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Ir Nuovo vINo E IL vINo DEGLr EURopEr

In collaborazione con Fabio Maggio*


Intellectuals talk about ideas; ordinary people talk
about things; but boring people talk about wine!
Frances Ann Lebowitz
The results of a blind tasting cannor be predicted and will nor even be
reproduced the next day by the same panel rasting the same wines
Steven Spurrier
*Fabio
Maggio da diversi anni si interessa di storia e cultura del vino; sommeier e socio dell,Associazione Italiana
Sommeliers.
Gu rurzr rN EuRopAl
lmenr'-.4(00
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gusro dei Greci era a favore di vini .t. oggi a.n"1r.-o ptfi
O
corpoe stu-cchevoli (nel senso di eccessivam..rt.
dol.i), p-.ilr, p;;
q$.srq
allungari con l'acqua.
Quando
gli Ellenici diffusero t"
"it. nelle colonie della Magna Grecia, la lorJcdtura vitivnicola si trov
act rnteragrre con uno scenario preesistente, creato dagli Etruschi
nell'Italia del centro-sud. E chiamarono le nuove terre noria, che
per alcuni rimanda al significato di "Terra
del vino". Ma la prima,
1.22 ANTnopor.oc;r,l olL Nil\Nc;t,ttr- F. Dt,L BERE
yg,r-alpbalizzazione della vite si ha a partire dal I secolo a.C. con i
.Romani,
che furono anche fautori di una rivoluzione in senso tec-
.r-rico,
con f introduzione di nuove pratiche in vigna e in cantina e
del concetto di zonizzazione dei vigneti. Ai Romani va il merito di
avere diffuso la vite e la cultura del vino in quasi tutta l'Europa del
loro tempo: tra cui le attuali Francia, Spagna, Germania e province
apparentemente poco vocate per la viticoltura come l'Inghilterra.
T a caduta dell'impero, con la decadenza conseguente delle vie di
comunicazione e del commercio, fu un duro
cqlpo
pef il vino eu-
ropeo, che di fatto sopralvisse fino all'anno 1000 senza conoscere
momenti di vero splendore. l,trbatizzazione vide la nascita di
quella che oggi definiremmo middle-cla.tt, con una disponibilit
economica che consentiva di svincolarsi da una alimentazione di
sussistenza. In Italia rinacque cos l'amore per il gusto e per i beni
voluttuari, tra cui il vino (prima relegato ad oggetto di nicchia per
il consumo della nobilt e del clero); nel resto d'Europa, al con-
-t-rario,
il cgnsumq di vino rimase una pratica per pochi benestanti.
A"partire".dal
XV secolo le cose peggiorarono decisamente, a causa
di uno sconvolgimento climatico noto come
"piccola
glaciazione"
e di numerose pesdlenze e carestie che sconvolsero il Veccho
Continente. fer qualche secolo il vino torn ad avere un'impor-
tanza marginale nella vita e nella cultura degli europei.
L1-ry4qcit-4
dell'enologia mgderqa si pu simbolicamente collo-
care nel XWI secolo, quando nello Champagne il monaco Dom
P,rignon condusse un sistematico lavoro di ricerca il cui risultato
Sgeb"b,e
st-a-tg qg-ello spumante che ancora oggi interpreta il ruolo
.,assoluto di vino pi famoso, buono, elegante e sofisticato nell'im-
maginario collettivo e mediatico. Ma ancora pi importante,
Per
la nostra analisi, fu lo sviluppo dell'enologia nel Bordeaux i cui
-v"-i,rr1,
a
partire dal XIi se__qo!o, tanto successo ebbero nell'alta so-
,ciqt
inglese e di altri pa.esi nordeuropei, anche a seguito di feno-
meni contingenti di natura storica (il matrimonio tra Eleonora di
Aquitania ed Enrico Plantagenete che unific Bordeaux
all'Inghilterra, creando un regime fiscale molto favorevole alla
commercializzazione del vino di Bordeaux oltremanica, grazie al'
l'eliminazione dei dazi doganali). Nei secoli successivi, con il riap-
-4.. Gurc;oNr 123
propriarsi delle zone di produzione da parte di Parigi, queste con-
dizioni favorevoli vennero meno. Pi tardi ancora il ritorno di dazi
doganali elevati rese difficile il commercio di vino tra i due paesi,
aprendo la strada a nuovi produttori europei, come i portoghesi,
i cui vini divennero presro un cub in Inghilterra.
E Nsr- Nuovo MoNoo?
I_colonizzatori europei tenrarono invano di adattare i ceppi del
Vecchio Continente al suolo nordamericano: le piante morivano
dopo poco tempo, senza nessuna ragione apparente: ragione che
venne compresa solo molto pi tardi., In Messico le cose andarono
{ecisamente meglio, al punto che la corre spagnola, preoccupata
che le colonie potessero sviluppare una produzione indipendenre,
prgib a lungo i nuovi impianti di viti europee. La chiesa cattolica
gioc un ruolo importante nello sviluppo embrionale dell'enologia
del Nord America, in particolare della California: il francescano
Junipero
Serra impiant nella zona di San Diego diversi vigneti
usando tn cubiuar probabilmente giunto dalla Spagna attraverso il
Messico (poi diventato famoso con il nome Missior) che fu prora-
gonista della scena californiana fino alla fine del XIX seqolg.
Contemporanearnente, l'ungherese Agoston Haraszthy riusc a por-
tare in California un numero consistenre dei migliori cultivar eu-
ropei, nel corso di diversi viaggi. Haraszthy, che cur in prima
persona la realizzazione dei nuovi impianti,la creazione di cantine
funzionali e la divulgazione di pratiche enologiche avanzate (in-
clusa la limitazione dell'irrigazione delle vigne e l'identificazione
dei migliori legni locali per la costruzione delle botti), pu essere
cpnsiderato a turti gli effetti il padre dell'enologia californiana.
In Sud America la vite approd molto presro: gi nel XVI secolo
si coltivavano le variet Pais in Cile e Criolla in Argentina, vitigni
di bassa qualit probabilmente imparentari con 1l Mission califor-
L24 Axrnopot.oc;tr\ DF.l- NLANGl^nt'. t': Dtit- BlRt:
niano.
-\.-4utamenti
del quadro geopolitico nel corso del XIX favo-
rirono l'arrivo di variet europee, soprattutto francesi ma anche
italiane e spagnole. Fortunatamente questo successe prima del-
l'infestazione elle viti europee da parte della filossera, e cos Cile
e Argentina rimangono tra i pochi paesi in cui la maggioranza dei
vitigni - --
a" .p !e{e .franco,l
grazle
-a49}re
alle particolari co ndizio ni
gs-ografiqfre e pedoclimatiche. Nella seconda met del Novecento
i due paesi si
"aprirono" alla cultura enologica euroPea, ammo-
dernando le proprie pratiche colturali e di cantina e allineandosi
ai parametri qualitativi della migliore produzione internazionale.
Il Sudafrica un altro protagonista tra i paesi del Nuovo Mondo.
