Sie sind auf Seite 1von 8

ANTONIO MONTANARI

1945-1964. DALLE MACERIE DELLA GUERRA


AL NUOVO MONDO

LIBERA UNIVERSIT RIGHETTI, CONFERENZA,
Rimini, 2 maggio 2003



1. Dal 1943 al 1945. [1]

Il secondo dopoguerra comincia quando il conflitto ancora in
corso.
A Teheran fra 28 novembre e 1 dicembre 1943 si riuniscono i
tre grandi. Usa, Gran Bretagna e Urss discutono il futuro
assetto internazionale. Nelle mani di Stalin abbandonato il
destino della Polonia, il Paese per il quale Inghilterra e Francia
sono scese in guerra contro Hitler. Le frontiere polacche sono
fatte "scivolare" verso Ovest per quasi 200 km, poich l'Urss
considera definitivamente acquisiti i territori annessi sulla base
degli accordi con Hitler [2].
Alla conferenza di Yalta del febbraio 1945 si stabiliscono questi
punti:
- prosecuzione della guerra sino alla resa incondizionata della
Germania;
- costituzione di governi eletti attraverso libere elezioni nei Paesi
liberati.
Ad Yalta si pongono le basi dello sviluppo democratico post-bellico
e della divisione del mondo in due sfere d'influenza:
- da una parte l'Urss (con il Patto di Varsavia, 1955-91),
- dall'altra gli Usa con i suoi alleati europei (riuniti dal Patto
Atlantico nella Nato, 1949).
Prima che Berlino cada il 1 maggio, Hitler si uccide il 30 aprile.
La resa incondizionata dei tedeschi firmata il 7 maggio, ed entra
in vigore due giorni dopo.
Nel Nord Italia c' stata l'insurrezione generale del 25 aprile.
Mussolini catturato in fuga tra i tedeschi, stato giustiziato il 28.
Resta il problema giapponese. A luglio a Postdam si pone al
Giappone l'alternativa fra la resa senza condizioni o la distruzione
totale. Il 6 agosto a Hiroshima sganciata la prima bomba
atomica, segue il 9 il lancio di un secondo ordigno a Nagasaki. L'8
agosto intanto l'Urss ha dichiarato guerra al Giappone che si
arrende sei giorni dopo.
Da questo momento inizia il nuovo mondo post-bellico.
Di recente uno studioso americano, Eliot Cohen, ha spiegato che il
periodo compreso tra il 1945 ed il 1989 (caduta del muro di
Berlino), definibile come quello della terza guerra mondiale
[3]. Il discorso di Cohen oggi utilizzato da chi parte dal
presupposto che, dal 20 marzo di quest'anno (attacco all'Iraq),
stiamo vivendo la quarta guerra mondiale.
Il discorso pi complesso di quanto questa formula faccia
intravedere, riunendo gli anni dal 1945 all'89 sotto l'etichetta di
terza guerra mondiale, mascherata dietro la guerra fredda
contro l'Urss.
E' vero che il terrore atomico regge il confronto fra gli Stati sino
alla caduta del muro di Berlino ed al crollo del comunismo (1991).
Per quegli stessi anni del secondo dopoguerra non costituiscono
un tutto unico, come avverte anche un filosofo, Bruno
Bongiovanni [4], il quale definisce il blocco 1946-'91 come fase
della pax armata sovietico-americana, suddividendola poi in tre
periodi:
- il primo della guerra fredda sino al 1953;
- il secondo sino al 1975 (il "disgelo" e la contestuale guerra
fredda di movimento surriscaldatasi in Viet Nam);
- il terzo dal 1976 al '91, con la decolonizzazione, l'inizio della
seconda globalizzazione economica [5], e la caduta dei
comunismi.
Gli anni che vanno dal 1945 all'89-'91, risultano composti da
segmenti pi numerosi di questi tre elencati da Bruno
Bongiovanni per un'economia mentale necessaria al suo discorso
che comprendeva quasi due secoli partendo addirittura dal 1815.
Sono segmenti o momenti che assumono fisionomie particolari e
diverse, pur conservando ovviamente stretti legami di
correlazione e di dipendenza fra loro.
Non li potremo esaminare tutti. Ci limiteremo ad un periodo che
dal 1945 si ferma al biennio 1963-64, cio alla crisi cubana,
all'uccisione di John Kennedy, alla pubblicazione della Pacem in
terris di papa Giovanni XXIII ed alle forzate dimissioni di Nikita
Kruscev. Ed all'interno di quest'arco di tempo quasi ventennale,
individueremo tre fasi fondamentali, facendo tappe intermedie al
1953 ed al 1961.


