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eli Epitteto,consigliato ora l'il lf~ letture filosofiche per le scnole meI ic, si va continuamente ristampando la Il'lIduzione del Leopardi, Mirabile, senza dllhbio. Pure non forse inutile che esso !'lIlIIpaia anche in questa versione Iatinu d,'1 Poliziano, la quale, anzitutto, giusti. i/\II la sua ticompursu gi per il fatto che lilla rarit lrihliogrnfica. Ma per due al. l'i ruot ivi, 1alc riprodusione semhru esse Il' ginstifieatao 11 primo elle il latino del l'oliziano,huono c facile ad un tempo, "Irl',~ l'occasione ,li com hiuure con uu a h'lIlIl'a Iiloso fica Cl neli a d'ull testo latino
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della vita (e l'uso serio !li tale volumerto, che a ci serv per tante generazioni e per tante servi r nel l'avvenire, .~ preciaaniente questo) paiono assumere una forza maggiore erl avere un'eco pi tenace, eflicace e profonda, quando ahhiano la veste latina, anzich quando abbiano la veste italiana, o d'altra lingua moderna, e sia pure d'un italiano cos perfetto e seultorio quale quello del Leopardi. in latino che esse ci risuonano pi gravi e solenni nel petto, ci ammoniscono COli maggior vigore, ci incitano pi severamente a seguirle come una voce che solo col suo tono ed accento sa suscitare ci che v' in noi di pi virile: quasi la stessa forza delf'espressione latina compartecipi da s sola forza allo spirito, e in questo trapassi dalla sola forma linguistica quel senso di raccolto sdegno e di inunohile sfida, senza gesti c frasi, contro il mondo e la fortuna, pel quale gli scrittori di Roma antica trovarono le espressioni forse pi dense, pregnanti, potentemente suggestive; sccvre, nel medesimo tempo, da quel sapore di sentimentalit e di struggimento muliehre che fastidisce nelle manifestazioni religiose o mistiche della tendenza, analoga, alla rinuncia alle cose mondane e all'abnegazione di s. (1)
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Ma voglio. specificare per quale ragione 111 i sono. sentito. portato a prQcurare l'edi~ione, invece che di altri testi precisaIlIl:11 te d'un libretto. stoico, e anzi del li1"'I)uQ che contiene ed esprime, distillata 41 ooncentrata, 1'essenza dello stoicismo. Ogni sistema di filosofia, e in particolal'I: ogni sistema di morale, ha una massima ver-it relativa in certe epoche, una mini. 11111 in certe altre. In una determinata et ti momento storico, caratterizzato da ciro ostanze ed elementi esterni d'una data uatura, un certo. sistema di filosofia e di ruorule parla pi adeguatamente allo. spio rito degli uomini e meglio. corrisponde ai Mllni bisogni e alle sue aep irazioni. In IIII'altra et, dove altre condizioni esterne ti socia li SQnQ predominanti, un sistema 11111 Q QPPQstQ di filosofia e di morale qllello che meglio. colma le usp iraz.ion i del. 111coscienza, che possiede quindi il massitlllI di verit relativa. In, generale si pu "i 1'1:che l'umanit, Q un sill1?9lQ PQPQlQ, IIHI:i lla successivamente verso. due tipi di 1lIlIl'a]e a seconda delle circostanze stori11,,) nelle quali si t rova : QlII tipo. di morale .,w,iale quando la vita della societ pro ~I'"l'osa e promettente, o, almeno, quando
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Proprio di tutto il pensiero greco, co1IIIIfliC a tuttc le direzioni e i sistemi dell',,, il:" greca, il concetto che a fonda111('1110 rlclla morale sta I'eudaimonia. Che 111 condotta della vita possa avere altro ~"OJ1() che quello della felicit, che altra "O~II rlana felicit possa essere -il fine su1"'1\1110 o il WIDJJJO bene, 11011 capiva in un "'nlJclto greco. ( Vivere, Gallio frater, 1IIIIIIes beate volunt l). (2) Questo il P l'i ncipi o fondamentale, questo il punto .Il ]I nrtenza. E, per verit, che un a cosa rl ivcrsa della Felicit possa essere il bene l' i I Jne, non capisce in nessun intelletto u ma no. I sistemi di morale, tipico quello il i Kaur, che, sotto l'influsso dell' asceti~III" crist iano e in piena contraddizione I "Il tutto il pensiero antico, pretendono .,1 i 111inare, in quanto fondameuto dell'eti1\11, l'idea di felicit, si lasciano forse diumst rare a parole, ma non sono suscett lhi] i di generare una convinzione fonda111, ueuuneno in quelli che li sostengono,
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In essi viene a mancare il movente dell'aziorie morale, perch la volont si muova Il farIa resta un mistero (e Kant la conIcesa (3)), l'atto di volont che la opera uon si spiega. Infatti, aflinch un'azione 8i fuccia bisogna volerla, c volerIa una cosa sola col trovarlu appagante. Se l'azione non fosse appagante, non la si vorrebbe lI farebbe, o, meglio, il non essere essa Il l'pagante una cosa. sola col non voler-la ,! non farla. VolerIa e farla vuoI dire che appaga, una cosa. sola col suo appagare. L'equivoco degli antieudemonisti deriva (come verr in luce fra un momento) dalt'uso fatto dai loro avversari della parola pincere , e la critica all'eudemonismo 11011 in realt suscettibile che di colpire l'cdonislllo. Ma, in verit, se "i vogliono guardare le cose non alla luce d'un preconcetto sistema, Ula nei loro contorni reaIi, ha piena ragione MOlltaigne. 'I'outes /'\8 op inious du monile en sout l, que le "Iaisir est nostre but; quoyqu' elles en prcnneut divers uroycns ; aultrement 011 1.;1\ chasseroit J'arrivee; car qui escoutcrnit celuy qui, pour sa fin, establiroit no~tre peine et mesaise ? Les dissentions des H'!CI.CS plrilosoplriques en ce cas sont verl-ulcs... Quoy qu' ils disent, en la vertu IIICBlIIC, lc dernier but de nostre viscc, c'est.
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de hattre leurs est si fort 111111 f1,:o('ur: ct s'il signifie quelque suIl uu- p lnisir et cxcesslf conteutemcnt, il I 111 ieulx deu I'aseistence rlc la vertu 111' t', nulle an ltre assistance. Cette voluIl,,, 1'0" r estro plus gaillarde, nerveuse, l'O"I~ll', virile, n'en est que plus serieusevoluptueuse, et luy debvions donner I 11111" dn plaisir (4). I ,Il dottrina che vuole fondare l'etica "I piacere va incontro a varie difIl,"II,i. Un'obbiez ione che le si di Ireqlllwlc c volentieri mossa, perch ha l'apl'"I'''":r.n trionfale, che in essa si trovano '!llIfllsi, l'edonismo psicologico e I'edoni'1111 etico, ossia illogicamente combinati ti 1111 uspett i del piacere: quello del piacere I '11111' movente e del piacere come criter lu, Ca si accusata, vale a dire, di cond''''lIrc nel.lo stesso, tempo il piacere co1111' movente di tutte lc azioni c come eriI, do pcr giudicare quelle sole che sono dil l'lIrRi; mentre se il piacere il fine na1111'1111: di tutte le azioni assurdo dire Il,,\ lo stesso piacere deve essere il fine (51. 1\1" '[\lesta obiezione non regge, perch, Il roalt, la distinzione tra il piacere movente c il piacere come criter lu il imphcita in questa dottrina (cd anI IIIIIIpL. 111111111)8