Ngl 1685,
in seguito ad un peggioramento delle condizioni di vita
per i Protestanti in Francia, molti ugonotti francesi espatriarono,
anche verso il Sudafrica, portando con s cultivar e cultura vitivi-
nicola di cui erano scarsamente dotati i coloni olandesi. Nel 1792
si produsse qui il primo vino
"di ritorno" di una certa fama, che
percorse a ritroso le usuali rotte del commercio enologico per giun-
gere alle tavole europee. Era il Cap Constantia, che veniva addi-
zionato di al-col pe-r mantenersi meglio durante il viaggio per mare,
e che ebbe ampia notoriet per tutto l'800. La produzione sudafri-
cana conobbe periodi di alterna fortuna, soprattutto a causa delle
vicende geopolitiche europee che influenzarono il commercio mon-
diale, e del boicottaggio del regime dell'apartheid da parte della co-
munit internazionale. Dalla fine di quest'uldmo, negli anni
'90,
il vino sudafricano si definitivamente aperto al mercato mondiale,
e oggi l'alta qualit di alcune sue produzioni unanimemente ri-
conosciuta.
Qui
ha sede la Stellenbosch University che, assieme alla
Universiry of California a Davis, vanta uno dei pi rinomati di-
partimenti di viticoltura ed enologia al mondo.
]
primi
impianti
divite in Australia, basati su cultivar importati dal
Sudafrica, risalgono aila fine del Settecento. Un enologo scozzese,
James
Busby, fond la prima azienda vinicola nella Hunter Valley,
a nord di Sidney. A met dell'Ottocento vennero importate 20 000
.-talee da Chateau Laffitte, in Francia, e si cominci a vinificare se-
A. Gurcctxr 125
condo i dettami di Bordeaux. In generale, per, la produzione era
costituita da vini fortificati di basso prezzo (empire wine). Nella se-
conda met degli anni'50 mut l'atteggiamento mentale degli au-
straliani nei confronti del vino, che cominci ad essere visto come
una bevanda nobile. Da allora molta strada srara fatta, e oggi ['Au-
stralia uno dei produttori consolidati a livello internazionale.
I
oscozzese Busby, che gi aveva legato il suo nome alla HunterVal-
Jey, fu anche uno dei primi produttori in Nuova Zelanda,nel 1836.
Quando,
agli inizi del Novecenro, arriy la filossera, i viticoltori neo-
zelandesi non accettarono l'idea di usare portainnesti di uva ameri-
cana, preferendo l'impianto di un clone del Lambrusco che assicurava
grosse rese ma una bassa qualit dei vini. Segu un periodo di proi-
bizionismo, che contribu a relegare la viticoltura neozelandese in
una situazione di depressione che si protrasse fino alla seconda guerra
mondiale. A seguito del contatto pi stretto con gli europei che de-
riv da questo evento globale, i neozelandesi modificarono alcuni
aspetti del loro "sentire"
e della loro cultura materiale, incluso l'at-
teggiamento verso il vino. Da allora ci fu una vera rinascira della vi-
tivinicoltura, caratterizzata dall'impianto di nuovi cultivar,
dall'adozione di pratiche enologiche pi sofisticate e, in generale, dal-
l'innalzamento della qualit dei vini. Oggi la Nuova Zelanda con-
siderata un paese di riferimento per alcune tipologie di vino, primo
tra tutti iI Sawuignon Blanr' (e poi quelli in stile Borgogna).
Srarsrrcns,
Ad ogg! il Vecchio Continente pu vantare approssimatiyamente
il 45%o delle superfici viticole, il 650/o della produzione, il 57o/o dei
consumi e il70o/o delle esportazioni. Per quello che riguarda i
trend l'analisi va fatta, a nostro parere, nella consapevolezza che le
fluttuazioni sul breve periodo sono poco significative (possono es-
sere indotte, ad esempio, dell'andamento climatico stagionale) e
l2(t Axlnopolocre ool MaxctaRr r onr- Brnu
che esiste una politica agricola ben definita da parte dell'Unione
Europea (EU) che influenza in modo diretto le scelte dei viticol-
tori e la produzione su scala continentale. Nel periodo 2000-2007
emerge sostanzialmente che l'Europa un mercato in equilibrio,
in cui l'andamento della produzione non subisce variazioni im-
portanti. Or,.viamente si tratta di un equilibrio dinamico, dove ad
esempio I'apporto dei nuovi paesi membri (come l'Ungheria) viene
compensato dalla riduzione del contributo di alcuni produttori
tradizionali: come recita un vecchio adagio, nella pratica vitivini-
cola la quantit quasi sempre nemica della qualit e una dimi-
nuzione della produzione pu anche significare un ricollocamento
del mercato nelle fasce di qualit pi alta, fenomeno ritenuto da
alcuni osservatori una evoluzione quasi obbligata dei bacini di pro-
duzione pi maturi. Ci vale in particolare per l'Italia, dove la pro-
duzione dei vini di qualit
(VQPRD) notevolmente aumentata
(da l3 a 15 milioni di hl), adiscapito delle categorie
"inferiori".
Altri due indicatori hanno avuto una crescita significativa: le espor-
tazioni extra-EU, pi che raddoppiate (da7 a 1B milioni di hl),
cos come le importazioni extra-EU (da7 a 12 milioni di hl).
Ma i dati di crescita pir significativi(' riguardano i paesi del Nuovo
Mondo: ffa questi gli USA (+
34o/o),l'Argentina
(+ 13
o/o),l'Australia
(+
90
o/o),
la Cina (+ 29
o/o),
il Sudafrica (+
7
o/o)
, il Cile (+
56
o/o)
,
Inoltre, nel periodo 2002-2006 il consumo totale nell'area EU ri-
masto praticamente costante, mentre i paesi del
\FMTG'
hanno
visto una crescita del consumo del9
o/o
(Hodgen 2008).
Il Vecchio Mondo, dunque, produce e consuma in modo ormai
qonsolidato e stabile nel tempo, anche grazie ad un rapporto cul-
turale di lunga durata uomo-vino: i singoli paesi e la EU sono pre-
occupati principalmente di evitare un surplus di produzione, di
arginare l'attacco dei vini extraeuropei, di salvaguardare le produ-
zioni tipiche e di nicchia. I produttori europei si qualificano, o
tentano di farlo, per la qualit dei vini e per lo pi cercano di evi-
tare la competizione nella fascia low-cosr, che sempre piir sar fre-
quentata da attori con cui meglio non misurarsi (si veda il dato
sulla crescita cinese). D'altra parte, nonostante alcuni vini del
Nuovo Mondo abbiano ormai diritto di cittadinanza nel mondo
A. Grnr;orur 121
rarefatto dei vini di altissima qualit (si veda la sezione successiva),
buona parte dell'export verso la EU riguarda prodotti di fascia
medio-bassa:s in questo setrore diversi produttori extraeuropei
mettono in atto una politica commerciale aggressiva, possibile gra-
zie ad una pratica enologica molto ellcace (e discutibile, secondo
alcuni critici europei) e a una commercializzazione capillare a basso
costo tramite la grande distribuzione organizzata. Rimane infine
il dato interessante sulla composizione "alto
di gamma' delle
esportazioni verso paesi extra-EU: evidentemente c' ancora un
certo elemento di sudditanza culturale degli extraeuropei verso al-
cuni prodotti del Vecchio Continenre, incluso il vino, che pure
oggi sono rappresenrati al meglio
-
nell'immaginario collettivo
-
dai brarud e dalle denominazioni europee pi famose. Ci pare si
tratti di un fenomeno consolidato, capace di resistere anche a con-
dizioni sfavorevoli come l'aumento del cambio euro/dollaro.
