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E POLITICHE GIOVANILI
con il Patrocinio
Al momento della sua costituzione in Stato unitario, lItalia si presenta come un paese economicamente e socialmente assai arretrato.
Al compimento della completa unificazione mancano ancora le
Venezie e lo Stato Pontificio, dunque gli anni che intercorrono fra
il 1861 e il 1870 (presa di Roma) sono caratterizzati pi che altro
dalle vicende relative al compimento dellUnit.
Il 1848 fu un anno di tumulti, rivolte, sommosse e tentate rivoluzioni
cos diffuse e radicali che da allora, per indicare una situazione di
grave instabilit, un detto popolare recita: qui succede un quarantotto.
La maggior parte di quelle rivolte avevano una matrice di carattere
nazionale a sfondo indipendentista; infatti il 48 porta alla ribalta
la questione nazionale in tutti quei paesi che si sentivano una Nazione, ma questa loro identit con tutto quello che ne consegue
in termini di libert, autonomia, sovranit non gli era riconosciuta
dal potere centrale a cui erano soggette. Non dobbiamo dimenticare
che il territorio europeo, con i suoi lembi estremi verso oriente, era
configurato come linsieme di quattro grandi imperi: asburgico (dal
1867 diventer austro-ungarico), russo, ottomano, tedesco, i cui territori occupavano quelle che erano vere e proprie nazioni o ambivano ad esserlo. Solo dopo la fine della prima Guerra mondiale
queste nazioni realizzeranno la loro unificazione e la realizzazione
di uno stato nazionale: Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Finlandia, Turchia ecc. ecc.
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impresa, libert di commerciare. La comparsa dellindustria si accompagna fin dalle origini allapparizione di un nuovo soggetto economico e sociale: loperaio di fabbrica, che con il suo lavoro
sottopagato rappresenta la base della ricchezza del capitalista. Fin
dal suo sorgere, la fabbrica fu un luogo in cui non cera alcuno spazio per le libert richieste nellambito della societ e gli operai sentivano di essere oggetto su cui si esercitava la libert per
limprenditore di sfruttare, mentre presto essi cercarono di diventare
il soggetto che rompeva le catene del lavoro salariato per raggiungere
la libert dal bisogno. Il 1848 quindi non solo linizio della questione nazionale ma anche di quella sociale, strettamente legata allindustrializzazione ed alla nascita di un proletariato di fabbrica che
ben presto divent il pi acerrimo rivale della borghesia, alla quale
voleva togliere il potere per mezzo di una rivoluzione. Infatti in quellanno usc il famoso volumetto di Marx ed Engels, i massimi ideologi della rivoluzione proletaria: Il manifesto del partito comunista,
che iniziava con un incipit divenuto presto famoso: uno spettro si
aggira per lEuropa, lo spettro del comunismo.
Laspetto che a noi maggiormente interessa in questo contesto proprio la questione sociale, dunque i rapporti di lavoro, quali funzioni
svolgevano i lavoratori ed in quale modo, le condizioni in cui essi
vivevano, in particolare le donne ed i bambini, e poi come vivevano
una volta finito il turno di lavoro, che tipo di assistenza era loro
concessa, quali diversivi, forme di svago o intrattenimento. I temi
che affronteremo in questo paragrafo sono quelli a cui dedicheremo
la nostra attenzione anche in seguito, per cercare di costruire un
percorso ragionato e omogeneo con cui descrivere levoluzione delle
forme di tutela del lavoro dipendente, dalla nascita dello Stato uni-
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tario in poi. E si vedr che il cammino non fu affatto lineare, semplice, n scontato; ogni piccola conquista fu il frutto di lotte anche
molto aspre iniziate dopo una lunga e non pi sopportabile serie
di angherie, di sfruttamento e maltrattamenti.
Il 1848 e la questione sociale
In Italia lavvio dellindustrializzazione fu caratterizzato da un notevole ritardo rispetto alle grandi potenze europee, da una considerevole disorganizzazione e differenziazione fra nord e sud, nonch da
un avvio stentato e limitato ad alcuni settori (il tessile, principalmente) strettamente collegati allagricoltura, al mondo rurale.
Il panorama andava mutando con i primi insediamenti industriali
e, con essi, dei primi proletari, cio lavoratori che non possedevano
nulla, se non la propria prole. Questi lasciavano le terre povere e
improduttive per sfuggire alla morte per fame, oppure abbandonavano quelle fertili e rigogliose di grandi proprietari che si arricchivano senza concedere ai contadini il necessario per sfamare le
famiglie. Cos i braccianti, i piccoli fittavoli, i mezzadri, lasciavano
il vomere, la falce, per andare in officine, manifatture, grandi fabbriche in cui nulla di pi o di meglio li aspettava. Non esisteva alcuna legislazione sociale, gli imprenditori disponevano della
manodopera come volevano, quasi si trattasse di schiavi, perch il
ciclo produttivo necessitava di un impiego massiccio e continuo
di mano dopera ma non prevedeva alcuna forma di prevenzione
degli infortuni - allora frequentissimi n di previdenza o di diritti.
La democrazia non era ancora una realt politica, non era una
forma di governo n un valore praticato e tanto meno era una prassi
allinterno della fabbrica, dove il padrone era tale in maniera asso-
luta, sotto tutti i punti di vista. Non esistevano organizzazioni di tutela e difesa dei lavoratori che potessero opporsi a licenziamenti arbitrari, a intensificazione ingiustificata del lavoro, alle multe per
ogni motivo ritenuto valido dal padrone: dal ritardo allinceppamento di un macchinario, dalla indisciplina alla realizzazione di un
prodotto considerato non perfetto. Lindustrializzazione aveva trasformato il lavoro in unattivit che poteva essere svolta in serie,
meccanicamente, con scarso apporto delluomo in termini di capacit decisionale, di scelta, di intervento, di correzione. Faceva tutto
la macchina che doveva essere guidata con operazioni elementari
che tuttavia richiedevano unattenzione vigile, costante, pena gravi
incidenti sul lavoro, anche mortali. Il mestiere dunque era talmente
semplice che poteva essere eseguito da persone senza alcuna specializzazione, cultura, professionalit; per questo venivano usate spesso
le donne e insieme a loro i fanciulli in tenera et. Questi non solo
svolgevano le stesse mansioni di un uomo, ma costavano assai
meno, pertanto il ricorso a tale manodopera divent una prassi sempre pi frequentemente seguita dai proprietari. In questo modo, le
donne e i bambini sostituivano gli uomini, che venivano lasciati a
casa senza lavoro n ruolo sociale, cosicch nella condizione di disoccupati essi accumulavano frustrazione, avvilimento; spesso si rifugiavano nellalcol, inaugurando una piaga sociale che accompagn
lindustrializzazione, cos come avvenne per la prostituzione, praticata come unica forma di sostentamento da parte di povere disperate espulse per vari motivi dal circuito produttivo o mai entrate in
esso.
