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LE ORIGINI

APPROFONDIMENTI

I CACCIATORI DELLE GROTTE
DI SAN DANIELE E SAN ROMUALDO

LA CERAMICA AD IMPRESSO
DELLA BASSA ISTRIA

I CASTELLIERI

I MONUMENTI FUNEBRI
DELLET DEL BRONZO

MONCODOGNO

GLI ISTRI: I CASTELLIERI

GLI ISTRI: I TESORI DELLE TOMBE

GLI ISTRI IN AMBITO ADRIATICO
E CENTRO-EUROPEO

NESAZIO CAPITALE DEGLI ISTRI

LARTE DELLE SITULE A NESAZIO
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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Durante lultima era glaciale, in un periodo compreso fra i 70
e i 10 mila anni fa, si alternarono cicli climatici pi miti a cicli pi
rigidi e tutto lAlto Adriatico, fino allaltezza di Zara allincirca,
era coperto dalla terraferma dato che il livello del mare era a quei
tempi pi basso di 97 metri. Risalgono al pleistocene superiore o
alla fine della glaciazione Wrm 2 - stadiale i primi insediamenti
umani nella caverna S. Daniele II, che si trova nella Bassa Istria, a
circa 5 km NE dal centro della citt di Pola, e quelli nella grotta di
S. Romualdo, che si apre sulla parete rocciosa del Canale di Leme,
e a Vergottini, presso Villanova di Parenzo. Lanalisi del carbonio
radioattivo (C14) presente in diversi campioni di carbone e di
ossa animali carbonizzate provenienti da S. Daniele II ha fornito
unet che varia da 27.800 850 a 10.83050 anni fa. Significa
che la caverna di S. Daniele stata intensamente frequentata dal-
lultima glaciazione allinizio del disgelo. Il clima secco e rigido,
I CACCIATORI DELLE GROTTE
DI SAN DANIELE E SAN ROMUALDO
San Daniele II (Pola), inizio degli scavi
CAPITOLO PRIMO 46
con brevi periodi piovosi,
dimostrato dai reperti ani-
mali ossei raccolti attorno al
focolare. I reperti ci svelano
che si trattava di un ambiente
simile alla steppa con biotopi
simili alla tundra, con enormi
pascoli e limitate foreste, abi-
tati da animali del tipo alpino
e polare nord-europeo, assie-
me a cavalli e asini selvatici,
bovini selvatici, suini, cervi,
uccelli, anfibi e pesci. Le ossa
rinvenute appartenevano in
prevalenza a individui giovani
e rappresentano i resti dellalimentazione dei cacciatori del tem-
po. Sono spezzate e spesso bruciate. Dati analoghi sullambiente
sono stati forniti anche dalla grotta di S. Romualdo nel Canale di
Leme, che serv a lungo come tana allorso delle caverne. L stato
scoperto il primo resto umano fossile in Istria: un dente, apparte-
nente a un cacciatore molto giovane del paleolitico superiore del
gruppo Homo sapiens fossilis. Nello stesso strato sono stati trovati
manufatti silicei e un canino perforato di cervo, che doveva essere
importante come trofeo o amuleto. I resti di cacciatori del paleo-
litico inferiore, appartenenti allo stesso gruppo dellHomo sapiens
fossilis, scoperti nella grotta S. Daniele II, sono pi abbondanti.
Attorno a un rogo erano sparsi frammenti di ossa appartenenti al
minimo a tre e al massimo a cinque persone, di ambo i sessi e di
diversa et. Erano ominidi paleomediterranei con caratteristiche
delluomo di Cromagnon.
Oltre ai resti umani, sono numerosi i manufatti di silice e di
osso e le schegge non lavorate, rinvenuti nella caverna di S. Danie-
le II, a rendere testimonianza di un ambiente in cui venivano ap-
punto lavorati utensili di silice e di osso. Erano oggetti con cui gli
ominidi si recavano a caccia e che servivano anche per preparare il
cibo, per conciare le pelli, per lavorare losso e il legno. Qui luomo
si stabil soprattutto nel tardo paleolitico, circa 10.000 anni fa,
quando incominciarono a manifestarsi grandi cambiamenti negli
usi e nel comportamento umani.
San Romualdo, Leme, reperti
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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LA CERAMICA AD IMPRESSO
DELLA BASSA ISTRIA
I primi recipienti di ceramica segnano una nuova era nello
sviluppo storico delluomo, il neolitico. Si tratta di un fenomeno
avvenuto durante il sesto millennio a. C. Larte della lavorazione
del vasellame di argilla mescolata a calcite e quarzite, ma anche
a grossolane schegge di calcare o vegetali, giunse in Istria prove-
niente da Sud. Si ricavavano semplici contenitori fatti a mano,
ancora a imitazione delle forme presenti in natura, come zucche
o contenitori ottenuti scavando pezzi di legno o intrecciando ar-
busti. Le pareti levigate, di argilla ancora umida, venivano rico-
perte da impronte impresse con oggetti acuminati: punteruoli di
osso o di legno, giunture di piccole ossa animali, orli di conchiglie
o di unghie. Questa tecnica decorativa e la relativa cultura sono
state chiamate ceramica ad impresso. Nella sua fase iniziale le im-
pronte finivano per ricoprire la superficie del vasellame senza or-
dine alcuno. In Istria questa fase non ha ancora trovato riscontri,
anche se attestata alle spalle del Golfo di Trieste, nel Litorale
sloveno e sulle isole quarnerine. In una fase successiva i ceramisti
decoravano recipienti della stessa forma (grandi pentole ovali o
sferiche, bacili emisferici) organizzando le impronte in modo da
creare motivi in serie, intrecciati, zigzaganti e ondulati.
