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Storia dell'architettura

L'architettura barocca

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Architettura barocca Chiesa del Ges Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano Basilica di Sant'Andrea della Valle Palazzo del Lussemburgo Castello di Maisons-Laffitte Castello di Vaux-le-Vicomte Carlo Maderno Gian Lorenzo Bernini Francesco Borromini Pietro da Cortona Baldacchino di San Pietro Piazza San Pietro Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza Chiesa di Sant'Agnese in Agone Basilica di Santa Maria in Montesanto Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma) Palazzo Barberini Palazzo Montecitorio Palazzo Chigi-Odescalchi Trompe-l'il Palazzo Pamphilj Guarino Guarini Cappella della Sacra Sindone Barocco napoletano Barocco siciliano Barocco leccese Barocco inglese Barocco russo 1 29 37 42 48 49 50 52 57 72 85 91 93 105 109 113 115 119 122 126 127 137 139 145 148 175 197 199 202

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Architettura barocca

Architettura barocca
L'architettura barocca quella fase della storia dell'architettura europea che, preceduta dal Rinascimento e dal Manierismo, si svilupp a partire dal XVII secolo, durante il periodo dell'assolutismo.[1] Il termine barocco, originariamente dispregiativo, indicava la mancanza di regolarit e di ordine, che i fautori del neoclassicismo, influenzati dal razionalismo illuminista, consideravano indice di cattivo gusto.[2] Infatti, caratteristiche fondamentali dell'architettura barocca sono le linee curve, dagli andamenti sinuosi, come ellissi, spirali o curve a costruzione policentrica, talvolta con motivi che si intrecciano tra di loro, tanto da risultare quasi indecifrabili. Tutto doveva destare meraviglia ed il forte senso della teatralit spinse l'artista all'esuberanza decorativa, unendo pittura, scultura e stucco nella composizione spaziale e sottolineando il tutto mediante suggestivi giochi di luce ed ombre. Tuttavia questa definizione non applicabile a tutti i paesi europei; in Francia, in Inghilterra, in diverse regioni dell'Europa settentrionale e, successivamente, persino in Italia, il Barocco fu ripreso attraverso forme derivanti dal Rinascimento e dall'architettura antica, in quello che viene definito come classicismo barocco.[2]

Il contesto storico
Nel periodo che va dalla seconda met del XVI secolo ai primi anni del Seicento, la riforma protestante si diffuse in numerose regioni d'Europa, dando inizio allo sviluppo di diverse chiese riformate. La conseguente Controriforma, avviata dalla Chiesa cattolica col Concilio di Trento, ebbe notevoli ripercussioni anche in campo artistico: fu promossa l'importanza didascalica delle immagini e furono fissate una serie di norme nelle arti per sottolineare la distinzione tra il clero ed i fedeli.[3] Questo atteggiamento raggiunse tutte le regioni del mondo cattolico grazie all'opera dei Gesuiti e, malgrado il suo carattere rigido e difensivo, favor lo sviluppo dell'arte barocca. Infatti, nel XVII secolo la Chiesa cattolica si avvi alla ricerca di un compromesso col potere politico, cessando di combattere contro le intromissioni della realt storica[4] e cercando di conciliare le questioni di fede con quelle inerenti alla vita mondana; proprio per questo il Barocco divenne uno stile atto ad esprimere sia i dogmi della fede che le frivolezze della mondanit.[3]

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza

Ad esempio, questa duplice espressione dell'arte barocca pu essere riscontrata nelle sistemazioni urbanistiche ideate da Domenico Fontana per Roma, durante il pontificato di Sisto V: il miglioramento dei collegamenti tra le chiese pi importanti della citt coincise con la formazione di ampie piazze ornate con obelischi e fontane, che divennero pertanto simboli di una vitalit e un dinamismo non solo religioso.[5]

Architettura barocca

Periodizzazione
Contrariamente alle tesi secondo cui il Barocco fu generato dal Manierismo[6], studi pi recenti sostengono che fu invece il tardo Classicismo a dare inizio al nuovo stile.[7] Infatti, l'architettura manierista non fu abbastanza rivoluzionaria per mutare radicalmente, in senso spaziale e non solo a livello della superficie decorativa, gli stilemi dell'antichit ai fini popolari e retorici del clima controriformistico.[8] Gi nel XVI secolo, Michelangelo Buonarroti aveva preannunciato il Barocco nelle forme colossali e Piazza San Pietro, Roma massicce della cupola della Basilica di San Pietro a Roma[9]; anche le alterazioni delle proporzioni e le tensioni espresse dallo stesso architetto nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana e l'aggiunta del massiccio cornicione al Palazzo Farnese avevano suscitato all'epoca reazioni, proprio per l'alterazione in senso drammatico delle proporzioni classiche. Ciononostante, in altre opere Michelangelo aveva ceduto alle influenze della corrente manierista. Quindi, fu solo quando il Manierismo volse al termine che fu riscoperto Michelangelo quale padre del Barocco.[2] Questo stile si svilupp a Roma e raggiunse i suoi massimi risultati tra il 1630 ed il 1670; da qui si diffuse nel resto della penisola ed in Europa, mentre nel XVIII secolo Roma volse di nuovo al classicismo sull'esempio di Parigi.[2] Tuttavia, l'influenza del Barocco non si limit al solo XVII secolo; infatti, all'inizio del Settecento si afferm il Rococ, che pur non essendo una semplice continuazione del primo[10], pu essere inteso come l'ultima fase del Barocco.[11]

I temi dell'architettura barocca


Urbanistica
Nel 1585 papa Sisto V avvi i lavori per la trasformazione urbana di Roma, dando incarico a Domenico Fontana di collegare i principali edifici religiosi della citt per mezzo di grandi assi stradali rettilinei. Il piano, che aveva il compito di enfatizzare il ruolo di Roma come citt santa, gett le premesse per una serie di analoghe trasformazioni in diversi centri europei.[12] Pertanto, alle planimetrie centralizzate e chiuse delle citt ideali rinascimentali[13], si contrappose la concezione barocca della citt capitale, pi dinamica e aperta verso i propri confini, ma al contempo punto di riferimento per l'intero territorio. A Roma, i centri focali del panorama urbano vennero sottolineati mediante l'uso di antichi obelischi egizi e alte cupole; a Parigi invece i nodi del sistema viario furono definiti per mezzo di piazze simmetriche, incentrate attorno alla statua del sovrano. In generale, la piazza barocca cess la sua tradizionale funzione civica e pubblica, per divenire mezzo di esaltazione dell'ideologia politica o religiosa, come nel caso delle cosiddette place-royale francesi (ad esempio la Place Dauphine e la Place des Vosges) e di Piazza San Pietro a Roma.[14]

Architettura barocca

Chiese
Tra le chiese, il punto di partenza dell'architettura barocca pu essere ricercato nella chiesa del Ges in Roma, costruita a partire dal 1568 su progetto del Vignola.[15] L'edificio, che rappresenta una sintesi tra architettura rinascimentale, manierista e, naturalmente, barocca, soddisfaceva pienamente le esigenze dettate dalla Controriforma: infatti, la disposizione longitudinale della pianta permetteva di accogliere il maggior numero di fedeli, mentre la pianta a croce latina con numerose cappelle laterali rappresentava un ritorno a quella tradizione auspicata durante il Concilio di Trento. Peraltro, la presenza di una cupola sottolinea la centralit dello spazio verso il fondo della navata e lascia presagire la ricerca di un'integrazione tra gli schemi longitudinali e quelli centralizzati derivati da San Pietro in Vaticano.[16] Anche la facciata, costruita su progetto di Giacomo della Porta, sembra anticipare i temi pi marcatamente barocchi, riscontrabili ad esempio nei prospetti di Santa Susanna e Sant'Andrea della Valle.[17] Da questo modello deriveranno una serie di chiese a pianta longitudinale centralizzata o a pianta centrale allungata, entrambe le tipologie solitamente caratterizzate da un asse longitudinale e dalla presenza di un elemento catalizzatore (come una cupola). Se gli architetti manieristi alterano l'impaginazione rigorosa delle facciate rinascimentali aggiungendovi temi e decorazioni caratterizzati da un raffinato e oscuro intellettualismo, senza modificare la logica planimetrica e strutturale delle facciate negli edifici, gli architetti barocchi modificano quell'architettura sia Santa Susanna, Roma nelle piante, sia nelle partiture di facciata, in funzione di una concezione spaziale nuova. Le facciate delle chiese non costituiscono pi la terminazione logica della sezione interna, ma divengono un organismo plastico che segna il passaggio dallo spazio interno alla scena urbana. Pertanto, lo spazio interno, spesso definito da ellissi, viene continuamente modellato attraverso il movimento degli elementi spaziali, differenziandosi totalmente dalla concezione rinascimentale, che invece prevedeva un susseguirsi uniforme di elementi disposti in simmetria tra loro.

Palazzi
Nell'architettura civile occorre distinguere due tipi di abitazione nobiliare: il palazzo di citt e la villa di campagna. Il palazzo italiano, seppur con alcune varianti regionali, rimase fedele alla tipologia residenziale del Rinascimento, con un corpo edilizio chiuso attorno ad una corte interna. Generalmente i prospetti principali furono dotati di avancorpi e decorati mediante l'impiego di colonne giganti.[18] Si registra inoltre l'estensione dell'asse di simmetria anche all'interno dell'edificio, dove si aprono il vestibolo e la corte centrale; ad esempio, l'asse longitudinale introdotto in

Palazzo Carignano, a Torino

Architettura barocca Palazzo Barberini, a Roma, contribuisce alla definizione della pianta e ne sottolinea il rapporto con l'ambiente esterno. Peraltro, questo palazzo costituisce un punto di svolta nella tipologia delle residenze all'italiana: la pianta ad H, con un profondo atrio che si riduce costantemente in larghezza fino ad immettere in una sala ellittica, centro nodale dell'intera costruzione. Invece, l'abitazione urbana della nobilt francese, denominata htel, si richiamava allo schema delle corti medioevali[2]; infatti, il clima rigido richiedeva una maggiore esposizione al Sole degli ambienti ed impose l'adozione di planimetrie pi articolate, definite mediante la costruzione di pronunciate ali laterali.[19] Il corpo principale arretrato rispetto alla strada ed preceduto dalla cour d'honneur, uno spazio aperto verso l'esterno, ma che al contempo separa la residenza dalla citt. Riconducibile a questo schema il Palazzo del Lussemburgo, realizzato da Salomon de Brosse a partire dal 1617; qui, a differenza di altri edifici, i padiglioni angolari non furono destinati ad ospitare locali di servizio, ma contenevano appartamenti veri e propri ad ogni piano.

Palazzo del Lussemburgo, a Parigi

In Francia notevole fu pure lo sviluppo delle dimore di campagna (i castelli), che port alla realizzazione di complessi assai estesi, verso i quali convergevano le principali direttrici viarie.[20] Tra questi si ricordano il Castello di Maisons-Laffitte (1642-1646), opera di Franois Mansart, quello di Vaux-le-Vicomte (1656-1661), progettato da Louis Le Vau e, naturalmente, il Castello di Versailles, simbolo dell'assolutismo francese, i cui lavori di ricostruzione furono avviati dallo stesso Le Vau per volont di Luigi XIV.

Architettura barocca

La diffusione del Barocco nel XVII secolo


Italia
Roma Alla fine del XVI secolo Roma divenne il centro di sviluppo dell'architettura legata alla Controriforma ed esercit la sua influenza in tutto il mondo cattolico. Le premesse all'affermazione dello stile barocco si riscontrano gi nelle opere di Giacomo Della Porta (1533-1602), che innalz la facciata della chiesa del Ges negli ultimi decenni del Cinquecento.[17] Pochi anni dopo, nel 1603, fu ultimata la facciata della chiesa di Santa Susanna, progettata da Carlo Maderno (1556-1629) e ritenuta da alcuni il "primo esempio pienamente realizzato di architettura barocca"[21]; qui l'asse centrale venne rafforzato mediante l'uso graduale di pilastri, semicolonne e colonne verso la parte centrale dell'edificio, accentuando cos la plasticit gi emersa nell'opera del Della Porta. In questo contesto, numerose facciate furono innalzate con il medesimo fine propagandistico[22], alcune con risultati assai particolari, come nel caso della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, di Martino Longhi il Giovane (1602-1660), dove numerose colonne si concentrano nella parte centrale del prospetto. Lo stesso Maderno fu incaricato di prolungare un braccio della Basilica di San Pietro, al fine di rendere la chiesa idonea ad accogliere un maggior numero di fedeli; anche in questo caso, la facciata (1608-1612), una delle opere pi discusse della storia dell'architettura[23], mostra una maggiore intensit plastica verso il centro.

Baldacchino di San Pietro

Una nuova impostazione, basata sulla trasformazione delle forme piuttosto che sull'applicazione di elementi decorativi, si ebbe con l'affermazione di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), Francesco Borromini (1599-1667) e Pietro da Cortona (1596-1669).[24] Ad esempio, nel Baldacchino di San Pietro (1624-1633), Bernini inser delle colonne tortili che, differenziandosi nettamente dal disegno pilastri della basilica vaticana, divennero il punto focale dell'intera costruzione. Alcuni decenni pi tardi, a partire dal 1658, il medesimo architetto realizz la piccola chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, con una pianta ovale fortemente dilatata e caratterizzata dalla presenza di numerose cappelle ricavate nel muro perimetrale; una cupola, poco evidente all'esterno, poggia sulla trabeazione che si snoda al di sopra degli invasi laterali. Il tema dell'ovale, adottato da Bernini anche nella scomparsa cappella dei Re Magi (1634) e nella Piazza San Pietro (conclusa nel 1667), avrebbe dovuto essere ripreso pure da Carlo Rainaldi (1611-1691) nella chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, ma, al momento della costruzione, la navata ellittica fu mutata in

Pianta di Sant'Andrea al Quirinale

Architettura barocca uno spazio biassiale, privo di curve, con una serie di cappelle che si restringono fino alla zona absidale. L'andamento frastagliato della navata, evidenziato dalla presenza di colonne e pilastri sui quali impostata la trabeazione, si ripete anche nella facciata principale, dove emergono ancora colonne addossate a pilastri. La ricerca di spazi ricavati all'interno della muratura perimetrale evidente nella chiesa dell'Assunta, ad Ariccia, una cittadina ubicata nei dintorni di Roma.[25] Il progetto, sempre del Bernini, fu messo in opera nei primi anni sessanta del secolo; rispetto a Sant'Andrea al Quirinale, la pianta qui circolare ed affiancata all'esterno da due propilei posti al termine di un corridoio che circonda la parte posteriore della costruzione. Se la figura in pianta mostra un'intavolatura classicheggiante, riferibile ai modelli bramanteschi o al Pantheon di Roma, all'esterno l'invenzione barocca si manifesta nella disposizione urbana del complesso, con il corridoio anulare che rappresenta un esterno ed un interno al tempo stesso, e con il volume della chiesa che "genera a vista la sua fascia spaziale, che non di contenimento, come nel Borromini, ma di misurata, controllata espansione".[26] Tuttavia, nella chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane del Borromini che il tema degli spazi ricavati nel perimetro dell'edificio raggiunge il suo apice.[25]. Questa chiesa, cos piccola che potrebbe stare all'interno di un pilastro della basilica vaticana[27], fu cominciata nel 1638 in un lotto di ristrette dimensioni dove, oltre al luogo di culto vero e proprio, si inserivano anche il chiostro e l'attiguo convento. La pianta di San Carlino riconducibile all'ovale, con pareti concave e convesse che si alternano fino a formare delle cappelle laterali. La cupola presenta una base ovale ed incisa da un profondo cassettonato nel quale si alternano forme diverse; il raccordo tra la cupola e il corpo dell'edificio realizzato per mezzo di quattro pennacchi che poggiano sulla trabeazione. Il movimento ondulatorio dei muri e il ritmico alternarsi a forme sporgenti e rientranti danno luogo a un Planimetria della chiesa di San Carlo alle Quattro palpitante organismo plastico, la cui forma viene sottolineata Fontane con il convento e il chiostro dall'assenza di sontuose decorazioni. Nella facciata, iniziata solo negli ultimi anni di vita del Borromini, si evidenzia ancora la ricerca di un intenso dinamismo, con superfici sinuose disposte su due ordini: la parte inferiore caratterizzata da una successione di superfici concava - convessa - concava; quella superiore si articola su tre parti concave, di cui la centrale ospita un'edicola convessa. Borromini fu impegnato in diversi cantieri di Roma: realizz l'Oratorio dei Filippini (la cui facciata, ricca di concavit e convessit, una felice fusione tra un palazzo e una chiesa[28]), la chiesa di Santa Maria dei Setti Dolori (incompleta) e, a partire dal 1642 inizi quello che pu essere considerato il suo capolavoro[29], la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza. Direttamente collegata a San Carlo alle Quattro Fontane, la chiesa della Sapienza fu posta a chiusura di un cortile preesistente progettato dal Della Porta. La pianta, generata essenzialmente dall'intersezione di due triangoli equilateri contrapposti, coronata in alzato da una cupola con una lanterna conclusa a spirale;

Interno di San Giovanni in Laterano (dipinto di Giovanni Paolo Pannini)

Architettura barocca

l'impianto di Sant'Ivo, ancora una volta plasmato attraverso l'uso di concavit e convessit, uno dei pi unitari della storia dell'architettura, anche se, proprio per la sua audacia, non trov analoghe applicazioni nelle opere dei contemporanei.[30] Il medesimo architetto, su incarico di papa Innocenzo X, intervenne anche nel restauro della grande Basilica di San Giovanni in Laterano; Borromini mantenne la struttura originaria, inglobando le colonne delle navate all'interno di larghi pilastri, mentre la prevista copertura a volta non fu realizzata. Secondo la critica, malgrado il progetto non sia stato eseguito per intero, "San Giovanni in Laterano possiede una delle pi belle Chiesa di Sant'Agnese in Agone [31] navate che esistano" : l'intergrazione degli spazi accentuata dalle larghe aperture che corrono lungo la navata, mentre le navate laterali sono costituite da piccole unit centralizzate, con angoli concavi che proseguono anche nelle volte. Pochi anni dopo lavor alla chiesa di Sant'Agnese in Agone, cominciata da Girolamo Rainaldi (1570-1655) e dal figlio Carlo nel 1652, realizzando uno dei prospetti pi classicheggianti della sua produzione artistica; l'edificio, alla cui costruzione subentr nuovamente Carlo Rainaldi, risulta una delle opere pi significative dell'epoca poich ebbe una notevole influenza in ambito internazionale.[32] La pianta una croce greca che si fonde con l'invaso circolare sormontato da una grande cupola. L'invenzione del Borromini risiede nella facciata, dove arretr il fronte principale al fine di ottenere un andamento concavo; estese quindi il prospetto ai palazzi laterali, in modo da edificare due torri campanarie caratterizzate da un progressivo andamento frastagliato verso la sommit. Analoghe invenzioni si ritrovano peraltro nel campanile di Sant'Andrea delle Fratte, che si conclude con una sorta di lanterna a pianta circolare. Carlo Rainaldi si dedic anche alle due chiese gemelle di Piazza del Popolo. La prima, consacrata a Santa Maria in Montesanto, fu iniziata nel 1662, per essere poi conclusa da Carlo Fontana (1638-1714) su disegni del Bernini; la seconda, intitolata a Santa Maria dei Miracoli, fu eseguita dal 1675, sempre con la collaborazione del Fontana. Le due chiese, poste simmetricamente attorno al tridente costituito da via del Corso, via di Ripetta e via del Babuino, appaiono uguali, ma in realt, per adattarsi al meglio alla configurazione del lotto, furono differenziate nelle piante: per Santa Maria dei Miracoli fu adottata una pianta circolare, mentre per l'adiacente Santa Maria in Montesanto, posta su un lotto pi profondo, fu scelta una forma ellittica, di dimensioni trasversali analoghe alla precedente, cos da mantenerne l'apparente simmetria del fronte. Se le opere di Carlo Rainaldi, pur mostrando soluzioni originali, rimandano ai temi del primo Barocco, una maggiore integrazione plastica tra spazi, masse e superfici si avverte in Pietro da Cortona.[33] La sua chiesa dei Santi Luca e Martina (1635),

Chiesa dei Santi Luca e Martina

articolata su una pianta a croce greca, richiama alla mente gli schemi rinascimentali di Santa Maria della Consolazione a Todi, seppur con significative differenze: infatti, un braccio della navata allungato, riportando la

Architettura barocca chiesa alla tipologia delle piante longitudinali, mentre la facciata, convessa, non riflette la curvatura delle absidi interne. Lo stile di Pietro da Cortona emerge con maggior vigore nella sistemazione della chiesa di Santa Maria della Pace, dove, tra il 1656 ed il 1657, fu impegnato nella costruzione di un nuovo prospetto. L'intervento non si limit alla sola facciata della chiesa, ma si estese anche agli edifici laterali, con la realizzazione di una scenografica piazzetta dominata al centro da un colonnato semicircolare; peraltro, la soluzione dell'esedra in facciata influenz profondamente il Bernini nella concezione della citata Sant'Andrea al Quirinale.[34] Tra le chiese a pianta longitudinale derivate dallo schema de Il Ges, occorre innanzitutto ricordare quella di Santa Maria ai Monti (1580), di Giacomo della Porta; la chiesa ha dimensioni modeste e un transetto poco sviluppato, con una cupola all'incrocio con la navata principale. Assai pi imponente la basilica di Basilica di Sant'Andrea della Valle Sant'Andrea della Valle, cominciata sempre dal Della Porta nel 1591 e completata da Carlo Maderno; la facciata fu aggiunta da Carlo Rainaldi dopo la met del XVII secolo. La pianta, pur riprendendo il modello della chiesa del Ges, presenta cappelle laterali meno profonde e sensibilmente pi alte; la navata articolata mediante i pilastri laterali che scandiscono, assieme alla cupola, il forte ritmo verticale dell'edificio. I principali architetti del Barocco romano lasciarono tracce importanti anche nell'architettura civile. Nel 1625 Carlo Maderno avvi i lavori del citato Palazzo Barberini con la collaborazione del Borromini, cui attribuita la scala elicoidale; alla morte del Maderno l'opera venne portata avanti da Bernini. In precedenza stato evidenziato come lo schema dell'edificio, privo della classica corte interna, si differenzi dalla tradizione del palazzo all'italiana; anche la facciata, la parte pi classicheggiante dell'opera, presenta elementi innovativi negli archi strombati dell'ultimo ordine. Dal 1650 Bernini esegu pure il Palazzo Montecitorio, successivamente terminato da Carlo Fontana. La facciata, nella quale fu mantenuta sostanzialmente l'impronta del progetto iniziale, ha un andamento convesso e mostra, ai lati del piano terreno, alcuni massi in pietra rustica. Sempre del Bernini il Palazzo Chigi-Odescalchi (1665-1667), costruito attorno ad un cortile ideato dal Maderno. Malgrado le alterazioni subite nel corso del XVIII secolo, la facciata aggiunta dal Bernini pu essere considerata un vero e proprio modello per i prospetti dei palazzi barocchi[35]: essa presentava un risalto nella parte centrale (scomparso durante gli ampliamenti settecenteschi), definito mediante lesene giganti e coronato da una balaustra alla sommit. Un altro importante cantiere seguito dal Bernini fu quello della costruzione della Scala Regia in Vaticano, che rappresenta uno dei punti pi alti dell'illusionismo ottico seicentesco. Realizzata dopo il 1660, la scala, che doveva servire per il collegamento tra i
Galleria prospettica di Palazzo Spada

Architettura barocca Palazzi Vaticani e la facciata di San Pietro, fu costruita in un lotto molto ristretto e di forma irregolare, posto tra la basilica e la residenza papale. Bernini sfrutt queste caratteristiche a proprio vantaggio, ideando una scala di larghezza decrescente, coperta da volta a botte; la correzione della prospettiva fu ottenuta disponendo opportunamente una serie di colonnati ai lati del corridoio. Anche Borromini lasci alcuni contributi significativi in questo ambito. Suo l'effetto di Trompe-l'il nella galleria prospettica di Palazzo Spada (1652-1653), che suggerisce una profondit diversa da quella reale. Inoltre, intorno alla met del Seicento prepar gli studi per il Palazzo Pamphilj in Piazza Navona, edificato da Girolamo Rainaldi, ma le sue pi interessanti realizzazioni vanno ricercate nei palazzi ecclesiastici, come il Collegio di Propaganda Fide (al cui interno si trova la Cappella dei Re Magi), dove innalz una facciata plasmata da compressioni e dilatazioni, di grande effetto drammatico. Infine, nella trattazione del Barocco romano doveroso ricordare le principali trasformazioni urbanistiche della citt, riconducibili al citato piano voluto da papa Sisto V, che peraltro raccoglieva alcuni interventi gi attuati dai suoi predecessori. In particolare, il tridente di Piazza del Popolo rappresenta uno degli elementi di maggior rilievo; vera e propria porta d'accesso alla citt, divenne un punto nodale del sistema viario a partire dal 1589, con l'erezione di un obelisco, e la costruzione nel XVII secolo delle citate chiese gemelle del Rainaldi. Un altro spazio di rilievo costituito da Piazza Navona, sorta sulle rovine dell'antico stadio voluto dall'imperatore Domiziano e che, nel XVII secolo, assunse i caratteri di una piazza tipicamente barocca, tanto da poter essere identificata con il vero e proprio centro della Roma seicentesca. Qui furono poste le fondamenta della chiesa di Sant'Agnese in Agone, elemento di spicco di una cortina muraria pressoch unitaria, la cui cupola messa in evidenza dall'andamento leggermente concavo della facciata; il centro della piazza sottolineato dalla Fontana dei Fiumi (il Nilo, il Gange, il Danubio ed il Ro de la Plata), nella quale possibile leggere un'allusione al potere della Chiesa nel mondo allora conosciuto.
Piazza del Popolo in un'incisione di Piranesi prima delle trasformazioni di Giuseppe Valadier

Piazza San Pietro con il terzo braccio

Questa serie di piazze barocche trova il suo apice nella celeberrima Piazza San Pietro, compiuta da Bernini sotto Alessandro VII tra il 1657 ed il 1667. La soluzione finale tenne conto di problemi liturgici, simbolici e delle emergenze architettoniche preesistenti: lo spazio venne articolato per mezzo di una piazza ovale collegata alla facciata della basilica vaticana con due bracci obliqui, posti ai margini di un'area di forma trapezoidale. Il collegamento tra l'ovale ed il trapezio, pi stretto rispetto alla larghezza della facciata del Maderno, miglior la prospettiva verso la basilica, mitigando le infelici proporzioni della stessa facciata. La piazza ovale, delimitata da imponenti colonne disposte su pi file, avrebbe dovuto essere chiusa con un terzo braccio, che per non fu mai eseguito; malgrado ci, Bernini realizz uno spazio ben definito, ma al contempo aperto verso l'esterno ed integrato con il resto della citt grazie alla permeabilit offerta dai grandi colonnati.

Architettura barocca Torino Verso la fine del XVI secolo, Torino era ancora racchiusa all'interno dell'antico impianto romano del castrum; pochi anni dopo, durante il regno di Carlo Emanuele I, la citt divenne un importante centro barocco, punto di incontro delle tendenze romane e francesi.[36] Ascanio Vitozzi (1539-1615) fu incaricato della sistemazione di Piazza Castello, intorno alla quale si svilupparono i nuovi quartieri della citt; i lavori furono portati avanti da Carlo di Castellamonte (1560-1641), che dal 1621 continu lo sviluppo verso sud dell'abitato secondo un sistema di assi tra loro ortogonali. Al medesimo architetto si deve la formazione della vasta Piazza San Carlo (all'epoca Piazza Reale), uno spazio derivato dalla place royale francese ed incentrato attorno ad una statua equestre; tuttavia, ai lati della direttrice principale furono poste due chiese gemelle, in una soluzione analoga a quella attuata nella Piazza del Popolo a Roma.

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Piazza San Carlo

Il piano di ampliamento di Torino fu continuato da Amedeo di Castellamonte (1610-1683), figlio di Carlo, che pianific lo sviluppo della citt verso est. Nel 1673, secondo il progetto dell'architetto, fu iniziata la realizzazione di una strada per unire Piazza Castello alla Porta di Po; lungo la via vennero eretti palazzi Cupola della Cappella della Sacra Sindone porticati dal disegno uniforme, mentre verso il fiume la strada fu conclusa con un'esedra (portico in luogo aperto, spesso con sedili per sedersi a conversare), simbolico riferimento all'apertura della citt verso il territorio circostante. Lo stesso Amedeo di Castellamonte lavor a diverse residenze sabaude; prest la sua opera nel Palazzo Ducale (ora Palazzo Reale) e intorno agli anni sessanta del Seicento fu incaricato da Carlo Emanuele II di Savoia di progettare la Reggia ed il borgo di Venaria Reale, nei dintorni di Torino. Nei medesimi anni, Guarino Guarini (1624-1683) port a terminare la Cappella della Sacra Sindone, iniziata proprio dal Castellamonte sul retro della cattedrale torinese. La cappella doveva avere tre entrate (due dal duomo e una dall'adiacente Palazzo Ducale) e questo condizion la planimetria dell'edificio. L'invaso, a pianta circolare, diviso in nove parti ed in corrispondenza degli ingressi si aprono tre arcate, al di sopra delle quali impostato il tamburo della cupola; la stessa cupola definita da uno straordinario gioco di costoloni, enfatizzato dalla luce diffusa per mezzo di numerose finestre che emergono curiosamente all'esterno della struttura. Ancora Guarini, tra il 1668 ed il 1680, costru la chiesa di San Lorenzo. La pianta riconducibile all'ottagono, con i lati di forma convessa, ma un presbiterio ellittico posto trasversalmente introduce un asse principale nella composizione; lo spazio, al livello inferiore, definito dalla presenza di ampie serliane che delimitano le cappelle laterali, mentre, alla sommit, una serie di costoloni si intrecciano fino a formare l'ottagono sul quale poggia la lanterna. Le straordinarie invenzioni del Guarini trovarono applicazione anche ai temi dell'architettura civile: il suo Palazzo Carignano, basato su una pianta ad U, presenta una monumentale facciata convessa che sporge su entrambi i lati

Architettura barocca dell'edificio. Questa configurazione, pur essendo in qualche modo riconducibile ai progetti di Gian Lorenzo Bernini per il palazzo del Louvre e al Castello di Vaux-le-Vicomte, fa del Palazzo Carignano una delle pi interessanti residenze del XVII secolo.[37] Milano Francesco Maria Richini (1584-1658) fu il pi importante architetto del Barocco milanese.[38] Tra il 1607 ed il 1630 costru la chiesa di San Giuseppe, che, come la chiesa del Ges a Roma, determin il superamento del Manierismo accademico in voga sino ad allora.[2] Richini introdusse una pianta combinata, composta da due spazi centralizzati derivati dalla chiesa di Sant'Alessandro, sempre a Milano; notevole per effetto plastico pure la facciata, ornata da una serie di edicole sovrapposte. Successivamente, nel 1627 si dedic alla facciata del Collegio Elvetico (oggi sede dell'Archivio di Stato), dove mir ad una integrazione tra interno ed esterno mediante un prospetto concavo; l'interessante soluzione, anticipatrice di certi temi espressi da Borromini, conferma Richini come uno dei maggiori architetti del primo Barocco.[39]

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Chiesa di San Giuseppe, Milano

Venezia Il Barocco veneziano si conform agli usi locali[40] e vide in Baldassarre Longhena (1598-1682) il suo principale esponente.[41] Egli, dopo la Peste del 1630 cominci la costruzione della chiesa di Santa Maria della Salute, ricorrendo ad una pianta centrale. Al corpo ottagonale della basilica, Longhena aggiunse un santuario delimitato ai lati da due absidi; questa soluzione, simile a quella adottata da Andrea Palladio nella chiesa del Redentore, rafforz l'asse longitudinale del tempio e di fatto trasform l'organismo centrale in Basilica di Santa Maria della Salute, Venezia una navata vera e propria. Il carattere barocco del tempio evidente nella conformazione della massa esterna, posta scenograficamente lungo il Canal Grande: al corpo ottagonale, coperto da una grande cupola, si affiancano la calotta del santuario e due torri campanarie. Inoltre, l'imponente arco in facciata, che trova corrispondenza nella conformazione degli spazi interni, ribadisce la presenza dell'asse longitudinale. Longhena si ciment anche nell'architettura civile: la sua Ca' Pesaro presenta uno schema apparentemente convenzionale, ma i giochi di luci ed ombre che si instaurano sul ricco apparato ornamentale della facciata determinano una plasticit tipicamente barocca.

Architettura barocca In ogni caso, l'esasperazione dei dettagli plastici di Longhena raggiunse il culmine nella facciata della chiesa dell'Ospedaletto (completata negli anni settanta del XVII secolo), ornata da un fantasioso e ricchissimo apparato costituito da telamoni, teste giganti e maschere leonine. Genova A Genova l'architettura barocca si tradusse, sin dalla fine del XVI secolo, in una serie di grandi palazzi che la critica ha annoverato tra i pi importanti del panorama italiano.[42] Tra questi si ricorda il Palazzo Doria-Tursi, dove la configurazione planimetrica del vestibolo, unito al pi alto giardino interno per mezzo di una vasta scalinata, denuncia la presenza di un movimento in profondit. Questa soluzione fu ripresa da Bartolomeo Bianco (15901657) in quello che pu essere considerato il suo capolavoro[43]: il collegio dei Gesuiti, in seguito divenuto sede dell'Universit di Genova (1634 circa). Il palazzo ha una pianta ad U, ma, rispetto al precedente, mostra una maggiore permeabilit tra l'interno ed il cortile; infatti, sfruttando la conformazione assai scoscesa del terreno, Bianco realizz una straordinaria scenografia urbana, con un vestibolo largo quanto il cortile ed una serie di loggiati sovrapposti e scalinate. Napoli L'architettura barocca nell'Italia meridionale produsse i suoi risultati pi significativi solo nel XVIII secolo.[40] Ciononostante, dal 1610 e nei decenni avvenire a Napoli si costruirono numerose chiese barocche, spesso ornate con ricche decorazioni marmoree o a stucco (confrontabili con gli interni berniniani), ma prive di quelle invenzioni spaziali e della fusione tra architettura tipiche del Barocco romano.[44] Le premesse vanno ricercate nell'attivit di architetti quali Francesco Grimaldi (1543-1613), autore di alcuni Interno della chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, Napoli importanti edifici sacri (come la basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone e la Cappella di San Gennaro) nei quali la decorazione barocca fu applicata su impianti ancora classicheggianti.[45] La figura di maggior rilievo nella citt partenopea fu Cosimo Fanzago (1591-1678), che lavor nella Certosa di San Martino, innalz la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, il Palazzo Donn'Anna e la Guglia di San Gennaro. Le sue chiese presentano peraltro una pianta molto semplice, a croce latina o greca. Soltanto agli inizi del XVIII secolo con Ferdinando Sanfelice (1675-1748) l'architettura napoletana si indirizz verso una vera sensibilit barocca per forme spaziali complesse.[46]

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Architettura barocca Sicilia In Sicilia gli interventi pi interessanti furono attuati dopo il terremoto che invest la Val di Noto nel 1693 (si veda il paragrafo sull'architettura tardobarocca).[47] Tuttavia dal 1660 al 1662, fu attivo a Messina Guarino Guarini, che realizz la chiesa della Santissima Annunziata, introducendo, di fatto, il Barocco in Sicilia tra molte perplessit dei contemporanei.[48] La facciata dalla sagoma piramidale e dalla superficie mossa far da modello a molte chiese siciliane del XVIII secolo. L'interno completamente bianco con stucchi contrastava con il gusto locale, prevalente verso il policromismo marmoreo e sar un altro esempio molto seguito nella Sicilia tardobarocca. La costruzione, cos come la sede dei teatini, andata distrutta durante il terremoto del 1908. Nella seconda met del Seicento fu attivo il frate gesuita Angelo Italia, influenzato da Guarini, che introdusse elementi pienamente barocchi sia nelle piante e nella concezione spaziale (chiesa di San Francesco Saverio a Palermo), sia nelle facciate e nell'apparato decorativo (chiesa Madre di Palma di Montechiaro).[49] Alla fine del XVII secolo troviamo composizioni derivate dal Barocco romano, anche nelle facciate delle chiese disegnate da Giacomo Amato.[50] Lecce A Lecce a met del Seicento, si registra un'intensa attivit, in uno stile molto distante dal Barocco romano, che si diffuse nel Salento grazie all'opera di architetti come Giuseppe Zimbalo (1617-1710) e Giuseppe Cino (1644-1722).[51]

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Francesco Sicuro, chiesa della Santissima Annunziata a Messina, in Vedute e prospetti della citt di Messina, 1768

Basilica di Santa Croce, Lecce

Il Barocco leccese, influenzato dal plateresco spagnolo, caratterizzato da un'esuberante decorazione, foltissima di elementi floreali e talvolta figurativi-sculterei, applicata a costruzioni improntate a modelli cinquecenteschi piuttosto convenzionali. Tali decorazioni furono rese possibili dall'uso di una pietra locale di color giallo detta pietra leccese: questo materiale appena cavato possiede una grande facilit di intaglio, per poi indurire all'aria dopo la posa in opera. Questo stile raggiunse il suo apice nella chiesa di Santa Croce, dalla facciata riccamente decorata.

Francia
A differenza di Roma, lo sviluppo urbanistico di Parigi non part dalla necessit di unire tra loro dei punti focali gi esistenti, ma scatur dalla formazione di una serie di piazze incentrate attorno alla figura del sovrano.[52] Il primo esempio di place royale da ricondurre alla Place Dauphine (1599-1606), voluta da Enrico IV tra il Pont Neuf e l'le de la Cit, nel cuore di Parigi. La piazza, a forma triangolare, fu aperta a margine dell'antico ponte, mentre la statua del sovrano fu posta all'intersezione della piazza con il Pont Neuf, a ridosso della Senna, quasi a sottolineare l'asse del fiume.[13]

Architettura barocca

14 Nei primi anni del XVII secolo fu iniziata la costruzione della Place des Vosges (anticamente nota proprio come Place Royale), una piazza quadrata chiusa su tre lati e circondata da palazzi destinati ad ospitare abitazioni per il ceto borghese; gli edifici, dal disegno unitario, mostrano ancora un accentuato verticalismo goticizzante.[53] Sempre per volont di Enrico IV fu progettata un'ulteriore piazza, che per non fu portata a compimento a causa della morte del re; essa avrebbe dovuto avere una pianta radiale, la prima del genere nell'urbanistica barocca, il cui modello ebbe per notevole fortuna nelle successive trasformazioni della citt.[2] Durante il regno di Luigi XIII i lavori interessarono alcuni distretti cittadini ed in particolare l'le St-Louis ed il distretto Richelieu; nella definizione dei nuovi gusti architettonici notevole fu l'apporto di Salomon de Brosse (1571-1626) e Franois Mansart (1598-1666), artefici di un innovativo linguaggio classico destinato ad avere un'intensa fortuna anche negli anni successivi.[54]

Place des Victoires, Parigi

Infatti, queste tendenze trovarono la definitiva consacrazione sotto Luigi XIV, quando Jules Hardouin Mansart (1646-1708) realizz la Place des Victoires, Palazzi della Place Vendme non pi come spazio chiuso, ma come punto di snodo all'interno del sistema urbano.[55] Gli edifici lungo la piazza persero i caratteri ancora vagamente goticizzanti delle prime realizzazioni di Enrico IV; sul perimetro di Place des Victoires sorsero palazzi dall'aspetto uniforme, con un bugnato al piano terra e un ordine gigante al livello superiore. Questa impostazione riscontrabile anche nella seconda piazza fatta costruire durante il regno di Luigi XIV, ancora su progetto di Hardouin Mansart: la Place Vendme. Il primo progetto, databile al 1685, prevedeva la formazione di uno spazio delimitato da importanti edifici rappresentativi, ma in seguito il piano venne disatteso. Curiosamente, intorno al 1696 fu tracciato il perimetro della piazza per mezzo delle sole facciate dei palazzi: gli edifici veri e propri furono innalzati in seguito, con la vendita dei singoli lotti di terreno. La piazza assunse una forma rettangolare, con angoli smussati al fine di aumentare la superficie edificabile; sugli angoli e al centro dei lati lunghi dei palazzi furono realizzati dei risalti, la cui presenza venne sottolineata mediante dei frontoni classicheggianti. Il Barocco delle trasformazioni parigine risiede pertanto in una "forte aspirazione all'integrazione, alla continuit e all'apertura. Mentre Roma la tipica citt santa del Barocco, Parigi la sua controparte laica".[56] Non a caso l'architettura francese del Seicento trov i suoi massimi risultati nelle residenze urbane e nei suggestivi castelli di campagna; eppure, anche nell'architettura sacra furono prodotte opere di indubbia originalit.

Architettura barocca

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Nel 1616 Salomon De Brosse innalz la svettante facciata della chiesa di Saint-Gervais-Saint-Protais de Paris, facendo ancora ricorso alla tradizionale sovrapposizione degli ordini classici. De Brosse attinse al verticalismo gotico, ma con la profondit derivante dal Barocco, gettando le basi dell'architettura francese del Seicento.[40] Pi tardi, negli anni trenta del XVII secolo, Franois Mansart eresse la chiesa della Visitation con una pianta centrale e cappelle di forma ellittica accostate all'invaso circolare principale tanto da compenetrarsi con esso. Nel medesimo periodo Jacques Lemercier (1585-1654) costru la chiesa della Sorbona, su modello di San Carlo ai Catinari a Roma.[57] L'impianto riconducibile ad una croce greca allungata, con cappelle laterali che si affacciano sulla navata attraverso due aperture per ciascuna, conferendo all'edificio i caratteri di una chiesa basilicale.

Chiesa di Val-de-Grce

Tra le chiese a pianta longitudinale doveroso ricordare quella di Val-de-Grce, opera di Franois Mansart (1645). Cos come nelle chiese romane, la pianta articolata con tre campate che si concludono nella cupola; nei pilastri che sostengono la calotta si trovano quattro cappelle che per non si aprono lungo la navata, ma direttamente verso l'invaso della cupola, rafforzandone la centralit. Successivamente, negli ultimi decenni del Seicento, Jules Hardouin Mansart progett Dme des Invalides, la pi importante chiesa francese a pianta centrale del periodo.[58] L'edificio presenta diverse analogie con la chiesa della Salute di Venezia: entrambe, malgrado le differenze formali della pianta (un quadrato nel caso della chiesa degli Invalidi e un ottagono in Santa Maria della Salute), mostrano l'aggiunta di un corpo posteriore dotato di una seconda cupola. Mansart si ispir al progetto michelangiolesco di San Pietro, ma, oltre ad allungare un braccio verso il presbiterio, cre dei passaggi diagonali tra l'ambulacro ed il centro della chiesa. All'esterno il tutto fu celato con delle superfici molto semplici e la facciata fu ornata con due ordini di colonne classiche Dome des Invalides liberamente spaziate. La cupola, caratterizzata da robusti contrafforti lungo il tamburo, termina in una svettante guglia dal verticalismo gotico. All'interno, la struttura della medesima cupola composta da ben tre calotte sovrapposte: una pi esterna rivestita in piombo, una intermedia affrescata ed una terza dotata di un grande oculo per permettere la visione dei dipinti sovrastanti.

Architettura barocca

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Nella tipologia dei castelli e dei palazzi il punto di partenza dell'architettura barocca nelle opere del citato Salomon de Brosse, che nei primi decenni del Seicento costru alcune importanti residenze, tra cui il Palazzo del Lussemburgo a Parigi (1617).[59] L'edificio fu innalzato per volont di Maria de' Medici e nella planimetria non si discosta dalla tipologia dell'htel francese, ma la sistemazione di appartamenti completi nelle ali laterali determin un miglioramento del concetto di comodit rispetto ai modelli del passato. Tuttavia, la prima vera opera del classicismo francese da ricercare nella facciata del Palazzo di Giustizia di Rennes (noto come Palazzo del Parlamento di Bretagna), innalzata sempre da Salomon de Brosse nel 1618.[60] Qui le ali laterali assumono minore importanza, mentre il centro della facciata sottolineato da due coppie di colonne binate sulle quali poggia un frontone rotondo.
Sede del Parlamento di Bretagna

L'architettura di de Brosse influenz l'opera di Franois Mansart; nella sua ala d'Orlans del Castello di Blois (1635-1638) ide una cour d'honneur di profondit contenuta, raccordando le ali all'edificio principale per Castello di Maisons-Laffitte mezzo di elementi curvi.[61] L'opera principale di Mansart resta la casa di campagna di [2] Maisons-Laffitte. In pianta presenta una forma rettangolare, chiusa ai lati da due ali non molto pronunciate e che sul retro dell'edificio vengono ridotte a dei semplici risalti; in alzato, la parte centrale sottolineata da un avancorpo su tre piani, che riprende il tema degli ordini sovrapposti (gi riscontrato in alcune realizzazioni di de Brosse), conferendo al complesso un dinamismo verticale riconducibile ancora allo stile gotico. L'altro grande protagonista della stagione barocca in Francia fu Louis Le Vau (1612-1670), autore del Castello di Vaux-le-Vicomte, il pi importante edificio francese della met del Seicento.[62] Il castello, costruito tra il 1657 ed il 1661, immerso in un grandioso parco progettato da Andr Le Ntre (1613-1700) e si innalza al centro di un suggestivo fossato. All'esterno emergono chiaramente le conformazioni degli ambienti interni ed in particolare evidente il volume del grande salone ellittico coperto da una cupola; inoltre le ali laterali perdono la loro autonomia e divengono parte integrante del corpo Vaux-le-Vicomte principale del palazzo. L'importanza di Vaux-le-Vicomte non risiede solo nella composizione spaziale, ma anche nell'organizzazione degli spazi interni in appartamenti indipendenti (appartement double). Infatti, sino ad allora, le stanze dei prestigiosi complessi residenziali erano collegate l'una all'altra direttamente o mediante un corridoio laterale avente la funzione di

Architettura barocca disimpegno; a Vaux-le-Vicomte gli appartamenti furono disposti in maniera pi funzionale attorno al corpo centrale dell'edificio. Direttamente collegata a Vaux-Le-Vicomte la Reggia di Versailles, commissionata da Luigi XIV a Le Vau, Le Ntre e Charles Le Brun (1619-1690). I lavori cominciarono nel 1664 con la ristrutturazione e l'ampliamento di un padiglione di caccia preesistente voluto da Luigi XIII; la Reggia assunse una conformazione ad U e nel 1668 fu ulteriormente ingrandita con l'aggiunta di due ali che accentuarono la profondit della cour d'honneur. Dieci anni dopo, Hardouin Mansart innalz due blocchi posti trasversalmente alle ali e chiuse la terrazza del corpo Reggia ed i giardini di Versailles centrale del palazzo con la Galerie des Glaces (la Galleria degli Specchi); allo stesso Mansart si deve anche il progetto della cappella, iniziata nel 1689 e terminata solo nel 1710, nella quale si fondono elementi barocchi, classici e gotici. La monumentalit del complesso sottolineata mediante una piazza rivolta verso la citt di Versailles, in cui converge un tridente di strade diretto verso Parigi; sul fronte opposto si estende un vastissimo parco che, con i suoi viali ortogonali e radiali, le sue fontane e le sue vasche cruciformi, rende la Reggia il simbolico punto focale dell'intera Nazione. Il classicismo francese raggiunse il suo apice nella facciata del Louvre di Claude Perrault (1613-1688)[63], innalzata dopo che fu rifiutato un disegno proposto da Gian Lorenzo Bernini. Il progetto di Perrault chiuse il prospetto est del Louvre con una lunga galleria di colonne binate sorrette da un massiccio basamento e delimitate alla sommit da una trabeazione con una balaustra.

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Inghilterra
Fino al principio del XVII secolo, l'architettura inglese fu lontana dalle tendenze maturate nel resto d'Europa.[64] Intorno al 1616 Inigo Jones (1573-1652) introdusse in Inghilterra lo stile palladiano, destinato ad avere un'enorme fortuna oltre La Manica e nelle colonie americane: tra le sue prime opere si ricorda la Queen's House a Greenwich, un edificio dall'aspetto italiano, ma dotato di numerose grandi aperture di stampo nordico. Nella seconda met del secolo, complice una forte immigrazione di protestanti francesi, l'architettura inglese volse verso il gusto barocco. La figura di maggior rilievo dell'ultima fase del Seicento fu Christopher Wren (1632-1723)[65], protagonista della ricostruzione di Londra dopo l'incendio del 1666. In particolare, nel 1673 present un primo progetto per la ricostruzione della cattedrale di

Cattedrale di Saint Paul, Londra

Saint Paul, basato su una pianta a croce greca evidentemente influenzata dai disegni di Michelangelo Buonarroti per la Basilica di San Pietro in Vaticano, ma che presentava delle cappelle laterali aperte sulle diagonali direttamente

Architettura barocca verso la cupola. Il clero anglicano rifiut la proposta e Wren fu costretto ad apportare notevoli cambiamenti al progetto, facendo assumere al complesso una forma basilicale. L'elemento pi Barocco della cattedrale divenne la facciata principale, schermata con due ordini di colonne di derivazione francese ed affiancata da due campanili ispirati allo stile del Borromini. All'intersezione della navata con il transetto si innalza una grande cupola, definita come "una espressione piuttosto banale degli ideali dell'architettura inglese"[66]; vista dall'esterno appare decisamente classicheggiante, mentre all'interno strutturata con un'artificiosa serie di calotte sovrapposte tipiche dell'architettura barocca. Tra le altre opere di Christopher Wren si ricorda il Greenwich Hospital, realizzato sul finire del XVII secolo nei pressi della Queen's House di Inigo Jones. Proprio la Queen's House divenne il punto conclusivo di un asse definito mediante lunghi colonnati sormontati da due cupole speculari. Il tema delle colonne binate, che all'epoca aveva trovato ampio risalto nella facciata del Louvre di Perrault, venne proposto in ogni parte dell'edificio e persino nelle cupole, peraltro vagamente ispirate a quella della chiesa degli Invalidi, di Jules Hardouin Mansart. Invece, l'architettura civile fu condizionata da Roger Greenwich Hospital Pratt (1620-1684), che dalla Francia import l'appartement double e la cour d'honneur, ma che non si distacc dall'architettura di Inigo Jones. Un'altra figura di rilievo fu Hugh May (1621-1684), che introdusse i temi del classicismo olandese e lavor al Castello di Windsor, realizzando alcune tra le pi interessanti decorazioni barocche dell'Europa settentrionale (oggi purtroppo perdute).[67]

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Paesi Bassi
Il Barocco olandese fu influenzato dalla sobriet calvinista e si svilupp soprattutto tra il 1648, con la pace di Vestfalia, ed il 1685, anno in cui numerosi Ugonotti si rifiugiarono nei Paesi Bassi importandovi gusti e tendenze francesi che di fatto posero fine all'espressione autonoma del Barocco locale.[68] Proprio nel 1648, con l'indipendenza dei Paesi Bassi, fu iniziato il Municipio di Amsterdam, un vasto edificio dal carattere severo, con facciate caratterizzate da finestre inquadrate all'interno di una serie di pilastri che uniformano tutto il prospetto. L'architettura civile fu influenzata anche da un classicismo derivato dallo stile di Andrea Palladio, riscontrabile ad esempio nella Mauritshuis di Jacob van Campen (1596-1657).[69] Sulla scia di Van Campen, si inserisce l'opera di Pieter Post[70] (1608-1669), la cui realizzazione principale il Municipio di Maastricht (1659-1664).
Municipio, Amsterdam

Di grande rilevanza fu lo sviluppo dell'architettura sacra. Le prime chiese, legate al culto protestante, avevano una pianta basilicale piuttosto tradizionale; alcune innovazioni si ebbero nella Noorderkerk (1620-1623), un edificio a croce greca con gli angoli smussati, dove confluiscono anche elementi della tradizione gotica.[2]

Architettura barocca Le piante centralizzate sono alla base di numerose chiese olandesi; tra le soluzioni pi interessanti ed originali occorre ricordare la Marekerk di Leida, di forma ottagonale, la Nieuwe Kerk de L'Aia (1649), formata da due quadrati con absidi e sormontata da un campanile centrale, ed infine la Ronde Lutherse Kerk di Amsterdam (1668), a pianta circolare con un ambulacro che si sviluppa solo per met del perimetro.[71]

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Europa del Nord


L'architettura dell'Europa settentrionale fu influenzata da un insieme di tendenze francesi, olandesi ed italiane. In Danimarca, nei primi anni del XVII secolo furono innalzati diversi edifici di stampo manierista e solo nel 1672 fu costruito il Charlottenborg, il primo edificio in stile barocco di Copenaghen.[72] L'architettura danese del primo Seicento condizion anche la produzione svedese, ma la nomina del francese Jean de la Valle (1620-1696) come architetto reale favor l'affermazione del gusto barocco; su modello del palazzo italiano, eresse a Stoccolma il Palazzo Axel Oxenstiernas (posteriore al 1650) e nel 1656 costru la chiesa di Santa Katarina ed il Palazzo Bonde, quest'ultimo caratterizzato da una cour d'honneur e da una articolazione delle superfici derivata dallo stile di Salomon de Brosse. Dal 1649 la carica di architetto reale fu ricoperta da Nicodemus Tessin il Vecchio (1615-1681), al quale si deve ad esempio la Cattedrale di Kalmar (1660), il Mausoleo Carolino presso la Riddarholmskyrkan di Stoccolma (dove sono presenti angoli convessi) ed il Castello di Drottningholm. Un ruolo di primo piano ebbe il figlio Nicodemus Tessin il Giovane, architetto formatosi a Roma e che Palazzo Reale, Stoccolma pi volte visit la Francia. Proprio da queste esperienze trasse l'ispirazione per il progetto del Palazzo Reale di Stoccolma, ricostruito dopo il 1697 a seguito di un incendio. Tessin, memore dei disegni di Gian Lorenzo Bernini per l'ampliamento del Louvre, edific un blocco dall'aspetto unitario; ad occidente furono posti due corpi curvilinei a delimitare una corte, mentre ad est furono inseriti due blocchi fortemente aggettanti. I rapporti con l'architettura francese sono riscontrabili nel cortile, che fu pensato come una place royale parigina, tanto che l'architetto propose di innalzarvi una statua del sovrano; invece, l'influenza del Barocco romano evidente nella facciata sulla cort d'honneur, dove sono ripresi i temi di Palazzo Barberini. Tessin il Giovane fu autore di numerosi altri edifici di Stoccolma e della sua residenza di citt, il Palazzo Tessin; sul retro del palazzo si apre un giardino nel quale lo spazio si restringe e si dilata accentuando quell'illusione di profondit tipicamente barocca.

Cattedrale di Kalmar

Architettura barocca

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Europa Centrale
In Germania, una delle prime architetture legate alla Controriforma fu la chiesa di San Michele a Monaco di Baviera, eretta a cominciare dal 1585 su modello della chiesa del Ges di Roma, con un'ampia volta sorretta direttamente dai grandi pilastri perimetrali. L'edificio, ancora inquadrabile nella corrente manierista, raggiunge un'integrazione degli spazi superiore a quella della basilica romana.[73] Questa soluzione fu ripresa da Hans Alberthal (1575-1657) in altre chiese costruite in diverse aree del paese negli anni a ridosso della guerra dei trent'anni. Dopo la guerra, che impover enormemente le regioni del Sacro Romano Impero, numerosi architetti italiani e svizzeri furono attivi in buona parte dell'Europa Centrale e gettarono le premesse per l'affermazione dell'architettura tardobarocca del Settecento; tra questi si ricordano Carlo Lurago (1615-1684), Francesco Caratti, Carlo Antonio Carlone, Domenico Martinelli (1650-1718), Agostino Barelli (1627-1679) ed Enrico Zuccalli (1642-1724).[74] Lurago lavor soprattutto in Boemia, realizzando inizialmente opere di stampo manierista; pi tardi innalz la cattedrale di Passavia, con una navata squisitamente barocca, definita mediante una successione di volte ellittiche. A Francesco Caratti, morto nel 1679, si devono alcuni dei pi imponenti palazzi di Praga, ma l'arrivo del francese Jean Baptiste Mathey (1630-1695) introdusse uno stile pi raffinato, riscontrabile ad esempio nel Castello di Troja.[2] A Vienna il Barocco giunse nella seconda met del Seicento e la prima opera di rilievo fu la facciata della chiesa am Hof[75], di Carlo Antonio Carlone, edificata nel 1662 e caratterizzata da ali laterali che la raccordano ai palazzi adiacenti. L'architettura viennese raggiunse la pienezza solo con l'arrivo, nel 1690, del lucchese Domenico Martinelli, che realizz il Palazzo Liechtenstein ispirandosi al Palazzo Chigi-Odescalchi di Bernini.[2] Il bolognese Agostino Barelli introdusse il Barocco italiano in Baviera.[76] A Monaco disegn la Theatinerkirche, iniziata nel 1663 ispirandosi alla chiesa di Sant'Andrea della Valle; nella medesima citt avvi la costruzione del Palazzo di Nymphenburg, poi continuato da Enrico Zuccalli.
Palazzo di Wilanw, presso Varsavia Cattedrale di Passavia

Chiesa am Hof, Vienna

Architettura barocca Anche in Polonia l'architettura sacra fu influenzata da Roma, tanto che a Cracovia i Gesuiti eressero la loro chiesa basandosi su quella del Ges.[77] Successivamente fecero la loro comparsa schemi centralizzati a Klimontw, Gosty ed in particolare a Varsavia, dove Tielman van Gameren (1632-1706) costru alcuni edifici tra cui la chiesa di San Casimiro (1688-1689) e quella di Sant'Anna (1689-1705). I castelli invece risentirono dell'influenza francese: ad esempio il grande Palazzo di Wilanw, iniziato nel 1681, si articola attorno ad una cour d'honneur a forma di ferro di cavallo.[2]

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Impero russo
Ancor prima del regno di Pietro il Grande l'architettura russa si avvicin alle tendenze europee con l'adozione di motivi rinascimentali e barocchi. La transizione coincise col Barocco di Mosca, che gi mostra una comprensione degli ordini architettonici. Un esempio considervole di questa corrente si ha nel Convento di Novodeviij di Mosca.[78] Allo stesso tempo, la riconquista delle zone occidentali ed in particolare dell'Ucraina, port allo sviluppo di uno stile con caratteristiche proprie, ma privo di un'autentica relazione con la coeva architettura europea. Solo nel corso del Settecento la Russia accolse, con maggior vigore, i canoni stilistici del mondo occidentale (si rimanda al paragrafo sull'architettura tardobarocca).[79]

Penisola iberica
In Spagna, l'affermazione dello stile barocco si scontr con le difficolt legate alla decadenza economica del regno di Filippo III.[63] Fino ad allora, sotto Filippo II, erano sorti importanti complessi come il Monastero dell'Escorial (seconda met del XVI secolo), costruito in buona parte da Juan de Herrera (1530-1597); allo stesso Herrera si deve il progetto della cattedrale di Valladolid, in cui si avverte un rafforzamento dell'asse centrale e che fu modello per quella di Citt del Messico. Successivamente l'architettura spagnola del XVII secolo volse verso il Barocco, ma non lasci segni particolarmente significativi nella storia dell'architettura.[64] Infatti, nella maggior parte dei casi, le tendenze barocche si limitarono allo sviluppo dell'apparato decorativo, soprattutto nelle chiese; questo linguaggio, che risultava immediantamente comprensibile anche per la popolazione meno istruita, fu logicamente esportato nelle colonie dell'America Latina. Ci nonostante, tra gli edifici sacri pi interessanti della Spagna seicentesca, si ricordano la collegiata di San Isidro a Madrid (iniziata dopo il 1629), la chiesa di Santa Maria Magdalena a Granada (posteriore al 1677, con pianta longitudinale derivata dalle coeve costruzioni romane) e la Cappella di Nostra Signora dei Desamparados a Valencia (1652-1657, con pianta ellittica). Anche in Portogallo il Barocco giunse solo nell'ultimo scorcio del XVII secolo, con chiese a pianta ottagonale o circolare; lo stile, pi moderato rispetto a quello spagnolo, influenz notevolmente l'architettura brasiliana e raggiunse il culmine nel Settecento. Inoltre, a Lisbona oper anche il celebre Guarino Guarini, che intorno al 1650 costru la chiesa della Santa Maria della Divina Misericordia, oggi scomparsa.[80]

Architettura barocca

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America latina
Influenzata dalle tendenze spagnole, l'architettura messicana si avvicin al Barocco tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, sfociando nel [81] Churriguerismo , uno stile dalla decorazione esuberante che si diffuse soprattutto nel Settecento in Spagna e nell'America latina. Questa corrente riscontrabile nelle campagna piuttosto che nei grandi centri urbani, dove invece sorsero le grandi cattedrali barocche di Citt del Messico (1573-1667) e di Puebla (1551-1664).
Cattedrale di Citt del Messico Il Brasile invece rest dipendente dalla cultura portoghese; una prima chiesa barocca sorse nel 1652 a Rio de Janeiro[82], ma in seguito lo stile si diffuse soprattutto a So Salvador da Bahia ed a Minas Gerais, restando in auge fino ai primi anni dell'Ottocento.

