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Indice
Capitolo 0. Concetti Fondamentali Insiemi Funzioni Fattoriale e Coecienti Binomiali Formula del Binomio di Newton Principio di Induzione Capitolo 1. Successioni Numeriche Convergenza, Divergenza e Irregolarit` a per Successioni Regole per il Calcolo dei Limiti Limiti e Ordinamento Confronto tra Successioni Capitolo 2. Serie numeriche Convergenza e prime Propriet` a Serie a Termini Positivi Serie a Termini di Segno Variabili Capitolo 3. Limiti per Funzioni Reali di una Variabile Reale Operazioni e Composizione tra Funzioni Propriet` a di Funzioni Reali Funzioni Elementari Limiti delle Funzioni Reali Capitolo 4. Funzioni Continue di una Variabile Reale Funzioni Continue Funzioni Continue su Intervalli Altre Funzioni Invertibili Funzioni Continue su Intervalli chiusi e limitati Capitolo 5. Calcolo Dierenziale per Funzioni di una Variabile Derivata: Denizione e prime Propriet` a Regole per la Derivazione Estremi Locali e il Teorema di Fermat I teoremi di Rolle e Lagrange Conseguenze del Teorema di Lagrange Le Regole di de lHospital Approssimazione Lineare di Funzioni La Formula di Taylor Applicazioni della Formula di Taylor Serie di Taylor Studio di Funzione Capitolo 6. Calcolo Integrale per Funzioni di una Variabile Integrale: Denizione e prime Propriet` a Il Teorema fondamentale del Calcolo Integrale
3
5 5 8 9 10 11 13 13 15 17 21 23 23 26 29 32 32 33 35 39 45 45 46 49 51 53 53 56 60 62 64 67 68 70 75 84 85 92 92 96
INDICE
Metodi di Integrazione Integrazione di Funzioni Razionali Calcolo di Aree Piane Calcolo di Volumi di Corpi di Rotazione Integrali Impropri Capitolo 7. Funzioni Reali di Pi` u Variabili: propriet` a, limiti e continuit` a N La struttura di R Funzioni reali di pi` u variabili reali: prime propriet` a Limiti di funzioni reali di pi` u variabili reali Calcolo dei limiti in RN Continuit` a Capitolo 8. Calcolo dierenziale per funzioni reali di pi` u variabili I concetti di derivabilit` a in RN Derivate di ordine superiore Capitolo 9. Funzioni a valori vettoriali Trasformazioni regolari di coordinate Capitolo 10. Calcolo integrale per funzioni di pi` u variabili Integrale doppi: Denizione e prime Propriet` a Teorema di FubiniTonelli Cambiamento di variabili negli integrali doppi Integrali tripli Note Appendice A. Appendice Tre Principali Modi di Dimostrazioni Elenco di alcuni Limiti Notevoli Denizione alternativa dei Limiti per Funzioni Elenco delle gure
99 107 110 111 112 119 119 119 121 122 124 125 125 129 131 132 135 135 138 140 143 149 150 150 151 152 153
CAPITOLO 0
Concetti Fondamentali
In questo capitolo introduttivo raccoglieremo alcuni concetti di matematica che servono successivamente ed inoltre stabiliremo le principale notazioni. Insiemi Intuitivamente un insieme ` e una raccolta di oggetti (chiamati elementi ) distinguibili tra di loro che formano una totalit` a. Per indicare uninsieme si usano generalmente lettere maiuscole A, B , C ,. . . , X , Y , Z , per gli elementi invece lettere minuscole a, b, c,. . . , x, y, z. Prima di fare esempi introduciamo alcune Notazioni. Spesso useremo i cosiddetti quanticatori = per ogni e = esiste
Per evidenziare che A = B per denizione scriviamo A := B oppure B =: A. indica unimplicazione. E indica una contraddizione. indica il simbolo di appartenenza, / indica il simbolo di non-appartenenza. , indicano i simboli di inclusione.
Per denire un insieme ci sono in pratica 2 possibilit` a: elencando tutti gli elementi tra parentesi grae, per esempio A := {1, 2, 3}, oppure attraverso una propriet` a che caratterizza tutti gli elementi dellinsieme, per esempio P := {n : n ` e un numero primo} Consideriamo alcuni Esempi. Siano A := {1, 2, 3}, B := {2, 7, 8}, C := {1, 2, 3, 5, 7, 8}, allora 2 A, 5 / B, A C , A / C, A / A. Linsieme senza alcun elemento si chiama insieme vuoto e si usa la notazione := {}. Questa vista semplicata di insiemi, che comunque ` e suciente per i nostri scopi, porta facilmente a problemi come si vede dal seguente Esempio. Paradosso di Russell: Consideriamo linsieme A := {X : X ` e uninsieme tale che X / X }. Ora per A stesso si deve vericare A A oppure il contrario A / A. Per` o AAA / A E poich e A non verica la condizione che denisce gli elementi X di A, ma anche A / A A A E poich e A per ipotesi verica la condizione che denisce gli elementi X di A. Operazioni tra insiemi. Dati due insiemi A e B chiamiamo A B := {x : x A oppure x B } lunione tra A e B , A B := {x : x A e x B } lintersezione tra A e B , A \ B := {x : x A e x / B } la dierenza tra A e B ,
5
0. CONCETTI FONDAMENTALI
A B := {(a, b) : x A e x B } il prodotto cartesiano tra A e B , gli elementi (a, b) si chiamano coppie ordinate. Osservazione. Se A e B sono insiemi, allora vale sempre A B = B A e A B = B A; in generale A \ B = B \ A e A B = B A; se A ha n elementi e B ha m elementi, allora A B ha n m elementi; deniamo A2 := A A; se A ha n elementi e B ha m elementi, allora A B ha n m elementi
Consideriamo un Esempio. Se A := {1, 2, 3}, B := {2, 7, 8}, allora A B = {1, 2, 3, 7, 8}, A B = {2}, A \ B = {1, 3} =: C , A C = {(1, 1), (1, 3), (2, 1), (2, 3), (3, 1), (3, 3)} con 3 2 = 6 elementi. Insiemi Numerici. Deniamo i seguenti insiemi numerici N : = {n : n ` e un numero naturale} = {0, 1, 2, 3, 4, 5, . . . } = insieme dei numeri naturali , Z : = {n : n ` e un numero intero} = {. . . , 2, 1, 0, 1, 2, . . . } = insieme dei numeri interi , Q : = {r : r ` e un numero razionale} = R : = {x : x ` e un numero reale } = p, 1 2 3 . . . : p Z, k {0, 1, 2, . . . , 9} k N = insieme dei numeri reali . Esempi. 2 R \ Q ( corso di Algebra e Geometria), 2 = 1, 414213 . . ., cio` e qui abbiamo p = 1, 0 = 4, 1 = 1, 2 = 4, 3 = 2, 4 = 1, 5 = 3. Oppure per R \ Q vale = 3 , 1
=p p q
6 ...
=0 =1 =2 =3 =4 =5 =6
Propriet` a dei Numeri Reali R. (1) In R valgono per le operazioni somma + e prodotto tutte le regole dellalgebra, per esempio x, y, z R vale x + y = y + x, x (y z ) = (x y ) z, x (y + z ) = x y + x z.
Pi` u precisamente si dice che (R, +, ) ` e un campo corso di Algebra e Geometria. (2) In R esiste unordinamento totale <, cio` e per x, y R vale una ed una sola delle relazioni x = y, x<y oppure y < x.
(3) R ` e completo, cio` e la retta reale non ha buchi. Prima di spiegare meglio la Propriet` a (3) di R facciamo alcune Osservazioni. x = y. anzich` e y < x scriviamo anche x > y , x y signica x < y oppure
INSIEMI
Usando lordinamento in R deniamo per a, b R i seguenti insiemi detti intervalli : [a, b] : = {x R : a x b} = intervallo chiuso , (a, b) : = {x R : a < x < b} = intervallo aperto , [a, b) : = {x R : a x < b}, (a, b] : = {x R : a < x b}, (, b] : = {x R : x b} = intervallo chiuso , [a, +) : = {x R : a x} = intervallo chiuso , (, b) : = {x R : x < b} = intervallo aperto , (a, +) : = {x R : a < x} = intervallo aperto . (, +) : = R. Valgono le seguenti regole: Se a b e x y allora a + x b + y . Se a b e x > 0 allora a x b x. Attenzione: Se a b e x < 0 allora a x b x. 1 Se 0 < a b allora 0 < 1 b a. Le Propriet` a (1) e (2) valgono anche in Q, cio` e anche Q ` e un campo ordinato. Per continuare servono i concetti di Maggioranti ed Estremo Superiore. Sia = A R. (a) Se s R tale che a s per ogni a A, allora s si chiama maggiorante di A. (b) Se s0 R ` e un maggiorante di A tale che s0 s per ogni maggiorante s di A, allora s0 si chiama estremo superiore di A. Notazione: sup A := s0 = maggiorante pi` u piccolo di A. (c) se s0 = sup A A allora s0 si chiama anche massimo di A. Notazione: max A := s0 = elemento pi` u grande di A. Osservazioni. Valgono le seguenti caratterizzazioni: s0 = sup A s0 = max A a s0 a A (cio` e s0 ` e un maggiorante) > 0 a A tale che s0 < a (cio` e s0 non ` e pi` u un maggiorante), a s0 a A s0 A.
Esempi. Se A = (0, 1], allora sup A = max A = 1. Se A = (0, 1), allora sup A = 1 / A e quindi max A non esiste. Osservazione. Non tutti gli insiemi hanno maggioranti, per esempio A = N non ha maggiorante poich e non esiste s R tale che n s per ogni n N. In tal caso si scrive sup A = +. Nellipotesi che = A R abbia un maggiorante (e in tal caso ne ha inniti), allora si dice che A ` e superiormente limitato. Per esempio A = (0, 1) ` e superiormente limitato poich es=2` e un maggiorante di A. Dopo questo intermezzo torniamo alla Propriet` a 3, cio` e alla completezza di R. LAssioma della Completezza. R ` e completo, cio` e ogni insieme = A R superiormente limitato ammette estremo superiore. In altre termini, se A ha maggioranti, allora esiste sempre il maggiorante pi` u piccolo. Esempi. A := {x R : x2 < 2} ` e superiormente limitato. Per esempio, s = 1, 5 ` e un maggiorante poich e se x e tale che x > 1, 5 x2 > (1, 5)2 = 2, 25
0. CONCETTI FONDAMENTALI
cio` e x = A. Quindi la completezza o di R implica che esiste s0 = sup A. Ora si pu` vericare che s2 = 2, cio` e s = 2. 0 0 1 n Sia A = 1 + n ) : n N, n 1 Q. Usando la formula del binomio di Newton (cfr. pagina 10) si pu` o vericare che s = 3 ` e un maggiorante di A. Quindi esiste s0 = sup A =: e. Osservazioni. e = 2, 7182818 . . . / Q viene chiamato numero di Nepero. Il secondo esempio dimostra che in Q la propriet` a (3) non vale, cio` e Q non ` e completo. In parole povere questo signica che la retta razionale ha buchi, per esempio in 2 oppure in e. Analogamente ai concetti di maggiorante ed estremo speriore possiamo introdurre i concetti di Minoranti ed Estremo Inferiore. Sia = A R. (a) Se r R tale che r a per ogni a A, allora r si chiama minorante di A. (b) Se r0 R ` e un minorante di A tale che r0 r per ogni minorante r di A, allora r0 si chiama estremo inferiore di A. Notazione: inf A := r0 = minorante pi` u grande di A. (c) se r0 = inf A A allora r0 si chiama anche minimo di A. Notazione: min A := r0 = elemento pi` u piccolo di A. Osservazioni. Valgono le seguenti caratterizzazioni: r0 = inf A r0 = min A r0 a a A (cio` e r0 ` e un minorante) > 0 a A tale che r0 + > a (cio` e r0 + non ` e pi` u un minorante), r0 a a A r0 A.
Esempi. Se A = [0, 1], allora inf A = min A = 0. Se A = (0, 1], allora inf A = 0 / A quindi min A non esiste. Osservazione. Non tutti gli insiemi hanno minoranti, per esempio A = Z non ha minoranti poich e non esiste r R tale che r n per ogni n Z. In tal caso si scrive inf A = . Nellipotesi che = A R abbia un minorante (e in tal caso ne ha inniti), allora si dice che A ` e inferiormente limitato. Per esempio A = (0, +) ` e inferiormente limitato poich e s = 1 ` e un minorante di A. Se A ` e superiormente e anche inferiormente limitato, allora si chiama limitato. Per esempio A = (0, 1] [3, 5) ` e limitato mentre N non lo ` e. Funzioni Denizione 0.1. Se A, B = sono insiemi, allora una funzione da A a B ` e una legge (spesso in forma di una formula) che ad ogni a A associa un unico b B . In breve si scrive f : A B, Inoltre si chiama A il dominio di f , B il codominio di f , f (A) := {f (a) : a A} limmagine di f , G(f ) := a, f (a) : a A A B il graco di f . f (a) = b.
Esempio. Il modulo: Per x R deniamo il suo modulo (oppure valore assoluto ) come x se x 0, |x| := x se x < 0. Per esempio |3| = 3, | 4| = (4) = 4. Quindi f (x) := |x|, x R denisce una funzione f : R R con immagine f (R) = [0, +). Il graco G(f ) R2 ` e riportato nella seguente gura.
|x| 3 2 1 3 2 1 00 x 1 2 3
Figura 1. Il graco del modulo. Osservazioni. Per il modulo valgono le seguente relazioni importanti: Se x, y, l R, allora |x| 0 e |x| = 0 x = 0. |x| < l l < x < l. | x| = |x| e |x| = |x|.
|x | |x y | = |x| |y | e x y = |y | . |x + y | |x| + |y | (disuguaglianza triangolare ). |x| |y | |x y |.
Limportanza del modulo si basa in particolare sulla seguente Osservazione. Per ogni x, y R, |x y | = distanza tra x e y sulla retta reale Quindi il modulo ci permette di misurare distanze. Fattoriale e Coecienti Binomiali Denizione 0.2. Per n N deniamo il suo fattoriale n! := Per esempio 4! = 1 2 3 4 = 24. Osservazioni. n! = numero di permutazioni di n oggetti distinti. Per esempio per tre oggetti a, b, c esistono 3! = 6 permutazioni: abc, acb, bac, bca, cab, cba. Se n 1 allora vale n! = n (n 1)!. Denizione 0.3. Per n, k N con 0 k n deniamo il coeciente binomiale n n! := k k ! (n k )! Per esempio
4 2
1 1 2 ... n
se n = 0, se n > 0.
4! 2!(42)!
24 2 2
= 6.
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0. CONCETTI FONDAMENTALI
N, cio` e i coecienti binomiali sono sempre numeri naturali. = numero di sottoinsiemi di {1, 2, 3, . . . , n} di k elementi. Per esempi linsieme {1, 2, 3, . . . , 89, 90} ha 90 6 = 622.614.630 sottoinsiemi con 6 elementi. Quin1 di la probabilita di fare 6 al Superennalotto giocando una scheda ` e 622.614 .630 = 0.0000000016061 . . . n(n1)(n2)...(nk+1) 4 43 12 n k = 1 2 3 ... (k1) k , per esempio 2 = 12 = 2 = 6.
n k n k
Osservazioni. Per i coecienti binomiali valgono le seguenti propriet` a. n n = = 1 per ogni n N . 0 n n1 n1 = n k . k1 + k n n k = nk . Le prime due regole si possono utilizzare per calcolare coecienti binomiali con il triangolo di Tartaglia. La terza regola stabilisce la simmetria di questo triangolo.
n k
n=0 =1 =2 =3 =4
k=0 =1 =2 =3 =4 1 1 1 1 2 + 1 1 1 3 4 = 3 6 1 4
per esempio
2 1
2 2
3 2
Formula del Binomio di Newton Introduciamo dapprima il concetto di sommatoria : Se m, n N con m n e am , am+1 , . . . , an R allora poniamo per la loro somma
n
ak := am + am+1 + . . . + an .
k=m
Per esempio
n
k=m n
ak = ak =
k=m n
ai = . . .
l =m
al .
ak1 .
k=m+1 n
ak =
k =m k=m l
r ak per ogni r R.
n
k=m n
ak =
k =m n
ak +
k=l+1 n
k=m
ak +
k=m
bk =
Se inoltre deniamo a0 := 1 per ogni a R allora vale la Proposizione 0.4. (Formula del Binomio di Newton) Se a, b R e n N, allora
n
(a + b)n =
k=0
n k nk a b . k
Per esempio per n = 4 troviamo i coecienti binomiali necessari nella 4. riga del triangolo di Tartaglio e quindi risulta: (a + b)4 = 1 a0 b4 + 4 a1 b3 + 6 a2 b2 + 4 a3 b1 + 1 a4 b0 .
PRINCIPIO DI INDUZIONE
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Principio di Induzione Passiamo a un principio che ` e collegato ai numeri naturali. Data un numero sso n0 N supponiamo che per ogni n N con n n0 sia data unaermazione A(n). Problema. Vericare che A(n) sia vera per ogni n n0 , cio` e vericare un numero innito di aermazioni. Esempio. Per n 1 =: n0 sia A(n) laermazione che vale la formula 1 + 2 + 3 + ... + n = n (n + 1) . 2
= 6 che ` e vera. Abbiamo quindi dato un numero Per esempio A(3): 1 + 2 + 3 = 3(3+1) 2 innito di formule da vericare e ovviamente non si pu` o procedere vericandole una per una. Per risolvere questo problema useremo il seguente Teorema 0.5 (Principio di Induzione). Se (base dellinduzione) A(n0 ) ` e vera, e (passo induttivo) lipotesi A(n) vera
ipotesi dellinduzione
allora A(n) ` e vera per ogni n n0 . Esempio. Verichiamo per induzione che 1 + 2 + 3 + . . . + n = Base: Dobbiamo vericare A(1), cio` e che vale 1 = Passo induttivo:
1(1+1) 2 n(n+1) 2
per ogni n 1.
che ` e vero.
Sotto lipotesi che A(n) sia vera per un certo n n0 (non per tutti, quello infatti ` e da vericare!) dobbiamo vericare che anche A(n + 1) vale. Allora per ipotesi vale 1 + 2 + 3 + ... + n = quindi risulta n (n + 1) + (n + 1) 2 (n + 1) (n + 2) = 2 che ` e esattamente A(n + 1), cio` e la formula che si ottiene sostituendo in A(n) il numero n con (n + 1). (1 + 2 + 3 + . . . + n) + (n + 1) = In un certo senso il principio di induzione formalizza leetto domino: La base fa cadere il primo pezzo mentre il passo induttivo aerma che con un pezzo cade anche sempre quello successivo. Quindi se facciamo cadere il primo pezzo alla ne cadranno tutti i pezzi. Consideriamo altre due esempi. Esempio (Disuguaglianza di Bernoulli). Se x 1, allora (1 + x)n 1 + n x Dimostrazione. Per induzione. Base: Per n = 0 laermazione diventa (1 + x)0 = 1 + 0 x che ` e vera. Passo induttivo: Supponiamo che per un certo n N vale () (1 + x)n 1 + n x per ogni n N. per ogni n N. n (n + 1) 2
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0. CONCETTI FONDAMENTALI
Sotto questo ipotesi dobbiamo vericare la disuguaglianza che si ottiene sostituendo n con n + 1. Perci` o moltiplichiamo () con 1 + x 0 (1 + x)n+1 = (1 + x) (1 + x)n (1 + x) (1 + n x) = 1 + (n + 1) x + n x2
0
qk =
k=0
1 q n+1 1q
per ogni n N.
Dimostrazione. Per induzione. Base: Per n = 0 laermazione diventa 1 q 0+1 che ` e vera. 1q k=0 Passo induttivo: Supponiamo che per un certo n N vale qk = q0 =
n 0
(#)
k=0
qk =
1 q n+1 . 1q
Sotto questo ipotesi dobbiamo vericare la formula che si ottiene sostituendo n con n + 1. Perci` o sommiamo su entrabi i lati di (#) la quantit` a q n+1
n+1 n
qk =
k=0 k=0
q k + q n+1 = =
1 q n+1 + q n+1 1q
1 q n+1 + q n+1 q n+2 1q 1 q n+2 = 1q che era da vericare. Concludiamo con la seguente domanda. Dov` e lerrore? Tutti i cavalli sono bianchi. Sia A(n) laermazione tutti cavalli in un insieme di n cavalli hanno lo stesso colore . Base: Per n = 1 laermazione ` e ovviamente vera. Passo induttivo: Supponendo che in un insieme di n cavalli tutti hanno sempre lo stesso colore dobbiamo vericare che anche in un insieme di n + 1 cavalli tutti hanno lo stesso colore. Allora togliendo dallinsieme di n + 1 cavalli un cavallo rimangono n cavalli che per ipotesi hanno lo stesso colore. Rimettiamo il cavallo tolto dallinsieme e togliamo unaltro. Di nuovo rimane un insieme con n cavalli che per ipotesi hanno lo stesso colore. Quindi per transitivit` a tutti i n + 1 cavalli hanno lo stesso colore. Inoltre laltro ieri ho visto un cavallo bianco in televisione e quindi tutti cavalli sono bianchi.
CAPITOLO 1
Successioni Numeriche
Lo scopo di questo capitolo ` e di studiare il comportamento di unespressione dipendente da un parametro naturale n per n sempre pi` u grande, cioe per n tendente a +. Iniziamo con la denizione rigorosa di una successione. Denizione 1.1. Una successione numerica ` e una funzione a : N R, cio` e una regola che fa corrispondere ad ogni n N ununico a(n) R. Generalmente si usa la notazione an := a(n). Inoltre si rappresenta una successione elencando tutti i valori assunti in ordine crescente oppure attraverso una formula che denisce gli elementi an . Esempio. a : N R, a(n) := come
1 n+1
denisce una successione che si pu` o rappresentare oppure (an )nN = 1 n+1
1 1 (an )nN = 1, 1 2, 3, 4, . . .
nN
Puo accadere che una formula che denisce gli elementi an di una successione non ha senso per alcuni valori di n, cio` e il dominio di a non ` e tutto N = {0, 1, 2, 3, 4, . . .} ma soltanto un sottoinsieme della forma {n0 , n0 + 1, n0 + 2, n0 + 3, . . .}. Comunque anche in questo caso si parla di successioni.
1 Esempio. La formula an := n(n 3) denisce una successione a : {4, 5, 6, 7, . . .} R (il problema ` e che qui il denominatore si annulla per n = 0 e n = 3 e quindi non sono deniti gli elementi a0 e a3 ). In questo caso si scrive
(an )n4 =
1 n (n 3)
n4
Altri esempi di successioni sono (2, 3, 5, 7, 11, 13, . . .) (successione dei numeri primi), 1 n , 1+ n n1 n 0 (q )nN = (q , q 1 , q 2 , q 3 , . . .) per un q R sso (successione geometrica). Convergenza, Divergenza e Irregolarit` a per Successioni Come gi` a accennato sopra vogliamo studiare il seguente Problema. Studiare il comportamento degli elementi an di una successione (an )nN per n sempre pi` u grande. Consideriamo alcuni
1 1 1 1 Esempi. Per la successione (an )nN = n = 1, 1 2 , 3 , 4 , 5 , . . . n1 gli elementi n1 tendono a l = 0 se n diventa sempre pi` u grande. Per la successione (an )nN = (n)nN = (0, 1, 2, 3, 4, 5, . . .)nN gli elementi superano qualsiasi valore ssato se n diventa sempre pi` u grande. Per la successione (an )nN = ((1)n )nN = (+1, 1, +1, 1, +1, 1, . . .)nN gli elementi oscillano tra i valori 1 e 1.
Nelle seguenti denizioni formaliziamo questi tre tipi di comportamenti per le successioni.
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1. SUCCESSIONI NUMERICHE
Denizione 1.2 (Successione convergente). (i) Si dice che la successione (an )nN ` e convergente al limite l R se per ogni > 0 esiste n0 N tale che |l an | < per ogni n n0 . In questo caso si scrive
n+ n+
lim an = l
oppure
an l per n +.
(ii) Se lim an = 0, allora (an )nN si chiama successione innitesima. Esempio. Vogliamo vericare che lim 1 n+ n
1 n 1 n
= 0.
Perci` o` e da vericare che per > 0 esiste n0 tale che 1 < n > . Quindi, se scegliamo n0 N tale che n0 > 1 allora 0 = 0 cio` e lim
1 n+ n
= 0, in altre parole
Proposizione 1.3 (Unicit` a del limite). Il limite di una successione (an )nN , se esiste, ` e unico. Dimostrazione. Per assurdo1 supponiamo che esiste una successione (an )nN tale che
n+
lim an = l1
|l1 l2 | 4
e lim an = l2
n+
con l1 , l2 R e l1 = l2 . Allora :=
Allora usando la disuguaglianza triangolare risulta per N := max{N1 , n2 } |l1 l2 | = |(l1 aN ) + (aN l2 )| |l1 aN | + |aN l2 | < + = 2 = Dividendo per |l1 l2 | > 0 segue 1 <
1 2 |l1 l2 | 2 .
=1 2.
Denizione 1.4 (Successione divergente). Si dice che la successione (an )nN diverge a +, se per ogni M > 0 esiste n0 N tale che an > M per ogni n n0 e in questo caso si scrive
n+
lim an = +
oppure
an + per n +;
diverge a , se per ogni M < 0 esiste n0 N tale che an < M per ogni n n0 e in questo caso si scrive
n+
lim an =
oppure
an per n +.
Se (an )nN ammette limite nito (cio` e se converge) oppure innito (cio` e se diverge), allora si dice regolare. Rimane quindi la classe delle successioni che non ammettono limite.
1Per le tre principali modi di dimostrazioni cfr. pagina 150
15
Denizione 1.5 (Successione irregolare). Se la successione (an )nN non ` e convergente n` e divergente allora si dice irregolare (oppure oscillante ). Per esempio la successione ((1)n )nN ` e irregolare. Pi` u in generale consideriamo il seguente Esempio (Successione geometrica). Per q R sso deniamo an := q n . Allora la successione geometrica (an )nN (i) diverge a + se q > 1, (ii) ` e costante (cio` e an = a0 per ogni n N) se q = 1 e quindi lim an = a0 = 1, n+ (iii) ` e innitesima se |q | < 1, (iv) ` e irregolare se q 1. Dimostrazione. Verichiamo soltanto (i). Per ipotesi q > 1 e quindi q 1 > 0. Per la disuguaglianza di Bernoulli segue q n = 1 + (q 1)
n
1 + n (q 1)
M 1 q 1 .
per ogni n N.
M 1 (q 1) = M q1
Consideriamo unaltra successione importante. Esempio (Successione armonica). Per R sso deniamo an := n . Allora la successione armonica (an )n1 (i) diverge a + se > 0, (ii) ` e costante (cio` e an = a0 per ogni n N) se = 0 e quindi lim an = a1 = 1, n+ (iii) ` e innitesima se < 0, Il prossimo risultato da una condizione necessaria per la convergenza di una successione. Proposizione 1.6. Una successione convergente (an )nN ` e limitata, cio` e esistono m, M R tale che m an M per ogni n N. Dimostrazione. Se l := lim an allora per = 1 esiste n0 N tale che |l an | < 1 ,
n+
cio` e l 1 < an < l + 1, per ogni n n0 . Quindi per m := min{l 1, a0 , a1 , . . . , an0 1 } e M := max{l + 1, a0 , a1 , . . . , an0 1 } segue m an M per ogni n N, cio` e (an )nN ` e limitata. Il contrario della proposizione precedente non vale, cio` e una successione limitata non deve essere convergente, basta considerare la successione ((1)n )nN che ` e limitata ma non converge. Cerchiamo ora modi per semplicare lo studio della convergenza di una successione senza dover vericare direttamente la denizione. Regole per il Calcolo dei Limiti Problema. Data una successione complicata (an )nN , studiare la sua convergenza. Una soluzione parziale per questo problema fornisce il seguente risultato Proposizione 1.7 (Regole per il calcolo dei limiti). Siano (an )nN e (bn )nN due successioni convergenti con an l1 e bn l2 per n +. Allora (i) an bn l1 l2 per n +; (ii) an bn l1 l2 per n +;
16
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
l1 n (iii) a bn l2 per n + se l2 = 0; (iv) (an )bn l1 l2 per n + se l1 > 0; (v) |an | |l1 | per n +.
Esempi.
7n2 2n + 3 . n+ 3n2 + n 1 Lespressione rappresenta il rapporto da due successioni ma scritto cos` non si an e sia il numeratore sia il denumeratore pu` o ancora utilizzare la regola per bn poich divergono. Comunque basta mettere in evidenza nel numeratore e nel denumeratore la quantit` a che cresce pi` u rapidamente, in questo caso n2 . Utilizzando le regole per somma, dierenza, prodotto e rapporto otteniamo
720+302 =7
2 3 n2 (7 + 2 ) 7n2 2n + 3 7 n n = 2 1 1 3n + n 1 3 n2 (3 + 2 ) n n
3+002 =3
lim
n+3
n.
Non si pu` o applicare direttamente la regola per le dierenze poich e i due termini divergono entrambi. Per procedere si sfrutta la formula (a b) (a + b) = a2 b2 : n+3+ n n+3 n= n+3 n n+3+ n n+3n 3 3 = =0 = + n+3+ n n+3+ n Qui lultimo passaggio viene giusticato dalla seguente Osservazione. Le regole per il calcolo dei limiti si possono estendere alle successioni divergenti se al limite si ottiene una delle seguenti forme determinate : Per ogni a R deniamo + a := , se a > 0, a := se a < 0, a := 0, () + () := , () () := +, () () := , + se q > 1, 0 se q > 1, q + := , q := 0 se 0 < q < 1, + se 0 < q < 1, q 0 := 1 se q > 0. Per esempio, se an 3 e bn + allora an bn 3 (+) = oppure an 3 bn + = 0.
a Osservazione. La forma determinata = 0 si pu` o generalizzare: Sia (an )nN ` e an limitata, cio` e se esistono m, M R tale che m an M per ogni n N. Allora bn 0 per ogni successione divergente (bn )nN e an cn 0 per ogni successione innitesima (cn )nN . Quindi possiamo denire altre 2 forme determinate limitata =0 e limitata 0 = 0.
LIMITI E ORDINAMENTO
17
1 n 3
0 per n +.
Osservazione. Con le forme determinate abbiamo esteso le operazioni algebriche in alcuni casi per gli elementi dei numeri reali estesi R := R {, +}. Non si possono per` o denire tutte le operazioni tra elementi in R, per esempio le seguenti operazioni rappresentano forme indeterminate : () (), 0 (). 0 0 , , a 0 per ogni a R, 1 , (+)0 , 00 , Quindi se per la composizione di due successioni (an )nN e (bn )nN al limite otteniamo una forma indeterminata, allora non si pu` o dire nulla sul comportamento della composizione avendo soltanto informazioni sulla convergenza o divergenza di (an )nN e (bn )nN . Esempio. Verichiamo che (+) (+) ` e indeterminata, cio` e sapendo soltanto che an + e bn + non si pu` o dire nulla sul comportamento di an bn per n +. Basta considerare bn := n e an := n an bn = 0 0, cio` e la dierenza converge; 1 2 2 ) + 1 = +, cio` e la dierenza an := n an bn = n n = n2 (1 n diverge; an := n + (1)n an bn = (1)n , cio` e la dierenza ` e irregolare. Le regole per il calcolo dei limiti manifestano che il concetto di limite ` e compatibile con le operazioni algebriche. Esercizio. Calcolare il limite
n+
lim n
2 n
(Risultato l =
5 5 ).
Continuiamo studiando il comportamento tra Limiti e Ordinamento Se an l1 e b l2 per n + con l1 , l2 R e an bn per ogni n N, allora l1 l2 (Teorema del Confronto) ; se inoltre an cn bn per ogni n N e l1 = l2 , allora anche cn l1 per n + (Teorema dei Carabinieri). In particolare il Teorema dei Carabinieri ` e molto utile per studiare successioni complicate (cn )nN incastrandole tra 2 successioni (an )nN , (bn )nN pi` u semplici (cio` e tra i due carabinieri). Esempi. Vogliamo studiare la convergenza della successione (cn )nN con cn := 1 3 + cos(n2 )
n
18
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
Allora, 1 cos(n2 ) 1 2 = 3 1 3 + cos(n2 ) 3 + 1 = 4 2n n 3 + cos(n2 ) 4n per ogni n N. Quindi segue per gli inversi 1 4
n
1 3 + cos(n2 )
1 2
per n +
=:an 0
=:bn 0
e di conseguenza lim cn = 0.
n+
Verichiamo che
n+
per ogni a > 0. Consideriamo prima il caso a > 1 e poniamo dn := n a 1 > 0 cio` e n a = 1 + dn per ogni n N. Per la disuguaglianza di Bernoulli segue a1 (1 + dn )n 1 + n dn dn 0 per n +. n
=a
lim
a=1
Di conseguenza dn 0 e quindi n a = 1 + dn 1 + 0 = 1 per n +. Se 1 0 < a < 1 poniamo a := a > 1. Da sopra segue quindi 1 1 n n a 1 a= per n +. =1 n 1 a Osservazione. Il concetto di limite per una successione (an )nN ` e collegato al comportamento degli elementi an per n sempre pi` u grande. Quindi i primi elementi non inuiscono sulla esistenza oppure sul valore del limite. Nel seguito diremo che una propriet` a per una successione vale denitivamente, se esiste un n0 tale che tale propriet` a vale per n > n0 . Per esempio la successione (an )nN = (n 1000)nN ` e positiva denitivamente poich e an > 0 per ogni n > 1000 =: n0 . Osservazioni. Dal teorema del confronto segue che per una successione (an )nN convergente al limite l e con an [, ] denitivamente vale l [, ]. In particolare segue il Teorema della permanenza del segno: Se (an )nN e positiva denitivamente e lim an = l allora l 0.
n+
Non vale losservazione precedente per intervalli aperti oppure disuguaglianze strette. Per esempio, se an > 0 per ogni n N e lim an = l allora NON segue l > 0!!
n+
per n +.