LrNtER czroNE
S-embra dunque che ci siano nell'universo del vino due scuole di
pensiero e di produzione
-
il Vecchio e il Nuovo Mondo
-
che si
fronteggiano a livello globale per la suprem azia di mercaro e, cosa
non meno importante, per il primato mediatico e culturale. Su
lquest'ultimo terreno una prima resa dei conti ci fu nel maggio
',1976, a Parigi,e quando l'Academie du Vin organizz un con-
fronto
"alla
cieca' tra alcuni famosi Cabernet Sauuignon e
Chardonnalt francesi e alcuni vini analoghi di provenienza califor-
niana. Il verdetto
-
afidato a 11 giudici, di cui 9 francesi, uno in-
glese (l'organizzatore S. Spurrier), una americana
-
decret in
modo netto quanto inaspettato Ia supremazia californiana.t, Il ver-
detto di Parigi ebbe ampie ripercussioni anche all'esterno del
mondo del vino, se vero che non solo i produttori francesi de-
cretarono I'ostracismo a Spurrier (negandogli per diverso tempo la
partecipazione alle degustazioni dei loro cru), maanche la stampa
1,28 ANrRopor,ocrR on'l MaNctARB o oor- BeRe,
francese censur in modo pressoch totale l'accaduto. Solo dopo
tre mesi Le Figaro scrisse sull'awenimento, definendolo
"risibile"
e
"non
serio"; anche Le Monde sei mesi dopo l'evento pubblic un
articolo analogo (Thber 2005).I risultati furono oggetto di di-
scussioni scientifiche che contestarono la validit del metodo usato
per agglomerare i dati degli undici giudici: analisi pi recenti, ef-
fettuate usando una diversa metodologia, hanno per confermato
i vincitori del 1976 (Ashenfelter 6c
Quandt
1999).
Il confronto Francia-California fu riproposto due anni pir) tardi,
nel l97B a San Francisco; in due distinte sedi (French Culinary
Institute e \fine Spectator) nel 1986, in occasione del decennale;
di nuovo in parallelo in occasione del 3Osimo anniversario (2006),
a Napa in California e a Londra. In tutte le occasioni i vini ame-
ricani furono nuovamente giudicati migliori di quelli francesi.
Lultimo evento ha avuto un particolare significato perch: ha at-
tribuito la vittoria allo stesso vino (il Monte Bello 1971di Ridge
Vineyards) sia nel panel di Napa sia in quello londinese; il mille-
simo del vino, il 1971, eralo stesso dell'evento originale di Parigi
del1976 (dove si era classificato al 5" posto). In questo modo si
cercato di rispondere alle critiche di parte francese che sostene-
vano che i vini di Bordeaux invecchiassero meglio dei concorrenti
californiani. Or,'viamente, l'evento del 1976 ebbe grosse ripercus-
sioni oltreoceano: in California il numero delle aziende vinicole
triplic nel decennio 1980-1990, e la produzione raddoppi nel
periodo 1976-2001, nonostante la tendenza a privilegiare i vini di
alta qualit. Nacque anche il turismo del vino
-
un fenomeno da
10 milioni di presenze per anno (incluso il27
o/o
dei turisti che vi-
sitano San Francisco)
-
con annesso indotto di ristoranti, alberghi
e attrazioni di vario tipo (Peterson 2001).
*Cosa
resta delJudgment of Pa1i1? I francesi song se1nple coqvlng1
che ci possa essere competizione per le bottiglie di 10- I 5 anni., gla
qhe poi i loro vini prendano decisamente il soprawento. E ancora
oggirro., facile pr i vini californiani top-ckss vendere in Franca.
Paradossalmente
(o forse no), anche molti sgmm-g-liqqs
3merlqpi
-o-no -arleora
copvinti della totale superiorit francese pe1 qggllo
ghe riguarda i vini a base di Cabernet Sauuignon e Merlot. E nuovi
A. GurcoNr 1.29
youngguns appaiono sulla scena internazionale e si preparano a re-
stituire alla California il favore che questa fece a suo tempo alla
Francia: ad esempio gli australiani, i cui vini spesso nei concorsi in-
ternazionali hanno la meglio sui produttori francesi e americani.
I1 Giudizio di Parigi ormai un evento simbolo nell'immaginario
collettivo, non solo degli appassionati di vino. AI Sundance Film
Festival del 2008 stato presenraro Bottle Shock, una rilettura en-
fatizzata dell'evento, mentre un secondo film sull'argomento,
Judgment
of Paris, attualmente in produzione.
Ma-il r,apportp Nuore:Vecchio
Mondq.
&tro.a+c,he di cola.
b.orazioni. Tha qu-estE.la pir) famosa probabilmenre quella rela-
tiva ad Opus O-rue, un vino in stile Bordeaux nato da un'iniziatiya
eemune t-ra il californiano Robert Mondavi e il barone francese
Philippe de Rothschild. Una casserta della prima annata di Opus
One, nel 1981, venne batruta all'asta al prezzo record di 24 000
dollari, laciftapi alta mai pagata per un vino californiano. Ancora
oggi Opus One rappresenta un caseetudy di notevole interesse per
diversi aspetti. Nell'ambito di una visione globalizzata coniugata
con lo spirito imprenditoriale USA, prima ancora che un vino top-
class ci viene proposta una cantina-azienda di design che esibisce
un quadro d'insieme fatto di elementi in legno e acciaio inossida-
bile, colonnati in pietra, sedie italiane del XWII secolo, scaloni im-
ponenti, vasi di orchidee bianche, una fantascientifica galleria a
forma di semicerchio che ospita le barrique per l'invecchiamenro.ll
Opus One l'azienda dove si produce il vino omonimo (e solo
quello), ma anche la spettacolarizzazione del processo di vinifi-
eaziofle e la sua trasformazione in intrattenimento: la pratica quo-
tidiana di cantina, con i tini, le botti, i tappi colmatori, la
chiarificazione fatta con i bianchi d'uovo, viene edulcorata, stiliz-
zata e proposta ai visitatori di ogni censo e cultura enologica, si in-
tende dietro il pagamento di un congruo biglietto di ingresso.
Mondavi stato protagonista di diverse altre iniziatiye comuni
con produttori europei e del resto del mondo. In Italia tna joint-
ueruture con i toscani marchesi di Frescobaldi a partire dal1995 ha
portato alla realizzazione di vini a base di Sangiouese e Merlot e al-
I'acquisizione di Tenute dell'Ornellaia, dove si produce il celebre
130 ArsrnopoLocrR nel M,tucrano e opl Bnno
vino omonimo, un suPertuscan in stile Bordeaux. In Cile, un ac-
cordo con la famiglia Chadwick nel 1995 ha portato allarealizza-
zione nella valle dell'Aconcagua del Sea, tn premium label abase
di Cabernet Sauuignon. Altre volte per, l'iperattivit degli onni-
presenti Mondavi genera anticorpi: il caso di Dassac-Aniane,
nella regione francese del Languedoc, dove la famiglia californiana
ha cercato invano di comprare un lotto di vari ettari sulle colline
circostanti il paese, incuranti dell'ar,'vertimento dei tecnici sui ri-
schi di dissesto idrogeologico che la coltivazione a vite avrebbe po-
tuto comportare. Alle elezioni comunali stato eletto il candida.to
comunista
(caso unico in tutta la Francia) che si opponeva alla
vendita del terreno: la joint-ventllrc con i Mondavi cos sfumata.
