavoro e il capitale diceva lo stesso Pontefice il 24.1.46 ad un gruppo di datori di lavoro e di lavoratori delle Aziende Elettriche d'Italia si fatto ricorso all'or396

ganizzazione professionale e al sindacato, inteso non come un'arma esclusivamente rivolta ad una guerra difensiva ed offensiva, che provoca reazioni e rappresaglie, non come una fiumana che dilaga e divide, ma come un ponte che unisce... Tuttavia... n l'organizzazione professionale e il sindacato, n le commissioni miste, n il contratto collettivo, n l'arbitrato, n tutte le prescrizioni della pi vigile e progredita legislazione sociale varranno a dare una piena e duratura concordia e a produrre tutti i loro frutti, se una provvida e costante azione non interviene ad infondere un soffio di vita spirituale e morale nella stessa compagine dei rapporti economici . Perci egli benediceva con effusione di cuore l'opera dei Cappellani del lavoro, i quali nelle fabbriche, al di sopra di ogni partito e alieni da qualsiasi interesse materiale, portano con Dio la luce di verit e la fiamma di amore che affratella gli animi (Pio XII, Disc, e Radiomess., VII, pp. 350-351). Chi in seno alle imprese ha compiti direttivi ricordava Pio XII ai partecipanti al I Congresso Intern. Ingegneri, il 9.X.53 sia consapevole d'aver a dirigere delle persone intelligenti e libere: ognuna di queste, per quanto umile, si pone con la stessa acutezza, anche se in modo meno riflesso gli stessi problemi personali che interessano i capi dell'impresa. Voi amate osservava il pontefice che vi si affidino delle responsabilit, che vi si lasci la libert di prendere delle iniziative..., voi desiderate superare il quadro puramente professionale, per sviluppare la vostra personalit tutt'intera... augurabile che il lavoratore pi modesto vi partecipi progressivamente. Dopo averlo trattato troppo a lungo come un mezzo di produzione, sfruttabile a volont ci si preoccupati delle condizioni materiali della sua esistenza. Si riconosce ora che sarebbe ben insufficiente fermarsi l... Non pu bastare di vedere in lui un produttore di beni, ma bisogna trattarlo come un essere spirituale che il suo lavoro deve nobilitare e che attende dai suoi capi, pi ancora che dai suoi eguali, la comprensione dei suoi bisogni ed una simpatia veramente fraterna (Disc, e Radiom., XV, pp. 387-388). II. A chi ha un compito di direzione in un'impresa (sia industriale, sia commerciale, sia artigiana) sono richieste particolari doti, qualit, virt, corrispondenti ai suoi impegni ed alle sue responsabilit. Ne elenco qualcuna. 1. Prudenza. Virt-guida la quale, in ogni opera e nella organizzazione d'ogni piano di lavoro, muove l'uomo a scegliere

ed usare i mezzi proporzionati al fine. Si presuppone anzitutto che mezzi e fine siano leciti ed onesti. Poi molte volte sar da chiedersi se, di fatto, questa prudenza ispiratrice sia una prudenza veramente soprannaturale o solo umana. Ad esempio, chi ha coscienza delicata e senso di responsabilit avvertir certi problemi ed esigenze morali che non riguardano solo i rapporti contrattuali e l'organizzazione del lavoro. Nello stabilire, disporre e distribuire posti, funzioni, incarichi, non si preoccuper solo che l'operaio abbia la maggior sicurezza ed igiene possibile, ma anche che siano evitati i pericoli morali (che vengono, ad esempio, da certe promiscuit o dall'influsso meno buono che un giovane potrebbe ricevere da un anziano a cui viene affidato). 2. Spirito d'umilt e carit. Un capo d'impresa considerer il proprio incarico come un servizio, non come un privilegio. Non creder d'esser capace di veder chiaro e decider da solo senza bisogno del parere d'altri. Ma procurer, per quanto possibile, nelle sue decisioni riguardanti l'ordinamento e l'organizzazione del lavoro di accettare di buon animo la partecipazione attiva alla vita dell'impresa di tutti i suoi collaboratori e dipendenti. Non c' dubbio, autorit ed unit di direzione devono esser salve; ma gli operai non possono neppure esser ridotti a semplici muti esecutori di ordini, da ricevere in modo assolutamente passivo senza la minima possibilit di esporre i propri punti di vista e di fare qualche personale esperienza (cfr. Giov. XXIII, Mater et Mag.y n. 98). Considero la questione sotto il profilo piuttosto umano, morale ed ascetico. Non entro a discutere sulla questione della partecipazione degli operai alla gestione ed agli utili dell'impresa. Nella Gaudium et Spes , n. 68, si legge che nelle imprese economiche... sempre con riguardo ai compiti di ciascuno, sia dei proprietari, sia degli imprenditori, sia dei dirigenti, sia dei lavoratori, e salva la necessaria unit di direzione dell'impresa si promuova (in modo da determinarsi secondo le convenienze) l'attiva partecipazione di tutti nella "curatio" dell'impresa . Volutamente si usato il termine curatio desumendolo dal testo latino .della Quadrigesimo anno (n. 30) (dove espresso l'augurio che gli operai diventino cointeressati o nella propriet o nella curatio dell'impresa o partecipi in qualche misura dei guadagni percepiti). Pertanto nella traduzione italiana non esatto usare la parola gestione che ha un significato specifico che va oltre quello di curatio . Si dovr usare una espressione che abbia un significato pi generico, come, ad esem398

pio, partecipazione alla vita dell'impresa . Difatti non compito della Chiesa formulare (salve le esigenze della giustizia e della carit) precise indicazioni circa rinnovamenti tecnici o giuridici dell'impresa. Bens secondo lo spirito del messaggio evangelico d'esortare che l'impresa diventi sempre pi una vera comunit di persone. Comunit nella quale regni fraternit umana e cristiana. Ma ci suppone che ognuno qualunque sia il suo posto e la sua funzione pratichi costantemente le virt della carit e dell'umilt (oltre che della giustizia sociale). Per esempio, a proposito della partecipazione di tutti gli operai agli utili dell'impresa, evidente che se in una societ industriale a regime azionario, soltanto pochi (che sono alla direzione) accaparreranno tutte le azioni (con conseguenti guadagni enormi) questi dirigenti non si mostrano certo preoccupati del bene comune e delle istanze della giustizia sociale . Ed in definitiva opereranno contro il bene dell'impresa stessa. Perch, non favorendo, anzi impedendo, ci che potrebbe in qualche modo migliorare le condizioni degli operai, questi naturalmente saranno tentati d'invocare l'intervento dello Stato e d'auspicare un regime collettivista (senza pensare che, in tale soluzione, rinuncerebbero alla propria libert e si fiderebbero d'un potere dittatoriale che sarebbe inevitabilmente nelle mani di pochi). 3. E per chi ha posti direttivi in un'impresa, tante occasioni si presenteranno di metter in pratica la giustizia distributiva . La quale non interessava solo i monarchi del passato, ma chiunque, in una comunit, deve distribuire ed assegnare incarichi ed impegni, oneri ed onori, uffici e vantaggi. E ci pu esser la tentazione di lasciarsi guidare da motivi solo personali o d'interesse. 4. Chi ha un compito di vigilanza s'interrogher se mai tenda a cadere in uno dei due opposti difetti: da una parte quello di lasciar correre e trascurare il giusto controllo; dall'altra parte quello d'esser troppo esigente, pignolo, diffidente. 5. Chi alla direzione d'un'impresa ordinariamente assorbito in modo eccessivo dal lavoro: occupazioni, preoccupazioni, contrattempi, impegni, casi e difficolt da risolvere, pratiche da sbrigare: tutte cose che non sono sempre fissate e preventivate (come pu esser il lavoro del semplice operaio). Pertanto dovr aver l'avvertenza e la forza di volont di metter una certa regola ed un ordine nella sua attivit, per quanto possibile. Bisogna riservare il tempo necessario al riposo fisico e mentale, alla vita 399

di famiglia; ed anche alle relazioni sociali; nonch alla propria vita spirituale e religiosa. 6. Mentre lavorano la materia e la trasfigurano nobilitandola, gli operai sia che abbiano compiti piuttosto esecutivi, sia direttivi corrono il rischio di subire una perdita nella loro personalit perch obbligati ad un ritmo febbrile, ad una fretta logorante, ad un'abituale tensione che mal permette la serena riflessione. Corrono il rischio di restringere sempre pi l'orizzonte della loro vita spirituale; talora sono costretti ad una quasi assoluta solitudine. Nessuna meraviglia se, presto o tardi, insorgeranno anche le nevrosi e le malattie professionali. 7. Specialmente chi ha un ufficio di direzione dovr coltivarsi anzitutto in quella scienza e cultura tecnica che specifica della sua professione, cercando, ad esempio, di conoscere quelle imprese, industrie, officine ove vi sono introdotti nuovi sistemi, metodi pi progrediti, un'organizzazione pi perfetta. Metter, nell'impresa, a disposizione degli altri le sue conoscenze cercando d'istruirli, prepararli, incoraggiarli, imprimendo al loro lavoro un ritmo d'entusiasmo e di fervore. 8. Mirer a realizzare cosi il progresso tecnico della propria impresa, industria, officina, colla prudenza per di non azzardare spese pericolose che possono compromettere la vita e la stabilit economica dell'azienda. 9. D'altra parte (come ho gi accennato) per chi ha una professione di carattere commerciale od industriale c' il pericolo come, del resto, per tante altre di non interessarsi di nulla all'infuori di ci che riguarda la propria professione. Il pericolo di perder ogni amore per la cultura generale e di restringere il suo cerchio d'interessi intellettuali al proprio lavoro tecnico e materiale, colla conseguenza non solo di andar incontro all'isolamento, ma anche di subire uno spegnimento d'ideali e d'affetti umani. Come evasione da un'attivit obbligatoria rinchiusa e monotona, molti si rifugiano in un hobby. un espediente per ossigenare, pi o meno profondamente, la vita ordinaria. Soprattutto per bisognerebbe vedere la funzione spirituale del lavoro umano che non fine a se stesso. La grande pena del lavoro manuale notava Simone Weil consiste nel fatto che si costretti allo sforzo e alla fatica per tante e lunghe ore, solo per esistere. Il lavoratore che non si propone alcun bene fuorch la nuda esistenza, scende al livello vegetativo. I lavoratori hanno bisogno 400

di poesia pi che di pane. Altrimenti il lavoro d'una monotonia che condurrebbe facilmente all'abbrutimento, alla disperazione o alla ricerca delle soddisfazioni pi grossolane; poich la mancanza di finalit che il guaio d'ogni condizione umana, vi si mostra troppo visibilmente. L'uomo s'esaurisce nel lavoro per mangiare, mangia per aver la forza di lavorare, e dopo un anno di pena tutto esattamente come al punto di partenza. Egli lavora in circolo. La monotonia non sopportabile all'uomo che mediante un'illuminazione divina (S. Weil, Penses sans orare concernant l'amour de Dieu, Paris, Gallimard, 1962, pp. 19-20). 10. Il capo d'impresa cercher di promuovere nell'ambiente di lavoro un clima di famiglia e di fraternit fra tutte le maestranze e gli operai. Il che suppone che si desideri (come stato detto) una ragionevole partecipazione dei singoli alle responsabilit ed all'organizzazione dell'impresa, ma la fraternit qualcosa di pi. un frutto squisito dello spirito cristiano e della fede. Ed la risultante d'un concorde sforzo di tutti, non solo di chi ha posti di comando, ma anche di chi non li ha. Nessuno deve pretender di ricever questo dono senza impegnarsi e darlo agli altri. sempre valido ed attuale quanto scriveva Leone XIII nella Rerum Novarum . Chi a capo non deve tenere gli operai mancipiorum loco : n come macchine, n come strumenti che hanno solo la funzione d'eseguire i comandi (qualunque siano); devono invece rispettare in loro la dignit della persona umana e cristiana: vereri in eis... dignitatem personae, utique nobilitataci ab eo, character christianus qui dicitur . Per questo sincero rispetto, il capo sar attento e sensibile a tutto quanto pu esser superiore alle forze d'un dipendente o non corrispondente alla sua et o sesso, e sar preoccupato che l'operaio non sia (a causa del lavoro) troppo sottratto alila vita familiare od impedito nell'esercizio e sviluppo della sua vita spirituale e religiosa (alla quale ha diritto perch non n una bestia n una macchina). D'altra parte gli operai concorreranno a creare una convivenza familiare nell'impresa. Perci diceva Leone XIII manterranno fedelmente gli impegni ed eseguiranno integralmente il loro lavoro. Eviteranno ci che nuoce all'impresa od mancanza di rispetto verso chi la dirige. Si asterranno dalla violenza e da tutte quelle forme di protesta e rivendicazione che, alla fine, nuociono all'impresa ed agli operai stessi, ma sono purtroppo suggerite da chi vuol indurre il disordine e la lotta di classe: da quelli (secondo l'espressione di Leone XIII) hominibus flagi401

tiosis immodicas spes et promissa ingentia artificiose iactantibus, quod fere habet poenitentiam inutilem et fortunarum ruinas consequentes (Rerum Nov., n. 10).

14. Padroni e domestici I. Padroni . So che il termine oggi non piace perch lo si considera medievale ed anche poco evangelico. Vero padrone, si dice, solo Dio. Fra gli uomini si preferisce rilevare la fraternit anche l dove non si pu negare il rapporto di dipendenza. D'altra parte, se nel caso d'un'impresa si potr invece di padroni, parlare d'imprenditori, quando si tratta della famiglia non saprei con quale altra parola indicare coloro che hanno in casa qualche persona estranea impegnata a sbrigare le faccende ed a prestare i servizi domestici. Solo alcuni cenni. Ma il discorso sarebbe lungo se volesse esser abbastanza completo. Del resto, molti punti dell'esame di coscienza interessanti gli operai ed i loro dirigenti sono validi anche per queste categorie di penitenti. 1. Dopo che verso i familiari in senso stretto cio verso i parenti i padroni dovrebbero sentir carit ed affetto per i domestici perch sono i pi vicini, vivono sotto lo stesso tetto, mangiano Io stesso pane, meritano riconoscenza per il servizio che prestano. Purtroppo ci sono alcuni che si mostrano molto gentili verso gli estranei e sono invece duri, aspri, e come lontani, con coloro che sono vicini (persino coi parenti). I padroni dovrebbero quindi proporsi di creare, anche nei riguardi dei dipendenti, un clima veramente familiare: di carit, <di paternit, di fraternit. Ed i domestici dovrebbero corrispondere con gratitudine, devozione, affetto, dedizione, evitando tutto ci che pu turbare quest'atmosfera d'umanit cristiana. Ma ci sarebbe impossibile se l'una e l'altra parte non mettesse nessun amore in quello che d, ma fosse solo preoccupata di raggiungere e far valere i propri interessi e si limitasse ad esser in regola colle disposizioni della legge riguardante il rapporto contrattuale fra padroni e domestici. 2. Come nei riguardi dei figli, i padroni dovrebbero preoccuparsi della salute dei domestici non imponendo (e neppur chiedendo) lavori troppo gravosi per una determinata persona. Una 402

mamma dovr chiedersi se sia umano l'affidare giorno e notte ad una ragazza di quindici, sedici anni, bambini che non le permettono neppure di dormire la notte. Anche nella migliore villeggiatura una domestica (specie se giovane) ha bisogno delle sue ore di riposo e di sonno e di non esser messa a dormire in luogo occupato (o disturbato) fino ad ore piccole per poi, al mattino, doversi alzare presto (a differenza degli altri). Anche per queste persone di servizio, come per gli operai, vale quanto scriveva' Leone XIII: tantum esse... tribuendum otii (che significa: riposo, distensione, tempo libero) quantum cum viribus compensetur labore consumptis; quia detritas usu vires debet cessatio restituere (Rerum Nov., p. I l i , n. 26). Qualunque sia il contratto e la retribuzione, ci sono condizioni alle quali non si pu venir meno; condizioni che, se non sono espresse, sono tacite; e se anche non fossero rivendicate, sarebbe inumano ed immorale il non ritenerle ed il non osservarle: neque enim honestum esset convenire secus, quia nec postulare cuiquam fas est, nec spondere neglectum officiorum, quae vel Deo vel sibimetipsi hominem obstringunt (n. 26). Il che significa che prima e al di sopra dei doveri verso i padroni ed inerenti al lavoro ci sono i doveri di carit verso Dio e verso s stessi. 3. Ai domestici colpiti da non lunga infermit i padroni presteranno le necessarie cure (a casa o all'ospedale) senza nulla detrarre dallo stipendio. Questo, almeno per carit e piet, se la legge non lo prescrive. Nel caso poi di chi per tanti anni avesse servito fedelmente, la riconoscenza suggerir d'esser generosi anche nel caso di lunga malattia. 4. I padroni devono far di tutto per dare ai domestici il tempo e la possibilit di adempiere i propri doveri religiosi (il che molti praticamente non concedono o rendono troppo difficile). E, soprattutto, non li metteranno, a causa del servizio, nell'occasione prossima di peccato grave. 5. Se avessero al proprio servizio un minorenne, dovrebbero preoccuparsi anche della sua educazione umana, morale e religiosa perch, nei suoi riguardi si troverebbero a supplire i genitori. 6. Nel trattamento non useranno quelle odiose ristrettezze le quali danno ai dipendenti l'impressione di trovarsi tutt'altro che in famiglia . Ci sono padrone che chiudono a chiave ogni cibo, misurano, ad ogni pasto, il companatico e persino il pane 403

ai domestici. Ci indispone i dipendenti e finisce per non giovare, per nessun conto, neppure ai padroni. IL I domestici, da parte loro, dovranno (come i padroni) osservare i doveri leggi e consuetudini che il contratto di lavoro importa. Ma, oltre allo stretto dovere, cercheranno di prestare il loro servizio con cura, fedelt, amore. E procureranno d'evitare tutto ci che pu turbare la tanto desiderata atmosfera d'umanit cristiana. 1. Devono anzitutto osservare la giustizia. Non permettersi neppur la minima appropriazione indebita. Chi infedele nel poco, un po' alla volta lo sar nel molto. Ci son domestici che arrotondano a proprio vantaggio il conto della spesa (e persino arrivano a falsificare conti e fatture). Ci son autisti che si accordano col meccanico per far pagare al padrone della macchina spese per guasti inesistenti. Ci son castaidi che vendono qualche pianta tagliata o generi alimentari, intascando il ricavato, o subaffittano abusivamente un pezzo di terreno. Giustizia vuole che si abbia cura della roba dei padroni, non la si deteriori senza riguardo, non la si butti senza cercar di riparafia colla scusa che roba d'altri e roba di gente ricca. Cos per i cibi: un domestico dovrebbe usare l'abituale economia che usa colla roba propria: non getter nelle immondizie avanzi che possono o esser dati ai poveri od esser utilizzati. Per esser perfetto nella giustizia un domestico occupi bene il suo tempo. Distribuisca il lavoro per ogni ora della giornata. Osservi anzitutto l'ordine (quanto tempo perso per cercar oggetti non collocati al loro posto). Non perda tempo con le lunghe chiacchiere inutili, non stia inattivo appena vien meno la sorveglianza dei padroni. Il tempo mal impiegato anche quando le faccende sono sbrigate senza diligenza e senza esattezza. Il domestico conscio dei doveri del suo stato (nel cui adempimento sta la santit) cerca di perfezionarsi nell'eseguire i suoi servizi (ricorrendo ai consigli dei padroni o di persone pi anziane ed esperte): cosi fa opera gradita a Dio e si merita la stima degli uomini. 2. Obbedienza. La perfezione suggerisce che se si discute su qualche disposizione od ordine dei superiori, lo si faccia in modo rispettoso ed amabile. Dette le proprie ragioni, bisogna allegramente conformarsi alla volont di chi in casa sua ha diritto di comandare (purch non vada contro la legge di Dio). Certo l'obbedienza pronta e sorridente ad estranei, il saper indovinare i loro 404

desideri, non facile e frequente. Domanda solida formazione e virt. Difatti spesso si obbedisce perch costretti, ma con noia, malumore e mormorazione (dimostrando anche non poca superbia e presunzione). Noto che specialmente i domestici minorenni devono obbedire ai loro padroni quando, supplendo i genitori, compiono rettamente il loro ufficio d'educatori. 3. Pazienza. Una delle virt che maggiormente messa alla prova per chi serve e deve stare sempre sottomesso. Pazienza nel sopportare caratteri difficili, persone incontentabili. Pazienza di fronte ad ordini talvolta contraddittori. Pazienza coi bambini spesso capricciosi ed esigenti: bisogna correggerli, ma senza collera e non con maniere violente. Pazienza cogli altri domestici della casa, forse invidiosi ed intenti a metter in cattiva luce qualche collega presso i padroni. Insomma, per aver pazienza occorre amore alle persone ed alla famiglia con cui si vive. 4. Amore. il segreto e l'ideale per un servizio esemplare. Considerare come sua la casa dei padroni. Custodirne il buon nome. Voler bene ai bambini. Non sparlare dei padroni e, se gli altri domestici lo fanno, cercar di metter pace. Ma per avere questa carit bisogna compatire, per compatire bisogna pensare che tutti padroni e domestici hanno i loro difetti, e quindi hanno bisogno d'indulgenza. La pratica della carit, in una famiglia, continuamente richiesta ed ha un campo vastissimo. Chi, ad esempio, in un momento di malumore o di rancore (sia pur causato da qualche ragione obiettiva) riferisce fuori casa e d in pascolo al pubblico fatti della famiglia, manca, quanto meno, alla delicatezza della carit. Carit verso compagni e compagne di lavoro: scusare i difetti, non riportare chiacchiere, pettegolezzi, mancanze ai padroni. Non esser invidiosi, non pretendere d'esser sempre i primi nella considerazione e nella stima dei padroni. Se qualche collega sbaglia, consigliarlo con bont e, se incapace o malato, aiutarlo, invece di rilevarne le deficienze.

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15. Insegnanti ed alunni I. Insegnanti. stato detto che il problema della scuola un problema religioso, quasi di sacerdozio. Ed al sacerdozio non si va per mire di profitto economico ma per un ideale di dedizione al bene degli altri. Insegnare cio educare giovani intelligenze una missione la quale suppone una vocazione ed importa una certa consacrazione: l'impegno e lo sforzo incessante di cercare e trovare tutti i mezzi per comprendere i giovani e per aiutarli. Ma per poter curare la formazione degli altri, l'insegnante deve, prima, provvedere alla propria formazione. Formazione integrale: umana, intellettuale, morale, religiosa. stato lanciato lo slogan: sii uomo e sarai maestro . Ed uno scrittore francese afferm: non si insegna ci che si sa e si vuole ma ci che si . Il che significa che non basta la cultura n la volont d'insegnare: bisogna avvalorare coll'esempio della vita l'azione educativa. Si richiede una personalit completa. E siccome, propriamente, la personalit non mai completa, occorre uno sforzo continuo di perfezionamento e di superamento: non si pu mai ritenersi pienamente soddisfatti ed arrivati. Per, quando l'insegnante avr fatto del suo meglio perch il proprio lavoro porti frutto, dovr aver fede: n credere troppo alle apparenze e ritenersi ormai sicuro vincitore appena constata qualche felice corrispondenza, n scoraggiarsi se non appaiono sensibili risultati. Non sempre chi semina raccoglie. L'anima umana un mistero. E chi fa germogliare il seme gettato negli spiriti, Dio. Occorre una preparazione remota ed una preparazione prossima, da parte dell'insegnante, alla scuola. 1. Preparazione remota. Per non fossilizzarsi, bisogna studiare continuamente, con lena, con gioia, con passione. Attingere da letture specifiche le esperienze didattiche d'altri. Riflettere e meditare sul modo pi efficace per far penetrare nell'anima e nella mente degli alunni la parola che deve formarli intellettualmente e moralmente. Occorre, dunque, rendere il proprio insegnamento sempre pi profondo e, nel tempo stesso, sempre pi adeguato agli alunni. Renderlo vivo ed aderente ai bisogni spirituali, sociali, nazionali del proprio tempo. 2. Preparazione prossima. Gli studenti attendono con ansia e curiosit di far la conoscenza con l'insegnante nuovo e di scoprirne qualit e difetti. Perci egli terr presente che hanno molta 406

importanza le prime impressioni ed i primi giudizi degli alunni sul modo com'egli tiene lezione, sulla sua capacit, o meno, di mantener desta ed attenta la scolaresca, d'ottenere la disciplina. Pel fatto stesso di non esser ancora conosciuto, l'insegnante incute alla classe un certo timore ed un istintivo rispetto verso di lui. Avr l'arte di saper conservare e sfruttare abilmente questo stato d'animo. Conserver un atteggiamento serio e dignitoso, mostrando per benevolenza verso tutti (cfr. AA.VV., Vita ed esperienza didattica, Roma, 1939, Studium, pp. 63-64). Se gli alunni sono tenuti a star attenti alle lezioni ed a fare i compiti con amore e diligenza, il professore ha il dovere di preparare le sue lezioni perch riescano attraenti e feconde e d'assegnare compiti proporzionati alle condizioni e capacit degli alunni. Non pu fidarsi della sua cultura e parlare a braccio, senza una linea ed un ordine, improvvisando esemplificazioni e divagando secondo l'estro del momento. Non serve ed , anzi, controproducente lo sfiatarsi con un fiume di parole: si stanca chi parla e si stanca, e finisce per non seguire il discorso, chi ascolta. Bisogna apprender l'arte della parola calma, misurata, forte e martellante quand' necessario. Non si pu esser semplici ripetitori d'un testo: occorre una personale interpretazione da parte dell'insegnante se si vuol che la lezione sia gustata anche da coloro che hanno poca attitudine per quella determinata materia. La lezione migliore non neppure la conferenza preparatissima perch i giovani difficilmente la potrebbero seguire: bisogna conversare guardando negli occhi tutti gli alunni per vedere se afferrano, per intraprendere, magari, un breve dialogo con qualcuno. Bisogna preparare la forma d'esposizione adatta all'uditorio, ma, poi, nel corso della lezione, occorre sensibilit per intuire ci che va sottolineato, ripetuto, distinto, ripreso, tralasciato (almeno per il momento). Tutti gli alunni (pel fatto stesso che sono stati ammessi ad una determinata classe) devono aver la capacit di seguire una lezione che vi si tiene. Se alcuni non hanno capito, bisogna ripetere sott'altra forma gli stessi concetti. La ripetizione, poi, fatta dagli alunni dar modo di controllare i frutti dell'insegnamento e, nel tempo stesso, di completare e chiarire quanto gi stato esposto. L'alunno, nella esposizione di quanto ha appreso, si fermer forse ad un particolare perch ci che meglio ricorda. L'insegnante non lo stronchi e non si stizzisca pretendendo di trovare o imporre la propria 407

mentalit: cerchi, invece, dolcemente e gradatamente, di condurre il giovane dai particolari alla visione d'insieme, dall'accessorio al principale. Insomma, bisogna, per quanto possibile, procurare che l'apprendimento avvenga in classe. Non si pu rimandare allo studio personale degli alunni quello che in classe non hanno compreso. E nella mente di chi non riuscito a camminare col professore possono formarsi delle lacune incolmabili che provocano uno stato spirituale di scoraggiamento. L'insegnante promuover fra gli studenti anche le forme di collaborazione e d'aiuto reciproco: talvolta un alunno riesce, meglio d'un insegnante estraneo, a metter in carreggiata un compagno disorientato. 3. Il primo obbiettivo dell'insegnamento la formazione intellettuale dello studente: bisogna ricorrere a tutti i mezzi idonei per far amare la verit e stimolare il desiderio di conoscerla. Ma, insieme alla formazione intellettuale, bisogna dare al giovane l'educazione morale: suscitare la buona volont contro ogni indisciplina e pigrizia. Mezzo potentissimo: l'entusiasmo. E l'insegnante che appassionato cultore e docente della sua materia accende irresistibile negli allievi l'entusiasmo, qualunque sia la materia. Non basta coltivare l'intelligenza ed infondere chiare e profonde persuasioni; non basta educare la volont e predicare il senso del dovere. Bisogna far leva sul sentimento. Occorre che il giovane s'appassioni per i problemi e senta il bisogno di cercarne la soluzione. E per appassionarsi deve percepire l'interesse vitale e le conseguenze pratiche delle questioni. Se non ama la filosofia perch non ha ancora sentito intimamente e personalmente che il problema della vita il problema decisivo il quale dev'esser risolto indeclinabilmente perch lo spirito inquieto e vuole la luce, va mendicando una parola di certezza sul suo supremo destino. Il giovane non s'entusiasma per schemi e sistemi che non hanno relazione colla sua vita. Nell'insegnante non cerca solo l'erudito ma l'uomo del suo tempo. Pi che sistemi vuole ideali ed esempi affascinanti da imitare (anche se, poi, di fatto, non potr che lontanamente ricopiarli). Gli ideali che sente di pi sono quelli della libert, dell'amore, della fraternit, dell'uguaglianza. Il giovane, in genere, tende ad essere un rivoluzionario. Ed bene coltivare in lui il rivoluzionario: ma quello sano e santo. Bisogna fargli capire che la pi grande e vera rivoluzione il cristianesimo: rivoluzione del diritto contro la violenza, della povert contro la ricchezza, della debolezza contro la potenza e 408

la prepotenza, della verit contro la menzogna la quale riempie libri e giornali, vola sulle onde dell'etere e penetra dovunque (AA.W., Responsabilit della cattedra, Roma, 1944, Studium, pp. 86-87). Il sentimento, da solo, cieco. l'intelligenza che deve guidarlo e tutto illuminare. Possono sopraggiungere crisi di dubbio e di scetticismo (specialmente in materia di fede) che si supereranno solo da chi ha maturato solide convinzioni. Bisogna che l'insegnante mostri d'avere, ed infonda negli allievi, il culto della verit. Nulla si deve affrettatamente affermare (per vanit o leggerezza o faziosit impulsiva) se non si certi che vero. Se necessario, si rettificher umilmente quanto detto. Ed anche nel far appello al sentimento bisogna esser sobri e discreti. Son poche le cose che lo meritano sul serio. Se si sciupa in ci che non lo merita ci si scredita o si rischia di far prediche noiose (AA.W., Vita ed esperienza didattica, pp. 9-11). 4. La disciplina. Bisogna usare il metodo di prevenire ed impedire il disordine prima che sia necessario intervenire per reprimerlo. Nella scuola deve regnare il principio dell'amore, non del timore. Raramente dovrebb'esser necessario il richiamo, l'ammonizione (e sempre fatta con dignit e compostezza). Le misure dure e forti non sono da escludersi assolutamente ma da riservarsi ai casi veramente eccezionali. Talora non necessario il rimprovero esplicito. Basta far capire d'aver udito e visto, sufficiente uno sguardo od un attimo di silenzio. N bisogna esagerare nel pretendere una seriet ed un silenzio superiori alla capacit degli alunni. I giovani han bisogno d'allegria. Non conviene reagire con un duro e pungente rimprovero ad ogni spontanea ilarit: meglio, qualche volta, prendervi parte, con discrezione. 5. Soprattutto l'esempio. Anche in quei giorni nei quali ci si sente mal disposti fisicamente o spiritualmente bisognerebbe, quando si entra in scuola, dimenticare s stessi. Ed evitare i contrastanti cambiamenti d'umore: il passare dall'allegria smodata (di cui molti approfitteranno per concedersi una libert sfrenata) alla repressione severa mediante una sfuriata scomposta e, forse, ingiusta. L'insegnante che si comporta in questo modo, pu, in fondo, sbagliare per ingenua bont, ma disorienta, quanto meno, la scolaresca. E, se vuol esser rispettato, dimostri agli stessi alunni rispetto, riguardo, stima: li tratti con una certa signorilit evitando ogni parola umiliante. Tenga conto che i discepoli sono gi in una condizione di subordinazione e di debo409

lezza: vanno quindi rispettati e (fino ad un certo punto) compatiti. I giovani sono esigenti e, talora, suscettibili: una parola inopportuna che offenda qualcuno, pu alienare per sempre il suo animo (AA.VV., Responsab. della cattedra, p. 65). 6. Giustizia, imparzialit, misericordia. Al di sopra d'ogni simpatia od antipatia, d'ogni speranza di tornaconto, di favori, d'appoggi, contro ogni sentimento di rancore, d'ira, di vendetta, bisogna trattare tutti con un giudizio obbiettivo e spassionato. E bisogna dare senza attendere gratitudine, dare senza ostentazione e senza amari lamenti, senz'atteggiarsi a vittime od a persone incomprese, dare allegramente e disinteressatamente, come se si trattasse della cosa pi naturale. Giustizia e misericordia: si integrano, non si distruggono a vicenda. La misericordia espressione d'un giudizio pi maturo che tien conto non solo del rigore della legge ma anche dell'umana debolezza. In modo particolare dovr l'insegnante interrogarsi sul modo come esamina i candidati. Gli esami sono una tribolazione, ma conservano la loro importanza. Segnano le tappe ed il termine della carriera scolastica d'uno studente. Possono esser decisivi per tutta la sua vita avvenire. Bisogna distinguer bene il colloquio d'esame dalle ordinarie interrogazioni che si tengono lungo l'anno. Queste possono esser fatte con una certa severit e minuziosit. Hanno lo scopo d'accertare se gli alunni studiano, se la lezione riuscita efficace, ed offrono l'occasione per chiarire qualche punto che pu esser rimasto oscuro. Nell'esame bisogna tener presente che l'alunno non ricorda molte nozioni che pur ha appreso; che pu avere qualche momentanea amnesia; che, in genere, si trova in uno stato d'eccitazione anormale. Perci bisogna anzitutto che l'esaminatore lo accolga con un aspetto benevolo ed incoraggiante e con un tratto cortese. Lo incoraggi, specialmente se lo vede ansioso e timoroso. Non mostri di dar troppa importanza e, tanto meno, d'indignarsi se, ad una prima domanda, per quanto elementare, l'alunno appare incerto. La situazione potrebbe precipitare, l'esaminando bloccarsi e disorientarsi completamente. L'insegnante, pi che scoprire quello che il candidato non sa, procuri di trarre alla luce quello che sa, con abilit e metodo socratico. Pi che giudice, si senta artista degli spiriti. Certo non si pu pretendere che la buona volont dell'esaminatore supplisca al vuoto dell'esaminando. Infine l'esame orale dovrebbe restare sempre uri colloquio 410

vivo. Perci l'esaminatore cercher, per quanto possibile, di non lasciarsi mai prendere dalla stanchezza fisica e morale e di non ridursi a ripetere meccanicamente le stesse domande (cfr. AA.W., Vita ed esperienza didattica, pp. 69-74). 7. Famiglia e scuola devono formare l'uomo completo: quindi non solo utile, ma necessaria una mutua informazione ed una espressa collaborazione. Ma molti genitori non si curano d'aver rapporti con i singoli professori. E ci son professori che rifuggono dal fastidio di trattare coi genitori degli alunni: dovrebbero invece invitarli. E poi trattarli tutti colla stessa stima, rispetto, deferenza, senza far distinzione fra persone d'alto rango (alle quali si pu chiedere qualche favore) ed umile gente del popolo. Questi incontri non saranno tempo perduto per l'insegnante che, ragguagliato a dovere, dovr forse modificare qualche suo giudizio. Alle volte risulter che lo scarso rendimento del ragazzo non dipende solo da mancanza di buona volont ma da altre cause: talora emerger la necessit di curare la salute fisica. Gli alunni, alle volte, pi che coi genitori, si aprono con qualche insegnante che ispira loro confidenza e fiducia. Questi avr cosi modo di dare ai genitori qualche discreto suggerimento sulle attitudini e la vocazione del loro figliuolo. In qualche caso in cui sono in ritardo o deficienti le capacit intellettuali del ragazzo, l'insegnante dovr assumersi l'ingrato compito di avvisare con delicatezza i genitori che opportuno pel soggetto ripetere una classe, oppure dire chiaramente che egli non fatto per proseguire gli studi ma potr riuscire molto bene in un altro lavoro professionale (cf. AA.W., Responsab. della cattedra, pp. 45-51). 8. Una questione particolare o particolarmente delicata che interessa anche la scuola. All'insegnante s'impone la massima cautela nell'accennare ad argomenti sessuali: egli deve parlare con semplicit e franchezza di ogni fatto della vita, proporzionatamente all'et e alla preparazione morale degli alunni, ma deve evitare qualsiasi istruzione sessuale specialmente di fronte alla collettivit degli alunni. Anche di fronte al singolo alunno l'insegnante soddisfacendo con sobriet alle sue domande, far bene a indirizzarlo a chi per natura pi adatto a tale educazione: ai genitori o al confessore (F. Montanari, in: AA.W., Responsabilit della cattedra, pp. 8-9). Perch la Chiesa non potr approvare un'educazione sessuale fisico-anatmica fatta pubblicamente; e tanto meno che ai fanciulli delle scuole elementari si illustri con disegni sulla lavagna gli organi sessuali ed il rapporto 411

sessuale (non son casi ipotetici). L'istruzione sessuale dev'esser data al singolo che ne ha bisogno e secondo il suo bisogno. Ed, anzitutto e soprattutto deve avere come finalit l'educazione alla castit (cf. Pio XI, De Christiana iuventae educatione, 31.XII.1929, AAS, 22, 1930, 71; S. Off. Decret. de educatione sexuali , 21.111.1931, AAS, 23, 1931, 118-119). II. Gli alunni. Dovrebbero vedere negli insegnanti laboriosi, retti, buoni (anche se giustamente severi) i rappresentanti dei genitori e di Dio, e, come tali, riverirli ed obbedirli. 1. Molti giovani sono cresciuti colla mentalit secondo la quale, nell'esame di coscienza, si debba solo interrogarsi sulle orazioni quotidiane, la Messa festiva, gli atti impuri: una religione ed una morale che non investono tutta la vita. Ma come, per l'adulto, gli impegni della professione cosi pel ragazzo uno dei principali doveri lo studio, in scuola e fuori di scuola. Deve prenderne coscienza e non considerarsi del tutto libero ed indipendente di fronte ai suoi educatori. Non sia solo l'interesse che tiene in cattedra il maestro e. non sia solo la forza d'una disciplina esterna che tiene fermo al banco lo scolaro. Pensino, certi studenti, che dovranno pentirsi ma troppo tardi d'aver passato tante ore di scuola in ozio od in letture estranee senza star attenti alle lezioni dei professori (o di taluni professori). pacifico che la scuola pubblica rende poco, sia perch le classi sono troppo numerose, sia perch gli alunni non sanno approfittarne. stato osservato che dopo otto anni di latino un giovane esce dal liceo senza saper la lingua, cio senza esser in grado di leggerla e di capirla. Mentre con tre ore settimanali di lezioni private in una lingua moderna, dopo un anno si arrangia gi a parlarla. Risultato che non si ottiene dopo quattro anni di scuola pubblica. Ci significa che gran numero delle ore di scuola va perduto. Di dieci ore di lezione, il singolo alunno ne assimiler, al massimo, due (cfr. AA.VV., Vita ed esperienza didattica, p. 51). Vuol dire che nelle altre ore non s'impegna: e cosi, o si distrae senza pensarci o si distrae volendo distrarsi per non far niente o per far altre letture; pensa che, quando il professore spiega, non occorre applicarsi a seguirlo perch c' il testo, e quando un compagno vien interrogato, oi interessa lui solo. Insomma, tante ore passate in scuola, ma senza lavorare. 2. Oggi, nell'educazione, si preferisce il metodo basato piuttosto sulla comprensione, l'affetto, la persuasione, il colloquio franco ed aperto dei genitori con i figli e dei maestri con gli 412

alunni. una reazione a metodi del passato caratteristicamente autoritari. E, di fatto, se molti giovani respingono i loro educatori, perch sono stati, in precedenza, o respinti (cio trascurati) o maltrattati o male educati. Per non dovrebbero varcar i limiti, compromettere il principio d'autorit, spingersi fino alle mancanze di riguardo. Non frequente il caso d'uno studente che, a tu per tu con un professore, gli manchi di rispetto e l'offenda. Capita, invece, spesso che, uniti in massa, gli studenti ragazzi, adolescenti, giovani diventino addirittura crudeli verso un loro insegnante, e verso lo stesso capo dell'istituto, entrando in violente discussioni fino all'apostrofe ed all'insulto. Non sar proprio per cattivo animo, mancher la riflessione e la piena deliberazione. Ma l'esame di coscienza deve servire appunto a prender coscienza che certi comportamenti sono sconvenienti, ingiusti, ridicoli. Gli studenti devono pure riflettere su certi giudizi spietati che frequentemente (anche quelli che passano per i migliori sotto ogni punto di vista) si permettono sui difetti e sulle deficienze di qualche insegnante; giudizi espressi fra di loro od a terze persone; giudizi formulati con maggior o minor seriet, si sa bene, ma che, pronunciati con assoluta decisione e sicurezza, testimonierebbero piuttosto l'ignoranza (oltre la presunzione) di chi li proferisce. 3. Bisogna riconoscere che oggi la scuola attraversa un momento difficile e non la pacifica palestra dello spirito. Molti studenti intelligenti e volenterosi, per esempio fra gli universitari, sono sconcertati. Vedono i compagni di sinistra o di destra che ricorrono alla violenza per far valere contestazioini e rivendicazioni. Chi vorrebbe lavorare e non perder del tempo prezioso guarda dalla finestra quel che succede. Avrebbe bisogno di sostegno, di una direttiva chiara, d'un consiglio prudente.