Architettura tardobarocca e rococ


Bench il Barocco sia essenzialmente legato al XVII secolo, nella prima met del Settecento si registra la costruzione di numerosi edifici in stile tardobarocco e rococ, dei quali opportuno dare alcuni cenni. Questa ultima fase si differenzia dal passato per l'adozione di una ricca decorazione, per la leggerezza delle superfici murarie, per la complessit spaziale (gi emersa peraltro in Borromini e Guarini) ed infine per l'intensa luminosit in antitesi all'oscurit barocca.[83] Muta il contesto storico: se il Barocco aveva avuto la funzione di esaltare il ruolo della monarchia e della Chiesa, il Rococ apr un secolo nel quale si verificarono rivoluzioni culturali tali da mettere in discussione gli ideali ed i valori maturati sino ad allora. Versailles cess di essere il punto focale della nazione e la corte reale si trasfer di nuovo a Parigi; il fascino di Versailles resistette per in gran parte d'Europa, dove sorsero numerose residenze ispirate al modello francese.

Abbazia di Melk, in Austria

Fu proprio in Francia che il Rococ si svilupp e si diffuse nel resto del continente. Lo stile interess soprattutto le arti decorativi e l'arredamento; in architettura fu accentuata la differenza tra ambienti interni ed esterni, con una distinzione dei locali in base al loro uso, mentre le strutture portanti vennero alleggerite e la plasticit delle superfici venne affidata al solo movimento ondulatorio delle pareti.

Architettura barocca

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Tuttavia, l'opera che pu considerarsi il punto di svolta tra Barocco e Rococ l'Abbazia di Melk[84], ampiamente rimaneggiata tra il 1702 ed il 1736 ad opera di Jakob Prandtauer (1660-1726). Prandtauer apport modifiche agli edifici lungo i cortili e edific una chiesa con raffinati dettagli rococ, ma ancora barocca per la posizione scenografica; infatti l'abbazia si erge imponente su un'altura a ridosso del fiume, con una grande serliana che apre il segrato verso il territorio circostante. Una fusione tra i temi del Barocco italiano e quelli Rococ si riscontra nella Kollegienkirche[2] di Salisburgo, di Johann Bernhard Fischer von Erlach (1656-1723): l'interno uno spazio centralizzato preceduto da un atrio ellittico, mentre la facciata convessa con il risalto, tipico di alcune chiese italiane, di due torri campanarie.
Chiesa di San Nicola in Mal Strana

Significativa pure la chiesa di San Nicola in Mal Strana a Praga, costituita da Kilian Ignaz Dientzenhofer (1689-1751) dal 1703. Esternamente l'edificio ha una volumetria compatta; l'interno a pianta longitudinale, con cappelle laterali separate l'una dall'altra da pilastri ruotati di 45 gradi, dai quali partivano, prima di essere ricoperti da una decorazione pittorica, archi a doppia curvatura. Le cappelle di San Nicola sono sormontate da una sorta di matroneo, tipico delle architetture medioevali, ma conformato da una plasticit tutta barocca. Quindi, sulla scia dell'affermazione dei nuovi gusti, numerose altre chiese rococ sorsero in gran parte dell'Europa centrale, tra le quali si ricordano la chiesa di San Carlo a Vienna (1716-1740), la chiesa di San Giovanni della Roccia a Praga (1727-1739), la basilica di Vierzehnheiligen (1743-1772) e la Asamkirche di Monaco di Baviera (1733-1746).[85] Nelle stesse regioni furono innalzati imponenti palazzi, il primo dei quali fu il Castello di Schnbrunn a Vienna, che Johann Asamkirche, Monaco di Baviera Bernhard Fischer von Erlach cominci sul finire del Seicento. Poco dopo, sempre nella capitale austriaca, fu costruito il Castello del Belvedere, di Johann Lucas von Hildebrandt; altri esempi notevoli si ebbero a Dresda (Zwinger), in Inghilterra (Blenheim Palace) e a San Pietroburgo (Palazzo d'Inverno, di Bartolomeo Rastrelli). Nell'Impero russo questo stile fu importato dall'Europa Centrale attraverso il Barocco ucraino e dette origine, con la fondazione di San Pietroburgo, al sobrio ed equilibrato Barocco petrino, nel quale furono sostanzialmente recepiti i canoni stilistici del mondo occidentale (Monastero di Aleksandr Nevskij). Una fase pi esuberante si ebbe durante il regno di Elisabetta di Russia, con il cosiddetto Barocco elisabettiano. Tuttavia il capolavoro del Rococ la Residenza di Wrzburg[86], di Johann Balthasar Neumann. Il complesso si apre attorno ad una cour d'honneur, con due ali che si affacciano ciascuna su due cortili interni; gli ambienti interni, tra i quali emergono lo scalone e la Kaisersall, presentano un ricco apparato decorativo, con affreschi di Giovanni

Architettura barocca Battista Tiepolo e stucchi di scuola italiana. Nell'Italia settentrionale l'architettura rococ trov i massimi esponenti in Filippo Juvarra (1678-1736) e Bernardo Antonio Vittone (1702-1770).[87] Di Juvarra si ricorda la Basilica di Superga e la Palazzina di caccia di Stupinigi, due opere costruite nell'area torinese nella prima met del Settecento. In particolare, la residenza di Stupinigi considerata l'opera pi originale di tutta l'architettura barocca e rococ[88]: il complesso formato da una serie di corpi di fabbrica che plasticamente si dilatano e si comprimono verso il nucleo centrale, costituito da una pianta ellittica da cui partono due ali a forma di croce di Sant'Andrea.
Palazzina di caccia di Stupinigi

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Invece, tra la vasta produzione di Bernardo Vittone si ricordano la Cappella della Visitazione del Valinotto, presso Carignano e la chiesa parrocchiale di Grignasco, due edifici centralizzati dalle opposte conformazioni esterne: infatti, alle superfici convesse della cappella, si contrappongono le concavit della chiesa di Grignasco. Tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento, prima dell'affermazione dei gusti neoclassici, il Granducato di Toscana si distacc dai modelli dell'architettura tardo-manierista, in voga fino ad allora (unica eccezione di rilievo erano state alcune opere di Gherardo Silvani)[89], indirizzandosi con maggior vigore verso un misurato stile barocco.[90] Accanto ad esponenti della scuola locale, come Giovan Battista Foggini (1652-1737), Giovanni Baratta (1670-1747) ed altri, nel granducato lavor anche il citato Filippo Juvarra, che prest la propria opera nella sfarzosa Villa Garzoni di Collodi. Nello stesso periodo, a Roma la cultura settecentesca port ad una concreta e civile utilizzazione delle esperienze barocche, anzich Scalone della Reggia di Caserta ad un'approfondita continuazione delle medesime; non a caso, la fase conclusiva del Barocco romano trova le sue realizzazioni pi importanti in alcuni interventi urbanistici, come piazza di Spagna, la piazzetta di Sant'Ignazio, la Fontana di Trevi e il porto di Ripetta.[91] Dopo la costruzione della facciata di San Giovanni in laterano, che introdusse modelli pi affini ai gusti classici, l'estremo capito della stagione barocca a Roma coincise con la realizzazione della sagrestia della basilica di San Pietro in Vaticano, di Carlo Marchionni, in cui si ravvisa, tuttavia, un ripiego su un linguaggio sterilmente accademico.[92] A Napoli, la corte borbonica mise in atto un ambizioso piano d'interventi nella capitale del regno; da ci deriv un progressivo mutamento dei gusti architettonici sotto il segno pi "classicista" dei due maggiori protagonisti: Ferdinando Fuga[93] (1699-1782) e Luigi Vanvitelli[94] (1700-1773), chiamati a Napoli intorno al 1750. Ad esempio, il toscano Ferdinando Fuga, allievo di Giovan Battista Foggini e autore della facciata di Santa Maria Maggiore e del Palazzo della Consulta a Roma, innalz il prospetto della chiesa dei Girolamini e il Real Albergo dei Poveri a

Architettura barocca Napoli. L'opera pi celebre del Vanvitelli invece la Reggia di Caserta, definita come l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano[2]; tuttavia, se all'interno evidente la ricerca di sfarzose scenografie di stampo barocco, l'esterno appare pi misurato, anticipando pertanto i temi dell'architettura neoclassica.[2] Il cammino attraverso le opere tardobarocche dell'Italia settecentesca si conclude in Sicilia. Qui, Giovanni Battista Vaccarini (1702-1768) contribu alla riedificazione di Catania dopo il terremoto del 1693, restaur la cattedrale di Sant'Agata e, dopo aver appreso l'arte del Borromini, edific la chiesa della Badia di Sant'Agata ove manifest il suo stile esuberante.[95] Lo stesso terremoto caus la ricostruzione di Noto, il cui riassetto fu studiato da Rosario Gagliardi (1698-1762), attivo anche a Modica e Ragusa[96]; nel capoluogo siciliano realizz la chiesa di San Giorgio (1739-1775), caratterizzata da una svettante facciata dal notevole effetto plastico, esaltato anche dalla presenza di una scalinata che la collega alla piazza antistante.

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Altre immagini

Chiesa di Santa Maria della Pace, Roma

Oratorio dei Filippini, Roma

Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, Roma

Chiesa di San Marcello al Corso, Roma

Palazzo Barberini, Roma

Scala elicoidale di Palazzo Barberini, Roma

Palazzo Montecitorio, Roma

Chiesa dell'Assunta, Ariccia

Cupola di San Lorenzo, Torino

La chiesa delle Donne, Certosa di San Martino, Napoli

Chiesa di San Giorgio, Ragusa

Institut de France, Parigi

Architettura barocca

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Reggia di Versailles

Cappella della Reggia di Versailles

Theatinerkirche, Monaco di Baviera

Chiesa di San Giuseppe, Klimontw (1643)

Note
[1] [2] [3] [4] [5] [6] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino 1981, voce Barocco. Ibidem. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari 1999, p. 339. A. Hauser, Storia sociale dell'arte, Torino 1956, volume II, p. 283. Ibidem, p. 340. Questa tesi, che afferma in effetti una continuit tra Classicismo (o Rinascimento), Manierismo e Barocco, intesi solo come termini convenzionali e sintetici (e pertanto imprecisi) di fronte ad concretezza e complessit delle varie realizzazioni architettoniche, stata sostenuta da illustri studiosi. Si veda per esempio: Arnaldo Bruschi, Borromini, manierismo spaziale oltre il barocco, 1978; Manfredo Tafuri, L'architettura del manierismo nel cinquecento europeo, 1966. [7] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 305. [8] Ibidem. [9] N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, Bari 1998, p. 154. [10] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 409. [11] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Rococ. [12] W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura. Storia dell'architettura dalle origini all'et contemporanea. Tavole e testi, Rozzano (Milano) 1997, p. 403. [13] Ibidem, p. 399. [14] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 12. [15] Ibidem, p. 13. [16] D. Gioseffi, La cupola vaticana, Trieste 1960, pp. 95-96. [17] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 351. [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27] [28] [29] [30] [31] [32] [33] [34] [35] [36] W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura, cit., p. 423. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 144. W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura, cit., p. 431. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 175. Ibidem, p. 177. Le Corbusier, Vers une Architecture, Parigi 1934, p. 137. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 177. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 358. C. Brandi, La prima architettura barocca, Bari, Laterza, 1970, p. 155. N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, cit., p. 157. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 386. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., pp. 122 Ibidem, pp. 122-125. Ibidem, p. 125. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 367. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 180. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 353. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 150. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 405.

[37] Ibidem, p. 390. [38] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Richini, Francesco Maria. [39] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 147.

Architettura barocca
[40] [41] [42] [43] [44] [45] [46] [47] [48] [49] [50] [51] [52] [53] [54] [55] [56] [57] [58] [59] [60] [61] Ibidem, p. 183. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Longhena, Baldassarre. Ibidem, voce Italia. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 146. A. Blunt, C. de Seta, Architettura e citt barocca, Napoli 1978. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Grimaldi, Francesco. A. Blunt, C. de Seta, Architettura e citt barocca, cit.. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 183. Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, Donzelli Editore, 2002. AA.VV., Sicilia barocca: architettura e citt, 1610-1760, 1997. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Amato, Giacomo. Ibidem, voci Zimbalo, Giuseppe e Cino, Giuseppe. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 397. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 38. Ibidem, pp. 183-184. Ibidem, p. 44. Ibidem, p. 45. Ibidem, p. 86. Ibidem, p. 78. Ibidem, pp. 161-164. Ibidem, p. 164. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Mansart, Franois.

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[62] N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, cit., p. 203. [63] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 186. [64] Ibidem, p. 187. [65] Ibidem, p. 191. [66] Ibidem, p. 194. [67] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce May, Hugh. [68] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 338. [69] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Campen, Jacob van. [70] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, cit., p. 195. [71] Ibidem, p. 196. [72] Ibidem, p. 198. [73] Ibidem, pp. 199-200. [74] Ibidem, p. 200. [75] Ibidem, p. 202. [76] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Barelli, Agostino. [77] Ibidem, voce Polonia. [78] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Russia. [79] Ibidem. [80] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Portogallo. [81] Ibidem, voce Messico. [82] Ibidem, voce Brasile. [83] Ibidem, voce Rococ. [84] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, cit., p. 425. [85] Ibidem, pp. 425-436. [86] Ibidem, p. 443. [87] Ibidem, pp. 438-448. [88] Ibidem, p. 446; si vedano anche i giudizi di C. Norberg - Schulz, Architettura Tardobarocca, Milano 1980, p. 138. [89] C. Bertelli, G. Briganti, Storia dell'arte italiana, Milano 1991, p. 357, [90] www.turismo.intoscana.it. Il Barocco in Toscana (http:/ / www. turismo. intoscana. it/ intoscana2/ export/ TurismoRT/ sito-TurismoRT/ Contenuti/ Itinerari/ visualizza_asset. html_894823325. html).URL consultato in data 17-09-2009. [91] www.baroque.it. L'architettura barocca (http:/ / www. baroque. it/ arte-barocca/ arte-barocca-architettura. php).URL consultato in data 17-09-2009. [92] C. Bertelli, G. Briganti, Storia dell'arte italiana, cit., p. 439. [93] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, cit., voce Fuga, Ferdinando. [94] Ibidem, voce Vanvitelli, Luigi. [95] Ibidem, voce Vaccarini, Giovanni Battista. [96] Ibidem, voce Gagliardi, Rosario.

Architettura barocca

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Bibliografia
G.C. Argan, L'architettura barocca in Italia, Milano, 1957. A. Blunt, Art and Architecture in France 1500-1700, Harmondsworth, 1957. C. Brandi, La prima architettura barocca, Bari, Laterza, 1970. R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari, Laterza, 1999. ISBN 8842042951 K. Downes, English Baroque Architecture, Londra, 1966. A. Hauser, Storia sociale dell'arte, Torino, 1956. W. Muller, G. Vogel, Atlante d'architettura. Storia dell'architettura dalle origini all'et contemporanea. Tavole e testi, Rozzano (Milano), Hoepli, 1997. ISBN 8820319772 A. Murat Cavallari, Forma urbana e architettura nella Torino barocca, Torino, 1966. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia), Electa, 1998. ISBN 8843524615 C. Norberg - Schulz, Architettura Tardobarocca, Milano, 1980. R. Pane, Architettura dell'et barocca in Napoli, Napoli, 1939. T. Paulsson, Scandinavian Architecture, Londra, 1958. N. Pevsner, Storia dell'architettura europea, Bari, Laterza, 1998. ISBN 8842039306 N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino, Einaudi, 1981. ISBN 8806130692 P. Portoghesi, Roma barocca, Roma, 1966.

Voci correlate
Barocco Arte barocca Architettura neobarocca

Altri progetti
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Chiesa del Ges

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Chiesa del Ges


Coordinate geografiche: 415345N 122847E41.89583N 12.47972E
Chiesa del Santissimo Nome di Ges [1]

Facciata Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma Cristiana cattolica di rito romano Diocesi di Roma

Anno consacrazione 1584 Stile architettonico Inizio costruzione Completamento Sito web architettura manierista, architettura barocca 1568 1580 Sito ufficiale [2] Collegio Internazionale del Ges [3]

La chiesa del Santissimo Nome di Ges a Roma, conosciuta soprattutto come chiesa del Ges o pi semplicemente come Il Ges, la chiesa madre della Compagnia di Ges.

Chiesa del Ges

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Storia
La costruzione della chiesa, che si affaccia su piazza del Ges, considerata come una svolta importante nella storia dell'arte, perch fu costruita secondo lo spirito dei decreti del Concilio di Trento: stata progettata a navata unica, perch l'attenzione dei fedeli fosse concentrata sull'altare e sul celebrante. Costruire la chiesa era stato, gi nel 1551, un desiderio di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Ges ed attivo durante la riforma protestante e la successiva riforma cattolica. Papa Paolo III nel 1540 aveva autorizzato la costituzione della Compagnia di Ges. All'epoca Paolo III viveva a Palazzo Venezia ed offr ai primi gesuiti la cappella, vicina alla sua residenza, che si trovava sull'attuale sito della chiesa. Ma per mancanza di mezzi finanziari i lavori della chiesa non furono iniziati durante la vita di Ignazio. I lavori cominciarono solo nel 1568, mentre Generale della Compagnia era Francesco Borgia che fu Generale dal 1565 al 1572. In quell'anno il cardinale Alessandro Farnese, nipote di papa Paolo III, costitu un fondo per la costruzione. I primi progetti della chiesa, richiesti da Ignazio, erano stati disegnati da Nanni di Baccio Bigio, un architetto fiorentino. Nel 1554, il progetto fu rielaborato da Michelangelo e poi dal Vignola (1568), con due esigenze: una grande navata con un pulpito laterale, per facilitare la predicazione; un altare centrale per la celebrazione dell'Eucarestia. I lavori furono diretti dal Vignola dal 1568 al 1575. Dopo la morte del Vignola il cantiere pass sotto la direzione di Giacomo Della Porta fino al 1580. Il Della Porta rielabor il disegno della movimentata facciata e progett la cupola. Fu consacrata il 25 novembre 1584. La chiesa del Ges stata il modello per vari edifici di culto eretti dalla Compagnia del Ges in tutto il mondo, come la chiesa del Ges all'Ateneo di Manila.
L'interno

Chiesa del Ges

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Architettura, pittura e scultura


La chiesa presenta pianta longitudinale con una sola navata (secondo i dettami tridentini) coperta da una volta a botte, affiancata da tre cappelle per lato, un presbiterio, sormontato da una cupola sull'incrocio del transetto (i cui bracci sono stati contratti sino a trasformarsi in due cappelle). Con questo progetto, Vignola volle favorire la meditazione individuale e la predicazione. Modello di questa chiesa (che si pone come punto di collegamento tra Classicismo, Manierismo e Barocco) fu la chiesa di Sant'Andrea di Mantova costruita circa un secolo prima su disegno di Leon Battista Alberti.[4] La cupola del Della Porta, ha un tamburo ottagonale. Lo stesso Della Porta disegn per Il Ges una facciata sovrastata da un timpano triangolare, con il quale la larga fascia inferiore divisa da quattro coppie di paraste e chiusa in alto da ampie volute che conchiudono il tetto. L'affresco centrale della volta della navata, dotato di uno Trionfo del Nome di Ges, opera di Giovan Battista straordinario effetto di prospettiva, il Trionfo del nome di Ges Gaulli detto il Baciccio di Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio. Un punto della navata, contrassegnato con il monogramma IHS (le prime lettere del nome di Ges in greco), indicano il punto ottimale per lo spettatore. Sempre del Baciccio l'affresco della cupola. Il pittore Giovanni Andrea Carlone, allievo di Carlo Maratta, attivo pure nel vicino Palazzo Altieri, vi lavor come frescante negli anni (1673-1678). L'altare dedicato a Ignazio di Loyola, nella grande cappella dedicata al Santo, colpisce per la sovrabbondanza di oro e di altri materiali preziosi (lapislazzuli, alabastro, marmo, onice, ametista, cristallo). opera di Andrea Pozzo, un artista gesuita e fu completato tra il 1696 e il 1700. Le spoglie del santo riposano in un'urna in bronzo dorato, opera di Alessandro Algardi. Ogni giorno intorno alle 17,30 dietro la grande tela illustrata al fianco, appare, fra musiche e luci, una grande statua dorata del Santo. Quattro gruppi scultorei circondano l'altare. Essi rappresentano: l'Approvazione della Compagnia del Ges, di Angelo de Rossi; il Trionfo della Fede sull'Idolatria, di Jean-Baptiste Thodon;

L'altare dedicato a Ignazio di Loyola

Chiesa del Ges

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la Canonizzazione di Ignazio, di Bernardino Cametti; la Religione che trionfa sull'Eresia, di Pierre Le Gros. Davanti alla cappella di Ignazio si trova quella di San Francesco Saverio, di fattura decisamente pi sobria; fu disegnata da Pietro da Cortona e Carlo Fontana. Sono interessanti altre cappelle laterali fra le quali, oltre quelle qui segnalate, anche quella degli Angeli. Sotto l'altare un reliquiario contiene il braccio destro del santo, riportato in Italia nel 1614 su ordine del generale Claudio Acquaviva. La cupola affrescata con la Gloria di San Francesco Saverio del pittore Giovanni Andrea Carlone.

Giovanni Andrea Carlone: Gloria di San Francesco Saverio

L'altare maggiore della chiesa, di Antonio Sarti, del 1843. La pala di altare, dipinta da Alessandro Capalti, raffigura la circoncisione di Ges. La circoncisione infatti, per gli ebrei, il momento a cui viene assegnato il nome ai bambini e, in questo modo, la tela richiama il tema del "Santissimo Nome di Ges". Un meccanismo simile a quello dell'altare di San Ignazio permette di abbassare la tela per scoprire una statua del Sacro Cuore.

Ciclo iconografico francescano nella Cappella del Sacro Cuore


Quando ci si trova dinanzi ad unopera darte, nellintelletto si costituiscono pensieri e giudizi in ragione del sorgere di emozioni e sensazioni che portano ad un'interpretazione soggettiva dellopera. Con questi presupposti diventa impegnativo dare allopera una lettura rispettosa di una serie di elementi che guidano lo studio verso un giudizio pi unitario, organico e per alcuni aspetti oggettivo. Questo lavoro si propone di tenere fede a queste coordinate: situazione storico- culturale in cui unopera nasce e si sviluppa, contesto religioso e spirituale, corrente artistica, motivi e fonti dispirazione, contributo personale dellautore, tecniche utilizzate per la composizione; solo dopo aver analizzato lopera tenendo conto di questi criteri si pu dare spazio alle impressioni personali suscitate nel soggetto. Con questo metodo possibile accostarsi alla lettura delle opere darte contenute nel ciclo iconografico francescano della Cappella del Sacro Cuore nella chiesa del Santissimo Nome di Ges in Roma. Lo scopo verso cui vogliamo puntare lattenzione non quello di affrontare in maniera dettagliata ciascun argomento, tanto pi perch alcune delle opere darte prese in esame godono di numerosissimi studi; attraverso, invece, unanalisi sintetica ed essenziale cercheremo di fornire informazioni che appaghino linteresse artistico e storico.

Chiesa del Ges

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La Cappella del Sacro Cuore gi di san Francesco d'Assisi


Note storiche ed artistiche Nel XVI secolo, su commissione di Francesco Borgia (terzo preposito generale della Compagnia di Ges, poi proclamato santo) si iniziano i lavori di costruzione di una cappella sul lato destro del transetto della chiesa del Santissimo Nome di Ges, delle cui spese si fa carico una nobildonna: Olimpia Orsini. Nel 1599 la cappella realizzata dal Della Porta viene inaugurata e dedicata a San Francesco d'Assisi, di cui il committente portava il nome e nutriva una profonda devozione; nel 1920 la cappella diventa del Sacro Cuore, in quanto, al posto della pala daltare raffigurante San Francesco che riceve le stimmate e due tele con Santa Chiara e Santa Elisabetta d'Ungheria che la fiancheggiavano, viene situato un ovale del Sacro Cuore, primo dipinto in Italia dopo le apparizioni a santa Margherita Maria Alacoque. La pianta della cappella circolare; nella volta, intervallati da teste di cherubini, sono raffigurati i quattro Evangelisti e quattro dottori della Chiesa: Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno, opera di Baldassarre Croce (Bologna 1558 Roma 1628).
Cappella Sacro Cuore

Laltare fiancheggiato da due colonne di marmo africano; nella spezzatura del timpano due angeli sostengono il monogramma del nome di Ges. Il ciborio rivestito di marmo rosso greco intarsiato in pietre dure, ai lati due statue di bronzo di Santa Margherita Maria Alacoque e San Claudio La Colombire, primo confidente della santa veggente; il paliotto, in malachite con fascia in rosso e bassorilievo dargento, riproduce lapparizione del Sacro Cuore. Prima che la cappella divenisse del Sacro Cuore, sotto la pala daltare delle stimmate vi era un piccolo gruppo marmoreo raffigurante Sant'Anna e Maria Bambina di un gusto molto raffinato, ora poste nella Cappella di Santa Maria della Strada sul lato sinistro del transetto.

Chiesa del Ges Ciclo iconografico francescano Sulle pareti perimetrali della Cappella del Sacro Cuore si trovano dei dipinti, alcuni su tela altri su tavola, raffiguranti alcune scene della vita di San Francesco. Iniziando dal lato destro dellatrio dingresso alla cappella abbiamo: San Francesco si spoglia e rinuncia ai suoi beni, San Francesco predica agli uccelli, San Francesco dinanzi al Sultano di Egitto, San Francesco appare ai frati in un carro di fuoco, San Francesco appare a un Frate Minore, San Francesco ammansisce il lupo di Gubbio, San Francesco muore sulla nuda terra; sulla volta dellatrio dingresso, poi, si trova un affresco poco considerato a causa della sua ubicazione e che rappresenta San Francesco tentato sulla Verna. Pu sembrare quanto mai insolito che in una chiesa retta dai padri gesuiti da secoli ci sia una massiccia presenza di opere iconografiche francescane; inoltre nel periodo in cui queste opere sono state eseguite, la Riforma cattolica, la chiesa del Ges costituisce la chiesa madre dellOrdine dei gesuiti che ha dato alla stessa Riforma un contributo notevole e per alcuni versi decisivo.

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San Francesco si spoglia e rinuncia ai suoi beni

Per capire quali siano stati i motivi che hanno spinto alla collocazione di scene della vita di San Francesco nella chiesa del Ges, non ci si pu fermare di fronte al fatto che il committente delle opere portasse il nome di Francesco e nutrisse una profonda devozione verso lo stesso santo; bisogna risalire ad altre motivazioni pi profonde. Innanzitutto, se guardiamo alla vita di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Ges, ci accorgiamo che vi sono degli episodi riconducenti alla vita di Francesco dAssisi: spogliazione dai beni per abbracciare la povert estrema, profondo zelo verso i pi poveri e bisognosi di conforto, ardore apostolico nel recarsi pellegrino in Terra Santa per la conversione degli infedeli. Nella vita di Ignazio poi si riscontra una attenzione particolare verso lOrdine francescano; il suo confessore, ad esempio, era un frate francescano del Convento di San Pietro in Montorio. Unattenzione particolare merita il fatto che la figura di Francesco dAssisi, per il suo evangelismo radicale ma ortodosso e obbediente, si presentava sia alla Chiesa cattolica che al mondo protestante come paradigma di vita cristiana, e incarnava a perfezione il modello "delleroe della carit", conforme anche al concetto della pittura riformata che si concepiva come esercizio della virt della carit.[5] Unultima annotazione va fatta in merito al legame di questo ciclo francescano con la riforma cappuccina, contemporanea della riforma gesuitica; segno evidente di questo legame il modo con cui sono raffigurati i frati nei dipinti, e cio con la barba e con il cappuccio del saio pi allungato di quello degli abiti dei frati appartenenti ad altri rami dellOrdine francescano.

Chiesa del Ges

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Storia, arte, spiritualit


Problema attributivo Attribuire a dei precisi autori i dipinti del ciclo francescano risulta essere un'opera ardua e coraggiosa; infatti, lo studio della loro attribuzione va avanti a stento dal 1642, quando Giovanni Baglione, a proposito della vita del pittore fiammingo Paul Bril, scriveva: Gli uccelli e i paesi che sono nella Chiesa della Compagnia di Ges dentro la Cappella di S. Francesco sono suoi e il rimanente a olio di Giuseppe Peniz e daltri fiamminghi[6] Da qui sorto un problema che ancora oggi trascinato in modo incerto e monotono. Ci sembra opportuno dare un quadro dello stato attuale in cui versa il problema attributivo, evitando di addentrarci nell'excursus storico degli studi riguardanti suddetto problema. Lunico quadro di cui attualmente si pu definire con fondata certezza lautore la pala delle Stimmate, di Durante Alberti (1538-1613), artista appartenente alla famiglia Alberti di Borgo Sansepolcro. Riguardo agli altri sette dipinti gli studiosi si trovano daccordo nellattribuirne la fattura ad artisti fiamminghi, sebbene rimangono molte questioni aperte alla ricerca di nomi certi e definitivi. Alcuni riportano il nome del fiammingo Maarten Pepijn (Anversa 1575-1642) seppure con incertezza riguardo alla sua fama poco diffusa e alle notizie frammentarie sul suo soggiorno in Italia e a San Francesco predica agli uccelli Roma; se poi si pensa che egli avrebbe firmato le opere del ciclo allet di circa ventiquattro anni, le incertezze aumentano perch non ci sono sue opere coeve per poterle confrontare. Altre perplessit sorgono di fronte alla ipotesi che il ciclo francescano potesse ritrovare il suo autore in Paul Brill: alcuni rifiutano questa possibilit, tuttavia ci sono testimoni oculari che attestano ci, come Gaspare Celio che ha lavorato nella chiesa del Ges e ne ha dato testimonianza scritta nella sua Memoria del 1638 dove scrive testualmente: li paesi suoi (del ciclo francescano) di Paolo Brillo; questa notizia inoltre confermata da Giovanni Baglione nel 1642. Rimangono del tutto incerti gli autori delle tele di Santa Chiara e Sant'Elisabetta e dellaffresco della tentazione di San Francesco sulla Verna situato sulla volta dellatrio dingresso alla Cappella del Sacro Cuore.

Chiesa del Ges Brevi note sullo stile artistico Sarebbe interessante puntare lo sguardo su ciascuno dei dipinti per poterne studiare i particolari, osservare il movimento dei personaggi, trarne il loro specifico e significativo messaggio; ci limiteremo soltanto a dare uno sguardo dinsieme a tutte le opere. Dalla considerazione di ciascuna rappresentazione facile trarre degli elementi che ci riportano decisamente ad attribuire ad artisti fiamminghi la fattura. Infatti, tipico dellarte fiamminga il gusto dellanalisi del particolare che risalta chiaramente nella tavola di San Francesco che predica agli uccelli, dove la minuzia con cui sono raffigurati gli uccelli straordinaria; cos anche i vari paesaggi sono presentati con profondit, senso atmosferico e con colori splendidi, luminosi, trasparenti tanto da sembrare quasi smalti, perch poco carichi di olio e pi di vernice. Le figure e gli oggetti non trovano, a volte, il loro giusto rapporto proporzionale per la mancanza di quella unit e sintesi di visione San Francesco muore disteso sulla nuda terra che solo le leggi della prospettiva lineare potevano dare e che il pittore fiammingo ignorava. Nella rappresentazione dello spazio non avviene ci che accade, ad esempio, per i fiorentini; non la figura che domina lo spazio col gesto dellazione, ma lo spazio che si restringe e si concentra fino a trovare nella figura il suo punto focale. Infine, per quanto riguarda lispirazione e lo spirito, sembra che larte fiamminga segni linizio ad una sorta di ascetismo religioso o ad una astratta sacralit ed alla frequenza di riferimenti simbolici.

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Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Chiesa_del_Ges%C3%B9& language=it& params=41_53_45_N_12_28_47_E_region:IT-RM_type:landmark_source:dewiki [2] http:/ / www. chiesadelgesu. org/ [3] http:/ / www. collegiodelgesu. net/ [4] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari 1999, p. 304. [5] Russo, Il ciclo francescano nella Chiesa del Ges in Roma, Roma 2001, p.44. [6] Baglione, Le vite de Pittori Scultori et Architetti. Dal Pontificato di Gregorio XII del 1572. In fino a tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Roma 1642; Ristampa anastatica, Citt del Vaticano 1995, p. 296.

Bibliografia
Giulio Andreotti, I quattro del Ges, Rizzoli, 1999. Dionisi Aurelio S.I., Il Ges di Roma. Breve storia e illustrazione della chiesa-madre dei gesuiti III edizione riveduta e aggiornata da Gualberto Giachi S.I., Edizioni ADP, 2005, pag. 119. Tommaso da Celano, Vita di San Francesco dAssisi I e II, Assisi 1989. Tommaso da Celano, Trattato dei Miracoli, traduzione di F. Casolini, Assisi 1989. Lucas Thomas M., Le camere di sant'Ignazio a Roma, in "La Civilt Cattolica", 1991 III 280-286 (3387-3388). Farrugia Mario S.I., La Madonna della Strada venerata nella Chiesa del Ges in Roma. Storia, riflessione, preghiera, Chiesa del Ges, Roma 2002. Pecchiai Pio, Il Ges di Roma descritto ed illustrato, Societ Grafica Romana, Roma 1952, pp.389, tav. 38. R. Russo, Il ciclo francescano nella chiesa del Ges in Roma, Roma 2001. Giovanni Sale, Committente e fruitori d'opera nella Roma del Cinquecento. Il progetto del "Ges" di Roma, in "La Civilt Cattolica", 2001 III 247-260 (3627-3628).

Chiesa del Ges Fonti francescane, Padova, 1980.

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Voci correlate
Santissimo Nome di Ges Architettura manierista Architettura barocca Jacopo Barozzi da Vignola Piazza del Ges Arte della Controriforma

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Collegamenti esterni
Chiesa del Ges (Roma) - Compagnia di Ges (http://www.chiesadelgesu.org/), Italiano e Inglese Collegio Internazionale del Ges (http://www.collegiodelgesu.net/) Galleria fotografica (http://www.giovannirinaldi.it/page/rome/gesu/index.htm)

Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano


Coordinate geografiche: 415415.18N 122937.46E41.9042167N 12.4937389E
Santa Susanna alle Terme di Diocleziano [1]

Facciata di Carlo Maderno Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma Cristiana cattolica di rito romano Diocesi di Roma

Stile architettonico barocco Inizio costruzione Completamento 800 1603

Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano La chiesa di Santa Susanna una delle chiese pi antiche di Roma, situata nel Rione Trevi.

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Storia
Nelle strutture della chiesa sono stati osservati resti di un edificio romano di epoca imperiale[2]. Fu elevata a titolo cardinalizio sul sito delle case di Gabinio e Caio, intitolata alla martire Susanna. Scavi del XIX secolo hanno effettivamente portato alla luce, sotto la confessione (cio l'altare edificato sul luogo del martirio), i resti di una casa romana del III secolo, ora visibili attraverso la pavimentazione in vetro della sacrestia. Altri scavi del 1990 hanno riportato in luce un sarcofago romano con dentro frammenti di intonaco dipinto. La chiesa, originariamente detta ad duas domos (cio presso le case di Gabinio e Caio) e in forma basilicale, fu fatta riedificare prima da papa Leone III, nell'800, e poi completamente da papa Sisto IV nel 1475. L'attuale facciata opera di Carlo Maderno del 1603. Dal 7 ottobre 1587, papa Sisto V ne fece la sede della comunit monastica cistercense di san Bernardo (femminile). Il complesso, espropriato con gran parte del convento dallo Stato unitario dopo il 1870, ritorn gradualmente in possesso del titolo cardinalizio, assegnato dal 1937 a cardinali americani (per questa ragione attualmente la chiesa nazionale dei cattolici statunitensi), e attraverso il cardinale Cushing fu restituito in propriet al monastero cistercense. Nel piano pastorale della diocesi di Roma, la chiesa di Santa Susanna prima di tutto una chiesa monastica e poi chiesa nazionale. La comunit monastica cistercense femminile proprietaria del complesso monastico e della stessa chiesa.

Descrizione
Esterno
La facciata di Santa Susanna, definita come il "primo esempio pienamente realizzato di architettura barocca"[3], costituisce un momento di straordinaria qualit nel passaggio complesso dal tardo Manierismo romano all'inizio del Seicento. Infatti, alcune intuizioni sembrano anticipare le ricerche barocche sul tema della visione e del rapporto con il contesto urbano. L'elemento che pi colpisce l'osservatore il tema del graduale avanzare verso l'esterno della facciata nella sua parte centrale, una sorta di anticipazione del tema della facciata sinusoidale borrominiana, ottenuta qui La facciata attraverso passaggi non concavo-convessi, ma attraverso scatti successivi degli elementi strutturali, tesi a rafforzare l'asse centrale del tempio. Al primo ordine si passa infatti dalle lesene singole e poco rilevate, poste agli estremi della facciata, ad un primo avanzamento ottenuto con una semi-colonna e infine con l'accostamento di due semicolonne che delimitano il portale disposte in modo gradualmente emergente verso il centro. Al contrario volendo si potrebbe leggere la facciata come un processo di rarefazione degli elementi architettonici dal centro all'esterno. Lo stesso processo si evidenzia in una lettura dal basso verso l'alto, in quanto al secondo ordine le semicolonne lasciano il posto a lesene molto meno rilevate, mentre il timpano si conclude con un coronamento a balaustra che lascia intravedere il cielo. Non si pu ancora parlare di ricerca dell'infinito, ma gli spunti potrebbero essere stati importanti per gli allievi di Carlo Maderno.

Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano

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Interno
L'interno della chiesa a navata unica con una cappella laterale in prossimit della balaustra del presbiterio. Le pareti sono state completamente affrescate con Storie della vita di Santa Susanna di Baldassarre Croce nel 1595. Il soffitto, invece, a cassettoni dorati e reca al centro un'immagine della Madonna sormontata dallo stemma Rusticucci. Il presbiterio diviso dalla navata tramite una balaustra marmorea. In fondo ad esso, l'abside semicircolare, pi piccola rispetto alla navata, con l'affresco Gloria di Santa Susanna nel catino, opera di Cesare Nebbia. L'altare maggiore, invece, accoglie la pala Martirio di Santa Susanna, opera del palermitano Tommaso Laureti.

L'abside

La cappella Peretti, a sinistra, stata progettata da Marsilio Fontana di Melide, fratello del pi celebre Domenico Fontana; nel 1597 vi trov la morte durante i lavori.[4]. In essa vari dipinti, fra cui Il Martirio di San Lorenzo di Cesare Nebbia e il Battesimo di San Genesio di Baldassarre Croce. Dietro l'abside della chiesa, separato da questa da una grata in ferro, situato il coro delle monache, fatto realizzare nel 1596 dal cardinale Girolamo Rusticucci, titolare della chiesa tra il 1570 e il 1597. Il coro, rettangolare, fu fatto costruire da papa Paolo V, con un soffitto in legno a cassettoni. Gli affreschi alle pareti sono attribuiti a Francesco Mezzetti (1676-1706). Nella sacrestia delle Monache cistercensi sono conservati gli affreschi del VII secolo riferibili alla primitiva chiesa paleocristiana e ritrovati durante gli scavi archeologici eseguiti negli anni 90 del secolo scorso[5]. Sotto la chiesa e sotto il monastero delle monache cistercensi sono stati rinvenui mosaici e affreschi di ville romane del periodo imperiale.

Organo
Nella chiesa si trova un organo Ruffatti del 1965 a trasmissione elettrica con due tastiere e pedaliera concavo-radiale.
Prima tastiera - Grand'Organo Principale Flauto Bordone Ottava Flauto Decimaquinta Ripieno Voce Umana 8' 8' 8' 4' 4' 2' 5 file 8'

Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano

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Seconda tastiera - Espressivo Bordone Viola da Gamba Principalino Flauto a camino Sesquialtera Ottavino Ripienino Voce celeste 8' 8' 4' 4' 2 file 2' 3 file 8'

Tromba armonica 8'

Pedale Subbasso 16'

Principale 8' Bordone Flauto Tromba 8' 8' 8'

Unioni e accoppiamenti Unione Unione Unione Unione Unione Unione Unione Unione Unione Unione Unione I 16' I II 16' I I 8' I I 4' I II 4' I II 16' II II 4' II I 8' P II 8' P I 4' P II 4' P

Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano

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Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Chiesa_di_Santa_Susanna_alle_Terme_di_Diocleziano& language=it& params=41_54_15. 18_N_12_29_37. 46_E_type:landmark [2] Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984, pag. 223. [3] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 175. [4] Mollisi, La parrocciale di Melide, 2007, p. 63. [5] Alessandro Bonanni, Scavi e ricerche in Santa Susanna in Roma, Atti del VII Congresso nazionale di Archeologia Cristiana, Cassino 2003, v. I, pp. 359-376; Maria Andaloro, I dipinti murali depositati nel sarcofago dell'area di Santa Susanna in Roma, ivi, v. I, pp. 377-386

Bibliografia
M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891 (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/I/ Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/churches/_Texts/Armellini/ARMCHI*/2/Trevi.html#S. Susanna), pp. 268-269 C. Hlsen, Le Chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927 (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/I/ Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/churches/_Texts/Huelsen/HUECHI*/2/S.html), pp. 486-487 F. Titi, Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma, Roma 1763 (http://penelope. uchicago.edu/Thayer/I/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/_Texts/Titi/1763*/6.html), pp. 297-298 C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998. Giorgio Mollisi, La Parrocchiale di Melide. Un esempio di decorazione sistina nella chiesa dei Fontana, in Giorgio Mollisi (a cura di), Arte&Storia, "Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi", Edizioni Ticino Management, anno 8, numero 35, settembre-ottobre 2007, Lugano 2007. G. Fronzuto, Organi di Roma. Guida pratica orientativa agli organi storici e moderni, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2007, pp. 403-404

Voci correlate
Santa Susanna (titolo cardinalizio) Architettura barocca Carlo Maderno

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Collegamenti esterni
Cistercensi di Santa Susanna (http://www.demo04.soluzione-web.it/Objects/Pagina.asp?ID=3) sito istituzionale

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Basilica di Sant'Andrea della Valle


Coordinate geografiche: 415346N 122828E41.89606389N 12.47435E
Basilica di Sant'Andrea della Valle [1]

Facciata di Carlo Rainaldi Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma Cristiana cattolica di rito romano Diocesi di Roma

Stile architettonico Barocco Inizio costruzione Completamento 1590 1650

Sant'Andrea della Valle una basilica di Roma, ubicata in piazza Vidoni, nel rione Sant'Eustachio.

Storia
La basilica fu progettata e costruita da Giacomo Della Porta, Francesco Grimaldi, e Carlo Maderno tra il 1590 e il 1650. I lavori furono finanziati dal cardinale Alessandro Peretti di Montalto, nipote di papa Sisto V. Il vicino Palazzo Valle diede il nome alla chiesa. Nel 1608 Maderno fu incaricato di completare l'edificio, ampliando il transetto ed innalzando la cupola. Invece la facciata barocca fu aggiunta tra il 1655 e il 1663 da Carlo Rainaldi. All'inizio del XIX secolo papa Pio VII vi celebr i funerali di Enrico Benedetto Stuart, quarto e ultimo pretendente giacobita al trono britannico; il cardinale Pietro Francesco Galleffi cant la messa.[2]

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Descrizione
Facciata
La facciata, di gusto tardo-barocco, fu realizzata dal 1655 al 1665 da Carlo Rainaldi che ampli il progetto originario di Carlo Maderno. In travertino, alta, sontuosa, presenta due ordini di colonne appaiate e lesene corinzie. Al centro un finestrone sovrasta il portale, mentre ai lati si hanno nicchie con statue e finte finestre. Le statue nelle nicchie sono di Domenico Guidi (San Gaetano e San Sebastiano) e di Ercole Ferrata (Sant'Andrea apostolo e Sant'Andrea d'Avellino). La facciata caratterizzata da marcati chiaroscuri, dovuti alla abbondante presenza di colonne e cornicioni con forte aggetto. La tradizionale voluta di raccordo assente nella parte destra, mentre nella parte sinistra sostituita da un caratteristico angelo con l'ala alzata, di Ercole Ferrata. Dello stesso scultore l'angelo con la croce che adorna il ponte Sant'Angelo. Le due statue muliebri sopra la porta sono di Cosimo Fancelli. I lavori per la facciata furono finanziati dal cardinale Francesco Peretti di Montalto, nipote di Alessandro, l'originale finanziatore dell'opera. La facciata per, secondo quanto scrive Cesare Brandi nel suo libro Teoria del restauro, ha subito "figurativamente" un danno, perch da quando stata allargata la strada il "fuoco fisso" dell'osservatore stato spostato. Vi si presume una distanza fissa limitata, un punto di stazione dell'osservatore, al di l della quale l'effetto previsto della facciata della Basilica non si produce pi, perch si ha una visione delle colonne "schiacciata", e non si ha pi lo stesso effetto delle colonne incassate, aggettanti, com'era prima dei lavori stradali. Si perde cos tutta la bellezza plastica dell'intero complesso architettonico. Per cui nella facciata di Sant'Andrea della Valle il "fuoco fisso" era ottenuto e salvaguardato dalla larghezza della strada, che era inferiore rispetto ad oggi.

Interno
La pianta della chiesa a croce latina con una vasta navata e un transetto poco pronunciato, fiancheggiata da otto cappelle laterali. Lo schema planimetrico riconducibile al modello della non distante chiesa del Ges, sebbene con alcune differenze: in particolare, le cappelle di Sant'Andrea della Valle sono meno profonde e sensibilmente pi alte, sottolineando cos il forte ritmo verticale dell'edificio. Due ulteriori cappelle laterali si affacciano sull'abside, ampia e ricca di ori e affrescata da Mattia Preti con il trittico Crocifissione di sant'Andrea, Martirio di sant'Andrea e Sepoltura di sant'Andrea. La volta a botte, affrescata. L'interno della chiesa fastoso e luminoso, pur mantenendo una struttura ordinata ed elegante, maestosa, e non stupisce che Giacomo Puccini l'abbia scelta per ambientare il primo atto della Tosca (anche se la cappella Attavanti di cui si parla nell'opera un'invenzione poetica).

L'interno

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Cappelle
Cappella Lancellotti La prima cappella a destra si distingue per la qualit delle sculture. La cappella, dedicata ai Lancellotti, opera di Carlo Fontana (1670). Cappella Barberini La prima cappella a sinistra dedicata alla famiglia Barberini. Fu allestita da Matteo Castelli dal 1604 al 1616 su commissione del cardinale Maffeo Barberini, che divenne in seguito papa Urbano VIII. La pala che orna l'altare di Domenico Passignano (1616). Alla sua decorazione lavorarono dal 1609, Pietro, Gian Lorenzo Bernini, Cristoforo Stati, Francesco Mochi e Ambrogio Bonvicino. Terza cappella a sinistra La terza cappella a sinistra ospita un dipinto, piuttosto rovinato, eseguito da Giovanni De Vecchi nel 1614. Il valore di questa opera simbolico, in quanto ritrae San Sebastiano, la cui chiesa sorgeva dove ora si trova Sant'Andrea Della Valle. Secondo la tradizione, Sebastiano fu un valoroso soldato romano, capitano dei Pretoriani sotto Diocleziano (280). Fervente cristiano, assisteva i martiri nelle prigioni, e per questo fu messo a morte da Diocleziano. Venne giustiziato dagli arcieri: nell'iconografia cristiana raffigurato trafitto da numerose frecce. Narra la leggenda che la matrona romana Luciana trov il suo corpo proprio dove ora si erge Sant'Andrea della Valle. Nel IV secolo venne eretta sul sito una piccola chiesa, che divenne meta di assidui pellegrinaggi.

Cupola
La cupola, realizzata da Carlo Maderno, la terza in altezza della citt di Roma, preceduta solo da quella della basilica di San Pietro in Vaticano e dalla pi recente cupola della chiesa dei Santi Pietro e Paolo all'EUR. All'esterno, il tamburo riprende il tema delle colonne binate della cupola di San Pietro.[3] molto luminosa grazie ad un ordine di finestre intervallate da semi-colonne, in numero di otto. La presenza delle finestre, se da un lato permette l'illuminazione sontuosa che caratterizza la chiesa, dall'altro rende difficilmente distinguibile il La cupola meraviglioso affresco della cupola, realizzato da Giovanni Lanfranco tra il 1621 ed il 1625. Il lavoro venne condotto in concomitanza, e probabilmente in competizione, con l'affresco dei pennacchi (o peducci) e del transetto absidale, con storie di Sant'Andrea, eseguiti dal Domenichino tra il 1621 ed il 1628. La cupola ritrae la Gloria del Paradiso, mentre i pennacchi rappresentano i Quattro evangelisti. Tra i due artisti, entrambi appartenenti alla Scuola Carracci, c'era forte competizione, tanto che lo Zampieri accus Lanfranco di averlo spinto da un'impalcatura, dopodich fugg a Napoli.

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Organo
Sull'ampia cantoria in controfacciata, realizzata nel 1905 da Enrico Caraffa, si trova l'organo a canne[4] della basilica, costruito nel 1909 da Carlo Vegezzi-Bossi e Guido Buccolini e restaurato nel 1964 da Leandro Buccolini e ancora nel 1975. Attualmente (2012), l'organo a due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera di 32 ed a trasmissione elettrica. Di seguito, la sua disposizione fonica:
Prima tastiera - Grand'Organo Principale Principale Dulciana Flauto Ottava 16' 8' 8' 8' 4'

Flauto in Ottava 4' Duodecima Decimaquinta Ripieno Grave Ripieno Acuto Tromba Clarinetto Voce Umana 2.2/3' 2' 3 file 3 file 8' 8' 8'

Seconda tastiera - Espressivo Principale Viola Gamba Bordone Ottava Eolina Nazardo Silvestre Decimino Pieno 8' 8' 8' 4' 4' 2.2/3' 2' 1.3/5' 3 file

Tromba Armonica 8' Oboe Viola Celeste Salicionale Tremolo 8' 8' 16'

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Pedale Contrabbasso Principale Subbasso Ottava 16' 16' 16' 8'

Basso Armonico 8' Bordone Violoncello Flauto 8' 8' 4'

Unioni e annullatori Unione I-II

Ottava Grave I-II Ottava Grave I Ottava Acuta I-II Ottava Grave II Ottava Acuta II Unione I-P

Ottava Acuta I-P Unione II-P

Ottava Acuta II-P

Altre note
La Basilica ospita il sepolcro di Papa Pio II.

Titolo cardinalizio
Dal 1960 Sant'Andrea della Valle costituisce un titolo cardinalizio, ovvero viene legato al nome di un cardinale al momento dell'ordinamento.

Il palazzo Della Valle

Basilica di Sant'Andrea della Valle

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Probabilmente il nome della chiesa si deve al Palazzo Della Valle, che sorge accanto sulla stessa via, corso Vittorio Emanuele, al numero 101. Il palazzo, realizzato da Lorenzo Lotti (detto il Lorenzetto, scultore ed architetto legato a Raffaello) intorno al 1517, presenta il nome del cardinale Andrea della Valle scolpito sopra il portone.

La fontana
La piazza antistante la chiesa e che da questa prende nome ornata da una fontana che proviene dalla scomparsa piazza Scossacavalli, piazza distrutta per i Fontana del Maderno lavori di demolizione della spina di Borgo e la conseguente creazione di via della Conciliazione. L'autore Carlo Maderno (1614).

Scenografia teatrale
La basilica teatina fa da scenografia al primo atto dell'opera lirica Tosca, scritta da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica (basata su un soggetto di Victorien Sardou) e musicata da Giacomo Puccini alla fine del XIX secolo. Nel 1992 ha realmente fatto da fondo per la messa in scena televisiva di Tosca, nei luoghi e nelle ore di Tosca, film TV in diretta realizzato da Giuseppe Patroni Griffi.

Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Basilica_di_Sant%27Andrea_della_Valle& language=it& params=41. 89606389_N_12. 47435_E_type:landmark [2] www.jacobite.ca. The Jacobite Heritage (http:/ / www. jacobite. ca/ gazetteer/ Rome/ SAndreaValle. htm).URL consultato in data 13-07-2008. [3] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 66 e 208. [4] * G. Fronzuto, Organi di Roma. Guida pratica orientativa agli organi storici e moderni, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2007, pp. 24-26

Voci correlate
Chiese di Roma Architettura barocca

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Collegamenti esterni
La scheda della basilica sul sito del vicariato di Roma (http://www.vicariatusurbis.org/Ente.asp?ID=916) (EN) Approfondimento molto sentito di June Hager (http://www.initaly.com/regions/latium/church/sandrea. htm) Galleria fotografica (http://www.giovannirinaldi.it/page/rome/santandreadellavalle/index.htm)

Palazzo del Lussemburgo

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Palazzo del Lussemburgo


Coordinate geografiche: 485054N 22014E48.84833N 2.33722E
[1]

Il Palazzo del Lussemburgo (Palais du Luxembourg in francese) un palazzo di Parigi. La sua edificazione fu promossa dalla regina Maria de' Medici, quando suo figlio Luigi XIII divenne maggiorenne e quindi cess la sua reggenza. Volle un palazzo in una zona allora periferica, un po' come aveva fatto la sua lontana parente Caterina de' Medici con il Palazzo delle Tuileries. L'aspetto del palazzo, realizzato da Salomon de Brosse dal 1617, ricorda sia Palazzo Pitti di Firenze (per l'uso del bugnato) sia una villa di campagna, circondata dai vasti Giardini del Lussemburgo. L'edificio, importante esempio di architettura barocca francese, ha una pianta a U con un porticato al pian terreno e due ali laterali dove erano alloggiati gli appartamenti privati della famiglia reale. Dal 1958 sede del Senato francese. Il giardino (circa 22 ettari) venne aperto al pubblico per la prima volta nel 1778. Presenta davanti al palazzo una vasta area semicircolare che assomiglia ad un anfiteatro, un'altra somiglianza con il giardino di Boboli, ma qui il centro dello spiazzo occupato da una grande vasca circolare. Attorno si dispongono varie terrazze con filari di ippocastani e numerose statue. Nella parte ovest presente una fontana voluta da Maria de' Medici stessa dall'impianto manierista. Il frutteto, con seicento qualit diverse di mele e pere, risale al 1650. Il giardino all'inglese fu aggiunto da Napoleone Bonaparte.

Il Palazzo del Lussemburgo

La fontana di Maria de' Medici

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References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_del_Lussemburgo& language=it& params=48_50_54_N_2_20_14_E_region:FR-J_type:landmark

Castello di Maisons-Laffitte

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Castello di Maisons-Laffitte
Coordinate geografiche: 485650N 20914E48.94722N 2.15389E
[1]

Il Castello di Maisons-Laffitte (Chteau de Maisons-Laffitte in francese) una residenza di campagna situata nel comune di Maisons-Laffitte, a nord-ovest di Parigi. Il palazzo fu costruito tra il 1642 ed il 1646 su progetto di Franois Mansart e rappresenta una delle pi significative opere del barocco francese, con un verticalismo riconducibile tuttavia al gusto gotico. La pianta dell'edificio rettangolare, delimitata da due ali non molto pronunciate, che sul retro formano due Veduta del castello semplici risalti. In alzato, la parte centrale caratterizzata da un avancorpo su tre piani, impaginato mediante la sovrapposizione degli ordini architettonici.

Bibliografia
C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia), Electa, 1998. ISBN 8843524615

Voci correlate
Architettura barocca Jacques Laffitte

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References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Castello_di_Maisons-Laffitte& language=it& params=48_56_50_N_2_09_14_E_region:FR-J_type:landmark_source:dewiki

Castello di Vaux-le-Vicomte

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Castello di Vaux-le-Vicomte
Vaux-le-Vicomte un castello situato circa 6km a est di Melun e 55km a sud-est di Parigi nel dipartimento francese di Senna e Marna nella regione dell'le-de-France. Edificato tra il 1656 e il 1661[1] su incarico di Nicolas Fouquet, sovrintendente alle finanze di Luigi XIV, l'architetto fu Louis Le Vau, degli affreschi e delle decorazioni interne si occup Charles Le Brun con la collaborazione di Pierre Mignard e Pierre Puget, i giardini furono progettati dal celebre architetto paesaggista Andr Le Ntre.
Facciata sud del castello, con il parterre

Storia
Nel 1641 l'allora ventiseienne Nicolas Fouquet, membro del Parlement compr una tenuta sulla quale si trovava un modesto castello e situata alla confluenza di due piccoli fiumi tra le residenze reali di Vincennes e Fontainebleau. Quindici anni dopo Fouquet, divenuto ministro delle finanze di Luigi XIV, inizi la ristrutturazione della tenuta, si assicur la collaborazione di tre personaggi eccellenti, Le Vau, Le Brun e Le Ntre, affidando loro la realizzazione di quello che divenne il pi bel castello con giardino alla francese dell'epoca. Il castello ebbe una breve ma intensa stagione di feste e di eventi Un'incisione del XVII secolo raffigurante il parterre nella versione culturali, fra i frequentatori abituali vi furono il poeta originaria La Fontaine e il commediografo Molire, un'opera teatrale di quest'ultimo fu inscenata durante la sontuosa festa di inaugurazione tenutasi il 17 agosto del 1661 alla presenza di Luigi XIV e rallegrata da una lussuosa cena organizzata da Vatel seguita da un imponente spettacolo pirotecnico.

Castello di Vaux-le-Vicomte

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Nel giro di poche settimane and in scena un altro dramma, la caduta in disgrazia di Fouquet in seguito arrestato e imprigionato, su incarico del sovrano, dallo stesso Colbert che fu suo successore come ministro delle Finanze. La leggenda vuole che la caduta in disgrazia di Fouquet fosse causata dall'invidia del sovrano per la magnificenza del castello del suo sottoposto, in realt la sorte di Fouquet era gi segnata ben prima dell'inaugurazione della sua residenza. Ci non toglie che la leggenda abbia giovato alla fama del castello e venga tuttora usata per magnificarne la bellezza.
Visione d'insieme del Castello e dei giardini

Ancora nello stesso anno Luigi XIV incaric i tre artisti di ristrutturare il casino di caccia di Versailles. Nel 1704 la famiglia Fouquet vendette Vaux-le-Vicomte al generale francese Claude Louis Hector de Villars, la tenuta venne rinominata Vaux-Villars, poco dopo Luigi XIV eresse Vaux a ducato come riconoscimento per i meriti del proprietario.

Curiosit
Nel castello e nei giardini di Vaux-le-Vicomte sono state effettuate parte delle riprese di numerosi film [2]. Les maris de l'an deux (1971). Mania di grandezza (La folie des grandeurs) di Gerard Oury (1971). Agente 007 - Moonraker - Operazione spazio (1979). Valmont di Milos Forman (1989) Eloise la figlia di D'Artagnan (La Fille de d'Artagnan) di Bertrand Tavernier (1994). L'Alle du roi (1995). Ridicule di Patrice Leconte (1997). La maschera di ferro di Randall Wallace (1998). I visitatori 2: Ritorno al passato - (Les Couloirs du temps: Les visiteurs 2) di Jean-Marie Poir (1998). Il re danza (Le roi danse) di Grard Corbiau (2000). Vatel di Roland Joff (2000). Il patto dei lupi (Le pacte des loups) di Christophe Gans (2001). Vidocq - La maschera senza volto di Pitof (2001). Les aristos di Charlotte de Turckheim (2006). Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006). Jean de La Fontaine di Daniel Vigne (2007). Le avventure galanti del giovane Molire (Molire) di Laurent Tirard (2007).

Castello di Vaux-le-Vicomte

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Note
[1] Sito ufficiale - Storia del castello (http:/ / www. vaux-le-vicomte. com/ en/ histoire-chateau. php) [2] Sito Ufficiale (http:/ / www. vaux-le-vicomte. com/ films. php)

Voci correlate
Architettura barocca

Altri progetti
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Carlo Maderno
Carlo Maderno (Capolago, 1556 Roma, 30 gennaio 1629) stato un architetto svizzero-italiano[1]. Divenne famoso soprattutto perch autore della facciata e della navata longitudinale della basilica di San Pietro a Roma.

