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Antonio Quattranni Viaggio nella civilt contadina.

Il lavoro dei campi e la trebbiatura

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TERRITORIO E AGRICOLTURA NELLALTO LAZIO DALLANTICHITA ALLA SCOMPARSA DEL MONDO CONTADINO

Ovunque falciai e trebbiai nel grande Lazio tirreno, alle porte dellUrbe e al confine estremo, fra il Tevere e il Liri, in ogni pi fertile plaga.
G. DAnnunzio, Ditirambo, Alcyone, 1903

Un antico paesaggio agricolo tra pianura e collina La conformazione del paesaggio agricolo derivata dal secolare avvicendarsi di generazioni di lavoratori della terra che hanno interagito con la natura, talvolta assecondandone la vocazione, ma pi spesso cercando di migliorarne le caratteristiche, attraverso un continuo processo di relazione e conoscenza della realt ambientale in cui operavano. Si deve anche aggiungere che in varie circostanze i contadini, oltre ad esserne gli artefici, hanno anche contribuito a rispettare le forme storiche di conduzione dei terreni e delle coltivazioni. Se la natura ha dato un assetto al suolo, il lavoro delluomo lo ha trasformato in terreno produttivo: gli elementi della realt naturale, come la forma del terreno pianeggiante o impervio, i corsi
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dac ua o il clima, sono stati la base dellazione agricola che ha prodotto il !territorio" attraverso lesperienza millenaria del !mestiere" che il lavoro dellagricoltore. # dun ue da condividere laffermazione secondo la uale $il mosaico agricolo attuale conserva in s% un impianto antico& e uindi la campagna $ uno straordinario deposito di memoria materiale& '(nita, )*11+. ,l lavoro degli agricoltori per varie ragioni particolarmente legato alla realt dellambiente ed uindi fortemente $conservativo della memoria del territorio& 'Socco -., )**.+. ,l territorio dell,talia centrale che abbiamo delimitato come riferimento per la descrizione che segue, uello compreso tra il mar /irreno e il corso del /evere ed costituito allinterno dai rilievi che circondano i laghi di origine vulcanica. 0er molti secoli uesta regione si mantenuta sostanzialmente uniforme negli assetti fondiari anche se, come ovvio, si sono andate trasformando notevolmente le strutture sociali durante le varie epoche. 1uestarea ha avuto nel periodo etrusco la prima significativa impronta dellattivit agricola, bench% si abbiano significative testimonianze archeologiche relative allagricoltura anche di epoche precedenti. 1uesta zona, che oggi comprende lalto Lazio e le zone limitrofe dell2mbria e della /oscana, infatti denominata per lepoca antica !3truria meridionale", successivamente !/uscia" e !0atrimonium S. 0etri". ,l suo ampio territorio si caratterizzava nellantichit come una piana vasta e spaziosa 4 scrive 0linio il 5iovane 6 $cinta da montagne che hanno sulla sommit boschi antichi di alto fusto, la selvaggina vi abbondante e varia, ai loro piedi, da ogni lato, si estendono, allacciati tra loro in modo da coprire uno spazio lungo e largo7 al limite inferiore sorgono boschetti, le praterie cosparse di fiori producono trifoglio e altre erbe aromatiche tenere, essendo tutti uei terreni irrigati da sorgenti inesauribili. ,l fiume attraversa la campagna e siccome navigabile porta alla citt i prodotti dei terreni a monte, almeno in inverno e primavera, perch% in estate in magra. Si prova un piacere grandissimo a contemplare l8insieme del paesaggio oltre la montagna perch% ci9 che
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si vede non sembrer una campagna, ma un uadro di paesaggio di grande bellezza&. Lagricoltura etrusca ha posto dun ue le prime basi di un impianto del paesaggio agricolo che dallantichit per gran parte ancora oggi riconoscibile in uanto fu gi da allora caratterizzato dalla classica !triade mediterranea", ovvero le coltivazioni dei cereali insieme alla vite e allolivo sui declivi collinari. :on si pu9 disconoscere che gli 3truschi, per la loro attivit di bonifica e di conduzione dei campi, si caratterizzano come coloro che nell,talia centrale dove erano insediati hanno dato origine allagricoltura come poi in gran parte stata per le et successive fino ai tempi recenti. Si trova ampia conferma di ci9 nei vari reperti e manufatti, nonch% nella rete di vie di comunicazione che attraversavano vaste aree coltivate. /ra i reperti legati all8uso dei cereali abbiamo diverse macine a mano formate da due parti: una base e un macinello sfregato contro la base ruvida e dura, in genere trachite o basalto. ,ntorno al lago di ;olsena, ad esempio, nellarea di ;isenzio stato trovato in una sepoltura femminile un carrello bruciaprofumi in bronzo della seconda met dell8<,,, sec. a.