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I presagi di Artaud

alterità del corpo e mutazione, tra scena e virtualità

Una ricognizione teorica attraverso repertori video


a cura di Carlo Infante
realizzazione video di Vittorio Della Toffola - produzione AGA.POW

Artaud presagì quanto sarebbe diventato complesso, se non impossibile, esprimere


un'emozione vitale in un mondo sempre più mediato, sempre più inautentico.
Allora, negli anni Trenta, la sua insofferenza veniva gridata contro le sovrastrutture della
Letteratura e del Dramma borghese saturo di psicologismi.
Il teatro che cercava Artaud (nato cent'anni fa, il 4 settembre 1896) tendeva infatti a
radicalizzare la contraddizione tra fisicità e sovrastrutture psichiche e culturali.
Un atto di estremismo vitale. Un "teatro dell crudeltà" impossibile mai realizzato se non intuito
in una trasmissione radiofonica mai andata in onda ("Pour en finir avec le Jugement de Dieu"
censurata dalla radio francese) e nella partecipazione estatica alle ritualità trance balinesi e
tarahumaras.
Oggi, nell'era del virtuale, all'ultimo stadio della comunicazione mediata, il corpo appare come
un estremo luogo dello scontro tra vita e finzioni, e Artaud non solo risale alla mente ma nuove
forme di spettacolarità lo evocano, rilanciandone l'estremismo vitale.

L'interattività stana il corpo

Paradossalmente, le tecnologie più avanzate, quelle digitali e interattive, invitano la fisicità ad


entrare in gioco nell'atto di comunicazione, ristabilendo l'equilibrio perduto tra il corpo e il
mondo . Una sfasatura iniziata con la convenzione della Scrittura e degenerata negli ultimi
decenni di inerzia televisiva.
Il passaggio corpo-tecnologie digitali-mondo è senza dubbio complesso, ancor più intricato di
quello che è oggi è possibile immaginare.
L'interattività stana il corpo: non è solo una questione di cliccate con un mouse ma di
riconfigurazione sensoriale dei nostri assetti psicologici. Si tratta di un nuovo paradigma
attraverso cui la nostra coscienza cognitiva si coniuga con quella percettiva in approcci nuovi
con la conoscenza. E' per questo che è necessario superare la dicotomia uomo-macchina e
iniziare ad abbandonare certi schemi mentali per accettare che la mutazione psicologica in atto
nel corso dell'avanzamento tecnologico possa esprimere potenzialità attraverso cui è possibile
intravedere un'espansione della coscienza evolutiva. Viviamo infatti in una epoca di transizione
tra una civiltà umanista e una che è difficile definire se non "post". Vengono abbandonati dei
valori consolidati ma non ne emergono altri; uno dei pochi modi è quindi quello di sollecitare
una disponibilità alla sperimentazione di nuove procedure che inventino relazioni umane e
scambio sociale, come quelle offerte dalle navigazioni telematiche, tanto per fare un esempio
preciso.
Siamo in mezzo al guado: nell'arco di un passaggio culturale di dimensioni epocali.

Teatro come luogo del paradosso condiviso

Ancora una volta nell'ambito della ricerca artistica e della spettacolarità sperimentale, superato
l'ideologismo delle avanguardie, è possibile cogliere indicazioni utili sugli "spostamenti
progressivi" delle sensibilità e quelle nuove opportunità di condivisione sulle quali si fonda ogni
misura umana di comunicazione. Si può quindi "rendere comprensibile il possibile" anche
attraverso quei paradossi umani messi in scena da qualcosa che per convenzione chiamiamo
teatro.
Il teatro nasce infatti su questo presupposto, quello di spostare il senso comune e la nostra
percezione del mondo. Produrre paradossi e condividerli nello spazio-tempo che accomuna
attori e spettatori.
Si tratta di rischiare (tutti), inventando sia linguaggi che percezioni e non solo conservare
repertori culturali predeterminati (come sta accadendo anche per tanto "ex-nuovo teatro").
Il sistema teatrale oggi accoglie sempre meno la complessità di questo rischio, tende infatti a
stabilizzarsi sulle nuove consuetudini ed è per ciò che quella funzione espressa così bene dal
teatro di ricerca per tanto tempo (in Italia ancor più che altrove) oggi viene in parte, solo in
parte, trasmessa da una spettacolarità ibrida, contagiata dalla multimedialità digitale.

