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Ecclesiologia

Anno accademico 2005/2006


Programma generale del corso Tutto riconducibile allecclesiologia. I - Struttura: mistero, popolo, corpo, sposa; una, santa, cattolica, apostolica II - Elementi costitutivi della struttura: spirito, carismi III - Funzione della struttura: sacerdozio battesimale, sacerdozio ordinato Struttura: sinonimo di mistero dellinsieme della chiesa. Categorie appositive: specica ci che ; v il pericolo di assolutizzazione di sacramento, popolo, corpo, sposa. Per questo parliamo di una danza delle categorie (simultaneamente). Categorie aggettivanti: prima posizione di autocoscienza dal simbolo NC 381. Funzione: essere per. Struttura e funzione sono elementi polari. Senza lo Spirito di Dio nulla si fa: lelemento vero che sostiene la chiesa: donatore e dono. Grazie a Lui passano doni e carismi: abbiamo quindi il sacerdozio che deriva dal battesimo e quello che deriva dallordinazione. Si parla di mistero di crismazione (unzione) grazie a Cristo, lunto; la chiesa un corpo crismato. 1. Questioni introduttorie 1.1 Lecclesiologia: ambiti, metodo, sussidi Nellepoca odierna v una crisi di cristianit. Siamo di fronte allindividualismo, ad una religione fai da te, dove luomo di oggi non cerca la salvezza, bens la salute; siamo di fronte ad un fondamentalismo della religione. C bisogno di una riculturazione, soprattutto per quanto riguarda i concetti della salvezza e della fede. In 1Pt 3,15 Paolo dice di dare ragione alla speranza che in noi. chiesa deriva dal greco ecclesia, termine usato dai Greci per indicare lassemblea nella Polis greca di tutti coloro che avevano il potere di decidere le sorti della citt: il nunzio correva per la citt convocando allassemblea solo coloro di un certo censo, aventi il diritto al voto. I LXX per indicare il raduno dellIsraele usavano 2 termini: sinagoga, condursi insieme (sinassi= assemblea liturgica); ecclesia, raduno dei cristiani, assemblea di Israele che si incontra con Dio; pi vicino foneticamente a QAHAL (assemblea tipo del Sinai). Ecclesia e sinassi si riferiscono a raduno liturgico (=stessa cosa). Quindi ecclesia si riferisce ad una convocazione teologica, luogo di ascolto in Cristo Ges, nella Parola incarnata, nel Figlio di Dio, nellannuncio della salvezza. Lecclesia del risorto non conosce discriminazione (sesso, razza, cultura, ricchi e poveri), non riservata al popolo dei circoncisi. Ecclesia non un termine usato nei vangeli: soltanto in Marco compare 2 volte: in Mc 16,18 (mandato petrino) e in Mc 18,17 (lite col fratello... davanti allassemblea): entrambi sono testi redazionali. Invece negli Atti e nelle Lettere apostoliche ne viene fatto un largo uso. Ecclesia raduno, adunanza, memoriale della morte e risurrezione. Ecclesiologia non un termine del NT, nata alla ne del secolo XVI, nel contesto del conciliarismo e della riforma protestante, poi viene sviluppata nel secolo XIX . Nel I millennio ancora non si parla di ecclesiologia in quanto non sorgono problemi ecclesiologici. Nel II millennio invece, a partire dal medioevo, con la struttura feudale ed ecclesiale sorgono le prime eresie ecclesiologiche (movimenti e riforme pauperistiche). -1(Cettina Militello)

La chiesa appare come un gruppo umano normato dalle regole dei gruppi umani (regole sociologiche), come Ges scelse i 12 (numero preciso). Vi sono delle leggi presenti allinterno della chiesa. Quali regole sociologiche reggono questo agglomerato? Come sono i rapporti allinterno della chiesa e con le autorit sociali? Essere chiesa nasce dalla fede e dalla conversione, che a loro volta richiedono lannuncio. Lecclesiogenesi nasce nel contatto vivicante con una parola che mi annuncia la salvezza. Rm 10,9-17: luogo privilegiato dove la fede nasce dallascolto. Per noi, in quanto riceviamo il battesimo da bambini, la fede nasce dalla fede professata da qualcuno che al nostro posto risponde credo. come nella parabola del seminatore: senza lhabitat (ambito cosciente della sacralit) il seme morir soocato. Vi una dinamica di ascolto/annuncio che porta ad una conversione/vita= dinamica ecclesiogenetica, che appella ad un evento dialogico: Dio chiama lumanit ad una sua sequela e dialoga con lei. La chiesa rappresenta lhabitat, spazio di comunione dove Dio parla agli uomini, gli uomini parlano con Dio e tra di loro: uno spazio salvico, comunione salvica. La chiesa non una realt esterna, estranea, la chiesa siamo noi. Lhabitat salvico non fuori di noi, ma noi stessi ne facciamo parte: che cos, chi coincide con chi siamo; nella chiesa oggetto e soggetto coincidono = un percorso di autocoscienza = ecclesiologia. La chiesa procede per: -Temi: verit di fede; -Modelli: forme attraverso le quali articoliamo le verit di fede; -Istituzioni: formalizzazione estrema, i cui valori vengono discussi dal gruppo che li riconosce, elaborando un modello nel quale si riconosce il tema che si traduce in legge. una dinamica sempre viva (antropologia culturale). Le istituzioni devono riadeguarsi allautenticit del modello, il cui modello deve riculturale o ripensare i temi. Bisogna che la comunit elabori un modello che dialoghi con le esigenze legittime del mondo odierno. Una volta adeguate, le istituzioni tendono a mantenersi nella loro ssit, e ci vuole il diritto per sostenerle. Nella chiesa fondamentale il principio o concetto di relazione: se il soggetto umano in relazione, e se questa relazione il cuore del mistero di Dio e del mistero delluomo, allora la chiesa manifesta ci che , il volto comunionale e relazionale della chiesa. Nella chiesa chiamata e risposta coincidono. 1Gv 1,1-4: luogo neotestamentario ideale per la chiesa (Ci che era n dal principio... abbiamo udito, veduto e contemplato...): la chiesa fondamentalmente comunione, col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo = sequenza testimoniale. Siamo chiesa perch alla radice del nostro riconoscerci in questa comunione col Padre e col Figlio e con lo Spirito sta la parola esperienziale, testimoniale di coloro i quali hanno udito, veduto, toccato e per questo ne rendono testimonianza e quindi lo annunciano. Essere chiesa fondamentalmente collocarsi allinterno di questa catena testimoniale, che ha il suo vertice nel Verbo del Padre, resosi accessibile, visibile, toccabile e udibile che ci costituisce nella comunione che allaccia un circolo dialogico di noi che in lui crediamo con il Padre che testimonia e con lo Spirito che ci dona. Luoghi teologici ecclesiogenetici (teorici) Sono principi teologici a partire dai quali costruiamo il trattato di ecclesiologia, e si costruisce lesperienza di chiesa (cio noi, soggetto e oggetto). Attraverso queste prospettive parliamo della chiesa, in quanto ne facciamo parte (soggettto) e in quanto oggetto della nostra riessione teologica. 1-Dimensione del mistero trinitario (nuovo): la chiesa fondata nel mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito. Grazie al CVII nasce questa nuova prospettiva (LG 2,3,4): chiesa come comunit radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4). Il mistero trinitario origine e anche punto terminale. -2-

2-Cristologia come luogo ecclesiogenetico: lelemento Cristo nella sua globalit il fondamento della chiesa. Essa nasce da Cristo nella compiutezza integrale del suo mistero, fondata nella sua morte e risurrezione, sigillata nella sua ascensione nella gloria sua presso il Padre. Il mistero di Cristo preso nella sua globalit e totalit (non dal anco squarciato). Non un cristomonismo (lettura dellecclesiologia mutilata dalla visione univoca cristologica non pi presente nel CVII: solo Cristo per spiegare la chiesa). 3-Evento pneumatologico (nuovo): la comunit viene edicata dallo Spirito che donatore e dono, rende sempre nuovo il suo porsi nella comunit, conduce la chiesa, capace di riedicare la chiesa e indirizzarla verso percorsi nuovi di conversione 4-Dimensione escatologica (LG 7): nella cristianit un peccato stato limitarsi al presente, perdere la meta escatologica (escaton); bisogna quindi proiettarsi verso il Cristo che torna. 5-Dimensione antropologica: teologo promotore stato Karl Rahner (XX secolo). Fondamentale la creazione in maschio e femmina, reciprocit ad immagine. Lessere umano ripropone il mistero di Dio. Senza relazione e reciprocit non c chiesa = con gli altri. Non IO che sono, ma TU che mi chiama. Bisogna fuggire da un egocentrismo che porta allautodistruzione. La dierenza del genere sta nella fede (alterit - dierenza). Luoghi teologici di tipo pratico (non pi teorico, ma concreto, pratico) 6-Scrittura: senza Scrittura non c teologia. Dalla Scrittura si parte per ogni passo dellecclesiologia. La Scrittura accolta, vissuta, studiata, pensata dai Padri e maestri della chiesa: infatti il periodo in cui essi vivono un periodo doro della riessione di fede (coraggio teologico - sda metodologica nel tempo). 7-Liturgia: sinergia di tutti i luoghi teologici nora nominati. 8-Diritto/legge/norma: istituzioni per mettere dei limiti (punto di partenza e di arrivo). 9-Kerigma: annuncio nella sua dinamica, come attivit permanente della comunit la quale o evangelizza o non comunit ecclesiale. Problema attuale: portare fuori ci che nel cuore della teologia. Ecclesiologia missionaria: la chiesa in stato di missione impegnata sullannuncio. 10-Spiritualit: non come via di astrazione o singolare di incontro con Dio, ma come vissuto ordinario che d posto del miracolo permanente che lazione dello Spirito in ciascuno di noi, appellandosi cos alla mistica sacramentale (secondo lo Spirito secondo gli eventi sacramentali). 11-Pastorale: deriva da pastore, non dalla pastorizia (come oggi, dallalto senza un processo induttivo) secondo una dimensione sinodale (noi cristiani siamo per natura nostra in cammino tutti insieme) 12-Ecumenismo: contro il pregiudizio e lalienazione culturale raccolta nei secoli, guardiamo allunit della chiesa. Se lecclesiologia/comunit ecclesiale non volesse essere ecumenica tradirebbe lidea stessa di chiesa delineato n qui: lecclesiologia attuale delle varie denominazioni di per s ecumenica. Bisogna sconggere il pregiudizio. Luoghi teologici di tipo antropologico La chiesa ha una contestualit spazio-temporale (continuum) che non si pu omettere. Temi-modelli-istituzioni sono nello spazio e tempo. Uno dei problemi della divisione delle chiese stato non essere pi capaci di percepire la soggettualit che di diritto ha ciascuna chiesa di elaborare modelli suoi: riconoscimento dellaltro (chiesa) come soggetto altrettanto autorevole come non lo sia la chiesa romana. Tempo-luogo-cultura: ci permettono di ridire la fede, con lassistenza dello Spirito (DV8). Da tutto questo insieme costruiamo lecclesiologia, la chiesa. -3-

Il trattato Quando nasce il trattato di ecclesiologia? Lo studio della chiesa non coevo allaccadimento ecclesiale. Il problema ecclesiologico insorge nel momento in cui la feudalit potente di cui si riveste listituzione ecclesiale provoca una rivolta che sta nel segno dei movimenti pauperistici. I cristiani diseredati, poveri, rinnegano questa chiesa ricca rivendicando un ritorno alla povert. Lecclesiologia nasce come giusticazione del potere papale contro il potere imperiale, sotto il diritto canonico. Ci sono stati libri composti dal XIV al XV secolo: opere apologetiche a favore del potere papale contro il conciliarismo e contro il regalismo (re > papa) per contrastare le eresie ecclesiologiche. Ancora per non si congurano come trattati teologici di ecclesiologia proprio per la loro natura teologica, che ci sar solo con la nascita della demonstratio cattolica, dopo la riforma protestante, perch la chiesa cattolica vuole dimostrare che essa lunica vera, santa e apostolica chiesa di Cristo. Importanti le denizioni di Roberto Benarmino e Pietro Cannizio che danno della chiesa: la chiesa una visibile raccolta (non problema di mistero, sacramento) di tutti i cristiani, essa una, nellunit, nel sommo Pontece, chiesa monarchica, assoluta; una e non due, sotto il Romano Pontece, chiesa visibile, palpabile. Il problema stato quello di dimostrare che i pastori sono legittimi e unici veri di Cristo: fuori della chiesa cattolico-romana non c salvezza, no alla ne del XIX secolo. Il CVI prova ad elaborare uno schema per il trattato, ma non ci riesce. 1.2 Mutamenti dellimmagine di chiesa e il divenire storico-dommatico Senza avere trattati, abbiamo dei modelli di riferimento (mutazione di architettura). Osserviamo la mutazione delledicio ecclesiale: dalla chiesa-comunione alle forme diverse di una chiesa che si presenta come imperatrix et domina, da una chiesa perseguitata ad una chiesa che diventa religione di Stato. Vi una dierenza tra chiesa elitaria (punta sulla conversione e cammino di fede prima del battesimo) e chiesa moltitudinista (tutti i bambini battezzati). La chiesa imperatrix et domina prende in prestito dallimpero tutte le sue insegne, lanello episcopale, etc.: abbiamo preso a piene mani tutto quello che ci veniva utile dal mondo ebraico e dal mondo pagano (insegne e poteri per le autorit della chiessa... vesti liturgiche... imperiali). stata la chiesa delle confessioni dopo il Concilio di Trento che dice di s una societas ierarchica iuridica inequalis (da persone che non hanno tutti i diritti uguali). Le mutazioni dellimmagine di chiesa corrispondono ai due grandi millenni: 1 - Primo millennio: momento dellautocomprendersi della chiesa, pacico, rasserenante, senza grossi problemi; 2 - Secondo millennio: momento dellinterrogarsi della chiesa sottoposta ad una critica forte ed erosiva da parte di chi contesta il suo appiattimento sulla struttura politica dellImpero Lo scisma dOriente passa innavvertito perch ormai lalienazione culturale dellambiente occidentale ha acquisito valenze tali che la chiesa non vive il dramma della separazione dallOriente. Non cos per quanto riguarda la Riforma protestante che viene avvertita come rottura dellunit religiosa, ma anche culturale dellEuropa. In questo contesto nasce lecclesiologia, nel senso della difesa, cio apologetico. Il CVI celebra il primato di giurisdizione nei confronti del primato del Pontece e mantiene la denizione di chiesa come stata elaborata dalla Controriforma e tradotta nelle forme proprie della modernit, cio una societ giuridica, gerarchica, ineguale. Inizier per tutto il secolo del 900 la trattazione della manualistica, nendo col considerare la chiesa dOccidente come lunica chiesa con un solo vescovo e tutti quanti sottoposti allautorit del Papa: situazione di disagio. La nascita dei movimenti laicali uno dei fenomeni innovatori del secolo XX unitamente al movimento liturgico. Nel CVII lecclesiologia si sviluppa fondamentalmente seguendo alcuni indirizzi fondamentali: 1 - Storico-giuridico-istituzionale: mantiene il concetto di societas come chiave interpretativa della realt della chiesa; -4-

2 - Sacramentale: al centro la riscoperta della chiesa sacramento ed evolve nella comprensione della chiesa come soggetto missionario; 3 - Pneumato-carismatico: mette al suo centro lo Spirito e i suoi doni; 4 - Ecumenico-missionario: in comune per certi versi con lindirizzo sacramentale ma caratterizzato da quella trasversalit richiesta dal doversi pensare la chiesa non vertendo dalla disunione ma nella tensione escatologica, ci che la chiesa compiutamente a ci che la chiesa come realt gi realizzata. Gli ultimi decenni del secolo XX presentano alcune novit: -ecclesiologia della chiesa locale: la riscoperta della chiesa locale come punto di partenza del dire la chiesa (nella met degli anni 80); -ecclesiologia sponsale: ritorno oltre le categorie proprie dellelaborazione conciliare ad una immagine di chiesa che consenta di mettere a protto lidea di comunione a partire dal concetto di liberazione (relazione e comunione, dialogia e amore); -ecclesiologia femminista: elabora la suggestione della cosiddetta ecclesia ton iudaicon la chiesa delle donne, chiesa improponibile, chiesa di fatto nel segno della inclusivit (non di soli uomini potenti e donne deboli, ma di soggetti umani uomini e donne ugualmente potenti o deboli) rispettosa del mistero della communio sanctorum; -via pulchritudinis: assunzione dellesperienza estetica come chiave interpretativa o metodologica della teologia. Il metodo della teologia non sempre lo stesso. Il metodo patristico fondamentalmente un metodo esperienziale-sapienziale. Lo studio sulla Parola non era nalizzato a se stesso, ma vissuto alla pienezza dellesperienza di fede. Una delle ragioni della crisi delle nostre comunit probabilmete stata proprio il divorzio tra il pensare la fede e il vivere la fede. Il testimone era il santo, il teologo era colui che dimostrava inconfutabilmente una verit di fede. Nel CVII vi una svolta e la troviamo concretamente nella Optatam Totius 16: punto di partenza del metodo teologico dopo il CVII. Queste disposizioni sono del tutto nuove per quel tempo. Centralit della Parola: la Scrittura lanima di tutta la teologia, fonte e sorgente: innanzitutto. Ci si appella alla storia del dogma (ecclesiologia) rapportata con la storia generale della chiesa (culturale), come la Scrittura rivestita di quel particolar linguaggio con cui stata scritta. Centratura cristocentrica (gi negli anni 50) e storico-salvica (novit). Il valore ancora vivo di questo metodo, che niente esclude ma mette in sinergia tutto quello che caratterizza la teologia come riessione su Dio fatta da soggetti umani che in un determinato contesto storico e in una determinata comunit credente rispondono e ripensano alla interpellanza che Dio ha rivolto ai loro padri e che nella mossa dello Spirito continua a rivolgere alle loro comunit e alle loro singole persone. Chiesa - corpo crismato - unzione - iniziazione cristiana - sintassi propria di questa azione sacramentale che ci costituisce e ci genera alla comunit ecclesiale. 1.3 Lautocomprendersi della comunit salvifica dallAT al NT: La prima forma dellautocomprendersi della comunit ci testimoniata dalla Scrittura stessa. C un autocomprendersi veterotestamentario (quasi improprio per la non presenza del Risorto, ma precede gi la chiesa dei credenti in Ges) che con le dedite variazioni caratterizza tutta la storia di Israele e un autocomprendersi neotestamentario che caratterizza il breve arco della comunit cristiana primitiva. Non c ununica ecclesiologia veterotestamentaria, n neotestamentaria, perch gli agiogra danno conto non soltanto del collocarsi temporale della comunit che testimonia, ma entrano in scena con la loro prospettiva (ecclesiologia di Matteo, Luca, Paolo, varie lettere... non quindi neotestamentaria). Anche le lettere hanno ciascuna una ecclesiologia diversa, la cui diversit ci testimonia che ciascuna di queste chiese ha un suo particolare ethos, una chiesa non uguale allaltra. In queste lettere vediamo che la soggettualit dei destinatari in qualche modo condiziona il discorso che Paolo articola, la visione di chiesa che lui elabora, anche se trovando delle continuit. -5-

Antico testamento Innanzitutto la LG ci richiama la necessit di attingere alla coscienza veterotestamentaria. La nostra radice la fede dIsraele ed lulivo buono sul quale viene innestato lolivastro che saremo noi, i gentili, i cristiani (dice Paolo). LG9 dice che Dio scelse di chiamare a s un suo popolo che compensasse il suo nome. La salvezza giudaica un tuttuno con la vocazione, la costituzione di un popolo. Nella vicenda di questo popolo il darsi a conoscere di Dio ne determina la identit: popolo del Dio che si rivela e con il quale stringe lalleanza. Lalleanza il patto che Dio stipula con il suo popolo (contesto culturale), bilaterale, cio che Dio solo stringe con il suo popolo, che conosce una storia molteplice caratterizzata da una vocazione, una risposta, un fraintendimento o venir meno alla risposta, un castigo e poi il perdono con la promessa di restaurare un nuovo patto con un nuovo rapporto del popolo dIsraele con Dio: la speranza dIsraele di una interiorizzazione del patto e della legge, che permette al popolo di restare nellalleanza senza incorrere nel peccato didolatria. Il popolo dellalleanza caratterizzato da un singolo rapporto con Dio, adato alla categoria teologica dellelezione. Israele un popolo eletto perch Dio lha scelto. Ci sono una serie di immagini attraverso le quali lelezione viene da parte di Dio. - vigna del Signore: quando c fermentazione, si suppone sempre una presenza dello Spirito; - gregge: il pastore cerca il suo gregge e ne ha cura; - glio: rapporto aettuoso-relazionale della paternit che Dio esercita nei confronti del popolo che si scelto - sposa (femminile): la nazione. Ci sono immagini strutturali in forza delle quali una determinata realt esiste, che acquistano valenza teologica per la struttura a cui ci riferiamo, ad esempio il tempio: immagine dove Dio inabita, anche Israele stesso dove Dio abita. Israele vive lalleanza in una doppia coscienza di s: 1 - popolo peregrinante che va dietro al suo Dio (comunit di nomadi con propria divinit..che li precedeva.. come lidea della tenda); 2 - comunit cultuale: popolo che si raduna e rende lode a Dio celebrando le azioni di Dio nella sua storia (assemblea del popolo: grande raduno e grande momento cultuale) = QAHAL: grande assemblea del deserto, quella della consegna della legge, con unesperienza epicletica, perch il popolo nel momento in cui si raduna rende le lodi a Dio e fa memoria delle sue azioni trasformato da Dio. Lincapacit del popolo di aderire alla legge comporta ad un certo punto da parte di Dio la promessa di un nuovo popolo, capace di stringere con Dio unalleanza nuova (parola profetica: Ger 31,31-34; Ez 36,24-28). C unevocazione simbolica del nuovo popolo, adata a due immagini che sono immagini teologiche, cio suggeriscono anche un carattere teologico: 1-Sion, Gerusalemme: personicazione di Israele, oggetto del lieto annunzio; 2-Regno di Dio: il Dio dIsraele un Dio potente, che regna, circondato da una corte divina: regna come sovrano del suo popolo (il re sempre come luogotenente di Dio, nella misura in cui lo seguir=benedizione, altrimenti=castigo). Il regno una forma accomodata, Dio sovrano e Re, ripresa poi allinizio del NT. Vi una dimensione decisionaria, sacramentale del popolo di Dio: Israele per i popoli, nella sua elezione manifesta alle genti che Dio lunico, e cos diventa in qualche modo mediatore della salvezza (funzione sacerdotale-profetica). Nuovo Testamento Fondazione della chiesa che parte dallannuncio di Ges, nel doppio contesto della Basileia tou Theou da lui annunciata e del popolo di Dio, dellAntica Alleanza, a cui questo annuncio diretto. Ges annuncia lapprossimarsi del Regno di Dio: appello alla conversione, accettazione delle nuove regole del regno, completamente altre che no ad allora furono elaborate (ripresa nuovamente). I destinatari dellannuncio sono i popoli dellantica alleanza, al popolo di Israele, invitato alla conversione. Accanto allannuncio di Ges c la formazione della comunit messianica, con la cerchia larga dei discepoli, la cerchia ristretta dei Dodici, che costituiscono i seguaci del Rabb itinerante. Soprattutto i Dodici saranno i testimoni dellevento messianico (soggettualit di Ges come annunciatore del regno, sua passione, morte e -6-

risurrezione), sono coloro che obbediscono alla regola testimoniale in senso storico-esperienziale che va dalla teofania al Giordano no allapparizione di lui risorto. Il numero dodici rientra nelle dinamiche sociologiche del piccolo gruppo - corsie preferenziali - Ges non sempre insieme a tutti (nascono gelosie) - Pietro il portavoce dei Dodici, che ha ricevuto uno speciale potere, che tutti e dodici ricevono - v anche un senso teologico del nuoero 12. Riguardo il discorso della formazione della comunit messianica non una questione semplice. La fondazione, quindi il principio della chiesa fondata nellannuncio, formata dalla primitiva comunit messianica, ha quale sua contestualit la Pasqua o la Pentecoste. Parlare di fondazione signica parlare del mettere in circolo tutti gli elementi teologici per la chiesa. La chiesa nasce dallinterezza dellevento-Cristo (tutta la globalit), inseparabile dalla presenza dello Spirito (permette di comprendere levento-Cristo). Leucaristia prolessi del mistero pasquale, anticipazione di tale mistero. Vi sono 2 gesti di cui si nutre la comunit: 1-battesimo per la conversione; 2-eucaristia: pane e vino in sua memoria. Nella lettura giovannea, che unica gli eventi, tutto si compie nel rendere di Ges lo Spirito al Padre (Gv 19 e 20). Nel contesto della scansione storico-salvica e nella dilatazione del tempo che proprio di Luca noi abbiamo levento della Pasqua e le apparizioni del Risorto e la discesa dello Spirito pentecostale: il Cristo risorto eonde lo Spirito; la Pasqua del Cristo da sola non compie levento della nascita della chiesa, ma deve essere sigillata dalleusione del suo Spirito. La chiesa nasce dllannuncio, dalla Parola, dal kerygma, che possiede una forza dirompente (es. giovane ricco). La chiesa nascente ha una sua vita, che si presenta secondo una triplice scansione: -parola che genera la fede (senza lannuncio non nasce la fede); -battesimo di Spirito e di fuoco; -triplice o quadruplice fedelt. La comunit cristiana nella sua dinamica missionaria, dovunque si porti e sia, ripropone una triplice corrente di fedelt: alla parola apostolica, a corretti rapporti al suo interno, ai gesti con i quali il Signore Ges si consegnato ai suoi: -vita liturgico-sacramentale; -koinonia o vita comunitaria; -annuncio gi percepito nel suo aspetto normativo di parola mediata dagli apostoli (At 2,42-46). La vita della chiesa nascente nel segno della parola annunciata e nel segno del battesimo che originaramente un tuttuno con il dono dello Spirito, soprattutto a conclusione che la comunit vive nella koinoinia partecipando insieme alla preghiera, ascoltando la parola apostolica e crescendo in essa, vivendo in armonia e cordialit, tanto che tutti possono gioire della qualit di vissuto che essi testimoniano. Quadruplice fedelt perch la comunit delle origini nel segno dellannuncio, fedelt alla parola, e nel segno della comunione, dal punto di vista dei rapprti allinterno, nel segno della testimonianza, tutti rendevano grazie a Dio per quello che vedevano compiersi in essi, e nel segno della preghiera comune e della lode = tutto in At 2,42-46. La chiesa nasce dallevento-Cristo nella sua globalit, con lazione dello Spirito. Il kerygma di Ges : il regno di Dio viene, gi venuto, e verr. Il kerygma della comunit primitiva : se tu professi che Ges il Signore sarai salvo. Grazie al fatto che Ges ha annunciato il Regno di Dio, risorto, i suoi lo hanno annunciato. La chiesa comunit di discepoli che crede di aver incontrato colui che la potenza di Dio ha ripetuto alla vita (loro lo hanno visto, udito e toccato), noi lo sappiamo solo attraverso il riferirsi delle varie comunit nel succedersi. -7-