Abbiamo detto che a e una forma indeterminata. Tuttavia si 0 anche per a = 0 ` potrebbe pensare che sia invece determinata con il valore . Il problema ` e che non si pu` o decidere il segno dellinnito. Si possono seguire 2 strade: Si introduce un terzo innito senza segno e si pone a 0 := per ogni a = 0, oppure si considerano soltanto gli innity e + (come faremo nel seguito) e di conseguenza a 0 diventa una forma indeterminata come si vede dal seguente 1)n esempio: an := (n 0 ma a1 = (1)n n ` e oscillante. n Il problema posto nellultima osservazione si pu` o risolvere parzialmente introducendo innitesimi con segno. Denizione 1.8. Sia (an )nN una successione innitesima, cio` e an 0 per n +. Se an 0 denitivamente, allora scriviamo an 0+ ,
LIMITI E ORDINAMENTO
19
an 0 denitivamente, allora scriviamo an 0 . Cos` otteniamo altre due forme determinate a : = se a > 0, 0 a : = se a < 0. 0
Inoltre abbiamo a a : = 0 se a > 0, : = 0 se a < 0. Con queste denizioni le regole per il calcolo dei limiti restano validi. Per esempio 2 n an 2, bn 0 a bn 0 = . 1 n an 1, bn + a bn + = 0 . Problema. Per studiare la convergenza di una successione abbiamo nora avuto bisogno di avere almeno un candidato per il suo limite.
1 n ) nN converge Per esempio, come vedremo tra poco la successione (an )nN = (1 + n ma ci` o non si pu` o dimostrare usando la denizione oppure le regole per il calcolo dei limiti. Per risolvere questo problema cerchiamo quindi criteri che implicano la convergenza senza fare riferimento al limite. Prima ci serve una
Denizione 1.9. Una successione (an )nN si dice crescente, se an+1 an per ogni n N, decrescente, se an+1 an per ogni n N, monotona, se ` e crescente oppure decrescente. Il seguente risultato ` e molto importante. Teorema 1.10 (Convergenza delle successione monotone). Se (an )nN ` e monotona, allora ammette limite. Questo limite ` e nito, cio` e (an )nN converge, se (an )nN ` e limitata. Inoltre vale
n+
lim an =
Dimostrazione. Verichiamo soltanto che una successione crescente e limitata converge. Per la completezza di R esiste l := sup{an : n N} R. Sia > 0. Allora usando la caratterizzazione del estremo superiore segue che l an 0 n N an0 tale che an0 > l > l an0 .
per ogni n n0
e quindi |l an | < per ogni n n0 , cio` e lim an = l. Per dimostrare limportanza di questo risultato consideriamo due applicazioni. Inoltre sar` a utilizzato per dimostrare il Teorema degli Zeri, cfr. pagina 46. Il Metodo di Erone. Per a > 0, k N con k 1 deniamo la successione (xn )nN come x0 : = 1 a 1 xn+1 : = (k 1)xn + k1 k xn In questo caso non ` e data una formula per calcolare direttamente xn per un valore n N, ma una regola per calcolare il termine successivo xn+1 della successione conoscendo
20
1. SUCCESSIONI NUMERICHE
quello precedente xn . Questo modo di denire una successione si dice per ricorrenza ed ` e legata al principio di induzione. Nel seguente graco ` e riportato come viene costruito
xk-- a
xn+1
--a
xn
Figura 2. Il metodo di Erone. xn+1 da xn : si traccia in x = xn la retta tangente al graco della funzione f (x) = xk a che poi interseca lasse-x in xn+1 (come vericheremo a pagina 56). In particolare si vede che (xn )nN ` e denitivamente decrescente (per n 1), e limitata (xn 0 per ogni n N). Quindi per il teorema precedente esiste r [0, +) tale che
n+
lim xn =: r
n+
converge. Per calcolare r notiamo che anche lim xn+1 = r e poi usiamo le regole per il calcolo dei limiti: Per n + vale 1 a r xn+1 = (k 1) xn + k1 k xn
r rk1
1 a (k 1)r + k1 , l r
Interesse Composte e il Numero e di Nepero. Se un capitale di 1 e viene investito a 100% di interesse annuale, allora dopo un anno il capitale ` e di e 1 n 1+ , n se linteresse viene pagato ogni n-esimo dellanno. Quindi ci si pu` o chiedere che cosa succede se gli interessi vengono pagati dopo periodi sempre pi` u brevi: dopo ogni mese (n = 12), ogni giorno (n = 365), orni ora (n = 8760), ogni secondo (n = 31536000) etc. Visto che per n crescente si accumulano sempre pi` u interessi composti, la successione 1 n e crescente. Quindi (an )nN ` e (an )nN = (1 + n ) nN ` crescente, e limitata in quanto an [2, 3] per ogni n N (Usare la formula del binomio di Newton). Quindi per il teorema precedente (an )nN converge e si pone e := lim
n+
1+
1 n
= Numero di Nepero.
Per il teorema del confronto vale e [2, 3]. Si pu` o vericare che e / Q e e = 2, 7182818 . . ..
21
e (bn )nN sono asintotiche e si scrive an bn per n +. Osservazioni. Se an bn per n +, allora (an )nN e (bn )nN hanno lo stesso comportamento asintotico, cio` e (an )nN converge (bn )nN converge e in tal caso lim an = lim bn ;
n+ n+
(an )nN diverge (bn )nN diverge e in tal caso lim an = lim bn ;
n+ n+
(an )nN ` e irregolare (bn )nN ` e irregolare. ` e una relazione di equivalenza sullinsieme delle successioni, cio` e an an per n + (reessivit` a), an bn bn an per n + (simmetria), an bn e bn cn an cn per n + (transitivit` a). Il seguente principio ` e spesso utile per semplicare il calcolo dei limiti. Teorema 1.12 (Principio di Sostituzione). Se an an , bn bn e cn cn per n +, allora an bn a b per n +. n n cn cn an n In particolare an bn an bn e a bn bn per n +. Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire successioni con altre successioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il limite se esiste. Esempi. 2n3 5n2 3n + 11 2n3 per n + poich e 2n3 5n2 3n + 11 5 3 11 =1 2 + 3 100+0=1 per n +. 3 2n 2n 2n 2n 5 = 1+ n 1 per n +. Quindi per il principio di n + 5 n poich e n+5 n 3 3 sostituzione segue (n + 5) n e 2n3 5n2 3n + 11 2n3 2n3 5n2 3n + 11 = 2 2 = lim . n+ (n + 5)3 n3 (n + 5)3 ` doveroso fare la seguente E Osservazione. Il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme, dierenze o potenze, cio` e se an an e bn bn allora an + bn an + bn per n +, an bn an bn per n +, (an )bn (an )bn per n +, Controesempi. (per la somma) an := n + 1 n =: an e bn := n n =: bn ma an + bn = (n + 1) n = 1 e an + bn = n n = 0 non sono asintotiche in quanto ammettono limiti diversi. 1 n 1 (per la potenza) an := 1 + n 1 =: an e bn := n n =: bn ma (an )bn = (1 + n ) b n n e (an ) = 1 = 1 non sono asintotiche sempre poich e ammettono limiti diversi. Concludiamo questo capitolo con un criterio che ` e utile per studiare limiti che coinvolgono radici n-esime. Proposizione 1.13. Se (an )nN ` e una successione tale che an > 0 denitivamente e +1 =: q esiste, allora segue che anche lim an n+ an lim n an = q.
n+
22
n+
n+1 n
CAPITOLO 2
Serie numeriche
Problema. Sommare gli elementi di una successione (an )nN , cio` e dare senso alla somma innita
+
a0 + a1 + a2 + a3 + . . . =
k=0
ak .
Lidea per risolvere questo problema ` e di considerare prima le somme parziali (oppure ridotte )
n
sn := a0 + a1 + a2 + . . . + an =
k=0
ak ,
nN
ak
+
ak = s;
ak = ;
se |q | < 1, se q 1, se q 1.
Dimostrazione. 1 caso q = 1: Se q = 1 allora q k = 1 per ogni k N e quindi sn = 10 + 11 + 12 + . . . + 1n = n + 1 . 2 caso q = 1: In questo caso le somme parziali valgono (cfr. progressione geometrica au pagina 12) s n = q 0 + q 1 + q 2 + . . . + q 1n = 1 q n+1 1 q = qn. 1q 1q 1q
La tesi ora segue dal comportamento della successione geometrica, cfr. pagina 15
23
24
2. SERIE NUMERICHE
1 = +. k
1 1 =1+ + k 2
1 1 + 3 4
1 =2 2 1 4
1 1 1 1 + + + 5 6 7 8
=1 4 1 8 2
1 1 1 + + ... + 9 10 16
1 =1 8 16 2
+...
1+
1 1 1 1 + + + + . . . = +. 2 2 2 2
Osservazione. Useremo la divergenza della serie armonica per dimostrare che (teoricamente) si pu` o costruire una scala autoportante che superare qualsiasi distanza. Perci` o consideriamo gradini della lunghezza l = 2 e del peso 1 che sistemiamo uno sul altro (senza usare colle o ssaggi) in maniera di superare una distanza massima. Usando solo 2 gradini ` e molto semplice: dobbiamo sistemare il gradino sotto tale che lo spigolo capita esattamente sotto il (bari)centro del gradino sopra: Continuiamo e sistemiamo un terzo gradino sotto i primi due:1 Se x indica lo sbalzo
l=2
Figura 3. Scala autoportante: 2 gradini. del secondo al terzo gradino, dalla legge della leva (cfr. graco) segue
baricentro 2 gradino: peso 1 1 baricentro 1 gradino: peso 1 = spigolo 2 gradino
s
= baricentro
1 -- x x
Continuando in questa maniera arriviamo al punto in cui dobbiamo sistemare il (n + 1)-esimo gradino sotto quelli n precedenti. Come prima dobbiamo piazzare il gradino sottostante in maniera che lo spigolo capita esattamente sotto il baricentro del corpo fatto dai n = (n 1) + 1 gradini sovrastanti. Visto che lo spigolo del n-esimo gradino capita esattamente sotto il baricentro del corpo fatto dai primi (n 1) gradini (e quindi dal peso n 1) e la distanza tra lo spigolo del n-esimo gradino e il suo baricentro ` e1 sempre per la legge della leva segue (cfr. graco) 1 (1 x) = (n 1) x
1 x= n .
s
s s s s
25
baricentro n gradino: peso 1 baricentro primi (n-1) gradini: peso n-1 = spigolo n gradino
Figura 5. Scala autoportante: n + 1 gradini. Cos` con n + 1 gradini abbiamo costruita una scala autoportante che supera la distanza
1 gradino 2 gradino 1 3 gradino 1/2 4 gradino 1/3 5 gradino 1/4 6 gradino 1/5
sn
1 3
+ ... +
1 n
per n +.
Comunque, con 10.000 gradini di lunghezza l = 2m in questa maniera si superano appena 9, 21m e per superare 10m servono addirittura 22028! Serie di Mengoli. 1 1 1 1 + + + ... = 12 23 34 45
+ k=1
1 = 1. k (k + 1)
sn =
k=1
1 1 =1 1 k (k + 1) n+1
per n +.
Solo in casi rari ` e possibile trovare una formula esplicita semplice per le somme parziali di una serie. A questo punto si pone il seguente
2In alternativa si pu` o usare il seguente trucco:
=1 n
sn =
k=1
(k + 1) k = k (k + 1)
k=1
1 1 k k+1
=
k=1
1 k
n+1
k=2
1 1 =1 k n+1
=somma telescopica
26
2. SERIE NUMERICHE +
Problema. Come si pu` o studiare la convergenza di una serie una formula semplice per le somme parziali sn ?
ak senza conoscere
k=0
Evidenziamo che cos` non chiediamo pi` u di calcolare la somma della serie ma soltanto di vericare che la somma esiste e sia nita. Iniziamo con la seguente
+
Dimostrazione. Sia s :=
k=0 n+
ak , cio` e s =
n+
n+
lim sn1 = s e
quindi lim (sn sn1 ) = s s = 0. Cos` risulta sn sn1 = (a0 + a1 + a2 + . . . + an1 + an ) (a0 + a1 + a2 + . . . + an1 ) = an 0 per n +. Evidentemente questa condizione ` e soltanto necessaria ma non suciente per la convergenza come si vede dalla serie armonica. Come vedremo nel seguente paragrafo lordine in R ci aiuta a risolvere il problema posto sopra. Serie a Termini Positivi Se ak 0 per ogni k N, allora sn+1 = sn + an+1 sn e quindi (sn )nN ` e crescente. Quindi possiamo usare il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr.
+
Teorema 2.3. Se ak 0 per ogni k N (basta anche ak 0 denitivamente), allora la serie + converge se e solo se (sn )nN ` e limitata, ak diverge a + se e solo se (sn )nN non ` e limitata. k=0 Quindi per una serie a termini positivi basta vericare la limitatezza della successione delle somme parziali per ottenere convergenza. Inoltre risulta che una serie a termini positivi non pu` o essere irregolare. Esempio. Consideriamo la serie a termini positivi
+ k=0
1 k!
= serie esponenziale
1 k!
1 2k1
=2
1 k 2
sn =
2
k=0
1 k 2
2 1
1 k!
1 2
=4
per ogni n N.
27
Nellesempio precedente per dimostrare la convergenza della serie esponenziale labbiamo confrontata con la serie geometrica con q = 1 2 . Nel seguente risultato generaliziamo questa idea e consideriamo 2 successioni qualsiasi. Proposizione 2.4 (Criterio del confronto). Sia 0 ak bk denitivamente. Allora
+ +
bk
k=0 Maggiorante
converge
k=0
ak
Minorante +
converge
oppure
+
ak
k=0 Minorante
diverge
k=0
bk
Maggiorante
diverge
1 . k
Visto che
1 k
1 k
la divergenza di
k=1
1 . k
Del criterio precedente esiste anche una versione asintotica. Proposizione 2.5 (Criterio del confronto, versione asintotica). Sia ak 0 e bk > 0 denitivamente tali che esista ak lim =: l R. k+ bk Allora
+ +
bk converge oppure
k=0 +
k=0 +
ak converge
ak diverge
k=0
k=0
bk diverge
Se inoltre l = 0 (in particolare se ak bk per k +), allora valgono anche le implicazioni opposte, cio` e
+ +
ak converge
k=0
k=0 +
bk converge
oppure
+
ak diverge
k=0 +
k=0 1 . k2
bk diverge
la serie di Mengoli
k=1
1 k(k+1) .
Allora k (k + 1) 1 = 1 + 1 = l. 2 k k
+ 1 . k2 k=1
1 k2 1 k(k+1)
28
2. SERIE NUMERICHE
2 1 = k2 6
Problema. Data una serie, trovare una serie minorante divergente oppure una serie maggiorante convergente per applicare il Teorema del Confronto. Una possibilit` a per arontare questo problema ` e di usare come seconda serie la serie
+
geometrica
k=0
criteri. Proposizione 2.6 (Criterio del Radice). Sia ak 0 denitivamente. Se esiste q := + lim k ak , allora la serie ak
k+ k=0
converge se q < 1, diverge se q > 1, non si pu` o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1. Esempio. Sia ak :=
ak kk
e quindi la serie
k=0
ak converge.
+
Proposizione 2.7 (Criterio della Rapporto). Sia ak > 0 denitivamente. Se esiste q := lim
ak+1 , k+ ak
allora la serie
k=0
ak
converge se q < 1, diverge se q > 1, non si pu` o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1. Esempio (Serie Esponenziale). Sia ak := ak+1 = ak
+ ak+1 (k+1)! ak k! ak k!
e quindi la serie
k=0
ak converge.
Concludiamo questa sezione con un importante Esempio. (Serie armonica generalizzata) Sia ak :=
+ 1 k
che la serie
k=0
ak
diverge per = 1 diverge per ogni 1, converge per = 2 converge per ogni 2 dove le implicazioni seguono dal criterio del confronto:
+
1 k
1 k
cio` e
k=1 +
1 k
` e un minorante divergente,
1 k2
1 k
cio` e
k=1
1 k2
` e un maggiorante convergente
29
della serie armonica generalizzata. Mancano per` o i parametri (1, 2). Quindi si pone la domanda come si comporta la serie armonica generalizzata per questi parametri. Come vedremo pi` u tardi (cfr. pagina 118) vale il seguente. Proposizione 2.8.
+ k=1
1 k
converge
>1
Serie a Termini di Segno Variabili Abbiamo visto che la serie armonica diverge:
+ k=1
1 1 1 1 1 = 1 + + + + + . . . = +. k 2 3 4 5
1 k
Cio` e facendo un numero sucientemente grande di passi di lunghezza supera qualsiasi limite.
1 +
1 2
in avanti si
1 3
1 4
1 5
1 6
+ 3
Figura 7. Divergenza della serie armonica Problema. Che cosa succede se dopo ogni passo cambiamo direzione o, in termini matematici, se i termini cambiamo segno? Cio` e come si comporta la Serie di Leibniz
+
(1)k
k=1
1 1 1 1 1 = 1 + + . . . ? k 2 3 4 5
...
1 3
Figura 8. Convergenza della serie di Leibniz. Dalla gura precedente si pu` o avere limpressione che la serie converge. Ci` o` e infatti vero per Proposizione 2.9. (Criterio di Leibniz) Se la successione (ak )kN ` e
30
2. SERIE NUMERICHE
decrescente, e innitesima
+
allora la serie
k=0
(1)k
k=1
1 = ln(2) k
Esempio. Sia ak :=
1 k
per > 0. Allora (ak )kN ` e decrescente e innitesima e quindi (1)k 1 k converge per ogni > 0.
+ k=1
ak converge
k=0 convergenza (semplice) 1 Infatti per ak = (1)k k la serie + +
k=0
|ak | converge
convergenza assoluta
ak converge mentre
k=1 +
|ak | =
k=1 k=1
(1)
k1
=
k=1
1 k
diverge.
Proposizione 2.10. Se
k=0
ak , cio` e la conver-
genza assoluta implica la convergenza semplice. Questa proposizione ` e molto utile in quanto la serie
k=0 +
quindi pu` o essere studiata con i criteri per tale serie. Per esempio, applicando il criterio del rapporto e della radice a
k=0
ak+1 <1 ak
oppure
q := lim
k+
|ak | < 1
allora
k=0
e quindi la serie
k=0
ak converge.
31
ak = ea k!
per ogni a R.
Concludiamo con unosservazione abbastanza sorprendente. Osservazione. Mentre per una somma nita lordine degli addenti non inuisce al risultato, p.e. 1 + 2 + 3 + 4 = 10 = 4 + 1 + 3 + 2 = 3 + 1 + 2 + 4 = . . . ci` o in generale non vale per le serie, cio` e per somme innite. Per esempio si pu` o vericare
+
k=1
1 (1)k k , cio` e
1 unordine per sommare gli elementi della successione (1)k k , che converge esattak1 1 mente alla somma s. In altre parole, sommando gli elementi (1)k k , k = 1, 2, 3, 4, . . . nellordine giusto si pu` o avere qualsiasi somma. In questo senso una somma innita non ` e pi` u commutativa, cio` e indipendente dallordine degli addendi. Questo fenomeno, per` o, si verica solo per le serie che convergono ma non convergono assolutamente come per esempio la serie di Leibniz. Per una serie che converge assolutamente invece ogni riordinamento converge alla stessa somma.
CAPITOLO 3
Operazioni e Composizione tra Funzioni Somma, Dierenza, Prodotto e Frazioni di Funzioni. Le operazioni algebriche si possono facilmente estendere dai numeri alle funzioni. Se f : X1 R R e g : X2 R R sono due funzioni allora deniamo per X := X1 X2 la la la la somma f + g : X R, (f + g )(x) := f (x) + g (x) per x X ; dierenza f g : X R, (f g )(x) := f (x) g (x) per x X ; prodotto f g : X R, (f g )(x) := f (x) g (x) per x X ; f ( x) f frazione f g : X0 R, g (x) := g (x) per x X0 := {z X : g (z ) = 0};
Un altro modo per denire una nuova funzione ` e la Composizione di funzioni. Se f : X Y e g : Y Z allora la funzione g f : X Z, si dice funzione composta di f e g . Esempio. Se f (x) = |x| e g (x) = sin(x) allora (g f )(x) = sin |x|. In questo esempio possiamo anche considerare f g per il quale si ottiene (g f )(x) = sin(x) . Quindi in generale f g = g f .
32
(g f )(x) := g f (x) , x X
33
Propriet` a di Funzioni Reali Funzioni Invertibili. Denizione 3.2. Una funzione f : X Y si dice iniettiva, se per ogni x1 , x2 X , x1 = x2 si ha f (x1 ) = f (x2 ), cio` e se per ogni y Y esiste al pi` u un x X con f (x) = y ; suriettiva se per ogni y Y esiste almeno un x X con f (x) = y ; biettiva se f ` e iniettiva e suriettiva, cio` e se per ogni y Y esiste un unico x X con f (x) = y . Esempi. Consideriamo la funzione fk : Xk Yk , fk (x) := x2 per diverse scelte di Xk , Yk R (k = 1, 2): (a) X1 = R, Y1 = R, cfr. G(f1 ). In questo caso per 0 < y Y1 esistono due x1 , x2 X1 , x1 = y = x2 = + y con (x1 )2 = (x2 )2 = y e quindi f1 non ` e iniettiva; per y < 0 non esiste x X1 tale che f1 (x) = x2 = y e quindi f1 non ` e suriettiva. Riassumendo f1 non ` e n e iniettiva n e suriettiva. (b) X2 = R, Y2 = [0, +), cfr. G(f2 ). In questo caso per 0 < y Y2 esistono due x1 , x2 X2 , x1 = y = x2 = + y con (x1 )2 = (x2 )2 e quindi f2 non ` e iniettiva; e per y Y2 deniamo x := + y X2 che implica f2 (x) = x2 = y e quindi f1 ` suriettiva. Riassumendo f2 non e iniettiva ma e suriettiva. (c) X3 = [0, +), Y3 = R, cfr. G(f3 ). In questo caso per 0 y Y3 x := + y ` e lunico x X3 con x2 = y mentre per 0 > y Y3 non esiste x X3 tale che f3 (x) = x2 = y . Quindi f3 ` e iniettiva; f3 non ` e suriettiva. e (d) X4 = [0, +), Y4 = [0, +), cfr. G(f4 ). In questo caso per ogni y Y4 x := + y ` 2 lunico x X4 con x = y . Quindi f4 ` e iniettiva; f4 ` e suriettiva. Riassumendo f4 ` e biettiva.
(a) f1(x) y>0 (b) f2(x) y>0 (c) f3(x) y>0 (d) f4(x) y>0
x1
x2
x y<0
x1
x2
x2
x y<0
Figura 10. Funzione (a) non iniettiva, non suriettiva; (b) non iniettiva ma suriettiva; (c) iniettiva ma non suriettiva; (d) iniettiva e suriettiva cio` e biettiva. Osservazioni. Al livello del graco G(f ) per una funzione reale f : X Y vale: f ` e iniettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca G(f ) al pi` u una volta; f` e suriettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca G(f ) almeno una volta;
34
f ` e biettiva ogni retta orizzontale attraverso un punto y Y interseca G(f ) ununica volta. Una funzione f : X Y ` e biettiva se e solo se esiste una funzione g : Y X tale che (g f )(x) = g f (x) = x per ogni x X , e (f g )(y ) = f g (y ) = y per ogni y Y . In questo caso g ` e unica, si chiama funzione inversa di f e si scrive f 1 := g . Dal fatto che f (x) = y x = f 1 (y ) segue che i graci G(f ) di f e G(f 1 ) di f 1 sono simmetrici rispetto alla bisettrice y = x. Esempio. Abbiamo visto nellesempio precedente che la funzione f : [0, +) [0, +), f (x) := x2 ` e invertibile. In questo caso la funzione inversa f 1 : [0, +) [0, +) ` e 1 1 data da f (x) = x. In particolare, f 1 (x) = f ( !!! x) Funzioni Limitate. Una funzione f : X R R si dice limitata superiormente se esiste M R tale che f (x) M per ogni x X ; limitata inferiormente se esiste m R tale che m f (x) per ogni x X ; limitata se ` e superiormente e inferiormente limitata, cioe se esistono m, M R tale che m f (x) M per ogni x X . Esempi. f (x) = x2 , x R ` e inferiormente ma non superiormente limitata; 3 f (x) = x , x R non ` e inferiormente n e superiormente limitata; f (x) = sin(x), x R ` e limitata. Funzioni Simmetriche. Sia X R simmetrico rispetto a x = 0 (cio` e x X x X ). Allora f : X R si dice pari, se f (x) = f (x) per ogni x X ; dispari, se f (x) = f (x) per ogni x X . Osservazioni. f ` e pari il graco di f ` e simmetrico rispetto allasse y ; f ` e dispari il graco di f ` e simmetrico rispetto allorigine.
(a) (b)
f(x)
f(x)
Figura 11. Funzione (a) pari, (b) dispari. Se f ` e dispari e 0 X (= dominio di f ) allora f (0) = 0. Valgono le seguente regole per prodotto e rapporto tra funzioni pari (=p) e dispari (=d): f1 f2 opp. f2 =p =d
f1 f2
f1 =p p d
=d d p
FUNZIONI ELEMENTARI
35
pi` u in generale si ha: f (x) = xn con n N ` e pari n ` e pari, dispari n ` e dispari. Funzioni Monotone. f : X R R si dice crescente, se f (x1 ) f (x2 ) per ogni x1 , x2 X con x1 < x2 ; strettamente crescente, se f (x1 ) < f (x2 ) per ogni x1 , x2 X con x1 < x2 ; decrescente, se f (x1 ) f (x2 ) per ogni x1 , x2 X con x1 < x2 ; strettamente decrescente, se f (x1 ) > f (x2 ) per ogni x1 , x2 X con x1 < x2 . (strettamente) monotona, se ` e (strettamente) crescente oppure (strettamente) decrescente. Esempi. f (x) = x3 , x R ` e strettamente crescente; f (x) = x2 , x R non ` e monotona; f (x) = x2 , x (, 0] ` e decrescente. Funzioni Periodiche. Sia X R e T > 0 tale che x + T X per ogni x X . Allora f : X R si dice periodica di periodo T , se T ` e il pi` u piccolo numero > 0 tale che f (x + T ) = f (x) per ogni x X . Esempio. f (x) = sin(x) ` e periodica di periodo T = 2 . Funzioni Elementari Nel seguito iniziamo una lista di funzioni elementari che utilizzeremo nello svolgimento del corso. Polinomi. Se a0 , a1 , . . . , an R allora lespressione p(x) := an xn + an1 xn1 + . . . + a1 x + a0 con x R si dice polinomio. Se an = 0 allora n si dice grado di p. Un polinomio della forma p(x) = axn si dice anche monomio. Esempio. p(x) = 2x3 5x2 6x + 1 ` e un polinomio di grado n = 3. Funzioni Razionali. Se p, q sono due polinomi di grado n ed m rispettivamente, le(x) spressione r(x) = p q (x) si chiama funzione razionale con grado n m. Il dominio X della funzione razionale r ` e data da {x R : q (x) = 0}.
2x 1 Esempio. r(x) = 2x5 ` e una funzione razionale di grado 2 5 = 3 e con 10x3 +8x dominio X = R \ {2, 1, 0, 1, 2}.
2
Potenze ed Esponenziali. Problema. Come si pu` o denire ar per a > 0 e r R, per esempio quanto vale 2 =? Per risolvere questo problema, cio` e per dare una denizione rigorosa di ar , useremo alcuni risultati del Capitolo 1 procedendo in 2 passi: 1 Caso: r = p q Q. Se p Z e 0 = q N, allora usando le radici (introdotte su pagina 19) deniamo p 1 p ar = a q := (ap ) q = q ap = q a Per esempio 3 1000 1 a3 = , 23,141 := 23141 . 4a Si osservi che per denire q a, per q pari, deve essere a > 0. a 4 :=
3
36
2 Caso: r R. Per semplicare la presentazione consideriamo solo il caso a > 1 e r > 0, gli altri casi per` o si possono trattare similmente. Se r R ha la rappresentazione r = p, 0 1 2 3 4 . . . n n+1 . . . allora deniamo p0 1 2 3 4 . . . n rn := p, 0 1 2 3 4 . . . n 000 . . . = Q. 10n+1 3141 Per esempio per r = vale r2 = 3, 141 = 1000 . Cos` abbiamo denito una successione (rn )nN con le propriet` a rn Q per ogni n N, rn [p, p + 1] per ogni n N, lim rn = r poich e 0 r rn 0, 0 . . . 0n+1 n+2 . . . 10n 0 per n+ n +, (rn )nN ` e crescente. Visto che rn Q possiamo denire an := arn come nel primo passo. Siccome la funzione ax con x Q per a > 1 ` e crescente, la r n successione (an )nN = (a )nN ` e crescente poich e (rn )nN ` e crescente, e limitata poich e an [ap , ap+1 ]. Quindi per il teorema sulle successioni monotone limitate (cfr. pagina 19) il limite
n+ n+ r potenza a di base a ed esponente
converge e denisce la
r.
Proposizione 3.3. Per le potenze valgono le regole ar as = ar+s per ogni a > 0, r, s R; (ar )s = ars per ogni a > 0, r, s R; ar br = (a b)r per ogni a, b > 0, r R. Avendo ssato la base e facendo variare lesponente come argomento, oppure il viceversa, possiamo denire altre 2 funzioni elementari. Denizione 3.4. f : (0, +) R, f (x) := xr per r R sso si dice funzione potenza di esponente r; g : R R, g (x) := ax per a > 0 sso si dice funzione esponenziale di base a;
xr r>1 r=1
Figura 12. La funzione potenza. Osservazione. Per r 0 si pu` o estendere la funzione potenza xr su [0, +) denendo r 0 := 0. Inoltre per certi valori di r R si pu` o denire xr anche per x < 0, per esempio 1 x2 = x x oppure (8) 3 = 3 8 = 2.
FUNZIONI ELEMENTARI
37
ax a<0 a>0
ex
4
a=0 x
1.5 1 0.5
0.5
1.5
Figura 13. La funzione esponenziale. Lesponenziale pi` u importante ` e quello in base a = e che si chiama funzione esponenziale e che fornisce una delle funzioni pi` u importanti della matematica. Funzioni Iperboliche. Usando la funzione esponenziale deniamo le seguenti tre funzioni: x ex Coseno Iperbolico cosh(x) := e + , x R. 2 ex ex Seno Iperbolico sinh(x) := , x R. 2 sinh(x) Tangente Iperbolico tanh(x) := cosh(x) , x R.
10
cosh(x)
5 1
tanh(x)
0.5 2 2
x
2 1 0 1 2
sinh(x)
10
0.5
Figura 14. Le funzioni iperboliche. Osservazioni. cosh ` e pari e inferiormente limitata. Infatti cosh(x) 1, in particolare cosh(x) = 0, per ogni x R. Il graco di cosh si chiama anche catenaria in quanto landamento ` e quello caratteristico di una catena (o fune) omogenea, essibile e non estendibile, i cui due estremi siano vincolati che sia lasciata pendere, soggetta soltanto al proprio peso (cfr. Figura 15). sinh ` e dispari. tanh ` e dispari e limitata, infatti 1 tanh(x) 1 per ogni x R. Vale la relazione cosh2 (x) sinh2 (x) = 1 per ogni x R. Funzioni Circolari. Per denire le funzioni circolari dobbiamo dapprima misurare angoli in radianti (cfr. graco): Quindi langolo = x (radianti), dove x = lunghezza dellarco P Q [0, 2 ) orientato in senso antiorario. Per x < 0 oppure x 2 si pu` o = 2 e 3 , 5 etc. , 360 identicare x con x mod 2 . Per esempio 90 = 2 Introduciamo ora con = x radianti gracamente le funzioni Seno : sin(x), x R, Coseno : cos(x), x R, +1 Tangente : tan(x), x R \ { 2k2 : k Z}. Osservazioni. cos ` e pari, limitata (1 cos(x) 1 x R) e periodica di periodo T = 2 . sin ` e dispari, limitata (1 sin(x) 1 x R) e periodica di periodo T = 2 .
38
Q
x
#
1 1
tan(x) sin(x) x
1
cos(x)
sin(x)
2
-2
1 0
1
-2 -2
3 --2 2
3 --2
cos(x)
2
-2
1 0
1
3 --2 2
3 --2
39
-2 3 --2
-2
3 --2
Limiti delle Funzioni Reali Data una funzione f : X R R e c R consideriamo il seguente Problema. Studiare il comportamento di f (x) per x vicino (ma dierente!) a c. Abbiamo gi` a considerato questo problema: Esempio. Se X = N e c = +, f : N R diventa una successione (an )nN dove an = f (n) e il problema si trasforma nello studio di an per n vicino a +, cio` e ci ha portato al concetto di limite per le successioni. Per analizzare questo problema per una funzione qualsiasi ci serve dapprima una Denizione 3.5. c R si dice punto di accumulazione dell insieme X R se esiste una successione (xn )nN con xn X per ogni n N, xn = c per ogni n N, lim xn = c.
n+
I primi 2 punti si possono brevemente scrivere come (xn )nN X \ {c}. Quindi c ` e un punto di accumulazione di X se in X \ {c} si pu` o avvicinare al punto c. Esempi. c = 3 non ` e un punto di accumulazione di X = N in quanto non esiste una successione (xn )nN N \ {3} con lim xn = 3.
n+
c = + ` e infatti lunico punto di accumulazione di X = N. c = 1 non ` e un punto di accumulazione di [0, +). Se I R ` e un qualsiasi intervallo con gli estremi a e b, allora c ` e un punto di accumulazione di I c [a, b]. Ora siamo in grado di generalizzare il concetto di limite dalle successioni alle funzioni reali arbitrarie. Denizione 3.6 (Limiti per le Funzioni ). Sia f : X R R una funzione reale e sia c R un punto di accumulazione di X . Allora diremo che f tende a l R per x tendente a c
40
se per ogni successione (xn )nN X \ {c} con lim xn = c segue che lim f (xn ) = l.
n+ n+
lim f (x) = l
oppure
f (x) l per x c .