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che nelle sue rasi meno elaborate). Il Iatlo che essa assume RlalJilire com' che Mi raggiullga il massimo del piacere (I il "ero piacere, mostra che in essa 8el11pn~ presente la Il istinzione Ira questo, che r

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il critr-rio dell'azione,
rale, compreso

e il piacere in gene-

quello sconsiderato, momentaneo, ( impuro nel senso benthamiauo (6), apparente, che, in tale sua geucrnlit, movente d il utte le aziorri. Movento di tutli'>"lC az ion i , per (l'lesta tcoria,il pincerr- in generale. Criterio d('U'az inuo (la Farsi il raggiungimento d'un pial'''re specificatamento car atrer-izznto, per i ntensit, durata (7) ccc., o anr-re per una qualch c rlctermiuat a qualit (8). Il piacere che movente e il p iacere che , 01-. I re che movente, criterio, ossia che quel movente che movente dell'azione da far~i, non sono del tutto lo stesso piacere. Quello .iJ genere, questo la specie. Non si pu quindi dire che vi si un'illogica r-oruhinaziouc rlell'edonism o psicologico ",011 I'erlouisrno etico e resti obliterata 111

rIistinz ione tra l'uno e l'altro. - L'obhiezione poi si dissipa del tutto in confronto dcU'eudemonislllo', perch, seppure altri Il rgomenti si possano addurre contro que~l.a dottrina, per quanto riguarda il p1lnto iu questione, certo che da un lato i
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fclicifico, eroe compossibile nelf'inaieme, 1IIIIIIIc arl essere perfetto e completo, non , IIIOVCIll!1 di tuttc le azioni (quand'an111'il movente di tutte sia il piacere), c 111',d'altro Iato, solo le axion] che hanno flll'l finc pcr movente sono le azioni da II1il. ; ius!o , piuttosto, obbiettare I'inammisI"liti! dell'affermazione che se, p. e., il 1111 llicio o il martirio sono affrontati o Il ,,'1111 ti, ci vuoI dire che erano il fatto 1,,\ rurecava in quel momento il massimo pllll'(:rc ; poich per piacere va inIjI~1Iquella determinata sensazione o tono 'illtln di coscienz a che Ia psicologia de'11I1~lll), c tale sensazione non c' sicura1111 1111) in un sacrificio o martirio. Ma se MOHlil:nisceal linguaggio e al concetto I tlulliHlico quello cudemonistico e si dice 1111 xucrificio e martirio S0110 prescelti, l" 1101 ,,'l sono clem enti dell' azione che l'iIIIIIIVIIla pi appagante, quella che pi I uluruvu lo spirito, quella medianteIa qua" I'ludividuo sentiva di raggiungere la 1111 Il1 Il88im a intcnsificaz ioue cd esaltaz.iotll nllnru il paradosso scompare. Ed I II1 li/l'cullare che l'azione, che ha per el. 1111'11141 sacrificio (1 mart irio, fu compiuta 'l'I"llln per ci che era app'aganlc, che
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solo pcrch era nppugaute pot essere compiuta, che non sarebbe stata compiuta se non fosse stata appagante. Poich 'non nemmeno esatto replical'C (9) che l'appagamento un sentimento concomitante che accompagna il riuscire, la effettuazione del proposito, ma che esso Ai presenta dopo il raggiungimento di ci che si voleva, e non gi il movente della volont, la quale si m'ossa invece per il rng:giungimento in s dell'oggetto, per l'elfetLuazione in s del proposito. Po ich i due momenti sono inscindibili. L'idea ildJ'appngamenlo ci si presenta indiesolumente fusa con quella del raggiungimenI n C dell'effettuaaione ; questa con quella. Non gi che prima stia davanti alla vo10111:' la cosa da raggiungere e dopo ragi unta si presen ti l'appagamento; ma inlince il complesso cosa-da-rnggiungcreIl Ilpagamento sta fin da princi pio, come \'olllplesso non solubile nei suoi elementi il i nnnz i alla volont. Ha apparenza di vero dire che chi mangia per fame mosHo dal desiderio del cibo in s, non dal pt'nsiero del piacere che ricaver dal cibo, n che il piacere segue. Ma invece effettiv.unente vero dire che il complesso indie~"Inbile cibo-piacere muove fin da principio In volont e che senza che in quel com 1 Lo

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11I1'~ZIONE Fosse presente I'eleurentn piacere, che questo pCllcl,"asse e perrlleas~(~ l, 1"'IIClltu Intto o cosa ,la l'aggiulJge,"c) illlllto), la volont non sarebbe mossa. l '1I11\1ILo all'osservazione che I'eudomcni11111 costituisce una tautologia, un'insiuiliounte proposiaione analitica per,111\11011 pu indicare un determinato ed , ",IIIRivo contenuto di azioni come feliciIl, ", ridotto perci a dcsignare come Iei 1",llelle le azioni che si eseguiscono e per Il 1'111 Lo che sono eseguite, e, insomm a, il .1111\ ognuno vuole la sua felicit "il'111111:" soltanto ognuno vuolc ci che ,,,.10 (lO); la risposta ovvia. Questa ""Ilologia, l'affermazione cio che un'ali"" perch sia fatta dev'essere appagauI", oHsia che (come ahbiamo detto) volere IIII'/Iv.ione una cosa sola col trovarla apltlfl'IIIte, o che trovar appagante e vo1 , I Il sono due aspetti inscindhilj del medl'~dlllO falto, tanto poco insignificante, 11\1" Il dire tanto poco tautologica, che 'Uht ituisce appunto la confutazione di quel111uioral (tipo kantiano ) le quali pre"",(0110 staccare il dovere dalla na111111 , le quali pretendono, adunque, pre, 1""l1lcnte che ci siano delle azioni (quelle 111'"'1\11) che possano essere eseguite senza Il movente naturale dell'appagamento. Appll'IIMU
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dell'a ppagallleul.o,