-., '.=*6.)*+ con un particolare decoro fatto di piccole statuine che rappresentano varie scene tra cui laratura, di certo segno della rilevanza dell8attivit agricola per uelle popolazioni. (ltrettanto significativo il modellino in bronzo di un carro agricolo, databile all8inizio del ,, sec. a.-., rinvenuto in localit >elona, nei pressi di ;olsena, e conservato al >useo :azionale 3trusco di <iterbo. La coltivazione etrusca del suolo in uesta regione, fertile e ricca di ac ue, era condotta con abilit e si rifaceva, in particolare per la vite e lolivo, a uanto appreso dal mondo greco. La produzione agricola costituiva una risorsa fondamentale e, pur essendo l3truria meridionale ancora in gran parte paludosa nella parte costiera del territorio e caratterizzata da boschi nelle zone interne, nelle aree bonificate attraverso importanti opere di canalizzazione e reti di cunicoli, si coltivavano diversi tipi di cereali. , pi diffusi erano i campi di farro, farragine e spelta, che tolleravano anche
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terreni pi umidi, mente lorzo occupava le superfici di terreni pi asciutti. ,l farro era il cereale pi diffuso, probabilmente per la sua forte rusticit, grazie alla uale si adattava bene ad ogni tipo di suolo, da uelli pesanti dei rilievi interni a uelli pi sciolti e ac uitrinosi delle zone costiere. La considerevole produzione cerealicola ottenuta dell83truria documentata da numerosi autori di epoca romana i uali ricordano in pi passi limportanza delle derrate provenienti dalle regioni etrusche per lapprovvigionamento di ?oma. 5li 3truschi usavano il farro pestato dopo la bollitura per preparare il !puls", una sorta di polenta alla base delle loro alimentazione. 2savano molto il farro anche i ?omani, tanto che 0linio lo definisce !primus antiqui Latio cibus". Limportanza del farro per gli antichi ricordata anche da @vidio nei Fasti ',,, A1B6A)*+: seminavano e mietevano e il primo farro raccolto era usato per fare lofferta rituale a -erere. /ra i numerosi siti legati al culto di Cemetra, e uivalente della divinit etrusca Vei, dea greca del grano e dellagricoltura, si pu9 ricordare il tempio di Cemetra rinvenuto nel territorio di <etralla, vicino <iterbo. :ellarea sacra del santuario rupestre stata recuperata una statuina 'fine ,,, sec. a.-. 4 inizio ,, sec. a.-.+ in terracotta di circa A* cm di altezza che rappresenta la dea in trono. L8etrusca Vei era una divinit autoctona adorata anche in tante localit dell83truria >eridionale, come 5ravisca, odierna /ar uinia, ed era ovviamente legata alla religiosit del mondo rurale e ai riti propiziatori per la coltivazione e il raccolto dei vari cereali indispensabili allalimentazione di uomini e animali domestici. 0er lungo tempo il farro, di cui alla met di febbraio si procedeva anche alla torrefazione 'fornacalia+, fu il protagonista dellalimentazione e va notato che la parola !farina", che indica il prodotto della macinatura dei cereali, ha la stessa radice in !far". Calla molitura dei cereali si ricavavano la !pollen", raffinata farina di ualsiasi tipo di cereale, e il ! cibarium", prodotto pi rustico in uanto vi era unita la crusca. /estimonianza importante della molitura dei cerali per ottenere farine da
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impastare ci viene da <arrone, il uale afferma che proprio a <olsinii sono state !inventate" le macine girevoli 'moles versatiles+, che erano particolarmente efficaci per macinare i cereali, in primo luogo il grano. Calle pagine della Naturalis Historia di 0linio il <ecchio, apprendiamo che la cerealicoltura era incentrata prevalentemente sul frumento tenero 'chiamato !siligo" 6 triticum aestivum+ che era usato principalmente per la rozza panificazione dellepoca. ,l termine !siligo" in uestepoca non deve essere infatti inteso come !segale", che dall3uropa del nord si diffusa solo nellalto >edioevo. La segale invece denominata !secala o !secale, mentre siligo perde il significato di !frumento" e inizi9 ad identificare la !segale" gi dallE, secolo, uando la troviamo coltivata soprattutto nella /uscia. 0linio non ha una buona considerazione della segale vera e propria e ritiene che sia utile soltanto a tenere lontana la fame, aggiungendo che vi si deve mescolare il farro per migliorarne il sapore, altrimenti troppo amaro. (lla met del < secolo a.-. si ebbe una importante trasformazione nella cerealicoltura: la spelta sostituF il farro e successivamente si avvi9 la coltivazione di grani di provenienza meridionale, di migliore ualit e pi produttivi. Si inizi9 a diffondere, inoltre, anche lassociazione fra farro, orzo e veccia che permetteva di $creare un raccolto di sicurezza, che mettesse, cio, al riparo da eventuali calamit& '>arcone, 1BB.+ e dava anche una particolare fisionomia al paesaggio dei campi. Soprattutto si ottenevano e si potevano uindi utilizzare varie miscele di cereali per una !panificazione" comun ue ancora rudimentale considerato che, in realt, soltanto con linizio del ,, secolo d.-. il pane assunse la caratteristica di alimento di uso uotidiano. 0er -olumella, inoltre, anche il miglio consentiva di fare un pane discreto, ma egli riteneva che si dovesse mangiare prima che fosse diventato troppo freddo. La coltivazione del miglio si amplier nella tarda antichit e diventer sempre pi diffusa nell,talia altomedievale e fino al E<,, secolo. 2n cereale che assicurava buone rese
