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numero 23 anno V 19 giugno 2013


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Luca Beltrami Gadola CERBA: LE DEBOLI RAGIONI DI VERONESI Massimo Cingolani LA DEMOCRAZIA DOV'? DOVE C' RENZI? Giulia Mattace Raso IL FUTURO DI MILANO: SOLO GIORNO PER GIORNO? Giuseppe Vasta URBANISTICA MILANO: DECOLLO, VOLO E ATTERRAGGIO DEI DIRITTI EDIFICATORI Paolo Zenoni "PATTO PER MILANO" . OGNUNO FACCIA ( PRESTO E BENE) LA PROPRIA PARTE Fabrizio Bottini CHIAMIAMOLA PURE SMART CITY. MA CON GIUDIZIO Elena Grandi MILANO. PER IL VERDE NUOVE REGOLE Valentina Magri POVERA MILANO POVERA Giuseppe Gario ECONOMIA: RITORNO AL FUTURO. SI PU FARE Renzo Riboldazzi CITT BENE COMUNE: QUATTRO LIBRI PER DISCUTERE Franco D'Alfonso VERIT. TRASPARENZA, CORAGGIO: AMMINISTRARE MILANO Roberto Barabino SALVARE LE NOSTRE CITT: LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO VIDEO STEFANO ROLANDO: QUALE BRAND PER MILANO EXPO suggerimento musicale UNA BUONA IDEA canta Nicol Fabi

rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani SIPARIO Emanuele Aldrovandi e Domenico Muscianisi www.arcipelagomilano.org

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CERBA: LE DEBOLI RAGIONI DI VERONESI Luca Beltrami Gadola


Le ragioni addotte dal professor Veronesi a sostegno della realizzazione del Cerba e a supporto delle richieste dei curatori fallimentari di modificare radicalmente gli accordi tra Comune e la societ immobiliare, travolta dal fallimento Ligresti, sono deboli, anzi debolissime. La richiesta realizzazione di un centro commerciale, non previsto in origine, si basa sulla necessit per gli addetti i dipendenti del Cerba e per i famigliari dei degenti di poter fare le loro compere con facilit. Sono previsti 4.000 addetti e poche centinaia di visitatori, un bacino di utenza certamente non sufficiente a garantire il pareggio economico di un centro commerciale di media grandezza, salvo che non si preveda che il bacino di utenza sia molto pi ampio e dunque interessi unarea molto ma molto pi vasta del solo Cerba: ci cui guardano gli operatori coinvolti nello sviluppo di quelle aree e le banche che hanno i beni in garanzia. Lo stesso dicasi per la parte cosiddetta ricettiva, ancora nebulosa e non riferita esplicitamente alle necessit del Cerba. Il tono risentito del professor Veronesi lascia anchesso perplessi: ritiene che vi sia da parte degli amministratori locali e dellopinione pubblica una sorta di ostilit preconcetta: ha ragione, se non unostilit quantomeno una perplessit c. Veronesi, avendo anche fatto il ministro e avendo alle spalle molta politica e frequentato le commissioni governative ho persino io lavorato con lui per il Ministero dellambiente uomo troppo navigato per non sapere che le decisioni dei pubblici amministratori rispondono anche, se non aim soprattutto, allopinione pubblica e ai suoi umori e al comune sentire. In questa vicenda del Cerba le componenti in gioco sono forse troppe: la difesa del verde agricolo come patrimonio collettivo, la pessima opinione che Milano si fatta di Ligresti il proprietario delle aree -, il ruolo delle banche e gli intrecci tra banche e immobiliaristi, la pessima stampa di cui soffre la sanit privata. Parlo dello scandalo del San Raffaele, della Fondazione Maugeri, della clinica Santa Rita, tanto per ricordare i pi recenti. Ma non abbiamo dimenticato Pierr Di Maria, la moglie di Luigi Poggiolini, la signora dal pouf doro. ( A proposito ma chi ha corrotto Poggiolini che fine ha fatto? Non se ne sa nulla.) Abbiamo visto arricchimenti fragorosi nel settore della sanit, tutti dovuti a una accorta gestione degli accreditamenti e delle convenzioni. Tutti sapevano tutto nel settore sanitario ma nessuno fiatava. Le cattive compagnie hanno un prezzo. Curiosamente le poche crescite imprenditoriali nel nostro Paese hanno di solito a che fare con settori legati al pubblico o alle concessioni. Sar un caso. ( Se non ci sono denari pubblici e concessioni leconomia langue, ovviamente). Veniamo alle banche. Quando sono di mezzo, e nellaffare Cerba ci s ono, lultima cosa cui credere la loro altruistica e disinteressata attivit a favore del Paese: forse sbagliato parlare di banche, meglio sarebbe parlare di banchieri e dei loro intrecci, dei loro interessi personali di carriera e di reddito. Questo lo scenario e questo il palcoscenico: i pubblici amministratori si devono muovere con grande cautela e grande attenzione per non correre il rischio di perdere consenso e credibilit. Ancora qualche considerazione. Come ha rilevato lassessore al te rritorio nonch vicesindaco, non ci siamo mai trovati di fronte ad un progetto complessivo e unitario della Regione entro il quale collocare il Cerba, che comunque camper come gli altri operatori privati sugli accreditamenti e le convenzioni. Saremmo curiosi di sapere non tanto dove siano le vantate eccellenze ma dove siano le deficienze, come nelle strutture di pronto soccorso. Vorremmo che prima fossero colmate quelle e poi via, verso lempireo delle eccellenze anche se per pochi. Vorremmo pure che qualcuno ci facesse una proiezione dello stato della salute della popolazione di Milano, della citt metropolitana e della Lombardia da qui a dieci anni, quando il Cerba e la futura Citt della salute saranno attivi e let media della popolazione sar ancora aumentata. Questo e altro vorremmo sapere noi, ma soprattutto vorremmo che lo sapessero i decisori e ci facessero capire che lo sanno. Open data.

LA DEMOCRAZIA DOV? DOVE C' RENZI? Massimo Cingolani


La democrazia parlamentare, in questo paese, sempre pi in crisi, o meglio come se fosse svuotata. Non riesce a rappresentare la societ nel suo complesso e appare assorta in dibattiti distanti dai reali bisogni dei cittadini. Ormai le leggi vengono interpretate attraverso regolamenti emanati dalle Authority. Infatti, c Ivass cio lex Isvap, che vigila sul settore assicurativo, Consob e Banca dItalia per il sistema bancario, Antitrust per regolare quel poco di concorrenza che c nel nostro paese, il Garante della Privacy e LAutorithy per lenergia, che attraverso linterpretazione di norme, che spesso, anzi quasi sempre, sono il recepimento di direttive europee, possono condizionare il mercato e far scomparire o meno aziende e operatori. Nei prossimi anni ne avremo una sui trasporti e unaltra per le fondazioni bancarie. Difatti intervengono prevalentemente sulle regole dei mercati finanziari e non sulla politica industriale, perch quella ormai delocalizzata e, in casi particolari, c sempre la Magistratura per regolarla e indirizzarla. Le forme della democrazia rimangono pienamente in vigore, ma la politica e i governi cedono terreno a favore di elite. Sullindipendenza di alcuni amministratori spesso sono stati avanzati dei dubbi, e, se non si mai fatta una vera legge sul conflitto dinteressi, di tutti, non solo di Berlusconi, ci sar pure una ragione. Lespressione politica di queste dinamiche che ormai destra e sinistra vengono spesso identificate con poteri forti assicurativi, bancari, della grande distribuzione, in cui liberismo o solidarismo sono solo attributi per una politica che sembra pi uno scontro commerciale. Gli esponenti delle aziende diventano consulenti del partito per determinati periodi, mentre i consulenti del partito trovano lavoro come lobbisti nelle aziende (Colin Crouch, Postdemocrazia). Queste dinamiche non sono solo italiane, caratterizzano tutto loccidente. Ma in un paese come il no-

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stro, caratterizzato da una societ civile fragile, possono produrre delle grosse fratture sociali, non solo quella Nord-Sud, ma penso a quella tra vecchie e nuove generazioni, garantiti e non, ecc. Tutto il nostro paese pronto a dividersi e frantumarsi. La sinistra dovrebbe decidere di non rappresentare solo una parte del mondo bancario, assicurativo della grande distruzione, ma cercare di dar voce a quella parte di societ che vuole unopportunit, che vuole, se possibile, esercitare la democrazia. I gruppi dirigenti della politica in generale, sono sempre pi autoreferenziali, virtuali, e in certe aree anche in parte criminali. Anche la sinistra non sfugge a questa tendenza oligarchica. In questi anni, il dibattito allinterno del centrosinistra non ha

mai affrontato, se non in modo formale e non reale, la crisi del Welfare state, la globalizzazione, i bisogni dellindividuo, il merito, per non mettere in discussione parte della sua rappresentanza come: lavoratori dipendenti pubblici e privati, pensionati e parte di quei poteri forti che citavo prima. Unesperienza interessante stata quella arancione, solo tre anni fa sembrava si fosse riaperto il rapporto tra partiti e movimenti, tra la politica e il sociale. Per tali esperimenti si sono esauriti, sono rimasti momenti acefali senza una reale capacit di crescita e ormai sopravvivono solo come buona amministrazione. Poteva essere unoccasione ma ormai credo sia tardi. Di possibilit per ridare speranza c rimasto solo Renzi o meglio il mondo dei Comitati Renzi, che, per co-

me si sono caratterizzati possono essere lopportunit per attuare una trasformazione radicale della partecipazione, allargando la base dintervento del PD e di fatto aprendosi alla societ, facendola crescere. In questo modo avremo una sinistra che mette la persona libera e responsabile al centro delle politiche con una crescita virtuosa di tutto il paese. In alternativa, forse avremo lo stesso una sinistra vittoriosa, magari grazie a un porcellum derogato, ma con un parlamento che potr discutere e dividersi su qualche diritto civile, certamente importante, ma la politica vera, quella che permette a tutti di crescere culturalmente ed economicamente con una reale mobilit sociale, sar fatta da unaltra parte.

IL FUTURO DI MILANO: SOLO GIORNO PER GIORNO? Giulia Mattace Raso


Dovr essere smart, dovr essere metropolitana, sar competitiva con le capitali del mondo globalizzato, sar intelligente e sostenibile e ospiter una eccellenza: il parco tematico figlio dellExpo. Cosa ci sar dentro questo parco? Ditecelo voi. La Milano del futuro ha gi definite molte qualit, ma altrettanto affanno per realizzarle. La visione di lungo respiro della citt ancora una volta non si manifesta, anzi i tempi si fanno sempre pi serrati. LAvviso di manifestazione di interesse sul post-Expo viene lanciato da Arexpo in collaborazione con le Amministrazioni competenti, in particolare i Comuni di Milano e di Rho, ed rivolto al pubblico, inclusi i singoli cittadini, gli studenti, le organizzazioni. Si ha tempo dal 20 giugno al 10 settembre per presentare le proprie idee dal contenuto innovativo che caratterizzeranno il parco tematico e le attrezzature di interesse pubblico o generale previste dallAccordo di Programma Expo. Poi in poco pi di un mese, entro ottobre 2013 il masterplan del dopo Expo dovr essere approvato. I tempi per verificare la fattibilit economica e la sostenibilit finanziaria delle proposte sembrano molto compressi (Dice Sala: il vero tema chi finanzier loperazione). Abbiamo impiegato cinque anni dalla assegnazione di Expo per definire prezzi, cubature indennizzi e quote di propriet di queste aree e ci concediamo una lunga estate calda per immaginarne il futuro. Chiamando a raccolta i giovani, il futuro nelle loro mani si sa, gli studenti, che sono notoriamente in vacanza e chiss forse avranno pi tempo libero. Tutto ci in nome della partecipazione e della condivisione. Ma la partecipazione si costruisce su una proposta, non sullo spontaneismo. Non si capisce bene chi gioca il ruolo del committente, che la prima parte in causa del processo progettuale: lAmministrazione ha abdicato? Ancora una volta il Consiglio Comunale viene scavalcato: evidentemente non considerato sufficientemente rappresentativo delle istanze delle citt. Si da per scontato che gli eletti con i partiti abbiano poco a che fare, e che questi in definitiva si siano risolti a fare da agenzie del consenso, senza capacit di elaborazione politica: collettore s, ma di voti e non di visioni. Ne siamo cos sicuri? E soprattutto quale sar il luogo della sintesi in caso di proposte le pi disparate? A quanto pare limminente scadenza rende tutto "strada obbligata", va cos di questi tempi, ma quello che emerge dalle parole di Stefano Rolando, nella video intervista oggi on line su ArcipelagoMilano, a proposito del brand Milano in funzione di Expo la stessa incapacit di concentrarsi per esprimere un racconto di s e della incostanza della volont politica di costruirlo. Eppure stiamo per giocarci la faccia e il buon nome: Milano glocal city, citt locale e globale, con Expo sar ancor pi sotto i riflettori. Fino a dove arriva il nostro grado di consapevolezza? Piero Bassetti nella sua perlustrazione per una Rete Consultiva per Milano Glocal City ha riscontrato che dal punto di vista della rappresentazione, di Milano colpisce la mancanza di un discorso in grado di rappresentare e di interagire con le diverse componenti del tessuto sociale milanese in unottica di appartenenza s plurale ma allo stesso tempo inclusiva. Una mancanza di sintesi, di una visione che dalla polifonia della realt milanese sappia trarre un contrappunto melodico. Ed in questi termini che si avanzata la proposta di Milano glocal city come laboratorio di incontro, anzitutto con le molteplici anime, culturali e sociali, che la innervano.. Sapremo finalmente abitare questa nuova dimensione per agire il futuro della citt?