Donne e bambini formano cos quella che viene definita mano
dopera di riserva la cui esistenza consente ai proprietari di dettare
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legge e imporre agli uomini salari pi bassi, con la minaccia del licenziamento per assumere donne o bambini, senza che la produzione subisca alcun danno. Inizia cos per le donne-operaie e per i
bambini-operai una fase segnata da uno sfruttamento oggi inimmaginabile, da orari di lavoro impossibili in condizioni al limite della
sopportazione. Le donne svolgevano turni di 14-16 ore di lavoro, in
ambienti malsani, svolgendo funzioni usuranti e pericolose che producevano un elevato numero di incidenti con danni spesso permanenti, se non addirittura con esiti mortali. In quel periodo non era
possibile parlare di diritto al lavoro, diritto ad un giusto salario, ad
un orario umano; le ragioni dei proprietari erano leggi non scritte
ma altrettanto severe e solo la carit delle associazioni religiose, assistenziali, caritatevoli, poteva in parte temperare quelle condizioni
inumane.
Vedremo come dalle associazioni di impronta assistenziale e caritatevole presto si pass a vere e proprie organizzazioni di tutela e difesa, di impronta sindacale; le prime operavano per lenire le
sofferenze prodotte dalla povert, ma furono le organizzazioni operaie che stavano nascendo anche in Italia ad assumersi il compito
di lottare per un salario migliore, per la parit salariale fra uomo e
donna, per introdurre regole restrittive sulluso di bambini nelle
fabbriche, per laccesso delle donne alle diverse professioni.
Il lavoro in fabbrica, come aveva pronosticato Marx, faceva condividere agli operai la stessa condizione di vita e di lavoro e se lo sfruttamento e il lavoro in fabbrica erano causa di abbrutimento, di
piaghe sociali come lalcol, la prostituzione e la microcriminalit,
anche vero che la realt della fabbrica creava perfino nuove solidariet. Si faceva largo la coscienza di appartenere tutti ad una stessa
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Lo stato unitario diventa una realt concreta nel marzo del 1861,
anche se lunificazione deve essere ancora completata. Leroe dei
due mondi, il generale Giuseppe Garibaldi, fra i pi intransigenti
nel perseguire la totale unificazione, compresa Roma e lo Stato Pontificio, considerato lo stato pi retrogrado ma, anche metaforicamente, il pi importante. Qui non ci soffermeremo sulle questioni
politiche e militari che portarono sia alla terza guerra di indipendenza, nel 1866, che alla conquista di Roma dopo quattro anni. Il
nostro interesse resta quello gi evidenziato: affrontare il tema delle
condizioni di vita e di lavoro, la nascita delle prime associazioni di
tutela, disegnare un quadro dal quale si ricavino dati ma anche gli
elementi di base per conoscere e capire come si viveva allepoca.
Dato questo contesto, lo studio tradizionale sui libri di testo in
seguito potr perfino risultare gradevole, perch sarete in grado di
collocare le notizie di carattere politico in un quadro molto pi vicino alla realt quotidiana, che vi far sembrare il Risorgimento e i
problemi di quegli anni che ora affronteremo, come qualcosa di pi
vicino a voi di quanto non abbiate pensato prima.
Iniziamo col dire che la vita quotidiana nel 1861 era durissima per
la stragrande maggioranza della popolazione. Basti pensare che let
media di vita era di circa 33 anni e che il 44 per cento dei nati morivano entro il quarto anno di et. Lalimentazione era insufficiente,
le condizioni igienico-sanitarie precarie e al di sotto di standard mi-
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nimi necessari per non contrarre malattie, che erano numerose mentre le cure rimanevano allora del tutto inadatte. Laspirina arriva nel
1899 e lantibiotico fa la sua comparsa nel 1909; ci significa che
anche lestrazione di un dente poteva diventare letale. Nel 1861 non
cera ancora traccia della luce elettrica, dei trasporti a motore, del telefono, del grammofono, del pneumatico, del motore a combustione
interna, ecc. La fatica era ancora causa di deperimento che poteva
portare alla morte, visto lo scarso apporto di vitamine e proteine.
LItalia era povera e analfabeta, con circa l80 per cento delle persone che non sapevano leggere e scrivere e solo il 2 per cento che
parlava litaliano. Poco prima della nascita dello Stato unitario, nel
1859, il ministro Casati aveva fatto approvare nel regno Sabaudo
una legge che stabiliva lobbligatoriet e la gratuit dellistruzione
primaria per due anni. Il funzionamento e i relativi costi erano per
lasciati ai comuni, i quali non avendo risorse sufficienti, in realt
non fecero nulla per rendere operativa questa legge, considerata gi
allora carente visto che regolava listruzione solo per due anni. La
scarsa volont dei comuni si sposava con laltrettanto manchevole
disponibilit delle famiglie, le quali preferivano mandare i piccoli a
lavorare piuttosto che sui banchi di scuola.
Mentre in Italia nasceva lo Stato unitario, negli Stati Uniti scoppiava la guerra di Secessione, una brutale e sanguinosa guerra civile
che convinse ancor di pi i nostri patrioti di quanto importante
fosse avere una idea di Patria condivisa. Questa la prima eredit
del Risorgimento, lidea di Patria in cui si rispecchiano tutti, cio
lidea che la Nazione sia sinonimo di libert rispetto alle potenze
straniere, che per secoli avevano tenuto sotto il loro tallone il popolo
italiano, ma anche per gli italiani allinterno dei confini. Tuttavia
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di met Ottocento. Queste contribuirono a creare una vera e propria rivoluzione nelle campagne, data dal fatto che con quei nuovi
strumenti lavoravano meno persone producendo di pi. Ma anche
larrivo di un nuovo sistema di produzione e di organizzazione del
lavoro, di tipo capitalistico, si era affermato nelle campagne, sulle
quali ora si investivano notevoli capitali. Tutti i lavoratori diventati
superflui a causa del progresso tecnico, erano diventati potenziali
addetti per le officine e le manifatture che stavano sorgendo con
grande rapidit. Le fabbriche producevano macchinari per lagricoltura, i contadini restavano senza lavoro, si traferivano nelle citt
dove cerano gli impianti industriali e diventavano operai. In parole
povere era questo il meccanismo che si mise in moto trasformando
i braccianti e i contadini di un tempo in operai salariati.
