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MINIMA/VOLTI

N.

Collana diretta da Pierre Dalla Vigna e Luca Taddio

MARIO PERNIOLA

DA BERLUSCONI A MONTI Disaccordi imperfetti

MINIMA/VOLTI

Questo testo pu essere liberamente riprodotto e tradotto parzialmente o totalmente con lindicazione di origine (autore, titolo, editore e data).

Some rights reserved 2012 MIMESIS EDIZIONI (Milano Udine) Collana: Minima/Volti, n. Isbn: www.mimesisedizioni.it Via Risorgimento, 33 20099 Sesto San Giovanni (MI) Telefono e fax: +39 02 89403935 E-mail: mimesis@mimesisedizioni.it

INDICE

PREMESSA DA BERLUSCONI A MONTI. NESSUNA INVERSIONE DI TENDENZA Disaccordi imperfetti Il declassamento Perch bisogna crescere? Un ultimo vecchiume: il cattolicesimo Soft power in Cina e menefreghismo in Italia Bibliograa BERLUSCONI O IL '68 REALIZZATO La politica pu essere fatta da tutti Non lavorate mai! La ne della famiglia La ne della scuola La ne delluniversit e della borghesia Lespropriazione della salute Disprezzo o rispetto verso la cultura? Gli intellettuali da nona categoria puzzolente a spina dorsale della nazione Processi di civilizzazione in Cina e dimbarbarimento in Italia

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Possiamo essere indignati? Bibliograa I DISASTRI DELLIMMAGINAZIONE (AL POTERE) di Alberto Scarponi AFFINIT ELETTIVE. RISPOSTE DELLAUTORE ALLE CRITICHE Bibliograa APPENDICE Una falsa polemica. Risposta a Franco Berardi (Bifo)

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PREMESSA

Lautore ringrazia i lettori che attraverso articoli, lettere, E-mail, blog, hanno espresso apprezzamenti, obiezioni e critiche al mio testo Berlusconi o il 68 realizzato e alla trasmissione Linfedele di Gad Lerner del 19 dicembre 2011, cui ha partecipato personalmente. In particolare sono grato a questultimo per avere fatto trasporre fedelmente in un video molto efcace i contenuti del mio pamphlet. Il presente libro contiene un saggio sulla situazione politica italiana successiva alle dimissioni di Berlusconi nel novembre 2011, la ristampa del testo suddetto, sottoposto allattenta revisione sintattica del prof. Sergio Moretti, amico di tempi lontani, cui va la mia gratitudine cos come a mia sorella Ang che ha riletto il resto, il commento di Alberto Scarponi, che ha saputo riassumere ed interpretare le mie tesi con maggiore chiarezza e concisione di quanto io abbia fatto, le mie risposte alle osservazioni pi pertinenti, nonch in appendice la mia replica alle critiche di Franco Berardi (Bifo). Roma, 10 settembre 2012

DA BERLUSCONI A MONTI NESSUNA INVERSIONE DI TENDENZA

Se il governo Monti salver lItalia dalla catastrofe economica, questo sar un suo grande merito. Se il suo governo dar a tutti la possibilit di soddisfare i bisogni fondamentali, avr gettato la base della famosa piramide dello psicologo statunitense Abraham Maslow. Essi sono il respirare, il cibo, lacqua, il sesso, il sonno, lomeostasi biologica e lescrezione. Ma questi non sono ancora sufcienti per garantire una vita umana. Un gradino pi su stanno la sicurezza sica, il lavoro, le risorse per condurre una vita decente, la moralit, la possibilit di avere una famiglia, la salute e la propriet. Qui le cose diventano pi difcili: infatti, il tracollo economico nelle societ complesse la conseguenza della rovina culturale, sociale e morale, nella quale sprofondato tutto lOccidente. Nessuno, per quanto ottimista, pu ragionevolmente aspettarsi dal governo Monti la soddisfazione di questi bisogni, i quali a loro volta non sono ancora sufcienti per garantire una vita degna di essere vissuta, la quale implica, come gi disse Aristotele (Metasica, I, 982b 22-24), benessere e agiatezza, cio amicizia, assistenza, intimit sessuale, padronanza e stima di se stessi, rispetto reciproco nei
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confronti del prossimo, accettazione dei fatti, capacit di risolvere i problemi e di pensare con la propria testa. Disaccordi imperfetti Tra il governo Monti e i governi Berlusconi c stato almeno apparentemente un disaccordo. Ma che cos il disaccordo? Secondo il losofo francese Jacques Rancire, il disaccordo qualcosa di diverso dallincomprensione, dal fraintendimento e dal malinteso. Il disaccordo scrive Rancire non il conitto tra chi dice bianco e chi dice nero: il conitto tra colui che dice bianco e colui che dice bianco, ma non intende la medesima cosa, o non capisce che laltro sotto il nome di bianco sta dicendo la medesima cosa. Ora siamo proprio sicuri che essi intendano con la parola bianco due cose diverse? Qualcuno, come Valter Binaghi, lo nega. A suo avviso, Monti e i suoi mandanti sarebbero lespressione di una zona oscura e inaccessibile tanto ai profani quanto agli studiosi, che costituisce una specie di cupola politica, militare e nanziaria, formata dai vincitori della seconda guerra mondiale e dalle organizzazioni mondiali che da queste emanano. Se fosse cos, gli italiani sarebbero ancora riusciti a passare dalla parte dei vincitori, inltrando in queste organizzazioni uomini capaci di stare con un piede in due staffe, cosa che il parvenu Berlusconi non era in grado di fare. Sicch con la parola bianco Berlusconi e Monti intendono proprio la stessa cosa, e quindi tra loro non ci sarebbe nessun disaccordo o per lo meno questo disaccordo riguarderebbe solo la tattica seguita per giungere al medesimo ne.

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Parlando fuori di metafora, qual dunque questo ne? Leliminazione del sistema scientico-professionale che garantiva la mobilit sociale verticale e lesistenza stessa della borghesia insieme allimmiserimento del proletariato privato di ogni assistenza pubblica e protezione sindacale. Questa profonda e radicale destabilizzazione delle classi medie e del salariato un processo in atto in tutto il mondo euro-americano dai primi anni Ottanta del Novecento. Si tratta di una rivoluzione strutturale del capitalismo mondiale, favorita dalla globalizzazione, dallinformatizzazione della societ e dalla potenza delle mae, la cui colpa non pu essere attribuita n a Berlusconi n a Monti, i quali anzi hanno cercato di salvare il salvabile del vecchio mondo evitando di scatenare uninsurrezione generale. Finora mi sembra che ci siano riusciti seguendo tattiche differenti: Berlusconi cavalcando il mito del consumismo edonistico e dellinfotainment mediatico e Monti attraverso i miti dellefcienza tecnocratica e di una politica economica giusta. Ma chiaro che non nelle loro possibilit operare uninversione di tendenza e tantomeno delineare una strategia alternativa al mainstream globale. Su questo punto mi trovo daccordo con Costanzo Preve, quando osserva che la borghesia un soggetto sociale dialettico e contradditorio, e invece il capitalismo un processo anonimo e impersonale rivolto soltanto al proprio autoaccrescimento illimitato, ma non accetto la sua critica di avere soltanto sorato il problema e tantomeno condivido la sua ira nei confronti della corruzione degli intellettuali di sinistra [] profonda e incurabile. Questo atteggiamento fa parte di quella ideologia della rottura, che da sempre caratterizza il settarismo, ma che dal 68 in poi si nutrita di un individualismo esasperato.
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Il declassamento Per chi ha conservato o ereditato la mentalit del Glorioso Trentennio (1945-75), perpetuata in mala fede dallideologia neo-liberale nel trentennio successivo, secondo la quale le societ euro-americane avrebbero portato ad una progressiva scomparsa delle classi sociali, a favore della formazione di una classe media, caratterizzata dalla acquisizione della propriet della casa, dallaccesso al consumo di massa, dalla generalizzazione di una cultura media, dalla mobilit sociale verticale attraverso luniversit, dallaumento dei salari attraverso la scala mobile, dal miglioramento del servizio sanitario nazionale ecc. ecc., il tracollo di questo mito un trauma di dimensioni immani. Eppure il declino della classe media e la perdita dellidentit proletaria sono fenomeni che risalgono ai primi anni Ottanta e sono contemporanei allelezione di Ronald Reagan alla presidenza degli USA e di Margaret Thatcher alla carica di primo ministro nel Regno Unito. Gli economisti hanno realizzato una rappresentazione graca di tale processo descrivendo il passaggio da un modello a mongolera in cui la classe media la pi numerosa ad un modello a clessidra caratterizzato da un progressivo impoverimento di questa. Nella letteratura sociologica anglosassone questo fenomeno chiamato con la colorita espressione middle-class squeeze. Si deve al sociologo francese Jean Lojkine uno degli studi pi approfonditi e documentati di questa profondo sovvertimento sociale. Nel volume Ladieu la classe moyenne, egli mostra la debolezza della tesi comunista, secondo cui le classe intermedie sono delle entit provvisorie destinate a cadere nella condizione proletaria, perch questa a sua
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volta dissestata e sconnessa. Ma ugualmente fragile la tesi socialdemocratica secondo cui lo sviluppo del capitalismo porterebbe alla crescita delle classi medie. Ne deriva che oggi tanto la classe media quanto quella popolare non si sentono pi protette n dai comunisti (irrigiditi nelle classica contrapposizione frontale tra borghesia e proletariato) n dai socialdemocratici (diventati a loro volta neoliberali). Il venir meno di questi tradizionali ancoraggi porta acqua (cio voti) alla cosiddetta antipolitica, allastensionismo, al populismo ultra-egualitario che prescinde da ogni differenza, allantisemitismo, al localismo narrow-minded, al nazionalismo parossistico, alla xenofobia, allanti-globalismo La moltiplicazione ed estrema frammentazione delle condizioni di lavoro, unito alla pressione dei bisogni pi elementari, impedisce la nascita di effettive solidariet, condizione fondamentale di ogni lotta, e riduce i singoli in una condizione di solitudine, di depressione, di egoismo individualistico, annullando lautostima e la ducia in se stessi. La nozione fondamentale su cui regge la teoria di Lojkine quella di capitalismo informativo (informationnel), differente dal capitalismo informatico. La chiave per comprendere la societ attuale non sta nellinformatizzazione, ma nellesclusione della classe media da ogni processo decisionale di rilevanza strategica. Occorre innanzitutto tenere presente la distinzione del lavoro salariato in quattro categorie: dirigenti, quadri, impiegati, operai. Secondo Lojkine, esistono tre tipi dinformazione: strategica, tattica e operativa. La prima concerne la visione dinsieme e coloro che ne sono depositari; la seconda serve ad organizzare e a diffondere ci che deve essere eseguito; la terza riguarda le conoscenze per eseguire ci che stato
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ordinato di fare. Ora osserva Lojkine il capitalismo neo-liberale esclude perno i dirigenti dalle decisioni strategiche: il direttore di una fabbrica non sa nulla circa le decisioni strategiche prese dalla propriet che potrebbe da un momento allaltro chiudere non solo la sua fabbrica, ma addirittura tutte quelle del suo gruppo, senza nemmeno averlo consultato. Il declassamento comincia quindi dai vertici della classe media. Qualcosa di analogo avviene anche nel servizio pubblico, al quale viene via via tolto ogni potere decisionale strategico (lautogoverno) perno in settori chiave come luniversit, la scuola, la sanit e la magistratura, gli ordini professionali per demandarlo alla politica o alla statistica! Scendendo nella scala gerarchica, ci si trova dinanzi ad un arcipelago molto complesso di cui i primi ad essere colpiti sono i quadri, il cui salario diminuisce dalla ne degli anni Novanta e il cui status diventa sempre pi precario. Il loro potere disciplinare sugli esecutori minato dal management partecipativo e la divisione tra quadri e operai diventa uida, anche a causa di fattori tecnici, che riducono spesso il lavoro di un ingegnere alla mera esecuzione di procedure standard. Ciononostante da ci non nasce nessuna solidariet tra quadri ed operai. Il declassamento tocca gli impiegati anche nei livelli pi alti di questa categoria, i funzionari, che in passato svolgevano un ruolo duciario nei confronti della direzione. Quanto agli insegnanti, il declino sociale della loro professione un dato costante: lintero sistema scolastico screditato con conseguenze catastroche per la societ del suo insieme. Lojkine conduce una critica serrata alla nozione di capitale culturale elaborata da Pierre Bourdieu, il quale avrebbe illuso questa categoria di essere una classe eco14

nomicamente dominata ma simbolicamente dominante. Il declassamento della classe operaia passa attraverso tre fattori: la crisi dellidentit operaia, il dissolvimento della comunit operaia, linefcacia dellazione sindacale. C stato un completo sconvolgimento delle regole del gioco che ordinavano i rapporti tra movimento operaio, stato e padronato. Ci spiega la disaffezione della classe operaia nei confronti dei partiti politici che tradizionalmente si sono posti come suoi rappresentanti. Il declassamento della condizione operaia ha come conseguenza la ricerca di un capro espiatorio negli extra-comunitari, i quali a loro volta costituiscono una galassia gerarchica estremamente complessa. Al di sotto di questi stanno i senza-tetto che rappresentano lultimo stadio del declassamento sociale, ma anche sotto certi aspetti la condizione pi emblematica allepoca del capitalismo neo-liberale. La teoria che pensa la societ moderna sulla base della distinzione statica tra inclusi ed esclusi, nisce col fare una sola distinzione: coloro che hanno un tetto sarebbero tutti compresi nella prima classe e perci integrati in una societ che sar sempre pi prospera, dopo aver superato una crisi congiunturale. La percezione del declassamento stata in Italia molto pi lenta che negli altri paesi dellOccidente per una serie di ragioni. Per molti decenni e specie negli anni Ottanta, il paese ha vissuto molto al di sopra delle proprie risorse in virt del ruolo strategico che occupava nello scacchiere mondiale a causa del conitto tra USA e URSS: il cosiddetto consociativismo allitaliana si basava sul fatto che i partiti politici della Prima Repubblica non erano veramente nemici, ma si accordavano a spese del debito pubblico. Dissolta lUnione Sovietica, limportanza strategica dellItalia stata fortemente ridimensionata, ma lantico
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andazzo continuato. In secondo luogo, lo spettro del brigatismo e della sinistra extraparlamentare ha consentito che i sindacati conservassero un ruolo importante pi a lungo che in altri paesi anche dopo il 1975, considerato dagli economisti francesi lanno che segna linizio del loro declino. In terzo luogo, leconomia sommersa, la forza di alcune lobbies, il lassismo scale ha permesso a moltissimi di mantenere un tenore di vita elevato almeno no alla ne del millennio. Inne le mae hanno spesso funzionato in molte regioni come agenzie di protezione per imprese, aziende e singoli operatori economici. In tutto questo periodo ad accorgersi del progressivo declassamento sono stati i possessori del cosiddetto capitale culturale (soprattutto gli insegnanti), mentre i professori universitari si sono suicidati non sapendo resistere ad una coalizione anti-intellettuale, che univa lo spirito sessantottesco, lostilit tradizionale nei confronti della classe dei colti e laziendalismo neo-liberale. Quanto ai giornalisti hanno aperto gli occhi da poco. Uno dei tanti meriti del governo Monti di avere svegliato gli italiani dallincanto delle magniche sorti e progressive, che durato quasi sessantanni, approssimativamente la mediana delle vite umane. Egli ha posto gli italiani dinanzi alla cruda realt del declassamento delle classi medie e allimmiserimento delle classi disagiate. Un punto fragile del suo governo il fatto di essere in gran parte composto da persone che appartengono all'upper class; anche se vero che mettendo la loro attivit al servizio del paese guadagneranno molto meno, questo mancato introito sar compensato dallenorme crescita del loro capitale di visibilit. Se questo si riveler per loro un vantaggio o un danno, dipender dal modo in cui sapranno
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metterlo a frutto, vale a dire dalla conoscenza che hanno delle logiche della comunicazione massmediatica. Daltra parte mi sembra difcile negare che una plutocrazia (il governo dei ricchi) sia meglio di una cleptocrazia (il governo dei ladri). Un altro punto fragile del governo Monti la mancanza di soft power, cio dellindicazione di un progetto sociale e culturale diverso dallinvito a pagare le tasse e a consumare di pi. Come sostenevano nellOttocento i cosiddetti dottrinari (Franois Guizot, Victor Cousin, Charles de Rmusat), considerati come i tecnici del regime costituzionale, il potere usso, produzione di intelligibilit e lavoro di autorappresentazione. Non diversamente oggi per il sociologo tedesco Jan Philipp Reemtsma, il potere basato su un rapporto di ducia reciproca tra governanti e governati; questo produce un tessuto di azioni interdipendenti di natura morale e culturale che implicano un progetto di quella che dovrebbe essere una vita degna di essere vissuta. In altre parole, la tecnocrazia deve avere un volto umano, per parafrasare lespressione adoperata a proposito della cosiddetta Primavera di Praga del 1968 (il socialismo dal volto umano). Leccezione rappresentata dallo storico Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e integrazione, che il portatore di unidea di societ ancorata al cattolicesimo, ma non angustamente confessionale, bigotta e bacchettona. Se io mi sono deciso a scrivere questo libretto perch ho seguito il suo invito: Per chi ha delle idee per il Paese venuto il momento di metterle a disposizione.

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Perch bisogna crescere? Linvito al consumismo mascherato con uningiunzione alla crescita rivolto ad una societ che si immiserisce sempre pi, assomiglia alla frase evangelica alzati e cammina!. Certo il miracolismo un aspetto fondamentale non solo della comunicazione, ma anche dellesperienza della fragilit e della precariet della vita umana. Lasciando da parte linterrogativo sul carattere pi meno miracoloso della crescita, si pone la domanda fondamentale: perch bisogna crescere? Sembra che gli italiani si siano dimenticati della gura dellimprenditore e studioso Aurelio Peccei (1908-1984), il quale n dai primi anni Settanta del Novecento mise in guardia contro i pericoli del mito di una crescita illimitata. Com noto, egli fu tra i fondatori del Club di Roma, il quale commission al Massachusetts Institute of Technology (MIT) il famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo, pubblicato per la prima volta nel 1972 e poi ripetutamente aggiornato nei trentanni successivi col titolo Oltre i limiti dello sviluppo. In questo volume si sostiene che lo sviluppo del nostro pianeta ha dei limiti, oltre i quali sar inevitabile la rottura dellequilibrio globale, in tutti i suoi aspetti (demograci, ecologici, alimentari, economici, tecnologici) con quelle conseguenze catastroche (crisi creditizia, crollo di ducia dei mercati borsistici, licenziamenti, disoccupazione e immiserimento) che si stanno puntualmente vericando. La forza del capitalismo populistico tuttavia tale da oscurare queste evidenze. La percezione dei limiti della crescita oscurata da una zavorra politica e culturale che ragiona secondo categorie completamente svuotate dal loro signicato originario (come destra-sinistra, conserva18

torismo-progressismo, riforma-rivoluzione, maschilismofemminismo, pacismo-bellicismo, laicismo-clericalismo, e cos via). In termini marxisti, si potrebbe dire che tutte queste sono contraddizioni secondarie (Nebenwiderspruchen) che nascondono la contraddizione fondamentale (Hauptwiderspruch) tra i rapporti di produzione imposti da ristrettissima upper class e le forze produttive di un proletariato straccione (Lumpenproletariat). Perno la upper middle class professionale e dirigenziale correr sempre pi il rischio di trovarsi in una situazione economicamente e socialmente precaria. Guy Debord nei primi anni Settanta era arrivato alle stesse conclusioni del Club di Roma. Nel testo La plante malade (1971) sostiene che il capitalismo non pu pi sviluppare le forze produttive [] qualitativamente, ma solo quantitativamente. Quando il capitalismo non riesce a fornire pi nulla di qualitativamente valido, la spinta progressiva da cui nato si completamente esaurita. Oggi avviene proprio ci che Debord descrive: per la societ della spettacolo solo il quantitativo il serio, il misurabile, leffettivo; il qualitativo non che lincerta decorazione soggettiva o artistica del vero reale stimato al suo vero prezzo. Per il pensiero dialettico al contrario [] il qualitativo la pi decisiva dimensione dello sviluppo reale. Lottimismo scientico del XIX secolo crollato: Oggi la paura ovunque, e non se ne uscir che condando sulle nostre proprie forze. Puntare sul qualitativo sembra perci lunica strategia possibile. A chi considera questa scelta come una manifestazione di passatismo, bisogna ricordare che lessere assolutamente moderno diventata la legge speciale proclamata dal tiranno!

