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Italian Studies
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DOI: 10.1177/001458589302700108
1993 27: 147 Forum Italicum: A Journal of Italian Studies
Nicola D'Antuono
E IL FUTURISMO DIANA , LA ECO DELLA CULTURA L'

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Center for Italian Studies, Stony Brook University, NY


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"DALLA PROVINCIA ALL'IMPERO":
ESPERIENZE E PROTAGONISTI
L'ECO DELLA CULTURA, LA DIANA E,
IL FUTURISMO
Stracci e rifiuti, invece, ma non per fame l'inventario, bens
per rendere loro giustizia nell'unico modo possibile: usandoli.
W. BENJAMIN, Parigi capitale del XX secolo.
All'Eco della cultura, nata a Napoli nel gennaio del 1914 come
"rivista polemica di pensiero e d'arte," e diretta da Francesco
Grieco
l
(che ne era anche proprietario), avevano aderito, tra gli
altti, inizialmente, numerosi allievi di Kerbaker, l'archeologo Antonio
Sogliano con il figlio Giulio, i giovanissimi Ettore Lo Gatto e
Augusto Guzzo, Raffaello Pescione, Decio Carli, il luciniano Dino
Fienga
2
La rivista si caratterizz fin dai- primi fascicoli quale
palestra antologica ove convivevano adeguatamente diverse generazioni
e differenti posizioni. Vi era privilegiato il settore delle traduzioni
e si rilevava un'apertura alla comparatistica e alla cultura musicale.
Scarsi erano gli echi oratori e tiepido l'interventismo. L'obbiettivo
fondamentale, anche se dispersivo e generico, era il rinnovamento
culturale partenopeo.
Con il n.11-12 del luglio 1914, il primo del secondo semestre,
la rivista attu una "rinnovata vita" e acquis una pi precisa
identit, delineata nel testo Per obstantes catervas! Firmato "La
redazione," ma sicuramente di Annunzio Cervi, l'articolo forniva le
motivazioni programmatiche dell'Eco della cultura. Cervi sottolineava
che a Napoli, "in una citt dal giornalismo segaticcio, che si
gingilla ancora col vecchio convenzionalismo del moscone e della
cronaca!," la rivista era "nata come una reazione alle solite riviste
dei nostti giorni, in cui o l'erudizione grava come un afrore o la
leggerezza incolta si ostenta sopra un disfatto giaciglio di
cianciafrascole risanciane." Inoltre puntualizzava che i giovani
redattori soffrivano l'''isolamento'' nel loro lavoro intellettuale, per
spiegava la loro tendenza antagonista - come oggi si direbbe -
e distruttiva:
Noi saremo la folata che disperder questa piccola gena di cronisti e di
poetastri che randeggia e si gattiglia sui pi stantii rosumi della vita
intellettuale contemporanea.
3
147
148 NICOLA D'ANTUONO
Cervi afferm anche, con violenza linguistica e sintattica, che
Eco della cultura intendeva spezzare il circuito perverso di una
tradizione regressiva; perci egli si dichiarava in rivolta contro il
dialettale, il provincialismo, la Piedigrotta, la panoramistica. La
distruzione barbarica barrsiana e la violenza imperialistica
kiplinghiana si rendevano perci indispensabili. Solo cosi avrebbe
potuto irrompere, sulla scena della vita artistica partenopea, la
"fresca giovinezza che non ha mai voluto sguazzugliare nella
mediocrit." Salutando Lacerba e La rivista d'oggi (definite "sorelle
combattive''), Cervi sottoline inoltre che Eco della cultura entrava
"risolutamente in un secondo periodo della sua vita," per imporre
non pi l'innovazione silenziosa, raccolta, incompresa quasi, ma
l'audacia che dirompe e demolisce accanto alla tenacia che rimpella e
ricolma.
4
Il cambiamento di registro della rivista nei confronti dei
precedenti fascicoli era notevole, almeno nella teorizzazione. Iniziava
un'avventurosa "battaglia" di alcuni giovanissimi studenti universitari
napoletani, sorretti e coadiuvati da un atteggiamento aristocratico (e
antidemocratico) e da una furia incendiaria (che in Cervi certamente
risentiva del Palazzeschi, ma era fortemente stimolata anche dalla
leggenda "indiana del Nanaganda) , "contro la senilit famosa,
verbosa, trempellante." Le condizioni concrete offerte dalle circostanze
di uno spazio storico-sociale come quello partenopeo, con le sue
incrinature dopo l'euforia dissipatrice degli ultimi decenni e con i
sintomi dellafinis, motivavano fortemente le giovani generazioni.
Ovviamente non tutti i redattori di Eco della cultura erano convinti
della radicalit delle posizioni di Cervi e della sua furia polemica,
gi evidenziata in alcuni articoli di Vela latina e del don Marzio.
s
Egli fu l'unico intellettuale della rivista ad essere infuriato anche
stilisticamente, utilizzando un lessico caotico e una sintassi scabra
e durissima, particolarmente verso i frequentatori del Gambrinus
(Murolo, Bovio e C.ia). Tra l'altro ridicolizz la dialettomania della
vita quotidiana partenopea e le connesse mitologie, e spieg che
voleva distruggere:
Non per fare del chiasso, miei cari ciofi e grulli, non per amore del bel
gesto, non per combattere i mulini a vento ma perch necessario
affermare che Napoli tutto, tranne che dialettale. Tutto, tranne che
questa buffa combriccola di scimmie, che a somiglianza del Bandar-Log
kiplinghiano gridacchia a squarciagola canzoni prive di senso per
attirare l'attenzione, si gattiglia, si acciuffa, si abbaruffa dispera-
tamente, a quando a quando.
6
ECO DELLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO
149
Cervi sapeva pure di non porre nulla in alternativa alla
distruzione dell'esistente, ma era stato troppo attento lettore del
barrsiano Ennemi des lois per prefissarsi regole e codici;
gl'importava solo frantumare, disorganizzare, triturare. Diventava
ovvia, pertanto, l'accusa denigratoria che furore polemico e frenesia
distruttiva derivassero a Cervi dall'essere "futurista." Ma egli, che
aveva appreso la lezione di Bergson ed aveva assimilatocosl bene
la monelleria anarchica palazzeschiana (non avrebbe cominciato entro
pochi mesi a scrivere le Cadenze d'un monello sardo?), si divertiva
di fronte agli avversari:
quando mi chiamano futurista, tocca a me scompisciarmi dalle risa:
perch oggi si tanto saturi di kantismo, che si vuole, ad ogni costo,
ridurre la letteratura ad un casellario ed ogni rassomiglianza, sia pur
lontana e incerta, buona per farvi ficcare in una delle buche gi
prestabili te!'
All'etichettatura di "futurista," Cervi rispondeva con sarcasmo:
lo non mi sono ancora aggarzonato con nessuno. Non sono nulla,
tranne che me stesso. E non ho niente di comune coi futuristi. E niente
di comune coi d'annunziani.
8
esprimendosi con la sicurezza di colui che sull'argomento aveva
idee ben consolidate, se gi l'anno precedente, in un saggio molto
importante, aveva fornito una sua valutazione del futurismo, con il
quale dichiarava di essere in disaccordo. Aveva puntualizzato, nel
saggio dell'anno precedente, che "Il futurismo non altro che un
d'annunzianismo esagerato, il quale ha per conseguenza talvolta
un' esaltazione eroica, spesso un disquilibrio eroico dal quale
l'umorismo nasce naturalmente," sottolineando una questione non
certamente pacifica in quei tempi: che D'Annunzio fosse "maestro"
del futurismo perch ne aveva anticipato i motivi: "Il disprezzo
della donna, l'esaltazione della guerra, la trasfonnazione delle nuove
energie in nuovi elementi di bellezza, l'odio per la saggezza, sono
tutte conseguenze diretta dell'arte d'annunziana.''9
Va osservato che le indicazioni di Cervi non ebbero seguito su
Eco della cultura, anche se l'intellettuale di origine sassarese
continu imperterrito per alcuni mesi nella sua linea, con la quale
tentava di far uscire la rivista dai binari letterari nei quali
l'avevano istradatagli altri collaboratori. Il suo obbiettivo era di
aggredire le questioni della vita civile, in pieno, essendo persuaso
che solo in tal modo sarebbe stato possibile un profondo
rinnovamento culturale partenopeo. Infatti, il 17 gennaio 1915, egli
150 NICOLA D'ANTUONO
pubblic un articolo sull' immoralit della locuzione salandrina del
"sacro egoismo," nel quale, in chiusura, ricord le ritualit del
fuoco di S. Antonio Abate in Sardegna (ov'era nato), contrapponendole
a quelle che nel napoletano erano vive fino a pochi decenni or
sono, per presentare una pagina densa di significati simbolici ed
antropologici ove dominavano il complesso di Empedocle e
l' onanismo regressivo:
Napoli, invece, futurista.
Di casa in casa oggi si fatta ridere Ila requisizione di carabattole e
suppellettili vecchie: tutto quello che si conservava antico, guasto,
imporrito, muffito a quest'ora accumulato, in alte cataste, davanti ad
ogni casa. Strano questo desiderio di liberazione dai lordumi e dai
vecchiumi e dagli sfascumi in una citt, in cui la scultura
rappresentata da Gemito, la pittura da D albono , il romanzo da Matilde
Serao, l'arte drammatica da Torelli, la poesia lirica da Ferdinando Russo
e da Salvatore di Giacomo, il giornalismo da Scarfoglio: pretensiosa
accozzaglia di anticaglie decrepite e cimiciosepo
L'atteggiamento di Cervi", ovviamente, non riassume del tutto la
ricezione del futurismo a Napoli nei primi anni, ma
esemplificativo perch le nuove generazioni napoletane lo intesero
solo quale indirizzo civile e ideologia della rottura sociale, lo
utilizzarono solo nel gesto iconoclasta ed anarchico, nel grido e
nella violenza verbale, nella festa delle parole. La scrittura, i
colori," i suoni, la nuova sensibilit, il nuovo articolarsi tipografico
erano stati accantonati. Una spruzzata nel lessico, ma timidezza
perfino nel verso libero. Solo giovinezza e retotica. Metafisica
della giovent e Jugendkultur, per tendere alla bellezza ed ottenere
una mistificatoria promozione sociale atttaverso la letteratura. Il che
avvenne anche nella Diana, la quale, fondata nel gennaio del 1915,
fu aperta da uno spavaldo Manifesto degli ardimentosi, all'interno
del quale - anche l - campeggiava il motivo del fuoco
purificatore. l l Nel IO fascicolo, in un articolo non firmato, ma di
Gherardo Marone, in complementarit con il manifesto d'apertura,
emerse "una precisa dichiarazione di intendimenti" che voleva
rappresentare "anche una professione di fede necessaria al principio
del cammino." Marone vi illustt la rotta della rivista, nella quale
voleva. portare "una libecciata fresca del nostro bel futurismo";
quindi chiariva e leggeva al modo seguente il movimento:
nel puro pensiero di tutti significa giovinezza con tutte le sue febbri,
ardimento e simpatica spavalderia, cieco amore .del pericolo e folle
desiderio di battaglie con la penna e con la spada, sempre e dovunque
ECO DELLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 151
per un ideale di bellezza e un bisogno di Hberazione.
l1
D'altra parte, in quegli anni la giovinezza rappresentava l'ideologia
della vitalit, che illudeva le nuove generazioni di bloccare il fluire
temporale e di arrestare la morte. Diventata un feticcio e idolatrata
come un materiale di consumo, la giovinezza era una merce
nuovissima mmessa sul mercato delle ideologie che avrebbero
fornito la spinta necessaria ai volontari e agli ufficiali di complemento
nell'imminente guerra mondiale.