il che equivale

Il d ire che per essere eseguita l'azione, come ci siamo espressi, (1eV'e88e1'evoluta,

giacch movente della volont non pu e,-usure il lillgllag~io ,li Kant, dH' ({ nnt urale , sensibile; 11011 afl'ntto 111utologico. Un' osservaz ionc precedcutemente fatta giova poi a chiarire come p'O;-HIl essere stabilita 'lilla distiliziolJC tra I'appagumeuto come movente e I'appaguuieulO come criterio, tra l'appagamento in genere, compreso quello superficiale, morucntaneo, puntuale, motivo d'o~ni azione, l' I'appagamen to nel la sua portata e direz ione specificataurcnte fclicifico, che , olI l'I! che il movente, il criterio delle azioni .111 farsi, Ogni dott.rina morale eudemouiHtiea assume nppunto di insegnare a di~tillguel'e i caratteri di questo apl'agllllell IO I( specie , dai caratteri di quefl'appamento I( genere . :n.iafl'enlli am o, dunque, che costitnisce lilla vera e propria impossi'hi lit mentale Il ritenere che altra cosa dall'nppagamenlo felicifico possa essere il fine o hene som1110, che scorgere in questo il bene uua
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ruvvisavano l'aggiulIgihile nel piacere, sehbene in guisa alqunnto diversa. Secondo Aristippo, per il piacere, fine della vita, /". che non pu essere se non il piacere singolo e del momento, occorre un mezzo esteriore che lo fornisca. Questo mezzo pu essere piccolo (sebbene si debba procurarsi i grandi, quando ]0 si pu). Perci occorre esser" prcnti a ricavar il p .acero .la mezai modesti c mantenersi interiormente liberi dalla dipendenza dai mezzi del piacere, sopratntto dai grandi, e dal lasciarsi trascinare dal bisogno di q.resi i ultimi (tJ.6i, :'o.Jx sl.0/w.t) ; concetti ai quali, com', del resto, notissimo, Orazio badato le due hellc espressioni: omnis Aristippum decuit color et status et res , ruihi res, non me rebus subjungere 1:0110r (11). Secondo Epicnro, mcdian .. te una serio di piaceri saggiamente sistemata e concatcnata lungo tutta la vita, raggiungiamo la felicit consistenIe nell'animo tranquillo e scevro da dolore. Minimi sono i mezzi esteriori a ci necessari, ed hene rinunciare ad ogni mezzo che 11011 sia minimo, mentre insieme necessario tener d'occhio a tutta la vita. - Per gli Stoici invece il piacere, inteso, come rigorosamente parlando si deve intendere, quale quella determinata
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1111 l''AZIONE 1l''III1.iolll', snp rat u tto (li ongllle corporea, ,"" Ili psicologia definisce, e il tono o sta111d i coscienza che essa produce, (12) , 111111 ,.;i un mezzo di felicit, ma anzi un '111 luuuento dello spirito e quindi un ostaI "I li questa. Ed essi invece ravvisavano 111 l'l\licit incorporata nel buon andamenI" .lcl!a vita, eJpoto: ~[OIJ (13), nel ve: 111111 ga'lltli'llm (14), nel!a hilaritas cor11111111 et laetitia alta atque ex alto veId""h)). (15) Con ci lo stoicismo vince 111111 delle ohiez ioni che si fa spesso all'eud"II11I11islllO, cio che la felicit concetto ,.11'11 f f o, indecif ra bile, non suscettibile di dI" rm iu azione concreta, puramente [o r 1111.11'. Nello stoicismo, invece, essa resta pl""IIIIIClltc determinata come gaudium, , Idlllrilas , laetitia l). Si pu richiamaIl. Il dimostrnz ioue del perch con questo I '''II'C'UO la felicit resti concretamente dcl,I uri unta, la sentenza che aveva fatto iuil" "~Hiol\e a Sohopenhauer : chi ride rnol1111'\Iolice, chi piange molto infelice l), 1'lIfrl~nl1azioj1C con cui egli Ia illustra, 1li" il sommo hone la serenit (16), o, 1111111\ "I!;Ii dice altrove, 11011l'inquieto nnl'UIMO vitale, la gioia tumultuante che ha 1111111\ coudiztoni precedenti o susseguenti 1IIIIII"I'IIZe tormentose, bens una pace in'I,"lliltil(', una profonda quiete, una se_.17

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renit intima. (17) Avere l'animo sempre del tutto pago, sempre in Istato di contentezza, inalterahilmente immerso in un'atmosfera di serenit, senza nessun giorno triste ( provisum est enim a me, ne quis mihi ater dies esset (18), questo evidcntemente il contenuto concreto della felicit, questa la stessa felicit, e nessuno pu dire che ncll'identificarla a questo sentimento di perpetuo contento e soddisfazione e al suo mantenerlo a qualunque costo iniutcrrottamente presente, essa non risulti perfettamente determinata. bens vero che gli Stoici indicano altres come fine e bene sommo la virt, concetto in cui confluiscono l'attivit razionale, il vivere in conformit alla natura generale ' ;qlla natura propriamente umana, e il vivere con coerenza essendo per essi la vita viziosa necesaariamrnte in coerente e contraddittoria (19). Ma poich il pensiero della felicit , indiscutihilmente in essi sempre presente e dominante (20), uopo concludere, per eliminare dalla loro dottrina una sconcordanza che altrimenti sarebbe iunegabile, eome per essi la virt sia, non gi un mezzo per consegurmento della felicit, ma immediatamente la stessa felicit, precisamente come nella dottrina edonistica rigorosa il piace J 11

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~IANTlAI.J~

111

EI'I,\,'I'ETO

)lO la relicitt (24). Da d la conseguellzu dlt~ il !lelli' ri~il'd. IItH'allilllll, eiOt~ Il..-1 l'ali P~~illlllf~1I1 Il d,, .',.~:t a~''''"I11I', 1111 l'intenaiou con cui l'aziolle (-:. comp iutu, an7.iehl, nri risnlt al i di questa (25). Col quale pensiero, congiunta negli Stoi(~i la distiuaioue tra l'azione uraterialmenle buona, JJJH comp iuta per comuni ru-

