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Il caso Battisti
L’emergenza infinita e i fantasmi del passato
NdA Press ha deciso di pubblicare questo libro, che non tratta sol-
tanto della vicenda specifica di Battisti, a dispetto del clima ostile
creatosi in Italia da un mese a questa parte, per due ragioni principali.
Uno, riteniamo importante dare spazio a un diritto di critica e a
un’altra versione dei fatti. Le ragioni di una, a suo modo inusuale
ed eccezionale, mobilitazione che ha coinvolto importanti intellet-
tuali, scrittori, docenti universitari, editori e politici di valenza eu-
ropea sono state “stravolte” da quasi tutti i media, quando non ad-
dirittura ignorate come nel caso della mobilitazione italiana. Rite-
niamo questo fondamentale principio imprescindibile in una so-
cietà a democrazia avanzata come la nostra, tanto più in casi come
questi dove il principale imputato non è più nelle condizioni di di-
fendersi e quando parla con i media, spesso lo fa male.
Due, crediamo che non sia compito di editori, scrittori e giorna-
listi stabilire o meno l’innocenza di Cesare Battisti, non intendiamo
assolutamente inoltrarci in questo campo, ma altrettanto ritenia-
mo che l’attenzione suscitata dal suo arresto a Parigi, possa essere
l’occasione per fare chiarezza su un periodo irripetibile della nostra
storia che tutta la società italiana deve conoscere per evitare di la-
sciarlo sospeso in un oblio (fatto di uomini e donne, nonché di me-
moria) a uso e consumo di una delle parti che ne è stata protagoni-
sta. Speriamo che il nostro lavoro non esasperi l’emotività suscitata
dalle vicende ascritte a Battisti, ma che si iscriva in un dibattito pa-
cato e necessario per chiudere definitivamente quel periodo sia dal
punto di vista storico che politico.
ISBN 88-89035-03-X
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Cesare Battisti
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INDICE
Premessa 7
3. Il quadro storico 81
4. Appendici 137
PREMESSA
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. “Chiunque promuove, costituisce, organizza e dirige associazioni
che si propongono il compimento di atti di violenza con fini di eversione
dell’ordine democratico è punito con la reclusione da 7 a 15 anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da
quattro o otto anni.”
Nel codice penale esisteva già l’art.270:
“Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza
o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una
classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe
sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti econo-
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. Citazione dalla cosiddetta “Carta di Cadenabbia”, documento
conclusivo di un convegno di magistrati titolari delle principali in-
chieste sul terrorismo, cit. R. Canosa - A. Santosuosso, Il processo
politico in Italia, Critica del Diritto n. 23-24, Nuove Edizioni Ope-
raie, Roma, ottobre 1981 - marzo 1982, pag.17)
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4. Il “mal francese”
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sare Battisti è stato arrestato nel suo domicilio dalla BAT, per
essere poi incarcerato sulla base di una richiesta di estradizio-
ne. Se una tale procedura venisse portata a termine, sarebbe
la parola data dalla voce di un presidente francese che verreb-
be insultata, e il senso dell’onore della Francia calpestato.
Siamo tutti noi, Francesi di tutte le origini, ad essere offesi
da questa mancanza alla nostra parola data tramite un presi-
dente eletto a suffragio universale. Ed evidentemente noi non
possiamo che esprimere la vergogna da cui siamo pervasi.
È la sorte di un uomo, di una famiglia ma anche l’onore
delle lettere francesi e della nazione che sono in gioco. Nel-
l’ora in cui l’Italia ha il coraggio di guardare sul grande
schermo le Brigate Rosse all’opera con le lore vicissitudini, i
loro tormenti, le loro contraddizioni: nell’ora del matrimo-
nio principesco Savoia–Coureau, del ritorno degli aristocra-
tici in Italia, noi saremo più nazionalisti che il re di un paese
nel quale non siamo...?
Ci sono dei conti che è indegno regolare per altri. Così
Tolomeo offrì in passato la testa di Pompeo a Cesare, che
ne fu oltraggiato. Si può sperare che Berlusconi si senta in-
sultato dal fatto che gli si consegni un uomo che è un
esempio di umanità, perché questa umanità la misura alla
sua riconquista?
È per questo che domandiamo al Guardasigilli e al Pre-
sidente della Repubblica francese, a nome nostro, a nome
di uomini che non sono in nulla migliori di Cesare Battisti,
di restituire la libertà a Cesare e di riconfermargli il diritto
di asilo, che in nome della nostra dignità sta a tutti noi
francesi di conferire.
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Signor Ministro,
l’arresto del romanziere Cesare Battisti e la minaccia di
estradizione che pesa su di lui destano emozione e riprova-
zione nel mondo della cultura, e ben al di là di esso.