Quasi tutti i collaboratori della Diana, almeno nei primi
fascicoli, mostrarono forti riserve verso Marinetti ed il futurismo
"milanese," evidenziando una aperta disponibilit invece per i '.'futuristi"
fiorentini. Si trattava, a dire il vero, di un atteggiamento comune
negli intellettuali napoletani delle nuove generazioni, la maggior
parte dei quali era d'accordo con Papini, il c'ui anarchismo piccolo-
borghese seduceva gli studenti napoletani che vivevano i disagi
sociali di quegli anni erano disponibili alle avventure del
pensiero e al tuffo nella "vita." Ed questo ancora uno dei punti
da approfondire del futurismo a Napoli, ove Papini era molto
ammirato. Alcuni suoi testi erano stati editi da Riccardo Ricciardi
e da Perrella, le sue polemiche con Croce erano molto
conosciute. Il
Segnalando Lacerba, nello fascicolo della Diana, ad esempio,
un anonimo aveva scritto che questa "tende, con Papini, a quel
futurismo bello e sereno che i primi suoi sinceri cultori
desiderarono, ma che i molti inconscienti e grossolani seguaci
trasformarono e deformarono. "14 L'unico articolo che, al contrario,
nella Diana appoggi incondizionatamente i "milanesi" fu edito da
Carlo Albertini nello fascicolo. L'autore, innanzitutto dichiar di
non far parte "in nessun modo del gruppo marinettiano," spieg le
caratteristiche del movimento, e riferl di alcune lettere che
Marinetti gli aveva inviato, infine assunse una netta posizione
sulla polemica con Lacerba: optava per Marinetti e parteggiava per
il cosiddetto periodo "eroico" del movimento.
IS
Il Marone, invece, in un testo contro Salandra, Scarfoglio e
Puccirii, utilizz - anche se posposta - la denominazione "/
sacri guatteri" (derivante, come si sa, dall'a.I di Re baldoria), con
i tre sunnominati che sostituivano, in modificate condizioni, Turati,
Ferri e Arturo Labriola.
16
Poi, nel fascicolo 6 polemizz con De
Robertis a proposito della stroncatura fatta a Buzzi, accenn a Roi
bombance (che peraltro gli piaceva molto) e ai Versi liberi dello
stesso Buzzi.
17
Recensendo Gue"apittura di Carr, invece, Marone
dimostr ancor pi aperta disponibilit: "I futuristi bisogna leggerli,
152 NICOlA D'ANTUONO
perch tranne qualcuno veramente idiota sono uomini di grande
ingegno e lavorano sul seriO."18 In Una stratta alla barra, infine,
accenn a Marinetti, "bravo poeta" che faceva la guerra da
"volontario automobilista." Nello stesso articolo, parlando di Croce
- nel cui alveo sereno aveva deciso di incamminarsi con una
rapida virata gi dalla met del '15 - Marone afferm di
apprezzarne l'opera "demolitrice," rimpiangendo che il filosofo
napoletano non fosse andato pi in profondit ed in estensione
nell'opera di demolizione. Il testimone era stato preso dai futuristi:
Il futurismo ha creato un movimento che sempre. ingrossa; oggi non
pi quello dell 'origine, ma migliore e pi complesso, un fenomeno
che appassiona. 19
Le due riviste, insomma, assunsero verso il futurismo un
atteggiamento disponibile, che derivava dall'eclettismo programmatico
comune ad entrambe, senza una organizzazione ben definita di
gruppo omogeneo e senza una proposta bene individuata. Ovviamente
le pagine, nelle quali veniva concessa ospitalit ai collaboratori pi
eterogenei, ne risentivano. Di modo che, se in Eco della cultura,
accanto a Cervi, Lo Gatto, Guzzo, Meriano, Venditti, Riccardo
Prati, Giuseppe Raimondi, Maria D'Arezzo, Raffaello Franchi (per
c dire solo di alcuni e fino al termine dell'anno 1915), ritroviamo
anche Antonio Sogliano, Assunta Kerbaker, Ettore Moschino,
Vincenzo Gerace, Cecilia Dentice di Accadia, Onorato Fava,
Roberto Bracco, nella D i a n a, invece, la convi venza era
programmatica. I giovani collaboratori sollecitavano i pi anziani
(ed autorevoli) a collaborare, ed ogni redattore si affannava per
ottenere risultati in tal senso. Si pensi a Nicola Fornelli, Michele
Mastropaolo, Antonino Anite, Giulio Bechi, Gioacchino Brognoligo,
Rocco Galdieri, per non dire degli stessi Croce e Di Giacomo.
Ovviamente l'impalcatura delle due riviste ne risent, cos come
l'atteggiamento verso il futurismo, che in alcuni casi venne quasi
deriso dalla vecchia generazione.
L'autorevole Brognoligo (insegnante del Marone al liceo
Genovesi), poniamo, con finissima ironia smont tutto il
meccanismo stesso del "movimento" futurista, sostenendo la tesi
che Giovita Scalvini, scrivendo nel 1829 dei Promessi Sposi, ebbe
a dire che sarebbe nata "una nuova poesia," che avrebbe guardato
"nel futuro. " Brognoligo affermava che la profezia non aveva
riguardato Carducci, Pascoli e D'Annunzio. Egli si domandava,
allora, se riguardasse Marineui: "La nuova poesia veramente
nata con lui? lo pongo la questione, non la risolvo." In fine,
ECO DEllA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 153
prendeva posIzIOne osservando che anche il futurismo gli pareva
"vecchio": "Pi utile sar osservare, lasciando da parte futuro e
futurismo e attenendoci al passato men recente e recentissimo,
ricordando che cos' stata e che cos' la poesia del Carducci, del
D'Annunzio e del Pascoli, che anche la profezia dello Scalvini
fallita; cos sempre falliranno quante profezie si vorranno annunziare
in fatto di poesia, perch esse poggiano inevitabilmente sulle teorie
e nella poesia non le teorie contano, bens i poeti; ogni nuovo
poeta suggerisce nuove teorie, ma esse sono sempre, artisticamente,
il passato, mentre il poeta, il vero poeta s'intende, sempre il
presente, se vogliamo il presente, il passato e il futuro insieme.
Perci diversa la poesia."2D
Anche Onorato Fava, invitato a collaborare all'Eco della cultura,
con molta ironia si era espresso sul futurismo: "In tanto giocondo
imperversare di futurismo, forma originale d'arte che, accolto al
primo apparire con risate di scherno, comincia ad essere presa sul
serio anche da critici autorevoli." Paradossalmente egli fabbricava
nella scrittura una tessitura di elementi "passatisti," rievocando il
"vituperatissimo passato," cio vicende e aneddoti del giornalismo
napoletano di fine Ottocento.
21
La stessa Fiorina Centi, direttrice e finanziatrice della Diana per
il primo anno, in Il tramonto di certe parole, tra le pi di moda,
ma gi insopportabili, vedeva "femminismo, futurismo ed affini"
("divenuti grigi, opprimenti, assillanti"). La concezione stupidamente
reazionaria sul "femminismo" la Centi l'aveva espressa gi in
alcuni articoli ed in un volume del 1914. Sul futurismo ora
scriveva:
. A guerra finita un'altra piccola tomba si aprir nel cimitero dell'oblio
che ciascuno di noi porta nel cuore e vi scender non rimpianto un
vocabolo divenuto uggioso: futurismo. 22
Si osservi come nel caso le riserve verso il futurismo fossero gi
nell'uso del corsivo, spia di una mancata accettazione sul piano
linguistico. La parola "futurismo" sarebbe scomparsa, per la Centi,
anche se il "movimento" ("che ha avuto il torto di scoppiare con
troppo e volgare fragore") sarebbe restato "nella sua logica
progressione, ed un bene che resti." Le implicazioni negative
riguardavano la funzione della scrittura, le manifestazioni esteriori,
il meccanismo stesso dell' avanguardia, in antitesi alla proposta di
una letteratura Gesunde, che avrebbe conosciuta in seguito una
triste fortuna in opposizione a Entartete Kunst. La guerra, tanto
richiesta dai futuristi, aveva determinato la crisi, secondo la Centi,
154 NICOLA D'ANfUONO
anche se gli intellettuali avevano continuato a scrivere e "a far
dell'arte, ma pi semplice, plU sincera, pi sentita." Nel
dopoguerra gli scrittori "di fibra" sarebbero stati pi futuristi, ma
non lo avrebbero detto, mentre "i futuristi per partito preso"
avrebbero smesso:
e sar una fortuna p ~ tutti, specie per il futurismo sano, poich i veri
nemici di questo movimento che pure vorrebbe dire libert e bellezza
sono gli imitatori balordi. 23
La conclusione era perci sintomatica:
Scomparir la manifestazione plateale, diventer inutile la parola
futurismo, i valorosi faranno dell'arte sana, libera, liberissima, ma
bella sempre perch arte vera. Il futurismo, quando non pagliacciata,
vuoI dire libert, bellezza, vita che freme, piange, soffre, ride, benedice
od impreca. Vita vera e perci arte vera!
I futuristi veri sono pochi, perch sono poeti, artisti, scrittori di
polso e sarebbero stati tali anche senza essere futuristi! Li ho letti, li
ho intesi e mi piacciono appunto per questo. Non li nomino perch
quelli che li conoscono li comprendono e li amano.
Gli imitatori no: fanno nausea! Futurismo, in certo senso, vorrebbe
anche dire salto prodigioso nell'avvenire lontano. Ma per superare certe
distanze occorrono o atleti di valore ovvero acrobati di vaglia.
24
Uno dei maggiori collaboratori di ambedue le rIVIste fu
Francesco Meriano.
25
La sua posizione si articol su un doppio
registro formale, da cui egli venne liberandosi in sintonia con la
particolare concezione della funzione poetica come attivit Iudica,
all'interno della quale tutte le sperimentazioni erano possibili; e
quindi il futurismo, il dada, la metafisica, infine la palinodia.
Di origine piemontese, ma trapiantato a Napoli, dove aveva
trascorso gli anni dell'adolescenza e frequentava in quel periodo la
facolt di lettere dell'universit, gi dal 1914 collaborava all'Eco
della cultura, ove vi aveva pubblicato un ritratto persuasivo della
nuova letteratura di lingua francese (con !'inclusione, dunque, dei
fiamminghi), con penetranti osservazioni su Gustave Kahn ("il
teorico di questa scuola [del verso libero] che possiamo chiamare
gi . futurista, perch al verso libero unisce, come fondamento e
sostanza stessa della poesia, l'imagine"). Nel testo egli aveva
osservato che Apollinaire in Alcools si era servito "anche della
disposizione tipografica delle parole; e ci ha dato degli ideogrammi
lirici che, a parte la stranezza, dicono qualcosa di pi che tali
ECO DElLA CULTURA. DIANA, FUTURISMO 155
parole in libert," aggiungendo infme alcune osservazioni sull'arretratezza
culturale italiana: "Perch l'incendiario facesse sentire che le sue
fuunme scottavano davvero occorse che Marinetti vi soffIaSse sopra
coi suoi polmoni capaci. "26
Meriano aveva collaborato a Lacerba ed era affascinato da
Papini, del quale ammirava/invidiava il "destino" ("come bello e
grande il suo destino d'iniziatore d'idee e scopritore di uomini").