URBANISTICA MILANO: DECOLLO, VOLO E ATTERRAGGIO DEI DIRITTI EDIFICATORI Giuseppe Vasta

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Nei giorni scorsi la Giunta Comunale con la delibera n. 890 ha aggiunto un importante tassello attuativo al meccanismo di trasferimento dei diritti edificatori delineato dal PGT. Si tratta di un meccanismo sul quale da pi parti sono stati sollevati dubbi e obiezioni; le scelte principali sono gi state prese nel PGT e non nella delibera di Giunta; con questa per che se ne dispiegano gli effetti e per questo forse occasione di parlarne. Si notano comunque alcuni aspetti non del tutto positivi della delibera di Giunta: in PGT era prevista la valutazione da parte del Comune della congruit delle aree da cedere, ma questo aspetto sparito; sarebbe stata utile una precisazione sulle modalit di calcolo dei limiti di densit territoriale (si applicano anche al terreno di origine? Ma allora le densit fondiarie sono infinite, a meno dei labili limiti architettonici al momento stabiliti). Cosa avverr dei diritti trasferiti una volta che le regole edilizie e urbanistiche (come normale che sia) dovessero cambiare? Almeno da un punto di vista discorsivo il tema andava affrontato. La tempistica: fra tutte i provvedimenti attuativi del PGT, proprio questo quello pi urgente? Non trovano il tempo e il modo ad esempio di aggiornare gli oneri o le monetizzazioni, ma il trasferimento dei diritti volumetrici stranamente una priorit. Sui possibili effetti poi di questo meccanismo, c da essere abbastanza pessimisti. Innanzitutto questo un mercato dove i diritti in offerta sono molti, le aree per riceverle sono poche. C da dubitare sulla forza contrattuale della parte venditrice o che il valore dei diritti ceduti possa crescere grazie a questo meccanismo. E visto che maggiore il differenziale fra il valore della zona di origine e quello della zona di destinazione, maggiore il guadagno, il trasferimento ideale fra unarea sfigata (in periferia, dietro la tangenziale, degradata) e una di pregio (centrale, ben servita). Quello che avverr quindi pi verosimilmente che i proprietari di pacchetti immobiliari variegati potranno trasferire slp dalle posizioni

pi svantaggiose a quelle centrali realizzando significative plusvalenze al di l di ogni aspetto attuativo (e senza neanche essere tassati, se ricorreranno a conferimenti o ad apporti). Operazioni di questo genere, di pura finanza immobiliare, attireranno verosimilmente il credito ben pi di progetti di sviluppo. Chi mai finanzierebbe progetti "veri" che rendano il 7-8% all'anno, quando con il trasferimento di slp si realizza il 1000% in qualche giorno? (300 euro = valore verosimile di un mq di slp teorica in periferia; 3.000 euro = il valore dello stesso mq in centro). Le risorse finanziarie disponibili rischiano di essere risucchiate in meccanismi del genere, anzich in progetti veri, con buona pace dei costruttori che si aspettano (poveretti!) che il PGT rilanci l'edilizia. Ma poniamo invece che gli interventi in zona centrali si realizzino tutti. Il presupposto (sbagliato, tipico ragionamento da avvocati) che trattandosi di aree urbanizzate, siano in grado di assorbire qualunque nuovo carico urbanistico. Non cos: basta vedere ad esempio l'incremento della domanda di parcheggi nelle aree dove con la legge sui sottotetti tutte le case sono state rialzate di un piano (nel presupposto che esistesse gi l'urbanizzazione primaria: s, certo, ma i parcheggi cosa sono?) e visto che poi il problema si poneva, ecco che sono corsi a costruire parcheggi sotto i giardinetti, con i bei risultati che si conoscono. E anche per gli asili nido o le attrezzature sportive o il trasporto pubblico o altro ancora cos. E in periferia, cosa succeder? Ai reliquati privi di capacit di produrre reddito, ma ceduti a una amministrazione che non sa che farsene, o non ha soldi per sistemarli; o addirittura non ceduti (basta che non siano pertinenze indirette)? Si tratta di aree verosimilmente destinate all'abbandono, anche qui magari qualcosa la Giunta poteva dirla. Abbandonate, certo, fino a quando magari qualcuno non penser di pompare nuovi diritti edificatori per rivitalizzarle. Perch questo il bello del trasferimento dei diritti edificatori: che si potranno magari aggiungere, ma togliere mai. Parados-

salmente infatti una previsione non attuata si pu rivedere, un diritto trasferito diventa, se capisco bene gli orientamenti giurisprudenziali e le recenti modifiche del codice civile, una sorta di diritto reale. E quindi in un mondo dove tutto incerto e modificabile, dotazioni di servizi, salvaguardia dei beni non tutelati, oneri e opere pubbliche, solo la rendita in questo modo viene me ssa in cassaforte per sempre: una bella rivoluzione culturale, quella portata a termine dalla Giunta Pisapia. Esattamente il contrario tra laltro di quello che per anni ci hanno raccontato sulla L.R. 12: che i diritti diventavano non conformativi, eccetera; invece sono diventati eterni. Certo qualcuno ne avr un vantaggio buon per loro ma come tutto ci possa essere utile alla citt francamente si fa fatica a capire (beninteso, non che assoggettare i diritti edificatori ai capricci degli amministratori di turno sia una bella cosa un po di certezza ci vuole. Ma almeno in modo equo su tutti gli aspetti di un progetto urbano discrezionale, quale pur sempre un PGT). In realt non c stata una seria valutazione su cosa potr succedere, la VAS del PGT (per non parlare del cosiddetto Piano dei Servizi) da questo punto di vista del tutto generica e approssimativa, priva di valutazioni puntuali. E quindi, se un giorno ci si accorger (come abbastanza probabile) che il meccanismo non funziona, o che la citt non in grado di sostenere leccessiva edificabilit riconosciuta, c il rischio che non si possa tornare indietro, i diritti volumetrici sono trasferiti e basta. In una situazione come questa, dare il via alle danze sembra abbastanza da incoscienti. Si poteva fare qualcosa per limitare i possibili rischi messi in luce? Certo, si poteva ad esempio associare il perfezionamento del trasferimento dei diritti alla presenza di un titolo abilitativo (o si realizzano o decadono). Oppure stabilire criteri di connessione fra le aree di origine e quelle di destinazione. Ma la priorit stata unaltra.

PATTO PER MILANO: OGNUNO FACCIA (PRESTO E BENE) LA PROPRIA PARTE Paolo Zenoni*

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www.arcipelagomilano.org bilancio fuori controllo!, si grida dalla tolda della nave: e subito appaiono le immagini di Schettino, del Giglio, del gigante del mare ferito a morte. Insomma, lItalia delle foto e dei titoli dei giornali. Nella volont dei titolisti, infatti, Bilancio fuori controllo significa che lAmministrazione non sa controllare il bilancio, come Schettino non seppe condurre la nave; il pensiero espresso, alludiamo alle recenti dichiarazioni di Franco DAlfonso, , invece, che il quadro politico - normativo attuale non le consente di farlo, la differenza notevole - ma i giornali hanno sempre giocato sulla differenziazione tra titolo e contenuto dellarticolo! Lo stanno facendo forse troppo con lAssessore al Commercio del Comune di Milano: da un caso DAlfonso, sollevato per la denuncia della solitudine della Giunta e per lespressione di una opinione sul suo scollamento dal Consiglio (realt fisiologica nelle Amministrazioni Comunali da venti anni a questa parte), subito prefigurato come ulteriore episodio della saga dei tradimenti e delle lotte intestine di questa maggioranza ( ci dica DAlfonso se fa ancora parte di questa maggioranza! sic!), si passa ora al bilancio fuori controllo, che nellimmaginario collettivo della sin istra unanimista suona certamente come una ammissione di impotenza politica o addirittura come un cambio di campo. In realt lunico soggetto nei co nfronti del quale DAlfonso dichiara il suo disaccordo Mario Monti; non il Sindaco Pisapia o lAssessore al Bilancio o il PD milanese o lesperienza arancione! Purtroppo, nelle reazioni che seguono le rare esternazioni di qualche Amministratore, spesso incorniciate dal silenzio tartufesco di tutti gli altri, lepisodio rischia di contribuire a complicare una situazione gi complessa. Ma DAlfonso non chiede lintervento di difensori dufficio, quanto di entrare

nel merito del dibattito da lui sollecitato. Per partire dalle origini, concordiamo con Marco Vitale sulla mancata esplicitazione di unidea di citt da parte di questa maggioranza e non dicendo che AreaC funziona che si fornisce questa idea di citt: lo si fa, invece, parlando del patto per Milano, in cui si prefigura un rinnovato contratto sociale tra pubblico e privato; ma perch questo patto per Milano non risulti una sterile formula alchemica o un artificio di marketing politico, bisogna che ognuno, nel proprio campo, ci metta del suo, in termini di idee, lavoro, energie, competenze. Per chi lavora nellambito delle attivit culturali risulta evidente che lEnte Pubblico non pu pi esercitare il ruolo di committente e finanziatore unico delle iniziative; occorrono, e non una novit, anche i privati. Resta il fatto, per, che chi si formato alla scuola del pensiero e dellazione di Paolo Grassi (tutta la generazione di teatranti che oggi lavora con funzioni di responsabilit nellambito milanese da Carlo Fontana a Sergio Escobar, da Fiorenzo Grassi ad Andre Ruth Shammah, da chi scrive a molti altri) non ha scelto questo mestiere in particolare per misurare la propria capacit di vendere idee teatrali allimprenditoria cittadina. Lidea della cultura come pubblico servizio rimane centrale, pur se con differenti sfumature, nella nostra generazione. Non sono abbastanza radicate, cio, dal punto di vista tecnico e culturale, la vocazione e la capacit del teatro di stare sul mercato del finanziamento privato. La necessit pertanto, anche nellattesa di avvicendamenti generazionali ed endogene evoluzioni culturali, quella di immaginare un soggetto giuridico (che operi sotto il controllo pubblico e nel suo specifico interesse) in grado di riunire le energie economiche private della citt, funzione che i

teatranti, spesso, o non sanno interpretare o interpretano esclusivamente nel proprio specifico e privatissimo interesse di bottega, non rendendo di conseguenza un servizio culturale complessivo a Milano. Si valuti, inoltre, che tuttora lEnte Pubblico entra in difficolt tecnica allorch debba contabilizzare delle sponsorizzazioni private (nella sostanza, delle entrate non presenti nel suo bilancio di previsione) a sostegno delle proprie attivit, questo per confermare linadeguatezza di quel quadro politico - normativo cui lAssessore fa riferimento. Si pensa, quindi, nel disegno di un patto per Milano nellambito delle attivit culturali, alla creazione di un soggetto in grado di assolvere a una funzione politica, quella di interpretare la domanda di cultura (teatrale e non solo) proveniente dalla collettivit e organizzarne la risposta (quale altra , se no, la funzione delle Amministrazioni locali?!), quindi in grado di esprimere un disegno complessivo di attivit nellinteresse della citt, grazie allapporto degli operatori culturali cittadini e di sostenerlo politicamente presso limprenditoria interessata. un primo argomento di settore, tra laltro non originalissimo, perch i Sindaci di sinistra di questa citt lo praticarono fino a tutti gli anni Settanta, con gli strumenti, gli Enti e le persone che ricordiamo. Dopo non pi. A meno che, sospetto difficile da abbandonare, il problema non sia proprio qui: nel fatto che, in generale e aprioristicamente, quella sinistra non abbia pi diritto di cittadinanza e Emilio Caldara (e anche Franco DAlfonso e altri con loro) siano ineluttabilmente unti dal medesimo e inemendabile peccato originale!