Schematizzazione della prospettiva paolina Paolo si presenta come interlocutore della comunit e avanza una sua teologia, riconducibile alla sua esperienza del Risorto, che un tuttuno con la chiesa cristiana che perseguita: chiave per Paolo per capire lidentit tra Ges di Nazaret - il Cristo - la comunit ecclesiale. Paolo diventa annunciatore. Vede la chiesa come corpo, con molte membra che tutte ricevono un particolare dono, lo Spirito (le Lettere di Paolo presentano una ecclesiologia del corpo di Cristo). Le lettere della prigionia presentano altre 3 categorie: -convincimento di Cristo, capo del corpo che la chiesa; -allinterno di questo campo vi sono 2 metafore ecclesiologiche: chiesa-tempio e chiesa-sposa. Ef 2,18-22: Non vi solo la metafora del tempio, altrimenti rimane piatta la visione, ma la metafora della sposa consente a Paolo di ipotizzare che Cristo ponga di fronte a s come un Dio altro da s la realt della chiesa come realt capace di dialogare con lui, di corrispondergli, e di tradirlo. una realta con cui si pu dialogare col proprio Signore= realt relazionale. Prospettive redazionali Abbiamo ecclesiologie neotestamentarie, non solo una (nessuna in Marco). Infatti ogni comunit avr diversi tipi di ecclesiologia: molteplicit di schemi. - Matteo: 3 problemi: 1-centralit di Israele: chi il vero Israele, lautentico? e chi lincredulo? 2-struttura della chiesa gi articolata: si parla di proto-cattolicesimo, Mt presenta caratteristiche gi cattoliche, attento alla soggettualit dei pastori; lunico dove troviamo il termine ecclesia mou, fondare la sua chiesa riferito a Pietro (Mt 18). Si nota una struttura gerarchica della chiesa: Pietro a capo della chiesa e i 12 come categoria fondante (centralit del ministero); colui che ha pi punti di contatto con la linea di sviluppo, no ad oggi: in Mt tutti ricevono il potere da Cristo...(feudalismo). 3-predicazione del regno: aspetto fondamentale in Mt: Ges parte dallannuncio del regno dei cieli. - Luca: altre caratteristiche: La fondamentale quella storico-salvica. Luca ha fortissima la percezione del tempo, della salvezza, giunto alla sua compiutezza, tempo nel quale agisce lo Spirito e viene proclamata denitivamente la parola della salvezza. Centralit di Gerusalemme: meta del viaggio di Ges di Nazaret annunciando il regno di Dio. una lettura piena di pneumatismo: tema della chiesa con lo Spirito del Risorto, dove la parola di Ges viene proclamata e annunciata. In Lc il ministero il termine ultimo di una catena che parte dal dono catalizzato dalla presenza della fede in Cristo. La chiesa creatura dello Spirito; la visione storico-salvico di Luca d il primato allo Spirito, che precede o informa qualunque forma di vita della comunit (apostoli, ministero, in questa visione pneumatologica). Luca probabilmente individua gi un clero o un ministero celibatario per scelta, alle esigenze del regno (eunuchi per il regno dei cieli). Vangelo e Atti di Luca vanno letti nella loro totalit: un quadro enormemente stimolante: lecclesiogenesi appare nel suo immediato legame allo Spirito (negli Atti vi sono 2 pentecosti). Luca colui che identica i 12 agli apostoli, ora testimoni dellevento-Cristo nella sua totalit, esperienza apostolica originariamente carismatica. In At 1troviamo: tempo della chiesa=tempo dello Spirito. - Paolo Fondamentalmente con 3 poli, un processo personale suo di acquisizione del discorso. Esperienza di Damasco, si unisce nella chiesa, riceve pieno titolo di apostolo, in modo carismatico. La scansione del pensiero paolino avviene in 2 tappe, in una elaborazione delle sue lettere con gli esiti ecclesiologici che hanno. -8-

- Giovanni Per Gv la chiesa la schiera dei credenti; predomina un orizzonte di fede, tensione al discepolato, allapostolato. Problema non di autorit, ma di un vissuto profondo con il Cristo (rimanere in me) - parabola della vite e tralci: legame e rapporto organico tra colui che la vera vite e coloro che vengono resi partecipi della sua vita ed esistenza: mondo di interiorit, di rapporto, con costruzione pi interiore che esteriore. Anche per Gv esiste una struttura ecclesiale ed articolazione sacramentale, in modo tematico diverso; come un reportage non tanto della vicenda, quanto della fede elaborata dalla comunit, che interpreta gli eventi che vive. La prospettiva interiore che anima il vangelo di Gv pi prossima al mondo culturale delle donne, che hanno tempo e spazio diversa rispetto a quella delluomo. Vi una serie di modelli tutte femminili che annunciano i contenuti. Importante il tema dellunit dellunica chiesa, con una serie di metafore nel senso di unit, dinamica, quale partecipazione al rapporto privilegiato che Ges ha con il Padre; promessa di unit di perseguire alla verit tutta intera adata allo Spirito..idea di unit mistica della chiesa, di condizioni di vissuto. Altro tema: rapporto chiesa-mondo, nei discorsi di addio Ges dice che non venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo. Strutture ecclesiali, apostolato, servizio petrino ma in un contesto post-pasquale, in un lo di intimit, condivisione profonda, non di potere, di adamento a Pietro della comunit che nasce dopo la Pasqua (Pietro, mi ami tu? Pasci le mie pecorelle). 2. Struttura della chiesa 2.1 Categorie appositive 2.1.1 La chiesa mistero-sacramento un categoria che oggi ritorna, una delle tante categorie del CVII che a parole stata recepita, ma non a parole. Non si pu prescindere dal signicato di sacramento. Siamo allinterno della struttura della chiesa: la struttura intende designare le forze vitali, pneumatologiche, che consentono di essere alla chiesa ci che ; si avvale di 4 locuzioni che hanno talune valore metaforico, altre no, ma non le usa come metafore ma in senso categoriale, cio puntando alla dinamica vitale pneumatologica che essa comporta. La prima delle categorie non unallegoria/metafora, bens unespressione che troviamo nel NT, e anche nellAT. Essa al cuore dellautocomprendersi della chiesa nellentrare a farne parte (a questo disegno di Dio). Questioni preliminari: Nozione di sacramento/i e di mistero/i nella nostra tradizione di fede: si pone laccento dal singolare al plurale. Viviamo ogni giorno i sacramenti, leucaristia. Non vi unesatta corrispondenza tra mistero/i e sacramento/i. Questultimo suggerisce nelle lingue europee aspetti diversi, due ordini di concetti, livelli semantici diversi:verit di fede inaccessibili alla ragione, tali che la ragione non li trova da sola, ma li riceve da una fede informata; il sacramento vede nella sua identit e modalit celebrativa. Oggi abbiamo una valenza del termine mistero che nelle lingue europee sfocia col misterioso, impenetrabile, dicile a capire, dove il discorso del mistero di fede non ha pi un punto di contatto. La lettura del mysterion-dei, come fatto intrinsecamente teologico, cio evento che interpella la nostra ragione, ponendoci di fronte ad un contenuto di rivelazione, non soltanto qualcosa che professiamo, ma anche qualcosa che celebriamo (= eleborazione di fede). Possiamo andare allorigine di questo lessico, nella comunit cristiana, che avviene nel pieno orire delle religioni misteriche. Esse assumevano una vicenda mitica e determinati indici simbolici di questa mistica per, partecipandone, assumere e conseguire la salvezza. La categoria di mistero chiama in causa la mediatezza o immediatezza del conoscere, quindi evoca le dinamiche comunicative della conoscenza (mistero=universo comunicativo di carattere antropologico, sociologico): ci mette di fronte al rapporto che intercorre tra lesperienza, la riessione sullesperienza, la narrazione e la concettualizzazione della medesima. -9-

Il mistero ha una pienezza di senso, attraverso il segno che esprime il sacramento: questo avviene coerentemente alla costituzione antropologica delluomo; non potremo parlare di sacramento se non fossimo esseri umani costitutivamente creati ad immagine e somiglianza di Dio e perci tali da mettere in atto la gura dellanalogia da appellare ad una dialogia uomo-uomo (discorso simbolico attraverso segni). Costituzione sacramentale equivale a costituzione antropologica, se cos non fosse non potremmo comunicare attraverso i segni. La dinamica del segno comporta sempre una dinamica di tipo sacramentale-misterico. Il termine mysterion nellAT NellAT, secondo la Bibbia greca (diaspora - koin) compare il termine mysterion in Dan 2,18-; 2,27-; 2,47 e in Sap 6,22-23. Nel pensare mysterion (myein: esprime la interdizione religiosa alla parola, gesto della indizione del silenzio) sono presenti nel linguaggio semitico due tipi di termini, traduzioni: laramaico rz e lebraico sd. Luso di questi termini non ha mai un contesto profano, ma una valenza religiosa. Mistero appartiene al linguaggio di rivelazione, ha sempre un connotato religioso; indica infatti i segreti di Dio, le cose nascoste relative alla salvezza; in senso stretto mistero il disegno salvico di Dio. Si potrebbe dire che il mistero loggetto (Dio parla e ci comunica il suo mistero di salvezza, Eb 1). Il libro di Daniele ha anit con Is 41,21-28, dove il profeta mostra il percorso di Israele nella storia come conseguente al disegno divino rivelato dalla parola dei profeti: certezza che alla ne dei tempi il popolo sar salvato. La trama in Daniele riguarda le visioni di Nabucodonosor, che gli indovini di corte non riescono ad interpretare. Daniele viene portato davanti al re e dice: Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non pu essere spiegato n da saggi, n da astrologi, n da maghi o indovini, ma c un Dio in cielo che svela i misteri, ed Egli ha rivelato al re Nabucodonosor ci che avverr al nire dei giorni. Ecco dunque i tuoi sogni... riguardanti al futuro. Se a me stato concesso di saper interpretare questi sogni ... perch ne sia data la spiegazione al Re... il vostro Dio il rivelatore dei misteri. Dio solo colui che rivela i misteri, perch Lui solo li conosce, e questi misteri riguardano eventi escatologici. Ricollocati nella prospettiva di Israele, una fedelt quindi di Dio alla sua parola, il mistero riguarda la storia, il disegno di Dio come va svolgendosi: interdipendenza tra il termine mysterion e latto di autocomunicazione di Dio (suo rivelarsi). Daniele diventa il tramite di questa rivelazione (il profeta). Identicamente nel libro della Sapienza al capitolo 6,22 esporr che cos la sapienza e come essa nacque, non vi terr nascosto i suoi decreti, seguir le sue tracce n dallorigine, metter in luce la sua conoscenza, non mi allontaner dalla verit... I segreti della sapienza sono ancora una volta il mistero salvico. Il mistero della sapienza che viene rivelato tuttuno con il disegno di Dio n dalle origini (sapienza architetto). C una grande dierenza con i misteri pagani, condannati nello stesso libro della sapienza. Questi hanno uno specchio riduttivo dei destinatari (iniziazione ristretta), mentre nel mistero della sapienza tutti sono i destinatari del mistero di Dio. Si trova mysterion anche nelle cosiddette apocalissi, testi prevalentemente apocri, in esse il segreto/mistero rivelazione escatologica del disegno di Dio. Non c una rivelazione esoterica (solo in pochi), per entrare a far parte della conoscenza del mistero comporta una iniziazione... e comunque nessuno escluso dalla possibilit di godere della rivelazione del mistero, ma una volta immesso in esso io sono iniziato, almeno per via conoscitiva, al mistero. Il mistero comporta sempre un aspetto gnoseologico, dimensione fondamentale del mistero. Il termine mysterion nel NT Nei vangeli il termine mistero risulta una sola volta. In Mc e Lc: a voi dato di conoscere i misteri/o del regno di Dio Mc 4,11 (contesto della spiegazione al gruppo dei discepoli che hanno chiesto a Ges della parabola del seminatore uscito a seminare). Laspetto gnoseologico quindi in stretta continuit. Ma qui abbiamo una oggettivazione del mistero: non - 10 -

pi genericamente il segreto, il disegno di Dio nascosto, ma il mistero del regno di Dio. Contesto preferenziale-elettivo: a tutti Ges ha parlato in parabole, solo ai suoi spiega il signicato della parabola: comunicazione di conoscenza, gratuit e privilegio dellessere partecipi a questa conoscenza (come in Dn che non tutti vengono introdotti). La venuta di Ges, il suo agire costituiscono un segreto, qualcosa di nascosto, opera di Dio rivelata ai suoi e poi a tutti. Cos il regno di Dio ha la valenza del mistero del disegno come nellAT: rivelarsi salvico di Dio = comunicazione e conoscenza che riguarda la vita intima di Dio, progetto di Dio che si fa conoscere al suo popolo. Il segreto del Regno dei Cieli che tocca il disegno di Dio e la persona di Ges ci riportano a contestualit che evocano lalleanza (dimensione interpersonale, colloquiale, conviviale, rapporto privilegiato) e le modalit del patto che Dio ha stretto con il suo popolo. Il mistero non un segreto qualsiasi ma il segreto salvico, il disegno di Dio per la salvezza delluomo e del mondo. Il termine mysterion in Paolo Abbiamo una ricorrenza molto pi larga del termine mistero. Paolo svela che il mistero si manifesta progressivamente (tappe della rivelazione del mistero). 1-mistero nascosto: stadio originario - fase di nascondimento: relativo alla sapienza. In 1Cor 2,6-8 parliamo s di sapienza, ma di una sapienza che non di questo mondo, divina, misteriosa, nascosta e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria... nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla.. altrimenti non avrebbero crocisso il Signore della gloria. 2-mistero rivelato: fase di noticazione: notica adata soprattutto alla dossologia conclusiva della Lettera ai Romani (Rm 16,25-27 a Colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio di Ges Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli, ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche... a tutte le genti perch obbediscano alla fede..). C stato un segreto nascosto, ora c un segreto rivelato: il messaggio di Ges, annunciato mediante le scritture dei profeti, rivelato ora a tutte le genti perch obbediscano alla fede. ora il mistero il Signore della gloria. 3-partecipazione a questo mistero: a questo mistero prendono parte anche quelli che credono in Lui: Col 1,2428. Paolo lieto delle soerenze che sore, perch con esse completa nella carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo della chiesa. Paolo divenuto ministro secondo la missione ricevuta da Dio, cio realizzare il mistero ora manifestato. Ef 1,3-10: il mistero si estende a tutti gli uomini e a tutto il mondo perch scopo di Dio quello di ricapitolare ogni cosa in Cristo Signore benedetto sia Dio... ci ha fatto conoscere il mistero della sua volont, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito, per realizzarlo nella pienezza dei tempi... cio di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle sulla terra : ricapitolazione del cosmo e umanit sotto un unico capo = mistero. Lettere della prigionia: linguaggio della rivelazione, verbi tecnici della rivelazione, mistero con destinatari la comunit, le sue membra, i suoi ministri e soggetti. La propagazione missionaria diventa indicativa dello sviluppo della rivelazione del mistero: adato a verbi che indicano la crescita. La chiesa luogo e strumento della rivelazione, partecipazione del mistero, soprattutto in Ef 3,10-11 perch si manifestata ora nel cielo per mezzo della chiesa ai principati e alle potest, la multiforme sapienza di Dio secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Ges nostro Signore..: il mistero di conoscenza che Dio ore alluomo e che luomo accoglie. in corrispondenza con lApocalisse: nel giorno in cui il settimo angelo far udire la sua voce e suoner la tromba, allora si compir il mistero di Dio come egli ha annunciato ai suoi tempi e ai profeti Ap 10,7. Il mistero ha un contenuto teologico: non un mistero nel senso dellessenza di Dio. Il mistero ha una dimensione cristologica: il contenuto del mistero Cristo crocisso e risorto, la ricapitolazione cosmica, nel risorto, di ogni cosa, e ci a partire dalla risurrezione di Cristo. Cristo impersona il mistero. C quindi una corrispondenza tra il mistero di Cristo e il mistero della chiesa. Cristo associa intimamente a s la chiesa nel suo mistero, che ha una dimensione non solo teologica ma anche antropologica, perch luomo capace di accogliere il mistero. - 11 -

Il mistero non si esaurisce, pur ricercandolo nella Scrittura ovunque, rimane sempre un po al di l di quello che noi riusciamo a concettualizzare/identifcare. Il mistero evoca quindi una realt mai pienamente compiuta, mai interamente manifesta, e con la conoscenza vi sar sempre una possibilit di interpretazione, ulteriore sda, oltre il contenuto del mistero. una categoria estremamente complessa, che teologicamente chiama in causa diverse dimensioni e fondamentalmente si iscrive in un processo comunicativo. Il termine mysterion in et patristica Luso che ne fanno i Padri intenso, e in essi vediamo come la categoria muta senso e acquista un nuovo senso teologico. Tale categoria muta durante lo sviluppo del dogma. Tanto in greco quanto in latino, mistero e il suo equivalente, sacramento, verranno usati non per indicare un discorso globale, ma per indicare i riti della iniziazione cristiana: da mysterion a mysteria, i misteri saranno i riti di iniziazione. In latino saranno due termini che traducono mysterion: - misterium, che acquisisce pian piano la valenza della realt misteriosa, inaferrabile, incomprensibile con i nostri strumenti di conoscenza; - sacramentum, che identica un rito della chiesa, attraverso il quale, mettendo insieme segni e parole nella memoria di Cristo, ecacemente si dovrebbe viverne il mistero. (In realt si perder subito questa valenza cos forte e coinvolgente, e parole e segni saranno quasi assimilati ad una formula magica e produrranno la grazia: perso quindi il processo ecclesiogenetico, nascere alla chiesa attraverso i sacramenti; perso il senso pneumatologico, in forza dello Spirito che il sacramento diventa ecace; perso lo stesso vissuto cristico, nellautomatismo quasi di questa grazia che il tesserino che mi consente di accedere ai beni futuri: grazia vissuta in una dimensione piatta). Il mistero per i primi Padri: denizione che dice il mistero come il disegno divino di salvezza che si compie in Cristo dopo essere stato rivelato progressivamente nella storia e la cui ecacia annunciata e signicata nella comunit ecclesiale, no a quando essa non giunga alla sua pienezza, e si compir la ricapitolazione in Cristo di ogni cosa. Nel II e III secolo col termine di mysterion ci si riferisce al battesimo ed eucaristia nel loro aspetto di iniziazione: permettono al credente di entrare nel circolo del disegno salvico di Dio: entrare e vivere nel mistero. Ma tale termine pian piano comincia a rimpicciolirsi. Contemporaneamente il fenomeno dei misteri pagani ha il suo massimo sviluppo. Essi rispondono culturalmente al bisogno diuso di salvezza. Il problema di salvezza per la koin culturale dei primi secoli dellera cristiana si scioglieva nella domanda di vita oltre la morte: ricerca di una certezza che garantisce la sopravvivenza = la vita continua. I misteri dicono ritualmente e per via di iniziazione selettiva la partecipazione alla vicenda di un giovane dio che morto risorge. Rivivendo ritualmente lesperienza di dio, il credente pensa di assicurarsi limmortalit (culto del dio persiano Mitra, dio Iside e Osiride, Dea Cibele..). La vera svolta il Cristianesimo lha avuta quando Clemente Alessandrino si rivolto al suo popolo usando il linguaggio dei misteri, ha evangelizzato le genti usando questo lessico, facendosi quindi capire, dandogli un senso assolutamente nuovo. Una lettura razionalista del cristianesimo secolarizzante ha pensato di ridurre il cristianesimo ad uno dei tanti misteri che orirono tra il I secolo aC e il III secolo; anche ipotizzato che il cristianesimo fosse succedaneo delle religioni misteriche..i teologi studiosi hanno fatto le loro ricerche, soprattutto allepoca del cosiddetto ritorno alle fonti un esponente della cosiddetta teologia kerigmatica, Hugo Rahner, fratello di Karl, ha elaborato una teoria abbastanza soddisfacente circa il rapporto cristianesimo-misteri. Secondo lui le tendenze e i tentativi sarebbero fondalmentalmente tre: 1-Loisy: teorizz la dipendenza del mistero cristiano dai misteri pagani 2-Casel: teoria della ripresentazione del mistero 3-H.Raher: indipendenza del mistero cristiano dai misteri - 12 -

1-Dipendenza: i cristiani non si sono inventati niente, ma sono succubi di quello che era la ritualit circostante (culto di Mitra: sangue e banchetto). 2-Ripresentazione dei misteri: come nel rito pagano, partecipando ritualmente alla vicenda della divinit il credente si assicura limmortalit, cos nel mistero cristiano non pi in base al mito, ma in base ad una memoria storico-salvica i cristiani ripresentano il misterium-dei. I sacramenti cristiani sarebbero la ripresentazione/ rappresentazione del mistero, ora morte e risurrezione del Signore (sacramento=mistero). Sacramenti=misteri, ovvero presenza divina sotto il velo dei simboli. I sacramenti sono quindi nuovi misteri. Tra i misteri pagani e i misteri cristiani in realt abbiamo dei punti di contatto: diversa fondamentale per quanto attiene lazione in s, ma punti di contatto dal punto di vista della mesa in atto rituale. 3-Adattamento: quando il cristianesimo fa proprio il linguaggio misterico, in realt i misteri come fenomeno religioso-culturale sono gi arrivati alla ne (epoca tardiva). La dipendenza quindi non sul piano della derivazione, ma sul piano delladattamento (Clemente Alessandrino). Le analogie con i misteri pagani sono di tipo letterarie, non toccato il mistero cristiano e i suoi sacramenti, lessenziale non il mito ma la partecipazione-comunione: evento di grazia. Il mistero cristiano non separabile dalla ritualit come costante di tipo antropologico (bisogno delluomo di esprimersi): banchetto pasquale: partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo. Se da una parte la comunit cristiana sente il bisogno di aermare che non abbiamo bisogno di sacrici (Rm12,1), vero che cera coevo al cristianesimo,cera anche quella pratica ebraica quotidiana che riversava sulle cose la lode di Dio benedicendo il suo nome e le creature e il creato (eucaristia-berakah). Il sacricio cristiano anche oerta logica, benedizione di Dio, ma anche assunzione della storia della salvezza, dei suoi eventi attraverso i gesti che lo caratterizzano nel segno della storia. Quindi dallincrocio di queste istanze anche mitiche, dallincrocio della tradizione ebraica nascono e si organizzano i riti propriamente cristiani, che acquistano nella tradizione cristiana il termine di mysterion e poi in latino saranno interpretati a partire dal concetto di sacramento. Passaggio dal mysterion greco al sacramentum latino Dalla idea onnicomprensiva del mistero salvico passiamo ad un rito non compreso nella sua forza dinamica e sciolto dal legame eccesiale. Sacramentum probabilmente un termine precedente a Tertulliano, dalla radice sacer: sacramentum era il giuramento di fedelt allimpero prestato dalle truppe; in questo giuramento vi era unazione sacra, unazione iniziatica con la quale si entrava nella milizia (mutamento di condizione civica = miles, membro delle truppe romane). Quando i cristiani usarono il termine per designare il mysterion, gi riferito ai riti di iniziazione cristiana, ne sottolinearono laspetto iniziatico, in forza del quale compiendo quel rito ci si aggregava al corpo ecclesiale. Agostino d una denizione e nella Scolastica ve ne linterpretazione: partendo dallidea agostiniana che il sacramento segno di cosa sacra, hanno cominciato a vivisezionare la res sacramentum e le altre res, no a far perderne della nozione la valenza onnicomprensiva dal punto di vista storico-salvico. Il sacramento veniva cos vissuto del tutto scisso dal mistero storico-salvico ed ecclesiale. Partendo dal principio che in Cristo distinguiamo: il corpo storico (di carne), il corpo vero (cristiani uniti a lui nelleucaristia), il corpo mistico (eucaristia stessa). Questo, punto di partenza diventato nel medioevo corpo mistico riferito alla chiesa e corpo vero riferito alleucaristia. La comunit dei Padri vedeva nel corpo ecclesiale il corpo vero (Giovanni Crisostomo). Il Concilio di Trento assume la denizione di sacramento riferita ai sette segni come segno ecace della grazia (non c pi bisogno di una referenzialit ecclesiale, minimamente per un fatto di tradizione rimane). Si parla s di sacramenti della chiesa, ma un modulo dove non c pi la sostanza della iniziazione alla chiesa o del corpo ecclesiale. C la perdita di contestualit ecclesiologica, ma anche pneumatologica, nellaermare che i sacramenti sono segni ecaci della grazia (grazia medievale = gratia Christi, secondo il modulo detto cristomonismo, una grazia verticale; grazia come azione dello Spirito Santo nella visione odierna, oppure - 13 -

patristica). [La teologia latina non concitatio dei, ma nasce come apparato molto prossimo a ci che sar lapologetica, sotto gli auspici del canone e della norma che non spirituale, sapienziale; questa teologia Scolastica senza coordinate trinitarie e pneumatologiche: grazia a prescindere dallo Spirito Santo.] A Trento quindi abbiamo una codicazione, che il settenario (non naturalezza del discorso spirituale, ma rottura tra levento sacralizzato e la mia vita interiore per altre strade). La separazione tra mistica e pensiero nasce proprio in questi contesti. Tutto ci era in contestazione col mondo evangelico dei protestanti (unico sacramento del battesimo). Verso la riflessione teologica contemporanea Un autore positivo scolastico, Luigi Tommartino, entra in contatto con la mistagogia orientale, vedendo la locuzione di sacramento riferita alla chiesa, seppur in modo minimo. La teologia romantica lo far proprio, sia in chiave protestante, sia in chiave cattolica, con diverse personalit (Kunn, Mehler, Osvald); tra loro Shreben nella seconda met avanzata del secolo XIX legge nella sua valenza ecclesiale leucaristia. Essi contestano lilluminismo e il suo ridurre la religione ad un espediente attraverso il quale controllare le coscienze, contro questo uso strumentale dellesperienza religiosa: cercano di dare al discorso cristiano una diversa valenza. Tutto questo negli anni del secolo XX, tra le due guerre, mette in moto una nuova riessione, riessione cristocentrica, dove il discorso ecclesiologico viene a partire dal tema del corpo di Cristo. Alcuni giovani teologi, tra cui Rahner, Skillebeks, accompagnati da alcuni biblisti e anche liturgisti. Skillebeks scrive i sacramenti, luoghi di incontro con Dio: nuova visione della teologia sacramentaria verso lorigine: io, ricevendo il sacramento entro nella storia della salvezza in prima persona: si attivano per me le modalit dialogiche con il Dio che mi salva e mi indirizza. Il sacramento il luogo dellincontro, nel quale possibile il dialogo tra luomo e Dio. I sacramenti sono momenti forti che segnano linizio e ingresso in questo circolo grazioso, e mi accompagnano e mi sorreggono in esso. Lazione di Skillebeks, la produzione di Rahner e di Senehrot apre un dibattito che orir negli anni del Concilio ed quello relativo al sacramento originario/fondamentale: il paradigma di ogni sacramentalit Cristo stesso nella sua incarnazione (LG 8): analogia tra il mistero del Verbo e il mistero della chiesa. Nel Concilio Vaticano II con il SC 5 si aerma, citando Agostino (anche in Cipriano), che parla della chiesa come unitatis sacramentum (LG 26). La sacramentalit della chiesa adata allanalogia allincarnazione (-Mehler). Luso della categoria di sacramento in SC non suscit perplessit nei Padri, perch lespressione Ecclesia mirabile sacramentum apparteneva alla eucologia (nella veglia pasquale, nella editio tipica III del messale romano, nella orazione dopo la settima orazione ..guardare con occhio propizio al sacramento che la chiesa e dunque di lasciare che essa operi la salvezza secondo il disegno stesso di Dio. Ancora oggi vi lespressione mirabile sacramentum nella orazione dopo la comunione di una delle messe votive per la chiesa. Allincipit della LG: La chiesa in Cristo come un sacramento.. suscit confusione, perch il popolo dei fedeli lo recepivano come lottavo sacramento. Il sacramento al tempo stesso la modalit in forza della quale noi comunichiamo con Dio e comunichiamo tra noi stessi esseri umani (dimensione antropologica del sacramento: soggetto umano come soggetto costitutivamente dialogico, comunica, attraverso il linguaggio, con tutto ci con cui si accompagna: simboli, segni...). La chiesa il luogo mediante il quale viene comunicata la salvezza, attraverso una ossatura visibile, tramite del mistero invisibile. La chiesa continua il mistero del Verbo eterno di Dio che si rende accessibile alluomo e lo salva assumendone la carne (sacramento del Verbo)...... attraverso la parola, che si fa carne. Finalmente il termine sacramento viene usato per indicare il sacramento dellumanit. Cristo sacramento primordiale/fondamentale, le cui accezioni derivate vengono dette della chiesa, la quale non la radice della sacramentalit, ma il luogo della mediazione della sacramentalit; la chiesa ripropone levento Cristo, sacramento primordiale (LG 8): la chiesa appare nella sua analogia a Cristo e alla sua sacramentalit; la chiesa in tutto ci che visibile, rispetta la sintassi della incarnazione. - 14 -