Per lui il legame con Firenze ed i suoi intellettuali era sostanziato
di mitologia e prodotto dal senso d'inferiorit dell'appartenenza ad
una periferia. Riferendo della chiusura di Lacerba, ne riconobbe
l'importanza, e segnal la produzione poetica iniziata da Papini
sulla neonata rivista di De Robertis. Z1 Attendendo poi le critiche
che gli sarebbero state fatte per l'ingente disponibilit (in seguito
dimostraia anche verso Marinetti, Tzara e Mussolini), egli
pubblicamente dichiar di non essere "adulatore" di Papini, ma
sulla stessa rivista pubblic un Commento spirituale alla 1 Poesia
di Papini, ove afferm - per ci che ora ci interessa - che lo
scrittore fiorentino era "molto pi avanti d'ogni paro I ibero
irreggimentato e non," per la "libert espressiva" raggiunta "pur
senza ricorrere a' caratteri cubitali, e senza far saltare i ponti della
sintassi e le condutture della 10gica."28 Nel primo volume di
liriche, Gli Epicedi ed altre poesie, Meriano aveva edito dei versi
liberi dal titolo Per me stesso. Ai futuristi d'ingegno
29
, e,
nell'estate del '15, dopo essere entrato nel gruppo redazionale della
Diana, aveva evidenziato una' disponibilit opportunistica verso il
futurismo, allorch, progettando la rivista un "numero unico" per
la Chiesa di Portosalvo, per lettera comunic a Marone che vi
avrebbero collaborato "tutti i paroliberi della Penisola (Tadino,
Guizzidoro, Elio D'Alba ecc.). Questo ci giover, com' facile
intendere perch sono tutti entusiasti dell'articolo della Sig.na
direttrice, talch avremo abbonati, compratori, annunciatori a
profusione. "30 Tuttavia,. utilizzando spesso con taglio dispregiativo
l'aggettivo nei primi mesi del '15 egli evidenzi un
atteggiamento denigratorio verso Marinetti. 31
Ritengo perci che l'adesione di Meriano al paroliberismo, che
sarebbe avvenuta, come stato accennato, "verso la met del
'15, "32 non fu reale, ma esterna e non vissuta dall'interno. Le
prove documentarie non sono pertinenti. Notte di San Lorenzo,
Frantoio, Scoperte, Litania della pioggia, oppure Viaggio (resoconto
naturalistico - con l'inserzione di tavole parolibere - di un
effettivo viaggio da Napoli a Castagnole passando per
l'abitazione romana di Auro D'Alba),33 presentano vecchi contenuti,
pur essendo visibile lo sforzo di depositarli in una nuova forma.
156 NICOlA D'ANTUONO
La tessitura testuale ancora patetica, spleenetica, laforguiste -
come in Mascheratura, che piaceva tanto a Cervi. D'altra parte,
nuovi contenuti si depositano solo in nuovi linguaggi e in nuove
forme; e la malinconia e lo spleen, dalle quali Meriano non si
liber mai, anche quando ne oper il rovesciamento con lo spirito
fumiste e I udico , non lo sono, ancorch patinati di paroliberismo.
Nel 1915 Eco della cultura modific la testata (da cui
scomparve la neorinascimentale dea Roma) e si modernizz anche
nell'assetto grafico e tipografico. Il IO fascicolo del nuovo anno
present una tavola parolibera di Cangiullo, Pisa (parole in
libert), che per fu l'unico intervento futurista spavaldo, e forse
proprio per questo spiegabile con l'eclettismo di cui si diceva.
34
Per il resto, i collaboratori - che nel frattempo furono raccolti
dall'area geografica nazionale e furono molto pi selezionati -
appartennero alle nuove generazioni postcrepuscolari, postsimboliste
e govoniane. Tra questi, poniamo, Meriano, il luciniano e pentito
Cardile, Antonino Foschini del Fuoco, Annunzio Cervi, Maria
D'Arezzo, Raffaello Franchi, Giuseppe Ravegnani, tutti ancora con
liriche o con prose liriche che nulla hanno a che fare con la
poetica futurista, e che, eccetto qualche caso (da non poter
affrontare in questa sede), sono soltanto documenti letterari del
volontarismo di una generazione alla ricerca di modelli.
Anche l'accenno al futurismo a proposito di Antonio Del
Mastro e Mario De Leone, due frequenti collaboratori della rivista,
mi appare non centrato, particolarmente per Mario De Leone, le
cui liriche edite sull'Eco della cultura non sono neppure
modernizzanti.
3s
Valuterei con molta pi attenzione, invece, la
modernit e l'acume critico di Mario Pozzati, con il tempestivo
articolo su Picasso,36 e mi soffermerei sull'atteggiamento complessivo
verso la musica che si ebbe nella rivista. La moderazione verso la
modernit e la resecazione delle parole in libert dalla sfera
artistica, infatti, in Eco della cultura venne dimenticata nel settore
musicale, almeno per un certo periodo, perch, innanzi tutto, gli
interessi musicali dominavano in molti collaboratori e nella larga
fetta del pubblico degli abbonati. Perci, fin dalla fondazione, il
lavoro nel settore, in particolar modo sul piano organizzativo, fu
perseguito anche con alcune iniziative per gli abbonati, tra le quali
il concerto musicale tenuto nella primavera del '14, nel quale fu
tenuta la prima esecuzione italiana del S. Sebastiano di Debussy,
preceduta dalla conferenza di Cervi 1/ toro di Falaride .37
Articoli e notizie musicali erano sempre presenti nei fascicoli.
La questione da spiegare tenendo conto che la realt oggettiva
ECO DELLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 157
napoletana lo consentiva e lo imponeva: la tradizione musicale, il
notevole flusso di aderenti alla musica operistica, il pi scarso
numero di appassionati alla musica da camera e sinfonica, il
conservatorio, il liceo musicale, i circoli e ritrovi privati, il teatro
S. Carlo, la Piedigrotta. L'industria della melomania, che sfruttava
la musicomania napoletana, non era seconda a nessuna citt in
Italia. Migliaia gli esperti, molti i buoni ascoltatori, infiniti i
consumatori di cultura (e di spazzatura) musicale.
Il caso era ben diverso nella Diana, ove, eccetto Elpidio Jenco,
la maggior parte dei redattori e dei collaboratori aveva una
congenita sordit musicale, e la concezione artistica si stratificava
solo nell'oggetto-libro e nella scrittura letteraria, con rapide
incursioni appena nel settore delle arti figurative.
38
Fondamentali, per il rinnovamento del gusto musicale di Eco
della cultura. furono le presenze di Riccardo Prati,39 Guido Maria
Gatti e Augusto Guzzo, con alcuni articoli pionieristici per l'Italia.
Ma decisiva, per i rapporti con il futurismo, fu la presenza di
Nino Floro Caravaglios. Napoletano di adozione (era nato ad
Alcamo nel 1889), era un avvocato che esercitava la professione,
ma coltivava i prediletti studi musicali; storico della musica, si
seppelliva nelle biblioteche napoletane e straniere per studiare libri
antichi di musica. Tra l'altro aveva preparato anche un catalogo
descrittivo delle opere musicali teoriche e pratiche stampate tra il
XV e il XVI secolo, sconosciute perfino al Vogel. Seguendo le
orme del padre Cesare, leggendaria figura di direttore d'orchestra
della banda municipale partenopea - famosi i suoi concerti nella
villa comunale _,4{) Caravaglios era anche direttore d'orchestra.
La lettura del Manifesto dei musicisti futuristi, scritto da
Balilla Pratella 1'11 giugno 1911, l'aveva suggestionato e convinto
della necessit di un atteggiamento radicale da far lievitare nello
spazio culturale partenopeo. Il terreno era favorevole per eccitare gli
esclusi dalla selezione durissima del S. Pietro a Majella ed
emarginati dai salotti dell'aristocrazia e della borghesia, per
canalizzare la loro ribellione ai licei, ai conservatori e alle
accademie musicali, per convincerli a lottare contro il melodramma,
l'opera lirica e le "romanze del genere Tosti e Costa," rifiutando
"le stomachevoli canzonette napoletane," organizzandosi anarchicamente
ed affrontando lo "studio libero come unico mezzo di
rigenerazione. "41 Caravaglios aveva aderito al futurismo e si era
assunto il compito di divulgare a Napoli e altrove la musica
futurista; era entrato in rapporto con Balilla Pratella e il 19
novembre 1911 aveva diretto al Circolo d'Arte di Napoli Visione
tragica. Nello stesso Circolo esegu anche il Trittico. ma non
158 NICOLA D'ANTUONO
risulta se avesse realmente realizzato il progetto di un concerto
monstre (con 500 ,esecutori) a favore dei profughi della Turchia,
dove si sarebbe eseguito l'Inno alla vittoria .42
Recensendo il volume del Balilla Pratella, Per una cultura della
sensibilit musicale, appena edito, Caravaglios scrisse che il
compositore romagnolo gli era "carissimo fratello" e che si sentiva
a lui legato "dalla stessa comunione di fede, di aspirazioni." La
recensione assimilava la lotta ai conservatori e ai Licei musicali,
condivideva la ricerca di una "sensibilit musicale" da rintracciare
"nei canti popolari in quegli autentici canti popolari italiani ed
anonimi, che mettono capo alle laudi spirituali del Cinquecento e
alle musiche del Monteverdi." Questa divenne per anche l'occasione
per dichiarare di essere stato "tra i primi, forse il primo, a
presentare nei miei concerti orchestrali programmi ... immuni dal
solito ... bagaglio Wagner-beethoveniano! Accettai Moussorgsky, a
mala pena Franck, e poi vi feci eseguire musica giovane, mia e
di altri giovani ... anarchici, Crispo, Pratella ... Ricordo con
commozione le esecuzioni di alcune mie Impressioni sinfoniche,
della magnifica Visione tragica di Pratella, prima, di un Trittico
romantico, poi, del Pratella stesso, un trittico nel quale cantava la
nostra terra la sua pi bella poesia, di un Poema de l'animo del
Crispo, geniale, profondo e italiano ... " L'articolo si concludeva
cos:
La stessa battaglia combattuta nel suo libro da Pratella ho combattuto
io a Napoli, e la stessa fervorosa aspirazione a un rinnovellamento
della sensibilit musicale italiana mi domina. Ma la sensibilit
musicale nostra troppo viziata: forse la guerra redentrice necessaria
ha rifatte gi le anime degli Italiani? 43
A mio parere, Caravaglios un decisivo rappresentante, oltre
Pratella e Russolo, della musica del primo futurismo, ed i suoi
studi vanno messi sulla stessa dimensione di quelli sull' etnofonia e
sul canto popolare di Balilla Pratella. Peccato che su di lui ci sia
una totale rimozione. Ignorato anche dai cataloghi di musica (che
per ricordano il padre Raffaele e il fratello Cesare), gli ha
nociuto, forse, presso il, pubblico tradizionale l'adesione al
futurismo e l'atteggiamento anarchico piccolo-borghese, la sordit
alla musica nei futuristi, ma anche l'insofferenza che verso di lui
prov Marinetti? L'anarchismo musicale, la lotta ai conservatori e
alla tradizione per "purificare" la "sensibilit viziata" e la richiesta
di un ritorno "al nostro istinto di razza" gli furono fatali. Gli
accidenti storici vollero' che morisse in guerra nel '16, e non ebbe
ECO DEUA CULTURA, DIANA, FUTURISMO
159
neppure il tempo di assistere all'esito 'neoclassico" del Pratella, il
quale. prosegu upoi oltre verso le secche del pi becero
provincialismo,"44 rifugiandosi in esiti di scarto culturale.
