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buono soltanto a ripetere la lezione fattavi da altri. Tra l'altro.

dimenticate che un buon soldato non pu n deve dare suggerimenti ai superiori che non gliene ch iedono! Vittorio Emanuele rimase molto afflitto e mortificato. (Nuova Antologia, 1897). 2532. All'assedio di Peschiera, egli cavalcava, al passo, in una posizione molto esposta e battuta dall'artiglieria nemica. Gli ufficiali della sua scorta, preo ccupati del pericolo che correvano, misero i loro cavalli al trotto; ma Carlo Al berto, con un severo: Al passo, signori! , li fren immediatamente. Questo indomito coraggio lo rendeva caro alle truppe. (National Review, maggio 1 902). 2533. Nella giornata di Goito, venne portata al re una lettera.. Mentre egli si accingeva ad aprirla, un proiettile venne a cadere a pochi passi da lui: il cava llo s'impenn per la paura; e il re, piantandogli lo sperone nel ventre, lo traspo rt proprio sopra la granata e ve lo tenne fermo. Della Rocca, che, come aiutante di campo, era al seguito del re, non pot tenersi dal pensare: Se la granata scoppia, salta per aria il re e insieme con lui tutti noi . La granata non scoppi, e il re pot aprire la lettera e gettarvi su gli occhi . Lesse, poi, guardando lentamente in giro, disse: - Signori, Peschiera nostra! (Nuova Antologia, 1897). 2534. Il 28 maggio 1848 Carlo Alberto riportava una vittoria a Goito, in consegu enza della quale anche Peschiera si arrendeva. In quella fausta sera, il re rice vette Carlo Farini, commissario romano. Il Farini era tutto lieto della bella vi ttoria e da quella auspicava nuove vittorie e salutava Carlo Alberto gi -re dell' Alta Italia e capo della Federazione Italiana. Carlo Alberto per non partecipava a quell'entusiasmo; e, sollevando la fronte pen sosa, esclam: No, qualunque cosa io faccia, gl'Italiani a me non crederanno mai. Il Re d'Itali a sar mio figlio Vittorio. (Nuova Antologia, 1878). 2535. Dopo la battaglia di Pastrengo, il re si rec a visitare i prigionieri di gu erra, i quali, in numero di oltre trecento, erano chiusi in una chiesa. Il re, o sservando i loro visi stanchi e sparuti, disse al suoi aiutante di campo: Fate in modo che siano ben trattati e che non abbiano a soffrire la fame. L'aiutante rispose che per quella sera avevano appena il necessario per i soldat i piemontesi. Ebbene rispose il re - provvedete prima ai prigionieri e poi ai nostri. (Nuova A ntologia, 1897). 2536. Bassi, cognato di Arconati, era podest di Milano.- Egli era a Banco del re Carlo Alberto, quando questi attravers la citt dopo la prima sconfitta. Furono spa rati contro il re alcuni colpi, e Bassi insisteva perch il re affrettasse il camm ino. Che cosa importa gli rispose il re se sono ucciso qui o altrove? Lo stesso giorno stette, a lungo, fermo in luogo esposto al fuoco di una bat ten ia nemica, sebbene molti di coloro che gli erano attorno cadessero morti o ferit i. Dinanzi al pericolo era assolutamente indifferente. (NASSAU WILLIAM, senior, L'Italia dopo il 1848). 2537. La sera del 13 marzo, Carlo Alberto parti da Torino per il campo... verso la fatai Novara. Ma, prima di partire, volle vedere la moglie, Maria Teresa. Carlo, quando ci rivedremo? gli domand la povera donna. Forse mai! rispose il re. (GOTTI, Quadri e ritratti). 2538. La sera della sua disfatta finale e dell'abdicazione, prese la strada vers o la Francia con un passaporto intestato al falso nome di colonnello di Barge. A lla prima tappa, Vercelli, trov inaspettatamente un posto austriaco.. L'ufficiale di servizio lo condusse al suo colonnello, e i due si misero a disco rrere tra loro, durante il lungo tempo necessario ai soldati per l'esame del pas saporto. Il colonnello fu colpito dalla cultura e dall'intelligenza del suo visi tatore, ed alla fine gli domand: Come va che alla vostra et e con la vostra intelligenza siete soltanto colonnello ? Ahim! rispose Carlo Alberto io sono stato disgraziato tutta la mia vita. (NASSAU

