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GIUSTIZIA, AMORE
DI DIO
E LA SOFFERENZA
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Giustizia, amore
di Dio e sofferenza
di Luciano Manicardi monaco di Bose
Dio si manifesta, con il suo Spirito, come colui che è in comunione profonda con l'intera creazione
e soprattutto con la persona umana. Lo Spirito di Dio fa sì che Dio non stia fuori del raggio della
sofferenza umana. Lo Spirito esprime l'intenzionalità di Dio, tutta rivolta all'uomo e alla storia e al
mondo; designa la preoccupazione di Dio per il mondo. Ne derivano, per la concezione biblica della
giustizia di Dio, alcuni caratteri del suo patire: sofferenza di fronte all'ingiustizia; con-sofferenza di
fronte all'oppresso; sofferenza di fronte al fallimento dell'uomo.
Che rapporto vi è tra la giustizia di Dio, così spesso affermata nella Scrittura, e la sofferenza? Può
essere utile cercare di comprenderlo partendo da una riflessione sullo Spirito di Dio. Nell'AT lo
Spirito (ruach) santo, lo Spirito di Dio, designa la libera volontà di Dio di entrare in relazione e
comunione con la creazione, soprattutto con gli uomini e anzitutto con Israele.
Il termine ruach ha senso solo relazionale: la ruach di Dio non è un’entità a se stante, ma esprime la
presenza attiva del Dio trascendente. Il significato primitivo del termine è quello di "aria",
"atmosfera", "spazio", "vuoto", "spazio vitale", tuttavia, il vocabolo mostra anche un altro
significato: "pathos", "emozione", "passione". Abbinato ad altri termini indica particolari emozioni
come "amarezza" (Gen 26,35), "dolore" (Pr 14,10), "esasperazione" (Es 6,9), "afflizione" (1Sam
1,15)...
Anche applicato a Dio questo vocabolo può significare "pathos". In Is 63,10 si dice che i figli
d'Israele «si ribellarono a Dio e contristarono il suo santo Spirito». Qui la ruach di Dio è lo spirito
che può essere toccato dal dolore, è vulnerabile. Il profeta può essere chiamato ish ha-ruach, «uomo
dello Spirito» (Os 9,7), cioè del pathos divino, che condivide il pathos divino. Pathos che è la
volontà di Dio di partecipare con compassione alle sofferenze dell'uomo. Dio «prende così sul serio
gli uomini, che egli soffre con loro e nei loro peccati viene ferito nel suo amore» (Jürgen
Moltmann).
Lo Spirito di Dio fa sì che Dio non stia fuori del raggio della sofferenza umana. Lo Spirito esprime
l'intenzionalità di Dio, tutta rivolta all'uomo e alla storia e al mondo; designa la preoccupazione di
Dio per il mondo. Questa rivelazione, presente soprattutto nei libri profetici, mostra che il rapporto
di Dio con il mondo è di interessamento e di compassione. Alla luce della compassione di Dio si
comprende anche la sua ira: la collera di Dio nasce dalla sollecitudine divina per l'uomo: ira e
compassione sono correlate. Abacuc dice: "Nell'ira ricordati di avere clemenza» (Ab 3,2). L'ira di
Dio esprime la sua sofferenza di fronte al male: essa va letta come manifestazione dell’amore di Dio
ferito dall’ingiustizia umana, come sdegno di fronte alla catastrofe del peccato, dell'oppressione, del
male. E non è una reazione emotiva o irrazionale di Dio, ma tende a ristabilire la giustizia.
Possiamo verificare tutto questo nella concezione che la Bibbia presenta della giustizia di Dio.
Apparirà che la giustizia di Dio si declina come:
L'ira di Dio non rinvia al capriccio di Dio, non è un suo difetto di giustizia, ma è espressione del
pathos di Dio che è stato ferito dal male perpetrato.
Il profeta, che condivide lo scandalo divino di fronte al male e all'ingiustizia, grida, con l'intero suo
ministero, che Dio non è indifferente al male! Il grande male è l'indifferenza al male, è l'abitudine al
male fino a non vederlo, a non denunciarlo, a farsene complici. La giustizia di Dio è dunque
anzitutto sofferenza di fronte all'ingiustizia.
2. profeta è una persona che soffre per il danno che è stato arrecato a un altro. La giustizia diviene
così compassione verso l'oppresso, verso la vittima del male. La rivelazione biblica presenta Dio
come colui che «conosce le sofferenze» del suo popolo (Es 3,7) e che «in tutte le sue (del popolo)
sofferenze ha sofferto con loro» (Is 63,9). Dai capitoli iniziali del libro dell'Esodo si evince che Dio
è il liberatore di Israele facendosi con-sofferente con il suo popolo e condiscendente nei confronti
del suo popolo. Il Dio biblico è il Dio che consoffre con l'uomo sofferente. È il Dio il cui ascolto del
grido verso i sofferenti diviene visione, cioè esperienza di sofferenza, passione divina e
responsabilità dei sofferenti stessi, e il cui vedere le angosce e l'oppressione dei sofferenti diviene
ascolto delle loro sofferenze, diviene un far risuonare in sé, nella vibrazione della compassione, la
voce della sofferenza altrui.
Una bella pagina di Origene sottolinea l'aspetto della con-sofferenza di Dio che emerge dalla
rivelazione biblica. Così egli parla di questa "passione di Dio": «Quando mi rivolgo a uno e lo
supplico d'un favore, che abbia compassione di me, se è privo di pietà non lo tocca nessuna delle
parole che gli dico; se invece è di animo sensibile e non ha alcuna durezza di cuore, mi presta
ascolto, prova compassione per me e si dispiega dinanzi alle mie preghiere un'interiore tenerezza.
Riguardo al Salvatore, fai conto che accada la stessa cosa. Egli è disceso sulla terra mosso a pietà
del genere umano, ha sofferto i nostri dolori prima ancora di patire la croce e degnarsi di assumere
la nostra carne; se egli non avesse patito, non sarebbe venuto a trovarsi nella condizione della nostra
vita di uomini. Prima ha patito, poi è disceso e si è mostrato. Qual'è questa passione che per noi ha
sofferto? E la passione dell'amore. Persino il Padre, il Dio dell'universo, «pietoso e clemente» (Sal
103,8) e di gran benignità, non soffre anche lui in certo qual modo? Non sai che quando governa le
cose umane, condivide le sofferenze degli uomini? Infatti «il Signore tuo Dio ha sopportato i tuoi
costumi, come un uomo sopporta quelli di suo figlio» (Dt 1,31). Quindi Dio prende i nostri costumi,
come il Figlio di Dio porta le nostre sofferenze. Nemmeno il Padre è impassibile. Se lo preghiamo,
prova pietà e misericordia, soffre di amore e s'immedesima nei sentimenti che non potrebbe avere,
data la grandezza della sua natura, e per causa nostra sopporta i dolori degli uomini" (Omelie su
Ezechiele VI,6).
Il Padre, dice Origene, soffre per amore, Giustizia e sofferenza si incontrano nell'amore. Se ci
volgiamo al NT noi vediamo che l'amore e la giustizia di Dio si sono manifestate in Cristo: «In
questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Unigenito Figlio nel
mondo...» (l Gv 4,9-10; cfr Gv 3,16); «Si è manifestata la giustizia di dio: ...tutti sono giustificati
gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Gesù Cristo» (cfr Rm 3,21-
26).