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ARCADIA

DI IACOBO SANNAZARO
di Gianni Villani
Letteratura italiana Einaudi
1
In:
Letteratura Italiana Einaudi. Le Opere
Vol. I, a cura di Alberto Asor Rosa,
Einaudi,Torino 1992
Letteratura italiana Einaudi
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Sommario
1 Genesi e storia. 4
2 Struttura. 7
3. Temi, miti e simboli. 11
4. Modelli e fonti. 14
5. Lingua, stile, forme. 17
6. Nota bibliografica. 21
Letteratura italiana Einaudi
3
1. Genesi e storia.
Nel difficile processo di genesi e lenta formazione dellArcadia possibile ricono-
scere, innanzitutto, unimportante fase mediana, al cui termine lopera risulta co-
stituita di dieci unit (prosa + ecloga) introdotte da un prologo. Tale assetto pot
essere senzaltro provvisorio nelle intenzioni dellautore, ma di sicuro si configur
come una tappa precisa, o come un passaggio molto consapevole: qui anzi il testo,
ove si vada a compulsare appena qualcuno dei numerosi codici (diciannove:
esclusi quelli contenenti un ridotto numero di sole ecloghe) o delle antiche stam-
pe di rapina (cinque: e tutte dipendenti, in modo diretto o indiretto, dalla prima
di Bernardino da Vercelli, Venezia 1502) che ne hanno assicurato la trasmissione,
aveva persino un titolo diverso: Libro pastorale nominato Arcadio, certo meglio
idoneo a designare subito la pi evidente novit dellopera.
Questa prima Arcadia, o meglio, questo Libro pastorale, fu a sua volta il ri-
sultato di un complesso itinerario, che portava inscritti al suo interno dei momen-
ti ben distinti. Primo era stato quello del tirocinio bucolico sul piano dellecloga
sciolta, conforme alla dominante maniera toscana, fiorentina e soprattutto senese,
subito anche napoletana. Ritenuta per superata questa via, il Sannazaro prefer
indirizzarsi su quella di un ordinato e via via ordinabile prosimetro, comun-
que impiantandovi almeno tre delle proprie ecloghe gi extravaganti: quelle che,
profondamente ristrutturate, cambiati persino quasi tutti i nomi dei pastori locu-
tori, nel libro organico occuperanno le posizioni I, II, VI
1
. Daltra parte anche le
ecloghe che nascevano unitamente alle prose, proprio in quanto momento di
scrittura pi alto nella storia del genere, posero non pochi problemi di assesta-
mento. Allinterno del Libro pastorale si possono infatti cogliere con assoluta
certezza due fasi ulteriori: luna in cui tutte le parti in versi, dove molto pi, dove
un po meno, mostrano i segni di una prima elaborazione (ma gi seconda almeno
per I, II, VI), testimoniataci da un folto gruppo di codici settentrionali, per lo pi
veneti, per lo pi tardi, fra i quali oggi assume eccezionale importanza un miscel-
laneo contenente, non certo per un caso, le sole dieci ecloghe del Libro pastora-
le, e che ad un tempo il pi antico del suo gruppo (Modena, Bibl. Estense, a 1
10 15 = It. 1797); laltra in cui il processo di adattamento delle ecloghe alle prose
(poich di questo si tratt) decisamente pi avanzato, in forma ormai pubbli-
cabile
2
, in prevalenza documentato da codici di area meridionale o toscana, tra i
1
Il problema studiato nel quadro del complessivo processo redazionale da G. VILLANI, Per ledizione
dellArcadia del Sannazaro, Roma 1989, soprattutto pp. 55-74 e 91-108. Una prima dimostrazione, come noto, ri-
sale a M. CORTI, Le tre redazioni della Pastorale di P. J. De Jennaro con un excursus sulle tre redazioni dellArca-
dia, in Giornale storico della letteratura italiana, CXXXI (1954), pp. 342-51.
2
Lintera questione in G. VILLANI, Per ledizione dellArcadia cit., soprattutto pp. 75-108.
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quali sono invece i pi antichi in assoluto, e anche il pi antico
3
sicuramente da-
tabile (Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Barberiniano Latino 3964 =
XLV 58): uno splendido, correttissimo esemplare di dedica a Ippolita Sforza, du-
chessa di Calabria, morta il 20 agosto 1488.
Il Libro pastorale, comunque, venne terminato gi alquanto prima di que-
sto indiscutibile limite ante quem fornito dal manoscritto Vaticano: quasi certa-
mente alla fine del 1484 o poco pi, secondo lattendibile testimonianza di Nic-
col Liburnio
4
, rispetto alla quale si sarebbe trovato allinizio di questo secolo,
pur non essendone a conoscenza sostanzialmente concorde il Carrara (che si
orientava per il 1485-86)
5
. Siamo pi o meno negli stessi tempi in cui il Boiardo
terminava le proprie ecloghe (1482-83) o in cui anche il De Jennaro si approssi-
mava a concludere la prima redazione della sua Pastorale (entro il 1486), mentre
mi sembra importante che le prime impegnative prove del Sannazaro sul versante
dei Sonetti e canzoni si possano appunto datare dal 1485-86
6
. Quanto alla fase ini-
ziale del processo, non costituisce pi una barriera post quem il 1482, anno che vi-
de edito a Firenze lincunabolo del Miscomini, contenente larga parte di quella
produzione bucolica quattrocentesca di cui si riconoscono sicuri influssi sullAr-
cadia: e ci sia perch la circolazione manoscritta di almeno parte di quei testi (e
dei pi importanti per il Sannazaro: Arzocchi) ormai comprovata, sia perch
altrettanto acclarato che i rapporti Napoli-Siena erano ben saldi a partire dal de-
cennio precedente e oltre (le quattro ecloghe del Buoninsegni furono dedicate al
duca di Calabria il 3 aprile 1468)
7
.
Urge per, ancorch in estrema sintesi, una postilla in questa stessa sede. In-
fatti proprio il Sannazaro ad essere ben esplicito in un luogo importantissimo
del testo, anche ad altri fini (pr. VII, 32) quando attribuisce linizio della propria
sperimentazione bucolica ai principii de la sua adolescenzia
8
. Tale luogo si di-
mostra tanto pi importante se si va ancora una volta a scrutare nella redazione
del Libro pastorale, poich in tal caso la lezione su riportata risulter il preciso
3
Cfr. G. VELLI, Tra lettura e creazione. Sannazaro. Alfieri. Foscolo, Padova 1983, p.15, nota 9.
4
Ibid., pp. 4-15.
5
Cfr. E. CARRARA, Sulla composizione dellArcadia, in Bullettino della Societ filologica romana, VIII
(1906), pp. 27-36. Al riguardo si vedano le osservazioni e le integrazioni di G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., pp.
14-19.
6
Cfr. C. DIONISOTTI, Appunti sulle rime del Sannazaro, in Giornale storico della letteratura italiana, CXL
(1963), p.169.
7
Cfr. ID., Jacopo Tolomei fra umanisti e rimatori, in Italia medioevale e umanistica, VI (1963), pp.173-74; e
lutile saggio di E. SACCONE, LArcadia di Jacobo Sannazaro. Storia e delineamento di una struttura (1969), in
ID., Il soggetto del furioso [sic] e altri saggi tra Quattro e Cinquecento, Napoli 1974, pp. 11-12.
8
Le citazioni del testo sono da I. SANNAZARO, Opere volgari, a cura di A. Mauro, Bari 1961 (lArcadia alle pp.
3-132).
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
frutto di una scelta attenta e ponderatissima, alla fine inevitabile
9
. Intendendo per
altro adolescenzia secondo luso latino, come ritengo si debba fare (dunque re-
lativo a unet che va dai 18 ai 28 anni, allincirca), si vedr che per la parte inizia-
le del processo di prima redazione si trova rafforzata la conclusione del Velli, sui
ventanni
10
, con in pi il nostro personale convincimento che quella necessaria
approssimazione (sui) si possa effettuare solo per eccesso, e non anche per di-
fetto: sebbene in tutto ci rimanga difficilmente precisabile il momento esatto
(credo non tardivo) del transito dalla pratica extravagante allopzione organica
del prosimetro.
Il momento del ritorno del Sannazaro sul proprio romanzo pastorale dov
esser dettato da ragioni molteplici, esterne ed interne, qui purtroppo compiuta-
mente non analizzabili (si veda comunque avanti, pp.175 e 178-80). Vi aggiunse
ancora due prose e due ecloghe, nonch un epilogo A la sampogna. Al tempo stes-
so prosegu nel lavoro di adattamento di parti testuali nate sotto stelle diverse,
con interventi quindi sostanziali ancora sulle ecloghe, e meno frequenti (bench
spesso illuminanti) sulle prose; rivide infine dappertutto e radicalmente la lingua,
in direzione di un deciso superamento dellequilibrio di koin quattrocentesco.