WILLIAM senior, L'Italia dopo il 1848). 2539. Quando fu esule a Oporto, il governo piemontese, voleva dargli un assegno di lista civile per provvedere al suo sostentamento. Ma Carlo Alberto rifiut nobi lmente: In questi momenti disse in cui lo Stato schiacciato sotto il peso, di crudeli e spaventose spese, preferisco mangiare un tozzo di pane nero per tutto il tempo c he mi resta da vivere, piuttosto che si possa dire di me che io ho aggravato le finanze del mio Stato. (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Fattori e malfattori della po litica europea). 2540. Carlo Alberto era a letto, malato, e il male si. faceva ogni giorno pi grav e. Il conte Delaunay, con molta prudenza, cerc di convincerlo a far testamento. Carlo Alberto, con un sorriso malinconico gli rispose: Hai ragione. Domani far testamento. Il giorno dopo il conte si rec ancora dal re. - Ah, sei tu! Cos di buon'ora. Che cosa vuoi da me? Maest, vi ricorderete che ieri... avevate acconsentito a fare il testamento. Ah, vero! L'avevo dimenticato. Ebbene vienimi vicino. Chiudi bene la porta, che nessuno possa sentire ci che debbo dire, e poi vieni qui accanto al mio letto. E, quando il conte ebbe eseguito questi ordini, Carlo Alberto gli disse all'orec chio: Che testamento vuoi che faccia? Non ho un centesimo di mio. Povero vissi e pover o muoio. Cos debbono morire i re di Savoia. (Rossi, Quarant'anni di vita artistic a). CARLO DI BORBONE n. 1490 - m. 1527; generale francese, pi noto sotto il nome di Connestabile di Bo rbone; combatt al servizio di Carlo Quinto; a lui si deve il famoso Sacco di Roma . 2541. Carlo di Borbone s'era ribellato al suo re Francesco I di Francia ed era p assato al suo nemico Carlo Quinto. Mai signori spagnoli, sebbene guadagnassero d al suo tradimento un generale illustre e coraggioso, lo trattarono Come si tratt a un traditore. L'imperatore dovette far valere tutta la sua autorit per procurar e ai duca di Borbone un alloggio: nessuno dei signori voleva darglielo. Carlo Qu into si rivolse finalmente al marchese di Villana, che gli rispose: Maest, io non posso negar nulla al mio imperatore; ma dichiaro sin d'ora, che, no n appena il Borbone sar uscito dal mio palazzo, io stesso dar fuoco a ogni cosa, c ome si fa con le case infette: perch un uomo d'onore non potr pi abitare dove ha ab itato un perfido traditore della sua patria e del suo re. (Encyclopdie mthodique). CARLO EMANUELE I 9. v n. 1562 - m. 1630; duca di Savoia. 2542. Carlo Emanuele duca di Savoia parteggiava ora per la Francia c ora per la Spagna, secondo che l'una o l'altra amicizia gli tornasse pi comoda. Egli aveva u na casacca che era bianca da un lato e rossa dall'altro; quando parteggiava per la Francia se la metteva dal lato bianco, e quando per la Spagna dal lato rosso. Di qui molto probabilmente derivata l'espressione comune voltar casacca per dir e che uno cambia opinione. (E. GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). CARLO EMANUELE III n. 1701 - m. 1773; re di Sardegna. 2543. Carlo Emanuele III re di Sardegna si trov coinvolto nella guerra di success ione polacca che, come quella spagnola, fu combattuta in mezza Europa. Nella bat taglia di Guastalla (1733), i Francesi, collegati coi Piemontesi, indietreggiava no sotto il nerbo della cavalleria tedesca; il re, con l'esempio e con la voce a ggirandosi con la spada in pugno, grid loro: Il nemico non da quella parte ; onde, confusi e vergognosi, ritornarono a combattere e vinsero. (Il Nuovo Cittadino, gennaio 1931). CARLO FELICE nato a Torino nel 1765 - morto nel 1831; re di Sardegna. 2544. Quando scoppiarono i moti liberali del 1821 in Piemonte, Carlo Felice fu i nflessibile nel reprimerli. Qualche anno dopo, un maligno cortigiano si prese il gusto di far sapere al re c he la famiglia di un tale, compromesso in quei moti, continuava non pertanto a g odere un'antica pensione. Sperava che il re sopprimesse quella pensione e ne ser