*Docente di Discipline dello Spettacolo, Universit degli Studi di Milano Bicocca

CHIAMIAMOLA PURE SMART CITY. MA CON GIUDIZIO Fabrizio Bottini


Come tutte le semplificazioni di moda, anche la cosiddetta (laggettivo cosiddetto qui rigidamente dobbligo) Smart City si presta a varie interpretazioni, tutte adattabili allampio contenitore del nome, ma che spesso e volentieri si sbilanciano in una sola direzione, al punto da coincidere con una sola applicazione tecnologica attorno alla quale poi gira tutto il resto. Certo nessuno nega che introdurre innovazioni non sia un modo smart di affrontare problemi, n che le tecnologie facciano sempre bene alle citt, che anzi nasce proprio come concentrato di tecnologie, distinta dalla campagna dove esse comunque applicate in modo pi diluito sul territorio. Per restare allevento milanese del 2015, basta unocchiata al filmato di presentazione della Smart City Expo per cogliere la centralit della piattaforma tecnologica, in sostanza tutto ci che consente un rapporto complesso e interattivo con la citt, specie col quartiere espositivo. Vediamo una bella ragazza che arriva a Milano, sfrutta al meglio i servizi offerti dalle tecnologie di comunicazione per organizzarsi, raggiungere il quartiere dellevento, e poi fruire di varie possibilit. Il che coinvolge

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www.arcipelagomilano.org anche aspetti esterni alla rete hightech, che funge da interfaccia tra city user e citt fisica: ma tali aspetti rimangono sullo sfondo, o sullo schermo del terminale personale. Insomma pi grande e complesso quanto sta fuori, da questo tipo di smart city, di quanto non ci stia dentro. Da qualche parte bisogna pur cominciare, e piuttosto che niente meglio piuttosto, come dice ladagio popolare. Ma da dove meglio cominciare? Anche da unidea integrata molto piccola come la gestione intelligente della sosta possono svilupparsi in fretta tentacoli in grado di coinvolgere la citt nel suo insieme. Appare chiaro per il bisogno di un approccio ampio gi in partenza, soprattutto non limitato (negli investimenti e nelle speranze) a piattaforme high-tech e relativa organizzazione. Si devono coinvolgere, mettendoli al centro, aspetti sociali, ambientali, economici, politici. Perch assai poco smart avere un computer nel taschino, se lo si usa per giochetti autoreferenziali. Il criterio dipende naturalmente dai contesti, dalle risorse, dalla discrezionalit delle scelte di chi promuove, finanzia, gestisce. Ma esistono misuratori elaborati per costruire ratings unitari di esperienze diverse, in cui si cerca di andare oltre la sommatoria aritmetica dei punteggi di settore, per considerare la citt come spazio fisico e sociale integrato, dove le eccellenze possono anche ridursi a poca cosa se non organicamente collegate a tutto il resto. Nellesperienza smart della signora in visita allExpo mancano completamente dei ratti a cui pestare la coda, poi inciampare e cadere a terra sfasciando il tablet. Niente di sorprendente, ma pu sorprendere che non si sappia nulla del perch quei ratti sono esclusi dalla sceneggiatura. Perch la smart city non si immischia con faccende di gestione ambientale? Oppure perch la trafila della rete integrata riguarda solo gli aspetti privati, escludendo la pubblica amministrazione? Non possiamo saperlo se non ci dotiamo di un criterio di valutazione, come quello di Boyd Cohen che per Fast Company ha fatto una graduatoria di citt classificandone i progressi verso la smart city. Ne emerge un quadro diverso da quanto ci si immagina distinto: in cui entrano le classiche reti high-tech, magari accoppiate alla sostenibilit energetica e ambientale, oppure agli investimenti in ricerca e sviluppo. Ma c di pi: sono aspetti molto terra-terra a fare la parte del leone. Una societ giusta e inclusiva molto smart, un eccellente livello di abitabilit dei quartieri pure, trasporti accessibili a tutti, non inquinanti, valgono pi di tutti gli schermi ammiccanti del mondo. I gingilli simbolo della nostra epoca post-meccanica iniziano ad avere un ruolo importante quando sono parte integrante del resto: non conta lo schermo ma la qualit reale di ci che virtualmente mostra. Del resto, se sulla parola smart si possono anche organizzare migliaia di convegni da venditori professionisti che interpretano e ritagliano il termine su misura alle proprie esigenze, sulla parola city c molto meno spazio di manovra, perch tutti almeno in sede locale la sanno declinare benissimo dal punto di vista materiale. E un ambiente poco smart, o una societ ingiusta e diseguale, o unamministrazione lontana dalla vita quotidiana dei cittadini, saltano allocchio, e non basta allontanarli dallo sfondo dei filmati pubblicitari, o dalle informazioni degli sponsor tecnologici. Ma la cosa pi importante lidea di citt come un tutto unico interdipendente: la si pu intuire nellimmagine sinottica proposta dalla Ruota della Smart City allegata allarticolo di Boyd Cohen sul sito di Fast Company. E poi magari provare a valutare in modo sistematico con quel criterio di massima il filmato della Smart City Expo. Ne esce diciamo cos cos: si pu fare molto meglio.

MILANO. PER IL VERDE NUOVE REGOLE Elena Grandi*


Milano ha una superficie di 182 milioni di metri quadrati; di questi, quasi 50 milioni sono a verde; di questi, la met sono terreni agricoli: perci non fruibili dalla cittadinanza. Rimangono quindi circa 25 milioni di metri quadrati di verde, parchi, giardini, aiuole, filari alberati, ecc., che compongono il patrimonio pubblico del verde urbano, la cui cura di esclusiva pertinenza del Comune: che da anni affida lincarico a una societ esterna (o meglio, a un consorzio di societ esterne) che, a seguito di un bando di gara emesso con cadenza triennale, si aggiudica lappalto di servizio globale per la manutenzione programmata delle aree a verde pubblico. evidente, tenuto conto dei numeri appena citati, della vastit delle aree, delle differenze tra i vari tipi di verde urbano, che la manutenzione del verde cosa complessa e molto articolata, che richiede interventi di ogni genere: dallo sfalcio dei prati, alla semina di nuove essenze; dalla cura delle aiuole, alla potatura degli alberi; dalla messa a dimora di nuovi alberi, allabbattimento di quelli morti o malati; dalla manutenzione degli impianti dirrigazione, a quella delle aree cani o delle aree gioco; dagli interventi nei giardini scolastici, a quelli nei parchi monumentali. Lelenco, oggi minuziosamente descritto nel capitolato del bando di gara suddetto, potrebbe continuare a lungo, ma gi questo sufficiente a rappresentare una realt per nulla semplice e per la quale il Comune da sempre spende energie, impegno e non poco denaro. Io credo che questo impegno debba, e possa, essere accresciuto: la sostenibilit di una citt fortemente determinata dalla qualit del suo verde urbano e dalla possibilit che i cittadini hanno di goderne al meglio, di condividerlo, di apprezzarne la cura, di percepirlo come paesaggio determinate, alternativo e complementare allurbanizzazione. In definitiva: bisogner creare un nuovo regolamento comunale duso del verde, che sostituisca quello vigente, talmente scarno e generico da avere reso necessaria la stesura di un capitolato dappalto molto minuzioso e circostanziato, per rimediare appunto alle carenze dellattuale regolamento. La tendenza dovr quindi essere invertita, affinch Milano possa disporre, al pari di altre citt pi efficienti e virtuose in questo senso (a monte dei capitolati dappalto, che dovranno divenire strumenti leggeri che facciano riferimento a una normativa chiara e definita), di un regolamento duso del verde che non lasci spazio a interpretazioni, che entri nel merito di ogni intervento e di ogni scelta, che consenta allAmministrazione Pubblica di prendere provvedimenti efficaci l dove la societ appaltatrice dei servizi di manutenzione dovesse rivelarsi in qualche modo inefficiente; che permetta un maggiore controllo sulle spese sia per la manutenzione ordinaria, che (soprattutto) per quella straordinaria; che, infine, ricomprenda al suo interno una precisa

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www.arcipelagomilano.org normativa anche per il verde privato, a oggi lasciato quasi del tutto alle iniziative dei singoli proprietari, e per questo non tanto seguito e tutelato. A questo proposito lAmministrazione Comunale, la nuova Assessora al Verde (Chiara Bisconti, che di questo argomento ha parlato in occasione del recente convegno sullattuazione dei 5 referendum sullambiente) e i Consigli di Zona, sono in tutto concordi: il progetto di una riforma sostanziale del nostro regolamento duso del verde si sta avviando a divenire una bella e nuova realt. Abbiamo meno di un anno di tempo (a giugno del 2014 scadr infatti lattuale appalto di Global Service) per dare vita a tale progetto: e per farlo dovremo prendere ispirazione da chi pi avanti di noi. Penso, ad esempio, al regolamento della citt di Torino (lungo 150 pagine e corredato di molte schede tecniche chiare ed esaustive, contro le 7 pagine del nostro attuale regolamento), che dimostra come e quanto si possa e si debba fare non solo per tutelare il patrimonio a verde delle nostre citt ma per implementarlo, sviluppando al contempo una nuova cultura del paesaggio urbano, senza con questo tralasciare ogni possibile apporto tecnico e scientifico. Al momento ben pochi sono gli strumenti dellAmministrazione per risolvere le tante (e inevitabili) criticit che quotidianamente si presentano ai tecnici, ai funzionari del Comune e ai rappresentanti politici delle Istituzioni: basti pensare a con quanta fatica si cerca di risolvere le situazioni pi critiche che quotidianamente vengono denunciate dai cittadini milanesi. Penso alle segnalazioni per le potature dissennate di alberi le cui radici non potranno che risentire della troppo intensa privazione di rami e foglie; o per leccessivo sviluppo di rami specie nei pressi di case e finestre; o per la scarsa manutenzione di aree allinterno dei grandi parchi; o per lincuria di aiuole o dei parterre dei viali alberati; o, ancora, per la mole di lavoro che richiedono le aiuole fiorite i cui fiori (caduchi) necessitano di frequenti e costose sostituzioni; o per lingiustificato (a volte) abbattimento di alberi che vengono poi sostituiti con nuove piante spesso destinate a una fine prematura: tutto ci il segnale che Milano merita e si aspetta di meglio e di pi. Per fare solo qualche esempio, si potrebbero modificare la gran parte delle rotonde fiorite sostituendo le piante stagionali attualmente l messe a dimora, con altre rifiorenti o perenni; analizzare con maggiore attenzione quali alberi siano adatti a un determinato terreno o area (viali, strade di medio calibro, parchi, piccoli giardini); intervenire con maggiore tempestivit sugli alberi malati e su quelli di recente piantumazione; incentivare liniziativa privata, non solo nel senso delle sponsorizzazioni - ottimo sistema per sgravare di qualche spesa lAmministrazione, tanto pi in tempi di crisi -, quanto in quello dellintervento diretto dei cittadini nella cura del verde; assegnare ai Consigli di Zona, pi facilmente in grado di conoscere le criticit del loro territorio, non solo deleghe e poteri decisionali, ma parte dei fondi per le manutenzioni straordinarie, che in tal modo sarebbero impiegati con finalit precise, condivise e partecipate. In assoluta trasparenza.

*Presidente commissione Verde Ambiente e Demanio Consiglio di Zona 1

MILANO UNA CITT POVERA DI CITTADINI POVERI Valentina Magri


Uno spettro si aggira per Milano: lo spettro della povert. A dirlo non un redivivo Karl Marx, ma i risultati di due indagini di questanno: una della Fondazione Zancan e una della Fondazione Rodolfo Debenedetti, dellUniversit Bocconi e del Comune di Milano, presentati fra marzo e aprile 2013. Lo studio della Fondazione Zancan, presentato il 6 marzo scorso nel corso del dibattito In bilico tra povert e benessere organizzato dalla Cisl Lombardia, certifica che in Lombardia il 4,2% delle famiglie residenti versa in condizioni di povert. A Milano, tra il 2008 e il 2011 il Comune ha stanziato circa 385 milioni per aiutare i suoi cittadini disagiati con: pensioni, assegni sociali, invalidit civili, fondo affitti, buoni famiglia a sostegno delle famiglie numerose (con almeno tre figli) o che pagano la retta di un familiare anziano o disabile. I ricercatori della Fondazione sono per convinti che queste cospicue risorse possano essere stanziate in modo pi efficiente, ad esempio evitando sovrapposizioni fra diversi livelli istituzionali, riconsiderando i requisiti di accesso e integrando il denaro con altri servizi pubblici. Vi sono povert cos gravi da non permettere pi di dimorare nella propria casa. Restando cos senza un tetto dove vivere. Secondo il censimento racCONTAMI, presentato il 17 aprile 2013 in Universit Bocconi e condotto da Fondazione Rodolfo Debenedetti, Universit Bocconi e Comune di Milano, i senzatetto di Milano sono 2.616: in aumento del 70% rispetto a una rilevazione simile del 2008, prima della Grande Recessione. Da segnalare che i senzatetto conteggiati non includono gli abitanti di case abusive, aree dismesse, campi Rom, vagoni e scali ferroviari. anche per questo che il numero rilevato dallindagine differisce da quello conteggiato da Istat, Caritas e Ministero dellInterno nel 2011 (13.000). Un'altra spiegazione il diverso metodo di conteggio: racCONTAMI una point-in-time survey, per cui il censimento avvenuto in un unico periodo (per la cronaca: la notte dell11 marzo 2013); lIstat invece ha distribuito questionari a un campione rappresentativo di 5.000 persone e poi ha effettuato delle proiezioni a livello nazionale. Secondo racCONTAMI, il senzatetto-tipo di sesso maschile (91%), ha unet media di 41 anni e 2 mesi, straniero (83%), ha un livello di istruzione simile al resto della popolazione italiana, eccetto che per il maggior numero di persone che non sono mai andate a scuola, stato malato nellultimo mese (60%), vive in media con 150 euro al mese e oltre il 60% ha perso la casa dopo aver perso il lavoro o per colpa delle relazioni familiari andate male. Da tempo si parla infatti dei padri separati o divorziati costretti a chiedere un pasto alle mense dei poveri. Cala il numero di senzatetto che lavorano: fermo al 10,2% (contro il 30% del 2008), ma purtroppo il 70,4% di loro svolge un lavoro in nero. Tre i dati positivi: tre quarti dei senzatetto cercano attivamente un impiego, la percentuale di coloro che abitano in strada diminuita dal 26 al 20% e sono aumentati coloro che trovano posto nei dormitori (l80% dei senzatetto, mentre nel 2008 erano il 76%). Il presidente della Casa della Carit Don Virginio Colme-