Caravaglios, che aveva gi ottenuto la collaborazione di Pratella
alla rivista Domani, lo indusse a collaborare anche all'Eco della
cultura con due articoli, sfuggiti anche ad uno studioso del calibro
di Maffina. 4S
Nel 1916 la linea culturale dell'Eco della cultura verso il
futurismo non si modific; la presenza di Alberto Viviani, di
Raffaello Franchi, del giovanissimo Alfio Berretta, ancora di
Ravegnani e di Meriano confermarono la tendenza modernizzante,
ma non l'atteggiamento verso il futurismo. Nello stesso anno
collabor alla rivista anche Gino Cantarelli, con una traduzione
ulibera" (cio utilizzando il verso libero), di L'Aprs-midi d'un
Faune, dedicata a Marinetti, "fraternamente."46
Un ruolo notevole nel secondo anno della Diana, invece fu
esercitato da Lionello Fiumi, il quale convogli a Napoli molti
collaboratori - tra i quali Govoni, Valeri, Borgese, Bontempelli,
Alberto Neppi - e spost l'obbiettivo della rivista nella direzione
della medietas avanguardistica, incontrandosi naturalmente con la
disponibilit del nucleo fondatore che stava tentando la conversione
dall'attivismo lacerbiano ed interventista gridato e retorico al puro
lirismo, che voleva tornare ad una liricit a mezze tinte, ai toni
scialbi e prosaici. Fiumi, teorico del liberismo poetico, era in
disaccordo con il paro liberismo e si assunse il compito di
intervenire criticamente sul futurismo. Nella "sgoma" su Folgore,
discorrendo del "primo futurismo," "coi suoi pregi e i suoi difetti,"
ne dava un giudizio negativo:
fiero di avere spastoiato preconcetti, sfibbiato metri, sganciato
tradizioni, si sfrena a galoppo dimentico, s'avvinazza di libert e di
violenza.
47
Il poeta veronese ritrovava in Folgore piuttosto un'aspirazione
all'ideografia - che discendeva da Mallarm, intanto che i
paroliberi sarebbero stati uarlecchineschi pappagalli" "in berretto
rivoluzionario a sghimbescio";48. perci critic nel futurismo sia
l'imposizione dei temi poetici dall'esterno che la compressione delle
individualit, e soprattutto l'eloquenza e la retorica. Utilizzando il
precetto di Verlaine (quello adoperato in seguito anche dal Montale:
"Prends l'loquence et tords-Iui son cou") , Fiumi inquadr il Canto
dei motori, il cui elemento declamatorio - secondo lui - derivava
160 NICOlA D'ANTUONO
"dall'estetismo civile di Elettra" e "dall'umanitarismo civile" degli
Inni pascoliani "sottoposti a una scarnificante disinfezione col
sublimato corrosivo del marinettismo." Egli osserv inoltre che in
Ponti sull' Oceano l'''oratoria acquosa" di Folgore "si congela e
spare", facendo apparire un "lirismo sintetico: la ricerca continua
di una forma totale e di un assoluto di materia. "49
La denigrazione del futurismo Fiumi la riprese nella "sgoma"
su Buzzi, ove replic che il futurismo, dopo i primi anni di
novit, era sprofondato in un "carnevalesco smarrimento," "cio in
un'anarchia puramente formale e tipografica," aggiungendo che
questo si fosse "abbrutito per l'arruolamento di totali e sonore
nullit." Tuttavia, pur essendo diffidente ed ostile, egli confessava
di essere alieno da "partigianerie," in quanto la sua poetica
neoliberista gli imponeva di odiare "ogni esclusivismo, ogni
chiesuolismo, anche se d'avanguardia, ogni kaiserismo anche se
letterario."so Nell'''esclusivismo marinettiano" (che egli chiamava
"kaiserismo"), Fiumi rifiutava proprio il nodo teorico dell'avanguardia
come gruppo politico ed estetico. Infatti, in disaccordo con "la
militarizzazione degli artisti novatori," era contrario proprio al
"grande movimento solidale di eroismi intellettuali, nel quale
l'orgoglio individuale nulla, mentre la volont di rinnovare
tutto," con ci che De Maria ha sottolineato essere "impulso
totalitario" e "terrorismo espressivo" del movimento.
sl
Tale critica sarebbe emersa anche in altri nella Diana (mi
riferisco almeno a Massimo Gaglione
S2
e ad Annunzio Cervi). Il
futurismo rappresentava apparentemente la demistificazione della
strenua esaltazione dell'orgoglio individuale, il rifiuto dell'anonimato
e l'annullamento dell'io, non solo artistico ma soprattutto sociale.
La debolezza della fase imperialistica in Italia non era riuscita del
tutto a spazzare via il sogno dell'io, che iliusoriamente veniva
esaltato per sfuggire alle forme anomiche accelerate dai processi
bellici. Da Napoli, per, le riserve iniziali, poi le aperte critiche
alla distruzione dell'''io'' avevano la loro radice in un contesto
debolmente strutturato in senso capitalistico e quasi nullo
tecnologicamente; esisteva una grande differenza dell'eversione
anarchica piccolo-borghese per ottenere un consenso sociale ed un
inserimento dal disordine come programma, particolarmente delle
parole in libert, con il rifiuto anche dell'aspetto ludico, ora che la
seriet dell'impegno era necessaria perch il conflitto lo richiedeva.
Anche l'Eco della cultura non aveva avuto per il futurismo mai
evidenti entusiasmi; particolarmente Francesco Grieco ebbe lucida
consapevolezza dell' orientamento da assumere, e ad esso, nel
complesso, si uniform nella direzione della rivista, non lasciandosi
ECO DEllA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 161
mai sfuggire di mano la direzione, che uniform sostanzialmente
alla sua linea moderatamente modernizzante, particolarmente con
l'intensificarsi del conflitto bellico, allorch le posizioni si erano
radicalizzate. Grieco lo codific con chiarezza recensendo Piedigrotta
di Cangiullo e il volume Il giallo e l'azzurro di Armando Cavalli.
Al primo testo, ovviamente, dedic una maggiore attenzione, ma
l'occasione era favorevole per dichiarare l'atteggiamento personale
verso il futurismo:
I futuristi paroliberi li ho sempre considerati come gente che si volesse
burlare del pubblico idiota. Ma oggi penso diversamente. In fondo non
sono antipatici. La loro originalit piace talvolta quando la si consideri
senza preconcetti malevoli. Sono meritevoli anche di qualche lode,
sempre, beninteso con le debite restrizioni e con molte riserve.
53
Grieco aggiungeva anche che l'attivit poetica dei futuristi non era
"in tutto incomprensibile" e che "La grafia da loro usata, di
scomposizione, di dinamismo" non fosse "assurda ed incoerente";
anzi notava una omologia tra "grafia" ed "impressionismo loro";
approfondendone la lettura, anzi, si evidenziava un processo
"coerente, normale." Ma la benevola concessione si accoppiava,
quindi, ad una espulsione da un presunto statuto di "normalit"
letteraria (ossia l'l'arte"), L'atteggiamento sempiterno verso le
avanguardie, dunque, veniva replicato da Grieco: oltraggio,
sufficienza critica ed astuzia opportunistica. Infatti, utilizzando
ancora un pregiudizio positivistico e populistico, Grieco scriveva:
"L'arte infatti dovrebbe essere compresa da tutti." Una eventuale
accettazione del futurismo era nella sua neutralizzazione. Ed infatti,
con sentenza memorabile ed inconsciamente omicida, da tipica
vestale (forse non Sapendo che "nel futurismo, l'arte non la cosa
pi importante"), Grieco scriveva: "Quando i futuristi si saranno
resi accessibili alla massa, allora la loro attivit la battezzeremo
arte."S4
Nel 1916 Gherardo Marone, restato solo nella direzione della
Diana per la defezione di Fiorina Centi e la partenza di Cestaro
per la guerra, dirigeva la rivista con l'aiuto di Fiumi e coordinava
l'impostazione dei fascicoli. Dopo la 'rottura' con Merlano e il
conseguente allontamento di Titta Rosa, Moscardelli e altri, Marone
mantenne i rapporti con Buzzi, ne intrecci di nuovi, alcuni
veramente decisivi (come con Ungaretti), intensific i vincoli
intellettuali con Auro DI Alba, allorch questi si era allontanato dal
movimento futurista. Nel fascicolo 2 del 1916 pubblic Lebrecht,
162 NICOlA D'ANTUONO
nel fasc. 4 la lirica Gerosolimitana di Auro D'Alba (e nel
penultimo fascicolo scrisse un saggio su di lui) e L'istrumentazione
verbale di Cardile, autori che entrambi - in date diverse - si
erao allontanati dal futurismo.!5!5 Egli, come abbiamo gi
precedentemente accennato, non rifiut pregiudizialmente iI futurismo,
ma insist spesso sull'esprit del movimento, ritenendo di averlo
applicato in polemica con la societ napoletana. In Il pane
sottoline di avere "scudisciata spesso a risatacce sonore" la
"torpida combutta gazzettante" napoletana, che aveva confuso La
Diana "con il vecchio futurismo ufficiale e dommatico, fra le
troppo ~ p c i braccia di quest'ultimo."!56
Agli inizi del '16 Marone conobbe anche personalmente Marinetti
e con lui ebbe un rapporto epistolare. Marinetti considerava
Marone un eventuale fiancheggiatore del movimento e sul piano
tattico io utilizz secondo un suo schema consueto: gli invi testi
e fece recensire Liz Diana su Avvenimenti; in un colloquio privato,
inoltre, gli comunic che La Diana fosse "superiore" alla Voce
derobertisUma (diretta peraltro "da uno scocciatore pontefice").!57 Gi
dal 1981 Adele Dei ha pubblicato due lettere di Marinetti a
Marone, una del 15 marzo 1916, l'altra del 24 marzo 1916. Nella
prima Marinetti stimolava Marone ad avere maggiore coraggio nella
sperimentazione e gli comunicava: .
Le parole in libert altro non sono che questo maggior coraggio nel
liberarsi da tutte le forme imposte (prosodie e sintassi) per esprimere in
sintesi e in profondit le forze che costituiscono il nostro universo.
58
Non mi stato possibile consultare le corrispondenti lettere del
Marone, ma si arguisce che egli avesse fatto in risposta delle
obbiezioni alle manifestazioni esteriori del futurismo (le quali, in
verit, celavano riserve pi profonde). Nella replica Marinetti invit
Marone a non temere e a non disprezzare questi elementi (quelli
che l'intellettuale napoletano definiva il "cartellone carnevalesco"), e
gli spieg le proprie intenzioni, invitandolo a rileggere il Teatro di
variet e il manifesto sullo "splendore geometrico." In tal modo
egli avrebbe potuto persuadersi che
le variet e brutalit tipografiche, come il rumorismo onomatopeico, le
verbalizzazioni astratte non sono esteriorit ma bens l'espressione
diretta e naturale della nuova sensibilit futurista che nasce in voi
come in tutti noi. Questa sensibilit non pu essere pi espressa e
canalizzata nel verso e nel periodo. Bisogna dunque assolutamente
esprimerla con le parole in libert fuori da ogni sintassi in
un'ortografia modellata da noi e con tutti i mezzi tipografici.!59
ECO DElLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 163
Fu questo il periodo di maggiore aVVlcmamento, di pi aperta
simpatia della Diana con il futurismo.
