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Decostruzionismo

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Decostruzionismo
Il termine decostruzione fa il suo ingresso nella storia della filosofia occidentale con il tentativo, da parte di
Jacques Derrida, di tradurre linguisticamente e semanticamente linvito heideggeriano alla Destruktion dei concetti
della metafisica. Per quanto lautore algerino (di famiglia ebrea, di origini spagnole e di lingua francese) si sottragga
ad ogni tentativo di definizione della decostruzione, possiamo dire che si tratta di operare un confronto serrato con i
testi e gli autori della filosofia occidentale nellintento di mettere in luce i presupposti impliciti, i pregiudizi nascosti,
le contraddizioni latenti della cultura e del linguaggio che non troppo consapevolmente abitiamo.
Decostruzione e decostruzionismo
La Decostruzione, in quanto metodo filosofico post-metafisico, non si pone come sistema di pensiero totalizzante,
bench sia il pi pieno e onesto riconoscimento dell'impossibilit, per la filosofia, di "sbarazzarsi" della metafisica:
la filosofia, infatti, condannata inesorabilmente a continuare a muoversi ai "margini" di essa. Questa premessa
permette di comprendere il fraintendimento che alla base dello slittamento linguistico e semantico da
"decostruzione" a "decostruzionismo", operato sulla base di uno schema tradizionale dagli storici della filosofia, i
quali seguendo questo tipo di catalogazione finiscono per limitare la portata della decostruzione entro il sistema
filosofico-metafisico di cui essa costituisce la critica radicale. In senso altrettanto limitato, come metodo di critica
filosofica e letteraria, la nozione di decostruzionismo pu essere usata in riferimento alla ricezione americana di
Jacques Derrida, in particolare attraverso la mediazione di Paul de Man.
Cos' la Decostruzione?
La decostruzione ha molte facce e nessuna gerarchia: la disseminazione del senso a chiamarla in causa, non la
polisemia. Dapprima si configura come una strategia di lettura dei testi della tradizione metafisica, volta a metterne
in luce gli scarti, i vuoti, le fratture, le discontinuit, le aporie, le strutture ideologiche e attanziali, anzich l'unit
intrinsecamente manifesta e voluta da essi. Questa strategia tesa all'annientamento del concetto di sistema che tutto
unifica, che tutto "identifica" (riduce ad identit), che tutto ingloba in s, che tutto plasma a propria immagine, in
vista di una rivendicazione dell'Altro e della differenza come grande impensato della tradizione filosofica
occidentale. In questa direzione la decostruzione una conseguenza della riflessione filosofica di Martin Heidegger.
Infatti il progetto della seconda sezione di Sein und Zeit (Essere e tempo) - rimasta alla fase di mera progettazione,
per la caratteristica inadeguatezza del linguaggio della metafisica - risuonava come una "distruzione della storia
dell'ontologia", distruzione ben poco "distruttiva" a ben guardare, poich l'intenzione heideggeriana trovava il suo
fine nella liberazione dei pi importanti concetti filosofici (quali "verit", "libert", "mondo" e, in primis, "Essere")
dalla secolare ipoteca oggettivante impressa dalla metafisica, a partire da una acuta e penetrante ricognizione
linguistica, in nome di una ontologia fenomenologica capace di assurgere alla facolt di "lasciar/far vedere il
fenomeno per come esso si mostra" - a partire da un linguaggio radicalmente rinnovato (ripensato), per cui
filosoficamente (nell'accezione classica e ordinaria del termine) scandaloso.
Abbiamo parlato, seguendo Jacques Derrida, di "strategia" di lettura dei testi classici, e non a caso; infatti la
Decostruzione non , e non vuole affatto essere, un metodo riproducibile (le coordinate cartesiane o il sillogismo
deduttivo p.es.) capace di "smontare" i sistemi filosofici, ma si tratta piuttosto di una strategia di "ascolto" da attivare
di volta in volta, poich il testo (e la cultura) non devono essere decostruiti (nel senso ipotetico di "passati al vaglio
della decostruzione"), bens sono proprio essi stessi ad essere costitutivamente in decostruzione; per cui il filosofo
non deve che tendere il proprio orecchio scaltrito, in grado quindi di captare le dissonanze e i guasti che minano al
sogno totalizzante ed esaustivo del credo sistematico. Non pi quindi l'occhio teoretico, capace di "contemplare"
concetti distribuiti in un sistema (come in una sorta di armonia visuale) - ma queste sono metafore, e Derrida insegna
che la radice del linguaggio metafisico risiede nella metafora. La filosofia deve superare il sistema, non per scelta,
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ma per necessit, o forse seguendo la logica perversa di una possibilit necessaria.
Derrida ci ha sempre mostrato che la decostruzione intacca qualsivoglia oggetto della cultura, e non solamente testi
metafisici; infatti la tarda produzione del filosofo applica l'esperienza decostruttiva non pi esclusivamente ai sistemi
cartacei della tradizione filosofica, bens anche a quelli storici e concettuali a noi pi vicini (almeno
apparentemente), proprio laddove il moto decostruttivo ci coglie impreparati: il "dono", l'"ospitalit", il "perdono",
fino al sistema, che tutti ci riguarda e coinvolge, della "democrazia".
Collegamenti esterni
Jacques Derrida: le peut-tre d'une venue de l'autre-femme (decostruzione, "phallogocentrisme"), Carole Dely.
Testo francese e traduzione in inglese, Revue Sens Public
[1]
Decostruzionismo
[2]
in Tesauro del Nuovo Soggettario
[3]
, BNCF, marzo 2013.
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Note
[1] http:/ / www. sens-public. org/ article.php3?id_article=297
[2] http:/ / thes.bncf.firenze. sbn. it/ termine.php?id=36359
[3] http:/ / thes.bncf.firenze. sbn. it/
Fonti e autori delle voci
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Fonti e autori delle voci
Decostruzionismo Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=59025442 Autori: Antiedipo, BCtl, Carlo.Ierna, Cialz, Civv, Effeffe, Erio80, Felyx, Gierre, Gvetere, Horcrux92, Joan
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July 2006 (UTC)
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