Noi, scrittori e romanzieri, editori e traduttori, librai, di-
segnatori e fotografi, artisti, attori e cineasti, donne e uomini
di cultura, le domandiamo di rompere il suo silenzio sulla si-
tuazione di Cesare Battisti.
Noi non possiamo accettare che la nostra Repubblica riti-
ri brutalmente l’impegno preso con Cesare Battisti di con-
sentirgli di vivere tra noi a patto di rompere con la logica de-
gli anni di piombo, promessa che Cesare Battisti ha piena-
mente rispettato.
Non possiamo accettare che Cesare Battisti sia minaccia-
to di estradizione per l’arbitrio di un voltafaccia giudiziario
inaccettabile, e imprigionato a vita in Italia, senza ricorso
possibile per via di una legge iniqua.
Ne va dell’onore della Francia, arricchita da tanti apporti
venuti dal mondo intero, e della sua cultura, di cui lei è il ga-
rante e il difensore naturale.
Ne va del rispetto della parola data, così come dell’avveni-
re delle libertà e dei diritti nell’Europa in costruzione.
È per questo che vi domandiamo, Signor Ministro, di in-
tervenire affinché la libertà sia restituita a Cesare Battisti, e
gli sia definitivamente assicurato il diritto d’asilo promesso.
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LIBERATE BATTISTI!
di Bernard-Henri Lévy
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2. IL CASO BATTISTI.
LA RIFLESSIONE
L’INCUBO BATTISTI
di Giuseppe Genna
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. Ecco altre due caratteristiche tipiche del nostro sistema giudizia-
rio/mediatico: la prima è l’inversione dell’onere della prova, ovvero non
è lo Stato che deve dimostrare la tua colpevolezza, sei tu che devi prova-
re la tua innocenza; la seconda è l’escrescere dei “pentitismi”, delle dela-
zioni, delle chiamate di correo, dei “super-testimoni”. Il lavoro d’indagi-
ne viene quasi interamente sostituito dalle rivelazioni del tale o del tal
altro, sostituzione che si è fatta sistema con la legge sui pentiti del 1982
ed è oggi considerata naturale.
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. Nel 2002 Stefano Surace, sessantanovenne, fu arrestato e incarce-
rato a causa di tre condanne per oscenità risalenti a più di trent’anni pri-
ma, quando dirigeva la rivista “Le Ore”. Surace non sapeva nulla di quei
processi, si era trasferito in Francia ed era stato condannato in contu-
macia. Al suo ritorno in Italia fu arrestato. La vicenda fece un certo scal-
pore, per ottenerne la liberazione si mossero la FNSI e Reporters Sans
Frontières.
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Bush. Poi si è scoperto che la più grande ditta produttrice di nastro iso-
lante negli Stati Uniti aveva contribuito alla campagna elettorale repub-
blicana. Cfr. www.thenation.com/doc.mhtml?i=20030331&s=drmarc
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. Cfr. www.repubblica.it/2004/b/sezioni/cronaca/islammilano2/vene-
zia/venezia.html
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. Da “Panorama” del 4/2/2004: “La parlamentare Alessandra Musso-
lini è assolutamente contraria a una proposta ‘che’ sostiene ‘dà un’im-
magine deteriore della politica, la politica è importante, fa parte della vi-
ta, io stessa da piccola leggevo il quotidiano anziché Topolino’.
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. Appunto, non è il caso di idealizzare la Francia. La legge Fabius-
Gayssot, approvata dal parlamento francese il 13/7/1990, all’art. 8 puni-
sce (con pene da un mese a un anno di reclusione, e/o con un’ammenda
da 2000 a 300.000 franchi) “coloro che avranno contestato… l’esistenza
di uno o più crimini contro l’umanità come li si è definiti nell’articolo 6
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di cui era proprietario. Per errore colpì il proprio figlio, che ri-
mase invalido (buona parte della stampa italiana continua a
ripetere che il ragazzo fu ferito da Battisti in persona).
Durante l’istruttoria, rivolta contro un collettivo autono-
mo di quartiere, vi fu una quantità di confessioni “sponta-
nee”, di cui alcune totalmente assurde. Tredici “rei confessi”
denunciarono in seguito di essere stati selvaggiamente per-
cossi e torturati dalla polizia. I magistrati (nessun poliziotto
che abbia ucciso o torturato dei “contestatori” è mai finito in
prigione, in Italia; e il caso di Carlo Giuliani è sotto gli occhi
del mondo intero) archiviarono tutte le denunce. Fu la prima
volta che Amnesty International si pronunciò contro un pae-
se occidentale – l’Italia – per ricorso alla tortura.
