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Basi bibliche
re l'iniziativa; Cristo solo mediatore dell'attivit creatrice e riconci-
liatrice divina.
L'autore della lettera interpreta: Ges Cristo, il Signore (innalza-
to) (Col2,6), il mistero di Dio, nel quale sono nascosti tutti i teso-
ri della sapienza (sophia) e della scienza (gnosis) (Col2,2s.), in cui Dio
si quindi completamente manifestato. Tale funzione rivelatrice di
Ges Cristo fondata sul fatto che in lui divenuta terrenamente con-
templabile l'immagine del Dio invisibile (secondo Sap 7,25s.; cfr. Eb
l ,3) preesistente a tutta la creazione. E poich tutto creato median-
te la parola creatrice storicamente risuonata in Ges Cristo ( Col3, 16),
tutto trova la sua consistenza in Cristo (la parola del creatore). La
creazione poggia su un fondamento affidabile e non alla merc di po-
tenze cosmiche cieche. Questa una affermazione di fede non una
spiegazione del mondo che dovrebbe risultar chiara a
Cristo non va concepito come una forza celeste (principio di una
esistente armonia del mondo; dinamismo evolutivo di un mondo in di-
venire ecc.) o come un essere celeste mitico. A simili fraintendimenti
della preesistenza e della mediazione della creazione si oppone l'affer-
mazione che questo Cristo Ges morto dissanguato pochi decenni
prima in croce. Cosi egli avrebbe stabilito la pace e attuato la ricon-
ciliazione del mondo (Coll,20b), avrebbe trionfato sulle altre poten-
z.e (Col2,l5) e ci avrebbe liberato; cos Dio Padre ci avrebbe
t1 al potere delle tenebre e trasferiti nel regno del suo Figlio diletto
(Coll,Us.). Nella lettera ai Colossesi l'accento cade sulla affermazione
soteriologica: Cristo, la protologica immagine del Dio invisibile (Col
1,15 ), mira soteriologicamente all' uomo nuovo, che viene rinnovato
a immagine del suo creatore, cosicch le differenze etniche, di classe e
di rango/ragli uomini non contano pi (Col3,9-11). In Cristo, la pro-
messa del suo amore incrollabilmente fedele, Dio abbraccia tutto il
mondo, lo protegge, lo libera e lo chiama dal principio e dalla fine.
QYII vangelo di Giovanni (concluso verso il 95 d.C.) comincia con
una grandiosa ouverture: con l'in1:2o all:6g9s di Gv l ,l ..J _B. Circa la for-
ma originaria e il retroterra di tale inno gli esegeti hanno formulato
una di contrastanti. Se le
nscon:namo di fondo sul fatto che
l ha ampliato un mno a lm12rees1stente con chiose di com-
mento, formulate in parte in prosa ( Gv l ,6-8.15 .17 s., forse anche
2.9.12d.l3.14d). L'inno antecedente sarebbe quindi consistito all'in-
circa in Gv 1,1.3-5.10-12ab.l4.16.
Esso parla del Logos (Parola), che era in principio e attraverso
Nascita e sviluppo della cristologia del NT 99
cui tutto fu creato. In tal modo esso si riallaccia (I)l al grande prin-
e alla parola che
Dio pronuncia (per es., Gen 1,3; Sal33,9), che gh appartiene
lubilmente e che quindi divina. Pi da .vicino al Logos s1 nal-
laccia@ alla e.b.ralca, che.nell Gen
1 pervenuta a fare affermaz10m s1mil1 sulla sa lenza, con la
za per che questa fu . d1 D10 e
non era in principio. Esso ncorda (3 gh ualton d1 allora il concet-
to chiave dell'inter retazione ellenistica del mondo (illogos nello
stoicismo la ragione del mondo governante il e la ra-
zionale, secondo cui bisogna vivere), anche se non s1 tratta d1 questo
principio nel .ma controparte del co-
smo (che d1venuto med1ante il Logos e deve essere da lm redento).
Un ulteriore campo di associazione quindi: il Logos riguarda ogni uo-
che spinse direttamente a parlare cos fu senza dubbio il di-
scorso ellenistico-ebraico della sapienza preesistente presso Dio dopo
la sua creazione, sapienza che presenzi alla creazione del mondo, per-
corre il cosmo alla ricerca di una dimora fra gli uomini (Sir 24,6s.), ma
che secondo En.et. 42,1-3 non la trova e ritorna in cielo. Anche nel-
l'inno giovanneo il Logos, prima di incarnarsi, ope.ra nel gi
partire da Gv l ,5, ma non ha successo con _la sua az10ne salv1flca fra
uomini come viene ripetutamente sottolmeato (Gv 1,5.10.11). Cos1
l'inno a culminare nella svolta di Gv 1,14 e quindi ad affermare
qualcosa di difronte al rifiuto dominan_te, il L6-
gos non ha rinunciato, ma al contrario ha ora /atto la cosa pzu grande:
l'ultima che fosse ancora possibile /are: per trovare accesso fra glz uomz-
ni divenuto personalmente uomo (E. Haenchen, 131).
Proprio questo era estraneo alla tradizione ebraica sulla sap1enza e sul
.
Con l'incarnazione, in Gv 1,14, si verifica qualcosa d1 realmente
nuovo. Ovviamente non l'incarnazione il vero e proprio traguardo
dell'inno, bens la sua conseguenza e il suo effetto
__sgg_f tpento della salvezza da parte dei c_redenti (Cv 1,16). Ma
ossona allagienezza ( Gv 1,16) h
non per e con l'incarnazione la propria divinit, bens la conserva nel
suo ivenir carne. Carne significa qui (diversamente da quanto av-
viene altrove nel vangelo di Giovanni), in senso veterotestamentario e
perfettamente non dualistico, l'uomo nella sua creaturalit. Il Logos
divenne carne, assunse una umanit concreta. Egli non apparve

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