Questa fase di ampliamento e riscrittura stando a indicazioni che per en-
trambi i limiti cronologici provengono da due testi del Pontano, rispettivamente
lecloga latina Meliseus ed Endecasyllabi seu Baiae, I, II va senza dubbio collo-
cata dopo il 1491, il che di per s non vuol dire subito dopo; e considerata so-
stanzialmente conclusa intorno al 1495
11
, fatto tuttavia salvo, a nostro avviso,
qualche dubbio almeno per lepilogo
12
, e altres ammessa leventualit di alcune
ulteriori minute cure linguistiche. Di fatto, la princeps curata a Napoli dal Sum-
monte nel 1504 per i tipi del Mayr, propiziata dalla necessit di por rimedio ai
guasti delle edizioni presummontine che, si faccia estrema attenzione, del Li-
bro pastorale avevano offerto solo labbozzo pi aurorale , oggi esibisce esem-
plari non sempre in tutto simili, segno evidente, insieme ad altri, di interferenze
del curatore, ma anche di qualche oscillazione dautore ancora viva nelloriginale
portato alle stampe
13
.
9
Impossibile chiarire qui a fondo il problema. Ci si limita a dire che nel Libro pastorale il Sannazaro scrisse
semplicemente adolescenzia, ma oscillando addirittura con puerizia (in due importanti codici: Napoli, Biblioteca
Nazionale, XIII G 37, c. 70r, l. 19; e Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica, Latino 3202, c. 34v, l. 4).
10
G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., p. 32.
11
COS E. CARRARA, Sulla composizione cit., pp. 36-47; e G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., pp. 33-41.
12
Dei dubbi ebbe pure, in un secondo momento, lo stesso Carrara (cfr. Opere di Iacopo Sannazaro. Con saggi
dellHypnerotomachiaPolifili di Francesco Colonna e del Peregrino di Iacopo Caviceo, a cura di E. Carrara, Torino
1952, pp. 14 e 195). Ma soprattutto si terr conto di G. FOLENA, La crisi linguistica del Quattrocento e lArcadia
di I. Sannazaro, Firenze 1952, pp. 11-12. Dellepilogo si leggeranno infine attentamente i paragrafi 3-5.
13
Cfr. G. VILLANI, Per ledizione dellArcadia cit., pp. 9-21.
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da questa princeps che poi si irradia la serie numerosissima, nellordine di
un centinaio, delle edizioni dellArcadia ultima, a partire da una ristampa del
Summonte, posteriore di qualche anno
14
, sino ai nostri giorni. Numerosissime fu-
rono le edizioni soprattutto nel Cinquecento (quasi una settantina, quasi tutte ve-
neziane, e spesso direttamente intrecciate o cronologicamente alternate con la tra-
dizione dei Sonetti e canzoni), tra cui snodi importanti per la storia linguistica e in
certo senso del testo
15
la prima delle giuntine (marzo 1514) e la prima delle aldine
(settembre 1514): con un picco di frequenza molto elevato intorno agli anni Ven-
ti, seguito da una relativa depressione intorno agli anni Quaranta (viceversa lo-
pera tradotta in Francia nel 1544, in Spagna nel 1547), quindi da un secondo
elevatissimo picco intorno agli anni Sessanta, il cui livello si conserva sino alla fi-
ne del secolo, e ancora molto bene tiene nei primi decenni del Seicento (proba-
bilmente anche per luso che dei testi delle ecloghe si venne facendo in musica).
Aggiungerei due particolari, forse non del tutto marginali, almeno dal punto di vi-
sta del mercato librario e dellapproccio del lettore al testo: durante tutto il Cin-
quecento il formato fu piccolo e pi spesso piccolissimo (in 24 anche ledizione
commentata dal Massarengo), mentre non di rado molti esemplari di diverse edi-
zioni vennero corredati da postille varie manoscritte. Non poche furono poi le
edizioni nel Settecento erudito, tra cui la cominiana dei fratelli Volpi (Padova
1723), particolarmente pregevole: non per il testo, ma per i corredi che lo accom-
pagnano, ivi inclusi i commenti cinquecenteschi del Porcacchi (Venezia 1558),
del Sansovino (Venezia 1559), del Massarengo (Pavia 1596). Per il periodo che
corre dal 1803 al 1840 il Mauro ne segnala tredici
16
. Dopo di che occorrer at-
tendere ledizione dello Scherillo (Torino 1888), un curioso ibrido tra prima e se-
conda redazione, fondato su una cognizione molto limitata della tradizione e assai
scarsamente rispettoso del codice di base (Citt del Vaticano, Biblioteca Aposto-
lica, Vaticano latino 3202): e tuttavia accompagnato da unintroduzione e un
commento, che, pur nei loro limiti metodologici, rimangono una ricca fonte di
spunti eruditi.
2. Struttura.
La forma del prosimetro propria di una struttura libera e aperta, facilmente
modificabile, che di per s favorisce ed esalta soprattutto le funzioni di montaggio
e ordinamento. Essa inoltre, per il suo pi peculiare assetto (prosa + versi), com-
porta unindubbia ambiguit di soluzioni allinterno del codice prescelto: tra poe-
14
Ibid., pp. 15-18.
15
Cfr. C. DIONISOTTI, Appunti sulle rime cit., p. 185.
16
Cfr. A. MAURO, Nota sul testo, in I. SANNAZARO, Opere volgari cit., p. 429.
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sia e racconto, confessione e autobiografia, simbolo e memoria, come in Boezio
(De consolazione pliilosopliie), Dante (Vita nuova), Boccaccio (Comedia delle nin-
fe fiorentine).
Ci occorre tener ben presente anche per lArcadia, poich aiuta a compren-
dere e attenuare la natura di alcune apparenti contraddizioni del discorso, oltre
che a porre subito correttamente il problema della struttura del testo, molto in
breve analizzandolo anche attraverso litinerario redazionale. Si comincer infatti
con losservare che il Libro pastorale (la prima redazione, pur certo provviso-
ria) non sinterrompe a un punto qualsiasi, l dove lautore possa essere stato fer-
mato da una ragione o interferenza improvvisa. Esso termina invece con prosa-
ecloga X; e dieci non solo un numero di per s tondissirno, ma quel che pi
conta il numero bucolico eccellente, virgiliano (cfr. pr. X, 18-20). Anche largo-
mento (una tenuissima fabula, che scandisce i tempi della fuga di Sincero in Ar-
cadia, quale peregrino damore, e del suo conseguente desiderio di ritorno alla
patria perduta) non appare privo di una almeno abbozzata compiutezza. Nella X
prosa, infatti, il vecchio Enareto (fuor dallegoria, Iuniano Maio, retore e maestro
del Sannazaro) attraverso una lunga narrazione e descrizione al futuro espone
situazioni molto simili a quelle che saranno poi narrate, al passato, nellultima
prosa (XII, conclusiva della seconda redazione), anticipando persino il tema del-
la discesa al fiume sotterraneo e soprattutto formulando, in realt per tutti i pa-
stori che lo ascoltano (tra cui Sincero), un fausto omen di ventura salvezza. Nel-
lecloga X, altrettanto significativamente, il pastore Selvaggio (proprio il locutore
della I, insieme a Ergasto) si abbandona al ricordo di un lungo canto di Giovanni
Francesco Caracciolo, malinconicamente allusivo di una crisi storica e sociale, let-
terale compianto sulla crisi della poesia, massime quella bucolica. In tal modo egli
finisce con levocare Napoli e i suoi poeti, in analogia con quella che pi tardi di-
verr la situazione dellultima ecloga (la XII), e anche obliquamente introduce
nellambito del locus amoenus un tempo che per statuto dovrebbe essergli estra-
neo, quello autunnale (vv. 79-116). La prima redazione del libro rimane dun-
que ferma in Arcadia, come in Arcadia era cominciata, con maggiore conformit,
almeno per tale aspetto, alla soluzione di un fondamentale modello, la Comedia
delle ninfe mentre, si badi, qualcosa di analogo era accaduto con le Stanze del
Poliziano, il cui argomento, quali che ne fossero stati i motivi, veniva lasciato in-
terrotto allinterno dello spazio mitico. In seguito, con laggiunta delle prose ed
ecloghe X-XII si compie lo scioglimento, comunque intravisto, del romanzo
17
.
Il ritorno a Napoli di Sincero, reso possibile da una prodigiosa quanto dolorosa
17
Sulla struttura complessiva dellArcadia ultima, e sul suo interno equilibrato ordinamento, cfr. lattenta anali-
si di G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., pp. 42-56.