I giacimenti di questo tipo di vasellame a motivi im-
pressi sono concentrati nella Bassa Istria. In seguito al
fenomeno della trasgressione del mare, alcuni si trova-
no oggi proprio sulla costa (Visola a Medolino, Monte
Grosso-Debeljak a Promontore o Pradisel nei pressi di
Pavici), ma anche tutti gli altri sono
relativamente vicini al mare. I pi
distanti sono Monte Orsino presso
Butkovici (15 km circa) e S. Michele
presso Valle (8 km circa). In tutti i
casi sono stati trovati frammenti
di recipienti decorati con gli orli
di conchiglia. Largilla e gli altri in-
Visola presso Medolino,
ceramica ad impresso
CAPITOLO PRIMO 48
gredienti venivano ricavati nei pressi dei villaggi. Una volta mo-
dellati e in parte essiccati, i vasi venivano cotti a una temperatu-
ra che probabilmente non superava i 750 C, com confermato
dal predominante color rossiccio della ceramica cotta. Accanto
a recipienti che servivano per le necessit quotidiane (trasporto
di liquidi, preparazione dei cibi, ecc.), ne venivano prodotti altri,
pi particolari, con cura e attenzione. Dallargilla ben mondata
si ricavavano semplici recipienti ovali dalle pareti relativamente
sottili, che venivano levigate accuratamente; a quel punto tutta la
superficie era spalmata di argilla diluita, sulla quale con lorlo dei
cardi venivano tirate sottili linee o venivano impresse sequenze di
piccole conchiglie della stessa specie. In questo modo si creavano
complessi motivi di linee parallele e oblique. Non sappiamo quale
effettiva importanza, significato o funzione avessero questi reci-
pienti nella vita di ogni giorno per i pastori e gli agricoltori del
primo neolitico nellallora Istria meridionale, ma in ogni caso essi
dimostrano abilit e destrezza nellarte della ceramica.
Nel corso dei primi secoli del secondo millennio a. C., at-
torno al 1800 a. C., in Istria sorsero i primi abitati fortificati, i
castellieri. La loro apparizione la conseguenza delle grandi mi-
grazioni indoeuropee e della stratificazione sociale. LIstria si tro-
vava ai margini delle civilt mediterranee, che dal mare si erano
diffuse fino al centro del continente, e alla confluenza di territori
e culture europee preistoriche, orientali e occidentali, che stava-
no incamminandosi verso nuovi traguardi. Da quellepoca lIstria
incominci ad essere intensamente abitata. Erano tempi insicuri,
motivo per cui i villaggi venivano costruiti in posizioni strategi-
che, particolarmente protette, ed erano cinti da mura. Nonostan-
te la mancanza di importanti materie prime, furono le condizioni
I CASTELLIERI
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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naturali, climatiche e geologiche, a convincere le nuove numerose
comunit patriarcali a rimanere sul posto, cercando riparo allin-
terno di abitati protetti da mura e a difendere i propri territori. I
castellieri erano situati in cima a colli conici, sugli speroni sovra-
stanti le valli di alcuni paleo-corsi dacqua, su pianori circondati
da profonde doline carsiche, lungo la costa marina e sulle isole. I
loro numerosi ruderi sono oggi facilmente individuabili nel pae-
saggio grazie alle cime tronche delle alture e alle pendici terraz-
zate, senza dire che diverse citt odierne, specie quelle in quota,
si sono sviluppate dagli antichi castellieri. Lo confermano pure le
numerose indicazioni topografiche tuttora in uso, come Gradina,
Gradac, Gradie o Graie, Stari grad, Castellier, Castelvenere,
Castelliere di Leme
CAPITOLO PRIMO 50
ecc. Nell elenco del 1903, C. Marchesetti ne conta, nellarea che
comprende le isole del Quarnero, lIstria fino alla Fiumara, la
Carniola, il Litorale sloveno e la valle dellIsonzo, ben 455 unit,
di cui circa 350 nella penisola istriana. Non sappiamo quando
tutti questi abitati nacquero, quanto a lungo vissero o quando la
vita vi si spense. Solo in pochi di essi sono stati effettuati scavi
archeologici, e nella maggioranza dei casi la datazione viene sta-
bilita in base alle caratteristiche dei tanti reperti di superficie di
frammenti fittili.
Una volta scelta lubicazione del futuro villaggio, il terreno
veniva spianato e le pietre spaccate poi servivano per innalzare
possenti mura a secco attorno a tutta larea. I paramenti mura-
ri erano formati da grossi blocchi di pietra, il cui interno veniva
riempito di sassi pi piccoli e del pietrame scartato durante lo
spianamento delle sommit collinari. Di solito le mura seguivano
circolarmente la configurazione del terreno, talvolta in pi ordi-
ni. Nei posti che erano gi in buona parte naturalmente protetti,
grosse mura e massicci argini venivano eretti solamente nei punti
di pi facile accesso. Nei pressi di alcuni castellieri si pu nota-
re unulteriore cinta difensiva esterna, prospiciente la linea delle
mura, formata da blocchi di pietra verticalmente e saldamente
conficcati nel terreno. In tal modo laccesso allabitato, che si gua-
dagnava attraverso stretti e complicati passaggi, di-
ventava ancora pi arduo. Nelle prime
fasi di costruzione delle mura i
passaggi si presentano lar-
ghi, ma ben presto vi si
aggiungono vari muretti
e divisori per intralciare
o impedire il passaggio.
Allinterno dellabitato
erano dislocate case
dalle fondamenta
rettangolari
in pietra,
sulle quali
veniva fissata una
struttura di legno o di
arbusti intrecciati e ricoperti
Nesazio,
forno per la ceramica
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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di argilla. E i tetti, con tutta probabilit, dovevano assomigliare
a quelli che fino a pochi anni fa si potevano ancora vedere nelle
campagne istriane, coperti di paglia, di tavole o di lastre di pietra.
Lintera costruzione del tetto e delle pareti divisorie era sostenuta
da massicce travi profondamente incastrate nelle fondamenta e
puntellate con lamelle di pietra. Questi villaggi erano di diversa
estensione ed erano probabilmente organizzati in particolari co-
munit territoriali, gravitanti su un centro pi grande, attraverso
il quale comunicavano col resto del mondo.
Data la scarsit di materie prime, gli abitanti di quei villaggi
dellet del bronzo si occupavano principalmente di pastorizia e
di agricoltura. Dalle analisi dei resti ossei risulta che prevaleva lalle-
vamento di bestiame minuto (pecore o capre) e pi raro era invece
quello bovino. I resti di animali selvatici, uccelli o pesci, che dimo-
strano la pratica della caccia e della pesca, sono assai pi scarsi. Gli
animali domestici venivano allevati soprattutto per il latte e la lana
o per essere impiegati nei pesanti lavori agricoli. Un reperto assai
frequente nei castellieri sono le macine di pietra per i cereali.