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Quanto al regresso della upper middle class, lo stesso Debord la descrive molto chiaramente nella sceneggiatura del suo lm In girum imus nocte et consumimur igni (1978) nel testo che riporto qui sotto.
Per la prima volta nella storia, ecco degli agenti economici altamente specializzati che, al di fuori del loro lavoro, devono fare tutto da s: guidano loro le loro macchine e cominciano a pompare da s la loro benzina, fanno da s gli acquisti o ci che chiamano cucina, si servono da s nei supermercati come nei self-service che hanno sostituito i vagoni-ristorante. Senza dubbio la loro qualica molto indirettamente improduttiva ha potuto essere rapidamente acquisita, ma in seguito, quando hanno fornito il loro quoziente di orario di lavoro specializzato, tocca a loro fare con le proprie mani tutto il resto. La nostra epoca non ancora giunta a superare la famiglia, il denaro, la divisione del lavoro; e tuttavia si pu dire che la loro realt effettiva si sia gi per costoro quasi interamente dissolta, nel puro spossessamento. Uccelli che non hanno mai avuto preda e lhanno lasciata per il suo riesso. Il carattere illusorio delle ricchezze che la societ attuale pretende di distribuire sarebbe sufcientemente dimostrato, se non lo si fosse riconosciuto in tutte le altre cose, da questunica osservazione, che la prima volta che un sistema di tirannia tratta cos male i suoi famigli, i suoi esperti, i suoi buffoni. Servitori oberati dal vuoto, il vuoto li gratica in moneta a sua efgie. In altre parole, la prima volta che i poveri credono di fare parte di unlite economica, nonostante levidenza del contrario. Non soltanto lavorano, questi infelici spettatori, ma nessuno lavora per loro, e la gente che essi pagano meno di tutti: perch i fornitori si considerano piuttosto come i loro caporeparto, e giudicano se sono venuti abbastanza valorosamente allincetta dei surrogati che hanno il dovere di comprare.

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Lintimazione a crescere quantitativamente ma non qualitativamente ha suscitato in tutto lOccidente la protesta di coloro che hanno ancora conservato lidea di una vita degna di essere vissuta attraverso il ritorno a stili di vita premoderni, se non proprio volontariamente pauperistici, per lo meno anti-consumisti. Qualcuno dei miei critici, che ho citato nel capitolo Afnit elettive. Risposte dellautore alle critiche, proponeva quanto segue: il sistema tenuto in vita da quelli che aspirano a diventare ricchi (e non lo diventeranno mai, tranne uno su mille che serve a mantenere lillusione). Se la gente si convertisse alla sobriet e smettesse di servire la cupidigia, il sistema si estinguerebbe per mancanza di combustibile. Ora avviene una cosa veramente interessante per gli studiosi dei blog e dei social network: ritornando su quel blog, vedo che tale osservazione scomparsa, insieme a molti altri commenti! Questo fatto qualcosa su cui vale la pena di riettere, perch riafferma il primato della carta stampata sulla Comunicazione Mediata dal Computer o CMC (Computer Mediated Communication). Infatti impossibile far sparire un testo cartaceo pubblicato (qualche copia sopravvive a tutti i roghi!), mentre i critici online, che hanno scritto di getto la prima cosa che veniva loro in mente, possono farla sparire in qualsiasi momento! Questa possibilit getta discredito sui blog e sui social network e riafferma la validit del proverbio: scripta manent, verba volant. La CMC, per quanto scritta, cos assimilabile alla parola, con tutte le conseguenze che ne derivano, specie per quanto riguarda la difesa dellanonimato in Internet, che oggi fortemente contestata sul piano giuridico. Peccato, perch losservazione, di cui lautore del blog in questione si pentito, acuta; essa esprime un movi21

mento globale noto sotto letichetta di survivalism, composto da coloro che appunto in previsione della catastrofe mondiale si preparano a sopravvivere in condizioni estreme. Sono chiamati preppers. Si tratta di una galassia molto ampia ed articolata che va da coloro che si costruiscono un bunker antiatomico perfettamente attrezzato a coloro che invece immaginano la loro sopravvivenza in un luogo selvaggio e inospitale, dai seguaci delle sette apocalittiche ai pauperisti volontari. Pi interessanti mi sembrano le reti di ospitalit mondiali, come il WWOOF, World-Wide Opportunities on Organic Farms (Opportunit globali nelle fattorie biologiche), unorganizzazione che mette in contatto le fattorie con chi voglia, viaggiando, offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio, soprattutto perch risulta evidente il riuto della logica della crescita quantitativa ad ogni costo. Ma anche qui non mancano le sorprese. Un mio amico scandinavo, convinto sostenitore del ritorno alla campagna, sta costruendo con enorme fatica una casa di legno sul terreno dei suoi antenati in una zona impervia e abbandonata della Norvegia; qualche giorno fa ho trovato in Internet la fotograa dei ruderi in pietra della casa dove nacque suo nonno, che si trovano proprio accanto alla sua nuova costruzione! Forse qualcuno lo ha preceduto con lintenzione di impiantare un agriturismo in questa zona di boschi e di ruscelli effettivamente bellissima! Un ultimo vecchiume: il cattolicesimo Dopo aver distrutto la scuola, luniversit, le categorie socio-professionali, la classe operaia, il sindacato, la piccola imprenditoria, il piccolo commercio, il sistema sani22

tario, la famiglia, il giornalismo indipendente il capitalismo populistico si trova dinanzi ad un ultimo vecchiume: il cattolicesimo. Lo stesso discorso vale anche per le altre confessioni storiche (lebraismo, le chiese protestanti come il luteranesimo, il calvinismo, langlicanesimo, i riti afro-brasiliani): tutte queste dovrebbero essere rimpiazzate dallesoterismo, la New Age e le sette, fenomeni che sono perfettamente in linea con il suo oscurantismo illusionistico che si spaccia per progressivo e che promette la pace interiore e lentusiasmo carismatico uniti allascesa sociale dei suoi fedeli. In altre parole le religioni intrise di elementi culturali e losoci dovrebbero essere sostituite dallignoranza deistica. Ora a proposito del cattolicesimo, quanto mai opportuno ricordare il proverbio aiutati che Dio ti aiuta o come diceva Ignazio di Loyola: Che la prima regola delle vostre azioni sia di agire, come se il successo dipendesse da voi e non da Dio; e di abbandonarvi a Dio, come se egli dovesse far tutto al vostro posto. Ci sono troppe cose nel cattolicesimo attuale che urtano la sensibilit religiosa, la quale ancor pi della losoa e dellarte, prospera solo in un clima di liberalit e di magnanimit. Troppe persone sono diventate allergiche ai dogmi e alle prediche, perch li considerano come manifestazioni di malafede e di ipocrisia. C nellintimazione a credere alcunch e a comportarsi in un certo modo qualcosa che contrasta fortemente con la grandezza di questa religione universale. Nel volume Del sentire cattolico, che uscir presto in traduzione tedesca ed araba, ho sostenuto che il cattolicesimo ha bisogno oggi di una svolta culturale, che metta in ombra lortodossia e lortoprassi, cio i dogmi e il moralismo,

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e si concentri sulla valorizzazione degli aspetti estetici e spirituali. Infatti, a mio avviso, sono tramontati sia il progressismo che ha ruotato intorno al Concilio Vaticano II (inuenzato dal protestantesimo liberale), sia lintegralismo degli anni Ottanta (inuenzato dal fondamentalismo americano protestante e da quello islamico). Il Giubileo del 2000 ha costituito un grande successo mediatico accompagnato da un grande fallimento spirituale: i due convegni cui ho partecipato in quellanno Il fenomeno religioso oggi allUniversit Urbaniana e Il Giubileo del Duemila organizzato dallUniversit La Sapienza hanno mostrato il malessere degli intellettuali nei confronti di una chiesa che non sa che farsene di loro. Infatti, laspetto cognitivo (la verit) e quello parenetico (la morale) sono gestiti in prima persona dal clero. Successivamente per sono avvenute due nuove circostanze. La prima consiste nel fatto che sono sempre pi numerosi nel mondo i cosiddetti cattolici culturali, cio quelli che si riconoscono nella cultura cattolica, ma non si curano dellapparato dogmatico-morale della chiesa; la seconda che si aperto nelle discipline socio-antropologiche un nuovo interesse nei confronti dei fenomeni religiosi, considerati come inseparabili dalle culture in cui nascono e oriscono. Molti studiosi ormai sinterrogano intorno allidentit cattolica e alla sua ridenizione. Oggi il pericolo maggiore per unautentica esperienza religiosa non proviene dallateismo, ma dallesoterismo, che la comunicazione massmediatica estesa al campo religioso, cio il sincretismo portato allestremo. Sotto la spinta della globalizzazione, simpone allattenzione del cattolicesimo il problema del suo rapporto con le religioni e le culture extra-europee, proprio perch il cattolicesi24

mo per denizione universale. Lapproccio culturale perci si muove in una direzione molto differente e perno opposta allecumenismo, che per pi di un secolo ha cercato senza successo di ristabilire lunit dei cristiani, individuando una serie di punti comuni in cui le tre grandi confessioni cristiane sarebbero dovute convergere. Lapproccio culturale invece sottolinea lidentit irriducibile dei caratteri specici del cattolicesimo, del protestantesimo e della chiesa ortodossa: esso segue un metodo losoco ritenendo che ogni esperienza religiosa debba essere considerata iuxta propria principia. E quindi contrario ad una specie di melting pot religioso, in cui tutto si confonde con tutto, come avviene nel sincretismo esoterico. Su questo argomento ho trovato molto interessanti le parole del monaco domenicano Claude Geffr, che in unintervista si esprime cos: Il racconto della Torre di Babele (Gn 11) testimonia la condanna delluomo che vuole costruire un regno uniforme al posto di Dio, eliminando la pluralit linguistica, culturale e religiosa e pi avanti: La religione si situa nel cuore della cultura e quindi bisogna collocare il vocabolario religioso nel suo contesto culturale, per renderlo comprensibile []. Se il messaggio universale, luditore sempre particolare, collocato in un contesto culturale e religioso determinato. Questo invito a conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri non deve far dimenticare che una gran parte dei cattolici non conosce pi nemmeno le proprie, e si pone in rivalit mimetica ora con il protestantesimo, ora con lislamismo, ora col mondo dei media. Molti mi hanno obiettato, dopo la lettura del mio libro Del sentire (Torino, Einaudi) che esiste un sentire laico indipendente e autonomo da qualsiasi premessa religiosa. A me sembra che il sentire laico sia
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la secolarizzazione di alcuni aspetti delle religioni pagane (specie di quella romana antica) o del Risveglio protestante del Settecento. Inoltre non vi dubbio che molte ideologie politiche ottocentesche e novecentesche siano state religioni civili molto fanatiche e sanguinarie. Soft power in Cina e menefreghismo in Italia Un mio critico (tale Macsmon) nel social network dedicato ai libri aNobii, si chiede a proposito della larga parte dedicata alla Rivoluzione culturale maoista e al suo superamento nel mio Berlusconi o il 68 realizzato: che centra tutta sta storia della Cina?. La risposta consiste nella contrapposizione tra i due modelli culturali opposti che aspirano allegemonia mondiale: quello statunitense (nel quale il neo-liberismo si imposto come egemonico) e quello cinese (il cui soft power, intriso di moderazione confuciana). Il mio testo Berlusconi o il 68 realizzato conferisce un cos grande rilievo alla storia cinese dal 1980 in poi, perch mostra che loscurantismo dei quattro vecchiumi sostenuto dalla Rivoluzione culturale maoista, che aveva escluso il paese dallo scacchiere geopolitico mondiale, stato superato dal 1980 in poi da una strategia globale complessa. Questa ha ridato un ruolo direttivo al pensiero progettuale, che implica un equilibrio tra soft power e hard power, comunemente denito come smart power. Una conferma della correttezza del mio punto di vista viene dal libro Tra poco la Cina dal sinologo Davide Cucino, il quale vive in Cina dalla ne degli anni Ottanta ed ha occupato incarichi di responsabilit presso molte organiz26

zazioni internazionali. Il soft power consiste nella capacit di adoperare tutti gli strumenti collegati alla storia, alla cultura, alle espressioni intellettuali, estetiche ed artistiche al ne di rafforzare lo spirito nazionale e di renderlo attraente per le altre nazioni. Cucino cita unespressione ricorrente nei discorsi dei leader cinesi che si propongono come obiettivo la costruzione di una societ moderatamente prospera (xiaokang shehui); questa espressione particolarmente interessante perch pone laccento sulla moderazione e non su una crescita innita. Tale strategia si attuata con la fondazione di Istituti Confucio in ogni parte del mondo (attualmente 350), con la creazione di canali televisivi in altre lingue (inglese, francese, spagnolo, arabo e russo), con edizioni online in lingua cinese presso i maggiori organi dinformazione internazionale, con la valorizzazione delle competenze di studiosi ed esperti in pensione, con una intensa attivit di promozione editoriale di traduzione di testi cinesi allestero e viceversa di testi occidentale in cinese, in modo di aumentare linuenza della cultura cinese in tutto il mondo. Mi ha particolarmente colpito la rivalutazione dellImpero cinese, che dur per ben 2500 anni, e la sua equiparazione allimpero romano, perch io stesso devo a tale confronto la pubblicazione del mio primo libro in cinese, Ritual Thinking. Sexuality, Death, World, (tradotto dalledizione inglese): in questo volume conferisco unimportanza primaria al rito come strumento di governo, un punto su cui convergono la mentalit romana antica e quella confuciana. Nonostante questo grandissimo sforzo di soft power, Cucino osserva che i risultati sono stati nora inferiori alle aspettative e perci ritiene che la strada che la Cina dovr percorrere per diventare una potenza egemonica sar ancora lunga. Tuttavia tra
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una civilt come quella cinese, che fa tesoro del proprio patrimonio millenario e unaltra come quella occidentale, che lo getta alle ortiche, facile prevedere quale sar lesito nale di questo confronto, che tanto pi assurdo in quanto i punti dincontro tra le due mentalit sono molteplici (dallo stoicismo a Matteo Ricci, dallarte militare dei Romani a Sun Tzu). Ecco perch la riessione sulla cultura cinese oggi pi che mai un nostro problema. In Italia la lotta oscurantista contro i vecchiumi non ancora nita. Si ridimensionano o addirittura si chiudono gli Istituti culturali allestero; nulla si fa per favorire la diffusione della lingua italiana, il cui insegnamento in molti paesi (Brasile, Australia) sostituito nellinsegnamento scolastico e universitario dalla lingua spagnola; dal 1 gennaio 2012 sono cessati i programmi autoprodotti da Rai International; non esiste un canale televisivo nazionale italiano in lingua inglese; laureati (spesso di paesi asiatici) che hanno acquisito una perfetta conoscenza della lingua italiana raramente trovano una possibilit di inserimento nella societ italiana (se non attraverso il matrimonio con italiani/e o come guide turistiche); difcilmente si utilizzano le competenze degli esperti, degli studiosi, di potenziali giornalisti free lance emigrati dallItalia allestero; la diffusione del pensiero italiano allestero dipende quasi interamente dalliniziativa dei singoli Parlando in termini neo-liberisti, si sperpera un capitale umano, culturale, simbolico che dir si voglia, di dimensioni vastissime, mentre si importano e si traducono le produzioni pi insulse (specie se nord-americane). Ci si azzuffa continuamente per cose provinciali e si resta attoniti quando gravi problemi trascurati da anni ma ben conosciuti da chi li dovrebbe risolvere arrivano al pun28

to di rottura; ci si riempie la bocca di parole altisonanti che sembrano derivare da una prospettiva globale, quando almeno dal 1992 nei partiti maggiori venuta meno la consapevolezza di appartenere ad un movimento politico internazionale. Un amico che ama le facezie propone lannessione dellItalia alla Germania o agli Stati Uniti: ma dubito che questi paesi ci vorrebbero. Solo la Chiesa cattolica e le mae hanno una visione globale; la prima, pur essendo dotata di un soft power molto arretrato e di mezzi economici poco trasparenti, resta lunica potenza universale legittima con sede nella nostra penisola. Le seconde possono invece disporre di un hard power non trascurabile e perno talvolta superiore a quello dello stato. Spesso si parlato della mancanza di responsabilit della classe dirigente italiana, denendola col nome spregiativo di menefreghismo. Ora essa potr essere irresponsabile, ignorante, riluttante, egoista, ottusa e quantaltro, ma non menefreghista. Generalmente si considera questo termine, quando adoperato in senso politico, come sinonimo di qualunquismo o di insensibilit sociale. Ma lorigine della parola indica proprio il contrario: un attivismo temerario ed impetuoso che se ne frega delle conseguenze degli atti eversivi, ribelli, illegali che intraprende. Lespressione attribuita a Gabriele DAnnunzio, del quale tutto si pu dire tranne che fosse un vile. Il motto ebbe un grande successo presso gli Arditi (ununit militare dassalto creata durante la Prima guerra mondiale) e acquist tutta la sua pregnanza sovversiva durante limpresa di Fiume (1919), in cui DAnnunzio guid 2600 arditi alla conquista della citt, annettendola di sua iniziativa al Regno dItalia. Questo signicato and anche potenziandosi nelle vicende successive, quando DAnnunzio entr in conitto aperto
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con governo italiano, proclamando uno stato indipendente La Reggenza italiana del Carnaro (1920). Lo stato italiano, in ossequio al trattato internazionale di Rapallo, intervenne militarmente per porre ne alla secessione nel famoso Natale di sangue del 1920. DAnnunzio e i legionari furono costretti ad abbandonare Fiume. Il termine fu adottato dal Fascismo; tuttavia una parte dei legionari di Fiume nellestate del 1921 costituirono gli Arditi del Popolo, di orientamento anarchico, guidati dal pluridecorato tenente Argo Secondari. Ora ci sar sicuramente qualcuno che in Internet scriver: cosa centra Monti con gli Arditi di Fiume? La connessione ovviamente non diretta, ma indiretta! Continuando cos il governo Monti corre il rischio di produrre dei disperati comerano gli Arditi fascisti e anarchici. Non si pu volere la botte piena e la moglie ubriaca (fuor di metafora, impoverire invitando alla crescita) senza un adeguato soft power, che spieghi che cosa si deve consumare e che cosa non si deve consumare. E paradossale che oggi Enrico Berlinguer, appaia un gigante politico anche a chi non lha mai amato, se non altro per il suo soft power anticonsumistico! In altre parole lausterit sostenuta da Berlinguer negli anni Settanta, era una precisa produzione di intelligibilit politico-sociale, coerente e comprensibile, non diversa dallidea della societ moderatamente prospera degli attuali dirigenti cinesi. Il soft power attuale occidentale invece dice: comprate quello che costa meno, servitevi dei professionisti, dei tecnici, degli esperti che hanno le parcelle pi basse, mangiate qualunque cosa cosa purch a buon mercato, viaggiate come bestie, lessenziale che consumiate, consumiate, consumiate quante pi schifezze possibile!
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La societ italiana vive oggi un momento di totale destabilizzazione, turbamento e sconforto. E una societ gona dira, di frustrazione e di rancore, che si sente declassata e in pericolo di cadere nella miseria, priva di una guida autorevole e credibile, demotivata e disprezzata nelle sue capacit e nelle sue competenze, non pi sicura di vivere in uno stato di diritto, terrorizzata giornalmente dal bombardamento mediatico di catastro naturali e culturali, individuali e sociali, spontanee o manipolate, avvilita dalla corruzione, taglieggiata dalle mae e dagli strozzini, in una sola parola una societ disperata. Questa societ prima o poi dir: me ne frego! proprio nel senso attivistico e temerario che alla parola dava DAnnunzio e gli Arditi di Fiume. Lascio al lettore trarre le conclusioni. Ma attenzione, non vedo nessuno che abbia il genio di DAnnunzio, n il coraggio degli Arditi, ma solo la loro irruenza. Sono sicuro che tutti i ministri del governo Monti (insieme a qualche altro milione di persone colte) siano (a differenza di molti ministri dei precedenti governi) senzaltro in grado di capire queste considerazioni di Francesco Guicciardini tratte dai Ricordi, con cui concludo il presente capitolo.
Grande differenzia da avere e sudditi malcontenti a avergli disperati. El malcontento se bene desidera di nuocerti, non si mette leggiermente in pericolo, ma aspetta le occasione, le quali talvolta non vengono mai; el disperato le va cercando e sollecitando, e entra precipitosamente in speranza e pratiche di fare novit; e per da quello thai a guardare di rado, da questo necessario guardarti sempre.