II
1

I-(iolli utilitarie (x.o:~'ix.ov), c que llu compiuta p'er motivo razionale puro, o, in linguaggio di Kaiu, per solo rispetto del dovere (x.O:'r0p~wf1.o:), la quale ultima soltanto ha valore morale. Ma tale formalismo scompare di fronte alla predominante idea della felicit che con tale azione razionale o morale si realizza. Non si pu dunque dire che la morale degli Stoici sia una morale meramente f o rmale, che consista unicamente in un certo atteggiamonto della ragione 1I0n avente altro Iine r uori di s stesso, nc llu SUpl'(~uiazia della volont senz'altro scopo che quello della sua supremazia. Piuttosto >; vero dire, col Barth (26), che, accanto a princip formali (quale quello di vivere coerentemente) la morale stoica, COlUenon poteva non avvenire presso il popolo gl'e co in cui era vivo il bisogno della pen,czione sensibile, contiene prevalentemente p rincipi materiali, primo fra i qur li [piut 20.

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I:

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"'tJo:FAZIClNE

lo~lo che la libert dello sp irito dai d"", vi neo I i (l" 11(' pnssioni (' del!c cise osteriori, scco nrlo vuole i] Barth) Ia felicit,

l'incrollabile

proposito

di consegu irlu

mauteuorla ad ogu i costo, di possedere I'attcggiaurento felice dello spirito, e pp.r

('i la risoluzione di far centro unicamente i Il 1111e5Lo, ed eliminare e negare col P'CHsiero ad ogni costo il dolore, chiudere al dolore ogni via alla coscienza, negargli il carattere di male. - In sostanza il motivo stoico fonda mentale questo: voglio cssere felice, felice a qualunque cost o, Chf. , ora, la felicit? Un certo stato d'animo ( hilaritas, gaudium, laetitia). Voglio dunque avere tale stato d'animo a qualunque costo, in qualunque condizione. Quindi necessario e sufficiente che io mantenga in nre questo stato d'animo, come tale, come sensazione spirituale inti'111\ di hoatitudine, indipendentemente da quuluuque [atto, cosa o avvenimento estor110. Vi certo in questo motivo stoico alcuuch del'I'elemento fourl amentnln di quella cura psich ica o mentale di cui uarra cos hrillantementc il James (27), mediante .la 1111alci11l11011cnoa s stes~i voglio essere sano, calmo , o meglio C( ~OJ.".I 8<1110, calmo l), si riesce ari afIrontare senza tur hamento maleaseri o trn 21

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MANUAI.E

111

EI'ITTETO

versie, gli IIl1i c le altre cio non ROllO pi sentiti come Iali. :M"a (.fuest" stato (l'ani mo felicifico, questa sensazione Fcrcllllc di felicit, stahilrta come fine e heuc som1110, anche evidentemente quel contenulo concreto mator.ia le dell'elica, il quale fa quindi s che la morale stoica sia loutana dall'essere, come quella di Kant, meraniente formale. Il pensiero stoico, insomma ha senso pieno solo in quest'ordne : il supremo bene la tranquillit dello spirito; in ci sta la felicit. Con essa una cosa sola la liberazione dalle passioni, dalle cupidigie, dal dominio delle cose esteriori. E questa la virt (28). Ma lo stoicismo determinista, e 1I0.t.J rinnega il suo deterrniuismo generale nernmeno in confronto della volont umana. Non esiste per esso una libert l'ilHIi/fl" renzu, ma la Iibr-rt umana va intesa unicamente nel senso che le azioni umane sono libere quando sono determinate non da cause esistenti esteriormente allo spirito dell'uomo, ma da cause interne, da questo stesso spirito, quindi scaturiscono rla un'autodeterminaz.iono (29). Lihera si chiama quell'aaiono che dctcrm inuta unicamente dal .s- rlell'uomo, fiCJ1Za che cose o fatti esteriori ad f'R~O cnncorr auo il dcl.erminar1a, che ~gorgl'\ unicamente da lui .
22.

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l'It.HFAZIONE

E, in questo SCllSO, la volont o il s delJ'uomo pu dctcrminnrc non solo le azoni, ma i giudizi. (30) Non solo l'uomo agisce come vuole (ossia secondo connaturata la sua volont), ma conosce anche secondo vuole, secondo il tono Iondamentale del suo volere. Voluntas cd intellectus unum et idem sunt . (31) Vi qui la ripresa rigorosa del concetto socratico della identit di morale con conoscenza (retta), concetto giusto se per conoscere , s'intende, come direbbe Vico, non il viderc , ma il cernere , (32) quella conoscenz a profonda, o modo di vedere le cose che scaturisce da tutto il nostro stesso essere, quella conoscenza intuitiva , per usare l'espressione di Schopenhauer, che si manifesta c si attesta, non eon le parole c i ragionaruenti, ma con gli atti, eon la condott a, co] modo !li comp orturci (33), 0, come altrovc egli dice, quclla conoscenza che sta non gi nelle massime astratte, Ula negli innati principi concreti, trapassati in succo c sangue e che sono i I risultato (li tutto il pensiero, il sentimento, la volont d'un uomo (34); quella conoscenza per cui, ad esempio, mostriamo come conosciamo (sotto qual luce f\!.'orgialllo) il danaro, gli onori, l'indipcn.Jcl17;<l (' la dignit rlcl caratte 23

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MANUAI.E

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EI'I'I'Tln'O

re, non mediaute le prediche che Iacciaiuo su ci, ma mediante il nostro modo di agire rispetto a quegli oggetti t 35). Io; da ci deriva a ppunto l'alt ro priucipio stoico rlell'unit delle virt, secondo il quale o ~i pOSi'ei!gollo tuttcle virt o nessuna. Poich la virt deriva da lilla certa conoscenza, 111,0110 {li scorgere le cose ed il mondo, elle costituisce Ia natura d'un uomo. In chi possiede n n a tale natura, le azioni virtuose nelle pi diverse circostanze (cio le diverse virt) scatnriscouo da essa spoutaneumentc. Chi non la possiede nOI1 produce .invece nessuna azione che si possa dire, 1I0n forse casualmente () apparentemente, Ula fouelatamente virtuosa. Seneca diede di questo principio una bellissima espressione. Anmus intuens vera, peritus fugicndorum ac petendorum, non ex opinione,sed ex natura l'l'e-

t.ia rebus

imp ouens.;

imperturhn.us,

in-

I.repidus, quell1 nulla vis frallgat, quclIl nec attnllunt f ortu it a ncc deliri 11I ali l ; taIis animus virtus est (36). Ma perci .anchc sta forse in fondo all'etica stoica, come prohabihuentc a tutta l'etica greca, il pensiero che la morale pu esser ottativa, m.a 1.1011 imperativa. Era ai pensator i greci estranea l'idea che la legge o l'imperativu categorico, formulato o
, 2-\