Tra i resti della cultura materiale predominano numerosi i
frammenti di recipienti fittili, che in virt di alcune forme parti-
colari ci parlano delle affinit fra coloro che abitavano lIstria nel-
let del bronzo e gli abitanti delle isole alto-adriatiche e quelli del
Carso (ad es. varie forme di recipienti con piastrina a linguetta sui
manici a gomito o luso di piatti tripodi). Il vasellame veniva fatto
a mano e spesso era accuratamente levigato e decorato con sempli-
ci motivi plastici o ad impresso. Sono piuttosto frequenti anche i
ritrovamenti di frammenti di piastre fittili con fori rotondi, che
sono resti di forni per la cottura della ceramica. Negli abitati, oltre
alle officine ceramiche, ve ne erano anche altre. Dalla lavorazio-
ne di ossa animali si ottenevano aghi, punte o levigatoi. Venivano
inoltre lavorate le pelli animali, la lana e il legno, i cui resti per,
dato lambiente carsico, non si sono conservati.
Una particolare importanza la dovevano rivestire le fonderie,
le cui materie prime - i metalli - provenivano da altre regioni. Sono
stati trovati alcuni tipi di stampi per la fusione di oggetti in bronzo
(Moncodogno, Vermo, Pola, Sermino), che dimostrano la presenza
di fonditori. Si fabbricavano elementi di armi (punte di lancia, pu-
gnali), arnesi (asce, coltelli, punteruoli, scalpelli) e semplici monili
di fili metallici (orecchini spiraliformi, pezzi di collane).
CAPITOLO PRIMO 52
Grazie alla sua posizione geografica lIstria era inserita nei
grandi flussi e vie commerciali dellepoca, ad esempio fra il Balti-
co e il Mediterraneo, attraverso le quali giungeva da settentrione
lambra. Nelle tombe istriane dellet del bronzo sono state trova-
te spesso perle di ambra.
La vita spirituale degli abitanti dei castellieri, a parte i riti fune-
bri, ci ignota. Ma c uneccezione: la costruzione circolare in cima
a S. Angelo Piccolo, alle spalle di Parenzo. I massicci blocchi di pie-
tra disposti circolarmente, la scoperta di un piccolo canale scavato,
che finisce con un incavo, e di un colatoio di ceramica sembrano
indicare unarea cultuale posta fra due grandi abitati a castelliere.
Gli abitanti dei castellieri usavano seppellire i propri defunti
in posizione fetale. I morti venivano rinchiusi in arche fatte di sot-
tili lastre di pietra, spesso smussate (venivano scalpellati gli orli).
Il fondo dellarca veniva ricoperto di sottile ghiaia, che talvolta la
riempiva tutta. Di solito unarca conteneva i resti di pi defunti. I
corredi funebri erano di regola assai semplici (qualche orecchino
di sottili fili di bronzo, delle armille dello stesso genere, o qualche
perla di ambra, dei coltelli di bronzo). Pi dei corredi funebri era
forse significativa la struttura che ricopriva larca o la posizione
della tomba stessa.
Lungo le mura e accanto alle entrate dei villaggi cerano delle
piattaforme recintate, nelle quali si trovava larca funebre con la
lastra di copertura a vista. Gruppi di queste piattaforme compo-
nevano una necropoli. Ne sono state scoperte alcune accanto al
castelliere di Monte Orsino presso Butkovii a nord di Dignano,
ma anche a Gradina sullisola di Brioni Maggiore.
Nelle aree che circondano i castellieri sono sovente dissemi-
nati, senza alcun ordine a noi comprensibile, numerosi, piccoli
tumuli di pietra che contengono al centro unarca formata da la-
I MONUMENTI FUNEBRI
DELLET DEL BRONZO
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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stre di pietra. Essi si notano in particolare nei dintorni di Monte
Orsino, quindi nella zona detta Paravia, fra la baia di Colone e
Barbariga, o a Zabgnacco vicino a Villa di Rovigno, ma anche al-
trove. I piccoli tumuli in questione spesso conservano tracce di un
muro circolare, allinterno del quale situata larca.
Di particolare significato dovevano essere i solitari, grandi
tumuli di pietra posti proprio in cima alle alture. Con la loro
posizione e grandezza sottolineavano limportanza rivestita
dai defunti in vita. Solo pochi sono stati esplorati (Monte Val
Marin vicino a Pola, Bombiste presso Bagnole, Monte Gromaz-
za a Cavrano) e fra questi il pi importante risultato essere
quello di Maclavun nei pressi di Sossici. A giudicare dai ruderi
della costruzione circolare e dal corridoio daccesso, che ricorda
un dromos, con tutta probabilit esso rappresenta i resti di una
tomba con copertura a cupola (tomba a tholos), che allepoca,
verso la met dellet del bronzo, quando nella Grecia micenea
si dedicavano tombe del genere a eroi e famiglie particolarmen-
te illustri, doveva esprimere un tentativo di imitazione di quel
mondo. Nello spazio allinterno del muro circolare furono tro-
vate tracce di combustione e di modeste celebrazioni, mentre
a nord dellentrata si trova una tomba murata che conteneva i
resti di diversi defunti. Si suppone che al centro potesse trovarsi
la tomba principale, o che forse essa sia ancora in seno alla cinta
circolare, di fronte allentrata.
Larchitettura delle tombe istriane dellet del bronzo e alcu-
ni coltelli bronzei, che in esse sono stati trovati, attestano i legami
fra la penisola istriana e le culture del Mediterraneo orientale del-
la stessa epoca, durante tutto il secondo millennio a. C. Un cam-
biamento repentino, pressoch totale, avvenne durante lXI sec.
a. C., con il diffondersi di un nuovo modo di seppellire i defunti:
lincinerazione.
Albonese,
punta di lancia di bronzo
CAPITOLO PRIMO 54
MONCODOGNO
Moncodogno il nome di una collinetta (81 metri sul livello
del mare) poco distante da Rovigno, dalla quale lo sguardo domi-
na la costa dalle Brioni alle isole rovignesi e il mare aperto dellAl-
to Adriatico. Nel 1953 gli archeologi vi accertarono lesistenza di
un castelliere e ben presto vi iniziarono degli scavi. Quelle prime
esplorazioni servirono a stabilire lestensione dellabitato, a pianta
ovale (260 x 160 metri), circondato da mura concentriche. Torna-
rono alla luce la porta occidentale, che conduceva al mare, e quel-
la settentrionale, che portava verso la fossa cultuale. Al centro,
sulla parte pi elevata dellabitato, particolari mura delimitavano
larea dellacropoli. Qui, nel settore nord-orientale, furono sco-
perte grandi costruzioni rettangolari. Gli scavi, ripresi nel 1997,
hanno riportato alla luce innumerevoli altri reperti e novit su
Moncodogno, ma anche sullet del bronzo in Istria.
