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numero 11 anno V 20 marzo 2013


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Luca Beltrami Gadola PISAPIA E BOERI: QUANDO I NODI AL PETTINE SON TROPPI Giorgio Ragazzi COSTI DELLA POLITICA E COESIONE SOCIALE Giuseppe Natale CITT METROPOLITANA: ADESSO Diego Corrado PERCH RENZI OLTRE QUESTO PD Luciano Balbo UNA NUOVA SANIT PER LA GIUNTA REGIONALE Andrea Bardavid ITALIA: NAVIGARE NELLARCIPELAGO DELLA CRISI Renzo Riboldazzi PIAZZA GAE AULENTI: UN GIUDIZIO SOSPESO Giuseppe Vasta PGT: RIFARE I CONTI IN TEMPO DI CRISI Franco DAlfonso I PARTITI E IL MODELLO MILANO Giulio Cavalli RESISTERE IN LOMBARDIA

VIDEO STEFANO BOERI: FUTURO POLITICO suggerimento musicale DON'T LET ME BE MISUNDERSTOOD Canta Mick Hucknall

rubriche di attualit SIPARIO Chiara di Paola MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani www.arcipelagomilano.org

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PISAPIA E BOERI: QUANDO I NODI AL PETTINE SONO TROPPI Luca Beltrami Gadola
Che la revoca delle deleghe allassessore alla cultura del Comune di Milano non sia un fatto eccezionale molti lhanno detto ma che fosse parte di un sostanzioso rimescolamento in Giunta una novit cos com una novit che un gruppo di cittadini, per la maggior parte intellettuali, prendano posizione in maniera formale contro questa revoca. Forse il sindaco allargando loperazione, ha cercato di mescolare un po le carte nella speranza che qu esta revoca facesse meno rumore di quanto ne ha fatto ma, mese pi mese meno, tutti se lo aspettavano. Eppure questa revoca diventata loccasione perch si manifestassero con maggior evidenza una serie di disagi nella maggioranza di Palazzo Marino, anchessi in parte noti ma non nel loro insieme. Troppi nodi e tutti al pettine. Da un lato il coro greco continua la sua litania sullinadeguatezza del Pd che per alcuni, in maniera molto trasversale, fa dire che il Pd con la sua inerzia, la stanchezza dei suoi quadri, la sua incapacit di fare proposte sia il vero ostacolo a una rigenerazione della politica italiana. Sar anche vero ma siccome non lo si pu accompagnare al cimitero e comunque se anche ci andasse, sarebbe dopo una lunghissima agonia sua e nostra, tanto vale che ci si dia da fare dallinterno e dallesterno a promuoverne una rigenerazione. Il popolo della sinistra lo deve incalzare. Ma questo il connotato nazionale del Pd, quello locale sembra essere il punto pi basso della sua capacit di rappresentanza. Restringendo dunque lo sguardo al nostro Comune, la cosa pi sbagliata sarebbe di accodarsi allopinione espressa da Sergio Romano sul Corriere che parla di una sorta di sindrome balcanica del tutto contro tutti. A Milano non cos. A Milano invece tutti nella maggioranza vogliono qualcosa dagli altri. I consiglieri eletti nella lista del Pd vorrebbero essere interpellati e non scavalcati dal sindaco che tratta direttamente con i segretari della federazione ma anche lamentano che la federazione non senta le loro opinioni; la consigliera Anita Sonego di Sinistra per Pisapia sventola il programma elettorale del sindaco in nome della partecipazione, tutta la maggioranza vuole essere interpellata e non trovarsi solo a votare le delibere proposte dalla Giunta. Insomma il vogliamo contare di pi il vento che agita le acque. Il sindaco in Consiglio comunale, dopo aver ringraziato Boeri per il lavoro svolto, ringraziamenti ripetuti anche dagli altri consiglieri della maggioranza intervenuti nel dibattito - tanto da far polemicamente dire allopposizione ma allora perch lo mandate via - ha dichiarato che questa nuova squadra, pi coesa, pi concorde e ben equilibrata avrebbe dato maggior impulso allattivit amministrativa. Non dubitiamo delle buone intenzioni ma da tempo andiamo chiedendo che Giunta e sindaco presentino alla citt un bilancio intermedio del loro mandato e che indichino quali siano concretamente gli obiettivi che ritengono perseguibili da qui a fine mandato in questi tempi di crisi ma che spieghino anche ai cittadini cosa intendano fare rispetto a una macchina burocratica che non sembra assolutamente aver avvertito il cambiamento dei tempi. Si continua a parlare di costi della politica ma mai dei costi della burocrazia, si continua a parlare della casta dei politici: quando, sindacati permettendo, potremo parlare della casta della burocrazia? Come direbbe Bersani, la burocrazia una pelle di leopardo con le sue belle macchie nere, vogliamo smacchiarla prima che la sua inefficienza sia il lenzuolo funebre della politica? Costo zero.

COSTI DELLA POLITICA E COESIONE SOCIALE Giorgio Ragazzi


LEconomist, in un recente speciale sui motivi del successo economico e sociale dei paesi scandinavi, conclude che una delle cause principali di quel successo la qualit della leadership politica: gente pulita, che va in ufficio in bicicletta e che sa ascoltare e interpretare le esigenze del paese. Il contrasto con lItalia stridente, e forse una vera ripresa del nostro paese non pu che passare proprio da un profondo e radicale cambiamento della classe politica. Tanto per fare un esempio, Formigoni, e con lui vari altri tra gli 80 consiglieri regionali, lascia il Pirellone non solo con un sostanzioso vitalizio (che si sommer allindennit di senatore) ma anche con una buonuscita di mezzo milione di euro. Molto pi dello stipendio annuo di Obama. E questo in un paese dove sono state deindicizzate le pensioni oltre 1500 euro, il 60% delle famiglie non arriva col reddito a coprire le spese e il 30% della popolazione vive in stato di povert. Aggiungiamoci poi lo spettacolo dei tanti consiglieri indagati per corruzione o accusati di uso personale dei finanziamenti ai gruppi consiliari, sino allumiliate addebito di pochi euro per un lecca lecca! Rallegriamoci che indignazione e rabbia si siano manifestate sinora solo nelle urne e non in forme violente. Certo, la politica ha dei costi e possiamo anche capire Bersani quando sostiene la necessit di assicurare un sostegno finanziario per lattivit del partito. Ma i privilegi del Formigoni e di tantissimi altri possono chiamarsi costi della politica? E quei privilegi, a livello nazionale e regionale, non furono sempre approvati allunanimit, anche dal PD, anzi spesso col sostegno pi deciso proprio del PD? La gente ricorda, e forse anche per questo che i richiami di Bersani in campagna elettorale alla moralit e allopportunit di ridurre i costi della politica sono apparsi tardivi ed hanno fruttato ben pochi voti. Era inevitabile che, travolta la diga, la marea degli indignados travolgesse tutto e si rivolgesse altrove. In un articolo sullArcipelagoMilano del giugno 2010, a proposito della manovra con cui Tremonti ridusse sensibilmente il compenso dei consiglieri comunali, sottolineavo come invece le regioni, Lombardia inclusa, forti della loro autonomia costituzionale, non avessero mostrato alcuna propensione ad adeguarsi al clima di austerit che ispirava quella manovra. La casta restava totalmente indifferente alle sempre pi diffuse critiche di cui era fatta oggetto gi allora e da tempo. Certo, ai rappresentanti eletti occorre offrire un reddito dignitoso; ma lo stipendio di un docente universi-

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www.arcipelagomilano.org adesione. I paesi dove levasione bassa e leconomia prospera sono quelli nei quali vi unelevata coesione sociale e questa dipende molto anche dallesempio che viene dalla classe politica. Che credibilit pu avere chi lancia condanne morali contro gli evasori, dando lui stesso un tale spettacolo di immoralit? Il danno pi grave che ha fatto la casta al paese proprio questo, laver minato per anni il nostro senso di appartenere a una societ giusta e quindi la coesione sociale.

tario o di un primario ospedaliero non sarebbe da ritenersi sufficientemente dignitoso? (eliminando le varie altre forme di compenso che sinora hanno abilmente camuffato). Non vero che remunerazioni pi elevate siano necessarie per attirare in politica i pi capaci; anzi, esse sono dannose, non tanto per il costo in s quanto per gli effetti negativi sulla coesione sociale e sulla selezione della classe dirigente. Remunerazioni elevate fanno della politica un mestiere che attrae ogni genere di affaristi e opportunisti mentre

remunerazioni modeste assicurano che a candidarsi siano solo persone spinte dalla passione per il servizio alla collettivit. Ancor pi importante leffetto sulla coesione sociale. Comportamenti virtuosi, dallimpegno al lavoro dei milioni di dipendenti pubblici al pagamento delle imposte sino al pagamento del biglietto del tram, non possono essere ottenuti con i soli controlli o penalit: dipendono fondamentalmente dalla percezione degli individui di appartenere a una societ giusta, che merita la loro

CITT METROPOLITANA: ADESSO Giuseppe Natale


Perch abbiamo perso le elezioni? la domanda mantra di questi giorni che tutti ci facciamo o ci siamo fatti. Devo ammettere di averci pensato parecchio, ma di non essere riuscito a trovare ancora una sola risposta plausibile. Forse perch le ragioni sono troppe o forse perch anchio, da bravo NERD della politica, comincio a essere scollegato dal mondo reale. una domanda retorica, pro forma. Ciascuno nel PD accusa il livello superiore al suo di incompetenza secondo ladagio morettiano con questi dirigenti non vinceremo mai e si autoassolve dalla tristissima realt dei fatti. Il PD ha perso in modo totale. Senza scuse. Senza attenuanti. Abbiamo cannato tutto: un compromesso di idee venuto male che si voleva in origine sintesi delle grandi storie politiche; un coacervo di dirigenti pi o meno big che non rappresentano nessuno salvo loro stessi e i loro portaborse lecchini; un carrozzone ingestibile che solo a volerne scoprire tutto lorganigramma ci vogliono almeno sei mesi e una equipe specializzata in genealogia ai massimi livelli; gli stessi militanti che si autorganizzano una narrazione per loro stessi e non sono pi in grado di comunicarla al prossimo. La parola aleggia come uno spettro ubiquo: autoreferenzialit. Ma non solo. La verit tristissima che abbiamo preso un Tir in piena faccia e fino al momento prima non ce lo immaginavamo minimamente. Credevamo di vincere! La verit che il PD cos com non va da nessuna parte. E la colpa di tutti noi: dirigenti in primis, ma anche iscritti ed elettori. Perch i dirigenti non sanno fare il loro lavoro ed oramai assodato, non voglio sparare sulla croce rossa. Ma i militanti, me compreso, sono altrettanto colpevoli. Abbiamo avvallato col nostro lavoro e il nostro consenso un sistema sbagliato. Un modo sbagliato di fare politica. In campagna elettorale un venditore di mutande al mercato di Carugate mi ha detto: ragazzi io vi stimo, vi fate il culo e siete giovani. Ma lo sapete che col vostro lavoro mantenete dei ladri da 11mila euro al mese?. Un grande pensatore francese che si chiamava tienne de la Botie, grande amico di Montaigne, aveva inventato una regoletta molto semplice, che chiamava le secret et le ressort de la domination. Ogni tiranno che si rispetti ha a sua disposizione completa 6 persone che gli ubbidiscono in tutto e su cui ha dominio assoluto, queste 6 persone ne hanno 600 con cui si comportano nello stesso modo, queste 600 ne hanno 6000 e cos via fino a raggiungere la totalit della nazione. E questa innegabilmente lessenza di qualsiasi sistema di potere, anche quello del PD. Il patto tacito che regge ogni potente fatto di persone normali che coi loro comportamenti quotidiani ne sposano il vessillo. In particolare il potere si replica e se nel nostro piccolo noi lo imitiamo allora ne siamo complici, ma sopratutto servi. E allora basta parlare di rinnovamento per favore. Fatelo. Facciamolo. Il cambiamento si fa. Un sistema di potere si rifiuta se si vuole. Troppo comodo per chi da anni lo sostiene ora chiedere di cambiare. Chiamarsi fuori. Fare il puro. La conclusione semplice. venuto il momento per la mia generazione di capire che non possiamo pi delegare. Il potere e la politica sono a immagine di chi li sostiene. Io in questa immagine non mi riconosco e voglio cambiare. Chi nel PD, chi fuori dal PD, ovunque nel paese il momento di ritornare alla politica. Perch se vogliamo fare della politica finalmente quella cosa bella e nobile che occorre la discesa in campo di ciascuno di noi. Ai miei compagni del PD dico semplicemente che finita un'epoca. Dobbiamo chiudere con qualsiasi ragionamento di realpolitik e di compromesso e capire che da domani dovremo avere tantissimo coraggio. Scelte forti sui temi e scelte forti sui modi. La struttura va ripensata, va ripensato tutto, vero, ma in primis noi dobbiamo ripensarci come giovani in politica: essere intransigenti, essere decisi, essere per il cambiamento senza se e senza ma. Chiudere con le correnti e il caminetto per sempre. Chiudere con tutti i capetti che abitano il sottobosco piddino. Chiudere con la politica fatta per fare da gente mediocre e impresentabile. Per il PD ci vuole il meglio e dobbiamo attirare il meglio. Cominciare con una politica diversa possibile. Bisogna dire di no a tutto quello che stata fino a oggi e ripartire. Abbiamo detto troppi s, consapevoli e non, prendendo per buono ci che non lo era. Bevendoci una narrazione che non mai stata la nostra. Serve un coraggio immenso da parte di tutti e tanta onest intellettuale. Ma la necessit di cambiare la politica per noi non pi derogabile. La gente della mia et deve difendere la societ democratica dalle sue derive terribili e per farlo c' un solo modo: essere di sinistra e fare politica attiva. Impegnarsi. Lottare. Prenderci tutto il futuro che ci viene negato. I miei amici non capiscono cosa faccio e perch. Stanno fuori dalla politica e quando gli dico che sbagliano fanno spallucce. Ci penser qualcun altro. Vedrai. La novit

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www.arcipelagomilano.org che oggi non si pu pi aspettare. Basta spallucce. Basta vedrai. Dobbiamo cambiare tutto e dobbiamo farlo subito. Serve l'aiuto di tutti e serve impegno profondo. Se voi non ci date una mano saremo sempre troppi pochi per un cambiamento forte. Vinceranno sempre i populisti, i malpancisti, i peggiori. Usciamo dai nostri gusci e dalle nostre quotidianit per riprenderci lo spazio pubblico che ci spetta di diritto. Io penso che alla fine la battaglia valga la pena. Ma serve crederci. Serve rinunciare alla propria isolata felicit. Capire che non siamo soli anche se ci piacerebbe e che un mondo fuori di noi aspetta di essere preso in mano e governato. Cambiato. Perch senn qualcuno lo fa al posto nostro e lo fa male. La vera banalit del male tutta l, nel far finta di nulla dei tanti che permette ai pochi di fare quello che vogliono. Un grande poeta americano diceva: listen: theres a hell of a good universe next door; lets go penso ci sia poco da aggiungere.