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www.arcipelagomilano.org gna, che ha assistito alla presentazione dei dati, ha ammonito che: lemergenza deve far scattare la domanda di uscita dallemergenza. Altrimenti, si rischia la cronicizzazione del fenomeno dei senzatetto. Per uscirne, ci vogliono oltre alle politiche passive (lassistenza), quelle attive (di prevenzione). Ma se i milanesi si stanno impoverendo, il Comune non se la passa certo meglio. Palazzo Marino sta deliberando infatti dei tagli per far quadrare il bilancio. Come quelli alla Casa della Carit di Don Colmegna, che paventa addirittura il rischio chiusura se la Curia e il Comune non riprenderanno a erogare fondi: almeno 8 euro per ogni ospite fisso, per un totale di circa 400mila euro lanno. Altri tagli di Palazzo Marino riguardano il sostegno ai disabili, con una riduzione del buono sociale per il mantenimento a domicilio e gli interventi socio-educativi da 1.000 a 700 euro a bimestre. La scure dei tagli si abbatte anche sugli anziani: nel bimestre maggio-giugno sar erogato solo met dellassegno per gli ultrasessantenni milanesi percettori di un reddito inferiore al minimo vitale di 495,43 euro e si prevedono anche tagli alle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali). Infatti, ogni anziano ricoverato costa circa 16mila euro lanno e i dati demografici ci dicono che a Milano risiedono 94mila ultraottantenni, di cui circa 40mila non sono pi autosufficienti. Per contenere i tagli, lAssessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino chiede a gran voce altri 40 milioni a Palazzo Marino e una riflessione comune con lo Stato e la Regione Lombardia per affrontare al pi presto le questioni. Pena: allesplosione della crisi potrebbe affiancarsi anche quella della bomba (demografica) a orologeria milanese.

ECONOMIA: RITORNO AL FUTURO. SI PU FARE Giuseppe Gario


Di nuovo in una selva oscura, per orientarci dobbiamo guardare non a destra o sinistra, in alto o basso, bens fuori. Lo abbiamo fatto ispirandoci alla Costituzione di Weimar, migliorata, e al mondo libero, migliorato dal progetto di una Europa unita. Con risultati a suo tempo miracolosi. Daniel Pinto cofondatore e presidente-direttore generale di Stanhope Capital, uno dei principali gruppi indipendenti di gestione e consulenza azionaria in Europa. Ha fondato New City Initiative, un think tank per riportare la finanza a servizio delleconomia reale. Jean Pis ani-Ferry economista e direttore del think tank europeo Bruegel. Da fuori, hanno qualcosa da dirci. Pinto (Le choc des capitalismes, Odile Jacob, Paris 2013) dice che la nostra crisi industriale stata accelerata dalla crisi finanziaria del 2007, ma nata dalla stessa mentalit. Le nostre imprese non sanno pi costruire il futuro con visioni, progetti e investimenti di lungo termine, perch da troppo tempo sono vacche da mungere (cash cows, in gergo) a beneficio di investitori istituzionali (fondi pensioni, assicurazioni e, peggio, hedge funds e fondi di trading) subentrati agli imprenditori veri che nellazienda mettono faccia e soldi. Lopportunismo non innova n progetta, non fa impresa. Tipicamente imprenditoriale, lazienda familiare quasi scomparsa in occidente, mentre a est e sud imprenditori-proprietari governano grandi gruppi audaci e soprattutto pazienti, sul modello che fu la nostra gloria. Guidati non dai risultati trimestrali, ma dalla volont di costruire il futuro in modo determinato e premeditato, si chiedono solo come diventare leader di settore in cinque o dieci anni, orizzonte oggi inesistente in occidente, nelle imprese e ancor pi in politica, dimentichi che determinanti sono le qualit umane e le sinergie manageriali e culturali, come sanno invece le imprese indiane e cinesi. A parit di capacit intellettuali e manageriali, imprenditori e famiglie legano i loro destini alle aziende: personalmente molto coinvolti, creano un senso di continuit importante per dipendenti, clienti, fornitori; licenziano molto meno dei concorrenti quotati non familiari, perch sono pi liberi di ridurre i loro margini in periodi di crisi. In Germania, nel 2008, la disoccupazione si fermata all8,1% perch le imprese familiari ancora dominanti hanno ridotto temporaneamente margini e dividendi, aumentando lealt e produttivit di dipendenti, clienti e fornitori, molto vicini a gruppi familiari sviluppati su relazioni tessute nei decenni, ecosistemi in grado di affrontare le crisi con pi flessibilit e serenit. La capacit di assumere rischi calcolati il loro maggiore vantaggio, un successo che viene non dalla dinastia, ma dalla formazione di nuovi imprenditori. Pinto conclude che lo choc della crisi sta demolendo i tab degli anni 1980 e consente di riformare i rapporti di forza fra mercati, imprenditori, Stato. Ognuno deve fare il proprio lavoro e lo Stato, in particolare, non deve essere meno o pi, bens meglio, perch il solo in grado di mobilitare le risorse necessarie, soprattutto nella ricerca, spesso oltre la portata e volont dei privati. Contano i comportamenti e le motivazioni di ciascuno di noi. Per sopravvivere dobbiamo di nuovo imparare a creare. A sua volta Pisani-Ferry (La crise de leuro et comment nous en sortir, Pluriel, Paris 2013) ci dice che gli scommettitori sulla fine delleuro hanno sottovalutato la notevole capacit di sopravvivenza dimostrata in questi tre anni dallEuropa. Leuro un fattore particolarmente potente di integrazione e realizza una comunit di destino, ma non ancora di progetto, che sta nel completare lunificazione monetaria mettendo in comune tutto ci che la fa funzionare, non di meno n di pi. Non gli Stati Uniti dEuropa, ma una maggiore integrazione economica; un federalismo bancario e finanziario senza la perversa interdipendenza tra debiti pubblici e bancari; una unione di bilancio sui principi di solidariet e di responsabilit; e una unione politica, non tecnocratica. I cittadini europei non sono stati preparati a cambiamenti di tale ampiezza (lo sappiamo bene in Italia), ma, come nellimpresa limprenditore, a decidere sul futuro sono oggi anzitutto i tedeschi e i francesi. I primi affrontano molto seriamente la questione europea, che manca di respiro in Francia. La Germania potr per accettare di condividere i benefici legati alla sua reputazione, rinunciando a nuove tentazioni egemoniche, se avr nella Francia un partner a tutta prova. Alle prese con una crisi che si sta annunciando anche in Germania, il presidente francese Franois Hollande ha per la prima volta aperto a una possibile (e necessaria) integrazione politica. Anche in questo caso lo choc fa crollare i tab e apre nuove prospettive e, se nulla predeterminato, molto dipende da (poche) persone di buona volont, come sempre. E noi? Per creare lavoro dobbiamo fare leva sui nostri imprenditori, ancora molto importanti e con forte

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www.arcipelagomilano.org presenza di aziende familiari. In un contesto di regole europee darebbero molto. Sostituire le regole nazionali comporta per, come dice Pisani-Ferry, un pragmatico e effettivo governo europeo, lunica reale o pzione di riforma della politica italiana, che nelle sue espressioni pi vampiresche ha vampirizzato i propri elettori e il nostro establishment, che teme lEuropa, fa propaganda contro e agita fantasmi come se ci credesse. Ci che per noi cittadini riduzione del danno emergente, per tutti costoro lucro cessante. Oltralpe la domanda quanti francesi si sentano davvero europei. Data anche la perfomance della start-up parlamentare *****, da noi quanti italiani vogliano lavorare, inclusi i macrosettentrionali eredi di laboriosi piemontesi lombardi veneti. Sul versante piemontese amici medici ci informano che il presidente Cota e lassessore Monferino spiegano che la Regione tecnicamente fallita. E un giovane amico scrive della consapevolezza nel suo giro che in questo paese dobbiamo saper sconfiggere il piccolo Berlusconi che dentro ognuno di noi. Ma su Il Sole 24 Ore il direttore Roberto Napoletano registra la domanda di un liceale brianzolo: Sc usi direttore, mi tolga una curiosit, ma perch dovremmo pagare sempre meno i politici, non c il rischio che si perdano i migliori?; e commenta: Negli occhi di Federico scatta la scintilla, lho vista io, di notte, a Merate. Parlava pi delle parole (12/5/13, p. 27). Da ventanni politici sempre pi incapaci si remunerano sempre di pi e, se si va avanti cos, una nuova generazione li vuole raggiungere. Abbiamo il record europeo di giovani che non studiano n lavorano (23,9%), eppure aumenta la qualit percepita della vita, se si prescinde dal lavoro (Il Sole 24 Ore, 23/5/13, p. 6). Che sia accidia? Da fuori, Pinto e Pisani-Ferry dicono cose molto utili a chi di noi vuol lavorare davvero guardando a cinque/dieci anni, con lambizioso progetto europeo sul quale mettere faccia e soldi. Il contrario di quanto si fatto negli ultimi ventanni, perdendo faccia e soldi.

CITT BENE COMUNE: QUATTRO LIBRI PER DISCUTERE Renzo Riboldazzi


Alla Casa della Cultura di Milano si recentemente concluso un breve ciclo di incontri sul tema Citt Bene Comune organizzato da chi scrive e prodotto in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Ospiti di questa prima tornata sono stati quattro protagonisti dellurbanistica milanese e italiana: Bernardo Secchi, Giancarlo Consonni, Marco Romano e Luigi Mazza che, a partire dai temi affrontati in altrettante pubblicazioni, hanno animato un interessante confronto pubblico sullidea di citt come patrimonio collettivo e sul ruolo dellurbanistica nella societ contemporanea, che ha avuto eco anche su queste colonne. Nellincontro con Bernardo Secchi si discusso con il contributo di Alessandro Balducci, Vittorio Gregotti e Francesco Infussi del suo La citt dei ricchi e la citt dei poveri (Laterza, 80 pag., 14 Euro). Un libro che, oltre a proseguire il pluriennale sforzo dellautore di delineare le ragioni e lidentit dellurbanistica, accende i riflettori su quella che viene definita la nuova questione urbana, ovvero la tendenza delle citt dEuropa e del mondo a rispecchiare ed esaltare nello spazio urbano le disuguaglianze sociali. Per Secchi chiaro che la distribuzione della ricchezza, laccesso allistruzione o alle cure mediche sono prima di tutto un problema politico ed economico. Cos come chiaro che la tendenza allesclusione delle m inoranze pi disagiate connaturata a dinamiche sociali difficilmente controllabili con gli strumenti classici del progetto urbano. Tuttavia, partendo dalla descrizione della situazione di diverse citt europee e americane e sulla scorta di una riflessione critica sui paradigmi della modernit, Secchi attribuisce allurbanistica forti e precise responsabilit nellaggravarsi [di tali] disuguaglianze. Per esempio, la realizzazione nel secolo scorso di grandi quartieri popolari autosufficienti come monumenti di una societ democratica ha rappresentato indubbiamente una risposta alla questione della casa ma osserva Secchi ha finito spesso col dar luogo a enclave a ridotta complessit sociale, funzionale e formale che ancor oggi appaiono come elementi estranei nel corpo delle citt. E con essi, purtroppo, i cittadini che le abitano. Lo stesso pu dirsi delle gated communities: recinti isolati dal resto dei tessuti urbani dove, soprattutto in Sud America, i pi abbienti scelgono deliberatamente di vivere in cambio di sicurezza, talvolta perfino in uno stato di sospensione dellassetto giuridico istituzionale dello Stato cui appartengono. La lucida e a tratti sofferta riflessione sulla condizione urbana e paesistica contemporanea che Giancarlo Consonni conduce nel suo La bellezza civile. Splendore e crisi della citt (Maggioli, 180 pag., 13 Euro) stata al centro del secondo incontro alla Casa della Cultura al quale oltre allautore sono intervenuti Enrico Bordogna, Massimo Fortis e Daniele Vitale. Nel libro Consonni muove dalla feconda nozione di bellezza civile (Giambattista Vico) che, a nostro avviso, pu essere intesa almeno in due modi: come bellezza di ci che civile cio una bellezza che scaturisce dallagire in modo civile e come civilt di ci che bello ovvero come necessit del singolo cittadino e della comunit di produrre bellezza: unurgenza che tutte le grandi civilt del passato hanno avuto e che la nostra, almeno per quanto attiene la produzione urbanistica dellultimo secolo, sembra aver sentito meno. La riflessione di Consonni non riguarda solo ci che stato realizzato nella sua fisicit ma investe la cultura sottesa alle trasformazioni urbanistiche. In primo luogo la cultura del progetto urbano moderna che paradossalmente andata spesso contro lidea stessa di citt per c ome ci stata tramandata dalla tradizione europea. Poi la cultura architettonica che Consonni critica per lincapacit di farsi elemento di c ostruzione e qualificazione estetica e relazionale dello spazio urbano: lo stravagante, il vacuo e il mostruoso - scrive - tengono banco e il brutto - prosegue - si esteso a tal punto da apparire come condizione ordinaria dei contesti in cui si svolgono le nostre vite. Infine la cultura collettiva da cui sembra essere evaporato quellinsieme di saperi condivisi in virt dei quali per secoli si sono costruite nel vecchio continente citt belle e ospitali, in cui le comunit si sono riconosciute e in cui ancor oggi tutti noi pi facilmente ci identifichiamo. Lestetica urbana stata anche al centro dellincontro con Marco Romano che ha tenuto una lectio magistralis su La citt come opera darte. Come in alcune sue note