I.,
l'IIEF'\;':IIJNf:

messo in luce dalla dottr.ina. POSf;<1 penEar pi capace di [arsi obbedire da tutte le volout Per volere moralmente hisogna alIIH'HO prima voler volere. Senza, almeno 'Iucsto desiderio o volont di avere la volont morale, senza questo punto di par1".117:11, (lllC$tO (lato rli fallo, non acquiaihi.

le, che deve r-ssore p resupposto " che Re c sist e 1I01l Eoi pu procacciare, la vita ruo rnle non possibile e Il e8611 Il <1 rlottr in: i~ capace di crcarla. (37) Qui il limite
11011

:11

della libert, Ci era presente al pensiero ~reeo meglio che a lJualehe direzione del pensiero ruoderno. E perci l'etica greca piuttosto che un imperativo, presenta 1111 modello (38), il modello della vita in cui la Felicit si realizza. Chi possiede una natura tale da essere, sia pure col mezzo della dottrina, condotto a quella [orma di con oscenzu di cui abbiamo test detto, relice; e la dou.rina presentandogli il IlH)dello di tale vita esercita certo su di lui un'azione potenteruenre suggestiva (a ci si circoscrive la sila ellicacia ). Ma chi non possiede un a tale nutura, e invece, erroncameutc IIJiI inguuribilrnente, conosce, avverte, valuta le I:OSC esterne c le passioni ad esse dire t t e come felici fiche, non ragf!iunger mai la felicit: sar neceesar iamente infelice, sia che resista alle sue paa

25
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~IAN(lALE

111 EI'ITl'ETO

sioni, perch COli ci contraddice al suo stesso essere, sia che vi ceda, perch COli ci si procura quel turbamento di spirito che consegue necessariamente all'abbandonarsi alle passioni. Dna certa armonia spirituale connaturata indispensabile presupposto al conseguimento della felicit. Eudemonia deriva da ~rt.[I"W'i (39) .
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La felicit cousisteute nella virt, immediatamente identificata a questa. Tale (non ostante le attenuazionl introdottevi, con l'ammissione della preferibilit di certe cose esterne a certe altre, quali quelle fondamentali conformi a natura, -rrpc;)'rrt. XIX'riY. rpuaLv, pr'incipia naturae; e con I'aunnissionc che il saggio possa sentire emozioni, purch non se ne lasci vincere) il principio rigoroso, il cc paradosso stoico. Come si pu 'spiegare il formarsi di questo paradosso ? . La spiegaaiouc ce Ia (1<11\/10 appunto quelle circostanze sociali, ill cui l'etica individualistica dello stoicismo sorse, alle quali abbiamo sul cominciare accennato, e che ora venuto il momento di mettere in luce. Si prenda l'U0ll10 in cui radicato c
26

il
1'1t1';FAZIOIllE

dominante il pcusicro : il linc dolla vita (\ la felicit; se nou si raggiunge questo fillc la vita vana e perduta n. Lo si p'OI1)!:ain circost anzo esterno, come erano quelle (klJa Grecia dopo la conquista macedone. 11\ esse, ogni, anche piccolo, mezzo ester110 pcr un'esistenza relativamcute felice, seomparso, La vit a politica libera, nella quale .il cittadino sente di contare qualche cosa c di potere con In sua attivit dirigere al bene la cosa pubhlica, travolta ed infranta dal dorninatoro che si 1mposto con lc armi, ed scomparso quindi uno dei maggiori interessi chc l'uomo pu trovare nell'esistcnza esteriore. Lo stesso diritto ,diventato inesistente, e la stessa vita e morale civica caduta in pieno sfacelo. L'no 1110 non pu pi, como in precc(lenza, qraando viveva in una polis legale, considerare la sua vita avvenire con uno sguardo sufficientemente tranquillo, sicuro (li nojn essere esposto a gravi torti e violenze, o di poter trovare, quando le sulrisca, quulclro istituto giuridico presso cui far vu lere le sue ragioni ed essere salvaguardano. Egli in piena balia del capriccio Il cl tirn I) 110, anzi Ilpgli. inuumcrcvoli tiranni che, rlopo spezzato (la Alessand ro I'orgnn i~lJ1o rleg]j Stati greci, pullulano in ogn i citt. Cosa enorme e sinora
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~lAr\UAr.E

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El'lTTETU

.inaudita: il cittadino esposto, senz a poter trovare giustiz ia o riparo, ad essere spogliato dei beni, percosso, cacciato in esilio, torturato, ucciso. Se d uno, sguardo al di l dei confini della sua patria, vede fluttuare, agitarsi, montare enormi forze politiche nuove, che gli fanno presentire ulteriori c anche pi profondi SCOllvoljriurcnti , gli tolgol1o ol-\niscnso di sjcurczza fu tura, gli danno I'im pressione che manchi assohrtament o quella normale stahilit delle cose che sola rende possibile di lavorare pel giO'rno di poi, di attendere a piani per l'avvenire, con la speranza di non gettare la p ropria opera; gli Ianuo prevedere che qualunque provvedimento lino prenda per la sua vita economica e Iamigliare, un eostrurre sul la sabbia. E Begli animi dei suoi contemporanei, plasmati iu .mczzo a questo inabissarsi d'ogni civismo c d'ogni senso del diritto, egli vede salire l'onda della sf'rontatezz a c dellaberraz iouc, il defiuitivo oscuramento mor ale, per cui, venendo uuchc l'intelletto falsificato in servizio doll a malvagit, ('or nuova sf acciata protervia si lanciano in pu bblico capz iosi ragionamenti a giustificare non solo, ma -- supremo (lI. t r aggio 'lUI! co~rjpnz;'l um a na -- ad appro vare, difendere, celebrare l'arbitrio e l'in 28.

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~nE"AZION";

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giustizia, la eoerciz ioue e la corruzione, e incie lare come Iuse di superiore sviluppo del l'uurunit t[llt'sla ealastrofe J'()~lli
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unv iveuzu

ica e civile.