16. Infermieri ed infermiere Una professione che in via d'evoluzione e di sempre maggior qualificazione. Una professione delicata che degna della massima stima, impone impegni e responsabilit non comuni, richiede generosit a tutta prova: la vita del malato dipende spesso totalmente dal sapere, dalla abilit, dalla delicatezza e dalla pazienza altrui, cio del medico e dell'infermiere, anzi, sotto un certo rispetto, dell'infermiere anche pi che del medico . Cosf 413

Pio XII agli Infermieri ed alle Infermiere degli Ospedali e Cliniche di Roma, il 21.V.1952 (cfr. Pio XII, Discorsi ai medici, Roma, 1959, p. 188). Gli infermieri costituiscono il personale paramedico. Necessario negli ospedali; necessario per l'assistenza domiciliare; necessario come aiuto a medici e clinici nei loro esperimenti e ricerche per il progresso della scienza. Ci sono infermieri generici e ci sono infermieri professionali . Specialmente questi ultimi sono ricercati per i titoli di studio che devono avere e quindi per le garanzie che offrono nelle loro prestazioni assistenziali. Ma si lamenta che, ad esempio, in Italia gli infermieri professionali scarseggiano (e tale carenza una delle cause della crisi degli ospedali): ne sarebbero necessari almeno 70.000, mentre non ce n' neppure la met (a parte gli infermieri generici ). In Italia, una legge, entrata in vigore nel 1971, ha abolito per l'infermiere professionale l'obbligo dell'internato. Ha esteso tale professione anche agli uomini. Ha richiesto la frequenza scolastica di almeno due anni dopo la scuola media d'obbligo (titolo che basta per l'infermiere generico ). Ora, succede che molti non si sentono di andar oltre la scuola media; e quelli che vanno oltre non si fermano, mirano pi in alto (col rischio di non trovare poi un posto corrispondente al diploma od alla laurea conseguita). Mentre sarebbe necessario che molti apprezzassero di pi quest'attivit che , fra l'altro, ben pi remunerativa che pel passato e lo sar sempre di pi. 1. Pertanto ci sono fra i giovani e le giovani alcuni che andrebbero incoraggiati perch abbraccino questa carriera. Per nessuno e nessuna dovrebbe assumersi questa professione mosso soltanto dal fatto che non ne ha trovato una pi redditizia. Si tratta d'una specie di missione. Richiede particolari doti di cuore: sensibilit di fronte alla sofferenza, quella comprensione che viene da una sufficiente conoscenza della psicologia umana. Solo a chi ne fornito possibile quella delicatezza nei modi, quello spirito di pronta dedizione, quella pazienza, quell'amabilit che dovrebbero esser le qualit caratteristiche d'ogni persona che si data al servizio dei malati. E se una professione che richiede doti spirituali singolari, suppone una certa vocazione: non tutti vi sono idonei; e non basta essere tecnicamente abili, ricchi d'energie intellettuali e fisiche. Una delle vocazioni pi belle, ma non una delle pi facili e delle pi ordinarie. La scelta di questa professione, dev'esser quindi ponderata e maturata: solo chi ha le doti 414

richieste vi si sentir al suo posto (cfr. L. Gnin, Per te, sorella infermiera, e per la tua formazione morale, Torino, 1936, p. 21). Di queste doti la natura ha arricchito pi la donna che l'uomo (perci le infermiere sono pi numerose degli infermieri). Pio XII, nel citato discorso, dopo aver detto che questa professione suppone qualit non ordinarie , accennava alle seguenti: una solida formazione specifica, vale a dire cognizioni tecniche seriamente acquistate e costantemente tenute a giorno, una agilit d'intelligenza capace di acquisire incessantemente nuove reazioni, di applicare nuovi metodi, di utilizzare nuovi strumenti e medicinali ; un temperamento calmo, ordinato, attento, coscienzioso. L'infermiere deve essere padrone di se stesso; a un gesto brusco, ecco un nuovo dolore per il malato; il medico non potrebbe pi essere tranquillo; il malato avrebbe paura di lui. Egli deve mantenere la sua calma dinanzi ai lamenti o alle domande irragionevoli del malato, di fronte a crisi impreviste ; diligenza: deve, prevedere e preparare a tempo tutto il necessario, talvolta cosi complicato, per la cura dell'infermo; non deve nulla dimenticare, deve osservare tutte le precauzioni dell'igiene e della prudenza. Deve essere fedele all'orario prescritto, esatto nelle dosi da somministrare; osservatore vigile, per segnalare al medico le reazioni del malato e i sintomi che la sua esperienza gli permette di rilevare; attento agli ordini ricevuti e pronto a eseguirli ; un tatto discreto e modesto, sensibile e fino, che sappia intuire le sofferenze e i desideri del malato, ci che si deve e ci che non si deve dire. Pieno di tatto anche verso il medico, di cui deve rispettare l'autorit; verso i suoi colleghi, infermieri e infermiere, particolarmente verso i pi giovani, che non deve mai mettere nell'imbarazzo o nella confusione, ma essere al contrario sempre pronto ad aiutare ; una dedizione completa al malato, sia ricco o sia povero, sia simpatico o sia sgradevole. L'infermiere non come un impiegato di un ufficio, che pu andarsene senza inquietudini all'ora fissata. Vi sono casi urgenti, giornate sovraccariche di lavoro, durante le quali non possibile interruzione o riposo ; pazienza: alcuni sono capaci di un grande sforzo straordinario di tempo in tempo, ma si stancano e si irritano dinanzi ai piccoli fastidi che quotidianamente si ripetono ; riservatezza: l'infermiere deve strettamente osservare il segreto professionale. Mai non possono essere da lui rivelate le cose dette dal malato in confidenza o nel delirio, nulla che possa nuocere alla sua reputazione o arrecar danno alla sua famiglia. Ma vi sono anche virt 415

pi elevate...: il rispetto verso il malato, la veracit e la fermezza morale. Rispetto verso colui, che talvolta viene a perdere molto di ci che rende l'uomo rispettabile, il coraggio, la serenit, la lucidit... Veracit nei riguardi dei medici, dei malati e delle loro famiglie, i quali debbono poter fidarsi della parola dell'infermiere. Ne va talvolta non solo della salute del corpo, ma anche dell'anima se ritardata con reticenze la preparazione dell'infermo al passaggio per l'eternit... Infine fermezza morale, specialmente quando si tratta della legge divina (Pio XII, Discorsi ai medici, pp. 189-190). Alle suore ospedaliere, in particolare, in occasione del loro I Convegno Nazionale, Pio XII, il 25.IV.1957, raccomandava di aver (oltre alle indispensabili nozioni tecniche relative ai nuovi metodi di cura, strumenti, medicinali) tenerezza materna davanti alle mille sofferenze, che... chiedono conforto ed aiuto; ...dolce fermezza di fronte a intemperanze o indiscrete richieste dei malati; ...un ritmo dinamico di vita, e, al tempo stesso, una costante calma che... fa dominare gli avvenimenti. Vi bisogno diceva di una prontezza che non vi trovi mai impreparate, anche nei casi pi imprevisti e pi improvvisi; vi occorre pazienza serena, gioiosa, un saper prevedere e provvedere, che nulla dimentica e nulla trascura (Pio XII, Discorsi ai medici, p. 585). Specialmente l'assistenza ai malati nervosi e mentali esige un'opera generosa e delicatissima ma altrettanto preziosissima. In questo campo la scienza terapeutica ha compiuto progressi sorprendenti. Per questa ragione e per un sempre maggior rispetto per la persona umana si tende sempre pi a creare per l'ammalato un ambiente in cui goda di tutti i suoi diritti e (nei limiti delle possibilit e della sicurezza) anche della sua libert. Interessa ora, oltre alla cura specificamente medica, l'assistenza spirituale di cui questi malati hanno, pi di altri, bisogno. Non sono soltanto i farmaci esterni che li guariscono ma anche l'accostamento di spiriti sani ed armoniosi, che valgano a restituire ad essi una visione serena ed amichevole del mondo e della vita (Pio XII alle Infermiere e Assistenti Sanitarie il 1.X.1953, in: Pio XII, Discorsi ai medici, p. 282). All'infermiere chiesto d creare intorno al malato un'aura serena e di amichevole fiducia. Ma chi pu ottenere ci, se non chi vive gi per s in serenit e nella armonia delle proprie facolt?... Solo l'esercizio esimio delle virt cristiane produce l'interiore serenit e quel temperato ottimismo, che spontaneamente si riverberano negli altri e sono il miglior 416

aiuto che possa esser offerto ad un malato di mente. Essi gli fanno dimenticare facilmente le infauste circostanze di vita, che hanno concorso a determinare l'infermit... {l.c. pp. 283-284). 2. Come in tutte le vocazioni, la scelta di questa professione (anche se prudente e munita di garanzie) non che l'inizio d'un lavorio e d'un esercizio di virt che non terminer mai. E solo un'autentica religiosit interiore ed il motivo dell'amore di Dio assicurer che non s'intiepidisca il primitivo fervore di spontaneo umanitarismo. Per l'abitudine a trattare coi malati, l'infermiere pu perder la delicatezza e la prontezza della sua sensibilit spirituale; la pazienza, messa continuamente alla prova, pu, a lungo andare, venir meno; al missionario succeder forse il mestierante che nel prossimo sofferente vede piuttosto delle cose che delle persone (nelle quali sempre presente Ges). L'infermiera verr inoltre continuamente a contatto con un mondo triviale nei modi e nelle parole. Col suo contegno superiore dovr esser di edificazione e di ammonimento. Con le persone antipatiche ci sar la naturale tendenza alla trascuratezza ed alla sgarbatezza; con quelle simpatiche c' il pericolo della leggerezza e della troppa familiarit. Occorrer un continuo sforzo per praticare l'imparzialit, la quale pu esser compromessa da ragioni di affettivit e di venalit (sia pur leggera). Ci sono poi i giorni brutti, d'inesplicabile malumore (spesso dipende da indisposizione fisica) nei quali richiesto uno sforzo di volont ed un esercizio di virt ancor maggiori. certo diceva Pio XII nel discorso agli Infermieri ed alle Infermiere, il 21.V.1952 che voi non sarete in grado di rimanere pari al vostro ufficio e ai vostri obblighi, se non potrete disporre di energie morali derivanti e nutrite da una fede viva e profonda. Se voi concepite e praticate il vostro lavoro unicamente come un impiego, onorevole si, ma puramente umano, senza attingere alle fonti specialmente eucaristiche la fortezza cristiana, voi non varrete, a lungo andare, a mantenervi fedeli ai vostri doveri. Voi avete infatti nella vostra vita tanti sacrifici da compiere, tanti pericoli da superare, che vi sarebbe impossibile, senza l'aiuto soprannaturale, di trionfare costantemente della debolezza umana (Pio XII, Discorsi ai medici, p. 190). Ed ai Sanitari ed al personale degli Ospedali di Napoli l'I 1.XI.55, ricordava: Senza dubbio la partecipazione alle altrui pene, la commiserazione che si mostra all'afflitto, esigono un grande oblio di s; obbligano a desistere da ogni indifferenza e da una certa insensibilit, che affievolisce a poco a poco la viva417

cita delle reazioni dinanzi a uno spettacolo doloroso, ma sempre simile (Pio XII, Discorsi ai medici, p. 415). 3. Nonostante la carica interiore continuamente rinnovata per aver sempre la prontezza, la premura e la gentilezza, per vedere in tutti l'immagine del Cristo, l'infermiere deve pure prepararsi a non trovare sempre nel malato riconoscenza, bens, alle volte, lagnanze e parole ingiuste; mancanza non solo di pazienza nel sopportare il suo male, ma anche di bont e di dolcezza verso chi lo assiste. L'infermiere penser che chi soffre ha un certo diritto di lamentarsi e di essere scontento; chi sta bene invitato dalla carit a sopportarlo, a sostenerlo, ad incoraggiarlo e confortarlo nei suoi dolori, a delicatamente elevarlo. 4. La disposizione costante al compatimento degli altri suppone una grande forza d'animo e di volont. L'infermiere deve sapere che per rinforzare tale sua volont, mezzo efficacissimo non solo la viva fede personale ma anche una ragionevole cura della propria salute. Quando l'organismo debilitato difficilmente segue i comanda dello spirito. Noi tutti ammiriamo gli uomini dalla volont energica; ma, se andiamo a fondo, troviamo che, in genere, hanno a loro servizio un corpo sano e vigoroso. Questo in via ordinaria e senza voler tutto ridurre al piano naturale, senza negare i miracoli della grazia che opera meraviglie in corpi fragili: anche allora per tolti i casi eccezionali almeno il sistema nervoso fornito d'una sanit e d'una energia normale. 5. Anche gli infermieri sono tenuti al segreto professionale , la cui rivelazione (fatta senza giusta causa, o per proprio od altrui profitto, con danno di altri) costituisce, secondo il codice penale italiano (a. 622), un delitto punibile. E per un infermiere il segreto professionale ha per oggetto la causa e la natura della malattia e dell'operazione, le cure fatte, le cause della morte. al medico che spetta la denuncia delle malattie infettive. Ad ognuno che gli volesse strappare qualche notizia indiscreta, l'infermiere risponder evasivamente: sono infermiere e non posso parlare . Il segreto dev'esser osservato con tutti. Anche col malato. Ci sono poi confidenze, o notizie comunque riservate, che l'infermiere pu aver ricevuto dal malato, dai suoi familiari o dal medico, e sulle quali deve saper osservare il segreto. Specialmente per chi per natura incline alla curiosit od alla loquacit, ci sar, nel contatto coi numerosi malati, una continua occasione di mortificarsi. Bisogner trovare il giusto mezzo: n un poco umano silenzio n un eccessivo discorrere. 418

6. Dote necessaria per l'infermiere: organizzare il proprio lavoro ed osservare l'ordine. Essere attento e premuroso ma non sofistico ed eccessivamente meticoloso; fedele ma non inquieto. 7. Perch tutto funzioni a dovere occorre obbedienza, disciplina, osservanza del regolamento. naturale che per eseguire con pi entusiasmo gli ordini, l'infermiere abbia interesse a capirne (per quanto possibile) la motivazione. Tentazioni frequenti, specie negli infermieri e nelle infemiere pi navigati ed abili: la presunzione, la saccenteria, lo spirito critico. Di fronte agli errori (tutti possono sbagliare) dei superiori in particolare dei medici occorre delicatezza: far finta di non aver visto, e, se necessario, aiutare la memoria del superiore, ma con delicatezza cosicch possibilmente non s'accorga del sommesso suggerimento. Per un infermiere capace e zelante sar facile la tentazione di mancare (nei contatti coi medici o i colleghi) alla prudenza e discrezione. In genere diceva Pio XII nel suo Radiomessaggio alla Conferenza mondiale cattolica della Sanit il 27 .VII .58 difficile accogliere il punto di vista degli altri...; neppure agevole ammettere che una persona pi giovane, nonostante la sua minore esperienza, possa avere idee pi feconde. Inoltre le abitudini di lavoro e le consuetudini rendono penoso ogni tentativo di cambiamento, ogni revisione di metodo... Per esempio, un'infermiera sar tentata a fare difficolt, quando vede applicare in un ospedale una cura diversa da quella che ha visto praticare nel corso dei suoi studi da un tale grande specialista... . In questa situazione cercher di fare quanto sta in lei per ottenere che si usino i metodi ed i mezzi pi idonei alla terapia ed all'igiene, ma evitando suscettibilit, impazienza, desiderio di prevalere, intolleranza della disciplina (Pio XII, Discorsi ai medici, p. 668). 8. Fermezza morale, specialmente quando si tratta della legge divina (Pio XII, Disc, ai med., p. 190). Quando, ad un infermiere capitasse il caso d'esser chiamato ad aiutare un medico che compie su di un malato un'operazione illecita, bisogner per un giudizio prudenziale sulla liceit o meno della cooperazione esaminare se s verificano le condizioni del principio del duplice effetto. Compiere direttamente (dietro ordine del medico od insieme al medico) un'azione che ha una intrinseca finalit immorale ad esempio, praticare un'iniezione mortifera non lecito. Se la cooperazione non immediata ma mediata (pi o meno prossima, pi o meno remota) bisogner prudentemente considerare 419

tutte le circostanze per giudicare se c' una causa proporzionata giustificante. 9. In modo particolare l'assistenza agli ammalati domanda il continuo esercizio di quelle che si chiamano piccole virt (ma suppongono le grandi): discrezione, delicatezza, fine educazione, buon umore, saper tacere, e non ribattere aspramente, ad una parola che sembra ingiusta. Anche colle compagne di lavoro un'infermiera pu aver frequente occasione di scontrarsi. Bisogna far di tutto per vivere in pace, in buona armonia ed amicizia con tutte. Senza intimit, ma in pacifici rapporti di cortesia. E verso le ultime arrivate o le inferiori non deve manifestarsi alcun spirito d'alterigia. 10. Con l'ammalato bisogna avere molti accorgimenti perch osserva tutti i particolari ed sensibilissimo: si sente in uno stato d'inferiorit e d'impotenza; pu aver sempre l'impressione d'esser di peso a chi lo cura. Non bisogna minimamente mostrare disistima, mancanza di riguardo, disinteresse per lui, n ribrezzo o preoccupazione per la sua malattia. Si dovrebbe far in modo che egli si trovasse meglio che a casa propria. Fargli capire che il suo stato per lui una dignit altissima e per chi lo assiste un onore ed una gioia. E perch non abbia la sensazione dell'isolamento, l'infermiere gli dar l'impressione d'attendere a lui solo; altrettanto far con tutti gii altri cosicch nessuno si senta trascurato e pensi che qualche altro oggetto di particolari, ingiustificate, attenzioni. Si stenta a veder possibile una continua assistenza agli ammalati per chi non ha abitualmente la dote del buon umore e dell'allegria. stato scritto che ci sono nel mondo uomini che hanno il dono di trovare dappertutto la gioia e di lasciarla sempre dappertutto. La seminano tutt'intorno, senza pensarci. quanto si desidera nelle professioni pi difficili e pesanti, come quella d'infermiere. Perch l'ammalato entra nell'ospedale o nella clinica con una grande malinconia nell'anima. Le prime impressioni sono decisive. I risultati sanitari di certe cliniche (in particolare di quelle attrezzate per chi ha bisogno di riposo e di cura per esaurimenti) dipende in gran parte dal clima spirituale sereno, dalle doti morali dei medici, dalle qualit e dalle virt del personale suore, infermieri, infermiere. Purtroppo spesso avviene che in qualche casa di cura, dopo il periodo iniziale (per cos dire, eroico) subentra un andamento piuttosto fiacco: ci si accontenta di fare il necessario ma si trascurano quelle piccole attenzioni e prestazioni che, insieme alle 420

cure radicali, registravano successi mirabili, guarigioni felicissime, lasciavano nei malati le migliori impressioni e ricordi. 11. Un'infermiera che esercita la sua missione con spirito veramente cristiano, che frequenta i sacramenti, che sa unirsi a Do colla preghiera frequente anche se semplicissima durante il suo stesso lavoro, questa infermiera esercita un benefico influsso (sia pur inavvertito) anche sull'anima dei malati. Rispetter la libert di tutti (e per questo, non sar mai abbastanza cauta), rifuggir ogni forma di proselitismo (come sarebbe il condizionare una pi cordiale assistenza alla conversione ed alla pratica religiosa del malato). Ma se irradier la sua vita interiore, se dir prudentemente la parola buona quando l'occasione lo richiede o permette, allora pu ben credere che molti ammalati, venuti all'ospedale per cercare la guarigione fisica, troveranno anche quella morale (cfr. Gnin, o.c, p. 109). 12. Chi vuol esercitare con diligenza, prontezza e letizia questa impegnativa professione deve curare anche la sua salute ed esser regolato in tutto particolarmente nel sonno e nei pasti. Di fronte alla offerta di incarichi che sono superiori alle sue forze e capacit, dovr avere l'umilt e la prudenza di non accettarli. 13. Un'infermiera dev'esser preparata a trovare anche nei luoghi di sofferenza l'insidia del Nemico. Qualche assistente o studente di medicina, porter la nota allegra della sua esuberante giovinezza. Ma si pu arrivare alle familiarit. L'infermiera deve conservare il suo contegno disinvolto ma dignitoso e riservato che le assicuri il rispetto da parte di tutti.

17. Ostetriche

Valgono anche per le ostetriche molti principi morali e suggerimenti pratici accennati sopra trattando delle infermiere. 1. Fermo il principio che non vi nessun uomo, nessuna autorit umana, nessuna scienza, nessuna indicazione, medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta deliberata disposizione sopra una umana vita innocente, vale a dire una disposizione che miri alla sua distruzione, sia come a scopo, sia come a mezzo per un altro scopo per s forse in nessun modo illecito , l'ostetrica 421

rifiuter anzitutto ogni cooperazione immotale . Con chi far ricorso a lei per impedire la procreazione e la conservazione d'una nuova vita senza alcun riguardo ai precetti dell'ordine morale, si esige un calmo, ma categorico "no" . (Pio XII alle Congressiste dell'U.C.I. Ostetriche, il 29X51, in: Pio XII, Discorsi ai medici, pp. 157-158; 161-162). Perci quando si tratti di aborto diretto terapeutico, un'ostetrica non pu dare la sua cooperazione al medico, quando questa cooperazione sia immediata nell'intervento chirurgico. Quando la cooperazione fosse remota, vale la regola ricordata per infermieri ed infermiere: bisogna considerare prudentemente tutte le circostanze, secondo il principio del duplice effetto (o, meglio, della cooperazione). A parte la questione soggettiva della buona fede, obbiettivamente per giustificare la cooperazione anche solo mediata all'aborto terapeutico, ci dovrebbero essere ragioni tanto pi gravi quanto meno le condizioni fisiche della madre lo richiedono come unica soluzione per la sua salvezza. Ora, a proposito dei rarissimi casi tragici nei quali la continuazione della gravidanza metterebbe in pericolo gravissimo la vita della madre, oggi si deve dire che, su questo punto, scienza e morale si sono cosi avvicinate da concordare: anche nei casi pi gravi sono offerti mezzi clinici che permettono di portare la gestazione fino al limite minimo di vitalit del bambino, cosicch la soluzione si potr avere con un parto prematuro (ma non immaturo che significherebbe la morte del bimbo). Purtroppo potr darsi ancora il caso del medico che ricorre al sistema pi sbrigativo e pi semplice (per provvedere alla salute della madre) o per scarsa competenza o per carenza immediata di adeguati mezzi terapeutici moderni. Quanto pi ingiustificati e deteriori fossero i motivi degli interventi abortivi, quanto maggiore fosse la diffusione e la facilit con cui si praticano, tanto pi s'imporrebbe, ripeto, un'energica opposizione da parte dei cattolici, medici, ostetriche, infermiere. Allora costoro sono chiamati a costo di qualche svantaggio economico. ad un'aperta e coraggiosa testimonianza dei propri (e per tutti validi) principi morali, ad una resistenza efficace, rifiutando di prestare qualsiasi cooperazione, sia pur mediata, sia pur remota; ed anche d'assistere alle pratiche abortive. Perci in seguito alla decisione della Suprema Corte degli Stati Uniti d'America del 22.1.1973 (che ha liberalizzato le leggi del Texas e della Georgia sull'aborto) il Comitato Episcopale degli U.S.A., Pll.IV.1973, ha dato alcune direttive e per gli ospedali cattolici (che non potranno neppure mettere
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a disposizione, per questi interventi, le proprie attrezzature ed il proprio personale) e per il personale sanitario cattolico che, in linea di massima, non pu neppur assistere a queste pratiche e, nei casi speciali, dovrebbe sottoporre i problemi della propria coscienza al confessore. 2. L'ostetrica dovr rispettare i limiti imposti dalla legge stessa alle sue prestazioni (cfr. Decr. del Ministero dell'Interno, 26.V.1940, n. 1364). Non invader quindi il campo riservato ai medici, sia per correttezza personale sia per non rischiare tentativi pericolosi. La legge civile stabilisce che l'ostetrica richieda l'intervento del medico quando avverte che il parto non procede in modo del tutto normale (D.M. 11.X.1940, a. 10). 3. Ha anch'essa l'obbligo naturale del segreto professionale, sia riguardo alle confidenze ricevute, sia riguardo a quanto vien a conoscere nell'esercizio ed a ragione della sua professione. La legge (D.M. 26.V.1940, n. 1364, art. 10) stabilisce che l'ostetrica annoti subito nei rispettivi registri ogni parto ed aborto al quale abbia assistito. Per il contenuto dei registri deve rimanere segreto. Appunto perch tenuta al segreto professionale, non lecito, in caso d'illegittima gravidanza, avvisare i parenti della gestante (od il parroco) neppure a scopo di bene. Pu farlo se si tratta d'una minorenne o se la ragazza chiede essa stessa che l'ostetrica faccia da mediatrice per ottenerle, presso altri, comprensione, soccorso, sistemazione. Ugualmente, quando, nel caso di fidanzati, venisse a conoscere che uno dei due affetto da malattie che sconsigliano il matrimonio, non pu permettersi d'avvisare l'altra parte. Ricorder invece alla persona malata che ha il dovere, prima, di curarsi, o di rinunciare al matrimonio o, almeno, d'avvisare l'altra parte, se questa non al corrente di tale malattia grave. Per esser esatti, bisogna distinguere ci che l'ostetrica viene a conoscere per ragione della sua professione e ci che viene a conoscere in occasione dell'esercizio della sua professione. Questo, per s, strettamente non rientra nell'oggetto del segreto professionale. In pratica per, buona norma osservare, per quanto possibile, il silenzio e la riservatezza; a meno che la carit stessa non suggerisca d'informare una persona su una notizia che essa ha necessit di sapere, cio non pu ignorare senza suo danno: informarla, ma con cautela, di modo che il segreto non sia rivelato pi di quanto lo richiede il motivo urgente. 4. L'ostetrica pu esercitare un vero, continuo, preziosissimo apostolato. 423

a) Comunicher anche ad altri come diceva Pio XII nel citato discorso del 29.X.51 la conoscenza, la stima e il rispetto della vita umana... ; ne prender, al bisogno, arditamente la difesa e protegger, quando necessario ed in suo potere, la indifesa, ancora nascosta vita del bambino (Discorsi ai medici, p. 158). b) L'apostolato dell'ostetrica si diriger per soprattutto alla madre . Meno con le parole che con tutta la sua maniera di essere e di agire sapr far gustare alla giovane madrela grandezza, la bellezza, la nobilt di quella vita, che si desta, si forma e vive nel suo seno, che da lei nasce, che ella porta nelle sue braccia e nutrisce al suo petto (p. 59). e) Rivolger poi le sue cure delicate a dissipare i preconcetti, le varie apprensioni o i pretesti pusillanimi, ad allontanare, per quanto... possibile, gli ostacoli anche esteriori, che possono rendere penosa l'accettazione della maternit (Pio XII, Disc, ai med., p. 162). Avr occasione di dissuadere, in particolare, qualche ragazza dall'interruzione della gravidanza. Far capire con dolcezza persuasiva che la creatura un dono di Dio, anche se conseguenza d'un fallo giovanile. Ma questo fallo pu esser redento quando si accoglie il dono di Dio e si supera il primo abbattimento: la grazia di Dio ricompenser donando il suo conforto e facendo seguire al dolore la gioia della vita. 5. L'ostetrica di fermi principi religiosi e morali e di delicata coscienza, sentir spesso il bisogno di chiedere consiglio al sacerdote (senza per venir meno al segreto professionale). Diventer anche sua collaboratrice specialmente nell'amministrazione dei battesimi. Avr coscienza della grande importanza di provvedere al battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura. Senza dubbio questo dovere lega in primo luogo i genitori; ma in casi di urgenza, quando non vi tempo da perdere o non possibile di chiamare un sacerdote spetta all'ostetrica questo sublime e caritatevole officio che rientra nell'apostolato attivo della sua professione (Pio XII, Disc, ai med., pp. 160-161). Deve quindi conoscere chiaramente quali sono le condizioni richieste per amministrare validamente e lecitamente il battesimo. L'adulto deve aver espressa la seria volont di riceverlo; per, se, nell'imminenza della morte avesse gi perso i sensi e fosse, almeno probabilmente, ancor vivo, si pu amministrarglielo sotto condizione, anche se non
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lo ha chiesto. Ai bambini non si pu amministrare il battesimo se entrambi i genitori sono contrari, a meno che il piccolo non versi in tale pericolo di vita cosicch prudentemente si prevede che morr prima di raggiungere l'uso di ragione (CJC, e. 750): ed anche in tal caso evidentemente necessaria la riservatezza e la prudenza perch siano evitate eventuali reazioni ed odiosit. Dei battesimi l'ostetrica avvertir poi il parroco. Meglio sarebbe se quando conferisce il sacramento, ci fossero due testimoni, od almeno uno, cosicch si possa provare con certezza il fatto. L'amministrazione privata del battesimo semplicissima ma bisogna conoscerla, a scanso di perplessit o dubbi conseguenti. Si versa l'acqua sul capo pronunciando le parole: Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Abluzione e pronuncia delle parole siano contemporanee (almeno nel senso che non si termini l'una senza aver cominciata l'altra) perch un intervallo fra le due azioni metterebbe in dubbio la validit del sacramento, per mancanza d'unit fra materia e forma. Nel caso di parto laborioso che induce pericolo di vita pel bimbo, se questi emette il capo si battezzi sul capo: il sacramento senz'altro valido, e quindi se poi verr alla luce vivo non sar da ribattezzarsi; se emette un membro si battezzer sotto condizione: e l'amministrazione del sacramento sar poi da ripetersi sotto condizione {CJC, e. 746). 6. Ogni essere umano nato anzitempo se probabilmente vivo dev'esser battezzato, per quanto recente sia la concezione (anche se un embrione che non presenta ancora la forma d'uomo) (e. 747). Dunque solo nel caso che con certezza sia morto si ometter il battesimo. Questa disposizione della Chiesa valida qualunque sia il momento in cui di fatto Dio infonde l'anima spirituale. Comunque il CJC sembra supporre l'animazione immediata, dottrina verso la quale oggi propende la maggioranza degli autori cattolici (animazione immediata, s'intende, del seme destinato a maturare, svilupparsi e formare l'essere umano, non di tutti i germi che possono essersi incontrati con gli ovuli ma si disperderanno). Mancano di solido fondamento (S. Off. 18.11.1958, AAS, 50, 1958, 114) le teorie di alcuni moderni che negano l'esistenza del Limbo, assicurano la visione beatificante anche ai bimbi morti senza battesimo ed ammettono una opzione finale concessa a tutti anche dopo la morte. 425

7. Ai nati anzitempo il battesimo evidentemente non da conferire sopra le membrane. Per il romperle a contatto dell'aria sarebbe pericoloso. Bisogna quindi immergere il feto nell'acqua tiepida, lasciar uscire il liquido amniotico, rompere delicatamente con le dita le membrane. Nell'acqua che cosi entrata e l'ha avvolto, lo si muover un po' ed intanto si pronuncer la formula; dopo di che lo si estrarr dall'acqua. 8. Se c' pericolo che il bimbo muoia prima di nascere, pu esser praticato il battesimo intrauterino (e. 746). Regolarmente potr farlo il medico o la levatrice esperta. Siccome in tale battesimo viene a mancare la certezza della validit, bisogna ribattezzare il bimbo che dovesse nascere. 9. Anche i parti deformi devono esser sempre battezzati (e. 748). A meno che non sia certo che son privi di vita.

