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Abbasso i tuareg!
di Antonio PASCALE
ESISTE LITALIA? DIPENDE DA NOI
DA UNA QUINDICINA DANNI HO SVILUP-
pato una vera predisposizione danimo verso i meteorologi. Meteopatia, suppongo.
Sapere in anticipo come, a seconda del tempo e dei venti, muter, durante la gior-
nata, il mio carattere mi d una certa sicurezza. E a proposito di meteorologi, tem-
po fa stavo ascoltando Luca Mercalli: che tempo che fa. Mercalli ha labitudine di
affrontare temi diversi, anche quelli non propriamente legati alla meteorologia. A
me, come sopra dichiarato, piacciono i meteorologi, quindi li ascolto con interesse.
Quel giorno a Mercalli chiesero cosa ne pensasse del nucleare. Rispose che s,
ora il nucleare pi sicuro rispetto a un tempo, restava per il problema delle sco-
rie. Bene, ma, aggiunse: un paese come il nostro che non sa nemmeno gestire i ri-
fiuti pu mai gestire le scorie nucleari? Meglio dunque non averlo il nucleare e af-
fidarsi alle cosiddette energie alternative. Ci fu un grande applauso in sala e ri-
cordo benissimo che anche io annuii con la testa, come a dire: mi piacciono i
meteorologi, dicono cose sensate.
Il fatto che quando Mercalli fece questa dichiarazione, Caserta, Napoli e
provincia erano sotto una coltre di rifiuti. Un giorno s e un giorno no, ricevevo la
telefonata di qualche amico di Caserta. Tutte telefonate di rimprovero, nemmeno
tanto larvate. In sostanza dicevano: noi non sappiamo pi cosa fare, i rifiuti ci
sommergono, tu vivi a Roma, te ne sei andato da Caserta e ora non capisci come
noi viviamo. Qui dobbiamo fare qualcosa. Ma cosa?
Questa doppia dichiarazione affermazione pi domanda uno di quei
modi di dire ricorrenti che sento decine e decine di volte. E soprattutto dico centi-
naia e centinaia di volte. Ci sono le scorie nucleari e ci sono troppi rifiuti e i poli-
tici se ne fregano e la gente pure. Dobbiamo fare qualcosa, ma cosa?
Quella notte, scosso dai rimproveri, nemmeno tanto larvati, andando a dor-
mire ripensai alle parole di Mercalli: un paese che non riesce a gestire nemmeno i
Articolo pubblicato su carta su Limes 2/2009 Esiste l'Italia?
e on line su www.limesonline.com il 26/05/2009
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rifiuti come pu pensare al nucleare? Meglio dunque ricorrere alle energie alter-
native. Ci pensai un po, finch non mi addormentai ma verso le cinque riaprii
gli occhi: ma se fosse il contrario? LItalia piena di ottimi tecnici nucleari, di
bravi ingegneri, di ottimi scienziati, tanto bravi che sono un tipico prodotto da
esportazione, perch mai non potremmo gestire il problema del nucleare?
Voglio dire, la dichiarazione di Mercalli e lapplauso della platea, compreso il
mio assenso da casa, non erano forse il risultato di questa (malinconica) equa-
zione atavica: dobbiamo fare qualcosa, s ma non c niente che possiamo fare?
Un paese che non si fida delle proprie potenzialit? Che non ha carattere.
Dobbiamo fare qualcosa.
S, ma cosa?
Breve, ma per lo sviluppo della saggia, fondamentale, digressione: alcuni teo-
rici della narrazione narrazione in senso alto affrontano spesso quello che si
chiama: modello in tre atti. Un modello vecchio come il cucco. stato canonizza-
to da Aristotele.
Nel primo atto, il protagonista si sceglie o si crea un obiettivo, scoprire la cau-
sa delle peste a Tebe, vincere la finale dei mondiali, conquistare la ragazza pi
bella della scuola eccetera. Nel secondo atto il nostro protagonista fallisce il suo
obiettivo, quindi prima rinuncia, scoraggiato, allazione, poi ci riflette, rivede i
suoi errori, passa al contrattacco e nel terzo atto, generalmente, vince. un mo-
dello elementare, una matrice.
Ora, i suddetti teorici, nellesaminare il modello, sottolineano limportanza
del secondo atto, il momento nel quale il protagonista fa i conti con la propria co-
scienza, scopre che lobiettivo dichiarato pu essere sollevato su un piano morale,
pi alto e nobile, solo se, con coraggio e tormentosa autocoscienza, si affrontano i
propri errori. Il secondo atto segna il momento della lotta: qui bisogna fare qual-
cosa. E la si fa davvero.
Quelle narrazioni dove il secondo atto carente nel quale, cio, la ricerca,
linquietudine conoscitiva ridotta a una pura formalit danno vita a unarte
blanda, carente, consolatoria, poco incisiva. Non importante che cosa proponi,
se vincere la partita, o se prometti un milione di posti di lavoro, se vuoi bonificare
una palude, e nemmeno importante se riesci a raggiungere il tuo obiettivo, quel-
lo che importa la strada che scegli. Il protagonista e lartista per lui attraverso
la ricerca che svolge nel secondo atto ci mostra uninedita soluzione, una strada
magari gi tracciata ma che avevamo paura a percorrere.
Ecco, mi sono chiesto quella notte, alle cinque di mattina: cosa penserebbe
un teorico della narrazione se dovesse riassumere il carattere italiano? Probabil-
mente arriverebbe alla conclusione che manchiamo di un serio secondo atto. Sia-
mo un popolo che ama le grandi dichiarazioni retoriche che colpiscono il nostro
cuore e contemporaneamente preferisce risolvere i conflitti a tarallucci e vino.
Siamo emotivi, a volte fortemente empatici, basta unemozione per farci cambiare
idea, dunque luomo che si mostra forte, capace di parlare in maniera tronfia e
diretta al cuore, quelluomo vince.
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Ora, a Napoli, Caserta e provincia, i rifiuti non sono pi nelle strade o alme-
no non invadono le strade principali. Eppure fino a un anno fa leggevo svariate
dichiarazioni di politici, amministratori, esperti che dichiaravano: ci vorranno
almeno dieci anni per liberarsi da questi rifiuti. Cosa probabilmente vera. Cos,
amministratori, politici, esperti discutevano sul da farsi: termovalorizzatori s op-
pure no, differenziata s o forse no e via di questo passo. Le questioni sul tavolo
erano tante che, pensavo, nemmeno fra dieci anni le risolveremo.
Poi Berlusconi ha tolto i rifiuti di mezzo. E ora, non c uno, dico un ammi-
nistratore, un esperto, un grillino eccetera che si chiede, ma se ci volevano dieci
anni per liberarsi da questi rifiuti cosa probabilmente vera dove ora sono fini-
ti? Si sono volatilizzati? Sono partiti via treno merci per la Germania, sono inter-
rati in qualche discarica?