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catabasi sotterranea, non sembra tuttavia potergli restituire loriginario oggetto
del rimpianto, ma solo gli amici letterati e poeti: Barcinio (Benedetto Gareth),
Summonzio (Summonte), Meliseo (Pontano)
18
.
Unificate ormai le prospettive, si vedr che lorganizzazione del discorso si ri-
vela oltremodo attenta, con i segni di talune incompatibilit forse apparenti, cer-
to con linstaurazione di un rapporto via via pi problematico nei confronti del
codice prescelto. Cos nella prima parte dellopera (semplificando, fino a ecl. VI o
pr. VII) la vicenda appare come sospesa nella pi compiuta acronia. Le prime
prose, generalmente brevi e brevissime, si limitano a offrire lo sfondo, la scena. Il-
luminante, sotto il profilo delle strutture, la progressione temporale e semantica
degli incipit verbali
19
: pr. I, 1, Giace nella sommit di Partenio; pr. II, 1, Stava
ciascun di noi; pr. III, 1, Gi si tacevano i duo pastori; pr. IV, 1 Piacque mara-
vigliosamente a ciascuno; pr. V, 1, Era gi tutto lorizzonte sparso.
Sempre in questa prima parte dellArcadia si concentrano poi le ecloghe nate
sotto il maggiore influsso della bucolica quattrocentesca (I, II, VI); mentre, per al-
tro verso, ancora qui che si radunano le ecloghe (III, IV, V) condotte su precisi
esempi dei Rerum vulgarium fragmenta, con unoperazione forse esteriormente
legittimata dalla memoria di suggestioni bucoliche che potevano esser presenti
nel canzoniere petrarchesco (ad esempio, nella canzone L: Ne la stagion che l ciel
rapido inchina)
20
. Sicch sino a un certo punto abbiamo un ordinamento metrico
estremamente vario. La I ecloga, infatti, parte in terzine sdrucciole, parte in en-
decasillabi frottolati con la rima al mezzo; la II, modellata sulla I dellArzocchi,
la pi complessa
21
: terzine piane, terzine sdrucciole, endecasillabi frottolati con la
rima al mezzo, distici di endecasillabi piani rinterzati da settenari piani e incate-
nati, AaB BbC; quattro strofe di endecasillabi e settenari, AbCcB BdEeD; quattro
strofe di canzone, di nuovo terzine piane. Le ecloghe III, IV e V introducono il
sorprendente cuneo lirico, essendo rispettivamente fedeli calchi metrici (in
parte anche tematici) di due canzoni e addirittura dellunica sestina doppia pe-
trarchesche: III < CXXV (Se l pensier che mi strugge), IV < CCCXXXII ( la se-
18
Quanto allepilogo, appare strutturalmente rilevante che i paragrafi 10-11 si presentino come una breve para-
frasi del canto di Caracciolo della X ecloga. Un rapporto tra lepilogo e la prosa X aveva inoltre riconosciuto F. TA-
TEO, Tradizione e realt nellUmanesimo italiano, Bari 1967, soprattutto pp. 38-39 (ma importante lintero capitolo
La tradizione bucolica e il genere lirico nella struttura dellArcadia, pp. 11-40).
19
Un interessante esempio dellimportanza strutturale che possono avere gli incipit dei capitoli o delle parti in-
terne di un testo in C. SEGRE, Strutture e registri nella Fiammetta (1972), in ID., Le strutture e il tempo, Torino
1974, p. 93.
20
Cfr. D. DE ROBERTIS, Lecloga volgare come segno di contraddizione, in Metrica, II (1981), pp. 65-66.
21
Per metrica, lingua e stile di questecloga cfr. innanzitutto M. CORTI, Rivoluzione e reazione stilistica nel San-
nazaro (1968), in ID., Metodi e fantasmi, Milano 1969, pp. 312-21. Per le pi precise corrispondenze con la I dellAr-
zocchi si vedr P. ORVIETO, Siena e la Toscana, in Letteratura italiana. Storia e geografia, diretta da A. Asor Rosa,
II/1. Let moderna, Torino 1988, pp. 215-16.
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stina doppia: Mia benigna fortuna e l viver lieto), V < CXXVI (Chiare fresche e
dolci acque). Intorno a questo cuneo si stringe, allaltro lato, lecloga VI, anches-
sa originariamente anteriore allideazione del prosimetro, che con i suoi sdruccio-
li e le sue tematiche ci riporta nel cuore della bucolica quattrocentesca. Questo
singolare accostamento fra soluzioni cos diverse fu con ogni probabilit ben de-
terminato, quasi a denotare il consapevole transito di un varco: puntualmente sta
a confermarlo il fatto che nel passaggio dalla prima alla seconda redazione le eclo-
ghe I, II, VI furono sottoposte a una revisione profonda, di massima proprio nel-
la direzione della lingua e degli stilemi del Canzoniere
22
(pur se con il parallelo
scopo di un complessivo migliore raccordo tra le ecloghe e la struttura liricizzan-
te delle prose).
A partire da prosa VI il personaggio che dice io si identifica con Sincero, e
da prosa VII, pi chiaramente, inizia ad avvolgere sul filo della memoria lesile
trama della propria autobiografia. La struttura delle prose si fa pi complessa,
tendenzialmente polifonica, pi articolata
23
. Risolutamente gli incipit cambiano,
costituiti da subordinate, spesso temporali: pr. VI, 1, Mentre Ergasto cant la
pietosa canzone; pr. VIII, 1, Appena era io, e cos via, sempre in modo signifi-
cativo. Che qualcosa muti appare ribadito dal fatto che il rapporto dellautore
(Sincero-Iacobo) con lesperienza pastorale in atto comincia ad entrare in discus-
sione
24
, e la cosa si accentua nel corso della progressiva riscrittura. Analogamente
muta qualcosa a partire da ecloga VIII (e forse gi da VII, una sestina semplice
che serba memorie dalla XII del Petrarca, ma non pi cos puntuali), venendosi
sensibilmente ad attenuare la ricerca polimetrica. Ad eccezione dellecloga X (che
chiude la prima Arcadia, ed esibisce sdruccioli ed endecasillabi con la rima al
mezzo), le rimanenti sono tutte in terzine di endecasillabi con rima ABC BCD:
sdruccioli (VIII e XII), sdruccioli e piani (IX), piani (XI). Gli sdruccioli di VIII e
IX daltronde si inquadrano in un andamento che si direbbe ormai recitativo;
mentre quelli della XII sono cosa del tutto nuova, ottenuti attraverso un origina-
lissimo laboratorio linguistico. Nellecloga XII sembra rinnovarsi anche il rappor-
to tra la linea metrica e quella sintattico-semantica, che qui tendono maggiormen-
te a differenziarsi, in una pi complessa costruzione del discorso poetico.
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Il fenomeno fu bene illustrato, per la II ecloga, da M. CORTI, Rivoluzione e reazione stilistica cit., pp. 311-
21. Aggiungo che tale revisione non fu tardiva, poich osservabile gi allinterno del processo correttorio del Libro
pastorale.
23
La Corti anzi sostenne la pi decisa tesi di un vero sviluppo narrativo nella seconda parte dellArcadia: cfr. Il
codice bucolico e lArcadia del Sannazaro (1968), in ID., Metodi e fantasmi cit., pp. 296-304.
24
Oltre F. TATEO, Tradizione e realt cit., pp. 21-40, si veda E. SACCONE, LArcadia cit., pp. 33-43 (che
piuttosto intravvede uno sviluppo lirico del testo).
La XII ecloga fu, per lappunto, la prima ad esser musicata fra quelle di San-
nazaro, nel 1579 da Giovan Battista Moscaglia
25
.
3. Temi, miti, simboli.
Se il Sannazaro si fosse fermato alla prima redazione del testo, ci si troverebbe a
dover individuare al suo interno un tipo di organizzazione tematica molto pi si-
mile, ad esempio, a quella delle Stanze del Poliziano. Vi prevarrebbero i motivi
del pieno umanesimo: lamore, la primavera come forma di un tempo ideale, la
presenza (illusoria) delle divinit nella vita degli uomini, le oasi o i regni incanta-
ti, su registri a tratti idillici a volte anche elegiaci. Vi apparirebbero dominanti, al-
meno rispetto al testo ultimo, i moduli descrittivi, i miti con funzione decorativa:
esemplare potr essere la lunghissima descrizione vero quadro nel quadro del-
le scene dipinte sulle porte del tempio di Pales (pr. III, 13-23); ovvero la suggesti-
va descriptio di Amaranto (pr. IV, 4-8), in cui vengono a riattivarsi in timbri nuovi
di sottile suggestione platonica prevalenti memorie letterarie da Claudiano e dal
Boccaccio minore (Filocolo, Comedia delle ninfe).