Osservazioni. Il limite, se esiste, ` e unico. Se nel seguito scriviamo lim f (x) supponiamo sempre che c sia un punto di xc accumulazione del dominio X di f . Per esempio lim x non ` e ammesso poich e
x1
c = 1 non ` e un punto di accumulazione del dominio X = [0, +) della radice. Il fatto che nella denizione di limite consideriamo soltanto successioni (xn )nN convergenti a c con xn = c per ogni n N riette il fatto che studiamo f (x) per x vicino ma dierente a c. Il concetto di limite per le funzioni come denito sopra si basa su quello del limite per le successioni. Esiste anche unaltra possibili` a di introdurre limiti per le funzioni che non fa riferimento alle successioni. Questa alternativa dipende per` o dal fatto se c ed l sono niti oppure inniti e quindi servono molti casi per coprire tutte le possibilita, cfr. pagina 152 nellAppendice. Esempi. lim sin(x) = 0. Dal graco su pagina 37 si vede che 0 | sin(x)| |x|
x0 n+
per ogni x R. Quindi per (xn )nN R \ {0} con lim xn = 0 risulta 0 < | sin(xn )| |xn |
0 0 x 0
per n +
e per il teorema dei Carabinieri segue sin(xn ) 0 per n +. Allora lim sin(x) = 0 per denizione. lim cos(x) = 1. Per la formula di prostaferesi (cfr. pagina 39) segue
x0
x 2
Allora per ogni successione (xn )nN R \ {0} con lim xn = 0 risulta
n+
1 cos(xn ) = cos(0) =
x0 x 0 |x | x0 x |x | x
n 2 sin2 x2
2 02 .
Quindi lim 1 cos(x) = 0 cio` e lim cos(x) = 1. lim non esiste. Deniamo f (x) := f (x) = Deniamo xn :=
(1)n n
1 1
|
x
-- 1
Figura 20. Funzione segno. limite per n +. Quindi lim f (x) non esiste.
x 0
|x | x
41
f (x) tende a +1 se ci avviciniamo a c = 0 da destra, f (x) tende a 1 se ci avviciniamo a c = 0 da sinistra. Per precisare ci` o ci serve una Denizione 3.7 (Limite Destro e Sinistro). Diremo che xn c da destra per n +, se xn c e xn c denitivamente. In questo caso usiamo la notazione: xn c+ per n + oppure lim xn = c+ .
n+
xn c da sinistra per n +, se xn c e xn c denitivamente. In questo caso usiamo la notazione: xn c per n + oppure lim xn = c .
n+
f (x) l R per x tendente a c da destra, se per ogni successione (xn )nN X \{c} (dove X = dominio di f ) con xn c+ segue f (xn ) = l per n +. In questo caso usiamo la notazione: f (x) l per x c+ oppure lim f (x) = l.
xc+
f (x) l R per x tendente a c da sinistra, se per ogni successione (xn )nN X \ {c} (dove X = dominio di f ) con xn c segue f (xn ) = l per n +. In questo caso usiamo la notazione: f (x) l per x c oppure lim f (x) = l.
xc xc+
lim f (x) = l e lim f (x) = l si dicono limite destro e limite sinistro rispettivamente.
xc
Esempi. lim
x0+ 1 x
lim =
x0+ 1 = 0+
|x| x
= +1, lim
+,
x c
| x| x = 1. x0 1 = 01 lim x = . x0 xc+ xc
Osservazioni.
Il concetto di limite destro e sinistro si possono denire anche senza lutilizzo delle successioni. Per` o facendo cos` si devono considerare vari casi secondo le possibilit` a c, l R, c, l = , cfr. pagina 152 nellAppendice. Limiti ed Asintoti. Se lim f (x) = con c R, allora si dice che f ha unasintoto verticale x = c.
xc()
Come nel caso delle successioni esistono anche per i limiti delle funzioni Regole per il Calcolo dei Limiti. Se lim f (x) = l1 e lim g (x) = l2 con c R e xc xc l1 , l2 R, allora lim f (x) g (x) = l1 l2 ;
xc
lim
lim |f (x)| = |l1 |. Queste regole seguono direttamente dalle regole corrispondenti per le successioni. Inoltre valgono anche per il limite destro e sinistro e anche per l1 , l2 R se al limite si ottiene una forma determinata.
42
In sostanza il risultato precedente manifesta il fatto che le operazioni algebriche sono compatibili con il concetto di limite. Cio` e non ha importanza se si fa prima loperazione e poi il limite oppure viceversa, se tutte le forme ottenute sono determinate. Anche i risultati riguardanti limiti e ordinamento per le successioni si generalizzano facilmente alle funzioni. Limiti e Ordinamento. Se f, g : X R R tale che f (x) g (x) per ogni x X e f (x) l1 , g (x) l2 per x c, allora l1 l2 (Teorema del Confronto ); se inoltre per h : X R vale f (x) h(x) g (x) per x X e l1 = l2 , allora anche h(x) l1 per x c (Teorema dei Carabinieri). Come gi` a per le successioni anche per calcolare limiti di funzioni il Teorema dei Carabinieri e spesso molto utile. Lidea per la sua applicazione ` e di incastrare lespressione che si vuole studiare (= h(x)) tra due carabinieri (= f (x) e g (x)) che sono pi u semplici da studiare e ammettono lo stesso limite. Consideriamo alcuni esempi. Tre Limiti Notevoli. (1) lim
x 0
sin(x) =1. x
sin(x)
tan(x)
0 < sin(x) x tan(x) = dividendo per sin(x) > 0 segue 1 quindi per gli inversi otteniamo 1
1
x 1 sin(x) cos(x)
sin(x) cos(x) x
1
x) per x 0+ . Inoltre sin( ` e pari e quindi otteniamo dal Teorema dei Carabinieri x sin(x) che x 1 per x 0.
(2) lim
x 0
1 cos(x) 1 = . x2 2
43
1 1 1 1 = 1 + cos(x) 2 2
1
1 1+1 =1 2
1+n
x n n
x n
=1+x
se
x n
1 cio` e n x
lim
1+
= ex 1 + x
per ogni x R.
Sostituendo in questa relazione x con x otteniamo inoltre e x = e quindi per gli inversi vale 1 se x < 1. 1x Riassumendo abbiamo vericato che per ogni x < 1 vale 1 1 + x ex (sottraendo 1) 1x 1 x x ex 1 1= (dividendo per x = 0) 1x 1x 1 ex 1 se 1 > x > 0: 1 x 1x ex
1 per x0 1 per x0 1 ex
1x
>0 per x<1
se x < 0:
1
1 per x0
ex 1 x
1 1x
1 per x0
Laermazione ora segue dal Teorema dei Carabinieri. Anche il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr. pagina 19) si generalizza facilmente alle funzioni. Teorema 3.8. Se f : X R R ` e monotona allora lim f (x) =: l R e
xc xc+ +
lim f (x) =: l R esistono. Inoltre vale l = sup{f (x) : x X, x < c}, l+ = inf {f (x) : x X, x > c} l = inf {f (x) : x X, x < c}, l = sup{f (x) : x X, x > c}
+
se f ` e crescente, se f ` e decrescente.
Passiamo ora ai
44
lim g (y ) = l,
y y0
esiste > 0 tale che f (x) = y0 per ogni x X con 0 < |x c| < allora lim g f (x) = l. xc Questo risultato non vale senza la terza condizione che riette il fatto che per lesistenza e il valore del limite il valore della funzione nel punto limite ` e indierente. Esempio. Sappiamo che lim sin(x) = 0 (qui f = sin, c = 0 e y0 = 0),
x0
sin(x) = 0 per ogni x R con 0 < |x| < (quindi possiamo scegliere := ) Con il risultato precedente risulta che
x0
CAPITOLO 4
non ` e importante che c X (=dominio di f ), e che, nel caso c X , f (c) = l. Queste due condizioni invece in un certo senso caratterizzano funzioni continue. Denizione 4.1 (Continuit` a). f : X R R si dice continua in x0 X se per ogni successione (xn )nN X con xn x0 segue f (xn ) f (x0 ) per n +. continua, se ` e continua in ogni x X . Osservazioni. La continuit` a si pu` o anche denire senza fare riferimento alle successioni: f ` e continua in x0 per ogni > 0 esiste > 0 tale che |f (x) f (x0 )| per ogni x X con |x x0 | < . Se x0 X ` e un punto di accumulazione di X , allora f ` e continua in x0 limxx0 f (x) = f (x0 ). Se x0 X non ` e un punto di accumulazione di X (in questo caso si dice anche che x0 ` e un punto isolato), allora f ` e sempre continua in x0 . Dalla denizione di continuit` a e dalle regole per il calcolo dei limiti segue facilmente la seguente Proposizione 4.2. Se f, g : X R R sono continue (in x0 X ), allora anche f g : X R sono continue, f g :X R ` e continua, f e continua, dove X0 := {x X : g (x) = 0}, g : X0 R ` |f | : X R ` e continua. Quindi somme, dierenze, prodotti, rapporti e moduli di funzioni continue sono anche continue. Da questo risultato segue che per ogni X R linsieme C(X ) := {f : X R : f ` e continua}, ` e uno spazio vettoriale (o addirittura un algebra). Con il teorema sul limite delle funzioni composte si pu` o dimostrare il seguente risultato. Proposizione 4.3. Se f : X R Y R ` e continua in x0 e g : Y R ` e continua in y0 := f (x0 ), allora la funzione composta g f : X R ` e continua in x0 . Quindi la composizione di funzioni continue e sempre continua. Con le due proposizioni precedenti e usando i limiti notevoli ` e facile vericare la continuit` a di vari funzioni elementari. Esempi. Polinomi: f (x) = 1 e g (x) := x, x R sono continue h(x) := xk ` e continua per ogni k N p(x) = a0 + . . . + an xn ` e continua per ogni scelta di a0 , . . . , an R cio` e ogni polinomio e continuo.
45
46
Funzioni razionali: Ogni funzione razionale ` e continua (nel suo dominio!), essendo il rapporto di due polinomi che sono continui. Modulo : f (x) = |x| per x R ` e continuo. Funzioni circolari : Per la formula di prostaferesi vale per ogni x, x0 R
0
x+x0 2
per x x0 ,
limitata
quindi sin ` e continua. Similmente segue che anche cos ` e continua e quindi anche sin tan = cos ` e continua. Funzione esponenziale : Per ogni x, x0 R, x = x0 e h := x x0 vale x x0 h 0. Quindi ex ex0 = (x x0 ) ex0 = h e x0 exx0 1 x x0
Ci` o dimostra ex ex0 continua. x ex e cosh(x) = Funzioni iperboliche : sinh(x) = e 2 sinh(x) anche tanh(x) = cosh(x) ` e continua. Se per l R deniamo f : R R come f (x) :=
sin(x) x
se x = 0 se x = 0
allora f ` e sempre continua in ogni x0 = 0. Inoltre f ` e continua in x0 = 0 sin(x) lim f (x) = lim = 1 = f (0) = l x0 x0 x cio` e l = 1. Si dice anche che f (x) = x = 0. Se per l R deniamo f : R R come f (x) :=
|x | x sin(x) x
se x = 0 se x = 0
allora f per qualsiasi scelta di l R ` e discontinua (cio` e non continua) in x = 0. Funzione di Dirichlet : Se deniamo f : R R come f (x) := 1 0 se x R \ Q se x Q
allora f ` e discontinua in ogni x R. Funzioni Continue su Intervalli Problema. Data una funzione f : X R R, vericare che f ammette uno zero, cio` e che esiste c X tale che f (c) = 0, calcolare c. Il seguente teorema, che ` e uno dei piu importanti risultati del corso, fornisce una soluzione a questo problema sotto alcune ipotesi su f . Nel seguito, per intervalli [a, b], supponiamo sempre che sia a < b. Teorema 4.4 (Teorema degli Zeri). Sia f : [a, b] R continua tale che f (a) e f (b) abbiano segno opposto (cio` e f (a) f (b) < 0), allora esiste c (a, b) tale che f (c) = 0.
47
Dimostrazione. Usiamo il metodo di bisezione : Esiste una successione (In )nN di intervalli In = [an , bn ] tale che (i) [a, b] = I0 I1 I2 In , a (ii) la lunghezza di In ` e data da bn an = b2 n , (iii) f (an ) f (bn ) 0.
f(x) b3
a1+ b1 2
= b2
a0
a0 + b 0 2
= a1 = a2 = a3
b0 = b 1
Figura 22. Il metodo di bisezione. Allora, per la propriet` a (i) abbiamo che a = a0 a1 a2 . . . an . . . bn . . . b2 b1 b0 = b da cui (an )nN e (bn )nN sono monotone e limitate e quindi convergenti. Sia
n+
lim an =: c1
n+
lim bn =: c2 .
Da (ii) segue bn = an +
c2 c1
ba 2n
a b =0 +
per n +
e quindi c1 = c2 =: c. Inne per (iii), il teorema del confronto e per la continuit` a di f risulta che per n +. 0 f (an ) f (bn ) f 2 (c)
f (c) f (c)
Quindi
f 2 (c)
Osservazione. Il teorema degli zeri non soltanto stabilisce lesistenza di uno zero c di f ma la dimostrazione d` a anche un modo per trovare un valore approssimativo di c. Si dice anche che la dimostrazione ` e costruttiva. Dal Teorema degli zeri segue facilmente la seguente generalizzazione. Teorema 4.5 (Teorema dei Valori intermedi). Sia I R un intervallo (non necessariamente chiuso), f : I R continua e siano m := inf f := inf f (x) : x I , M := sup f := sup f (x) : x I . Allora per ogni y (m, M ) esiste x I tale che f (x) = y . In altre parole, f assume tutti i valori tra m = inf f e M = sup f . (x) := f (x) y . La dimostrazione si fa applicando il Teorema degli Zeri alla funzione f Questo teorema ha delle applicazioni molto importanti. Qui dimostreremo lesistenza dei
48
Logaritmi. Sia 0 < a = 1. Allora per ogni y > 0 esiste un unico x R tale che ax = y . Questo valore x si chiama logaritmo di y in base a e si scrive x =: loga (y ). Per la base a = e useremo la notazione ln(y ) := loge (y ). Dimostrazione. Procediamo in 2 passi: 1 Caso: a = e. Abbiamo visto (cfr. pagina 43) che ex 1 + x per ogni x R e quindi sup{ex : x R} sup{1 + x : x R} = + Inoltre, 0 < ex = 1 1 =0 + ex
+
M := sup{ex : x R} = +.
per x
m := inf {ex : x R} = 0.
Visto che I := R ` e un intervallo e ex , x I ` e continua, per il teorema dei valori intermedi per ogni y (m, M ) = (0, +) esiste x R tale che ex = y . Questo x ` e unico poich e ex ` e strettamente crescente. 2 Caso: 0 < a = 1. Cerchiamo per y > 0 un x R tale che ax = y . Per` o exln(a) = eln(a) e quindi x = loga (y ) = ln(y ) . ln(a)
x
Regole per i Logaritmi. Siano 0 < a, b = 1, x, y > 0 e r R. Allora loga (1) = 0, loga (a) = 1, loga (x y ) = loga (x) + loga (y ), 1 loga x y = loga (x) loga (y ), in particolare loga y = loga (y ), loga (xr ) = r loga (x), loga (x) = loga (b) logb (x) in particolare loga (x) = loga (e) ln(x). Osservazione. Con lesistenza dei logaritmi abbiamo dimostrato che per 0 < a = 1 la funzione f : R (0, +), f (x) = ax ` e invertibile con f 1 : (0, +) R, f 1 (x) = x loga (x). In particolare i graci di a e loga (x) sono simmetrici rispetto alla bisettrice y = x.
0<a<1 ax
loga(x)
a>1
ax
loga(x)
ln(x)
1 1
x x
1 0
-1
1
-2
-3
-4
Figura 23. I Logaritmi. Visto che in questo capitolo stiamo studiando funzioni continue si pone il Problema. loga : (0, +) R ` e continua? La risposta ` e si per il seguente
49
Teorema 4.6. Sia I R un intervallo e sia f C(I ). Allora anche J := f (I ) = {f (x) : x I} ` e unintervallo e f : I J ` e invertibile f ` e strettamente crescente oppure strettamente decrescente; se f ` e invertibile, f 1 : J I ` e continua. Il teorema precedente non vale se il dominio di f non ` e unintervallo. Esempio. Consideriamo f : [1, 0] (1, 2] [0, 2], f (x) = |x|. Allora f ` e continua e invertibile ma non ` e strettamente monotona e f 1 : [0, 2] [1, 0] (1, 2] ` e discontinua in x = 1.
2
f(x)
f -1 (x)
1 1
x
1
Altre Funzioni Invertibili Osservazione. Possiamo utilizzare lo stesso schema che abbiamo usato per invertire lesponenziale ax per invertire altre funzioni f . Pi` u precisamente, usiamo il teorema dei valori intermedi per vericare la suriettivit` a di f , la stretta monotonia per ottenere liniettivit` a di f , il teorema sulla continuit` a della funziona inversa per ottenere la continuit` a di f 1 . In questa maniera possiamo costruire altre funzioni elementari. Radici. Consideriamo f : [0, +) [0, +), f (x) = xn per n 1. Allora, f ` e continua, strettamente crescente, il dominio X = [0, +) ` e un intervallo, inf f = min f = 0 e sup f = +. Quindi f ` e invertibile e la funzione inversa f 1 : [0, +) [0, +) ` e 1 1 n n continua e data da f (x) = x = x .
4
ex
50
Osservazione. Se nel precedente n ` e dispari, allora possiamo considerare f anche come funzione f : R R. In questo caso f rimane continua, strettamente crescente con 1 inf f = , sup f = + cio` e` e invertibile con f 1 : R R, f 1 (x) = n x = x n . In altre parole, per n dispari la radice n x ` e anche denita per argomenti x < 0, per 3 n esempio 8 = 2. Invece per n pari e x < 0 la radice x non ha senso nel campo dei numeri reali, per esempio 1 non ` e pi` u un numero reale ma complesso. Al livello della funzione f : R R, f (x) = xn ci` o si rispecchia nel fatto che f : R R per n pari non ` e suriettiva (e neanche iniettiva, cfr. pagina 33).
ex (n dispari)
n
3
0 1
Figura 26. La radice n-esima (n dispari). 1 Potenze. Dal paragrafo precendente sappiamo che x n = n x, x 0 denisce una r funzione continua per ogni n = 1, 2, 3, 4, . . .. Pi` u in generale vale che xr = eln(x) = erln(x) , x > 0 come composizione di funzioni continue ` e continua. Inverse delle Funzioni Circolari. Considerando il graco della funzione sin : R R si vede che non ` e invertibile non essendo n e suriettiva n e iniettiva. La suriettivit` a, per` o si ottiene considerando come codominio linsieme [min sin, max sin] = [1, 1] mentre per ottenere liniettivit` a basta considerare soltanto una parte del dominio R in cui la funzione sin ` e strettamente monotona. Perci` o ci sono innite scelte ma generalmente si , ]. Quindi consideriamo ora ristringe il dominio allintervallo [ 2 2
sin : [ 2 , 2 ] [1, 1]
che cos` diventa invertibile. Nella stessa maniera, considerando cos : [0, ] [1, 1] tan :
( 2, 2)
sono nuovamente continue. Inverse delle Funzioni Iperboliche. Ragionando come prima si vede che le funzioni iperboliche sinh : R R, cosh : [0, +) [1, +) e tanh : R (1, 1) sono invertibili
51
arcsin(x)
1 2 0.5
arccos(x)
arctan(x)
2 p/2
1.5
0.5
1.5
-p/2
-p/2
Figura 27. Inverse delle funzioni circolari. e le loro inverse arcosenoiperbolico, arcocosenoiperbolico e arcotangenteiperbolico arcsinh := sinh1 : R R, arccosh := cosh1 : [1, +) [0, +), arctanh := tanh1 : R (1, 1) sono nuovamente continue.
6 6 3
arcsinh(x)
4
arctanh(x)
2
0 2
arccosh(x)
3 2 1 0 1 1 2 3
Figura 28. Inverse delle funzioni iperboliche. Osservazione. Visto che sinh(x) = y x = arcsinh(y ), risolvendo lequazione x ex = y per x si ottiene la rappresentazione sinh(x) = e 2 arcsinh(y ) = ln y + Similmente segue arccosh(y ) = ln y + arctanh(y ) = ln y2 1 , per ogni y 1, y2 + 1 , per ogni y R.
1+x , 1x
Funzioni Continue su Intervalli chiusi e limitati Partiamo con il seguente Problema. Data una funzione f : X R R, determinare, se esistono, il valore minimo e quello massimo di f , cio` e m := min f := min{f (x) : x X }, M := max f := max{f (x) : x X },
La soluzione del problema si svolge in 2 passi: (1) Vericare che che minimo e massimo di f esistono,
52
(2) trovare x0 , x1 tale che min f = f (x0 ), max f = f (x1 ). Il primo punto si risolve con il seguente teorema mentre aronteremo il secondo punto nel prossimo capitolo usando il calcolo dierenziale. Teorema 4.7 (Teorema di Weierstra). Se f C[a, b], allora esistono m := min f e M := max f . Inoltre, limmagine f ([a, b]) = {f (x) : x [a, b]} = [m, M ], in particolare f ` e limitata; esistono x0 , x1 [a, b] tale che f (x0 ) f (x) f (x1 ) per ogni x [a, b]; per ogni y [m, M ] esiste x [a, b] tale che f (x) = y . Osservazioni. Il Teorema di Weierstra vale soltanto su intervalli chiusi e limitati cio` e del tipo [a, b]. La funzione f : [0, 1] R, f (x) :=
3
ln
` e una composizione di funzioni continue e quindi continua. Per Weierstra ammette minimo e massimo che, per` o, saranno quasi impossibili da determinare. Quindi Weierestra ` e un risultato di esistenza ma non aiuta per trovare x0 , x1 e min f = f (x0 ) e max f = f (x1 ).
CAPITOLO 5
f(x0 )
P 0 y x0 x +h 0 x
Figura 29. Retta secante e tangente. Lequazione della retta secante sh ` e data da sh (x) = f (x0 ) + f (x0 + h) f (x0 ) (x x0 ). h = pendenza di sh =: rapporto incrementale Quindi solo il rapporto incrementale dipende da h che, nel passo successivo, mandiamo a 0. Derivata: Denizione e prime Propriet` a Denizione 5.1. Se per f : (a, b) R e x0 (a, b) converge f (x0 + h) f (x0 ) h0 h lim =
x=x0 +h 53 xx0
lim
54
allora f si dice derivabile in x0 con derivata f (x0 ). Se f ` e derivabile in ogni x0 (a, b) allora si dice derivabile e la funzione f : (a, b) R ` e la derivata di f . Altre notazioni: df f (x) = dx (x) = Df (x). Se f ` e derivabile in x0 allora otteniamo lequazione t(x) della retta tangente t sostituendo il rapporto incrementale nellequazione della retta secante sh con la derivata f (x0 ), cio` e t(x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ). Quindi (cfr. il graco precedente) f (x0 ) = tan() = pendenza della retta tangente t, f ( x 0 + h) f ( x 0 ) = tan( ) = pendenza della retta secante sh h In particolare f (x0 ) = 0 signica che la retta tangente ha pendenza 0, cio` e` e orizzontale. Consideriamo alcuni Esempi. Se f ` e costante cio` e se esiste c R tale che f (x) = c per ogni x (a, b) allora il rapporto incrementale e sempre uguale a 0. Quindi una funzione costante e sempre derivabile con derivata nulla. Sia f (x) = xn per n = 1, 2, 3, 4, . . . e x R. Allora, dalla formula del binomio di n n 0 0 Newton segue usando che n 0 = n = 1, x0 = h = 1 e n1 = n che (x0 + h)n x0 f ( x 0 + h) f ( x 0 ) = h h
=nx0 n1 h n 0 = xn 0 n n
x0 0 hn +
n 1
x0 1 hn1 + . . . +
n n2
x0 n2 h2 + h
n n1
x0 n1 h1 +
x0 n h0
xn 0
=
n 0
x0 0 hn1 +
n 1
n 1
x0 1 hn2 + . . . +
n n2
x0 n2 h1 + n x0 n1
= =
n 0
x0 0 hn1 +
h x0 1 hn2 + . . . + per h 0.
n n2
x0 n2 h1 + n x0 n1
n x0 n1 = f (x0 )
Quindi f (x) = xn ` e derivabile per ogni n 1, n N con (xn ) = n xn1 Per esempio, (x5 ) = 5 x4 . Sia f (x) = ex , x R. Allora f (x0 + h) f (x0 ) ex0 +h ex0 eh 1 = = e x0 ex0 h h h
1
per h 0.
Quindi f (x) = ex ` e derivabile con (ex ) = ex cio` e f = f che e una propriet` a molto particolare e che (a meno di una costante moltiplicativa) caratterizza la funzione esponenziale.
55
Sia f (x) = sin(x), x R. Allora usando la formula di prostaferesi, il limite notevole x) lim sin( = 1 e la continuit` a della funzione cos risulta x
x0
cos(x0 ) = f (x0 ) Quindi f (x) = sin(x) ` e derivabile con sin (x) = cos(x) Similmente segue che cos : R R ` e derivabile con cos (x) = sin(x)
per h 0.
Osservazione. Ricordiamo che sin ` e una funzione dispari (come anche sin) mentre cos ` e pari. Nellesempio precedente abbiamo visto che sin = cos e cos = sin e quindi la derivata ha trasformata una funzione dispari in un una pari e viceversa. Ci` o vale sempre, cioe se f ` e derivabile e f dispari f pari, f pari f dispari. Sia f (x) := |x|. Allora f non ` e derivabile in x0 = 0, infatti abbiamo |h| f (h) f (0) = = h h +1 se h > 0, 1 se h < 0
e quindi non esiste il limite del rapporto incrementale in x0 = 0 per h 0. Comunque in questo esempio esistono limite destro e limite sinistro del rapporto incrementale. Questa osservazione d` a luogo alla seguente Denizione 5.2. Se per f : (a, b) R e x0 (a, b) converge
h0+
lim
f (x0 + h) f (x0 ) f (x) f (x0 ) = lim =: f+ (x0 ) = derivata destra + h x x0 x x0 f (x) f (x0 ) f (x0 + h) f (x0 ) = lim =: f (x0 ) = derivata sinistra h x x0 x x0
oppure
h0
lim
allora diremo che f ` e derivabile da destra oppure derivabile da sinistra in x0 . Esempio. f (x) := |x| ` e derivabile da destra e anche da sinistra in x0 = 0 con f+ (0) = +1, f (0) = 1. Osservazione. f : (a, b) R ` e derivabile in x0 (a, b) f ` e derivabile da destra e da sinistra in x0 con f+ (0) = f (0). Studiamo ora il legame tra derivabilit` a e continuit` a. Proposizione 5.3. Se f : (a, b) R ` e derivabile in x0 (a, b) allora ` e anche continua in x0
56
per x x0 .
e continua in x0 . Cio` e lim f (x) = f (x0 ) e quindi f ` Osservazione. Non vale il contrario cio` e f continua f derivabile, per esempio f (x) = |x| ` e continua ma non derivabile in x0 = 0. Esercizio. (Metodo di Erone, cfr. pagina 19) Sia f (x) := xk a per a > 0 e k N, k 2. Calcolare lequazione della retta tangente t al graco di f nel punto x0 > 0. Vericare che lintersezione tra t e lasse x ` e data da 1 a x1 := (k 1)x0 + k1 . k x0 Regole per la Derivazione Cerchiamo ora modi per semplicare il calcolo delle derivate. Derivazione di Somme, Prodotti e Rapporti di Funzioni. Siano f, g : (a, b) R derivabili in x0 , allora (i) per ogni , R anche f + g ` e derivabile in x0 con ( f + g ) (x0 ) = f (x0 ) + g (x0 ) (ii) f g ` e derivabile in x0 con (f g ) (x0 ) = f (x0 ) g (x0 ) + f (x0 ) g (x0 ) (iii) se g (x0 ) = 0 anche
f g
` e derivabile in x0 con
f g
(x0 ) =
In particolare
1 g g (x0 ) (x0 ) = g 2 (x ) 0
Dimostrazione. Dimostriamo soltanto (ii). Perci` o studiamo il rapporto incrementale del prodotto utilizzando che g ` e continua in x0 f (x) g (x) f (x0 ) g (x) + f (x0 ) g (x) f (x0 ) g (x0 ) (f g )(x) (f g )(x0 ) = x x0 x x0 f (x) f (x0 ) g (x) g (x0 = g (x) +f (x0 ) x x0 x x0
f (x0 ) g (x0 ) g (x0 )
per x x0 .
La regola (i) stabilisce che la derivazione ` e unoperazione lineare, cio` e la derivata di una combinazione lineare e la combinazione lineare delle derivate. Inoltre implica che linsieme f ` e derivabile e C1 (a, b) := f : (a, b) R f ` e continua ` e uno spazio vettoriale. Se f C1 (a, b) si dice anche che f ` e derivabile con continuit` a (qui la continuit` a si riferisce a f non a f che essendo derivabile ` e anche continua).
57
Con queste regole diventa semplice vericare la derivabilit` a di varie funzioni elementari. Esempi. Visto che ogni monomio xk per k = 1, 2, 3, . . . ` e derivabile, per le prime due regole ogni polinomio ` e derivabile con p (x) = (an xn + an1 xn1 + . . . + a1 x + a0 ) = nan xn1 +(n 1)an1 xn2 + . . . +2a2 x + a1 . Per esempio, (3x4 7x3 + 2x2 11) = 12x3 21x2 + 4x. Per lesempio precedente e la terza regola, ogni funzione razionale ` e derivabile. Per esempio per ogni n = 1, 2, 3, . . . vale xn =
1 xn n1 n = xn = nx +1 = n x x2n
n1
Quindi, per ogni n Z vale (xn ) = n xn1 Infatti questa regola abbiamo visto precedentemente per n = 1, 2, 3, . . . (cfr. pagina 54), per n = 0 vale poich e la derivata di una funzione costante = 0, mentre per n = 1, 2, 3, . . . ` e stata appena dimostrata. sin Visto che sin e cos sono derivabili anche la funzione tan = cos ` e derivabile con tan (x) = = cos(x) sin (x) cos (x) sin(x) cos2 (x) + sin2 (x) = cos2 (x) cos2 (x)
1 cos2 (x)
1 + tan2 (x)
Derivazione delle Funzioni composte. Sia f : (a, b) (c, d) derivabile in x0 (a, b) e sia g : (c, d) R derivabile in y0 := f (x0 ). Allora la funzione composta g f : (a, b) R ` e derivabile in x0 con (g f ) (x0 ) = g f (x0 ) f (x0 ) Questa formula si chiama Regola della Catena. Esempi. Se g : R R ` e derivabile, allora anche h(x) := g (x) ` e derivabile poich e h(x) = (g f )(x) per f (x) = x. Inoltre h (x) = g (x) = g (x) (x) = g (x). x ex Dal esempio precedente segue che le funzioni iperboliche sinh(x) = e e cosh(x) = 2
(e ) e sono derivabili con sinh (x) = (e ) = e + = cosh(x). Similmente 2 2 segue che cosh (x) = sinh(x). Inne, utilizzando la regola di derivazione per un sinh rapporto segue che anche tanh = cosh ` e derivabile con
x
ex +ex 2
tanh (x) =
1 cosh2 (x)
1 tanh2 (x)
Quindi abbiamo dimostrato che per ogni x R vale sinh (x) = cosh(x) cosh (x) = sinh(x) tanh (x) =
1 cosh2 (x)
1 tanh2 (x)
Sia a > 0, allora ax = exln(a) , x R, ` e derivabile (visto che ` e la composizione (g f )(x) per f (x) = x ln(a) e g (y ) = ey ) con (ax ) = (exln(a) ) = ln(a) exln(a) = ln(a) ax cio` e ax = ln(a) ax
58
Per funzioni pi` u complesse (cio` e composizioni di pi` u di due funzioni) si pu` o iterare 2 2x+1) cos(3 x la regole della catena iniziando allesterno. Per esempio, e , x R ` e derivabile con ecos(3x
2 2x+1)
= ecos(3x
2 2x+1)
= ecos(3x
2 2x+1)
Lultima regola per la derivazione tratta la Derivazione delle Funzioni Inverse. 1 Sia f : (a, b) (c, d) continua, biettiva e derivabile in x0 (a, b). Se f (x0 ) = 0 allora f 1 : (c, d) (a, b) ` e derivabile in y0 := f (x0 ) con f 1 (y0 ) =
1 f (x0 )
` importante osservare che mentre f viene derivata in x0 la deriOsservazioni. E 1 vata di f si riferisce al punto y0 = f (x0 )! Questo fatto e anche la formula per 1 si spiega dal seguente graco f (x0 )
y f
-1
t r
f' (x0 ) y f (y0 ) f(x0 ) 1 f
-1
f
f' (x0 )
y0
x0
Figura 30. Derivata della funzione inversa. Infatti se t denota la retta tangente al graco di f nel punto x0 , e r denota la retta tangente al graco di f 1 nel punto y0 = f (x0 ), allora f (x0 ) = f (x0 ), 1 1 pendenza di r = tan( ) = = (f 1 ) (y0 ). f (x0 ) pendenza di t = tan() = In particolare si nota che una retta tangente orizzontale al graco di f in x0 (cio` e 1 se f (x0 ) = 0) corrisponde a una retta verticale al graco di f in y0 = f (x0 ) che signica che f 1 non ` e derivabile in y0 . o Non come dimostrazione, ma come modo per ricordare la formula per f 1 , si pu` 1 utilizzare la regola della catena: Per denizione, x = f (f (x)) per ogni x (a, b). Derivando entrambi i lati di questa equazione otteniamo 1 1 = (x) = f 1 f (x) f (x) f 1 f (x) = f (x)
1Quanto si considerano sia f e f 1 conviene, per non confondersi, usare sempre x come variabile per f
59
Esempi. Sia f (x) = ax , x R per 0 < a = 1 che ` e derivabile con f (x) = x ln(a)a = 0 per ogni x R. Inoltre abbiamo visto (cfr. pagina 48) che f ` e invertibile 1 con f (y ) = loga (y ), y > 0. Quindi loga ` e derivabile e per y := f (x) = ax vale loga (y ) = 1 1 1 = x = x ln(a) a ln(a) y (a )
=y
in particolare per a = e
ln (x) =
1 x
Per ogni r R e x > 0 la potenza xr = erln(x) ` e derivabile con (usare la regola della catena) r (xr ) = erln(x) = erln(x) = r xr1 . x r
=x
Quindi la regola per la derivazione di per n Z (cfr. pagina 57) vale anche per esponenti reali r R, cio` e per ogni x > 0 si ha (xr ) = r xr 1 Se f e g sono due funzioni con lo stesso dominio e f (x) > 0 per ogni x allora possiamo denire h(x) := f (x)g(x) = eln
f (x) g (x)
xn
= eg(x)ln
f ( x)
Quindi, se f e g sono derivabili anche h ` e derivabile con h (x) = f (x)g(x) = eg(x)ln f (x) f (x) f (x) = f (x)g(x) g (x) ln f (x) + g (x) f (x)
f ( x)
Abbiamo visto (cfr. pagina 50) che f := sin : [ e invertibile. 2 , 2 ] [1, 1] ` o, cos(x) si annulla Inoltre f = sin ` e derivabile con f (x) = sin (x) = cos(x). Per` nellintervallo [ , ] negli estremi x = e quindi per ottenere una funzione 2 2 2 inversa derivabile dobbiamo togliere questi punti dal dominio di f = sin. Allora consideriamo f = sin : ( 2 , 2 ) (1, 1) che ` e invertibile e derivabile con f (x) = cos(x) = 0 per ogni x ( 2 , 2 ). Quindi f 1 = arcsin : (1, 1) ( e derivabile in y = f (x) = sin(x) con 2, 2) `
arcsin (y ) =
Per ottenere una rappresentazione di arcsin (y ) nella variabile y dobbiamo esprimere ora cos(x) in funzione di y = sin(x). Perci` o utilizziamo la relazione sin2 (x) + 2 2 cos (x) = 1, cio` e cos(x) = 1 sin x = 1 y 2 . Per decidere il segno + oppure basta osservare che x ( 2 , 2 ) e quindi cos(x) > 0. Quindi dobbiamo scegliere il segno + e sostituendo y con x otteniamo nalmente arcsin (x) =
1 1x2
x (1, 1)
60
Raggiornando come nel esempio precedente si possono derivare anche le seguenti funzioni inverse: arccos (x) = arctan (x) = arcsinh (x) = arccosh (x) = arctanh (x) =
1 1x2 1 1+x2 1 1+x2 1 x2 1 1 1x2
Estremi Locali e il Teorema di Fermat Torniamo al problema che abbiamo posto a pagina 51 sullesistenza e il calcolo del minimo e del massimo di una funzione. Per il Teorema di Weierstra sappiamo almeno che ogni f C[a, b] ammette massimo e minimo, ma rimane il seguente Problema. Come si pu` o determinare minimo e massimo di una funzione. Prima di arontare questo problema generaliziamo il concetto di minimo e massimo per una funzione. Denizione 5.4. Sia f : X R R una funzione reale, allora x0 X si dice punto di minimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per ogni x X con |x x0 | < ; se x0 ` e un punto di minimo locale, f (x0 ) si dice minimo locale ; x0 X si dice punto di massimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per ogni x X con |x x0 | < ; se x1 ` e un punto di minimo locale, f (x0 ) si dice massimo locale ; se x0 ` e un punto di minimo o di massimo locale, allora si dice punto di estremo locale mentre f (x0 ) si chiama estremo locale.
f M
x0
x1
x2
x3
x4
Figura 31. Esempi di estremi locali. In questo esempio abbiamo: a, x2 e x3 e b sono punti di massimo locale di f , x0 e x4 sono punti di minimo locale di f , x1 non ` e un punto di estremo locale di f , x2 ` e un punto di massimo assoluto di f ,
61
M = f (x2 ) ` e il massimo assoluto di f , il minimo assoluto non esiste (soltanto lestremo inferiore). Per trovare (punti di) estremi locali si usa il Teorema 5.5 (Teorema di Fermat). Sia x0 (a, b) un punto di estremo locale di f : [a, b] R. Se f ` e derivabile in x0 allora f (x0 ) = 0. Dimostrazione. Supponiamo che x0 sia un punto di minimo locale. Allora
0
f (x0 ) =
x0
x1
x2
x3
x4
Figura 32. Estremi locali e tangenti orizzontali. In questo esempio la derivata f (x) si annulla negli estremi locali x = x0 e x = x2 che gracamente corrisponde ad una retta tangente orizzontale. Osservazioni. Come si vede nel graco sopra il teorema di Fermat non vale negli estremi del intervallo [a, b], cio` e se x0 = a oppure x0 = b ` e un punto di estremo locale ci` o non implica (come si vede nel graco) che f (x0 ) = 0. Se f (x0 ) = 0 allora x0 si dice punto critico oppure punto stazionario di f . Il Teorema di Fermat fornisce soltanto una condizione necessaria ma non suciente per estremi locali, cio` e non ogni punto critico ` e un punto di estremo locale. Basta 3 considerare f (x) = x per x R. Allora f (x) = 3x2 e quindi x0 = 0 ` e un punto critico ma non ` e un punto di estremo locale. Tornando al problema di trovare gli estremi locali di una funzione f : X R R possiamo aermare che i candidati per punti di estremo locale sono i punti in cui f non ` e derivabile, i punti sul bordo del dominio X di f , i punti critici all interno del dominio. I punti delle prime due classi sono quelli per i quali non si pu` o applicare Fermat, la terza classe invece sono quelli che vengono da Fermat. Consideriamo un altro
62
1 2 4 6 8
Figura 33. Graco di f (x) = x3 . Esempio. Deniamo f : [0, 1] R, f (x) := 1 xx se x = 0, se x (0, 1].