Biografia
Gli esordi romani
Di origini ticinesi, nacque da Paolo e da Caterina Fontana, sorella dell'architetto Domenico. La data di nascita indicata dalle fonti antiche[2], mentre il luogo di nascita dichiarato dallo stesso Carlo in vari documenti notarili. Cominci la sua carriera nell'industria del marmo, ma il trasferimento a Roma avvenne assai presto al seguito dello zio architetto: la prima menzione nota risale al 1576 allorch ricevette un pagamento per lavori di decorazioni in stucco svolti nella chiesa di San Luigi dei Francesi, di cui lo zio era Facciata della chiesa di Santa Susanna esecutore. L'iniziale attivit di stuccatore era la tradizionale trafila, dalla scultura all'architettura, nelle maestranze ticinesi e anche il Borromini la segu. Il definitivo passaggio alla professione di architetto e ingegnere si consolid nel decennio successivo, sempre all'ombra dello zio Domenico, cui venne affidato lo spostamento dell'Obelisco Vaticano che fu da lui compiuto nel settembre 1586; anche negli anni successivi si specializz in questo tipo d'intervento. nel 1587 con l'erezione degli obelischi al Laterano e in Piazza del Popolo (lavori terminati rispettivamente nel 1588 e 1589). Nel 1588 si occup dello spostamento e della collocazione delle statue dei Dioscuri davanti al Quirinale e dell'erezione dell'obelisco davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore. In quell'anno, a conferma del prestigio raggiunto, ottenne anche la cittadinanza romana insieme ai fratelli che a loro volta si erano stabiliti nell'Urbe, creando una vera e propria impresa di famiglia. All'inizio degli anni novanta, col Fontana, form una solida associazione e insieme al medesimo lavor al palazzo Rusticucci. Il cardinale Girolamo Rusticucci fin dal 1588 aveva deciso un radicale rifacimento della chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano che inizialmente fu avviato su progetto di Francesco da Volterra; in qualit di coarchitetto, nel 1592 fu assunto il Fontana e, nel 1593, gli subentr come socio il nipote. Poi lo zio, investito dalle accuse di malversazioni da papa

Carlo Maderno Sisto V prefer trasferirsi alla corte di Napoli (e da quel momento il nome del Fontana non apparve pi nei documenti). Il cantiere interess l'area del coro con creazione ex novo di una cripta a pianta ovale, possibile antecedente del San Carlino borrominiano tra il 1593 e il 1595, per poi spostarsi al rivestimento "moderno" della navata e alla facciata del 1603, la sua prima opera autonoma, da molti considerata tra i suoi capolavori, tanto che stata definita il primo esempio pienamente compiuto di architettura barocca.[3] Venne pure ricercato per consulenze ingegneristiche, per la regolamentazione del fiume Velino presso Rieti, fornite dal 1596 al 1602 e nel dicembre 1599 nell'ambito di una commissione per il contenimento delle inondazioni del Tevere. A partire dal 1598, anno in cui spos Elisabetta Mariottini, vedova dello scultore Giovanni Battista Della Porta, ebbero corso i pagamenti relativi alla costruzione del palazzo romano di Asdrubale Mattei, che prosegu fino al 1613: si tratta dell'unico edificio noto interamente da lui progettato ed edificato. Sulla scia di questo intervento si pu collocare quello per il prospetto del casino dell'Aurora di Palazzo Borghese (1611-1612), anch'esso a lui attribuito. Nel 1601 occup un'abitazione di propriet della Compagnia di San Giovanni dei Fiorentini, che gi a partire dal 1598 lo aveva incaricato dei lavori di completamento della propria chiesa; tali lavori proseguirono fino al 1618 in collaborazione con Filippo Braccioli con cui costitu una "compagnia" dedita al commercio e al trasporto di materiali da costruzione, in particolare per la basilica petrina. Nel 1602 subentr a Giacomo Della Porta, e insieme a Giovanni Fontana prosegu il gi iniziato cantiere di villa Adobrandini a Frascati e progett per la stessa famiglia un palazzo a Roma (poi Palazzo Doria-Pamphili): in quest'occasione venne a contatto con monsignor Giovanni Battista Agucchi[4], segretario del cardinale Pietro Aldobrandini. Nello stesso anno, sempre con Giovanni Fontana, sostitu il defunto Della Porta anche nella direzione del cantiere della Fabbrica di San Pietro; nel 1604 il nuovo papa Paolo V deliber la definitiva demolizione della basilica costantiniana, bandendo un concorso tra vari architetti per completare la nuova chiesa, allontanandosi dal progetto cinquecentesco a pianta centrale a favore di una struttura a croce latina. L'architetto ticinese risult vincitore, tra le polemiche di chi gli rimproverava non solo il tradimento delle idee di Michelangelo Buonarroti, ma pi in generale la sua formazione "pratica", tutta compiuta sui cantieri e assai Facciata della basilica di San Pietro poco teorica ed accademica. In realt cerc di conciliare le nuove esigenze (pianta longitudinale, cappelle laterali, sacrestie, loggia delle benedizioni) con la maggior fedelt possibile ai progetti michelangioleschi; cosa tanto pi complicata in un cantiere che si protrasse a lungo fino al 1626, conoscendo anche variazioni in corso d'opera, come nel caso dei campanili che Paolo V volle eretti a fianco della facciata che era gi stata realizzata (un'incisione del 1613 di Matteo Greuter ci mostra il progetto definitivo, ma ancora senza i campanili laterali). Questo intervento rappresenta una delle opere pi discusse e criticate della storia dell'architettura [5]: infatti, l'estensione della basilica, riconducibile ad una croce latina, impedisce la visione ravvicinata della grande cupola, mentre la facciata, priva dei campanili previsti nel progetto di Maderno e non realizzati per problemi strutturali, colpisce per l'eccessiva larghezza.[6] Scrive Le Corbusier che "il reale scopo dell'edificio era la cupola: essa fu celata! La cupola aveva un rapporto coerente con le absidi: sono state celate".[7]

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La maturit artistica
Nel 1603, rimasto vedovo, spos in seconde nozze Angela Calina, vedova di Jacopo Zanni; nel dicembre 1605, a conferma delle sue capacit ingegneristiche, prest consulenza, ancora in societ con Giovanni Fontana, per la realizzazione dell'acquedotto di Loreto. Tra gli altri suoi lavori si ricordano la cupola della basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini, la chiesa di Santa Maria della Vittoria, la navata e la cupola della basilica di Sant'Andrea della Valle (all'epoca la seconda cupola pi alta di Roma dopo quella della basilica di San Pietro), Palazzo Barberini, il cortile di Palazzo Chigi-Odescalchi, Palazzo Mattei[8] e il Palazzo del Quirinale, tutti a Roma, ed il palazzo papale di Castel Gandolfo. In particolare, tra il 1608 ed il 1627, diresse il cantiere teatino della Basilica di Sant'Andrea della Valle, iniziata da Giacomo Della Porta nel 1591, il cui completamento fu promosso dal cardinale Alessandro Peretti. I riscontri documentari permettono di suddividere i lavori nel tempo con sufficiente precisione: dal 1612 al 1613 completamento della navata e inizio del transetto e del coro, terminati nel 1619; nel 1620 presentazione del modello della cupola; negli anni 1623-1624 lavori sulla facciata (poi costruita su nuovo progetto di Carlo Rainaldi solo alcuni decenni dopo); nel biennio 1626-1627 suo rivestimento in travertino. La planimetria rimanda a quella della chiesa del Ges di Jacopo Barozzi da Vignola, sebbene con alcune differenze importanti: le cappelle laterali risultano essere meno profonde e sensibilmente pi alte, mentre la navata articolata mediante i pilastri laterali che scandiscono, assieme alla cupola, il forte ritmo verticale dell'edificio. Va segnalato che proprio per detta cupola fornisce alcuni disegni il Borromini entrato nel 1621 come scalpellino e scultore nella cerchia dei Maderno. Malgrado i caratteri ancora convenzionali, riscontrabili ad esempio nelle piccole cupole disposte attorno al centro della chiesa, Sant'Andrea della Valle si colloca tra le principali fabbriche della Roma barocca; la sua articolazione rappresenta infatti "un grande passo avanti verso la continuit e plasticit barocche".[9] Dopo essersi sposato per la terza volta nel 1621 con Elisabetta Malucci da cui ebbe la figlia Giovanna Battista nello stesso anno, si occup dal 1625 al 1628 dei restauri e dei rifacimenti nei cantieri della chiesa di Santa Maria Rotonda, avvalendosi ancora della collaborazione del Borromini, della chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Campo Marzio e forse nei lavori di ampliamento di Palazzo Barberini, da lui diretti fino alla fine dei suoi giorni. Il palazzo preceduto da due ali laterali, che inquadrano una sorta di cour d'honneur, la cui ideazione anteriore al 1629, anno in cui l'architetto mor lasciando la conclusione dell'opera a Gian Lorenzo Bernini, che vi apport notevoli cambiamenti, soprattutto nella facciata principale. Esso presenta una forma ad H ed privo della classica corte interna chiusa tra i quattro lati dell'edificio. Ne abol il cortile, previsto in un primo progetto, conferendo Interno di Sant'Andrea della Valle all'edificio l'aspetto di una villa urbana. Il movimento barocco della costruzione evidente al piano terra, caratterizzato da un profondo atrio che si riduce costantemente in larghezza fino ad immettere in una sala ellittica, centro nodale dell'intera costruzione. Alla costruzione del Palazzo Barberini partecip pure Francesco Borromini, parente dello stesso Maderno e che lavor inizialmente come suo assistente. Avendo ottenuto la concessione di una tomba fin dal 1623, venne sepolto nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, dove fu successivamente inumato anche il corpo di Borromini.

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Filmografia
Adriano Kestenholz, Carlo Maderno. l'emergenza del barocco, Prod. Aleph film / RTSI, 2004.

Note
[1] [2] [3] [4] Carlo Maderni (http:/ / www. hls-dhs-dss. ch/ textes/ i/ I11329. php) sul Dizionario storico della Svizzera Baglione, 1642; Pascoli, 1730. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 175. Silvia Ginzburg, The Portrait of Agucchi at York reconsidered, in The Burlington Magazine, CXXXVI,1090, gennaio 1994, 4-14; Eadem, Nuove ricerche su Giovanni Battista Agucchi, tesi di dottorato, Universit degli Studi di Pisa, 1995; Eadem, Giovanni Battista Agucchi e la sua cerchia, in Poussin et Rome, atti del colloquio ll'Acadmie de France a Roma e alla Bibliotheca Hertziana, 16-18 novembre 1994, (a cura di) Olivier Bonfait, Christoph Luitpold Frommel, Michel Hochamnn, Sebastian Schtze, Paris Runion des Muses Nationaux 1996, pp. 273-291. C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 66. Ibidem. Le Corbusier, Vers une Architecture, Parigi 1934, p. 137. Palazzo Mattei di Giove (http:/ / www. info. roma. it/ monumenti_dettaglio. asp?ID_schede=7) C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia) 1998, p. 66.

[5] [6] [7] [8] [9]

Bibliografia
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Voci correlate
Architettura barocca Domenico Fontana

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Collegamenti esterni
Committenze romane di Carlo Maderno (http://www.info.roma.it/personaggi_dettaglio. asp?ID_personaggi=5) Dizionario biografico Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-maderno_(Dizionario-Biografico)/)

Gian Lorenzo Bernini


Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 7 dicembre 1598 Roma, 28 novembre 1680) stato uno scultore, architetto e pittore italiano.

Biografia

Autoritratto

Gian Lorenzo Bernini

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Le origini
Gian Lorenzo Bernini nacque a Napoli il 7 dicembre 1598 figlio di Pietro Bernini, un pittore e scultore toscano originario di Sesto Fiorentino (attualmente in provincia di Firenze), e di Angelica Galante, una popolana napoletana. Il padre si era stabilito nella citt partenopea per lavorare nel cantiere della Certosa di San Martino dove conobbe la moglie. Nel 1605 Pietro si trasferisce con la moglie e il piccolo Gian Lorenzo, di soli sei anni, a Roma dove ottenne la protezione del cardinale Scipione Caffarelli-Borghese ed ebbe l'occasione di mostrare il precoce talento del figlio.

Il nome

Roma: memoria di Bernini a via Capolecase, a fianco del palazzo dove visse (1898)

Il nome Gian pu quindi ipoteticamente rappresentare una versione italiana del nome francese Jean con il quale pu essere stato tradotto il nome dell'artista (anche noto in Francia come "Le Bernin") dalla prima critica.

L'apprendistato e le prime opere


Pietro Bernini, rientrato a Roma nel 1605 per lavorare nei cantieri di Paolo V Borghese, realizz in questo periodo quello che sarebbe stato comunemente riconosciuto il suo capolavoro, il rilievo in marmo raffigurante l'Assunzione della Vergine nel battistero della basilica di Santa Maria Maggiore, un esempio di traduzione in termini scultorei dei valori della pittura devozionale contemporanea; una tecnica quella di Pietro particolarmente attenta alla resa degli effetti pittorici, le barbe e i capelli resi con il traforo, i panneggi profondi, il rilievo delle figure che aumenta nei personaggi in primo piano, tutte tecniche che il figlio utilizzer nelle sue prime prove autonome. Altra impresa di Pietro che ebbe molta importanza nella formazione di Gian Lorenzo, fu la costruzione della Cappella Paolina, progettata da Flaminio Ponzio, destinata ad accogliere le tombe dei papi Paolo V e Clemente VIII, in cui Pietro partecip insieme a una schiera di altri scultori e pittori al complesso progetto decorativo, in particolare realizzando l'altorilievo con Incoronazione di Clemente VIII nel 1611. Importante fu per il giovane Bernini la conoscenza dell'organizzazione di un cantiere collettivo (in futuro ne diriger molti) e la fusione all'interno di un progetto architettonico e iconografico di scultura e pittura unite in un ambiente ricco di marmi policromi. La Roma dell'inizio del XVII secolo era una citt che viveva un periodo di fervore di un mondo artistico eccezionale, di grandi novit, di rivoluzioni vere e proprie, come l'esplosione, proprio in quegli anni, della pittura caravaggesca, sul fronte naturalistico, e di quella carraccesca su quello accademico e rispettoso della tradizione figurativa rinascimentale mentre quella rubensiana apriva la strada al barocco; ma soprattutto citt che ospitava artisti provenienti da tutta Europa, in un continuo confronto e scambio di conoscenze ed esperienze.

Gian Lorenzo Bernini

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Le opere giovanili 1609-1617


Le prime opere del Bernini rivelano subito la grandezza del suo talento, rappresentando i massimi raggiungimenti del barocco. Anni dopo, gi maturo, l'artista confess, rivedendo uno dei suoi capolavori giovanili (l'Apollo e Dafne): "Oh quanto poco profitto ho fatto io nell'arte della scultura in un s lungo corso di anni, mentre io conosco che da fanciullo maneggiavo il marmo in questo modo!" Gli studi pi recenti indicano nel gruppo dei due Termini di Priapo e Flora destinati ai giardini di Villa Borghese del 1615-16, e ora al Metropolitan Museum of Art di New York, il primo esempio di fattiva collaborazione tra i due scultori, insieme ai gruppi delle Quattro stagioni commissionate da Leone Strozzi e destinate alla sua villa romana. La resa sensuale e realistica dei festoni di frutta ricorda le opere di Caravaggio possedute dal cardinal Scipione Borghese nella sua collezione. Nella prima fase stilistica, Bernini dimostra un interesse e un rispetto Apollo e Dafne. assoluto della scultura ellenistica in opere che imitavano alla perfezione lo stile antico, come nell'opera detta Capra Amaltea nella quale l'artista adott una particolare tecnica di invecchiamento del marmo,tanto da far credere agli studiosi che la statua fosse d'et ellenistica. Il Bernini imita anche l'ultima fase della scultura di Michelangelo Buonarroti come rivelano il San Sebastiano della collezione Thyssen di Madrid e il San Lorenzo sulla graticola, della Collezione Contini Bonacossi di Firenze. Sono di questo periodo il "Putto con il dragone" e "Il Fauno che scherza con gli Amorini". Le opere create dal solo Gian Lorenzo, invece, sono La Capra Amaltea, terminata nel 1615, di piccolo formato e con il vello reso naturalisticamente, e i due busti-ritratto del Santoni nella chiesa di Santa Prassede a Roma e del Vigevano nella chiesa di Santa Prassede nella stessa citt.

I gruppi borghesiani
Con i quattro gruppi borghesiani, che lo tennero impegnato per cinque anni, Gian Lorenzo ottenne una fama immediata. Si tratta di Enea e Anchise, del Ratto di Proserpina (1621-1622), del David (1623-1624) e di Apollo e Dafne (1624-1625); tre soggetti mitologici e uno biblico che dimostrano l'interesse antiquario del suo mecenate: il cardinale Scipione Borghese. A partire da "Enea e Anchise", lo stile mostra un'evoluzione, con qualche incertezza formale e delle citazioni dirette dalle opere di Raffaello come l'Incendio di Borgo. Per le opere di questo gruppo probabile che vi sia stato il consiglio paterno: seguono poi il Ratto di Proserpina, una pi libera interpretazione dell'arte ellenistica e nella figura di Plutone una ripresa delle cariatidi color pietra, affrescate da Annibale Carracci nella Galleria Farnese; il David, bloccato nell'atto culminante del confronto con Golia, che non si vede ma che implicito grazie ai gesti e all'espressione dell'eroe biblico, ripreso in parte dal Polifemo, affrescato sempre da Annibale Carracci nella Galleria Farnese; l' Apollo e Dafne un'invenzione figurativa che sospende i due personaggi nell'attimo culminante dell'azione e del dramma, fondendo le figure con lo spazio circostante. Si pu affermare che in queste composizioni l'artista fissava un momento transitorio, cio il punto culminante dell'azione. Inoltre l'osservatore, grazie a una quantit di espedienti, attratto nella loro orbita: un esempio di ci che i contemporanei intendevano con l'espressione Ut pictura poesis. Ma ci che colpiva e che affascinava gli osservatori e che fece ben presto di Bernini un mito della sua epoca era il virtuosismo, il naturalismo estremo, la capacit di resa dei particolari anatomici, naturalistici, degli effetti materici e

Gian Lorenzo Bernini chiaroscurali; inoltre, la novit di gruppi scultorei che entrano in relazione con lo spazio circostante in maniera pi libera e articolata, come soltanto Francesco Mochi nel 1605 aveva fatto con le statue per il duomo di Orvieto.

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I restauri
Lo studio dell'antico per Gian Lorenzo fu alla base della sua formazione artistica: alcuni restauri ne indicano il gusto e gli intenti precisi, volti a un'interpretazione originale dell'ellenismo nelle creazioni come l'Ermafrodito del Louvre (in cui aggiunge un letto in marmo dall'effetto realistico a una statua antica), ma anche al rispetto della sua integrit e della lettura filologica dell'opera, come dimostra il L'Ermafrodito restauro del cosiddetto Ares Ludovisi del 1627. L'opera, una raffigurazione di Achille stante, con le armi poggiate, viene restaurata dal Bernini come un Marte, aggiungendo un putto nelle sembianze di Amore, e ripristinando tutte le parti mancanti rendendole riconoscibili dalla scelta differente del marmo e dal diverso trattamento eseguito nella lavorazione.

I ritratti
Virtuosismo e imitazione del vero erano le doti che i committenti illustri richiedevano allo scultore. Il genere del busto-ritratto fece la sua fortuna, anche economica: per tutta la sua vita gli fu richiesto di eseguire i ritratti dei papi, dei regnanti, dei nobili, dei personaggi pi importanti e influenti del suo tempo, a partire dai due che ritraggono il cardinale Scipione Borghese, scolpiti nel 1632, che colgono il personaggio nel momento immediatamente prima del pronunciamento di una parola; per il Bernini, che era un acuto osservatore, era questo il segreto per rappresentare al meglio un carattere umano: fermarlo, immobilizzarlo in un qualsiasi momento della vita e in quel momento rappresentarlo. Molti furono i capolavori tra i ritratti dell'artista come il ritratto di Paolo V Borghese del 1620. Nel 1621 ottenne la Croce dell'Ordine di Cristo per aver eseguito il "Ritratto di Gregorio XV". Tra il 1630 e il 1635 realizza il busto-ritratto di "Costanza Buonarelli", moglie di un suo allievo e amata dall'artista. Anche qui, la donna colta di sorpresa, con la bocca socchiusa e la camicetta aperta sul petto. I potenti dell'epoca gradivano essere ritratti "all'eroica", molto spesso idealizzati nell'aspetto e nell'espressione, con drappi agitati dal vento e una cascata di riccioli; questo fece la fortuna di molti artisti, tra cui anche il Nostro. Allo Chantelou, suo biografo e confidente durante il soggiorno in Francia, Bernini confid di essersi ispirato alla ritrattistica di Raffaello, sul tipo del ritratto di Bindo Altoviti, ma anche che per ottenere il massimo effetto di naturalezza bisognava portare il soggetto verso un atteggiamento caricato, finto e teatrale. Solo in quel modo si potevano evidenziare i difetti e le espressioni che pi caratterizzavano ogni personaggio. Molto spesso usava fare uno schizzo sommario o una caricatura vera e propria. In alcuni casi Bernini fu costretto a fare ritratti senza il modello davanti come nel caso di Francesco I d'Este, di Richelieu ma le difficolt, diceva, erano importanti, in quanto:

Chi vuol sapere quel che un uomo sa bisogna metterlo in necessit.


Alcuni ritratti sono legati ad aneddoti celebri su Bernini. Ne un esempio il busto di Scipione Borghese: poich, durante il lavoro, il marmo mostr un difetto, l'ignaro Scipione fu invitato a non posare per qualche giorno, ignorando che quello era il tempo necessario a scolpire un busto esattamente identico. L'episodio, che circol in seguito, serv a incrementare il mito della sua bravura e velocit d'esecuzione.

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Il papato Barberini
Il 1623 fu un anno cruciale per le sorti di Roma, anche dal punto di vista artistico. Fu eletto papa Matteo Barberini col nome di Urbano VIII, un pontefice ambizioso, amante delle arti e grande ammiratore di Bernini, da lui considerato l'artista ideale per realizzare i suoi progetti urbanistici e architettonici, per dare forma ed espressione alla volont della Chiesa di rappresentarsi come forza trionfante, attraverso delle opere spettacolari, con uno spiccato carattere comunicativo, persuasivo e celebrativo. Doveva essere un'arte che fondeva diverse tipologie: l'architettura, la scultura e l'urbanistica, che avevano nel teatro il loro denominatore comune: Bernini fu infatti un realizzatore di scenografie e opere teatrali molto apprezzate, nelle quali utilizzava ogni espediente possibile per stupire il pubblico con effetti illusionistici, riutilizzati poi nelle sue architetture. La prima commissione barberiniana fu, nel 1623, la statua di Santa Bibiana, nell'omonima chiesa, che comprendeva anche il progetto della facciata e una statua che ritrae la santa in un momento di estasi. La scultura, che dialoga con le pitture di Pietro da Cortona, un altro protagonista del barocco romano, segna un ulteriore momento di cambiamento dello stile dello scultore, con un panneggio gi barocco, mosso ed espressivo, tanto da evidenziare l'estasi della santa, creando al contempo accentuati effetti chiaroscurali. In seguito user sempre maggiormente l'espediente di utilizzare l'abbigliamento e i drappeggi come mezzo per sostenere un concetto spirituale in un gioco di rientranze e sporgenze, luci e ombre. Il sodalizio artistico di Urbano VIII col suo artista prediletto trover in San Pietro il suo luogo ideale: la basilica sorta sul luogo della sepoltura dell'apostolo Pietro, fondatore della Chiesa cattolica, doveva rappresentare la rinascita della Chiesa stessa e la sua rivincita morale e spirituale dopo la crisi del secolo precedente. Il Papa voleva che il nuovo altare situato sopra la confessione fosse sormontato da un enorme baldacchino bronzeo, costruito tra il 1624 e il 1633, poggiato su basamenti marmorei con lo stemma barberiniano. Sviluppato su quattro colonne tortili lungo le quali si dipanano racemi e motivi naturalistici, termina con quattro volute che si incurvano a dorso di delfino sorrette da angeli, e culmina con il globo e la croce: si ispira ai baldacchini effimeri utilizzati durante le Quarantore o altre cerimonie religiose. Bernini in questo modo ha bloccato nel bronzo un'invenzione provvisoria, con tutto il suo carico di trionfo effimero. La zona attorno, formata dai quattro piloni che sorreggono la cupola, fu dedicata al culto delle reliquie con nicchie contenenti statue monumentali di santi: San Longino di Bernini, Sant'Elena di Andrea Bolgi, Sant'Andrea di Francois Duquesnoy e infine la Veronica di Francesco Mochi; statue che sembrano dialogare con l'ambiente circostante, animate da panneggi mossi, e che vanno oltre lo spazio fisico delle nicchie; tutte le statue sono posizionate sotto le logge contenenti le reliquie stesse. Nel Longino, tre giri di pieghe partono dal nodo sotto il braccio sinistro, guidando lo sguardo verso la replica marmorea della sacra lancia, reliquia conservata nella cripta sottostante, in tal modo il panneggio acquista vita autonoma, svincolandosi da ogni logica concatenazione. Nel 1627 comincia la costruzione del monumento sepolcrale di Urbano VIII: terminato molti anni pi tardi, fu collocato in posizione simmetrica rispetto a quello cinquecentesco di Paolo III Farnese, il papa del concilio di Trento, cio colui che aveva iniziato la riforma della chiesa che si considerava conclusa proprio dal Barberini. Questo monumento si ispira alle tombe medicee di Michelangelo, con la statua del Papa in cima in atto di benedire e con ai lati del sarcofago le figure allegoriche della Carit e della Giustizia. Al centro uno scheletro, in luogo della consueta statua allegorica della Fama che scrive l'epitaffio. L'innovazione iconografica sta a significare che anche la morte, rappresentata dallo scheletro, rende omaggio alla gloria del Papa. Baldacchino di San Pietro Sepolcro di Urbano VIII Nel 1630, alla morte di Carlo Maderno viene incaricato dei lavori di completamento di Palazzo Barberini, cantiere che nel frattempo era stato portato avanti da Borromini, con il quale comincia in questo periodo una stretta collaborazione, che sfocer in seguito in accesa rivalit.

Gian Lorenzo Bernini Con Urbano VIII crebbe la fortuna del Bernini, che fece incidere le stampe per le edizioni delle poesie latine del pontefice nel 1631. Al 1642-43 risale la bellissima Fontana del Tritone, la prima delle sue fontane: un insieme di motivi classici e secenteschi in una fantasia del tutto barocca.

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Il Pontificato di Innocenzo X Pamphili


La fortuna dell'artista sembra fermarsi improvvisamente con la morte del suo protettore: infatti nel 1644 comincia il pontificato di Innocenzo X Pamphili, molto pi austero, a causa della crisi economica dello stato pontificio dopo la guerra di Castro e del ridimensionamento del suo potere in seguito alla pace di Vestfalia del 1648. Da questo momento alcune delle commissioni pi ambite finiscono ad artisti rivali del Bernini come Francesco Borromini che si occupa del rifacimento della Basilica di San Giovanni in Laterano e Carlo Rainaldi che costru il Palazzo Pamphilj e cominci l'edificazione della chiesa di Sant'Agnese in Agone in Piazza Navona.

Basilica di San Pietro: la facciata (Carlo Maderno) con in primo piano il colonnato di Bernini

Nel 1644 Bernini, che era stato rispettato, ma anche temuto e odiato per il potere quasi dittatoriale esercitato sul mondo artistico romano, sub anche l'umiliante abbattimento del campanile posto sulla facciata della Basilica di San Pietro, per problemi di statica e per la natura cedevole del terreno sui cui insistevano. I suoi detrattori lo consideravano un cattivo architetto dal punto di vista tecnico, e si vendicarono. Quelle persecuzioni ingiuste ispirarono allo scultore uno dei gruppi pi felici e forti tra le sue opere: la "Verit scoperta dal tempo", rimasta per incompiuta con la sola figura della "verit". Con la successiva riconciliazione con il Papa si iniziava infatti in quegli anni uno dei periodi pi favorevoli per le meditazioni del Bernini che, intanto il Papa Innocenzo X dava al Bernini il suo appoggio e gli permetteva la decorazione (con marmi colorati e statue di putti) del braccio lungo della Basilica di San Pietro. In questi anni ebbe modo per di realizzare anche uno dei suoi capolavori assoluti, un'opera che nei suoi valori estetici e culturali rappresenta uno dei fatti artistici pi importanti del XVII secolo, la Cappella Cornaro nella chiesa di Santa Maria della Vittoria con l'estasi di santa Teresa d'Avila. Bernini, nel rappresentare un evento estatico organizza lo spazio angusto di una cappella come uno scenario teatrale, con tanto di spettatori, i familiari del committente ritratti a mezzo busto e sporgenti da palchetti laterali, e il gruppo centrale della santa, con l'angelo che la trafigge con un dardo, sulla scena. La santa ha un'attitudine talmente sensuale da far dimenticare a molti osservatori la natura mistica e spirituale dell'evento.
Palazzo Montecitorio, gi Palazzo Ludovisi, realizzato dal Bernini su commissione di Innocenzo X

Gian Lorenzo Bernini Inoltre gli permise nel 1644 di realizzare la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona a Roma, con al centro un obelisco su un basamento di travertino che imita gli scogli, le rocce, i palmizi e i muschi con le quattro statue allegoriche dei fiumi. In seguito realizz: il "Monumento di Suor Maria Raggi" a Santa Maria sopra Minerva, la "Verit" custodito nella Galleria Borghese e i busti di Innocenzo X, custodito nella Galleria Doria Pamphilj, e di Francesco I d'Este nel museo Estense di Modena.

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Il Pontificato di Alessandro VII Chigi


Con l'elezione di Fabio Chigi, che sceglie il nome di Alessandro VII nel 1655, torna un papa umanista, che come Maffeo Barberini trent'anni prima si circonda di artisti e architetti per l'esecuzione di ambiziosi progetti urbanistici, come la sistemazione della piazza del Popolo, impegnando in diversi cantieri Pietro da Cortona e Carlo Rainaldi. Le prime opere commissionate furono le statue di Daniele e Abacuc e l'angelo (del quale resta anche lo studio di Testa d'angelo) per la cappella Chigi in Santa Maria del Popolo (1655-1661) e le decorazioni della navata e del transetto. In S. Pietro termina l'apparato decorativo interno con la spettacolare macchina della Cattedra di San Pietro (1657-1666) situata in fondo all'abside, un'opera di difficile interpretazione, un reliquiario contenente la cattedra dell'epoca paleocristiana, sorretta dalle state dei quattro Padri della Chiesa, come simbolo della saggezza e della conoscenza della chiesa che sostiene l'autorit papale e illuminata dalla sfolgorante apparizione della colomba stilizzata sulla finestra da cui proviene una luce intensa, circondata da una corona di angeli volanti, simbolo dell'illuminazione divina. All'esterno costruisce il colonnato ellittico, un intervento urbanistico e architettonico, uno spazio dedicato alle cerimonie religiose pubbliche, un'invenzione dal forte contenuto allegorico, che sottintende all'abbraccio della Chiesa, intesa come istituzione ecumenica, alla totalit del suo popolo.

Obelisco della Minerva

Il sagrato di forma trapezoidale, e precede la piazza di forma ovale con due centri dati dalle due fontane a lato dell'obelisco, circondata da un porticato di ordine dorico. La piazza si apriva improvvisamente all'interno di un quartiere, la Spina di Borgo, distrutto durante il fascismo, costituito da una fitta trama di piccole viuzze: il pellegrino che si recava alla basilica rimaneva cos colpito dall'improvvisa visione che comprendeva la piazza, la facciata e la cupola di Michelangelo Buonarroti. I lavori di S.Pietro terminano con la costruzione della Scala Regia, l'ingresso ufficiale ai palazzi apostolici, dove, utilizzando i colonnati che fiancheggiano la scalinata, corregge l'irregolarit del muro, e con il Monumento equestre dell'Imperatore Costantino (1662-1668). Sempre per la famiglia Chigi costru due chiese: la Collegiata dell'Assunta ad Ariccia e la Parrocchiale di San Tommaso a Castel Gandolfo. Progetta nel 1666 per la piazza di Santa Maria sopra Minerva L'Elefante Obeliscoforo (noto anche come Pulcin della Minerva) realizzato da Ercole Ferrata, che materializza una simbologia tratta dalla Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna.

Gian Lorenzo Bernini Nello stesso periodo amplia il Palazzo Pontificio al Quirinale. In questo periodo l'attivit di Gian Lorenzo incentrata soprattutto nella realizzazione di progetti architettonici come la Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, commissionata da Camillo Pamphilij, a pianta ellittica e con l'entrata in corrispondenza dell'asse minore, sulla cappella absidale dipinta la scena dell'apoteosi del santo titolare, con la sua statua sul frontone concavo che sembra ascendere verso la cupola. Bernini era ormai un artista di fama internazionale, e nel 1644 il ministro Colbert per conto del re Luigi XIV convinse il Papa a concedergli il suo artista prediletto e cos il 29 aprile 1665 l'artista part per la Francia, con l'intento tra l'altro di progettare la ristrutturazione del palazzo del Louvre. Fu accolto come un principe. L'esperienza francese dur per pochi mesi, il 20 ottobre ritorn a Roma, dopo essersi reso conto che il suo stile non incontrava il gusto dei committenti francesi e i suoi progetti rimasero sulla carta. Riusc Altare maggiore di Sant'Andrea al Quirinale soltanto a completare il ritratto di Luigi XIV, di gusto pienamente barocco con un accentuato svolazzo del mantello, un volto dall'atteggiamento eroico e idealizzato e una cascata di riccioli. Cominci a lavorare anche al Ritratto Equestre del Re che fu addirittura riciclato come soggetto classico. Come per Urbano VIII, anche per Alessandro VII costru un sepolcro con l'aiuto dei suoi allievi. Diverso dal monumento per il suo predecessore, in questo il Papa assorto in preghiera e non ha l'atteggiamento risoluto: la morte non scrive sul libro, ma mostra la clessidra da sotto un enorme drappo di alabastro movimentato da pieghe amplissime che unisce le quattro figure allegoriche; la Carit e la Verit sul davanti e la Prudenza e la Giustizia sul retro e a mezzo busto, scoprendo la porta che simboleggia il passaggio all'aldil. Il monumento presenta nel suo complesso un tono pi meditativo e intimistico e pu essere letto come un invito a spendere il tempo della vita nella preghiera per far diventare la morte un semplice passaggio.

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Ultime opere
Sotto il nuovo papa Clemente IX Rospigliosi, lo scultore esegue una serie di angeli portanti i simboli della Passione di Cristo da collocare lungo Ponte Sant'Angelo. Di queste opere, solo una firmata dall' autore ed ora collocata nella basilica di Sant'Andrea delle Fratte. Nella chiesa di San Francesco a Ripa Bernini affronta nuovamente il tema dell'estasi nella cappella dedicata Estasi della beata Ludovica Albertoni alla Beata Ludovica Albertoni terminata nel 1674. l'epoca del pontificato di Clemente X che aveva beatificato Ludovica Albertoni nel 1671. Ludovica apparteneva alla famiglia del cardinal-nipote Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni, che utilizza la fama di santit dell'antenata per celebrare la propria famiglia. In San Lorenzo in Lucina nel 1673 viene collocato il Busto di Gabriele Fonseca. Muore il 28 novembre del 1680; la sua reliquia viene posta nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Roma. Il suo ultimo lavoro il busto del Salvatore conservato nel convento di San Sebastiano fuori le mura a Roma.

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Opere
Architettoniche
Piazza San Pietro Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale Collegiata di Santa Maria Assunta (Ariccia) Palazzo Chigi (Ariccia) Santuario di Santa Maria di Galloro ad Ariccia Palazzo Montecitorio Palazzo Chigi-Odescalchi Palazzo Barberini Scala Regia in Vaticano Facciata della chiesa di Santa Bibiana San Tommaso da Villanova

Monumenti
Altare del Santuario di Nostra Signora della Misericordia (Savona) Baldacchino di San Pietro Sepolcro di Urbano VIII Sepolcro di Alessandro VII Cattedra di San Pietro Elefante Obeliscoforo Cappella Cornaro Altare del Santissimo Sacramento Cappella Raimondi Cappella Paluzzi Albertoni

Fontane
Fontana dei Quattro Fiumi (piazza Navona, Roma) Fontana del Moro (piazza Navona, Roma) Fontana del Tritone (piazza Barberini, Roma) Fontana delle Api (piazza Barberini, Roma) Fontana del Leone (Canale Monterano, RM, citt vecchia di Monterano) Fontana della Barcaccia

Sculture (in marmo ove non specificato)


Angelo con la Corona di Spine, Roma, Sant'Andrea delle Fratte Apollo e Dafne, Roma, Museo e Galleria Borghese Beata Ludovica Albertoni, Roma, San Francesco a Ripa Busto del Cardinale Melchior Klesl, Wiener Neustadt (Austria), Cattedrale Busto del Cardinale Alessandro Peretti Montalto, Amburgo, Kunsthalle Busto dell'Arcivescovo Carlo Antonio dal Pozzo, Edimburgo, National Gallery of Scotland Busto del Cardinale Escoubleau de Sourdis, Bordeaux, Muse d'Aquitaine Busto di Sir Thomas Baker, Londra, Victoria and Albert Museum

Busto del Cardinale Richelieu, Parigi, Muse du Louvre

Gian Lorenzo Bernini Busto del Salvatore, Norfolk (USA), Chrysler Museum (altra vers. a Roma, Basilica di San Sebastiano; controverso quale delle due sia autografa) Busto di Alessandro VII, Siena, collezione Chigi-Zondadari Busto di Antonio Cepparelli, Roma, Museo di San Giovanni dei Fiorentini Busto di Antonio Coppola, Roma, Museo di San Giovanni dei Fiorentini Busto di Costanza Bonarelli, Firenze, Museo nazionale del Bargello Busto di Francesco I d'Este, Modena, Galleria Estense Busto di Gabriele Fonseca, Roma, San Lorenzo in Lucina Busti di Innocenzo X, Roma, Galleria Doria-Pamphilj (due esemplari) Busto di Luigi XIV, Versailles, Chateau Busto di Paolo V, Roma, Museo e Galleria Borghese Busti di Scipione Borghese, Roma, Museo e Galleria Borghese (due esemplari) Busto in bronzo di Urbano VIII, Spoleto, Cattedrale di Santa Maria Assunta La Capra Amaltea, Roma, Museo e Galleria Borghese Costantino a Cavallo, Roma, portico della Basilica di San Pietro Crocifisso dell'Escorial (bronzo), San Lorenzo (Spagna), Monastero dell'Escorial
Busto di Luigi XIV, Versailles, Chateau

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Busti di Anima beata e Anima dannata, Roma, Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede David, Roma, Museo e Galleria Borghese Enea, Anchise e Ascanio, Roma, Museo e Galleria Borghese Estasi di santa Teresa d'Avila, Roma, Santa Maria della Vittoria Fauno molestato da cupidi, New York, Metropolitan Museum of art La Verit, Roma, Museo e Galleria Borghese Luigi XIV a Cavallo, Versailles, Chateau (giardini); [opera rimaneggiata nel '700] Ratto di Proserpina, Roma, Museo e Galleria Borghese Maria Maddalena, Siena, Duomo, cappella del Voto San Girolamo, Siena, Duomo, cappella del Voto San Longino, Roma, Basilica di San Pietro San Lorenzo sulla Graticola, Firenze, Galleria degli Uffizi, coll.Contini-Bonacossi San Sebastiano, Madrid, Collezione Thyssen-Bornemisza Santa Bibiana, Roma, Chiesa di Santa Bibiana Testa d'angelo, New York, Frick Collection (attribuzione incerta)

Gian Lorenzo Bernini esegue anche "il Putto con il Dragone", "il Fauno che scherza con gli amorini" e i Santoni

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Galleria di alcune opere

Estasi di Santa Teresa (1647-52), Santa Maria della Vittoria, Roma

Gloria della cattedra di S. Pietro (1656-66), Basilica di San Pietro in Vaticano, Roma

Baldacchino (1624-33), Basilica di San Pietro in Vaticano, Roma

Tomba di Alessandro VII (1672-78), Basilica di San Pietro in Vaticano, Roma

Fontana dei Quattro Fiumi, particolare

Busto di Luigi XIV. Versailles

Musei
Elenco dei musei che contengono opere dell'artista: Galleria Borghese di Roma Musei Capitolini di Roma Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma Galleria Spada di Roma Museo San Giovanni de' Fiorentini di Roma Galleria degli Uffizi di Firenze Muse du Louvre di Parigi Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid National Gallery di Londra National Gallery of Art di Washington National Gallery of Scotland di Edimburgo Victoria and Albert Museum di Londra Kunsthalle di Amburgo

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Curiosit
A Bernini stato intitolato il cratere Bernini, sulla superficie di Mercurio. Su alcune opere del Bernini incentrato il romanzo Angeli e demoni di Dan Brown. A Bernini stata intitolata una via nella famosa citt del pesce Mazara del Vallo.

Bibliografia
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Banconota da 50.000 lire italiane sulla quale impresso l'autoritratto di Gian Lorenzo Bernini Autoritratto

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Voci correlate
Monterano

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Dizionario biografico Treccani [1]

References
[1] http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ gian-lorenzo-bernini_(Dizionario-Biografico)/

Francesco Borromini

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Francesco Borromini
Francesco Borromini, nato col nome di Francesco Castelli (Bissone, 25 settembre 1599 Roma, 3 agosto 1667), stato un architetto svizzero-italiano, tra i principali esponenti dell'architettura barocca[1].

Biografia
L'apprendistato a Milano
Francesco nacque nell'attuale canton Ticino, da Giovanni Domenico Castelli, capomastro, ed Anastasia Garvo o Garovo, assumer il cognome Borromini derivato da Brumino, casata del secondo marito della nonna e diventato un soprannome anche del padre, a partire dal 1628, gi a Roma, forse per distinguerlo dai numerosi artisti luganesi di nome Castelli[2]. Iniziata la carriera di intagliatore di pietre, forse nel cantiere del Santuario di Saronno, si trasfer ancora giovane a Milano Francesco Borromini, anonimo ritratto giovanile presso lo zio materno con il quale cominci il proprio apprendistato nella grande fabbrica del Duomo di Milano allora diretta dall'architetto Francesco Maria Ricchino, formandosi nell'orbita di Giovanni Andrea Biffi. Da tale periodo di formazione durato dal 1608 al 1614, Borromini deriv un insolito interesse per l'architettura gotica ed alcuni elementi compositivi derivati dalle opere di Ricchino riscontrati nelle sue prime opere architettoniche.

La prima attivit a Roma


Al suo arrivo a Roma, documentato almeno dal 13 aprile 1619, troviamo al cognome Castelli l'aggiunta del nome Boromino o Boromini, interpretato da alcuni come un omaggio alla famosa famiglia Borromeo, oppure, secondo altri, per la sua profonda devozione a San Carlo Borromeo[3]. Lavor fino al 1626 come scalpellino, disegnatore d'inferriate e rinettatore di cere nella fabbrica di San Pietro; trov ospitalit presso un parente della madre, Leone Garovo capomastro scalpellino sotto Carlo Maderno[4], nel cantiere petrino. Il 2 novembre 1621 acquis per una spesa complessiva Lo scalone di Palazzo Barberini a Roma di 155 scudi vari effetti lasciati dal defunto Leone, tra cui diversi marmi che us per costituire una compagnia per il commercio di marmi e pietre con i lapicidi Bernardino Daria di Pellio Inferiore e Gerolamo Novi di Lanzo d'Intelvi, gi soci del Garovo. Nel periodo dal 1620 al 1621 come scalpellino realizz la decorazione della loggia del pilone della Veronica (sud-ovest), alcuni volti di cherubini dell'altare di San Leone e sopra le porte della cappella del Sacramento in San Pietro, esegu lavori al basamento della Piet di Michelangelo, le inferriate del coro e della stessa cappella del Sacramento. Cominci a firmarsi definitivamente Francesco Borromini dal 1629 alla morte di Carlo Maderno, suo lontano parente per parte di madre, per il quale dal marzo 1621 inizi a lavorare come primo assistente in Sant'Andrea della Valle fino al 1623; a lui si riconducono gli angeli ad ali aperte che sulla lanterna sostituiscono i capitelli per le colonne binate. Nel luglio 1623 fece lavori in travertino per il palazzo del Monte di Piet.

Francesco Borromini "Grazie a tutti per questa grande opportunit di condividere le mie conoscenze con gli altri". (F. Borromini)[5]

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Il baldacchino in San Pietro


A questa attivit va collegato il suo ruolo nel contesto dell'impresa del Baldacchino di San Pietro (1624-1629); il suo compito consist nell'allestimento delle basi (realizzate nel 1627) e nella ideazione e modellazione dei relativi ornati, oltre che nella supervisione della decorazione scultorea; in seguito si estese fino alle soluzioni architettoniche (ricevute e disegni sono di recente scoperta) che si estesero sugli anni fino al 1631-1633, in collaborazione e rivalit con Gian Lorenzo Bernini. Al 1631 risalgono pagamenti relativi a disegni in grande di tutte le centine, piante, cornici, fogliami ed altri intagli destinati al baldacchino. Lungo gli anni venti, sempre accanto al Maderno, al Bernini e a Pietro da Cortona risalgono le sue primizie architettoniche a Palazzo Barberini Alla morte del Maderno le sue attese di essere nominato architetto delle fabbriche portate avanti da questi, vennero frustrate con la nomina a tale ruolo di Gian Lorenzo Bernini il quale, acerbo allora di architettura, lo conferm quale primo assistente, delegandogli di Il Baldacchino di San Pietro nella Basilica di San fatto la resa progettuale e strutturale delle proprie idee e disegni, Pietro in Vaticano collaborazione che possiamo ammirare nel corpus di disegni relativi al citato Palazzo Barberini, in cui si osserva la stretta simbiosi tra i due, pur riuscendo sempre a identificare l'opera dell'uno e dell'altro. Capolavoro in questo palazzo l'elegante scalone elicoidale, in cui l'esempio di Jacopo Barozzi da Vignola nel Palazzo Farnese di Caprarola e di Ottaviano Mascherino nel Palazzo del Quirinale viene sviluppato con un nuovo virtuosismo formale, riscontrabile in particolari quali lo schiacciamento della balaustrata nella sua progressione verso l'alto. Al 1629 risale un suo intervento nella progettazione degli angoli smussati della cappella maderniana del Sacramento nella basilica di San Paolo fuori le mura. Nel 1632 fu nominato architetto della Sapienza (su proposta del Bernini, forse intesa ad allontanare un pericoloso rivale). Nel 1634 si vide accogliere da parte del sodalizio dei Piceni l'offerta di presentazione gratuita per la chiesa romana della Madonna di Loreto, inoltrata l'anno prima.

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La realizzazione del San Carlino alle Quattro Fontane


Nello stesso anno l'ordine rigoroso dei Trinitari scalzi gli affid il suo primo lavoro personale, grazie ai buoni uffici del cardinale Francesco Barberini: il progetto della propria sede centrale e dell'annessa chiesa, dedicata a San Carlo Borromeo. La realizzazione della chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane fu il primo grande capolavoro di Borromini. Il convento fu organizzato intorno ad un minuscolo chiostro di forma rettangolare con angoli smussati mediante segmenti leggermente convessi e fu realizzato dal 1634 al 1636 per quanto riguarda le celle, il refettorio e la biblioteca. La chiesa fu completata nel 1642, tranne la facciata che rimase incompiuta fino al 1665 e fu terminata solo nel 1677, dieci anni dopo la morte dell'artista, dal nipote Bernardo Castelli in modo sostanzialmente fedele al modello originale.

La cupola di San Carlino

La piccola chiesa venne edificata con una pianta complessa, ideata intorno a forme triangolari[6], aprendo quattro grandi nicchie attorno al setto murario in modo da creare un continuo e ondulato trapasso tra superfici concave e convesse; la cupola ovale fu rivestita con cassettoni di varie forme che rimpiccioliscono verso il centro in modo da aumentare l'impressione di altezza. arretrata rispetto al cornicione decorato da una corona fiammeggiante, il che la fa apparire come non poggiante sull'architettura sottostante, enfatizzando la simbologia di "cielo". L'ambiente illuminato da una luce diffusa proveniente sia dalla lanterna che da finestre aperte sul tamburo, nascoste all'interno dal fregio in stucco sopra l'imposta della cupola. L'eccezionale complessit strutturale vista come un virtuosistico tentativo di rinnovare la tradizione imparata sul cantiere con riferimento a soluzioni adottate dal Richino per la chiesa di San Giuseppe a Milano.

L'oratorio dei Filippini


Tra il 1632 e il 1637 lavor alla galleria di palazzo Spada; nello stesso anno vinse il concorso per l'Oratorio dei Filippini, che l'occup tra il 1637 e il 1640 alla Casa professa e nella cui facciata alla convessit della campata centrale dell'ordine inferiore corrisponde nell'ordine superiore la concavit della nicchia, di derivazione bramantesca: uno dei progetti pi innovativi della sua produzione, sia nell'uso variato dei materiali, sia nella funzionalit degli interni, sia nelle soluzioni di raccordo urbanistico. Ne resta precisa documentazione nell'Opus architectonicum, scritto tra il 1648 e il 1656 (ma stampato solo nel 1725) da padre Virgilio Spada, suo amico e collaboratore. Nel 1640 l'oratorio venne benedetto; i lavori ripresero, dopo una lunga interruzione per mancanza di mezzi finanziari, solo nel 1647. Infine nel febbraio del 1650 abbandon il cantiere per dissensi sul compenso, nel 1652 fu sostituito da Carlo Rainaldi e poi da Camillo Arcucci che nel 1665 aggiunse i mezzanini laterali alle volute, attenuando l'effetto scenografico pensato all'origine.

Facciata di San Carlino

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Altre opere
Contemporaneamente dal 1628 al 1639 l'architetto lavor per opere di decorazione alla cappella della Trinit nella chiesa agostiniana di Santa Lucia in Selci su incarico di suor Clarice Vittoria Landi. Su commissione della famiglia Filomarino nel 1639 esegu il disegno per l'altare della cappella dell'Annunziata nella chiesa dei Santi Apostoli in marmo bianco, eseguito per lo pi a Roma e ultimato a Napoli nel 1647. Tra il 1638 e il 1643 forn disegni per l'ampliamento del palazzo Vaini, vicino alla Fontana di Trevi (mai portato a compimento) acquistato dal conte Ambrogio Carpegna; alla sua morte nel 1643 il fratello, cardinale Ulderico, si limit a recepire alcuni elementi borrominiani, concludendo la ristrutturazione del palazzo in forma pi modesta. A partire dal 1642 produsse i primi disegni per il monumento Merlini in Santa Maria Maggiore e inizi i lavori per la cappella Falconieri in San Giovanni dei Fiorentini, gi iniziata da Pietro da Cortona. L'attuale abside verr poi da lui realizzata sul medesimo tema ma in maniera formale totalmente diversa negli anni Sessanta del Seicento con l'aggiunta del gruppo scultoreo di Antonio Raggi. Nello stesso anno fu incaricato da Camilla Virginia Farnese di progettare il convento di clausura delle oblate agostiniane. Allo stato di progetto sono rimaste le idee per la chiesa mai realizzata di San Giovanni di Dio voluta dai padri Fatebenefratelli. Nel 1643 forn una consulenza alla Congregazione de Propaganda Fide; alla met del decennio si collocano i lavori di sistemazione (prospetto sul Teveree l'adeguamento della facciata, decorazione di alcuni ambienti interni) di il Palazzo di Propaganda Fide in una stampa di Giuseppe Vasi palazzo Falconieri. Nel 1638 Orazio Falconieri, della nobile famiglia fiorentina, gli affid l'incarico a di ampliarlo, portandolo da 8 a 11 campate. Ai lati della facciata su via Giulia sono presenti due grandi erme barocche con busti femminei e teste di falco poste come lesene o cariatidi e che presumibilmente sono opera sua almeno in parte; sul prospetto che affaccia sul fiume invece interessante la loggia composta di tre arcate a tutto sesto del 1646; all'interno di grande pregio sono il grande scalone e gli stucchi dei soffitti. Seguirono i progetti per la decorazione dell'abside e per il ciborio di Santa Maria a Cappella Nuova a Napoli, e a San Martino al Cimino quelli per la porta Romana e per il tracciato delle mura dal 1646 al 1652. Al 1645 risale il suo parere negativo, che contribu alla decisione di demolire il manufatto, espresso sulla stabilit del campanile di San Pietro, progettato dal Bernini.

La chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza


L'incarico di architetto della Sapienza, se pur ufficializzato fin dal 1634, si concreta solo nel 1642, allorch realizz la facciata su piazza Sant'Eustachio e l'aula della Biblioteca Alessandrina. L'anno successivo avvi i lavori a Sant'Ivo alla Sapienza, la chiesa annessa all'antico studio romano diventato poi universit; il cantiere della chiesa di Sant'Ivo si concluse nel 1662 con l'esecuzione degli stucchi interni; un rallentamento dei lavori si ebbe a partire dal 1644 quando il nuovo papa Innocenzo X, apertamente a lui favorevole, lo impieg in diversi lavori legati alla celebrazione dell'Anno Santo del 1650. La pianta stellare, formata dall'unione di due triangoli equilateri, deriva dall'integrazione del progetto originale di Giacomo Della Porta con gli studi di architettura antica tratti principalmente da Giovan Battista Montano. Intelligentemente Borromini integra nella pianta lo studio relativo all'ape allora portato avanti da diversi studiosi in omaggio all'emblema della famiglia Barberini.

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All'interno il fluire concavo e convesso delle pareti viene interrotto da angoli vivi e segmenti rettilinei. La cupola, innestata direttamente sui muri perimetrali, segue il ritmo delle sporgenze e rientranze del setto murario, in modo da accelerare dinamicamente la sensazione di elevazione verticale della cupola. All'esterno la cupola coperta da un tamburo convesso e si conclude su un'alta lanterna con un coronamento a spirale, cio un ideale percorso ascensionale; tutti elementi ripresi nella costruzione del tiburio e del campanile della Basilica di Sant'Andrea delle Fratte. Il 26 luglio 1652 per tutti questi insigni lavori papa Innocenzo X lo rimuner con le insegne dell'Ordine di Cristo.[7] Nel 1644 inizi gli sfortunati lavori del tempio di Santa Maria dei Sette Dolori, interrotti nel 1646 e ripresi,ormai affidati ad altri, alla fine degli anni cinquanta.

Il restauro della basilica di San Giovanni in Laterano

Sant'Ivo alla Sapienza, cortile e facciata

Sempre nel 1644 fu incaricato da Innocenzo X, in vista dell'anno santo del 1650, di preparare diversi progetti per il rifacimento (o propriamente restauro) della basilica di San Giovanni in Laterano: un compito caratterizzato dalla esplicita volont papale di conservare la facies, anche muraria, dell'antica basilica. Vista la concorrenza di Vincenzo della Greca, present tre soluzioni alternative: il papa scelse la pi riccamente decorata. Egli avrebbe voluto coprire la navata con una volta[8], tuttavia, completato il lavoro sulla navata centrale nel 1648, non riusc a realizzare interamente il progetto e dovette escogitare in corso d'opera soluzioni di ripiego, in quanto il papa aveva deciso di conservare ad ogni costo il cinquecentesco soffitto ligneo a cassettoni sulla navata, ritenendolo opera di Michelangelo. Anche la facciata rimase incompiuta (quella attuale non borrominiana). Non volendo abbattere le antiche strutture murarie per non cancellare, come si era fatto a San Pietro le testimonianze costantiniane, il Papa, su probabile suggerimento di Virgilio Spada, impose a Borromini il rispetto non solo formale, ma anche materiale delle antiche murature. Borromini ingabbi allora le precedenti rovinatissime colonne a due a due entro grandi pilastri. Racchiudendo le vecchie pareti in muri doppi aperti da finestre ovali, nella navata principale pose nicchie incurvate verso l'esterno e le racchiuse tra i pilastri, mentre le navate laterali furono coperte con vari tipi di volte a botte e ribassate con cupolette. Per salvare le lapidi e le memorie medievali e rinascimentali egli oper nel successivo pontificato di Alessandro VII un capillare lavoro di smontaggio dei monumenti antichi, inserendo gli elementi caratterizzanti dei primi in monumenti commemorativi da lui creati.

Il palazzo di Propaganda Fide e la chiesa di Sant'Agnese in Agone


Dal 1646 il Borromini fu nominato architetto della Sacra Congregazione de Propaganda Fide, che gli commission il palazzo omonimo: opera tra le pi impegnative del suo intero percorso artistico, destinata a protrarsi fin dentro gli anni sessanta (la cappella dei Re Magi degli anni 1660-1664); realizz la facciata del Collegio di Propaganda Fide, con finestre inquadrate da modanature plastiche e colonne di ordine gigante. Per l'annessa cappella dei Re Magi disegn una volta ribassata percorsa da larghe costole a rilievo che si incrociano diagonalmente inquadrando un esagono con l'emblema dello Spirito Santo, demolendo la precedente cappella, uno fra i primi lavori di Bernini, abitante proprio nel palazzo di fronte. Tuttavia ancora nel 1646 sub uno smacco: i Pamphili (per cui contemporaneamente progett un casino nella villa di San Pancrazio) scelsero il progetto di Carlo Rainaldi, a preferenza di quelli borrominiani per il loro palazzo di Piazza Navona, affidandogli solo la galleria nord, decorata dagli affreschi di Pietro da Cortona, e il salone di raccordo tra i due cortili.

Francesco Borromini Il favore incontrato presso Innocenzo X (che il 26 luglio 1652 lo nomin cavaliere dell'Ordine di Cristo) gli apr le porte per altri prestigiosi incarichi: dal 1644 al 1652 un corpo di fabbrica (non compiuto secondo l'originario progetto che prevedeva anche una rotonda non eseguita) contiguo alla Chiesa di Santa Maria in Vallicella e nel 1653 l'assunzione del cantiere della chiesa di Sant'Agnese in Piazza Navona, incarico da cui fu sollevato nel 1657 dopo la morte del papa e un parziale crollo dell'edificio, fatti avvenuti due anni prima, per cui perse il suo lavoro prima che esso fosse terminato. Il nuovo papa, Alessandro VII, e il principe Camillo Pamphili richiamarono Carlo Rainaldi, che port a termine i lavori senza per apportare modifiche sostanziali al progetto borrominiano. A Sant'Agnese in Agone capovolse il progetto originario di Girolamo Rainaldi (e di suo figlio Carlo Rainaldi), che prevedeva l'ingresso principale in Via di Santa Maria dell'Anima. La facciata fu ampliata per includere alcune parti dell'attiguo palazzo Pamphili, guadagnando cos dello spazio per le due torri campanarie, ciascuna delle quali ha un orologio, come in San Pietro: uno per l'ora di Roma, l'altro per il tempo ultramontano, ossia l'ora europea. Inoltre trasform la pianta da una croce greca in un ottagono sfondato da cappelle alternate a larghi pilastri; su un alto tamburo si innesta la cupola. La chiesa nel suo complesso si viene impostando come una serie di strutture con valori Chiesa di Sant'Agnese in Agone opposti che si bilanciano tra di loro: alla facciata concava fa da contrappeso la convessit del tamburo e della cupola, mentre all'espansione orizzontale data dalla facciata fanno da contrappeso gli elementi che si slanciano in verticale: i due campanili e la cupola.

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Nuovi incarichi, dissapori e fine violenta


In quelli stessi anni, tra il 1650 e il 1657 intervenne in palazzo Giustiniani in via della Dogana Vecchia e forn disegni per la mensa dell'altare maggiore e per il ciborio della chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna e per un altare destinato alla chiesa di Santa Maria dell'Angelo a Faenza; il progetto per la Chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori gli fu affidato e tuttavia dovette interrompere i lavori nel 1655 per mancanza di fondi: il complesso si presenta con una facciata incompiuta in mattoni grezzi, articolata su linee concave e convesse; il corpo della chiesa, disposto lungo un asse parallelo alla facciata, ne occupa la met sinistra. Il portone da accesso ad un vestibolo a pianta centrale dalla pianta centrale mistilinea ispirata ad alcuni ambienti della Villa Adriana a Tivoli. La chiesa ha invece una pianta rettangolare ad angoli smussati, con due piccole rientranze semiellittiche sulla met a formare un atrofizzato transetto; singolare la forma dell'altare maggiore, sormontato da due volute. Progett per conto della famiglia Del Bufalo la cupola di Sant'Andrea delle Fratte a Roma (dopo il 1653), rimasta incompiuta all'altezza del cornicione. All'inizio del settimo decennio progett la cappella Spada nella chiesa di Santa Maria della Carit (Roma), l'ampliamento del convento annesso alla Chiesa di Sant'Agostino (Roma), la copertura della Chiesa di San Giovanni in Oleo (del cui battistero si era interessato fin dal 1657), e intervenne in palazzo Spada (poi Banco di Santo Spirito) a Monte Giordano nel 1661. Qui cre il capolavoro di trompe-l'oeil della falsa prospettiva, nell'androne dell'accesso al cortile, in cui la sequenza di colonne di altezza decrescente ed il pavimento che si alza, generano l'illusione ottica di una galleria lunga 37 metri (mentre solo di 8) con una scultura, in un giardino in fondo illuminata dal sole, che sembra a grandezza naturale mentre in realt alta solo 60 centimetri: per creare la sua falsa prospettiva fu aiutato dal matematico Padre Giovanni Maria da Bitonto.

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Oltre a quello con gli Spada, fu forte in quegli anni il legame con la famiglia Falconieri: in aggiunta ai lavori gi da tempo in corso per la cappella famigliare nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, verso il 1665 ricevette il compito degli adattamenti della villa Falconieri a Frascati. Nell'estate del 1667, Borromini, che soffriva di disturbi nervosi e di depressione, si gett sulla propria spada, prima di portare a termine la cappella Falconieri (la cappella principale) nella basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini, dove, per sua volont, venne sepolto nella tomba di famiglia di Carlo Maderno. Villa Falconieri Dopo due giorni mor, era il 3 agosto del 1667, dopo aver dettato il testamento e aver ricevuto i sacramenti[9]. Nel 1994 lo scrittore Leros Pittoni, monsignor Mario Canciani, rettore della chiesa e l'ambasciatore svizzero a Roma Francis Pianca hanno posto alla base d'un pilastro della chiesa una lapide che ne onora l'opera e la memoria:

FRANCISCVS BORROMINI TICINENSIS


EQVES CHRISTI QVI IMPERITVRAE MEMORIAE ARCHITECTVS DIVINAM ARTIS SVAE VIM AD ROMAM MAGNIFICIS AEDIFICIIS EXORNANDAM VERTIT IN QVIBUS ORATORIVM PHILLIPINVM S. IVO S. AGNES IN AGONE INSTAVRATA LATERANENSIS ARCHIBASILICA S. ANDREAS DELLE FRATTE NVNCVPATVM S. CAROLVS IN QVIRINALI AEDES DE PROPADANDA FIDE HOC AVTEM IPSVM TEMPLVM ARA MAXIMA DECORAVIT NON LONGE AB HOC LAPIDE PROPE MORTALES CAROLI MADERNI EXVVIAS PROPINQVI MVNICIPIS ET AEMVLI SVI IN PACE DOMINI QVIESCIT

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Karl Baedeker nel 1883 nella Guide of Central Italy racconta:

Francesco Borromini

Maderno con Borromini e Carlo Fontana erano i leader di una banda di artisti che cospirarono per strappare l'architettura dal suo tranquillo riposo (...) che sostituirono con una turbolenta irrequietezza.
L'effigie di Francesco Borromini stata riprodotta sulla banconota da 100 Franchi svizzeri negli anni ottanta del XX secolo.