Allinizio del secondo millennio a. C., verso lanno 1800,
una comunit di nuovi arrivati inaugur enormi lavori allasse-
stamento della vetta di questo poggio. Furono estratti e spaccati
grandi blocchi di pietra per creare uno spiazzo su cui estendere il
villaggio. Enormi blocchi di pietra piatta servirono per costruire
il paramento esterno del muro principale, alto fino a 3 metri e
largo altrettanto. Sul lato occidentale cera laccesso principale al
villaggio, un passaggio che dava sul mare, e che doveva provocare
una grande impressione. Venne intramezzato a pi riprese.
Percorrendo un viottolo a gradini si raggiunge una strozzatura
che pu essere attraversata solo da una persona alla volta, mentre un
corridoio, che si svolge anchesso a gradini, conduce a un ambiente
pi largo, antistante un altro stretto passaggio che sbocca sulla pri-
ma terrazza dellabitato. Accanto al principale passaggio occidenta-
le sorgeva la necropoli, con le arche inserite in piattaforme cinte da
mura, di cui se ne conservata una dalla parte settentrionale, perch
col tempo stata dimenticata, tanto che sopra vi fu eretto un ante-
murale alla cinta principale e poi un altro allangolo meridionale
dellingresso. Il secondo passaggio situato sul lato settentrionale
del muro di cinta che, tramite un sinuoso e stretto corridoio recin-
tato, conduce verso la fossa alle pendici dellaltura.
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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La zona centrale e la pi elevata di Moncodogno circondata
da un analogo muro massiccio che chiude larea rettangolare del-
lacropoli. Qui, nella zona nord-orientale, si trovavano le costruzioni
pi grandi, che avevano fondamenta rettangolari e che furono pi
volte tramezzate nel corso dei secoli. Cerano numerosi focolari e
tutto attorno spazi aperti cinti da muricci. Davanti a una delle case
si trovava una grande fornace per la cottura delle ceramiche. Verso
ovest, a una quota leggermente inferiore rispetto allacropoli, in uno
spazio semicircolare recintato, sorgeva la citt alta ovvero la zona
artigianale dellabitato, mentre sulle terrazze pi in basso, lungo il
muro principale, si estendeva la citt bassa, dove le abitazioni pi
piccole si allineavano lungo il margine esterno. Di fronte alla porta
occidentale si scavato nelle fondamenta di una casa a due livelli. Vi
si trovava una struttura forse simile agli odierni focolari aperti. Per
tutte le costruzioni si usavano, oltre alla pietra, travi di legno che ve-
nivano fissate in buche da palo di solito scavate nella roccia di base.
Il castelliere visse fra il 1800 e il 1200 a. C. Della sua vita quoti-
diana sono rimasti soprattutto frammenti di vasellame di ceramica
e di ossa animali (resti dei pasti). Il legame con il mare rivelato dal
ritrovamento di lische di grandi pesci che si possono catturare solo a
grandi profondit. I reperti pi importanti sono quelli che dimostra-
no i legami di Moncodogno e dellIstria con i lontanissimi territori
danubiani e dellItalia settentrionale (la scoperta di oggetti enigmati-
ci - idoli in forma di panetti) o con il Mediterraneo orientale, Cipro
e Creta (piatti tripodi) e Micene (frammenti di ceramica dipinta).
Moncodogno, il sito
CAPITOLO PRIMO 56
GLI ISTRI: I CASTELLIERI
Negli ultimi secoli del secondo millennio a. C., nel periodo
della tarda et del bronzo, giunsero dai territori subdanubiani, dal-
le Alpi sud-orientali e dalla fascia settentrionale dei Balcani genti
nuove, che si espansero verso lEuropa occidentale e settentriona-
le e il Mediterraneo orientale, e che si distinguevano soprattut-
to perch cremavano i defunti. Durante lXI sec. giunsero anche
in Istria. In molti castellieri la vita allora cess, ma in molti altri
continu. Forse vennero anche fondati nuovi insediamenti dello
stesso tipo, su cui per oggi non possiamo ancora pronunciarci.
Gli insediamenti protetti da mura, che sorgevano in posizioni
strategiche, apparentemente continuarono a seguire le vecchie
tradizioni dellet del bronzo. In ogni caso, per un altro millennio
la vita continu allinterno delle mura a secco. Furono aggiunte
- fenomeno notevole - alte mura parallele, che oggi si presentano
come grandi argini a difesa dei lati pi facilmente accessibili degli
abitati. Strutture del genere sono documentate a Castellier presso
Corte, sopra Isola, e a Nesazio.
Non sappiamo che aspetto avessero le case dellet del ferro,
ma alcune di quellepoca sono state esplorate ai confini della pe-
nisola, nel castelliere di Elleri sopra Muggia, a Cattinara, Mon-
rupino e Duino. Hanno sempre una pianta rettangolare, con le
fondamenta in pietra e sovrastrutture in legno ricoperto di argilla.
I tetti erano probabilmente di paglia, ma dato il gran numero di
travi portanti, documentate in unabitazione del castelliere di El-
leri, si suppone che per le coperture venissero usate anche sottili
lastre di pietra. I pavimenti erano per lo pi ricoperti da calcare
frantumato e argilla pressata. La pi interessante unabitazione
documentata a Monrupino, il cui pavimento era ricoperto da fa-
sce di ciottoli infissi nellargilla. Alcune delle vecchie entrate negli
abitati vennero chiuse: nei loro pressi e sulle terrazze allinterno
delle mura si estesero le necropoli che accoglievano le ceneri dei
defunti (Vermo, Castelliere di Leme, Pola, S. Martino di Torre).
Nelle necropoli situate nelle immediate vicinanze degli insedia-
menti sono state notate tracce di devastazioni delle vecchie strut-
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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ture funerarie dellet del bronzo, il cui materiale veniva poi reim-
piegato per la costruzione di campi funerari molto simili, con
piccole arche di pietra (Castelliere di Leme, Nesazio), in cui di
solito venivano custoditi i resti di defunti accompagnati da corre-
di funebri intenzionalmente rotti (frammenti di monili, di vesti)
e contenuti in recipienti dalle forme particolari. Sono i corredi
funebri e i numerosi rifiuti, rimasti dopo i rituali che si tenevano
nelle aree delle necropoli, a fornirci il maggior numero di infor-
mazioni sulla loro vita quotidiana. La loro sopravvivenza si fonda-
va sullallevamento del bestiame e la coltivazione della terra.