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www.arcipelagomilano.org pubblicazioni (in particolare quella che porta lo stesso titolo edita da Einaudi nel 2008), Romano ha messo a fuoco quelle che lui stesso definisce le regole consolidate della bellezza della citt europea dellultimo millennio con lobiettivo non secondario di comprendere perch nella seconda met del secolo scorso ovvero quando si costruita la gran parte dei tessuti urbani in cui viviamo e quando lurbanistica moderna stata maggiormente formalizzata nei suoi strumenti, nelle sue procedure, nelle sue norme la nostra societ ha smesso di produrre citt e luoghi urbani dotati di quella bellezza che pi frequentemente ritroviamo nei secoli che precedono il Novecento. Il problema secondo Romano non meramente formale. Uno dei nodi cruciali osserva sta nel rapporto tra cittadino e casa, tra civitas e urbs. Lerrore dellurbanistica moderna sostiene nel suo ultimo Liberi di costruire (Bollati Boringhieri, 172 pag., 15 Euro) stato quello di ridurre i desideri degli uomini a diritti codificati nella dottrina della pianificazione imponendoli dallal to. Romano, in sostanza, ritiene che tra gli elementi che hanno garantito la secolare bellezza della citt europea ci sia il processo democratico sotteso alla sua costruzione che afferma ha avuto e dovrebbe avere ancor oggi come posta il pieno riconoscimento del diritto di cittadinanza materializzato nel possesso della casa e il pieno riconoscimento della dignit del cittadino alla protezione simbolica dei temi collettivi, quelli in cui la civitas si identifica e si misura con le altre comunit. Meno convincente la tesi squisitamente politica secondo cui per garantire questi diritti e dunque per tornare a produrre luoghi urbani dotati di una riconosciuta qualit estetica la strada da imboccare sia quella di liberarsi di norme, commissioni edilizie e perfino dello Stato. Con Luigi Mazza, infine, si discusso con il contributo di Marco Bianconi e Stefano Moroni del libro di cui coautore con Umberto Janin Rivolin e Luca Gaeta: Governo del territorio e pianificazione spaziale (CittStudi, 550 pagine, a breve nelle librerie). Mazza che potremmo annoverare tra quanti hanno compreso i limiti dellurbanistica mode rna e cercato costantemente di rinnovarla contrariamente a Romano ritiene che un qualche tipo di pianificazione spaziale [sia] indispensabile perch lorganizzazione e il controllo sociale ed economico si realizzano nello spazio e sono effettuati soprattutto attraverso lorganizzazione e il controllo spaziale. Gli aspetti interessanti della sua pubblicazione a cui sono stati chiamati a contribuire diversi autori su temi specifici del progetto urbano e territoriale sono pi duno. Tra questi possiamo considerare il rapporto tra governo del territorio e cittadinanza ovvero, in estrema sintesi, Stato, mercato, diritti dei cittadini e regole: un tema pi che mai attuale su cui si gioca la credibilit della disciplina nonch quello tra teorie e modelli della pianificazione con tutto ci che ne consegue in termini di ricerca di eguaglianza, sviluppo, equilibrio. Quello che rispetto al filo conduttore del ciclo di incontri se ne pu trarre da questo ampio lavoro di ricognizione e riflessione critica su una disciplina che sta attraversando un serio periodo di crisi, che non solo la citt, il territorio e il paesaggio possono essere considerati beni comuni, ma potrebbe esserlo lUrbanistica stessa (nelle sue varie accezioni) e il patrimonio di saperi in essa accumulati: un bene non necessariamente da tutelare e difendere nella sua integrit ma neppure da distruggere senza discernimento. Qualcosa semmai da rinnovare e reinventare riscoprendone lutilit, il senso e il portato civile.

VERIT, TRASPARENZA, CORAGGIO: AMMINISTRARE MILANO Franco DAlfonso


Il modello istituzionale locale basato sulla ripartizione della fiscalit generale diventato strutturalmente impossibile da gestire per via dei tagli ai trasferimenti contemporanei alla sostanziale eliminazione dellauto nomia fiscale attraverso il prelievo da parte dello Stato di oltre il 40% di Imu e Tares e la fissazione di norme e procedure che consegnano al Ragioniere Generale le poche scelte possibili residue. Lazione del Governo Monti, dominato dai grandi burocrati di Stato, ha riportato le autonomie locali al livello ante 1985, basando tutto il presunto riordino dei conti dello Stato essenzialmente se non totalmente sui tagli ai trasferimenti ai Comuni: la prova data dal fatto che nel 2012 la spesa corrente dei Comuni scesa di 15 miliardi di euro, quasi un punto di Pil, mentre il totale spesa pubblica al netto degli interessi salito di 21 miliardi! per questo che la Giunta e il sindaco di Milano hanno assunto un mese fa la decisione politica di non chiudere il bilancio preventivo in assenza di certezze e di chiedere di avere a disposizione lintera fiscalit solo nominalmente municipale, sia come importo che come possibilit di modulazione, cos come quella di avere un quadro normativo e regolamentare che permetta il decollo vero e non sulla carta della citt metropolitana e della stessa Expo 2015. Qualche parziale risultato stato ottenuto, a dimostrazione della non irragionevolezza della linea intrapresa, ma la questione ancora tutta l nella sua urgenza e importanza. Lungi dallattendere le pur indispensabili risposte, lAmministrazione di Milano sta lavorando sulla parte nominalmente discrezionale della propria spesa (poco pi di 700 milioni di euro su 2,7 miliardi di totale), avendo operato oltre 200 milioni di tagli e congelamenti e iniziando una generale revisione delle entrate. Si avviata la procedura per garantire lequilibrio di bilancio attraverso lincremento dellImu prima casa e delladdizionale Irpef comunale, ben sapendo che nel mese di settembre, quando si tratter di decidere effettivamente le misure, la manovra stessa potr e dovr essere modificata in funzione dellesito del negoziato con il Governo: basterebbe che lintero gettito delle imposte comunali restasse alla comunit locale per non dover mettere mano ad alcun aumento e anzi per avere la possibilit di effettuare quelle modulazioni che la legge nazionale ha impedito fino a oggi (sgravi per prima casa per redditi bassi o per immobili commerciali affittati, a fronte di incrementi sul patrimonio inutilizzato). Ma si sta parlando naturalmente di una revisione dellintero sistema tariffario comunale, da quello dei trasporti alla scuola ai servizi civici allo sport, che a Milano ai livelli pi bassi dItalia e sconta il mancato recupero dellIstat tra il 2001 e il 2010, non effettuato dalle amministrazioni di centro destra in nome della retorica del non mettere le mani in tasca ai cittadini, con il bel risultato di dovere oggi procedere per legge a tale adeguamento tutto

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www.arcipelagomilano.org in una sola volta dopo aver consumato le entrate straordinarie anche per coprire questi mancati introiti, caricando cos sulle spalle di tutta la comunit il costo di un servizio utilizzato al di sotto del ... sottocosto solo da alcuni cittadini senza alcuna valutazione sulla capacit reddituale. Proprio per recuperare lequit dispersa si sta lavorando per adeguare le tariffe, che resteranno comunque in tutti i casi al di sotto di quelle di tutte le principali citt italiane, introducendo invece esenzioni e modulazioni legate al reddito familiare. E proprio nella revisione del sistema di esenzioni, con lintroduzione di un unico sistema Isee (attualmente sono almeno diciotto diversi per altrettanti servizi) e soprattutto di controllo di queste dichiarazioni nonch delle morosit e delle vere e proprie evasioni in essere, sta una possibilit di recupero di efficienza del sistema di almeno sessanta milioni di euro. I primi controlli effettuati dalla nuova amministrazione hanno rivelato una situazione realmente inaccettabile: per fare solo alcuni esempi, su un campione di 100 dichiarazioni Isee per asili nidi o mense scolastiche, quasi il 70% risultata falsa o mendace; levasione sui canoni Cosap (occupazione suolo) raggiungeva punte del 60%; la morosit sulle mense scolastiche di diversi milioni di euro, generalmente confermando lassunto delleconomista Yunus, secondo il quale i meno abbienti e i disagiati sono quelli che hanno il minor tasso di insoluto sia per i debiti che per le tasse Lorientamento della Giunta non quello di fermarsi a una valutazione contabile o al recupero della necessaria buona amministrazione, concetti calpestati per un decennio dalle amministrazioni precedenti come oggi troppo in fretta e troppo disinvoltamente ci si dimenticati e non solo da parte degli ex amministratori. La Giunta nel suo insieme si sta infatti ponendo il problema di cambiare i modelli in essere cercando di adeguarli alle mutate condizioni non solo finanziarie, ma anche economiche e sociali. E quindi si ragiona di trasporto locale in una visione di Area metropolitana, dove ricondurre sia la programmazione sia lesercizio, portando allo stesso livello decisionale - nella nostra ipotesi ovviamente la citt metropolitana - la spesa di investimento e di esercizio ma anche le fonti di finanziamento e la decisione sulle entrate e le tariffe. Ma si ragiona anche di welfare ponendo il tema della unificazione di tutti gli interventi e dei punti di erogazione, attualmente almeno cinque (Comune, Inps, Asl, Regione, altri organi di Stato), dalla cui razionalizzazione possono essere recuperate almeno il 20-25% delle risorse, limitando lambizione a quegli studi scientifici che indicano i livelli pi bassi di recupero possibile: se si considera che il solo Comune di Milano ha una spesa per il welfare di quasi 200 milioni di euro si comprende immediatamente la rilevanza e limportanza di una possibile riforma di sistema. E cos vale praticamente per tutti gli altri settori di attivit del Comune, ovviamente per importi meno significativi, ma spesso con impatto sociale ed emotivo ancora maggiore, come per esempio per scuole e asili. Si sta discutendo, insomma, di politica. Che la redazione dei bilanci fosse atto politico tra i pi importanti per chi crede che la responsabilit di governo sia fare delle scelte e non quella di fare i compiti a casa assegnati da qualche cultore della sacralit e della neutralit dei numeri pensavo fosse dato acclarato a Milano almeno per i politici, destra o sinistra non importa, i commentatori, i cittadini attivi, in una parola per quel corpo civile che dedica almeno dieci minuti al giorno di attenzione alla propria citt. E proprio pensando a quei dieci minuti di attenzione mi sono permesso di sollevare in queste ultime settimane, in una forma che non ha oggettivamente riscontrato lunanimit dei consensi, diverse questioni con lo scopo di sollevare un dibattito, convinto come ero e come sono che il momento che stiamo vivendo in particolare a Milano sia decisivo sotto molti punti di vista. La media delle risposte e delle reazioni che ho ricevuto mi sembrano improntate alla linea qui si lavora, non si fa politica e suggerirebbe di non insistere oltre. Ma il rischio che si corre a fare buona amministrazione infischiandosene dellesistenza stessa di un dibattito cittadino troppo grande da correre anche in questa occasione: in fondo tutti pensano che Milano brontoli ma alla fine ce la fa e approvare un bilancio anche quest anno, mentre la maggior parte dei Comuni non ce la faranno, potrebbe essere visto come una dimostrazione di questo, riuscendo cos a spostare nellanno del poi e nel mese del mai la discussione vera sul cambio radicale del modello di gestione della citt Ma Giuliano Pisapia e noi tutti con lui non siamo arrivati a Palazzo Marino per riordinare gli uffici, ma per cambiare il modo di amministrare, utilizzando innanzitutto lo strumento della verit, della trasparenza delle decisioni e del coraggio delle opinioni.