La domanda importante perch, sempre secondo i teorici della narrazione,
rappresenta appunto il secondo atto. Dove sono finiti i rifiuti? Sono scomparsi
quindi non dobbiamo pi preoccuparci, almeno fino alla prossima crisi? E so-
prattutto, ora che la citt libera dobbiamo combattere per la raccolta differen-
ziata? Per la costruzione di termovalorizzatori? Oppure saltiamo il passaggio in-
termedio, quello analitico, tanto il conflitto per ora risolto?
Siamo un popolo da primo atto che indirizza tutta la propria stupefacente
creativit nelle dichiarazioni di intenti e poi, fisiologicamente, avendo consumata
molta benzina nel primo atto, rinuncia via via allanalisi che, come si sa, non
affatto creativa, ma frutto di un costante rigore stilistico, metodologico eccetera.
Qui dobbiamo fare qualcosa per migliorare il secondo atto.
Ma cosa?
Cosa consigliano i drammaturghi?
Cautela. Cautela e metodo. Calma, per prima cosa abbassiamo il tono delle
nostre dichiarazioni, se partiamo da ipotesi pi plausibili, pi concrete, poi non
ci sembrer cos difficile affrontare il secondo atto. Cerchiamo di conquistarci le
emozioni, non di estorcerle con un ricatto emotivo. Non promettiamo miracoli.
Possiamo farcela. Abbiamo i migliori scienziati, bravi tecnici, persone abituate a
ragionare in termini di costi/benefici. Bilanci, non chiacchiere. Vero, no?
S, ma come? Siamo un popolo di poeti e santi, poi in ultimo di navigatori.
la nostra natura. Voglio dire, preferiamo i toni accesi. Le dichiarazioni solenni.
Almeno cos sembra a me. Da una quindicina danni, da quando abbiamo
detto addio alla nuova repubblica (e da quando soffro di meteopatia), ogni even-
to sembra annunciato con squilli di tromba: sta arrivando lapocalisse, stanno
arrivando un milione di posti di lavoro, non ci sono pi tasse, siamo in ottima
forma, siamo in profondissima crisi. Siamo sempre al primo atto, il nostro prota-
gonista promette di risolvere ogni cosa al pi presto, oppure, nellaltra versione, si
gi arreso agli eventi indomabili, non gli resta che aspettare la fine del mondo,
la catastrofe globale.
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La mia percezione di questa tendenza alla nobile dichiarazione dintenti si
fatta pi acuta a partire dal febbraio 1996, a seguito di un episodio che da allora
diventato per me ossessivo. Nel febbraio 1996, e per un po di mesi a venire, ho
incontrato solo ragazze che piangevano. Tutte avevano appena finito di ascoltare
la canzone di Battiato: la cura.
Ricordo ancora le uscite di sabato, in macchina, verso una pizzeria. Il sabato
sera, lattesa della domenica, quel senso di pace e naturalmente la radio accesa:
Battiato cantava e le mie amiche mi chiedevano di alzare il volume: alza, alza!
Battiato cantava: scioglier i tuoi capelli come trame di un canto, sorvoler le cor-
renti gravitazionali, lo spazio e la luce non ti far invecchiare, perch sei un
essere speciale e avr cura di te! Poi la canzone finiva, io abbassavo il volume e
notavo con la coda dellocchio che le mie amiche mi stavano guardando. Storto.
Volevano dirmi: tu non sei cos!
Ma come si fa a essere cos?
Avevano ragione, non ero cos, ancora oggi non so cosa significhi sciogliere
i capelli come trame di un canto. Per ammiravo Battiato (lo invidiavo), ma
nello stesso tempo ne ero ossessionato, tutte le mie amiche piangevano e mi guar-
davano storto.
Ho cercato allora di seguire il consiglio dei teorici della narrazione, ovvero
affrontare il secondo atto, nello specifico: esaminare il concetto di cura.
Ecco quello che ho scoperto nella mia personalissima analisi.
Per prima cosa, la cura presuppone un sistema di potere, allinterno del qua-
le c chi cura, dunque sano, e chi riceve le cure, dunque malato. Chiaramen-
te non stiamo parlando di un malato che cade e deve essere raccolto, stiamo par-
lando (facendo metafora) di un rapporto damore/potere in cui i ruoli sono sem-
pre cos ben definiti da apparire immutabili: chi cura e chi ha bisogno di cure.
Messa su questo punto, la cura mostra anche delle ingenuit teologiche: chi
cura convinto di poter eliminare il male che c in te, purificandoti. I fanatici
della politica estera americana pensano, per esempio, di purificare laltro dal ma-
le, invadendolo con il proprio bene.
Uningenuit teologica, dicevo. Del resto, anche i bambini che fanno catechi-
smo lo sanno: il diavolo c. Si pu solo combattere, non eliminare.
Ma la cura, ed il secondo punto, presuppone anche lassenza della respon-
sabilit individuale, cio (la cura) sembra suggerire continuamente: senza la mia
cura, non ce la puoi fare, non ti puoi alzare. Un sistema di potere chiuso, quindi.
Come tutti i sistemi di potere chiusi ha bisogno per alimentarsi di un costante uso
di retorica (ti sollever dai tuoi sbalzi dumore). Te lo devo proprio far credere.
E quindi, per primo devo crederci io. Se io mi illudo poi illudo anche te.
Come bella questa illusione italiana, sempre divisa tra due poli estremi: i ri-
fiuti sono cos tanti che impossibile liberarcene, oppure: ci penso io, dieci giorni
e passa la paura, per, per favore, non fare domande.
Ma fosse una questione di parole? Di significato? Di etimo? Forse dobbiamo
sostituire la parola cura con manutenzione.
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Immagino che chi pratichi la manutenzione non pu dire: scioglier i tuoi
capelli come trame di un canto, il suo rapporto con il prossimo pi pratico,
umile, sarei tentato di dire, pi democratico: senti, hai qualcosa nei capelli, mo
te la tolgo.
La cura una dichiarazione di potenza, la manutenzione una dichiara-
zione di limiti: pi di questo non posso. Non posso sciogliere i tuoi capelli come
trame di un canto, mi so alzare solo sulle punte e le correnti gravitazionali le co-
nosco cos e cos.
Una grande famiglia
Ma a noi italiani piacciono le persone che curano? In fondo: non tenere pen-
sieri, ci penso io, sono frasi rassicuranti. Ho ricordi che affondano nella prima in-
fanzia, mi affiorano alle mente pezzi di discussioni tra amici, parenti, tutti che
andavano nella stessa direzione: qui dobbiamo rivolgerci a qualcuno che conta.