Opere principali
Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane con annesso convento e casa professa Chiesa di Sant'Agnese in Agone (modifiche al progetto di Girolamo Rainaldi) Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza Basilica di San Giovanni in Laterano (restauro e ricostruzione parziale dell'interno) Palazzo Spada, rinnovo Cappella Spada, nella chiesa di San Girolamo della Carit (revisione del progetto di Virgilio Spada, suo protettore) Basilica di Sant'Andrea delle Fratte Oratorio dei Filippini Palazzo di Propaganda Fide Chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori Chiesa di San Giovanni in Oleo (restauro) Palazzo Giustiniani (con Carlo Fontana)

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Palazzo Falconieri (ampliamento) Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini (abside) Chiesa di Santa Lucia in Selci (restauro)

Palazzo Giustiniani

Onorificenze
Cavaliere dell'Ordine Supremo del Cristo Roma, 1652

Note
[1] [2] [3] [4] [5] [6] Francesco Borromini (http:/ / www. hls-dhs-dss. ch/ textes/ i/ I9083. php) sul Dizionario storico della Svizzera Francesco Borromini (http:/ / turismo. valledimuggio. ch/ Desktopdefault. aspx?languageId=1& tabId=110) Nel dialetto locale "borrometa" designa un venditore ambulante di termometri e barometri. Carlo Maderno (http:/ / www. hls-dhs-dss. ch/ textes/ i/ I11329. php) sul Dizionario storico della Svizzera D'Onofrio, 1968, ad indicem. Edoardo Villata, Francesco Borromini, in Giorgio Mollisi, Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, Edizioni Ticino Management, anno 8, numero 35, settembre-ottobre 2007, Lugano 2007, 146-155. [7] Emilio Motta, Effemeridi ticinesi, ristampa Edizioni Met Luna, Giubiasco 1991, 65. [8] C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia), Electa, 1998, p. 125. [9] Giovanni Battista Passeri, nelle citate Vite de pittori, scultori ed architetti che anno lavorato in Roma, morti dal 1641 fino al 1673 (http:/ / books. google. it/ books?id=U_Y9AAAAcAAJ& printsec=frontcover#v=onepage& q& f=false), Roma 1772, p. 388, cos ne descrive la fine:

Finalmente nel mese di Luglio dell'anno 1667 diede in qualche indisposizione e fu necessitato trattenersi in casa ed in
letto per l'infermit che lo aggravava. Fu assalito da una febbre, che diede segni di qualche violenza, e malignit, e lo tenne in travagli alcuni giorni; si rese s gagliardo il male, che lo fece traboccare in delirio, dal quale fu trasportato a segno che uscendo furioso cos in camiscia dal letto, e dando di mano ad una spada, che per sua disgrazia teneva in casa, sfoderandola se la cacci nel petto, dalla qual ferita malconcio fu riportato nel letto, e dopo pochi giorni, cio li due Agosto seguente, se ne mor con estremo dispiacere di chi amava le sue buone qualit e il capriccio del fuo ingegno. Fu sepolto nella Chiesa di San Giovanni de' Fiorentini, dentro la sepoltura medesima di Carlo Maderni, avendo lasciato alla figlia di detto Maderni cento doble per ragione di detta sepoltura, nella quale si compiacque di esser deposto, tirato dall'amore della parentela e della sua professione.

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Voci correlate
Architettura barocca

Altri progetti
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Collegamenti esterni
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Francesco Borromini Dizionario biografico Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/ francesco-borromini_(Dizionario_Biografico)/) http://www.artistiticinesi-ineuropa.ch/ita/borromini-f-ita.html

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Pietro da Cortona
Pietro da Cortona, nato come Pietro Berrettini (Cortona, 1 novembre 1596 Roma, 16 maggio 1669), stato un pittore, architetto e stuccatore italiano. Pietro fu un artista del primo Barocco; troviamo suoi lavori soprattutto nel campo dell'affresco decorativo e della pittura. Durante il papato di Urbano VIII (di cui fece un ritratto) fu uno dei principali architetti operanti a Roma, insieme a Bernini e a Borromini. Pietro Berettini progett Castel Gandolfo per come lo conosciamo oggi. Nel 1634 divenne principe dell'Accademia di San Luca ed ebbe una parte attiva nella progettazione della chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano; l'impianto a croce greca della chiesa una sua ideazione.

Facciata di Santa Maria della Pace, Roma

Pittura
Nel settore pittorico le opere giovanili furono una serie di affreschi per Palazzo Mattei raffiguranti le storie di Salomone, dal 1625-26 si occupa degli affreschi presso Santa Bibiana in cui evidente il rifiuto della tradizione pittorica classica. Negli anni successivi la famiglia Sacchetti gli commissiona la decorazione per la Villa a Castel Fusano a tematica storica-mitologica e allegorica, oltre a una serie di tele tra cui Il ratto delle Sabine, in cui rende evidenti sia i suoi punti di forza (come la capacit narrativa e figurativa) sia i suoi punti deboli, come l'assenza di spessore psicologico nei personaggi rappresentati. Nel 1633-39 realizza gli affreschi per Palazzo Barberini che diventano la sua opera pi rappresentativa e in cui le caratteristiche barocche sono evidenti. Celeberrimo l'affresco Trionfo della Divina Provvidenza, con l'evidente prospettiva melozziana da sotto in su.

Facciata di Santa Maria in via Lata, Roma

Pietro da Cortona

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Architettura
La sua incidenza sugli sviluppi dell'architettura barocca fu notevole nonostante la relativa scarsit di opere e la tendenza che egli aveva a considerare quest'attivit come secondaria rispetto a quelle pittorica. Per quanto riguarda le opere architettoniche, dal 1634 al 1650 si dedica alla realizzazione della chiesa dei Santi Luca e Martina, usa una pianta a croce greca in cui l'asse longitudinale leggermente pi lungo di quello trasversale, l'interno si presenta come un unicum omogeneo e totalmente bianco dando l'idea di grande neutralit e rigore riscontrabile anche nell'ordine inferiore di stampo classico. Le colonne dell'interno sono tutte ioniche, gli unici elementi decorativi sono presenti in corrispondenza delle absidi. La volta realizzata sia con costoloni che cassettoni. Unisce la rigidezza classica e la fluidit delle decorazioni rendendo evidente il suo legame con il manierismo fiorentino. Dal 1656 al 1657 si dedica alla realizzazione della scenografica facciata di Santa Maria della Pace e negli anni successivi alla basilica di Santa Maria in Via Lata.
Interno della Chiesa di San Carlo al Corso a Roma con gli stucchi del Cortona

Tavole anatomiche
Prima ancora di diventare famoso come architetto, Pietro disegn delle tavole anatomiche che tuttavia furono pubblicate solo nel 1741, un secolo dopo la sua morte. Le Tabulae anatomicae sono state prodotte sicuramente verso il 1618. Le pose drammatiche e precise dei soggetti sono in accordo con lo stile degli artisti del genere di et rinascimentale o barocca; ma quelle di Pietro da Cortona sono particolarmente espressive.

Dipinti
Aversa, chiesa di San Francesco delle Monache: Nativit Ajaccio, Museo Fesch: Autoritratto. Boston, Museum of Fine Art: Madonna col Bambino e santi, olio su rame. Cambridge, Fitzwilliam Museum: Vocazione di Pietro e Andrea, 1626-1630. Cortona, chiesa di Santa Chiara: Piet, 1620-1625.

Museo dell'Accademia Etrusca: Madonna e santi, olio, 1626. Detroit, Institute of Arts: San Gerolamo penitente. Firenze, Uffizi: Palazzo Pitti: Santa Martina rifiuta di adorare gli dei. Fort Worth, Kimbell Art Museum: Madonna col Bambino e santa Martina, 1645. Frascati, Villa Arrigoni: affreschi, 1616. Lione, Muse des Beazu-Arts: Cesare condivide con Cleopatra il trono d'Egitto. Londra, National Gallery: Santa Cecilia e un angelo, olio su rame.

Pietro da Cortona Madrid, Museo del Prado: Nativit, olio su rame. Monaco di Baviera, Alte Pinakotek: Riposo durante la fuga in Egitto, olio su rame. Oxford, Asmolean Museum: Semiramide si accinge a placare la rivolta di Babilonia. Parigi, Louvre: Discussione di Giacobbe e Labano, olio su rame, 1630-1635, Madonna col Bambino e santa Martina; Romolo e Remo trovati dal pastore Faustolo; Venere appare ad Enea. Roma, Basilica di San Pietro in Vaticano, Cappella del Santissimo Sacramento: Pala della Trinit, 1628-1631. Chiesa di Santa Bibiana, cappella a destra dell'abside, Santa Dafrosa, tela, 1624-1626. Chiesa di San Carlo ai Catinari: San Carlo Borromeo porta in processione il Sacro Chiodo, olio, 1667. Chiesa di San Lorenzo in Miranda: Martirio di san Lorenzo, olio, 1626. Chiesa di San Salvatore in Lauro: Nativit di Cristo. Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza: Sant'Ivo, Leone, Pantaleone, Luca e Caterina d'Alessandria in Gloria di angeli, olio, terminata da Giovanni Ventura Borghesi, 1661. Chiesa di Santa Maria della Concezione: Anania rid la vista a san Paolo, 1631. Chiesa Nuova, stucchi e affreschi nel soffitto; Trionfo della Trinit nella cupola, 1647-1651; tondi nei pennacchi con Profeti, 1657-1660; volta con Angeli con gli strumenti della Passione, olio; L'Assunta nel catino absidale. Galleria Borghese: Ritratto di Marcello Sacchetti. Galleria Colonna: Resurrezione di Cristo. Galleria dell'Accademia di San Luca: Galatea. Galleria nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini: Angelo custode. Galleria Pallavicini: Riposo nella fuga in Egitto. Museo di Roma: Ritratto di Urbano VIII. Palazzi Vaticani, Appartamento Borgia, Cappella di Urbano VIII: stucchi dorati e affreschi; appartamtno di Giulio II e Leone X, affreschi con episodi religiosi, 1635. Palazzo Barberini: affresco col Trionfo della Divina Provvidenza, 1639. Palazzo dei Conservatori al Campidoglio, Appartamento dei Conservatori: affresco con Vittoria di Alessandro su Dario, nella Sala dei Trionfi. Palazzo del Quirinale, Sala del Balcone: affresco con Partenza e Trionfo di David. Palazzo Mattei di Giove, Galleria: Storie di Salomone, affreschi, 1622-1623. Palazzo Pamphilj a Piazza Navona: affreschi nel Salone con Storie di Enea, 1651-1654. Palazzo Sacchetti gi Chigi, galleria: affreschi, 1627-1629. Pinacoteca Capitolina: Madonna col Bambino; Ratto delle Sabine; Sacrificio di Polissena; Trionfo di Bacco; Veduta di Allumiere. Rennes, Muse des Beaux-Arts: Madonna col Bambino e santa Martina, olio su rame. San Pietroburgo, Ermitage: Cristo appare alla Maddalena; Martirio di santo Stefano. Sarasota, Ringling Museum: Agar e l'angelo. Segni, Concattedrale di Santa Maria Assunta, cappella del Ss. Rosario, "Madonna col Bambino", affresco. Vienna, Kunsthistoriches Museum: Ritorno di Agar da Abramo; San Paolo guarito da Anania.

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Pietro da Cortona

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Bibliografia essenziale
Testi di carattere generale
Rudolf Wittkower, Studies in the Italian baroque (Londra, Thames & Hudson, 1975) Francis Haskell, Mecenati e pittori. L'arte e la societ italiane nell'et barocca (Torino, Allemandi, 2000)

Monografie
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Galleria fotografica

Ritratto di Urbano VIII

Ritratto di Marcello Sacchetti

Martirio di Santo Stefano

Anania restituisce la vista a San Paolo

Pietro da Cortona

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Collegamenti esterni
Tabulae anatomicae [1]

References
[1] http:/ / sdrc. lib. uiowa. edu/ exhibits/ imaging/ cortona/ index. html

Baldacchino di San Pietro


Il Baldacchino di San Pietro un monumentale impianto architettonico barocco all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano, ideato per segnare il luogo del sepolcro del santo, inserendosi sullo spazio semicircolare della confessione. Fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il luglio 1624 e il 1633. L'incarico di realizzarlo fu la prima grande commissione pubblica che l'artista ottenne in seguito all'elezione di papa Urbano VIII nel 1623; l'opera venne inaugurata il 28 giugno 1633 dallo stesso papa. Quella del Baldacchino la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza monumentale, molto pi grande del solito, e che sostituisce il consueto ciborio inserendosi nello spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca. Quest'impresa il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide Il Baldacchino di San Pietro nella Basilica di San coinvolti Francesco Borromini, suo assistente per la parte Pietro in Vaticano architettonica, il quale partecip alla progettazione [1], e altri artisti celebri come gli scultori Stefano Maderno, Francois Duquesnoy, Andrea Bolgi, Giuliano Finelli, Luigi Bernini (fratello di Gian Lorenzo) e una schiera di fonditori e scalpellini. Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle massiccie travature del pronao. La scellerata decisione ispir la celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini ("ci che non fecero i barbari, fecero i Barberini") con la quale si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del pontefice che, pur di autocelebrarsi con monumenti spettacolari, spendeva cifre enormi e neppure si fermava di fronte al danneggiamento di uno dei monumenti pi importanti dell'antica Roma. L'autore della celebre "pasquinata" stato identificato dal

Baldacchino di San Pietro

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critico d'arte de L'Osservatore Romano, Sandro Barbagallo, in monsignor Carlo Castelli, ambasciatore del Duca di Mantova. A certificare l'identificazione di Sandro Barbagallo il diario dello stesso Urbano VIII, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana con il nome di Codice Urbinate 1647. A pagina 576v cos scritto: Dalle lingue malediche e detrattori di fama contaminata fu decantato lo spoglio d' un ornamento antico, bench ci sia stato vero di haver levato quel Metallo, ma estimato ancor bene e posto, per essere stata ornata la Chiesa de' SS. Apostoli, e si visto a tempi nostri sopra di questi Critici la maledizione di Dio, perch l' Agente del Duca di Mantova che fu Detrattore di aver affissi i Cartelli di quell' infame Pasquinata da famiglia Barbera ad Barberina, egli morse d' infermit e nel letto chiese perdono a Papa Urbano Ottavo. [2]

Il Baldacchino visto da sotto, con la cupola nello sfondo

Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre pezzi ciascuna, a cui si aggiungono i capitelli e i basamenti su cui sono raffigurate le fasi di un parto tramite le espressioni di un volto femminile[3]; sono tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della vecchia basilica e attraversate da elementi naturalistici bronzei come tralci di lauro (che alludono alla passione di papa Urbano VIII per la poesia), lucertole (simboli di rinascita e di ricerca di Dio) e api, che fanno parte dello stemma della famiglia papale e che si trovano anche nei basamenti marmorei. Questi quattro pilastri sono collegati da una trabeazione convessa tipica del Barocco. Per la parte superiore fu adottata la struttura a dorso di delfino, al fine di alleggerirne l'aspetto, e si aggiunsero statue (che furono disegnate da Francesco Borromini) di angeli e putti che reggono i festoni, mentre i drappi sotto la trabeazione sono in movimento come mossi dal vento; a sottolineare la commissione di un papa afferente alla famiglia Barberini, Bernini pose su uno dei lati del baldacchino un putto che alza al cielo un enorme corpo d'ape rovesciato; in cima fu collocato il globo con la croce; le statue sono animate in senso barocco e sono impreziosite cromaticamente, come il resto dell'opera, dall'uso della doratura. possibile ammirare una copia del Baldacchino (simile e di dimensioni minori) presso la Cattedrale di San Feliciano di Foligno.

Baldacchino di San Pietro

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Note
[1] O.La Rocca, Il baldacchino anche del Borromini, La Repubblica, 30 gennaio 2007, p.27. [2] Si chiamava Carlo Castelli il Pasquino di Urbano VIII (http:/ / archiviostorico. corriere. it/ 2012/ aprile/ 25/ chiamava_Carlo_Castelli_Pasquino_Urbano_co_9_120425046. shtml) [3] Puntata de L'eredit del 26/10/2010.

Bibliografia
Touring Club Italiano, L'Italia. Roma, (guide rosse), Milano 2004

Voci correlate
Basilica di San Pietro in Vaticano Gian Lorenzo Bernini Architettura barocca

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Piazza San Pietro


Coordinate geografiche: 41548N 122723E41.90222N 12.45639E
[1]

Piazza San Pietro la piazza antistante la basilica di San Pietro. Posta a margine del centro storico di Roma, la piazza fa parte della Citt del Vaticano ed delimitata dal confine con lo Stato italiano; attraverso il rione Borgo che giace a est, i principali accessi sono da via di Porta Angelica o da via della Conciliazione.

Descrizione
La celeberrima piazza, notevole esempio di architettura ed urbanistica barocca, dedicata all'omonimo santo ed quotidiano punto d'incontro per migliaia di fedeli cattolici provenienti da tutto il mondo.

Piazza San Pietro, il colonnato del Bernini e Via della Conciliazione con il rione di Borgo viste dalla Basilica di San Pietro

Lo spazio della piazza formata da due parti: la prima a forma di trapezio rovescio il cui lato maggiore corrisponde alla facciata con specifiche motivazioni prospettiche; la seconda, pi grande, di forma ovale con

Piazza San Pietro

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l'obelisco Vaticano al centro. I due grandi spazi sono unificati da un imponente colonnato architravato. Nella situazione attuale, davanti alla piazza vera e propria troviamo un altro spazio che funge da vestibolo (Piazza Rusticucci, oggi piazza Pio XII) e su cui sbocca in asse, la novecentesca Via della Conciliazione.

Storia
La Platea Sancti Petri fino al XV secolo
Piazza San Pietro vista da Giovanni Battista Piranesi (1748)

La Piazza di San Pietro e la basilica retrostante occupano una piccola valle posta tra il colle Vaticano e colle Gianicolo occupata in epoca classica dal Circo di Nerone, dalla via Cornelia e da un'area cimiteriale ora denominata Necropoli vaticana, dove fu posta, secondo la tradizione, la tomba di san Pietro dopo il martirio nel vicino Circo. Per tale motivo nel IV secolo fu eretta su tale area la grande basilica costantiniana. Con tale costruzione venne creata, interrando anche l'area cimiteriale[2], una vasta spianata chiamata platea Sancti Petri, in parte occupata dalla chiesa, in parte dal quadriportico ed in parte lasciata libera. Al suo margine nel Medioevo, nacque il quartiere del Borgo che occupava l'area compresa tra il Tevere e la spianata. Papa Pio II fece realizzare una scalinata marmorea davanti alla facciata della basilica ed iniziare una loggia per le benedizioni a Francesco del Borgo. Papa Niccol V aveva progettato di trasformare l'informe spazio in terra battuta della platea in una piazza porticata all'interno del complessivo riordino dell'area vaticana in cui era impegnato Bernardo Rossellino, regolarizzando nel contempo le tre strade medievali del Borgo che vi afferivano. Il progetto non ebbe seguito immediato. All'inizio del Cinquecento la piazza (platea Sancti Petri) era all'incirca rettangolare, priva di pavimentazione, con un dislivello di circa dieci metri tra il piede della scalinata che conduceva alla basilica e l'antistante quartiere del Borgo che giungeva al Tevere.

La Via Recta o Via Alessandrina


Papa Alessandro VI per il Giubileo del 1500 fece aprire la prima strada nuova rettilinea di Roma, fra il ponte Sant'Angelo e il portone del Palazzo vaticano, forse regolarizzando la medievale via porticata, Portica Sancti Petri[3] e traversando la platea con una striscia lastricata, inclinata di circa 6 gradi rispetto all'asse dell'antica basilica. Per realizzare tale strada fece demolire, con l'aiuto dei pellegrini, la cosiddetta Meta Romuli, una sepoltura monumentale romana a forma di piramide. Tale asse viario, detto anche Borgo Nuovo, creava davanti al grande portale di ingresso ai palazzi vaticani una prospettiva di circa 800 metri (il Borgo pi l'attraversamento lastricato della platea): si trattava della conferma che Alessandro VI non assegnava alcun ruolo prioritario alla basilica di San Pietro nel quadro della creazione della cittadella pontificia; egli proponeva invece come riferimento per questa operazione il palazzo, la curia, la residenza del papa. La Via Recta, o via Alessandrina o via Borgo Nuovo, dunque il primo rettifilo centrato sul portone di un palazzo, come una lunga passatoia che dall'androne di questo entra nella citt. Il prototipo alessandrino nasce nell'ambito di un programma che non architettonico: non si prevedeva, in quegli anni, di ricostruire n San Pietro, n i Palazzi Vaticani secondo un disegno unitario. Mentre tutto verr demolito e ricostruito attorno a quel portale, quell'asse non verr pi cancellato: il portone diventa il Portone di bronzo, e la sua immagine rimane impressa gi molto prima di arrivarvi; l'atrio retrostante diventa il lungo corridoio del Bernini, allineato in fondo con la Scala regia che conduce

Piazza San Pietro alla Sala omonima, da cui si entra nella Sistina da una parte, nell'alloggio del pontefice dall'altra. Rapidamente intorno a quest'asse il Borgo, precedentemente in stato di abbandono, si riorganizza in una commistione di edilizia popolare e palazzi cardinalizi progettati dai pi importanti architetti del primo XVI secolo.

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La basilica di San Pietro


Durante il pontificato di Giulio II venne deciso di riedificare completamente la grande basilica, iniziando i lavori dalla parte absidale, tanto che la piazza per oltre un secolo non sar interessata dal grande cantiere. Tuttavia la lunga storia dei progetti, nell'alternanza tra pianta centrale a croce greca coperta la grande cupola (voluta da Bramante e Michelangelo Buonarroti) e quella a croce latina che si affermer definitivamente nel clima della Controriforma, determiner il rapporto con la citt della basilica ed in definitiva il futuro assetto della piazza. La costruzione del grande edificio pocedette lentamente, con un lungo elenco di progettisti: Bramante, Raffaello (con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo), Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi, Michelangelo, Jacopo Barozzi da Vignola, Giacomo Della Porta con Domenico Fontana, Maderno.

Interventi sulla platea dal Cinquecento


Durante tutto il XVI secolo la piazza non fu interessata dai lavori di ricostruzione della basilica che continuava a rivolgere, verso la piazza la vecchia facciata, il quadriportico e le varie costruzioni addossate. Pio IV a met del Cinquecento allarga la piazza sui due lati. Nel 1586 Sisto V fa trasportare davanti alla basilica, circa a met dell'intervallo fra il piede dell'antica scalinata e l'isolato di fronte, l'antico obelisco egiziano che, dopo essere stato usato come Meta nel Circo Neroniano, si innalzava, poco discosto dall'edificio, sul fianco sud della Basilica. Scavi archeologici hanno dimostrato come l'obelisco, prima dello spostamento organizzato da Domenico Fontana, avesse mantenuto la posizione originaria del I secolo[4].

La piazza alla fine del XVI secolo

Quando per, vent'anni dopo, la nuova fabbrica di San Pietro si erge in fondo alla piazza, l'obelisco risulta spostato di 1,56 metri verso nord rispetto al suo asse, perch l'architetto Domenico Fontana, nel trasportarlo e collocarlo, si era probabilmente riferito alla basilica costantiniana allora parzialmente ancora in piedi. Inoltre, se fosse stato collocato sull'asse dell'edificio nuovo, sarebbe risultato quasi a ridosso degli isolati a sud della piazza, la cui demolizione verr decisa molto pi tardi.

Piazza San Pietro

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La questione della piazza


solo dal Seicento che si pone la questione della piazza. Infatti papa Paolo V, nei primi decenni del secolo fa costruire da Maderno il corpo longitudinale della chiesa rinunciando definitivamente al progetto a pianta centrale di Michelangelo. in questa situazione che si passa dalle annose questioni relative all'impianto planimetrico della chiesa, alle questioni relative alla sua facciata ed alla definizione dello spazio antistante. Il problema era quello di trasformare uno spazio abbastanza indifferenziato, quale era la platea Sancti Petri, in uno spazio monumentale e rappresentativo, La facciata con i campanili del Maderno non realizzati direttamente funzionale alla basilica. Mentre, per costruire la navata, si distrugge l'antico quadriportico del Paradiso, si ripropone il problema di soddisfare alle sue funzioni di anticamera di san Pietro, ma pi avanti, pi all'esterno verso est. Inoltre adesso i papi guardano dal Quirinale a San Pietro in una prospettiva formale e ideologica diversa da quella che avevano dal Vaticano. San Pietro cessa di essere la grandiosa cappella del palazzo papale e ritorna ad essere una delle basiliche di Roma, ed anzi ormai si concretizza il travagliato progetto, a cui avevano dato avvio Giulio II e Bramante, di fare della chiesa il centro simbolico della cristianit. La piazza, negli anni seguenti, viene sempre voluta e pensata come chiusa anche per evidente contrapposizione alla precedente platea Sancti Petri, apertissima in ogni direzione. Comunque l'intervento secentesco comprende in realt tre parti successive: la navata longitudinale con la sua facciata; la piazza San Pietro interna, chiusa ed unitariamente progettata; la piazza Rusticucci esterna, aperta, vuoto ottenuto senza nessun disegno e progetto.

La facciata
Subito dopo la navata, Maderno realizz anche la facciata. II progetto fu scelto nel 1607 con un concorso a cui parteciparono anche Domenico e Giovanni Fontana, Girolamo Rainaldi, Giovanni Antonio Dosio e Ludovico Cigoli.[5] Maderno ripropose il prospetto disegnato da Michelangelo, compreso l'ordine gigante, reinterpretandolo per su un unico piano prospettico, senza l'avanzamento del pronao centrale. Si ottenne cos una facciata pi larga che alta. Dopo che fu sostanzialmente finita si decise di costruire anche due campanili affiancati alla facciata, forse per correggere le sue proporzioni inusuali. La loro costruzione si interruppe nel 1622 e le due torri rimaste incomplete al primo ordine, finiranno per aumentare le dimensioni orizzontali della facciata,[6] tanto che Bernini la defin "quatta". Nello stesso periodo Martino Ferrabosco adegu l'ingresso ai palazzi vaticani costruendo un nuovo avancorpo monumentale, marcato da una torre con orologio, sempre sull'asse della via Alessandrina. Nella prima met del Seicento anche Bernini prov a delimitare la cupola con due campanili, per dare un maggior rilievo assiale all'edificio, ma le critiche ed il cedimento delle fondamenta gli impedirono di procedere con la costruzione. Immaginer poi una diversa soluzione, legata alla risistemazione complessiva della piazza.

Piazza San Pietro

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Il primo progetto di Bernini


Quando Bernini affront la sistemazione complessiva dello snodo tra il nuovo san Pietro e la citt, si trov a dover conciliare diversi elementi architettonici (come la grande facciata della basilica), urbanistici (come l'asse alessandrino eccentrico rispetto alla facciata), funzionali (come la necessit di ampi portici per ricovero dei pellegrini) e liturgici (relativi alle rituali benedizioni papali).[7] La soluzione di un tale problema non poteva non avere un grande impatto urbanistico. La prima soluzione elaborata nel 1656 da Bernini fu il progetto di una piazza trapezoidale chiusa tra facciate di palazzi porticati, la cui presenza rispondevano anche ai presupposti economici e funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di San Pietro,[8] che intendeva vendere o affittare botteghe e aloggi di prestigio affacciati sulla grande piazza. La soluzione viene comunque rapidamente scartata, probabilmente perch non sufficientemente monumentale e rappresentativa del ruolo liturgico della basilica destinata a diventare sempre di pi il centro della cristianit.[8]

Il progetto definitivo

Piazza San Pietro in una fotografia del 1909

Cos nel 1657 il primo progetto fu sostituito da un altro con porticati liberi di archi su colonne a formare unampia piazza ovale e poco dopo con colonnati architravati. Il portico, rispondeva anche all'esigenza liturgica della tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.[8] In pi l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di benedirli. Decisivo fu l'intervento di papa Alessandro VII Chigi Piazza San Pietro, con vista frontale sull'omonima basilica; si notino che consente di superare le obiezioni relative ai le architetture ai suoi lati, che rendono asimmetrica la veduta della piazza possibili rientri finanziari legati alla possibilit di edificare edifici sui margini della piazza. Nel ripensare il progetto Bernini dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, superando intrighi e opposizioni.

Piazza San Pietro

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La piazza retta Davanti alla facciata Bernini prevede uno spazio a trapezio la piazza "retta" la cui forma ottenuta ribaltando simmetricamente la direzione di via Alessandrina rispetto all'asse della basilica. La divergenza fra le ali fa sembrare pi vicina la parete di fondo e al contempo cerca di mediare la necessit di far predominare nella piazza l'asse della basilica (sottolineato dall'obelisco) e nella citt l'asse della via Alessandrina, centrata sul portone di bronzo. Per la forma trapezoidale pu essere avanzata anche l'ipotesi di un riferimento extra-biblico all'Ariel ("leone di Dio", perch il leone viene schematizzato con un trapezio per via delle maggiori dimensioni delle spalle), un cortile trapezoidale del Tempio di Salomone (Re e Sacerdote, come il Papa). Le due ali rettilinee devono per essere svincolate dalla scalinata centrale, essendo il pavimento della nuova basilica 3,2 metri pi alto di quello antico, per la decisione presa di realizzare le grotte vaticane. La cornice dei tratti porticati finisce esattamente alla quota di quella dell'ordine basso inserito da Maderno nell'ordine gigante michelangiolesco. Si ha cos l'impressione di un unico partito architettonico che circonda l'invaso.

La fontana vista da nord

La fontana vista da sud

Nella vistosa inclinazione dei "corridori" Bernini rinuncia alla soluzione cinquecentesca di lasciare un ordine retto, inserendo sotto la base e tra capitello e trabeazione dei 'cunei' triangolari, e usa invece un'"architettura obliqua". Ci contravviene a quanto sosteneva Vitruvio riguardo all'architettura come specchio della realt. L'asse architettonico e quello urbanistico Quello che nella citt l'asse principale (via Alessandrina), nella piazza diventa l'asse secondario, tanto pi che si procede alla demolizione della torre di Ferrabosco che sottolineava l'ingresso ai Palazzi Vaticani, in corrispondenza con tale asse urbanistico. Inevitabilmente Bernini per la prima volta nella storia della piazza impone l'asse della basilica; ma vi conserva dentro l'asse ormai plurisecolare del Borgo Nuovo, anche se completamente nascosto. Non lo evidenzia in alcun modo n il disegno della pavimentazione, n alcuna eminenza scultorea; ma vero che nulla lo interrompe, e la fontana nell'esedra settentrionale della piazza tangente all'angolo esterno di questo percorso, proprio per non intercettarlo. Dovendo per accettare l'obelisco come centro della nuova piazza, Bernini ha dovuto ruotare l'asse maggiore dell'ovale per renderlo parallelo alla facciata, imprimendo cos una sensibile deformazione alla parte trapezoidale.

Piazza San Pietro Piazza ovale Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre a quella dell'insula grande e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione di dimostrare cos la netta insufficienza della proposta. Con le demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambier radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di San Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi a met. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E divent probabilmente anche pi romano. Ma perch l'ovale? Perch non era un'ellisse, di pi difficile disegno e realizzazione e inconsueto nell'architettura sacra; e perch l'ovale l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche. L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta della sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede, dando cos una felice immagine del suo intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata. La piazza ovale doveva per essere ricavata in pendio, su cui la posizione dell'obelisco costituiva una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da intercolumni uguali, deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto. La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinit. E la concavit della piazza produce l'effetto teatro (cos definito nei documenti): quando piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea. Altri particolari: il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi dell'emiciclo settentrionale; la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord parallela al prospetto meridionale dello stesso Palazzo Nuovo.[9] Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearit dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi). La lunga teoria delle 162 statue di santi ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante singole colonne trionfali rappresenta la ecclesia triumphans in relazione alla ecclesia militans cio la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza sono esattamente la met di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Ges di mano berniniana (la cui croce sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante). Dimensioni: 198 148 metri.

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Piazza San Pietro Piazza Rusticucci L'ingente e complessa manomissione della forma urbana, dovuta alla demolizione dell'ultimo isolato tra la via Alessandrina e Borgo Vecchio interrompendone la continuit messa a frutto in scala architettonica. La parte occidentale il recapito dell'asse urbanistico e il luogo del suo raccordo con l'asse architettonico, che si ferma, non potendo prolungarsi nella dimensione urbana. Il contributo di piazza Rusticucci alla riuscita dell'insieme era determinante: non solo creava la distanza prospettica necessaria per ritrovare la cupola al di sopra della facciata, ma permetteva di vedere anche la piazza e il portico, di cogliere questo spazio-catino anteposto e strettamente congiunto al resto. La piazza molto decentrata rispetto a San Pietro, ma dalla parte giusta, cio verso il portone di bronzo. Dopo lo sventramento piacentiniano stata sostituita dalla simmetrica piazza Pio XII, termine di via della Conciliazione. Le colonne La forma complessa rendeva difficile l'allineamento delle colonne e la conformazione dell'ordine. Anche le basi devono essere deformate sull'arco di cerchio, cos come i capitelli se fossero stati utilizzati lo ionico o il corinzio. Quello dorico pertanto l'ordine pi adatto alla geometria della piazza, utilizzato semplificando la trabeazione, senza metope n triglifi cos come proposto nell'opera teorica del Vignola. L'ordine dorico era comunque considerato un ordine eroico adatto alla figura di san Pietro (vedi il martyrium del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, del Bramante). In realt il grande ordine continuo della piazza dorico nei sostegni verticali colonne, pilastri e lesene e pi o meno ionico (privo di triglifi) nella trabeazione: cos del resto era usato spesso per marcare volumi curvilinei, com' per esempio la trabeazione del primo piano del Colosseo. Relativamente basso ed estremamente austero, il dorico forniva un contrasto semplice e poco attraente ("contrapposto" era la parola di Bernini), che avrebbe ingrandito l'altezza della facciata e aumentato la magnificenza dell'ordine corinzio della facciata. La giacitura curva implica per l'espediente di aumentare gradualmente il diametro delle colonne dalla prima alla quarta fila per compensare l'aumento dell'intercolumnio. Ci comporta che le proporzioni delle slanciate colonne e degli intercolumni sul lato interno della piazza sono vicine a quelle del corinzio, mentre all'esterno pi massicce sono compatibili col dorico; lo scarto proporzionale sarebbe risultato evidente soprattutto nei triglifi, che vengono soppressi anche per questo motivo.
Tra l'obelisco e la fontana di destra, sul suolo, si trova contrassegnato il "centro del colonnato", da cui, con un gioco prospettico, le quattro massicce file di colonne sembrano solo una

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Piazza San Pietro

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Vista del colonnato

Il terzo braccio Un tema controverso (e delicatissimo) la saldatura fra il nuovo scenario aulico e il paesaggio urbano preesistente. Bernini ipotizza allora un terzo braccio centrale del colonnato, distanziato dai laterali quanto basta per non invadere il canale visivo fra Borgo Nuovo e il portone di bronzo. Prima segue la forma ovata della piazza (rendendone pi netta la percezione), poi approda a una versione rettilinea, che pi tardi vorrebbe anche arretrare verso il borgo. Ma la Congregazione, pur decidendo La piazza con il terzo braccio l'abbattimento dell'ultimo isolato di Borgo Nuovo, rimanda al futuro ogni spesa edilizia. Poco dopo, con la morte di Alessandro VII, tramonta l'eventualit di queste aggiunte. La mediazione tra la scala del monumento bramantesco e la scala minuta della citt moderna non viene pi separata nettamente da altri corpi edilizi. Lo scenario della piazza presentato obliquamente anche nella maggior parte delle incisioni e delle fotografie antiche. questa coscienza connaturata con la citt che ha scongiurato per lungo tempo l'esecuzione dei tanti progetti per la demolizione della spina; ancora nel 1882 il consiglio comunale di Roma delibera di sospendere, per questa parte, l'esecuzione del piano regolatore del 1881 anche per ragioni di estetica, essendo a dubitarsi che quella demolizione possa nuocere all'effetto della piazza di san Pietro. Risoluzione dei problemi L'abilit dell'Architetto si conosce principalmente in convertir i difetti del luogo in bellezza.[10] Bernini impost il suo progetto su tutti i vincoli che i secoli precedenti e i papi e gli architetti gli avevano trasmesso e imposto. Solo a San Pietro ha modo di lavorare abbastanza a lungo, in fasi successive e correggendo se stesso, su un unico contesto. Riesce cos a riordinare un intero pezzo di citt. Ci sono anomalie, simmetrie soltanto apparenti, soluzioni insolite, accomodamenti dissimulati e bruschi raccordi francamente accettati, adattamenti ai vincoli imposti dagli elementi preesistenti e artifici per mascherare la loro irregolarit. Bernini non considera le proporzioni un valore assoluto ma una variabile dipendente da un pi ampio contesto.

Piazza San Pietro Interventi sulla facciata del Maderno Il prospetto troppo sviluppato in orizzontale, basso e largo, non poteva essere rialzato senza danneggiare ulteriormente la visuale della cupola. Definita da Bernini una facciata quatta, priva di ogni apprezzabile articolazione in profondit, fu modificata in senso tanto estetico quanto funzionale. La scalinata che davanti alla chiesa, larga quanto l'intera facciata, viene limitata solo alla parte centrale; davanti alle due appendici, costruite come basi dei due campanili, Bernini demolisce la gradinata preesistente, scava il terreno sottostante e abbassa il nuovo piano di calpestio fino a dove lo consentono le fondazioni delle due appendici, avvicinandolo per quanto possibile al livello del piano su cui poggia la base dell'obelisco. Sulla facciata, nella parte rimasta scoperta al di sotto dell'ordine, replica la stessa zoccolatura che c'era gi nelle parti absidali della chiesa. In questo modo la nuova scala sembra qualcosa di aggiunto, di anteposto, migliorando le proporzioni del prospetto. Non solo: ai lati della nuova scalinata possibile realizzare due passaggi percorribili anche dalle carrozze e l'originale dislivello tra i piani di spiccato della facciata e dell'obelisco si ridotto a solo sei metri (che con i 200 metri di distanza dall'obelisco fa una pendenza del 3%, e dunque pavimentazione continua senza gradonature e corretta raccolta delle acque piovane).

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Via della Conciliazione (19361950)


Bisognava arrivare al 1936 perch due spensierati progetti distruggessero, senza neppure accorgersi, un Il rione Borgo prima della costruzione della via equilibrio tanto a lungo elaborato, occludendo addirittura l'asse del portone di bronzo e puntando sulla piazza l'asse di uno stradone. Dal 1960 a oggi le passivit dell'operazione restano in tutta evidenza, ma sembrano controbilanciate da una rassegnazione storicista, che riconosce a tutti i fatti compiuti un diritto di esistere, anzi si sforza di riconoscere pregi "artistici" o "testimoniali" a ogni parte della citt sufficientemente stagionata.[11] Lo sventramento piacentiniano era parte di una prassi collettiva gi culturalmente declassata e battezzata da Pagano nel 1940 l'internazionale dei pompieri. Il proposito generico di "fare largo" alle spalle del terzo braccio berniniano trova credito nella letteratura fino al XX secolo, facendo sopravvivere la voce che Bernini stesso avesse pensato ad una strada assiale alle spalle del terzo braccio. L'intervento di Piacentini e Spaccarelli fu eseguito dal 1936 al 1950 e port alla demolizione di palazzi e chiese del Borgo opera tra gli altri di Bramante, Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Maderno, Raffaello...

Un momento della costruzione della via nel 1937: si noti l'ultimo palazzo che copriva la piazza prima della fine degli abbattimenti

Alla loro distruzione seguita la ricostruzione con palazzi armonizzati a quelli antichi, e in certi casi ribattezzati con gli stessi nomi, reimpiegando alcune finiture ricavate dalle demolizioni. Molte parti decorative (contorni di porte e finestre, stemmi, sculture, colonne, trabeazioni, ecc.) sono immagazzinate nei depositi comunali e al Museo di Roma. Un certo numero di manufatti interi, come le fontane, sono state trasportate in altri luoghi.

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Anche la piazza Rusticucci asimmetrica sostituita da una piazza simmetrica, piazza Pio XII, che ripete senza alcuna ragione la forma e l'orientamento della piazza trapezia davanti alla facciata della basilica, confondendo quel delicato equilibrio trovato in cinquant'anni di lavoro dal Bernini (16291679) e declassando cos l'intera composizione. Il progetto fu approvato dallo stesso Mussolini che intendeva rendere nota la grandezza della piazza mettendola a paragone con una strada.

La basilica vista da via della Conciliazione

La vita nella piazza


Essa la piazza pi vicina, in un certo senso, al cuore del cattolicesimo; il grande colonnato ovale sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli. I visitatori della basilica di San Pietro, siano pellegrini con devozione o siano turisti con interesse culturale, da tutto il mondo e di La piazza in occasione del Natale tutte le razze e le lingue, qui cominciano sempre dall'ammirare e godere l'ampiezza e l'armonia dello spazio e delle forme, lo slancio dell'obelisco fiorito di mille leggende, lo scroscio delle due copiose fontane, avvolti dal cielo di Roma che bello sempre, e non solo quando bello come quello di Lombardia (diceva Manzoni). Data la sempre maggiore affluenza, la piazza diventata la sede abituale di grandi cerimonie liturgiche presiedute dal papa, come la solenne messa di inaugurazione del Pontificato (che ha sostituito l'Incoronazione), la messa della Domenica delle Palme, quella di Pasqua con il messaggio e la Benedizione Urbi et Orbi (questi ultimi due si tengono anche a Natale), le canonizzazioni, le udienze generali (solo nella bella stagione), e molte altre cerimonie ed eventi presieduti dal Pontefice, oltre che alle esequie di quest'ultimo, come avvenne nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad un'immensa folla, giunta nei giorni precedenti a Roma per rendere omaggio al grande Pontefice. diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00, quando il papa si affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un breve discorso, recita la preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.

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La piazza fa parte del territorio vaticano, ma affidata alla pubblica sicurezza dello Stato Italiano. Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la perenne occupazione abusiva in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche diverse da quelle religiose.[12] Durante la seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi occupanti Roma ne presidiavano il perimetro, senza potervi entrare. Il 13 maggio 1981, durante un'udienza pubblica, papa Giovanni Paolo II fu colpito dalla pistola di un attentatore, che fu arrestato dalla polizia italiana.
Il papa in piazza San Pietro in occasione di un'udienza generale

Note

[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Piazza_San_Pietro& language=it& params=41_54_8_N_12_27_23_E_type:landmark_scale:2500 [2] Su questa pietra. La Fabbrica di San Pietro in Vaticano, catalogo della mostra, 2000. [3] Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la citt, 2003, ISBN 88-16-40605-4, pag. 49. [4] Lorenzo Bianchi, Ad limina Petri: spazio e memoria della Roma cristiana, 1999. [5] Rudolf Wittkower, Arte e architettura in Italia. 1600-1750, Einaudi, Torino, 1993, pag. 211. [6] Rudolf Wittkower, op. cit., 1993, pag. 191. [7] Rudolf Wittkower, op. cit, 1993, pag. 296. [8] Rudolf Wittkower, op. cit, 1993, pag. 297. [9] Massimo Birindelli, Piazza San Pietro, Bari, Laterza, 1981. [10] a proposito di Bernini, F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, Parma 1781, p. 232. [11] Leonardo Benevolo, San Pietro e la citt di Roma, Roma-Bari, Laterza, 2004, pag. 77. [12] http:/ / www. effedieffe. com/ interventizeta. php?id=2582& parametro=

Bibliografia
Paul Letarouilly, Le Vatican et la Basilique de Saint-Pierre de Rome, Parigi, VTE A. Morel et CIE diteurs, 1882 Marcello e Maurizio Fagiolo dell'Arco, Bernini, Roma, Mario Bulzoni Editore, 1967 Franco Borsi, Bernini architetto, Milano, Electa, 1980 Massimo Birindelli, Piazza San Pietro, Bari, Laterza, 1981 Italo Insolera. Roma. Immagini e realt dal X al XX secolo. Roma-Bari, Edizioni Laterza, 1980. ISBN 978-88-420-1758-5. Leonardo Benevolo, San Pietro e la citt di Roma, Roma-Bari, Laterza, 2004

Voci correlate
Basilica di San Pietro in Vaticano Obelisco Vaticano Citt del Vaticano Stato Pontificio Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia Borgo

Piazza San Pietro

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Altri progetti
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Collegamenti esterni
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Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza


Coordinate geografiche: 415354N 122828E41.89833N 12.47444E
Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza [1]

Esterno Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma Cristiana cattolica di rito romano Diocesi di Roma

Anno consacrazione 1660 Stile architettonico Inizio costruzione Completamento Barocco 1643 1664

Sant'Ivo alla Sapienza una chiesa di Roma, situata nel rione Sant'Eustachio, realizzata nella seconda met del XVII secolo (tra il 1642 e il 1660) dall'architetto ticinese-italiano Francesco Borromini. Per i suoi valori artistici, tecnici e simbolici, l'edificio considerato come uno dei capolavori dell'architetto, del Barocco e della storia dell'architettura in generale.

Storia
Nel 1632 Francesco Borromini divenne architetto della Sapienza e cominci ad occuparsi della chiesa che doveva sorgere all'interno del complesso universitario. In quel momento l'impianto del cortile su cui doveva affacciare era gi stato definito da Giacomo della Porta compresa l'esedra terminale, ed era stata anche prevista una chiesa a pianta circolare con piccole cappelle. Borromini, invece, progetta una organismo certo a pianta centrale, ma dalla geometria complessa [2]. I lavori iniziano solo nel 1643, anche se probabilmente la progettazione inizi prima e attravers varie

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza fasi, compresa la realizzazione di modelli lignei. I lavori proseguirono per oltre vent'anni. La prima fase costruttiva fu dal 1643 al 1655 quando la chiesa si trovava ancora al grezzo e con edifici estranei addossati. Dopo un'interruzione i lavori ripresero nel 1659, con il completamento della chiesa, la realizzazione della Biblioteca Alessandrina e delle facciate su piazza sant'Eustachio e via dei Canestrari. Nel 1660 la chiesa fu consacrata, anche se i lavori proseguirono ancora per qualche anno. La biblioteca fu invece completata dopo la morte di Borromini [3].

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Struttura
Sant'Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile gi realizzati che lasciavano uno spazio grossolanamente quadrangolare molto limitato per far sorgere la chiesa. Da questi vincoli egli ricaver un'occasione di grande libert. Sceglie una matrice triangolare che gli consente di creare un organismo orientato gi dalle linee del triangolo costruito; raddoppia il triangolo per creare una stella a sei punte che occupi tutta la superficie a disposizione, ed a questa forma sottrae ed aggiunge spazi circolari secondo un rigoroso schema logico. L'esigenza di sfruttare il pi possibile un lotto di forma quadrata, l'interesse per un involucro mistilineo (che gli permettesse di continuare l'esperienza di San Carlino alle Quattro Fontane) e l'idea di trarre spunto da forme simboliche (capaci di legare l'origine e lo schema a dei significati primari) saranno i motivi ispiratori del progetto. Il risultato ottenuto con estrema purezza ed apparente semplicit: la pianta centralizzata, mistilinea, disegna una sorta di stella a sei punte, e le mura ne ricalcano il perimetro. La parete divisa da una serie di lesene scanalate, delle sottilissime cornici orizzontali, che sottolineano gli spigoli interni concavi e convessi della chiesa; sopra questa fascia vi una cornice non eccessivamente aggettante, con funzioni di trabeazione, in cui ritroviamo il motivo del soffitto leggermente concavo, gi visto nel San Carlino; sulla trabeazione poggia infine la cupola con sottili costolature che convergono all'ultimo anello della lanterna. Lo spazio interno racchiuso in un involucro unitario in cui c' un riferimento classico al Pantheon, come testimonia anche la totale visibilit da ogni parte di tutta la struttura. Del resto la partenza geometrica, creata dalla contaminazione di forme dure e forme concave, fa pensare a un bilanciamento di movimenti centrifughi e centripeti, intrecciati tra loro. La conclusione pi profonda verso l'alto, dove decorazioni di stelle, che rimpiccioliscono, e l'immagine dello Spirito Santo sul soffitto della lanterna, suggeriscono altezze smisurate ed intoccabili. L'effetto della luce, che entra incrociandosi sia dalla lanterna sia dalle finestre, estremamente efficace e, unito al candore totale delle mura, sembra rendere le pareti della chiesa come diafane e trasparenti.

Prospetto dal cortile

Sezione verticale dell'edificio (1720)

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza All'interno si segnala la pala d'altare con Sant'Ivo patrono degli avvocati di Pietro da Cortona, incompiuta per la morte del maestro nel 1669 e terminata dai suoi allievi.

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Simbologia, lettura e riferimenti


La simbologia che il Borromini adopera nella pianta mistilinea, legata al tema della religione, interessante per chiarire certe componenti della scultura del Borromini, ma l'elemento ispiratore maggiore, l'intuizione dello spazio come elemento che reagisce in senso negativo, rispetto al movimento della massa muraria. Continuit ed organicit si raggruppano comprendendo che si deve creare un ordine nuovo, perci la cupola non pi sorretta da arconi strutturali che creano delle unit secondarie confluenti a crearne una sola primaria, ma va a poggiare direttamente sul contorno mistilineo della Cappella, trasformando in modo lento e graduale la complessa forma di partenza in un cerchio perfetto, rappresentante Dio. A coronamento della chiesa, infine, Schema della pianta posta una lanterna spiraliforme che rimanda al Faro di Alessandria[4], come se la chiesa dovesse appunto fungere da faro per i fedeli: sul colmo della lanterna sono presenti delle "fiamme" in pietra che indicano il fuoco che illumina il percorso dei cristiani. La Trinit, simboleggiata dal triangolo, la figura di partenza che, combinata con un altro triangolo rovesciato e con parti di cerchio concave e convesse, former la figura stilizzata di tre api, simbolo a sua volta di carit, prudenza e laboriosit, nonch nello stesso tempo elemento araldico nello stemma della famiglia Barberini, il cui esponente papa Urbano VIII commission la chiesa. Nella sua ricerca di sintesi, egli opera una fusione di elementi classici e gotici, usandoli non come ingrediente per un compromesso, ma come elementi rivissuti prima separatamente e poi organicamente. La stessa operazione di coerenza avviene tra esterno ed interno e non per ragioni meccaniche, anzi perch da questo punto di vista, la cupola sarebbe un falso strutturale, in quanto la diversit dei sei lobi interni non traspare nell'esterno, e il sesto acuto interno nascosto da un tamburo ed un tetto a gradinate va verso la lanterna: non esiste cio corrispondenza tra interno ed esterno. La lanterna che all'interno completamente La lanterna da piazza sant'Eustachio rotonda, all'esterno composta da sei parti concave con doppie colonne che terminano in pinnacoli altissimi, mentre la spirale che sale verso l'alto non trova corrispondenza in una forma interna dove la lanterna finisce molto prima. La continuit resa dalla linea sinusoidale del tamburo che viene evidenziata dalla cornice in alto. L'aspirazione all'infinito data dalla spirale, e la leggerezza ricreata trova il suo compimento nella gabbia di ferro e nel globo posti sopra le fiamme che, come la luce di un faro, devono illuminare il fedele. Il rapporto tra la muratura e la atmosfera diventa qui pi serrato e Borromini dimostra che la materia anche entit incorporea, senza peso, nella luce.

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza

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Come nei casi dei globi di travertino, che sono tenuti sollevati da una piccola asta di ferro sopra i merli che hanno funzione di contrafforti. I riferimenti sono nel gotico fiorito del duomo di Milano, nelle rappresentazioni mitiche della spiraliforme torre di Babele e nel faro di Alessandria che, fusi fra di loro, hanno giocato nella fantasia del Borromini fino a creare un riferimento totalmente originale e potentemente iconico. Il genio del Borromini raggiunse qui un apice e sconcert i contemporanei testimoni della visione dello spazio che annullava i confini tra massa e atmosfera.

Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Chiesa_di_Sant%27Ivo_alla_Sapienza& language=it& params=41_53_54_N_12_28_28_E_region:IT_type:landmark

La cupola vista dall'interno

[2] Paolo Portoghesi, Sant'Ivo alla Sapienza in "Arte & Storia",dic 2008 [3] Paolo Portoghesi, Op. cit., 2008 [4] A confermare il riferimento al faro di Alessandria la presenza di alcuni gabbiani di pietra, scolpiti appollaiati sui merli della lanterna.

Voci correlate
Architettura barocca

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Collegamenti esterni
Pagina sulla chiesa sul sito Rome City (http://www.romecity.it/Santivoallasapienza.htm) Pagina sulla chiesa sul sito Roma SPQR (http://www.romaspqr.it/ROMA/CHIESE/Chiese_Barocche/ s_ivo_alla_sapienza.htm)

Chiesa di Sant'Agnese in Agone

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Chiesa di Sant'Agnese in Agone


Coordinate geografiche: 415355.58N 122821.21E41.8987722N 12.4725583E
Sant'Agnese in Agone [1]

La facciata su Piazza Navona Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma Cristiana cattolica di rito romano Diocesi di Roma

Stile architettonico barocco Inizio costruzione Completamento Sito web 1652 1672 Sito ufficiale [2]

Una piccola chiesa meravigliosa: la facciata, con i suoi avancorpi e le sue rientranze, tanto bella quanto singolare
(Montesquieu)

La chiesa di Sant'Agnese in Agone (latino: Sanctis Agnetis in Agone) si trova al centro del lato occidentale di Piazza Navona, a Roma. dedicata a sant'Agnese, una fanciulla che sarebbe morta nello stadio di Domiziano, che si trovava esattamente sullo stesso posto occupato ora dalla piazza e del quale la piazza ricalca la forma. Nell'VIII secolo il posto divenne un luogo di culto.

Costruzione
La chiesa ebbe un primo progetto disegnato nel 1652 da Girolamo Rainaldi (1570-1655) in stile barocco. Il committente fu papa Innocenzo X Pamphili, il cui monumento funebre si trova all'interno della chiesa. La famiglia aveva ampi possedimenti nella piazza e la chiesa doveva essere una specie di cappella privata annessa al palazzo di famiglia che si trova accanto. Negli anni 1653-1657 i lavori proseguirono sotto la direzione di Francesco Borromini. Borromini cambi in parte il progetto originale; tra le altre cose aument la distanza tra le due torri integrate nel prospetto ed ide l'impostazione della facciata concava per dare pi risalto alla cupola. Nel 1672 la costruzione fu completata da Carlo Rainaldi (1611-1691), il figlio dell'architetto che aveva cominciato i lavori.

Chiesa di Sant'Agnese in Agone

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Descrizione
Esterno
La facciata della chiesa, caratterizzata dal suo arretramento nella parte centrale e dalle parti laterali curve, in mezzo ai due campanili, entrambi culminanti con una copertura conica recante delle croci. Nella facciata, priva di decorazioni all'infuori delle ghirlande fra le lesene, si aprono tre portali, con il centrale pi grande rispetto agli altri. La cupola, opera di Giovanni Maria Baratta (tamburo) e di Carlo Rainaldi (lanterna), decorata alla base da coppie di pilastri corinzi alterate ai finestroni rettangolari.
Particolare della cupola e dei campanili

Interno
All'interno la chiesa presenta una pianta a croce greca; i quattro corti bracci della navata, dell'abside e dei transetti, riccamente decorati con stucchi dorati nelle volte si incontrano nell'ottagono centrale, in cui si trovano quattro altari dedicati a Sant'Alessio (1 a destra), Santa Ermenziana (2 a destra), Sant'Eustachio (1 a sinistra) e Santa Cecilia (2 a sinistra), con pale marmoree e statue rispettivamente di Francesco Rossi, Leonardo Reti, Melchiorre Caf e Antonio Raggi. I transetti sono dedicati a Sant'Agnese (a destra, con una statua di Ercole Ferrata), e a San Sebastiano (a sinistra, con una statua di Pier Paolo Campi).

Interno, veduta delle volte e della cupola

I pennacchi della cupola, dipinti fra il 1667 e il 1671 da Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia, raffigurano le Quattro virt cardinali; l'affresco della cupola, invece, opera di Ciro Ferri e di Sebastiano Corbellini che lo port a termine, presenta la Gloria del Paradiso. Un altro dipinto importante si trova sulla volta della sagrestia e raffigura la Gloria di Sant'Agnese ed opera di Paolo Gismondi. Il sotterraneo, ricavato da un antico oratorio medievale, ospita sull'altare Il miracolo dei capelli di Sant'Agnese, rilievo marmoreo di Alessandro Algardi.

L'altare maggiore
L'altare maggiore fu eseguito fra il 1720 e il 1724 su un progetto di Carlo Rainaldi ed accoglie la pala Sacra Famiglia di Domenico Guidi. L'elevazione dell'altare costruita su quattro colonne scanalate in marmo verde antico provenienti dall'Arco di Marco Aurelio al Corso; le colonne terminano con capitelli compositi in marmo dorato a foglia,che sorreggono la trabeazione ad andamento curvilineo. Il timpano sormontato da da due angeli in stucco che recano la colomba con la palma simbolo del martirio. Al centro, tre angeli che sostengono il cartiglio con la scritta tratta dal Vangelo "tra i nati di donna non c' nessuno pi grande di Giovanni",frase che si ricollega anche a

Chiesa di Sant'Agnese in Agone Giovanni Battista Pamphilj il quale volle che l'altare fosse dedicato al santo di cui portava il nome.

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La pala absidale
Inizialmente l'altare doveva essere dedicato a Sant'Agnese e la pala doveva contenere il miracolo di sant'Agnese che fa resuscitare con la preghiera Procopio ucciso dal diavolo. In seguito alla morte di Alessandro Algardi, al quale era stata affidata la realizzazione, Ercole Ferrata e Domenico Guidi furono incaricati di realizzare il modello grande in stucco conforme a quello preparato dall'Algardi. In seguito per,si decise di dedicare alla santa non pi l'altare absidale ma la cappella nel lato nord, e si decise di dedicare la pala absidale alle due Sacre Famiglie (quella di Maria,Giuseppe e Ges e quella di Elisabetta,Zacaria e Giovanni). Al centro della composizione il piccolo Giovanni Battista mostra a Ges un cartiglio arrotolato. Ges,sostenuto dalla Vergine alle sue spalle,viene inondato dalla luce dello Spirito Santo. In alto,cherubini,angeli e putti svolazzano tra ramoscelli di ulivo e porgono grappoli di datteri.

Organo
Nella controfacciata, sopra una cantoria lignea sorretta da quattro mensole riccamente scolpite, vi sono le canne del piccolo organo Walcker a due tastiere e pedaliera, costruito nel 1914 in sostituzione di un organo pi antico del 1673 voluto dal cardinale Giovanni Battista Pamphilj e realizzato dal fiammingo Guglielmo Hermans.

Prima tastiera - Grand-Orgue Gedackt Montre Octave Bourdon Forniture 3-6 rangs 8 8 4 16

Seconda tastiera - Expressif Voix celeste Viole Flute harmonique Violoncello Flute 8 8 8 8 4

Pedale Soubasse Contrebasse 16 16

Basse de flute 4

Trompette harmonique 8

Nella chiesa vi anche un piccolo organo positivo italiano di scuola napoletana, costruito da Pasquale Giantosca agli inizi dell'Ottocento. Per anni in abbandono completo, stato recentemente restaurato dall'organaro Carlo Soracco ed a tastiera unica senza pedaliera.

Tastiera Principale bassi Principale soprani VIII XV XIX Voce Umana Flauto in Ottava

Accessori Tiratutti Zampogna Uccelliera

Chiesa di Sant'Agnese in Agone

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Leggenda
Esistono alcune leggende legate alla prospiciente Fontana dei Quattro Fiumi che la tradizione popolare attribuisce alla rivalit tra Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Ad esempio si crede che la statua del Ro de la Plata tenga alzato il braccio nel timore di un crollo della chiesa e che ugualmente la statua del Nilo si copra il volto per non doverla vedere. Si tratta di una semplice leggenda, poich la fontana fu realizzata prima della chiesa, tra il 1648 e il 1651, mentre Borromini sopraggiunse nel cantiere di Sant'Agnese intorno al 1653. Infatti la statua rappresentante il fiume Nilo si copre il volto perch a quell'epoca non se ne conoscevano le sorgenti.