Nei primi secoli dal loro arrivo in Istria rimasero legati alle vec-
chie tradizioni della cultura continentale dei campi di urne, ma gi
andava delineandosi un gruppo culturale che pu essere identifica-
to con gli Istri. Molto presto allinterno di quelle stesse necropoli
apparvero sempre pi spesso oggetti importati da aree limitrofe o
pi distanti, e anche nella modellazione dei loro prodotti, specie
delle ceramiche funerarie, ben presto prevalse il gusto mediterra-
neo. La grande quantit e variet di merci straniere comprovano
limportanza dellIstria nei commerci e nella mediazione fra grup-
pi culturali differenti. Labbondanza di prodotti doltremare itali-
ci attesta la presenza degli Istri nellAdriatico, Istri che gli scrittori
antichi menzionano come pericolosi pirati. Dai corredi funebri
traspaiono con evidenza i tentativi di imitare le usanze delle civilt
mediterranee (recipienti per banchetti o simposi, libagioni di vino,
ventagli di bronzo). Oltre a praticare i mestieri tradizionali (lavo-
razione della ceramica, della lana, di ossa, legno,
metalli), essi costruivano navi a cucitura.
Data labbondanza di merci prestigio-
se e la monumentalit delle sue sculture di
pietra, molto presto Nesazio incominci a
emergere fra tutti gli altri castellieri, diven-
tando il pi importante centro economi-
co, spirituale e politico. La stratificazione
esistente nei rapporti sociali testimo-
niata dalle differenze riscontrate nei cor-
redi funebri, mentre il raggruppamento di
tombe singole indica chiaramente lesistenza
di comunit, famiglie e stirpi elitarie e distinte.
Le fonti scritte degli ultimi secoli della vecchia era,
Nesazio, stamnos daunio
(met VI sec. a. C.)
CAPITOLO PRIMO 58
quando gli Istri entrarono direttamente in conflitto con i Romani,
ci fanno sapere che i castellieri erano organizzati in una lega a capo
della quale stava un sovrano ereditario (rex) e che le singole stirpi
(populi, civitates) avevano ognuna un proprio duce (princeps).
GLI ISTRI:
I TESORI DELLE TOMBE
Quasi tutto ci che sappiamo degli Istri, delle differenze so-
ciali e dei gruppi sociali privilegiati o dei mestieri di cui potevano
occuparsi in vita, labbiamo appreso grazie ai corredi funebri tro-
vati nei loro campi di urne. A far da urne cinerarie erano di solito
contenitori appositi. Quelli pi antichi (XI e X sec. a. C. ) aveva-
no la forma di una tazza con un manico alto, erano lucidissimi, e
se il defunto aveva goduto di uno status speciale, accanto ai suoi
resti venivano collocati numerosi bracciali di bronzo, qualche
ago, qualche pendaglio, torques o orecchino, tutti intenzional-
mente danneggiati. Durante il IX e lVIII sec. a. C., scompaiono
ad un tratto i ricchi corredi, in compenso per le urne assumono
una nuova forma di boccale panciuto o recipiente panciuto senza
collo, e sono decorate con svariati motivi geometrici. La maggior
parte dei recipienti veniva infatti decorata con rappresentazio-
ni di meandri, spirali, linee ondulate e altri motivi semplici. In
questo periodo i corredi funebri (coltelli, armille, spilloni) sono
piuttosto rari, ma in compenso sono fregiati da raffinate incisioni
con motivi simili a quelli dei recipienti, inoltre compaiono i pri-
mi oggetti importati dal territorio italico. I pi notevoli sono i
grandi recipienti dipinti a motivi geometrici, che si fabbricavano
nellarea della Daunia, ovvero dellodierna Puglia, e altri che pro-
venivano anche dallarea etrusca meridionale.
I crateri e gli stamnoi servivano per conservare il vino, che a
quei tempi era un vero e proprio lusso, accessibile solo ai pi ric-
chi. Dalla fine dellVIII sec. fino al IV e III sec. a . C. recipienti di
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
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varie forme, legati ai rituali della libagione del vino, fanno sempre
pi spesso parte dei corredi funebri presenti nelle tombe pi ricche.
un fenomeno particolarmente evidente a Nesazio. Accanto ai cra-
teri sferici per conservare il vino, compaiono dei boccali, gli oino-
choe, per mescerlo, dapprima di origine etrusca e poi, dalla fine del
VI sec., anche greca. Dal V sec. entrano in uso anche piccoli reci-
pienti per bere vino: gli skyphoi e i kylikes. Venivano fabbricati nelle
officine attiche e in quelle adriatiche dellEtruria. Oggetti simili, di
gran lusso e prestigio, giungevano in quelle comunit ancora prei-
storiche attraverso doni, forse scambi commerciali o perfino atti
di pirateria, come dicono le fonti antiche. Ricchezza voleva anche
dire poter avere tanti recipienti bronzei, tra cui i pi preziosi erano
le situle decorate con figure. Spesso tutti questi oggetti venivano
riparati e rabberciati con fili di bronzo o grappe di piombo. Una
posizione elevata in vita era testimoniata anche dal possesso di og-
getti particolari, come i pesanti manici di ventaglio, simili a scettri,
o parte di scettri, che potevano appartenere alla padrona di casa o a
qualche sacerdotessa. A quel tempo le donne che si occupavano del-
la lavorazione della lana, della filatura e tessitura godevano di uno
status speciale e il loro semplice simbolo era un pendaglio in forma
di pettine, munito di denti corti, che usavano nella tessitura.
Assai raramente ci si imbatte in tombe di guerrieri. Sono stati
trovati solamente tre elmi bronzei conici, adibiti a urne cinerarie
per seppellirvi i resti di defunti. E raramente venivano accluse alle
tombe lance o spade di ferro (le cosiddette mahaire) con lama ri-
curva a un solo taglio, il tutto sempre apposta deformato e spezzato
intenzionalmente. I frammenti di vestiario e di monili, come fibule,
aghi, pendagli vari, perle di osso, di vetro e perfino di ambra, sono
assai rari e modesti rispetto ai molti recipienti. I pi numerosi
sono i bracciali, di solito fatti di fili di bronzo piegati a spirale, a
sezione rotonda o quadrata. Solo negli ultimi secoli a. C. in-
cominciano timidamente a comparire monili pi pre-
ziosi, dal nostro punto di vista, dargento e per-
fino indorati, provenienti dalle
officine liburniche.