Il resto del processo – fondato inizialmente sulle confessio-
ni di un giovane vittima di gravi turbe psichiche, che in segui-
to ritrattò senza che se ne tenesse conto, di una ragazzina di
quindici anni handicappata mentale, ecc. – brancolò nel buio
fino alla comparsa, in una seconda fase, del “pentito” di turno.
Tutto ciò è ben descritto nel libro di Laura Grimaldi
Processo all’istruttoria (ed. Milano Libri, 1981), che fa ben
comprendere come funzionasse la giustizia italiana duran-
te gli “anni di piombo”. Il figlio di Laura Grimaldi fu a sua
volta accusato di avere ucciso Torregiani. Tra le prove, il
rinvenimento a casa sua del disegno di un uomo con un fu-
cile in una mano e una bomba nell’altra. Peccato che que-
sto disegno non fosse opera del giovane, come fu afferma-
to. Era stato eseguito nel 1944 da un partigiano iugoslavo,
e figurava sulle mostrine dell’esercito della Jugoslavia.
Gli anni ’70 e i primi anni ’80 in Italia erano d’altronde
quelli in cui si arrestava un povero diavolo per aver dise-
gnato, sul tovagliolino di carta di una pizzeria, una stella
simile a quella delle Brigate Rosse; in cui si gettava in pri-
gione una venditrice ambulante ottantenne (“Nonna
Mao”) quale complice dei terroristi. In cui Toni Negri e
una dozzina di docenti universitari venivano imprigionati,
il 7 aprile 1979, come “capi delle BR”, salvo poi riconoscere
che non era vero e modificare il capo d’imputazione per man-
tenerli ugualmente in prigione o in esilio; in cui si esaminava-
no, sezione per sezione, le schede elettorali per vedere se
qualcuno vi aveva tracciato slogan o disegni sovversivi; ecc.
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3. IL QUADRO STORICO
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. Sei giorni troppo lunghi, dattiloscritto non pubblicato di Um-
berto Lucarelli, pag. 92.
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2
. Occupazione iniziata nel 1974 negli stabili IACP e organizzata
principalmente da Lotta Continua e Avanguardia Operaia. Durerà
alcuni anni, diventando un punto di riferimento politico per tutta
l’area Sud. Nel marzo 1975 circa quattrocento famiglie partecipano
all’occupazione degli stabili IACP di piazza Negrelli, coordinandosi
con gli occupanti di viale Famagosta. In particolare, dal 1975, le oc-
cupazioni si estendono in tutta la zona, interessando particolarmen-
te gli stabili IACP ma anche quelli privati. Si registrano quindi occu-
pazioni in via Teramo, a Stadera, Gratosoglio, ChiesaRossa, Mon-
cucco, Gallaratese, via Conchetta, via Torricelli, ecc. Molti Centri So-
ciali e Circoli Autogestiti, trovano nelle case occupate, consolidando
il proprio rapporto organico con il quartiere.
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. Si tratta di una vecchia fabbrica di via Tortona, smantellata da
molti anni e occupata nel 1975 dal Coordinamento Autonomo Inquilini
Ticinese-Genova. L’occupazione nasce come risposta allo sgombero po-
liziesco del Teatro Uomo di corso Manusardi, richiesto dal parroco della
chiesa di S.Gottardo a cui il teatro è annesso. Il Teatro Uomo è infatti
destinato a diventare, insieme alla chiesa di S.Lorenzo alle Colonne uno
dei centri propulsori dell’emergente Comunione e Liberazione. L’occu-
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pazione del Fabbrikone andrà avanti alcuni mesi tra “scazzi” continui
tra le varie componenti che si sono rapidamente aggregate, soprattutto
tra i militanti del Coordinamento, che fanno capo all’Assemblea Auto-
noma Alfa Romeo e quelli di “Rosso”. I primi intendono usare il luogo
come centro di propulsione di lotte, secondo una tipica ottica operaia,
mentre “Rosso” tende a legittimare una serie di soggettività e comporta-
menti di tipo “nuovo” che la parte operaia rifiuta di riconoscere come
autonomi” e respinge liquidandoli come “Frikettoni”. Nel corso di una
festa discretamente “spinellata” si determinano comportamenti distrut-
tivi del luogo stesso e “espropriazioni” delle attrezzature. Questo episo-
dio, insieme a una sterminata polemica sulle responsabilità, determina
una progressiva decadenza del Fabbrikone, che diventerà sempre più
un asilo di “tossici”.