Nemi, 20 agosto 2012


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BERLUSCONI O IL 68 REALIZZATO

Sebbene io abbia una buona memoria per i cognomi, ce n uno che non riesco a ricordare, per quanto ricorra agli artici della mnemotecnica e mi eserciti spesso, appena mi sveglio, a ssarlo nella mente. Il posto del vero cognome preso da altri simili, secondo quel processo di rimozione, ben noto agli psicoanalisti, afne ai lapsus e alle sbadataggini, per il quale la parola cercata sostituita da unaltra simile. Cos il mio pensiero riesce a trovarlo solo attraverso una catena associativa che incomincia con Bernasconi, continua attraverso Bergonzoni, Bertinotti, Bilotti, Berlicche e nalmente arriva a quello giusto: Berlusconi. Mi sono spesso interrogato sulle ragioni di questo oblio, che in effetti abbastanza strano, trattandosi di un cognome portato da un personaggio noto anche allestero, ammirato da molti per la sua enorme ricchezza. Ho trovato due risposte a questa domanda. La prima rimanda al losofo greco Eraclito, secondo cui Col fuoco si scambiano tutte le cose e il fuoco si scambia con tutte, come loro si scambia con le merci e le merci con loro (Diels, 90) . Ora avendo loro (e quindi il denaro) un carattere astratto perch lequivalente generale attraverso cui si scambiano tutte le merci, chi ne possiede moltissimo perde la sua
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concretezza e diventa astratto e innominabile come il denaro che possiede. Ma tendo a credere che, accanto a questa spiegazione, la quale ha le sue radici nel marxismo, ce ne sia unaltra pi pertinente, connessa con le vicende politico-sociali degli ultimi quarantanni e con la loro rimozione. Berlusconi, e qui adopero un nome proprio per indicare ci che egli rappresenta, secondo la gura retorica della sineddoche, che indica la parte per il tutto, come quando si adopera la parola vela al posto di barca, sarebbe la realizzazione del programma di quel movimento che viene chiamato il Sessantotto, con riferimento alla rivolta studentesca parigina del Maggio di quellanno, la quale ebbe risonanza mondiale e ne espresse i contenuti pi radicali. La politica pu essere fatta da tutti Quali erano questi contenuti? Il primo lidea che la politica pu essere fatta da tutti e non richiede nessuna preparazione specica, nessuna scuola di partito, e nemmeno lo studio di Tucidide, Tacito, Machiavelli, Guicciardini, Botero, Hobbes, Gracin e Clausewitz. Occorre precisare che coloro che espressero meglio il Maggio o meglio coloro nei quali il Maggio si espresse, non furono i leninisti o i trotskisti, ma un nuovo tipo di rivoluzionari che aveva il suo punto di riferimento nei neo-anarchici e nel Mouvement du 22 Mars : tra i primi e i secondi esisteva un fossato. Mentre i rivoluzionari del primo tipo, basandosi sul testo Che fare? di Lenin, sostenevano che il proletariato poteva essere innalzato alla prospettiva rivoluzionaria solo dallazione di una minoranza dirigente preparata e colta, i
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secondi riutavano categoricamente ogni comitato direttivo permanente, ritenendo che lemancipazione del proletariato dovesse essere necessariamente opera sua, e soltanto sua. Mentre il programma dei primi prevedeva lesistenza di una transizione verso il comunismo, caratterizzato dalla dittatura del partito, al quale il proletariato delega il suo potere, per i secondi la rivoluzione segna la ne del proletariato in quanto tale e lavvento dellorganizzazione del Consigli, formati da rappresentanti destituibili in ogni momento. Le radici storiche dello spirito del Sessantotto stanno perci non nel leninismo, e tanto meno nel marxismo, ma in un altro lone del movimento operaio e socialista che si espresso con la massima chiarezza nei testi dellanarchico polacco Jan Wacaw Machajski (18661926). A suo avviso, gli intellettuali costituivano un nemico della classe operaia altrettanto pericoloso quanto il capitalismo. Lodio nei confronti del sapere si era gi espresso durante la Rivoluzione francese nella famosa frase: La Rpublique na pas besoin de savants (La Repubblica non ha bisogno di sapienti). Questa frase sarebbe stata pronunciata da JeanBaptiste Cofnhal, vice presidente del tribunale rivoluzionario, nella sua requisitoria contro Antoine-Laurent Lavoisier, condannato a morte e giustiziato l8 maggio 1794. Sembra che al padre della chimica moderna non sia stato nemmeno concesso un rinvio dellesecuzione per portare a termine un esperimento chimico in corso. Certo che questa frase, per cui Cofnhal passato alla storia, non gli port fortuna, perch qualche mese dopo, il 6 agosto dello stesso anno, fu lui stesso condannato e giustiziato. Un paio danni dopo, la Congiura degli Uguali, promossa da Gracchus Babeuf, da Filippo Buonarroti e dai loro seguaci,
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sostenne che ogni preminenza intellettuale costituiva un attentato alleguaglianza tra gli uomini. Ovviamente questo progetto non poteva realizzarsi immediatamente, ma implicava un direttorio segreto capace di imporre questa eguaglianza. Non diversamente Berlusconi pensa che chiunque possa esercitare le funzioni di deputato, sottosegretario e ministro e che dipenda da lui deciderlo. Egli ha esteso alla politica il programma che il poeta franco-uruguaiano Lautramont (1846 - 1870) aveva applicato alla letteratura: La poesia deve essere fatta da tutti non da uno. Il trionfo del dilettantismo politico il duplicato del dilettantismo poetico. Qualche decennio dopo, lo stesso proclama era stato esteso allarte: per Dada, un movimento artistico sviluppatosi tra 1916 e il 1920, non ci vuole nessuna particolare competenza artistica per fare unopera darte. Dagli anni Sessanta del Novecento in poi il professionismo diventa oggetto di una critica che non risparmia nessuna attivit, nemmeno quelle artigianali e tecniche. Inne per lartista Andy Wahrol (1928-87) chiunque pu essere famoso per un quarto dora. Siamo entrati nellultima fase del populismo, quella divistica. Facebook e altri social networks simili mettono il divismo alla portata di tutti. Pu sembrare sorprendente e perno incongruo considerare Berlusconi come colui che ha realizzato ci che il Sessantotto aveva sostenuto. Eppure per chi ha vissuto allinterno di quel movimento, non difcile trovare in lui quella volont di potenza, quel trionfalismo farneticante, quella estrema determinazione di destabilizzare tutta la societ da cui il Sessantotto fu pervaso. Fine del lavoro e della famiglia, descolarizzazione, distruzione delluniversit, deregolamentazione della sessualit, contro-cultura,
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discredito delle competenze mediche e crollo delle strutture sanitarie, ostilit nei confronti delle istituzioni giudiziarie considerate come repressive, vitalismo giovanilistico, trionfo della comunicazione massmediatica, oblio della storia e presentismo spontaneistico, tutto ci ormai diventato realt. Con Berlusconi si chiude un periodo storico iniziato negli anni Sessanta, nel quale le basi logiche del pensare e dellagire sono state sostituite da un sentire collettivo manipolato e delirante, lunatico e stravagante. Non lavorate mai! Sebbene Berlusconi sia stato lungo tutta la sua vita un lavoratore instancabile, egli ha consentito alla maggior parte dei giovani di realizzare la famosa ingiunzione di Guy Debord (19311994) Ne travaillez jamais! (non lavorate mai!). Lironia sta nel fatto che ora i giovani vogliono lavorare, anche a condizioni indecenti e vergognose, incredibilmente pi alienanti e squalicate di quelle che erano loro offerte negli anni Sessanta e Settanta: allora una vita piccolo-borghese era pi o meno garantita a tutti, oggi essa un sogno irraggiungibile per quanti non hanno alle spalle una famiglia che li aiuti. come se Berlusconi avesse monopolizzato nella sua persona tutto il lavoro, e lasciato agli altri solo il gioco. Ma lattivit instancabile di un imprenditore abile e spregiudicato pu essere considerata un lavoro? Questa attivit suscita odio e invidia, ma anche ammirazione e stima in coloro che non hanno neanche un briciolo della sua stamina (bella parola inglese che vuol dire energia, vigore, perseveranza, fermezza). Viene dal latino stamen, la parte
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pi resistente del lo di lana, ma anche il lo della vita umana governato dalle Parche. Stamen vuol dire anche trama, ordito, intreccio. E qui il lettore malizioso potrebbe sospettare che il lavoro di Berlusconi sia consistito soprattutto nellordire trame, intrighi, reti. Eppure il lavoro nellepoca della new economy, di Internet, dei social networks, del terzo spirito del capitalismo, non consiste proprio in questo? Nellaccumulo di un capitale sociale, prima che monetario? Com noto, nel mondo delle reti gli individui sono sempre meno importanti delle relazioni che li legano: nellanalisi delle reti sociali, i legami interrelazionali tra gli attori sono primari e i loro attributi secondari. Si possono studiare le reti senza fare riferimento agli individui in esse impegnati. Questa forse una delle ragioni per cui non riesco a ricordare il nome di Berlusconi. Rimuovo tutto quello che in lui personale, spettacolare, farsesco, umorale, antropologico, particolaristico, cabarettistico, in inglese si dice idiosyncratic: non sento le sue invettive, le sue battute, le sue barzellette, non vedo i suoi comportamenti sconvenienti, le spiritosaggini che mandano in solluchero i suoi amici e i suoi detrattori, non mi interessano i tratti folcloristici, gli scandali, le indecenze. Tutto questo la corazza dietro cui Berlusconi si protegge, stornando lattenzione di un popolo intontito dalle sue performance dal nocciolo duro del suo modo di essere, che invece astratto e impersonale come il denaro. In altre parole, se Berlusconi da quasi ventanni, il protagonista della politica italiana non solo per gli spettacoli che offre: se fosse cos, bisognerebbe concludere che il popolo italiano un popolo di cretini! Gli spettacoli servono a riempire i fogli dei giornali, i programmi televisivi, le chiacchiere della gente, le pagine di Internet. Dietro il
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commediante, il piazzista, il venditore di fumo, c qualcosa di anonimo, di neutro, direi quasi di losoco, che costituisce lessenza del capitalismo nanziario, il quale non fondato sul lavoro, ma sul gioco. Questa parola non va intesa come sinonimo di ricreazione e nemmeno di azzardo, ma nellaccezione che ha nellopera del losofo tedesco Hans-Georg Gadamer (1900-2002): per lui il gioco unentit impersonale che impone le proprie regole a coloro che vi partecipano. Esso assorbe in s il giocatore e lo libera dallobbligo delliniziativa meramente soggettiva. Tuttavia anche nel gioco bisogna decidere tra varie opzioni, Berlusconi ha nora fatto quelle vincenti. Perci linsegnamento di Berlusconi lo stesso di quello di Debord: non lavorate mai! Create delle reti globali; il contenuto non ha importanza, i vostri desideri men che mai! Anche questa mattina al risveglio, non riuscivo a ricordarmi il nome della persona che largomento di questo libretto. Ho pensato che dovevo partire da coloro che conosco personalmente. nata una nuova catena associativa: Benvenuto, Berardi, Berardinelli, Beretta Anguissola, Berlinguer (questo non lo conosco, ma venuto spontaneamente, perch un cognome spesso ripetuto in passato, anche nelle piazze) e inne nalmente Berlusconi! In francese rete si dice brigue, dallitaliano briga, che vuol dire lotta, ma anche intrigo. Parola squalicata: si pensi alle brigues dei gesuiti, dei massoni, degli omosessuali, degli ebrei ritenuti in passato tutti colpevoli di trame oscure. E qui viene il bello: perch oggi le brigues pi importanti sono quelle delle mae. Lo spirito connessionista del capitalismo nanziario sincontra con quello altrettanto connessionista delle bande criminali. Qual la differenza?

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Per i sociologi Luc Boltanski ed ve Chiapello il capitalismo connessionista differente dalla maa, perch aspira alla legittimit. Esso contiene in se stesso, non diversamente dalle due forme precedenti di capitalismo, elementi di autocritica e di autocorrezione, individuabili, a loro avviso, soprattutto nel bisogno di ducia e di reciprocit che soli consentono lespansione e lo sviluppo delle reti. Qui cade appunto la differenza tra mailleur e faiseur, cio tra lindividuo intraprendente e il faccendiere: solo il primo pu aspirare alla grandezza, mentre il secondo facendo un uso opportunista e cinico delle relazioni, nisce col muoversi secondo una logica soggettiva che differente da quella della rete. Ora, Berlusconi un mailleur o un faiseur? Certo che ad uneconomia e ad unetica fondate sul lavoro succedono uneconomia ed unetica fondate sulle relazioni sociali con gente dogni specie. Le qualit richieste sono ladattabiit, la essibilit, la polivalenza; queste immergono in un turbine di rapporti e di connessioni di cui per lo pi non si sa che aspetto nir con lassumere. Ci implica una personalizzazione molto accentuata del lavoro e una difcolt di delega: lattivit inseparabile dalla persona che la svolge. Questo aspetto in contraddizione con limpersonalit del gioco. Perci da questo punto di vista Berlusconi sembra insostituibile, anche se per me cos difcile ricordare il suo nome. La ne della famiglia Berlusconi ha portato a termine un progetto rivoluzionario che era stato teorizzato gi negli anni Venti del
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Novecento dal movimento austriaco Sexpol: sottrarre leducazione dei gli ai genitori e attribuirla alla societ. Ci avviene attraverso la televisione che rispecchia il comune modo di sentire; questo per Berlusconi esemplicato da colui che, alzandosi dal letto la mattina e guardandosi nello specchio vede uno stronzo. Berlusconi dunque rappresenta il culmine di un processo che ha tolto alla televisione ogni compito educativo ed istruttivo, trasformandola interamente in un intrattenimento che istupidisce gli spettatori. In altri termini non umilia quello stronzo, non pretende da lui nessuno sforzo mentale e psichico e lo fa sentire in perfetta armonia col mondo, che gli appare un po pi stronzo di lui. Certo non era questa lintenzione dei sostenitori del Sexpol e del suo principale animatore Wilhelm Reich (1897-1957), i quali pensavano che, sottraendo i bambini allautorit dei genitori, li avrebbero liberati dalla repressione e dallautoritarismo patriarcale. Ora invece, molto difcile che una minoranza di genitori illuminati riesca ad avere una inuenza signicativa sui gli, se gli interessi del capitalismo neo-liberistico, i mezzi di comunicazione di massa, e addirittura il governo, con sistematico accanimento e con astute trovate, remano contro. Pi che di televisione cattiva maestra, bisognerebbe parlare di televisione cattiva madre. probabile che Berlusconi non abbia mai sentito parlare del movimento Sexpol, ma certamente stato inuenzato dallo spirito antiautoritario del Sessantotto, sulla cui natura effettivamente rivoluzionaria nel senso classico del termine lecito nutrire pi di un dubbio. Lo slogan limmaginazione al potere gli calza a pennello. E per quanto dal punto di vista personale sembra non abbia vissuto il
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fortissimo conitto generazionale di quel periodo, tuttavia stato in consonanza con la negazione di ogni autorevolezza della tradizione intellettuale che comincia a manifestarsi in quellepoca e che crescer poi ininterrottamente lungo tutto questo quarantennio. La ne della scuola La distruzione della scuola qualcosa la cui colpa non pu essere attribuita solo a Berlusconi: con lui si raggiunge la fase entropica, nella quale il processo di decadimento e di deterioramento diventa irreversibile. Egli rappresenta il punto di arrivo nale di un fenomeno le cui origini risalgono agli anni Sessanta del Novecento. La descolarizzazione della societ, che costitu uno dei cavalli di battaglia di Ivan Illich (1926-2002) nalmente realizzata, anche se con esiti assolutamente contrari alle buone intenzioni di questo pedagogista, la cui polemica contro le istituzioni educative repressive ed alienanti avrebbe dovuto condurre alla creazione di strutture accoglienti in grado di sviluppare la creativit degli allievi. La conferma viene da una fonte insospettabile, dallunico losofo che fu, tra il 25 aprile 2000 e l11 giugno 2001, ministro della pubblica istruzione della Repubblica Italiana: Tullio De Mauro. La riappropriazione da parte dello studente delliniziativa e della responsabilit della sua educazione, il discredito sistematico e la proletarizzazione della gura dellinsegnante, le pratiche pedagogiche che pretendevano di fare tabula rasa della conoscenza dei concetti e della storia (spregiativamente considerate come zavorra nozionistica) portarono ad un bel risultato: la re44

gressione no a condizioni di analfabetismo. Secondo De Mauro in Italia a un paleo-analfabetismo, eredit del passato, si cumulato un neo-analfabetismo siologico nei paesi industriali e di alto livello consumistico. Anche in questo caso Berlusconi ha fatto il surf su una grande onda che proveniva da molto lontano. Quellavversione aggressiva nei confronti della scuola, appartenente ai primi decenni dellunit dItalia, si spos negli anni Sessanta con lanti-intellettualismo educativo, con la gloricazione della spontaneit infantile, il cui antesignano era stato Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). La ne delluniversit e della borghesia Anche il collasso delluniversit italiana non dipende soltanto da Berlusconi, il quale semmai ha raccolto i frutti avvelenati disseminati lungo quarantanni da professori, studenti, giornalisti, politici, sindacalisti, amministratori, professionisti, editori, giudici, preti, faccendieri, industriali e famiglie dei pi vari orientamenti, partiti e tendenze facendone un bel frullato, il cui prodotto la legge del 30 dicembre 2010. Sono portato a credere che quasi lintero popolo italiano abbia voluto questo collasso: chi, infatti, capisce ancora che cosera luniversit moderna? Questa stata inventata dai loso nei tre paesi guida del mondo dei primi dellOttocento, la Germania, la Francia e lInghilterra. Essi la distinsero sia dallaccademia (in cui i dotti parlavano tra di loro), sia dalla scuola (in cui veniva trasmesso agli allievi un sapere codicato). Luniversit divenne invece il luogo di un nesso indissolubile tra una ricerca che produce con metodo risultati nuovi e un in45

segnamento che li trasmette. Ma perch ci possa ancora avvenire, evidente che gli studenti che arrivano alluniversit siano gi in possesso delle conoscenze di base al ne di poter apprendere il metodo che consenta di accrescerle ed innovarle. La ragione pi profonda dellinvenzione delluniversit moderna di carattere sociale e riguarda il nesso indissolubile tra la scienza e le professioni: in teoria tutti devono avere la possibilit di poter entrare a far parte della classe dirigente e della borghesia indipendentemente dalle famiglie da cui provengono. Luniversit lo strumento fondamentale attraverso cui la borghesia conquista legemonia socio-politica a danno della nobilt. Essa la base della mobilit sociale, la quale ovviamente implica una selezione rigorosa. La questione universitaria ha unenorme importanza politico-sociale, perch dal sistema scientico-professionale dipende lesistenza stessa della borghesia produttiva e in ultima analisi della democrazia. Scienza e professione sono le due facce di una stessa medaglia: da un lato il progresso della civilt dipende dal fatto che ogni questione deve essere affrontata e diretta in modo scientico, dallaltro la ricerca non un fatto privato ma al servizio dellintera umanit (non dello stato). Non per nulla lesame di abilitazione alle professioni (che una questione statale) distinto dal titolo universitario. La cosiddetta libert accademica si basa sul carattere universale del sapere scientico. Tutto questo bel sistema, che implicava anche procedure di collegamento tra luniversit e le scuole medie superiori, entr in crisi nel Sessantotto. Si cercato di restaurarlo nei primi anni Ottanta, per evitare che luniversit continuasse ad essere una fucina di brigatisti e di neo-fascisti (come era
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avvenuto negli anni Settanta per linsipienza della Democrazia Cristiana), ma a partire dal 1996 esso fu smantellato via via dai vari governi no a non lasciarne nemmeno le rovine. Perch? La risposta semplice: lesistenza della borghesia non serve pi al capitalismo, il quale oggi trova nella classe media un ostacolo allespansione straripante del modello neo-liberistico. La classe media troppo costosa. Il governo non pu permettersi il lusso di pagare quello che Jean-Claude Milner chiama il salario dellideale: la tradizionale coappartenenza tra capitalismo e borghesia spezzata. NellOttocento il benestante era un borghese che viveva di rendita; nel Novecento lesplosione tecnologica ha fornito la base di un mutamento sociale che ha visto emergere la gura del borghese salariato (dirigente, ingegnere, professore, funzionario, giornalista); ma oggi il capitalismo non pi disposto a pagare uno stipendio politico largamente indipendente dal mercato. La destabilizzazione della borghesia e la sua proletarizzazione (negli stili di vita in maniera ancora pi evidente che sotto laspetto economico) accadono in tutti i paesi occidentali. La distruzione delluniversit presenta tuttavia in Italia due aspetti particolari. Il primo il melting pot di tutti gli aspetti peggiori delluniversit americana con quelli delluniversit italiana. Il secondo laccanimento nellimpedire ogni mobilit sociale, riducendo i giovani in una condizione non molto dissimile da quella dei servi della gleba medioevali, che per nascita erano legati alla terra coltivata dai loro genitori: chi infatti pu permettersi di mandare al diavolo il capitale sociale e lattivit della sua famiglia, ammesso che questi esistano? Leliminazione e il depauperamento delle strutture universitarie (per esempio, cattedre che possono trasmettere una rete di rela47

zioni internazionali e un bagaglio molto rafnato di conoscenze, biblioteche, laboratori, collegi, mense, servizi vari ecc...) hanno uno scopo ben preciso, quello di impedire allo studente di entrare nel mercato globale del lavoro con qualche possibilit di successo. Azzerando ogni possibilit di ascesa socio-economica (anche attraverso la svalorizzazione dei titoli di studio e la demotivazione dei docenti), il familismo amorale non trova pi ostacoli nellassegnare ufci, impieghi ed incarichi ai pi incompetenti, ignoranti e corrotti. Anche qui Berlusconi (accidenti, non riesco mai a ricordare questo nome! Avevo scritto Berloni, il nome di una ditta che produce cucine!) ha trovato la pappa pronta, cotta a fuoco lento per quarantanni da un populismo becero che si ammanta con abiti di diversi colori. Sotto la pressione del capitalismo neo-liberistico, gli bastato rendere operativo ci che gli altri hanno preparato. Per, passato lincanto, proprio quel populismo gli si rivolge contro e grida: perch lui e non io?. Perch lui dirigente, ingegnere, professore, funzionario, giornalista e non io? Ancora un passo: perch lui deputato, senatore, ministro, presidente del consiglio e non io? Il neo-liberismo non ha pi bisogno di professionisti, ma nemmeno di politici. Da ci deriverebbe, secondo Jean-Claude Milner, lincredibile voga del discorso caritatevole: la borghesia scopre che il capitalismo non ha pi bisogno di lei. Coloro che credevano di essere dalla parte dei vincitori, si scoprono dalla parte dei vinti: quelli che prima imploravano per gli altri, ora implorano per se stessi.