Bibliografia
Heinz-Joachim Fischer, Rom. Zweieinhalb Jahrtausende Geschichte, Kunst und Kultur der Ewigen Stadt, DuMont Buchverlag, Kln 2001 Federico Gizzi, Le chiese barocche di Roma, Newton Compton, Roma 1994. Anton Henze, Kunstfhrer Rom, Philipp Reclam GmbH, Stuttgart 1994 Carlo Raso, Roma. Guida Letteraria. Tutta la citt in quaranta itinerari, Franco Di Mauro Editorie, Sorrento 2005, pag. 262 ISBN 88-87365-46-6

Rio della Plata, particolare della fontana dei Quattro Fiumi

Voci correlate
Chiese di Roma Sant'Agnese Piazza Navona

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Sito ufficiale: storia, cultura e culto nella chiesa di Sant'Agnese in Agone [2] La scheda della chiesa sul sito del vicariato di Roma [3] RomaViva: "Sant'Agnese in Agone - Piazza Navona Roma" [4] Sant'Agnese in Agone [5] (EN) Sant'Agnese in Agone [6] Gli organi [7]

Chiesa di Sant'Agnese in Agone

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References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Chiesa_di_Sant%27Agnese_in_Agone& language=it& params=41_53_55. 58_N_12_28_21. 21_E_scale:1000 [2] http:/ / www. santagneseinagone. org/ homepage. html [3] http:/ / www. vicariatusurbis. org/ Ente. asp?ID=908 [4] http:/ / www. romaviva. com/ Piazza-Navona/ sant'agnese_in_agone. htm [5] http:/ / www. romecity. it/ Santagneseinagone. htm [6] http:/ / roma. katolsk. no/ agneseagone. htm [7] http:/ / www. santagneseinagone. org/ organi. html

Basilica di Santa Maria in Montesanto


Coordinate geografiche: 415435.68N 122836.94E41.9099111N 12.4769278E
Santa Maria in Montesanto [1]

Esterno Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma cattolica Diocesi di Roma

Stile architettonico Barocco Inizio costruzione Completamento 1662 1679

Santa Maria in Montesanto una chiesa di Roma, situata nel rione Campo Marzio, in piazza del Popolo, tra via del Corso e via del Babuino. Essa popolarmente conosciuta come chiesa gemella di Santa Maria dei Miracoli, pur presentando sensibili differenze soprattutto nell'impostazione planimetrica. Il nome della chiesa deriva dal fatto che essa sostitu una piccola chiesa che apparteneva ai frati Carmelitani della provincia di Monte Santo in Sicilia. Essa fu edificata per iniziativa di papa Alessandro VII nel 1662, ma i lavori furono interrotti alla morte del pontefice nel 1667; ripresi nel 1673 sotto la supervisione di Bernini e la collaborazione di Carlo Fontana, furono terminati nel 1679. La chiesa si presenta all'interno a pianta ellittica, mentre la sua cosiddetta "gemella" Santa Maria dei Miracoli a pianta circolare; sei sono le cappelle laterali, contro le quattro della sua "gemella". Dal 1953 la chiesa diventata sede della Messa degli artisti, una singolare iniziativa ideata nel 1941 da Ennio Francia; dopo aver cambiato diversi luoghi per il culto, la manifestazione liturgica trov sede nella chiesa di piazza del Popolo dove tutte le domeniche, da oltre cinquantanni, viene celebrata questa messa cui prendono parte rappresentanti del mondo della cultura e dellarte; in questa chiesa inoltre che vengono spesso celebrate le esequie di persone legate al mondo della cultura e della televisione. Sotto le due chiese gemelle si trovano i resti di due monumenti funerari a piramide, molto simili per forma e dimensioni alla Piramide di Caio Cestio ed alla demolita Piramide Vaticana: anche questi due sepolcri dovevano

Basilica di Santa Maria in Montesanto risalire all'et augustea ed erano posti a mo' di ingresso monumentale al Campo Marzio, proprio la funzione che hanno oggi le due chiese.

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Bibliografia
M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891 [2], p. 322 C. Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, p. 237 M. Quercioli, Rione IV Campo Marzio, in AA.VV, I rioni di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, Vol. I, pp. 264-334 R. Luciani, Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria di Montesanto, Fratelli Palombi Editori, Roma 1990, pp. 47-73

Voci correlate
Architettura barocca Piazza del Popolo (Roma)

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References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Basilica_di_Santa_Maria_in_Montesanto& language=it& params=41_54_35. 68_N_12_28_36. 94_E_ [2] http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ I/ Gazetteer/ Places/ Europe/ Italy/ Lazio/ Roma/ Rome/ churches/ _Texts/ Armellini/ ARMCHI*/ 2/ Campomarzio. html

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma)

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Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma)


Coordinate geografiche: 415435.19N 122835.19E41.909775N 12.4764417E
Santa Maria dei Miracoli [1]

Esterno Paese Regione Localit Religione Diocesi Italia Lazio Roma cattolica Diocesi di Roma

Anno consacrazione 5 agosto 1681 Stile architettonico Inizio costruzione Completamento Barocco 1675 1679

La chiesa di Santa Maria dei Miracoli una chiesa di Roma, nel rione Campo Marzio, in piazza del Popolo, tra via del Corso e via di Ripetta. Essa popolarmente conosciuta come chiesa gemella di Santa Maria in Montesanto, sebbene le due strutture si differenzino soprattutto per l'impostazione planimetrica.

Storia
Preesistenze
Sotto le due chiese gemelle si trovano i resti di due monumenti funerari a piramide, molto simili per forma e dimensioni alla Piramide di Caio Cestio ed alla demolita Piramide Vaticana: anche questi due sepolcri dovevano risalire all'et augustea ed erano posti a mo' di ingresso monumentale al Campo Marzio, proprio la funzione che hanno oggi le due chiese.

La cappella lungo il Tevere


Allorigine della costruzione della chiesa vi un miracolo, avvenuto, secondo la tradizione, il 20 giugno 1325, quando una donna, in riva al Tevere, invoc unimmagine della Madonna dipinta sulle mura lungo il fiume, per salvare il suo bambino caduto nelle acque. Il salvataggio del bambino impose la costruzione di una cappella dedicata a Maria, lungo il Tevere, vicino allattuale Ponte Margherita; e nella cappella venne sistemata limmagine miracolosa, da allora chiamata Madonna dei Miracoli. Questa piccola cappella riportata dai cartografi dellepoca, ed appare nella pianta della citt del Bufalini (del 1551), del Tempesta (del 1593) e del Losi. Nel settembre 1515, papa Clemente VII affid la cappella al vicino Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, cosicch le ingenti offerte lasciate alla Madonna dei Miracoli potessero servire a coprire le spese dellOspedale. Nel

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma) 1529 la cappella pass ai Cappuccini, che per lasciarono la chiesa lanno successivo, quando, a causa di una piena del Tevere, essa venne completamente sommersa dallacqua. Negli anni seguenti la cappella lungo il fiume fu affidata a diverse congregazioni religiose, e nel 1590 limmagine della Madonna dei Miracoli fu trasportata nella Chiesa di San Giacomo in Augusta, di recente costruzione, ove si trova ancora oggi. Al suo posto nella cappella venne collocata una copia.

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La chiesa in piazza del Popolo


Poich il sito lungo il Tevere risultava sempre di pi insalubre e sottoposto a continue esondazioni del fiume, nel 1661 papa Alessandro VII ordin che si costruisse in piazza del Popolo una nuova chiesa ove custodire la copia dellimmagine della Madonna dei Miracoli, e che questo nuovo edificio sostituisse uno preesistente dedicato a SantOrsola. La nuova chiesa fu iniziata per solo 14 anni dopo lordine del papa, nel 1675, e 13 anni dopo la fondazione della cosiddetta chiesa gemella di Santa Maria di Montesanto. La chiesa fu conclusa nel 1679 e solo due anni dopo consacrata ed aperta al pubblico. Nel 1793 la chiesa venne concessa alla Confraternita del Santissimo Sacramento e nel 1856 allArciconfraternita di San Gregorio Taumaturgo. Dal 1915 la chiesa officiata dai Preti del Sacro Cuore di Ges di Btharram, che in precedenza occupavano la Chiesa dei Santi Angeli Custodi al Tritone, ora scomparsa.

Arte
Lesterno
La facciata caratterizzata dalla presenza di un profondo pronao rettangolare, coronato da un timpano, sul quale si legge il nome del benefattore della chiesa, il cardinal Gastaldi. Le colonne del pronao in origine erano destinate alle torri campanarie di San Pietro in Vaticano, progettate dal Bernini ma mai realizzate. Sulla balaustra esterna delledificio si ergono 10 statue, che raffigurano santi e sante, e di cui solo alcune sono identificate con certezza, eseguite fra il 1676 e il 1677 da Filippo Carcani, Ercole Ferrata ed altri. Alla sommit della chiesa si trova una cupola ottagonale, rivestita con tegole di lavagna, progettata e realizzata da Carlo Fontana. In via del Corso si innalza il campanile, specularmente rispetto a quello della vicina Santa Maria di Montesanto, attribuito a Gerolamo Theodoli o a Francesco Navona.

Linterno
La chiesa si presenta con pianta circolare (mentre la cosiddetta chiesa gemella a pianta ellittica), con quattro cappelle laterali ed un profondo presbiterio. Come per lesterno, anche linterno venne progettato da Carlo Rainaldi ed eseguito da Carlo Fontana. Al centro del pavimento collocata una lapide circolare con lo stemma cardinalizio del cardinale Girolamo Gastaldi, committente e mecenate della chiesa; lo stesso stemma si trova anche nella controfacciata, sopra la lapide commemorativa che ricorda ledificazione della chiesa.

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma) Le cappelle laterali Ledificio sacro presenta quattro cappelle laterali: la prima cappella a sinistra, chiamata Cappella di SantAntonio, presenta: una Vergine con Bambino, SantAntonio abate e SantAntonio da Padova, tela attribuita al parigino Henry Gascard; il monumento funebre ad Antonio dEste, discepolo ed amico di Antonio Canova; sotto laltare, in unurna, sono conservate le reliquie di Santa Candida, vergine e martire, proveniente dalle catacombe di Priscilla, sulla via Salaria; la seconda cappella a sinistra, detta Cappella del rosario, presenta: la pala daltare raffigurante la Madonna del rosario, copia realizzata nel XIX secolo di unopera conservata nella Basilica di Santa Balbina;

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La statua della Vergine di Btharram

e due ovali affrescati con storie della Santa Croce; passando oltre il presbiterio, vi la Cappella di San Giuseppe; nel pilastro che separa questa cappella e il presbiterio murato un Crocifisso bronzeo di Pericle Fazzini: la Cappella di San Giuseppe prende il nome dal dipinto a olio su tela raffigurante San Giuseppe e Ges bambino; inoltre, sopra le porte laterali della cappella, vi sono due dipinti a forma circolare raffiguranti Ges in casa di Marta e Maria e La Maddalena in casa di Simone il Fariseo; al centro della cappella collocata una statua della Madonna di Btharram, copia eseguita da Gino Mazzini di un'opera realizzata da Alessandro Renoir, il cui originale si trova in Francia, nel Santuario Nostra Signora di Btharram; infine la prima cappella a destra dellentrata la Cappella dellAssunta; in essa si trovano: la pala daltare raffigurante l'Assunta e San Gregorio Taumaturgo, trasportata qui quando la chiesa fu affidata allArciconfraternita di San Gregorio Taumaturgo; sulla parete sinistra la statua di san Michele Garicots, fondatore dei Preti del Sacro Cuore che officiano la chiesa, e che fu canonizzato da papa Pio XII nel 1947; sulla parete destra il monumento sepolcrale della famiglia Guglielmi delle Rocchette, realizzato dallo scultore Cesare Benaglia nel 1868.

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma) Il presbiterio e la sacrestia Il profondo presbiterio, realizzato da Carlo Fontana, unito alla navata della chiesa da un arco trionfale sormontato dallo stemma del Cardinal Gastaldi. Laltare maggiore venne commissionato il 3 novembre 1677, realizzato dal Fontana, mentre la decorazione in stucchi di Antonio Raggi. Al centro dellaltare maggiore collocata limmagine della Madonna dei Miracoli, copia di fine Cinquecento delloriginale affresco ora conservato nella chiesa di San Giacomo in Augusta: la Madonna e il Bambino sono coronati con corone doro; quella della Madonna risale al 1646 e fu una delle prime applicate ad unimmagine sacra. Ai lati del presbiterio i due monumenti sepolcrali dei Gastaldi: quello di sinistra il monumento sepolcrale del cardinale Girolamo Gastaldi; quello di destra il monumento sepolcrale del cavalier Benedetto Gastaldi; i due monumenti sono coronati da quattro statue, raffiguranti, a sinistra, la Fede e la Speranza, a destra la Prudenza e la Temperanza.

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L'altare maggiore

Lampia sacrestia venne realizzata contemporaneamente alla chiesa, e le sue decorazioni risalgono al XVII secolo; oltre a due lapidi commemorative che ricordano gli antichi proprietari della chiesa, la sacrestia conserva un busto in marmo di papa Pio VI.

Bibliografia
M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891 [2], p. 323 C. Hlsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927 [3], pp. 537-538 C. Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, p. 203-204 M. Quercioli, Rione IV Campo Marzio, in AA.VV, I rioni di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, Vol. I, pp. 264-334 R. Luciani, Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria di Montesanto, Fratelli Palombi Editori, Roma 1990, pp. 22-46

Voci correlate
Architettura barocca Piazza del Popolo

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Galleria fotografica [4]

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (Roma)

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References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Chiesa_di_Santa_Maria_dei_Miracoli_%28Roma%29& language=it& params=41_54_35. 19_N_12_28_35. 19_E_ [2] http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ I/ Gazetteer/ Places/ Europe/ Italy/ Lazio/ Roma/ Rome/ churches/ _Texts/ Armellini/ ARMCHI*/ 2/ Campomarzio. html#S. Maria_dei_Miracoli [3] http:/ / penelope. uchicago. edu/ Thayer/ I/ Gazetteer/ Places/ Europe/ Italy/ Lazio/ Roma/ Rome/ churches/ _Texts/ Huelsen/ HUECHI*/ 2/ Appendici/ 2. html#35 [4] http:/ / www. giovannirinaldi. it/ page/ rome/ mariadeimiracoli/ index. htm

Palazzo Barberini
Coordinate geografiche: 415413N 122925E41.90361N 12.49028E
Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini [1]

Tipo Indirizzo Sito

Pittura, Scultura via delle Quattro Fontane, 13 - 00184 Roma www.galleriaborghese.it [2]

Palazzo Barberini un palazzo di Roma che ospita parte dell'importante Galleria Nazionale d'Arte Antica e l'Istituto Italiano di Numismatica. Si trova in via Quattro Fontane, nel centro storico, a circa 200 metri da Piazza Barberini.

Storia
Il palazzo fu costruito nel periodo 1625-1633 ampliando nelle forme del primo Barocco il precedente edificio della famiglia Sforza creando una struttura ad acca, caratterizzata da uno spettacolare atrio a ninfeo, diaframma fra il loggiato d'ingresso e il giardino sviluppato sul retro. Autore del progetto l'anziano Carlo Maderno, coadiuvato da Francesco Borromini. Dopo la morte di Maderno il cantiere passa dal 1629 sotto la direzione di Bernini sempre con la collaborazione di Francesco Borromini, cui si devono numerosi particolari costruttivi e decorativi quali l'elegante scala elicoidale nell'ala ovest del palazzo, con la quale dialoga lo scalone d'onore berniniano a pianta quadrata nell'ala est. Il grande salone al piano nobile stato decorato nel periodo 1633-1639 da Pietro da Cortona con un affresco che raffigura Il trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di papa Urbano VIII Barberini: si nota la potente prospettiva melozziana, da sotto in su. Allo stesso pittore e ai suoi aiuti si devono anche alcuni affreschi nella cappella. Altre sale sono state decorate, tra gli altri, da Andrea Sacchi e Giovan Francesco Romanelli. Dopo la seconda guerra mondiale il palazzo stato acquisito dallo Stato Italiano. L'11 gennaio 1947, a seguito della scissione politica dell'ala riformista del PSI, nei suoi saloni vide la luce il Partito Socialista Democratico Italiano fondato da Giuseppe Saragat a quel tempo Presidente dell'Assemblea Costituente. A

Palazzo Barberini testimonianza dell'evento storico venne affissa una targa commemorativa sulla facciata principale. Il palazzo, dopo anni di coabitazione fra Galleria d'Arte Antica e Circolo delle Forze Armate, stato recentemente assegnato completamente alla prima. Oggi in corso una attenta campagna di restauro che interessa edificio e giardino, che render fruibile al pubblico il palazzo nella sua interezza. L'intento quello di creare, in questa sede, una Galleria Nazionale vera e propria, con le opere esposte in ordine cronologico, ma con la possibilit di inserire nel percorso acquisti e integrazioni. A lavori e restauri ultimati, dunque, l'organizzazione della collezione sar differente come concezione dalla struttura definita dalle collezioni storiche attualmente presenti a Roma, e godr di un impianto molto pi vicino ai grandi musei stranieri e sar dotata, come questi, di tutti i pi moderni servizi.

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Descrizione
Il progetto del Maderno prevedeva originariamente di inglobare il preesistente palazzo Sforza secondo il classico schema di palazzo rinascimentale, un blocco quadrangolare con uno spazio centrale cinto da arcate. Una successiva stesura dell'architetto proponeva invece di superare questo concetto facendo coesistere le due funzioni di palazzo e villa mediante una facciata regolare e severa che dava su piazza Barberini per assolvere alla funzione di rappresentanza e una parte invece tipica della villa suburbana dotata di vasti giardini e prospettive aperte. L'esempio fu la Villa Farnesina costruita da Baldassarre Peruzzi tra il 1509 e il 1510, soprattutto per l'impostazione a ferro di cavallo della pianta. L'ingresso si apre sulla via delle Quattro Fontane mediante la cancellata progettata dall'architetto Azzurri nel 1848 e realizzata nel 1865, con i grandi telamoni scolpiti da Adamo Tadolini. La facciata formate da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne rappresentanti i tre stili classici (dorico, ionico e corinzio). Tramite le arcate pi basse si accede al piano terra entrando in un ampio atrio ellittico fiancheggiato da due scale nei lati e nel quale, centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello pi alto del piano terra.

La collezione
La galleria fu fondata nel 1895 per raccogliere opere provenienti da diverse collezioni private e dal Monte di Piet. Il museo ospita tra le altre, opere di: Caravaggio: Giuditta che taglia la testa a Oloferne, anni 1597-1600; Narciso, 1598-1599; San Francesco, 1606 El Greco: Adorazione dei Pastori; Battesimo di Cristo 1546-1548 Hans Holbein il Giovane: Ritratto di Enrico VIII, 1540 Filippo Lippi: Madonna col Bambino, 1437 Tintoretto: Cristo e l'Adultera, 1546-1548 Tiziano: Venere e Adone, 1553-1554 Raffaello: La Fornarina, 1520

Bibliografia
Heinz-Joachim Fischer, Rom. Zweieinhalb Jahrtausende Geschichte, Kunst und Kultur der Ewigen Stadt, DuMont Buchverlag, Kln 2001 Anton Henze, "Kunstfhrer Rom", Philipp Reclam GmbH, Stuttgart 1994 Anna Lo Bianco, "La volta di Pietro da Cortona", Gebart, Roma 2004
Scala elicoidale opera di Borromini

Palazzo Barberini

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Voci correlate
Mitreo Barberini Architettura barocca

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Sito ufficiale del museo [2] Biglietteria di Palazzo Barberini [3] (EN) Piazza Barberini, Palazzo Barberini [4] (EN) Borromini, scala elicoidale [5] Palazzi di Roma [6] Aedes barberinae - Fonti, documenti, contributi per lo studio del Palazzo Barberini alle Quattro Fontane e delle collezioni barberiniane [7], progetto curato dal Dipartimento di Scienze Archeologiche dell'Universit di Pisa e dalla Scuola normale superiore di Pisa

References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Barberini& language=it& params=41_54_13_N_12_29_25_E_region:IT-RM_type:landmark [2] http:/ / www. galleriaborghese. it/ barberini/ it/ default. htm [3] http:/ / www. ticketeria. it/ barberini-biglietti. asp [4] http:/ / members. tripod. com/ romeartlover/ Vasi36. html [5] http:/ / www. pbase. com/ adalberto_tiburzi/ stairway [6] http:/ / www. palazzidiroma. it/ palazzo%20Barberini. htm [7] http:/ / aedesbarberinae. signum. sns. it/

Palazzo Montecitorio

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Palazzo Montecitorio
Coordinate geografiche: 41545N 122843E41.90139N 12.47861E
Palazzo Montecitorio Camera dei deputati della Repubblica Italiana [1]

Palazzo Montecitorio
Ubicazione Citt Paese Roma Italia Informazioni Stato Inaugurazione Uso In uso Prima met del Seicento Sede della Camera dei deputati della Repubblica Italiana Realizzazione Architetto Appaltatore Proprietario Gian Lorenzo Bernini, Ernesto Basile famiglia Ludovisi Stato italiano

Palazzo Montecitorio un edificio di Roma in cui ha sede la Camera dei deputati della Repubblica Italiana.

Storia
Il logo della Camera dei deputati

Palazzo Montecitorio

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Origine e periodo pontificio


La storia del palazzo inizia nella prima met del Seicento quando Innocenzo X commission a Gian Lorenzo Bernini di realizzare una residenza per la famiglia Ludovisi.[2] ancora discussa l'origine del toponimo della modesta altura sulla quale fu costruito il palazzo: c' chi ritiene che in epoca romana vi si svolgessero le assemblee elettorali (da cui "mons citatorius") e chi pensa che il nome deriverebbe dal fatto che vi venivano scaricati i materiali di risulta della bonifica del vicino Campo Marzio ("mons acceptorius"). Il Bernini, straordinario interprete del barocco romano, realizz un edificio che, sia nella struttura che nelle decorazioni, si adatta alla morfologia del territorio. La facciata del palazzo, lievemente curva, segue l'andamento della collina artificiale e gli elementi di pietra appena sbozzata, dai quali fuoriescono foglie e rametti spezzati, simulano un edificio costruito nella viva roccia. Morto il papa nel 1655, i lavori dovettero essere interrotti bruscamente a causa delle difficolt economiche dei Ludovisi, per essere ripresi pi di trent'anni dopo per volere di Innocenzo XII (famoso per il suo antinepotismo), che originariamente intendeva destinare il palazzo come ospizio per i poveri per decidere in seguito di installarvi il massimo organismo dell'amministrazione della giustizia: la Curia Pontificia (che rimase a lungo denominata Curia innocenziana). Dopo la morte di Bernini, il progetto pass a Carlo Fontana che modific profondamente il progetto originale, conservando comunque la caratteristica facciata convessa e aggiungendovi il campanile a vela. La Curia fu inaugurata nel 1696. Oltre ai tribunali pontifici, il palazzo fu anche sede del Governatorato di Roma e della direzione di polizia[3], assumendo cos un ruolo di spicco nella vita giudiziaria e amministrativa del governo pontificio.

Dopo il Risorgimento
Con l'Unit d'Italia, Palazzo Montecitorio fu espropriato dallo Stato italiano e destinato ad ospitare la Camera dei deputati (vennero scartati nella scelta Palazzo Venezia e il Campidoglio). Le modifiche necessarie alle nuove mansioni del palazzo vennero compiute rapidamente, il compito di edificare l'aula dell'Assemblea fu affidato a un poco noto ingegnere dei lavori pubblici, Paolo Comotto, che costru nel cortile una sala semicircolare a gradinate su un'intelaiatura di ferro interamente ricoperta di legno, inaugurata il 27 novembre 1871. La nuova aula si dimostr tuttavia inadeguata, dotata di una pessima acustica, freddissima La facciata verso piazza del Parlamento d'inverno e troppo calda d'estate. Inoltre, a causa di copiose infiltrazioni d'acqua, fu dichiarata pericolante e chiusa nel 1900. Nel frattempo, fallito un tentativo di costruire un nuovo palazzo del Parlamento in Via Nazionale venne costruita una nuova aula provvisoria in via della Missione, e solo nel 1918 fu inaugurata la sede definitiva nel Palazzo Montecitorio.

Palazzo Montecitorio

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I lavori di ampliamento del palazzo furono affidati all'architetto palermitano Ernesto Basile, esponente di primo piano della stagione liberty italiana, che esegu importanti interventi costruendo un nuovo edificio alle spalle dell'originale. Basile mantenne infatti solo la parte frontale del palazzo berniniano, riducendo invece il cortile e demolendo le ali e la parte posteriore, innalzando, sulla piazza del Parlamento, il nuovo corpo di fabbrica caratterizzato da quattro torri angolari rivestite in mattoni rossi e travertino. All'interno di questo blocco Basile colloc l'aula delle sedute, illuminata da uno straordinario lucernario a ventaglio in stile liberty, il famoso Velario di Giovanni Beltrami.

L'aula progettata da Ernesto Basile

Sotto il velario in vetro colorato di Beltrami fu posto un fregio pittorico, che circonda l'aula in alto: l'autore era Aristide Sartorio ed il fregio era dedicato alla storia del popolo italiano[4]. Insieme a Basile collaborarono anche altri artisti, tra i quali Leonardo Bistolfi e Domenico Trentacoste, autori dei gruppi marmorei e della facciata posteriore. Il pannello bronzeo dell'Aula, posto alle spalle dello scranno del Presidente intitolato: "La glorificazione della dinastia sabauda", opera del torinese Davide Calandra ed stato fuso a Pistoia[5]. A Basile si deve anche il grande salone detto "Transatlantico", lungo ed imponente, posto sul diametro dell'emiciclo e centro informale della vita politica italiana, caratterizzato da un pavimento in marmo siciliano, che deve la curiosa denominazione alla presenza di particolari plafoniere tipiche delle grandi navi d'inizio Novecento.

Descrizione
Le pi importanti sale di rappresentanza si trovano al secondo piano, insieme agli uffici del Presidente e dei componenti dell'Ufficio di Presidenza e del Segretario generale. Attraverso uno scalone monumentale, si accede al cosiddetto corridoio dei busti, lungo il quale sono esposti una trentina di busti in bronzo e marmo di illustri deputati. Un altro salone chiamato "della Lupa", l'ambiente pi ampio dell'ala berniniana, che deve il suo nome alla presenza di una scultura in bronzo della lupa capitolina. Qui fu proclamato il risultato del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e si svolgono ancora oggi riunioni importanti. A sinistra del salone della Lupa si affaccia la Biblioteca del Presidente, dove si tengono le riunioni dell'Ufficio di Presidenza e degli altri organi della Camera. Sul lato destro invece situata la Sala Aldo Moro. L'intitolazione della storica sala avvenuta il 13 maggio 2008, alla presenza del Presidente della Camera Gianfranco Fini, quando ricorreva il trentesimo anniversario della scomparsa del politico. La sala, che prima era soprannominata Sala gialla per il colore della tappezzeria, arredata con mobili in stile rococ provenienti dalla Reggia di Caserta.

Palazzo Montecitorio

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Patrimonio artistico
A Palazzo Montecitorio si trovano pi di mille dipinti e sculture datati tra il XVI e XX secolo, alcune migliaia di incisioni e stampe di varie epoche, un nucleo consistente di reperti archeologici e una discreta quantit di beni artistici, quali: orologi, mobili d'epoca, arazzi e busti. Una buona parte di queste opere di propriet delle varie Soprintendenze e si trova in deposito temporaneo presso la Camera dei deputati. La rimanente parte del patrimonio artistico, rappresentata soprattutto da opere d'arte moderna e contemporanea, stata direttamente acquisita in propriet dalla Camera a partire dagli anni trenta. Una piccola parte del patrimonio artistico inoltre rappresentata da donazioni Ulisse e Nausicaa, Michele Desubleo fatte sia dagli artisti che dagli eredi. Nel corso della XIII legislatura, si deciso di procedere alla restituzione, alle varie Soprintendenze proprietarie, di un buon numero di opere collocate temporaneamente alla Camera dei deputati per favorire la ricostituzione del patrimonio museale di tali istituzioni. Tra le opere pi famose restituite figurano[6]: La via del Calvario, Mattia Preti Ulisse e Nausicaa, Michele Desubleo Le quattro stagioni, Guido Reni Fiori e cacciagione, Giuseppe Recco Venere dormiente, Luca Giordano

Il palazzo ospita comunque diverse opere d'arte di grande valore, raccolte in buona parte per abbellire l'edificio dopo i lavori di ampliamento del 1918, tra le tante presente nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari anche l'opera: Orme di Leggi, di Maria Lai

Note
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Montecitorio& language=it& params=41_54_5_N_12_28_43_E_type:landmark_scale:3000_region:IT [2] Le fondamenta dell'edificio sarebbero insufficienti rispetto all'altezza e alla dimensione del Palazzo, per giunta costruito su un terreno particolarmente cedevole; dopo l'8 settembre 1943, fu proprio l'esibizione delle crepe sui muri da parte di un funzionario dell'ufficio stralcio a bloccare l'occupazione della Camera da parte delle truppe tedesche: cfr. M. Pacelli, Interno Montecitorio, Storie sconosciute, Franco Angeli, 2006. [3] Nella prigione sotterranea dell'epoca pontificia si sarebbe rifugiato (ricercato dai fascisti che l'avevano espulso dall'aula) il deputato comunista Francesco Misiano: cfr. M. Pacelli, Interno Montecitorio, Storie sconosciute, Franco Angeli, 2006. [4] Esso decora tutta in circolo la parte alta dell'aula e reca figure di uomini e donne anche nudi, con cavalli; fu eseguito con una tale fretta da richiedere l'uso di una specie di proiettore. Sartorio disegn i volti sulla base di diapositive che ritraevano i malati di mente del Policlinico: M. Pacelli, Interno Montecitorio, Storie sconosciute, Franco Angeli, 2006. [5] Quel bronzo a Montecitorio un pezzo di storia pistoiese (http:/ / ricerca. gelocal. it/ iltirreno/ archivio/ iltirreno/ 1999/ 04/ 30/ LF204. html), Il Tirreno, 30 aprile 1999. [6] Patrimonio artistico di Palazzo Montecitorio sul sito della Camera dei deputati. (http:/ / www. camera. it/ amministrazione/ 316/ 323/ 6553/ documentotesto. asp)

Palazzo Montecitorio

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Altri progetti
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Collegamenti esterni
Storia e descrizione di Palazzo Montecitorio sul Sito della Camera dei deputati (http://www.camera.it/ amministrazione/316/318/documentotesto.asp) Disegni e foto di Palazzo Montecitorio sul Sito della Camera dei deputati (http://www.camera.it/serv_cittadini/ 8180/8185/8277/album_nuovo.asp) Il sito ufficiale della Camera dei deputati (http://www.camera.it) Volume di Carlo Fontana dal titolo Monte Citatorio, corredato da varie tavole, 1694, Stamperia Buagni (http:// diamante.uniroma3.it/hipparcos/carlo_fontana.htm)

Palazzo Chigi-Odescalchi
Coordinate geografiche: 415352.81N 122857.33E41.8980028N 12.4825917E
[1]

Palazzo Chigi-Odescalchi un palazzo di Roma, ubicato in piazza Santi Apostoli.

Storia
L'edificio originario, rimaneggiato da Carlo Maderno, apparteneva alla famiglia Colonna, che nel 1622 lo vendette ai Ludovisi, per poi riacquistarlo pochi anni dopo. Nel 1661 il palazzo, ceduto in usufrutto al cardinale Flavio Chigi, fu oggetto di una significativa trasformazione ad opera di Gian Lorenzo Bernini (1665 circa). Nel 1745 l'immobile pass al principe Palazzo Chigi-Odescalchi in piazza Santi Apostoli Baldassare Odescalchi e quindi fu ampliato da Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli. Tuttavia, nel 1887 il palazzo fu danneggiato da un incendio: la facciata su piazza Santi Apostoli fu restaurata, mentre il prospetto su via del Corso fu ricostruito da Raffaelo Ojetti.

Descrizione
Particolarmente significativa la parte originaria del palazzo, la cui facciata fu ideata dal Bernini. Infatti, tale facciata seicentesca pu essere considerata un vero e proprio modello per i prospetti dei palazzi barocchi italiani ed europei. Bernini, infatti, la ripropose anche in un suo progetto per la facciata del Louvre, poi non realizzata. Tale progetto fu poi alla base di importanti realizzazioni come il Palazzo Reale di Stoccolma disegnato da Nicodemus Tessin il Giovane, che studi proprio presso lo studio del Bernini. Prima dei successivi ampliamenti, essa presentava un risalto nella parte centrale, definito mediante lesene giganti e coronato da una balaustra alla sommit. Tale risalto fu celato nel corso del Settecento, quando la facciata fu raddoppiata, riprendendo per lo stile del disegno berniniano. Essa risulta aperta da due portali, dai quali si accede al cortile porticato realizzato da Carlo Maderno, ornato con numerose statue. Decisamente eclettica la facciata su via del Corso, edificata in stile neorinascimentale sul modello dei palazzi fiorentini del XV secolo.

Palazzo Chigi-Odescalchi

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Bibliografia
C. Norberg - Schulz, Architettura Barocca, Martellago (Venezia), Electa, 1998. ISBN 88-435-2461-5

Voci correlate
Architettura barocca

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Collegamenti esterni
Storia e foto del palazzo su www.palazzidiroma.it [2]

References
[1] http:/ / toolserver. org/ ~geohack/ geohack. php?pagename=Palazzo_Chigi-Odescalchi& language=it& params=41_53_52. 81_N_12_28_57. 33_E_type:landmark_region:IT [2] http:/ / www. palazzidiroma. it/ palazzo%20Odescalchi. htm

Trompe-l'il
Il trompe l'il (francese per "inganna l'occhio", da tromper, ingannare; IPA: [tp lj]), una tecnica pittorica che, attraverso espedienti, induce nell'osservatore l'illusione di stare guardando oggetti reali e tridimensionali in realt dipinti su una superficie bidimensionale. Il trompe l'il consiste tipicamente nel dipingere un soggetto in modo sufficientemente realistico da far sparire alla vista la parete su cui dipinto. Un tipico murale trompe-l'il pu rappresentare una finestra, una porta o un atrio per dare l'illusione che l'ambiente sia pi vasto. La tecnica era in uso gi nell'antica Grecia e nella societ romana; l'espressione pare nata nel periodo Barocco, ma l'uso del trompe-l'il, molto precedente (si rammentino opere come la Camera degli Sposi del Mantegna a Mantova, o il finto coro di Santa Maria presso San Satiro a Milano, del Bramante), prosegue fino all'et contemporanea.
Pere Borrell del Caso, Sfuggendo alla critica, olio su tela

Definizione

Trompe-l'il Il trompe l'il (dal francese tromper, ingannare, e l'oeil, occhio), una tecnica pittorica naturalistica, basata sull'uso del chiaroscuro e della prospettiva, che riproduce la realt in modo tale da sembrare agli occhi dello spettatore illusione del reale. Essa crea un'ambiguit tra il piano pittorico e quello dell'osservatore, facendo risultare tridimensionale ci che in realt bidimensionale; in questo modo infatti l'osservatore percepisce illusoriamente una realt inesistente, creata artificialmente attraverso mezzi pittorici. Si basa sostanzialmente sulla creazione di una sorta di scenografia volta ad inglobare in maniera oculata elementi funzionali per arrivare poi a fondersi con l'architettura e nel contempo a superarne i limiti. La perfetta simulazione del mondo fisico d vita ad un sottile gioco di rimandi tra realt e illusione percettiva nella quale l'uomo moderno si perde e perde a sua volta le limitazioni imposte dal mondo fenomenologico.

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Tecnica
Dal punto di vista tecnico, il trompe l'oeil richiede un'assoluta conoscenza del disegno, delle regole prospettiche, dell'uso delle ombre e degli effetti di luce, oltre alla perfetta padronanza dell'uso del colore e delle sfumature, tecniche ben precise e rigidamente sottoposte a regole matematiche e geometriche per ottenere l'effetto voluto. Lo studio del punto di vista dell'osservatore rispetto al dipinto fondamentale. Pertanto, subito dopo avere scelto la superficie su cui operare l'intervento, l'artista dovr individuare i punti di vista privilegiati, ossia i punti di vista da cui generalmente si osserva quell'area. Per esempio, se si decide di collocare il dipinto sulla parete di una stanza che sta di fronte alla porta di ingresso, si costruir l'opera pittorica in modo da ingannare la percezione visiva di colui che entra nella stanza. Se l'artista desidera creare un'illusione prospettica, dovr inoltre collocare il punto di fuga dell'immagine pittorica in corrispondenza del punto di vista dell'osservatore. L'illusione ottica particolarmente efficace se l'osservatore si pone al centro della stanza, in corrispondenza del punto di fuga. fondamentale, per raggiungere il massimo dell'illusoriet pittorica, tener conto delle reali sorgenti luminose dell'ambiente, la loro natura e la loro direzione, in modo che il soggetto rappresentato appaia come illuminato da quelle luci.

Storia
Origini
Il tentativo di rappresentare realisticamente la realt risale alle origini della pittura, alle antiche pitture murali, nate con i primi insediamenti umani. Miti, battaglie e vicende della vita quotidiana come la caccia, le cerimonie religiose ecc. venivano immortalati sulle pareti delle caverne, nelle tombe, negli edifici di culto e nei palazzi. Le pareti tombali dell'antico Egitto infatti ci tramandano figure stilizzate e un ricchissimo repertorio naturalistico di dipinti eseguiti con campiture piatte di colori puri. Gli artisti egizi o minoici, con pitture raffiguranti giardini, coprivano le pareti dei templi, delle tombe o dei palazzi e non immaginavano che le forme da loro create si sostituissero a veri e propri giardini. Artisticamente prospere furono anche le civilt mediterranee, come quella greca e cretese, le quali probabilmente influenzarono l'arte pittorica etrusca e poi quella romana da un punto di vista religioso ma soprattutto naturalistico e decorativo. A queste inoltre risalgono i primi sfondati illusionistici della storia e temi decorativi che sono entrati sistematicamente nel repertorio decorativo di oggi. Durante l'epoca ellenistica, nel mondo greco ed ellenizzato si assiste ad una diffusione senza precedenti dell'illusionismo nell'architettura e nella decorazione. L'origine di questa decorazione indissolubilmente legata all'evoluzione dell'architettura, visto che solo la decorazione architettonica rendeva possibile un trompe l'oeil a tre dimensioni che potesse essere messo in rapporto con la categoria della copia. Nell'ultimo quarto del IV secolo a.C. e all'inizio del secolo successivo si sviluppa un'architettura "di facciata" che tende ad esaltare e contemporaneamente a dissimulare l'edificio sottostante. All'inizio della storiografia relativa al trompe l'oeil si collocano alcuni aneddoti narrati di Plinio il Vecchio e divenuti alcuni degli episodi pi noti nella storia dell'arte. Secondo uno di questi, un giorno, il pittore greco Parrasio

Trompe-l'il

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venne a gara con il contemporaneo Zeusi; mentre questi present dell'uva dipinta cos bene che gli uccelli si misero a
svolazzare sul quadro, quello espose una tenda dipinta con tanto verismo che Zeusi, pieno di orgoglio per il giudizio degli uccelli, chiese che, tolta la tenda, finalmente fosse mostrato il quadro; dopo essersi accorto dell'errore, gli concesse la vittoria con nobile modestia: se egli aveva ingannato gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui stesso, un pittore. (Plinio il Vecchio, Storia naturale XXXV 65-66)

Tale storia era largamente diffusa al di fuori del piccolo mondo dei pittori e degli amatori d'arte. In un seminario del 1964, lo psicoanalista e teorico Jacques Lacan (1901 -1981) osserv che il mito dei due pittori rivelava un aspetto interessante della cognizione umana: mentre gli animali sono attratti da apparenze superficiali, gli esseri umani sono attratti dall'idea di ci che nascosto. Ma possibile annoverare altri racconti simili che risalgono all'antichit: il cavallo dipinto da Apelle che provoc il nitrito di alcuni cavalli, le tegole dipinte sulle quali dei corvi tentarono di posarsi, e infine i volatili rappresentati da Protogene sullo sfondo di uno dei suoi quadri, ai quali, secondo Strabone, una pernice tent di unirsi.Come gli epigrammi ecfrastici della tradizione greca, questi piccoli racconti tendevano ad accreditare l'idea secondo la quale l'arte pu spingersi cos lontano nell'imitazione del visibile che diventa impossibile differenziare la realt dalla sua raffigurazione dipinta, e lo spazio del reale dallo spazio della raffigurazione. Per gli antichi ogni opera d'arte un trompe l'oeil e tuttavia l'antichit non ha conosciuto realmente un genere pittorico strettamente equivalente all'odierno trompe l'oeil. La "grande pittura" antica ha dedicato scarsa attenzione alla "pittura d'oggetti", la sola realmente capace di creare un effetto di trompe l'oeil. La riflessione degli antichi sull'arte della pittura o della scultura, fondata sulla convinzione della natura mimetica della rappresentazione, ha tuttavia moltiplicato le osservazioni sul carattere illusionistico e ingannevole delle immagini. Queste immagini in genere raffigurano animali ingannati dalla rappresentazione di un loro simile, innamorati che soffrono pene d'amore alla vista del ritratto di una bella ragazza, opere che sembrano volersi animare o voler parlare. Tuttavia n in greco n in latino esiste una parola che istituisca esplicitamente una categoria estetica fondata sull'effetto ingannatore dell'arte, n un termine che designi un genere paragonabile a quello del moderno trompe l'oeil, bench diversi vocaboli, nell'una e nell'altra lingua, segnalino i limiti della falsa apparenza nell'arte (eidolon, skiagrafia, fantasma, species). Se l'effetto dell'illusione esiste veramente, si produce in qualsiasi categoria di rappresentazione dipinta o scolpita: quella dell'essere umano innanzitutto, ma anche quella degli animali, dei fiori e degli alimenti (xenia). Alcuni monumenti presentano gi due elementi caratteristici della decorazione illusionistica, sia che si tratti di una decorazione prevalentemente architettonica o, pi tardi, esclusivamente pittorica:la dilatazione dello spazio suggerita dalla sovrapposizione dei piani e il motivo di una finta galleria (teatro di Metaponto; Taso, porta di Zeus ed Era). Lo sviluppo di una decorazione monumentale fondata su effetti illusionistici certamente da mettere in relazione con l'emergere di un modello di vita aristocratico e regale. La "grande pittura" greca del quinto e quarto secolo permette di scorgere tratti di questa di questa tecnica in particolar modo negli affreschi prodotti in un'et successiva (il I secolo a.C.) e collegati alla tradizione pompeiana. L'apparato decorativo molto ricco e si ispira a un criterio di imitazione della realt, che per supera la soglia della verisimiglianza; gli elementi architettonici si addensano, si sovrappongono, schiudendo spazi continui ma di estensione limitata, nei quali si insinua una natura che anche esito di fantasia. Si tratta di un'interpretazione gi ellenistica, propria del III secolo a.C., che gli artisti pompeiani riprendono in una fase successiva, rielaborando originali greci di cui mantengono, tuttavia, il carattere "realistico", sviluppato fino alle sue estreme conseguenze; la rassegna degli elementi architettonici diviene analitica, vengono curati i minimi particolari di elementi architettonici. Anche l'elemento naturale contribuisce a delineare un paesaggio fantasioso; il ruolo affidato alle piante infatti troppo contenuto, usato come un "riempitivo" che occupa il poco spazio lasciato libero dalla struttura architettonica.

Trompe-l'il Per incontrare per la prima volta un termine la cui accezione ricopra, probabilmente solo in parte, quella di "trompe l'oeil" bisogna aspettare Platone: la parola skiagrafia, formata da skia, ombra, e da graf, disegno, pittura. Nel mondo greco la nozione di ombra gi in se stessa portatrice di ambiguit. Certamente l'ombra ha solo l'apparenza dell'essere ma anche il riflesso del vivente. Anche se la parola probabilmente non stata usata in questo senso prima dell'inizio dell'epoca ellenistica, la skiagrafia stava comunque ad indicare la pittura realizzata in base all'ombra riflessa, il disegno che ne tracciava il contorno. La figura cos ottenuta era chiamata skia. Questa leggenda eziologica, certamente elaborata nella cerchia del bronzista torico Senocrate, poneva l'ombra all'origine dell'immagine per far capire meglio che la vera fonte dell'arte era il desiderio di captare o di catturare l'essere vivente. Teorie prospettive nel XVII secolo permisero un approccio pi pienamente integrato all'illusione di architettura, che quando viene utilizzata dai pittori per "aprire" lo spazio di un muro o al soffitto viene definita quadratura.

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Il Trompe l'oeil in Italia


L'Italia sempre stata il maggior centro per questa forma d'arte e molti furono gli artisti che nel corso dei secoli utilizzarono questo tipo di tecnica pittorica: Giotto, nel Trecento, la impieg nella Cappella degli Scrovegni di Padova, una delle sue opere pi note, in particolare nella fascia inferiore della suddetta, dove dipinse in grisaille le Allegorie del Vizio. Nel Quattrocento questa tecnica fu largamente impiegata nella pittura fiamminga, gi di per s caratterizzata da un'estrema attenzione al dettaglio, soprattutto nei quadri di interni e nei ritratti, con motivo che saranno poi ripresi da pittori delle epoche seguenti come per esempio Jean-Simon Chardin. Fu per durante il Rinascimento che la pittura architettonica illusionista trov la sua massima diffusione. In questo periodo storico, infatti, vennero teorizzate le prime regole della prospettiva ad opera di grandi maestri quali Masaccio, Brunelleschi e Leon Battista Alberti; furono scoperte e codificate le leggi della prospettiva, e il trompe-l'oeil venne condotto a livelli di estremo realismo e grande raffinatezza, applicato anche alle strutture architettoniche, deformate ed amplificate otticamente con la costruzione di falsi "sfondati" prospettici. Leonardo impieg scientificamente la prospettiva nelle sue opere e introdusse importanti intuizioni su di essa a livello cromatico. Con questi importanti artisti il trompe l'oeil non solo venne condotto a livelli di estremo realismo e di grande raffinatezza, ma gett le basi della profondit spaziale, recuperata e rielaborata successivamente con grande virtuosismo dai loro successori barocchi. Da non dimenticare sono le eleganze dei motivi decorativi di ispirazione vegetale del Rococ e il contributo storico dato dalla pittura olandese caratterizzato dalla riproduzione minuziosa di oggetti, ambizione pienamente condivisa dai pittori di trompe l'oeil. Al giorno d'oggi, molte opere provenienti da musei e collezioni private italiane e straniere raccontano l'intrigante e spettacolare storia del trompe l'oeil. Il tema dell'inganno,dell'illusione, dell'eterna sfida tra finzione e verit presente non solo nell'ambito della pittura, ma anche a livello scultoreo, nell'ambito della porcellana, della pietra ecc. Vengono di fatto rappresentati spesso finti armadietti semiaperti con libri al loro interno, tarsie lignee di studioli rinascimentali, piani di tavolo a scagliola e pietre dure raffiguranti oggetti apparentemente prensili, zuppiere e suppellettili da tavola a forma di ortaggio.... Finestre, capitelli, marmi, porte create con decorazioni illusorie che fanno parte di un'antica cultura genovese iniziata verso la fine del Quattrocento dalle famiglie pi ricche e in vista della citt di Genova, arte che da Genova fin con l'espandersi lentamente in tutta la regione, soprattutto a levante.

Trompe-l'il

131 Veniva adottata pi che altro per esibizionismo ed eseguita da veri e propri pittori che realizzavano affreschi di notevole valore artistico. Solo verso l'Ottocento questa tecnica assunse una funzione architettonica reale, volta non solo a nobilitare un edificio, ma anche a sostituire materiali altamente decorativi. Solitamente si simulavano gli elementi pi classici di un edificio come le finestre o dei finti rivestimenti specialmente sugli angoli di quest'ultimo, ma non sono rari i casi in cui viene simulato tutto, finte statue con tanto di nicchia, finte tendine dietro ad altrettanti finti vetri.

Naturalmente la tecnica del trompe l'oeil usata anche all'interno delle case, ed anche qui si pu trovare di tutto, dal finto divano, alla vetrata con panorama, fino alla finta stanza con tanto di arredamento interno. In qualche occasione si trovano anche le prime intuizioni sperimentali sugli effetti dell'atmosfera sul colore. I giochi di tonalit che fanno sembrare pi chiari gli Esempio di Trompe l'oeil sulla facciata di una palazzina a Genova elementi del paesaggio che si trovano pi lontano. Per ritrovare un forte interesse per la pittura architettonica illusionistica bisogna fare un salto di quattordici secoli e arrivare al Rinascimento.

La Camera Picta di Mantegna


Tipico e famosissimo esempio di esecuzione dell'arte dell'inganno rappresentato dalla camera picta, detta anche Camera degli sposi, situata nel palazzo ducale di Mantova ed eseguita da Andrea Mantegna intorno al 1464. La stanza presenta pareti tripartite verticalmente da arcate di un finto loggiato, che accolgono le scene dietro finti tendoni damascati scostati. Solo il camino, le porte, le finestre e i peducci sono reali; tutto il resto reso illusionisticamente con la pittura al fine di dare l'impressione di maggiore spazio allo spettatore di seguito. Sulla parete nord Esempio di Trompe l'oeil, Camera Picta, ala est rappresentata La corte di Ludovico III Gonzaga entro un cortile dietro il cui muro a medaglioni marmorei si intravede un albero del giardino. Sulle pareti est e sud si aprono finestre tra finti drappi. Sulla parete ovest, nell'arcata di sinistra vi sono paggi con un cavallo e dei cani, come anche nel registro centrale, dove posta la porta, sulla quale putti con ali di farfalla reggono un'epigrafe latina con la dedica ai marchesi, la firma di Mantegna e la data di nascita dell'opera. Nella terza arcata raffigurato l'incontro tra Ludovico III e i figli Francesco e Federico sullo sfondo di una veduta ideale di Roma. Lo sforzo decorativo della Camera Picta appare in tutto il suo splendore nella vivacit della gamma cromatica e dell'oro, nell'imitazione delle stoffe preziose e degli stucchi della volta e dei pilastri; inoltre le ricerche del pittore sull'unificazione spaziale raggiungono qui il massimo risultato, in virt della profonda consapevolezza prospettica ma anche dell'uso realistico della luce, fatta provenire da un'unica fonte, il finto oculo della volta in cui si affacciano putti e figure femminili su uno sfondo costituito dal cielo blu creato illusionisticamente con effetti di sfondato.

Trompe-l'il

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Chiesa di San Satiro


La planimetria della chiesa di San Satiro, dalla singolare configurazione a tau', la cosiddetta croce commissa, appare subito condizionata dal luogo in cui sorge; in particolare, dall'esistenza di Via Falcone, che aderisce direttamente al transetto, limitandolo come una vera e propria barriera. Almeno, tale la situazione che risulta dal 1476, quando fu dato principio alla fabbrica della chiesa attuale, cui poco dopo il Duca Gian Galeazzo Visconti mise a capo Donato Bramante. Oltre a inglobare nella nuova struttura la Cappella della Abside della chiesa di San Satiro Piet, risalente all'epoca della fondazione (876), e insieme al campanile unica parte superstite di una chiesa anteriore, l'architetto dovette risolvere l'arduo problema rappresentato dal muro piatto del presbiterio: una parete cieca gli impediva infatti di costruire l'abside, di chiudere l'edificio con una struttura che conferisse all'altare maggiore l'attesa spazialit e al piedicroce il suo punto focale. In armonia con le lesene corinzie che fregiano la navata e il transetto, Bramante ide allora l'artificio di una falsa prospettiva, situando nel poco spazio disponibile una breve fuga' di semicolonne convergenti; vi inser, poi, modanature in cotto dorate e, nella volta a botte, lacunari e rose in rilievo, al fine di accrescere la sensazione di profondit. Per ottenere l'effetto voluto da Bramante, la posizione ideale si trova al centro della navata, a qualche metro dall'ingresso. I pesanti pilastri inquadrano, con le volte a botte, la prospettiva simulata nel presbiterio, che aggiunge' alla chiesa un elemento di leggiadria, guidando l'occhio del visitatore all'affresco della Madonna racchiuso fra due candelabri: il solido punto focale - cos ricreato - usufruisce di uno spazio illusorio, che conclude, rendendola pi lieve, la struttura dell'intero edificio. L'ardito gioco prospettico del presbiterio riesce ancor pi efficace osservando la chiesa dall'esterno, dove la via lambisce la lunga muratura: limite insormontabile che qui la genialit dell'architetto ha superato non per ragioni puramente "illusionistiche", ma per recuperare alla chiesa ed al suo altare un decoro, una funzionalit che la topografia avrebbe loro negato.

Cupola della Basilica di San Giovanni


La cupola di San Giovanni affrescata dal Correggio fra il 1520 e il 1523, rappresenta l'incontro tra Cristo e San Giovanni evangelista negli ultimi istanti della vita di quest'ultimo. L'artista riesce a creare un moto ascensionale molto accentuato, ottenuto con la spirale delle molte figure galleggianti su nubi, sempre leggere e sempre pi inconsistenti via via che salgono verso la luce divina. La libert compositiva, il potente effetto illusionistico. Subito colpisce per la plasticit delle figure, per il loro rilievo scultoreo; qui molto pi pronunciato che non nella cupola del Duomo parmense, la cui scena dell'Assunzione risale a una fase immediatamente successiva, fra il 1523 e il 1530. Proprio il rapporto tra luce e figure segna una precisa, significativa evoluzione. Il Cristo che nella cupola di San Giovanni domina il centro della scena nell'atto di ascendere al cielo possente, di un vigore michelangiolesco, ma non ha alcun punto di appoggio: la luce soltanto lo sorregge, creando uno sfondo luministico in grado di rievocare la solennit, il mistero dell'evento straordinario. Il Cristo appare come un Re, ma la luce rivela il suo carisma soprannaturale, rappresentando con forza l'ingresso dell'umanit in uno spazio divino. L'insieme si adatta splendidamente al tema profetico, desunto - secondo una tradizione - dalle visioni che l'Apostolo Giovanni ebbe nell'isola di Patmos. Le plastiche figure vi assolvono un ruolo dominante, sancito anche dagli Apostoli sottostanti, mentre l'effetto luminoso ci ricorda che lo spazio della cupola non deve prescindere da una dimensione ben pi ampia, comprensiva dell'umanit e della divinit di Cristo. Sostanzialmente, non possiamo dimenticare che chi vede questa scena trasfigurata anche l'autore dell'Apocalisse. Nel grande affresco del Duomo le proporzioni risultano invertite, appartenendo il ruolo primario alla luminosit e ai piani, ai livelli che da questa scaturiscono. Gli apostoli continuano ad assistere a un prodigio, ma n loro n le miriadi di angeli acquisterebbero il dovuto rilievo se non intervenisse il turbine di luce a investirli da ogni parte, a garantire una loro corale unit. La prospettiva si apre al suo culmine, coinvolgendo il moto, il colore della scena

Trompe-l'il intera e delle masse corporee che la popolano. Infine, dato che l'occhio sale verso l'alto, al vertice rimane soltanto l'oro della luce, che qui non pi occupato dal rilievo di una figura maestosa. Non stupisce che questo affresco abbia suscitato critiche, per certi aspetti analoghe a quelle provocate dal Giudizio Universale di Michelangelo; l'insieme che compone la prospettiva innovativo per il suo tempo, e ben a ragione pu essere ritenuto - nei suoi effetti di colore - la necessaria premessa a non poche arditezze della successiva, imminente et barocca.

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Lo sposalizio della Vergine di Raffaello


Lo sposalizio della Vergine, eseguito da Raffaello nel 1504 su commissione della famiglia Albizi, risente degli insegnamenti del maestro Pietro Perugino che viene per superato nella conquista di una maggiore spazialit. Sullo sfondo presente un tempio rinascimentale a pianta centrale contornato da un immenso cortile che delimita il paesaggio profondissimo, infatti il tempio non soltanto un fondale, ma un tramite con il paesaggio, dove i colli lievemente abbozzati rievocano una prospettiva infinita. In primo piano avviene l'episodio evangelico: al centro della scena il sacerdote tiene le mani di Giuseppe e Maria intenti a scambiarsi gli anelli. Sulla destra sono raffigurati i pretendenti delusi, mentre sulla sinistra delle giovani donne del paesaggio naturale e umano, non ritroviamo soltanto un puro rigore geometrico, n la 'tentazione' di riempire lo spazio in ogni modo; e nemmeno la ieratica staticit delle figure principali. Tutto, invece, sembra voler rinunziare a un'atmosfera dai toni marcati: in luogo della luce mattutina, adatta a circoscrivere, a definire ogni dettaglio, ecco una delicata luce meridiana, la cui luminosit invade la scena lasciando a ogni particolare la sua naturale morbidezza.

Raffaello Sanzio, Lo sposalizio della Vergine, Olio su tela, Pinacoteca di Brera, Milano

L'osservatore viene letteralmente risucchiato in un unitario avvolgente globo spaziale, attraverso l'artificio sapiente delle due ali divergenti tra loro di figure, di cui quella esterna pare idealmente prolungarsi appunto al di l dei limiti dello spazio del quadro: in questo spazio unitario Raffaello ha saputo compendiare tutti gli aspetti della natura e dell'opera dell'uomo con un discorso sacro coniugato in termini d'immersione nel reale. Un'immersione, per, che avviene in una realt che viene sottoposta dall'autore ad una sorta di operazione di purificazione all'interno di una struttura ispirata al motivo del cerchio, la figura geometrica perfetta per antonomasia e simbolo dell'armonia cosmica. Come simbolo di quell'armonia il tempietto rappresentato sullo sfondo del dipinto e strettamente riferibile al tempietto di San Pietro in Montorio realizzata dal Bramante nel 1503 a Roma.

Trompe-l'il

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San Gerolamo nello studio di Antonello da Messina


Antonello da Messina dipinse questo piccolo quadro nel 1474, ispirandosi probabilmente a un dipinto oggi perduto del fiammingo Jan van Eyck. Lo spettatore osserva la composizione come se fosse affacciato ad una porta gotica, secondo un abile illusionismo che suggerisce la continuit dello spazio ai lati.San Gerolamo seduto nel suo studiolo ligneo inserito entro un ambiente basilicale con elementi gotici (la volta a crociera e le bifore) e rinascimentali (le finestre rettangolari e il luminoso loggiato a destra). La luce resa con grande realismo e si offre all'occhio nelle sue molteplici manifestazioni, dai riflessi metallici del catino agli effetti di controluce nel leone o di morbidezza pulviscolare sul pavimento a sinistra, diventando uno strumento espressivo che crea un'atmosfera raccolta e silenziosa. Il naturalismo fiammingo si esprime negli scorci di paesaggio, nei vari Antonello da Messina, San Gerolamo nello animali, ma soprattutto nei mille dettagli dello studiolo, in cui studio, olio su tavola, National Gallery, Londra l'apparente casualit degli oggetti nasconde in realt significati simbolici. Questo microcosmo nordico di eredit ancora tardogotica non per dispersivo come quello di Colantonio, perch inserito entro una sapiente costruzione spaziale, la cui prospettiva resa nello scorcio delle architetture e nel disegno delle maioliche del pavimento ed evidenziata dai raggi di luce. Solo la figura del santo sfugge alla prospettiva,in quanto evidenziata da un punto di vista ribassato e dall'illuminazione diretta. La bellezza del reale si unisce a quella intellettuale, secondo gli ideali rinascimentali: il santo monumentale e plasticamente modellato e, privo di aureola, rappresentato come un letterato, a dimostrare l'importanza della cultura umanistica. La tavola inoltre ricca di significati simbolici. Il portale rappresenta la porta del Paradiso e ha una cuspide a forma di cardo, emblema di Cristo, mentre i conci dell'arco sono dodici come gli apostoli.Fuori restano l'astuzia di cui simbolo la pernice, e gli Inferi custoditi da Argo, mostro dai cento occhi a cui rimanda il pavone.Accanto un catino con l'acqua, allegoria del mare che circonda la terra e del fonte battesimale che lava dal peccato originale.

Il trompe l'oeil nella societ moderna e la sua scomparsa


Tra i moderni, di particolare importanza Maurits Cornelis Escher, geniale creatore di prospettive impossibili, dove il trompe-l'oeil utilizzato volontariamente per destabilizzare il sistema percettivo dell'osservatore e mettere in dubbio l'univocit della rappresentazione, di volta in volta leggibile in modi opposti. Due tipici esempi di illusioni ottiche sono il cubo di Neker e il triangolo di Penrose, oggetto impossibile che pu esistere solamente come rappresentazione bidimensionale e non pu essere costruito nello spazio, poich presenta una sovrapposizione impossibile di linee parallele con differenti costruzioni prospettiche. Per ci che riguarda l'arte moderna, che non concepisce pi, dall'avvento dell'Espressionismo, la rappresentazione come riproduzione ma come intuizione pi profonda della cultura e della psiche umana, si pu dire che la rivolta antimimetica delle avanguardie, smentendo il canone della bellezza classica e naturale, abbia dato un duro colpo al trompe-l'oeil, che tuttavia permane come forma espressiva di valenza artistica, per esempio nell'opera di Salvador Dal, che utilizza l'illusionismo del trompe-l'oeil per relazionare il pensiero irrazionale e la realt fenomenica (ci che fa anche la pittura metafisica), e ricompare, periodicamente, nei periodi di vuoto ideologico, di crisi di identit, di sterilit creativa, come una certezza alla quale in ogni momento si pu far riferimento perch basata sulla realt, : accade nell'Iperrealismo, nei Murales di Diego Rivera, di Orozco, di Siqueiros, in alcune correnti colte come il

Trompe-l'il Post-moderno, accade nel Graffitismo, una delle forme d'arte moderna pi esemplificativa dei nostri tempi, dove l'effetto trompe-l'oeil amplia di molto il significato del fenomeno, che non pi semplicemente un mezzo di comunicazione attraverso le tracce lasciate sui muri, ma diventa mezzo per appropriarsi del territorio, sovrapponendosi all'ambiente circostante, distruggendone le caratteristiche prospettiche e modificandone illusoriamente i confini. Con questa operazione, che imposta forme di comunicazione completamente nuove, si instaura anche un nuovo modo di rapportarsi con il contesto architettonico-urbanistico, del quale, attraverso il graffito, si diventa parte consapevole. Il XX secolo sar quello della scomparsa del trompe l'oeil. Non c' pi posto per questo estremo della raffigurazione nell'era della fine della rappresentazione. Oppure ce n' uno solo: quello di un alibi offerto a un pubblico a corto di riferimenti, che si aggrappa alle vestigia di una tradizione e viene respinto nei limbi della storia del gusto. Deriva avvertibile a partire dalla fine del XVIII secolo, nel momento in cui affiorano le tensioni che nel secolo successivo ridurranno in brandelli la tradizione mimetica. Cos nell'ottobre del 1800 il critico Philippe Chry accusa la moda del trompe l'oeil di adulare l'ignoranza crassa dei nuovi ricchi.Piccoli formati adatti agli interni borghesi, ritratti, soggetti galanti, scene di genere vengono cos sostenuti dall'interesse dei nuovi amatori.L'equivoco piacevole e abile del trompe l'oeil per adeguarsi ad un pubblico del genere cerca iconografie rassicuranti.Favore che segna in qualche modo la definitiva volgarizzazione del genere e la sua prossima scomparsa. Gli ultimi e pi grandi virtuosi del genere del trompe l'oeil (Boilly Louis Lopold e, dopo di lui, Harnett),impiegarono questa tecnica pittoria con le ultime energie rimaste come una forma in via di disincanto, sfruttando con un certo cinismo un virtuosismo ridotto a valore commerciale.La resurrezione del trompe l'oeil nel XX secolo - fino agli anni cinquanta - dunque l'opera di pochi artisti, di galleristi, di amatori cosmopoliti che creano e alimentano, per cos dire in un circuito chiuso, il mercato dall'una e dall'altra parte dell'Atlantico. Una cerchia artistica e mondana, che tuttavia non ignorava il modernismo, sosteneva, in questo ritorno al mestiere, alla sintassi figurativa, un oggetto paradossale.