basse gratitudine a lui che l'aveva avvertito. Ma Carlo Felice, che era generoso , esclam: Me n'ero scordato. Si raddoppia la pensione! (COSTETTI, La compagnia reale sarda ). 2545. Quando avvenne la rivoluzione di Francia che scalz il regno di Carlo X, si dice che Carlo Felice, il quale era cognato di Carlo X perch sposo di una sua sor ella, dicesse: Io, nei panni di Carlo X, non avrei osservato il mio giuramento. (Nuova Antologi a, 1898). 2546. Carlo Felice non credeva nell'etichetta di Corte e non la praticava. Aborr iva i baciamani e le altre cerimonie, e se ne mostrava estremamente seccato. Dic eva: Non sono mica Re per esser seccato! (MARGOTTI, La madre del Re Galantuomo). 2547. Il suo pi gran divertimento era d'andare a teatro, specialmente al teatro d ell'opera, accontentandosi della pigra concupiscenza di contemplare le ballerine dal suo palchetto, sgranocchiando intanto grissini. (MARGOTTI, La madre del Re Galantuomo). C CARLO LODOVICO II DI BORBONE n. 1799 - m. 1883; re d'Etruria, poi di Lusitana; poi duca di Lucca e finalmente duca di Parma e Piacenza. 2548. Carlo Lodovico II di Borbone era di molto spirito; e tra l'altra si divert iva a scrivere, in fondo alle istanze che gli erano presentate, la risposta in v ersi burleschi. Un tal Giovanni gli aveva chiesto una pensione, ed egli cos scris se sotto la domanda: Noi Carlo Lodovico di Borbone accordiamo a Giovanni la pensione, perch la moglie ha detto e assicurato che i suoi figli son figli dello Stato. (Illustrazione Italiana, maggio 1883). 2549. D'indole buona e generosa, ma di carattere debole, apatico, dissoluto, que sto principe non seppe farsi amare dai sudditi, non ostante che fosse inesauribi le nel beneficare. Aveva scelto, come suo ministro, un antico, palafreniere, War d, e a lui commise le cure del governo, non ostante che fosse. un incapace. Fu i l solo dei principi spodestati che riconoscesse il Regno d'Italia, che stringess e la mano a Vittorio Emanuele II e gli restasse amico costante. Riteneva una bel la cosa che fossero finalmente spariti i tanti confini che dividevano un paese d all'altro in Italia. Perch diceva era una gran noia . (Nuova Antologia, 1900). 2550. Rivedendo alla Pieve Santo Stefano, presso Lucca, un contadina conosciuto da lui quando era duca, gli chiese se fosse sempre campanaro; e avendogli quello risposto che s, esclam ridendo: Sei pi di me. Io non sono nemmeno campanaro. E si fregava le mani per la contentezza di non essere pi nulla. (Nuova Antologia, 1900). 2551. Si lamentava dell'ingratitudine dei popoli; e diceva: Vedete? Alla messa cantata il diacono incensa il celebrante, e il celebrante chi na il capo per ringraziare; poi incensa il suddiacono, e il suddiacono anche lui ringrazia; passa in coro e incensa i canonici, e anche questi chinano la testa e ringraziano; finalmente incensa il popolo. e il popolo sta duro: non c' nessuno che si faccia vivo, nessuno che chini la testa, nessuno che ringrazi. (Nuova An tologia, 1900). 2552. A un principe suo parente diceva: - Essendo tu ancora giovane, ne vedrai delle belle, perch, per noi principi, ques ta un'epoca assai brutta. Ma sii gentiluomo e galantuomo; per cui, se la sorte c i ha sbalzati fuori del nostro posto, che almeno il mondo dica: Se non ci sono, sarebbero degni di esserci . (Nuova Antologia, 1900). 2553. Una volta, venendo da Lucca, l'ex-duca si trov nello stesso vagone del depu tato Eugenio Pelosi, uno dei pi caldi liberali lucchesi, il quale gli aveva dato del filo da torcere nel 1847. Il Pelosi, uomo di spirito, gli disse: Altezza, vi ricordate ancora del tempo, quando voi facevate il Cesare e io il Br

