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PAROLA
per PAROLA
Un percorso
nel dizionario
a cura di Giuseppe Patota
© 2006, De Agostini Scuola S.p.A., Garzanti Linguistica - Novara
GARZANTI
LINGUISTICA
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La Casa editrice ha cercato di reperire tutte le fonti delle immagini. In caso di segnalazione
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4 Sommario
Sommario
IL DIZIONARIO
PER CAPIRE I SIGNIFICATI
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Occorre aggiungere che non sempre il referente è una persona o un oggetto che esi-
ste davvero nella realtà: esso può anche essere una qualità astratta (come nel caso
della parola bontà) o una creazione della fantasia (per esempio, la parola liocorno che
indica, come dice il nostro dizionario, un ‘animale favoloso con corpo di cavallo, coda
di leone, barba di capra e un lungo corno in fronte’: un animale favoloso, appunto,
che non esiste nella realtà materiale, ma che esiste nella realtà linguistica, proprio
come l’immagine del liocorno in un quadro o in un film può esistere nella realtà pit-
torica o cinematografica).
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Invece, una parola come colpire ha molti significati (chiamati anche accezioni), che
il nostro dizionario distingue con numeri diversi: 1, 2, 3.
Il contesto linguistico
Il significato di una parola può cambiare a seconda del contesto linguistico, cioè a
seconda delle altre parole che la accompagnano.
Leggiamo queste frasi:
1. L’uomo mostrò il pugno in segno di minaccia.
2. Il campione in carica ha sferrato un pugno violentissimo all’avversario.
3. Versate nell’acqua un pugno di sale grosso.
4. Claudio è rimasto con un pugno di mosche in mano.
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Che cosa dice il nostro vocabolario a proposito della parola pugno? Vediamo.
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Torniamo alle nostre frasi. Nella prima la parola pugno significa ‘mano con le dita ser-
rate e piegate sul palmo’ (è il significato 1 del vocabolario), nella seconda significa
‘colpo che si dà con le dita serrate a pugno’ (significato 2), mentre nella terza signifi-
ca ‘la quantità di roba che si stringe nella mano serrata’ (significato 3). Dal quarto
esempio ricaviamo anche che il significato di una frase non è dato dalla somma “mec-
canica’’ dei significati delle parole che la compongono. Dire che Claudio “è rimasto
con un pugno di mosche in mano” non significa dire che è rimasto con la quantità di
mosche che ha saputo stringere nella mano, ma che, come avverte il vocabolario arric-
chendo la spiegazione del significato 3, Claudio è rimasto deluso per non aver otte-
nuto nessun vantaggio.
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La situazione
Il significato di una parola può cambiare anche in base alla situazione in cui essa è
usata. Prendiamo in considerazione la frase “Che pizza!” e collochiamola in tre situa-
zioni diverse; poi consultiamo il vocabolario alla voce pizza:
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Il significato di pizza cambia nelle tre situazioni: nella prima la parola significa ‘focac-
cia di forma molto schiacciata condita con olio, pomodoro e altri ingredienti’ (signi-
ficato 1 del vocabolario); nella seconda la parola indica ‘una persona o una cosa estre-
mamente noiosa’ (significato 2); nella terza situazione, infine, la parola pizza indica
la ‘scatola piatta e circolare in cui si custodisce un rotolo di pellicola’ (o anche, sem-
plicemente, la ‘pellicola’: significato 3).
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Il contesto storico-culturale
Infine, il significato di una parola può cambiare a seconda del contesto storico-cultu-
rale (cioè relativo alle tradizioni, agli usi, ai costumi, alle leggi, alle ideologie, ai rap-
porti sociali e politici) in cui essa è inserita. Per esempio, la parola velina ha assunto,
nel corso del tempo, significati diversi. Il nostro vocabolario li documenta e ci per-
mette di ricostruire la loro storia:
In origine, dunque, la parola velina era una forma abbreviata di carta velina, una carta
molto leggera e sottile (significato 1). Quando ancora si usava la macchina da scrive-
re e non esistevano le fotocopie, chi scriveva un testo a macchina aveva l’abitudine di
farne una o più copie su fogli di carta velina (significato 2), inserendo fra l’originale
e le veline dei fogli di carta carbone. Durante la dittatura fascista (1922-1943) i capi
del regime, per controllare la stampa, facevano inviare alle redazioni dei giornali indi-
cazioni su quali notizie dare e su come darle, esercitando così un’odiosa attività di cen-
sura. Le indicazioni dei gerarchi fascisti arrivavano su veline (significato 3), mentre
gli originali rimanevano negli archivi dei ministeri. Il controllo dell’informazione da
parte del governo diminuì moltissimo, ma non scomparve del tutto dopo il 1945,
quando l’Italia tornò a essere una democrazia, e qualche velina inviata da questo o da
quel ministro continuò ad arrivare non solo nelle redazioni dei giornali, ma anche
negli uffici della RAI, la televisione pubblica.
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Perciò, negli anni Ottanta del Novecento, gli autori del telegiornale satirico Striscia
la notizia chiamarono scherzosamente veline le ballerine che intervenivano nel pro-
gramma; così oggi, per il grosso pubblico, le veline non sono più i dattiloscritti invia-
ti dal governo ai giornali, ma le ragazze che si esibiscono in tv. Il che non vuol dire,
purtroppo, che il controllo di giornali e televisioni da parte del potere politico sia
finalmente finito.
Come dimostrano anche gli esempi precedenti, i vari significati che una parola può
assumere partono da un denominatore comune, un significato fondamentale da cui
derivano tutti gli altri. Il significato di base può essere esteso o ristretto, modificato
poco o molto, avvicinato a qualcuno o a qualcosa di simile: più una parola è usata e
diffusa e più è probabile che abbia vari significati, perché, se c’è bisogno di indicare
un nuovo oggetto, un nuovo individuo o un nuovo concetto, per chi adopera la lin-
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gua è molto più facile riutilizzare una parola già nota che inventarne (e dunque ricor-
darne) una nuova.