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nei raccolti era lavena, spesso chiamata !biada", che per9 era usata soltanto per gli animali in uanto non utilizzabile per fare il pane. , cereali !minori", come miglio 'mileum, milium+, panico 'panicum+ e sorgo 'syricum, sagina+, trattandosi di grani primaverili, avevano una bassa presenza in uesta zona e conobbero uindi una costante marginalizzazione fino a giungere al basso >edioevo, uando persero gran parte dellimportanza e furono relegati allalimentazione animale 'il sorgo, ad esempio, veniva utilizzato per la governa dei volatili da cortile+. ,l mondo agricolo antico non era per9 fatto soltanto di cerealicoltura e gi in epoca etrusca nei campi ci si dedicava infatti anche ad altri generi di colture: sia uelle dei legumi come ceci, fave, lupini, cicerchie, piselli e lenticchie, sia uelle orticole come cipolle, aglio, rape, cavoli e anche i carciofi, che -olumella chiama ! ugnara". ,noltre, gli antichi abitanti dell3truria unirono a uella dei cereali anche le coltivazioni arboree da frutto, in primo luogo uelle della vite e dellolivo. Lolio e il vino hanno avuto da sempre notevole valore nelleconomia etrusco e romana. La coltivazione della vite ampiamente testimoniata da resti vegetali provenienti da pi siti archeologici ed opinione ampiamente condivisa che il genere Vitis sia autoctono sul territorio della penisola e che linizio della produzione del vino sia da collocare alla fase iniziale dellet del ferro. ,n proposito, per uanto riguarda larea che ci interessa, sufficiente ricordare i numerosi resti di vitis vinifera rinvenuti preso il villaggio villanoviano denominato !5ran -arro", oggi sommerso nel lago di ;olsena in localit ! Grancaro". ,n uesto abitato i vinaccioli compaiono gi in contenitori ceramici del ,E6<,,, a.-., mentre la parola vinum $ documentata per la prima volta su di un dolio a 5ravisca& '(rieti, )*1*+ e sempre 0linio elogia proprio lottimo vino che si produceva nel territorio di uesta citt. :el territorio etrusco $il sistema di allevamento della vite che, a differenza di uello greco, lascia libero sfogo al rigoglio dei tralci che si lasciano correre in lunghi festoni alti sul terreno ed eventualmente appoggiati ad un sostegno
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vivo& '3. Sereni, 1BH)+ caratterizzava anche la ualit della produzione e i vini etruschi erano noti e apprezzati anche in 5recia. 5ran parte del vino prodotto nelle terre di <ulci attraverso le imbarcazioni cariche di anfore giungeva anche sui mercati della Sicilia e sulle coste della Irancia. La diffusione della coltivazione dellulivo, invece, sembra sia da ritenere posteriore a uella della vite pur essendo anche uesta pianta autoctona della penisola italiana, dove erano presenti le due specie spontanee Olea silvestris e Olea oleaster. (ttestazioni pi antiche della presenza dellulivo sono ad esempio i noccioli di olea europea recuperati in siti risalenti al ,, millennio nei pressi del lago di ;racciano. Luso dellolio, non soltanto come alimento ma anche come base per unguenti, arriv9 in 3truria probabilmente nel <, secolo a.-. attraverso i contatti con mercanti fenici o della >agna 5recia. Secondo lo scrittore di et augustea Ienestella lavvio dellolivicoltura si dovrebbe a /ar uinio 0risco ed uindi con la civilt etrusca che si diffonde lolio, che troviamo documentato come !eleiva-na" nel Liber linteus di Jagabria. (nche la parola latina amurca, amorg ! in greco, che si ricollega chiaramente alla !morchia" dellolio 'nei dialetti alto6laziali morca o murca+ pu9 avere avuto un fase linguistica di passaggio proprio nel periodo etrusco. -on ogni probabilit fu proprio con la romanizzazione dell3truria che la diffusione della pianta d8ulivo conobbe un forte incremento e $tale espansione degli impianti era indotta sia dall8alto valore commerciale dell8olio che dal clima favorevole trovato dalla pianta d8ulivo in /oscana, 2mbria e (lto Lazio& '?.;osi, 1BH=+.

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