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SANT AGOSTINO

(LA) Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te. (Confessioni, I, 1, 1[2])

(IT) Ci hai creati per Te, [Signore,] e inquieto il nostro cuore fintantoch non trovi riposo in Te.
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Sant'Agostino d'Ippona

Agostino in un dipinto di Antonello da Messina

Vescovo e dottore della Chiesa

Nascita Morte Veneratoda Ricorrenza Attributi Patrono di

Tagaste, oggi Souk Ahras(Numidia, oggi Algeria), 13 novembre 354 Ippona, oggi Annaba (Numidia, oggi Algeria), 28 agosto 430 Tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi 28 agosto Abiti vescovili, cuore infiammato vedi elenco
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Aurelio Agostino d'Ippona (latino: Aurelius Augustinus Hipponensis; Tagaste, 13 novembre 354 Ippona, 28 agosto 430) stato un filosofo, vescovo e teologo latino. Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, conosciuto semplicemente comesant'Agostino, e detto anche Doctor Gratiae ("Dottore della Grazia"). SecondoAntonio Livi, filosofo, editore e saggista italiano di orientamento cattolico, stato il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei pi grandi geni dell'umanit in [5] assoluto. Le Confessioni sono la sua opera pi celebre.
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Compendio della dottrina agostiniana


Per comprendere la dottrina di Agostino non si pu prescindere dal suo vissuto esistenziale: trovandosi a sperimentare un insanabile dissidio tra la ragione e il sentimento, lo spirito e la carne, il pensiero pagano e la fede cristiana, la sua filosofia consistette nel tentativo grandioso di riconciliarli e tenerli uniti. Fu proprio l'insoddisfazione per quelle dottrine che predicavano una rigida separazione tra bene emale, luce e tenebre, a spingerlo ad abbandonare il manicheismo e a subire l'influsso dello stoicismo e soprattutto del neoplatonismo,[6] i quali viceversa riconducevano il dualismo in unit.[7] Recependo il pensiero di Platone filtrato attraverso quello di Plotino, Agostino rielabor cos la dottrina delle idee, o quella emanatisticadell'Uno, sulla base della concezione trinitaria del Dio cristiano, che insieme Sapienza, Potenza, e Volont d'amore. Essendo Dio principio unico e assoluto dell'Essere, non pu esistere un principio a Lui contrapposto, per cui il male soltanto "assenza", privazione del Bene, imputabile unicamente alla disobbedienza umana. A causa delpeccato originale nessun uomo degno della salvezza, ma Dio pu scegliere in anticipo chi salvare, tramite il ricorso alla grazia, che sola consente alla nostra anima di ricevere l'illuminazione. Ci non toglie comunque che noi possediamo un libero arbitrio.[8] A differenza della filosofia greca, per, dove la lotta tra bene e malenon prevedeva un esito escatologico, Agostino ebbe presente come questa lotta si svolge soprattutto nella storia. Ci condusse a una riabilitazione della dimensione terrena rispetto al giudizio negativo che ne aveva dato il platonismo: ora anche il mondo e gli enti corporei hanno valore e significato, in quanto frutti dell'amore di Dio. Si tratta di un Dio vivo e Personale, che sceglie di entrare nella storia umana, e il cui amore infinito (agpe) la risposta all'ansia diconoscenza, tipica dell'eros greco, che l'uomo prova per Lui.[9]

La vita di Agostino stata tramandata con grande dettaglio nella sua opera Confessioni, sua storia morale, nelle sue Ritrattazioni, che descrivono l'evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico Possidio, che narra l'apostolato del santo.

Dalla nascita alla conversione (354-387)


Agostino, di etnia berbera, ma di cultura totalmente ellenistico-romana, nacque a Tagaste il 13 novembre 354. Tagaste, attualmenteSouk Ahras in Algeria, posta a circa 70 km a sud-est di Ippona, era a quei tempi una piccola citt libera della Numidia proconsolare recentemente convertita al Donatismo. Anche se molto rispettabile, la sua famiglia non era ricca, e suo padre, Patrizio, uno dei curiales(consiglieri municipali) della citt, era un pagano; alla lunga per, per influenza di Monica sua moglie, e madre di Agostino, Patrizio giunse alla conversione.
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Infanzia e adolescenza
Agostino recep dai suoi genitori due opposte visioni del mondo, da lui spesso vissute in conflitto tra loro. Sar tuttavia la madre, venerata tutt'oggi come santa dalla Chiesa cattolica, ad esercitare un grande ruolo nell'educazione e nella vita del figlio. Agostino ricevette da lei un'istruzione cristiana e fu iscritto fra i catecumeni. Una volta, quando era molto malato, chiese il battesimo, ma, essendo presto svanito ogni pericolo, decise di differire il momento della ricezione del sacramento, adeguandosi, cos, ad una diffusa usanza di quel periodo. La sua associazione con "uomini di preghiera" lasci tre grandi concetti profondamente incisi nella sua anima: l'esistenza di una Divina Provvidenza, l'esistenza di una vita futura con terribili punizioni e, soprattutto, Cristo il Salvatore.
Fin dalla mia pi tenera infanzia, io avevo succhiato col latte di mia madre il nome del mio Salvatore, Tuo Figlio; lo conservai nei recessi del mio cuore; e tutti coloro che si sono presentati a me senza quel Nome Divino, sebbene potesse essere elegante, ben scritto, ed anche pieno di verit, non mi portarono via. (Confessioni, I, IV)

Africano di nascita, apprese e utilizz il punico ed il latino, mentre ebbe difficolt con il greco, l'altra grande lingua, insieme al latino, della cultura dell'epoca. Patrizio, orgoglioso del successo del proprio figlio nelle scuole di Tagaste e Madaura, decise di mandarlo a Cartagine per prepararlo alla carriera forense, ma ci vollero molti mesi per raccogliere il denaro necessario, ed Agostino pass il suo sedicesimo anno a Tagaste, in un ozio in cui si scaten una grande crisi intellettuale e morale. Egli stesso avrebbe in seguito narrato come, dominato da una profonda inquietudine, venisse

risucchiato in un vortice di passioni, e provasse quasi attrazione per il peccato, come avvenne ad esempio in occasione del celebre furto delle pere, che Agostino organizz insieme ad alcuni coetanei:
Ma io, sciagurato, cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello se eri un furto; anzi, sei "qualcosa" per cui possa rivolgerti la parola?
[11]

Belli erano i frutti che rubammo... ma non quelli bram la mia anima miserabile, poich ne avevo in

abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto. (Confessioni, II, 6, 12)

"Crisi" cartaginese

Agostino e la madre Monica

All'inizio della crisi pregava, ma senza il sincero desiderio di essere ascoltato e, quando giunse a Cartagine, verso la fine del 370, ogni situazione che gli capitava lo portava a deviare sempre di pi dall'antico corso della sua vita: le molte seduzioni della grande citt che era ancora per met pagana, la licenziosit degli altri studenti, i teatri, l'ebbrezza del suo [12] successo letterario ed uno smisurato desiderio di essere sempre il primo, anche nel peccato. In questa citt, appassionandosi di filosofia, inizi a studiare la maggior parte dei testi principali della cultura ellenistico-latina. Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verit, pass gli anni della sua giovent nella ricerca insaziabile del senso della vita. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, per, Agostino fu costretto a confessare a sua madre Monica di avere una relazione con una donna, che gli aveva dato un figlio, Adeodato (372), e con la quale visse in concubinato per quindici anni. Si separarono nel 386, quando ella lo lasci a Milano per recarsi in Numidia con la promessa che sarebbe tornata. Agostino non ne riporta il nome in alcun testo. Esistono pareri contrastanti nella valutazione di questa crisi. Alcuni, come Theodor Mommsen, la evidenziano, altri [13] come Friedrich Loofs rimproverano a Mommsen questa conclusione o si dimostrano clementi verso Agostino, quando affermano che, a quei tempi, la Chiesa permetteva il concubinato. Agostino mantenne comunque una certa dignit e, fin dall'et di diciannove anni, mostr un genuino desiderio di uscire da quella condotta dissoluta: nel 373, la lettura dell'Hortensius di Marco Tullio Cicerone, oggi andato perduto, provoc un cambiamento di direzione nella sua vita. Si imbevve dell'amore per la saggezza che Cicerone cos eloquentemente encomiava e, da quel momento, Agostino consider la retorica soltanto una professione, da esercitare in qualit di insegnante. Il suo cuore si era completamente [14] volto alla filosofia.

Approdo al Manicheismo
Nel 373 la sua ansia per la ricerca dell'assoluto lo fece approdare al Manicheismo, di cui, insieme al suo amico Onorato, divenne uno dei massimi esponenti e divulgatori. Agostino stesso narra che fu attratto dalle promesse di una filosofia libera dai vincoli della fede; dalle vanterie dei manichei che affermavano di aver scoperto delle contraddizioni nelle Sacre Scritture; e, soprattutto, dalla speranza di trovare nella loro dottrina una spiegazione scientifica della natura e dei suoi fenomeni pi misteriosi. La mente indagatrice di Agostino era entusiasta per le scienze naturali ed i Manichei [15] dichiaravano che la natura non aveva segreti per Fausto di Milevi, il loro dottore. Tuttavia, tale adesione non fu scevra

da dubbi che l'attanagliavano: essendo torturato dal problema dell'origine del male, Agostino, nell'attesa di risolverlo, diede credito all'esistenza di un conflitto tra due principi. C'era, inoltre, un fascino molto potente nell'irresponsabilit morale che risultava da una dottrina che negava la libert ed attribuiva la commissione di crimini ad un principio esterno. Una volta unitosi a questo gruppo, Agostino gli si dedic con tutto l'ardore del suo carattere; ne lesse tutti i libri, adott e difese tutte le sue idee. Il suo attivissimo proselitismo convinse anche i suoi amici Alipio e Romaniano, i suoi mecenati di Tagaste, gli amici di suo padre che stavano sostenendo le spese dei suoi studi. Fu durante questo periodo manicheo che le facolt letterarie di Agostino giunsero al loro pieno sviluppo, quando era ancora un semplice studente di Cartagine.

Insegnamento
Al termine dei suoi studi sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum, ma prefer la carriera letteraria. Possidio narra che torn a Tagaste per "insegnare la grammatica". Il giovane professore incant i suoi alunni, uno dei quali, Alipio, appena pi giovane del suo maestro, per non lasciarlo dopo averlo seguito tra i Manichei, fu in seguito battezzato insieme a lui a Milano, per poi, probabilmente, diventare vescovo di Tagaste, la sua citt natale. Monica era profondamente dispiaciuta per l'eresia di Agostino e non l'avrebbe neanche ricevuto in casa o fatto sedere alla sua tavola, se non fosse stata consigliata da un vescovo che dichiar che "il figlio di cos tante lacrime e preghiere non poteva perire". Poco tempo dopo Agostino torn a Cartagine, dove continu ad insegnare retorica. I suoi talenti gli furono anche di maggiore vantaggio su questo palcoscenico pi grande e, attraverso un'infaticabile ricerca delle arti liberali il suo intelletto raggiunse la piena maturit. Qui vinse un torneo di poesia ed il proconsole Vindiciano gli confer pubblicamente la corona agonistica. Fu in questo momento di ebbrezza letteraria, quando aveva appena completato il suo primo lavoro sull'estetica (ora perso) che Agostino cominci a ripudiare il Manicheismo. Anche quando era nel suo massimo entusiasmo, tuttavia, gli insegnamenti di Mani erano stati lontani dal calmare la sua inquietudine. Nonostante fosse stato accusato di essere diventato un prete della "setta", non fu mai iniziato o enumerato fra gli "eletti", ma rimase un "uditore", il grado pi basso nella gerarchia. Egli stesso forn le ragioni del suo disincanto: prima di tutto l'inclinazione della filosofia manichea "Distruggono tutto e non costruiscono nulla" -; poi la loro immoralit in contrasto con la loro apparente virt; quindi la debolezza delle loro argomentazioni nella controversia con i "cattolici", ai cui precetti basati sulle Scritture la loro unica replica era: "Le Sacre Scritture sono state falsificate". Ma la ragione principale fu che tra loro non trov la scienza a cui anelava, ossia quella conoscenza della natura e delle sue leggi che gli avevano promesso. Quando li interrogava sui movimenti delle stelle, nessuno di loro era in grado di rispondergli. "Attendi Fausto", gli dicevano, "lui ti spiegher tutto". Finalmente, nel 383, Fausto di Milevi, il celebre vescovo manicheo, giunse a Cartagine. Agostino gli fece visita e lo [15] interrog, ma scopr nelle sue risposte solo volgare retorica, assolutamente estranea a qualsiasi [16] cultura astronomica e matematica. L'incantesimo si ruppe e, anche se Agostino non abbandon immediatamente il gruppo, la sua mente inizi a rifiutare le dottrine manichee.

Ambrogio, arcivescovo di Milano

Incontro con Ambrogio


Nel 383 Agostino, all'et di 29 anni, cedette all'irresistibile attrazione che l'Italia aveva per lui; a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere ad un sotterfugio ed imbarcarsi con la copertura della notte. Non appena giunto a Roma, dove continu a frequentare la comunit manichea, si ammal gravemente. Quando guar apr una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse d'istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano. Il praefectus urbi Quinto Aurelio [17] Simmaco l'aiut ad ottenere il posto con l'intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Dopo aver fatto visita al vescovo, per, si sent attratto dai suoi discorsi e inizi a seguire regolarmente le sue predicazioni.

Neoplatonismo e Cristianesimo
Agostino tuttavia fu travagliato da tre ulteriori anni di dubbi, durante i quali la sua mente pass attraverso varie fasi. In un primo tempo si volse verso la filosofia degli Accademici, attratto dal loro scetticismopessimistico, deluso com'era dal manicheismo e diffidando ormai di ogni forma di credenza religiosa. Lo tormentava pi di tutti il problema del male: se Dio esiste ed onnipotente, perch non riesce ad annientarlo?
Tali pensieri volgevo nel mio petto infelice, gravato da preoccupazioni tormentosissime, perch temevo la morte e non avevo trovato la verit. Pure rimaneva ferma stabilmente nel mio cuore la fede cattolica nel Cristo tuo, Signore e Salvatore nostro ancora informe sotto molti aspetti, e fluttuante al di fuori della dottrina, eppure il mio animo non l'abbandonava. (Confessioni, VII,5)
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, una fede

Ma fu poi decisivo l'incontro con la filosofia neo-platonica, dalla quale rimase entusiasmato. Aveva a mala pena letto le opere di Platonee di Plotino, quando gli si accese nuovamente la speranza di trovare la verit. Ancora una volta cominci a sognare che lui ed i suoi amici potessero condurre una vita dedicata alla ricerca di essa, una vita priva di tutte le [19] aspirazioni volgari come onori, ricchezza, o piacere, e con il celibato come regola. Ma era solo un sogno; le sue passioni lo rendevano ancora schiavo. Dal dubbio alla Verit
Il passaggio attraverso la fase del dubbio non fu per Agostino un semplice incidente di percorso, ma fu determinante per fargli trovare la via della fede. Secondo Agostino infatti, solo chi dubita animato da un desiderio sincero di trovare la verit, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda. la consapevolezza della propria ignoranza che spinge a indagare il mistero; eppure non si cercherebbe la verit se non si fosse certi almeno inconsciamente della sua esistenza. Un tema, questo, di lontana ascendenza socratica e platonica, ma Agostino lo inserisce nell'ottica cristiana del Dio-Persona: Dio stesso che fa nascere nell'uomo il desiderio della verit. Un Dioinconscio e nascosto che vuole farsi conoscere dall'uomo. Solo l'intervento della Sua grazia permette alla ragioneumana di trascendere i suoi limiti, illuminandola. Ed cos che avviene l'intuizione: essa un comprendere, e al tempo stesso un credere, che non avrebbe senso dubitare se non ci fosse una Verit che appunto al dubbio si sottrae; e che non si cercherebbe Dio se non Lo si fosse gi trovato.
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Monica intanto, che aveva raggiunto suo figlio a Milano, lo convinse a fidanzarsi, ma la sua promessa sposa era troppo giovane, ed anche se Agostino salut la madre di Adeodato, il suo posto fu presto preso da un'altra. Dovette cos attraversare un ultimo periodo di lotta e di angoscia, durante il quale la sua volont di convertirsi non riusciva a prevalere del tutto sull'idea dei piaceri a cui avrebbe dovuto rinunciare. Finch, anche grazie ai preziosi contributi del vescovo Ambrogio, intu come la verit, tema centrale del suo itinerario filosofico, non sia un semplice fatto in s da dominare, quale egli la percepiva nei tribunali dell'impero romano, ma che da essa si viene dominati, perch qualcosa di assoluto, totale e universale. Comprendendo come la verit non sia un oggetto ma un Soggetto, cio un'entit viva e Personale, [21] proprio come viene presentata nei Vangeli , ebbe la certezza che Ges fosse l'unica via per giungervi, e che alla Verit l'uomo aderisce innanzitutto con il suo modo di vivere. Fu un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Ambrogio, [22] che raccont ad Agostino la storia della conversione del celebre retore neo-platonico Vittorino, a preparare la strada per la conversione. Questa sarebbe avvenuta all'et di 33 anni, in un giardino di Milano, dove si racconta che Agostino sent la voce di una bimba che canterellava tolle lege, ossia prendi e leggi, invito che egli rifer alla Bibbia, che a quel punto apr a caso cadendo su un passaggio di Paolo di Tarso (settembre 386).

Alcuni giorni pi tardi, Agostino, mentre era malato, sfruttando le vacanze autunnali, si dimise dal suo lavoro di [23] insegnante, and con Monica, Adeodato, ed i suoi amici a Cassisiacum, residenza di campagna di Verecondo. L si dedic alla ricerca della vera filosofia che, per lui, ormai era inseparabile dal Cristianesimo.

Dalla conversione all'episcopato (386-396)

Agostino riceve il battesimo dalle mani diAmbrogio

Agostino, gradualmente, conobbe la dottrina cristiana e, nella sua mente, iniziarono a fondersi la filosofia platonica ed i dogmi rivelati. La solitudine di Cassiciacum gli permise di realizzare un sogno a lungo inseguito: nei suoi libri Contra academicos, Agostino descrisse la serenit ideale di questa esistenza, animata solamente dalla passione per la verit. Inoltre complet l'istruzione dei suoi giovani amici, ora con letture in comune, ora con conferenze filosofiche alle quali, qualche volta, invitava anche Monica, ed i cui racconti, trascritti da un segretario, furono la base dei "Dialoghi". Licenzio avrebbe ricordato in seguito nelle sueLettere le mattinate e le serate di filosofia durante le quali Agostino era solito intraprendere disquisizioni che si elevavano molto al di sopra dei luoghi comuni. I temi favoriti di queste conferenze erano la verit, la certezza (Contra academicos), la vera felicit nella filosofia (De beata vita), l'ordine provvidenziale del mondo e la sua perfezione matematica (De Musica), il problema del male (De ordine) ed infine Dio e l'anima (Soliloquia, De immortalitate animae). Verso l'inizio della quaresima del 387, Agostino si rec a Milano dove, con Adeodato ed Alipio, prese posto fra [24] i competentes per essere battezzato da Ambrogio nella Veglia pasquale. Fu a questo punto che Agostino, Alipio, ed Evodio decisero di ritirarsi nella solitudine dell'Africa. Agostino rimase a Milano fino all'autunno, continuando i suoi lavori (De immortalitate animae e De musica). Poi, mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica mor. Agostino, allora, rimase per molti mesi a Roma occupandosi principalmente della confutazione del Manicheismo. Torn in Africa solo dopo la morte dell'usurpatoreMagno Massimo (agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritorn a Tagaste. Subito dopo il suo arrivo, decise di iniziare a seguire il suo ideale di vita perfetta, dedicata a quel Dio che era giunto ad amare in et adulta:
Tardi ti ho amato, Bellezza cos antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. S, perch tu eri dentro di me ed io fuori: l ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfond la mia sordit; balenasti, e il tuo splendore dissip la mia cecit; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal

desiderio della tua pace. (Confessioni X, 27.38)

Cominci vendendo tutti i suoi beni e dando gli incassi ai poveri. Poi lui ed i suoi amici si ritirarono nel suo appezzamento di terreno, che gi era stato alienato, per condurre una vita comune in povert, in preghiera, e nello studio della letteratura sacra. Il libro De diversis quaestionibus octoginta tribus il frutto delle riunioni tenute durante questo ritiro, nel quale scrisse anche il De Genesi contra Manicheos, il De magistro ed il De vera religione. Agostino non pensava di diventare sacerdote e, per paura dell'episcopato, scappava anche dalle citt nelle quali era necessaria un'elezione. Un giorno, essendo stato chiamato ad Ippona da un amico, stava pregando in una chiesa quando un gruppo di persone improvvisamente lo circond. Costoro lo consolarono ed implorarono Valerio, il vescovo, di elevarlo al sacerdozio; nonostante i suoi timori, Agostino fu ordinato nel 391. Il novello sacerdote consider la sua ordinazione come una ragione in pi per riprendere la vita religiosa a Tagaste e Valerio approv cos entusiasticamente che gli mise a disposizione delle propriet della chiesa, autorizzandolo a fondare un monastero. Il suo ministero sacerdotale durato cinque anni fu molto fruttifero: Valerio l'autorizz a predicare nonostante l'uso africano che riservava quel ministero ai soli vescovi; combatt l'eresia, specialmente quella manichea ed il suo successo fu notevole. Fortunato, uno dei loro grandi dottori, che Agostino aveva sfidato in pubblico, fu cos umiliato dalla sconfitta che fugg da Ippona. Egli abol anche l'uso di tenere banchetti nelle cappelle dei martiri. L'8 ottobre 393 prese parte al Concilio Plenario d'Africa presieduto da Aurelio, vescovo di Cartagine, dove, dietro richiesta dei vescovi, fu obbligato a comporre una dissertazione che, nella sua forma completa, in seguito, divenne il trattato De fide et symbolo.