uto? E il duca: Con un Bruto come voi, potevo fare il Cesare anch'io! (Nuova Antologia, 1900). CARLO LODOVICO, arciduca d'Austria n. 1833 - m. 1896; fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe. 2554. Carlo Lodovico, fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, era straordinariamente bigotto, e una decina di volte nella sua vita, si port in gin occhio da Vienna a Roma; ma solo immaginariamente. Il pellegrinaggio infatti si svolgeva tutto lungo le enormi sale del suo palazzo, ed ogni giorno egli segnava il tratto percorso. Sua moglie s'incaricava di redigere una specie di bollettin o, che, tra il serio e il faceto, veniva fatto conoscere agli intimi e ai conosc enti. Sua Altezza Imperiale diceva ad esempio il bollettino giunto a Firenze dov e passer la notte . E non si era mosso da Vienna. E cos, di tappa in tappa, arriv pi volte sino a Roma. (Il Lavoro, agosto 1930). CARLO MAGNO n. 742 - m. 814; re dei Franchi; incoronato dal papa Imperatore Romano. 2555. Carlo Magno aveva un segretario a nome Eginardo, che divenne poi lo storic o della sua monarchia. Costui s'era fieramente innamorato di Emma, la figlia del l'imperatore; ed era non meno ardentemente da lei corrisposto. Pensare al matrim onio non era possibile, data la diversit della nascita; ma l'amore, che non conos ce ostacoli, sugger loro un espediente perch il giovane potesse penetrare di notte tempo nella camera della regale fanciulla, dove veniva da lei accolto benignamen te. Una volta, mentre allo spuntar del giorno Eginardo si congedava dalla sua da ma, si avvide che durante la notte aveva nevicato, s che sulle neve sarebbe resta ta la traccia dei suoi passi. Allora la principessa ebbe un'ispirazione: si cari c Eginardo sulle spalle e lo trasport essa stessa al di l della neve; cos i gendarmi avrebbero trovato le tracce dei piedi di lei e non quelle del suo amato. Se non che Carlomagno, che quella notte aveva lavorato ad affari di Stato e non poteva dormire, s'affacci alla finestra per veder se spuntava il giorno... e vide invec e l'edificante scenetta. Ne rest l per l turbato; ma poi, da uomo di spirito, fece chiamare Eginardo e gli disse che, per i suoi servigi, lo creava nobile, lo face va ricco e gli dava per sposa sua figlia. (SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). 2556. Dissero a Carlo Magno che era morto un vescovo suo amico. Egli per prima c osa si inform quanto avesse lasciato ai poveri. Gli risposero che aveva lasciato appena due scudi. Oh! esclam un chierico che era presente una provvista un po' magra, per un viaggi o tanto lungo! La risposta piacque tanto all'imperatore, che nomin il chierico l &r l vescovo, al posto del vescovo morto dicendogli: Non dimenticate mai quel che avete detto or ora. (Encyclopdie mthodique). 2557. Carlo Magno sigillava i suoi decreti col pomo della sua spada, dicendo: - Ecco gli ordini che io do. Mostrando poi la spada con cui li aveva sigillati, aggiungeva: Ed ecco la spada con cui li far rispettare, se occorre. (E. GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). 2558. L'imperatore Carlo Magno aveva gran cura delle scuole e si raccomandava fe rvidamente ai vescovi perch ne fondassero il maggior numero possibile nel loro te rritorio. Egli diceva: meglio far il bene che conoscerlo; tuttavia, il bene non si pu fare, se prima non si conosce. (Anecdotes germaniques). 2559. Il buon imperatore Carlo Magno and un giorno a visitare una scuola che avev a istituita nel suo stesso palazzo imperiale, e si fece dare i compiti degli sco lari. Trov che quelli degli scolari poveri erano ben fatti, mentre quelli degli s colari nobili e ricchi erano pieni di spropositi. Irritato contro costoro, cos li redargu: Voi, figli dei primi del mio regno, mettendo in non cale i miei ordini e il vost ro stesso interesse, avete, troppo fieri della vostra nobilt e per correre dietro al giuoco e ai divertimenti, trascurato lo studio e i vostri doveri. Sappiate c he, se non rimediate al mal fatto, non avrete mai nulla da me; e che io invece d ar monasteri e vescovati magnifici ai vostri compagni poveri.