PERCH RENZI OLTRE QUESTO PD Diego Corrado


Se c'era Renzi, stato per qualche giorno il tormentone che ironizzava sulla non vittoria di Bersani. Un tormentone affettuosamente autoironico, da parte di un popolo Pd troppo abituato alle delusioni elettorali per non prenderla con filosofia, un atteggiamento confortato dal basso profilo tenuto dal sindaco di Firenze per tutta la campagna e nei primi giorni dopo il voto. Anche i suoi pi fieri critici interni, che durante le primarie lo avevano definito ora fascistoide, ora amico della finanza opaca, ne lodavano l'atteggiamento responsabile e disciplinato, cucendogli addosso il ruolo di risorsa del partito, a pieno titolo parte dei giochi di potere del Nazareno, tanto che i principali notisti politici davano conto di numerosi riposizionamenti in favore di Renzi, che pur non prendendo la parola aveva partecipato anche al rito della Direzione post-elettorale, attento a non strappare con le liturgie di un partito che pure lo ha visto a pi riprese come un corpo estraneo. Ma proprio a partire da quella circostanza, la distanza tra Renzi e il suo partito ha ricominciato a manifestarsi come alterit difficilmente riconducibile alla normale dialettica interna a una forza politica. Al di l delle battute (terapia di gruppo, la lapidaria espressione di Renzi riferita alla litania di interventi autoassolutori dei suoi compagni), chiaro che la relazione tra il candidato sconfitto alle primarie da Bersani e il suo partito contiene un paradosso sinora irrisolto: se il sindaco ha costantemente confermato, con le parole e con i fatti, la sua lealt al Partito Democratico, altrettanto evidente una cosa. La sua forza inversamente proporzionale alla vicinanza a una gerarchia che ha dimostrato di aver perso, con le elezioni, il contatto con una realt che muta sotto i nostri occhi a una velocit evidentemente eccessiva per chi si formato alla politica con i riti della prima repubblica, attraversando poi in posizioni di potere e corresponsabilit la stagione che sta per concludersi. Non aver visto la valanga grillina, aver condotto la campagna elettorale pi opaca mai vista, aver affrontato le elezioni caratterizzate dal pi forte spostamento di voti che la storia recente ricordi con uno slogan, LItalia giusta, che grondava arroganza verso i milioni di delusi del centrodestra cos riconsegnati alla rinata leadership berlusconiana (quella in cui avevano creduto era unItalia sbagliata? criminale? corrotta?), sono scelte che non possono essere derubricate a semplici errori di valutazione. Esse hanno segnato sotto aspetti essenziali un vero e proprio rinnegare il progetto del Partito Democratico, nato con Veltroni per abbracciare con convinzione una vocazione maggioritaria, pacificare la politica italiana riportandola a un confronto pacato e sereno tra visioni alternative, ma tenute insieme dal comune obiettivo dellinteresse g enerale, bonificandola dalla tentazione di scorciatoie giustizialiste, tanto pi inaccettabili in quanto collateralismi a vario livello continuano a vincolare e condizionare lo stesso Partito Democratico, come le vicende Penati, Monte dei Paschi di Siena, Antonveneta hanno eloquentemente illustrato negli ultimi anni. Sotto questo profilo, la originaria posizione di Renzi sui costi della politica, ribadita nella richiesta di rinunciare sic et simpliciter ai rimborsi elettorali, rivolta a Bersani nel corso dellintervista a Fazio del 9 marzo, non rappresenta una tardiva concessione allo tsunami grillino, ma il nocciolo di una visione della politica diversa da quella dellattuale gruppo dirigente Pd, una visione che contrappone il partito mare, aperto e permeabile al rapporto con la societ, al partito lago, o partito ditta, dominato da una gerarchia di funzionari stipendiati e leali al vertice, che ha avuto plastica manifestazione nei respingimenti ai gazebo delle primarie degli estranei, tratt ati in un esercizio di masochismo politico di cui non c memoria viva come barbari colpevoli di voler contaminare la purezza dei militanti. E daltra parte, non aver saputo i nterpretare correttamente il 40% di consenso raccolto da Renzi alle primarie, in quelle condizioni, potendo contare solo su una rete di improvvisati comitati, doveva far suonare ben pi di un campanello dallarme. Si potrebbe continuare a lungo, contrapponendo proposte e visioni, ma forse un esercizio sterile vista laccelerazione degli eventi, del resto imposta dal serrato succedersi delle scadenze istituzionali e dellavvitarsi della crisi economica, prima ancora che politica. Bersani, con lintero gruppo dirigente del Pd, si gioca nelle prossime settimane la propria sopravvivenza politica, percorrendo lo stretto sentiero che il magro risultato elettorale gli ha imposto, non senza segnare, con lelezione dei presidenti delle Camere, una vittoria tattica, che per nasconde conseguenze di medio periodo ancora imperscrutabili. Renzi ha annunciato senza mezzi termini la sua sfida, cos ponendo il segretario tra due fuochi, di l la galassia grillina, corteggiata forse oltre quanto la dignit del pi antico partito oggi esistente consentirebbe, di qua un movimento che si sta finalmente organizzando e radicando sul territorio, caratterizzandosi per una inedita trasversalit, con militanti solo in parte provenienti dal Pd, in gran parte non iscritti ad alcuna formazione, che gi oggi pu contare su importanti realt locali, come Officine Democratiche a Firenze (www.officinedemocratiche.it/), AdessoTorino (www.ateniesi.it), AdessoMilano (www.adessomilano.it). Non un mistero che Bersani desideri accelerare il ritorno alle urne, se passa troppo tempo non potr bastargli larcigno presidio di Nico Stumpo ad allontanare indesiderate presenze dai gazebo.

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UNA NUOVA SANIT PER LA GIUNTA REGIONALE Luciano Balbo


Tanto stato scritto sul tema del futuro della Sanit, ma io credo che non serva una lunga sequenza di tante piccole modifiche. La Sanit Italiana ha bisogno di significativi cambiamenti ed essi possono solo avvenire attraverso adeguate e coraggiose sperimentazioni. Le mie tre proposte sono. 1) Separare la competenza regolatoria da quella gestionale. La struttura pubblica insieme regolatore ed erogatore. Questo pone un tema di conflitto di interessi e di non chiarezza soprattutto in regioni, come la Lombardia, dove lofferta pr ivata accreditata molto ampia. Bisogna separare le due attivit creando una struttura piccola ed efficace, che svolga solo il ruolo regolatorio e di supervisione dellofferta pubblica e privata. Tale funzione dovrebbe essere organizzata come unauthority e dovr poter definire le regole del settore per di tutti gli operatori e supervisionarli. Dovr offrire la massima trasparenza ai cittadini sulle scelte che far, sulle motivazioni di tali scelte e pubblicare regolarmente dati e informazioni su tutti gli erogatori. Dovr ovviamente essere una espressione della giunta, ma dovr anche avere, nel suo vertice, persone indipendenti e di alto livello che possano garantire tale trasparenza. Una authority di questo tipo potr davvero costituire una garanzia per i cittadini e permettere una valutazione seria e indipendente del comportamento di tutti gli operatori e del confronto fra lofferta pubblica e pr ivata. Una vera garanzia non solo sulla supervisione della concorrenza dei diversi operatori, ma anche e soprattutto sui modelli erogativi e sui costi generali per tipologia di patologia. Costituirebbe anche un modo per lamministrazione di porsi al fianco dei cittadini che sono coloro a cui lamministrazione deve rispondere, mentre spesso appare che lamministrazione si muova nellinteresse degli erogatori, pubblici o privati che siano. 2) Cambiare il sistema di allocazione dei budget alle strutture private. I budget di erogazione dati ai privati sono diventati una rendita di posizione. Essi garantiscono un fatturato certo permettendo redditivit interessanti quasi senza ormai pi rischio dimpresa. Questa spesa erogata attraverso i privati pu essere ridotta permettendo lentrata di nuovi operatori e lavvio di una concorrenza seria che tenga in conto sia i prezzi sia la qualit intrinseca delloperatore. Si potrebbe comi nciare a sperimentare nuove modalit dallarea della medicina territori ale (visite e diagnostica) dove gli investimenti sono minori. Cambiare vuol dire andare a minacciare posizioni acquisite causando forti resistenze, come in tutte le aree, moltissime in Italia, dove si sono create delle rendite di posizione. Ma queste situazioni sono alla fine negative non solo per lo Stato (e quindi per i cittadini che pagano le tasse), ma anche per lo sviluppo futuro del settore. Tra laltro questo cambiamento non dovr essere temuto dagli operatori forti e seri, mentre marginalizzer quelli piccoli e poco orientati a innovare. Creer una riduzione della redditivit delle strutture private, ma ci inevitabile anche in questo settore che stato finora protetto e molto redditizio. 3) Nuove modalit di collaborazione con i privati. Gli erogatori privati svolgono ora essenzialmente un ruolo di outsourcing del settore pubblico ed erogano secondo modalit uguali a quelle del pubblico perch lofferta conformata dal sistema dei rimborsi. Ci che serve, per migliorare la qualit e ridurre i costi, sperimentare modelli erogativi diversi. Su questo vi consenso in tutto il mondo. In particolare trattare per patologia, prendendola in carico, e non attraverso prestazioni spezzettate erogate da operatori diversi. La presa in carico riduce la duplicazione degli esami e aumenta sia la qualit che la soddisfazione del paziente. Un esempio viene dalla medicina territoriale. Ormai i medici di medicina generale (MMG) sono diventati in larga parte dei prescrittori di esami e di visite specialistiche che sono svolte in maniera spezzettata in altri ambulatori e negli ospedali. Il paziente come una pallina da flipper che ruota fra vari erogatori perdendo molto tempo e anche pagando molti ticket. Se si creassero delle unit territoriali che raggruppassero i medici di base, alcuni specialisti e macchine di diagnostica di primo livello si potrebbero risolvere in questi luoghi la maggioranza dei casi, con evidente riduzione di costi e di tempi e liberando gli ambulatori ospedalieri e i pronti soccorso, che sono intasati da pazienti con patologie lievi. Di questo si parla da qualche tempo, tutti sono favorevoli ma nulla succede. Ci si limita a tentare lunione del solo medico di medicina generale, ma questo passo non per niente sufficiente. Occorre unofferta integrata. Queste iniziative non partono perch il settore pubblico non ha le risorse finanziarie n la capacit imprenditoriale per realizzarle; ma neppure i MMG hanno tali risorse e competenze. Vi sono grande diffidenza e rigidit normativa rispetto allingresso di operatori privati che realizzino queste sperimentazioni, anche sotto un rigido controllo pubblico. Si tratta di passare dalloutsourcing dei servizi alla partnership con i privati per costruire nuovi modelli e poi, se di successo, applicarli su larga scala. Lesperienza internazionale ha mostrato che i sistemi sanitari non possono essere cambiati con una grande riforma dallalto, ma che debbano essere modificati con sperimentazioni dal basso che, se di successo, siano poi estese. Per farlo servono nuovi attori privati che si prenda il rischio di sperimentare nuovi modelli, probabilmente meno redditizi degli attuali, ma pi efficaci. E il settore pubblico deve attrezzarsi mentalmente e con adeguate competenze per perseguire queste nuove strade. La Sanit ha bisogno di grandi cambiamenti e per realizzarli ci vuole grande coraggio, imprenditorialit e nuovi modelli collaborativi fra il pubblico e il privato. Il tutto attraverso una trasparenza totale che oggi manca in tutto il settore sanitario. Tale trasparenza dovuta perch la Sanit interamente finanziato dai cittadini attraverso le tasse o il pagamento diretto.

MACROREGIONE: ULTIMO SOGNO NEL CASSETTO Valentino Ballabio

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Non si pu certo rimproverare alla pregiata ditta PDS-DS-PD & Associati di non averle provate tutte. Dai politici puri (Martinazzoli 2000, Penati 2100) alternati a candidati civici prestati dall'imprenditoria e dalle professioni (Masi 1995, Sarfatti 2005, Ambrosoli 2013). La Lombardia resta tab per il centro sinistra e rimane sicuro appannaggio del centro destra nonostante gli scandali e la dbacle di Formigoni e della stessa Lega che hanno, per la prima volta, subto la conclusione anticipata della legislatura. Che si tratti di una naturale impermeabilit della societ lombarda alle ragioni di moralit e solidariet, manifestate per altro con toni assai moderati anche dall'ultimo candidato? O di un destino cinico e baro che, contro le stesse leggi della probabilit, impedisce ancora una normale alternanza dopo una serie binaria costantemente sfavorevole? Escludendo tuttavia le motivazioni fisico-antropologiche e la malasorte, si pu cercare qualche spiegazione che aiuti a non prolungare all'infinito la serie negativa in questa regione, destinata per altro a proiettare ombre oscure sulle stesse prospettive nazionali? Provo allora a prospettare un'ipotesi (non certo con la saggezza del poi avendo trattato lo stesso argomento in almeno trenta interventi su questa stessa rivista): l'enorme sproporzione dispiegata riguardo la questione istituzionale da parte della Lega rispetto a tutti gli altri partiti, liste e candidati, compresi i neofiti grillini, che non a caso sfondano molto meno in Lombardia.