Vescovo di Ippona (395-430)

Agostino in un affresco di Sandro Botticelli

Indebolito dall'et ormai avanzata, Valerio, vescovo di Ippona, ottenne da Aurelio, Primate d'Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualit di coadiutore. Pertanto Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva quarantadue anni, ed avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34. Il nuovo vescovo comprese bene come combinare l'esercizio dei suoi doveri pastorali con l'austerit della vita religiosa e, sebbene avesse lasciato il suo monastero, la sua residenza episcopale divenne un monastero dove visse una vita di comunit con il suo clero, che osservava una religiosa povert. La casa episcopale di Ippona divenne un vero vivaio per i nuovi fondatori di monasteri che presto si diffusero in tutta l'Africa e per i vescovi che occupavano le sedi vicine. [25] Possidio elenc dieci amici e discepoli del santo che furono elevati all'episcopato. In questo modo Agostino si guadagn il titolo di patriarca dei religiosi e rinnovatore della vita ecclesiastica in Africa. Le sue attivit dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua

soluzione per i problemi dell'epoca; lasci la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecip, per esempio quelli di Cartagine del398, 401, 407, 419 e di Milevi del 416 e 418; infine, lott infaticabilmente contro tutte le eresie.

Controversia manichea ed il "problema del male"


Dopo che Agostino divenne vescovo, lo zelo che, fin dai tempi del suo battesimo, manifestava nel portare i suoi ex correligionari all'interno della Chiesa, assunse una forma pi paterna senza per perdere il suo antico ardore. Fra gli eventi pi memorabili che avvennero durante questa controversia da ricordare la grande vittoria del 404 su Felice, un "eletto" e grande dottore manicheo. Questi stava predicando ad Ippona e Agostino lo invit ad una disputa pubblica, al termine della quale Felice si dichiar vinto, si convert e, insieme ad Agostino, sottoscrisse gli atti della disputa. Nelle sue opere Agostino confut successivamente: Mani (397), Fausto di Milevi (400), Secondino (405) e (intorno al 415) i Priscillianisti, di cui gli aveva parlato Paolo Orosio. Queste opere contengono le sue opinioni sul "problema del male", opinioni basate sull'ottimismo derivante dall'idea che ogni opera di Dio buona e che l'unica fonte del male la [26] libert delle creature. Agostino difese il libero arbitrio, anche nell'uomo, con tale ardore che i suoi lavori contro i Manichei sono una ricca fonte di argomentazioni per questo problema. Agostino oper una prima distinzione fra il male fisico del corpo e il male morale dell'anima, legato al peccato. In questo modo super una convinzione diffusa nel periodo precedente, che concepiva la malattia e il dolore come una conseguenza e una sorta di punizione divina delle azioni umane. Agostino escluse questa possibilit poich "Dio Amore", ed un'eventuale espiazione dei peccati si colloca in una vita ultraterrena. Dolore, fame, malattia e peccato hanno per la stessa origine metafisica, ontologica, sono mancanza di essere, nell'anima e nel corpo, cos come teorizzava la filosofia classica. Il male non concepibile da parte di Dio, mentre lo da parte dell'uomo, che pu attuarlo poich creato libero, "a immagine e somiglianza di Dio", come afferma la Genesi. In questo senso l'uomo pu fare il male, mentre Dio no. Ci non significa che l'uomo pi libero, o che la divinit cristiana non onnipotente, ma che l'uomo, errando, pu commettere atti che lo rendono imperfetto e infelice. Non commettere il male non un limite, ma un segno di perfezione. Agostino, come Socrate, sostenne l'intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per ignoranza, ed esclude nuovamente il male dalla natura divina perch questa onnisciente. In altre parole, Dio non pu fare il male per un motivo ontologico, perch il male mancanza di essere, mentre lui "Essenza", che non ha nulla fuori di s, e per uno gnoseologico-etico, per il quale chi ha la conoscenza ed veramente libero non commette atti legati all'ignoranza del proprio bene, e che negano la propria libert. L'uomo libero al punto di negare la propria libert innata, compiendo il male; la fonte dell'essere e della conoscenza sono la medesima, e da entrambe deriva l'esclusione di una deviazione [27] etica in un essere perfetto.
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La controversia donatista e la teoria della Chiesa

Ritratto dipinto da Filippino Lippi

Lo scisma donatista fu l'ultimo episodio delle controversie montaniste e novazianiste che agitavano la Chiesa dal II secolo. Mentre l'oriente stava investigando sotto vari aspetti il problema divino e cristologico della "Parola", l'occidente, indubbiamente a causa della sua vocazione pi pratica, si poneva il problema morale del peccato in tutte le sue forme. Il problema principale era la santit della Chiesa; il peccatore avrebbe potuto essere perdonato e rimanere al suo interno? In Africa la questione riguardava in particolar modo la santit della gerarchia. I vescovi di Numidia che, nel 312, avevano rifiutato di accettare come valida la consacrazione di Ceciliano alla sede di Cartagine da parte di un traditore, avevano dato il via ad uno scisma che aveva posto queste gravi questioni: i poteri gerarchici dipendono dalla dignit morale del presbitero? Come pu l'indegnit dei suoi ministri essere compatibile con la santit della Chiesa? Essendo stato identificato con un movimento politico, forse con un movimento nazionale contro la dominazione romana, al tempo dell'arrivo di Agostino ad Ippona, lo scisma aveva raggiunto proporzioni immense. Comunque, al suo interno facile scoprire una tendenza di vendetta antisociale che gli imperatori dovevano combattere con leggi severe. La setta nota come "Soldati di Cristo", e chiamata dai cattolici "Circoncellioni" ("briganti", "vagabondi"), associata agli scismatici, fu caratterizzata da fanatica distruttivit, causando una severa legislazione da parte degli imperatori. La storia delle lotte di Agostino con i Donatisti anche quella del suo cambio di opinione sull'utilizzo di misure rigide contro gli eretici. Anche la Chiesa d'Africa, dei cui concili era stato l'anima, lo segu in questo cambio. Agostino, inizialmente, tent di ritrovare l'unit attraverso conferenze e controversie amichevoli. Nei concili africani ispir varie misure conciliatrici, sped ambasciatori presso i Donatisti per invitarli a rientrare nella Chiesa o, almeno, esortarli ad inviare deputati ad una conferenza (403). I Donatisti accolsero questi inviti dapprima col silenzio, poi con insulti ed infine con tale violenza che Possidio, vescovo di Calama e amico di Agostino, sfugg alla morte per puro caso, il vescovo [28] di Bagaa fu lasciato ricoperto di orribili ferite e la vita del vescovo di Ippona sub vari attentati. Questa violenza dei Circoncellioni richiese una dura repressione, ed Agostino, apprendendo delle molte conversioni che ne seguirono, da [29] allora approv l'impiego di leggi rigide, pur non volendo mai che l'eresia fosse punibile con la morte. Nonostante ci, i vescovi erano ancora favorevoli ad una conferenza con gli scismatici e, nel 410, un editto promulgato dall'imperatoreOnorio pose fine al rifiuto dei Donatisti. Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzato a Cartagine un solenne Concilio. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine ed Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine ed Agostino. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona prov l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finch esiste sulla terra, pu, senza perdere la sua santit, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il proconsole Marcellino sanzion la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione.

Controversia pelagiana
La questione della volont
La disputa con Pelagio riguardava essenzialmente la natura della volont. Contro di lui Agostino sosteneva che la volont umana stata irrimediabilmente corrotta dal peccato originale, che ha inficiato per sempre la nostra libert. Quest'ultima consiste nella capacit, oramai andata perduta, di dare realizzazione ai nostri propositi, e va distinta perci dal libero arbitrio, che invece la facolt razionale di scegliere, in linea teorica, tra il bene e il male. L'uomo, che dotato di libero arbitrio, vorrebbe per natura tendere al bene, ma incapace di perseguirlo, perch nel momento concreto della scelta la sua volont si ritrova dilaniata:
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una condizione di duplicit che Agostino esemplifica nell'espressione vorrei volere.

[31]

Solo Dio con la

suagrazia pu redimere l'uomo, non solo illuminando i suoi eletti su cosa bene, ma anche infondendo loro la volont effettiva di perseguirlo, volont che altrimenti sarebbe facile preda dell'incostanza e delle tentazioni malvagie. Solo in questo modo l'uomo potr ritrovare la sua libert.

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegn Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventato il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Gi nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto aDiospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi, e confermata da papa Innocenzo I nel 417. Un secondo

periodo di attivismo pelagiano si svilupp a Roma; papa Zosimofu inizialmente convinto da Celestio ma, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronunci una solenne condanna contro i Pelagiani. In seguito la disputa fu proseguita per iscritto contro Giuliano di Eclano, che aveva assunto la guida del gruppo ed attaccava violentemente Agostino. Verso il 426 nacque il movimento dei Semipelagiani, i cui primi membri furono i monaci di Hadrumetum, in Africa, seguiti da quelli di Marsigliaguidati da Giovanni Cassiano, abate di San Vittore. Essi cercarono di mediare tra Agostino e Pelagio sostenendo che la grazia dovesse essere concessa solo a coloro che la meritano e negata agli altri. Informato delle loro opinioni da Prospero d'Aquitania, il santo scrisse il De praedestinatione sanctorum, nel quale spiegava che qualsiasi desiderio di salvezza era dovuto alla "Grazia di Dio" che, perci, controllava completamente la nostra predestinazione.

Controversia ariana e ultimi anni[modifica | modifica sorgente]

Tomba nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.

Nel 426, all'et di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua citt il tumulto di un'elezione episcopale dopo la sua morte, Agostino spinse sia il clero che il popolo ad acclamare come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio. In quegli anni l'Africa fu sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427); i Visigoti inviati dall'imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio ed i Vandali che questi aveva chiamato in suo aiuto erano tutti Ariani e, al seguito delle truppe imperiali, entr ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Agostino difese la propria fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti. Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell'Africa, lavor per una riconciliazione tra il comesBonifacio e l'imperatrice; la pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, cacciato da Cartagine, cerc rifugio ad Ippona, dove molti vescovi si erano gi rifugiati per cercare protezione in questa citt ben fortificata, ma i Vandali l'assediarono per ben diciotto mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continu a confutare Giuliano di Eclano, ma, all'inizio dell'assedio, fu colpito da una malattia fatale e, dopo tre mesi, il 28 agosto 430, mor all'et di 76 anni. Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliari dove era stato portato da esuli fuggiti all'invasione vandala del [32] [33] Nordafrica, fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, ad opera del re longobardo Liutprando. Da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro.

Le opere

Agostino in un dipinto di Simone Martini

Agostino fu un autore molto prolifico, notevole per la variet dei soggetti che produsse, come scritti autobiografici, filosofici, apologetici, dogmatici, polemici, morali, esegetici, raccolte di lettere, di sermoni e di opere in poesia (scritte in metrica non classica, bens accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte delle persone incolte). Bardenhewer ne lodava la straordinaria variet di espressione ed il dono di descrivere gli avvenimenti interiori, di dipingere i vari stati dell'anima e gli avvenimenti del mondo spirituale. In generale, il suo stile nobile e casto; ma, diceva lo stesso autore, "nei suoi sermoni e negli altri scritti destinati al popolo, intenzionalmente, il tono scendeva ad un livello popolare".

Autobiografia e corrispondenza
Le Confessioni, scritte intorno al 400, sono la storia della sua maturazione religiosa. Il nocciolo del pensiero agostiniano presente nelle Confessioni sta nel concetto che l'uomo incapace di orientarsi da solo: esclusivamente con l'illuminazione di Dio, a cui deve obbedire in ogni circostanza, l'uomo riuscir a trovare l'orientamento nella sua vita. La parola "confessioni" viene intesa in senso biblico ( confiteri), non come ammissione di colpa o racconto, ma come preghiera di un'anima che ammira l'azione di Dio nel proprio interno. Le Retractationes, o "Ritrattazioni" (composte verso la fine della sua vita, tra il 426 e il 428), sono una revisione, un riesame dei propri lavori ripercorsi in ordine cronologico, spiegando l'occasione della loro genesi e l'idea dominante di ognuno. Rappresentano una guida di inestimabile valore per comprendere l'evoluzione del pensiero di Agostino. Le Epistolae, o "Lettere", che nella raccolta benedettina ammontano a 270 (53 dei corrispondenti di Agostino), sono utili per la conoscenza della sua vita, della sua influenza e della sua dottrina.

Scritti filosofici
Queste opere, in gran parte composte nella villa di Cassisiacum, dalla conversione al battesimo (388-387), continuano l'autobiografia di Agostino iniziando il lettore alle ricerche ed alle esitazioni platoniche della sua mente. Sono saggi letterari, la cui semplicit rappresenta il culmine dell'arte e dell'eleganza. In nessun'altra opera lo stile di Agostino cos castigato e la sua lingua cos pura. La loro forma dialogica dimostra che erano di ispirazione platonica e ciceroniana. le principali sono:

Contra Academicos o "Contro gli Accademici", l'opera filosofica pi importante; De Beat Vit o "La Vita Beata"; De Ordine o "L'Ordine"; Soliloquia o "Soliloqui", in due libri; De Immortalitate animae o "L'immortalit dell'Anima"; De Magistro o "Il Maestro", un dialogo tra Agostino e suo figlio Adeodato; De Musica o "La Musica", in sei libri.

Scritti apologetici
Le sue opere apologetiche rendono Agostino il grande teorico della fede, e delle sue relazioni con la ragione. Lui il primo dei Padri - affermava Adolf von Harnack (Dogmengeschichte, III 97) - che sent il bisogno di costringere la sua fede a ragionare. La citt di Dio (De civitate Dei contra Paganos, "La citt di Dio contro i Pagani"), in 22 libri, fu iniziato nel 413 e terminato nel 426; esso rappresentava la risposta di Agostino ai pagani che attribuivano la caduta di Roma (410) all'abolizione del Paganesimo. Considerando il problema della Divina Provvidenza applicato all'Impero romano, egli allarg l'orizzonte e cre la prima filosofia della storia, abbracciando con uno sguardo i destini del mondo raggruppati intorno alla religione cristiana. La citt di Dio considerata il pi importante lavoro del vescovo di Ippona. Mentre le Confessioni sono teologia vissuta nell'anima e rappresentano la storia dell'azione di Dio sugli individui, La citt di Dio teologia incastonata nella storia dell'umanit che spiega l'azione di Dio nel mondo; l'opera costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civilt pagana, oltre a fornire riflessioni sulla "grandezza e l'immortalit dell'anima". In essa Agostino cerca di dimostrare che la decadenza della cosiddetta citt degli uomini (contrapposta a quella di Dio e da lui identificata proprio con l'Impero romano d'Occidente) non poteva essere imputata in alcun modo alla religione cristiana, essendo il frutto di un processo storico teleologicamente preordinato da Dio. De vera religione o "La vera religione" fu composto a Tagaste tra il 389 ed il 391; De utilitate credendi o "L'utilit di credere", del 391; De fide rerum quae non videntur o "La fede nelle cose che non si vedono", del 400; Lettera 120 a Consenzio.

Controversie[modifica | modifica sorgente]


Contro i Manichei[modifica | modifica sorgente]
De moribus Ecclesiae catholicae et de moribus Manichaeorum o " I costumi della Chiesa e i costumi dei Manichei", scritto a Roma nel 368; "De duabus animabus contra Manichaeos" o "Le due anime contro i Manichei", scritto prima del 392; Acta seu disputatio contra Fortunatum manichaeum o "Atti della disputa contro il manicheo Fortunato", del 392; Contra Felicem manichaeum o "Contro il manicheo Felice", del 404 De libero arbitrio o "Il libero arbitrio", opera importante per la trattazione dell'origine del male; Contra Adimantum manichaei discipulum o "Contro Adimanto, discepolo manicheo"; Contra epistolam Manichaei quam vocant Fundamenti o "Contro la lettera di Mani che chiamano della Fondazione"; Contra Faustum manichaeum o "Contro il manicheo Fausto"; Contra Secundinum manichaeum o "Contro il manicheo Secondino"; De Genesi contra Manichaeos o "La Genesi contro i Manichei"; De natura boni contra Manichaeos o "La natura del bene contro i Manichei";

Contro i Donatisti[modifica | modifica sorgente]


Psalmus contra partem Donati o "Un Salmo contro una parte di Donato", scritto intorno al 395, semplicemente un canto ritmato per uso popolare, il pi antico esempio del genere; Contra epistolam Parmeniani o "Contro la lettera di Parmeniano", scritto nel 400; De baptismo contra Donatistas o "Il battesimo contro i Donatisti", scritto intorno al 400, una delle opere pi importanti scritte durante questa controversia;

Contra litteras Petiliani o "Contro le lettere di Petiliano"; Contra Cresconium grammaticum Donatistam o "Contro il grammatico donatista Cresconio"; Breviculus collationis cum Donatistas o "Sommario della conferenza coi Donatisti"; Contra Gaudentium Donatistarum episcopum o "Contro Gaudenzio vescovo dei Donatisti"; De gestis cum Emerito Donatistarum episcopo o "Gli atti del confronto con Emerito vescovo dei Donatisti"; Epistola ad Catholicos contra Donatistas o "Lettera ai Cattolici contro i Donatisti"; Post collationem ad Donatistas o "Ai Donatisti dopo la conferenza". De unico baptismo contra Petilianum o "Il battesimo unico contro Petiliano"; Un buon numero di epistolae sull'argomento.

Contro i Pelagiani
De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvolorum o "Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei piccoli", scritto nel 412, tratta del merito e del perdono; De Spiritu et litter o "Lo Spirito e la lettera", scritto nel 412; De perfectione iustitiae hominis o "La perfezione della giustizia dell'uomo", scritto nel 415 ed importante per la comprensione del pensiero pelagiano; De gestis Pelagii o "Le gesta di Pelagio", scritto nel 417, narra la storia del Concilio di Diospolis, di cui riproduce gli atti; De gratia Christi et de peccato originale contra Pelagium o "La grazia di Cristo ed il peccato originale contro Pelagio", scritto nel418; De nuptiis et concupiscenti o "Le nozze e la concupiscenza", scritto nel 419; Contra duas epistolas Pelagianorum o "Contro due lettere dei Pelagiani"; De natura et gratia contra Pelagium o "La natura e la grazia contro Pelagio"; Contra Iulianum haeresis pelagianae o "Contro Giuliano dell'eresia pelagiana", ultimo della serie, interrotta dalla morte del santo.