2. Il mondo dopo il 20 marzo 2003.

Prima iniziare il racconto sintetico del periodo 1945-1964, utile
soffermarsi su di un aspetto che riguarda indirettamente
l'argomento che stiamo affrontando.
Ho ricordato la data del 20 marzo di quest'anno, primo giorno del
conflitto iracheno, dichiarato concluso proprio la notte scorsa.
Questo conflitto pu gi ricevere una prima, provvisoria
sistemazione storica non soltanto per quanto riguarda i rapporti
fra Stati Uniti d'America e mondo arabo, ma anche per ci che si
riferisce agli equilibri internazionali occidentali, cio ai legami fra
Usa ed Europa.
L'Europa del 2003 una realt ancora in bilico fra il suo processo
di integrazione politica e la rivendicazione nazionale (non dico
nazionalistica) che Paesi come Francia ed Inghilterra fanno per
una gestione molto autonoma della politica estera.
Nel secondo dopoguerra, Francia e Germania si sono trovate a
gestire i reciproci rapporti seguendo la corsia preferenziale
dell'asse Parigi-Bonn che testimoniava:
primo, la necessit di superare le situazioni di attrito che avevano
portato i due Stati ad essere lungamente nemici e cause degli
scontri militari;
e secondo, il desiderio di esercitare un ruolo privilegiato, quasi di
primato, nel consesso di tutti i Paesi europei.
La realt europea post-bellica concentrata nello sforzo di
superare quelle rivalit che avevano portato agli scontri armati fra
alleanze e blocchi che avevano segnato una netta divisione del
continente sin dalla seconda met dell'Ottocento.
Ancora oggi, nel 2003, noi dobbiamo fare i conti con i residui di
mentalit, pensieri, atteggiamenti che affondano le loro radici nel
XIX secolo.
Per questo motivo credo che l'idea dello sforzo comune per
realizzare qualcosa di nuovo in Europa, sia pi importante delle
inevitabili differenze che restano come un ricordo di divisioni che
fortunatamente non ci sono pi.
Quello che conta che non girino pi per il continente le idee
nazionalistiche, militaristiche ed imperialistiche che ponevano
nella guerra la risoluzione dei problemi e dei contrasti fra Stati.
L'unificazione economica e monetaria (l'introduzione dell'euro
parte dal 2002) soltanto una tappa nella storia politica della
nuova Europa che intanto si apre a nuovi Stati.
Attualmente l'Unione Europea comprende quindici Paesi.
Dieci nuovi membri entreranno a far parte dal prossimo anno:
Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Slovenia, Malta,
Cipro, Estonia, Lettonia e Lituania.
Restano in lista d'attesa: Turchia (se ne discuter dal dicembre
del prossimo anno), Romania e Bulgaria (se ne parler nel 2007).
Su questo quadro, indubbiamente nuovo ed originale, di
un'Europa pacificata, cio senza pi cortine di ferro, muri di
Berlino, Paesi dell'orbita sovietica, si pone urgentemente oggi
l'interrogativo che nasce dalla guerra irachena: quali conseguenze