Solo la Lega infatti riuscita nell'ultimo ventennio a coniugare attorno a un'idea di fondo, pur inaccettabile e impraticabile, fantasiose invenzioni di rottura o comunque modifica istituzionale. Nell'ordine: secessione, devolution, federalismo, macroregione. Ovvero ha offerto i cassetti nei quali i lombardi potessero riporre sogni e bisogni, veri o presunti. Ovviamente, riempito senza esito il primo cassetto, il gioco stato di riaprirne un secondo, poi un terzo e un quarto, monopolizzando ogni volta l'attenzione e l'illusione. Un gioco perverso, reso per possibile dal vuoto totale inespresso in materia da tutte le altre forze politiche, impegnate a sgolarsi nelle promesse di merito (lavoro, ambiente, salute, giovani, donne, ecc.) senza minimamente preoccuparsi dei mezzi istituzionali e amministrativi necessari ad affrontarli. E neppure dei contenitori nei quali riporli! Il culmine dell'egemonia leghista si manifestato con la separazione monzasco-brianzola (in realt nordmilanese) ottenuta trascinando pressoch tutto l'arco dei partiti e dei leader che contemporaneamente predicavano vanamente l'abolizione tout-court della Province! (Tra parentesi: predicazione alquanto improvvida che - dopo il fallimento del moderato accorpamento montiano - ora favorisce solo i 5 Stelle, gli unici a non aver capre da salvare nei recinti di questi obsoleti e quasi-inutili enti). Ma ripeto: tale avventura unica secessione riuscita e tuttora in essere - potuta avvenire nel vuoto pneumatico di elabora-

zione e di proposta offerto dal centro-sinistra e dalle istituzioni da esso governate. Nessun segnale infatti dalla Provincia (2004-2009: giunta Penati e assessore Gasparini, persi dietro il fantasma di un'ineffabile governance) n dall'attuale Com une di Milano (sindaco Pisapia e assessore Benelli) ancora all'anno zero sulla questione della Citt Metropolitana (vedi programma del prossimo seminario del 22 marzo, fermo ancora all'apprendimento di ormai attempate esperienze europee!). Su questo ultimo fondamentale problema infatti le ultime proposte di legge rintracciabili risalgono al d.d.l Besostri del 2001 e ai due simili firmati rispettivamente dai senatori Pizzinato e Del Pennino nel 2002, fin dall'inizio ignorati quando non apertamente osteggiati. Si era all'indomani della modifica del Titolo Quinto della Costituzione, allorch la sua parte perversa (un'ambigua e contraddittoria attribuzione di funzioni tra lo Stato e le Regioni) venne immediatamente e completamente applicata, mentre la parte buona (ovvero il ridisegno dell'assetto subregionale) rimasta lettera morta. Al contrario si proceduto stoltamente al sopracitato aborto, con l'effetto di spezzare in due l'area metropolitana! E tra un anno scadono i mandati delle Province, vittime di un'improbabile abolizione, a costituzione invariata, riaffiorata negli otto punti bersaniani. Sar un altra occasione persa?

ITALIA: NAVIGARE NELLARCIPELAGO DELLA CRISI Andrea Bardavid


Che il nostro Belpaese sia ormai in una crisi profonda un fenomeno a tutti noto. Differentemente dalle crisi precedenti, degli ultimi trentanni, la diffusione capillare della stretta economica e finanziaria, tocca tutti gli italiani, a ogni livello: dallo Stato, alle Banche, dalle principali istituzioni finanziarie alle imprese, dagli impiegati agli artigiani, dai professionisti ai commercianti. La drammatica combinazione tra una crisi finanziaria a livello europeo e italiano e la crisi delleconomia reale, ovvero leconomia di tutti noi, sta creando un inesorabile succedersi di decine e centinaia di morti e feriti. Come in una guerra dei nostri giorni, senza cannoni, fucili o bombe, le condizioni economiche e finanziarie che si sono create negli ultimi dieci anni nel nostro Paese, ci espongono quotidianamente alla lotta per la sopravvivenza, senza regalarci un futuro, che diventa ogni giorno pi opaco e ombroso. La mancanza di ricette asseverate, linesistenza di un processo di rinnovamento politico, il drammatico rallentamento dei processi di pagamenti, la mancanza di liquidit nel sistema bancario stanno rendendo sempre pi precaria la nostra esistenza ai limiti della sussistenza. Ma che cosa realmente successo e come si pu pensare di tracciare una strada per il futuro? Lintroduzione delleuro allinizio del nuovo millennio ha innescato un processo di americanizzazione dellecono*mia europea e leuro ha portato con s, nel fenomeno moltiplicativo del valore della moneta, un virus congenito che fino ad allora aveva caratterizzato unicamente lo Stato e alcune sfere ristrette dellalta finanza: il Debito. Il cosiddetto effetto leva, ovvero la possibilit di accedere a gradi superiori della propria economia domestica e aziendale, attraverso lutilizzo del debito, si diffuso in Italia e in tutta Europa con una velocit e una capillarit senza precedenti. Ci tanto pi vero nelle regioni del Nord Lombardia e Veneto, in particolare che nel Sud Italia, che ha

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sempre operato, secondo un modello di autoconsumo. La tensione verso le nuove chimere, si affermata maggiormente nelle grandi citt, Milano in particolare, rispetto ai piccoli centri abitati. I principali attori e sostenitori dello sviluppo di uneconomia basata sulla leva sono state, per definizione, le Banche e le Istituzioni Finanziarie che hanno finanziato negli ultimi dieci anni centinaia e migliaia di operazioni e di transazioni che si sono poi rivelate farraginose, non appena la crisi delleconomia reale ha dimostrato che la crescita non pu essere un trend in continua ascesa e i cicli economici sono storicamente ondulatori e ripetitivi. In Italia e in Europa, la crisi delleconomia reale, ovvero in particolare delle imprese, ha le sue ragioni profonde nellimpossibilit per le imprese di poter competere in un contesto internazionale a causa di una rigida struttura fiscale e normativa, di un costo del lavoro poco flessibile e di un valore della propria moneta troppo oneroso per i compratori esteri. In Italia le aziende che competono sui mercati esteri sono stimate essere circa il 25% del totale, mentre il restante 75% insiste sul mercato nazionale con una parte rilevante unicamente incentrata sul settore pubblico, primo cliente di migliaia di realt aziendali nazionali. Quando la crisi del debito e linsostenibilit dei modelli di ripagamento dello stesso si resa palese, sia a livello Statale, per i dettami europei, sia a livello Bancario, per le leggi di mercato, la miccia si accesa in una miscela esplosiva. Lo Stato rimasto senza liquidit per gli investimenti e per le imprese, le Banche, contemporaneamente, si sono ritirate dal loro core business rappresentato dalla concessione del credito, per concentrarsi nel difficile processo di riduzione progressiva della propria esposizione e del rischio di default ed evidente come Stato e Istituzioni Bancarie e Finanziarie si siano focalizzate sullobiettivo della propria sopravvivenza. Secondo il paradigma economico limplosione delleconomia finanziaria porta con s lannientamento contemporaneo delleconomia reale. Non si salvano le imprese se non si salvano le Banche e se non si salva lo Stato. Questa tesi non coincide con la logica della salvezza delle istituzioni finanziarie in toto, ma sicuramente il sistema deve essere salvaguardato. In tale processo di deleveraging (riduzione del livello di indebitamento), che dovrebbe forse garantire nel

corso dei prossimi anni, la sostenibilit delleconomia statale e finanzi aria di questo Paese, a farne le prime e brutali conseguenze sono state le imprese, i professionisti e i lavoratori a tutti i livelli e dimensioni. La stretta creditizia ha messo in ginocchio decine di migliaia di aziende e, a nostro modo di vedere, siamo solo allinizio delleffetto complessivo. Il blocco della spesa pubblica, dellanticipazione di fatture e commesse, la mancanza totale di liquidit del sistema e il crollo del flusso dei pagamenti porta alla progressiva chiusura di imprese distintive nel nostro Paese con la perdita di occupazione, know how, quote di mercato e imprenditoria. E ci avviene indistintamente sia se si opera sui mercati nazionali o internazionali sia a prescindere dalle dimensioni aziendali. Lunico elemento di variazione la velocit con cui il fenomeno avviene. In questo contesto, gli investitori stranieri, siano essi finanziari o industriali guardano con interesse i valori aziendali espressi dal nostro Paese perch ritengono vi possa essere uninteressante opportunit di acquisizione diffusa di asset tangibili e intangibili che limprenditoria nostrana stata in grado di creare e sviluppare dal dopoguerra a oggi. A parte qualche rara eccezione, che al momento non fa il mercato anche se rilevante (un esempio per tutti, Marazzi), gli investitori stranieri si staranno probabilmente chiedendo a quali valori diventa davvero unopportunit la logica del buy rispetto a quella del make. La conseguenza pi naturale che gli stranieri si stanno preparando, con qualche carotaggio mirato, a portarci via la nostra essenza manifatturiera e di servizi rappresentata dalle nostre imprese con un probabile incremento di attivit e di occupazione, ma in una logica globale e internazionale che spesso al lavoratore italiano non si addice del tutto. Ma tutto ci quando potr avvenire? Ed forse lunica nostra speranza per ripartire? Il quando non ci dato sapere perch i meccanismi politici e finanziari dellItalia e dellEuropa sono estremamente rallentati, quasi ad allungare lagonia del paziente malato in vista di una ipotetica cura. Per quanto concerne la speranza, noi riteniamo che sia la strada corretta e lunica possibile nellattuale contesto di riferimento. Lunica alternativa ipotizzabile sarebbe quella di dichiarare un default parziale sul monte debiti dello Stato che potrebbe liberare risorse funzionali alla ripartenza della nostra

economia interna. Ma questo tema, come quello delluscita dallEuro, sono dei tab nel nostro Paese e nel nostro Continente. Almeno fino a oggi. In questo ultimo anno, a partire dal Decreto Sviluppo, si acceso un forte interesse per il fenomeno delle start up e per il venture capital, come spesso avviene nei momenti di crisi. Tale interesse ha portato alla creazione di alcune realt interessanti e di rilievo sia dal lato degli investitori nel capitale di rischio che delle nuove imprese in fase di incubazione o di avvio. Noi, dal nostro osservatorio, rimaniamo estremamente perplessi, per almeno tre ordini di considerazioni: 1) continuiamo a ritenere che non sia il settore dellhigh tech e dei media, quello che caratterizza il nostro Paese e quello in cui possiamo esprimere i nostri valori. Il focus di un nuovo fenomeno di venture capital dovrebbe, a nostro avviso, riguardare i settori in cui lItalia si distinta negli ultimi cinquanta anni ovvero la manifattura o la tecnologia e lengineering legata alla manifattura, la meccanica, le macchine industriali, lalimentare, la moda, il design, il made in Italy solo per fare alcuni esempi. Riteniamo che sia velleitario provare a emulare il percorso di alcuni Paesi, come USA e Israele, le Start Up Nations, che hanno un vantaggio competitivo incolmabile nel settore dellhigh tech che sarebbe difficile riuscire solamente a sfiorare. 2) in Italia riteniamo che manchi completamente la filiera finanziaria legata alle start up. Nei Paesi modello, a business angels e venture capital che intervengono nelle fasi seed e start up del business si affiancano, nei round successivi, operatori specializzati nellexpansion capital, nelle IPO, nei Reverse Merger e nei cosiddetti PIPE (Private Investors in Public Equity) che in Italia non sono presenti. 3) per finanziare unimpresa a qualsiasi livello dimensionale, non sufficiente lequity, ovvero il capitale, ma a un certo punto deve intervenire il sistema creditizio. Non essendo esso in grado di finanziare aziende economicamente solide e consolidate a livello dimensionale e di storia aziendale, non vediamo come le nostre start up possano non avere davanti a s una strada in enorme salita. Abbiamo recentemente appreso che in greco e in ebraico, le parole crisi e opportunit hanno la stessa radice. Noi ci speriamo dal profondo di noi stessi e ci auguriamo che,

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non solo per alcuni, ma per tutti gli

italiani, sia davvero cos.