Uno dei settori che da tempo andava trasformandosi, era quello tessile; si trattava di unindustria domestica in cui erano impegnate le
famiglie contadine soprattutto per la produzione di beni per uso
proprio: maglie di lana per linverno o di cotone per lestate, coperte, cappelli, vestiti da donna. Su questa tradizione ebbe gioco facile a sovrapporsi un diverso modo di produrre beni tessili; le
contadine che prima lo facevano per i membri della famiglia, alternando il lavoro di tessitura e cucitura a quello in campagna, diventarono manodopera a cottimo per le imprese tessili che venivano
aperte. Queste donne lavoravano a domicilio ed in questo modo
non socializzavano mai i problemi di quel tipo di attivit, non potevano contrattare nulla, non potevano accampare alcuna richiesta.
Si trattava di lavoranti che vivevano in un ambiente agrario estremamente frammentato; piccoli borghi o case isolate che formavano
la dimensione pi comune dellItalia di allora, dove lo sviluppo ur-
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bano era molto modesto. In questo contesto era estremamente difficile acquisire la forza necessaria per contrattare al fine di migliorare
le proprie condizioni; parliamo di famiglie contadine che nonostante il lavoro nelle campagne e quello a domicilio per le manifatture tessili, erano a rischio fame, dunque erano deboli e ricattabili.
Come pensare di avanzare in quella situazione richieste per allargare
la sfera dei diritti delle donne? Esse non erano riconosciute come
cittadine a pieno titolo, non partecipavano alla vita politica e tanto
meno potevano immaginare di esercitare una forma di pressione
utile per conquistare un salario migliore o condizioni di lavoro pi
umane.
In mancanza di forze sociali o politiche che assumessero il compito
di avanzare rivendicazioni per le donne, il tema di un progresso
delle condizioni delle donne restava appannaggio di qualche illuminato. Il Parlamento italiano si pose il problema ancora prima
della presa di Roma, discutendo una legge che puntava ad allargare
il suffragio includendo le donne, anche se non si puntava allo stesso
tempo alluguaglianza giuridica uomo-donna. Un disegno di legge
dellOn. Morelli us una definizione generica che avrebbe aperto
le porte ad una serie di conquiste, se fosse stato approvato: La
donna italiana pu esercitare tutti i diritti che le leggi riconoscono
ai cittadini del Regno. Ma il testo fin dentro qualche cassetto e il
problema venne accantonato, lasciando cos intatta sia la norma,
sia il sentire comune che riteneva la donna subordinata, inferiore
allUomo. Cos recitavano sia il Codice civile, sia quello penale, infatti tale differenza non era solo di principio, bens di contenuto.
La donna adultera era punita con il carcere, da tre mesi a due anni,
mentre luomo per essere condannato doveva veder dimostrata la
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maggiori possibilit di lavoro, favor lo sviluppo delledilizia che rappresentava un ponte fra agricoltura e industria classicamente intesa.
Il Lazio scontava il problema di un grave squilibrio fra le sue campagne, le sue province e la capitale; da una parte piccoli borghi, cittadine poco popolose e poco sviluppate, dallaltra la capitale, una
delle pi grandi citt italiane, da sempre punto di convergenza per
turisti e pellegrini da tutto il mondo perch culla del cristianesimo,
citt del Papa. Nel 1870 Roma contava circa 212 mila abitanti, dopo
trenta anni aveva addirittura raddoppiato!
Nel Lazio migliorarono in parte anche le condizioni generali di vita;
sotto il Papa era uno dei paesi pi arretrati: qui le speranze di vita
erano bassissime, appena 29 anni! Dal 1891 invece si alline con il
resto dItalia, dove let media di vita era di poco superiore, solo 35
anni circa.
Ma questo tema sar ripreso fra poco, quando parleremo delle particolari condizioni dello Stato Pontificio e del Lazio per conoscere
e comprendere le origini del movimento di difesa dei lavoratori e
lavvio di una timida legislazione sociale a favore delle donne e dei
fanciulli.
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Non a caso, le prime forme di organizzazione non prevedono il ricorso alla lotta di classe, o lantagonismo radicale contro il padrone; almeno fino agli anni Settanta prevale un modello
collaborativo, solidaristico, non conflittuale. Dove il conflitto si affaccia, preoccupazione dei proprietari fare in modo che esso venga
neutralizzato concedendo qualche minimo riconoscimento ai contadini, in genere qualche palliativo concesso dallalto, come gesto di
bont, nella pi spiccata tradizione paternalista. Questo periodo che
precede la formazione delle moderne forme di rappresentanza, caratterizzato dallazione delle societ di mutuo soccorso, che vissero
il loro periodo doro nel ventennio che va dal 1860 al 1880; tuttavia
come testimonianza di quelle forme originarie di tutela fondata sulla
collaborazione, esse rimasero in vita a lungo ed ancora oggi sono
presenti in alcune realt, per tenere in vita quella tradizione.
Le Societ Operaie di Mutuo Soccorso (SOMS)
Queste societ erano organizzazioni interclassiste a carattere filantropico e caritatevole che cercavano di lenire i danni dello sfruttamento, ma non di cambiare la situazione, n tanto meno limitare
o eliminare lo sfruttamento del lavoro. Attraverso piccoli aiuti materiali, le societ di mutuo soccorso ammortizzavano il potenziale
antagonismo dei lavoratori verso la propriet e verso lo Stato, impedendo che la rabbia si trasformasse in precise rivendicazioni politiche e assumesse forme organizzative che sarebbero sfuggite al
controllo delle classi dirigenti, presenti nelle SOMS spesso a livello
di dirigenza.