Queste tematiche non risultano per scisse (gi nella prima redazione, mag-
giormente negli equilibri definitivi della seconda) da spinte contrarie, che infatti
irrompono come per alterare e spezzare il tempo della primavera illusoria (ecl. X,
90, 125-26: E le nubi spezzate fan gran suoni [...] | E gi Pan furoso con la san-
na | spezz lamata canna). Primo fra questi temi inversi quello della allonta-
nanza da la cara patria, dellesilio, posto in fondo a base della stessa finzione ar-
cadica, ben colto dal Tateo
26
; a cui sono intrinsecamente connessi il motivo del-
let delloro di cui minore il vagheggiamento che il rimpianto e soprattutto
quello dei lupi rapaci, certo allusivo di reali traumi storici
27
, ma anche ineludibile
premessa (e conseguenza) dialettica dellipotesi edenica (il tema, non senza una
chiara ragione, si afferma nelle tre ecloghe anteriori, e quindi nella X).
Una tale ambiguit nello sviluppo di un complesso tematico centrale, che si-
no a un certo segno intrinseca alla natura di ogni immaginario pastorale, tutta-
via condotta dal Sannazaro alle sue estreme conseguenze, sino a denunciare, in
modo non tanto implicito, il superamento dellesperienza in corso. La divarica-
zione subito ampia, acutamente posta pur nellonomastica quasi sempre sim-
25
Cfr. S. LEOPOLD, Madrigali sulle ecloghe sdrucciole di Iacopo Sannazaro. Struttura poetica e forma musi-
cale, in Rivista italiana di musicologia, XIV (1979), 1, pp. 80-81.
26
Cfr. F. TATEO, Tradizione e realt cit., pp. 41-52 (nel capitolo Il mondo arcadico e i temi della cultura uma-
nistica, pp. 47-52).
27
Sullimportanza di questultima tematica, nei rapporti con il quadro culturale e politico aragonese, si dovr
vedere M. SANTAGATA, La lirica aragonese. Studi sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento, Padova 1979 (il
capitolo Lalternativa arcadica del Sannazaro, pp. 342-74).
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bolico-allegorica dei pastori locutori. Per fermarci al livello pi generale, avre-
mo infatti essenzialmente due serie: quella dei personaggi ben acclimatati in
Arcadia e quella di coloro che vi si sentono esuli (cos, ad esempio, Elpino lo spe-
ranzoso; Fronimo lassennato; per contro, Elenco lo sdegnato; Serrano lar-
roccato, e cos via), secondo lopposizione archetipica della I di Virgilio (Titiro
allinverso di Melibeo). Soprattutto emblematico Ergasto (il travagliato, be-
ninteso in senso morale), alla formazione del cui esatto nome il Sannazaro per-
venne solo in un secondo tempo, introducendo una variante di minimo scarto sul
piano del significante ma profondamente innovativa su quello del significato
28
.
Proprio ad Ergasto (per alcuni versi un discendente tematico di Filostrato)
perci affidata la negazione della primavera (Primavera e suoi d per me non rie-
dono, ecl. I, 34), con lincombente motivo della morte: suo lepicedio per An-
drogeo (ecl. V), ed in onore di sua madre Massilia (probabile allusione a Masel-
la, madre del Sannazaro, e comunque figura materna)
29
che si svolgono i ludi fu-
nerari di pr. XI (con anticipo del tema in pr. X). Il tema della morte in ogni ca-
so anchesso dialettico, posto a ben vedere sin dallinizio del libro (proprio
al centro delloasi pastorale, dunque al centro del centro, sorge [] verso il
cielo un dritto cipresso, pr. I, 5). E di l esso si viene modulando su tonalit mol-
teplici: da quelle iniziali, pi lievi, sino ai timbri via via pi gravi e fondi delle ul-
time ecloghe e prose, propagginandosi in una variet di particolari descrittivi ed
emergenze simboliche, talora allusive di un mondo sotterraneo inquieto o quasi
di unArcadia lugubre (i fastidiosi grilli incominciavano a stridere per le fissure
della terra, pr. II, 3; i notturni grilli si facevano udire per le fosche campagne,
pr. IX, 1). Al motivo della morte viene cos progressivamente a collegarsene uno
diverso, confluente su un mito che certo non si pone nel testo con mera funzione
decorativa.
Gi il Tateo aveva colto nellArcadia un fondo orfico, giustamente indicandolo,
per il Sannazaro, come ideale via dincontro tra le forme della mitologia classica e
di quella cristiana, sino al naturale sbocco del De partu
30
; esso tuttavia ci sembra an-
che pi decisivo, quasi centro capace di raccogliere intorno a s altri nuclei temati-
28
Il nome originariamente era Argasto lozioso: cfr. G. VILLANI, Per ledizione dellArcadia cit., pp. 95-98.
Al momento dinserire nel prosimetro le future ecloghe II e VI il Sannazaro cambi, parimenti, i nomi di tutti e quat-
tro i pastori locutori, in funzione di una valenza simbolica del tutto nuova, coerente col nuovo disegno: II Turingo e
Vulsano > Uranio e Montano; VI Murano e Orcano > Serrano e Opico (ibid., pp. 58-60; 98; I03).
29
Se si presta attenzione al rapporto tematico-strutturale che si instaura fra le due rievocazioni di Androgeo e
Massilia, non sembra che dovesse avere tutti i torti il Massarengo, allorquando immaginava che nella figura di Andro-
geo si potesse alludere al padre del Sannazaro: cfr. Arcadia di M. Giacomo Sannazaro, con i commenti di T. Porcac-
chi, F. Sansovino e G. Massarengo, Pavia 1596, p. 515 (= c. Y6r). Preciso che ledizione datata M.D.XCV sul fron-
tespizio, e M.D.XCVI sul colophon.
30
Cfr. F. TATEO, Tradizione e realt cit., pp. 57 e 66-67; 92-93.
Letteratura italiana Einaudi
12
Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
ci. Lidea di un mondo sotterraneo e tremendo (cfr. gi pr. V, 14-15), la funzione ca-
tartica della poesia, e i limiti, sotto questo profilo, di quella pastorale, sono sin trop-
po insistiti, ancorch fortemente espliciti solo a partire dalla IX ecloga. E, daltron-
de, se vero che il canto di Orfeo [] nel suo valore centripeto [] riunisce at-
torno alla voce gli esseri animati ed inanimati della terra, del cielo e del mare
31
, le
sue note non potranno non ascoltarsi nellArcadia, dove allempatia solidale che si
instaura fra i pastori si affianca quella delle piante, fortemente simbolica (dal ci-
presso di pr. 1, 5 allarancio divelto di pr. XII, 7), e poi dei monti, delle rive e
delle acque: chiare e primaverili (pr. VII, 29-33) o profonde e perse (pr. X, 25 e XII,
10), del disamore o del pianto (pr. VIII, 29-33 e XII, 37-38), quasi forme di unim-
maginazione della materia che avrebbe potuto ben catturare lattenzione di Bache-
lard, ove questi avesse avuto particolare familiarit con lopera del Sannazaro.
Queste suggestioni orfiche daltro canto si rafforzano per la significativa com-
presenza di altri miti paralleli: da quello di Proserpina (adombrato varie volte nel
testo) allaltro ancor pi significativo e naturalmente correlato di Pan. La stretta
relazione tra Pan e Orfeo, che nel simbolismo della pastorale indubbia
32
, nel-
lArcadia fortissima. La virt di Pan (cfr. pr. X, 13-20), allinterno di un chiaro li-
mite, certamente assimilabile a quella di Orfeo, poich entrambe posseggono un
eguale strumento di seduzione sulle forme della vita animata e inanimata. La pri-
ma, tuttavia, non sembra poter perpetuare anche la memoria o sconfiggere la
morte, per cui Ergasto dovr finalmente invocare su di s la forza e i poteri di Or-
feo (cfr. ecl. XI, 64-160). Ma lopzione per la lira, che su un grado pi alto della
sampogna, pur presupponendola, in un rapporto di continuit e superamento,
comporta un trauma, e cio la cessazione stessa dellitinerario bucolico. Solo per
questo motivo si spiega come Carino possa, nel cuore dellopera (pr. VII, 32),
predire a Sincero un futuro diverso, non pi pastorale, e possa anzi giudicare in-
fruttuosamente speso il tempo da lui dedicato allesercizio della poesia bucolica
(dove fondamentale accorgersi che infruttuosamente fu una variante instituita al
momento della seconda redazione); allo stesso modo nellecloga IX (vv. 139-51)
Montano celebra la vittoria di Apollo su Pan, essendo qui Apollo sicura espres-
sione della poesia lirica, come correttamente visto da Tateo
33
.