questo conflitto avr nell'ambito dei rapporti fra le due parti del
blocco occidentale, appunto la parte europea e quella americana?
Uno storico, Piero Melograni [6], ha scritto all'indomani dello
scoppio della guerra irachena, che il divario fra l'Europa e gli Usa,
accentuatosi con questo conflitto, ha radici lontane. Esso
risalirebbe alla vigilia della prima guerra mondiale, quando
l'Europa era militarmente pi potente degli Stati Uniti ed
esercitava un controllo diretto o indiretto sui quattro quinti delle
terre emerse.
Ma rispetto alla situazione del 1914, quella attuale presenta
molti elementi di assoluta novit. [...] Per la prima volta nella
storia non stata l'Europa a chiedere il sostegno degli Usa [...].
Per la prima volta nella storia gli Usa si presentano come l'unica
grande potenza mondiale [...]. Per la prima volta nella storia
l'Europa avverte in forma acuta l'assenza dell'Unione sovietica,
vale a dire l'assenza di un secondo grande poliziotto che, nel bene
o nel male, dell'Europa faceva parte [...].
Conclude Melograni: La crisi attuale insomma dovrebbe indurci a
pensare che le regole sulle quali le relazioni internazionali si sono
basate nel XX secolo, non varranno pi nel XXI.
Quest'affermazione, sul piano storico, ci obbliga a riflettere su
quali fossero appunto quelle regole sulle quali le relazioni
internazionali si sono basate nel XX secolo, nel nostro caso, nel
periodo successivo al 1945. Ma nello stesso tempo ci invita a
chiederci: come cambier la valutazione della storia passata in
base alla nostra situazione attuale?
La storia passata infatti non mai qualcosa di definito una volta
per sempre. Pensiamo soltanto a come, dopo la caduta del muro
di Berlino e del sistema sovietico, sia stata avvertita la necessit
di rileggere il passato, in base a nuovi documenti emersi dagli
archivi, in base alla consapevolezza acquisita che non esistono
miti eterni, ed alla scoperta, da parte di molti, che la storia
diversa dalla propaganda di partito.
Per non parlare delle dirette conseguenze che la caduta del muro
di Berlino e del sistema sovietico ha avuto sul piano pratico. Per
l'Italia, ad esempio, non va soltanto registrata la svolta di Achille
Occhetto (con il 'pensionamento' del Pci e la nascita del Pds al
Congresso di Rimini apertosi il 31 gennaio 1991), ma andrebbe
anche considerata la fine dell'impunit della classe politica per i
reati di corruzione economica, che ha preso il nome di Mani
pulite per indicare l'azione giudiziaria che ha fatto tramontare
un'intera classe dirigente del nostro Paese.
E' stato infatti scritto che il crollo del regime comunista ha fatto
scomparire le giustificazioni che garantivano la liceit morale dei
finanziamenti occulti dei partiti per contrastare analoghe
sovvenzioni sovietiche nei confronti del Pci. Il primo arresto di
Mani pulite del 17 febbraio 1992 a Milano.