Pizzughi,
collana di perle di vetro
CAPITOLO PRIMO 60
GLI ISTRI IN AMBITO ADRIATICO
E CENTRO-EUROPEO
Per la sua posizione geografica, lIstria con gli Istri venne a
trovarsi al centro, a guisa di ponte, delle numerose rotte che par-
tivano dal Mediterraneo e da varie direzioni dellAdriatico ver-
so lEuropa centrale e viceversa. Succede da sempre e succedeva
anche durante lultimo millennio a. C. Allinterno del proprio
territorio peninsulare gli Istri conducevano in effetti una vita
pressoch insulare. I numerosi oggetti rinvenuti nelle loro tom-
be a urne cinerarie erano delle pi diverse origini. NellXI e X
sec. a. C. erano ancora legati alle lontane regioni settentrionali
e orientali dellEuropa, da cui erano penetrati in Istria. I nume-
rosi oggetti di bronzo rivelano le loro ascendenze nel territorio
della Polonia meridionale (torques a pi fili); daltronde esiste-
vano gi contatti con linsediamento della tarda et del bronzo
di Frattesina, alla foce del Po, donde giungevano le cosiddette
perle di palafitte, fatte di pasta di vetro. Solo dal IX e VIII sec.
a. C. possiamo riconoscere qualche modesto recipiente a for-
ma di boccale panciuto, tipico delle urne cinerarie istriane, nelle
necropoli dei grandi centri del Veneto, come Este e Padova o
S. Lucia (Most na Soi) centro della comunit culturale detta
appunto di Santa Lucia.
Particolarmente vistosi sono i tanti, grandi recipienti, dipinti
a motivi geometrici opachi, provenienti dalle officine daunie del
Sud Italia. In Istria continuarono ad arrivare per secoli, ma ancora
non sappiamo se per gli Istri erano importanti per se stessi o per
ci che potevano contenere. Oltre a quelli ora citati, interessante
un tipo di pentola panciuta, dallimboccatura rivoltata e rinfor-
zata sullorlo, di ceramica ad impasto. attestata nella Daunia e
in Istria durante il IV e III secolo a. C., anche se non in misura
cos abbondante come la raffinata ceramica dipinta. Sono conte-
nitori particolarmente interessanti per il loro aspetto disadorno,
che si ritrovano a una tale distanza, e che sembrano un prodotto
istriano. Forse anche in questo caso quello che contava non era
la qualit della ceramica, ma il contenuto del recipiente, che per
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
61
noi rimane sconosciuto. Sembra che lIstria rivestisse un ruolo
piuttosto significativo nei contatti fra larea dellodierna Bassa
Carniola, i suoi centri di potere nellet del ferro, e i territori del
Piceno, sulla costa occidentale adriatica. Pu darsi che gli Istri
fossero, assieme ai Liburni, gli intermediari nel rifornimento dei
vasi dauni dipinti - attraverso il Piceno - per la Bassa Carniola e
che forse, daltra parte, fornissero al Piceno armi di ferro della
Carniola. Si suppone che gli Istri fabbricassero addirittura delle
imitazioni dei costosi recipienti greci destinati a contenere be-
vande, che poi piazzavano presso le genti insediate lontano dal
mare (ad es. il kylix di Novo Mesto). In ogni caso, presso gli Istri
sono di gran lunga pi numerosi gli oggetti e le tecnologie di va-
ria importazione rispetto a quelli provenienti dalla penisola nel-
le regioni limitrofe. A Nesazio confluiscono i riverberi di tutti i
contatti spirituali e politici dellIstria con il mondo di allora. Le
monumentali sculture di pietra esprimono il raccordo fra Orien-
te e Occidente, mentre nellarte delle situle c la narrazione epica
delle gesta dei sovrani delle comunit prealpine e alpine, ancora
preistoriche, ma giunte a contatto con le grandi civilt mediter-
ranee.
La lunga, frastagliata costa dellIstria e la morfologia stessa
della penisola consentono di mantenere da qualsiasi punto con-
tatti diretti con il mare. Linterno dista al massimo 30 km dal-
la costa, da quella sia orientale che occidentale. Questultima
bassa, molto articolata, ricca di baie, insenature, golfi e isolette,
Nesazio, vasi di provenienza attica,
apula e altoadriatica (IV sec. a. C.)
CAPITOLO PRIMO 62
mentre la costa orientale ripida, meno accessibile, ma con al-
cuni profondi canali dotati di approdi sicuri. Date queste con-
dizioni naturali e la posizione di centralit nellAdriatico, lIstria
venuta a trovarsi in un punto dove passavano gli esploratori e
i mercanti del mondo mediterraneo, e ci ne ha favorito la na-
vigazione. Il mare ha rappresentato sempre unimportante fonte
alimentare nonostante in Istria siano rari i reperti ossei ittici; gia-
cimenti di gusci di conchiglie marine sono stati invece scoperti
anche lontano dal mare, in posti come lodierna Vermo. Se nelle
tombe istriche a urne cinerarie dellet del ferro sono stati trovati
in gran numero oggetti provenienti dalle officine italiche dol-
tremare del Piceno, dellEtruria, della Daunia, ecc., nondimeno
le antiche fonti scritte attestano che gli Istri non solo partecipa-
vano pariteticamente alla navigazione adriatica, ma avevano un
proprio particolare tipo di imbarcazione. Scrittori antichi come
Marco Verrio Flacco, Sesto Pompeo e Paolo Diacono illustrano
il modo in cui le navi istriche furono costruite, cio cucite, perci
furono chiamate serilla o serilia. Forse una di queste navi quella
che appare nella scena della battaglia navale raffigurata sulla situ-
la di Nesazio (500 circa a. C.).
Gi nel 303-302 a. C. lo spartano Cleomene, dopo aver dop-
piato Capo Brindisi, continu a navigare in mezzo allAdriatico
perch temeva, a sinistra, ci che avrebbe potuto riservargli la co-
sta dellItalia, dove non cerano approdi, e, a destra, aveva paura
degli Illiri, Liburni e Istri, trib alquanto famigerate per le loro
gesta piratesche. Verso la fine del III sec., ovvero nel 221 a. C., i
Nesazio, dettagli della situla bronzea
con battaglia navale, cca. 500 a. C.
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
63
Romani presero a pretesto la difesa della propria flotta dalla pira-
teria per muovere la prima guerra agli Istri.