PIAZZA GAE AULENTI UN GIUDIZIO SOSPESO Renzo Riboldazzi


L'hanno inaugurata con la benedizione delle autorit civili e religiose proprio nel giorno in cui i milanesi sono in festa, Sant'Ambrogio. E, si diceva nei mesi precedenti, l'avrebbero perfino intitolata a una delle figure pi care agli abitanti di questa citt, il cardinal Martini. Hanno poi optato per Gae Aulenti, nome dell'architettura ambrosiana noto a livello internazionale ma con un appeal un po' meno popolare. E cos sembra essere il carattere della nuova piazza: nota, appunto, ma poco popolare. Arrivando da corso Como ad accoglierti uno spigolo, assai pi acuto di quelli che talvolta ti trovi di fronte nelle citt medievali. Nessun rimando all'ottocentesco arco di piazza XXV aprile, dall'altro lato del corso: troppo banale, chiss. Sulla sinistra, leggermente incassata, la stazione di Porta Garibaldi si lascia intravedere con la solita confusione di macchine e persone sotto la sua grande pensilina a sbalzo. A destra, invece, troneggia sinuoso e lucente il cuore di Porta Nuova: enorme intervento edilizio realizzato nel grande sterrato delle ex Varesine dove per anni giostrai e circensi hanno giocato con lo stupore dei bambini e dove, nelle nebbie notturne, non mancavano divertimenti per i pi grandi. Da l, da quello spigolo, comincia una salita che nella placida Milano non ti aspetti. Sul fondo, in alto, sorge una specie di cittadella che contiene la nuova piazza. Le fattezze domestiche di corso Como sono alle spalle. Certo, permangono rassicuranti cortine ai lati della strada, cos come i toni caldi degli edifici e rapporti spaziali tutto sommato proporzionati e a misura d'uomo. Le architetture per sembrano irrigidirsi, disarticolarsi nelle geometrie, aprirsi un po' sguaiatamente nelle vetrine e negli alti ingressi con lunghi maniglioni di acciaio. Insomma, sar perch tutto ancora nuovo e in gran parte disabitato, sar per la dilagante estetica da boutique, ma da quel momento avverti un senso di estraneit che non ti abbandoner pi. Si raggiunge cos la cima. Tutto sembra fatto a regola d'arte e con buoni materiali. Un ponte da cui si scorgono appena i binari del tram che passa sotto e sprazzi della citt che sta intorno introduce a una sorta di atrio dove un foro bislacco lascia vedere un po'di cielo e tubi di ottone ai lati di una balaustra ti fanno ascoltare ci che succede in luoghi e spazi dell'edificio che paiono in fondo a un pozzo. L'arrivo a piazza Aulenti qualcosa di molto lontano da quella poetica ascensione al Monte Stella di cui scrisse un visionario Piero Bottoni mezzo secolo fa. Qualcosa di diverso anche da quello alle zone fortificate di alcune citt europee, alla michelangiolesca piazza del Campidoglio o al Partenone. A Porta Nuova, infatti, la vista non abbraccia l'orizzonte e sotto ai piedi non senti la roccia compatta ma il cemento. Un grumo di migliaia di metri cubi di parcheggi, centri commerciali ancora chiusi e non si sa cos'altro sono il fondamento fisico e ideale della nuova piazza, la concreta rappresentazione dell'idea di citt e luogo collettivo della nostra societ. Finalmente lo spazio si apre generoso di fronte al visitatore. I riflessi delle pareti in vetro e acciaio dei grattacieli e quelli di uno specchio d'acqua tripartito al centro della piazza ne moltiplicano le dimensioni e generano un'insolita luminosit. La totale assenza di traffico e il suo configurarsi come un grande ventre la rendono pronta ad accogliere il gran numero di cittadini che, in uno dei primi sabati pomeriggio di sole sul finire dell'inverno, si aggira ammirato sotto le grandi pensiline trasparenti che la circondano. Ad attrarre lo sguardo soprattutto quello di quanti si fanno impressionare dalle potenzialit delle tecnologie costruttive la spiccata verticalit della guglia incardinata all'angolo di un edificio: si erge a fulcro del luogo e sembra voler rivaleggiare con quella della Madonnina. Una piazza che vive si legge su un cartello. Ed effettivamente cos, almeno oggi che giovani animatori fanno divertire i bambini creando strani animali con palloncini colorati. Difficile dire quanto finiti gli spettacoli appositamente organizzati e passata l'euforia della novit durer questa gioiosa atmosfera di festa. Ad affacciarsi sulla piazza sono palazzi destinati prevalentemente a uffici. Le case stanno sorgendo pi in l, lontane da questo spazio collettivo. Inutile dunque sperare in un geranio su un davanzale o in un panno steso al sole. Difficile anche immaginare ragazzini sotto casa per quattro tiri al pallone. L'artificiale ricerca di vitalit stride con la fattuale negazione di una quotidianit che invece caratterizza centinaia di piazze italiane che continuiamo ad apprezzare. Lo stesso si pu dire della stazione di Porta Garibaldi e della multiforme umanit che la popola giorno e notte: anche questa tenuta a debita distanza, laggi in fondo a una scalinata, al di l del flusso di traffico. Intorno tutto un cantiere. Sagome di corpulenti edifici indifferenti a qualsiasi contesto si fregiano di nomi bizzarri: "bosco verticale", "corte verde" e altri dello stesso tenore che a tutto rimandano fuorch a quel che dicono. Poi ci sono le vecchie case, attonite per ci che succede intorno a loro, con finestre che sono finestre, balconi che sono balconi, negozi e botteghe artigianali aperte sui marciapiedi o verso i cortili. E muri ciechi ai fianchi, tangibile testimonianza di un racconto interrotto, di un dialogo oramai impossibile o, almeno, improbabile.

PGT: RIFARE I CONTI IN TEMPO DI CRISI Giuseppe Vasta


Qualche lettore si lamentato del linguaggio criptico degli urbanisti. Mi sembra allora ci possa essere una maniera semplice forse anche un po banale per cercare di comprendere quale sia la logica con cui stato impostato il PGT recentemente approvato. Immaginiamo di essere proprietari di un lotto di terreno a Milano. Come vorremmo che fosse il Piano Regolatore? Innanzitutto, ci piacerebbe poter intervenire da soli, senza per forza mettersi daccordo con qualcun altro

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www.arcipelagomilano.org per raggiungere dimensioni minime di perimetro o di edificabilit. Poi, fare salvi i volumi esistenti, poter insediare le funzioni che si preferiscono, in modo da assicurare a tutti un differenziale positivo rispetto alla situazione attuale. Pagare, se proprio si deve, il minimo indispensabile in termini di standard, oneri ed edilizia popolare. E se poi nel caso si fosse proprietari di pi di unarea, lideale sarebbe poter cedere al Comune larea pi inutile e concentrare tutta ledificazione su quella di maggior pregio. Beninteso, dietro un PGT che accogliesse in buona misura questi desiderata (come fa quello di Milano) ci sono anche pensieri nobili: assicurare la fattibilit degli interventi, non discriminare fra le propriet. I problemi nascono per quando si sommano tutte queste singole potenzialit. Deciso infatti, non si sa bene come, un indice edificatorio unico (indicato per lungo tempo, forse per assonanza, pari a uno neanche una parola peraltro dedicata nel PGT a come si sia arrivati a tale definizione, ci si pu per immaginare sia avvenuto a sentimento, verificandone cio il consenso da parte degli interessati) e applicando tale indice a tutti i terreni interessati (vale a dire tutti, escluso i parchi regionali), il risultato una nuova edificazione di circa 12 milioni mq di slp e la possibilit di riuso di almeno altri 8 milioni di metri quadri (da industria e servizi a residenza, ecc.), con un incremento di circa il 20% rispetto allesistente. In termini di abitanti, calcolando che in media l80% della nuova offerta edilizia residenziale, applicando comunque il parametro comunale di 50 mq slp/abitante (che vorrebbe dire che una famiglia con due bambini occupa in media un appartamento di duecento metri quadri, alloggi popolari compresi: quanti ne conoscete? ma il parametro usato dal PGT in quanto ultimo di legge, ancorch quella legge sia stata abrogata proprio in nome del realismo delle previsioni...), si tratta pur sempre (controllare per credere) di 320.000 nuovi abitanti, tantissimi, anche se chiss perch il PGT ne conta solo 189.000 (un numero considerevolmente pi basso e senza dimostrazioni su come sia stato calcolato, quasi si fosse fatto apposta a ridurlo artificiosamente ma tant, non questo limportante). La citt pronta ad accogliere tutta questa volumetria? Guardando la relazione economica del Piano, sembrerebbe di no: solo per realizzare le strade e il verde previsto, anche utilizzando tutte le risorse derivanti dagli oneri (cosa che in realt non avviene quasi mai) e anche vendendo tutti i diritti edificatori pubblici e anche contando tutti i finanziamenti in arrivo per Expo, mancano pur sempre oltre due miliardi di euro. Non un soldo peraltro previsto per nuovi servizi, parcheggi o fognature (forse per non incrementare - anche qui, artificiosamente - il delta negativo). Questo vuol dire che dovremo attenderci una crescita selvaggia della citt, priva dei necessari servizi? Tranquilli, questo non avverr, perch non c domanda di mercato per tutta quella volumetria. I trend demografici sono stabili o addirittura in diminuzione (la presenza di extracomunitari stata sopravvalutata allanagrafe), forse al massimo un quarto di quelle volumetrie verr effettivamente realizzata nei prossimi cinque anni. Beninteso, niente di male a prevedere un po di edificazione in pi rispetto a quella che serve: cos c pi concorrenza, i prezzi dovrebbero scendere. Ma tre/quattro volte tanto non ha senso. A che serve allora prevedere tutta quella volumetria? Forse a rilanciare il settore delle costruzioni? Difficile, il problema non la carenza di offerta, pensare che il settore sia bloccato dalle scarse opportunit poteva essere vero venti o trentanni fa, adesso non pi cos. Ma allora perch? Semplice, serve a metterla in bilancio e a dare un po di ossigeno ad aziende in crisi e aiutarle cos a pass a nuttata: si tratta pur sempre di valori virtuali nellordine dei 10-20 miliardi di euro, a seconda delle stime, che in questi tempi possono fare comodo. Purtroppo, le possibilit che questi valori virtuali si traducano in valori effettivi sono come abbiamo visto abbastanza scarse (i casi positivi di alcune grandi aziende negli anni passati sono dovuti a congiunture pi uniche che rare, difficili ripeterli). Sperando ovviamente di sbagliarsi, il rischio quindi che fra qualche anno questi valori fittizi con cui vengono salvati (o intossicati?) i bilanci si trasformino in una specie di crediti inesigibili, c. Come c il rischio che questo eccesso di offerta finisca per tagliare le gambe alle operazioni pi complesse o a quelle in mezzo al guado, dove cio c gi chi si esposto investendo nello sviluppo (per non parlare dello sfitto e dellinvenduto di operazioni anche recenti). Come evitare questo rischio? Paradossalmente, la speranza inconfessata che i valutatori non facciano il loro mestiere: e che continuino quindi a stimare i valori darea sulla base delle (scarse) compravendite e non delle potenzialit complessive effettive, mantenendoli cos sufficientemente alti a bilancio e continuando a sperare che nessuno se ne accorga. In definitiva, il sistema sembra poter reggere perch sono stati artificiosamente ridotti i numeri degli abitanti e dei costi delle urbanizzazioni (con esiti su procedure come la VAS che facile immaginare), con i valori darea mantenuti alti da un mercato poco trasparente: sperando sempre di sbagliarsi, e con tutta la diffidenza possibile nei confronti di questi numeri, sembra un atteggiamento pi da governo greco o argentino, che da moderna metropoli europea. In conclusione, il PGT sembra prospettare certamente benefici a breve termine per una numerosa serie di proprietari di aree, ma forse meno per la collettivit nel lungo periodo. I problemi del PGT per non sono solo questi; ce ne sono altri che riguardano temi, quali i servizi e la tutela dei beni storici, che normalmente verrebbero ritenuti prioritari ma che in questo caso passano inevitabilmente in secondo piano. Ma per ragioni di spazio pare opportuno rimandare la trattazione di tali temi a una successiva puntata.

I PARTITI E IL IL MODELLO MILANO Franco DAlfonso


Giovanni Cominelli ha espresso un giudizio che ritengo sbagliato e liquidatorio, sullesperienza aranci one milanese, che voglio riportare perch confutandolo forse possiamo chiarire qualche equivoco. Scrive Cominelli: il candidato (Ambrosoli) non ha visto la Lombardia reale. A questa miopia ha contribuito indubbiamente larancionismo, plasticamente rappresentato sul palco del Dal Verme il 12 gennaio da Gherardo Colombo, Lella Costa, Vecchioni, Eco, Gad Lerner... Larancionismo la fase suprema e senile della sini-

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www.arcipelagomilano.org stra radical-chic, rinserrata tra le mura spagnole, che eccita e diverte le platee con le facili battute antiberlusconiane e antileghiste, ma che non ha mai avuto il collegamento intellettuale con il tessuto economico-sociale e culturale lombardo. Un po di societ civile, un po di trasparenza, un po di legalit e tanto doveva bastare. (da ArcipelagoMilano del 6 marzo) La tesi espressa pu avere qualche fondamento se riferita a quel gruppo di sostenitori del candidato, in realt incline pi ai severi sermoni che alle facili battute, che hanno infaustamente spinto Umberto Ambrosoli a essere selettivo e non inclusivo nella proposta politica. Ma questa posizione nemmeno velatamente giustizialista, non molto lontana da quella dei tempi della campagna di Nando Dalla Chiesa del 1994, non ha molto, per non dire nulla, a che vedere con il movimento arancione che ha accompagnato Giuliano Pisapia prima, durante e dopo la sua elezione a Sindaco di Milano. Pisapia sussume la proposta politica nella sua personale immagine e storia, costituendo un unicum, un caso irripetibile, a prescindere dal giudizio che ciascuno pu dare sulla persona e sulla sua esperienza. Ma la vittoria a Milano, avuta alla Camera, al Senato alle Regionali, in proporzioni uniche in tutto il Nord, li a dimostrare che il consenso non solo rimasto ma si consolida fortemente intorno al modello politico rappresentato dallamministrazione Pisapia. Ne sono ulteriore prova le dimensioni del successo personale della capolista Lucia Castellano, dichiaratamente rappresentante della Giunta milanese, ottenuto alla prima esperienza di ricerca di consenso. il modello politico che va oltre le appartenenze originarie e partitiche e fa ritrovare tutti in un progetto nuovo che va oltre e non contro, che interpreta meglio la realt di un mondo del centro sinistra che esiste, che non si riconosce nei partiti e soprattutto non riconosce ai partiti, Pd in testa, una rappresentanza esclusiva, ma che si mobilita per le primarie o per le campagne elettorali quando si trova davanti a una proposta convincente ovvero alla possibilit di scegliere fra diverse opzioni e non per ratificare scelte di oligarchie ormai screditate. Certo, a Milano adesso in qualche modo il progetto facile, perch si tratta solo di amministrare la citt, utilizzando pi il buonsenso che linventiva politica. I limiti dellesperienza arancione sono evidenti: il modello di partecipazione promesso nella campagna 2011 nella pratica amministrativa ancora troppo topdown, tutto incentrato sulle proposte della Giunta e non sulla valutazione e raccolta delle energie dei cittadini. Lesperienza dellintroduzione di Area C, una proposta della Giunta vagliata da decine di assemblee cittadine e passata per un dibattito di dimensioni che non si vedeva da molti anni a Milano, certamente un esempio molto positivo, ma non vi dubbio che si possa e si debba fare di pi. Il modello Milano, con tutti i limiti politici e personali che vogliamo trovare, ha comunque gi sfidato Grillo come esorta a fare Renzi e lo ha tenuto sotto il 10 % proprio per quello che ha fatto e rappresentato, risultato decisamente migliore rispetto ai corteggiamenti ai parlamentari di M5S o ai tentativi di rimozione del problema. Il modello sciaguratamente evocato con la riesumazione di Prodi in piazza Duomo nella chiusura di campagna elettorale, quello dellUlivo e dei cespugli, definitivamente defunto con il voto del 24 febbraio. Sarebbe cosa buona e giusta che si seppellissero rapidamente le sigle un tempo gloriose e grottescamente portate ancora in processione, come quella del Psi o perfino del Pri, cos come quelle che non sono mai andate oltre il ruolo di mezzo di trasporto verso qualche seggio per cariatidi politicamente nate vecchie, come stata Sel, senza considerare operazioni nate politicamente morte anche se in grado di infettare e danneggiare lintero corpo del centrosinistra come i cartelli tipo Ingroia presidente. In tempi di crisi cos profonda non ci si pu pi permettere che la sinistra oziosa continui a dibattere, nel disinteresse generale, sulla misurazione del tasso di sinistra e i vari professori firmaioli, opinionisti, magistrati ansiosi di pubblicit, rifondaroli vedovi e sindacalisti di passaggio si occupino della costruzione di un sistema metrico sinistrese, cosa di cui secondo loro tutto il mondo sente un enorme bisogno e che dar il solito risultato: disperdere i voti, far perdere tempo a un numero fortunatamente decrescente di giovani e mettersi di traverso ogni volta che si vuole costruire qualcosa necessario invece che tutti gli uomini e le donne che hanno creduto e credono in queste esperienze, che non si riconoscono nel Pd ma che continuano a sentirsi parte del partito che c, che il popolo del centrosinistra, si ritrovino anche nella ricerca di una forma stabile di organizzazione politica. Il futuro quello di un partito unico, ma questo futuro sar possibile solo quando egemonismi, rendite di posizione, poteri oligarchici di ristretti circoli saranno usciti definitivamente di scena. Non credo che questo momento sia molto lontano, anche se sappiamo che la resistenza degli apparati o supposti tali sempre simile a quella del prode che continuava a combattere senza accorgersi di esser morto. Organizzazioni e associazioni come il Movimento Civico o la Federazione regionale delle liste civiche sono a questo punto veicoli necessari per mantenere la tensione e il rapporto fra militanti e persone che intendono fare politica: devono per rifuggire come la peste ogni tentazione di burocratizzazione, autoreferenzialit e desiderio di insostituibilit tipico di quegli stessi partiti che hanno rifiutato come modello e sbocco. Lart 49 della Costituzione recita che i cittadini sono liberi di associarsi in partiti, non che i partiti sono liberi di associare i cittadini: quando anche a sinistra si capir questa fondamentale differenza forse si cesser di andare in giro a chiedere conversioni e pentimenti per tornare a guadagnarsi il consenso con la forza delle proprie idee. Sar un bel giorno per noi tutti e per la nostra democrazia.