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. Sede storica della rivista “Rosso” nella sua seconda versione, che
nasce nel 1975 e dura ininterrottamente fino al 1979, quando viene ar-
restata praticamente tutta la redazione. Sede del CPO (Collettivi Politi-
ci Operai) e dei CPS (Collettivi Politici Studenteschi), può essere consi-
derata una delle sedi più stabili dell’area dell’autonomia nel corso degli
anni settanta. A periodi alterni e in rapporto al diffondersi dei collettivi
autonomi, diventa anche “struttura aperta” di Coordinamento di situa-
zioni di lotta (fabbrica, scuola, quartiere). Sostanzialmente da questa
sede sono passate gran parte delle strutture dell’autonomia milanese in
un complesso mosaico di dibattito-scontro-rottura che ha permesso ai
magistrati e ai “pentiti” le più diverse interpretazioni. Quello che è cer-
to è che non è mai esistita una struttura centralizzata dell’autonomia
milanese e che, pur essendo “Rosso” dotato di una propria progettua-
lità politica spesso in duro contrasto con le altre tendenze, teneva la se-
de “aperta” tentando di porla “al servizio” del movimento.
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. La definizione di operette prende il nome dal locale “L ‘Ope-
retta di corso di Porta Ticinese”, aperto intorno al 1977 da un furbo
commerciante che aveva capito e interpretato i primi segnali di ri-
flusso e disgregazione. Il modello è stato poi fatto proprio da molti
altri, soprattutto provenienti dalle formazioni di sinistra e molto
spesso dalla fabbrica. In questo ultimo caso i capitali iniziali ven-
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. Vedi Laura Grimaldi, Processo all’istruttoria, Milano Libri Edi-
zioni, Milano 1981.
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da Vis-àVis n. 2, 1994.
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Premessa
Gli anni ‘70 in Italia sono stati più conflittuali che altrove.
I movimenti sorti nel corso degli anni ‘60, infatti, si sono
mantenuti vitali per due decenni e, contrariamente a
quanto verificatosi in altri paesi europei, il loro declino ha
avuto inizio solo nei primi anni ‘80. Questa anomalia di
natura temporale riflette dei contenuti politici altrettanto
anomali. Sebbene coinvolgesse gli attori sociali più dispa-
rati (operai, studenti, donne, insegnanti, medici, avvocati,
giornalisti, detenuti, ecc.), il movimento riusciva ad eleg-
gere per tutti delle strategie indipendenti e dei terreni ex-
tra-istituzionali di lotta. Le stesse forme del conflitto, mol-
to spesso, trascendevano i rituali della contrattazione per-
manente. Le aspirazioni, in altre parole, non venivano ne-
goziate, ma davano luogo a delle pratiche. Le definizioni
“pratica dell’obiettivo” e “decreto operaio” riassumevano
un atteggiamento e insieme un programma: una volta in-
dividuati dei bisogni collettivi e stabilite le modalità per
soddisfarli, queste modalità andavano subito e autonoma-
mente messe in campo e non negoziate.
Poco importava se, aggirando la negoziazione, le forme
e i contenuti delle lotte venivano ufficialmente ritenuti ille-
gali. La stessa illegalità, infatti, non veniva ritenuta illegit-
tima, essendo proprio la costituzione di una nuova legalità
e di una nuova moralità uno degli obiettivi di quelle lotte.
La formazione di numerosissimi gruppi armati, inter-
namente ai movimenti della sinistra, non è in fondo che
un’espressione di questa ricerca di nuove legalità e mora-
lità, ricerca condotta con le sfumature diverse nella scelta
degli obiettivi e degli strumenti e conformemente alle spe-
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Un limbo segreto
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Condannati al mercato
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“Durante gli anni ‘70, il lavoro che uno faceva aveva poca
importanza. Nella mia organizzazione, a dire la verità, io
non sapevo nemmeno come i miei compagni si guada-
gnassero da vivere. Senza essere troppo nostalgici, le cose
molto spesso si dividevano, non perchè si praticasse una
forma primitiva di comunismo, ma perché in quel fran-
gente politico la nostra identità non dipendeva dal lavoro
ufficiale che uno svolgeva. Qui invece siamo costretti a
venderci sul mercato. Così, quelli che stanno bene sono
coloro che hanno una specializzazione che viene loro rico-
nosciuta, che in passato hanno avuto modo e tempo di ac-
cumulare esperienze e abilità utilizzabili nel mercato del
lavoro ufficiale. D’altra parte, trovi qui della gente che let-
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4. APPENDICI
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L’approdo in Francia
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Un’amnistia improbabile
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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In Italia:
www.carmillaonline.com
www.miserabili.com
www.wumingfoundation.com
www.indymedia.it
In Francia:
www.vialibre5.com
www.cesarebattisti.net
www.mauvaisgenres.com
http://cesarebattisti.free.fr
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