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UNIVERSITY

OF
CHICAGO
LIBRARY
GUIDO BATTELLI
i-,
.^^
^y
.^'
y"
LE
PI BELLE
GGENDE CRISTIANE
TRATTE DA GODICI E DA ANTICHE
STAMPE
COMMENTATE
E ILLUSTRATE
CON 32 TAVOLE FUORI TESTO
TERZA EDIZIONE RIVEDUTA
ULEICO HOEPLI
EDITORE LIBRAIO DELLA REAL CASA
MILANO
1928
."::
t
1
'
;
PEOPRIETA RISERVATA
Scuola
Tip.
<
Figli
della Provvidenza >

Milano,
1928
a
'ur>H
^*i->r-
Jt^.UfssS^K^- B
inteoduzio:n"e
E vero
quanto
scrive Giovan Battista Vico
che natura di cose nascimento di
esse\
non sar disutile al lettore conoscere
l'origine
*
di
questo
libro,
perch
tale notizia varr a
chiarirne il
carattere,
a
giustificarne
i limiti ed a
preci-
sarne il fine.
-
Da molti
anni,
nell'insegnare
Storia dell'Arte in
Firenze,
io ho dovuto
accorgermi
che i nostri
giovani
studenti di liceo o di scuole
magistrali,
mentre hanno
una sufficiente conoscenza delle favole
mitologiche,
sono del tutto
ignari
della storia ebraica e
cristiana;
non conoscono i racconti del Vecchio Testamento n
le
parabole
del
Nuasro,
non hanno mai letto il libro dei
Salmi lih il
Vangelo,
e solio
poi perfettamente
all'oscuro
di tutto
quanto
si riferisce alla vita e ai miracoli dei
Santi. Com'
possibile
che in tali condizioni essi
pos-
sano intendere le numerose e
quasi
direi infinite
figura-
zioni
plastiche
ond' cos ricca l'arte
rehgioSa
del Medio
Evo e del
primo
Rinascimento?
Quanti
e
quanti giovani
che conoscevano
per
filo e
per segno
tutte le
pi
minute
particolarit
della
mitologia pagana,
ho visto amniu-
tolir d'un tratto dinnanzi alle
meravighose porte
di bronzo
d'Andrea Pisano e del
Ghiberti,
dinnanzi alle
pitture
del
Vm INTBODTTZIONE
Ghirlandaio nel coro di S. Maria Novella e a
quelle
di
Agnolo
Gaddi in Santa
Croce,
nelle
cappelle giotteshe
dei Peruzzi e dei Bardi e dinnanzi alle
pitture
di Masac-
cio nella Chiesa del Carmine!
Quante
volte nel corso deUe
mie lezioni dovetti avvertirli di non confondere Gio-
vanni Battista con
l'Evangelista,
Maria di
Magdala
con la
peccatrice d'Egitto,
San Paolo
apostolo
con l'ere-
mita della
Tebaide,
Sant'Antonio abate con l'omonimo
di
Padova,
Santa
Caterina d'Alessandria con la dome-
nicana senese vissuta tanti secoli
dopo!
Se
poi
m'acca-
deva d'illustrare le
pitture
del
Mantegna agli
Eremitani
di
Padova,
queUe
di Piero deUa Francesca neUa chiesa
d'Arezzo,
quelle
del
Carpaccio
a
Venezia,
o
quelle
del
Pinturicchio
nell'appartamento Borgia
in
Vaticano,
bisognava
che io raccontassi avanti la
leggenda
della
Croce e
quelle
di San Giacomo e di San
Cristoforo,
di San
Girolamo e di
Sant'Orsola,
di San Sebastiano e di Santa
Caterina,
se volevo che i miei
giovani
fossero in
grado
d'iatendere
quelle figurazioni.
Io non
potevo
riferirmi
a nulla di ci ch'essi avevano studiato in
classe,
ne
sug-
gerir
loro alcun libro che li mettesse in
grado
di
acqui-
stare tali
cogniziom', per
la
sempHcissima ragione
che
un tale libro non c'era ^.
Ecco
dunque
com' nato
questo
volume. Dall'infi-
nito materiale
agiografico
onde ricca la nostra lettera-
tuta
medievale,
ho trascelto una
quarantina
di
leggende
delle
pi
belle,
delle
pi
commoventi,
delle
pi pittore-
^
Per esser
sincero,
dir che talora
consigliavo,
non senza ram-
marico,
la
Legenda
Aurea del
Varagine,
nella traduzione francese
del
Wyzewa.
Mi era doloroso confessare che nessuno dei nostri editori
aveva ancora
pensato
a
stamparne
un
volgarizzamento
italiano. Tale
vergogna
fortunatamente
cessata,
perch Arrigo
Levasti ci ha final-
mente dato una bella edizione di
questo
libro,
pubblicata
a cura della
Libreria Editrice Fiorentina.
INTBODUZIONE IX
sche,
di
quelle
che hanno
maggiormente ispirato
i nostri
artisti,
e che
perci
era
maggiormente
utile far conoscere
ai
giovani^.
Potevo limitarmi a trascrivere uno dei tanti
volga-
rizzamenti del
Varagine (ve
ne sono di
pregevoli per
fedelt e
per eleganza
di
dettato),
ma
poich quest'autore
il
'pi
delle volte abbrevia e
spesso
confonde i
fatti,
cos ho
preferito, quand'era possibile,
ricorrere alle fonti
stesse da cui il
Varagine attinge:
alle Vitae
Patrum,
di
cui abbiamo una mirabile versione del
Cavalca;
alle
narrazioni
pseudoambrosiane
del martirio di
Sanf^Agnese
e di San
Sebastiano,
che
qui per
la
prima
volta
vendono
pubblicate
nella nostra
liagua
^;
alle
ingenue leggende
monastiche del Paradiso
Terrestre,
del Pozzo di San
Patrizio e della
Navigazione
di S.
Brandano;
alle stu-
pende
narrazioni della vita di S. Giovanni Battista e
della
Maddalena,
che insieme con
quella
di
Sant'Orsola,
possono
considerarsi come il fiore
piti splendido
della
nostra letteratura
agiografica
medievale. Dal
Varagine
stesso
per
molte cose
trassi,
lasciando in
disparte
certe sue considerazioni morali e certe curiose
etimologie
che avrebbero stancato e distratto il
lettorCj
senza
pro-
fitto alcuno. Mi
giovai, quand'era possibile,
delle
pubbH-
cazioni a
stampa
del
Manni,
dello
Zambrini,
del
Manuzzi,
del
Bosio,
del Rossi e
d'altri,
che nei bei
giorni
del
pu-
rismo,
pubblicavano leggende
a fine
puramente
filo-
logico, per
trovarvi i fiori di
lingua,
o
magari per
far
dispetto
alla
Crusca,
rimproverandole
di non averli ac-
^
Mi son limitato alle
leggende
de'
Santi,
perch
della Storia ebraica
e delle
origini
del Cristianesimo i nuovi
programmi
molto
opportu-
namente fanno materia d'esame tanto nelle scuole classiche come
nelle
magistrali.
^
Queste
due
leggende
escono
contemporaneamente
in due vo-
lumetti della Collezione Fiori di letteratura ascetica e mistica da me
diretta,
presso
l'Editore Gianniai di Firenze,
INTRODUZIONE
colti nel suo Vocabolario: tenni
presente
le
pubblica-
zioni del D'Ancona e del
Villari,
rivolte a tutt'altro
fine,
quello
cio di far conoscere lo
spirito
dell'et
medievale,
di cui
l'Alighieri
doveva
poi
essere la voce
sovrana;
e
quando
mi venne a mancare l'aiuto della
stampa,
ricorsi
ai Codici: cos che delle
quaranta leggende qui ripro-
dotte,
ben sedici ono inedite.
Questo
materiale raccolto da varie fonti ho distri-
buito in modo che formasse un'unit
organica;
e cos
anzitutto ho collocato le
leggende
che si riferiscono al
Salvatore o alle
persone
che ebbero
immediato
contatto
con
Lui,
poi
via via
quelle degli Apostoli
e
degli
Evan-
geHsti,
dei Martiri e delle
Vergini, degli
Eremiti e dei
Pellegrini,
dei Vescovi e dei
Confessori,
finendo coi
quat-
tro
grandi
Dottori della Chiesa:
Gerolamo,
Ambrogio,
Agostino
e
Gregorio.
In tal modo si
pu
dire che
qui
rappresentato
tutto il
periodo
eroico della storia della
Chiesa,
dal suo nascere al suo definitivo
trionfo,
non solo
nel
campo rehgioso
e
morale,
ma ben anco nel
campo
sociale e
poh'tico, perch
con
Gregorio
la Chiesa ha ormai
conquistata quell'autorit
e
quel potere
che le donazioni
di
Pipino
e di
Carlomagno
non faranno che riconoscere
e consacrare
giuridicamente.
Ad
ogni leggenda
ho fatto
seguire
brevi Annotazioni
con riferimenti letterari ed
artistici,
perch
i
giovani,
ai
quali
il volume
particolarmente
destinato,
potessero
avere le
prime
indicazioni
per
le loro eventuali ricerche.
Per ciascuna
figura
si
potrebbe
scrivere ima
completa
monografia
artistica,
ed anzi
per
alcune di esse si
gi
cominciato a farlo
^,
ma io di necessit dovevo limitarmi
^
Ricorder la
Leggenda
della Croce di Piebo
Mazzoni,
le ormai
numerose
monografie pubblicate
dal Laurens nella sua collezione L'Art
et les Saints e il recentissimo
magnifico
volume del Ventum: L'Arte
a S.
Girolamo, Milano,
F.lli
Treves,
1924.
INTEODTTZIONE
'
XI
a
pochi
cenni e a brevi notizie. Ci
valga
a scusarmi
presso gli
eruditi,
che non vedranno citato
questo
o
quel
lavoro,
questa
o
quell'opera
d'arte.
Le
postille
a
pie'
di
pagina
non hanno altro
scopo
se non
quello
di render chiara e
spedita
la lettura: non
pretendono
di risolvere i molti
problemi
di
cronologia,
di storia civile e
religiosa,
di
teologia
e di
liturgia
che il
testo
suggerisce.
chiaro che non era mio
compito
n il discutere l'autenticit dei fatti
narrati,
ne l'inda-
gare
il
processo psicologico
onde le
leggende
stesse si
son venute formando. La
parola leggenda
va
presa qui
nel suo stretto
significato etimologico:
ci che si
legge
sulla vita d'un
Santo;
ci che infinite
generazioni
hanno
letto e
creduto;
ci che i
poeti per
molti secoli hanno
cantato e
gli
artisti
scolpito
e
dipinto.
Scorrendo
queste
pagine
noi veniamo direttamente a contatto con
l'anima,
con la
vita,
con la fede dei nostri
padri.
Il
pensiro
e il
sentimento di
un'et,
quando
riveste mirabile forma
d'arte,
come avvenne della nostra letteratura
agiografica
del Medio
Evo,
divien
parte integrale
deUa civilt di
una
nazione,
onde a nessuno lecito
ignorarlo.
Lo sto-
rico, l'artista,
il credente troveranno
qui dunque
materia
di
riflessione,
di
studio,
di commozione. Se il
pittore
s'estasier nel
leggere
la
maravigliosa
descrizione della
foresta
piena
di fiori e di animali salvatici di cui il Bat-
tista
giovinetto parla
con tanta
ingenua
freschezza di
fantasia,
lo studioso dei
problemi psicologici
rester
profondamente colpito
dall'intensit di sentimento che
spira
nella
leggenda
della
Maddalena,
e sentir tutta la
passione angosciosa
di
quella
notte insonne che
precede
l'incontro della
peccatrice
col divino
Maestro,
quand'essa
spia
dalla finestrella della sua casa il tramonto delle stelle
sulle
acque
del Giordano e il
sorgere
dei
primi
barlumi
dell'alba;
mentre i
giovani
s'accenderanno d'entusiasmo
Xn INTBODUZIONB
per
l'eroismo
intrepid
delle
vergini
cristiane,
che non
nascondono la loro
fede,
che non tremano dinnanzi ai
pi
crudeli
tormenti,
ma senza esitazione offrono
spon-
tanee alla
spada
del carnfice la bianca
gola
onde il
sangue zampilla
come
vermigUa
rosa.
Cecilia,
Agnese,
Lucia,
Orsola e Dorotea
valgon
bene
gli
eroi
leggendari
di
Plutarco,
e sono
poi
infinitamente
piti degne
della
nostra ammirazione e deUa nostra stima che non tutte
le
Lesbie,
le
Lydie
e le
Lalagi
catulliane ed oraziane dal .
volubile cuore e dai facili amori. Noi
sorprendiamo qui
attraverso
queste
mirabili
prove
di fermezza eroica
dinnanzi alla
morte,
il nascere della nuova coscienza
morale e
religiosa
sotto l'influenza del
Cristianesimo,
che rende all'uomo la sua
dignit,
alla vita il suo
valore,
al sacrificio la sua
ragione suprema:
l'obbedienza al
Dovere.
In
queste pagine
c'
dunque
ben altro di
quanto
non
sospettassero
i nostri nonni
puristi,
di
quel
che in-
teressava i
diligenti raccoglitori
dei fiori di
lingua:
c' lo
spirito
della nuova vita
morale,
della nuova
arte,
della nuova Fede.
Menata
sum,
o vitae novae
exordia,
novisque
vivo Christiana
legibusl
vien fatto di
gridare
con le
parole
di Sant'Ilario di Poi-
tiers.
Di
questa
nuova
vita,
di cui si rende
interprete
tutta
la
poesia
latina cristiana da Prudenzio a San
Bernardo,
da
Papa
Dmaso a San
Bonaventura,
i
giovani
ritrove-
ranno l'eco
frequente
nelle
Annotazioni,
appunto per
invogharli
a cercare e a conoscere la letteratura cristiana
del Medio
Evo,
cos
indegnamente
trascurata fino ad
ora non solo nelle scuole medie ma anche nelle Uni-
versit;
quasi
fosse consentito di saltare a cuor
leggero
INTBODTJZIONE
XTTT
dieci secoli di
storia,
con la comoda scusa che
gli
scrittori
latini di
quell'et
non obbediscono alle
regole
della
gram-
matica e della
prosodia
e non
s'ispirano
ai modelli
classici. Ma se la loro frase non ha
l'ampiezza
e la sono-
rit ciceroniana e se il loro verso non ha l'armonia ora-
ziana,
vibra
pur
non ostante a traverso le loro
pagine
lo
stesso entusiasmo e la stessa fede che cre il bianco
miracolo delle Cattedrali e forz i
pesanti
blocchi
di
marmo ad animarsi di tacita vita e a sollevarsi
leggeri
nell'azzurro
per esprimere
il divino
sogno
delle
anime,
l'aspirazione
dell'infinito.
Anche
per questo rispetto adunque
il volume
giover
ad accrescere la coltura dei nostri
giovani.
E avrei
finito,
se non dovessi fare un'ultima, avver-
tenza
riguardo all'ortografia
del testo.
Riprodurre
la
grafia originale
dei Codici sarebbe stato lo stesso che
rendere il libro
illeggibile;
senza contare
che,
trattandosi
di scritti di mano diversa e di
tempi
diversi,
sebben non
troppo
lontani,
ne sarebbe riuscita la
piti
bizzarra veste
d'Arlecchino che la fantasia di un
filologo potesse
mai
Immaginare.
D'altra
parte
non c'era nemmeno da im-
porsi
la norma d'una uniformit
assoluta,
dato che bene
spesso
lo stesso
Codice,
a breve
distanza,
usava indiffe-
rentemente due modi differenti: comune e
commune,
pazienza
e
pazienzia,
munistero e
monisterio.
Ges e
Jesti. In tanta
incertezza,
ho creduto
opportuno
tenere
una via di mezzo: conservare le forme arcaiche l dove
il
carattere
della narrazione mi
pareva
lo
richiedesse,
e
avvicinarmi all'uso moderno dove lo stile era
pi
sciolto,
pi somighante
al nostro ^. Se mi sono
ingannato,
se ho
^
In alcune
leggende
ho chiuso tra
parentesi quadre
le frasi del
testo latino che eremo state omesse dal
traduttore,
ed ho
collegato
il racconto con didascalie in corsivo
quando
ho abbreviata la narra-
zione.
"^
XIV INTBODUZIONE
abusato di
quH'aeqia potestas
che Orazio voleva riser-
vata ai
pittori
e ai
poeti,
ne chiedo scusa ai
filologi
di
professione
e son
pronto
ad ascoltare i loro benevoli
suggerimenti,
dato che si debba fare una seconda edi-
zione di
questo
libro.
Quod
erit
demoTistrandum,
direbbero i matematici.
Firenze,
21 Marzo 1924.
Giorno di San Benedetto
Guido Battelli
La dimostrazione venuta
prima
assai di
quanto
io
non osassi
sperare.
Esaurita in meno
di
tre mesi la
prima
edizione,
se ne
pubblic
una seconda nell'ottobre
1924;
ed
oggi
esce la
terza,
che
s'avvantaggia
sulle
precedenti per
una
maggiore
correzione del testo e
per qualche aggiunta
alle note. Ai benevoli che mi
furono larghi
di
suggerimenti
e di
plauso,
vada
Vespresaione
sincera della mia rico-
noscenza.
Firenze,
Aprile
1928.
Gr. B.
mDIOE BIBLIOGEAFICO
^
1)
TESTI.
Jacobi a
Vabag^ne,
Legenda
Aurea, vulgo
Historia
Longo-
bardica
appellata,
a cura di T.
Graesse, Breslavia,
1890
(3^ edizione).
Versione
italiana,
pubblicata
a cura di A. Le-
vasti, Firenze,
1924-26
(3 voi.).
Sancii
Ambbosh,
Vita B.
Agnetis
et Ada Sancii Sebastiani
martyris (in Migne, Patrologia
latina,
voi.
XVH).
GREGOBn
Ttjronensis,
De
gloria martyrum (in
Monumenta
Germanie
historica.
Script,
rerum
meroving. I).
Domenico M.
Manni,
Vite de' Santi Padri
volgarizzate
dal Ca-
valca,
aggiunte
le vite di alcuni santi scritte nel buon secolo della
Kngrtfa,
Firenze,
1732-35
(4 voi.).
Stefano
Bossi,
La
leggenda
di Sanf
Jacopo
e di Santo
Stefano,
Firenze,
1834.
FeanCesco
Zambrini,
Leggende inedite,
Bologna,
1855
(2 voi,).
Pasquale VilIiARI
Tradizioni e
leggende
che illustrano la Divina
Commedia, Pisa,
1865.
Alessandro
D'Ancona,
La
leggenda
di Adamo ed
Eva,
Bo-
logna,
1870.

Sacre
Rappresentazioni, Firenze,
1872
(3 voi.).
Paolo
Toschi,
Antico Teatro
Italiano, Firenze,
1926
(2 voi.).
2)
STORIA DELLA CHIESA.
FxjNK,
Storia della Chiesa
(trad. italiana),
Roma,
1908
(2 voi.).
Allabd,
Storia delle Persecuzioni
(trad. ital.),
Firenze,
1918-23
(5 voi.).
Battschen,
Manuale di
Patrologia (trad. ital.),
Firenze,
1912.
Bertrand,
Saint
Augustin, Parigi,
1912.
^
Baggruppo qvii
soltanto alcune
opere
di carattere
generale,
rimandando il lettore alle Annotazioni delle
singole Leggende per
le
opere speciali.
XVI INDICE BIBLIOGBAFIOO
Lecoy de la
Mabchb,
Saint
Martin, Tours,
1881.
BoNAitm,
Sanf
Agostino,
Sani^
Ambrogio,
San
Gerolamo, Boma,
1923
(3 volumetti).
F.
Ebmini,
San
Gregorio,
Roma,
1924.
P.
Battitoi.,
Saint
Gregoire
le
Grand,
Parigi,
1928.
3)
LETTERATURA LATINA DEL MEDIO EVO.
Manittits,
Geschchte der lai. Literatur des
Mittlalters,
Lipsia,
1912.
LabbioIiI/E,
Histoire de la liti, latine
chrtienne,
Parigi,
1921.
Glement,
Carmina e latinis christiania
poetis excerpta, Parigi,
1880.
E. Du
MebU,
Posiea
popidaires
latines du M.
Age, Parigi,
1843.
Moke,
Hymni
latini M.
Aevi,
Fribiirgo,
1866
(3 voi.).
Dbeves,
Die Kircke der Lateiner in ihren
Liedem, Monaco,
1910.

Analecta
hymnica
M.
Aevi,
Lipsia,
1888 e
segg. (48 voi.).
LiETZMATsnf,
Altkirchliche lateinische
Poesie, Bonn,
1910.
Gastoit
BoissrEB,
La
fin
du
Paganisme, Parigi,
1897.
Remy db
Goubmont,
Le latin
mystique, Parigi,
1913.
J. K.
HtnrsMANS,
La
Gathdrale,
Parigi,
1902.
4)
STUDI LETTERARI ED ARTISTICI.
A.
Gbat, Miti,
Leggende
e
Superstizioni
del M.
Evo, Torino,
1892
(2 voi.).
.
A.
MagnaneIiIiI,
Canti
popolari
narrativi del
popolo
italiano,
Roma,
1909.
C.
Guebbieri-Cbooetti,
Antica
poesia
abruzzese. Lanciano,
1914.
M.
Chini,
Canti
umbri, Todi,
1918.
P.
Mazzoni,
La
leggenda
della Croce nlVarte
italiana, Firenze,
1911.
D.
GuEBANGEB,
Sainte Ccile et la societ romaine du IV
sicte,
Parigi
1874.
A.
Ventubi,
L^arte a S.
Gerolamo, Milano,
1924.
L'Art et les Saints: Saint
Martin,
Saint
Nicolas,
Saint
Georges,
Sainte
Lucie,
Sainte
Catherine, etc,
Parigi,
1920 e
segg. (in
corso di
pubblicazione).
Vebdeyen e
EndepoIS,
Tondcdus Visioen en St. Patricius
Vagevuur, L'Aja,
1914.
C.
Wahltjnd,
Brendans
Meerfahrt, Upsala
e
Lipsia,
1900.
''-:^'- \
I.
IL SALVATORE
Surge,
illuminare, Jeruaalem,
quia
venit lumen tuum et
gloria
Domini
super
te orta est.
Isaia,
60,
1.

Battelli,
Leggende
cristiane.
,

-v
LA NATIVIT DI NOSTRO SIGNORE
[Scrittura
inedijia,
cavata dal
volgarizzamento
della Le-
genda
Aurea di
Jacopo
da
Varagine:
Codice Ric-
cardiano
1254,
carte
21-24
passim}*
-Il nascimento del nostro
Signore
Ges
Cristo,
se-
condo la
carne,
s
avvenne,
come alcuni
dicono,
com-
piuti
dal
tempo
d'Adamo
cinquemilia dugento
venti-
nove
^
anni, ma,
come dicono
altri,
furono sei mila anni ^.
A
quel tempo
che '1
figliuolo
di Dio venne in
carne,
tanta
pace
era nell'universale
mondo,
che uno solo im-
peradore
de' Romani
signoreggiava pacificamente
tutto
il mondo. Che siccome
Egli
volle nascere
per
darci la
pace
dell'eternitade,
cos eziandio volse che neente di
meiio
^
la
pace
del
tempo
*
alluminasse il suo nascimento.
Adunque
lo
'mperatore signoreggiante
a tutto '1
mondo
^
volse
sapere quante Provincie
e
quante
cittade
e
quante
castella e
quante
ville e
quanti
uomini fossero
*
Questo codice,
come
appare
dalla rubrica
iniziale,
fu cominciato
a scrivere nel 1394 e fu
compiuto
il 29 dicembre 1396
per
Antonio di
Guido
Berti,
saponaio

a cui Messer Domenedio faccia
grazia
alla fine
sua e a tutti i fedeli cristiani . La lezione infinitamente
superiore per
eleganza
di dettato a
quella
che fu messa a
stampa per
cura di Niccol
Malebmi.a Venezia nel 1475 con
gli splendidi tipi
di
Jenson,
e venne
poi
riprodotta pi
volte col titolo
generico
di
Legendario volgare.
*
il testo latino dice ventotto.
^

computatio
autem sex milKum annorum inventa
fuit
a Methodio
po-
tiua
myatice quam
chronice
(postilla
del
testo).
*
non
meno,
ancora.
*
del
secolo,
del mondo.'-
5
Augusto.
LEGGENDE CRISTIANE
nel
mondo;
comand
adunque
che tutti
gli
uomini an-
dassero alla cittade donde erano
nati,
e catuno offerisse
al
signore
della
provincia
uno danaio
d'argento
che
valesse dieci danari della usuale moneta
^,
per
lo
quale
danaio confessasse s
sottoposto
allo
imperio
di Roma.
Essendo
dunque Gioseppo
della schiatta di
David,
s se n'and da
Nazzarette,
l
dov'egli
abitava,
in Bei-
lem,
e con ci fosse cosa che si
approssimasse
il
tempo
di
partorire
della
Vergine
Maria,
et elli non
sapesse
della
sua
tornata,
s la
prese
e mennnela seco in
Bellem,
non volendo il tesauro a lui commesso da
Dio,
lasciarlo
in mane altrui. E
appresso
n'andossi a
Bellem,
come
racconta Frate Bartolommeo
^
in uno libro
ch'egli
com-
pose,
dove dice ch'essa
Vergine
vidde
parte
del
popolo
rallegrare
e
parte piagnere,
la
qual
cosa
sponendogli
l'angelo,
si disse:
La
parte
del
popolo
che
s'allegra

il
popolo pagano,
il
quale
nel seme d'Abraam ricever
l'eternale
benedizione;
la
parte
che
piange
si il
po-
polo
de'
Giudei,
riprovato
da Dio
per
li suoi mali me-
riti. Et essendo
giunti
ambodue in
Bellem,
non
pote-
rono avere
albergo,
e s
perch
erano
poveri,
e s
perch
gli
alberghi
erano
gi
tutti
presi dagli
altri. Causarono
^
dunque
ad una
coperta
*
sotto la
quale
i cittadini ne' d
da non lavorare si
ragunavano
a sedere e a
ragionare
insieme,
et anche
perch
lo
tempo
era rio e non
potevano
stare fuori .
Gioseppo apparecchi quiritto
^
una
mangia-
toia al bue all'asino. Sicch entro la mezzanotte della
^
valebat decem nummos
usicales,
unde et denariua dicebatur
(postilla
del
testo).
2
Bartolommeo
Anglico,
detto anche di
Glanvilles, francescano,
vis-
suto nel XIII
secolo,
lettore di
teologia
nell'universit di
Parigi,
nto
soprattutto per
la sua
enciclopedia
di scienze
naturali,
intitolata De
proprietatibua rerum,
largamente
usata nelle scuole del Medio
Evo,
e ci-
tata da
Salimbene,
da Vincenzo
di Beauvais e da Brunetto Latini. Ne
abbiamo una traduzione in dialetto mantovano di Vivaldo Belcalzer.
Vedi lo studio di
V.
Gian,
Torino 1902.
^
si
rifugiarono.
4
tettoia.
^
quivi.
IL SALTATORE
domenica la
Vergine
santissima
partorett
il suo Fi-
gliuolo,
e
sopra
lo fieno lo richin
^
nella
mangiatoia.
Il nascimento di Cristo fa in cotale die
per
molte
guise
mostrato;
per
la distrazione del
tempio
dei Ro-
mani e
per
lo cadimento della statua di
Romolo,
la
quale
cadde allora e
stritolossi;
e brievemente tutti
gli
altri
idoli e le statue che in altri
luoghi
n'aveva
pi,
tutti
caddero.
Leggesi
che Geremia
profeta,
discendendo nello
Egitto dopo
la morte di
Godolia,
s diede
segnale
ai
regi,
ovvero ai sacerdoti
dell'Egitto,
che i loro idoli
caderebbero
quando
la
Vergine partorisse figliuolo, per
la
quale
cosa i sacerdoti
degli
idoli in uno
segreto luogo
del
tempio
ordinarono una
imagine
di
vergine portante
uno
garzone
in
grembo,
et ivi s l'adoravano *. Ma ri-
chiesti
poscia
dal re Tolomeo
[dissero]
che
questo
era
misterio di
paternale
ordinamento che i loro
maggiori
avevano avuto da santo
profeta,
e cos credeano do-
vesse avvenire infatti.
Anche,
siccome testimonia Inno-
cenzio
papa
terzo,
a Roma una fontana
d'acqua
si si
mut in licore
d'olio,
e uscette fuori e corse infino al
Tevere. E la Sibilla aveva
profetato
che
quando
ram-
pollasse
^
fontana
d'olio,
allora nascerebbe il Salvatore.
In
quello
d di
Natale,
come dice
Grisostomo,
adorando
i
Magi sopra
uno
monte,
una stella
apparve appresso
di
loro,
la
quale
aveva forma di bellissimo
garzone,
e nei
suo
capo risplendeva
la
croce,
la
quale parlando
ai
Magi,
s disse loro:

Andatene ia
Giudea,
et ivi adorate
il
garzone
nato . Anche la
quello
die
appartteno
*
in
Oriente tre
soli,
i
quali,
a
pco,
insieme tomaxono in
uno
corpo
solare.
*
depose.
^
H culto tradizionale aUa
Vergine
che deve
partorire
era diSuso
anche
presso
i Druidi delle Gallie: la
cripta
della cattedrale di Chartres
si vuole che fosse
appunto
un
grotta
druidica in c\d si venerava la
Vierge qui
doit
enfanter.
Vedi
Mert.et,
La Cathdrale de
Chartres,
Parigi
1913,
pag.
8.
'
scaturisse una
polla.
*
apparvero.
6 LEGGENDE CRISTIANE
In ci
significava
che a tutto il mondo
soprastava
il conoscimento di Dio in tre
persone
e in una essenza.
Anche Ottaviano
imperadore,
come dice Innocen-
zio
III,
avendo sottomesso tutto il mondo aUo
imperio
romano,
in tanto
piacque
a' Senatori di Roma che il
volevano coltivare
^
per
Domeneddio loro. Ma il savio
imperadore, sappiendo
ch'elli era
mortale,
non si volse
prendere
nome dello immortale
Dio,
ma al loro
impor-
tuno
preghiero
^
fece venire la Sibilla
profetessa,
volendo
sapere per
li suoi detti se
maggiore
di lui dovesse na-
scere nel mondo. E con ci fosse cosa che il die di na-
tale di Cristo richiedesse
consiglio sopra
ci;
e la Sibilla
stesse in orazione nella camera dello
imperadore,
entro
il mezzod
apparve
uno cerchio d'oro intorno del
sole,
e nel mezzo del cerchio era una
vergine
belUssima
por-
tante uno
garzone
nel suo
grembo.
Allora la Sibilla
mostr
queste
cose allo
imperadore,
e
meravighandosi
molto lo
'mperadore per
la detta
visione,
ud una voce
che
gli
disse:

Questo
l'altare del
cielo,
e disse a lui
la Sibilla:

Questo
fanciullo
maggiore
di
te,
perci
si
lo adora. S che
questa
camera
consegrata
in onore
della
Vergine
Maria,
onde insino al d
d'oggi
chiamata
Santa Maria d'Aracoeli^. Intendendo
dunque
lo
'mpe-
radore che
questo
fanciullo era
maggiore
di
s,
s
gli
offerette oncenso
*
e rifiut da indi innanzi essere chia-
mato Iddio.
^
dal latino
colere,
il cui
significato
di onorare
qm
confuso dal vol-
garizzatore
con l'altro di coltivare.
2
per preghiera.
Anche Dante nella Vita Nova:

S'ella non ti crede...
alla Glie falle umil
preghiero
.
^
sul colle
capitolino.
Secondo la
tradizione.
Augusto
stesso avrebbe
quivi
innalzato un'ara al Salvatore con la scrzionef Ara
Primigeniti
Dei. Si narra che l'Oracolo di
Delfo,
interrogato dall'Imperatore
rima-
nesse
muto,
ma finalmente cedendo all'insistenza dei
sacerdoti,
quasi
presago
della sua
prossima fine,
rispondesse
con
questo
vaticinio:
Me, puer hbretis,
divo? Deus
ipse gubernans
Cedere
sedejubet, triatemque
redire sub
Orcum;
4.ris
ergo
dehinc tacitis abscedito noatris.
*
incenso.
IL SALVATOBB
Secondariamente il nascimento di Cristo fu mostrato
ancora
per
le
piante
e
gli
alberi,
che in
questa
notte,
come testimonia Bartolommeo nella sua
compilazione,
le
vigne
di
E-igaddo
^,
le
quali
menavano
balsimo,
fio-
rirono e feciono frutto e diedero licore. Nel terzo
luogo
fu mostrato
per gli
animali,
s che '1 bue e l'asino
per
miracolo
cognoscendo
Iddio,
colle
ginocchia piegate
s lo
adorarono^. Nel
quarto luogo
fu mostrato
per
la crea-
tura
^,
come
per
li
pastori.
E in
quella
ora
vegghiavano
li
pastori sopra
la
greggia
loro,
siccome usavano di fare
l'anno due
volte,
cio nelle
pi lunghe
e nelle
pi
corte
notti
dell'anno,
perci
che costumanza fu anticamente
de'
pagani
che in catuno sollistazio
*
cio
quello
di
state,
per
la festa di san Giovanni
Battista,
e in
quello
del
verno,
per
la festa del
Natale,
guardavano

le
vigilie
della notte
per
riverenza del
Sole;
il
quale
costume
gi
era molto cresciuto
appo
i Giudei
per
l'uso di coloro
che abitano tra loro ^. Sicch
l'angelo
di Dio
apparve
a'
pastori
e annunzi loro il Salvatore
nato,
e diede
loro
segnale com'eglino
il
troverebbero,
e immanta-
nente con
quello angelo
fu fatta la moltitudine
degli
angeli
che diceano:

Gloria sia a Dio nelle alte
cose,
e in terra sia
pace agli
uomini di buona
volont!);
sicch i
pastori vegnendo
e trovando tutto come
l'angelo
avea
detto,
s il narrarono
poi agli
altri.
Della utilitade del nascimento di Cristo
parla
san
^
Engaddi,
nella
Giudea,
famosa
per
i suoi floridi
vigneti.
2
Che
gli
animali
parlino
la notte di Natale tradizione disusa e
ancor vivente nel
popolo.
Nella
Spagna
la messa di mezzanotte si chiama
la misa del
gallo perch
si racconta che la notte di Natale il
gallo,
star-
nazzando le
ali,
grid:
Christus natus est! Il bue
chiese,
mugolando:
Uhi?
la
pecora
e la
capra risposero
Betleemx
il corvo chiese
Quando?
e la cornac-
eia
proh.ta:
Hoc noctel L'asinelio allora
ragli
a tutta la comitiva: Eamua!
^
dalle creature
ragionevoli,
oltre che
dagli
animali.
*
solstizio
{solis statio).
^
osservavano,
rispettavano. Vigilie
erano
propriamente
le scolte
che annTinziavno le ore della notte.
^
L'autore intende farci notare che l'uso di celebrare la festa del
Sole era costiimanza
pagana,
non
giudaica,
e che
gli
Ebrei la cele-
bravano
per
uniformarsi ai riti romani.
8
^
LEGGENDE CBISTIANE
Bernardo. Tre mali avea la
generazione
umana;
nel
principio,
nel mezzo e nella
fine;
cio nel
nascere,
nel
vivere e nel morire. Il nascere era
immondo,
il vivere
perverso,
il morire
pericoloso.
Venne C5risto e contro a
questi
tre mali rec tre rimedi
per
che
ncque
e visse
e morio. H suo nascimento
purg
il nostro
^,
la sua vita
ammaestr la
nostra,
la sua morte distrusse la nostra.
Ancora dell'utilitade di
quello
nascimento di Cristo
dice
Agostino
nel libro della
Trinitade,
nell'ottavo ca-
pitolo,
che l'umilt del
fighuolo
di
Dio,
la
quale
mostr
a noi nella sua
incarnazione,
fu a noi un
esempio
con-
venevole il
quale
l'uomo tenesse in sacramento
alto,
per
lo
quale
fosse sciolto lo
legame
del
peccato
nostro,
ed in sommo
medicamento,
per
lo
quale
l'enfiatura deUa
nostra
superbia
fosse sanata *. Che la
superbia
del
primo
umo fu contra a
Dio,
perci
che fu contro al suo co-
mandamento che
gh
aveva
dato,
che non
mangiasse
del
frutto del
legno
della scienza del bene e del male ^.
ANNOTAZIONI
Innumerevoli sono i
componimenti
letterari cui dette ori-
gine
la
leggenda
del
Natale,
cominciando
dagli innografi
cri-
stiani dei
primi
secoli e venendo fino al Manzoni. Ricorderemo
^
Impia
tunostrae domnsti crimina
vitae,
dice
Papa
Dmaso nel
celebre
epigramma
che conaincia Christe
potens rerum,
ecc.
^
L'umilt di Cristo nel vestire la carne umana
stupendamente
rappresentata
nel citato
epigramma
damasiano:
Mortalia corda
Artiflcem
texere
poli, mundique repertor
Pars
fuit
humani
generis, latuitque
sv uno
Pectore,
qui
iotum late
complectitur
orhem;
Et
qui
non
spatiis terrae,
non
aequoris
undis
Nec
capitur coelo,
parvos confluxit
in
artus.
Quin
et
supplica
nomen
nexusque
subisti
Ut nos
surriperes
letho,
mortemque fugares
Morte
tua,
inox aetheras evectus in auras
Purgata repetis
laetum tellure
parentem.
3
Vedi Genesi
II,
17.
IL' SALVATORE 9
l'inno di S.
Ambrogio
Veni,
redemptor gentium, quello
di Pru-
denzioi
che comincia
Quid
est
quod
arcfum circulum Sol
jam
re-
currens
deserit,
e l'altro di Venanzio Fortunato
Agnoscat
omne
saecidum Venisse vitae
praemium.
Post hostis
asperi jugUm Ap-
paruit redemptor.
Adamo da S.
Vittore,
il
grande poeta
cristiano
del XII
secolo,
ispirandosi
a KTotkero
Balbulo,
compose
una
sequenza dialogata
sul
Natale,
dove
immagina
che i fedeli chie-
dano alla
Vergine:
/

Die nohis
Maria,
Virgo
clemens et
pia,
Qvmnodo
facta
es
genitrix,
Quum
tu sis
plasma
de te nascentis?
Ed essa
risponde:

Angelus
est testis
Ad me missits coelestis.
Processit ex me
spes
mea,
Sed incredula manet ludaea.
Onde
poi
la turba esclama:

Credendum, est
magis
soli
Gabrieli
forti
Quam
Judaeorum
pravae
cohorti.
Scimus Ghristum
processisse
De
Virgine
vere:
Tu
nbis,
naie
Bex,
miserere.
Il Natale forn
argomento
anche a vari
Misteri;
ricordiamo
la
Rappresentazione
e
festa
della Nativit di Nostro
Signore,
stampata
alla fine del
Quattrocento
in
Siena,
e
poi
in Firenze
aUe Scale di Badia s.- a. col motto Et verbum caro
factum
est.
Vedi A.
D'Ancona,
Sacre
Rappresentazioni,
Freize
1872,
voi.
I,
pag.
191 e
segg.
Il Machiavelli nelle Istorie
Fiorentine,
all'anno
1466 racconta che
per togHer
via l'ozio e dare che
pensare agli
uomini
qualche
cosa che levasse i
pensieri
di
stato,
fu fatta
una
rappresentazione quando
i tre
Magi
vennero d'Oriente dietro
la stella che dimostrava la nativit di
Cristo,
la
quale
fu di tanta
pompa
e s
raagnifca
che in ordinarla e farla tenne
pi
mesi
occupata
la citt.
10 LEGM^^ENDE CBISTIANE
Anche la
poesia popolare
offre notevole contributo a
questo
tema: basti rammentare i Vieux Nols che ancor
oggi
si cantano
nelle varie
provincie
di Francia \ In
queste
canzoni dialettali
ogni regione
va a
gara
nell'offrire al Bambino i doni della
propria
terra,
e cos la
Borgogna
le
uve,
la Beauce le
granaglie,
la Fiandra
i
tessuti,
il
Perigord
i
tartufi,
e via discorrendo. Il
pi
beUo di
questi
Nols
quello
intitolato II Natale delle
Insegne. Giuseppe
e Maria arrivano a Betlemme sul far della sera
stanchi, sfiniti,
digiuni,
assiderati. Per le vie c'
gran
folla di
gente
venuta
per
il censimento. Occorre trovare un ricovero
per
la notte immi-
nente: e
Giuseppe
si
dirige
a tutte le
insegne d'albergo
che vede
esposte per
le
strade;
ecco una
grande
casa dalle finestre illu-
minate e la cucina odorante
d'arrosto;
Giuseppe
tutto umile
chiede se non c' una
camera,
ma l'oste
risponde
che ha solo
appartamenti per
la
gente
ricca,
point
de chambre
petite
pour vov,s,
ines bonnes
gens.

Proviarao
nell'altra
strada,
dice
Giuseppe,
ma la Ver-
gine
cosi stanca che domanda il suo braccio
per appoggiarsi.

Aidez-moi, donc,
de
grdce,
je
ne
puis plus
marcher;
je
me trouve bien lasse.
Il
faut pourtant
chercher.

Sulla
porta
c' una
donna,
proviamo:
-
Ma bonn et chre
danie^
dites,
n'auriez-vous
point
de
quoi loger
ma
Jemme
dans
quelque petit
coin?
Ma
l'ostessa,
seria:

Les
gens
de votre sorte
ne
logent point
cans.
Allez Vautre
porte,
c'est
pour
les
pauvres gens.
^
Les Vieux
Nols,
Parigi,
Gautier,
s. a.
IL SALVATOBE
11
E
cos,
via
via,
la dolorosa
processione
continua,
fra umi-
liazipni
e
ripulse
successive. Chi. dice di non aver
posto,
chi non
vuol
saperne d'alloggiare povera gente.
Qualcuno
aggiunge
alla
ripulsa
lo
scherno,
e raccomanda di
passare
l'indomani. UAlbero
Verde,
il Cavallo
Rosso,
le Tre
Corone,
chiudono
sgarbatamente
le
porte
in faccia ai
tapini.
Solo un'ostessa ha un
po'
di
piet per gli
.sventurati,
do-
lente di non aver
psto
in
casa,
ma abneno fa
riposare
.un istante
Maria sulla
panca presso
la
porta.
Se non che il
marito,
sgridando,
la chiama:
Cosa stai costi a chiacchierare? Non vedi che
notte?
via,
chiudi la
porta
e falla finita!.
Finalmente
'
Dans Vtat
dplorable
o
Joseph
est
rduit,
il dcouvre une table
malgr
la somare nuit.
C^est la seule retraite
qui
reste son
espoir:
ainsi
plus
d'un
propMte
avait su le
prvoir.
La
Spagna
ha anch'essa un
gran
numero di Canciones e
di Villancicos che si cantano
per
Natale e
l'Epifania,
tra le
quali
ricorderemo
quelle
di
Lope
de
Vega:
Las
pajas
del
pesebre.
Nino
de
Beln,
Hoy
son
fiores y
rosas,
Mariana seran
Mei;
No lloreis
mis
ojos;
La nina a
quien dijo
el
angel Que
estaba de
grada
llena.
Fra le laudi itahane ci baster ricordare
quella
di
Jacopone,
che
comincia: Fiorito Cristo ne la carne
pura
,
e
l'altra,
bellis-
sima,
attribuita al Cardinale Dominici:
Di',
Maria
dolce,
con
quanto
desio . Nella tradizione
popolare

rimasta,
almeno in
parte,
un'antica
laude che si
legge
ia un rarissimo
opuscolo
dei
primi
del
Cinquecento,
conservato nella Riccardiana di Firenze:
Oggi
nato un bel bambino
bianco,
biondo e ricciutiao.
La sua madre
gli
d la
poppa,
la lo
cuopre
con la sua
cioppa^,
^
gonnella.
12 LEGGENDE OMSTIANE
perch
la freddura
troppa
che addiacciava il
poverino.
Oggi
nato un bel bambino.
Nato in terra il re del
cielo,
sol
per
nostro amore e
zelo,
fame, sete,
caldo e
gelo
gi patisce
il
piccinino.
Oggi
nato un bel bambino.
A mezzanotte nato il
sole,
fatte carne le
parole;
nato
gli
rose e
viole,
ed un bianco
pecorino.
Oggi
nato un bel bambino.
Notte santa e
luminosa,
non
pi
scura e tenebrosa
ma beata e
graziosa
poich
'n te nato il bambino.
Oggi
nato un bel bambino.
Della
greggia
escon
gi
fuori
certi
semplici pastori,
portan
cacio,
frutta e fiori
ed un bianco
pecorino.
Oggi
nato un bel bambino.
Hanno fatto un bel
ridone,
entram dentro
ginocchi
one,
ensieine faremo orazione
poi bacerengU
il
piedino.
Oggi
nato un bel bambino.
Siam
qui presso
a un
podere,
se ci venite a vedere
tutti vi farem
godere,
ammazzeremvi un
pecorino.
Oggi
nato un bel bambino.
Non meno numerose dei
componimnti
letterari sono le
figurazioni
artistiche del
Natale,
quantunque
soltanto i Pri-
mitivi
(Giotto, l'Angelico,
Benozzo
Gozzoli,
il
Perugino,
il Pin-
IL SALVATORE 13
turicehio,
il
Botticelli,
il
Francia, ecc.)
abbiano
saputo
intendere
la dolce
poesia
di
questo
avvenimento: nel
'Cinquecento
il Cor-
reggio
colla sua famosa Notte della Galleria di Dresda si
pre-
occupa sopratutto
di
raggiungere
effetti di
luce,
e il Veronese
trae
pretesto
dalla scena della Nativit
per, rappresentare
uno
dei suoi cortei
pomposi
di nobili e di cavalieri veneziani. Per la
novit e
per
la
semplicit
della
composizione
riesce invece sim-
patico
il
quadro
del Baroccio nella Pinacoteca
Ambrosiana,
di
cui esiste tma
riproduzione
anche nella Galleria del Prado di
Madrid.
.
Tra i
fiamminghi
fu
Roggero
van der
Weyden
che
rappre-
sent nel modo
pi maravigUoso
la scena della
Nativit,
nel fa-
moso trittico che ora trovasi nel Museo
dell'Imperatore
Fede-
rico a Berlino. La
Vergine,
tutta vestita di
bianco,
adora il fan-
ciullo disteso a terra sulla
paglia,
mentre S.
Giuseppe,
che
regge
un
piccolo cero,
fa schermo con la mano alla
fanuna,
perch
questa
non offenda il neonato. Tre
angioh inginocchiati
sul
pa-
vimento e tre altri volanti sul tetto della stalla
completano
l
scena,
che tutta suffusa di
profonda "poesia
e di sentimento
religioso.
La
figure
de la
Vierge
est
intraduisible,
d'ixne beaut
surhumaine.... mais les mots ne disent
rien;
ce
qui
ne se
peut
rendre,
c'est l'accent de candeur et de
melanconie,
c'est la
surgie
d'amour
qui jaillit
de ces
yeux
baisss sur l'enfant minuscule
et
gauche,
sur le
Jesulus,
dont le chef est ceint d'un nimbe rose
toil d'or. Jamais
Vierge
ne fut et
plus
extraterrestre et
plus
vivante.
(Huysmans,
ia
Gathdrale,
pag. 370).
Lo
sportello
di destra
rappresenta
i Re
Magi
che osservano
la stella
luminosa,
quello
di sinistra la Sibilla di Tivoli che mostra
ad
Augusto l'immagine
della
Vergine
col
figlio,
nel sole.
Tra i
moderni,
il francese Lue OUvier Merson nel
quadro;
Soir Bethlem ha
saputo
rendere il senso di smarrimento onde

presa
la
famiglia
di Nazaret vedendo
sopraggiiuigere
la notte
senza aver trovato un
alloggio;
e il tedesco Fritz von Uhde nella
sua Santa
Notte,
la
sorpresa
da cui sono
colpiti
i
pastori
assi-
derati
quando, guidati dagli angioli,
entrano nella
capanna
lu-
minosa dove
giace
il celeste neonato.
LA LEGGENDA DI S. GIOVANNI BATTISTA
[Pubblicata
dal
Manni,
voi.
Ili,
pag.
185 e
seg.'\
1. Visitazione della Vergine a S. Elisabetta.
Giugnendo queUa gloriosa
e benedetta
Vergine, piena
di Dio e dello
Spirito
Santo,
a casa di santa
Elisabetta,
entr nella casa e disse ch'eUa era
parente
di santa
Elisabetta. E vedendo costoro
^
questa
cos venerabile
e onesta
giovane,
corse una delle
servigiali
a santa Li-
sabetta,
ch'era in Neaberet in
orazione,
e disse:

Ma-
donna,
e' c' venuta una
giovane,
e dice ch' vostra
parente.
Ella ne
pi
bella che
gK angioli
di Dio e
pi
dilettevole a vedere. Veracemente credo che Iddio abita
con
lei,
che io mi senti' incontanente nell'anima mia
una
grande
divozione di lei . Elisabetta si lev su in-
contanente e venne fuori della
camera,
e la Nostra
Donna,
s tosto com'ella vide
questa
santa
vecchia,
e siccome
maestra
d'umiltade,
incontanente
le
s'inginocchi,
e sa-
lutolla
riverentemente;
e santa Lisabetta
s'inginocchi
a
lei,
poich
s
tosto,
com'ella ud la voce di
Maria,
sent nel ventre suo
l'allegrezza
del fanciullo
Giovanni,
che sent nell'anima sua lo
spirito
della
profezia,
e
per
s'inginocchi
baciandola,
e levossi
suso,
e incominci a
gridare:

Onde ho io
questa grazia
che la Madre del
Signore
mio viene a me? . E la Donna Nostra intese
bene
queste parole
e
guatolla.
Lisabetta
gli
cominci
a dire
come il fanciullo nel ventre suo si faceva s
grande
^
intendi i servi.
SAN GIOVAiJNI BATTISTA
16
allegrezza
ch'ella noi
potrebbe
dire,
e disse:

Benedetta
se' tu
sopra
tutte le
femmine,
e benedetto il frutto del
ventre tuo . E la Nostra Donna disse:

Magnificat
anima mea Dominum . E santa Lisabetta la men nella
camera sua e sedette un
poco
con lei e desiderava d'an-
dare tosto a Zaccheria
^
e
dirgli queste novene
cos
grandi,
e
per
disse a lei:

Riipsati, figliuola
mia,
e io
voglio
andare a dire a Zaccheria come tu ci se'. E
giugno
alla camera di
Zaccheria,
e and a lui con s
grande
festa che
pareva
ima femmina fuor di
se,
e Zac-
cheria la
guat
e molto si
maravigli;
et ella inconta-
nente
gli
disse:
Rallegrati, graziosissimo
vecchio,
che
Iddo t'ha
prestata
tanta
vita;
vedrai
cogli
occhi tuoi
la salute
tua,
e test vedrai la Madre
del,
Signore
di
tutta l'umana
generazione.
Allora
Zaccheria,
non
po-
tendo
favellare?,
fece ini
grandissimo
atto d'ammira-
zione,
e facevale cenno ch'ella
gli
dicesse il fatto. E
santa Lisabetta incominci a dire come la
figliuola
di
Giovacchino e d'Anna era
venuta,
e come incontanente
ch'ella la
salut,
ella sent lo
spirito
della
profezia,
e
dell'allegrezza
del fanciullo ch'ell'aveva nel
ventre,
e
tutto il fatto ch'era
istato,
e disse: Veramente ti dico
ch'ell'ha nel ventre il Salvatore del mondo . E Zacche-
ria,
uomo fedelissimo e santo che conoscea la donna
sua
santissima,
incontanente diede fede alle
parole,
e
gittossi
in terra
ginocchioni,
e lev le mani a cielo e
incominci a lodare Iddio nel cuore
suo,
e a
.gittare
lagrime d'allegrezza
e con
gran
divozione. E allora si
lev santa
Lisabetta,
e and
per
la Dorma Nostra e
menolla a
Zaccheria,
e fece cenno alla
famigUa^
che
non entrassono con loro nella camera. E
quando
la
Donna Nostra vide
questo
santissimo vecchio istare
gi-
^
suo marito.
2
Zaccharia era stato reso muto
dall'angelo
Gabriele,
perch
si era
mostrato incredulo
quando gli
annunzi la sua futura
paternit.
'
ai
servi.
16 LEGGENDE CRISTIANE
nocchioni colle mani levate a lodare
Iddio,
e inconta-
nente si
gitt ginocchione
in terra e salutoUo con
gran-
dissima
riverenzia;
e Zaccheria sinuLnente fece a
lei,
e
incontanente ebbe
per
fermo ci che
gli
era istato
detto. E levaronsi su tutti e
tre,
e
puosonsi
a sedere
con
grande
letizia e
divozione;
e madonna Lisabetta
incominci a domandare la Donna Nostra di
queste
altissime cose ch'erano fatte in
lei,
acciocch Zaccheria
udisse favellare lei di
queste
cose e ricevessene
grandis-
sima
allegrezza.
E la Nostra
Donna,
vedendo
Iddio
aveva manifestato loro il
segreto
e la verit della sua in-
carnazione,
pensomi
ch'ella manifestasse loro il modo
che Iddio tenne con lei nella incarnazione del suo*Fi-
gliuolo,
che non volse manifestare a
Giuseppo,
ch'era
suo
isposo,
infinoattantoch Iddio non
glielo
fece mani-
festare
prima all'angiolo
suo.
Ora istanno
queste
tre
persone
insieme in tanta
allegrezza
e consolazione
ispirituale
che
parevano
che
fussono nel mezzo del
paradiso, ragionando
della mise-
ricordia che Iddio aveva fatta al mondo e a' Padri
santi nel limbo
^,
che avevano
aspettato
tanto
tempo;
e
ragionando
ancora insieme delle
profezie
e delle
pa-
role della
Scrittura,
le
quali
eran dette di
questi
,due
figliuoli
che
quelle
due donne avevano
in
corpo;
e la
Donna
Nostra,
che le
intendeva,
saviamente
isponeva
qual
era di
Giovanni, umilmente,
e con reverenzia e con
voce
bassa,
e 'n
poche parole,
essendo molto
interrogata
da loro. E
quello
Zaccheria,
siccome
discretissimo,
fece
cenno a madonna Lisabetta che la menasse a
riposare
e facesse tutto ci che dovesse e
potesse
alla Nostra
Donna. E Lisabetta si lev e
prese
la Nostra
Donna,
e menlla neUa camera sua e diedele
tempo
di
riposo,
in tutto
quel
modo ch'ella
potesse pensare
che
piti
le
piacesse.
E
quando
la Donna Nostra si
part
da Zac-
cheria,
e
quello
benedetto
santo le
guatava
dietro e
i
quali
sarebbero stati liberati da Ges nella sua discesa al Limbo.
M. Albertinelli
(Firenze
-
Gali,
degli Uffizi).
La Visitazione.
(fot. Brogi).
16
LEGGENDE CRISTIANE
nocchioni colle mani levate a lodare
Iddio,
e inconta-
nente si
gitt ginocchione
in terra e salutoUo con
gran-
dissima
riverenzia;
e Zaccheria similmente fece a
lei,
e incontanente ebbe
per
fermo ci che
gli
era istato
detto. E levaronsi su tutti e
tre,
e
puosonsi
a sedere
con
grande
letizia e
divozione;
e madonna Lisabetta
incominci a domandare la Donna Nostra di
queste
altissime cose ch'erano fatte in
lei,
acciocch Zaccheria
udisse favellare lei di
queste
cose e ricevessene
grandis-
sima
allegrezza.
E la Nostra
Donna,
vedendo Iddio
aveva manifestato loro il
segreto
e la verit deUa sua in-
carnazione,
pensomi
ch'ella manifestasse loro il modo
che Iddio tenne con lei nella incarnazione del suo Fi-
gliuolo,
che non volse manifestare a
Giuseppe,
ch'era
suo
isposo,
infinoattantoch Iddio non
glielo
fece mani-
festare
prima all'angiolo
suo.
Ora istanno
queste
tre
persone
insieme in tanta
allegrezza
e consolazione
ispirituale
che
parevano
che
fussono nel mezzo del
paradiso, ragionando
della mise-
ricordia che Iddio aveva fatta al mondo e a' Padri
santi nel limbo
^,
che avevano
aspettato
tanto
tempo
;
e
ragionando
ancora insieme delle
profezie
e delle
pa-
role della
Scrittura,
le
quali
eran dette di
questi
due
fgHuoli
che
quelle
due donne avevano in
corpo;
e la
Donna
Nostra,
che le
intendeva,
saviamente
isponeva
qual
era di
Giovanni, umilmente,
e con reverenzia e con
voce
bassa,
e 'n
poche parole,
essendo molto
interrogata
da loro. E
quello
Zaccheria,
siccome
discretissimo,
fece
cenno a madonna Lisabetta che la menasse a
riposare
e facesse tutto ci che dovesse e
potesse
alla Nostra
Donna. E Lisabetta si lev e
prese
la Nostra
Donna,
e menlla nella camera sua e diedele
tempo
di
riposo,
in tutto
quel
modo ch'ella
potesse pensare
che
pi
le
piacesse.
E
quando
la Donna Nostra si
part
da Zac-
cheria,
e
quello
benedetto santo le
guatava
dietro e
^
i
quali
sarebbero stati liberati da Ges, nella sua discesa al Limbo.
M. Albertinelli
-
La l'esitazione.
(Firenze
-
Gali,
degli Uffizi). (fot. Brogi).
h-
SAN GIOVANNI BATTISTA 17
benedicevala,
e adorava il
Figliuolo
di Dio ch'era con
lei,
e con dolci
lagrime
di divozione rimase nella camera
sua,
ringraziando
Iddio,
tutto infocato d'amore e di le-
tizia,
tantoch non si
potrebbe
stimare. Oh
Dio,
che
a
pensare
di
quella
benedetta casa dov' il Santo de'
santi,
il Fattore di tutti i re e il
Signore
de'
signori!
Eravi la madre
sua,
santa
sopra
tutte l'altre sante e
santi che furono e che saranno. Eranvi
quelli
due santi
vecchi Zaccheria e
Lisabetta,
alli
quaH
fu
prima
mani-
festato il
segreto
della incarnazione che a
persona
che
fusse in
questo
mondo,
e anche v'era il loro
figliuolo
^
che era eletto da Dio
per
banditore della verit sua
ad
apparecchiare
la via dinanzi al
Figliulo.
Istato
dunque
insieme in una casa cotali madri e cotali
fighuoH,
an-
cora vi stavano moltitudine
d'angeli,
a
guardia
della
Donna Nostra e del
FigUuolo
ch'ella aveva q
corpo.
Istavano
queste
Donne
insieme,
e la
maggior parte
del
tempo
stavano all'orazione e a laude di
Dio;
e
quando
si trovavano
insieme,
continovamente favellavano in-
sieme delle Scritture
.e
delle
profezie,
e del
tempo
de'
padri
antichi e del
tempo
novello,
e del
Figliuolo
di Dio
che doveva
venire,
e
sopra questo
si dilettavano som-
mamente;
e Zaccheria si
rallegrava
q se
medesimo,
non
potendo favellare,
con
grande
festa di
quello
che Dio
gli
aveva
iUumiaati,
e fedelmente credeva. Benedetta
e laudata sia tale
ragunanza
e
compagnia,
e anche be-
nedetto sia
quel luogo
santo
dov'glino
abitavano!
quante
dolci cose si
possono pensare
di
queste
due
madri di cotali
figliuoli,
istando insieme tre mesi e anche
pi!
Ch'io mi
penso
che la Kostra Donna voUe istare
tanto che si
ponesse
il nome di Giovanni e che fosse
renduta la favella a
Zaccheria,
sicch'ella udisse della
bocca sua
quello
che
l'angiolo gli
aveva annunziato
di
questo
benedetto
figliuolo.