Scrivono Tiziana e Walter Brugnotti ad ArcipelagoMilano


Dall'incontro del 12 marzo Perch la sinistra perde in Lombardia in Fonderia Napoleonica e dalla partecipazione, la sera seguente, alla serata di ringraziamento di Umberto Ambrosoli all'Auditorium Verdi, abbiamo tratto svariate considerazioni, che avevamo gi in corso in quanto volontari a entrambe le primarie e

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www.arcipelagomilano.org nella campagna per Ambrosoli stesso. Tralasciamo le analisi di tattica e strategia, alcune condivisibili, altre meno (campagna breve, risorse scarse, alleanze mancate, collegamento alla sconfitta sul piano nazionale...): ci ha colpito piuttosto un tema ritrovato in forma pi o meno aperta, in vari interventi. Si tratta dell'accusa rivolta al centrosinistra di avere peccato nell'ordine che preferite - di illuminismo, elitismo, paternalismo, congiuntamente alla sopravvalutazione del tema della legalit e del suo impatto sull'elettorato di centrodestra, tema non vicino alla sensibilit dei cittadini di questa regione. Due affermazioni testuali piuttosto impegnative, ci sembra, incoronate dalla critica alla mancanza di chiarezza ed efficacia del messaggio: si detto, continuando nel linguaggio di marketing, che mancava la proposta Killer, sostituita da una scrittura troppo complessa. L'intervento volutamente iperpolemico di Ferlini, non ha mancato comunque di ribadire il concetto: questa volta l'accusa al centrosinistra si sviluppata nelle varianti di moralismo, giustizialismo, formalismo con la giunta di pulsioni educative nei confronti di un elettorato presso il quale l'opinione prevalente che, in Lombardia, non si vive poi cos male. Un elettorato che compie scelte emotive e comunque recepisce le proposte del centrosinistra come elitarie. Ci parso curioso che tutte queste opinioni non abbiano incontrato non si dice opposizione, ma neppure risposta: come d'altronde si ricordata solo fuggevolmente la storia della giunta regionale precedente e dei perch della sua caduta anzitempo. E abbiamo trovato - diciamo discutibile?- la conseguenza logica che la legalit, in Lombardia e nel paese, sia elitaria; e stupefacente che si dichiari senza troppi giri di parole che per vincere si dovevano adeguare le proposte alla sensibilit di quel certo elettorato, utilizzando linguaggio e proposte semplificati, emotivi, irrazionali. La sera del 13, Umberto Ambrosoli ha fortunatamente ribadito che etica e legalit restano, per difficili e indigeste che siano, i motivi ispiratori. Il problema sar semmai di far divenire la legalit interesse anche di certi gruppi ... di interesse: ma non attraverso narrazioni incantatrici, che lascino le situazioni (e l'elettorato) che trovano. I contenuti autoeducativi della democrazia e della comunicazione- che viene da messa in comune, o no?! - non sono eludibili, ci permettiamo di continuare a pensare... Altrimenti avranno ragione quelli che delirano sulla fine della differenza tra destra e sinistra.

Scrive Felice Besostri a Valentino Ballabio


Bella l'immagine del km zero in politica, Sulla Citt Metropolitana ci si mossi sotto l'urgenza del Decreto Legge Monti e poi silenzio. Sui Consigli di Zona il processo di diverso disegno morto o almeno non c' una discussione pubblica. Le nove Zone a parte la 1 sono un assurdo: vanno aumentate e ridisegnate, ma come le provincie, quelle esistenti non vogliono cambiare. Ci sono equilibri politici consolidati. Sulla macroregione l'opposizione poteva entrare nel merito rispetto a una proposta politico-ideologica di Maroni, proponendo settori precisi di collaborazione interregionale. Avevo provato a suggerire una traccia con lo scritto Prove di secessione senza risultati

Valentino Ballabio replica a Felice Besostri


Condivido le tue osservazioni. Purtroppo la politica corrente appare insensibile e scostante riguardo questa forse decisiva materia "madre" di tutte le riforme (almeno al livello regionale e locale) vanamente invocate. Cos pure l'insieme dell'informazione, con qualche eccezione vedi ArcipelagoMilano, ma siamo ancora al "samisdat"! Analogamente viene ridotto alla semiclandestinit il http://www.forumcivicometropolitano .it che negli ultimi due anni ha caparbiamente, ma sinora invano, cercato ascolto presso politica, media e istituzioni sulla proposta della citta(dinanza) metropolitana per Milano e la Lombardia!..

Scrive Luigi Mazza a Giacomo Marossi


Non sono un attivista, non sono un iscritto, ho solo votato PD per disperazione. C' un solo modo per sbloccare il PD prima che vada allo sfascio, affamare la nomenclatura: toglierle il potere di controllo (legge elettorale) e toglierle soldi (finanziamento pubblico); le due riforme che di fatto il PD attuale non ha mai voluto fare. In caso contrario credo che non se ne uscir. Un vecchio elettore di sinistra.

Scrive Maria Puglia a Giacomo Marossi


Ho dedicato cinque minuti leggendo attentamente la tua lettera. Non so quanti anni hai, ma avendo un figlio di 23 anni mi colpisce la sensibilit che puoi avere nel dedicarti alla politica, lo stesso dicasi di mio figlio che si lamenta dei suoi coetanei che li ritiene disinteressati e considero questa mio interesse alla tua lettura sicuramente rivolto a comprendere quanto vi sta a cuore il vs. futuro. Premetto, mi ritengo fortunata, ho un figlio saggio e intellettualmente ritengo sia abbastanza creativo, ho insegnato a lui in maniera intransigente come comportarsi in maniera educata, il rispetto per il prossimo e ovviamente alcune idee che oggi condividiamo avendo lo stesso interesse alla partecipazione se non attiva, della vita politica. Quindi con piacere mi rivolgo a te, comprendo le tue amarezze e vorrei dirti che le ho vissute in maniera identiche e le vivo ancora. Da ragazza ero iscritta, ero militante, partecipavo agli incontri del direttivo e ogni volta che esprimevo delle contrariet mi sentivo dire che non ero in linea (cosa significava non so, forse in linea con qualcuno in particolare), che ero troppo giovane e che non capivo. Poi non mi sono pi iscritta, partecipavo alle riunioni di sede, anche se gi mi sentivo a disagio perch non ero in linea (cosi si continuava a dirmi) intanto sentivo che per quanto mi riguardava qualcosa si era spezzato. Io non ero

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www.arcipelagomilano.org in linea, ma ne ero ben felice perch il mio non essere in linea mi faceva uscire da vecchi schemi, e per mia capacit intellettuale ho capito i cambiamenti che la societ ti imponeva e ti impone, sono in continua evoluzione, quindi o tu sei capace di coglierli, vivendoli, oppure se non sei capace di stare al passo, ti poni una trincea davanti a te, o ancora peggio, per opportunismo fai finta di non vederli. Credo che l'ultima ipotesi abbia prevalso su tutto il nostro possibile cambiamento, i nostri dirigenti politici incancreniti alle sedie di Montecitorio sono vecchi della politica, non hanno visto oltre, hanno dimostrato di essere miopi, ma sopratutto quello che mi ferisce - e avrei giurato il contrario e me ne sono fatta una ragione - sono anche incapaci: quindi non hanno colto (o non hanno voluto) cogliere i cambiamenti della societ civile. La politica non si fa pensando di essere meglio e criticando gli altri e basta. Le idee vanno applicate fortemente con il buon senso e anche con caparbiet affidandosi a tutti coloro che si dedicano con tenacia, intelligenza e onest, aprendo s le porte ad altri, ma quando scopri che non sono ragionevoli, per cortesia urliamolo con la nostra forza che non vanno bene. A te e altri come te un grande augurio per continuare a battagliare su temi comuni quali il lavoro, la vita che conducono le donne, le pensioni (sperando di tornare indietro a 60 anni), la disparit economica, l'ingiustizia, i servizi e tanto ancora. E mi chiedo inoltre: ma da quaranta anni (ne ho 53) possibile che chi aveva il dovere di vigilare in parlamento, ne esce impunito?

Scrive Alberto Decadri a Paolo Mottana


Mi spiace contraddirla, ma Renzi tutto fuorch arrogante, di piglio e di carattere sicuramente s. L'arroganza, semmai nella scontata e banale, sempre ripetitiva spocchia e sussiego dalemiani. Di gente cos la sinistra e il Pd, a cui appartengo, se ne fa tranquillamente a meno, a meno che non ci si voglia condannare a perdere sempre, come tagliarseli per far dispetto alla moglie, cos ci si capisce meglio. Dal Pd non ho sentito una che sia una proposta concreta, solo frasi vuote e retoriche, lavoro etc, ma con quali sodi, con quali risorse? Renzi, lui si, ha il pregio di aver stilato un programma di vero welfare e di sinistra, anche se stato boicottato in tutti i modi da chi ha organizzato le primarie, il signor Nico Stumpo, Dio ce ne scampi! Conosco una barca di gente che iscritta il 24 novembre online stata impedita nel diritto di voto, con pretesti i pi assurdi e antidemocratici, ergo idioti. Se vogliamo ancora farci del male, continuiamo cos.

Scrive Roberto Ricci ad ArcipelagoMilano


Leggo in diversi articoli che molti non riescono a capire come mai il PD non abbia vinto le elezioni come si aspettava e, allora io nel mio piccolo mi permetto di scrivere alcune cose che mi inducono a non votarlo e a preferire il Movimento 5 Stelle: quest'anno la mia pensione diminuita per via degli aumenti Irpef del Comune di Milano ecc, fare gite con gli amici diventato costoso a causa dell'aumento di benzina e autostrade, aumenta tutto e si fa fatica ad arrivare a fine mese. Al contrario: durante la campagna elettorale sono stato sommerso da mail, volantini per strada e pubblicit per posta del Pd, almeno dieci lettere (non sopporto pi questo spreco di denaro), Ambrosoli fa campagna elettorale dispendiosa, noleggiando sale e teatri come se non costassero niente, anche per conoscere i risultati dopo le elezioni ha noleggiato il teatro Litta in corso Magenta (mi risulta che se avesse usato ad esempio lo spazio di viale Monza 140 non avrebbe pagato nulla) Bersani ripeteva spesso "Non si pu ridurre il costo della politica si pu solo modularlo meglio" oppure "ci vuole la patrimoniale"; si devono spendere miliardi di euro per la TAV perch le merci tra Milano e Parigi arrivino in sette ore anzich in otto o in nove; siamo senza soldi, ma dobbiamo andare in Iraq, Afganistan, Libia, Libano ecc a portare la"democrazia" (la ricca Germania non sostiene queste spese di guerra). Perch per far piacere agli americani dobbiamo comperare aerei F35. Io sono un pensionato che ha lavorato per 42 anni, ha 42 anni di contributi e fa fatica a tirare fine mese. Ebbene con tutta probabilit per Bersani sar considerato ricco perch ho una casa, una pensione non minima e magari i soldi della liquidazione in banca. Per cui credo che: bene fanno i grillini a non volere un governo con chi non accetta riduzioni di stipendio per quelli che vivono di politica, TAV, missioni militari, F35 ecc. Unica cosa su cui Bersani ha ragione sono i matrimoni gay, ma interessano una piccola parte degli italiani mentre sono milioni i cittadini che non arrivano a fine mese e non sopportano pi l'arroganza del potere.