Dopo il CVII c stata la dicolt di percepire la sacramentalit della chiesa. Il problema stato quello di privilegiare altre categorie, il timore di perdere lecclesiologia nella sacramentaria, concepita in un certo modo, ma anche non si capito che sacramento e missione erano i due poli dello stesso discorso. Importanza della categoria di sacramento in relazione alla struttura della chiesa: Principio sacramentale di Agostino: valenza di rendere percepibile attraverso una formula la dinamica soprannaturale che regge la fenomenologia sacramentale e il senso di svelare lazione sacramentale nella sua forza comunicativa e dialogica (si unisce la parola allelemento: ed ecco il sacramento, Verbo fatto visibile). La celebrazione del sacramento nella quale la parola (nella sua valenza interpretativa del segno) unendosi allelemento sensibile (acqua, olio..) comporta la attuazione del sacramento, ossia il farsi visibile del Verbo. Il sacramento la Parola eterna che si rende per noi visibile attraverso i segni. Io, uomo, posso capire questa dinamica, perch questa dinamica aonda le sue radice nella indola comunicativa e simbolica dellessere umano (che comunica attraverso le parole, espressione di ci che esprime). Linterpretazione del principio sacramentale lo troviamo anche in Leone Magno, nel considerare i misteria Christi tutti quanti ripropositivi di una ecacia sacramentale. Il mistero sempre uno: partecipare alla morte e risurrezione del Signore, legato ad una molteciplicit di segni. I termini di mistero-sacramento sono termini che non si corrispondono per intero. C al loro interno un punto di partenza e un punto di arrivo (misteria Christi, manifestazione salvica del Cristo nella carne, che tendono per luomo alla gloria, doxa, incontro ultimo e denitivo con Dio: dinamica tra apparire e senso ultimo). La mediazione nella condizione escatologica non avr pi ragione dessere, non ci saranno pi sacramenti perch non avremo pi bisogno di una strumentalit comunicativa, ma avremo limmanenza delle coscienze le une nelle altre (vedere Dio faccia a faccia: in S.Paolo). La dinamica mysterion-sacramento pu essere ancora scandita secondo altre polarit: - din. globalizzante: da questo mondo fruiamo di cose parziali tendendo verso linterezza, dal segno al signicato, dallapparire verso ci che sta al cuore, dal molteciple del frammento allunit della comprensione. Il sacramento ci suggerisce una dinamica di globalit, totalit nel senso della onnicomprensione. - din. polare: tutta la nostra esistenza nel segno della polarit. La prima esperienza degli uomini e donne quella della sessuazione perch si maschi e femmine: tutto luniverso viene letto per coppie antagoniste (alto/basso, caldo/freddo, umido/secco...). Si tratta di una correlazione unitiva, di portare lumano nel divino e divinizzarlo, il visibile nellinvisibile e viceversa. La dinamica sacramentale dal punto di vista ecclesiologico ci mette di fronte a questo desiderio di Dio che va alla ricerca di uomo e delluomo che va alla ricerca di Dio: il mondo del visibile che bussa al mondo invisibile e viceversa. - din. di tipo escatologico: il sacramento anticipa perch lazione che noi celebriamo ha una computezza di senso che va al di l della contingenza nella quale lazione viene compiuta, ma questa contingenza anticipa e tende e indica la consumazione escatologica. Nel sacramento io celebro una compiutezza che in realt di l, da venire, perch soltanto nella condizione escatologica la din. polare, la din. globalizzante, avranno la loro denitiva superazione. La nozione di sacramento una nozione funzionale al frattempo, e investe non soltanto i sacramenti, come azioni singole del corpo ecclesiale, ma investe la chiesa nella compiutezza di ciascuna delle sue membra (LG 9: il popolo di Dio il portatore del sacramento di salvezza, il popolo messianico). La sacramentalit della chiesa adata a ciascuno di noi perch ciascuno deve mettere in atto quelle dinamiche e quella consapevolezza che consentono alla chiesa di essere veramente segno dellunione con Dio e dellunit di tutto il genere umano. Sacramentalit - tende alla - Missione. Rapporto parola-sacramento: la parola celebrata essa stessa sacramento, perch nel suo accadimento evoca tutte le dinamiche comunicative proprie del sacramento. Non c quindi una chiesa della parola e una chiesa del sacramento, ma una chiesa allinterno della quale il sacramento parola noticata, evidenziata. - 15 -

2.1.2 La chiesa popolo di Dio Nella Sacra Scrittura la 1Pt 2,9-10 la magna charta del popolo di Dio, il suo statuto fondamentale. Lespressione laos tou Theou una delle espressioni presente ripetutamente nel NT e che meglio esprime la identit dei salvati in Cristo Ges. Nel contesto della storia si lungamente parlato e i Padri hanno coniato una bella espressione che vede il continuum del popolo di Dio dallAT al NT (continuit stretta tra i protagonisti della storia dellantico popolo e quelli del nuovo popolo di Dio). Il popolo di cui parliamo in riferimento alla chiesa non caratterizzato da lingua, struttura e diritto, ma da una coscienza religiosa (propria identit). Noi siamo debitori culturalmente alla storia dellacquisizione del concetto di popolo. Ci che connota la chiesa la lettura teologica della sua identit di popolo di Dio. Il popolo di Dio nellAT LG 9 aprendo il capitolo De populo Dei dice che Dio non scelse di salvare luomo nella sua individualit, ma scelse un popolo consacrato al suo nome. Tutta la storia della salvezza del segno di questo disegno di Dio di avere un popolo a s riservato. Gi in Gn 1-2 c il progetto di Dio di dar vita ad una comunit di uomini e donne. Cresce il disegno di Dio della salvezza per luomo per questo popolo votato al suo nome. Peccato ribellarsi al progetto di Dio, agendo e sostituendosi a Dio (torre di Babele). Il piano di Dio di dar vita ad un popolo nel quale la Babele sia dissolta e risolta. Tale risoluzione la troveremo in At 9 nella Pentecoste. Il concetto di popolo di Dio si intreccia fortemente con il concetto di alleanza, patto che Dio ha stipulato con Israele. Il patto ci viene presentato attraverso moltecipli gure e protagonisti. Abbiamo, nella storia del popolo dIsraele, le diverse gurazioni dellalleanza, del patto che Dio stabilisce con i patriarchi no alluscita dallEgitto sotto la guida di Mos, Aronne e Miriam verso la Terra promessa gi ad Abramo. Lalleanza con Abramo fondamentale: In Abramo saranno benedette tutte le famiglie della terra: la scelta di Dio di avere un popolo riservato al suo nome che si concretizza nella vicenda di Abramo e del popolo che ne verr, una vicenda emblematica e paradigmatica: Dio non odia gli altri popoli, ma fa del popolo che si scelto un manifesto della sua identit e del suo nome nel confronto degli altri popoli. Israele non esiste per s come popolo, ma per essere un popolo per i popoli, e notica il mistero dellamore di Dio, della sua misericordia e della sua elezione. Gn 12-14. Dio chiede un segno (circoncisione) che dice il riconoscimento della sovranit di Dio e la sottomissione di Israele a Dio. Presa di coscienza di Israele come popolo di Dio (liberazione dalla schiavit dellEgitto, manifestazione di Dio a Mos): Es 3,7-10 conosco le soerenze del mio popolo... lo condurr verso un paese dove scorre latte e miele. Es 6,2-8 Io sono il Signore, Dio di Abramo... ho stabilito unalleanza... Dopo lesodo, con il canto del mar Rosso Israele ha la consapevolezza di essere stato salvato e liberato. Israele, nel contesto della memoria della pasqua, costruisce la sua identit, cio quella di locuzioni similari del popolo di Dio (federazione delle dodici trib, che si costruisce come simmachia, cio patto di guerra rivolto alla difesa di un santuario, e come amzionia, patto di pace, di mutuo soccorso). La simmachia e lamzionia determinano quello che la grande polarit tra Israele e le genti. Questo problema dellidentit di Israele fa s che Israele attorno al santuario viva quel processo di unicazione religioso-culturale dato dallavere una medesima lingua, legge e cultura: a partire da un concetto teologico, un popolo che segue il suo Dio. Nellesperienza di Israele c il convincimento di un incontro con un Dio personale che si iscrive nella cornice culturale propria di una cultura nomade: proprio a partire da questo Dio che Israele costruisce la sua identit religiosa, politica e culturale. Testo emblematico per costituzione del popolo di Dio: Es 19,5-6 se voi vorrete ascoltare la mia voce, custodirete la mia alleanza, sarete per me la propriet tra tutti i popoli, sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa; Lv 26, 9-11.13a mi volger a voi, vi render fecondi, vi moltiplicher, confermer la mia alleanza con voi.. camminer in mezzo a voi, io sar il vostro Dio e voi sarete il mio popolo. Io sono il Signore vostro Dio; - 16 -

Dt 7,6-12, profetio dei del popolo di Israele che spiega il motivo per cui Dio si scelto questo popolo perch attraverso di lui venisse gloricato il suo nome. Israele avr sempre memoria del patto stipulato al Sinai, dellazione potente con cui Dio lo ha tratto dalla terra di Egitto: interiorizzazione teologica della categoria di popolo di Dio, legata alla gura di Israele come santuario di Dio, dove lui presente. La categoria dellalleanza chiamer come consequenziale un atteggiamento di amore duciale nei confronti di Dio, risposta allamore forte e tenace di Dio per il suo popolo. Il luogo dove Israele fa esperienza dellecacia del memoriale degli eventi del passato e della salvezza da Dio donata si trova nel raduno cultuale. Lassemblea di Israele ci presenta gi in atto le dinamiche anamnetche (per commemorare quanto Dio ha operato nella storia-liturgia), dossologiche (rende lodi a Dio per le sue meraviglie-amen), epiclettiche (si sa trasformata dalla presenza di Dio, sperimentando la cancellazione del peccato dalla misericordia di Dio) della nostra comunit: santicazione del popolo (Es 19,6). Ci che caratterizza il popolo di Dio il fatto che ad ogni gura di alleanza, di peccato, come risposta a questa alleanza Dio torna nuovamente a riproporre un patto, con qualit sempre crescente. Lultima gura del patto quella legata alle parole di Geremia ed Ezechiele che, di fronte alle dicolt di Israele di seguire la legge partendo dal proprio cuore e mente, Dio promette di mettere dentro di loro un cuore di carne (Ger: verranno giorni nei quali concluder unalleanza nuova, porr la mia legge nel loro animo, la iscriver nel loro cuore, sar il loro Dio ed essi il mio popolo; Ez 36,28: dar loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo, toglier dal loro petto il cuore di pietra e dar loro un cuore di carne perch seguano i miei decreti e osservino le mie leggi). Queste ultime promesse di alleanza garantiscono un forte prendersi a cuore da parte di Dio della debolezza del suo poppolo, da condurlo dal di dentro quasi attraverso una sorta di presenza interiore di lui e del suo spirito sicch Israele possa veramente osservare lalleanza promessa (nuova alleanza - NT). Il popolo di Dio nel NT La nozione che troviamo ed sinonimo del termine ecclesia, la vediamo sempre come citazione dellAT. Lattesa dellalleanza nuova che caratterizza il gruppo religioso tra il I sec aC e dC giustica questa appropriazione. Israele vive non solo il meccanismo di chiamata, mancata risposta, castigo, nuova alleanza..ma anche lessere il resto santo, coloro che scampano dal castigo di Dio, in circostanze diverse. Al di l della sopravvivenza di un gruppo, santo sar detto il resto a partire dallatteggiamento interiore, elite religioso-spirituale che non viene mai meno allidea della fedelt a Dio. nellepoca neotestamentaria resto santo saranno i cosiddetti poveri del Signore (anawim). C un problema di oggettiva assunzione di espressioni che lAT usa per il popolo dellantica alleanza e che la comunit cristiana applica a se stessa considerandosi il popolo della Nuova Alleanza. Vi una dierenza che mentre popolo di Dio Israele nella sua dialettica con le genti, popolo di Dio dei cristiani (chiesa) aperto a tutti i popoli, anzi in At 15 durante il concilio di gerusalemme ci sar unapertura verso i gentili che volevano convertirsi. Vi era per il problema del come comportarsi con essi (con metodo antico o nuovo). Giacomo citando Am 9,11-12 (Dio ha deciso di scegliere tra i pagani un popolo consacrato al suo nome). Il nuovo popolo di Dio pi costituito da gentili che non da ebrei: una comunit che costituisce lolivastro che si innesta nellolivo buono (Eb). Molti furono i problemi di incastro. Il popolo di Dio in Paolo In Ef 2,11-19: unico testo dove sono messi insieme i titoli ecclesiologici di popolo di Dio e di corpo di Cristo, molto espressivo attraverso il quale i due popoli diventano uno: Ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo; ora invece, in Cristo Ges, voi che eravate i lontani siete diventati i vicini, grazie al sangue di Cristo: egli infatti nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione, cio linimicizia, e annullando per mezzo della sua carne la legge, per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo facendo pace, per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo della croce, distruggendo in se stesso linimicizia... Cristo Ges diventa ponte, lelemento di legame e fa dei due popoli un tempo - 17 -

assolutaente separati nello stesso vissuto. La morte salvica di Cristo apre alla mescolanza dei due in uno. La chiesa appartiene a questa realt nuova in Cristo Ges, e il sangue di Cristo e la sua croce costituisce dei due popoli uno. Il nuovo popolo di Dio non si comprende se non nella continuit/discontinuit allevento Cristo. Cos come c un problema tra Cristo e la chiesa, cos anche nel rapporto Cristo e Israele: latteggiarsi di Ges quello di Israelita ortodosso il quale fa suo lo stilema profetico della condanna a quella interpretazione della legge che risulta assolutamente formale senza nessun coinvolgimento interiore (atteggiamento come i profeti). Daltra parte Ges si presenta sempre come mandato alle pecore perdute della casa di Israele. Rm 9,24-26: Israele glio della promessa, Dio non ha ripudiato il suo popolo. Israele secondo la carne e secondo lo Spirito non necessariamente sono la stessa cosa. Rm 11,2; Rm 9,6-9: non tutti i discendenti di Israele sono Israele.. Il termine ecclesia, popolo di Dio, viene riferito a un certo punto soltanto ai credenti in Cristo. La chiesa diventa il vero Israele, o lIsraele credente, mentre lIsraele incredulo diventa il giudaismo. I cristiani da questo momento trasferiscono a s tutti gli epitteti solenni veterotestamentari: si dicono propriet di Dio (1Pt 2,9b), si dicono gli di Dio in (Gal 3,26), si indirizzano a lui chiamandolo Padre (Gal 4,6a), applicano a se stessi la santit e la giustizia che erano dellantico popolo, si considerano distinti dagli altri popoli a ragione del nuovo sigillo (nuova circoncisione=battesimo), il nuovo popolo aperto agli altri popoli, animato dallo Spirito, tempio di Dio, creatura nuova, popolo peregrinante (Eb), nelle sue singole membra in Cristo Ges. 1Pt 2,9-10: antica omelia battesimale, attribuita a Pietro per dargli rilevanza: designa la dinamica costitutiva del nuovo popolo stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi per essere impiegati come pietre vive per orire sacrici spirituali graditi a Dio per mezzo di Ges Cristo (= metafora costruttiva delledicio e delle pietre vive, anche in Ef 2,18-)...... voi che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio... Stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto sono espressioni di Es 19,6 di ui si approprier il testo di Ap 1,6.5,10: popolo regale, popolo santo, acquistato. Is 43,20 nei LXX il profeta chiama Israele mio genere eletto, mio popolo che mi sono acquistato per narrare le mie opere gloriose = discorso non solo di elezione, ma anche di destinazione del popolo di Dio. Os 1,6-9. 2,3-25 un testo drammatico in cui lespressione non popolo mio e non-amata riceve un capovolgimento in popolo mio e amata. Il testo della 1Pt veramente fondativo della libert cristiana e della dignit del popolo di Dio, regale sacerdotale e profetico. Si tratta di applicare tutte queste espresioni forti dellAT nalizzate allidentit del popolo nuovo, che, come lantico, stirpe eletta, come lantico, regale sacerdozio, nazione santa, popolo che Dio si acquistato. Come lantico popolo era chiamato a testimoniare la salvezza in lui ponderata da Dio, cos il nuovo popolo, che testimonia anchesso questo passaggio dalle tenebre alla luce, chiamato a testimoniarlo. Diventa popolo di Dio quello che un tempo era non-popolo. Vicenda del tema del popolo di Dio nellarco della storia della teologia e dellecclesiologia Dapprima gli apologisti fanno uso dellespressione popolo di Dio citando lAT o nel NT. Immediatamente dopo Ireneo vi sono espressioni che cominciano a dicare la pienezza di senso e globalit della categoria di popolo di Dio. Nel III e IV secolo ci saranno valenze di tale termine nella sua globalit, ma con la pesantezza socio-culturale del termine popolo o plebs in latino equivalente ( gens senatoriale): non pi il tutto viene considerato, un concetto globale, ma solo parziale. Un termine molto usato adelfoi (fratelli). Ma il termine fraternit cede ben presto alla polarit tra plebs (popolo) e prepositus (chi lo comanda). Cos si inserisce il termine di laicos (da laos), ma con valenza oppositiva nellazione liturgica tra chi la compie e chi sta a guardare. In Cipriano laicos sinonimo di populus (comunit tutta intera). Per la prima volta nel 96 dC in epoca ancora neotestamentaria nella Lettera ai Corinzi attribuita a Clemente Romano. Egli dice ..i laici sono legati attraverso particolari ai laici. Tale lettera testimonia un lavoro molto vivace. Laicos verr tradotto con plebeius: passo divaricante. Cleros non nasce come elemento di distinzione, ma signica porzione di eredit (Israele): tutto il popolo di Dio cleros. Diverr un termine per indicare un gruppo. DISCIPLINA ARCANI (nuovi elementi entrati non dal giudaismo). Non si ha pi banchetto memoriale del darsi per noi del Signore, ma entra una ritualit che comporter lalienarsi del popolo e clero nel pubblico - 18 -

culto. Il papato che verr ad aversi, in lotta contro i barbari e ai livelli dello Stato, legger come antagonista il laicato (regno, imperatore, i potenti). Scontro tra chierci e laici come scontri tra la chiesa e il futuro Stato/Impero. Di tutto questo paga il prezzo il popolo di Dio, non pi considerato come interlocutore, ma come massa informe passiva che denite da Graziano nel 1140 Duo sunt genera christianorum, luno legato al servizio di Dio...costituito dai chierici, laltro il genere dei cristiani cui appartengono i laici, ai quali consentito possedere beni temporali solo per bisogni, sposarsi, coltivare la terra..difendersi, depositare le oerte e pagare le decime... 1122 Concordato di Worms: vittoria della chiesa sullimpero. La nascita del cosiddetto spirito laico (apice e rinascita nellIlluminismo e modernit) ha la sua apparizione nei primi secoli del II millennio e comporta la nascita di nuove forme di potere politico, come della civilt comunale.. Popolo di Dio nella testimonianza liturgica La perdita della categoria di popolo non stata totale, perch paradossalmente c un luogo che mantiene il termine popolo nella sua valenza originaria, che , oltre la parola proclamata, la preghiera liturgica. La liturgia, per la sua arcaicit, mantiene senza alterarla la sua identit nativa di funzione del popolo, il servizio del popolo di Dio, il raduno del popolo di Dio (usando lespressione noi, ecclesiale). Soggetto dellassemblea il popolo di Dio nella sua interezza. Canone I - Romano: molto antico, grazie alla ssit del rito che lo ha mantenuto integro, trann qualche intervento, mantiene integra la sua ecclesiologia, dinamica, preghiera del popolo sacerdotale. Oriamo a te (riferimento al popolo nella sua globalit)...: popolo concelebrante, ingloba tutti i membri del corpo ecclesiale (presenti e assenti, santi... quindi la communio sanctorum). Questa oerta dunque del nostro servizio, ma anche di tutta intera la tua famiglia (comunit eccesiale)... noi tuoi servi, ma anche insieme con tutto il tuo popolo santo. Questo ma anche mette in evidenza la polarit tra il ministro dellassemblea e il popolo di Dio. Il servizio sacerdotale (oerta a Dio) di tutto il popolo di Dio. La valenza del noi liturgico-espressiva della soggettualit del popolo di Dio concelebrante la ritroviamo identica anche nelle altre anafore della ritualit occidentale. Popolo di Dio nella ecclesiologia del XX secolo Se attraverso la liturgia rinnovata possiamo cogliere questi aspetti perch il secolo XX stato caratterizzato da una ricerca piena della categoria di popolo di Dio, soprattutto nella sua identit storico-salvica (grazie al ritorno alle fonti bibliche). A ridenire la chiesa popolo di Dio fu un canonista (tedesco), Mozdorf, non un teologo sistematico, dicendo che il termine popolo era il pi adatto per esprimere lidentit della chiesa: il nuovo popolo di DIo che vive in ordine gerarchico per realizzare il regno di Dio sulla terra, nella V riedizione di un celebre manuale di diritto canonico scritto da E.Heidman. Populus prima era diventato cetus, congregatio, ma era prevalso il termine societas (perfecta et inequalis), morte del concetto di popolo di Dio. Negli anni 30 Ancar Vonier e Gerard von Ran avevano messo a tema il popolo di Dio. Altri contributi esegetici seguirono sul popolo di Dio, anche se Pio XII nella Mystici Corporis non sceglie la categoria di popolo di Dio per denire la chiesa, ma sceglie la categoria di corpo di Cristo. Ma sar una categoria vincente, per il suo entroterra storico-salvico, nellAT e NT. Dopo il CVII la ricerca esegetica che si intensica, si intreccia anche con la ricerca sistematica e patristica. Il teologo che prima e dopo i CVII impersona di pi la ricerca relativa al popolo di Dio Ives Congar Per una teologia del laicato (1947). Un popolo messianico: raccolta di contenuti diversi (1972). Declina pi di ogni altro lo statuto regale, sacerdotale e profetico del popolo di Dio nella prospettiva dei laici, e soprattutto modula lintuizione di LG 9, che ha dato vita ad uno dei nuovi prefazi della riforma. Del popolo di Dio ha dimostrato il valore storico, il valore antropologico, ecumenico, dialogico. Conclude con lidea del popolo messianico e il concetto di popolo di Dio nel segno della libert. - 19 -

Importante limplicazione tra la mutazione socio-culturale e la riacquisizione del concetto di popolo di Dio dal punto di vista teologico. (Mai ci troviamo di fronte a categorie teologiche pure. Sempre nella riacquisizione anche di quelle che appaiono come categorie bibliche interferisce la mutazione socio-culturale.) La nozione sociologica di popolo di Dio cos come stata elaborata dal percorso democratico dalla ne del secolo XVIII no allinizio del secolo XX, indubbiamente sta dietro la riacquisizione del concetto di popolo di Dio. Ma il concetto teologico di popolo di Dio non coincide col concetto sociologico di popolo di Dio. Il nostro problema di vigilare tra la dipendenza e lautonomia dei due concetti tra loro: nella forza di questa autonomia e tuttavia di dipendenza che il Concilio completa il percorso riacquistendo alla grande il concetto di popolo di Dio (LG 9). Questo popolo un popolo che risulta da tutti i popoli (ipotizzando cos unumanit planetaria che riconosce Cristo come Messia e Signore e si riconosce come comunit e popolo dei salvati = utopia dal punto di vista sociologico). Il disegno di Dio, secondo la nostra fede, quello della scelta di un popolo consacrato al suo nome, noticato dalleusione dello Spirito, comunit, popolo di Dio, dei credenti in Cristo Ges (1Pt 2,9-10). Questo popolo caratterizzato da uno statuto di grazia e di libert, veramente popolo messianico, veramente portatore del sacramento universale di salvezza. Per una teologia del popolo di Dio Parlare di popolo di Dio vuol dire fondamentalente appellare alla essenziale uguaglianza dei battezzati. Il concetto di popolo rivendica a monte una radice comune originaria. Israele ha trovato questa radice comune originaria proprio nel riconoscimento di Dio come il Dio compagno del suo popolo, ha stretto un patto con lui, lo ha avvertito presente nella sua storia salvica. Questo ha costituito lelemento fondativo dellesser popolo. Ora il battesimo costituisce lelemento accumunante, previo, quello che ci sigilla: battesimo come essere sigillati nel nome di Ges, morendo e risorgendo con lui. non si pu parlare di chiesa prescindendo da questo fatto. Ci nonostante in LG 10 si parla di diversit di ministeri inquadrati in una determinata struttura gerarchica, ma ci un dato oggettivo, perch diversa la grazia sacramentale tra i vari fedeli in Cristo. Anche ammettendo che c una dierenza veramente radicale tra il popolo dei semplici battezzati e i sui ministri rimane il fatto che nessuno pu essere ministro se prima non battezzato. Senza battesimo non c esistenza cristiana., non si membri del popolo di Dio. La dierenziazione dei ministeri e compiti nella chiesa qualcosa di succedaneo ed conseguente al dono (Relatio doctrinalis che accompagna la presentazione in aula del capitolo primo di LG). Altrettanto importante lindole peregrinante della chiesa. La categoria di popolo di Dio, per natura sua, appella ad un incedere, perch oltre al nomadismo (origine nomade tribale del popolo dIsraele) c il problema della consapevolezza che la chiesa ha di essere un popolo che qui non ha la sua denitiva dimora. La chiesa realt che vive nel frattempo (inter tempora): il tempo della chiesa quello che ci separa dallascensione del Signore Ges al suo ritorno glorioso. Non pensabile la nostra esperienza al di fuori dellincedere nel tempo come incedere nella storia: tutti siamo in cammino. Storicit signica cambiamento di paradigma, di conoscimento del limite, quindi accettazione del condursi della chiesa nella storia con la possibilit anche dellerrore e fraintendimento. Indole regale, sacerdotale e profetica del popolo di Dio Tale indole fa riferimento alliniziazione cristiana e al carisma ministero fondamentale ad essa connesso. Lantico Israele ha conosciuto al suo interno regalit, sacerdozio e profezia come strutture di mediazione salvica cio come strumenti, anche istituzionali, attraverso i quali il popolo stato da Re e sacerdoti condotto a realizzare la sua identit teologica. C nellantico popolo il desiderio, lutopia di un popolo tutto di sacerdoti, tutto di profeti, tutto di re. Il luogo emblematico di questa tensione (ad essere tutto il popolo sacramento di salvezza) vi nellepisodio di Nm 11: Mos ha ricevuto da Dio il comando di scegliere 70 tra gli anziani, i quali iniziano a profetizzare nel recinto della tenda. Ne mancano tre che profetizzano fuori della tenda. Giosu va da Mos e gli dice come possibile che profetizzano fuori. Mos risponde: venisse il giorno in cui tutti profetizzano in Israele. Es 19,6 re e sacerdoti. Il re sempre un mediatore in Israele, una regalit derivata (da Dio). C un sacerdozio abbastanza articolato in Israele (Aronne e altri). La tensione ad essere regno e sacerdoti - 20 -

tutti indistintamente. Il popolo di Dio un popolo regale-sacerdotale e profetico perch in lui si realizza quanto la 1Pt 2,9-10 aerma: un popolo chiamato alla profezia, battesimale (non carismatica), che soprattutto di tipo testimoniale; un popolo che partecipa della messianicit di Cristo, re, sacerdote e profeta, colui nel quale la linea della mediazione salvica ha la sua concentrazione. A partire da lui, chiamati cristiani (=unto), i credenti partecipano della sua regalit, sacerdozio e profezia (LG 10-11): il popolo di Dio appare soggetto dellazione cultuale, delloerta unitamente al sacerdote, appare attivo nel vissuto della sua esperienza sacramentale (connotazione sacerdotale del popolo in quanto battezzato). LG 34-35-36 presentano a grandi linee lo statuo profetico, sacerdotale e regale dei laici, cio dei semplici battezzati. Il popolo di Dio tutto un popolo di re, sacedoti e profeti. Il CVII sceglie questo schema interpretativo, anche se non a tutti fu gradito. Decisivo stato lintervento di Ives Congar con il suo Per una teologia del laicato nella quale mostra, in un tempo in cui non se ne parlava, la soggettualit profetica, sacerdotale e regale dei laici nel corso della storia della chiesa. Se il popolo di Dio popolo di re, sacerdoti e profeti, altrettanto importanti sono i cosiddetti gradi di appartenenza. La LG ipotizza il popolo di Dio come un popolo multiforme, allinterno del quale ciascuno porta agli altri le sue peculiarit come dono (LG 13). Parlare di gradi di appartenenza dice il senso con cui la chiesa guarda e rispetta le realt altre che stanno al di fuori. Nessuno escluso dalla progettualit del popolo di Dio. Certamente nel cuore di tutte le culture c la ricerca di Dio, quale che sia il suo nome... i problemi nascono quando santit, martirio, profezia sono presenti fuori dai nostri conni. Non appartengono solo ai cristiani. Indole missionaria (LG 17) Il popolo di Dio un popolo che obbligato a portare agli altri lannuncio della salvezza, perch crede in essa come suo connotato costitutivo e la deve testimoniare. Purtroppo, nella storia, la vicenda missionaria si intrecciata con fenomeni che sono stati quelli dellespansione dellOccidente. Dal secolo XVI al XVIII c stata anche la colonizzazione con risvolti negativi. Oggi il problema della missione va ripensato: un problema della permanente realt missionaria della chiesa (missionaria costitutivamente: Guai a me se non evangelizzo). Nativamente essa comunit testimoniale: se c comunit c missione. Una chiesa ripiegata su di s destinata a morire. Lecclesiologia di Ad gentes forse anche pi avanzata di LG 17, proprio perch ha alle spalle tutta unelaborazione ..della mutazione del paradigma ecclesiologico. Se la chiesa comunione, altrettanto missionaria. Infallibilit del popolo di Dio Uno degli aspetti fondamentali, che declinano la profezia comune, cio il diritto-dovere nativo di ricevere la parola, metabolizzarla e testimoniarla, e dunque dessere riconosciuti attivi nel dire la fede, riguarda quella che chiamiamo teologicamente la infallibilit del popolo di Dio. In senso stretto si tratta di infallibilit. Realtivamente alla verit i soggetti ecclesiali si distinguono per competenza, il competente per antonomasia il Romano Pontece quando proferisce ex catedra (quando solennemente denisce qualcosa relativo alla fede e alla morale). Il testo del CVI dice che il Papa gode di quella infallibilit di cui Cristo volle fosse dotata la sua chiesa: linfallibilit appartiene alla chiesa in quanto tale, e le forme attraverso cui si esercita sono quella comunitaria e globale del consensus o sensus dei e quella della infallibilit ponticia. Quando cio su un tema di fede o di morale luniversalit dei fedeli aerma qualche cosa, il popolo di Dio nella sua interezza infallibile. Non si tratta di una infallibilit disorganica, perch il testo dice: lultimo dei battezzati e il primo dei vescovi, il sensus dei tocca lultimo che ha ricevuto il battesimo e il pi importante tra i vescovi, cio il corpo ecclesiale nella sua interezza. Questa teoria aermata e provata (nella storia vinto momenti di oscurit e dicolt, come nel III sec. leresia mariana fu vinta dal popolo..i vescovi erano con Ario). Fu proprio E. Newmann, grande cardinale inglese, ad aver dimostrato e difeso la soggettualit del popolo di Dio. Purtroppo questa soggettualit viene spesso negata, riconoscendo che ci sono problemi dicili di identicazione del sensus dei, ma listituzione talora galoppa il sensus dei, talora lo ignora. Teologia del laicato Una teologia del laicato come mostra la vicenda conciliare una teologia fondativa di ci che comune a tutti su cui poi germina la vocazione specica di ognuno, che per alcuni si traduce in una ministerialit legata ad un - 21 -