18. Medici una professione che si distingue fra tutte le altre secondo una convinzione trasmessa attraverso i secoli: Onora il medico come si merita si legge nella Scrittura a motivo del tuo bisogno, perch l'Altissimo che l'ha creato (Eccl. 38, 1). Professione simile a quella del sacerdote la quale eleva un uomo ad una speciale funzione di strumentalit nelle mani di Dio. I medici sono veri collaboratori di Dio nella difesa e nello sviluppo della sua creazione (Pio XII, 26.IV.52, in Pio XII, Discorsi ai medici, 1959, p. 186). Ma non una materia inerte quella che maneggiano: una creatura che ha un appuntamento con l'eternit ; e, per di pi, ridotta ad una sofferente, contratta, pallida forma (Pio XII, il 30.1.45, o.c, p. 60). La sofferenza umana: realt colla quale quotidianamente, continuamente sono a contatto. La sofferenza: il suo effetto sullo spirito umano ambivalente: purificazione, redenzione, elevazione, oppure depressione, rivolta, disperazione. In ogni caso Dio non vuole il dolore per il dolore: entrano nella Sua Provvidenza i mezzi per evitare o sopprimere il dolore. Nei casi in cui non sia concesso al medico di ridonare al malato la guarigione, gli sempre possibile portare agli afflitti alleviamento e conforto (Pio XII, o.c, p. 55). Questo conforto dopo il sacerdote, nessuno pu darlo meglio del me426

lieo... Egli guadagna la fiducia del malato e della famiglia..., acquista su di loro e sulla popolazione del luogo un influsso profndo e volentieri accettato (Pio XII ai partecipanti al Congresso dei Medici Condotti, il 18.IX.50, o.c, p. 142). I cosiddetti medici di famiglia , poi, conoscono non solo le vicende patologiche degli individui appartenenti a generazioni successive, ma anche gli aspetti spirituali, ideologici e, per cosi dire, "caratterologici'' di ciascuna casata : essi sono in grado di valutare l'uomo nella sua propria natura di anima e di corpo coesistenti nel composto umano e soggetti a reciproca influenza (Pio XII, I Corsi Aggiorn. Med. Condotti, 4.X.53, o.c, pp. 286-287). Ma il medico profondamente cristiano che in modo tutto particolare potr portare alla camera del malato, al tavolo operatorio qualche cosa della carit di Dio, dell'amore e della tenerezza di Cristo, grande Medico dell'anima e del corpo (Pio XII ai Chirurgi, 13.11.45, o.c, p. 63): egli vedr nel malato il Cristo del Calvario mentre il malato trover nel medico il Cristo compassionevole (Pio XII, o.c, p. 281). Il medico che ha la viva e continua coscienza d'essersi consacrato ad un ideale cosi eccelso non avr neppure il tempo per abbassarsi a meschine preoccupazioni, per esempio a denigrare (come purtroppo avviene) i propri colleghi, per sopraffarli e farsi strada. Professione, dunque, degnissima, delicata ed altrettanto impegnativa. Domanda bont di cuore, diligenza e prudenza, continuo aggiornamento, fermo possesso di chiari principi morali, seriet e rettitudine nel comportamento e nei contatti, saggio dispendio delle energie fisiche, igienico tenore di vita. Su tutte queste qualit s'interrogher il medico che voglia esercitare santamente la sua professione. I. Bont di cuore. Cominciamo da questa che la prima virt da esercitarsi (prima e durante la cura): il segreto di felici risultati e della guarigione stessa del malato. 1. Diventar medici significa abbracciare una missione a servizio dei sofferenti e degli infelici, fratelli in Cristo. Chi non ha un cuore sensibile che sa amare e compatire, inconcepibile che la scelga: La bont e la tenerezza crescono cogli anni, a contatto della sofferenza, ma in genere non si acquistano, non si creano, se mancano germinalmente.
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2. Bont perch ogni malato ha bisogno d'esser sostenuto non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente. E questo piti difficile della cura medica (la quale pu esser procurata solo materialmente). Nessuno, ad esempio, dovrebb'esser umiliato come un malato immaginario. Il medico dovrebbe sempre tener presente che l'influenza personale ch'egli capace di esercitare sul malato non ha minore importanza od utilit delle conoscenze ed esperienze acquisite. Ma questa influenza del medico proporzionata alla confidenza ed alla stima che il malato ripone in lui: egli vuol essere compreso dal suo medico; ha bisogno di avere grande fiducia in lui, per ritrarre dalle sue cure un profitto fisico e psichico e di trovare presso di lui tutto quello che cerca spontaneamente o coscientemente: comprensione, conforto, sensazione di sicurezza (Pio XII, IV Congr. U. Med. Latina, 7.IV.55, o.c, p. 384). 3. Il medico ha un campo immenso anche per un vero apostolato. Ha la possibilit di dare qualche privato consiglio, discreto ma efficacissimo, autorevolissimo, tanto pi efficace quanto maggiore la stima e la fiducia che riscuote per la sua scienza e rettitudine: consiglio per preservare o distogliere il malato dal vizio (alcool, sesso, droga, fumo). Consta che qualche volta se manca l'esplicito richiamo alla legge morale le parole del medico possono esser anche fraintese: molto spesso, ad esempio, le donne quando sentono da un medico religioso la raccomandazione di usare un certo riguardo circa nuove gravidanze, la intendono ben volentieri come un comprensivo suggerimento a ricorrere all'onanismo od alle pratiche anticoncezionali. C' tanta ignoranza e materialit anche nei buoni. Bont del medico anche quando non pu approvare o concedere ci che la sua coscienza di cristiano giudica illecito. Per esempio di fronte alla richiesta d'aborto diretto non defletter dai suoi principi morali, per il suo comportamento sar umano: mostrer d'esser sensibile a certi stati d'animo ed a certe situazioni. Non si accontenter di richiamare la norma etica con freddezza, severit e distacco. Nel dialogo, colla madre e col padre del nascituro tenter d'esercitare una benefica persuasione e, diciamo pure, una sana suggestione (tanto pi valida quanto maggiore il suo personale prestigio). Specialmente quando si trover di fronte al caso d'una ragazza che, in seguito ad illeciti rapporti, destinata ad esser madre, ma teme di perder la sua buona fama, di non poter pi sposarsi. In questi casi la parola 428

pel medico pu esser pi efficace di quella d'un sacerdote. Egli terr presente e far presente alla giovane, tentata d'abortire, <bme per evitare un certo trauma psicologico, pu andar incontro ap un altro trauma psicologico: perch uccide il suo senso di rqaternit; il rimorso dell'aborto procuratosi pu gettarla nella dfcperazione. (In Giappone e Svezia i primi paesi nei quali stato legalizzato l'aborto c' il pi alto numero di suicidi)21. Certe ragazze hanno quindi bisogno d'una parola che rischiari il loro orizzonte ed infonda coraggio: se riceveranno dalle mani di Dio il frutto del peccato, se saranno generose, Dio perdoner loro e le aiuter aprendo strade insperate e dando l'occasione d'acquistare meriti immensi, nonostante lo sbaglio commesso. Comunque, sempre meglio esser con Lui nelle difficolt che ricercare la via pi facile allontanandosi da Lui. II. Diligenza e prudenza. Di fronte al caso d'un malato specialmente se grave ed in pericolo di vita si domandano al medico un complesso di doti e di virt. Egli deve anzitutto rendersi conto dello stato obbiettivo del paziente (in modo da poter conoscere fin da principio la natura del male, e, d'altra parte, non esagerarne la gravit ed il grado d'incurabilit). Una volta scoperto con certezza il male (ad esempio la presenza d'un cancro) egli deve procedere con prontezza e decisione. Ma prima di applicare i mezzi terapeutici pi efficaci, per tentare la guarigione, occorre che il medico curante con intelligenza e prudenza (non solo cliniche) consideri l'uomo nella sua integrit, nell'unit della sua persona, vale a dire non solamente il suo stato fisico, ma anche la sua psicologia, il suo ideale morale e spirituale e il posto che egli occupa nel suo ambiente sociale. Quali saranno le conseguenze pratiche degli interventi che egli si propone? In quale misura gli permesso di rischiare una grave operazione perico21 II prof. C. Trabucchi, in un recente articolo, riferisce le sue esperienze dopo quaranta anni di esercizio di psichiatria, circa la psicosi da aborto e circa i danni psichici della mentalit abortiva della donna. Si noti che i quadri della psicosi compaiono, di solito, a distanza dall'evento abortivo. Nello stesso articolo si afferma decisamente, in base all'esperienza, che per le malate mentali la gravidanza normalmente protratta ed il parto possono avere qualche effetto, sia di peggioramento, sia di miglioramento, ma comunque di scarsa entit. Nessuna poi delle cure di cui dispone la moderna psichiatria trova reale impedimento nella gravidanza (C. TRABUCCHI, Aspetti psicologici della interruzione volontaria della gravidanza, Riflessi, Milano, 28, 1976, n. 4, pp. 159-165).

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Iosa e che comporta importanti sacrifici? Quale beneficio ne ricai vera il malato? Invece di imporgli infermit gravi e permanente che lo ridurranno ad una inattivit quasi totale, non sarebbe meglio che egli continuasse a lavorare fin tanto che il male glielo permetta? Qualche volta, al contrario, il desiderio di alleviare il dolore, di prolungare un po' la vita, di apportare un indispensabile conforto, autorizzer trattamenti onerosi, il cui esito non lascia molte speranze. In ogni caso s'impone al medico un'approfondita riflessione, una vera meditazione, in cui i fattori d'ordine umano entreranno nel totale pi degli altri (Pio XII, Ai rappresentanti dell'Unione Internazionale contro il Cancro, 19.Vili. 56, o.c, pp. 497-499). III. Studio 1. La cura, per quanto generosa ed assorbente dei malati, non dovrebbe portare il medico a tralasciare del tutto lo studio: egli ha continuamente bisogno d'aggiornarsi sui progressi della sua scienza, le ricerche, le scoperte ed i farmaci nuovi. Con la laurea non diventato medico ma ha cominciato ad esserlo: avr continuamente da perfezionare il suo sapere, come la sua vita di cristiano. Mezzi: la lettura di opere e di riviste scientifiche, la partecipazione a congressi e corsi accademici, le conversazioni coi colleghi e le consultazioni presso i professori delle Facolt di medicina. Questo costante studio di perfezionamento obbliga il medico esercente, in quanto gli praticamente possibile e viene richiesto dal bene dei malati e della comunit (Pio XII, alPU.I.M.B. di San Luca, 12.XI.44, o.c, p. 54). Ad esempio, ogni medico dovrebbe sapere ed esser convinto che oggi, in caso di pericolosa gravidanza, la salvezza della madre si pu procurare con cure efficaci senza bisogno di ricorrere al cosiddetto aborto terapeutico, il quale pu esser, anzi, nocivo alla madre, alla sua futura gravidanza (oltre che alla sanit pubblica). Mancando le indicazioni di ordine fisiologico, si cerca ora di giustificare l'aborto come una necessit per evitare qualche trauma d'ordine psicologico. Per un medico, poi, che non conosce o non si impegna a praticare le cure razionali alla madre gravida ammalata, sar pi sbrigativo ricorrere all'aborto terapeutico col salvacondotto dell'autorizzazione legale. Ma dal punto di vista della legge morale e del diritto naturale resta sempre illecito l'aborto diretto, sia terapeutico (inteso a proteggere la vita della madre) sia eugenetico (motivato dalla volont di non metter al mondo un bimbo tarato). 430

E non tolta l'illiceit di questa soppressione della vita pel fatto 4he la legge (come quella approvata dal Consiglio Nazionale Austriaco, in vigore dal 1. gennaio 1975) ammettesse l'aborto (eseguito da un medico e previa consultazione medica) solo entro i pLmi tre mesi dall'inizio della gestazione n. \ 2. Quella scienza generale nella quale il medico cerca continuamente di coltivarsi dovr esser applicata alle singole situazioni. Ed allora, quando si tratter di prender una determinazione, egli sentir la responsabilit anzitutto di studiare attentamente il caso. Il chirurgo, prima dell'intervento, si domander: l'operazione apparisce necessaria? quali pericoli essa presenta, ma, d'altra parte, a quali disavventure esporrebbe l'astensione? E ancora: il momento opportuno? conviene differire, o invece bisogna affrettarsi e agire rapidamente? correre i rischi dell'urgenza, ovvero quelli dell'indugio? Quale contegno tenere nel consulto coi medici curanti? Ognuno, infatti, ha la sua parola da dire; soprattutto in casi di problemi complessi, i pareri possono essere discordi; e allora ciascuno, pur sostenendo la propria opinione, pu rendersi conto della fondatezza delle ragioni degli altri. Quando per ha tutto ben considerato (compreso il carattere morale dell'atto), il chirurgo non deve pi esitare, ma, anche dopo aver formato coscienziosamente e debitamente il suo giudizio, gli rimane ancora un ufficio assai delicato da compiere. Senza dubbio suo obbligo di far conoscere l'utilit o la necessit dell'operazione, come anche di indicare le incertezze che spesso permangono; ma fino a qual punto deve egli semplicemente suggerire ovvero consigliare o insistere, presso il malato e la sua famiglia? Come illuminarli lealmente, pur usando i dovuti riguardi e rispettando la loro libert? (Pio XII, Ai partecipanti al Congr. Internai, di Chirurgia, 20.V.48, o.c, p. 96). Delicatezza, prudenza, umanit, autocontrollo: virt caratteristiche del chirurgo ideale. Aggiungeva Pio XII: Durante l'intervento... voi vi mettete all'opera con tutto il vostro cuore, ma in guisa che questo vi sia veramente di aiuto; ora esso non vi sar di sostegno che se, pur essendo profondamente sensibile, sapr al tempo stesso mantenervi in una imperturbabile calma. Se vi mancasse la sensibilit,
Un medico convinto dell'immoralit dell'aborto ha perci il dovere ed il diritto di non praticarlo, neppur quello terapeutico autorizzato dallo Stato. Il quale deve rispettare l'obbiezione di coscienza in questa materia. N esiste un diritto della collettivit in quanto tale che possa obbligare il medico ad agire contro la sua coscienza.
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voi non fareste che esercitare un mestiere; se vi mancasse la calma/ il vostro turbamento, rendendo meno ferma la vostra mano, rischie/ rebbe di compromettere l'esito dell'operazione, e forse anche ]k vita del paziente. Questo dramma intimo, nel fondo dell'anima vostra, si rinnova ogni giorno, talora pi volte al giorno, ccjn maggiore o minor intensit... Dramma che, a lungo andare, logora un uomo di coscienza e di cuore, ma che d alla vostra professione il suo carattere sacro (p. 97). Terminata l'operazione, diceva Pio XII ai chirurgi, non tutto finito. Ci sono alee, pericoli, inconvenienti alcuni di breve durata, altri gravi e talvolta mortali, che conseguono ogni atto operativo cruento. Perci voi vigilate il corso della febbre, l'acceleramento o il rallentamento dei battiti del polso. Rimosso il pericolo di complicazioni, voi seguite attentamente il progresso della guarigione... (pp. 97-98). Compiuta la sua opera, cosa dovr aspettarsi il chirurgo? Gratitudine o critiche e rimproveri? Dipende dal risultato dell'operazione il quale pu esser felice o meno soddisfacente, indipendentemente dall'abilit, dalla prudenza, dalle cure del medico (perch talora il male troppo grave o gi troppo avanzato). Perci egli dovr esser preparato a trovare sia la riconoscenza cordiale sia l'ingratitudine. Ma se la sua responsabilit al coperto dinanzi a Dio ed alla coscienza, il chirurgo non dovr lasciarsi turbare o inasprire per la ingratitudine degli uomini (pur non potendo esser insensibile) (ivi, p. 98). 3. Conoscenza della filosofia morale e della teologia morale. Una qualche istruzione ed aggiornamento anche in queste materie prerichiesto al medico se si vuole ch'egli si conformi poi con fedelt e coerenza pratica ai principi della morale. La persona del medico con tutta la sua attivit diceva Pio XII agli scienziati dell'U.LM.B. S. Luca , il 12.XI.44 si muovono costantemente nell'ambito dell'ordine morale e sotto l'impero delle sue leggi. In nessuna dichiarazione, in nessun consiglio, in nessun provvedimento, in nessun intervento, il medico pu trovarsi al di fuori del terreno della morale, svincolato e indipendente dai principi fondamentali dell'etica e della religione (Pio XII, Discorsi ai medici, p. 49). Il medico serio e competente, spesso, con una specie d'intuizione spontanea vedr la liceit morale dell'azione che si accinge a compiere e agir secondo la propria coscienza. Ma possono presentarsi azioni in cui egli non ha questa sicurezza, in cui pu darsi veda o creda di vedere con certezza 432

i contrario; in cuixdubita ed esita tra il s e il no (Pio XII, Ai partecipanti al t Congr. d'Istopat. del sist. nerv., 14.IX.52, or., p. 193). A proposito d'interventi, pratiche, cure mediche cHe possono esser in conflitto con qualche legge, Pio XII distingueva (parlando ai partecipanti al XIII Congr. I. di Psicologia applicata, il 10.IV.58): azioni che violano solo le norme d'una legge positiva (ad esempio, civile) ma, in s, non sono contro la legge morale naturale; azioni immorali in s stesse (come quando l'uomo sottomette le sue facolt razionali agli istinti inferiori): quando l'applicazione dei tests o della psicanalisi o di qualsiasi altro metodo arriva a questo punto, diviene immorale e deve essere rifiutata senza discussione . Naturalmente spetta alla coscienza dello psicologo determinare, nei casi particolari, quali comportamenti sono in tal modo da rigettarsi ; poi ci sono le azioni immorali per difetto di diritto in chi le pone : ad esempio l'uso della narcoanalisi (interrogatorio d'un soggetto che sotto l'azione d'una sostanza ipnotica siero della verit iniettatagli allo scopo che riveli notizie che altrimenti non rivelerebbe) oppure l'uso di strumenti registranti le manifestazioni somatiche che accompagnano certe attitudini emotive di chi, ad esempio, proferisce menzogne coscienti (delle quali si pu cos avere un'indicazione indiretta); infine ci sono azioni che possono esser immorali a causa del pericolo al quale espongono senza motivo proporzionato : pericolo morale per l'individuo o la comunit, sia circa i beni personali del corpo, della vita, della reputazione, dei costumi, sia circa i beni materiali . Bisogna tener presente il principio morale: il rischio permesso a condizione che sia giustificato da un motivo proporzionato all'importanza dei beni minacciati e all'imminenza del pericolo che incombe su di essi (Pio XII, Disc, ai med., pp. 640-642). 4. Il medico dovrebbe non solo conoscere le discussioni e le relative soluzioni della teologia morale sulle importanti questioni mediche, ma anche saper render conto (a s ed agli altri) delle rette soluzioni morali; e non appellarsi soltanto all'autorit: cos dice la Chiesa . Se si tratta di legge morale naturale, questa esiste prima ancora della Chiesa e del suo magistero. Ad esempio, a tutti noto che l'accelerazione del parto lecita nel caso di difficile gravidanza. Ma perch ed a quali condizioni? Bisogna applicare il principio del duplice effetto (che dev'esser conosciuto bene). Perch l'azione che provoca il parto anticipato non abbia di per s una finalit intrinseca immorale, bisogna che sia almeno probabile 433

la vita del bambino fuori della madre (altrimenti si ha l'espul/ sione del feto immaturo , cio l'aborto); poi siccome a crea un pericolo reale per la vita del bimbo occorre ci sija una causa proporzionatamente grave da parte o del bimbo o della madre; e bisogna usare tutti i mezzi perch sia evitato, pi epe possibile, il pericolo della morte del neonato: bisognerebbe fosse messo subito nell'interno dell'incubatrice, soprattutto per evitare che il corpo si raffreddi (e qui c' un problema pratico: occorre autoambulanza con apparecchiature speciali e con a bordo un medico). Purtroppo si nota, anche in medici religiosi, una debole formazione in materia morale, e specialmente filosofica, ed una mentalit caratteristicamente empirica. Giudicano la moralit o immoralit del loro comportamento solo in base all'intenzione, alla coscienza, oppure agli effetti (a seconda, ad esempio, che il male conseguente un intervento chirurgico maggiore o minore); non considerano la finalit intrinseca dell'azione, la legge obbiettiva: ragionano, per esempio, cos: procurando l'aborto non si intende uccidere il bimbo, ma salvare la madre ; se morissero entrambi sarebbe un male maggiore . Invece, secondo la legge morale, la vita dell'uomo intangibile, ed quindi illecito ogni atto tendente direttamente a distruggerla, sia che tale distruzione venga intesa come fine o soltanto come un mezzo al fine, sia che si tratti di vita embrionale, o nel suo pieno sviluppo, ovvero giunta ormai al suo termine (Pio XII all'U.I.M.B. di S. Luca , 12.XI.44, o.c.y p. 51). Ci sono indicazioni mediche nelle quali la legge civile autorizza l'aborto; dunque sarebbe una responsabilit non servirsi di tale diritto esponendo a pericolo mortale la madre . un'altra giustificazione che si adduce. Per se la legge autorizza, non obbliga. Il medico non tenuto, pu rifiutarsi a ci che la legge di Dio non gli permette. Ed in coscienza pu stare tranquillo in fatto di responsabilit di fronte agli uomini, checch ne dicano. Si domanda dunque una coscienza lucida ed una retta applicazione dei principi morali. Specialmente del principio del duplice effetto e della cooperazione: Se precisava Pio XII alle Assoc. Famiglie numerose , il 26.XI.51 la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta n intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe pi dirsi un diretto attentato alla vita
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Innocente. In queste condizioni l'operazione pu essere lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di aj[to valore, qual la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la^ nascita del bambino, n di ricorrere ad altro efficace rimedio (oic., p. 179). Altro esempio: ci sono medici che stentano a capire che diverso il caso d'una sposa che per curare una malattia prende la pillola che/ sospende l'ovulazione, ed il caso d'una che la prende quando (sia pur su indicazione medica) non desiderabile un altro concepimento troppo vicino al precedente. In questo secondo caso l'uso della pillola direttamente ordinata ad impedire il concepimento e solo indirettamente ad evitare possibili disagi per la salute della madre. Pio XII, parlando ai partecipanti al VII Congr. Intern. di Ematologia il 12.IX.58, aveva fatto una chiara distinzione circa l'uso, da parte d'una donna maritata, di pillole che impediscono l'ovulazione (e quindi la fecondazione): se la donna prende questo medicamento, non in vista d'impedire il concepimento, ma unicamente su consiglio del medico, come un rimedio necessario per una malattia dell'utero : o dell'organismo, essa provoca una sterilizzazione indiretta, che | permessa secondo il principio generale delle azioni a duplice effetto. Ma si provoca una sterilizzazione diretta, e perci illecita, quando ' si arresta l'ovulazione per preservare l'utero, e l'organismo dalle ; conseguenze d'una gravidanza ch'esso non pu sopportare. Alcuni | moralisti pretendono che sia permesso prendere medicamenti in !? questo caso, ma a torto. Bisogna respingere egualmente l'opinione | di molti medici e moralisti, che ne permettono l'uso, quando una I indicazione medica rende indesiderabile un concepimento troppo | vicino, o in altri casi simili...; in questi l'impiego di medicamenti f ha come scopo d'impedire il concepimento impedendo l'ovula| zione; si tratta dunque di sterilizzazione diretta . Considerava poi I il caso di chi usasse di preservativi per arrestare la trasmissione di li un'ereditariet difettosa. E diceva che alcuni vorrebbero giustifiI cario considerandolo come un male minore della procreazione di | bambini tarati. Ma rispondeva che il cristianesimo ha seguito e I continua a seguire una tradizione diversa secondo il principio I morale esposto in modo solenne da Pio XI nella sua enciclica 1 Casti Connubii AAS, 22, 1930, 559-560). Non vale dunque, p diceva Pio XII, appellarsi al principio: licet corrigere defectus W naturae, perch bisogna vedere in qual modo si corregge il difetto I naturale e guardarsi dal violare altri principi di moralit (Disc. w. ai med.t pp. 706-708). Al motivo d'impedire un male maggiore 435

(altrimenti umanamente inevitabile) sar lecito appellarsi per giustificare un'azione non intrinsecamente cattiva la quale pu assumere una moralit diversa cambiando le circostanze. Per esempio, l'uso degli stupefacenti a solo scopo di piacere illecito per il pericolo dell'assuefazione e dei gravi danni conseguenti. Ma l'uso di piccole dosi da parte di chi avesse gi contratto l'abitudine e si sente nell'impossibilit di troncarla da un momento all'altro, va giudicato con comprensione. Potrebbe, anzi, esser dannoso il sottrarre ad un morfinomane all'improvviso e del tutto lo stupefacente. Il medico quindi esaminer prudentemente la dose che opportuno somministrargli procurando, tutto considerato, il minor male del paziente. Ma per il principio morale secondo il quale un fine onesto non giustifica un atto disonesto, ad un medico non lecito suggerire, a chi dubita della propria capacit generativa, di ottenere mediante masturbazione lo sperma da esaminare (come gi dichiar il S. Officio il 2.VIII.1929, AAS, 21, 1929, 490) perch la masturbazione un atto contro natura, cio intrinsecamente cattivo. Altra cosa diceva Pio XII ai partecipanti al Congresso della S.I. di Urologia 8.X.53, o.c, p. 296) se il medico preleva lo sperma dall'organismo in un'altra maniera lecita, nel caso che ci fosse realmente possibile, o se, senza intervenire, egli riceve dall'interessato la materia da esaminare. Egli non responsabile degli atti altrui, mentre l'esame e l'utilizzazione dei suoi dati non sono moralmente reprensibili . I farmacisti dovranno particolarmente tener presenti i principi morali sulla cooperazione. Non loro lecito vendere strumenti o farmaci che servono solo ad impedire la concezione (detti anche preservativi o profilattici) o a procurare l'aborto, neppur se chi li chiede in buona fede, perch, in pratica non c' causa proporzionata giustificante (anche se la vendita una cooperazione solo mediata al male e non un'azione intrinsecamente cattiva). Qualche volta diceva Pio XII ai partecipanti al Convegno Intern. dei Farmacisti Catt. il 2.XI.50 voi dovete lottare contro le richieste, le pressioni e le esigenze di certi clienti che ricorrono a voi per farvi complici dei loro delittuosi disegni. Ma voi sapete che, quando un prodotto per sua natura e nell'intenzione del cliente indubbiamente destinato a un fine colpevole, non importa sotto qual pretesto o quale sollecitazione, non potete accettare di partecipare a questi attentati contro la vita o l'integrit dell'individuo, contro la propagazione o la sanit corporale e mentale del436

l'umanit (Disc, ai mei., p. 140). (In Italia, di fatto, molti farmacisti vendono, anzi mettono a disposizione del pubblico, gli strumenti anticoncezionali, essendo stata, entro certi limiti, abrogata la legge di Pubblica Sicurezza, art. 112, che vietava il commercio dei mezzi rivolti ad impedire la procreazione. Ma, al di sopra della legge civile c' la legge morale naturale). Quando si tratta di farmaci che possono avere anche un uso lecito (per esempio di pillole sterilizzanti) un farmacista coscienzioso li vender solo dietro ricetta del medico (il quale, a sua volta, star alla morale: precetter il farmaco se c' una malattia per la cui cura indicato). In base ai suddetti principi si risponde alla questione se sia lecito somministrare al paziente farmaci antidolorifici, in forti dosi, che possono provocare una qualche accelerazione della morte. Pio XII accenn al problema rispondendo, in un discorso ai medici il 24.11.57, a tre quesiti propostigli sull'analgesia. Distinse (quando il narcotico accorciasse la vita) l'eutanasia diretta (cio la somministrazione d'una sostanza indicata a provocare od affrettare la morte) e l'abbreviamento della vita che non ha con la narcosi un nesso causale diretto ma ne effetto indiretto perch la narcosi usata unicamente per evitare al paziente dolori insopportabili, per esempio nel caso di cancri inoperabili o di malattie inguaribili . In tal caso l'abbreviamento della vita pu esser giustificato da ragione proporzionata se lo stato attuale della scienza diceva il Pontefice non permette di ottenere lo stesso risultato con l'uso di altri mezzi (che non hanno l'effetto d'abbreviare la vita) e se nell'uso del narcotico non si superano i limiti di quello che praticamente necessario {Disc, ai medici, pp. 579-580). Al medico pu esser chiesto di eseguire quanto una persona ha detto o scritto fra le sue ultime volont, intendo dire di praticargli una puntura o qualche altra operazione che assicuri la morte prima della sepoltura. I parenti di chi ha lasciato questa disposizione possono esser turbati ed incerti, oppure chiedere essi stessi questo atto. lecito? Finch probabile che la morte sia solo apparente non permessa tale azione perch tenderebbe a sopprimere una probabile vita. Ma se il medico del tutto certo che la morte avvenuta, non si vede perch sia illecito che il medico pratichi una puntura letale per soddisfare la volont d'un defunto o per tranquillizzare i suoi parenti. Altro principio che il chirurgo applica continuamente e deve 437

saper applicare debitamente il cosiddetto principio della totalit , in virt del quale ogni organo particolare subordinato all'insieme del corpo e deve ad esso sottomettersi in caso di conflitto . Ad esempio certamente possibile che un organo sano, con la sua funzionalit normale, eserciti su di un organo malato un'azione nociva tale da aggravare il male con le sue ripercussioni su tutto il corpo. Pu darsi pure che l'asportazione di un organo sano e l'arresto della sua normale funzionalit tolga al male, al cancro per esempio, il suo terreno di accrescimento, o, in ogni caso, alteri essenzialmente le sue condizioni d'esistenza. Se non si dispone di alcun altro mezzo, l'intervento chirurgico sull'organo sano permesso ih ambedue i casi . Cosi Pio XII ai partecipanti al XXVI Congr. della S. Ital. di Urologia, 8.X.53 (o.c, pp. 289-290). Il Pontefice considerava poi il caso in cui, per complicazioni ginecologiche, si estirpassero alla donna gli ovidotti sani o si rendessero incapaci di funzionare per prevenire una nuova gravidanza e i gravi pericoli che potrebbero forse derivare per la salute o per la vita stessa della madre, pericoli causati da altri organi come i reni, il cuore, i polmoni ma che si aggravano in caso di gravidanza. Ma qui ci si richiamerebbe erratamente al principio della totalit perch il pericolo non proviene dagli ovidotti ma, in definitiva, dalla libera attivit sessuale. Pertanto le condizioni che permettono di disporre d'una parte in favore del tutto, in virt del principio di totalit, mancano (o.c, pp. 290-291). Questi casi (nei quali una nuova gravidanza si presenta pericolosa ma non son permessi n questo n altri mezzi ordinati ad impedire la fecondazione) sono certamente pietosi perch specialmente per sposi giovani possono importare sacrifici anche eroici (d'una continenza periodica o completa). Solo la grazia di Dio pu dar la forza d'una perseverante fedelt alla legge morale. Secondo Pio XII il trapianto d'un organo da uomo (vivo) ad uomo non sarebbe mai lecito perch l'uomo non proprietario indipendente del suo corpo ma solo usufruttuario e deve farne l'uso conforme ai fini della natura. Solo quando fosse necessaria al bene totale del proprio organismo, sarebbe lecita ad una persona la mutilazione d'un suo organo. Il movente della carit non giustificherebbe quindi la donazione d'un organo perch il donatore disporrebbe d'un bene non personale senz'averne il diritto. Si potrebbe addurre la ragione che (similmente alle membra rispetto all'organismo) gli individui possono considerarsi parti e membra di quest'organismo che l'umanit: ma questa ragione 438

Secondo il Pontefice non vale perch fra membra ed organismo d'un individuo c' un'unione fisica e le membra sono talmente assorbite dal tutto da non avere alcuna indipendenza, non esistono che per l'organismo e non hanno altro fine che il suo. Gli uomini invece hanno una unione solo morale fra di loro: c' dunque una differenza essenziale fra questi due tipi d'organismi. N, secondo Pio XII, questa essenziale differenza tolta pel fatto che nella comunit cristiana ogni individuo membro del Corpo Mistico: pur in questa interiore soprannaturale comunione e congiunzione, ogni individuo conserva la propria sussistenza e personalit, ci che non godono le membra d'un corpo fisico che sono unicamente destinate al bene di tutto l'organismo (cfr. Disc, ai partecip. all'VIII Assemblea dell'Ass. Med. Mond. 30.IX.54, o.c, pp. 359-360; Disc. all'Ai. Donatori della Cornea, 14.V.56, o.c, pp. 460-462). Ciononostante possiamo ritenere che la Chiesa non si sia ancora ufficialmente pronunciata sulla questione. E l'opinione dei teologi che ammettono la liceit del trapianto resta (almeno per la loro autorit) probabile (cfr. A. Van Kol, Tb. Mor., Herder, 1968, I, pp. 686-688, con gli scritti, ivi citati, pr e contro ). Giacch si noti bene nessun moralista ritiene permesso un trapianto che sacrifichi l'integrit sostanziale del donatore sopprimendo totalmente un organo od una funzione, ma alcuni non riprovano l'asportazione di un organo gemellare rene, occhio, ovaia appunto perch il donatore rimane ancora con uno e non perde una funzione organica. In pratica, dunque, non si devono inquietare coloro che spontaneamente offrono un organo per salvare altre persone. Anzi, una volta ammessa la liceit del trapianto, bisogna logicamente affermare che chi si sacrifica cosi per il prossimo compie un atto eroico di carit. Naturalmente, all'atto pratico, per giudicare la moralit e convenienza concreta d'un trapianto bisogna attendere a tutte le circostanze: per esempio se lo stesso effetto non si possa ottenere prelevando la cornea, da un morto subito dopo il suo decesso; c' da considerare il danno che il donatore pu subire nella sua vita, attivit, doveri verso altre persone, il risultato prevedibile dell'operazione e lo stato del donatario. Su ci il medico illuminer le due persone interessate di modo che prendano la decisione, sotto ogni aspetto, pi consigliabile. 5. Il medico che conosce sufficientemente la teologia morale, sapr ben distinguere il consiglio dal precetto. L'uso d'un diritto, 439

oppure di certi medicinali, alle volte pu esser sconsigliabile: il che non significa per assolutamente illecito dal punto di vista morale. Occorre pertanto discrezione; e per esser discreti, bisogna sapere qual l'esatta soluzione dei vari problemi. Ad esempio, a fidanzati pu essere sconsigliato un determinato matrimonio (si veda quanto fu detto sopra trattando di questa categoria di penitenti); a certi coniugati pu esser sconsigliato l'uso del matrimonio qualora fossero affetti da gravi malattie contagiose od ereditarie. Per precisava Pio XII ai partecipanti al I Simposio Intern. di Genetica Med. il 7.IX.53 sconsigliare non interdire. Ci possono essere altri motivi, soprattutto morali e di ordine personale che s'impongono fino a tal punto da autorizzare a contrarre e a usare del matrimonio anche nelle circostanze indicate , cio anche chi sicuramente affetto da gravi mah' ereditari. (Disc, ai med., pp. 269-270). Ed in uno dei suoi ultimi discorsi ai medici il 12.IX.58 ritornava sull'argomento e spiegava: Il matrimonio uno dei diritti fondamentali e intangibili della persona umana. Se si stenta talvolta a capire il punto di vista generoso della Chiesa, perch si perde troppo facilmente d'occhio il presupposto che Pio XI esponeva nell'enciclica Casti Connubii sul matrimonio: gli uomini sono generati non anzitutto e soprattutto per questa terra e per la vita temporale, ma per il cielo e l'eternit. Questo principio essenziale sembra estraneo alle preoccupazioni dell'eugenetica. Tuttavia giusto; ed anche il solo pienamente valido. Pio XI affermava ancora, nella stessa enciclica, che non si ha il diritto d'impedire ad alcuno di sposarsi o di usare d'un matrimonio legittimamente contratto, anche quando, a dispetto di tutti i tentativi, la coppia incapace d'avere bambini sani... (AAS, 22, 1930, 564-565). Ed al quesito propostogli: se dopo il matrimonio si constata la presenza del male mediterraneo nei due sposi, lecito sconsigliare la prole? , Pio XII rispondeva: Si pu loro sconsigliare di avere la prole, ma non si pu loro proibire . Ed accennava alla posizione della Chiesa ed ai mezzi leciti che essa pu suggerire (quando si sconsigli la prole): continenza perfetta, metodo Ogino-Knaus, adozione d'un bambino {Disc, ai med., pp. 711-712). Difatti (come dicevo) sconsigliare la prole non pu significare l'approvazione ed il suggerimento di mezzi che obbiettivamente violano l'ordine della natura. Un altro campo nel quale bisogna chiaramente distinguere ci che lecito e ci che sarebbe, in certi casi, il meglio consigliabile, quello dei farmaci antidolorifici (usati o somministrati). Non 440

c' dubbio, pi perfetto sopportare generosamente il dolore, ma non illecito il lenirlo e, se ci sono motivi (per esempio, di lavoro) pu essere necessario e consigliabile. Per chi in fin di vita , per s, pi perfetto prolungare il tempo utile all'acquisto dei meriti senza ricorrere a sedativi che indirettamente provochino una qualche accelerazione della morte. Per ci non illecito. E (se c' causa proporzionata) non proibito usare sostanze che comportino la perdita momentanea dell'uso della ragione (come comunemente avviene per le operazioni chirurgiche dolorose). Discutono se ci sia lecito nel caso d'un moribondo che si prevede non ricuperer pi l'uso della ragione. Ora, se la sua anima unita a Dio, non consta che gli sia assolutamente proibito lenire il dolore con la perdita forse definitiva della coscienza. Difatti non siamo |: tenuti ad acquistare il massimo possibile di meriti. Tanto pi che i dolori atroci possono diventare anche una prova pericolosa ed \ una tentazione. Il Signore destinandoci ai dolori di questa vita | non ha affatto inteso di proibirci l'uso dei mezzi atti a lenirli. fAd Eva disse che avrebbe partorito nel dolore (Gen. 3, 16), ad Adamo che con il sudore della sua faccia avrebbe mangiato pane l: (Gen. 3, 19): preannunci quindi la sofferenza come un destino | della natura umana decaduta; ma Dio non intendeva, con questo, I proibire i mezzi per ridurre la fatica ed alleviare il dolore. Il I medico, da parte sua, se veramente cristiano, oltre che coscienI zioso, penser (prima di somministrare una narcosi che pu impe1 dire al malato di riprender conoscenza prima della morte) ad I invitarlo egli stesso o meglio ancora per mezzo di altri, a comI piere prima i suoi doveri . Comunque, se il malato persiste nel l chiedere la narcosi per cui esistano seri motivi, il medico pu I consentirvi perch non si tratta di azione intrinsecamente cattiva, | che tenda direttamente ad abbreviare la vita (cfr. Pio XII ai I partecipanti al Simposio di anestesiologia, 24.11.57, Disc, ai Med., pp. 578-79). Il medico sapr dunque dire la sua parola di consil gHo, secondo i singoli casi, mostrandosi per consapevole che il consiglio riguardante ci che meglio, non , per s, obbligatorio; , talora ma non sempre preferibile a ci che strettamente i lecito. Perci user sempre discrezione e delicatezza tenendo presente cosa ovvia in astratto ma non sempre ricordata di fatto che non tutti i pazienti hanno la stessa forza d'animo, lo stesso coraggio, le stesse energie psichiche. Ad esempio, nel parto ordi. nario sarebbe meglio che la madre rinunciasse ad ogni anestesia, anche locale: meglio dal punto di vista sia igienico, sia ascetico. 'i 441