^
Giovanni,
il
precursore
di
Cristo,
che doveva nascere da Elisa-
betta.
2.

BattelII,
Leggende
cristiane.
18 LEGGENDE CRISTIANE
2. La nascita di S. Giovanni.

Ora
vegnamo
al
parto
di madonna santa
Lisabetta,
che
quando
ella si sent
apparecchiare
il
partorire,
e
quella
incontanente volle che la Nostra Donna istesse
allato a lei e non si
partisse punto;
e tanta era
l'aller
grezza
ch'ell'aveva di vederla e del conoscimento ch'avea
di
lei,
che
quasi pare
che
poco
sentisse la
pena
del
parto;
e anche aveva
grandissima allegrezza,
ch'ell'era certa
d'avere
figliuolo
che sarebbe uomo e non femmina, e
che viverebbe e non morrebbe
piccolino,
e sarebbe
grande signore,
cio
singulare
nel
cospetto
di Dio e di
tutto il
mondo;
e bench l'avesse in
corpo,
disiderava
di vederlo con
gli
occhi suoi tostamente.
Or ecco che
nacque questo
benedetto
fanciullo;
e
madonna Lisabetta comand alle balie che '1 non toc-
cassono,
e rivolsesi inverso la Donna Nostra e reve-
rentemente la
preg
che eUa il dovesse
prima
toccare
che niun'altra
persona,
e levarlo di
terra,
e comand
alle bahe che le
insegnassono,
se
bisognasse, perocch
la Nostra Donna era di
quindici
anni,
e forsech mai
non ne aveva veduti
nascere,
perocch'ella
non usava
troppo
traile
genti.
E levando la Nostra Donna
questo
figliuolo
di
terra,
s lo 'nvolse in uno beUissimo
panno
bianco e recosselo in
grembo;
e incontanente
questo
benedetto
figliuolo,
che
prima piangeva,
istette cheto
nel
grembo
di
Madonna,
e
parve
che s'accostasse a lei
e al ventre suo
cos,
come
gH
dicesse:

Ora sono
presso
a Colui che mi fece. E la Nostra Donna si fece venire
l'acqua
e la
conca,
e lavollo e fascioUo
questo
benedetto
figliuolo,
e levosselo in collo e
portello
a
Zaccheria,
ed
egli
il
guard
con
grande allegrezza
e benedisselo colla
sua mano e incominci a lodare Iddio
^;
e la Nostra Donna
1
nel
segreto
del
cuore,
perch
ancora non aveva
recuperato
la fa-
vella.
SAN GIOVANNI BATTISTA
19
riport
il fanciullo aUa madre che
gli
desse il
latte,
e madonna Lisabetta era
riposta
in sul
letto,
e
prese
il fanciullo nelle sue braccia e benedisselo con
grande
gaudio
e
misegli
il latte ili
bocca,
e si disse:
Te'^,
figliuolo
mio,
nel nome di Dio e del suo
figliuolo
incar-
nato
Gesti,
nostro
Signore.
E il bambino
quando
ud
ricordare
Ges,
parve
che si facesse incontro al latte
con
allegrezza,
e la madre molto
pi
il benedisse. E
incontanente si
sparse
la novella tra' vicini e tra'
pa-
renti e amici
loro,
e fu s
grande l'allegrezza
che fosse
ma' tra
gli
uomini;
non si fece mai cotale
allegrezza
della nativit d'alcuno
figliuolo;
e al d
d'oggi
basta
^,
che la Chiesa ne fa
magna
festa deUa sua nativitade
\
e
non ci ha
pi
ninno santo di cui la Chiesa faccia festa
della sua nativitade.
Ora venne il d che '1 fanciullo si doveva circuncidere
e
porre
il nome: e
ragunaronsi
tutti e
parenti
e amici
e
vicini,
e con
grande
festa
s'apparecchiavano
di cir-
cuncidere il
fanciullo,
e domandarono la madre come
dovesse aver
nome;
ed ella disse:

Giovanni il suo
nome. Costoro si
maravigHarono
fortemente:
Questo
nome non del tuo
parentado.
Non volendo
porre
questo
nome
per
detto della
madre,
andarono a
quel
benedetto Zaccheria a domandare come dovesse avere
nome il
fanciullo,
ed
egli
scrisse: Giovanni era il nome
suo. E costoro molto si
maravigHarono
di
quel
nome,
ma molto
pi
si
maravigliarono
che incontanente ri-
torn il favellare a
Zaccheria,
e
gittossi
in terra incon-
tanente,
e incominci a laudare e benedire
Iddio,
cio
Ges Cristo suo
fighuolo
incoronato,
che
sapeva
che
aveva in casa sua la Madre e il
Figliuolo,
e molto
pi
si dilettava Zaccheria del
Figliuolo
di Dio incarnato
che del suo
figliuolo
ch'era
nato;
e cantando incominci
^
togli, prendi.
2
dura tuttora.
^
il 24 di
giugno.
20 LEGGENDE^CBISTIANE
quel
bellissimo
cantico,
cio: Benedictus Dominus Deus
Israel,
quia
visitavit et
fecit redemptionem plebis
suae.
E
seguitando
disse come il
Figliuolo
di Dio era venuto
per
salvarci,
e
poi
si rivolse inverso il suo
figliuolo,
e disse: E
tu, fanciullo,
profeta
sei venuto
per
an-
dargli
innanzi,
apparecchiando
la via sua
per
confortare
le
genti
che si
disponessono
a ricevere la salute
nostra,
e bandire della dottrina e della salute. Costoro ch'erano
venuti alla circuncisione di
questo
fanciullo,
maravi-
gliaronsi
forte,
e udivano bene
queste parole,
ma non
le
intendevano,
se non che dicevano intra loro che
questo
fanciullo ch'era
nato,
farebbe
grandi
fatti.
3. L'infanzia di S. Giovanni.
Ora ritorniamo al fanciullo Giovanni che cresceva
ognind
molto
pii
che non fanno
gli
altri
fanciulli,
ispe-
zialmente nello 'ntendere. Incominci
questo
benedetto
figliuolo,
andando
pi
innanzi,
a mostrare atti di solle-
citudine;
e
quando
le balie il
portavano
fuori traile
genti,
incontanente si crucciava e
piagneva,
e non lo
potevano
racconsolare se non lo rimenassono in
casa,
e in tutto mostrava di volere istare col
padre
e colla
madre; intantoch,
quando
la madre sua andava in
camera
per
istare in
orazione,
si conveniva che '1
por-
tasse
seco,
e
ponevalo presso
a se in alcuno
luogo,
e il
fanciullo stava tutto cheto e
tranquillo,
tanto che la
madre aveva adorato
quanto piaceva
a lei. E
quando
questo
benedetto
fghuolo
cominci ad
andare,
si levava
di collo alla
balia,
e' andavasene
per
la casa
entro,
fa-
cendo cotali sue
cianciereUe;
e le
piti
volte andava alla
camera del
padre
e della
madre,
e talott'a
^
si chiudeva
l'uscio
dentro,
e
ponevasi
da un lato e faceva cotali
ciancioline,
e trastuUavasi con esso seco medesimo
^
talora.
SAN GIOVANNI BATTISTA 21
tutto cheto. Manifestatamente il
padre
e la
madre,
ve-
dendo che
fuggiva
lo stare traUe
genti,
di ci molto si
maravigliavano
e
rallegravano:
e
quando
venne il
tempo
ch'egli poteva per
se medesimo iscendere le scale e sa-
lire,
egli
molto
ispesso
se ne andava nel
giardino,
ov-
vero orto del
padre,
ch' a dietro aUa
casa,
e ralle-
grandosi
andava a
spasso
e talora
cogliendo
cotali fio-
rellini e facendone cotali
ciancerelle,
e discorreva
^
per
lo
giardino
cantando secondo suo modo VAve
Maria,
che l'aveva
prima imparata,
e la
3Iagnificat,
e talora
il
Benedictus,
e
degli
altri salmi. Alcuna volta si
poneva
a sedere
chetamente,
e
ragguardava
il cielo e la terra e
gli
alberi e le
piante,
e tutte le cose che Dio avea
fatte;
e tanto si
dilettava,
comech
fanciullino,
che non
pa-
reva che mettesse
piato
^
di tornare a casa. Alcuna volta
s'addormentava,
e
gli angeli
di Dio il
guardavano.
Ma da
prima, quando
cominci a far
cos,,
le balie n'an-
davano caendo
^
nella
piazza,
e
per
le
vie,
e domanda-
vanne la vicinanza se l'avessono
veduto,
e cos l'an-
davano caendo con
gran
duolo;
e
quando
il
trovavano,
poscia
erano molto
allegre,
e ridicevano al
padre
e alla
madre
queste
cose;
ed
eglino,
come santi
ispirati
da
Dio,
conobbono che
questa
era
opera
divina,
e coman-
davano alle balie e all'altra
famigHa
che
qualora
e'
fusse nel
giardino,
lo lasciassono istare e non
gli
fa-
cessono motto senza loro
parola.
E alcuna volta il
padre
e la madre si facevano alla
finestra,
e
ponevano
mente
quello
fanciullo andare
per
lo
giardino,
e
rallegravansi
e laudavano Iddio con tutto il cuore che avea dato loro
cos fatto
figliuolo,
che buon
principio
ne vedevano e
meglio n'aspettavano,
e di ci
pensare
santamente si
gloriavano.
Quando
pareva
a loro
discrezione,
s manda-
vano
per
lui e facevanlo
mangiare
e
governare
in tutte
cose che
bisognavano
secondo la sua
necessit,
e
sopra
^
passeggiava.
2
gradisse,
avesse
piacere {placitum),
^
cercando.
22 LEGGENDE CRISTIANE
tutte le cose che si
potesse
dare a
questo
fanciullo d'al-
legrezza,
si era
quando gli leggevano
la lettera ch'era ve-
nuta,
come la Nostra Donna avea
partorito
il suo Fi-
gliuolo,
sicch alcuna volta
per
desiderio di tenerlo con
loro,
s '1 menavano:
Vieni,
amor
mio,
che ti
legger
la
lettera;
ed
egli
lietamente andava con loro. Ancora
per
tenerlo con loro s
gl'insegnavano
i salmi e le
pro-
fezie,
e il fanciullo attentamente ascoltava e
apparava.
Sempre quanto piti
cresceva,
dal mondo o dalle
genti
si
partiva,
intantoch
quando
venne ne' tre anni e ne'
quattro, poco
il
potevano
tenere con loro il
padre
e la
madre,
e incominci
questo
benedetto
figliuolo
ad usare
per
lo
giardino
e andare
per
le colture
^
qua
e
l,
e- ta-
lora si nascondeva in alcuno
luogo per
non essere cos
tosto
trovato,
e ivi si dilettava di cantare
queste
cose
che aveva
imparate,
e di
pensare
di
Dio;
e la madre
e '1
padre
lo mandavano
cercando,
e talora
penavano
buon
pezzo
a
ritrovarlo,
e talora s'andavano dilettando
con lui
insieme;
e
quando
vedevano un bello albero
fiorito,
s '1
chiamavano,
e dicevano: Vieni
qua,
fi-
gliuolo
mio,
e vedi
questa
bella cosa che Iddio ha fatta
;
e
ponevansi
a sedere e
ponevanlo
in mezzo di
loro,
e
cominciavano a cantare: Benedictus Dominus Deus
Israel,
e il fanciullo con
loro;
ispesse
volte lo 'nvita-
vano e dicevano anche la
Magnificat
o alcuno altro
salmo,
e
poi
costoro lo rimenavano a casa. E
quando
il fanciullo Giovanni si cominci a vedere la madre e
il
padre
che andavano a lui con
lusinghe,
e conveni-
vali
pure
tornare con
loro,
cominci ad andare
piti
a
lungi,
ove costoro non lo
potevano
trovare,
sicch'egli
tornava a casa a sua
posta
^. Alcuna volta era trovato
da certi
vicini,
e
quelli
venivano a casa della
madre,
e dicevano:
Madonna,
come lasciate voi cos andare
il fanciullo vostro? noi il trovammo
oggi
in cotale
luogo,
^
luoghi
coltivati,
campi.
2
a suo
piacere.
SAN
GIOVANNI BATTISTA 23
pi
d'uno
migKo dilungi
di
qui,
e andava cantando i
salmi e cotali altri canti che noi non
gli
avevamo an-
cora uditi
pi;
noi nel
vogliamo
menare,
ed
egli fugg
e non si lasci
pigliare.
Alcuno altro lo rimenava e
diceva:

Perch lasciate andare cos
questo
fanciullo che
cosi
Piccolino?.
E la madre
rispondeva
e diceva;
Io non ne
posso
fare
altro;
lasciatelo
guardare
a Dio.
E talora tornava tutto
affamatuzzo,
e la madre dolce-
mente lo
riprendeva,
e diceva:
Figliuolo
mio,
perch
istai cotanto che tu non torni?
perch
vai cos a
lungi?
.
E 1 benedetto fanciullo
rispondeva:

Madre
mia,
i' hone
vedute tante belle
cose
che le fece messere Domened-
dio,
che io non me ne
sapeva partire;
e
quanto
vado
pi
a
lungi,
tanto le truovo
pi
belle. E
questo
era
ministerio
d'angioli
che '1
guardavano sempre,
e
gli
mostravano cose
nuove,
per
muoverlo
pi
alla soli-
tudine.
Udendo
questo
il
padre
e la
madre,
pognamo
che sono usi di vederlo e di tenerlo con
loro,
e' non-
dimeno conoscevano la verit che
questo
era
opera-
zione di
Dio,
benedicevanlo e lasciavanlo fare. An-
dava
questo
fanciullo
sempre
laudando Iddio in bene
e in
meglio,
e
sempre
si
dilungava
dalle
genti pi
l'uno
d che
l'altro,
sicch molto se ne
diceva,
e molti il trova-
vano,
e
gi quasi
il lasciavano
istare;
che
pareva
che
questa
cosa non si
potesse
n volesse fare ad
altri;
e
massimamente
perch
il
padre
e la madre se ne stavano
e
gi
noi mandavano
pi
caendo,
se non rade volte.
4. L'ingresso nel deserto.
Or
venne,
nel
tempo
che il fanciullo aveva
cinque
anni,
che un d fra
gli
altri incominci ad andare tanto
pi
innanzi che
egli
non era andato alcuna altra
volta,
ch'egH
entr in un bosco ch'era di
lungi
all'abitazione
sua e delle
genti,
cio che non vi usava
genti;
e
pen-
somi che fusse
presso
al diserto
dov'egli
and
poi.
E
24 LEGGENDE CRISTIANE
incontanente che
questo
benedetto fanciullo intr
dentro,
gli
venne uno odore della
solitudine,
come
piacque
a
Dio,
che
parevagli
essere
quasi
in un
para-
diso,
dov'egli
si dovesse
riposare:
e
guardava gli
alberi
di
sopra
freschissimi,
e la terra di sotto
coperta,
che
pareva
un
prato pieno
di divisati
^
fiori;
e
qui
cominci
a lodare Iddio e
posesi
a
cogliere
di
que'
fiori che
pi
gli parevano
belli,
e
guatava pi
l,
e
gli
vedeva
pi
belli;
quando
andava
pi
oltre,
pi gli
trovava belli
e.
nuovi,
e tanti n'avea
gi
che non
gli poteva
tenere
in
grembo. Egli
s'alz la
gonnella
d'intorno e
coglie
fiori e mette in
grembo;
e tuttavia lodando Iddio e
gri-
dando a
grande
voce,
questi
fiori voleva recare a
padre
e madre. E
quando
ebbe bene
pieno
il
grembo,
ed
egli
vide che era
quasi gi passata
l'otta
^
del tornare a
casa,
e'
vennesene, cantando,
s ratto che
parea
un uccello
che
volasse,
e con
allegrezza grandissima
di
questo
di-
serto
ch'egli
aveva trovato che
gli piaceva
cotanto.
La madre
l'aspettava,
e vedendo ch'era
passata
l'ora
che doveva
tornare,
stava in
pensiero
e
pregava
Dio
che
ghene
rimandasse,
e mandava fuori la
famiglia
sua
ch'andassono a vedere da ciascuna
parte;
e se lo tro-
vate,
recatenelo in
collo,
che sar forse bene istanco.
Ed ella istava alle finestre a vedere s'eUa lo sentisse
o vedesse da nessuna
parte.
E in
questo
che ella istava
cos,
ed ella sent la voce del fanciullo che cantava la
Magnificat
ad alta
voce;
ed ella incontanente
s'ingi-
nocchi e rendeva
grazie
a
Dio,
ch'e' ne venne
quello
fanciullo
per
la strada. Con
grande allegrezza
tutta la
famigUa
si
rallegrava,
e madonna Lisabetta
gli
si fa
incontro,
dicendo:
FigHuolo, perch
ci hai fatto cos?
e
perch
se' istato cos a tardi? . E incontanente il
fanciullo
s'inginocchi
a
lei,
dicendole:
Perdonatemi,
madre
mia,
che io honne trovato
oggi
le
pi
belle cose
^
svariati,
a
l'ora.
SAN GIOVANNI BATTISTA 25
(ch'io
andai
pi
a
lungi
ch'io nn
soglio andare)
e volli
recarne a voi e a messere
^,
per
sono stato
pi,
che io
non me ne
poteva
saziare,
s v'ha bello istallo
^. E la
madre
gli rispose
incontanente e menollo alla camera
del
padre;
e il fanciullo fece
quella
medesima riveren-
zia;
e
aperse
il
grembo,
ch'era
pieno
di divisati fiori
d'intorno
intorno,
e dice al
padre:

Qusti
vi
rech'io,
perch
voi
gli vggiate.
Ed
eglino
con divozione e con
lagrime
il
domandarono,
dicendo:
Figliuolo,
or dove
andast
oggi,
che cosi belle cose trovasti?^). E il fan-
ciullo
rispondeva:
Andai in cotale contrada e vidi un
bosco
pi
l bene a
lungi,
e vennemi
vogKa
d'andarvi.
Andai e non vi trovai
persona,
ed entrai
dentro,
e vidi
che v'ha il
pi
bello stallo che io vedessi
giammai,
e
vidi
quegli
alberi freschi e
gli
ucceUi
cantare;
per
terra
vedeva
questi
beUi
fiori,
e non v'era
persona
altri che
io,
e
quanto pi
n'andava addentro nel
bosco,
se non
fossi ch'io voleva tornare a
voi,
io mi sarei istato l
volentieri. E il
padre
e la madre
gli
cominciarono a
dire:

Figliuolo
mio. non vi istare di
notte,
e il d non
andare
troppo
addentro nel
bosco,
che vi sono le fiere
salvatiche che forse ti farebbono male. E il fanciullo
rispondea
lietamente,
e diceva:
Io non ho
paura
nes-
suna;
or non fece le fiere messere Domeneddio? .
Eglino
rispuosono:. FigHuolo,
s. Il fanciullo diceva: Or
dunque
mi star io con esso
loro,
com'io fo con
voi;
e non
sapeva
rendere ancora altra
ragione.
5. S. Giovanni s'inoltra nel deserto.
E andava il fanciullo a
questo
bosco,
sempre
lau-
dando
Iddio,
e
giugneva
al
bosco;
e
quanto
andava
pi
addentro,
sempre
trovava
pi
belle cose al suo
parere;
^
il babbo.
^
dimora.
26 LEGGENDE CBISTIANE
e
quando
era andato un
pezzo, ponevasi
in alcun
prato
a sedere o
inginocchiato,
e recavasi a memoria le cose
ch'egli
aveva lette di Dio e del
Figliuolo
suo,
e
sapeva
che la Nostra Donna era
gi fuggita
in
Egitto
col Fi-
gliuolo
suo,
ed
egli
disiderava di
vederlo,
e diceva a
Dio:

O
Signore, quando potr
vedere il
Figliuolo
e la
Madre,
e
quando
mi trover con lui? . E di
questo
gittava
dolci
lagrime
di
gran
divozione. E
quando
era
istato un
pezzo,
ed
egli
si levava e andava cantando:
Ave,
gratia piena,
Dominus
tecum,
e Benedictus Dominus
Deus
Israel;
e altri versi
ch'egli
aveva
imparati.
Alcuna
volta trovava cotali frutti salvatichi che sono
per
li
boschi,
e
parevangli
belH,
e
coglievano
e
assaggiavagli
e
parevangli
buoni,
perocch
si destava molto la
famuccia,
e incontanente si
pensava
di arrecarne a messere e
madonna^,
e cos faceva. E incominci a trovare di
quelle
bestiuole
piccole
che stavano
per
lo
bosco,
e in-
contanente corse a loro e
presele
e
abbraccioUe,
e re-
cossele in
grembo,
e mesticavasi
^
con loro e diceva:

Queste
sono delle cose che ha fatte
Domeneddio,
che
diceva messere e madonna ch'erano fiere
salvatiche,
e
vedi come sono
belle;
e tenevale uno
pezzo
e ralle-
gravasi
con esse e lasciavale
andare,
e
queste
bestiuole
venivano a lui e stavansi con lui come fanno a noi le
dimestiche;
e se
egli
le trovava
quando
a otta
egli
avesse
del
pane,
tutto il dava
loro,
e
gi
non
pensava:
Che
manger
io
per
me? Tornava il fanciullo la sera
sempre,
e recava cose
nuove,
di
quelle
che
trovava,
al
padre
e alla
madre,
e diceva
queste
novelle
loro,
com'egli
aveva trovato delle
bestiuole,
e
come elle s'erano istate
con
lui in
grembo
e
d'intorno;
e il
padre
e la madre
l'ascoltavano con
allegrezza
e venivanlo domandando
delle cose che faceva
pel
diserto,
e '1 fanciullo lieta-
mente e
puramente
il diceva loro. Ora avvenne che il
^
al
padre
e alla madre.
2
domesticavasi.
SAN GIOVANNI BATTISTA
27
fanciullo and
pel
diserto,
cio
per quel
bosco,
ed era
gi
tanto il diletto che
egli
aveva,
ch'egli
and tanto
innanzi fra '1 diserto che
sopravvenne
la notte e non
ebbe
tempo
di tornare a
casa,
o forse che non
volle,
o forse che non
potette,
o non se ne
ricord;
e il bene-
detto fanciullo si
puose
in
orazione,
e veniva
pensando
sopra
a tutte le cose che
leggeva quando
era a
casa,
e
cos
giocondando,
e in
tranquillo
come
quando egli
era
a casa nella camera
sua,
e molto
pi, perocch
lo
Spi-
rito Santo lo 'nformava
pi quando egli
era^el diserto
che
quando egli
era a
casa,
perocch
'1 voleva menare
per quella
via.
Ma diciamo ora del
padre
e della madre che vede-
vano che il fanciullo non tornava a casa. Fortemente
si
svegHano
in loro la tenerezza e
l'amore,
e Iddio d
a' santi
questa battaglia, perch
vincendo
santamente,
e' fossono
pi
virtudiosi e
pi
atanti ^. E la
famigUa
era tutta tribolata: chi
piangeva
di
qua
e chi di
l,
e dicevano alla madre:

Vo' siete
voi;
or ch' a lasciarlo
andare cos
piccolino,
e non mandare
persona
con lui
n
per
lui?.
Rispondevano
le balie
sue,
e
piangendo
ciascuna diceva: Volentieri v'andere' io con
lui,
e
pi
volentieri mi starei nel bosco con
lui,
che io non mi
starei
qui:
che tutta la mia
allegrezza
e letizia si di
stare con lui e vederlo. E dicevano:

Oim,
figliuolo,
dove se' tu istanotte? ora se' tu colle bestie salvatiche?
e s'elle ti faranno
male,
come viver io? . E madonna
Ehsabetta inteneriva
forte;
ma
pure
confortava
costoro,
e diceva:

Non
temete,
fighuole,
che
gli angioU
lo
guar-
deranno e riavremlo domandassera sano e salvo.
E
andpssene
a
Zaccheria,
e diceva
queste
cose con
lui,
e come la
famigha
era tutta
turbata,
e come
eglino
dicevano,
e cme lei medesima avevano fatta intenerire.
E Zaccheria santo
rispuose
alla donna
sua,
e dice:

Che
parole
sono
queste?
non sai tu che
questo
fanciullo
^
pi
forti.
28 LEGGENDE CRISTIANE
ne di
Dio,
ed fatto
per
andare innanzi al
Figliuolo
suo e
apparecchiare
la via?
Dunque
non credi che
gli
angeli
suoi il
guardino?
Donna
mia,
se tu hai la fede
intera che Iddio ci ha manifestata di
questo figliuolo,
eh non
temere,
e' non te ne
bisogna
dare nulla fatica.
Ancora vedi i
segnali
certissimi. Chi vedr
mai,
ovvero
udirai dire di nullo fanciullo che nascesse in terra che
aoperasse per questo
modo nella sua fanciullezza?
Adunque,
donna
mia,
ponti
in
pace
e lascia fare a
Dio,
e tu
t'ingegna
di riconoscere i beneficii di
Dio,
e
spe-
zialmente che ci ha dato cotale
figliuolo per
noi con-
solare nella nostra vecchiezza.
Or ecco che
quando s'appressa
l'altra sera e '1 fan-
ciullo s'addrizza a tornare al
padre
e alla
madre,
la
famiglia
era tutta fuori a
guardare
in
quelle parti
on-
d'eglino
credevano che
venisse;
e
quando eglino
il vidono
da
lungi,
la letizia fu
grande.
Alcuni
gli
andava
incontro,
alcuno tornava a casa a dirlo alla
madre,
e tutti bene-
divano Iddio, che l'aveva loro rimandato. E viene il
fanciullo tutto
allegro
e
giocondo,
e
gittossi
a'
piedi
del
padre
e della
madre,
e f' la sua reverenza
usata;
e
quegli
lo ricevettono traile braccia con
grande
letizia.
Egli sempre
recava loro
qualche
cosellina nuova che
egli
aveva trovato andando
pel
diserto. Ora
gli
fanno
apparecchiare
da
mangiare,
e domandanlo dicendo:
.
Figliuolo
mio,
come facest istanotte che
pass
? e
perch
non tornasti iersera? . E il fanciullo
rispondeva
puramente:

Io andai
pi
addentro ch'io facessi
ancora;
trovai le
pi
belle cose che Dio avea
fatte,
che io vedessi
mai;
e io cominciai a lodare Iddio e andare
vedendo,
e
giovavamene
s ch'io non mi raccordava di
tornare;
e
quando
io
m'avvidi,
era
gi
s notte che non sarei
potuto
tornare. E la madre il domandava:
FigUuol
mio,
ove istesti tu istanotte? che facesti tu?

Ed
egli
risponde:
Io m'abbatte' al
pi
bel
prato
ch'io vedessi
giammai,
e'
pi
be'
fiori,
e tanto mi dilettai di lodare
Iddio che l'aveva
fatto,
che la notte mi colse in
verit,
ed eravi uno arbuscello dall'una
parte
ohe aveva le ra-
SAN GIOVANNI BATTISTA 29
mora
^
basse e le
foglie ispesse,
e io mi v'entrai
sotto,
e stava s bene che mi
pareva
essere nella
camera;
e
ricorda'mi di tutte le cose ch'io
soglio leggere;
e
quando
io
cantava,
e
gli
uccelli mi
rispondevano
i
pi begli
versi
ch'io mai
udissi,
e lodavano Iddio con
meco;
ma io
non
poteva
tanto fare ch'io
gl'intendessi
. E doman-
dava aUa madre:

Possons'egUno
intendere?
. E ma-
donna diceva:
Figliuolo
mio, s,
se Dio volesse. E '1
fanciullo diceva:
Or bene
dunque
ne
vorj^
io
pregare
messer Domeneddio che me
gli
faccia intendere . E la
madre diceva:
Figliuolo
mio,
non avesti tu
paura
ninna? . Ed e'
rispondeva
che non
punto.
E il
padre
rispondeva:
Donna
mia,
non te l'ho io detto che la
paura
viene in noi
per
lo
peccato?
e chi non ha
peccato,
perch
dee
egli
aver
paura?
Questo
fanciullo fu santifi-
cato nel suo
corpo per
la visitazione
del
Figliuolo
di
Dio e della sua
Madre;
adimque
come dee aver
paura?
.
E il fanciullo intende bene
queste parole;
e
imperci
fondasi
piti
in umilt e 'n desiderio d'amore di Dio.
Ora comincia il fanciullo a rimanere la notte.
Segui-
tando
pi
innanzi,
rimaneva
quattro
o
cinque
d,
come
seguitava
oltre,
istava dieci o undici
d,
e tornava a
casa
per
la tenerezza del
padre
e della
madre;
ovvero
che Iddio Voleva che il
padre
e la madre avessono an-
cora alcuna ricriazione
^
di
questo
fanciullo nella sua
piccolezza,
sicch da'
cinque
anni a' sette
pur
mi
penso
che il fanciullo benedetto tornasse alcuna volta a casa.
Ancora mi
penso
che in
questo
modo s'accorda la dif-
ferenza che si dice di
lui,
cio chi dice
ch.'egli
v'and
in
cinqu'anni
e chi dice che v'and in sette: e di sette
si tiene
per
fermo. De'
cinque
mi
penso
che fosse in
questo
modo: che v'andava e stava talvolta tornava a
casa;
e
da' sette anni
innanzi,
mi
pens
che facesse alla di-
sperata
in tutto ^.
^
rami,
e cos
pratora, luogora per prati, luoghi,
a imitazione della
desinenza neutra
plurale
latina.
^
ricreazione,
conforto.
^
senza che i suoi
sperassero pi
di
rivederlo. Bellissima
espressione!
30 LEGGENDE CRISTIANE
6. Incontra la Sacra Famiglia che tornava
dall'Egitto.
Essendo Giovanni Battista nel
diserto,
in
que' tempi
ch'egli
v'and,
ecco che
l'angiolo
and in
Egitto
ad an-
nunziare a
Giuseppo,
che v'era istato sette
anni,
che si
ritornasse colla madre e col
figKuolo qui
in Giudea nella
terra sua. E viensene il benedetto
Giuseppo
colla Madre
e col
Figliuolo per lunga
via. Passando
per questo
di-
serto,
come Iddio
voUe,
venne l dov'era Giovanni
Battista,
e incontanente che vide venire da
lungi
la madre
e il
figliuolo ispirato,
da
Dio,
conobbegli,
e incontanente
cominci a correre inverso di
loro,
che soleva
fuggire
quando
vedeva l'altra
gente;
e il fanciullo Ges inco-
minci a correre inverso di
lui,
e
giunse
Giovanni e
gittossi
tutto
quanto
in terra a baciare i
piedi
di messer
Ges;
e Ges il
prese per
le braccia e levoUo suso e
baciollo nella fronte e
poi gli
diede la
pace:
u
Pace
teco,
apparecchiatore
della via mia . E
Giovanni,
reverentissi-
mamente: aDeo
gratias)y.
E messer Ges
gli
fece cenno
che
egli
andasse innanzi a far reverenzia alla madre e
a
Giuseppo.
E Giovanni si
gitt
ratto a'
piedi
della
Donna
Nostra;
e la Donna Nostra il ricevette con tanta
allegrezza
e con tanto amore che non si
potrebbe
dire;
e incontanente lo ricevette fra le sue braccia e dice:
Pace sia
teco,
figliuolo
carissimo. E messer Ges
dice a
Giuseppo com'egli
era Giovanni di
Zaccheria;
e
Giuseppo
corre incontro a
lui,
e Giovanni
gli
si
gitta
a'
piedi
e reverentemente saluta
quello
venerabile vec-
chio.
E fatte
queste
cose,
pongonsi
a sedere tutti
quanti
insieme,
e Giovanni
s'appressa
a Ges e alla Madre
quanto poteva;
e la madre di Ges incominci a dire
a Giovanni:
Figliuol
mio,
ch' di Zaccheria e della
mia suora madonna EHsabetta?

E '1 fanciullo
rispuose:

Madonna,
bene amano
Iddio;
ma io non li vidi
pi,
SAN GIOVANNI BATTISTA 31
poich
io fui in
questo
diserto. E stati un
poco
in-
sieme
allegramente,
e Giovanni disse:
Madonna,
noi
siamo
qui troppo presso
alla
strada;
se voi
volete,
an-
dianne in alcun
luogo
dove io so che v' molto bello
riposare,
e non
troppo dilungi,
e ivi
potrete
stare come
voi vorrete.
E
quelli
acconsentirono
tutti,
e dicono a
lui:

Figliuolo
benedetto,
va' innanzi e mostraci la via.
Ed
egli
ubbid
immantanente;
e messer Ges va innanzi
con
lui,
stretti insieme
quanto
si
puote;
e
bpn
sapea
Ges
queUa
via,
pognamo
che mai non vi fusse andato
coi
piedi corporali;
e
giunsono
a uno bellissimo
prato,
nel
quale
Giovanni
pi
volte s'era
riposato,
il
quale
aveva intorno molti bellissimi e
grandi ginepri,
ed altri
arbuscelli,
e ivi allato vi avea una vena
d'acqua
bel-
lissima: e
pensomi
che 'n
questo
diserto avesse di
queste
cotali cose in
pi luogora;
e forse che v'aveva dei dat-
teri,
e in tal
luogo
n'era,
come si dice nella Vita Patrum
^
che in
pi luogora
se ne
trovava;
sicch Giovanni ne
sapeva
in alcuno
luogo
che non era
troppo
a
lungi.
Pos-
siamo credere che
egli
andasse
per
essi,
acciocch n'a-
vesse la madre e '1
figliuolo.
E il benedetto
Giuseppo
aveva l'asio
suo;
levane in terra le cose e trova
qual-
che
istagnatuzza
^
che aveva tra
quelle
sue cose nelle
sacca,
e
nappi
da
bere;
e
Giovanni
presta-mente prende
la
stagnata
e va
per l'acqua,
e messer Ges con lui in-
sieme
andava,
e facendosi feste
grandi,
ad una fonta-
nella
piccola;
e andavano
ragionando
insieme
parole
di
santit,
ovvero di
salute;
e recarono
dell'acqua,
e trova-
rono la Nostra Donna
gi
a sedere sotto
quel ginepro
bello,
e
Giuseppo
sedeva con lei e
riposavansi;
e Gio-
vanni tolse il
nappo
e lavollo molto
acconciamente;
e
messer Ges
prese
la
stagnata dell'acqua;
e cos da-
vano a bere a Madonna e a
Giuseppo questi
due be-
^
Antica narrazione della vita dei
primi
eremiti
cristiani,
mirabil-
mente
volgarizzata
dal Cavalca. Vedine
qualche
tratto nella
Quinta
Parte di
questo
volmne,
2
recipiente
di ferro
stagnato.
32
LEGGENDE CRISTIANE
nedetti
giovani
fanciulli. E
l'allegrezza
e la letizia era
s
grande
di vedersi tutti insieme che non si
potrebbe
dire. E cos
stando,
Giusepj)o
trova la sacchetta del
pane,
e messer Ges tostamente
toglie
la
tovagliola
bianchissima e stendela in sull'erba innanzi a
Giuseppo
e alla
madre;
e Giovanni
toglie
i
nappi
e
lavagli
e
pongli
su,
ed
apparecchia
de' suoi cibi
ch'egli
aveva
per
s,
e
qualche
meluzza salvatica e
datteri,
se n'avevano
trovati,
ed andava cercando
per ogni
cosellina
^
che
egli
trovava
per
lo
diserto,
che
gli parevano
buone. Messer
Ges
sempre
andava insieme con
lui,
e tornavano
e
ponevano
in sulla
tovagha
di
queste coserelle,
e Ma-
donna e
Giuseppo
s si
rallegravano
di
questi
due fi-
gliuoli
vedendogli
insieme,
e
guatavangli
con tanta le-
tizia che non si
potrebbe
dire;
e
posonsi giuso
a man-
giare
tutti e
quattro.
Oh che letizia ne a
pensare
di
vedergli
istare tutti e
quattro
insieme ! Oh
quanta
rive-
renza
avevano
que' piccolini
a
que' grandi;
e
que' grandi
come
avevano
sempre
l'occhio
sopra questi piccoletti,
e
porgevano
loro le cose e
facevangli mangiare!
Oh
quanta
letizia aveva
Giovanni,
quando
la Donna No-
stra
gli
porgeva
le cose colla sua
mano,
perocch gli
occhi suoi
ragguardavano pure
alla Madre e al
Figliuolo
!
Oh
Iddio,
questo
ne
mangiare
dilettoso,
dov' il cibo
dell'anime cos abbondantemente! mentre che senza
ninna
comparazione
a
queste
cene si
pascevano pi
l'anime che'
corpi.
Ancora
gli angeh
si dilettavano di
vedere cos costoro
insieme;
che dobbiamo
pensare
che
ve
n'aveva assai che
sempre gli
andavano
guardando
e
accompagnando.
Oh
quanto
diletto ne a
pensare
di
questa
cena!
questa
la
pi magna
cena e la
pi
di-
lettosa che mai si facesse
per
lo diserto.
Adunque
es-
sendo
qui
tutti
ragunati
insieme e cos fatte
persone,
fu
grande pasqua
2. E levati da cena con
quanta
reve-
1
come bacche di
mirtillo,
lamponi, fragole
salvatiche,
e via dicendo.
2
festa.
PiNTURiccHio

S. Giovanni e
Ges.
(Siena
-
Galleria B,
Arti). (fot. Brogi).
32 LEGGENDE CEISTIANE
nedetti
giovani
fanciulli. E
l'allegrezza
e la letizia era
s
grande
di vedersi tutti insieme che non si
potrebbe
dire. E cos
stando,
Giusep^DO
trova la sacchetta del
pane,
e messer Gesti tostamente
toglie
la
tovagliola
bianchissima e stendela in sull'erba innanzi a
Giuseppo
e alla
madre;
e Giovanni
toglie
i
nappi
e
lavagli
e
pongli
su,
ed
apparecchia
de' suoi cibi
ch'egli
aveva
per
se,
e
qualche
meluzza salvatica e
datteri,
se n'avevano
trovati,
ed andava cercando
per ogni
coseUina
^
che
egli
trovava
per
lo
diserto,
che
gli parevano
buone. Messer
Ges
sempre
andava insieme con
lui,
e tornavano
e
ponevano
in sulla
tovaglia
di
queste coserelle,
e Ma-
donna e
Giuseppo
s si
rallegravano
di
questi
due fi-
gliuoli
vedendogli
insieme,
e
guatavangli
con tanta le-
tizia che non si
potrebbe
dire;
e
posonsi giuso
a man-
giare
tutti e
quattro.
Oh che letizia ne a
pensare
di
vedergli
istare tutti e
quattro
insieme! Oh
quanta
rive-
renza avevano
que' piccolini
a
que' grandi;
e
que' grandi
come avevano
sempre
l'occhio
sopra questi piccoletti,
e
porgevano
loro le cose e
facevangli mangiare!
Oh
quanta
letizia aveva
Giovanni,
quando
la Donna No-
stra
gli
porgeva
le cose colla sua
mano,
perocch gli
occhi suoi
ragguardavano pure
alla Madre e al
Figliuolo
!
Oh
Iddio,
questo
ne
mangiare
dilettoso,
dov' il cibo
dell'anime cos abbondantemente!
mentre che senza
ninna
comparazione
a
queste
cene si
pascevano pi
l'anime che'
corpi.
Ancora
gli angeli
si dilettavano di
vedere cos costoro
insieme;
che dobbiamo
pensare
che
ve
n'aveva assai che
sempre gli
andavano
guardando
e
accompagnando.
Oh
quanto
diletto ne a
pensare
di
questa
cena!
questa
la
pi magna
cena e la
pi
di-
lettosa che mai si facesse
per
lo diserto.
Adunque
es-
sendo
qui
tutti
ragunati
insieme e cosi fatte
persone,
fu
grande pasqua
^. E levati da cena con
quanta
reve-
^
come bacche di
mirtillo,
lamponi, fragole
salvatiche,
e via dicendo.
2
festa.
PiNTURiccHio

S. Giovanni e
Ges.
(Siena
-
Galleria B.
Arti). (fot. Brogi).
SAN GIOVANNI BATTISTA 33
renzia renderono le
grazie
a Dio Padre! E
poi quando
fu il
tempo,
ciascheduno si
puose
a stare in
orazione;
e molt'altre cosereUe ci si
possono pensare
q
questo
mezzo che sono di
gran
diletto.
7. Appbende da Gest la sua missione.
Ma
vegnamo
a
quello
a che io desidero di venire.
Stando
dunque
in orazione ciascuno un
poco
cheto,
par-
tito
^
l'uno
aU'altro;
e san Giovanni si
puose
da
quella
parte
dov'era messer
Ges,
e un
poco
di
lungi s'allog
^con
grande
reverenzia,
e desiderava con tutto il cuore
di
potere
favellare un
poco
con
lui;
ma
per
reverenzia
non
gli
diceva nulla.
Ma messere
Ges,
che
sapeva
bene il cuore suo e il de-
siderio
suo,
si rivolse e
accenngli
che
egli
andasse a
lui;
e
Giovanni con tutta reverenzia
gli
si fece
appresso,
e Ges
disse a lui:
Giovanni,
dimmi ci che tu
vuoi;
e Gio-
vanni
rispuose:

Messere,
io disidero con tutto U. cuore di
favellare con teco a solo a
solo,
che io so che tu hai la
vera
sapienza
di
Dio,
e se' Iddio incarnato e fatto uomo
per
dare a noi
salute;
e secondoch m'ha detto il mio
padre pi
volte,
tu
gli
mandasti a dire
per l'angiolo
tuo che io sarei
apparecchiatore
della tua
via;
che io
disporrei
la
gente
a ricevere la salute ed annunziare
loro il
regno
del
cielo
e la scienza deUa
salute,
e
pre-
dicherei la
penitenzia.
Or ti
dico. Messere,
che insino
a
qui
continovamente mi vi ho sentito disiderio di
fug-
gire
le
genti
e di stare q soUtudiue e di fare
penitenzia
q
questo
diserto;
e bene hone avuto alcuna volta
que-
sto
pensiero,
che
l'angiolo
disse ch'io doveva ammae-
strare le
genti,
ed io
fuggo
la
gente,
e forse non l'ho
saputo
disfinire
^
questo pensiero
come tu vorresti.
Ma honne
preso questo
cotanto,
che
quando
uterviene
^
separato,
lontano.
^
adempiere.
3.

Battelli,
Leggende
cristiane.
34
LEGGENDE CRISTIANE
ch'io
vegga
le
genti passare, grido
ad alta voce:

Appa-
recchiate la via del
Signore
e fate
penitenzia,
che
s'ap-
pressima
^
a voi '1
regno
del cielo e la salute
vostra;

e
parte
^
mi
fuggo
da loro
quanto posso.
Or
dico, Messere,
priegoti
che dica se tu vuoi ch'io faccia
cosi,
e
quanto
tempo

quello
che tu vuoi ch'io faccia
per
ora o
per
innanzi;
tu me l'hai a dire e ammaestrarmi in tutto
il tuo
volere,
ed io sono
apparecchiato
di farlo con la
tua
grazia
e
per
la tua boutade. Ed istava Giovanni
dinanzi alla faccia di
Ges,
e
guardandolo gli parca
essere in
paradiso
e
quasi
temeva di
reverenzia,
pe-
rocch messere Gesti
gli
mostrava un
pochetto
deUa
signoria
sua e dello
splendore
della faccia
sua;
sicch
tutto l'ardeva d'amore dentro del cuore suo e dell'anima
sua;
e
quanto piti
il
vedeva,
la reverenzia e l'amore
pi gli
cresceva. O santo
Giovanni,
che buono stallo
era
per
te ora ivi! or
perch
non
dicesti,
come disse
Piero in sul monte :

Stianci
qui.
Messere
^

? ma
pur
lascia che non andi' molto che si mescoler*
questa
tua
allegrezza per
le
parole
che tu udirai
rispondere.
Adunque
messere Ges dice a Giovanni:

Ci che tu
hai fatto insino a
qui piace
al mio Padre
celestiale,
poich egli
te l'ha fatto
fare,
e mandati
gli angioli
suoi
a tua
guardia
che t'ammaestrino di ci che tu de'
fare;
e
per
va innanzi tenendo
questi
modi insino al cotale
tempo,
e da indi innanzi ti comincierai ad
appressare
pi
inverso l'uscita del
diserto;
e comincieranno alcune
persone
a venirti cercando
per
la
gran
fama che uscir
di te
per
tutte le
parti
di
Giudea,
e
ogni gente
disiderr
di vederti e d'udirti. Allora non ti converr
fuggire
al
tutto;
ma converr che tu
gli
ammaestri del
regno
del cielo e della
giustizia
sua;

poi
ti converr venire
pi
innanzi,
e la moltitudine della
gente
Verr a
te,
e tu
^
approssima.
2
frattanto. V.
Dante,
Purg. XXI,
19: E
parte
andavam forte.
3
gui monte
Tabor,
quando
GesU
apparve trasfigurato. Matteo,
XXVII,
44.
*
di dolore.
SAN GIOVANNI BATTISTA 35
gli
ammaestrerai,
riprendendo
i loro
vizii,
e facendo
loro
panra
dell'ira di Dio e
dispognendo gli
animi loro
a ricevere salute. E
poi
ne verrai al fiume Giordano
e battezzerai la
gente nell'acqua;
e
questo
sar
figura
del battesimo che si far
poi
nella Chiesa mia
novella;
e la
penitenzia
che tu hai fatto e farai
ancora,
si molto
convenevole,
perocch
coloro che debbono ammae-
strare della
penitenzia,
la debbono q
prima
fare
per
loro;
e
per
ci che tu hai
fatto,
ist bene.
Confortati,
fratel
mio,
di
seguitare per
innanzi
grandemente
e
per-
fettamente in tutte
cose,
e io sar
sempre
teco,
jo-
gnamo
ch'io ti
paia
di
lungi
col
corpo
.
Quando
Gio-
vanni si ud chiamare
fratello,
e
poi
ode che sar
sempre
con
lui,
trabocca tanto l'amore che non si
potrebbe
dire n
contare;
e
gittasi
tutto in terra disteso e
pone
la bocca a'
piedi
di messer
Ges,
e non sa
pensare
co-
m'egli
mai s
possa
stare
pi
senza lui. E '1
Signore
Ges il conforta e levai su dicendo: Sta'
su, Giovanni,
che io t'ho a dire altre cose. Ed il benedetto si lev
su e
ascolta;
e messer Ges dice: Vedi che io verr
a te al fiume Giordano e tu mi
battezzerai,
e q
quel
di
vedrai lo
Spirito
Santo
sopra
di me e la voce del Padre
mio che dir come io sono suo
Figliuolo
e comander
che io debba essere
udito;
e
io,
incontanente che sar
battezzato da
te,
m'andr nel diserto in su cotal monte
e starommi lass colle bestie
quaranta
midi
^
e
qua-
ranta
notti,
che non
manger
e che non
ber;
e
questa
penitenzia
debbo fare in
prima
che io comQci a
predi-
care;
e
dunque
non ti
maravigliare
se a te conviene
imprima
fare che ammaestrare. Poscia
gU
dice come
discender
dal
monte,
e come
egU
chiamer
gli
dodici
apostoli
e
com'egli
andr
predicando
e facendo mira-
coli;
e
poi gli
comincia a dire del
fine,
cio della morte
e
passione
sua,
e
dicegli:
Tu hai bene lette le
profe-
zie che si dicono di
me;
ma non l'hai ancora intese in
tutto;
e
incomincigli
a dire tutte le
profezie
che mai
1
quel
tanto del
giorno
che il sole sta sull'orizzonte.
36 LEGGENDE CRISTIANE
furono dette di lui e del nascimento e del vivere e della
morte e della resurrezione e dell'ascensione sua. Ma ve-
gnamo
al fatto deUa
passione
sua. Comincia messer
Gesti a raccontare tutte le
'ngiurie
e tutte le villanie
che dovevano essere intorno alla sua
passione;
come
sarebbe
preso
e
legato
e menato dinanzi a'
principi
e a'
sacerdoti,
e come
gli
sarebbe dato nel
volto,
e come
eglino gli sputerebbono
nella
faccia,
e
pelerebbongli
la
barba,
e battuto alla
colonna,
e tutto l'ordine della
passione appunto appunto.
Ora
t'aspetta,
Giovanni Ba-
tista;
ora ne mescolata la tua
allegrezza
di tanto do-
lore e di s
gran compassione
al
Signore
che,
se non
fusse che Iddio il
teneva,
sarebbe caduto morto a'
piedi
di messer Ges. E cadde in
terra,
e messer Gesti il lev
su e incominciollo a confortare e a dire della sua
glo-
riosa resurrezione e ammirabile
ascensione,
e dell'avve-
nimento dello
Spirito
Santo;
e bench Giovanni l'ascol-
tasse e fosse lieto d'udire
ogni
cosa,
nondimeno
gli
ri-
mase uno chiavello
^
nel cuore di
passione,
che non
pass
mai ne d ne notte che non
piangesse
e
dolorasse,
pen-
sando di
quella passione.
Messer Gesti disse: Non di-
ciamo
pi oggimai, perch'egli

tempo
di
dormire;
ma
puosegli
silenzio,
che non lo dovesse mai dire a
persona;
e levansi chetamente e
vengonne
alla Nostra
Donna;
ed ella
gli
ricevette dolcemente e
pianamente gli puose
a dormire amendue allato a se. Istanno
dunque
insino
alla
mattina,
bench
poco
dormissono;
e la mattina
s
parlarono
insieme tutti e
quattro;
e Madonna disse
a
Giuseppe:
Se voi
volete,
io vorrei che noi n'andas-
simo diritti alla casa di Zaccheria e di Lisabetta a ri-
posarci
con loro
parecchi
d,
di che il disiderio loro fusse
un
poco adempiuto
di vedere il
Figliuolo
di
Dio,
innan-
zich noi tornassimo a
casa,
ed anche meniamo Gio-
vanni con esso noi che sar allora
compiuta allegrezza
.
E Giovanni
Ueto,
quando egU
ode cotali
parle, per
^
un
chiodo,
una trafitta.
SAN GIOVANNI BATTISTA 37
istare
pi
con messere Ges e con Madonna e con Giu-
seppo, ragguarda
nella faccia
Ges,
che dice: Deh
vuoi fare come Madonna hnne detto?

E-ispuose:

Ci
che Madonna mia
vuole,
il
voglio
io. E Giovanni in-
contanente
prende
le
cose;
e caricano l'asinelio e met-
tonsi
per
la via laudando e benedicendo Iddio. E Gio-
vanni
sapeva troppo
bene la
via,
e andava innanzi
toccando
^
l'asineUo,
e messere Ges con lui. E
quando
eglino
furono andati ini
pezzo;
e
Giuseppo poneva
Ges
in sull'asino e fallo andare un
pezzo;
e
poi
lo scende
e
ponevi
su la Donna
Nostra;
e cosi fanno tutto il di.
E Giovanni
gli
menava
sempre per
le
pi
celate vie
e nascose
ch'egli puote.
E
giungono
la sera
quasi
al
di netto
^
di
notte,
per
non essere conosciuti nella vici-
nanza. E Giovanni corre ratto su
per
la
scala,
e dice
al
padre
e alla madre: Correte tosto
giuso,
che c' la
Donna Nostra e
Giuseppo
ed il Fanciullo che torna
d'Egitto.
Quando
costoro udirono
questa
novella,
gittansi gi per
le
scale,
che
parevano quasi impazzati
dall'allegrezza,
e ricevettono la Madre e '1
Figliuolo
e
quello
venerabile Vecchio con tanta
allegrezza
che
non si
potrebbe
dire,
e
menangli
su nella camera e fan-
nogli riposare,
e
apparecchiasi
la cena. E Giovanni be-
nedetto va a
governare
l'asinelio e reca suso le
cose,
e
la
famiglia gli
va dietro
per
toccarlo e
per
vederlo.
Ed si
grande l'allegrezza
ch'era in
questa
benedetta
casa che non si
potrebbe
dire;
e istanno insieme
pa-
recchi d cotali vecchi e cotali madri e cotali
figliuoli.
8. Il Battbsemo di Cristo.
Venne il
tempo
che messere Ges voUe venire al bat-
tesimo e andare in sul monte a fare la sua
penitenzia;
e
partissi
dalla madre
corporalmente,
e venne in
quel
^
stimolando.
2
del
tutto,
affatto.
38 LEGGENDE CRISTIANE
luogo
dove Giovanni battezzava. E
quando
e' fu
presso
a un
miglio
e mezzo a
Giovanni,
cominciava a venire
un
grandissimo
odore con una nuova divozione e le-
tizia, e incontanente conobbe ch'era Cristo che
veniva;
e
volgesi
d'intorno e noi vede
ancora;
e lascia istare
ogni
altra cosa e
guardavasi
d'intorno da
qual parte
e'
venisse;
ed era tanta
l'allegrezza
che mostrava neUa
faccia
sua,
che coloro che stavano d'intorno se n'av-
vedevano e molto si
maravigliavano;
ma non
sapevano
di che
egli
avesse
questa
mutazione,
ma
prendevanne
divozione e reverenzia. E stando
cos,
e
que'
vide
giu-
gnere
il
Figliuolo
d'Iddio,
e incontanente il conobbe
da
lungi
e comincia a
gridare:

Ecco
l'Agnello
di Dio
e colui che
toglie
le
peccata
del
mondo;
e
gridando
incominci a
corrergli
incontro e dicendo tuttavia
queste
parole.
La
gente
che v'era si commosse tutta e trae-
vagli
dietro a vedere
questa
novit;
e
quando giunse
a
lui,
incontanente s
gett
in terra e levoUo suso e ab-
bracciollo,
ed
egli
abbracci
lui,
e dieronsi la
pace.
Ecco che
vengono
insieme al
luogo
dove
battezzava,
e la
gente
che
gli
era d'intorno si
maravigliava,
e
pen-
savano bene che Gesti fusse uno santo
uomo;
ma non lo
istimavano
per grande
come Giovanni, e molto si ma-
ravigliavano
delle
parole
ch'avevano udito.
Giugnendo
al
luogo
del
battesimo,
Gesti disse a Giovanni:

Appa-
recchiati a
battezzarmi;
e Giovanni incominci
quasi
tutto a tremare dalla
grande
reverenzia e disse: Mes-
sere,
che mi di' tu?. E diceva nel cuor suo: Battezzer
la viUssima creatura il Creatore suo? e sarai ardito di
porre
la mano in
capo
del
FigHuolo
d'Iddio? Nullo
luogo

pi
alto. E Gesti
rispuose
a' suoi
pensieri
e confor-
tollo e disse: Fa'
francamente, Giovanni,
quello
che
t' commesso da
Dio,
che
oggi
vedrai la somma verit
di tutta la Trinit. La turba non intese
queste parole,
perch
Giovanni aveva comandato che stessero
addietro;
e la moltitudine
degli angioli
d'intorno facevano
siejpe,
pognamo
che non si
potessono
vedere;
e
spogMasi
Ges
SAN GIOVANNI BATTISTA 39
la sua
vestimenta,
e entr
nell'acqua.
Incontanente
gli
angeli
cominciarono a
cantare;
ed ecco una luce dal
cielo che '1
coperse,
sicch non si
potea
discemere dalla
gente,
e Giovanni cominci a tremare
per
la
grandis-
sima
reverenzia;
ed ecco lo
Spirito
Santo in forma d'una
colomba,
e venne
presso
al
capo
di Ges e alla mano
di
Giovanni,
ch'era in sul
capo
di
Gesti;
e Giovanni
istupefatto
al tutto veniva
quasi
meno,
se non fusse
che fu confortato dalla divina virt. Ed ecco la voce
del Padre che disse:

Questo
ne il mio
Figliuolo
di-
letto,
il
quale
mi
piace,
e lui udite.
O Giovanni
Battista,
o serafino in carne
umana,
chi
fu mai in
questo
mondo cos
ftto,
cos
preso,
cos in-
torniato dalla santissima
Trinit,
com'eri tu in
questo
punto?
La mano l'avevi in sul
capo
d'Iddio,
cogli
oc-
chi vedevi lo
Spirito
Santo
presso presso
alla mano
tua,
tantoch sentivi il dolce calore
suo;
la voce del
Padre udivi co' tuoi orecchi
presso
a te! Oh che
magna
virtude di fortezza ti fu
data,
che tu ti
potevi
tenere
ritto ! Piero e Giovanni e
Iacopo quando
furono in sul
monte,
che Cristo si
trasfgur,
ben vidono le vestimenta
bianche come la
neve,
e ben vidono la faccia sua come
il sole
risplendente,
e ben la vidono Mois e
Elia,
e
questo potevano
sofferire;
ma
quando
venne la voce del
Padre,
e' non
potevan
sofferire e caddono
quasi
morti;
e
tu, Giovanni,
non
cadesti,
perocch
tu eri di
pietra
che non
potevi
cadere,
cio eri tanto trasformato
per
amore in
Cristo,
che detto e chiamato
pietra;
e '1 tuo
corpo
era
quasi
fatto di
ferro,
che
sempre
l'avevi bat-
tuto e
picchiato,
come si batte il
ferro,
infno da
pie-
colino con vera ed
aspra penitenzia.
Il
ferro,
quanto
pi
si
batte,
megho
salda,
ed
pi
forte;
cos eri
fatto,
Giovanni,
per
la divina bont.
40 LEGGENDE CRISTIANE
9. La morte del Battista.
E in
quel tempo s'approssima
la festa di
quello
maledetto
Erode,
che
ogni
anno faceva
grande
festa
del dj che
nacque,
sicch si
consigliarono
insieme
egli
e
quella
sua
pessima
femmina,
e
ragionando
di far
gran
festa,
pensomi
che
quella
ria femmina dicesse:

E' non
mi
parr
mai avete ne festa n
pasqua
infno attanto che
tu non fai morire Giovanni di
Zaccheria,
che tuttavia
ist con
paura
che
per qualche
modo non ne
iscampi
dalle nostre mani e non si vada
via;
e se
questo
fia,
io non sar mai lieta ^)). Erode
rispuose
mollemente:

Frate
^
guarda quello
che tu
di';
che
cagione
trove-
remo noi di farlo morire? io ti dico
pure
che nel
cospetto
de' nostri baroni e dell'altra buona
gente
mi sar
posto
in
grande
cattivit
^
ch'io faccia morire
quest'uomo
senza altra
cagione.
E costei
rispose
incontanente:

La trover bene io la
cagione,
se tu lo vuoi
fare,
sicch
tu sarai
iscusato,
ma e'
par
che tu mi vuoi
sempre
te-
nere con
questa
afflizione di tenere costui in
vita;
e cominci a
piagnere;
sicch Erode vinto dall'amore
di
lei,
disse:

Or
ecco,
truova la
cagione,
e sar fatto
ci che tu vorrai.
Allora Erode attese a fare
apparecchiare
la festa
sua,
e
questa
ria femmina si
consigli
col dimonio che
era con
lei,
ovvero con molti
altri,
ed ebbe trovato con
loro insieme il modo di fare
tagliare
il
capo
a Giovanni
Batista,
siccome si racconta nel santo
Vangelo.
E in-
contanente chiam la
figliuola,
la
quale
era
gi grandi-
cella ed era beUissima e
costumata,
ed era molto
presta
ed avvenevole a fare secondo il modo ci ch'eUa vo-
^
Giovanni era stato
imprigionato
da
Erode,
cui
egli
rinfacciava
l'adulterio commesso
sposando
la
cognata
Erodiade.
2
chiama Erodiade fratello
(frate)
bench sia
donna,
ricordando il
legame
della
parentela.
^
cattiveria,
malvagit.
SAN GIOVANNI BATTISTA 41
leva,
e s
gran
festa e sollazz faceva di lei in tutta la
corte del re e di tutti i
baroni,
che l'altra
gente
che usava
nella corte si dilettava molto di vedere i suoi sollazzi.
Sicch costei ammaestr la
figliuola
di
pi
d innanzi
del ballare e del cantare e d'altri sollazzi
pi
belli e
pi
nuovi ch'ella facesse
mai;
e il dimonio n'era bene
con lei
d'insegnare
cose nuove e
dilettose,
perch egli
era la festa
loro;
sicch
quando
andava innanzi a Erode
con
queste
novitadi,
Erode molto si
rallegrava
e di-
ceva:

Or cos ci farai tu il di della festa?. Ed ella ri-
spondeva:

S,
far io anche
megho.
E
quella
sua
pes-
sima madre disse a Erode
segretamente:;
Vedi ch'io
ho cos
pensato
che il d della
festa,
quando
voi sarete
a desinare con tutti i
principi
e baroni del
reame,
questa
fanciulla verr dinanzi a voi e far
queste
sue
giul-
lerie
^
e
sollazzi,
e so che
piaceranno
molto a tutta la
gente,
e
spezialmente quando
vedranno che a te
piaccia,
e tu le
'mprometterai
e
giurerai
manifestamente,
sicch
t'oda bene tutta la
gente,
che
qualunque grazia
ella
vuole ch'ella
addomandi,
che tu
gHela
farai,
e io l'am-
maestrer ch'ella addomandi il
capo
di Giovanni Ba-
tista,
e tu te ne mostrerai
dolente,
quantunque
tu
vuoi;
fa' tu che
l'opera venga
fatta. E costui
rispose:
Or
ecco,
fia fatto. Ammaestra
pm^
bene la fanciulla che
istia ben
ferma,
e se io mi mostrassi turbato o
irato,
che ella non tema. Ella disse: Ben sar fatto. E co-
mincioUa ad
ammaestrare,
com'ella stesse ben ferma
e
salda,
e non temesse
perch
Erode si mostrasse tur-
bato,
e cos l'ammaestra
d'ogni
cosa. In
questo
mezzo
la festa
apparecchiata,
come dovesse essere domane
il d della
gran
festa,
e Giovanni mand
oggi per
li di-
scepoli
suoi
tutti,
e con
grande allegrezza
sta con
loro,
e
ammaestragli d'ogni perfezione;
e ben
predice
loro che
dee morire
tosto,
ma non dice il
quando,
n il
come,
confortandogli sempre
e
ammaestrandogli
che stieno con-
^
bixSonerie,
lazzi.
42 LEGGENDE CRISTIANE
tenti alla volont di Dio. E costoro con
grande
dolore
ascoltano
queste parole,
ma nondimeno
pur
si ristrin-
gono
alla volont di
Dio,
che tanto ne sono ammae-
strati. E
quando
si vennono a
partire,
s disse loro:

Vedete,
figKuoli
miei,
domane non ritornate di
qui
a
vespro, perocch troppo
ci avr
grande
romore e
molta
gente;
ma istate in
orazione,
ed io
altres,
ac-
ciocch essendo Iddio offeso da molta
gente per questa
festa,
almeno da noi sia laudato e
ringraziato
in
questo
tempo
de' beneficii
ch'egli
ha fatti al mondo e fa tutto
d. Costoro istettono contenti e vannosene a stare in
orazione;
e san Giovanni si
puose
in orazione tutta notte
e tutto il d a laudare
Iddio,
insino a
quell'ora
che venne
l'ufficiale a
tagliargli
il
capo.
Essendo la mattina
apparecchiato
il desinare
gran-
dissimo,
ed essendo
poste
le
genti
a
tavola,
ecco che si
rappresent questa
misera fanciulla neUa corte del
re,
dov'erano tutte le tavole dall'uno lato e
dall'altro,
e
questa
misera era nel mezzo di tutti dinanzi al
re,
e comincia a fare
queste
sue
giullere,
le
pi
belle e le
pi
nuove che mai si
vedessono,
e il dimenio era tutta-
via con lei che l'ammaestrava e anche l'abbelliva. Co-
storo
mangiavano,
e
quanto pi mangiavano
e
pi
beevano,
pi
si
rallegravano
e s
gridavano
al
re,
di-
cendo:
Messere,
questa
la
pi
bella cosa di
questa
fanciulla,
e la
pi
nuova che mai si vedesse):. L'altro
rispondeva
e diceva a Erode:
Messere,
chi si trover
nel mondo che sia
degno
di cos
gran gioie
com'
questa
figliuola?
Vedi che non le manca nulla nel
parlare
e
nell'opera;
ci ch'ella vuole sa fare e
dire;
della
per-
sona cos fatta come tu vedi. E
queste parole pia-,
cevano molto al re. Ecco che costei ebbe fatto un
pezzo,
ed ella s si ferm dinanzi al re e disse baldanzosamente:
Messere,
ecco ch'io mi sono cotanto affaticata a fare
onore alla festa
tua;
tu che darai a me?. E' baroni
e la
gente
che avevano
gi presso
che
mangiato,
tutti
dierono orecchie e ascoltarono
quello
ch'ella
dicesse.
SAN
GIOVANJiri BATTISTA 43
e come il re le
rispuose
a
gran
voce,
come ordinare
^
era,
e disse:

Addimanda ci che tu
vuoi,
e io ti
giuro
e
imprometto
che se tu m'addimandassi mezzo il mio
reame,
s
l'avrai;
e
questo
ti dico in testimonianza di
tutti costoro che sono
qui.
E la fanciulla si lev e
and alla madre e diasele
queste parole,
come il re le
aveva
impromesso,
e la madre disse:
Va',
figliuola
mia,
e domanda che ti sia recata in sulla tavola la testa
di Giovanni
Batista;
e
s'egli
se ne adirasse contro te
e volesseti cacciare
via,
e tu sta'
pur
ferma e
costante,
e di'
pure
che tu vuoi che
t'attenga
la
promessa;
e
s'egli
ti
minacciasse,
e tu fa' vista di
piagnere grandissima-
mente e sta' ierma e non ti
partire,
e di'
pure
che tu
vuoi
quel
che t'ha
impromesso
. E la fanciulla torn al
convito e
grid
e disse: Voi avete bene udito come il
re m'ha detto ch'io
chiegga
ci ch'io
voglio,
e
promesso
e
giurato
che mi dar ci ch'io chieder. Tutti inco-
minciarono a
gridare:
Cos il vero. Ed ella disse
al re: Io
voglio
che tu mi doni la testa di Giovanni
Batista,
e
venga
test
quiritta
^
in sul
desco
dinanzi
da te . E il re si mostr s fortemente turbato che non
s
potrebbe dire,
dicendo: Maledetta
figliuola,
io non
credetti che tu mi chiedessi n carne n
sangue,
anzi
credeva che tu volessi oro o ariento o
pietre preziose
o adornamenti di
grande
valuta;
e di
questo
io era
molto lieto e
contento,
e '1 voleva fare. E
quella pure
affermava e diceva:

Tu mi
promettesti
ci ch'io vo-
lessi,
e io vo'
questo.
E il re cominciolla a minacciare
e a volerla cacciare
via;
e costei cominci a
piagnere
e a richiamarsene a
quelli
che
mangiavano.
La
gente
che
v'era,
incontanente conobbono che
questa
era cosa
apposta
e che veniva dalla
madre,
e volendola
compia-
cere
pure, avvegnach paresse
loro sozza e villana
cosa,
incominciro a
gridare
al re che fusse fatto ci ch'ella
volesse e che
gli piacesse
di non
istorpiare
la festa. Al-
^
solito.
2
avverbio:
quivi.
44 LEGGENDE CBISTIANE
lora il
re,
mostrandosi molto tristo e molto
turbato,
comand al siniscalco suo che andasse alla
prigione
e
facesse
tagliare
il
capo
a Giovanni Batista e recasselo
ivi. L'ufficiale and alla
prigione,
e men seco uno vi-
lissimo
ragazzo
con una
ispada
molto
tagliente,
e fu
alla
prigione:
e
pensomi
che
piangendo
dicesse:

Servo
di
Dio,
perdonami
che cos
ingiusta
cosa mi conviene
fare,
e
prega
Iddio
per
me,
che
questo
faccio molto
male volentieri.
!E}
san Giovanni
s'inginocchi
con
una faccia
allegra
e disse:
Fratello,
prega
Iddio che
ti
perdoni,
e io ti
perdono quanto posso,
e
priego
Iddio
per
te;
eccomi e fa' sicuramente ci che t' stato co-
mandato. E istese il collo
quello agnello
mansueto,
e
fugh tagliato
la testa. Tutti i
prigioni
e le
guardie
co-
minciarono a
piagnere
ad altissime
voci^
e
cominciarono
a maledire la
figliuola
e la
madre,
perocch gi
avevano
udito come costei l'aveva domandato. L'uficiale
prese
la
testa,
e cos
sanguinosa
la
port
suso dinanzi alla faccia
del re.
Quando
costoro che
mangiavano
vidono
questa
cosa furono tutti
istupefatti,
e con tristizia
molta,
che
pa-
reva loro una terribile cosa
questa
a
vedere,
sicch fu
guasta
la
festa;
e al d
d'oggi
interviene che le molte
vane
allegrezze
ritornano talvolta in
grande
tristizia.
E il re fece dare la testa lq mano della fanciulla e disse
con
gran
voce:
Togli,
che male ti
possa pigliare
e male
incontrare;
e sicuramente che Iddio te ne
pagher
bene,
e se non fusse
per
amore della
festa,
io te n'avrei ben
pagato
come si conveniva, E
pure
lo cuore suo dentro
martellava e tremava di
paura;
sicch ne ebbe in dono
questa
testa;
e
questa pessima figliuola
la
port
alla
pi pessima
madre,
e
quando
la
vide,
senza misura si
rallegr
e recossela in
mano,
e diceva:
Ora che non
favelli e non
predichi
contro al re? eh dimmi come
t' ora inclto
^
della tua audacia ? . E dicendo
queste
parole,
dicesi che
quella
testa le mand un alito nel
^
che ti accadde.
SAN GIOVANNI BATTISTA 45
volto e cadde in terra morta subitamente. E se cos
fu,
bene
ha che
piagnere
la misera che tanto aveva
cantato. Il romore si lev
grande,
la festa si baratt
^
tutta,
e mandarono
per quegli
medici tutti a
sapere
s'ella fusse
pur
morta;
e
pensomi
che le
scoppi
il cuore
in
corpo dell'ingiusta
e
soperchia allegrezza.
In
questo
mezzo
pensomi
che alcuna delle
guardie
mandassono
per
li
discepoK
di san
Giovanni;
e' vennono
e trovarono
questo corpo
santissimo cos ismozzicato.
Il dolore e '1
grandissimo
lamento che fecionne non
si
vogHono
iscrivere;
chiunque legge
se '1
pensi.
Ed
ecco che se ne
portano
il
corpo
a
seppellirlo, portando
in uno vile mantelluccio che s'avevano levato da
dosso,
quel
beatissimo
corpo
cosi
smozzicato,
senza la testa
e molto
insanguinato,
tantoch
gocciolava
lutino a terria.
I
discepoli
suoi
andavano,
piangendo,
col
capo
chinato
e
molto
dolorosi;
la
gente
che
passavano
si facevano
innanzi
per
vedere
questa
disusata cosa cos
ingiusta,
e molti il
conoscevano,
vedendo i
peK
del
cammello,
di che
egH
era
vestito,
e cominci a essere
grandissimo
cordogHo
in tutta la
terra,
e maladicevano Erode e
tutta la casa sua. A
queste parole
venne alcuno secolare
e disse: Ascoltate un
poco,
e disse: E' si dice molto
segretamente
che
quella
ria femmina avendo
quella
testa santissima in mano e facendone
beffe,
cadde
morta,
ma non si sa ancora
per
fermo;
ma
questo
ben
si vede che la corte tutta acchetata e
sbaragUata
2,
e' medici tutti andati in
palagio.
Allora tutta la
gente
cominci a
pregare
Iddio che facesse
giusta
vendetta
di cos
grande ingiustizia,
come il re aveva
fatta;
e or-
dinarono insieme che
alquanti
buoni
uomini,
che non
paressono
discepoli
di san
Giovanni,
andassono alia
corte di
Erode,
e
sapessono
se
per
alcuno modo
eglino
potessono
favellare a
qualche
ufciale'che era tenuto
^
si
scompigli (disusato
in
questo senso).
^
in
gran
disordine.
46 LEGGENDE CRISTmNB
migliore,
se
per
alcuno modo si
potesse
riavere la testa
di Giovanni Batista. E come fu
ordinato,
cos anda-
rono i
discepoli
suoi,
e molti altri uomini divoti e sante
donne rimasono con
questo
santo
corpo
cos ismozzi-
cato;
e ciascheduno
pensi
che dolore era a vedere
questo
corpo
di cotale uomo senza
capo. Piagnevano dunque
queste
sante donne di vedere tanta
ingiustizia
com-
messa ia
quel
di da
quello
mal
signore
Erode,
che te-
mevano che non sobissasse tutta
quella provincia per
cosi
grande peccato
commesso. Ecco che tornano coloro
che erano andati
per sapere
se si
potesse
riavere la
testa,
e dissono cosi :

Noi non ne
possiamo sapere
nulla,
perocch
la
gente
ne tutta
impacciata.
Erode dicono
eh' molto
contristato,
e non
luogo
di
poterne sapere
ora cavelle
^
. Costoro rinnovellarono il dolore e ten-
nero il
corpo
infino all'altro
d,
e
pi,
se
pi
fusse bi-
sognato.
Ritornarono ancora
questi
buoni uomini al
j)alagio
d'Erode e trovarono
simiglianti
cose,
ma
pure
favellarono ad alcuno amico di l
entro,
e dissono di
questa
testa;
e
pensomi
che colui
rispondesse:
Andate
via e non dite ora di
questo
fatto
nuUa,
che
trppo
ci ha che fare . E certo cosa convenevole era che
quella
casa,
dove s'era commessa tanta
niquitade,
fusse
posta
in tristizia e tribulazione in vita
sua;
e cosi mi
penso
che fusse. Tornarono costoro e dissono
agh
altri: Ve-
dete che non ha
luogo
di
potere
avere
questa
testa a
questi tempi,
E dissono
quello
che n'avevano
saputo.
Allora
presono consiglio
infra loro che si
riponesse
il
corpo
onorevolmente,
come si
conveniva;
e
poi
se noi
potremo
avere la
testa,
riporremla
ancora con
questo
benedetto
corpo
con
quanta
reverenzia
potremo.
E fe-
ciono fare il
sepolcro
beUissimo,
e
portarono questo
vene-
rabile
corpo
al
sepolcro,
e misonlo entro. Innanzi che il
sepolcro
si
richiudesse,
i
discepoli
suoi addoloravano
e
piangevano sopra questo
venerabile
coriDo,
e
dicevano,
^
niente.
SAN GIOVANNI BATTISTA 47
levando
gli
occhi a Dio: Padre
celestiale,
or dov' la
testa
del , servo tuo ? ora dov' la
lingua
che annun-
ziava
sempre
la tua laude? ora dove sono
gli
ochi che
ragguardavano sempre
il cielo? come l'hai
sofferto,
onnipotente
C5reatore,
che la malizia abbia tanta
signoria,
che vedi che
ripognamo questo corpo
ismozzicato senza
la testa? Ora ov'
quella
testa venerabile? or sosterrai
ch'ella sia stata
gittata
via e data a
mangiare
alle be-
stie?
Preghiamoti,
Padre
celestiale,
che tu ci dia
grazia
di riaverla. Ed era s
grande
il
pianto
che facevano
i
discepoli
suoi e altre
persone
divote,
che
parevano
che
si dovessono
spezzare
i cieli e
aprire
la
terra;
e cos si
lamentavano e dicevano come
uomini,
che l'amavano
sommamente,
che fusse onorato e fusse Conosciuta la
sua
bont,
e s dicevano
sopra
lui infra le
genti
ci che
sapevano
dire di lui a sue
commendazioni;
e anche
rijjetevano
infra la
gente quello
che aveva detto mes-
sere Ges di
lui;
imperocch
messere Ges era traila
gente riputato grande profeta,
e
sapevano
bene
com'egli
aveva detto di san Giovanni che
egli
era
profeta,
e
pi
che
profeta, ch'egh
era
l'angiolo,
del
quale
era iscritto
che
manderebbe
l'angiolo
suo dinanzi a lui ad
appa-
recchiare la via
sua;
e
queste
cose e
ogni
altre
ch'egHno
avevano vedute e udite di lui e da
lui,
ridicevano con
gran pianto
e dolore
sopra
il
corpo
suo. E cos fu ri-
posto
^
il
glorioso corpo
di Giovanni
Batista,
e ciascuno
si ritorna a casa sua con
grande
dolore e
lamento;
e
pensomi
che la testa
sua,
essendo
gittata
in alcuno lato
della
casa,
perocch
avevano altro da
fare,
penso
che
alcuno buono
famigUare
v'avesse che tolse
questa
testa
e
involse]a in
qualche panno
e
segretamente
la sotterr
nel
palagio
medesimo. E dicesi che
poi
a
pi
di
dugento
anni,
san Giovanni la rivel a un suo
amico,
che la ri-
trovasse,
che ella era in cotale
luogo,
sicch dicono che
la
ritrov in
panni
cilicn nel
palagio
d'Erode.
^
sepolto.
48 LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
Dell'ampia
narrazione della vita del Battista abbiamo tra-
scelto solo i
passi pi importanti,
che
lumeggiano
il carattere
e la vita del Santo. Non occorrono
parole per
rilevare i
pregi
di
questa prosa
schietta ed
ingenua,
animata da un vivissimo sen-
timento d'arte. Per la
semplice
ed
ingenua grazia
del dettato
e
per
la
purezza
della
lingua
il Giordani la chiamava un miracolo.
Il diffuso racconto della
giovinezza
di
Giovanni,
e il suo
incontro con la Sacra
Famiglia
reduce
dall'Egitto
venne
ispi-
rato dai
Vangeli apocrifi,
e in
particolar
modo da
quello
dello
pseudo
Matteo.
Qviivi
troviamo infatti che i leoni e i
leopardi
precedevano
Ges e chinando le teste lo adoravano indican-
dogli
il sentiero fra le sabbie del deserto s
(cap. 19),
e che il terzo
giorno
Maria stanca dal
viaggio
e dall'ardore del sole volle se-
dere all'ombra d'una
palma
carica di
datteri,
la
quale
ad un
cenno di Ges si
"pieg
e lasci che fossero colti i suoi frutti
(ca-
pitolo 20)
1.
Quest'episodio
venne
dipinto
con
impareggiabile
senso di
grazia
e di colore dal
Correggio
nel suo famoso
Riposo
in
Egitto,
che si conserva nella
Pinacoteca
di Parma.
La vita
giovanile
di Giovanni nel deserto e il suo incontro
con Ges vennero
dipinti
invece dal Pinturicchio
(Galleria
di
Siena)
il
quale rappresent
in un
quadro
il Battista
accompa-
gnato
da un
capriolo,
e in vm altro i due
giovanetti
sorridenti
che si avviano ad
attingere acqua
ad una
fonte,
mentre
Giuseppe
e
Maria stanno seduti all'ombra di una
palma.
Tra le
composizioni
letterarie in onore di S. Giovanni
ricor-
deremo anzi tutto il celebre inno di Paolo
Diacono,
le cui sillabe
iniziali servirono a Guido Monaco
per
designare
le note musicali:
Ut
queant
laxis
resonare
fihris
Mira
geslorum
i&muli
tuorum,
Solve
folluti
\aMi reatum
Sancte Johannes.
Adamo da S. Vittore nel suo inno accenna mirabilmente
l'opera
del Precursore:
Vox clamantis in deserto
Vox Verbi
praenuntia.
E.
PisTEi^Li,
Il
Proievangelo
di
Jacopo,
Lianciano, Carabba,
1920.
e
Ci
o
'3
C3
'al
e
(Ti
48
LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
Dell'ampia
narrazione della vita del Battista abbiamo tra-
scelto solo i
passi pi importanti,
che
lumeggiano
il carattere
e la vita del Santo. Non occorrono
parole per
rilevare i
pregi
di
qiiesta prosa
schietta ed
ingenua,
animata da un vivissimo sen-
timento d'arte. Per la
semplice
ed
ingenua grazia
del dettato
e
per
la
purezza
della
lingua
il Giordani la chiamava un miracolo.
Il diffuso racconto della
giovinezza
di
Giovanni,
e il suo
incontro con la Sacra
Famiglia
reduce
dall'Egitto
venne
ispi-
rato dai
Vangeli apocrifi,
e in
particolar
modo da
quello
dello
pseudo
Matteo.
Quivi
troviamo infatti che i leoni e i
leopardi
precedevano
Ges e chinando le teste lo adoravano indican-
dogli
il sentiero fra le sabbie del deserto
(cap. 19),
e che il terzo
giorno
Maria stanca dal
viaggio
e dall'ardore del sole volle se-
dere all'ombra d'una
palma
carica di
datteri,
la
quale
ad un
cenno di Ges si'
pieg
e lasci che fossero colti i suoi frutti
(ca-
pitolo 20)
^.
Quest'episodio
venne
dipinto
con
impareggiabile
senso di
grazia
e di colore dal
Correggio
nel suo famoso
Ripofo
in
Egitto,
che si conserva nella Pinacoteca di Parma.
La vita
giovanile
di Giovanni nel deserto e il suo incontro
con Ges vennero
dipinti
invece dal Pinttiricchio
(Galleria
di
Siena)
il
quale rappresent
in un
quadro
il Battista
accompa-
gnato
da un
capriolo,
e in un altro i due
giovanetti
sorridenti
che si avviano ad
attingere acqua
ad una
fonte,
mentre
Giuseppe
e
Maria stanno seduti all'ombra di una
palma.
Tra le
composizioni
letterarie in onore di S. Giovanni ricor-
deremo anzi tutto il celebre inno di Paolo
Diacono,
le cui sillabe
iniziali servirono a Guido Monaco
per designare
le note musicali:
Ut
queant
laxis resotiare
fibris
Mira
geslorum
iamnuli
tuorum,
Solwe
polluti
labii raalutn
Sancte Johannes.
Adamo da S. Vittore nel suo inno accenna mirabilmente
l'opera
del Precursore:
Vox clamaniis in deserto
Vox Verbi
praenuntia,
^
E. PiSTELLi, Il
Protevangelc'
di
Jacopo,
J^anciano, Cavabba,
1920.
'J-
^
-l^
'S.
SAN GIOVANNI BATTISTA 49
Ardens
fide,
verbo lucens
Et ad veram lucem ducens
Multa docet millia.
Non lux
iste,
sed
Iticema,
Ghristus vero lux
aetema.
Lux illustrans omnia.
Fra le laudi in
volgare riportiamo
la
seguente,
che contenuta
nell'opera
del
Mne,
Hymni
latini M.
Aevi,
Friburgo
1855,
voi.
Ili,
pag,
54:
Laude a S. Giovanni Battista.
Se
per speranza
o
per-
nullo exorar
premio
o mercede alciana se
raquista,
tu
glorioso
Giovanni
baptista,
del servo tuo
degna
i
preghi
ascoltare.
Or
porgi
a'
preghi
il
perspicace
audito,
e del mio
petto
i ferventi
sospiri
ascolta,
e vedrai come son ferito
di dolce
fiamma,
s che i miei desiri
in te son
posti
e non in altri viri:
adunque, padre,
tu mio duca e
guida,
drizza il mio
ingegno,
il
qual
in te si
fida,
s ch'io ti
sappia
amando
seguitare.
Inver di me
volgi
i
pietosi
lumi
del cui
splendor
il mio illustrato cuore
possa sparger
di dolci
pianti
i
fiumi,
s che l'alma del tuo soave amore
s'accenda di
te,
e con
gran
fervore
prenda
l'ardir di feroce leone.
Tu di
profeti
corona e
lumiera,
superna grazia
in te lume
produce,
tu di santi
padri
trionfai
bandiera,
in te
risplend
di doctrina
luce;
tti del Verbo eterne fusti la voce
che nel deserto
gridasti
s
pio:
Drizzate la
via,
ecco il vero Iddio
e' viene al mondo
per
noi
ricomprare.
4.

Battelli, Leggende
cristiane.
50 LEGGENDE CRISTIANE
Tu
d'ogni
virt
via,
scuola e
fonte,
scudo di fede e di santit sei
forma,
tu di celeste via scala e
ponte,
specchio
che
luce,
e di
giustizia
norma;
tu del buon Ges
seguisti
l'orma
s che nel ciel i tuoi
raggi
vi
spande
lume e
splendor,
ed hai
quel
che dimande
al Padre
eterno,
a cui mi fa salvare.
O
padre,
o
diletto,
o caro mio
tesoro,
o
divoto,
o
benigno,
o mio dolce
desio,
nel tuo
cospetto
fammi far dimoro
quando
ista vita vedr il fin
mio,
prego
che
preghi
il mio
Signor
Iddio
prenda piet
d'est alma
tapinella,
s che
per
te
pene
non senta
ella,
e da fuoco infernale fammi liberare.
E
fa',
divoto
caro,
ch'i sensi miei
torni alla dritta e
sempiterna
via,
qual
tu
segnasti
dicendo: Ecce
agnus
Dei!
con tua
loquela
e santa
melodia,
per l'aspra
e cieca e
profonda
risia
rimuover de' Giudei
tapini
e inerti.
O
felice,
fa' che
per
li tuoi merti
torni alla
gloria,
dov' il tuo
regnare.
Il D'Ancona nelle sue Sacre
Rappresentazioni (voi.
I,
pa-
gina 241)
ha accolto
quella
di Feo Belcari e G.
Benei,
che di
recente il Castellino ha
poi riprodotto
nel voi.
pubbUcato
dal-
l'Unione
Tipografco-Editrice
Torinese
(Collezione
di Classici
Itahani n.
13).
Infinito il nximero delle
opere
d'arte
ispirate
a
questa leggenda,
dalle sculture
gotiche
che ornano il
portale
della Cattedrale di
Rouen,
alla
porta
in bronzo di Andrea Pisano
nel Battistero
Fiorentino,
dalle
pitture
di Giotto nella
Cappella
Peruzzi in S.
Croce,
agli
affreschi del Ghirlandaio nel coro di
S. Maria
Novella,
dai bronzi di Donatello e del Ghiberti nel Bat-
tistero di Siena alle
pitture
di Andrea del Sarto nel Chiostrino
dello Scalzo a Firenze. Tra i moderni ricorderemo Puvis de Cha-
vannes che
dipinse
il martirio del
Santo,
e Gustave
Moreau,
che nella Danza di Salame
seppe
rendere tutto il fascino
per-
SAN GIOVANNI BATTISTA 51
verso della
figlia
di
Erode,
ispirando
al
poeta inglese
Oscar
WUde il suo
capolavoro Salame,
musicato
poi
dallo Strauss. Lo
stesso tema aveva
gi
trattato in
precedenza
il Flaubert con
quella
straordinaria ricchezza di
lingua
e
potenza
di stile che
erano le caratteristiche del
meraviglioso
scrittore francese.
Un'antica Danza di Salame
pubblic gi
il Galli nella sua
reccolta di Laudi inedite dei
Disciplinati
umri
(Bergamo
1910),
riprodotta
di recente nel voi. Uantico dramma sacra italiana
di
Paolo Toschi
(Firenze 1927,
voi.
I,
pag.
269).
L'episodio
del battesimo di Cristo tent a sua volta un
gran
numero di
artisti,
da Piero della Francesca al
Verrocchio,
da
GiambeUino al Tiziano. Nel
quadro
del Verrocchio
(oggi
alla Gal-
leria
degli Uffizi)
un
angelo,
come
noto,
venne
dipinto
da Leo-
nardo,
il
quale poi raffigur
S.
Giovanni,
nel
piccolo
delizioso
quadro
del
Louvre,
come un efebo
sorridente,
dalle carni dorate
e dalla folta
capigliatura
che
gli ombreggia
il volto adolescente,
fulgido
di rara bellezza.
LA LEGGENDA DELLA MADDALENA
[Pubblicata
dal
Manni,
vi.
Ili, pag.
1
e
segg.\
1. Nell'ombra del peccato.
Nel
tempo
che Cristo era nel mondo e
predicava,
s era Maria Maddalena in
quella
contrada;
ed era la
pi
bella femmina che si trovasse nel
mondo,
salvo la
Vergine
Maria;
e come era
bella,
cos era di nobile in-
telletto,
pognamo
ch'ella si
guastasse per
mala volon-
tade. E nella storia di santa Marta si dice che '1
padre
fu uomo molto valoroso e fu molto in
grazia degl'im-
peradori
di
Roma,
imperocch
fece
grandi
cose
per
loro,
sicch
gl'imperadori,
volendosi riconoscere della
sua
boutade,
s
gli
donarono la terza
parte
di Geru-
salem,
e
donarongli
due
castella;
uno avea nome Mad-
dalo e l'altro Bettania. Sicch
quel
savio
uomo,
ch'avea
nome
Siro,
facendo suo
testamento,
s fece le
parti
a'
suoi
figliuoli,
e diede a Lazzero la
maggior parte
e la
pi
nobile,
siccome si
conveniva,
ed a Maria lasci
quello
castello che avea nome
Maddalo,
e da
quello
ca-
stello fu eUa
poi
chiamata la Maddalena.
Avvenne in
quel tempo
che
questa
bellissima don-
zella fu
sposata;
e dice santo Jeronimo
(il quale
scrisse
molto e cerc molto
dihgentemente
delle cose di Cristo
e di
quelle genti
che credevano in
lui)
ch'ella fu
sposa
LA MADDALENA
53
di Giovanni
evangelista
^;
ma la Chiesa non l'afferma
e no '1
vieta;
a me molto diletta di
pensare
che cosi
fosse,
ne' miei
pensieri.
Sono contento e lieto che san
Girolamo il.
dicesse;
e tanto mi
piace quello
bellissimo
e dilettissimo
santo,
santo
Giovanni,
che se
gli
conve-
nisse una cos bella e
graziosa giovane;
e dobbiamo
credere ch'ella non era ancora
peccatrice,
che non si
sarebbe fatto
quel parentado....
Or
vegnamo
a
pensare
deUe
.nozze.
Dicesi che '1
nostro
Signore
Gesti
Cristo,
dopo
il desinare ne men
seco Giovanni
evangelista perch
volle
pure
che fosse
vergine, perocch
fece
quel
bello miracolo
dell'acqua
vino,
onde molto ne
maravigli
la
gente
^. E ben
penso
che se ne
meravigU
la Maddalena con
gli
altri
insieme;
ma non mut
per
il cuore suo ch'era tutto
pieno
e
vago
delle vanit del
mondo;
ma
quando
venne
poscia
la novella che lo
sposo
suo se n'era andato con
Gesti,
bens mut il cuore suo allora iti
grande
dolore.
Ma non
perdette
ancora la
speranza ch'egli
non
tornasse;
e
seguitando
l'un d
dopo
l'altro,
costei n'a-
vea molto
dolore,
e la madre di san Giovanni e
gli
altri
parenti
erano tutti afflitti e tribolati. E stando cos
alquanti
d e vedendo che non
tornava,
pensomi
che
mandarono a lui a
sapere quello
che volesse fare di
questa opera;
e
pensomi
che
rispuose
che facessono
quel
che
piacesse
loro,
che non credeva mai tornare a
casa
per questa cagione.
E
quando
venne
questa
no-
vella,
lo sconforto fu molto
grande:
e
pognamo
che la
madre e
gli
altri suoi temessero
Iddio,
e accordavansi
con la sua
volontade,
nondimeno mostravano
grande
1
Codesta
pura
invenzione del narratore. S. Gerolamo nel
prologo
al suo commento sul
Vangelo
di S. Giovanni accenna soltanto che Cristo
lo distolse dal
pensiero
delle
nozze,
ma non nomina affatto la Maddalena.

Hic est Joannes


evangelista,
unus ex
discipuUs
Domini,
qui virgo
a Deo
electtis
est,
quem
de
nuptiis
voluntatem nubere vocavit Deus.
2
II narratore
confonde,
attribuendo alle nozze della Maddalena il
miracolo che avvenne alle nozze di Cana.
54 LEGGENDE CRISTIANE
cruccio
per cagione
di
questa
nobile
donzella,
che fu
rimenata a casa.
Sapendo
la Maddalena
questo
fatto. e vedendosi cos
schernita e
beffata,
pensomi
che
isdegn
fortemente,
e
mand
per
lo suo fratello e tornossi a casa. Anco mi
penso
che la Maddalena stesse
parecchi
mesi in
gran
dolore,
e di molti
mgegni
e molte cose si facessono
per
sapere
se si
potesse
riavere
questo sposo
in cui ella
aveva
posto
tutto il suo amore e di cui eUa era la
pi
contenta donna del mondo. Ma ella non
sapeva
bene
il fatto che Giovanni aveva un altro amore
pi leg-
giadro
e bellissimo e
d'ogni
valore,
cio la carit di
Dio;
sicch l'amore di lei e
d'ogni
mondana cosa aveva
del tutto
gittate
dal cuore suo e daUa mente sua.
Queste
parole, perch'io
ho cosi ritrovate e
ritrovo,
s '1 fo
certe,
perch
la Maddalena sia un
poco pi
iscusata
negli
occhi della mondana
gente,
deUa mala vita ch'ella
tenne
poscia
un
picciolo tempo.
Or torniamo a lei. Io mi
penso
che,
vedendo la Mad-
dalena che costui non si
poteva
ritrovare,
essendo di-
sperata
di non
potere
essere con
lui,
diede se medesima
a una vita
disperata, per
non voler morire di dolore
e
per
darsi vita e
tempo
^,
ed era heta di fare disonore
a
lui,
pognamo
che ella il facesse ancora a se medesima.
E vedendo le demonia il suo cuore cos
apparecchiato,
entraronvi
dentro,
non
pure
uno,
ma sette, con sette
peccati
mortah;
imperocch
dice '1
Vangelo
che '1 Si-
gnore
cacci da lei sette demordi. Ed ora comincia la
Maddalena a darsi vita, e
tempo
e andare a torno alle
feste e alle
luogora
^
di
sollazzo,
mostrando la sua bel-
lezza con atti e costumi disonesti. E
pensomi
che da
prima
i
parenti
suoi che l'amavano
molto,
erano molto
lieti ch'ella si desse vita e
tempo,
acciocch'eUa non mo-
risse di
dolore;
ma non credettono e non avrebbono
voluto che '1 male si distendesse tanto
quanto
fece
poscia...
^
spasso,
bel
tempo.
2
luoghi;
desinenza
antiquata
come
ramora,
corpora,
ecc.,
v.
pag.
92.
LA MADDALENA
55
Ora diciamo di
Marta,
secondoch dice la
leggenda
sua. Marta era inferma del
corpo
e non vi trovava n
medico n
medicina^,
e aveva una sua cameriera che
aveva nome
Martilla,
la
quale
mi
penso
fosse
prima
colla madre loro e che aiutasse allevare
queste
fan-
ciulle,
e rimase con loro come una loro madre di
tutte,
e una massaia di casa e
governatora
di tutte loro
cose,
ed era molto savia e molto
sperta,
e amava molto
questa
famiglia,
e riducevasi il
pi
con
Marta,
perocch
era
la minore ed era
inferma,
ed era buona e onesta e
savia;
e della Maddalena
portavano
molto dolore e recavansi
a
gran vergogna
la mala fama ch'ella
aveva;
e
spe-
zialmente
questa
benedetta vecchia andava alcuna
volta attorno
per
cose di nicistade
2,
e trovava le buone
donne,
e forsi di buoni uomini che dicevano: Che vi-
tupero

questo?
Or che cosa lasciare andare una
giovane
in
questa
forma,
che tutta la citt non dice
altro che di lei? E Lazzero non
pare
che se ne
avvegga;
or come non la mettete voi in
prigione?);.
MartiQa si ri-
stringeva
e non
sapeva
che si
dire,
e iscusare non la
poteva, perch
a lei medesima fortemente le
dispiace-
vano i suoi costumi. E tornandosi a
casa,
raccontava
queste parole
con
Marta,
e
spesse
volte
piangevano
con
gran
dolore. E
pensomi
che chiamavano Maria al-
cuna volta e dicevanle
queste parole
e
riprendevanla
duramente. Pensomi che Maria incominciava a ridere e a
cantare e a levarsi loro dinanzi e non le stava a
udire,
sicch costoro rimanevano con vie
maggior
dolore....
E Marta si dava tanto dolore che la sua infermit
pur
cresceva,
e non
pareva
che avesse
luogo
nessuno
a
prci
rimedio;
e non si trovava
medico,
se non
uno,
di
queste
infermit,
il
qual
medico lev e annull essa
infermit.
1
Marta
qui
identificata con l'emoroisaa dei
Vangeli,

che da
dodici anni
pativa per
flusso di
sangue,
e aveva
speso
il suo in
medici,
senza
poter
essere risanata da alcuno
(Luca, Vili,
43).
2
necessit.
56 LEGGENDE CRISTIANE
2. La convebsione.
[Questo
medico
fu
il Cristo.
Saputo
dei miracoli
ch'Egli
compieva,
Marta,
sorretta a braccia dai
familiari,
si
trascin col dove Gesii stava
predicando
alle
turbe,
e
spingendosi
avanti ira la
folla,
riusc a
toccargli
un
lembo della veste. Il Salvatore si volt di scatto di-
cendo: (.iChi mi tocca?)) e come vide Marta
ingi-
nocchiata a
terra,
tutta
reverente,
le
pose
le mani sul
capo
e disse:

Confortati, figliuola,
la tua buona
fede
ti ha
fatta salva;
va' in
pace
. E Marta di subito si
lev
guarita d'ogni malore'}.
Come Marta, fu tornata a casa cos
sanata,
inconta-
nente fu mandato
per
Lazzero,
ch'era
per
la terra sol-
lazzando,
e
fugli
detto:
Vieni,
che Marta
guarita.
E
quegli
se ne
maravigli
molto e disse:

Come
gua-
rita?. E
qui rispuosono
e dissono:
Questo
grande
profeta
che si chiama Ges l'ha
guarita,
ed
pi
bella
e
pi
forte ch'ella fosse mai. E Lazzero incontanente
torn a casa e vide costei e divent
quasi
tutto stu-
pefatto
e domand com'era suto cos.... E ancora fu
detto a
Maria,
ch'era
per
la
cittade,
ed ella lev il
capo
e non credette cos tosto come
Lazzero,
imperocch'era
pi
tenuta dalle demonia e
pi gravata
di
peccati;
e
non torn
per
a casa se non la
sera,
come era usata.
Or ecco che toma la Maddalena la
sera,
e venne
su
per
le scale cantando e
dicendo,
siccome solca. E
Marta,
ch'era
gi piena
di tutta
confidanza,
si lev ritta
e andolle incontro e abbracciolla con
grande
amore
della sua
salute;
e
Maddalena, vedendola,
fu tutta stu-
pefatta,
e
appena pareva
che
sapesse
o
potesse
favellare
alla sirocchia
^,
ma
guatava
e vedeva nella faccia di
Marta uno nuovo
splendore,
lo
quale
le
gittava
una
^
sorella.
LA MADDALENA 57
grande
ammirazione nel cuore suo ed uno cotale
piaci-
mento di
bene,
come fa aUo 'nfermo
quando
incomincia
un
poco
a calare la
infermit;
e ascoltava
quello
che
Marta diceva di
questo
benedetto Maestro e delle
pa-
role che le
aveva
dette,
e del
miracolo,
e come eUa si
sent,
incontanente ch'eUa il
tocc,
liberata
d'ogni
infer-
mit e
d'ogni
male. E l'altre
genti
che v'erano dicevano
di
questo
miracolo e di molti
altri,
e Maddalena stava
a
udire,
che
giammai
non era stata a udire n
potuto
sofferire di udirne dire una sola
parola.
Marta,
favel-
lando e
predicando
i miracoli di
questo
benedetto Mae-
stro e la sua
bonitade,
ch'ella aveva veduta e
udita,
nondimeno
guardava
Maria Maddalena nel volto e ve-
deva la mutazione ch'ella mostrava nella
faccia,
che
vedeva
gi
tutta
gloriosa;
e
l'allegrezza
che soleva mo-
strare nel volto suo
pareva gi partita,
e stava tutta
trasformata e attendeva a udire
quelle parole
che di-
ceva la sua suora e tutti
gli
altri che v'erano: come
Egli
aveva risuscitati i morti e cacciate le dimonia da
molti e sanati
d'ogni
infermitade. E
pnsomi
che la
Maddalena incominciava
gi
a entrare neUo lume della
fede,
e
seguentemente
sentiva nell'anima sua
porre
amore
grande
a
questa
bont ch'ella aveva udita di
lui;
e
pensomi
ch'ella
pensava
e diceva:

Se
questo
profeta
ricevesse i
peccatori,
deh,
come volentieri il
vorrei vedere e udire! Ma nondimeno se
giammai
non
mi
ricevesse,
si da
portargU grandissimo
amore
per
tanta
bonitade e tanta
piacevolezza quanta
si dice di lui.
Ed ecco
gi
cominciato l'amore libero
^
e messo in
Ges
Cristo,
che
sapeva quello
che voleva fare in
lei,
s fece favellare alcuno' di costoro. E
pnsomi
che disse:
Vedete che essendo cos buono
questo
Maestro e fa-
cendo tanti
miracoH,
s lo
accagionano
^
i nostri
mag-
giori
e dicono che
mangia
co'
peccatori
e co'
pubblicani.
^
da
peccato,
scevro da
colpa.
^
incolpano.
58 LEGGENDE CBISTIANE
e che
gli perdona
loro i
peccati
. E
Maddalena,
udendo
questo,
lev la mente
per
udire e intendere bene
queste
parole,
e l'altro disse: Io te '1
dir; Matteo,
ch'era
prestatore
^
e teneva il banco in tale
luogo,
ei
chiamollo,
ed
egli
lasci istare
ogni
cosa,
e hallo fatto suo disce-
polo
e va con lui continuamente. E l'altro cominci
a dire di
quell'altra
ch'era
presa
in
adulterio,
e della
Cananea e della Samaritana^. E la
Maddalena,
udendo
queste
cose,
incominci a
piagnere
e a turarsi il volto.
E vassene Maria
Maddalena,
e serrossi l'uscio dietro e
gittossi
in terra tutta
distesa,
con si
gran pianto
che
pareva
che '1 cuore le dovesse
scoppiare, gridando:

Oh che ho io
fatto,
e che vita stata la
mia,
infan-
gata
e involta in tutte le brutture e
piena
di tanta mi-
seria, che,
se mai non fosse
Iddio,
n bene
d'anima,
s doverei io
piagnere
e
soprappiagnere
di vedermi
cos avvilita e
vituperata
nel
cospetto
di tutti i buoni ! .
E venivasi ricordando
troppo
bene di tutte le cose che
giammai
^
aveva
commesse,
e
piangendo
e dolorando
sopra
ciascuna e
sopra
tutte,
tanto che non si
potrebbe
dire.
E le dimonia che la
molestavano,
vedendo
questo,
furono tutte
isbigottite
e dissono :

Che da
fare,
im-
perocch
costei ci abbiamo
perduta
? . Ma
pure presono
consigUo
insieme e dissono: Non
pi
da tentarla
de'
peccati
di
j)rima, imperocch
noi vediamo
ch'ella
li
piange
amaramente;
ma da fare cos: che noi
aggra-
viamo
questi peccati
nel
cospetto
suo tanto
quanto
pi possiamo;
e anco facciamo un'altra
cosa;
che noi
lodiamo
questo
Ges di
grande potenza
e di
grande
^
prestava
ad usura.
2
Ges,
com'
noto,
salv la donna adultera che stava
per
essere
lapidata, gridando
ai suoi
pesecutori:
Chi di voi senza
peccato scagli
la
prima pietra;
fra Tiro e Sidone scacci uno
spirito
immondo dalla
figlia
di una donna
cananea,
e nella Samaria
perdon
a una donna
peccatrice
da lui incontrata
presso
una fonte. Vedi
Giovanni, Vili,
7 e
IV, 17,
18 e
Maeco, vii, 24,
30.
^
per
l'addietro.
LA MADDALENA 59
virfcude
e di
grandissima
eccellenza,
acciocch non sia
ardita
pur
di
pensare
di volere andare a lui. Noi non
possiamo
credere ch'ella sia ricevuta da
Dio,
tanti e
tali sono li suoi
peccati
ch'ella ha fatti e fatti fare ad
altri . Ah istolti a credere d'essere
piti
savii che colui
che vi cre!
Or torniamo a Maria
Maddalena,
ch'era nella camera
e addolorava
sopra
i suoi
peccati.
Ella diceva fra se
medesima:

Ges,
Maestro
buono,
quando
sar ch'io
venga
a cercare
per
te?
questa
m' la
maggior
notte
che io
provassi
mai.
Oim,
quando
sar
di,
ch'io
possa
uscir fuori e cercare di colui che l'anima mia desidera?
Io far come la
Cananea,
colla umiltad e colla
impron-
titudine e colla
perseveranza, pure per
avere da lui
misericordia,
perocch
ci detto
ch'egli
tutto
benigno
e
misericordioso;
sicch'io
vogHo
al tutto andare a
lui,
ch'egli
tanto il desiderio ch'io ho di
vederlo,
che &e
io fossi serrata e richiusa tutto di domane in
prigione
e tenuta ch'io non
potessi
andare a cercare di
lui,
pn-
somi che innanzi che fosse sera io sarei trovata morta.
Che
grande
notte
questa:
io non ne
provai
mai una
cosi fatta. E bene diceva vero. E levavasi suso con
gran
fervore e accendeva il lume e cominciava a tro-
vare
unguenti
ch'ella
avea,
e iscelse il
pi prezioso
e '1
migliore unguento
ch'ella
avesse,
ed
empinne
un
bossolo
d'alabastro,
e
apparecchiollo
e
portello
seco,
tuttavia
sospirando
e
spargendo lagrime.
E vassene
alla finestra e vide
apparire
il
di,
e fu molto
contenta,
e non si
pose
a dormire come
soleva;
e non
aspetta pi,
ma
toghe
suo mantello e 'ncominciossi a turare
^
il volto
per
non essere conosciuta da
ogni gente,
come
soleva;
e
toglie
il bossolo e metteselo
sotto,
ed esce
fuori,
ma
per tempissimo,
tutta
sola,
e via- che se ne va a cercare
di messer
Ges,
desiderio dell'anima
sua,
che
gi
l'a-
mava tanto che non si
potrebbe
stimare;
e vassene
^
coprire.
60 LEGGENDE CRISTIANE
al
tempio perch
le fu detto che'l
pi
del
tempo
si ri-
duceva
ivi,
e non vel
trov,
e correva
per
la terra in
qua
e in
l,
e non lo
trovava;
domandavano e non
gli
era
insegnato, imperocch
messere Ges Cristo non
la voleva altrove che in casa del
Fariseo;
ed
ella
quanto
pi
il
cercava,
pi
si stendeva il desiderio
suo,
e
pi
si sforzava d'andarlo cercando.
Ora
addivenne,
come Cristo
voUe,
che a Maddalena
fu detto che messere Ges Cristo era andato a
mangiare
a casa di Simone
leproso,
e che ivi era fatto il
gran
convito
per
lui,
e che v'aveva molti altri
Farisei;
ma
Maria non attese che vi si fosse altro che il buon
Ges,
perocch
non andava caendo
^
altro che lui. N
gi
penso
che dicesse: Ora che
parrebbe
o che direbbe
altri?,
n
questa
non ora convenevole d'andare
a casa altrui e
specialmente
essendo a
tavola,
e ancora
essendovi
gran
convito,
andare a
piagnere
col dove si
fa
allegrezza;
e ancora sai che ti vedranno mal vo-
lentieri,
perch
sei abbominevole nel
cospetto
loro e
per
tutta la citt diffamata. E' non
pens
nulla di
tutte
queste
cose Maria
Maddalena,
e non le rimase
altro
pensiero
se non di trovar
Ges,
e di
potere
da
lui ricevere
misericordia,
e di fare amist con
lui,
pe-
rocch lui amava
sopra
lei medesima e
sopra
a tutte le
cose che si
possono pensare,
e
per ogni
altro
pensiero
era levato
via;
e
quanto pi pensava
di
lui,
pi
l'a-
mava e
pi
s'accendeva il desiderio suo.
3. L'incontro con Ges.
Ecco che ne va Maria Maddalena a casa de'
Farisei,
ed entra dentro e non addomanda
parola
a
persona;
vassene su
per.
le
scale;
e la
gente
era
gi posta
a ta-
vola. E Maddalena come il
vide,
incontanente conobbe
cercando.
LA MADDALENA
61
il buono
Ges,
e andossene di dietro a' suoi
piedi,
e
gittossi
tutta in terra. Tutti coloro che
v'erano,
gitta-
rono
gli
occhi
sopra
di lei con
grande
ammirazione,
e non l'accomiatarono e non le dissono
nulla,
perch'era
una
grande
donna secondo il mondo
^,
pognamo
che
molto fusse
infamata;
e l'altra
^
perch
credettono che
Ges la cacciasse e non si lasciasse toccare a cos fatta
femmina,
e mormoravano nel cuore
loro,
dicendo che
non la conosceva.
Or torniamo a
Maria,
che
prese
con
grandissima
riverenza i
piedi
di
Cristo,
e non
gliene bisogn
scal-
zare,
imperocch'egli
era scalzo il
Signore
delle
virt;
e
piangendo
Maria
Maddalena,
e baciando
quegli piedi,
tutti
gU
lavava colle sue
lacrime,
di sotto e di
sopra,
e
rasciugavagli
con
gli
suoi
capelli
e
ugnevagli
con
quello
unguento prezioso,
di sotto e di
sopra,
e in
qualunque
modo eUa
pensava
che
gli
fusse
pi
utile,
e cos fece
l'uno
piede
e
poscia
l'altro;
e Ges
mangiava
e lasciavala
fare,
e dilettavasi solamente della
imbandigione
che
gli
dava Maria
Maddalena,
tanto che di
quello
ch'era suUa
tavola non curava.
O messere
Ges,
che viedevi tutti i cuori e tutti
i
pensieri
altrui;
vedevi i cuori de' falsi Farisei che mor-
moravano di te e
digiudicavano
che tu non avessi co-
noscimento di
profeta,
e
nell'apparenza
di fuori
pare-
vano molto
rehgiosi
e molto
costumati,
e
gran
vista
facevano di cos
essere;
e Maria Maddalena ch'era a'
pie'
tuoi era abbominata e
dispiacevole
a.tutti i buoni
e rei
per
la mala vita
passata,
e '1 cuore suo dentro
piangendo
a' tuoi
piedi
era fatto casa di
Dio,
ed era
in
carit,
perciocch
tu Iddio eri in
lei,
ed ella in
te;
ed era ivi dentro
per
la carit
tua,
e
imper
era
pi
prezioso
il cuore suo che tutti i tesori che si
potessono
pensare.
E tu che se' vero
giudice, potevi giudicare
in
verit
quello
che
gli
occhi nostri stando a
vedere,
non
'^
di
famiglia
nobile e
facoltosa.
2
cagione
62 LEGGENDE CRISTIANE
avrebbe!
saputo
discernere. Ma
tu, Maria,
che dicevi
cos:
Messere,
i
peccati
miei sono tanti e tali che io
non li
potrei
contare,
e la mia vita tanto abbomine-
vole nel
cospetto
di me
medesima,
che io non sono ar-
dita di
ricordarla,
essendo cos
presso
alla
purit
tua,
toccando i tuoi dolcissimi
piedi;
ma io so e credo che
tu sai
ogni
cosa
troppo meglio
ch'io non ti
saprei
dire,
e
per
altro non
addimando,
se non ci che ti
dispiace
in
me,
tu il levi via
per
ora e
per sempremai,
e
questo
so che tu
puoi
fare;
e
questa
misericordia t'addimando
per
amore della tua
carit,
e sar delle
maggiori
cose
che tu mai
facessi,
a ricevere e sanare una cosi fatta
peccatrice.
E con
questo piangeva
s fortissimamente
ch.'io mi
penso
che '1 cuore suo sarebbe
scoppiato
se
Iddio non le avesse dato
fermezza,
perocch'egli
la ser-
bava a
maggiore
fatto e ascoltava le
parole
sue con
molto
piacimento.
E
Maria,
piangendo,
ancora rimetteva mano e di-
ceva cos: O buon
Ges,
avvegna
ch'io non sia
degna
d'avere
grazie
da
te,
non di meno
pure
addimander
alla cortesia tua
quello
che desidera il mio
cuore;
e
pregoti per
la infinita bont tua che mi dia
grazia,
che
come io ti ho fatto disonore tutto
tempo
della vita
mia,
cos ti
possa
fare onore mentrech tu vorrai che io viva,
e ch'io
possa
fare la tua volont e non mai
piti
la
mia,
e che tu mi dia
grazia-
di fare vendetta con verace
j)e-
nitenzia delle
ingiurie
che io t'ho fatte. E
questo
di-
ceva con tanto fervore di cuore che non si credeva
mai
potere
saziare di fare vendetta di se tanto
quanto
ella
disiderava;
e
pensava
che tutte le
pene
del mondo
fussono nuUa a
rispetto
della sua
gran colpa.
E stando
ella
cos,
ud che messere Ges Cristo . favellava a Si-
mone,
come si dice nel santo
Evangelio
^;
e
quella
lev
gli
occhi
per
udirlo
parlare, imperocch
non lo aveva
mai udito
pi,
e fu tanto dolce nel cuore suo
questa
1
Luca, Vili,
44-48.
LA MADDALENA
63
udita,
che
pareva
ch'ella venisse tutta
meno;
ma
pure
si
confort
per
udirlo
meglio,
e udiva attentamente
ogni
cosa. E
quando
udiva bene
ogni
cosa,
e
ch'egli
.
era
ben fatto
quello
ch'ella faceva a'
piedi
suoi,
sola-
mente
si
confortava;
ma
quando
ella udj ch'e' disse
che
le sono
perdonate
le molte
peccata, perch'ella
ha
molto
amato,
il cuore suo si
sprofond
in tanta umil-
tade
e in tanta riconoscenza e in tanto
raddoppiamento
d'amore,
che mi
penso
non sia animo che '1
potesse
stimare,
n
lingua
dire.
O buon
Ges,
tu dicesti che Maddalena ha molto
amato.
Questa
moltitudine dell'amore non fu
per
lun-
ghezza
di
tempo,
che
sappiamo
che non ti amava
quando
ella t'offendeva. E
dunque
mi
penso
che fosse amore
libero di
caritade,
che non s
poco
che non avanzi
e
vaglia piti
che tutte le cose
create;
onde ella amava
piti
te e l'amore tuo ch'ella non faceva se
medesima;
e molto
pi
si doleva
per
l'offesa del disonore ch'ella
aveva fatto a
te,
che del male che ne
seguitava
a lei.
E a
questo
il buono Ges si rivolse a
lei,
che non si
poteva pi
tenere,
e disse:
Femmina,
la tua fede t'ha
fatto
salva;
le tue
petizioni
sono esaudite e '1 tuo de-
siderio sar
pieno.
E disse:

Va' in
pace.
E allora furono cacciate da lei tutte le dimonia e
ogni
male di
colpa,
e fu
ripiena
di tanto amore di ca-
ritade e di tanta letizia
spirituale
che non si
potrebbe
stimare;
e
comprese quella parola
che disse Gesti: Va'
in
pace
,
che voleva ch'ella se ne andasse. Ed ella allora
si
rivolse a
quelli
benedetti
piedi,
e
baciolli,
e disse
pia-
namente:

Laude e
grazie
ti
rendo,
Signor
mio,
quante
stlle ha in cielo e
quante granelle
di rena ha q mare
e
in tutti i fiumi del
mondo,
e
per quante
cose tu fa-
cesti mai e fai e
farai. E
prende
ancora i
panni
suoi,
e
ponsegli
al volto con
gran
fervore e con
lagrime
amare
e
di divozione. E messer Ges
ogni
cosa sofferiva da
lei molto
volentieri,
imperocch sapeva
l'animo suo.
buon
Ges,
non ti ricordavi
pi
della sua mala vita
64
LEGGENDE CRISTIANE
passata;
ogni
cosa avria
ispento
l'amore della caritade.
Benedetto sia in eterno '1 desiderio dell'anima
sua,
che
non era
tempo
allora di stare
pi
con lui dalla
parte
di
fuori,
ma ella ne '1
portava
dentro
tutto,
e
per
an-
dava in
pace; imperocch
chi con lui va in
pace.
3. Ai piedi della croce.
[L'eroica devozione e
l'intrepida fermezza
della Madda-
lena
rifulgono
nei
giorni
dolorosi della Passione.
Mentre tutti
gli Apostoli,
ad eccezione di
Giovanni,
fuggono
e si
nxiscoidcmo,
e
taluno,
come
Pietro,
rin-
nega
il
Maestro,
la Maddalena non abbandona un
istante la
Vergine:
insieme
salgono
il
Calvario,
in-
sieme
raccolgono
l'ultimo
respiro
di
Ges].
La Madre del buon Gesti e la Maddalena e Giovamii
e l'altre donne cosi sole rimasono a
pie
della
croce,
abbandonate da tutto il
mondo,
dolorose e
piangenti,
e non vedevano che rimedio s'avere. Oh che
pietosa
cosa
questa,
vedere la reina del mondo e '1 re
degli
angeli
incarnato
per
nostro
amore,
rimasi in
questo
luogo
cos abbandonati e cos derelitti! E bene
pote-
vano far venire
degli angeli, s'eglino
avessino
voluto;
e tosto Tavrebbono fatto e
volentieri,
ma Iddio volle
che la facessono
gli
uomini
quest'opera.
Pnsomi che
la dolcissima Madre si
rivolgesse
a san Giovanni e
pie-
tosamente
gli
disse:
FigUuolo,
or che faremo noi?
egli

oggimai presso
al
vespro;
chi ci aiuter
diporre
della
croce il mio
figliuolo?
vedi che noi siamo tutti abban-
donati se Dio non ci soccorre. Allora
mi
penso
che
feciono un
gran pianto
tra loro di
questa piet;
e san
Giovanni
piagnendo
s forte che
appena poteva parlare,
gli
disse: Che volete ch'io faccia? io anderei alla citt
e inviterei delle
persone
che ci
aiutassono;
ma io non
vi
voglio
lasciare sola senza me in cos fatto
luogo;
64
LEGGENDE CRISTIANE
passata;
ogni
cosa avria
ispento
l'amore della caritade.
Benedetto sia in eterno '1 desiderio dell'anima
sua,
che
non era
tempo
allora di stare
pi
con lui dalla
parte
di
fuori,
ma ella ne '1
portava
dentro
tutto,
e
per
an-
dava in
pace; imperocch
chi con lui va in
pace.
3. Ai piedi della croce.
[L'eroica devozione e
rintrepida fermezza
della Madda-
lena
rifulgono
nei
giorni
dolorosi della Passione.
Mentre tutti
gli Apostoli,
ad eccezione di
Giovanni,
fuggono
e si
nascoidono,
e
taluno,
come
Pietro,
rin-
nega
il
Maestro,
la Maddalena non abbandona un
istante la
Vergine:
insieme
salgono
il
Calvario,
in-
sieme
raccolgono
Vultimo
respiro
di
Gesii].
La Madre del buon Gesti e la Maddalena e Giovanni
e l'altre donne cos sole rimasono a
pie
della
croce,
abbandonate da tutto il
mondo,
dolorose e
piangenti,
e non vedevano che rimedio s'avere. Oh che
pietosa
cosa
questa,
vedere la reina del mondo e '1 re
degli
angeli
incarnato
per
nostro
amore,
rimasi in
questo
luogo
cos abbandonati e cos derelitti! E bene
pote-
vano far venire
degli angeli, s'eglino
avessino
voluto;
e tosto l'avrebbono fatto e
volentieri,
ma Iddio volle
che la facessono
gli
uomini
quest'opera.
Pnsomi che
la dolcissima Madre si
rivolgesse
a san Giovanni e
pie-
tosamente
gli
disse :

Figliuolo,
or che faremo noi ?
egli

oggimai presso
al
vespro;
chi ci aiuter
diporre
della
croce il mio
figliuolo?
vedi che noi siamo tutti abban-
donati se Dio non ci soccorre.
Allora
mi
penso
che
feciono un
gran pianto
tra loro di
questa piet;
e san
Giovanni
piagnendo
s forte che
appena poteva parlare,
gli
disse :