sacramento, im altri no, ma dice sempre germinazione di qualcosa che comune a tutti quanti. Purtroppo non sono stati ancora elaborati termini che ci consentano di uscire fuori dalla contradditoriet del vissuto ecclesiale. Noi citiamo ed usiamo i termini di clerico, laico e religioso in mancanza di termini migliori. per poterli oltrepassare bisognerebbe veramente cambiare paradigma non solo verbalmente, ma anche come mentalit, e riconoscere che il popolo di Dio strutturato a partire dal dono e dalla sua traduzione in servizio. Vi anche un problema della cosiddetta laicit: laico diventato un termine che designa il non religioso, anzi addirittura anticlericale. Dovremmo parlare quindi di laicalit (come caratterizzazione del laos) e non laicit (che sta fuori). Anche religioso, che oggi diventato consacrato, unaltra categoria che oggi dicile da classicare: la vita religiosa al suo nascere sempre un fenomeno laicale, i movimenti religiosi nascono sempre in un orizzonte del battesimo, anzi spesso sono contestazione della clericalit e delle forme istituzionali. Rimangono ancora circolanti i nomi sociologici di laici, chierici e religiosi assolutamente insoddisfacenti e inadeguati ad esprimere il mistero, mentre rimane per quanto riguarda il popolo di Dio dei semplici battezzati la sda ad elaborare una loro autonomia in seno al corpo ecclesiale. in fondo la dierenza tra un religioso, chierico e un laico (secondo Militello) nella categoria di mancipatio/emancipatio: il chierico e il religioso, nella nostra articolazione di per s rinunciano alla propria libert e si escludono in una catena obbedienziale, di obbedienza totale, mentre il laico rimane colui il quale di fronte al vivere quotidiano si auto determina senza bisogno di appellare a qualcuno che operi in sua vece il discernimento. La sda teologica della laicalit nei confronti dela chiesa intera dovrebbe essere quella di invitare ad una condizione autenticamente adulta (giocare la propria vita dautonomia). 2.1.3 La chiesa corpo di Cristo La coscienza della chiesa ad esser corpo stata mantenuta a ragione della metafora sociale che il corpo stesso rappresenta. Lidea del corpo sociale, di corpo nel senso cosmico (Platone, Stoicismo), ritorna no al medioevo; lo stesso concetto di societas (elaborato poi dal XVI secolo in poi) mantiene in qualche modo lidea di una connessione necessaria interna che limmagine del coirpo sorregge e giustica. Lecclesiologia romantica riproporr il concetto di corpo nella suggestione dellorganismo (tuttuno organico) e poi Pio XII ne far la lettura pi aggiornata della chiesa prima del CVII proponendo la chiesa come corpo mistico di Cristo nella lettera omonima Mystici corporis. Il CVII allinterno del I capitolo della LG dedica i numeri 7 (6/8). Il grande concetto teologico che fornisce la chiave di comprensione dIsraele quella di popolo di Dio (e alleanza). Corpo come tale non appartiene alla sedimentazione veterotestamentaria. Il concetto piuttosto legato allellenismo che non alla tradizione ebraica. Per Paolo, nella sua condizione di ebreo ellenista, respirando la tradizione ebraica e la tradizione della diaspora con i suoi sincretismi, si avvale poi della categoria di corpo di Cristo: una delle pi feconde per identicare e mostrare in atto il mistero della chiesa. Dietro lidea della chiesa corpo sta lantropologia biblica, cio linterpretazione che del termine corpo viene data nellAT e nel NT, occorre quindi cosa sta dietro la concezione delluomo nella Scrittura. Luomo biblico percepito secondo una visione olistica (universale), che non divide luomo tra parti e opposte o contrapposte, ma legge luomo declinandolo perch la fenomenologia dellesistente obbliga la declinazione del soggetto umano ma assume queste destinazioni come visioni prospettiche, chiavi di appoggio. Luomo biblico fondamentalmente: 1 - Basar: dice la creaturalit del soggetto umano, la sua prossimit al cosmo, alla materia (Adamo) 2 - Nefe: dice la dimensione per la quale luomo un essere vivente 3 - Ruah: dice il soo, il sigillo ultimo (che aprirebbe il soggetto umano alla trascendenza) Tali termini non hanno nessuna tensione oopositiva tra di loro, ma punti di vista diversi con il quale io leggo il soggetto umano. Se li leggo nella mia materialit, sono Basar; se li colgo nella mia qualit di soggeto animale, sto legendoli nella prospettiva della Nefe; se li leggo nella prospettiva della mia identit teomorfa, dela mia prossimit a Dio, allora indico luomo con il termine Ruah. Ma per il mondo greco avr: soma/sarx, psych e pneuma. Sono categorie antinomiche. Lantinomia delle antinomie quella che oppone la sarx al pneuma (Paolo), la sarx alla psych (Platone, corpo carcere dellanima). - 22 -

Per luomo biblico non bastano basar, nefes e ruah, ci sono anche altre categorie che ne dicono la comprensione: cuore (leb), centro e sede dei sentimenti, vitale. Luomo biblico visto quindi secondo una visione olistica, globale, che lo dice nella sua totalit. Quando Paolo traduce in greco i termini ebraici di basar, nefes e ruah usa: 1 - Soma/sarx (basar) 2 - Psych (nefe) 3 - Pneuma (ruah) Ma i termini hanno per chi li ascolta non il senso arcaico della lingua enraica, ma il senso proprio della lingua greca. Sono i problemi della inculturazione. Tradurre sempre anche un tradire. Paolo usa sarx e soma: soma dice il corpo nella sua organicit, strutturazione di membra che convergono insieme al benessere del corpo; sarx dice invece la carne nella sua immediatezza, la sua pesantezza (diventa un indice antinomico a quella che sarebbe invece la leggerezza dello Spirito). Gi il fatto di ricorrere a due termini per esprimere lunico vocabolo del mondo ebraico dice una dicolt traspositiva. Inoltre basar dice la carne nella sua immediatezza esperita: difatti la negativit della carne diventa invece chiave interpretativa al positivo dellimpatto corporeo tra Cristo e la chiesa in Ef 5 (Cristo nutre e cura la sua propria carne, sarx). Quindi non si pu dare a sarx una connotazione unilateralmente negativa (ma anche positiva). Anche nel prologo di Giovanni troviamo lespressione kai o logos sarx egheneto dove sarx pu anche signicare il passaggio dalla condizione di preesistenza alla condizione di esistenza corporea, per senza la presenza di Cristo nella carne non ci sarebbe redenzione, e quindi salvezza. Non si pu quindi esasperare lantinomia retorica tra spirito e carne cos come in alcuni luoghi paolini. Il problema per del passsaggio dal soggetto umano al soggetto plurimo, collettivo che la chiesa: categoria del corpo (soma, che lo esprime nella sua organicit). Da dove a Paolo arriva tale concetto riferito alla comunit? Ci potrebbe essere la cultura ellenistica, ma in realt dietro c la categoria veterotestamentaria del grande-io. Il grande-io una categoria identicata dagli antropologi per riassumere in uno lethos di un popolo: il principio che attraversa un popolo stesso e che ne dice la continuit diacronica e sincronica. Si parla anche di personalit corporativa, quella a partire dalla quale nelle comunit che noi chiamiamo primitive, essere scomunicati voleva dire morire. La personalit corporativa opera nella Scrittura per gure emblematiche che ne costituiscono il principio reale e per gure emblematiche che ne dicono concentrazione e di nuovo punto di partenza. Figura di concentrazione Abramo, ma anche il misterioso Figlio delluomo, o servo del Signore di cui parla Isaia. Sono gure la cui valenza multipla fa s che esse possano rappresentare la comunit, sore per il peccato della comunit e ottenere la grazia per la comunit: in Abramo sono benedetti tutti i popoli (Abramo solo uno e il glio uno..), cos il servo del Signore del Deutero-Isaia colui che sore per i peccati di tutto intero il popolo (come pu un singolo essere luomo dei dolori, colui che sore per tutti se non allinterno di questa connessione io-tu che si concentra nella Scrittura), cos lapocalittico Figlio delluomo di Daniele. La gura di concentrazione, il nostro grande-io per giustidicare le parole di Paolo e la sua teologia della chiesa come corpo evidenzia la funzione di Ges di Nazaret in Cristo come luogo di concentrazione della personalit corporativa e luogo dal quale la personalit corporativa di nuovo si rifa. C in lui la simultaneit del nostro io credente nella sua molteciplicit e da lui prende lavvio questa molteplicit, e il riassuntivo rispetto alla tradizione dIsraele il punto di partenza per lesperienza della comunit cristiana-primitiva. Il cristiano vive in Cristo, Cristo vive in lui. Non possiamo prendere questa espressione in senso metaforico altrimenti tradiamo il realismo della grazia. Paolo non un metasico, la tradizione di Israele non sa cos la losoa. Siamo di fronte allaermazione di Cristo come principio vitale, soprattutto esprime il suo senso applicato alla locuzione corpo di Cristo a cui ricorre Paolo per indicare la realt della chiesa (realt misteriosa): una metafora viva, che ha un suo realismo, di tipo sacramentale. Il discorso sul corpo di Cristo avviene secondo una scansione temporale: il Paolo delle grandi lettere e il Paolo delle lettere della prigionia. C un indubbio crescendo nelluso della categoria di corpo riferita alla chiesa, e una indubbia puntualizzazione su Cristo capo del corpo. - 23 -

Troviamo laermazione di 1Cor 6,15-16 i corpi dei cristiani sono membra di Cristo. Questa aermazione precede qualle del capitolo 10,16-17 dove Paolo sottolinea lessere membra gli uni degli altri dei cristiani, lessere dei cristiani di un solo corpo a partire dalla partecipazione (koinonia) ad un unico pane. In 1Cor 12 queste aermazioni vengono ricondotte alla organicit del corpo ecclesiale questo corpo uno nella moltepilcit delle membra, ma la stessa cosa Cristo. Paolo parte dallapologo ellenistico, quindi dalla metafora che propria del corpo organico di una realt sociale che risulta di molte membra, e queste membra non vivono una vita indipendente, ma tutte le membra sono ordinate le une alle altre (1Cor 12,11 ..cos in Cristo). Il parallelo sta in Rm 12,5 dove Paolo dice cos noi, sebbene molti, formiamo un unico corpo in Cristo. Paolo parte a fare queste aermazioni da considerazioni che non sono metasiche e neanche antropologiche nel senso alto, ma sta contestando abitudini dei cristiani (etiche). In 1Cor 6 Paolo denuncia e corregge la falsa idea della libert cristiana (non tutto permesso...non posso unire le membra di Cristo a una prostituta). Non si parte dallespressione corpo di Cristo, ma dallespressione membra di Cristo, il discorso non cambia. Il tema del corpo di Cristo importante non solo dal punto di vista antropologico, ma anche nel rapporto dellecclesiologia con particolari tematiche interne alla teologia (i due temi sono quello ecclesiologico dellunit del corpo - sacramentale e quello della chiesa locale). Aspetto biblico: In Paolo la distinzione sta tra le grandi lettere e le lettere della prigionia. La gi vista 1Cor 6,15-16 e 1Cor 10,1617. Ripresa anche in 1Cor 12 enunciata la dinamica dellessere un sol corpo bench molti partecipando al corpo sacramentale di Cristo. 1Cor 12,12 aerma come infatti il corpo uno eppure ha molte membra e tutte le membra quantunque molte formano un solo corpo, cos anche il Cristo. Per Paolo si tratta di una metafora che supporta una realt concreta, reale conuisce la comunit: dal piano metaforico al piano del realismo sacramentale. Alcuni danno al Cristo una valenza individuale, altri collettiva (personalit corporativa: Cristo il grande Io dei cristiani, il principio unicatore, identicatore della comunit cristiana: siamo un corpo in Cristo proprio perch Cristo il Dio di questo corpo). Secondo i biblisti o Cristos di 1Cor 12,12 signicherebbe insieme il Signore gloricato, la molteplicit dei cristiani che a Lui appartengono e la dialettica uno-molti, Cristo-cristiani. Tale metafora ha analogia in Rm 12,3-8, dov scritto infatti, come noi in un sol corpo abbiamo molte membra e non tutte le membra hanno la medesima funzione, cos noi, sebbene molti, formiamo un unico corpo in Cristo e siamo membra luno dellaltro. La comunit viene presentata come una sorta di personalit collettiva, perch alle spalle di Paolo c la visione olistica propria del mondo ebraico. Essi gli appartengono, Cristo cos Dio originario e Dio originale della comunit cristiana, che grazie a Lui un corpo. Cristo lio che si dilata e abbraccia e riunica la comunit cristiana nella singolarit di quanti entrano a far parte del suo corpo. Nelle lettere della prigionia il discorso cambia accenti, perch adesso la chiesa che appare come corpo di Cristo e in particolare Cristo viene presentato come capo (kefal) del suo corpo. Vi sono una serie di testi attraverso il quale presente il tema, e in alcuni passaggi non esplicita lidenticazione tra il corpo di Cristo e la chiesa, in altri invece la chiesa detta espressamente come corpo di Cristo. In Col 2,11 troviamo in un contesto battesimale che se morti in Cristo, risorgiamo in lui nel battesimo il tema di una incorporazione a Cristo. Lo stesso in Rm 6,1-11, dove il tema quello della incorporazione. Col 3,15 ci mette davanti alla chiamata dei cristiani a formare un sol corpo, mentre Ef 4,4-6, appellando allunit, sottolinea lessere un sol corpo, un sol Spirito... Dal nostro punto di vista importante Ef 1,22-23, testo del quale, dopo aver richiamato lazione potente di Dio, Paolo aerma tutto ha sottomesso ai suoi piedi, ha costituito su tutte le cose a capo della chiesa, la quale il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente e in tutte le cose: questo testo intrigante. Secondo la sensibilit cosmica propria degli Efesini e dei Colossesi, Paolo presenta Cristo gloricato come Colui che la potenza del Padre ha condotto alla risurrezione e alla gloria, e a cui adesso tutto viene sottomesso. Cristo viene costituito capo (kefal) di tutte le cose a capo della chiesa, la quale il suo corpo. Non c dubbio che la chiesa il corpo di Cristo (altra categoria: pienezza di colui che si realizza interamente e in tutte le cose,pi ampia della categoria di corpo). Anche in Col 1,15-18 viene detto Egli il capo del corpo, cio della chiesa. Il termine kefal, capo indica la subordinazione a Cristo di tutto quanto esiste, e la chiesa il suo corpo, sua pienezza, quindi vi un altro legame con la chiesa. Cosa signica Kefal? Vi sono due teorie: una della medi- 24 -

cina greca, laltra alla visione storico-salvica propria del mondo giudaico. Nel greco kefal signica capo, testa.. ma non signica mai capo, comandante; nella traduzione greca dei LXX invece si usa. Dietro le grandi lettere certo sta la cultura ellenistica. un concetto ambiguo. Al mito del leone, Dio del mondo, si aanca la ricezione ebraica sullAdamo primordiale. Paolo probabilmente mette insieme tutte e due le cose: ebraicizza il mito cosmico, cos forse lantecedente del termine kefal inteso o come lAdamo primordiale o come Leone, Dio del mondo, ci riporta a quella locuzione Figlio delluomo con la quale la cultura ebraica indica i nati da Adamo (specie umana).... in Dan 7,13 (allora quindi dietro lespressione Figlio delluomo sta la categoria antropologico culturale della personalit corporativa o del grande io). Dietro a questi miti Paolo dovrebbe signicare la permanenza di un soggetto il quale unica tutti quanti. Kefal non dice un rapporto di pura subordinazione, ma piuttosto una relazione di origine, cio il termine capo relativamente al corpo di Cristo signicherebbe che la comunit ha origine in Cristo (Col 1,18 parla di Cristo come origine). Inoltre Col 1,18- al genitivo riconnette a Cristo come origine: ..rimanere unito al capo, dal quale tutto il corpo.., un genitivo che dice il punto di partenza, il principio vitale per il corpo. Lo stesso in Ef 4,16 Cristo, da cui tutto il corpo.. espresso anche qui con ex ou. Questo ci supporta nellappello alla categoria del grande io: riconoscimento che da Lui prendiamo origine, vita: Cristo dunque lio personale che costituisce il grande io del suo corpo, che la chiesa. La chiesa subordinata a Cristo perch da lui alimentata, originata, generata. Tutto questo supportato dal legame di comunione, dalla koinonia, legame che lega Cristo ai cristiani e i cristiani tra loro, legame di tipo sacramentale. Corpo di Cristo non una metafora, la chiesa il corpo di Cristo in croce, nuova dimensione della storia, lunico corpo e presente nel pane della cena .... per mezzo del corpo sacramentale, il corpo di Cristo in croce si manifesta in coloro che partecipano alla cena come sua corporeit, come suo corpo. Spesso si parla di sola metafora riguardo la chiesa, ma sarebbe come pensare di Cristo una sola metafora, senza corporeit. chiesa, carne e pane sono il corpo di Cristo nel senso reale del termine (Robinson). Accostandoci a Giovanni, ci troviamo di fronte ad una parabola, della vite e dei tralci. Non coincide esattamente nelle forme con il discorso del corpo e delle membra, ma anche questa una situazione di simbiosi vitale. Cristo la vera vite e i discepoli sono i tralci, se non portano frutto vengono tagliati: chi rimane in lui ha vita e chi si stacca da lui no. Gv indica con questa immagine la connessione vitale, reale, la circolazione della stessa linfa, che quella del Cristo a cui i discepoli accedono mediante la fede in lui: stesso realismo e organicit. Al capitolo 6 parla del suo corpo e suo sangue che danno la vita (non vi in Gv listituzione delleucaristia). Da questi testi giovannei messi in rapporto con i temi teologici dei testi paolini desumiamo la medesima realt. Infatti Ges al capitolo 7 ha pregato che tutti siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te... Anche qui il termine koinonia. Corpo del Cristo = corpo vero, corpo pane per noi dato e di cui noi ci cibiamo, corpo che la comunit nella sua interezza. Tutto questo oggetto della riessione dei Padri, che riettono il tema del corpo in tutte le sue sfumature: Origene, Tertulliano, Clemente Alessandrino, Basilio, Giovanni Crisostomo, Agostino... I Padri si mettono sulla scia della Scrittura e dunque ne ripetono le formulazioni: il corpo di Cristo linsieme della chiesa di Dio, dice Origene, il Verbo muove e anima lintero corpo che la chiesa e ogni membro della chiesa. Tertulliano: ci ha riconciliati mediante il suo corpo... Agostino con la categoria del Cristus Totus, categoria corpulenta: il Cristo totale il capo e il corpo, la testa lo stesso nostro Signore che ha patito sotto Ponzio Pilato, che dopo la risurrezione si assiso alla destra del Padre, il suo corpo la chiesa diusa su tutta la Terra, la chiesa composta di tutti i fedeli che sono le membra di Cristo.... Nella storia della chiesa tale tema non viene mai meno: lo ritroviamo esplicito in Tommaso dAquino. chiaro per, come dice Delubac che lidea del corpo riferita alla chiesa va sempre pi assumendo un carattere che legge la chiesa come corpo sociale. Il problema del Medioevo non il corpo ecclesiale, il corpo organico, visibile, ma quello del corpo vero, ovvero leucaristia. Delubac (Corpus mysticum: rapporto tra chiesa ed eucaristia nel Medioevo). - 25 -

In Paolo abbiamo visto il realismo dellespressione corpo in Paolo: corpo vero quello costituito da Cristo grande io nel quale sono incorporati i cristiani. I Padri leggono fortemente questa connessione: Cristo di carne costituito dalla somma dei credenti, percepito come reale, vero. Se qualcosa invece mistico, misterico (che riporta al sacramento) leucaristia, il corpo di Cristo nel mistero, mentre la chiesa il corpo vero, il corpo reale. Quando si spezza il rapporto chiesa-eucaristia perch linsistenza sul vero ingenera uno spostamento di accenti e una non prtecipazione, viene meno la molla nativa che in 1Cor 10,16-17 leggeva nella partecipazione al corpo e al sangue del Signore il motore del diventare un sol corpo in Lui. Da questo momento in poi chiesa ed eucaristia appartengono a universi separati. Il mistero nisce con lessere inteso nel senso straordinario del termine, non pi costruttivo della comunit: il Corpus Christianorum (S. Tommaso) ha le regole che sono quelle di ogni corpus sociale. La ripresa della categoria della chiesa come corpo la riavremo nel secolo XIX. Con lecclesiologia romantica, con motivi legati alla cultura riprender lidea di un organismo universale, al cui interno vi sar la lettura organolettica del corpo: c un organismo vivente, che innanzitutto la chiesa: tale categoria di corpo servir ad operare una cesura rispetto allassetto societario che si lavorato....no al punto che corpo sociale e corpo ecclesiale sono un tuttuno, quindi la carica misterica scompare, non dando pi ragione della sovrabbondanza di grazia e delleccedenza che la chiesa . Il tentativo di mettere al centro leccedenza e lazione dello Spirito comporter la ripresa del tema del corpo (tra gli autori che ne parlano vi Rosmini, circa le piaghe della chiesa). Lautore che meglio metabolizza il discosro organolettico aprendosi per la prima volta in modo congruo e riesso alla azione dello Spirito Mehler (ecclesiologia romantica della scuola di Tubinga, 800). M. legge la chiesa secondo delle dinamiche che vanno dallesterno verso linterno e rivelano lagire dello Spirito nella Comunit, il suo operare nella comunione ecclesiale. Cos M. vuole superare la giusta posizione di elemento giuridico e di elemento carismatico, ma c anche un movimento che va dallesterno verso linterno che parte dallessere interiore organico della chiesa, e di questo movimento lespressione lunit della chiesa. Tale categoria serve al M. per leggere la Comunit come opera e creazione dello Spirito, artece dellunit della chiesa. Questa vita interiore della chiesa si trasmette al di fuori e giunge anche a manifestazioni istituzionali. La chiesa, secondo Mehler, lepifania perenne delluomo Dio, il principio dellincarnazione della sua corporeit diventa chiave interpretativa: nella Scrittura i fedeli vengono chiamati corpo di Cristo. Proprio perch continua lincarnazione, la chiesa pu essere veramente detta corpo di Cristo. Vi quindi una svolta che ha come supporti Rosmini, ma anche H.Newmann, del quale non esiste una ecclesiologia, ma del quale sono stati estrapolati in un volumetto i temi ecclesiologici di fondo. Da questi temi si capisce come ci si apre alla categoria di corpo ci che costituisce la chiesa sono le anime di cui si compone e che sono stati ricondotti in un corpo unico dalla grazia segreta di Dio...: una novit che viene recepita dagli alunni di costoro, in particolare dagli alunni della scuola di Tubinga. Saranno Carlo Passaglia e Clemente S. a elaborare e a trasmettere a generazione e generazioni di allievi questo tipo e questa sensibilt, ripresa del tema del corpo di Cristo che ha come chiave ermeneutica lanalogia tra Cristo e la chiesa, uniti in un sol corpo nel quale lelemento umano e lelemento divino si uniscono in modo originale. Tutto questo materiale arriver allo schema primo del CVI De Ecclesia. Ad un Concilio non arrivano le questioni paciche, bens le questioni disputate: non abbiamo testi conciliari che mettano a tema la chiesa prima quasi della ne del secolo XIX, perch non abbiamo in precedenza grosse eresie ecclesiologiche. Nel II millennio quasi tutte le eresie sono ecclesiologiche, ma vengono bloccate con attenzioni di tipo canonico, normativo: non si avverte il bisogno di tematizzare ci che la chiesa da un punto di vista strettamente teologico. Le preoccupazioni ecclesiologiche infatti sono di tipo canonico e non riguardano il vissuto teologico. Per questo non abbiamo un De Ecclesia prima del 1870. Arrivo uno schema colto e innovativo, ma la comitiva non era pronta a recepirlo, trovandolo inadeguato. Struttura dello schema primo: chiesa come corpus mysticus, non pi societas; religione cristiana da praticare solo nella chiesa e mediante la chiesa che Cristo ha fondata... Apparentemente il tema del corpo appariva scontto, e la chiesa sembrava consegnata in una univocamente societaria, o peggio diventava chiave sua interpretativa la funzione petrina concepita in modo cos disennato, - 26 -