La vicenda ben documentata dal film Mondouino.')
LE, otrpnRnN zE E Lt, DIFFIDENZE
Le caratteristiche della vitivinicoltura del Nuovo Mondo (i culti-
var, le pratiche di vigna e di cantina, i modi di distribuzione, etc.)
possono essere molto differenti alle diverse latitudini o anche al-
l'interno dello stesso paese di produzione. Per, volendo semplifi-
care, ci sembra di poter identificare due aspetti comuni alla
maggior parte dei produttori extraeuropei:
.
la tendenza ad una
"semplificazione" del panorama dei culti-
var, che privilegia alcune variet di riferimento (i cosidde:ui uitigni
'intcrnazionali);
.
l'esistenza di un contesto normativo molto meno vincolante di
quello europeo, e la conseguente possibilit, maggiore che in Europa,
di sperimentare nuove metodologie e tentare nuove produzioni.
Il primo aspetto quasi una conseguenza diretta del percorso
storico che ha portato la vitivinicoltura nei paesi del Nuovo
Mondo: a parte casi sporadici, non c'erano variet locali preesi-
stenti da salvaguardare, non c'era una tradizione culturale e una
mentalit consolidata con cui fare i conti. Si dovevano impian-
A. Grrr;oNr 131
tare vigneti ex no?)o, e per farlo
yeniva
quasi naturale scegliere le
variet unanimemenre riconosciute come migliori dal punto di
vista dell'equilibrio tra qualit, capacit di adattamenro a con-
dizioni pedoclimatiche non sempre favorevoli, rinomanza inter-
nazionale e apprezzamento da parte dei mercari: quindi i vitigni
internazionali, che tanta fama avevano ormai conquistato in
Francia e da l nel resto d'Europa, Inghilterra in primis: Cabernet
Sauignoru, Cabernet Fraruc, Merlot, Pinot Noir, Syrah tra i rossi;
Chardonnay, Sauuignon Blanc, Riesling e Gewurztraminert3 tra i
b_ianchi. Pochi paesi hanno poi "cosrruito"
un proprio vitigno
caratterizzante, elettivo: il caso dello Zinfandel (imparentato
-con
il pugliese Primitiuo) in California e del Pinotage (un incro-
cio tra Piruot Noir e Cinsaub) in Sudafrica. Sudafrica e California
non a caso sono anche sede di due prestigiosi dipartimenti uni-
versitari di enologia, che tanto hanno contribuito allo sviluppo
di nuove idee, pratiche e variet: a Stellenbosch stato ideato il
gi citato Pinotage, mentre a Davis dovuta, tra le altre cose,
l'introduzione di tecniche innovative come l'uso di sistemi GIS
e mappe satellitari per la gestione informatizzata del territorio e
delle vigne. Il caso della California emblematico perch ha visto
il coesistere di un forte polo per la ricerca applicata e la disponi-
bilit da parte dei produttori a sperimentare e mertere in atto i
risultati della ricerca; ed superfluo evidenziare la differenza di
mentalit rispetto alla media dei produttori europei, tendenzial-
mente pi conservatori. La voglia di tentare nuove soluzioni,
supportata dall'innovazione tecnologica e dalla creativit, rag-
giunge forse il suo apice in Australia e Nuova Zelanda, proba-
bilmente non a caso i paesi geograficamenre e culturalmente pi
lontani dall'Europa. Sembra quasi che qui si abbia "paura"
a fare
un vino in modo tradizionale, e che la produzione debba essere
soggetta ad una evoluzione conrinua. Anche le pratiche di colti-
vazione devono essere innovative: cos, ad esempio, succede che
per alcuni impianti di Sauuignon Blaruc i filari vengono allineati
secondo l'asse est-ovest (in luogo del tradizionale nord-sud, che
assicura una maturazione pi uniforme), in modo da ottenere
grappoli quasi "corri"
dal sole e altri di un colore verde acido,
1.32 ANtnopor-or;re oei- MaNcnru r onl BpRl
che verranno poi mescolati secondo un'opportuna proporzione
per ottenere un vino dalle caratteristiche precise.
Alcuni
lnsegnameqgi
provenienti dai produttori del Nuovo
Mqqdo
sono effettivaente s*itird innalzare il livelLo dlla cul-
tura europea: il caso dell'imporranza della pulizia in cantina, con-
trapposta alla convinzione che l'esistenza di muffe e lieviti
nell'ambiente di lavoro contribuisca in qualche modo alla
"natura-
lit" del vino. Diverse innovazioni tecnologiche sono ormai state
sdoganate presso i produttori nostrani: l'aggiunta di acido ascorbico
ger prevenire l'ossidazione, I'uso di carbone come elemento puiifi-
catore, cos come di proteine di varia natura per la stabilizzazione e
il miglioramento qualitativo del vino, l'irrigazione selettiva, la rac-
colta meccanizzata. Anche I'annosa questione dei tappi sintetici sem-
.bJa
avere ormai raggiunto un compromesso pi o meno condivis,
secondo cui le chiusure in silicone, vetro, plastica, o addirittura a
vite sono ammesse per i vini destinati ad un consumo immediato,
mantenendo per gli altri i tradizionali tappi in sughero.'a
Ma
c' qgg! q4a pratica di cantlna ch9 segna in modo stridente
[a dtflfl renza
di
vedute tra produttori del Vecchio e Nuovo Mondo:
llusq
di trucioli di legno (oak chips) per accelerare i processi dl in-
1e-:qghiamento
del vino e per risparmiare. La velocit con cui il
Iegno cede le sostanze che poi determineranno le caratteristiche
gusto-olfattive del vino dipende dal rapporto quantitativo tra su-
perficie di contatto e volume del vino, che basso per le botti
grandi (che quindi richiedono un lungo invecchiamento), medio
per le barriques, e molto alto per i chips, che permettono cos ma-
turazioni in tempi record, anche poche settimane. C' poi la que-
stione del costo: una barrique di rovere francese (con una capacit
equivalente di 300 bottiglie) costa circa 500 , quando lo stesso e
fetto si pu avere, secondo i produttori di chips, spendendo un
solo (Chapman 2006). Il fronte europeo diviso sull'argomento
(Tgliabue 2003): i produttori di vini a basso costo sono tenden-
zialmente favoreyoli, perch vogliono poter combattere ad armi
parii competitors d'oltreoceano; i produttori alto di gamma sono
per lo pi contrari, vuoi per il timore di una caduta d'immagine,
vuoi per ragioni squisitamente tecniche: si rimprovera ai chips di
A. Gutcoxr 133
conferire al vino percezioni gusto-olfattive monocordi, tutte gio-
cate sulla vaniglia e il cocco (Gutirrez Afonso 2002), ben lontane
dalla complessit acquisibile con la permanenza in botte: e si parla
apertamente di
"vini
di falegnameria" (Massobrio 2006).
Qa
ua
sans dire, assai diversa la posizione dei produttori del Nuovo
Mondo che accusano i colleghi europei di arreuatezza tecnologica
e di conservatorismo. E sostengono che il profilo organolettico di
un
yino
trattato con i chips non differisce in maniera sostanziale
da quello di un vino passato in barrique, soprattutto se si usa la
pratica della micro-ossigenazione, un'altra uexntd quaestio del-
I'enologia moderna (Smith 2000).