In tal senso una benevola parola di incoraggiamento sar sempre utile perch nella donna partoriente, talora, pi che il dolore, c' la paura: e la paura ingrandisce il dolore. Ci sono per soggetti molto sensibili, emotivi, nervosi, eccessivamente impressionabili, donne che hanno la fobia del parto: in tali casi, concretamente, pu esser meglio l'uso della narcosi (purch ci sia il controllo del medico). Dal punto di vista tecnico ed igienico si preferisce riservare l'anestesia generale (con perdita della coscienza) solo ai parti operativi. Ma dal punto di vista morale pare che i teologi siano larghi: una forte maggioranza la ritiene lecita anche nel parto normale purch il medico sia favorevole e vigili su ogni eventuale effetto dannoso. Dico lecita; non dico consigliabile. Anche circa l'uso di certi mezzi che possono essere utili alla guarigione di un malato, bisogna distinguere quello che obbligatorio e quello che consigliabile. Sta il principio morale che sia per noi sia nei riguardi degli altri ai quali carit ci lega siamo obbligati ad usare solo i mezzi ordinari per la guarigione, non quelli straordinari (fra i quali rientrano, in genere, gli interventi chirurgici). Il medico non dimenticher questo principio quando indicher cure, operazioni, medicinali. Eviter ogni indiscrezione: altro proporre e suggerire, altro imporre e farne un obbligo di coscienza. C' poi qualcuno che ha sempre lo scrupolo di non aver fatto abbastanza per tentare la salvezza d'un familiare ammalato. Bisogna tranquillizzarlo e liberarlo da questo irrazionale senso di obbligo e di colpa. IV. La religione nella professione del medico cattolico 1. Quando un malato in pericolo di morte il medico cattolico sapr darne avviso discreto a qualcuno (o al malato stesso o, se prudenza vuole, a qualche altro che possa interessarsi e provvedere con tatto) in modo che non sia privato dei sacramenti chi potrebbe riceverli. In certi casi difficili anzi, abitualmente quando il malato in pericolo, il medico preoccupato della salute delle anime oltre che dei corpi, sentir naturalmente il bisogno di consultarsi e collaborare col sacerdote. 2. Lui stesso pu esser chiamato ad amministrare il sacramento che fa cristiani ed apre alle anime le porte dell'eterna beatitudine: il battesimo. Deve saper non solo far battezzare ma, se necessario, prestarsi anche come ministro, al pari d'ogni altro cristiano (anzi, d'ogni altro uomo perch ognuno amministra validamente il battesimo purch intenda fare ci che fa la 442

Chiesa, versi l'acqua sul capo o sulla fronte e pronunci le parole della formula: io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ). L'opera del medico, come ministro del sacramento, pu esser richiesta, specialmente in certi casi difficili. Ad esempio, quando, per grande difficolt del parto, ci fosse grave pericolo che il bimbo muoia per asfissia, il medico pu e dev'esser esperto a praticare il battesimo intrauterino (battesimo che, se il bimbo dovesse nascere vivo, sarebbe d# ripetere sotto condizione) (CJC, e. 746, 5). V. Rettitudine e seriet 1. Il medico eviter ogni preferenza, ogni cedimento per motivi di guadagno o di simpatia di fronte all'illecito. A tutti le stesse cure e lo stesso servizio, la stessa cordialit e disponibilit: n sgarbate asprezze n pericolose debolezze. Si trova perci nella necessit continua di controllare i suoi affetti ed istinti. L'esercizio della sua professione pu offrirgli continue occasioni di peccato se manca l'amore soprannaturale del prossimo e la preoccupazione di ridonargli generosamente salute e felicit. 2. Esperienza insegna che anche nel personale di servizio in ospedale od in ambulatorio privato frequentissimo, per non dire fatale, che il medico trovi tentazioni, non sempre facilmente superabili. Alle volte si cede e Io scandalo diventa pubblico. Altre volte una relazione si conclude col matrimonio (non sempre felice se i due sono di condizione, cultura, educazione completamente diversa). 3. Dovere del segreto professionale (sia per i medici che per i farmacisti). Purtroppo alcuni, pur ottimi e religiosi, si permettono (per semplice loquacit e senza nessuna ragione giustificante) allusioni ai propri malati od alle loro malattie (cosa che il cliente non intenderebbe affatto permettere, sia che il medico manifesti reali e serie malattie, sia che, scherzando, le giudichi malattie immaginarie). Si noti, osservava Pio XII parlando all'U.I. Med. Biol. S. Luca , il 12.IX.44, che il segreto professionale deve servire e serve non solo all'interesse privato, ma pi ancora al comune vantaggio. Anche in questo campo possono sorgere conflitti fra il bene privato ed il pubblico, ovvero fra i diversi elementi e aspetti dello stesso bene pubblico; conflitti nei quali pu riuscire talora estremamente difficile di misurare e pesare giustamente il pr e il contro fra le ragioni di parlare e di tacere . 443

Le norme etiche in proposito affermano nettamente, soprattutto all'interesse del bene comune, l'obbligo del medico di mantenere il segreto professionale, non riconoscono per ad esso un valore assoluto; non sarebbe infatti confacente allo stesso bene comune, se quel segreto dovesse essere posto al servizio del delitto o della frode (Disc, ai med., p. 53). 4. Al malato, il medico dovr dire la verit sul suo male, se interrogato? Per esser esatti ed anche positivi, penso che non debba farsi scrupolo pel fatto che le sue parole, prese alla lettera, nascondono quel che pensa o addirittura significano il contrario. Tutti sanno che simili risposte, considerate situazionalmente (cio proferite da un medico) possono esser prese come restrizioni mentali. Si pu chiedersi piuttosto se il malato abbia diritto di conoscere la verit (e tutti i moralisti dicono che se una persona ha diritto di conoscere la verit non si pu fargli credere il contrario). Ora, astrattamente si: il malato, ricorrendo al medico, anzitutto lo fa per sapere il suo male; questo dunque implicito in quella specie di contratto che si stipula fra professionista e cliente. Per, in concreto, il dovere di soddisfare un diritto suppone sempre che la domanda sia ragionevole: quindi se la conoscenza della verit fosse dannosa all'interessato, non ci sarebbe dovere di manifestargliela. Anzi, ci sono dei casi, diceva Pio XII nel discorso citato, nei quali il medico non pu manifestare crudamente tutta la verit, specialmente quando sa che il malato non avrebbe la frza di sopportarla (Disc, ai med., p. 53). Per il medico cristiano pensa anche al bene spirituale del malato. Se questi fosse cullato in una sicurezza illusoria, quando non c' pi speranza, potrebbe rimandare (fino ad omettere) la sua doverosa preparazione alla morte (o.c, p. 53). 5. Problema particolarmente delicato: la concordata astensione dei sanitari dal lavoro, come protesta per le disagiate condizioni materiali ed il turbamento psicologico a cui la classe medica specie le giovani leve si trova esposta. Da una parte la Costituzione italiana concede ai professionisti il diritto di ricorrere allo sciopero come a strumento per sostenere le proprie giuste rivendicazioni, dall'altra parte la Costituzione medesima riconosce ad ogni cittadino il diritto alla salute garantendogli ogni mezzo idoneo alla sua salvaguardia. Non c' dubbio che l'astensione dal lavoro da parte del medico comporta sfavorevoli impressioni e ripercussioni nel malato, sul piano fisico e psicolo444

gico: il medico ha una missione la quale deve ispirare senza riserve la sua attivit e collocarla ad un livello non paragonabile a quello d'un qualsiasi prestatore d'opera. D'altro canto, se c' una carenza legislativa ed un'inefficienza da parte di chi responsabile in sede governativa, anche questo va lamentato e denunziato. Ma bisognerebbe prevenire mediante altri strumenti offerti dalla legge il ricorso ai mezzi estremi di lotta che sono dannosi all'ordine ed al benessere della comunit. VI. Razionale tenore di vita 1. Alcuni medici sono talmente presi dalla loro attivit professionale da non trovar pi il tempo per la vita di famiglia. Bisognerebbe conciliare l'una con l'altra. Il lavoro non deve eccedere fino a dover sacrificare i pasti ed il riposo necessari. Altrimenti, un po' alla volta, verrebbe minacciato anche il buon umore, la serenit del professionista nell'esercizio della sua attivit; con danno proprio e degli altri. 2. Per esser sempre disponibile e per dare l'esempio di quanto raccomanda agli altri, il medico eviter ogni altro eccesso, per esempio nel mangiare e nel bere. Purtroppo anche fra i sanitari si trova qualche padre Zappata che predica bene e razzola male. Ci sembrerebbe impossibile se non sapessimo anche che, in certi casi, sono tanto complesse le situazioni e molteplici le scusanti.

19. Giuristi Anche l'etica professionale del giurista presenta una tematica abbondante e sempre ricorrente. Possono sorgere questioni e casi sui quali il confessore sia chiamato a dire una parola, se non altro di orientamento. Mi limiter a qualche cenno richiamando i principi e la prudenza necessari ad un'applicazione dei principi che tenga conto di tutte le circostanze. 1. Sulla necessit dello studio continuo e della diligenza richiesta sarebbe, press'a poco, da ripetere quanto stato detto per il sacerdote che voglia esercitare fruttuosamente il ministero della Confessione, come giudice, maestro, padre, medico, amico, consigliere. 445

2. Per l'avvocato civilista o penalista c' il pericolo di sovraccaricarsi di pratiche (per una certa naturale tendenza all'arrivismo ed alla concorrenza). Ci costituisce un'insidia alla diligenza nel lavoro, pu compromettere l'esito delle pratiche stesse (oltre che la salute fisica del legale). Egli deve mettersi nella disposizione di attendere ad ogni pratica come se fosse l'unica e l'ultima, in modo da concentrarvi con calma tutte le sue energie intellettuali e fisiche. Appena s'insinua l'ansia e la tensione perch sente d'esser impari agli impegni assunti, bisogna porvi rimedio: indirizzare i clienti ad altri colleghi o chiedere la loro collaborazione. 3. Cerchi di prestarsi, per tutti coloro che a lui si rivolgono, con eguale premura, cortesia, giustizia, equit. 4. Sia pur per una certa leggerezza, e non per malizia, si danno professionisti che mancano al segreto d'ufficio. Nessun obbligo c' invece se da parte del cliente che si confida evidente la frode e l'intento di danneggiare o tradire un terzo innocente. 5. Non sempre il legale tenuto a dire tutta la verit, n pu farlo. Penso che la situazione stessa e la sua professione d'avvocato fanno rientrare certe sue risposte e dichiarazioni fra le lecite restrizioni mentali (press'a poco come pu negare di sapere una notizia chi l'ha ricevuta sotto forma di segreto: non la sa si sottintende di scienza comunicabile). Il confessore pu sempre suggerire la regola generale: comportarsi come fanno gli altri onesti professionisti. 6. Inutile dire che il reo pu sempre, per diritto naturale, negare d'aver commesso il delitto (anche in tal caso si ha una restrizione mentale giustificata dalla sua stessa condizione di imputato). Ed altrettanto pu fare l'avvocato che parla in nome dell'imputato e lo difende in un processo penale. Ci sarebbe lecito anche se venisse cosi accusato un terzo innocente. Purch per il suo danno sia solo indiretto ed accidentalmente occasionato. Non possono il reo (ed il suo avvocato) accusare direttamente un incolpevole per salvare il colpevole. L'avvocato civilista poi, se ha il culto della giustizia, rifiuter una causa apertamente ingiusta, il patrocinio d'una rivendicazione evidentemente infondata. E quando si tratti di liti nelle quali ci sono ragioni a favore d'una parte e ragioni a favore dell'altra, dir sinceramente al cliente il suo parere sull'esito della controversia. Di massima, suggerir (e dar il suo aiuto per ottenere) una equa 446

composizione piuttosto che una causa di dubbio risultato. I procedimenti legali possono esser dannosi ad entrambe le parti contendenti. A parte gli strascichi sul piano spirituale: rotture, odi, contrasti infiniti. In questo senso saggio il proverbio: meglio una magra composizione che una grassa sentenza . 7. L'avvocato deve vivere la sua professione con un certo senso di ottimismo (altrimenti la vita diventerebbe impossibile, \ come, del resto, per tante altre professioni delicate). Da una parte \ non pu essere uno spregiudicato che usa cinicamente tutti i mezzi pur di arrivare al fine, come purtroppo talora ci si permette: dietro lauto compenso si possono ottenere perizie false e testimonianze false e cosi procurare la sentenza desiderata. Un legale coscienzioso non pu, neppure appellandosi ad un'eventuale legge civile, patrocinare una causa che sa essere, per diritto naturale, apertamente ingiusta o disonesta. D'altra parte non deve immaginare e temere che per esercitare con successo la sua professione sia necessario rinunciare alla propria onest. La sua professione non intrinsecamente disonesta e non lo obbliga ad agire disonestamente. Egli deve saper superare i dannosi conflitti psicologici: conservare la disposizione fondamentale alla probit ed alla lealt ed, insieme, usare tutti gli accorgimenti, ed anche le sottigliezze, utili agli interessi del proprio cliente; egli sapr pure lucidamente distinguere ci che giudicato normale e lecito nella sua professione (ad esempio certe convenzionali risposte con cui ha diritto di nascondere la verit) da ci che non giustificato dalla professione stessa, ma oggetto di una sua libera scelta (per esempio il patrocinare la causa d'un divorzista). E se una risposta (per nascondere la verit) pu essere ritenuta una lecita restrizione mentale, si potr pure se siamo logici e coerenti confermarla col giuramento, qualora questo fosse richiesto. Si applica il principio del duplice effetto. La rettitudine, dunque, raccomandata all'avvocato. Ma egli deve anche disprezzare lo scrupolo e la perplessit, vincendo la tendenza all'indecisione. Deve esser preparato a constatare anche qualche suo sbaglio (che capita ad ogni professionista) senza cadere nella sfiducia e nella depressione. Un passo sbagliato, deve invece trasformarsi in motivo d'umilt ed in fonte d'esperienza per l'avvenire e (se il caso) in propositi di maggior ponderazione e diligenza. Bisogna vincere quel senso di pessimismo che pu subentrare quando, dopo tanta fatica di ricerche, si vede le proprie conclusioni smentite dai fatti (infelicemente ignorati o sottovalutati). Ogni avvocato si terr preparato
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ad accettare la propria vita professionale come un'alternativa di vittorie e di sconfitte. Di fronte alla sentenza definitiva del magistrato che proclama la verit (per quanto dolorosa) all'avvocato non resta che accettarla a farla accettare dal suo cliente: soprattutto egli l'uomo della verit (anche se, nel processo penale, gli sempre concesso difendere l'imputato). 8. A risolvere certe situazioni, tranquillizzare la sua coscienza e certificare le sue decisioni e prestazioni, il legale dovr applicare spesso il principio del duplice effetto. L'azione, per sua intrinseca finalit, non deve esser direttamente ordinata al male (n come a fine n come a mezzo); l'intenzione del soggetto dev'esser retta e ci deve esser una causa proporzionata per permetter l'effetto cattivo. Questo principio, ben conosciuto e rettamente applicato, conforter certe coscienze sensibili e delicate di professionisti. impossibile che dall'attivit, anche onesta e giustificatissima, sia sempre esclusa la conseguenza indiretta di qualche effetto spiacevole ed indesiderato. E questo principio sembra particolarmente interessante la professione del giurista nel suo molteplice esercizio: accettazione di certe cause (con il pericolo e la conseguenza che qualche innocente venga danneggiato se l'avvocato riesce a difendere efficacemente l'imputato), atti e dichiarazioni notarili, sentenze giudiziali... All'atto pratico, solo la prudenza del professionista unita alla sua rettitudine, giudicher se esiste o no la ragione proporzionata per porre un'azione che ha anche un effetto cattivo; e la delicatezza di coscienza suggerir pure (a parte ci che strettamente lecito od illecito) anche quello che il meglio secondo l'ideale della perfezione cristiana. 9. Nei consigli e nell'aiuto che d ai suoi clienti in materia di giustizia, il legale distinguer bene la stretta giustizia commutativa (la quale regola i rapporti fra persona e persona) e la giustizia legale o sociale. Quindi allorch si tratter di sfuggire (senza usare mezzi illeciti) ad una pena per un reato, o ad una multa, di cercare, nelle notifiche, una riduzione d'oneri fiscali e di tasse (spesso enormi) egli potr cooperare col suo cliente usando le solite astuzie e restrizioni mentali. Se alle prime armi, un legale potr, quando incerto, ricorrere al criterio pratico di conformarsi alla prassi di colleghi pi anziani, esperti, onesti, religiosi. Lo potr tranquillizzare anche il pensiero che lo Stato ha i mezzi di ottenere, in un modo o nell'altro, dai cittadini le prestazioni richieste od equamente dovute.
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10. Ma un legale trova pure nella sua professione l'occasione per confermare o suggerire in modo positivo (anche se delicato) a chi si confida o chiede consiglio certi valori morali forse dimenticati. Si pensi a certi atti come i testamenti ed i contratti (che rientrano nelle specifiche mansioni del notariato). \ 11. Gli uomini della magistratura e della polizia giudiziaria, quanto pi saranno retti e sensibili, tanto pi avranno a soffrire perch saranno come lacerati da un inevitabile conflitto: da una. parte devono conformarsi alla legge e giudicare in base alle prove, dall'altra non possono ignorare quanto misteriosa sia la responsabilit del singolo: solo Dio la conosce. Certo la necessit di colpire con qualche punizione i trasgressori dell'ordine, se non altro in vista del bene comune, compatibile colla disposizione a vedere in ogni giudicabile un fratello infelice che, forse per ignoranza e debolezza, si lasciato travolgere dalla passione o trascinare al male, ed ha bisogno di comprensione, compassione ed aiuto per risollevarsi e redimersi. Bisogna evitare sia quella severit di giudizio interiore che si esprime nell'implacabile condanna e non vede che la colpa senza attenuanti, sia quel fatalismo morale che discolpa ogni reo come un tarato, o, quanto meno, un essere che determinato nel suo volere dalla sua stessa struttura fisiologica. 12. necessario che l'uomo di legge tenga sempre vivo l'ideale che lo ha spinto a scegliere questa professione. Qualora il motivo della sua attivit diventasse solo l'interesse personale, egli degraderebbe la professione e non vi troverebbe pi le pure soddisfazioni dello spirito. Deve vederla come una missione a servizio dell'umanit sofferente. Tante persone battono alla porta del suo studio pallide, perplesse, tremanti. Per tutte egli pu trovare la parola che ridona la fiducia. Implicitamente egli promuover il bene comune, il trionfo della giustizia; per indiscussa, sotto un certo aspetto, la priorit di rispetto per la persona singola. Ci vale pel giurista come pel sacerdote al quale il giurista viene immediatamente dopo (cfr. G. Pasquariello, Principi di etica nelle professioni giuridiche, Roma, 1943, p. 71). 13. Nonostante l'apparenza, fra gli uomini di legge c' meno rivalit e pi simpatici rapporti che fra i colleghi di qualche altra professione, come quella medica. Il giovane legale deve formare in s una disposizione psicologica piuttosto particolare nei confronti dei suoi colleghi: a scontri vivaci, ad arringhe dal tono ag449

gressivo devono subentrare, con naturalezza abituale, gli incontri sul piano dell'amicizia umana improntati ad una superiore cordialit. Si pu esser insieme e contraddittori ed amici e collaboratori (Pasquariello, o.c, p. 74). 14. Per quanto riguarda in particolare il giudice esiste la classica questione se egli debba sempre agire secundum acta et probata oppure, in qualche caso, secondo il suo personale convincimento. Bisogna distinguere tra cause civili e cause penali. Nelle cause civili, quando si tratta di dimostrare dei fatti (sui quali fondare un diritto) questi esigono delle prove. E la legge pu stabilire che qualche prova, anche se valida, come la testimonianza di parenti dell'interessato, non serva (affinch, in ordine al bene comune, sia esclusa ogni possibile parzialit). Quando il dubbio riguardasse il diritto, in un determinato caso, ed entrambe le parti avessero press'a poco uguale probabilit a loro favore, consigliabile che il giudice le inviti a venire ad una pacifica composizione: ci sar minor responsabilit per lui e pi vantaggio per entrambe le parti, sotto ogni riguardo. Se per non accettassero l'intesa amichevole ma preferissero la sentenza che dirima la controversia, allora il giudice la pu proferire secondo la libert concessagli dal diritto naturale e da quello civile. Si pronuncer naturalmente a favore della parte che ha titoli pi probabili di diritto. Cosi pure in una controversia circa il diritto di propriet su una cosa, applicher il principio la presunzione sta per chi la possiede di fatto , a meno che l'altro non presenti ragioni notevolmente pi forti, perch allora la soluzione del caso non del tutto chiara. In una causa penale evidente che il giudice non pu condannare chi solo per scienza privata sa esser reo ma non perch risultato tale per dimostrazione basata sulle prove richieste. E se per scienza privata sapesse esser innocente chi stesse per esser condannato in base a fatti che sembrano costituire un complesso di indizi evidenti e sono invece dovuti a pura combinazione casuale, ed in base a testimonianze reali ma non vere, non sincere? In tale caso si avrebbero delle prove che figurano valide ma in realt non lo sono per un qualche errore o insincerit sempre possibile fra gli uomini. Ora, sul comportamento doveroso del giudice si discute fra i teorici del diritto. C' chi, in linea di massima, propende per la sentenza giudiziale corrispondente alle prove (perch sia scongiurato ogni pericolo d'illusioni a cui esposto il libero convincimento). Ad altri la condanna d'un inno450

cente pare assolutamente contraria al diritto della persona e quindi intrinsecamente cattiva. Data la discussione, al giudice lasciata una zona di libert. evidente per che egli user tutti i mezzi per salvare l'innocente quando il suo convincimento fondato, sicuro, deciso. Non sempre per pu agire liberamente (quando, ad esempio, il giudizio spettasse anche ai giurati); se il giudizio fosse collegiale cercher il mezzo pi efficace per ottenere aie l'innocente sia salvo. Se non gli data la possibilit di salvarlo procurer almeno che gli sia inflitta la minor pena. 15. Fondamentale dovere del giudice l'imparzialit e l'indipendenza da ogni influsso politico poich egli soggetto soltanto alla legge (Costituzione Ital., art. 101). Non sono mancati i magistrati capaci di barattare la loro indipendenza con un tornaconto personale; come, del resto, non son mancati quelli che non si sono piegati di fronte a nessuna intimidazione ed hanno difeso fino in fondo la loro libert di giudizio (cfr. M. D'Addio, Politica e Magistratura, Milano, 1966, doc. n. 24).

20. Commercianti Se con questo termine s'intende tutti coloro che hanno parte in qualche contratto cio tutto il mondo degli affari la materia vastissima e le applicazioni (coi relativi casi morali) senza numero. Oltre al commerciante si dovr poi trattare del commercialista che il dottore in materia commerciale, il quale presta la sua consulenza e la sua opera per aiutare i clienti a risolvere difficolt o far valere diritti, stipulare contratti nel modo pi vantaggioso (ma anzitutto con onest). In questo immenso campo di problematica morale e di casistica bisogner limitarsi a qualche cenno sui doveri circa i quali il professionista in materia di commercio dovr interrogarsi. Ma, se vorr riflettere con serenit e sincerit sulle sue azioni, in genere tolto qualche caso difficile o dubbio avr chiaro il senso del lecito e dell'illecito. I teologi medioevali davano un giudizio piuttosto negativo sull'attivit commerciale sotto il profilo morale (cfr. s. Tommaso, II-II, q. 77, a. 4). Oggi tutti la ritengono utile e necessaria. Come l'attivit dei produttori, cosi quella dei rivenditori e dei commercianti, rientrano nella divisione delle professioni disposte dalla 451

Provvidenza e servono a render pi ordinata, spedita e sicura la prassi delle contrattazioni e degli scambi, contro i rischi o le immobilizzazioni a cui kT smercio dei prodotti potrebbe andar incontro. Quindi la professione dei commercianti una professione d'alto valore morale diceva Pio XII il 5.IX.53 ai partecipanti al XXVII Corso economico della Societ Internazionale per l'insegnamento commerciale (Disc, e Radiom., Ed. Vat., XV, p. 275); una professione che rende un vero servizio > ai clienti. Una professione pertanto onorevole, degna di rispetto e soprannaturalmente meritoria se si sa vederla nella sua alta finalit di servizio sociale e non solo come un mezzo di lucro. Certo non sar facile per il commerciante che non abbia una profonda vita interiore, avere questa visione superiore della propria professione poich il mondo del commercio quanto mai dissipante, tutto dominato dalla pubblicit e dall'esteriorit che non favoriscono certo le calme riflessioni ed elevazioni dello spirito. S'aggiunga (pi che in qualche altra professione) l'occasione (talora facile) di forti guadagni, e quindi il miraggio, la brama, la tensione per realizzarli. Sar necessario uscire, ogni tanto, dal frastuono e dal vortice del mondo degli affari, sospendere la giostra dei numeri, delle macchine e delle calcolatrici per ricuperare o ravvivare il senso d'altre realt che corrono il rischio d'esser dimenticate per sempre. Ma, oltre ad esser dissipante per lo spirito, di fatto la professione del commerciante si presta quanto mai, sul piano della giustizia, alle frodi, di brogli, agli inganni, alle irregolarit. E su questa realt pratica diamo atto ai moralisti medioevali. Ma questi sono disordini che provengono dal cattivo esercizio che gli uomini fanno del commercio e non da un'intrinseca immoralit della stessa attivit commerciale. Perci il commerciante deve formarsi una coscienza sicura in modo da distinguere nettamente il lecito dall'illecito. Senza ignorare che certi comportamenti possono non costituire un reato per violazione della stretta giustizia commutativa o della legge ma non esser conformi alla carit ed ai postulati della giustizia sociale (perch, oltre al rapporto giuridico privato che intercorre fra persona e persona c' anche il bene comune da considerare). Formarsi una coscienza sicura e non avere (come certuni dicono) la persuasione (forse subconscia) che, per esercitare efficacemente il commercio, bisogna liberarsi dagli scrupoli morali. No. Bisogna avere l'esatta percezione di ci che certamente immorale e di ci che pu esserlo solo apparentemente. Certe dichiarazioni e risposte (con cui, per esempio, si nascondono 452

i difetti della merce) vanno giudicate situazionalmente. Proferite fra commercianti, sensali, mercanti, possono aver l'apparenza della frode, per un linguaggio reciprocamente capito e non creduto; proferite di fronte ad un semplice, ingenuo, ignorante, ad un ragazzo cio a chi non del mestiere e ripone nel commerciante tutta la sua fiducia possono essere un vero inganno. Lo terr presente anche chi, ad esempio un banchiere o un finanziere, consiglia una persona che desidera e chiede di fare un buon investimento di danaro. Altro esempio: un commerciante, in base ai principi etici, sapr giudicare che altra la valutazione morale sull'operato di un editore che lancia sul mercato stampa nociva, ed altra quella d'un semplice operaio di tipografia. I principi da applicarsi sono quelli della cooperazione e del duplice effetto. I. Dopo quanto ho premesso circa la moralit della professione del commerciante, richiamo alcune norme orientative generali, sia pel penitente sia pel confessore che dovesse consigliarlo in questa materia. 1. Bisogna attendere non solo alle esigenze del diritto morale naturale, ma anche alla legge civile. La quale, quando, in materia di giustizia commutativa, conferma od applica in modo determinato ed al caso concreto lo stesso diritto naturale, allora obbliga sostanzialmente in coscienza, anche prima della sentenza del giudice. Se invece la legge civile restringesse il diritto naturale (ad esempio ritenendo invalido, per mancanza d'una pura formalit, un contratto che, per s, certamente valido secondo il diritto naturale), allora l'obbligo (giustificato da un motivo di bene comune e d'ordine pubblico) ci sarebbe solo dopo la sentenza del giudice. E se la parte che ha il favore della legge intendesse agire per far valere il suo diritto, ovvia la convenienza che l'altra parte eviti un procedimento giudiziario il cui esito scontato. 2. Il confessore cercher d'avere una sufficiente conoscenza del diritto civile, quale un tempo era fornita dalla scuola di teologia morale. Oggi l'importante trattato sui contratti da parte di molti docenti disinvoltamente si ignora e si omette. Ma qualche conoscenza del codice civile servir al confessore se non altro perch dubiti sulla soluzione di qualche caso difficile che gli presentato e non dia risposte affrettate ed errate per ignoranza e con leggerezza. Non si arrogher tuttavia il compito di consulente legale. Se la soluzione del caso non chiarissima e sempli453

rissima, sempre bene, per la parte giuridica, consigliare l'interessato a rivolgersi ad un perito in diritto o commercio. 3. Per la parte morale, in certi casi, bisogna pure andar adagio a pronunciarsi, sia perch qualche volta la situazione complessa (e non si pu, li per li, esaminare e pesare tutti gli aspetti e le circostanze) sia perch bisognerebbe sentire anche l'altra campana. Perci il confessore, se non si sentisse di dare, sul momento, una risposta sicura, pu intanto assolvere il penitente che disposto a fare quanto, in base alla legge, il confessore gli dichiarer doveroso. 4. In genere e specialmente nei casi intricati o dubbi conviene che, sia il confessore, sia il legale, sia il consulente commercialista, cerchino di persuadere l'amichevole composizione fra le due parti in contesa. Per tante ragioni. Cosi, quando si tratta di risolvere certi dissesti finanziari e fallimenti, si tenter la via conciliativa. 5. Con chi vanta certi diritti non ovvi, il confessore sia cauto nell'affermare stretti obblighi di giustizia dell'altra parte, e tanto meno nel permettere occulte compensazioni. Ad esempio, a proposito di donazioni, bisogna distinguer bene il proposito dalla promessa. Il proposito (anche se espresso) non vincola la libert, non induce nessun obbligo e si pu sempre mutare. La semplice promessa, in s, astrattamente considerata, induce solo un obbligo in virt della fedelt, un obbligo leggero. Potrebbe indurre un obbligo di giustizia (e nell'altra parte un diritto ed allora indurrebbe un vero contratto unilaterale) ma ci non si presume pel solo fatto che uno promette qualcosa: occorrono particolari circostanze che accertino l'intenzione del promettente d'obbligarsi per giustizia, come sarebbe una dichiarazione fatta con speciale solennit per iscritto od alla presenza di testimoni. Potrebbe obbligare per giustizia una promessa rimuneratoria fatta ad una persona, ad esempio, per lavori straordinari non sufficientemente retribuiti. Ma anche in tali casi il confessore consigli che chi vanta diritti (perch crede di non esser stato sufficientemente compensato) avanzi le sue richieste con garbo e pacificamente. Le occulte compensazioni, poi, sono sempre pericolose. II. Obblighi particolari riguardanti la professione del commerciante. 1. S. Alfonso {Pratica del Conf., n. 55) propone come primo punto su cui il negoziante dovr interrogarsi la questione: se 454

ha imbrogliato nel peso e nella misura . Difatti questo sarebbe i un grave abuso, una prassi che i compratori mai presumono, che ripugna, che rende odioso il venditore. / 2. Nel contratto di compra-vendita c' poi la questione spinosa dei difetti, o vizi, della merce. Se sono sostanziali come quando la materia fosse completamente diversa da quella richiesta, oppure nociva od inutile all'uso a cui destinata od al fine manifestato dal compratore allora il contratto sarebbe per diritto naturale nullo e per diritto civile (CCI, aa. 1490-1495) rescindibile. Pu essere che i difetti, anche se non proprio sostanziali, siano tali da diminuire notevolmente il valore e quindi il giusto prezzo della cosa: il venditore ha allora il dovere di manifestarli, almeno se interrogato e se sono occulti e non facilmente riconoscibili, pena il diritto del compratore alla rescissione del contratto (secondo il diritto naturale e secondo il diritto civile italiano). Questo in linea di stretto diritto rivendicabile dal compratore. Ma un venditore onesto cerca di comporre in modo equo, gli interessi propri e quelli del compratore, specie quando questi fosse un ingenuo, un ignorante in materia di contratti, un ragazzo mandato dai genitori o dal padrone, un compratore che dichiara di affidarsi alla lealt del venditore. 3. Altra questione interessante venditori e rivenditori quella del prezzo giusto. S. Alfonso la poneva come secondo punto su cui un negoziante deve interrogarsi: se ha venduto pi del prezzo supremo, specialmente nel dar la roba a credenza (ad creditum), quando le persone erano sicure e non v'era suo danno (Pratica del Conf., 55). Oggi per si ritiene lecito il vendere a maggior prezzo la merce quando si concorda di dilazionare il pagamento, perch questa dilazione un mutuo (implicito) dal quale lecito ottenere un lucro moderato che non pu quindi esser qualificato come usura propriamente detta, cio illecita. Il discorso sul giusto prezzo sarebbe lungo ed altrettanto attuale. da premettere che, anche se la legge civile (CCI, a. 1474) permette nelle contrattazioni la libert di prezzo (salva la facolt di rescissione da parte di chi vittima di violenza o dolo, aa. 1434; 1439), non per questo si deve ritenersi liberi dalle esigenze della, legge morale naturale. Per certi generi o determinate prestazioni (dai medici ai tassisti) od in particolari tempi d'emergenza, c', in qualche paese, il prezzo legale . Dal momento che il legislatore si decide a non lasciare la determinazione del prezzo all'arbitrio 455

dei privati, si deve presumere che abbia esaminato bene la situazione. Senonch calmiere e tariffe sono sempre osservate come dovrebbero essere? A parte qualche caso eccezionale: ad esempio, in tempo di guerra non si poteva condannare qualche contadino che nel vendere qualche prodotto della sua campagna chiedeva un po' di pi del prezzo di calmiere per poter comperare qualche altro genere necessario (un po' di cuoio per le scarpe) che non si trovava sul mercato. Ma non si poteva non riprovare chi, pur possedendo mezzi economici in grand'abbondanza, faceva il mercato nero, vendeva a prezzi elevati prendendo pel collo i bisognosi. Quando non determinato il prezzo legale bisogna attenersi a quello di mercato , detto anche comune (perch comunemente vien stimato come giusto). Ha per un notevole aggio perch per la stessa merce e nello stesso luogo e tempo, ci pu esser un prezzo massimo , medio e minimo . Difatti una determinazione matematica non possibile, tanto pi se la merce non proprio la stessa, anche se sembra la stessa. Evidentemente negli alimenti comuni e nelle cose necessarie ammissibile una minore oscillazione fra prezzo massimo e prezzo minimo. Se il venditore eccedesse notevolmente il prezzo massimo e mettesse il compratore nella pratica necessit di fare simile contratto (o, viceversa, i compratori mettessero il venditore nella necessit di scendere notevolmente sotto il prezzo minimo) allora il contratto sarebbe ingiusto e la parte lesa avrebbe diritto ad essere reintegrata. Se, ad esempio, al mercato, i compratori, d'accordo coi sensali, facessero credere al venditore che una bestia finita e da macello ed il proprietario la cedesse ad un prezzo notevolmente inferiore al minimo, allora il contratto sarebbe nullo per diritto naturale; sarebbe rescindibile secondo il diritto civile se si dimostra che l'errore del venditore stato causato dolosamente dal compratore. Nel caso dei rivenditori, se giusto che essi smercino la roba ad un prezzo superiore a quello secondo il quale l'hanno acquistata dal produttore (o dal venditore all'ingrosso) quello che in definitiva si richiede la discrezione. La quale non sempre osservata. Ci sono rivenditori di frutta che la comperano in campagna (ove qualche anno c' sovrabbondanza) ad un prezzo irrisorio e poi la vendono in citt ad un prezzo altissimo a gente che nella pratica necessit di comperarla. Il prezzo pu esser alzato oltre il limite quando il venditore 456

non alienerebbe il mobile o l'immobile, perch ha per esso speciale affezione ed il prezzo maggiorato consapevolmente e pacificamente concordato tra i due contraenti. La vendita spontanea, invece, svaluta la merce (in caso di morte, fallimenti, traslochi, liquidazioni, aste). Carit per pu suggerire di osservare anche in tali situazioni da parte dei compratori, una certa discrezione: di non sfruttare, ad esempio, con proprio vantaggio eccessivo, lo stato di necessit di chi caduto nella povert, in seguito ad un infortunio finanziario. Come la dilazione del pagamento cosi l'anticipo possono incidere sul prezzo della merce. Quando non esiste n il prezzo legale n quello comune perch si tratta di roba usata od estremamente rara o molto preziosa, allora lecito il prezzo convenzionale . Nel quale c' pi libert. Ma la libert, anche in tal caso, ha un limite imposto dalla ragionevolezza. Soprattutto non lecito abusare dell'ignoranza dei semplici carpendo, a prezzo apertamente inadeguato, qualche loro oggetto di valore od antico, od opere d'arte che certamente potranno esser rivendute ad intenditori secondo un prezzo di gran lunga superiore. Alle volte, anche per oggetti che hanno un prezzo comune, capita che il rivenditore approfitta della buona fede del compratore (specie di turisti stranieri) per alzare il prezzo e realizzare cosi qualche guadagno straordinario. Si giustificano dicendo che altrimenti non si vive, bisogna chiuder bottega perch si vende poco. Siccome il rivenditore non vero rappresentante della Casa produttrice (dal quale ha comperato gli articoli) perci, tutto considerato, se ci sono motivi seri per effettuare questo rialzo di prezzi, non si potr condannarlo. Neppure approveremo, per, positivamente siffatti sistemi per non indurre il pericolo che taluni superino, senza pi scrupoli, i limiti della discrezione. I rivenditori devono esaminarsi sul ritardo eventuale (ed alle volte sistematico) nel pagare i fornitori. 4. S. Alfonso (Prat. del Conf., n. 57) fa il caso d'un sensale e d'una venditrice , cio di coloro che ricevono dai padroni qualcosa da vendere (servi, castaidi, commissionari agenti) e si domanda se possano tenere per s quanto, nell'affare che sono riusciti a realizzare, supera il prezzo-base che il mandante ha fissato come accettabile. E risponde che non lecito (evidentemente, a meno che il padrone non l'abbia espressamente concesso): non lecito, secondo il santo, neppure se il padrone 457

aveva determinato il prezzo che desiderava, perch con questa determinazione dichiarava di non accettare che la merce fosse venduta ad un prezzo inferiore e non gi che l'avanzo eventuale poteva tenerselo il sensale. Si pu eccettuare il caso in cui il mandatario abbia usato diligenza e fatica straordinaria, recandosi in un luogo pi lontano, con relative spese speciali: allora secondo s. Alfonso potr trattenersi non tutto l'avanzo ma ci che corrisponde alla sua fatica e spese straordinarie. Comunque queste occulte compensazioni, anche se possono considerarsi come una equa retribuzione, non sono esenti da qualche pericolo: se il padrone venisse a conoscere l'operato del suo mandatario potrebbe giudicarlo non di buon occhio perch non limpido ed aperto. Chi incaricato da un'impresa di fare acquisti di una merce pu preferire quella ditta dalla quale riceve una mancia. Ma assolutamente immorale concordare col fornitore ed usare il sistema della doppia fattura che permette all'agente dell'impresa d'intascare sistematicamente uno sconto e di nasconderlo al suo principale. Tanto pi che una ditta che si presta a questi espedienti, lo fa spesso per smerciare prodotti pi scarti di quelli forniti da altre ditte. Ma imbrogli di questo genere se ne fan molti nel commercio. C' qualche autista che arriva ad accordarsi col meccanico per far credere al suo padrone che la macchina aveva dei guasti gravi, di fatto inesistenti. 5. Questioni possono sorgere (da considerarsi e risolversi non solo in base alla legge civile ma anche sotto il profilo morale) in seguito alla svalutazione monetaria, la quale incide nei contratti di prestito, nelle locazioni, nei vitalizi e via dicendo. Bisogner esaminare caso per caso con senso umano e cristiano e risolverlo alla luce dell'equit e della discrezione, di modo che n l'una n l'altra parte abbia a subire un sacrificio eccessivo ed esser la sola sacrificata. Ipotizziamo il caso d'un inquilino che commerciante e nuota nell'abbondanza e si limita a pagare al proprietario (il quale forse stenta a vivere, per un complesso di circostanze sfavorevoli) un miserabile canone di affitto: di fronte alla legge sar a posto ed al sicuro, ma equit e carit gli possono suggerire una discreta generosit. 6. Penso non sia inutile l'invito ad interrogarci sul ritardo (tanto frequente) nel saldare le fatture a privati commercianti i quali non possono valersi, come lo Stato, del diritto di tassare chi in mora. E fra parentesi ricordo che, siccome anche il semplice prestito d'un oggetto una specie dd contratto, 458

ognuno pu chiedersi se ha l'abitudine di conservare troppo a lungo ci che ha ricevuto, fino, forse, a dimenticarsi di restituirlo. 7. Per concludere mi rifaccio a quanto ho detto all'inizio: quella del commercio una professione che si presta ai compromessi colle esigenze della giustizia: ...occorre oggi una grande fermezza di principio ed energia di volont per resistere alla diabolica tentazione del facile guadagno che specula ignobilmente sulle necessit del prossimo, piuttosto che guadagnare la vita col sudore della fronte (Pio XII, Disc, e Radiom., Vili, p. 305). Ebbene, al commerciante cristiano bisogna additare una vetta pi alta che al semplice uomo onesto. Egli deve vedere la sua professione come esecuzione della volont di Dio e collaborazione all'opera della Provvidenza nel mondo. Cercher allora non solo di non mancare in quello che strettamente necessario; non si chieder solo se il suo agire una violazione della giustizia, se peccato grave o leggero. Ma cercher di curare i propri affari con diligenza, esercitando la vita soprannaturale ed i doni dello Spirito Santo, interpretando, per quanto possibile, anche i desideri di Dio e tendendo cosi verso la santit.
21. Commercialisti