Per studiare f si rappresenta usando logaritmo ed esponenziale, cio` e si scrive xx = eln(x) Per procedere calcoliamo il limite
x
= exln(x)
x0+
Usando la sostituzione ln(x) = t + per x 0+ e visto che et = 1+t+ t2 + t 3! +. . . t2 2 per ogni t > 0 segue 0 lim |x ln(x)| = lim
x0+ t t t+ e
lim
t 2 t+ t
=0
x0+
lim x ln(x) = 0.
implicando che f ` e continua in x = 0. Siccome f , come composizione di funzioni continue, ` e anche continua in ogni x (0, 1] risulta che f C[0, 1] e quindi ammette minimo e massimo per il teorema di Weierstra. Per calcolarli useremo il teorema di Fermat. Allora per x (0, 1) la funzione f e derivabile con f (x) = exln(x) = x
1 x
x= 1 e,
cio` e x0 = 1 e lunico punto critico di f . Quindi sappiamo: e [0, 1] ` i candidati per i punti di estremo locale sono gli estremi dellintervallo 0, 1 e il punto critico x0 = 1 e, f ammette m := min f e M := max f nellintervallo [0, 1], (1 ) 1 e = e e < 1. f (0) = f (1) = 1, f (x0 ) = ( 1 e)
e Ci` o implica M = f (0) = f (1) = 1 e m = f ( 1 . e) = e
1
I teoremi di Rolle e Lagrange Il seguente risultato stabilisce lesistenza di punti critici sotto certi ipotesi. Teorema 5.6 (Teorema di Rolle). Sia f C[a, b] derivabile in (a, b). Se f (a) = f (b) allora esiste c (a, b) tale che f (c) = 0. Qui ci sono tre punti con f (c1 ) = 0 = f (c2 ) = f (c3 )( retta tangente orizzontale).
2Vedremo pi` u tardi metodi pi` u semplici per calcolare questo limite
63
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4 1/e
0.6
0.8
f(x)
f(a)=f(b)
c1
c2
c3
Figura 35. Teorema di Rolle. Dimostrazione. Per Weierstra f ammette minimo m := min f = f (x0 ) e massimo M := max f = f (x1 ) in x0 , x1 [a, b]. Ora ci sono 2 possibilit` a: 1 Caso: m = M , allora f ` e costante e quindi f (x) = 0 per ogni x (a, b). 2 Caso: m < M . poich e f (a) = f (b) almeno uno dei punti x0 , x1 ` e diverso da a e da b e in questo punto f si annulla per il teorema di Fermat. Il Teorema di Rolle si pu` o generalizzare togliendo la condizione f (a) = f (b). Cos` segue il prossimo risultato che ` e uno dei pi` u importanti di questo corso. Teorema 5.7 (Teorema di Lagrange (o del valor medio)). Sia f C[a, b] derivabile in (a, b). Allora esiste c (a, b) (detto punto di Lagrange) tale che f (c) =pendenza della retta tangente t in (c, f (c)) = f (b) f (a) ba =pendenza della retta secante s attraverso (a, f (a)) e (b, f (b)) Qui ci sono due punti di Lagrange c1 e c2 . Quindi il teorema stabilisce che esiste un punto c tale che la retta tangente t al graco di f in (c, f (c)) e la retta secante attraverso (a, f (a)) e (b, f (b)) sono parallele. : [a, b] R, Dimostrazione. Basta applicare il Teorema di Rolle alla funzione f (x) := f (x) f (b) f (a) (x a). f ba
64
f(x)
t1 s t2
c1
c2
Figura 36. Teorema di Lagrange. Conseguenze del Teorema di Lagrange Il Teorema di Lagrange ha molte applicazioni per le quali, per` o, viene usato nel seguente modo: Se f C[a, b] ` e derivabile in (a, b) allora per ogni x1 , x2 [a, b] esiste c tra x1 e x2 tale che f (x2 ) = f (x1 ) + f (c) (x2 x1 ). Per ottenere questa versione del teorema basta sostituire a, b con x1 , x2 e poi risolvere lequazione per f (x2 ). Test di Monotonia. Se f C[a, b] ` e derivabile in (a, b) allora f ` e crescente f (x) 0 per ogni x (a, b); f ` e decrescente f (x) 0 per ogni x (a, b); f (x) > 0 per ogni x (a, b) f ` e strettamente crescente; f (x) < 0 per ogni x (a, b) f ` e strettamente decrescente. Prima di dimostrare il test osserviamo che nel punto 3 e 4 non vale lequivalenza, basta considerare f (x) = x3 per x R che ` e strettamente crescente nonostante che f (x) = 3x2 si annulla per x = 0. Dimostrazione. Dimostreremo soltanto il primo punto. : Se f ` e crescente, allora
f (x)
h0+
f (x + h) f (x) 0. h
>0
: Sia f (x) 0 per ogni x (a, b). Allora per x1 , x2 [x, b] con x1 < x2 esiste c (a, b) tale che f (x2 ) = f (x1 ) + f (c) (x2 x1 ) f (x1 ),
0 >0
cio` ef ` e crescente. Esempio. Consideriamo la funzione f : R R, f (x) := x3 3x2 + 6x 3. Allora f (x) = 3x2 6x + 6 = 3(x2 2x + 1) + 3 = 3(x 1)2 + 3 > 0 per ogni x R e quindi f ` e strettamente crescente e di conseguenza iniettiva. Inoltre limx f (x) = e quindi f : R R ` e anche suriettiva e quindi invertibile. Visto che f (x) = 0 dal risultato sulla derivabilit` a della funzione inversa (cfr. pagina 58) segue che f 1 : R R ` e derivabile con (f 1 ) (y0 ) = f (1 x0 ) dove y0 = f (x0 ). Per esempio, per y0 = 3 vale y0 = f (0), cio` e x0 = 0 e quindi 1 1 (f 1 ) (3) = = . f (0) 6
65
Dal test di monotonia segue anche facilmente la seguente Proposizione 5.8. Se f, g C[a, b] sono derivabili in (a, b) e f (a) g (a) e f (x) g (x) per ogni x (a, b) allora f (x) g (x) per ogni x [a, b]. Dimostrazione. Deniamo h := f g . Allora h (x) = f (x) g (x) 0 e quindi h ` e crescente con h(a) = f (a) g (a) 0. Ci` o implica h(x) = f (x) g (x) 0, quindi f (x) g (x) per ogni x [a, b]. Criterio per Estremi Locali. Sia f : (a, b) R derivabile e sia x0 (a, b) un punto critico di f (cio` e f (x0 ) = 0). Allora x0 ` e un punto di massimo locale, se f (x) cambia in x0 segno da + a ; minimo locale, se f (x) cambia in x0 segno da a +;
max locale min locale
+
x0
--
-x0
Figura 37. Criterio per estremi locali. Dimostrazione. Laermazione segue dal test di monotonia: se vale la prima condizione, allora f poco prima di x0 ` e crescente mentre poco dopo ` e decrescente e quindi x0 ` e un punto di massimo locale. Similmente segue la seconda aermazione, cfr. anche i graci. Esempio. Sia f : (0, +) R, f (x) := f (x) = x
1 x ln(x) x .
1 ln(x) 1 ln(x) = . 2 x x2 Quindi f (x) = 0 ln(x) = 1 x = e, cio` e x0 = e ` e lunico punto critico di f . Inoltre, ln(x) < 1 per x (0, e) f (x) ` e positiva prima di x0 = e, ln(x) > 1 per x (e, +) f (x) ` e negativa dopo x0 = e cio` e f (x) cambia in x0 = e segno da + a x0 = e ` e un punto di massimo locale.
1
ln(x)/x
1 0
ln(x) x .
66
Caratterizzazione di Funzioni Costanti. Se f : (a, b) R e derivabile, allora f ` e costante f (x) = 0 per ogni x (a, b)
Dimostrazione. Questa implicazione ` e banale visto che per f ` e costante il rapporto incrementale ` e 0 e quindi anche ammette limite 0. Usando il test di monotonia dallipotesi f (x) = 0 per ogni x (a, b) f (x) 0 per ogni x (a, b) f (x) 0 per ogni x (a, b) f ` e crescente, inoltre f ` e decrescente.
Questa caratterizzazione sembra banale ma tuttavia ` e utile per dimostrare risultati che non sono cos` ovvi. Esempio. Deniamo f : R \ {0} R, f (x) := arctan(x) + arctan Allora f ` e derivabile con 1 1 + f (x) = 1 + x2 1 + 1
1 x
x = 0.
1 1 1 = =0 x2 1 + x2 x2 + 1
per ogni x = 0.
A questo punto, per` o, non possiamo concludere che f ` e costante visto che il dominio X := R \ {0} non ` e un intervallo. Comunque X = (, 0) (0, +) ` e lunione di due intervalli e quindi f ` e costante sia sul intervallo (, 0) che su (0, +). Quindi esistono c1 , c2 R tale che f (x) = c1 per ogni x > 0 e f (x) = c2 per ogni x < 0. Per calcolare le costanti c1 , c2 (che, come vedremo sono diversi) basta scegliere un valore opportuno x1 > 0 e x2 < 0 poich e in ogni caso f (x1 ) = c1 e f (x2 ) = c2 . Per la funzione f possiamo per esempio scegliere x = 1 e x2 = 1 e cos` risulta arctan(x) + arctan =
1 x
Criterio per Funzioni Lipschitziane. Denizione 5.9. Se per f : X R R esiste una costante L 0 (della costante di Lipschitz ) tale che f (x2 ) f (x1 ) L |x2 x1 | per ogni x1 , x2 X
allora f si dice funzione lipschitziana con costante L. ` semplice vericare che ogni funzione lipschitziana ` Osservazione. E e continua mentre il contrario non vale. Ci` o si vede riscrivendo la relazione nella denizione come f (x2 ) f (x1 ) L per ogni x1 , x2 X, x1 = x2 , x2 x1 che in pratica signica che la pendenza di qualsiasi retta secante attraverso i punti (x1 , f (x1 )) e (x2 , f (x2 )) ha (in modulo) al massimo pendenza L. Se ora consideriamo il graco di f : [0, 1] R, f (x) = x e scegliamo x1 = 0 e x2 (0, 1] si vede che la pendenza della retta secante tende per x2 0+ a + e quindi f non ` e lipschitziana. Dal Teorema di Lagrange segue il seguente Criterio.
LE REGOLE DI DE LHOSPITAL
67
Proposizione 5.10. Sia f : [a, b] R derivabile tale che |f (x)| L per ogni x (a, b). Allora f ` e lipschitziana con costante L. In particolare ogni f C1 [a, b] ` e lipschitziana. Dimostrazione. Siano x1 , x2 [a, b], x1 = x2 . Allora per Lagrange esiste c (a, b) tale che f (x2 ) f (x1 ) per ogni x1 , x2 X = f (c) L x2 x1 Se f C1 [a, b], allora f C[a, b] ` e limitata per il teorema di Weierstra. Le Regole di de lHospital Partiamo con il seguente importante Problema. Calcolare il limite f (x) xx0 g (x) che al limite rappresenta una forma indeterminata del tipo lim Per esempio 0 ln(x) + sin(x) = oppure lim = . x + x 0 x 0 x + Nonostante i due limiti precedenti si possano calcolare anche direttamente, le seguenti regole ne semplicano molto lo svolgimento. Non presentiamo la dimostrazione che comunque si basa sempre sul Teorema di Lagrange. lim Teorema 5.11 (Regole di de lHospital). Siano a < b + e f, g : (a, b) R tale che lim f (x) = lim g (x) = 0 oppure = ,
xa+ xa+
0 0
oppure
f, g sono derivabili con g (x) = 0 per ogni x vicino ad a, (x) lim f g (x) =: l R esiste.
xa+
Allora anche f (x) = l. xa+ g (x) La stessa conclusione vale anche per limiti del tipo lim e lim per x0 (a, b). lim
xb x x0
xa+
f (x) g (x)
non
esiste. Cio` e lHospital ore soltanto una condizione suciente ma non necessaria per lesistenza di un limite. Per vericare ci` o consideriamo
limitato
x+
lim
x+
x+
non esiste. LHospital non si deve applicare a forme determinate. Per esempio
x0
lim
68
Consideriamo ora alcuni esempi in cui il simbolo = signica che abbiamo applicato lHospital, cio` e derivato numeratore e denumeratore. Esempi. Sia > 0. Allora lim
1 ln(x) 1 0 H x = = lim = 0. = lim 0 x x x x x x1 Usando piccoli trucchi si possono anche studiare limiti che allinizio non sono della 0 forma indeterminata 0 oppure . Per esempio, per > 0 vale 1 x ln(x) H x = lim = = lim = 0. + x0+ x1 x0+ x0+ x0+ x Pu o succedere anche che dopo unapplicazione di lHospital si ottiene nuovamente una forma indeterminata ammessa. In questi casi si pu` o provare ad applicare lHospital pi` u volte. Per esempio
1 cos(x) sin(x) cos(x) x sin(x) 1 H 0 H 0 H = lim = lim = lim =0 =0 =0 = . 0 3 2 x0 x0 6x x 0 x 0 x 3x 6 6 Qui la seconda e terza applicazione di lHospital si potrebbe evitare ricordando i limiti notevoli (1) e (2) a pagina 42. Per` o confrontando i procedimenti si vede che le regole di lHospital hanno semplicato notevolmente il calcolo di questi limiti. Per calcolare limiti del tipo lim f (x)g(x) si procede come segue: lim
xx0
xx0
lim f (x)
g (x)
= lim eg(x)ln
xx0
f (x)
= exx0
dove lultima uguaglianza segue dalla continuit` a della funzione esponenziale. Per dare un esempio concreto consideriamo lim x + e
x
1 sin(x)
x0
= ex0 =e
H lim
lim
ln x+ex sin(x)
=e
ln(0+e0 ) 0
=e
ln(1) 0
= e0
= e2 . Approssimazione Lineare di Funzioni Torniamo ora al problema iniziale posto a pagina 53: Data f : (a, b) R e un punto x0 (a, b), trovare (i) la retta tangente t al graco di f nel punto P0 = (x0 , f (x0 )), e (ii) unapprossimazione lineare g (x) = x + (cio` eg` e un polinomio di grado 1) per f (x) per x vicino a x0 . Abbiamo risolto il problema (i): Se f ` e derivabile, allora la retta tangente t ` e data dallequazione t(x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ). Quindi la retta tangente denisce un polinomio di grado 1 e di conseguenza si pu` o avere lidea di usare proprio g (x) := t(x) come approssimazione lineare. Come vedremo tra poco, questa scelta ` e infatti in un certo senso la migliore possibile. Per vericare ci` o scriviamo f (x) = t(x) + r(x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ) +
approssimazione lineare
r(x)
resto (o errore)
cio` e r(x) = f (x) t(x). Studiamo le propriet` a di r(x): r(x0 ) = 0 cio` e nel punto x0 lapprossimazione d` a il valore esatto,
69
t t(x) f f(x)
r(x)
f(x ) 0
x0
per x x0 .
Cio` e r(x) tende a 0 pi` u rapidamente di x x0 per x x0 . Per confrontare meglio il comportamento di due funzioni facciamo la seguente Denizione 5.12. (o-piccolo) Se
xx0
lim
f (x) =0 g (x)
allora si dice che f ` e o-piccolo di g per x x0 . Inoltre in questo caso si scrive f (x) = o(g (x)) per x x0 o pi` u brevemente f = o(g ) per x x0 . Osservazioni. o() si chiama simbolo di Landau. f = o(g ) per x x0 signica per innitesimi che f (x) 0 pi` u rapidamente che g (x) 0 per x x0 ; inniti che f (x) pi` u lentamente che g (x) per x x0 . Esempi. ln(x) = o(x) per x + poich e 1 cos(x) = o(x) per x 0 poich e 1 cos(x) 1 cos(x) = x x x2
0 1 2 ln(x) x
0 per x +.
1 2
0=0
per x 0.
x = o(x2 ) per x mentre x2 = o(x) per x 0. f (x) 0 per x x0 f (x) = o(1) per x x0 . Tornando al problema di approssimazione lineare possiamo ora dire che r(x) = o(x x0 ) per x x0 . Con gli o-piccoli si possono caratterizzare le funzioni derivabili. Proposizione 5.13. Per una funzione f : (a, b) R e x0 (a, b) le seguenti aermazioni sono equivalenti. (a) f ` e derivabile in x0 . (b) Esiste A R tale che f (x) = f (x0 ) + A (x x0 ) + o(x x0 ). In questo caso A = f (x0 ).
70
Quindi questa proposizione stabilisce che lapprossimazione lineare t(x) data dalla retta tangente t ` e lunica che lascia un resto r(x) che per x x0 tende a 0 pi` u rapidamente che la distanza x x0 tra x e x0 . Cio` e per ogni altra scelta di approssimazione con un polinomio di grado 1 il resto tende a zero pi` u lentamente. In questo senso t(x) ` e la migliore approssimazione lineare possibile di f (x) per x vicino a x0 . Consideriamo alcuni Esempi. Se f (x) = ex e x0 = 0, allora la derivabilit` a di f implica ex = f (0) + 0 0 f (0) x + o(x) = e + e x + o(x), cio` e ex = 1 + x + o(x) per x 0. Se f (x) = sin(x) e x0 = 0, allora la derivabilit` a di f implica sin(x) = f (0) + f (0) x + o(x) = sin(0) + cos(0) x + o(x), cio` e sin(x) = x + o(x) per x 0. Se f (x) = ln(1 + x) e x0 = 0, allora la derivabilit` a di f implica ln(1 + x) = 1 f (0) + f (0) x + o(x) = ln(1) + 1+0 x + o(x), cio` e ln(1 + x) = x + o(x) per x 0. La Formula di Taylor Abbiamo quindi risolto anche il problema dellapprossimazione lineare, cio` e di approssimare il valore f (x) di un funzione (possibilmente molto complicata) vicino al punto x0 con un polinomio t(x) (cio` e con una funzione molto semplice) di grado 1. A questo punto si pu` o avere lidea di limitare il grado dellapprossimazione non a 1 ma a un numero n N qualsiasi. Cio` e si pu` o generalizzare il problema dellapprossimazione lineare nel seguente modo: Problema. Data f : (a, b) R, x0 (a, b) e n N, approssimare f (x) con x vicino a x0 con un polinomio Tn (x) di grado n Per n = 1 abbiamo visto che T1 (x) = t(x) ` e la migliore scelta possibile. Per risolvere il problema per n N dobbiamo prima introdurre le Derivate Successive. Denizione 5.14. Se f ` e derivabile e tale che f ` e nuovamente derivabile, allora possiamo denire f =: f = derivata seconda =: D2 f =: d2 f . dx2
Se si pu` o continuare in questa maniera n volte otteniamo dn f . dxn Inoltre, se I ` e unintervallo e n N deniamo C0 (I ) := C(I ) (e f (0) := f ) e per n 1 f ` e derivabile n-volte Cn (I ) := f : I R e f (n) ` e continua f (n) = derivata n-esima =: Dn f =: Se f Cn (I ) si dice anche che f ` e derivabile n-volte con continuit` a (qui la continuit` a si riverisce alla derivata n-esima f (n) e non a f ). Esempio. Se f (x) = sin(x), allora f ` e derivabile con f (x) = cos(x) che ` e anche derivabile. Quindi otteniamo f (x) = cos (x) = sin(x) che ` e nuovamente derivabile. Cos` otteniamo f (x) = sin (x) = cos(x) che ` e sempre derivabile. Quindi esiste anche la derivata quarta che indichiamo con il simbolo f (4) (x) = cos (x) = sin(x) = f (x). Quindi dopo 4 derivazioni si ritorna alla funzione originale.
LA FORMULA DI TAYLOR
71
Dopo questo intermezzo sulle derivate successive possiamo tornare al problema dellapprossimazione di f (x) per x vicino a x0 attraverso un polinomio di grado n. Per ottenere unidea come si pu` o risolvere questo problema consideriamo i casi n = 0 e n = 1. Per n = 0 la migliore approssimazione con un polinomio di grado 0 (cio` e con una costante) ` e ovviamente T0 (x) := f (x0 ) = T0 (x0 ), cio` e T0 e f hanno in x0 il valore in comune: T0 (x0 ) = f (x0 ). Per n = 1 il problema diventa quello dellapprossimazione lineare che abbiamo risolto precedentemente: Se f ` e derivabile in x0 allora la migliore approssimazione ci d` a t(x) =: T1 (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ). Quindi T1 (x0 ) = f (x0 ) e T1 (x) = f (x0 ) cio` e T1 e f hanno in x0 il valore e derivata prima in comune: T1 (x0 ) = f (x0 ), T1 (x0 ) = f (x0 ). Quindi per n 2 supponiamo che f sia n-volte derivabile e poi cerchiamo un polinomio Tn che con f ha in x0 valore e tutte le derivate no alla n-esima in comune: T1 (x0 ) = f (x0 ), T1 (x0 ) = f (x0 ), : f e Tn hanno contatto di ordine n in x0 . . . (n) T1 (x0 ) = f (n) (x0 ). Visto che questo sistema consiste da n + 1 equazione e il polinomio Tn da determinare ha n + 1 coecienti a0 , . . . an R come incognite, il seguente risultato ` e plausibile. Proposizione 5.15. Se f Cn (a, b) e x0 (a, b) allora esiste ununico polinomio Tn di grado n che ha un contatto di ordine n in x0 con f . Questo polinomio si chiama polinomio di Taylor di ordine n con centro x0 generato da f ed ` e dato da Tn (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ) +
n
=
k=0
f (k) (x0 ) (x x0 )k . k!
Inne, se x0 = 0, allora Tn viene anche chiamato polinomio di McLaurin. Dimostrazione. Verichiamo soltanto che per n = 3 il polinomio T3 denito sopra ha contatto di ordine 3 con f C3 (a, b) in x0 (a, b). Infatti T3 (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ) + T3 (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x T3 (x) = f (x0 ) T3 (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 )
( x0 ) f (x0 ) (x x0 )2 + f 3! 2 (x0 ) x0 ) + f 2 (x x0 )2
(x x0 )3
Esempio. Sia f (x) = ex . Allora f Cn (R) per ogni n N con f (k) (x) = f (x) = ex per ogni 0 k n. Quindi risulta per x0 = 0 che f (k) (x0 ) = e0 = 1 per ogni 0 k n e di conseguenza
n
Tn (x) = 1 + x +
x2 2
x3 3!
+ ... +
xn n!
=
k=0
xk k! .
72
T4(x) T3(x)
T2(x)
T1(x) T0(x)
Figura 40. I primi polinomi di McLaurin di f (x) = ex . Problema. Quanto vale il resto (o errore ) dovuto allapprossimazione con il polinomio di Taylor, cio` e Rn (x) := f (x) Tn (x) ? Consideriamo prima i casi che abbiamo gi` a studiati. n = 0: Per il Teorema di Lagrange esiste c tra x e x0 tale che R0 (x) = f (x) T0 (x) = f (x) f (x0 ) = f (c) (x x0 ) = o(1) = o (x x0 )0 . n = 1: Visto che T1 (x) = t(x) = approssimazione lineare (cfr. pagina 68) segue R1 (x) = r(x) = o (x x0 )1 . In generale, cio` e n N, vale la seguente generalizzazione di queste rappresentazioni di Rn (x). Teorema 5.16 (Formula di Taylor). Sia f Cn+1 (a, b) e sia x0 (a, b). Allora per Rn (x) := f (x) Tn (x) vale Rn (x) = o (x x0 )n per x x0 (Resto di Peano) esiste c tra x e x0 tale che Rn (x) = f (n+1) (c) (x x0 )n+1 (n + 1)! (Resto di Lagrange)
Osservazioni. Per la formula di Taylor con il resto di Peano basta che f Cn (a, b). La Formula di Taylor con il Resto di Peano ` e un aermazione qualitativa, cio` e aerma soltanto con che velocit` a il resto Rn (x) tende a 0 per x x0 ; Resto di Lagrange ` e un aermazione quantitativa, che permette anche valutare la grandezza del resto (si noti tuttavia che c non e noto). Se per un polinomio p(x) di grado n vale f (x) p(x) = o (x x0 )n per x x0 , allora p(x) = Tn (x). In altre parole Tn (x) ` e lunico polinomio di grado n che lascia un resto che tende pi` u rapidamente a 0 per x x0 che (x x0 )n . In questo senso la scelta di Tn (x) come approssimazione di f (x) per x vicino a x0 ` e ottima. Questa osservazione ci permetter` a in seguito di calcolare Tn (x) senza calcolare alcuna derivata.
LA FORMULA DI TAYLOR
73
Una rappresentazione esplicita del tipo f (x) = Tn (x) + o((x x0 )n ) si chiama sviluppo di Taylor di f di ordine n e centro x0 . Calcoliamo appunto alcuni sviluppi di Taylor. Esempi.
x
e =1+x+
x3 3!
+ ... +
2
xk k!
3
+ o(x ) =
k=0
xk k!
+ o(xn )
per x 0.
x 3 Per esempio ex = 1 + x + x 2 + 6 + o(x ) per x 0. Abbiamo gi` a visto nellesempio su pagina 70 che per f (x) = sin(x) vale f (x) = cos(x), f (x) = sin(x), f (x) = cos(x) e f (4) (x) = sin(x) = f (x). Quindi f Cn (R) per ogni n N e per ogni k N vale
(1)k
k=0
x3 x5 x2n+1 + . . . + (1)n + o(x2n+1 ) 3! 5! (2n + 1)! x2k+1 + o(x2n+1 ) (2k + 1)! per x 0.
=
k=0
(1)k
Osservazione. Siccome per ogni n N vale f (2n+2) (0) = 0 segue T2n+2 (x) = T2n+1 (x) e di conseguenza f (x) = T2n+2 (x) +o(x2n+2 ) = T2n+1 (x) + o(x2n+2 ).
=T2n+1 (x)
sin(x) =
k=0
(1)k
per x 0.
T4 (x) = x e quindi
x3 + o(x4 ) per x 0. 6 3 3 Lo sviluppo precedente ` e migliore dello sviluppo di sin(x) = x x 6 + o(x ) in 4 3 quanto per x 0 lespressione x tende pi` u rapidamente a zero che x . Questo guadagno di un grado nel o() si ottiene anche per altri sviluppi di McLaurin (cio` e per x0 = 0) di funzioni pari oppure dispari in quanto tutte le derivate di ordine pari di una funzione dispari in x0 = 0 si annullano (come sopra per il sin), tutte le derivate di ordine dispari di una funzione pari in x0 = 0 si annullano (per esempio per il cos). Di conseguenza in uno sviluppo di McLaurin di una sin(x) = x
74
funzione pari compariranno soltanto termini xk con k pari, mentre per funzione dispari compariranno soltanto termini xk con k dispari. Nella stessa maniera seguono i seguenti sviluppi. Come gi` a sopra indicato vale per f (x) = cos(x) (= funzione pari) e x0 = 0 che T2n (x) = T2n+1 (x). Quindi
n
cos(x) =
k=0
(1)k
per x 0.
4
x 5 Per esempio per n = 2 otteniamo cos(x) = 1 x 2 + 24 + o(x ) per x 0. Per le funzioni iperboliche sinh (= dispari) e cosh (= pari) valgono i seguenti sviluppi che sono molto simili a quelli delle funzioni circolari sin e cos: n
sinh(x) =
k=0 n
per x 0,
cosh(x) =
k=0
per x 0.
2 4
x x 4 5 Per esempio sinh(x) = x + x 6 + o(x ) e cosh(x) = 1 + 2 + 24 + o(x ) per x 0. Per f (x) = arctan(x) (= funzione dispari) e x0 = 0 vale T2n+1 (x) = T2n+2 (x). Quindi n
arctan(x) =
k=0
(1)k
x2k+1 + o(x2n+2 ) 2k + 1
3
per x 0.
5
x 6 Per esempio per n = 2 otteniamo arctan(x) = x x 3 + 5 + o(x ) per x 0. Scegliendo f : (1, + R, f (x) := ln(1 + x) e x0 = 0 si ottiene n
ln(1 + x) =
k=1
(1)k+1
xk + o(xn ) k
per x 0.
( 1 1)
(1 + x) =
k=0
xk + o(xn )
per x 0
che ` e una generalizzazione della formula del binomio di Newton (cfr. pagina 10) 1 per esponenti R. Per esempio, scegliendo = 2 e n = 2 otteniamo 1 1 1 1 2 x0 + 2 x1 + 2 x2 + o(x2 ) 1 + x = (1 + x) 2 = 0 1 2 x x2 + o(x2 ) per x 0. 2 8 La Formula di Taylor e molto importante come si vede anche dalle seguenti =1+
75
Applicazioni della Formula di Taylor Criterio per Estremi Locali. Sia f Cn (a, b) per n 2 e sia x0 (a, b) tale che f (x0 ) = 0 = f (x0 ) = . . . = f (n1) (x0 ) Se n ` e pari, allora f ammette in x0 un minimo locale, se f (n) (x0 ) > 0, massimo locale, se f (n) (x0 ) < 0. Se n ` e dispari, allora x0 non ` e un punto di estremo locale di f . Il caso pi` u importante ` e n = 2: Se f (x0 ) = 0 e f (x0 ) > 0 x0 ` e un punto di minimo locale, f (x0 ) < 0 x0 ` e un punto di massimo locale. Cenno. Per La Formula di Taylor con Resto di Peano vale
=0
f (n) (x0 ) = 0.