(UN MONACO DI SAN GALLO, Cronica). 2560. Carlo Magno disse ai figli di aprir la bocca per ricevervi il quarto di me la che egli vi avrebbe gettato. Il figlio Gobante si rifiut, considerando la cosa come un affronto. Luigi e Lotario, invece, obbedirono. Egli allora invest Luigi del Regno di Francia, Lotario del ducato di Loren, e Gobante non ebbe nulla. (DE LA BATUT, L'esprit des grands hommes). CARLETON William nato nel 1794 - morto nel 1869 a Dublino; scrittore irlandese. 2561. Parlandosi di donne e di amore, Carleton diceva: Vi sono due specie di donne: sposare le une una pazzia, sposar le altre un delitto. E ancora: Non domandate mai il cuore a una donna. Potrebbe darsi il caso che ne avesse dav vero uno e che ve lo desse! E un'altra volta: Le donne che amano la mezzaluce non amano le mezzemisure. (Histoir es anglaises) . CARLYLE Tommaso nato a Ecclefechan nel 1795 - morto nel 1881; celebre letterato e pensatore ingl ese, autore tra l'altro del celebre Sartor resartus. 2562. Non era un uomo molto accomodante. Specialmente coi familiari. La povera m oglie dovette passar tutta la vita ad ottener dai vicini con le buone o con le c attive, la morte di tutti i gatti, di tutti i galli, di tutti i cani che con la loro presenza, disturbavano il lavoro del grande uomo. E almeno Carlyle fosse st ato riconoscente alla brava donna! Invece passavano delle settimane intere che i l marito nemmeno la guardava. E nelle cose domestiche si mostrava di una esigenz a tirannica. Se io domando un brodo di sassi, mi si deve dare un brodo di sassi! esclamava esa sperato, quando la moglie non indovinava alla prima i suoi desideri. S che non meraviglia se la poveretta esclamava: Ah, un uomo di genio non davvero una. sinecura! (Les nouvelles littraires, 16 giu gno 1928). 2563. Era poco cortese e spesso rude anche con persone di conto e che gli veniva no presentate la prima volta. Per esempio rimase famosa l'impertinenza che disse a Browning la prima volta che lo vide. Volendo fargli un complimento gli disse: Che bella cosa il vostro poema Il libro e l'anello! Credo che non sia stato scri tto nulla di pi stupefacente. L'ho letto e riletto dal principio alla fine. Ma co me avete fatto a scrivere un poema cos lungo intorno a un semplice fatto di crona ca che si poteva raccontare in dieci righe e non meriterebbe altro che esser dim enticato? (Revue des deux mondes, 15 febbraio 1898). 2564. Il Carlyle era brusco e autoritario. Un giorno parlava col poeta Allingham di un colloquio che aveva avuto con la regina Vittoria e, descrivendo la scena, disse: La regina entr nella sala scivolando... Ho capito complet Allingham scivolando come sulle rotelle. Niente affatto! osserv Carlyle, arrabbiandosi. Ma pochi giorni dopo lo stesso Allingham lo sent raccontare la stessa scena ad al tri in sua presenza e dire: La regina entr nella sala scivolando come sulle rotelle. (Revue des: deux mondes, 15 febbraio 1898). 2565. Un viaggiatore che visitava in Scozia il villaggio nativo di Carlyle, doma nd a uno del luogo se avesse conosciuto personalmente il poeta. S, s, l'ho conosciuto rispose quello; era uno che stava sempre a Londra e scriveva dei libri. Ma avreste dovuto conoscere suo fratello Giacomo! Quello s! Figuratev i che allevava i pi bei maiali di tutto il circondario. (Minerva, marzo 1903). 2566. Carlyle s'era molto occupato presso i membri del Parlamento perch fosse con cessa una pensione ad Alfredo Tennyson, che aveva allora, trentasei anni, era or mai famoso in tutta l'Inghilterra come grande poeta e tuttavia finanziariamente se la passava piuttosto maluccio. Un deputato, Riccardo Milnes, che era poeta an che lui, aveva promesso d'occuparsene; ma nonostante le tante premure di Carlyle