SALVARE LE NOSTRE CITT. LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Roberto Barabino
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera aperta al Presidente del Consiglio e a tutti i ministri competenti che solleva uno dei gravi problemi del nostro Paese. Ogni volta che si vuole rilanciare leconomia, si pensa alledilizia ma in un modo solo: consentire ai privati di utilizzare il territorio rimuovendo vincoli di natura urbanistica posti a tutela del bene comune. una via sbaglia e autolesionista. Non sono quei vincoli che oggi frenano lattivit edilizia, ma la mancanza di risorse economiche delle famiglie, soprattutto quelle a basso reddito. Oggi solo lintervento dello Stato nella manutenzione del territorio e degli edifici pubblici, ma non le grandi opere faraoniche (il Ponte sullo stretto), possono rilanciare rapidamente il settore. Dunque opporsi alla deregolamentazione urbanistica un imperativo per tutti quelli che hanno a cuore il bene collettivo . (ndR) Lettera aperta a: - Presidente e Vicepresidente del Consiglio dei Ministri - Ministro dellAmbiente, tutela del Territorio e del Mare - Ministro dello Sviluppo Economico - Ministro della Pubblica Amministrazione e Semplificazione - Membri del Parlamento P.c.: - Presidente ANCE - Organi dinformazione Oggetto: Norme in materia di semplificazione edilizia La nostra associazione* si batte da tempo contro la costruzione in Lombardia di ecomostri, cio di edifici

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www.arcipelagomilano.org di grandi dimensioni e altezze che sostituiscono manufatti solitamente a un piano (garage, officine, laboratori, ecc .) e che non rispettano il contesto urbanistico in cui sinseriscono, arrecando grave danno agli abitanti degli edifici circostanti e togliendo loro spazio, luce, sole e privacy. La situazione aggravata nei casi, molto frequenti, in cui i manufatti predetti si trovano allinterno di cortili, il che rende le nuove costruzioni particolarmente invasive e oltraggiose. Ci stato reso possibile da scellerate leggi della Regione Lombardia che hanno permesso di derogare altezze, volumi e sagome degli edifici preesistenti ed hanno consentito una speculazione edilizia indegna di un Paese civile e di una citt come Milano, che si vanta di essere il motore economico della nazione. Lopposizione dei cittadini a questo stato di cose ha ottenuto alcuni provvedimenti che hanno posto un freno a questo insulto al vivere civile: - la sentenza 309/2011 della Corte Costituzionale che ha stabilito lillegittimit della legge della Regi one Lombardia che consentiva, nei casi di ristrutturazione, di superare il vincolo di sagoma, vincolo che basilare per rispettare il contesto urbanistico di riferimento - linserimento nel PGT del Comune di Milano di una norma in base alla quale ledificazione in tutto o in pa rte nei cortili deve essere di altezza inferiore o pari a quella delledificio preesistente. Quando uscita la predetta sentenza, il Presidente dellANCE ebbe a dichiarare alla stampa la propria contrariet rispetto alle conseguenze della stessa e la convinzione che, per rimediare alla situazione, si sarebbe dovuto agire, a livello nazionale, per cercare di modificare le norme del testo unico per ledilizia. Tale dichiarazione annunciava unazione lobbystica, di cui abbiamo avuto notizia nello scorso anno, che pare aver avuto successo, visto il contenuto del recente Decreto del fare approvato dal Governo. In tale provvedimento, infatti, allart.37 c una norma apparentemente inoffensiva, ma virtualmente distruttiva. Laddove si stabilisce, infatti che nelle operazioni di demolizione e ricostruzione degli edifici non sarebbe stato pi necessario rispettare la vecchia sagoma (Francesco Grignetti, La Stampa 15/6/2013). Norma che non piaciuta assolutamente a chi istituzionalmente deve difendere il paesaggio (stessa fonte). E tale norma non piace neppure ai cittadini perch in questo modo unanomalia della Regione Lombardia che in questa regione ha determinato conseguenze negative molto evidenti - diventa legge dello Stato e porta un gravissimo problema in tutto il Paese. Si rischia, con la scusa del rilancio delledilizia e della semplificazione, in s auspicabili, di consentire un autentico Far West in cui vige la legge del pi forte. Invitiamo, pertanto sia il Governo che il Parlamento a revocare tale norma ed anche quella che consentirebbe di fare questo tipo di operazioni non pi con permesso di costruire ma con una semplice dichiarazione dinizio attivit. La nostra Rete si sta raccordando con il Coordinamento dei Comitati milanesi, con analoghe associazioni di altre citt italiane e con enti e movimenti ambientalisti al fine di fare una dura opposizione a tali norme in tutte le sedi opportune se quanto previsto non sar adeguatamente corretto per evitare danni gravi e irreparabili su tutto il territorio nazionale. Restiamo in attesa di conoscere le iniziative che verranno prese dalle Istituzioni e dalle Forze politiche pi responsabili e attente ai veri interessi dei cittadini. Cordiali saluti. Il portavoce Roberto Barabino
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Rete dei Comitati per la Qualit Urbanistica retecomitatiqualitaurbanistica@gmail.com

Scrive Marco Ponti a Beniamino Piccone


Mi sembra straordinario (e sintomatico) ritenere che gli esborsi astronomici per il trasporto pubblico milanese non siano comprimibili: accanto alla sciagurata ipotesi di tagliere i servizi, l'unica oggi sul tavolo, ci sarebbe quella di adeguare le tariffe ai livelli europei, oppure di ridurre i costi facendo gare serie per l'affidamento del servizio. In Francia e in Germania (per non parlare dell'Inghilterra) con le gare i costi sono nettamente diminuiti.

Scrive Stefano Buccino a Pier Vito Antoniazzi


Sono daccordo in parte, penso solo che la politica non si debba limitare alla eliminazione delle province e al presidenzialismo (io penso a una nuova riorganizzazione degli enti a modello di consorzio senza capi politici e concorsi truffa). La cosa migliore sarebbe imitare s le altre nazioni europee, ma dalla parte positiva: vedi lavori pubblici con meno burocrazia, meno politica sul posto di lavoro, rispettare il lavoratore con un salario adeguato, la meritocrazia che in Italia non esiste in nessuna forma (se voglio trovare il posto di lavoro per merito non per conoscenza . Qui ora solo per amicizia, parentela e voto politico). Le parti sociali sono inutilmente vive, visto i contratti, il lavoro inesistente, ma sono utili oggi? Mi auguro che il dimezzamento politico in Roma (soprattutto) e in Italia si riesca attuare, ma soprattutto che si riesca tornare a una societ civilmente avanzata.

Scrive Pietro Vismara a LBG


In aggiunta ai casi citati di cattiva gestione delle piccole cose urbane, vorrei segnalare quello veramente incredibile della posa e manutenzione dei selciati stradali (soprattutto quelli storici). da quando l'ex Vicesindaco De Corato si lanciato in un'attivit (teoricamente benemerita) di lavori pubblici che assistiamo

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www.arcipelagomilano.org al loro smantellamento e alla rimessa in opera in modo completamente maldestro, che ne compromette rapidamente la funzionalit. Terreni poco costipati, fughe larghissime, pietre spezzate nelle manomissioni e ricomposte alla bell'e meglio. Personale chiaramente inesperto (spesso extracomunitari che si guardano fra di loro con l'aria di dirsi: e adesso che faccio?), nessuno a controllare o dirigere i lavori. E i risultati si vedono: selciati rapidamente sconnessi, buche, avvallamenti. Strade che erano l dai tempi di Maria Teresa sono diventate dei percorsi da fuoristrada. E anche nei luoghi pi prestigiosi, piazza Duomo, l'Altare della Patria a Sant'Ambrogio (pensavo che almeno l De Corato sarebbe stato pi attento), ma anche adesso davanti all'Ambrosiana i lavori non sono fatti bene (pietroni neanche esattamente parallele o pianeggianti). Insomma: spesso la manutenzione ha peggiorato le cose. Ma se non siamo capaci smettiamola, asfaltiamo o mettiamo pietre moderne. E se invece i pietroni di Maria Teresa ci piacciono, vediamo almeno di posarli come si deve!

Scrive Walter Monici a LBG


Giustissimo, ricordo di aver osservato in Austria come aggiustano le strade e i marciapiedi: erano dotati di un minicompattatore e ricordo che due operai passarono circa 10 minuti a compattare, lisciare, pulire un rappezzo che alla fine era distinguibile dal precedente solo perch pi liscio e perfetto. Ho visto come fanno qui: buttano una palata di bitume danno due colpetti di pala se va bene, e aspettano che siano le auto o i pedoni a comprimere il rappezzo: rimangono bozzi, ghiaietto, e dossi che poi in bicicletta diventano altrettanti dissuasori: dissuasori dall'andare in bici! Ho visto come riseminavano una aiuola: sul terreno secco e durissimo due operai tentavano di scalfirne la superficie con un rastrello provocando solo un po' di polvere. poi buttavano un po di s ementi, ripassano col rastrello e se ne vanno. Arrivano piccioni e uccellini, mangiano tutto e fine del lavoro. Hanno riasfaltato la pista ciclabile in via Melchiorre Gioia, davanti al residence c' un avvallamento insidioso che rischia di far cadere. Dopo qualche settimana qualcuno ci mette sopra un dissuasore di plastica e dopo due settimane fanno un riempimento: colore diverso, la buca si solo attenuata ma rimane come prima e aumenta il disordine di una pista appena rifatta. Il fondo a lastre di beola non il massimo per la bici, ma se ben livellato si pu anche percorrere. Qui ci sono tratti con dislivelli di 5 cm ed il motivo per cui molti preferiscono la mountain bike. Manca la cultura della manutenzione e nonostante le buone intenzioni dell'assessore Rozza, che ha chiesto la collaborazione dei cittadini, mi sembra che sia proprio l'organizzazione che manchi. La differenza tra far bene e male sta nel tempo che ci metti ma se tutto un appalto e se il tempo denaro, nessuno fa niente di pi del minimo. Credo che l'unica soluzione sia di tornare alle squadre di operai che una volta il comune aveva alle proprie dipendenze e che lavoravano con scienza e coscienza. (Gruppo tecnico Ciclobby)

Scrive Carlo Geri a LBG


Leggere il suo ultimo editoriale (I progetti smartcity..), ha riportato in superficie l' "italiese" che in me. All'incipit, mi son subito chiesto: ma sarebbe forse pi corretto dire "in an untidy...."? Poi, nel corso della lettura, mi son detto che il tema della Smart CITY finch appartiene alla famiglia dei "best kept secrets", rimarr argomento di nicchia. Personalmente cerco di fare proselitismo al riguardo, e quando ne parlo, vedo sguardi o persi o accigliati, come se le persone si sentissero prese in giro. Sto perorando la causa spingendo Associazioni ed Enti del Terzo Settore a partecipare alle iniziative del Comune sul tema, qualcosa ottengo, ma non c' ancora un solido "background" su cui costruire. Il Terzo Settore, come altri, dovrebbe essere conscio del ruolo da svolgere e che gli compete, ovvero un ruolo attivo e proattivo. Questo, a mio modo di vedere, fa parte della mission del Terzo Settore. Il punto proprio questo: essere un interlocutore, assieme a tutti gli altri, come chiamarli, stakeholder, per dare un contributo significativo e non lasciare ad altri le decisioni su temi e argomenti di propria pertinenza.

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Cavalleria rusticana


Da qualche anno a questa parte La Verdi, verso la fine della stagione sinfonica e prima della stagione estiva, mette in scena - si fa per dire unopera lirica in forma di concerto, cio senza scenografia e senza una vera e propria azione scenica. Anni fa fu il Trittico di Puccini, lanno scorso fu lAndrea Chnier di Umberto Giordano, questanno stata la Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, anche perch del compositore e direttore dorchestra livornese corre proprio nel 2013 il centocinquantesimo anniversario della nascita. Gi osservammo lanno scorso che lesecuzione in forma di concerto straordinariamente interessante perch - se vero che non fa godere appieno il grandioso e miracoloso spettacolo del melodramma - consente per di concentrarsi sulla musica tanto da farla sentire nuova, come fosse la prima volta, a chi lha sempre ascoltata a teatro. Oltretutto la Verdi ha fatto un gran passo avanti questanno rispetto a quello passato, avendo fatto recitare ai cantanti - sul limitare del palcoscenico, davanti allorchestra ma dietro al direttore, e con un minimo di rega - una parte piccola ma es-