Le Societ concedevano prestiti sullonore, elargivano sussidi di
malattia, aprivano circoli operai e magazzini cooperativi, costrui-
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stione dei fondi sociali ed alla tutela della moralit; infatti non veniva concesso alcun aiuto a chi aveva contratto malattie per abuso
di alcol, a chi giocava al lotto o dazzardo. Per le stesse finalit morali, al contrario erano previsti incentivi per quelle famiglie che facevano frequentare le scuole ai figli, anche se solo serali o
domenicali, in modo da non dover rinunciare al lavoro. Con landar del tempo, le attivit di aiuto e solidariet delle SOMS si articolarono meglio, aumentarono; cos arriv anche la fornitura di
materie prime, la vendita ai soci di beni di prima necessit al prezzo
di costo, la costituzione di magazzini sociali che permettevano la distribuzioni di merci senza alcun profitto, il sostegno creditizio.
Come si vede, nelle SOMS possibile rintracciare anche le origini
del sistema cooperativo, che per si svilupp parallelamente, in maniera autonoma e molto pi in sintonia con il movimento socialista
dal quale le SOMS si tenevano lontane.
Nel 1864 le SOMS esistenti ed attive erano 443 con poco pi di 110
mila soci; da allora fu un continuo fiorire che andava di pari passo
con lo sviluppo economico del paese e la riorganizzazione di tutto lapparato produttivo. Nel 1878 erano diventate 2.091 con 331 mila soci
e alla fine del secolo, nel 1897 erano salite alla bellezza di 6.700 superando il milione di aderenti. Le SOMS tuttavia non erano omogenee,
con una impostazione unica e orientamenti simili. Le pi importanti
e pi sviluppate erano, non a caso, quelle liguri (la Liguria era la terra
di Mazzini e infatti la regione aveva le SOMS pi radicali e politicizzate)
e quelle piemontesi, pi paternaliste e moderate. Le liguri erano molto
pi attente al collegamento fra questioni sociali e politiche e vedevano
nelliniziativa popolare propria della impostazione rivoluzionaria
mazziniana la soluzione del problema nazionale.
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Ottanta si andava perfezionando per anche il movimento socialista; dal punto di vista teorico si avvaleva del contributo di importanti pensatori, mentre dal punto di vista pratico poteva contare
sulla progressiva presa di coscienza da parte dei lavoratori, su un insieme di associazioni, societ, organizzazioni che presto diedero vita
al partito operaio prima, e in seguito su quella base, al partito socialista. Sono questi gli anni in cui le societ di mutuo soccorso risultano insufficienti per affrontare i problemi posti dallo sviluppo
industriale; da allora gli esponenti pi democratici, pi sensibili e
pi coscienti ipotizzano di passare dalle Societ di mutuo soccorso
a delle nuove organizzazioni che abbiano come scopo lopposizione
al dominio dei padroni esercitata nelle SOMS attraverso alcuni loro
esponenti messi a capo delle societ. Le SOMS che aderiscono al
Partito operaio per portare avanti lotte economiche decidono cos
di avviare la trasformazione delle Societ in Leghe di Resistenza.
Oltre le SOMS, verso il moderno sindacalismo
Come abbiamo accennato altrove, let doro delle SOMS quella
compresa nel ventennio 1860-1880. Dopo di allora, il movimento
mutualistico assunse le sembianze di un vero movimento di difesa,
conflittuale, teso a conquistare migliori condizioni e non pi accettare gli aiuti di borghesi filantropi, che con i loro aiuti alleviavano
in parte la miseria che loro stessi avevano contribuito a creare. Ma
gi prima del 1880 ci furono scioperi ed agitazioni, in special modo
da parte dei lavoratori della terra, colpiti direttamente dalla gravissima crisi agraria che flagell lItalia e gran parte dellEuropa di allora. A causa della crisi, le condizioni gi precarie dei contadini
peggiorarono ulteriormente e aggravandosi crearono lo stato
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laborazione.
I padroni disponevano di una grande quantit di manodopera di
riserva, bisognosa di lavoro, affamata, e dunque disposta ad accettare condizioni insostenibili sia per quanto riguarda ritmi e orari,
sia per ci che concerne la paga e le forme di assistenza. Cos, nonostante la presa che i mazziniani esercitavano sul mondo del lavoro, gli scioperi diventarono lunica forma per esercitare pressioni
e costringere i proprietari a cedere alle richieste dei lavoratori. Si
tratta di un processo molto lungo e difficile che richiese un notevole
contributo in termini di impegno e sacrificio da parte degli organizzatori e delle maestranze che li seguivano. Gli aumenti non arrivavano, e ci risulta abbastanza comprensibile; se giocavano da una
posizione di forza, perch mai i padroni avrebbero dovuto cedere?
Cos le posizioni dei mazziniani pian piano lasciarono il passo a
quelle dei settori democratici e operaisti pi radicali. Nel 1863 si
ebbe cos una grande manifestazione operaia a Torino ed in conseguenza di ci, molti richiesero che le Societ di mutuo soccorso si
accorpassero per essere pi forti, costituissero una banca per ogni
problema di finanziamento, aiuto, sostegno, e fondassero un giornale operaio per informare ed educare le masse tenendole unite.
Anche a livello internazionale si produssero le stesse differenze di
cui daremo solo un brevissimo cenno. Nel 1864 si fonda a Londra
la Prima Internazionale, nella quale troviamo, fra gli altri, Marx e
Mazzini; inizialmente prevale limpostazione mazziniana e si approva
un Patto di fratellanza universale. Ma gi nel 1871, quando a Parigi nasce la Comune e appare chiaro che per sconfiggere la minaccia socialista le nazioni nemiche si alleano fra di loro, portandosi
aiuto, nellInternazionale prevale la linea classista,, internazionalista
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del Partito socialista, nel 1892, prima con il nome di Partito dei lavoratori poi, dal 1893 partito socialista dei lavoratori italiani quindi,
dal 1895, Partito socialista italiano. Nel 1894 Crispi aveva sciolto
dautorit il partito socialista dei lavoratori che continuava ad operare in clandestinit. Sulla stessa scia nel 1897 vengono sciolti i circoli di ispirazione socialista e la Camera del Lavoro di Roma; lanno
dopo abbiamo la terribile strage a Milano, dove lesercito spar cannonate sulla folla che per disperazione aveva assaltato i forni, provocando ben 300 vittime. Proprio questo evento produsse
importanti contraccolpi anche nella classe dirigente; i pi illuminati
compresero che non si trattava di sedizione sociale, di aspirazioni
rivoluzionarie e se si voleva evitare che diventassero proprio questo,
bisognava prevenire il pericolo soddisfacendo i bisogni elementari
della popolazione, riconoscere alcuni diritti, dare modo di migliorare la propria condizione a patto che fosse messa da parte ogni tentazione eversiva. Cos dopo aver sciolto anche la Camera del Lavoro
di Genova, il governo ritir il provvedimento e diede cos il segnale
di una svolta, che coincide con lavvento di Giolitti e del suo esperimento liberale che caratterizza lItalia fino allo scoppio della
Grande Guerra.