, non si decideva mai a presentar alla Camera la sua proposta. Capirete, Carlyle, gli diceva un giorno la cosa non facile. Che diranno i miei e lettori? Essi sono molto ignoranti e non conoscono affatto Tennyson nei suoi ver si. Crederanno che si tratta di un mio parente povero che io voglio beneficare! Milnes, Milnes! rispose Carlyle il giorno del Giudizio Finale, quando Dio vi chi eder perch non avete ottenuto la pensione a Tennyson, non vi varr di gettar la colp a sui vostri elettori: sarete voi e non essi ad esser dannato! (Revue de. Paris, 15 febbraio 1901). 2567. Parlando con un amico del Comte e delle sue teorie sul positivismo, il Car lyle si fece vedere molto contrario a quella filosofia e disse: Per me tutta carta buttata! Il Comte uno di quegli uomini che salgono in pallone con una candela accesa e poi :;'immaginano di aver veduto da vicino le stelle! (Revue des deux mondes, 15 febbraio 1898). 2568. Carlyle, come del resto molti altri. grandi uomini, non aveva affatto il s enso pratico della vita. Ogni novit gli era un supplizio: un supplizio fare la va ligia, comprarsi i guanti, misurarsi un vestito nuovo. Rossini non sapeva decidersi a salire in ferrovia. Ernesto Renan racconta che, dovendo montare in omnibus o in tranvia, discuteva t anto tra se sul modo migliore di farsi innanzi e di occupare un posto, che il pi delle volte finiva per restare a terra. (Nuova Antologia, 1888). CARNEADE nato a Cirene nel 213 a. C. - morto ad Atene nel 129 a. C.; 'filosofo e retore g reco, fondatore della Terza Accademia. 2569. Carneade, un po' per il suo stato di continua perplessit in tutte le cose e un po' per la continua sua applicazione allo studio, era trascuratissimo in tut te le cose della vita pratica: non aveva tempo ne per accomodarsi i capelli, ne per tagliarsi le unghie; e la sua serva doveva imboccarlo come un bambino per fa rlo mangiare. (LAROUSSE). 2570. Quando Carneade and a Roma, ambasciatore di Atene, la giovent romana abbando nava ogni divertimento sportivo per andarlo a sentire, tanto la sua eloquenza af fascinava. Un giorno Carneade diede una specie di accademia oratoria, facendo pr ima, con irresistibili argomenti, l'elogio della Giustizia, e poi dimostrando ch e la Giustizia invece era un'odiosa istituzione, riuscendo a convincere il suo u ditorio nell'una e nell'altra tesi. Questo fatto spavent Cicerone, timoroso che v enisse a scuotere nell'uditorio il sentimento del giusto e del diritto; ma pi spa vent Catone, il quale volle ed ottenne che Carneade venisse immediatamente bandit o da Roma. (SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). 2571. Carneade non ammetteva che vi fossero verit assolute: anche un fatto che ca de sotto i nostri sensi non certo, secondo lui, ma solamente probabile e la pers ona assennata deve, prima di dirlo avvenuto, calcolarne le probabilit. . Ora avvenne che il suo. prediletto discepolo Mentore, a cui lasciava libero ac cesso nella sua casa, ne approffitt per sedurgli la moglie. Carneade li sor- gior no in flagrante, l prese un gior agrante, E allora, senza star I' a calcolare le probabilit del fatt o che cadeva sotto i suoi occhi, lo diede senz'altro per certo, non ostante le s ue opinoni filosofiche, e cacci di casa la moglie e il discepolo, dei quali non v olle pi sentir parlare. (SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). 2572. Interessante questo giudizio che Carneade diede sull'istruzione dei Prncipi . Solo l'equitazione egli disse la cosa che i giovani principi imparano veramente, perch i maestri delle altre scienze li adulano, mentre un cavallo, senza far dis tinzione tra poveri e ricchi, tra sovrani e sudditi, getta a terra egualmente tu tti gl'inesperti che lo montano. (SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). CARNEGIE Andrea nato a Dunfermline in Scozia nel 1837 - morto 1'11 agosto 1919 a Lenox nel Massa chusetts (Stati Uniti); uno dei pi ricchi uomini del mondo. 2573. Passato dalla nativa Scozia in America, seguendo i suoi genitori, s'impieg, giovanissimo, in una filanda, a Pittsburg in Pennsylvania. Aveva come stipendio la miseria di L. 56,50 mensili. Ma una sera, invece di pagargli l o stipendio, il cassiere gli disse di attendere perch doveva parlargli. Carnegie