Il cambiamento di significato delle parole può avvenire in molti modi e per molti moti-
vi. I meccanismi che lo determinano sono l’analogia, la metafora, la metonimia e l’an-
tonomasia.
Un esempio. Il nostro dizionario attribuisce alla parola arco sei diversi significati.
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Il significato originario, che deriva direttamente dalla parola latina arcŭm, è quello
contrassegnato dal n. 1. I significati 2, 4 e 5 sono il frutto di un’analogia con il primo
significato: per esempio, la bacchetta di legno usata per suonare e l’arco della finestra
o del ponte hanno, rispettivamente, una struttura e una forma simili a quella dell’ar-
ma. Invece, il significato 3 e quelli che si ritrovano nelle espressioni arco elettrico, arco
diurno, arco riflesso sono il risultato di una metafora: si parla, ad esempio, di arco
degli anni o della vita, paragonando così questo periodo di tempo a un arco con le
sue estremità (l’inizio e la fine della vita) e con la sua struttura curva (lo svolgimen-
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Ma, senza bisogno di indicarli teoricamente di volta in volta, i significati che nasco-
no da analogia o da metafora sono ben presenti nel dizionario; e giustamente, perché
sono proprio quelli che danno ricchezza e colore all’italiano, come a tutte le lingue.
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Dei sette significati che il nostro vocabolario attribuisce alla parola lavoro, il n. 4 è il
risultato di una metonìmia.
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Esiste anche un’antonomasia in senso inverso, che si verifica quando si usa un nome
o un’espressione comune per indicare una singola cosa o persona, e si scrive con l’i-
niziale maiuscola, proprio come un nome proprio. Tra gli esempi più famosi c’è quel-
lo di Giuseppe Garibaldi, indicato per antonomasia come ‘l’Eroe dei due mondi’ (ed
è ricordato alla voce eroe del nostro dizionario).
In qualche caso l’antonomasia è stata così famosa da far dimenticare il vero nome: è
accaduto così per il pittore del Quattrocento fiorentino noto come ‘il Ghirlandaio’, il
cui vero nome Domenico Bigordi è ormai conosciuto solo dagli specialisti.
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Questo modo di organizzare il testo della voce non è solo più coerente con la lin-
guistica moderna, che ha identificato le voci polirematiche come componenti essen-
ziali e autonome del lessico; è anche un modo di rendere più facile la consultazio-
ne, perché chi cerca una di queste espressioni la trova subito, nel gruppo in coda al
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testo, senza bisogno di scorrere tutta la trattazione; e può seguire meglio lo svilup-
po delle accezioni della voce senza essere distratto da sequenze più o meno lunghe
di locuzioni. Questo vantaggio è tanto più evidente nelle voci “maggiori”, quelle con
tante accezioni, tanta fraseologia e tante frasi idiomatiche, che non si presentano
più con un testo lunghissimo nel quale può essere anche molto faticoso trovare quel-
lo che si cerca, ma con un testo in due blocchi equilibrati, quello dello sviluppo della
voce e quello delle polirematiche. Vediamo per esempio come migliora la leggibilità,
rispetto all’assetto tradizionale del testo in blocco unico, in una voce complessa
come naso.
Il significato è una qualità complessa delle colare contesto in cui l’abbiamo trovata. Il
parole. Molte parole hanno un significato diffi- secondo: non limitiamoci a leggere la descri-
cile, e molte hanno due, tre e anche più signifi- zione del significato: leggiamo anche gli
cati. Solo il vocabolario li illustra tutti con siste- esempi che lo accompagnano e lo illustrano. È
maticità. Abituiamoci a consultarlo, e soprat- possibile, anzi è probabile che la spiegazione
tutto abituiamoci a consultarlo bene, seguendo di un significato non risulti immediatamente
due consigli. Il primo: non limitiamoci a legge- chiara, perché nella definizione la parola è
re le prime righe o le prime parole che illustra- adoperata in modo astratto, al di fuori di qua-
no il significato del termine che abbiamo cerca- lunque contesto. Gli esempi riportati in corsivo,
to: leggiamo la voce per intero. Se una paro- in cui la parola è calata nella realtà concreta di
la ha più significati, solo leggendoli tutti potre- una frase, rendono molto più facile capire il
mo capire quale si adatti alla parola nel parti- significato di quella parola.
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All’accezione 3 si spiega
che cos’è un bastoncino da
sci; in realtà si spiega piut-
tosto a che cosa serve, in
modo che chiunque abbia
visto uno sciatore, dal vivo
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Ed ecco un altro esempio, la voce pedale, che non solo ha diverse accezioni ma in alcu-
ne di esse può corrispondere a diversi oggetti concreti. Qui troviamo all’accezione 1
il pedale della meccanica, e in particolare dei veicoli, con il riferimento a tre illustra-
zioni: se andiamo alla tavola 60 possiamo vedere i pedali del freno, dell’acceleratore
e della frizione nella pedaliera di un’automobile; alla 63 c’è il pedale della bicicletta;
alla 64 i pedali della motocicletta che governano il cambio e il freno. E non è finita
qui, perché all’accezione 2 entriamo nel mondo degli strumenti musicali, alcuni dei
quali sono dotati di pedali che servono a produrre determinate note o effetti: infatti
il riferimento alla tavola 47 ci rimanda alle illustrazioni del pianoforte, dell’organo e
dell’arpa, mentre alla tavola 48 vediamo il pedale della grancassa della batteria.
cruscotto
bicicletta
motocicletta
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