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Ponete,

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(Jlle, Tu omo ('01 suo pensiero che la l'cl i(;it l'ullico fine che dia 1111 senso alla vit a, in lilla sill'attn situuz ionc, in cui la penIi ta della patria e dei beni, le percosse, I(~t o i-tn rc, .la morte, l'esilio, ogni impcusatu cutuulisnru po lit ico e sociale, gli sono imminenti. Ed egl i sar nccessuriamente sospinto ad afferrursi (in un certo senso, p'er disperazione) all'idea che la felicit raggiungibile solo se egli la riponga soltanto in s stesso, e che a questo suo s non appartengono, questo SIlO s 11011 toccano, le circostanze esterne di qualsiasi natura, n le condizioni politichesoci ali, lI i dolori del corpo, u la stessa vita fisica. Snr necessariamente sospinto n ridursi e restringersi nel suo pi intimo centro, a considerare estraneo ad esso e indifl'erente qualunque fatto o accidente esteriore, povert o ricch ezza, Iibert o schiavit, onore o disonore, malattia o salute, vita o morte: ed estraneo ed esteriore a quel suo- intimo s lo stesso corpo. Sar sospinto a ricercare e collocare l'appagamento in ci che sta in quel suo profondo Pf'lItI'O, in que l!n rinch iusa citta 29

~1"N(I"I.F,

''l'I'I'TETO

IlcJla inucr-css i hi le agli aHacdli degli evr-nti nroudani, sottralla alla 1",Ua di qur-st i event i 0_- nella ""gionc, IIl'lIa Il puru- so-

vrnua --c quindi Iihera il" ogni 1~!l8sione oci agitazione suscitata da tali. eventi. E che cosa vi sta?V i sta iI pensare e l'operare raxionaluiente senza curarsi d'altro, il senso di piena soddisfazione di s per tale comportamento, la serena e sicura letizia per questa indipendenza da ogni cosa e nuche l'orgoglio pel' la propria superiorit sopra le cose del inondo e sOIJra quelli che si fanno schiavi di esse. In una parola: la comhinazione dell'idea felicit adog.ni costo con le circostanze esterne descritte, doveva condurre alle seguenti conclusioni: regolare l'interno (ci che in noi e dipende da noi] e accettare tutto l'esterno (che non ne .Iipende}; quindi respingere le passioni e far buon viso a ci che tocca in sorte; di fronte a qualunque disgraziato fatto esteriore, mantenere le proprie fonti interne di felicit, dicendo: ci estraneo a me, posso essere ugualmente felice, resto e sono ugualmente calmo e sereno; e com.piucersi anche nell'orgoglio di questo equilibrio (40). Perch non si pu disconoscere che movente dell'atteggiamento stoico sia anche questo senso d'orgoglio per la propria su 30

"JlEFAZIONE

porior.it (! I'avvert irucuto delf'ununiraeono che questa poteva destare. Gli Stoici greci (come i Cinici, come Socrate) sentivano di stare sulla scena d'Atene, cio del mondo. SOCI'ate, bevendo la cicuta davanti ai suoi discepoli, aveva certo la sensazione, sia pure 110n esplicita, di herla dava nti al mondo, di essere ammirando spettacolo l'Cl' questo. Diogene dinanzi arl Alessandro sentiva di essere osservato e 1I0tO come Alessandro. La sfida stoica al dolore, al l'esilio, alla povert, alla morte, era probabilmente facilitata da questo sapere che l'eroismo di tale attitudine era guardato ed ammirato. Il sapersi osservati contribuisce grandemente a far divcutare eroi. Si quasi costretti al sacrificio o al murtizio per conservare alla propria figura i tratti che essa ha in cospetto del mondo, e il sacrificio o il martirio lo SI rncontra volonterosamente quando e perch esso pu servire di modello, destare la veuerazione, suscitare l'entusiasmo. Il rinunciare a tutto, il ritirarsi dal mondo, lo stare in atto di indifferenza o di sdegno verso di questo, perch a questo ci si sente superiori cosa bella e soddisl'aceute, se tutti avvertono e constatano che tale rinuncia avviene e che avviene pcrch il rinunciante sente il disprezzo
31

~IANI!AJ.E

DI

F.I'I'I"ITI'O

assolutatale 110stra attitudine e tale motivo di essa non possiamo nemmeno rappresentare e far capire ad una sola persona. - Ora, questa visibilit del loro comportamento, l'elemento gloriosamente spettacolare che questo conteneva, era certo' un incentivo che Iacifitavu agli Stoici antichi la loro fermezza. Lo vediamo evidentemente IICgli Stoici di Tacito, nei quali palese il predominio della preoccupazione di nOI1 smentirevdi fronte alla societ, n con la vita n con la morte, la loro fisionomia, tot per annos contiuuum vitae ordinem non deserenrlum (41). E di uno dei pi grandi e nobili di essi Tacito dice appunto che appariva appetentior Famae , ed aggiullge: (C quando etiam sap ientibus cn .. pido gloriae novissima exuitur (42). Ed precisamente perch le condizioni accennate, le quali determinarono in Gl'C.. ciao il formarsi dell' animus stoico, ai riprodussero anche in Roma nell'Impero; perch anche quivi il cittadino (almeno il cittadino ',pp'artenente all'(<ntelligenza delle classi pi elevate in Roma) si trovava in una situazione p rettamente eslege,
32

pel' le ('OSI" mondane f' la p rop riu rit >!L1 di esse. NOli ('IIS bello e l'l'lite, l'orse, se t un o ('i viene ruent e e da oguuno ignorato, se

superiosoddief'a-

l'IlF.FAZIONF. il! picua haltn ,lell'arLilrio llel detentorc dcl potere, del IIUUVO l'apo dello Stato fprilll'eps) _(,-~3) c della sua fazione, senza che nessun riparo di legge gli si offrisse; pcr qnesto che lo stoicismo (insieme, per opera di Luerezio, ('011 Fcpicureismo, il quale, sul l'liuto in questione, del fare a meno il pi possibile delle cose esterne JlP.!" la felicit, presenta un'affinit uellu tendenza, se non nella conclusione, con lo stoicismo (44) fu la filosofia che si sviiupp in modo pi vivace e originale nel mondo romano. Tacito, nell'indole e persino nello stile del quale evidente I'mcllnaaione per essa, ne d in poche parole la determinaz ione esatta: Doctores sapieu iao ... 'lui sola hona, quae Iionesta ; rnala .antuiu, quae turp ia ; potentiam, nohilitateru, cetcraquc extra animum nequc bonis lICflUC malis unnumorant i (15). E, un vecchio scrittorc italiano, UIIO di coloro in cui pi attiva quella fusione ([cno studio c ,1dl'illSegllamento delle lcttcrc antiche con l'amore per la Iihcrt, che tanto conn-ibu a formare la seria gegeraz ioue di uomini che nel secolo scorso rifece l'Italia, il Vannucci, narra: Al cominciare dell'impero, tolti dall'eloquenza e dalle faccende pubbliche, state palestra a Ile menti c ai cuori pi alti, gli uomini