(x x0 )n1 + f
(n) (x
0)
n!
(x x0 )n
f (x0 ) + c (x x0 )n
(n)
per x vicino a x0
e studiare se x0 ` e un punto di estremo locale di f (x) e con c = f n(!x0 ) . Quindi anzich basta considerare la stessa questione per il polinomio p(x) = f (x0 ) + c (x x0 )n . A questo punto ci sono tre casi, cfr. il seguente graco. (1) n pari e c > 0 ( f n (x0 ) > 0): Allora x0 ` e un punto di minimo locale; (2) n pari e c < 0 ( f n (x0 ) < 0): Allora x0 ` e un punto di massimo locale; (3) n dispari: Allora x0 ` e un punto di estremo locale.
(1): n pari c>0 => min f(x0) f(x0 ) x0 x x0 x (2): n pari c<0 => max f(x0 ) c<0 x (3): n dispari c>0
x0
Esempi. Consideriamo f (x) = x2 . Allora f (x) = 2x e f (x) = 2 f (0) = 0 e f (0) > 0 (cio` e n = 2 = pari) x0 = 0 ` e un punto di minimo di f . Consideriamo f (x) = x3 . Allora f (x) = 3x2 , f (x) = 6x e f (x) = 6 f (0) = 0 = f (0) e f (0) = 0 (cio` e n = 3 = dispari) x0 = 0 non ` e un punto di estremo di f . Sia f (x) = x sin(x) cos(2x), x R. Allora f (x) = x cos(x)+1 sin(x)+sin(2x) 2 e quindi f (0) = 0, cio` e x0 = 0 ` e un punto critico di f . Per decidere la sua natura calcoliamo anche le derivate successive in x0 = 0: f (x) = x ( sin(x))+1 cos(x)+ cos(x) + 2 cos(2x) 2 f (0) = 0 + 1 + 1 + 2 2 = 6 > 0 x0 = 0 ` e un punto di minimo locale di f .
76
Calcolo dei Limiti. Generaliziamo prima il concetto di asintoticit` a dalle successioni alle funzioni. f (x) = 1, allora si dice che f (x) e g (x) sono asintotiche e g (x) si scrive f (x) g (x) (o anche solo f g ) per x x0 . Denizione 5.17. Se lim
xx0
Osservazione. Se f g per x x0 , allora f (x) e g (x) hanno lo stesso comportamento asintotico, cio` e f (x) l per x x0 g (x) l per x x0 . Come per le successioni anche per le funzioni vale il Teorema 5.18 (Principio di Sostituzione). Se f1 f2 e g1 g2 per x x0 , allora f1 g1 f2 g2 f1 f2 g1 g2 per x x0 , in particolare in particolare
xx0
per x x0 ,
xx0
lim
Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire espressioni con altre espressioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il limite se esiste. Esempi. sin(x) x per x 0 poich e
x0
lim
sin(x) = 1. x
1 cos(x)
x2 2
poich e 1 cos(x)
x2 2
x0
lim
1
1 2
lim
x0
1 cos(x) 1 = 2 = 1. x2 2
Come gi` a per le successioni, il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme, dierenze o potenze, cio` e se f1 f2 e g1 g2 per x x0 allora f1 (x) g1 (x) f2 (x) g2 (x) per x x0 , g (x) g (x) f1 (x) 1 f2 (x) 2 per x x0 . Quindi come gi` a detto in prodotti e in rapporti si possono sostituire espressioni (complicate) con altre espressioni asintotiche (pi` u semplici) senza cambiare lesistenza e il valore del limite. Come vedremo ci` o permette di facilitare il calcolo dei limiti. A questo punto, per` o, si pone il seguente Problema. Come si pu` o trovare per una funzione f1 (possibilmente complicata) una funzione f2 (semplice) tale che f1 (x) f2 (x) per x x0 ? Per risolvere questo problema usiamo la seguente Proposizione 5.19. f1 (x) f2 (x) per x x0 f1 (x) = f2 (x) + o f2 (x) per x x0 . Esempio. ln(1 + x) = x + o(x) per x 0 ln(x) x per x 0. Come nellesempio lidea ` e ora di rappresentare f1 (x) e g1 (x) usando la Formula di Taylor con resto di Peano in maniera tale che f2 e g2 diventeranno monomi = 0. Pi` u precisamente dalla proposizione segue per x x0 n+m n n f1 (x) g1 (x) an bm (x x0 ) f1 (x) = an (x x0 ) + o (x x0 ) an f1 (x) g1 (x) = bm (x x0 )m + o (x x0 )m (x x0 )nm g1 (x) bm
77
Quindi nel caso del rapporto segue f1 (x) an lim (x x0 )nm = lim xx0 g1 (x) xx0 bm se n > m, 0 an = bn se n = m, se n < m. Riassumendo, per studiare il limite limxx0
f ( x) g (x)
si procede cos` :
Si cerca lo sviluppo del denominatore del tipo g (x) = b (x x0 )m + o((x x0 )m ) con b = 0, cio` e b (x x0 )m ` e il primo polinomio di Taylor di g che non ` e identicamente = 0. Si sviluppa il numeratore f no allo stesso ordine m. Non ` e necessario superare oltre allordine m per ottenere un polinomio di Taylor del numeratore = 0 poich e se f (x) = 0 + o((x x0 )m ) il limite del rapporto ` e in ogni caso = 0. Consideriamo alcuni Esempi. Studiamo
x 0
sin(x) x . x2 sin(x) Come dalla regola generale iniziamo sempre con il denominatore. Qui non ` e necessario svilupparlo con Taylor, ` e invece pi` u semplice semplicarlo usando il principio di sostituzione: sin(x) x per x 0 e quindi lim sin(x) x sin(x) x . 2 x sin(x) x3 Ora visto che il denominatore ` e di 3 ordine dobbiamo quindi sviluppare anche il numeratore no al 3 ordine: sin(x) = x Cos` risulta
x3 6
+ o(x3 )
3 x sin(x) x = x 6 + o(x ) 6
3
per x 0.
x sin(x) x 1 6 = 3 3 x x 6 e quindi sin(x) x 1 = . 2 x0 x sin(x) 6 lim Studiamo sin(2x) ln (1 + x)2 . x0 cos x 2 1 Iniziamo sempre con il denominatore: lim
2
cos(t) = 1 t2
(x 2 2 2 2 +o x = x 2 8 +o(x ) (x = 2t 0) 2 Visto che il denominatore ` e di 2 ordine dobbiamo ora sviluppare anche il nume ratore al 2 ordine. Perci` o notiamo prima che ln((1 + x)2 ) = 2 ln(1 + x), quindi (t=2x) 2 2 2 sin(t) = t + o(t ) (t 0) = sin(2x) = 2x + o (2x) = 2x + o(x ) 2 x2 2 ln(1 + x) = 2 x + o(x ) = 2x x2 + o(x2 ) (t 0)
(t= x ) 2
cos( x 2 1 =
sin(2x) ln (1 + x)2 = 2x + o(x2 ) 2x x2 + o(x2 ) = x2 + o(x2 ) x2 Cos` risulta sin(2x) ln (1 + x)2 x2 2 = 8 cos x x 2 1 8
(x 0)
78
e quindi sin(2x) ln (1 + x)2 = 8. x0 cos x 2 1 lim Abbiamo gi` a visto in questi esempi abbastanza semplici che per procedere servono delle regole per il calcolo con gli o() come per esempio o(x2 ) + o(x2 ) = o(x2 ) oppure o(4x2 ) = o(x2 ). Per calcolare limiti pi` u complicati servono ulteriori regole Regole per il Calcolo con gli o(). Per x x0 con x0 R o(f ) = o(f ) per ogni R, per esempio o(xn ) = o(xn ); o(f ) + o(f ) = o(f ), per esempio o(xn ) + o(xn ) = o(xn ); f o(g ) = o(f g ), per esempio xm o(xn ) = o(xm+n ); o(f ) o(g ) = o(f g ), per esempio o(xm ) o(xn ) = o(xm+n ); o(o(f )) = o(f ), per esempio o(o(xn )) = o(xn ); o((x x0 )m ) = o((x x0 )n ) se m n, per esempio o(x4 ) = o(x2 ) per x 0. (x x0 )m = o((x x0 )n ) se m > n, per esempio x5 = o(x4 ) per x 0. se f g allora o(f ) = o(g ), per esempio sin(x) x e quindi o(sin(x)) = o(x) per x 0; se f (x) g (x) per x x0 e (t) x0 per t t0 allora f ((t)) g ((t)) per t t0 , p.e. ln(1 + x) x (x 0) e sin(t) 0 (t 0) allora ln(1 + sin(t)) sin(t) t (t 0); Qui, come sempre, con o(f ) si deve immaginare la qualit` a di un resto di tendere pi` u velocemente a 0 di f e non come una quantit` a. In particolare in generale si ha o(f ) = o(g ) o(g ) = o(f ), f + o(h) = g + o(h) f = g , o(f ) o(f ) = 0. Esempi. Calcolare, se esiste, e 2 1 + sin(x) . lim x0 ln cos(x) Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x 0. Iniziamo con il denominatore. Visto che si tratta di ununica espressione ` e pi` u semplice usare lultima regola e il principio di sostituzione anziche svilupparlo con Taylor (che comunque faremo nel prossimo esercizio). Allora, prima serve un piccolo trucco
=:t0
x
x2 . 2 Abbiamo vericato lultima equazione (con segno opposto) gi` a a pagina 76. Si potrebbe, per` o, anche ragionare usando lo sviluppo ln cos(x) = ln 1 + cos(x) 1 t = cos(x) 1 cos(x) = 1
x2 2
+ o(x2 )
2 x 1 cos(x) = x 2 + o(x ) 2 .
Poich e il denominatore ` e di 2 ordine, dobbiamo sviluppare anche il numeratore no al 2 ordine: Ponendo t = x 2 otteniamo et = 1 + t +
x x x 2 2 + 2 +o x =1+ x +x + o(x2 ) = e 2 . 2 2 8 2 2 Inoltre ponendo ora t := sin(x) segue (per lo sviluppo della radice 1 + t cfr. pagina 74) 2 t 1+t=1+ 2 t8 + o(t2 ) t2 2 2
+ o(t2 ) = 1 +
x2
=1+
sin(x) 2
sin2 (x) 8
+ o(sin2 (x)) =
1 + sin(x).
79
Per la penultima regola o(sin2 (x)) = o(x2 ) e usando lo sviluppo sin(x) = x + o(x2 ) segue 1 + sin(x) = 1 +
x+o(x2 ) 2
x+o(x2 ) 8
+ o(x2 )
=o(x4 )=o(x2 )
=o(x2 )
=1+ Quindi e2
x
x+o(x2 ) 2
x2 +2x
o(x2 ) + o(x2 )2
8
+ o(x2 ) = 1 +
x 2 x2 8
x 2
x2 8
+ o(x2 ).
1 + sin(x) = 1 + =2
x 2
x2 8
+ o(x2 ) 1 +
x2 4
+ o(x2 )
x2 8
+ o(x2 ) =
+ o(x2 )
x2 4 .
Qui ` e importante osservare che soltanto dopo aver sviluppato tutto il numeratore si usa lasintoticit` a, farlo prima signicherebbe usare il principio di sostituzione per una dierenza (che ` e gravemente sbagliato!!). Quindi per il principio di sostituzione per rapporti risulta
x e 2 1 + sin(x) 1 42 = x 2 ln cos(x) 2 x
2
da cui lim
e 2 1 + sin(x) 1 = . x0 2 ln cos(x) Calcolare, se esiste, 1 cos(x) + ln cos(x) . x0 x4 + x5 Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x 0. Iniziamo come sempre con il denominatore: Visto che x5 = o(x4 ) risulta lim x4 + x5 = x4 + o(x4 ) x4 . Quindi il numeratore ` e da sviluppare no al 4 ordine. cos(x) = 1 x2 x4 + + o(x4 ) 2 24 1 cos(x) = x2 x4 + o(x4 ). 2 24
2
Mentre nellesempio precedente era suciente osservare che ln(cos(x)) x 2 qui non possiamo ragionare cos` altrimenti si applicherebbe il principio di sostituzione ad una dierenza. Dobbiamo invece sviluppare ln(cos(x)) no al 4 ordine: Allora
=:t0
ln cos(x) = ln 1 + cos(x) 1 con ln(1 + t) = t e x2 x4 + + o(x4 ) 2 24 x2 = + o(x2 ). 2 Osserviamo che non ` e necessario sviluppare ln(1 + t) no a t4 poich e t = cos(x) 1 ` e di ordine 2 e di conseguenza t2 espresso in x diventa di 4 ordine. Inoltre, nello sviluppo di ln(1 + t) dobbiamo sostituire t con cos(x) 1 sviluppato no al 4 cos(x) 1 = t2 + o(t2 ) 2
80
ordine mentre nel espressione t2 basta come vedremo (per lo stesso motivo) lo sviluppo no al 2 ordine. Non e sbagliato usare anche l` lo sviluppo no al 4 ordine, soltanto i conti si complicheranno leggermente. La cosa importante e che alla ne non ci saranno resti o(xk ) con k < 4. Quindi
2 x 2
2 2
=x 4
ln cos(x) = cos(x) 1
cos(x) 1 2
+o
cos(x) 1
=o(x4 )
+ o(x4 )
Cos` per il numeratore segue 1 cos(x) + ln cos(x) = x2 x4 x2 x4 + o(x4 ) + + o(x4 ) 2 24 2 12 x4 x4 = + o(x4 ) 24 12 1 1 = x4 + o(x4 ) x4 . 8 8
Calcolare, se esiste,
x) esin(x) sin( x x lim . 2 x0 tan (3x)
81
segue con t := sin(x) 0 per x 0 esin(x) = 1 + sin(x) + sin2 (x) + o sin2 (x) 2 2 x + o(x2 ) = 1 + x + o(x2 ) + + o(x2 ) 2 x2 + 2x o(x2 ) + o(x2 )2 =1+x+ + o(x2 ) 2 x2 =1+x+ + o(x2 ). 2 x3 + o(x3 ) 6
=o(x2 )
x3 sin(x) 1 =1 + o(x3 ) x 6x x x2 =1 + o(x2 ). 6 Notiamo che qui era necessario sviluppare sin(x) no al 3 ordine poich e la divisione per x abbassa lordine per 1. Cos` risulta esin(x) sin(x) x2 x2 x=1+x+ 1 x + o(x2 ) x 2 6 2 2 = x2 + o(x2 ) x2 3 3
x) 2 2 esin(x) sin( x 2 x 3 x = 2 2 9x 27 tan (3x)
e quindi
che implica
x) esin(x) sin( x 2 x = . lim 2 x0 27 tan (3x)
Concludiamo questi esempi con una Osservazione. In questo esempi abbiamo calcolato sviluppi di Taylor di diverse funzioni usando sviluppi noti e le regole per il calcolo con gli o() senza fare alcuna derivata. Usando la terza osservazione su pagina 72 in questa maniera abbiamo anche calcolato i polinomi di Taylor. Per esempio f (x) := 1 + sin(x) = 1 +
x 2
x2 8
+ o(x2 )
T2 (x) = 1 +
x2 x4 + o(x4 ) T4 (x) = , 2 12 2 12 2 x x2 f (x) := esin(x) = 1 + x + + o(x2 ) T2 (x) = 1 + x + , 2 2 dove il polinomio di Taylor si riferisce alla corrispondente funzione f . f (x) := ln cos(x) = Mentre le prime due applicazioni della Formula di Taylor usavano il resto di Peano, la terza fa uso del resto di Lagrange.
x 2 2 x
x2 8 , x4
82
Calcolo Numerico. Problema. Data una funzione (possibilmente complicata) f : (a, b) R e x (a, b), 1 trovare un valore approssimato per f (x), per esempio calcolare cos( 2 ) con un errore < 103 . Lidea per risolvere questo problema e di usare la Formula di Taylor con resto di Lagrange: Esiste c tra x e x0 tale che
n
f (x) =
k=0
dove il centro x0 (a, b) e lordine n sono ancora da determinare. Se sappiamo che |f (n+1) (s)| M per ogni s (a, b) allora possiamo valutare lerrore Rn (x) = f (x)Tn (x) come f (n+1) (c) M Rn (x) = |x x0 |n+1 (n + 1)! (n + 1)! e cos` si pu` o valutare la precisione dellapprossimazione. Rimane la scelta del centro x0 (a, b) che deve rispettare i seguenti principi: (i) in x0 si devono conoscere valore della funzione e di tutte le derivate di f no al n-esimo ordine, cio` e f k (x0 ) per k = 0, 1, . . . , n, altrimenti non si puo calcolare Tn esplicitamente; (ii) tra tutti i punti in (i) si sceglie quello che sta pi` u vicino a x0 in maniera che il n +1 n +1 fattore |x x0 | = (distanza tra x e x0 ) sia pi` u piccolo possibile. n Se, fortunatamente, |x x0 | < 1, allora le potenze |x x0 | +1 0 per n + e quindi contribuisce, insieme al fattoriale (n + 1)! nel denominatore, a diminuire lerrore |Rn (x)| fatto. Consideriamo alcuni esempi concreti: Esempi. Calcolare cos
1 2
1 Passiamo alla scelta del centro x0 . Il punto pi` u vicino a x = 2 nell quale si conoscono tutte le derivate di f = cos ` e x0 = 0. Cos` otteniamo la stima3
Rn (x)
1 (n + 1)!
1 2
n+1
Questo ` e una disuguaglianza in n che ` e equivalente a (n + 1)! 2n+1 > 1000. Per trovare il valore n N pi` u piccolo che verica questa relazione si deve procedere per tentativi: n 1 2 3 4 (n + 1)! 2n+1 24=8 6 8 = 48 24 16 = 384 120 32 = 3840 > 1000
83
T4
1 2
T4 (x) = 1
24
337 . 384
cio` e la soluzione ` e
337 384 .
Usare uno sviluppo di secondo ordine per calcolare un valore approssimativo di 2 30 valutando anche lerrore fatto.
2 e quindi scegliamo Soluzione. Il numero quadrato pi` u vicino a x = 30 ` e 25 = 5 2 come centro x0 = 25 (le derivate di x contengono ancora 2 x, pertanto questa scelta semplicher` a i calcoli). Per la Formula di Taylor con il resto di Lagrange esiste poi un c [x0 , x] = [25, 30] tale che f (25) f (c) f (x) = x = f (25) + f (25) (x 25) + (x 25)2 + (x 25)3 , 2! 3! T2 (x) R2 (x)
1 1 c 2 3 30 = 5 + 5 52 + 5 10 1000 16 5 219 c 2 3 = + 5 40 16
=valore approssimativo =errore R2 (30) compiuto
5
e decrescente con c [25, 30]. Per stimare lerrore osserviamo che la funzione c 2 ` in c e quindi segue 5 25 2 3 1 R2 (30) 5 = . 16 400 Riassumendo, lo sviluppo di secondo ordine d` a come approssimazione di 30 il 1 valore 219 40 che lascia un errore 400 = 0, 0025. 1 1 Esercizio. Calcolare e con unerrore < 1000 . (Suggerimento: e = e 2 .) Osservazione. In entrambi gli esempi la funzione f ammetteva derivate di qualsiasi ordine. Ci si pu` o chiedere che cosa succede con lapprossimazione Tn (x) di f (x) se n +. Per studiare questo problema deniamo dapprima per un intervallo I R C (I ) :=
nN
Cn (I ).
84
Quindi f C (I ) signica che f : I R ammette derivate f (n) di qualsiasi ordine n N. Serie di Taylor Se per f C (a, b) esiste M 0 tale che f (k) (x) M k per ogni x (a, b) ed ogni k N
allora possiamo stimare come prima Rn (x) = f (n+1) (c) M n+1 |x x0 |n+1 0 (n + 1)! (n + 1)!
=:rn
per n +.
Proposizione 5.20. Sia f C (a, b) e x0 (a, b). Se esiste M 0 tale che f (k) (x) M k per ogni x (a, b) ed ogni k N, allora
n
f (x) = lim
n+
k=0
f (k) (x0 ) (x x0 )k = k!
+ k=0
f (k) (x0 ) (x x0 )k k!
=: Serie di Taylor
Quindi, se f ` e C e le derivate non crescono troppo rapidamente con lordine, f (x) si pu` o rappresentare come serie di Taylor
+
f (x) =
k=0
f (k) (x0 ) (x x0 )k k!
Esempi. sin C (R) con | sin(k) (x)| 1 =: M = M k per ogni x R ed ogni k N e quindi dallo sviluppo a pagina 73 segue (con x0 = 0)
+
sin(x) =
k=0
(1)k
per ogni x R
cos(x) =
k=0 xk k! k=0
(1)k
x2k (2k )!
per ogni x R
ex =
sinh(x) =
k=0
per ogni x R
STUDIO DI FUNZIONE +
85
cosh(x) =
k=0
x2k (2k )!
per ogni x R xk k
ln(1 + x) =
k=1 +
(1)k+1
(1 + x) =
k=0
xk
Concludiamo questo capitolo sul calcolo dierenziale con lo Studio di Funzione Problema. Data una funzione f : X R R, tracciare un graco approssimativo di f. Per risolvere questo problema conviene procedere cercando di seguire lo schema seguente pi` u possibile. Si tenga presente che spesso non ` e possibile eseguire tutti i punti sottoelencati. In questi casi le informazioni mancanti (p.e. esistenza di zeri, estremi locali ecc.) si possono eventualmente dedurre alla ne dello studio come conseguenza delle altre informazioni. (i) Determinazione del dominio X : Sono da individuare tutti i punti x R per i quali lespressione f (x) sia ben denita. Per esempio argomenti sotto radici di ordine pari devono essere 0, argomenti di logaritmi devono essere > 0, la base di unesponenziale deve essere > 0, denominatori devono essere = 0, ecc. In generale, per calcolare il dominio X di una funzione si deve risolvere un sistema di disequazioni. Esempio. Sia f (x) := x 2>0
2 sin(x2 ) . 2ln(x2 2)
Allora il numeratore ` e denito per ogni x R x2 > 2 e 2 > ln(x2 2) |x| > 2 e e2 > x2 2 |x| > 2 e |x| < e2 + 2 x e2 + 2, 2) ( 2,
e2 + 2 .
(ii) Simmetrie (pari, dispari) e periodicit` a: cfr. pagine 34 e 35. (iii) Intersezioni con gli assi: Con lasse-x: risolvere lequazione f (x) = 0. Con lasse y : se 0 X calcolare f (0). (iv) Segno della funzione: Risolvere lequazione f (x) > 0 (o f (x) < 0). (v) Calcolo dei limiti (da destra/sinistra) alla frontiera di X : Si calcolano i limiti (da destra/sinistra) di f (x) negli estremi niti, se esistono, del dominio X e si deducono gli eventuali asintoti verticali, cfr. pagina 41. Se X ` e illimitato, si calcolano inoltre i limiti limx f (x) =: l, determinando se vi sono asintoti orizzontali y = l (se l R), cfr. pagina 41. Se invece l = si procede con la (vi) Individuazione degli asintoti obliqui: Se esistono m = 0 e q R tale che
x+
lim
f (x) [m x + q ] = 0
e/o
lim
f (x) [m x + q ] = 0
allora si dice che la retta y = mx + q ` e asintoto obliquo per f a + e/o . Gracamente ci` o signica che la distanza tra il graco di f e la retta y = mx + q
86
tende a 0 per x . Per vericare lesistenza di un asintoto obliquo si procede come segue: Si verica prima se esiste nito il limite f (x) =: m = 0 = pendenza dellasintoto. x Nel caso aermativo si verica se esiste nito il limite
x
lim
lim
f (x) mx =: q
Se entrambi i limiti esistono in R con m = 0, allora y = mx + q ` e asintoto obliquo di f per x . Esempio. Sia f (x) := ln e3x+2 + 5 . Allora
x
mentre
x+
lim f (x) = +
Quindi y = ln(5) ` e un asintoto orizzontale di f per x . Inoltre, puo esistere un asintoto obliquo per x +. Per ci` o studiamo ln e3x+2 + 5 H f (x) = lim m = lim = lim x+ x+ x x+ x
3e3x+2 e3x+2 +5 H
= lim
9 e3x+2 =3 x+ 3 e3x+2
f (x) mx = lim
x+
x+
ln e3x+2 + 5 ln e3x
e3x+2 + 5 e3x+2 + 5 H = ln lim = ln x+ x+ e3x e3x 3 e3x e2 = ln lim = ln e2 = 2. x+ 3 e3x Pertanto la retta di equazione = lim ln y = 3x + 2
3 e3x+2 x+ 3 e3x
ln(e3x+2+5)
12 10 8 6 4 2
y=ln(5)
2 4
0 2
y=3x+2
Figura 42. Asintoto obliquo. (vii) Studio della derivata prima (crescenza/decrescenza, punti critici ed estremi locali): Si calcola la derivata prima f (x) e il corrispondente dominio. Risolvendo lequazione f (x) = 0 si calcolano i punti critici x0 di f . Eventualmente, studiando il cambiamento del segno di f (x) in x = x0 si pu` o classicare la natura del punto
STUDIO DI FUNZIONE
87
critico (minimo o massimo locale, cfr. pagina 65). Inne si studia il segno di f (x) per ottenere informazioni sulla monotonia di f . (viii) Studio della derivata seconda (estremi locali, concavit` a/convessit` a, punti di esso): Si calcola (se non si ottiene un espressione troppo complessa) la derivata seconda. Se i punti critici non sono gi` a stati classicati nel punto (vii) si calcolano i valori di f nei punti critici per poi applicare il criterio per estremi locali, cfr. pagina 75. Denizione. Sia f : X R R derivabile in (a, b) X . Se f (x) in (a, b) ` e crescente, allora si dice che f ` e convessa (oppure concava verso lalto ) in (a, b), decrescente, allora si dice che f ` e concava (oppure concava verso il basso ) in (a, b).
f convessa f concava
Figura 43. Funzioni convesse e concave. Dal test di monotonia (cfr. pagina 64) segue che se f C2 (a, b), allora f ` e convessa in (a, b) f ` e crescente in (a, b) f ` e concava in (a, b) f ` e decrescente in (a, b) f (x) 0 per ogni x (a, b), f (x) 0 per ogni x (a, b).
Diremo che f : (a, b) R ammette retta tangente in x0 (a, b) se il rapporto incrementale di f in x0 ammette limite (nito o innito), cio` e se esiste
xx0
lim
f (x) f (x0 ) R. x x0
Denizione. Un punto (x0 , f (x0 )) si chiama (punto di) esso di f : (a, b) R in x0 (a, b), se f ` e continua in (a, b), derivabile in (a, b) \ {x0 } e se f ammette retta tangente in x0 , e la concavit` a di f ` e opposta dalle due parti di x0 . Si nota che per f C2 (a, b) in un punto di esso x0 (a, b) vale necessariamente f (x0 ) = 0 per il teorema degli zeri. Esempi. Sia f (x) = x3 . Allora f (x) = 3x2 e f (x) = 6x. Visto che f (x) < 0 per x < 0 e f (x ) > 0 per x > 0, lorigine ` e un punto di esso di f . Sia f (x) = 3 x. Allora f ammette una retta tangente verticale in x0 = 0. Inoltre
x 3 f (x) = (x 3 ) = x 3 3 e f (x) = 2 = 2x9 3 per x = 0. Quindi f (x) > 0 3 3 per x < 0 e f (x) < 0 per x > 0 e allora lorigine ` e un punto di esso di f . Sia f (x) = |x| + x3 . Allora il rapporto incrementale di f in x0 = 0 ` e dato da
1 2 2 1 5
h0
lim
Quindi f non ammette tangente in x0 = 0 e quindi (0, 0) non ` e un punto di esso di f , nonostante che f cambia concavit` a in quel punto. Seguendo questo schema ` e utile tracciare il graco gradualmente, inserendo le informazioni via via raccolte anzich e raccogliere tutto e poi fare il graco: i processi graduali aiutano a controllare la coerenza del procedimento e a capire quali informazioni ` e ancora utile raccogliere.
88
x3 x flesso
p 3
x x
jxj+x3
Figura 44. Punti di esso e no. Consideriamo ora un esempio completo. Esempio. Studiare la funzione f (x) = e x3 |x + 3| e tracciarne un graco approssimativo. Soluzione: (i) Dominio: f (x) ` e denito per ogni x = 3 e quindi X = (, 3) (3, +). (ii) Simmetrie: il graco di f non rappresenta simmetrie. (iii) Intersezione con gli assi: Visto che la funzione esponenziale ` e sempre > 0, f (x) = 0 |x + 3| = 0 x + 3 = 0 x = 3. Inoltre vale 0 X e f (0) = 1 3 e 3 |3| = 3 e. (iv) Segno di f (x): Visto che il modulo ` e sempre 0, f (x) 0 per ogni x X . (v) Limiti alla frontiera del dominio: I punti di frontiera di X sono: , 3, +. Studiamo perci` o i limiti (da destra/sinistra dove indicato) in quei punti:
0 1
x3
|x + 3| = e 6 = 0,
x3+
|x + 3| = e+ 6 = +.
Quindi la retta x = 3 rappresenta un asintoto verticale per x 3+ . Visto che lim f (x) = +, possono esistere
x
f (x) e x3 |x + 3| |x + 3| m : = lim = lim = lim = 1, x x x x x x e q : = lim f (x) m x = lim e x3 |x + 3| x e0 3=3 x x 1 1 1 lim e x3 (x + 3) x = lim e x3 1 x + e x3 3 x + x+ 1 1 1 = x3 (x 3) + x = lim e lim 1 e x3 x e x3 3 x x
e0 3=3
1
STUDIO DI FUNZIONE
89
lim
1 x3
1 x = lim
e x3 1
1 x3 1 x3
x et 1 x = lim lim = 1 1 = 1, x x 3 x 3 t0 t
q = 1 3 = 4 e quindi y = x + 4 e y = x 4 sono asintoti obliqui per x + e x , rispettivamente. (vii) Studio di f (x): Visto che |x + 3| ` e derivabile per ogni x = 3, la funzione ` e derivabile per ogni x X con x = 3. Inoltre per il rapporto incrementale nel punto x0 = 3 vale
1 e x3 |x + 3| 0 f (x) f (3) |x + 3| = lim lim e x3 f (3) = lim x (3) x+3 x+3 x3 x3 x3 1
= e 6 (1) = e 6 . Quindi f (3) = f+ (3) e di conseguenza f non ` e derivabile in x0 = 3. Calcoliamo ora f (x) per x = 3: per x > 3, x = 3 vale f (x) = e x3 |x + 3| = e x3 (x + 3) = e x3 = e x3
1 1 (x 3)2 (x + 3) = e x3 2 (x 3) 1 1 1 1 (x + 3) + e x3 1 2 (x 3) 2 x 7x + 6 . (x 3)2 1
x2 7x + 6 (x 3)2
se x > 3, x = 3, se x < 3.
Calcoliamo ora i punti critici di f : Visto che la funzione esponenziale non ammette zeri, segue che 7 72 4 6 75 2 f (x) = 0 x 7x + 6 = 0 x = x1,2 = = 2 2 x = x1 = 6 opp. x = x2 = 1. Studiamo ora la monotonia di f attraverso il segno di f (x): Visto che e x3 > 0 x = 3 (x 3)2 segue che 1 e x3 (x 6) (x 1) < 0 (x3)2 1 e x3 (x 6) (x 1) > 0 (x3)2 f (x) = 1 e x3 (x 6) (x 1) < 0 ( x 3)2 1 e x3 2 (x 6) (x 1) > 0 (x3) per x < 3, per 3 < x < 1, per 1 < x < 6, x = 3, per 6 < x.
1
x2 7x + 6 = (x 6) (x 1)
90
Di conseguenza f ` e strettamente crescente in (3, 1) (6, +), f ` e strettamente decrescente in (, 3) (1, 6) \ {3}. (viii) Studio di f (x): f ` e derivabile per x = 3. Inoltre per x > 3, x = 3 vale f (x) = e x3 = e x3
1 1
e x3 (x 3)2 (2x 7) 2(x 3) (x2 7x + 6) (x2 7x + 6) = (x 3)4 e x3 = 13x 33 . (x 3)4 Similmente per x < 3 si ottiene f (x) = e x3 x2 7x + 6 e x3 (13x 33). = (x 3)2 (x 3)4 Quindi risulta 1 e x3 (13x 33) se x > 3, x = 3, (x3)4 f (x) = 1 e x3 (13x 33) se x < 3. (x3)4
1 1 1
Classichiamo i due punti critici x1 = 6 e x2 = 1 trovati nel punto precedente: Visto che
e x3 (x3)4
1
segno f (1) = segno 13 1 33 < 0 x2 = 1 ` e un punto di massimo locale 1 1 4 con f (6) = 9 e 3 = 9 3 e, f (1) = 4 e 2 = . Per trovare eventuali essi e risolviamo 33 f (x) = 0 13x 33 = 0 x0 := x = . 13 Inoltre per x = 3 vale 33 f (x) 0 x , cio` ef ` e convessa in 33 13 , 3 e (3, +) 13 33 cio` ef ` e concava in , 3) e (3, 33 f (x) 0 x , 13 13 33 e quindi risulta che x0 = 13 ` e un punto di esso. Da tutte le informazioni ottenute risulta che f ha il seguente graco.
STUDIO DI FUNZIONE
1
91
y=x+4
4 y= -x-4 -3 1 -4
33 13
x 6
x=3
1
CAPITOLO 6
Figura 46. Larea A. Lidea per risolvere questo problema ` e di approssimare larea A da sotto e da sopra, cio` e per eccesso e per difetto. Se poniamo m := inf f e M := sup f , allora sicuramente m (b a) A M (b a), che per` o d` a una approssimazione troppo scarsa. Per migliorarla dividiamo lintervallo [a, b] in tanti sottointervalli e procediamo in ogni sottointervallo come prima. Per precisare questa idea ci serve una Denizione 6.1. se Un insieme P = {x0 , x1 , x2 , . . . , xn } si chiama partizione di [a, b]
a = x0 < x1 < x2 < . . . < xn = b. Se f : [a, b] R ` e limitata e P ` e una partizione di [a, b], allora deniamo per i = 1, 2, 3, . . . , n mi := inf f (x) : x [xi1 , xi ] , Mi := sup f (x) : x [xi1 , xi ] , xi := xi xi1 (= lunghezza dellintervallo [xi , xi1 ])
n
s(f, P ) :=
i=1 n
S (f, P ) :=
Quindi per ogni partizione P di [a, b] vale s(f, P ) A S (f, P ), cio` e le somme inferiori sono sempre approssimazioni di A per difetto mentre le somme superiori danno sempre approssimazioni per eccesso. Perci` o pi` u grande ` e s(P, f ) meglio ` e, pi` u piccolo ` e S (P, f ) meglio ` e.