Che volete ch'io faccia ? io anderei alla citt
e inviterei delle
persone
che ci
aiutassono;
ma io non
vi
voglio
lasciare sola senza me in cos fatto
luogo;
LA MADDALENA 65
preghiamo
il Padre celestiale che a
questo punto
ci
soccorra e ci ammaestri di
quello
che noi abbiamo
a
fare.
E la Madre disse: Bene
dicesti,
Figliuolo
mio,
e non da credere che l'aiuto suo non
venga
tosto.
E la
Maddalena,
udendo
queste parole,
si rinnovell
in lei il
pianto
e il
dolore,
tanto che
pareva
una fem-
mina
impazzata,
e
gridava:

O
Signor
mio,
che muta-
mento
questo?
o che
speranza
si
puote
avere
negli
uomini? Non ancora otto di che tutto il mondo t'an-
dava
dietro,
laudando e benedicendo il nome
tuo,
e
beato si teneva chi ti
poteva
toccare e vedere. Or che
hai tu fatto
poi, speranza
mia? In che maHficio t'hanno
trovato
poi,
o desiderio dell'anima mia? E veramente
vana e faUace la
speranza
di
questa
vita;
e maledetto
l'uomo che si confida nel mondo. E rinforzava la voce
e
gridava:

Ora dove
sei, Pietro,
Jacopo
e
Matteo,
e
tutti
gh
altri? Or avete voi
paura
della morte? 'Or
non
vi sarebbe
meglio
la morte che vivere
pure
un
punto
senza il vostro Maestro? Ora avete voi
piti
cara la vita
temporale
che la vita dell'anima
vostra,
o che di stare
con lui?
Ohim,
che bene
oggi questo
d di tenebre
e di dolore!. E
pensomi
che si lev su e disse:
Io
vogHo
andare alla
citt,
e cercher di miei amici che
vengano
ad aiutarmi sconficcare il mio
Signore
dalla
croce
^
.
'
E
pensomi
che Giovanni era
gi
levato,
e
poneva
mente se vedeva
persona
che venisse inverso
loro,
sic-
ch'egH potesse
mandare un messo alla
citt,
a certi
amici che venissono ad
aiutare;
ed e' vide da
lungi
venire
alquante persone,
e allora disse alla Maddalena:
Non
andare,
che forse
quando
tu
tornassi,
ci trove-
resti
gran
novit,
che tu te ne chiameresti
pentuta
d'esservi
andata,
che io
veggio
venire
gente
verso
noi,
non so chi si sono n che si vorranno fare.
^
Questo
lamento ricorda il Pianto della
Vergine
che si attribuiva
a S.
Bernardo,
il cui
volgarizzamento pi.
volte venne
stampato
e recen-
temente dal Guidetti a
Reggio
d'Emilia nel 1911.
5,

Battelu:,
Leggende
criaiiane.
66 LEGGENDE OBISTIANB
La Maddalena umilmente si torn
addietro,
e
pia-
namente diceva nel cuor
suo,
perch
a Madonna non
si rinnovasse dolore :

Signor
mio,
or che vorranno
fare di te? Or vedr io far
pi
strazio del
corpo
tuo?
Questo
non
potr
io
sostenere,
ma io mi
penso
che il
mio cuore fatto di
pietra
e vive
sopranno
^
. E stando
cos,
Giovanni torn a loro e disse:
Confortatevi,
Madre
dolce,
che ecco
Giuseppe
^
e Nicodemo con lor
compagnia,
e son certo che
vengono per
aiutarci. Al-
lora la Madre
parve
che
risuscitasse,
e
inginocchiossi,
e rendeva laude al Padre
celestiale,
che ve
gli
aveva
mandati,
e disse a Giovanni: Va'
loro,
figliuolo
mio,
e
ringraziali
di
questa
venuta,
che noi eravamo al tutto
abbandonati . E cosi fece.
Or
quella
fu
pietate
a vedere
quando
Giovanni
giunse
a
Nicodemo;
con
gTan pianto
si
pigliano
le
mani,
e disse :

Venerabile
padre Giuseppe,
vieni a vedere il
dolcissimo
Maestro,
che s n'hanno fatto strazio come di
bestia,
e non s' levato
persona
in suo aiuto. E Giu-
seppo
con
gran pianto
l'abbracciava,
e disse:
Figliuol
mio,
e' non si sarebbe
potuto,
che
pare
che Dio abbia
lasciato
signoreggiare
la malizia e la retade
^
del mondo
in
questo punto
e in
questo
fatto. E
giunse Giuseppe
in sul
monte,
e
quando
e' vide Ges ad alto in sulla
croce,
cos disseccato e cos
insanguinato ch'egli
non lo
poteva
riconoscere che fosse
desso,
stracciossi i
panni
e
piangeva
che tutto si
consumava,
e cos Nicodemo
e tutti
gli
altri ch'^ano con lui. Ed allora la Madre
e la Maddalena e tutte l'altre
gli
si feciono incontra
con
gran pianto,
e la Madre si
gitt
in terra e disse:

Dio te '1
meriti,
venerabil
padre Giuseppe,
che al
tutto stavamo abbandonati e non
sapevamo
che con-
sigli
ci
prendere.
Pensomi allora che
Giuseppe, spirato
da
Dio,
disse:

Confortati,
carissima
Madre,
che '1 tuo
^
ancora. Il cuore
sopravvive,
bench
impietrato.
2
d'Arimatea,
discepolo
di Ges,
^
reit,
cattiveria.
LA MADDALENA 67
Figliuolo
ha
avuto, morendo,
la vittoria de' nemici
suoi.
Ella il
sapeva
bene,
ma nondimeno le
giovava
molto
che
questo
venerabil
padre
fosse cos alluminato
della
veritade;
e iacontanente
Giuseppo
e JSTicodemo
feciono un
poco
cessare^ tutta
questa gente,
e accon-
ciarono
le scali
^,
e
Giuseppo
si lev il mantello e and
in sulla scala dalla mano
ritta,
e Nicodemo dall'altro
lato,
con
quelli argomenti^
che
bisognavano
a sconfic-
care le mani. Oh come fu amaro e doloroso
quello
scon-
ficcare;
che s erano duri
questi
chiavelli
*,
che tutte le
mani si convenivano
squarciare per avergli.
E
quando
ebbono sconfitte le
mani,
e
Giuseppo pigli quel corpo
in suUe braccia e incominci a scendere dalla scala
con
esso,
tanto
giuso
che la Madre cominci a
giugnere
colla mano il suo
figliuol,
e la Maddalena
aggiunse
la
sua
mano,
ma.non volevano tirare
per
non fare male a
Giuseppo,
che avea tutto il
peso
addosso,
e incontanente
Nicodemo
pose
la mano a'
piedi
e cominci a sconfic-
care;
e
pensomi
che Giovanni
pose
un'altra scala
per
aiutar sostenere il
corpo
a
Giuseppo.
E la
Maddalena,
vedendo sconficcare
que' preziosi piedi, pensomi
che
con doloroso
pianto
diceva:

carissimo
Nicodemo,
fa'
pianamente,
che tu non li
stracci,
perocch
sono
que'
piedi,
dov'io,
misera
peccatrice,
trovai tanta miseri-
cordia. misera
dolorosa,
quando gli
avrai nelle tue
mani cos forati e cos
insanguinati!
Or
potrassi
allora
tenere il cuor mio che non si fenda
per
mezzo? So
ch'egli

diventato di
pietra,
che non lo avrei mai creduto di
poter vivere,
udendo dire
quello
che ho veduto. E
quando
e' fu
compiuto
di
sconficcare,
e
Giuseppo
e Ni-
codemo ne '1 recarono
giuso,
e Giovanni si lev il man-
tello da
dosso,
e
puoselo
un
poco pi
'n l
dirimpetto
^
allontanare,
disusato in
questo
senso.
^
plurale
femminile
per analogia
coi nomi che hanno il
singolare
u e: le
forbici,
ecc.
^
strumenti.
^
chiodi.
68 LEGGENDE CRISTIANE
alla
croce,
e
posevi
su il
corpo
di messer
Gesti;
e No-
stra Donna
gli
si
gett
tutta
sopra
il volto e
sopra
il
petto
suo,
e la Maddalena
sopra 'piedi,
e tutte l'altre
d'intorno,
e '1
pianto
era
tale,
e s
grande,
e s
pietoso
che
pareva piangessono
le
pietre,
con tutte le criature
del mondo. E
pensomi
che
Giuseppo
e Nicodemo an-
darono a vedere il
sepolcro, dov'eglino
lo volevano
mettere,
per sapere
se fosse bene
acconcio;
ma Giovanni
non si
partiva
dal tesoro che
gli
fu raccomandato. La
Maddalena teneva i
piedi
in mano e '1 volto ivi
suso,
e
lavavagli
colle sue
lagrime maggiormente
ch'ella mai
facesse;
e bene era
bisogno, ch'eglino
erano tutti san-
guinosi
e tutti lividi e
polverosi,
ch'erano venuti
scalzi;
ed altra
acqua
non aveva di che
gli potesse
lavare;
ingegnavasi
ancora di
lavargli
un
poco
le
gambe;
e
abondevolmente versava
lacrime,
sicch
gli poteva
la-
vare,
e
asciugare
co' suoi
capelli.
E raccordossi ch'ella
s'aveva messo
allato
im bossoletto di
prezioso unguento,
e tolse di
questo unguento
e 'ncominci a
ugnere
li
piedi,
e
quando
ella
giunse
al foro del
piede,
allora met-
teva il
grande
rato
^
e
ponevasi
suso il viso e diceva:

Amore di tutti i
beni,
che commisono
questi piedi
che sono cos forati? E io
voglio
che
questo
sia a me
chiavello ftto nel cuor
mio,
s'io dovessi vivere insino
alla fine del mondo. E la Nostra Donna
simigHante-
mente lavava colle sue
lagrime
la faccia del
Figliuolo
suo tutta
rigata
di
sangue,
e tutta
arsigia
^
di
lagrime
ch'egli
aveva cotante
gittate;
e fors'ancora vi si di-
seernevano
degli sputi
che v'erano stati
fatti,
e diceva:

Figliuolo carissimo,
cara ti costa la salute dell'umana
natm-a!. E levava un
poco gli
occhi in alto e diceva:

Venite,
angeli
santi,
e
sappiate
se
potete
riconoscere
la faccia del vostro re e la faccia del sole della
giustizia.
Or che doloroso invitamente
questo, Figliuolo
mio
^
rantolo,
singulto.
^
arsiccia.
L MADDALENA 69
carissimo
! . Pensomi che
quelle
altre sirocchie di Ma-
donna,
ciascuna
prendeva
la sua-
mano,
e lavavanle
colle
lagrime
il
meglio
ch'elle
potevano.
Pensomi che
in
questo
torn
Giuseppo
e
Nicodemo,
e dissono rive-
rentemente:
Madonna,
e' ci conviene acconciare
questo
corpo per
metterlo nella
sepoltura,
che
oggimai
l'ora
tardi,
e non ci conviene rimanere
qui
di
notte,
e non
sarebbe onesta cosa. Pensomi che la Donna
Nostra,
tutta
piena
di
sapienza
e di
mansuetudine,
che non
aveva
perduta
la
ragione, pognamo
ch'ella avesse il
maggior
dolore che mai fosse in
terra,
rispuose:
E
s'egli
otta da
ci,
io vi
voglio
aiutare colle mie mani
al mio benedetto
Figliuolo.
E cos mi
penso
che fe-
ciono;
e tosto acconciarono l'alo
ch'egli
arrecarono,
in
su
quel corpo
santissimo;
e
pensomi
che la Maddalena
porgesse
il bossolo del suo
unguento
a
Madonna,
e disse:

Carissima
Madre,
metti di
questo unguento
nelle fe-
rite delle mani e del costato e del viso e del
capo;
che
voi
sapete
che mi disse ch'io ne serbassi alla
sepoltura
sua

^. E la Nostra Donna cos fece. La Maddalena di-
ceva:
Oh tristo
spettacolo,
dolce Maestro mio.... *Ah
tardi t'ho amato e
conosciuto.
Signor
mio. Or come
poco tempo
sono stata con teco! or come vivere senza
di
te,
vita dell'anima mia? Non
voglio
mai che
per-
sona mi
conforti,
se non di
piagnere
e dolorare di
quello
ch'io ho veduto fare di
te,
Signor
mio. E
questo
diceva
tanto
pietosamente
che tutti
gli
altri che l'udivano
ricominciarono il
pianto,
e fulle dato il
panno
ch'ella
acconciasse i
piedi,
e allora ricominci a dolorare e
diceva:

O re de'
re,

questo
l'ultimo
servigio
ch'io
ti debbi fare. Or
questa
la sezzaia
^
volta ch'io ti debbo
ugnere questi piedi.
Or come
viver,
essendo morto
il
Signor
mio? Or come trover mai
luogo,
se io non
ti
veggo, speranza
mia? Or come far io a non udire
1
Giovanni, XII,
7.
^
ultima.
70 LEGGENDE CRISTIANE
la
parola
tua?
Pregoti, Signore,
che tu abbi
piet
della
peccatrice
Maria. E acconcio
ogni
cosa,
presono que-
sto mantelluccio dov'era
questo corpo,
e
portaronlo
alla
sepoltura,
e la Nostra Donna
portava
il
capo,
la
Maddalena i
piedi.
La Maddalena andava
gridando
e
sempre
rinnovando il
pianto,
che n'aveva
sempre
ca-
gione,
e diceva:

re
degli angioli,
or dove sono
gli
adornamenti reali in
questi
tuoi
bisogni?
Or dov' la
coltre dello scimito
^
in che si
porti
lo
corpo
tuo? ecco
un mantelluccio che
appena
vale
quattro
denari. Or
dove sono i
drappi
dell'oro
sopra
il
corpo
tuo? Or dov'
la corona delle
gemme
e delle
pietre preziose?
Fu la
corona delle
spine
che t'ha forato tutto il
capo
iqfino
al cervello. Certo ben si vede che tu hai
per
nulla le
dignitadi
di
questo
mondo. O Maestro
mio,
questo
che tu
fai a te
medesimo,
mi manifesta e ammaestra che cosi
facci
io,
e cos vo' fare. E dicendo
cos,giunsono
al
luogo
dov'era il
sepolcro,
e
puosono giuso
il
corpo
nel muni-
mento.
5. La veglia dolorosa.
[Fatta
sera
tarda,
le sante donne e Giovanni
riprendono
il cammino di
Gerusalemme].
E dice nel libro della Vita che le sirocchie de la Ma-
donna la feciono
ristare;
e
posono sopra
il
capo
suo
un veletto molto
nero,
a modo di donna vedova. E
pen-
somi che la Donna Nostra disse:

Bene
fate,
suore
mie,
che bene sono diritta
vedova,
che '1 sole della
giustizia

sciu-ato,
e le tenebre sono fatte in nel mondo.
E cos se ne
vengono
in sul monte
Sion,
-in
quella
casa dov'' fece la cena. Ma vero ch'io
penso piti
vo-
lentieri ch'ella ritornasse alle case che furono della
Maddalena,
perch
ivi mi
penso
che '1
Signore
tornava
^
drappo
fine,
a vari colori.
LA MADDALENA 71
quando egli
era in
Gerusalem,
e la Madre e
gli
altri
per
amore di lui vi tornano
pi
volentieri. E
pensomi
che tornate a
casa,
si levarono il
pianto grandissimo,
e la Madre dolorosamente diceva:
Figliuolo
mio dol-
cissimo,
onde ora ti
rspetto
io stasera? Or che vita
sar la mia
pensando quello
ch'io ho veduto fare di
te,
e
pensando
dov'io t'ho
lasciato,
s '1 tuo
corpo
e '1 tuo benedetto
sangue
cos
sparso sopra
la terra?
FigHuolo
mio
dolcissimo,
caro ti costa l'umana natura .
Anche raccont la
compassione
e la caritade e la
pia-
tade
ch'egli
aveva avuta dell'anime nostre. Pensomi
ancora che molte buone donne della contrada trassono
a
questa piatade
cos
grande.
La Maddalena mi
penso
che non
p'uote
sofferire di stare con
loro,
anzi ratta
ratta se n'and in
quella
camera
dov'era
usato di stare
il suo
Maestro
quando
veniva ad
albergare
ivi,
e serr
l'uscio
dentro,
ed ivi ritta comQci a fare crudeHssimo
pianto,
e andavasi distendendo e baciando la terra dove
credeva
ch'egli
avesse
posti
i
piedi,
e andava col dove
dormiva,
e
ponevasi
suso il volto e le
mani,
e tutto l'an-
dava toccando e con
gran pianto
diceva:

Or con-
vienmi
pensare, Signor
mio,
che tu non
giacerai pi
in
questo
letto ne in
questa
camera. Or
questo
lo
scambio che m' rimaso di
te,
dolorosa aUa vita mia ! .
E andava cercando i
luoghi
dov'eUa l'aveva veduto
sedere,
e diceva: Per me
qui
ti lavai i
piedi. Signor
mio. Ora mi conviene
pensare
ch'io
gli
vidi confitti in
sul
legno
della croce con un
grosso
chiavello,
e lo tuo
sangue spandere
in
terra,
e
poi
non
potere
avere ivi
goc-
ciola
d'acqua
con che
lavarli,
che ne creasti tanta nel
mondo,
e
per
te ne fu s
gran
caro
^,
Signor
mio. Pure
uno delle vestimenta tua mi fosse
rimaso,
che le vidi
dividere tra'
barattieri,
dinanzi
dagH
occhi tuoi. Ohim
quella
camicia avessi io avuta che ti fece la Madre tua
coll'ago,
e io l'avessi
ricoperta
col
sangue
mio da
dosso,
*
carestia.
72 LEGGENDE CRISTIANE
sicch io me l'avessi
sempre
mai
per
tuo
amore,
Signor
mio. Or che far la trista Maria?
Doye
ti
ritrover,
dove t'andr cercando?
Cercherotti, Messere,
tra le
pene
che tu hai
patite,
e ivi mi
voglio
tutta
trasformare;
e
questo voglio
che sia nella memoria mia
per sempre-
mai . E cos si
poneva giuso
e raccordavasi
d'ogni
cosa
ch'ella aveva veduto o udito fare a lui. Pensomi che
la Donna
Nostra,
spirata
da
Dio,
la mand a chiamare
ch'ella venisse a
lei;
ed ella incontanente venne a lei.
La Nostra
Donna,
tutta
discrezione,
disse:
Figliuola
mia,
Giovanni vuole che noi
ceniamo,
ed anche il mio
Figliuolo
so che
vuole,
sicch ti conviene essere ubbi-
diente. La Maddalena chin il
capo,
e disse con
gran
pianto:
Ahi trista
me!,
amara cena sar
questa,
e
bene sar
per
contrario
quella
che noi vedemmo
jeri.
Ohim,
dolce
Madre,
or che
faremo,
o dove anderiemo?
Oh dove abbiamo lasciato
quel corpo
santissimo,
e a che
siamo tornati ? . Pensomi che la
gente
era
gi partita
tutta,
se non se certe donne
pi
dimestiche e
pi
di-
vote che si
puosono
in cuore
pur
di farle
cenare,
in-
nanzi ch'elle si
partissono.
E
pensomi
che l'umiHssima Madre si
puose
a
tavola,
e ch'ella
mangiasse,
e cos fece fare all'altre. Or non
vo'
pi
dire intorno alla cena di
questa
notte;
ciascuno
si
pu pensare
che notte fu
questa,
e con
quanta pena
e dolore
per
ciascheduna fu
passata.
6. Sulla via dell'esilio.
[La
mattina della domenica le tre Donne vanno a
portare
balsa^ni alla tomba di
Ges,
ma trovano il
sepolcro
scoperchiato,
e sulla
pietra
seduto un
giovane
dalle
vesti candide e dalla
faccia
luminosa che annunzia
ad esse la resurrezione di Cristo. Ges
poi appare
alla Maddalena
nell'orto,
ma
quand'essa, gettandosi
ai
suoi
piedi, fa
l'atto di volerlo
abbracciare,
sente la voce
LA MADDALENA 73
del Maestro che dice: Non mi toccare! Essa continua
a stare con Maria e
gli Apostoli
sino all'Ascensione
del
Signore: poi
cominciano le
persecuzioni degli
Ebrei
che
disperdono
la
piccola
comunit
cristiana].
Avendo i Giudei morto santo
Stefano,
e avendo
discacciati della loro
provincia
tutti i
discepoli
di Ges
Cristo,
i
quali
andavano
predicando
la sua
fede,
ve-
dendo che Lazzero e Maria Maddalena e Marta ave-
vano vendute tutte le loro
possessioni
e dato il danaro
a'
poveri
e
seguitavano
Cristo,
presongli
e
^
Mssimino
^
e
Cedonio,
il
quale
Ges Cristo aveva
ralluminato,
essendo cieco
^,
e una loro ancilla che aveva nome Mar-
tilla,
tutti
gli
misono in
mare,
in una nave senza remi
e senza
vele,
acciocch
perissono.
Ma
per provvidenza
di Dio
capitarono
a
Marsilia,
ed essendo al
porto,
sce-
sero in terra ed entrarono nella
citt,
e tutti
quelli
di
Marsilia erano
pagani,
non trovarono in Marsilia chi
gl'invitasse
n di
mangiare
n di bere. Tutti e sei an-
darono
alquanto
fuori di Marsilia a un
portico,
al
quale
era un idolo che venivano ad adorare tutti
quelli
della
citt. Maria
Maddalena,
vedendo il loro
errore,
con
gran
fervore di
Spirito
Santo si lev dinanzi
a^
tutto il
popolo,
e incominci a
predicare
il nome di Ges Cristo.
Allora s'incominciarono a
maravigliare
della sua bel-
lezza e delle sue
parole.
Non era da
maravigUare
se
quella
bocca favellava dolci
parole,
la
quale
aveva
baciati i dolci
piedi
e santi di Ges Cristo. Addivenne
che
predicando
ella,
il
signore
di
quella
citt vi venne
insieme con la
moglie
sua,
e andavano a fare sacrificio
agl'idoli per potere
avere
figliuoH,
che non ne
avevano;
e
la beatissima Maria Maddalena la confort e disse:

Per
questo,
non adorare
gli
idoli,
ma adora il Creatore
1
e insieme con loro.
2
Uno dei settanta
discepoli,
che Pietro aveva raccomandato alla
Maddalena.
3
Detto anche Sidonio. Vedi
Matteo, XX, 29,
34.
74 LEGGENDE CBISTIAISTE
del cielo e della terra. E la notte
vegnente,
la Mad-
dalena
appar
in visione alla
moglie
di
quel signore
e
disse:

Con ci sia cosa che voi abbiate molte
ricchezze,
perch
lasciate morire di fame e di sete e di freddo
i
poveri
di Ges Cristo?. E molto la minacci s'ella
non inducesse il marito a
ricevergli
in casa sua e dare
tutte cose di
bisogno per
loro vivere a' servi di Dio.
E la
mattina,
ricordandosi di
questa
visione,
non ne
cur,
e non la rivel al marito. L'altra notte le
apparve
come
imprima
e dissele
simiglianti parole.
Ancora non
curando,
non le disse al marito. La terza notte
appari
alla
moglie
e al marito con la faccia
turbata,
e
pareva
che tutta la camera
ardesse,
e disse:
Dormi,
crude-
lissimo
tiranno,
membro del
diavolo;
tu hai la
vipera
tua
moglie,
la
quale
non t'ha voluto dire le mie
parole.
Tu ti
riposi,
nimico di
Dio,
e
riempi
lo tuo
corpo
di
diversi
mangiari
e lasci morire di fame i servi di
Dio;
tu
giaci
nel
palagio
e stai al
coperto
sul letto con
panni
di
seta;
e' servi di Dio stanno senza
albergo
e muoiono
di freddo. Male
per
te,
che cotanto hai
penato
a dare
loro
albergo
e
quello
che fa loro di
bisogno.
Avendo
dette
queste parole,
la mattina destandosi il
signore,
cominci a fare
grandi sospiri
e
quasi
tutto
tremava,
e
simigHantemente
la
moglie,
e non
potevano quasi
favellare,
s erano
impauriti.
Ella incominci a dire al
marito:
Signor
mio,
avete voi veduto
quello
che io?.
Ei disse di
s;
e non
posso
fare se non
maravigliarmi,
e non so
quello
che mi faccia^. Ella disse: Noi siamo
ricchi e
agevolmente gli possiamo pascere
e
albergare;
sie contento noi
gli
riceviamo e che adoriamo il loro
Signore.
Allora feciono venire al loro
albergo
la
glo-
riosa Madre Maddalena e tutta la sua
compagnia,
e die-
rono loro ci che faceva
bisogno.
E Maria
Maddalena,
prendendo
a
predicare
una
stagione
^
al
popolo,
cominci
^
Nota come lo Bcrittore
passi
snz'avvedersene dalla
parlata
indi-
retta alla diretta.
2
una volta.
LA IMADDALENA 76
a dire de' miracoli
degli Apostoli,
e massimamente di
S.
Piero,
com'era rimase vicario di Ges Cristo in
terra,
ed era
pieno
di
Spirito
Santo.
Quando
ebbe
predicato,
and a lei
quel signore
e la
moglie
disse: Se Iddio
per
lo tuo
priego
ci d uno
figliuolo,
noi crederemo
alla tua fede e abbandoneremo i nostri iddii. Maria
Maddalena disse:

Lo mio Dio
pu
dare a voi
figliuoli,
e a cui a lui
piace.
Io
pregher
il mio
Signore gli piaccia
darvi un
figliuolo;
e certa
sono,
se voi starete
fermi,
avendo
figliuolo,
di farvi
cristiani,
ch'io di
questo priego
sar
esaudita,
e in breve
tempo
vedrete l'effetto.
E cosi fu: fatto ch'ell'ebbe il
priego,
ivi a
pochi
d la
moglie
di
quel signore
fu
gravida;
e
quando
il marito
ed ella videro
questo
miracolo,
si feciono
cristiani;
e
quando
furono fatti
cristiani,
venne
voglia
al marito
d'andare a vedere S. Pietro
apostolo, per
udire da lui
ci ch'aveva udito da S. Maria
Maddalena;
e la
moglie
disse:

Tu non andrai senza me . Il marito disse:

Piac-
ciati di rimanere a
guardare
le cose
nostre,
perocch
tu se'
gravida,
e nel mare ha
grandi pericoli
. EUa s'in-
ginocchi
ai suoi
piedi
con molte
lagrime
e non ristette
di
piagnere
tanto
ch'egli
acconsenti alla volont
sua;
e Maria Maddalena
pose
loro
sopra
le
spalle
il
segno
della santa
Croce,
acci che il nemico non
possa
loro
nuocere. Entrando nella nave con
quelle
cose che fa-
ceva loro
bisogno,
lasciarono a Maria Maddalena tutte
le loro
ricchezze,
e a
guardia,
tanto che tomassono.
Ed essendo andati un d e una
notte,
il mare si turb
e in
gran tempesta;
la donna
per
la
paura
cominci
a sentire i
dolori,
e con molto dolore
partor
un fan-
ciullo
maschio,
ed ella mor. Il
marito,
veggendo
la
moglie
morta e '1 fanciullo rimaso senza
speranza
di
notricamento,
lamentavasi e diceva:

Oim
misero,
lo
quale
desiderai d'avere
figliuolo,
ora ho
perduta
la ma-
dre e '1
figliuolo.
Quelli
della nave
vogHendo gittare
il
corpo
morto in
mare,
il marito
gli preg
e diede loro
prezzo
acci che
ponessono
il
corpo
della
moglie
e del
76 LEGGENDE CBISTIANE
fanciullo in
un'isola,
la
quale
era fra mare
pco dilungi.
Allora in sull'isola aveva una chiesa la
quale
vedevano,
e l la
portarono,
acci che non fusse
mangiata
da be-
stie
salvatiche,
o da'
pesci,
se l'avessono
gittata
in
mare. E avendola
portata
a
quella
chiesa,
il marito
la
coperse
col suo
mantello,
e con molte
lagrime
disse:

O Maria
Maddalena,
perch
venisti a Marsilia
per
mio
danno? Tu chiedesti a Dio che la mia donna
ingravi-
dasse e
perci

morta;
e io
per
le tue
parole
mi misi
in
questo viaggio.
Io ti raccomando
quello
che tu m'ac-
cattasti
per
li tuoi
preghi,
secondo che io ti raccomandai
tutte le mie
possessioni.
E.
dette
queste parole,
entr
nella
nave,
ed andarono a loro
viaggio
e
passarono
il
mare;
quando
l'ebbono
passato,
S. Piero verme loro
incontro,
e
veggendo
a
quel signore
in sulla
spalla
la croce
che beata Maddalena
gli pose,
cominciollo a domandare
onde
egli
veniva,
ed e' disse a S. Piero ci che
gli
era
intervenuto;
e S. Piero disse: Pace sia
teco,
perocch
tu credesti a buono e utile
consiglio per
te;
e non t'in-
cresca che la tua donna dorme e '1 tuo fanciullo ri-
maso con lei:
imperocch
Iddio ha
potenzia
di dare
figliuoli
a cui lui
piace,
e di
ritorgli poich gli
ha
dati,
e di convertire il
pianto
in
allegrezza.
S. Piero lo men
in
Gerusalem,
e si il men in tutte le
luogora
dove Ges
Cristo fece
miracoli,
e dove e'
predic
e dove fu
posto
in croce e
dov'egli
and in cielo. E S. Piero lo tenne
due
anni,
e ammaestrollo
pienamente
nella fede di Ges
Cristo,
come in
prima gli
aveva mostrato la
gloriosa
Maddalena;
e
dopo
li due anni
egli
entr nella nave
per
tornare a Marsilia. Ed essendo
egli
con
gli
com-
pagni, pervenne
a
quell'isola
ove avea
riposta
la mo-
glie
e '1
fanciullo;
appresentossi
al
luogo per
vedere
lo
corpo
della
moghe,
e vide im bellissimo fanciullo
che,
come era
usato,
stava
presso
alla
madre,
e
gittava pietre
nell'acqua
come fanno i fanciulli. E
veggendo eglino
lo
fanciullino cominciaronsi a
maravigliare.
Quando
il fan-
ciullo li vide uscire della
nave,
perch
non ra usato
LA MADDALENA 77
di vedere
uomini,
incontanente
fugg
e nascosesi sotto
lo mantello con che ra
coperta
la madre. E '1
signore
veggendo questo,
si fece
gran maraviglia
e lev alto il
mantello con che era
coperta
la
mogUe,
e trov lo fan-
ciullo bellissimo che
poppava
la
poppa
della madre.
Molto si
rallegr
e
prese
lo
fanciullo,
e levosselo in
braccio,
e 'ncominci a dire:

Maria
Maddalena,
io so che
second che tu hai nutricato il mio
fgHuolo
in
questo
luogo
diserto due
anni,
cos mi
potresti
rendere co' tuoi
preghi
la sua
madre,
e farestimi tornare con molta le-
tizia a casa mia. E dette
queste parole,
la
mogh'e
so-
spir
come si
svegHasse
da un
gran
sonno^
e incomincia
a dire:

O Maria Maddalena
santissima,
come sei
glo-
riosa nel
cospetto
di Dio ! Nel mio
parto
fosti mia baha
^
e facestimi ci che mi fu di
bisogno
.
Quando
il marito
ud
queste parole, prese grande
ammirazione,
e inco-
miaci a dire:

Sposa mia,
sei tu viva? . Ed ella disse:

Io sono
viva,
e ora
vengo
di tutte
quelle luogora
onde
tu
vieni;
e come tu
andavi,
la
gloriosa
Maria Maddalena
mi menava
sempre
teco in
ogni luogo,
e tutti
gli
ho
a mente. Allora lo marito suo
s'allegr veggendo
ch'el-
l'era viva. Entrarono nella nave con
grande
letizia,
e
tornarono a MarsUia. E
quando
entrarono nelle
terre,
trovarono Maria Maddalena
predicare
al
popolo,
e con
molte
lagrime
si
gittarono
lq terra a' suoi
piedi,
e dis-
sonle ci che era loro
intervenuto,
e incontanente di-
strussono tutti
gl'idoH
e feciono molte
chiese,
e feciono
Lazzero vescovo di
MarsUia;
e Maria Maddalena
per
volont di Dio and a una
citt,
la
quale
si chiamava
Aix
2,
e
predicava
la fede del suo maestro Ges
Cristo,
e
convert tutta la
citt,
e feciono vescovo Massimino.
^
levatrice. In
questo
senso il vocabolo ancor
oggi
usato in To-
scana.
2
Aix en Provence.
78 LEGGENDE CRISTIANE
7. La Morte.
E
dopo queste
cose
fatte,
la
gloriosa
Maria Maddalena
si
part segretamente,
e and in lui diserto a fare
peni-
tenzia,
nel
quale
stette trenta
anni,
e non fu veduta
n
saputa
da uomo terreno n da
femmina;
nel
quale
ella fu nutricata da Colui il
quale
ella amava con tanto
desiderio ^. E stando ella in
quel
diserto,
a tutte le sette
ore canoniche
^
venivano
gli angeli
a
lei,
e
portavanla
in
cielo,
e udiva
quel
canto dolcissimo di
paradiso.
Avvenne
per
volont di
Dio,
un
prete
entr
per quel
diserto a fare
penitenzia
e
posesi
a stare in una
spelonca,
la
quale
era
presso
a
quella
di Maria Maddalena. E
stando
egli
una volta in
orazione,
Dio
gli aperse gli
occhi,
e vide
sopra
a
quel luogo
dove stava Maria Mad-
dalena una
grande
moltitudine
d'angeli,
i
quali pare-
vano a lui che venissono a terra e levassono alto alcuna
cosa,
la
quale egli
non
poteva
vedere;
e
quando
l'ave-
vano tenuta
per ispazio
d'un'ora,
la
ponevano giuso
con
gran
riverenzia e canto. E vedendo
questo,
il
prete
molte volte ebbe volont d'andare a
quel luogo per
vedere
quella
visione da
presso,
e raccomandossi a Dio
e incominci a
andare;
e
quando
vi fu
presso
a una
gittata
di
pietra,
incominciarono le
gambe
sue a tre-
mare,
e non
pareva
che
potesse
andare,
e
quando
tor-
nava a
dietro,
quel
tremore si
partiva
da lui. E
pen-
sando che alcuna cosa era in
quel luogo,
al
quale
non
era lasciato
andare,
incominci a
gridare
con
grandi
voci e disse:
a
Io ti
scongiuro
dalla
parte
di Dio crea-
tore,
che se tu se' creatura
ragionevole
la
quale
abiti
in cotesto
luogo,
che tu mi debbi
rispondere
e dire.
Ed ella disse:

Se tu vuoi
sapere
chi io
sono,
vieni
qua
^
Ges Cristo..
2
Secondo il rito della Chiesa la
giornata,
dall'alba all'or di
notte,
si divide in sette ore: mattutino o
laudi,
prima,
terza, sesta, nona,
vespero, compieta.
LA MADDALENA 79
presso
a me. Allora
egli
and
pi
verso
lei,
insQO al
mezzo della
spilonca,
onde ella il
chiam,
e non
pot
andare
pi
oltre. Allora ella disse: Udisti ricordare
nel
Vangelo
la
peccatrice
la
quale baglio
colle sue la-
grime
i santi
piedi
di Ges
Cristo,
e
rasciugoUi
co' suoi
capelli,
ed ebbe
perdonanza
da lui di tutti i suoi
pec-
cati? . E '1
prete
disse:
Io me ne ricordo
bene,
e so che
sono
passati gi
bene
pi
di trent'anni che fu
questo.
Ed ella disse: Io sono
dessa,
la
quale
sono stata
qui
trent'anni,
senza
saputa
di
persona,
terrena,
e Dio m'ha
pasciuta qui
continuamente
per gli angeli
suoi. E
pero-
ch mi ha rivelato il d della mia
morte,
ti
prego
che tu
vada a MassimQO
vescovo,
e
digh
da mia
parte
che
la notte della Resurrezione di
Cristo,
che
viene,
mi
debba
aspettare,
solo,
nella sua
chiesa,
all'ora del mat-
tino. Il
prete
udiva le sue
parole
e non la
poteva
ve-
dere;
e incontanente si mosse e and al
vescovo,
e dis-
segli quelle parole
che Maria Maddalena, aveva dette.
Allora Massimino fu molto
allegro
e rend a Dio
grazie.
E
vegnendo
la notte della
Resurrezione,
entr
solo nella chiesa all'ora del
mattino,
e vide la santis-
sima Maddalena stare in mezzo di due moltitudini
d'angeli,
elevata da terra
per ispazio
di due
braccia,
e teneva le mani levate a cielo. E il vescovo temendo
d'appressarsi
a
lei,
ella disse:
Vieni,
padre
mio,
e non
temere deUa tua
figliuola.
E secondo che
egli
scrive
nel suo
libro,
tanto
splendore
usciva della sua
faccia,
che
pi agevolmente
avrebbe
potuto
altri
riguardare
nella ruota del sole che la sua faccia. E
Massimino,
raunati tutti i
cherici,
insieme con loro e col
prete,
le
diede il
corpo
e lo
sangue
di
Cristo;
e
quando
fu comu-
nicata,
s'inginocchi
dinanzi
all'altare,
e
quella
santa
anima si
part
dal
corpo
e andonne q vita eterna al
suo maestro Ges. E
dopo
U
dipartimento
di
quest'a-
nima beatissima e
gloriosa,
rimase tanto odore in
quella
chiesa che tutti
quelli
che '1 sentirono non credevano
che mai
potesse
essere
maggiore:
il
quale
dur sette d.
80 LEGGENDE CRISTIANE
E il vescovo
seppell quel
santissimo e beatissimo
corpo
.
allato alla sua
sepoltura
nel
tempio
^. Amen Amen.
Qui

compiuta
la
leggenda
della
gloriosa
e divota
di Cristo Maria Maddalena. Deo
gratias.>
Amen.
ANNOTAZIONI
La
prima parte
di
questa leggenda (paragrafi 1-5)
sicu-
ramente dUa stessa mano che scrisse la
precedente;
vi si notano
gli
stessi
pregi singolari
di
lingua,
di stile e di sentimento. La
seconda invece
(paragrafi 6-7)

pi semplice;
narrativa
piut-
tosto che
espositiva,
ed ha tutta
l'ingenuit
dei racconti mara-
vigUosi
cos cari al M. Evo. Essa dev'esser nata sulle rive del
Rodano fra i
pellegrini
che si
recavano,
a visitare le
reliquie
della
Santa,
e facevano sosta al santuario delle Sante Marie del
Mare,
nella desolata
pianura
della
Camargue, presso
le foci del Ro-
dano,
avanti di toccare
Marsiglia
ed Aix. Una
stupenda
descri-
zione di
questo paesaggio
e delle
leggende religiose
che vi
aleg-
giano
intorno si trova nel
poema
del
Mistral, Mirejo,
tradotto
mirabilmente nella nostra
lingua
da Mario Chini
(Treves,
edit.,
Milano
1912).
La
figura
della
Maddalena,
popolarissima
anche fra
noi,
dette
argomento
a numerosi
componimenti
letterari,
come la
Conversione di S. M.
Maddalena,
che il D'Ancona ha accolto
neUe sue Sacre
Rappresentazioni,
I
265,
la Historia di S. M. Mad-
dalena,
Lazzaro e
Marta,
stampata
a Firenze
1667-1588, ecc.,
e il
poemetto
in ottava rima di Mabco Rasiglia da
Foligno (Firenze
1616,
alle Scale di
Badia).
Di recente il Cesabeo nella sua Donna
di
Magdala (Z poemi dell'ombra,
Bologna 1923)
ha
rappresentato
con vivo senso d'arte la
figura
della
peccatrice perdonata
da
Cristo;
ed il
Tumiati,
nel suo dramma La Rosa di
Magdala,
ha
tratto
profitto
del
presunto
matrimonio di lei con S.
Giovanni,
accennato nella
prima pagina
della nostra
leggenda.
Gli artisti an-
darono a
gara
nel
dipingerne
le sembianze
e,
a seconda del loro
^
Trascorsi vari
secoli,
nel
716,
per^timore
delle incursioni dei
Saraceni,
che infestavano le coste del Mediterraneo e risalivano il
corso
dell'Are,
le
reliquie
della Maddalena furono
trasportate
a Veze-
lay,
dove le venne dedicata una
magnifica
chiesa,
meta di numerosi
pellegrinaggi
durante tutto il Medio Evo.
o
C/i
o
e
K
a
o
o
ci
ci
a:
c
I
80 LEGGENDE CRISTIANE
E il vescovo
seppell quel
santissimo e beatissimo
corpo
allato alla sua
sepoltura
nel
tempio
^. Amen Amen.
Qui

compiuta
la
leggenda
della
gloriosa
e divota
di Cristo Maria Maddalena. Deo
gratias.
Amen.
ANNOTAZIONI
La
prima parte
di
questa leggenda (paragrafi 1-5)
sicu-
ramente della stessa mano che scrisse la
precedente;
vi si notano
gli
stessi
pregi singolari
di
lingua,
di stile e di sentimento. La
seconda invece
(paragrafi 6-7)

pi semplice;
narrativa
piut-
tosto che
espositiva,
ed ha tutta
l'ingenuit
dei racconti mara-
vigliosi
cos cari al M. Evo. Essa dev'esser nata suUe rive del
Rodano fra i
pellegrini
che si recavano a visitare le
reliquie
della
Santa,
e facevano sosta al santuario delle Sante Marie del
Mare,
nella desolata
pianura
della
Camargue, presso
le foci del Ro-
dano,
avanti di toccare
Marsiglia
ed Aix. Una
stupenda
descri-
zione di
questo paesaggio
e delle
leggende religiose
che vi
aleg-
giano
intorno si trova nel
poema
del
Mistrai,,
Mirejo,
tradotto
mirabilmente nella nostra
lingua
da Mario Chini
(Treves,
edit.,
Milano
1912).
La
figura
della
Maddalena,
popolarissima
anche fra
noi,
dette
argomento
a nmnerosi
componimenti
letterari,
come la
Conversione di S. M.
Maddalena,
che il D'Ancona ha accolto
nelle sue Sacre
Rappresentazioni,
I
255,
la Historia di S. M. Mad-
dalena,
Lazzaro e
Marta,
stampata
a Firenze
1567-1588, ecc.,
e il
poemetto
in ottava rima di Marco Rasiglia da
Foligno (Firenze
1616,
alle Scale di
Badia).
Di recente il Cesareo nella sua Donna
di
Magdala {I poemi
delV
ombra,
Bologna 1923)
ha
rappresentato
con vivo senso d'arte la
figura
della
peccatrice perdonata
da
Cristo;
ed il
Tumiati,
nel suo dramma La Rosa di
Magdala,
ha
tratto
proftto
del
presunto
matrimonio di lei con S.
Giovanni,
accennato nella
prima pagina
della nosti'a
leggenda.
Gli artisti
an-
darono a
gara
nel
dipingerne
le sembianze
e,
a seconda del loro
^
Trascorsi vari
secoli,
nel
716,
per^timora
delle incursioni dei
Saraceni,
che infestavano le coste del Mediterraneo e risalivano il
poiso
dell'Are,
le
reliquie
della Maddalena furono
trasportate
a Veze-
lay,
dove Io verme dedicata una
magnifica
chiesa,
meta di numerosi
pellegrinaggi
durante tutto il Medio Evo.
1j
C
c
C
X
LA MADDALENA 81
temperamento,
dettero ad essa ora
un'espressione
di viva
spi-
rituaKt,
come
l'Angelico
nella scena del Noli me
tangere,
ora
di
languore appassionato,
come il
Correggio
nel famoso
quadro
della Galleria di Parma.
Alcuni,
come Donatello e lo
Spagno-
letto,
la
rappresentarono
estenuata dai
digiuni
e dalle
lacrime;
altri come il
Peirugino
e Tiziano fiorente della
pi
formosa
bel-
lezza.
L'episodio
dell'incontro di Maria Maddalena con Ges
alla casa di Simone il lebbroso venne
dipinto
dal
preraffaellita
inglese
Dante Gabriele Rossetti. Il miracolo di cui .si
parla
nel
paragrafo
6 venne
dipinto
da Giovanni da Milano nella
Cap-
pella
Rinuccini in S. Croce di Firenze.
Il Petrarca visit la Sainto
Baumo,
come si dice in
Provenza,
ossia la
grotta
della Maddalena e la cant in una bella
elegia
latina,
Dtilcis amica
Dei,
lacrymis inflectere
nostris,
Atque
meas attende
preces, nostraeqtce
saluti
Gonsule:
namgtie potes. Neque
enim tibi
tangere
frustra
Permissum,
gemituque pedes perfundere
sacros
Et' nitidis siccare
comis,
ferre
oscula
plantis,
Inque caput
Domini
pretiosos spargere
odores.
Nec tibi
congressus prinos
a Tnorte
resurgens
Et voces audire suas et membra videre
hmnortale decus
lumenque
habitura
per
aevuin
Nequiquam
dedit aetherei rex OhHstus
Olympi
Viderat ille cruci
haerentem,
nec dira
paventem
Judaicae tormenta
manus,
turbaeque furentis
Jurgia
et
insidtu^, aequantes
verbera
linguas;
Sed
moestam,
intrepidamque
simxd,
digitisque
cruentos
Tractantem,
clavos,
implentem
vulnera
fletti
Pectora tundentem violentis candida
pugnis
Vellenteni
flavos
manibus sine mora
capillos.
E il MiSTBAL nel suo
poema
cosi
dipinge
la
penitente:
. . . . i bracci al sen conserti tiene
pregando
in una
grotta.
Le sue
ginocchia
fa
macere, ahim,
sopra
la
pietra
dura,
e
indosso,
per
tutta
copertura,
non ha che l'or della
capigUatura.
A
vegliarla
la luna con la sua falce sta.
6.

Battelli, Leggende
crintiane.
82 LEGGENDE CEISTIANE
E il
bosco,
per poterla contemplare,
si
piega,
e cssa di
mormoreggiare,
e
gli angeli,
frenando i
palpiti
del
cuor,
la
guardano per
una
fessuretta;
e se
perleggia qualche lagrimetta
cadutale sul
sasso,
in tutta fretta
corrono a raccattarla con un calice d'or!
Tra
i
moderni ricordiamo anche PaoTO Heyse autore di un
componimento
drammatico su Maria di
Magatala.
LA LE&aENDA DI SANTA MARTA
[Inedita,
tratta dal Codice Laurenziano-Gaddiano
XXXIV,
carte 6 a
10}.
1. Come santa Marta si part di Marsiglia e and
in
achisi,
e liber
quella
citt da uno dragone,
Santa Marta
gloriosa
si
part
di Marsilia e and in
un'altra citt di Provenza che era nominata Achisi
^,

predicava
la fede di
Cristo,
per
che la
gente
di
quella
contrada era
pagana.
Erasi
partito
uno
dragone
delle
parti
di
Spagna
ed era venuto
gi per
uno fiume che
si
parte
di
Gallizia,
in un altro fiume di Provenza che
si chiama
Rodano,
e
passava presso
a
quella
citt nella
quale predicava
santa Marta. E
questo dragone
dal
mezzo indietro era
pesce,
e dinanzi era
dragone,
ed
era
grosso
come uno
grande
bue,
e
lungo
come uno
cavallo
grande,
e li suoi denti erano acuti come
spun-
toni e
taglienti
come
spade,
e le corna molto
grande
e
lunghe,
e le branche come lione. E alcuna volta stava
nel
Rodano,
e
quando passava
navicella
veruna,
s la
prendeva
e
affondavala,
e
poi mangiava gli
uomini che
trovava;
e alcuna volta stava in una selva che era al-
lato allato al
fiume,
e
pericolava
^
chiunque
vi
pas-
sava. E alcuna volta la
gente
si
ragunava
e andavano
a lui con la balestra
per
volerlo uccidere. E '1
dragone
1
Aix.
2
metteva in
pericolo.
84 LEGGENDE CRISTIANE
lasciava andare lo sterco suo che ardeva cos
ogni
cosa
come la saetta del cielo
^,
e cos tutta la
gente fuggiva
^.
Predicava santa Marta in
quella
citt,
e il
popolo
le disse:

Le tue
parole
ci
piacciono
assai,
ma se ci
liberi dalla
puzza
del
dragone,
noi ti
promettiamo
che
noi ci convertiremo alla fede di Cristo che tu ci
predichi,
e riceveremo il santo battesimo . Allora santa Marta
tolse dalla mano diritta una
croce,
e con la manca l'ac-
qua
benedetta,
e andossene al bosco dove era
quello
dragone,
ed entrata eUa nel
bosco,
s trov il detto dra-
gone
che
mangiava
un uomo. Allora
gli
mostr la santa
croce e
gittoUi
addosso
dell'acqua
benedetta,
ed elli
incontanente divent mansueto come un
agnello.
E
santa Marta si discinse la cintola
sua,
e
legollo per
lo
collo e menoUo cos
legato
aUe mura della citt. E
per
comandamento di santa
Marta,
gli
uomini della citt
uscirono fuori e ucciserlo. E convennesi
^
otto
paia
di
buoi a tirarlo al fiume del Rodano. Per lo
quale
mi-
racolo tutte le
persone
della citt e delle contrade d'in-
torno addimandarono il santo battesimo. Allora santa
Marta mand
per
santo Massimino
*
e tutti li fece bat-
tezzare.
E
poi
che santa Marta ebbe fatto uccidere il dra-
gone, per consiglio
di santo Massimino fece fare una
grande
e bella chiesa a riverenza ed onore della madre
di Ges Cristo. E allato a
quella
chiesa ordin uno
monistero di sante
donne,
ed era
questa
chiesa e moni-
stero allato a
quella
selva nella
quale
Marta aveva
trovato il
dragone,
e ivi abit . E la sua santa vita
^
la
folgore.
2
Anche del
bonaco,
specie
di bue
asiatico,
racconta Brunetto La-
tini che
quando
l'uomo o altra bestia lo
caccia,
scioglie
lo suo ventre
e
gittasi
da dietro una feccia s
putente
che arde come bracia ci che
tocca . Vedi: I libri naturali del

Tesoro
di B.
Latini,
a cura di
G,
Battelli, Firenze,
Le
Moimier, 1917,
p.
153.
3
furon necessari.
*
era il vescovo di Aix. Vedi
leggenda precedente.
^
Cos ebbe
origine,
secondo la
tradizione,
la citt di
Tarrascona,
chiamata ara
questo
nome dalla
tarasque,
ossia dal
drago.
SANTA MARTA .
85
fu in cotal modo nel
monistero,
cio che carne n con-
dito di
carne,
n
uova,
n cacio non
mangiava,
e non
beveva vino e
sempre digiunava.
E certe volte il d
e certe volte la notte
s'inginocchiava,
e
per
ciascuna
volta diceva uno
paternostro
e una ave maria. E
ogni
domenica andava a una di
quelle
terre che erano
presso
al
monistero,
e
predicava
la
parola
di Dio. E tanto era
graziosa
nelle sue sante
opere
che di tutte le
parti
d'in-
torno traevano le
genti per
udire la sua santa
predica.
2. Cme risuscit ttno giovane che era morto per lei.
Ora avvenne che
predicando
in uno
grande prato
allato
a una citt di Provenza che si chiama
Avignone,
e dal-
l'altro lato del
prato
era il fimne del
Rodano,
avvenne che
uno
giovane
era di l dal fiume e voleva
passare per
udire
la
predica
sua. E vedendo il
giovane
che tutte barchette
erano dall'altro lato del
fiume,
non
poteva
tanto chiamare
i
passeggeri
^
che volessino andare
per
lui,
e
perch
tutti sedevano in terra
per
udir la santa
predica
di
santa Marta. Ma non
potendo
avere
barca,
si
spogH
ignudo,
e
prese
i
panni
suoi e
legolli
al suo
collo,
e
poi
si
gitt
a nuoto
per
lo fiume. Addivenne che
per
la velo-
cit della corrente
acqua
il
giovane anneg,
e li
parenti
suoi andavanlo cercando alla riva del
fiume,
piangendo
per
due d. Il terzo
d,
come
piacque
a
Dio,
il trovarono
morto alla riva del fiume: era allora
quel corpo
enfiato
e hvido. Allora i
parenti
e amici del
giovane preseno
il suo
corpo
e
portaronlo
a'
piedi
di santa
Marta,
e in-
ginocchiati
le dissono: Tu sai che
questo giovane per
la
grande
devozione
ch'egU
ebbe alla tua
predica
an-
neg, per
venirti a
udire,
come tu vedi. Aviamo fede
che come Ges Cristo ti concedette di
legare
il
dragone
e liberare
questo paese
di cos
grande
pericolo,
cos ti
^
traghettatori,
che
passano
la
gente
da una riva all'altra.
86 LEGGENDE OBISTLNE
conceder,
quanto
a te
piacer,
di risuscitare
questo
giovane
e di rendercelo sano e salvo. Poi che Marta
ebbe udite
queste parole, s'inginocchi
a
terra,
a
capo
il
corpo
morto,
e
aperse
le braccia a modo di croce
e disse nella sua orazione:

maestro mio e
signore.
Ges Cristo
fortissimo,
che
degnasti piil
volte d'alber-
gare
nella mia casa
^,
e m'avesti tua
servigiale,
e risu-
scitasti
Lazzaro,
nostro
fratello,
per
li nostri
indegni
prghi
2,
e cos ti
priego. Signor
mio,
in
questo pim^to
che tu risusciti
questo giovane
mio caro divoto. E
poi
che Marta ebbe
compiuta
la
orazione,
prese quel gio-
vane
per
la mano e levoUo su sano e
salvo,
cio libero.
Allora tutta la
gente
di
quella
contrada lauldarono
e benedissero il nome di Ges
Cristo,
per
lo
quale
santa
Marta
vergine, aoperava
tanti miracoli.
3. Come Ges manifest a santa Marta il giobno
della sua morte.
E secondo che dicono U
Santi,
il nostro
Signore
Ges Cristo manifest a santa Marta il d della sua
morte,
per
uno anno innanzi. E innanzi otto d che
santa Marta
passasse
di
questa
vita,
istando ella in
orazione,
sent dolcissimi canti di
paradiso.
AUora le-
vando
gli
occhi al
cielo,
vidde uno coro
d'angeli
gloriosi,
i
quali
ne
portavano
l'anima di Maria
Magdalena
con
quella
soavit di canto alla
gloria
di
paradiso.
Allora
santa Marta fece chiamare tutti i santi frati e tutte
le sante monache del suo monasterio e disse:

Figliuoli
miei,
rallegratevi
con
meco,
che io
veggio gli angeli
che ne
portano
cantando l'anima della mia suora
Mag-
dalena,
e va a
godere
col suo Maestro e mio
ospite
e
signore
Ges Cristo. Avvenne che la notte innanzi al d
1
Luca
X,
38.
2
Giovanni XI,
SANTA MAETA 87
della morte
sua,
santa Marta comand alle sue monache
ch'elle
vegghiassero
infino a tanto ch'ella rendesse lo
spirito
a
Dio,
sempre
facendo stare i lumi accesi. Av-
venne che. nella
mezzanotte,
per opera
del
diavolo,
tutti
-
i lumi si
spensero
e
quelle
ch'erano con santa Marta
s'addormentarono.
E sentendo santa Marta le demonia
ch'erano venute
per impedire
l'anima
sua,
s disse:

O
padre
e maestro mio
dolcissimo.
Ges
Cristo,
non
mi
abbandonare,
che ecco le demonia che stanno
ap-
parecchiate per
divorare l'anima
mia,
e
mostranmi,
per
farmi
disperare,
tutti li miei
peccati,
li
quali
io feci in
mia
gioventudine
. Or subitamente
dopo queste parole
apparve
santa Maria
Magdalena
con uno ceiro acceso in
mano,
e accese tutti i lumi che le demonia avevano
spente.
E
quando
santa Marta vidde la
Magdalena
si
confort e chiamolla
per nome,
e santa Maria
Magda-
lena chiam
lei,
e in
questo apparve
Ges Cristo e disse
a santa Marta:
Vieni,
albergatrice
mia,
a
godere
nel
mio
albergo
celestiale. E dicoti che io esaudir chiun-
que
si raccomander a me divotamente
per
lo tuo
amore . E santa
Marta,
quando
ella doveva
passare
di
questa
vita,
si fece
portare
di fuori della
casa,
in
luogo
ov'ella
poteva
vedere il
cielo,
e
poi
fece
ponere'
cenere
in terra e
posevisi
suso
ginocchioni;
e fece
poriere
la
croce dinnanzi da
s,
e
poi
fece
questa
orazione:

Si-
gnore mio.
Ges Cristo
dolcissimo,
ricevi
questa
tua
poverella
nel tuo
albergo
celestiale,
come tu ti
degnasti
d'albergare
nel mio
albergo
terreno . E
poi
che santa
Marta ebbe fatta
questa
orazione,
fece
leggere
a uno
prete
il
passio
^
di santo Luca. E
quando
venne a
quella
parola
che Cristo
disse,
cio:
a
Padre,
nelle tue mani rac-
comando lo
spirito mio,
ed ella lev il
capo
e le mani
al
cielo,
e rend la sua santa anima nelle mani
degli
angeli
di
paradiso,
e '1 suo
corpo
rimase nelle mani
delle sue sante monache.
^
la narrazione della Passione di
Cristo,
88 LEGGENDE, CRISTIANE
4. Come
il vescovo Frontone assiste al funerale
DI SANTA Marta.
Avvenne che il terzo d nel
quale
si doveva
seppel-
lire il suo santo
corpo,
uno santo vescovo che avea
nome Frontone diceva messa in una terra molto a
funga
'
;
il
quale,
mentre che diceva la
pistola,
s'addorment,
e
dormendo,
gli apparve
Cristo e
dissegli:

Frontone,
vieni
dopo
me
^,
se tu mi
vogli
aiutare ad onorare il
corpo
deUa mia
albergatrice,
della
vergine
Marta. Allora il
vescovo si
part,
e furono al
corpo
di santa Marta e
fciono l'ufficio
cantando,
e li cherici che erano nel mo-
nistero
rispondevano.
E
poi
che fu
compiuto
l'ufficio.
Ges Cristo
prese
il
corpo
di santa Marta dal
capo,
e '1 vescovo da'
piedi,
e amendui la missono nel se-
polcro.
Avvenne che '1
diacono,
volendo dire il
Vangelo,
dest Frontne che li desse la
benedizione;
ed elli disse
a lui: Perch m'hai
desto,
che '1 mio
signore
Ges
Cristo
pure
ora mi men a
seppellire
santa
Marta,
sua
albergatrice?
E
per
mandate al
sagrestano
di
quel
monistero un messo che faccisi dare il mio anello e'i
miei
guanti,
che io
gli
raccomandai
quando seppel-
limmo il
corpo
di santa
Marta,
e
perch
allora li di-
menticai. E li cherici mandarono uno messo e trova-
rono che era stato come santo Frontone aveva detto.
E non
poterono
riavere altro che i
guanti;
l'anello noUi
rendette
per segno
e confermazione del miracolo. E tro-
varono che Ges Cristo aveva lassata una carta nella
quale
era scritte
queste parole:
Nella memoria eterna
la mia
albergatrice.
Amen.
^
Frontone era vescovo di
Prigueux.
Alla sua memoria dedicata
la cattedrale della citt.
2
dietro a
me, post
vie.
SAITTA MARTA 89
Al^NOTAZIONI

Il ricordo della Santa vivo ancor


oggi
in
Provenza,
dove
nel
giorno
della" sua festa si
porta
in
processione
il simulacro
di un
drago gigantesco (la tarasque)
e si cantano laudi' in onore
della Santa. La vitt di
Tarascon,
che deriva il suo nome dal
dragone
ucciso da S.
Marta,
le ha dedicato la chiesa
principale,
dove sono alcuni
quadri
che
riproducono
vari
episodi
della vita
di lei. Il
portale
di
questa
chiesa,
dicono i
Provenzali,
tanto
bello che nessun
ingegno
mortale
potrebbe
ritrarlo n con la
penna
n col
pennello.
De Santo Mario li
portati
. Van uno tant bello
paruro,
que per
escri ni
per peinturo
li retrair
jamai
un
engni
mortau.
Nella cattedrale di S. Salvatore ad Aix una beUa statua
della Santa avente ai suoi
piedi
il
mostro,
pregevole
lavoro del
XV secolo. Il
prodigio operato
dalla Santa si
legge
neU'XI Canto
di Mirella del Mistral.
....