Scrive Marco Spreafico ad ArcipelagoMilano


Ai tempi dell'architetto Mengoni furono costruiti nel complesso della galleria di Milano dei servizi pubblici che sotto il nome di Cobianchi fornirono assistenza a chi, lontano da casa, aveva qualche necessit. Una altra postazione sotterranea si trovava in San Babila, fu inglobata, distrutta, dai lavori per la Metropolitana milanese. Vespasiani sorgevano qua e l in citt, solo a uso maschile. Indecenti, sono stati tutti demoliti. L'ultimo davanti al distretto militare fu ritratto da me (guarda un po) anni or sono. E infine la domanda: dove faranno la pipi le decine di milioni di visitatori Expo? Se volete e lo spero, sorridete ma la faccenda serissima.

MUSICA

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questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Der Fliegende Hollaender


Prima la musica o prima le parole? Il dilemma che appassion tanti nel mondo dell'opera, fino all'ultimo Richard Strauss, ormai superato, la moda dei nostri tempi prima la rega. Ne abbiamo avuto una ulteriore e nefasta conferma con la nuova produzione scaligera del wagneriano Olandese Volante che invece di sollevarsi nel folle volo al pari dei suoi classici archetipi - non si alzato di un centimetro ed rimasto inchiodato nel banale e prosaico stanzone di una specie di Agenzia di viaggi marittimi di fine ottocento, in una banale messa in scena, succuba di una regia sempre pi di routine. Quelle regie che ignorano totalmente ci che propone o suggerisce l'autore e se talvolta funziona solo quando firmata da grandissimi e geniali artisti: questa volta no, lo spettacolo naufragato nel comico involontario! Si vissuta una sorta di esperienza schizofrenica, in cui ci che si ascoltava era totalmente dissociato da ci che si vedeva. A che scopo? Quale stata l'idea alla base della regia? Non l'avrei giammai creduto che in quest'opera il colonialismo fosse un tema presente e significante; il regista voleva evidenziare un presunto carattere politico dell'opera? Ma che centra il colonialismo? Si sar confuso con l'Africana di Giacomo Meyerbeer (si perdoni la battuta), ma una pensata oltre che arbitraria e peregrina, colpevole di ignorare i ben pi significativi e suggestivi temi offerti dall'Olandese. L'equazione impostata e risolta dal regista Andreas Homoki (tedesco di origine ungherese, sovrintendente all'Opera di Zurigo) e dallo scenografo Wolfgang Gussmann per dar forma allo spettacolo presumibile sia stata la seguente: Olandese volante - vascello fantasma navigazione - traffici marittimi - strumento della colonizzazione - sfruttamento coloniale - rivolta dei colonizzati suicidio (con inedita schioppettata) della malvagia e maledetta societ colonialista! Nel giovane Wagner, attivo aderente alla Giovine Germania - filiazione della mazziniana Giovine Europa - l'elemento politico stato presente soprattutto nelle sue precedenti opere; con l'Olandese entra invece nell'Opera il Mito, come mai era successo prima: questa la grande novit totalmente ignorata dal regista. Non ancora il Wagner che conosceremo: l'opera ha un carattere un po' discontinuo nell'intrecciarsi non sempre efficace di mito, sogno e realt (a volte poco plausibili), ma i duetti, i concertati, le forme chiuse (la magnifica ballata di Senta!) non hanno nulla a che vedere con i modelli del grand'opera francese o dell'opera romantica di Von Weber. Qui, seppure non diffusi e non ancora elaborati come nelle opere mature, appaiono i motivi musicali che saranno i mattoni del suo costruire musica! Il primo, epico, enunciato subito in fortissimo dai corni, proprio il tema dell'Olandese cui segue quello della Redenzione, altro fondamentale tema che sar presente in quasi tutta la produzione wagneriana (Redenzione al Redentore sono le ultime parole della sua opera estrema). Se proprio si vuole cercare un elemento politico nel giovane Wagner, questo da riferirsi alla Redenzione della Germania, ideale suo e dei suoi amici fin dalle barricate di Dresda. Wagner ci sembra appartenere alla gena dell'Olandese: quante volte in fuga, da Riga sul mercantile in bala della tempesta (il germe dell'ispirazione), da una condanna a morte e, nei casi meno gravi, dai creditori e dai mariti gelosi! Una esistenza in gran parte errabonda e precaria conclusasi, come nel pacificato finale dell'Olandese (della revisione 1860, dopo il Tristano), nella citt per eccellenza sposa del mare. Nell'Olandese i personaggi sono ontologicamente immersi nell'atmosfera marina. Anzi, se dobbiamo dar retta a Quirino Principe, con la sua musica Wagner unico nel compiere una sorta di transustanziazione. Il mare, le tempeste, i fantasmi dei maledetti, i misteri e le angosce, non sono solo rappresentati musicalmente ma - pure in questa opera giovanile - assumono un carattere e una forza espressiva che li rendono esperienze tangibili. Una simile esperienza era possibile, alla Scala, solo chiudendo gli occhi: lo spazio si allargava all'infinito e riusciva ad abbracciare il mistero della musica. Non abbiamo detto nulla dell'esecuzione musicale, ed proprio ci che vogliono ora i registi, che si parli soprattutto di loro, vere primedonne degli spettacoli lirici. Anche musicalmente non stata una produzione memorabile: i ruoli secondari, gi di loro natura i meno ispirati, hanno avuto interpreti incerti (soprattutto il Timoniere) o di espressivit monotona e scialba (Erik), solo pi che discreto Daland. Se la cava bene l'Olandese, il navigato Bryn Terfel, espressiva la Senta di Anja Kampe eccetto che negli acuti forzati e sgraziati. Il direttore Hartmut Haenchen ha scelto la versione in due atti rimaneggiata da Wagner nel 1860, quindi nel pieno della maturit, dopo la straordinaria esperienza del Tristano la cui eco ben presente nel nuovo finale. Una direzione complessivamente corretta, con alcune strane scelte come leccessiva lentezza in alcuni momenti dell'Ouverture e un ritmo forsennato, al limite della confusione, nel coro delle filatrici - scusate, delle dattilografe (!) - nel momento precedente il duetto tra Erik e Senta. Non abbiamo trovato invece traccia del clima epico e drammatico dei momenti topici, forse perch infastiditi e distratti dalle assurde trovate del regista! Bravi il coro, soprattutto le... dattilografe e anche i loro colleghi... d'ufficio! Gi, e i marinai dov'erano? Raccontano che, facendo le pulizie dietro al sipario per smontare lo spettacolo, si sia trovato un tale, accasciato, infilzato da una freccia (in effetti verso la fine del secondo atto, nel pieno della bagarre, compare fuggevolmente in palcoscenico un selvaggio quasi nudo, con la lancia: una vittima dei colonialisti trasformato in vendicatore ), ma, osservato bene dalla platea, non sembrava fosse dotato anche di arco e frecce. Mistero. Forse si ripetuto quanto avvenne in un altro famoso teatro, una vendetta interna si dice ne fosse stato vittima il direttore artistico. Ma, a quanto si sa, alla Scala il direttore artistico non esiste! E allora? (Ettore Zappa)

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo

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rubriche@arcipelagomilano.org I tre crocifissi di Foppa


Dal 19 marzo il Museo Diocesano ospita un dipinto prezioso, proveniente dallAccademia Carrara di Bergamo, e ben adatto alla imminente Pasqua: I Tre Crocifissi di Vincenzo Foppa. Lopera, data generalmente dalla critica al 1456, stata invece attualmente riletta al 1450, come sembrerebbe essere scritto sui parapetti marmorei che circondano la scena, e farebbe dunque diventare questa tavola, fatta per la devozione privata, un importante anticipo sullevoluzione del gusto artistico in Lombardia. Vincenzo Foppa, bresciano, artista innovativo che ha lavorato anche per gli Sforza tra Milano e Pavia, in questa tavola, il cui committente ci rimane ignoto, ha creato una scena sacra che va oltre le abituali visioni del fatto, e anzi aggiunge un clima di reale sospensione, rendendolo quasi una scena quotidiana e umana. Affidandosi ai Vangeli sinottici, lascia il Cristo abbandonato a se stesso, senza le pie donne o san Giovanni, generalmente rappresentati, ma solo circondato dai terribili due ladroni. Composto quello di sinistra, colui che alla fine credette, con una posa ritorta e disperata quello di destra, tormentato nel fisico e nellespressione, pressato da un demonio sopra la sua croce. Quello che colpisce davvero la tridimensionalit dei corpi, che riprendono sfacciatamente le novit padovane di Donatello, costruiti con un gioco di chiaroscuri decisamente in anticipo sui tempi. E in effetti la cultura figurativa di Foppa sembra essere davvero di ascendenza veneta: c memoria non solo dello Squarcione, maestro di Andrea Mantegna, ma anche e soprattutto di Jacopo Bellini e dei suoi disegni, nel monumentale arco che inquadra la scena e nelle teste di antichi imperatori romani. Altra interessante notazione sulluso della prospettiva. Una prospettiva che fa emergere i corpi, in particolare quello del Cristo, che sembra quasi arrivare a toccare la cima dellarco, e che si impone subito agli occhi dello spettatore. Una prospettiva per ritenuta per alcuni anni anche sbagliata, come pu sembrare se si osserva il paesaggio sullo sfondo, ancora bidimensionale e favolistico, di gusto ancora tardogotico, e per il quale si proposto un confronto con il nome di Gentile da Fabriano. In realt la tavola si avvale di una doppia prospettiva, che oltre a creare le diagonali delle croci, ha anche un punto di fuga rialzato, pensato per una visione dal basso da parte del fedele, che avrebbe dovuto meditare, inginocchiato, davanti ai Sacri Misteri. Ecco perch la datazione diventa fondamentale. Anticipando al 1450 lopera, si pu rendere meglio lidea della precocit delle invenzioni foppesche, facendolo rientrare nel clima artistico padovano e non ancora in quello mantegnesco. Foppa fu un grande maestro del Rinascimento lombardo, cosa che si pu vedere anche grazie agli affreschi della Cappella Portinari (1464 - 1468), presso la chiesa di SantEustorgio, attigua al complesso del Museo Diocesano. Vincenzo Foppa. I tre crocifissi, Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95, fino al 2 giugno, orari: mar-dom: 10.00-18.00. La biglietteria chiude alle ore 17.30 Biglietti: marted: 4.00, intero: 8.00 ; r idotto: 5.00

Una App per la Milano di Costantino


Il Museo Diocesano, ideatore della mostra Costantino 313 d.C., insieme a Midapp, col contributo di Regione Lombardia, ha da poco presentato una APP davvero interessante relativa a Costantino e alla Milano del tempo. Basta cercare negli app store di Android o IPhone la dicitura la Milano di Costantino per avere gratuitamente una app ricca di informazioni e contenuti, che permetter un viaggio nel tempo, nel IV sec d.C., per conoscere meglio i luoghi della Milano romana. Milano fu la citt dellEditto di toll eranza, sede imperiale dal 286 d.C. e crocevia di traffici, imperatori ed eserciti. Lapp La Milano di Costantino permette di rivivere, area per area, i luoghi pi significativi della citt antica. Si inizia con una mappa interattiva di Milano, che sovrappone la cartografia attuale (basata su dati Open Street Map) alla pianta delle aree archeologiche del tempo, con la segnalazione di numerosi luoghi dinteresse. Tre sono gli itinerari che si possono percorrere e che permettono di scoprire venticinque luoghi dinteresse, corredati da schede ricche di informazioni, orari di apertura, contatti e approfondimenti. Il primo, dal titolo Milano al tempo di Costantino fa conoscere, attraverso resti archeologici, la Mediolanum romana: il Foro, il teatro, il circo, le terme, il mausoleo imperiale ecc. Con il secondo itinerario, Le basiliche cristiane, si scoprono i primi edifici di culto cristiano eretti dopo lEditto di Milano per volere di Costantino, dei suoi successori e di SantAmbrogio, vescovo di Milano, come San Nazaro, san Simpliciano, il complesso episcopale e altre. Il terzo, Costantino ed Elena nella memoria di Milano, propone un percorso insolito sulle tracce di monumenti e dediche voluti dai cittadini milanesi in ricordo dellimperatore e della sua storia. I contenuti dellapp sono visibili anche off line, senza accesso a internet. Con il GPS invece, camminando per la citt si potranno facilmente localizzare i luoghi dinteresse intorno a s con lindicazione della direzione e della distanza. Un utile aiuto per conoscere Milano antica e integrare meglio i luoghi e i reperti presentati alla mostra di Palazzo Reale, prolungata fino al 24 marzo.

Leonardo e le macchine ricostruite


Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cosera il famoso Leone Meccanico? Perch non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie allinnovativa - e unica nel suo genere - mostra che si appena aperta in una location deccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele. Tutto nasce dallidea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e

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www.arcipelagomilano.org creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attivit, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione. Leonardo3 (L3) parte di un progetto pi ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie allavanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati allopera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dellAutomobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano. Non solo macchine per. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, cos come il Codice del Volo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre pi utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, gi molto rovinati dallusura e dal passare dei secoli. Una mostra che divertir grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D, i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante. Una delle ultime sezioni poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perch Leonardo sbagli di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avr anche la possibilit di leggere i testi di Leonardo invertendo la sua tipica modalit di scrittura inversa (da destra a sinistra). L3 si gi fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in citt e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile. Leonardo3 Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 31 luglio, orari: tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: 12 intero, 11 studenti e riduzioni, 10 gruppi, 9 bambini e ragazzi, 6 gruppi scolastici.