92
93
m x0 =a x1 x2 x3 x 4 b=x 5 x
m x0 =a x1 x2 x3 x 4 b=x 5 x
Figura 47. Somma inferiore s(P, f ) e somma superiore S (P, f ). Se non c` e dierenza tra la migliore approssimazione da sotto (cio` e quella pi` u grande per difetto) e quella migliore da sopra (cio` e quella pi` u piccola per eccesso), allora il problema ` e (teoricamente) risolto e f si dice integrabile. Per precisare questo procedimento facciamo la seguente Denizione 6.2. Sia f : [a, b] R limitata. Se sup s(P, f ) : P partizione di [a, b] = inf S (P, f ) : P partizione di [a, b] =: I, allora f si dice integrabile (secondo Riemann1). In questo caso A = I e
b
f (x) dx := I
a
si dice integrale di f (= funzione integranda) in [a, b] (= dominio dellintegrazione). Osservazioni. Come variabile di integrazione non ` e necessario scegliere x si pu` o anche scrivere
b b b
f (x) dx =
a a
f (s) ds =
a
f (t) dt = . . .
f ` e integrabile per ogni > 0 esiste una partizione P = P tale che S (P , f ) s(P , f ) < .
< e
x0 =a
x1
x2
x3
x 4
b =x 5
Figura 48. Criterio per lintegrabilit` a. Larea sotto lasse x ` e negativa, per esempio se f : [0, 1] R, f (x) := 1 per ogni 1 x [0, 1] allora 0 f (x) dx = 1. In un certo senso
b n
f (x) dx = lim
a
xi 0
f (xi )xi
i=1
b a f (x)
1Ci sono altri modi per arontare questo problema che portano a denizioni diverse, per esempio quella
di Lebesgue
94
Esempi. Se f ` e costante, cio` e f (x) = c per ogni x [a, b] allora s(P, f ) = b S (P, f ) = c (b a) per P = {a, b} e quindi f ` e integrabile con a f (x) dx = c (b a). La funzione di Dirichlet (cfr. pagina 46) f (x) := 1 0 se x [a, b] \ Q se x [a, b] Q
non ` e integrabile. Infatti visto che per ogni partizione P ogni intervallo [xi1 , xi ] contiene sia punti razionali (in cui f ammette il valore 0) si punti irrazionali (in cui f ammette il valore 1) segue mi = 0 e Mi = 1 per ogni i = 1, 2, . . . , n. Cos` risulta per ogni partizione P s(P, f ) = 0 = 1 = S (P, f ) che implica che f non ` e integrabile. Continuiamo studiando alcune Propriet` a dellIntegrale. Siano f, g : [a, b] R integrabili. Allora f +g ` e integrabile per ogni , R (cio` e linsieme delle funzioni integrabili con dominio [a, b] ` e uno spazio vettoriale) e
b b b
f (x) + g (x) dx =
a a
f (x) dx +
a
g (x) dx
(cio` e lintegrale ` e un operazione lineare ); Se f (x) g (x) per ogni x [a, b] allora
b b
f (x) dx
a a
g (x) dx
f (x) dx
a a
|f (x)| dx
f (x) dx +
f (x) dx =
f (x) dx
f (x) dx := 0
0
e
1
f (x) dx :=
f (x) dx
se > .
(per esempio 1 f (x) dx := 0 f (x) dx). Se la funzione integranda e il dominio di integrazione hanno qualche simmetria, allora lintegrale si semplica nella seguente maniera.
95
a a
f (x) dx = 0, se f ` e dispari,
a
f (x) dx = 2
0
f(x) dispari + =0 + -a a
f(x) pari = 2x
-a
Figura 50. Integrazione di funzioni simmetrici. A questo punto si pongono due Problemi. (i) Quali funzioni sono integrabili? b (ii) Se f ` e integrabile, come si pu` o calcolare a f (x) dx ? Per i nostri scopi il seguente risultato d` a una risposta suciente al primo problema. Teorema 6.4. Se f : [a, b] R ` e limitata e ha un numero nito di discontinuit` a, oppure ` e monotona allora f ` e integrabile. In particolare ogni f C[a, b] ` e integrabile. Qui lultima aermazione segue dal primo punto visto che una funzione continua su [a, b] ha zero punti di discontinuit` a ed ` e limitata per Weierstra. Esempi. Le funzioni f : [0, 1] R e g : [0, 3] R denite come f (x) := 1 1
1 n+1 2
se x 1 se x = 1
1 n 2 ,1
1 n+1 2
x e g (x) := x2 2 sin(2x)
f(x)
g(x)
1.5
0.5
0.5
0.5
1.5
2.5
0.5
0.2
0.4
0.6
0.8
Figura 51. Esempi di funzioni integrabili non continue. scontinuit` a) ` e crescente e g ha soltanto 2 punti di discontinuit` a (x0 = 1 e x1 = 2).
96
Il Teorema fondamentale del Calcolo Integrale Passiamo ora al secondo problema, cio` e cerchiamo modi per calcolare A = a f (x) dx visto che soltanto in casi particolarmente semplici ` e possibile di determinare A usando la denizione. Perci` o ci serve prima il seguente Teorema 6.5 (Teorema della Media). Se f C[a, b], allora esiste c [a, b] tale che
b b
Figura 52. Teorema della media. Dimostrazione. Per Weierstra esistono m := min f, Inoltre vale (cfr. pagina 92)
b
M := max f.
m (b a)
a
f (x) dx M (b a) 1 ba
b
min f = m
f (x) dx
a
M = max f.
Quindi per il teorema dei valori intermedi (cfr. pagina 47) esiste c [a, b] tale che
b
Da questo risultato segue un importante teorema: Teorema 6.6 (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale). Sia f C[a, b] allora la funzione
x
F (x) :=
a
f (s) ds
= funzione integrale di f
F (x) = f (x)
f(s) =F(x)
97
Dimostrazione. Per vericare la derivabilit` a di F dobbiamo studiare il suo rapporto incrementale per h 0. Allora usando prima ladditivit` a dellintegrale rispetto agli estremi di integrazione e poi il teorema della media segue ds a f (s) ds h x+ h f (s) ds = x h h f (c) = = f (c) h tra x e x + h. Quindi h 0 implica cx,h x e la continuit` a di f implica F (x + h) F (x) = h per h 0,
x+ h f (s) a x
per un c = cx,h
Osservazioni. Se G ` e una funzione derivabile tale che G = f , allora G si dice primitiva di f . Linsieme f (x) dx =: {G : G e una primitiva di f } si chiama integrale indenito di f . Per distinguere un integrale indenito f (x) dx (che rappresenta uninsieme di b e un numero reale), questultimo viene funzioni) da un integrale a f (x) dx (che ` anche chiamato integrale denito. Se F e G sono due primitive di f C[a, b] allora (F G) = F G = f f = 0 e per la caratterizzazione delle funzioni costanti (cfr. pagina 66) esiste c R tale che F (x) = G(x) + c per ogni x [a, b]. Per questo motivo se F ` e una primitiva qualsiasi di f si scrive spesso f (x) dx = F (x) + c dove c R indica una costante arbitraria di integrazione. Siamo ora in grado di dare una soluzione al secondo problema. Corollario 6.7. Se f C[a, b] e G ` e una primitiva di f (cio` e G = f ), allora
b
b a
=: G(x) a .
Dimostrazione. Sia F la funzione integrale di f . Allora per il Teorema fondamentale F ` e una primitiva di f e quindi per losservazione precedente esiste c R tale che F (x) = G(x) + c per ogni x [a, b]. Quindi
=F (b) b b =0=F (a) a
f (x) dx =
a a
f (x) dx
a
f (x) dx
98
Abbiamo scritto basta tra virgolette poich e come vedremo trovare una primitiva di una funzione f (si dice anche integrare f ) generalmente non ` e un compito semplice. Tuttavia possiamo ora calcolare i primi integrali non banali. Esempi. Visto che
x3 3 2
= x2 segue x2 dx = x3 3
2 1
1 7 = (23 13 ) = . 3 3
y=x2
7 _ 3
Figura 54. Area sotto il graco. Sia G(x) := ln |x| per x = 0. Allora G ` e derivabile e G (x) = Quindi 1 dx = ln |x| + c x Osservazione. Questo fatto ci permette di dare una nuova rappresentazione per il logaritmo: Per x > 0 vale
x 1 1 ln(x) = x ln(x) = 1 x 1 x
(1) =
se x > 0, se x < 0.
1 ds = ln(t) s
x 1
1 s ln(x)
1
METODI DI INTEGRAZIONE
99 1 1+x2
La funzione G(x) := arctan(x), x R ` e derivabile con arctan (x) = 1 dx = arctan(x) + c 1 + x2 ex dx = ex + c sin(x) dx = cos(x) + c sinh(x) dx = cosh(x) + c cos(x) dx = sin(x) + c cosh(x) dx = sinh(x) + c
e quindi
In questi esempi era semplice di indovinare la primitiva di una funzione integranda data (per esempio per xr con r = 1) oppure siamo partiti con una funzione derivabile G che poi per denizione diventa la primitiva della sua derivata f = G . Nelle applicazioni invece ` e in generale data una funzione integranda f per la quale non ` e immediato indovinare una primitiva. Quindi ci poniamo il seguente Problema. Come si pu` o trovare una primitiva di una funzione pi` u complicata? Per esempio, il logaritmo ln ` e continuo e quindi integrabile ma come si pu` o calcolare ln(x) dx =? Per risolvere questo problema studiamo ora Metodi di Integrazione Lidea per risolvere il problema di trovare una primitiva di una funzione ` e che, grazie al Teorema fondamentale del calcolo integrale, la derivazione e lintegrazione sono operazioni inverse, cio` e: Se h ` e derivabile con continuit` a (brevemente si dice h C1 ), allora () h (x) dx = h(x) + c.
Cos` una regola di derivazione implica una regola associata di integrazione. Integrazione per Parti. Sappiamo che se f, g sono C1 allora anche h := f g ` e C1 con h (x) = f (x) g (x) + f (x) g (x). Quindi da () segue f (x) g (x) dx + f (x) g (x) dx = f (x) g (x) + f (x) g (x) dx = f (x) g (x) +c
=h (x) =h(x)
Cos` risultano le formule Integrazione per Parti (versione indenita) f (x) g (x) dx = f (x) g (x) Integrazione per Parti (versione denita)
b
f (x) g (x) dx
b a
f (x) g (x) dx
100
Quindi il metodo di integrazione per parti corrisponde alla regola di derivazione di un prodotto. Vediamo ora come si applica questa regola Esempi. Vogliamo usare integrazione per parti per calcolare xr ln(x) per r = 1. A questo punto dobbiamo decidere quale dei fattori ` e f (x) e quale g (x). Ma visto che con la scelta f (x) = ln(x) non si pu` o continuare non conoscendo la primitiva del logaritmo, lunica possibilit` a` e xr = f (x) e ln(x) = g (x) e quindi r +1 1 (siccome r = 1) f (x) = x risulta r+1 e g (x) = x . Cos` xr ln(x) = = = = = xr+1 r+1 xr+1 r+1 xr+1 r+1 xr+1 r+1 xr+1 r+1 xr+1 1 dx r+1 x 1 ln(x) xr dx r+1 1 xr+1 ln(x) +c r+1 r+1 1 ln(x) xr+1 + c (r + 1)2 1 ln(x) + c. r+1 ln(x)
In questo esempio il metodo integrazione per parti funziona poich e il logaritmo 1 g (x) = ln(x) ` e una funzione complicata con derivata g (x) = x semplice. Quindi passando la derivata da f (x) a g (x) lintegrale si semplica. Inoltre possiamo dire che per r = 0 otteniamo g (x) = x0 = 1 per ogni x e quindi abbiamo anche calcolato ln(x) dx = x ln(x) 1 + c. Se si vuole calcolare questo integrale direttamente (cio` e senza il fattore xr ) si deve procedere con un piccolo trucco:
=1
ln(x) dx =
1 ln(x) dx = x ln(x)
f (x) g ( x) f (x) g (x)
x
f (x)
1 x
g (x)
dx = x ln(x) x + c.
Anche lintegrale ex cos(x) dx si pu` o calcolare usando integrazione per parti. Perci` o scegliamo f (x) = ex e g (x) = cos(x) (ma funzionerebbe anche viceversa). Allora f (x) = ex e g (x) = sin(x) e quindi ex cos(x) dx = ex cos(x)
f (x) g (x) f (x) g (x)
ex sin(x) dx
f (x) g ( x)
METODI DI INTEGRAZIONE
101
sembra che non ` e cambiato molto, invece il trucco ` e di integrare unaltra volta per parti, dove usiamo u, v invece di f, g per non confonderci ex cos(x) dx = ex cos(x) + ex sin(x) dx
u (x) v (x)
= ex cos(x) + ex sin(x)
u(x) v (x)
ex cos(x) dx
u(x) v (x)
Cos` siamo tornati allintegrale iniziale e a prima vista il procedimento risulta essere inutile. Invece abbiamo trovato unequazione del tipo I =E+I per lintegrale I in questione con unespressione E nota e, molto importante, = 1 = 1. Nel caso = 1 lintegrale si semplica e quindi tutto era infatti inutile. E Per = 1 invece lequazione si risolve facilmente come I = 1 e (visto che qui cio` 1 = 2) ex sin(x) + cos(x) +c ex cos(x) dx = 2 Consideriamo cos2 (x) dx. Allora, con f (x) = g (x) = cos(x) otteniamo f (x) = sin(x) e g (x) = sin(x) e quindi cos(x) cos(x) dx = sin(x) cos(x)
f ( x) g (x) f (x) g (x)
sin(x) sin(x) dx
f ( x) g (x)
Ora si potrebbe avere la stessa idea come nellintegrale precedente di integrare unaltra volta per parti. Ci` o invece non funziona e porta soltanto allannullamento di tutto. Invece si usa la relazione sin2 (x) + cos2 (x) = 1 che implica cos2 (x) dx = sin(x) cos(x) + sin2 (x) dx
1cos2 (x)
= sin(x) cos(x) +
1 dx
cos2 (x) dx
= sin(x) cos(x) + x
cos2 (x) dx
che, come prima, ` e unequazione per lintegrale in questione che ` e facilmente da risolvere con la soluzione sin(x) cos(x) + x cos2 (x) dx = + c. 2 Integrazione per Sostituzione. Abbiamo visto come il metodo integrazione per parti segue dalla regola per la derivazione di un prodotto. Ora invece partiamo con la regola della catena (per derivare le funzioni composte) e cerchiamo la regola corrispondente per lintegrazione. Sia f C[a, b] con una primitiva F . Sia, inoltre : [, ] [a, b] derivabile con continuit` a e = 0. Allora la funzione composta2 h : [, ] R, h(t) := F (t)
102
` e derivabile con h (t) = F (t) (t) = f (t) (t). Sostituendo queste espressioni nellequazione () a pagina 99 risulta la formula chiamata Integrazione per Sostituzione (versione indenita) f (t) (t) dt = F (t) + c. dove F ` e una primitiva di f , cio` e F = f. Sostituendo nella versione indenita gli estremi t = e t = segue dal corollario sul Teorema Fondamentale a pagina 97
t= t=
= F ( ) F () = F (x) =
() x=( ) x=()
( )
f (x) dx.
f (t) (t) dt =
()
f (x) dx
Prima di considerare esempi concreti deduciamo due regole generali di integrazione Esempi. Se nella versione indenita della formula integrazione per sostituzione 1 scegliamo f (x) = x con la primitiva F (x) = ln |x| e per una funzione C1 con (t) = 0 per ogni t allora segue (t) dt = ln (t) + c (t) Un esempio concreto di questo tipo ` e tan(t) dt = sin(t) dt cos(t)
(t)
sin(t) dt cos(t)
(t)
= ln cos(t) + c. Se nella versione indenita della formula integrazione per sostituzione scegliamo 2 1 f (x) = x con la primitiva F (x) = x 2 e per una funzione C allora segue (t) (t) dt = Un esempio concreto di questo tipo ` e sin(t) cos(t) dt =
(t) (t)
METODI DI INTEGRAZIONE
103
Osservazione. In pratica, si usa il metodo integrazione per sostituzione nell seguente modo: Nella funzione integranda (nella variabile t) si indovina un espressione (t) che indichiamo con x, cio` e si fa la sostituzione x := (t). Considerando x come funzione in t si deriva rispetto a t e si ottiene (formalmente) dx = (t) dt Cos` risulta gi` a la versione indenita:
=x
dx = (t) dt
f (t) (t) dt =
=f (x) =dx
f (x) dx = F (x) + c.
dove F = f . Per ottenere la versione denitiva basta osservare che t= t= x = (t) = (), e x = (t) = ( )
f (t) (t) dt =
()
f (x) dx.
Questo ragionamento e puramente formale, ma dimostra la forza della notazione per le derivate (come rapporti tra innitesimi) e gli integrali (come somme continue f (x) dx) inventati pi` u di 300 anni f` a da Leibniz. Vediamo ora come funziona in pratica questo procedimento Esempi. Calcoliamo
2
t
1
t 1 dt.
In questo caso lidea ` e far sparire la radice ponendo x := t 1 (= (t)). Visto che anche il fattore t nellintegrale deve essere espresso nella nuova variabile risolviamo lequazione x := t 1 per t: x2 = t 1 t = x2 + 1 .
Ora ci sono 2 modi per trovare la relazione tra dx e dt: consideriamo (come sopra indicato) x = t 1 come funzione in t e deriviamo rispetto a t, cio` e
1 dx = (t 1) 2 dt
1 2
(t 1) 2 1 =
1 2
1 = t1
1 2
1 x
dt = 2x dx.
104
Quindi otteniamo
2 1
t t 1 dt =
x2 +1 x 2xdx
(x2 + 1) x 2x dx
0 1
=
0
(x2 + 1) x 2x dx
1
=2
0
(x4 + x2 ) dx
x5 5 15 5
=2 =2
+ +
x3 1 3 0 13 3
16 . 15 Nellesempio precedente si trattava di un integrale denito in t per il quale abbiamo calcolato gli estremi nella nuova variabile x. Anzich` e calcolare gli estremi in x, dopo la integrazione si pu` o anche tornare alla variabile iniziale (che per integrali indeniti ` e sempre necessario) e poi sostituire gli estremi originali. Cos` faremo nei prossimi esempi. Calcoliamo 0 =
4
e
1
dt.
Allora, per fare sparire la radice procediamo come prima e poniamo x := t cio` e dt t = x2 . Ci` o implica dx = 2x e quindi dt = 2x dx. Ora non calcoliamo gli estremi in x ma li sostituiamo con . . . intendendo che non ci interessano in questo momento. Cos` risulta
4 ...
e
1
dt =
...
ex 2x dx.
Questo ` e un tipico integrale che si risolve per parti e quindi dobbiamo individuare chi ` e f e chi g . Qui la scelta giusta ` e f (x) = ex e g (x) = x poich e se facciamo viceversa lintegrale non si semplica ma diventa tipo x2 ex dx che ` e ancora pi` u dicile. Allora
...
2
...
x ex dx = 2 x ex
g (x) f (x)
... ...
...
... ...
1 ex dx
= 2 x ex ex (x =
t)
=2 e
2
...
t1
4 1
= 2 e (2 1) e1 (1 1) = 2 e2 . In questo esempio abbiamo visto che pu` o capitare che si devono usare entrambi i metodi, cio` e integrazione per sostituzione e anche integrazione per parti. Consideriamo ora lintegrale indenito cos ln(t) dt. In questo esempio facciamo sparire il logaritmo ponendo x := ln(t) cio` e t = ex . Ci` o implica dt = ex dt = ex dx. dx Quindi otteniamo cos ln(t)
x
dt =
ex dx
cos(x) ex dx
METODI DI INTEGRAZIONE
105
lultimo integrale e gi` a stato calcolato a pagina 101 usando integrazione per parti e quindi ex sin(x) + cos(x) +c 2 sin ln(t) + cos ln(t) = eln(t) +c 2 sin(ln(t)) + cos(ln(t)) +c =t 2 = x = ln(t)
Ripetiamo che in questo esempio, come per tutti gli integrali indeniti, dopo la sostituzione e necessario tornare alla variabile iniziale, in questo caso t. Mentre negli esempi passati era abbastanza semplice indovinare la sostituzione (cio` e trovare il (t) che poi viene chiamato x) ci sono integrali dove la sostituzione ` e abbastanza dicile da trovare. Calcoliamo larea A di un cerchio di raggio 1 data dallequazione x2 + y 2 = 1. Risolvendo lequazione nel primo quadrante si ottiene y = segue
1
1 x2 e per simmetria
A=4
0
1 x2 dx
Con la sostituzione x := sin(t) cio` e t = arcsin(t) segue dx = cos( t ) dx = cos( t ) dt , dt x = 0 t = arcsin(0) = 0, x = 1 t = arcsin(1) = 2. Quindi risulta
=cos(t) 1
2
1 x2 dx =
0 0
=
0
abbiamo calcolato questo integrale a pagina 101 sin(t) cos(t) + t = 2 Qui abbiamo usato che
2
2
. 4
Nella stessa maniera si pu` o vericare che larea A(r) di un cerchio di raggio r 0 ` e data da A(r) = r2 . Calcoliamo arctan(x) dx Allora visto che arctan(x) (come anche ln(x)) ` e una funzione complicata con 1 una derivata 1+ molto pi` u semplice, lidea per risolvere questo integrale e usare 2 x
106
integrazione per parti. Perci` o useremo il trucco di inserire il fattore 1 che abbiamo gi` a usato per integrare il logaritmo ln(x) (cfr. pagina 100): arctan(x) dx = 1 arctan(x) dx
f (x) g (x)
= x arctan(x)
f (x) g (x)
x
f (x) (x)
1 dx 1 + x2
g (x)
= x arctan(x)
1 2
2x dx 1 + x2
(x)
= x arctan(x)
ln(1 + x2 ) + c, 2
dove per lultimo integrale abbiamo usato la formula a pagina 102. Altrimenti si potrebbe anche utilizzare la sostituzione t := 1 + x2 e procedere come negli altri esempi. Osservazione. Gli esempi che abbiamo visto dimostrano chiaramente che integrare una funzione pu` o essere dicile ed impegnativo mentre in confronto derivare ` e una semplice procedura che si pu` o fare abbastanza meccanicamente. In eetti ci sono funzioni continue (che quindi, per il teorema fondamentale, possiedono una primitiva) composizione di funzioni elementari tali che le primitive non possono essere espresse usando solo funzioni elementari. Per esempio f : R R, f (x) = ex
2
sono continue (infatti C ) ma le loro primitive non si possono esprimere utilizzando solo le funzioni che abbiamo incontrati nora. Quindi in un certo senso non si possono calcolare ex dx
2
ex dx
e questo fatto dimostra che integrare esplicitamente una funzione pu` o essere addirittura impossibile. Esempio. Calcolare il limite l := lim
x 0
x0
1 es ds . sin(x3 )
Soluzione. Come indicato sopra non possiamo calcolare lintegrale. Grazie alle Regole di lHospital e il Teorema Fondamentale del calcolo integrale ci` o non ` e neanche necessario! Prima di derivare sostituiamo sin(x3 ) con lespressione x3 che ` e asintotica per x 0 e possiede derivate molto pi` u semplici. Quindi, per il principio di sostituzione, vale 1 es ds l = lim =0 0 x0 x3 2 2 1 ex 1 ex 1 H = lim = lim x0 3x2 3 x0 x2 1 = . 3
x 0
2
107
A questo problema c` e sempre una soluzione che inoltre coinvolge soltanto i tre integrali 1 . Il problema ` e scomporre la funzione integranda notevoli per xr con r = 1, x1 e 1+ x2 in maniera tale si possono utilizzare tali integrali. Si procede in 3 passi: 1 passo: Se grado(p) grado(q ), allora dividiamo p per q con resto ottenendo polinomi s e r con p = s q + r, grado(r) < grado(q ), cio` e p(x) r(x) = s(x) + . q (x) q (x) Per esempio per p(x) = x4 2x2 + 10 e q (x) = x2 3x + 2 otteniamo 9x x4 2x2 + 10 : x2 3x + 2 = x2 + 3x + 5 + 2 x 3x + 2 x4 + 3 x3 2x2 3x3 4x2 3x3 + 9 x2 6x 5x2 6x + 10 5x2 + 15x 10 9x 2 passo: Usando la linearit` a dellintegrale si ottiene p(x) dx = q (x) Per esempio x4 2x2 + 10 dx = x2 3x + 2 = 3 passo: Si calcola r(x) dx. q (x) Consideriamo soltanto il caso grado(q ) = 2 cio` e q (x) = ax2 + bx + c, r(x) = dx + e. Ci sono 3 casi secondo il segno del discriminante di q (x): (i) b2 4ac > 0, cio` e q (x) ha due zeri reali distinti x1 , x2 . (ii) b2 4ac = 0, cio` e q (x) ha soltanto uno zero reale x0 . 2 (iii) b 4ac < 0, cio` e q (x) non ha zeri reali. Caso (i) : I due zeri distinti di q (x) sono date da b b2 4ac x1,2 = . 2a Allora si possono trovare due costanti A, B R (uniche) tali che r (x) A B = + q (x) x x1 x x2 r(x) dx = A ln |x x1 | + B ln |x x2 | + c. q (x) x2 + 3x + 5 dx + x3 3x2 + + 5x + 3 2 9x dx 3x + 2 9x dx. x2 3x + 2 x2 s(x) dx
semplice da calcolare
r(x) dx q (x)
108
Lesempio precedente con q (x) = x2 3x + 2 entra proprio in questo caso: Qui abbiamo 3 32 4 1 2 3 1 x1,2 = = = 1 opp. 2. 21 2 Inoltre r(x) = 9x e quindi cerchiamo costanti A, B R tale che x2 9x0 ! A B (A + B ) x (2A + B ) = + = . 3x + 2 x1 x2 (x 1) (x 2)
Confrontando i coecienti ci` o vale se e solo se A+B =9 A = 9 2A + B = 0 B = 18 e quindi otteniamo 9 18 9x 9x = + dx = 9 ln |x 1| +18 ln |x 2| + c. 2 2 x 3x + 2 x1 x2 x 3x + 2 Cos` risulta x3 3x2 x4 2x2 + 10 dx = + + 5x 9 ln |x 1| + 18 ln |x 2| + c. x2 3x + 2 3 2 Caso (ii) : Lunico zero di q (x) ` e dato da b 2a Allora si possono trovare due costanti A, B R (uniche) tali che x0 = r (x) A B = + q (x) x x0 (x x0 )2 B r(x) dx = A ln |x x0 | + c. q (x) x x0
Come esempio concreto consideriamo lintegrale 3x dx. 2 x 2x + 1 Allora il denominatore si annulla se e solo se 2 22 4 x= = 1 = x0 . 2 Quindi cerchiamo A, B R tale che x2 3x+0 ! A B A x + ( B A) + = = 2 2x + 1 x 1 (x 1) (x 1)2
Confrontando i coecienti ci` o vale se e solo se A=3 A=3 BA=0 B=3 e quindi otteniamo 3 3 3x = + 2 x 2x + 1 x 1 (x 1)2 3x 3 dx = 3 ln |x 1| + c. 2x + 1 x1
x2
Caso (iii) : In questo caso q (x) non ha zeri reali. Allora si possono trovare due costanti A, B R (uniche) tali che r (x) A q (x) B = + q (x) q (x) q (x) r(x) dx = A ln |q (x)| + B q (x) 1 dx, q (x)
(x) dove abbiamo usato la formula q q (x) dx = ln |q (x)| (cfr. pagina 102). Rimane da calcolare lintegrale 1 dx = dx. 2 q (x) ax + bx + c
109
Per fare ci` o si cercano costanti , , R tale che q (x) = ax2 + bx + c = 1 + Usando la sostituzione x+ dt 1 t := = dx risulta dx dx = 2 q (x) 1 + x+ =
x+ 2
dx = dt
dt = arctan(t) + c 1 + t2 x+ = arctan + c. Riassumendo, in questo caso otteniamo r(x) B x+ dx = A ln |q (x)| + arctan + c. q (x) A q (x) + B r(x) = e q (x) = 1 + q (x) q (x) Come esempio concreto consideriamo lintegrale 4x dx. 2 x 4x + 13 dove
x+ 2
Visto che il discriminante del denominatore b2 4ac = 42 4 13 < 0 siamo nel terzo caso. Allora, cerchiamo prima A, B R tale che
=2x+4 2 2A x + (4A + B ) 4x+0 ! A (x 4x + 13) +B = . = 2 2 x 4x + 13 x 4x + 13 x2 4x + 13 Confrontando i coecienti ci` o vale se e solo se 2A = 4 A=2 4A + B = 0 B = 8
dx = 3dt risulta
8 3
arctan
x2 3
+ c.
110
6. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI UNA VARIABILE 2 x Calcolare 0 cosh( x) dx (Sost. e = t). 2 x sinh(x) dx. (Sost. e = t). 1
Calcolo di Aree Piane Ricordiamo che per una funzione f : [a, b] R integrabile
b
f (x) dx
a
dove, per` o, larea sotto lasse x e negativa. Quindi per calcolare larea A di una funzione che assume sia valori positivi sia negativi si deve dividere il dominio in sottointervalli in cui f (x) non cambia segno:
f(x) I = A1 + A 2 + A3 f(x) A= = A1 + A2 + A3
c a
d b
c a
d b
I=
a c
f (x) dx +
c d
f (x) dx +
d b
f (x) dx =
a
f (x) dx
mentre
A=
a
f (x) dx
c
f (x) dx +
d
f (x) dx
Pi` u in generale, se vogliamo determinare larea A compresa tra i graci di due funzioni f, g : [a, b] R integrabili, allora
b
A=
a
a g(x)
Figura 57. Calcolo del area tra due graci. Esempio. Calcolare larea A compresa tra i graci di x2 e 2 visto che x x per x [0, 1] abbiamo
1
A=
0
( x x2 ) dx =
2 3 2 3x
1 x3 3 0
2 3
1 3
111
x x
2
A= 1/3 0 1 x
Figura 58. Esempio: Calcolo del area tra due graci. Se invece i graci si intersecano, allora bisogna calcolare le ascisse dei punti di intersezione e poi spezzare il dominio di integrazione come sopra. Esempio. Calcolare larea A tra i graci di f (x) := x3 2x e g (x) := x2 . Soluzione. Per cominciare dobbiamo calcolare i punti di intersezione tra f e g . Allora x3 2x = x2 Inoltre vale f (x) = x3 2x g (x) = x2 e quindi
0 0 2
0 = x3 x2 2x = x (x2 x 1)
x = 1, 0, 2.
x [1, 0] [2, +)
A=
1
(x3 2x) x2 dx = =
1 x4
(x3 2x) x2 dx +
0
x2 (x3 2x) dx
2 0
x3 x4 + x2 4 3 4 1 1 23 24 1 = 0( 1+ ) + + 22 4 3 3 4 37 = . 12 x2
0
x3 3
f(x)
g(x)
-1 0 2
A=
= 37/12
Calcolo di Volumi di Corpi di Rotazione Lidea per calcolare il volume V di un solido ` e di scomporlo in sezioni di spessore innitesimale e poi di sommare tutto usando lintegrale. Mentre il caso generale viene trattato in Capitolo 10, qui consideriamo soltanto corpi ottenuti facendo ruotare intorno allasse x il graco di una funzione f : [a, b] R.
112
Allora, usando il fatto che larea di un cerchio di raggio r 0 ` e data da A(r) = r2 (cfr. pagina 105) otteniamo dV = f 2 (x) dx e quindi risulta
b
V =
a
f 2 (x) dx
y=f(x)
dV
dx z
Esempi. Calcoliamo il Volume di un cono di altezza h e raggio r della base. r Allora f (x) = h x per x [0, h] e quindi
h
V =
0
r x h
dx =
r 2 x3 h2 3
h 0
r2 h . 3
V =
r
(r2 x2 ) dx = 2 r2 x
x3 3
r 0
= 2 r2
r3 3
4 = r3 . 3
Integrali Impropri Ricordiamo che nora unintegrale denito rappresenta unarea A tra lasse x ed una funzione integranda f limitata, su un dominio di integrazione [a, b] limitato. Questo signica che al momento non abbiamo denito integrali del tipo
1 0
1 dx x
oppure
+ 1
1 dx x2
cfr. i graci sotto. Per` o con il concetto di limite ` e semplice eliminare questi due vincoli.
INTEGRALI IMPROPRI
113
Denizione 6.8 (Integrale Improprio). Sia f : [a, b) R con a R e b R {+} tale che f ` e integrabile in [a, c] per ogni a < c < b. Allora, se converge
c cb
lim
f (x) dx =: A
a
f (x) dx := A
a
esiste nel senso improprio oppure che converge 4. Una denizione analoga si ha per f : (a, b] R, con a R {}, b R:
b c
f (x) dx := lim
a
ca+
f (x) dx.
a
Esempi.
xr dx := lim
1
c+ 1
xr dx.
x1 dx = ln(x)
c 1
cio` e lintegrale 1 dx = + x
diverge. r = 1: Allora
c
xr dx =
1
xr+1 r+1
=
1
(c+)
1 r+1 +
Quindi risulta
+
xr dx =
1
1 r+1 +
se r < 1, se r 1.
1 1 dx = = 1. x2 2 + 1
1 x2 1
2 1
1 x +h
2 1 x
etc.
114
Consideriamo ora la stessa funzione integranda ma sul dominio di integrazione [0, 1], cio` e studiamo5
1 1
xr dx := lim
0
c0+
xr dx.
c
x1 dx = ln(x)
1 c
cio` e lintegrale 1 dx = + x
diverge. r = 1: Allora
1
xr dx =
c
xr+1 r+1
=
c
(c0+ )
1 r+1
Quindi risulta
1
xr dx =
0
1 r+1
se r > 1, se r 1.