Contro i Semipelagiani
De correptione et gratia o "La correzione e la grazia", scritto nel 427; De praedestinatione sanctorum o "La predestinazione dei santi", scritto nel 428; De dono perseverantiae o "Il dono della perseveranza", scritto nel 429.

Contro gli Ariani


Contra sermonem Arianorum o "Contro il sermone degli Ariani", del 418; Collatio cum Maximino Arianorum episcopo o "Conferenza con Massimino vescovo degli Ariani"; Contra Maximinum haereticum episcopum Arianorum o "Contro Massimino vescovo eretico degli Ariani".

Altre eresie
De haeresibus o "Le eresie"; Contra Priscillanistas et Origenistas o "Contro i Priscillanisti e gli Origenisti".

Scritti esegetici
I pi notevoli dei suoi lavori biblici illustrano o una teoria dell'esegesi (generalmente approvata) che si diletta nel trovare interpretazioni mistiche ed allegoriche, o lo stile della predicazione che si fonda su quei punti di vista. La sua produzione strettamente esegetica ben lontana, tuttavia, dall'eguagliare il valore scientifico di quella di Girolamo: la sua conoscenza delle lingue bibliche era insufficiente. Comprendeva il greco con qualche difficolt e, per quanto riguarda l'ebraico, tutto ci che si pu desumere dagli studi di Schanz e Rottmanner che aveva familiarit con il punico, una lingua simile all'ebraico. Inoltre, le due grandi qualit del suo genio, la prodigiosa sottigliezza e l'ardente sensibilit, lo portarono a destreggiarsi tra interpretazioni che a volte erano pi ingegnose che realistiche. Tra le sue opere vanno ricordate: De doctrina christiana o "La dottrina cristiana", iniziato nel 397 e terminato nel 426, fu il primo vero trattato esegetico della storia, poich Girolamo scrisse piuttosto come controversialista; esso si occupa della predicazione, dell'interpretazione della Bibbia e dei rapporti fra retorica classica e retorica cristiana.

De Genesi ad litteram o "La Genesi alla lettera", composto tra il 401 ed il 415; Enarrationes in Psalmos o "Commenti ai Salmi", un capolavoro di eloquenza popolare; De sermone Domini in monte o "Il discorso del Signore sulla montagna", scritto durante il suo ministero sacerdotale; De consensu evangelistarum o "Il consenso degli evangelisti", scritto nel 400; In evangelium Ioannis o "Nel vangelo di Giovanni", scritto nel 416 e, generalmente, considerato una delle opere migliori di Agostino; Expositio Epistolae ad Galatos o "Esposizione della Lettera ai Galati"; Annotationes in Iob o "Annotazioni in Giobbe"; De Genesi ad litteram imperfectus o "La Genesi alla lettera incompiuta"; Epistolae ad Romanos inchoata expositio o "Inizio dell'esposizione della Lettera ai Romani"; Expositio quarundam propositionum ex Epistola ad Romanos o "Esposizione di alcune frasi dalla Lettera ai Romani"; In Epistolam Ioannis ad Parthos o "Nella Lettera di Giovanni ai Parti"; Locutiones in Heptateuchum o "Locuzioni nell'Ettateuco".

De doctrina cristiana
Da quando Agostino fu ordinato sacerdote cominci seriamente a interessarsi all'esegesi delle Sacre Scritture. Quest'opera, redatta in quattro libri, raccoglie la sua esperienza di commentatore biblico: i primi tre libri trattano della comprensione dei contenuti (res) e delle parole (signa), il quarto discorre della corretta esposizione dei contenuti (proferre).

Sant'Agostino nello studio (dipinto diVittore Carpaccio).

Il commentatore dei testi sacri, in questo caso della Bibbia, deve ponderare bene le proprie ipotesi e obbligatoriamente [34] valutarle alla luce della gemina caritas o duplice carit cristiana, presente in ogni parte della Sacra Scrittura: questo duplice amore, quello per Dio e quello per il prossimo, ne rappresenta il valore portante. Il lettore deve inoltre prestare molta attenzione alla comprensione delle parole che possono risultare sconosciute, spiegabili attraverso il confronto con le lingue greco-ebraiche, oppure quelle ambigue, che possono essere veramente comprese ricorrendo al testo originale o in alternativa consultando altre traduzioni a disposizione. Agostino dimostra qui uno spirito filologico di sensibilit molto elevata, ed elabora concetti di scientificit basilari per l'approccio alla comprensione di un testo. Per quanto riguarda il proferre, l'autore ammette, a differenza di altri autori cristiani, l'uso della retorica classica purch miri alla creazione di una nuova retorica cristiana, che per essere tale deve essere esercitata da uomini meritevoli e integerrimi, ricordando il pensiero diCatone (un buon cittadino un ottimo oratore). All'interno del componimento si trovano molte riflessioni interessanti, come la differenza tra frui ("godere") e uti ("usare"), basata su una concezione che vede l'uomo bearsi di tutto ci che provoca diletto ed usa ogni mezzo che necessario [35] per raggiungere tale piacere. Nel sistema del godimento creato da Agostino, Dio naturalmente occupa il posto massimo, dunque l'uomo per raggiungere tale letizia deve impiegare gli strumenti che possiede, ossia l'anima e il corpo. L'altra riflessione che emerge di carattere linguistico-culturale e consiste nella differenza tra res (la cosa in s)

e signum (ci che rimanda ad altro). La parola sicuramente un segno, afferma Agostino, pertanto la teoria platonica di un linguaggio naturale viene sostituita da quella di un linguaggio convenzionale, ossia frutto di un accordo comune tra gli uomini. Il filosofo chiude l'opera esprimendo la sua idea di nuova retorica cristiana: un'opera non dev'essere giudicata attraverso canoni prefissati (cio quelli della retorica classica) ma, pi propriamente, in base a ci che essa realmente contiene.

Opere dogmatiche e morali


De Trinitate o "La Trinit", in 15 libri, scritto dal 400 al 416, l'opera pi complessa e profonda di Agostino. Gli ultimi libri sulle analogie che il mistero della Trinit ha con la nostra anima sono molto discussi; Enchiridion de fide, spe et charitate o "Manuale sulla fede, sulla speranza e sull'amore", scritto nel 421 su richiesta di un pio romano, Laurenzio, una sintesi della teologia di Agostino, ridotta alle tre virt teologiche. Padre Faure ne ha elaborato un dotto commentario, mentre Harnack un'analisi particolareggiata (Storia dei dogmi, III, 205 221); De diversis quaestionibus ad Simplicianum o "Diverse domande a Simpliciano", scritto nel 397, dove Agostino torna sul tema della grazia salvatrice, ritenuta un dono gratuito che non dipende da meriti ma esclusivamente da Dio che [36] usa misericordia, secondo una prospettiva echeggiante la predicazione di Paolo; Quaestiones Evangeliorum o "Domande sui Vangeli"; Quaestiones in Heptateuchum o "Domande sull'Ettateuco"; Quaestiones septemdecim in Evangelium secundum Matthaeum o "Diciassette domande sul Vangelo secondo Matteo"; De diversis quaestionibus octoginta tribus o "Ottantatr diverse questioni"; De octo Dulcitii quaestionibus o "Le otto domande di Dulcizio"; De octo quaestionibus ex Veteri Testamento o "Otto domande sull'Antico Testamento"; De bono coniugali o "Il bene del matrimonio"; De bono viduitatis o "Il bene della vedovanza"; De coniugiis adulterinis o "Le unioni adulterine"; De continentia o "La continenza"; De cura pro mortuis gerenda o "La cura che dev'essere riservata ai morti"; De mendacio o "La menzogna"; De patientia o "La pazienza"; De quantitate animae o "La grandezza dell'anima"; De utilitate ieiunii o "L'utilit del digiuno"; De sancta virginitate o "La santa verginit".

Pastorali e predicazioni
Oltre alle omelie sulle Scritture, i Benedettini hanno raccolto 363 sermoni di provata autenticit; la loro brevit suggerisce che sono stenografici, spesso revisionati da Agostino stesso. Se il Dottore che era in lui predominava sull'oratore, aveva meno colore, meno opulenza, meno attualit e meno fascino orientale di Giovanni Crisostomo, ma, d'altra parte, dimostrava una logica pi nervosa, paragoni pi arditi, maggiore elevazione e maggiore profondit di pensiero e, a volte, nei suoi scoppi d'emozione e nelle sue cadute nella forma dialogica, raggiungeva il potere irresistibile dell'oratore greco. Tra queste opere: De catechizandis rudibus o "I novelli catechizzandi", scritto nel 400, in cui viene spiegata la teoria della predicazione e dell'istruzione religiosa delle persone; De disciplina christiana o "La disciplina cristiana", in 4 libri; Sermo ad Caesariensis Ecclesiae plebem o "Discorso al popolo della Chiesa di Cesarea"; Sermones o "Sermoni", caratterizzati dalla chiarezza d'esposizione e dall'efficacia della nuova retorica teorizzata nel De doctrina christiana.

Altre opere
Adversus Judaeos o "Contro i Giudei", in quest'opera Agostino attacca i giudei, accusati di avversare la nuova fede cristiana; le disgrazie patite dai giudei attraverso la diaspora e le loro sciagure rappresentavano, per Agostino, la testimonianza della validit della religione cristiana e dunque la giustezza della nuova interpretazione delle Sacre

Scritture. Agostino avanzava verso i giudei l'accusa gravissima di aver crocifisso ed ucciso Cristo: ... i giudei lo tengono prigioniero, i giudei lo insultano, i giudei lo legano, lo incoronano di spine, lo disonorano con gli sputi, lo flagellano, lo coprono di ingiurie, lo appendono alla Croce, lo trapassano con una lancia, alla fine lo seppelliscono. In quest'opera Agostino tracciava anche una netta divisione tra cristiani ed ebrei giudei: una cesura dettata dall'esigenza dello Spirito con riferimento alla comune discendenza da Abramo. Per i giudei era un'origine carnale, non originata dalla Fede in Dio, come invece per i cristiani: la stirpe dei giudei che trae origine dalla sua carne, scrive Agostino - non la stirpe dei cristiani: noi discendiamo da altre genti e tuttavia imitando la sua virt, siamo divenuti figli di Abramo. [...] Noi siamo dunque fatti discendenti di Abramo per grazia di Dio. Dio non fece suoi eredi i discendenti carnali di Abramo. Anzi questi li ha diseredati per adottare quegli altri. Contra adversarium Legis et Prophetarum o "Contro l'avversario della Legge e dei Profeti"; Contra mendacium o "Contro la menzogna"; De agone Christiano" o "Il combattimento cristiano"; De anima et eius origine contra Vincentium Victorem o "L'anima e la sua origine contro Vincenzo Vittore"; De divinatione demonum o "La divinazione dei demoni"; De excidio urbis Romae o "La rovina della citt di Roma"; De fide et operibus o "La fede e le opere"; De fide et symbolo o "La fede e il simbolo"; De Gratia et libero arbitrio o "La Grazia ed il libero arbitrio"; De opera monachorum o "L'opera dei monaci"; De Scriptura Sacra speculum o "Specchio della Sacra Scrittura"; De symbolo ad Catechumenos o "Il simbolo ai Catecumeni"; Regula ad servos Dei o "Regola ai servi di Dio".

Culto
Agostino venerato come santo dalla Chiesa cristiana da tempo immemorabile. Nel 1298 fu annoverato fra i primi quattro dottori della Chiesa.
[37]

In occasione del XV centenario della morte papa Pio XI ne commemor la figura nell'enciclica Ad Salutem Humani del 20 aprile 1930. In occasione del XVI anniversario della conversione, papa Giovanni Paolo II pubblic la lettera apostolica Augustinum Hipponensem, del 28 agosto 1986. Il 22 aprile 2007 papa Benedetto XVI si rec a Pavia, nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, a pregare presso la tomba del santo. Sant'Agostino santo patrono delle seguenti citt: Agosta (RM) Piombino (LI) Tarbes (Francia, dipartimento degli Alti Pirenei) Sant'Agostino (FE) Carpineto Romano (RM) Cassago Brianza (LC) Cava Manara (PV) Campo Ascolano (frazione di Pomezia, RM) Coli (PC) Ostia (quartiere di Roma) Governolo di Roncoferraro (frazione di Roncoferraro, MN) Riccia (CB) Villafontana (VR) Al dei Sardi (OT) Belv (NU)

santo compatrono di Pavia (a partire dal 16 settembre 2007, dal decreto stipulato il 28 agosto 2007)

Ordini religiosi ispirati ad Agostino


Ad Agostino si rifanno numerose forme di vita religiosa, tra i quali l'Ordine di Sant'Agostino (OSA), chiamato degli Agostiniani: diffusi in tutto il mondo, insieme agli Agostiniani scalzi (OAD) e agli Agostiniani Recolletti (OAR), costituiscono nella Chiesa cattolica la principale eredit spirituale del santo di Ippona, alla cui Regola di vita si ispirano anche numerose altre congregazioni, come ad esempio i Domenicani, oltre ai Canonici Regolari di Sant'Agostino. A lui si deve la nascita delle varie regole del monachesimo, come la Regula Magistri e la Regola di San Benedetto. Cesario d'Arles, infatti, si ispir ai suoi scritti sia per le sue prediche che per la fondazione di alcuni ordini monastici. Anche alcune Chiese scismatiche africane, fenomeni a met tra le cosiddette "Piccole Chiese" ed il sincretismo (in particolare quelle fornite di successione apostolica), sorte nel corso del XIX e del XX secolo, si sono autodefinite Agostiniste, in considerazione dell'origine africana del santo.

Opere d'arte dedicate ad Agostino


Pittura[
Sant'Agostino di Masaccio, Staatliche Museen, Berlino Sant'Agostino nello studio di Sandro Botticelli, Uffizi (Firenze) Sant'Agostino nello studio di Sandro Botticelli, chiesa di Ognissanti (Firenze) Sant'Agostino di Piero della Francesca

Scultura
Sant'Agostino di Filippo Brunelleschi, cattedrale di San Zeno (Pistoia)

Film e fiction
Agostino d'Ippona, film-tv, regia di Roberto Rossellini (Italia 1972), con Dary Berkany e Virginio Gazzolo. Questo film esiste anche in DVD edito da Is. Luce nel 2005, con una durata di 115 minuti. Sant'Agostino, miniserie televisiva, regia di Christian Duguay (Italia 2009), con Alessandro Preziosi, Monica Guerritore, Franco Nero, Katy Louise Saunders, Serena Rossi. Prodotto da RAI Fiction con Alessandro Preziosi e Franco Nero nella parte del protagonista. La sceneggiatura, in parte di fantasia, si fonda su dati storici, o quanto meno realistici: ad esempio, non c' documentazione del fatto che Agostino abbia ottenuto la liberazione di prigionieri dal re dei Vandali, ma l'avvenimento in s non improbabile, dato che altri vescovi, in simili occasioni, l'avevano fatto, com' il caso di San Mercuriale, vescovo di Forl, che aveva ottenuto, pochi anni prima, la liberazione dei suoi concittadini prigionieri dei Visigoti.

Opere teatrali[
Maura Del Serra, Scintilla d'Africa, cinque scene, con uno scritto di Marco Beck, Pistoia, Editrice Petite Plaisance, 2005, 96 pp.

Musica
Marco Bargagna, Agostino d'Ippona, Italia 2001, Oratorio per Soli, Coro e Orchestra - 2CD - Interpreti: Maria Billeri, Soprano, Giancarlo Ceccarini, Baritono, Salvatore Ciulla, Voce recitante. Dir. Stafano Barandoni. Testi tratti dagli scritti di Agostino, dalla Vita di Agostino di Possidio e dai libri liturgici Corrado Cicciarelli, Aldino Leoni, Il Sacco di Sant'Agostino, Italia 1994 (I edizione, esecuzione prima in San Pietro in Ciel d'Oro) e 2009 (II edizione) Oratorio (musicassetta e libretto edizioni Joker, 1994) - Interpreti: Corrado Cicciarelli, Aldino Leoni, Mario Martinengo, Andrea Negruzzo, Giorgio Penotti (Gruppo dell'Incanto).

Romanzi filosofici
Jostein Gaarder, Vita brevis, 2000 Filippo Puglisi, Il cono d'ombra, (Premio Campofranco 1989) Idea, 1988.

Note
1. ^ http://books.google.it/books?id=9p_3hfDLwJYC&pg=PT41&hl=it&source=gbs_toc_r&cad=4#v=onepage&q&f=false 2. ^ Versione bilingue. 3. ^ Il nome "Aurelio" gli fu dato, per errore, nel Medioevo. 4. ^ Sant'Agostino, in San Carlo Borromeo, I Santi di Milano, Il Club di Milano, 2012 ISBN 978-88-97618-03-4 (dove Agostino viene annoverato da Carlo Borromeo tra i santi di Milano). 5. ^ Citazione tratta da Antonio Livi, Storia Sociale della Filosofia, Vol I, pag.242, Roma, Societ Editrice Dante Alighieri, 2004,ISBN 88-534-0267-9 6. ^ L'aggancio con le dottrine stoiche in Agostino mediato attraverso Cicerone e Varrone, dai quali egli riprende, tra le altre cose, l'idea della felicit come scopo della filosofia (Luigi Manca, Il primato della volont in Agostino e Massimo il Confessore , p. 57, Roma, Armando editore, 2002 ISBN 88-8358-385-X). Sull'influsso dello stoicismo sul giovane Agostino, che se ne discoster soltanto nella vecchiaia, cfr. ancheL'originalit del Verbum nel De Trinitate di Agostino d'Ippona , articolo di Gaetano Piccolo, Mondodomani, 2011. 7. ^ Oggi infatti gli studiosi concordano sul fatto che la filosofia agostiniana sostanzialmente di stampo neoplatonico (cfr.Werner Beierwaltes, Agostino e il neoplatonismo cristiano, prefazione e introduzione di Giovanni Reale, traduzione di Giuseppe Girgenti e Alessandro Trotta, Milano, Vita e pensiero, 1995). Gli studi del professor Reale ad esempio hanno contribuito a rimuovere le interpretazioni medievali del pensiero di Agostino, riconducendolo entro la cornice di un autentico neoplatonismo (cfr. Sant'Agostino erede di Platone). 8. ^ Nessuna altra cosa pu rendere la mente compagna del desiderio disordinato se non la propria volont e il libero arbitrio (Agostino, Il libero arbitrio, libro I, 11, 21). 9. ^ Heinz Heimsoeth, I grandi temi della metafisica occidentale, pp. 110-111, Milano, Mursia, 1973. 10. ^ Henri-Irne Marrou, Crise de notre temps et rflexion chrtienne de 1930 1975, Beauchesne, 1978, p. 177; tienne Gilson, Le philosophe et la thologie (1960), Vrin, 2005, p. 175;Encyclopedia Americana, Scholastic Library Publishing, 2005, volume 3, p. 569; Guy Bedouelle, L'Histoire de l'Eglise, Rouergues, 2004, p. 34; Norman Cantor, The Civilization of the Middle Ages, Harper Perennial, 1994, p. 74; Franois Mauriac,Bloc-notes, 1952-1957, Flammarion, 1958, p. 320; Claude Lepelley, Saint Augustin et le rayonnement de sa pense dansHistoire du Christianisme, Seuil, 2007. p. 122; Grand Larousse encyclopdique, Librairie Larousse, 1960, tomo 1, p. 144. 11. ^ Emerge qui velatamente il pensiero di Agostino sulla natura del male, concepito come un semplice non-essere: il furto, opera malvagia, privo di consistenza. Qualcosa erano le pere, ma non da esse egli era attratto, bens dal desiderio di rubare fine a se stesso. 12. ^ Venni a Cartagine, dove da ogni parte mi strepitava intorno una ridda di turpi amori. [...] Cercavo un oggetto da amare, amando di amare, e detestavo la tranquillit e la via senza trappole, perch avevo un vuoto, dentro di me, di cibo interiore. [...] Perci l'anima mia era malata e, piena d'ulceri, si gettava al di fuori, sulle creature, miserabilmente avida di essere sfregata dal contatto con le realt sensibili (Confessioni, III, 1, 1). 13. ^ F. Loofs, Realencyklopdie, 3 edizione, II, 268. 14. ^ L'Ortensio mi piaceva perch non m'incitava a seguire questa o quella setta, ma ad amare, cercare, conseguire, possedere e abbracciare con forza la sapienza stessa, quale essa fosse; e mi accendeva e m'infiammava (Confessioni, III, 4). 15. ^
a b c a

Sul vescovo manicheo Fausto di Milevi, cfr. Heinrich Kraft, La teologia dei padri [1966], V, pag. 168, a cura di Gaspare

Mura, trad. it., Citt Nuova Editrice, Roma 1987 ISBN 88-311-9205-1; e Francesco Adorno, La filosofia antica: cultura, filosofia, politica e religiosit II-VI secolo d.C., IV vol., pag. 359, Feltrinelli, Milano 1992 ISBN 88-07-81138-3.

