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Il fenomeno dell’evasione fiscale in italia

Fallimento di un sistema?
di Pierluigi Mazzolena

L’articolo 53 della Costituzione prevede che “tutti sono tenuti a partecipare alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva”. Aggiunge anche che “il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”.
Sono questi due principi di fondamentale importanza e che dovrebbero sempre essere presenti nella realtà
quotidiana.
Spesso però viene da chiedersi se è sempre così, se è cioè vero che effettivamente tutti partecipano alle
spese dello Stato e se tutti partecipano secondo il principio di progressività, ovvero che i più ricchi pagano
in proporzione più tasse.
Il pagamento delle tasse in ragione della capacità contributiva era stata prevista dai padri costituenti per
offrire un doppio sistema di garanzie:

• dal punto di vista dello Stato, perché le leggi tributarie non devono colpire fatti che non siano
espressivi di capacità contributiva;

• dal punto di vista del contribuente, è una garanzia, in quanto non si può essere sottoposti a tassazione
se non in presenza di fatti che esprimono una capacità contributiva. Questo costituisce un criterio
fondamentale per l’interpretazione e l’applicazione della norma tributaria

Il dovere generale della collettività a partecipare alle spese pubbliche rappresenta quindi la garanzia del
singolo a tutela della propria capacità contributiva.
Ma i sistema tributario italiano riesce nella realtà pratica a far rispettare i principi di uguaglianza fiscale?
Ovvero, effettivamente tutti contribuiscono al pagamento delle spese pubbliche e soprattutto ciò
effettivamente avviene in ragione della reale ed effettiva capacità contributiva di ciascun cittadino?
Da molti anni l’evasione fiscale in Italia ha livelli elevati ben superiori a quelli dei paesi europei e delle
maggiori economie avanzate. Da una relazione al parlamento del Ministero dell’Economia dell’autunno
2007, risultava che il valore aggiunto dell’economia sommersa nel nostro paese è quasi il 18% dell’intero
PIL e si stima che l’evasione fiscale sia anche maggiore raggiungendo il 21% della base imponibile IRAP ed
il 33% della base imponibile dell’IVA. Tali livelli di evasione sono fino a 4 volte superiori a quelli dei paesi
europei più virtuosi. In termini di gettito, si tratta di quasi 7 punti percentuali di PIL di mancate entrate
che corrispondono ad una perdita superiore ai 100 miliardi di euro l’anno.

Come interpretare questi dati? Ci troviamo forse davanti ad un fallimento del principio costituzionale della
partecipazione dei cittadini a contribuire alle spese dello Stato? La grave conseguenza di questa situazione
è che per un esercito di (mancati) contribuenti che non pagano interamente le tasse, sono i cittadini
onesti a sopportare il peso degli evasori e a pagare anche per loro. Questi livelli di evasione generano

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aliquote di tassazione più elevate del necessario, creando inevitabilmente distorsioni nella concorrenza ed
iniquità sociali tra chi paga e chi non paga le imposte, riducendo la competitività internazionale del nostro
sistema economico e rischiando di alimentare altre piaghe come l’illegalità, la corruzione e la criminalità.
La conseguenza di una così massiccia evasione è che il peso del fisco finisce per essere “spalmato” su una
platea ridotta di cittadini-contribuenti virtuosi che finiscono in tal modo per pagare anche per chi, pur
disponendo di una adeguata capacità contributiva, non pagano quanto dovuto.

Occorre quindi “educare” i cittadini italiani a pagare le tasse realmente secondo la propria capacità
contributiva. In tal modo, infatti, se tutti pagassero integralmente le tasse dovute, queste potrebbero
effettivamente diminuire. Si tratta quindi di avviare una vera e propria operazione di sensibilizzazione ed
educazione civica del cittadino-contribuente, al fine di far capire che pagando tutti, pagheremo tutti
meno.

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