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Lespropriazione della salute Insieme al crollo del sistema scientico-professionale, laltra catastrofe che incombe sugli italiani quella che minaccia la tutela della salute. Anche in questo campo si realizza in modo perverso e derisorio una prospettiva sessantottotesca: lidea che si possa fare a meno di un sistema sanitario efciente e sicuro. Oltre alla descolarizzazione della societ, Ivan Illich propugnava, infatti, anche la deprofessionalizzione e deistituzionalizzazione del sistema sanitario, sostenendo che questo iatrogeno (cio crea altre malattie), fonte di alienazione creando una totale dipendenza dellindividuo dalla medicina e paralizza il potere autonomo di reazione, e inne impedisce al singolo di confrontarsi con la sofferenza, la malattia e la morte, che sono aspetti ineliminabili della condizione umana. Sbaglia chi pensa che col governo di Berlusconi si sia attuato soltanto un rafforzamento della medicina privata a danno di quella pubblica. In realt, si creato in Italia un perdo intreccio tra le due, che rende entrambe inafdabili. Molti cominciano a chiedersi se non sia pericoloso vivere in questo paese: basta dare unocchiata a qualche pronto soccorso per rendersi conto che la dedizione e lo zelo della maggior parte del personale che vi lavora non sufciente a colmare enormi carenze strutturali. A queste si aggiunge tutta una serie di nuove disposizioni burocratiche vessatorie e inutili che lo distolgono dalla cura dei malati. Sebbene, secondo lOrganizzazione Mondiale della Sanit, il sistema sanitario italiano gurasse nel 2000 tra i migliori del mondo, non mi sembra che questo giudizio possa essere confermato oggi. C nel modo in cui il governo Berlusconi affronta i problemi della salute, un insie49

me dimprovvisazione sessantottesca e di burocraticismo di stampo sovietico che nir col distruggere un patrimonio di conoscenze e di esperienze molto faticosamente raccolte negli anni. Cera qualcosa di malsano nellidea sessantottesca che bastasse la volont per vincere ogni ostacolo e ogni male sico o morale: a quellepoca ci fu perno qualcuno che arriv a sostenere che la sola rivendicazione radicale del progetto comunista fosse labolizione della morte! I falangisti durante la Guerra civile spagnola avevano adottato come slogan la frase Muera la inteligencia! Viva la muerte! (Abbasso lintelligenza! Viva la morte!). In entrambi i casi, apparentemente opposti, parla la pulsione di morte che si annida nel vitalismo sconsiderato di chi sente che lessenziale della vita consiste nel distruggere. Secondo Freud, questa inconscia attrazione verso lautodistruzione presente in ogni essere umano. Tuttavia fa un certo effetto vederla presentarsi non nelle forme estreme qui sopra evocate, ma nellimmagine televisiva del volto di Berlusconi, per il quale va sempre tutto nei migliore dei modi possibili. Lottimismo pubblicitario e ingannatore tipico degli imbonitori di ogni tendenza assume tratti che non appartengono n alla tragedia, n allopera buffa, ma al museo delle cere. Nelle alterne vicende delle opere di Madame Tussaud (1761-1850), la fondatrice del primo museo del genere, va forse ricercata la chiave per intendere le performance televisive di Berlusconi. La prima delle maschere di cera di Madame Tussaud era stata quella di Rousseau realizzata nel 1778. Nel decennio successivo essa fu alla corte del re di Francia. Sospettata di simpatie monarchiche, arrestata e condannata ad essere ghigliottina, riusc a salvarsi e mise la propria abilit al servizio
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della rivoluzione eseguendo le maschere di cera dei condannati a morte. Fin dalle origini, risulta ambiguo il senso della maschera di cera: si tratta di un artefatto assai strano, perch da un lato celebra il personaggio, ma dallaltro lo dileggia perch fatto di un materiale che si liquef sotto lazione del calore. Del resto n dal Medioevo la scultura di cera aveva questo doppio carattere: da un lato onorava chi era rappresentato, dallaltro veniva usata per scopi maleci e iettatori, inlandovi spilli che avrebbero dovuto portare sciagure e malattie alla persona ritratta. Certo che sul volto cerato di Berlusconi si sono concentrati da molti anni lostilit e lodio di milioni di persone, senza avere alcun effetto evidente. Ci una prova o dellinefcacia del malocchio o delle straordinario equipaggiamento apotropaico di Berlusconi! Nel secondo caso, evidente che non c bisogno n della medicina scientica, n di quelle alternative, ma bastano un po di amuleti, talismani e portafortuna, preghiere e oretti, santini e voti! Disprezzo o rispetto verso la cultura? Sebbene lostilit nei confronti della cultura non sia un fatto del tutto nuovo nella storia della civilt occidentale, esso non mai stata una questione di primaria importanza. Fino a tempi molto recenti si trattato di opporre un certo orientamento culturale ad un altro: per esempio, un conitto ricorrente nei secoli ha riguardato, allepoca della patristica e poi della Riforma protestante, lassunzione delleredit del sapere classico, oppure il rapporto tra fede e ragione o, negli ultimi due secoli la contrapposizione tra le ideologie di sinistra e quelle di destra... La distru51

zione della biblioteca di Alessandria ancora oggetto di una controversia tra gli storici, il sacco di Roma del 410 d.C. da parte dei Visigoti fu moderato dallo stesso Alarico, quello del 1527 ha le sue origini nel retroterra culturale della Riforma. Gli anarco-sindacalisti dellinizio del Novecento scrivono saggi e libri, perno il nazismo pretende di avere una cultura! Nella dissoluzione dellimpero carolingio, gli imperatori romano-germanici continuano a proclamarsi diretti successori dellImpero romano. Perno nellanno Mille, considerato come il punto pi basso della civilt occidentale, le testimonianze dellepoca mostrano che non venuta meno la ducia nel progresso spirituale del mondo. Per trovare qualcosa di simile allodio verso la cultura, che si diffuso in Occidente negli ultimi quarantanni, bisogna guardare ad Oriente e in particolar modo alla Cina, dove da duemilacinquecento anni lo statuto sociale, politico, culturale, simbolico ed economico dei funzionari-letterati ha subito, a seconda degli orientamenti degli imperatori, cambiamenti cos estremi da non trovare riscontro in nessunaltra civilt. Talora essi hanno goduto di un potere, di un prestigio sociale e di un tenore di vita altissimi, in altri casi sono stati trucidati in massa. Si potrebbe addirittura affermare che la questione della cultura una problematica cinese per eccellenza, perch l ha raggiunto, pi di due millenni fa, il massimo grado possibile di conittualit, trovando tra le due soluzioni estreme (da un lato la distruzione dei libri e la condanna a morte del letterato, dallaltro il sistema degli esami imperiali e la massima elevazione politico-burocratica del sapere) una quantit di soluzioni intermedie.

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Come scrisse il sinologo dorigine ungherese, tienne Balazs (1905-63), essi non costituirono n una classe, n una casta, ma una solida rete di amministratori gerarchizzati, muniti di un potere discrezionale conferito dal governo centrale, fondato sulla trasmissione della conoscenza: managers ante litteram, refrattari a qualsiasi specializzazione, conobbero il mestiere di governare, che esercitarono per lo pi seguendo le idee di Confucio, il quale considerando la natura umana sempre perfettibile, attribuiva una grandissima importanza al sapere. Secondo Balazs, il sistema dei funzionari-letterati, nonostante gli aspetti negativi impliciti in ogni regime burocratico, costitu unesperienza di valore incomparabile che fu la sola alternativa al caos, al trionfo dei particolarismi, al dilagare della violenza: la storia della Cina, dallavvento della sua unicazione sotto il primo imperatore (221 a.C.), no al 1912, che segn la ne dellet feudale, pu essere vista come una lotta incessante con esiti alterni tra la cultura dei funzionari-letterati e il potere militare, che spesso si avvaleva degli eunuchi del gineceo imperiale per contrastare i letterati. A questi ultimi si deve lo stesso concetto di mutamento del mandato celeste (geming), che servito a tradurre in cinese la nozione occidentale di rivoluzione e che ha consentito di fornire una legittimazione al travagliato succedersi delle dinastie (a differenza del Giappone che dalle origini ai giorni nostri ha conosciuto una sola dinastia). I letterati-funzionari tuttavia non costituivano una corporazione, perch i suoi membri erano costantemente minacciati nel loro status sociale, nei loro beni e nella loro stessa sopravvivenza. Secondo uno dei massimi loso cinesi viventi, Li Zehou, due sono gli aspetti essenziali del letterato funzionario. Il primo la precariet della sua
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condizione, per cui secondo lorientamento delle varie dinastie, poteva essere destituito e ucciso. Il secondo era una specie di scissione interiore, per cui da un lato si sentiva un fedele servitore dello stato e, quindi un confuciano che governava attraverso i riti, la musica e la retticazione dei nomi (cio luso corretto delle parole), dallaltro era un uomo di lettere, quello che in Occidente si potrebbe denire un umanista, molto spesso un poeta, uno scrittore, un calligrafo, non di rado inuenzato dal taoismo. La questione estetica e quella politica furono perci per tutta la durata dellimpero cinese cos aggrovigliate tra loro come mai era avvenuto in nessun altra civilt. Talora imperatori, appena giunti al potere, facevano strage di letterati; altre volte una delle primissime leggi emanate suonava in questi termini: funzionari e letterati non devono essere giustiziati! Ci fu perno un imperatore, Cao Pi, pressappoco contemporaneo dellimperatore romano Marco Aurelio, il quale aveva affermato in un suo Discorso sulla letteratura, che la breve durata degli onori e dei piaceri non si poteva paragonare con linnit della letteratura! Il dualismo interiore del letterato funzionario si manifesta in modo evidente in una poesia di Ruan Ji (210-63), un grande signore e politico astuto, che cos suona: Fra le nubi mi vorrei celare/ dove nessuna rete mi possa catturare. / Perch passare il tempo fra uomini meschini / e stringere loro le mani e con loro brindare?

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Gli intellettuali da nona categoria puzzolente a spina dorsale della nazione Per capire la situazione attuale occorre tener presente queste due differenti tradizioni millenarie, quella occidentale e quella cinese, le cui storie dalla ne dellOttocento si sono intrecciate in modo assai complesso. La modernizzazione della Cina non ha seguito la via aperta dal Giappone col Rinnovamento Meiji (1868), ispiratasi in massima parte al modello tedesco e a quello inglese: il risultato della modernizzazione giapponese fu la creazione di una democrazia borghese, nella quale la maggior parte della popolazione appartiene alla classe media. In Cina invece fu determinante il movimento del 4 maggio 1919, il cui slogan fu: Abbasso la bottega di Confucio. Segu la guerra civile, in cui il confucianesimo fu adottato da Kuomintang e dal suo capo Chiang Kai-shek. Allopposto Mao era ostile al confucianesimo, cui rimproverava di avere imprigionato la Cina nella gabbia delloppressione feudale e si considerava seguace di una delle altre tendenze politiche cinesi, il legismo, paragonandosi a Qin Shi Huang, il primo imperatore che unic la Cina nel 221 a.C. Lanticonfucianesimo si manifest con estrema virulenza nella cosiddetta Grande rivoluzione culturale proletaria promossa da Mao dal 1966. Questi, per il timore di venire estromesso dal potere dalla corrente riformista interna al Partito Comunista Cinese, aveva trovato nel movimento studentesco delle Guardie Rosse una spinta propulsiva di immane potenza. Allinsegna del motto distruggere lantico e incoraggiare il nuovo (che lopposto del principio confuciano ON KO CI SHIN, vale a dire studiando lantico, si conosce il nuovo), la Rivoluzione culturale si pro55

pose di eliminare i quattro vecchiumi: le vecchie idee, la vecchia cultura, i vecchi costumi e le vecchie abitudini. La conseguenza fu lo scatenarsi del cosiddetto terrore rosso (agosto-settembre 1966): i beni delle famiglie di origine borghese, degli insegnanti e degli uomini daffari furono conscati, le loro case saccheggiate, migliaia di luoghi dinteresse storico distrutti, una gran parte delle biblioteche abbandonate, sette milioni di libri scomparvero, i supposti nemici della classe operaia furono sottoposti a vessazioni dogni genere. Gli intellettuali considerati come la nona categoria puzzolente o demoni dalla testa di bue e dal corpo di serpenti furono nel migliore dei casi obbligati a pulire le latrine; centinaia di migliaia di famiglie in tutta la Cina vennero cacciate dalle loro case urbane e mandate in campagna; il tempio di Confucio, che sorge sul luogo della sua casa natale a Qufu nella provincia dello Shandong, fu parzialmente devastato da un gruppo di duecento studenti giunti espressamente da Pechino, i quali riuscirono a distruggere pi di seimila oggetti considerati di incalcolabile valore (tra cui 2700 libri e novecento pitture). Il risultato fu il caos generale che raggiunger il suo culmine nellanno seguente: a Shanghai, dove combattendo tra loro decine di bande di guardie rosse, si giunse al collasso totale di ogni autorit. A questo punto lo stesso Mao fu costretto a riportare lordine, ricorrendo allEsercito Popolare di Liberazione: nel 1968 quattro milioni di studenti (in gran parte Guardie Rosse) furono a loro volta inviati in campagna per rieducarsi per mezzo del lavoro dei campi. Ancora una volta la rivoluzione come Saturno, essa divora i suoi propri gli, come scrive Georg Bchner nel dramma La morte di Danton (1835).