Bramoso
di- carne e
sangue
umano,
un mostruoso
animale,
xxa
flagello spaventoso
vaga pei
nostri boschi.... Piet di
noi,
piet!
La bestiaccia ha la coda di un
serpente,
gli
occhi
pi
rossi che il cinabro
ardente;
sul dorso ha
squame
e
punte
orribili.... Oltre a
ci,
ha il viso d'un leone smisurato
e tre
piedi prontissimi per
lato !
Nel suo covo sul
Rodano,
celato
sotto una
roccia,
porta
tutto
quello
che
pu.
I nostri
pescatori,
tomo
tomo,
si vedono scemar
giorno per giorno....


Ed i Tarasconesi
prendono
a
singhiozzar.
Marta senza
indugiar,
senza esitare
grida:
Insieme con Marcella
vogUo
andare.
Mi
struggo
dalla
voglia
d'arrivare
in mezzo a
quella gente
che anelo di salvar.
90 LEGGENDE CRISTIANE
Ma dove vai
tu,
mite
verginella?
Con una croce e un
aspersorio
nella
mano,
tranquillamente.
Marta
prende
il cammin
verso il raostro che fa tanto
spavento.
IrapossibUe
n'esca a salvamento !
Per
contemplare
il
gran
combattimento
s'arrampicano
tutti sui circostanti
pin.
Svegliato
dentro il suo
tranquillo
chiostro,

avessi visto inferocirsi il mostro !
Ma sotto
l'acquasanta
ha un bel
torcersi,
urlar!...
Muggisce,
stride,
soffia inutilmente....
Legato per
un
filo,
come niente
Marta lo mena
via,
bench fremente.
Il
popol
tutto
quanto
la viene ad adorar.
(Traduzione
di M. Chini.
Milano, Treves,
1912).
Un'antica laude
volgare
a S.
Marta,
tratta da un codice
dell'Arcliivio diocesano di
Como,
pubblic
Francesco Casnati
niVOrdine
(29 luglio
1925,
n.
178).
Jl codice
apparteneva
ad una
compagnia
di
Disciplinati
di S.
Marta,
i
quali
iBnivano la nar-
razione dei miracoli di lei con
questa preghiera:
Vergine pura,
di vita
austera,
tu che di Cristo- fosti
l'ostiera,
al nostro
prego,
su via ti
piega
e Ges Cristo
per
noi tu
prega.
E
per
li seivi di
questa
scuola,
tutti vestiti di bianca
stola,
deh,
santa
Marta,
nostra
matrona,
prega
il
Signore
che ci
perdona!
LA
LEGGENDA
DELLA CROCE
[Pubblicata
da A. D'Ancona nella Scelta di Curiosit
Letterarie del
Eomagnoli (Bologna 1870)
col titolo
originale
di
Leggenda
di Adamo ed
Eva].
1. L'albero della Geooe.
Poi ch'Adamo con Eva ebbero
commesso
lo
pec-
cato
1,
e Iddio
padre gli
cacci del
paradiso
diliziano
^;
e
veggendo
e conoscendo Adamo
ch'egli
avea disubi-
dito e
trapassato
lo suo
comandamento,
co' molte la-
grime QgQOcchiandosi
dinanzi a
Lui,
lo
preg
molto
umilemente che
gli
dovesse
piacere
di dare olio di mi-
sericordia. E Iddio
padre, veggendo
lo suo
pentimento,
e le
lagrime
che
gittava per
lo fallo del disubidire lo
suo
comandamento,
ebbe
piet
e misericordia di
lui;
e
allora
gli
disse
che,
quando
fosse
compiuto
il termine
che lo suo benedetto
fighuolo
verrebbe in
questo
mondo
terreno,
allora
egli
avrebbe olio di misericordia.
E
dopo
a
quella impromessione,
venne Adamo con
Eva nella valle d'Abron
^,
e
quivi
soffersono molte
pene
e
grandi travagli
di loro
corpi;
e in
quella
valle
acqui-
starono due
figliuoli,
che l'uno ebbe nome Caino e l'altro
^
il
peccato
di
disubbidienza,
cibandosi del frutto vietato.
^
paradiso
terrestre.
3
Ebron,
in Giudea.
92 LEGGENDE CBISTIANE
Abello. Ora avvenne che un
giorno
che Caino e Abel
andarono in su uno monte a fare sacrificio a Dio
padre,
s come si
costumava,
e Iddio
padre puose
mente e
riguardo
all'offerta di
Abello,
per
ch'era
giusto
e buono
uomo,
e non volle
riguardare
l'offerta di
Caino,
per
ch'era micidiale uomo. Allora Caino vedendo
questo,
fu malamente
invidioso;
e ritornando amendue al loro
albergo
^,
e Caino uccise lo suo fratello Abello. E
questi
fu lo
primo
uomo che fosse morto
per
astio e
per
invi-
dia. E
quando
Adamo vide s come Caino avea morto
lo suo fratello
Abello,
fu lo
piti
doloroso uomo che mai
fosse in
questo
mondo. Allora molto forte
piangendo
e
lagrimando,
disse contro a Eva:

Tutto
questo
male
avvenuto
per
lo
peccato
che tu ed io abbiamo com-
messo. E
dopo dugento
anni,
Eva
partor,
e fece un
altro
figliuolo
maschio,
lo
quale
ebbe nome
Sette;
e
quando
Sette fu in
et,
egli
era molto fedele e ubbidiente allo
suo
i)adre
Adamo.
Quando
Adamo fu vivuto novecento trenta
anni,
si
era molto stanco e lasso di
vivere,
per
lo
grande
tra-
vaglio
che avea
fatto,
ch'avea diradicato un
grandis-
simo buscione
^;
per
lo molto
travaglio s'appoggiava
in
sulla
zappa
con ch'elli
zappava;
e 'ncominci molto
forte a
pensare;
tani<o
male si vedea in
questo
mondo
per
lo
peccato
ch'elli
.avea
fatto,
ed era stanco e lasso
di vivere. E stando lui in
questo pensamento,
ed e'
chiam Sette suo
figliuolo:
Io ti
voglio
mandare al
paradiso
diliziano a
l'angelo
cherubino,
lo
quale guarda
l'albero deUa vita
durabile,
colla
spada
del fuoco in
mano.
Rispuose
Sette e disse: Padre
mio,
io sono
apparecchiato
di fare tutto vostro
piacere; insegnatemi
la via che mi conviene
fare,
e le
parole
che mi conviene
dire a
l'angelo
cherubino. E Adamo disse: Dirai a
l'angiolo
cherubino ch'io sono stanco e lasso di vi-
^
alla loro dimora.
2
dal francese
buisson,
macchia.
LA LEGGENDA DELLA CEOCE 93
vere:
e di' ch'io lo mando molto .
pregando,
che
per
te
e' mi mandi certezza dell'olio della
misericordia,
che
Iddio
mi
promise quando
e' cacci me e la tua madre
di
paradiso,
di che ne venimmo in
questa
valle;
e an-
drai
per questa
via verso
oriente,
e in
capo
di
questa
via tu troverai una
valle,
e
passata questa
valle,
tu
troverai ima
montagna
molto
altissima,
in sulla
quale
lo
paradiso
diHziano;
e
perch
tu conoschi
pi
tosto
la
via,
tu troverai le
pedate
che io e tua madre facemmo
quando
noi fummo cacciati di
paradiso;
e furono tanto
grandi
li nostri
peccati,
che
giammai poi
non vi
nacque
erba
per quello luogo
onde noi
passammo.
Quando
Sette ebbe ricevuto lo comandamento del
suo
padre
Adamo,
incontanente fu
mosso;
e
quando
e'
fu
giunto
al
paradiso
diliziano,
ed e' trov la
porta
serrata,
allora e' si
gitt
in orazione,
pregando
Iddio
molto umilemente che li facesse
aprire
la
porta
del
]3aradiso:
e
compiuta
la sua orazione e la sua
preghiera,
e
l'angelo
cherubino
apparve,
e
veggendo
Sette
l'angelo,
si
maravigh
molto,
veggendo
tanta
chiarit;
e
quasi
elli non si
senta,
ed era
quasi
tutto uscito di
s, veg-
gendo
tanta bellezza e chiarezza
dell'angelo.
E
l'angelo
parl
a
lui,
e domandoUo
perch'elli
era venuto.
Rispuose
Sette,
e disse a lui:

Lo mio
padre
Adamo mi manda
a
voi,
e mandavi
pregando
che voi
per
me
gli
mandiate
certezza dell'olio della
misericordia,
che Iddio
padre gli
promise,
quando
e' cacci lui e la mia madre di
para-
diso. Allora
l'angelo gli apr
la
porta,
e disse a lui:

Guarda tutto
benignamente
le cse che tu vedrai nel
paradiso
santo. E andando
per
lo
paradiso
si udia
quello
canto dolcissimo
degli angioK,
ch'era tanto amo-
roso e
angehco
che
ogni
mente umana vi si sarebbe
addormentata;
e
poi
vide una beUissima fontana con
acqua
molto
chiara,
della
quale
usca
quattro
ramora
^
di
fiume,
che l'uno ha nome
Gion. e l'altro ha nome Ti-
^
rami,
segtie
la forma del
plurale
neutro
latino;
e cos
praiora,
luogora,
ecc.
94 LEGGENDE CRISTIANE
gris,
e '1 terzo ha nome
Eufrates,
e '1
quarto
ha nome
Efson\

questi quattro
fiumi che danno
acqua
a
tutti altri
gli
fiumi di
questo
mondo terreno. Poi vide
albori con
foglie
variate
d'ogni
colore;
e di
questo
al-
bore venia
grandissimo
odore,
che
parca
che tutt'i
moscadi
^
del mondo fossero
ivi;
e '1
pome
e '1 frutto
che v'era
suso,
era tanto amoroso e dilettevole a man-
giare,
che veracemente e'
parieno
lavorati e confettati.
E
l'angelo
ne lasci toccare e
mangiare
a Sette. Poi
vide
pratora
tutti
fioriti,
e di
quelli
fiori ne venia s
grandissimo odore,
che
parca
veracemente
che tutte le
spezie
del mondo fossero in
verit;
e
passato
il
prato,
vide
albori,
in
su'
quali
avea uccelli
piccoletti,
e avieno
l'alie
rosse,
li
quali
cantavano si
dolcemente,
ch'ogni
mente umana vi sarebbe addormentata. Poi vide l'al-
bero donde noi fummo tutti
perduti,
del
quale mangi
Adamo ed Eva del suo
frutto;
e a
questo
albore avea
uno
grande serpente
a
pie
del detto
albore^;
e. Sette
ebbe
grandissima paura,
e
l'angelo
disse a lui: No'
avere
paura
. Allora Sette
riguard
in
alto,
ed e' vide
in sullo detto albore uno
garzone
con vestimenta bian-
^
Geon il
Nilo; Efiaon,
o
Fison,
il
Gange.
La scienza medioevale
accettava la tradizione
biblica,
che faceva scaturire i
quattro principali
fiumi del mondo da un'imica
sorgente
nel Paradiso terrestre. Vedi I libri
naturali del Tesoro d Bbtjnetto
Latini,
Firenze
1917,
pag.
24. Vedi
anche Taltra
leggenda
dei Tre monaci al
paradiso
terrestre in
questo
stesso
volume.
^
le
spezie.
^
anche il Frezzi nel
Qitadriregio (IV, 1)
dice:
, . . .trovai un arbor senza fronde
ch'era di
spoglio
d'un
serpente avvolto,
s come Tin'edra che \m. ramo eirconde.
Lo
spoglio
avea di forma umana il
volto;
e l'albore di
spine
era
pien
tutto
intorno a
s,
siccome
luogo
incolto.
E a
proposito
di
quest'aZero
secco si ricordi la terzina di Dante
{Purg. XXXII,
37 e
segg.):
Io sentii mormorare a tutti: Adamo!
Poi cerchiaro tma
pianta dispogliata
di fiori e d'altra fronda in ciascun ramo.
l'albero della cboce
95
chissime,
lo
quale
rilucea come razzo di
sole;
e
veggendo
Sette
queste
cose,
molto si
maravigli.
Allora
l'angelo
cherubino
parl
a Sette tutto beni-
gnamente,
e disse a lui:

Vedi tu
quello garzone? quegli
lo
figliuolo
di
Dio,
lo
quale
e'
compiagne*
lo
peccato
de] tuo
padre
e della tua madre e de' tuoi
parenti;
i
qua' peccati egli
disfar,
quando piacer
a Dio
padre
ch'eUi
vegna
in
questo
mondo;
quando
sar
compiuto
lo termiue che verr in.
questo
mondo,
allora e' dar
al tuo
padre
Adamo l'olio della
misericordia,
ch'egli
gl'impromise quando egli
lo cacci di
paradiso.
Onde,
tu si te' ne anderai colla
grazia
di
Dio;
e s come tu sarai
giunto
al tuo
padre
Adamo,,
ed
egli
morr ivi a tre
d;
e
quando
e' sar morto e
sotterrato,
e tu torrai
queste
tre
granella
ch'io ti
do;
e
quando egli
sotter-
rato,
e tu
gliele
metterai iri bocca sotto la
lingua.
Vat-
tene coUa
grazia
di
Dio,
e
contagli ogni
cosa che io
t'ho
detto,
e che tu hai
udite;
e i' ho comandamento
dal mio
signore
Iddio
che
non vuole che tu dimori
pi
in
questo
santo e
glorioso luogo.
E
veggendo
Sette la
volont de
l'angelo,
si
part
molto mal
volentieri,
im-
perci
che molto
gli
dilettava lo stallo
^
in
quello luogo
santo.
E
quando
Sette fu ritornato e
giunto
al suo
padre
Adamo,
s
gli
cont
ogni
cosa a motto a
motto,
ch'egli
avea veduto e udito da
l'angelo.
E
quando
Adamo ud
siccome
egU
dovea
morire,
egli
incominci a
ridere,
che
in
tutto il
tempo
della sua vita no' avea
pi
riso;
e coii
questa
grande allegrezza
si
gitt
in terra a
ginocchie
ignude,
e chiese merc a
Dio,
e disse: Padre mio san-
tissimo,
abbi
piet
dell'anima
mia,
che sai ch'io sono
assai vivuto in
questo
mondo in
peccato
e in miseria .
E
in
capo
di tre
d,
ed e'
inori,
s come
l'angelo
avea
detto a Sette suo
figHuolo.
E
quando
e' fu
passato
di
questa vita,
e Sette lo sotterr nella valle
d'Ebron,
allato
*
dimora.
96 LEGGENDE CRISTIANE
a monte Tabor. E
quando
e' fu
sotterrato,
e
S^tte
gli
misse le tre
granella
in
bocca sotto la
lingua,
s come
l'angelo gli
avea detto: le
quali
tre
granella
fecero barba
e
radice,
e
nacque
in
piccolo tempo
tre
verghe:
l'una
si fu
ulivo,
e l'altro
cedro,
e '1 terzo
cipresso.
Per lo cedro
s'intende il
Padre,
per
l'ulivo il
Figliuolo,
e
per
lo ci-
presso
lo
Spirito
Santo. E
queste verghe
istettono nella
bocca d'Adamo infino al
tempo
di
Mois,
che non creb-
bono e non menomarono e non
perderono
la loro verdura.
E
quando
Mois ebbe tratto lo
popolo
d'Isdrael d'E-
.gitto per
lo comandamento di Dio
padre,
e
quando
lo
re Faraone
perde
tutta la sua oste
^,
venne nella valle
d'Ebron allato a monte
Tabor;
e
quando
Mois ebbe
affermate le sue tende e data la sua benedizione al
po-
polo
d'Isdrael,
e le tre
verghe apparvono
ch'erano nella
bocca
d'Adamo;
e Mois ne fu ammonito
per
lo Santo
SxDirito
ch'elli
prendesse quelle
tre
verghe
ch'erano
nella bocca
d'Adamo,
e che' le facesse
taghare,
e che
ne le
portasse
con esso
seco;
che Iddio ha
pr
veduto
in ci in salute del
popolo.
Allora Mois and nella
detta
valle,
e trov le dette
verghe;
e Mois and con
grande
tremore,
e
tagh
le dette
verghe;
e
quando
Mois le
tagliava,
l'olore
-
che ne venia era s buono
e
grazioso,
che tutti
quelli
dell'oste
comprendea^;
s
che a ciascuno
parea
essere in terra di
promissione.
E
per questa
dimostranza che Mois
vide,
fu molto
allegro;
e incontanente Mois
prese quelle
tre
verghe,
e
avvUuppolle
in un bellissimo
drappo
bianco. E
queste
tre
verghe
mostrarono
grandissimo
miracolo,
che
qua-
lunque
dell'oste fosse ammalato o fosse stato morso da
bestia
velenosa,
e Mois lo toccasse colle dette
verghe,
incontanente era
guarito, per
la
potenzia
di Dio
padre;
e tanti miracoh non
potea
Iddio
padre
mostrare
loro,
che ne fossero conoscenti. Ora
avvenne,
s come fu
^
esercito,
travolto nelle onde del Mar Rosso.
^
la
fragranza.
^
si diffondeva
per
tutte le schiere
degli
Ebrei.
/
Quattro Fiumi dell'Eden.
(Scultura
nella Cattedrale di
Chartres). (fot. Houvet).
96 LEGGENDE CEISTIANE
a monte Tabor. E
quando
e' fu
sotterrato,
e Sette
gli
misse le tre
granella
in bocca sotto la
lingua,
s come
l'angelo gli
avea detto: le
quali
tre
granella
fecero barba
e
radice,
e
nacque
in
piccolo tempo
tre
verghe:
l'una
si fu
ulivo,
e l'altro
cedro,
e '1 terzo
cipresso.
Per lo cedro
s'intende il
Padre,
per
l'ulivo il
Figliuolo,
e
per
lo ci-
presso
lo
Spirito
Santo. E
queste verghe
istettono nella
bocca d'Adamo infino al
tempo
di
Mois,
che non creb-
bono e non menomarono e non
perderono
la loro verdura.
E
quando
Mois ebbe tratto lo
j^opolo
d'Isdrael d'E-
gitto j)er
lo comandamento di Dio
padre,
e
quando
lo
re Faraone
perde
tutta la sua oste
^,
venne nella valle
d'Ebron allato a monte
Tabor;
e
quando
Mois ebbe
affermate le sue tende e data la sua benedizione al
po-
polo d'Isdrael,
e le tre
verghe apparvono
ch'erano nella
bocca
d'Adamo;
e Mois ne fu ammonito
per
lo Santo
Spirito
ch'elli
prendesse
quelle
tre
verghe
ch'erano
nella bocca
d'Adamo,
e che^ le facesse
tagliare,
e che
ne le
portasse
con esso
seco;
che Iddio ha
pr
veduto
in ci in salute del
popolo.
Allora Mois and nella
detta
valle,
e trov le dette
verghe;
e Mois and con
grande
tremore,
e
tagli
le dette
verghe;
e
quando
Mois le
tagliava,
l'olore
-
che ne venia era s buono
e
grazioso,
che tutti
quelli
dell'oste
comprendea
^;
s
che a ciascuno
parca
essere in terra di
promissione.
E
j)er questa
dimostranza che Mois
vide,
fu molto
allegro;
e incontanente Mois
prese quelle
tre
verghe,
e
avviluj)polle
in un belhssimo
drappo
bianco. E
queste
tre
verghe
mostrarono
grandissimo
miracolo,
che
qua-
lunque
dell'oste fosse ammalato o fosse stato morso da
bestia
velenosa,
e Mois lo toccasse colle dette
verghe,
incontanente era
guarito, per
la
potenzia
di Dio
padre;
e tanti miracoM non
potea
Iddio
padre
mostrare
loro,
che ne fossero conoscenti. Ora
avvenne,
s come fu
^
esercito,
travolto nelle onde del Mar Rosso.
-
la
fragranza.
^
si diffondeva
per
tutte le schiere
degli
Ebrei.
/ Ouattro Fiumi dell'Eden.
(Scultura
nella Cattedrale di
Chartres).
(fot. Houvet).
l'albero della croce 97
piacere
di
Dio,
che
l'acqua
venne
meno,
e no' avieno
che bere
ne
per
loro n
per
loro
bestie;
allora Mois disse
a loro:

O
gente
di mala
credenza,
che tanti miracoli
non
vi
pnote
mostrare lo nostro
Signore
Iddio che voi
ne siate conoscenti l Ancora io vi
voglio
mostrare
quanta
la sua
potenzia.
Io dico che toccando
questo
sasso
con
queste verghe,
e' n'uscir tanta
acqua quanto
voi
vorrete,
per
voi e
per
le vostre bestie. E incontanente
tocc lo sasso colle dette
verghe,
ed e' n'usc tanta ab-
bondanza
d'acqua, quanto bisogno
fece loro
per
loro
e
per
loro bestie. E ancora
per
tutti
questi
miracoli
ch'e' detti
ricevettono,
solo una volta non
glorificarono
Iddio
padre.
E
veggendo
lo nostro
Signore
Iddio,
che
lo
popolo
d'Israel non era conoscente di
questo
mira-
colo
ch'egli
avea a loro
mostrato,
s disse a Mois:

GU
figliuoli
d'Israel non hanno
glorificato
lo mio
nome;
ond'io ti dico ch'io no'
gh
metter in terra di
promis-
sione;
ma coloro che mi ameranno e aranno fede e ri-
verenza in
me,
coloro entreranno in terra di
promis-
sione . E allora conobbe Mois che
poco
sarebbe la sua
vita,
e allora n'and nella valle
d'Abron,
allato a monte
Tabor,
e ivi s
piant
le dette
verghe;
e molto
piccolo
tempo apresso
stette,
ch'eUi
pass
di
questa
vita. E
queste
verghe
stettero mille anni in
questa
valle,
in-
fno al
tempo
che lo re Davit
regnava
in
Gerusalem,
e
appresso
la morte di Mois che furono
compiuti
i
miUe anni.
Il re Davit ne fu amonito
per
Santo
Spirito
ched eUi
dovesse andare nella valle
d'Abron,
allato a monte
Tabor,
e che
prendesse quelle
tre
verghe
che Mois
v'avea
piantate,
e che ne le
portasse
in
Gerusalem,
che
Iddio in ci avea
provveduto
in salute del
popolo.
Allora lo re Davit and in
quella
valle l dove erano
piantate
quelle
sante
verghe,
e in
capo
di nove
giorni
e'
trov le dette
verghe;
e
quando
e' le facea
taghare,
l'olore che ne verna era tanto amoroso e
dilettevole,
ch'a re Davit e la sua
gente parca
loro essere in terra
7.

Batteijli,
Leggende
cristiane.
98
LEGGENDE CRISTIANE
di
promessione.
Allora lo re Davit incominci a cantare
e belli stormenti
sonare,
laudando e benedicendo Iddio
e la sua
potenzia;
e
poi
fece
queste verghe
recare in
Gerusalem. E
quando
lo re Davit fu tornato iii Geru-
salem, lebbrosi, mutoli, attratti^,
ciechi ed
ogn'altra
infermit veniro al
re,
e
profetizzando
dicieno: Mes-
sere,
piacciati
di darci
oggi
la salute della santa croce .
AUora Davit
gli
toccava tutti
quanti,
e ciascuno
per
s. colle dette
verghe;
e ciascuno era
guarito
e sanato
della loro infert ^.
Veggendo
lo re Davit tanti miracoli di
queste
sante
verghe,
s le mise in una sua citerna
^,
la
quale
era allato
a una sua tori
e,
e mise
guardie
alluminarle
*
acci ch'elle
fossero bene
guardate;
e
ogn'anno
vi facea fare uno cer-
chio
d'argento.
E in
questa
citerna stettero trenta anni.
E
compiuti
i trenta
anni,
e
queste verghe
erano adu-
nate
insieme,
ed erano fatte uno bellissimo bordone **.
Allora lo re Davit lo f' trarre della
citerna,
e fecelo
mettere nel
tempio,
acci che fosse bene
guardato.
E in
questo
medesimo
tempo,
lo re Davit ebbe una
gran-
dissima
infert;
e
l'angelo
di Dio venne a
lui,
e disse:

Sappi
che tu non
compierai
lo
tempio
di
Dio,
ma Ba-
iamone tuo
figUuolo
lo
compier.
E dette ch'ebbe l'an-
gelo quelle parole,
incontanente si
part.
Allora conobbe
lo re Davit che la sua vita era molto
brieve;
allora elli
incominci a he Deus
meus;
e
quando egli
ebbe com-
piuto
lo saltro
^,
egli
fece radunare tutti li suoi baroni
e lo suo
consiglio,
e' disse a loro:
Bei
signori,
la mia
vita
poco
sar
oggimai;
e
sappiate
che Iddio
padre
v'ha chiamato Baiamone mio
figliuolo per
vostro si-
gnore,
E
quando
venne lo terzo
d,
Davit
pass
di
questa
vita,
e Baiamone lo fece sotterrare a
grandissimo
^
storpiati.
2
infermit.
^
cisterna.
*
forse
guardie provviste,
di
lumi.
^
tronco.
*
la raccolta dei Salmi.
l'albero della oeoe
'
99
onore.
E
poi
Salamone mise maestri nel
tempio per
farlo
compiere;
e
quando
i detti maestri v'avieno la-
vorato
bene
quattordici
anni,
si fallava
^
ancora di met-
tere
nel
tempio
uno
bordone;
onde
quello
ch'era nel
tempio
sarebbe sofficiente a
ci; onde,
se vi
piace,
noi
lo
torremo,
e acconcerllo
^
per
metterlo in
quello luogo
dove
bisogna.
Allora disse Salamone che lo
togliessero
in buona ora. Allora li maestri lo
tolsero,
e acconcia-
ronlo
di ci ch'era
bisogno;
e tolsero la misura a
punto
per
metterlo nel detto
luogo.
E
poi
che l'ebbero acconcio
tutto
a
punto,
s lo collarono
^
suso
per
metterlo nel
luogo
l dove
fallava;
e
quando
e' l'ebbero collato
suso,
ed e' trovarono che
gli
era un
gomito piti;
e tre volte
lo
provarono,
e niun'otta non venia a
punto.
Allora
li maestri si fecero
grandissima maraviglia,
e inconta-
nente se n'andarono a
Salamone,
e dissero:
Messere,
la
maggiore maraviglia
che noi vedessimo
giammai,
abbiamo veduta di
quello legno
ch' nel
tempio;
che tre
volte ci siamo
riprovati per
metterlo in
quello luogo
ove
bisogna,
e ninna volta lo
possiamo
trovare a
punto
.
Allora comand loro Salamone che lo collocassero
giuso;
e fece fare comandamento che
qualunque persona
en-
trasse nel
tempio
si lo dovesse
adorare;
e
poi
disse a'
maestri ch'andassero a monte
Libano,
e che cercassono
d'un buon
legno,
lo
quale
fosse loro
buono,
e s lo fa-
cessero venire al
tempio,
acci che si
compiesse:
e'
maestri cos fero. Allora si
compi
lo
tempio
di
Dio,
lo
quale
si
pen
a fare trenta anni. In
quello
santo tem-
pio
andavano ad adorare al d e all'ore ch'era ordinato.
Or un
giorno
che molta
gente
v'era
venuta,
avvenne
che
una femina si
pupse
a sedere in su
questo legno;
e
incontanente ch'ella vi si fu
posta
a
sedere,
tutti li
suoi
vestimenti
cominciarono
ad
ardere,
come se fosse
^
occorreva: il
fallait.
^
lo
adatteremo.
*
lo tirarono su. La colla era una
specie
di
carrucola,
che ai usava
anche
per
sollevare di terra coloro che erano messi alla tortura.
100 LEGGENDE CRISTIANE
stoppa.
Allora la buona femina incominci a
gridare
a
grandi
boci,
dicendo: Ora
profetezza
lo mio Iddio la
virt della santa crocea.
Quando
i Giudei udirono cosi
gridare,
dissero ch'ell'era
impazzata:
s la
presero,
e
misorla fuori di Gerusalem
per
la
porta d'aquilone
^,
e con
sassi la
lapidarono
infino alla morte. E costei fu la
prima
femina che ricevette morte
per
l'amore del nostro
signore
Jes Cristo. E
poi
vennero con
grandissimo
furore,
e trassero
quello
santissimo
legno
del
tempio;
e
poi
con
grandissimo
fiurore lo
gittarono
in una
acqua
la
quale
si chiamava Probatica
Pescina;
e
quella
ac-
quicella
s si lavava le cuoia delle bestie che s'offereano
al
tempio.
E lo nostro
Signore
Iddio non volle che
questo
santo
legno
si
perdesse
la sua
virt;
s venia
l'angelo
benedetto a certe ore del
d,
e facea muovere
questo
santo
legno
di
questa acqua;
e in
quello
movimento
che
l'angelo
facea,
qualunque
infermo entrava nella
detta
acquicella,
incontanente era
guarito
di
quella
in-
fermit la
quale
elli-
avesse,
per
la
potenzia
di Dio.
E
veggendo
i Giudei che
questo legno
avea tanta vir-
tude,
si lo trassero di
quella acqua,
e miserlo
per pon-
ticello insun' un'altra
acquicella,
la
quale
si chiamava
Siloe;
e
questa acquicella
era
passata
lo di da molte
persone;
e dissero intra loro:

Questo
legno perder
la
sua virtude
per
lo
peccato
di coloro che lo
passeranno
.
E
questo
santo
legno
vi stette tanto che la reina d'O-
atria
^,
la
quale
avea nome
Saba,
venne in Gerusalem
per
volere
parlare
con Salamene:
imperci
ch'ell'era
molto savia di senno
naturale.
e di scrittura. E
quando
ella venne in
Gerusalem,
ella non volle
passare per
la
porta d'aquilone, per
non volere
passare
su
pei?
lo detto
legno.
E
quando
la reina Saba ebbe
parlato
con Sala-
mone,
ed ella and a vedere
questo
santo
legno;
e
quando
ella lo
vide,
incontanente si
gitt
in terra e
adorollo;
*
settentrione.
^
d'Austro,
d'Oriente.
l'albero della oboce 101
e
quando
l'ebbe
adorato,
ed eUa incominci a dire a
grandi
boci: Per
questo
santo
legno
la terra
tremer,
'1 sole
e la luna
perderanno
la loro
chiarit,
e lo velo
del
tmpio
si
squarcier
di
sopra
infino di
sotto,
e molte
corpora
sante
risusciteranno,
e saranno vedute in Ge-
rusalem.
O.Salamone,
che mala
guardia
tu hai auto di
questo
santo e venerabile
legno
! . E dette ch'ebbe la
reia
Saba
queste parole,
incontanente si
part,
e ri-
torn
neUe sue contrade.
Questo
santo
legno
stette tanto in
questo luogo,
che
venne
la Passione del nostro
Signor
Jes
Cristo;
e
quando
e' fu
giudicato
d'essere
crocifisso,
e' Giiidei dissero:
Di che faremo la croce?. Allora i Giudei incomin-
ciarono a
gridare
a
grandi
boci,
e
profetezzando
dissero:
Toghamo
lo
legno
reale,
lo
quale
in sulla
acqui-
cella di SUoe
per ponticello.
Allora con
grandissimo
furore,
e'
presero questo
santo
legno,
e
portrollo
verso
Gerusalem;
e andando
loro,
s trovarono uno maestro
di
legname,
lo
quale
avea nome Simone
Cireneo;
ed e'
lo menarono co' loro in Gerusalem. E
presero
lo terzo di
questo legno,
e feciorne una
croce;
la
quale
fu
lunga go-
mita
sette,
e
per ampio
^
fu
gomita
tre. Era molto
grave
e
pesante.
Essendo lo nostro
Signore
Jes Cristo battuto
e
lacerato e
frageUato,
e ancora
quella gente
senza ve-
runa
piata gli puosero questo
santo
legno
cos
grave
e
pesante,
e
puosogKelo
in sull'omora
^
cos rotte e
sangui-
nose
per
le crudeli battiture che li avieno
date;
e fecior-
ghelo
portare
bene le tre
parti
della
via,
verso monte Cal-
vario,
tutti
dandogli,
e facendo beffe e scherno di lui. Ora
in
questo
venerabile
legno
fu crocifisso lo Nostro Si-
gnore
Jesti Cristo
per
salute della umana
generazione.
Preghiamo questo
dolce Cristo che ci dea
grazia
di
fare
penitenzia
de' nostri
peccati,
acci che al nostro
trapassamento
abbiamo la sua
gloria
di
paradiso.
^
di
larghezza.
^
sugli
omeri.
102 leggende cristiane
2. L'Invenzione della Croce.
[Pubblicata
da G.
Manuzzi,
Firenze
1849].
Questo
legno prezioso
della santissima Croce di
Cristo,
poi
che fu crocifisso Cristo e andato in
cielo,
rimase in
quel
monte
^
sotterrato e
coperto
colla terra
anni duecento e
pi.
Ma in
questo
modo fu ritrovato
da
Elena,
madre di Costantino
imperadore.
Che venne
una
grandissima
moltitudine di barbari infino al Da-
nubio,
e volevano
passare per prendere
e
soggiogare
le
terre de' Romani. A'
quali
Costantino
imperadore
and
in
contro,
e
puose
l'oste
^
sua allato al fiume. E crescendo
la moltitudine de'
barbari,
e
gi passando
il
fiume,
fu
molto
ispaventato
Costantino,
perci
che conveniva che
l'altro d
seguente
combattesse con loro. E la notte
seguente
fu destato
dall'angelo
e
fugh
detto che
gua-
tasse in suso. Ed
egli, guatando
in
suso,
vide una Croce
in cielo fatta d'uno lume
bianchissimo,
nella
quale
era
questa
scrittura,
scritta di lettere d'oro:

In
signo
hoc
confide,
et vinces. Confida ed abbi
speranza
in
questo
segno,
e vincerai . Allora
Costantino,
confortato da
questa
visione,
fece fare uno
simighante segno
della
Croce,
e
portavalo
dinnanzi a la sua
gente.
E
percotendo
nelli
nemici,
s H
ruppe
e miseli in
fuga,
e
grandissima
moltitudine ne uccise.
Allora Costantino fece raunare dinnanzi a s tutti
li
pontefici
de'
templi,
e
domandogli
di
quale
Iddio
era
quello segno.
E li
pontefici
dicendo che no '1
sapeano,
vennono
alquanti
de li Cristiani che
v'erano,
e dissono
pienamente ogni grandezza
e vertude di
quello segno
santissimo della croce. Ed
egh
incontanente credette in
Cristo e ricevette Io battesimo da Eusebio
papa,
ovvero
secondo il detto
d'alquanti,
dal vescovo di Cesarea.
^
Calvario;
2
esercito.
l'estvenzione della ceooe 103
E
non fu
questo
Costantino che fu battezzato da santo
Silvestro,
anzi fu suo
padre
^. Morto
dunque questo
Costantino,
ch'ebbe la vittoria
per
lo
segno
della
croce,
lo
suo
figliuolo,
fatto
imperadore,
non dimentic la
vittoria
del
padre,
ma incontanente mand la madre
a Gerusalemme a ritrovare la santissima Croce.
La Istoria Ecclesiastica narra in altro modo.
questa
vittoria di Costantino. Onde dice che uno tiranno ch'avea
nome Massenzio volendo
per
forza tenere e
acquistare
l'imperio
romano,
Costantino
imperadore,
volendosi di-
fendere,
and ad uno fiume dove doveva combattere
con lui 2. E
Massenzio,
essendo uomo astuto e
malizioso,
fece in
quello
fiume uno
ponte
di
navi,
lo
quale
era s
fatto che
chiunque
vi salisse
suso,
incontanente
peri-
rebbe. E Costantino
spessamente
levando al cielo
gli
occhi e chiedendo aiuto da
Dio,
vide dalla
parte
d'o-
riente in cielo un
segno
di croce
risplendente,
e
angeli
stavano
presso
a lui e dicevano:

In
questo segno
vin-
cerai. AUora Costantino
rallegrandosi
ed essendo
gi
sicuro deUa
vittoria,
fece nella fronte sua lo
segno
della
croce,
e
nelli
gonfaloni
fece
simighantemente porre
il
segno
della
croce,
e nella mano ritta
port
una croce
d'oro. Poi fece orazione a Dio che non
permettesse
maculare del
sangue
de li Romani l mano sua con la
quale portava
lo
segno
della santissima
croce,
ma con-
cedessegK
vittoria senza
spargimento
di
sangue.
E Co-
stantino
approssimandosi
al
fiume,
Massenzio con
pochi
gli
venne
incontro,
e
per giudicio
di
Dio,
dimenticau-
dosi del
ponte
ch'avea fatto
per ingannare
Costantino,
prima
egli
vi salitte
suso,
e incontanente and nel fondo
ed
affog.
Allora tutta l'altra
gente
di
Massenzio
fe-
ciono le
comandamenta
di Costantino. E non
perci
Co-
stantino ricevette
pienamente
la fede di
Cristo,
e non
si
battezz. Ma
poco tempo passato,
ebbe la visione di
^
Costanzo;
ma comunemente la visione si attribuisce a Costantino.
Vedi
appresso.
*
La
battaglia
avvenne a Ponte
Milvio,
sul
Tevere,
il 23 ottobre 312.
104 LEGGENDE CRISTIANE
santo Pietro e santo
Paulo,
come si contiene nella sua
leggenda,
e fecesi battezzare a santo
Silvestro,
e fue
curato dalla lebbra ^. E
apertamente
credendo,
mand la
madre a Gerusalemme
per
ritrovare la santissima croce
del Salvatore.
Dunque
Elena essendo
pervenuta
a
Gerusalemme,
co-
mand,
che tutti li
piti
savi deUi Giudei che erano in
quella
provincia
venissono dinnanzi a lei. E li
giudei,
avendo
grande paura,
dicevano insieme: Perch
pensate
che la
imperadrice
ci faccia raunare davanti a se? . E uno di
loro,
ch'avea nome
Giuda,
disse:

Io so ch'ella vuole
sapere
da
noi ove sia lo
legno
della croce ove fu crocifisso Cristo.
Guardate che nessuno
glie
lo
dica,
imperocch
siate certi
che
quando
sar
trovato,
la nostra
legge perir.
Onde io
vi dico che
Zacheo,
avolo
mio,
lo
predisse
al mio
padre
Simone,
e '1 mio
padre
lo disse a me
quando
moritte,
e disse cos :
Vedi,
fgHuolo
mio,
quando
sar ita caendo
^
la croce del
Cristo,
manifestala
incontanente,
anzi
che sie tormentato o
distretto,
e
sappi
che da
quella
ora innanzi la
gente giudea
non
regner,
ma
quegli
che adorano lo
crocifsso,
imper ch'egli

figliuolo
di
Dio. Al
quale
io dissi: O
padre
mio,
se li nostri an-
tichi
padri sepiDono
certamente
ch'egK
era
figliuolo
di
Dio,
perch
il crocifissono? . Et
egM
mi disse: Dio
lo sa ch'io non mi raxmai mai in loro
consiglio,
anzi
contraddissi loro
spesse
fiate. Onde
imperci ch'egli
riprendeva
li vizi delli
sacrifici,
perci
lo feciono croci-
figgere;
ed
egli
risuscit nel terzo di e and in
cielo,
vedendolo tutti
gli apostoli
suoi. E '1 tuo fratello Ste-
^
Costantino
indugi
a battezzarsi fino alla
morte,
perch
voleva
per
devozione ricevere il battesimo nel Giordano. Ebbe invece il sacra-
mento
per
mano del vescovo ariano
Eusebio,
in
Ancira,
ma la
leg-
genda
dice
ch'egli
fosse battezzato
segretamente
sul monte Soratte
nella
cappella
dedicata a S. Oreste. Vedi
Dante, Inferno, XXVII,
94:

Ma come Costantin chiese Silvestro


Dentro Siratti a
guarir
della lebbre.
2
gi verr cercando.
l'invenzione della* cbooe 105
fano
credette in
lui,
cui li
giudei
stolti
lapidarono.
Dun-
que,
figliulo
mio,
guardati
che tu non bestemmi lui
ne
li suoi
discepoli.
E li Giudei dissono a Giuda: Noi non udimmo
mai
queste
cose che tu hai ora dette. Ma
guarda
che
tu non confessi alla reina'ove sia la
croce,
s'ella te ne
domander.
Ed essendo andati davanti alla
reina,
ella
incominci
a domandare del
luogo
ove fu crocifisso
Cristo,
e non volendo
rispondere
la
veritade,
comand
che fossono arsi. Ed
eglino
temendo,
diedonole
^
Giuda
e dissono:

Questi

figliuolo
di
profeta
e di
giusto
uomo,
e sa bene la
legge,
e dicer ci che voi domande-
rete. Allora
ella,
licenziando
tutti,
sostenne
Giuda,
e
disse:

La morte e la vita ti sono
apparecchiate, prendi
qual
vuoli
piuttosto.
Mostrami lo
luogo
c'ha nome
Calvario,
ove fue crocifisso
Cristo,
acci ch'io
possa
ritrovare la sua croce. E Giuda disse: Come
posso
io
sapere
lo
luogo,
che sono
gi passati
duecent'anni;
e io
non ero nato?. Et ella disse: Per Cristo
crocifisso,
io
ti far
perire
di fame se tu non mi dicerai la veritade .
E
incontanente lo fece mettere in uno
pozzo
secco,
e stare senza
mangiare.
E stato sei di sanza
cibo,
chiese
lo settimo d'uscirne fuori e
promise d'insegnare
la croce
di
Cristo. E
quando
fue
fuori,
e and a
luogo
ove era
la
croce,
incominci a fare orazione devotamente. E su-
bitamente tutto lo
luogo
si
commosse,
e sentirono tutti
queUi
che erano
presente
^
odore
maraviglioso.
E mara-
vigUandosi,
Giuda incominci a fare
grande
letizia e disse:
In
veritade, Cristo,
tu se' salvatore del mondo. In
quello
luogo
era il
tempio
d'uno idolo che si chiamava
Venus,
lo
quale
Adriano
imperadore
v'aveva fatto
fare,
acci
che s'alcuno cristiano andasse adorare in
quello
luogo,
credesse la
gente
ch'andasse ad adorare l'idolo.
E
per
questa cagione
non era
quello luogo
visitato,
anzi
era
quasi
dimenticato dalli fedeli.
'
le
diedero,
le
consegnarono.
^
usato
avverbialmente,
e
perci indeclinabile,
come Dante: E
disse cose Incredibili a
quei
che fien
presente

{Paradiso, XVII, 93),
106 LEGGENDE OBISTIANE
E la reina incontanente fece disfare
quello tempio
infino alle fondamenta e fece arare
quello luogo.
E
dop
queste,
incominci Giuda
vigorosamente
a
cavare;
e
cavando venti
passi
trov,
tre croci e
portolle
a la reina.
E non discernendo
quella
di Cristo dalle altre de li
ladroni
^
puosonle
tutte e tre nel mezzo della
cittade,
e
aspettavano
la
gloria
di Dio. E nell'ora di nona
imo,
giovane
morto essendo
portato
a
sotterrare,
Giuda
tenne lo cataletto
^
e ambe le croci de li ladroni
puose
sopra
al
corpo
del
morto,
e non si lev. E
ponendovi
l'altra
croce,
incontanente si lev suso vivo. E '1 dia-
volo
gridava
nell'aere e diceva:

O
Giuda,
che hai fatto?
Giuda mio ha
adoperato
il
contrario,
imper
che
egli
per
mio conforto ordin il
trajiimento
contra
Cristo,
e tu ha' ritrovata la croce sua. Ho
guadagnato per
lui
molte
anime,
e
per
te
perdo quelle
ch'io avevo
gi gua-
dagnate: per
colui
regnava gi
io nel
popolo,
e
per
te
sono cacciato dal
regno.
Ma io te ne render bene cambio
e lever contra te un altro
re,
lo
quale
con tormenti
ti
costringer
a
negare
lo crocifisso . E
questo
disse lo
diavolo,
di Giuliano
apostata, imperadore,
lo
quale
uc-
cise
poi
Giuda con molti tormenti e fecelo martire di
Cristo.
Ma
Giuda,
udendo
gridare
lo diavolo e dicere
quelle
parole,
non ebbe
paura,
ma arditamente lo
malediceva,
dicendo:

Cristo ti mandi nell'abisso del fuoco eternale .
E
dopo questo
fatto.
Giuda si fece battezzare e fu chia-
mato
Quiriaco
^. E morto lo vescovo di
Gerusalemme,
fu
egli
fatto vescovo.
Ma santa Elena non avendo li chiavelli
*
di
Cristo,
preg
lo vescovo
Quiriaco,
che
procurasse
di trovarli.
Et
egli
and al
luogo
di Calvario e fece divotamente
orazione a
Dio;
e incontanente li
chiavelli,
come fos-
^
dei due ladroni che erano stati crocifissi di Iato a Ges.
^
fece
posare
la bctra.
^
Ciriaco.
*
i chiodi.
l'invenzione della .
cboce 107
sono
d'oro
chiarissimo,
risplenderono
ed
apparirono
in
terra,
e
Quiriaco
li tolse e
portogli
a sant'Elena. Ed
ella
puose
le
ginocchia
in
terra,
e chinando il
capo
s
gli
ricevette con
devozione;
poi
tolse una
parte
della
Croce
e recolla al
figliuolo,
e l'altra
parte, coperta
d'ar-
gento,
lasci in Gerusalemme. E li chiavelli con li
quali
fue
confitto lo
corpo
santissimo di Cristo
port
al fi-
gliuolo.
Dice
Gregorio
vescovo di Turona
^,
che
quattro
chiavelli
furono confitti nel
corpo
di
Cristo,
de li
quali
Elena mise due nel freno del
figliuolo imperadore,
e '1
terzo mise
nell'imagine
di Costantino che
posta
ad
alti in Roma
^;
e '
quarto gitt
nel mare
Adriano,
lo
quale
mare era infino a
quello tempo
consumamento
di
quelli
che vi
passavano.
Santo
Ambrogio
dice che
dell'uno deUi chiavelli fece fare lo
freno,
e dell'altro
una
corona,
con altre cose
preziose
mescolata e com-
messa^. E fece sant'Elena comandare che
questa
festa
della invenzione si celebri
ogni
anno in
questo
di
*
a
laude e reverenzia della santa Croce. Amen.
3. L'Esaltazione della Croce.
[Inedita,
cavata dal Codice Riccardiano 1254 a carte
223].
Negli
anni Domini
seicentoquindici, permettendo
Cristo
frageUare
il
popolo
suo
per
la crudelezza de'
pagani,
Cosroe,
re di
Persia,
sottomise al suo
imperio
tutti i reami della
terra;
ma
vegnendo
in
Gerusalem,
spaventato
del
sepolcro
di
Cristo,
toiti
indietro;
ma
pure
ne
port
via la
parte
della santa Croce che santa
Elena v'avea
lasciata;
e volendo essere onorato da tutti
^
S.
Gregorio
di'
Tours,
autore della Gloria
martyrum.
^
in
luogo
eminente.
Frequente
la terminazione in * invece
che
o,
come tardi
per
tardo,
Libani
per
Libano,
ecc.
^
la Corona Ferrea che si conserva in S. Giovanni di Monza.
*
il 3
maggio.
108 LEGGENDE OBISTIANE
come
Dio,
edific una torre d'oro e
d'argento
e di
gemme
tralucenti,
e
allogovvi
entro le
immagini
del sole e della
lima e delle
stelle,
e
per
sottili e celati fori ordin con-
dotti
d'acqua,
e
pareva
che
piovesse acqua
come Do-
meneddio,
e in una
spelonca
sotterrata andavano ca-
valli che traevano carri a
quattro
ruote dintorno alla
torre e
rifingevano quasi
li truoni. Avendo
dunque
dato
il reame al
figliuolo
suo,
esso maladetto si
puose
a se-
dere in cosi fatto
luogo,
e
ponendosi
allato il
legno
della Croce di
Cristo,
comand
cl;ie
tutti il chiamassero
Domineddio,
che sedendo
egli
neUa sedia siccome
padre,
puose
al lato diritto il
legno
della
Croce,
in
luogo
del
figliuolo,
e '1
gall
dal lato
manco,
in
luogo
dello
Spirito
Santo,
e comand che tutti
l'appellassero padre.
Allora EracHo
imperadore ragun grande
oste e
venne a combattere contra '1
figliuolo
di
Cosroe,
allato
al fiume di Danubio ^. E
quindi piacque
all'uno e al-
l'altro
principe
ch'ambendue combattessero insieme in
sul
ponte,
e
quale
fosse
vincitore,
questo
cotale si to-
ghesse
lo
imperio,
sanza danno dell'una oste e dell'altra.
Ancora fu messo il bando che
quale
fosse colui ch'ar-
disse d'aiutare il
principe
suo,
s
gli
fossero
tagliate
le braccia e le
gambe,
e
gittato
incontanente nel fiume.
Allora EracHo si diede tutto a
Domineddio,
e racco
-
mandossi alla santa Croce con tutta
quella
divozione
che
pot.
Sicch durando ambendue nella
battaglia,
diede Domeneddio la vittoria ad
Eraclio,
e sottomise
tutta l'oste al suo
imperio,
in tanto che tutto il
popolo
di Cosroe si sottomise alla fede cristiana e ricevettero
il santo battesimo. Ma Cosroe non
sapeva
nulla del-
l'uscita
2
della
battaglia, per
che essendo odiato da
tutti,
non
gHe
lo fece
assapere persona.
Ma Eraclio venne
a
lui,
e trovandolo sedere in sedia
d'oro,
s
gh
disse:

Perci che tu hai onorato il


legno
della santa Croce
1
La
battaglia
avvenne nel 628 dell'era
volgare.
2
esito.
l'invenzione della cboce 109
secondo
il tuo
modo,
se tu
vuogli
ricevere la fede di
Cristo
e il
battesimo,
potrai
ancora ricoverare
^
la vita
'
e il
reame,
per pochi
stadichi^ che tu mi
dea;
ma se
tu
spregerai
di
adempiere
ci,
io ti uccider col mio
coltello
. Non volendo
dunque questi
acconsentire,
trasse
fuori il coltello e
tagligli
incontanente la
testa;
e
perci
che era stato
re,
comand che fosse
seppellito.
Et uno suo
fighuolo
di dieci
anni,
lo
quale
ebbe trovo
con
lui,
s il fece battezzare e ricevettelo delle sante
fonti,
e
lasciogli
il
regno
del
padre.
E facendo disfare
la torre di
colui,
diede
l'argento per preda
all'oste,
e
l'oro e le
gemme
riserb a racconciare le chiese che
quello
tiranno avea distrutte.
Togliendo dunque
la
santa
Croce,
s la ne
riport
in Gerusalem. E scendendo
lui di monte
Uliveto,
e volendo entrare col cavallo reale
e con
gli
ornamenti
imperiali
vestito,
per
la
porta
onde
il
Signore
era entrato andando aUa
Passione,
subita-
mente le
pietre
della
porta
discesero e
congiunsersi
insieme come una
parete.
E
maravigliandosi
tutti
sopra
questo
cotal
fatto,
l'angelo
di Dio
apparve sopra
la
porta
tenendo il
segnale
della Croce in
mano,
e disse:

Quando
il re del cielo entrava
per questa porta
non
entr con ornamento
reale,
ma cavalcando l'umile asi-
nelio,
lasci
l'esempio
deU'umiltade a tutti i suoi
seguaci.
E
dette
queste parole l'angelo
saU in cielo. Allora l'im-
peradore,
bagnato
di
lagrime,
iscalz se medesimo e
spogliossi
le vestimenta inaino alla
camicia,
e
togliendo
la
Croce del
Signore,
s la
port
infno alla
porta
umile-
mente. E
incontanente la durezza delle
pietre
sentir
il
comandamento del
cielo,
e la
porta
tostamente si
lev in
su,
e fece libera entrata e tratta a coloro che
volevano
entrare;
e il soavissimo odore che s'era
par-
tito
dalla Croce in
quel
d,
e in
quel
punto
che Cosroe
l'aveva
tolta,
si ritorn allora e
fascioUi tutti di ma-
'
ricuperare,
salvare.
^
ostaggi.
110 LEGGENDE CRISTIANE
ravigliosa
soavitade. E '1 re divotissimamente mise
mano a laudare la Croce in
questo
modo:

O,
Croce
piti splendiente
che tutte le stelle del
mondo,
solenne
agli
uomini,
molto
amabile,
pi
santa di tutte
l'altre,
la
quale
sola fosti
degna
di
portare
il talento del mondo !
Ah dolce
legno
che
portasti
i dolci chiavelli e dolci
pesi,
salva la
presente compagnia
rannata
oggi
alle
tue lodi e
segnata
del tuo
gonfalone
.
E cos fu
riposta
nel suo
luogo
la
preziosa
Croce
e rinnoveUrsi
gli
antichi miracoli.
ANNOTAZIONI
La
prima parte,
della
Leggenda,
come avverte il
Varagine,
derivata da un racconto del
Vangelo
di
Nicodemo;
la seconda
e la terza sono
volgarizzamenti
delle
rispettive
narrazioni della
Legenda Aurea,
alle date del 3
maggio
e 14 settembre. Le
parole
con le
quali
Eraclio saluta la
croce,
posson
dirsi la traduzione
di un'antifona dei
Vespri
della festa della Croce.
La
leggenda
dell'albero miracoloso nato dalla bocca di Adamo
ha
ispirata
al Pascoli la bellissima Canzone del
Paradiso,
di
cui
riportiamo qualche
verso.
Nel suo
giardino,
nel suo monte santo
Dio
pose
l'uomo. Con l'eterne mani
vi avea dal cielo
trapiantato
i rami
de li odoriferi
alberi,
e
gettato
i semi colti ne le stelle d'oro.
E v'era in mezzo una fontana viva
che
l'irrigava,
donde escono i fiumi
Geon, Phison,
Eufrate e
Tigria.
Dio
pose
l'uomo
libero,
nel santo
suo
paradiso. Opera,
disse,
e
godi:
non disse:
opera
e
piangi, opera
e
impreca.
Aveva allora il
placido
ortolano
di
Dio,
soavi
pomi per
suo
cibo,
per
sua bevanda
acqua pi
dolce a bere
d'ogni
dolcezza;
e facile il lavoro
come un
trastullo;
e lo
seguian
li uccelli
l'invenzione^della croce 111
con l'alie
rosse,
all'ombra delle
foglie
tremule,
lungo
il mormorio d'un rivo.
E fu
cacciato,
e fuori err meschino
e doloroso. E
Seth,
il
buono,
un
giorno
veiuie al Cherub che a
guardia
era dell'orto
di
Dio,
dov'ora non vivean che uccelli.
Moriva l'uomo: e
l'angiolo
al buon
figlio
un
grano
diede ch'e'
ponesse
al morto
sotto la
lingua;
ed era della
pianta
di cui suo
padre
avea
mangiato
il
pomo;
e Seth s
fece,
e
seppell
suo
padre
col
grano
in
bocca;
e di
quel
semeiun
grande
albero
sorse;
e
dopo
miUe e mille
anni secc. Gli diedero la scure
alle
radici,
e il tronco
giacque.
Un
giorno
vennero i
fabri,
e recidean due
legni
dal
tronco,
e insieme li
giungean
nel mezzo
tra loro
opposti.
E fu la Croce.
(Da
La Canzone del re
Enzo).
A. MussAFiA nel suo
magistrale
Studio su la
leggenda
della
Croce
(Vienna 1870)
studia le relazioni che essa
presenta
con
vari
componimenti
latini e romanzi
medioevali;
A. Gkaf nella
sua
Leggenda
del Paradiso terrestre
(Torino
1878) pubblica
una
redazione
poetica
francese del
viaggio
di
Set,
cavata da. un
manoscritto della Biblioteca Nazionale di Torino.
Quanto
al famoso Alhero
secco,
di cui
parlano
tanti
viag-
giatori medievali,
come Odorico da Pordenone e Marco
Polo,

interessante ricordare la curiosa tradizione raccolta dal Mande-


viLLE
(edizione Bergeron, L'Aja 1735):
dans la valle de Membre
est
un arbre de
cheine,
que
les Sarrazins
appellent
supe, qu'on
appello
VArbre
aec;
et on dit
que
cet arbre a l est
depuis
le
eommeneement du
monde,
et estoit
toujours
vert et feuillu
jusqu'
tant
que
Nostre
Siegneur
mourut en la
croix,
et lors
il
secha. De l'arbre sec dixnt aucunes
prophties, que
un sei-
gneur,
prince
d'Oeeident,
gaignera
la terre de
promission
avee
l'aide
des
chrestiens,
et fera chanter messe dessouts cet arbre
sec,
et
puis
l'arbre raverdira et
porter
fueilleD.
Per
tutte le
leggende
medievali relative a
quest'albero
vedi
112
LEGGENDE CBISTIAN
F.
Kampers,
Mittlalterliche
Sagen
von Paradiese und vom Holze
des Kreuzes
Ghristi,
Colonia 1897,
L'Invenzione della Croce fu cantata da un
ignoto poeta
vol-
gare
del
Quattrocento
nella Histori di S.
Elena,
le cui
ottave,
di
frequente ristampate,
corrono anche
oggi
tra il
popolo
delle
campagne.
L'Esaltazione della Croce ha fornito
argomento
al
Cecchi
per
una bella
rappresentazione
drammatica,
accolta da
D'Ancona nella sua raccolta
(voi.
Ili,
pag,
1 e
segg.)
e al Cal-
DEBON
per
il suo fastoso Mistero della
Croce,
di cui abbiamo
anche una recente traduzione italiana
(Firenze,
Battistelli, 1922).
Ma nel M. Evo essa aveva
gi ispirato
il
poema
racle di Gau-
TIEB. d'Aeras
(edizione Loeseth,
Parigi 1890).
L'intero cielo
leggendario
stato
raffigurato
da due
pittori
di et e naeriti
difierenti,
da
Agnolo
Gaddi
(XIV secolo)
nel coro
della chiesa di S. Croce a
Firenze,
e da Piero della Francesca
(XV secolo)
nella chiesa di S. Francesco in Arezzo. Il trecentista
non sa tiscire dall'ambito della tradizione
giottesca,
e
ripete,
adattandoli,
alcuni dei motivi
convenzionali;
Piero della Fran-
cesca invece si leva con volo
poderoso
aUa
grande
arte monu-
mentale,
e nella
composizione
dei
gruppi,
nell'anatomia delle
figure,
nei
paruaeggiamenti,
nel
lumeggiare vigoroso,
nella
pro-
spettiva
lineare ed aerea
raggivmge
tale
grandiosit
d'effetto
da non essere
superato
nemmeno da
Raffaello, che,
come
noto,
nell'ultima delle Sale Vaticane
dipinse
la
Battaglia
di Costan-
tino a Ponte MUvio. A S. Croce in Gerusalenune esiste un inte-
ressante ciclo d'affreschi di Antoniazzo Ron[iano
(secolo
XV)
rappresentante
i.
principali episodi
della
Leggenda.
Per le altre
figurazioni
di
questo argomento
si veda il dili-
gente
studio di Piero
Mazzoni,
La storia della Croce nell'arte
italiana,
Firenze 1911. Noi
riproduciamo qui
la bellissima
pit-
tura del Veronese II
sogno
di
SanfElena,
che uno dei
gioielli
d'arte italiana aUa National
Gallery
di Londra.
P. Veronese
-
Il
sogno
di S. Elena.
(Londra
-
Galleria
Nazionale). (fot. Anderson).
112
LEGGENDE CRISTIANE
F,
KLampeks,
Mittelalterliche
Sagen
von Paradiese und vorti Holze
des Kreuzes
Ohristi,
Colonia 1897.
L'Invenzione della Croce fu cantata da im
ignoto poeta
vol-
gare
del
Quattrocento
nella Historia di S.
Elena,
le cui
ottave,
di
frequente ristampate,
corrono anche
oggi
tra il
popolo
delle
campagne.
L'Esaltazione della Croce ha fornito
argomento
al
Cecchi
per
una bella
rappresentazione
drammatica,
accolta da
D'Ancona nella sua raccolta
(voi.
Ili,
pag.
1 e
segg.)
e al Cal-
DERON
per
il suo fastoso Mistero della
Croce,
di cui abbiamo
anche una recente traduzione italiana
(Firenze,
Battistelli, 1922).
Ma nel M. Evo essa aveva
gi ispirato
il
poema
Eracle di Gau-
TiER d'Arras
(edizione Loeseth,
Parigi 1890).
L'intero ciclo
leggendario
stato
raffigurato
da due
pittori
di et e meriti
differenti,
da
Agnolo
Gaddi
(XIV secolo)
nel coro
della chiesa di S. Croce a
Firenze,
e da Piero della Francesca
(XV secolo)
nella
chiesa di S. Francesco in Arezzo. Il trecentista
non sa uscire dall'ambito della tradizione
giottesca,
e
ripete,
adattandoli,
alcuni dei motivi
convenzionali;
Piero della Fran-
cesca invece si leva con volo
poderoso
alla
grande
arte monu-
mentale,
e nella
composizione
dei
gruppi,
nell'anatomia delle
figure,
nei
panneggiamenti,
nel
lumeggiare vigoroso,
nella
pro-
spettiva
lineare ed aerea
raggiunge
tale
grandiosit
d'effetto
da non essere
superato
nemmeno da
Raffaello, che,
come
noto,
nell'ultima delle Sale Vaticane
dipinse
la
Battaglia
di Costan-
tino a Ponte Milvio. A S. Croce in Gerusalemme esiste un inte-
ressante ciclo d'affreschi di Antoniazzo Romano
(secolo
XV)
rappresentante
i
principali episodi
della
Leggenda.
Per le altre
figurazioni
di
questo argomento
si veda il dili-
gente
studio di Piero
Mazzoni,
La storia della Croce nell'arte
italiana,
Firenze 1911. Noi
riproduciamo qui
la bellissima
pit-
tura del Veronese II
sogno
di
SanVElena,
che uno dei
gioielli
d'arte italiana alla National Galler^^
di Londra.
P. Veronese
-
//
sogno
di S. Elena.
(Londra
-
Galleria
Nazionale). (fot. Anderson).
IL MIRACOLO DI BOLSENA
[Pubblicata
da Francesco di Mauro nel
Propugnatore,
voi.
I,
pag. 356],
In
quel tempo
nel
quale
la felice memoria di
papa
Urbano
quarto
stava ad Orvieto con la sua corte e
con li cardinali
*,
uno venerabile
prete
tedesco
^,
pieno
di discrezione e chiarissimo nella onestade de' beUi co-
stumi,
mostravasi fedele a Dio in tutte
cose,
salvo che
assai
dubitava nella fede dello sacramento del
corpo
e del
sangue
di Cristo. E
pensava
come fosse
possibile
che aUe
parole
del
prete
lo
pane
si convertisse in carne
e il vino in
sangue.
E niente di meno lo detto
prete
continuamente
pregava l'onnipotente
Dio con divote
orazioni che si
degnasse
mostrare alcuno
segno per
lo
quale potesse
rimuovere e scacciare
ogni
dubbio ed
errore della sua mente. Per le
quali
orazioni,
venendo
il
tempo
nel
quale
Dio,
pieno
di
misericordia,
volle
che '1 detto
prete
si rimanesse del detto errore e rice-
vesse
maggior
fermezza di
fede,
occorse che '1
predetto
prete
deliber di visitare le chiese di san Pietro e san
Paolo di
Roma,
e
gli
altri
luoghi pietosi^
delle molte
^
Urbano IV
regn
dal 1261 al 65. Poich U re di
Napoli
Manfredi
nel
1262 minacciava
Roma,
egli
si
rifugi
ad
Orvieto,
citt ben forti-
ficata e sicura.
2
In una breve redazione della
leggenda
contenuta nel
co.d.
Pan-
eiatichiano
XXXIX,
carte 96 e
segg.,
della Biblioteca Nazionale di
Firenze,
indicato il nome di
questo prete: Pleogit,
^
venerandi.
8.