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www.arcipelagomilano.org senziale per comprendere il significato dellopera e per generare un pathos adeguato al suo ascolto. La storia di Cavalleria rusticana nota: Pietro Mascagni nasce figlio di un panettiere che non vuole fargli studiare musica e ciononostante diventa assai presto un direttore dorchestra di rilievo internazionale. Nel 1895 gi dirige una sua opera alla Scala, nel 1900 il direttore del concerto per i funerali di Re Umberto I a Roma, subito dopo chiamato a dirigere a San Pietroburgo e nel 1929 ha lincarico ufficiale di rappresentare lItalia alle celebrazioni per il centenario della morte di Beethoven! Ma ancora un giovanotto ventisettenne, direttore della Orchestra Filarmonica di Cerignola nelle Puglie, quando vince un concorso di composizione (indetto dalleditore Sonzogno per unopera in atto un ico) con questo gioiellino tratto da una novella di Giovanni Verga; il quale, come si sa, se ne infuri moltissimo, piant allautore e alleditore un grana giudiziaria per plagio e ottenne dal giudice un cospicuo risarcimento; come si vede il mondo gira sempre allo stesso modo . Curioso che un tale capolavoro abbia trovato scarsa eco negli altri lavori di Mascagni, nessuno dei quali mai arrivato allaltezza della Cavalleria; tantomeno quellinfelice opera Parisina, scritta a Parigi insieme a Gabriele DAnnunzio, che nonostante la fama del librettista molto difficilmente riesce a entrare in repertorio! Nonostante qualche buh al povero Turiddu (il tenore Paolo Bartolucci che - a parte linsicurezza della voce e del fraseggio - non riesce a interpretare la complessit del dongiovanni popolano), il successo stato sbalorditivo; applausi a non finire, soprattutto per la soprano Chiara Angella che, nella parte di Santuzza - peccatrice appassionata, pentita e vendicativa - ha dominato lopera con la potenza della sua voce e la credibilit della recitazione (peccato che abbia una dizione poco curata e che non scandisca bene le parole), ma anche per il baritono Alberto Garzale che ha dato una bellissima voce - ma la recitazione lasciava invece un po a desiderare - al personaggio di Alfio, il marito tradito che diventa assassino. Ottime anche la soprano (che canta da mezzosoprano) Elena Lo Forte, nella parte di Lola moglie leggerina (non si poteva non apprezzare il suo bel dcollet) e traditrice, e la mezzosoprano Erika Fonzar (che canta da contralto) nella parte di Lucia, addolorata madre del malandrino. Ma chi ha sorpreso pi di tutti stata la direttrice (il direttore?) dellorchestra, la minuta ma grintosissima Zhang Xian che si immedesimata a tal punto nella passionalit siciliana tardo ottocentesca da far dimenticare il fatto che una vita trascorsa fra Cina e Stati Uniti labbia messa assai poco a contatto, presumiamo, con quel tipo di sentimenti e di pulsioni. Una direzione calda e coinvolgente - peraltro molto ben assecondata dal coro preparato da Erina Gambarini - che ha trascinato il pubblico in unorgia di amori, trad imenti, gelosie, vendette, che solo in quella Sicilia e in quellepoca potevano scatenarsi con tanto ardore. Indimenticabili sia il duetto nel quale Santuzza denuncia ad Alfio la tresca fra Lola e Turiddu mentre correte allacqua e al vento a guadagnarvi il pane, Lola vadorna il tetto in malo modo! sia il coro Viva il vino spumeggiante nel bicchiere scintillante come il riso dellamante mite infonde il giubilo, due momenti carichi di tensione che la Xian ha descritto perfettamente penetrandone i risvolti pi ambigui.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Milano Archeologica 2015
In vista dellExpo 2015 tante sono le attivit culturali in programma. Oltre allideazione di nuovi progetti, Mil ano si prender (finalmente) cura anche del patrimonio gi esistente, restaurando e valorizzando alcuni siti importantissimi per la storia della citt e quindi significativi anche a livello turistico. da poco stata presentata infatti la prima tappa del programma Milano Archeologia per Expo 2015, un percorso che restituir alla citt una fetta importante del suo patrimonio storico, quello riguardante let romana e imperi ale. Nonostante gli evidenti sviluppi urbanistici e architettonici, Milano conserva ancora tracce importanti di un passato glorioso che va dal I sec. a.c. allet tardoantica, in cui la citt divenne centro e poi una delle capitali pi siginificative dellImpero romano. Resti di questo passato si possono vedere ancora oggi al Museo Archeologico di corso Magenta, con i resti delle mura di Massimiano e la torre di avvistamento, cos come, inglobata nel campanile di San Maurizio al Monastero Maggiore sopravvive lantica torre del circo romano. L accanto invece sono conservati, in via Brisa, a cielo aperto, i resti del monumentale palazzo imperiale, in cui Costantino e Licinio nel 313 emanarono il famoso Editto di tolleranza. I resti pi emozionanti forse per si trovano sotto piazza Duomo, con il battistero di San. Giovanni e lantica basilica di Santa Tecla. Solo per citare le testimonianze pi note. Il progetto Milano Archeologia si propone quindi di favorire la conoscenza e la conservazione delle realt archeologiche presenti nel centro storico di Milano mediante azioni di manutenzione, promozione e comunicazione attraverso un sistema di reti di conoscenze e diffusione delle informazioni. Un progetto voluto e sostenuto dallArcidiocesi, dalla Regione Lombardia, dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici e dal Comune di Milano. Insieme collaboreranno le parrocchie di San Eustorgio, San Simpliciano, San Lorenzo Maggiore e San Nazaro in Brolo, interessate poich depositarie di importanti resti paleocristiani sui loro territori. Infatti verranno restaurate e riqualificate le aree delle sepolture e dei manufatti paleocristiani della necropoli di Sant'Eustorgio; verranno valorizzati i resti di et romana imperiale presso San Nazaro, cos come larea del Foro romano in piazza s. Sepolcro e nei sotterranei della Biblioteca Ambrosiana, per concludere con la torre romana e la torre del circo in via Luini. A partire dalla celebrazione dei 1700 anni dellEditto di Costantino e in vista dellExpo, questo progetto non solo punta a riqualificare e promuovere resti, aree e monumen-

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www.arcipelagomilano.org ti, ma anche a elaborare una metodologia che potr essere replicata per altre realt non solo milanesi ma anche lombarde.

La Biennale enciclopedica di Gioni


Il 1 giugno ha aperto la 55 Esposizione internazionale d'arte di Venezia, firmata dal pi giovane curatore nella storia della Biennale, Massimiliano Gioni, superstar nostrana dal curriculum importante, ad appena 39 anni. Il titolo dellevento imponente: "Il Palazzo Enciclopedico", ripresa dichiarata del progetto pensato dall'artista-architetto italoamericano Marino Auriti, che nel 1955 aveva depositato il brevetto per realizzare un edificio di 136 piani destinato a contenere 'tutto il sapere dell'umanit, collezionando le pi grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite". Unimpresa chiaramente impossibile, rimasta utopica, ma che ha dato spunto a Gioni per creare una Biennale che si preannuncia essere ricca di sorprese e meraviglie. Concentrare in un luogo solo tutto il sapere (artistico) del panorama contemporaneo, con i grandi di ieri e di oggi: una sfida per Gioni, accettata per dai 150 artisti provenienti da 38 Paesi diversi. Sviluppata come sempre tra il Padiglione Centrale, i Giardini e l'Arsenale, la Biennale concepita come un museo contemporaneo, e, spiega Gioni l'esposizione sviluppa un'indagine sui modi in cui le immagini sono utilizzate per organizzare la conoscenza e per dare forma alla nostra esperienza del mondo". Insomma quel sogno che da sempre rincorre luomo di poter arrivare al sapere sommo e totale, viene abbozzato da Gioni nella sua Biennale, chiamando gli artisti a contribuire con un pezzetto di arte, a questa utopia. Un percorso e un allestimento che si preannunciano in stile Wunderkammer, le celebri camere delle meraviglie in voga tra 1500 e 1600, destinato a suscitare stupore e sorpresa, ma anche a far riflettere sul senso dellarte oggi, secondo una progressione di forme naturali e artificiali, messe insieme per strabiliare lo spettatore. Il Palazzo Enciclopedico una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dellimmaginazione e si apre al Padiglione Centrale ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung dice Gioni, riferendosi al manoscritto illustrato al quale lo psicologo lavor per sedici anni, posto in apertura del Padiglione Centrale. Un lavoro che stimola la riflessione sulle immagini, soprattutto interiori e sui sogni in chiave psicanalitica, cancellando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider - dice ancora Gioni l'esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandoci in particolare sulle funzioni dell'immaginazione e sul dominio dell'immaginario". La Mostra sar affiancata da 88 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, allArsenale e nel centro storico di Venezia, con ben dieci Paesi new entry: Angola, Bahamas, Regno del Bahrain, Costa dAvorio, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay, Tuvalu e Santa Sede. E la partecipazione di questultima forse la novit pi forte, con una mostra allestita nelle Sale dArmi, fortemente voluta dal cardinal Bagnasco. E il sempre chiacchieratissimo Padiglione Italia? Questanno il comp ito curatoriale toccato a Bartolomeo Pietromarchi, che ha deciso di lavorare sugli opposti, con Vice versa, titolo scelto riprendendo un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studi di Poetica (1996), in cui il filosofo sosteneva che per interpretare la cultura italiana fosse necessario individuare una "serie di concetti polarmente coniugati" capaci di descriverne le caratteristiche di fondo. Binomi quali tragedia /commedia o velocit/leggerezza divengono cos originali chiavi di lettura di opere e autori fondanti della nostra storia culturale. Una attitudine al doppio e alla dialettica che particolarmente cara alle dinamiche dellarte contemporanea italiana. Quattordici gli artisti invitati e ospitati in sette stanze: Francesco Arena, Massimo Bartolini Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa. Gli artisti, in un dialogo di coppia, compongono un viaggio nellarte italiana di ieri e di oggi, letto per non come una contrapposizione di stili, forme o correnti, ma piuttosto come un atlante del tempo recente che racconta una storia tutta nazionale. Insieme ai tantissimi eventi collaterali sparsi per la citt, non resta che scoprire, vivendola dal vivo, questa promettente, e ricca di citazioni, Biennale. Per scoprire i vincitori, clicca qui.

Il Napoleone restaurato
Dal 1859 sorveglia lAccademia e la Pinacoteca di Brera. In un secolo e mezzo di vita ha visto passare artisti, personalit illustri, studenti e appassionati darte. Ora, finalmente, si concede un meritato restauro. Protagonista di un intervento che durer 12 mesi proprio il Napoleone come Marte Pacificatore di Antonio Canova, statua bronzea che troneggia al centro del grande cortile donore in omaggio a colui che, nel 1809, fond la Real Galleria di Brera. Dal prossimo giugno limponente scultura sar circondata da una teca di vetro, attraverso la quale si potranno seguire, passo dopo passo, i progressi compiuti sul grande bronzo, proprio come consuetudine per i restauri sui dipinti della Pinacoteca, esposti al centro del percorso museale in un laboratorio di vetro. Sistemati, ripuliti e messi a nuovo da abili restauratori che lavorano sotto gli occhi (curiosi) di tutti. Pannelli illustrativi e attivit didattiche per scuole e appassionati accompagneranno i restauri, sponsorizzati da Bank of America Merrill Lynch, dallAssociazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi e dalla Soprintendenza per i beni storici artistici e etnoantropologici di Milano. Che fosse necessario un restauro era evidente da tempo: la superficie ha subito alterazioni causate da fattori metereologici e dall'inquinamento atmosferico, cos come sono visibili distacchi e cadute di frammenti e crepe nel marmo posizionato sotto il piedistallo della statua. Un Napoleone che ha avuto vita non facile, fin dallinizio. Lopera fu commissionata nel 1807 da Eugenio di Beauharnais, vicer del Regno dItalia, allo scultore Antonio Canova, ma non essendo ancora pronta, per problemi con la fusione, nel 1809, per linaugurazione della Pinacoteca di Brera, Beauharnais acquis a Pado-

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www.arcipelagomilano.org va il calco in gesso, da esporre in quella occasione. Il gesso, depositato in unaula dellAccademia, stato riesposto in uno dei saloni della stessa Pinacoteca, in concomitanza con le celebrazioni dei duecento anni dellistituzione museale, avvenuti nel 2009. Dopo il declino della fortuna e del comando di Napoleone, la statua in bronzo, che a Milano non aveva mai trovato collocazione in luogo pubblico, fu abbandonata nei depositi del palazzo di Brera. Riemerse alla luce allepoca dellarrivo in Lombardia di Napoleone III, a conclusione della seconda guerra di indipendenza italiana. Nel 1859 la statua fu eretta su un basamento temporaneo nel cortile principale di Brera. Solo nel 1864 fu inaugurato lattuale basamento in granito e in marmo di Carrara progettato da Luigi Bisi, docente di prospettiva allAccademia di Brera, ornato con aquile e fregi di bronzo. La statua in bronzo fu ottenuta con un'unica fusione (ad eccezione dell'asta e della vittoria alata) tenendo conto delle prescrizioni dettate dallo stesso Canova: l'asta tenuta nella mano sinistra composta da due elementi avvitati; la vittoria alata, che per fu rubata, stata allinizio degli anni 80 ricostruita basandosi su documentazione fotografica. Una curiosit: il bronzo utilizzato per la fusione proviene da cannoni in disuso di Castel Sant'Angelo a Roma. Un restauro iniziato in un momento non causale: il progetto parte del lavoro di valorizzazione che la Pinacoteca di Brera ha avviato in preparazione dellEXPO 2015, in cui giocher un ruolo fondamentale sulla scena culturale non solo milanese ma anche internazionale.