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Certamente per fortuna nulla di cos terribile avvenuto in Italia dal Sessantotto ad oggi. Tuttavia lodio verso la cultura, gli intellettuali e il sapere, che ha portato in Cina ad eventi cos traumatici (e in modo molto pi radicale e demenziale in Cambogia sotto il governo degli Khmer Rossi tra 1975 e il 1979), nato anche in Italia negli stessi anni della Rivoluzione culturale cinese e nel corso di un quarantennio ha messo radici in modo soft, ma epidemico, trovando nei governi di Berlusconi un terreno molto fertile, no a manifestarsi senza pi ritegno nel corso degli ultimi anni. In altre parole, in Italia non ci fu bisogno di una politica anticulturale esplicita, anche perch coloro che avrebbero dovuto promuoverla non erano minimamente in grado di formularla: ve la immaginate una campagna politica contro Socrate? Ma la maggior parte degli italiani non sa nemmeno chi sia stato Socrate: e quanti parlamentari, alti dirigenti e manager lo sanno? Certamente quelli che hanno fatto i licei (e il liceo classico in particolare) ne hanno sentito parlare, ma forse non molto di pi. Si parva licet componere magnis, la questione degli intellettuali si trascina in Cina da due millenni e mezzo, come un problema di enorme rilevanza politica, mentre in Italia (con buona pace di Gramsci) in fondo un argomento nuovo: anzi non nemmeno un argomento, ma laria di unoperetta, che quasi tutti hanno cominciato a cantare per sembrare moderni, anzi postmoderni, per far gli americani, o per fare i cinesi, o pi semplicemente perch risvegliava lavversione oscurantista, profondamente radicata nellitalico sentire, nei confronti della classe dei colti. Tuttavia dire classe ancora troppo, perch implicherebbe una qualche conoscenza del marxismo, almeno per sentito dire. In realt Berlusconi ha liberato lignoranza
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degli italiani da ogni cattiva coscienza, da ogni colpa, da ogni vergogna, portando a termine un processo iniziato nel Sessantotto sotto unaltra bandiera. Per dirla nel modo pi chiaro possibile e facilmente accessibile anche ai soggetti pi rustici, che magari per qualche tempo hanno anche studiato la losoa, questi possono nalmente esclamare: Le persone istruite ci sono sempre state sul cazzo, ma prima non potevamo dirlo senza fare una brutta gura; viva Berlusconi che ci ha emancipato da questo complesso (no! questa parola ancora troppo colta e inoltre di difcile interpretazione anche per gli studiosi di psicoanalisi! nota dellautore), che ci ha fatto uscire da questa prigione in cui manca laria. E qualcuno un po pi acculturato pu anche aggiungere: Chiamare gli ignoranti e gli analfabeti con questi nomi non politicamente corretto. Dora in poi si chiameranno diversamente colti e distinti, e non devono essere soggetti a nessuna discriminazione. Ma un altro pi furbo (per esempio, uno spin doctor che ha studiato alla Facolt di comunicazioni e fa parte di qualche think tank, vale da dire serbatoio di pensiero) potrebbe osservare: No, noi in quanto ignoranti e analfabeti pi o meno di ritorno, non siamo una minoranza da tutelare o un gruppo di emarginati, o una collettivit che ha subito un danno, e che quindi pu avviare una class action, cio un ricorso collettivo che valga per tutti coloro che si troveranno nella nostra situazione, al ne di ottenere un indennizzo morale o nanziario, per il semplice fatto che siamo la maggioranza! Siamo davvero cos stupidi da avviare una class action contro noi stessi? Queste sono cose da lasciare in mano ai professori, ai giornalisti, ai magistrati, alle donne che non vogliono o non possono far le puttane, agli immigrati, ai marginali, alle persone della buona borghesia
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istruita, ai giovani che ancora credono che sapere potere (perch tanto i vecchi, se non sono completamente rimbecilliti, sanno benissimo come stanno le cose)... Noi siamo la nuova classe dirigente in presa diretta col popolo e col capitalismo neo-liberale (con buona pace del professor Cacciari che non ci arriver mai. Nota dellautore: quanto disprezzo in questo professor Cacciari!). Tuttavia questa faccenda va trattata con i guanti. Noi non siamo cinesi e perci di Socrate e di Confucio e di tutto il culturame (attenzione, questa parola detta in camera caritatis, cio non pubblicamente) ce ne freghiamo: per dobbiamo dire che siamo a favore della cultura, della ricerca, dellinnovazione, dellinglese, di internet, dellimpresa e di quanto ancora suoni alla moda, anche se di tutte queste cose non ce ne importa un co, perch a farle sul serio, sono troppo care e complicate e lasciano uno spazio troppo ristretto per la corruzione. Le facciano gli americani, che legandole strettamente alleconomia aziendale riescono a guadagnarci un sacco di soldi oppure i paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che essendo in ascesa ed avendo tassi di sviluppo notevoli hanno bisogno di creare una borghesia relativamente istruita! Per noi la cultura solo parassitaria: pu giusto andar bene per qualche glia, glio o nipote un po svitato per evitare che faccia qualche stronzata, oppure per qualche politico da giubilare ma, al di fuori di questi casi strettamente individuali, sia chiaro che tutto quello che diciamo o anche legiferiamo su questo argomento, ha lunico scopo di accrescere la confusione e il marasma. Mi raccomando poi di non cadere nella trappola di sostenere sul serio i cosiddetti intellettuali di destra, perch questi sono molto pi pretenziosi di quelli di sinistra, i quali un po per partito preso pauperistico, un
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po per demagogia si autodeniscono operai della conoscenza e quindi non hanno pi tante ambizioni: basta che fate far loro qualche comparsata gratuita in televisione e pensano subito di essere dei divi e di spezzare il cuore di qualche ragazza, come se le nostre ragazze di oggi avessero un cuore. Se poi sono veramente accro (segnatevi questa parola francese perch nessuno la capisce e quindi fa un certo effetto), voglio dire sono proprio accaniti, come quel tale Saviano o Saviani che dir si voglia, basta che lo inseriate in uno show ricreativo di puro intrattenimento per neutralizzarlo completamente. Lui vuol fare il tragico, ma se lo mettete insieme ai comici, chi si accorger della differenza? E poi in Italia la tragedia non ha mai avuto fortuna: s certo, c stato qualche piemontese tragico come Aleri e Pareyson, ma chi li legge? Servono per fare delle tesi di laurea. Quindi nessuna fatw contro i Saviani, tanto meno attentati o cose che fanno casino: non dimenticate che spacciandoci per liberisti (mentre ovvio che siamo monopolisti) dobbiamo anche mostrare di essere liberali e magnanimi. Mica siamo come i russi o i cinesi, che perseguitano i dissidenti! Tanto alla ne quello che dicono o scrivono non ha alcuna effettualit politica e il popolo bue lo si conquista nella campagna elettorale abbassando o eliminando qualche tassa o odioso balzello. Quanto alle mae e organizzazioni criminali, colpire con grande risonanza mediatica quelle in declino, e sostenere in forma discreta e occulta (mi raccomando, non fatevi pagare la casa da un pregiudicato o da qualcuno in odor di malaffare!) quelle in ascesa. Con maggiore prudenza rispetto al passato e con alleati meno scalmanati, folcloristici e dissennati, potremo portare Berluscone (lapsus, volevo dire Berlusconi) alla presidenza della Repubblica: ma si sa, da sempre le guerre
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si fanno con i soldati che si hanno e si ha pi difcolt a convivere con quelli della propria fazione che con coloro che sono o si dichiarano nostri nemici. Insomma, coraggio! Non ponete limiti alla Provvidenza, la quale con la cultura ha sempre avuto poco che fare, perch promette la vita eterna nellaldil, ma non si occupa di che cosa penseranno le generazioni future, ammesso e non concesso che siano ancora in grado di pensare dopo i nostri governi!. In Cina le cose sono andate molto diversamente: la gura di Confucio ha continuato ad essere presente nella mente di Mao ricomparendo nellestate del 1973, associato a Lin Biao. Questi, designato nel 1969 quale successore di Mao, era in seguito caduto in disgrazia per avere assunto una posizione contraria al dialogo con gli Stati Uniti che aveva portato la Cina ad occupare nellottobre del 1971 il seggio permanente nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite tenuto prima dal governo di Taiwan. Secondo le fonti ufciali, il glio di Lin Biao, Lin Liguo, programm con lappoggio di settori delle forze armate il Piano 571 (in cinese i numeri 5, 7, 1, hanno la stessa pronuncia dei termini che vogliono signicare sollevazione armata) che avrebbe dovuto assassinare Mao bombardandone il treno che lo portava a Pechino di ritorno dalla Cina meridionale. Certo che Mao prevenne questa congiura precipitandosi in aereo a Pechino: Lin Liguo, sentendosi perduto fugg con suo padre e sua madre (la celebre Yen Qun, soprannominata la dama elegante) in aereo verso lUnione Sovietica. Ma laereo precipit il 13 settembre sui monti della Mongolia, probabilmente per mancanza di carburante. Levento altamente drammatico ebbe pesanti conseguenze allinterno del gruppo dirigente; sul piano ideologico, esso port al discredito della Rivoluzione culturale degli anni
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precedenti. Lin Biao venne descritto come un estremista di sinistra. Zhou Enlai ebbe un ruolo rilevante nella messa sotto accusa del sinistrismo estremo e dellanarchismo dei primi anni della Rivoluzione culturale, incarnati nella gura di Lin Biao. Nel 1972 fu promotore di uniniziativa rivolta a permettere a tutti, la lettura dei classici cinesi, proibiti dalla Rivoluzione culturale, ma disponibili nella pi grande libreria di Pechino solo agli stranieri e ai dirigenti superiori del partito: in due mesi ne furono vendute duecento mila copie. Strano che ai nostri lo-maoisti di Servire il popolo (titolo del giornale dell Unione Comunisti Italiani Marxisti Leninisti) non sia venuto in mente di proibire ai loro militanti lacquisto e la lettura di Ariosto o di Manzoni! Avrebbero recato alla cultura italiana un contributo molto maggiore della distribuzione del Libretto Rosso di Mao, perch noto che proibendo qualcosa, la si rende desiderabile. Tra il gennaio e febbraio del 1972 furono pubblicate addirittura le prime traduzioni di libri stranieri (qualche romanzo russo e una scelta degli scritti del presidente americano Nixon!) e lanno successivo traduzioni di testi di letteratura, arte, losoa e scienze sociali. Questa molto cauta e limitatissima liberalizzazione suscit da un lato la reazione di alcune vecchie guardie rosse, che non esitarono a denire opere oscene il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas o Il giovane Holden di Salinger, dallaltro incoraggi dissidenti solitari a scrivere, a stampare e ad inviare per posta alle universit o ai dirigenti testi apertamente anti-maoisti, come i Dieci atti di accusa contro la Grande rivoluzione culturale dellingegnere Tu Deyong, membro del Partito Comunista Cinese da ventanni o i volantini delloperaio Shi Yunfeng contenenti una critica radicale della Rivoluzione culturale:
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il primo fu condannato allergastolo e il secondo a morte, eseguita in modo atroce. La reazione a questo relativo disgelo non manc di manifestarsi in un modo davvero bizzarro nel 1973 con lo slogan Pi-Lin Pi-Kong (criticare Lin [Biao], criticare Confucio). Lin, no allora criminalizzato come estremista di sinistra diventava improvvisamente un ultrareazionario di destra, attraverso questo collegamento con Confucio! Che cosa queste due gure avevano in comune per alcuni dirigenti cinesi? Il fatto di rappresentare unossessione da cui era impossibile liberarsi. Infatti, come apparir chiaramente in seguito, ripudiare Confucio voleva dire sconfessare lintera tradizione plurimillenaria cinese, compresi i cinque o sei Classici, le cui origini si perdono nella pi remota antichit (dei quali Confucio si era considerato solo come linterprete) e quindi riconoscere che anche la Cina era stata colonizzata dal pensiero occidentale nella forma del marxismo. Criminalizzare Lin Biao, fedele esecutore delle scelte di Mao per quattro decenni al punto di essere proclamato ufcialmente nei documenti del partito come suo successore, voleva dire rinnegare la Grande Rivoluzione comunista cinese che, con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (1 ottobre 1949), aveva consentito al paese di sottrarsi denitivamente al colonialismo euro-americano. Da questo dilemma si trov una via duscita lanno successivo, nel 1974 con un nuovo slogan: Criticare il confucianesimo, rivalutare il legismo. Per comprendere questo cambiamento bisogna sapere che il legismo era stata la dottrina politica che n dal III secolo a.C. aveva combattuto il confucianesimo: mentre questultimo sosteneva che bisognava governare attraverso i riti, la musica e la retticazione dei nomi, il legismo, teorizzato
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da Han Feizi (morto suicida nel 233 a.C.) affermava che solo la legge con unesatta determinazione dei castighi, era in grado di mantenere lordine e garantire la prosperit. In effetti, lunicazione dellImpero cinese compiuta dal primo imperatore Qin Shi Huang nel 221 a.C., era avvenuta allinsegna delle tre idee maestre del legismo (legge, posizione di forza, tecniche di controllo) e sotto lispirazione del pensatore legista Li Si, il quale per ironia della sorte fu a sua volta condannato a morte per squartamento nel 208 a.C.! Risulta chiaro da queste vicende come la questione degli intellettuali abbia in Cina un retroterra culturale da un lato estremamente complesso e dallaltro straordinariamente ripetitivo attraverso i millenni. Come non associare il destino di Li Si a quello di Lin Biao, avvenuto pi di due mille anni dopo, in conformit a ununica logica di potere? Certo che a partire dal 1974 lo studio del confucianesimo ritrov un signicato politico di primo rilievo con esiti talora comici: per criticare Confucio, bisognava conoscerlo! Il gruppo di ricerca messo in piedi a questo scopo era composto da studenti che non avevano nessuna competenza in proposito. Vennero perci riabilitati quegli stessi professori borghesi che erano stati criminalizzati durante la Rivoluzione culturale, perch erano gli unici ad avere le cognizioni e lerudizione classica necessarie a tale scopo! Qualche volta il sapere potere, anche se solo per distruggere la memoria di un politico e per attaccare indirettamente Zhou Enlai e Deng Xiaoping, attribuendo loro la qualica di confuciani. Infatti la campagna contro Lin Biao si trasform in un attacco contro i confuciani di oggi fuori e dentro al partito. Nel frattempo era saltata fuori anche la terza grande corrente losoca della
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Cina antica, lempirismo, il cui iniziatore nel IV secolo a.C. fu Mozi (cio, maestro Mo), che aveva sostenuto il criterio dellutilit contro la tradizione rituale. Secondo il moismo, lessenziale la riuscita: non c alcuna azione che valga per se stessa o che abbia il proprio fondamento nella soggettivit. Anche questa tendenza anti-confuciana rappresenta una costante della cultura cinese: non a caso il losofo americano John Dewey (1859-1952), uno dei principali esponenti del pragmatismo, nel suo lungo soggiorno in Cina tra il febbraio 1919 e il settembre 1921, aveva cercato di farla rivivere come opzione politica. molto signicativo che sia proprio Deng a riprenderla in modo emendato e rivisto in una sua conversazione del 1975: lempirismo forse non buono, ma lesperienza s! Mutatis mutandis, come se i politici italiani discutessero se meglio lo stoicismo, lepicureismo o lo scetticismo e promuovessero studi pi o meno tendenziosi su queste tre grandi correnti della losoa ellenistica. Quando qualcuno tira fuori la questione dellimpegno e della responsabilit dei nostri intellettuali, mi viene da ridere per due ragioni. La prima che questi intellettuali che si lamentano di non contare nulla, non corrono alcun pericolo, mentre in Cina passano dalle stelle alle stalle e viceversa con incredibile rapidit. La seconda che nessuno si interroga sulla responsabilit losoca del nostri politici: penso che, come i correttori di bozze improvvisati, confondano nel migliore dei casi, lo stoicismo con lo storicismo (perch forse da giovane qualcuno ha fatto una domanda di borsa di studio all Istituto Benedetto Croce di Napoli!). Le ultime vicende prima della morte di Mao, il 9 settembre 1976, non sono semplicemente una lotta tra le varie fazioni per la successione al Grande Timoniere. Gli in65

cidenti di Piazza Tienanmen del marzo-aprile 1976 e altre proteste in altre parti della Cina, rivelano linsofferenza della maggior parte dei cinesi di fronte alla possibilit del ripetersi di altre rivoluzioni culturali. Questa condivisa anche da una larga parte della classe dirigente del partito e dellesercito. Ci spiega la rapidit con cui si consolida il potere di Deng Xiaoping, allinsegna dello slogan la pratica lunico criterio della verit. La fazione pi estremista, nota come la banda dei Quattro, capeggiata dalla moglie di Mao, Jang Qing, arrestata il 6 ottobre e messa sotto processo. La sentenza gi scritta: due condanne a morte commutate allergastolo e una condanna a trenta anni di prigione e unaltra a venti anni. Com noto, la moglie di Mao si uccise in ospedale nel 1991. Le vittime della Rivoluzione culturale, a cominciare da Liu Shaoqi, presidente della Repubblica Popolare Cinese no allagosto 1966, poi messo sotto accusa e lasciato morire per incuria dei medici nel novembre 1969, saranno riabilitate negli anni successivi. Colpisce la drammaticit degli avvenimenti cinesi che pongono ne alla Rivoluzione culturale: iniziata nel 1966 con lo slogan politico eliminare i quattro vecchiumi (frase che allinizio nessuno sapeva cosa volesse dire) nisce con unazione di polizia militare (che desta un turbamento collettivo non minore delleliminazione di Lin Biao, specie a Shanghai, dove la banda dei quattro aveva un forte sostegno nel locale Comitato Rivoluzionario). In Italia le cose sono andate diversamente: la divisa sessantottesca eliminare tutti i vecchiumi ha avuto il risultato di eliminare quanto di moderno si era creato in cento anni di storia! Dai primi anni Ottanta questa liquidazione della modernit si fregia di un nome altisonante: il post66

moderno. Essa condotta dal losofo Gianni Vattimo con una nezza politico-teorica superiore a quella del pi consumato burocrate cinese. Il termine postmoderno era stato introdotto nella losoa dal francese Jean-Franois Lyotard (1924-1998), col volume La condizione postmoderna: rapporto sul sapere nel 1979: a suo avviso, la delegittimazione del sapere moderno avrebbe dovuto portare ad una sua rilegittimazione in chiave tecnologico-pragmatica. Vattimo, promotore dellopera collettiva Il pensiero debole, rovescia completamente il punto di vista di Lyotard e legittima una forma di anti-intellettualismo estremamente rafnata ed ironica: per lui il postmoderno nichilistico ed anti-metasico. Il problema pu essere cos formulato: il pensiero debole rispetto a che cosa? La prima risposta interna al campo losoco: il pensiero debole (che sispira a Heidegger) si contrapporrebbe al pensiero forte (hegeliano e marxista) il quale rivendica una posizione di sovranit nei confronti della politica. La seconda risposta ancora dordine losoco: il pensiero forte non per niente tale, perch in realt non ha nessuna inuenza sulla politica e sulla societ. Perci un pensiero millantatore, che si spaccia per ci che non , perch lo stato, i partiti e le forze produttive non hanno pi alcun bisogno di lui. Il confronto non sarebbe perci tra pensiero debole e pensiero forte, ma tra pensiero debole e pensiero debolissimo. Inne c un terzo aspetto che esula dallambito losoco e riguarda la battaglia culturale e politica nel senso pi ampio: il pensiero debole trova almeno una sponda di ascolto, se non di inuenza, nella politica, perch questa si sente nalmente autorizzata ad essere ignorante, a mettere in softta la teoria, a dire e a disdire, a fare e a disfare senza tenere pi in considerazione non dico la coerenza,
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ma nemmeno la logica, in altre parole a fare della comunicazione. Cari lettori (e i lettori ormai devono essere cari, perch rari, specie se sono arrivati a questo punto del mio pamphlet, anche se non sono daccordo con quello che dico, sono cari lo stesso), dunque, cari lettori, vedete come lentamente nel corso dellultimo quarantennio si sia preparato lentamente, partendo da sponde politiche opposte a quelle di Berlusconi, quella catastrofe oscurantista di cui i governi di Berlusconi costituiscono lapoteosi! E qui non mi riferisco alla persona di Berlusconi che si laure in legge nel 1961, col massimo dei voti alla facolt di Giurisprudenza presso lUniversit Statale di Milano discutendo una tesi intitolata Il contratto di pubblicit per inserzione, la quale fu premiata dallagenzia pubblicitaria Manzoni di Milano, ma a ci che rappresenta. In ultima analisi il pensiero debole stato il vero libro organico degli intellettuali italiani degli anni Ottanta, non nel senso che ha istruito o consigliato i politici dellepoca, ma proprio al contrario, perch ha cominciato a liberarli da ogni condizionamento, non dico teorico, che sarebbe veramente troppo, ma logico, esonerandoli dal principio di non-contraddizione, facendo loro credere (no! Questa parola troppo per loro, perch suppone che potessero essere in grado di credere in qualcosa!) perci correggo, facendo loro utare che questa era la tendenza generale della societ. Finalmente era arrivato un losofo (con tutte le carte in regola e un curriculum irreprensibile, uno che proveniva da un grande maestro, che aveva tradotto Heidegger e che si deniva molto umilmente un operaio della losoa), il quale autorizzava la loro incoerenza, il loro opportunismo, la loro ignoranza, che accordava loro il diritto di mettere in softta Gramsci, e tutti quegli insop68

portabili Soloni della sinistra che ancora sproloquiavano sulla razionalit della storia, sulla lotta di classe e sulla vecchia talpa (metafora adoperata da Marx con riferimento alla rivoluzione). E tutto questo avveniva proprio in nome di una nuova losoa della storia, secondo la quale si stava aprendo una nuova et denita postmoderna, nella quale si poteva dire contemporaneamente tutto e il contrario di tutto! Io non ho mai avuto limpressione che essi fossero in grado di accorgersi che Vattimo si prendeva segretamente gioco di loro, e del resto questa non era per loro allora una cosa importante. Se ne accorsero pi tardi quando lo cooptarono come politico. Negli stessi mesi in cui in Cina era lanciata una campagna contro linquinamento spirituale in nome del marxismo-leninismo, in Italia si trovava un modo scaltro di passare per progressisti (il postmoderno non pi progressivo del moderno? Infatti, viene dopo), inschiandosene non solo della dialettica di Hegel, ma perno della logica di Aristotele! La genialit di Vattimo, vero e unico eroe losoco-politico a cavallo tra i due millenni, consiste nel fatto di essere rimasto nella sostanza sempre coerente con se stesso, pur sposando nellapparenza i partiti pi diversi. Vale per lui ci che diceva il Cardinale di Retz (1613 1679): Bisogna cambiare spesso opinione per restare del proprio partito. Tuttavia Confucio avrebbe rimproverato Vattimo, perch luomo di valore (ed egli indubbiamente tale) pronto ad essere misconosciuto senza adombrarsene. Gli anni che vanno dalla morte di Mao (1976) al 1989 sono noti come lepoca del disgelo intellettuale, della febbre culturale, dellilluminismo post-maoista, del ritorno allarmonia confuciana e cos via. Certo che gli intellettuali, deniti dalla Rivoluzione culturale maoista la nona
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categoria puzzolente, diventano insieme agli operai e ai contadini la spina dorsale della nazione: viene nalmente espressamente riconosciuto che, dacch stata inventata la scrittura, nessuno stato ha mai potuto funzionare senza il concorso di un gruppo dintellettuali specializzati. La teoria delle tre rappresentativit (operai, contadini, intellettuali) di Deng Xiaoping, connessa col progetto di uno stato socialista con caratteristiche cinesi. Non a caso, nel trentennio 1980-2010 escono in Cina trecento libri e diecimila saggi su Confucio. Come questa rivalutazione debba essere tradotta in termini operativi, tuttavia estremamente controverso. Si assiste dopo il 1980 ad un pullulare di riviste, diniziative culturali, di traduzioni dalle lingue straniere, in parte autorizzate, talvolta illegali, con unalternanza di aperture e di chiusure, di concessioni e di repressioni, la cui logica molto complessa e suscettibile di opposte interpretazioni. Per esempio, come deve essere valutata la comparsa nella letteratura, nel cinema, nella sensibilit collettiva, di prospettive individualistiche estranee alla tradizione culturale cinese (e certamente a quella confuciana)? Secondo un importante storico e losofo cinese, esiste tra il marxismo e il confucianesimo unafnit elettiva che consiste nel fatto che entrambe queste losoe tendono a mettere tra parentesi la soggettivit. Naturalmente questo fatto pu essere giudicato positivamente o negativamente, a secondo dei punti di vista. Per Li Zehou, ritenuto il pi importante pensatore cinese degli ultimi trentanni, il maoismo non ha niente che fare con Marx e semmai affonda le sue radici nella tradizione cinese. Secondo Sor-hoon Tan, una losofa di Singapore che ha studiato con grande rigore lologico i testi confuciani, il pensiero politico di Confucio sarebbe invece afne
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alla nozione di democrazia di John Dewey, che, come si detto, aveva dimorato in Cina nei primi anni Venti riportando un grande successo e dando vita ad una corrente politica. Certo che durante il ventennio precedente ai fatti di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989, la distinzione tra gli intellettuali interni al sistema e quelli dissidenti era molto uida. Senza voler minimamente giusticare la repressione violenta del movimento degli studenti, esiste unimpressionante continuit tra il movimento del 4 maggio 1919, la rivoluzione culturale maoista (1966-1976) e la protesta studentesca del 1988-9, culminata con leccidio del 4 giugno 1989, tutti allinsegna del riuto della mediazione culturale confuciana. Sebbene molti intellettuali fossero stati accusati di aver fomentato la rivolta, ormai riconosciuto che essi avevano cercato piuttosto di fermare gli studenti, ma non furono ascoltati da loro. Sia dalla parte del potere, che temeva che la Cina si disgregasse (come sarebbe avvenuto un paio danni dopo alla Jugoslavia e allUnione Sovietica), sia dalla parte degli studenti, in preda ad un infantilismo spontaneistico simile a quello parigino del maggio 1968, prevalsero le tendenze pi estremistiche, ricacciando ancora una volta molti intellettuali in un vicolo cieco, che si protratto per i decenni successivi, costringendo molti di loro allesilio. Processi di civilizzazione in Cina e dimbarbarimento in Italia Il contributo teorico pi rilevante della vittoria del confucianesimo in Cina mi sembra limportanza assegnata allidea di qualit (suzhi). Secondo Luigi Tomba, un si71

nologo australiano molto attento alla complessit della societ cinese attuale, questo termine non deve essere inteso come un ennesimo slogan ideologico, ma la nozione intorno cui ruota un vasto processo di civilizzazione della societ cinese attuale, che riguarda tutti gli aspetti della vita materiale e spirituale. Compaiono nozioni estetiche per eccellenza come stile di vita, educazione alla civilt, gentilezza, magnanimit e cos via. In altre parole, si starebbe realizzando in Cina qualcosa di analogo a ci che il sociologo tedesco Norbert Elias (1897-1990) ha denito con riferimento alla nascita della modernit occidentale: la civilt delle buone maniere. Essa non qualcosa di superciale e convenzionale, ma implica un lungo e difcile cammino di rafnamento e di perfezione interiore, basato sul controllo delle emozioni e sulla padronanza dei codici formali e simbolici. Limmagine del cosiddetto cittadino cinese di qualit ricalca il modello della nascita del borghese a partire dal Rinascimento. I manuali di autocoltivazione ricordano i nostri galatei del Cinquecento e del Seicento. Qui si va veramente alla radice del pensiero di Confucio, che riguarda lo stretto legame esistente tra la perfettibilit dellessere umano e il sentire rituale. La natura umana tale da poter essere sempre in grado di imparare, di migliorare e di perfezionarsi allinnito: lesercizio di autoqualicazione riguarda tutti, non una certa classe o ceto. Il mio insegnamento dice Confucio rivolto a tutti senza distinzione (Dialoghi, XV, 38). Leccellenza un valore morale che implica il rapporto con gli altri, il quale retto e mantenuto attraverso lo spirito rituale. Questo non deve essere considerato come alcunch di meramente conformistico e stereotipato, ma implica una partecipazione ed una
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energia emozionale profonda. In altre parole, il cittadino di qualit non altro che luomo di valore confuciano. In questo modo le spinte verso il soggettivismo, che provengono dallinuenza euro-americana, sono immunizzate da quella deriva che li porterebbe verso la dissoluzione dei legami sociali e la disintegrazione dello stato. La famosa frase confuciana vincere il proprio io, per rivolgersi ai riti vuol dire appunto disciplinare se stessi stabilendo un rapporto armonico con gli altri. In Italia avviene il contrario. Qualsiasi tentativo di introdurre nel discorso culturale la qualit invece della quantit bollato come elitista, anti-democratico o addirittura aristocratico! Io, per esempio, per il solo fatto di avere scritto che in Italia c il governo dei peggiori (notate bene, non ho detto dei pessimi, come fu in Cambogia sotto i Khmer rossi e tuttora in tantissimi luoghi) sono stato bollato come aristocratico! Se questa parola viene intesa in senso letterale come il governo dei migliori, non ho alcuna difcolt a riconoscermi in questo termine: ma chi non si riconoscerebbe? Non mi risulta che ci sia qualcuno che teorizzi la legittimit del governo dei peggiori perch tali, nemmeno i seguaci di Mandeville (1670 1733) (per chi non lo ricordasse, lautore di La favola delle api in cui il vizio condizione della prosperit economica degli stati). E questo va ad onore dei sostenitori dei governi presieduti da Berlusconi che si autodeniscono come buoni: infatti, lipocrisia lomaggio che il vizio fa alla virt. Se invece con essa sintende la nobilt, la quale lungo i secoli si appropriata indebitamente di questo termine, io ho una cattiva opinione della nobilt italiana nel suo complesso e penso che un suo eventuale governo sarebbe peggiore di quello esistente. Ma quando mi si bolla come aristocrati73