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Julian Beever e i disegni su pavimento


Un particolare tipo di illusione ottica odierna quella realizzata sui pavimenti stradali: enormi voragini che si aprono lungo i marciapiedi, dalle quali spuntano teschi o bambini giganteschi, sono il frutto di disegni trompe-l'oeil realizzati con gessetti colorati. Julian Beever, uno dei pi famosi artisti di trompe d'oeil da marciapiede, e Eduardo Relero, con una speciale tecnica di distorsione dell'immagine, animano di personaggi disegnati le vie di varie metropoli con opere surreali e spiritose. Julian Beever nato nel 1959 in Gran Bretagna, crea disegni trompe-l'il con il gesso su pavimenti e marciapiedi dalla met degli anni novanta. Le sue opere vengono create utilizzando una proiezione chiamata anamorfosi per creare l'illusione tridimensionale quando viene visto da una determinata angolazione. soprannominato "Pavement Picasso". Il suo luogo di produzione e fruizione la strada, il marciapiede; geniale ed ironico la sua forza nello scatto di una foto e ancora prima dell'occhio che l'osserva creare, attivo in tutte le strade del mondo.

Il Trompe l'oeil nella moda


Nella moda il trompe l'oeil fu il punto di partenza e di forza di due grandissime couturier del 900. Elsa Schiaparelli nella collezione dei golf armeni, emulava fiocchi e ricami e Roberta di Camerino negli anni sessanta port il motivo prima su borse, poi su abiti che portavano la stampa di tailleur, ricami e bottoni.

Disegno su pavimento di Julian Beever

Trompe-l'il

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Esempi

Affresco dalla Cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova

Soffitto della Camera degli Sposi, dipinto da Andrea Mantegna nel Palazzo Ducale a Mantova

Falsa cupola a Sant'Ignazio dipinta da Andrea Pozzo, Roma

L'interno del Duomo di Biella un capolavoro di trompe-l'il

Trompe-l'il murale, Lione

Vasi cinesi ad effetto trompe-l'il

Balaustra e panorama trompe-l'il

Bibliografia
Alberto Veca, Inganno e realt Bevilacqua, De Cinque, Bedini, Cosimato, Manuale di Trompe l'oeil, Tecnica della pittura d'inganno, EdUP 2006 Patrick Mauris, Il Trompe l'oeil, Illusioni pittoriche dall'antichit al XX secolo Anna Maria Matteucci, Anna Stanzani, Architettura dell'Inganno Cristina Fumarco, L'arte tra noi, Il Rinascimento e la Maniera moderna

Voci correlate
Anamorfosi Illusione ottica Matte painting Pittura romana di giardino

Altri progetti
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Trompe-l'il

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Collegamenti esterni
Arte e percezione Trompe l'oeil [1] Arte genovese del trompe l'oeil [2] che cos' un trompe l'oeil? [3] Il perch del nome l'Inganno [4] ArtMande [5]

References
[1] [2] [3] [4] [5] http:/ / www. artonweb. it/ nonsoloarte/ artepercezione/ articolo6. htm http:/ / www. reteimprese. it/ sers_A16752B7052 http:/ / www. inganniadartefirenze. it/ Sezione. jsp?idSezione=43 http:/ / www. dipinto-in-chianti. com/ it/ trompe. html?PHPSESSID=456d9bf67c4e8fc88c290d26932bdc17 http:/ / www. decorazioneperinterni. com/ trompe_loeil. htm

Palazzo Pamphilj
Palazzo Pamphilj

Vista del Palazzo


Ubicazione Indirizzo Citt Paese Piazza Navona Roma Italia Informazioni Stato Costruzione Inaugurazione Uso In uso 1644-50 1650 Ambasciata del Brasile Realizzazione Architetto Proprietario Girolamo Rainaldi Rep. Fed. del Brasile

Palazzo Pamphilj Palazzo Pamphilj (o Pamphili) un palazzo che si trova in Piazza Navona a Roma, costruito tra il 1644 e il 1650. L'edificio originale fu costruito nel 1630 al posto di una serie di immobili di propriet della potente famiglia Pamphilj, in forme tardo rinascimentali. Quando il committente Giovanni Battista Pamphilj divenne papa nel 1644 con il nome di Innocenzo X, la famiglia ritenne che il palazzo non fosse sufficiente per il nuovo prestigio e inizi una nuova e pi imponente costruzione. Ne fu incaricato Girolamo Rainaldi. Il nuovo progetto inglob edifici contigui, compreso il precedente palazzo dei Pamphilj, le cui decorazioni di Agostino Tassi furono almeno in parte mantenute, ed il Palazzo Cybo. L'interno ha tre cortili. L'ingresso particolarmente alto e luminoso: il piano nobile ha 23 stanze affrescate da artisti come Giacinto Gemignani, Gaspard Dughet, Andrea Camassei, Giacinto Brandi, Francesco Allegrini, Pier Francesco Mola. Pietro da Cortona nel 1651-1654 dipinse la lunga galleria, progettata da Borromini, con le Storie di Enea. In seguito il nuovo palazzo divenne la residenza della cognata di Innocenzo, la vedova Donna Olimpia Maidalchini, che era la sua confidente e consigliere. Era molto impopolare ed era sospettata di essere l'amante del papa. Olimpia Maidalchini, detta anche "La Pimpaccia" era la madre di Camillo Pamphilj, cardinale-nipote, che si spos con Olimpia Aldobrandini. La moglie gli rec in dote la propriet di Palazzo Aldobrandini, ora noto come Palazzo Doria Pamphilj, cui si accede da piazza del Collegio Romano e che si affaccia su Via del Corso. Questo palazzo ospita la galleria Doria Pamphilj. Quando i Pamphilj si insediarono nel nuovo edificio al Corso, il palazzo di Piazza Navona fu lasciato e dato in affitto, tra gli altri all'Accademia Filarmonica Romana. I palazzi furono chiamati, anche quando la famiglia prese il nome di Doria-Pamphilj, con lo stesso nome di Palazzo Pamphilj o "Palazzo Pamfilio". Esiste anche un altro Palazzo Doria-Pamphilj, una residenza estiva a Valmontone. Palazzo Pamphilj ospita dal 1920 l'ambasciata del Brasile in Italia, ed diventato una propriet brasiliana nel 1961.

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Bibliografia
Giorgio Carpaneto, I palazzi di Roma, Roma, Newton & Compton, 2004 ISBN 88-541-0207-5

Guarino Guarini

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Guarino Guarini
Camillo Guarino Guarini (Modena, 17 gennaio 1624 Milano, 6 marzo 1683) stato un architetto e teorico dell'architettura italiano, oltre che trattatista ed autore di opere di matematica e filosofia. Come architetto fu tra le figure pi importanti del barocco.

Biografia
Il periodo di formazione
Guarino Guarini entr nell'Ordine dei Teatini nel 1639 e lo stesso anno si trasfer, per il noviziato, a Roma, dove studi fino al 1647, teologia, filosofia, matematica e architettura. A Roma ebbe modo di conoscere le architetture di Francesco Borromini, all'epoca ancora vivente, che successivamente influenzarono profondamente la sua opera, ed in particolare i primi progetti.[1] Nel 1647 fece ritorno a Modena. Qui fu ordinato sacerdote e nominato insegnante di filosofia nella casa del suo Ordine. Cominci inoltre la sua attivit di architetto partecipando al cantiere per la nuova Casa dell'Ordine e per la chiesa, intitolata a San Vincenzo per le quali stato ipotizzato un suo intervento progettuale.[2] In ogni modo negli anni modenesi ebbe modo di completare la sua formazione con l'esperienza diretta del cantiere.
Ritratto di Guarino Guarini.

Cupola della chiesa di San Lorenzo, Torino.

Nel 1655, a soli trent'anni, viene nominato Preposito della Casa Teatina di Modena, ma a tale carica costretto a rinunciare per lo sfavore manifestato dal futuro duca d'Este Alfonso III, a seguito del quale Guarini ritenne opportuno lasciare la sua citt natale.

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Un decennio di viaggi
Il decennio tra il 1655 ed il 1666 fu caratterizzato da viaggi anche fuori dall'Italia e da continui spostamenti tra una sede e l'altra dell'ordine, inizialmente impegnato come docente di teologia, di filosofia e di matematica e poi anche come architetto. In tale periodo ebbe modo di maturare la conoscenza di culture architettoniche diverse. Fu prima a Parma e poi a Guastalla dove la sua presenza documentata nel 1655. Non esiste documentazione per il successivo periodo fino al 1660, quando a Messina pubblica la "tragicommedia morale" La piet trionfante. Sono stati ipotizzati viaggi a Praga, Lisbona[3] e Spagna, di ritorno dai quali si sarebbe fermato a Messina. In alternativa probabile che la sua presenza a Messina dati a prima del 1660. Comunque, secondo i documenti disponibili fu attivo dal 1660 al 1662 a Messina dove, oltre ad insegnare alla scuola dei Teatini ed a coltivare i propri interessi matematici e letterari, progett il completamento della La chiesa della Santissima Annunziata a Messina chiesa della Santissima Annunziata, l'adiacente Collegio dei Teatini, costruito per successivamente e la Chiesa di San Filippo Neri. Tutte le costruzioni sono andate distrutte durante il terremoto del 1908. Nel 1662 torn momentaneamente a Modena, ma nellautunno del 1662 si rec a Parigi, incaricato di dirigere i lavori per la chiesa teatina di Sainte Anne la Royale, il cui cantiere era gi stato iniziato da altri. Guarini cambi completamente il progetto e, tra molte difficolt, realizz, senza portarlo a compimento, l'edificio oggi perduto in quanto demolito nel XIX secolo. In Francia ebbe modo di estendere le proprie conoscenze manifestando interesse per l'architettura gotica, l'opera di Mansart e le ricerche sulla geometria proiettiva di Girard Desargues. A Parigi pubblica, il volume Placita philosophica che gli da notoriet negli ambienti religiosi e che testimonia il perdurare dei suoi studi filosofici e scientifici. In riferimento a due altri progetti di Guarini fuori dall'Italia, Santa Maria da Alttting a Praga e Santa Maria della Divina Misericordia da Lisbona, entrambe non pi esistenti, non chiaro se abbiano comportato viaggi nella penisola iberica ed in centro Europa e non certa neppure l'epoca di progettazione.

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A Torino
Si trasfer nel 1666 a Torino, chiamato inizialmente ad occuparsi della chiesa teatina di San Lorenzo. Ben presto fu chiamato a lavorare per la Casa Savoia per la quale tra il 1667 e il 1690 realizz, tra l'altro, la Cappella della Sacra Sindone nella parte absidale del Duomo di Torino.

Opere
Chiesa della Santissima Annunziata
Con questo edificio messinese Guarini introdusse, di fatto, il barocco in Sicilia tra molte perplessit dei contemporanei[4]. Il progetto di Guarini dovette tener conto di un corpo preesistente da completare e dal diverso orientamento dello spazio esterno, per cui la facciata presentava un'insolita rotazione, risolta con l'introduzione di un campanile in posizione asimmetrica. La facciata a vari ordini sovrapposti, dalla sagoma piramidale e dalla superficie mossa far da modello a molte chiese siciliane del XVIII secolo. L'interno della chiesa era caratterizzato da una cupola che anticipava quelle poi realizzate a Torino.

Sempre per Messina progett la chiesa dei padri Somaschi, a pianta esagonale, rimasta a livello progettuale[5] e nota grazie alle incisioni del suo trattato Architettura civile: Il progetto sembra anticipare le grandi cupole nervate poi realizzate da Guarini a Torino, anche se la datazione del progetto al 1660-1662 non sembra certa e potrebbe essere da posticipare.

Francesco Sicuro, Chiesa della Santissima Annunziata e casa dei teatini a Messina, in Vedute e prospetti della citt di Messina, 1768

Cappella della Sacra Sindone


La cappella posta nella parte absidale del Duomo di Torino a contatto con il Palazzo Reale. Sul corpo cilindrico innest tre pennacchi che reggono il tamburo dove sei finestroni si alternano a nicchie convesse; la stessa cupola definita da costoloni che si intrecciano frantumando la superficie della cupola e dalla luce diffusa per mezzo di numerose finestre che emergono curiosamente all'esterno della struttura, dove il tamburo chiuso da una linea sinuosa che racchiude i finestroni. Di grande originalit il coronamento a pagoda ottenuto mediante la progressiva diminuzione degli elementi concentrici utilizzati. Recentemente la costruzione stata pesantemente danneggiata da un incendio, e pertanto oggetto di un restauro ricostruttivo particolarmente difficile.

Cupola della Cappella della Sacra Sindone del Duomo di Torino.

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Chiesa di San Lorenzo


Tra il 1668 e il 1687 realizza per i Teatini la chiesa di San Lorenzo a pianta centrale ottagonale, con i lati di forma convessa con un presbiterio ellittico posto trasversalmente che introduce un asse principale nella composizione; lo spazio, al livello inferiore, definito dalla presenza di ampie serliane che delimitano le cappelle laterali; la copertura costituita da una cupola a costoloni che si intrecciano fino a formare l'ottagono sul quale poggia la lanterna.

La chiesa di San Lorenzo vista da piazza Castello, Torino.

Castello Reale di Racconigi


Su richiesta di Emanuele Filiberto detto il Muto, secondo Principe di Carignano, Guarino Guarini incaricato di compiere la prima, radicale trasformazione della fortezza medievale di Racconigi in Villa di delizie. A partire dal 1676, realizza il nuovo prospetto e lo scalone della facciata settentrionale del Castello di Racconigi e progetta l'innalzamento dei due padiglioni con copertura a pagoda. Nel 1681 invece amplia ulteriormente la residenza effettuando la copertura del cortile medioevale del castello, creando un nuova sala interna che, nel successivo rimaneggiamento settecentesco, diverr il Salone di Ercole. Traccia della sua opera negli interni pu essere ancora oggi rinvenuta nelle sale dell'Appartamento Cinese (caminetti e cornicione) e nella Sala di Diana (caminetti).

La facciata nord, verso il parco, del Castello di Racconigi.

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Palazzo Carignano
Del 1679 il Palazzo Carignano basato su una pianta ad U, che presenta una monumentale facciata che alterna tratti concavi con parti convesse in una configurazione forse riconducibile ai progetti di Gian Lorenzo Bernini per il palazzo del Louvre[6] e al Castello di Vaux-le-Vicomte[7], ma anche all'Oratorio dei Filippini dell'ammirato maestro Borromini, richiamato anche nella scansione con paraste della facciata e nell'uso del laterizio a vista, trattato come materia plastica e modellabile.

Altre opere in Italia

Palazzo Carignano a Torino

Chiesa di Santa Maria in Araceli, a Vicenza, databile tra il 1675 ed il 1680 ed attribuita a Guarini a seguito di studi di Paolo Portoghesi,[8] presenta una pianta a doppia ellisse in cui un anello di colonne delimitano un deambulatorio completo intorno allo spazio centrale, al cui interno si staccano quattro fusti di colonne formando un rettangolo sostenendo quattro archi su cui si appoggia una cupola a spicchi, innervata da otto costoloni.

Altri progetti
Dopo San Lorenzo, Guarini progetta altre chiese a pianta centrale e cupola, non realizzate (San Gaetano a Nizza, San Filippo a Casale, San Gaetano a Vicenza) ed altre a pianta longitudinale. Realizza fuori da Torino altre opere oggi perdute: Sant'Anne La Royale di Parigi (1662), cappella dei Teatini a pianta centrale; venne aspramente criticata dai classicisti francesi[9], rimase incompiuta e successivamente demolita. Santa Maria da Alttting a Praga (1679), demolita successivamente, Santa Maria della Divina Misericordia di Lisbona (forse tra il 1679 ed il 1681)[10], distrutta da un terremoto[11], caratterizzata da uno spazio interno estremamente plastico ed ondulato in cui i piloni interni sono percorsi da lesene tortili.

Il Trattato di Architettura civile


Bench molte delle opere architettoniche del Guarini siano scomparse, nel 1737 apparve postuma l'opera Architettura civile, un trattato architettonico che illustra i principi architettonici dell'autore e documenta con incisioni anche i progetti non realizzati e gli edifici scomparsi. Sul piano teorico viene spesso notato come il trattato del Guarini sia una delle prime manifestazioni d'interesse per il "gotico" dopo un lungo periodo di disinteresse. A curare la pubblicazione del trattato, scritto nell'ultimo quarto del XVI secolo, fu un continuatore ed ammiratore della sua opera, l'architetto Bernardo Antonio Vittone.

Altri scritti
Nel 1674 aveva pubblicato a Torino un trattatello sul Modo di misurare le fabbriche, che dimostra il suo interesse per i resti dell'arte classica. Inoltre, Guarini ha scritto anche una serie di libri sulla matematica sia in latino che in italiano, tra cui uno, Euclides adauctus, sulla geometria descrittiva che fu uno dei primi in Italia su tale argomento. Nel 1665 pubblic a Parigi il trattato matematico-filosofico Placita Philosophica che difendeva la tesi del sistema geocentrico dell'universo contro le teorie di Niccol Copernico e Galileo. Tra le opere di carattere letterario e fiilosofico si ricorda La piet trionfante, tragicommedia morale, 1660.

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Galleria di immagine

Chiesa della Santissima Annunziata (Messina), facciata

Castello Reale di Racconigi

Note
[1] Paolo Portoghesi, Guarino Guarini 1624-1683, Electa Editrice, Milano 1956, pag.1-2 [2] Susan Klaiber, I progetti per la casa dei Teatini di Modena, in G. Dardanello, S. Klaiber, H. Millon (a cura di), "Guarino Guarini", Umberto Allemandi Editore, Torino 2006 [3] Harold Alan Meek. Guarino Guarini, Electa, Milano 1991, p. 21 [4] Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, Donzelli Editore, 2002 [5] Fino a qualche decennio fa alcuni autori ipotizzavano che fosse stata costruita ed anch'essa distrutta. [6] Bernini fu a Parigi negli stessi anni di Guarini [7] R. De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari 1999 [8] Info sul sito ufficiale della parrocchia dell'Araceli, Vicenza (http:/ / www. araceli. it/ parrocchia/ chiesaold. htm) [9] Victor-Lucien Tapi, Barroco e classicismo, 1998 [10] la chiesa di Lisbona potrebbe essere stato invece il suo primo edificio importante, costruito tra il 1656 ed il 1659 e progettato durante la sua presenza a Lisbona. vd.Cristian Norbert-Schulz, Architettura barocca, 1971, Milano [11] Secondo alcuni autori non fu mai costruita: J.Berchez e F.Marias, fra Juan Andreas Ricci de Guevara e la sua architettura teologica, in Annali di architettura n. 14, 2002

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Altri progetti
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Collegamenti esterni
(EN) Biografia (http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk/~history/Biographies/Guarini.html) in MacTutor (EN,IT) Pagina su Guarini (http://www.vitruvio.ch/arc/masters/guarini.php) in Vitruvio.ch Dizionario biografico Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/guarino-guarini_(Dizionario-Biografico)/ )

Cappella della Sacra Sindone


Cappella della Sacra Sindone

Paese Regione Localit Religione Diocesi Stile architettonico Inizio costruzione Completamento

Italia Piemonte Torino Cattolica Arcidiocesi di Torino barocco XVI secolo XVII secolo

La Cappella della Sacra Sindone o Cappella del Guarini una mirabile opera architettonica dell'architetto Guarino Guarini, costruita a Torino alla fine del XVII secolo.

Storia
La cappella fu commissionata a Carlo di Castellamonte dal duca Emanuele Filiberto di Savoia per conservare il prezioso telo della Sindone che la famiglia ducale sabauda custodiva da alcuni secoli. Con il tempo i progetti vennero modificati dal figlio di Carlo, Amedeo di Castellamonte, e poi dallo svizzero Bernardino Quadri, a cui si deve la progettazione di un edificio a base quadrata incastonato tra il palazzo ducale (ex palazzo vescovile e futuro palazzo reale) e l'abside della Cattedrale di san Giovanni Battista. Alla fine il progetto venne affidato al frate-architetto Guarino Guarini che rivoluzion il progetto dando pianta interna circolare, sopraelevata al presbiterio e comunicante direttamente con alcune sale di Palazzo Reale. Dal 1694 la cappella ospita la Sindone.

Cappella della Sacra Sindone

146 Nella prima met dell'Ottocento la cappella venne decorata con alcuni gruppi di statue sui grandi personaggi di Casa Savoia commissionati da re Carlo Alberto. Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997 un incendio, provocato da un corto circuito in alcune attrezzature di restauro, danneggia pesantemente l'edificio e la stessa Sindone sottratta alle fiamme dai pompieri che sfondano la teca in vetro contenente la cassetta in legno e argento che custodiva il telo. Oggi interessata da un importante restauro.

La Cappella della Sindone, con l'altare del Bertola, in una fotografia di Giovan Battista Maggi di fine Ottocento

Descrizione
Esternamente la cappella si presenta come un edificio a pianta quadrata che compenetra sia il Duomo che Palazzo Reale. Sopra la base si innalza un tamburo in mattoni a pianta poligonale con 6 grandi finestroni ad arco, incorniciati da lesene e protetti da un tetto che morbidamente si adagia sugli archi. Al di sopra vi una copertura a cappella sorretta da costoloni su cui sono installate numerose urne in pietra. Tra i costoloni sbucano morbidamente linee arcuate orientaleggianti che disegnano numerose aperture a semicerchio, fino a salire alla parte terminale della cupola, un piccolo tamburo circolare finestrato e prolungato con una struttura a cannocchiale (estranea al progetto originale, che prevedeva una cuspide a spirale). La cupola progettata in maniera da risultare pi alta, grazie ad un'illusione ottica[1].

Il Duomo di Torino con la cupola del Guarini sotto restauro

internamente che il genio barocco del Guarini si concretizza: ai lati dell'altare maggiore del Duomo si aprono due portali in marmo nero che introducono a due cupe scalinate con bassi gradini semicircolari. Alla fine delle due scalinate si entra in due vestiboli circolari paralleli delimitati da colonne in marmo nero. Da qui si accede alla cappella, a pianta circolare, dove al centro svetta l'altare barocco (opera di Antonio Bertola) che conservava, in una teca d'argento e vetro, la Sindone. Il pavimento presenta un disegno in marmo nero e bianco che sottolinea l'importanza dell'altare, mentre grosse stelle di bronzo incastonate nel marmo bianco riflettono la luce proveniente dall'alto. La decorazione a stucco della cappella e della sua sagrestia si deve allo stuccatore Pietro Somazzi[2].

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Galleria

La Sacra Sindone per diversi secoli stata custodita nell'omonima Cappella. Dopo l'incendio del 1997 situata provvisoriamente sotto la Tribuna Reale, sempre nel Duomo di Torino.

La Cupola del Guarini, sotto restauro, vista dal cortile di Palazzo Reale

Raffigurazione del monumento ad Emanuele Filiberto I di Savoia

Raffigurazione del monumento a Carlo Emanuele II di Savoia

Note
[1] La Cappella della Sindone di Guarino Guarini a Torino (http:/ / www. cultorweb. com/ Guarini/ G. html).URL consultato in data 31-05-2010. [2] Bolandrini, 2011, 400.

Bibliografia
Giuseppe Dardanello, Stuccatori luganesi a Torino. Disegno e pratiche di bottega, gusto e carriere, in Ricerche di Storia dell'arte, 55, 1995, 53-76; Idem (a cura di), Sculture nel Piemonte del Settecento "Di differente e ben intesa bizzarria", Torino 2005, 29-30. Beatrice Bolandrini, I Somasso e i Papa. Due dinastie di stuccatori a Torino nel Sei e nel Settecento, in Giorgio Mollisi (a cura di), Svizzeri a Torino nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, Arte&Storia, anno 11, numero 52, ottobre 2011, Edizioni Ticino Management, Lugano 2011.

Voci correlate
Duomo di Torino Sindone di Torino Antonio Bertola Guarino Guarini

Barocco napoletano

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Barocco napoletano
Il barocco napoletano una forma artistica e architettonica sviluppatasi tra il XVII secolo e la prima met del XVIII secolo a Napoli ed riconoscibile per le sue sgargianti decorazioni marmoree e di stucchi che caratterizzano le strutture portanti degli edifici. In particolare, il Barocco napoletano fiorisce verso la met del Seicento con l'opera di alcuni architetti locali molto qualificati e termina a met del secolo successivo con l'avvento di architetti di stampo neoclassico. Nel Settecento il Barocco raggiunse l'apice con le architetture ricollegabili al Rococ e al Barocco austriaco, dando origine ad una combinazione dalla quale scaturirono edifici di grande valore artistico. Questo stile, che si svilupp in Campania e nel sud del Lazio (dove fu costruita l'Abbazia di Montecassino che rappresenta il massimo esempio di architettura barocca napoletana al di fuori di Napoli) fu portato all'attenzione della critica internazionale solo nel XX secolo, grazie al volume Architettura barocca e rococ a Napoli di Anthony Blunt.
Tipica scala napoletana in Palazzo dello Spagnolo (Ferdinando Sanfelice)

Barocco napoletano

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Caratteri del barocco napoletano


L'architettura barocca si sviluppa a Roma nei primi anni del Seicento, sotto l'influenza del lascito culturale di Michelangelo Buonarroti e con l'opera di Carlo Maderno ed altri. Le esigenze dettate dalla Controriforma portarono alla creazione di uno stile teso ad esaltare la centralit della Chiesa cattolica, ma atto anche ad esprimere le frivolezze della vita mondana e della nuova filosofia scientifica copernicana e galileiana protesa verso una nuova frontiera delle conoscenze, e alludendo alla vita come ad un sogno come possibile percepire nelle opere di William Shakespeare e Pedro Caldern de la Barca e nella filosofia di Cartesio. Le caratteristiche fondamentali dell'architettura barocca sono le linee curve, dagli andamenti sinuosi, talvolta con motivi molto complessi, tanto da risultare quasi indecifrabili; inoltre, il forte senso della teatralit spinse l'artista all'esuberanza decorativa, unendo pittura, scultura e stucco nella composizione spaziale e sottolineando il tutto mediante suggestivi giochi di luce ed ombre. I caratteri del Barocco romano oltrepassarono presto i confini della Citt eterna. A Napoli i temi barocchi, uniti a quelli del Manierismo toscano, influenzarono soprattutto il primo trentennio del XVII secolo con l'avvento di architetti estranei alla formazione locale, tra i quali occorre ricordare Giovanni Antonio Dosio, il ferrarese Bartolomeo Picchiatti ed il lucano Francesco Grimaldi. Riconducibili a Dosio sono alcune opere come la chiesa dei Girolamini e il chiostro della Certosa di San Martino, che costituiscono una reinterpretazione in chiave tardo manierista del Rinascimento toscano. Picchiatti invece appare legato al gusto del primo Barocco romano, mentre Francesco Grimaldi faceva parte della cerchia degli architetti religiosi insieme ad altri architetti del periodo, come il domenicano Giuseppe Nuvolo ed il gesuita Giuseppe Valeriano. Il Grimaldi, dopo aver compiuto varie esperienze a Roma, ebbe l'incarico di progettare la Basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone e la Cappella del Tesoro nel Duomo di Napoli, dove la decorazione barocca fu applicata su impianti ancora classicheggianti.[1] Tuttavia, la personalit di spicco del secolo Cosimo Fanzago. Lombardo di nascita, si trasfer nel secondo decennio del Seicento a Napoli, dove progett molte opere scultoree e architettoniche, tra cui edifici sacri, civili e decorazioni interne di chiese in marmi policromi ed in marmi commessi. Il Settecento vide attivi Antonio Canevari, Domenico Antonio Vaccaro, Ferdinando Sanfelice, Nicola Tagliacozzi Canale e tanti altri, che mutarono in modo irrefrenabile il volto della citt. Gli architetti avevano l'incarico di rimaneggiare i palazzi esistenti e di progettare le opere su lotti di terreno non particolarmente estesi all'interno delle mura urbane. Le opere dovevano rispettare alcuni caratteri imposti durante l'edificazione, tanto che, nelle costruzioni della Napoli barocca, possibile individuare una serie di caratteristiche standard, soprattutto per quanto concerne gli edifici religiosi: 1. le facciate delle chiese hanno quasi sempre un andamento rettilineo e spesso non rispettano l'orientamento delle navate; le facciate non si presentano particolarmente slanciate, al fine di raccordarsi ai prospetti degli edifici adiacenti. Le lesene presenti servono per dare discontinuit e ritmo alle masse murarie e talvolta sono accompagnate da nicchie. Alcune chiese posseggono prospetti pi complessi, detti a doppia facciata; 2. si prediligono gli schemi riconducibili ad una pianta centrale iscritta in un quadrilatero in modo da non occupare spazio per l'edificazione di altri fabbricati. Tuttavia, non di rado le piante sono a croce latina ed in minor quantit
Certosa di San Martino, chiesa

Barocco napoletano a croce greca ed ellittiche. A partire dal Settecento si registra la presenza di forme pi libere e inusuali come nella chiesa della Concezione a Montecalvario, dove la croce greca inscritta in un ottagono in modo da formare un ambulacro che collega le varie cappelle con l'entrata e l'abside; a causa dei dislivelli morfologici del suolo le chiese vengono costruite su banchine artificiali, precedute da rampe di gradini; i palazzi sono costruiti attorno ad un cortile sul fondo del quale si sviluppa una scala aperta a doppia rampa; per ottenere i chiaroscuri si utilizzavano marmi, piperno e talvolta il tufo; i portali dei palazzi sono realizzati in marmo, in piperno oppure con l'impiego di entrambi i materiali.

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3. 4. 5. 6.

Storia ed evoluzione dello stile


Prima fase
La prima fase del Barocco napoletano prese avvio nel XVI secolo con i piani di urbanizzazione voluti fortemente da Don Pedro di Toledo, che fu il primo a curarsi di un'espansione accurata dell'urbe. Dalla seconda met del secolo fino al Settecento furono innalzati i Quartieri Spagnoli ed i borghi esterni alle mura della capitale del regno (come quelli dei Vergini e di Sant'Antonio Abate), mentre altri nuclei urbani si sviluppano alle pendici del Vomero come aggregati della citt. La realizzazione pi importante del Cinquecento fu il progetto di Ferdinando Manlio e Giovanni Benincasa per la via Toledo, a lato della quale il vicer decise di innalzare, lungo le pendici Chiesa di San Giorgio dei Genovesi della collina vomerese, i quartieri militari spagnoli e, sul fronte opposto, le residenze della nobilt locale. Il progetto, in parte disatteso, prevedeva un'idea unitaria dei fronti lungo la strada, con la costruzione di blocchi edilizi continui. Nel frattempo Don Pedro ed altri vicer iniziarono una lenta trasformazione dei borghi in quartieri della citt. La fase si suddivide in due fondamentali periodi che vanno rispettivamente dal 1582 al 1613 e dal 1613 al 1626. Il primo pu essere considerato una fase di premessa, caratterizzato ancora da edifici d'impronta manierista e romana. L'artista pi importante a cavallo dei due secoli fu lo svizzero Domenico Fontana, autore del Palazzo Reale e del Complesso di Ges e Maria, che mor a Napoli nel 1627; notevole anche il lavoro di architetti come Gian Battista Cavagna, che lavor a pi riprese nella capitale del regno seguendo tra l'altro canoni classicisti e vignoleschi. Invece, nel secondo periodo le maestranze e gli architetti partenopei acquisirono maggiore autonomia dal punto di vista progettuale. Questo periodo si conclude con l'avvento dello scultore lombardo, naturalizzato napoletano (a quei tempi era tutto riunito nella stessa corona), Cosimo Fanzago. Contemporaneamente fu attivo anche il tardomaniesta Giovan Giacomo di Conforto, che realizz diversi restauri e prese parte ai maggiori cantieri presenti in citt; fino al 1626 fu anche supervisore della fabbrica della Certosa di San Martino, prima di essere sostituito dal Fanzago. Altri due importanti esponenti furono Giulio Cesare Fontana figlio di Domenico Fontana e il suo collaboratore Bartolomeo Picchiatti, che divenne autonomo dopo la morte di Fontana e che fu autore di importanti fabbriche religiose come ad esempio la chiesa di Santa Maria della Stella e la chiesa di San Giorgio dei Genovesi. Inoltre, da prendere in considerazione l'avvento di ordini monastici, che fecero erigere, dentro e fuori le mura, diversi complessi religiosi. La Controriforma ebbe notevole influenza sulla citt, tanto che le autorit dovettero garantire un terreno edificabile per ogni ordine pi importante: tra le prime strutture realizzate si ricordano il Complesso di Ges e Maria, la chiesa del Ges Nuovo e la Basilica di Santa Maria della Sanit (queste ultime furono edificate rispettivamente da gesuiti e domenicani).

Barocco napoletano Successivamente gli ordini monastici innalzarono ulteriori complessi, come per la Certosa di San Martino, la Basilica di San Paolo Maggiore e la chiesa dei Girolamini, i cui cantieri si protrassero per lungo tempo, con l'intervento di numerosi architetti. Infatti, la realizzazione ex novo degli ambienti della Certosa di San Martino richiese oltre cento anni; il primo intervento fu quello di Giovanni Antonio Dosio ed datato tra il 1589 e il 1609, mentre gli ultimi interventi del progetto di rinnovo risalgono alla met del XVIII secolo, con Nicola Tagliacozzi Canale. Il cantiere della Basilica di San Paolo Maggiore, affidata ai teatini, vide invece il sussegursi di Gian Battista Cavagni e Giovan Giacomo Di Conforto, ma l'intero edificio fu rinnovato tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. Infine, la chiesa dei Girolamini venne progettata alla fine del XVI secolo da Giovanni Antonio Dosio e successivamente proseguita da Dionisio Nencioni di Bartolomeo, che ultim la struttura ad eccezione della cupola, che invece fu portata a termine da Dionisio Lazzari a met del secolo successivo. Gli ordini monastici comunque non furono estranei al panorama di cambiamento culturale del periodo, ma si interessarono anche alle realizzazioni architettoniche dei loro conventi. Pertanto, da qui inizia una lunga lista di architetti che entrarono in un ordine religioso e che svolsero la propria attivit in seno ad esso o per altri ordini: i progettisti di riferimento sono il gesuita Giuseppe Valeriano, il domenicano Giuseppe Nuvolo, il teatino Francesco Grimaldi, il barnabita Giovanni Ambrogio Mazenta, Agatio Stoia (che present un progetto alla chiesa di San Francesco Saverio, per cui si pu dedurre che sia stato anch'esso gesuita) ed infine il padre Giovanni Vincenzo Casali.

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Interno della chiesa del Ges Nuovo

Le soluzioni delle planimetriche degli edifici sacri restano fedeli all'impianto a pianta centrale, con transetti e abside rettangolare; tra queste fanno eccezione la Basilica di San Paolo Maggiore, che possiede le navate laterali e l'abside semicircolare, la chiesa del Ges Nuovo, caratterizzata da un impianto tipicamente basilicale a tre navate e la chiesa dei Girolamini, anch'essa divisa in tre navate. Alcune note a margine meritano gli edifici civili, che vennero progettati con sequenze di arcate slanciate, molto evidenti nei cortili dei palazzi nobiliari, rivestite di piperno in modo da ottenere un forte contrasto di luci e ombre.

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Seconda fase
La seconda fase del Barocco napoletano inizia con l'avvento di Cosimo Fanzago nel cantiere della Certosa di San Martino. La certosa divenne in un certo senso un laboratorio di architettura e scultura per Fanzago e per tanti altri artisti dell'epoca. Nella sua longeva carriera il Fanzago fu scultore e architettura e realizz pregevolissime opere in citt. Peraltro, le sue notevoli capacit di architetto lo portarono ad occuparsi di innumerevoli fabbriche. La sua attivit ebbe inizio intorno al 1626, quando il suo predecessore, Giovan Giacomo Di Conforto, abbandon il cantiere di San Martino. Fanzago divenne il supervisore della certosa, realizzando le decorazioni scultoree nella chiesa maggiore del complesso, le sculture nel chiostro grande con annesso cimitero dei monaci e altre opere di valore. Inoltre si interess anche alla pittura, soprattutto grazie alle sue conoscenze in campo artistico e culturale; ad esempio conosceva lo Spagnoletto, alias Josep de Ribera, ed altri. La sua attivit ebbe un notevole incremento negli anni trenta del XVII secolo, quando gli venne commissionata la Guglia di San Gennaro e il restauro della chiesa del Ges Nuovo, con decorazioni in commesso. Fu un artista molto ricercato anche dai nobili, che gli affidarono la progettazione o il restauro delle proprie residenze: tra queste si possono citare il Palazzo Carafa di Maddaloni, il Palazzo Donn'Anna e il Palazzo Firrao.
Guglia di San Gennaro

Alla luce di ci, il Fanzago pu essere considerato il vero capostipite del barocco napoletano. Inoltre la sua architettura era complementare alla scultura: ad esempio, nella Guglia di San Gennaro non vi una netta distinzione tra elementi architettonici e scultorei: la colonna, cinta da alcune volute, accostata ai medaglioni e ai festoni di frutta. Anche gli altari divengono una macchina scenografica che ingloba scultura e architettura. L'altare progettato non solo per le celebrazioni liturgiche, ma serve anche per dividere la zona pubblica, che termina nel presbiterio, con quella riservata al coro dell'ordine; l'accesso tra i due ambienti avviene tramite portelle marmoree poste ai lati dell'altare, che di fatto si tramuta in un arredo sacro. L'attivit del Fanzago oltrepass i confini di Napoli, estendendosi nel Casertano, ad Avellino, nel basso Lazio e a Roma, in Calabria, nella Cattedrale di Palermo, e in Spagna.

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Anche i contemporanei, come Francesco Antonio Picchiatti e Dionisio Lazzari, furono molto richiesti dalle committenze dell'epoca. Il primo si discost dallo stile del Fanzago, facendo ricorso ad un'architettura pi classicheggiante, mentre il secondo oper nel solco dello stile barocco. In particolare, Dionisio Lazzari lavor al Palazzo Firrao e nella chiesa di Santa Maria della Sapienza, dove realizz la facciata progettata, presumibilmente, dallo stesso Cosimo Fanzago: altre sue opere sono la chiesa di Santa Maria dell'Aiuto, che fu compromessa nelle decorazioni marmoree nel XVIII secolo, e la chiesa di San Giuseppe dei Ruffi, completata solo intorno alla met del Settecento.

Chiesa di Santa Maria della Sapienza

Altri architetti attivi a met del secolo sono ancora alcuni esponenti degli ordini religiosi, come il certosino Bonaventura Presti, che venne da Bologna come falegname e si specializz anche in architettura e ingegneria seguendo da vicino i cantieri della Certosa di San Martino; l'opera pi famosa del frate la darsena vecchia, ma lavor pure nel Chiostro di San Domenico Soriano ed in entrambi i cantieri venne sostituito dal regio ingegnere e architetto Francesco Antonio Picchiatti. Un'altra figura di rilievo fu Giovan Domenico Vinaccia, architetto, scultore e orafo, che si form alla bottega di Dionisio Lazzari e fu l'autore della facciata della chiesa del Ges Vecchio e delle decorazioni architettonico-scultoree delle seguenti chiese napoletane: Santa Maria Donnaregina Nuova, Sant'Andrea delle Dame e Santa Maria dei Miracoli. Infine, occorre ricordare il regio ingegnere e architetto Pietro De Marino, che divenne dapprima collaboratore di Bartolomeo Picchiatti e successivamente intraprese la carriera autonomamente e venne affiancato all'ingegnere Natale Longo; le sue opere pi famose sono la chiesa di Santa Maria di Montesanto, completata da Dionisio Lazzari, e la chiesa di San Potito. Dal punto di vista urbanistico, all'epoca il suolo destinato alle edificazioni si era bruscamente ridotto a causa del sorgere di numerose fabbriche religiose. Gli architetti avevano difficolt nel progettare nell'area delle vecchie mura urbane e quindi cominciarono ad edificare palazzi nobiliari verso la collina di Pizzofalcone e verso la Riviera di Chiaja. Per gli ordini monastici invece si rimaneggiavano le chiese gi esistenti, con le profusioni di marmi policromi e marmi commessi, e talvolta si abbattevano per ricostruirle con piante pi complesse.

Terza fase
Verso gli anni novanta del XVII secolo si susseguirono, in un breve lasso di tempo, due terremoti che danneggiarono molti edifici dell'urbe. Il terremoto del 1688, che precedette quello del 1693, caus diversi crolli, tra cui l'antico prospetto della basilica di San Paolo Maggiore, che, pochi anni prima, era stato ammodernato secondo gli stilemi barocchi su disegno di Dionisio Lazzari. Grazie all'intervento della nobilt i danni furono riparati in breve tempo: un caso esemplare la ricostruzione, voluta fortemente dal conte Marzio Carafa, del paese di Cerreto Sannita a seguito del il disastroso terremoto del 5 giugno 1688.

La chiesa di Santa Maria del Rosario a Portamedina (1742)

Barocco napoletano Durante le riparazioni post-sismiche furono attivi architetti di transizione fra i due secoli; il primo fu il pittore e architetto Francesco Solimena, che progett ad esempio il Palazzo Solimena come propria abitazione, la facciata della chiesa di San Nicola alla Carit (eseguita successivamente da Salvatore Gandolfo) e varie opere minori, come il campanile della Cattedrale di San Prisco a Nocera Inferiore e il nuovo portale della chiesa di San Giuseppe dei Vecchi. Altri due esponenti di transizione furono Arcangelo Guglielmelli e Giovan Battista Nauclerio. Il primo, collaboratore del citato Lazzari, restaur il Complesso di Santa Maria delle Periclitanti e la chiesa di Santa Maria Donnalbina; la sua attivit si registra nell'Abbazia di Montecassino per la realizzazione della navata della chiesa e fu attivo anche nel cantiere del Duomo di Salerno, dove innalz la navata ispirandosi a quella della stessa abbazia benedettina. Invece, il Nauclerio era l'allievo dell'architetto Francesco Antonio Picchiatti ed oper per alcuni ordini monastici. Complet la chiesa di Santa Maria delle Grazie Santa Maria Donnalbina, decorazioni in stucco di sulla piazzetta Mondragone (iniziata da Arcangelo Guglielmelli (fine XVII secolo) Guglielmelli poco prima della propria morte), al cui interno conservato un altare in marmo disegnato da Ferdinando Sanfelice; nel frattempo ide numerosi edifici sacri e civili tra cui una cappella nel Duomo di Avellino e la Villa Faggella. Agli inizi del XVIII secolo Napoli vide un'incontrollata espansione urbanistica a causa dell'incremento demografico. I massimi esponenti del secolo furono Domenico Antonio Vaccaro e il citato Ferdinando Sanfelice; nei due viene riscontrato uno stile tra quello di Cosimo Fanzago e di Fisher Von Erlach. Inoltre, nel Settecento in citt giunsero architetti di estrazione romana per lavorare per conto del re, come Giovanni Antonio Medrano e Antonio Canevari; ai due si deve la Reggia di Capodimonte. Altri architetti sono Nicola Tagliacozzi Canale, che lavor principalmente alla Certosa di San Martino e realizz i palazzi Mastelloni e Trabucco. Infine occorre ricordare Giuseppe Astarita, che fu attivo fino alla seconda met del secolo tra Napoli e la Puglia; fu un importante sperimentatore di piante come quella mistilinea di Sant'Anna a Capuana, che raggiunse la conformazione definitiva nel 1751.

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155 Ancora nel Settecento furono attivi Enrico Pini, Giuseppe Lucchese Prezzolini e Antonio Guidetti. Enrico Pini era un frate e, intorno alla met del secolo, realizz la facciata della chiesa di San Carlo alle Mortelle e lavor agli interni della chiesa del Ges delle Monache insieme ad Arcangelo Guglielmelli, Lorenzo Vaccaro e Nicola Cacciapuoti; il Pini disegn anche l'altare maggiore della chiesa. Giuseppe Lucchese Prezzolini divenne celebre per l'intervento presso la chiesa di San Nicola a Nilo, mentre Antonio Guidetti lavor alla chiesa di Santa Maria della Colonna. Entrambe le chiese fanno riferimento alla cultura architettonica di ispirazione borrominiana. Infatti, nella prima si nota un andamento concavo-convesso del prospetto e nella seconda sono presenti accorgimenti prospettici che slanciano l'intera composizione fino ad aprirsi verso lo spazio antistante.

Facciata di San Nicola a Nilo

Nella prima met del secolo, ad Aversa e dintorni, si affacciarono diverse personalita romane che contribuirono alla formazione di un linguaggio Arcadico dell'architettura napoletana; esse furono Carlo Buratti (Cattedrale di San Paolo), Francesco Antonio Maggi, Filippo de Romanis e Paolo Posi. Verso la met del Settecento questi architetti, assieme ai nuovi esponenti del classicismo barocco come Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli, indirizzarono l'architettura verso nuove forme di decoro e compostezza tipiche della scuola romana. Vanvitelli, attorno alla propria figura, ebbe numerosi collaboratori e allievi che riuscirono, intorno agli anni cinquanta a stravolgere la moda barocca, orientando i gusti verso il classicismo dell'Arcadia.[2] Fra gli architetti che collaborarono all'affermazione del barocco aulico del Vanvitelli ci furono il Tagliacozzi Canale che risent molto blandamente degli influssi, ma prese parte alla realizzazione del Foro Carolino; poco tempo prima il Tagliacozzi Canale fu assunto, senza soldo[3], insieme all'ingegnere regio Giuseppe Pollio presso il Real Albergo dei Poveri come revisore dei conti della fabbrica.

Aversa: Cattedrale di San Paolo, facciata ad opera di Buratti

I fratelli Luca e Bartolomeo Vecchione si mossero nel solco della cultura classicista dell'epoca, ma seppero dare anche un tocco di originalit alle loro composizioni, soprattutto per quanto riguarda il meno noto Bartolomeo che nella progettazione della Farmacia degli Incurabili diede prova di una personalit nervosa e raffinata di un artista che vive la sua opera in profondit e in superficie, senza zone neutre.[4] Altri furono Giovanni del Gaizo, Pollio, Astarita e Gaetano Barba

Barocco napoletano Infine occorrono alcune note sull'architettura civile del XVIII secolo. Essa mostra l'impiego di elaborate scenografie nella composizione degli scaloni e dei cortili; in questo si specializz Ferdinando Sanfelice, che progett il maestoso scalone aperto del Palazzo dello Spagnolo, posto scenograficamente sul fondo di uno stretto cortile.

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Urbanistica
I Quartieri Spagnoli

Due tipologie residenziali della zona risalenti, rispettivamente, al Seicento e al Settecento

I Quartieri Spagnoli, voluti fortemente dal vicer per l'acquartieramento di soldati spagnoli in citt, sorgono in un'area compresa tra via Tarsia e via Chiaia longitudinalmente e tra via Toledo e l'attuale corso Vittorio Emanuele; la superficie coperta di circa 800.000 metri quadrati. Analogie alla conformazione del quartiere sono riscontrabili peraltro anche nelle zone delle Mortelle e di Cariati, dove un'edilizia pi compatta, articolata attorno ad una maglia stradale pi rarefatta e non ortogonale, costituita da un insieme di palazzi tardocinquecenteschi. L'espansione dei Quartieri Spagnoli procedette comunque in pi fasi, distribuite in un lasso di tempo che va dalla carta di Lafrry a quella del Duca di Noja. In origine, nel primo ventennio del XVII secolo, la zona era formata da case e comprensori di case trasformati nei palazzi di lusso della nobilt; tuttavia, sostanziali trasformazioni avvennero intorno al 1630 per protrarsi fino al XIX secolo. Nella vicina via Toledo non appare nessuna affluenza degli ordini monastici tranne qualche chiesa; invece, addentrandoci nei quartieri si possono scorgere numerose fabbriche religiose che talvolta costituirono un ostacolo allo sviluppo urbanistico a causa del loro notevole ingombro dell'insula quadrangolare. Presenti sono le arciconfraternite volute dai nobili. Esse sorsero principalmente intorno alla met del XVI secolo per poi svilupparsi nel secolo successivo con le rendite annue; un esempio la chiesa dell'Immacolata Concezione e Purificazione di Maria de' nobili in Montecalvario, che, a partire dal 1620, divenne il centro di una manifestazione artistica con la realizzazione di un carro alla quale partecipavano artisti importanti del panorama barocco della citt, come Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro. Pertanto l'edilizia sacra influenz notevolmente lo sviluppo architettonico della zona. Alcuni dei primissimi interventi risalgono al Cinquecento con realizzazioni di ordini monastici o grazie alle elargizioni nobiliari. Esempi sono: la chiesa di Santa Maria della Mercede a Montecalvario il cui restauro avvenne nel 1677 ad opera dello stuccatore Gennaro Schiavo, e la chiesa di Santa Maria ad Ogni Bene dei Sette Dolori, anch'essa fondata nel Cincquecento su progetto di padre Giovanni Vincenzo Casali (quest'ultima fu completamente rifatta nel XVIII secolo da Nicola Tagliacozzi Canale e oggi dell'originale non rimane altro che il portale). La presenza di aree conventuali e dei relativi cantieri port alla formazione di veri e propri laboratori che conferirono agli architetti una formazione scientifica riguardo alle tecniche costruttive e che favorirono lo sviluppo di nuove concezioni spaziali. Notevole l'applicazione del piperno a tutti gli edifici.

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Costantinopoli
Costantinopoli la zona intra moenia compresa tra la Porta di Costantinopoli e piazza Bellini, includendo anche l'area di Port'Alba. La zona ospitava, sin dall'epoca aragonese, alcuni palazzi nobiliari, come il Palazzo Castriota Scanderbeg, e notevoli complessi conventuali, come la chiesa di Santa Maria della Sapienza e la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, la cui apertura datata intorno agli anni trenta del Cinquecento, che furono oggetto di ulteriori espansioni o restauri nel secolo successivo. Tuttavia, una prima sistemazione urbanistica si ebbe intorno al La chiesa di San Giovanni Battista delle Monache Seicento per volont dei vicer Pedro lvarez de Toledo e Pedro Fern ndez de Castro. In particolare, sotto quest'ultimo, che fu vicer dal 1610 al 1616, via Costantinopoli assunse importanza grazie alla presenza esterna alle mura dei Regi Studi, realizzati da Giulio Cesare Fontana nel 1622; la nuova strada venne quindi unita alla preesistente via Toledo tramite il largo Mercatello (attuale Piazza Dante). In generale, i palazzi che sorsero lungo la via, derivarono da case palazziate; i proprietari acquistarono case o lotti limitrofi, trasformando l'isolato cos formatosi in vasti palazzi residenziali; ad esempio, nel XVII secolo sono testimoniate all'archivio storico della citt alcune ricevute di pagamento riguardanti terreni acquistati che appartenevano al Complesso di San Gaudioso. In ogni caso, l'intervento urbanistico dovette tener conto del dislivello morfologico dell'area, che risulta evidente nella configurazione del Palazzo Conca (inglobato successivamente nella fabbrica del Complesso di Sant'Antonio delle Monache a Port'Alba), dove la presenza della scala d'accesso settecentesca evidenzia l'andamento scosceso del terreno. Un nuovo intervento si ebbe tra il 1620 e il 1656, quando via Costantinopoli fu sottoposta ad un rinnovo in chiave barocca; infatti furono rifatte le facciate di diversi palazzi, tra cui quella di Palazzo Firrao realizzata nella seconda met del Seicento ad opera di Cosimo Fanzago con la collaborazione degli La facciata di Palazzo Firrao scultori Giacinto e Dionisio Lazzari, Simone Tacca e Francesco Valentino. Pi radicale invece fu il restauro del complesso di Santa Maria di Costantinopoli, la cui chiesa fu interamente ricostruita grazie all'intervento del domenicano Giuseppe Nuvolo, che innalz anche la facciata con tre portali (oggi quelli laterali risultano murati a causa di un intervento del XVIII secolo che port alla trasformazione delle navate laterali in cappelle). Contemporaneamente fu eseguito il rinnovo della chiesa di Santa Maria della Sapienza, i cui lavori durarono ben quarantacinque anni (1625-1670); al primo intervento di Giovan Giacomo Di Conforto fece seguito dapprima quello di Cosimo Fanzago (a cui attribuita la creazione della facciata a loggiato nella quale lavorano Dionisio e il padre Jacopo Lazzari per le decorazioni in marmo) e infine quello dell'ingegnere Orazio Gisolfo per il completamento della cupola. Al contempo si registrano i lavori nella chiesa di San Giovanni Battista delle Monache. Questo complesso era stato fondato nel 1597, mentre la chiesa fu realizzata solo alla fine del XVII secolo e completata a gli inizi del successivo; l'impianto si deve a Francesco Antonio Picchiatti, mentre la facciata, che s'ispira a quella del Soria di San Gregorio al Celio a Roma, opera di Giovan Battista Nauclerio e risale al Settecento.

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Fuori le mura: Vergini, Stella, Sanit e Materdei


Questa serie di borghi extraurbani sorti in epoca medievale tra Porta San Gennaro e la Porta Santa Maria di Costantinopoli, costituisce un importante punto di riferimento dell'architettura barocca napoletana per i successivi aggregamenti creati tra la fine del XVI e il XVII secolo. In quest'epoca di rinnovo architettonico e sociale sorsero le prime importanti fabbriche extra moenia: oltre alla chiesa di San Gennaro Extra Moenia, ricordata sin dall'epoca paleocristiana, il primo intervento fu quello inerente alla Basilica di Santa Maria della Sanit, voluta dai domenicani e costruita tra il 1602 e il 1613 su progetto di Giuseppe Nuvolo. Contemporaneamente furono eretti ulteriori complessi con canoni della Controriforma, come la chiesa di Santa Maria della Verit, conoscita anche come Sant'Agostino degli Scalzi, e la vicina chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, entrambe situate nel compresorio di Fonseca-Materdei ed erette da Giovan Giacomo Di Conforto su commissione dei Carmelitani Scalzi.
La chiesa di Santa Teresa degli Scalzi

Al 1606 risale la fondazione del conservatorio dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca con annessa chiesa progettata anni dopo da Pietro De Marino. Pi antica la fondazione della chiesa di Santa Maria di Materdei (1585), che per fu rinnovata nel XVIII secolo da Nicola Tagliacozzi Canale. Altri rinnovamenti interessarono le chiese di Santa Maria della Vita, Santa Maria Succurre Miseris ai Vergini, Santa Maria della Misericordia ai Vergini, Santa Maria dei Vergini ed altri complessi. Questi rinnovamenti sono datati nel lasso di tempo compreso tra il terremoto del 1688 e la met del Settecento. Proprio nel Settecento vennero fondatati altri due importanti complessi monastici: la chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo, realizzata a met del secolo da Bartolomeo Vecchione su un precedente complesso distrutto, e il Complesso dei Cinesi fondato nel agli inizi del secolo. Meritevole d'attenzione la chiesa di Santa Maria della Stella, fondata nel 1571, e realizzata dai primi decenni del Seicento su progetto di Bartolomeo Picchiatti, coadiuvato dal figlio Francesco Antonio; l'edificio, completato nel 1734 sotto la direzione di Domenico Antonio Vaccaro, fu severamente danneggiato a causa della seconda guerra mondiale e durante il successivo restauro furono riutilizzati marmi di chiese demolite. Notevole la sagrestia barocca con decorazioni di Luca Vecchione vagamente Rococ. L'edilizia civile invece pu essere distinta in due parti: la zona di Materdei, dove persistono ancora edifici risalenti al XVI secolo, malgrado le sopraelevazioni, e innesti settecenteschi (come in Palazzo di Majo, opera di Ferdinando Sanfelice) e altri di notevole spicco e qualit architettonica; il blocco Vergini, Stella e Sanit, che presenta ancora qualche palazzo di campagna del Quattrocento (come Palazzo Traetto), ma dove l'architettura civile quasi tutta omogenea e risalente al XVIII secolo; i palazzi di spicco sono il Palazzo Sanfelice, Palazzo Lariano Sanfelice e il Palazzo dello Spagnolo, tutti progettati dal citato Ferdinando Sanfelice.

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Pontecorvo e Pizzofalcone
Entrambi i quartieri sono posti sul lato della collina del Vomero, agli estremi dei Quartieri spagnoli. Pontecorvo definito come il quartiere conventuale poich qui, nel XVII secolo, sorsero numerose insule conventuali. Anticamente la zona, dove vi era un'elevatissima concentrazione di prostitute, era destinata alla plebe che smerciava ogni cosa. Pontecorvo acquist importanza solo grazie all'espansione collinare del XVI secolo voluta da Pedro lvarez de Toledo, quando, in un primo momento, i nobili acquistarono i suoli dal complesso dei Santi Severino e Sossio, che aveva in propriet i terreni della collina. Questa ondata residenziale venne progressivamente sostituita da quella conventuale; la venuta degli ordini caus la trasformazione dei palazzi Caracciolo, Spinelli, Pontecorvo e de Ruggiero in conventi, portando alla formazione di una vera e propria via sacra, sulla falsariga di via Costantinopoli, dove invece vi erano numerosi palazzi civili. Importanti fu anche la fondazione del Complesso di Ges e Maria, iniziato nel 1580 e terminato nel 1603 sui terreni venduti dal nobile Ascanio Coppola a Fra' Silvio di Atripalda. Il progetto del complesso fu affidato a Domenico Fontana che vi eresse la chiesa. Invece, al 1601 risale la fondazione della Basilica di Santa Maria della Pazienza, voluta da Annibale Cesareo e restaurata nel XVIII secolo. Pochi anni pi tardi, nel 1614 fu cominciato il Convento di San Potito nell'area detta Costagliola; la chiesa, di poco successiva, fu disegnata da Pietro De Marino e restaurata dall'architetto Giovan Battista Broggia nel XVIII secolo. A questi si aggiunse, nel 1617, il Complesso di San Giuseppe dei Vecchi, con chiesa progettata da Cosimo Fanzago nel 1634 e terminata nel secolo successivo. Nel 1616 e nel 1619 furono fondati rispettivamente il Complesso di San Francesco delle Cappuccinelle e la chiesa di San Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo; il nucleo originario del complesso del XVI secolo, ma fu restaurato nel Settecento da Giovan Battista Nauclerio, mentre la chiesa fu progettata all'interno di Palazzo Spinelli a Pontecorvo da Cosimo Fanzago dal 1643 al 1660 e rifatta nella facciata da Giovanni Battista Manni nel 1709. Altro complesso importante quello di Santa Maria delle Periclitanti, che venne restaurato alla fine del XVII secolo da Arcangelo Guglielmelli.
Facciata degradata del Complesso di Ges e Maria

La facciata della chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone

Pizzofalcone (o Monte Echia) invece una collina prospiciente sul mare. La sua fondazione risale al VII secolo a.C. ad opera dei Cumani ed assunse importanza nel XVI secolo, quando le espansioni vicereali interessarono la zona del vecchio palazzo vicereale. La morfologia del suolo fece si che venisse costruito, a met del XVII secolo,

Barocco napoletano l'accampamento militare con funzioni di fortezza per ospitare i soldati spagnoli, liberando al contempo i vicini Quartieri spagnoli per far spazio agli ordini religiosi. Cospicua la presenza di edifici civili, alcuni dei quali furono trasformati in chiese e conventi, come la chiesa di Santa Maria della Solitaria con annesso convento, la Nunziatella, rimaneggiata da Ferdinando Sanfelice, la seicentesca basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone del teatino Francesco Grimaldi e infine la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone con il convento. In particolare, Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone venne fondata prima dei tumulti di Masaniello e occup l'area della propriet dei Toledo. Fu progettata da Cosimo Fanzago precedentemente al suo soggiorno romano; infatti, prendendo spunto dal progetto della chiesa partenopea partecip al concorso per la chiesa di Sant'Agnese in Agone influenzando Carlo Rainaldi. Ciononostante il progetto del Fanzago per Santa Maria Egiziaca fu continuato da Francesco Antonio Picchiatti, Antonio Galluccio e Arcangelo Guglielmelli che mutarono buona parte del disegno originario.