16. ^ Confessioni, V, 6, 10. 17. ^ Servitium. Quaderni di spiritualit XXIV (1990), pp. 31-42. 18. ^ Citazione della seconda epistola di San Pietro, II, 20. 19. ^ Confessioni, VI. 20. ^ Esprimendo un concetto che sar ripreso da Pascal, Agostino scriveva che l'intelletto cerca Colui che ha gi trovato (De Trinitate, 15, 2, 2). 21. ^ Io sono la Via, la Verit e la Vita, vangelo di Giovanni 14,6. 22. ^ Confessioni, VIII, I II. 23. ^ Localit che corrisponderebbe all'attuale Cassago Brianza, secondo F. Meda, Controversia sul Rus Cassiciacum, in Miscellanea Agostiniana, vol. II, pagg. 49-59, Roma 1931. Dello stesso avviso Rinaldo Beretta, Dov'era Cassiciaco che ospit S.Agostino?, Carate 1928, che si contrappone alla tesi di Carlo Massimo Rota, La villeggiatura di S. Agostino, Varese 1928, dove Cassiciacum identificata invece con Casciago. 24. ^ La tradizione che vuole che in quell'occasione fu cantato il Te Deum alternativamente dal vescovo e dal neofita infondata. 25. ^ Vita Sancti Augustini, XXII. 26. ^ De civitate Dei, XIX, c. XIII, n. 2. 27. ^ Sant'Agostino, Confessioni, VII, 12-20. 28. ^ Epistola LXXXVIII, a Gennaro vescovo donatista. 29. ^ Vos rogamus ne occidatis Epistola c, al proconsole Donato. 30. ^ Non si tratta di un conflitto tra ragione e volont, ma di un conflitto tutto interno alla volont, che risulta sdoppiata: Non un'assurdit quella di volere in parte e in parte non volere; piuttosto una malattia dello spirito, sollevato dalla verit ma non raddrizzato del tutto perch accasciato dal peso dell'abitudine ( Confessioni, 8, 9, 21: Nuova Biblioteca Agostiniana [= NBA], I, 241, Citt Nuova, 1965). 31. ^ Si tratta di un concetto che rievoca le parole di Paolo di Tarso: C' in me il desiderio del bene, ma non la capacit di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono pi io a farlo, ma il peccato che abita in me (Paolo, Lettera ai Romani7, 18-20). 32. ^ In particolare da San Fulgenzio, cfr. Giuseppe Cossu, Della citt di Cagliari, notizie compendiose sacre e profane , Cagliari, Reale Stamparia, 1780, p. 97, dove si fa menzione dell'epistola De translatione corporis B. Augustinii, di Giacomo Oldrado. 33. ^ Gabriele Del Grande, Il mare di mezzo, Infinito, 2010, p. 24. 34. ^ Con l'espressione gemina caritas Agostino riassume il contenuto del duplice comandamento di amare Dio e il prossimo come se stessi (cfr. De doctrina cristiana 2, 6, 7). 35. ^ Chiamo carit l'atto spirituale volto al godimento di Dio in se stesso, e di s e del prossimo in vista di Dio. [...] L'atto col quale la carit giova a se stessa si chiama invece utilit ( De doctrina cristiana 3, 10, 16; trad. di L. Alici (LCPM 7), Milano 1989, pag. 239). 36. ^ Ad Simplicianum I, 2, 13. 37. ^ Victor Saxer, Il culto dei martiri romani durante il Medioevo centrale nelle basiliche Lateranense, Vaticana e Liberiana, in AA.VV., Roma antica nel Medioevo, pag. 155, Milano, Vita e Pensiero, 2001 ISBN 88-343-0686-4.

Bibliografia

.Vita di Agostino. Possidio Precedenti e propositi dell'autore 1. Per ispirazione di Dio creatore e reggitore dell'universo, memore del proposito di servire nella fede, per grazia del Salvatore, la Trinit divina e onnipotente, e gi da laico e ora nell'ufficio episcopale desiderando giovare all'edificazione della santa e vera chiesa cattolica di Cristo Signore con tutto ci che ho ricevuto d'ingegno e di parola, non ho voluto passare sotto silenzio ci che, della vita e dei costumi di Agostino, predestinato e a suo tempo rivelato ottimo vescovo, in lui vidi e da lui udii. 2. Infatti avevo letto e appreso che anche prima di me questo era stato fatto da pie persone appartenenti alla santa madre chiesa: essi, ispirati dallo spirito divino, con la lingua e lo stile di cui ognuno era fornito fecero sapere sia a voce sia per iscritto, a quanti fossero desiderosi di apprendere tali cose sia con gli orecchi sia con gli occhi, quali e quanti uomini avessero meritato di vivere e di perseverare nel mondo fino alla morte secondo la grazia del Signore che comune a tutti. 3. Perci anche io, ultimo di tutti i ministri, con la fede non simulata (1 Tim. 1, 5) con la quale i fedeli debbono servire e riuscire graditi a Dio e a tutti i buoni, ho intrapreso a narrare, secondo che Dio me lo conceder, la nascita, il progresso e la meritoria fine di quel venerabile uomo, esponendo quanto ho appreso e constatato proprio da lui, poich per molti anni sono stato a suo stretto contatto. 4. E prego la somma maest di poter perseguire e portare a termine questo compito che ho intrapreso, in maniera da non offendere la verit del padre delle luci (Giac. 1, 17) e da non deludere per qualche parte la carit dei buoni figli della chiesa. 5. Non racconter tutte quelle notizie che lo stesso beato Agostino ha esposto nei suoi libri delleConfessioni riguardo a se stesso, quale egli sia stato prima di ricevere la grazia e come viva dopo averla ricevuta. 6. Egli ag cos, come dice l'Apostolo (2 Cor. 12, 6), perch nessuno avesse di lui stima superiore a quanto sapeva di lui o da lui aveva appreso. Cos egli, secondo il suo costume, non veniva meno alla santa umilt, cercando la gloria non sua ma del suo Signore per la propria liberazione e per i doni che gi aveva ricevuto e chiedendo le preghiere dei fratelli per quelli che desiderava ricevere. 7. In verit, come stato affermato dall'autorit dell'angelo, bene tener celato il segreto del re, ma lodevole manifestare e glorificare le opere del Signore (Tob. 12, 7).

Vita e attivit di Agostino (cc. 1-18) Dalla nascita al battesimo

1. 1. Nacque nella provincia d'Africa, nella citt di Tagaste, da genitori dell'ordine dei curiali, di onesta condizione e cristiani. Fu da loro allevato ed educato con ogni cura e anche con notevole spesa, e fu inizialmente istruito nelle lettere profane, cio in tutte quelle discipline, che chiamano liberali. 1. 2. Cos insegn prima grammatica nella sua citt e poi retorica a Cartagine, capitale dell'Africa. Successivamente insegn anche al di l del mare, a Roma e a Milano, dove allora risiedeva la corte dell'imperatore Valentiniano II. 1. 3. In questa citt era allora vescovo Ambrogio, uomo eccellente fra i migliori e sommamente gradito a Dio. Questi predicava molto frequentemente la parola di Dio nella chiesa, e Agostino seduto in mezzo alla gente lo stava a sentire con la massima attenzione. 1. 4. In effetti, tempo prima quando era ancora giovane a Cartagine, Agostino era stato sviato dall'errore dei Manichei: perci assisteva alle prediche di Ambrogio con pi attenzione degli altri, per vedere se fosse detta qualcosa a favore o contro quell'eresia. 1. 5. E per clemenza di Dio liberatore, che ispir il cuore del suo sacerdote, avvenne che certe questioni riguardanti la legge fossero risolte in senso avverso all'errore dei Manichei; cos Agostino gradualmente fu istruito, e a poco a poco per benevolenza divina quella eresia fu cacciata dal suo animo. In poco tempo fu confermato nella fede cattolica e in lui nacque l'ardente desiderio di progredire nella religione per ricevere l'acqua della salvezza nei giorni della Pasqua che erano prossimi. 1. 6. Cos, grazie all'aiuto divino, per opera di un vescovo di tale levatura quale era Ambrogio, Agostino ricevette la dottrina della chiesa cattolica, apportatrice di salvezza, e i sacramenti divini.

Rinuncia al mondo per donarsi a Dio 2. 1. Subito nel pi intimo del cuore abbandon ogni speranza che aveva riposto nel mondo, senza pi ricercare moglie n figli della carne n ricchezza, n onori mondani, ma deliber di servire Dio insieme con i suoi, studiandosi di essere di quel gregge, cui il Signore si rivolge con queste parole: Non temete, piccolo gregge, perch il Padre vostro ha voluto dare a voi il regno. Vendete ci che possedete e fate elemosina: fatevi borse che non invecchiano, un tesoro che non viene meno nei cieli, ecc. (Lc. 12, 32 s.). 2. 2. Quel santo uomo desiderava fare anche quanto dice ancora il Signore: Se vuoi essere perfetto, vendi tutto ci che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi (Mt. 19, 21). Desiderava edificare sul fondamento della fede: non legna fieno e paglia, ma oro argento e pietre preziose (1 Cor. 3, 12). 2. 3. Aveva allora pi di 30 anni e gli restava solo la madre: essa stava sempre con lui e gioiva del proposito che egli aveva intrapreso di servire Dio pi che se avesse

avuto nipoti carnali. Suo padre infatti era morto. 2. 4. Comunic perci agli scolari, cui faceva lezione di retorica, che si provvedessero un altro maestro, poich egli aveva stabilito di servire a Dio.

Vita monastica e prime fiamme di zelo apostolico 3. 1. Ricevuta la grazia, insieme con altri concittadini e amici che ugualmente servivano a Dio, volle tornare in Africa, alla sua casa e ai suoi campi. Tornato, vi rimase circa tre anni; e dopo aver ceduto quei beni, insieme con quelli che gli erano vicini viveva per Dio, con digiuni preghiere buone opere, meditando notte e giorno la legge del Signore. 3. 2. E tutto ci che Dio faceva comprendere a lui che meditava e pregava, egli faceva conoscere a presenti e assenti con discorsi e libri. 3. 3. In quel tempo uno di coloro che sono chiamati agenti d'affari, che risiedeva ad Ippona, un buon cristiano timorato di Dio, ebbe conoscenza della buona fama di cui Agostino godeva e della sua dottrina, e desider ardentemente di poterlo vedere, avanzando la promessa che, se avesse meritato di ascoltare la parola di Dio dalla bocca di quello, avrebbe potuto disprezzare tutte le cupidigie e le lusinghe di questo mondo. 3. 4. Poich questo fu fedelmente riferito ad Agostino, egli desiderando che un'anima fosse liberata dalle insidie di questo mondo e dalla morte eterna, senza indugiare and subito in quella citt, vide quell'uomo e gli parl molte volte e lo esort, per quanto Dio gli concedeva, a mettere in pratica il voto che aveva fatto a Dio. 3. 5. Quello prometteva di farlo di giorno in giorno, ma non lo mise in pratica allora, quando Agostino stava l. Ma certamente non potette rimanere inutile e senza effetto ci che la divina provvidenza operava in ogni luogo per mezzo di un tale strumento puro e onorevole, utile al Signore e adatto per ogni opera buona (Rom. 9, 2 1; 2 Tim. 3, 17).

Sacerdote per forza 4. 1. In quel tempo esercitava l'ufficio di vescovo nella comunit cattolica di Ippona il santo Valerio. Mentre egli un giorno parlava al popolo di Dio circa la scelta e l'ordinazione di un prete e l'esortava in proposito, perch cos richiedeva la necessit della chiesa, frammisto in mezzo al popolo assisteva Agostino, sicuro e ignaro di ci che stava per succedere: infatti egli era solito - come ci diceva - non frequentare soltanto le chiese che sapeva prive di vescovo 4. 2. Allora alcune persone, che conoscevano la dottrina di Agostino e i suoi propositi, gettategli le mani addosso, lo tennero fermo e, come suole accadere in

casi del genere, lo presentarono al vescovo perch fosse ordinato, mentre tutti unanimi in quel proposito chiedevano che cos si facesse. Mentre insistevano con grande entusiasmo e clamore, egli piangeva a calde lacrime: alcuni - come egli stesso ci rifer -interpretarono tali lacrime come manifestazione di superbia e cercavano di consolarlo dicendo che certo egli era degno di maggiore onore, ma che comunque l'esser prete lo avvicinava alla dignit episcopale. 4. 3. Invece l'uomo di Dio - come ci disse - osservava la cosa pi a fondo e gemeva prevedendo i molti e grandi pericoli che sarebbero derivati alla sua vita dal governo e dall'amministrazione della chiesa: per tal motivo piangeva. Ma infine la cosa si comp secondo quanto voleva il desiderio del popolo.

Predicatore 5. 1. Fatto prete, subito istitu un monastero accanto alla chiesa e cominci a vivere con i servi di Dio secondo il modo e la norma stabiliti al tempo degli apostoli. Soprattutto, in quella societ nessuno doveva avere alcunch di proprio ma tutto per loro doveva essere in comune, e ad ognuno doveva esser dato secondo le proprie necessit: proprio questo egli aveva gi fatto precedentemente, allorch era tornato d'oltre mare a casa sua. 5. 2. Il santo Valerio, che lo aveva ordinato, com'era uomo pio e timorato di Dio, esultava e rendeva grazie a Dio di aver esaudito le sue preghiere. Diceva che molto spesso aveva pregato che per volont divina gli fosse concesso un uomo che fosse in grado di edificare la chiesa di Dio con la parola di Dio e con retta dottrina: infatti egli si riconosceva poco adatto a questa incombenza, in quanto era greco ed era poco versato nella lingua e nelle lettere latine. 5. 3. Egli affid al suo prete l'incarico di spiegare in chiesa il Vangelo alla sua presenza e di predicare frequentemente, contro quella che la consuetudine delle chiese d'Africa: per tal motivo alcuni vescovi lo criticavano. 5. 4. Ma quell'uomo venerabile e previdente, ben sapendo che nelle chiese d'Oriente cos si faceva comunemente e provvedendo all'utilit della chiesa, non si curava delle critiche dei detrattori, purch fosse compiuto dal prete ci ch'egli sapeva non poter esser fatto da lui vescovo. 5. 5. in tal modo la lampada accesa e ardente, posta sul candelabro, dava luce a tutti coloro che stavano nella casa (Gv. 5, 35; Mt. 5, 15). La fama di questo fatto si diffuse rapidamente, e alcuni preti, seguendo il buon esempio e ottenutane facolt dai loro vescovi, cominciarono a predicare al popolo in presenza del vescovo.

Disputa col manicheo Fortunato

6. 1. In quel tempo ad Ippona la peste dei manichei aveva infettato e contagiato molti sia cittadini sia stranieri, sviati e tratti in errore da un prete della setta, di nome Fortunato, che l risiedeva ed operava. 6. 2. Allora alcuni cristiani, cittadini di Ippona e stranieri, sia cattolici sia anche donatisti, vanno dal prete Agostino e gli chiedono d'incontrare quel prete manicheo, ch'essi credevano dotto, e di discutere con lui intorno alla legge. 6. 3. Quello, che - com' scritto - era pronto a rispondere ad ognuno che gli chiedesse spiegazioni intorno alla fede e alla speranza ch' rivolta a Dio e ch'era in grado di esortare con sana dottrina e di confutare chi contraddiceva (1 Pt. 3, 15; Tit. 1, 9), non si sottrasse; chiese per se anche quello fosse d'accordo. 6. 4. Allora quelle persone riferirono subito ci a Fortunato, chiedendo ed insistendo che neppure egli rifiutasse. Infatti Fortunato aveva gi conosciuto a Cartagine il santo Agostino, quando questo era ancora implicato nel suo stesso errore, e temeva di entrare in discussione con lui. 6. 5. Tuttavia costretto soprattutto dalle insistenze dei suoi e spinto da un senso di vergogna, promise d'incontrare Agostino e di venire a discussione con lui. 6. 6. S'incontrarono nel giorno e nel luogo stabilito, dove si erano radunati molti che erano interessati alla questione e gran folla di curiosi: gli stenografi aprirono le tavolette e cominci la discussione nel primo giorno per concludersi nel successivo. 6. 7. In essa il dottore manicheo -come riferiscono gli atti - non fu in grado di confutare la posizione cattolica e non riusc a confortare con argomenti validi la dottrina manichea. Alle ultime battute si ritir, dichiarando che avrebbe discusso insieme con i suoi superiori gli argomenti che non era riuscito a confutare: se neppure essi ci fossero riusciti, egli avrebbe provveduto alla sua anima. In tal modo tutti coloro che lo ritenevano capace e dotto, giudicarono che egli non aveva avuto alcuna efficacia nel difendere la sua setta. 6. 8. Fortunato, pieno di vergogna, successivamente part da Ippona e non vi fece pi ritorno. Cos, grazie a questo uomo di Dio, quell'errore fu cacciato via dagli animi di tutti coloro che o erano stati presenti o assenti erano venuti a conoscenza di quel che si era svolto, mentre veniva confermata e rafforzata la veritiera dottrina cattolica.

Con la parola e gli scritti risolleva le sorti della Chiesa 7. 1. Agostino insegnava e predicava, in privato e in pubblico, in casa e in chiesa, la parola di salvezza (Atti, 13, 26) con piena fiducia contro le eresie che erano fiorenti in Africa, specialmente contro i donatisti, i manichei e i pagani. Faceva ci sia scrivendo libri sia improvvisando discorsi, circondato da indicibile ammirazione e lode dei cristiani, che tutto ci non tacevano, ma appena potevano lo divulgavano.

7. 2. Cos per dono divino la chiesa cattolica cominci in Africa a risollevare il capo che per lungo tempo aveva avuto oppresso a terra, sviata e pressata dal vigoreggiare degli eretici, soprattutto perch i partigiani di Donato ribattezzavano grandi folle di Africani. 7. 3. Questi suoi libri e discorsi, che scaturivano e derivavano da mirabile grazia divina ed erano sorretti sia da abbondanza di argomenti razionali sia dall'autorit delle sacre scritture, gli stessi eretici correvano ad ascoltarli insieme con i cattolici, spinti da intenso ardore: chiunque voleva e ne aveva possibilit, si valeva di stenografi che trascrivevano ci che veniva detto. 7. 4. E ormai di qui si diffondevano e si mettevano in evidenza per tutta l'Africa l'insigne dottrina e il soavissimo odore di Cristo (2 Cor. 2, 15; Ef. 5, 2); venuta a sapere tutto questo, ne godeva anche la chiesa di Dio al di l del mare: infatti, come quando patisce un solo membro, insieme patiscono tutte le membra, cos quando un membro viene glorificato, gioiscono insieme tutte le membra (1 Cor. 12, 26).

ordinato vescovo coadiutore d'Ippona 8. l. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che pi degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominci a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e cos gli fosse tolto. E ci sarebbe gi accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, s che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo. 8. 2. Il santo vecchio, vieppi timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'et, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, s da essere non tanto suo successore sulla cattedra bens vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ci che desiderava e chiedeva insistentemente. 8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano l per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo. 8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di

tutto ci era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsent e ricevette l'ordinazione alla dignit maggiore. 8. 5. Successivamente egli afferm a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perch questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perci non volle che fosse fatto ad altri ci che si doleva essere stato fatto a lui. 8. 6. Di conseguenza si adoper perch da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e cos fu fatto.