Letteratura italiana Einaudi
13
Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
31
M. DETIENNE, Lcriture dOrphe, 1989 (trad. it. La scrittura di Orfeo, Roma-Bari 1990, p. 109). Il motivo
della partecipazione di monti e alberi al dolore del personaggio non corrisposto era gi in Virgilio, mutuato da un al-
tro mito parallelo, quello del pastore Dafni: cfr. B. SNELL, Die Entdeckung des Geistes. Studien zur Entstehung des
europischen Denkens bei den Griechen, 1945 (trad. it. La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Torino 1963_,
p. 398).
32
Sui rapporti tra i due miti nella pastorale europea, ivi inclusa lArcadia, si vedr la suggestiva analisi di N.
BORSELLINO, Orfeo e Pan. Sul simbolismo della pastorale, Parma 1986.
33
Cfr. F. TATEO, Tradizione e realt cit., pp. 25-28.
Nelle ultime sezioni del libro il mito si fa poi latamente diffuso: non solo per
quanto gi accennato sulla conversione di Ergasto e, per quanto di massima
evidenza nella prosa XII, ma anche in relazione allecloga successiva, in cui la pa-
rola ceduta al Pontano non altrimenti spiegabile se non per la volont di attri-
buire, allindiscusso maestro dellumanesimo aragonese, in un affettuoso ricono-
scimento conclusivo, la funzione di massimo cantore avverso alla morte. Que-
stulteriore accentuazione del tema comporta pure, nellArcadia ultima, lintrodu-
zione di una forte spinta conoscitiva, affine, bench non altrettanto basilare, ri-
spetto a quella osservabile in altri testi dellumanesimo tardo (nellHypnerotoma-
chia Poliphili, ad esempio). Inoltre, tale pi maturo orientamento in ragione del
quale non sarebbe forse azzardato asserire che il rapporto tra la prima e la secon-
da redazione dellArcadia similare, per certi aspetti, a quello ravvisabile tra le
Stanze e lOrfeo del Poliziano fu colto molto bene nel Cinquecento, a giudicare
dal tipo di illustrazioni, anchesse fortemente simboliche, che a volte accompa-
gnano il testo, come nel caso della silografia anonima posta a corredo della prosa
XI nelledizione veneziana del 1526.
4. Modelli e fonti.
Quando si parla di modelli e fonti per lArcadia, che tutta finemente contesta di
memorie letterarie, appare indispensabile riuscire a indicare le funzioni massima-
mente incidenti nella formazione del testo, da cui andranno invece tenuti distinti
i semplici residui eruditi (talora condensati in un piccolo sintagma o in un solo
lemma, e dunque semmai importanti per la lingua). In pi di un caso, comunque,
il Sannazaro stesso ad orientarci.
Spetta infatti al pastore Enareto (Iuniano Maio) rivelare, innanzitutto, i mo-
delli supremi (pr. X, 13-20): sono naturalmente Teocrito e Virgilio, luno primo
nellordine del tempo, laltro primo assoluto. La loro esemplarit metastorica,
quasi si spinge nelle regioni del mito; e la loro musa bucolica, unica in grado di af-
fascinare le serve e arrestare i fiumi, ereditata direttamente da Pan. Il rapporto
con Teocrito comunque si esaurisce in questo riconoscimento necessario, oltre
che in una lineare, ridotta utilizzazione del modello quale fonte; proprio come
piuttosto limitato, in linea di massima, il contributo degli scrittori greci
34
, a parte
la vistosa eccezione di ecloga XI, preciso adattamento di Mosco, III (trenodia per
la morte di Bione). Ben altrimenti complesso e determinante si configura invece il
rapporto con Virgilio: innanzitutto perch il mantuano Titiro seppe fare della
poesia bucolica il primo tramite per successive e maggiori prove, le quali non
Letteratura italiana Einaudi
14
Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
34
Cfr. G. FOLENA, La crisi linguistica cit., pp. 114-17.
comportarono, tuttavia, un disconoscimento di quel primo tirocinio, caso mai ne
dipesero: al segno che Virgilio dice Enareto prima di iniziare a comporre lE-
neide, affisse a un albero la sampogna, proprio in onore di questo Idio [Pan] che
nel cantare li avea prestato favore ( 20).
La cosa apparir pi chiara quando poi si consideri il modo in cui Virgilio da
modello passi a fonte operante. Infatti, mentre sino a ecloga IX senza dubbio
prevalente la memoria del poeta bucolico
35
, a mano a mano che ci si approssima
allesito del libro, si fa invece tendenzialmente molto pi insistente lutilizzazione
dellautore epico e georgico. Gi nella X prosa, ad esempio, gli argomenti delle
tavole affisse allaltare di Pan sono mutuati prevalentemente dal I e III delle Geor-
giche e i sortilegi di Enareto contaminano luoghi dallVIII delle Bucoliche con va-
ri spunti dal IV, V e VI dellEneide. Ma nelle due ultime sezioni (XI-XII) che lo
slittamento diventa macroscopico. Lintera prosa XI propone ludi analoghi e si-
tuazioni simili a quelle del V dellEneide: la cui precisa volont di assunzione re-
sa manifesta da contaminazioni operate su altri testi, omogenei nel genere, in par-
ticolare dal XXIII dellIliade e dal VI della Tebaide di Stazio
36
. Nella prosa XII
langoscioso sogno di Sincero ricorda analoghe premonizioni oniriche di Enea
(almeno si ricorder Eneide, VIII, 25 sgg.); e largomento generale (il deluso no-
stos del protagonista) pone a sua fonte primaria lepisodio della discesa sotterra-
nea di Aristeo al regno di Cirene, con il connesso mito di Orfeo (Georgiche, IV,
333-86 e 453-527).
Questa attitudine a contaminare Virgilio con Virgilio (che poi il modo uma-
nistico per ottenere, attraverso il massimo ossequio al modello, il massimo di au-
tonomia da esso) si propaga a quella parallela di contaminare Titiro con altri bu-
colici: innanzitutto Calpurnio Siculo e Nemesiano, la cui adozione viene opportu-
namente a significare che Virgilio anche [...] quanto Virgilio stesso ha rappre-
sentato per chi si messo sulle sue orme
37
; poi anche Silvio, ossia il Petrarca del
Bucolicum Carmen.
Rimanendo infatti allinterno del genere, e per lasciando per ora il versan-
te classico per quello neolatino, sicuro termine di confronto furono le ecloghe del
grande autore trecentesco, pertinenti per almeno un paio di luoghi strategici (tra
35
Cfr. F. TORRACA, La materia dellArcadia del Sannazaro, Citt di Castello 1888 (ad esempio pp. 34-41; 65-
71; 120-30); e si veda M. SCHERILLO, Commento a J. SANNAZARO, Arcadia, a cura dello stesso, Torino 1888,
pp. 1-233 sino a ecl. X, e pp. 234-317 sino a ecl. XII. Controlli pi agevoli consentiranno i commenti meno folti di En-
rico Carrara (per cui cfr. avanti la Nota bibliografica).
36
Cfr. M. SCHERILLO, Commento cit., pp. 243-61.
37
G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., p. 5. N mi sembra del tutto marginale il fatto che Calpurnio e Ne-
mesiano avessero entrambi sperimentato il genere georgico, il primo nella V delle sue sette ecloghe, il secondo nel
Cynegeticon (testo, questultimo, ben noto al Sannazaro: cfr. C. VECCE, Iacopo Sannazaro in Francia, Padova 1988,
pp. 84-89).
Letteratura italiana Einaudi
15
Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
cui quello relativo al sogno dellarancio divelto, a pr. XII, 7-8, proveniente dal-
la X del Petrarca, Laurea occidens
38
), ma ancora, almeno in qualche aspetto, pun-
tuale chiave di riscontro per Virgilio (la I ecloga del Sannazaro propone lo sche-
ma, gi comune alla I di Virgilio e del Petrarca, del confronto fra un pastore sere-
no e uno dolente). Anche il numero del Bucolicum Carmen (XII) potr avere una
relazione col numero dellArcadia ultima, senza tuttavia comportare defezione,
come ci sembra, dal modello supremo (XII infatti pure il numero dellEneide).
Ancora rimarrebbe invece da approfondire la possibilit (o probabilit) di un si-
gnificativo influsso della rimanente bucolica neolatina (Dante, Giovanni del Vir-
gilio). Quanto ai frammenti eventualmente ripresi dal Bucolicum Carmen del Boc-
caccio, essi diventano ben poca cosa a confronto dellimportanza che per lArca-
dia ebbe lautore dei romanzi volgari: in primo luogo della Comedia delle ninfe,
decisivo, subito dopo Virgilio; e con Virgilio nodo di una fusione originale tra pa-
storale classica e moderna.