Battelli, Leggende
cristiane.
114 LEGGENDE CRISTIANE
chiese,
solo
per
ottenere e
per
avere le
perdonanze
e
remissione de' suoi
peccati.
Si
part adunque
lo
pre-
detto
prete
tedesco e
pigli
la via verso di
Roma,
e
arrivando nel castello di
Bolsena,
lo
quale
nella diocesi
della citt
d'Orvieto,
propose
di celebrare e dicere la
messa nella chiesa di santa Cristina
vergine,
nel detto
castello di Bolsena.
E celebrando la messa nella detta
chiesa,
e tenendo
l'ostia consacrata con le sue mani
sopra
il
calice,
Dio
mostr uno miracolo
stupendissimo
e
meraviglioso
tanto
alli antichi
tempi
che ai
presenti, perch
di subito
quella
medesima ostia
apparve
visibilmente carne
viva,
cir-
condata di molto
sangue
rosso,
salvo
quella particella
la
quale copriano
li suoi
diti,
la
qual
cosa non occorse
senza
grande
misterio. Ma a ci che a tutti fosse ma-
nifesto che
quella
era la vera ostia consacrata dal detto
sacerdote,
la
quale
tenea con sue mani
sopra
lo
calice,
ancora
quella pezza
e
quella
benda,
la
quale
lo
prete
j)redetto
avea
per purificare
e mondare il calice
^,
fu
bagnata
dall'effusione del detto
sangue.
Lo
quale
mi-
racolo,
poi
che fu veduto dal detto
prete
tedesco,
egli
che
prima
avea
grandemente
dubitato,
del tutto sbi-
gottito,
fu
certificato,
e
gli
fu levato
ogni
errore
^
dalla
mente. E
quanto pi
esso si sforzava di nascondere il
predetto
miracolo,
coprendo
la detta ostia con il
corpo-
rale,
tanto
pi
la
potenza
di
Dio,
la
quale adopera
e fa tutte le
virtude,
acci che lo detto miracolo
pi
ampiamente
e
pi perfettamente
fosse
divulgato, adope-
rava cose
maravighose; perch
tante
goccie
di
sangue
quante
cascavano
sopra
il
corporale,
tutte
pigliavano
la
figura
e la similitudine d'uomo.
Le
quali
cose vedendo il
predetto
sacerdote,
tutto
spaventato
si rimase dallo
celebrare,
e non ebbe
pre-
sunzione di finire la messa. Ma toccato da
grandissimo
^
in termme
liturgico questo pannolino
dicesi
purificatore.
2
dubbio.

Gi nell'error che m'avete soluto
(Dante, Jw/, X,
113).
IL MIRACOLO DI BOLSENA
115
dolore
nella sua
mente,
e commosso a
penitenza,
con
molta
divozione e debita reverenza
ripose
la detta ostia
con
lo
corporale
e con la detta
pezza
da
purgare
lo ca-
lice,
nella sacrestia della detta chiesa di
santa
Cristina
Vergine.
E subitamente ritorn ad Orvieto a
papa
Urbano
predetto,
e
gettandosi
alli suoi
piedi, gli pales
e dichiar come la cosa era
passata,
chiedendo e doman-
dando misericordia e
perdonanza
dell'errore e del dubbio
lo
quale
avea avuto in nella sua dura mente.
Dappoi adunque
che '1
papa
ebbe inteso tutto l'or-
dine del miracolo
predetto,
fu
pieno
di
grande
ammira-
zione,
e
imper
che esso era vicario in terra di
quello
Dio lo
quale
non
disprezza
lo cuore contrito ed umi-
liato,
subito assolv il
predetto prete
tedesco e dielli
salutevole
penitenza.
E con ci che la candela
posta
sopra
lo candeliero dia lume a
quelli
li
quali
abitano
nella santa Chiesa
militante-^,
lo
prefato papa
Urbano
comand che '1 venerabile
corpo
di Cristo fosse
portato
ad Orvieto alla chiesa di santa Maria. E comand al
vescovo di Orvieto che dovesse andare a Bolsena alla
detta chiesa di santa Cristina e che
portasse
lo dtto
sacramento alla citt d'Orvieto.
Lo
quale
vescovo,
obbedendo subito aUi comanda-
menti del sommo
pontefice,
si confer e and a
Bolsena,
nella detta chiesa di Santa
Cristina,
e con molta reve-
renza
pigliando
lo detto venerabile
sacramento,
con
grande
compagnia
di chierici e di
secolari,
lo
port ap-
presso
aUo fiume di
Orvieto,
allo
ponte posto sopra
lo
detto
fiimie,
lo
quale
fiume
volgarmente
detto
Rivo dar ^. Allo
quale ponte
lo detto
pontefice
romano
stava con li suoi cardinali e chierici e
religiosi,
e molti
altri devoti
secolari,
e con
grande compagnia
d'uomini
della citt
d'Orvieto,
per
venire incontro allo venerabile
sacramento del
corpo
di
Cristo,
dove con
grande
devo-
^
Matteo, V,
15.
^
oggi
Chiana.
116 LEGGENDE OEISTIANE
zione e con molta effusione di
lacrime,
lo
papa pigli
nelle
sue mani la detta ostia.
E come li Giudei lo d di Palma
^,
e li loro
figliuoli
vennero nauti a
Cristo,
cos li fancioU^ e li
gioveni
della citt di Orvieto con rame de oliva cantando ven-
nero
nauti
allo
predetto
venerabile sacramento.
Ingi-
nocchiandosi
adunque
il sommo
pontefice,
e
pigliando
nelle sue mani lo detto venerabile
sacramento,
con can-
tici,
con
inni,
con
gaudio
e con letizia lo
port
alla chiesa
di santa Maria
d'Orvieto,
e
reposelo
onorabilmente nella
sacrestia della
detta chiesa.
Comand
ancora
lo
predetto
sommo
pontefice
aUo
beato dottore Tommaso
d'Aquino,
lo
quale
stava in
sua
presenza,
che ordinasse l'ufficio dello
Corpo
di
Cristo,
cio la messa e l'altre ore canoniche.
E ordin e statu lo
predetto papa
che la festa e la
memoria di
questo
sacramento fosse celebrata da tutti
li fedeli
cristiam*,
lo
primo gioved poi
^
l'ottavo di Pen-
tecoste,
cio dodici d
dopo
la
Pasqua
rosata *.
E come lo
Spirito
Santo nella
Pasqua
rosata in-
segn
li
Apostoli
a
cognoscere
li misteri di
questo
sa-
cramento,
cos
noi,
li
quali
tutto l'anno avmo usato
questo
sacramento alla nostra
salute,
specialmente
in
questo tempo
ci ricordiamo come vero cibo dell'anima
nostra.
Adunque
lo
prefato
dottore Tommaso
d'Aquino,
figliuolo
di
obbedienza,
fece l'ufficio dello
Corpo
di
Cristo,
lo
quale
si canta
per
tutte le
.chiese.
^
la domenica delle Palme.
2
fancivilli.
3
dopo, post,
*
Pentecoste.
IL MIRACOLO DI BOLSBNA 117
ANNOTAZIONI
Il miracolo di Bolsena avvenne nell'anno
1264,
mentre
il
pontefice
Urbano
IV,
come abbiamo avvertito in
nota,
trova-
vasi in Orvieto
per
sottrarsi alle
minaccio
di re Manfredi.
Quel
papa
aveva una
speciale
venerazione
per
il sacramento della
Eucaristia,
tanto che fin dal
1249,
mentre era arcidiacono della
cattedrale
di
Liegi,
aveva istituito in
quella
chiesa la festa del
Corpus
Domini. H
prodigio
di cui fu testimonio lo indusse ad esten-
dere
quella
solennit a tutto l'orbe
cattolico,
con la bolla Tran-
siturus de hoc
mundo,
in data 8 settembre 1264. 'L'ufficio del
SS. Sacramento
composto
da S. Tommaso
comprende
vari
inni,
tra cui il
popolarissimo Pange lingua,
e la
magnifica
se-
quenza
Lauda, Sion, salvatorem,
che il Clment chiama un
veritable trait de
l'Euchaxistie,
dans le
quel
le
dogme
est
expos
avec xrne
clart,
une
prcision,
une
proprit d'expression qui
en fait un monument
unique
et nimitable ^.
Ad
accogUere degnamente
la
preziosa reliquia
di. Bolsena,
gli
Orvietani eressero la loro
stupenda
cattedrale,
imo dei mo-
numenti
religiosi pi insigni
d'Italia,
di cui Arnolfo fiorentino
e il senese Lorenzo Maitani fornirono il
disegno.
Pi tardi l'An-
gelico
e il
Signoroni
la illustrarono con le loro
pitture.
I vari
episodi
del miracolo fm:ono
dipinti
a fresco nella
cap-
pella
del
Corporale,
da un
pittore
orvietano,
chiamato
Ugolino
dal
prete
Ilario,
dal nome del suo
presunto
maestro,
e ven-
nero anche
rappresentati negli
smalti che adomano il
reUquiario
d'argento
dove si conserva la
tovaglietta
macchiata di
sangue.
Di tutte
queste pittvire
fa ricordo il D'Annunzio nei
magnifici
sonetti della Citt del
Silenzio,
dedicati a Orvieto. Pi tardi
Raffaello
s'ispirava
a
questa leggenda per dipingere
il suo fa-
moso Miracolo di Bolsena in una delle Stanze Vaticane.
Recentemente il Padre Innocenzo Tatjrisano
pubbUcava
nel
periodico
domenicano II iSosano
(Firenze,
marzo
1916)
una
antica
rappresentazione
che era solita farsi in Orvieto in oc-
casione del
Corpus
Domini. Crediamo interessante di
riprodurla.
^
Felix
Ci^bment,
Carmirui e
poetia
chrstianis
excerpta, Parigi
1880,
pag.
522.
118 LEGGENDE CBISTIANE
Come un prete
fobestiebo, oelbbbando,
avendo alcun
pensiebo
sinistbo,
accadde miracolo che sopra del
CORPORALE l'ostia DIVENT
VERMIGLIA,
E PECBSI CARNE
E SANGUE.
{Questa rappresentazione
si
fa
nella solennit
delVOffizio
del
Corpo
di
Cristo).
Incomincia il
prete
e dice: .
Io.
per
me non credo
che
quest'azna
carne e
sangue
sia
per
la
parola
mia,
la
qual
ci
dico,
che
poss'esser
vero.
Questa
pur'
di
grano
nato e ricolto ne la madre
terri,
molte co' le mie mani
io n'
aggio
cotte,
e fatte intra due ferri:
molto mi
par
che s'erri
di creder che divinit discenda
e carne e
sangue prenda;
duro mi sa
quant'al
vt^o
pensiero.
E
po'
comunicando
assa'
mangiate n'aggio
veramente,
ma
pur sempre gustando
di
quel sapore
che
gli
era
primamente;
e
per
certamente
creder non
posso
che s
gran Signore,
del mondo
creatore,
venga
neU'azima,
da
quel
loco altero.
In
questa
tal mattina
parar
mi
voglio
e
dicere
la
messa,
convienmi d'esser
prima
allo
patrno
^
che la
gente
confessa.
1
parroco.
IL MIRACOLO DI BOLSENA
119
per
che
gli
commessa
la
penitenza
e l'assoltizione
e d salvazione
a ciaschedun che si confessa intero.
Il
prete
va al
confessore
e dice:
O
compagno
mio
caro,
pigliati
cura dell'anima
mia,
con
pentimento
amaro
vengo
denanti alla tua
signoria:
de la mia
gran
follia
mettom' in
colpa
e
d'ogni peccato
ch'io avessi
operato
con
mano,
con
lingua
o col
pensiero.
Risponde
il
concessore
e dice al
prete:
L'ofBzio tutto
quanto
hallo tu detto corae si
conviene,
cio
leggendo
e cantando
e
per quel
modo ch'oflSziar contiene?
Risponde
il
prete forestiero:
Fratello,
dico
bene,
ci che
m'impose
il vesco
^
ch'ordinone
e' sacri mi donone
^
tutto l'ho fatto a
giusto
mio
poter.
Quando
so' all'altare
a dir la messa con
devozione,
e
vengo
a
celebrare,

anche m'avviene a la Comunione



so' in
opinione
^;
creder non
posso
che Dio
padre
etemo
e '1 suo
Fighuol superno
venga nell'azma,
quant'al
mio
pensiero.
^
vescovo.
3
che mi ordin e mi diede il
sacramento.
'
resto in dubbio.
120 LEGGENDE
CRISTIANE,
Il
confessore
al
prete:
O misero
dolente,
contra di Dio tu ha' molto
fallato,
s come or'al
presente
denanti a me ti se' manifestato.
Di s
grande peccato
renditi in
colpa,
e
d'ogn'altra
ofEensa.
Dotti
per penitenza
.
che vada a Roma a lo baron san Piero.
Coniandoti che all'andata
e la tornata ancora che
farai,
fornita la
giornata,
in
qualunque luogo
tu
albergherai
la messa
dcerai;
e non aver
pi
tal
opinione.
Risponde
il
prete
e dice:
Apparecchiato
sone,
ci che comandi faccio volentiero.
Il
confessore
ra
per
lo
prete
eh' in cammino:
Figliuol
di Dio verace
che
per
no' in croce volesti
morire,
e
per
donarci
pace
fosti sostenitor tanto
martire.
Signor,
se t' in
piacere,
al
pellegrin
ch'ho avuto in
penitenza
mandali
sperienza
che creda in te
quel
che
per
vita vero.
Il
prete
toma da
Roma,
giunge
a Bolsena e dice:
Oste,
io
voglio albergare.
Risponde l'albergatore:
O bel
romero,
tu se '1
benvenuto,
buon letto da
posare
io ti dar e sar' ben servito.
IL MIRACOLO DI BOLSENA 121
Il
prete
dice:
Io ti dar '1 deviato
del letto e del
mangiar
che mi
darai,
e
poi
mi raenerai
al Duomo vostro dov'ofifizia il clero.
L^
albergatore risponde:
Del bel castel di Bolsena
il Duomo nostro
principe
e sovrano
si Santa
Cristina,
luogo
divoto,
e
quest'
il sacristano.
Il
prete
al sacristano:
Io so'
prete
lontano
dell'alta
Magna,
a Roma sono
stato,
a San Gianni beato
ed a San Polu
^
ed al baron San Piero.
Aggio
in comandamento
do' che
albergo
di dicere la
messa,
e
per
'1
paramento
chieggo
in
prestanza,
e '1 calice con essa.
Il sacristano al
prete:
Eccolo,
qui d'appressa
e l'ostia e '1 vino
per
lo
sacrifizio;
di
questi
fo servizio
a ciasche
^
prete
che sia foristiero.
Il
prete
sta
parato
all'altare e dice:
Onnipotente
Dio
creder non
posso,
s'altro non
vedesse,
che
per
lo detto mio
la tua incarnazione
qui
venesse.
1
Paolo.
2
ciascuno
(fr. chaqu).
122 LEGGENDE CBISTIANB
ma s'io aver
potesse
de la tua carne e
sangue
alcun
sapore,
la mente mia e '1 core
saria levata
d'ogn'altro pensiero.
Due romeri che stanno udendo la messa del
prete forestiero
dicono:
Venitene a vedere
Quel
prete
che all'aitar mo'
caduto,
e
porrete sapere
per
che
cagon gli
si addivenuto.
Il sacriatano dice al
prete:
Come se' tu caduto?
avarest tu mala nefa
^
per
dosso,
batti nxillo
^
percosso
con
mano,
o con bordone o con trafiero?
'
H
prete forestiero
dice alValtri
preti
accorsi:
All'aitar ve
n'andate,
perch
caduto son el
saperete,
quello
che ci trovate
col
corporale
insiem
ricoglierete,
e a me ne tornerete
e dicerowi tutta la
cagione
perch
caduto sone:
che, celebrando,
ebbi alcun
pensiero.
I
preti
vanno aW
altare,
trovano il miracolo e
dicono:
Che
grandissimo
fatto,
miracolo che Dio ci ha
dimostrato!
Al
prete
andate ratto
e fatevi dir come '1 fatto stato.
^
cattivo,
dal latino
nefas (mal caduco).
2
nessuno.
^
pugnale.
Hi MIRACOLO DI BOLSENA 123
/
preti
vanno
per
lo
prete foresHero
e dicono:
Non l'avemo
trovato,
credem che
por paura
sia
fuggito,
non
sapem
dov'
gito
cercat'avemo fin dentro all'ostiero K
I
preti
insieme tutti dicono:
S bella
maraviglia
su
riponiamo
raolto
caramente,
poi
Too^ ci si
consiglia
quand'a palese
il daxem a la
gente;
crederemo certamente
che '1 fermamento sia di nostra fede:
come certo si
vede,
quest'
la carne di Dio vivo e vero.
Uno dei romeri si
parte,
va ad Orvieto dal vescovo e dice:
Signor,
se a te
piacesse
certe
parole
t'averei a
dire,
quando
intender
volesse,
quel
che
per
certo so' stato a vedire.
Staendo
per
odire
in Bolsena la messa a
divozione,
dov'eran
pi persone,
d'tm
prete
che di
lingua
era
straniero,
vidi r
corpo
di Dio
ne le sue mani al
prete
tenere,
et
esso,
signor
mio,
sopra
del
corporal, sangue
cadere,
ed,
io stando a
vedere,
gi
l'ostia bianca diventar
vermiglia!
S
grande maraviglia,
com'io t'ho
detto,
egli

per
certo il vero.
^
osteria.
124 LEGGENDE CRISTIANE
Il vescovo dice al romero:
Figliuol,
non vi
partite,
al Santo Padre con meco
verrai;
quel
che detto m'avete
gli porgeraggio
^
e tu '1 confirmara.
Il romero
risponde:
Contento so'
ormai,
pregate
lui che a tal fatto
n'attenda,
dentr'aUa citt
venga
e sia levato
d'ogn'
altro
pensiero.
Il vescovo va al
papa
col romero:
O
benigno signore,
o Santo Padre nostro
spirituale,
de' Cristiani
pastore,
vostra
potenzia sopra
tutte
vale;
un miracolo tale
che nel
paese
nostro
apparito
non fu
giammai
udito,
.
per quel
che detto m'ha
questo
romero.
Un
prete,
celebrando,
l'ostia bianca
vermiglia
se ne
fece,
e
sangue
cade
intanto,
sopra
del
corporal figure
accese ^.
Il romero
aggiunge:
Ver' com'esso
dice,
fatel venire e vedere'
figura
com'una creatura
che fatto fusse di sue membra intero.
Il
papa risponde
e dice:
Tutto
quanto
'1
collegio
de' cardinali sia
aradunato.
^
gli
far
presente.
^
segn
di rosso ardente il
corporale.
EL MIRACOLO DI BOLSBNA 125
e,
scritt'tin
privilegio,
la mia bolla ci sia traiectato
^
:
che '1 miracol sie dato
in ne le
mani,
senza far
divieto,
al vescovo
d'Orvieto,
pastor
eletto,
per
cert' e
per
vero.
El
privilegio
dica,
per
un tal modo sia dettato e
scritto,
nullo sia che disdica
raddmandar del vescovo
preditto,
e
anche,
per
mio
ditto,
pena
di scomunicazion
maggiore,
I cardinali dicono al
papa:
-
Santo
Padre,
signore,
vostro mandato fatto tutt'intero.
II
papa
dice al vescovo:
Tosto ne
va,
Francesco
^,
vr di Bolsena con tua
compagnia,
e a no' torna manesco
^;
signo
ti do che ubbidito ti sia.
Il
vescovo dice:
Io mi inetto
per
via
poi
eh'a voi
piace
ch'io vada a
quelli.
Figliuoli,
car
fratelli,
da Dio ve benedico e da san Piero.
/
preti
di Bolsena dicono al vescovo:
Con riverente saluta
inchiniamoci voi che
degno
sete,
e la vostra venuta
la
qual ragion
v'ha mosso or ne dieete.
^
tratteggiato,
scritto.
^
il nome del
vescovo,
ma errato
perch
ai chiamava Giacomo.
^
presto,
dal latino mane.
126 LEGGENDE CRISTIANE
Il vescovo dice ai
preti:
Questo
saper
dovete:
per
lo miracolo ch'avete nascosto.
A me lo date
tosto,
mandato so' dal
papa
a tal mestiero.
I
preti
al vescovo dicono:
Tal fatto non
chiedete,
ch'a' terrazzan sana
vergogna
e onta,
II vescovo a'
preti:
La lettera
leggete,
che del
suggel papal
c' su la
'mpronta.
TJn
prete, legge
la lttera e dice:
La lettera s eonta:
ehi contradice sa
scomunicato,
di
dignit privato,
di benefizio non
aggia
sentiero.
I
preti porgendo
il
corporale
al
vescovo,
dicono:
Ecco il
sangue
vero
di Ges Cristo
padre onnipotente.
II vescovo al messo:
Moviti,
messaggero,

a la citt ne vadi
immantenente,
a' Sette
^
imprimamente,
e dicerai che '1 miracol' aio.
Il messo
risponde:
O bel
messer,
ie' rato
^
manesch' e ratto come un corsiero.
^
1 Sette della
citt,
cio i
magistrati supremi.
2
andr
(iraggio).
IL MIBACOIiO DI BOLSENA 127
Il
messo
giunge
ad Orvieto e dice:
Signor,
Dio vi dia
vita,
a'
Sette,
potest
e
capitano;
di Bolsen io
partita;
ecco del vesco '1
segno
sovrano,
io vid'n sua mano
il bel miraeol co'
gran dignitade,
e dentro la- cittade
vo' l'averete tosto a tal sentiero.
/ Sette d^Orvieto al messo dicono:
Da
poi
che se' venuto
denant'a noi con s fatta
ambasciata,
tu sar'
provveduto
di bella
roba,
com' nostr'usata.
Eccol'apparecchi
ata,
or te la
metti,
e cos addobbato
nant'al Padre beato
'
verr' con noi
alquanto,
o
messaggero.
I Sette vanno al
papa
insieme col
messo,
e dicono:
Padre
santo,
ecco il messo
che '1 vescovo Francesco ci ha
mandato,
e' stette al
presso
d'esso
quando
'1 miraeol in sua man fu
dato;
se a Voi fusse in
grato
^
facciamci scontra
\
ch'
degno
d'onore
pi
che altro
pastore
che sia
suggetto
a vostro custodiero ^.
II
papa
dice:
Tutta la chirichia
*
de la citt co' la
processione,
ciascun confesso sia
e facciamo le sante
orazione.
^
in
grado.
2
incontro.
3
custodia:
*
tutti i chierici.
128 LEGGENDE CRISTIANE
e con divozione
pregheremo
l'alto Dio verace
che ci mandi la
pace
che 'nfra
l'Apostol'
suoi diede
per
vero.
Il vescovo al
papa:
Padre,
io vi so'
appresso
col bel miracol ch'aio a
possedere.
Il
papa
dice:
Io
m'inginocchio
ad
esso,
con riverenzia io '1
voglio
vedere.
Il vescovo mostrando
il
corporale,
dice:
Padre,
al vostro
piacere,
mostrolo a vo' e a tutta
questa gente;
ciasehedun sia credente
che
quest'
carne e
sangue
di Dio vero.
Il
papa
dice:
Te Deum
laudamo,
te
adoramo,
l'alto Redentore!
I cardinali dicono:
Santus,
santus chiammo!
A Te osanna in
excelsi,
aiutatore!
O Sommo
Creatore,
de' la tua
gloria pien
'1 cielo e la terra!
Quest'
gran maravigha
che
oggi
al mondo ci data
per
vero.
II
papa
dice ai cardinali:
Per far di
questo
ofifizio
statev'attenti d'un buon trovatore ^.
^
cercate un buon
poeta, per comporre
rUi5fizio in memoria del mi-
racolo.
a:
^
?3
l~^
o
M
w
<
fi-
<;
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s
o
128 LEGGENDE CRISTIANE
e con divozione
pregheremo
l'alto Dio verace
che ci mandi la
pace
che 'nfra
l'Apostol'
suoi diede
per
vero.
// vescovo al
papa:
Padre,
io vi so'
appresso
col bel miraeol ch'aio a
possedere.
Il
papa
dice:
Io
m'inginocchio
ad
esso,
con riverenzia io '1
voglio
vedere.
Il vescovo
nostrando
il
corporale,
dice:
Padre,
al vostro
piacere,
mostrolo a vo' e a tutta
questa gente;
ciaschedun sia credente
che
quest'
carne e
sangue
di Dio vero.
Il
papa
dice:
Te Deum
laudamo,
te
adoramo,
l'alto Redentore!
I cardinali dicono:
Santus,
santus chiamrao!
A Te osanna in
excelsi, aiutatore!
O Sommo
Creatore,
de la tua
gloria pien
'1 cielo e la terra!
Quest'
gran maraviglia
che
oggi
al mondo ci data
per
vero.
II
papa
dice ai cardinali:
Per far di
questo
offizio
statev'attenti d'un buon trovatore ^.
1
cercate un buon
poeta, per comporre
l'Uffizio in memoria del mi-
racolo.
'f.
IL ItflBAOOLO DI BOLSENA 129
Rispondono
i cardinali:
Padre,
a tal servizio
si nell'ordine
predicatore
^
un maestro
dottore,
ed
per
nome Tommaso chiamato.
Il
papa
dice:
Per esso sia
mandato,
venga
dinnanzi a noi senza
pensiro.
Uno dei cardinali dice al messo:
Tosto ti
parti,
messo,
per
frate Tommaso
d'Aquin
n'irai;
quando
sarai ad esso
questa
mia lettra in le sue man
porrai,
e s
gli
dicerai,
che ne
venga
a noi
subito,
di eorto 2.
Il messo dice:
E i' ne vo di
botto,
far vostro comando tutt'intero.
Il messo a santo Tommaso:
Tommaso
religioso,
al Padre Santo viene
immantenente.
Tommaso dice al
papa:
Sempr'
ho avuto in uso
a mie'
maggior'
di stare obbediente
al
Papa maggiormente.
Io
veng'
a
Voi, Padre,
con
reverenza,
fatemi
provvidenza
di
perdonarmi
il mio
peccato
intero.
^
dei
predicatori,
cio Domenicani.
*
senza
indugio.
9.

Battelli,
Leggende
cristiane.
130 LEGGENDE CRISTIANE
Il
papa
dice a Tommaso:
Tommaso,
noi avemo
del
corpo
di Cristo tm miracol
grande,
e
per
fermo vedemo
ch'ell' di
sangue
e sua verace
carne,
ed io intendo di fame
divino offizio e
gran
festa solenne.
Sopra
a tal fatto attende
e del trovar
^
mettit' in
pensiero.
,
Tommaso dice al
papa:
A' vostri
comandamenti,
o Padre
Santo,
sto ubbidiente
col cuore e con la
mente,
bench'io s
poco
sia
sufficiente,
ma Cristo
onnipotente
pregate
lui che me ne faccia
degno.
Il
papa
dice a Tommaso:
Benedico,
e ti
segno,
partiti
e
va',
procaccia
a tal mestiero.
Tommaso
prega
Ges Cristo:
Gres Cristo
Signore,
che senza fine dura tua
potenza,
pregoti
con amore
di
quanto
ho fatto
per
tua
riverenza,
mostrarne
sperlenza
sed bastevil l'offizio stratto 2.
Una voce
del,
cielo dice:
O
Tommaso,
ben ha'
fatto,
non crescer n levar di tal mestiero.
^
poetare.
2
se basta l'Uffizio che ho
composto.
IL MIRACOLO DI BOLSBNA 131
Tommaso
al
pa/pa:
O
Signor,
Padre
Santo,
quest'
l'ofifizio ch'io
aggio
trovato,
faccovi
assaper
tanto
ch' bene
degno
d'esser venerato
,
perci
ch'
approvato
da Ges Cristo nostro
Salvatore,
che
per
lo
peccatore
sostenne in croce diverso martire.
BXFLICIT.
w
ffl<
I
II.
GLI APOSTOLI
E GLI EVANGELISTI
Hi aunt coeli continentea secreta
myateria,
hi aunt
nubea,
unde tnanat doctrinarutn
pluvia,
hi aunt
templi
fundatnenfa,
aunt
portae,
aunt
atria,
aunt baaea
atque
columnae,
quibua
stai Ecdeaia.
Suni lux
mundi, verbo,
vita illuatrantea
omnia,
aunt aal terrae condientes morum
temperanUa,
aunt
pastorea ^populorum
aervantea
ovilia,
aunt doctorea
exfircentea
atudia.
Horum
ergo flagitemua
omnea
patrocinio,
ut cum
ipaia gloriemur
in coeleafis
patria.
Amen.
Mone,
Hymni
latini M.
Aevi, IH,
60.
LA LEGGENDA DI S. PIETRO
[Dalla
Legenda
Aurea,
Volgarizzamento
inedito. Cod.
Biccardiano
1254,
carte 151 e
segg.'\.
Piero
apostolo,
tra tutti
gli
altri e
sopra
tutti
gli
altri,
fu di
maggior
fervore. E' volle
sapere
chi fosse
il traditore del
Signore, per
che,
come dice
sant'Ago-
stino,
se elli l'avesse
saputo,
co' denti se l'avrebbe ma-
nicato;
e
per questo
non voleva il
Signore
contarlo
per
nome. Costui and al
Signore sopra
mare
^,
e nella tra-
sfigurazione
^
e nello risuscitare la donzella
^
fu eletto
dal
Signore.
Nella bocca del
pesce
trov la
moneta*;
e le chiavi del
regno
del cielo ricevette dal
Signore,
e ricevette da Cristo le
pecore
da
pascere
^. Tre milia
uomini convert nelle
Pentecoste,
alla sua
predicazione
*:
egli
e san Giovanni
guarirono
uno
zoppo
'',
e allora
convert
cinque
milia uomini. Ad Anania e a Safira
predisse
la loro morte
^
ed inno
paralitico
si
guar
.
1
S.
Matteo, XIV,
29.
2
S.
Matteo, XXVII,
1.
^
S.
Mabco, V,
37. La
giovanetta qui
ricordata la
figlia
di Giairo.
Vedi il bel
quadro
del Morelli
(Berlino,
Coli.
Seeger)
e
quello
di Albert
von Keller nella Pinacoteca Moderna di Mon'aco.
*
S.
Matteo, XVH,
27.
5
S.
Giovanni, XXI, 15,
18.
8
Atti
degli Apostoli,
II,
41.
'
Ihid., Ili,
1.
8
Ibid.,
V. Saffira era la
moglie
di
Anania,
ed entrambi morirono
di
morte
improvvisa, per
aver ritenuto
parte
del denaro che avevan
promesso
alla Chiesa.

Atti
degli Apostoli, IX,
34. Il
paralitico
aveva nome
Enea,
e il
miracolo avvenne a Lidda.
136
liBGQENpE
CBISTIANB
Battezz Cornelio
^,
risuscit Tabita
^,
con l'ombra del
suo
corpo
san
gl'infermi
^,
fu
imprigionato
da Erode
e liberato
dall'angelo
*. Chente
^
fosse il suo
mangiare
e '1 vestire elli medesimo il dice nel libro di Clemente
^,
l ove dice:

il
pane
solo coU'ulive di
mangiare
a me
in uso: il vestimento mio
quello
che tu
vedi,
la
gon-
nella col
mantello,
e avendo
questo,
non domando
neun'altra cosa. Dicesi anche che
portava sempre
in
seno un sudario col
quale
si forba
spesso
le
lagrime
che
gli
scorrevano
dagli
occhi,
quando
si recava a mente la
dolcezza del
parlare
e della
presenza
di Cristo.
Una volta che san Piero
apostolo
due de'
discepoli
suoi aveva mandati a
predicare,
da che furono andati
venti
giorni,
l'uno di loro
pass
di
questa
vita. L'altro
torn a san Piero e
dissegli quello
che era intervenuto.
Costui si dice che fosse san Marziale ^. Allora san Piero
gli
diede il suo
bastone^
e
quand'egli
l'ebbe
toccato,
colui ch'era
giaciuto
morto
quaranta
d,
risuscit vivo.
In
questo tempo
era in Gerusalem uno
mago
ch'avea
nome
Simone,
che si chiamava la
prima
Veritade^,
e
coloro che credessino in lui affermava che diventereb-
bero
perpetuali,
e diceva che nessuna cosa
gli
era im-
possibile
a fare. I
serpenti
dell'ottone
^
faceva
muovere,
le statue e le
pietre
faceva ridere e i cani cantare.
Questi
dunque,
come dice san
Lino,
volendo
disputare
con
san Piero e
mostrargli
d'essere
Dio,
il
giorno
ordinato
^
Atti
degli Apostoli,
X,
48.
2
Ibid., XI,
40. Il miracolo avvenne a
Joppe.
3
Ibid., V,
16.
*
Ibid., XXT, 7,
10. Il miracolo stato
stupendamente rappre-
sentato da Bafiaello nelle Stanze Vaticane.
*
quale:
arcaismo.
^
nelle
Recognitiones,
che
oggi per
si considerano come
lui'opera
spuria.
Vedi
MigisTE,
Patrologia greca,
voi.
II,
col. 469 e
segg.
7
Una
postilla
del resto dice: Altrove si
legge
che il
primo
fosse
san
Fronte,
e il
compagno
che mor fu
prete Giorgio.
8
Simone era nativo di Giddon nella
Samaria,

e tutti ammaliava
con le sue
magie
dicono
gli
Atti
degli Apostoli (VITI, 11).
Per le dottrine
di
questo patriarca degli
eretici vedi Fxjnck, Storia della
Chiesa,
Roma
1908,
80.
"
bronzo.
SAN PIETRO 137
venne
san Piero al
luogo
della
battaglia
e disse a
queUi
che erano
presente
^:

Pace sia a
voi, frati,
che amate
la veritade. Al
quale
disse Simone: Noi non abbiamo
bisogno
di tua
pace;
non ci ricordare la
pace,
ma bat-
taglia,
dacch tra due che
combattono,
allora
pace
quando
l'uno vinto. Disse san Piero: Perch hai
tu
paura
di udire
pace?.
De'
peccati
nascono le batta-
ghe,
ma dove non si fa il
peccato, quivi

pace;
nelle
disputazioni
si rinvenisce la
verit,
nell'opere
la
giu-
stizia. Disse Simone: Tu non di'
nulla,
ma io ti mo-
strer la
potenzia
della mia
divinitade,
sicch tu m'adori
incontanente. Io sono la
prima
virtude e
posso
volare
per
aere e
posso
fare novelli lbori
^,
e mutare le
pietre
in
pane
e durare nello fuoco senza
offendimento,
e le
cose ch'io
voglio posso
fare. E contra costui
disputava
san Piero e tutte le sue malizie
scopriva.
AUora
Simone,
vedendo che non
poteva
resistere a san
Piero,
tutti
i suoi libri dell'arte
magica
s
gitt
nel
mare,
perch
non
apparisse
che fosse
mago,
et and a Roma.
Quando
san Piero l'ebbe
saputo,
s
gli
tenne dietro e andonne
a
Roma,
sicch nel
quarto
anno di Claudio
imperadore^
san Piero arriv a
Roma;
e stette in sulla sedia
*
ven-
ticiqu'annij
et ordin due
vescovi,
cio Lino e
Cleto,
per
suoi aiutatori ^. E
soprastando
alla
predicazione,
molti ne convertia alla
fede,
e molti infermi curava.
Simone intanto era cosi amato da Nerone
,
che senza
dubbio
questi
credeva
gli guardasse
la vita e la salute
sua e di tutta la cittade.
E,
siccome dice Leone
papa
',
stando Simone dinnanzi a
l'imperadore,
subitamente
cambiava la sua
fattezza,
ed ora
pareva
vecchio ed
^
vedi
pag.
105,
nota 2,
^
far crescere alberi in
pochi
istanti,
una delle fattuccherie di
cui si vantano ancor
oggi
i fachiri indiani.
^
cio nel 42 dell'Era
volgare.
*
papale.
^
Lino,
fu
poi
il suo
successore,
e
regn
dal 67 al 69.
"
Nerone era succeduto a Claudio nel 54.
'
forse da
leggersi
S.
Lino,
a cui viene falsamente attribuita la
Passio
Petti.
138 LEGGENDE CRISTIANE
ora
pareva giovane,
la
qual
cosa
veggendo
Nerone,
stimava che fosse veracemente Iddio. E alla
perfine
anche
i Romani l'ebbero in tanta reverenzia che
gli
fecero
una
imagine
^,

soprascrisservi questo
titolo: A
Simone,
dio santo ^. Allora Piero e Paolo
^
entrarono a
parlare
a
Nerone,
e tutte le malie di costui
gli scopriano.
Ma
Nerone
rispuose ch'egli
la divinit sua confermava
con
opere.
Se la divinitade in
lui,
disse san
Piero,
dicami
per
esteso
quello
ch'io
penso,
lo
quale pensiero
prima
manifester nelle tue orecchie. Nerone disse:

Vieni
qua,
dimmi che tu
pensi
. Piero and e
dissegli
segretamente:
Fammi recare un
pane
d'orzo,
e dam-
melo nascostamente.
Quando
fu
recato,
benedisselo
Piero e nascoselo sotto la
manica,
poi
disse: Dica
Simone
quello
che ho
pensato
e detto e fatto .
Rispose
Simone: Dica anzi Piero
quello
che
penso
io. Disse
Piero:

Quello
che
pensa
Simone io mostrer di
sapere,
dacch io far
quello
ch'elli avr
pensato.
Allora Si-
mone
indignato
si
grid: Vengano
li cani
grandi
e di-
vorino costui!. E subitamente
apparvono grandissimi
cani e fecion assalto contro a Piero. Ma elli offerse loro
il
pane
benedetto e subitamente
gli
misse a
fuggire.
Allora disse Piero a Nerone:

Ecco ch'io ho mostrato
di
sapere quello
che Simone, aveva
pensato
contro di
me,
non con
parole,
ma con fatti
*
.
Dopo
di che Simone fece raunare il
popolo
e
pro-
pose
^
ch'era
gravemente
offeso da'
Galilei,
e
perci
la
cittade la
quale
solca difendere disse che voleva abban-
*
una statua.
2
La cosa narrata da Giustino nel
Dialogo
con
Trifone
e.
120,
ma
pare
che
egli prendesse abbaglio,
confondendo Simon
mago
con
una divinit sabina: aemo
Sancus,
Deiis Fidius.
3
Paolo
giimse
a Boma nel 56 e
per
due anni
pot
liberamente
predicare
la nuova fede. Vedi la
leggenda seguente.
*
Una bella
rappresentazione
di
questa
scena
scolpita
nel duomo
di Sesa Aurunca. Vedi C.
Ricci,
La D. C. illiatrata nei
luoghi
e nelle
persone,
Milaiuo 1921.
^
afferm.
SAN PIETKO 139
donare,
et ordin il d nel
quale
doveva andare in
cielo,
perch
non si
degnava piti
d'abitare in terra.
Sicch,
venuto
quel
d,
salitte in sulla torre
alta,
ovvero in sul
Campidoglio,
come dice
Lino,
e
gittandosi quindi,
in-
coroniato
d'alloro^,
incominci a volare. Disse Nerone
a Piero e Paolo: Un 'verace uomo
questo,
ma voi
siete
ingannatori.
Allora Paolo disse a Piero:
Piero,
perch t'indugi
a far
quello
che hai cominciato?
2,
gi
ci chiama il
Signore.
Allora disse san Piero: Io vi
scongiuro, angeli
di Satanas che
portate
colui
per
l'aere,
per
Ges Cristo nostro
Signore,
che voi non lo
portiate
pi,
ma lo lasciate andare e cadere. E immantenente
lasciato,
si
cadde,
e isfraceUatosi il
capo,
morio. Udendo
ci,
Nerone dolsesi d'aver
perduto
un cotale uomo e
disse
agli apstoli:
Voi m'avete fatto con
sospetto
animo;
e
per
lo maio
esempio
s vi
perder.
Or
pre-
gavano
i Cristiani san Piero che si
partisse
dalla citt
per fuggire
l'ira di
Nerone,
e non volendosi
partire,
alla
perfine
vinto
per
i
preghi
loro,
s si
part;
ed essendo
venuto alla
porta,
al
luogo
dove si dice ora santa Maria
ad Passus
^,
vide Cristo che
gli
venia
incontro,
e dis-
segli:
a
Domine,
quo
vadisfr). E
queUi rispose:
Io
vegno
a Roma ad essere crocifisso un'altra volta. La
qual
cos intendendo della sua
passione,
s torn addietro.
Avendo detto ci a' frati
suoi,
fu
preso
dai
sergenti
di Nerone e fu
presentato
ad
Agrippa prefetto.
Disse il
prefetto:

Or se' tu
quelli
che ti vai
gloriando
ne'
po-
poli
e nelle femminelle che tu vai
spartendo
dalla com-
pagnia
dei mariti?. E
l'apostolo, riprendendo
colui,
dicea che si
gloriava
nella croce del
Signore,
e la faccia
sua fecesi come il sole. Allora
Piero,
siccome
straniero.
^
dalla torre o dal
Campidoglio.
Il volo ricordato anche da Amobio
{Adveraita
gentes. II,
12),
Giustino, Ireneo, Tertulliano,
Ambrogio
ed
Agostino.
V.
MiQNE,
Patrol.
latina,
voi.
V,
col. 828.
2
cio a smascherare le male arti di costui.
^
sulla via
Appia.
Il ricordo di
questo
incontro
ispii-
il celebre
romanzo del Sientevicz:
Quo
vadis?
140 LEGGENDE CRISTIANE
fu comandato d'essere
crocifisso,
e
Paolo,
perch'era
cit-
tadino di
Roma,
fu comandato che
perdesse
la testa ^.
Di
questa
sentenza che* fu data loro addosso dice
Dionisio
2
nella
pistola
che mand a Timoteo
^
della
morte di
Paolo,
e dice cos: 0 fratello
Timoteo,
se
tu avessi vedute
l'angoscie
della loro
fine,
tu saresti
venuto meno
per
la tristizia e
per
lo dolore. Chi non
avrebbe
pianto
in
quella
ora che
quella
sentenzia fu
uscita
sopra
loro,
cio che Piero fosse crocifisso e Paolo
dicoUato? Tu avresti veduto allora le turbe de' Giudei
e de'
Pagani
che li
percotevano
e
sputavano
nelle faccie
loro;
e
vegnendo
il terribile
tempo
della loro
fine,
disse
Paolo a Piero:

Pace sia con
teco,
fondamento della
Chiesa e
pastore
delle
pecore
e
degli agneUi
di
Cristo
!

Rispose
Piero a Paolo:

Va' in
pace, predicatore
della
veritade,
tramezzatore
*
de' buoni e
guida
della salute
de'
giusti
!

E
quando gli
ebbero
dilungati
insieme,
io
seguitai
il maestro mio
^,
awegna
che non
gh
uccidessero
in una medesima via
.
Quando
Piero fu venuto alla
croce,
disse: Per che
'1
Signore
mio discese di cielo in
terra,
fu levato in alto
in sulla croce
ritta;
a
me,
il
quale
esso
degna
di richia-
mare dalla terra al
cielo,
la mia croce dee mostrare il
capo
in terra e dirizzare i
piedi
al cielo.
Adunque per-
ch'io non son
degno
di stare sulla croce in
quello
verso
^
La
pena
della
croce,
essendo
infamante,
non si
infliggeva
ai cit-
tadini romani.
2
Dionigi l'Areopagita, discepolo
di S. Paolo. Le
opere
che vanno
sotto il suo nome
(di
cui la
pi
famosa la Gerarchia
Celeste,
che
ispir
a Dante l'ordinamento del
Paradiso)
non si credono autentiche. Vedi
la traduzione italiana della Gerarchia fatta da Domenico
GitrtiioTTi,
Firenze, Giannini,
1921.
3
Timoteo fu imo dei
primi discepoli.
V. Atti
degli Apostoli, cap.
XV.
*
mediatore,
patrocinatore.
5
S. Paolo.
^
S. Paolo
infatti,
come
vedremo,
venne
decapitato lungo
la via
Ostiense,
e S. Pietro crocifisso
negli
Orti vaticani. Nel secolo XV Mat-
teo
Vegio, interpretando
una frase della Passio Petri:

mons aureus
inter duas metas
,
pens
al
Gianicolo,
dove
oggi sorge
la chiesa detta
in Montorio
{monte aureo).
SAN PIETEO 141
che stette il
Signore
mio,
rivolgetemi,
e col
capo
di-
sotto mi
crocifiggete.
Allora
quelli
rivolsero la croce e
conficcarono i
piedi
di
sopra
e le mani di sotto. Allora
il
popolo
si mosse a furore e volevano uccidere Nerone
e il
prefetto
e liberare
l'apostolo,
ma
egli
li
preg
che
non dovessero
impedimentire
^
la sua
passione,
e '1 Si-
gnore aperse gli
occhi di coloro ch'erano
quivi
e
pian-
gano,
e viddero
gli angeli
stare con corone di rose
e
fiori e
gigli,
e Piero in croce stava con essi.
Veggendo
dunque
san Piero che i fedeli avevano veduta la
gloria
sua
2,
rendendo
grazie
a
Dio,
e
raccomandando
a lui i
fedeli,
mand
fuori,
lo
spirito
suo. Allora

Marcello
e
Apuleio,
fratelli,
suoi
discepoli,
si il
deposero
della croce
e
seppellirono
lo
corpo
suo,
componendolo
con divisate
spezie.
ANNOTAZIONI
SuUa tomba venerata del
Principe degli Apstoli
fin dal
326 venne consacrata da
Papa
Silvestro la basilica costruita
da Costantino
negli
orti vaticani.
Papa
Damaso cos la ricorda in
una delle sue celebri iscrizioni:
Qtiod
duce te mundus surrexit in astra
triumphans,
hanc Constantimis Victor tibi condidit aulam.
La vetusta
basilica,
testimone di tanti
grandiosi
avvenimenti
storici,
come la incoronazione di Carlo
Magno (Natale 799),
venne demolita da Bramante
per
ordine di Giulio
II,
che su
quell'area
eresie
il
tempio pi magnifico
della
Cristianit,
coro-
nato dalla
cupola meravigliosa
di
Michelangelo.
Un'altra
basi-
lica venne costruita nel 442
dall'imperatrice
Eudossia
per
con-
servare le catene
dell'Apostolo (S.
Pietro in
VineoU);
la
pri-
gione
dov'egli
fu racchiuso venne trasformata . nella chiesa di
S.
Pietro in
Carcere;
e nel
presunto luogo
della sua crocifissione
^
porr impedimento.
2
di codesta morte
gloriosa
fa cemio S.
Giovanni, XXI,
19.
142 LEGGENDE CEISTIANE
sul
Gianicolo,
il Bramaate eresse il
piccolo tempietto
di S. Pietro
in
Montorio,
un vero
gioiello
dell'architettura del. Rinascimento.
Giotto
rappresent
la morte
dell'Apostolo
nel celebre
po-
littico
della
Baslica
Vaticana;
allo stesso
soggetto s'ispirarono
pi
tardi Guido Reni
(Pinacoteca Vaticana), Michelangiolo
d
Caravaggio (Chiesa
di S. Maria del
Popolo
a
Roma)
e il Rubens
(Chiesa
di S. Pietro a Colonia sul
Reno).
Masaccio
negli
affreschi della
Cappella
Brancacci,
al Car-
mine di
Firenze,
maravigliosi per
la sicurezza del
disegno
e
per
la forza
dell'espressione, rappresent
vari,
episodi
della vita
del
Santo;
mentre il
Perugino
sulle
pareti
deUa
Cappella
Si-
stina
figur
con la sua
grazia
abituale la scena della
consegna
delle
chiavi,
e Raffaello nelle Stanze Vaticane
dipinse
la li-
berazione di S. Pietro dal
carcere,
con
vigore
insolito di chiaro-
scuro e bellissimi effetti di luce. Anche alcuni dei suoi celebri
arazzi hanno
per soggetto
la vita di S.
Pietro,
come la Puni-
zione di
Elima,
la
Guarigione
del
paralitico
e la
Consegna
delle
Chiavi.
Delle
figure
isolate che
rappresentano
il Santo ci conten-
teremo di ricordare
quella
del
quattrocentista
ferrarese Fran-
cesco del Cossa alla Galleria di
Brera,
e l'altra di Fra' Barto-
lommeo nella Pinacoteca Vaticana: la
prima
ricca di forza e
di
carattere,
l'altra maestosa e solenne.
Tra i
capolavori
della
pittura
straniera rarmnentiamo infine
la bellissima tavola di Alberto
Drer,
alla Gallera di
Monaco,
rappresentante
i
quattro
santi Pietro e
Paolo,
Marco e
Giovanni,
figure
d'una mirabile
potenza d'espressione.
A
puro
titolo di curiosit ricordiamo tina
sequenza
latina
in onore di S.
Pietro,
di cui tutte le novantasei
parole
cominciano
con la lettera
p.
Vedi
Mone, op. ci*.. Ili,
81.
LA LEGGENDA DI S. PAOLO
[Dalla Legenda
Aurea.
Volgarizzamento
inedito. God.
Biccardiano
1254,
carte 154 e
segg.].
Paolo
apostolo, dopo
il suo convertimento
^,
soste-
nette molte
persecuzioni,
le
quali
santo Ilario narra
brevemente
e dice: Paolo
apostolo
in una contrada che
si chiama
FiKppis
^
fu battuto con
verghe
e messo in
carcere e confttili i
piedi
al
legno;
in Listria
^
fu
lapi-
dato;
in Iconio e in Tessalonica fu
perseguitato
da mal-
vagi
uomini;
in Efeso
gli
furono ammesse
*
le fiere salva-
tiche;
in Damasco fu calato daUe mura in terra
per
la
sporta^;
in Gerusalem fu menato dinnanzi al
tribuno,
battuto e
legato
con due catene
^;
in Cesarea
fu chiuso
e
accusato;
navigando
in Italia fu messo a
pericolo
^;
vegnendo
a Roma fu sentenziato
^
sotto lo
imperio
di
^
La conversione di Saulo
(tale
era il nome
originario
di S.
Paolo)

narrata distesamente nel IX
capitolo degli
Atti
degli Apostoli.
Mentre
andava a Damasco fu
abbagliato
da una luce
folgorante
e u^ una voce:
Saldo, Saulo,- perch
mi
perseguiti?

Adamo da S.
Vittore,
alludendo
a
questa
conversione scrive:
Mane
lupus,
sed ovis
vespere.
Post tenebras Iticente sidere
Docet
Evanglium.
^
nella Macedonia.
^
nella
Licaonia,
in Asia Minore. Vedi
Atti, XIV,
18.
*
mosse
contro,
aizzate. Il timiulto fu
provocato
dall'orefice De-
metrio,
che dal nuovo culto vedeva
danneggiata
la sua industria del
fabbricare idoli.
^
Atti, IX,
26.

Atti, XXI,
33.
'
per
una
tempesta.
AtU, XXVIII,
14 e
segg.
8
condannato a morte.
144 LEGGENDE CRISTIANE
Nerone,
e ucciso e finito.
Questi,
dice santo
Ilario,
rice-
vette
l'apostolato
intra i
pagani;
e uno che era attratto
in
Listra s il dirizz
^;
un
giovane
che ra caduto dalla
finestra e mor
immantinente,
s lo risuscit
^,
e molti
altri miracoli fece all'isola di Mehta ^. Una
serpe gli
as-
sah la
mano,
ma non
gli
fece male
veruno,
anzi la
prese
e
gittolla
nel fuoco *. Dicesi che
chiunque
si nasce della
schiatta di
quello
uomo
^
che ricevette Paolo ad
albergo,
in ninno modo sono offesi da cose
velenose;
onde
quando
sono nati loro i
fanciulli,
pongono
le
serpi
nelle cuUe loro
per provare
se sono veraci loro
figliuoli
.
Dimostrasi alcuna volta che Paolo minore di
Piero,
alcuna volta
maggiore,
alcuna volta
uguale.
Per ceft
egli
minore in
dignitade, maggiore
in
predicazione,
uguale
in santitade. Racconta Aimone che san
Paolo,
da
quella
ora che i
galli
cantano infino alla
quinta
ora,
soprastava'
al lavorio delle
mani,
poscia
a
predicare,
sicch
spesse
volte infimo alla mezzanotte
prolungava
la
predica
,
e il rimanente del
tempo
era assai necessario
al
mangiare
e al dormire e all'orazione. San Geronimo
nel libro de' valorosi uomini
^
dice che nel LVI
anno,
cio il secondo di
Nerone,
Paolo fu mandato
pregione
a
Roma,
e
per
due anni stando in libera
guardia
^^,
di-
sput
contro i
Giudei;
poscia
lasciato da
Nerone,
pre-
1
Atti, XIV, 7,
9;
2
Atti, .XX, 9,
12.
Il
giovanetto
si chiamava Eutiche.
^
Malta. Il
Varagine
scrive
per
errore Mitilene.
*
Atti, ixxvni, 3,
5.
6
Publio.
*
realmente le
vipere
di Malta non sono velenose.
'
attendeva.
8
Atti, XX,
7.
^
De viria illustribua.
^^
S. Paolo accusato dai Giudei dinnanzi al
proconsole
s'era
appel-
lato a
Cesare,
e
per
fu mandato in Italia insieme con altri
prigionieri,
sotto la custodia d'un centurione chiamato Giulio
{Atti,
XXVII, 1).
Salvatosi dal
naufragio, dopo
aver fatto sosta a Malta tre mesi
{Ihid.,
XX
Vm,
11), giunse
a Roma e
gli
fu
permesso
di vivere fuori del car-
cere col braccio destro stretto da una
catena,
che era fermata alla
mano sinistra di vm soldato.
Questa
si chiamava custodia militaris
(Ibid., XXVII,
16).
Caravaggio
-
La
crocifissione
di S. Pietro.
(Roma
-
S. Maria del
Popolo),
(fot. Alinari).
144
LEGGENDE CRISTIANE
Nerone,
e ucciso e finito.
Questi,
dice santo
Ilario,
rice-
vette
l'apostolato
intra i
pagani;
e uno che era attratto
in Listra s il dirizz
^;
un
giovane
che era caduto dalla
finestra e mor
immantinente,
s lo risuscit
^,
e molti
altri
miracoli fece all'isola di Melita ^. Una
serpe gli
as-
sal la
mano,
ma non
gli
fece male
veruno,
anzi la
prese
e
gittoUa
nel fuoco *. Dicesi che
chiunque
si nasce della
schiatta di
quello
uomo
^
che ricevette Paolo ad
albergo,
in ninno modo sono offesi da cose
velenose;
onde
quando
sono nati loro i
fanciulli,
pongono
le
serpi
nelle cuUe loro
per provare
se sono veraci loro
figliuoH
.
Dimostrasi alcuna volta che Paolo minore di
Piero,
alcuna volta
maggiore,
alcuna volta
uguale.
Per certo
egli
minore in
dignitade, maggiore
in
predicazione,
uguale
in santitade. Racconta Aimone che san
Paolo,
da
quella
ora che i
galli
cantano infine alla
quinta
ora,
soprastava
'
al lavorio delle
mani,
poscia
a
predicare,
sicch
spesse
volte infino alla mezzanotte
prolungava
la
predica
^,
e il rimanente del
tempo
era assai necessario
al
mangiare
e al dormire e all'orazione. San Geronimo
nel libro de' valorosi uomini
^
dice che nel LVP
anno,
cio il secondo di
Nerone,
Paolo fu mandato
pregione
a
Roma,
e
per
due anni stando in libera
guardia
^,
di-
sput
contro i
Giudei;
poscia
lasciato da
Nerone,
pre-
1
Atti, XIV, 7,
9.
2
Atti, XX, 9,
12. Il
giovanetto
si chiamava Eutiche.
^
Malta. Il
Varagine
scrive
per
errore Mitilene.
4
Atti, XXVIII, 3,
5.
5
Publio.
8
realmente le
vipere
di Malta non sono velenose.
'
attendeva.