Lo soocaNa-naENTo DEL Nuovo GUSTo
Non stupir sapere che la proposta di un
"nuovo"
modo di fare
vino stata accompagnata dall'introduzione di un nuoyo para-
digma di giudizio gusto-olfattivo, che meglio si adatta sul piano
ideologico alle caratteristiche peculiari dei vini del Nuovo Mondo.
Chi scrive ha, per una volta, vita facile nell'indicare con nome e co-
gnome il vero e unico protagonista indiscusso di questa nelp wdue
della critica enologica: Robert Parker da Baltimora, Maryland,
USA. Parker comincia Ia sua attivit di critico nel 1978,'5 con una
newsletter gratuita spedita per posta ad un manipolo di indirizzi
comperati da un numero ristretto di commercianti di vino; al se-
condo numero la newsletter
-
definitivamente chiamata TheWine
Aduocate a partire dall'anno successivo
-
ha gi 600 abbonati pa-
ganti. Parker rompe gli indugi con la critica tradizionale e si gua-
dagna visibilit quando definisce
"superbo"
il millesimo 1982 nel
Bordeaux, che per altri critici legato invece a vini non abbastanza
freschi (cio con un acidit non abbastanza marcata), con un frut-
tato troppo maturo. II dibattito sulla vendemmia l9B2 prosegue
per anni, ma per la prima volta si manifesta quella che poi diven-
ter una delle caratteristiche pi importanti del personaggio: i
134 ANrRopor-ocre orl MeNcmno o nl BpRB
Bordeaux 1982 spuntano un prezzo superiore alla media, prova
che Parker in grado di infuenzare direttamente il mercato. Oggi
TheWine Aduocate una rivista che vanta pi di 50.000 abbonati,
Erobertparker.com il sito
tVeb
sull'argomento vino pi visitato
al mondo, e Parker l'unico critico ad avere ricevuto riconosci-
menti ufficiali da due presidenti della repubblica francesi (Chirac
e Mitterand) e uno italiano (Ciampi) per il contributo alla valo-
rizzazione del patrimonio vinicolo dei rispettivi paesi. Una delle
innovazioni di Parker pi discusse la scala in centesimi per la va-
lutazione delle caratteristiche organolettiche dei vini, che vanno
sempre degustati alla cieca in modo da valutare solo la qualit in-
trinseca del prodotto, pi che il nome e la fama del produttore.
Oggi la valutazione quantitativa dei vini un fatto pressoch ac-
quisito, e negli USA non raro trovare bottiglie con il punteggio
di Parker stampato sull'etichetta. Altri critici sostengono che la va-
lutazione in centesimi troppo "di dettaglio" e necessariamente
introduce elementi di soggettivit, preferendo una scala pi corta
(ad esempio in ventesimi). certo chell parkerismo mLLove da una
idea, condivisibile o meno, di democrazia nel mondo del vino, un
mondo - in particolare nella vecchia Europa - spesso arroccato su
privilegi e posizioni di rendita ereditati dal passato.'6 E la demo-
crazia secondo Parker si esplica valutando il vino che si ha nel bic-
chiere solo in base alle sue caratteristiche intrinseche, non tenendo
conto di fattori mediatici, storici, di
"brand": dando cos la possi-
bilit. al produttore ultimo arrivato, se bravo, di sopravanzare col-
leghi dal blasone pi titolato. Al di l di queste manifestazioni di
pragmatismo anglosassone, il problema vero
-
e l'aspetto pi in-
teressante per noi
-
quello della (ri)definizione dei canoni di va-
lutazione, che Parker rivoluziona a cominciare dal millesimo l9B2
di Bordeaux. Si parla allora di
"parkerizzazione"
dei vini, che di-
ventano meno acidi, pi fruttati grazie avendemmie tardive, pi
morbidi per il ricorso sistematico all'uso di barriques, micro-ossi-
genazioni, fermentazioni malolattiche: e non manca quasi mai la
percezione di
"tostato" e di vaniglia, caratteristica della perma-
flenza in legno piccolo di primo passaggio. La parkerizzazione
probabilmente l'evoluzione e la formalizzazione di una tendenza
A. GrncoNr 135
preesistenre
,
iniziatacon mile Peynaud,,T che ha contribuito alla
definizione di un nuovo stile di vinificazione
"internazionale".
Con questa chiave di lettura, fin troppo facile accostare il nome
di Parker ad una globalizzazione del mondo del vino, che segue un
processo storico apparentemente semplice: prima il Nuovo Mondo
dimostra all'Europa che non ha pi niente da invidiare sul piano
tecnico e lo fa giocando con le regole dell'Europa stessa (il
Giudizio di Parigi del7976, con 9 giudici francesi su 11); poi de-
cide di cambiare le regole di giudizio, assecondandole al proprio
gusto enologico e alla propria metodologia di produzione, con
l'ar,vento del parkerismo. In realt le cose sembrano pi compli-
cate se vero che la pa*erizzazione contribuisce alla nascita dei co-
siddetti Garagistes, piccoli produttori del Bordeau che a partire
dalla met degli anni '90
producono vini conformi alla visione di
Parker, che non a caso attribuisce loro punteggi alti, e in contrap-
posizione ai canoni tradizionali della loro zona di origine (che pre-
vedono vini tannici, a base di Cabernet Sauuigruon, da sottoporre
ad affinamenti molto lunghi). I Garagistes vengono criticati dai
puristi per il loro non rispetto del terroir e delle tipicit locali, ma
spesso incontrano un grande successo di mercato, riuscendo in
qualche caso a superare i mosrri sacri del serrore (come Valandraud
che, con la vendemmia 1995, riceve da Parker un punteggio su-
periore a quello di Chteau Ptrus). Per i Garagisres, e prima di
loro la scuola di Peynaud, di chiarissima ispirazione e impronta
francese, mal si conciliano con la semplice teoria della guerra
Vecchio-Nuovo Mondo. Torneremo su quesro punro pi avanti.
RlaztoNr, o rNNovazroNp?
Mentre scriviamo quesre righe apprendiamo della scomparsa di
Didier Dagueneau,lB figura geniale di uigneron della Loira, maesrro
del Sauuignoru di cui ha fornito interpretazioni cult (come Cuve
Silex, Cuve Pur Sang, Cuve Asteroide). Dagueneau era un pic-
ANtRopor.orx,,\ DrrL MAN(xAtu t, ott. BEno
roltr produttore che vinificava i suoi 12 ettari di Sauuignon nel ri-
sl)ctro dei dettami dell'agricoltura biodinamica, rifiutando I'uso
tlclla frmentazione malolattica e cercando di esaltare le caratteri-
stic:hc clel terroir: si tratta evidentemente di prese di posizione poco
:rllincate alla tendenza attuale, per 1o pi protesa verso f interna-
'r.iorr'.tlizzazione
del gusto, nel senso descritto nella sezione prece-
,lcrrtc. Dagueneau incarnava, assieme ad altri, 10 stato dell'arte di
rrru schiera nutrita di piccoli produttori che coscientemente si
s,,rro ccrllocati fuori dal main stredm dei vini parkerizzati, cercando
,li salvaguardare alcune pratiche consolidate del territorio, a volte
trrrcndole a soluzioni tecnologie d'avanguardia in un originale mix
(r:clizione-modernit.'e Produttori di oggi o del passato recente
,-olnc Catherine e Pierre Breton (Juranqon), Antoine Arena
((rrsica), Bartolo Mascarello (Langhe), Edoardo Valentini
(Abruzzo), Giovanni Battista Columbu (Sardegna), sono l a di-
nostrare che un altro vino, ancorch di qualit, possibile.