Limportanza di questo testo non discende solo dalla molteplicit di calchi o
singole utilizzazioni, pur notevoli, effettuatene dal Sannazaro
39
, quanto dal con-
fluire in esso, in una peculiare sintesi, di pi notevoli ragioni: consistenti, soprat-
tutto, nellabbinamento del prosimetro a un romanzo che, sia pure ancora in
chiave didattico-allegorica, predilige unambientazione campestre e fa di un pa-
store il suo protagonista, con forti immissioni del mito classico, in una prosa in
prevalenza descrittiva (nel cui ammodernamento il Sannazaro procede, in realt,
ben oltre).
Ma pure importer aggiungere che (come accade per Calpurnio-Virgilio) il
Boccaccio volgare costituisce quasi una sorta di lente in grado di amplificare
non si vuol dire mediare - una linea classica diversa da quella bucolica: relativa al-
la tradizione elegiaca che fa capo a Ovidio (Amores, Heroides) ma anche include
Tibullo e Properzio (al di fuori di essa rimane da ricordare Catullo; e su un fron-
te pi distante limportantissimo Claudiano, ben presente pure in altri testi del
Sannazaro, soprattutto nel De partu)
40
; e alla tradizione mitologico-narrativa che
fa di nuovo capo a Ovidio (questa volta delle Metamorfosi e dei Fasti), e che per la
descrizione di vari rituali magici o la memoria di particolari usi e credenze inclu-
de un testo notoriamente caro allumanesimo tardo, le Metamorfosi di Apuleio
41
.
Il Sannazaro possedeva per altro un referente di cui, paradossalmente, il Boccac-
cio giovanile non poteva disporre. La comunit solidale dei pastori, il simbolismo
38
Cfr. G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., p. 3, nota 3.
39
Cfr. almeno M. SCHERILLO, Introduzione a J. SANNAZARO, Arcadia cit., pp. CXIII-CXXI.
40
Cfr. F. TATEO, Tradizione e realt cit., pp. 89, 94-99.
41
Cfr. F. TORRACA, La materia dellArcadia cit., pp. 72 sgg.
Letteratura italiana Einaudi
16
Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
dei nomi della brigata che si ritira nelloasi pastorale, sono tutti elementi che in-
ducono a pensare che lo scrittore aragonese avesse ben assimilato la lezione ideo-
logica ed estetica della cornice decameroniana, in funzione di un diverso edoni-
smo, diversamente turbato
42
.
Di sicura pertinenza poi laltra linea volgare della bucolica quattrocente-
sca, in particolare dei senesi Arzocchi e Buoninsegni, sulla cui importanza non
occorrer tuttavia ulteriormente insistere, essendo essa circoscrivibile a settori e
aspetti ben precisi del testo. Quanto al fronte fiorentino, semmai (nel complesso
meno incidente di quello senese), non sar superfluo avvertire della funzione
esemplare attribuibile, almeno dal punto di vista linguistico, allAlberti, di sicu-
ro rievocato nellArcadia (pr. XI, 62)
43
, e del cui Tyrsis anzi forse savverte qual-
che eco diretta nel prosimetro (confluente con qualche possibile traccia dal ter-
zo capitolo della Bella mano di Giusto de Conti
44
, testo poi ben pi importante
per i Sonetti e canzoni).
Sul fronte aragonese, infine, varie questioni rimangono oggi da approfondire,
e forse con difficolt, se non altro per il progressivo schiacciarsi delle cronologie
(si pensi, ad esempio, al rapporto De Jennaro-Sannazaro). A parte il vistoso ri-
scontro con la Meliseus del Pontano nella XII ecloga, certamente da ascrivere a
tale area laffiorare dei livelli tematici (ecloghe VI e X) allusivi di ripetuti turba-
menti storici e politici, non sempre forse compiutamente precisabili, di cui in
ogni caso memoria almeno nel De Jennaro
45
. Ma pur vero che queste zone te-
stuali come gi accade per il loro profilo metrico e linguistico sono le stesse
che rivelano, allinterno del diagramma correttorio, una maggiore volont di su-
peramento, in direzione antiregionale.
5. Lingua, stile, forme.
Lequilibrio raggiunto dallArcadia, primo importante episodio di prosa
darte allesterno della Toscana
46
, non fu agevole conquista ma piuttosto lesito
di unattenta ricerca, abbastanza presto mirata a una decisa sprovincializzazione
degli istituti linguistici e formali. Se quindi, a voler far subito un importante esem-
42
Cfr. A. TARTARO, La prosa narrativa antica, in Letteratura Italiana, diretta da A. Asor Rosa, III/2. Le forme
del testo. La prosa, Torino 1984, pp. 706-9.
43
Ineccepibile lidentificazione di Tirsi (nel citato luogo del testo) con lAlberti, quale stata proposta da G.
VELLI, Tra lettura e creazione cit., pp. 6-8, nota 4. Alle ragioni dello studioso si pu aggiungere che in quel medesimo
luogo il Sannazaro ricorda esclusivamente poeti e scrittori volgari (il che porta ad escludere la possibilit di ricono-
scere in Tirsi figure della bucolica classica e neolatina).
44
Per tutti questi ultimi aspetti si rimanda nuovamente a D. DE ROBERTIS, Lecloga volgare cit., pp. 68-72.
45
Cfr. M. SANTAGATA, La lirica aragonese cit., pp. 342 sgg.
46
G. FOLENA, La crisi linguistica cit., p. 1.
Letteratura italiana Einaudi
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
pio, del tutto vero che in Italia il grande successo dellArcadia non valse ad as-
sicurare la sopravvivenza, nella nuova letteratura, dellecloga sdrucciola e poli-
metrica
47
, anche altrettanto probabile che fu proprio il Sannazaro ad autoriz-
zare per primo labbandono di questa via.
Linguisticamente la prima redazione (e ancor pi labbozzo di essa) appare
costituita dagli elementi propri di koin; dove il fondo regionale si manifesta so-
prattutto sul piano fonematico, con prevalenti possibilit di riscontro rispetto a
un Masuccio o rispetto ai vari Del Tuppo, Minutolo o Petrucci. Fondamentale
strumento di progresso a questa altezza il latino, ma anche di conservazione, al-
lorquando si trovi ad esser solidale con le forme dialettali natie. Nellassetto con-
clusivo del Libro pastorale (Vaticano Barberiniano latino 3964) si vedono per
gi scomparire molte forme latineggianti (sui diversi piani linguistici): quali anti-
quo, sacramento, sepulcro, e simili; a vantaggio di antico, giuramento, sepolcro, e si-
mili
48
; mentre si pure ormai avviato un attento perfezionamento delle rime. Per
la morfologia sono invece essenzialmente presenti Petrarca e il Boccaccio minore
(Comedia delle ninfe), e ancor pi per la sintassi (ad esempio nella frequenza del-
le infinitive latineggianti, maggiore che nei quattrocentisti toscani)
49
. Questa ri-
cerca linguistica (e poi anche stilistica), che vede un progressivo recupero delle
forme auliche e letterarie toscane a svantaggio pressoch totale di quelle regiona-
li, e solamente parziale di quelle latine (letimologismo, di ascendenza landiniana,
molto forte nellarea dellumanesimo aragonese, pu ancora propiziare un lessico
latineggiante, purch raro e difficile), si fa poi decisiva nella revisione operata fra
il Libro pastorale e lArcadia, unicamente a una forte attenuazione di molti fra i
tratti tipici del codice bucolico.
La cosa pi rilevante per che tutto prontamente converge su un piano sti-
listico (coerentemente ai processi correttori seguiti poi dal Sannazaro per le Ri-
me), nella ricerca di una forma lirico-narrativa, antirealistica: dalla predilezione
accordata spesso al plurale a danno del singolare, alla sostituzione del dimostrati-
vo deittico con larticolo; e dalla destituzione di in seguito da articolo proclitico,
sino allattentissimo controllo delle apocopi, alle soluzioni musicali di una pi so-
fisticata coordinazione ottenuta mediante linstaurazione della relativa in luogo
della congiunzione, e via discorrendo
50
, La forma dialettale tender a sopravvive-
re solo con funzione espressiva o per un timbro arcaizzante.
47
C. DIONISOTTI, Appunti sulle Rime cit., pp.184-85.
48
Cfr. G. VILLANI, Per ledizione dellArcadia cit., pp. 87, nota 16; 115, nota 7; e 75-114.
49
Cfr. ancora G. FOLENA, La crisi linguistica cit., pp.16, 57, 86-87.
50
Cfr. G. VILLANI, Per ledizione dellArcadia cit., pp. 83-84, nota 12; 86, nota 15; e passim; per gli stessi fe-
nomeni nellelaborazione dei Sonetti e Canzoni, si rinvia a P. V. MENGALDO, La lirica volgare del Sannazaro e lo svi-
luppo del linguaggio poetico rinascimentale, in La rassegna della letteratura italiana, LXVI (1962), pp. 467, 471-72.