Sponda politica e sindacale del liberalismo giolittiano fu rappresentata dalle correnti riformiste del socialismo italiano che gi nel 1899
tentarono un innovativo esperimento, presentando alle elezioni comunali di Milano una lista unitaria con democratici, radicali, socialisti riformisti. Ci rappresentava la manifestazione di una
volont collaborativa ma ferma nella richiesta di diritti inalienabili
ed irrinunciabili. Questo esperimento locale era la prova che una
crescita civile e culturale delle masse allinterno di uno Stato non
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percepito pi come nemico era possibile. Era questa la strada maestra per costituzionalizzare le masse, portarle allinterno della cornice istituzionale dello Stato, dare loro un ruolo attivo attraverso la
partecipazione alla vita politica allargando il suffragio - e sociale,
rendendo possibile lorganizzazione sindacale. Nella realt le cose
furono poi pi complicate perch in ogni caso abbiamo a che fare
con ceti sociali diversi e opposti in quanto ad interessi, con gruppi
dirigenti abituati a imporre la loro volont, a un mondo industriale
e agricolo (parliamo di imprenditori e proprietari) poco disponibile
a cedere spontaneamente alle richieste economiche e concedere diritti ritenuti lesivi dei propri interessi.
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lo Stato nel suo insieme risentiva negativamente sia dellaccentramento del potere nella mani del clero, che del clientelismo assurto
a vero e proprio sistema.
Dopo la presa di Roma, nel Lazio prevaleva la coltura mista e persisteva il contratto di mezzadria che garantiva una certa stabilit sociale, anzi, una vera e propria conservazione delle tradizionali forme
di lavoro e di assoggettamento delle plebi contadine. La propriet
era quasi tutta in mano ai nobili e ai borghesi della citt e generalmente era suddivisa in poderi coltivati da famiglie di mezzadri, aiutate nei momenti critici da qualche bracciante giornaliero. Si
produceva poco mais, a differenza del Veneto, ma cerano molte
pi colture arboree (viti, olivi, alberi da frutto), cosa che garantiva
ai contadini laziali una migliore alimentazione rispetto ai veneti,
ma il prezzo non era certo da poco: massiccio sfruttamento delle famiglie mezzadrili, la maggior parte delle quali si indebitava con il
padrone finendo con il diventare quasi schiavi. Furono queste condizioni a spingere come vedremo pi avanti consistenti nuclei
verso la capitale, lasciando le campagne nel loro antico sottosviluppo dato dalla mancanza di investimenti.
Esisteva anche la piccola propriet, ma essa dava redditi bassissimi
a causa della scarsa fertilit della terra, dei mezzi da lavoro ancora
rudimentali ed antiquati, della povert dei coltivatori che non potevano permettersi di fare alcun investimento migliorativo. La povert era tale che era sufficiente un problema naturale come un
periodo di siccit o di inondazioni, o di diffusione di parassiti, da
causare un vero esodo dalle campagne per non rischiare la morte
per fame. Dopo la crisi del 1873, fu aumentata la pressione fiscale
e molti piccoli proprietari non furono in grado di onorare i debiti
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luppo, creativit, tecnica senza uguali e forme di sottosviluppo endemico e miseria umana.
Tanto per rendere pi immediata e diretta questa differenza, basterebbe portare alla memoria o visionare alcune foto scattate a Roma
a fine Ottocento, dove si vedono ad esempio greggi pascolare alla
base della scalinata di Trinit dei Monti e piazza di Spagna sembra
quasi un prato di periferia. Oppure quartieri rinomati per la loro
bellezza, strade che ospitavano fra i pi celebri artisti, costellate di
misere botteghe o che pullulavano di straccioni e vagabondi.
Nel Lazio e nel centro Italia non cera una vera imprenditorialit
su larga scala; quella che possiamo osservare prevalentemente su
scala familiare, e consiste in ampi appezzamenti di terra con bassa
produttivit, una rete di servizi (trasporti, credito, commercio)
molto arretrata, un mercato interno povero. Per ovviare questa situazione erano necessari interventi che lo Stato della Chiesa prima,
quello italiano poi, non assunsero: bonifiche su larga scala, organizzazione dellirrigazione, lavori pubblici per le infrastrutture, organizzazione del credito e formazione del capitale umano attraverso
listruzione.
Il tessile presente sul territorio tradizionale anche a Roma, basti
pensare ai suoi famosi lanifici ecc. non aveva la struttura, i mezzi,
le risorse per fungere da forza propulsiva dello sviluppo industriale.
Stessa osservazione vale per le industrie alimentari o le altre legate
allagricoltura, ancora a livello di imprese artigiane gestite con tecniche tradizionali. Per questo motivo, il contributo del Lazio allo
sviluppo industriale del paese fu minimo, quasi del tutto assente.
Infatti quel ruolo propulsivo per lindustrializzazione poteva essere
svolto dalle costruzioni navali (si era passati dalla navigazione a vela
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a quella a motore), dallindustria mineraria, metallurgica, meccanica, del tutto assenti nel Lazio.
Il nostro paese, dal punto di vista industriale, era nettamente diviso
fra nord e sud, dove erano presenti solo due industrie di tipo moderno:
le industrie cotoniere di Salerno e quelle metalmeccaniche di Napoli.
A Roma mancano lindustria e la manifattura, in compenso un po
di tessile e molta edilizia costituiscono un nerbo importante delleconomia cittadina. Il generale processo di urbanizzazione aveva
toccato anche la citt di Roma; dalle campagne limitrofe e da altre
province arrivavano flussi di migranti alla ricerca di sistemazione,
per sfuggire alla miseria delle campagne.
Questo processo era iniziato nel 1870, quando subito dopo la presa
di Roma da parte dei bersaglieri arrivarono in migliaia, fra esuli politici, affaristi di ogni risma, giornalisti, burocrati e funzionari pronti
per gli apparati dello Stato non pi clericale, politici. Si pensi proprio allindotto della politica, una volta che Roma diventa capitale.