La professione del dottore commercialista (laureato in scienze economiche o commerciali) e del ragioniere ha assunto ai nostri giorni molta importanza. Trova un campo d'attivit vastissimo. Ma richiede competenza, oltre che nel campo dell'economia, del commercio e della finanza, anche in quelli del diritto, dell'agricoltura, dell'industria. Pu essere un servizio molto benefico (oltre che molto redditizio) se esercitato da chi si coltiva collo studio, usa diligenza e si presta con generosit ad aiutare chi ha bisogno di consiglio e d'assistenza. Ma dovr curare il suo continuo aggiornamento per esser a conoscenza delle leggi civili riguardanti, ad esempio, i salari, i licenziamenti, gli orari di lavoro, il riposo settimanale, le ferie, le assicurazioni. E poi ci sono i trattati di indirizzo sia scientifico, sia pratico che non si devono mai abbandonare o trascurare. Servizio benefico, anzi una missione di bene pu diventare quella del commercialista. A lui ricorrono uomini e donne accasciati sotto la minaccia d'un dissesto finanziario che pu com459

promettere la serenit della stessa vita spirituale. Hanno bisogno di trovare nel consulente non solo l'esperto, ma un uomo di cuore che comprende ed infonde coraggio. Con tutti mostrer sensibilit, gentilezza, cordialit (discreta per, perch anche una certa riservatezza da osservare). Ogni questione che gli vien presentata sapr considerarla globalmente: sotto l'aspetto morale, giuridico, pratico, in modo da poter dare, alla fine, un concreto suggerimento: ci di cui il cliente ha bisogno. Per esempio, far noti i possibili inconvenienti d'una omessa registrazione o di una denuncia non obbiettiva (lasciando poi che il cliente si regoli come creder). 1. Il commercialista non deve partire dal presupposto che, per esercitare nel modo pi efficace la sua professione sul piano umano, naturale, tecnico, sia necessario prescindere dalla morale applicando (male) il detto: gli affari sono gli affari . Pertanto se, ad esempio, cura gli affari d'una societ, ditta, amministrazione, cercher evidentemente di fare gli interessi di questo ente. Per in ogni vertenza e controversia sentir il bisogno di conformarsi agli imperativi morali e di rispettare la giustizia. Imparzialmente, quando queste esigenze siano indubbie. Perci in modo garbato ma fermo rifiuter di sostenere il ricco ed il potente (neppur quando si pu avere il sostegno della legge civile) qualora venga cosi lesa apertamente la giustizia o la carit verso il povero. D'altra parte, quando non si tratta di suggerire positivamente un comportamento contrario alla morale, ma di qualche obbligo di coscienza che un cliente obbiettivamente avrebbe, il consulente terr presente la regola suggerita anche al confessore: bisogna esser cauti nel turbare la sostanziale buona fede di chi, ammonito, non si deciderebbe lo si prevede ad eseguire quanto dovrebbe. A meno che l'obbligo non sia cosi ovvio da escludere la buona fede. 2. Il commercialista incaricato del controllo e della revisione dei bilanci di una ditta, non pu lasciar passare le irregolarit per non creare contrasti, per evitare incomodi e complicazioni, adducendo la ragione che la vera e maggiore responsabilit d'altri. Per ufficio e giustizia egli tenuto proprio a snidare gli errori, i trucchi, le omissioni, le registrazioni fittizie, tutte irregolarit spesso abilmente dissimulate. appunto questo il suo compito. Altrimenti non farebbe che confermare contro coscienza l'operato di chi ha presentato bilanci falsi e addomesticati (cf. 460

G. Pasquariello, II commercialista, Roma, Studium, 1946, pp. 8486). 3. Deve esercitare la sua professione con la giusta equilibrata diligenza (proporzionata all'importanza delle singole pratiche). Accettare incarichi che siano superiori alle proprie forze dannoso in tutti i sensi. E nessuna pratica sbrigata con precipitazione lascer soddisfatti. 4. Come il confessore, cos il consulente commercialista dimostrer prudenza ed umilt (che non compromette, anzi, la stima che gode) se, di fronte ad un caso della cui soluzione dubita, si prender tempo per riflettere e dare poi una risposta chiara e sicura. Perci (sarebbe inutile il dirlo) non si affider mai solo al suo intuito personale per risolvere i casi complessi: s'informer accuratamente (se non l'ha fatto) su quanto insegnano in materia i pi stimati autori e (se resta qualche dubbio) chieder cosa ne pensano altri commercialisti suoi colleghi. 5. Diligenza, ordine, esattezza: piccole virt quanto mai apprezzate in questa professione. C', ad esempio, chi ha l'abitudine di farsi sempre aspettare, di non esser mai puntuale agli appuntamenti, di intervenir al colloquio senza aver preparato con cura la materia della discussione. 6. Il commercialista pu esser tentato di tirar in lungo le pratiche assunte affettando che abbiano pi importanza di quanto in realt hanno. 7. Come tutti gli altri professionisti, si interrogher sui rapporti che ha coi colleghi. C' chi ha la tendenza a giudicare sempre ingiustamente (e quindi poco onestamente) l'operato degli altri per discreditarli. Coi pi giovani, con coloro che sono alle prime armi, l'anziano esperto pu fare molto del bene. Cercher d'infondere in loro una giusta idea della professione senza pessimismi deprimenti (propri di chi non ha goduto successi professionali ed ha perso ogni illusione); all'occasione, li aiuter con qualche consiglio che sia carico di prudenza ed, insieme, d'entusiasmo. 8. Ha il dovere del segreto d'ufficio (come i medici, gli avvocati, i notai, le ostetriche ed i professionisti in genere). A meno che (secondo i soliti principi della morale che regolano l'osservanza del segreto) non sia necessario rivelare qualche notizia per evitare un grave danno alla comunit o ad un trzo oppure al proprio cliente interessato od a se stesso. 461

9. Importante sotto l'aspetto sia della morale sia della stima che necessaria al professionista la questione dell'equo compenso. Bisogna anzitutto attendere alle tariffe ed a quanto stabilito e permesso dalla legge la quale a sua volta mi riferisco all'Italia d come regola che si deve considerare la complessit, l'importanza, la delicatezza del lavoro prestato, le responsabilit che esso ha importato e l'utilit che il cliente ne ha avuto. Ci pu esser la tentazione di cumulare prestazioni su prestazioni senza necessit o di protrarre delle pratiche quando ben poco (o nulla) possibile fare a vantaggio del cliente. Come per i medici, gli avvocati, i notai ed ogni altro professionista, carit vuole che il povero sia aiutato gratuitamente (e non, per questo, con minore interessamento ed impegno). D'altra parte, se al povero non si pu chiedere quello che sarebbe giusto, ma meno o nulla, non neppur giusto che a chi abbiente il professionista chieda per rifarsi compensi apertamente superiori al giusto. Del resto, qualora cedesse alla tentazione di avanzare pretese e richieste esagerate, danneggerebbe seriamente se stesso e la sua professione: perderebbe la fiducia di cui gode.
22. Politici

1. Il primo impegno del politico lo studio. E non si tratta d'un ideale, una necessit: primo, per conoscere a fondo la sana dottrina morale, sociale, politica, le ideologie dominanti, i programmi dei diversi partiti; e poi per possedere un'informazione accurata dei bisogni della popolazione, dei mezzi per soddisfarli, delle congiunture nazionali, regionali, locali. Il politico eviter cosi i due difetti opposti: l'astrattismo dei teorici e l'empirismo di chi si fida solo del suo fiuto, del suo buon senso (pi o meno equilibrato). 2. Rettitudine circa i fini ed i mezzi dell'azione politica. Ci sono obbiettivi ed ideali per i quali non si pu non battersi incondizionatamente: stabilimento della pace contro la guerra preventiva; superamento del sottoproletariato; rifiuto d'ogni sfruttamento dei paesi sottosviluppati... Nel caso per di conflitti, per esempio, fra interessi del proprio comune (o della propria regione) e del bene nazionale (o comune), oppure fra 462

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interessi di partito ed interessi della comunit, occorrer equilibrio, prudenza, moderazione, e, forse, anche qualche sacrificio delle preferenze naturali e personali. 3. Giustizia, equit, bont, nei rapporti con gli altri. Al posto dello spirito di servizio, pu subentrare la tendenza a dominare sugli altri. In qualcuno pu esserci l'inclinazione naturale ad un certo spirito di contraddizione: a stroncare tutto ci che viene dagli altri perch originato da partiti contrari. Se manca il pieno controllo, si pu, nella vivacit degli scontri, arrivare fino all'insulto. Pericolo delle parzialit, delle preferenze poco eque, l di lasciarsi comprare (in una maniera o nell'altra) o di ricorrere ? ai mezzi che possono servire per comprare le coscienze altrui. | Non lecito per partigianeria favorire la promozione di chi si comportato disonestamente: sarebbe come il dar occasione a | nuove ingiustizie. Ma se il politico notoriamente retto e giusto, nessuno si rivolger a lui per chiedergli ci che non onesto. Come si disse di Catone: O te felicem, a quo rem improbam petere nemo audet . Anche allora non mancher mai chi chieI der al politico qualche aiuto, ma sempre ci che non ingiusto ed illecito, cosicch egli non sar messo nella necessit di dover dire un no in partenza. Per in questa felice condizione potr trovarsi solo se sapr negare anzitutto a se stesso tutto ci che non onesto: anche chi preposto al governo ed all'amministra) zione e deve esser d'esempio, pu esser tentato di approfittarsi ingiustamente. E con una certa sicurezza di non correr rischi. S. Basilio Magno scriveva: Non est intelligendum fures esse solum bursarum incisores vel latrocinantes in balneis; sed et qui ')- duces legionum statuti, vel qui commisso sibi regimine civitatum aut gentium hoc quidem furtim tollunt, hoc vero vi et publice exigunt . stato scritto che (in secoli lontani, vero) tante volte per le strade di Roma si vide portare alla forca un uomo perch aveva rubato una pecora, e nello stesso tempo portare in trionfo un console o un dittatore perch aveva rubato una provincia (A. Vieira, Quattro prediche agli uomini di governo, Milano, 1960, p. 114). 4. Operosit, prudenza, tattica ed onesta strategia. Sono virt proprie deUpolitico, contro il pericolo di barcamenarsi (invece di lavorare sul serio e a fondo), di limitarsi ad una superficiale considerazione dei problemi, di non saper organizzare i propri piani di lavoro, di non insister con tenacia per realizzare le ini463

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ziative... Al che s'unisce, naturalmente, la consuetudine (abbastanza comune) di prometter molto (anche cose che sono impossibili o contraddittorie) per poi non mantenere nulla o ben poco. Al politico richiesta capacit d'adattamento ed insieme fermezza e continuit, sangue freddo nei momenti difficili e nelle situazioni gravi... 5. Comportamento in materia di religione e rapporti colla Chiesa. Il politico cristiano accetta l'intervento della Chiesa nel campo morale e spirituale che a lei spettano. edificante il suo esempio se egli sapr riconoscere apertamente la sua fede ed invocare, in qualche occasione, pubblicamente, Dio (cosa che, da noi, pochissimi fanno). D'altra parte c' anche il pericolo di strumentalizzare religione e Chiesa ai propri fini politici. 6. Ad un dato momento, il politico pu sentire, da parte della sua coscienza, il suggerimento di ritirarsi dalla scena, al pari d'un capo di Stato, d'un pastore d'anime. Ci pu significare un sacrificio, dal punto di vista economico ed affettivo. Ma meglio che la decisione (quand' opportuna) parta dall'interessato. Per il bene comune. Ed anche per evitare qualche probabile umiliazione personale (cf. Lebret-Suavet, Ringiovanire l'esame di coscienza, pp. 104-108).
23. Giornalisti

Considero tutti coloro che sono direttamente impegnati in quel campo della pubblicistica che ha per oggetto la diffusione di notizie accompagnate da interpretazioni, commenti, valutazioni. Ci pu esser fatto mediante il giornale od altri mezzi di comunicazione sociale, come la radio o la televisione. Per chi o con scritti od a voce o mediante immagini esplica un servizio d'informazione valgano anzitutto i principi etici generali riguardanti ogni scrittore. Ma per coloro dai quali dipende la vita, la fisionomia, il contenuto e la forma del giornale sorgono, specie oggi, particolari problemi ed esigenze d'ordine morale. Alle quali pertanto dovrebbero esser sensibili, oltre ai giornalisti, anche tutti coloro che hanno la responsabilit di pubblicare un servizio d'informazione (si pensi all'autorit determinante degli editori). Sarebbe un male se da parte d'un potere oppressivo fosse soffocata la libert del giornalista e del giornale. il caso 464

lamentava Pio XII, rivolgendosi nel Febbraio del 1950 ai partecipanti al III Congresso Intern. della Stampa Cattolica in cui l'opinione pubblica tace in un mondo donde anche la giusta libert bandita e dove, sola, l'opinione dei partiti al potere, l'opinione dei capi o dei dittatori ammessa a far sentire la sua voce. Soffocare quella dei cittadini, ridurla al silenzio forzato, , agli occhi d'ogni cristiano, un attentato al diritto naturale dell'uomo, una violazione di quell'ordine del mondo che Dio ha stabilito. Chi non indovina le angosce, il disorientamento morale in cui un tale stato di cose getta la coscienza degli uomini della Stampa? (Disc, e Radiom., XI, 365-366). D'altra parte quanto mai pericoloso anche il pretendere ed invocare, in nome della libert d'opinione e d'espressione, un'indiscriminata licenza passando sopra ad ogni postulato etico. Ne avrebbe facilmente danno sia il singolo (persona privata od ente) che potrebbe esser offeso nella sua reputazione o diffamato sia la comunit quando fosse turbata nella sua sana coscienza morale. Il decreto del Vaticano II sugli strumenti della comunicazione sociale ammonisce come anzitutto bisogna attendere che la comunicazione, nel suo contenuto, risponda a verit e sia integra : sempre, s'intende, rispettando le superiori esigenze della giustizia e della carit . Ma aggiunge che non ogni cognizione giova ; che una notizia dev'esser presentata in modo onesto e conveniente e che bisogna rispettare rigorosamente le leggi morali, i diritti e la dignit dell'uomo, tanto nella ricerca delle notizie quanto nella loro divulgazione (IM, 5). Direttive generali che domandano qualche commento, applicazione, esemplificazione. 1. Se vogliono esser maestri della verit, i giornalisti devono come tutti gli scrittori procurarsi anzitutto un buon deposito di cultura. Anche religiosa. Ci vale specialmente per coloro che sono cattolici od hanno occasione di riferire notizie di carattere religioso. Il loro compito delicato notava Pio XII suppone la competenza, una cultura generale soprattutto filosofica e teologica (Disc, e Radiom., X, p. 369); si esige aveva detto Pio XI che doctrinam catholicam perdiligenter explorent et pr viribus calleant (Enc. Rerum Omnium, AS, 15, 1923, 61). E, praticamente, sar difficile che possa trattare rettamente, serenamente ed obbiettivamente di cose e fatti della Chiesa chi la vede solo come una societ umana avente una funzione puramente temporale: non pu com465

prendere ed apprezzare la sua missione specifica. E (va detto subito) i giornalisti cattolici dovranno andar spesso contro corrente. Ma si guardino dal venir meno alla verit n, sotto colore di evitar l'offesa degli avversari, la attenuino o la dissimulino (Pio XI, ibid.y p. 61). Oggi, ad esempio, anche in campo teologico e morale, certe verit sembra non siano pi di moda . Anzi, proprio quelli che seguono un certo modernismo, pare esercitino nella stampa una specie di dittatura. Il giornalista cattolico non deve aver rispetto umano, n deve temere di far la figura del superato. Riferisca e scriva ci che, secondo la sua coscienza, giudica esser non solo interessante ed attraente ma utile e benefico ai lettori. Ci che, dunque, gli indispensabile in primo luogo ammoniva Pio XII il carattere. Il carattere, cio semplicemente l'amore profondo e l'inalterabile rispetto dell'ordine divino che abbraccia ed anima tutti i domini della vita; amore e rispetto che il giornalista cattolico non deve accontentarsi di sentire e di nutrire nel segreto del suo cuore, ma che deve coltivare in quello dei suoi lettori (Disc, e Radiom., X, p. 369). 2. Culto dunque della verit e fermezza in materia dottrinale. Rispetto poi per la verit nella comunicazione di notizie. Chiunque vuol mettersi lealmente al servizio dell'opinione pubblica... deve interdirsi assolutamente ogni menzogna... . Con questa disposizione di spirito e di volont reagir efficacemente contro il clima di gurra. Ma dove la pretesa opinione pubblica dettata ed imposta, per amore o per forza, e cessa di funzionare liberamente, l che la pace in pericolo (Pio XII, Disc. e Radiom., X, 371). In un giornale trovano ospitalit articoli dottrinali (pi o meno profondi), notizie, qualche illustrazione e la pubblicit (alle volte abbondantissima). L'elemento che pi interessa i lettori ordinari costituito dalle notizie. La loro comunicazione deve, nel suo contenuto, corrispondere sempre alla verit e, se lo permettono le superiori esigenze della giustizia e della carit, sia integra (IM, n. 5). Dunque il dovere di rispettare la verit incondizionato; il dovere dell'integrit condizionato. Difatti la dignit della vita cristana, i diritti della giustizia e dell'amore prevalgono su quelli alla (e della) informazione (si pensi alle notizie e commenti di certi fatti scandalosi). essenzialmente diverso, dal punto di vista morale, il non dire tutta la verit (cio tacere) ed il dire ci che non la verit (cio alterarla affermando il falso). Del resto anche prescindendo dai postulati 466

morali il dire tutta la verit , spesso, praticamente impossibile, perch il tempo stesso non consente di avere tutte le desiderate informazioni che potrebbero servire a precisazione e conferma. S'aggiunga che, fra tutte le notizie che gli arrivano, il giornalista, praticamente, fa sempre una certa selezione: riferisce ci che ritiene pi importante. Ma l'obbiettivit (in quanto esclude la comunicazione di notizie non vere), questa dev'esser osservata assolutamente. Si deve fare tutto il possibile per realizzare quest'ideale. Ma, ad esempio, chi diffonde voci infondate per suscitare nei lettori la curiosit e cosi favorire la distribuzione al pubblico del giornale, deve riflettere che in materie delicate come la religione e la morale una notizia (anche se lanciata facendo riserve sulla sua attendibilit) pu generare in chi l'apprende un certo turbamento o disagio interiore. Ad esempio, qualche anno fa, alcuni giornali diffusero la notizia che la Santa Sede avrebbe avuto in animo di modificare l'obbligo, pei fedeli, di confessarsi almeno una volta all'anno, riducendolo ad una semplice raccomandazione. Notizia che i competenti uffici della S. Sede sono stati autorizzati a dichiarare priva di fondamento (OR, Precisazione, 16-17.IV.1973). In questo momento, nel quale, da parte di molti fedeli, il sacramento della Penitenza trascurato, bisogna guardarsi dal portare a conoscenza di chi dottrinalmente impreparato (e quindi psicologicamente influenzabile) ci che si solo sentito dire e ci che solo un' ipotesi di lavoro dei teologi d'oggi. Talora il giornalista che ha poco tempo a sua disposizione per controllare il fondamento d'una notizia si trover in uno stato d'incertezza: se tace, manca d'arricchire (come, forse pensa, suo compito) la cronaca del giornale; se parla, pu esercitare un influsso non benefico sull'opinione pubblica, provocando in taluni la reazione, in altri la non retta compiacenza. Nei casi perplessi nei quali ci sia un pr ed un contro tanto per il tacere come per il parlare, lo scrittore (che si suppone sensibile ai suggerimenti morali) dovr decidere secondo la sua coscienza: ed il criterio per la miglior opzione non pu esser solo un motivo naturale o commerciale, il successo del giornalista o del suo giornale. In ogni caso, se circa un fatto non c' certezza il lettore dovr esserne chiaramente avvisato. Certe notizie, poi, anche se comunicate come dubbie, non mancano d'aver un influsso sull'opinione dei lettori. Si dir, a questo proposito, che, nella societ umana, i singoli hanno diritto 467

all'informazione; quindi il giornalista ha il dovere ed il diritto di fornire ogni notizia purch la qualifichi per quel che vale: o come certa, o come probabile, o semplicemente come una diceria, una indiscrezione, un sospetto. Per, come dice il Decreto Inter mirifica , n. 5, il diritto all'informazione relativo: ha per oggetto quanto, secondo le rispettive condizioni, si addice alle persone, sia singole, sia associate . Nella GS, n. 59 detto solo che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della comune utilit ha diritto di esser informato secondo verit degli avvenimenti pubblici . E si cita la Pacem in terris ove pure si legge che ogni essere umano... ha il diritto ad essere informato secondo verit degli avvenimenti pubblici (AAS, 55, 1963, 260). Pertanto YIM, mentre riconosce il diritto alla informazione, afferma pure le debite restrizioni poich non ogni cognizione giova (IM, 5) e tanto meno necessaria (cfr. E. Baragli, L'Inter mirifica, Roma, 1969, p. 336). Qualcuno forse osserver che le notizie riferite dai giornalisti sono recepite dai lettri col beneficio dell'inventario, per principio. Si possono quindi classificare fra le cosiddette restrizioni mentali ; non vai la pena di sopprawalutare la responsabilit dei giornalisti (quando, s'intende, si limitano alla cronaca e non fanno apprezzamenti). Ma anche questa giustificazione non del tutto valida. C' troppa gente la quale pensa che tutto quanto ha l'onore d'esser stampato, abbia almeno un fondo di verit. Inoltre un influsso, subconscio almeno, c' anche nei lettori pi intelligenti. Infine, ammesso che certe notizie si possano valutare come restrizioni mentali alle quali si pu dare solo il valore della probabilit bisognerebbe che avessero per oggetto una materia moralmente indifferente che non reca danno ai lettori. Il discorso ai giornalisti offre l'occasione di dire una parola ai lettori. Anch'essi devono accogliere le notizie del giornale con un giudizio equilibratamente critico e non con assoluta passivit e cieca fede. Non possono pretendere che il giornale dia pi di quello che pu dare. Non devono credere che tutto quanto il giornale riferisce sia vero, ma neppure pensare sempre e per principio che non sia vero e non contenga del vero. Possono riflettere, controllare, confrontare, e cosi dare anche la loro collaborazione al servizio d'informazione (E. Lucatello, Il giornale e la societ, Estratto da Promozione Sociale , 1974, nn. 7-8, p. 10). 468

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3. Il giornalista ha il dovere di rettificare le notizie inesatte che avesse eventualmente comunicato e possono recar danno o dispiacere a qualcuno. Se ha ricevuto notizie in via confidenziale da persona che non vuole rivelarsi perch teme pregiudizievoli conseguenze, il giornalista dovr, di massima, osservare il segreto professionale ed assumersi tutta la responsabilit dell'informazione che giudica opportuno e sicuro comunicare. 4. E non tutto ci che corrisponde a verit consigliabile sia scritto e diffuso. Non ogni cognizione giova (IM, 5). Il giornalista ha diritto ad attingere notizie e a comunicarle e, d'altra parte, il pubblico ha diritto di conoscerle purch per siano notizie di vero interesse. E per esser di vero interesse, devono portare un'utilit e non un danno al singolo od alla comunit. Perci la stessa legge civile proibisce la divulgazione di certe notizie nocive ai beni superiori della comunit. Comunque, anche qualora non si verificano gli estremi del divieto legale, il giornalista rifletter da quale persona vien letto il giornale (o la rivista) e quali riflessi pu avere una informazione od una postilla nella quale lo scrittore espone il suo commento e la sua personale interpretazione. Non tutto ci che si pu scrivere per un periodico riservato, ad esempio, a moralisti e medici, pu esser stampato su un settimanale che vien letto da tutti, o su un giornale che vien portato quotidianamente in casa d'una famiglia e va in mano anche a ragazzi ed a tanti che sono mossi solo dalla curiosit malsana. Un medico giornalista che tiene tribuna con chi lo interpella mediante un giornale od un settimanale, dovr considerare che le sue risposte non saranno lette solo dagli interroganti, ma da innumerevoli altri; e dovr chiedersi quali impressioni susciteranno, quali interpretazioni provocheranno, quali applicazioni potranno suggerire a molti lettori. naturale che il giornalista cerchi di scegliere gli argomenti e le notizie che sono pi attuali ed interessanti. E, per questo, gli occorre intuizione, sensibilit, contatto col pubblico, conoscenza delle idee, delle tendenze, delle istanze degli uomini del suo tempo. Ma ci non pu significare che egli si lasci solo trasportare dalle correnti: ha pure il compito di formare la mentalit dei lettori. E non sempre se ha la coscienza della sua missione potr riscuotere la loro approvazione ed accontentare il loro gusto. naturale che si senta spinto alla caccia delle notizie sensazionali e piccanti, delle dichiarazioni clamorose, delle 469

inattese prese di posizione (ad esempio, in campo cattolico da parte di qualche teologo o moralista). Tutte notizie che servono mirabilmente per la diffusione del giornale. Bisogna per riflettere sugli effetti di certe informazioni ammannite al pubblico senza l'accurata contropartita della dottrina vera e delle sue ragioni. Ad esempio, quando a proposito di divorzio o di aborto ci si limitasse a richiamar l'attenzione su certi casi pietosi o sulla legislazione e prassi vigenti in altri paesi, i lettori che considerano le questioni morali in modo piuttosto empirico o sotto l'impulso del sentimento pi che alla luce della ragione, resteranno impressionati. Il far della problematica senza dare una risposta ed una soluzione conclusiva chiara, pu suscitare interessamento, ma esser anche un sistema insensibilmente corrosivo per la fede e la moralit dei lettori. Fa pi male degli atteggiamenti d'aperto contrasto e d'attacco diretto alla religione perch, in questo caso, lo scrittore prende una netta posizione personale e dichiara subito il suo intento; il lettore cosi avvertito e chiamato ad una scelta immediata. Il pericolo maggiore che chi legge abitualmente certe opinioni, cambi insensibilmente mentalit o s'incammini verso il dubbio sistematico o il relativismo generale. Si dir che, in ossequio alla libert d'opinione anche in materia di religione ogni giornalista pu riferire qualsiasi notizia ed i lettori hanno sempre la facolt di giudicarla come vogliono. Ammettiamo pure, ma, proprio per rispetto dei lettori che non sono tutti informati sulle ragioni pr e contro una tesi il giornalista dovrebbe portar a conoscenza di chi legge, non solo le obbiezioni che si possono muovere alla dottrina cattolica, ma anche le risposte che alle obbiezioni sono state date o si possono dare. Perci, giova ripeterlo, il giornalista, anche se non pronuncia il suo giudizio d'approvazione ma solo riferisce l'opinione d'altri, pu suscitare nei lettori confusione e disorientamento. Ed in realt, anche nella Chiesa, da persone non prive d'autorit e scienza, vengono talora proposte teorie (od ipotesi di lavoro, che dir si voglia) le quali si distaccano dalla dottrina sempre insegnata dal Magistero. Non si possono portar a conoscenza della gente non istruita senza dichiarare espressamente la loro deviazione dalla linea tradizionale. 5. Il retto esercizio del diritto all'informazione richiede poi che la comunicazione sia presentata in modo onesto e conveniente (IM, 5). Il modo come un fatto viene narrato ha enorme importanza! Si pu riferire una notizia mostrando od una certa 470

compiacenza, od, invece, netta disapprovazione. Alle volte, per, anche solo il far noto un fatto pu esser dannoso (la stessa legge civile proibisce la divulgazione di notizie nocive per i beni superiori della comunit); e lo stesso soffermarsi sui particolari fa supporre, in certe materie delicate, una qualche compiacenza da parte dello scrittore. Esprimere il male non male quando torna a bene; tacerlo dovere, quando dal solo fatto di esprimerlo ne deriva un'esaltazione (E. Lucatello, Giornalismo, in: Diz. di T. Mor. , 1968, p. 727). E non si dimentichi che l'emozione suscitata nei lettori dipende pi che dal fatto riferito da quella impressionante ricostruzione e descrizione che un'abilit propria del giornalista (come del narratore in genere). Si pu, ad esempio, per destare interesse nel pubblico, esser tentati di romanzare anche un fatto di cronaca nera. La fantasia lo arricchisce con sensazionali colpi di luce: alla mente suggestionabile di taluni specialmente di giovani un atto di delinquenza finisce per apparire quasi come un'avventura affascinante. A tale proposito pericoloso descrivere i metodi e le tecniche usate dai criminali, specialmente nelle pubblicazioni destinate agli adolescenti. Chi poi riferisce particolari, modi, ambienti segreti del malcostume e della malavita, deve sapere che fra i lettori c' chi desidera esser informato per fare le sue esperienze. Come ci sono donne di malaffare che desiderano d'esser intervistate per acquistare popolarit e farsi pubblicit. Nella descrizione dei misfatti occorre prudenza e discrezione anche al fine di non alimentare l'odio negli interessati: odio che porta spesso alla vendetta. S'aggiunga che l'indagare su certi particolari intimi della vita d'un delinquente (che spesso ed, in gran parte, anche un disgraziato) o dei suoi famigliari, pu esser contrario al rispetto dovuto alla dignit d'ogni persona umana (cfr. E. Lucatello, Giornalismo a misura dell'uomo, Roma, Studium, 1974, p. 80). 6. Chiari principi ed equilibrate direttive anche riguardo alla polemica. evidente che va evitato tutto quanto contrario alla carit, cade nella volgarit o sa di pettegolezzo. Chi vuol metter in luce la verit discutendo con chi la ignora o la combatte, deve aver per scopo di persuadere il suo interlocutore e non di metterlo colle spalle al muro per umiliarlo pubblicamente. D'altra parte, oggi in ossequio al pluralismo, alla libert d'opinione, di religione, di coscienza c' chi vorrebbe bandire ogni polemica ed ogni forma d'apologetica contro chi male giudica o male interpreta la dottrina autentica insegnata dall'unica e vera 471

Chiesa di Cristo. Ma non si dimentichi che una sana polemica c' sempre stata nella Chiesa ed il primo forte polemista fu Cristo stesso. Sono utili e necessari gli incontri ma anche gli scontri se si vuole che la verit sia conosciuta e difesa. Perci i giornalisti qualora sia il caso di contraddire qualcuno, sappiano si confutare gli errori ed opporsi alla pravit dei malintenzionati, ma si mostrino animati da rettitudine e soprattutto mossi dalla carit (Pio XI, Enc. Rerum Omnium, AAS, 15, 1923, 61).