Attivit antidonatista 9. l. Diventato vescovo, Agostino predicava la parola di salvezza eterna (Atti, 13, 26) con pi insistenza ed entusiasmo e con autorit maggiore, non pi soltanto in una regione ma dovunque gli chiedevano di venire, con alacrit e diligenza, mentre la chiesa del Signore si sviluppava e fioriva sempre di pi. Egli era sempre pronto a dare spiegazione a chi lo richiedesse sulla fede e sulla speranza in Dio; e le sue parole e gli appunti presi soprattutto i donatisti d'Ippona e dei paesi vicini li riferivano ai loro vescovi. 9. 2. Costoro ascoltavano e talvolta cercavano di replicare qualcosa: ma o venivano confutati proprio dai loro seguaci ovvero le risposte erano riportate ad Agostino. Questi, quando le apprendeva, con pazienza e dolcezza e - com' scritto (Fil. 2, 12) - con timore e tremore provvedeva alla salvezza di quegli uomini, dimostrando che quei vescovi non erano riusciti a confutare proprio niente e che invece era veritiero e manifesto ci che crede e insegna la fede della chiesa di Dio. In tal modo egli si adoperava costantemente, giorno e notte. 9. 3. Scrisse anche lettere private ad alcuni vescovi eminenti di quella setta ed a laici, dando spiegazioni e esortando ed ammonendo che o si emendassero da quell'errore ovvero venissero a discussione. 9. 4. Ma quelli, che non avevano fiducia nella loro causa, non vollero neppure rispondere ma presi dall'ira e dal furore dicevano che Agostino era seduttore e ingannatore di anime. Gridavano cos in pubblico e in privato e affermavano anche nelle loro prediche che quello doveva essere ucciso come un lupo per la difesa del gregge, e che senza dubbio bisognava credere che Dio avrebbe rimesso tutti i peccati a quelli che fossero riusciti in tale impresa, senza timore di offendere Dio e di doversi vergognare davanti agli uomini. Allora Agostino si dette da fare perch tutti venissero a conoscere che quelli diffidavano della loro stessa causa e che, invitati ad un pubblico dibattito, non avevano avuto il coraggio di presentarsi.

Conquiste e persecuzioni 10. 1. In quasi tutte le loro chiese i donatisti avevano un genere di uomini incredibilmente perversi e violenti, che solevano andare in giro facendo professione di continenza. Si chiamavano circumcellioni e si trovavano in numero molto ingente in quasi tutte le regioni d'Africa. 10. 2. Essi, istruiti da malvagi dottori, con sfrontata audacia e illecita temerariet non avevano riguardo n per i loro compagni di setta n per gli estranei: contro ogni diritto impedivano alla gente di procedere nelle cause giudiziarie, e se qualcuno non obbediva, gli arrecavano danni gravissimi e violenza. Armati con armi di diverso genere, imperversavano per le campagne e i villaggi e non temevano di arrivare fino allo spargimento di sangue. 10. 3. Cos, mentre la parola di Dio era predicata con zelo e si trattava di pace con coloro che avevano odiato la pace, costoro senza ragione facevano violenza a quanti parlavano di queste cose. 10. 4. E poich la verit si faceva sempre pi forte contro la loro dottrina, quanti dei donatisti avevano volont e possibilit si staccavano in maniera pi o meno manifesta dalla loro setta e aderivano alla pace e all'unit della chiesa con quanti dei loro potevano convincere. 10. 5. Perci i circumcellioni, vedendo diminuire gli aderenti al loro errore e invidiando l'incremento della chiesa, accesi ed esaltati da ira grandissima, cominciarono a fare intollerabili persecuzioni contro quelli che aderivano all'unit della chiesa: aggredivano di notte e di giorno gli stessi vescovi cattolici e i ministri della chiesa e distruggevano ogni cosa. 10. 6. Cos ridussero a mal partito molti servi di Dio con le percosse, ad alcuni gettarono negli occhi calce con aceto, altri uccisero. Per tal motivo questi donatisti che erano soliti anche ribattezzare vennero in odio perfino ai loro.

Il monastero d'Ippona fucina di apostoli. Scritti di Agostino 11. l. Progredendo intanto l'insegnamento divino, coloro che nel monastero servivano a Dio sotto la guida del santo Agostino e insieme con lui, cominciarono ad essere ordinati preti della chiesa di Ippona. 11. 2. Cos di giorno in giorno s'imponeva e diventava pi evidente la verit della predicazione della chiesa cattolica, e cos anche il modo di vita dei santi servi di Dio, la loro continenza e assoluta povert: perci dal monastero che quel grande uomo aveva fondato e fatto prosperare con gran desiderio (varie comunit) cominciarono a chiedere e ricevere vescovi e chierici, s che allora prima ebbe inizio e poi si afferm la pace e l'unit della chiesa.

11. 3. In fatti circa dieci uomini santi e venerabili, continenti e dotti, che io stesso ho conosciuto, il beato Agostino, richiesto, dette a diverse chiese, alcune anche molto importanti. 11. 4. D'altra parte costoro, che dal loro santo modo di vita venivano a chiese di Dio diffuse in vari luoghi, si dettero ad istituire monasteri, e poich cresceva lo zelo per l'edificazione della parola di Dio, preparavano a ricevere il sacerdozio fratelli, che furono messi a capo di altre chiese. 11. 5. Pertanto progrediva per mezzo di molti e in molti la dottrina di fede salutare, di speranza e di carit insegnata nella chiesa, non solo in tutte le parti d'Africa ma anche nelle regioni d'oltremare: infatti con la pubblicazione di libri, tradotti anche in greco, grazie a quel solo uomo, con l'aiuto di Dio, tutto il complesso della dottrina cristiana venne a conoscenza di molti. 11. 6. Allora - com' scritto - il peccatore a veder questo s'adirava, digrignava i denti e si struggeva (Sal. 111, 10); invece i tuoi servi - secondo quanto sta scritto erano in pace con quelli che odiavano la pace e quando parlavano erano combattuti da quelli senza motivo (Sal. 119, 7).

Attentati contro Agostino e contro Possidio 12. 1. Alcune volte circumcellioni armati tesero insidie lungo le strade al servo di Dio Agostino, quando egli richiesto andava a visitare, istruire, esortare le comunit cattoliche, il che egli faceva molto di frequente. 12. 2. Una volta avvenne che quei sicari persero l'occasione in questo modo: successe, certo per provvidenza divina e comunque per errore dell'uomo che faceva da guida, che il vescovo insieme con i suoi compagni arrivarono per altra strada al luogo ove erano diretti, e grazie a questo che dopo seppe essere stato un errore sfugg alle mani degli empi e insieme con tutti gli altri rese grazie a Dio liberatore. E quelli secondo il loro modo di fare non risparmiavano n laici n chierici, come testimoniano i documenti ufficiali. 12. 3. A tal proposito non si deve passare ora sotto silenzio ci che a gloria di Dio fu fatto contro questi donatisti ribattezzatori grazie all'attivit di s illustre uomo nella chiesa e al suo zelo per la casa di Dio. 12. 4. Uno di coloro che egli dal suo monastero e dal suo clero aveva dato a varie chiese come vescovi, visitava la diocesi della chiesa di Calama affidata alle sue cure e predicava ci che aveva appreso contro l'eresia donatista in favore della pace della chiesa. In tale occasione, egli durante il cammino cadde nell'insidia dei circumcellioni che lo assalirono insieme con i suoi compagni e, derubatili degli animali e delle loro cose, lo coprirono di ingiurie e di gravissime percosse. 12. 5. Perch il progresso della pace nella chiesa non fosse ostacolato da avvenimenti di tal fatta, il difensore della chiesa, che aveva la legge dalla sua, non pass il fatto sotto silenzio. Allora Crispino, ch'era il vescovo donatista nella citt e

nella regione di Calama, uomo conosciuto e dotto e di et avanzata, fu condannato a pagare una multa stabilita dalle leggi contro gli eretici. 12. 6. Ma quello present opposizione e al cospetto del proconsole disse di non essere eretico: allora, poich il difensore della chiesa si era ritirato , si present la necessit per il vescovo cattolico di fare opposizione e dimostrare che quello era proprio ci che aveva negato di essere. Se infatti quello fosse riuscito a nasconderlo, addirittura avrebbero potuto credere eretico il vescovo cattolico, poich quello negava di essere ci che era, e cos da questa trascuratezza sarebbe potuto derivare ai deboli motivo di scandalo. 12. 7. Allora, grazie alle insistenze pressanti del vescovo Agostino di beata memoria, i due vescovi di Calama ebbero una pubblica discussione e per tre volte parlarono l'un contro l'altro sulle divergenze della loro fede, mentre grande era l'attesa dell'esito da parte di tutte le comunit cristiane a Cartagine e nell'intera Africa: per sentenza scritta del proconsole Crispino fu dichiarato eretico. 12. 8. Il vescovo cattolico intercesse per lui perch non pagasse la multa, e la sua richiesta fu esaudita. Ma poich quell'ingrato si era appellato all'imperatore, questi dette alla richiesta la dovuta risposta: di conseguenza fu ordinato che in nessun luogo dovevano esserci eretici donatisti e contro di essi dovevano aver vigore tutte le leggi che erano state emanate contro gli eretici. 12. 9. Perci il giudice, il tribunale e Crispino stesso furono condannati a pagare al fisco dieci libbre d'oro ciascuno, poich non si era preteso il pagamento della multa. Ma subito allora i vescovi cattolici, e soprattutto Agostino di beata memoria, si dettero da fare perch quella condanna fosse rimessa dalla generosit del principe, e con l'aiuto del Signore ci riuscirono. Di questa sollecitudine e di questo santo zelo la chiesa si giov molto.

Frutti di unit e di pace 13. l. Per tutto ci che Agostino oper in difesa della pace della chiesa il Signore qui gli concesse la palma e presso di s gli riserv la corona di giustizia (2 Tim. 4, 8). Cos, con l'aiuto di Cristo, di giorno in giorno sempre di pi aumentava e si diffondeva l'unit della pace e la fratellanza della chiesa di Dio. 13. 2. Questo si verific soprattutto dopo la conferenza che tutti i vescovi cattolici tennero a Cartagine insieme con i vescovi donatisti, per ordine del gloriosissimo e religiosissimo imperatore Onorio, che per tale incombenza aveva mandato come giudice in Africa dalla sua corte il tribuno e notaio Marcellino. 13. 3. In questo dibattito i donatisti, completamente confutati e convinti di errore dai cattolici, furono condannati dalla sentenza del giudice; e dopo il loro appello la risposta del piissimo imperatore condann quegli iniqui come eretici. 13. 4. Per questo motivo vescovi donatisti col loro clero e col loro popolo entrarono pi del solito in comunione con i cattolici, e aderendo alla pace cattolica

sopportarono molte persecuzioni da parte dei loro, fino all'amputazione delle membra e all'uccisione. 13. 5. E tutto quel bene, come ho gi detto, ebbe inizio e si realizz per opera di quel santo uomo, con cui erano d'accordo e cooperavano gli altri nostri vescovi.

Recriminazioni dei donatisti e vittoria sul loro vescovo Emerito 14. 1. D'altra parte, anche dopo la conferenza che fu tenuta con i donatisti, non mancarono alcuni di costoro i quali affermarono che ai loro vescovi non era stato permesso di esprimersi con completezza in difesa della loro parte presso l'autorit che aveva presieduto la causa, perch il giudice in quanto cattolico favoriva la sua parte. 14. 2. Ma essi, dopo la sconfitta, avanzavano questo argomento come un pretesto, poich gli eretici anche prima della controversia sapevano che il giudice era cattolico, e quando erano stati invitati da lui con atto pubblico a presentarsi alla discussione, invece di accettare, avrebbero potuto rifiutare l'incontro, poich ritenevano quello non imparziale. 14. 3. Tuttavia la provvidenza di Dio onnipotente fece s che tempo dopo Agostino di beata memoria si trovasse a Cesarea, citt della Mauretania, dove lo aveva fatto andare, insieme con altri vescovi, una lettera della sede apostolica, per provvedere ad alcune necessit della chiesa. 14. 4. In tale circostanza Agostino ebbe occasione di vedere Emerito, il vescovo donatista di quel luogo che nella conferenza era stato importante difensore della sua setta, e con lui discusse pubblicamente sempre sullo stesso argomento, in chiesa alla presenza di appartenenti alle due comunit. Poich (i donatisti) sostenevano che Emerito nella conferenza non aveva potuto dire tutto, Agostino richiamandosi agli atti ufficiali, lo invit a non aver esitazione a parlare in quella occasione, in cui non c'era divieto da parte della pubblica autorit, e a non rifiutare di difendere con coraggio la sua parte proprio nella sua citt, alla presenza di tutti i suoi concittadini. 14. 5. Ma n questa esortazione n la pressante insistenza dei parenti e dei concittadini lo convinsero ad accettare: eppure quelli gli promettevano di ritornare nella sua comunione, anche a rischio dei loro beni e della loro salute temporale, purch egli riuscisse ad aver la meglio sulla posizione cattolica. 14. 6. Ma quello non volle n fu capace di dir di pi di quanto contenuto in quegli atti, se non solo questo: Ormai gli atti contengono ci che i vescovi hanno fatto a Cartagine, se abbiamo vinto ovvero siamo stati vinti . 14. 7. E un'altra volta, poich il notaio lo spingeva a rispondere, disse: Fa' tu ; e poich taceva e cos fu a tutti evidente la sua sfiducia, da tutto ci la chiesa di Dio risult aumentata e rafforzata. 14. 8. Chi poi vorr conoscere pi a fondo la sollecitudine e l'operosit di Agostino

di beata memoria in difesa della condizione della chiesa di Dio, potr esaminare il resoconto di quei fatti: trover qui quali argomenti Agostino abbia proposto, e con quali abbia invitato e spinto il suo avversario, dotto eloquente e rinomato, a dire ci che volesse in difesa della sua parte, e riconoscer come quello sia stato vinto.

Attivit antimanichea. Perde il filo del discorso e guadagna un'anima 15. 1. Ricordo ancora, non solo io ma anche altri fratelli che allora vivevano con noi nella chiesa d'Ippona insieme con quel santo uomo, che una volta mentre eravamo insieme a tavola, egli disse: 15. 2. Vi siete accorti come oggi in chiesa la mia predica, dall'inizio alla fine, si sia svolta contro quella ch' la mia abitudine, perch non ho spiegato completamente il tema che avevo proposto, ma l'ho lasciato in sospeso? . 15. 3. Gli rispondemmo: Infatti ricordiamo di esserci meravigliati in quel momento . E lui: Credo - disse - che proprio per mezzo della mia dimenticanza e del mio errore il Signore abbia voluto ammaestrare e risanare qualcuno del popolo che nell'errore, poich nelle sue mani siamo noi e le nostre parole. 15. 4. Infatti, mentre trattavo alcuni punti della questione che avevo proposta, con una digressione mi sono inoltrato in un altro argomento, e cos, senza spiegare fino in fondo quella questione, preferii terminare la predica polemizzando contro l'errore dei manichei, piuttosto che continuando a trattare l'argomento che avevo iniziato . 15. 5. Uno o due giorni - se non sbaglio - dopo questi fatti si presenta un commerciante di nome Fermo e alla nostra presenza si getta gemendo ai piedi di Agostino che stava nel monastero: fra le lacrime scongiur il vescovo di pregare insieme con i santi il Signore per i suoi peccati, confessando di aver seguito la setta dei manichei e di essere vissuto in quella per molti anni. Per di pi aveva versato inutilmente forti somme di danaro ai manichei, soprattutto a quelli che essi definiscono gli eletti. Ma trovandosi poco prima in chiesa, per misericordia divina, era stato richiamato sulla retta via dalla predica di Agostino ed era diventato cattolico. 15. 6. Allora il venerabile Agostino in persona e noi che eravamo l presenti gli chiedemmo di indicarci con precisione quale punto soprattutto di quella predica avesse fatto effetto su di lui; e mentre egli riferiva e tutti noi richiamavamo alla mente la trama del discorso, ammirammo con stupore il misterioso disegno di Dio per la salvezza delle anime, glorificammo il suo santo nome e benedicemmo colui che opera la salvezza delle anime quando vuole, donde vuole e come vuole, per mezzo di strumenti consapevoli e inconsapevoli. 15. 7. Da quel momento quell'uomo abbracci la norma di vita dei servi di Dio e lasci il commercio. Poich si segnalava per i suoi progressi fra i membri della chiesa, mentre era in un'altra regione, per volere di Dio richiesto e pressato

divent prete, conservando e custodendo la sua santa norma di vita. E forse egli, che si stabilito in un paese oltre mare, ancora vivo.

Smaschera i Manichei e li converte 16. 1. A Cartagine poi alcuni manichei, di quelli che chiamano eletti ed elette, furono sorpresi da Orso, procuratore della casa imperiale, ch'era di fede cattolica, e tradotti in chiesa da lui stesso, furono interrogati dai vescovi alla presenza degli stenografi. 16. 2. Fra i vescovi c'era anche Agostino di beata memoria, che pi degli altri conosceva quella nefanda setta: perci gli riusc di mettere in luce i loro riprovevoli errori con citazioni tratte dai libri che i manichei hanno in uso, e cos li indusse a confessare le loro bestemmie. Quegli atti ufficiali misero altres in luce, per confessione di quelle donne, cosiddette elette, le pratiche indegne e turpi che essi secondo il loro perverso costume erano soliti commettere. 16. 3. Cos lo zelo dei pastori procur incremento al gregge del Signore e lo difese in maniera adeguata contro i ladri e i predoni. 16. 4. Agostino ebbe anche una pubblica disputa nella chiesa d'Ippona con un certo Felice, del numero di quelli che i manichei chiamano eletti, alla presenza del popolo e degli stenografi che trascrivevano ci che veniva detto. Dopo il secondo o il terzo dibattito quel manicheo, vedendo confutati la vanit e l'errore della sua setta, si convert alla nostra fede e pass alla nostra chiesa, come risulta anche dalla lettura degli atti.

Contraddittorio col vescovo ariano Massimino 17. l. Provocato da un certo Pascenzio e poich lo richiedevano persone di alta condizione, Agostino ebbe a Cartagine una pubblica discussione con costui. Era questi un conte della casa imperiale, di fede ariana, esattore molto severo del fisco, che si valeva del suo potere per contrastare duramente e sistematicamente la fede cattolica, e con le sue spiritosaggini e la sua autorit tormentava e maltrattava molti sacerdoti di Dio un po' sempliciotti nella loro fede. 17. 2. Ma l'eretico rifiut in modo assoluto che si portassero le tavolette e lo stilo, che il nostro maestro richiese con grande insistenza prima e durante il dibattito. Quello negava, sostenendo che per timore delle leggi dello stato non voleva mettersi a rischio con questa trascrizione: tuttavia Agostino vedendo insieme con altri vescovi che erano presenti che quel modo di fare era accetto a coloro che assistevano, cio che si disputasse in modo privato senza che alcunch fosse messo per iscritto, accett il dibattito. Predisse comunque ci che poi si verific: che, terminata la riunione, ciascuno, in assenza di documentazione scritta, sarebbe

stato libero di sostenere di aver detto ci che non aveva detto e di non aver detto ci che aveva detto. 17. 3. Discusse con Pascenzio: sostenne la sua dottrina, ascolt ci che sosteneva l'avversario, con valido ragionamento e con l'autorit delle scritture insegn e dimostr i fondamenti della nostra fede, dimostr poi che le proposizioni di Pascenzio non erano suffragate da alcuna evidenza n dall'autorit della sacra scrittura e le confut. 17. 4. Ma quando le due parti si divisero, quello ancor pi adirato e furente andava diffondendo molte menzogne per sostenere la sua fede erronea, vantandosi che Agostino, da tanti esaltato, era stato sconfitto da lui. 17. 5. Poich queste vanterie erano ormai divulgate, Agostino fu costretto a scrivere a Pascenzio, pur senza fare i nomi di quelli che avevano disputato per riguardo al timore che aveva Pascenzio, e nelle lettere espose fedelmente ci che le due parti avevano detto e fatto: se quello avesse negato, egli a comprovare i fatti aveva molti testimoni, cio quelle persone di alta condizione che erano state l presenti. 17. 6. Alle due lettere che gli erano state indirizzate, a stento quello ne invi una sola di risposta, nella quale era solo capace di insultare piuttosto che dare dimostrazione della sua dottrina. Tutto ci pu esser provato a chi vuole e sa leggere. 17. 7. Ancora con un vescovo ariano, di nome Massimino, che era venuto in Africa con i Goti, Agostino ebbe una pubblica discussione ad Ippona, per desiderio e richiesta di molti, alla presenza di persone importanti: ci che le due parti esposero, sta scritto. 17. 8. Se gl'interessati vorranno leggere con attenzione, senza dubbio esamineranno sia ci che afferma l'astuta e irragionevole eresia per sviare ed ingannare, sia ci che professa e insegna la chiesa cattolica sulla divina Trinit. 17. 9. Ma quell'eretico, tornato da Ippona a Cartagine, in forza della grande loquacit di cui aveva dato prova nel dibattito, si vantava falsamente di essere uscito di qui vincitore. E poich tutto ci non poteva essere esaminato e valutato facilmente da persone non versate nelle sacre scritture, pi tardi Agostino ricapitol per iscritto tutto quel dibattito, presentando una per una le obiezioni e le risposte. Fu cos messo in chiaro che quello non aveva saputo rispondere alle obiezioni di Agostino, e furono fatte pure alcune aggiunte, poich nel ristretto tempo del dibattito Agostino non aveva potuto dire e far trascrivere tutto. infatti quell'uomo perfido aveva fatto in modo che il suo ultimo intervento, protratto molto in lungo, occupasse tutto lo spazio di tempo che rimaneva.