E certo, mi dicono, tu sei del Sud, familismo amorale. Ne hai sentito parlare,
no? Avrai almeno studiato un po di sociologia. Hai letto Banfort?
Familismo amorale del Sud. Mah. Il familismo amorale solo al Sud, al Nord
diventa utile strategia di potere. Ma ditemi voi, perch poi le famiglie del Sud sono
amorali e quelle del Nord sono potenti? un po come la differenza di percezione
tra poveri e ricchi rispetto al problema droga: i poveri sono deboli e quindi si dro-
gano, i ricchi fanno esperienza della droga.
Non questo il punto. Si tratta piuttosto di atavica sfiducia nelle nostre po-
tenzialit individuali. Siccome la democrazia, ovvero i valori su cui si fonda, so-
no costruiti attorno allindividualit, capite bene che siamo messi male. Inten-
diamoci, siamo vanitosi, al limite della presunzione, ma siamo stati anche abi-
tuati, almeno fin da piccoli, che da soli non possiamo far niente secondo le rego-
le, perch troppo potente la burocrazia, la politica. Bisogna trovare qualcuno
che conta, quello che ci risolva il problema. Ergo: ci piacciono le persone che cu-
rano. Ergo: nella vita conviene specializzarci, o ci assumiamo il ruolo del cura-
tore o quello del bisognoso.
Nel primo caso c bisogno di elevato tasso di retorica e capacit di gestire ad
libitum il primo e il terzo atto. Nel secondo caso bisogna fare poco: sfruttare linvi-
dia e trasformarla in benevolenza verso il nostro salvatore.
Ho ricordi che affondano nellinfanzia, mannaggia. Cos forti che mi condi-
zionano anche oggi.
Esempio, devo iscrivere mio figlio alla scuola media, pubblica, si intende. So-
lita storia, mia moglie va a prendere informazioni e torna cupissima. Solita sto-
ria, dice. Quelli raccomandati andranno nelle sezioni migliori, troveranno bravi
professori, attenti. Quelli raccomandati avranno maggiori possibilit rispetto agli
altri, che detto con una metafora: si faranno in culo. Noi che vogliamo fare? Di-
ce lei. E che vogliamo fare? Dico. Ipotesi di mia moglie, informati un po, vedi se
conosci qualcuno che ci pu risolvere questo problema. Tesi mia in risposta: non
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conosco nessuno e non voglio conoscere nessuno. Ribattuta di mia moglie: quin-
di non vuoi impegnarti affinch tuo figlio abbia almeno una possibilit in pi.
La possibilit che tu stesso non hai avuto, hai fatto scuole pessime, tanto vero
che non sai nemmeno se biblioteca si scrive con una b o con due. Una dico io,
convinto. Ma mi sono buttato a indovinare, effettivamente ho fatto scuole medie
orribili (orri con quante b?), ai salesiani. E abbraccio, con quante b? mi chie-
de ancora. Faccio finta di non aver sentito, il discorso continua, siamo passati
alle accuse, dunque la metto sul piano etico: lItalia non cambier mai se noi per
primi non cambieremo, dobbiamo risolvere il problema alla radice, se racco-
mandiamo (racco o raco. una o due c?) nostro figlio grazie a una strategia
poi togliamo il posto agli altri, se tutte le famiglie stanno facendo questo ragiona-
mento in questo momento vuol dire che stanno cercando un uomo capace di ri-
solvere il problema, un curatore. E perch lo cercano? Perch si ritengono mala-
ti, pessimisti, incapaci di risolvere la questione entro la legalit. Alla fine del gio-
co sai chi vince: Berlusconi.
Qui mia moglie mi fa lapplauso e mi dice: allora se sei coerente, adesso vai
dalla preside e le fai questo bel discorso, ti metti davanti al suo ufficio e controlli
che nostro figlio abbia la stessa possibilit (quante b?, mi chiede. Io faccio vedere
che sono concentrato su un piano pi alto e mi chiedo: quante b?) degli altri, ov-
vero che le estrazioni vengano davvero fatte a sorte. Vai! Dimostra a tuo figlio che
suo padre crede seriamente nella legalit. Fai un po di manutenzione, altro che
discorsi pomposi sulletica.
E vado a parlare con la preside. Lei mi rassicura con belle parole e io mi ras-
sicuro a mia volta. Come semplice, penso. La legalit. Esco fuori e incontro
unamica che mi confida un segreto: ci stiamo impegnando per fare andare no-
stra figlia con i professori migliori, perch chiaro le sezioni non sono tutte ugua-
li e sai perch? Perch siamo in Italia, ci sono quei professori bravi che fanno be-
ne il proprio dovere e quelli che bravi non sono. Cos mi dice la mia amica e con-
tinua: perch dovrei lasciare mia figlia in mano a professori ignoranti? La scuola
media importante, se non correggi gli sbagli adesso te li porti dietro fino a che
campi. Mia figlia non sa ancora la differenza tra c verbo e ce congiunzione.
C verbo e ce congiunzione? Dico io, ma lei continua: ti rendi conto cosa sono
costretta a fare? Raccomandare mia figlia gi a partire dalla terza media.
Le dico: per favore, non fare questo discorso a mia moglie.
Siamo italiani dunque. La nostra personale convinzione che gli altri sono
poco convincenti, tranne qualcuno che invece convincente. Dobbiamo fare del
tutto per andare con quelli convincenti. E per farlo necessario convincere qual-
cuno e pregarlo di indirizzarci verso quelli convincenti. Sembra un gioco di paro-
le? Solo in apparenza.
Fin dalla tenera infanzia, questa convincente convinzione ci convince che
per evitare di scrivere biblioteca con due b (come nel mio caso) opportuno lavo-
rare alla ricerca delluomo convincente, quello capace di convincere gli altri des-
sere pi convincente degli altri. Insomma, in sostanza, meglio che la responsabi-
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lit se la prende un altro. A lui il potere e le rogne a noi la leggerezza, quella di
risplendere di luce riflessa. Tanto tutto un discorso strategico. Primo e terzo atto.
Dichiarazione, risoluzione. Luce riflessa.
Ah, i bei tempi andati
Ora, sempre questi benedetti teorici della narrazione sottolineano come le-
roe poco prima di cominciare il suo travagliato esame di coscienza e di immer-
gersi quindi nel secondo atto, si prende una pausa, si ritira dalla mischia, corre
dalla sua donna, si fuma una sigaretta, si beve una birra, oppure pensa ai bei
tempi andati.
Solo per un attimo, si intende, si concede la necessaria dose di nostalgia pri-
ma di tornare con pi forza nel mondo moderno.