Atti. XX,
7.
^
De viris illustribiis.
^'^
S. Paolo accusato dai Giudei dinnanzi al
proconsole
s'era
appel-
lato ia
Cesare,
e
per
fu mandato in Italia insieme con altri
prigionieri,
sotto la custodia d'un centurione chiamato Giulio
[Atti,
XXVII, 1).
Salvatosi dal
naufragio, dopo
aver fatto sosta a Malta tre mesi
{Ibid.,
XXVIII,
11), giunse
a Roma e
gli
fu
permesso
di vivere fuori del car-
eere col braccio destro stretto da una
catena,
che era fermata alla
mano sinistra di un soldato.
Questa
si chiamava custodia militari.-:
{Ibid.,
XXVII,
16).
Caravaggio -La
crocifissione
di 5. Pietro.
(Roma
-
S. Maria del
Popolo).
(fot.
Alinari.
SAir PAOLO
145
dico
il
Vangelio
neUe
parti
d'occidente,
e nel decimo-
quarto
anno di Nerone
^,
cio in
quello
die che fu cro-
cefisso
san
Piero,
fu
tagliato
il
capo
a san Paolo.
La
sapienza
e l'onestade di costui si
spandea
in tutte-
parti
e da tutti era tenuto
maravigliso.
Ancora s'^ina-
mic
2
con molti deUa casa
dell'imperatore
e conver-
tilli alla fede di Cristo ^. Ancora furono raccontate
*
alcune sue scritte dinnanzi a lo
imperatore
e furono
commendate da tutti mirabilmente. I senatori sentian
di lui
grandemente
altissime cose. Un
giorno
che san
Paolo
predicava,
un
giovane
che aveva nome
Patroclo,
ed era donzello di
Nerone,
per meglio
udire sari
Paolo,
sal sulla finestra e addormentandosi un
poco,
casc di
sotto e mor^. Udendo Nerone che
queUi
era
morto,
dolsene
assai,
e san
Paolo,
cognoscendo queste
cose
per
ispirito,
disse a
quelli
che erano
presenti
che andassero
l e
portassergU
Patroclo. Portato che
l'ebbero,
san
Paolo lo risuscit e mandollo a
l'imperatore
co' com-
pagni
suoi. Et
elU,
lamentandosi della morte di
lui,
eccoti Patroclo
giovane
venire alle
porte
de
l'imperatre
suddetto. Udendo Nerone che Patroclo era
vivo,
lo
quale
aveva cotanto
amato,
lo lasci entrare a s e
disse:
Patroclo,
or se' vivo? e chi t'ha fatto vivere? .
Rispose
Patroclo: Ges
Cristo,
re di tutti i secoli.
Adirato Nerone disse:
Adunque egU regner
ne' secoli
e
risolver tutti i reami del mondo?. Disse Patroclo:

Mais,
imperadore
. Allora Nerone
gli
diede una
grande
gotata
e disse:

Dunque
se' tu cavaliere fatto di
questo
re? e
quelli rispose:
Madie
pur
si
^,
che desso mi
^
nel
67,
durante la
grande persecuzione.
2
si fece amico.
8
credono alcuni che anche Seneca subisse l'influenza della
predica-
zione
evangelica
di S. Paolo. TJn suo
supposto colloquio coll'Appstolo
ispir
al Bovio il
.dramma: S, Paolo.
*
lette.
5
L'autore commette
qui
uno di
quegli
scambi che
gli
antichi chiar
filavano
contaminazione,
coll'attribuire al
periodo
romano un miracolo
avvenuto a Troade
(v.
nota 2 a
pag. 144).
'
^
Ma
s,
veramente.
10.
-
Bao^telli, Leggende
cristiane.
146 LEGGENDE CRISTIANE
svegli
dalla morte. AUora
cinque
donzelli dello im-
peradore
che
gli
stavano continovamente innanzi dis-
sero a lui:

Perch
tu,
imperadore,
batti il
giovane
savio
che
risponde
veracemente,
noi altres siamo cavalieri
di
quello
re che non si
pu
vincere. Udendo ci Ne-
rone s li rinchiuse in
pregione,
e fece cercare tutti i
Cristiani
per punirli per
forti tormenti. Allora Paolo
fu menato dinanzi a
Nerone,
preso
tra
gli
altri. Al
quale
disse Nerone:


uomo,
servo del
grande
re,
il
quale
se' mio
pregione, perch
mi sottrai tu i cavalieri miei
e
ragunali
a te? . Al
quale
disse Paolo:

Non solamente
della tua corte ho raccolti
cavalieri,
ma di
tutto
il
mondo,
a'
quali
il re nostro far donamenti che mai non ver-
ranno meno e cacceranno via
ogne povert.
A costui
se tu vorrai essere
soggtto,
sarai
salvo;
il
quale
ha
tanta
potenza
che verr a
giudicare
tutti,
e risolver
per
fuoco la
figura
di
questo
mondo. Udendo
queste
cose
Nerone,
ed acceso
d'ira,
tutti i cavalieri
di Cristo
comand che fossero arsi in
fuoco,
e Paolo siccome
offenditore della maestade
imperiale, perdesse
la testa.
Allora fu uccisa tutta la moltitudine de' Cristiani
^,
che '1
popolo
d Roma
ruppe
il
palazzo
de
l'imperatpre,
e levando rumore centra a
lui,
gridavano
tutti: Ponci
modo, Cesare,
tempera
il comandamento. De' nostri
sono
quelli
che tu
uccidi,
e difendono
l'imperio
de'
Romani. Lo
imperadore
temendo
questo,
rimut il
bando,
e comand che non si dovessero toccare i Cri-
stiani iufino a che esso
imperadore
non avesse
piti pie-
namente sentenziato di loro. Per la
qual
cosa Paolo
fu
rimenato
anche,
e
presentato
dinnanzi a lo-
imperadore,
lo
quale,
come l'ebbe
veduto,
fortissimamente
grid:

Levatemi dnmanzi il
malfattore;
dicollate
questo
rio
uomo,
non lasciate
pi
vivere
l'incolpatore,
uccidere
il
rimutatore de'
sentimenti;
toglietelo
d' in su la faccia
della terra il cambiatore de' sentimenti e delle menti!
.
*
si allude alla
grande persecuzione
del 67.
SAN PAOLO 147
Al
quale
disse Paolo:
Nerone,
poco tempo
io
patir,
ma
viver eternamente insieme con Ges Cristo . Disse
Nerone:
Tagliategli
il
capo,
acci che intenda ch'io
sono
pi
forte che il suo
re,
lo
quale
io ho
vinto,
e
reg-
giamo
se
egU potr
vivere eternalmente . Al
quale
Paolo
disse: Adci che tu
sappia
me vivere
eternalmente,
dopo
la
morte,
quando
il
capo
mi sar
tagliato,
io
t'ap-
parir
vivo,
et allora
potrai sapere
che Cristo
signore
deUa vita e deU morte. E dette
queste
cose,
fu me-
nato al
luogo
del
tormento;
al
quale
essendo
menato,
dissero a lui tre cavalieri che lo menavano:
Dicci,
Paolo,
per questo
re vostro il
quale
tanto
ainate,
che
per
lui
eleggete
anzi morire che
vivere,
e che merito
avrete voi?. Allora Paolo
gU predic
s del
regno
di
Dio e della
pena
dello
inferno,
che li convert aUa fede
di Cristo. E
queUi pregandolo
che andasse liberamente
^
l ove
volesse,
ed eUi
rispose:

Non
voglia
Dio,
frati
^
miei,
che io
fugga, per
ch'io non sono
fuggitivo,
ma
legittimo
cavaliere di
Cristo;
che io so bene che
per
questa
vita
passatoia
^
andr alla vita
eternale,
e s
tosto com'io sar
dicollato,
uomini fedeli terranno il
corpo
mio. Ma voi
segnate
il
luogo,
e venite la
domane;
e
troverete allato al
sepolcro
mio due
uomini,
cio Tito
e
Luca,
stare in orazione. Ai
quali quando
voi avrete
detto
per quale ragione
io v'abbia mandato a
loro,
ellino vi battezzeranno e farannovi insieme rede
*
del
regno
celestiale . Et essendo menato al
luogo
della
passione,
nella
porta
Ostiense,
si venne incontrato una
donna,
che aveva nome
PlautiQa,
che
gli s'inginocchi
ai
piedi
e cominci a raccomandarsi alle sue orazioni;
Alla
quale
disse Paolo:
Va', PlautiUa,
fighuola
della
eternale
salute, va',
prestami
il tuo velo con che tu ti
copri
il
capo,
che rie
voglio legare gli
occhi
miei,
e
poscia
1
2
fratUi.
^
passeggra
transitoria.
*
eredi,
partecipi.
148 LEGGENDE CRISTIANE
te lo render . Essendo
dunque
san Paolo venuto al
luogo
della
passione,
distese le mani
aperte
inverso
l'oriente
^
e or a Domeneddio
lungamente
con
lagrime,
e con voce fioca rendette
grazie
a Domeneddio.
Poscia,
accomiatandosi da' suoi
frati,
fasciossi
gli
occhi col velo
di
PlautiQa,
e
ponendo
ambedue le
ginocchia
in
terra,
distese il
collo,
e cos fu dicollato. E imantanente il
capo
suo,
saltando dallo
busto,
grid
con chiara voce
in
lingua
ebraica Ges
Cristo,
il
quale
era stato cos
dolce a lui nella vita
sua,
e '1
quale
aveva cotante volte
nomato. Di
questo colpo
usc fuori
latte,
infno nelle
vestimenta de' cavalieri
saltando,
e
poi
scorse il
sangue.
Nell'aere
risj)lendette
una luce
grandissima,
e del
corpo
usc fuore uno soavissimo odore.
ANNOTAZIONI
Sul
luogo
dove avvenne il martirio di S.
Paolo,
attualmente
sorge
l'Abbazia delle
Tre. Fontane,
lungo
la via Ostiense. Narra
la tradizione che la testa
dell'Apostolo,
eadendo,
facesse tre
balzi e ne
scaturissero
i tre
zampilli d'acqua
che ancor
oggi
si
veggono
nella
cripta
della chiesa.
Stupenda
la
basilica
di San
Paolo fuori delle
Mura,
sulla medesima via
Ostiense,
eretta da
Costantino e ornata nell'abside di un
magnifico
mosico
per
ordine di GaUa
Placidia,
sorlla
dell'imperatore
Onorio. A tutti
nota di fama la chiesa di S. Paolo a
Londra, che,
dopo
S. Pietro
in
Vaticano,
il
tempio pi grande
del mondo.
Nelle arti
figurative
S. Paolo
occupa
tm
posto
eminente:
ricorderemo la tavola
giottesca
nella BasUica
Vaticana;
rappre-
sentante la sua
Decapitazione,
e la maestosa
figiira
di lui nel
gi
rammentato
quadro
di Alberto Drer a Monaco. Raffaello
in im^o dei suoi celebri arazzi
rappresent
la
predicazione
del
Santo in
Atene,
e nel
quadro
di S. Cecilia
(Pinacoteca
di Bo-
logna)
lo
figur pensoso
e solenne accanto alla martire cristiana.
^
questo
era
l'atteggiamento
consueto dei
primitivi
cristiani
du-
rante la
preghiera.
SAN PAOLO 149
II
Caravaggio
nel suo
quadro
a S. Maria del
Popolo,
in
Roma,
con
magistero
mirabile
rappresent
la
caduta.
di Saulo sulla
via di
Damasco;
il
persecutore
dei
Cristiani,
rovesciato nella
polvere,
alza le mani
per
cercare un
appoggio,
mentre il suo bianco
cavallo solleva lo zoccolo
per
non
calpestarlo
e
indietreggia
con
un movimento cos vivace che
quasi
ci
obbliga
a scansarci
per
non esseme
colpiti.
Lo stesso
soggetto
tratt il Rubens nel
quadro
del Museo
Imperiale
di Berlino. Bella la
Decapitazione
del Santo
dipinta
dal Tintoretto a Venezia nella chiesa
dell'Orto,
e la
statua del Thorwaldsen nel Museo di
Copenhagen.
Fra 1
componinaenti poetici
in lode dei due
grandi Apostoli
ci contenteremo di ricordare la
splendida
ode di Pbudbnzi
Passio beatorum Petri et
Pauli,
di cui diamo
qualche
verso:,
Festtcs
Apostolici
nohis redit hic dies
triumphi,
Pavli
atque
Petri nobilis cruore.
Uwus
utrumque
dies, pieno
tamen innovatiis
anno,
vidf
superba
morte laureaium.
Scit tiberina
palvs, qui fiumine
lambitus
propinquo,
binis dicatum
cespitem tropaeis,
et
crucis,
et
gladii
testis,
quibus irrigans
easdem
bis
fluxit
imber
sanguinis per
herbas.
Dividit ossa duuni
Tibris,
sacer ex
utraque ripa,
inter sacrata dum
fluit sepulcra.
Due felici ricostruzioni moderne della
grandiosa figura
del-
l'Apostolo
ci
appaiono
nello studio del francese Baumann
Saint Paul e nel dramma di G. Manacorda Paolo di
Tarso
(Milano,
1927).
V
LA LEGGENDA DI S. MARCO
EVANGELISTA
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
11^
pag. 127],
San Marco
evangelista,
de la schiatta di Levitico
^,
sacerdote,
jfigliuolo spirituale
di san Piero
apostolo
nel
battesimo,
e suo
discepolo
nella
parola
di
Dio,
con esso
santo Piero and a Roma. E
predicando
santo Piero
il
vangelio, pregarono
i Cristiani ch'erano a Roma
santo Marco
evangelista
che dovesse iscrivere il Van-
gelo,
a
perpetuale
memoria de' fedeli: il
quale
certa-
mente come ebbe dalla bocca del maestro suo messer
san
Piero,
si iscrisse con fedele materia. E '1 detto santo
Piero,
esaminando
diligentemente
il detto
Vangelo, poi
che l'ebbe veduto
pieno
di tutta
veritade,
si lo
approv
da ricevere da tutti i fedeli cristiani. E vedendo
santo
Piero santo Marco fermo nella
fede,
si '1 mand in
Aqui-
lea,
l ove
predic
la
parola
^,
e converti innumerabile
gente
alla fede di Cristo. E l
simigliantement
scrisse
il
Vangelo
suo: il
quale Vangelo
si mostra insino al d
d'oggi
nella chiesa di
Aquilea,
e conservasi l entro
con molta devozione.
Alla
perfine
santo Marco men a Roma a san Piero
un cittadino d'
Aquilea,
chiamato
Ermagora,
il
quale
aveva
egli
convertito alla fede di
Cristo,
e fecelo consa-
crare vescovo d'
Aquilea per
le mani di santo Piero.
1
della trib di
Levi,
i cui
membri,
com' noto erano destinati al
servizio del
Tempio.
2
di
Dio,
il Verbo.
SAN MABCO EVANGELISTA 151
Sicch
avendo
questo Ermagora
ricevuto l'ofi&cio del
vescovado,
poi
ch'ebbe bene
governata
la chiesa
d'A-
quilea,
aUa
perfine
fu
preso
da'
nemici,
e ricevette co-
rona
di martirio in
quel luogo.
E san Marco fu mandato da santo Piero in Ales-
sandria,
l dove in
prima
fu
predicatore
della
parola
di
Dio. Nel
primo
suo
entrare,
come dice
Filo^,
savissimo
di
parlare sopra
tutti li
Giudei,
s si
ragun grande
mol-
titudine a fede e devozione e a osservamento di
castit;
e
Papia,
vescovo di
Geropoli,
dichiar
per
lucente ma-
teria le sue chiarite e molte laude. E Pietro Damiano
^
dice cos di lui: Tanta
grazia gli
diede Iddio in Ales-
sandria,
che tutti
quelli
che vernano cosi rozzi alla
fede,
parea
incontanente che volassero
per
castitate e
per
perseveranza
a stato di
perfezione
monacile;
al
quale
e'
gli
traeva,
ora
per operare
miracoli,
ora
per predicare
divine
parole;
e non solamente
per questi
modi,
ma
ancora
per
altri
esempK
di lui. Or intervenne
poi
che
ritorn in ItaUa
^,
acci che la terra la
quale gli
era
stata data a scrivere il
Vangelo,
fosse
degna
di
possedere
le sue sante
orliquie
*. Beata se' citt
d'Alessandria,
imporporata
del
sangue
di costui
vittorioso,
e benaven-
turata
tu, Itaha,
fatta ricca del tesoro del
corpo
di
costui! Tanta umilt si dice
ch'egli
ebbe,
che '1 dito
grosso
si
tagli per
non
potere, per giudicio
umano,
essere
promosso
ad ordine
sacerdotale;
ma la
disposi-
zione di Dio aUa autorit di santo Piero ebbe
pi
valore,
che '1 mand in Alessandria
per
vescovo. E come s
tosto fu entrato in
Alessandria,
il calzamento suo si
ruppe
e sciolse. La
qual
cosa intendendo in
spirto,
s
disse:

Veramente ha fatto il
Signore
il mio
viaggio
ispedito,
n il diavolo ha
potuto impedimentrre
me,
^
Filone
ebreo,
autore di una celebre Storia dei
Giudei.
^
ravennate,
abate del monastero di Fonte
Avellana,
poi
vescovo
d'Ostia e cardinale. Visse dal 1007 al '72: scrisse molte
opere
ascetiche
e
bellissimi inni.
'
non lui
vivente,
ma
dopo
la morte,
*
metatesi
per reliqme.
152 LEGGENDE 0BISTIAN3
il
quale
il
Signore
ha
gi prosciolto dall'opere
morte
^,
Ma vedendo santo Marco uno che ricucia i calzari vec-
chi,
diedegli
a riconciare i
suoi;
e
quegli
facendo
ci,
s
si fedo crudelmente la mano
manca,
e cominci a
gri-
dare fortemente:

Uno Iddio! ^. Udendo
ci,
san Marco
disse:

Veramente ha fatto il mio
Signore
il mio
viaggio
prosperevole
. Allora fece imo
poco
di loto con lo
sputo
^
e unsene la mano di
colui,
e incontanente n'ebbe sa-
nitade. Vedendo
quello
uomo tanta efficacia in
colui,
s '1 men in casa e cominci a sentire da lui chi fosse
e donde fusse venuto. Allora san Marco confess
ch'egli
era servo del nostro
Signore
Ges Cristo. E
quegli
disse:
Io '1 vorrei vedere. Disse santo Marco: E io lo ti
mostrer in
questo luogo.
E cominci a
predicargli
Cristo,
e battezzoUo con tutti
queUi
di casa sua. Udendo
ci
gli
uomini di
quella
cittade,
che un uomo di Galilea
il
quale dispregiava gli
idoli v'era
venuto,
s
gli
misero
agguati.
Conoscendo
ci,
il santo si ordin
quell'uomo
il
quale
avea
curato,
ch'avea nome
Aniano,
vescovo di
quella
cittade,
ed
egh
and in
PentapoU.
E statovi due
anni,
ritorn anche in
Alessandria,
e trovovvi i fedeh ch'e-
rano
moltiplicati;
ma i
pontefici
de'
tempU
si sforzavano
di
prenderlo.
E dicendo san Marco la messa nella so-
lennit della
Pasqua, ragunrsi
a lui e misserli una fune
in
coUo,
e strascinavanlo
per
la
cittade,
cos dicendo:

Tiriamo il bufalo al
luogo
del bifolco . E le
cari^
sue
scorreano
per
terra,
e le
pietre
si
bagnavano
del suo
sangue.
Di
po' queste
cose fu messo in
prigione,
e l'an-
giolo
venne a
confortarlo,
e ancora messere Ges Cristo
lo venne a
visitare,
e
confortollo,
cos dicendo:

Pace sia
^
dell'opere
vane del mondo.
2
S. Marco si
meuravigla
che invece d'invocare
gli
idoli,
invochi
il
Signore.
Questo
ciabattino si chiamava Aniano:
l'episodio
venne
rappre-
sentato da G. Mansueti in una tavoletta che si trova all'Accademia
di
Venezia
(n. 669).
^
impast
con la saliva un
po'
di
polvere.
SAN MARCO EVANGELISTA 153
a
te, Marco,
vangelista
mio
^;
non temere di
nulla,
per
ch'io sono teco
per
liberarti. E la mattina
per tempo
gli
missono anche la fmie in
collo,
e vannolo strascinando
qua
e
l,
tuttavia
dicendo e
gridando
:

Traete la bu-
fala del bifolco!. E mentre
ch'egli
era cos
strascinato,
rendea
grazie
a Dio e dicea: Nelle tue
mani,
Signore
mio,
raccomando l'anima mia. E dicendo
questo,
mand fuori lo
spirito,
intomo
agli
anni Domini cin-
quantasette,
sotto Nerone. E volendolo i
pagani
ardere,
subitamente si tin-b
l'aire,
e venne la
gragnuola
e
tuoni
terribili e
baleni,
con saette e
folgori,
s che
ogni
persona
si
brigava
^
di
campare:
e lasciarono in verit
il
corpo
santo senza esser tocco. Ma li cristiani tolsono
il
corpo
suo e
seppellironlo
nella chiesa con reverenzia.
Or fu la forma del beato Marco in
questa
maniera:
col naso
lungo,
con
le
ciglia
in
gi, cogli
occhi
belli,
calva la
testa,
colla barba
lunga,
di buona
statura,
di
mezzana
etade,
con
alquanti peli
canuti,
continente
d'affetto e
pieno
della
grazia
di Dio.
Negli
anni Domini dalla incarnazione
^,
anni
quat-
trocentosessantasette
*,
li Viniziani tolsono il
corpo
di
san Marco della citt d'Alessandria e traslatrlo alla
citt di
Vinezia,
l ove fatta la chiesa
maravigliosa-
mente bella al suo onore. Alcuni mercatanti viniziani
indussero con
prieghi
e con
grandi promesse
due
preti
in
Alessandria,
guardiani
del
corpo
di san
Marco,
che
lasciassero trre loro
quel corpo
e lo traslatassero a
Vinezia. Ma
quando
il
corpo
si traeva
dall'avello,
odore
scorse
per
tutta
Alessandria,
che tutti si
maravigliavano
onde venissi tanta soavit d'odore. E navicando loro
e
manifestando ai navicatori d'un altro
naviglio
co-
^
Queste
parole
si
veggono
scritte sul libro
aperto
del
Vangelo
sorretto dal
leone,
simbolo di S. Marco.
2
s'ingegnava.
^
anticamente era usanza calcolare
gli
anni non dalla nascita di
Cristo,
ma dalla sua incarnazione nel seno di Maria
(25 marzo).
*
La data di
questa
traslazione dal Baronio viene
portata
all' 820
e
dal Muratori all' 828.
154 LEGGENDE CRISTIANE
m'elli
portavano
il
corpo
di san
Marco,
l'uno di loro
incredulo disse:

Forse che voi
portate
il
corpo
d'alcuno
di
Egitto
che vi stato
dato,
e credete
portare
il
corpo
di san Marco . S che incontanente la nave ov'era il
corpo
di san Marco si rivolse
per
se medesima maravi-
gliosamente
avaccio
^,
e
percosse
la nave l ove era
colui,
e
ruppe parte
del lato di
quella
nave,
non
lasciando,
finch
quelli
che dentro
v'erano,
non
gridarono
tutti,
confessando che
quello
era il
corpo
di san Marco. Una
notte che
queste
navi erano
guidate per
costantissimo
,
corso,
li
nocchieri,
commossi
per tempestade,
e involti
in
tenebre,
non
sapeano
ove
s'andare;
sicch santo
Marco
apparve
ad uno
monaco,
guardiano
del
corpo
suo,
e s disse: D 'a,
questi
uomini che tosto
pongano
gi
le
vele,
imper
che non sono molto
dilungi
da terra.
Le
quali poste giuso,
fatta la
mattina,
s si trovarono
presso
ad una isola. Ma
passando
loro
per
diverse ri-
viere,
e tenendo celato a tutti il santo
tesoro,
venivano
gU
abitanti di
quelle
contrade e
gridavano:

O come
siete
beati,
i
quali portate
il
corpo
di san Marco! La-
sciateci adorare umilmente. Uno
nocchiere,
ch'ai
postutto
non credea
queste
cose,
fu
preso
dal demonio
e tanto tormentato
ch'egli
fu menato al
corpo
del santo
e confess
quello
che
era,
e
quando
fu
liberato,
diede
gloria
a
Dio,
e da indi innanzi ebbe in
gran
devozione
san Marco.
ANNOTAZIONI
Il
traduttore,
oltre che tacere di molti miracoli
compiuti
dal
Santo,
tralascia tm avvenimento
importante
che' accadde
dopo
la traslazione della salma a Venezia. Narra
dunque
il Va-
ragine
che il
corpo
di S. Marco venne sotterrato nella baslica
in
luogo segreto,
noto a
pochissime persone, per
timore di vua.
trafugamento. Dopo qualche tempo,
essendo venute a morte
1
veloce.
SAN MARCO EVANGELISTA 155
queste persone
senza che avessero rivelato ad altri il
segreto,
si
ignorava
il
luogo
della
sepoltura,
e tutte le ricerche
per
ritro-
varlo riuscirono vane. Il
popolo
veneziano era desolato e
pen-
sava con
angoscia
che le
preziose reUquie
fossero state sottratte
nascostamente da
qualcuno.
Fu ordinato un
digiuno
solenne,
e una
processione
attravers con
gran pompa
le vie
principali
della citt.
Quando
la
processione
rientr in
chiesa,
il Vescovo
vide smosse alcune
pietre
del
pavimento,
e
sollevandole,
trov
la tomba del Santo. Tutta la citt
ringrazi
Iddio di
questo
mi-
racolo e ne celebr il
giorno
anniversario
(25 aprile)
con una
festa solenne.
Il
pittore
veneziano Gentile Bellini ha
rappresentato,
in
un
quadro
notissimo che si conserva nella Galleria dell'Acca-
demia di
Venezia,
la solenne
processione
soUta farsi in, tal
giorno
in
quella
citt,
mentre in un altro
quadro
che si trova nella
Galleria
di Brera a
Milano,
ha
raffigurato
la Predicazione
di
S. Marco ad Alessandria.
Quest'ultimo
quadro
notevole so-
pratutto per
la esatta
riproduzione
dei costumi
orientali,
ch'egli
aveva
potuto
osservare durante il
soggiorno
a
Costantinopoli.
Un altro
grande
artista
veneziano,
il
Tintoretto,
rappresent
con
maravigliosa potenza
di colore e di movimento S. Marco
che scende dal cielo
per
liberare il servo di im nobile
signore
provenzale,
che avendo fatto voto di visitare la tomba
dell'apo-
stolo e non avendo
potuto
ottenerne dal suo
padrone
il
permesso,
vi si rec
nascostamente,
provocando
il risentimento del
signore,
che lo condann a morire fra i
pi aspri
tormenti. Ma
quando
il crudele
padrone
vide i martelli e le ascie
spezzarsi
nelle mani
dei
carnefici,
si
pent
dell'ordine
dato,
chiese
perdono
al
servo,
e con lui si rec in
pellegrinaggio
alla tomba del Santo.
Nel Tetramorfo dei
VangeU
S. Marco si
rappresenta
sotto
figura
di
leone,
perch pi
diffusamente
degli
altri
egli
narr
i
particolari
della resurrezine del
Signore.
Secondo la tradizione
medievale il leone nasceva
morto,
e non
prendeva
vita se non
dopo
tre
giorni,
allorch
il
padre
veniva ad
alitargU
in bocca e
a
risvegliarlo
col suo
ruggito
^. In
questo
fatto si vedeva sim-
boleggiata
la resurrezione di
Cristo,
che stette morto
appunto
tre
giorni
e fu richiamato in vita dalla
potenza
divina del Padre.
Degli
altri tre
evangehsti,
S. Matteo ha
per
simbolo una
^
Vedi Bbtjnetto
Latini,
I libri naturali del

Tesoro
,
a cura di
Cr.
Battelli, Firenze,
Le
Monnier, 1917,
pag.
149.
156 LEGGENDE CRISTIANB
figura
umana,
perch
traccia la
genealogia
del
Cristo;-
S. Luca un
vitello,
perch
naxra diffusamente la
passione;
S. Giovanni
un'aquila perch pi degli
altri si lev sublime alla contem-
plazione
dei misteri divini. Un antico distico latino dice che
Cristo
juit
homo
nascendo,
vitulus
moriendo,
leo
renascendo,
aquila
ascendendo.
Adamo da S.
Vittore,
il
grande poeta
cristiano del XII se-
colo,
ispirandosi
alla
profezia
di Ezechiele e alle
parole.
di san
Gregorio,
ha chiaramente
espresso questo
simbolismo del Te-
tramorfo in alcune strofe del suo inno De sanctis
Evangelistis
:
Supra
coelos dum conscendit
Suimi Patris
comprehendit
Natum ante
saecula;
Pellens nubem nostrae tnolis
Intuetur
jubar
solis
Joannes in
aquila.
Est leonis
ritgientis
Marco
vvltv^,
resurgentis
Quo
claret
potentia:
Voce Patris excitatits
Surgit
Ghristus laureatus
Immortali
gloria.
Os humanurrb est Matthei
In humana
jorma
Dei
Dictantis
prosapiam.
Gujus genus
sic contexit
Quod
a
stirpe
David exit
Per carnis materiam.
Rictus bovis Lucae datur
In
qua forma figuratur
Nova Ghristus hostia:
Ara Grucis mansuetus
Hic
mactatur,
sic et vetus
Transit observantia.
SAN MARCO EVANGELISTA 157
Sotto
questa
forma simbolica
gli Evangelisti vengono rap-
presentati frequentemente
nelle chiese romaniche e
gotiche,
cos
apparvero
anche a Dante nella mirabile
processione
del Carro
trionfale
(XXIX
del
Purgatorio);
e tali Raffaello li
rappre-
sent nel conosciutissimo
quadretto
della Galleria Palatina di
Firenze,
raccolti attorno alla
figura
dell'Eterno,
come Ezechiello
.... li vide dalla fredda
parte
Venir con
vento,
con
nube,
con
igne.
Fra le tante
figurazioni
del Santo
dipinte
dai maestri ve-
neziani,
ricorderemo la
pala
di Bartolommeo Vivarini nella Chiesa
dei Frari.
L'Angelico,
nel celebre affresco della sala
capitolare
del
Convento di S. Marco a
Firenze,
dipinse
ai
piedi
della croce
S. Marco che tiene
aperto
il libro del
Vangelo:
un'altra
gran-
diosa
rappresentazione
della
figura
del
Santo,
di mano di Fra'
Bartolomeo,
trovasi nella Galleria Pitti.
LA LEGGENDA DI S. FILIPPO
[Iriedita,
Dal Codice Panciatichiano XXXIX detta Na-
zionale di
Firenze,
carte 16 e
segg.].
Filippo apostolo, predicato
lo
vangelio
in Licia
venti
anni,
fu
preso
dalli
pagani
e fu menato a fare
sacrifcio all'idolo che si chiamava Marti. Allora subi-
tamente uno
grandissimo dragone
uscitte di sotto ove
stava l'idolo e uccise lo
figliuolo
del
pontefice
che ac-
cendeva il fuoco del
sacrificio,
e occise due
capitani,
li cui ministri tenevano
preso
santo
Filippo.
E tutti
gli
altri furono s avvelenati e corrotti dal fiato di
quello
dragone
che tutti erano infermati. Allora
Filippo
disse:

Credete
quello
ch'io vi
dico,
gettate
via
questa
statua
e
ponete
in
questo luogo
la croce di
Cristo; adoratela,
acci che H vostri infermi siano liberati e li vostri morti
siano risuscitati. E tutti
gl'infermi gridavano:
Fa'
che noi siamo Hberati e
incontanente
gitteremo
via
questo
idolo. Allora
Filippo
comand al
dragone
che
incontanente andasse in
luogo
deserto ove non
potesse
-nuocere a
persona.
Il
dragone
incontanente si
disparitte
e mai ivi
apparitte.
Allora
Filippo
tutti
quelli
infermi
sanic,
e
quegli
tre morti resuscit colle sue orazioni.
Ed essendo cos tutti
convertiti,
stette santo
Filippo
un anno con
loro,
e
predicava
cotidianamente
il nome
di
Cristo,
et ordin tra loro li
preti
e li diaconi. Poi and
in Asia e
pervenne
ad una cittade che aveva nome
Jerapoli,
e
quindi predicando ispense
l'errore
degli
SAN FILIPPO 159
Bbioniti,
li
quali
dicevano e
predicavano
che Cristo non
trasse dalla
Vergine
Maria vera
carne,
anzi
fantastica,
cio che
pareva
carne,
ma non era. Ed aveva santo Fi-
lippo
due
figUuole vergini,
sacratissime,
per
le
quali
Dio
convertitte molta
gente
alla fede sua. E
Filippo,
sette d
anzi che
morisse,
raun li
preti
e li vescovi e disse loro:
Lo mio
Signore
mi ha conceduti
queste
sette d ch'io
vi debba ammonire.
Ed aveva
Filippo
anni ottantasette. E
dopo questo,
li
pagani
lo
presono
e
posonlo
in
croce,
come fue,
posto
lo suo
maestro,
cui
egli predicava.
E cos morendo
pass
a Cristo. Ed allato a lui sono
seppellite
le due sue fi-
gliuole,
l'una dal latto
rito,
l'altra dal manco.
ANNOTAZIONI
Il testo di
questa leggenda
di
poco
dissimile da
queUo
pubblicato
dallo Zambbini nella sua
Collezione
di
leggende
inedite
(Bologna
1855,
voi.
II, 107).
S. Gerolamo
nega
che
Filippo
sia
morto in
croce;
egli
sarebbe invece morto in
pace
a Cesarea.
Il miracolo
qui
narrato stato
dipinto
da
Filippino Lippi sopra
una
parete
della
Cappella
Strozzi in S. Maria Novella
di Firenze.
LA
I^EGGENDA
DI S. GIACOMO
[Pubblicata
da Mons.
Stefano
Rossi, Firenze,
1855],
1. La peedicazione e il martirio di S. Jacopo mag-
giore 1.
Jacopo, figliuolo
di
Zebedeo,
dopo
l'ascensione di
Cristo,
predicando per
la Samaria e
per
la
provincia
di
Giudea,
alla
perfine
sen'and nella
Spagna per
se-
minare
l la
parola
di Dio. Ma vedendo che
egli
non
vi faceva
pr'
veruno,
e che solamente nove
discepoli
v'.avea
acquistati,
lasciowene due
per predicarvi,
e
gli
altri sette tolse
seco,
e ritorn in Giudea. Predicando
lui
dunque
in Giudea la
parola
di
Dio,
un
mago
ch'avea
nome
Ermogene
mand a
Jacopo
il
discepolo
suo,
ch'era
chiamato
Fileto,
acci che
quello
Fileto convincesse
Jacopo
dinanzi a' Giudei che la sua
predicazione
fosse
falsa. Ma avendolo
l'apostolo
convinto
ragionevolmente
dinanzi a
tutti,
e fatto molti miracoli dinanzi a
lui,
torn Fileto ad
Ermogene, approvando
dinanzi da lui
la dottrina di
sant'Jacopo,
e raccontandoH i miracoli
ch'elli avea
fatti,
disse che voleva essere suo disce-
polo,
ed anche confortava il maestro che diventasse al-
tres suo
discepolo.
Allora
Ermogene,
adirato,
per
sua
arte
magica
il fece stare s fermo che non si
potesse
muo-
vere,
dicendo cos:

Or vedremo se -1 tuo
sant'Jacopo
^
Cos lo si
distingue
da
Jacopo
Minore che era
figlio
di Alfeo e fra-
tello
(cugino)
del
Signore.
SAN GIACOMO
161
ti
potr isciogliere.
La
quale
cosa
quando
l'ebbe man-
data
a dire a
sant'Jacopo per
uno
fanciullo,
sant'
Jacopo
gli
mand il sudario e disse:
Tolga
Fileto
questo
su-
dario e dica
questo
verso: il
Signore
rilieva i
caduti,
il
Signore iscioglie gVinferrati
'^y^. S tosto com'eUi fu
tocco dal
sudario,
fu sciolto da'
legami,
e fece assalto
di
parole
^
all'arti
magiche,
e venne a
sant'Jacopo.
Sic-
ch adirato
Ermogene
chiam i demonii e comand loro
che
gli
menino
legato sant'Jacopo
con esso Fileto in-
sieme,
acci che si vendichi di
loro,
sicch i
discepoli
suoi non ardiscano
per
innanzi a fare assalto contra lui.
E venendo i demonii a
sant'Jacopo,
incominciarono a
urlare
per
l'aere,
dicendo:
Jacopo apostolo,
abbi mi-
sericordia di
noi,
per
che noi ardiamo innanzi che '1
tempo
nostro
venga!.
Ai
quali
disse
sant'Jacopo:

Perch siete voi venuti a me? . E


queUi
dissero: Er-
'
mogene
ci ha mandati che noi menassimo te e FUeto
a
lui,
ma
comunque
^
noi venimmo a
te,
l'angelo
di Dio
ci
rileg
con catene di
fuoco,
e malamente siamo tor-
mentati. Ai
quali
disse
sant'Jacopo: Disciolgavi
l'an-
gelo
di
Dio,
e tornate da
lui,
e mentelomi
legato,
ma
senza male neuno.
Quelli
andarono e
presero
Ermo-
gene
e
legaronli
1 :^ mani
dietro,
e menaronlo
grave-
mente
legato
a
sant'Jacopo,
cos dicendo: Tu ci man-
dasti col dove noi siamo incesi
*
e
gravemente
tormen-
tati. Dissero le demonia a
Sant'Jacopo:

Dacci
signoria
sopra lui,
sicch noi
possiamo
vendicare le
ingiurie
che
t'ha
fatte,
e l'incendi che ci ha dati. Ai
quali
disse
sant'Jacopo:

Ecco Fileto che v'
innanzi,
perch
no'l
tenete?. E
quegli gli
dissero:

Noi non
possiamo
n
potremo
pure
toccare la formica che ti va
per camera,
con
mano. Disse
sant'Jacopo
a Fileto: Acci che noi
rendiamo bene
per
male,
come Cristo ci
ammaestr.
^
stretti in catene.
^
inve contro la
magia
di
Ermogene
che l'aveva
amnaaliato.
^
appena.
^
arsi dal fuoco.
11.

BattjblIiI,
Leggende
cristiane.
162
LEGGENDE CRISTIANE
se
Ermogene leg
te,
sciogli
tu lui. Sciolto
Ermogene,
stette
vergognoso
e sant'
Jacopo gli
disse: Va' dlibera-
mente
dovunque vogli, per
che non di nostra dot-
trina che nessuno si converta se non bene volentieri.
Disse a lui
Ermogene:

Io so come i demonii
s'adirano,
onde se tu non mi dessi alcuna cosa di che elMno aves-
seno
paura,
ellino m'uccideranno. Al
quale
disse san-
t'
Jacopo: Togli
il bastone mio.
Quegli
and e tutti li
libri suoi d'arte
magica
rec
all'Apostolo per
arderli,
e sant'
Jacopo gli
fece
gittare
in
mare,
acci che
per
avventura l'odore dell'arsura non turbasse li non avve-
duti. Gittati ch'ebbe
Ermogene
i
libri,
torn
all'Apo-
stolo,
e tenendo le
piante
sue
^
si
gli
disse:

O
tu,
hbe-
ratore
dell'anime,
ricevi il
pentito,
il
quale
tu hai so-
stenuto
per
addietro
portante
invidia a
te,
e dicendo
male di te. Sicch cominci ad essere
perfetto
nel
timore di
Dio,
intanto che molti miracoli si faccano
per
lui. Vedendo i Giudei
Ermogene
ch'era
convertito,
movendosi da
invidia,
andarono a sant'
Jacopo,
e con ci
fosse cosa che
predicasse
Ges Cristo
crocifsso,
ripr-
serlone. Ma
egU jDrovava
loro
]Der
le scritture l'avve-
nimento e la
passione
di Cristo
apertamente,
sicch
molti ne credettono. Allora
Abiathar,
che era
papa
^
di
quell'anno,
mise il
popolo
a
romore,
e mettendo ima
fune in collo
all'Apostolo,
s lo fece menare ad Erode
Agrippa;
ed essendo menato
l'Apostolo
ad essere di-
collato di comandamento
d'Agrippa,
uno
paralitico
che
giungeva
nella
via,
grid
a lui che
gli
donasse sanitade.
Al
quale
disse sant'
Jacopo:
Nel nome di Ges
Cristo,
per
la cui fede io sono menato ad essere
dicollato,
le-
vati su
sano,
e benedisci il Creatore tuo. E'
levossi
ritto subitamente
sano,
e benedisse Iddio. Allora
uno
deUi. scribi che
gU
avea messo la fune in collo e trae-
valo,
il
quale
avea nome
Josia,
vedendo
queste
cose,
^
arrestandosi.
^
sommo sacerdote
degli
Ebrei.
SAN GIACOMO 163
S
gli
si
gett
a'
piedi
e,
chiedendo
perdonanza
delle
offese,
domand d'essere fatto cristiano. Vedendo ci
Abiathar,
si il fece
tenere,
e disse a lui:

Se tu non ma-
ladirai
il nome di
Cristo,
tu sarai dicollato con esso
Jacopo.
Al
quale
disse Josia: Maledetto sie
tu,
e
tutti
i tuoi dei sono
maledetti;
ma il nome di Ges
Cristo
sia benedetto in saecula saeculorum. Allora Abia-
thar
gli
fece dare delle
pugna
entro la
bocca,
e man-
dato che ebbe ambasciria ad Erode
per
costui,
impetr
che fosse dicollato con sant'
Jacopo.
E dovendo essere
dicollati
ambindue,
sant'Jacopo
domand un
orciuolo
d'acqua
al
giustiziere,
e battezzonne QContanente
Josia,
e
poscia
fu mozzo il
capo
a catuno di
coloro,
e
compierono
il martirio. E fu dicollato
sant'Jacopo
sette d uscente marzo
^,
il d della Nunziazione della
Nostra Donna
^,
e sette d uscente
luglio
^
fu traslatato
a
Campostella
*,
e '1 29 di dicembre fu
seppellito, perci
che
l'opera
del suo
sepolcro
si
pen
a fare da
luglio
intno
presso
a
gennaio,
sicch ordin la Chiesa che si
facesse la festa sua sette d uscente
luglio,
cio in
tempo
pi
convenevole universalmente
per
tutto il mondo,
2. Traslazione del corpo di lui.
Dicollato che fu
sant'Jacopo,
li
discepoli
suoi,
sic-
come dice Giovanni Beleth
^,
il
quale
ditermina
diiigen-
^
Vedi Atti
degli Apostoli,
XII,
2.
2
il 25 marzo del 43.
3
il 25
luglio.
*
nel reame di Galizia a nord-ovest della
Spagna,
dove
oggi sorge
la
citt
dedicata al suo
nome,
che fu meta di numerosi
pellegrinaggi
du-
rante
tutto il M.'Evo. I devoti che andavano a S.
Iacopo,
come attesta
^
ANTE
{Vita Nova,
capo XL),
si dicevano
peregrini, per distinguersi
dai
romei che venivano a Roma e dai
palmieri
che
si recavano a Gerusalem-
Q^e,
e
portavano
come distintivo una
conchiglia appuntata
al
cappello
o
al
mantello.
Vedi
Daux,
Le
plerinage

Compostlle, Parigi
1898. E
per
i
miracoli ivi
compiuti
dal
Santo,
Fita e
Vinson,
Liher de miracnlis
-S.
Jacobi,
Parigi
1882.
^
scrittore francese di cose
ecclesiastiche,
vissuto nell'XI secolo.
164 LEGGENDE CRISTIANE
temente
questa
traslazione,
si tolsero di notte il
crpo
suo
per paura
dei
Giudei,
e misserlo in una
nave,
e
commettendo alla divina
potenzia
e
provvedenza
dove
dovesse essere
seppellito,
entrati nella
nave,
senza nes-
suno
governamento
^,
e
per guida dell'angelo
di
Dio,
arrivarono in.
Galizia,
nel reame di
Lupa (che
v'avea
in
Ispagna
una reina che era cosi
chiamata,
e
per
nome
e
per operazione
di
vita)
sicch
ponendo quello corpo
fuori della nave
sopra
uno
grande
sas^o,
quello
sasso
incontanente diede
luogo
al
corpo,
come fosse stato
cera,
ed adattossi mirabilmente al
corpo
in
luogo
di
fossa. Entrando
dunque
i
discepoli
alla reina
Lupa,
s le
dissero:

Messere Ges Cristo s ti manda il
corpo
del
discepolo
suo,
acci che
quello
tu non volesti ricevere
vivo,
s lo riceva morto. E narrandole il
miracolo,
dissero
com'erano
capitati quivi
senza
governamento
di
nave,
et addimandarono
luogo
convenevole alla
sepoltura.
Udendo
queste
cose la
reina,
come dice il maestro Gio-
vanni
Beleth,
s li mand maliziosamente ad uno crude-
lissimo
uomo,
ovvero come
vogliono
dire
altri,
al re di
Spagna, per
avere il consentimento di lui
sopra questo
fatto. E
quegli
li
prese
e rinchiuseli in
pregione.
E stando
lui a
mensa,
venne
l'angelo
di Dio et
aperse
la carcere
e
lasciogli
andare diliberamente.
Quando
quegli
il
seppe,
mand loro dietro cavalieri i
quali
li
prendessono,
e
quando queUi
cavalieri
passavano
uno
ponte,
il
ponte
ruppe
^,
e tutti caddero nel fiume e
annegarono.
Udendo
ci,
quegli
fu
pentito,
e temendo il
pericolo
a s e alla
sua
gente,
mand loro
dietro,
pregandoli
che tornassero
a
lui,
ed avrebbono ci che volessero a loro senno.
Co-
loro tornarono e convertirono il
popolo
della citt alla
fede di Cristo. Udendo ci la reina
Lupa
fu fortemente
dolente,
e tornando i
discepoli
a
lei,
e manifestando
loro il consentimento del
re,
quella rispuose: Togliete
1
pilota.
2
croll.
SAN GIACOMO 165
i
buoi ch'io ho in cotale
monte,
e metteteli al
carro,
e
portateli
al
corpo
del
signore
vostro,
e
comunque
voi
volete,
si edificate il
luogo.
Ma
questa Lupa
diceva
queste
cose
pensando lupinamente, per
ch'ella
sapeva
che
quelli
buoi erano non domati e
salvatichi;
ed im-
per
pens
che non si
potessero giugnere
insieme,
n
porli
al
giogo,
o se si
giugnessero,
discorrerebbero
^
qua
e
l,
e
gitterebbero
il
corpo,
e coloro ucciderebbero.
Ma contra Dio non
sapere.
Coloro,
non
pensando
la
malizia,
salirono in sullo
monte,
ed uno
dragone
che
soffiava fuoco
^
e' venia loro
addosso,
ma
ponendo
contra lui la
croce,
si
crep per
lo diritto mezzo. Fatto
che ebbero anche il
segno
della croce
sopra
i
tori,
im^
mantinente diventarono mansueti come
agnelli,
ed ac-
coppiandoli
insieme,
puosero
in sul carro il
corpo
di
sant'
Jacopo,
con esso la
lapida
^
sopra
che
egli
era
230sto.
Allora
gli
buoi senza veruno
governamento porta-
rono il
corpo
nel
miluogo
*
del
palagio
di
Lupa.
Quella,
vedendo ci e
maravigliandosene,
credette in
Dio,
e di-
vent
cristiana,
e diede loro tutto ci che
domandarono,
e consecrando il
palagio per
la chiesa al
santo,
magni-
ficamente la
dot,
ed ella fini la vita sua in buone
opere.
3. Miracoli da lui compiuti ^.
Un uomo che avea nome
Bernardo,
del vescovado
di
Modena,
essendo
preso
e
incatenato,
e messo in uno
^
fuggirebbero.
^

il
dragone
si
pieno
di fuoco che
quando
vola
per
l'aere,
questo
ne
riluce
dopo
lui come ardente fiamma . Bbunetto
Latini,
Il Te-
soro, IV,
4.
^
la
'pietra.
*
mezzo,
milieu francese.
^
Da
questo punto
in
poi
comincia la narrazione dei vari miracoli
compiuti
dal
Santo,
miracoli che i
pellegrini
si tramandavano oralmente
durante le
lunghe
marcie dei
pellegrinaggi,
o la sera
riposando negli
ospizi.
166 LEGGENDE CRISTIANE
fondo di
torre,
chiamando
sempre
messere
sant'Jacopo,
egli gli apparve
e disse:

Vieni,
e
seguitami
in Galizia.
E rotte le
catene,
essendo
disparito, quegli
con li
legami
appiccati
al
collo,
sal in sull'altezza della
torre,
ed
indi fece un salto senza veruno
male,
conci fosse cosa
che la torre fosse alta
quaranta
cubiti.
Uno,
avendo fatto uno villano
^
peccato,
laonde il
vescovo temeva di
proscioglierlo,
confessandolo,
gli
mand
quell'uomo
a
sant'Jacopo,
con esso una
cedola,
nella
quale
era scritto
quello peccato.
Ed avendo
posto
la cedola in
sull'altare,
nella festa del
Santo,
e
pregando
sant'Jacopo
che
distruggesse quello peccato per
li suoi
meriti,
poscia aperse
la
cedola,
e trovoUa
spenta
^
di
quello peccato,
e rendette
grazie
a
.
Dio et a messere
santo
Jacopo,
e
pales
il fatto a tutta
gente.
Trenta
uomini,
intorno
agli
anni Domini
1070,
an-
dando a
sant'Jacopo,
tutti
quanti,
trattone
luio,
s
promisero
insieme di
fede,
di servire l'mio l'altro. Sicch
l'uno di loro essendo
infermato,
fu
aspettato
sedici d
dai
compagni,
ma alla
perfine
fu abbandonato da
tutti,
e da
quello compagno
che non avea
promesso
la fede
fu
guardato
a
piede
del monte san Michele: ma
vegnendo
il
vespro
del
d,
l'uomo moro. Ma il vivo ebbe
grande
paura per
la solitudine del
luogo
e
per
la
presenza
del
morto. Ma incontanente
v'apparve sant'Jacopo
in
ispezie^
di cavahere a
cavallo,
e consolandolo s li disse:

Dammi
qusto
morto,
e tu mi sali in
groppa
in sul cavallo.
E cos in
quella
notte,
anzi la levata del
sole,
compie-
rono sedici
giornate
*, e
giunsero
ad uno monte ch'
presso
a
sant'Jacopo,
ad una mezza
lega,
e
sant'Jacopo
gli puose
iveritto
^
amendue,
e comand al vivo che
invitasse i calonaci di
sant'Jacopo
che venissero a
sop^
^
sconcio.
2
cancellata.
3
figura,
dal lat.
species.
*
di cammino.

quivi.
SAN GIACOMO 167
peUire
il
pellegrino
morto,
e dicesse a'
compagni
suoi
che
per
la fede ch'eUi aveano rotta al
pellegrino,
il
pel-
legrinaggio
non valeva loro nulla. E
quelli adempiette
il
comandamento,
e
maravigliandosi
i
compagni
del suo
viaggio,
disse loro
quello
che
sant'Jacopo
avea detto.
Nel 1090 andava uno tedesco con uno suo
figliuolo
a
sant'Jacopo,
ed andando alla citt di Tolosa
per
albergarvi,
fu inebbriato dall'oste
suo,
fue messo
nascostamente nella bonetta
^
di costui un
nappo
d'ar-
gento.
E uscendo fuore la
mattina,
l'oste tenne loro
dietro <5ome fosseno
ladroni,
e
quando gli
ebbe
giunti,
s
appuose
loro ch'elli aveano involato uno
nappo
d'ar-
gento.
E dicendo loro che li farebbe
punire
se
potesse
trovare loro il
nappo dell'argento,
fu
aperta
la
bonetta,
ed ivi entro il
nappo:
onde furono menati alla corte.
Sicch fu data la sentenza che ci eh'aveano fosse del-
l'albergatore,
e l'uno di loro fosse
impiccato.
Ma vo-
lendo il
padre
morire
per
lo
figliuolo,
e '1
figliuolo per
lo
padre,
alla
perfine
il
figliuolo
fu
impiccato,
e '1
padre
n'and
piagnendo
a
sant'Jacopo.
Sicch,
dopo
trentasei
da
tornando,
e
rivolgendosi
al
corpo
del suo
figliuolo,
e mettendo voci di
grande
lamento,
eccoti il
fgHuolo
impiccato
il cominci a racconsolare dicendo: Dol-
cissimo
padre,
or non
piagnere,
ch'io non ebbi mai
tanto
bene,
per
che infno ad ora
sant'Jacopo
mi so-
stenta,
e
pascemi
della celestiale dolcezza.
Udendo ci il
padre
corse alla
citt,
e venne il
po-
polo,
ed
ispicc
il
figliuolo
del
peUegrino
sano ed al-
legro,
e
l'albergatore
fu
impiccato
^.
Un
francesco,
intorno
agli
anni Domini
1100,
an-
dava a
sant'Jacopo
con la
moghe
insieme e co'
figliuoli,
s
perch
voleva
fuggire
la mortalit ch'era in
Francia,
s
perch
disiderava di visitare messer
sant'Jacopo.
Ed
"^bolgetta,
sacca da
viaggio.
2
Vedi nelle Annotazioni una
pi ampia
redazione d codesto mira-
colo.
168 LEGGENDE OBISTIANE
essendo venuto alla citt di
Pampalona,
la
moglie
mor,
e l'oste tolse a costui tutta la
pecunia
sua,
e la
giumenta
che
portava
i fanciulli suoi.
Quegli
andando
isconsolato,
alcuni de' fanciulli si
puose
in sulle
spalle,
alcuni me-
nava a mano: al
quale
si fece incontro uno uomo con
un
asino,
ed avendo
compassione
di
costui,
prestgli
l'asino
per portarvi
suso i fanciulli.
Quando
fu
giunto
a
sant'Jacopo, vegliando
lui in
orazione,
gli apparve
sant'
Jacopo,
e s li disse:
Cognoscimi
tu?

quegli
di-
cendo che
no,
disse l'uomo: Io sono
Jacopo apostolo,
che ti
prestai
l'asino
mio,
ed anche il ti
prester
insino
alla tua tornata. Ma
prima voglio
che tu
sappia
che
l'oste
tuo,
cadendo a terra del
palco,
s morr e tu ria-
vrai tutto
quello
che ti tolse. Ed essendo intervenuto
ogni
cosa
cos,
quegh
torn lieto a
casa,
e scaricato che ebbe
l'asino,
sparve
immantanente
l'asino,
e lasci i fanciulli.
Negli
anni Domini
1238,
la
vigilia
di
sant'Jacopo,
in uno castello che ha nome
Prato,
che tra Firenze
e
Pistoia,
uno
giovane, ingannato
d'una villana
semph-
citade,
and a mettere fuoco nelle biade d'un suo ma-
novaldo
^,
perci
che
quelli gh
voleva trre il suo re-
taggio.
Fu
preso
e messo in mano della
corte,
e con-
fessato che
ebbe,
fu
giudicato
ad essere strascinato a
coda di
cavallo,
e
poi
arso. E
queUi
confess i
peccati
suoi e botossi a messere
sant'Jacopo:
ed essendo stra-
scinato su
per
la terra
petrosa
in sola la
camicia,
lungo
spazio
di
via,
non sento n nel
corpo
n nella camicia
alcuno danno. Alla
perfine
fu
legato
a uno
palOj
e ra^
gunate
le
legna
da
ogni parte,
ed avendovi messo entro
fuoco,
le
legne
e'
legami
arsero:
ma chiamando lui sem-
pre
l'aiuto di
sant'Jacopo,
n nella camicia n nel
corpo
non
gli
si trov male veruno. E volendolo un'altra
volta
gittare
nel
fuoco,
fu liberato dal
popolo,
e il Si-
gnore
fu
magnificamente
lodato nel suo
Apostolo.
^
muidoaldo, tutore,
vocabolo
d'origine longobarda.
SAN GIACOMO 169
ANNOTAZIONI
Il racconto
quale
sostanzialmente si trova nella
Legenda
Aurea. Furono omessi in
questa ristampa
alcuni dei tanti mi-
racoli attribuiti al Santo. S.
Iacopo
fu vmo dei santi
pi popo-
lari
nel M.
Evo,
e il suo
sepolcro
a
Compostella
divenne la meta
di numerosi
pellegrinaggi.
Ivi
sorse
nel XII secolo un
magnifico
tempio,
il cui
portico
adomo d'una
profusione
di statue si chia>ma
il Portico del Paradiso.
^
I
pellegrini
che si recavano a
Compo-
stella
seguivano
la direzione deUa Via
Lattea,
la
quale
veniva
perci
chiamata il Cammino di S.
Iacopo;
come
segno
distin-
tivo recavano una
conchiglia
cucita sul
eappello
o sulla man-
tellina. Ci stato conservato un ritmo
popolare
latino cantato
dai
pellegrini:
Gaudeat
Hispania,
totaque
Germania
jvbilet
in Domino
de
triumpho
nobili
Jacobi
apostoli
Gompostellae
condito.
O
felix Apostole,
nmgne mjartyr
Jacobe,
te colenles
adiuva,
peregrinos undique
tuos clemsnter
protege,
ducens ad coelestia ^.
La Histoire littraire de la France
(voi.
21,
pag. 272)
fa cenno
di
un altro inno latino dove narrato il miracolo
dell'impic-
cato
mantenuto in vita
per
trenta
giorni:
Hic
suspensum, post
triginta
^
dies vitae reddidit.
Questo
miracolo di cui fa
pa.ro
la
anche
Cesario di Heistebbach nel suo
Dialogtis
m,iractclorum
(Colonia
1851, II,
130),
ha dato
argomento
a un Mistero
pro-
^
Un'esatta descrizione della
basilica,
con
illustrazioni,
notizie
storiche ed
ampia bibliografia
trovasi nel recente voi. di Makubl
ViDAL: La tutnba del
Apoatl Santiago, Campostela
1924.
^
Dbeves,
Carmina
Campostellana {Anacleta hym.
M.
Aevi,
volume
XVII), Lipsia
1894.
170 LBaOENDB OBISMANB
venzale,
di cui un frammento venne
pubblicato
da C.
Arnattd,
a
Marsiglia
nel 1858 e ad una Sacra
Rappresentazione,
che
pu
vedersi nella raccolta del D'Ancona
(voi.
Ili,
pag. 465).
Mario Menghini nel 1901 ne
pubblic,
in un
opuscolo per
nozze,
fuori
commercio,
una narrazione in
ottave,
cavata dal codice 363
della Vitt. Emanuele di Roma. Trattandosi di cosa
rarissima,
credo
opportuno riprodurla integralmente.
Il
componimento

d'origine popolare,
e nel dettato
prevalgono
le forme dialet-
tali dell'Alta Italia.
Miracolo dei tre Pellegrini
A Sant'Iacopo di Gallizia
O Cristo che
vegnisse
^
in
passione,
A la tua lauda voio
comenzare.
De
l'apostolo
San lacomo
barone.
De la donna de Belverde vo' cantare
";
D'un
gentile
omo che f'
promissione
Se la
mojer potesse ingravedare.
D'un fiolo maschio el fosse
consolato,
E' l'andarla a
l'apostolo
beato.
Fatto el
voto,
che Cristo
l'esaudia;
La zentil donna fo
ingravedata;
Grande
alegrezza
lo zentile omo
ava.
La donna a Cristo e alla
Ma^re
beata.
Passar el
tempo
e la stason
vegnia.
Al
partorir
la donna fo
appressata.
La
partur
e fesse uno bel
zitello.
In corto
tempo
el fo chiarito e bello.
Da
p'
cb'el fo cresciuto et
alegrato,
Quatordes'anni
avea
quello garzone,
El zentile omo si fo aricordato
Del sancto voto e da la
'mpromessione
Ch'elio avea fatto a
l'apostolo
beato.
Per ch'ella avea fede e devotione
El zentile omo a tutta
Qomplacenza.
Pio' el cammino et arriv in
Provenza.
^
venisti.
2
allude al santuario della
Vergine
di Belverde.
SAN aiAoosto 171
A la Donna de Belverde incoronata
Oidi la
messa,
de si buon
coraggio
El marito e la
mojre
accompagnata,
E '1 so fiolo de l'adorno
visaggio;
Po' che la santa messa fo cantata
In verso de san Jacomo f'
viaggio
E arriv al castello di
Belguaro:
A una taverna la sera
albergare.
La tavemera fo'
piena
d'erisa,
Avea una su' fola molto
bella;
Questo
valletto molto le
piada.
Innamorata fo'
quella
donzella.
La tavemera
questo
si dica:

Zentil
valletto,
intende sta
novella;
Se a la mia fia donar tu voi
amore.
D'un
gran
tesoro te far
signore
.