Attivit antipelagiana. Frutti delle sue fatiche. Gli scritti

18. 1. Anche contro i pelagiani, nuovi eretici del nostro tempo, abili polemisti che con arte sottile e nociva scrivevano e parlavano ovunque potevano, in pubblico e nelle case private, Agostino ebbe a che fare per circa 10 anni: a tal riguardo scrisse e pubblic molti libri e molto spesso predic in chiesa al popolo su questo errore. 18. 2. Poich questi perversi con grande attivit cercavano di attirare alla loro perfidia anche la sede apostolica, in maniera pressante anche concili di vescovi africani si adoperarono perch i papi della citt santa, prima il venerabile Innocenzo e dopo il beato Zosimo suo successore, si convincessero quanto quella dottrina dovesse essere respinta e condannata dalla fede cattolica. 18. 3. Quei vescovi di sede tanto importante in tempi diversi condannarono i pelagiani e li separarono dalle membra della chiesa, e con lettere inviate alle chiese d'Africa, d'Oriente e d'Occidente, stabilirono che quelli dovevano essere condannati ed evitati da tutti i cattolici. 18. 4. Anche il piissimo imperatore Onorio, informato di questo giudizio emanato contro i pelagiani dalla chiesa cattolica di Dio, si uniform ad esso e con alcune sue leggi li condann e decret che quelli dovevano essere considerati eretici. 18. 5. Per cui alcuni di loro, che si erano allontanati dal grembo di santa madre chiesa, vi sono ritornati e altri ancora vi ritornano, mentre si fa strada e prevale sempre di pi contro quel detestabile errore la verit della retta fede. 18. 6. Quell'uomo memorabile era un importante membro del corpo del Signore, sempre sollecito e vigile per tutto ci che riuscisse utile alla chiesa universale. 18. 7. Per volont divina gli fu concesso di godere gi in questa vita il frutto delle sue fatiche, innanzitutto nella regione della chiesa d'Ippona, cui specificamente egli era a capo, e anche nelle altre parti d'Africa: infatti vedeva che sia per opera sua sia di quelli che egli stesso aveva dato come vescovi la chiesa del Signore si era amplificata e incrementata, e godeva che manichei donatisti pelagiani e pagani in gran parte erano venuti meno e si erano uniti alla chiesa di Dio. 18. 8. Favoriva gli studi e i progressi di tutti i buoni e se ne rallegrava, e piamente e santamente tollerava certe mancanze di disciplina dei fratelli, mentre s'addolorava della malvagit dei cattivi, sia di quelli nella chiesa sia fuori della chiesa; gioiva sempre, come ho detto, di ci che recava giovamento alle cose del Signore e s'addolorava per ci che recava loro danno. 18. 9. Molti libri furono da lui composti e pubblicati, molte prediche furono tenute in chiesa, trascritte e corrette, sia per confutare i diversi eretici sia per interpretare le sacre scritture ad edificazione dei santi figli della chiesa. Queste opere furono tante che a stento uno studioso ha la possibilit di leggerle e imparare a conoscerle. 18. 10. D'altra parte, per non defraudare di nulla chi ha brama di parole di verit, ho stabilito con l'aiuto di Dio di allegare alla fine di questo libro anche l'indice di quei libri, prediche e lettere. Una volta che lo avr letto, chi ama pi la verit di Dio che le ricchezze temporali potr scegliersi l'opera che vorr da leggere e

conoscere e potr chiederne copia anche alla biblioteca d'Ippona, dove trover esemplari pi corretti, ovvero cercher dove potr. Cos trascriver e conserver le opere che avr trovato e senza gelosia le dar da trascrivere anche a chi glielo chieder.

Agostino nella vita di ogni giorno (cc. 19-27) Agostino giudice 19. 1. Agostino seguiva anche il consiglio dell'Apostolo che dice: Chi di voi ha una lite con un altro, oser appellarsi al giudizio degl'infedeli e non dei santi? Ignorate forse che i santi giudicheranno il mondo? E se voi giudicherete il mondo, non siete capaci di giudicare cose dappoco? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Ma allora non giudicheremo tanto pi le cose del mondo? Perci, se giudicherete fra di voi cose del mondo, mettete a presiedere coloro che nella chiesa contano di meno. Vi parlo cos per vostra vergogna. Non c' fra di voi qualche persona saggia, che possa giudicare fra i suoi fratelli? E invece il fratello viene a giudizio col fratello, e questo davanti agli infedeli? (1 Cor. 6, 1 ss.). 19. 2. Richiesto perci da cristiani e da persone di ogni religione, ascoltava le cause con religiosa attenzione: aveva sempre presente l'affermazione di uno che diceva che preferiva giudicare fra persone sconosciute piuttosto che fra amici: infatti mediante un equo giudizio di uno sconosciuto si poteva fare un amico, mentre invece avrebbe perso l'amico, cui avesse dovuto dar torto nel giudizio. 19. 3. Con continuit ascoltava le cause e giudicava, talvolta fino all'ora di colazione, altre volte per l'intera giornata rimanendo a digiuno; e in quest'attivit considerava il valore delle anime cristiane, quanto ciascuno progredisse nella fede e nei buoni costumi, ovvero regredisse. 19. 4. Sapeva cogliere il momento opportuno per spiegare alle parti la verit della legge divina e l'inculcava in loro, insegnando e rammentando il modo di conseguire la vita eterna. Da coloro per i quali attendeva a quest'attivit non richiedeva altro se non l'obbedienza e la devozione cristiana, che dovuta a Dio e agli uomini, e riprendeva i peccatori alla presenza di tutti, perch gli altri ne avessero timore. 19. 5. Svolgeva tale attivit quasi come sentinella stabilita dal Signore alla casa d'Israele (Ez. 3, 17; 33, 7), predicando la parola e insistendo a tempo debito e non debito, riprendendo esortando rimproverando con ogni pazienza e dottrina (2 Tim. 4, 2), dedicandosi soprattutto ad istruire quelli che erano adatti ad insegnare anche agli altri. 19. 6. Richiesto anche da alcuni di occuparsi di loro questioni temporali, mandava lettere a varie persone. Ma riteneva un peso questa occupazione che lo distoglieva

da attivit pi importanti: infatti gli era gradito discutere sempre delle cose di Dio, sia in pubblico sia in discussione fraterna e familiare.

Sollecitudine e discrezione nei rapporti con le autorit 20. 1. Sappiamo anche che egli, pur richiesto da persone a lui molto care, non scrisse lettere di raccomandazione alle autorit civili: a tal proposito soleva dire che si doveva osservare la massima di un sapiente, del quale scritto che, in considerazione del suo buon nome, non aveva concesso molto agli amici; e di suo poi aggiungeva che per lo pi il potente che concede qualcosa preme per il contraccambio. 20. 2. Quando poi, pregato, vedeva che era necessario intercedere, lo faceva cos dignitosamente e discretamente che non soltanto non risultava fastidioso o molesto, ma addirittura era oggetto d'ammirazione. Cos una volta, presentatasi la necessit, egli scrisse a suo modo ad un vicario d'Africa, di nome Macedonio, per raccomandare un postulante; e il vicario, dopo aver esaudito la richiesta, gli rispose cos: 20. 3. Ammiro moltissimo la tua sapienza sia nei libri che hai pubblicato sia in questa lettera che non hai ritenuto gravoso inviarmi per intercedere a favore di chi si trovava in strettezze. 20. 4. Infatti quelli contengono tanto acume, scienza e santit che nulla vi di superiore ad essi; la lettera poi scritta con tanta discrezione che, se non accordassi ci che chiedi, dovrei ritenere che la colpa mia e non dipende dalla difficolt della questione, signore meritatamente venerabile e padre degnissimo. 20. 5. Infatti tu non insisti, come fanno quasi tutti quelli di qui, per ottenere ad ogni costo ci che chiede l'interessato; ma ci che ti sembra opportuno chiedere ad un giudice stretto da tante preoccupazioni, questo tu chiedi con quella delicatezza che fra i buoni la pi efficace per ottenere cose difficili. Perci ho accordato ci che chiedevano le persone che hai raccomandato: del resto gi prima avevo dato loro motivo di sperare .

Concili e ordinazioni 21. l. Quando poteva, prendeva parte ai concili episcopali celebrati nelle diverse province`, ricercando in essi non il suo interesse ma quello di Ges Cristo (Fil. 2, 21), perch la fede della santa chiesa non riportasse danno e perch alcuni vescovi e chierici, scomunicati a ragione o a torto, fossero assolti oppure rimossi. 21. 2. Nelle ordinazioni dei vescovi e dei chierici riteneva che si dovessero seguire il consenso della maggior parte dei fedeli e la consuetudine della chiesa.

Semplicit di vita e libert di spirito. Carit sopra tutto 22. 1. Le sue vesti, i calzari, la biancheria da letto erano di qualit media e conveniente, n troppo di lusso n di tipo troppo scadente: infatti a tal proposito gli uomini son soliti o far troppa esibizione oppure vestirsi troppo poveramente, ricercando in ambedue i casi il proprio vanto, non l'utile di Ges Cristo (Fil. 2, 21). 22. 2. Invece Agostino, come ho detto, teneva una via di mezzo, non eccedendo n da una parte n dall'altra (Num. 20, 17). Usava di una mensa frugale e parca, che per fra la verdura e i legumi aveva qualche volta anche la carne, per riguardo agli ospiti o a qualcuno che non stava bene, e aveva sempre il vino: infatti Agostino conosceva e ripeteva le parole dell'Apostolo: Ogni creatura di Dio buona e niente bisogna rifiutare di quel che si accetta con rendimento di grazie: infatti questo viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera (1 Tim. 4, 4 s.). 22. 3. E lo stesso beato Agostino dice nelle Confessioni: Non temo l'immondezza del cibo, ma l'immondezza della cupidigia. So che a No fu permesso di mangiare ogni genere di carne che potesse servire da cibo (Gen. 9, 2 ss.), che Elia fu rifocillato con la carne (1 Re, 17, 6), che Giovanni, la cui astinenza era oggetto di meraviglia, non fu contaminato dagli animali che gli servivano da cibo, cio le cavallette (Mt. 3, 4). So invece che Esa fu sedotto dal desiderio di lenticchie (Gen. 25, 29 ss.), che Davide si rimprover per il desiderio dell'acqua (2 Sam. 23, 15 ss.), e che il nostro re fu tentato non con la carne ma col pane (Mt. 4, 3). E anche il popolo nel deserto merit di essere rimproverato non perch aveva desiderato carne ma perch per desiderio di carne aveva mormorato contro il Signore (Num. 11, 1 ss.) (Conf., X, 46). 22. 4. Quanto al bere vino, l'Apostolo scrive cos a Timoteo: Non bere soltanto acqua, ma fa' uso anche di un po' di vino per il tuo stomaco e le tue frequenti malattie (1 Tim. 5, 24). 22. 5. Usava d'argento soltanto i cucchiai, ma il vasellame per portare i cibi a tavola erano o di terracotta o di legno o di marmo, e ci non per povert ma di proposito. 22. 6. Fu sempre molto ospitale. E durante il pranzo aveva pi cara la lettura o la discussione che non il mangiare e il bere. Contro quella pessima abitudine degli uomini teneva qui questa iscrizione: Chi ama calunniare gli assenti, sappia di non esser degno di questa mensa. Ammoniva cos ogni invitato ad astenersi da chiacchiere superflue e dannose. 22. 7. Una volta che alcuni vescovi che gli erano molto amici si erano dimenticati della scritta e parlavano in maniera contraria ad essa, Agostino indignato li

riprese aspramente, dicendo che o quei versi dovevano essere cancellati dalla mensa o che egli si sarebbe alzato in mezzo al pranzo e se ne sarebbe andato in camera sua. Possiamo testimoniare questo episodio io ed altri che prendevamo parte a quel pranzo.

Carit e disinteresse 23. l. Si ricordava sempre dei compagni di povert e dava loro attingendo a quel che serviva per s e per coloro che abitavano insieme con lui, cio dalle rendite dei beni della chiesa e anche dalle offerte dei fedeli. 23. 2. Per evitare che questi beni - come di solito avviene - fossero fonte di odiosit nei confronti dei chierici, egli soleva dire al popolo di Dio che avrebbe preferito vivere delle loro offerte piuttosto che sobbarcarsi la cura e l'amministrazione di quei beni: perci egli era pronto a cederli ai fedeli, s che tutti i servi e i ministri di Dio vivessero cos come nel Vecchio Testamento si legge che chi serviva all'altare, aveva parte del medesimo (Deut. 18, 1 ss.; 1 Cor. 9, 13). Ma i laici non vollero mai accettare quella proposta.

Amministrazione dei beni della Chiesa 24. 1. Delegava e affidava a turno ai chierici pi abili l'amministrazione e tutti i beni della casa annessa alla chiesa, senza tenere per s n chiave n anello, e quelli che erano stati preposti alla casa segnavano tutte le entrate e le uscite. Il rendiconto gli veniva letto alla fine di ogni anno, perch egli sapesse quanto si era ricevuto e quanto si era distribuito o rimanesse da distribuire. Ma in molti affari dava fiducia all'amministratore piuttosto che verificare i conti precisi e documentati. 24. 2. Non volle mai comprare casa, campo o villa, ma se qualcuno spontaneamente donava qualcosa di tale alla chiesa o lo affidava a titolo di deposito, non rifiutava ma diceva di accettare. 24. 3. Sappiamo per che rifiut alcune eredit, non perch sarebbero state inutili ai poveri ma perch riteneva giusto ed equo che esse venissero in possesso dei figli o dei parenti o dei genitori dei defunti, ai quali quelli morendo non le avevano voluto lasciare. 24. 4. Un tale fra i cittadini d'Ippona di alta condizione, che viveva a Cartagine, volle donare una propriet alla chiesa d'Ippona, e fatto il documento, mentre tratteneva per s l'usufrutto, lo mand senz'altro ad Agostino di beata memoria. Egli accett volentieri l'offerta, rallegrandosi con quello perch provvedeva alla sua salvezza eterna. 24. 5. Ma dopo alcuni anni, mentre io mi trovavo Per caso presso di lui, ecco che il

donatore manda per mezzo di suo figlio una lettera con la quale pregava di restituire a suo figlio il documento di donazione, mentre diceva di distribuire ai poveri 100 soldi. 24. 6. Quando il santo venne a conoscenza della lettera, si addolor che l'uomo o aveva simulato la donazione ovvero si era pentito della buona opera, e tutto quanto pot e Dio sugger al suo cuore, addolorato per questa resipiscenza, disse a rimprovero e correzione di quello. 24. 7. Subito restitu il documento che quello aveva mandato spontaneamente e che non era stato n desiderato n richiesto, rifiut la somma di danaro e con la lettera di risposta riprese e rimprover come si doveva quell'uomo, ammonendolo a dare umilmente soddisfazione a Dio per quella ch'era simulazione o iniquit, per non uscir di vita con un peccato cos grave. 24. 8. Spesso diceva anche ch' pi sicuro per la chiesa ricevere legati di defunti piuttosto che eredit che potevano riuscire fonti di preoccupazioni e danni, e che i legati dovevano essere piuttosto offerti che non richiesti. 24. 9. Egli non accettava alcun deposito, ma non lo proibiva ai chierici che volessero accettarli. 24. 10. Non si applicava con zelo e passione ai beni che la chiesa aveva in propriet o in possesso, ma era maggiormente interessato e dedito alle realt pi importanti dello spirito, anche se talvolta si distoglieva dalla meditazione delle cose eterne per dedicarsi a quelle temporali. 24. 11. Ma dopo averle disposte ed ordinate, lasciatele da parte come cose noiose e moleste, riportava l'animo alle realt interiori e superiori, sia che meditasse nell'indagine delle realt divine sia che dettasse qualcosa che avesse gi trovato in argomento sia che correggesse ci ch'era stato gi dettato e trascritto. Per far questo, lavorava di giorno e vegliava di notte. 24. 12. Egli era come quella piissima Maria, ch' simbolo della chiesa celeste: di lei scritto che sedeva ai piedi del Signore intenta ad ascoltare la sua parola; e poich la sorella si lament di lei perch non l'aiutava mentre essa era occupata in gran da fare, si sent dire: Marta, Marta, Maria ha scelto la parte migliore, chenon le sar tolta (Lc. 10, 39 s.). 24. 13. Non ebbe mai interesse a nuove costruzioni, evitando di applicare in questioni del genere l'animo che voleva aver sempre libero da ogni molestia temporale. Non impediva per coloro che volessero costruire, purch non in maniera troppo lussuosa. 24. 14. Talvolta, quando mancava danaro alla chiesa, comunicava al popolo dei fedeli che egli non aveva di che distribuire ai poveri. 24. 15. Per aiutare prigionieri e gran quantit di poveri, fece spezzare e fondere alcuni vasi sacri e distribu il ricavato a chi ne aveva bisogno. 24. 16. Non avrei ricordato questo episodio, se non sapessi che esso contrasta l'opinione di alcuni uomini che pensano secondo la carne. Del resto anche Ambrogio di venerabile memoria ha detto e scritto che in tali strettezze senz'altro si

deve fare cos. 24. 17. Talvolta Agostino, parlando in chiesa, ricordava che i fedeli trascuravano la cassa dei poveri e quella della sacrestia, dalla quale si provvede ci ch' necessario per l'altare: a tal proposito una volta mi rifer che, mentre egli era presente, anche il beato Ambrogio aveva trattato in chiesa lo stesso argomento.