Noi italiani siamo di unaltra pasta. Ci chiediamo, ma perch in fondo dob-
biamo tornare nel mondo moderno e combattere? Questo secondo atto cos
scocciante, facciamo una cosa, dai, avviciniamoci quanto pi possibile, ma ri-
maniamo sulla soglia, quindi una donna, una sigaretta, e, naturalmente, i bei
tempi andati.
Come ci piacciono a noi (no, non si dice, un errore che mi porto dietro dalle
elementari, vabb) i bei tempi andati. Figurine, canzonette, vecchie Citron
due cavalli, Signorina Felicita, a questora/ scende la sera nel giardino antico/
della tua casa. Nel mio cuore amico/ scende il ricordo. E ti rivedo ancora/ e Ivrea
rivedo e la cerulea Dora/ e quel dolce paese che non dico.
Dolce paese che non dico, diceva Gozzano. Italia scomparsa, diciamo noi.
Allora s che il mondo aveva un sapore. La modernit insapore, insalubre, tutto
un gioco di strategie per risultare convincenti. Che noia, che stress. E noi quindi
dovremmo far cosa? Affrontare la preside di turno per garantire legalit e demo-
crazia, prendere cio di petto il secondo atto e tornare nel mondo moderno? Ma
dai, meglio una pausa, fermiamoci. Corriamo troppo no? Lo stress, il logorio, il
consumismo, lo spreco, la strategia. Vuoi mettere come si viveva una volta. Quan-
do si era cos felici! Ritmi lenti.
Qualche giorno fa guardavo il Grande Fratello 9 altra discussione in fami-
glia, io dico che lo faccio per ragioni sociologiche (bisogna capire la contempora-
neit) ma chiaro a tutti che guardo solo Cristina del Basso e le sue tette (cosa
anomala perch preferisco il culo, le tette rimandano troppo a un immaginario
materno, quindi italiano. Ma un discorso che andrebbe affrontato per bene).
Uno dei concorrenti di cui non ricordo il nome (e certo, guardi sono Cristina)
non pi che ventenne, ha dichiarato, en passant, che il pane non ha pi il sapore
di una volta. Di solito, siamo portati a essere tolleranti e a sorridere quando
unaffermazione viene fatta dai nostri nonni, ma, come dice Bertinotti, franca-
mente mi molto difficile capire come pu un ventenne ricordare e apprezzare il
vecchio sapore del pane di una volta.
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Una volta, scusate il bisticcio, la condizione temporale una volta significava
veramente una volta, ossia tantissimo tempo fa, e non appena dieci anni fa. Ver-
rebbe da dire: una volta non pi quella di una volta
Gioco di parole? No, problema italiano, un altro: quello del sapere nostalgico,
un secondo atto blando, appena accennato.
Quelli che credono nel sapere nostalgico, pensano che tutto sia gi avvenuto,
magicamente, in et passate. Quello che avvenuto ha valore mentre il presente
sinonimo di corruzione. Qualsiasi mutazione ci avvia verso la corruzione. In so-
stanza, il sapere nostalgico offende il presente. Ancora, il sapere nostalgico fa uso,
quando si trova a giudicare la contemporaneit, di canoni estranei ai sentimenti
dellepoca e allora quel tipo di sapere rischia di fondare un sistema conoscitivo in-
quisitorio. Colui che giudica in tal senso non conosce il tema attuale n ha voglia
di farlo, dunque rischia di semplificare un problema complesso. Tuttavia questo
sapere nostalgico ha il vantaggio di piacere al grande pubblico un po come Cri-
stina del Basso.
C un responsabile? Voglio dire, prima che noi ci spingessimo a dichiarare il
nostro disgusto per il pane moderno, prima che monaci, preti, vescovi e no global
ci parlassero del pane di ieri, c stato un fratello maggiore o uno zio che ha spin-
to i nostri ragionamenti in questa direzione? Un intellettuale che pi di ogni altro
ha fondato il mito del sapere nostalgico? Lo dico, scusandomi e, visto che mi trovo,
chiedo le attenuanti generiche: Pasolini.
Penso a Pasolini ogni volta che mi capita di tornare a Napoli oppure quando
un amico mi chiama per parlare dei rifiuti.
Penso allidea di sapere nostalgico. I guai che ha causato sullimmaginario.
Pasolini dedic alla citt di Napoli e ai suoi abitanti un trattato pedagogico fi-
losofico, Gennariello, uscito in 13 puntate a partire dal 6 marzo 1975. Il trattato
cominciava cos: Bench sia ormai un po di tempo che non vengo a Napoli, i na-
poletani rappresentano per me una categoria di persone che mi sono, appunto, in
concreto, e per di pi ideologicamente, simpatiche. Essi infatti non sono cambiati.
Sono rimasti gli stessi napoletani di tutta la storia. E questo, per me, molto impor-
tante, anche se so che posso essere sospettato per questo delle cose pi terribili Ma
che vuoi farci, preferisco la povert dei napoletani al benessere della repubblica
italiana, preferisco lignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica italia-
na, preferisco le scenette, sia pure un po naturalistiche, cui si pu ancora assistere
nei bassi napoletani, alle scenette della televisione della repubblica italiana.
Poi nel trattato Pasolini affrontava parecchie questioni, laborto, il sesso, la
lingua, i borghesi.
Sono passati trentanni da Gennariello e chiss se aveva ragione quando af-
fermava che la citt era una sorta di resistenza attiva allomologazione, perch i
napoletani provengono da una cultura antica, mitica, sono tuareg pieni di alle-
gria e di affetto naturale: Considero anche limbroglio uno scambio di sapere. Un
giorno mi sono accorto che un napoletano durante uneffusione di affetto mi sta-
va sfilando il portafoglio, glielo ho fatto notare e il nostro affetto cresciuto.
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Questo, a conti fatti, adesso e anche allora, significa che il portafoglio se ve lo
rubano a Roma, probabilmente vi sentirete oggetto di violenza, passerete una
brutta giornata, se vi accade a Napoli motivo di allegria naturale, non ve lo ru-
ba un ladro, cio un individuo soggetto ai sensi di legge (come tutti) ma un tua-
reg. Qualcuno che nel tempo non si mai modificato.
Capite bene che se abbiamo un modello cos puro, perch la somma di espe-
rienze anche esse purissime e che ci rimandano a un immaginario mitologico,
poi qualsiasi spostamento pur minimo da questa idea sinonimo di corruzione.
Disfatta. Mutamento antropologico. Apocalisse. Tutti atti di vanit, in fin fine, ti-
picamente italiani. Te lavevo detto io
Creazionismo. Il punto questo. Gli italiani sono creazionisti, amano le cose
passate perch rassicurano, come rassicurano le cose che esistono da sempre. In
Italia, pure gli atei sono creazionisti. Centocinquantanni dalla prima edizione
dellOrigine delle specie e siamo ancora fermi al sapere nostalgico. Crediamo nei
tuareg che ci rubano il portafoglio.