3. Dal 1945 al 1964.

Torniamo al tema principale del nostro argomento. Cio al
segmento postbellico che inizia con il 1945 ed approda al biennio
1963-64.
Vediamo in quali altri tre periodi questo segmento possa essere
suddiviso.
Il primo periodo quello che arriva sino al 1953, ed ha al centro
la crisi coreana che si conclude nel luglio di quell'anno soltanto
dopo la morte di Stalin [7].
E' la scomparsa di Stalin (5 marzo 1953) a determinare la
conclusione di questo segmento della nostra storia post-bellica, e
l'apertura di una nuova fase (dal 1953 al '61).
A tre mesi dalla morte di Stalin scoppia la rivolta di Berlino Est
(16 e 17 giugno 1953). E' il primo segnale dell'allentamento dei
durissimi sistemi di controllo staliniani [8].
Tre anni dopo (febbraio 1956) a Mosca si riunisce il XX Congresso
del Pcus, il primo dopo la morte di Stalin.
Un rapporto segreto letto da Nikita Kruscev il giorno dopo la
chiusura ufficiale del Congresso, denuncia gli errori di Stalin e gli
aspetti definiti criminali della sua azione di governo, dalle
purghe degli anni Trenta contro la vecchia guardia leninista in poi
[9].
Il 1956, di conseguenza, un anno decisivo pure nella storia
dell'Est europeo. Il 28 giugno c' la rivolta operaia di Poznam.
Kruscev rinuncia a reprimerla. Ad ottobre ritorna a guidare il
partito comunista polacco Wladyslaw Gomulka, che era stato
allontanato dalla carica di segretario generale con l'accusa di
simpatie per la Iugoslavia [10].
La vittoria di Gomulka scatena la rivolta ungherese. Mosca prima
riconosce ad ogni Paese il diritto di scegliere la propria strada
verso il socialismo, poi scatena la repressione armata.
Il primo ministro Imre Nagy annuncia l'intenzione del suo governo
di negoziare l'uscita dal Patto di Varsavia. Il Cremlino finge di
accettare la richiesta, ma invia l'Armata Rossa. Imre Nagy
condannato a morte e giustiziato. Soltanto due anni dopo ne
viene data notizia da un comunicato ufficiale [11].
Parallelamente si registra la crisi di Suez, dopo la
nazionalizzazione del canale (26 luglio) da parte dell'Egitto.
Londra e Parigi tentano l'ultima affermazione colonialista,
contrastate da Washington che agisce attraverso l'Onu per
fermare Gran Bretagna e Francia [12].
A Londra e Parigi si era associata Tel Aviv con il progetto di far
cadere Nasser, capo dell'Egitto, vicino a Mosca e considerato dai
francesi responsabile della rivolta d'Algeria.
Questa seconda fase di cui stiamo parlando arriva sino alla crisi
cubana del 1961.
Nel settembre 1959 Nikita Kruscev visita gli Stati Uniti. Siamo
nella fase del cosiddetto mondo bipolare, cio dominato dalle due
capitali Washington e Mosca.
Se gli Stati Uniti (presidente Dwight Eisenhower, 70 anni)
cercano di mettere in ombra Gran Bretagna e Francia, Mosca a
sua volta cerca di oscurare la rivale Pechino.
I rapporti fra Urss e repubblica popolare cinese (nata il 1 ottobre
1949) peggiorano sino alla rottura del 1964.
John Kennedy, a 43 anni, vince le elezioni presidenziali del
novembre 1960. Il suo ingresso alla Casa Bianca salutato
come una svolta nella vita non solo degli Stati Uniti ma dell'Intero
Occidente [13].
L'incontro fra Kennedy e Kruscev a Vienna il 3 e 4 giugno per
smentisce le speranze dell'apertura di una nuova fase nei rapporti
fra Est ed Ovest.
Nel frattempo fallita la spedizione americana della Baia dei
porci a Cuba (20 aprile 1961). Poco dopo, il 13 agosto, inizia la
costruzione del muro di Berlino. In ottobre scoppia la crisi di
Cuba. Mosca sta installando missili sull'isola. Kennedy il 22
ottobre annuncia il blocco navale. Un accordo segreto fra Mosca e
Washington prevede che gli Usa rispettino l'indipendenza di Cuba
e del suo regime rivoluzionario; e che l'Urss smantelli le rampe e
ritiri (come avviene) i missili.
Fra Mosca e Washington comincia una nuova fase di rapporti. Un
telefono rosso collega le due capitali per evitare malintesi nelle
situazioni di emergenza. Segue nel 1963 l'accordo per la
sospensione delle esplosioni nucleari.
Siamo entrati cos nel terzo ed ultimo segmento da ricordare (il
triennio 1961-64) in cui scompaiono dalla scena sia Kennedy
(ucciso il 22 novembre 1963) sia Kruscev che quasi un anno
dopo, il 14 ottobre 1964, costretto ad abbandonare sia la
presidenza del Consiglio sia la segreteria del Pcus.
La destituzione di Kruscev ha tre cause [14]:
- fallimento dei suoi programmi per aumentare la produzione
industriale e soprattutto dei beni di consumo;
- l'accusa di avventurismo (per il sogno-progetto di superare
l'America);
- lo spostamento politico verso un accordo con l'America dopo la
crisi di Cuba, a scapito dei rapporti privilegiati con i Paesi
comunisti dell'Est Europa e del Sud-Est asiatico.