Letteratura italiana Einaudi
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
La ricerca stilistica riguarda naturalmente anche la metrica. Si pensi alla ri-
ma al mezzo, al verso popolare della frottola: per quanto mi risulti, n nei se-
nesi, n negli altri napoletani, n in un Boiardo, n in altri ancora, essa conosce
luso che tende a farne il Sannazaro nellArcadia. Nel momento in cui il verso
frottolato subentra, allinterno di una medesima ecloga, agli endecasillabi sdruc-
cioli o piani, immediatamente comporta una variazione tonale, stornando il reci-
tativo in una direzione pi finemente poetica: non gi un ritmo cantilenante di
sapore popolare, ma piuttosto quasi gli effetti di una rima interna libera: o per
assecondare limprovvisa onda della memoria (ecl. I, 61-90) o per introdurre un
ritmo franto e dolente, come nel commosso e malinconico canto di Caracciolo
(ecl. X, 79-161). Siamo ben lontani dalla frottola di un Pietro Antonio Caraccio-
lo o dalle stesse farse sannazariane, e piuttosto che di rima al mezzo sarebbe giu-
sto parlare di rima rifranta.
Le novit maggiori sono per altro nella prosa. Essa dimostra la sua moder-
nit in modo molto chiaro sul piano della sintassi: apparentemente subordinati-
va di norma nelle funzioni di semplice raccordo tra quadro e quadro , su una
esteriore misura boccaccesca
51
, in realt tende a una diversa, pi agile organiz-
zazione, a favore di una paratassi che si realizza in un corrispondersi musicale di
frase a frase, con una sua progressione interna, come direbbe il Folena
52
, o con
un suo movimento a onda, come chiarirebbe la Corti
53
, attraverso la tecnica
della reiterazione musicale (quivi gigli, quivi ligustri, quivi viole, pr. X, 55), so-
stenuta dalle interiezioni, dalle esclamazioni, dallalta frequenza di campi costan-
ti. Ai particolari effetti che essa produce concorrono poi alcuni ben noti stilemi:
il frequente epiteto preposto al sostantivo, o il frequente elativo posposto al no-
me, luso iterato del diminutivo, quasi desemantizzato per consentire maggiore
forza sul significante (i verdi prati, i notturni grilli, i rami verdissimi, i
pratelli delicatissimi). Leffetto di una sonorit limpida e chiara, di una so-
spensione quasi ieratica del tempo e dellimmaginazione, allinterno di una co-
struzione ordinatissima e ferma del disegno. La modernit di questa prosa perci
massima, ci sembra, nei non rari registri descrittivi (esemplare tutta la pr. VIII,
o linizio di pr. XII), tanto che chi volesse studiare i suoi possibili influssi, do-
vrebbe forse andare a cercarne le infiltrazioni proprio su questo piano, e magari
al di fuori delle speciose seduzioni dellomogeneit dei codici formali. Cos si
scoprirebbe che il ricordo di una tale prosa pu essere eventualmente meno pre-
51
G. FOLENA, La crisi linguistica cit., p. 93.
52
Ibid.
53
M. CORTI, Rivoluzione e reazione stilistica cit., p. 294.
Letteratura italiana Einaudi
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
sente in unArcadia in Brenta che non in testi diversamente romanzeschi (benin-
teso sempre nelle sole pause descrittive), come ad esempio il Calloandro fedele
54
.
Il lungo processo di riscrittura che consent, in particolare, la fortuna cinque-
centesca dellArcadia, assicurandole una sorte ben diversa da quella che in quel
secolo sarebbe altrimenti toccata al Libro pastorale, non pu per altro bene in-
tendersi al di fuori di un suo sfondo generale (di giustificazione e insieme di con-
trasto): identificabile in quel fenomeno felicemente descritto quale dissolvimen-
to rapido, almeno nei consumi e nella circolazione, dei prototipi letterari volga-
ri degli ultimi decenni del Quattrocento, in comunicazione con i vari ambiti lin-
guistici regionali
55
; il che per un verso coincide con le ragioni profonde di certe
interruzioni simili a quella della prima redazione dellArcadia (si pensi ancora
soprattutto alle Stanze), e per altro spiega, anche oltre i limiti cronologici della cri-
si linguistica, la lunga durata di molti itinerari redazionali (si pensi almeno agli
Asolani, editi nel 1505, e di cui il Bembo invier subito copia al Sannazaro). il
Sannazaro si era insomma trovato al bivio, ma tuttaltro che impreparato o esitan-
te a nuove scelte, persino sul piano tematico: accentuando, come s detto, una
opzione ultima di tipo simbolico-conoscitiva.
Cos, la portata innovativa dellArcadia, la cui originaria apparente contrad-
dittoriet genetica e strutturale finalmente si risolve in una ricchezza di coerente
sintesi espressiva, apre la via o anche pi semplicemente precorre fondamentali
indirizzi formali, sia lirici che narrativi, non solo in Italia ma anche in Europa; pi
direttamente propizia levoluzione del vecchio codice bucolico, ibrido e docca-
sione, nella forma del dramma pastorale (lEgle, lAminta, il Pastor Fido). Ma quel
particolarissimo capitolo dellimmensa fortuna europea del testo fino a tutto il
Settecento non pot essere dettato da semplici coincidenze epocali, ed anzi no-
stra personale convinzione che la memoria del testo sia stata molto forte anche ol-
tre il limite storico della sua massima fortuna. Il pregiudizio ideologico (romanti-
co e non) ha molto giovato a dissimularne echi e prestiti che invece si potrebbero
non tanto difficilmente riconoscere anche in aree meno sospette. Non ci stupisce
insomma che nellArcadia possano non proprio di rado preavvertirsi i tratti di una
straordinaria modernit, sinora sporadicamente colti da linguisti o comunque da
studiosi con maggiori interessi filologici: e se la fine auscultazione del Folena acu-
tamente percep quasi delle note dannunziane
56
, fu merito della sensibile lettu-
54
La sopravegnente notte, i fronzuti rami, le fruttifere palme, un d fra gli altri sono solo alcuni mini-
mi isolati campioni prelevabili da un paio di pagine del Calloandro, straordinariamente affini ad analoghi stilemi
dellArcadia (cfr. G. A. MARINI, Calloandro fedele, Bassano 1799: gli esempi sono riportati alle pp.138-40 e 323).
55
G. MAZZACURATI, Il Rinascimento dei moderni. La crisi culturale del XVI secolo e la negazione delle ori-
gini, Bologna 1985, p. 51.
56
G. FOLENA, La crisi linguistica cit., pp. 94, I05-6.
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
ra della Corti, quindi dellAgosti, avervi riconosciuto ed esplorato i climi propizi
al canto leopardiano
57
; laddove il Carrara, sia pure in qualche minuto appunto,
non rinunzi a segnalare delle precise cadenze foscoliane
58
. Questi ultimi indu-
gi appariranno meno audaci quando si consideri che un testo come lArcadia non
era certo rimasto estraneo agli orientamenti formali di un autore la cui forza
esemplare nella letteratura romantica sar fuori discussione, e cio il Tasso. Una
semplificazione sarebbe invece quella di ritenere che un libro cos a lungo e cos
intensamente letto potesse poi cos sensibilmente vedere attenuata la sua presa.
Lindebolimento si produsse semmai sul fronte della critica, che per proprio nel-
lopportunit di unimportante revisione pu forse oggi ritrovare la sua pi inno-
vativa e stimolante via di ricerca.
6. Nota bibliografica.
Lunico accesso possibile alla prima redazione del testo sarebbe ancora quello
dellArcadia di Jacobo Sannazaro, secondo i manoscritti e le antiche stampe, a cu-
ra di M. Scherillo, Torino 1888, caratterizzata dai noti gravissimi limiti; ma corre-
data da introduzione e note che, pur se a volte pletoriche e di rigida impostazione
positivistica, sono tuttavia utile riferimento erudito, e poste sostanzialmente a ba-
se dei successivi commenti, sino ai pi recenti. Per il testo definitivo si potr inve-
ce ricorrere allArcadia, a cura di E. Carrara, Torino 1944
59
; e, a cura dello stesso
studioso, a Opere di Iacopo Sannazaro. Con saggi dellHypnerotomachia Poliphi-
li di Francesco Colonna e del Peregrino di Iacopo Caviceo, Torino 1967
60
, con
introduzione e ben equilibrato commento (puntuale e insieme agile). Limpegno
filologicamente pi rilevante rimane comunque, sempre limitatamente al testo ul-
timo, quello affidato alla collana Scrittori dItalia, in Opere volgari, a cura di A.