Autorit paterna. La legge del perdono 25. l. I chierici stavano sempre con lui nella stessa casa e venivano nutriti e vestiti con una sola mensa e con spese comuni. 25. 2. Perch nessuno, troppo proclive a giurare, incorresse anche nello spergiuro, predicava su questo argomento in chiesa al popolo e ai suoi intimi aveva proibito di giurare, anche a tavola. Se uno avesse mancato, perdeva una bevanda di quelle stabilite: infatti era prefissato il numero dei bicchieri di vino per quelli che vivevano e pranzavano con lui. 25. 3. Mancanze di disciplina e trasgressioni dei suoi dalla regola retta e onesta tollerava e rimproverava quanto conveniva ed era necessario: a tal proposito insegnava specialmente che nessuno doveva piegare il suo cuore a parole cattive per cercare scuse ai suoi peccati (Sal. 140, 4). 25. 4. Ammoniva pure che se uno offriva il suo dono all'altare e l si fosse ricordato che un suo fratello aveva qualcosa contro di lui, avrebbe dovuto lasciare il dono all'altare e andare a riconciliarsi col fratello e solo allora sarebbe dovuto tornare all'altare e offrire il dono (Mt. 5, 23 s.). 25. 5. Se poi uno aveva qualcosa contro un suo fratello, lo doveva trarre da parte: se quello gli avesse dato ascolto, avrebbe guadagnato quel suo fratello; in caso contrario, avrebbe fatto ricorso ad una o due persone. Se poi quello non avesse tenuto in alcun conto neppure costoro, si sarebbe fatto ricorso alla chiesa: se quello non avesse obbedito neppure a questa, sarebbe stato per lui come un pagano e un pubblicano (Mt. 18, 15 s.). 25. 6. Aggiungeva anche che al fratello che peccava e chiedeva perdono bisognava rimettere il peccato non sette volte ma settanta volte sette, come ciascuno chiede ogni giorno al Signore di perdonarlo (Mt. 18, 21 s.; 6, 12).

Presdi della castit 26. 1. Nessuna donna frequent mai la sua casa n vi rimase per qualche tempo, neppure la sua sorella germana, che vedova consacrata a Dio per molto tempo fino al giorno della sua morte fu preposta alle serve del Signore, e neppure le figlie di suo fratello ch'erano parimenti consacrate a Dio: eppure i concili episcopali avevano fatto eccezione per queste persone.

26. 2. Affermava a tal proposito che certo non poteva sorgere alcun sospetto a causa della sorella e delle nipoti che fossero vissute insieme con lui; per, poich quelle non avrebbero potuto vivere insieme con lui senza la compagnia di altre donne loro amiche e sarebbero venute a visitarle anche altre donne di fuori, a causa di queste poteva nascere motivo di scandalo per i pi deboli (1 Cor. 8, 9; Rom. 14, 13). Infatti qualcuno di quelli che stavano insieme col vescovo o con qualche chierico potevano cedere a tentazioni umane a causa di tutte quelle donne che abitavano insieme o usavano recarsi l, ovvero inevitabilmente sarebbe stato diffamato dai malvagi sospetti degli uomini. 26. 3. Perci affermava che mai donne debbono vivere nella stessa casa con i servi di Dio, anche castissimi, per evitare - come ho detto - che tale esempio costituisse motivo di scandalo o di offesa per i deboli. Egli poi, se veniva invitato da qualche donna a visitarla e salutarla, non si recava mai da quella senza la compagnia di chierici, e mai parl con esse da solo a sole, neppure se si doveva trattare qualche questione riservata.

Carit e prudenza. Umilt e confidenza in Dio 27. 1. Nel visitare seguiva la norma stabilita dall'Apostolo (Giac. 1, 27), di non visitare se non gli orfani e le vedove che si trovavano in strettezze. 27. 2. Se poi veniva richiesto dai malati di pregare per loro il Signore in loro presenza e di imporre loro le mani, si recava senza indugio. 27. 3. Non visitava monasteri femminili se non in caso di urgente necessit. 27. 4. Diceva che nella vita e nei costumi dell'uomo di Dio si dovevano seguire i consigli che egli aveva appreso da Ambrogio di santa memoria: non cercare moglie per nessuno, non raccomandare chi vuole fare la carriera militare, stando al proprio paese non accettare inviti a pranzo. 27. 5. Spiegava cos i motivi di ognuno di questi consigli: per evitare che i coniugi, venuti a lite, maledicessero colui per la cui opera si erano uniti (perci il sacerdote doveva limitarsi ad intervenire richiesto dai due che erano gi d'accordo, per confermare e benedire il loro accordo); per evitare che, comportandosi male colui che era stato raccomandato al servizio militare, la colpa ricadesse su chi l'aveva raccomandato; per evitare infine che uno, frequentando troppo i banchetti nel suo paese, smarrisse la misura della temperanza. 27. 6. Ci disse anche di aver udito una risposta quanto mai sapiente e pia di quell'uomo di beata memoria che si trovava alla fine della vita, e molto la lodava e magnificava. 27. 7. Quell'uomo venerabile giaceva nella sua ultima malattia e alcuni fedeli di alta condizione, che stavano intorno al suo letto e lo vedevano sul punto di passare dal mondo al Signore, si lamentavano che la chiesa restasse priva dell'opera di un tale vescovo sia nella predicazione sia nell'amministrazione dei sacramenti e lo

pregavano fra le lacrime che chiedesse al Signore un prolungamento della vita. Ma quello rispose loro: Non ho vissuto in maniera tale da dovermi vergognare di vivere fra voi: ma neppure temo di morire, perch abbiamo un buon Signore . 27. 8. In tale risposta il nostro Agostino ormai vecchio ammirava ed approvava la ponderatezza e l'equilibrio delle parole. Infatti le parole di Ambrogio ma neppure temo di morire, perch abbiamo un buon Signore dovevano essere intese nel senso che non si doveva credere che egli, perch fiducioso nella sua purezza di costumi, prima aveva detto: Non ho vissuto in maniera tale da dovermi vergognare di vivere fra voi . Aveva detto cos in riferimento a ci che gli uomini possono conoscere di un uomo; ma in riferimento all'esame della giustizia divina confidava soprattutto nel buon Signore, al quale anche nella orazione quotidiana da lui insegnata diceva: Rimettici i nostri debiti (Mt. 6, 12). 27. 9. Riferiva anche di frequente una risposta su questo argomento, data da un suo collega di episcopato a lui molto amico: mentre quello era sul punto di morire, Agostino era andato a visitarlo; quello con la mano aveva fatto un gesto per indicare che stava per uscire dal mondo ed Agostino gli aveva risposto che per la chiesa era necessario che egli potesse ancora vivere: allora quello, perch non si credesse che era trattenuto dal desiderio di questa vita, aveva replicato: Se mai, bene. Ma se una volta, perch non ora? . 27. 10. E Agostino ammirava e lodava questa risposta, che era stata data da un uomo certo timorato di Dio ma nato e cresciuto in campagna e che non aveva fatto molte letture. 27. 11. Certo costui era in contrasto con i sentimenti di quel vescovo, di cui riferisce cos il santo martire Cipriano nella lettera che scrisse sulla pestilenza: Poich uno dei nostri colleghi di episcopato, prostrato dalla malattia e turbato dall'avvicinarsi della morte, chiedeva per s un prolungamento della vita, mentre pregava cos ed era quasi morto gli si present un giovane venerabile per dignit e maest, di alta statura e di aspetto splendente. Era tale che vista umana a stento poteva osservarlo con gli occhi carnali mentre stava vicino a colui che stava per uscire dal mondo; ma invece proprio costui lo poteva scorgere. E quel giovane con voce che fremeva per l'indignazione dell'animo disse: "Avete paura di soffrire, non ve ne volete andare: che cosa far per voi?" (Cipr., Mort., 19).

Ultime vicende e morte (cc. 28-31) Revisione dei libri. Orrori dell'invasione vandalica e assedio d'Ippona 28. 1. Poco tempo prima della morte fece una revisione dei libri che aveva composto e pubblicato, sia quelli che aveva scritto ancora da laico appena si era convertito, sia quelli che aveva composto quando era prete e vescovo: tutto quello che in essi not che era stato scritto in difformit della regola di fede, quando egli

non era ancora bene al corrente delle norme della chiesa, tutto ci fu da lui rivisto e corretto. Perci egli scrisse anche due libri, che si intitolano Revisione dei libri. 28. 2. Si lamentava anche che alcuni libri gli erano stati portati via da certi fratelli prima che egli li avesse accuratamente corretti, anche se poi li aveva corretti in un secondo tempo. Sorpreso dalla morte, lasci incomplete alcune opere. 28. 3. Poich voleva essere utile a tutti, a quelli che possono leggere molti libri e a quelli che non possono, dal Vecchio e dal Nuovo Testamento estrasse passi contenenti precetti e divieti e, premessa una prefazione, li raccolse in un volume: cos chi volesse leggerlo, vi avrebbe riconosciuto quanto fosse obbediente a Dio o disobbediente. Volle intitolare questa opera Specchio. 28. 4. Poco tempo dopo, per volont e disposizione divina avvenne che un grande esercito, armato con armi svariate ed esercitato alla guerra, composto dai crudeli nemici Vandali e Alani, cui s'erano uniti Goti e gente di altra stirpe, con le navi fece irruzione dalle parti trasmarine della Spagna in Africa. 28. 5. Gli invasori attraverso tutta la Mauretania passarono anche nelle altre nostre province e regioni, e imperversando con ogni atrocit e crudelt saccheggiarono tutto ci che potettero fra spogliazioni, stragi, svariati tormenti, incendi e altri innumerevoli e nefandi disastri. Non risparmiarono n sesso n et, neppure i sacerdoti e i ministri di Dio, neppure gli ornamenti, le suppellettili e gli edifici delle chiese. 28. 6. Tali crudelissime violenze e devastazioni quell'uomo di Dio vedeva e pensava che esse fossero avvenute ed avvenissero non come pensavano gli altri uomini: ma poich le considerava in modo pi profondo e vi ravvisava soprattutto il pericolo e la morte delle anime (infatti sta scritto: Chi aggiunge scienza aggiunge dolore, e un cuore intelligente un tarlo per le ossa [Eccli. 1, 18; Prov. 14, 30; 25, 20]), ancor pi del solito le lacrime furono il suo pane giorno e notte ed egli ormai nella estrema vecchiaia conduceva e sopportava una vita amara e luttuosa pi degli altri. 28. 7. Infatti l'uomo di Dio vedeva le citt distrutte, e nelle campagne insieme con gli edifici gli abitanti o uccisi dal ferro nemico o fuggiti e dispersi, le chiese prive di sacerdoti e ministri, le vergini consacrate e i continenti dispersi da ogni parte: di costoro alcuni eran venuti meno fra le torture; altri erano stati uccisi con la spada; altri ridotti in schiavit, persa ormai l'integrit e la fede dell'anima e del corpo, servivano i nemici con trattamento duro e cattivo. 28. 8. Nelle chiese non si cantavano pi inni e lodi a Dio; in molti luoghi le chiese erano state bruciate; erano venuti meno nei luoghi a ci consacrati i sacrifici solenni dovuti a Dio; i sacramenti divini o non venivano richiesti oppure non potevano essere amministrati a chi li richiedeva, perch non si trovava facilmente il ministro. 28. 9. Coloro che si erano rifugiati nelle selve montane e in grotte e caverne o in altro riparo erano stati alcuni sopraffatti e catturati, altri erano privi di mezzi di sostentamento a punto tale da morire di fame. 1 vescovi e i chierici che per grazia

di Dio o non avevano incontrato gl'invasori o erano riusciti a sfuggir loro, spogliati di ogni cosa mendicavano nella miseria pi nera, n era possibile aiutarli tutti in tutto ci di cui abbisognavano. 28. 10. Di innumerevoli chiese a mala pena solo tre per grazia di Dio non sono state distrutte, quelle di Cartagine, Cirta e Ippona, e restano in piedi le loro citt, protette dal presidio divino e umano (ma dopo la morte di Agostino anche Ippona, abbandonata dagli abitanti, fu incendiata dai nemici). 28. 11. E Agostino, in mezzo a tali sciagure, si consolava con la sentenza di un sapiente che dice: Non sar grande colui che ritiene gran cosa il fatto che cadono alberi e pietre e muoiono i mortali . 28. 12. Era molto saggio, e perci piangeva ogni giorno a calde lacrime tutte queste sciagure. Si aggiunse ai suoi dolori e ai suoi lamenti il fatto che i nemici vennero ad assediare Ippona, che fino allora era rimasta indenne, poich si era occupato della sua difesa l'allora conte Bonifacio con un esercito di Goti alleati. I nemici l'assediarono strettamente per quasi 14 mesi e le chiusero anche la via del mare. 28. 13. Qui mi ero rifugiato anch'io insieme con altri colleghi d'episcopato e fummo insieme con lui per tutto il tempo dell'assedio. Molto spesso parlavamo fra noi e consideravamo che davanti ai nostri occhi Dio poneva i suoi tremendi giudizi, e dicevamo: Sei giusto, Signore, e retto il tuo giudizio (Sal. 118, 137). Tutti insieme addolorati, gemendo e piangendo, pregavamo il Padre della misericordia e Dio di ogni consolazione (2 Cor. 1, 3) perch si degnasse confortarci in quella tribolazione.

Ultima malattia e ultime opere buone 29. 1. Un giorno, mentre pranzavamo con lui e parlavamo di questi argomenti, egli ci disse: Sappiate che in questi giorni della nostra disgrazia ho chiesto a Dio questo: o che si degni di liberare la nostra citt dall'assedio dei nemici; o, se la sua volont diversa, che renda forti i suoi servi per poter sopportare questa volont; ovvero che mi accolga presso di s, uscito dal mondo. 29. 2. Cos diceva e ci istruiva, e quindi, insieme con lui, noi tutti e tutti quelli che stavano in citt pregavamo allo stesso modo il sommo Dio. 29. 3. Ed ecco, durante il terzo mese dell'assedio si mise a letto con la febbre e questa fu l'ultima malattia che l'afflisse. N il Signore neg al suo servo il frutto della sua preghiera: infatti egli ottenne a suo tempo ci che con preghiere miste a lacrime aveva chiesto per s e per la citt. 29. 4. Venni anche a sapere che, quando era prete e vescovo, egli era stato richiesto di pregare per alcuni energumeni che soffrivano, ed egli fra le lacrime aveva pregato Dio, e i demoni si erano allontanati da quegli uomini. 29. 5. Parimenti, mentre era malato e stava a letto, venne da lui un tale con un suo

parente malato e lo preg di imporre a quello la mano perch potesse guarire. Agostino gli rispose che, se avesse avuto qualche potere per tali cose, in primo luogo ne avrebbe fatto uso per s. Ma quello replic che in sonno aveva avuto un'apparizione e gli era stato detto: Va' dal vescovo Agostino perch imponga a costui la sua mano, e sar salvo . Appreso ci egli non indugi a fare quel che si chiedeva, e il Signore subito fece andar via guarito quel malato dal suo letto.

Consigli al vescovo Onorato sulla condotta del clero di fronte agli invasori 30. 1. A tal proposito non debbo passare sotto silenzio che, mentre sovrastava la minaccia dei nemici, Onorato, santo uomo nostro collega di episcopato nella chiesa di Tiabe, per lettera chiese ad Agostino se, quando i Vandali si avvicinavano, i vescovi e i chierici dovessero allontanarsi dalle loro chiese oppure no. E con la sua risposta Agostino mise in evidenza ci che si dovesse soprattutto temere da quei distruttori del mondo romano. 30. 2. Ho voluto inserire questa lettera nel mio scritto: infatti molto utile e necessaria perch i sacerdoti e i ministri di Dio sappiano come comportarsi. 30. 3. Al santo fratello e collega nell'episcopato Onorato, Agostino augura salute nel Signore. Avendo mandato alla tua carit una copia della lettera che avevo scritto al fratello Quodvultdeus, nostro collega nell'episcopato, credevo di aver soddisfatto alla richiesta che mi avevi fatto col chiedermi consiglio su che cosa dobbiate fare in questi pericoli che sono sopraggiunti ai nostri giorni. 30. 4. Infatti, anche se quella lettera che scrissi era breve, ritengo di non aver omesso alcunch, che possa essere sufficiente scrivere da parte di chi risponde e leggere da parte di chi chiede. Dissi infatti che non si doveva imporre divieto a coloro che, se possono, desiderano trasferirsi in luoghi fortificati, ma che non si dovevano spezzare i legami del nostro ministero, con i quali ci ha legati l'amore di Cristo, s che non dovevamo abbandonare le chiese, alle quali dobbiamo prestare servizio. 30. 5. Ecco come scrissi in quella lettera: " Poich il nostro ministero cos necessario al popolo di Dio che esso non deve rimanerne privo, nel caso che una parte anche piccola di esso rimanga dove siamo noi, a noi non resta che dire al Signore: Sia Dio il nostro protettore e la nostra difesa (Sal. 30, 3) ". 30. 6. Ma questo consiglio non ti soddisfa, se - come scrivi - tu temi di operare in contrasto col comando del Signore che ci dice che bisogna fuggire di citt in citt; ricordiamo infatti le sue parole: Quando vi perseguiteranno in una citt, fuggite in un'altra (Mt. 10, 23). 30. 7. Ma chi pu credere che con questo consiglio il Signore abbia inteso che restasse privo del necessario servizio, senza il quale non pu vivere, il gregge che egli si acquistato col suo sangue? 30. 8. Non ha fatto cos egli stesso quando ancor fanciullo, portato dai genitori,

fugg in Egitto? Ma egli non aveva ancora radunato chiese che noi possiamo dire essere state da lui abbandonate. 30. 9. Che forse l'apostolo Paolo non fu calato attraverso una finestra in una cesta, per non essere preso dal nemico, e cos riusc a sfuggirgli? Ma rimase forse priva del necessario servizio la chiesa che stava l e non fu fatto quanto era necessario dai fratelli che l rimanevano? Infatti l'Apostolo ag cos proprio perch lo volevano i fratelli, per conservare alla chiesa se stesso, che il persecutore cercava specificamente. 30. 10. Perci i servi di Cristo, ministri della sua parola e del suo sacramento, agiscano come egli ha comandato o permesso. Fuggano senz'altro di citt in citt, quando qualcuno di loro cercato nominativamente dai persecutori, in maniera tale che la chiesa non sia abbandonata dagli altri che non sono ricercati allo stesso modo, ma questi somministrino nutrimento ai loro conservi, che essi sanno non poter vivere altrimenti. 30. 11. Ma quando il pericolo comune per tutti, vescovi chierici e laici, coloro che hanno bisogno degli altri non siano abbandonati da quelli di cui essi hanno bisogno. Perci o si trasferiscano tutti insieme in luoghi fortificati, ovvero coloro che debbono necessariamente rimanere non siano abbandonati da coloro che debbono loro fornire quanto necessario alla vita religiosa: sopravvivano allo stesso modo o patiscano allo stesso modo ci che il Padre di famiglia avr voluto ch'essi patiscano. 30. 12. Se poi alcuni soffrono di pi e altri meno, ovvero tutti allo stesso modo, sempre si potr vedere chi sono coloro che soffrono per gli altri, quelli cio che, pur potendosi sottrarre con la fuga a questi mali, hanno preferito restare per non abbandonare gli altri nelle necessit. In tal modo si d soprattutto prova di quell'amore che l'apostolo Giovanni raccomanda con queste parole: Come Cristo ha dato per noi la sua vita, cos anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1 Gv. 3, 16). 30. 13. Infatti coloro che fuggono ovvero non possono fuggire perch impediti da qualche loro necessit, se sono presi e soffrono, soffrono per s stessi, non per i loro fratelli. Invece coloro che soffrono perch non hanno voluto abbandonare i fratelli che avevano bisogno di loro per la salvezza in Cristo, questi senza dubbio danno la loro vita per i fratelli. 30. 14. Quanto poi alle parole che abbiamo udito da un vescovo: "Se il Signore ci ha comandato di fuggire in quelle persecuzioni in cui si pu ottenere il frutto del martirio, non dobbiamo tanto pi fuggire i patimenti che non danno frutto, quando c' un'incursione di barbari ostili": consiglio vero e accettabile, ma solo da parte di chi non vincolato da un ufficio della chiesa. 30. 15. Infatti se uno, pur potendo fuggire, non fugge dinanzi alle stragi dei nemici per non abbandonare il ministero di Cristo senza il quale gli uomini non possono n diventare cristiani n vivere come tali, questo mette in pratica l'amore, pi di colui che fugge pensando a s e non ai fratelli e che pur poi preso non nega Cristo

e ottiene il martirio. 30. 16. Che cosa poi quel che hai scritto nella tua prima lettera? Dici infatti: "Se poi dobbiamo rimanere nelle chiese, non vedo in che cosa gioveremo a noi o al popolo nel vedere gli uomini cadere davanti ai nostri occhi, le donne violentate, le chiese incendiate, noi stessi venir meno sotto i tormenti, quando cercano da noi ci che non abbiamo". 30. 17. Dio pu prestare ascolto alle preghiere della sua famiglia e tener lontani i mali che noi temiamo: ma a causa di questi mali, che sono incerti, non deve esser certo l'abbandono del nostro ministero, senza il quale certa la rovina del popolo nelle cose non di questa vita ma di quell'altra, di cui ci dobbiamo prender cura in maniera incomparabilmente pi attenta e sollecita. 30. 18. Infatti se fosse cosa certa che questi mali che temiamo sopravvengono nei luoghi nei quali ci troviamo, di qui fuggirebbero prima tutti coloro a causa dei quali noi dobbiamo rimanere e cos ci libererebbero dalla necessit di rimanere. Nessuno infatti sostiene che i ministri di Dio debbono rimanere l dove non c' nessuno cui prestare la propria opera. 30. 19. In tal senso alcuni vescovi sono fuggiti dalla Spagna, poich il popolo in parte si era disperso nella fuga, in parte era stato ucciso, in parte era morto durante l'assedio, in parte era stato disperso in servit. Ma molti di pi sono stati i vescovi che, poich rimanevano nelle loro sedi coloro a causa dei quali essi pure dovevano rimanere, sono restati anch'essi esposti agli stessi innumerevoli pericoli. E se alcuni hanno abbandonato i loro fedeli, proprio questo noi diciamo che non si deve fare. infatti costoro non sono stati ispirati dall'autorit divina ma sono stati o tratti in inganno da errore umano o sopraffatti da umano timore. 30. 20. Come mai infatti essi ritengono che si debba ubbidire fedelmente al comando divino, quando leggono che si deve fuggire da una citt nell'altra, ma invece non hanno in orrore il mercenario che vede venire il lupo e fugge, perch non si preoccupa delle pecore (Gv. 10, 12) ? Perch mai queste due sentenze, che sono proprio del Signore, quella che permette e comanda la fuga, e quella che la rimprovera e la condanna, essi non cercano di interpretarle in modo che non risultino fra loro in contraddizione, come effettivamente non lo sono? 30. 21. E in che modo questo pu farsi se non facendo attenzione a ci che ho gi detto sopra? Cio che, se la persecuzione minaccia i luoghi nei quali siamo, i ministri di Dio debbono fuggire, quando o l non ci siano pi fedeli, cui prestar servizio, ovvero il necessario servizio pu essere espletato da altri che non hanno lo stesso motivo per fuggire. 30. 22. Cos fugg l'Apostolo, come sopra ho ricordato, calato in una cesta, perch proprio lui era ricercato dal persecutore, mentre non si trovavano in tale necessit gli altri, che perci si guardarono bene dall'abbandonare il servizio della chiesa. Cos fugg il santo Atanasio, vescovo di Alessandria, poich l'imperatore Costanzo desiderava catturare proprio lui e la comunit cattolica che rimaneva ad Alessandria non veniva abbandonata dagli altri ministri.