al punto tale che si riteneva non aver ragion dessere il Concilio, perch avendo la chiesa un capo infallibile, bastava lui per tutta quanta la chiesa. Veramente verso linizio del XIX sec. si pensava che il Papa era lunico vescovo di tutte le chiesi esistenti nel mondo e questo tipo di ecclesiologia fu quella proposta dalla cosiddetta manualistica, delirio lacrimevole che ha aossato la nostra et per generazioni: cortigiani che a livello di produzione teologica spacciavano per teologia una serie di sciocchezze e davano del CVI uninterpretazione non autentica: unilaterale esaltazione del servizio petrino (monarchia), lecclesiologia si riduce soltanto al potere della gerarchia, potere del Papa, dei vescovi e dei parroci: un problema non dei teologi, n del popolo di Dio, ma di una frangia curiale e cortigiana che porta avanti come se il mondo non fosse cambiato un tipo di argomentazione che in realt la storia ha gi eliminata, facendo dellecclesiologia solo un discorso apologetico del potere che potere spirituale e visibile. Per i temi presenti a partire dallecclesiologia romantica erano attivi, la contestazione del fatto ecclesiale era un germa produttivissimo per ripensare la chiesa e infatti il secolo XX nel seno di un risveglio ecclesiologico.. ha anche la disanima attenta della tradizione per ci che concerne la locuzione corpo di Cristo (DElubac, S. Tromp): si passa in rassegna lintera tradizione ecclesiale e si accede alla Scrittura per accogliere la valenza biblica, patristica, storico-dogmatica. Colui che sigiller questa tensione al corpo di Cristo sar Pio XII nella Mystici Corporis, la quale oggi pu apparire superata e lo . Prima di tale documento il cosiddetto movimento cristocentrico che ha come animatore un gesuita Mesh, che tra coloro che supportano una ecclesiologia della chiesa come corpo di Cristo; ma un cristocentrismo esasperato potrebbe anche indurre ad una sorta di pietismo, di disimpegno etico, donde nella MC la necessit di condannare tutto quello che pu sottolineare talmente laspetto dellunione a Cristo da ritenere il cristiano o gi santo o gi arrivato... La MC, probabilmente scritta da Sebastian Tromp mette in guardia tanto dalle idee false circa lunit realizzata dal corpo mistico, tanto dallaccentuazione unilaterale dellaspetto interiore a scapito dellaspetto esteriore: n pietismo, n automaticismo pneumatologico. La riessione ecclesiologica del secolo XX ci porta nel II dopoguerra soprattutto ad un approfondimento del tema del corpo nella teologia di Paolo, sorretto dalla interferenza degli studi di tipo antropologico culturale. LG 7 riassume i passaggi biblici che abbiamo evocato e per necessit sua che parte dalla incorporazione come fatto legato alla iniziazione cristiana ha come esito ultimo limmagine della chiesa sposa. Il fatto che Cristo capo ponga la chiesa come suo corpo dinanzi a s comporta che corpo per essergli reciproco acquisisca non solo una pregnanza organolettica per cui cresce in tutte le sue connessioni animato da lui che il principio vitale e origene, ma proprio perch non sia attivit, ma capacit dialogica il corpo posto di fronte a Cristo assume la gura della sposa, si connota con un carattere di tipo dialogico e interpersonale. Il passaggio dal tema del corpo e da Cristo capo del corpo alla sposa procede per peso suo naturale ed indicato soprattutto nel passaggio di Ef 5,22- dove Cristo appare come colui che genera la sposa, lalimenta, la nutre, ma la sposa alterit rispetto a lui. LG 8: emerge la complessit della chiesa e diviene ripresa lidea di Mehler della chiesa come epifania della incarnazione. Il Concilio equilibria, rimette in gioco tutto il soprannaturale che costituisce la chiesa e fa della chiesa un evento di grazia, e per mettere laspetto storico, istituzionale...aanco allaspetto misterico, la via possibile solo quella di ritornare a Cristo come paradigma fondamentale del patto ecclesiale. Nella chiesa le forme funzionali sono strettamente connesse agli aspetti interiori e agli aspetti pneumatici come avviene nel mistero del Cristo incarnato. In tutto questo presiede lo Spirito Santo, che garantisce lunit della chiesa: non possiamo quindi vivisezionare la chiesa, demonizzando degli aspetti visibili e devastandone gli aspetti invisibili, n il contrario. Ma riconoscendo la notevole analogia dobbiamo leggere la chiesa secondo questa sinergia che quella che ne costtuisce il mistero. Nel post-Concilio non viene meno lassunzione della categoria di corpo come principio interpretativo della chiesa, per da pi parti si avverte il rischio che sotteso alla dinamica organolettica. Ogni categoria ecclesiologica ha i suoi aspetti negativi, perch ne possono venir fuori sempre atteggiamenti tracotanti. V anche la nostalgia di una ecclesiologia alla Pio XII, cio una enfasi sul corpo che alla ne d pi conto della visibilit che non della invisibilit, incapace di compiere la svolta denitiva. Quindi si trovano delle ecclesiologie del corpo di Cristo, ma spesso sono di tipo giuridico-istituzionale, non fanno fede al corpo nella sua complessit e nei diversi approcci di carattere antropologico. In questo contesto - 27 -

vi lecclesiologia di Marcello Semeraro. La categoria di corpo di Cristo ha una sua valenza fondamentale, purch la leggiamo nella sua costitutiva polarit (LG 7/8): categoria intellegibile solo se non isolata, ma legata alle altre categorie. Infatti, rispetto a popolo di Dio che dice la personalit corporativa nel suo aspetto diacronico (pellegrinaggio, cammino), corpo di Cristo dice la chiesa nel suo aspetto sincronico (stare qui e ora). Laspetto della sincronia fortemente indicativo di questo principio emblematico (corpo). Soprattutto il tema del corpo ci mette di fronte alla compiutezza della Koinonia (comunione come qualcosa che dice lorizzonte completo della mutua appartenenza, possibile nella contestualit di Cristo e dello Spirito a partire dal quale possibile la mutua appartenenza). Senza il tema del corpo di Cristo perdiamo laccento alla categoria di comunione come categoria interpretativa della chiesa. Unecclesiologia comunionale non pu che essere unecclesiologia del corpo di Cristo. Siamo cos di fronte allevento costitutivo della Koinonia, che quello del mangiare e bere il corpo di Cristo: non sono metafore, ma Lui la garanzia dellunit tra noi e della chiesa. Scheben parla del banchetto come il luogo concreto nel quale si vive la koinonia. Nella dinamica cristiana, lospite allo stesso tempo il cibo e la bevanda. Attraverso la sublimazione rituale del fate questo in memoria di me, modalit nuova di leggere lo stesso evento sacricale, denitivamente la vittima che viene che viene data in cibo, che diventa lelemento che cementa e introduce alla sua vita: ci si ciba del vivente. Se il corpo di Cristo la chiave interpretativa dellunit della chiesa, ne consegue il rapporto stretto tra il corpo di Cristo e sacramentalit della chiesa: la chiesa veramente il corpo di Cristo e veramente sacramento del Cristo. Cristo e la chiesa costituiscono il mysterion mega, ma per diventare grande mistero occorre che la sarx (carne nella sua immediatezza esperita, quale solo la categoria nuziale pu veicolarla) e non il soma (nella sua valenza molteplice di organi che fanno larmonia) venga posto al centro. 2.1.4 La chiesa sposa di Cristo Tutti noi siamo compiutezza di carne sessuata. La nostra realt corporea qualcosa che non possiamo mai mettere tra parentesi. La categoria di sarx nella sua valenza nuziale giunge a Paolo da molto lontano. Essa appariene a quella antropomorsmo proiettivo che connota il dire Dio da parte delluomo. La Scrittura sottesa tra una evocazione (a immagine e somiglianza li cre, maschio e femmina li cre) e una invocazione (maranath, vieni presto Signore Ges): allorigine la coppia primogenia, il mitico Adamo e la mitica Eva, alla ne lo Spirito e la Sposa che invocano Cristo perch torna. In mezzo risolutiva c la predicazione dei profeti, la loro messa in circolo della categoria nuziale come paradigma dellinfedelt di Israele nei confronti del suo Dio: Israele la sposa, Dio lo sposo (il peccato di idolatria per antonomasia il peccato di infedelt, ladulterio: vedi Osea, Ezechiele). La solitudine di Geremia o di Ezechiele diventano il paradigma del castigo della punizione che si abbatte sul popolo per il suo peccato di idolatria. C anche una corrente carsica che canta lamore nella sua modalit creaturale, umana, tra cui il Cantico dei Cantici: ci mette di fronte ad un rapporto uomo-donna adato o a valori forti di mutuo soccorso, fraternit amicale o alla passione amorosa. Vi una serie di metafore, che sono tutte impressionanti dal punto di vista del realismo con il quale indicano lamore. Il Cantico dei cantici, paradossalmente, viene interpretato dalla tradizione ebraica e dalla tradizione cristiana come poema dellamore di Dio per il suo popolo e viceversa. Questo amore non si esprime mai con espressioni spirituali, vedi Ez 16 e 23 (bellezza e bruttezza della sposa infedele). Dio lo sposo di Israele, Israele la sposa. La coppia umana segnata nel suo essere ad immagine: il matrimonio una sorta di chiave interpretativa, di sacramento primordiale realizando unalleanza solidale che ha in Dio il suo protagonista. Come il maschio protegge la donna, cos Dio ama Israele. Allora la vicenda umana di incanto e disincanto diventa anche la vicenda umano-divina dellincanto-disincanto che caratterizza il rapporto tra Dio e il suo popolo. Nel NT tutto questo non si perde, anche se c una dicolt oggettiva nel riconoscere Ges di Nazaret lo sposo. Vi sono nei Vangeli aermazioni di tale genere solo indirette: la gura del Battista, amico dello sposo (non degno di sciogliere i calzari: servizio che il testimone delle nozze rendeva allo sposo; Ges dir che gli amici dello sposo non possono essere in lutto mentre lo sposo presente). - 28 -

Vi sono anche contesti parabolici nei quali la metafora delle nozze diventa la metafora del regno e delle condizioni necessarie per entrarvi. Sono contesti parabolici escatologici (Re, spose-vergini). Allinterno del vangelo di Giovanni ripetutamente ritorna il tema nuziale, in termini indiretti. Il uogo per antonomasia certo il capitolo 19, l dove i Padri hanno letto nel sangue e nellacqua che sgorgano da Cristo che stato tratto sulla croce la nascita della chiesa come la nuova Eva che scaturisce dal suo costato. Gv presenta emblematicamente la gura della donna, nella grande inclusione che lega la madre di Ges dal capitolo 2 al 19: mai chiama Maria col suo nome ma la madre di Ges (nozze di Cana). Vi anche lincontro di Ges con Maria di Magdala nel giardino dellEden riaperto la mattina della Pasqua: con tale dialogo siamo di fronte alla nuova Eva e al nuovo Adamo. Nella letteratura paolina compaiono diverse volte la gura della danzata, latteggiarsi dellapostolo che di volere che la comunit vada incontro a Cristo come una vergine casta. Il discorso tecnicamanete lo troviamo presente in Ef 5,21-33. Siamo di fronte alla gura retorica del chiasmo e attraverso lantitesi timore della sposa e amore dello sposo in realt viene messo in scena il rapporto nuovo di tipo personale che intercorre tra Cristo e la comunit credente, la sposa generata dal suo anco, che egli nutre e alimenta: il modo del verbo dice una dinamica di santit da acquisire. La gura della sposa diventa un gura emblematica della chiesa. La chiesa veramente la carne di Cristo, lalterit a cui Cristo si unisce. Il banchetto gi citato diventa lincontro nuziale, anzi come diranno i Padri il legno della croe il talamo nuziale: l avviene e si consuma la passione di Cristo per la chiesa: la passione amorosa sempre una soerenza grande coniugale (i due mai possono essere uno). Anche la chiesa mai si confonde a Cristo, ma rimane sempre altra da Cristo e chiamata ad ascoltarlo, a rispondergli... La danzata, la sposa soprattutto la chiesa dellApocalisse: adorna come gi adorna la sposa dei testi di Isaia, che preludono al compimento escatologico e adornano in ori di Or (Sal 44). La tradizione patristica ha recepito alla grande tutto questo. Soprattutto i grandi commentari al Cantico dei cantici, dal pi antico che di Origine no alla parafrasi poetica di Giovanni della croce, passando attraverso gregorio di Nissa, interpretazione di Gv 19 di Agostino, tutti gli interpreti medievali, a garantire la permanenza dellimmagine sponsale dellarco di tutta quanta la storia della tradizione ecclesiale. La tradizione liturgica conserva questa immagine di sposa alla grande, soprattutto nelle chiese bizantine (chiese di Siria, di Egitto). Dal punto di vista rituale, il discorso del matrimonio stesso della sua lettura sacramentale ci porta a un rapporto di Cristo e della chiesa: neanche il peccato ha infranto la ragion dessere del disegno di Dio. La ragion dessere della nostra chiamata allesistenza essere una sola cosa con lui, essere consorti, partecipi della sua stessa vita. La categoria sponsale viene sempre letta con un doppio respiro: il respiro che la dice incontro del singolo o dellanima con Dio e lincontro delluomo e della donna come sposare il Cristo (Paolino di Noda). V anche laltro lone che canta le nozze della persona di ogni soggetto credente con Dio. Lunica modalit possibile per il credente quella delle nozze mistiche. Tutta la interpretazione della categoria sponsale corre sulla pista della mistica unione a Cristo (Teresa DAvila, Elisabetta della Trinit, Teresa di Lisieux, Edit Stein). Nel mistero dellincarnazione abbiamo levento sconvolgente: Dio che prende carne e diventa quindi carne tra la carne, cio nostro compagno e nostro partner in modo al di l delle nostre aspettative, qualcuno che vive la nostra esistenza, obbedendo a tutte intere le regole della nostra umanit: un Dio che si fa carne, subisce la carne e ultimamente la scongge divinizzandoci, per cui la risurrezione del Signore, tornare alla vita fa parte dellincarnazione. Dio ha voluto essere interamente uno di noi, e cos facendo ha legato a s, ha sposato, ha assunto indissolubilmente la nostra umanit. La categoria sponsale fondamentalmente ha queste valenze, non altre. Certo il matrimonio nella sua compiutezza di appartenersi mutuamente ci che pi di ogni altro ci d lidea del mistero della compenetrazione di divinit e umanit che avviene nel verbo incarnato. Proprio per questo appello di una compenetrazione mutua di ciascuno di noi agli altri, andando al di l della peculiarit della sessuazione, chiedendo che ciascuno si faccia carico veramente degli altri. - 29 -

Il Concilio non ha riecheggiato la categoria sponsale. Al numero 6 di LG lha messa nellelenco di tutte le altre immagini, le quali sono molteplici e non sono tutte della stessa intensit (causali e relazionali). Al centro della metafora sponsale sta il patto, lalleanza, visto che da sempre lumanit legge il matrimonio come scambio di consenso, patto tra due persone. Ma il matrimonio non mai un fatto privato come lOccidente si aannato a dire, non fatto di due persone che se ne vanno da tutti gli altri. Il matrimonio sempre un complesso aare che investe una multirelazionalit, cio nel rapporto esclusivo tra i due vi una trama molto complessa che invoca rapporti collettivi profondi reali anche quando le culture vogliono ignorarli. Il grande io di Cristo sposa la molteplicit dei soggetti che siamo noi nella nostra concretezza di carne. Al numero 7 di LG dopo aver parlato del corpo secondo la dinamica di sviluppo della letteratura paolina, da Cristo capo passiamo alla chiesa come sua sposa. Senza il porre di fronte a s la sposa la divinizzazione appare iscritta in un alone di attivit (Dio ci salva nella libert del nostro consenso e nella rete interpersonale che elabora questo consenso in modo collettivo). Nel contesto del rinnovamento della teologia del secolo XX (anni 50-70) la categoria sponsale riapparsa nella sua valenza sistematica. Tra i teologi vi sono Ancar vobler e Odo Kasel. Questultimo ritorna alla categoria della sposa sulla scia dei Padri (Il mistero dellecclesia, ovvero della chiesa sposa). Esponente fondamentale per tale categoria la d Von Baltassar, che scrisse due saggi, Chi la chiesa? in termini di tipo personale, e laltro saggio dove parla della chiesa come casta meretrix, termine assolutamente contradditorio. Tale categoria non solo nel contesto relativo al problema della santit della chiesa, ma soprattutto relativo a un fatto che dellimmagine sponsale almeno nellAT prevale il polo del peccato pi che il polo della grazia (Israele sposa del suo Dio tradisce lalleanza, Ez 16 e 23 o Os). Tale tema della casta meretrix enormemente pertinente alla chiesa, perch la chiesa sposa santa e immacolata in una prospettiva escatologica. La chiesa vive del suo Cristo in un rapporto di reciprocit: il pensarsi nella separatezza e indipendenza uno dei pi grandi problemi che la comunit vive nel tempo. Giorgio Mazzanti ha parlato di questa categoria, ma nellaspetto trinitario. Invece la nunzialit propria e tipica dellaspetto carnale e si ha solo nella carne, non sul piano del Padre, Figlio e Spirito Santo. Altro luogo relativo alla categoria sponsale il discorso della liturgia (SC 85: uicio divino come voce della sposa che dialoga con lo sposo). La liturgia eucaristica si snoda come duplice o triplice anello che incastona la gemma convocatrice della parola e memoriale dellanafora (mistero eucaristico) celebrando le nozze della comunit con Cristo sposo. Per la comunit cristiana le nozze sono leucaristia, la metafora del banchetto diventa la metafora ultima che pu declinare al plurale il mistero delle nozze che fondamentalmente mistero duale: un modo di partecipare alle nozze. Le nozze sono il mysterion mega che ci riporta alla dinamica sacramentale. La chiesa sposa indicata con le categorie paoline mysterion mega: il grande mistero di Cristo e della chiesa. 2.2 Categorie aggettivanti Rappresentano la prima volta che autorevolmente la comunit, attraverso i suoi vescovi ha elaborato la professio dei nella solennit del Concilio, ci ha tramandato la declinazione della chiesa come Una, Santa, Cattolica e Apostolica. 2.2.1 La chiesa una Il tema dellunit relativo al fatto che Dio ha voluto una la sua chiesa. Lunit della chiesa ununit che ha il modello nel mistero trinitario, non quindi uniformit o riduzione omologante. Lunit certa sul piano misterico, ma non visibilmente percepibile. Lo viviamo in una condizione di separatezza, di lacerazione, per motivi storici ritenendoci nella verit e condannando altre chiese nellerrore. Vi sono alcuni testi biblici che fondano lunit della chiesa, soprattutto dove ritroviamo il termine koinonia. - 30 -

Il testo chiave dellunit della chiesa At 2,42- , desiderio se non utopia da realizzarsi, visto che gi in At 6 troviamo problemi di unit. Lapologia dellunit si fonda fondamentalmente sul mistero dello Spirito Santo. Lunit un dono che promana dallo Spirito, non scaturisce dalla nostra volont di essere uno (Satana, il diavolo sempre in atto tra di noi). Questa unit ha due forme fondamentali: partecipazione, ossia quella del partecipare al medesimo evento; comunione, quella del comunicarvi quasi secondo un paradigma di tipo biologico, cio il viverci dentro. Partecipazione e comunione fondamentalmente dicono lo stesso concetto, ma secondo dinamiche diverse, cio dallesterno verso linterno e viceversa. Lunit tradizionalmente ha tre forme: simbolica, liturgica e sociale (At 2,42-). 1 - Unit simbolica: la stessa fede, lo stesso simbolo, regula dei, accettare il symbolon. La unit simbolica viene nfranta e spezzata per grave colpa soprattutto attraverso il peccato di eresia: radicalizzazione della propria visione della verit o di un frammento della verit in modo tale da anteporlo al tutto (errore umanissimo). 2 - Unit liturgica: possono variare le formule, le lingue, i segni, ma non pu variare la sostanza del mistero celebrato, perch quello attraverso il quale la comunit diventa tale: la comunione vissuta ed esperita. La liturgia un terreno di scontro molto vivace, dove le diverse immagini di chiesa si contrappongono. 3 - Unit a forme sociali: come in LG8, la comunit cristiana nella storia, di uomini, normata da regole il cui principio supremo la carit anchessa dono. Pu essere chiamata in vario modo: unit gerarchica, di mutua corresponsabilit, disciplinare: deve proseguire il suo ne in bellordine. Chi garantisce lunit lo Spirito. Contro lunit sociale il peccato quello di scisma, cio lestraniarsi di una chiesa da unaltra chiesa, lassumersi come regola al di fuori della comunione delle chiese (1Cor... necessarie le eresie). Lunit simbolica, liturgica e sociale sta nellapparente concordanza degli opposti, cio dellunit e della diversit. A monte della comunit cristiana sta il disegno di Dio Padre, Figlio e Spirito: trinit di persone, unico Dio. Alla comunit ecclesiale chiesto di non dimenticare mai il suo modello. Lunit che esse deve costruire deve sempre dar conto della diversit dei soggetti che la costituiscono, soggetti singoli allinterno delle chiese, chiese singole allinterno della comunione delle chiese tra loro. Qualunque tentativo di omologazione tradisce il modello e il disegno trinitario. LG 13 e 15 e UR ci danno i criteri per uscir fuori dagli equivoci legati allunit e alla diversit e ci declinano le istanze teologiche (alla radice di tutto lo Spirito). Perch la chiesa mostri lunit dono a lei elargita dallo Spirito nella storia, occorre rimuovere mutuamente il pregiudizio e riconoscere la leadership profetica che le chiese hanno le une nei confronti delle altre, anche nel segno della disunione (Ives Congar dice che senza la riforma protestante noi non avremmo avuto riproposta la centralit della Parola). Nel dramma della separatezza c una profezia, una accentuazione, un aspetto che costruisce la chiesa. La chiesa ortodossa ha mantenuto intatto il decoro fascinoso della divina liturgia e il suo patrimonio: senza la tradizione dellOriente probabilmente noi ci saremmo appiattiti su una liturgia formale, da codice di diritto canonico. Soltanto sperimentando o riconoscendo gli uni negli altri unautentica vita di fede, autentica sensibilit, potremmo camminare per raggiungere anche la meta dellunit visibile. La cosa che pi ci lacera il pregiudizio legato a motivi storici, sociologici e culturali. 2.2.2 La chiesa santa Per lungo tempo la storia della santit stata una storia particolarissima e costruita senza nessun accento alla storia, alla valenza testimoniale delle fonti. Oggi entrato lapproccio scientico ad una disciplina teologica che si chiama agiograa. La santit di cui parliamo riguardo la chiesa un tuttuno con il concetto di grazia, la partecipazione in noi in forza del battesimo della vita nuova in Dio. La chiesa santa perch graziata, divinizzata, consorte; la santit consequenziale alle nozze. La santit un dono, dono dello Spirito. Il dono totale, integro, siamo noi che lo accettiamo in iusta modum. La nostra risposta una risposta acca, inadeguata. Es 19,6: Dio sceglie un popolo santo e consacrato al suo nome. Nel AT Dio il tre volte Santo, nel NT Ges il Santo di Dio. Vi un paradosso, che fa dei cristiani i santi e della chiesa santa la dimensione escatologica - 31 -

no alla pienezza futura. Ma il raggiungimento della santit appartene solo alla condizione escatologica. La chiesa tende alla santit piena e perfetta, nel frattempo vive la ambivalenza di dono e di risposta non sempre adeguata al dono. Ef 5,27: chiesa santa allOttativo che dice la tensione escatologica, lunica volta che si parla di santit riferita alla chiesa. Invece oi aghioi, i santi, un ritornello continuo nelle lettere paoline e nelle lettere di Pietro: lo stereotipo che identica i membri della comunit cristiana: una specie di sinonimo di fratelli. Santi dice lelemento verticale, fratelli dice lelemento orizzontale: non si santi per forza propria, ma per dono ricevuto. Von Baltassar parla della santit della chiesa parlando di paradosso: la chiesa tra santit e peccato. La distinzione dunque tra la santit ontica (grazia ricevuta) e la santit esistenziale o escatologica (assegnata alla nostra presenza nella storia). Il paradosso e la continua adeguazione hanno provocato nella storia diversi modeli di santit, tra cui: - la santit elitaria: criterio per cui un gruppo si pone nella perfezione rispetto agli altri; una delle forme pi perniciose attraverso le quali si tradisce il senso comunitario del dono di grazia a tutti elargito. - la santit dicotomica: criterio per cui una persona si ritiene santa solo in una sua parte, nello Spirito. Lunico modo per farmi santo fuggire dal mondo, da tutto ci che mi pu provocare peccato. Il primo modello, nella storia, ha prodotto eresia, il secondo anche molto prossimo ad essa. Ma la santit va letta con un respiro trinitario, cio nel suo statuto teologico, cristologico e pneumatologico. La santit promana da Dio, che Padre e compartisce la sua vita, ci fa suoi gli. La santit nel modello cristico assume la forma pi perfetta di risposta: un modello solidale, di servizio,...... Ges di Nazaret una persona profondamente dialogica e propone quindi un modello dialogico. Senza il sigillo trinitario non c santit: santit essenzialmente essere da lui conformati a Cristo, sigillati nella prorpia identit e sequela a Cristo. Lo Spirito dono, senza il suo soo non c cosmizzazione, non c bellezza: la santit unoperazione di bellezza. Una delle pi grandi svolte del CVII lavere cambiato la tipologia della santit e laverla predicata dellintero popolo di DIo e non pi di una categoria particolare di soggetti. Esiste dal CVII luniversale chiamata alla santit (LG 5). Nel simbolo apostolico la chiesa dice credo la comunione dei santi. Due cose stanno dietro a ci: per un verso la communio sanctorum la comunit di quelli che sono satti santicati da Cristo perch si sono adeguati al modello di diritto e alla sua esemplarit esistenziale (litania dei santi nel canone romano); per laltro dalla tradizione bizantina, che ha tuttoggi dichiara le cose sante ai santi (soprattutto il pane e il vino), cio la santit si costruisce per via sacramentale. Vi anche una santit extra ecclesiam, ovvero i santi che sono fuori dalla comunit ecclesiale, perch il tre volte santo si rende presente nei modi che Lui solo sa, anche fuori dalla sintassi cristiana. Per anche vero che il modello di santit coimbacia con il modello cristico, il Santo, con tratti propri del condursi al Padre di Ges di Nazaret. Non dobbiamo concludere che la santit la conosciamo solo noi cristiani; lo Spirito molto pi libero di quello che noi vogliamo. Onoltre, riguardo a Maria, quando recitiamo Santa Maria, non devozione, ma riconoscimento delle meraviglie che Dio ha operato in lei, che comporta anche una sua risposta soggettuale. 2.2.1 La chiesa cattolica lunico termine non neotestamentario, non termine presente nella Scrittura. Lo si ritrova solo una volta e usato avverbialmente: del tutto. Per la prima volta si trova questo aggettivo riferito alla chiesa in una Lettera di Ignazio di Antiochia (110): L dove appare il vescovo sia la comunit, cos come l dove il Cristo la chiesa cattolica. Anche Policarpo (martire), vescovo della chiesa cattolica di Smirne, (160) parla di chiesa cattolica: dopo larresto Policarpo ha pregato per tutta la chiesa cattolica che da per tutto per lecumene, Cristo pastore di tutta la chiesa cattolica. In questo Martyrion Policarpi ci si riferisce alla chiesa intera, ma anche alla sua chiesa di Smirne, che per noi oggi e particolare. - 32 -

Probabilmente per cattolica, oltre che geogracamente, si intende vera. Fin dallorigine il conceto di cattolico comporta il concetto di chiesa autentica, chiesa vera (Congar). una chiesa nella pienezza della verit, non di eretici = Policarpo sarebbe un pastore che conserva del tutto (katolon) la retta fede, totalit della dottrina. Clemente Alessandrino, Cipriano direbbero cattolico come requisito di ogni chiesa. Con Agostino tale concetto ha una declinazione variegata: anche lestensione geograca. Quindi cattolico originariamente non designerebbe luniversale come estensione geograca, ma piuttosto sarebbe una riduzione operata dalla teologia di controversia. Cirillo di Gerusalemme, Isidoro di Siviglia e soprattutto Vincenzo di Nerino confermano il rapporto tra cattolicit e fede nel senso piena, continuit di tradizione. Canone: Ci che dovunque, sempre e da tutti stato profesato come autentico e come vero: regola aurea della tradizione, in aggiunta a DV 8, che loSpirito ci faccia penetrare sempre di pi ci che sempre da tutti dovunque stato ritenuto come congruo alla tradizione. Lespressione cattolica riferita alla chiesa diviene inserita nel simbolo (IV secolo). Prima in Egitto, poi al simbolo niceno-costantinopolitano. La cattolicit sar approfondita nei secoli successivi al V articolando e allargando una idea che attribuita ad Agostino, cio la chiesa cattolica perch comprende in s la totalit delle chiese (senso ecclesiologico originario), perch ortodossa custodendo la vera fede (senso polemico derivato), perch diusa su tutta la terra (cattolicit geograca), perch la pi grande numericamente (cattolicit numerica). Rimane allinterno di queste letture la polarit tra universalit e ortodossia. Nel predicare la chiesa cattolica ci si riferisce anche alle dinamiche proprie della fede. La fede diretta a tutti, predicata dovunque, non limitata ad un popolo particolare.. Il medioevo parler di una universalis ecclesia, ma identicher questo progetto fondamentalmente con il papato. la rottura della ecclesia universalis verr percepita come tale solo con la riforma. Cattolicit e unit da ora in poi appariranno nella loro frattura, e ci sar una dierenza (Scrittura e Tradizione). Oggi il problema nostro delluniversale come categoria losoca. Putroppo facciamo derivare universalis da katolon, imprecisamente: signica pensare la chiesa universale come entit esistente previamente e anteriormente alle singole chiese (H. de Lubac), come le idee platoniche. Erve Legrand dice che contrapporre universale e particolare un falso problema perch le due cose si danno in un tuttuno: c una simultaneit di chiesa locale e di chiesa universale, non sono separabili. Il CVII segna un ribaltamento dorizzonte: in LG 13 appare evidente non soltanto la radice trinitaria della cattolicit, maanche il rapporto tra il popolo di Dio a cui tutti siamo orientati e la realt concreta dei popoli. Proprio nella economia trinitaria si rivela questa vocazione a costituire un solo popolo. Emerge in tutto ci la funzione dello Spirito. Altro problema quello dellasunzione di popoli e culture: li assumiamo per rispettarli e per lasciare che essi esprimano il messaggio nelle forme loro proprie (atteggiamento di oggi). Il problema vero il rapporto tra chiesa particolare e chiesa universale. Il linguaggio il nostro, latino: il tutto e il particolare. Il CVII ha una terminologia non uniforme: chiesa particolare (come nel codice di diritto canonico) o locale. I documenti conciliari mostrano a pi riprese la cattolicit della chiesa locale (SC41, LG13). Anche in LG 23 si dice che con luso di questa doppia espressione a tema c fondamentalmente la collegialit episcopale: nelle chiese locali formate a immagine della chiesa universale, in esse e da esse costituita luna e unica chiesa cattolica (LG26). Anche CD 11. Tutto ci ci mette di fronte allaermazione che la cattolica immanente a tutte e singole le comunit locali. La comunione delle chiese noi la verichiamo proprio nel fatto che la singola chiesa riconosciuta come chiesa una santa cattolica e apostolica. LG 28. Viene esteso il concetto di rappresentativit o di presenza anche alle chiese locali nel senso ultimo del termine, cio delle chiese parrocchiali. I testi conciliari non sono tutti uniformi. Nel NT ecclesia viene usato fondamentalmente per indicare concretamente sempre comunit concrete, locali. Ecclesia in assoluto la troviamo nei due luoghi matteiani (Mt 16,18 e 18,17) e At 8,3 e Ef e Col. Al di fuori di questi luoghi il termine non designa mai la chiesa nella sua assolutezza, ma sempre legato a qualcosa che ce ne d un connotato locale: sempre c una determinazione concreta o locale. La prima forma di apertura dellecclesia lecclesia catoicon, la chiesa domestica. la chiesa nasce dalla casa ospitale di una vedova cristiana, di una coppia cristiana. nella casa ospitale che ci si raccoglie, cos ci si riunisce nella concretezza umile (di ricchi!) delle case. Al di l della chiesa della casa, c la chiesa di Dio in. - 33 -