60
Marone per non fu
persuaso e non aderi mai pienamente alle idee marinettiane,
mantenne il suo eclettismo e continu per la sua strada, confortato
anche dalle tesi che gli venivano da palazzo Filomarino, dalle
lettere ungarettiane e da Lionello Fiumi. Nel fase. 6 della rivista
egli segnal Cronache d'attualit di Bragaglia; in quello successivo
pubblic L'ava pazza di Armando Mazza, nel fase. 8 recensi
positivamente Teatro futurista sintetico, "questa nuova forma
espressi va," e, ricordandosi della seconda lettera di Marinetti,
osserv, inoltre, che il futurismo non era "solo un cartellone
carnevalesco," tuttavia utilizz le poche righe che aveva a
disposizione per incanalare il discorso in quella che stava
diventando la sua poetica del' frammento, reale' disgregato e forma
e s t e t i ~ dell'avvenire. Lo stesso "teatro sintetico" diventava in tal
modo "l'estremo limite della grande protesta ai vecchi pregiudizi
accademici di verosimiglianza e naturalismo in arte gi demoliti e
sorpassati dalla lucida cerebralit del Croce," ed era definito "arte
vera, la quale merita- tutto il nostro rispetto di uomini liberi e
nuovi. "61 Tuttavia Marone nel ' 16 veniva facendo le sue scelte -
fra poco sarebbero state irrevocabili. Assunse la posizione che
l'avanguardia non fosse che epigonismo, dal punto di vista di una
funzione della letteratura come silenzio, interiorit, colloquio con la
oggettivit desolata. In un testo sintomatico in tal senso, La
parabola dei ciechi, affront la questione dell '''arte nuova" e scrisse:
L'arte nuova non esiste ancora: in periodo d'incubazione e perci
solo tormento. La ricerca artistica presente infatti si esaurisce in una
ricerca tecnica di nessun valore poetico; fredda e vuota per quanto
lucente di riflessi e rifrazioni; un preparato chimico, una
combinazione accorta e scientifica di elementi eterogenei per ottenere
un certo nuovo risultato, una ricreazione manierata di stati che ha
qualche origine nell'artifizio imaginifico delle laudi dannunziane e si
smaschera nell'ultimo libro di Ardengo Soffici onestamente intitolato
Chimismi lirici: l'arte intesa come gioco, come notazione; appartenente
al genere descrittivo, non espressivo, e perci ancora non atte.
62
L'ignoto e il caos tenebroso nei quali spingeva l'ineluttabilit
del futuro aveva provocato angoscia e terrore. Conveniva, quindi,
tornare indietro a ci che si intendeva per "poesia pura" e che
Marone ritrovava in Di Giacomo, in Ungaretti e nei giapponesi
(che lui stesso aveva tradotto insieme con Scimoi).
L 'interruzione ~ che doveva essere temporanea - della rivista
con il fascicolo del gennaio-marzo 1917, non mut l'atteggiamento
164 NICOlA D'ANTUONO
del Marone, estrinsecato nei mesi seguenti fornendo materiali pi
disparati a Crociere barbare, a La Fonte, alla Spirale, a Cronache
Letterarie, lavorando alacremente sia per l'organizzazione editoriale
messa in piedi, che per approntare ' sulla falsariga
dell'Almanacco della Voce- una Antologia della Diana, utilizzando
uno schema che gli era stato preparato da Lionello Fiumi. Egli si
era messo in contatto con Tzara, Cendrars, Apollinaire, Birot, AIp,
Ozenfant, Unamuno e tanti altri. Nei mesi di lavoro (e di ritardo)
il progetto venne modificato; esclusi gli stranieri su consiglio di
Ungaretti,63 vennero inseriti Carr e Savinio, ed, in ordine
alfabetico - una nomenclatura frantumata solo dalla presenza del
Croce - molti autori dell'area futurista, a partire da Buzzi e
Mazza, Folgore, Antonio Bruno e del "secondo futurismo." Nel
seguire le indicazioni di Fiumi e di Ungaretti, egli per incluse
un autore non previsto: proprio Marinetti, con La signora
coricolata tra i comunicati di guerra, il cui manoscritto - ma in
fotocopia - conservato nell' Archivio Marone di Napoli. Il testo,
per quanto ne sappia, non registrato nelle bibliografie attualmente
esistenti di Marinetti, e risulta probabilmente scritto appositamente
per il volume (ove in margine era una bibliografia preparata dallo
stesso fondatore del futurismo), e che risulta una delle migliori
tavole parolibere che ci data di conoscere.
64
Eco della cultura, invece, continu le pubblicazioni per il '17
ancora con alcuni fascicoli. La struttura editoriale ed una
organizzazione tipografica erano un tentativo nato in ritardo, da
registrare solo come tentativo. I rapporti intrecciati con gli
ambienti culturali e la capacit produttiva non salvarono dal
naufragio. ,Grieco aveva stampato Vela latina, stamp Le pagine, e
nel 1917 la rivista Il Grido (un quindicinale di critica sociale
diretto Dino Fienga). Per il tramite di Maria D'Arezzo intrecci
rapporti anche con Enrico Prampolini - che nel maggio del 1917
era a Napoli per la collaborazione scenografica ad alcuni films -
per la stampa di "Noi," anche se gli accordi - a buon punto -
non furono poi condotti in porto.
6S
Poi il nulla. Peccato che di
lui si siano perdute le tracce - almeno le ha perdute chi scrive
- e non si riesce a rintracciare quella documentazione archivistica
che invece i familiari del Marone - pur se in minima parte -
hanno conservato.
La fiammata era ormai diventata cenere e lo stesso eclettismo
di moderata modernit si era appassito. Il terribile '17 demol tante
cose, frantum certezze ideologiche, lacer coscienze, smantell
sistemi organizzativi. Il perdurare del conflitto bellico aveva
ECO DEUA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 165
provocato in modo disordinato il rifiuto dell'attivismo
giovanilistico, il ripudio del movimento e la solidariet del gruppo.
Ora l'ncora illusoria di salvezza era rappresentata dal lavoro
intellettuale individuale. Bandito il clamore e scelto il silenzio, fu
scartata anche l'arte come gioco. A Napoli assunse una vigoria
inaspettata la letteratura come esame di coscienza, eticit
soggettivistica, neoagostinismo.
Il futurismo aveva tentato e vi era riuscito, come stato
detto, restetizzazionedella politica e della "vita."66 A Napoli,
invece, sorse ben presto, ed in anticipo, la conversione dall'estetica
all'etica, la solidificazione di una vita eticamente vissuta e di
un'arte eticamente sofferta. Il soggettivismo esasperato, negli anni
della catastrofe bllica rappresentava l'unica consolazione alla
disintegrazione dell'io. La ricerca di un significato da assegnare al
lavoro intellettuale, il rifiuto ad oltranza dello "scetticismo" e
dell'arte come attivit Iudica, il superamento dell'angoscia storica,
in fin dei conti, per i fondatori ed i collaboratori di queste due
riviste napoletane correva in una direzione che non voleva pi
affondare nel caos tenebroso o nella geometria delle tenebre, ma
richiedeva la luminosit, la superficie musicale (che sempre
musica superficiale) del reale.
Perci, al di 1 di curiose analogie, ritengo che nell'atteggiamento
verso il futurismo delle due riviste incida in modo rilevante
l'origine sociale del Marone e del Grieco, entrambi figli di emigrati,
entrambi nati in Sudamerica (uno in Argentina, l'altro in Venezuela),
ambedue formati in ambiti rurali e con vocazione organizzativa, ma
ancorati ad una funzione liberale della letteratura. In tutti gli altri
la disponibilit generica iniziale, le riserve ed il rifiuto infine,' si
iscrivono nella cartografta della storia intellettuale della penisola
nel primo ventennio del nuovo secolo. Che poi il futurismo sia
diventato un fenomeno di, massa a Napoli nel dopoguerra e per
tutto il regime fascista questione della quale non possiamo
occuparci in questa sede, ove possibile solo concludere che le
fiammate, l'iterazione del gesto iconoclasta ed anarchico, l'esprit
futurista, insomma, il forsennato desiderio della rottura, il
volontarisno di tagliare i ponti' con il passato, la mitologia del
gesto e la rivolta piccolo-borghese, sono fenomeni tendenziali della
societ napoletana, ma strutturalmente epifenomeni, marcescenze
giovanilistiche, la cui neutralizzazione e poi il rifiuto hanno
ritrovato sempre frammenti di rovine memoriali.
NICOLA O'ANrUONO
Universit di Pescara
166 NICOLA D'ANTUONO
il testo della relazione letta al convegno Il futurismo a Napoli
(Napoli, 26-28 novembre 1990)-, organizzato dall'Istituto italiano per gli
Studi filosofici e dall'Universit degli Studi di Napoli "Federico IT". Vi ho
apportato solo alcuni ritocchi e ho aggiunto le note.
l Francesco Grieco, figlio di emigrati italiani, proveniva da Guasdalito
in Venezuela, ed era stato inviato dal padre Giuseppe "a studiare a Napoli
con i fratelli, sotto la guida della zia torinese Vittoria Ferrero" (A. Guzzo,
Ricordi, in Ricordo di Antonio Maria Cervi, a cura di B. Lavagnini, V.
Cuzzer, M.C. D'Angelo, A. Guzzo, Torino, Edizioni di "Filosofia," 1966,
p.15). Nell'anno 1913-1914 era immatricolato alla facolt di
giurisprudenza dell'universit partenopea (cfr. Annuario della R. Universit
di Napoli 1913-1914, Napoli, Cimmaruta, 1914, p.419, n.269).
La rivista (d'ora in avanti con l'abbreviazione Ec) fu stampata
inizialmente nella tipografia di Gennaro Cozzolino (via Pignatelli, 47-48)
ed ebbe sempre come "gerente responsabile" Giovanni Cozzolino. Nel
secondo semestre del '14 cambi leggermente il formato ed ebbe un fregio
neorinascimentale (recante il motto Per obstantes catervas!) sulla
copertina. Alcune modifiche nel formato e nella grafica avvennero anche
nel 1915, allorch dal IV fascicolo da mensile fu trasformata in
quindicinale. Nel '16 si defin "organo quindicinale di pensiero arte
discussione, indipendente da gruppi e da scuole," nel '17 "quindicinale di
pensiero arte e discussione."
Nel catalogo Pubblicazioni periodiche esistenti nelle biblioteche
pubbliche e negli Istituti Universitari di Napoli (fino al 1950), a cura
della Soprintendenza Bibliografica per la Campania e la Calabria (Napoli,
1957, p.289), la collezione di Ec registrata con il n.5342 e con la
segnatura N [Biblioteca Nazionale] 1914-1917, ma, in effetti, risulta
depositata in modo caotico in diverse raccolte della stessa Biblioteca
(sezione Brancacciana). Alcuni fascicoli sono anche conservati alla
Biblioteca Vaticana di Roma, mentre alla Nazionale di Firenze, la
collezione - ma non sappiamo se completa - conservata con la
segnatura I. Re.153
Un drastico giudizio sulla rivista fu dato da F. Meriano, Uno
scomparso [Annunzio Cervi], in Giornale del mattino, 19 novembre 1918.
Ultimamente Ec stata segnalata (cfr. G. Lista, Dal Mercadante alla poesia
sonora, in La Voce della Campania, a.VIT, n.14, 29 luglio 1979, p.59 e 60
per le citazioni), tra le "nuove riviste futuriste o parafu turis te , .. con una
"linea d'innov.azione culturale moderata," che mantenne "posizioni
moderate, ma aperte ai contatti internazionali." Ma cfr. anche N.
D'Antuono, Avventura intellettuale e tradizione culturale in Gherardo
Marone, Salerno, Laveglia, 1984, p. 31 e passim.