Questi nuovi arrivi fanno lievitare la popolazione cittadina e perci
pongono le basi per la costruzione di nuove case, adatte ad ospitarli.
Accade anche che i nuovi arrivati trovano sistemazione nei borghi
periferici, nelle case lasciate da coloro che sono riusciti a fare un
passo avanti nella scala sociale. Ma ci sono anche motivi di ordine
pi strettamente economico, a cui abbiamo accennato: risultava
molto pi remunerativo linvestimento nelledilizia che non nellagricoltura o nella manifattura. Larrivo di tanti immigrati rappresent un buon pretesto e avvi un circolo virtuoso, almeno per i
costruttori: i nuovi arrivati necessitavano di case ma anche di lavoro;
in citt le possibili occupazioni erano nel commercio, nellamministrazione, nei servizi turistici, cio in quelle attivit a cui gli immi-
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tanto sono destinate al lavoro a domicilio o in fabbrica, in particolare nel settore tessile, nellabbigliamento, dove esse arrivano a coprire il 21 per cento della manodopera impiegata. Come si vede, la
mobilit sociale era praticamente assente e il solo modo per accedere a posizioni pi elevate, per passare da subordinate a proprietarie si doveva ereditare. Il che equivale a dire che un buon
matrimonio era ancora una strumento utilissimo di ascesa che garantiva un certo benessere se si aveva la fortuna di farsi sposare da
un buon partito. Se poi questo, in genere pi anziano, per motivi
di salute, guerre, epidemie lasciava sola e sconsolata la povera
donna, questa ereditava ma come abbiamo accennato, anche se
avesse desiderato prendere il controllo diretto dellattivit e gestirla
in prima persona, trovava di fronte a s consistenti ostacoli che le
rendevano lobiettivo praticamente irraggiungibile. Tutto ci non
era conseguenza solo di un retaggio culturale, ma anche di precise
norme o regolamenti. I commercianti erano in molti casi raggruppati per corporazioni, ma se la donna veniva a trovarsi a capo di
unattivit e riusciva ad accedere alla corporazione, per regolamento
essa non poteva accedere alle cariche direttive n partecipare alle
assemblee periodiche. Gli uomini infatti per tutelare le proprie posizioni di dominio predisponevano norme e regole che rendevano
rigida la struttura dellassociazione, chiudevano ogni possibilit di
accesso alle cariche pi importanti per le donne, riservavano a loro
stessi la facolt di decidere su ogni cosa e gestire lassociazione.
Oltre alla doppia tipologia su elencata, credo si possa ora dare spazio
ad unaltra figura di donna lavoratrice; e ci riferiamo a funzioni di
un certo rilievo, anche per dare conto di quante difficolt ci fossero
anche per le donne di un certo livello sociale, economico e cultu-
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pita che non abbiano famiglia, cosa che li rende un buon partito
per la serva che talvolta riesce a farsi sposare e cos sistemarsi. Il lavoro le consente di avere un alloggio e il vitto, nonch una minima
protezione sociale. Per capita anche, e non di rado, che anche persone con scarse risorse assumano una serva; sufficiente avere una
stanza e offrirle pasti e paga appena sufficienti; magari la possibilit
di servire in pi famiglie per arrotondare. Ma in questo caso la
donna di servizio cerca soluzioni alternative prima possibile, cosa
che rende difficile oggi ricostruire i tortuosi percorsi effettuati, con
i quali ricomporre il quadro delloccupazione femminile a Roma e
nel Lazio.
Questa estrema variabilit delle occupazioni lavorative una caratteristica prevalentemente femminile e pre-industriale, perci legata
molto alla mobilit dovuta a eventi naturali che espellono dalla campagna: siccit, inondazioni, parassiti che distruggono i raccolti. O
dovuta al desiderio di migliorare la propria condizione ovvero
come abbiamo potuto verificare per portare un aiuto alla famiglia
bisognosa che resta sul podere. Il lavoro di domestica rende possibile
proseguire questa erraticit, addirittura lo svolgimento di pi
mansioni insieme: serva e lavandaia o prostituta o cucitrice; il che
rende quasi impossibile inquadrare le domestiche in una categoria
a s stante, omogenea per estrazione sociale, ambizioni, trattamento
economico, tutela sociale. Al contrario si possono abbozzare i contorni di una macro differenza allinterno del lavoro domestico, cio
fra le donne di campagna e quelle di citt.
La donna di campagna si dirige verso la citt esclusivamente alla ricerca di occasioni di lavoro; ha un bisogno disperato e una formazione pressoch nulla. Molto spesso analfabeta, giovane, ingenua,
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abituata a sopportare fatiche enormi, attenta ai pericoli per la propria verginit in agguato ma incapace di distinguere la seduzione
genuina, che prelude ad una relazione, e quella interessata alla toccata e fuga. In citt arrivano sprovvedute e timorose, ma imparano
presto larte della sopravvivenza; non si fidano perch non conoscono. La campagna formava una rete di sicurezza perch tutti si conoscevano e ci fungeva da deterrente per azioni malsane; la citt
invece anonima e violenta, trasforma in prede e predatori per cui
interesse prioritario della giovane contadina arrivata in citt sar
quello di sistemarsi o mettere insieme qualche soldo e tornare in
campagna o in provincia.
Riportiamo ora un caso reale che rappresenta - in scala - uno spaccato della vita cittadina di allora, in relazione al tema trattato: la signora Marchionni vedova, ha tre figlie e niente lavoro; arriva a
Roma priva di tutto. Dopo quattro mesi lei a servizio, due figlie
fanno calzette che vendono poi ai carrettieri, laltra figlia fa la sarta.
I guadagni sono pochi cos le due figlie maggiori si prostituiscono
saltuariamente in cambio di denaro o di beni, come la stoffa per
fare un abito, un capo dabbigliamento o dal lavoro.