Dopo la venuta di Ges la comunit si dilata da Gerusalemme, no alla Giudea, Samaria, Antiochia...missioni poline, no ai conni dellimpero. Certo che dovunque si raccolga la comunit cristiana, dovunque essa battezzi qualcuno nel nome di Ges e venga presieduta leucaristia ci si sa chiesa di DIo, di Cristo. La chiesa che si raduna quella stessa che partita da Gerusalemme, chiesa madre: la medesima comunit che si raccoglie. Don Gre, benedettino belga, ha scritto alla ne dell800 un libro Della chiesa e della sua costitituzione, e aerma che non la chiesa locale/particolare ua porzione della chiesa universale, ma la chiesa perch ne possiede tutti i beni. Il vescovo il capo della chiesa particolare e questo potere lo riceve direttamente da Cristo. Egli rimane un caso isolato. Nellimmediato post-concilio ci si mossi nellinterpretazione del CVII e c stato un orire di attenzione e convegni soprattutto di taglio pastorale che teologico. Negli anni 90 la categoria della chiesa locale ritornata in auge soprattutto la poderosa opera di J V Roger. In Orientalium Ecclesiarum 2 si sono identicate le chiese con il rito. Ogni chiesa ha un particolar modo di vivere la liturgia, la comunit, cos come le prime chiese neotestamentarie. Ogni chiesa aveva diverse tradizioni, come la chiesa di Gerusalemme, quelle fondate da Paolo in Asia minore, quelle ellenistiche. Ci troviamo di fronte ad ecclesiologie diverse, antropologie, perch si sottolineano certi aspetti pi forti in una cultura che in un altra. Ad esempio, noi abbiamo diverse tradizioni, tra cui romana, gerosolumitana, antiochena e alessandrina, cio Palestina, Siria ed Egitto, luoghi dove vengono elaborate le prime peculiarit rituali, teologiche, disciplinari, che rendono diverse queste chiese, ma che mettono a disposizione i doni che connotano ciascuna di esse. Quindi, se le chiese che nascono vengono lasciate libere di esprimersi secondo le modalit proprie delle chiese del NT e delle chiese del primo millennio, la communio ecclesiarum sar potenziata e il cristianesimo avr molte pi modulazioni di quelle che in questo momento conosciamo e abbiamo conosciute. In ultima analisi il rito che ci dice il nome proprio di una chiesa. Luniformit danneggia la chiesa. Non si pu applicare lo stesso metodo a tutte le situazioni. Questo un principio che ci risulta dal primo millennio, quellodelle chiese capaci di esprimere in armonia le proprie risorse e di mettere nel circolo delle altre chiese. Nel II millennio abbiamo invece una modulazione ormai unica del fatto ecclesiale (monarchia e feudalit papale). Teologia della chiesa locale: Costumi ecclesiologici: cos che fa una chiesa chiesa? Sono 7 cose fondamentalemnte, 4 di ordine teologico e 3 di ordine socio-antropologico. Le 4 cose che teologicamente costituiscono una chiesa sono: Parola (che convoca la fede), Spirito (che la rende intelleggibile e che elargisce i suoi doni che si traducono in misteri), sacramenti (vita sacrametale) e ministero (per la crescita del popolo santo di Dio). Ci sono anche i 3 costitutivi antropo-sociologici: spazio, tempo e cultura. Infatti lo Spirito, la Parola, il ministero e il sacramento non si danno in modo disincarnato, ma nella concretezza di un luogo che anche segnato dal tempo. Per questo una teologia della chiesa locale deve tener conto dei costitutivi, ma anche a partire da essi articolarsi armonicamente sia territorialmente, sia soggettualmente (luogo - spazialit - concrete comunit che lo abitano). La sintassi la sintassi della chiesa diocesana (vescovo). Importante la soggettualit della chiesa locale, cio la chiesa locale come soggetto culturale. Lanalogia con lo Spirito, ogni chiesa ha un nome suo proprio nella comunione delle chiese. Se una chiesa tale, ha una sua ragion dessere, la quale pu essere di servizio allunit, alla lode, alla regula dei, al dialogo interreligioso, e a tutti i bisogni ecclesiali e non, di aiuto per una determinata occasione ecclesiale. Vi sono moltissimi doni che le chiese singole ricevono e che devono tradurre in forme soggettualmente proprie. Ogni chiesa dunque deve avere riconosciuta la sua soggettualit kerigmatica, deve poter dire la propria teologia; soggettualit liturgica, celebrare non cambiando la sostanza della regola dei, ma sottlineando nel celebrarla le risorse poetiche, artistiche, verbali e gestuali per la celebrazione; soggettualit comunionale o disciplinare, anche le forma disciplinari dovrebbero esprimere lethos di quel popolo che si riconosce allinterno di quella comunit. Il futuro della chiesa dipende dalla capacit di tematizzare queste cose e tradurle.

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Ultimo tema della cattolicit il tema della missione, molto cambiato dopo il CVII. Sembrava addirittura essere andato in crisi perch non aveva pi un motivo per esserci la missione. Ma diversi teologi vi hanno lavorato e studiato, dimostrando che comunione e missione sono due poli della stessa realt. Una chiesa comunione per natura sua missionaria, ed soprattutto la missione una missione ad intra, non ad gentes, cio evangelizzatrice e catechetica. Paolo VI con Ecclesiam Suam aveva messo in evidenza il tema del dialogo e stabilito criteriologie che reggono il dialogo, non un mezzo, ma una realt realmente teologica. Dialogare signica accogliere laltro, prenderlo sul serio, non imporgli il proprio punto di vista e convincerlo. Una teologia della missione parte dal tema dellautorivelazione di Dio per Ges Cristo nello Spirito, e nellevento Cristo acquisisce soprattutto la dimensione dialogica e relazionale. Il discorso missionario o interpella laltro rendendolo consapevole della sua soggettualit o altrimenti non un discorso missionario. 2.2.1 La chiesa apostolica Come la categoria della cattolicit ci mette al cuore della chiesa nella doppia prospettiva della chiesa del cuore ..e della chiesa nella sua dinamca missionaria, e dunque ci mette di fronte ad elementi costitutivi della chiesa, altrettanto per la categoria di apostolicit che di nuovo come santa, come una, una categoria neotestamentaria. Infatti nel NT troviamo ten apostolon, dal verbo apostellein, dove si costituisce la categoria dellapostolicit. Alla maniera degli apostoli diventa uno stereotipo normativo, anche dal punto di vista tradizionale e disciplinare. Anche a livello di altre chiese ortodosse o evangeliche, questo primo discorso viene tranquillamente accolto. Sia il fatto del gruppo dei 12, sia della sua formazione da Ges prepasquale sono accolti. I 12 rappresentano il gruppo primitivo dei seguaci di Ges. Nel chiamarli 12 subentrano le corrispondenze tipologiche con le 12 trib di Israele e infatti alcuni dei compiti adati e relativi agli apostoli sono quei compiti che richiamano le 12 trib, quindi i referenti della storia salvica di Israele. In Mt, e anche in Gv dice a Pietro non ho forse scelto io voi i 12?. 12 un numero primo, pieno, che ha una rilevanza antropologica forte. delle trib i 12 acquisiscono il diritto escatologico di giudizio alla ne dei tempi. In Lc 22,30 siederete in trono a giudicare le trib di Israele. La Gerusalemme celeste collocata su un muro che ha 12 porte e vi sono le 12 trib di Israele. Le mura della citt poggiano su 12 basamenti sopra i quali con i 12 nomi dei 12 apostoli. Del gruppo dei 12 i sinottici danno i componenti uno ad uno. Il gruppo dei 12 non un gruppo disarticolato, ma al suo interno abbiamo delle preferenze, abbiamo una sorta di gerarchia aettiva ed eettiva. Per sempio sul monte tabor solo tre di loro vengono chiamati a seguire Ges, il quale spiega ad essi quello che gli altri non comprendono, d ad essi una missione che la sua diede loro potere ed autorit su tutti i demoni, di curar le malattie... Il problema che noi identichiamo 12 apostoli, ma lintensit 12 stabilit dal genio teologico di Luca: lui che dellapostolo termine esistente con uno spettro ampio fa un termine indicativo specico dei 12. Non sappiamo se Paolo ha riconosciuto i 12 come apostoli, conosce alcuni capi della comunit e attesta lesistenza di apostoli prima di lui. Inoltre usa il termine di apostolo per designare altre persone che non hanno niente a che fare con i 12 (Giunia in Rm). Noi abbiamo la identicazione dei 12 come apostoli nel riconoscimento solo per alcuni dei criteri di testimonianza totale dellevento Cristo, dalla teofania al Giordano alla sua ascensione al cielo. A cucire questo nodo ai 12 la valenza testimoniale dellapostolo come testimone dellevento Cristo nella sua globalit Luca e lo fa negli Atti proprio quando bisogna ricostruire il numero dei 12. I 12 sono cos caratterizzati da questa soggettualit testimoniale. evidente la polemica tra Paolo, costituito apostolo latitaticamente e gli apostoli nel senso prorpio del termine (creazione lucana). Si tratta dunque di un termine che alla radice traduce il termine inviato, che nel greco profano indicava i coloni che venivano inviati a dar vita ad una stazione commerciale e che probabilmente nelluso biblico ha alle spalle lidea del messaggero come pleripotenziario (inviato), un vero e proprio ambasciatore che si presentava a nome del mandante. Il tratto di livello dagli apostoli quello di essere i fondatori delle chiese, al quale si unisce il tratto della animazione e divinit delle chiese. Il tutto secondo un modello che missionario, ma alla radice sta una chiamata - 35 -

personale del Signore; una missione ricevuta dal Risorto andate e battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Lapostolo ha una funzione direttiva che gli viene dallessere testimone della risurrezione: su questa testimonianza vengono giudicate le comunit, connesso un valore missionario, e lo fa messaggero di un altro. Non dunque un semplice testimone, ma inviato, delegato dal Signore stesso. in forza di questa successione di testimoninza autorevole che Paolo vuole rivendicare per s il carisma di apostolo relativamente alle chiese. questo il motivo per cui Paolo quando ne parla, colloca sempre lapostolato persino nei cosiddetti elenchi dei carismi. Paolo rivendica per s per via asintattica latterramento sulla via di Damasco quello che gli altri hanno vissuto nella normalit dellesperienza del Ges peregrinante per le strade della Galilea. Noi non abbiamo accentuato tradizionalmente questi tratti sui quali c consenso interpretativo, ma sottolineato lessere lapostolato norma, regola della fede, evidentemente cio da esprimere nelle prime controversie ereticali allinterno delle quali appare come normativa la tradizione apostolica. A partire da questo contesto nasce anche quel problema noto anche come successione apostolica. Lidea dellapostlicit della chiesa unidea che matura lentamente. Constatiamo che la chiesa nasce dagli apostoli e poi cresce, si dilata e si allarga. Gli stessi atti degli apostoli ci mettono di fronte a questo processo di crescita. I verbi del crescere sono presenti soprattutto nei cosiddetti sommari che esaltano la comunit primitiva nella sua koinonia ma anche nel suo sviluppo. Poi vediamo attestato che la vera dottrina quella degli apostoli, nellautentica tradizione degli apostoli. Il primo a testimoniarci in questo senso stato Clemente Romano. Dagli apostoli si passa ai loro successori, per consentire alle comunit di andare avanti nel tempo. Testimonianze altrettanto forti le abbiamo con Ireneo di Lione, che chiede, in polemica con gli gnostici, dove sia la vera tradizione degli apostoli. Tale si pu vedere in ogni chiesa da tutti coloro che vogliono vedere la verit. il primo che d una successione apostolica, dando le liste di ogni chiesa, in particolare la lista dei vescovi di Roma. Analogo il discorso di tertulliano nel III secolo, che descrive il via farsi dellopera apostolica, la fondazione della chiese apostoliche e la creazione di nuove chiese. per questa via che tra il IV e il V secolo il termine apostolico entra nel simbolo e la chiesa romana elabora un suo simbolo battesimale, chiamandolo simbolo apostolico. Il medioevo non si preoccup di esaltare lapostolicit, perch gioc con una categoria diversa ma simile, della rmitas, cio del mantenersi saldi in una tradizione. Il tema dellapostolicit spunta soltanto dopo Trento nei catechismi post-tridentini e viene in polemica antiprotestante designato come apostolicit di origine, di successione e di dottrina. Una chiesa apostolica se ha questo sigillo di garanzia. Apostolicit di origine: abitare la serie ininterrotta dal primo fondatore di quella chiesa al vescobo attuale; apostolicit di succesione gerarchica nel senso del riconoscimentop della trasmissione dellepiscopato dal un vescovo ad un altro; apostolicit di dottrina nel senso che la dottrina insegnata deve essere conforme a quella degli apostoli. Si per un po trascurata lorigine apostolica, cos come la dottrina apostolica, ma ci si quasi unilateralmente fermati alla successione apostolica e al suo aspetto gerarchico. Non di poca importanza il problema passato e presente delle chiese riformate, che rivendicano anchesse unapostolicit di origine e ap. dal punto di vista gerarchico (luterana e anglicana). la teologia dellapostolicit ha una dinamica doppia, verticale e orizzontale. La din. verticale mette di fronte alla successione per trasmissione di potere trasmissione per successione. La chesa primitiva attendeva iminentemente la parusia e, non avvenuta, ci si dovuti arettare per consentire alla comunit di essere ancora in piedi per il ritorno del Signore. Lunico modo era quello di scegliere persone che succedessero nel compito degli apostoli, che comportava unautorit conseguita o riconosciuta pubblicamente. I vescovi succedono agli apostoli in ordine di missione e in ordine allassunzione. missione e funzione comportano unautorit che di servizio. Soprattutto Paolo agisce avvalendosi di questa sua autorit e di questa sua responsabilit. Egli stabilisce anziani a Listri, Licaonia, Antiochia, ma soprattutto nel cap. 20 degli Atti, nel congedo di Paolo dai presbiteri piccoli di Efeso ci fa capire qual il ministero al quale Paolo conda la possibilit che le comunit cristiane traghettino verso il futuro, siano messe nelle condizioni di aspettare che il Signore torna.

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Il compito dei successori degli apostoli un compito di ispezione, sorveglianza, vigilanza (temi escatologici). Paolo assegna un ruolo di sorveglinza a certi ministri, in particolare Tito a Creta e Timoteo ad Efeso ricevono questo mandato. Essi, per il pericolo delleresia, dovranno garantire a loro volta, altri uomini in grado di dirigere la comunit e di mantenere integro linsegnamento. A Tito e Timoteo Paolo ha imposto le mani, a Timoteo scrive non trascurare il carisma che in te e che ti stato dato in seguito a profezie con limposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri... Di fatto si parla di un carisma, di un dono conferito mediante limposizione delle mani. Tito e Timoteo dovranno essere saldi nella dottrina, conservare il deposito, assicurare lopera apostolica istituendo a loro volta presbiteri, dovranno usare unautorit superiore ad essi, dovranno essere capaci di trasmettere la dottrina e questa istituzione ha luogo mediante limposizione delle mani. Queste lettere di Paolo sono contemporanee alla Lettera di Clemente, che iscrive il ministero di successione degli apostoli nel ministero derivante dagli apostoli. Sono su questa linea Ireneo, Tertulliano e Ippolito romano (Traditio Apostolica: il rito di ordinazione del Vescovo ci da unidea di come la chiesa romana del II sec. avesse coscienza del ministero del vescovo e in che consisteva lautorit episcopale (imposizione delle mani e invocazione dello Spirito) = fatto acquisito allinterno della comunit ecclesiale. Questo ministero consta di unautorit che deriva da quella che Cristo ha dato agli apostoli, che a loro volta lo estendono ad altri (missione - mandato - funzione). Ireneo parla di successione apostolica ininterrotta: mantenere integra la dottrina trasmessa a suo tempo dagli apostoli. quindi unapostolicit sia di dottrina sia di ministero. C una dimensione dellapostolicit che si iscrive sulla via di successione, cio del passaggio di generazione in generazione del ministero degli apostoli ai loro successori, ma c anche una dimensione dellapostolicit che riguarda la chiesa tutta intera, perch tutti siamo eredi della fede degli apostoli. Lapostolicit ci riguarda tutti. Tutto ci che noi professiamo ci giunge dalla mediazione apostolica. La Scrittura stessa testimonianza apostolica. Lapostolicit precede la gura canonica degli apostoli, non dei Dodici, scelta emblematica di Ges di Nazaret (raduno dellIsraele escatologico). Lapostolato viene dopo, ed un tuttuno con lansia missionaria ed evangelizzante e connota ciascun membro della comunit ecclesiale, che ha bisogno di gure guida. Corporativamente e collettivamente il collegio (vescovi in concilio) mantiene le prerogative intrasmissibili degli apostoli, ma singolarmente il vescovo di un luogo non ha da solo le caratteristiche che sono invece dellinterezza del collegio. Gli apostoli sono nellinterpretazione lucana i testimoni storici del risorto, sono coloro che ne hanno allevento dellinterezza che va dalla teofania al Giordano sino alla sua ascensione al cielo, cos i vescovi stanno allinterno di una tradizione di fede che si radica sugli apostoli ma non conta. Cos mentre gli apostoli sono i fondatori di una tradizione, i vescovi stanno allinterno di quella tradizione. Ma non c consenso ecumenico sulla successione apostolica nel modo in cui lha elaborata lapologetica posttridentina, ma non tanto sulla funzione primarziale del successore di Pietro, quanto sulle prerogative che la tradizione cattolica ha attribuito al successore di Pietro. Siamo daccordo con tutte le confessioni cristiane nel riconoscimento del valore teologico e normativo, sociale della episcop (vescovo = ispettore), senza del quale non c chiesa, ma il problema quello di tradurlo in un contesto di tipo giuridico-canonico. Ma il problema della gura ministeriale, seppur in diverse forme nelle diverse realt eclesiali, non solo di natura teologica, ma fondamentalmente di natura antroposociologica o politica. Quello che ci mette in dicolt da cristiani la presunzione di verit che noi dai contenuti teologici passiamo ai modelli, che non sono veritativi intrinsecamente, mentre lo la volont di Cristo di chiamare a s i Dodici, la identicazione dei Dodici agli apostoli, la necessit che gli apostoli abbiano dei successori nelle loro funzioni. Proprio perch siamo tutti nati alla fede nel tramite della testimonianza apostolica, lapostolicit non leggibile solo nella chiave privilegiata della successione (aspetto gerarchico), ma connota la chiesa intera e dunque accanto alla cosiddetta apostolicit verticale (ministeriale) sta lapostolicit orizzontale (battesimale). NT Se dicile leggere la successione apotolica soprattutto nelle forme della ininterrotta trasmissione di potere da vescovo a vescovo allinterno di una determinata comunit ecclesiale, ancora pi dicile (soprattutto nel - 37 -

mondo evangelico) accettare la singolare successione che caratterizza il vescovo di Roma. Si tratta infatti di distinguere tra un compito collegiale (apostoli nel loro insieme) e un compito personale (quello di Pietro) e poi di stabilire che come agli apostoli succedono i vescovi, a Pietro succede il suo successore. Tra i vari teologi, tra cui Oscar Cullmann, si dice che il collegio (espressione del gruppo attorno al Signore, coniato dal CVII) apostolico articolato. Relativamente a Pietro ci troviamo di fronte ad alcuni dati: 1Cor 15,3-5 indica Pietro come primo fruitore del Risorto (anche se tradisce il fatto delle prime apparizioni alle donne). Nella catena apostolica Pietro riceve per primo ci che gli altri ricevono dopo. Anche nelle liste vi la costante che il primo sempre Pietro e lultimo Giuda. La prima parte degli Atti viene chiamata Acta Petri, poi di Paolo. Anche la confessione di Pietro della messianicit di Ges lo testimonia. Mt in questa occasione aggiunge il mutamento di nome, che nella tradizione veterotestamnetaria comporta e manifesta la vocazione peculiare di quel soggetto nella storia salvica. I testi relativi alla fondazione del cosiddetto privilegio o servizio petrino o primato di Pietro: Mt 16,13-19, Gv 21,15-17, Lc 21,31-32. Il testo di Mt il pi complesso e raccoglie una maggiore ricchezza di codici letterari che declinano a tutto campo la funzione di Pietro, mentre in Gv e Lc vi sono contestualit profondamente diverse. Gv costruito simmetricamente al testo del triplice rinnegamento, mentre in Lc vi il paradigma diaconico, quindi alla funzione di servizio di Pietro. Prendendo il testo di Mt 16,13-19 ci si trova di fronte un insieme complesso, i cui luoghi simmetrici sono: Mc 8,27-33, Lc 18,22, Gv 6,67-68. Queste confessioni indicano il mutamento del paradigma messianico. Da questo momento il dubbio messinico si scioglie nella gura del servo soerente del DeuteroIsaia. Sono tutti testi redazionali, non storici: non sappiamo quando e se avviene questo tipo di discorso, anche se rimane il valore teologico di questo discorso. Alcuni aspetti importanti: -cambiamento di nome: Pietro evoca il mito della roccia primordiale. Il problema della roccia connesso a quello che segue dopo le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. L idea della roccia duplice: da un lato Pietro nel cambiamento del nome viene considerato il fondamento roccioso su cui si costruisce la comunit dei credenti in Ges di Nazaret; dallaltro questa roccia dura quella che chiude e sigilla il mondo interiore e impedisce il passaggio al mondo superiore (le porte degli inferi...). -ecclesia mou: improbabile che Ges abbia usato questa espressione, ma similare; ecclesia il termine che appartiene alla comunit neotestamentaria, non alla comunit pre-pasquale. -chiavi del regno dei cieli: potere che hanno le chiavi, ovvero tutti i poteri vicari: segno della potest vicaria. -legare e sciogliere: o senso morale di liberare/costringere le coscienze, o legare e sciogliere nel senso di sentenza giudiziale, scomunica. Non unespressione originale del dettato evangelico, ma era gi in uso nella tradizione rabbinica. Da questo testo possiamo mutuare il riconoscimento per Pietro di un valore vicario, che per non fa di lui la sorgente da cui gli altri ricevono il potere (Mt 18, dato anche a tutto il gruppo). Da nessuna parte scritto nel NT che Pietro la radice da cui promana ogni potere nella chiesa, perch questo avviene unicamente da Cristo, personalmente e direttamente. In sintesi, per Mt 16,16-19: 1-Pietro linizio della chiesa edicata sulla fede, che per primo gli ha confessato (Tu sei il Cristo..) 2-Come sovrintendente della casa di Dio, esercita un ministero che apre e chiude lingresso al regno dei cieli 3-Questa autorit spirituale, bench condivisa con gli altri discepoli, autorit preminente per essere il primo dellapostolato (il primo chiamato) e per essere sovrintendente in ordine al regno di Dio (Lc 22,21-31; Gv 21,15-17). La funzione di Pietro certo rilevante, e negli At lo mostrano soprattuto i tre discorsi kerigmatici: discorso di Pentecoste, discorso di Pietro a Cornelio e il discorso di Pietro al Concilio di Gerusalemme. Indubbiamente il NT costruisce letterariamente una preminenza di Pietro, un signicato particolare di lui nella dinamica di gruppo e dei rapporti con Ges. Il problema sta nellaver spostato laccento dalla linea di forza a quello che un elemento devastante. Da potere vicariale a potere diretto ed immediato. Andando alla storia e tradizione ci chiediamo: perch Pietro a Roma? Era normale che se la nuova religione voleva svilupparsi doveva arrivare al cuore dellImpero, cio a Roma. Cos Pietro prima ad Antiochia e poi l atradizione ci dice che arriva a Roma, dove subiscec il martirio. - 38 -