24. Militari Sia in guerra, sia in pace, il giovane, durante il servizio militare, suol attraversare un periodo di crisi psicologica, morale e religiosa. Se qualche volta s'accosta al sacramento della Penitenza, il confessore occasionale si trover facilmente di fronte ad una situazione preoccupante: lo stato spirituale della maggioranza scoraggiante: rottura d'ogni freno morale, abbandono della pratica religiosa; addestramento alla pi volgare ed incontrollata abitudine della bestemmia; quotidiani ritrovi, nei luoghi d'appuntamento, colle prostitute (per contaminarsi forse irreparabilmente), abuso di alcoolici... Tutto questo (come emerge dalla confessione stessa di molti soldati) assume il carattere d'una reazione spinta fino alla pi violenta, cieca, disperata rivolta contro una legge, un servizio, una vita che dicono insopportabile. E cosi implicitamente avanzano la domanda perch siano riconosciute le attenuanti di certi loro riprovevoli comportamenti. E' da aggiungere che in questi disordini morali, in certe disastrose trasformazioni da una vita prima sostanzialmente e naturalmente retta, religiosa, calma, serena, ad una vita quasi incosciente, irresponsabile, gioca fortemente il fattore rispetto umano . Certuni (che non spiccano per intelligenza, carattere, formazione e virt provata) non hanno il coraggio d'andar contro corrente. Se lo facessero, avrebbero l'impressione di mettersi in stato d'inferiorit, d'arretratezza; o, comunque, non riescono ad affrontare impavidamente il giudizio e la derisione dei pi smaliziati e spregiudicati. Quando poi si senton travolti dalla sensualit fino a perder quasi il controllo dei propri discorsi e dei propri atti evidente che non sentono pi attrattive per la religione. E talvolta mettono in dubbio la fede. Non difficile scoprire la radice di questa crisi religiosa: la dissipazione morale. 472

Per salvarsi dalla marea dell'immoralit e dell'incredulit, sarebbe consigliabilissimo che ognuno avesse un confessore stabile, pio, esperto, conoscitore dei problemi giovanili, col quale tenere frequenti ed aperti colloqui, dal quale ricevere gli opportuni con sigli (oltre l'assoluzione sacramentale). Consigli sul comportamento conveniente da prendere (specialmente coi compagni), sui luoghi e le occasioni da evitare, le eventuali riunioni, conferenze, incontri, gruppi a cui partecipare. L'opera del confessore dovrebbe poi esser continuata, compie tata, sviluppata dal cappellano militare. Questi, vivendo ogni giorno, a tempo pieno, insieme ai suoi soldati, pu specializzarsi nella loro cura pastorale, studiando, discutendo, aiutandoli a risolvere tutti i problemi, morali, religiosi, familiari, professionali. Altrimenti c' il pericolo che alcuni vadano forse ad assistere alla Messa festiva, facciano Pasqua per motivo (in gran parte) d'opportunismo o di tradizionalismo, ma poi vivano senza nessuna coscienza, dignit e seriet cristiane. Bisognerebbe ottenere un'impostazione unitaria ed organica di tutti gli aspetti della loro vita. Per il presente ed in vista dell'avvenire (cfr. G. Benucci, Grundzge einer Militar seelsor g beute, Roma, 1972). La cura spirituale dei soldati si legge nel decreto Christus Dominus, 43 domanda, a causa delle loro peculiari condizioni di vita, una esimia sollecitudine . Pertanto coloro che sono chiamati a questo difficile ministero, vi si dedichino premurosamente . 1. Contro il pericolo della dissipazione morale, i migliori dovrebbero armarsi della fortezza cristiana: altrimenti saranno trascinati al vizio dai peggiori, dai dissoluti. Il sacerdote in Confessione, nelle istruzioni, nei colloqui suggerir tutti i mezzi efficaci perch possano resistere alla marea travolgente dell'immoralit. Cercher di suscitare qualche idealit pura, anche nel campo degli affetti. Inviter il giovane a pensare alla sua futura famiglia, alla sua compagna di domani, a conservarsi degno dell'amore che li unir nel matrimonio. Un'amicizia elevata con una ragazza buona, seria e morigerata potrebb'esser per un militare che non ha in s le risorse d'una formazione spirituale profonda e sicura un sostegno ed un conforto nei momenti difficili, una difesa contro la tentazione, un richiamo contro la volgarit e l'egoismo. S'intende un'amicizia in vista del matrimonio, d'un matrimonio almeno possibile e probabile (anche se non si prevede facilmente realizzabile in un prossimo domani). Purtroppo per oggi difficile tentare anche questo discorso e questa solu473

zione perch i giovani, quando si trovano con la fidanzata vicina o lontana non sanno conservarsi su un piano affettivo spirituale senza giungere ai rapporti sessuali. 2. L'abbandono della pratica religiosa. Si verifica (almeno temporaneamente) per molti, che un tempo erano fedeli all'orazione frequente e quotidiana, alla Messa festiva, ai sacramenti (almeno a Pasqua). Ma come mai un giovane che aveva intrapreso abitudini buone, ad una svolta della sua vita proprio quando avrebbe estremo bisogno della fede tralascia ogni preghiera, rompe ogni contatto con Dio, vive come se il soprannaturale non esistesse? Pu esser, dicevo, per lo stordimento ed il disorientamento prodotti da nuove, indesiderate ed irritanti condizioni di vita; pu dipendere dalle suggestioni immorali da cui uno si trova come assediato. Comunque, la ragione profonda perch non ha ricevuto una solida formazione spirituale, non ha una forte personalit, quale si desidererebbe nel cristiano che si trova impegnato, un momento o l'altro, in una lotta spirituale aspra e forse decisiva. Bisognerebbe che il giovane fosse preparato a subire con coraggio, senza crollare, i frizzi e gli scherni della massa scanzonata che prende di mira chi professa qualche principio di morale e di religione. Non dovrebbe aver paura e cedere se si sente dire che la religiosit segno di debolezza spirituale (e perci si trova pi frequentemente nella donna). Dev'esser consapevole che se sar rettilineo nelle proprie convinzioni e nella propria condotta (senza esagerazioni, indiscrezioni, isolamento altero) alla fine si conquister stima e rispetto. Il confessore animer chi nella prova: la soddisfazione pi grande dir quella di non cadere vittima del rispetto umano, ma di avere il coraggio delle proprie idee. Certi soldati non partecipano mai alla Messa e, quando a Pasqua si confessano, si scusano adducendo la semplice ragione che sono in servizio militare. In realt la causa nella mancanza di buona volont e di senso religioso. Difatti loro offerta spesso la facile occasione della Messa e d'un sermone religioso. Ma ritengono stranamente che il servizio militare debba, per forza di cose, interrompere una consuetudine che prima c'era. Una buona consuetudine, ma, forse, solo una consuetudine? lo stesso fatto e la stessa psicologia che si riscontra in certi emigranti che trascorrono all'estero la maggior parte dell'anno, immersi in un lavoro assorbente per realizzare il maggior guadagno possibile. Bisognerebbe indurli a cambiar una mentalit che li porta ad un'omis474

sione sistematica, quasi per principio, d'ogni pratica religiosa fino a che non ritornano alla loro patria ed alla loro parrocchia. E non ci si illuda che l'abbandono delle celebrazioni liturgiche sia compensato e supplito dalla preghiera individuale: vivono del tutto fuori di s; non conoscono vita interiore ma solo affari e realt materiali. Come possono dirsi cristiani? 3. La bestemmia. Chi, la sera, in qualche citt (specialmente .dell'Alta Italia) s'incontra con gruppi di soldati in libera uscita li sentir infiorare ogni discorso con bestemmie a freddo. E quando se ne confessano non possono addurre scusa alcuna. Macch scarica necessaria in un momento di rabbia: bestemmiano sempre. Riconoscono che quando sono a casa non lo fanno; dicono che durante il servizio militare inevitabile perch una vita bestiale e perch cosi fan tutti. Scuse che non son neppur da prender in considerazione. Ne sono intimamente persuasi essi stessi. Bisogna semplicemente e gravemente ammonirli che oltre ad offendere Dio e privarsi delle Sue benedizioni pel presente e pel futuro danno scandalo, mancano di civilt e di rispetto verso il prossimo. Una vergogna. Ed in foro externo meriterebbero qualche buona lezione. Ma la legge penale e la disciplina militare non sono applicate con il debito rigore. Solo qualche comandante ha carattere coerente ed energico.

25. Emigranti L'emigrazione un fenomeno necessario. Uno sfogo per le regioni sovrappopolate, un apporto di civilt da parte dei popoli pi evoluti a quelli pi in ritardo, uno scambio di culture e d'esperienze. I popoli, cosi, si fondono e si ringiovaniscono. E l'emigrazione diventa un segno di vitalit, di volont di lavoro e di progresso; una valvola di sicurezza per molti che, altrimenti, vivrebbero, malcontenti e turbolenti, nell'ozio, nel vizio, nelle ruberie. Popoli ed uomini dei quattro continenti sono tutti degli emigranti. Ma perch l'emigrazione sia in concreto vantaggiosa sotto ogni aspetto materiale, morale, culturale, religioso sono necessarie precauzioni e provvidenze. 1. C' un'emigrazione temporanea. Si verifica specialmente nei paesi montani, come l'Alta Italia, il Cadore, il Friuli. Il lavo475

ratore lascia paese, parrocchia, casa solo per alcuni mesi (o anni) e vi ritorna per un periodo di riposo. Lavoro intenso, guadagno in genere buono. dal punto di vista spirituale e morale che si lamentano deplorevoli danni. Spesso la famiglia si divide: solo il marito che s'allontana per parecchi mesi; e sono facilmente immaginabili i pericoli morali a cui va incontro un uomo quando senza la famiglia e non neppur trattenuto dal timore delle critiche. Alle volte partono marito e moglie (lasciando in patria e affidando ad altri, in mani pi o meno sicure, il figlio od i figli). Prendono in affitto un negozio pubblico. Per una scusa o l'altra, spesso abbandonano ogni pratica religiosa. Nella loro parrocchia erano trascinati in chiesa se non altro dalla tradizione e dalla consuetudine. Il loro sentimento religioso si dimostra ora piuttosto superficiale. All'estero trovano una chiesa officiata in altra lingua, e forse di culto religioso diverso dal proprio. E poi lavorano anche la domenica. Cosicch molti passano mesi e mesi senza mai metter piede in chiesa e senza mai pregare. E quando tornano in patria non professano il protestantesimo o qualche altra confessione non cattolica, ma sono ormai privi di ogni religione e si son fatti, forse, diffusori di ideologie sovversive loro inoculate da agitatori spregiudicati. E cosi, a contatto con persone pi evolute, si sono dirozzati, hanno acquistato una qualche cultura, sono entrati nel corso del progresso intellettuale e materiale. Ma c' da chiedersi se ci compensi le perdite morali e religiose (cfr. G. BonomelH, L'emigrazione, Roma, 1912, pp. 13 ss.). Chi pensa che il passaggio dei rurali alla citt possa influire beneficamente nell'ambiente cittadino, testimoniando una sana e spontanea religiosit, resta deluso. Chi cede e vien assorbito dal mondo dissipato della citt e dalla sua irreligiosit proprio l'emigrante. raro il caso di chi, per la sua formazione sicura, riesce a render pi matura la sua fede, rafforzandola a contatto delle difficolt, confermando la sua validit di fronte alle obbiezioni, sperimentando la sua insostituibile efficacia per risolvere il problema della vita. Si direbbe che molti riprendono la veste di cristiani quando ritornano in paese per le ferie. 2. Se non possibile impedire questa emigrazione temporanea, bisognerebbe almeno ricorrere alle precauzioni ed ai rimedi. Anzitutto da consigliare che emigrino solo quelli che ne hanno stretta necessit. Dovranno poi informarsi bene del luogo dove vanno, dell'alloggio che avranno, della sicurezza di trovare un posto di lavoro ed un buon stipendio; ed informarsi del genere di lavoro 476

che potranno avere, perch qualcuno retribuito bene, qualche altro male. Insomma devono aver garanzie di poter migliorare la propria condizione ma, insieme, misurare le proprie forze relativamente al clima, al genere di lavoro, alle fatiche che dovranno affrontare. Se conveniente, cercheranno j prima della partenza di frequentare qualche corso di qualificazione e di abilitazione ad un determinato mestiere. E si provvederanno di tutti i documenti necessari per non esporsi al pericolo di non poter stipulare un sicuro contratto di lavoro. Se si presenter necessario emigrare, augurabile che gli uomini portino con s la famiglia, od almeno la richiamino al pi presto. Ed i celibi sarebbe consigliabile si sposassero, prima di partire. Se si pensa che troveranno sistemi di vita completamente diversi da quelli del paese natale ed un'immoralit senza freni, da ritenere che solo il legame della famiglia potr preservare remigrante dalla rovina morale. poi raccomandabile che si mantengano in relazione coi loro parroci i quali cercheranno di informarsi dei parrocchiani lontani e dei loro parenti rimasti in patria: l'azione pastorale dovrebbe seguire gli emigranti sia nel luogo in cui si sono trasferiti per necessit di lavoro, sia nel luogo d'origine, dove ritornano periodicamente per le ferie o le visite ai parenti (C.E.I., Docum. su Evangelizz. e Sacrarti., 12.VII.1973, n. 111). 3. All'emigrazione temporanea preferibile quella permanente se questa tiene unita la famiglia e quindi non importa tutti i pericoli, i danni morali, spirituali e religiosi dell'emigrazione temporanea. Chi emigra per non far pi ritorno lascia una patria per crearsene un'altra (mentre gli emigranti temporanei perdono spesso l'amore all'antica patria senza procurarsene un'altra). Naturalmente, prima d'emigrare con tutta la famiglia, per sempre, bisogna agire con molta prudenza: non nascondersi i disagi ed i possibili insuccessi, non lasciarsi prendere dal desiderio di viaggiare, di cambiare ambiente, di vedere cose nuove, non fidarsi troppo di chi largheggia in promesse, poi non sempre mantenute. Comunque, una volta presa una decisione (anche se discutibile, perch non motivata da estrema necessit), bisogna che l'emigrante abbia fiducia nella Provvidenza ed in se stesso: se gli inizi saranno tormentati da intralci e da angustie, poi col tempo tutto si raddrizzer ed andr per il meglio. 477

4. Nel momento d'abbandonare la patria, l'emigrante forse si fa forza e supera il dolore del distacco col miraggio d'un migliore avvenire. Ma quando si sentir esule, lontano dalla sua terra, dalla sua casa, dai suoi parenti ed amici, allora nel suo cuore prover forse un'irresistibile nostalgia. Specialmente in certe brutte giornate, in momenti di difficolt e d'ansia per s e per i suoi. In queste ore tristi avrebbe bisogno di sentir vicino chi ne comprenda a pieno le pene, ne ristori le forze, ne sollevi colla voce del sangue lo spirito abbattuto (dalla preghiera di Pio XII alla Madonna degli emigranti). 5. Perci augurabile che i nostri emigranti si organizzino formando delle Famiglie , per tenersi uniti alla patria e fra loro, per aiutarsi a vicenda, per continuar a parlare la propria lingua. Capiteranno occasioni nelle quali l'emigrante ha bisogno d'una parola decisa e sicura e d'un consiglio fraterno. Non sia ingenuo. Con coloro che non conosce a fondo sia cortese; ma non si fidi di nessuno perch c' sempre chi approfitta della semplicit del nostro emigrante per truffarlo. 6. Un ministero preziosissimo svolgono i missionari cattolici degli emigranti, riunendoli per annunciar loro (nella lingua materna) la Parola di Dio, per celebrare l'Eucaristia. Un missionario zelante pu diventare la guida, il consigliere, il padre spirituale degli emigranti esercitando un influsso grandissimo. La lettera enciclica Exul familia , del 1952, vuole che sia designato un sacerdote italiano in tutti i centri di lavoro dove si trova raggruppato un notevole numero d'italiani. Questi sacerdoti possono battezzare, ammettere alla prima Comunione, celebrare matrimoni. 7. A proposito di matrimoni, si tenga presente che la Chiesa tollera i matrimoni misti ma li sconsiglia (come li sconsigliano gli stessi pastori protestanti). Riferisco una particolare constatazione circa i matrimoni misti che si contraggono in Svizzera: delle tante ragazze della mia provincia veneta bellunese che hanno sposato protestanti, molte conducono vita infelice, nessuna proprio contenta. Constatazione, questa, dei missionari e degli svizzeri stessi. 8. L'emigrante dovrebbe esser preparato ed istruito sugli innumerevoli pericoli che incontrer per le vie del mondo. Specialmente alle giovani necessario usare ogni prudenza e stare sempre all'erta e sulla difensiva. I pericoli cominciano col viaggio d'andata. Non dovrebbero intrecciare conversazione con persone compagne di viaggio, se sconosciute, e specie se uomini. Non in478

formare nessuno sulla loro destinazione e non cambiare direzione, itinerario, ora di partenza per nessun motivo. Nelle stazioni in cui scendono se non sono attese ed accolte da qualche persona parente o conosciuta e se hanno bisogno d'informazioni osservino se a disposizione un'incaricata dell'Opera La protezione della Giovane . La riconosceranno da una fascia bianco-gialla che porta al braccio sinistro. Da essa avranno ogni consiglio ed indicazione sicura, anche per poter, eventualmente, passare la notte e consumare i pasti. Molte giovani si allontanano da casa quasi sospirando di poter prendersi un po' di libert e di conoscere il mondo. Portano tesori prestanza fisica, semplicit, purezza che vanno difesi con estrema vigilanza. Con la semplicit delle colombe e la prudenza dei serpenti. Perch i nemici ed i ladri specialmente oggi sono sempre in agguato. tutta una rete d'impreviste tentazioni che le avvolger per imprigionarle. Sentiranno elogiare la loro bellezza: dapprima arrossiranno, poi si compiaceranno. Nei negozi da parte dei fornitori, negli uffici da parte degli impiegati, in casa da parte degli operai coi quali vengono in contatto, si vedranno adocchiate, sentiranno frasi a doppio senso. Dapprima soffriranno di fronte a questi fatti. Poi, senz'accorgersi, si lasceranno prendere dalla vanit e da tante altre insidie e, cosi, saranno travolte dalla corrente, mentre, contemporaneamente, si raffredderanno nella pratica religiosa. Le famiglie nelle quali lavorano non vedono in esse un'anima ed un cuore, ma solo uno strumento di lavoro da sfruttare. Avrebbero bisogno di qualcuno un prudente sacerdote che, nel momento del pericolo morale e spirituale, dia loro un aiuto, un consiglio saggio, una mano amorosa che le sostenga. 9. C' anche il fenomeno diciamo pure il dramma dei rientri forzati, in seguito a fallimento, crisi economiche generali, interventi dell'autorit statale che restituisce l'emigrante al suo paese d'origine. Se l'emigrazione un fatto sempre negativo, pieno di rischi e di pericoli, immaginiamoci cosa provano coloro che (magari dopo 20-30 anni di vita all'estero) sono costretti a fare il viaggio del ritorno. Tornano al proprio paese, ma trovano spesso freddezza, indifferenza, se non ostilit. Trovano difficolt d'inserimento, nella ricerca d'un posto di lavoro e d'una abitazione. I giovani, nati in altri paesi e quindi con mentalit ed usanze diverse dalle nostre vanno incontro a sofferenze nello
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sforzo di adattamento nelle scuole e nella societ. Ebbene, tutti coloro che hanno possibilit ed occasione di farlo, devono sentire il bisogno di dare una mano a questi emigranti che ritornano, d'aiutarli in tutti i modi, e soprattutto d'aprire loro il cuore con un sorriso di carit e di fraternit cristiana.

26. Sacristi Categoria di penitenti che non frequenta molto il sacramento della Penitenza (per un complesso di ragioni) pur avendone forse non poche occasioni. Eppure avrebbero tanto bisogno del confessore, delle sue cure, e di cure particolari perch esercitano una professione delicatissima. Sono materialmente i pi vicini a Dio, perch servono continuamente all'altare del Dio Incarnato ed Immolato, ma per molti c' pericolo che questa vicinanza sia sempre meno sentita. Assueta vilescunt se non c' sforzo personale per coltivare la vita interiore. Mi consta che qualcuno, lasciato per anzianit l'ufficio, non ha pi frequentato la Messa: segno che il suo servizio non era che esteriore, non implicava nessuna convinzione soprannaturale, non aveva un'anima. tristissimo. 1. Negligenza, trascuratezza, pigrizia, omissioni nel proprio lavoro, sono mancanze contro i doveri di questa professione, come d'ogni altra. Quel che pi importa andare alla radice di questi difetti. 2. Mancanza di fede viva, d'un profondo spirito religioso. Certe genuflessioni appena abbozzate, magari correndo, il parlare a voce alta abitualmente (appena cessano le liturgie), il non sostare mai mai mai, un istante, soli, in preghiera e adorazione, dinanzi al tabernacolo, sono alcuni sintomi di deficiente piet e di vuoto interiore. Si direbbe poi che il sacrestano, proprio perch sacrestano, si trova nella condizione (o tentazione che dir si voglia) d'attendere pi agli altri che alla propria vita spirituale. Quando in chiesa non riesce mai a star quieto ed a raccogliersi perch pensa sempre all'andamento delle funzioni. E quando le funzioni sono finite ci sono le faccende ch'egli cerca naturalmente di sbrigare con una certa sveltezza per prendersi poi un po' di riposo e di libert. Omelie ne ascolta ben poche e le ascolta male; qualcuno, 480

forse, non ne ascolta mai: per ima ragione o l'altra approfitta della predica per assentarsi e ritornare orologio alla mano e orecchie agli altoparlanti appena finita. La Messa spesso l'ascolta a pezzi e quasi sempre in stato di tensione e distrazione: deve star attento a chi celebra e a chi partecipa alla celebrazione perch tutto si svolga ordinatamente e tempestivamente; deve raccogliere le elemosine... I sacramenti li frequenta poco perch dal parroco o dagli altri sacerdoti coi quali tratta ogni giorno preferisce non confessarsi (ed giusto). Ma il male che quando si comincia a rimandare Confessione e Comunione e si perde l'abitudine di riceverle periodicamente facile cadere in una certa indolenza e non decidersi mai, neppure quando capiterebbe l'occasione buona di qualche sacerdote estraneo, di qualche missionario o predicatore. Avviene per l'anima come pel corpo: se si lascia lo stomaco troppo a digiuno, se non si osserva un certo orario nei pasti, si perde la vitalit, si perde anche l'appetito del cibo; se si rinuncia al sonno all'ora normale si stenter a prenderlo anche se la stanchezza cresce, anche se il bisogno di riposo diventa estremo. 3. La mancanza di fede e di pratica religiosa spiega tanti comportamenti disgustanti. Viso scuro, risposte aspre; rifiuto a chi chiede la Comunione in ora o momento scomodi. Mancanza di pazienza e di autocontrollo. Poco compatimento (con l'aggiunta, forse, di qualche scapaccione) nel trattare coi fanciulli che vengono per servire all'altare e talvolta si comportan con vivacit e spensieratezza (come tutti ci siamo comportati a quell'et): vivacit, segno di sanit fisica e spirituale. Ma certi sacrestani e certe perpetue per non aver fastidi possono creare il deserto intorno al parroco. Non hanno una fede che fa loro scorgere la preziosit delle anime; mentre soprattutto importa che queste non si allontanino e non si perdano. Noto fra parentesi che non solo fra i laici secolari, ma anche fra i religiosi che si trovano sacristi i quali lasciano a desiderare. Scontrosi, lunatici, senza rispetto per i sacerdoti: si saluta e non rispondono, si rivolge loro la parola, si chiede qualcosa e rispondono seccati voltando la schiena... In sacrestia bisognerebbe trovare persone che abbiano un po' di educazione, ancor prima che di piet. Problema difficile. Si stenta gi sento dirmi dai parroci a trovarlo un sacrestano. Ci vuol altro a pretendere che abbia le doti del sacrestano ideale! . S, per bisognerebbe anzi481

tutto aver la cura di individuare qualcuno che potrebbe esser idoneo; poi prima di nominarlo cercar d'istruirlo e di formarlo avvisandolo che, per intanto, si prova per vedere come si trover. E, quando fosse sufficientemente formato, allora nominarlo. Ed anche dopo nominato, non tralasciare, per quanto possibile, il lavoro di assistenza spirituale per un perfezionamento continuo della persona e delle sue prestazioni. 4. C' anche il sacrestano che, quando si decide ad aprire la sua anima ad un confessore di passaggio, gli d del filo da torcere. L'occasione fa l'uomo ladro. Non improbabile che qualcuno ceda alla tentazione di sottrarre nascostamente elemosine o qualche altro oggetto che vien usato o consumato in chiesa. Quando se ne confessa addurr forse le sue ragioni scusanti. Se realmente la paga fosse inadeguata si potrebbe pensare anche ad una tollerabile compensazione occulta. Ma ci sono parecchi ma . Intanto, non si pu ammettere che uno si dichiari contento del salario che riceve, e che poi si arrangi sotto banco. Se si trovasse nella necessit, anzitutto dovrebbe manifestare il suo stato e caso a chi pu provvedere. Se non ottiene ricorra pi in alto: c' un vescovo al quale deve premere che le istanze della giustizia sian soddisfatte anzitutto nell'ambito della sua Chiesa locale e, soprattutto, nell'interno del tempio di Dio.

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Parte terza PENITENZA E CONVERSIONE CONTINUA

1. La confessione frequente

Il tema della Confessione frequente connesso con quello della Confessione privata perch nessuno (tanto meno fra i teologi) farebbe questione se si trattasse solo di confessione generica e di assoluzione comunitaria. Ma discutono sulla frequenza alla Confessione specifica auricolare (meno facile, meno comoda, pi impegnativa). Qui si tratta dell'uso del sacramento della Penitenza non necessario. Il consiglio e la raccomandazione, non solo di tutti gli autori ascetici ma della Chiesa stessa, sempre stato (anche per chi non ha peccati gravi e si comunica frequentemente e forse quotidianamente) di ricevere anche il sacramento della Confessione con una certa periodica frequenza, relativamente ai bisogni, condizioni, stato, possibilit del singolo. 1. Anzitutto la dogmatica ci fornisce alcuni principi a sostegno della Confessione frequente. In questo sacramento la stessa causa pu esser sottoposta pi volte al giudizio e pu esser data una nuova assoluzione che giova sempre al penitente (debitamente disposto) perch ottiene ogni volta un'infusione di grazia (la quale di per s avrebbe l'efficacia di cancellare il peccato; di fatto non lo cancella perch gi stato cancellato). Perci, quand'anche il penitente accusi peccati veniali gi direttamente rimessi, il sacramento produce sempre i suoi effetti ed utilit: aumenta la grazia santificante , conferisce la grazia sacramentale (che aiuta ad evitare i peccati per l'avvenire), rimette le pene temporali, dovute alle colpe, o del tutto o parzialmente (secondo la disposizione del penitente), tenuto conto anche delle concessioni che la Chiesa pu ed intende fare mediante le indulgenze. Certamente i peccati veniali multis aliis remediis expiari possunt (C. Trid., sess. XIV, e. 5, D.S. 1680): ricevendo un altro sacramento (come l'Eucaristia, l'Unzione degli infermi) o compiendo una qualsiasi 485

opera buona, atta a suscitare il fervore della carit o a produrre l'infusione della grazia: si ha allora un atto virtuale di penitenza (circa i veniali) dice s. Tommaso (III, q. 87, a. 1): puta cum aliquis hoc modo fertur secundum affectum in Deum et res divinas, ut quidquid sibi occurreret quod eum ab hoc motu retardaret, displiceret ei, et doleret se commisisse, etiamsi actu de ilio non cogitaret . 2. Le conclusioni pratiche ed ascetiche dovrebbero esser ovvie e, per tutti, indiscutibili. Eppure capita di sentire qualche penitente il quale riferisce d'aver avuto dal confessore il consiglio di non confessarsi tanto frequentemente. Questo consiglio non conforme alle costanti direttive e raccomandazioni del Magistero. Nel Catechismo Romano c' al proposito una pagina luminosissima e profondissima. Si legge che la Confessione il modo pi facile con cui il Signore clementissimo ha provveduto alla comune salvezza degli uomini ; che nella Confessione i penitenti aprono il loro animo ad un amico prudente e fedele che pu aiutarli con la sua opera e col suo consiglio ; un uomo che Vicario di Cristo Signore , che obbligato da una legge severissima ad osservare il segreto . Il penitente ha un salvacondotto che gli facilita la Confessione di qualsiasi peccato, presso qualsiasi confessore. Nella Confessione continua il Catechismo il penitente trova le medicine preparate che hanno una forza soprannaturale non solo per guarire la malattia presente ma altres per premunire l'anima contro le facili ricadute nello stesso genere di malattia o di vizio . (Si allude qui alla grazia sacramentale propria del Sacramento). Per tali ragioni il Catechismo conclude decisamente: nient'altro sperimentiamo tanto vantaggioso alla riforma della vita come la confessione frequente (Padova, 1930, p. 235). Pio XII nella Mystici Corporis accenna ad alcuni i quali asseriscono che non da dar tanta importanza alla Confessione frequente delle mancanze veniali perch (dicono) meglio converrebbe alla remissione di queste colpe quella confessione generale che ogni giorno la Sposa di Cristo coi suoi figli a s congiunti nel Signore fa per mezzo dei sacerdoti che stanno per ascendere all'altare di Dio . Che ci siano bens molte e sommamente lodevoli maniere per espiare questi peccati, pacifico. Per afferma l'enciclica l'uso della Confessione frequente anche per i veniali stato indotto dalla Chiesa non senza l'ispi486

razione dello Spirito Santo . Ed aggiunge: Riflettano dunque quelli che fra le file del giovane clero attenuano od estinguono la stima per la confessione frequente. Sappiano che intraprendono un'opera aliena allo spirito di Cristo e funestissima al Corpo Mistico del nostro Salvatore (AAS, 35, 1943, 235). Stanno a provarlo con inconfutabile evidenza i frutti dell'ascetica dei nuovi maestri. Il Vaticano II nel decreto sul ministero e la vita sacerdotale afferma che i ministri della grazia sacramentale s'uniscono intimamente a Cristo Salvatore e Pastore ricevendo fruttuosamente i sacramenti: specialmente con l'atto frequente della Penitenza sacramentale: quest'azione preparata dal quotidiano esame di coscienza quanto mai favorisce la necessaria conversione del cuore all'amore verso il Padre delle misericordie (PO, 18). Il Direttorio liturgico-pastorale , edito dalla CEI nel 1967, ritorna a raccomandare la frequenza alla Confessione specialmente nei tempi liturgici penitenziali. Se opportuno (sia per la comunit che per i ministri) che ci sia anche un orario perch i fedeli sappiano quando possono trovare il confessore in chiesa, per parroco e coadiutori dovranno essere sempre disponibili. Nelle recenti disposizioni della S.C. dei Religiosi (8.XII. 1970) sull'uso e l'amministrazione della Penitenza, si raccomanda che i religiosi, solleciti della propria unione con Dio, si sforzino d'accostarsi al sacramento della Penitenza frequentemente, cio due volte al mese. A loro volta i Superiori curino di promuoverne la frequenza e provvedano perch i membri possano confessarsi almeno ogni due settimane, ed anche pi spesso, se lo desiderano . Nel CJC (e. 595) si leggeva che i Superiori devono curare che tutti i religiosi s'accostino al sacramento della Penitenza almeno una volta alla settimana. Apparentemente c' quindi una riduzione e quanto alla forza di questa disposizione e quanto alla materia, cio alla frequenza della Confessione. Prima si riteneva una regola d'obbligo (e per questo il superiore poteva vigilare ed intervenire perch fosse osservata). Per (come tutte le regole in quanto tali) non era, per s, obbligatoria sotto pena di peccato. Ora regola di consiglio: quindi affidata alla responsabilit del singolo. Comunque sostanzialmente non c' differenza: resta sempre il consiglio della Confessione frequente; niente di meglio se anche pi frequente che due volte al mese. In un documento pastorale in data 11 marzo 1972 la CEI ritorna sull'argomento della Confessione frequente. Sempre in 487

ordine alla conversione, la misericordia del Padre ha affidato alla Chiesa un particolare strumento di riconciliazione, di grazia e di vigore spirituale: il sacramento della Penitenza. Vivace e per molti aspetti positiva la problematica esistente in Italia intorno alla Penitenza. Nella ricerca teologico-pastorale relativa a questo sacramento, pur tra non poche incertezze, vanno emergendo orientamenti validi: l'accento pi vivo sulla dimensione comunitaria del peccato e della riconcializione sacramentale, sulla conversione interiore quale traguardo primario della penitenza, sulle celebrazioni penitenziali come efficace preparazione alla confessione e all'assoluzione. Si deve tuttavia rilevare che l'accesso alla confessione sacramentale, soprattutto da parte dei giovani e degli adolescenti, si va facendo pi raro. E maggiormente addolora che la gravit di questo fenomeno sembra non avvertita anche da educatori cristiani, sacerdoti compresi (OR, 25.111.1974, p. 4). La S.C. per la Dottrina della Fede nelle Norme circa l'assoluzione sacramentale in forma collettiva (AAS, 64, 1972, 510514) ammonisce i sacerdoti che non si permettano di dissuadere i fedeli dalla pratica della Confessione frequente o di "devozione". Al contrario mettano in luce i suoi abbondanti frutti per la vita cristiana . E si cita il monito di Pio XII nell'Enciclica Mystici Corporis. Si raccomanda quindi ai presbiteri di mostrarsi sempre disposti ad ascoltare le confessioni, tutte le volte che i fedeli ragionevolmente lo domanderanno . Ed aggiunge due motivi, uno interiore, l'altro esteriore: bisogna assolutamente evitare che la Confessione individuale sia riservata ai solo peccati gravi: ci priverebbe i fedeli del frutto ottimo della Confessione; e poi nuocerebbe alla fama di coloro che si accostano singolarmente al sacramento (n. XII). Nel Docum. Past. della C.E.I. del 12.VII.1974 si ritorna su questo problema bisognoso di chiarificazione : la frequenza al sacramento. Si nota che specialmente fra i giovani si va diffondendo l'uso di stare per lungo tempo lontani dalla Confessione, accostandosi ugualmente all'Eucaristia; altre persone invece non fanno la Comunione senza essersi ogni volta prima confessate. Le disuguaglianze in merito, nel pensiero e nella prassi dei fedeli, anche impegnati, trovano quasi sempre la loro origine nella diversit di opinioni su un punto di tanta importanza (n. 28). In questa analisi del comportamento religioso circa la Confessione, e sulle cause, il Documento aggiunge che stanno inoltre diffondendosi esperienze di revisione di vita comunitaria, che sembrano 488

sostituire la celebrazione del sacramento o sminuirne l'importanza e il valore (n. 29). Si esortano quindi in particolare <c Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e anime comunque consacrate al servizio di Dio e dei fratelli a ravvivare di continuo lo spirito di penitenza nella pratica frequente del sacramento (n. 109). E se nei fedeli si lamenta la poca frequenza, d'altra parte il citato Documento rileva che dall'inchiesta socio-religiosa promossa dalla C.E.I. risulta piuttosto frequente la difficolt di trovare sacerdoti, che pur essendo liberi da altri impegni pastorali, si prestino per le confessioni. stata inoltre segnalata la grande difficolt di un dialogo tranquillo e sereno fra sacerdote e penitente. Per questo e per altri motivi, derivanti da discutibili impostazioni teologiche, si nota in alcuni sacerdoti stanchezza e sfiducia nell'esercizio di questo ministero loro proprio della riconciliazione (n. 25). E infine alcuni suggerimenti di pedagogia pastorale: un orario opportunamente prefissato, in base alle possibilit concrete dei fedeli: un orario nel quale i fedeli troveranno certamente il sacerdote disponibile (n. 93); il luogo della celebrazione sia dignitoso e funzionale (n. 94): insomma si cercher di curare nella normativa del tempo, del luogo e del modo della celebrazione tutto quanto pu facilitare l'accesso dei fedeli al sacramento (possibilmente fuori della celebrazione della Messa), tutto quanto pu far apprezzare l'importanza insostituibile, nella vita spirituale, di questo mezzo, far sentire ai penitenti la verit e la dignit di questa celebrazione: tutto, dall'abito liturgico del confessore all'atteggiamento in genere di sacerdoti e fedeli, deve essere rispettoso dell'azione sacramentale (n. 94). E poich rimane per tutti obbligatorio il ricorso almeno annuale al sacramento della Penitenza, che viene a coincidere abitualmente con la Comunione pasquale, ne deve essere particolarmente curata la celebrazione; se preparata con impegno, scaglionata nel tempo ed eventualmente distinta per categorie o gruppi di fedeli, la Confessione annuale potr svolgersi con dignit e calma... Le celebrazioni comunitarie della Penitenza, fissate in qualche feria quaresimale o in prossimit del Triduo pasquale, sembrano la forma pastoralmente pi valida per meglio distribuire nel tempo e pi adeguatamente celebrare con frutto le Confessioni annuali (n. 110). Queste celebrazioni si potranno tenere molto opportunamente anche in occasione delle grandi feste sia della Chiesa universale che di quella locale (n. 111). E perch i singoli fedeli abbiano sempre la possibilit di confessarsi quando 489

10 desiderano auspicabile che almeno nelle citt pi ricche di luoghi sacri e pi dotate di clero, venga designata una chiesa in cui i fedeli trovino abitualmente comodit di celebrazioni e di sacerdoti (n. 113). Nella lettera (firmata dal Card. Villot) che Paolo VI ha fatto pervenire alla XXVI Settim. Lit. Naz. (OR, 27.VIII.1975, p. 1) si legge: C' purtroppo chi tiene in poco conto la Confessione frequente: ma non questo il pensiero della Chiesa. Anche il nuovo rito raccomanda la Confessione frequente, presentandola come rinnovato impegno di accrescere la grazia del Battesimo, e come occasione e stimolo per conformarsi pi intimamente a Cristo, e per rendersi sempre pi docili alla voce dello Spirito; anzi, come il Sommo Pontefice ha sottolineato nella sua Esortazione Apostolica sulla gioia cristiana, la Confessione frequente resta una sorgente privilegiata di santit, di pace e di gioia (AAS, 67, 1975, p. 312) . Ma naturalmente i sacerdoti non potranno esser con entusiasmo disponibili alle Confessioni dei fedeli se non praticano per primi, con sincera convinzione, la frequenza al sacramento. Nella dichiarazione finale del gruppo di lingua francese, al III Sinodo dei Vescovi ottobre 1971 c'era, fra l'altro, questa forte affermazione: Senza essere un monaco, il sacerdote deve sforzarsi di vvere in una adesione senza riserve al Signore. L'intimit con il Cristo a prezzo d'un costante controllo del cuore e dei sensi. L'esame di coscienza si rivela dunque indispensabile, come una regolare frequenza del sacramento della penitenza . 3. Ma a queste ed a tante altre ufficiali ed indiscutibili dichiarazioni del Magistero, alcuni sembrano attendere ben poco. 11 fatto pi grave che oggi la minor frequenza alla Confessione non solo dovuta a soggettivi timori, superficialit, trascuratezza, ignoranza, dei penitenti singoli, ma difesa da scrittori che si distaccano da tutta la tradizione della Chiesa. I quali credono di aver argomento di ordine teologico, morale, ascetico, pratico, per affermare che la frequenza alle confessioni pu opportunamente diminuire (AA.VV., La penitenza..., o.c, p. 118). A questa conclusione pu giungere chi pensa che, in morale, non tanto da considerare i singoli atti peccaminosi, ma la opzione fondamentale, o disposizione abituale che dir si voglia. Come in un film non son tanto le singole immagini che han valore, quanto il senso del film intero. Ad una morale 490

degli atti si sostituirebbe cosi una morale della disposizione: ed soprattutto il regresso nella disposizione morale abituale, dicono, che va esaminato. Per difficile giudicare quale influsso abbiano i singoli atti cattivi nelle disposizioni fondamentali. Per vedere se si regredisce realmente occorrer una considerazione a distanza, di quando in quando. Quindi, si conclude, non il caso di confessarsi tanto spesso dei singoli atti (cfr. Orientamenti per un rinnovamento della pratica penitenziale, a cura della Comm. Dottr. della Confer. Ep. e Past. Lturg. del Belgio, trad. it. LDC, 1974, pp. 14 ss.). Ma questo ragionamento sbagliato e nelle premesse e nella conclusione. Come per gli atti buoni che cresce la grazia santificante, cosi per gii atti cattivi che essa si spegne od almeno diminuisce la vita dello spirito. poi dalla ripetizione degli atti che si formano le abitudini. Pertanto pienamente giustificato l'esaminarsi, il pentirsi, il proporre, il fare la Confessione di atti che, altrimenti, ripetuti, porterebbero agli stati ed alle disposizioni cattive. Motivi psicologici e pratici che possono influire nella rarefazione delle confessioni. E umiliante raccontare ad un altro uomo le proprie intime miserie. Per questo al posto della Confessione individuale, si preferirebbe quella comunitaria generica. Certamente la Confessione costituisce un atto d'umilt, ma anche una liberazione se il confessore, oltre ad esercitare la funzione di giudice consapevole di rappresentare il Padre che accoglie il figliol prodigo e di rappresentare il Cristo che salva l'adultera dalla pena della lapidazione e la indirizza sulla via della redenzione. Del resto, a chi ritenesse che l'uomo moderno non sopporti pi una mediazione sacerdotale nei suoi rapporti con Dio e vorrebbe una Penitenza ridotta all'interiorit, si deve rispondere che l'uomo non solo spirito e quindi, se veramente pentito, sente il bisogno per un desiderio della natura di manifestare il suo stesso sentimento a qualcuno dal quale attende una rassicurante parola di conferma e di conforto: sta tranquillo, sei perdonato, il peccato distrutto . Perci non bisogna ridurre la Confessione ad una pratica esteriore, burocratica, ma neppure soddisfarebbe l'uomo una Penitenza ridotta solo ad un atto del cuore. Dio, istituendo il sacramento, venuto incontro alla natura dell'uomo ed ha facilitato la remissione dei peccati. Ma si obbietta ancora se non umiliante, monotono raccontare sempre le stesse mancanze al confessore, 491