co sintende una terza cosa, il fatto che sono sempre stato un sostenitore dellautorevolezza della conoscenza. Sarebbero dunque stati aristocratici i fondatori della scienza moderna, gli illuministi, gli idologues, gli idealisti, i marxisti, i positivisti, i teorici del pensiero critico e cos via? Tuttavia queste sono nezze per loscurantismo comunicativo e demagogico che fa di ogni erba un fascio, e non potrebbe fare diversamente, data la sua ignoranza che non gli consente di distinguere tra pensatori di sinistra, di centro o di destra, progressisti o reazionari... proprio perch allergico alla stessa esistenza di pensatori! Certo qualche etichetta politica bisogna ben darsela, ma questa alla ne si riduce ad una sola: riformismo! Io trovo imbarazzante per lattuale classe politica italiana la scomparsa dei conservatori: tutti si deniscono come riformisti, senza accorgersi che la maggior parte degli italiani ha ormai una gran paura delle innovazioni, dato che queste sembrano nascondere quasi sempre qualche marchingegno che peggiora la situazione esistente a favore degli interessi di coloro che queste riforme promuovono. A questo punto lautodenirsi conservatore perno peggio che passare per rivoluzionario. Infatti, scattata lidenticazione dei rivoluzionari con i Black Bloc, con i terroristi e i loro ancheggiatori, mentre per i conservatori non c che disprezzo o compatimento. Nulla rassicura di pi i fautori della comunicazione, dellefmero, del presentismo che la mancanza di qualsiasi qualit, specie se accompagnata da qualche successo, a riprova che studiare non serve a niente e che i primi della classe sono gli ultimi della vita. Chiss perch le universit sono ancora cos affollate e i giornali danno i numeri stilando classiche che distinguono produttivit intesa in senso meramente quantitativo, di74

dattica e ricerca ed entrando spesso ancor pi nello specico mediante la distinzione tra servizi (qui ci si meraviglia che ci sia un voto di sufcienza), spesa per le borse e altri interventi, strutture, web (ma chi lo studia, se perno le facolt di comunicazione raramente vanno al di l di una fumosa retorica futuristica?), internazionalizzazione (vorrei proprio sapere sulla base di quali parametri si fonda). Chi fa il nulla dietro di s, ha il nulla davanti a s: in altre parole se si vuole costruire davvero il futuro, bisogna nello stesso tempo ripensare il passato. Questo linsegnamento fondamentale delleterno ritorno di cui parla Nietzsche. La tradizione (e pi in generale lo studio) non qualcosa che si possa ridurre ad uno slogan. Per esempio, c in Italia un partito politico che ha preteso di costruire il suo mito fondatore risalendo al Medioevo. Qualcuno ingenuamente si sarebbe aspettato un orire di studi medioevali; invece non mi sembra che per essere ammessi a questo partito, si richieda una qualche conoscenza di questo periodo storico o si corra il rischio di essere espulsi per non aver studiato la losoa scolastica o il pensiero di Gianfranco Miglio (1918 2001). Si dice anzi ma non so quanto questa voce sia fondata che in questo partito il sapere non sia per nulla apprezzato e sia anzi considerato uno dei quattro vecchiumi da cui bisogna liberarsi. Gli altri tre relata refero sarebbero la buona educazione, la moderazione e lo spirito nazionale. Possiamo essere indignati? Una parola che ricorre sempre pi frequentemente nei discorsi etico-politici dignit. Questa diventata uno dei
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termini chiave della bioetica, nonch il motto in cui si sono riconosciute le rivolte politiche che hanno scosso molti stati arabi, provocando talora la caduta dei governi. In Italia coloro che si sono detti indignati dalla condotta di ...sconi (questa volta mi viene in mente solo la parte nale del nome di questa persona), non si contano. Gli studenti che hanno occupato le piazze di alcune citt spagnole si sono deniti los indignados. E nato cos un Global Indignant Movement che si manifestato in molti paesi. La parola dignit ha eclissato altri termini pi tecnici del linguaggio politico, come comunit e diritti delluomo. In effetti, la prima caduta nel ridicolo da quando si cominciato a parlare di una comunit internazionale (espressione impropria perch la comunit nella scienza politica indica un legame associativo di natura affettiva simile alla famiglia, come sanno tutti i lettori di Ferdinand Tnnies, che ne stato il teorico); quanto ai diritti umani, che costituiscono uno dei cardini della civilt occidentale, luso fazioso e opportunistico che se ne fatto, li ha svuotati di credibilit. Anche la parola dignit non affatto esente da equivoci, fraintendimenti ed usi impropri. Come al solito, bisogna risalire alle origini, se si vuole davvero farne un concetto coerente. Per quanto la nozione sia attribuita agli antichi loso Stoici, difcile trovare in greco una parola che corrisponda esattamente alla dignitas romana (la quale a sua volta ambigua, perch da un lato una caratteristica di chi occupa un ufcio pubblico, dallaltro ricalca lidea stoica secondo cui tutti gli uomini, al di l dei conni politici e delle divisioni etniche, sono riuniti da una naturale inclinazione benevola verso i propri simili basata sul fatto di condividere il lgos, la ragione). Delle tante virt individuate dagli Stoici le parole che si avvicinano di pi, sono
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la decenza (kosmits), la socievolezza (aspasms), il pudore (admosn), lautodominio (gkrteia), ma nessuna di queste corrisponde esattamente a dignit. Fatto sta che per gli Stoici la perfezione morale, personicata della gura del saggio, implica una completa padronanza delle passioni, che si ottiene attraverso la virt della coerenza (omologha). Gli stoici hanno introdotto nella losoa la nozione di dovere denendolo come il principio di coerenza nella vita tale da poter essere giusticato razionalmente. Esso ha la propria ricompensa in se stesso e proprio perci consente allessere umano di stare fermo e saldo nellesperienza del presente. Questa fermezza non tuttavia immobile, ma si regge su un tnos, una tensione che mantiene gli opposti in equilibrio tra loro, attraverso un continuo esercizio su se stessi. Ora la domanda cruciale : possiamo permetterci di essere indignati, se non abbiamo nessuna delle quattro virt fondamentali (saggezza, temperanza, coraggio e giustizia)? Possiamo indignarci se noi stessi non abbiamo dignit? Se non siamo minimamente coerenti con noi stessi ma immersi nel mondo della comunicazione, nel quale tutto si capovolge in tutto. I caratteri fondamentali della comunicazione sono descritti benissimo dagli Stoici sotto il termine di stoltezza. Lo stolto non uno sciocco, uno stupido, un ottuso ma lessere umano che, in preda a un continuo turbamento, cambia opinione da un momento allaltro; incapace di stare fermo, corre a precipizio con impeto irrefrenabile verso il primo obiettivo che incontra e si pente con facilit di ci che ha fatto; incapace di ascolto, parla e agisce in modo inconcludente; inetto a elaborare valutazioni stabili e a compiere scelte irreversibili, salta ora qua ora l, pretendendo
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di avere e di prendere tutto. La stoltezza non nasce da una mancanza, ma da una deviazione, da una distorsione, da un pervertimento della facolt razionale. Per essere indignati, bisogna almeno avere coraggio, cio pazienza, perseveranza, magnanimit e magnicenza (Tommaso dAquino dixit). Noi italiani (e forse noi occidentali), siamo troppo deboli per permetterci di essere indignati. Perci o si ritorna alle origini, cio allinsegnamento dellantichit classica e religiosa (ebraica, cristiana e islamica) ci che per noi equivale al Confucio dei cinesi o non c scampo. La dignit non un dato, non qualcosa che si possiede per il semplice fatto di appartenere alla specie umana, ma un esercizio di autocontrollo e di perfezionamento di se stessi insieme a uno sforzo continuo per aiutare gli altri. Bisogna meritare di essere umani. Nessuno pu dire di essere completamente riuscito in questo compito. Io, per esempio, non riesco ancora a memorizzare il nome di quel capitano dindustria cos famoso. Stamattina ricordavo solo la parte centrale del suo cognome: lusco. Roma, 1 novembre 2011
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ALBERTO SCARPONI1

I DISASTRI DELLIMMAGINAZIONE (AL POTERE)

La situazione attuale il Sessantotto realizzato. Questo apoftegma di Mario Perniola, che alla ne della lettura si presenta teorema dimostrato, ha come ogni teorema sue condizioni funzionali: largomentazione funziona premesso che con il termine Sessantotto sintenda un lungo processo storico (grosso modo nellarco temporale 19602010) riassunto nei contenuti culturali di un Movimento a geometria variabile e, dallaltra parte, con il termine Berlusconi si indichi non un uomo, di cui in realt si niscono per dimenticare i connotati individuali e nanco il nome, ma il fenomeno per cui come accade al fuoco in Eraclito e alla merce in Marx una sola cosa tutto.
1 Alberto Scarponi (Roma) stato caporedattore di Critica Marxista (1972-1984), segretario del Sindacato nazionale scrittori (19911998), redattore di Lettera internazionale (edizione italiana) e di Le reti di Dedalus (web review), e traduttore dalla lingua tedesca di molti libri, e specialmente delle opere di Gyrgy Lukcs Ontologia (1976-1981), Pensiero vissuto (1983), Democratizzazione (originale 1968, in corso di stampa). Come autore ha pubblicato le prose narrative Si fa per dire (2005), il volume di versi Cogito (2007) e ora le ottave di Parlari di parole in e-book.

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Oggi infatti e siamo subito dentro lanalisi dellattualit si pronuncia il nome di Berlusconi, ma immaginando, e intendendo dire, altro. che viviamo una vera e propria rimozione del nostro tempo vissuto. Lui per non centra, in realt sono gli ultimi quaranta-cinquantanni, unet, che la nostra psiche vuole rimuovere, non quindi soltanto un fatto politico o, al massimo, politico-culturale, ma invece un intero tempo, con il suo spirito (diciamolo in maniera colta: con il suo Zeitgeist), cio con il suo programma-mondo, di cui quellindividuo, la cui ombra ci pare tutto, non che una sineddoche (una pars pro toto). E in un tropo, tutto quanto sia idiosyncratic (direbbero gli inglesi), insomma personale, in realt solo apparente, non conta. Quel che conta di questo tempo, del Sessantotto cos inteso, il programma. E il programma era (detto in astratta sintesi) che la volont di potenza doveva sostituire ogni oggettivit, tanto pi se funzionante da struttura (quella struttura, certamente). Il lavoro in primo luogo, quindi la famiglia, la scuola, luniversit dovevano essere riformulati dal desiderio individuale in cui esistenzialisticamente si manifestava lautenticit degli istinti e dei talenti. Di qui la totale deregolamentazione dei comportamenti del singolo, in specie del comportamento sessuale. Nellinsieme dunque una vera e propria contro-cultura, che nellempirico si traduceva in avversione per ogni competenza denita, tanto pi se denita formalmente da un ordine, un titolo, un documento, insomma da un fatto oggettivo. Ecco allora lostilit quotidiana per le istituzioni, giuridiche e burocratiche in genere, ma in specie sanitarie, perch capaci di toccare lindividualit manifesta, il corpo. Di contro, un dilagare ideologico: vitalismo, giovanilismo, spontanei82

smo, immediatismo, presentismo. In particolare: riuto della storia (del passato in quanto vecchio) e del pensiero logico, sia sul piano conoscitivo che pratico, in quanto costrizioni del presente che doveva invece restare libero (intendi: autonomo). Una insurrezione culturale individualistica di cui, storicamente, si sentiva fortemente il bisogno. Va comunque precisato che nel Sessantotto in realt le correnti caratterizzanti furono poi due. Una per quella dei leninisti e trotskisti (secondo cui una minoranza di intellettuali doveva educare, guidare e sollevare la massa proletaria tramite una dittatura di partito) si esaur nel cul de sac della ideologia dei gruppi, intesa appunto come politica partitica. Fu invece laltra a segnare culturalmente il Sessantotto per cos dire generale, quella dei neo-anarchici e del Mouvement du 22 Mars (sostenitore dellautonomia della massa proletaria, la quale doveva amministrarsi tramite i consigli, ovvero quegli organi di decisione politica i cui membri, gli individui eletti, sono in ogni momento destituibili). Questa seconda corrente fu nel suo insieme inuenzata dalla teoria anarchica del russo-polacco Jan Waclaw Machajski (1866-1926, dopo la Rivoluzione dOttobre comunque adattatosi, in mancanza di meglio, a servire a Mosca, da funzionario, la bolscevica dittatura del proletariato). Tale teoria anarchica diceva che gli intellettuali costituiscono un corpo sociale avverso a quello dei lavoratori. Ma lanti-intellettualismo rileva Perniola lungo questa sua ricostruzione del problema era gi un dato culturale facilmente rintracciabile dentro le ondate innovative dellultima modernit. Durante la Rivoluzione francese per esempio Lavoisier, il fondatore della odierna chimica, viene ghigliottinato nel 1794 da chi sostiene che la rpublique
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na pas besoin de savants e la cosiddetta Congiura degli Uguali, di Gracchus Babeuf e Filippo Buonarroti, si pronuncia contro ogni disuguaglianza, anche intellettuale. A partire dallottocento poi sincontra lanti-intellettualismo sempre pi di frequente, persino nelle proposte di innovazione artistica e letteraria. Il poeta Lautramont (18461970, francese ma nato a Montevideo) applica legualitarismo alla letteratura proclamando che tutti devono fare poesia, mentre un cinquantennio pi avanti, tra il 1916 e il 1920, sar il movimento dada a estendere il principio allarte: chiunque pu praticarla, artistico il gesto non lopera. Pi tardi lamericano Andy Wahrol (1928-1987) ne deduce che, stando cos le cose, a decidere lartisticit di unopera lopinione pubblica, il consenso dei fruitori (degli acquirenti), decide cio il successo sociale (visibilmente economico), e che dunque a nessuno pu mancare la chance di farsi autore e avere il suo quarto dora di fama, indipendentemente da ci che produce. Da ultimo, negli anni sessanta, sar poi la competenza professionale in genere ad essere contestata, socialmente, nch nei decenni successivi, tramite il discorso innito e semplicissimo dei social networks, i racconti gratuiti di incontrollabili competenti sostituiranno del tutto i propri divismi quotidiani a ogni improbabile verica specica. Nessuna sorpresa quindi se anche la politica oggi si nutre di questo atteggiamento culturale, per cui il leader (anche se formalmente presidente del consiglio o premier, in sostanza resta leader, al di fuori di qualsiasi legalit, e dunque) sceglie e nomina a titolare di ogni e qualsiasi funzione chiunque riceva per una qualunque ragione il suo assenso. Si potrebbe dire: chiunque abbia successo presso di lui, ma in ogni caso il programma anti-intellettualistico
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resta attuato, sebbene con una pecca autoritaria per qualche verso analoga a quella del bolscevismo. Soprattutto importante in questo lungo processo culturale dunque che muta forma il lavoro stesso (possiamo sottolineare tra parentesi: il lavoro, cio secondo il marxismo di Lukcs, il dato ontologico costitutivo dellumano, dellessere sociale, nella storia dellessere). Con la new o net economy dagli anni ottanta il lavoro tende a cambiare forma tecnica, ma anche forma economica, perch il protto vede sempre meglio come il proprio meccanismo formativo sia ora non semplicemente lo sfruttamento del lavoro materiale (in termini marxiani rigorosi: il plusvalore assoluto), ma invece, dato il grande sviluppo delle forze produttive (in specie le nuove tecnologie della comunicazione materiale e intellettuale), tenda sempre pi a fondarsi sul capitale sociale, prima che monetario, dice Perniola (nella grammatica di Marx e ancora di Lukcs: sul plusvalore relativo). In altri termini le reti (in tutta la loro fenomenologia: dallinformatica, alle comunicazioni materiali, alla socialit degli interessi organizzati no alle lobbies e magari anche al familismo) si fanno globali, al di sopra delle singole societ, ma anche onnipresenti al loro interno, no a prendere, con il proprio serissimo gioco materiale, un sopravvento decisivo sulla dinamica economica tradizionale del capitalismo. Si tratta di un gioco chiarisce Perniola ma nellaccezione che ha nellopera del losofo tedesco Hans Georg Gadamer (1900-2000): per lui il gioco unentit impersonale che impone le proprie regole a coloro che vi partecipano. Esso assorbe in s il giocatore e lo libera dallobbligo delliniziativa meramente soggettiva. E ci comporta una svalutazione netta, nellideologia, del
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concetto di competenza (nellantica accezione di abilit lavorativa del singolo), per orientarsi semmai verso quel qualcosa di anonimo, di neutro, direi di quasi losoco, che costituisce lessenza del capitalismo nanziario. Dove il manager un giocatore, non uno specialista. Potremmo chiamare tale giocatore uomo di mondo in un senso nuovo. Non lavorate!, era stato linvito situazionista di Guy Debord (che mirava a scombinare il sistema con il comportamento del singolo), cos il capitalismo alla ne ha risposto: Create reti!, dove il lavoro perde di peso, perch il contenuto non ha importanza, i vostri desideri men che mai. A questo punto il capitalismo diventa capitalismo connessionista. Per comprendere il senso di questo passaggio del ragionamento di Perniola forse opportuno sottolineare il rapido riferimento che egli fa qui alla elaborazione del sociologo francese Luc Boltanski. Secondo questultimo (Luc Boltanski ve Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme, Paris, Gallimard, 1999) noi viviamo oggi appunto una terza forma di capitalismo, quella connessionista, quella delle reti, la quale comporta un suo nuovo spirito. Perniola in un saggio apparso nel 2002 sulla rivista galma (n. 3), da lui diretta, ha ripreso la teoria di Boltanski secondo cui il capitalismo, essendo un sistema sociale formalmente fondato sulla adesione volontaria dei suoi componenti, ha sempre bisogno di giusticarsi, meglio di legittimarsi: Lo spirito del capitalismo non perci una sovrastruttura, ma gioca un ruolo centrale nella sua dinamica economica, la quale aspira alla legittimit. Ecco dunque che, dopo lo spirito iniziale descritto da Max Weber (Letica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904-1905), negli anni trenta del novecento esso sviluppa
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un secondo spirito per provare la propria legittimit in risposta alla critica del movimento operaio. il tempo della grande impresa centralizzata, burocratica, razionale, che discute con sindacati altrettanto centralizzati contratti che vertono sulle modalit del posto di lavoro sso, sul suo contenuto di competenza professionale, sul salario nei suoi vari aspetti. Dagli anni Sessanta tuttavia a questa critica socioeconomica si aggiunge una critica culturale che, traendo alimento da sviluppi del campo artistico, rivendica anche lautenticit e lautonomia personale, ora divenute valori di massa. Ci domanda al capitalismo una nuova legittimazione. E questa verr, ma compiutamente solo negli anni ottanta, quando appunto il terzo spirito del capitalismo accoglie tali rivendicazioni di carattere estetico. Da un lato, il manager creativo si pone come lerede dellartista bohmien, laddove la sua competenza tecnica tende in sostanza a denirsi come capacit relazionale (il bohmien artista, non perch produca alcunch di artistico, ma perch conduce una vita artiste). Dallaltro lato, le esperienze maturate in ambiti marginali, trasgressivi o rivoluzionari, sono ritenute molto utili ai ni dello sfruttamento capitalistico di settori non ancora o debolmente mercicati. Di qui il consumo-felicit, il successo-valore, il gruppo-rete di vendita, ecc. che ricompongono il quotidiano totalmente acquisito alla sfera delleconomico. Il terzo spirito del capitalismo ha cos scontto culturalmente la critica socio-economica (ha superato la prova di legittimazione) proveniente dal movimento operaio e lo ha fatto togliendo dalla visibilit sociale il rapporto economico, posto sotto la coltre di valori culturali (la felicit, lautonomia, la creativit, la liberazione) ritradotti in fatto
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economico tramite la manipolazione del consumo. Simultaneamente, ancora tramite la manipolazione, ha assorbito a s il movimento libertario degli anni sessanta-settanta e i conseguenti portatori della critique artiste soddisfatti dei cambiamenti intervenuti nellorganizzazione del lavoro e, pi generalmente, della societ (L. Boltanski, Una nuova componente dello spirito del capitalismo, in galma, n. 3). Se le cose stanno cos, sembra un po troppo candida, gaiamente autoreferenziale, la breve replica di Bifo, in Alfabeta2, n. 16, secondo cui il Sessantotto, con il suo istinto egualitario, voleva anzitutto la ne del capitalismo. Gi, ma si pu volere qualcosa, nel senso di desiderarlo, e per lavorare in contrario. Questo Perniola imputa al Sessantotto, di aver lavorato per distruggere luniversit, cio nella storia dellOccidente lo strumento fondamentale attraverso cui la borghesia conquista legemonia sociopolitica a danno della nobilt, vale a dire la macchina moderna di selezione della classe dirigente che potrebbe funzionare ora a vantaggio del suo rinnovamento critico. Perniola segnala anche (utilizzando Jean-Claude Milner, Le salaire de lidal, Paris, Seuil, 1997) un fenomeno storico decisivo: il capitalismo oggi trova nella classe media un ostacolo allespansione straripante del modello neo-liberistico... la tradizionale co-appartenenza tra capitalismo e borghesia spezzata. Il capitalismo insomma non ha pi interesse a pagarsi il lusso di un salario per lideale. Il borghese, il cui stipendio in precedenza era indipendente dal mercato, oggi un salariato (dirigente, ingegnere, professore, funzionario, giornalista) proletarizzato soprattutto nello stile di vita e, in Italia, a ci contribuisce fortemente la ne della mobilit sociale socio-economica che veni88