si. credette liquidato. Ma poco dopo il cassiere gli disse: - Andrea, ho seguito il vostro lavoro e ho concluso che merita pi di quello degli altri. Vi cresco pertanto lo stipendio, che d'ora innanzi sar di L. 67,75. Usc correndo, e di corsa fece il miglio che lo separava da casa. Parlate di milionari! diceva, molti anni dopo, Carnegie ricordando il fatto. Tut ti i miei milioni messi insieme non mi hanno dato mai la gioia di quell'aumento di L. 10,25 Il babbo fu felice di sapere suo figlio tanto apprezzato, e la madre pianse di f elicit. (Vita internazionale, 5 ottobre 1919). 2574. Il primo grosso guadagno Carnegie lo fece molti anni dopo. Lavorava per la ferrovia di Pennsylvania. Un certo Woodruff propose ai suoi principali l'acquis to di modelli di vagoni-letto. I padroni erano riluttanti, e fu Carnegie che li persuase a far quell'affare. Essi allora gli dissero: Se avete tanta fiducia in quest'affare, perch non ci state anche voi in partecipa zione? Carnegie si fece prestare da essi qualche centinaio di dollari, impegnan- do si di restituirli a rate settimanali; e con quel modesto capitaletto guadagn la bell ezza di cinquantamila lire. Woodruff poi, per riconoscenza, e perch aveva visto i n lui la stoffa dell'industriale, lo volle compartecipe della sua industria e lo ammise nella Compagnia dei vagoni-letto. La sua fortuna era fatta. Con tutto ci Carnegie non era contento: la sua grande aspirazione insoddisfatta era... di div entar reporter di un gran giornale. Quando si dice il modo di veder le cose! (Vi ta internazionale, 5 ottobre 1919). 2575. Aiutava cordialmente quanti si presentavano a lui, pur che dotati di buona volont e di meriti reali, tanto che, dei suoi dipendenti, ben trentadue riusciro no, a loro volta, a diventar milionari. E di ci egli era soddisfatto, perch questo significava ch'egli sapeva sceglier bene i propri collaboratori. Anzi attribuiv a tutto il merito della sua fortuna ai collaboratori, e diceva che sulla sua tom ba avrebbe voluto veder scritto: Qui giace un uomo, il quale seppe radunare into rno a s uomini pi capaci di lui . -(Vita internazionale, 5 ottobre 1919). 2576. Il miliardario Carnegie, avendo smarrito il suo cane prediletto sulle rive del lago Michigan, si rec subito agli uffici del Morning Herald, unico giornale della localit, per pubblicare il seguente annuncio: Smarrito un fox-terrier bianc o rispondente al nome di Billy. Il padrone offre mille dollari a chi glielo ripo rter allo Star-Palace . Nell'uscire, il miliardario pens che le indicazioni date fo ssero un po' vaghe, e risolse di tornare al giornale, per far aggiungere al test o dell'avviso: Con due macchie nere sulle zampe anteriori . Sal agli uffici: nessu no. In direzione: nessuno. Meravigliato, chiese al portiere: Dite un po': come va che al giornale non c' nessuno, se un momento ta gli uffici erano pieni? Ah! rispose il portiere - io non ne so nulla; tutto quello che pos so dirvi che d irettore, redattori, cassiere, tipografi, sono partiti alla ricerca di un cane c hiamato Billy. La storia non dice se Billy fu ritrovato. (Minerva). 2577. Carnegie era un accanito collezionista di autografi. Desiderando possedere un autografo del celebre naturalista tedesco Ernesto Haeckel, preg uno studente di procurarglielo. Haeckel non si lasci pregar molto, e presa una penna e un fogl io di carta scrisse: Ernesto Haeckel ringrazia commosso Andrea Carnegie per il m agnifico microscopio che ha voluto offrire al laboratorio di biologia dell'Unive rsit . Carnegie, ricevendo lo scritto, sorrise e osserv: Ecco un autografo che rni costa un po' caro; ma sono egualmente" soddisfatto di averlo. E fece avere a Haeckel il microscopio. (MantteIgnral de l'instruction primaire, 9 novembre 1935). 2578. La sua vita fu ricca, ma non si pot dire felice: era una vita di gran lavor o e di grandi privazioni, tutta dedicata alle sue molte imprese. Guai a lasciarl e un minuto senza la sua attenta sorveglianza, senza l'impulso che egli solo sap eva dar loro! Perci egli scherzosamente, ma non senza verit, chiamava i milionari: Questi poveri martiri, benefattori dell'umanit!

E diceva: Dopo tutto, quali vantaggi ha il milionario sugli altri? Sar meglio vestito, meglG SPLIT:uPalazzi-Zanichelli 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA2 6AC}sm8u5

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