lrr Francia, al di fuori del pantheoz dell'enologia nazionale
(lordcaux, Borgogna, Alsazia, Loira, Rodano del Nord; voluta-
rrcrte non includiamo 1o Champagne, che costituisce Llna catego-
rirr a s che poco o niente ha a che fare con la nostra analisi), e nel
rcsto dell'Europa del vino, i cultivar internazionali cedono il passo,
o qLranto meno si affancano, ai vitigni autoctoni.2. Nebbiolo e
,\tngiouese in Italia, Ti:mpranillo e Macabeo in Spagna, Tburiga
Naciorual e Albarino in Portogallo, Assyrtico e Sauatiano in Crecia,
sorro solo alcuni esempi di vitigni autoctoni, che solo in Italia am-
rrronterebbero a quasi 350 variet. La vinificazione in stile
'linter-
rrazionale" pu essere tranquillamente applicata anche ai vitigni
rrtrtoctoni: esempi ben noti sono i Barolo dei modernisti)l ei super'
tusL'ttt? a base Sangiouese.2'Rimangono pero differenze ol'vie sul
piano culturale: un vino autoctono generalmente sentito come
trrr prodotto che esprime
"localit"
e appartenenza al territorio, sia
(lrrcsto circoscritto (come nel caso della Biaruchett/t genzuese) o che
rrlrbracci piii regioni (come 1l Tiebbiano toscano). Oggi la promo-
zionc dei vini autoctoni si colloca all'interno di un movimento di
pcnsiero ben pi vasto e trasversale, di grande attualit: la salva-
gurrdia della biodiversit.'r Cos non stupisce che negli ultimi anni
A. L;t[(;ONr l.t'
siano nate diverse iniziative divalorizzazione e promozione dei vini
autoctoni, come guide,2a eventi e festival dedicati:'5 forse anche per
questo motivo, oltre che per obbedire alle tendenze di mercato, i
produttori cercano di enfatizzare il concetto di terroir anche nel
caso dei vini internazionali. Linteresse per la biodiversit e le variet
locali spesso si accompagna a quello per i vini biologici, ottenuti da
uve coltivate in modo biologico, vinificate senza l'uso di additivi
chimici (coloranti, acidificanti, etc.) e di oak chips, e con un con-
tenuto di solfiti basso o nullo, e per i vini biodinamici.26
Del tutto europeo l'interesse veicolato dal vino su temadche di ri-
vendicazione sociale come Terra e libert/Critical wine, un inizia-
tiva congiunta di alcuni centri sociali e Luigi Veronelli. I temi di
interesse sono legati alla questione ambientale, alla condizione di
vita dei contadini e alla qualit della vita materiale. Il "vino
cririco"
un vino di buona qualit, proposto ad un prezzo ragionevole e
prodotto nel rispetto dell'ambiente. Per questo vengono proposre
la denominazione comunale d'origine e l'indicazione del prezzo
sorgente.'Ira le iniziative anche una serie di appuntamenti con pic-
coli e medi produttori accorsi a raccontare ad un pubblico di cu-
riosi, appassionati e esperti i problemi di chi il vino lo fa. E poi
mercati dei prodotti autocertificati, espressamente pensati per ac-
corciare la filiera, per salvaguardare la qualit dei prodotti e quella
delle relazioni sociali, la tracciabilit del prodotto e del prezzo7
Del gran numero di pagine \feb commerciali in lingua inglese de-
dicate al vino, di provenienza inglese o americana, salta subito al-
l'occhio una caratteristica evidente: anche quando I'intento non
la vendita, si tratta di documenti mirati quasi esclusivamente alla
descrizione analitica e alla valutazione quantitativa del vino, che
solitamente non si curano degli aspetti legati al territorio di pro-
.duzione,
della sua storia, del suo vissuto e di quello del vigneron.
Questo
vero sia per i vini USA, per quali oggettivamente dif-
ficile elaborare un excursus storico di lunga durata sul territorio di
produzione, sia per i vini europei: qui la possibilit di approfon-
dire ci sarebbe, ma evidentemente non nelle corde dei critici an-
138 ANrRopor,ocr,q. oer- MeNcrarc e roL Bnne
glosassoni. Esistono anche un gran numero di pagine, 1l World
\Yine Web, create da dilettanti pi o meno evoluti, strutturate in
forma di blog,'o che per lo pir ospitano riflessioni dell'autore sugli
highlights recenti del mondo del vino, o diforum.'e Sono fenomeni
interessanti, che di fatto costituiscono una forma di controinfor-
mazione collettiva. In particolare i forum sono oggi, in pratica,
l'unica alternativa alle guide che determinano, da Parker in gi, Ia
bont o meno di un determinato vino, con poche possibilit di
controllo da parte del lettore. Certo, la possibilit di degustare rz
primeuFo rimane appannaggio dei professionisti, ma con i forum
spesso possibile ricevere opinioni incrociate su vini e produttori,
anche su etichette di nicchia. E anche grazie alla natura conviviale
del vino stesso, spesso le frequentazioni nel mondo virtuale danno
la stura a incontri nel mondo reale per degustazioni collettive, sim-
posi, visite in cantina.
Infine, parlando del mondo della comunicazione intorno al vino
non si pu non menzionare l'interesse delle majors cinematogra-
fiche per l'argomento da Sideways, che ha fatto conoscere al
grande pubblico il mondo del vino californiano, ai due nuovis-
simi film sul Giudizio di Parigi, che dovrebbero arrivare in Italia
a mesi, tangibile un interesse dei mass media per tematiche fino
a poco tempo fa ristrette al campo degli specialisti. Si tratta di un
evidente asset della cultura del vino internazionale che, a differenza
di quella del Vecchio Continente, fa della comunicazione, anche
in forma di intrattenimento, uno dei suoi punti di forza. Il pi
"europeo"
dei film sul vino, paradossalmente, si deve ad un ame-
ricano,
Jonathan
Nossiter con il gi citato Mondouino.In Europa,
piuttosto, l'attenzione dei mass media per il vino si esplica in ma-
niera significativa attraverso Ia televisione e la carta stampata. E
emblematico il caso dell'Italia, dove esistono numerose trasmis-
sioni o rubriche TV dedicate al buon bere, con servizi in onda
dalle zone di produzione che per lo pi mirano allavalorizzazione
del territorio nella sua globalit; e dove ormai tutti i giornali e le
riviste pi importanti hanno uno spazio, pi o meno esteso, de-
dicato a degustazioni di vini italiani. Anche questo accresciuto in-
A. GurcoNr 139
teresse da parte dei grandi media supporra quanro affermato nel
capitolo precedente, l dove si scrive che quella del sommelier (e
per estensione, aggiungiamo noi, quella del conoscitorr di vini) udi-
venta una professione o comunqu e ulo stltus riconosciuto come
positivo e anzi stimato dalla societr.