va ottenuta tramite i servizi universitari aperti e collettivi (la rete delle conoscenze, le relazioni internazionali, le biblioteche, i laboratori, i collegi, le mense, ecc.). Ora il giovane deve afdarsi al familismo amorale, che costringe a una sorta di chiusa servit della professione (analoga alla medievale servit della gleba) e che provoca di contro linsofferenza populistica dei singoli (perch lui s e io no?). Visto quanto, per conseguenza, succede nel campo sanitario, il presente pamphlet ci richiama alla memoria che al grido del populismo franchista muera la inteligencja! si accompagnava poi laltro: viva la muerte! Lostilit verso la cultura in cui viviamo non dunque soltanto un fenomeno culturale, da addebitarsi magari alla avversione oscurantista, profondamente radicata nellitalico sentire, nei confronti della classe dei colti, invece un fatto primario la cui intensit, nuovissima nella storia occidentale, discende dal bisogno socio-economico di avere una classe dirigente nuova in presa diretta con il capitalismo neoliberista, totalmente funzionale ad esso anche nella sua ideologia: quella delle tre i (inglese, internet, impresa) accompagnate dal sentimento del nuovo (la vita come ricerca) e del fare (non parole ma fatti, le parole siano performative, slogan, meglio se pubblicitari). Tutto il resto parassitismo, costo economico, lusso che bene non permettersi, anche se talvolta linevitabile prezzo da pagare alla politica (propaganda). La societ come tale non ne avrebbe bisogno, qui basta leconomia. Lattenzione che Perniola a questo punto dedica alla Cina guidata non tanto dalla rivoluzione culturale cinese (che consider gli intellettuali la nona categoria puzzolente, per giunta con lo sguardo rivolto indietro, verso Confucio, invece di guardare avanti e combattere i quat89

tro vecchiumi), non tanto questo movimento visto in simmetria con il simultaneo Sessantotto ad attrarre la sua attenzione, quanto invece il nale affermarsi nella Cina comunista del confucianesimo, quindi della mediazione intellettuale (Confucio insegnava a studiare il vecchio per conoscere il nuovo, un intervallo operativo che pu essere colmato solo dalla cultura, dagli intellettuali). A Perniola interessa dunque, non la gura storica del mandarino, che sarebbe arbitrario e gratuito estrarre dal proprio contesto pratico e ideologico del mondo immobile, quanto invece lattualit della funzione intellettuale nella societ di oggi, e quindi limmagine di quel paese come viene a congurarsi oggi nella sua realt e nel suo disegno intenzionale, che egli intende proporre come modello per noi. Non si tratta dellimmagine, corrente sui giornali, della grande potenza economica e nanziaria, in competizione per lo pi subdola con lOccidente, fatta di sfruttamento medievale, trucchi produttivi, inganni pirateschi, minaccioso sorridere, ma al contrario di un vasto processo di civilizzazione della societ cinese che ruota intorno alla nozione di qualit (suzhi). Attorno allestetica delleccellenza come stile di vita, educazione alla civilt, gentilezza, magnanimit e altro ancora si ha qualcosa di analogo alla civilt delle buone maniere che il sociologo tedesco Norbert Elias (1897-1990) illustra come ci che ha permesso, dal Rinascimento, la nascita della modernit occidentale sulla base della perfezione interiore, cio del controllo delle emozioni tramite la padronanza dei codici formali e simbolici (Norbert Elias, Il processo di civilizzazione, Bologna, Il Mulino, 1988). Infatti: La famosa frase confuciana vincere il proprio io, per rivolgersi ai

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riti vuol dire appunto disciplinare se stessi stabilendo un rapporto armonico con gli altri. Il pamphlet termina con questa che quasi la fantasia di un apologo, narrato per farci conoscere la strada da percorrere nel nostro presente italiano invece malato di infantilismo spontaneistico, un tempo nel lontano 1968 bello e ammeggiante e giovane, ma oggi ridotto a soggettivismo euro-americano disperato. La deriva di questultimo la dissoluzione caotica dei vecchi vincoli sociali, e insieme per lassenza degli strumenti culturali necessari a inventare la forma di quelli nuovi la disintegrazione dello spirito di cittadinanza. Siamo al tempo della stoltezza: Lo stolto... cambia opinione da un momento allaltro... corre a precipizio... verso il primo obiettivo che incontra... incapace di ascolto... inetto a elaborare valutazioni stabili... salta in qua e in l... pretendendo... tutto. Sommersi, dentro loscurantismo dalla ridondanza comunicativa e dalla sua giusticazione pragmatistica, non conosciamo la dignit, la sua costanza. Quindi non siamo in grado neppure di essere indignati. A dire il vero questo dovrebbe essere, pi precisamente, il tempo della riconquista della ragione. Dovremmo uscire dalla stoltezza, da questo pervertimento della facolt razionale. E allora, o si ritorna alle origini cio allinsegnamento dellantichit classica e cristiana (ci che per noi equivale al Confucio dei cinesi) o non c scampo. Nientepopodimeno, si scandalizza, nello spirito del Sessantotto pi distillato e schietto, Franco Berardi Bifo per tale proposta di recupero indiscriminato del lavoro intellettuale sulle cose. Per s preferisce invece essere senza ingenuit nei confronti del potere e perci continuare a giocare con lo scivolamento ironico innito del
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linguaggio. Progetto niente affatto irrilevante nella sua possibile decostruttivit (anche se qui il possibile sa un po di sogno deterministico). Certo. E per come discernere lo scivolamento ironico innito linguistico dallingenuo scivolamento tout court nella pozza del presente? Forse ci aiuterebbe il criterio della qualit. Probabilmente della qualit letteraria. Torna alla memoria in proposito una frase di Luigi Malerba, scritta in riferimento alla neoavanguardia italiana, il Gruppo 63, che fu a suo modo un prodromo del Sessantotto: In quegli anni nessuno di noi pensava di poter rinnovare il mondo per mezzo della letteratura. Questa frase si trova (in Luigi Malerba, Che vergogna scrivere, Milano, Mondadori, 1996) nel contesto di un capitolo intitolato A che cosa serve la letteratura, il quale poi termina con la seguente riessione: oggi siamo in presenza di una invadente pratica tecnologica e di un pericoloso, addirittura minaccioso, strapotere delle tecnologie, purtroppo questo succede perch ai posti di comando arrivano troppo spesso uomini privi di quelle vigili prospettive che soltanto la cultura umanistica pu dare. Per far fronte allinsipienza irresponsabile, alla volgarit e allarroganza del pensare corto, per opporre resistenza alle decisioni miopi e avventate che dobbiamo subire quotidianamente e ridare forza a unidea prospettica della civilt, io credo che ci sia di grande aiuto proprio la letteratura, ancora alla ricerca di un riscatto dalle sue colpe immaginarie. Roma, marzo 2012

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AFFINIT ELETTIVE. RISPOSTE DELLAUTORE ALLE CRITICHE

Il pamphlet Berlusconi o il 68 realizzato ha avuto una risonanza mediatica molto vasta specialmente, ma non esclusivamente, in Internet, sollevando molti apprezzamenti alcuni dei quali non riguardano le tesi sostenute, ma la persona stessa dellautore. Comincer dal pi frivolo. Uno spettatore della trasmissione Linfedele di Gad Lerner del 19 dicembre 2011, cui ho partecipato personalmente, stato particolarmente irritato, oltre che dalle mie parole, dal mio sorriso, scambiato per un riso sardonico e beffardo nei confronti del pubblico. Mi dispiace che abbia avuto questimpressione ma non cos: io non mi prendo gioco del pubblico, n di nessun altro. Ho imparato questo atteggiamento contemporaneamente allo studio della losoa dal mio professore del liceo, Eraldo Arnaud, traduttore di Cassirer e di Lukcs, il quale esponendo il pensiero dei loso, lo accompagnava da un sorriso a or di labbra, il cui signicato ho imparato a poco a poco ad associare alla pratica della losoa. Perch Arnaud sorrideva? A quellepoca lo interpretavo come il muto e amaro riconoscimento dellimpotenza della losoa nei confronti della realt della vita, asservita alle logiche della politica,
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della guerra e delleconomia. Ero vittima del meschino listeismo borghese che avvilisce e demoralizza ogni slancio verso il sapere, la conoscenza e la letteratura, perch ha paura della forza dellintelligenza critica, quando questa accompagnata da un disegno strategico di ampio respiro e da unalacre e operosa baldanza. per me oggetto di sorpresa vedere che oggi pi che allora molte persone dotate di grandi qualit, capacit e abilit niscano con lessere vittime della societ dei consumi e del conformismo pi idiota, avvezzandosi a un certo numero di efferati obbrobri e declinando in dense nebbie (Rubina Giorgi dixit). Col passare del tempo ho capito che il riso losoco, attribuito nellantichit al losofo Democrito e nella modernit a Nietzsche, ha un signicato molto pi complesso e ambivalente: esso nasce da un atteggiamento di distacco cinico-stoico dalle passioni del mondo, che consente di avere una visione pi oggettiva e realistica delle situazioni e si sviluppa attraverso la consapevolezza che col tempo tutto si capovolge nel suo contrario, che gli opposti si inseguono e si rovesciano luno nellaltro, secondo quel processo che gli antichi Greci chiamavano enantiodromia. Sicch la losoa, quando non praticata dalle anime belle, pu essere, a seconda delle contingenze, altrettanto forte e debole quanto tutte le altre cose del mondo. E a questo che pensavo quando sorridevo nella trasmissione di Gad Lerner: in una parola al carattere atopico della losoa, la quale appunto non ha un luogo sso, n uno status socio-economico determinato una volta per tutte, e forse proprio per questa ragione la pi antica e ininterrotta tradizione culturale dellOccidente. Sempre nellordine delle considerazioni sullautore, Carlo Romano, che conosco da alcuni decenni e di cui ho
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sempre avuto una profonda stima, mi attribuisce una caustica impoliticit pervasa dalla malinconia. Senza dubbio questa una considerazione pi verisimile del mio modo di essere, ma forse vale solo per laggettivo caustico. Al liceo lessi Persio e Giovenale, sotto la guida del mio grande professore di greco e di latino, Armando Fellin. Ma in linea di massima mi sembra di essermi sempre attenuto al principio di Clausewitz, secondo cui la difesa la forma pi forte della guerra. Pi che caustico, qualcuno, rifacendosi alla distinzione di Nietzsche, mi ha denito apollineo e non dionisiaco: in effetti, cerco di colpire con frecce che vengono da lontano, ma solo quando non ne posso fare a meno. Per quanto sia considerato come un cultore dellarte e dellestetica, la sostanza del mio modo di essere politica e religiosa, ma non ideologica, n confessionale. Inne vero che il movimento che amo di pi in tutta la storia dellarte il Manierismo e certo la maggior parte dei pittori appartenenti a quel movimento erano temperamenti saturnini, propensi alla malinconia e alla fantasticheria; tuttavia le loro opere non mi sembrano per nulla malinconiche, ma semmai perturbanti, estranianti, surrealiste ante-litteram. In ogni caso non ho nostalgia di nulla e penso che sia inutile lanciarsi in esercizi di storia virtuale, tanto per quanto riguarda la vita pubblica quanto quella privata. Laccettazione di ci che avvenuto la prima regola della salute mentale. Riguardano tanto lautore quanto lopera, tre critiche: che non sono originale, che sono breve, e che la losoa non dovrebbe occuparsi delle mignottagini romane. Secondo la prima, laccostamento tra Berlusconi e il 68 stato gi fatto da Giuseppe De Rita, Beppe Sebaste ed altri. Vuol dire che abbastanza plausibile e non cos
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sconcertante e demenziale, com apparsa ad alcuni. Su questo argomento penso come Karl Kraus: Se due hanno lo stesso pensiero, esso non appartiene a colui che lo ha avuto prima, ma a quello che lo ha avuto meglio. Circa la seconda critica, sono sempre appartenuto a quel genere di persone che considera la brevit e la concisione come un pregio e non come un difetto: i modelli canonici di questo tipo di scrittura sono Tacito nellantichit e Baltasar Gracin nellet moderna. E di questultimo laforisma: Ci che buono, se breve, buono due volte; e anche il cattivo, se poco, non tanto cattivo. Pi valgono quintessenze che farragini. In unepoca in cui il tempo dedicato alla lettura sempre minore, se si vuole essere letti, la concisione dobbligo. Come ben sanno i poeti e i pubblicitari, difcile essere brevi: le parole devono essere come frecce. E proverbiale linizio di una lettera di Voltaire: Gentile Signora, se avessi pi tempo le scriverei una lettera pi breve. La terza critica avanzata da Damiano Mazzotti quella che mi ha sorpreso di pi. Lidea che la losoa debba occuparsi solo di questioni losoche la chiuderebbe in un ghetto accademico, il che corrisponde esattamente a ci che vorrebbe la nuova organizzazione del sapere scientico fondata sui Journal Storages (di cui il pi impostante il JSTOR, creato nel 1995) e sullImpact Factor: sotto lapparenza di una democratizzazione della conoscenza e della misurazione oggettiva del capitale simbolico degli studiosi si messa in piedi una enorme impresa capitalistica fondata sulla privatizzazione della scienza. Questa operazione un aspetto importante della demolizione del sistema scientico-professionale, inventato agli inizi dellOttocento dai loso con la creazione delluniversit
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moderna. Per fortuna questa impresa, che ha ormai il quasi completo controllo delle cosiddette scienze dure, ha molta difcolt ad affermarsi nelle discipline umanistiche e massimamente nella losoa, la quale n dalle sue origini remote nellantica Grecia ha avuto lambizione di offrire suggerimenti per la buona vita privata e collettiva di tutti. Vale per la losoa ci che Ignazio di Loyola diceva su questo argomento: non mai ozioso parlare di tutto ci che giova, o con lintenzione di giovare allanima propria o degli altri, al corpo o ai beni temporali: neanche il parlare di qualcuno circa cose estranee al suo stato, come quando un religioso parla di guerre o di merci (Esercizi spirituali, 40). Quindi se io, che non sono un ecclesiastico, parlo delle mignottagini romane, milanesi, capuane o sibaritiche, non sento di venir meno al mio impegno losoco. Ci che desidero semmai di poter parlare, in qualit di cattolico culturale, di guerre e di merci nelle chiese, come avviene nellIslam, dove anche ai pensatori, che non fanno parte del clero, viene data la possibilit di parlare nelle moschee. Tutto ci non esclude che la losoa abbia un aspetto tecnico strettamente connesso con le parole (vale a dire con i concetti) che adopera, i quali assumono diversi signicati a seconda delle lingue in cui sono detti. La padronanza di tale aspetto ci che distingue i dilettanti dai loso professionisti. Esaurite le considerazioni sulla persona dellautore, posso nalmente passare a quelle che riguardano il testo, che da molti stato considerato come una provocazione, mentre tale non . Infatti esso non stato scritto per suscitare una reazione violenta, ma per indurre a riettere sul signicato delle vicende italiane dal 68 in poi, inquadrandole nel contesto economico-politico globale; esso
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il risultato di quarantanni di letture, alcune delle quali indicate nella bibliograa, accompagnate dallosservazione empirica, dalla partecipazione emozionale e da una riessione incessante. Del resto la sua sostanza si trova gi in due miei libri degli anni Ottanta: Dopo Heidegger. Filosoa ed organizzazione della cultura (Milano, Feltrinelli, 1982) e Presa diretta. Estetica e politica (Venezia, Cluva, 1986): questultimo ripubblicato nel numero 24 della rivista galma (Milano, Mimesis, 2012), fornito di una nuova ampia introduzione che integra le considerazioni qui svolte. Allestremo opposto, altri lettori hanno considerato il testo come qualcosa di accademico, che siscriverebbe in una cultura alta opposta alla cultura popolare. A me sembra che oggi non esista pi n luna n laltra, perch entrambe sono recuperate dallindustria culturale e trasformate in etichette pubblicitarie. Qui gli aspetti paratestuali hanno pi importanza di quelli testuali: un libretto copyleft, che costa 3,90 ed venduto vicino alle casse delle librerie non certo un oggetto di bibliolia. Tuttavia, se come scrive Diego Gabutti, esso diventato a pochi giorni dalla pubblicazione un mezzo classico, vuol dire che la collaborazione tra editore, distributore e libraio (cos rara) questa volta pienamente riuscita. Il valore simbolico qualcosa di molto complesso e speciale, ma pur sempre un valore. Del resto, come osserva Pietrangelo Buttafuoco, llite val bene una massa! Si tratta della parafrasi della frase Parigi val bene una messa, attribuita a Enrico IV di Borbone (1553-1610) il quale per ottenere il trono di Francia pass dal protestantesimo al cattolicesimo. Vengo al punto centrale della controversia sul mio libretto. La nozione che risulta pi utile a comprendere il
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rapporto tra Il Sessantotto e Berlusconi quella di afnit elettiva. Questa espressione entrata nel linguaggio della sociologia grazie a Max Weber, il quale ha sostenuto lesistenza di tale rapporto tra le origini del capitalismo e il protestantesimo, due fenomeni che a prima vista non hanno nulla che fare luno con laltro, anzi si presentano come opposti. Proprio qui sta il punto: implicito nellidea di afnit elettiva il fatto che esista una distanza, uno scarto culturale, una discontinuit ideologica. I sociologi hanno adoperato questa nozione per spiegare altri interessanti connessioni apparentemente incomprensibili: per esempio, tra lutopia anarco-comunista e la tradizione ebraica messianica nella Germania degli anni Venti, tra il darwinismo e liberalismo negli USA, o ancora tra marxismo e cristianesimo nella teologia della liberazione sudamericana. Insomma non bisogna essere ingenui, ma praticare quellesercizio del sospetto inaugurato nella losoa da Hegel e continuato da Marx, Nietzsche, Freud e da altri no a Rorty. Non nascondo che lespressione afnit elettiva sollevi a sua volta qualche perplessit, proprio per laggettivo che implicherebbe una scelta consapevole, appunto unelezione. In nessuno dei casi evocati sopra si pu trovare una simile presa di coscienza; anzi proprio al contrario, a coloro che si sono riconosciuti nel movimento del 68 viene lorticaria (secondo la colorita espressione del proprietario della libreria Marco Polo di Venezia) quando si sentono associati a Berlusconi; e viceversa il principale cavallo di battaglia di questultimo la lotta contro la sinistra nel suo complesso, senza distinguere tra i partiti comunisti marxisti-leninisti e lultrasinistra. Tuttavia se si scava pi a fondo, si scopre che il termine elezione nelluso fatto negli
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Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola non implica una volont soggettiva: lelezione, che costituisce la nozionechiave del lessico ignaziano e il ne ultimo per cui gli Esercizi sono intrapresi, non dipende per nulla dalle intenzioni, dalle attese e dalle speranze del singolo esercitante, il quale invece deve raggiungere uno stato di indifferenza per conoscere che cosa sia meglio per lui. In ultima analisi perci, lespressione afnit elettiva mi sembra la pi pertinente per indicare una connessione pi profonda di tutto quanto possa essere espresso consapevolmente. La psicoanalisi, insieme allopera di Nietzsche, ha fornito strumenti concettuali dimportanza cardinale per capire che i vincoli pi saldi tra le persone sono di carattere inconscio e del tutto indipendenti dai pensieri, dalle opinioni e dalle idee. Io ho costantemente limpressione che la discussione politica corrente sia caratterizzata da uningenuit sconfortante, non solo quando individua supposti amici e nemici sulla base di divergenze e di prossimit ideologiche, ma perno quando si ncora ad un altro temine sommamente ambivalente, quello di interesse: ma questa ingenuit, forse proprio una condizione sine qua non della postdemocrazia, la quale presuppone lesistenza di capi che non sono per nulla ingenui e fondano la loro leadership sulla dabbenaggine collettiva. Molti lettori del mio pamphlet (tra cui ricordo Valter Binaghi, Giovanni Bottiroli, Luciano Lanna) hanno colto laria di famiglia (come dice Antonio Gnoli) tra il 68 e Berlusconi attraverso la nozione di eterogenesi dei ni. Com noto, lespressione, che viene dal psicologo tedesco Wilhelm Wundt (1832-1920), signica che azioni intenzionali hanno conseguenze imprevedibili e spesso opposte ai desideri di chi le ha compiute; stato rilevato
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che questa idea si trova gi in Niccol Machiavelli e in Giambattista Vico. Tuttavia questa espressione mi sembra meno pertinente di afnit elettiva, perch nasconde laspetto anti-intellettualistico del 68, vale a dire quella confusione tra autoritarismo e autorevolezza, di cui furono vittime proprio due illustri pensatori mentori di quel movimento, Theodor W. Adorno (1903-1969) e Guy Debord (1931-1994). Nellidea di eterogenesi dei ni Berlusconi appare come un effetto collaterale del 68, mentre la nozione di afnit elettiva implica lesistenza di un legame pi profondo. Qualche altro lettore ha evocato la nozione hegeliana di astuzia della ragione: il 68 credeva di agire per la distruzione del capitalismo, mentre in realt destrutturava e destabilizzava solo il secondo spirito del capitalismo (cio quello nato per superare la crisi del 29), basato sulla contrattazione sindacale, sullo stato sociale, sulla competenza professionale riconosciuta, sulla grande azienda che fornisce protezione e garantisce le carriere; in altre parole lavorava per il nemico. Questa interpretazione identica il capitalismo con la ragione e sposta lasse della problematica in senso opposto alleterogenesi dei ni. Altre nozioni sono state elaborate dalla sociologia per spiegare il rapporto tra eventi che apparentemente non hanno niente che fare luno con laltro: per esempio, quella di omologia strutturale, corrispondenza, etica delle intenzioni, ma in queste espressioni laspetto inconscio del rapporto tra cose apparentemente lontane tra loro viene messo in ombra. C inoltre una serie di osservazioni di carattere specicamente partitico. Per qualcuno il 68 in Italia sarebbe stato anche una lotta dellultra-sinistra contro la sinistra rappresentata dal partito comunista. Resta da vedere che
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cosa sintende per ultra-sinistra: non vi dubbio che in Italia la maggior parte dei movimenti organizzati si iscrivevano nel lone marxista-leninista, e non in quello del comunismo dei consigli operai, che anzi era estremamente minoritario e limitato ad alcune citt italiane del Nord (specialmente Genova). Quindi appartenevano alla stessa matrice del Partito Comunista, per la quale il proletariato doveva essere diretto da una dirigenza preparata e colta. Per Bottiroli la sinistra (e qui se capisco bene, penso che intenda PCI e PD) avrebbe dovuto liberarsi dei suoi quattro vecchiumi: legualitarismo, il risentimento, lodio per la complessit, il rancore verso le distinzioni. Invece, aggiungo io, nei decenni successivi al 68, questa sinistra si trovata in un rapporto di rivalit mimetica col populismo livellatore e anti-intellettuale, al punto da mettere in softta n dai primi anni Settanta perno Gramsci e Lukcs. In tempi pi recenti continua Bottiroli - questo collasso delle distinzioni sarebbe stato fatto proprio dai fautori dei Cultural Studies marxianamente deniti da lui pecore che si credono lupi, i quali hanno iniziato a devastare luniversit in nome dellodio verso la grande arte. A mio avviso, non credo che questa devastazione sia stata colpa dei Cultural Studies, i quali peraltro non hanno attecchito nelluniversit italiana, rimasta no ad oggi ancorata ai tradizionali gruppi concorsuali. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che essi hanno rivalutato non solo Gramsci, ma anche il pensiero losoco continentale contro laccademismo sterile della losoa analitica. Ci premesso, condivido le critiche di Bottiroli: infatti la rivista galma, che dirigo dal 2000, si riconosce nella nozione di cultura dello storico tedesco Jakob