1 1 dx = 1 = 2. x 2 + 1
5 4 3 +h 2 1 x x 2 1 ex
5 4 3 2 1
1 x
Figura 62. Integrali impropri. Mentre per xr nei due esempi precedenti era abbastanza semplice trovare una primitiva abbiamo visto che pu` o essere dicile e addirittura impossibile integrare una funzione. Perci` o si pone il seguente6
5qui il limite ` e solo necessario se r < 0. 6Questo problema ` e molto simile a quello che abbiamo incontrato nel capitolo sulle serie: come si
pu` o studiare la convergenza di una serie senza avere una formula esplicita per le somme parziali, cfr. pagina 26.
INTEGRALI IMPROPRI
115
Problema. Come si pu` o studiare la convergenza di unintegrale improprio senza conoscere una primitiva della funzione integranda? Evidenziamo che cos` non chiediamo pi` u di calcolare il valore dellintegrale ma soltanto di vericare che esiste e sia nito. Teorema 6.9 (del Confronto per gli Integrali Impropri). Siano f, g : [a, b) R con a R, b R {+} e tale che per ogni a < c < b, f, g siano integrabili su [a, c]. Se |f (x)| g (x) per ogni x [a, b) (cio` eg` e un maggiorante di |f |) e b a g (x) dx converge, allora converge anche a f (x) dx. Un risultato simile vale anche per f, g : (a, b] R con a R {}, b R. Esempi. Consideriamo lintegrale improprio
+ b
ex dx.
In questo caso non soltanto uno degli estremi ` e critico (nel senso che ` e innito
1
ex
ep
Figura 63. Integrali improprio convergente. oppure unasintoto verticale della funzione integranda) ma entrambi. In questi casi si spezza lintegrale nella somma di due integrali scegliendo un punto c tra gli estremi. Nel caso in questione per simmetria conviene scegliere il punto c = 0 e quindi deniamo
+
ex dx :=
ex dx +
0
ex dx.
x2
ex dx = 2
0
ex dx
e quindi lintegrale converge su (, +) se e solo se converge su (0, +). A questo punto ci serve una funzione maggiorante per la quale lintegrale improprio converge. poich e
+ 0
ex dx =
0
ex dx +
1
ex dx,
dove il primo integrale ` e unintegrale denito e quindi esiste nito, basta che tale funzione sia maggiorante soltanto per x 1. Allora, per x 1 vale |f (x)| = ex 2x ex =: g (x)
2 2
116
e
c 1
2x ex dx =
1
2x ex dx
c 1 c2
= e =e
+
x2
e 1
per c +.
+ f (x) 1
Quindi 1 g (x) dx converge e per il criterio del confronto converge anche + e di conseguenza anche f (x) dx. Osservazione. Pi` u tardi (cfr. pagina 143) dimostreremo che
+
dx
ex dx =
Verichiamo che
+ 0 sin(x) x
sin(x) dx x
sin(x) x
0.5
10
20
30
Figura 64. Integrali improprio convergente. lintegrale converge su [0, +) se e solo se converge su [1, +). Integrando per parti risulta c c c 1 1 1 sin(x) dx = cos(x) cos(x) dx 2 x x 1 1 x 1
f g f (x) g (x) f c 1 g
= cos(1)
cos(c) c
cos(x) dx x2
cos(1) per c+
e quindi lintegrale converge se e solo se cos(x) dx x2 1 converge. Ora ` e semplice trovare un maggiorante per il quale converge lintegrale improprio. Infatti cos(x) 1 2 2 x x
+ +
e
1
1 dx x2
converge
INTEGRALI IMPROPRI
117
(vedi pagina 113). Quindi anche lintegrale sin(x) dx x 0 converge. Notiamo che qui era necessario integrare una volta per parti (aumentando cos` il grado del denominatore da x a x2 ) visto che
+ 1 +
1 dx = + diverge x
1 dx = + diverge. x2
+
Concludiamo questo capitolo con alcune osservazioni su Integrali Impropri e Serie. Spesso gli elementi di una serie
k=1
di una funzione f : [1, +) R in x = k , cio` e ak = f (k ), Quindi si pu` o chiedere che legame c` e tra
+ +
k = 1, 2, 3, 4, . . .
ak
k=1
e
1
f (x) dx.
...
x=n
Figura 65. Integrali impropri e serie: f (n) = an . Interpretando la somma della serie come area dimostreremo il seguente Teorema 6.10 (Criterio Integrale per le Serie). Se f : [1, +) [0, +) ` e decrescente e ak := f (k ), allora
+ +
ak
k=1
converge
1 +
f (x) dx
converge.
Dimostrazione. : Se la serie
k=1 c
F (c) :=
1
f (s) ds
k=1
ak
per ogni c 1.
lim F (c) =
1
f (x) dx.
118
...
1 2 3 4 5 6
x=n
a1
a2
a3
a4
a5
...
1 2 3 4 5 6
x=n
a2
a3
a4
a5
a6
sn :=
k=1 +
ak a1 +
1
f (x) dx
Inoltre la serie
k=1
1 , cfr. pagik
e innitesima e quindi la serie na 28. Allora per 0 la successione k1 n1 non ` diverge a +. Se invece > 0, allora la funzione f (x) = x , x 1, e derivabile con f (x) = x1 < 0 Quindi f ` e decrescente e visto che anche Criterio Integrale per le Serie che
+ k=1
per ogni x 1.
x+
1 k
converge
1 dx x
converge
> 1.
CAPITOLO 7
(x1 , . . . , xN ) :=
i=1
x2 i
(per il teorema di Pitagora ` e immediato vedere che (x1 , . . . , xN ) misura la lunghezza del vettore posizione che congiunge lorigine al punto di coordinate (x1 , . . . , xN )). La norma soddisfa le seguenti propriet` a (x1 , . . . , xN ) 0 e (x1 , . . . , xN ) = 0 (x1 , . . . , xN ) = (0, . . . , 0), (x1 , . . . , xN ) = || (x1 , . . . , xN ) , (x1 + y1 , . . . , xN + yN ) (x1 , . . . , xN ) + (y1 , . . . , yN ) (disuguaglianza triangolare ). ` interessante osservare che per N = 1, la denizione di norma si riduce Osservazione. E a quella di modulo (cfr. pagina 9). Infatti, per x R, (x2 )1/2 = |x| e quindi x = |x|. A partire dalla denizione di norma si pu` o introdurre il concetto di distanza tra punti N di R denendo la distanza di (x1 , . . . , xN ) da (y1 , . . . , yN ) come la norma (lunghezza) del vettore congiungente i due punti, cio` e
N 1/2
(x1 , . . . , xN ) (y1 , . . . , yN ) =
i=1
(xi yi )2
Osserviamo inne che per N = 2 o N = 3, piuttosto che utilizzare le notazioni (x1 , x2 ) e (x1 , x2 , x3 ), ` e pi` u comodo utilizzare le notazioni senza indici (x, y ) e (x, y, z ). Funzioni reali di pi` u variabili reali: prime propriet` a Denizione 7.1. Una funzione f : X RN Y R si dice funzione reale di pi` u variabili reali.
119
120
Esempi (di funzioni di pi` u variabili reali). f : R3 R denita da f (x, y, z ) = 2 2 2 x + xyz + zy + z x (polinomio nelle variabili x, y , z di grado 4). f : X R2 R denita da f (x, y ) = 1 x2 y 2 . Si noti che in questo caso il dominio di f ` e linsieme X = {(x, y ) R2 : x2 + y 2 1}, cio` e il cerchio di centro lorigine e raggio 1. f : X R2 R denita da f (x, y ) = (1 x2 )(1 y 2 ). Si disegni per esercizio il suo dominio X . Abbiamo visto nei precedenti capitoli che si pu` o visualizzare una funzione reale f di una variabile disegnandone il suo graco cartesiano in R2 . Si osservi che il graco G( f ) = x1 , . . . , xN , f (x1 , . . . , xN ) : (x1 , . . . , xN X
di una funzione f : X RN R ` e un sottoinsieme di RN +1 . Quindi il graco di una funzione si pu` o visualizzare soltanto se essa ` e denita in R = R1 oppure R2 ! Esempi (di graci in R3 ).
z=x+y
2
2
1
z=x--y
x
1 1
y x
1 1 1 1
Figura 68. Graci di f1 (x, y ) = x2 + y 2 e f2 (x, y ) = x2 y 2 per (x, y ) [1, 1] [1, 1]. Esiste anche un altro modo per visualizzare le funzioni di pi` u variabili, cio` e tramite le curve (o linee) di livello che andiamo a denire. Data f : D RN R e c R, si denisce curva di livello c di f linsieme c := {x D : f (x) = c} RN . (si osservi che per alcuni valori di c le curve di livello corrispondenti possono essere linsieme vuoto). Esempi (di curve di livello in R2 ).
y
1 1
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
0.5
Figura 69. Linee di livello c delle funzioni f1 (x, y ) = x2 + y 2 per c =0, 1/16, 1/4, 1/2, 1 e f2 (x, y ) = x2 y 2 per c =-1, -1/2, -1/4, 0, 1/4, 1/2, 1 con (x, y ) [1, 1] [1, 1].
121
Un vantaggio delle curve di livello rispetto ai graci cartesiani ` e che, essendo denite nello stesso spazio ambiente RN dove ` e denita la funzione, consentono di guadagnare una dimensione. Infatti, mentre non possiamo visualizzare il graco di una funzione f : R3 R, ne possiamo visualizzare le sue curve (o, meglio, superci) di livello essendo sottoinsiemi di R3 . Esempio (nale).
-x2)(1-- y2) z=e(1-2
1 3 2 1 2 1 2 1 2
2 1
Figura 70. Graco di f (x, y ) = (1 x2 )(1 y 2 ) e le linee di livello c per (x, y ) [2, 2] [2, 2] e c =0, 0.2, 0.4,. . ., 2.6 , 2.8, 3. Limiti di funzioni reali di pi` u variabili reali Lidea che seguiremo per introdurre la denizione di limite in RN ` e molto simile a quella seguita in R (in fondo basta sostituire il modulo con la norma) ed ` e basata sulluso delle successioni approssimanti il punto in cui vogliamo calcolare il limite.
N Denizione 7.2. Data una successione di vettori (xn )nN RN , ove xn = (x1 n , . . . , xn ) N N R per ogni n N, diremo che (xn )nN converge ad un vettore x0 R (e scriveremo lim xn = x0 ) se xn x0 0 per n . n+
n+
lim
xn x0 = 0
n+
cio` e se la successione (xn )nN converge componente per componente al vettore x0 . Con la denizione precedente di convergenza per una successione di punti (vettori) di RN , possiamo estendere facilmente le denizioni date in R. Denizione 7.3. c RN si dice punto di accumulazione dellinsieme X RN se esiste una successione (xn )nN con xn X per ogni n N, xn = c per ogni n N, lim xn = c.
n+
Denizione 7.4 (Limiti per le Funzioni ). Sia f : X RN R una funzione reale di pi` u variabili reali e sia c RN un punto di accumulazione di X . Allora diremo che f tende a l R per x tendete a c se per ogni successione (xn )nN X \ {c} con lim xn = c segue che lim f (xn ) = l.
n+ n+
lim f (x) = l
oppure
f (x) l per x c .
Osservazioni. Si osservi che la denizione di limite per funzioni di pi` u variabili pu` o essere data solo per c RN , cio` e al nito, poich e, a dierenza di R, non essendoci un ordinamento naturale in RN non si pu` o denire una direzione privilegiata secondo cui raggiungere in RN
122
Il concetto di limite per le funzioni come denito sopra si basa su quello del limite per le successioni. Come nel caso di R esiste anche unaltra possibili` a di introdurre limiti per le funzioni che non fa riferimento alle successioni. La denizione di limite in RN conserva molte delle propriet` a di quella in R. In particolare valgono i seguenti risultati (i) Unicit` a del limite. (ii) Le Regole per il calcolo dei limiti di di una somma, dierenza, prodotto, quoziente di funzioni (cfr. pagina 41). Calcolo dei limiti in RN Mentre come abbiamo visto la denizione di limite in RN non presenta particolari dicolt` a aggiuntive rispetto al caso di R, il calcolo dei limiti presenta in questo caso delle dicolt` a aggiuntive. Ci` o` e dovuto al fatto che, rispetto al caso di R, possiamo avvicinarci al punto in cui vogliamo calcolare il limite da molte direzioni e modi diversi. Per semplicit` a ci restringeremo al caso di R2 e sempre considereremo come punto di accumulazione (0, 0). Una condizione per la non esistenza del limite. Consideriamo il limite xy lim 2 x + y2 (x,y )(0,0) (si osservi che (0, 0) ` e di accumulazione per R2 \{(0, 0)}, dominio della funzione f (x, y ) = xy ). Dato linsieme delle rette che passano per lorigine, quindi y = mx al variare x2 + y 2 di m R, si consideri la restrizione di f ad una di queste rette, cio` e f (x, mx), e se ne calcoli il limite per x 0
x0
mx2 m = . x0 x2 + m2 x2 1 + m2
Risulta quindi dal precedente calcolo che il limite di f per (x, y ) (0, 0) dipende dalla direzione scelta per avvicinarci allorigine, cio` e dal parametro m, e quindi il limite non esiste. In altre parole, se scegliamo successioni tendenti al punto di accumulazione da direzioni diverse, i corrispondenti valori limite saranno diversi in contraddizione con la denizione di limite. Proposizione 7.5. Condizione necessaria anch e il limite lim(x,y)(0,0) f (x, y ) esista ` e che esistano e siano uguali i limiti limx0 f (x, mx) al variare di m R. Si osservi che la proposizione precedente fornisce anche un candidato per il limite lim f (x, y ). Infatti se tale limite esiste, esso deve coincidere con il limite lungo
(x,y )(0,0)
le rette. Il seguente esempio mostra come la condizione precedente sia solo necessaria, ma non suciente a garantire lesistenza del limite. Consideriamo x2 y . (x,y )(0,0) x4 + y 2 lim Si ha che mx3 =0 per ogni m R x0 x0 x4 + m2 x2 quindi tutti i limiti al variare di m R esistano e sono uguali. Pertanto se il limite di f esiste, deve essere uguale a 0. Consideriamo ora la curva y = x2 . Tale curva passa per il punto di accumulazione (0, 0), quindi fornisce un altro modo per avvicinarsi ad esso. Consideriamo al restrizione di lim f (x, mx) = lim
123
f a tale curva e calcoliamone il limite per x 0, cio` e muovendoci verso il punto di accumulazione. Si ha 1 x4 = = 0!! lim f (x, x2 ) = lim 4 4 x 0 x0 x + x 2 Quindi abbiamo trovato una curva passante per il punto di accumulazione, muovendoci lungo la quale troviamo un diverso valore del limite. Possiamo pertanto concludere che x2 y il lim(x,y)(0,0) x4 non esiste. +y 2 Osservazione. Le scelta della curva y = x2 ` e stata fatta per ristabilire il rapporto omogeneo fra le variabili x e y . Infatti sia al numeratore che al denominatore il rapporto fra il grado della x e della y ` e2a1 Concludiamo questa prima parte con una osservazione generale per dimostrare la non esistenza di un limite: Per dimostrare la non esistenza di un limite ` e suciente trovare due curve passanti per il punto per il punto di accumulazione tali che i limiti (in una variabile) della funzione ristretta a queste curve sia diverso (o non esista). Una tecnica per dimostrare lesistenza del limite. Fin qui abbiamo visto come si pu` o dimostrare la non esistenza di un limite. Adesso vediamo come si pu` o dimostrare lesistenza di un limite. Coordinate polari: Ricordiamo (cfr. corso di Geometria) che un punto P del piano, oltre che con le sue coordinate cartesiane (x, y ), pu` o essere rappresentato con le coordinate polari (, ) [0, ) [0, 2 ).
y r q
Figura 71. Coordinate polari. Le formule di passaggio da coordinate cartesiane a coordinate polari sono date da x = cos() y = sin() = x2 + y 2 y tan = x
y (si noti che la relazione tan = x non pu` o essere esplicitata in quanto la tan non ` e invertibile in [0, 2 )). Consideriamo un esempio
2x2 y . (x,y )(0,0) x2 + y 2 lim Innanzitutto osserviamo che limx0 f (x, mx) = 0 per ogni m R, quindi se il limite l esiste deve essere 0. Riscriviamo la funzione f in coordinate polari utilizzando le relazioni precedenti, cio` e f (x, y ) = f ( cos(), sin()) = Si ha, utilizzando | sin()|, | cos()| 1, |f (, ) l| = 23 cos2 () sin() 0 = 2| cos2 () sin()| 2 0 2 per 0. 22 cos2 () sin() . 2
124
Si noti che 0 equivale a dire (x, y ) (0, 0) 0. Quindi abbiamo maggiorato |f (, ) l| con una quantit` a che dipende solo dalla distanza dallorigine () e non dalla direzione di avvicinamento () allorigine. La propriet` a precedente consente di concludere che il limite esiste e vale l. Riassumendo Per dimostrare che lim(x,y)(0,0) f (x, y ) = l ` e suciente, avendo espresso la funzione in coordinate polari, ottenere una disuguaglianza del tipo |f ( cos(), sin()) l| g () ove la funzione g () tende a 0 per 0. Esempio. Si consideri sin(x2 y ) + x2 + y 2 . x2 + y 2 (x,y )(0,0) lim ` facile vericare che limx0 f (x, mx) = 1 per ogni m R, quindi se il limite l esiste E 3 ) sin())+2 deve essere 1. Si ha f (, ) = sin( cos( e quindi 2 |f (, ) l| = sin(3 cos() sin()) 2
sin(3 cos() sin()) 1 2 0 per 0 2 e quindi non possiamo concludere lesistenza del limite. Tuttavia possiamo ricordare che | sin(t)| |t| per t R, quindi per t = 2 cos() sin(), |f (, ) l| =
1
|f (, ) l|
per 0.
Come conseguenza della denizione di limite si pu` o dare la denizione di continuit` a Denizione 7.6 (Continuit` a). f : X RN R si chiama continua in x0 X se per ogni successione (xn )nN X con xn x0 segue f (xn ) f (x0 ) per n +. continua, se ` e continua in ogni x X . Denotiamo con C(X ) := {f : X R : f ` e continua} linsieme delle funzioni continue su X . Valgono molte delle osservazioni fatte nel caso di R. Osservazioni. La continuit` a si pu` o anche denire senza fare riferimento alle successioni: f ` e continua in x0 per ogni > 0 esiste > 0 tale che |f (x)f (x0 )| per ogni x X con x x0 < . Se x0 X ` e un punto di accumulazione di X , allora f ` e continua in x0 limxx0 f (x) = f (x0 ). Se x0 X non ` e un punto di accumulazione di X (in questo caso si dice anche che x0 ` e un punto isolato di X ), allora f ` e sempre continua in x0 . Somme, dierenze, prodotti, rapporti e composizione di funzioni continue sono continue. Esempio. Si consideri la funzione f : R2 R denita da f (x, y ) = sin(xy + x2 ). Essa risulta continua in quanto composizione delle funzioni continue p(x, y ) = xy + x2 (polinomio in due variabili) e g (t) = sin(t) (funzione continua su R).
CAPITOLO 8
Se il punto ` e interno al dominio di una funzione, vuol dire che possiamo avvicinarci al punto da ogni direzione rimanendo allinterno del dominio. Una prima generalizzazione del concetto di derivata ` e data dalla seguente I concetti di derivabilit` a in RN Derivabilit a e derivate parziali.
0 Denizione 8.2. Sia f : X RN R e x0 = (x0 1 , . . . , xN ) X , interno. Se, dato i {1, . . . , N } esiste 0 0 0 0 0 f (x0 f 1 , . . . , xi + h, . . . , xN ) f (x1 , . . . , xi , . . . , xN ) =: (x0 ) R h0 h xi
lim
allora f si dice derivabile parzialmente rispetto xi in x0 con derivata parziale Altre notazioni: fxi (x0 ) = Dxi f (x0 ). Osservazione. Per N = 2, abbiamo la derivate parziali rispetto x f f (x0 + h, y0 ) f (x0 , y0 ) lim =: (x0 , y0 ) h0 h x e rispetto y f f (x0 , y0 + h) f (x0 , y0 ) =: (x0 , y0 ) lim h0 h y
f xi (x0 ).
Osservazione. Per spiegare il signicato delle derivate parziali (abbreviate d.p. nel seguito) consideriamo N = 2. La d.p. rispetto x corrisponde a fare la derivata ordinaria (cio` e rispetto una variabile) della funzione g (x) = f (x, y0 ) che ` e la restrizione della f alla retta y = y0 . Quindi essa fornisce informazioni sul comportamento (crescenza/decrescenza) della f lungo la retta y = y0 nellintorno del punto x0 . Analogamente per d.p. rispetto y , cfr. il graco. Osservazione. Per calcolare le d.p. di una funzione, se le funzioni che la compongono sono derivabili, ` e suciente derivare in maniera ordinaria, considerando le altre variabili come costanti. Ad esempio f 2 3 Se f (x, y ) = 2x3 y y 2 + 3xy , allora f x (x, y ) = 6x y + 3y , y (x, y ) = 2x 2y + 3x
125
126
z=f(x,y)
y 0 x 0 P =(x0 ,y0 ) 0 x
y= y0
x=x
h(y)=f(x ,y)
0
g(x)=f(x,y0 ) a b
x x 0 f (x ,y )=g'(x )=tan(a) x 0 0
0
= sin(xyz )xz ,
= sin(xyz )xy
Se per o le funzioni che intervengono non sono derivabili, bisogna passare attraverso la denizione di d.p.. Sia f (x, y ) = y |x|, allora in un punto del tipo (0, y ), non possiamo derivare direttamente rispetto x, ma dobbiamo passare attraverso la denizione fx (0, y ) = lim y |h| f (h, y ) f (0, y ) = lim = h0 h h , se y = 0; 0, se y = 0.
h0
0 Denizione 8.3. Sia f : X RN R e x0 = (x0 1 , . . . , xN ) X , interno. Se f ` e derivabile parzialmente rispetto xi in x0 per ogni i {1, . . . , N }, allora f si dice derivabile in x0 . In tal caso si pu` o denire il vettore delle d.p.
Df (x0 ) =
f f (x0 ), . . . , (x0 ) x1 xN
RN .
` IN RN I CONCETTI DI DERIVABILITA
127
Tale vettore si chiama gradiente di f in x0 . Inoltre si usano anche le notazioni Df (x) =: grad f (x) =: f (x). Esempio. Se f (x, y ) = 2x3 y y 2 + 3xy , allora Df (x, y ) = (6x2 y + 3y, 2x3 2y + 3x). Osservazione. Avendo dato una denizione di derivabilit` a` e naturale chiedersi se essa gode delle stesse propriet` a del caso unidimensionale. Il seguente esempio mostra che non ` e cos` !! Consideriamo la funzione f (x, y ) =
xy , x2 + y 2
0,
Abbiamo vericato (cfr. pagina 122) che tale funzione non ammette limite e quindi non ` e continua in (0, 0). Tuttavia in (0, 0) esistono le d.p. f f (h, 0) f (0, 0) 0 (0, 0) = lim = lim = 0 h0 h0 h x h e analogamente
f y (0, 0)
= 0.
Questa osservazione ci porta a concludere che la precedente denizione di derivabilit` a non ` e la corretta generalizzazione di quella unidimensionale. Si osservi che daltra parte la continuit a non implica la derivabilit` a, poich e ad esempio la funzione f (x, y ) = x2 + y 2 ` e continua, ma non ` e derivabile in (0, 0). Ricordiamo che per una funzione reale f : (a, b) R e x0 (a, b) di una variabile le seguenti aermazioni sono equivalenti, cfr. pagina 69. (a) f ` e derivabile in x0 . (b) Esiste A R tale che f (x) = f (x0 )+ A (x x0 )+ o(x x0 ). In particolare A = f (x0 ). Dierenziabilit a. Abbiamo visto che generalizzando la prima propriet` a non si ottiene una propriet` a soddisfacente in RN . Nella prossima denizione seguiamo il secondo approccio
0 Denizione 8.4. Sia f : X RN R e x0 = (x0 1 , . . . , xN ) X , interno. Se esiste un N vettore A R tale che
f (x) = f (x0 ) + A (x x0 ) + o( x x0 ) allora f si dice dierenziabile in x0 ( denota in questo caso il prodotto scalare tra vettori in RN ). Osservazioni. si ha Se f ` e dierenziabile in x0 , allora risulta che A = Df (x0 ) e quindi f (x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x x0 ) + o( x x0 ). In particolare si ha che la dierenziabilit` a derivabilit` a. Si dimostra come nel caso di R che la dierenziabilit` a continuit` a . Quindi derivabilit` a e continuit` a sono condizioni necessarie ma non sucienti per la dierenziabilit` a (si veda losservazione sulla pagina 127) Ricordando la denizione di o() la condizione f (x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x x0 ) + o( x x0 ) si pu` o riscrivere come
x x0
lim
(limite in R!)
128
Il termine lineare nella denizione di dierenziabilit` a fornisce lequazione z = p(x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x x0 ) del piano tangente p al graco di f nel punto x0 , cio` e il piano (o pi` u propriamente liperpiano) che localmente ha un unico punto di intersezione con il graco di f , cfr. il seguente graco. Si osserva che per N = 2 lequazione del piano tangente ` e data da p(x, y ) = f (x0 , y0 ) + Df (x0 , y0 ) (x x0 , y y0 ) = f (x0 , y0 ) + fx (x0 , y0 ) (x x0 ) + fy (x0 , y0 ) (y y0 ).
p(x,y)
Figura 73. Piano tangente. La seguente proposizione fornisce una condizione suciente per la dierenziabilt` a che a volte risulta pi` u semplice da vericare.
0 Proposizione 8.5. Sia f : X RN R e x0 = (x0 1 , . . . , xN ) X , interno. Se esiste r > 0 tale che f ` e derivabile con continuit` a in Br (x0 ) (cio` e le d.p. esistono e sono continue in Br (x0 )) allora f ` e dierenziabile in x0 .
Derivate direzionali. Concludiamo le varie denizioni di derivabilit` a con quella di derivata direzionale.
0 N un Denizione 8.6. Sia f : X RN R, x0 = (x0 1 , . . . , xN ) X , interno, e v R versore, cio` e v = 1. Se, dato i {1, . . . , N } esiste
h0
lim
allora f si dice derivabile rispetto la direzione v in x0 con derivata direzionale Altre notazioni: fv (x0 ) = Dv f (x0 ).
Osservazione. La derivata direzionale rispetto x corrisponde a fare la derivata ordinaria (cio` e rispetto una variabile) della funzione F (t) = f (x0 + tv ), t R, che ` e la restrizione della f alla retta y = x0 + tv . Quindi essa fornisce informazioni sul comportamento (crescenza/decrescenza) della f lungo tale retta nellintorno del punto x0 . Se v coincide con i-esimo vettore della base canonica di RN , cio` e v = (0, . . . , 0, 1 , 0, . . . , 0) f allora f ( x ) coincide con la i -sima d.p. ( x ), cfr. il seguente graco. i-esimo 0 0 v xi Si ha il seguente importante teorema che lega gradiente e derivate direzionali. Oltre a fornire una semplice regola per il calcolo delle derivate direzionale, esso ha applicazioni in sica. Teorema 8.7. Sia f : X RN R, x0 X , interno, e v RN un versore. Se f ` e dierenziabile in x0 allora f (x0 ) = Df (x0 ) v v
129
,y0 )=F'(0)=tan(f) Dv f (x 0
f
y0 x0 x P =(x0 ,y0 ) 0
v=(v0 ,v1 )
y 0
Figura 74. Derivata direzionale. Osservazione. Dal teorema precedente segue che se f ` e dierenziabile in x0 , allora in x0 esistono le derivate direzionali secondo ogni direzione v . Esempio. Sia f (x, y ) = 2x3 y y 2 + 3xy , v = f (1, 1) = (9, 3) v 1 1 , 2 2
1 , 12 2
9 3 12 = + = 2 2 2
Osservazione. Diamo ora due signicative propriet` a geometriche del gradiente. Dal teorema del gradiente si ha che max
v: v
(il prodotto scalare tra due vettori ` e massimo se i due vettori sono paralleli e concordi). Quindi la derivata direzionale ` e massima nella direzione del gradiente. Ricordando linterpretazione della derivata direzionale come misura del tasso di crescita di f in una data direzione, possiamo concludere che il gradiente punta nella direzione di massima crescit` a di f . Consideriamo ora la curva di livello di f per il punto x0 , cio` e f (x0 ) = {x X : f (x) = f (x0 )}. Supponendo che f (x0 ) sia una curva regolare (potrebbe non essere vero), sia il versore tangente a f (x0 ) in x0 . Poich ef ` e costante su f (x0 ) e muoversi lungo la direzione corrisponde, a meno di termini di ordine superiore, a muoversi lungo la curva f (x0 ) , si ha euristicamente f (x0 ) = 0 e quindi dal Teorema del Gradiente Df (x0 ) = 0. Ricordando che il prodotto scalare tra due vettori ` e nullo solo se i due vettori sono perpendicolari, concludiamo che Df (x0 ) ` e ortogonale alla curva di livello di f per x0 . Derivate di ordine superiore
f Denizione 8.8. Se f ` e derivabile parzialmente rispetto xi ed ` e tale che x ` e nuovai mente derivabile parzialmente rispetto la variabile xj , allora possiamo denire
xj
f xi
=:
130
Esempio. Sia f (x, y ) = 2x3 y y 2 + 3xy , allora fxx (x, y ) = 12xy , fyy (x, y ) = 2, fxy (x, y ) = fyx (x, y ) = 6x2 + 3. ` Osserviamo che le derivate parziali fxy e fyx coincidono nellesempio precedente. E 2f 2f naturale chiedersi se conta lordine rispetto cui deriviamo, cio` e se xi xj = xj xi . Il seguente teorema garantisce che sotto opportune condizioni lordine non ` e importante. Teorema 8.9 (Teorema di Schwarz). Sia f : X RN R, x0 X , interno. Se in 2f 2f x0 esistono e sono continue entrambe le derivate parziali x (x0 ) e x (x0 ), allora i xj j xi esse coincidono, cio` e 2f 2f (x0 ) = (x0 ). xi xj xj xi Supponiamo che la funzione f ammetta in x0 tutte la matrice N N denita nel seguente modo 2f 2f x1 x1 (x0 ) x1 x2 (x0 ) 2f 2f x2 x1 (x0 ) x (x0 ) 2 x2 Hf (x0 ) = . . . . . . 2 2 f f xN x1 (x0 ) xN x2 (x0 ) le derivate seconde e consideriamo ... ... .. . ...
2f x1 xN (x0 ) 2f x2 xN (x0 )
. . .
2f xN xN (x0 )
Quindi nelli-esima riga abbiamo le derivate seconde fatte prima rispetto alla variabile xi e poi rispetto alle altre variabili (in ordine crescente). La matrice Hf (x0 ) ` e dettamatrice Hessiana di f in x0 . Dal teorema di Schwarz segue che la matrice Hessiana ` e simmetrica. Si vedr` a nel corso di Analisi Matematica 2 che questo fatto ha importanti conseguenze nella ricerca degli estremi locali di funzioni di pi` u variabili. Esempio. Sia f (x, y ) = 2x3 y y 2 + 3xy , allora Hf (x, y ) = 12xy 6x2 + 3 2 6x + 3 2 .
CAPITOLO 9
per x x0 i = 1, . . . , M.
132
Osservazione. Introduciamo una notazione matriciale, che risulter` a utile anche in seguito, per riscrivere la precedente denizione di dierenziabilit` a. Deniamo i vettori colonna 0 f1 (x) x1 x1 x0 1 . . . . . f (x) = x0 = . x x0 = , . . , . 0 fM (x) x0 x x N N N e la matrice M N , detta matrice Jacobiana di f in x0 f1 f1 x1 (x0 ) . . . xN (x0 ) . . .. . . Jf (x0 ) = . . . fM fM x1 (x0 ) . . . xN (x0 ) Allora la condizione di dierenziabilit` a si pu` o riscrivere in notazione matriciale come f (x) = f (x0 ) + Jf (x0 ) (x x0 ) + o( x x0 ) Derivata della funzione composta. Adesso diamo una regola per la Jacobiana della funzione composta, che generalizza al caso delle funzioni a valori vettoriali la regola della catena per la derivata della funzione composta. Teorema 9.6. Sia f : RN RM dierenziabile in x0 e sia g : RM RK dierenziabile in y0 := f (x0 ). Allora la funzione composta g f : RN RK ` e dierenziabile in x0 con Jgf (x0 ) = Jg (f (x0 )) Jf (x0 ) Questa formula si chiama Regola della Catena. Osservazione. Ovviamente per N = M = K = 1 ritroviamo la regola della catena per le funzioni reali. Esempio. Sia f : R R2 , g : R2 R, allora g f : R R, g f (s) = g (f1 (s), f2 (s)) e (g f ) (s) = =
g x (f1 (s), f2 (s)) g y (f1 (s), f2 (s))
f1 f2
Trasformazioni regolari di coordinate Un caso particolarmente importante delle funzioni a valori vettoriali ` e quello in cui spazio di partenza ed arrivo coincidono, cio` e M = N. Denizione 9.7. Una funzione f : X RN Y RN si dice una trasformazione di coordinate . Un esempio di trasformazione di coordinate ` e lapplicazione lineare (cfr. Corso di Geometria) f : RN RN , f (x) = A x, ove A ` e una matrice N N (vedremo pi` u avanti altri esempi signicativi). Sappiamo che se det(A) = 0, la trasformazione f si pu` o in 1 N N vertire, cio` e si pu` o denire una trasformazione f : R R (nel caso in questione f 1 (y ) = A1 y ) tale che f 1 (f (x)) = x. Problemi. Data una trasformazione di coordinate f : X RN Y RN , sotto quali condizioni su f essa si pu` o invertire? cio` e sotto quali condizioni esiste f 1 : Y RN N 1 X R tale che f (f (x)) = x? Denizione 9.8. Una trasformazione di coordinate f : X RN RN si dice regolare se f C 1 (X ) (cio` e le d.p. di f esistono e sono continue in X ) e det(Jf (x)) = 0 eccetto al pi` u alcuni punti 1 (punti singolari della trasformazione).