CoNclusroNr
II mondo del vino attraversa oggiuna fase che facllmente riqhiama
llua.msgine di n cnfronto %cchio-Nuovo Mondo. In realt,
lrna
diversa chiave di lettura possibile. Storicamente il Bordeaux,
qlmeno per quello che riguarda la sua produzione di pir alta qua-
lit, nasce come una regione vitivinicola con vocazione per Ie
esportazioni verso l'Inghilterra e altri paesi nordeuropei e rale, con
in-evitabili alti e bassi, rimane nel corso degli anni. A partire dal
X\llI secolo, quando si impiantarono i vigneti nel Mdoc, rale era
la presenza dei commercianti inglesi, tedeschi, olandesi, scandi-
navi, che
"raramente
i vini di Bordeaux trovarono la strada per
Parigi".:' Anche nel XVIII secolo, quando le importazioni inglesi
si ridussero al l0o/o del totale, i migliori Bordeaux partivano co-
munque per Londra, dove erano grandemenre apprezzati dalla
high society. Anche nei gialli di Agatha Christie e Conan Doyle
sono frequenti i casi di personaggi altolocati che stappano ceri-
moniosamente preziose bottiglie di claret (Bordeaux rosso).,,, Al
contrario Napoleone Bonaparte, che pure non era un intenditore
di vino, beveva abitudinariamente Chambertin, un vino di
Borgogna. D_unque da sempre, in prarica, il Bordeaux un vino
di chiara ispirazione internaiionale, pir) che un fatto esclusivo della
Irancia. In quest'ottica il Giudizio di Parigi del1976 ha il sapore
eli
un confronto "interno",
tra vecchi e nuovi vini internazionali,
piuttosto che tra Vecchio e Nuovo Mondo.3r Se si vuole parlare di
confronto globale, su un piano squisitamente culturale ha forse
pi valore I'immagine di un blocco di produttori internazionali,
140 ANtRoporocrR oer- MeNcrarc o ooL Bonr,
composto dal Bordeaux, dagli USA e dagli altri paesi anglosassoni
d'oltremare (Australia
e Nuova Zelanda) contrapposro ai produt-
tori tradizionali dell'Europa: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, e
zone della Francia come il Rodano meridionale, la Provenza, la
Corsica. Ma le cose sono anche pi complesse, perch esisre vero-
similmente un terzo blocco di produttori, corrispondente ai paesi
emergenti: Argentina, Cile, Sudafrica, Cina, ... che non possono
essere accomunari agli internazionali. A questo riguardo emble-
matico il fatto nella Wirue Buyer's Guide, 6" edition di Robert
Parker, su un torale di pir) di 1600 pagine solo tre sono desrinate
complessivamente ad Argentina e Cile e una al Sudafrica.
Cosa accomuna i tre blocchi sopra descritti? Gli
"internazionali"
e gli
"emergenti"
fanno uso di uve internazionali, con qualche sal-
tuaria concessione a vitigni locali, o percepiti come rali: Zinfanfulin
California, Torro nts inArgentina, Pino tage in Sudafrica, erc. LJsano
volentieri pratiche tecnologiche avanzate, sia in vigna che in can-
tina, e
-
eccezion fatta per il Bordeaux
-
agiscono all'interno di un
quadro regolamentare e normativo decisamente meno vincolante e
restrittivo di quello europeo. La differenza pi significativa tra i due
gruppi che gli
"internazionali"
hanno elaborato una sovrasrrut-
tura ideologica, a cui ha contribuito in maniera significativa il par-
kerismo, che orviamente funzionale alla valorizzazionedei prodotti
della propria enologia. Gli "emergenri"
non godono dei vantaggi di
questa operazione se non indirettamente, l dove cercano di pro-
durre vini che aderiscano, per quanto possibile, alle caratteristiche
proprie della cultura internazionale. Per conrro la critica interna-
zionale relega gli "emergenri"
ad un ruolo marginale, di produttori
"in
diyenire". Il terzo vertice del triangolo costituito dagli europei,
che generalmente privilegiano una produzione basata su vitigni au-
toctoni, diversi da paese a paese, in nome della salvaguardia della
biodiversit e di tradizioni colturali/culturali di lungo corso.ra
Danno una certa importanza a rematiche di largo respiro, quali la
sostenibilit ambientale, I'approccio biologico o biodinamico, un
sistema di commercializzazione pi democratico, la circolazione
delle idee intorno al vino rramite il\X/eb e altri canali di informa-
zione di massa, in primis la televisione.
A. GurcoNr
Si tratta ol.viamenre di una distinzione di comodo, frutto di
un analisi elementare, che per rende conto di certe evidenze "spe-
rimentali" e semplifica alcuni schemi. Ad esempio, spiega p.r-he
alcuni famosiflyingwine mahers di formazione francese (Bondeaux)
esibiscono mentalit e modi da Nuovo Mondo: semplicemente
sono degli "internazionali".
Nei confronti degli europei gli "internazionali"
hanno in atto
sia politiche aggressive di mercaro, con joint-venrures
che a volte
hanno come risultato l'acquisizione materiale di fette "nobili"
della
produzione europea, sia tentativi di assimilazione culturale, anche
grazie ad operazioni mediatiche di grande effetto condotte arrra-
verso il cinema hollywoodiano e un'industria del turismo enolo-
gico di nuova concezione. Anche cos possibile convincere gli
abitanti del Vecchio Mondo della bont e della moderruitdei vlni
internazionali, e con loro i produttori europei dell'ineluttabilit
di impiantare ovunque Cabernet Sauuignon, Merlot e Chardonnay
che andranno poi vinificati secondo i dettami della nuova t...ro-
logia. Gli "emergenri"
puntano invece all'acquisizione diretta di
quote di mercato di fascia medio-bassa grazie a prezzi fortemente
competirivi, possibili anche per I'uso di tecnologie esrreme come
gli oak chips. Per conrro gli europei hanno una discreta capacit
di penetrazione nel mercaro e nelle abitudini in particolare degli
USA, ma in atto una rendenza che mira ad una maggiore pre-
senza dei produttori locali nel mercaro di quel paese, vidente-
mente a danno degli esportatori europei.
Cosa succeder nel breve periodo? LEuropa sembra un mercaro
in sostanziale equilibrio, dove ad esempio l'apporto dei nuovi pro-
duttori bilanciato da una riduzione fisiologica dei produttoritra-
dizionali: ma molto dipender dalle politiche che la EU vorr
mettere in atto. Anche la scelta di campo dei nuovi produttori eu-
ropei sar importante: cosa faranno Bulgaria, Romania, Turchia,
Urgheria? A parte le produzioni di pregio, come il Tokaji, sce-
glieranno divalorizzare i propri vitigni autocroni, aderendo ad una
corrente di pensiero pi europea, o punteranno su una viticoltura
di stampo internazionale? A prescindere dalle risposte a queste do-
mande, e indipendentemenre dai futuri asserti di mercaro, facile
I
142 ANrRopor.or;r,l DF,r- MANGTARE o or,r Bp,Rg
prevedere che nei prossimi anni le concezioni enologiche europee
e internazionali continueranno ad interagire e a scontrarsi: e c'
da sperare, come augurano alcuni osservatori (Bellini 2007:35),
che analogamente a quanto accaduto con lo Scambio
Colombiano35 all'indomani della Scoperta dell'America, quando la
cucina europea ricevette prodotti alimentari importanti dal resto
del mondo, anche il vino europeo possa partecipare ad un rap-
porto benefico di scambio con le culture degli altri continenti.
Nore al rESTo
1. Il testo di riferimento da cui sono rrame queste brevi note storiche il
noto libro di Catarina Hiort af Orns nella traduzione italiana.