A questo proposito bisogna dire che chi credesse di voler trovare sempre qualcosa di nuovo per evitare la monotonia, non avrebbe capito che la vita morale cristiana domanda praticamente all'uomo proprio il coraggio di ripetere sempre gli stessi propositi, instancabilmente. Ma si ribatte non bastano i propositi. E l'esperienza attesta la carenza di quei frutti che si dovrebbero sperare dalla Confessione frequente. E la ragione -*- si dice che questi penitenti, sapendo di aver a disposizione un facile mezzo per ottenere il perdono, s'impegnano meno nella lotta contro il peccato. Meglio sarebbe quindi (concludono) insistere sull'importanza della penitenza come virt, anzich sulla pratica del sacramento. Ma anzitutto da respingere l'accusa che coloro i quali hanno l'abitudine alla Confessione frequente sono come tutti gli altri. Sia pur gradatamente, sono in via di miglioramento; se non altro, evitano di diventare peggiori; se non altro, conservano il senso del peccato (ed gi molto, specialmente oggi). Ricadono nel peccato? Ebbene: ci avviene semplicemente perch fragile la natura umana e libera la volont. Nel momento in cui si confessa, il penitente propone di non peccare. Il suo proposito (si presume) sincero. Quando pecca sa che incoerente e si procura il suo male: mistero della debolezza e della libert umana. Ma nella Confessione l'inesauribile bont di Dio ci aiuta a risollevarci: mistero del peccato umano e della risurrezione soprannaturale. Ma per risorgere necessaria la grazia: la grazia preveniente invita il peccatore a risorgere e, mediante di Sacramento, opera l'effettiva risurrezione nel modo piti sicuro e pi facile. Da inchieste condotte recentemente sull'argomento risulta che specialmente i giovani riconoscono sinceramente l'efficacia insostituibile della Confessione privata e della direzione spirituale; e son d'accordo che se quest'efficacia vien meno solo perch ricorrono al sacramento troppo irregolarmente, cambiando ogni volta confessore. Parlo di giovani che han fatto una qualche esperienza personale della vita cristiana, dei pericoli che la minacciano; e di quei giovani che spontaneamente parlano di quanto pensano, senza le prevenzioni inoculate da qualche moralista odierno. La Penitenza poi, come virt se implica fede, speranza, amore di Dio toglie il peccato, senza dubbio. Nulla di meglio se ancor prima dell'assoluzione si producono queste abituali disposizioni. Ma sar facile questa conversione intima senza il
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sacramento? Avverr quanto prima? Avverr immediatamente dopo il peccato? Il sacramento resta il mezzo pi facile per la trasformazione interiore. Pi facile e pi efficace perch ristabilisce tutto l'apparato soprannaturale appena c' il minimo di dolore richiesto ad ottenere il frutto. Si sentir indotto ad una vita di penitenza chi non ha l'aiuto della Confessione e della Comunione? Ma son sempre le stesse quattro vecchie dice qualcuno; hanno altri mezzi per ottenere la remissione dei peccati veniali; abituiamole a non disturbare il confessore, a disporsi meglio all'Eucaristia... . Per farla corta e non ripetere tutte le ragioni gi addotte, a coloro che portano siffatte giustificazioni si deve rispondere semplicemente: ognuno che chiede ragionevolmente di confessarsi ne ha il diritto; ed il confessore deve prestarsi perch i penitenti ricavino il frutto proprio di questo sacramento (e non rimandarlo ad un altro sacramento). Si obbietta ancora: sono per lo pi fanciulle e fanciulli i quali, o vengono a confessarsi come vanno a giocare, oppure trovano nella Confessione l'occasione per sviluppare in s un'ansia morbosa del peccato . Ma non giusto generalizzare sulla mancanza di consapevolezza dei fanciulli nella loro pratica sacramentale. Anche se non lo dimostrano, essi sono permeabili dalla parola di Dio. La fobia della colpa e lo scrupolo, poi, sono una eccezione. Ed il confessore sapr curare questi stati e trattare debitamente qualche soggetto ipersensibile. Non offre anche questo rimedio la pratica sacramentale se il confessore intelligente ed esperto? I fanciulli devono piuttosto esser accuratamente istruiti, ma non privati della Confessione. Devono aver in merito idee giuste: conservino il santo timore del peccato cosicch n ritengano superflua la Confessione n siano ghermiti da incubi irragionevoli, ad esempio circa la sufficienza dell'accusa, la gravit di ci che grave non , i peccati veniali dimenticati... Ma s'insiste che vantaggio psicologico pu dare l'amministrazione d'un sacramento ridotta (come il pi delle volte) ad una formula sbrigativa? . Sarebbe da chiedersi: e chi l'ha ridotta ad una formula sbrigativa? I penitenti, la Chiesa, oppure certi confessori? Sta il fatto che i penitenti si lamentano proprio di questi confessori sbrigativi. Quando trovano un confessore che s'interessa della loro vita spirituale non lo lasciano pi. Si pu concludere mestamente che se continuer (od aumenter) questa rarefazione delle Confessioni, anche le Comunioni 493

diminuiranno. Ed anche la santificazione del giorno festivo sar meno sentita e praticata. Perch osservava Jungmann Domenica ed Eucaristia appartengono l'una all'altra. La Messa in prima linea fatta per la Domenica, e la Domenica trova il suo pieno senso nella Messa. Nere previsioni fantastiche? Ci sono fatti e indizi concreti. Qualche anno fa giunse da Bonn la notizia che l'Ufficio Centrale della Pastorale per i giovani aveva domandato alla Conferenza Episcopale Germanica di prendere posizione in merito alla Messa domenicale per i giovani e di permettere di sostituirla con una celebrazione ecumenica della Parola. Pensavano di poter soddisfare cosi all'obbligo della Messa e della santificazione della festa. Il card. Doepfner, quale presidente della Conferenza episcopale, rispose che non si possono diminuire gli obblighi e le esigenze della fede, sacrificandoli alle tendenze del nostro tempo. Vi sono buone speranze nella giovent cattolica, ma la fede viene minacciata dal pericolo di riduzione a traguardi esclusivamente terreni. La Messa domenicale non soltanto un obbligo ma una necessit per nutrire la vita della fede. Tanto meno le eventuali celebrazioni ecumeniche della Parola in riunioni di fine settimana possono sostituire la celebrazione eucaristica domenicale (OR, 26-27.XI.1973, p. 2). Si facili a criticare il passato, in particolare la prassi della Confessione prima della Comunione in giorno di festa, da parte di chi non aveva forse peccati gravi certi. Ora, pu darsi stato osservato che i nostri padri non avessero idee teologiche profonde e quei grandi motivi della santificazione della Domenica (richiamati dall'ultimo Concilio). Per la Domenica e le altri feste rimanevano i punti salienti della vita spirituale della stessa comunit; i sacramenti erano maggiormente frequentati, l'istruzione catechetica era impartita con vero amore (P. Felici, Questo il giorno che ha fatto il Signore, OR, 1-2.X.1973).

2. Confessione e direzione spirituale Confessione frequente e direzione spirituale: i due argomenti sono in pratica connessi. Il confessore non solo giudice: anche medico e consigliere spirituale. Ed il primo consiglio spirituale non pu esser che quello della frequenza alla Confessione. Confessione che, insieme alla Comunione, efficacissima medicina. Anzi, in 494

molti casi, si deve dire che mezzo necessario per vincere il peccato grave, perch altri mezzi altrettanto efficaci ed altrettanto facili non si danno. Specie per i giovani: perch si liberino da certe catene del vizio e, anzitutto, perch sappiano resistere alle passioni e non ne diventino schiavi. Confessione e direzione spirituale sono, poi, connesse perch nessuno come il confessore abituale pu conoscere i bisogni spirituali di un'anima che vuol esser guidata. Tutti i maestri d'ascetica consigliano che (tolti i casi di necessit o d'evidente utilit) la direzione spirituale sia fatta a voce e non per iscritto; e che, in genere, il sacerdote se deve scrivere si limiti a dare alle sue lettere il carattere d'una risposta, per quanto possibile breve, completa (senza riferimenti ad altre sue lettere). Nella corrispondenza tra Vincenzo de' Paoli e Luisa de Marillac abbiamo l'esempio di riscontri scritti al margine o alla fine della stessa lettera che il santo aveva ricevuta. Sant'Ignazio, nel dicembre del 1542 dopo aver, come al solito, ben ponderato vantaggi e pericoli dava ai membri del suo Ordine precise direttive in materia di corrispondenza. Faceva notare che cosa delicatissima. Quanto raccomandava lo metteva per primo in pratica. La sua corrispondenza con donne molto scarsa M (a differenza di quella di s. Francesco di Sales con la Chantal). Usava la massima diligenza curando non gi lo stile ma la sostanza: l'esattezza e la chiarezza del pensiero. Dunque, di norma, direzione spirituale a voce. E per le donne senz'altro meglio per molteplici ragioni che, di massima, sia data brevemente in confessionale in occasione della loro Confessione. sufficiente ed efficacissima. Purch, evidentemente, abbia una certa periodicit. Ma non solo le donne, anche gli uomini devono vedere e trovare nel confessore, oltre al ministro della grazia, anche il consigliere per una vita pi fervorosa, l'amico prudente e fedele (come si esprime il Catechismo Romano, p. 235). Allora faranno con frequenza la loro Confessione sacramentale. Certo la direzione spirituale non il motivo primario per il quale consigliata la Confessione frequente. Ma non si pu neppure ammettere incondizionatamente quanto stato scritto: che i vantaggi della direzione spirituale possono essere per23

Delle quasi 7.000 lettere che scrisse, 89 sono indirizzate a donne (cfr. H. Rahner, Ignazio di Loyola e le donne del suo tempo, Milano, 1968, p. 743).

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seguiti con maggior efficacia fuori del confessionale (AA. W . , La penitenza..., o. e, p. 120). La direzione spirituale oggi messa sotto accusa insieme alla Confessione. Nel modo come sono state praticate finora si dice avevano assunto un'indebita importanza. Si finiva per nascondere ci che costituisce la parte preminente del rito sacramentale: l'azione del Cristo riconciliatore. E si dimenticava (e si faceva dimenticare) l'interiore istinto dello Spirito: la prima guida delle anime. Queste critiche per sono esattamente contrarie a quelle che lamentano la poca importanza che si sarebbe data all'opus operantis per tutto attendere dall'opus operatum. Simili contraddizioni fanno pensare quanto validi siano i fondamenti dell'odierna contestazione in questa materia. da dire invece che ogni sacramento vuole una collaborazione dell'uomo colla grazia: tutto ci che aiuta la corrispondenza umana va apprezzato; fra questi mezzi c' la direzione spirituale, prudentemente praticata: con attenzione all'inizio ispiratrice della grazia e con rispetto della personalit umana. Ci importa un trattamento diverso da anima ad anima. Non si pu, come il vasaio, dare una formazione a stampo. Il lavoro del direttore spirituale deve svolgersi in spirito di collaborazione e senso di corresponsabilit. Non entriamo ad analizzare a fondo questioni accademiche: se la direzione spirituale sia o no necessaria alla perfezione; se si debba o no obbedienza al direttore spirituale. Vi accenniamo soltanto. I. La necessit assoluta non consta: non mancano altri mezzi specialmente quando la direzione spirituale venisse a mancare per ragioni indipendenti dalla volont umana: Come si son santificati innumerevoli solitari nelle grotte e nei deserti, senz'altri direttori che gli uccelli e le piante?... Quando il direttore manca, non manca Dio... Egli non pu rifiutarsi a chi lo cerca con tutto il cuore (Sant'Alfonso, Lettere, I, Lilla, 1888-98, p. 188). Ma pure certa l'estrema utilit della direzione spirituale per un'anima che pu avere a sua disposizione un consigliere pio, dotto, equilibrato, sperimentato. Ed sbagliato il pensare che ne abbiano bisogno specialmente i caratteri deboli, timidi, incerti. Forse ne avrebbero pi bisogno i forti, i coraggiosi, i decisi. Appunto perch sono coloro che si fidano troppo di s. Cosi pure coloro che sono chiamati a comandare (o sono fatti, come si dice, per comandare) dovrebbero spesso ricorrere ad un illuminato e sereno consigliere. San Bonaventura in un punto
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dell'opuscolo De sex alis Seraphim ha cercato di enumerare tutte le virt che sarebbero necessarie perch uno possa ritenere di non aver bisogno d'un maestro (virt quali una scienza tale da non errare in ci che necessario sapere, un empito di fervente devozione, un amore per il bene che faccia quasi naturalmente aborrire da ogni male, l'umilt in tutto, la stabilit). Ma conclude: siccome difficile trovare simili anime, perci a pochi conviene vivere senza il giogo dell'obbedienza. Perci necessario che anche coloro che sono al governo di altri, siano essi pure per poter agire meglio, pi cautamente guidati da qualcuno, fino al sommo Pontefice di tutti che vicario di Cristo capo di tutta la Chiesa militante (Opera omnia, V i l i , Quaracchi, 1898, p. 132). Scriveva Pio XII nell'Esortazione Apostolica Menti nostrae del 23.IX.1950, ai sacerdoti: E qui... riteniamo opportuno rivolgervi un'esortazione: entrando e progredendo nel cammino della vita spirituale non vi fidate troppo di voi stessi, ma con animo umile e docile, ricevete consiglio e domandate aiuto da chi con saggia direzione pu guidare l'anima vostra, pu preavvisarvi degli imminenti pericoli, suggerirvi gli idonei rimedi ed in tutte le difficolt insorgenti dall'interno e dall'esterno, pu condurvi rettamente ed avviarvi a perfezione ogni giorno maggiore... Senza queste prudenti guide dello spirito, in via ordinaria (plerumque) difficilissimo assecondare in modo retto gli impulsi superiori dello Spirito Santo e della grazia divina (AAS, 42, 1950, 674). Ci sono poi circostanze speciali nelle quali un uomo umile e di buon senso spontaneamente ricorre al consiglio d'una persona assennata. Quando attraversa momenti di prova e di sofferenza acuta (anche per disgrazie naturali): non secondo l'economia della Provvidenza che si attenda solo il suo diretto intervento e si trascurino i mezzi umani. Quando si tratta di scegliere uno stato di perfezione (come potrebbe esser per un sacerdote la vita religiosa); quando, nella vigna del Signore, un operaio intraprende un'opera difficile a cui gli pare di sentirsi chiamato; quando un sacerdote avesse in animo di concorrere ad un ufficio, avere una carica che pu riservargli sorprese e rischi; per un pastore d'anime, prima di prender una decisione che pu esser utile ma anche disgustare ed allontanare molti parrocchiani; prima di reagire rispondendo pubblicamente ad una critica: atto che pu esser tanto vantaggioso come svantaggioso. Nel decreto del Vaticano II sul sacerdozio si afferma esser 497

estremamente utile una diligente e prudente direzione spirituale per il discernimento e la preparazione di coloro che sono chiamati al sacerdozio {PO, 11). Anche negli ordini religiosi (dove pur ci sono altre guide e tanti aiuti) l'opera del direttore spirituale non potr mai essere pienamente sostituita. Il CJC (e. 891) proibisce espressamente al sacerdote il quale sia maestro dei novizi, di ricevere la loro sacramentale Confessione (eccetto casi particolari per gravi ed urgenti ragioni). D'altro canto novizi e novizie non sono tenuti a manifestare lo stato intimo della loro coscienza (peccati, passioni, cattive inclinazioni) al maestro o alla maestra di noviziato: e questi non possono indurli n direttamente n indirettamente a tale rivelazione. Perci il direttore spirituale conserva il suo ruolo importante e decisivo, nell'istituto, con un ministero che altri non possono sempre efficacemente e liberamente praticare. Con questa funzione egli collabora coi superiori esterni alla preparazione e formazione dei religiosi. Da una direzione spirituale illuminata riceveranno immensa utilit tanto gli indotti come gli intellettuali, tanto chi agli inizi come chi avanti nella via della perfezione, tanto gli anziani (pur maturi d'esperienza) come i giovani (i quali hanno ancora da ricevere una sana formazione spirituale ed, insieme, stanno per fare scelte impegnative e decisive). II. Circa il dovere, o meno, di seguire le direttive del direttore spirituale, non si vede quale titolo egli possa avere per esigere una vera obbedienza. S'intende, in quanto solo direttore spirituale: in quanto confessore pu e deve esigere che il penitente non rifiuti di compiere ci che richiesto ed implicito nella stessa volont sincera di conversione. Per, il confessore, anche come direttore spirituale, va tenuto in particolare stima qualora abbia doti di dottrina e saggezza: i suoi consigli meritano una particolare considerazione. Ma circa un singolo determinato consiglio, il dovere di seguirlo non viene direttamente dall'autorit del direttore spirituale, ma dalla intrinseca saggezza del consiglio stesso. Se una data azione s'impone, quest'obbligo ci sarebbe anche senza la parola del direttore spirituale. Questa non stata che un mezzo, offerto dall'ordinaria Provvidenza, per conoscere il meglio. Per il restante, ognuno deve conservare sempre la sua libert. Quindi, se non ha ragioni per metter in discussione il consiglio ricevuto, l'anima di buona volont lo seguir, come segue la luce ogni sincero cercatore della verit. Nel dubbio, pu 498

ben presumere che il direttore, se dotto, ben informato del caso e spassionato, abbia percezione e giudizio pi di lei. Ma ci possono anche esser certe circostanze che al consigliere sfuggono e certi fatti intimi che egli (per la sua mentalit e le sue ristrette esperienze) stenta a capire e solo l'anima interessata conosce e sperimenta. Il suo consiglio potrebbe allora non essere attuabile, o non il pi giusto. Chiedere un'obbedienza cieca sarebbe pretendere un dovere e un legame che non esistono. E potrebbe significare anche una comoda dispensa da ogni giudizio personale responsabile. In effetti, l'ultima decisione riservata al soggetto (dopo serena riflessione sui consigli ricevuti e sulle proprie possibilit). Ci sono dei casi nei quali (si dice) una obbedienza cieca la via migliore, perch l'anima si trova in particolari difficolt psicologiche, quale uno stato di ansia e perplessit che non le permette una chiara e calma apprensione della realt. il caso degli scrupolosi. Ma sono misure d'eccezione. E da usarsi in materia limitata. III. Oggetto della direzione spirituale saranno tutte le scelte che interessano un'anima, dal punto di vista religioso, morale, ascetico. Ma non sono escluse le scelte di ordine temporale perch possono essere una liberazione ed un aiuto alla vita dello spirito. 1. La pi importante quella dello stato di vita; ed anche quella della professione quia professio est id, quo maxime tota hominis vita regitur et quo ideo maxime manifestatur Voluntas divina circa hunc determinatum hominem ("sors" huius hominis) (L. Hertling, Th. Ascet., Roma, 1944, p. 153). Fine ed obbiettivo ultimo e generalissimo degli Esercizi spirituali di s. Ignazio lodare, riverire, servire Dio {Ex. Esp., 23). Ma fine pi particolare ed immediato la soluzione di qualche problema concreto che in modo speciale interessa un'anima: cercare e trovare la volont di Dio nella disposizione della propria vita {Ex. Esp., 1). L'oggetto totale della electio ignaziana non si restringe alla scelta dello stato ma questa la prima scelta pratica, per chi non l'avesse ancor fatta. Si pu dire che s. Ignazio considera gli Esercizi Spirituali come destinati in modo particolare alla elezione dello stato. La quale dev'esser fatta secondo l'ispirazione dello Spirito Santo, perch c' per ognuno una chiamata interiore. Bisogna mettersi nella condizione di conoscere qual realmente questa chiamata; e poi seguirla fedelmente e 499

prontamente. Per chi ha gi fatto la scelta dello stato, gli Esercizi servono a dare una direzione, un orientamento ed un ordine migliore allo stato gi abbracciato, per sempre pi conformarsi alla volont di Dio. In questa volont di Dio rientra anche la scelta della professione. Abbracciare un lavoro professionale , per molti, doveroso; per tutti coloro che ne hanno le risorse, certamente un mezzo di perfezione. La scelta va fatta in seguito ad un esame e ad un giudizio prudenziale, attendendo a tutte le circostanze dalle quali pu emergere la volont divina. Specialmente i giovani, dunque, avrebbero bisogno d'un consigliere; prima nelle loro scelte, decisive, alcune, per tutta la vita scelta dello stato, della professione, della fidanzata o del fidanzato e poi nei primi incerti passi della loro carriera professionale. 2. Nel campo pi direttamente religioso ed ascetico, l'opera del direttore spirituale mirer ad insegnare l'arte della preghiera ed a formare anime oranti. Orazione personale: non solo quindi pubblica, liturgica, biblica, ma anche privata; non solo orale, ma anche mentale (sia dettata dal cuore, sia suggerita da un libro o dalla parola viva di un predicatore). L'orazione mentale prepara la via a quella liturgica per poi fondersi con questa, gustarla, ricavarne i migliori frutti. Il confessore fervente ed intelligente sa, con una brevissima direzione spirituale, insegnare a certi penitenti ben disposti l'arte di meditare. Gradatamente e dolcemente, senza che se ne accorgano. Potr dapprima suscitare il bisogno d'attingere qualche stimolante pensiero ad un libro adatto (ma oggi facile indicarlo e trovarlo?) e suggerire di leggerlo lentamente, per alcuni minuti, soffermandosi su ci che fa pi impressione, su ci che pi interessa la vita del soggetto. Questo un avvio ed un modo di meditare. Ce ne sono altri. S. Ignazio nella quarta settimana degli Esercizi Spirituali (nn. 238-260) suggerisce tre metodi d'orazione mentale. Il primo si pu chiamare meditazione esame (o esame meditato) ed ha per oggetto la propria vita coi suoi doveri e le sue mancanze. Metodo facile, adatto sia a coloro che sono principianti, sia a coloro che sono molto esercitati nella vita spirituale. Il secondo metodo consiste nel considerare il significato d'ogni parola d'una preghiera come il Pater noster , 1' Anima Christi , il Suscipe Domine ed arrestarsi in questa considerazione finch vi si trovano significati, applicazioni, gusto e consolazione spirituali. Il terzo metodo d'orazione mentale consiste semplicemente nella recita lenta d'una preghiera riflettendo fra un respiro 500

e l'altro, soprattutto al significato di tale parola, od alla persona a cui rivolta o alla meschinit di se stesso od alla differenza fra tanta altezza e tanta bassezza propria (Ex. Esp., n. 258). A tutti poi, anche se non sono capaci di applicare l'intelletto e fare ragionamenti, si pu suggerire la pratica del semplice e brevissimo sguardo a Dio. Non vi chiedo gi scriveva santa Teresa d'Avila, rivolgendosi alle sue consorelle religiose di concentrarvi tutte su di Lui, di formare alti e magnifici concetti ed applicare la mente a profonde e sublimi considerazioni. Vi chiedo solo che Lo guardiate. E chi vi pu impedire di volgere su di Lui gli occhi della vostra anima sia pure per un istante se non potete di pi? (Camino de la perfeccin, e. XXVI, 3). Ed altrove: Voglio dire secondo la mia debole capacit in che consista la sostanza dell'orazione perfetta. Mi sono incontrata con alcune anime che credevano consistesse tutta nell'esercizio dell'intelletto... Non voglio dire... che non sia una grande grazia di Dio poter meditare continuamente sulle sue opere... . Ma aggiungeva che non tutte le anime sono atte di loro natura ad applicarvisi, mentre tutte le anime sono capaci di amare/; L'anima non il pensiero e la volont non governata dall'immaginazione il che per essa sarebbe grave sventura... Il profitto dell'anima non consiste nel molto pensare ma nel molto amare (Fundaciones, e. V, 2). Questi consigli hanno una particolare attualit perch oggi affiora il pericolo non gi che si abbiano idee sbagliate sull'orazione mentale ma che addirittura non la si conosca e non la si pratichi pi. Mentre offerta a tutti coloro che tendono alla perfezione. Oggi c' il pericolo non che ci si rinchiuda nella meditazione intellettualistica, ma che la preghiera vocale, comunitaria, liturgica e le letture bibliche (fatte in modo piuttosto superficiale) non lascino posto sufficiente alla calma riflessione personale, al pensiero ed al senso della presenza di Dio che i santi cercano di avere quanto pi frequente e prolungato possibile. Ed anche oggi possiamo e dobbiamo suggerire ai fedeli questo senso della presenza di Dio. Non solo quando tutt'intorno silenzio, ma anche quando si immersi nel frastuono della citt e pigiati fra sconosciuti. Proprio allora si pu sentire il bisogno di Dio perch osservava uno scrittore francese nel silenzio siamo ancora spesso con noi stessi e con le nostre fantasticherie, mentre nel rumore impossibile ritrovarsi. L'orazione mentale, quando sia prolungata e distribuita (con 501

un certo orario) nell'arco d'una o pi giornate diventer il cosiddetto Ritiro o i cosiddetti Esercizi Spirituali . Nessuno (neppur oggi) pu negare la loro utilit. Per, ai nostri giorni, si tende a vederli non tanto come un incontro nella solitudine e nel silenzio dell'anima sola con Dio solo quanto piuttosto come una sosta in un osservatorio per captare pi distintamente le voci degli uomini e del mondo, per prepararsi a comprenderli ed aiutarli. Perch questo stato scritto il modo con cui Dio si manifesta comunemente oggi agli uomini: attraverso gli uomini ed il mondo... Crediamo che la solitudine ed il deserto continuino ad esser un luogo privilegiato per l'incontro con Dio, ma non possiamo dimenticare il significato del deserto per gli uomini della nostra generazione: non fuga dal mondo, ma una prospettiva nuova del mondo. Non castigo, ma un privilegio. Non un fine ma un "passaggio" (L. Gonzales, Attualit di S. Ignazio, OR, 8.VII.1970, p. 6). Non credo che questa sia l'interpretazione obbiettiva ed autentica che permetta di entrare nel vero spirito degli Esercizi ignaziani; e non credo sia questa la strada per poter giudicare della sua attualit . Il primo fine degli Esercizi Spirituali la ricerca di Dio e della sua gloria. Non gi, direttamente, la preparazione all'incontro e al dialogo con gli uomini, bens lodare, riverire, servire Dio e cosi salvare la propria anima ; tutte le altre cose sono create per l'uomo e per aiutarlo al conseguimento del fine pel quale creato (Ex. Esp., 23). Specialmente oggi troppi hanno bisogno d'apprender di nuovo il silenzio, il raccoglimento, l'ascolto della Parola. Bisogna far rinascere il grande desiderio della preghiera. 3. Formare anime oranti ed insegnar loro la via dell'ascesi mediante l'esercizio della penitenza praticata secondo le circostanze, le possibilit, i desideri di Dio riguardo ad una determinata persona. Ma, per questo, necessario avere il sano ed obbiettivo senso del peccato. Il che suppone il senso vivo del Dio vero. Altrimenti si eluder il faticoso esercizio della riforma personale e della purificazione interiore; ed, invece di parlare anche della Croce, si parler solo di Risurrezione, spezzando cosi l'unit del Mistero pasquale. Ci sono anche le anime generose. E queste, oltre alle purificazioni attive (scelte liberamente) dovranno sopportare anche prove e purificazioni passive (che Dio dispone con la Sua Provvidenza o agendo direttamente o permettendole). Il 502

confessore avvicina necessariamente qualche anima che si eleva ad un grado non comune di perfezione. Per queste qualche prova non mancher: omnino concedendum vide tur nullam animam ad gradum perfectionis paulo altiorem, etiam extra viam proprie contemplativam, ascendere quin aliqua huiusmodi interna probatione a Deo passive purificetur hoc vel ilio modo (J. De Guibert, Th. Spir. Asc. et Myst., Roma, 1939, p. 376). In tali circostanze il bisogno d'una direzione spirituale sar particolarmente sentito. E proprio allora si desidera un consigliere spirituale che sia un uomo di Dio e conosca ed intuisca l'azione di Dio nelle anime.

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CONCLUSIONI

1. Mentre la Chiesa raccomanda la stima del sacramento della Penitenza ed invita a riceverlo con frequenza, ci sono invece scrittori che con speciose argomentazioni praticamente favoriscono una rarefazione delle confessioni. vero che costoro dichiarano di voler direttamente combattere un uso della Confessione considerata come un lasciapassare per l'Eucaristia, della Confessione ridotta ad un atto affrettato e meccanico: insomma intendono correggere la mentalit che si nota dicono in tanti adulti (dai quali viene inculcata ai fanciulli) per cui si va a confessarsi per comunicarsi e non per convertirsi: bisogna ridare al sacramento della Penitenza tutta la sua autonomia, dignit, personalit. Auspicano che la Chiesa non insista pi oltre nell'obbligo di accostarsi con purezza di cuore e con l'assoluzione da ogni peccato grave alla mensa del Signore. Chi fa in pubblico simili osservazioni e proposte pare non si renda conto dei formidabili problemi teologici, e specialmente pratici, che solleva. Si o non si d'accordo che per ricever la Comunione bisogna prima aver purificato l'anima dalle colpe gravi? O si ritiene che la Comunione stessa perdoni il peccato mortale senza che il peccatore ricorra al sacramento della Penitenza? Chi lo afferma segue una teoria che non conciliabile con l'insegnamento della Chiesa (Doc. Past. C.E.I. 12.VII.74, n. 58). Se invece si ammette che non lecito comunicarsi con la coscienza di peccato grave ma si tiene sufficiente che il peccatore riacquisti lo stato di grazia da solo, senza bisogno della Confessione contro la legge ecclesiastica, CJC, e. 856 anche allora bisognerebbe riflettere sulle difficolt e sugli abusi che potrebbero sorgere se questa proposta diventasse una prassi. Innumeri penitenti sentono (o, comunque, hanno) bisogno d'una parola d'orientamento e di direzione spirituale per disporsi con tranquilla e serena coscienza alla Comunione. Da chi, in pratica, potranno averla se non dal confes504

sore? Perch il singolo vuole la parola che fa per lui e non gli pu esser detta da chi propone un comunitario esame di coscienza. E non sar pi facile la conversione con l'aiuto del sacramento della Penitenza che senza? Dobbiamo esser pratici e positivi. Non si pu chiuder gli occhi di fronte ad un triplice pericolo: o che ci si accosti all'Eucaristia senza il dovuto rispetto, o che la si frequenti meno, o che, comunque, si trascuri la Confessione, confidando che l'Eucaristia stessa perdoni i peccati. Ora, la Chiesa ha ripetutamente dichiarato, per mezzo di autorevoli voci, il suo pensiero: tutta la comunit cristiana ... chiamata a ritornare con gioia e con impegnata frequenza a questa fonte sacramentale dell'uomo nuovo in Cristo Risorto (Doc. Past. C.E.I. 12.VII.74, n. 117). 2. Pare poi che non sia da dar troppa importanza alle critiche mosse al fatto di Confessioni sbrigate come un lasciapassare per la Comunione. In fin dei conti non son tutti i sacramenti ordinati all'Eucaristia? Si risponde, da certuni, che basta lo siano in voto . Si, ma tanto pi augurabile se lo sono anche in re . Tutto sta che la Confessione fatta prima della Comunione non si riduca ad un atto affrettato, materiale e meccanico. Ma affinch non sia cosi, perch non si potr far affidamento sulla catechesi alla massa e sulla direzione spirituale dei singoli? 3. Il sacramento della Riconciliazione ... il dono pasquale dello Spirito Santo, alitato dal Signore sugli Apostoli per la remissione dei peccati (Doc. Past. C.E.I. 12.VII.74, n. 117). Lui che per primo muove l'anima a pentirsi e convertirsi. E la Sua azione generatrice di gioia e di pace. Di quella pace che il Risorto ha augurato agli Apostoli quando ha istituito il sacramento della Confessione (Gv. 20, 23). Dio desidera che questo sia un divino strumento di liberazione e di consolazione per le anime. quanto Jiirgen Moltmann, nel suo libro: La Chiesa nella forza dello Spirito, Brescia, Queriniana, 1976, mostra di non aver capito perch come protestante non l'ha sperimentato. Egli afferma che assurdo esigere che questo sacramento che spesso tortura le anime sia ricevuto prima dell'Eucaristia che una celebrazione gioiosa. Scrive: Nella cena del Signore non si pratica una disciplina ecclesiastica ma si celebra, innanzitutto e soprattutto, la presenza liberatrice del Signore crocifisso. In molte chiese, invece, 505

l'ammissione alla comunione viene praticamente congiunta con la scomunica degli altri, fino al punto in cui non si pu accedere all'eucaristia se non stata prima accertata la propria dignit o indegnit. Il problema dell'ammissione alla cena diventa spesso angoscioso. Prima della celebrazione ci si confessa, dunque, e si ottiene l'assoluzione; in tal modo si riesce a conciliare l'aperto, preveniente invito di Cristo con le disposizioni giuridiche e condizioni morali per l'ammissione al sacramento. Quel convivio di Cristo che nei primi tempi si celebrava con tanta gioia ora si tramuta, purtroppo, in un convito di penitenza, cui si partecipa con cuore contrito e compunto. Nessuna meraviglia, allora, se tante persone si scomunicano da s stesse e se anche dei cristiani seri provano vergogna nelPaccostarsi al banchetto. La legalit moralistica distorce il genuino carattere evangelico del sacramento... (pp. 322-323). Certo, chi sa di aver il cuore macchiato di qualche colpa grave deve, per disciplina ecclesiastica, premettere la Confessione alla Comunione perch al convito eucaristico bisogna accedere con l'anima purificata: chiunque manger e berr il calice del Signore indegnamente, sar reo del Corpo e del Sangue del Signore (1 Cor. 11, 27). Difatti non si tratta solo di un rito commemorativo: il pane ed il vino diventano il Corpo ed il Sangue di Cristo. La Sua presenza non solo simbolica e mistica, ma reale e sacrificale. Per la Confessione cancellando il peccato nel modo pi facile e pi sicuro e conferendo la grazia santificante e sacramentale porta proprio la pace che permette una gioiosa partecipazione al banchetto ed una unione felice con l'Agnello Immacolato. Lo confermano tutti coloro che praticano questo sacramento penitenziale. Lo confermano con espressioni singolarmente significative i convertiti al cattolicismo. R. H. Benson nella narrazione del suo viaggio spirituale raccontava che quand'era ancora anglicano alla vigilia di ricevere gli Ordini, si decise a fare la sua confessione presso un prete anglicano. La gioia che segui scrive fu semplicemente indescrivibile. Io andai in una specie di estasi (Confessions of a convert,.London, 1920, p. 38). G. K. Chesterton, convertito dall'Anglo-cattolicismo, cos scriveva a proposito del sacramento della Penitenza: Quando la gente vuol sapere da me (o da qualsiasi altro, veramente): "perch vi siete unito alla Chiesa di Roma?", la prima essenziale risposta anche se in parte incompleta, : "per liberarmi dai miei 506

peccati". Perch nessun altro sistema religioso esiste il quale pretenda davvero di portare agli uomini la liberazione dai peccati... Quando un cattolico ritorna dalla confessione, entra ancora, veramente, per definizione, nell'alba della sua vita iniziale e guarda con occhi nuovi... In quell'angolo oscuro ed in quel breve rito Dio lo ha veramente rifatto a Sua immagine (Autobiography, London, 1937, p. 329). La confessione la fine della pura solitudine e della segretezza (ivi, p. 341). I l Sacramento della Penitenza d una nuova vita e riconcilia un uomo con ogni vivente (ivi, p. 303). Spesso si nota come prima del passo decisivo (che, il pi delle volte, s'esprime e si concretizza appunto nella Confessione) i convertiti sono agitati dal timore di non aver la forza di praticare gli impegni della fede cattolica. E perci molti rimandano la decisione. Cos fu per Agostino. Ma, subito dopo la Confessione l'anima invasa da una gioia (difficilmente riducibile ad un fenomeno puramente naturale) e sente, con suo stupore, l'inclinazione e la forza di fare una qualche rinuncia che le sembrava impossibile. Scriveva una anonima convertita dopo aver narrato il suo passato di peccatrice : ... dovevo rompere una relazione che mi legava da alcuni anni. Una volont che non era la mia mi dava forza ed una certezza assoluta che ci era necessario... Volevo riconciliarmi con Dio; questa idea sola mi avvinceva. Non mi illudevo sulle difficolt di questa confessione. Giacch ho condotto per venticinque anni una vita libera da ogni pregiudizio mondano e sociale, se non morale. Ma a quel momento la speranza di questa riconciliazione era troppo grande per farmi indietreggiare... Preparai con cura la mia confessione. Non potevo dubitare che la gioia conosciuta in quella notte (gioia nel pianto della contrizione e gioia della comunione che segu) era l'introduzione ad una esistenza cos del tutto nuova... Come esprimere la ricchezza inesauribile dei Sacramenti e della Comunione? Bisogna esser al di dentro della grazia per comprendere la serenit e la luce ch'essa procura (J'ai rencontr le Dieu vivant, Paris, 1952, pp. 297-298). Maria Meyer-Sevenich, germanica, 9 converti, durante l'ultima guerra mondiale, dal comunismo alla fede cattolica che aveva abbandonato circa vent'anni prima. Cos descrisse gli effetti prodotti nel suo spirito dalla Confessione generale e dalla Comunione: Sei mesi dopo feci la confessione generale ed il sabato di Passione ricevetti dopo tanti anni il Corpo del Signore... 507