Il meme della mutazione teatrale

I presagi di Artaud, ancor più che nella "crudeltà" della body art del viennese Hermann Nitsch
hanno attraversato come "memi" (gli agenti attivi di quella sorta di genoma dei linguaggi-
comportamento di cui parla Dawkins a proposito della "memetica") una sperimentazione
teatrale che dal Living Theatre e Grotowski arriva alle cyber-performances di Antunez, Fura
dels Baus e Stelarc passando per la postavanguardia teatrale italiana di Magazzini Criminali, La
Gaia Scienza, Falso Movimento, Krypton, etc.
Il Living di Julian Beck e Judith Malina contagiò le università europee, trasmettendo il "virus"
della prima rivoluzione sessuale che già la beat generation aveva diffuso con le sue liriche
lisergiche; Jerzi Grotowski, principalmente nell'ultima fase della sua ricerca "parateatrale" sulle
fonti originarie dell'espressività umana, contribuì a tracciare una rete di riferimenti straordinari
tra le transe etniche e la ricerca di alterità "psiconomadi".
La Postavanguardia teatrale italiana, con gruppi come i Magazzini Criminali, Taroni-Cividin,
Falso Movimento, Krypton, La Gaia Scienza, etc. misero in scena inizialmente la dimensione
patologico-esistenziale propria di quei comportamenti collettivi che alla fine degli anni settanta
furono vissuti dal cosiddetto "proletariato giovanile" in modo schizoide ancor più che
antagonista e poi, in una seconda fase - in cui emersero formazioni come Societas Raffaello
Sanzio e Teatro della Valdoca- si vide la formalizzazione di nuove forme di autoesposizione
fisica e simbolica, divise tra edonismo metropolitano e ricerca di arcaicità di forte impatto
percettivo.
In questi elementi è possibile individuare molti precedenti della cyberperformance che sta
emergendo ora come una prima risposta alla grande, insoddisfatta, domanda di nuova
spettacolarità mutante. Emergono esperienze come quelle espresse dalla cosiddetta "body
modification community" e in particolare dai suoi maggiori protagonisti : Stelarc, con il terzo
braccio robotico; Orlan con il suo corpo rimodellato chirurgicamente; Franco B. e Athey con
l'immolazione del corpo trafitto emblema di "body-piercing".
D'altro canto abbiamo esperienze ai confini della realtà virtuale in cui ci si interroga sul valore
della presenza fisica in ambienti digitali, veri e propri teatri di percezione dove è possibile
danzare con i bit, virus buoni e intelligenti come sono i "knowbot", gli agenti intelligenti (simili
a quelli che generano i motori di ricerca) dei tedeschi Knowbotic Research, o come le aure degli
ambienti elettronici di Studio Azzurro o ancora come i riti di telepresenza per evasioni virtuali
(di detenuti reali) di Laurie Anderson.
Infine, determinanti, i performers in odore di cyberpunk come Mutoid Waste Company, Survival
Research Laboratories e, fondamentalmente, La Fura dels Baus che da più di dieci anni lavora
sull'idea di un "teatro panico" artaudiano d'elezione, condito da un sapore catalano che ne
amplifica in eventi campali e dionisiaci la matrice estremista. E' da qui che arriva Marcel.lì
Antunez, uno dei fondatori della Fura, noto per "Epizoo", una perfomance in cui si mette in
scena un nuovo paradosso dell'attore: quello di essere agito dallo spettatore attraverso un
sistema interattivo che cortocircuita l'azione con la visione teatrale. Un paradosso quindi,
emblematico per cogliere il valore del superamento dell'idea stessa di "punto di vista" per dar
luogo a quella di "punto di vita": l'affermazione di un ruolo sempre più dinamico nel ruolo di
condivisione dell'atto di comunicazione, rituale o teatrale che sia.
E' qui che si rileva il più forte dei presagi di Artaud.
Carlo Infante
( Testo della conferenza-ricognizione video omonima; su www.idra.it/cyberia)

I richiami degli umori


(...) il teatro prende dei gesti e li spinge al limite: come la peste, ristabilisce il legame tra ciò
che è e ciò che non è, fra la virtualità del possibile e ciò che esiste nella natura materializzata.
Ritrova così il concetto dei simboli e degli archetipi, che agiscono come colpi silenziosi, accordi
musicali, brusche interruzioni della circolazione, richiami degli umori, esplosioni fiammeggianti
di immagini dentro le nostre menti improvvisamente destate; tutti i conflitti che covano in noi
ce li restituisce con le loro forze e dà a queste forze nomi che salutiamo come simboli; ed ecco
che dinanzi a noi si svolge una battaglia di simboli, lanciati l'uno contro l'altro in un impossibile
zuffa; perchè non può esistere teatro se non a partire dal momento in cui comincia veramente
l'impossibile e in cui la poesia che si attua sulla scena alimenta e surriscalda simboli realizzati.
Questi simboli, traccia di forze mature ma tenute sino allora in schiavitù, e inutilizzabili nella
realtà, esplodono sotto forma di incredibili immagini che danno diritto di cittadinanza e di
esistenza ad atti per loro natura ostili alla vita delle società. Una vera opera teatrale scuote il
riposo dei sensi, libera l'inconscio compresso, spinge a una sorta di rivolta virtuale (che del
resto conserva tutto il suo valore solo rimanendo virtuale), impone alla collettività radunata un
atteggiamento eroico e difficile"
Antonin Artaud
(da "Il teatro e la peste", 1934)

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