.33

~lANUALE

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F.PI'I'TE'I'U

alla cu ru tldl'ullimo, cOIIIl'O la quale non era v i forza di 111':\1111 ide : e prostrata ogni cnsu , ri musr: in piedi lo sturl io della sapinz, dll~ l'n precipuu cu ru ai migliori, e sosteuno gli ani mi ull'rruu i, ritraeudoli da lle tenebre della servit ai tenipli sereni di cui parla il poeta ... Nei giorni pi dolorosi per flagelli di tirannide e p axienz a di schiavi, si ritraggono tutti in s stessi, meditano mestamente la morle, e uutriscono -nell'animo la forza per affrontarla con dign it (4G). Ci spiega anchr- perch gli Stoici, se 11011 in teoria, ce rto in praticn, e in confronto degli Stati In cui vivevano, ripruvassero la partecipnz iouo alla vita politica. In ci accentu ando lo stesso pensiero che ogni sguardo dato alla vita sociale c politica del suo tempo sollevava in cuore a Platone. Quasi UOIllO tra fiere, non volendo unirsi alle ingiustizie degli altri, n essendo capace di resistere solo contro tanti selvaggi .... si contenta di vivere questa vita puro di ingiustizia e di opere empie. (47) Il quale Platone, nell'Epistola' VII, e specialmente l dove ricorda che, mentre dapprima aveva sperato che il governo dei Trenm avrebbe ricondoua la citt da una vita ingiusta a giusti costnmi l), avendo poi osservati i loro atti, :1'1.

si dettero

l'III:FAZIONE

'llt;con;e eh/) (~.qRisi courport.avuno in gui'tll "tla fa r rit cuere uurcu la l'reel.deuII, ,;olltlb.iolH! ddlu Stuto , e in couseguenZII Hi rill'HtiHe i ut eru mente da ogni uu ivit l'utili,;! (4B) ._. osp riure in 1II0O jlrufoudamenlc toccaute e caudi.do Iu delusione

cht: a rrecauo ad una coscienza l'ella e senpolitiche nelle epoche di irreparabile disfacimento. (49). Perci, cireuaicismo, epicureismo e stoicismo sono tre tappe del medesimo cammino determinate dalla situazione esteriore descritta e dal progressivo peggiorare di essa, Godere delle cose, ma senza rendersene schiavi, conservando la p-ropria indipcndcuzu, niauteneudosi pronti a farue anche a meno. Saper trovare la felicil nel godimento di meuome e facilmente procuraliili cose esteriori. Saper essere felici senza nessuna cosa esteriore, nppog .. giundosi unicamente sul proprio spirit~ (: [,010 mediante un atteggiamento di questo. A mano a mano che la vita politica peggiora, che la mancanza di sicurezza e l'arbitrio diventano pi generali e dominanti, e tanto pi quando si vede la maggioranza precipitare irresistibilmente nella perversione, Il eli a hrutalrt, nella distorsione ment alc, sicch sl jrupone il pensiero che t,illlllilt~ nruuri cercar di aprirle gli occhi
si hi le le speranze
3S

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....

MANUALE

DI

F.PITTF.TO

o in quulsius] modo occupar~ene e non resta che .IH~IIRa l'I' a oostrurre e conserva-

re I'urmouia d.,1 p-roprin inte l'110, I'uomo pas~a .li lIect'R~il dalla prim posiz ione,
nireuair-a, aUn R('(:oJJl1a, epicurcu, l' da I(UPsta alla t erzu, quel'la della totale disl'f'ra7.iOIlC nel 1JI01Hloesterno, la stoica. La quale si penetra ancor meglio, se Ia

si guarda al la luce del huddismo, che come I'iutensificaz ioue c Tupprofoudiruento del movente spirituale che in quella viene alla luce. Anche per il buddismo le cose esterne non SOIlO /;(?' ilp.iv. Miei sono i figli, mio il possesso; e preoccupazioni intorno a ci tormentano lo stolto; ma neppure il suo io gli in l'l"()priet ; come possederehbe egli figli e P0E>sessioni r (50). Anche il huddismo dice: Se tu desideri una condizione assolutamente pura da dolori, bada che nulla nel mondo ti sia caro i). (51) Anch'esso predica la ruiser ia del piaceri (52), nel medesimo tempo mostrando che solo la reiezione di questi assicura la felicit ( ogni Iamento e doglianza, ogni melanconia che dimora in lui, questa freccia deve strapparsi, chi desidera la gioia e la felicit (53)), cos illuminando l'identica' posizione stoica di eudemonismo non edonistico. Anche nel buddismo si riscon 3(,

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l'RF.FAZIONF.

tra quel senso (li felicit nascente dall'ah handono di tutto, proprio dello stoicismo estremo ; vivacemente rappresentato, ad es., nel racconto che narra come i monaci, udendo uno di loro, il figlio di Kaligodha, prima dimorante uclln reggia, i1 quale, mentre stava nel h08CO o ai piedi d'un albero, esclamava spesso o felicit! o feIicit ! n, rifcrirono la cosa al Buddha; e questi interrog sulla ragione di quell'e. sclamaz iouc il monaco, che disse cos : Precedentemente, quando To vivevo nel mondo e no'lla reggia, l'interno e l'esterno del palazzo, della citt, del paese, era custodito da buona guardia. Ci non ostante io vivevo in timore, angoscia, sospetto c tremore. Ma ora che io dimoro nel bosco o a i piedi d'un albero o in una stanza vuuLa, sono per me solo, senza paura, angoscia, sospetto c tremore, e senza preoccupazioni, libero da agitazioni, nutrendomi di ci che ricevevo in dono, sono pago di me come un capriolo. Per questo esclamavo: o felicit, o felicit (54)). - Ma il huddismo uno stoicismo approfondito, perch per esso anche la conoscenza, o spirito od io una di quelle cose esteriori da cui bisogna liberarsi, ahituandosi a considerare la nostra vera essenza risposta in qualcosa d'ancor pi profondo, interiore e
37