Mi sentii colmare da una pace indescrivibile, quella stessa pace che avevo pregustato per anni ogni volta che mettevo piede in una chiesa cattolica (B. Schafer, Hanno sentito la voce, Milano, 1950, p. 75). Bisogna per notare che se la Confessione deve per s portare all'anima il dono della pace, questa pace quella profonda; non necessariamente quella sensibile. Anzi, alle volte, per cause accidentali contrattempi irritanti, indisposizioni fisiche o psichiche ci pu esser qualche turbamento contemporaneamente al dono della grazia. Ma, superati questi disturbi, la gioia e la tranquillit non si faranno attendere perch sono il frutto naturale della Confessione. 4. Confessore e penitente debbono collaborare con Dio. Confessori disponibili e, per santit di vita, credibili, mossi dallo Spirito; confessori dei quali i penitenti possano dire: Ges... anche noi l'abbiamo qualche volta riconosciuto... Nei suoi sacerdoti, molto spesso... Al cristiano che ha l'abitudine... di inginocchiarsi a caso nei confessionali, accaduto pi volte d'udire la parola inaspettata, folgorante; di ricevere all'improvviso da uno sconosciuto dolce ed umile di cuore... il dono d'una tenerezza divina, una consolazione che non era dell'uomo (F. Mauriac, Vie de Jesus, Paris, Mammarion, 1936, p. 278). Da parte dei fedeli si domanda una grande stima di questo sacramento, la preghiera costante allo Spirito che guidi, illumini, purifichi; si domanda un intelligente e discreto, serio e sereno esame di coscienza sui doveri comuni a tutti i cristiani e su quelli specifici del proprio stato. Coll'aiuto di Dio e del confessore il singolo conoscer la via da seguire per rispondere generosamente all'appello del Signore (C.E.I., o. e, n. 115). Nell'udienza del 23 marzo 1977 Paolo VI anzitutto richiamava che, almeno una volta all'anno, il ricever il sacramento della Penitenza una legge grave della Chiesa tuttora vigente; una legge difficile, ma quanto mai salutare, sapiente e liberatrice: ...il sacramento della Penitenza... si definisce subito il sacramento della risurrezione delle anime morte, il sacramento delle anime redivive, il sacramento della vita, della pace, della gioia . Mentre, senza questo mezzo soprannaturale, un'onesta e obbiettiva indagine sopra le radici interiori dell'umano operare conclude ad uno sconsolato e perfino disperato pessimismo circa l'inettitudine dell'uomo alla virt autentica e stabile . Purtroppo, 508

aggiungeva il Pontefice, dobbiamo... notare una certa progressiva inosservanza di questa prassi sacramentale, con molteplici e notevoli recessioni nella fedelt e nella vivacit della vita cristiana e della consapevolezza della vita ecclesiale. E ci con gravi apprensioni in chiunque, ministro o semplice fedele che sia, ami la realt mistico-sociologica del mistero della nostra inserzione in Cristo, il mistero della grazia, il mistero della nostra salvezza . Perci rivolgeva un'esortazione ai ministri del sacramento ed un'esortazione ai fedeli tutti. Ai ministri del sacramento perch diano all'esercizio pastorale ch'esso autorizza e conforta, l'importanza ch'esso reclama, la stima, il culto, lo spirito di sapienza e di sacrificio ch'esso si merita: la Confessione il sacramento terapeutico per eccellenza, il sacramento pedagogico per la formazione cristiana a tutti i livelli (cfr. Seminarium . n. 3, 1973). Ai Fedeli il Papa raccomandava di sgombrare il proprio animo da ogni diffidenza che la vigente disciplina sacramentale pu suscitare per il suo pratico esercizio. Se oggi la Chiesa autorizza, in certi casi particolari, l'assoluzione collettiva, ricordino che questa autorizzazione ha carattere eccezionale, non dispensa dalla confessione personale, e non li vuole privare dell'esperienza, dei vantaggi, del merito di essa: scuola di sapienza morale, la confessione educa la mente a discernere il bene dal male; palestra di energia spirituale, essa allena la volont alla coerenza, alla virt positiva, al dovere difficile; dialogo sulla perfezione cristiana, essa aiuta a scoprire le vocazioni proprie delle singole anime e a corroborarne i propositi per la fedelt e per il progresso verso la santificazione, propria ed altrui (OR, 24.111.1977).

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INDICE ALFABETICO DELLE PRINCIPALI MATERIE

Abitudinari Significato del termine, 220-221 L'assoluzione degli , 221 Problemi per gli , 221222 Abusi e sanzioni, 144-146 Accusa dei peccati Esame di coscienza, 77-79 Eventuali interrogazioni da parte del confessore, 7577 Con gli impreparati e gli ignoranti, 80-82 Adolescenti e giovani Psicologia degli , 167170 Caratteri propri dei due sessi, 170-171 I problemi degli : la fede, 171-175 I problemi della giustizia e della solidariet, 175-176 Obbiezioni contro il magistero e l'azione della Chiesa circa il problema sociale, 176-182 II problema del rapporto fra autorit e libert,

182-183 La purezza virt cardine e risultante, 184-185; mezzi, 185-187 Indole del giovane e della giovane: problemi relativi, 187-189 La scelta dello stato, 189193 La scelta della professione, 193 Adulti Uomo e donna si distinguono anche nel modo di confessarsi, 194-196 I vecchi, 196 Comportamento del confessore, 196-197 Come guidare i penitenti sulla via della perfezione, 198 Alunni Studio; attenzione e lavoro in scuola, 412 Rispetto agli insegnanti, 412-413 Disorientamento odierno nella scuola, 413 Ammalati e morenti 511

I sacramenti a chi ha perduto i sensi, 260 Intenzione e requisiti per ricevere i vari sacramenti, 260-261 Soggetto dell'Unzione, 262263 Amministrazione della Cresima: facolt, 263-264 Infermi di mente, 264-265 Nuove formule, 265-266 Digiuno eucaristico, 266267 Benedizione Apostolica, 267 Catechesi sulla malattia, 268-269 Assistenza pastorale ai malati, 269-271 La Confessione dei malati, 271-272 Malati difficili, 272-273 Sulla morte apparente, 273274 Sul buon uso della malattia, 274-275 Amore di Dio, 86-87 Amore del prossimo (e di s stessi), 87-88 Amplexus reservatus , 116 Anomalie sessuali, 110-112 Assoluzione Quale giudizio sulle disposizioni del penitente si richiede nel confessore per concedere 1', 129130 Penitenti disposti, non disposti, dubbiamente disposti (oggi), 130-131 Assoluzione e sacramenti in 512

caso di divorziati, 131134 Attrizione Unita al sacramento ottiene immediatamente la grazia, 134-137 Autorit Qualit e virt in chi la esercita, 383-385 Azione con duplice effetto, 64-65 Bestemmia, 86-87 Carcerati Influsso dell'ambiente carcerario sul detenuto, 222223 Struttura psicologica dei , 223 La pratica religiosa dei , 223-224 Carit 7 opere di misericordia, 105 Circostanze dell'atto morale, 61-62 Commercialisti Servizio e missione di bene: qualit richieste, 459-460 La giustizia e la buona fede, 460 Diligenza e prudenza, 461 Rapporti coi colleghi, 461 Segreto professionale, 461 Equo compenso, 462 Commercianti Moralit e pericoli di questa professione, 451-453 Generali norme orientative in materia, 453-454 Casi particolari di morale

nel commercio, 454-459 Il commerciante onesto e cristiano, 459 Confessionali, 31-32 Confessione Necessit, 33-38, 504-505 specifica, 75 generale (prudenza del confessore), 79-80 Rarefazione delle confessioni: cause, 19-23, 509 Apportatrice di pace, 505-508 Confessore Doti: scienza, 54-55; prudenza, 55-56; cuore (compassione, comprensione, amore), 56-59; zelo, 59-60 Il maestro, 72-73 Coniugati Su cosa devono interrogarsi, 288-289 Castit e santit di questo stato, 289-290 Castit richiesta, 291 Amore spirituale, sensibile, sensuale, 291-292 Per una vita felice, 292-294 Diversit di natura fra l'uomo e la donna in materia di sessualit e in altri campi, 294-296 Comprensione e riguardi mutui, 296-298 Prudenza in caso d'infedelt, 298-299 La gelosia, 299-300 Il problema dei figli, 300 Il sistema dell'adozione, 300-301 L'educazione dei figli, 301;

la scelta dello stato, 302; le amicizie, 302; opportuna educazione sessuale, 302; infondere l'amore pel lavoro, 303-304; interessarsi del lavoro dei figli fuori casa, 304 Il lavoro extradomestico della donna, 304-305 Continenza periodica (Metodi

vari), 116
Cooperazione al male Mediata od immediata (onanismo, divorzio) : lecita od illecita, 65-68 Coscienza Da correggersi o meno, 6870 Direzione spirituale Oggi, sotto accusa, 494-496 necessaria?, 496-498 C' obbligo d'obbedire al direttore spirituale?, 498499 Oggetto della : la scelta dello stato e della professione, 499-500; insegnare l'arte della preghiera, 500-502; guidare nella pratica della penitenza, 502-503 Divorziati Assoluzione e sacramenti Cfr. Assoluzione Dolore e proposito Disposizioni del penitente, esortazioni del confessore, 120-121 Senza fretta, 122 Il confessore rettifica idee 513

inesatte sul dolore ed il proposito, 123-124 Cosa implica il proposito richiesto, 124 Proposito e promessa, 124127 L'autentico dolore dei peccati, 125-126 Proporre motivi di pentimento adatti al singolo penitente, 127-129 Domestici Cfr. Padroni Emigranti temporaneamente, 475 Danni spirituali, 475-476 Precauzioni e rimedi, 476477 permanentemente, 477 Prudenza, 477 Difficolt, 478 La formazione di Famiglie , 478 Il missionario degli emigranti, 478 I matrimoni misti, 478 Pericoli specie per le giovani, 478-479 I rientri forzati, 479-480 Esame di coscienza Traccia secondo il metodo migliore, 82-83 Eucaristia e remissione dei peccati, 36-38 Fanciulli Instabilit e ricadute nel peccato, 150 514

Un aiuto ed un amico, 150151 La Prima Confessione ben preparata, 152-153 Senso del peccato e peccato grave nel fanciullo, oggi, 153-155; 158 L'et della discrezione e 1' obbligo di confessarsi e comunicarsi, 154-155 La Prima Confessione non si rimandi a dopo la Prima Comunione, 155-156 Celebrazione non sacramentale e sacramentale della Confessione, 158-159 L'et pi opportuna per la Prima Comunione, 159 Catechesi dei prima della Confessione (amore verso Dio ed il prossimo, preghiera, peccato...), 159164 Accorgimenti nell'atto della Confessione, 164 Esortazioni dopo l'accusa, 156-166 Farmacisti Casi di cooperazione (p. es. nella vendita di strumenti antifecondativi), 436437 Cfr. Medici Fede Crisi e sue cause, 82-83 Difficolt, tentazioni e dubbi di , 84-85 Apparente disperazione, 85 Surrogati della fede e della speranza (droga), 86

Fidanzati Amicizie prima del fidanzamento, 276-277 Requisiti alla scelta prudente: amore pienamente umano (spirituale e sensibile), 277-278; doti spirituali (principi religiosi e morali), 278-281; sanit fisica, 281-282; risorse economiche ed abilit personali, 282-283 Et consigliata pel matrimonio, 283 Durata del fidanzamento, 284 Finalit del fidanzamento; condotta dei , 284-286 Relazioni prematrimoniali, 286-287 Corsi di preparazione al matrimonio, 287 Fine dell'atto morale Non giustifica un mezzo disonesto, 63 Fortezza, 106-107 Frequenza della (Confessione) Principi teologici, 485-486 Documenti del magistero, 486-490 Obbiezioni contro la , 490-494 Furto Materia grave e leggera, 9899 Giornalisti Libert di stampa e postulati etici, 464-465 Necessit d'una cultura religiosa nei , 465

Culto della verit e non della moda, 465-466 Notizie vere ed integre (se giustizia e carit permettono), 466 Prudenza nell'annuncio di notizie dubbie, 467-468 Rettifica di notizie inesatte, 469 Non tutto ci che vero giova, 469 Pericoli nel riferir ipotesi in materia religiosa, 470 Presentare i fatti in modo conveniente, 470-471 Una sana polemica, 471-472 Giuristi Studio assiduo, 445 Discrezione nell'assumere pratiche, 446 Il segreto d'ufficio, 446 I devono dire la verit?, 446-447 Vittorie e sconfitte: ottimismo, 447 Uso del principio del duplice effetto, 448 Problemi riguardanti magistratura e polizia, 449 A servizio dell'umanit sofferente, 449 II giudice. Prove e convincimento personale, 450451 Giurisdizione (pel confessore), 46-49 Giustizia La nell'accusa penitenziale, 94-96 Grazia sacramentale (della Confessione), 38 515

Impiegati Impegno nel lavoro, 395 Rapporti con superiori e colleghi, 395 Relazioni col pubblico, 396 Imprenditori Non devono preoccuparsi solo della questione tecnica ed economica, 396397 Non devono ridurre ogni ideale al lavoro materiale, 400 Doti e virt richieste nei dirigenti, 397-400 Nell'impresa si desidera un clima di fraternit e di famiglia, 401-402 Imputabilit dell'atto umano Prudenza del confessore nel giudicare la responsabilit di un'azione disonesta, 70-71 Industriali (operai) Pericoli della fabbrica, 386 Carenza di pratica religiosa degli , 386-387 Come avvicinarli, 387 Influsso dei compagni non religiosi, 387 Gli atei (una minoranza), 388 Indifferenza religiosa, 388 Errori circa la persona di Cristo, 388-389 Errori circa la Chiesa, 389 L'apostolato del sacerdote, 390 Come incontrare la simpatia dell'operaio, 390-391 516

Come formare dei testimoni cristiani, 391-392 Cosa suggerire in caso di contestazioni, rivendicazioni, scioperi, 392-393 Come comportarsi in materia politica, 393-394 Infermieri ed infermiere C' bisogno di , 413-414 Ma devono possedere particolari doti, 414-418 Il segreto professionale, 418 Obbedienza, disciplina, umilt, 419 In caso di cooperazione ad operazioni illecite, 419420 Buon umore, attenzioni, 420-421 Possono esercitare un benefico influsso sulla vita interiore del malato, 421 Pericoli morali, 421 Insegnanti Una specie di sacerdozio, 406 Preparazione remota e prossima, 406-407 Formazione intellettuale degli alunni, 407-408 Interrogazioni e colloqui, 407-408 Educazione della volont e del sentimento, 408-409 La disciplina, 409 L'esempio, 409 Giustizia, imparzialit, misericordia (esami), 410411 Rapporti coi genitori, 411

In materia sessuale, 411412 Intemperanza Semplici mancanze di gola ed uso d'alcoolici, stupefacenti, droghe, 107 Istituti secolari Natura, finalit, 372-374 Il confessore sappia indirizzarvi chi vi chiamato, 374 Consacrazione all'apostolato, doti, requisiti, 374376 Assistenza spirituale agli iscritti, 376 Non suggerire troppe attivit ai membri degli , 376 Virt specificamente proprie dei membri degli , 377 Momenti di crisi, 377 Il passaggio ad uno stato pi perfetto, 377 Legge naturale Immutabilit, 62 Medici Dignit di questa professione, 426-427 Doti richieste, 427-428 Occasioni d'apostolato, 428429 Fermezza nei principi ed umanit colle persone, 428-429 Prudenza nelle decisioni, 429-430 Studio (della scienza gene-

rale e del caso concreto), 430-432 Conoscenza ed applicazione dei principi della morale, 432-442 Azioni proibite dalla legge civile, azioni in s immorali, azioni illecite per difetto di diritto in chi le pone, 432-433 Parto prematuro e parto immaturo, 433-434 Aborto diretto e aborto indiretto, 434-435 Uso di preparati inibitori dell'ovulazione, 435 Esame dello sperma, 436 Somministrazione di farmaci antidolorifici con accelerazione della morte, 437 Puntura letale secondo la volont del defunto, 437 Asportazione d'un organo per la sanit dell'organismo, 438 Trapianto di organo da un vivente, 438-439 Precetto e consiglio (p.e. a non contrarre matrimonio), 439-442 Mezzi obbligatori e mezzi consigliati alla guarigione, 442 La religione nella professione del medico, 442-443 Seriet nel comportamento, 443 Il segreto professionale, 443 517

I devono dire la verit al malato?, 444 Astensione dei sanitari dal lavoro, 444-445 Razionale tenore di vita dei , 445 Militari Periodo di crisi religiosa e morale, 472 Aiuti spirituali, cappellano militare, confessore stabile, 473 Contro la dissipazione morale, 473-474 La pratica religiosa; il rispetto umano, 474-475 La bestemmia, 475 Moralit: ordine obbiettivo 61-68 Nubili Motivi per cui alcune restano in tale stato, 305-309 Come santificare questo stato, 309-310 Difetti e pericoli propri delle , 310-311 Obbedienza (chi comanda e chi obbedisce) Esempio: la famiglia, 383 Chi comanda, 383-385 Chi ubbidisce, 385 Mezzo di santificazione, 386 Occasionari Casi scabrosi: prudenza e zelo del confessore, 207209 Nozioni e principi: occasione prossima, libera o ne518

cessaria, continua o non continua, 209-211 Applicazione dei principi; aiuto del confessore, 211213 Assoluzione degli occasionari, 213 Difficolt con certi occasionari, 214-216 Occulta compensazione, 103 Oggetto dell'atto morale, 61 Omosessualit, 111-112 Orazione (quotidiana) Oggetto dell'esame di coscienza, 91 Ordine oggettivo ed O. soggettivo della moralit Confusioni da evitarsi, 6061; 71-73 Ostetriche Principi morali nella cooperazione ad operazioni illecite, 421-423 Non devono invadere il campo del medico, 423 Il segreto professionale, 423 Apostolato per la protezione della vita, 423-424 Amministrazione del battesimo, 424-426 Pastorale pratica della Confessione Sua necessit, 17-18 Padroni (e domestici) Per un clima veramente familiare, 402 Doveri ed attenzioni dei padroni, 402-404 Virt richieste ai domestici:

giustizia, obbedienza, pazienza, amore, 404-405 Peccato Mortale, grave, veniale?, 34-36 ed opzione fondamentale, 34 ed intenzione d'offender Dio, 35-36 Peccatori in via di conversione Per la perseveranza della conversione, 205-206 Pericoli: scoraggiamento e scrupoli, 206-207 Penitenza (o soddisfazione) Necessit, 137 Qualit, 137-140 Perfezione (aspiranti alla) Critiche odierne all'ascesi finora praticata, 245-246 Principi teologici, 246-248 Guidare le anime alla , 248-250 Pericoli nella via della , 250-252 e mezzi di , 252 La preghiera (vocale e mentale), 252-255 La penitenza, 255-257 I voti, 257-259 Politici Dovere dello studio, 462 Rettitudine nell'azione politica, 462-463 Giustizia, equit, bont, 463 Operosit, onesta strategia, 463-464 Rapporti colla Chiesa e comportamento in materia di religione, 464

Professionisti in genere Motivi per cui consigliabile impegnarsi in una professione, 378-379 Ogni professione offre il modo di santificarsi, 379380 La scelta della professione, 380 Professioni pi o meno meritorie e santificanti, 380-381 La professione vista anzitutto come un servizio, 381382 Prostitute In Italia, oggi, 224-225 Caratteri tipici, 227-228 Infelici vicende e misere situazioni, 225-226 Difficolt di redenzione, 226-227 Di fronte alla religione ed al sacerdote, 228 Come aiutarle a risorgere, 229 Prudenza, 92-94 Recidivi Significato del termine, 216 Segni di dolore richiesti nei , 216-217 Prudente condotta del confessore, oggi, 217-218 Direzione spirituale dei , 219-220 Religione Legalismo nelle accuse dei penitenti, 88 Precetto festivo non osservato, 88-91 519

Religiosi e religiose Stato di perfezione: scelta da favorire, 356-357 Virt, voti, regole, 357 Rinnovamento della vita religiosa, 358-359 Esempio attuale del rinnovamento: la pratica della povert, 359-362 Vita attiva ed unione con Dio, 362 Cosa rappresentano le Regole?, 362 L'obbedienza: principi e difficolt pratiche, 363365 Il confessore coi penitenti che s'accusano sull'obbedienza, 365-367 Collaborazione dei religiosi coi loro superiori, 367 La castit, 367 L'amore fraterno (fondamento, applicazioni, deviazioni), 368-369 Relazioni dei religiosi con persone estranee, 370 Confessori delle religiose (facolt attuali), 370-371 In caso di dubbio sulla vocazione, 371-372 Restituzione Radici, 96 Cause scusanti, 97 Ammonizione (fruttuosa od infruttuosa), 97; 101-102 In seguito a cooperazione ingiusta, 98 Modo di far la restituzione, 102-103 520

In materia non grave, 103105 Riparazione Quando c' il dovere della per un danno provocato, 100-101 di danni spirituali (divorzio), 105-106 Riservati (casi), 49-54 Rito nuovo della Penitenza, 27-33 Rurali Come trattare con questi penitenti, 394 Religiosit piuttosto esteriore, 394 Per una spiritualit propria dei , 394-395 Sacerdoti Ferventi, mediocri, dissipati, 329 Personalit ed obbedienza, 330-332 Azione e contemplazione, 332 Orazione liturgica e mentale, 332-335 Umanesimo e mortificazione, 335-340 Il problema del celibato, 341-348 Sacerdozio (aspiranti al) Il problema delle vocazioni, oggi, 321 Giudizio sulla vocazione: direttore spirituale e superiori del seminario, 322 I segni della vocazione, 323 Grazia, corrispondenza, di-

rezione spirituale, 323325 Castit: prova necessaria, 325-328 Sacramento della Penitenza ed atti del penitente Efficacia, 27-28 Sacristi Vicini all'altare, non sempre uniti a Dio, 480 Mancanza d'una vera pratica religiosa, 480-481 Conseguenti difetti di comportamento, 481 Bisogno di formazione spirituale, 481 Casi scabrosi, 482 Scrupolosi Scrupolo e coscienza delicata, 232-233 Sintomi, 233-234 Cause, 234 Psicologia dello scrupolo, 235-237 La guarigione: cura fisica e psicoterapia, 237-238 Suggestione ed autosuggestione, 242, 245 Norme generali d'azione, 239-243 Privilegi degli , 243-244 Guarigione graduale, 244245 Sesto comandamento Consigli al confessore novello, 17-18 Senso retto e senso morboso della colpa nei penitenti, 23, 109 Difficolt dei penitenti ad accusarsi sul , 109

Le specie morali dei peccati impuri, 110 Anomalie sessuali, 110-111 Come interrogare i vari penitenti sul , 109-110; 112-113 Coi coniugati onanisti, 113116 Istruzioni e consigli alle varie classi di penitenti, 117-119 Norme morali e culture diverse, 119-120. Sigillo sacramentale Violazione propriamente detta (diretta o indiretta) ed uso di notizie (avute in Confessione) con gravame o senza gravame del penitente, 140142 Sanzioni per proteggere il segreto sacramentale e la dignit del sacramento, 143-144 Tiepidezza Nozione esatta, 229-230 Anime alle quali interessa tale questione, 230-231 Segni della , 231 Conseguenze della , 232 Rimedi contro la , 232 Timidi e reticenti Penitenti reticenti, oggi, 199-200 Specialmente nei peccati contro il VI, il V, il VII comandamento, 200 Specialmente tra le persone 521

rozze, le donne, i fanciulli, 200-201 Come incoraggiare questi penitenti (indirettamente o direttamente), 201-203 Prudenti interventi del confessore per completare od aiutare l'accusa, 203-205 Urgenza (per assolvere dai casi riservati), 50-51 Vedove Una grande sventura, 311312 Il primo periodo di desolazione, 312-313 Motivi di conforto, 313-314 Consigli per superare pericoli e prove, 314-317 Vedovanza o seconde nozze?, 317 Seconde nozze: prudenza nella decisione, 320 Il nuovo matrimonio, 320321

Vescovi Una croce pesante, 348 Solitudine spirituale, 349 Sacrificio della libert, 349 Rapporti coi sacerdoti, 349350 Servizio e governo, 349350; 353-354 Prudente e deciso uso dell'autorit magisteriale, 351-352 Facolt d'assolvere dai casi riservati, 51-52 Visite pastorali, 352 Lettere pastorali, 352-353 La predicazione, 353 La presenza, 353 Vigilanza sulla stampa pericolosa, 354 Di fronte a critiche e contestazioni, 354 Nel caso di defezioni di sacerdoti, 355 Ministero spirituale ed opere materiali, 356 Il momento di lasciare il governo, 356

522

INDICE ALFABETICO DEGLI AUTORI CITATI

AA.W., La penitenza, riconciliazione con Dio e con la Chiesa, 27, 37-39, 246, 490, 496 AA.W., Responsabilit della cattedra, 184, 409-411 AA.W., Vita ed esperienza didattica, 407, 409, 411, 412 Adloff, 14, 206, 249, 251, 254, 257, 365, 368-370 Aertnys-Damen, 132 Alessi, 288 Alfonso (S.), 9, 11, 62, 64, 69, 81, 93, 102, 122, 129, 132, 208, 214, 217, 249, 271, 326, 372, 454, 455, 457, 496 Alszeghy, 34, 134 Agostino (S.), 104 Arbelet, 168 Aristotele, 73 Babina, 226 Ballerini, 150 Baragli, 468 Barra, 194 Basilio M. (S.), 463 Bayon, 12

Bellenzier, 153 Benedetto XIV, 145, 327, 338 Benson, 506 Benucci, 473 Berardi, 14, 242, 243 Bernanos, 58, 151 Bernardo (S.), 337 Billuart, 99 Blanchard, 109 Bonaventura (S.), 38, 106, 496 Bonomelli, 476 Brouillard, 11 Bucceroni, 238, 240 Bugnini, 334, 340 Camele, 15, 17, 143, 199, 201, 239, 240, 243, 244 Cappello, 13 Caprile, 72 Carlo (S.), 7, 81, 213, 217 Catechismo dei fanciulli: Io sono con voi , 150, 151, 159, 162, 163 Chanson, 16, 195, 197, 224, 288 Chesterton, 506 Clauser, 64 Commiss. Dott. Lit. Belg.: 523

Orientamenti per un rinnovamento della pratica penitenziale, 20, 21, 23, 28, 491 Coudreau, 167 Courtois, 338 D'Addio, 451 Dal Covolo M., 316, 320, 321 Da Kempen (De Imit. Ch.), 248 Damiani (S.P.), 354 Davanzo, 273 De Barros Camara, 268 De Guibert, 190, 248, 503 Didier, 262 Elchinger, 255 Felici P., 494 Francesco di Sales (S.), 314, 319, 369, 495 Frassinetti, 13, 60, 110, 142, 150, 165, 202, 231 Frumento 159 Fulton J. Sheen, 182 Galot, 157 Garbelli, 225 Gnin, 415, 421 Giordanini, 11, 17, 56, 184 Giovanni XXIII, 23, 180, 398 Godinez, 239 Gonzales, 502 Grazioli, 15, 149 Green J., 108 Gregorio Papa (S.), 206 Grimaud, 306 Guitton, 192, 303 Guzzetti, 196 524

Hamel, 72 Hansemann, 157 Hring B., 71 Hertling, 247, 251, 252, 256, 359, 361, 499 Ignazio di Loyola (S.), 244, 254, 495, 500, 502 Jedin, 351 Jungmann, 494 Ketteler, 178 Lacordaire, 337 Lagrange, 126 Lahitton, 323 Lallemant, 254 Lebret-Suavet, 15, 395, 396, 464 Leclercq J., 284 Lefort, 168 Leonardo da P. Maurizio (S.), 9, 81, 82, 214 Leone XIII, 178, 401, 403 Lessius, 73 Lombroso G., 312 Lucatello, 468, 471 *Luzi G., 16 Marsot, 372 Marx, 178, 182 Mauriac, 508 Mazzoleni, 350 Mercier, 150, 183 Merkelbach, 7, 15 Meyer-Sevenich, 507 Moltmann, 505 Montalbetti, 45

Navarrus, 126 O.K. (Ogino-Knaus), 281, 291, 440 Oriani, 344 280,

Rossiello, 15 Salvaneschi, 292 Savio, 10 Schafer, 508 Schneider, 13 Segneri, 10, 80, 122, 209, 213 Siri, 323 Sofia, 9 Stocchiero, 13 Suarez, 132 Suenens, 89 Teresa d'Avila (S.), 501 Ter Haar, 15 Tillard, 358 Tillmann K., 16, 58 Toldo, 386-387 Tommaso (S.), 36, 63, 93-94, 97, 105, 107, 132, 155, 164, 217, 234, 246, 248, 257, 324, 332, 335, 363, 486 Trabucchi C, 429 Trese, 46 Van Agt, 288 Van Kol, 439 Vermeersch, 65, 68, 77, 101, 132, 326 Vieira, 463 Villot G., 158 Vincenzo de' Paoli (S.), 495 Viollet, 382, 383 Weil S., 401

Paolo (S.), 156 Paolo VI, 30, 31, 32, 105, 106, 146, 155, 169, 252, 262, 265, 266, 321, 333, 335, 341, 342, 344, 351, 490 Papini, 151, 166 Pascoli G., 162 Pasquariello, 449, 450, 461 Pellegrino M., 191 Pier Damiani (S.), 354 Pio V (S.), 81 Pio X (S.), 155 Pio XI, 392, 412, 435, 440, 465, 466, 472 Pio XII, 35, 108, 109, 190, 266, 300, 328, 339, 375, 396, 397, 414, 416, 417419, 422, 424-428, 430441, 443, 444, 452, 459, 465, 466, 478, 486, 488, 497 Pistoni, 12 Pratique progressive de la Confession et de la direction, 230 Rahner H., 495 Reuter, 11 Rodriguez A., 80 Rossi V.C., 341

525

SOMMARIO

ABBREVIAZIONI E SIGLE PREFAZIONE INTRODUZIONE

pag.

5 7 19

Parte prima
EFFICACIA DEL SACRAMENTO. COOPERAZIONE DEL PENITENTE E DEL CONFESSORE 2 5

1. Il nuovo rito. Significati teologici e suggerimenti pastorali-ascetici 2. Necessit della Confessione e concetto vero d i peccato mortale 3. Confessione privata e celebrazione comunitaria della Penitenza 4. Occorre ancora un potere di giurisdizione nel ministro del sacramento? . . . . 5. Il confessore s'interroga sulle sue doti spirituali 6. Maestro e psicologo

27 3 3

38 46 54 60 73 82

7. L'accusa. Deve il ministro interrogare od il penitente interrogarsi? . . . . 8. Orientamenti per un esame generale di coscienza

9. Dolore e proposito. L'arte divina di convertire i paccatori 10. L'assoluzione. Pedagogia e finalit del processo penitenziale 11. Trasformazione immediata o progressiva del penitente? 12. Il confessore deve ancora assegnare penitenze per i peccati? 13. Amico prudente e fedele . . . . 14. La santit del sacramento da proteggere contro ogni abuso Parte seconda
CATEGORIE DI PENITENTI

pag. 120 129 134 137 140 144

147

A. Secondo l'et ed il sesso: 1. Fanciulli 2. Adolescenti e giovani 3. Adulti. Uomini e donne B. Secondo lo stato spirituale e le condizioni psico-fisiche: 1. Timidi e reticenti 2. Gran peccatori in via di conversione . . 3. Occasionari 4. Recidivi 5. Abitudinari 6. Carcerati 7. Prostitute 8 . Tiepidi 9. Scrupolosi 10. Chi aspira alla perfezione . . . 11. Ammalati e morenti C. Secondo lo stato di vita e le professioni: 1. Prefidanzati e fidanzati 2. Coniugati 3. Nubili 528

149 166 194

199 > 205 207 > 216 220 > 222 > 224 229 232 245 259 276 288 305

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26.

Vedove Aspiranti al sacerdozio Sacerdoti Vescovi Religiosi e religiose Membri d'Istituti Secolari . . Professionisti in genere Chi comanda e chi ubbidisce . Operai, rurali, impiegati . . Imprenditori Padroni e domestici Insegnanti ed alunni Infermieri e infermiere Ostetriche Medici Giuristi Commercianti Commercialisti Politici Giornalisti Militari Emigranti Sacristi

. . .

. . .

pag. 3

311 321 328 348 356 372 378 383 386 396 402 406 413 421 426 445 451 459 462 464 472 475 480

Parte terza
PENITENZA E CONVERSIONE CONTINUA . . . . 483

1. La Confessione frequente 2 . Confessione e direzione spirituale .


CONCLUSIONI

485 494
504 511 523

INDICE ALFABETICO DELLE PRINCIPALI MATERIE . INDICE ALFABETICO DEGLI AUTORI CITATI . . .

529

9276 - TIPOGRAFIA CITT NUOVA DELLA PAMOM - W - g J l g g 00165 ROMA - LARGO CRISTINA DI SVEZIA, 17 - TEL. 5813475/82

Nella met del frivolo settecento, un uomo d'eccezionale santit e cultura, Alfonso de' Liguori, pubblicava a Napoli, fra le tante sue opere teologiche ed ascetiche, un piccolo libro destinato particolarmente ai novelli confessori. L'autore guard sempre con predi lezione a questo frutto del suo ingegno e della sua esperienza e volle fosse aggiunto a tutte le edizioni della sua Teologia Morale dal 1755 in poi. Egli intendeva richiamare ai confessori le doti che devono possedere, in specie la prudenza pratica per applicare intelligentemente i principi morali ai singoli casi, rifuggendo sia dall'astrattismo e dalla problematica sterile, sia dalla casistica senza respiro e senza aderenza alla vita. Esaminava quindi alcune categorie di penitenti per mostrare, a titolo d'esemplificazione, quale dev'esser la condotta del confessore di fronte allo stato ed alle esigenze infinitamente varie delle anime. Ed infine aggiungeva preziosi consigli per guidare anche le persone spirituali sulle vie dell'ascetica e della mistica. L'Autore del presente volume segue questa traccia rivedendo, aggiornando, sviluppando le singole questioni in conformit ai progressi della Teologia Morale e delle scienze affini, quali la psicologia, l'antropologia, la sociologia, e secondo le pi recenti direttive del magistero ecclesiastico. In modo particolare sono considerate numerose categorie di penitenti perch, nella preparazione al sacramento della Riconciliazione, ognuno sia invitato a riflettere non solo sui doveri comuni ad ogni cristiano, ma anche su quelli specifici del proprio stato. Il libro dunque destinato tanto ai confessori quanto ai penitenti.

Antonio Dal Covolo nato a Feltre (Belluno) nel 1912. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la P. Universit Gregoriana di Roma e l'Universit di Padova, stato per 7 anni Direttore Spirituale del Seminario Interdiocesano di Feltre-Belluno. Ha poi insegnato per 20 anni filosofia e teologia morale ed ascetica nel Seminario Gregoriano Interdiocesano in Belluno. Da oltre 10 anni docente nel P. Istituto Pastorale e nella Facolt Teologica della P. Universit Lateranense. Ha pubblicato, fra l'altro, uno studio su La psicologia dell'incredulo alla luce del IV Evangelo, Milano, Vita e Pensiero, 1945, ed un saggio intitolato: Tramonto delle conversioni alla fede cattolica?, Roma, Citt Nuova, 1974.

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