Come i loro vicini Liburni, gli Istri si preoccupavano innan-
zitutto di proteggere le proprie coste e litorali; allepoca il tipo
di navigazione sottocosta e le correnti marine costringevano in-
fatti i lenti mercantili ad avvicinarsi o tentare gli sbarchi. Fino
alla met del VI secolo a. C. i Liburni riuscirono a impedire ai
mercanti greci di penetrare nellAdriatico, e in seguito, probabil-
mente in alleanza con altri popoli della sponda adriatica orien-
tale, ne approfittarono per entrare in possesso, in modo del tut-
to naturale dati i tempi, ovvero con la rapina, di merci ricercate,
come ceramiche dipinte, vino, oggetti di bronzo, ecc. Oggetti
che potevano essere ottenuti anche come doni offerti ai capi, a
garanzia di una navigazione tranquilla. Gli Istri probabilmente
facevano da mediatori negli scambi commerciali, per esempio
tra la zona del Piceno e la regione dellodierna Bassa Carniola.
Tenendo conto di ci, possibile che essi non fossero tanto dei
pirati pericolosi nel vero senso del termine, quanto navigatori
e mercanti che facevano di tutto per mantenere e proteggere il
proprio ruolo sul mare.
Nesazio (latino Nesactium, greco Nakv), in croato
Vizae, presso Altura, era una citt degli Istri che i Romani as-
sediarono per ben due anni nel 178 e 177 a. C. La sua caduta e
il suicidio dellultimo re Epulone sono ritenuti gli inizi della fase
romana nella storia dellIstria. Dopo la distruzione ad opera degli
Avari e degli Slavi alla fine del VI secolo, si perdette la memoria
di essa. Solamente nel tardo Ottocento, dopo una serie di studi
su documenti medievali e dopo lesplorazione dei vari castellie-
ri, un gruppo di storici e archeologi istriani riusc a identificare
e a collegare il posto chiamato in croato Vizae, presso Altura,
NESAZIO
CAPITALE DEGLI ISTRI
CAPITOLO PRIMO 64
con lantica Nesazio. Gli scavi archeologici iniziarono nel 1900 e
nel 1901 si scopr un monumento dedicato allimperatore Gor-
diano III sul quale cera unepigrafe con scritto R(es) P(ublica)
NES(actiensium). Con ci si ritenne confermato che lodierna
Nesazio-Vizae sia la Nesactium preistorica.
Il castelliere di Nesazio si trovava in posizione riparata,
sovrastante una profonda valle che la continuazione della
poco distante insenatura di Porto Bad (Budava), sulla costa
sud-orientale istriana. Sorge su un vasto sperone, naturalmente
protetto da profondi canaloni scavati da torrenti, e sul lato oc-
Nesazio, utensili dosso
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
65
cidentale, pi esposto, da un grande argine che impediva la pe-
netrazione nellabitato. Il posto era abitato o frequentato sin da
epoche remotissime, dal neolitico inferiore, poi nelleneolitico,
e molto intensamente nellet del bronzo, quando furono erette
le mura difensive. Il periodo pi glorioso della sua storia ebbe
inizio con larrivo dei portatori della cultura dei campi di urne
nellXI sec. a. C. Essi sopraffecero i precedenti abitanti dellet
del bronzo e rapidamente sinserirono nei processi adriatici, gra-
zie alla posizione geografica che permetteva loro di controllare
i vivacissimi scambi commerciali tra il Mediterraneo e lEuropa
centrale. Le vie di scambio si biforcavano infatti nel Quarne-
ro, diventando da marittime a terrestri e viceversa, e mettevano
in relazione il Mediterraneo orientale con lAlto Adriatico, e la
sponda occidentale italica con lEuropa centrale. Vie commer-
ciali praticate in tempi lontanissimi per trasportare materie pri-
me, ambra e altri prodotti. La variet, la quantit e la ricchezza
dei corredi funebri rinvenuti nella necropoli ad urne cinerarie
di Nesazio comprovano leccezionale agiatezza di determinati
gruppi sociali che potevano disporre di raffinate merci straniere.
La quantit di vasi dipinti provenienti dal-
le officine daunie, etrusche e anche
attiche e altoadriatiche su-
pera di gran lunga
lentit di
Nesazio,
statua del cavaliere
CAPITOLO PRIMO 66
ritrovamenti simili in altre necropoli della penisola. Conferma-
no inoltre lusanza di bere vino, che gi di per s rappresentava
un lusso.
Un altro fenomeno straordinario sono i colossali monumen-
ti in pietra, che possono risalire al periodo fra lVIII e il VI sec.
a. C. Forse rappresentano i ruderi di monumenti di un santuario
dedicato agli avi.
Di eccezionale importanza pure le situle di bronzo decorate
a motivi figurativi, che ritroviamo solamente nei pi importan-
ti centri principeschi dellItalia settentrionale e dellarea alpina e
prealpina sud-orientale, fra il VII e il IV sec. a. C., e che attestano
i legami esistenti fra i centri del potere economico, politico e spiri-
tuale dellepoca. Ne sono una testimonianza anche le raffigurazio-
ni sulle situle, che esprimono la visione del mondo di comunit
umane ancora preistoriche e i loro tentativi di imitare le civilt
mediterranee.
Sin dai primi scavi, allinizio del XX secolo, nellarea dellan-
tica Nesazio, specie nel settore della necropoli preistorica ad urne
cinerarie, lungo il margine occidentale dellabitato, vennero alla
luce numerosi frammenti litici scolpiti in rilievo e sculture, che
formano un insieme straordinario e rappresentano un enigma.
Sono di un calcare la cui qualit ne indica la probabile provenien-
za da una cava, oggi abbandonata, presso Marzana.
I frammenti di lapidi sono scolpiti con precisione, con una
tecnica che sembra derivata da quella della lavorazione del legno,
a motivi variamente combinati di spirali, svastiche, delimitati da
nastri a zig-zag, da strisce tratteggiate a S e a triangoli. Le spirali
scolpite in rilievo appaiono anche nelle sculture a tutto tondo,
sulle basi delle are sacrificali, e accanto alle figure antropomorfe
in altorilievo. Le are erano dei piedistalli modellati in maniera
particolare, di profilo ovale-lenticolare con una nervatura trasver-
sale al centro. Accanto a un siffatto piedistallo si sono conservate
modeste impronte dei piedi di una persona accosciata, che forse
offriva un sacrificio.