Del resto lalternativa il consumismo, lomologazione, lo stress, il logorio, e
quindi meglio non affrontare il secondo atto, stiamo sulla soglia, ricordiamoci di
come era bello quando a sfilarci i portafogli erano i napoletani di una volta. Uno
scambio di sapere, era quello, altro che furto. Mica come oggi.
Ma perch noi che usiamo (o abusiamo di) tutti i prodotti della modernit,
poi rimpiangiamo quello che stato?
Detta in breve, e semplicemente, credo sia colpa della cultura di sinistra e
non solo di Pasolini. Ha sostituito lidea di progresso (allora marxista) con il sape-
re nostalgico o nel peggiore dei casi con il revival. riuscita a vincere l dove non
avrebbe dovuto vincere. Ha sfondato e occupato il territorio che apparteneva alla
destra, quello della tradizione e del mito. Del creato incorruttibile.
A volte guardo alcuni personaggi in televisione, esponenti della nuova sini-
stra, e penso, ma (porca puttana) quelle stesse idee che, in giovent, ho combattu-
to, perch mi sembravano rimandare a un immaginario puro e pericolosamente
epurato dagli aspetti violenti, un immaginario falso che scambiava condizione
per vocazione, tutte queste idee alle quali quelli che come me si ritenevano di sini-
stra opponevano la concezione del progresso, tutte queste idee ora me le ritrovo in
televisione, il sabato sera. Pure in prima serata.
Ma una volta, Marx non aveva detto che la scienza (e il progresso) il mi-
glior alleato della rivoluzione? Daccordo, anche quellidea di progresso era una
costruzione astratta, ideologica, ma almeno ora affrontiamo questo progresso
con concretezza: nostro dovere, il secondo atto, appunto. La preside ci chiama.
Andiamo.
Niente da fare, la sinistra ha cominciato a rimpiangere (i vecchi presidi di
una volta). Per evitare di fare i conti con la sconfitta ed elaborare un nuovo
piano strategico con dettagliata analisi costi/benefici, ha preferito mettere su un
triste teatrino con due attori, da una parte il valore della tradizione dallaltra
parte la corruzione della modernit. I due attori sono burattini con connotati ve-
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ramente grotteschi, pertanto la tradizione sempre millenaria e dunque carica di
significati, la modernit sempre omologante e corruttrice di antichi saperi.
Sono discorsi che solo ventanni fa, quelli di noi che erano di sinistra avreb-
bero respinto perch, appunto, considerati di destra e pure un po fascisti.
Ora invece fanno tendenza e allora ci tocca assistere allo scontro epico tra la
musica popolare, i cibi genuini, i piccoli contadini, i locali biologici contro le
multinazionali, il grande mercato, il complotto economico.
Il piccolo orto di una volta
Naturalmente faticoso per tutti, anche per i sostenitori della tradizione, far
tornare i conti, diciamo cos, in campo.
C bisogno di portare avanti una dichiarazione di fede, religiosa, del tipo
del tipo ecco per esempio come quelle alla Carlo Petrini: Terra Madre, sapere
antico, contadini di tutto il mondo che si scambiano i semi, Vandana Shiva, agri-
coltura sinergica, biodinamica, biologica, pratiche che nascono dal sano rappor-
to tra uomo e natura. anche strano notare come quelle trasmissioni di sinistra,
Parla con me, Che tempo che fa accolgono con entusiasmo ogni discorso del sud-
detto tipo. I conduttori ascoltano e sembrano contenti: si sentono dalla parte giu-
sta del mondo, la natura, le energie alternative, il piccolo orto, lorganico, il biolo-
gico: che meraviglia, il sano rapporto uomo/natura.
Sano rapporto uomo/natura. Ma che significa? Esiste davvero questo sano
rapporto, cio esiste davvero la natura? Per i creazionisti s. Per Petrini s. Per i
cattolici anche, ma del resto il cristianesimo ha sfondato a sinistra e tra i ricchi di
sinistra. Quanti Rutelli convertiti, quante preghiere mattutine. Quanti monasteri
frequentiamo per ritemprarci, quanti priori, abati, missionari pubblicano (gene-
ralmente per Einaudi) libri sul pane di ieri o sulla vita in povert e quante copie
si vendono dei loro libri. Tante! La natura, prodotto della creazione, esige rispetto
per i suoi doni, cogliamoli con discrezione, non ce ne facciamo nemmeno accor-
gere. Quanti ricchi di sinistra la pensano cos. Gli stessi ricchi che fanno corsi di
sopravvivenza nella natura selvaggia, prima di tornare in azienda e dirigere con
polso duro i dipendenti a volte detesto i ricchi.
Per me no, per. Sono laico. La natura un prodotto di unequazione, nasce
dallinterazione tra noi e lambiente. Noi modifichiamo lambiente e lambiente
modifica noi, il risultato si chiama natura. sfuggente, aleatoria, e per questo,
per essere definita, ha bisogno di misurazioni, di costante monitoraggio. Ha biso-
gno di apporti conoscitivi moderni, di manutenzione, appunto.
Faccio per dire, ho conosciuto un agricoltore sinergico molto arrabbiato con
la modernit, lagricoltura convenzionale, gli antiparassitari, le multinazionali
eccetera. Mi chiedete cos un agricoltore sinergico? Non lo so. So che diverso
dallagricoltore biodinamico e da quello biologico. Perch? Non lo so, vi dico.
Non lo dico io, che diverso, lo diceva lui, era contro Sloow Food e i biodinami-
ci. Era uno scissionista.
ESISTE LITALIA? DIPENDE DA NOI
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Ho provato a indagare ma sono differenze cos minime, sfumature che non
saprei riportarvi ci sono, comunque, dei siti che lo spiegano. Se ci tenete.
Ma non questo il punto. Il punto che lui coltivava 23 mq di terra. Coltiva-
va un fazzoletto di terra grande quanto il mio balcone. Pure io sul mio balcone
non uso concimi. un modello di sviluppo sensato questo?
No, semplicemente un altro aspetto del carattere italiano: il piccolo orto. O
meglio, il mio piccolo orto che non soggetto alla corruzione della modernit, il
mio piccolo orto che pu far miracoli. Non perch produca davvero, ma perch in
Italia nessuna cosa foraggiata e finanziata come i piccoli orti.
E qui torniamo al seno di Cristina del Basso. La mamma italica che ci finan-
zia con generosit e senza farci troppo pensare alle conseguenze del nostro agire.
Per questo il forum sul seno di Cristina cos frequentato, tanto che anche Pano-
rama ha dedicato una copertina allevento meglio la preferenza verso il culo lai-
co, mi verrebbe da dire, non nel senso della fortuna.