Modigliani, Soutine e la Collezione Netter


Di Modigliani si detto e scritto di tutto. A iniziare dal suo soprannome, Mod, gioco di parole tra il suo cognome e lespressione peintre maudit, il pittore folle. Si sa della sua dipendenza cronica da alcol e droghe, si sa del suo grande amore, leterea Jeanne, si sa della loro tr agica fine. Esponente di rilievo della cosiddetta Scuola di Parigi, Modigliani ha davvero segnato unepoca, pur nella sua breve esistenza, influenzando artisti e generazioni future. Un artista incompreso, come molti altri allinizio della carriera, e che pot sopravvivere soprattutto grazie allaiuto di generosi e lungimiranti mecenati. Dopo Paul Alexandre e Paul Guillaume, entra in gioco un collezionista atipico, schivo e riservato, che aiuter Mod nei suoi anni pi cruciali: Jonas Netter. Industriale ebreo emigrato a Parigi, Netter negli anni riuscir a mettere insieme una straordinaria collezione di opere darte, pi di duemila, scegliendo gli artisti pi promettenti e interessanti, affidandosi al suo gusto personale ma anche a quello di un uomo completamente diverso da lui per stile di vita e carattere, Leopold Zborowski. Polacco, arriva a Parigi nel 1914 insieme alla moglie, per tentare la carriera artistica. La ville lumire lo trasformer invece, a suo dire, in poeta. E in un mercante. Grazie alle conoscenze e alle frequentazioni dei caff e dei locali di Montparnasse, Zborowski conosce e frequenta gli studi degli artisti pi talentuosi, e poveri, che stipendia e compra per Netter, con il quale aveva precisi rapporti commerciali. Un sodalizio lungo pi di un decennio, interrotto in brusco modo nel 1929, e che condurr Netter ad avere 50 dipinti di Modigliani, 86 Soutine e 100 Utrillo. Ed proprio Maurice Utrillo, figlio della ex modella e pittrice Suzanne Valadon, a essere stato il grande amore di Netter. In mostra molti paesaggi, declinati nei diversi periodi e momenti della sua vita. La precoce dipendenza di Utrillo dallalcol non gli ha impedito di lavorare tantissimo, a scopo terapeutico, e di ispirarsi alla pittura impressionista, soprattutto di Pissarro. Netter amava i suoi artisti come dei figli, sostenendoli in ogni modo: pagava stipendi, studi e materiali, pagava anche alcol e cliniche di disintossicazione. Ma in realt la collezione molto variegata. Oltre agli artisti maledetti per eccellenza, Mod e Soutine -con i suoi paesaggi espressionisti e i materici quarti di bue- presenta anche fauve come Derain con le fondamentali Grandi bagnanti del 1908, e de Vlaminck; molte opere di Suzanne Valadon, il neoplasticista Helion, Kisling, Kikoine, Kremegne e altri artisti dellEst- e non soloscappati da una vita di miseria per approdare a Parigi, citt ricca di promesse, di collezionisti e simbolo, con Montmartre, Montparnasse e i loro caff, di una vita bohemien e ribelle. Certo non tutto al livello delle opere di Modigliani, sono presenti anche pittori minori e nomi forse poco conosciuti. Ma daltra parte la coll ezione il frutto del gusto e dellestetica personale di Netter, che ha saputo riunire tutti quegli artisti, diversi per storia, cultura e Paese, e che hanno segnato la storia dellarte europea. Dice il curatore, Marc Restellini: Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualit e i sogni propri a ciascuno di loro. Quegli anni corrispondono a un periodo demancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dellarte. Di Jonas Netter, uomo nellombra, oggi non rimane quasi niente, solo un suo ritratto fatto da Moise Kisling e qualche lettera. La sua eredit pi grande sono senza dubbio le opere darte che oggi, dopo pi di settanta

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www.arcipelagomilano.org anni, tornano a essere esposte insieme per ricreare una delle epoche doro della pittura europea. Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti - Palazzo Reale, fino all8 settembre 2013 - Orari: Luned: 1430 - 19.30. Dal marted alla domenica: 9.30-19.30. Gioved e sabato: 9.30-22.30 - Costo: Intero 9 euro, ridotto 7,50 euro.

I tarocchi dei Bembo. Gusto cortese tra Milano e Cremona


Dopo i tarocchi della collezione Sola Busca, la Pinacoteca di Brera espone un altro prestigioso gioiello, le 48 carte del mazzo braidense, detto Brambilla dal nome della famiglia milanese che lha posseduto nel corso dellOttocento e di buona parte del Novecento. Il mazzo, realizzato dalla bottega cremonese di Bonifacio Bembo tra il 1442 e il 1444 circa per il duca di Milano Filippo Maria Visconti, stato acquistato nel 1971 dallo Stato per la Pinacoteca. Per ragioni conservative legate al materiale costitutivo (cartoncino pressato, rivestito di un sottile strato di gesso, con foglia doro o dargento e coloritura a tempera), i tarocchi non possono essere esposti con continuit. Ecco perch, dopo la breve apparizione alla mostra Oro dai Visconti agli Sforza, tenutasi al Museo Diocesano nel 2011, loccasione preziosa. La mostra, curata da Sandrina Bandera e Marco Tanzi, presenta una scelta di opere che, nel secolo scorso, sono state alla base del recupero critico della stagione del gotico in Lombardia e intende fare il punto sulla produzione artistica della famiglia cremonese dei Bembo, protagonista, tra Lombardia ed Emilia, del delicato passaggio dalla cultura gotica cortese e internazionale, a quella rinascimentale. I fratelli Bembo, attivi alla corte milanese e nelle principali corti padane, attraversano quarantanni di storia del ducato con ruoli da protagonisti: Bonifacio, alla guida della bottega cremonese, il preferito dei duchi di Milano, che gli affidano la conduzione delle pi importanti fabbriche nei centri del loro potere (Milano, Pavia, Cremona, Vigevano, Caravaggio); Ambrogio il suo collaboratore prediletto tra gli anni quaranta e cinquanta. Benedetto, pi giovane, e il presunto Gerolamo sono, invece, i beniamini dei feudatari padani. Stessa famiglia ma influenze e interessi differenti: Bonifacio guarda alla tradizione gotica di Milano e, in parte, di Venezia e si rivolge a Gentile da Fabriano, Masolino e Pisanello registrandone le opere presenti nei territori confinanti con Cremona e in Valpadana, Benedetto precocemente orientato sulla Ferrara di Leonello dEste, tra lo Studiolo di Belfiore, Donatello e Rogier van der Weyden. A contornare i tarocchi dei due mazzi bembeschi presenti in mostra, quello di Brera e quello dellAccademia Carrara di Bergamo, sono esposte alcune significative opere, selezionate per tentare di delineare, alla luce delle pi recenti riflessioni critiche, le scelte espressive dei vari fratelli. Codici disegnati e miniati, tavolette da soffitto e dipinti su tavola e anche, da Cremona, i ritratti dei duchi Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti (1462), affreschi strappati dalla chiesa di SantAgostino, mai usciti dalla citt, e lIncoronazione di Cristo e di Maria. Il tutto per testimoniare la produzione quasi seriale di questa famiglia di artisti. E proprio la bottega (o le botteghe) dei Bembo rappresentano un modello esemplare del fervore culturale che anima, dalla met del Quattrocento, Cremona, scelta nel 1441 per celebrare il matrimonio tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, fondatore della nuova dinastia. Nel segno delle nozze ducali si intrecciano, simbolicamente, i vecchi e i nuovi orizzonti culturali: la tendenza milanese a un visione gotica propriamente internazionale, derivata da Giovannino de Grassi e da Michelino da Besozzo, con uno sguardo pi moderno, aggiornato sulle novit portate dal toscano Masolino, ma anche sulla lezione pi espressiva in arrivo da Padova e Ferrara. In mostra anche un capolavoro eccezionale: i disegni del Lancillotto, che ne fanno un codice-capolavoro della cultura cavalleresca, sempre attribuito alla bottega di Bonifacio Bembo. I tarocchi dei Bembo. Una bottega di pittori dal cuore del Ducato di Milano alle corti padane Pinacoteca di Brera Dal 21 febbraio al 7 aprile Orari 8.30-19.15 da marted a domenica (la biglietteria chiude alle 18.40) Biglietti Intero: 10,00 Ridotto: 7,00

Costantino 313. Il sogno che cambi lEuropa


Per celebrare la nascita del famoso Editto di tolleranza, datato 313 d.C., il Museo Diocesano e la casa editrice Electa, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e sotto lAlto Patronato del Presidente della Repubblica e della Segreteria di Stato del Vaticano, presentano la mostra Costantino 313 d.C. Una grande esposizione celebrativa non solo di quelleditto che di fatto cambi il corso della storia europea, ma anche del ruolo di Milano come citt imperiale e punto di riferimento politico, religioso e culturale. LEditto di Milano fu emanato nel 313 d. C. dallimperatore romano dOccidente Costantino e dal suo omologo dOriente, Licinio, che si incontrarono nel palazzo imperiale milanese e decisero che, da quel momento, il Cristianesimo, culto gi affermato in larghi strati della popolazione dellImpero, dopo secoli di persecuzioni veniva dichiarato lecito, inaugurando cos un periodo di tolleranza religiosa e di grandi rinnovamenti politici e culturali. Dal palazzo imperiale a Palazzo Reale, dunque. La mostra, divisa in sei sezioni, racconta la Milano dellepoca, ricostruendone idealmente spazi e palazzi, luoghi, arte e suppellettili che circolavano non solo nella capitale ma anche in tutto il mondo romano. Con pi di duecento preziosi oggetti darcheologia e darte, vengono indagate tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose: da Milano capitale imperiale, alla conversione di Costantino, con quellaura di leggenda, fino ai simboli del suo trionfo. Attraverso la ricostruzione di Milano, il visitatore potr ritrovarsi nella capitale dellepoca, con tutti gli edifici funzionali a una grande citt: dal Palatium, edificio polifunzionale destinato ad accogliere non solo limperatore ma anche la complessa burocrazia dello Stato, alle grandiose terme erculee, identificabili tra gli odierni Corso Vittorio Emanuele e via Larga, fino alla necropoli

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www.arcipelagomilano.org dellarea di SantEustorgio, senza tralasciare quartieri residenziali e nobiliari. Ma siamo in un momento di transizione, in cui accanto allaffermarsi del Cristianesimo come culto sempre pi importante, persistono ancora diverse religioni nellimpero costantiniano, che ci sono note mediante luso di iconografie pagane in oggetti darte di destinazione uffici ale o privata, e che spesso si mescolano ai simboli e alle immagini cristiane. Oltre ad approfondire la figura di Costantino e della sua famiglia, ampio spazio dato anche a tre istituzioni importanti per la vita pubblica romana: lesercito, la chiesa e la corte imperiale. Cos grandi ritratti ufficiali, monete, medaglie e oggetti quotidiani documentano il nuovo aspetto pubblico e sempre pi presente dellimperatore, della corte, dei grandi funzionari, dellesercito, della Chiesa e dei suoi vescovi, fino ad Ambrogio. Oggetti preziosi e di lusso che testimoniano, con le loro figurazioni, il passaggio graduale che il Cristianesimo compie allinterno della societ, da devozione lecita ma privata a una dimensione pubblica e ufficiale, per arrivare infine a essere lunica religione dellImpero. Gemme e cammei, argenterie, gioielli in oro e fibule auree consentiranno di tracciare un quadro dello splendore che caratterizzava la vita della corte e la nuova devozione verso la Chiesa. Chiude la mostra una grande sezione dedicata a Elena, madre di Costantino, santa e imperatrice. Fu proprio Elena che si rec in Terra Santa e trov, secondo la tradizione, dopo averla riconosciuta, la Vera Croce di Cristo, riportandola in Europa e inserendo nella corona imperiale del figlio uno dei Sacri Chiodi, come protezione e dichiarazione ufficiale della nuova, vera Fede. Imperdibile la bellissima Sant Elena di Cima da Conegliano, proveniente dalla National Gallery di Washington, 1495 c. Sulla conversione di Costantino si scritto molto: fu frutto di una decisione presa per convenienza o il suo spirito era sincero? Il battesimo in punto di morte, il celebre sogno, avvenuto la notte prima della Battaglia di Ponte Milvio, nel 312, in cui si preparava a combattere il suo nemico Massenzio, sono storie ben note. Quel che certo che, da quel momento, inizia a diffondersi liconografia del Krismon, le due iniziali greche di Cristo incrociate tra loro, dapprima sugli scudi dellesercito di Costantino, poi su monili e gioielli, per approdare infine in tutto lImpero. Si diffonde a simbolo di unepoca intera il signum crucis di Costantino. Costantino 313 d.C. Palazzo Reale, fino al 24 marzo 2013 orari: lun 14.30 19.30 mar, mer, ven, dom: 9.30 19.30 giov, sab: 9.30 22.30 ingresso: intero euro 9,00 ridotto euro 7,50 10.00 19.00. Chiuso il marted.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Philip k. Dick Il cerchio del robot
Fanucci editore, roma, 2013 Pp. 295, euro 17,00
Molti scrittori devono corteggiare la morte per diventare famosi. il caso di Philip K. Dick. In vita non ha mai ottenuto lapprezzamento della critica riconosciuto dopo la sua scomparsa, avvenuta a soli 53 anni. Solo allora stato annoverato tra gli autori di culto, grazie anche agli adattamenti cinematografici dei suoi romanzi, come Blade Runner, Minority Report e Total Recall. Ma Philip K. Dick non solo lautore degli i ndimenticabili libri di fantascienza, in cui emerge il suo spiccato talento visionario, e la costruzione di mondi paralleli che si avvale di una architettura sofisticata su cui si sviluppano meditazioni sul senso dellesistenza e la libert dellin-dividuo. Dick, di fronte ai grandi interrogativi delluomo, che febbrilmente lo sconvolgono, si cimenta con opere non di fantascienza, ai tempi scartate dagli editori. Nel 1956, il giovane autore scrive un romanzo di vita contemporanea ambientato a San Francisco. Un inedito che oggi giunge in Italia, senza tagli, grazie alla nota casa editrice Fanucci, con una bella introduzione redatta dal critico Carlo Pagetti, professore dellUniversit Statale di Milano. Il cerchio del robot il ritratto di una coppia in crisi costretta a confrontarsi con le proprie fragilit, sullo sfondo di una California, come Dick se la ricorda da bambino. I protagonisti sono uno speaker radiofonico di nome Jim Briskin e la moglie Pat. Il loro matrimonio stato un errore. In particolare, lo scoprire che Jim non potesse avere figli traumatico per Pat, che sfoga i suoi istinti materni ed erotici con Art, un ragazzo molto pi giovane di lei. Jim non da meno e istaura una relazione con la moglie di Art. Rachel minorenne e aspetta un figlio dal marito. Ma Jim non si scoraggia, anzi disposto a fuggire con lei e ad adottare il bambino. La ricerca di nuove emozioni per evadere da se stessi fallace e genera solo brevi momenti di appagamento per finire in uninevitabile sconfitta. Dick descrive il rapporto tra persone profondamente insoddisfatte, di due generazioni diverse, che costruiscono nuove relazioni sulla reciproca seduzione. Ed emerge una maturit che appare pi carismatica di quello che in realt agli occhi di ragazzi inesperti e una giovent caratterizzata dal vigore, ma anche dalla superficialit e dalla leggerezza. Al culmine dello scambio trasgressivo di esperienze umane, in cui i personaggi si rendono conto dellinadeguatezza del loro linguaggio, cos come dellincapacit di rendere a parole la profondit dei loro desideri, esplode la consapevolezza di aver perso tutto, per avere ancora meno. La sola via di redenzione quella del ritorno a casa, ma non priva di ostacoli, perch ognuno pagher lo scotto dellevasione da una societ ancora fortemente repressiva. Il goffo tentativo del suicidio di Pat imbratta di rosso le pagine del romanzo, in contrasto con le tenebre che avvolgono la citt notturna e il dramma oscuro di ogni uomo che si trova solo con se stesso. Un tema attuale in cui noi e i personaggi dickiani, per sopravvivere, ci aggrappiamo alla speranza per ritrovare le