4. Giovanni XXIII e la Pacem in terris.

A questo punto occorre ricordare una situazione internazionale
che avr peso per un decennio (quella del Vietnam); ed una
figura non politica ma decisiva per la storia politica di quei tempi
(e dei successivi) come papa Roncalli.
Vietnam. Quando Kennedy muore, gli Usa hanno gi inviato in
quella realt ben 15 mila uomini, definiti consiglieri militari. Nel
1968 arriveranno a pi di mezzo milione. Cinquantaseimila
saranno uccisi o risulteranno dispersi. Nell'aprile 1975 la guerra
d'Indocina finisce con la sconfitta americana e l'occupazione di
Saigon da parte dei Vietcong.
Papa Roncalli. Giovanni XXIII succede a Pio XII nell'ottobre 1958.
Proprio quarant'anni fa, nell'aprile 1963, pubblica la Pacem in
terris, rivolta anche a tutti gli uomini di buona volont, poco
prima di morire (3 giugno dello stesso 1963).
Di recente il vaticanista del quotidiano La Stampa 15 di Torino,
in un commento che porta il significativo titolo La bomba di
Roncalli, ha scritto che la distinzione che chiudeva il documento
- una paginetta - doveva avere conseguenze grandissime.
Ecco quella conclusione rivoluzionaria dell'enciclica, gi di per s
rivoluzionaria nel suo impianto: Non si dovr mai confondere
l'errore con l'errante, ammoniva papa Giovanni XXIII, dopo aver
esortato alla coerenza i cristiani anche quando si tratta di errore
o di conoscenza inadeguata della verit in campo morale. [...] Gli
incontri e le intese [...] fra credenti e quanti credono in modo non
adeguato, perch aderiscono ad errori, possono essere occasione
per scoprire la verit e per renderle omaggio.
Commenta il vaticanista de La Stampa: Si aprivano le porte
del dialogo, veniva di fatto cancellata la scomunica emanata da
Pio XII nei confronti di chi votava per i partiti marxisti. Da rilevare
che nello stesso periodo Papa Roncalli inviava in missione un
monsignore minuto, dagli occhi vivaci e dalla mente sottile, futuro
protagonista della "Ostpolitik" vaticana, Agostino Casaroli.
Sulla pace e sulla guerra, mentre lo status quo del mondo si
reggeva sull'equilibrio del terrore, Giovanni XXIII scriveva: E'
evidente, o almeno dovrebbe esserlo per tutti, che i rapporti fra le
comunit politiche, come quelli fra i singoli esseri umani, vanno
regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce
della ragione; e cio nella verit, nella giustizia, nella solidariet
operante.
Come ha scritto lo studioso Alberto Melloni 16, Giovanni XXIII con
la Pacem in terris rovescia il modo abituale di pensare la guerra
e la pace su tre punti chiave:
1. si afferma la dignit inviolabile di ogni uomo e di ogni
coscienza, per cui si condanna il ricorso alle guerre di religione;
2. si dichiara che nell'oggi vi sono segni dei tempi essenziali
alla Chiesa per comprendere il Vangelo nella storia di cui l'Agnello
la luce;
3. gli antichi parametri della guerra giusta non sono pi validi
nell'era nucleare per cui appunto folle (alienum a ratione
nel testo latino) pensare ancora alla guerra come giusta
restaurazione del diritto.
Melloni scriveva alla vigilia della guerra irachena, sottolineando
che la Chiesa interpretava in quei giorni pi e meglio della
politica la convinzione che quella di oggi non la storia del 1938,
dove ci sarebbe voluta pi risolutezza contro il fascismo e il
nazismo; ma quella del 1962, dove un briciolo di risolutezza in pi
avrebbe incenerito 1,2 miliardi di noi.
Concludeva Melloni: E questa convinzione fallibile, ma
maggioritaria, la interpreta pi la Chiesa depopolata del mondo
secolarizzato, che le istituzioni democratiche dell'Occidente in
frantumi.
La pagina di Melloni conferma nella necessit di una conoscenza
della Storia non solamente come curiosit erudita, ma anche
quale strumento della comprensione del nostro presente.
Lo scorso 28 marzo, padre Enzo Bianchi 17 scriveva sull'attuale
pontefice segnalando tre punti sui quali Giovanni Paolo II
intervenuto a proposito del tema della pace:
1. l'affermazione, inedita e vigorosa, che la pace frutto non
solo della giustizia, ma anche del perdono;
2. la convinzione (espressa il 1 gennaio scorso ricordando i
quarant'anni della Pacem in terris), la convinzione della necessit
di una nuova organizzazione dell'intera famiglia umana per
assicurare la pace e l'armonia fra i popoli;
3. la convinzione che la Chiesa oggi misura la propria fedelt al
suo Signore e compie nel contempo il suo servizio di
evangelizzazione soprattutto attraverso il vangelo della pace,
cio l'annuncio della pace tra le nazioni e tra gli uomini.
A quarant'anni dalla Pacem in terris, un pontefice che ha vissuto
sulla propria carne e nella propria coscienza gli orrori del nazismo
e del comunismo, ha saputo scandalizzare con il suo grido di
pace, quando la parola passava nuovamente alle armi. Questo
suo grido di pace la pi alta lezione morale ricavata da quella
storia che proprio nel 1945 si chiude nei confronti del passato, e
si apre verso quel futuro che anche il nostro presente.