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Chiaia e Posillipo
Oltre la Porta di Chiaia, i borghi di pescatori situati tra il Monte Echia e Posillipo si stavano trasformando, grazie agli interventi rinascimentali e barocchi, in luoghi di svago della nobilt per la presenza di ville e casini; il primo che si pu ricordare Palazzo Caravita di Sirignano, fondato nel XVI secolo. Alla trasformazione dei borghi marinari in luoghi urbani non furono estranei i religiosi e le fondazioni di laici, che contribuirono alla costruzione di chiese (Santa Maria della Vittoria, Santa Maria in Portico, San Giuseppe a Chiaia, chiesa dell'Ascensione e Santa Teresa), la cui progettazione Il Palazzo Donn'Anna visto dal mare venne affidata ad architetti importanti come Cosimo Fanzago, Arcangelo Guglielmelli, Tommaso Carrere e Nicola Longo. Inoltre, nel Settecento, per volont di un mercante pisano sorse il Complesso di San Francesco degli Scarioni il cui disegno venne affidato a Giovan Battista Nauclerio. L'edilizia civile si svilupp prevalentemente lungo costa, come nel caso del Palazzo Ravaschieri di Satriano che venne ampliato nel XVIII secolo da Ferdinando Sanfelice. Altri palazzi degni di nota sono: Palazzo Ischitella, Palazzo Ruffo della Scaletta gi Palazzo Carafa di Belvedere e Palazzo Guevara di Bovino. Un nucleo pi interno di edifici sorse nell'odierno Rione Amedeo, attorno alla chiesa di Santa Teresa a Chiaia; tra questi si ricordano il Palazzo Carafa di Roccella e il Palazzo d'Avalos del Vasto, entrambi restaurati nel XVIII secolo da Luca Vecchione e da Mario Gioffredo che caratterizz Palazzo d'Avalos con una decorazione neoclassica assai distante dalle forme barocche. Invece, ai margini della collina di Posillipo venne realizzato Palazzo Donn'Anna, voluto da Anna Carafa, consorte del vicer Ramiro Nez de Guzm n, duca di Medina de las Torres: venne commissionato a Cosimo Fanzago, ma l'opera non fu portata a termine per la morte di Donn'Anna Carafa e rimase incompleto. Nel corso del Seicento e del Settecento vi fu una notevole espansione dei borghi di Villanova e Santo Strato, dove numerose chiese furono ampliate e restaurate. Tra esse occorre citare la chiesa di Santo Strato a Posillipo, ampliata gi nel 1577; quella di Santa Maria del Faro ingrandita da Ferdinando Sanfelice; Santa Maria della Consolazione, eretta nel Settecento per opera dello stesso Sanfelice; infine la chiesa di Santa Maria di Bellavista che venne restaurata in chiave tardo-barocca.

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Chiese
Chiese secentesche
Le chiese seicentesche, di solito, sono costituite da piante a croce latina, o ad aula centrale senza transetto (una tipologia architettonica adatta solo ad edifici che non avevano sufficiente spazio a disposizione, come nel caso della chiesa del Purgatorio ad Arco), oppure a croce greca. Le decorazioni architettonico-scultoree sono prevalentemente in marmo; la loro progettazione fu affidata non soltanto ad architetti, ma anche a marmorai: le decorazioni del XVII secolo sono in taglio marmoreo, marmo commesso e marmo policromo.
Decorazioni in marmi commessi, Croce di Lucca

Il primo tipo di decorazione molto diffuso nelle chiese napoletane, grazie all'opera di celebri specialisti come Cosimo Fanzago e Dionisio Lazzari, che realizzarono pregevoli decorazioni in comesso. Ad esempio, il Lazzari si occup del presbiterio della chiesa del Purgatorio ad Arco, eseguendo un apparato decorativo con una tecnica brillante, una commistione di una serie di applicazioni diverse: la balaustra in commesso, le pareti erano costituite da marmo rosso venato (oggi non pi presenti, poich sono state sostituite da pannelli di plastica) e le sculture s'innestano nell'apparato architettonico. Invece, il marmo policromo particolarmente diffuso nelle chiese erette nel primo Seicento e ricorre nelle decorazioni derivate da temi classici. Infine, le decorazioni a stucco, affidate ad architetti e stuccatori, erano utilizzate in chiese, spesso, di medie e piccole dimensioni (come nel caso della chiesa di San Gennaro all'Olmo o della Basilica di Santa Maria della Sanit, in quest'ultima, per dare maggior rilievo all'illuminazione interna).

Chiesa del Purgatorio ad Arco (rosso) e contesto urbanistico del Decumano maggiore

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Chiese settecentesche
Le chiese settecentesche presentano un'impostazione planimetrica pi libera. Per esempio, nella chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario venne adottata una pianta a matrice ottagonale, con una croce greca espressa negli assi ingresso-abside e transetto-transetto; l'ottagono allungato fa da raccordo agli assi, ma, nel contempo, crea altri spazi destinati a cappelle e al deambulatorio di collegamento. La parte centrale dell'edificio, destinata al raccoglimento dei fedeli, divisa dalle cappelle e dal deambulatorio grazie ad una serie di pilastri che sorreggono un complesso sistema di volte, mentre, a copertura della parte centrale posta una cupola che irradia di luce l'edificio. Altre piante fantasiose trovarono applicazione nella cappella del Real Albergo dei Poveri e nella chiesa di Santa Maria del Ben Morire. In particolare, la prima avrebbe dovuto essere caratterizzata da una pianta stellare ideata da Ferdinando Fuga, ma non fu mai completata e oggi riconoscibile soltanto attraverso i segni delle fondazioni.

Decorazione in stucco, Sant'Angelo a Nilo

Tuttavia, altre chiese del periodo mostrano ancora una pianta tradizionale (croci latine e greche), scelta favorita da una maggiore semplicit costruttiva e dai minor costi e tempi di esecuzione. Nel Settecento, le decorazioni marmoree delle epoche precedenti furono sostituite da quelle a stucco, poich risultavano pi semplici da realizzare. Tra i principali stuccatori delle chiese napoletane si ricordano: Domenico Antonio Vaccaro, Arcangelo Guglielmelli, Giovan Battista Nauclerio, Luca, Bartolomeo Vecchione, Bartolomeo Granucci e Giuseppe Astarita. Una delle chiese pi rilevanti, che mostra un'interessante decorazione a stucco, quella di Sant'Angelo a Nilo; l'interno della chiesa, frutto del genio del suddetto Arcangelo Guglielmelli, s'ispira all'architettura classica. In molte altre importanti chiese, decorate a stucco, lavor il citato Vaccaro, il quale introdusse composizioni decorative assai sinuose e adott la tecnica dei riccioli.

Palazzi
Il palazzo del periodo barocco non si discosta molto dalla tipologia rinascimentale, dalla quale riprende la disposizione del sistema formato da androne, cortile e scala.

Il palazzo del Seicento

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163 Uno dei primi palazzi ad essere costruito nel XVII secolo fu il Palazzo Reale. Il modello di questo palazzo tipicamente romano; ad esempio le scale risultano ancora celate all'interno della struttura e non assumono un aspetto scenografico. Infatti anche altri palazzi eretti nel primo Seicento mostrano scale disposte lateralmente o su un estremo della facciata, come il Palazzo Carafa della Spina, discostandosi dalla tipologia della scala aperta in voga nel secolo successivo.

Durante il XVII secolo il palazzo si articola spesso su due piani nobili; il primo serviva come piano privato del padrone, per gli incontri ed altro, mentre il secondo fungeva da abitazione per l'intera famiglia. Esternamente il palazzo mostra lo sfarzo della casata, espresso attraverso l'applicazioni di numerose decorazioni come colonne alveolate, lesene e sculture. Peraltro, nel Seicento molti palazzi gi esistenti subirono modifiche e rimaneggiamenti che determinarono una vera e propria stratificazione architettonica, che talvolta causava persino appesantimenti strutturali assai nocivi sulle murature esistenti; il caso ad esempio del Palazzo Filippo d'Angi che, a causa delle superfetazioni barocche, ancora oggi mostra elementi in acciaio a sostegno dei blocchi in piperno dei pilastri del loggiato.

Il Palazzo Reale, uno dei primi esempi di architettura barocca civile a Napoli

Il palazzo del Settecento


Verso la fine del Seicento, la tipologia residenziale cambi impostazione: le strutture, ed in particolare le scale, vennero orientate verso l'ingresso. Uno dei maggiori architetti in ambito civile fu Ferdinando Sanfelice, che con il suo stile barocco si occup di nuove costruzioni e di restauri; realizz il celebre Palazzo dello Spagnolo, mentre per i restauri eseguiti all'interno del centro antico fu condizionato dalle impostazioni dei cortili. Altro architetto attivo nell'architettura civile l'onnipresente Domenico Antonio Vaccaro, che oper in tre palazzi della citt: il Palazzo di Magnocavallo, il Palazzo Spinelli di Tarsia ed infine il Palazzo dell'Immacolatella. Il primo venne ampiamente restaurato dall'architetto per farne la propria abitazione; le decorazioni che compaiono principalmente sono il piperno e lo stucco. Del secondo, oggetto di un ambizioso progetto che prevedeva la realizzazione di un immenso palazzo nobiliare impostato sulla ricerca di scenografiche prospettive, restano solo il fabbricato centrale e il cortile Scala aperta del Palazzo Trabucco (di Nicola Tagliacozzi rettangolare di ampie dimensioni, chiamato largo Tarsia. Il Canale), in via S. Liborio 1 terzo palazzo quello dell'Immacolatella, rappresenta invece l'unico edificio di interesse storico e architettonico nella zona portuale. Tra gli altri architetti del XVIII secolo occorre citare Nicola Tagliacozzi Canale. Attivo dal 1720 fino alla data della sua morte, il suo pi importante progetto civile il Palazzo Trabucco, dove le sgargianti decorazioni si fondono col nascente Rococ dando vita un pregevole esempio di architettura settecentesca; notevole inoltre la scala aperta nel cortile.

Barocco napoletano Altra cosa che caratterizza la realizzazione dei palazzi in citt fu l'afflusso di architetti estranei alla formazione locale come Ferdinando Fuga, che progett un palazzo in via Medina. Questo edificio s'imposta come un normale palazzo nobiliare locale, ma presenta influssi di quel monumentalismo portato dalle esperienze che il Fuga aveva fatto a Roma; la facciata caratterizzata da intervalli di paraste, che aprono gli spazi alle finestre, e da un possente cornicione che aggetta sulla via pubblica. Le altre architetture settecentesche di Napoli sono espresse in palazzi nobiliari, oggi poco noti al grande pubblico, ma che nascondono i vari passaggi di stile che caratterizzarono l'epoca barocca; malgrado ci, alcuni di questi palazzi furono danneggiati nei restauri avvenuti dopo la seconda guerra mondiale, come nel caso del palazzo al n. 169 di via Tribunali. Le regge Nel corso del Settecento, con l'avvento dei Borbone e specialmente di Carlo VII al trono del Regno di Napoli, nella capitale confluirono architetti di formazione non locale, come il suddetto Ferdinando Fuga, l'anziano Antonio Canevari e Giovanni Antonio Medrano, il pi giovane della schiera di architetti chiamati dal re. Ad essi si deve la progettazione della Reggia di Capodimonte, magnifica residenza barocca posta, all'epoca, ai margini della citt. Al contempo Ferdinando Fuga progett il Real Albergo dei Poveri, chiamato anche la Reggia dei Poveri poich doveva ospitare i poveri del regno. Il progetto originario, rimasto incompiuto, una delle pi grandi opere architettoniche settecentesche in Europa: la facciata lunga 354 metri scandita da una estesa teoria di finestre, mentre la parte centrale aperta da un portico con porte d'ingresso in stile michelangiolesco; l'accesso al portico servito da una scala a doppia rampa che dona slancio verticale al palazzo. Tuttavia, la pi importante realizzazione in questo ambito fu la Reggia di Caserta, iniziata da Luigi Vanvitelli e terminata dal figlio Carlo. L'edificio, nel quale si riconoscono peraltro tendenze classiciste, esprime con ambiguit uno stile architettonico nel quale confluiscono le scenografiche prospettive barocche, con pizzichi di monumentalismo e la compostezza delle decorazioni e delle proporzioni che danno il benvenuto ad un nascente Neoclassicismo.

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La facciata del Real Albergo dei Poveri

La Reggia di Caserta

Gli elementi architettonici civili e sacri


Gli elementi architettonici civili
Nel Barocco napoletano i principali elementi architettonici sono la scala, il cortile e il portale che solitamente costituiscono le invarianti nell'articolazione dei palazzi.

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La facciata della Reggia di Capodimonte

Il portale Il portale, generalmente in piperno e talvolta accompagnato da cromatismi in marmo che generano un effetto chiaroscuro, assunse un ruolo importante nell'architettura napoletana seicentesca. Infatti, l'angustia delle strade del tessuto greco-romano e del Borgo dei Vergini, determinata rispettivamente dallo schema ippodameo adattato su un suolo in declivio sul mare e dalla necessit di seguire la conformazione dei corsi d'acqua torrentizi che si generavano con le piogge, imposero la necessit di concentrare sul portale tutta la teatralit e drammaticit dello stile barocco. Ci favorisce la visuale di scorcio dell'edificio, perch l'attenzione Il portale di Palazzo di Sangro, opera di Giuliano Finelli dell'osservatore rivolta verso la composizione della masse che compongono il portale. Un esempio il portale di Palazzo di Sangro progettato da Bartolomeo Picchiatti ed eseguito da Giuliano Finelli in cui espresso il contrasto dei conci in piperno e marmo che accompagnano le colonne alveolate composte da conci che incorniciano l'ingresso; l'attenzione che Picchiatti rivolge verso questo elemento fa, in un certo senso, passare in ombra il resto della facciata rinascimentale. Nel Seicento anche Cosimo Fanzago progett imponenti portali barocchi, il pi importante dei quali fu quello di Palazzo Carafa di Maddaloni, dove l'arco centrale racchiuso da una composizione di lesene tuscaniche che poggiano su un basamento rigonfiato a conci, sul quale termina un'effimera decorazione marmorea con coppe, mentre ai lati sono presenti volute di raccordo. Nel Settecento la realizzazione di fastosi portali raggiunse l'apice. Ferdinando Sanfelice progett, oltre ad innumerevoli scale aperte, anche portali di grande qualit architettonica, come quello di Palazzo Filomarino; qui la struttura ad arco mistilineo racchiusa da una composizione in bugnato disposto in misure alterne (che riprende il carattere stilistico dell'arco spezzato con conci marmorei), il tutto sormontato da un timpano spezzato a volute che racchiude al centro un fregio con metopa.

Barocco napoletano Il cortile Il cortile dell'abitazione barocca non altro che l'evoluzione del cortile quattrocentesco e cinquecentesco in piperno. Spesso consiste proprio nell'adattamento plani-volumetrico di un cortile d'epoca precedente. L'angustia delle strade, gi emersa al paragrafo superiore, influenz notevolmente l'articolazione di questi spazi. Infatti, gli architetti chiamati alla progettazione dei cortili si trovarono davanti alla necessit di coniugare le ristrette dimensioni del lotto all'esigenza di realizzare strutture scenografiche per quella che doveva rappresentare, in un certo senso, la stanza centrale del palazzo. Elementi che compongono la struttura del cortile sono il loggiato (raro a Napoli), il portico in piperno, la scala aperta ed altri elementi strutturali-decorativi che impreziosiscono e dilatano la visuale di questo spazio. Notevole il loggiato di Palazzo Carafa di Maddaloni, dove Cosimo Fanzago cre una mirabile soluzione architettonica basata sulla fuga prospettica generata dalla presenza del loggiato stesso. Altri esempi importanti sono i cortili in via Santa Maria di Costantinopoli, dove i palazzi sorsero in prossimit dell'ex cinta muraria prima dell'espansione voluta da Pedro lvarez de Toledo. Qui gli edifici si sviluppano attorno ad una corte ad U, schermata, sul lato aperto, da un muro divisorio che la separa dal giardino dell'edificio opposto, creando dei meravigliosi giardinetti privati; spesso sulla parete di fondo possibile trovare disposte in maniera simmetrica le decorazioni scultoree che accompagnano le fontane. Cortili di ridotte dimensioni si trovano nelle espansioni urbanistiche pianificate, come nei Quartieri Spagnoli, dove fu adottato, nella scala di progettazione territoriale, un modulo ripreso da molti edifici dei quartieri Avvocata e Montecalvario, tranne nella zona di Tarsia e Toledo, dove l'isolato assunse caratteristiche pi monumentali. Dal punto di vista geometrico il cortile presenta diverse forme. Ad esempio quello del Palazzo Spinelli di Laurino venne caratterizzato da una pianta ovale con decorazioni in piperno e sculture. Quello del Palazzo Caracciolo di Avellino, sorto nel periodo rinascimentale, ha una conformazione strutturale diversa; in questo caso il cortile assume una funzione urbanistica, poich costituisce un vero e proprio largo (una sorta di "corte d'onore") interposto tra la strada e il palazzo stesso. Invece, dal punto di vista funzionale, il cortile ebbe anche il compito di accorpare insieme i vari corpi di fabbrica, raccordandoli tra loro, come nel Complesso degli Incurabili, dove si affacciano la farmacia, l'ospedale e gli uffici del personale.

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La scala La scala un elemento molto importante del palazzo napoletano, sia in quello rinascimentale che in quello barocco. La scala barocca s'innesta nel cortile divenendo lo scenografico punto di fuga della visuale d'insieme del palazzo. Nel Seicento, la scala ancora rilegata ad un compito essenzialmente funzionale alla struttura; quella decorativa e simbolica si presenta soprattutto nei sagrati delle chiese, dove la scala sottolineava quel dislivello tra sacro e profano, sapienza e ignoranza, ricchezza e povert. Solo nel Settecento si svilupp il modello barocco della scala aperta, che si sovrappose, nella maggior parte dei casi, a strutture gi esistenti. Il maggior progettista di scale aperte fu il nobile Ferdinando Sanfelice, che ide vere e proprie quinte teatrali, in cui Schema strutturale di una scala barocca del Settecento, ad ali emerge la fitta rete strutturale costituita delle volte che di falco scaricano il loro peso sui pilastri. Del Sanfelice celebri sono le scale aperte del Palazzo dello Spagnolo e del Palazzo Sanfelice; particolare attenzione meritano anche le scale chiuse, caratterizzate per da evidenti sbalzi delle volte, visibili ad esempio nel Palazzo di Majo. Il motivo della scala aperta sanfeliciana fu ripreso anche da architetti di successiva formazione, fino al XIX secolo. Ciononostante, non fu l'unica soluzione adottata, poich, verso la met del Settecento, si svilupparono le scale a loggiato, come quella del Palazzo Acquaviva d'Atri, dove Giuseppe Astarita si attenne ai preesistenti progetti di Giovanni Francesco Mormando.

Gli elementi architettonici sacri


Nell'architettura sacra, gli elementi nei quali possibile leggere l'espressione pi nitida del Barocco napoletano sono: il sagrato rialzato, che rappresenta un simbolico riferimento all'ascesa divina, le drammatiche facciate, il portale, la pianta e le cupole. La scala e il sagrato Molti edifici sacri sono preceduti da una scala-sagrato, una soluzione dovuta ad aspetti simbolici e tecnici. Dal punto di vista simbolico rappresenta il distacco tra il mondo laico e profano dell'esterno con il mondo spirituale e sacro della chiesa e del convento. L'aspetto tecnico invece fa della scala l'elemento con il quale possibile superare le naturali pendenze del suolo cittadino; infatti, a causa della scoscesa morfologia partenopea, le chiese furono realizzate su veri e propri terrazzamenti, raccordati al livello inferiore mediante una serie di rampe. Allo stesso tempo, le scalinate potevano servire a dare ulteriore slancio alla struttura, accentuandone sia il valore architettonico che quello simbolico.

Il sagrato della Santissima Trinit alla Cesarea

Barocco napoletano Un esempio il sagrato della chiesa di Santa Maria ad Ogni Bene dei Sette Dolori; l'edificio, ubicato sulle pendici del Vomero, presenta diversi salti di quota, in particolare tra l'ex monastero situato lungo via Santa Lucia al Monte e il sagrato della chiesa posto all'incrocio delle tre strade (via Girardi, via Scura e via Santa Lucia al Monte). La chiesa di Santa Maria la Nova (progettata tra il 1596 e il 1599 in stile tardo-rinascimentale, ma con influssi manieristi, con interventi successivi di stampo barocco) mostra un analogo sistema a quello della chiesa di via Scura; il sagrato preceduto da due rampe, ma quella di destra lunga quasi il doppio di quella di sinistra, proprio a causa dell'andamento del terreno. Altri esempi sono la basilica di San Paolo Maggiore, la chiesa della Santissima Trinit alla Cesarea e Chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova, che presenta una pendenza del suolo sia da ovest a nord-ovest che da a est a nord-est. Nella chiesa di San Nicola a Nilo la scala diventa elemento che esalta la monumentalit dell'edificio, rendendolo pi imponente agli occhi dell'osservatore. Esistono anche edifici privi di una scala monumentale, dove per la piazza che funge da sagrato, permettendo quindi di valorizzare la chiesa, come nel caso del Ges Nuovo. La facciata La facciata costituisce una sorta di macchina da festa esterna degli ordini religiosi. I casi pi esemplari di innovazione e ancoraggio alle preesistenze sono offerti dalla facciata dei Girolomini e da quella della chiesa di San Giorgio Maggiore.[5] Un primitivo progetto di facciata a due campanili della chiesa dei Girolamini risalirebbe al 1614 su disegno di padre Talpa; i lavori furono eseguiti da Dionisio Lazzari, Arcangelo Guglielmelli, architetto del complesso fino alla sua morte (1723), e infine da Ferdinando Fuga che ne complet il progetto. L'evoluzione dei lavori che interessarono l'edificio si possono notare nelle vedute della citt del Seicento; i primi cambiamenti avvennero gi nel 1602, quando agli Oratoriani venne concesso lo spazio antistante.

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Facciata della chiesa dei Girolamini

La facciata della chiesa di San Giorgio Maggiore fu per distrutta dopo l'espansione di via Duomo nel 1860. Essa era frutto di demolizioni avvenute durante l'operato di Fanzago nel cantiere di ricostruzione dell'edificio. L'ingresso era stretto da una spina di abitazioni e per fruire dello spazio del sagrato vennero demolite le abitazioni preesistenti creando uno slargo capace di rendere visibile la facciata. Le facciate di epoca barocca offrono comunque un notevole reportorio di composizioni, favorite dalla cospicua presenza in citt di diversi ordini monastici. Molto ricorrente la facciata doppia, un espediente che cela dietro ad un prospetto in vista l'altra facciata; esempi sono la serliana creata da Cosimo Fanzago nella Certosa di San Martino e nella chiesa di San Giuseppe dei Ruffi. Nel complesso le facciate pi monumentali risultano molto semplici, ma presentano una evidente ricchezza decorativa e risultano livemente mosse dalle lesene, come nel caso delle chiese di San Ferdinando, di San Paolo Maggiore, dei Girolamini, di San Lorenzo Maggiore e di Santa Maria Donnaregina Nuova. Un caso a

Facciata doppia della chiesa di San Giuseppe dei Ruffi

Barocco napoletano parte la chiesa del Ges Nuovo dove la decorazione marmorea barocca delle finestre s'innesta nella facciata rinascimentale. La facciata a portico invece gi utilizzata alla fine del Cinquecento nel prospetto della chiesa di San Gregorio Armeno, mentre agli inizi del Seicento furono erette quelle a portico di Santa Maria della Sapienza, di Santa Maria della Stella, del Pio Monte della Misericordia e della chiesa di San Giovanni Battista delle Monache. Le decorazioni ricorrenti sono i cromatismi in piperno e marmo che creano un sublime effetto di teatralit, dove si appoggia molto spesso anche un determinato simbolismo, come per la chiesa del Purgatorio ad Arco, la cui facciata fu edificata in due fasi: la prima risale alla met del XVII secolo ad opera del Lazzari[6], mentre un secolo pi tardi fu realizzato il secondo ordine, pi austero. Il motivo che ricorre al primo ordine del prospetto di carattere mortuario. Casi analoghi al Purgatorio ad Arco sono la chiesa di Santa Maria Vertecoeli, la cui facciata, in stucco progettata da Bartolomeo Granucci, caratterizzata dalla presenza di questi simboli mortuari.

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Facciata di Santa Teresa a Chiaia

Dopo i terremoti del 1688 e del 1693, molte facciate vennero quasi completamente ridsegnate; esempio lampante la chiesa di Santa Teresa a Chiaia, dove la facciata in marmo e piperno datata intorno alla met del Seicento fu completamente rifatta nelle decorazioni come la si vede attualmente. Nel XVIII secolo si assiste ad un graduale passaggio da forme piuttosto esuberanti ad uno stile pi austero, caratterizzato da un regolare utilizzo degli ordini architettonici. Con l'avvento di motivi rococ, sulle facciate furono applicate decorazioni plastiche in stucco e, a differenza di quelle secentesche, finestre caratterizzate da forme pi sinuosidali. Il portale Il portale, anche quando si sovrappone ad edifici gi esistenti, risulta come una parte organica della chiesa e del convento poich, dal punto di vista architettonico, cos come nell'architettura civile, conferisce importanza e monumentalit alle facciata a causa della presenza di strade e vicoli di anguste dimensioni. La maggiore parte dei portali napoletani sono costituiti da piperno, talvolta stuccati, e da marmo negli edifici pi rilevanti. Tuttavia, molti sono celati dietro le doppie facciate. In particolare, il portale del XVII secolo piuttosto semplice; formato quasi sempre da una cornice in piperno con fasce e trabeazione che si conclude con o senza il timpano (a seconda dell'importanza dell'edificio e dello stile del portale stesso). La conclusione con il timpano prevede pi modalit di chiusura: quella classica il timpano triangolare o arcuato, ma non mancano timpani a sesti spezzati, ai lati, e portali contornati da un sistema di lesene che conferiscono maggiore monumentalit all'insieme.

Facciata e portale della chiesa della Nunziatella

Nei restauri tardosecenteschi[7] si present l'esigenza di decorare i portali e le strutture con stucchi che accentuarono la decorazione plastica del prospetto, come nella chiesa di Santa Teresa a Chiaia, cancellando al contempo i

Barocco napoletano cromatismi di piperno. Un caso particolare il portale del Ges Nuovo, che si configura come un'espansione del portale preesistente, riferibile al Quattrocento e appartenente all'originario palazzo progettato da Novello da San Lucano (il Palazzo Sanseverino); la composizione iniziale fu mantenuta fino 1685, anno in cui l'ordine gesuita apport le attuali modifiche strutturali, aggiungendo la trabeazione e le colonne composite. Nel Settecento il portale assunse disegni pi frivoli per la presenza di riccioli, cimase ed altre decorazioni provenienti dalla fusione dell'architettura napoletana con i gusti rococ. Da questo punto di vista sono esemplari i portali delle chiese Profilo del portale della chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario della Nunziatella e di San Nicola dei Caserti, i cui timpani, pressoch simili nella forma, presentano una composizione formata da linee sinuose che terminano in volute arricciate, con al centro una nicchia in piperno o decorazione marmorea. Inoltre, le decorazioni delle facciate nel loro insieme determinarono la formazione di portali dai profili assai particolari e complessi, come quello della chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario, mentre altri si appoggiarono ad una semplice decorazione rococ. La pianta L'epoca barocca fu un periodo molto importante per gli sviluppi della pianta centrale in Italia e soprattutto a Napoli, dove gli interni divennero l'espressione pi viva del Barocco partenopeo. Questa sperimentazione si attesta tra la fine del XVI ed il principio del XVII secolo, e va ricercata nell'opera di Giuseppe Valeriano, autore della chiesa del Ges Nuovo; qui la pianta combinata, cio scaturisce da una combinazione tra uno schema longitudinale ed una pianta centrale, con modulo di partenza ascrivibile ad una croce greca. Nei medesimi anni in citt fu costruita anche la chiesa di Santa Maria della Sanit, direttamente derivata dai modelli centralizzati di San Pietro in Vaticano (XVI secolo). Altro esempio la Cappella del Tesoro di San Gennaro, del religioso Francesco Grimaldi, i cui cantieri furono diretti da Giovanni Cola di Franco e che rappresenta una personale interpretazione dell'invaso della basilica vaticana. Padre Grimaldi realizz anche un altro Pianta della demolita chiesa del Complesso di San Francesco capolavoro riconducibile ad uno schema centralizzato: il di Paola Complesso di San Francesco di Paola, la cui chiesa fu articolata mediante una pianta a croce greca, con cappelle incastonate ai lati dell'edificio; per la copertura l'architetto trasse ancora ispirazione dal San Pietro bramantesco e michelangiolesco, ideando una cupola centrale affiancata da quattro calotte minori. Il primo trentennio del XVII secolo venne a caratterizzarsi per un'intensa e costante sperimentazione nella conformazione degli ambienti sacri. Giuseppe Nuvolo fu tra i principali architetti dediti alla continua ricerca di

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Barocco napoletano soluzioni nuove ed originali. A lui si deve la basilica di Santa Maria della Sanit con annesso convento, di cui oggi rimane il chiostro ovale (deturpato dal Ponte della Sanit); nel progetto della chiesa, Fra' Nuvolo dovette tener conto, non senza difficolt, delle strutture preesistenti, adottando un presbiterio rialzato per permettere l'ingresso alle catacombe della basilica paleocristiana. Le cronache attribuiscono al Nuvolo anche una partecipazione alla costruzione della chiesa di San Sebastiano, caratterizzata da una pianta ovale di cui saranno dati cenni in seguito; l'edificio per fu demolito negli anni cinquanta del XX secolo perch ritenuto pericolate. Altre piante combinate compaiono nella chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta realizzata a fine Seicento da Cosimo Fanzago (che pose particolare attenzione sulla spazialit creata dal gioco delle volte a calotta e cupole), nella chiesa di Sant'Ignazio al Mercato e nella chiesa del Complesso della Santissima Trinit delle Monache. Invece, a Pietro De Marino si deve la pianta della chiesa di Santa Maria a Cappella Nuova, scomparsa nei primi anni del XIX secolo.[8] Riguardo alla pianta ellittica e alla pianta ovale, le prime sperimentazioni a Napoli risalgono al progetto di Fra' Nuvolo per il suddetto chiostro della Sanit (impostato attorno ad un ovale policentrico) e alla chiesa di San Carlo all'Arena. A Cosimo Fanzago si deve il progetto originario della citata chiesa di San Sebastiano; quest'ultimo per fu estromesso a causa degli stalli nel cantiere e delle difficolt tecniche a cui la fabbrica and incontro (gli ingegneri Domenico Stigliola e da Francesco Antonio Pepe lo accusarono di aver disegnato una chiesa irrealizzabile), e la direzione della fabbrica pass a Fra' Nuvolo. Il progetto originario del Fanzago presentava problemi legati alla copertura e alla cupola: la pianta era ovale e aveva la peculiarit di far risaltare il coro delle monache posto sull'atrio d'ingresso. Uno schema simile alla chiesa di San Sebastiano si riscontra peraltro nella chiesa dell'Assunta ad Ariccia progettata da Gian Lorenzo Bernini, ma l'edificio napoletano si rif agli studi condotti nel XVI secolo da Baldassarre Peruzzi e a quelli proposti da Sebastiano Serlio. Tuttavia, le lunghe vicende del cantiere portarono alla formazione di una cupola sostenuta da un tamburo, Pianta della chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone probabilmente non previsto inizialmente e che ebbe comunque copiata su riferimenti del progetto di Fanzago (Archivio fortuna nell'architettura napoletana del XVIII secolo. Al Storico di Napoli) completamento di San Sebastiano si avvicendarono comunque altri architetti che terminarono i lavori intorno al 1670: oltre al Fanzago e Fra' Nuvolo, intervennero Pietro De Marino, Francesco Antonio Picchiatti e Dionisio Lazzari, che ispirer successivamente la pianta ovale della chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella. In ogni caso, dopo i terremoti che si susseguirono nel Seicento, la cupola di San Sebastiano fu gravemente danneggiata, tanto che fu alleggerita eliminando otto colonne e otto pilastri, mentre si procedette al rifacimento del cupolino; la perizia sullo stato della cupola fu redatta nel XVIII secolo da Francesco Solimena, Giovan Battista Nauclerio, Ferdinando Sanfelice, Nunzio Nauclerio e Gennaro Papa.

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Tra la seconda met del Seicento e il Settecento si svilupparono pure le piante ottagonali e quelle gigliate. Un primo esempio di schema a matrice ottagonale la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, ideata da Cosimo Fanzago poco prima del soggiorno romano e messa in pratica negli anni sessanta del Seicento. Si tratta di uno schema assai caro al Fanzago, che progett numerose chiese rifacendosi proprio a piante ottagonali. Le piante gigliate invece rappresentano l'evoluzione settecentesca degli schemi ottagonali. In questo caso, un esempio importante si osserva nella chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario di Domenico Antonio Vaccaro; qui le cappelle minori, poste sugli angoli, sono definite passanti, mentre i transetti fungono da cappelle maggiori. Riconducibile a questo modello l'impianto della chiesa dei Santi Giovanni e Teresa, attribuibile secondo alcuni a Domenico Antonio Vaccaro, mentre per altri fu opera di Angelo Carasale.[9] La cupola

Pianta di Vaccaro per la Concezione a Montecalvario

A Napoli, la cupola ha origini cinquecentesche, ma tra il XVII secolo e il XVIII secolo ne furono progettate in gran numero, di ogni forma e colore. La cupola napoletana sub l'evidente influenza delle cupole romane, anche se, occorre evidenziare come quelle presenti nella citt partenopea siano piuttosto semplici nelle membrature e poco ritmate da tamburi poligonali e da lanternini bizzarri. Esse sono solitamente rivestite con conci di piombo, maioliche, asfalto bituminoso e pitture argentate. Le prime cupole barocche partenopee furono erette tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, grazie all'abilit degli Cupola della Sanit architetti presenti in citt; tra i primi progettisti si ricordano i gesuiti Giuseppe Valeriano e Pietro Provedi (entrambi lavorarono presso le fabbriche del Ges Nuovo e del Ges Vecchio), Giuseppe Nuvolo (che progett le magnifiche cupole della Sanit e di Costantinopoli) e Francesco Grimaldi (che import i modelli romani nella cupola della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, dove s'intrecciano i materiali locali adattati al progetto di stampo romano).

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Altri esempi, riconducibili al primo Seicento, si devono a Bartolomeo Picchiatti, autore della cupola di San Giorgio dei Genovesi; altro architetto da menzionare Giovan Giacomo Di Conforto che realizz la magnifica cupola della chiesa dei Santi Apostoli. Le cupole pi importanti risalgono intorno alla met del Seicento, in un tempo indicativamente compreso tra il 1630 e il 1660. In questo periodo, la personalit di spicco Cosimo Fanzago, artista indiscusso del Seicento napoletano. Egli realizz alcune delle pi belle cupole, come ad esempio quelle della chiesa di San Ferdinando, della chiesa di Santa Maria in Cupola di San Marcellino e Festo, Pietro d'Apuzzo Portico, della Pietrasanta ed altre. Gli altri protagonisti delle cupole barocche furono Pietro De Marino, Pietro d'Apuzzo, Francesco Antonio Picchiatti e Dionisio Lazzari. Nella seconda met del secolo altri architetti ed ingegneri presero parte ai progetti di cupole mastodontiche e tra questi sono di spicco Arcangelo Guglielmelli e Giovan Battista Nauclerio; al primo attribuibile la cupola del Rosariello alle Pigne, con struttura piena in tufo e non in battuto di lapillo, cos da rendere pi leggera la struttura. Nel Settecento le cupole assunsero una forma pi libera, anche se, dapprima, fecero la loro comparsa opere di stampo ancora secentesco progettate dal Nauclerio e Gugliemelli. Negli anni venti del XVIII secolo, invece, fu attivo Domenico Antonio Vaccaro, autore di numerosi edifici sacri, che realizz uno dei suoi maggiori capolavori, ovvero, la chiesa di Santa Maria della Concezione a Montecalvario, dotata di una cupola a pianta ellittica, retta da pilastri angolari traforati.

Altre immagini

San Gennaro all'Olmo, decorazioni in stucco

Chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta

Scalone monumentale della Reggia di Caserta

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Note
[1] N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino 1981, voce Francesco Grimaldi. [2] Il Vanvitelli era membro dell'Arcadia con il nome Archimede Fidiaco. [3] Salvatore Costanzo, La Scuola del Vanvitelli. Dai primi collaboratori del Maestro all'opera dei suoi seguaci, Clean edizioni, Napoli, 2006, p. 283. [4] Ibidem, p. 288. [5] Gaetana Cantone, Napoli barocca, Napoli, Laterza, 2002. [6] Molti attribuiscono l'opera a Cosimo Fanzago. [7] La maggior parte delle fabbriche furono restaurate, anche per motivi di sicurezza, ed ammodernate secondo i gusti pi aggiornati dell'epoca, seguendo tra l'altro i modelli di Arcangelo Guglielmelli e Giovan Battista Nauclerio; l'esecuzione della maggior parte dei portali venne affidata alle maestranze napoletane che comunque avevano rapporti con gli architetti della fine del secolo. [8] Gennaro Aspreno Galante, Le Chiese di Napoli. Guida Sacra della Citt di Napoli, Napoli, XIX secolo. [9] Ibidem.

Bibliografia
Gaetana Cantone, Napoli barocca, Napoli, Laterza, 2002. Francesco Domenico Moccia e Dante Caporali, NapoliGuida-Tra Luoghi e Monumenti della citt storica, Clean, 2001 Alfonso Gambardella e Giosi Amirante, Napoli Fuori le Mura. La Costigliola e Fonseca da platee a borgo, Napoli, Edizioni scientifiche italiane,1994 Antony Blunt, Architettura Barocca e Rococ a Napoli, London, 1975. (Milano, Electa, 2006) Roberto Pane, Architettura dell'eta barocca in Napoli, Napoli 1939. Dario Nicolella, Le cupole di Napoli, Napoli, Edizioni scientifiche italilane, 1997 Giulio Carlo Argan, L'architettura barocca in Italia, Milano, 1957 Giulio Carlo Argan, L'Europa della Capitali 1600-1700, Ginevra, 1964 AA.VV., Barocco napoletano, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1992 A. Spinosa, Cosimo Fanzago, Napoli, Elio de Rosa editore, 1996 Salvatore Costanzo, La Scuola del Vanvitelli. Dai primi collaboratori del Maestro all'opera dei suoi seguaci, Clean edizioni, Napoli, 2006. Valeria Giannantonio, "L'ombra di Narciso - La cultura del doppio a Napoli in et barocca", Argo, Lecce, 2006.

Voci correlate
Napoli Barocco Architettura barocca

Barocco siciliano

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Barocco siciliano
Il Barocco siciliano non definisce soltanto le espressioni dello stile barocco in Sicilia realizzate fin dal XVII secolo, ma rappresenta una particolare declinazione di questo stile, caratterizzata da un acceso decorativismo, senso scenografico e cromatico. Tale maniera si manifest pienamente solo nel XVIII secolo, in seguito agli interventi di ricostruzione succeduti al devastante terremoto che invest la Val di Noto nel 1693.

Definizione e periodizzazione
L'identificazione di uno specifico stile barocco siciliano si deve principalmente ad un pioneristico studio di Anthony Blunt[1] che ne identific tre fasi di sviluppo verso il pieno sviluppo nel corso del XVIII secolo, a seguito del fervore edilizio della ricostruzione dopo il terremoto e ne riconobbe il carattere principale nell'esuberanza decorativa che univa architettura colta e tradizione artigianale. Per tali caratteri Blunt avvicin tale stile ad altri come quello della Baviera e quello che si svilupp in Russia anche noto come Barocco Naryshkin.

Figura 1: Facciata della Basilica della Collegiata a Catania progettata da Stefano Ittar circa 1768.

Dopo lo studio di Blunt l'interesse continu a concentrarsi sul XVIII secolo, tuttavia prima del 1693 lo stile Barocco si era comunque affermato nell'isola, seppure condizionato dalla tradizione architettonica autoctona e dall'architettura classicista tardorinascimentale. Nel corso del Seicento infatti, la conoscenza diretta o indiretta dei grandi architetti barocchi di Roma fece maturare esperienze pienamente barocche sia sul piano del linguaggio architettonico che nella ricerca di complesse geometrie spaziali e nell'inserimento scenografico e prospettico. In seguito al sisma del 1693, gli architetti locali (molti dei quali formati a Roma) ed i progettisti ed artisti venuti da fuori, trovarono un'abbondanza di opportunit per dar vita ad un sofisticato stile Barocco allo stesso tempo popolare e colto, fortemente caratterizzato e radicato nel territorio. Nel penultimo decennio del XVIII secolo lo stile fin poi con l'essere rimpiazzato dalle nuove mode che proponevano il neoclassicismo. L'era Barocca della Sicilia, con il suo stile riccamente decorato, rifletteva perfettamente la storia sociale dell'isola, e venne a simboleggiare il canto del cigno della sua nobilt, lasciando sull'isola un marchio di identit architettonica.

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Premesse
Tradizionalmente gli studiosi hanno spesso ritenuto che l'adesione della Sicilia alle forme rinascimentali sia stata, nei tempi, in ritardo rispetto alle altre regioni italiane e molto condizionata, nei modi, dalle preesistenti tradizioni artistiche gotico-catalane o addirittura normanne, nel caso dell'architettura. Tale adesione condizionata port, nel caso dell'architettura ad una sovrabbondanza e sovrapposizioni di decorazioni, tanto che nell'architettura del primo XVI secolo, elementi decorativi classicheggianti, come i capitelli classici, convivevano in impianti architettonici di derivazione medievale, con elementi gotici, come gli archi a sesto acuto e le bifore, normanni e di derivazione ispanica. Un esempio di tale commistione la costruzione di Santa Maria di Porto Salvo nel 1536 progettata dall'artista rinascimentale Antonello Gagini ma completata con archi gotici da Antonio Scaglione. Invece un monumento come la Fontana Pretoria a Palermo, pienamente rinascimentale, fu per portata da Firenze. Il lento affermarsi del linguaggio rinascimentale era stato pi evidente nella pittura e nella scultura che non nell'architettura. Lo scultore Domenico Gagini, padre di Antonello, aveva portato in Sicilia le novit della penisola, fondando una bottega ed una dinastia di artisti presente in moltissime imprese decorative nelle chiese di tutta l'isola. Lo stile dei Gagini si adatt comunque al gusto prevalente per una ricca decorazione. Tra il 1531 e il 1537, meno di un secolo dopo che la sua famiglia era arrivata sull'isola, Antonello Gagini complet, nel Santuario dell'Annunziata di Trapani, l'arco della Cappella della Madonna, simile ad un proscenio, dotato di pilastri non scanalati ma decorati pesantemente con busti a rilievo dei santi, cos come il frontone, decorato da santi reclinati che sostengono composizioni floreali collegati allo scudo centrale a coronamento del frontone stesso. Questo frontone adorno fu uno dei primi segni che un'architettura decorativa specifica della Sicilia si stava formando. Molto simile nello stile la Chiesa del Ges di Palermo, costruita nel periodo 15641633, che mostra anch'essa avvisaglie del Barocco Siciliano.

Piazza Pretoria, Palermo. La Fontana Pretoria (1554 circa) di Francesco Camilliani

Figura 6: I Quattro Canti, Palermo, 1610

Comunque, qualunque sia stata nei modi e nei tempi l'adesione della Sicilia alle forme del rinascimento e del classicismo, nella seconda met del secolo l'isola si trova perfettamente aggiornata al panorama artistico della penisola ed in particolare di Roma, recependone tutta la complessit fatta di tardo manierismo, classicismo, temi della Controriforma e tanto altro.[2] Un ruolo particolare in tale processo ebbe la citt di Messina in cui operarono a met secolo, architetti e scultori come Andrea Camelech e Giovanni Angelo Montorsoli artisti toscani aggiornato al linguaggio architettonico prevalente a Firenze e Roma.

Barocco siciliano

177 In tale epoca, infatti, le novit continuano ad essere portate da artisti e architetti immigrati in Sicilia dai principali centri artistici italiani. Dopo questo periodo tale fenomeno si ferma ed i principali artisti attivi in Sicilia nel XVII secolo sono nativi dell'isola, formatisi spesso a Roma[3], come comunque comincia ad essere gi dalla seconda met del XVI secolo (Jacopo Del Duca).

Anticipazioni
Porta Felice, Palermo

Secondo alcuni autori, il barocco arriva in Sicilia con qualche decennio di ritardo rispetto a Roma ed agli altri centri di diffusione. Tuttavia nei primi decenni del XVII secolo alcune realizzazioni anticipano in qualche modo alcuni temi del barocco. Pur con un linguaggio architettonico riferibile al tardo manierismo ed al classicismo, tali esempi possiedono una delle caratteristiche specifiche del nuovo stile che si andava formandosi a Roma: il forte senso della teatralit, attuata mediante la ricerca prospettica e scenografica a scala urbanistica.

Il primo di questi esempi, a volte definito il primo esempio di architettura e urbanistica barocca nell'isola, sono i Quattro Canti a La Palazzata di Messina Palermo, un incrocio monumentale, formato dalle due principali vie della citt e realizzato tra il 1609 ed il 1620 da Giulio Lasso e Mariano Smiriglio. L'intersezione forma una piazza ottagonale, con quattro lati coincidenti con le strade che vi convergono, e quattro spigoli inclinati corrispondenti a fronti di edifici leggermente concavi. Questi fronti che dominano la piazza hanno al piano terreno fontane che ricordano il crocevia delle Quattro Fontane di Roma, voluto da Papa Sisto V. I tre piani degli edifici sono adorni di statue in nicchie raffiguranti le quattro stagioni, i quattro sovrani Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo IV, e le quattro patrone di Palermo: Santa Cristina, Santa Ninfa, Santa Olivia e Sant'Agata. Lo stesso Mariano Smiriglio realizz la Porta Felice, costituita da due imponenti piloni, ingresso monumentale sull'asse rettilineo del Cassaro (l'attuale Corso Vittorio Emanuele), prolungato fino al mare. Fu completata dopo lavori che si protrassero fino al 1637. Un'opera in cui l'intento scenografico coinvolse in modo del tutto inedito l'urbanistica e l'immagine di una intera citt fu la Palazzata a mare di Messina, detta anche "Teatro marittimo" realizzata da Simone Gull, un'opera pienamente inserita nella sensibilit barocca.[4] Si trattava dell'edificazione dell'intero fronte a mare con una cortina di tredici edifici, stilisticamente omogenei, con la facciata scandita da quattro ordini di aperture. I palazzi erano collegati da passaggi monumentali a due ordini. L'intero complesso edilizio si configurava cos come un enorme edificio di 267 interassi. Altri progettisti siciliani nella cui opera sono stati rintracciati elementi del primo barocco sono Natale Masuccio[5] e Antonio Muttone.

Il Primo Barocco Siciliano (XVII secolo)


Con gli autori e le opere sopra ricordate, la storia dell'architettura barocca nell'isola inizia ben prima del terremoto del 1693, nonostante alcuni autori spostino a dopo il 1650 circa i primi esempi di barocco architettonico in Sicilia, generalmente giudicati scarsi e poco significativi. I motivi di tale valutazione comprendono anche la distruzione di molte opere per via di terremoti, rifacimenti, cause belliche e la contemporanea perdita di molte fonti documentarie, che rendono difficile comprendere appieno e valutare accuratamente l'architettura del XVII secolo sull'isola.

Barocco siciliano Nonostante tali giudizi sono molte le architetture del periodo riferibili all'architettura romana ad esse contemporanee e perfettemante aggiornate al panorama architettonico della penisola. Secondo alcuni autori, comunque evidente che gi durante il XVII secolo, il Barocco nelle mani degli architetti e scultori locali stava gi deviando, in senso decorativo, dal Barocco dell'Italia continentale. Nella seconda parte del XVII secolo comincia inoltre l'attivit del pi importante degli scultori barocchi siciliani, Giacomo Serpotta, che con la sua scuola, decora a stucco gli interni di molte delle chiese del periodo

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Guarini
Guarino Guarini fu l'eccezionale presenza esterna che dette una duratura impronta all'architettura siciliana introducendo elementi che saranno ripresi in seguito. Risiedette a Messina per un periodo non totalmente documentato e comunque dal 1660 al 1662 e vi realizz la chiesa della Santissima Annunziata, il Collegio dei Teatini, costruito per successivamente e la Chiesa di San Filippo Neri (Messina). Tutte le costruzioni sono andate distrutte durante il terremoto del 1908. Con questi edifici Guarini introdusse, di fatto, il barocco in Sicilia tra molte perplessit dei contemporanei[6]. In particolare ebbero molti Chiesa della Santissima Annunziata a Messina, in sviluppi futuri sull'isola la facciata della Chiesa della Santissima una incisione settecentesca Annunziata a sviluppo verticale con vari ordini sovrapposti, sagoma piramidale e superficie mossa che far da modello a molte chiese siciliane della Val di Noto. Altri elementi importanti furono la cupola che anticipava quelle poi realizzate a Torino, il campanile posto in facciata e gli spazi interni caratterizzati da stucchi bianchi. Sempre per Messina progett la chiesa dei padri Somaschi, a pianta esagonale, rimasta a livello progettuale[7] e nota grazie alle incisioni del suo trattato Architettura civile. Il progetto sembra anticipare le grandi cupole nervate poi realizzate da Guarini a Torino, anche se la datazione del progetto al 1660-1662 non sembra certa e potrebbe essere da posticipare.

Angelo Italia
Tra gli architetti che conobbero l'opera di Guarini a Messina, fu il frate gesuita Angelo Italia, uno dei protagonisti della stagione barocca in Sicilia nel trentennio che precede il fervore costruttivo della ricostruzione dopo il terremoto della Val di Noto, nella quale comunque Angelo Italia, ormai anziano, ebbe un ruolo di rilievo. Nel 1685 ha modo di vedere a Messina le opere di Guarino Guarini che lo influenzeranno, anche se la sua opera risente del repertorio stilistico di Borromini, Rainaldi, Dalla Porta[8]. Nell'opera del frate architetto possiamo trovare sia una ricerca spaziale basata su spazi centralizzati e sulla compenetrazione di spazi geometrici (come nella chiesa palermitana di San Francesco Saverio), con particolare interesse per l'esagono[9], sia la ricerca linguistica con facciate articolate, complesse nella loro geometria e nelle mebrature (come la facciata delle Chiesa Madre di Palma di Montechiaro del 1666)[10], sia nell'integrazione tra architettura e scultura.
la Chiesa Madre di Palma di Montechiaro

Barocco siciliano Tra le sue opere pi importanti la Chiesa di Santa Maria della Neve (1685-1693) a Mazzarino, commissionata da Carlo Carafa Branciforte principe di Butera, fu progettata con un'unica grande navata coperta a botte. Rimase incompiuta, forse per difficolt tecniche relative alla copertura e fu completata nell'Ottocento a tre navate. Rimane come testimonianza del progetto originale la slanciata facciata, anch'essa incompleta.

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Altri progettisti
Nella seconda met del XVII secolo fu attivo, soprattutto a Palermo anche Paolo Amato che ebbe una lunga carriera, come architetto del Senato e progettista di apparati e spettacolari decorazioni a commesso. La sua opera migliore sicuramente la Chiesa del Santissimo Salvatore, iniziata nel 1682, dalla curiosa pianta dodecagonale allungata sormontata da una cupola ellittica. Dopo essersi formato a Roma, oper a Palermo anche Giacomo Amato (1643 1732), importando i modi di Carlo Fontana e Rainaldi. Tra le sue opere la chiesa di Santa Maria della Piet e la chiesa di Santa Teresa alla Kalsa (dal 1686), dalla facciata su due ordini, fortemente plastica con paraste, semicolonne, colonne libere e un tondo con un bassorilievo, circondato da putti, sopra il portale. Gaspare Guercio, architetto e scultore, realizz con la facciata della Chiesa di San Matteo a Palermo, a partire dal 1640, un'architettura pienamente barocca.

Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa

A Siracusa si concentra l'opera di Giovanni Vermexio che progetta il palazzo Senatorio, con richiami al Vignola, ma dall'esuberante decorazione che fonde elementi manieristici e barocchi con altri locali[11], la Chiesa di San Filippo Neri dalla pianta ellittica ed altre architetture.

Barocco Siciliano dal 1693


Terremoto e mecenatismo
Bene protetto dall'UNESCO Patrimonio dell'umanit Citt tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale) (EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily)

Tipo Criterio Pericolo

architettonico C (i) (ii) (iv) (v) no

Barocco siciliano

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Riconosciuto dal Scheda UNESCO 2002 [12] (EN) Scheda [13] (FR) Scheda

Il grande terremoto siciliano del 1693 danneggi gravemente cinquantaquattro citt e paesi e 300 villaggi. L'epicentro del disastro fu nel Val di Noto, dove la citt di Noto fu completamente rasa al suolo, mentre la citt di Catania fu danneggiata in modo molto grave. Fu stimato che un totale di pi di 100.000 persone uccise. Altre citt che subirono gravi danni furono Ragusa, Modica, Scicli, Militello e Ispica. La ricostruzione inizi quasi immediatamente. La sontuosit dell'architettura che stava per figura 7: Catania e il Palazzo Biscari, iniziato nel 1702. Catania rimpiazz Messina sorgere dal disastro connessa alla politica dopo la rivolta del 1686 come seconda citt della Sicilia. della Sicilia del tempo; la Sicilia era ancora ufficialmente sotto il controllo Spagnolo, ma in realt era governata dalla sua aristocrazia autoctona. Questa era guidata dal Duca di Camastra, che gli Spagnoli avevano nominato vicer per appagare l'aristocrazia. stimato che c'erano pi aristocratici per metro quadrato che in qualsiasi altro stato. Nel XVIII secolo fu calcolato che c'erano 228 famiglie nobiliari, che fornivano alla Sicilia una classe di governo consistente di 58 principi, 27 duchi, 37 marchesi, 26 conti, 1 visconte e 79 baroni; il Libro Aureo della Nobilt Siciliana (pubblicato per l'ultima volta nel 1926) ne elenca ancora di pi. In aggiunta a questi c'erano i pi rampolli cadetti delle famiglie con i loro titoli cortesi di nobile e barone. L'architettura non era l'unica eredit dei Normanni. Il potere sul popolo (non esisteva una classe media stabile) fu anche fatto osservare tramite il sistema feudale, invariato sin dalla sua introduzione in seguito alla conquista Normanna del 1071. Cos l'aristocrazia siciliana non aveva solo ricchezze ma anche vasta manodopera alle proprie dipendenze, fenomeno che al tempo era declinato in molte altre parti d'Europa. L'aristocrazia condivideva il proprio potere solo con la Chiesa Cattolica. La Chiesa faceva leva sul timore della dannazione nell'altra vita e sull'Inquisizione nella presente e come conseguenza sia le classi superiori che quelle inferiori donavano generosamente tutto quanto potevano in tutte le principali ricorrenze dei santi. Molti preti e vescovi erano a loro volta membri dell'aristocrazia, e la ricchezza della Chiesa di Sicilia era ulteriormente aumentata dalla tradizione di spingere i cadetti maschi e femmine verso i monasteri e i conventi, per preservare l'eredit della famiglia dalla sua divisione; una pesante tassa, o dote, veniva di solito pagata alla Chiesa per facilitare ci, nella forma di propriet, gioielli o denaro. Cos la ricchezza di certi ordini religiosi crebbe fuori da ogni proporzione rispetto alla crescita economica di qualsiasi altro gruppo sociale del tempo. Questa una delle ragioni per cui cos tante chiese Barocche e monasteri, come San Martino delle Scale, furono ricostruiti dopo il 1693 con tale lusso. Una volta iniziata la ricostruzione, i poveri ricostruirono le proprie casupole nel solito modo primitivo di prima. Per contrasto, i pi ricchi residenti sia secolari che spirituali vennero presi da una quasi maniacale orgia di edificazione. La maggior parte dei membri della nobilt aveva diverse abitazioni in Sicilia, perch il Vicer di Spagna trascorreva sei mesi dell'anno a Palermo e sei a Catania, tenendo corte in ciascuna citt, e quindi i membri dell'aristocrazia avevano bisogno di un palazzo in ogni citt. Una volta che i palazzi della devastata Catania furono ricostruiti alla nuova moda, quelli di Palermo sembrarono antiquati per confronto, quindi anch'essi furono ricostruiti di conseguenza. Dalla met del XVIII secolo, le ville dove riposare in autunno, essenzialmente degli status symbol, furono costruiti nell'elegante enclave di Bagheria. Questo schema si ripet, su scala minore, in tutte le citt

Barocco siciliano secondarie della Sicilia, con ogni citt impegnata a fornire una vita sociale pi divertente e un'attrazione all'aristocratico provinciale rispetto alla sua abitazione di campagna. Le abitazioni di campagna non sfuggirono alla mania edilizia. Spesso ali Barocche o nuove facciate furono aggiunte ad antichi castelli, o ville rurali furono interamente ricostruite. La frenesia edilizia guadagn slancio finch l'architettura Barocca commissionata dagli aristocratici edonisti raggiunse il suo zenith verso la met del XVIII secolo.

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Nuove citt
In seguito al sisma il programma di ricostruzione fu velocemente avviato, sotto la direzione del Duca di Camastra, vicario con pieni poteri per la ricostruzione, e del suo collaboratore, l'ingegnere militare Carlos de Grunembergh. La fondazione di nuovi centri abitati in Sicilia non era nuova visto che tra la fine del XVI secolo e tutto il XVII secolo ne erano stati fondati, dai nobili titolari di feudi, un centinaio per ripopolare vaste aree di latifondo spopolate ed incrementare cos la produzione agricola. Si tratta di cittadine, anche piuttosto grandi realizzate con impianti a scacchiera o comunque ortogonali, anche se ognuna con particolari caratteristiche: Vittoria, Leonforte, Cinisi, Palma di Montechiaro, Paceco.

Pianta di Avola

La ricostruzione avvenne infatti spesso secondo uno schema razionale a griglia e quando fu possibile si prefer ricostruire i centri abitati in altri siti, tenendo conto di vari criteri, tra cui la volont di non ricreare la struttura medievale fatta di ristretti vicoli, figura 8: Piazza del Duomo, Siracusa. La Cattedrale dotata di pilastri di Andrea Palma fiancheggiata da palazzi barocchi e dal vescovado. la necessit di avere piazze e strade principali ampie, la possibilit di erigere difese fortificate efficienti in un'epoca in cui era ancora presente la minaccia turca. Tali caratteristiche miravano anche a minimizzare i danni alla propriet e alle vite umane in caso di probabili nuovi terremoti. Infatti nel 1693 le strade molto strette avevano reso pi disastroso il terremoto. Architettonicamente i nuovi impianti urbanistici pianificati crearono la possibilit di ampie prospettive e scenografie urbane come quelle realizzate da Rosario Gagliardi a Noto. In genere si nota questo aspetto nelle citt pi estensivamente ripianificate di Caltagirone, Militello Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo, Ragusa, e Scicli. Uno dei migliori esempi di questa nuova pianificazione urbana pu essere visto a Noto (figura 9), la citt ricostruita circa 10km dal sito originario sul Monte Alveria. L'antica citt in rovina, conosciuta come Noto Antica, pu ancora essere visitata nel suo stato diroccato. Il nuovo sito prescelto era pi pianeggiante di quello antico per facilitare un lineare sviluppo a griglia. Le strade principali procedono da est a ovest in considerazione dell'angolazione del sole. Questo esempio di pianificazione urbanistica si pu attribuire direttamente ad un erudito aristocratico locale, Giovanni Battista Landolina; aiutato da tre architetti locali responsabile di aver pianificato la citt.

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In queste nuove citt, l'aristocrazia si localizz nelle aree pi sopraelevate, dove l'aria era pi fresca e pulita (nelle torride estati siciliane) e la vista pi gradevole. La chiesa fu collocata al centro della citt (figura 8), per comodit di tutti, e per riflettere la globale centralit della Chiesa; intorno alla coppia costituita da Cattedrale e Palazzo Vescovile furono costruiti anche i conventi. I commercianti e mercanti scelsero come quartiere le pianificate strade larghe originate nelle piazze principali. Infine i meno abbienti furono figura 9: Via Corrado Nicolaci, Noto. ammessi ad erigere i loro rifugi di mattoni e le loro case nelle aree a cui nessun altro ambiva. In tal modo la pianificazione urbanistica Barocca venne a simboleggiare e riflettere l'autorit politica, e in seguito il suo stile e la sua filosofia si diffusero in luoghi tanto lontani come Annapolis, Williamburg, New Bern, e Savannah nell'America Britannica e con fama ancora maggiore nella ripianificazione urbanistica del XIX secolo di Paris operata dal Barone Haussmann. Erano stati deposte le basi per l'esplosione dell'architettura Barocca che avrebbe predominato in Sicilia fino al primo XIX secolo. Alcuni tra i centri ricostruiti dopo il sisma del 1693, non presentano il tradizionale tracciato ortogonale a scacchiera ma una forma urbana geometrica su base esagonale: Avola progettata da Angelo Italia e Grammichele il cui disegno attribuito a Carlo Maria Carafa Branciforti i cui schemi urbanistici sono desumibili dal trattato di architettura militare allora pi conosciuto: I Quattro Primi Libri di Architettura di Pietro Cataneo.[14] e rappresentano in un certo senso la tardiva realizzazione della citt ideale rinascimentale. In seguito molte altre citt e paesi siciliani che erano stati un po' danneggiati o furono completamente risparmiati dal sisma, come Palermo, furono anch'essi trasformati dallo stile Barocco, man mano che la moda si allargava e gli aristocratici con un palazzo a Catania iniziarono a desiderare che il loro palazzo nella capitale fosse altrettanto opulento di quello nella seconda citt. A Palermo la chiesa di Santa Caterina, iniziata nel 1566, fu una di tante nella citt i cui interni furono ridecorati nel XVIII secolo in stile Barocco, con marmi colorati.