Oltre a pezzi pi o meno grandi di lapidi litiche scolpite a
rilievo, sono state trovate anche alcune sculture monumentali. Per
grandezza e per loriginalit del motivo si distingue il blocco (lun-
ghezza: 2,18 metri, altezza 0,48-0,85 metri, larghezza 0,30-0,41
metri) raffigurante una donna partoriente o che ha appena parto-
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
67
rito e sta allattando un bambino. La rappresentazione molto na-
turalistica. La donna nuda ha indosso, ai polsi, solamente una paio
di larghe armille costolate. Laltra scultura collegata a quella della
donna parte di una statua equestre raffigurante un cavaliere nudo
itifallico, che calza stivaletti. A una scultura del genere potevano
appartenere anche una testa equina, un frammento raffigurante
la palma di una mano e un altro riproducente una gamba, simili a
quelli del cavaliere. Di grandezza superiore a quella naturale la
rappresentazione di un paio di gambe in altorilievo (altezza:1,30
metri, larghezza della base 0,58 metri, profondit 0,38 metri) e
interessante un piccolo frammento raffigurante una testa con le
trecce e un grande orecchino a cerchio allorecchio, ma una parti-
colare importanza rivestono i frammenti di sculture riproducenti
i corpi nudi di giovani uomini.
Tutti questi lacerti di monumenti sono stati trovati in po-
sizione secondaria, per lo pi tra le tombe a urne cinerarie del-
let del ferro, ma anche disseminati per labitato e lungo mura,
fatto che ha complicato la loro interpretazione e datazione. Ini-
zialmente essi sono stati presentati al pubblico come monumenti
della cultura micenea, e tuttavia, dopo averli confrontati con altri
fenomeni culturali, la maggioranza degli studiosi ha ritenuto che
risalgano al periodo fra lVIII e il VI secolo. Per quanto non ci
siano analogie dirette, specie per ci che attiene alla partoriente,
si ritiene che questi monumenti si debbano allinfluenza esercita-
ta dalle aree etrusca e italica centro-adriatica, specie picena, dove
sono presenti sculture litiche raffiguranti guerrieri e stele scol-
pite a spirali continue. Daltro canto, le riproduzioni dei giova-
netti itifallici, con una mano posata sul petto, hanno riscontro in
unanaloga scultura di Hirschlanden, posta in cima a un tumulo
mortuario.
Oltre allenigma della datazione, nei monumenti di Nesazio
altrettanto misteriosa la funzione primeva. Di solito essi ven-
gono designati come parti di arche, di monumenti funebri, ma
anche come elementi, nellambito della necropoli, di un eventuale
sacrario dedicato al culto dei defunti-avi. Tutte queste incertezze
sussistono pure nellinterpretazione delle sculture delle comunit
preistoriche italiche, che, come gli Istri di Nesazio, esprimevano
e spiegavano alla loro maniera il proprio potere, pregi, credenze e
visioni del mondo.
CAPITOLO PRIMO 68
LARTE DELLE SITULE
A NESAZIO
Con arte delle situle si intende un metodo dellornamenta-
zione a sbalzo e incisione degli oggetti fatti di sottili lamine di
bronzo; la situla un vasetto conico, loggetto appunto in cui tale
arte ha raggiunto lapice.
La forma a vaso conico, decorata con serie di sferette e pun-
tini sbalzati, appare per la prima volta nella cultura dei campi di
urne. Lunica rappresentazione figurativa che vi si possa identifi-
care il simbolo del carro solare fra due protome di volatili. Con
la penetrazione della cultura dei campi di urne dallarea danubia-
na ai territori delle Alpi sud-orientali e dellItalia settentrionale
e centrale, si diffuse anche la tecnologia della lavorazione delle
lamine di bronzo. In Istria, il precursore dellarte delle situle
attestato da un vaso del tipo Hajdbszrmny, che viene datato
al IX-VIII sec. a. C., e che decorato proprio con il motivo della
nave solare. Nellarea venetica dellItalia settentrionale, con la
diffusione dellarte orientalizzante del Mediterraneo orientale,
appaiono del resto i primi oggetti decorati figurativamente, e
Nesazio,
situla bronzea (IV sec. a. C.)
LE ORIGINI APPROFONDIMENTI
69
proprio linfluenza del primo stile di Este nellarte delle situle
riscontrata nei frammenti di un grande coperchio trovato a Nesa-
zio. Esso inciso e lavorato a sbalzo con motivi che riproducono
grifoni, palmette, rosette e altri motivi stilizzati, e potrebbe risali-
re al 600 a. C. circa.
Durante il VI secolo a. C. larte delle situle cominci a fiorire
nel territorio compreso fra Bologna, Este, le Alpi Retiche, fino
allarea di S. Lucia e la Bassa Carniola. I posti in cui i suoi reperti
sono stati scoperti rivelano quali erano i centri principeschi, tra
cui anche Nesazio, unico giacimento istriano di situle decorate a
figure. Furono trovate come corredo in due delle tombe pi ric-
che, in quella indicata come I/12 e in unaltra, esplorata nel 1981.
Nella prima cerano ben sette situle decorate con differenti figure,
e nellaltra quattro. Risalgono al periodo fra il VI e il IV sec. a. C.
Vi sono rappresentati, in fregi orizzontali, racconti di solenni cor-
tei di carri e pedoni, di cerimonie con libagioni e vasi sacrificali,
di gare, cacce e arature della terra. Le situle probabilmente conte-
nevano bevande che venivano versate, con mestoli, nelle coppe;
di certo, le raffigurazioni ci permettono di conoscere i dettagli sul
vestiario, sui mobili (sedie o troni, giacigli, mensole per recipien-
ti), sugli strumenti musicali o sulle armi. Fra le situle di Nesazio
c anche una, la pi pregevole, che riproduce una battaglia navale.
lunico caso in cui, in una grande scena, una nave con rematori e
guerrieri ricopre in larghezza due fregi.
Le situle apparvero ai margini delle civilt mediterranee, in
un mondo ancora arcaico, che attraverso le figure raccontava i
propri miti e la propria storia, parlava della vita e della morte. Per
i dettagli ornamentali i maestri dellepoca si ispiravano ai modelli
della ceramica dipinta attica che, durante il VI e V sec., si diffuse
fino allAlto Adriatico. Sulle situle pi recenti, realizzate durante
il IV sec., rimangono solo le raffigurazioni di animali cornuti al
pascolo; animali che sui modelli pi antichi risultano spiati da
belve, oppure cacciati con frecce e lance. Le situle trasferivano
nellaldil la storia dei loro proprietari, personaggi illustri delle
comunit di quel tempo.
CAPITOLO PRIMO 70

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