MANUALI': J)I

F.rTTTF.TO

ret rostaurr-. Esso dice qu inrl i : i-iunncin alI ogni piacere, :111 ogni attaccamento alle cosc esteriori, a rruahiasi forma (li essere, comprese in queste cose esteriori anche l'io, o Rpirit.o o conosccnzn, e sarai per sempre liberato dal dolore (55), otterrai la perfetta e completa felicit: cio la serenit, il contento d'o~ni momento, Iibero !lana prcoccupaeione per qualsiasi altro successivo momento, sia anche, in colui che sta pel' morire, pe] momento prossimo dena morte. Staccato l'io rla ozni cosa esteriore e anche da s stesso, dissolta la eatena <1eIl'io in una scmplice successione di punti, ridotto l'io a questa mera PUlltualit non sostanziale, resta anche fissata la possihiljt per ciascuno di questi punti - io, svincolato da ogni preoccupazione per un altro punto o momento', di tener ferma in s la pace. Ed inuegahile, che chi sapesse veramente porsi dalf'angolo visuale stoico-huddista : chi dunque riuscisse veramente a sentir-c come indifferenti tutte le cose esteriori, ricchezza o povert, malattia o salute, vita o' morte; chi per di pi riuscisse a C0011Siderarsi unicamente come nel puntuale momento presente di vita e a proporsi quale fine supremo quello di tener ferma in quel puntuale momento, ad ogni costo,
33 :" ...

l'REFAZIONE

la pacc intcrioro, o la scrcnit ; costui la fclicit assoluta, sicura, perfetta l'ha in


p\l~110'.

Ma (la ci conseguo nuche che non si escludere che, sullo stoicismo, come 8111 huddismo (56) e sul cinismo, incomba il pericolo che il s da mantenere ad ogni costo in istato di tranquillit e d'llppa~mnellto, diventi un punto ancora pi intimo', interno, retrostante che non l'attivit razionale-morale; che anche virt e vizio, diventino un ({esterno rispetto a questo punto pi intimo' dell'io e quin,li lUI indifferente; che la pace e la inconcussa serenit dclI'allimo, da conservar tale di fronte a tutte le cose esterne , sia da mantenersi anche di fronte a quelle cose, ora diventate esse pure esterne , che sono il vizio e la virt, e quindi anche nell'abbandono ai desideri e alle passioni c sotto la tirannia di queste, come sotto la tirannia d'un uomo. L'accentuazioue della pace dell'anima, o atarassia l), come' bene supremo, minaccia di portare alla conseguenza che hasta dunque conservare essa ad ogni costo anche sotto la presa di tendenze passionali, ed anzi quindi ahhandonandosi ad esse rassegnatamente, come ad uno degli altri opinati mali, (morte, malattie) che s'oqn .39.

MANUALE

DI

EPITTETO

no in natura. Minaccia di portare cio alla conclusione che elemento dell'atarassia anche quella rassegnata accettazione dei propri incorreggibili difetti, di cui parla Scliopenhauer, consegucnza del concet1.0 che l'uomo non che un fenomeno delI'inuuutnbile volont (57). Ma con ci la tensione volontaristicn stoica si capovolgerebbe nel quictisnio (lena morale mystique quale ]a lleIi nea Vlaeterlillk (58). E 8010 pu salvare lo stoicismo da questo pericolo il tener Fermo il pensiero che l'abbandono alle pussioui cosa selllprc in s cos Iehbri le c divorante da non poter mai esser accompagnata da quella tranquillit e rassegnazione che SOllOnecessarie alla pace dol l'auimo. Pensiero che appunto sempre presente allo stoicismo. (l Motus turbulcut iactationesquc animorum incitatae et impctu iuconsiderato clatae, rationem omnem repellentes, vitae beatae nullam parteui relinquunt .... Illum quem Iihidnibus inflummatum et fu- . reutem vidimus, oinnia rabide appatentem CUl11 inexplebilf cupiditate, quoquc affuentius voluptates uudique hauriat, eo gravius ardentiusque sit ienteiu, 1l01l1W recte miserrinunn dixeris? (59). E pensiero che anche dominante nell'Imitazione di Cristo, Quis te magis impedit
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et molestat quam tua immortificata affeio cordis? Qualldocllmque homo aliquid inordinate appctit, statirn in se inquiotus filo (60).
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Ora, non vi fu forse epoca storica che pi della nostra somigli, per l'una o Taltra ragione, a quella della Grecia dopo Alessandro, 0' a quella di alcuni periodi delf'impero romano. Epoca, anche quel'la, come quelle, di disfacimento politico, cl i corrutcla enorme, di sfrenatezza incoercibile, di proli ti e immensi guadagni e facile sperpero, di passione dominante per i circenses o lo sport, di evidente instabilit, cos uell'aspetto territoriale degli Stati, come nel loro' equilibrio reciproco e nella loro sistemazione interna, di oscillazione degli stessi fondamenti del vivere politico e sociale; epoca quindi in cui sparito completamente il scuso di sicurezza che si aveva ancora dieci anni fa, di posare su di un suolo fermo e sulla cui so.lirlit si poteva anclro all'indomani contare, c ad esso si invece sostituito il senso di incertezza su ci che il destino dal punto di vista della patria, della vita politica, della stessa vita individuale, doman i ci apporter. Quemquam invenire ho

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MANUALI,

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F.PITTF.TO

cuius res tam hcnc positae Iundatacque si nt , ut nihil .illi procedente rempore timcndum sit? LaLRlIt humana ac fluunt, ncquc \IIJa pars vitae nostrun tam ohnoxia aut tenera est quam quae maxirne p.Iacet : ideoque felioissimis optanda mors est, qu ia in tanta iuconstantia turbaque rerum nih il nisi quod praereriit certum cst (61). Queste parole di Sencca so 110' "~jdiveJlute di attualit nel tempo nostro, nel quale, pi che in altri, un numero stermina lo di persone non pu a meno di sentirsi spuntare nell'animo lo stesso pensiero che esse esprimono. - Per tutto questo appunto ritengo che lo stoicismo possegga oggi la massima verit relativa c per questo mi son sentito spinto a ferrnarrui su di un testo stoico. Possa anche la rif'lessione sullo stoici:"1110 giovare a rettificare la concezione prHtica oggi dominante del ({volontarismo , che viene inteso come pura e semplice impulsivit, conre obbedienza ai propri impulsi capricciosi e irragionati, e come innalzamento di essi, appunto per l'unica ragione che sono impulsi ed impulsi violenti, moti di passione, anzi passione l), al grado di verit assolute. Un tale volontarisino o p assiona lismo l), che ha, del resto, anche la condanna dei Iibri sarlie potes, .42.

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