La donna di citt vive una situazione ugualmente alienata, ma con
modalit e per motivi molto diversi. Le occasioni di lavoro sono
poche, dalle campagne arriva molta concorrenza che le mette in condizioni di sopravvivere attraverso quei tre microcosmi di cui abbiamo
parlato. Quindi se rimasta vedova, o comunque sola, sperimenta
la prostituzione occasionale; se ha una casa subaffitta una o pi
stanze o solo i posti letto, trovandosi a vivere in condizioni di promiscuit che le fanno perdere il senso dei propri spazi, della propria
autonomia. Espropriata del suo spazio e del suo tempo, questa
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donna preferisce trovare lavoro fuori casa e sar ancora pi incentivata a trovarlo, magari accontentandosi di paghe misere pur di uscire
da quell ingorgo che si crea dentro casa con i clienti o gli affittuari.
Andare a servizio allora una via di fuga salvifica; talvolta serve alla
donna sposata che cos intende mettersi al riparo da un marito manesco, talaltra solo per guadagnare il necessario per pagare un debito o soddisfare un bisogno individuale o familiare. Sebbene sia
un mestiere a rischio per la propria illibatezza o per la propria moralit, quello della serva tutto sommato rappresentava la garanzia
che la donna almeno non avrebbe fatto la prostituta. Una serva in
primo luogo non aveva tempo e spazio a disposizione per esercitare e nel caso fosse stata arrestata, non avrebbe certo potuto dire
che faceva la serva perch avrebbe messo nei guai la famiglia presso
la quale lavorava. Una copertura migliore, per esercitare lantica
professione era data dal lavoro a domicilio, come la calzettaia, la
cucitrice, la lavandaia, perch rendeva insospettabile il restare a casa,
dove giornalmente si notava un via vai di estranei.
Siccome era un lavoro saltuario e precario spesso considerato un
riempitivo per arrotondare, il lavoro di serva non era vissuto come
degradante. Citiamo anche qui un caso reale come esempio: Maddalena Leopardi ha qualche propriet a Montefiascone, uneredit
piuttosto consistente lasciatale dal marito negoziante a Ronciglione,
e a Roma dove abita fa la cucitrice, ma accetta lo stesso di fare la
serva in casa di un negoziante scapolo, in attesa che lui ne assuma
unaltra, sperando in qualche regalo. (Archivio di Stato di Roma
Tribunale criminale di Roma, b. 1357, f.34.502. V. Margherita Pelaja, bibliografia).
Occorre specificare per che la servit non sempre unattivit
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chiaia, nonch una scuola per il popolo. Il Psi aveva assunto anche
listruzione come compito di base della propria iniziativa politica e
reclamava scuole pubbliche, laiche, obbligatorie fino alla quinta
classe. Alla vigilia di fine secolo, nel maggio del 1899, si tiene a
Roma la prima assemblea delle Opere di attivit femminile, organizzata dal Consiglio Nazionale delle Donne Italiane.
Lattivit che queste organizzazioni sviluppano, come si vede, tutta
interna alla normale dialettica democratica; punta a risolvere il problema in ambito legislativo nellillusione che il Parlamento approvi
quei provvedimenti solo in virt della loro intrinseca giustezza. Presto il partito nel suo insieme si render conto invece che la soluzione
di quello, come degli altri problemi che riguardano i lavoratori agricoli e industriali, dipende dai rapporti di forza e non necessariamente si risolve pacificamente, senza lotta e senza pressioni anche
della piazza.
Infatti scioperi e manifestazioni inducono lo Stato liberale ad adottare qualche forma di tutela per i lavoratori. Arriva cos lassicurazione obbligatoria contro gli infortuni, che rappresentavano una
vera piaga. Si pensi a quanto grave ancora oggi il problema, nonostante le conquiste realizzate dai sindacati, le leggi approvate dal Parlamento, una cultura della sicurezza abbastanza diffusa, nonch i
progressi della tecnica sui sistemi antinfortunistici, e si cerchi di immaginare come fosse la situazione nelle fabbriche di fine Ottocento Per questo lassicurazione obbligatoria salutata come una
grande conquista che apre una fase di successi e miglioramenti, i
quali procedono di pari passo con lo sviluppo del movimento operaio e lallargamento della compagine di governo verso il liberalismo
pi dialogante, democratico, di Giovanni Giolitti.
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La Legge Casati del 1859, che abbiamo gi visto, cerca di dare vita
al circolo virtuoso scuola e lavoro, ma viene calata in una realt che
non stata preparata a questo, in un contesto in cui il minore ancora, prima di tutto, due braccia per lavorare. E in questi anni lavorare non significa pi soltanto guardare le greggi, pascolare le
mandrie, dissodare, arare, seminare, raccogliere; lavorare vuol dire
scendere nelle viscere della terra, nelle miniere, a scavare zolfo, carbone o altri minerali; vuol dire entrare negli opifici, nelle officine
meccaniche, nelle piccole e grandi fabbriche che hanno trasformato
il panorama delle citt. Il ricorso alla manodopera infantile contestuale allavvio dellindustrializzazione perch di questo processo
incarna la sua filosofia essenziale, quella che fa apparire il mercato
come un mare in cui il pesce grande mangia quello piccolo e ogni
giorno una lotta per la sopravvivenza. Il minore lavora come un
adulto, perch ora in fabbrica non serve tanto la forza muscolare
quanto la precisione e lattenzione nel governare una macchina, ma
guadagna molto di meno. Cos quello del lavoro minorile diventa
presto un vero problema, una piaga sociale che prima dei trattati
sociologici o delle analisi politiche d sostanza a buona parte della
letteratura dellepoca. Basti citare Charles Dickens ed il suo Oliver
Twist, oppure Malot di Senza Famiglia, Dostoevskij, il panorama
urbano che essi descrivono, fatto di miseria, abiezione morale, criminalit, disperazione. Non a caso la prima legge che regola il lavoro
minorile la troviamo in Inghilterra, nel 1833, quando si fissa a nove
anni il limite minimo per assumere un fanciullo; in Prussia ne abbiamo tracce dal 1840, e qui il limite 10 anni; in Francia nel 1841
con un limite fissato a 8 anni!
Questa legge avrebbe dovuto fare da sponda ai provvedimenti rela-
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rie e nelle botteghe di barbiere, nelle vetrerie, nei laboratori artigiani, dove spesso inserito dal genitore che fa da garante e acconsente a farlo lavorare gratis, come apprendista, senza alcuna garanzia
di assunzione futura, per periodi da sei mesi a tre anni. In quella
posizione il bambino non guadagna, pertanto il padre lo stimola e
lo pressa affinch lavori di pi per imparare meglio e prima, perch
in famiglia c bisogno anche di quel salario. Troviamo sempre pi
minori nelle fabbriche in cui non pi richiesta forza fisica, ma precisione per controllare i movimenti delle macchine; si tratta di luoghi di lavoro privi di qualsiasi forma di protezione, di tutela, in cui
ligiene un concetto astratto e il padrone ricorre anche alle percosse fisiche, sostituendosi al padre che accetta perch non si pu
correre il rischio di perdere un salario.