La pop art di Warhol e le stampe a diamanti


Settimana scorsa, come gi anticipato, al Museo del 900 c stata lapertura a ingresso gratuito della mostra Andy Warhols Stardust. Stampe dalla collezione Bank of America Merrill Lynch, a cura di Laura Calvi. Protagoniste le brillanti, e preziosissime, stampe di Andy Warhol, artista sopra le righe e padre della Pop Art americana. Lo stardust indicato nel titolo richiama davvero la polvere di diamante usata per rendere brillanti e uniche queste stampe, ma anche tutta quellallure che da sempre circonda il nome e il lavoro di Warhol stesso. Dagli anni 60 agli anni 80, la m ostra ripropone i soggetti pi noti creati dallartista di Pittsburgh. Imperdibili i Flowers in tonalit fluo, le indimenticabili Campbells Soup, i divertenti Fruits e i meno noti, ma altrettanto vivaci, Sunset. Un procedimento di lavoro, quello di Warhol, molto simile a quello dellartista co ntemporaneo Damien Hirst. Entrambi hanno affidato, e affidano, la produzione dei loro lavori ad assistenti specializzati, nel caso di Warhol cera addirittura la famosa Factory a servirlo, e solo alla fine i due maestri ritoccano e aggiustano dei dettagli con il loro tocco personale. Tocco che fa lievitare le loro opere a diversi milioni di dollari. Ma daltra parte quelle di Warhol erano opere Pop, nate e pensate per essere vendute e riprodotte in gran quantit, in linea con la produzione di massa, anche artistica. Oltre ai fiori e ai frutti, da ammirare anche i celebri volti ritratti da Warhol: Mohammed Al, Marylin, e le copertine di Interview create appositamente dallartista, che sponsorizza, tra laltro, i suoi Velvet Underground e la loro famosa banana-simbolo. Personaggi reali ma non solo. Nella serie dei Myths Warhol rappresenta Topolino e gli eroi dei fumetti, dando loro la stessa effimera concretezza dei personaggi di Hollywood e dello spettacolo, mettendo insieme la collezionista Gertrude Stein, Babbo Natale, Einstein, Superman e i fratelli Marx. Nuove nel taglio anche le didascalie, non pi banali cartellini descrittivi ma etichette a muro in colori fluo, con interessanti citazioni dellartista e dei suoi contemporanei che ne spiegano e approfondiscono il lavoro, dando anche un quadro generale su quegli anni e sulle difficolt economiche, razziali o semplicemente raccontando aneddoti legati alle opere. Lallestimento intero, a cura di Fabio Fornasari, ricorda la corsia di un supermercato, in cui le opere darte sono esposte con la stessa freddezza e precisione dei prodotti di consumo quotidiani, in cui possibile, virtualmente, comprare le lattine Campbell e i frutti di stagione, insieme alle riviste di musica rock, con una spolverata di polvere di diamanti. Andy Warhols Stardust. Stampe dalla collezione Bank of America Merrill Lynch, Museo del 900, Fino all8 settembre Orari luned 14.30 19.30 marted, mercoled, venerd e domenica 9.30 19.30 gioved e sabato 9.30 22.30 Ingresso intero 5 euro ridotto 3 euro

Leonardo e le macchine ricostruite


Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cosera il famoso Leone Meccanico? Perch non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie allinnovativa - e unica nel suo genere - mostra che si appena aperta in una location deccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele. Tutto nasce dallidea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attivit, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione. Leonardo3 (L3) parte di un progetto pi ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie allavanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati allopera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dellAutomobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano. Non solo macchine per. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, cos come il Codice del Vo-

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www.arcipelagomilano.org lo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre pi utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, gi molto rovinati dallusura e dal passare dei secoli. Una mostra che divertir grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D, i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante. Una delle ultime sezioni poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perch Leonardo sbagli di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avr anche la possibilit di leggere i testi di Leonardo invertendo la sua tipica modalit di scrittura inversa (da destra a sinistra). L3 si gi fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in citt e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile. Leonardo3 Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 31 luglio, orari: tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: 12 intero, 11 studenti e riduzioni, 10 gruppi, 9 bambini e ragazzi, 6 gruppi scolastici.

Modigliani, Soutine e la Collezione Netter


Di Modigliani si detto e scritto di tutto. A iniziare dal suo soprannome, Mod, gioco di parole tra il suo cognome e lespressione peintre maudit, il pittore folle. Si sa della sua dipendenza cronica da alcol e droghe, si sa del suo grande amore, leterea Jeanne, si sa della loro tr agica fine. Esponente di rilievo della cosiddetta Scuola di Parigi, Modigliani ha davvero segnato unepoca, pur nella sua breve esistenza, influenzando artisti e generazioni future. Un artista incompreso, come molti altri allinizio della carriera, e che pot sopravvivere soprattutto grazie allaiuto di generosi e lungimiranti mecenati. Dopo Paul Alexandre e Paul Guillaume, entra in gioco un collezionista atipico, schivo e riservato, che aiuter Mod nei suoi anni pi cruciali: Jonas Netter. Industriale ebreo emigrato a Parigi, Netter negli anni riuscir a mettere insieme una straordinaria collezione di opere darte, pi di duemila, sc egliendo gli artisti pi promettenti e interessanti, affidandosi al suo gusto personale ma anche a quello di un uomo completamente diverso da lui per stile di vita e carattere, Leopold Zborowski. Polacco, arriva a Parigi nel 1914 insieme alla moglie, per tentare la carriera artistica. La ville lumire lo trasformer invece, a suo dire, in poeta. E in un mercante. Grazie alle conoscenze e alle frequentazioni dei caff e dei locali di Montparnasse, Zborowski conosce e frequenta gli studi degli artisti pi talentuosi, e poveri, che stipendia e compra per Netter, con il quale aveva precisi rapporti commerciali. Un sodalizio lungo pi di un decennio, interrotto in brusco modo nel 1929, e che condurr Netter ad avere 50 dipinti di Modigliani, 86 Soutine e 100 Utrillo. Ed proprio Maurice Utrillo, figlio della ex modella e pittrice Suzanne Valadon, a essere stato il grande amore di Netter. In mostra molti paesaggi, declinati nei diversi periodi e momenti della sua vita. La precoce dipendenza di Utrillo dallalcol non gli ha impedito di lavorare tantissimo, a scopo terapeutico, e di ispirarsi alla pittura impressionista, soprattutto di Pissarro. Netter amava i suoi artisti come dei figli, sostenendoli in ogni modo: pagava stipendi, studi e materiali, pagava anche alcol e cliniche di disintossicazione. Ma in realt la collezione molto variegata. Oltre agli artisti maledetti per eccellenza, Mod e Soutine -con i suoi paesaggi espressionisti e i materici quarti di bue- presenta anche fauve come Derain con le fondamentali Grandi bagnanti del 1908, e de Vlaminck; molte opere di Suzanne Valadon, il neoplasticista Helion, Kisling, Kikoine, Kremegne e altri artisti dellEst- e non soloscappati da una vita di miseria per approdare a Parigi, citt ricca di promesse, di collezionisti e simbolo, con Montmartre, Montparnasse e i loro caff, di una vita bohemien e ribelle. Certo non tutto al livello delle opere di Modigliani, sono presenti anche pittori minori e nomi forse poco conosciuti. Ma daltra parte la collezione il frutto del gusto e dellestetica personale di Netter, che ha saputo riunire tutti quegli artisti, diversi per storia, cultura e Paese, e che hanno segnato la storia dellarte europea. Dice il curatore, Marc Restellini: Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualit e i sogni propri a ciascuno di loro. Quegli anni corrispondono a un periodo demancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dellarte. Di Jonas Netter, uomo nellombra, oggi non rimane quasi niente, solo un suo ritratto fatto da Moise Kisling e qualche lettera. La sua eredit pi grande sono senza dubbio le opere darte che oggi, dopo pi di settanta anni, tornano a essere esposte insieme per ricreare una delle epoche doro della pittura europea. Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti - Palazzo Reale, fino all8 settembre 2013 - Orari: Luned: 1430 - 19.30. Dal marted alla domenica: 9.30-19.30. Gioved e sabato: 9.30-22.30 - Costo: Intero 9 euro, ridotto 7,50 euro.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Lodovico Belgiojoso
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Architetto 1909-2004 La ricerca di unItalia altra


A cura di Guya Bertelli e Marco Ghilotti Skira editore spa 204 pagine, 29euro
Rileggere la vita, i progetti e le opere pi significative di Lodovico Belgiojoso, figura fondamentale nella storia dellarchitettura italiana del secondo Novecento, una operazione avvincente anche per i non addetti ai lavori. Il suo percorso professionale e umano lungo quasi un secolo, infatti anche la storia di Milano e del suo territorio, e pi in generale di unItalia in bilico tra tr adizione e modernit. Il prezioso volume curato da Guya Bertelli, professore straordinario di Composizione architettonica e urbana presso il Politecnico di Milano e da Marco Ghilotti, architetto e ricercatore, loccasione per ripensare, approfondire o altrimenti conoscere lapporto personale dellarchitetto milanese in seno al mitico Studio BBPR da lui fondato a Milano nel 1932 con Ernesto N. Rogers, Enrico Peressutti e Gianluigi Banfi. Ma non solo. La sorpresa del libro grazie anche alle molteplici testimonianze, allaccurata ricerca iconografica, oltre che a uninteressante raccolta di scritti e disegni a opera dello stesso Belgiojoso sta che nel parlare di architettura documenta unItalia post-bellica in piena trasformazione e desiderosa, pur tra problematiche e contraddizioni, di una urgente, quanto necessaria discontinuit culturale. Una tensione verso la modernit che Belgjojoso, uomo sensibile allimpegno civile e politico, assolve realizzando allinterno della studio BBPR opere che resteranno nel tempo come la testimonianza di una riuscita correlazione tra architettura, societ, politica. Esemplare e in qualche modo riassuntiva di una riuscita dialettica progettuale tra tutti la Torre Velasca. La grande torre che Alvar Aalto nel corso di una sua visita a Milano defin very mil anese: sintesi perfetta per definire le ambizioni e gli obiettivi progettuali del gruppo. A tenere il filo del discorso sullarchitettura di quegli anni e le sue implicazioni etico-sociali e a guidarci sulle tracce del percorso professionale e personale dellarchi-tetto milanese, sono i tanti interventi che ne documentano gli anni desordio precedenti la guerra, le battaglie politiche, la drammatica interruzione della guerra, la detenzione e linternamento in campo di concentramento. E raccontano delle speranze e delle opportunit di unItalia sulla soglia della ricostruzione. Vedevamo il vecchio e il nuovo dichiarava Belgiojoso nel 1979 non in antitesi ma come momenti complementari di un unico processo mai interrotto, quello della formazione storica della citt. Questo spiega la nostra costante attenzione al carattere dei luoghi e allambiente nel quale dovevamo immettere i nostri nuovi progetti. Ricerca del rigore, equilibrio dialettico, sperimentazione tecnologica diventano cos gli strumenti fondanti di unarchitettura di invenzione e di memoria. E potremmo dire di unetica del progetto che Belgiojoso dopo le sofferte esperienze di guerra, persegue da architetto e da uomo, per costruire una societ nuova, UnItalia altra. Pagina dopo pagina ad andare in scena dunque larchitettura del grande cambiamento che si confronta con la Storia, il senso della memoria, la questione tecnica e il rapporto con lindustria. Ma pure leclettico documento sulla figura e lopera di Lodovico Belgiojoso, architetto e maestro anche di vita. (Daniela Muti)

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Tutti pazzi per Rose
di Rgis Roinsard [Populaire, Francia, 2012, 111'] con Romain Duris, Dborah Franois, Brnice Bejo, Mlanie Bernier, Nicolas Bedos
Rose Pamphyle (Dborah Franois) una ragazza di un piccolo villaggio normanno che aspira a diventare segretaria. il 1958 e le donne ambiscono ancora a fungere da comprimarie alla parte maschile che autoritariamente dirige e governa il pianeta. Non fa eccezione Louis Echard (Romain Duris), l'elegante ed esigente proprietario di un'agenzia di assicurazione che assume Rose come propria segretaria. Rose risponde al telefono in modo informale, goffa nell'ordinare le pratiche ma ha un dono innato per la dattilografia. Le sue dita accarezzano i tasti della macchina da scrivere pi velocemente dei nostri occhi che provano a seguirle. Louis vede cos nell'ingenua segretaria una campionessa in erba di questa bizzarra disciplina. S perch in questa fantasiosa ricostruzione dell'epoca, la dattilografia appare come uno sport olimpico e a coloro che primeggiano riservato un trattamento da star. Il capo veste rapidamente i panni dell'allenatore e le loro lunghe e ossessive sessioni di pratica non possono che richiamare alla nostra memoria Rocky e le sue corse nella neve. Rgis Roinsnard, regista di Tutti pazzi per Rose, ha scelto di mescolare la leggerezza dell'atmosfera dai colori pastello al riscatto silenzioso ma efficace della candida ragazza dal nome profumato. Cos delicata e saggia nel guadagnarsi la sua autonomia da far innamorare il capo, ora un po' meno arrogante e maschilista. Tutti pazzi per Rose una commedia che ci offre una ricostruzione fiabesca e edulcorata della fine degli anni '50, scorrendo rapida e leggera proprio come le dita della sua protagonista sui tasti della macchina da scrivere.

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STEFANO ROLANDO QUALE BRAND PER MILANO EXPO http://youtu.be/1X_JgsjotPk

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