Insomma, un modello di sviluppo serio questo? Un paese che per restare in
tema agricolo vede le sue colture gravemente danneggiate da attacchi di insetti,
che in affanno con le esportazioni, che importa il 60% dei mangimi zootecnici
per non parlare dellenergia questo paese che avrebbe bisogno di un serio pia-
no quinquennale, e di investimenti innovativi, un paese come il nostro che avreb-
be bisogno di una costante innovazione, preferisce concentrarsi sui piccoli orti di
una volta, il passato di pomodoro.
Un paese cos, non c dubbio, crede solo nel primo atto. Per restare in campo
agricolo, crede nelle dichiarazioni di fede. Lagricoltura biologica, sinergica, bio-
dinamica, i piccoli orti naturali, fanno miracoli. Aboliscono insetti, producono
prodotti sani eccetera.
Ma perch aboliscono gli insetti? Ma perch biologico, sano, naturale, per-
ch il rame che si usa in agricoltura biologica contro alcune crittogame non mi-
ca un metallo pesante che pu causare in dosi eccessive seri danni, no energia
vitale. Energia vitale, capito. Cos mi ha detto un archeoagronomo. Cos? Non lo
so, ma lavora tanto, collabora con Report, perch ci sono trasmissioni di sinistra
che sono brave nel denunciare, ma non appena si tratta di fare un bilancio, beh
allora si torna al passato, al biologico, allarcheoagronomia.
Lavoisier e la sua tabella periodica non contano, il rame non fa male, perch
energia vitale. Fede, retorica, equivoci e cos via. Non fa niente, a noi piace fi-
nanziare la fede, la retorica.
Dunque per restare sul pratico, larcheoagronomo, mi ha detto a me, infede-
le, che questo tipo di agricoltura (biologica, biodinamica), miracolosamente non
subisce attacchi n da insetti, n da funghi n da parassiti. Nei campi di pomodo-
ro coltivati con metodi biologici non presente il virus del mosaico, quello che per
capirci ha fatto strage del famoso prodotto tipico, il pomodoro San Marzano.
la soluzione della sinistra. Archeoagronomia sinergica. Torniamo al passa-
to dunque, semplice. Facciamo a meno della chimica e di quelle corrotte biotec-
nologie. Non ci servono, basta tornare alla natura, quella mitica, religiosa, di spi-
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rito creazionista, cio immutata, capace di autoregolarsi, la natura romantica,
tipica della concezione della destra, appunto.
Eppure, basterebbe essere un po filologi, una professione di cui davvero si sen-
te la mancanza, per renderci conto che in quei luoghi dove, per forza di cose, si
pratica agricoltura biologica, come parte dellAfrica, gli insetti ci sono eccome, fan-
no danni e le produzioni scarseggiano. Provate a dirlo a un agronomo africano
cosa pensa dellagricoltura biologica. Per state attenti a vantarvi perch rischiate,
come una volta successe a me, a Praga, prima della caduta del Muro, in vacanza,
quando dichiarai che ero comunista. Che cosa? Mi dissero cos: che cosa?
In alcuni Stati africani il pil fermo agli anni Settanta. E a proposito di pas-
sato, se proprio vogliamo dirla tutta, basta pensare a quando i contadini irlande-
si, scozzesi e quelli di gran parte dellEuropa, che coltivavano piccoli appezza-
menti di terra senza uso alcuno di concimazioni di sintesi e antiparassitari in ge-
nere, si era nel 1845, si videro distruggere dalla peronospora (uno studio del
2001 pubblicato su Nature sostiene si tratti di Phytophthora infestans) lintera pro-
duzione di patate.
Una carestia cos forte da causare un milione di morti e da costringere altri
due milioni allemigrazione forzata negli Usa.
Gli esempi potrebbero continuare allinfinito. Ma dimostrerebbero tutti la
stessa cosa, da quella natura di una volta (biologica, biodinamica, sinergica)
siamo scappati, ci teneva in gabbia, eravamo troppo schiavi delle sue mitologiche
braccia.
Ma gentile Dandini, caro Fazio, cari compagni di sinistra, e dai, lasciate
questi venditori di nostalgia, ascoltate di tanto in tanto un tecnico, per favore,
un appello.
Sinistra vs sinistre
C insomma il carattere italiano e il carattere di sinistra. E ci sono le persone
sinistre e le persone di sinistra. Poi esistono le persone di sinistra che danno molto
credito a persone sinistre. Vandana Shiva una persona sinistra a cui le persone
di sinistra danno molto credito. Tiene addirittura corsi estivi alla scuola del Pd.
Devo spiegarvi. Questa cosa della sinistra e delle persone sinistre.
Non so voi, io per esempio ho un punto di rottura. Un punto oltre il quale non
sopporto pi alcune immagini idealizzate e pompate da solenni dichiarazioni.
Non so il vostro punto di rottura (posso lasciarvi la mia mail per uno scambio do-
pinioni in proposito), io tollero molte cose ma crollo sempre sui contadini indiani.
Quando sento parlare dei contadini indiani, io rischio di finire al manicomio.
Dico: o voi o io.
La sinistra era terzomondista con tutto quello che significava. Ora rimpiange
il passato terzomondista. Con tutto quello che significa. Guardo il Tg3. Domenica
26 ottobre, al Tg3 delle 19, Vandana Shiva dichiara: I semi sterili Ogm hanno
causato in questi anni 100 mila suicidi tra i contadini indiani. Unaffermazione
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simile non c dubbio fa battere indignati i nostri cuori. Ha il giusto afflato che
caratterizza un primo atto. Lha detta anche dalla Dandini, se andasse da Fazio
sarebbe lo stesso.
La Shiva veste con il sari e il bindi e dunque diventa ai nostri occhi la tipica
indiana, un prodotto tipico da esportazione. Come se io, di origine napoletana,
andassi per il mondo con indosso la maschera di pulcinella, diventerei il tipico
napoletano adatto a far ridere.
I prodotti tipici siffatti sono molto ambiti dai media, soprattutto una mia
ossessione funzionano nelle trasmissioni ad uso e consumo della sinistra.
Il pi delle volte, per, operazioni simili, difendono, come nel caso in questio-
ne, contadini idealizzati e non in carne e ossa. Colpa della nostra angoscia di
morte: pi la avvertiamo pi la idealizziamo.
In tutto questo bailamme retorico, abituati come siamo fa parte del nostro
carattere alla retorica (indovinello, uno scrittore dichiara: negli anni Settanta
facevo parte di quella frangia del corteo che ci proteggeva dalle confidenze del ne-
mico. Chi indovina che lavoro faceva questo scrittore? Posso lasciarvi la mia mail
per scambio) non ci chiediamo mai se la Shiva abbia fornito dati esatti e se li ab-
bia letti correttamente, in fondo una laureata in fisica e dovrebbe seguire un
metodo epistemologico.