Col tempo vediamo che gi a Nicea (III secolo), Gerusalemme non conta pi, contano invece Roma, Alessandria, Antiochia (club esclusivo) e Costantinopoli cercava anche di esserci. Era un discorso non di primato, ma di primati. Vi era un problema della gestione sinodale, cio le chiese esercitano regionalemte ciascuna il suo primato (queste tre) e vivono in sintonia con le chiese del metropolita loro sottoposte e attraverso un sistema di reciproca informazione la chiesa cresce e si dilata. Ma i disordini che scoppiono tra il paganesimo agli epigoni e le comunit cristiane (e disordini interni per le questioni trinitarie) comporteranno, da parte dellimperatore cristiano per motivi politici, il ricorso ad una struttura che va al di l della sinodalit spontanea. Viene cos in scena la struttura del Concilio, convocato dallImperatore con i Vescovi delle maggiori chiese, che si riuniscono per dirimere le questioni dottrinali. Il modello di chiesa che ci viene presentato quello allinterno della quale vige una comunione che garantita come comunione interecclesiale attraverso le lettere di comunione , attraverso lelezione e consacrazione del Vescovo, attraverso quelle forme sacramentali che garantiscono il permanere di quella chiesa allinterno di quella cattolica. Il vescovo viene eletto dal popolo e tra i Vescovi. La cattedra sulla quale il vescovo si siede (catedratio) dice il legame magisteriale di nutrimento di dottrina del vescovo relativamente alla sua chiesa. Un vescovo che non viene ricevuto, per sospetto non pu essere consacrato (la comunit cristiana, presbiterio e semplici battezzati hanno lultima parola per lelezione). Questo il quadro del cosiddetto monoepiscopato, cio modello di chiesa succeduto alleventuale modello collegiale non attestato in tutte le chiese ma soprattutto in Asia (chiesa siriana - autorit dispotica): un vescovo per ogni chiesa e una chiesa per ogni vescovo, comunione tra le chiese garantita dalla reciproca accettazione della professio dei delleletto. Allinterno di tutto ci, pian piano Roma va assumendo un ruolo importante, e soprattutto nel contesto del Concilio di Calcedonia (Per bocca di Leone ha parlato Pietro). Vescovo di Roma come primo vescovo. In verit la funzione primarziale esercitata dal vescovo di Roma prevalentemente una funzione morale, non giuridica, non tanto dottrinale. Il problema nasce quando questa preminenza morale sposa strutture giuridiche. Ignazio parla della chiesa di Roma come quella che presiede alla carit. Pian piano nasce lidea che con Roma devono concordare tutti quelli che professano la fede cattolica. Nasce anche lidea che Roma non abbia avuto scismi e mai abbia conosciuto eresie. A partire dal IV secolo lapologetica romana invocher il primato delle tre sedi (Antiochia, Alessandria e Roma) dal fatto che tutte e tre sono state fondate da Pietro. Il vero problema che la funzione amministrativa che il patriarca dOccidente esercita sui territori prossimi a Roma progressivamente va estendendosi e si spinge per tutta lEuropa a ragione dellevangelizzazione promossa dalla chiesa di Roma. Ma nel IV secolo listituto patriarcale, di carattere amministrativo ed ecclesiastico si moltiplica nelle sedi, anche Costantinopoli. La pretesa di ridurre lecumene ad un unico patriarcato la vede in lotta contro le pretese degli altri patriarcati (invasioni islamiche nel VII secolo). Il problema viene ora tra episcopato e primato, quindi patriarcato e primato. Fino al 1054 il primato del vescovo di Roma sar esercitato senza ricorso a motivazione delle argomentqzione dogmatiche, avviene in questanno lo scisma dOriente. Questo latto ultimo di un processo cominciato da quando Roma per diversi interessi ha preferito la protezione dei barbari piuttosto che la protezione del basileus. In particolare la scissione avviene con limpero carolingio che Roma, il Papa identica con il Sacro Romano Impero (a Bisanzio imperatrice Irene considerata da Roma vacatio imperi). Nel 1054 vi la reciproca comunicazione della scomunica. Nasce cos una profonda alienazione tra Occidente e Oriente. Da ora in poi il Papato passer ad un esercizio del primato, legato al servizio e alla successione, a Pietro e alle caratteristiche precique della chiesa di Roma. Roma ha momenti di follia propositiva della funzione primarziale (Gregorio VII, Innocenzo III, Bonifacio VIII): momenti aberranti del papato vincitore contro limpero nella lotta per le investiture. Un discorso relativo serio relativo alle forme politiche assunte dal papato quello relativo alla libertas ecclesiae: senza mezzi non si liberi, con i mezzi si prigionieri... Laermazione di radicalit assoluta si scontra contro il nostro limite.Al problema della libertas ecclesiae e dunque della necessit di lavorare i mezzi che consentono alla chiessa di esercitare la sua missione senza essere costretta, si unisce anche la precomprensione culturale di quei mezzi e di quelle funzioni. Nel momento in cui nacquero a Roma le parrocchie (titoli), vennero delegati ad eleggere il Vescovo di Roma i titolari delle chiese che costituivano la diocesi di Roma, ciascuno secondo il loro grado. Vennero chiamti cardinali, partendo dal ruolo che essi svolgevano nei confronti della fede patriarcale e del successore di Pietro. Il - 39 -

cardinalato una gura che in senso remoto rivendica la soggettualit del clero romano dellelezione del Papa e che ha assunto pian piano funzioni e ruoli del tutto alieni dalla sua realt ecclesiale. Il II millennio vede si la rottura con il mondo orientale, sia poi con quello occidentale. Vi poi una apologetica della chiesa cos comera. Le aermazioni dottrinali da ultimo hanno la loro autorevole elaborazione ed enunciazione al CVI, che chiude il processo iniziatosi con larrivo di Pietro a Roma aermando linfallibilit personale del Romano Pontece e la sua giurisdizione piena, immediata e diretta su tutte e singole le chiese di cui risulta la cattolica. Questo stato come un muro che ha chiuso la porta a qualsiasi dialogo sia con il mondo ortodosso che con il mondo evangelico. In realt per bisogna capire la situazione culturale, ecclesiale, politica e sociale attorno il CVI. Il Concilio ebbe una vicenda complessa, e nemmeno bene riusc a vedere il trattato De Ecclesia. Pure non tutti i vescovi erano daccordo con lesito di tale concilio. Questo lultimo Concilio che presenta una formula che si apre con Se... e si chiude con .....sia anatema. Se interpretassimo il CVI solo da i due asserti del papato, ci troveremo di fronte ad una oggettiva dicolt di leggere il primato nella sua caratterizzazione ecclesiale (solo carisma personale ma non nella sintassi ecclesiale). In realt il carisma di Pietro non si d in una sentenza non-ecclesiale, neanche nella denizione, ma soprattutto linsieme della Pastor aeternus a farci capire la collocazione di questi aspetti. Ratzinger ne d uninterpretazione con unermeneutica contestualizzante, ovvero senza tutto il contesto on si comprendono gli asserti. In realt il testo del CVI interpreta il carisma personale di autorit del Papa facendo proprie le parole con cui Gregorio Magno scrivendo ad Eulto di Alessandria lo rimprovera per averlo chiamato Santit e avergli riconosciuto la qualica di Vescovo universale. Il Papa ha un potere pieno su tutte le chiese, sulla chiesa universale, ma non al di fuori della sintassi ecclesiale, non al di fuori della Scrittura, n dei canoni. Il papa gode di quella infallibilit di cui Cristo volle fosse provveduta la sua chiesa. Nellessere indicatore termine ultimo di qualcosa che ne garantisce lunit, il papa allinterno della sintassi ecclesiale, lanello di chiusura di una catena molteplice di ministerialit che assicurano la disciplina e assicurano la retta professione di fede. Il compito del papa fondamentalemente un compito diretto allunit della chiesa, e questa unit si fa sul piano della professio dei e sul piano della disciplina. 1) interpretazione autentica della Pastor Aeternus, in seguito a delle provocazioni storiche e pastorali, allinizio del 1875 che aermava che le denizioni del CVI non erano lesive della dignit e della funzione episcopale. Confermano la dottrina sempre professata contro quanti nel 700 e nel 800 si erano schierati contro lautorit del papa. Si dice che innanzitutto il papa episcopus romanus, vescovo di una chiesa locale, che la chiesa di Roma. Non vescovo di una qualsiasi citt o diocesi, e in quanto vescovo di Roma insieme il papa, cio il capo e pastore di tutta la chiesa, di tutti i vescovi e di tutti i fedeli. Questa chiesa locale ha il privilegio di succedere a Pietro e colui che vi entra come vescovo anche capo e pastore di tutta la chiesa. chiara la distinzione tra il compito primarziale e il compito episcopale. Circa linfallibilit (contro Bismark, sovrano assolutistico) solo ristretta al discorso dottrinale. Lui non assolutissimo, perch rimane subordinato al diritto divino ed obbligato a quanto Cristo ha disposto per la sua chiesa. Il papa, a dierenza del popolo sovrano, non pu cambiare la costituzione ecclesiale nei suoi aspetti costitutivamente teologici. Il lessico quello dell800 e lascia in piedi il discorso dellepiscopato. 2) Purtroppo non prevalse questa linea interpretativa, perch il problema era di compensare il papa di ci che aveva perduto. La manualistica si butt sulle aermazioni screiterate della valenza della sovranit del papa, della sua infallibilit, del suo potere. Ci ha fatto danno, perch ha formato tanti presbiteri, tanti vescovi. Ci che prevalso stato questo atteggiamento massimalista nei confronti del primato. Oggi la storiograa accostandosi al CVI ne sdrammatizza le aermazioni e soprattutto sottolinea come il CVI non aerma che il potere dei vescovi derivato dal potere papale. Il papa ha un potere di vescovo, non un potere di super-vescovo, che come successore di Pietro, messo a capo della chiesa di Roma, che quella che ha avuto Pietro come fondatore, martire e suo primo vescovo, ha un compito precipuo in ordine alla unit della chiesa e la esercita in modo giuridico (colui che sigilla nella disciplina) e in ordine dottrinale (chiude il cerchio della elaborazione della verit di fede). Pochissime volte il papa ha mai aermato qualcosa ex catedra. Le uniche che abbiamo sono quelle relative ai due dogmi mariani (1854 e 1950), preceduti da una lughissima e complessa consultazione di popolo e di vescovi. - 40 -

Il fatto che il CVI e le sue aermazioni sono dette in un momento cruciale per la storia della cultura dellOccidente e consumano un divorzio profondo tra chiesa e modernit. Ma il problema vero stato del liberarsi di un linguaggio e referenzialit scientiche, losoche e culturali obsolete. Questo ci che ha provato a fare il CVII, con dicolt. Il CVII d voce a quella rivalutazione dellepiscopato che la apologetica e la manualisctica aveva misconosciuta, attraverso lelaborazione della corrispondenza tra il collegio dei vescovi eil collegio apostolico (LG 18.23). Questi numeri elaborano la dottrina del primato e dellepiscopato e soprattutto sorreggono la comprensione della chiesa come popolo di Dio recependo temi delucidati dalla ricerca biblica contemporanea o subito antecedente. Certo che il CVII vuole elaborare una teologia dellepiscopato e ci riesce appropriandosi delle stesse locuzioni che nella Pstor aeternus avevano indicato il potere papale. Si vuole cos aermare il ruolo dei vescovi nelle singole chiese. Laermazione di fondo nella LG19 in cui si aerma che gli apostoli sono stati costituiti a modo di collegio, cio di gruppo stabile. Essi hanno portato dovunque il vangelo e i loro succcessori sono i vescovi (LG 20). La novit del CVII sta nellaver identicato il potere episcopale come connesso ad una precisa azione sacramentale, un tempo chiamata consacrazione episcopale e sulla quale a lungo si discuteva: il CVII interviene riconoscendole valenza sacramentale. Nellordinazione allapiscopato viene conferita la pienezza dellordine. C una collegialit eettiva ed aettiva (dic uore e giuridica) che deve essere esercitata (LG21). Il colegio dei vescovi, ripropenendo la dinamica del collegio aostolico, caratterizzato da unit, carit e pace. Il collegio ha potere in quanto unito al capo, senza del quale non c esercizio di potere (ripreso il CVI). Il potere episcopale viene dalla grazia della ordinazione. Dal punto di vista della potentia episcopalis non c differenza tra ci che sacramentalemente ha ricevuto il vescovo di Roma e ci che sacramentalemente ricevono gli altri vescovi. Ma il fatto vescovo di Roma, il papa ha il potere di essere il capo del collegio: funzione sottesa alla unit del corpo ecclesiale. Al giorno di oggi c da parte protestante una nostalgia dellepiscope, cio il bisogno di un referente forte nella costituzione e nella costruzione delle chiese. Ma ci sono delle resistenze di varia natura per non rendere operative quelle scelte che libererebbero il primato da ci che gli impedisce di essere autenticamente dato. Lunica possibilit che ha il primato per dirimere la controverisa ed esercitare veramente il suo munus, quello di operare una distinzione tra primato e patriarcato e dunque liberarsi di un patriarcato abnorme: non pi un unico patriarca dOccidente, ma innumerevoli patriarcati continentali o subcontinentali che consentano al papa di restare il patriarca dItalia (Europa), ma gli consentano di essere liberato da una serie di compiti che sono patriarcali e non primarziali. Anche il compito della nomina dei vescovi un compito patriarcale e non primarziale. Le chiese sono tutte daccordo che la chiesa di Roma presiede allagape... ma per questo il papa deve essere liberato da tutto ci che le impedisce lesercizio della sua fuzione primarziale. Il problema vero quello di una giurisdizione universale che viene letta non a partire dal munus primarizale, ma a partire dal munus patriarcale, cosa che gli altri patriarcati non possono accettare. La chiesa cattolica riconosce alla chiesa di Roma, dunque al suo vescovo un servizio particolare nei confronti della totalit del suo corpo ecclesiale: ha la doppia polarit di servizio allunit di disciplina e di servizio allunit simbolica. Il vescovo di Roma , per veneranda tradizione, lultimo anello di una catena di vocazione allunit dottrinale e disciplinare della quale Cristo ha voluto fosse adorna la sua chiesa. 3. Elementi cositutivi della chiesa 3.1 Lo Spirito come soggetto strutturante Allinizio si parlato di polarit tra struttura e funzione. Struttura la forza estrinseca che costruisce la chiesa come popolo, corpo, sposa, mistero/sacramento. Funzione la dinamica esistenziale operativa attraverso la quale il popolo agisce da popolo, la sposa da sposa, il mistero/sacramento ecace, il corpo ripiegato nel tempo e nello spazio. La riessione ecclesiologica dopo il CVII ci ha messo nelle condizioni di individuare e di mettere in evidenza lelemento che consente alla chiesa di Cristo di tradursi e conformare i chiamati al mistero stesso di Cristo. Questa riscoperta relativa alla soggettualit dello Spirito Santo relativamente al mistero ecclesiale. - 41 -

Questa parte : elementi costitutivi della struttura. Vi distinto lo Spirito come strutturante e i carismi come elementi strutturali. Senza lo Spirito non abbiamo intelligenza nellevento Cristo, e quindi non abbiamo intelligenza del corpo di Cristo che la chiesa. La questione dello Spirito una questione molto complicata. Noi abbiamo degli archetipi che sono costanti in tutte le culture. Tra questi archetipi ce ne uno che perfettamente corrispondente allo Spirito. Lo Spirito soo, vento, bufera; parola che in tutte le lingue e in tutte le culture evoca tre ambiti: uno cosmologico, uno antropologico e uno teologico. Dal punto di vista cosmologico lo Spirito soo, vento, che pu essere delicato oppure devastante. Vi una polarit beneca/devastante: il potere del vento potere ristoratore o potere devastante. Dal punto di vista antropologico abbiamo detto che luomo soo che respira. Il respiro il soo, ci che lo fa vivente. Nella dimensione teologica, proprio perch il soo delluomo non gli viene da s, ma il soo che gli viene dato, luomo avverte o proietta in Dio un qualcosa che espressivo del potere di Dio. Lo Spirito diventa espressione manifestava del potere di Dio. Questa potenza di Dio Israele lo lega al termine ruah, termine ambivalente, che lentamente si rivela nella sua valenza salvica e nella sua valenza teofanica (Ez 37). In questa visione di Ezechiele circa le ossa aride troviamo la ruah in tutte le sue dimensioni, cosmologica, antropologica e teologica. Israele si apre allo Spirito che capace di operare quella trasformazione del cuore che rende possibile ad Israele aderire alla legge dal di dentro e non forzatamente dallesterno condando sulle sue forze, abbastanza fragili. Ruah dice anche lapertura del soggetto umano alla trascendenza (Spirito), cio il soggetto umano costitutivamente capace non solo di vivere perch Dio gli ha dato il soo ma anche di aprirsi a lui e dialogare con lui (imago Dei - teologumenon). Importante nella storia di Israele il momento di sutura tra lo Spirito come dono e il carisma profetico. Israele si tiene lontano dalla equazione Spirito-profezia perch lambiguit della pretesa dello Spirito e soprattutto le forma alogiche della profezia relativamente al parlare del profeta, uomo della parola, rendono ambigua la connessione Spirito-profezia. Superata con fatica il rapporto parola-profezia, la profezia di Israele si legher anche allo Spirito e vedr nella eusione dello Spirito nel contesto escatologico il momento del massimo dilatarsi del dono profetico. Allora lo Spirito sar elargito su ogni carne quando tutti profeteranno. In Gioele lo Spirito diventa ci che consente di interpretare la parola dei profeti del passato. Si arriva quindi alla profezia post-esilica, cio un rapporto Spirito-parola profetica. La comunit cristiana primitiva ha fatto un passo in avanti ed lei che ha tracciato le linee interpretative dellesperienza veterotestamentaria. Fondamentalmente tutto ci avviene: nellaermazione che lo Spirito il dono dei giorni ultimi. Il luogo della manifestazione dello Spirito proprio il giorno del Signore. La comunit cristiana rivendica le parole di Gioele e quindi vede questo tipo di esperienza durante la Pentecoste. In questo episodio ritroviamo di nuovo la sinergia dellelemento cosmico, antropologico e trascendente. Nel NT lapice nei confronti dello Spirito ci viene dal discorso cristologico. Lo Spirito di Ges: legato alla manifestazione di Ges nel contesto delle teofanie, allinterno delle quali Dio si manifesta come Padre che addita il Figlio, e tutto ci sigillato dalla presenza della nube (Tabor) e della colomba (Giordano). Ges riceve una investitura messianica e la comunit cristiana primitiva nel declinare questa investitura coglie la presenza dello Spirito come elemento dirimente (Ges Messia e Signore). In Lc lo Spirito presiede allevento Cristo, che viene detto incarnato ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito Spirito di Ges. C un rapporto personalissimo di identicazione di Ges come Messia da parte dello Spirito e c un discorso specico dellunzione. Cristo lunto, e ci in forza dello Spirito (At 10). Luogo emblematico per Ges anche Lc 4,17- nella sinagoga di Cafarnao. Quindi con Ges lo Spirito ha fatto la sua denitiva irruzione nella storia del mondo. Levento Cristo inseparabile dallo Spirito. Non possiamo capire la vita di Ges se non in questo rapporto allo Spirito, anima dellagire di Ges. Noi chiamiamo lo Spirito Spirito del Risorto perch a noi giunge attraverso il Risorto. Parlare dello Spirito di Ges vuol dire far emergere lagire dello Spirito in Ges. - 42 -

Parlare dello Spirito e Ges vuol dire parlare del tema della unzione (crismazione nellazione dello Spirito). Lo Spirito veramente unge Ges e lo costituisce nella sua triplice dignit regale, sacerdotale e profetica. Adesso non pi ruah indeterminata, ma pneuma aghion, Spirito Santo. C una presenza dello Spirito nellevento Cristo e c un rapporto tra Ges e lo Spirito. Paolo colui che distingue tra Ges e lo Spirito: solo Ges il Signore, colui il quale (Rm 8; Gal 5) dispiega tutto quello che il potere dello Spirito, la comunit di vita nella quale ci conduce lo Spirito. Morti e sepolti in Cristo riceviamo lo Spirito, che produce i frutti che sono gioia, pace... a cui sono contrapposte le altre opere che vengono dalla carne. Altro aspetto importante il rapporto Spirito-chiesa, che riconduciamo a due diverse sottolineature: quella che legge il tempo dello Spirito come tempo della chiesa (Lc, At: dallascensione del Signore al suo ritorno); laltra ci viene da Paolo e Pietro ed quella della costruzione, altra categoria bellissima della chiesa. Paolo parla della chiesa come tempio, costruzione dello Spirito (Ef 18,22 luogo emblematico dove vengono elencati 4 termini diversi della metafora costruttiva). In questo passaggio degli Ef che tutta la sedimentazione delle metafore costruttive veterotestamentarie viene recuperata in senso ecclesiologico, adando allo Spirito il sigillo ultimo. Limmagine della chiesa-edicio labbiamo anche in 1Pt 2,4-5 stringendovi a lui pietra viva, scartata dai costruttori.... una bella immagine perch il problema della chiesa-edicio identico a quello della chiesa corpo, solo che limmagine delledicio ci fa capire di pi la dinamica di forza costituita dallo Spirito nel visitarla. Si tratta di costruire un edicio pneumatico, cio qualcosa costruito, cementato dallo Spirito Santo. La chiesa costruzione spirituale, tale perch lo Spirito la anima, la costruisce. La tentazione della chiesa sempre una: quella di contare sulle sue forze, ma invece deve riconoscersi come animata, alimentata, sostenuta dallo Spirito. I testi neotestamentari ci riportano al modello di questa sottomissione. Tutte le volte che la chiesa ha ritenuto di fare a meno dello Spirito Santo siamo incorsi in problemi o abbiamo commesso un peccato. C una storia del rapporto chiesa-spirito. Noi abbiamo sempre avuto unatteggiamento di rivendicazione dello Spirito o di silenziamento dello Spirito. La grande chiesa ha fatto la scelta delle certezze canoniche e non si resa conto che tutta la sintassi sacramentale sintassi pneumatica, la vita della chiesa epicletica, cio senza linvocazione e lazione dello Spirito nulla ha senso. La legge ci ha messi di fronte alle certezze, ovvero compiendo un determinato rito ho la garanzia quasi di aver imprigionato lo Spirito. Il problema sta dal rito fatto al vissuto post-rito. Per questo dal montanismo alla cosiddetta riforma radicale (contadini e poveri che si volevano liberare dal feudalismo), no al metodismo, no al pentecostalismo protestante e al Rinnovamento dello Spirito noi viviamo una continua rivendicazione o memoria dello Spirito fatta da gruppi che normalmente niscono male. Le chiesa a partire dagli anni 50, a livello ecumenico, ha riscoperto lo Spirito, e ci grazie anche a studi esegetici che hanno messo in evidenza le caratteristiche della comunit cristiana primitiva. Si riaperta la questione soprattutto relativo alla questione dei carismi. Anche nel CVII c una riscoperta della soggettualit dello Spirito, particolarmente in LG 4 quando per la prima volta si parla di doni gerarchici e doni carismatici. Purtroppo c chi dice che oggi i carismi non ci sono pi, un tempo erano necessari, perch si d ai carismi un valore apologetico, ovvero poich bisognava far vedere che quella era la vera comunit, allora il miracolo, la guarigione, le lingue. Ma ora che il cristianesimo assodato non c pi bisogno. un atteggiamento mendace perch il cristianesimo sempre stato carismatico, ma anche tutta lesperienza religiosa unesperienza carismatica. L dove c un sentimento religioso c sempre una manifestazione carismatica, e non labbiamo solo noi, perch lo Spirito agisce come, dove e quando vuole.

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Cristomonismo Cristo

Orientamento ecclesiologico contemporaneo Chiesa

Cristo Chiesa

Spirito Santo

La chiesa non ha un andamento meramente cristologico, altrimenti cadremmo nel cristomonismo e daremmo della chiesa una interpretazione prettamente verticale che di fatto ci riporta ad una pura orizzontalit, cio produrrebbe un appiattimento, mentre il problema che la chiesa procede da Cristo nello Spirito: triangolazione facilmente trasformabile in circolarit. Quando parliamo di conciliarit della chiesa o di sinodalit, ne possiamo parlare se la chiesa nasce in questa sinergia, altrimenti non vi sar alcuna possibilit di stabilire un circolo allinterno della comunit. In questo processo lo Spirito perennemente soa e rende perennemente ecace levento Cristo. Non neghiamo la presenza del Padre, ma leconomia costruttivamente appartiene allincarnazione e alla eusione dello Spirito. Il Padre agisce come principio creatore. Questo lorientamento ecclesiologico contemporaneo. 3.2 Il carisma come elemento strutturante Ci che lo Spirito fa si iscrive nella dinamica del carisma, cio lo Spirito esso stesso dono, insieme donatore e dono. Lo Spirito dono e proprio per questo lelargitore dei doni. Dobbiamo ora vedere lazione dello Spirito in Ges dal punto di vista della sua conformazione, e quindi dei doni che lo stesso Ges riceve dallo Spirito. Il dono fondamentale che caratterizza Ges come uomo dello Spirito lexousia, cio il potere, visto come qualit costitutiva di dignit o di autorit, nel senso di capacit di far germinare il meglio in chi ci sta di fronte. Ges autorevole nella misura in cui scruta il cuore dellinterlocutore, se gli dice che cosa deve fare; oppure quando comanda al vento o al mare di placarsi; o dice a Satana vai fuori!; o dice a Pietro taci Satana!. Il cristiano riceve dallo Spirito la partecipazione allexousia di Cristo. Ges stesso che partecipa alla sua exousia, e dice mi stato dato ogni potere. Il potere di cui parla questa capacit di stare a testa alta in un rapporto di riconoscimento della propria dignit perch radicata in lui, in Dio. Dovremmo parlare di quella che i Padri chiamano autoexousia, cio la capacit data a ciascuno di noi di essere autorevole perch unto, perch segnato dal punto di vista cristico-pneumatico. Lexusia promana dallunzione; allora Cristo riceve la sua dignit messianica, nel momento in cui pu dire oggi si compiuta questa parola, perch il Padre lha confermato e lo Spirito lo adombra. La costruzione pneumatica del Cristo, la crismazione del Cristo e lunzione sua diventa il modello nostro di partenza, lhabitat vitale del cristiano. Morire con Cristo per risorgere con lui vuol dire essere unti come lui unto, essere partecipi del suo potere. Cristiani impotenti non ce ne sono. La forza delliniziazione cristiana forza liberante dalloscurit del peccato, forza conformante la nostra identit allidentit di Cristo nello Spirito, per cui il carisma innanzitutto questo potere di libert (Rom 8 - Gal 5). Il cristiano stato veramente liberato e in Cristo e nello Spirito veramente siamo creature nuove. Allinterno di questo potere liberante che si radica nella imago Dei (creati ad immagine di Dio Padre), si colloca il dono a ciascuno personalmente elargito per il bene della comunit. Il dono vero, il dono originario questo potere comunicare gli uni con gli altri, perch Dio comunica con noi. nellantropologia della gratuit del dono, che innanzitutto dellio-tu, della dialogia originaria che ripropone la dialogia eterna e innita del Padre con il Figlio, e del Padre e del Figlio con lo Spirito Santo che dobbiamo convocare i doni carismatici, che hanno il senso di rendere evidente e possibile questa dialogia antropologica - 44 -

originaria. I doni sono il segno che la chiesa la comunit dei tempi ultimi. I doni hanno una loro particolare espressione allinterno della letteratura paolina perch le chiese paoline sono chiese particolarmente eervescenti, nelle quali particolarmente presente lo Spirito. Il blocco che pi ci illumina sui carismi quello che va da 1Cor 12 a 1Cor 14, il cui tema i doni elargiti dallo Spirito alla comunit. Spirito, conoscenza, fede, rivelazione, parola di scienza, parola di sapienza, discernimento degli spiriti, dono delle guarigioni, dono dei miracoli, dono delle lingue, esaminare, discernere, apostoli, profezia, profeti, evangelisti, insegnamento, maestri, colui che esorta, colui che mette in comune i beni, compassionatore, coloro che faticano, coloro che sono preposti, etc.: tutti questi in Paolo sono carismi. Ci troviamo di fronte a doni assolutamente straordinari e carismatici che dicono la peculiarit che per colui che lo riceve ha qualcosa che in fondo comune. Tutti hanno lo Spirito. Tutti questi doni sono carismatici, ad esempio non si parla di una fede comune, ma di una fede che sposta le montagne... Tutti questi termini sono usati da Paolo nel senso che sono doni elargiti dallo Spirito. Questi doni nella loro molteplicit ci portano ai carismi fondamentali e ai carismi dellepifania di Dio. I carismi fondamentali sono dati dalla stessa condizione cristiana, dallhabitat antropologico che originariamente mi mette in un circolo relazionale. I carismi epifanici sono quelli straordinari che manifestano che Dio c e agisce, indipendentemente dalle nostre azioni o dalla nostra volont (ad esempio il parlare in lingue). Tutti questi doni appellano alla gratuit dello Spirito, ci riportano tutti allinterno di Dio che ha fondamento della sua realt e ha fondamento della costruzione della comunit. Paolo dice in 1Cor 12,4-6, brano interpretato come espressivo della valenza tripartita trinitaria del carisma, per quanto riguarda i doni spirituali, non voglio che restiate nellignoranza: ciascuno ha il suo dono per lutilit comune e il dono dello Spirito caratterizzante dellesperienza cristiana. Dice anche che uno solo lo Spirito, il Signore... partiamo dal termine pneuma, spirito, rapportato a carisma; diaconia, servizio con Kyrios, Signore; energhemata, operazioni rapportato a Dio Padre. Il carisma pu cio essere detto operazione-servizio, ma si tratta della medesima realt. Lo chiamo carisma se ne sottolinea una gratuit che promana dallo Spirito, ministero se ne sottolineo la dipendenza dal typos fondamentale del servizio che Cristo che si fatto servo; lo chiamo operazione se appello a Dio, Padre alla sua energia creatrice, alla sua libert e alla sua regalit. Qui vi sono i tria munera: regalit, sacerdozio e profezia, tutti in corrispondenza ad una lettura prospettica del dono. Ciascuno di noi, partecipe dellunzione di Cristo, partecipe del dono dello Spirito, riceve il suo proprio dono che lo qualica relativamente al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, dicendo del dono stesso la gratuit ineabile, la destinazione al servizio, la nativa potestas o libert. La lettura popolare del carisma ce la d la parabola dei talenti: il carisma dono che io devo praticare, non posso ricevere il dono e sotterrarlo, e questo vale per il singolo e per la comunit. Guai alla comunit che non discerne i carismi e guai a un soggetto che non riconosce e che non mette al servizio degli altri il carisma a lui proprio. Tutti siamo costitutivamente carismatici, la comunit strutturalemte carismatica, la comunit deve tradurre sinfonicamente gli uni per gli altri il dono che ciascuno ha ricevuto. Gi le lettere deuteropaoline ci mettono di fronte ad una riduzione della quantit, rispetto alla nomenclatura e declinazione dei doni. La comunit cristiana primitiva conosce quelli che noi chiamiamo stati carismatici, cio situazioni permanenti che consentono alla comunit di realizzare il suo tempo, la sua missione il suo scopo, cio lapostolato, la profezia, linsegnamento, e il pastorato, cio quelli raccolti in Ef 4,11. Si tratta gi dal punto di vista storico di una riduzione dei carismi, a fronte della vivacit e molteplicit espressiva della 1Cor o della 1Ts ci troviamo qui di fronte solo agli stati carismatici, che sono tutti stati autorevoli di guida della comunit, con una avvertenza che tutti questi stati conuiscono gli uni negli altri per cui nel compito dellapostolato nella successione allapostolato sfoceranno anche il pastorato e linsegnamento, ma non avremo una successione nella profezia. Questo uno dei problemi nostri di cristianit: noi non abbiamo una successione dei profeti. Il carisma di profezia il carisma fondamentale della comunit cristiana primitiva. Lo precede solo lapostolato per la sua forma testimoniale dellevento Cristo, ma di per s lapostolo anche profeta, perch lapostolo impersona la forma dei carismi. Paolo dice espressamente di desiderare la profezia e addita alla profezia come il dono pi grande. - 45 -