Prospetto cronologico.

1945-53 crisi coreana
morte di Stalin (5 marzo 1953)

1953-61
conclusione della crisi coreana
rivolta di Berlino Est (16 e 17 giugno 1953)
XX Congresso del Pcus (febbraio 1956)
rivolta operaia di Poznam
rivolta ungherese (ottobre 1956)
crisi di Suez
Kennedy presidente Usa (1960)
crisi cubana (1961)

1962-64
Kennedy ucciso il 22 novembre 1963
Kruscev il 14 ottobre 1964 costretto alle dimissioni
Giovanni XXIII e la Pacem in terris (1963)
rottura fra Mosca e Pechino (1964)


NOTE

1 Precedenti conferenze con tema attinente, tenute da me presso
la Righetti:
Il Ventennio, 25 ottobre 1999;
Il fascismo nel contesto europeo, 18 febbraio 2000;
La seconda guerra mondiale, 11 ottobre 2002.
2 Cfr. A. Gambino, Storia e problemi del mondo d'oggi, Bari 1981,
p. 9.
3 Cfr. G. Riotta, L'atlante del dopo, Corriere della Sera,
15.4.2003.
4 Cfr. B. Bongiovanni, Periodizzare per cercare di capire,
l'Unit, 20 aprile 2003.
5 La prima globalizzazione economica nel periodo 1871-1914.
6 Cfr. L'inesorabile declino dell'Europa, Il Sole-24 Ore, 23
marzo 2003, p. 35.
7 Cfr. Gambino, Storia e problemi, cit. p. 115.
8 Ibid.
9 Ibid., p. 151.
10 Ibid., p. 152.
11 Ibid., pp. 153-155.
12 Ibid., pp. 155-156.
13 Ibid., p. 180.
14 Ibid., p. 191.
15 Cfr. M. Tosatti, La bomba di Roncalli, La Stampa, 11 aprile
2003.
16 Cfr. A. Melloni, Quando Papa Giovanni disse no alla violenza
giusta, Corriere della Sera, 18 febbraio 2003.
17 Cfr. E. Bianchi, Il Papa, la pace e gli Usa, La Stampa, 28
marzo 2003.

Das könnte Ihnen auch gefallen