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certezze tra le macerie di quanto distrutto. (Cristina Bellon)

Mercoled 20 marzo alle ore 18 verr presentato presso Palazzo Sormani il libro di Matteo Collura, Sicilia - La Fabbrica Del Mito, edito da

Longanesi, gi recensito per noi da Paolo Bonaccorsi

SIPARIO rubriche@arcipelagomilano.org La semplicit ingannata


Satira per attrici e pupazze sul lusso desser donne liberamente ispirato al saggio Lo spazio del silenzio di Giovanna Paolin di e con Marta Cuscun assistente alla regia M.Rogante oggetti di scena B.De Vito, disegno luci C.Parrino disegno suono A. Sdrigotti
Friuli, XVI secolo. Aprendo il sipario su un contesto storico e culturale in cui la nascita di una figlia femmina rappresenta di per s una perdita economica, e il mercato matrimoniale segnato dalla costante "inflazione delle doti", lo spettacolo di (e con) Marta Cuscun prende avvio con una simpaticissima "asta delle spose"; fanciulle conservate nella loro integrit fisica e morale (come vasetti di cetriolini sott'aceto) dalle cure attente dei padri, vengono offerte in moglie al miglior partito (quello disposto ad accettare una dote minore) scelto tra parenti pi o meno prossimi (in modo da "far rientrare la dote facendo sposare il fratello della fanciulla con una sorella dello sposo") o nel ricco mercato dei vedovi ("che per, avendo gi fatto esperienza del matrimonio, erano molto attenti all'indole della fanciulla che si mettevano in casa"). Prima alternativa al matrimonio rappresentata dalla "carriera" di cortigiana onesta: unico esempio di donna indipendente, che poteva investire su se stessa e contrattare (se stessa) con gli uomini sul loro stesso piano; libera di una libert (o licenza) "concessa dall'uomo per la propria comodit" ma in qualunque momento revocabile. Seconda alternativa quella del monacato, della sottomissione volontaria all'imposizione di un modello femminile indesiderato ma che le candide spose di Cristo finivano per credere proprio per un'ossimorica "vocazione imposta" dai padri e accettata dai vescovi. Proprio un'esistenza di "assoluta normalit" dietro a "grate di ferro irremovibile" ci che attende la protagonista Angela, novella Gertrude manzoniana, intrappolata nei fili di una tragedia intrecciati verso una lugubre fine, destinata a compiersi con inesorabile puntualit. Il "libro primo" della Semplicit ingannata ricalca dunque le forme di un dramma (attori e assistenti di scena: interesse, frode, ipocrisia, inganno, tradimento) che si conclude con la cerimonia funebre della novizia costretta, con un voto solenne, un giuramento inviolabile di obbedienza, nodo indissolubile da forza umana, in una bara di velo nero, sepolcro di libert. Il "libro secondo" si affaccia all'interno del recinto del monastero di Santa Chiara di Udine, dove le novizie, docili e umili pecorelle nell'ombra del chiostro, con la testa abbassata e la bocca "preferibilmente chiusa", fanno "stridere i denti nelle maledizioni contro i padri che disposero, i vescovi che permisero e coloro che assistettero al sacrificio". Proprio qui suor Mansueta, suor Innocenza, Immacolata, Beata, Teodora e Benedetta, (impersonate dai pupazzi in abiti monacali e dall'aspetto di simpatici corvi su un trespolo, cui l'attrice d magistralmente voce e vita), organizzano una rivolta delle monache, anche se "non sta bene" e anche se "noi donne non siamo fatte per riflettere". "Ma che fare per ribellarsi?" "E proprio all'ora di cena??" "Non saranno i digiuni che danno alla testa?" "Non sar l'orologio biologico che fa urlare al corpo - Sono fatto per dare la vita: liberami!-?" Il monastero delle Clarisse si trasforma in un luogo di salvezza, in cui diviene possibile la creazione di una societ tutta al femminile, basata sulla cultura e capace, (attraverso "mitragliate di idee femminili") di riscrivere la cultura stessa e le regole sociali, sottraendole all'egemonia maschile. Le suore rivoluzionarie divengono "trafficanti di carta stampata non autorizzata" (Vangeli e Bibbie in volgare, trattati di alchimia e astronomia, testi di medicina e matematica, commedie di Plauto, edizioni del Decamerone non "purgate", opere di Paracelso sulla natura del mondo e di un universo infinito e increato), trasformano gabinetti e materassi del convento in veri e propri archivi proibiti e iniziano a riflettere sull'assurdit dell'idea che la vita sia generata da un Dio maschio che partorisce un figlio maschio... molto pi logico supporre che "Dio una donna!". Il fervore culturale del Friuli del Cinquecento travolge anche queste donne (al pari di quelle chiuse tra le mura domestiche) come uno sciame di api di fronte a un paniere di fiori, conquistando loro la stima e il rispetto di tutta la cittadinanza di Udine, che riconosce in esse una guida per la comunit e le difende dalle accuse di eresia mosse dal vicario patriarcale Jacopo Maracco, che vuole processarle. In pieno clima di Controriforma, le Amazzoni della cultura libera e critica, non si lasciano per intimorire dal tentativo di "riformarle" e, sulle note di una colonna musicale degna di "Mezzogiorno di fuoco", affrontano il vicario (che ricalca ironicamente e grottescamente la gestualit del manzoniano don Abbondio sorpreso dai bravi), perch "questo processo non s'ha da fare, n domani, n mai"... Il processo invece si far, a Venezia, di fronte all'inquisitore Francesco Barbaro: le monache, accusate di aver pregato "con le terga rivolte all'altare", di aver tenuto nel monastero due immagini sacre "incrociate" ("Ma ce le hanno date gi cos, con quel povero figliolo gi inchiodato!") e di non essere a conoscenza dell'abolizione del limbo da parte dei vertici del cattolicesimo ("Ma perch, dava fastidio a qualcuno??"), si difenderanno strenuamente esibendo tutto il trito armamentario degli stereotipi femminili, fingendosi "autentiche svampite oche" per "addomesticare gli uomini" e "dare a Cesare quel che di Cesare"... Assolte, le clarisse preserveranno il loro spazio di libera contestazione e di libero pensiero (siamo nel 1560 circa), fino a essere dimenticate e poi sessanta anni dopo) disperse. Il loro ordine verr smembrato dall'autorit costituita e ogni prova o do-

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cumento del loro minaccioso esperimento di societ femminile verr distrutto. Le "pericolose donne" verranno ricondotte nuovamente sotto il giogo della santa obbedienza... Forse. Con intelligenza, ironia, freschezza e profondit, questo spettacolo, d nuova voce alla problematica (spesso trascurata) della condizione femminile attraverso i secoli; celabra il pensiero critico come forma di affermazione di dignit personale, esalta la cultura come strumento di libert capace di oltrepassare qual-

siasi barriera: sia essa una grata di ferro, un velo nero o una cortina di pregiudizi e discriminazione sessuale. Ammirevole inoltre l'indubbia capacit artistica di questa giovane attrice, che riesce a coinvolgere il pubblico incessantemente per 90 minuti di monologo, suscitando emozioni eterogenee, sorrisi e riflessioni. Attraverso la voce di Marta Cuscun prendono vita personaggi "reali", credibili, divertenti per quanto "impegnativi", appartenenti a entrambi gli universi maschile e femminile, rappresentanti di sistemi di

valori contrapposti, di pregiudizi fossilizzati e, dalla parte opposta, di un desiderio di libert destinato a prevalere grazie all'intelligenza, alla forza, alla femminilit in tutte le sue possibili declinazioni. Chiara di Paola Teatro Verdi 15- 24 www.teatrodelburatto.it marzo,

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org La scelta di Barbara


di Christian Petzold [Barbara, Germania, 2012, 105'] con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Christina Hecke
Una donna dagli occhi inerti e svuotati giunge in autobus all'ospedale in cui lavora. Questa donna Barbara Wolf (Nina Hoss), una dottoressa costretta a lavorare in un ospedale di provincia dopo essere stata imprigionata a Berlino. La Germania Est dei primi anni '80 un carcere a cielo aperto e Christian Petzold, regista di La scelta di Barbara, non esita a mostrarci la crudelt e la rudezza delle ispezioni intime a cui erano sottoposti i collaborazionisti come Barbara. Un controllo ossessivo e silenzioso, unito al sospetto reciproco, priva l'individuo di ogni istinto verso l'arte e la bellezza, rendendolo simile all'ingranaggio di un sistema meccanico. Quando perci Andr (Ronald Zehrfeld), capo del reparto ospedaliero in cui lavora la protagonista, manda a casa della donna un accordatore di pianoforte, capiamo che il regista, proprio come il suo connazionale Henkel von Donnersmarck in Le vite degli altri, ha scelto di attribuire all'arte un ruolo liberatorio e salvifico. Il rapporto, ambiguo e turbolento, tra Barbara e Andr fatto di attriti e silenzi ma proprio la tenacia del corteggiamento dell'ostinato medico che contribuisce alla lenta e quasi impercettibile metamorfosi di Barbara. La sceneggiatura povera di dialoghi vuole fare sentire allo spettatore solo il peso di questa realt schiacciante che soffoca e priva lessere umano di ogni residuo di personalit.Andr riesce per a far prevalere in Barbara la responsabilit morale verso i pazienti, soffocando cos ogni desiderio di fuga. La scappatoia individuale e il fidanzato che l'attende a Ovest vengono sacrificati a dispetto dell'impegno di salvare la vita altrui. La drammaticit e la sofferenza della sua scelta ci vengono delicatamente raccontate proprio attraverso i suoi occhi che, guardando noi spettatori e l'attonito Andr, sono ora finalmente vividi e luminosi. Marco Santarpia In sala a Milano: Eliseo, Apollo.

Amour
di Michael Haneke [Francia, Austria e Germania, 2012, 105'] con Emmanuelle Riva, Jean-Louis Trintignant
Spegni, chiede Anne (Emmanuelle Riva, bellissima) al marito Georges (Jean-Louis Trintignant, eccezionale), invitandolo a interrompere Alexandre Tharaud che interpreta Schubert. Loro, Anne e Georges, sono insegnanti di musica in pensione e si godono una vecchiaia semplice, ricca di interessi. Condividono un rapporto resistente, ancora frizzante, a fronte dei molti anni trascorsi luno accanto allaltra. questo il dolce della melodia scritta e diretta da Michael Haneke con Amour [Francia, Austria e Germania, 2012, 105']. Ma quel buon sapore racchiuso nel titolo del film diventa sempre pi brusco a causa del tempo che scorre inesorabile. Lo scorrere costante, cadenzato, prevedibile, ma ogni singolo e minuscolo istante che racchiude in s, e che gli d forma, pu essere fulmineo. Come quel primo segnale di caducit che, allimprovviso, colpisce Anne accompagnandola lentamente verso lictus. Dapprima claudica, sfiorata dalla malattia, poi, aggravandosi, rimane paralizzata e incapace di parlare. Da qui la dedizione di Georges per la moglie: la assiste con delicatezza spesso tollerando momenti insopportabili, onorando appunto quel sentimento damore che da sempre li abbraccia. Haneke porta la telecamera e noi - allinterno della loro abitazione, senza mai uscirne, e riesce a creare uno sguardo che non mostra ma fa sentire. Questa la bravura del regista: racconta lamore e la vecchiaia che corrono legati verso la fine, i corpi che lentamente si straziano e subiscono le intemperie della vita, le parole che non riescono pi a esser pronunciate. Ma non ci sono ospedali, non ci sono corsie, niente grida di dolore. Tutto delicato, semplice come il rapporto dei due amanti.

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www.arcipelagomilano.org A volergli dare unimmagine, Amour sarebbe una melodia. Una sinfonia leggera composta da due note inseparabili: Anne e Georges. La musica che sentiamo nel film, per, ogni volta che parte viene interrotta prima della sua fine. Linterruzione brusca, s, soprattutto quanto tocca una melodia cos orecchiabile, ma sicuramente un gesto damore o almeno il rispetto a una richiesta fatta con il cuore: Spegni. Paolo Schipani Amour stato premiato con la Palma doro al Festival di Cannes nel 2012, con il Premio Oscar al Miglior film straniero e il Golden Globes al Miglior film straniero nel 2013.

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STEFANO BOERI: FUTURO POLITICO http://youtu.be/9ZqyykN7lLM

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