2 Figura di letterato repubblicano, collabor spesso alla rivista; sua
una importante recensione a H. Nazariantz, L'Armenia. Il suo martirio e le
sue rivendicazioni (Ec, a.III, fasc.VI, 15 aprile 1916, pp.224-226). Su Ec
Fienga tradusse - insieme con Michele Petrone - Lermontov, e scrisse
inoltre un articolo in morte dell'autore delle Revolverate, definendolo
"colui che ho avuto come una delle pi sicure guide" (Cfr. D. Fienga, Gian
Pietro Lucini, in Ec, a.I, n.I3-14, 15-31 agosto 1914, pp.57-59).
3 [A. Cervi], Per obstantes catervas!, in Ec, a.I, n.11-12 (luglio 1914),
ECO DEUA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 167
pp.3 e 4 per ttte le citazioni. Il testo sicuramente di Cervi per lessico,
sintassi e contenuti. Ho gi osserv ato che per alcuni fascicoli la
locuzione fu stampata in esergo sul frontespizio della rivista.
4 Ibid., p.4.
5 Cfr., almeno, "Nazionalismo e imperialismo," Vela latina, a.I, n.1
(14 dicembre 1913), p.S.
. Per notizie bibliografiche su Cervi mi sia consentito rinviare ad A.
Cervi, Le Cadenze d'un monello sardo, revisione testuale, introduzione e
note di N. D'Antuono, Salerno, Edisud, 1991.
6 A. Cervi, Pillacchere napoletane Il. I vigliacchi: Murolo. Bovio C.,
in Ec, a.I, n.17-18 (31 ottobre 1914), p.146.
Solo Augusto Guzzo, allievo di Sebastiano Maturi e scolaro di Aurelio
Covotti, gi esteta e musicofilo agguerrito, approfitt della ricorrenza
annuale della Piedigrotta per appoggiare Cervi (del quale peraltro era molto
amico) e per demolire, in un testo mai pi riedito (A. Guzzo, Piedigrotta,
in Ec, a.I, n.13-14,15-31 agosto 1914, pp.44 e 48 per tutte le citazioni),
uno dei miti pi resistenti di Napoli. L'articolo in effetti un'anatomia
della citt e rappresenta un pezzo di sociologia della musica ante litteram:
"io credo che chi volesse fare davvero la storia dell'anima napoletana, non
troverebbe fonte migliore e pi sicura della canzone." Ribellandosi "alla
tradizione musicale della canzone" napoletana, che "riassume o rispecchia
intera l'anima della citt," Guzzo rilevava, tra raltro: "il nostro
atteggiamento rispetto alla canzone indicher chiaramente quali siano le
nostre idee su questa vita napoletana che ci circonda, che noi vorremmo
diversa, e da cui, per ora, ci limitiamo a dichiararci lontani." Nella
"ribellione a tutta la tradizione della vita napoletana apata e inattiva,"
Guzzo rifiutava l'inerzia della "vecchia Napoli fannullona e canterina," il
''viscido conservatorismo" di "questo bonario borgo addormentato," che
rappresentava solo la sua citt "di fatto" e non la "patria del suo spirito,"
e verso la quale egli adoperava il "veleno corroditore ," anche se solo dei
contenuti e non della scrittura.
7 A. Cervi, Pillacchere napoletane Il. I vigliacchi: Murolo, Bovio &
C., cit., p.148.
8/bidem, p.146.
9 A. Cervi, "Primitivismo umano e pnmltlvlsmo artistico. Prolego-
meni di critica," in La Rassegna critica, a.I, n.l (febbraio 1913), pp. 16-
36. Una opposizione al futurismo era rappresentata da ci che lui definiva
con la categoria "neoromanticismo," come "esasperazione della poesia
rostandiana e maeterlinckiana." Ma Cervi si dichiarava in disaccordo con
entrambe le scuole perch ambedue rappresentavano l'uomo in modo
incompiuto.
lO A. Cervi, Il "sacro egoismo" immorale, in Ec, a.II, n.l (31
gennaio 1915), pp.6-16. La citazione a p.15. Per altre considerazioni di
Cervi sul futurismo, cfr. A. Cervi, Stappo, in Cadenze d'un monello sardo,
cit., pp.141-144.
11 [non firmato], "Manifesto degli ardimentosi," in La Diana, a.I, n.1
(gennaio 1915), pp.1-2. La collezione completa della rivista (d'ora in
avanti con l'abbreviazione D), irreperibile nelle biblioteche pubbliche,
stata recentemente riedita' in anastatica a cura di chi scrive: "La Diana,"
ristampa anastatica, saggio introduttivo e apparati a cura di N. D'Antuono,
168 NICOIA D'ANTUONO
Quaderni dell'Istituto di Lingua e Letteratura Italiana, Universit degli
Studi di Salerno-Avagliano, 1990.
12 [G. Marone], "La barra," in D, a.l, n.l (gennaio 1915), p.l, anche
per le precedenti due citazioni.
13 Va detto che manca una riflessione qualsiasi sulla ricezione di
Papini a Napoli. Si badi che nel 1912 Perrella aveva edito "Parole e
sangue: quattordici racconti non tragici," e che il "Discorso di Roma" era
stato ristampato sulla Tavola rotonda (a.XXIn, n.11, "6 aprile 1913).
14 Cfr. D, a.l, n.l (gennaio 1915), p.32. Analogo atteggiamento in Ec
(a.II, n.13, 13 novembre 1915, pp.342-344) nel testo di D. Carli-O.
Mosca, Papini: la graduatoria dell' intelligenza. Su Decio Carli, importante
collaboratore di Ec e per i suoi rapporti con Papini, cfr. M. D'Ambrosio,
Nuove verit crudeli. Origini e primi sviluppi del futurismo a Napoli,
Napoli, Afredo Guida, 1990, p.12.
Anche il giovanissimo Vittorio Cotronei, che seguendo la moda aveva
scritto dei versi "futuristi" sul modello di Folgore (Vedi O. Mosca, "Per
Vittorio Cotronei," in Ec, a.n, fasc.XV, 13 dicembre 1915, pp.402-407; il
testo fu scritto in occasione della morte dell'amico, ucciso in guerra nel
dicembre del '15), insieme con l'amico fraterno Oreste Mosca, entrambi
studenti universitari di lettere, dichiarando di seguire il Papini della la
Lacerba, riferirono di aver scambiato con lui delle lettere: "Seguimmo
insieme i futuristi. Ridevamo e l'ammiravamo."
IS C. Albertini, "In tema di futurismo," in D, a.l, fasc.l, gennaio 1915,
pp.27 -29. Fu l'unica collaborazione di Albertini alla rivista.
16 [G.] Marone, "I "sacri guatteri" Salandra-Scarfoglio-Puccini," in D,
a.l, n.2 (febbraio 1915), pp.51-52.
17 g.m. [G. Marone], reco alI "'Ellisse e la Spirale," in D, a.I, n.6 (15
maggio 1915), p.127. Anche altrove Marone evidenzi la particolare
curvatura data al futurismo, tanto da affermare, in occasione della morte di
Domenico Gnoli (e si riferiva al Giulio Orsini - ahinoi - del "Giace anemica
la Musa ... "), che "Dal al romanticismo e al simbolismo si
passa pianamente per gradi, e forse cos si sarebbe giunti anche al vero
futurismo se il tempo lo avesse concesso al poeta" (g. m. [G. Marone], "In
morte di Domenico Gnoli," in D, a.l, n.4-5, aprile 1915, p 105).
18 Cfr. D, a.l, n.6 (15 maggio 1915) p.127.
19 G. Marone, "Una stratta alla barra," in D, a.l, n.14 (31 ottobre
1915), p.254.
20 G. Brognoligo, "Un quasi profeta del futurismo" (D, a.II, n.l, 25
gennaio 1916, p.14).
21 O. Fava, "Passatismo. Il giornalismo letterario in Italia nell'ultimo
quarantennio," in Ec, a.l, n.17-18 (31 ottobre 1914), p.142. Il Fava, tra
l'altro, poneva il dubbio se Mallarm fosse stato un "futurista" di allora
(p.143).
22 F. Centi, "n tramonto di certe parole," in D, a.l, n.12 (15 settembre
1915), p.21 I. Su Fiorina Centi ed il suo ruolo in D rinvio all'Introduzione
a "La Diana," cit., pp.11-45, e alla relativa scheda (pp.82-84).
23 Ibidem.
24 Ibidem, p.212.
2S SU di lui si veda almeno la silloge Arte e vita, a cura di G.
Manghetti, C.E. Meriano e V. Scheiwiller, con tre carteggi di U. Saba, E.
ECO DEUA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 169
Montale e G. D'Annunzio, introduzione di G. Luti, Milano, Quaderni della
Fondazione Primo Conti-Libri Scheiwiller, 1982. Ma ora cfr. anche ad
vocem, in "La Diana,n cit., pp.l07-109.
26 F. Meriano, "Dai poeti maledetti al futurismo," in Ec, a.I, n.21-22
(31 dicembre 1914), pp.197-203. Le citazioni, rispettivamente, da p.202,
203, 197.
27 Cfr. D, a.l, n.8-9 (luglio 1915), p.163. Papini fu spesso presente
negli articoli di Meriano. Si vedano almeno quelli editi su D: le
segnalazioni di "Pickwick" e "n Fuoco" (a.l, n.8-9, luglio 1915, p.163 e
164, rispettivamente), l'art. su Moscardelli (a.l, n.13, l ottobre 1915,
pp.227-229), le recensioni a La Vita di Nessuno (a.1, n.13, l ottobre
1915, p.234) e a Giornale di bordo (ibidem, p.235), quest'ultimo testo
considerato "il documento giornaliero di quelle attrazioni e repulsioni che
s'avvicendavano tra Papini e Soffici ed i futuristi, in quel primo anno di
clamorosa bohme lacerbista che solo ai superficiali superficiale."
28 F. Meriano, "Commento spirituale alla la poesia di Papini," in D,
a.l, n.15 (25 novembre 1915), pp.277-279
29 F. Meri ano, Gli Epicedi ed altre poesie, Teramo, "La Fiorita", 1914.
30 Lettera del 14 agosto 1915, edita in N. D' Antuono, Avventura
intellettuale cit., p.146; ma ora anche in "La Diana,n cit., p.19.
31 Dell'astio per Marinetti in questo periodo ne fece le spese anche
Govoni (cfr. D, a.I, n.8-9, luglio 1915, p.I64, e D, a.l, n.l1, 30 agosto
1915, p.203), verso il quale peraltro Meriano dimostr sempre scarsa
simpatia. n periodo futurista del poeta ferrarese per Meriano rappresentava
solo "una parentesi," e Rare/azioni (la cui dedica a Marinetti sapeva "di
sforzato e d'appiccicaticcio"), era inferiore all'Inaugurazione della
primavera .
. 32 G. Lista, "Francesco Meriano parolibero futurista (Con un carteggio
inedito di Marinetti)," S e No, a.III, fasc.I, n.4, marzo 1975, pp. 104-120.
Non va trascurata la posizione conflittuale - non solo di Meriano, ma
di tutti i redattori di D - verso Vela latina, teppisticamente deformata in
Vera latrina. La polemica s'ingigant dopo la fulminea conversione di
Ferdinando Russo al futurismo. Ne testimonianza un frammento che ho
ritrovato nell'Archivio Marone di Napoli ed ho pubblicato negli anni
scorsi in Avventura intellettuale cit., p.29. Meriano scriveva che a Napoli
esisteva un "povero futurismo bacato," individuava una crisi del
movimento sul piano nazionale, denigrava Buzzi, Mazza e lo stesso
Cangiullo, dermito "questo scugnizzo in malafede, questo chiacchierone a
cui sfuggito di Napoli tutto quello che un po' sotto l'apparenza."