Mauro, Bari 1961 (lArcadia alle pp. 1-132, con relativa e ampia Nota sul testo al-
le pp. 415-35): pur nei limiti di tutte le edizioni dellArcadia o di piccole mende
sempre possibili, sulle quali sarebbe ingeneroso soffermarsi, ledizione sinserisce
in un quadro di conoscenze testuali relativamente approfondito. Infine, per ra-
gioni di completezza, si pu segnalare il pocket con commento, a cura di F. Erspa-
mer, Milano 1990.
Sui tempi di redazione ancora tiene per alquanti aspetti E. CARRARA, Sulla
composizione dellArcadia, in Bullettino della Societ filologica romana, VIII
(1906), pp. 27-48; a cui oggi si affiancano le importanti precisazioni e aggiunte di
G. VELLI, Tra lettura e creazione. Sannazaro. Alfieri. Foscolo, Padova 1983,
57
Si veda qui avanti la Nota bibliografica.
58
Cfr. J. SANNAZARO, Arcadia, a cura di E. Carrara, Torino 1926, p. 44, nota 2.
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Arcadia di Iacobo Sannazaro - Gianni Villani
pp.14-42. Per la storia del testo, su un settore particolare, quello delle edizioni
presummontine, tuttora ricco e preciso A. MAURO, Le prime edizioni dellAr-
cadia del Sannazaro, in Giornale italiano di filologia, II (1949), pp. 341-51;
mentre confluisce in buona parte nella Nota sul testo delledizione laterziana un
primo tentativo di esplorazione della tradizione manoscritta, compiuto appunto
dal Mauro: I manoscritti della prima redazione dellArcadia del Sannazaro, ibid.,
VII (1954), pp. 289-308. Contemporaneo il noto studio di M. CORTI, Le tre re-
dazioni della Pastorale di P. J. De Jennaro con un excursus sulle tre redazioni
dellArcadia, in Giornale storico della letteratura italiana, CXXXI (1954),
pp. 342-51; della stessa studiosa poi si vedr Un nuovo codice dellArcadia di J.
Sannazaro e della Deifira di L. Battista Alberti, ibid., CXL (1963), pp. 92-98. In
margine alledizione del Mauro offrono spunti due recensioni: P. V. MENGAL-
DO, Contributo ai problemi del Sannazaro volgare, ibid., LXXIX (1962), pp. 237-
45; F. AGENO, Per il testo del Sannazaro volgare, in Romance Philology, XVII
(1963), 2, pp. 431-41. Infine si potr vedere G. VILLANI, Per ledizione dellAr-
cadia del Sannazaro, Roma 1989 (saggio complessivo, ma pi in particolare mira-
to alla descrizione dei processi redazionali alti e allindividuazione di quelli me-
diani, alla classificazione di testimoni noti o nuovi, infine a definire il ruolo del
Summonte nelle cure della princeps).
Sulla struttura del testo e su un suo possibile destino narrativo, ma anche per
una felice analisi stilistica, si vedr M. CORTI, Il codice bucolico e lArcadia di
Jacobo Sannazaro (1968), in ID., Metodi e fantasmi, Milano 1969, pp. 283-304.
Cedimenti rispetto alle forme del codice bucolico, e questa volta piuttosto in una
direzione lirica, colgono, su prospettive parallele ma distinte, F. TATEO, Tradi-
zione e realt nellUmanesimo italiano, Bari 1967, pp. 11-40; ed E. SACCONE,
LArcadia di Iacobo Sannazaro. Storia e delineamento di una struttura (1969), in
ID., Il soggetto del furioso [sic] e altri saggi tra Quattro e Cinquecento, Napo-
li 1974, pp. 9-69. Sullorganizzazione strutturale dellArcadia ultima e sulla cen-
tralit della tecnica dellordinamento nella formazione del testo, si deve rinviare
di nuovo a G. VELLI, Tra lettura e creazione cit., pp. 42-56. Per i rapporti tra
molte delle soluzioni metriche (e formali) delle ecloghe dellArcadia e la tradizio-
ne complessiva che le presuppone, essenziale D. DE ROBERTIS, Lecloga vol-
gare come segno di contraddizione, in Metrica, II (1981), pp. 61-80. anche
senzaltro da acquisire, sullutilizzazione in musica delle ecloghe sannazariane, in
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ragione delle loro pi peculiari qualit metrico-stilistiche, tra Cinque e Seicento,
S. LEOPOLD, Madrigali sulle ecloghe sdrucciole di Iacopo Sannazaro, in Rivista
italiana di musicologia, XIV (1979), I, pp. 75-127 (in particolare pp. 75-101).
Sullo sviluppo dei nuclei tematici si rimander principalmente a F. TATEO,
Tradizione e realt cit., pp. 41-70; quindi a M. SANTAGATA, La lirica aragonese.
Studi sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento, Padova 1979, pp. 342-74,
soprattutto per le ecloghe I, II, VI, X, nel loro rapporto con le ragioni di crisi del-
la coeva politica aragonese. Unindagine di tipo psicanalitico dei temi e contenuti
dellArcadia in V. GAJETTI, Edipo in Arcadia. Miti e simboli nellArcadia del
Sannazaro, Napoli 1977. Le funzioni tematiche in rapporto alle forme del genere
si possono vedere in D. BOILLET, Paradis perdus et retrouvs dans lArcadie
de Sannazaro, in Ville et campagne dans la littrature italienne de la Renaissance, a
cura di A. Rochon, II, Paris 1977, pp. 11-140. Spunti o accenni vari sono poi an-
che nelle migliori analisi diversamente mirate.
Per le fonti occorrerebbe, a rigore, ripartire dai commenti cinquecenteschi,
ma baster muovere da introduzione e commento della citata edizione dello Sche-
rillo. Contemporaneo ad essa lo studio ben misurato e ragionato di F. TORRA-
CA, La materia dellArcadia, Citt di Castello 1888; cui si affiancher, a inizio
secolo, E. CARRARA, La poesia pastorale, in Storia dei generi letterari italiani, Mi-
lano s. d., pp.187-200 (peraltro anche sulle tematiche e sui problemi strutturali).
Singole o sporadiche indicazioni si potranno poi rintracciare nei commenti delle
altre citate edizioni moderne. Per settori particolari merita di essere ricordato al-
meno E. PARATORE, Antico e nuovo, Caltanissetta-Roma 1965, pp. 213-41 (il
capitolo La duplice eredit virgiliana nellArcadia del Sannazaro).
Per la lingua e lo stile rimane fondamentale G. FOLENA, La crisi linguistica
del Quattrocento e lArcadia di L Sannazaro, Firenze 1952 (nonostante i limiti
delledizione Scherillo, su cui questo studio fondato; e quandanche si volesse
del tutto ignorare il fattore Summonte). Poi, sostanzialmente, M. CORTI, Limpa-
sto linguistico dellArcadia alla luce della tradizione manoscritta, in Studi di fi-
lologia italiana, XXII (1964), pp. 587-619 (lavoro importante anche per la storia
del testo, con particolare attenzione al Vaticano latino 3202, di cui si denuncia il
pessimo uso fatto appunto dallo Scherillo); ID., Rivoluzione e reazione stilistica
nel Sannazaro (1968), in ID., Metodi e fantasmi cit., pp. 307-23.
Leccezionale fortuna europea del testo ha favorito il costituirsi di una biblio-
grafia sul tema, anche non italiana. Molto buoni i livelli di informazione e lorga-
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nicit della trattazione in F. TORRACA, Glimitatori stranieri di I. Sannazaro
(1882), in ID., Scritti vari raccolti a cura dei discepoli, Milano-Genova 1928, pp.
109-54; a cui si aggiungeranno, per esigenza di sintesi, le bibliografie di G. FO-
LENA, La crisi linguistica cit., pp.16-17, nota 41; di F. TATEO, Iacobo Sannazaro,
in Letteratura italiana. Storia e testi, diretta da C. Muscetta, III/2. Il Quattrocento.
Let dellUmanesimo, Roma-Bari 1972, p. 676. Tra le opere recenti straniere si ri-
corder almeno R. REYES CANO, La Arcadia de Sannazaro en Espaa, Sevilla
1973; mentre da noi, e sarebbe grave dimenticarlo, un ottimo vettore di indagine
fu intelligentemente intuito da M. CORTI, Passero solitario in Arcadia (1966),
in ID., Metodi e fantasmi cit., pp. 193 -207; cui fece seguito il significativo ap-
profondimento di S. AGOSTI, Per un repertorio delle fonti leopardiane: Iacopo
Sannazaro, in Paragone. Letteratura, XVIII (1967), 212, pp. 89-I03. Su un ter-
reno pi strettamente pastorale, per gli influssi dellArcadia su Giraldi Cinzio,
infine orientata C. MOLINARI, DallArcadia alla favola pastorale, in Studi e
problemi di critica testuale, XXVI (1983), pp.151-67.
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