2. La <filossera> (philloxera uastatrix), un afide che arracca le radici della
vite. In Europa si diffuse velocemente nella seconda met del XIX secolo, di-
struggendo buona parte delle vigne del vecchio continente.
3. Cio non innesrara su pianta americana (detta piede o portainnesto) . Le va-
riet americane sono resistenti alla filossera, e il loro uso come portainnesto
oggi ampiamente diffuso in tutto il mondo.
4.
Qui
e nel seguito il nome del vitigno indica, per esrensione, anche il vino
in purezza che ne deriva (fatto cio senza l'apporto di altre variet di uva).
5' La maggior parte dei dati riportati in questa sezione fanno riferimento alla
Policy Agricobure and Rural Deuelopment della Comunir Europea
(http://ec.europa.eu/agriculture/markets/wine/index_it.htm),
in particolare
al rapporto AGzuVIEW 2008.
6. Difrenze nella produzione di vino dal periodo 19g6-2000 al2005.
7. \7orld 7ine Tlade Group, una associazione dei rappresenranri di cate-
goria dei produttori di Argentina, Australia, Canada, Cile, Messico, Nuova
Zelanda, Sudafrica, USA.
8. Ad esempio nel 2001 le esportazioni EU verso paesi non-EU erano ca-
ratterizzate da un valore medio di 3.4ll, conrro un valore medio di2.5 ll
per le importazioni da paesi non-EU
; nel 2006 il rapporto era 3.2 /l con-
tro 2.1 l I (http://ec.europa.eu/agriculture/markets/wine/facts/).
9. http://en.wikipedia.org/wiki{udgment_olParis_(wine)
10. Lo stesso Spurrier, che si attendeva la vittoria dei vini francesi, rimase
sconvolto dai risultati. Basti sapere che quando conobbe i'esito della
"di-
sfida' dello Chardonnay, la prima ad avere luogo, inform i giudici che un
vino californiano era risultato vincitore tra i bianchi. fr.il. prevedere che
questa notizia, che non avrebbe dovuto essere comunicata, ebbe un qualche
effetto sul successivo giudizio sui vini rossi, ancora pi importanti per il pre-
stigio enologico francese. Anche cos, i giudici (la grande maggioranza dei
quali, 1o ricordiamo, era francese) nella degustazione alla "cieca" premiarono
nuovamente un vino californiano.
1 1 . http : //www. opusonewinery.com/
1 2. http://www.feltrinellieditore.itlSchedalibro?id-volum e=5000477
13. Oltre all'Alsazia si producono grandi fuesling in Germania (regione del
Reno), patria di elezione di questo vitigno/vino. Il Gewurztraminer , se-
condo alcuni, originario di Termeno (Tiamin) in AIto Adige ma produce
alcune delle sue interpretazioni migliori in Alsazia.
14. Il problema principale del tappo in sughero il cosiddetto
"sapore di tappo',
riscontrabile secondo certe statistiche nel 5
o/o
dei tappi, causato dalf intera-
zione del cloro (contenuto nell'acqua o nelie sostanze sbiancanti) con certi tiPi
di muffa (si veda ad esempio Domenico Liberati, Il problema del sapore di
tappo, Tigullio Vino, http://www.tigulliovino.itlscrittodavoi/art-141.htm).
Inoltre, il tappo in sughero non sempre assicura una perfetta tenuta all'aria,
comportando il rischio di ossidazione del vino. Per contro, i tappi sintetici for-
niscono una chiusura'troppo ermeticd', accelerando i processi di riduzione, con
il rischio di compromettere le qualit del vino in un tempo relativamente breve.
Sull'uso dei materiali sintetici rispetto al sughero si veda ad esempio l'editoriale
di DiW'ineTaste del 31 giugno 2005 (Vino e tappo: un argomento complesso,
http://www.diwinetaste.com I dwtl k2005061.php).
1 5. http://en.wikipedia.org/wiki/Robert-M.-Parker,Jr.
16. Si pensi ad esempio alla famosa classificazione dei vini del Mdoc
(Bordeau) fatta in occasione dell'Esposizione Universale del 1855 che, a
parte la promozione nei Premiers Crus di Chteau Mouton Rothschild nel
1973, soprawive senza variazione a giorni nostri, anche se non necessaria-
mente riflette Ia gerarchia qualitativa dei vini odierni. Parker, con qualche
ragione, ha sempre sosrenuto che la classificazione del 1855 andrebbe con-
siderata da tutti come una fatto di esclusivo interesse storico.
I7. Peynaud ha di latto introdotto alcuni concerri ormai comunemenre ac-
cettati a.lmeno nella vinificazione di quaJit: il diradamento dei grappoli sulle
piante, la zonrzzazione dei vigneti, la fe rmentazione a remperarura control-
lata, etc. (http : //en.wikipedia. orglwiki I
o/oC3o/o
89 mile_Peynaud)
1 8. http://www.sommelier.itlarchivio.asp?ID_Categoria=9BclD_Anicolo=
1302
19. Di alcuni di loro ha parlato
Jonathan
Nossiter nel gi citato film
"Mondovino"
20. La definizione di piante auroctone nel senso comune , per dirla con gli
inglesi, a pain in the neck. Azzardiamo la seguente: variet coltivate in loco per
un periodo di tempo sufficientemente lungo da farle percepire dalla cultura
popolare e dall'immaginario coilettivo come locali, non provenienti dal-
l'esterno. Cos il Cannonau pu essere consideraro un autocrono sardo, anche
se crediamo sia staro portato dagli spagnoli, e i pomodori, i fichidindia e altre
piante americane possono essere considerate autoctone mediterranee. Per una
discussione pi dettagliata dell'argomento si veda il capitolo VII.
2 1 . http : //www. diwinetaste. co m I dwt I k200 60 1 2. php
22. http: I I www.lctwinery.com/home.html
23. Si veda il capirolo VI.
24. h:tp: I I www.vinibuoni.itl
25. http://wwwfi glidiunbaccominore. it/
26. http: I I www.biodynamics.net.aulwhat_is_biodynamics.htm
27. ClaudiaBonadonna. Tera e libert/critical wirre. Sensibilit planetaria,
agricoltura contadina e rivoluzione dei consumi. Intervista a MaroTibaldi.
http://www.railibrq.rai.itlinterviste.aspiid= 1 83
http : 1i it.wikipedta. org/wiki/Critical-wine
28. Tha i blog in lingua italiana segnaliamo Vino al Vino, il blog di Franco
Zrlirrni (http: //vinoalvino. org/).
29. Tra i forum in lingua italiana consigliamo Il Gambera Ro,sso
(http:llwww. gamberorosso,it) e Rex Bib endi (http:/1www;rexbibendi"eom).
30. Prima delf imbottigliamento e della commercializzazione.
31. Cit., Catarina Hiort af Orns.
32. http://www.flaviograssi.co ml nodel 72
33. vero che a Parigl nel 7976 ci si con{iont anche sugli Chardonnay,
vino delezione della Borgogna, me l"attenzione generale privilegiava sieu-
rarnente la sfida tra rossi brordolesi e cugini californiani.
34.Tradrsni che.spingono gli europei a pratichei imma:giniamo, alquanto
eccentriche agli occhi dei produnori degli altri contiftenti: ad eserrtpio Ia al.
ticohura eroica, in nome della quale si coltivano vigrie in ripidi pendii ad
alta quota o in sco,gliere pericoJosamerrte a picco sul mare.
35. Si veda il capitolo III.

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