Verso Cangiullo l'atteggiamento negativo era anche di Cervi e di Nino
Caravaglios, per il quale ultimo si veda la lettera del 20 agosto 1914 a
Balilla Pratella, edita in M. D'Ambrosio, Nuove verit crudeli cit., p.425.
33 Il testo in Ec, a.n, n.ll, 13 ottobre 1915, pp.287-289; Notte di
San Lorenzo in Ec, a.III, n.13-14, 15-30 luglio 1916; Litania della pioggia
in Ec, a.ln, n.5, 31 marzo 1916, p.177. Prima di trasferirsi a Bologna nel
gennaio del '16, e dopo aver abbandonato rumorosamente La Diana,
Meriano partecip il 27 gennaio alla serata futurista che si tenne alla la
Esposizione Nazionale d'Arte, insieme con Mario Venditti, Mario De
Leone, Antonio Del M astro, Vincenzo Errico, Achille Macchia, Amleto
Ragona (il resoconto della manifestazione in Vela latina, 27 gennaio
170 NICOlA D'ANfUONO
1916). Poi, nel febbraio scrisse a Marinetti (non possediamo il testo, forse
ancora inedito tra le carte del fondatore del futurismo, ma solo la risposta
di Marinetti, lettera del 19 febbraio 1916 da Milano; edita da G. Lista,
Francesco Meriano cit., p.107), per pubblicare un volume di liriche (edito
nel luglio con il titolo di Equatore notturno (Milano, Edizioni futuriste di
"Poesia"; ristampato in facsimile in F. Meriano, Arte e vita, cit.); in
seguito comunic a Marinetti di aver messo da parte il "preconcetto" verso
le parole in libert. Una chiarificazione della sua posizione nel '16
Meriano la espose nella lettera (datata S anta Viola, 9 Aprile 1916) a
Marinetti, posta come introduzione a Equatore notturno. Ancora pi
chiaro, infine, fu nel luglio del '16, quando nella Brigata pubblic il
saggio "Dall'ideogramma al simbolo e pi in l," (cfr. Arte e vita, cit.,
pp.46-49), ove indic la sua particolare adesione al futurismo: "io non
propagando le parole in libert come una specie di esperanto o di volapuk:
tutt'altro. lo me ne servo per esprimere un mondo che la grammatica. la
sintassi, la logica dei pedoni inetta a racchiudere." (p.47) Prima di
abbandonare la rivista napoletana, egli segnal (D, a.I, n.16, 25 dicembre
1915, p.304) la rivistina I novissimi, edita a Roma (ma si stampava a
Chieti): importante perch diretta da Achille Ricciardi, futuro inventore del
"teatro del colore."
Per la posizione assunta sul futurismo dopo aver aderito al fascismo, si
veda "Bilancio del futurismo," in Il Resto del Carlino, 20 gennaio 1927;
ora in Arte e vita, pp.68-70. Ma cfr. anche N. D'Antuono, "Malinconia di
destra (A proposito di un libro e di Dada in Italia)," in Letteratura fra
centro e periferia. Studi in memoria di PA. De Lisio, a cura di G. Paparelli
e S. Martelli, Napoli, ESI, 1987, pp.905-927.
34 Cfr. a.II, n.1 (31 gennaio 1915), pp.18-19. La ripubblico in
Appendice.
35 Nel 1914, per i tipi di Melfi & Joele, Mario De Leone aveva edito In
sordina. Aveva aderito al futurismo (G. Lista, Tristan Tzara et le dadai'sme
italien, in Europe, n.555-556, juillet-aofit 1975, pp.173-192; la citazione
a p.178), aveva collaborato a Lacerba con "Fornicazione di automobili"
(a.n, n.13, l luglio 1914, pp.205-206). Fu uno dei letterati italiani ai
quali Tzara invi copia della Premire aventure, che recens (Ec, a.IV,
fasc.IV, 28 febbraio 1917; citato in G. Lista, art. cit., p.178 e nota
p.190), trattando il testo con ironia e sarcasmo. Alcune notizie su di lui in
M. D'Ambrosio, Nuove verit crudeli cit., p.294.
36 M. Pozzati, "Picasso," in Ec, a.II. fasc.XVI (28 dicembre 1915),
pp.425-426. E. Crispolti ("Dada a Roma. Contributo alla partecipazione
italiana al Dadaismo," in Palati no, aX. n.3-4, luglio-dicembre 1966,
p.246 e nota a p.256) ha ricordato l'importanza del testo su Pie asso edito
su Procellaria (a.l, n.1, aprile 1917, pp.10-11; ma ho consultato la
ristampa anastatica, introduzione di G. Scalia, Bologna, Forni. 1978),
avvertendo che esso "compare anche con una aggiunta" sulla rivista
napoletana, il che evidentemente inesatto perch il testo era apparso su
Ec due anni prima.
37 Cfr. [Non firmato l, "Le nostre iniziative," in Ec, a.I, n.6, 30 aprile
1914, p.15. Il testo della conferenza di Cervi fu edito inizialmente in tre
puntate su Vela latina, poi in volume, con prefazione di Ferdinando Russo
(Napoli, Edizioni di Vela latina, 1914). Ma ho consultato la 2- ediz., con
ECO DElLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 171
fregi e disegni di A. Morgigno (Napoli, Albrighi & Segati, 1914).
38 Non solo un caso, forse, che la rivista recensisca un testo di
Giannotto Bastianelli, ma la prevista collaborazione fu solo annunciata e
non edita, cos come un saggio di Jenco sulla musica di Vincenzo Davico
fu pi volte annunciato (vedi lettere di Jenco a Marone, in N. D'Antuono,
Avventura intellettuale cit., pp.156-159), ma edito parzialmente solo in
Antologia della piana, a cura di Gherardo Marone, Napoli, Libreria della
Diana, 1918, pp.72-76.
39 Per Riccardo Prati (che confessava di detestare il futurismo), cfr. R.
Prati, "Nuovi orizzonti critici" [reco a un voI. di Ildebrando Pizzetti], in Ec,
a.l, fasc.17-18, 31 ottobre 1914, pp.150-152; Id., "La romanza nell'ultimo
scorcio di secolo," in Ec, a.l, n.21-22, 31 dicembre 1914, pp.217-222;
ID., "Nei regni della morte", in Ec, a.II, fasc.2-3, febbraio-marzo 1915,
pp.67-71. Per Guido Maria Gatti, allora giovanissimo, cfr. il suo saggio
su Gabriel Faur, edito in due puntate (a. II, fascA, 14 aprile 1915,
pp.l07-110; a.II, fasc.5, 5 maggio 1915, e quello su
Mussgorski (a.II, n.9, 13 settembre 1915, pp.225-228).
Di A. Guzzo sono da segnalare almeno "Cronaca gluckiana" (Ec, a.l,
fasc.19-20, 30 novembre 1914, pp. V-VII), ma si veda particolarmente "Una
geremiade. A proposito del frammento nietzscheano": Uber Musik und
Wort, (a.I, fasc.21-22, 31 dicembre 1914, pp.227-229; la citazione a
p.228), dove, presentando la traduzione di Ettore Lo Gatto di un frammento
nietzscheano del 1871, Uber Musik und Wort, tra l'altro egli si dichiarava
insoddisfatto dell'interpretazione nicciana di Apollo e Dioniso, considerava
la tragedia classica l'unica forma d'arte "che violentemente si opponga a
ci che siamo soliti di chiamare armonia, equilibrio, serenit classicismo."
Guzzo paragon inoltre l"'audacia" dei tragici greci a quella dei futuristi: "I
nostri modernissimi futuristi sono, al confronto, per un verso,
ridevolmente prudenti, per un altro (alcuni se non tutti) insulsamente
arbitrari nei loro ardimenti stilistici."
40 Alcune notizie su di lui in S. Rossi, La musica, in G. Galasso (a
cura di), Napoli, Roma-Bari, Laterza, 1987, pp.419-420.
41 Le citazioni sono tutte tratte dal Manifesto dei musicisti futuristi,
ora in Per conoscere Marinetti e il futurismo, a cura di L. De Maria,
Milano, Mondadori, 1973, ppA6-52.
42 Le notizie sono tratte dalle lettere di Pratella a Guglielmo Jannelli,
edite in G. Miligi, Prefuturismo e primo futurismo in Sicilia (1900-1918),
Introduzione di U. Carpi, Messina, Sicania, 1989. Le lettere sono,
rispettivamente, del 23 novembre 1911 da Lugo di Romagna (pp.179-182),
e del 16 settembre 1912 (p.197). Sulla figura di Caravaglios ampia
documentazione ora in M. D'Ambrosio, Nuove verit crudeli cit.,
pp.404-431. Ma rinvio anche all'Appendice.
43 N. Caravaglios, "Per una cultura della sensibilit musicale," in Ec,
a.II, fasc.l1 (13 ottobre 1915), pp.297-300, anche per le precedenti
citazioni. Si badi che il voI. di Pratella fu recensito anche da A. Del Mastro
(Vela latina, a.III, nA4, 4-10 novembre 1915). Nella recensione
Caravaglios parlava anche del padre Raffaele, in quel periodo direttore della
banda comunale napoletana, che pi volte nella Villa comunale aveva
diretto l'Inno rivoluzionario, riferendo deU"'accoglienza benevola"
ricevuta, quando invece "quella schifosa sinfonia della Cenerentola"
172 NICOLA D'ANTUONO
[evidentemente l'ouverture dell'omonima opera rossiniana], aveva suscitato
notevoli entusiasmi (p.300).
44 Le ultime due citazioni sono tratte da A. Gentilucci, Introduzione
alla musica elettronica, Milano, Feltrinelli, 1972, p.22.
45 F. Balilla Pratella, "Cantilene e melodie," in Ec, a.lI, fasc.14, 28
novembre 1915, pp.369-370; "Valori," a.IlI, fasc.4, 15 marzo 1916,
pp.134-136. I due testi non sono stati schedati da G.F. Maffina nella
bibliografia in Il futurismo in Romagna, a cura di E. Crispolti, catalogo
della mostra di Rimini (18 luglio-28 settembre 1986), Rimini, Maggioli,
1986, pp.160-161. Dello stesso autore, cfr. anche "I futuristi e la musica,"
in Boccioni a Milano, catalogo della mostra tenuta a Palazzo Reale
(dicembre 1982-marzo 1983.), a cura di G. Ballo, Milano, Mazzotta, 1982,
pp.112-116. .
46 G. Cantarelli, "Stphane Mallarm: L'Apres-midi d'un Faune
glogue. Traduzione letteraria libera," in Ec., a. III, fasc. XXI-XXII, 15-30
novembre 1916, pp. 196-200. In nota Cantarelli aggiungeva "che questa
traduzione non altro chela poesia pura del Mallarm vero, definitosi
attraverso la mia sensibilit estetica d'avanguardia." Osservando che la
"prima traduzione italiana" di Mallarm era stata fatta da Marinetti - il che
era inesatto - e che nel volumetto (S. Mallarm, Versi e prose, Prima
traduzione italiana di F.T. Marinetti, Milano, Istituto Editoriale Italiano,
n.24 "Raccolta di breviari intellettuali," [1916], non fosse contenuta la
traduzione di nessun frammento del poema, il che era vero cfr. G.P. Posani,
"Marinetti traduttore di Mallarm," in F.T. Marinetti futurista. Inediti,
pagine disperse, documenti e antologia critica, a cura di "ES.," Napoli,
Guida, 1977, pp.267-273). Ma ora, su tutta la questione, cfr. E. Favretti,
"Marinetti lettore e traduttore di Mallarm," in Giornale storico della
letteratura italiana, voI. CL VIII, a. XCVIII (1981), fasc. 502, pp.204-221.