I minori che finiscono nelle fabbriche sono sia di origine cittadina,
sia contadina; ma di solito i primi finiscono nelle botteghe mentre
gli altri arrivano spesso con tutta la famiglia, disperata e povera, e
finiscono subito negli stabilimenti dove, tutti lo sanno, il lavoro
durissimo, la paga infima, le condizioni di lavoro pesanti e i rischi
altissimi. Non raro che quando arrivano in citt, solo i fanciulli e
le donne trovano occupazione, proprio perch costano poco e sono
pi remissivi; ci produce gravi piaghe sociali, come ad esempio lalcolismo, praticato da uomini che si sentono sviliti nel loro ruolo di
capifamiglia vedendo che figli e moglie gli sono preferiti per il lavoro solo perch costano meno. La condizione sociale e lavorativa che portava allalcol, alla prostituzione, al vagabondaggio, alla
criminalit diffusa sebbene di piccolo cabotaggio (da ladri di polli)
non veniva considerata come il frutto dei rapporti di produzione
legati al sistema capitalistico, non la conseguenza di rapporti sociali
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lassunzione in fabbrica.
Paradossalmente, il padrone si trovava spalleggiato dalle famiglie
dei minori, che dallattivit del piccolo traevano sostentamento indispensabile per la sussistenza. Perci essi non avanzavano alcuna
richiesta n tanto meno alcuna lamentela, anche di fronte al ricorso
alle pene corporali o ad uno sfruttamento intensivo: la minaccia
del licenziamento era un deterrente troppo forte.
Lingresso in fabbrica fa lievitare di molto i casi di tisi, oftalmie, cecit, malattie delle vie respiratorie, usate per farsi concorrenza fra
imprenditori di settori diversi: ad esempio gli imprenditori del cotone alimentano campagne contro le malattie derivanti dalla pettinatura della lana, mostrando di prendere a cuore le sorti dei piccoli
operai lanieri, in realt per boicottare dei rivali. I piccoli lavoratori
e le lavoratrici, sia piccole che adulte, non sono in realt oggetto di
reale attenzione, se non da parte delle associazioni di tutela, sia di
marca religiosa che sindacale. Ma c un momento in cui lopinione
pubblica, attraverso la stampa quotidiana che si molto diffusa,
prende a cuore la sorte di costoro: non a ridosso di qualche manifestazione importante, bens quando emerse in tutta la sua crudezza lesistenza di una vera e propria tratta dei fanciulli, maschi
e femmine. Questa venne sollevata quando il fenomeno dei piccoli
suonatori ambulanti, dei questuanti emerse con forza, data lalta
concentrazione nelle citt di questi giovanissimi. La prima immagine che viene in mente citando il problema penso possa essere
quella del romanzo di Malot, Senza famiglia; si tratta di una scena
comune a molti paesi, quella raccontata dal letterato francese. Un
bambino rimasto orfano che vive con un adulto sfruttatore suonando
lorganetto per le strade, attirando lattenzione dei passanti con un
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al suo interno gravi lacerazioni, che si sono sempre prodotte e accompagnate a cambiamenti significativi nel nostro Paese, esso pu a giusto
titolo essere considerato un protagonista del progresso sociale che ci
consente oggi di guardare a quelle esperienze, a quel modo di vivere
e di lavorare con un profondo sentimento di pietas, di solidariet,
che non pu lasciarci inerti spettatori ma partecipi e riconoscenti.
Per questo avvertiamo come un dovere quello di tenere viva la memoria perch senza di essa saremmo ancora l, nelle officine meccaniche a lavorare 12 ore al giorno per un salario di fame; nei tuguri
malsani a vivere in promiscuit; nelle campagne malariche.
E a questa preistoria appena raccontata che dobbiamo tutti qualcosa, se oggi possiamo godere di diritti che i nostri antenati hanno
cominciato ad inseguire un secolo e mezzo fa, sognano un mondo
migliore.
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INDICE
Presentazione...................................................................................
Il 1848 e linizio del risorgimento...................................................3
Il 1861 e la sua eredit...................................................................13
Le origini del movimento dei lavoratori.......................................23
La situazione nello Stato Pontificio...............................................43
Il Lavoro delle donne.....................................................................53
Il lavoro dei fanciulli.......................................................................71
Bibliografia.....................................................................................81
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CAPITOLO
Bibliografia utilizzata
Ballestrero M.V., Dalla tutela alla parit. La legislazione italiana sul lavoro delle donne, il Mulino, 1979
Bertoni Jovine D., a cura di, Enciclopedia della donna, Editori Riuniti,
1965
Bianchi B., Lotto A., a cura di, Lavoro ed emigrazione minorile dallUnit alla grande guerra, AteneoVeneto, 2000
Bianciardi S., a cura di, Argentina Altobelli, Piero Lacaida Editore,
2002
Candeloro G., Storia dellItalia moderna, volume quinto, Feltrinelli,
1994
Candeloro G., Storia dellItalia moderna, volume sesto, Feltrinelli, 1994
Cassiani G., I visitatori dei poveri. Storia della Societ, di S. Vincenzo
de Paoli a Roma, 1. Lepoca pontificia (1836-1870), il Mulino, 2003
Castronovo V., Storia dItalia, volume 4, tomo 1, La storia economica,
Einaudi, 1975
Castronovo V., Storia dItalia, volume 4, tomo 3, La storia economica,
Einaudi, 1975
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CAPITOLO
Turati F. (Il compilatore), Anna Kuliscioff: vita privata e passione politica, A. Mondadori Editore, 1993
(a cura di) Uila, Riformisti ieri e oggi. Argentina Altobelli: una storia dimenticata, Uila, 2002
Zamagni V., Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica
dellItalia (1861-1990), il Mulino, 1993
RDSS, a. VIII, n. 2, 2008
Journal of modern Italian studies, 7:1
La voce della SOMS di Majano (Ud)
Critica Sociale
LOsservatore Romano
Il Messaggero
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CAPITOLO
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