1Per chiarire il signicato di alcuni punti andrebbe introdotta una misura su RN . Basti sapere che la condizione ` e vericata se tali punti sono un insieme di dimensione N 1.
133
Si osservi che se det(Jf (x0 )) = 0 allora Jf (x0 ) ` e una matrice invertibile. Si ha il seguente teorema di invertibili` a locale Teorema 9.9. f : X RN RN una trasformazione regolare di coordinate e x0 X tale che det(Jf (x0 )) = 0. Allora esiste un intorno U (x0 ) di x0 e un intorno V (y0 ) di y0 = f (x0 ) tale che f : U (x0 ) V (y0 ) ` e invertibile. Inoltre f 1 : V (y0 ) U (x0 ) ` e una trasformazione regolare di coordinate e
1 Jf 1 (y ) = Jf (x) 1 ove Jf ` e linversa della matrice Jacobiana di f e f (y ) = x.
La formula precedente generalizza la formula di derivazione della funzione inversa f 1 (y0 ) = 1 f (x0 ) a cui si riduce per N = 1. La condizione det(Jf (x0 )) = 0 equivale a f (x0 ) = 0. Vediamo ora alcuni esempi di trasformazioni regolari di coordinate Esempio. Il primo esempio ` e dato dalla trasformazione lineare f (x) = A x = (a11 x1 + + a1N xN , . . . , aN 1 x1 + . . . aN N xN ) Allora Jf (x) = A per ogni x e det(Jf (x0 )) = 0 equivale a det(A) = 0. Ritroviamo in questo caso il ben noto risultato: la trasformazione ` e invertibile se e solo se A ` e non degenere, inoltre linversa non ` e solo locale ma denita globalmente su RN . Esempio (Coordinate polari ). Vediamo ora le coordinate polari che abbiamo gi` a richiamato a pagina 123 come una trasformazione di coordinate. Sia f :[0, ) [0, 2 ) R2 (, ) ( cos(), sin()) cio` e essa fa corrispondere alla coppia (, ) il punto del piano di coordinate (x, y ) = ( cos(), sin()). Si ha Jf (, ) = cos() sin() sin() cos()
quindi det Jf (, ) = cos2 () + sin2 () = . Quindi lorigine, che corrisponde a = 0 ` e lunico punto singolare della trasformazione, quindi le coordinate polari sono una trasformazione regolare di coordinate. Esempio (Coordinate cilindriche ). Vediamo ora le coordinate cilindriche in R3 . Esse sono data dalla terna (, , t) [0, ) [0, 2 ) R, cfr. il seguente graco. Il Legame tra coordinate cilindriche e coordinate cartesiane ` e dato dalle seguenti relazioni x = cos() y = sin() z=t Come nel caso delle coordinate polari, possiamo vedere le coordinate cilindriche come una trasformazione di coordinate in R3 denita nel seguente modo f :[0, ) [0, 2 ) R R3 (, , t) ( cos(), sin(), t) Si ha cos() sin() 0 Jf (, , t) = sin() cos() 0 0 0 1
quindi det Jf (, , t) = e in questo caso linsieme dei punti singolari, che corrisponde a = 0, ` e lasse z della trasformazione.
134
z=t
r f y q x r x q y
Coordinate cilindriche
Coordinate sferiche
Figura 75. Sistemi di riferimento in R3 . Esempio (Coordinate sferiche ). Concludiamo inne con le coordinate sferiche in R3 . Esse sono date dalla terna (, , ) [0, ) [0, 2 ) [0, ], cfr. il seguente graco. Il passagio da coordinate sferiche e coordinate cartesiane ` e dato dalle seguenti relazioni x = sin() cos() y = sin() sin() z = cos() Le coordinate sferiche inducono la trasformazione di coordinate in R3 denita nel seguente modo f :[0, ) [0, 2 ) [0, ] R3 (, , ) ( sin() cos(), sin() sin(), cos()) Si ha sin() cos() cos() cos() sin() sin() Jf (, , ) = sin() sin() cos() sin() sin() cos() cos() sin() 0
quindi det Jf (, , t) = 2 sin() ed anche in questo caso linsieme dei punti singolari, che corrisponde a = 0, sin() = 0, , ` e lasse z .
CAPITOLO 10
Se Pxy ` e una partizione di [a, b] [c, d], allora deniamo per i = 1, . . . , n,, , j = 1, . . . , m mij := inf f (x, y ) : (x, y ) Rij , Mij := sup f (x, y ) : (x, y ) Rij , |Rij | := (xi xi1 )(yj yj 1 )(= area del rettangolo Rij ),
n m
s(f, Pxy ) :=
i=1 j =1 n m
S (f, Pxy ) :=
Quindi per ogni partizione P di X vale s(f, P ) V S (f, P ), cio` e le somme inferiori sono sempre approssimazioni di V per difetto mentre le somme superiori danno sempre approssimazioni per eccesso. Perci` o pi` u grande ` e s(Pxy , f ) migliore ` e lapprossimazione, pi` u piccolo ` e S (Pxy , f ) migliore ` e lapprossimazione. Se non c` e dierenza tra la migliore approssimazione da sotto (cio` e quella pi` u grande) e quella migliore da sopra (cio` e quella pi` u piccola), allora il problema ` e (teoricamente) risolto e f si dice integrabile.
135
136
Denizione 10.1. Sia f : X := [a, b] [c, d] R limitata. Se sup s(Pxy , f ) : P partizione di X = inf S (Pxy , f ) : P partizione di X =: I, allora f si dice integrabile (secondo Riemann). In questo caso si pone V = I e f (x, y ) dx dy := I
X
si dice integrale doppio di f (= funzione integranda) in X (= dominio dellintegrazione). Esempi. Se f ` e costante, cio` e f (x, y ) = c per ogni (x, y ) X := [a, b] [c, d] ` e facile vericare dalla denizione che f ` e integrabile con X f (x, y ) dx = c (b a)(d c). Per costruire un esempio di funzione non integrabile, si pu` o estendere la funzione di Dirichlet (cfr. pagina 46) in R2 . La funzione f (x, y ) := 1 se (x, y ) ([a, b] \ Q) [c, d] 0 se (x, y ) ([a, b] Q) [c, d]
non ` e integrabile. Infatti, come nel caso dellesempio unidimensionale, per ogni partizione Px di [a, b] si ha che ogni intervallo [xi1 , xi ] contiene sia punti razionali (in cui f ammette il valore 0) si punti irrazionali (in cui f ammette il valore 1). Quindi segue mij = 0 e Mij = 1 per ogni i = 1, 2, . . . , n, j = 1, 2, . . . , m. Cos` risulta per ogni partizione Pxy s(Pxy , f ) = 0 = (b a) (d c) = S (Pxy , f ) per cui f non ` e integrabile. Domini generali. Ora estendiamo la precedente costruzione al caso di un generico sottoinsieme limitato di R2 e f : X R2 R. Dato R un rettangolo contenente X , deniamo f (x, y ), se (x, y ) X ; f (x, y ) = 0, se (x, y ) R \ X . cio` e estendiamo f ponendola 0 fuori da X . Si osservi che f ` e denita in un rettangolo e quindi per essa si pu` o denire lintegrale come visto in precedenza. Denizione 10.2. Sia f : X R limitata e X R2 limitato. Se dato R contenente X , la funzione f denita come sopra risulta integrabile in R, allora allora f si dice integrabile (secondo Riemann) in X . In questo caso si pone f (x, y ) dx dy :=
X R
f (x, y ) dx dy
Osservazione. Si pu` o dimostrare che la denizione precedente ` e indipendente dalla scelta del rettangolo R. Daltra parte si osservi che il contributo allintegrale di e nullo. R f (x, y ) dx dy dei rettangoli contenuti in R \ X ` A partire dalla denizione precedente si pu` o dare una denizione di misura (area) di un insieme di R2 , tenendo conto che integrando la funzione identicamente 1 sul dominio X si trova che il volume del cilindro V ` e dato da V = 1 area(X ), cfr. il seguente graco. Per dare una denizione rigorosa deniamo la funzione caratteristica di uninsieme X R2 come 1 se (x, y ) X, 1X : R2 R, 1X (x, y) := 0 altrimenti. Denizione 10.3. Se X ` e un insieme limitato tale che la sua funzione caratteristica 1X ` e integrabile, allora si dice che X ` e misurabile e si pone |X | =
X
1 dx dy (:= misura di X)
137
|X |
Figura 76. La misura di uninsieme.
Propriet` a dellIntegrale. Siano f, g : X R integrabili. Allora f +g ` e integrabile per ogni , R (cio` e linsieme delle funzioni integrabili con dominio X ` e uno spazio vettoriale) e f (x, y ) + g (x, y ) dx dy =
X X
f (x, y ) dx dy +
X
g (x, y ) dx dy
(cio` e lintegrale ` e un operazione lineare ); Se f (x, y ) g (x, y ) per ogni x X allora f (x, y ) dx dy
X X
g (x, y ) dx dy
|f (x, y )| dx dy
f (x, y ) dx dy +
X2
f (x, y ) dx dy
(additivit` a dellintegrale rispetto alla misura di insiemi) A questo punto, come nel caso di R, si pongono due Problemi. (i) Quali funzioni sono integrabili? (ii) Se f ` e integrabile, come si pu` o calcolare X f (x, y ) dx dy ? Si tenga conto che, per il fatto che la geometria di X pu` o essere molto complicata, la risposta non sar` a cos` semplice come nel caso di R.
138
Teorema di FubiniTonelli Una prima risposta ai problemi precedenti si pu` o avere quando X ha due lati paralleli agli assi cartesiani. Denizione 10.4. Un insieme X R2 , limitato, si dice (i) y -semplice se esistono due funzioni continue g1 , g2 : [a, b] R tali che X = (x, y ) R2 : x [a, b], g1 (x) y g2 (x) (ii) x-semplice se esistono due funzioni continue h1 , h2 : [c, d] R tali che X = (x, y ) R2 : y [c, d], h1 (y ) x h2 (y ) (iii) semplice se ` e y -semplice o x-semplice regolare se ` e lunione di un numero nito di domini semplici.
(a)
y-semplice
g (x)
2
(b)
d
x-semplice
h (y)
y
1
h (y)
y
2
X
a g (x)
1
X
c x
Figura 77. Domini semplici. Osservazione. Si osservi che un dominio ` e y semplici se ` e un quadrangolo con due lati paralleli allasse y e gli altri due lati dati dai graci delle funzioni g1 e g2 (analogamente per domini x-semplici). Lideale del teorema di FubiniTonelli ` e quella di ridurre il calcolo dellintegrale doppio al calcolo in successione di due integrali in una variabile. Teorema 10.5 (Teorema di FubiniTonelli). Sia f : X R2 R una funzione continua e X un insieme semplice. Allora f ` e integrabile su X . Inoltre (i) Se X ` e y -semplice
b g2 (x)
f (x, y ) dx dy =
X a g1 (x)
f (x, y )dy
dx
(ii) Se X ` e x-semplice
d h2 (y )
f (x, y ) dx dy =
X c h1 (y )
f (x, y ) dx d y
Osservazione (Interpretazione geometrica di FubiniTonelli ). Sia X y -semplice. Per g (x) x = x [a, b], ssato, si ponga A(x) = g12(x) f (x, y )dy . A(x) rappresenta larea della regione contenuta nel piano x = x e sottesa la al graco della funzione F (y ) := f (x, y ) per y [g1 (x), g1 (x)]. La quantit` a A(x)dx = dV rappresenta il volume che si ottiene per uno spostamento innitesimo della variabile x. Integrando rispetto x [a, b], riotteniamo il volume complessivo e quindi X f (x, y ) dx dy .
TEOREMA DI FUBINITONELLI
z f(x,y)
139
A(x) dx a
b g1 (x)
y X g2 (x)
Figura 78. Il teorema di FubiniTonelli. Esempio. Calcolare X 2x2 y dxdy ove X = {(x, y ) R2 : x : [0, 1], x + 1 y 2}. Il dominio si presenta gi` a nella forma di un dominio y -semplice (si osservi che X ` e anche x-semplice, infatti X = {(x, y ) R2 : y : [1, 2], 0 x y 2}). Quindi
1 2 1
2x y dxd, y =
X 1 0 x+1
2x ydy
dx =
0
2x
y2 2
dx =
x+1 1
(4x2 x4 2x3 x2 ) dx = 4
0 2 2 x+1 2x ydy ,
x4 x3 x3 x5 2 3 5 4 3
=
0
9 30
poich e lintegrazione ` e fatta rispetto alla variaSi osservi che nellintegrale bile y , la variabile x si pu` o considerare come una costante. Esempio. Calcolare X sin(y 3 ) dxdy ove X = {(x, y ) R2 : x : [0, 1], x y 1}. Anche in questo caso, il dominio si presenta gi` a nella forma di un dominio y -semplice, tuttavia se applichiamo la formula per domini y -semplici
1 1
sin(y 3 ) dxdy =
X 0
sin(y 3 )dy
x
dx
la funzione integranda sin(y 3 ) non ` e integrabile elementarmente rispetto y . Osserviamo che il dominio ` e anche x-semplice, infatti X = {(x, y ) R2 : y : [0, 1], 0 x y 2 }.
y-semplice
g (x)=1
2
x-semplice
1 y
1 y
X
g (x)=
1
h (y)=0
1
X
h (y)=y
2 2
ex
sin(y ) dxdy =
X 0 0
sin(y 3 )dx dy =
0 1 0
y 2 sin(y 3 )dy
0
1 = cos(y 3 ) 3
1 = (1 cos(1)) 3
140
Quindi in alcuni casi pu` o essere conveniente vedere il dominio come semplice rispetto ad una variabile piuttosto che allaltra. Osservazione. Si osservi che dal teorema di FubiniTonelli segue che se X = [a, b][c, d] e f (x, y ) = f1 (x)f2 (y ), allora
b d
f (x, y ) dx dy =
X a
f1 (x)dx
c
f2 (y )dy.
Cambiamento di variabili negli integrali doppi Il risultato seguente estende al caso degli integrali doppi la formula di integrazione per sostituzione che abbiamo visto per gli integrali di funzioni reali. Teorema 10.6. Sia f : X R2 R integrabile e sia : X R2 R2 (u, v ) (x, y ) = (u, v ) una trasformazione regolare di coordinate tale che (X ) = X . Allora f (x, y ) dxdy =
X X
ove J ` e lo Jacobiano della trasformazione . Osservazione (Giusticazione geometrica). In prima approssimazione vale (u + du, v ) (u, v ) + u (u, v ) du (u, v + dv ) (u, v ) + v (u, v ) dv (u + du, v + dv ) (u, v ) + u (u, v ) du + v (u, v ) dv Inoltre, se =
1 2
, abbiamo
1 u 2 u
w1 := u du =
du du
w2 := v dv =
1 v 2 v
dv dv
Visto che larea del parallelogramma generato da w1 e w2 ` e dato da | det(w1 , w2 )| (cfr. corso di Geometria), dalla linearit` a del determinante in ogni colonna segue dA = | det(w1 , w2 )| = | det J (u, v )| dudv.
y f v (u,v+dv) (u+du,v+dv) dA=dudv w yfv Hdv 2 f(u,v) w yf Hdu 1 u x
'y|det(w ,w )| dA 1 2
f(u,v+dv)
f(u+du,v+dv)
f(u+du,v)
(u,v)
(u+du,v)
Figura 80. Cambiamento di variabili. Come abbiamo visto a pagina 133, nel caso specico delle coordinate polari otteniamo det J = e quindi dA = dd come dimostra anche il seguente graco.
141
X
-1 x2+y2< 1 1 x 0
X'
1 r
y<x -1
Figura 82. Dominio in coordinate cartesiane e polari. Esempio. Calcolare X xy dxdy ove X = (x, y ) R2 : x2 + y 2 1, 0 y x . In questo tipo di problemi ` e opportuna dapprima disegnare il graco. Si osserva che il dominio ` e semplice. Per` o il dominio essendo un settore circolare, ` e facilmente rappresentabile in coordinate polari. X = (, ) [0, ) [0, 2 ) : 0 1, [0, 4] Quindi possiamo vedere X = (X ) ove ` e la trasformazione del piano indotta dalle coordinate polari e X = [0, 1] [0, ]. Dal teorema precedente, ricordando che 4 det J (, ) = (vedi pagina 133), si ha xy dxdy =
X [0,1][0, ] 4
cos() sin() dd
(` e importante non dimenticare il termine | det J |!!). Il dominio X nel piano (, ) ` e un quadrato, quindi ricordando losservazione su pagina 140, si ha
1
cos() sin() dd =
[0,1][0, ] 4 0
d
0
cos() sin() d =
1 4 = 4
sin2 () 2 0
4=
0
1 16
y Esempio. Calcolare X (x + y ) dxdy ove X = {(x, y ) R2 : 1 xy 2, 1 x 2}. Si osservi che non ` e facile esprimere X come dominio ` e semplice. Invece ` e pi` u facile y introdurre le variabili u = xy , v = x . Cos` si ottiene che il dominio di integrazione nelle nuove variabili (u, v ) ` e dato da X = {(u, v ) R2 : 1 u 2, 1 v 2} = [1, 2] [1, 2], quindi ` e un quadrato. nel piano (u, v ). Avendo la trasformazione (x, y ) (u, v ) = y (xy, x ), dobbiamo trovare : (u, v ) (x, y ) = (u, v ). Da
u = xy y v=x ricavando prima x nella prima equazione e sostituendo nella seconda, si ottiene (u, v ) : x= u v y = uv
142
y 2
X
1 xy=2 xy=1 x 1
X'
Figura 83. Dominio in coordinate cartesiane e (u, v ). e J (u, v ) = quindi det J (u, v ) =
1 2v . 1 2 uv 1 v 2 u
1 2
1 2
u v3 u v
Da cui u + uv v
2 1
(x + y ) dxdy =
X [1,2][1,2] 2
1 dudv 2v
2 1
=
1
1 2v
u + uv du dv = v
2 u2 2 3 + u2 v 3 v 3
dv
1 2 1
2 1 2 1 1 2 = ( 8 1) ( 8 1) 2 1 + 2 v 3 + 1 dv = 3 3 1 v2 v2 v2 1 = ... = 4 2 3
Altri Esempi. Calcolare la misura |D| del dominio D R2 che in coordinate polari ` e data da D = (, ) : [0 , 1 ], 0 R() per una funzione continua R : [0 , 1 ] [0, +), cfr. graco. Visto che il dominio
y f D' R(q) r
r=R(q) D q 1 q q 0 x q
0
q q 1
Figura 84. Dominio in coordinate cartesiane e polari. D ` e -semplice, passando alle coordinate polari otteniamo |D | =
D 1
1 dxdy =
D R()
dd
1
=
0
dd = 1 2
0 1 0 0
2 2
=R() d =0
R2 () d.
Per dare unesempio concreto calcoliamo larea della spirale di Archimede data in coordinate polari da D := (, ) : [0, 2 ], 0 ) , cfr. il seguente graco. In questo caso R() = e quindi otteniamo
INTEGRALI TRIPLI
y p/2 2p p 2p x D' Spirale di Archimede f r
143
D 3p/2 2p
|D| =
2 d =
0
1 3 2 3
2 0
4 3 . 3
Calcolare IR := DR e dxdy per DR := (x, y ) : x2 +y 2 R2 . Per risolvere lintegrale passiamo alle coordinate polari. Visto che il cerchio DR in coordinate cartesiane corrisponde al rettangolo DR = [0, R] [0, 2 ] in coordinate polari risulta (usando losservazione a pagina 140)
R 2 0
2
(x2 +y 2 )
IR =
0
e dd =
0
e d
0
e(x ex dx
2
2 +y 2 )
+ 2
dxdy =
+
ex ey dxdy
ey dy =
ex dx
ex dx =
che non ` e possibile usando una primitiva di ex , cfr. losservazione a pagina 106. Invece, passando alle coordinate polari, grazie al fattore = det(J ), si passa da 2 2 ex a e che ` e molto semplice da integrare. Integrali tripli In questa sezione ci occupiamo del calcolo degli integrali tripli f (x, y, z )dxdydz
X
per una funzione f : X R3 R. Interpretando f (x, y, z ) come densit` a di un corpo X R3 nel punto (x, y, z ), tale integrale rappresenta la massa totale m del corpo. Per quanto riguarda la denizione di integrabilit` a e di integrale si pu` o ripetere una costruzione simile a quella per gli integrali doppi, denendo prima lintegrale in un parallelepipedo che si pu` o facilmente suddividere attraverso una partizione in parallelepipedi. Quindi denendolo in un generico insieme X considerando un parallelepipedo contenente linsieme ed estendendo la funzione a 0 fuori da X . Valgono le stesse propriet` a degli integrali doppi in sez. 10.
144
Teorema di FubiniTonelli in R3 . Vediamo come si estende al caso degli integrali tripli la formula di FubiniTonelli. Come visto per gli integrali doppi, le formule di FubiniTonelli riconducono il calcolo di un integrale dato attraverso il calcolo di integrali in dimensione pi` u bassa. Denizione 10.7. Un insieme X R3 , limitato, si dice (i) z -semplice se esistono due funzioni continue g1 , g2 : D R2 R tali che X = (x, y, z ) R3 : (x, y ) D, g1 (x, y ) z g2 (x, y ) (analoghe denizioni per insiemi y -semplici o x-semplici). (ii) semplice se ` e z -semplice, y -semplice o x-semplice Si osservi che un dominio z -semplice ` e un cilindro con la supercie laterale parallela allasse z e le basi date dai graci di g1 e g2 . Teorema 10.8 (Integrazione per li). Sia f : X R3 R una funzione continua e X un insieme semplice. Allora f ` e integrabile su X . Inoltre se X ` e z -semplice
g2 (x,y )
f (x, y, z ) dx dy =
X D g1 (x,y )
f (x, y, z )dz
dxdy
(analoghe formule per un insieme y -semplice o x-semplice). Per risolvere lintegrale triplo dobbiamo quindi calcolare lintegrale nella variabile z tra le parentesi tonde (integrazione sul lo, cfr. graco), e quindi un integrale doppio nelle variabili x, y (sommando i contributi di tutti i li).
z g2(x,y)
g1(x,y) a x b x
(x,y)
INTEGRALI TRIPLI
145
Esempio. Calcolare 1 x2 + y 2 }. Si ha
x2 + y 2
z dxdydz =
X {(x,y )R2 : x2 +y 2 1} 1
zdz 1 (1 2
dxdy =
=
{(x,y )R2 : x2 +y 2 1}
x2 + y 2 )2 dxdy
Per risolvere lultimo lintegrale possiamo utilizzare il cambiamento di variabili in coordinate polari. In coordinate polari il cerchio {(x, y ) R2 : x2 + y 2 1} corrisponde al quadrato {(, ) : 0 1, 0 2 }. Quindi 1 (1 2 1 12
1
x2 + y 2 )2 dxdy =
0
{(x,y )R2 : x2 +y 2 1} 1 3 2 0
1 (1 )2 d 2
d =
0
( 2 + )d =
Vediamo ora unaltra tecnica di riduzione per il calcolo degli integrali tripli. Assumiamo che il nostro insieme X si possa rappresentare nella forma X = {(x, y, z ) R3 : z [a, b], (x, y ) Dz } ove per ogni z ssato , Dz (strato) ` e un insieme del piano su cui f (x, y, z ) ` e integrabile rispetto (x, y ). In altre parole X ` e lunione degli strati Dz al variare di z [a, b]. Teorema 10.9 (Integrazione per strati). Sia f : X R3 R una funzione continua e X = {(x, y, z ) R3 : z [a, b], (x, y ) Dz }. Allora
b
f (x, y, z ) dx dy =
X a Dz
Quindi calcoliamo un integrale doppio (integrazione su ogni strato) e quindi un integrale in z (sommando i contributi di tutti gli strati). Analoghe formula si hanno quando gli strati si presentano rispetto alla variabile x o y .
z
b D b
z D z
X
a D a
146
2 2 3 2 2 Esempio. Calcolare X x + y dxdydz ove X = {(x, y, z ) R : z [0, 1], x + y z 2 }. In questo caso gli strati sono gli insiemi Dz = {(x, y ) R2 : x2 + y 2 z 2 }, cio` e cerchi di centro (0, 0) e raggio z . 1
x2 + y 2 dxdydz =
X 0 {(x,y ): x2 +y 2 z 2 }
x2 + y 2 dxdy dz
Lintegrale tra parentesi tonde si pu` o facilmente risolvere attraverso le coordinate polari. Quindi
1 2 z
x2 + y 2 dxdydz =
X 0 1 0 0
d
0
3 d dz =
1
z5 2 dz = 4 10
z4
=
0
10
Consideriamo unaltro esempio che risolveremo sia con integrazione per li sia per strati. Esempio. Calcolare la massa m di un tetraedro con i vertici (0, 0, 0), (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1) e la densit` a f (x, y, z ) = 1 z nel punto (x, y, z ). Allora i punti appartenendo al tetraedro sono dati da X = (x, y, z ) R3 : x, y, z 0, x + y + z 1 e quindi abbiamo m=
X
(1 z ) dxdydz.
Questo integrale si pu` o risolvere in entrambi i modi. Soluzione con integrazione per li . Come si vede dal graco il dominio X ` e z -semplice: X = (x, y, z ) R3 : (x, y ) D, 0 z 1 x y D = (x, y ) R2 : y [0, 1], 0 x 1 y . Quindi risulta
z 1
con
z=1-x-y
y 1
x=1-y
147
m=
D 1 0 1y
(1 z ) dz dxdy =
D
z dxdy
x=1y x=0
z2 2
z =1xy z =0
dz dxdy
=
0 1 0
1xy
0 1
(1 x y )2 2
= =
(1 x y )2 (1 x y )3 + 2 6 dy =
dy
y =1 y =0
(1 y )2 (1 y )3 2 6 0 1 1 1 = = . 6 24 8
(1 y )3 (1 y )4 6 24
Soluzione con integrazione per strati . Come si vede dal graco il dominio X si pu` o scomporre negli strati Dz := (x, y, z ) R3 : y [0, 1 z ], 0 x 1 y z , Quindi risulta
z 1
z [0, 1].
Dz z x=1-y-z 0 1 x
y 1-z 1
m=
0 1 Dz 1z 0 1
(1 z ) dxdy
dz =
0 0 1z
(1 z ) dxdydz (1 y z ) (1 z ) dydz
0 1
=
0
=
0
(1 z ) (1 8 z )4 1
0
(1 y z )2 2 1 = . 8
y =1z
dz =
y =0 0
(1 z )
(1 z )2 dz 2
Ricordiamo inne che anche in R3 vale la formula di cambiamento delle variabili per integrali tripli Teorema 10.10. Sia f : X R3 R integrabile e sia : X R3 R3 (u, v, w) (x, y, z ) = (u, v, w)
148
ove J ` e lo Jacobiano della trasformazione . Esempio. Vediamo unapplicazione della formula precedente al calcolo del volume della 3 sfera di raggio R. Quindi vogliamo calcolare X 1dxdydz ove X = {(x, y, z ) R : x2 + y 2 + z 2 R2 }. La sfera si pu` o descrivere in coordinate sferiche come linsieme X = {(, , ) [0, ) [0, 2 ) [0, ] : R, [0, 2 ), [0, ]}. Ricordando che il determinante dello Jacobiano della trasformazione in coordinate sferiche ` e dato 2 da det Jf (, , ) = sin() (vedi pagina 134) si ha 1dxdydz =
X 2 R
2 sin()ddd
{(,,): R,[0,2 ), [0, ]} 3 R
=
0
d
0
2 d
0
sin()d = 2
[ cos()] 0 = 4
R3 3
Esempio. Calcolare il volume del cono di altezza h e raggio r X = {(x, y, z ) R3 : 2 2 1/2 }. Passando alle coordinate cilindriche (vedi y 0, x 2 + y 2 r 2 , z h r (x + y ) pagina 133), il dominio si pu` o descrivere come X = {(, , z ) [0, ) [0, 2 ) R : [0, r], [0, ), t h } . Ricordando che lo Jacobiano delle coordinate cilindriche r ` e dato da , si ha 1dxdydz =
X r {(,,t):[0,r], [0, ), t h } r
h r
dddt =
r
d
0 0 0
dt d =
0
h 2 h 3 d = 2 r r 3
2
0
hr3 3
Note
Testi consigliati: A. Marson, P. Baiti, F. Ancona, B. Rubino: Corso di Analisi Matematica 1, Carocci editore; C.D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1, Zanichelli; P. Marcellini, C. Sbordone: Esercitazioni di Matematica, Liguori Editore; S. Salsa, A. Squellati: Esercizi di Matematica, Zanichelli.
149
APPENDICE A
Appendice
Tre Principali Modi di Dimostrazioni Siano A e B due aermazioni e siano A e B le loro negazioni. Allora sono equivalenti A B; B A; A e B E. Quindi per dimostrare che A B ci sono i seguenti 3 modi: dimostrazione diretta: A B ; dimostrazione indiretta: B A; dimostrazione per assurdo: A con B E. Esempio. Sia A laermazione piove e B laermazione la strada ` e bagnata , allora evidentemente vale A B . Invece non vale il contrario, cio` e B A, in quanto non ` e detto che piove se la strada ` e bagnata. Quindi in questo esempio A B signica se piove, allora la strada si bagna che ` e vero. B A signica se la strada non ` e bagnata, allora non piove che ` e vero. A e B E signica piove e la strada non ` e bagnata che infatti ` e una contraddizione.
150
151
Elenco di alcuni Limiti Notevoli Successioni. + 1 lim q n = n+ 0 + lim n = 1 n+ 0 n a=1 lim n+ lim n n = 1
n+
se se se se
q > 1, q = 1, |q | < 1, q 1
se > 0, se = 0, se < 0 per ogni a > 0 per ogni R per ogni > 0 per ogni R, q > 1 per ogni q R
lim lim
1+ 1+
1 n a xn
=e
xn
= ea
lim (an )bn = ab sin x =1 x 1 1 cos(x) lim = 2 x0 x 2 ex 1 lim =1 x0 x ax 1 = ln(a) lim x0 x ln(1 + x) lim =1 x0 x loga (1 + x) lim = loga (e) x0 x
x0
Funzioni. lim
pi` u in generale per ogni a > 0 pi` u in generale per ogni 0 < a = 1 per ogni t R per ogni r R per ogni 0 < a = 1, > 0 per ogni 0 < a = 1, > 0
lim
1+
t x
= et
x0+
lim xx = 1
152
A. APPENDICE
Denizione alternativa dei Limiti per Funzioni Sia f : X R R e sia x0 un punto di accumulazione del dominio X di f . Allora
xx0
lim f (x) = l
se x0 , l R: Per ogni > 0 esiste > 0 tale che f (x) l < per ogni x X con 0 < |x x0 | < . se x0 R, l = +: Per ogni > 0 esiste M > 0 tale che f (x) > M f (x) < M per ogni x X con 0 < |x x0 | < . per ogni x X con 0 < |x x0 | < . se x0 R, l = : Per ogni > 0 esiste M < 0 tale che se x0 = +, l R: Per ogni > 0 esiste L > 0 tale che f (x) l < per ogni x X con x > L. se x0 = , l R: Per ogni > 0 esiste L < 0 tale che f (x) l < per ogni x X con x < L. se x0 , l = +: Per ogni M > 0 esiste L > 0 tale che f (x) > M f (x) < M f (x) > M f (x) < M per ogni x X con x > L. per ogni x X con x > L. per ogni x X con x < L. per ogni x X con x < L. se x0 = +, l = : Per ogni M < 0 esiste L > 0 tale che se x0 = , l = +: Per ogni M > 0 esiste L < 0 tale che se x0 = , l = : Per ogni M < 0 esiste L < 0 tale che
xx+ 0
lim f (x) = l
se x0 , l R: Per ogni > 0 esiste > 0 tale che f (x) l < per ogni x X con 0 < x x0 < . se x0 R, l = +: Per ogni > 0 esiste M > 0 tale che f (x) > M per ogni x X con 0 < x x0 < . lim f (x) = l
xx 0
se x0 , l R: Per ogni > 0 esiste > 0 tale che f (x) l < per ogni x X con 0 < x0 x < . se x0 R, l = +: Per ogni > 0 esiste M > 0 tale che f (x) > M per ogni x X con 0 < x0 x < .
9 20 24 24 25 25 29 29 32 33 34 36 37 37 38 38 38 38 39 40 42 47 48 49 49 50 51 51 53 58 60 61 62 63
154
63 64 65 65 69 72 75 86 87 88 91 92 93 93 94 95 95 96 96 98 98 110 110 111 111 112 113 114 115 116 117 118 118 120 120 121 123 126 128 129 134
45 Studio di f (x) = e x3 |x + 3|. 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 Larea A. Somma inferiore s(P, f ) e somma superiore S (P, f ). Criterio per lintegrabilit` a. Additivit` a rispetto agli estremi di integrazione. Integrazione di funzioni simmetrici. Esempi di funzioni integrabili non continue. Teorema della media. La funzione integrale. Area sotto il graco. Il logaritmo. Calcolo di aree. Calcolo del area tra due graci. Esempio: Calcolo del area tra due graci. Esempio: Calcolo del area tra due graci. Corpo di rotazione. Integrali impropri. Integrali impropri. Integrali improprio convergente. Integrali improprio convergente. Integrali impropri e serie: f (n) = an . La serie maggiora lintegrale. Lintegrale maggiora la serie.
68 Graci di f1 (x, y ) = x2 + y 2 e f2 (x, y ) = x2 y 2 per (x, y ) [1, 1] [1, 1]. 69 Linee di livello delle funzioni f1 (x, y ) = x2 + y 2 e f2 (x, y ) = x2 y 2 70 Graco e linee di livello di f (x, y ) = 71 Coordinate polari. 72 Derivate parziali. 73 Piano tangente. 74 Derivata direzionale. 75 Sistemi di riferimento in R3 . (1 x2 )(1 y 2 )
155
76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89
La misura di uninsieme. Domini semplici. Il teorema di FubiniTonelli. Dominio x- e y -semplice. Cambiamento di variabili. Cambiamento di variabili per coordinate polari. Dominio in coordinate cartesiane e polari. Dominio in coordinate cartesiane e (u, v ). Dominio in coordinate cartesiane e polari. La spirale di Archimede. Integrazione per li. Integrazione per strati. Esempio integrazione per li. Esempio integrazione per strati.
137 138 139 139 140 141 141 142 142 143 144 145 146 147