47 L. Fiumi, "Luciano Folgore," in D, a.lI, n.l (25 gennaio 1916),
pp.5-8. La citazione a p.5. In seguito egli avrebbe rivendicato la sua
"funzione equilibratrice" nella rivista, che fu "roccaforte di quella tendenza
"avversa al tradizionalismo ribiascicatore quanto alle pi assurde aberrazioni
del futurismo iconoclasta" ("n creatore de "La Diana." Gherardo Marone,"
in Messaggero Veneto, 20 febbraio 1963; ora in Gherardo Marone, a cura
di Armando Marone, Napoli, La Buona Stampa, 1969, p.124). Per il ruolo
di Fiumi in D, cfr. N. D'Antuono, Introduzione a "La Diana," cit., pp.23-
32 (nole alle pp.39-45), e la relativa scheda (pp.93-94).
Fiumi collabor anche ad Ec, ove pubblic, tra l'altro, "Il Govoni
cosidetto "futurista"," a.lll, n.13-14, 1916; e Govoni compiuto, a.lV,
fasc.I1-III, 31 gennaio-15 febbraio 1917, pp.73-79.
48 Ibid.
49lbid.
50 L. Fiumi, "Paolo Buzzi," in D, a. II, n. 3 (25 marzo 1916), p.50 per
tutte le citazioni. In un fascicolo successivo (a.II, n.5, 25 maggio 1916,
pp.95-98), delineando la "sgoma" di Onofri (a.II, n.5, 25 maggio 1916,
pp.95-98), Fiumi scriveva di "avancariche petroliere del futurismo
milanese e fiorentino" (p.95). Pur essendo Bruno Corra dichiaratamente
futurista, recensendo Con mani di vetro (a.II, n.6, 25 giugno 1916,
pp.130-131), Fiumi non catalog l'opera tra quelle futuriste, ma scrisse
che era "una chincaglieria di aristocratiche fragilit," la defin
ECO DElLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO 173
"fantasticherie," "Divagazioni pi che liriche ," rintracci "intuizioni
personalissime," "grovigli di sensazioni persuasive. E pi, le ascese verso
l'irrealizzabile e l'imprevedibile."
SI Cfr., F. T. Marinetti, "1915. In quest'anno futurista," ora in Per
conoscere Mari1U!tti e il futurismo, cit., p.157
S2 Massimo Gaglione, che fu uno dei critici pi intelligenti di D, pur
dichiarando di non essere futurista, alla morte di Boccioni lo commemor e
disse di vedere in lui "sintetizzate le caratteristiche dinamiche di questo
secolo di esplosioni e di incendi" (M. Gaglione, "Umberto Boccioni," D,
a.II, n.9, settembre-ottobre 1915, pp.194-195). Gaglione aveva un
atteggiamento polemico ma non di rifiuto del futurismo, e si alline sulle
posizioni di Fiumi, del quale risentiva nel giudizio critico. Si vedano la
maggior parte dei suoi testi critici, raccolti in M. Gaglione, / giovani, ,
cura di G. Gaglione, Caserta, Tipografia dell'Unione, 1918, in particolare
p.90 e 97.
Su D (a.II, n.II-12, novembre-dicembre 1916, p.202) fu edito un altro
testo su Boccioni; l'autore era Giuseppe Antonio Borgese.
S3 Vedi a.III, fasc.VIII-IX, 15-30 maggio 1916, p.313. Per quanto
riguarda il testo di Cangiullo, Grieco confermava che fosse non da leggere
ma da recitare, e parlava di "impressionismo onomatopeico dinamico
coloristico." Per Cavalli, invece, Grieco ammetteva di avervi trovato
"originalit, ma di non averlo "compreso tutto"; tuttavia rilevava che
l'autore fosse "dinamico e colorista, anzi pi colorista che dinamico e
ancor pi colorista che impressionista." Quasi simmetricamente, si badi, in
D (a.II, n.9-10, settembre-ottobre 1916, pp.196-197) g. m. [G. Marone]
recens gli stessi testi dei due autori: Cangiullo in una rubrica dal titolo
"Parole in libert", e Cavalli in una rubrica "Sillabe in libert."
S4 F. Grieco, art. cit., p.3l3.
ss In particolare il luciniano E. Cardile ("L'istrumentazione verbale," in
D, a. II, n.4, 25 aprile 1916, pp.82-86) apriva il testo con una 'stoccata':
"No, Russolo, futurista, qui c'entra per una brevissima nota; trattasi di
cose e uomini pi seri, trattasi di idee che, per quanto vecchie di ventenni,
rappresentano sbalorditorie novit per i giovani italiani avvezzi alle buone
costumanze e alla moderazione letteraria." Egli si riferiva invece a Ren
Ghil, l'autore del Trait du Verbe, sulla "musicalit delle parole." Mentre il
futurismo aveva assunto soltanto l'aspetto ideografico del linguaggio,
Cardile rteneva che esistesse anche quello fonetico, quindi parole-musica,
e riportava anche una complicatissima tavola dei valori verbali-colorici-
strumentale. La citazione a p.82.
S6 G. Marone, "n pane (primo bilancio spirituale)," in D, a.II, n.l (25
gennaio 1916), pp.l0-12.
S7 Cfr. G.A. Bertozzi ("Futurismo e Avanguardismo," in Saggio
sull'avanguardia, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1989, p.82) cita da una
lettera (1916) del Marone a Fiumi ove si riferisce del colloquio con
Marinetti.
S8 Vedi A. Dei, "La Diana" (1915-1917). Saggio e antologia, Roma,
Bulzoni, 1981, p.12.
s9/bidem, P.l3. Lettera del 24 marzo 1916.
60 Almeno Marinetti cos pensava. Lo si ricava da altre due lettere dello
stesso periodo, inedite, che ho rintracciate in copia dattiloscritta
174 NICOLA D'ANTUONO
nell'Archivio privato dei Marone a Napoli. Gli originali dovrebbero essere
depositati nella Fundaci6n Gherardo Marone a Buenos Aires. Le trascrivo
cos come le ho reperite:
Caro collega,
ho ricevuto e letto "La Diana" che mi interessa vivamente. Vi ho fatto
mandare oggi molti volumi futuristi.
. Scrivetemi quali volumi futuristi possedete. Ve ne completer la
collezione, me ttendov i al corrente di tutto. Vi ringrazio per la simpatia
colla quale sostenete il movimento futurista e vi prego di gradire per voi e
per i vostri amici una calda stretta di mano.
F.T. Marinetti
Caro collega,
ho letto tutto con molta cura. Tutto ci che scrivete mi interessa
vrvamente.
Seguo "La Diana" e la raccomando a Buzzi per gli "Avvenimenti."
Sto preparando il volume importantissimo dei Problemi futuristi.
Sar decisivo sulla sensibilit lirica mondiale.
Gradite l'espressione della mia viva simpatia intellettuale e i miei
saluti affettuosi.
Vostro
F.T. Marinetti
61 g. m. [G. Marone], reco a ''Teatro sintetico futurista," in D, a.n, n.8,
31 agosto 1916, p.167. Per Cronache d'attualit, g. m. [G. Marone], a.n,
n.6, 25 giugno 1916, p.131; per L'ava pazza, a.lI, n.7 (31 luglio 1916),
p.145.
62 G. Marone, "La parabola dei ciechi," in D, a.II, n.9-10, settembre-
ottobre 1916, p.190. .
63 Si sa dell'atteggiamento astioso di Ungaretti verso il futurismo. Cfr.
G. Ungaretti, Lettere dal fronte a Gherardo Marone (1916-1918), a cura di
Armando Marone, Introduzione di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1978,
p.95. Per una ulteriore documentazione si vedano anche la lettera a Carr
(citata in L. Piccioni, Ungarettiana, Firenze, Vallecchi, 1980, p.80), e il
voI. Lettere a Soffici (1917-1930), cura di P. Montefoschi e L. Piccioni,
Firenze, Sansoni, 1981.
64 Il testo di Marinetti in Antologia della Diana, cit., pp.94-97.
Questo volume, oggi deprezzato da quei pochi che l'hanno consultato, fu
bene accolto allora, se lo stesso Riccardo Ricciardi, che di tali cose
s'intendeva, in una lettera a Marone, con il quale aveva ottimi rapporti
(gli aveva edito nel 1917 Poesie giapponesi, e fu in procinto di pubblicare
anche un testo in francese di Tzara), scriveva: " di bell'effetto, sebbene,
confessiamolo, in modico grado futurista .... " La lettera stata edita da chi
scrive in Avventura intellettuale cit., p.159.
65 Vedi E. Crispolti, "Dada a Roma. Contributo alla partecipazione
italiana al Dadaismo," in Palatino, a.XI, n.1, gennaio-marzo 1967, pp.42
sgg., 44, 51, 52-53. Nel 1915 Grieco aveva stampato di S. Maturi, La
filosofia di Giordano Bruno. Dall'anno successivo stamp per la sua casa
editrice anche alcuni volumi, tra i quali, Sonorit (1916) M. De Leone.
ECO DELLA CULTURA, DIANA, FUTURISMO
175
66 Su tale aspetto e sulla formula di Benjamin, oltre a E. Sanguineti
("La guerra futurista," in Ideologia e linguaggio, nuova edizione ampliata,
Milano, Feltrinelli, 1970, pp. 38-43), rinvio a F. Curi, "L'estetizzazione
della politica. Marinetti e il movimento futurista," in Parodia e utopia,
Napoli, Liguori, 1990, pp.248-271.
APPENDICI
a) Tavola parolibera di Cangiullo;
b) collaborazioni di Nino Floro Caravaglios a Ec
- "La musica russa e Alessandro Scriabine," a.II, fasc.8 (28 agosto 1915),
pp.209-212;
- "L'orientamento del teatro lirico spagnolo," a.II, fasc.9 (13 settembre
1915), pp.248-252;
- "Carlo Magno giudice in una contesa fra cantori," a. n, fasc.10 (28
settembre 1915), pp.269-270;
- "Per una cultura della sensibilit musicale," a.n, fasc.ll (13 ottobre
1915), pp.297-300;
- "Igor Strawinsky," a.II, fasc.12 (28 ottobre 1915), pp.306-308;
- "n Pianista" di V. Ricci," a.II, fasc.13 (13 novembre 1915), pp.359-360;
- recc. di A. Untersteiner (Storia della musica) e di O.A. Fano [Fani] (Nella
vita del ritmo), a.II, fasc.14 (28 novembre 1915), pp.382-383;
- "I nostri convegni," a.II, fasc. 16 (28 dicembre 1915), p.420;
- "La musica in Finlandia," ibid., pp.421-424;
- reco a O. Fara, Genio e Ingegno musicale -Gioachino Rossini, a.ID, fasc.!
(30 gennaio 1916), pp.28-31.
Vanno attribuite a lui anche alcune reco e note siglate n.c. e N. C.
- "Due lettere commendatizie di Bernardino di Figueroa e Christoval de
Morales," a.ID, fasc.In (29 febbraio 1916), pp.73-77;
- "Un sonetto raro di Angelo di Costanzo," a.III, fasc.!V (15 marzo 1916),
pp.121-124 [ritrovato nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna
mentre studiava l'esemplare di Antonio Valente cieco; per la
pubblicazione egli ringrazia Francesco Torraca e Rosalba).

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