Cos non , la Shiva segue un metodo emotivo e ricattatorio, di sicuro poco
analitico. Purtroppo noi ci eccitiamo per le dichiarazioni ad effetto ma non da-
vanti a grafici che confutano quelle dichiarazioni. un problema moderno: la-
nalisi non emoziona nessuno, la parola s.
In Italia, la parola viene prima di tutto.
I semi Ogm non sono sterili. Come tutte le piante che si ottengono per semi,
anche quelle Ogm sfruttano il vigore eterotico, ossia se si prendono due linee pure
e stabili per caratteri diversi e si incrociano, il prodotto di questo incrocio, detto
F1 sar pi produttivo (per le leggi di Mendel). Ma se si mettono a coltura semi a
partire dallF1, le generazioni successive perderanno vigore.
Ragione per cui tutti i contadini da decenni ormai in tutto il mondo (almeno
dove la rivoluzione verde arrivata) comprano ogni anno i semi dalle industrie
sementiere. Conviene farlo, oltre al vigore eterotico questi semi sono conciati e
dunque esenti da virus e patogeni.
Si otterranno piante pi sane, omogenee e tutte produttive allo stesso modo.
Stessa cosa per i prodotti Ogm e per il cotone Bt che ricordiamo produce una
tossina letale solo per gli insetti, in quanto viene attivata in ambiente alcalino e il
nostro stomaco contiene acido cloridrico. E poi i villi intestinali mancano dei re-
cettori che agganciano la tossina.
Lagenzia internazionale Ifpri, in prima linea nella lotta alla fame nelle aree
pi svantaggiate, ha pubblicato un documentatissimo report che smentisce Shiva.
In estrema sintesi: il numero di agricoltori suicidi non un fenomeno in aumen-
to in India. Dal 2002, anno di introduzione su larga scala del cotone Bt, il nu-
mero dei suicidi fra i contadini in diminuzione rispetto ai suicidi totali nel pae-
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se. Inoltre in questi anni, ci dice il report, sia le rese sia la superficie coltivata a
cotone con lavvento del Bt hanno avuto un vero e proprio boom. LIndia, pur col-
tivando il 25% della superficie mondiale a cotone, ne produceva solo l11%. Oggi,
grazie al Bt lIndia ha superato gli Stati Uniti. Ancora, secondo tutti gli studi pub-
blicati, il Bt non solo ha aumentato la resa, ma ha anche ridotto e di tanto
luso di insetticidi. Se il cotone Bt produce di pi e inquina di meno, perch i con-
tadini si suiciderebbero a causa di quel cotone? Forse ci sono variabili pi com-
plesse da esaminare, che necessitano di un approccio analitico e non emotivo.
Il suicidio dei contadini dovuto, secondo il report, a variabili complesse, le-
gate soprattutto allaccesso al credito. Non dispongono di assicurazione sui pro-
dotti, dunque se il raccolto, per calamit naturali, perduto, allazienda viene a
mancare denaro contante per reimpiantare una coltura, deve per forza chiedere
un prestito e se non pu onorare il debito la situazione dellazienda si fa, anno
dopo anno, pi difficile.
Ci sono dunque variabili pi complesse da esaminare che necessitano di un
approccio analitico e non emotivo, altrimenti il nostro apporto al problema si li-
miter alla tipica indignazione di sinistra che produrr il tipico sapere nostalgi-
co di sinistra.
Insomma, dopo aver letto un report cos dettagliato, con grafici e note a chio-
sa, dopo aver chiarito alcuni aspetti che le dichiarazioni della Shiva tendevano,
al contrario, a occultare o a semplificare, dopo tutto questo, ci si chiede: ma oggi,
in un regime di semplificazione emotiva cos spinto e tenace, oggi che la crisi del-
la sinistra ci fa preferire il sapere nostalgico allanalisi comparativa, oggi che la
mediocrit si impadronita dei settori deputati alla conoscenza, oggi, per au-
mentare il nostro tasso di conoscenza cosa pi importante, freddi ma seri e
analitici dati tecnici o dichiarazioni emotive a largo effetto?
Ah, dimenticavo, il report si conclude cos: i contadini indiani vedono nel co-
tone Bt una potenzialit e non una minaccia.
Dacci oggi il nostro metodo scientifico quotidiano
Infine, come la mettiamo nome? Per cambiare il nostro paese, per passare
dalla cura alla manutenzione, per parlare costantemente con i presidi che ge-
stiscono il futuro dei nostri figli e assicurare a loro una buona sezione, per i
contadini nostrani e quelli indiani, per tutto questo e altro ancora, come la
mettiamo nome?
Sei uno scrittore, no? Dacci un po di luce, non limitarti solo a prevedere la
data della prossima apocalisse.
Io proporrei di affidarci alla metodologia scientifica. Insomma un patto si-
nergico (non nel senso di agricoltura) tra le due culture, per il bene dellItalia, e
per costruire il futuro, potremmo scambiarci saperi e metodi.
Lepistemologia infatti si basa su un costante secondo atto.
Compagni, amici, fratelli, italiani, quello di cui abbiamo bisogno.
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Mi rendo conto, il metodo scientifico non di moda. La moda dire che la
scienza venduta al potere. Questo lo dicono in tanti. Trattasi, infatti, di un feno-
meno (tristemente) noto.
Se affrontate un argomento scientifico, ora di moda, ma con declinazioni di-
verse: Ogm, nucleare, staminali eccetera, con persone che militano in associazio-
ni varie, ambientaliste, politiche di sinistra, dovunque vi capita di affrontare lar-
gomento angolo di strada, radio, televisione potrete ascoltare la seguente affer-
mazione: nella nostra associazione (ambientalista, politica) militano scienziati
indipendenti che svolgono ricerche indipendenti. la questione del nostro orto
scissionista che pi bello del vostro. Oppure, siccome voi siete corrotti noi dob-
biamo difenderci dalla corruzione cercando un protettore.
Siccome sono uno scrittore, posso spingermi a dire che dichiarazioni siffatte
vanno catalogate sotto la voce: affermazione retorica o ricattatoria.
Il tuo interlocutore, cio, vuole estorcerti unemozione. Non intende guada-
gnarsi la tua attenzione con lanalisi ma, al contrario, ti spinge subito in un an-
golo dichiarando che (lui) sta dalla parte giusta del mondo perch (i suoi) scien-
ziati sono, appunto, indipendenti.
Capite bene che unaffermazione siffatta contiene un sottotesto nemmeno
tanto velato: siccome le risorse sono limitate, se noi deteniamo gli scienziati indi-
pendenti, voi vi beccate gli scienziati non indipendenti.