La profezia costruisce la comunit perch le d lintelligenza del futuro, ma glie lo d come giuntura autorevole del presente. Il profeta colui che legge il presente, e per questo conduce la comunit nel futuro. La profezia della comunit cristiana primitiva non previsione del futuro o preveggenza, ma discernimento del presente alla luce della parola di Dio. Ireneo dice povera quella chiesa che non ha profeti. La presenza dello Spirito un presenza costitutivamente ambigua e ambivalente, non in s, ma per colui che deve discernerla e riconoscerla. La chiesa ha scelto la via pi semplice che quella del riconoscimento della trasmissione in autorit. stata quella che criticamente si chiama la riduzione sociologica dei doni. Abbiamo avuto dopo Paolo due tipi di riduzioni: una quella sociologica (della successione autorevole per imposizione delle mani), laltra disperatamente perdente stata quella giovannea, allinterno della quale non cera bisogno di maestri, perch ciascuno aveva lo Spirito, tutti avevano lunzione. La comunit giovannea una comunit illuminata per antonomasia, ma non c stato posto per questa linea. La comunit ha scelto la via garantista e non ha scelto di buttarsi, perch il buttarsi non le garantiva la permanenza. Principio ordinatore dei doni la carit, lagape (1Cor 13). Io ricevo i doni per la costruzione della comunit e posso dire che Ges il Signore solo nella forza dello Spirito. Ci che prevale, sulla linea canonica il gesto rituale attraverso cui leletto diventa detentore di un potere. A questo punto lexousia, come dimensione fondamentale del battezzato, lautexousia, la libert cristiana subisce una limitazione perch le sta a fronte come criterio unico lexousia che leletto ha in forza delle mani che le sono state imposte. Certamente queste lettere deuteropaoline non sono attribuibili a Paolo, non testimoniano una situazione vivo lapostolo, ma una situazione morto lapostolo. Il problema diventer acuto quando la comunit cristiana divenuta religio licita dar a queste sue certezze di tipo misterico-sacramentale forme e valenze di tipo mondano o sacrale. Dalla fraternit, termine congruo identicatore della comunit cristiana delle orgini, passiamo a queste gure autorevoli che hanno come compito fondamentale quello di conservare la dottrina. Il problema diventa di mantenere la retta fede, lortodossia, chiaramente contro le eresie cristologiche dei primi secoli e la cultura gnostica. Il carisma non pi dunque un potere che costituisce la vita della comunit, piuttosto una forza posta in seno agli uomini che deve essere risvegliata per svolgere un servizio alla dottrina. Il carisma non pi strutturante la comunit, ma una possibilit, che pu esserci o non esserci. Si allentato il rapporto tra dono e servizio, e mutata lidea del carisma subentra lidea che si possa disporre a proprio piacere dei doni. Restano dono di Dio ma perdono il tratto della gratuit. Siamo allanticamera di quello che nel Medioevo chiamer il carattere. Cera anche la possibilit della cosiddetta riduzione escatologica. Gv sottolinea fortemente lintimit e continuit di vita tra Ges e i suoi. Spesso ritorna lespressione rimanere in o amare, lessico intimistico, spirituale, caratterizzante di un rapporto che riuta le regole, i canoni, ma rimane in Ges. Ges stesso lunico dono fatto ai credenti, lui il dono dello Spirito, il donatore che lo stesso dono rende possibile la vita della comunit. Il vangelo di Gv mistagogico, ma dal nostro punto di vista quello dellunzione (1Gv 20-27) lunzione o crisma consente al credente di discernere tra luce e tenebre, tra verit ed eresia, tra comunit vera e comunit che non tale. La forza operante dello Spirito lesperienza vera del dono dello Spirito. Tutto questo per la comunit cristiana non se lo pu permettere. Muoversi in una dimensione disincarnata possibile nellimminenza della parusia. Ma la conformazione storica, lessere nel tempo e le leggi del tempo diventano condizionanti. Se collochiamo le lettere di Gv rispetto alle pastorali (coeve) ci rendiamo conto come nel primo decennio del II secolo la scelta di campo ancora nella comunit era abbastanza uida: vi sono comunit che hanno operato una riduzione sociologica e comuit che invece ancora si adano interamente allo Spirito. Da questo momento in poi comincia una parabola di dimenticanza dei carismi. I Padri infatti pian piano vanno ad identicare il carisma nel potere sacerdotale, che lunico carisma possibile anche forti delle lettere pastorali. Questo accompagna la comunit cristiana malgrado i carismi siano sempre operanti e rappresentano la grande risorsa di rinnovamento della comunit. Da questo punto di vista potremmo disegnare la storia della cristianit nel segno della profezia partendo da quella che la contestazione radicale, che viene per operata non ponendosi fuori dalla chiesa, ma restando allinterno della comunit: oggi chiamata vita consacrata religiosa, una delle forme di protesta profetica, o presenza di un carisma di - 46 -

rinnovamento e di autenticit, carisma profetico che da Antonio e gli asceti del deserto, Pacomio e i cenobiti del deserto, Basilio e la sua citt perfetta, Benedetto e via via sino alle forme che conosciamo nel secolo XX e XXI. Si tratta di rivendicare una vita autenticamente apostolica. Non mancano per altri carismi oltre quello della radicalit evangelica vissuto nelle comunit religiose o proposto dai fondatori delle comunit religiose. Ci sono anche carismi o presenze assolutamente laicali anchessi generatori o rigeneratori della comunit. Ma la grande chiesa operer sempre una scelta strategica, per cui se il carisma disturbatore o perturbatore, lo espulger. Questo porter il detentore a collocarsi fuori della grande chiesa, oppure lo porter a morire sul rogo confessando la sua fedelt alla grande chiesa, ma comunicato dalla gande chiesa. Ma quando la grande chiesa capir il pericolo che il carisma profetico di una forma religiosa rappresenta di fronte alla comunit, la avocher a s addirittura imponendosi forme che sono proprie della vita religiosa, ma non proprie della vita ministeriale. Carismi nella letteratura contemporanea Risentiamo di nuovo il termine carisma nellenciclica pneumatologica Mystici corporis di Leoni XIII, ma i carismi vengono considerati doni assolutamente straordinari. Si perso cio lidea che il carisma sia un elemento strutturale della comunit, ma anche lelemento indicatore dellidentit cristiana antropologicamente ed ecclesiologicamente parlando. Un rovesciamento di intenti c nel contesto del CVII che riprende il tema dei carismi e soprattutto in LG 4 legge la stessa gerarchia nel segno del carisma. Anche in LG 10, LG 30-31, UR 2. Ipotesi di rilettura dei carismi per una fondazione del ministero come esercizio del carisma Proposta di come oggi rileggere il discorso dei carismi classicandoli e stabilendone la connessione con la funzione della chiesa, ossia con il ministero. Se i carismi sono elementi strutturali distribuiti e donati dallo Spirito soggetto strutturante, ne va aermata la sintatticit. Sintassi il termine che Paolo usa per parlare del buon ordine che deve esserci nelle comunit. I doni dunque sono normali, ordinari, necessari al vissuto della comunit, e questi doni possono essere istituzionalizzabili o non istituzionalizzabili. Ci sono cio doni che la comunit cristiana pu riconscere come donati attraverso una modalit di tipo rituale, e doni che nessuna modalit rituale pu riconoscere, ma che vengono liberamente espulsi dallo Spirito fuori da ogni schema che possa suggerire lipoteca che sia la comunit a donarli. I doni istituzionalizzabili sono tali per via liturgica che pu essere sacramentale o non sacramentale. Per via sacramentale viene elargito il carisma fondamentale delliniziazione cristiana: il pi grande dono che il credente in Cristo Ges riceve. Tramite essa riceviamo la grazia, la grazia santicante, la santit, partecipiamo alla vita stessa di Dio. A questo carisma fondamentale senza il quale non si cristiani possono sopraggiungersi altri carismi anchessi conferiti per via sacramentale. Il secondo lordine nei suoi gradi: diaconato, presbiterato, episcopato. Sono doni che liturgicamente e sacramentalmente si sovrappongono o sviluppano il dono originario che quello delliniziazione cristiana. Lo stesso vale per il dono dellunzione degli infermi, dono di alcuni di testimoniare Cristo soerente insieme alla Comunit, colui che nella comunit presenta Cristo crocisso nella pienezza della immagine. Il matrimonio e la verginit per il regno dei cieli non stanno nei carismi, ma nella struttura a livello della chiesa sposa: non sono modi di esistenza cristiana, ma sono qulcosa che dice strutturalmente ci che la chiesa. La chiesa strutturalmente sponsale. La sponsalit si traduce in due maniere: o ci si d a Dio unicamente amato, o si trova Dio per me nellaltro con il quale si divide la vita e con il quale si mette un progetto di genitorialit. Questo non toglie niente al fatto che la vita religiosa abbia degli aspetti profetici o ministeriali, ma essi non derivano dalla vita religiosa in quanto tale, ma dal soggetto come cristiano nellesercizio del carisma proprio. Carismi conferiti per via istituzionalizzabile ma non sacramentale: si tratta delle benedizioni costitutive, cio quei riti che assegnano a qualcuno una autorevolezza in seno alla comunit. Allinterno di questi c per esempio il discorso della benedizione abatiale. un rito sullabate che conferisce un qualcosa che lo far abate per - 47 -

sempre. Non un dicorso sacramentale, ma una benedizione costitutiva. Ci sono invece non istituzionalizzabili in nessun modo due carismi altrettanto sintattici, cio dei quali la comunit ha assolutamente bisogno e senza dei quali non pu vivere: la profezia e il dottorato (sapienza infusa dallalto che mi d unintelligenza della fede su un binario assolutamente singolare). Carismi asintattici Signica che sono carismi che possono esserci o non esserci. Sono fuori della norma e sono quelli che abbiamo chiamato carismi dellepifania di Dio, che manifestano la presenza di Dio in modo eclatante. Il pi eclatante di tutti la glossolalia, cio il fatto che la comunit rinunci alla preghiera logica e preghi mossa dallo Spirito con suoni che un altro deve dire che cosa signicano (nella Scrittura accanto al dono delle lingue c sempre quello di chi le interpreta per ledicazione). Ci sono due modi di porsi di fronte a Dio: il modo logico, della parola che ha senso (discorso catafatico), ma anche il modo alogico (discorso apofatico), cio porsi di fronte a Dio rinunciando. Io riconosco che di fronte a Dio non posso usare le parole, perch al di sopra di ogni mia parola. Si collocano tra i carismi asintattici anche il carisma di guarigione, sempre stato nella comunit ecclesiale, i miracoli, il discernimento dei carismi... tutti quei doni che sono possibili o non possibili ma che costituiscono la comunit. Tutto questo se rimanesse solo nella potenzialit del dono, non costruirebbe la comunit. Ai carismi corrisponde la classicazione dei ministeri, che partendo dal primo, sacerdozio comune o dei fedeli, legato a battesimo, confermazione, eucaristia ci danno quel ministero sintattico che istituisce il cristiano nel suo diritto e dovere circa la parola, la lode e la mutua corresponsabilit. Dunque liniziazione cristiana ministero sintattico, perch corrisponde al dono sintattico. Ciascun cristiano deve mettere in circolo il suo diritto e dovere relativamente alla lode, parole e mutua repsonsbilit. Ministero sintattico anche, legato sempre al sacerdozio comune, quello dellabate e dellabadesa, del lettore o dellaccolito, cio di coloro che vengono istituiti in uno specico servizio alla parola o alla lode o alla mutua reponsabilit. Il lettore deputato al servizio della parola, laccolito al servizio della lode, labate labadessa deputato al servizio di autorit, di mutua responsabilit. Stanno legati al sacerdozio comune dei fedeli anche la profezia, il dottorato, che sono anchessi ministeri sintattici. Ciascun battezzato, in qualunque posizione (anche chi ordinato), pu essere profeta o dottore. Anche glossolalia, guarigione e discernimento che sono invece ministeri asintattici che possono essere esercitati da ogni cristiano.

Classificazione dei carismi


istituzionalizzato, per via liturgica: -sacramentale -non sacramentale -carisma sintattico non istituzionalizzato: dottore, profeta...

Classificazione dei ministeri


istituzionalizzati, per via liturgica: -sacramentale -non sacramentale -ministeri sintattici non istituzionalizzati

-carisma asintattico: glossolalia, guarigione...

-ministero asintattici

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Sacerdozio comune
-diaconia in ordine a: -verbum -sacramentum -ocium -sua fondazione nella iniziazione cristiana:-battesimo -confermazione -eucaristia

Sacerdozio gerarchico
-diaconia in ordine a: -verbum -sacramentum -ocium -sua tipicizzazione nei gradi dellordine sacro: -episcopato -presbiterato -diaconato

Sacerdozio e ministero ordinato nei suoi tre gradi anchesso ministero sintattico. Istituisce chi li riceve al servizio per ciascun grado circa la parola, il sacramento e lucio. Il diaconato istituisce per il servizio, il presbiterato per la presidenza delleucaristia, lepiscopato per lepiscop, cio la cura totale per la comunit. Questo schema la dipendenza assoluta e totale tra larticolazione carismatica e larticolazione ministeriale. Cambia la prospettiva ma si tratta dellunico mistero. LG 4 dice che il fatto ministeriale anchesso un fatto carismatico. La funzione strettamente collegata allo Spirito e ai suoi doni, il servizio la traduzione per tutto il popolo di Dio della sintassi carismatica. Alla sintassi carismatica corrisponde dunque la sintassi ministeriale, che retta anchessa dalla terna verbum-sacerdotium-ocium. Limportante che il ministero non sia dissociato dallevento di grazia che lo costituisce. Il parallelismo tra carismi sintattici, istituzionalizzabili e non istituzionalizzabili, carismi asintattici ha corrispondenza nei ministeri sintattici istituzionalizzabili e non istituzionalizzabili e nei ministeri asintattici. Il vero punto di partenza della ministerialit ecclesiale in tutte le sue forme liniziazione cristiana, il carisma fondamentale, a cui corrisponde il ministero fondamentale. Non c niente dellaccadimento ecclesiale nelle sua forme ministeriali, sintattiche e asintattiche nellambito dlla fede cristiana, se non sfruttando al massimo quello che il dono fondamentale della iniziazione cristiana. Il CVII rivaluta tale valore aermando che si ripete per il credente che viene incorporato in Cristo lente che si compiuto per Cristo al Giordano, cio irrompe nel battezzato lo Spirito di Cristo e Cristo stesso. Il battezzato riceve lo Spirito, il crisma. Questa unzione abilitante, come ha costituito Ges nella sua identit messianica, a livello di fondazione o elargizione del dono. Si tratta di essere in Cristo re, sacerdoti e profeti, cio lanelito che ha attraversato il popolo di Israele, quello che attraverso la tipologia specica della regalit, del sacerdozio e della profezia di pochi le ha garantito di vivere e di andare nel segno della promessa, di cedere verso lattesa del giorno del Signore (messianica), questa tensione dal singolo verso la comunit si realizza ora nellevento Cristo che riassume in s linterezza del dono che da lui riparte, questa volta non per sigillare singoli individui ma per sigillare linterezza delle membra che costituiscono il suo corpo. Tutti in Cristo Ges e nello Spirito veniamo costituiti quali re, sacerdoti e profeti. Da questo ne derivano delle conseguenze estremamente importanti. Non signica che nella comunit non ci saranno persone che impersonano la regalit, la profezia o la diaconia in forme autorevoli o singolari. Ma ciascuno chiamato a realizzare il suo dono proprio, che si trova su questa piattaforme comune, battesimale. Il battezzato conformato a Cristo nello Spirito nel senso che lunzione gli consente una soggettualit attiva (e anche passiva) nei confronti della Parola. La fede nasce dallascolto. La chiesa una comunit cristiana che vive e si nutre della parola. Il fatto che la nostra situazione ci mette di fronte ad un battesimo non dato ad adulti, ma ad enfanti, non toglie niente a quella che la valenza fondativa della parola che genera la fede, n toglie niente circa il diritto nativo alla Parola che deve alimentarmi e condurmi ad una consapevole e piena scelta di fede. Il cristiano deve essere alimentato con la parola di DIo, ma deve averne anche le chiavi. Il cristiano deve dare ragione alla speranza che in lui (1Pt). Per il battesimo abbiamo diritto ad una intelligenza della parola, che diventa immediatamente dovere di trasmissione della Parola. Questa la sintassi fondamentale, il punto di partenza del discorso battesimale. La parola nella comunit cristiana larch, il nutrimento, ed indissociabile dal nutrimento altro che viene dal rivivere gli acta Christi, i mysteria Christi. Il vissuto dei mysteria Christi lo abbiamo attraverso la gura - 49 -

sacramentale. Il battezzato nativamente ha diritto nativo al sacerdozio, non come sacerdozio di presidenza, ma nel senso comune di partecipazione alloerta resa a Dio attraverso loerta del Figlio, o il diritto di preghiera e fruizione dei riti salvici attraverso i quali egli vive la sua identicazione a Cristo, il suo modello cristico. Abbiamo in LG10/11 alcuni passaggi relativi alla soggettualit del popolo di Dio nelle azioni liturgiche e sacramentali. Dalla 1Pt 2,4-5 si parla di oerte spirituali (non disincarnate o metaforiche), ci che il CVII esprime dicendo che i fedeli concorrono alloerta. Infatti la celebrazione eucaristica azione del popolo di Dio. Sacerdozio comune oerta di se stessi a Dio, ma anche oerta del Figlio al Padre con la comunit (Rm 12,1). Il problema di capire il legame che il ministero ha con il fatto battesimale. Anche quando per motivi culturali ci siamo inventate delle formule di disposizione assembleare che tentano di portarci. .... Se la spazialit dellassemblea (iconostasi, presbiterio) pu riportarci a formule brevi cristiane, la sostanza delleucologia, e soprattutto le anafore ci mettono di fronte ad un comune sacerdozio che fonda la variet ministeriale che caratterizza in forza dello Spirito il popolo di Dio. Ci sono variet di ministeri, e questi realizzano quella che si chiama sinfonia pneumatica. Terzo elemento quello dellocium. Nella tradizione nostra parliamo di ocio dandogli la valenza di compito, ma usiamo per compito anche un termine che vuol dire dono, munus. Tra munus e ocium Il compito non riguarda solo il ministro ordinato, ma dice la traduzione del dono. Tutti nella chiesa abbiamo una qualica abilitante. Locium, il compito di tutti. Nessuno ne privo. Ocium comporta autorevolezza. Conformati in Cristo e nello Spirito tutti siamo attivi in seno alla comunit. Tutti in Cristo divetiamo profeti, sacerdoti es esercitiamo la mutua corresonsabilit (modello della regalit che ha come modello il modello kenotico del Figlio di Dio che viene a farsi servo). Sacerdozio comune come diakonia rispetto a. La funzione in senso stretto in greco ha il nome di litrugia. Funzione signica nativamente essere per (anche in algebra). Per noi cristiani diakonia. Il primo ministero che la comunt cristiana quello della diaconia (i Sette di At 6, con compito assistenziale, regolativo). Se struttura corrisponde a ministero, funzione corrisponde a servizio. Mysterion ci che struttura la chiesa, diakonia, liturgia ci che conforma la tradizione del ministero adata alle osggettualit dei battezzati. Tutto ci ha la sua radice nelliniziazione cristiana. Cos io posso attribuire al battesimo la radice dell aparola, alla confermazioe e crismazione la soggettualit sacerdotale e posso attribuire alleucaristia lautorevolezza regale. Battesio, confermazione ed eucaristia ci riportano anche ad un altro lessico interpretativo che legge la comunit cristiana nel segno della martyria, profezia nel segno della liturgia o nel segno della diakonia. Ma vi un termine altrettanto importante quale koinonia, data dalla convergente voce grazie al soo dello Spirito di tutte quante le membra del corpo ecclesiale. Ne derivano diritti e doveri, di tipo liturgico e di tipo kerigmatico, di tipo koinonico o diakonico, cio il battezzato semplice ha diritti e doveri diversi da quelli del confermato, o da quelli delleucaristizzato. Uno dei gravissimi errori che si fanno quello di posticipare la confermazione rispetto alleucaristia, un errore di sintassi ecclesiale: io non posso partecipare al corpo e al sangue del Signore se prima non ho ricevuto lunzione dello Spirito (che ritroviamo anche nellunzione battesimale). Nel plesso della martyria profezia ci stanno tuti i carismi normali e ordinali di insegnamento e di ascolto. Tutta la dinamica testimoniale della esistenza cristiana, dei ministeri legati allevangelizzazione nelle sue forma semplici. Sotto il prolo della caratterizzazione liturgiuca colui che ha ricevuto liniziziione cristiana ha tutta quella alacrit che caratterizza il popolo di Dio nel momento della lode. Allo stesso modo il cristiano battezzato, crismato ed eucaristizzato attivo e vive la sindole e diapsole dei servizi intra ecclesiali e servizi extra ecclesiali. La ministerialit comune del popolo di Dio si traduce in ministeri che servono per far crescere la comunit. La distinzione tra servizi intra/inter/extra ecclesiali nisce col caratterizzare le singole chiese locali (diocesi) e poi le comunit ad uso interno (parrocchia). Ogni chiesa ha modalit sue proprie di tradurre tutto questo e tanto pi le stesse chiese si dierenziano le une dalle altre nella invenzione o riconoscimento della ministerialit del popolo di Dio, tanto pi la cattolica nel segno di questa sinfonia. - 50 -

La comunit fondamentalemnte ha una dimensione sinodale. Si tratta di compiti convergenti che caratterizzano la chiesa nella sua coscienza di essere in cammino verso Cristo che torna. Di per s la sinodalit il circolo vissuto della comunione attraverso il circolo ristretto del grupo di base verso il cerchio pi esteso della cattolica. In tutto questo un posto singolare ha la caratterizzazione del ministero ordinato, che anchesso va leto nella prospettiva nativa di verbum, sacramentum, ocium. Quello che comune diventa emblematico, stimolo per lintera comunit. La comunit portatrice del sacerdozio ma ha bisogno di qualcuno che la porti a coscienza del suo sacerdozio; portatrice dellucio, ma ha bisogno di qualcuno che emblematizzi, tipicizzi la regalit, il servizio allinterno della comunit; portatrice della profezia-martyiria ma ha bisogno di qualcuno che gliela emblematizzi autorevolmente. Il ministero ordianto ha servizio del battesimo della inizizazione cristian nell adirezione attualizzante che mostra come la comunit sia conformata a partire dalla praola, dal sacramento e dallucio. Si tratta di riconnettere i tria munera Christi che la tradizione dal 700 in poi considera lelemento formale del ministero ordinato alla radice battesimale. Siamo quindi nel regime di continuit di ci che il battesimo, la confermazione e la partecipazione alleucaristia danno al popolo fedele. Tutto questo ci appare chiaro attraverso le liturgie di ordinazione, perch ci mettono di fronte al carismaministero che lordine conferisce, nella variegata riproposizione, anchessa tradizionale dal II secolo in poi, che legge diaconato, presbiterato ed episcopato. La tradizione liturgica ci diventa fonte se ripercorsa nelle sue strade pi antiche. Per esempio la Traditio Apostolica di Ippolito Romano, prima testimonianza relativamente allordinazione del vescovo, del presbitero e del diacono. Si tratta di ministeri che la comunit cristiana primitiva si inventa e riconosce. Ma non c continuit linguistica tra i compiti come vegono identicati nel NT e come organizzati. Infatti non si pu pensare che i diaconi in At 6 siano i diaconi come poi li conosce il monoepiscopato.Tuttavia nel segno della continuit la sollecitudine o bisogno di un ministero aggiuntivo che liberi lapostolo dal suo compito primario e consenta alla comunit di vivere nelle forme opportune. Non chiara neanche la dierenza tra episcopoi, apostoloi. Il monoepiscopato probabilmente viene dal contesto della Palestina III, cio dal contesto siriano. certo la scelta della comunit cristiana di muoversi su un paradigma collegiale o monarchico vedr vincente il discorso del paradigma mnarchico. La tripartizione che ha vantipo la chiesa stessa nel segno di una diaconia, espressione di una diaconia comune, ma personicazione della carit del vescovo nella doppia direzione della sollecitudine verso gli indigenti, i malati, i soerenti, ma anche sollecitudine verso le chiese. Il diacono il braccio del vescovo , il nunzio colui che rappresenta il vescovo nella tessitura dei rqapproti interecclesiali e nella tessitura delle raelt intraecclesiali. Il vescovo non pu in prima persona farsi carico della carit, perch oberato da una moteplicit di compiti. Purtroppo sta in questo rapporto tra il daicono e il denaro uno dei motivi per i quali i diaconi scompaiono dalla storia, non solo per questo ma anche con la perdita della coscienza viva della presenza dello Spirito Santo in seno alla comunut ecclesiale, e cos le diaconesse e la ministerialit femminile allinterno della chesa. Quanto ai presbiteri, manca la specicit del servizio (nella preghiera dellordinazione del vescovo): ilpresbitero riceve la grazia del secondo ordine. Mentre del vescovo si deice espressamente qual il su ministero, del diacono si dice che ordinato verso il sacerdozio e ministro del vescovo (non in Lg), la grazia del II ordine ci illumina circa la necessit propria della crescita della comunit cristiana didar vita a comunit locali, parrocgiali, dove il vescovo non pu prendere parte per altri impegni, i presbiteri esercitano il loro ministero sempre con un rapporto di dipendenza del loro ministero rispetto al ministero del vescovo. Le chiese nella storia si sono inventate forme attraverso le quali salvare la comunione primitiva, lunica eucaristia (prassi del fermentum nella chiesa di Roma). Il ministero pi intrigante quello dellepiscopos. Ci sono stati n quasi dalle origini zquestioni ed eventi politici che hanno inuenzato la storia dellorinete e dellOccidente. Nella chiesa cattolica il vescovo colui che collocato nella successione apostolica impersona lethos di un asingola chiesa pur appartenendo impersonalemte al collegio, cio allepiscopato insolito alla maniera in cui i Dodici appartengono insolido al collegio apostolico. Del vescovo la tradizione antica ci dice la valenza fondativa della chiesa locale a partire dalla testimonianza liturgixca: viene eletto (discernimento), riconosciuto degno nella comunit dove viene ordinato, viene ordinato alla presenza di tre concelebranti che dicono il suo ingresso nel collegio, il vescovo riceve dele iinsegne ma la cosa pi importante la incatedratio, presas di possesso della catterda come la sedia dalla quale egli eseciter la - 51 -

sua funzione di maestro, quindi la grande preghiera epiclettica dove tutta la ocmunit nvoca la presenza dello Spirito sulleletto. Alcune di queste forme sono preenti ancora oggi in modo ttizio o reale. Il vescovo il liturgo, il maestro, ed il pastore della comunit (LG). Gli stati carismatici in Ef 4,11 si concentrano nella gura del vescovo. Abbiamo il diritto di pensare ad una chiesa pi sinodale, pi comunionale, agapica, pi snella dal punto di vista della identicazione dei servizi, meno burocratica, meno gerarcologica, una chiesa soprattutto nella quale il principio vicendevole dellamore del vescovo verso il suo popolo e del popolo verso il suo vescovo trovi anche riscontro in un fatto di mutualit. La sinfonia pneumatica tanto bella, tanto vera nella misura in cui si lascia che lo Spirito suoni gli strumenti molteplici che caratterizzano ciascuno di noi, metta in circolo i doni che elargisce, lasciamo che i doni vengnao riconosciuti, che la sintassi che regge la chiesa non sia una sintassi politica o di opportunismo, ma sia una sintassi propriamente e profondamente ecclesiale, comunionale, agapica nel senso forte del termine. Allora noi avremo una comunit veramente agapica, che vaeramente testimonia, quando saremo capaci di celebrazioni liturgiche nei quali emerga la complessit mnisteriale della intera assemblea. Allora avremo dell comunit veramente agapiche quando la casa del popolo di Dio sar animata dal buon odore di Cristo che il sigillo ultimo del dono che a ciascuno di noi lo Spirito elargisce. Fin quando le nostre chiese non saranno accoglienti, le nostre liturgie saranno banali o squilibrate, sin quando la nostra corporeit non avr accoglienza concreta, sin quando i nostri canti saranno stonati, la ricchezza dei doni che ci costituiscono non appariranno n commuoveranno noi n tutti quanti gli altri. Non basta dire col cervello che bello essere cristiani, professare la fede. Il bello innanzituto una categoria estetica nel senso forte. Dobbiamo essere cristiani nella nostra totalit e se vogliamo essere veramente chiesa dobbiamo essere chiesa nella compiutezza della sposa bella che scende ornata per le nozze con lo sposo. lo Spirito che ci conduce a Cristo, che rende levento Cristo per noi fruttuoso. lo Spirito che ci restituisce al Padre.

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