30. 23. Ma quando il popolo resta e invece fuggono i ministri e finisce il servizio, che cosa sar quest'azione se non la riprovevole fuga dei mercenari, che non si danno cura delle pecore? Infatti verr il lupo, non un uomo ma il diavolo, che spesso ha persuaso ad apostatare i fedeli cui mancava la quotidiana amministrazione del corpo del Signore. Cos, a causa non della tua scienza ma della tua ignoranza, fratello, perir il debole per il quale morto Cristo. 30. 24. Per quanto poi riguarda coloro che in tale distretta non sono tratti in fallo dall'errore ma sono vinti dalla paura, perch piuttosto essi, con l'aiuto del Signore misericordioso, non combattono coraggiosamente contro il loro timore? Cos eviteranno che tocchino loro mali incomparabilmente pi gravi, che perci sono molto pi da temere. 30. 25. Ci avviene dove arde l'amore di Dio e la cupidigia del mondo non esala il suo fumo. Dice infatti l'amore: Chi debole ed io non son debole? Chi viene scandalizzato ed io non brucio? (2 Cor. 11, 29). Ma l'amore viene da Dio: preghiamo che ci sia concesso da colui da cui viene comandato. Perci temiamo che le pecore di Cristo siano colpite nell'animo dalla spada dello spirito del male pi che siano uccise dal ferro nel corpo, che - quando che sia e come che sia dovr morire. 30. 26. Temiamo che, corrotto il senso interiore, venga meno la purezza della fede, pi che le donne vengano violentate nella carne: infatti la pudicizia non viene violentata dalla violenza, se si conserva nell'anima, perch neppure la carne violentata se la volont di chi subisce non gode turpemente della sua carne, ma senza acconsentire sopporta ci che fa un altro. 30. 27. Temiamo che, a causa del nostro abbandono, si estinguano le pietre vive, pi che alla nostra presenza vengano incendiate le pietre e la legna degli edifici materiali. Temiamo che, prive dell'alimento spirituale, siano uccise le membra del corpo di Cristo, pi che le membra del nostro corpo siano oppresse e tormentate dall'aggressione del nemico. 30. 28. Non perch questi malanni non debbano essere evitati, quando possibile: ma perch debbono piuttosto essere sopportati, quando non possono essere evitati senza empiet. A meno che uno non voglia sostenere che non empio il ministro, che sottrae il servizio necessario. alla piet proprio allora quando pi necessario. 30. 29. O forse, quando si arriva a questo estremo pericolo e non c' possibilit alcuna di fuggire, non pensiamo quanta gente di ogni sesso e di ogni et si rifugia in chiesa: alcuni che chiedono il battesimo, altri la riconciliazione, altri anche l'azione penitenziale, e tutti conforto e celebrazione e distribuzione dei sacramenti? 30. 30. E se qui mancano i ministri, quanta rovina colpisce coloro che escono da questa vita o non rigenerati o non assolti? Quanto sar il dolore dei fedeli per i loro cari che non potranno insieme con loro godere il riposo della vita eterna? Quanto infine il pianto di tutti, e quante bestemmie da parte di alcuni, per l'assenza del servizio e dei ministri?

30. 31. Osserva quali effetti produca la paura dei mali temporali e quanto facilmente essa sia causa di mali eterni. Se invece ci sono i ministri, si viene incontro alle necessit di tutti secondo le capacit che Dio concede: alcuni sono battezzati, altri riconciliati, nessuno privato della comunione col corpo del Signore, tutti sono consolati edificati esortati a pregare Dio, il quale pu tener lontani tutti i mali che uno teme: tutti pronti ad ambedue le sorti, s che, se non pu passare da loro questo calice, si compia la volont di colui che non pu volere alcunch di male (Mt. 26, 42). 30. 32. Certamente ormai tu vedi ci che scrivesti di non vedere, cio quanto bene venga al popolo cristiano, se nei mali che ci affliggono non gli manca la presenza dei ministri di Dio; e vedi anche quanto nuoccia la loro assenza, quando essi cercano il loro vantaggio, non quello di Ges Cristo (Fil. 2, 21), e non hanno quell'amore del quale stato detto: Non cerca ci ch' suo (1 Cor. 13, 5), e non imitano colui che ha detto: Non cercando ci ch' utile a me ma ci ch' utile a molti, perch siano salvi (1 Cor. 10, 33). 30. 33. Questo non si sarebbe sottratto alle insidie del principe persecutore, se non avesse voluto conservarsi in vita per gli altri, ai quali egli era necessario. Per questo dice: Sono stretto da due parti, desiderando andarmene ed essere con Cristo: sarebbe infatti molto meglio; ma necessario rimanere nella carne a causa di voi (Fil. 1, 23). 30. 34. A questo punto uno potrebbe osservare che, all'approssimarsi di tali sciagure, i ministri di Dio debbono fuggire per conservarsi all'utilit della chiesa nell'attesa di tempi pi tranquilli. Giustamente alcuni fanno cos, quando non mancano altri che possano attendere al servizio ecclesiastico in vece loro, s che il servizio non venga abbandonato da tutti: abbiamo detto sopra che cos ag Atanasio. Quanto infatti egli sia stato necessario per la chiesa e quanto a questa abbia giovato il fatto che quello sia restato in vita, lo sa bene la fede cattolica, che dalla parola e dall'abnegazione di quell'uomo fu difesa contro gli eretici ariani. 30. 35. Ma quando il pericolo di tutti, e c' pi da temere che, se uno fa cos, ci venga attribuito non all'intenzione di provvedere alla chiesa ma alla paura di morire, e col cattivo esempio della fuga uno nuoce di pi di quanto potrebbe giovare col sopravvivere per il servizio, allora assolutamente non ci si deve comportare cos. 30. 36. Infatti, per evitare che fosse estinta, come sta scritto, la luce d'Israele, il santo Davide non si espose ai pericoli della battaglia (2 Sam. 21, 17), ma ag cos perch fu pregato dai suoi, non di propria iniziativa. Altrimenti avrebbe spinto ad imitarlo nella vilt molti, i quali avrebbero pensato che egli agiva cos non in considerazione dell'utilit degli altri, ma solo perch turbato per il suo pericolo. 30. 37. Qui ci si presenta un'altra questione, che non va tralasciata. Abbiamo visto che non da trascurare l'opportunit che alcuni ministri di Dio fuggano all'approssimarsi di qualche devastazione, al fine che siano salvi quelli che possano prestare il servizio a quanti dopo il flagello potranno trovare superstiti:

ma allora come ci si deve comportare nel caso che si preveda la morte di tutti, se qualcuno non fugge? 30. 38. Che cosa diremo se quel flagello imperversa soltanto col fine di perseguitare i ministri della chiesa? Dovr forse essere abbandonata dai ministri che fuggono quella chiesa che pur sarebbe lasciata in abbandono da quelli miseramente periti? Ma se i laici non sono ricercati a morte, essi in qualche modo possono nascondere i loro vescovi e i loro chierici, secondo che li aiuter colui in cui potere ogni cosa, che pu con la sua mirabile potenza salvare anche quelli che non fuggono. 30. 39. Ma noi ricerchiamo che cosa dobbiamo fare, proprio perch non si creda che attendendo miracoli divini in ogni cosa tentiamo il Signore. Certo questa tempesta, in cui comune il pericolo di laici e chierici, non come quella che minaccia comune pericolo ai marinai e ai commercianti che stanno su una nave. Non voglio pensare che questa nostra nave sia considerata cos dappoco che la debbano abbandonare tutti i marinai, e perfino il nocchiero, se si possono salvare passando su una scialuppa o anche a nuoto. 30. 40. Per coloro infatti che temiamo periscano per il nostro abbandono, noi temiamo non la morte temporale, che quando che sia sopravverr, ma la morte eterna, che pu venire, se uno non sta attento, ma pu anche non venire, se uno sta attento. 30. 41. Nel comune pericolo di questa vita perch dobbiamo credere che, dovunque ci sar un'incursione di nemici, l moriranno tutti i chierici e non anche tutti i laici, s che finiscano di vivere insieme anche coloro cui i chierici son necessari? Ovvero, perch non dobbiamo sperare che alla pari di alcuni laici resteranno in vita anche alcuni chierici, che potranno amministrare a quelli il necessario servizio? 30. 42. Eppure, volesse il cielo che fra i ministri di Dio ci fosse gara per chi di loro debbano rimanere e chi di loro debbano fuggire, perch la chiesa non resti deserta o per la fuga di tutti o per la morte di tutti! Certo tale gara ci sar fra loro se tutti ardono di amore e tutti sono graditi all'Amore. 30. 43. Che se questa contesa non potr esser risolta in altro modo, io credo che coloro che debbono restare e coloro che possono fuggire vadano estratti a sorte. Infatti coloro i quali diranno che essi preferiscono fuggire o sembreranno pavidi, perch non hanno voluto sopportare la sciagura incombente, o presuntuosi, perch hanno giudicato s stessi pi necessari, s da dover esser salvati. 30. 44. D'altra parte, forse proprio i migliori sceglierebbero di dare la vita per i fratelli, e cos con la fuga si salverebbero quelli la cui vita meno utile, perch minore la loro abilit nel consigliare e nel dirigere. Proprio questi ultimi, se sapessero ragionare piamente, si dovrebbero opporre a coloro che sarebbe opportuno restassero in vita e che invece preferiscono morire piuttosto che fuggire. 30. 45. Perci, com' scritto, il sorteggio mette fine alle contestazioni e decide fra i potenti (Prov. 18, 18). meglio infatti che in tali incertezze decida Dio piuttosto che gli uomini, sia che voglia chiamare al frutto del martirio i migliori e

risparmiare i deboli, sia che voglia rendere costoro pi forti per sopportare i mali e sottrarli a questa vita, perch la loro vita non pu essere utile alla chiesa quanto la vita di quelli. Certo si metter in opera un mezzo poco usato, se si far questo sorteggio: ma se si far cos, chi oser biasimarlo? Chi non lo loder adeguatamente, a meno che non sia inetto o invidioso? 30. 46. Se poi non si vuol fare una cosa di cui non c' esempio, nessuno con la sua fuga deve privare la chiesa del servizio necessario e dovuto soprattutto in cos grandi pericoli. Nessuno consideri tanto se stesso quasi che eccella per qualche grazia, e dica di esser pi degno della vita e perci della fuga. Chi infatti la pensa cos ama troppo se stesso; e chi lo dice pure, risulta odioso a tutti. 30. 47. Alcuni poi ritengono che vescovi e chierici, non fuggendo in tali pericoli ma rimanendo dove sono, inducano in inganno i fedeli: questi infatti non fuggono perch vedono che restano i loro capi. 30. 48. Ma facile evitare tale rimprovero e l'odiosit che ne potrebbe risultare, parlando ai fedeli in questo modo: Non vi tragga in inganno il fatto che noi non fuggiamo di qui. Infatti rimaniamo qui non per noi ma proprio per voi, per non mancare di amministrarvi ci che sappiamo essere necessario alla vostra salvezza, ch' in Cristo. Anzi, se vorrete fuggire, liberate anche noi da questi vincoli che ci legano qui . 30. 49. Ritengo che cos si debba parlare, quando sembra veramente utile trasferirsi in luoghi pi sicuri. Pu accadere che, udite queste parole, qualcuno dica: "Siamo nelle mani di colui, la cui ira nessuno sfugge, dovunque vada, e la cui misericordia pu trovare, dovunque sia", e non vuole andare, sia perch impedito da certe necessit sia perch non vuole affaticarsi a cercare un incerto rifugio non per metter fine ai pericoli ma solo per cambiarli: certamente costoro non debbono esser lasciati privi del servizio della religione cristiana. Se invece, all'udir quelle parole, preferiranno andar via, allora non debbono restare neppure quelli che restavano a causa loro, perch ormai l non ci son pi persone per le quali essi dovrebbero restare. 30. 50. Insomma: chiunque fugge in condizioni tali che la sua fuga non lasci la chiesa priva del necessario servizio, questi fa ci che il Signore ha comandato o permesso. Ma chi fugge e cos sottrae al gregge di Cristo gli alimenti che lo nutrono spiritualmente, questi il mercenario che vede venire il lupo e fugge, perch non gl'interessa delle pecore (Gv. 10, 12). 30. 51. Ecco ci che ho risposto, fratello carissimo, alle tue richieste, secondo quanto ho ritenuto vero e ispirato da sicuro amore: ma se tu troverai di meglio, non faccio obiezione al tuo pensiero. D'altra parte, non possiamo trovare meglio da fare in tali pericoli, se non pregare il Signore Dio nostro, perch abbia piet di noi. Proprio questo, per dono di Dio alcuni uomini prudenti e santi hanno meritato di volere e di fare, cio di non abbandonare le chiese, e non vennero meno al loro proposito a causa della lingua dei calunniatori.

Ultimi giorni e morte. Eredi di sante opere ed esempi. Congedo. L'eredit di Agostino. Riepilogo. Conclusione 31. 1. Quel sant'uomo, nella lunga vita che Dio gli aveva concesso per l'utilit e il bene della santa chiesa (infatti visse 76 anni, e circa 40 anni da prete e vescovo), parlando con noi familiarmente era solito dire che, ricevuto il battesimo, neppure i cristiani e i sacerdoti pi apprezzati debbono separarsi dal corpo senza degna e adatta penitenza. 31. 2. In tal modo egli si comport nella sua ultima malattia: fece trascrivere i salmi davidici che trattano della penitenza -sono molto pochi - e fece affiggere i fogli contro la parete, cos che stando a letto durante la sua infermit li poteva vedere e leggere, e piangeva ininterrottamente a calde lacrime. 31. 3. Perch nessuno disturbasse il suo raccoglimento, circa dieci giorni prima di morire, disse a noi, che lo assistevamo, di non far entrare nessuno, se non soltanto nelle ore in cui i medici entravano a visitarlo o gli si portava da mangiare. La sua disposizione fu osservata, ed egli in tutto quel tempo stette in preghiera. 31. 4. Fino alla sua ultima malattia predic in chiesa la parola di Dio ininterrottamente, con zelo e con forza, con lucidit e intelligenza. 31. 5. Conservando intatte tutte le membra del corpo, sani la vista e l'udito, mentre noi eravamo presenti osservavamo e pregavamo, egli - come fu scritto - si addorment coi suoi padri, in prospera vecchiaia (1 Re, 2, 10). Per accompagnare la deposizione del suo corpo, fu offerto a Dio il sacrificio in nostra presenza, e poi fu sepolto. 31. 6. Non fece testamento, perch povero di Dio non aveva motivo di farlo. Raccomandava sempre di conservare diligentemente per i posteri la biblioteca della chiesa con tutti i codici. Quel che la chiesa aveva di suppellettili e ornamenti, affid al prete che alle sue dipendenze curava l'amministrazione della casa annessa alla chiesa. 31. 7. N durante la vita n al momento di morire tratt i suoi parenti, sia quelli dediti alla vita monastica sia quelli di fuori, nel modo consueto nel mondo. Quando viveva, dava a costoro, se era necessario, quel che usava dare agli altri, non perch avessero ricchezze ma perch non fossero poveri e non lo fossero troppo. 31. 8. Lasci alla chiesa clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori; inoltre, biblioteche contenenti libri e prediche sia suoi sia di altri santi, dai quali si pu conoscere quanta sia stata, per dono di Dio, la sua grandezza nella chiesa e nei quali i fedeli lo trovano sempre vivo. In tal senso un poeta pagano, disponendo che i suoi gli facessero la tomba in luogo pubblico ed elevato, dett questa epigrafe: Vuoi sapere, o viandante, che il poeta vive dopo la morte? Ecco, io dico ci che tu leggi: la tua voce la mia.

31. 9. Dai suoi scritti risulta manifesto, per quanto dato di vedere alla luce della verit, che quel vescovo caro e gradito a Dio visse in modo retto e integro nella fede speranza e carit della chiesa cattolica; e ci possono apprendere quelli che traggono giovamento dalla lettura di ci ch'egli scrisse intorno alla divinit. Ma io credo che abbiano potuto trarre pi profitto dal suo contatto quelli che lo poterono vedere e ascoltare quando di persona parlava in chiesa, e soprattutto quelli che ebbero pratica della sua vita quotidiana fra la gente. 31. 10. Infatti fu non solo scriba dotto in ci che riguarda il regno dei cieli, che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e vecchie (Mt. 13, 52), e commerciante che, trovata una perla preziosa, vendette ci che aveva e la compr (Mt. 13, 15 s.): ma fu anche uno di quelli di cui stato scritto: Cos parlate e cos fate (Giac. 2, 12), e di cui dice il Salvatore: Chi avr fatto e insegnato cos agli uomini, questo sar detto grande nel regno dei cieli (Mt. 5, 19). 31. 11. Prego ardentemente la vostra carit, voi che leggete questo scritto, che insieme con me rendiate grazie a Dio onnipotente e benediciate il Signore, che mi ha concesso l'intelligenza (Sal. 15, 7) per volere e avere la capacit di trasmettere queste notizie alla conoscenza di uomini vicini e lontani del nostro tempo e di quello a venire. E pregate insieme con me e per me affinch, dopo esser vissuto, per dono di Dio, in dolce familiarit con quell'uomo per quasi 40 anni senza alcun contrasto, possa emularlo e imitarlo in questa vita, e in quella futura godere insieme con lui delle promesse di Dio onnipotente.

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