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Burckhardt molto pi che in quella del Birmingham Centre for Contemporary Cultural Studies. Una persona a me molto cara, autrice di molti importanti libri di losoa scritti e pubblicati in molte lingue, osserva un aspetto paratestuale di cui non mi ero accorto: sulla copertina del libro c soltanto il mio cognome, mentre il nome omesso. In questo modo - scrive - la tua persona viene vista prima e il testo passa in secondo ordine; questa sar sempre pi una realt, credo. PERNIOLA diventa una marca che non ha nemmeno pi bisogno del nome MARIO. La mia amica mi chiede se questa sia stata una mia iniziativa. Ovviamente no. Come duso, tutti gli aspetti paratestuali dei libri sono prerogativa delleditore. Sarebbe del resto grottesco attribuirmi questa frase che gura in quarta di copertina: Come solo un grande losofo pu fare, Mario Perniola Qui c il nome e non solo il cognome! La domanda della mia amica non nuova: Tommaso Landol, un grande scrittore che ho amato e studiato, nel risvolto del suo libro Se non la realt (1960) fece scrivere quanto segue: Lautore, stanco di sentirsi attribuire dai critici (o almeno dai pi grossolani tra essi, e in ogni caso da chi poco lo conosce) la paternit o lispirazione degli scritti per consuetudine stampati in questa sede (i quali anzi lo trovano bene spesso dissenziente), ha pregato leditore di sostituirli dora in avanti colla seguente dicitura: RISVOLTO BIANCO PER DESIDERIO DELLAUTORE. Nel caso di Landol, chiaro che egli ritiene che la sua opera non possa essere riassunta in un blurb di poche righe: la sua avversione nasce da una concezione solenne della scrittura letteraria che separa nettamente lo scrittore dallo scrivente (vedi su questa di-

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stinzione il numero 23 della rivista galma il cui tema Scrittori o scriventi?). La mia amica continua osservando di aver sentito pi volte Derrida lamentarsi che letichetta DERRIDA non corrispondeva alla sua persona, ma diventava qualcosa dimpersonale e di altro. Qui la mia amica solleva una questione losoca e sociologica di grande importanza che presenta molti aspetti. Ora io non provo questa ripugnanza nei confronti della reicazione del vivente, che mi sembra di provenienza spiritualistica. Del resto i miei libri, Il sex appeal dellinorganico per eccellenza, si muovono proprio in direzione opposta. Per approfondire losocamente questa questione occorre rifarsi ad un tema classico dellhegelo-marxismo: la distinzione tra Entusserung (estraniazione) ed Entfremdung (alienazione). Su questo problema mi limito a riportare la teoria di Theodor W. Adorno, secondo il quale, chi vede nella reicazione alcunch di radicalmente falso prigioniero di una logica dellidentit, che gli preclude la conoscenza delleterogeneo e di ci che altro rispetto al pensiero. Il fenomeno della reicazione non soltanto lasservimento degli uomini alla logica del capitalismo; esso obbliga anche a un confronto col reale, cui il soggettivismo idealistico si sottrae. Per quanto riguarda Derrida, la questione molto pi controversa. Infatti nelle prime sue prime opere La scrittura e la differenza (1967) e Della grammatologia (1967), egli uno degli esponenti pi coerenti e radicali di quella svolta strutturalista che licenzia lesistenzialismo e lo spiritualismo. Particolarmente signicativa la sua lettura di Bataille: lesperienza interiore (che il titolo dellopera pi losocamente signicativa di Bataille) sarebbe unesperienza esteriore, che prescinde completamente
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dalla verit del senso. Derrida si pone implicitamente nel cammino aperto da Emmanuel Lvinas in Totalit e innito. Saggio sullesteriorit (1961) e nonostante le differenze profonde che lo separano da Michel Foucault, per il quale Bataille non meno di Blanchot costituisce lesempio di un pensiero del di fuori, converge con lui nel riutare ogni interpretazione soggettivista. C inoltre un aspetto socio-economico-informativo che tuttaltro che secondario. Come pu venire in mente di paragonare un losofo ad una marca? Si tratta di un paragone incongruo e disdicevole? No, lo studio scientico della valutazione economica della conoscenza risale alla nozione di capitale umano introdotta nel dominio dellanalisi microeconomica dallo studioso statunitense Gary Becker, che nel 1964 col libro omonimo ha compreso in questa nozione linsieme di conoscenze, competenze, abilit, emozioni, acquisite durante la vita di un individuo, nalizzate al raggiungimento di obiettivi professionali. Egli cos ha aperto un vastissimo campo di studi in cui la nozione originaria stata declinata in vario modo (capitale culturale, simbolico, sociale, relazionale, di visibilit mediatica e cos via). Tuttavia altra cosa la marca, la quale comunemente denita come una variabile che contiene non solo gli aspetti distintivi, ma anche la storia dellimpresa, lesperienza dei consumatori, il livello di notoriet, le aspettative dei potenziali acquirenti e cos via. Da quando un pensatore pu essere assimilato ad una marca? Questa trasformazione stata opera della ricezione americana di alcuni loso francesi (Foucault, Derrida, Baudrillard), che li ha tramutati da matres penser (comera stato Sartre) in divi dello spettacolo universitario, dando luogo ad un star system accademico, studiato in modo
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estremamente dettagliato da Franois Cusset nel volume French Theory. Questo processo riuscito? A me sembra di no, per varie ragioni: in primo luogo, era troppo legato alla presenza sica del personaggio, in secondo luogo lo costringeva ad una produzione bulimica di testi, lezioni, interventi, interviste e viaggi continui in ogni parte del globo (attivit che hanno raggiunto il massimo livello di estensione proprio con Derrida); in terzo luogo ha creato un gradissimo numero di fan, ma non di allievi. E inoltre rimasto circoscritto al campo accademico, senza esercitare una vera inuenza n sulle classi dirigenti, n su quelle subalterne. Inne, la marca non essendo istituzionalizzata in una fondazione, in una factory, in un movimento politico e nemmeno in una rivista, ha dato luogo soltanto a delle associazioni di amici che producono testi a loro volta strettamente accademici. Il carattere individualistico di questi autori, portato al massimo grado dallequiparazione al divo mediatico, suscita nei fan un processo di fascinazione e di seduzione che li imprigiona in quella ssazione invalidante (captation), cos bene descritta da Jacques Lacan con la nozione di immaginario, generando un insieme di rivalit mimetiche, di invidia e di gelosie tuttaltro che losoche. Paradossalmente, chi riuscito a trasformarsi in una marca, o meglio in un patrimonio, proprio un pensatore che sta al polo opposto della French Theory, Guy Debord, il pensatore pi estremista della seconda met del Novecento. Uno che si deniva nato virtualmente rovinato, dottore in niente, amico dei ribelli, completamente estraneo ed aspramente ostile al mondo delluniversit, delleditoria, del giornalismo, della politica, dei media e di qualsiasi tipo di lavoro, grande spregiatore dello stato,
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delleconomia, della chiesa, dellarte e di tutte le istituzioni esistenti, per di pi in guerra costantemente col mondo intero. Chi avrebbe predetto ad un simile individuo una ne oscura e miserevole sarebbe stato facile profeta. Eppure si sarebbe sbagliato. Perch il 29 gennaio 2009 gli archivi di Debord, che era morto quindici anni prima, sono stati proclamati dal Ministro della cultura della Repubblica francese dellepoca Christine Albanel tesoro nazionale ed accolti nella Biblioteca Nazionale di Francia, con la seguente motivazione: Questi archivi rivestono una grande importanza per la storia delle idee della seconda met del XX secolo e la conoscenza di uno dei maggiori intellettuali francesi di questo periodo. Per la Commissione consultiva, che ha espresso un parere positivo, questi documenti, che illustrano il processo creativo completo del pensiero di questo autore, permettono di conoscere il suo modo assiduo di lavorare, la sua grande erudizione e il suo stile, erede dei pi grandi classici, messo al servizio della sua analisi critica della societ moderna (Libration, 16.2.2009). Meglio di cos non si potrebbe dire! Bruno Racine, presidente della Biblioteca Nazionale, aggiunge che la prima volta che uno scrittore cos prossimo a noi considerato tesoro nazionale e aggiunge che questa lespressione della reconnaissance dello Stato di ci che rappresenta Debord nella vita intellettuale ed artistica del secolo passato. Dunque Debord avrebbe raggiunto la massima riuscita possibile veramente inimmaginabile, specie se si considera che essa proviene da quello stato la cui distruzione egli auspic con estremo accanimento senza mai alcuna esitazione. Tuttavia questa davvero unamara riuscita, perch non dipende soltanto dalla tendenza della cultura istituzionale a ricuperare gli autori pi eversivi e
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anti-conformisti. Dietro questa solennizzazione senza precedenti c una lotta tra luniversit di Yale, che avrebbe voluto acquistare larchivio dallerede di Debord e quanti invece si opponevano a questa vendita. Quindi il mondo contro cui Debord era sempre stato in guerra a cuor leggero, si prende la sua rivincita; la reconnaissance del mondo non soltanto acknowlegement of merits, ma anche una vendetta postuma, nei confronti di chi aveva cercato di tenersi sempre lontano dal lato oscuro e sordido implicito in ogni successo mondano. La gratitude dello stato francese verso un suo cittadino eminente si congura come la gratitude dello stato francese nei confronti di se stesso, che ha scontto il suo nemico, elevandolo ai massimi onori e mostrando che questa operazione era soltanto strumentale e funzionale rispetto ad unaltra guerra in cui i meriti effettivi di Debord erano assolutamente irrilevanti! Daltra parte Debord nel suo Panegirico I aveva scritto: Non ignoro che la guerra il dominio del pericolo e della delusione; ancor pi forse di tutti gli altri aspetti della vita. Questa considerazione non ha tuttavia diminuito lattrazione che io ho provato per quellaspetto. Qualcuno potrebbe maliziosamente supporre che la mia amica si sia fermata a leggere la copertina, come quellallieva cui ho prestato un libro per una recensione e me lo ha riportato dopo due mesi senza averlo letto, scusandosi che la copertina e le prime pagine erano sgualcite, perch il libro era stato molto vissuto. Ma non cos perch successivamente la mia amica osserva quanto segue: Quello che mi rimane, o che mi accompagna dopo la lettura, il semplice fatto che secondo me tu sei impregnato dallo stoicismo. Ed ci che mi piace. Quindi ci che scrivi ha la sua fonte in una cultura lontana: spero anchio che
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ne rimanga una traccia nei nostri scritti come nei nostri animi. [] E lascia che gli altri parlino e reagiscano. Vuol dire che almeno si fanno vivi (se donnent du mal). Oppure anche che noi siamo ancora vivi. O forse, anche un po questo: forse il nostro modo per farci vivi a noi stessi. Lo scrittore siciliano Francesco Gambaro suppone che io condivida questultima frase. Ora non per nulla cos. Il vitalismo mi estraneo. Come ho scritto in molte occasioni e in particolare nei libri La societ dei simulacri, Transiti e Enigmi, mi sono sempre riconosciuto nello stadio intermedio tra la vita e la morte, che stato descritto benissimo da Roberto Bellarmino: non si pu ben vivere, se non si gi morti, in pratica se non si raggiunta quella piccola morte, quella simulazione della morte che lindifferenza ignaziana, termine della prima settimana degli Esercizi spirituali e conditio sine qua non dogni ulteriore progresso. Questo modo di sentire si ritrova nella cultura austriaca tra Ottocento e Novecento, nellespressionismo tedesco (Carl Einstein), in alcuni pittori e scrittori come Paul Klee e Alberto Savinio. Inne concludo con losservazione di un anonimo ascoltatore di una mia conferenza, che ha denito il mio libretto come unoperetta barocca. Non so se per lui sia un elogio o un biasimo e quale conoscenza abbia del barocco. Tale tuttavia , non solo perch essa ha il culto della concisione, ma perch si attiene alla denizione che il gi citato Baltasar Gracin d dellingegno, il quale consiste nello scoprire afnit tra cose apparentemente distanti o viceversa diversit tra cose apparentemente vicine. Esso, continua Gracin, scocca come una freccia e brilla come un raggio di luce: tuttavia si nutre in occulti e invisibili pascoli, profondi come il mare, segreti come le sue insena109

ture. Infatti, le opere dellingegno sono sempre il prodotto di una lunga meditazione perch ci che si fa istantaneamente, istantaneamente si disfa. Nemi, 1 agosto 2012
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VIDEOGRAFIA
Il video della trasmissione televisiva Linfedele a cura di Gad Lerner, del 19 dicembre 2011 visibile in http://www.youtube.com/ watch?v=y_YtwvjQOGg

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Appendice UNA FALSA POLEMICA. RISPOSTA A FRANCO BERARDI (BIFO)

Secondo il grande sociologo tedesco Georg Simmel, un amore, che d tutto e subito, si consuma molto presto, mentre importante non solo ottenere nellimmediato, ma anche aspettare di ricevere qualcosa dinteressante nellavvenire. Sicch lamore che vuol durare, deve essere simile a un caleidoscopio in cui si vede ogni volta qualcosa di differente. La stessa cosa vale per lamicizia, che una specie di amore senza sesso. Le amicizie pi sicure sono quelle in cui la trasparenza non intesa come qualcosa di assoluto, ma implica lindistinzione di molti aspetti del modo di essere della persona con cui si in rapporto. E questa la prima considerazione che mi viene in mente leggendo larticolo di Franco Berardi Bifo Un falso Perniola (Alfabeta2, n. 16, febbraio 2012), il quale, recensendo il mio pamphlet Berlusconi o il 68 realizzato (Milano, Mimesis, 2011), contrappone il mio modo di essere di quarantanni fa a quello di oggi. Al contrario, se io ripubblico tale e quale un testo scritto nellestate del 1971, nel 1998 e nel 2005 (I situazionisti, Roma, Castelvecchi) senza apportarvi alcuna variazione, e questo tradotto in spagnolo nel 2008, in portoghese nel 2009 e in tedesco nel 2010,
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vuol dire che sono sempre lo stesso e che il Perniola di oggi non diverso da quello di quarantanni fa. Nella recensione di Bifo si manifesta quello spirito dandistico, ironico e anti-dogmatico che ci accomuna. N lui, n io nutriamo il sentimento tragico della vita, e pur riconoscendoci nello spirito battagliero del guerriero, siamo alieni dallo spirito settario e fanatico di chi emana condanne e pronuncia anatemi. Infatti, la guerra e lodio son due cose molto diverse, che sciaguratamente le religioni e le ideologie troppo spesso hanno collegato, con risultati nefasti e in ultima analisi controproducenti per quanto riguarda lesito dei conitti. Ci non esclude che nella condotta della guerra ci siano tra Bifo e me divergenze strategiche profonde. Io non credo che il 68 sia una bandiera da sventolare oggi, specie dopo gli studi di Jean-Pierre Le Goff, Mai 68: lhritage impossible (Paris, La Dcouverte, 1998, pp. 496) e di Luc Boltanski e ve Chiappello, Le nouvel esprit du capitalisme (Paris, Gallimard, 1999, pp. 848), che hanno reso evidente la connessione tra il 68 e il capitalismo neoliberale. In particolare questultima opera molto voluminosa ha mostrato che il capitalismo non per nulla dogmatico, ma ha una tendenza costante a trasformarsi. Si tratta di una tesi ampiamente esposta e discussa in italiano dieci anni fa, nel n. 3 della rivista galma (giugno 2002). Il riferimento ad essa si trova nellampia bibliograa al fondo del mio libro, che Bifo giudica troppo breve e addirittura minuscolo! Ma questa una questione tattica e non strategica, sulla quale ho sempre seguito il precetto di Gracin: Ci che buono, se breve, buono due volte; e anche il cattivo, se poco, non tanto cattivo. Pi valgo-

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no quintessenze che farragini. E poi tutti i generi vanno bene, tranne quello noioso! Che il 68 abbia avuto intenzioni esattamente opposte a quelle del capitalismo neoliberale, non vi dubbio! Ma bisogna essere molto ingenui per non sapere che di buone intenzioni lastricata la via dellinferno, come dice il proverbio citato anche a Marx nel Capitale (vol. I, Parte III, capitolo 5, Sezione 2). Giustamente insieme a Nietzsche e a Freud, egli stato considerato un maestro del sospetto. Gi Hegel chiamava astuzia della ragione il fatto che questultima faccia agire per s le passioni, col ne di raggiungere scopi completamente diversi e perno opposti. Inne Dilthey sosteneva che la vita non qualcosa il cui signicato possa essere colto immediatamente mentre si vive: solo gli storici e gli scrittori ricostruendo il passato gli conferiscono un senso. Perno Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, in una conversazione che ho avuto con lui tempo fa, mi disse che il suo compito consisteva nel fornire delle testimonianze (nei tre volumi Progetto memoria, Roma, Sensibili alle foglie, 1995), mentre la ricerca del senso di ci che era accaduto, sarebbe stato compito degli storici. Venendo allessenziale, la differenza fondamentale tra la posizione di Bifo e la mia sempre consistita in una diversa scelta strategica nei confronti delleredit culturale dellOccidente: per me questa non deve essere demolita, come vuole loscurantismo neoliberale. Limpegno della politica culturale cinese da trentanni a questa parte consistito nel riappropriarsi dellinsegnamento di Confucio e del confucianesimo chiudendo denitivamente la parentesi della cosiddetta Rivoluzione culturale. C una carta geograca di un atlante inglese in cui Guy Debord, che era
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una persona veramente dignitosa, traccia la geograa della sua formazione culturale: che cosa vi trovate? Omero, Tucidide, lEcclesiaste, Orazio, Svetonio e poi i classici moderni da Dante a Shakespeare, da Villon a Bossuet, da Machiavelli a Clausewitz: lautore che forse pi lha inuenzato , come mi scrisse in una lettera del 1968, il cardinale di Retz, sul cui grande stile secentesco ha modellato la sua prosa. Inne possiamo consentire che nostri discendenti facciano proprio lo slogan degli studenti messicani del 68: Nati per essere vinti, ma non per negoziare? Come tutti i veri guerrieri, io mi auguro che dicano: Nati per vincere, ma non per odiare. Roma, febbraio 2012

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