Dunque, tanto per chiarire (ancora un sottotesto), vi beccate quegli scienziati
che sono al servizio delle multinazionali, finanziati con soldi sporchi che masche-
rano la verit eccetera. In teatro o in narrativa quelli che vi ricattano emotiva-
mente sono considerati o mestieranti o persone (artisticamente) disoneste.
Agli angoli delle strade, in televisione o in radio, per, espressioni ricattatorie
come quella di sopra sono una costante: fidatevi di noi, votateci, finanziateci,
perch la nostra ricerca indipendente.
Quello che preoccupa non tanto il singolo ricatto emotivo ma che queste af-
fermazioni, ripetute sui media e ripetute in un paese come lItalia, storicamente
sensibile al fascismo e quindi alle affermazioni totalitarie (e false), queste affer-
mazioni, dicevo, formano un immaginario poi difficile da smontare.
Ogni volta bisogna, con pazienza certosina, spiegare al tuo interlocutore che
il metodo scientifico ha il dovere di scartare le dichiarazioni retoriche ad effetto.
Ma mentre spieghi labc epistemologico, il tuo interlocutore gi avanti pron-
to a ricattarti con unaltra affermazione retorica. Non si finisce mai.
In realt le discipline scientifiche si basano su un ottimo metodo. Questo me-
todo si fonda su tre importanti step: il lavoro viene pubblicato su una prestigiosa
e accreditata rivista; viene poi discusso, cio esaminato punto per punto e pub-
blicamente da gruppi di scienziati che impegnano tutte le loro energie e il loro
sapere per trovare eventuali punti deboli e dunque scartare il lavoro o decidere
di proseguire; vengono eseguiti esperimenti in vari laboratori e questi esperimenti
per essere considerati validi devono per forza riprodurre i risultati ottenuti dalla
teoria di partenza.
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Questo metodo dunque valida una teoria solo dopo un travagliato esame e
unaccurata ricerca della prova. un metodo democratico, nel senso pi umile
del termine, per riuscire nel suo intento gli scienziati devono redigere un inventa-
rio, quello che regge allonere della prova e quello che invece non funziona.
Insomma, nella comunit scientifica io non posso dire: siccome sono indi-
pendente ho visto lunicorno, fidatevi e finanziatemi. Devo non solo dimostrare la
presenza dellunicorno, ma affidare i miei dati a una comunit di esaminatori, i
quali, a prescindere dalle mie nobili dichiarazioni di indipendenza, li dovranno
analizzare punto per punto, e poi, attraverso esperimenti ripetuti in vari laborato-
ri, riprodurre il mio unicorno.
Il grande pubblico generalista a digiuno di metodo scientifico e, a ragione,
annoiato dalle procedure di validazione, spesso finisce per accontentarsi della
prima notizia, specie se sostenuta da un forte tasso di retorica.
Il pi delle volte le notizie che finiscono sui media e che tanto allarmano o in-
dignano riguardano lavori che sono ancora nella fase preliminare. In sostanza,
ci si pu spingere ad affermare che la scienza contro le singoli opinioni, ossia
chiede con insistenza la verifica (pubblica e democratica) di quanto affermato
Si capisce che in un regime dopinioni diffuse e perdipi sostenute con esca-
motage ricattatori, dove vince chi la dice pi grossa (accusando gli altri di mala-
fede) il metodo scientifico dovrebbe non solo diffondersi a partire dalle scuole ele-
mentari (cos si pu ancora migliorare), non solo dovrebbe indagare sulle teorie
che i piccoli orti diffondono, ma fungere da bussola orientativa, soprattutto in un
paese come lItalia, sempre cos in bilico tra interesse privato e pubblica credulit.
Sogno a occhi aperti
Sogno anche io. Romanticamente. Sogno che il tempo migliori e la mia me-
teopatia si spenga, che Mercalli parli solo delle previsioni del tempo e lasci perdere
il nucleare, che i napoletani, i casertani, comincino a fare a botte con quelli che
gli dicono: sembri proprio un tuareg, che Fazio e Dandini invitino in trasmissio-
ne un genetista di fama o il direttore dellIfpri, che il Grande Fratello diventi an-
cora pi importante perch in fondo una trasmissione utile a selezionare quelli
che sanno fare qualcosa da quelli che non sanno fare niente, questi ultimi infatti
scelgono il Grande Fratello ed un bene. Se facessero gli avvocati, gli architetti, i
medici lo farebbero male e a me non va di dover combattere con la preside per
iscrivere mio figlio in una buona sezione e poi scoprire che il professore ha chiesto
laspettativa per soddisfare la sua giusta esigenza di creativit. Quindi meglio
che lo si sappia subito. Uno, dieci, cento Grandi Fratelli.
Sogno per che la ricerca pubblica sia finanziata, che nessun politico dica:
quando sento la parola cultura metto mano alla pistola, cos che agronomi, gene-
tisti, biologi, astronomi, ingegneri nucleari, insomma tutti quelli che hanno ri-
nunciato al Grande Fratello, possano avere tempo e modo di sperimentare tutto
ci che il futuro annuncia come possibile, basandosi esclusivamente sulle loro
passioni. E sono sicuro che, spronati a dovere, inventeranno nuove molecole chi-
miche o reattori nucleari di quarta generazione capaci di distruggere gli insetti e
di fornirci energia senza contaminare lambiente perch il mondo lo si salva
anche attraverso il buon uso della chimica e dellenergia o vaglieranno la capa-
cit di alcune piante di produrre seme in assenza di polline (apomittica), cos da
sganciare i contadini, e non solo quelli indiani, dallindustria sementiera e nello
stesso tempo migliorare la produzione. E sogno che un politico dichiari coraggio-
samente: qui le chiacchiere stanno a zero, valgono pi i dettagliati bilanci
costi/benefici. E ancora, sogno un paese che sappia affrontare il suo secondo atto
ogni volta con coraggio e per farlo faccia uso di tutta la cultura disponibile, senza
steccati, senza limiti parrocchiali da difendere. E alla fine questo paese giunga,
stremato, ma non importa, al terzo atto, proponendoci a sorpresa una dichiara-
zione di limite e non di potenza.
Un paese che abbia il coraggio di dire: era una buona idea ma siamo stati
troppo arroganti nel proporla o forse siamo diventati troppo vecchi per portarla
avanti, abbiamo fatto degli sbagli ma non sappiamo quali, allora, un paese cos
di sicuro vedr arrivare al suo cospetto nuove menti, chimici, agronomi, ingegne-
ri, letterati, artisti, pronti a prendere il testimone della buona idea e a lavorare af-
finch non finisca in cattive mani o venga risucchiato nel buco nero del passato.
PS. Naturalmente sogno che gli archeoagronomi diventino semplicemente
agronomi.
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