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Nuove chiese e palazzi


La caratteristica principale dell'architettura barocca in Sicilia dopo il 1693, stata una grande esuberanza decorativa, anche se le particolari caratteristiche di calore, gioia espressiva e libert vennero raggiunti gradualmente nel corso del secolo. Subito dopo il terremono furono costruite o ricostruite innumerevoli chiese e palazzi. Le prime rivelano il ruolo sociale che aveva assunto in Sicilia il gran numero di congregazioni, per cui in un solo piccolo centro erano spesso presenti un elevato numero di ordini conventuali caratterizzati da un'intensa attivit edificatoria. Ugualmente i nobili si sentirono in dovere di dotarsi di palazzi e residenze di campagna per affermare il proprio ruolo sociale, favorendo le espressioni artistiche pi opulente di decorazioni. Gli architetti spesso locali furono capaci di progettare in un modo pi sofisticato di quello del tardo XVII secolo; molti erano stati educati nell'Italia continentale ad una comprensione pi dettagliata dell'idioma Barocco. Il loro lavoro ispir progettisti siciliani che figura 10: La Chiesa Madre di San Giorgio Modica avevano avuto minori occasioni. Va osservato che questi architetti furono anche assistiti da pubblicazioni di incisioni di Domenico de' Rossi, che per la prima volta forn le precise dimensioni e misure di molti delle principali facciate Barocche e Rinascimentali di Roma. In tal modo il Rinascimento finalmente sbarc in Sicilia diciamo cos per procura. Giovanni Battista Vaccarini era il principale architetto siciliano durante questo periodo. Egli arriv sull'isola nel 1730 portando un personale amalgama delle idee del Bernini e del Borromini, e introdusse all'architettura dell'isola un movimento unificato e un gioco di linee curve che sarebbe risultato inaccettabile nella stessa Roma. Comunque i suoi lavori sono di qualit considerevolmente inferiore rispetto a quella di ci che sarebbe seguito. Notevoli lavori di questo periodo erano le ali del XVIII secolo di Palazzo Biscari a Catania e della Chiesa di Sant'Agata del Vaccarini, sempre a Catania. Per questo edificio Vaccarini chiaramente attinse all'"Architettura Civile" di Guarino Guarini. il suo frequente rifarsi a disegni affermati che rende l'architettura di questo periodo, pur opulenta, dotata di una qualit disciplinata, quasi imbrigliata. Lo stile di Vaccarini era destinato a dominare Catania per decenni.

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Un secondo ostacolo per il pieno sviluppo del potenziale degli architetti siciliani fu che frequentemente essi stavano solo ricostruendo una struttura danneggiata, e dovevano quindi far coincidere i loro progetti con lo stato dei luoghi e dei manufatti o quanto ne rimaneva. La chiesa di San Giorgio a Modica (figura 10) ne un esempio: malamente danneggiata dal terremodo del 1613, ricostruita nel 1643 in stile Barocco conservando la pianta medievale, quindi danneggiata di nuovo nel 1693. La ricostruzione ebbe luogo a partire dal 1702 ad opera di un ignoto architetto. Infine Rosario Gagliardi supervision il completamento della facciata, avvenuto nel 1760, o almeno parte dei lavori, essendo morto in quegli anni. Per i compromessi a cui egli dovette prestarsi in ossequio alla struttura esistente sono evidenti. Mentre Gagliardi us le stesse formule che tanto successo gli arrisero a San Giorgio a Ragusa, qui a Modica la costruzione pi pesante e manca dell'abituale leggerezza di tocco e libert di disegno. Secondo alcuni autori pi recenti questo pu anche dipendere in figura 11: La Basilica di Santa Maria Maggiore Ispica parte dall'avvicendarsi di altri alla supervisione a cavallo della morte del Gagliardi, di cui comunque si conservano disegni correlati. Col compito di ricostruzione dal terremoto del 1693, lo stesso Rosario Gagliardi progett con lo stesso stile la basilica di Santa Maria Maggiore a Ispica (figura 11), unica nella Provincia di Ragusa grazie alla presenza del Loggiato progettato da Vincenzo Sinatra. C'era anche un'altra influenza al lavoro. Tra il 1718 e il 1734 la Sicilia fu controllata personalmente da Carlo VI da Vienna, col risultato che si possono percepire stretti legami con l'architettura austriaca. Diversi edifici sull'isola sono imitazioni dei lavori di Fischer von Erlach. Un architetto siciliano, il monaco Tommaso Napoli, visit Vienna due volte verso l'inizio del secolo, tornando con una collezione di incisioni e disegni. Fu in seguito architetto di due ville di campagna del primo periodo Barocco siciliano, notevoli per le loro pareti concave e convesse e per il complesso disegno delle loro scale esterne. Una, la sua Villa Palagonia iniziata nel 1705, la pi complessa ingegnosa di qualsiasi altra costruita nell'era Barocca della Sicilia; la sua doppia scala di scalinate rettilinee, con frequenti cambi di direzione, fu il prototipo di ci che divenne una caratteristica eminente del Barocco Siciliano. In seguito una nuova ondata di architetti, consci del fatto che gli stili del Rococo per gli interni iniziavano altrove a guadagnare ascendente sul Barocco, procedettero a sviluppare l'appariscenza, la libert e il movimento che oggi sono sinonimi dell'espressione Barocco Siciliano.

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Il pieno sviluppo del Barocco Siciliano


Intorno al 1730 il Barocco siciliano cominci gradualmente a distanziarsi dallo stile Barocco definitosi a Roma e guadagn una individualit anche pi forte per due ragioni: in questo periodo la corsa a ricostruire stava cominciando a scemare e la costruzione stava divenendo pi tranquilla e meditata; e un nuovo manipolo di architetti siciliani veniva alla ribalta. Questa generazione aveva assistito alla ricostruzione nel Barocco e studiato le stampe e i libri di architettura che giungevano con sempre maggiore frequenza dal continente. Diversamente dai predecessori - i vecchi studenti degli architetti di Roma - essi erano capaci di formulare stili fortemente individuali in autonomia. Questi architetti inclusero Andrea Palma, Rosario Gagliardi e Tommaso Napoli. Pur tenendo in considerazione il Barocco di Napoli e Roma, essi adattarono adesso i loro progetti a bisogni e tradizioni locali. Il loro uso di risorse e sfruttamento dei siti era spesso follemente creativo. Napoli e quindi Vaccarini avevano promosso l'uso di scale esterne, che era adesso condotto ad un nuovo stadio: chiese in cima alle colline venivano raggiunte tramite meravigliose scalinate che evocavano il mentore di Vaccarini, Francesco De Sanctis e le scalinate di Piazza di Spagna a Roma.

figura 12: Duomo di Siracusa: Facciata della Cattedrale di Andrea Palma (iniziata nel 1728). Basata sulla formula dell'arco trionfale romano, le masse interrotte da una facciata colonnata creano un effetto teatrale.

Le facciate delle chiese spesso vennero a rassomigliare a torte nuziali piuttosto che luoghi di culto man mano che gli architetti guadagnavano sicurezza, competenza e statura artistica. Gli interni chiesastici, che fino a questa data erano stati leggermente prosaici, cominciarono, specialmente a Palermo, ad essere decorati con un tumulto di marmi intarsiati e un'ampia variet di colori. Anthony Blunt ha descritto questa decorazione come "affascinante o repellente, ma comunque il singolo spettatore possa reagire, questo stile una manifestazione caratteristica di esuberanza siciliana, e va classificato tra le pi importanti e originali creazioni di arte Barocca sull'isola". Questo fondamentale nel Barocco Siciliano; fu idealmente intonato alla personalit siciliana, e questa fu la ragione per cui si evolse in modo tanto spettacolare. In nessun luogo in Sicilia lo sviluppo del nuovo Barocco pi evidente che a Noto, definita la "perfetta citt barocca"[15], Ragusa e Catania.

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Noto
Le vie della citt sono intervallate da scenografiche piazze ed imponenti scalinate che raccordano terrazze e dislivelli. La unitaria ricostruzione produsse un tessuto urbano coerente e ricco di episodi architettonici. Venne utilizzata la tenera pietra locale, di colore tra il dorato e il rosato, riccamente intagliata. La ricostruzione avvenne unitariamente sotto la guida del duca di Camastra, che rappresentava a Noto il vicer spagnolo. A differenza di quanto accade di solito nelle costruzioni barocche delle province del Sud Italia, come soprattutto a Lecce e, in Sicilia, a Catania, gli architetti che lavorano a Noto non puntano tutto sui motivi ornamentali, i quali restano sempre ben controllati, senza squilibri rispetto alle architetture nelle quali sono inseriti[16]. Inoltre, gli architetti attivi a Noto, Rosario Gagliardi, Vincenzo Sinatra e Paolo Labisi, si impegnarono anche nella realizzazione di architetture elaborate, con l'impiego di facciate concave (come nella chiesa del Carmine o in quella di San Carlo Rosario Gagliardi, Chiesa di San Domenico, Noto Borromeo al Corso), convesse (come la chiesa di San Domenico) o addirittura curvilinee, come nella torre campanaria del seminario. Il barocco di Noto pervade l'intera citt: gli elementi barocchi non sono isolati all'interno di un contesto urbano caratterizzato da diversi stili, ma sono collegati tra di loro in modo da realizzare quella che stata definita la "perfetta citt barocca"[17]. A tal proposito Ugo Ojetti sostenne:Noto ai primi del Settecento una delle nostre citt sorte d'un colpo, pel fatto sembra d'una volont sola, immagine precisa del gusto d'un'epoca. A visitarla, palazzi, chiese, conventi, teatro pare un monumento unico, tutto costruito nello stesso tufo giallo, nello stesso barocco, come dice bene il Fichera, fiammeggiante, con una grandiosit senza pause e una regalit senza avarizia[18]. Dell'impegno degli architetti netini per la creazione di grandi scenografie, in un'ottica barocca pienamente consapevole e non provinciale, si accorse pure un maestro dell'immagine come Michelangelo Antonioni, il quale in una scena de L'Avventura, girata a Noto, fa dire al protagonista, interpretato da Gabriele Ferzetti, intento ad ammirare la citt dalla terrazza del campanile della chiesa di San Carlo al Corso:Ma guarda che fantasia, che movimento. Si preoccupavano degli effeti scenografici. Che libert straordinaria!

Ragusa
Ragusa fu gravemente danneggiata nel 1693. L'abitato diviso in due parti: Ragusa Ibla, ricostruzione della citt vecchia sul suo colle, e Ragusa Superiore che invece fu edificata ex novo dopo il terremoto su un altopiano adiacente. Successivamente Ragusa Superiore si espanse su un ulteriore altopiano, separato dal primo dalla vallata S. Domenica e ad esso collegato tramite tre ponti costruiti in epoche diverse. Ragusa Ibla, la citt inferiore, vanta un insieme impressionante di manufatti Barocchi, che includono la chiesa di San Giorgio di Rosario Gagliardi, progettata nel 1738 (figura 12). Nel progetto di questa chiesa Gagliardi sfrutta la difficile topografia del sito collinare. La chiesa torreggia in modo impressionante su una imponente scalinata di circa 250 gradini, una caratteristica Barocca frequentemente adottata in Sicilia a causa della morfologia dell'isola. La torre sembra esplodere dalla facciata, accentuata da colonne e pilastri rastremati contro le pareti curve. Al di sopra delle

Barocco siciliano aperture di porte e finestre, timpani si svolgono e curvano con un senso di libert e di movimento che sarebbe stato impensabile ai precedenti architetti ispirati al Bernini e al Borromini. La cupola neoclassica non fu aggiunta prima del 1820. In un vicolo che connette Ragusa Ibla con Ragusa Superiore si trova la Chiesa di Santa Maria delle Scale. Questa chiesa interessante, nonostante gravemente danneggiata nel terremoto. Solo met della chiesa fu ricostruita nello stile Barocco, mentre la met sopravvissuta fu mantenuta nell'originale veste Normanna (con elementi Gotici), a dimostrazione di un tassello dell'evoluzione del Barocco Siciliano, a contrasto con il Barocco di altre parti d'Europa, definito dalla classica Roma. Palazzo Zacco uno dei pi notevoli edifici Barocchi della citt, dotato di colonne Corinzie che sostengono balconate di elaborato ferro battuto, mentre sostengono maschere grottesche volte a burlarsi, colpire o divertire i passanti. Il palazzo fu costruito nella seconda met del XVIII secolo dal Barone Melfi di Sant'Antonio. Fu in seguito acquistato dalla famiglia Zacco, da cui il nome. L'edificio ha due facciate sulla strada, ciascuna con sei ampie balconate che portano lo stemma della famiglia Melfi, una cornice di foglie d'acanto contro cui si appoggia un puttino. I balconi, una caratteristica del palazzo, sono notevoli per le mensole aggettanti che li sostengono, che vanno da putti a musicisti a maschere figura 13: La Chiesa di San Giorgio di Rosario Gagliardi, Ragusa. grottesche. Il punto focale della principale facciata sono i tre balconi centrali divisi da colonne con capitelli corinzi. Qui i balconi sono sorretti da immagini di musicisti con facce grottesche. La Cattedrale di San Giovanni Battista a Ragusa Superiore fu costruita tra il 1718 e il 1778. La sua facciata principale puro Barocco, contenente fini sculture e bassorilievi. La Cattedrale ha un elevato campanile siciliano nello stesso stile. L'adorno interno Barocco diviso in tre navate colonnate (figura sopra). Ragusa Superiore, la parte pi danneggiata della citt, fu ripianificata intorno alla Cattedrale, in seguito al 1693; il disegno dei palazzi qui tipico di questa citt: essi sono lunghi e di solo due piani, con una soglia centrale solo appena sottolineata da un balcone e da un arco che conduce al giardino interno. Questo stile molto Portoghese, probabilmente disegnato per minimizzare i danni in futuri terremoti, molto diverso da quello dei palazzi di Ragusa Ibla, che sono in vero stile Siciliano. Insolitamente il Barocco indugi qui fino al primo XIX secolo. L'ultimo palazzo costruito qui era in forma Barocca ma con colonne di ordine Dorico Romano e balconi neoclassici.

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Catania
La seconda citt della Sicilia, Catania, fu gravemente danneggiata e le strutture pi imponenti che rimasero in piedi furono il medievale Castello Ursino e tre navate della cattedrale. Il nuovo piano prevedeva infatti strade pi larghe[19] e l'inserimento di ampie piazze che consentissero eventuali aree antisismiche. Cos essa fu riprogettata e ricostruita. Il nuovo progetto separ la citt in due principali quartieri, uno nobile (il cui terreno era venduto pi caramente a 20 onze per tumulo) e uno popolano (a 13,10 onze per tumulo, dove si insinu il nascente Monastero dei Benedettini), distinti dalle figura 14: Duomo di Catania. La facciata principale di Giovanni Battista Vaccarini attuali vie Vittorio Emanuele II a sud e [20] datata 1736, mostra influenze architettoniche spagnole. Santa Maddalena a est . La ricostruzione fu supervisionata dal Vescovo di Catania ed unico architetto sopravvissuto della citt, Alonzo di Benedetto. Costui diresse una squadra di architetti chiamati da Messina, che presto aprirono i cantieri, concentrandosi prima su Piazza del Duomo. I tre palazzi collocati sono: il Palazzo Vescovile e il Seminario dei Chierici a sud, il Palazzo degli Elefanti a nord (che sostituisce l'antica Loggia medioevale) e ad ovest il Palazzo Pardo Sammartino. Gli architetti lavorarono in completa armonia ed impossibile distinguere il lavoro di Alonzo da quello dei suoi assistenti. Il lavoro valido ma elementare, con bugnati decorati nello stile siciliano del XVII secolo, ma spesso la decorazione dei piani nobili superficiale. Questo tipico del Barocco di questo periodo immediatamente seguente al terremoto. Tuttavia non manca un tentativo del Di Benedetto ad associarsi agli stili pi attuali in Europa, cos si spiega il Neoclassico che si respira nel Convento dei PP. Gesuiti (dov'egli capomastro tra il 1701 e il 1720)[21]. Nel 1730 Vaccarini arriv a Catania come architetto della citt e immediatamente impresse sui nuovi lavori lo stile Barocco Romano. I pilastri perdono i loro bugnati e sostengono cornicioni del tipo romano e timpani, e trabeazioni o timpani curvilinei, e colonne a tutto tondo a sostegno di balconi. Vaccarini sfrutt anche la locale pietra lavica come elemento decorativo piuttosto che come un generico elemento costruttivo, utilizzandola in alternanza ritmica con altri materiali, e spettacolarmente per il suo obelisco posto sul dorso dell'Elefante, simbolo di Catania, per una fontana nello stile di Berini di fronte al nuovo Palazzo di Citt. La facciata principale di Vaccarini per la Cattedrale di Catania, dedicata a Sant'Agata, mostra forti influenze spagnole anche a questo stadio tardo del Barocco Siciliano. In citt si trova anche la Chiesa della Collegiata di Stefano Ittar, costruita intorno al 1768 ed esempio di Barocco Siciliano colto nella sua massima semplicit stilistica.

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Caratteri del Barocco Siciliano


L'architettura Barocca generalmente uno stile architettonico drammatico, riccamente adorno di sculture ed altre decorazioni, caratterizzato da chiaroscuri e giochi di luce creati da masse e ombre. Il Barocco Siciliano esalta tali caratteristiche, diventando uno stile riconoscibile che si trova principalmente espresso in edifici sacri e palazzi nobiliari costruiti per la numerosa aristocrazia siciliana. Alla met del XVIII secolo, quando il Barocco Siciliano era ormai ben definito rispetto ai caratteri generali del Barocco del continente, gli edifici costruiti esibivano almeno alcune delle seguenti caratteristiche specifiche: 1. La presenza di mascheroni e putti, spesso a supporto di balconi o a decorazione delle varie parti orizzontali delle trabeazioni di un edificio; questi volti furiosi o ghignanti sono vestigia del Manierismo.(figure 2 e 9). 2. Le balconate, spesso sono accompagnate da complicate balaustre in ferro battuto (figura 2). Inferriate panciute si trovano anche a guardia di finestre. In generale la presenza di elementi in ferro battuto caratterizza, soprattutto nella Sicilia orientale dopo il sisma, l'architettura del XVIII secolo. 3. L'uso diffuso di scale esterne in ville e palazzi extraurbani che spesso erano erano progettati con un portale nella facciata principale, accessibile alle carrozze, che conduce ad un cortile interno, da dove doppie scale portano fino al piano nobile, costituendo l'ingresso principale alla casa, antistante le sale di ricevimento del primo piano, e le simmetriche fughe di gradini frequentemente cambiano direzione anche quattro volte. Anche le chiese, a causa della topografia del siti, spesso erano munite di scalinate scenografiche, ispirate a modelli romani. (figure 12 e 20). Un esempio particolare la scalinata antistante San Giorgio a Modica che procede per un dislivello di decine di metri con gradini molto ripidi fiancheggiati da giardini pensili. 4. Sia le chiese che i palazzi spesso esibiscono facciate dalla geometria complessa, concave o convesse. Tale caratteristica coinvolge a volte anche ville o palazzi che esibiscono scale esterne ricavate nei recessi creati dalle curve (figure 1 e 6). 5. Il campanile generalmente non era posizionato a fianco della chiesa in un'autonoma torre campanaria, ma posto in facciata, spesso al centro, a sovrastare il timpano, con una o pi campane, ciascuna chiaramente in vista sotto il proprio arco. In Figura 3: Campanile che corona la chiesa di San una chiesa con molte campane la facciata principale diviene Giuseppe attribuita a Rosario Gagliardi o a fr Alberto particolarmente alta, di forma piramidale e riccamente Maria di San Giovanni Battista a Ragusa Ibla. modellata, come la Chiesa della Collegiata a Catania. Si tratta di uno dei pi duraturi e caratteristici aspetti dell'architettura del Barocco Siciliano (figure 1 e 9).

Figura 2: Monastero di San Nicol l'Arena (Catania), oggi sede della Facolt di Lettere dell'Universit degli Studi di Catania, esempio tipico di Barocco Siciliano, con putti a supporto della balconata, balaustre ricurve in ferro battuto, bugnato decorato, e opere murarie bicrome con pietra lavica.

Barocco siciliano 6. Interni chiesastici con profusione di marmi intarsiati a pavimentazione e rivestimento delle pareti. 7. Le colonne, sono solitamente isolate e staccate dalla facciata, a supporto di architravi spezzati. Negli interni sono spesso dorate o decorate ma sostengono invece archi molto semplici 8. Il bugnato molto diffuso e spesso variamente decorato. Gi in Sebastiano Serlio troviamo il bugnato con conci decorati, ma alla fine del XVI secolo, gli architetti siciliani ornavano i blocchi addirittura con sculture di foglie, squame, perfino con dolci e soprattutto con conchiglie che diventarono il simbolo ornamentale prevalenti dello stile barocco siciliano. A volte il bugnato veniva usato per pilastri anzich pareti, lasciate lisce, con effetti decorativi e chiaroscurali. (figura 2).

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figura 4: Primo Barocco Siciliano. La Cattedrale di San Giovanni Battista, Ragusa, 16941735.

9. Molti edifici del Barocco Siciliano, specialmente a Catania e nella Sicilia orientale, sono costruiti con la pietra lavica locale, essendo questa la pi facile da reperire. Le sue sfumature di nero e grigio erano spesso usate per creare effetti decorativi cromatici a contrasto(figure 2 e 14).. 10. Persistenza di elementi costruttivi e decorativi dell'architettura del periodo normanno. 11. L'influenza architettonica della Spagna (che allora dominava la Sicilia) spesso riconoscibile, in modo particolarmente evidente nella Sicilia orientale. La monumentale Porta Grazia di Messina (1680) starebbe a suo agio in qualsiasi cittadella costruita dagli spagnoli altrove, nelle loro colonie. Lo stile di questa porta cittadina ad arco fu diffusamente copiata per tutta Catania subito dopo il terremoto. In ogni caso il Barocco Siciliano non pu essere definito semplicemente in base alla presenza di uno o pi di questi caratteri, poich nessuna caratteristica esattamente specifica della sola architettura siciliana. Per apprezzare il Barocco Siciliano occorre identificare uno o pi di queste caratteristiche, poi valutare la composizione nel suo complesso e allora se l'edificio posteriore alla fine del secondo decennio del XVIII secolo determinare se l'architettura possiede una fluidit nelle proprie curve, nelle proprie volute e nelle decorazioni che ne producono l'indefinibile sensazione tipica di "joie de vivre".

Interni
Gli esterni delle chiese siciliane erano stati decorati in stili elaborati dal primo quarto del XVII secolo, con profusione di sculture, stucchi, affreschi e marmi (figura 15). Man mano che le chiese del dopo-terremoto venivano completate negli tra il 1720 e il 1730, gli interni cominciarono a riflettere di pari passo le decorazioni esterne, diventando pi lievi e meno intensi (confrontare figura 15 all'interno posteriore mostrato in figura 15), con profusione di ornamenti scultorei degli elementi portanti, cornicioni e frontoni, spesso nella forma di putti, elementi floreali e faunistici. Marmi intarsiati su pareti e pavimentazioni con motivi figura 15: La chiesa del Ges, Palermo (15641633), complessi sono una delle pi definite caratteristiche dello stile. con abbondante utilizzo di marmo policromo su Questi motivi con tondi di porfido sono spesso derivati da disegni pavimentazione e a rivestimento delle pareti. riscontrabili nelle cattedrali Normanne d'Europa, mostrando ancora le origini normanne della architettura siciliana. L'altare maggiore solitamente il pice de resistance, il pezzo forte. Consiste in molti esempi di un monoblocco di marmo policromo, decorato con volute dorate e ghirlande, e

Barocco siciliano frequentemente incastonato con altre pietre come lapislazzuli e agata. I gradini che conducono alla pedana dell'altare sono caratteristicamente curvi tra concavi e convessi e in molti casi decorati con marmi policromi intarsiati. Uno degli esempi pi belli Santa Zita a Palermo. La costruzione delle chiese della Sicilia sarebbe stata tipicamente finanziata non solo dai singoli ordini religiosi, ma da una famiglia aristocratica. Contrariamente ad una diffusa convinzione, la maggioranza della nobilt siciliana non scelse di avere le proprie spoglie mortali esibite in eterno nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, ma furono abbastanza convenzionalmente tumulate sotto le loro cappelle di famiglia. stato detto, per, che "il funerale di un aristocratico siciliano era uno dei grandi momenti della sua vita". I funerali divennero impressionanti esibizioni di fasto. Le lapidi che coprivano le tombe oggi forniscono un barometro accurato dello sviluppo del Barocco e delle tecniche di intarsio anno per anno. Per esempio quelle della prima met del XVII secolo sono di semplice marmo bianco decorato con i simboli araldici e riportanti nome, data e cos via. Dal 1650 circa piccole quantit di intarsio in marmo colorato iniziarono ad apparire, formando motivi. Il fenomeno si pu seguire nella sua crescita finch, alla fine del secolo, lo stemma e la calligrafia sono costituiti interamente da intarsi in marmo colorato, incorniciati da bordi a motivi decorativi. Ben dopo che il Barocco iniziasse a cadere in disgrazia negli anni '80 del 1700, la decorazione barocca era ancora considerata pi adeguata al rituale Cattolico del nuovo neoclassicismo di basi pagane. La Chiesa di San Benedetto a Catania (figure 16 e 17) un bell'esempio di interni in stile Barocco Siciliano, decorata tra il 1726 e il 1762, il periodo in cui il Barocco Siciliano era al vertice del suo fascino ed unicit. I soffitti furono affrescati da Giovanni Tuccari. La parte pi spettacolare della decorazione della chiesa il coro delle monache (figura 17), datato intorno al 1750, che fu progettato in tal modo che le voci delle sorelle potessero essere udite durante le funzioni religiose ma che le suore stesse fossero comunque ben separate e nascoste dal mondo meno spirituale di fuori. Con poche notevoli eccezioni, gli interni dei palazzi si mostrarono subito meno elaborati di quelli delle chiese Barocche di Sicilia. Molti furono costruiti privi di decorazioni Barocche elaborate per gli interni, semplicemente perch ci voleva cos tanto tempo a costruirle; quando queste furono completate il Barocco era passato di moda, e le stanze di rappresentanza furono decorate nel nuovo figura 16: Chiesa di San Benedetto, Catania, con affreschi di Giovanni Tuccari. stile neoclassico noto come "Pompeiano". Spesso si pu trovare una fusione dei due stili, come nell'ala della sala da ballo del Palazzo Aiutamicristo a Palermo, costruito da Andrea Giganti, dove il soffitto della sala da ballo fu affrescato da Giuseppe Cristadoro con scene allegoriche incorniciate da motifi dorati in gesso; il soffitto era gi fuori moda quando fu terminato, e il resto della stanza fu decorato in modo ben pi semplice. I cambiamenti negli usi degli ultimi 250 anni hanno semplificato le decorazioni dei palazzi ulteriormente, e oggi i pianterreni sono di solito negozi, banche o ristoranti e i piani superiori sono divisi in appartamenti, mentre gli interni originari sono andati perduti per sempre.

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Una terza ragione per l'assenza di decorazione Barocca, e anche la pi comune, che molte stanze non furono mai destinate ad essere decorate. Molti dei palazzi erano enormi, ed intesi per la vita quotidiana di un grande numero di persone. La casa dell'aristocratico siciliano, a partire da lui stesso, sua moglie e molti figli, conteneva tipicamente anche un insieme di parenti pi poveri e membri della famiglia estesa, tutti dotati di appartamenti minori nella casa. Poi venivano i dipendenti, spesso incluso un cappellano o confessore privato, maggiordomo, governante, segretario, archivista, contabile, bibliotecario e innumerevoli servi inferiori, pi un portiere che suonava una campanella un numero prestabilito di volte proporzionato al rango dell'ospite in arrivo. Spesso le famiglie estese dei servi, specialmente se anziani, vivevano nel palazzo anch'esse. Le molte stanze erano necessarie per alloggiare una simile unit familiare. Questi alloggi quotidiani, anche per il "Maestro e Maestra di Casa" stessi, erano spesso decorati e ammobiliati con semplicit. figura 17: coro delle monache della Chiesa di San Ulteriori stanze erano richieste in base alla tradizione siciliana che Benedetto, Catania. era un segno di origini plebee il consentire anche a mere conoscenze di sostare nelle locande del posto. Qualunque straniero in visita, specialmente un Inglese, era ritenuto uno speciale trofeo e aumentava il prestigio sociale. Di conseguenza la casa dell'aristocratico siciliano era raramente vuota o tranquilla. Le stanze pi belle pi decorate erano quelle del piano nobile, riservato a ospiti e all'intrattenimento. Dotato di accesso formale dalla doppia scala Barocca esterna, questo era un appartamento costituito da grandi e piccoli saloni, con un salone molto ampio a fare spesso da sala da ballo, ed inteso come sala principale della casa. A volte le camere da letto degli ospiti erano collocate qui, ma verso la fine del XVIII secolo essi erano sempre pi spesso situate sul piano secondario al di sopra. Se decorate durante l'era Barocca, le stanze erano adornate con profusione. Le pareti erano frequentemente rivestite da specchi, incastonati in cornici dorate nelle pareti, a volte alternate a dipinti, ritratti di famiglia e supportati da ninfe e pastorelle similmente incorniciate. I soffitti erano alti ed affrescati e dal tetto pendevano enormi lampadari di Murano, mentre altra luce proveniva da candelieri a parete che fiancheggiavano gli specchi. Una delle stanze pi notevoli in questo stile la Galleria degli Specchi di Palazzo Gangi a Palermo, scelto dal regista Luchino Visconti per il film "Il Gattopardo". Questa famosa stanza con il suo soffitto affrescato da Gaspare Fumagalli in ogni caso una delle poche stanze Barocche in questo palazzo Barocco, che fu dal 1750 esteso e trasformato dal suo proprietario Marianna Valguarnera, prevalentemente nel pi tardo stile neoclassico. Il mobilio durante l'era Barocca era in linea con lo stile: adorna, dorata e frequentemente con tavoli dal piano superiore in marmo. Il mobilio era transitorio all'interno della casa, speso spostato da una stanza all'altra in base alle esigenze del momento, lasciando altre stanze vuote. A volte i mobili erano commissionati specificamente per una stanza, per esempio per abbinarsi ad un pannello in seta della parete con cornice dorata. I mobili erano sempre disposti contro le pareti, mai come nel successivo stile informale al centro della stanza, che nel Barocco era sempre lasciato vuoto, per meglio esibire il rivestimento a motivi decorativi del pavimento in marmo, o pi spesso in ceramica. Comune sia al design degli interni sia di chiese che di palazzi era il lavoro a stucco. Questo un componente importante del design e della filosofia Barocca, in quanto combina senza soluzione di continuit architettura, scultura e pittura in tre dimensioni. La sua combinazione in soffitti e pareti a trompe l'oeil nella pittura illusionistica Barocca confonde arte e realt. Mentre nelle chiese lo stucco poteva rappresentare angeli e putti collegati da ghirlande di fiori, in una casa privata poteva rappresentare il cibo o gli strumenti musicali preferiti dei proprietari.

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L'ultimo periodo
Come del resto per tutti gli stili architettonici a lungo andare la gente si stanc del Barocco. In alcune parti d'Europa esso si tramut nel rococo, ma non in Sicilia. Non pi controllata dall'Austria, la Sicilia (dal 1735 ufficialmente denominata Regno di Sicilia) era goveranta dal Re di Napoli, Ferdinando IV. A seguito di ci Palermo fu in assiduo contatto con la capitale maggiore, Napoli, dove aveva luogo una crescente conversione ai pi classici stili architettonici. In combinazione con ci, molti dei nobili siciliani pi acculturati svilupparono la moda di una infatuazione per le cose francesi, dalla filosofia alle arti, moda e architettura. Molti di loro visitarono Parigi rincorrendo tali interessi e tornarono con le ultime stampe architettoniche e gli ultimi trattati teoretici. L'architetto francese Lon Dufourny fu in Sicilia tra il 1787 e il 1794 per studiare e analizzare gli antichi templi Greci sull'isola. Cos i siciliani riscoprirono il loro antico passato, che con i suoi idiomi classici era adesso al vertice della moda. Il cambiamento dei gusti non avvenne da un giorno all'altro. figura 18: Palazzo Beneventano Del Bosco, Siracusa, Il Barocco rimase popolare sull'isola, ma ora i balconi siciliani, progettato da Luciano Al nel periodo 17791788 nel stravaganti come non mai, sarebbero stati rimpiazzati da severe contenuto stile tardo del Barocco Siciliano. I balconi in ferro battuto e le curve ardite, comunque, mantengono colonne classiche. Dufourny inizi a progettare a Palermo, e il suo a debita distanza il neoclassicismo. "Tempio dell'Ingresso" (1798) del Giardino Botanico fu il primo edificio in Sicilia in uno stile basato sull'ordine Dorico Greco. Si tratta di architettura neoclassica pura, come definita in Inghilterra dal 1760, ed era un segno delle novit da venire. Era il grande amico e collega architetto di Dufourny Giuseppe Marvuglia che doveva presiedere al graduale declino del Barocco Siciliano. Nel 1784 progett il Palazzo Riso-Belmonte a Palermo, il pi bell'esempio di questo periodo di transizione architettonica, che combinava sia motivi Barocchi che Palladiani, costruito attorno ad un cortile porticato che creava le masse Barocche di luce e ombra, o chiaroscuro. La facciata principale, ospitante enormi pilastri, aveva anche elementi barocchi, ma il profilo era lineare. I pilastri erano privi di decorazione, semplici, d'ordine ionico e sorreggevano una trabeazione disadorna. Al di sopra delle finestre si trovavano lineari frontoni classici. Il Barocco Siciliano stava declinando. Un'altra ragione per il graduale declino dello sviluppo del Barocco Siciliano e delle costruzioni in genere fu che il denaro stava terminando. Durante il XVII secolo l'aristocrazia viveva principalmente delle propriet terriere, curandole e migliorandole, e come risultato il loro reddito era prevalentemente speso l. Durante il XVIII secolo la nobilt migr gradualmente verso le citt, in particolare Palermo, per godere dei piaceri sociali della corte del Vicer e Catania. I loro palazzi di citt crebbero in dimensioni e splendore, a tutta spesa delle propriet abbandonate, alle quali si chiedeva ugualmente di fornire introiti. Gli intendenti lasciati a governare le propriet nel tempo divennero sempre meno efficienti, o corrotti, spesso entrambi. Come conseguenza i ricavi dell'aristocrazia precipitarono. L'aristocrazia ricorse al credito utilizzando le propriet come garanzie ipotecarie, finch il valore delle propriet abbandonate scese al di sotto dell'importo dei prestiti che garantivano. In pi la Sicilia diventava ormai politicamente instabile quanto l'aristocrazia lo era economicamente. Controllata da Napoli dal fiacco Ferdinando VI e dalla sua moglie esuberante, la Sicilia aveva intrapreso la via del declino ben prima che le battaglie contro la Francia napoleonica nel 1798 e 1806 costringessero due volte il Re a fuggire da Napoli alla Sicilia. I francesi furono tenuti alla larga dalla Sicilia solo in forza di una spedizione di 17.000 soldati britannici, e in effetti la Sicilia era ormai controllata de facto dal Regno Unito. A quel punto il Re Ferdinando impose le prime nuove tasse, alienandosi di

Barocco siciliano colpo tutta l'aristocrazia. La tassa fu revocata nel 1812 dai britannici, che a quel punto imposero una forma di governo di stampo britannico sull'isola. Una innovazione legale di particolare gravit per l'aristocrazia fu che i creditori, che in precedenza potevano solo pretendere un pagamento di interessi su un prestito, adesso potevano requisire la propriet a garanzia. La propriet cominci a passare di mano e ad essere suddivisa alle aste, e di conseguenza la borghesia possidente inizi a fiorire. Rivolte contro i Borboni nel 1821 e nel 1848 divisero la nobilt, e facevano presagire le fortune del liberalismo. Questi fattori, abbinati all'agitazione sociale e politica del seguente Risorgimento nel XIX secolo, significarono la condanna dell'aristocrazia siciliana. Inoltre per aver trascurato e abbandonato i principi del "noblesse oblige", un elemento essenziale del sistema feudale, la campagna fin presto in mano a briganti e banditi, e le ville di campagna un tempo sontuose decaddero. La mania di edificare della classe dominante terminava definitivamente. Comunque l'influenza britannica in Sicilia era destinata a fornire al Barocco Siciliano un'ultima vampata di vitalit. Giuseppe Marvuglia, riconoscendo che la nuova moda britannica prendeva sempre pi piede, svilupp lo stile che aveva prima cautamente adottato a Palazzo Riso-Belmonte nel 1784, combinando alcuni dei pi lineari e solidi elementi del Barocco con motivi palladiani piuttosto che con progetti palladiani organici. Il tardo Barocco Siciliano somigliava al Barocco popolare nel Regno Unito all'inizio del XVII secolo, reso popolare da Sir John Vanbrugh con un edificio come Blenheim Palace. Un esempio di ci la figura 19: Palazzo Ducezio, Noto, di Vincenzo Sinatra, Barocca al palermitana Chiesa di San Francesco di Sales del pianterreno, neoclassica sopra. Marvuglia, quasi Inglese nella sua interpretazione del Barocco. Comunque, questo fu un ultimo bagliore e il Neoclassico presto predomin del tutto. Pochi aristocratici potevano permettersi di costruire, e il nuovo stile era principalmente utilizzato in edifici pubblici e civili come l'Orto Botanico di Palermo. Gli architetti siciliani, compreso Andrea Giganti, un tempo un architetto Barocco capace, cominciarono a progettare nello stile Neoclassico, ma la versione alla moda adottata dalla Francia. La Villa Galletti di Giganti a Bagheria chiaramente ispirata al lavoro di Ange-Jacques Gabriel. Come per i primi giorni del Barocco Siciliano, i primi edifici della nuova era neoclassica furono spesso copie o ibridi dei due stili. Palazzo Ducezio a Noto (figura 19) fu iniziato nel 1746, e il pianterreno con portici che creano un gioco di luce e ombra puro Barocco. Comunque, quando pochi anni dopo il piano superiore fu aggiunto, l'influenza francese neoclassica si fece pronunciata, sottolineata dall'arcata centrale. Cos il Barocco Siciliano veniva gradualmente e lentamente soppiantato dal neoclassicismo francese.

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Eredit
La maggioranza dei palazzi barocchi fu di propriet privata fino a tutto il XIX secolo, perch la vecchia aristocrazia perveniva tramite l'istituzione del matrimonio ai fondi della borghesia o si indebitava fino alla liquidazione. Ci furono poche famiglie a fare eccezione, le quali conservano tuttora i palazzi aviti. Grazie alla continua devozione religiosa della popolazione siciliana molte delle chiese del Barocco Siciliano sono ancora oggi destinate all'antica funzione per la quale furono progettate. In ogni caso la colpa della decadenza e dello stato rovinoso di preservazione di cos tanti palazzi non pu ricadere solo su proprietari riottosi ad accettare il cambiamento, ma anche all'agenda politica dei successivi governi. Alcune delle pi belle ville e palazzi, incluso il palazzo palermitano del Principe di Lampedusa, sono tuttora in rovine sin dai bombardamenti statunitensi del 1943. Spesso nessun tentativo stato fatto per ripristinarli o metterli in salvo. Quelli che sopravvissero ai raid aerei in buono stato sono spesso suddivisi in uffici o appartamenti, e gli interni sono stati smantellati, divisi, venduti.

figura 20: La chiesa delle Anime Sante del Purgatorio a Ragusa, costruita nella seconda met del XVIII secolo

I membri rimanenti dell'aristocrazia siciliana che tuttora abitano i palazzi di famiglia si sono trattenuti da lusinghe turistiche come riempire i propri giardini con animali esotici. I restanti Principi, Marchesi e Conti di Sicilia hanno preferito vivere in un dorato isolamento, circondati spesso da un misto di bellezza e decadenza. Questo non per disprezzo delle masse o indifferenza al loro retroterra, ma pi per una forma di barricamento: per anni assoggettati a tasse dotate di connotazioni punitive, solo oggi che loro, con la loro condizione, si stanno svegliando alla possibilit che, se non agiscono in fretta, potrebbe essere troppo tardi per questa parte dell'eredit culturale siciliana. Man mano che la Sicilia diventa politicamente pi stabile e sicura e la corruzione allenta la presa, i palazzi Barocchi stanno lentamente aprendo le loro porte ad un entusiasta pubblico pagante, nonch ad un pubblico Americano e Britannico piuttosto che Italiano. Pochi anni fa la sala da ballo di Palazzo Gangi era l'unica ad avere ospitato un set cinematografico, ma oggi salons e sale da ballo a lungo dimenticate tornano ad ospitare eventi pubblici ed aziendali. Alcuni palazzi offrono servizio di Bed and breakfast ad ospiti paganti, tornando ad offrire cos ospitalit ai visitatori dell'isola, uno scopo al quale furono rivolti sin dall'origine.

Note
[1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] A. Blunt, Barocco siciliano, Roma, 1968 G. Gangi, Il Barocco della Sicilia orientale, Roma, 1964, pag.10-14 S. Boscarino, Sicilia Barocca. Architettura e citt 1610-1760, Roma, 1981, pag.13-14 S. Boscarino, op. cit., 1981, pag.168-169. S. Boscarino, op. cit., 1981, pag.93-94 Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, Donzelli Editore, 2002 Fino a qualche decennio fa alcuni autori ipotizzavano che fosse stata costruita ed anch'essa distrutta. Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, 2002 Francesco Paolo Campione. La cultura estetica in Sicilia nel Settecento in Annali del Dipartimento di Filosofia Storia e Critica dei Saperi. Palermo, 02/06/2005, ISSN: 1824-6966 (http:/ / worldcat. org/ issn/ 1824-6966). [10] AA.VV., Sicilia barocca: architettura e citt, 1610-1760, 1997 [11] Nikolaus Pevsner, John Fleming, Hugh Honour, Dizionario di architettura, voce Vermexio, Giovanni, Einaudi, 1981,ISBN 8806519611 [12] http:/ / whc. unesco. org/ en/ list/ 1024 [13] http:/ / whc. unesco. org/ fr/ list/ 1024

Barocco siciliano
[14] L. Dufour, H. Raymond, Dalla citt ideale alla citt reale, 1993 [15] John J. Ide, Noto - the Perfect Baroque City (1958) [16] Stephen Tobriner, La genesi di Noto (1989), p. 55 e ss. [17] John J. Ide, Noto - the Perfect Baroque City (1958), p. 15. [18] AA. VV., Noto (1992), p. 3. [19] Si andava dalle altre di 4 o 6 canne (una canna siciliana equivale a 2,064 metri) alle strade maestre di 8 canne; cfr. G. Dato-G. Pagnano, L'architettura dei Gesuiti a Catania, Corsico (MI) 1991, p. 25. [20] G. Dato, La citt di Catania. Forma e struttura 1693 - 1833, Roma 1983. [21] G. Dato-G. Pagnano op. cit., pp. 32 passim

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Bibliografia
AA.VV., Noto, Noto, Associazione culturale "Alcide De Gasperi", 1992. A. Blunt, Sicilian baroque. Weidenfeld and Nicolson, 1968. S. Boscarino, Sicilia Barocca. Architettura e citt 1610-1760. MR Nobile, Roma, 1981. M. Giuffr, H. Neil, La Sicilia nella storia dell'architettura italiana: il Settecento. Electa, Milano, 2000. J. J. Ide, Noto - the Perfect Baroque City, Journal of the Royal Institute of British Architects, no. 66, 1958. S. Tobriner, La genesi di Noto, Bari, Edizioni Dedalo, 1989.

Artisti
Architetti
Giulio Lasso (1565?-1617) Guarino Guarini (1624-1683) Angelo Italia (16281701) Paolo Amato (1634-1714) Giacomo Amato (1643-1732) Andrea Palma (1644/64-1730) Tommaso Maria Napoli (1655-1725) Giuseppe Ferrara (1660-1743/46) Alonzo di Benedetto (1664?-1729?) Girolamo Palazzotto (1688-1754) Rosario Gagliardi (1698-1762) Francesco Battaglia (1701-1788) Giovanni Battista Vaccarini (1702-1768) Vincenzo Sinatra (1720?-1765?) Stefano Ittar (1724-1790) Giuseppe Venanzio Marvuglia (1729-1814) Andrea Giganti (1731-1787) Paolo Labisi (XVIII sec.)

Pittori
Pietro Novelli (1603-1647) Giacinto Platania (16121691) Giovanni Tuccari (1667-1743) Pietro Paolo Vasta (1697-1760) Olivio Sozzi (1690-1765) Vito D'Anna (1718-1769) Pietro D'Asaro (15791647) Pietro del P (1610-1692) Pietro Aquila (1630-1692)

Scultori
Umile da Petralia (1600 c.-1639) Innocenzo da Petralia (1591 c.-1648) Giacomo Serpotta (1656-1732) famiglia Li Volsi (XVII secolo) Procopio Serpotta (1679756) Gaspare Guercio

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Centro internazionale di studi sul Barocco (http://www.centrostudibarocco.it/) Migliaia di immagini sul Barocco Siciliano (http://www.sentieridelbarocco.it/)

Barocco leccese

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Barocco leccese
Il Barocco leccese una forma artistica e architettonica sviluppatasi tra la fine del XVI secolo e la prima met del XVIII secolo a Lecce e nel Salento; riconoscibile per le sue sgargianti decorazioni che caratterizzano i rivestimenti degli edifici. Lo stile, influenzato dal plateresco spagnolo, si diffuse nel Salento dalla met del Seicento grazie all'opera di architetti locali come Giuseppe Zimbalo (1617-1710) e Giuseppe Cino (1644-1722).

Avvento del Barocco a Lecce e caratteristiche


Durante il Seicento con la dominazione spagnola, che si afferm su quella aragonese, l'arte assunse nuove forme e si abbandon l'antica forma classica. Il nuovo stile aveva lo scopo di sorprendere e di stimolare l'immaginazione e la fantasia. La fioritura dell'arte barocca a Lecce avvenne a partire dal 1571, quando, con la battaglia di Lepanto, fu definitivamente allontanata la minaccia delle incursioni da parte dei turchi. Questa corrente artistica, esplose nelle sue caratteristiche pi rilevanti, tuttavia solo nella seconda met del XVII e perdur per buona parte del Settecento. Essa si diffuse in tutta la provincia favorita oltre che dal contesto storico, anche dalla qualit della pietra locale impiegata; la pietra leccese, un calcare tenero e compatto dai toni caldi e dorati adatto alla lavorazione con lo scalpellino. Lecce, che fino alla fine del Cinquecento costituiva solo una piccola citt fortificata raccolta attorno alla mole severa del Castello di Carlo V, conobbe pertanto un periodo di intenso sviluppo. Fu dalle autorit religiose, a cominciare dal vescovo Luigi Pappacoda, che giunse un impulso fortissimo alla costruzione degli edifici e dei monumenti che, nell'arco di quasi duecento anni, plasmarono l'immagine della citt. Il nuovo stile, in un primo momento, interess solo gli edifici sacri e nobili, ma successivamente le esuberanze barocche, i motivi floreali, le figure, gli animali mitologici, i fregi e gli stemmi trionfano anche nell'architettura privata, sulle facciate, sui balconi e sui portali degli edifici.
Lecce, Basilica di Santa Croce

Dettaglio del rosone della basilica di Santa Croce, Lecce

Facciata laterale del Duomo di Lecce

Barocco leccese

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Nel riadattare le chiese alle nuove liturgie post-tridentine, molti edifici di costruzione medievale furono "rinnovati", mediante abbellimenti con stucchi, marmi e decorazioni varie, che fecero assumere a queste laspetto di chiese barocche.

Gli architetti del Barocco leccese


Lecce insieme con il Salento fu arricchita di edifici e palazzi barocchi, grazie al talento di architetti locali come Giuseppe Zimbalo, Giuseppe Cino, Gabriele Riccardi, Francesco Antonio Zimbalo, Gustavo Zimbalo, Cesare Penna, Mauro Manieri ed Emanuele Manieri (Lecce, 1714 ivi, 1780).

Palazzo dei Celestini, Lecce

Esempi di barocco leccese


Nella citt di Lecce
Le opere pi importanti del Barocco leccese sono la basilica di Santa Croce (1548-1646) e il vicino Palazzo del Governo, del Seicento; la scenografica piazza del Duomo su cui si affacciano il Duomo (1659-1670) e il Seminario (1694-1709), nel cui cortile conservato un pozzo dalla ricca ornamentazione scultorea, opera di Giuseppe Cino e le chiese di Santa Irene, Santa Chiara, San Matteo, del Carmine e di San Giovanni Battista. Altri monumenti barocchi della citt sono la chiesa del Ges, la chiesa delle Alcantarine e Palazzo Marrese.

Negli altri centri


Concattedrale di Sant'Agata a Gallipoli Chiesa del Crocifisso a Galatone Ex Convento degli Agostiniani a Melpignano Guglia dell'Immacolata a Nard Basilica di San Martino a Martina Franca Chiesa di San Domenico a Martina Franca Altari delle cappelle della chiesa del convento di Maruggio Chiesa Madre di Francavilla Fontana Santuario di Maria Santissima della Croce a Francavilla Fontana

Voci correlate
Architettura barocca Lecce Premio Barocco

Barocco inglese

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Barocco inglese
Barocco inglese un termine che indica lo sviluppo dell'arte, architettura in particolare, in Inghilterra nel periodo di tempo che va dall'epoca di Carlo I sino al XVIII secolo. Pur assimilabile temporalmente all'epoca barocca nell'Europa continentale, il barocco inglese si distinse per numerosi aspetti, sviluppando un fenomeno artistico diverso e, nel suo genere, unico. L'architettura inglese dell'et barocca e tardo-barocca si pu distinguere in tre periodi: Il "palladianesimo" (XVIII secolo); Il "classicismo romano" (dal grande incendio di Londra); Il "neopalladianesimo".[1]

Il palladianesimo
Inigo Jones (1573-1652) introdusse l'architettura rinascimentale, ed in particolare quella palladiana, in Inghilterra. Figlio di un sarto cattolico di origine gallese, Inigo Jones inizi i suoi studi come pittore e divenne scenografo e costumista. Chiamato alla corte di Danimarca, lavor per re Cristiano IV fino al 1605, data in cui torn in patria. Prima di rientrare a Londra, ebbe tuttavia la possibilit di soggiornare per un periodo in Italia. In Inghilterra entr al Veduta della Queen's House, presso Greenwich servizio di re Giacomo I e venne nominato architetto di corte. A spingere Giacomo I ad affidargli l'incarico intervenne il fatto che Jones era stato in Italia una seconda volta, tra il 1613 e il 1614, accompagnato dal collezionista Thomas Howard, conte di Arundel. Durante il viaggio i due amici avevano visitato i centri artistici dell'Emilia e del Veneto per poi spostarsi a Firenze e a Roma. Durante il viaggio di ritorno Jones si era fermato a lungo nel vicentino, dove aveva avuto modo di studiare approfonditamente i lavori di Andrea Palladio. Tornato a Londra, il re gli affid l'incarico di costruire la Queen's House, presso Greenwich. La residenza, i cui lavori iniziarono nel 1616, venne costruita in un primo tempo per la regina Anna di Danimarca, ma in seguito alla morte di questa e di Giacomo I, il suo successore Carlo I volle donarla alla moglie Enrichetta Maria. I lavori terminarono nel 1635. Il palazzo, su modello delle ville di campagna italiane edificate nel rinascimento, in particolare la Villa medicea di Poggio a Caiano, rappresenta il nuovo orientamento dell'architettura inglese e il distacco dalle forme tardomedievali.[2]

Barocco inglese

200 Mentre proseguivano i lavori per la Queen's House, Jones ricevette il suo secondo incarico importante. Nel 1619 il re gli commission la costruzione del Palazzo dei Banchetti, nel centro di Londra. Per la realizzazione del Palazzo, che doveva essere adibito alle feste di corte, Jones si rifece ai progetti di Andrea Palladio e progett un edificio monumentale. Il palazzo faceva parte del complesso di edifici di Whitehall ed oggi l'unico rimasto integro. La sala delle feste della Banqueting House venne affrescata da Rubens, su ordine di Carlo I. Accanto alle commesse provate, Inigo Jones venne scelto anche per la realizzazione di opere pubbliche, come la piazza di Covent Garden.

Wilton House, opera di Isaac de Caus

Gli architetti emergenti dell'epoca erano tutti allievi di Inigio Jones, come Isaac de Caus (1590-1648), o suoi familiari, come John Webb (1611-1672). Isaac de Caus, di origini francesi, il realizzatore di Wilton House, la residenza di campagna dei conti di Pembroke, edificata in stile veneziano. L'abitazione comprende due grandi sale di rappresentanza dove si trovano alcuni dipinti realizzati all'epoca da van Dyck per il conte di Pembroke. La progettazione di Wilton House fino a qualche tempo fa era attribuita a Inigo Jones mentre oggi si piuttosto certi della paternit de Caus.[3] John Webb e Roger Pratt (1620-1684) sono invece noti per la progettazione di ville di campagna commissionate dalla nobilt dopo il ritorno della monarchia. Webb realizz il palazzo di re Carlo II presso il Greenwich Hospital, mentre Pratt la residenza di Clarendon House.

Il classicismo romano
La ricostruzione di Christopher Wren
Con lo scoppio della guerra civile e l'instaurazione del Commonwealth sotto la tutela di Oliver e Richard Cromwell, il fervore architettonico che aveva contraddistinto le et di Giacomo I e Carlo I sub una brusca interruzione. Nel clima post rivoluzionario, di impronta chiaramente puritana, lo stile architettonico di Inigo Jones non ebbe spazio: l'assenza di una committenza come quella rappresentata dal sovrano e dai nobili della sua corte interruppe la grande produzione architettonica.

Nel 1660 con il ritorno di Carlo II sul trono, ci fu un rinnovato risveglio delle arti. Con il sovrano sorsero nuove forme dell'arte pittorica, del teatro, della musica e anche dell'architettura, che in questi anni, ritenuti i veri anni del barocco inglese, ottenne i risultati pi elevati. Il principale esponente di questo secondo periodo, definito, classicismo romano, fu Christopher Wren (1632-1723).[4] Wren, proveniente da una famiglia realista di studiosi, studi presso la Westminster School e poi ad Oxford. Conclusi gli studi, gli venne affidata una cattedra di astronomia presso l'universit di Londra. Nel 1661 venne chiamato ad Oxford e gli fu affidata la realizzazione delle sue prime due opere architettoniche, il Sheldonian Theatre (1662-1663) e la cappella del Pembroke College (1663-1665). Finiti i lavori ad Oxford part per una viaggio sul continente; in particolare soggiorn nei Paesi Bassi e in Francia, dove studi e copi numerosi progetti di costruzione, tra cui quelli realizzati da Gian Lorenzo Bernini per il Louvre. Durante il soggiorno a Parigi incontr Franois Mansart, Louis Le Vau e Bernini. Tornato a Londra, la citt fu colpita da una violenta peste seguita da un incendio che distrusse quasi completamente la citt: le case distrutte furono 1300, le chiese 88, compresa la cattedrale.[5]

Disegno preparatorio per St. Paul's Cathedral realizzato da Christopher Wren

Barocco inglese

201 Carlo II chiese quindi a Wren di riprogettare la capitale: ma i progetti presentati furono ritenuti irrealizzabili. Nondimeno, il re gli affid la costruzione di 51 chiese e della cattedrale. St Paul's Cathedral fu progettata da Wren con una unione di stili diversi: la cupola richiama idealmente San Pietro a Roma (pur rifacendosi al tempietto di San Pietro in Montorio di Bramante nella struttura esterna), la facciata principale il Louvre a Parigi. Wren fu un grande realizzatore anche di torri, in cui un elementi gotici e borrominiani.[6]

Le altre grandi opere di Wren furono la biblioteca del Trinity College di Cambridge, il palazzo di Kensington e il Greenwich Hospital. Per la realizzazione di Kensington Palace, Wren si rifece originariamente ai progetti per la realizzazione del Louvre: il palazzo, che sorge su una precedente abitazione Tudor, si presenta oggi, all'interno e all'esterno, come una unione di elementi di chiara influenza francese, come le finestre, e di assoluta novit, come il contrasto dei colori, bianco e rosso. Il Royal Hospital Chelsea e il Greenwich Hospital, ospedali riservati a soldati e marinai, si presentano come monumentali edifici di chiara ispirazione barocca francese: modello infatti per entrambi fu l'Htel des Invalides, fatto costruire nel centro di Parigi dal re di Francia Luigi XIV.
La residenza reale di Kensington Palace, commissionata a Wren da Guglielmo III e da Maria II nel 1690

Il secondo periodo
Il secondo periodo classico del barocco vede come suoi rappresentanti principali due degli allievi di Wren, John Vanbrugh (1664-1726) e Nicholas Hawksmoor (1671-1736). Essi operarono essenzialmente sotto i regni di Guglielmo III d'Orange, Anna Stuart e Giorgio I Hannover. Vanburgh, di origini fiamminghe, crebbe in ambienti aristocratici e fu un sostenitore della politica del partito Whig, mentre Hawskmoor, di origini contadine, era uno stuccatore. Nel 1699 entrambi ricevettero l'incarico dal conte di Carlisle di progettare Castle Howard, monumentale casa di campagna nello Yorkshire. L'edificio comprende il palazzo, una Veduta di Blenheim Palace, realizzato da Vanbrugh e scuderia, una cappella e numerosi cortili. Il parco ricco di Hawksmoor tra il 1705 e il 1724 elementi architettonici definiti "storici", tra cui obelischi egizi e tempietti greci. Oltre a questi, Hawksmoor si dedic anche alla realizzazione di un grande mausoleo, che divenne la tomba della famiglia Howard. Il palazzo, di notevole innovazione, stup i contemporanei per la cupola a tamburo, di carattere romano e religioso.[7] L'altro grandioso progetto dei due architetti fu quello realizzato per Blenheim Palace. Il palazzo, regalo da parte della nazione al duca di Marlborough, vincitore dell'esercito di Luigi XIV durante la battaglia di Blenheim, sorge nell'Oxfordshire e si presenta come un'altra maestosa dimora di campagna. Come Castle Howard, anche Blenheim Palace un'unione di diversi stili architettonici, anche se in questo caso risulta marcata l'eredit inglese: sono presenti infatti elementi gi utilizzati da Inigo Jones per i palazzi londinesi, torri angolari che rimandano all'et elisabettiana e numerose decorazioni echeggianti il medioevo. I due architetti furono fiancheggiati da molti artisti di fama minore, che contribuirono alla ricostruzione della capitale e alla decorazione dei grande centri universitari come Oxford e Cambridge.

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Note
[1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] Rolf Toman, Il Barocco, p. 162. Toman, p. 163-164. Toman, p. 165. Toman, p. 166. Toman, p. 166. Toman, p. 167. Toman, p. 170-171.

Bibliografia
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Voci correlate
Arte barocca Architettura barocca

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Barocco russo
Il Barocco russo quello stile architettonico ispirato all'architettura barocco che si sviluppa nello Zarato russo prima e nell'Impero russo poi fra la fine del XVI secolo ed il XVIII e che pu essere suddiviso nelle seguenti correnti: Barocco moscovita, dal decennio 1680 fino al primo decennio del 1700, in un primo periodo assume la denominazione di Barocco Naryshkin, suddiviso Barocco Stroganov, una deviazione provinciale e conservatrice del barocco moscovita, i cui esempi maggiori sono alcune chiese di Ninij Novgorod, Chiesa della Nativit degli Stroganov ed altre architetture nel nord della Russia. Prende il nome da Grigorij Dmitrievi Stroganov, esponente della famiglia Stroganovy Barocco Golicin dal nome di Boris Alekseevi Golicin

Barocco russo Barocco petrino dal 1700 al 1720 stile a cui canoni si ispir l'edificazione di San Pietroburgo Barocco elisabettiano dal 1730 al 1760, una sintesi del barocco moscovita e petrino, il cui maggior esponente fu Francesco Bartolomeo Rastrelli Accanto a queste suddivisioni esistono delle varianti regionali. barocco sarmatskoe barocco siberiano barocco ucraino barocco vilnusiano

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Architettura barocca Architettura russa Impero russo
Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Kazan'

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Architettura barocca Source: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=49600166 Contributors: Antonio Caruso, Archenzo, Avemundi, Baku, Blasco Rossi, Crisarco, DoppioM, Elwood, Er Cicero, Etienne (Li), Eumolpo, Fpittui, Freddyballo, Ginosal, Hill, Il saggio notte, IlSistemone, Justinianus da Perugia, K.Weise, L736E, Luca.lombini, Luckyz, M7, MM, Mahmud, Marcok, Mark91, Melancholia, Murales87, Panapp, Paolo da Reggio, Peppo, Phantomas, Pinotto92, Rago, Sailko, Salvatore gioitta, Shivanarayana, Sogniebisogni, Taueres, Ticket 2010081310004741, Uomodis08, Ylak, Zandeg, 81 anonymous edits Chiesa del Ges Source: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=50003084 Contributors: Alpav, Andreabrugiony, Angelorenzi, Anthropos, Archenzo, Ary29, Avemundi, Calabash, Carlomorino, Cialz, Croberto68, Dario.fragassi, DonPaolo, Etienne (Li), Ffabbri71, Formica rufa, Fpittui, Framo, Franco56, Giacomo Augusto, Klauswiki, Lalupa, Lingtft, Llodi, MM, No2, Panairjdde, PauluSJ, Pufui Pc Pifpef I, RePennacchio, 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