Quello valletto,
Dio l'ha
conservato,
A la .tavemera
questo
si dicia:

El tu'
pensier
te
vegnir
falato
^,
Se '1
piace
a Cristo e a sancta Maria:
A
l'apostolo
san Jacomo beato
Andare cum la
verginitade
mia.
Se '1
piace
a
Cristo,
ve la
salvar,
E in castit a
l'apostolo
andar.

La tavernera disse a
quel
valletto:

Se la niia fia tu non vo'


sposare,
O
piligrino, questo
te
imprometto
La vila morte te f
araggio
fare.

El
piligrino respose
a
questo
detto:

E non so' al
tempo
de
mojer piare
^,
El vostro
parentado
a mi non
piace;
E son renduto
^
a l'alto Dio verace .

I
pelegrine
non demorn
niente;
Doi ricchi letti fenno
apparecchiare.
1
riuscir vano.
^
non sono in et di
prender moglie.
^
per
voto fatto dai
genitori.
172 LEGGENDE. OBISTIANE
La tavemera
falsa,
mal cadente
^,
Po' che essi sen'andro a
reposare
Tolse una
coppa
d'oro
relucente.
Con altra moneta falsa in
quantitade;
La tavemera
piena
d'erisa
In la
valigia
al valletto la mittla.
Pass la notte e venne el di
chiarito,
I
pelegrine
in
pe'
se son
levato,
E ciascaduno a cavai fo'
montato,
Da la tavernera ben tolser
commiato;
E non
sapendo
lor de tal
mercato.
Con devozione al su cammino andaron
via.
Dicendo in orazione
per
la
via,
L'offizio de la
Vergine
Maria.
I
pelegrine
euidava
ragionando,
II
padre
al fiolo
questo
si diceva:


Uno
greve
somnio me andava
sognando.
Per
ci, jQolo,
dormire non
posseva;
Un
gran dragone
te andava
calzando
^
E vivo e sano
inghiotter
te
voleva;
Da l'aire del ciel venne una
spada;
La testa a
quel dragone
l'ha
cazada'.

E com
parla
e dise la
scrittura.
La tavemera niente non
tarda.
Al
podest
se
n'and senza dimora:


Messere,
i
pelegrin
si m'ha
robata,
Jersera
gli albergai per
m.e favore:
Una
copa
de fino oro m'han volata *.

Ser
potest,
vo' fate
comandare,
.1
peligrin
indretto f' tornare.

I fante de la corte fece
comandare.
Con
gran
furor ciascTino bene
armato;
I
pelegrine
indrietro f'
tornare,
El
padre
e '1 fiolo tramidoe
^
legati;
^
che trama il male.
*
incalzando.
8
rotta,
casse francese.
*
rubata,
vole francese.

entrambi due.
SAN GIACOMO 173
Dentro li so'
valige
f'
cercare.
La
coppa
con K danar hanno
trovati;
SI
grande
fo' el rumor de
quella
zente,
Zascadun de lor dixia:

Sia morto amantinente
!
Tutto '1
povolo gridava
a rumore:

I mal fattori fatili


guastare
!

La tavemera disse a
quel Signore:


Messer,
questo
valletto fatelo
impiccare;
Jer sera
l'albergai
con tanto
onore.
Non me dovea
questo
ladro
robare;
De
questa
falsa moneta m'ha
pagata.

Le forche fo' drizzate in su la strata.
El
padre
e la madre forte
dolorati,
Veggendo
che '1 suo fiolo l
periva.
De la
gran doja
in terra
strangusciati,
Veggendo
che a torto lui
moriva..
Po' s'arevne
^,
e cum
pianto
ha
parlato.
Al
podestade questo
si diciva:
=
<(
La mia
persona
falla
sententiare,
El mio fiolo lassalo
scampare.

E
quel
valletto cum
allegro coraggio
Disse:

O
padre
mio,
non te
diseonfortare.
Allegramente compisce
el to'
viaggio.
Non te
pentir
zamai de lo ben
fare;
In
questo
mondo non omo si
saggio
Possa saver
quel
che li de'
incontrare;
De la mia morte non te
desconforto.
In
paradiso
me ne vo' a buon
porto*.

E
quel
valletto tosto fu
impiccato
In sulle
forche,
senza ufficesione
2;
Lo
padre
e la madre forte
.adolorato
In
terra
stranguaei
de
quel
dolore;
A
l'apostolo
san Jacomo beato
EUi
pregava
cum
gran
devotione;
1
sx
rinviene.
*
processo.
174 LEGGENDE CRISTIANE
Una voce da ciel li disse allora:
Levati
suso,
e non abiati
paora
^
.
I
pelegiini
in
pe'
se son
levati.
Po' se inchinava a
corpo
chino,
El so' fiolo su le forche
lassati.
Con
gran
dolore intra in lor
cammino,
A
l'apostolo
san Jacomo arrivati
In sedese
giorni,
uno sabato
matino,
De nanze de l'aitar del
corpo
santo,
E li faceva un
gran
lamento e
pianto.

O
corpo
santo,
donece
consiglio.
Tu se' lo nostro aiuto e la
speranza.
El buon conforto dona al nostro
figlio
Che fo'
irapicato
senza alcun'
fallanza,.
Uno beUo miracolo demostra
per
elio
Dal
podest
aver falsa sentenza.

Vene una voce da cielo e
prese
a
parlare;
Al vostro fiolo debiate retomare .
I
peligriai,
in fra loro tornare
^
La donna con
gran pianto
si dicia:

Marito
raio,
io te vo'
pregare.
No me retomar
per quella
via;
A
quella
terra no me
aprossimare
O' fu
impiccato
la
speranza
mia.

Lacrimando li
rispose
il
peligrinp:

Madonna,
non so fare altro cammino.
I
peligrine
indrieto retornro
Po' che la sancta messa fo'
cantata;
Trentado'
giorni
andro e retornro
El marito e la
mojere accompagnata.
Quando
a la forca
poi s'aprossimro
La donna cadde a terra
trangosciata.
Vedendo '1 so fiol chi l
pendeva.
Del
pianger
consolar non se
poteva.
^
paura.
*
nel
viaggio
di ritorno.
SAN GIACOMO 175
A
quel
valletto,
bene
accompagnato
De la beata
Vergine
Maria,
L'apostolo
san Jacomo beato
Le mane sotto li
pie'
che li
tenia,
E
l'angelo
sancto starali da
lato,
E l'ostia santa in bocca li tenia.
In su le forche el comenz a
parlare:
-

O madre
mia,
non te
desconfortare,
padre
mio,
sta
siguramente.
Che io son sano e fresco e
diligato.
Con meco la
Regina
intercedente
L'apostolo
san Jacomo
beato.
De chi semo stati liali
servente.
Del bel servir no' avemo
meritato;
Cristo dal cielo non me lassa
perire.
Al
podest
vo' fatelo savire.

1
peligrine
intrro lor cammino
^,
Senza demora andar al
podestade,
E
pose ingenocchioni
a
capo
chino:


Odi, messere,
la
gran
nobilitade:
Nostro fiolo sano e fresco e
vivo.
Con lui se sta la sancta
Maestade;
Quello
eh' ha fatta la falsa
provedenza
',
Farete revocare la sentenza.

El
potestate
era
per
desinare.
Con una
gran gente accompagnato.
Doi
polli
arrosto si faceva
portare:
El
gallo
e la
gallina apparecchiato,
El
podestate
si
pi?ese
a
parlare:

O
piligrini,
tu me
pare impazzito^
Quando
questa gallo
cantar
El to fiolo rsuseitar .

Come tosto
quella parola
ave
dieta,
El
gallo
e la
gallina
si cant:
^
ripresero
il cammiuo.
^
provvedimento.
176 LEGGENDE CRISTIANE
San Jacomo e la
Vergen
benedcta
Per lo so' vert elli resuscit.
El
gallo
e la
gallina
molto in fretta
Gi dal tafere tramido' voln
^;
El
podestate
non tard mente
And alle
forche,
e seco una
gran gente.
Tutto lo
povolo
de
l'ordin
congregato
Andn a le forche
per
voler
vedere,
El
podest
s l'ave
scongiurato:

Tu '1 fai
per
arte
^,
e non
poi
morire
i
Elio su le forche si ha
parlato:

Sancto Jacomo non lassa


perire;
Con meco sta la
vergine
Maria,
Cristo dal cielo me tene in su' bala.

El
podestate
non tarda
niente,
Amantinente '1 fece
despicare;
E
po'
lo f' vestire
amantinente,
Al
padre
ed a la madre el f'
donare,
E
per
la tavemera mand de
presente
^
E la sententia la f'
revocare;
La madre e la fola s fo'
piate
*
Et ambidoi fon arse e dibruseiate.
E la sententia si fo' revocata.
S com
piace
a Cristo
omnipotente.
Chi a Stncto Jacomo
compisce
su' andata
Di so'
peccati
ben seran
guarente;
A san
Domenigo
de la Calzata
^
El
gallo
e l
gallina
certamente
Chi 'l vole vedere s li
trovare;
Pino al d del
giuditio
l star.

Bone
persone
che m'ave' scoltati
De
l'apostolo
san
Jacomo,
l
barone,
1
entrambi volarono
gi
dal desco.
^
magica.

^
subito.
*
furono
pigliate.
5
villaggio spagnuolo
sulla via di S. Giacomo di
Compostella.
^
Vedi in
appendiceli
curioso racconto di un
pellegrino bolognese
del seicento che narra d'averli veduti.
SAN GIACOMO 177
Dio ve
mantegna
in
pace
cura
bontati,
Guardavo dal dimonio
traditore;
Da rea sententia e da mortai
peccati
Gratia ne faccia lo etemo
Creatore;
Dio manda
pace
in ciascheduna
guerra,
E
sempre mantegna
in bon stato sta terra.
Questa
leggenda
vive tuttora in Val
Gardena,
dove la romita
chiesetta
di S.
Giacomo,
che
sorge sopra
un
poggio
boscoso
in
vicinanza
della cittadina di S.
Ulrico,
ancor
oggi
meta di nu-
;
merosi
pellegrinaggi.
Il
signore
tedesco di cui si
parla
a
pag.
167,
i
non sarebbe altri che il cavaliere Gebhard von
Saben,
signore
del castello di
Stttenecke,
il
quale per
riconoscenza del mira-
colo,
fond la
chiesetta,
arricchendola di tanto sfarzo da ren-
derla
proverbiale.
Dice infatti il
popolino:
vuoi
sposare
ima ricca?
sposa
la chiesa di S. Giacomo ! Alcuni affreschi
riproducono gli
episodi
del
prodigio operato
dal
santo,
di cui una relazione in
lingua
ladina
pu leggersi
nel volmne di Leo
Rungaldeeb,
Stories
i cianties
por
kei de la
Qerdeina,
Innsbruck
1921,
pag.
13.
Corrado
Ricci,
nella Lettura del marzo
1918,
ha studiato
le
rappresentazioni
artistiche di
questa leggenda,
di cui abbiamo
affreschi in
Assisi,
a
Spoleto
e a
Forl,
e una tavoletta
d'ignoto
autore
marchigiano
nella Galleria Vaticana. Il Vasari racconta
che anche il Pisanello aveva
rappresentato questo
miracolo
nella
chiesa del
Tempio
a
Firenze,
ma
gli
affreschi
pi
non esi-
stono.
L'altro miracolo di cui fatta
parola
a
pag.
166
ispir
allo
scrittore francese
contemporaneo
Heney Ghon il mistero:
Le
bon
voyage
cu le Mori
cheval.
La vita di S.
Jacopo
stata mirabilmente
dipinta
dal Man-
tegna
nella chiesa
degli
Eremitani a
Padova,
in
quattro
affreschi
che
rappresentano
la Conversione del
Mago Ermogene,
U Santo
dinnanzi ad
Agrippa,
la Liberazione del
paralitico
e la Morte
del
Santo. Vari
episodi
della vita di lui sono
figurati
anche nel
magnifico
altare
d'argento

nella
sagrestia
dei belh arredi del
duomo di Pistoia.
12.
Battelli,

Leggende
cristiane.
LA LEGGENDA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA
[Inedita.
Cavata dal God.
Maglibechiano,
II, X,
30
della
Nazionale di
Firenze,
carte 35 e
segg.].
Giovanni
apostolo, evangelista,
amato da
Cristo,
eletto
vergine
^. Diviso
dagli apostoli,
and in Asia
a
predicare
la fede di
Cristo,
e convertendo la
gente,
fece edificare molte ecclesie. E Domiziano
imperadore,
udendo la fama
sua,
fecelo venire davanti a
s,
e fecelo
mettere in mia
grande
caldaia d'olio bollente a la Porta
Latina
^,
della
quale
uscitte sanza nessuna lesione.
E lo
'mperadore
vedendo che
per questo
non cessava
di
predicare
lo nome di
Dio,
mandollo a' confini in una
isola la
quale
si chiama Pathmos ?. E stando
quivi
solo,
vi scrisse lo
Apocalissi
*,
come
gli
fu rivelato da Dio.
E in
quello
medesimo anno lo
imperadore per
la cru-
deltade sua fu
morto,
e ci ch'avea fatto fu cassato
dal senato di
Roma,
per
la
qual
cosa addivenne che
santo
Giovanni,
lo
quale ingiuriosamente
^
era
isbandito,
con
grande
onore fue
ribandito^,
e ritorn ad Efeso.
^
Sono le
parole
stesse di S. Girolamo: Joannes
evangelista,
.
qui
virgo
a Deo electus
est, quem
de
nuptiis
voluntatem nubere vocavit
Deus
(v. pag. 52).
Onde
poi
san
Notkero,
del IX
secolo,
canta nella
sua celebre
sequenza:

Joannes,
Jesu Christo multutn dilecte
virgo.
Tu lene
conjugis pectus respuisti,
Messiam secutus .
2
Dove
oggi sorge
la
cappella
di S. Giovanni in
Oleo,
costruita
su
disegno
di
Bramante. La festa si celebra il 6 di
maggio.
2
isoletta delle
Sporadi,
non
lungi
alla costa dell'Asia minore.
*
dove sono rivelati i misteri della fine del mondo.
^
contro
ogni
diritto
{in-jus).
^
gli
fu concesso di tornare.
SAN GIOVANNI EVANGELISTA 179
E
tutt.a
la
gente
della cittade
gli
and
incontro,
uomini
e f
emine,
e con
grandi
boci dicevano: Bene-
detto
tu che vieni nel nome di Dio!. Entrando
egli
nella
cittade,
ebbe
intoppati
coloro che
portavano
a
seppellire
lo
corpo
di
Drusiana,
la
quale sempre
aveva
seguitati
li suoi ammaestramenti. Allora le vedove e i
jDOveri
e
gli
orfani iacominciarono a dicere:

O santo
Giovanni,
vedi che
portiamo
Drusiana morta a
seppellire,
la
quale
obbedendo
sempre
a' tuoi comandamenti ci
notricava,
e continuamente disiderava che tu
tornassi,
e diceva: oh s'io
potessi
vedere
l'Apostolo
di Dio anzi
ch'io muoia! Ecco che se' venuto ed ella non t'ha
po-
tuto vedere. Allora santo Giovanni fece
ponere
in
terra il
cataletto,
e con chiara voce disse davante a
tutti: Lo mio
Signore
Ges Cristo ti
risusciti,
Dru-
siana;
levati suso e va' a casa
tua,
e
apparecchia
ch'io
mangi.
E incontanente
fu
levata,
e andava soUicita-
mente a fare lo comandamento dello
Apostolo,
e non
pareva
a lei essere risuscitata da
morte,
ma destata
da dormire.
E l'altro d uno filosofo ch'aveva nome Craton avea
radunato lo
popolo
della cittade in una
piazza per
di-
mostrare come
questo
mondo da
dispregiare.
Onde
aveva
consigliati
indotti due
giovani
ricchissimi s
che
avevano vendute tutte le loro
possessioni,
e
degli
danari avevano
comprate
molte
pietre
e
gemme pre-
ziose,
e davante al
popolo
le
spezzavano
e
rompevano
tutte,
per
dimostrare ch'avessero
per
niente le cose
mondane e le ricchezze.
Ora addivenne che
l'Apostolo
di
Dio,
Giovanni
pass
per
quella piazza,
e vide
questo
fatto,
e disse a
Craton,
davanti a
ogni gente,
come
quello dispregiamento
del
mondo non era buono
per
tre
ragioni.
La
prima
si
imperci
ch'era laudato dalle
lingue
umane,
ma era
condannato dal
giudicio
divino;
e la seconda
imperci
che
di
quello disprezzamento
non si curano e non si
medicano li
peccati
e li vizi
(onde
secondo che detta
180 LEGGENDE CRISTIANE
vana la medicina dalla
quale
non si medica Tinfer-
mitade e cos vano
quello dispregiamento per
lo
quale
non si
medicano
i vizi dell'anime e dei
costumi);
e
la
terza si
imperci
che non ha altro merito di
dispre-
giare
le cose mondane se non le d ai
bisognosi,
secondo
che Cristo comanda
nell'Evangelio^
dicendo:

Se vuoli
essere
perfetto,
vendi ci che tu hai e da' ai
poveri.
E Craton disse:

Se '1 tuo maestro Cristo verace Dio
e vuole che '1
prezzo
di
queste gemme
sia dato ai
po-
veri,
fa' s ch'elle diventino salde e
intere,
acci che
quello
ch'io ho fatto
per
burbanza della
gente,
tu con-
verta alla laude e
vaglia
di colui cui tu lodi
tanto,
che
fu tuo maestro. Allora santo Giovanni ricolse li
pezzi
di
quelle gemme preziose,
e tenendole in
mano,
fece
orazione a
Cristo,
e immantenente diventarono salde
e intere come erano
imprima.
E '1 filosofo Craton con
quelli
due
giovani
incontenente si convertirono alla
fede di
Cristo,
e
venderono
tutte
quelle pietre
e
gemme
preziose
e dierono li danari a'
poveri,
e diventarono
discej)oli
di san Giovanni
apostolo.
Ora addivenne che
un d
quegh
due
giovani,
vedendo coloro che erano
istati loro scudieri e ora andavano vestiti con
panni
di
seta,
e vedendo se
medesimi
quasi
nudi e
mendichi,
furono contristati ne' cuori loro.
E
santo Giovanni,
vedendo che erano contristati e
pentiti
della limosina
ch'aveano
data,
fece recare
verghe
e
pietre
minute
dalla
ripa
del
mare,
e
segnandole,
furono convertite
in
oro
fiiio;
e
quelli giovani per
comandamento di santo
Giovanni
portarono quello
oro
agli
orafi e
quelle pietre
alli
gemmieri;
e dissero che mai non videro oro
pi
fino
n
gmme mighori
che
quelle.
Allora santo Giovanni disse
loro: Andate e di
quest'oro
e
pietre preziose ricompe-
rate le vostre
possessioni,
e le case e le
vigne
che ven-
deste. Avete
perduto
lo
guiderdone
celestiale,
istate
fioriti
^,
acci che diveniate
puzzolenti;
siate ricchi
in
^
in floridezza mondana.
SAN GIOVANNI EVANGELliSTA 181
questo
mondo,
acci che siate mendichi nell'altro.
Allora
santo Giovanni cominci molto a favellare contra
le
ricchezze
mondane^
dimostrando che sono sei cose le
quali
ci denno ritraere d'amare le mondane ricchezze.
La
prima
si la sacra
Scrittura;
e
qui
disse
l'esempio
del
ricco che faceva li conviti e stava ben vestito di
porpora
e fu mandato in
pene,
e Lazzaro
povero
fu
mandato
in
paradiso
^. E la seconda s la
natura,
imperci
che la natura ci mena in
questo
mondo
poveri
e
ignudi,
e cos ce ne trae. E la terza s la
criatura,
onde
lo
sole,
la luna e le
steUe,
e l'aria e
l'acqua
danno
gli
loro
beneficii comunemente ad
ogni
uno,
e cos dove-
rebbe
essere
ogni
ricchezza comune tra
gli
uomini.
E la
quarta
si la
fortuna,
imperci
che l'uomo ricco
diventa servo del
danaro,
e non
possiede egH
il
danaro,
anzi
posseduto
dal danaro. E la
quinta
si
rangola
^,
imperci
che '1 d e la notte conviene avere
rangola
e sol-
lecitudine a conservare ed a
guardare quello
ch'
guada-
gnato,
onde le ricchezze si
acquistano
con fatica e
guar-
dansi con
paura.
E la sesta si
jattnra
e
cadimento,
onde le ricchezze sono materia e
cagione
di
grande
ro-
vina e in
questa
vita e
dell'altra,
acci sia cosa che
per
esse si
perde qui
la
grazia
e altrove la
gloria,
e accat-
tansi
per
esse
pene temporali
e
pene
etemali. E dicendo
santo Giovanni
queste parole,
uno
giovane
era
portato
morto a
seppellire,
lo
quale
era istato
vivo,
poi
che
aveva menato la
sposa,
ma'
^
trenta d. E venne la madre
vedova e tutti
quelli
che '1
piangevano,
e
gittaronsi
agU piedi
di santo
Giovanni,
pregandolo
che risuscitasse
quello
morto. Allora santo Giovanni
pianse
e fece ora-
zione a
Dio,
e incontanente
quello giovane
fu risusci-
tato. E santo Giovanni comand che dicesse a
quegli
due
giovani
ch'aveano
imprima
abbandonate le ric-
1
S.
Luca, XVI, 19,
22.
^
evira,
sollecitudine.
^
soltanto trenta
giorni
dopo
le
nozze.
182 LEGGENDE OMSTIANB
chezze e
poi
l'avevano
riprese, quanta gloria
aveano
perduta,
e
quanta pena
era
apparecchiata
a
quegli
ch'amano le mondane ricchezze. Allora
quello giovane
risuscitato disse a coloro:

miseri,
io vidi
piangere
gli angeli
vostri,
e vidi
rallegrare per
voi li
dimoni:
voi avete
perduti
li
palagi
etemali che sono ornati di
gemme risplendienti
e
pieni d'ogni allegrezza
che mai
non verr
meno,
e
conquiso
otto
pene
che sono nell'in-
ferno:
vermini, tenebre, battiture, freddo, fuoco,
aspetto
di
demoni,
confusione del
peccato
commesso,
pianto.
Allora
quello
risuscitato con
quegli
due insieme si
git-
tarono
agli piedi
del beato santo Giovanni e doman-
darono
perdonanza. Agli quali
disse santo Giovanni:

Fate
penitenza
e orate trenta d che
questo
oro e
pietre
tornino nella loro natura . E
quando
ebbono
orato,
furono le
verghe
e le
pietre
convertite neUa loro
propria
natura,
e
riportaronle
onde l'avevano
recate,
ed
egli
tornarono nella
grazia
di Dio come
prira.
Or
avvenne che
predicando
santo Giovanni in
Asia,
gli
sacerdoti
degli
idoli levarono romore contra
lui,
e me-
nrollo allo
tempio
di Diana
perch
facesse sacrificio
agli
idoli. E '1 dolce santo Giovanni fece orazione a
Cristo,
e incontanente il
tempio
fue tutto rovinato
infino alle fondamenta. AUora Aristodemo
pontefice
concit
grande
romore nel
popolo,
s che l'una
parte
voleva combattere con l'altra. E '1
benignissimo
san
Giovanni disse:

Che
vogK
tu ch'io faccia acci che
questa battaglia
non vada innanzi?

E Aristodemo
disse:

Se tu
vuogli
ch'io creda nel tuo
Iddio,
io ti
voglio
dare a bere
veleno,
e se non ti
uccide,
e il tuo verace
dldio. E santo Giovanni
rispuose:
Fa' secondo ch'hai
detto. E Aristodemo disse: Io
voglio
che tu
veggia
morire coloro che '1
prenderanno,
acci che tu abbi
maggiore paura.
Allora fece venire Aristodemo
due
uomini li
quali
dovevano essere
decapitati
ed erano
condannati,
e davante a santo Giovanni diede loro
a
bere del
veleno,
e incontanente caddero a terra morti.
SAN GIOVANNI EVANGELISTA 183
Allora
il beatissimo santo Giovanni
allgramente prese
el
bicchieri^
dov'era il veleno e
bevettelo,
e nessmia
lesione
sentitte^. E vedendo
questo, ogni gente
ren-
devano
lande a Dio. E Aristodemo disse:

Io ancora
dubito,
ma se tu risusciterai
questi
due
morti,
allora
creder
perfettamente
. Allora santo Giovanni
gli
diede
il suo
mantello e disse: Ponilo
sopra
a le
corpora
di
quegli
morti,
e dirai:
l'Apostolo
di Cristo mi manda
a
voi,
che vi leviate nel nonie di Cristo . E dette
queste
parole,
incontenente furono risuscitati. Allora lo
pontefice
e '1 vicario della
provincia
si
convertirono,
e fecero
edificare ima ecclesia ad onore del dolcissimo santo
Giovanni.
Dopo
molto
tempo,
avendo convertito molta
gente
colli suoi bellissimi miracoli e colle sue
predicazioni,
venne ad ultima
vecchiezza,
onde secondo che dice
santo
Girolimo,
che istando messer santo Giovanni in
Efeso era s vecchio che conveniva che' suoi
discepoli
lo
portassero
a braccia alla ecclesia. E
quando
favel-
lava,
sempre
aveva in bocca
questa parola: Figliuoli,
amatevi insieme. E
quegli
che stavano con lui dice-
vano:

maestro,
perch
favelli tu cos
spesso questa
parola?.
E santo Giovanni
rispuose
e disse:
Impr-
ci che comandamento di Dio che l'uno ami
l'altro,
e se
questo
faremo,
basta ad avere vita etema.
E sendo in etade di 89
anni.
Cristo
gli apparve
con
gli
suoi
discepoli
e disse:
Vieni,
diletto
mio,
imper-
ci
ch'
tempo
che debbi venire alla mia
mensa,
a stare
co'
tuoi fratelli. E '1 beato santo
Giovanni,
rizzan-
dosi,
cominci ad andare. E
Cristo disse: Domenica
della mia risurrezione verrai a me. E
vegnendo
la
^
per
bicchiere,
frequentissimo
ancor
oggi
nella
parlata toscana,
come
ingegneri, barbieri,
ecc.
^
Volendo
rappresentare
simbolicamente
questo
fatto,
gli
artisti
raffigurano
S. Giovanni nell'atto di benedire un calice donde esce un
rettile: u
serpe
o un
dragone.
Cos lo vediamo nel
portale
di N.
Dame di
Parigi
e nel celebre
polittico
di
Qand,
dei fratelli Van
Eyck.
184 LEGGENDE CRISTIANE
domenica,
lo
popolo
tutto si raun alla ecclesia la
quale
era edificata nel nome
suo,
ed
egli
la mattina
per tempo
incominci a
predicare
e confortare il
popolo
che stes-
sete nell'amore e nei comandamenti di
Dio,
e
neUa
fede fermi e
forti,
e
poi
fece fare una
fossa,
e
gittar
fuori la terra. Ed entrando nella
fossa,
distese le
mani
a Dio e disse:

Io,
invitato al tuo
convito,
Messer Ges
Cristo,
vegno
e rendoti
grazie
che hai
degnato
d'in-
vitarmi alle tue
nozze,
imperci
che sai bene ch'io t'amo
con tutto il cuor mio. E fatta
questa
orazione,
venne
del cielo tanta luce intomo a lui che nullo il
poteva
vedere ne
guardare.
E
partendosi quello grande isplen-
dore,
rimase la fossa
piena
di
manna,
la
quale
infino
ad
oggi
vi nasce. Benedicamus domino. Dea
groMas.
ANNOTAZIONI
Questo
volgarizzamento
della
Legenda Aurea,
cavato dal
Codice
II, X,
30 della Nazionale di
Firenze,
assai
pi
fedele
al testo del
Varagine
che l'altro
pubblicato
dallo Zambbini
(op.
cit., I,
23);
soltanto omette alcuni
episodi
secondari che il
Varagine
dice aver tratto da S.
Clemente,
da Cassiano e da
Elinando. La vita di S. Giovanni
evangelista
fu
dipinta
da Giotto
nella
Cappella
Peruzzi in S. Croce di
Firenze,
insieme con
quella
del Battista
(v. pag. 50) j
la resurrezione di Drusiana da
Filip-
pino Lippi
in S. Maria
Novella;
la visione d Patmos e l'assun-
zione in cielo
dell'Apostolo,
con
potenza
lirica
ii^uperabile,
dal
Correggio
nella chiesa del Santo a Parma. La
figura
del
vegliardo
che leva il volto austero e l'occhio sfavillante di luce
a
contemplare
la
gloria
del Salvatore che
scende dall'alto dei
cieli
per
invitarlo seco alla
patria
celeste dove
gi
tutti
gli
altri
apostoli
lo hanno
preceduto,
di una
grandiosit
sublime che
non teme confronti.
L'aquila
che
regge
sulle ali
aperte
il libro
dei
Vangeli
sembra stridere col rostro e
agitare
le
penne per
levarsi a volo.
L'aquila,
come
gi
abbiamo avvertito
(v. pag. 156),
il sim-
bolo di S. Giovanni nel Tetramorfo dei
Vangeli, perch
dice
S.
Agostino,
Johannes velut
aquila
vlat
dUius,
caliginem
ferrae
SAN GIOVANIS^I EVANGELISTA 185
transcendit et,
lucem veritatis
firmioribus
oculis
intuetur,
ondo di
frequente
negli
inni
liturgici
del M.
-
Evo viene chiamato con
questo
nome:
Joannes,
grandis aquila,
GoeU
perlttstrans cardinem,
Medidlam coeli
rapuit,
Aquila grandis
roboris.
(Deeves,
Analecta
hym.
M.
Aevi, 1,
150).
Crediamo
poi
interessante
pubblicare
un inno latino in onore
del due
santi,
il Battista e
l'Evangelista,
dove sono
poste
a
riscontro le circostanze della loro vita e le loro virt.
Oeatio
bb s. Johanne battista et Johanne evangelista.
Baptistae.
Ave
gemma
claritatis
speculumque
sancfitatis,
mundi dectis et
lucerna,
dignitate sempiterna,
martyr, virgo, symphonista,
Johannes Ghristi
baptista!
Evangelistae.

Ave
virgo praelectus
et
prae
ceteris
dilectus,
amoris cui multa
signa
Ghristits dedit laude
digna,
ille libi dedit
ista,
Johannes
evangelista.
Ambonim insimul.
quam pidchra,e
duae rosas
olivaeque speciosae,
qua/m praeclara lumina,
paradisique flumina,
coelestes
margarit-ae
laude
honoreque
vitael
Baptistae.
Gabriel te
nuntiavit,
de te GJvristus
praedicavit,
inter nafos mulierum
nemo
major,
o
quam
verum,
matris alvo sanctitatu^
Ghristi
testis,
nondum naiv^.
Evangelistae.
Te custodetn mairi
dedit,
mors cruenta te non
laedit,
pectus
Jhesu tu
suxisH,
mira dei
praevidisti,'
carne,
mente tu
beatus,
in coelum sic elevatus.
Baptistae.
Tu
pur plus quam propheta,
firmans fidei
decreta,
agnum
dei
praevenist,
vocem
patris
percepisti,
sarictum
spiritum
vidisti,
trinitatem creditisti.
186 LEGGENDE CRISTIANE
Eyangelistae.
AquUa
te
figuravit,
quis
sanctorum sic volavit?
te sol vertis
illustravit,
en te rivus emanavit
dulcore
suavitaiis,
summe doctor caritatis.
Amborum.
Olivae vos
pretiosae,
quorum
vitae
gloriosae,
columnae coelestis
templi,
morwm
flores
et
exempU,
quorum
merita beata
in
conspectu
dei
grata.
Vasa vos
electionis,
sidera
perfectionis,
vestris
purgate praecibu^
nos a
peccatis faecibus,
omne bonum
impetrate,
nos a malo liberate.
Mementote miserorum
in hac valle
peccatorum,
ne
mergamur
in
infernum,
sed vivatnus in aeternum
videntes deum deorum
in saecula saeculorum.
(Mone, op. cit.. Ili,
55).
Sulla
porta d'ingresso
della chiesa di S. Giovanni in Oleo
a Roma si
leggono
i distici
seguenti
del XII secolo:
Martyrii
calicem bibit hic athleta Johannes
principii
Verbum cernere
qui
meruit.
Verberat hic
fuste procotisul, forfice
tondit
quae
(membra) fervens
oleum laedere invaimi.
III.
I MARTIRI
O beata batorum
martyrum
certamina,
o devote recolenda victorum soUemna!
Digni dignis fulgent signis
et
florent
virfutibus,
illos
semper
condecenter veneremur laudibus.
Fide, voto,
corde loto adhaeaerunt Domino
et inviati sunt addicti atroci
martyrio
Carcerati, trucidati,
tormentorum
genera,
igne laesi, ferro
caesi
pertulerunt plurima.
Dum, sic torti cedunt morti carnia
per
interiimn
ut lecti aunt
adepti
batorum,
praemium..
Per
contemptum
mundanorum et
per
bella
fortia
meruerunt
angelorum
victores consortia.
Ergo facti
coheredes Christo in colestibus
apud
iatum vota noatra
promovete praecibus.
Ut
poat finem hujvs
vitale et
poat
tfanaitoria
in
perenni
mereamur exultare
gloria.
Mone,
op.
cit.. Ili,
142.
LA LEGGENDA DI S. STEFANO
[Inedita,
cavata dal Cod. Panciatichiano XXXIX della
Biblioteca Nazionale di
Firenze,
carte
10
e
segg.].
Stefano
^
fu uno delli sette diaconi eletti
dagli Apo-
stoli '^. E li Giudei vedendo li miracoli e le sante
opere
di
Stefano,
mossonsi ad invidia contra lui e in tre modi
il,
volevano confondere:
disputando
contra
lui;
dando
falsi
testimoni,
e tormentandolo. Et
egli
nella
disputa-
zione
gli
vinse,
e li testimoni falsi
convinse,
e delli tor-
menti ebbe vittoria. Ed in ciascuna di
queste battaglie
gli
fu dato aiuto di
cielo,
che nella
prima battaglia gli
fu dato lo
Spirito
Santo,
lo
quale gli
diede
facondia;
nella seconda
gli
fu dato volto
angelico, per
lo
quale
si
spaventarono
li falsi
testimoni;
nella terza
gli
fu
mandato Cristo
apparecchiato
ad aiutarlo e a confor-
tarlo.
Onde santo
Stefano,
predicando
e facendo molti
miracoli davante al
popolo,
li Giudei
prima
lo assali-
1
Nella
leggenda pubblicata
da mons. Stefano Rossi
(Firenze 1834)
precede
un
capitolo
in cui data la
interpretazione
del nome del Santo.

Stefano in
greco,
in latino detto
corona,
ma in ebreo norma. Corona
fu,
cio
principio
di mrtiri del Nuovo
Testamento,
come fu Abel nel
Vecchio. Fu anche
norma,
cio
esemplo
e
regola agli
altri di
patire.
2
Atti
degli Apostoli,
VI,
5. Gli altri sei furono:
FUippo,
Procoro,
Nicnore, Timone,
Parmena e Nicola. Ad essi fu affidata l'amministra-
zione dei beni della chiesa e la distribuzione delle elemosine.
190 LEGGNDE CRISTIANE
rono colla
disputazione.
Onde
alquanti
si levarono contra
lui e
disputavano
contra lui. Ecco la
prima battaglia.
La vittoria fu che non
potevano
contrastare alla sa-
pienza
e allo
Spirito
di colui lo
quale
favellava. E ve-
dendo che non
potevano
vincere nella
disputazione,
procacciavano
di
convincerlo
con falsi testimoni. E me-
narono due falsi testimoni contra
lui,
li
quali
lo accu-
sarono che aveva detta falsitade contra Dio e contra
Mois e contra la
legge
e contra '1
tempio.
Ecco la bat-
taglia.
Vediamo la vittoria e l'aiuto. Onde dice che
quando guatavano
la faccia
sua,
pareva
come faccia
d'angelo.
E vedendo che no '1
potevano
vincere con li
falsi
testimoni,
procurarono
li tormenti. Onde udendo
le sue
parole gridavano
contra
lui,
e feciono contra
lui
assalto,
e cacciaronlo fuori della
cittade,
lapidandolo.
E
quegli
due falsi testimoni li
quali,
secondo la
legge,
prima
dovevano incominciare a
lapidarlo, spogliaronsi
le loro
vestimenta,
acci che fossono
pi spediti,
e
puo-
sonli a'
piedi
d'uno
giovane
che avea nome Saulo^.
E
Stefano,
non
potendoli
ritrarre dalla loro
follia,
n
con minaccia de la divina
punizione,
n con
vergogna
del loro
peccato,
volle trovare un altro
modo,
cio amore.
Onde volle
pregare
Dio
per
loro devotemente. E
questo
fue
grandissimo
amore. Onde non fece orazione che Dio
prolungasse
la sua morte e
iscampasselo,
ma fece ora-
zione a Dio che
perdonasse
a coloro che lo
lapidavano.
E
quando
lo
lapidavano, egli
diceva: Messere Ges
Cristo,
ricevi lo
spirito
mio . E
ponendo
in terra le
ginocchia
sue,
disse con
grande
voce:

Messere,
non
imputare
loro a
peccato
la mia morte . E vedi
maravigliosa
caritade,
che
per
li nemici
s'inginocchiava
a fare
orazione,
e
per
s
non
s'inginocchiava, quasi
come desiderasse
pi
d'essere esau-
dito
per
loro che
per
s! E in
questo
volle
seguitare
Cristo,
lo
quale,
orando
per
s,
disse: Padre del
cielo,
raccomando lo mio
spirito
nelle tue mani
,
e
pregando
^
che
poi
sar S.
Paolo;
vedi
pag.
143.
SANTO STEFANO 191
per
li suoi
crocifissori,
disse:
Padre,
perdona
loro,
che
non
conoscono
quello
che fanno

^.
E
quando
santo Stefano ebbe fatta
l'orazione,
vide
Cristo
in cielo e finitte la vita sua ^.
Santo Stefano fu
lapidato
in
quello
medesimo anno
che Cristo and in cielo
^,
nel
prossimo
mese
d'Agosto,
tre
d entrante
Agosto
*. E santo Mcodemo e Gama-
lele,
che erano in
Gerusalemme,
s lo sotterrarono.
Dice santo
Agostino
che santo Stefano fece miracoli
quasi
sanza nmero: e' suscit dei
morti,
e rendette
sanitade a molti da diverse infermitadi. E dice che
li fior che erano
posti sopra
lo suo
altare,
quando
erano
tolti di sull'altare e
posti sopra gl'infermi
incontanente
curavano
ogni
infermitade. Dice santo
Agostino
in uno
libro lo
quale
si chiama De Civitate
Dei,
che li fiori ch'e-
rano
posti
in suUo altare di santo Stefano furono
posti
agli
occhi d'una femina
cieca,
e iucontanente riebbe lo
vedere. Ancora dice in
quello
medesimo
libro,
santo
Agostino,
che fue imo
gentile
e
potente
uomo in una
eittade,
lo
quale
avea nome
Marziale,
ed era infedele.
E
non volendosi convertire alla fede di
Cristo,
essendo
1
S.
Luca, XXXHI,
34 e
46.
Poi vidi
genti,
accese in foco
d,'ira,
con
pietre
un
giovinetto
ancider,
forte
gridando
a s
pur:
Martira! Martra!
E lui vedea chinarsi
per
la morte
che
l'aggrava gi,
inver la
terra;
ma
degli
occhi facea
sempre
al ciel
porte.
Orando all'alto
Sire,
in tanta
guerra,
che
perdonasse
a' suoi
persecutori,
con
quello aspetto
che
piet
disserra.
Dante, Purgatorio, XV,
106-14.
^
.
Gli Atti
(VII, 59)
dicono

s'addorment nel
Signore
. Una chiosa
del
testo commenta: bel detto fue
dormo,
non
morlo,
che
per
ci
ch'egli
sofferette sacrificio
d'amore,
dormo nella
speranza
della resurrezione .
^
cio il 33 dell'Era
volgare.
*
la Chiesa
per
celebra la festa di S. Stefano il 26
dicembre,
subito
dopo
il
Natale,
perch
volle che la memoria del
primo
martire
seguisse
immediatamente a
quella
di Cristo.
192
LEGGENDE CRISTIANE
gravemente
infermo,
lo
genero
suo,
lo
quale
era fede-
lissimo
cristiano,
and alla ecclesia di santo Stefano e
prese
de' fiori ch'erano in sull'altare e celatamente
gli
pose
sotto al
capo
di Marziale. E dormendo Marziale
sopra quelli
fiori,
incontanente che fu
desto,
la mattina
per tempo,
incominci a
gridare
e con
grandi
voci di-
ceva che voleva andare al vescovo della
cittade,
E non
essendovi il
vescovo,
venne a lui un
prete,
ed
egli
con
grande
devozione si fece
battezzare.
Questi,
in tutto il
tempo
che
vivette,
sempre
ebbe in bocca
questa pa-
rola:
n
Ch'iste,
suscipe spiritum
meumy>,
non
sapendo
egli
che santo Stefano nell'ora della morte sua avesse
detto
queste parole.
Ancora dice santo
Agostino
che fue una nobile donna
ch'avea nome Petronia. Et essendo stata
lungo tempo
inferma
gravissimamente,
aveva fatte molte medicine
alla sua
infermitade,
ma
per
ci,
non
guariva.
Poi chiese
consiglio
ad uno
Giudeo,
lo
quale
le diede un anello con
una
pietra preziosa
entrovi,
e disse che '1 tenesse a
coUo,
e sarebbe liberata della sua infermitade. E la
domia,
vedendo che non riceveva
sanitade,
and alla ecclesia
di santo
Stefano,
che la dovesse liberare. E
subitamente,
sanza
rompimento
della cordella che aveva a
collo,
nella
quale
era
l'anello,
e
sanza
rompitura
dell'anello,
cadde in terra l'anello. E
incontanente la donna si
sentitte
perfettamente
liberata.
ANNOTAZIONI
Questo
racconto fa
parte
della
Legenda
Aurea del Vara-
gine.
Un'altra
pi ampia
redazione,
meno fedele
per
al testo
latino,
venne
pubblicata
da Stefano Rossi a Firenze nel 1834.
Il D'Ancona nella sua- raccolta ha
pubblicato
la Istoria et ora-
tione di S.
Stefano
martire, quale fu
eletto diacono dalli
Apostoli
e
lapidato
dcC
Giudei,
dall'edizione di Firenze 1557.
Alla memoria del Santo venne consacrata a Roma sul monte
Celio nel
468,
da
papa Simplicio,
una
grande
chiesa di forma
Beato Angelico -La
predicazione
di S.
Stefano.
(Roma
-
Palazzo
Vaticano).
(fot. Brogi).
192
LEGGENDE CRISTIANE
gravemente
infermo,
lo
genero suo,
lo
quale
era fede-
lissimo
cristiano,
and alla ecclesia di santo Stefano e
prese
de' fiori ch'erano in sull'altare e celatamente
gli
pose
sotto al
capo
di Marziale. E dormendo Marziale
sopra quelli
fiori,
incontanente clie fu
desto,
la mattina,
per tempo,
incominci a
gridare
e con
grandi
voci di-
ceva che voleva andare al vescovo deUa cittade. E non
essendovi il
vescovo,
venne a lui un
prete,
ed
egli
con
grande
devozione si fece battezzare.
Questi,
in tutto il
tempo
che
vivette,
sempre
ebbe in bocca
questa pa-
rola: u
Christe,
suscipe s'piritum
meum,
non
sapendo
egli
che santo Stefano nell'ora della morte sua avesse
detto
queste parole.
Ancora dice santo
Agostino
che fue una nobile donna
nh'avea nome Petronia. Et essendo stata
lungo tempo
inferma
gramissimamente,
aveva fatte molte medicine
alla sua
inferraitade,
ma
per
ci non
guariva.
Poi chiese
consiglio
ad uno
Giudeo,
lo
quale
le diede un anello con
una
pietra preziosa
entrovi,
e disse che '1 tenesse a
collo,
e sarebbe liberata della sua infermitade. E la
donna,
vedendo che non riceveva
sanitade,
and alla ecclesia
di santo
Stefano,
che la dovesse liberare. E
subitamente,
sanza
rompimento
della cordella che aveva a
collo,
nella
quale
era
l'anello,
e sanza
rompitura
dell'anello,
cadde in terra l'anello. E incontanente la donna
si
sentitte
perfettamente
liberata.
ANNOTAZIONI
Questo
racconto fa
parte
della
Legenda
Aurea del Vara-
gine.
Un'altra
pi ampia
redazione,
meno fedele
per
al testo
latino,
venne
pubblicata
da Stefano Rossi a Firenze nel 1834.
Il D'Ancona nella sua raccolta ha
pubblicato
la Istoria et ora-
tione di S.
Stefano
martire,
quale fu
eletto diacono dalli
Apostoli
e
lapidato
da^
Giudei,
dall'edizione di Firenze 1557.
Alla memoria del Santo venne consacrata a Roma sul monte
Celio nel
468,
da
papa Simplicio,
una
grande
chiesa di forma
Beato Angelico
-
La
predicazione
di S.
Stefano.
{Roma
-
Palazzo
Vaticano). (fot. Brogi).
SANTO STEFANO 193
circolare,
santo Stefano
Rotondo,
costruita
sopra
le rovine del-
l'antico
Macellum
Magnum. L'Angelico
nella
prima
met del
400,
dipinse
a fresco nella
Cappella
di Niccol Vin
Vaticano,
quattro
storie
della vita del Santo: la sua
vestizione,
la distribuzione
delle
elemosine ai
poveri,
la
disputa
dinnanzi al
Sinedrio,
e la
morte.
Questi
soggetti
vennero
ripetuti
dal
Carpaccio
in
quattro
tavole,
oggi disperse
fra il
Louvre,
la Galleria di
Brera,
il Museo
di
Berlino e la Galleria di
Stuttgart.
La
lapidazione
venne trat-
tata
in modo vivamente drarmnatico da un
pittore
fiorentino
dei
primi
del
Seicento,
Lodovico
Cigoli,
in una
grande pala
d'al-
tare,
oggi
alla Galleria antica e moderna di Firenze.
Ma
forse
tutti
super
il RosseUino coi bassorilievi che ornano il
pulpito
del duomo
di Prato. Tra i
contemporanei,
ricorderemo il Fra-
cassini che fresco con vari
episodi
della vita del Santo la basi-
lica di S. Lorenzo a
Campo
Verano,
fuori della
porta
Tiburtina
a Roma.
13.

Battelli,
Leggende
cristiane.
LA LEGGENDA DI S. LORENZO
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
I, pag. 213].
Lorenzo
martire, diacono,
di
gente spagnuola,
fu
menato a Roma dal beato Sisto ^. Dice Giovanni
^
che
sendo andato santo Sisto in
Ispagna,
s trov due
gio-
vani: Lorenzo e
Vincenzo,
suoi
parenti,
uomini bene
composti
e onesti e fermi e chiariti in
ogni opera,
e
mengli
seco a Roma: de'
quali
l'uno,
cio
Lorenzo,
s
rimase a
Roma,
e
l'altro,
cio
Vincenzo,
s torn in
Ispagna
e l fin la sua vita
per
lo
glorioso
martire.
Allora ordin san Sisto il beato Lorenzo
per
suo
arcidiacono.
In
questo tempo
ricevette la fede
Filippo impera-
dore
^
e '1 suo
figliuolo:
e,
fatti
cristiani,
avevano inten-
dimento
d'aggrandire
molto la Chiesa.
Questo
Filippo
fu '1
primo imperadore
che
Origene
converti alla
fede,
e
regn
nel millesimo anno che Roma si edific
*,
acci
che lo millesimo anno di Roma fosse innanzi consa-
crato a Cristo che
agli
idoli,
e
quell'anno
fu da' Romani
guardato
e onorato con
grande
avvisamento di
giuochi
e di cose da vedere ^.
^
Sisto
II,
papa,
che
regn
un anno
solo,
cadendo vittima della
per-
secuzione di Valeriano
(258).
2
Beleth,
la solita autorit citata dal
Varagine.
^
Filippo
l'Arabo,
che
regn
dal 244 al 49.
*
Secondo la
tradizione,
Roma venne fondata 754 anni avanti
l'Era
volgare.
5
la traduzione letterale della
parola
latina
spectacula. Filippo
festeggi
realmente con
gran pompa
il
millenio,
nel 247.
.
SAH LORENZO 195
Ora
avea
Filippo
uno cavaliere che avea nome
Decio;
molto
ingegnoso
d'arme e famoso di
battaglie,
e ru-
bellandosi
lYancia in
quei
di,
lo
imperadore
mand l
Decio
cavaliere
per
sottometterla.
Quegli
and;
avuta la
vittoria
di
Erancia,
ritorn a
Roma,
sicch lo
imperadore,
udendo
della sua
venuta,
e volendone
pi
altamente
rimeritare,
si
gli
and incontro insino a Verona. Ma
perch
la mente de' rei
uomini,
quando pi
si sentono
onorare,
tanto
pi
montano in
superbia,
cominci a di-
siderare
lo
imperio
e a ordinare la morte del
signore
suo.
Riposandosi adunque
lo
imperadore
nel letto
suo,
Decio
celatamente entr nel
padiglione^
e uccise il
signore
suo che dormiva ^. E la
gente
ch'era venuta con
lo
imperadore
trasse a s con
priego
e con
prezzo
e con
promissioni,
e vennesene ratto a la citt reale ^. Udendo
queste
cose,
il
figHo
del re ebbe forte
paura,
e tutto
il
tesoro del suo
padre
raccomand a san Sisto e a san
Lorenzo,
e
[ordin]
che,
se venisse che fosse
morto,
ch'eglino
il dessero ai
poveri;
e
poi
si nascose dinnanzi
a
Decio.
Il senato di Roma and incontro a Decio a confer-
marlo
imperadore:
ma
perch
non
paresse
che avesse
il
signore
suo ferito a
tradimento,
ma
per
lo zelo d'ido-
latra,
e' cominci a
perseguitare
crudelissimamente
i
Cristiani,
e comand che senza ninna misericordia
fessone tutti
taghati
a
pezzi.
E in
questa persecuzione
furono morti molte
migliaia
di
martiri,
tra i
quali
il
figlio
del re.
Dopo queste
cose,
cercando Decio
per
lo
tesoro del
signore suo,
fugli
offerto san
Sisto,
siccome
^
tenda.
^
I
fatti storicamente avvennero in maniera un
po'
diversa. Decio fu
mandato non in
Gallia,
ma a cacciare i Goti che avevano invaso la Pan-
nonia;
e
avendo
conseguito
la
vittoria,
fu acclamato dalle sue
legioni,
Je
quali
a
Verona vennero in conflitto con
quelle dell'imperatore.
Durante
questa
battaglia
il sovrano rimase uccso
(settembre 249).
Non ben
eerto
che
Filippo
avesse abbracciata la fede cristiana: la
tranquillit
che
la
Chiesa
godette
sotto il suo
regno
fece nascere codesta voce.
^
Roma.
,"
,'
V .;^
7 -'\f^~^*jy:: "i^'^'K'^
s
''^-? T f.
T^i^S^-^fT^f-^-^'^M
196 LEGGENDE CEISTIANE
uomo che coltivatore di Cristo
^
ed avesse i
tesori
dello
imperadore.
Allora Decio il fece mettere in
pri-
gione,
insQo a tanto che
per quelle
tormenta
rinnegasse
Oisto e
discoprisse
i tesori. E santo
Lorenzo,
segui-
tandolo,
gridava dopo
lui: Dove ne va il
padre
sanza
il
figliuolo
1 dove ne va il
prete
sanza il ministro?
Or
prova
se tu
elegesti
buono
ministro,
al
quale
tu
hai
commesso di
dispensare
il
sangue
di Cristo. E
san
Sisto
gli
disse: Non ti
lascio,
figliuolo
mio,
n non ti
abbandono,
ma a te si fanno
^
maggiori
battaglie per
la
fede di Cristo:
noi,
come
vecchi,
eleggiamo
corsi di
pi
lievi
battaglie:
a
te,
siccome
giovane, aspetta pi glo-
riosa
battagUa
e vittoria del tiranne:
dopo
tre d tu
mi verrai
dietro,
tu
diacono,
a me
prete
^
. E
diegli
tutti i tesori e
cornandogli ch'egli
li desse a le chiese
e ai
poveri.
E santo Lorenzo and caendo
*
i
poveri
di
d e di
notte,
e
diligentemente dispens
ad
ogni
mio,
com'era il
bisogno.
E venendo a casa d'una vedova
che avea nascosti molti
Cristiani,
la
quale
avea
lungo
dolore di
capo, puosele
la mano in
capo
e liberolla
della
infermit,
e lav i
piedi
ai
poveri
e a tutti diede
limo-
sina. In
quislia
medesima notte venne a casa d'uno cri-
stiano,
e trovandovi un
cieco,
s lo rallumin col
segno
della croce.
E non volendo
dunque
san Sisto consentire a
Decio,
s comand che fosse menato a dicollare. E correndo
lo
santo
Lorenzo,
s
gridava dopo
lui,
dicendo:

padie
santo,
non mi
abbandonare,
perch'io
ho
gi dispensato
i tesori che tu mi lasciasti. AUora i
cavalieri,
uden-
dogh
dire deUi
tesori,
presono
santo Lorenzo e diedolo
a Partemio
tribuno,
ed
egli
lo
rappresent
a Decio
im-
^
seguace,
eultore.
2
addicono.
2
Anche
qui
avvenuta una confusione: il
pontefice
Sisto II
non
fu
perseguitato
da
Decio,
ma da
Valeriano, ohe
regix
alcuni anni dopo
253-260).
*
cercando.
SAN LORENZO 197
peradore,
e Decio
gli
disse:

Dove sono i tesori" della
Chiesa,
i
quali
noi abbiamo
saputo
che sono
appo
te? .
E
quegli
non
rispondendo
nulla,
miselo in mano a Va-
leriano
prefetto^
che
gli
facesse manifestare i
tesori,
ed
egli
gli
facesse adorare
gl'idoli,
o farlo morire
per
diversi
martirf e tormenti: e
Valeriano il diede a
guardia
a
uno
prefetto
che atvea nome
Ippolito,
e
quegli
lo serr
nella
prigione
con molti altri. Or v'avea uno uomo
ch'avea
nome
Lucilio,
lo
quale per
lo molto
piangere
era
diventato
cieco;
e
dicendogli
santo Lorenzo che
egli
vedrebbe se
egli
credesse a
Cristo,
ed
egli
iucon-
tanente
domand d'essere battezzato.
Togliendo
il
santo
dell'acqua
2,
disse a lui: Tutte le cose sono la-
vate
nella confessione. E
quando
l'ebbe domandato
diligentemente degli
articoli delle
fede,
ed
egli
dicendo
che credea
tutto,
gittogli l'acqua
in
capo
e battezzoUo
nel nome di Cristo e incontanente riebbe lo lume. Per la
qual
cosa molti ciechi venivano a lui e tornavansi a
casa ralluminati.
Veggendo queste
cose,
Ippolito
disse a lui:

Mo-
strami li tesori. Disse santo Lorenzo: O
Ippolito,
se
tu crederai nel
Signore
Cristo,
gli
tesori ti mostrer
e
vita eterna ti
prometto.
Disse
Ippolito:
(fSe tu ac-
cordi il fare col
dire,
far
quello
che tu mi conforti.
In
quella
ora credette
Ippolito
e tutti
quegli
di casa
sua,
e
battezzato che
fu,
disse:

Io vidi l'anime
degli
inno-
centi
godere
molto
allegri. Dopo queste
cose,
mand
Valeriano ad
Ippolito,
che
gii rappresentasse
Lorenzo;
allo
quale
disse santo Lorenzo: Andiamo
insieme,
perch
a me e a te
apparecchiata
la
gloria.
Sicch
vennero insieme e fu fatta la
inquisizione
de'
tesori;
e
santo Lorenzo chiese
indugio
tre
d,
e Valeriano
gUeli
diede,
sotto la
impromessa d'Ippolito.
E 'n
questi
tre d
^
Vedi la nota
precedente.
^
Sull'antica
prigione
venne edificata la chiesa di S. Lorenzo iu
Ponte,
cos
chiamata
appunt per
una
polla d'acqua
che trovasi nel
sotterraneo,
e che
pu
essere ancor
oggi
visitata.
198 LEGGENDE CEISTIANE
raccolse i
poveri
e
zoppi
e ciechi e
rappreseiitogli
nel
palagio
sallustiano
^
dinnanzi a
Cesare,
e disse
cos:

Ecco
questi,
che sono i tesori eternali che mai
non
iscemano,
ma crescendo si
spandono
in
ciascuno,
e
in
tutti si trovano: le mani di costoro ne
portarono
i
te-
sori in cielo . Allora
Valeriano,
in
presenza
di
Decio,
s
disse:

Lorenzo,
perch
ti vai tu infrascando
^
in
molte
cose? Lascia stare
questa
tua arte
magica.
Disse a
lui
santo Lorenzo:

Quale

degno
d'essere
adorato,
o la
fattura o colui che fa? . Onde adirato Decio
comand
con
correggia
fosse
battuto,
e
fecegli
recare
innanzi
d'ogni
maniera di
tormenti,
e
comandogK
che sacri-
ficasse
agl'idoli j)er iscampare
i tormenti. E santo Lo-
renzo
rispose:

disavventurato
re,
io ho
sempre
de-
siderate
queste
vivande. Disse a lui Decio:

Se
queste
ti
paiono
vivande,
or mi manifesta i tuoi scomunicati
compagni,
che ne
mangino
insieme con teco . Al
quale
disse santo Lorenzo :

Elli hanno
gi
dato iscritto i loro
nomi in cielo e tu non se'
degno
de' loro
agguardamenti
.
Allora
per
comandamento di Decio fu
ispogKato ignudo
e battuto con
bastoni,
e
piastre
di ferro ardenti furono
poste
alle sue
carni,
e disse santo Lorenzo:
Signore
mio Ges
Cristo,
abbi misericordia di
me,
per
che
sono stato accusato e non ho
negato,
e sono stato do-
mandato ed ho
confessato,
e non
negato
te,
Cristo.
Disse a lui Decio: Io so che
per
arte
magica
tu hai
per
niente li
tormenti,
ma tu non
potrai
aver
i^&r
niente
me. O tu sacrificherai alli dei o tu morrai in
questa
notte.
Rispose
santo Lorenzo: La mia notte non
ha
oscurit,
ma tutte cose sono chiarite nella luce . Disse
Decio:

Ora sia recato uno letto di ferro
perch
vi si
ri-
posi
Lorenzo contumace . Sicch i ministri lo
spogliarono
e disteserlo in su la
graticola
di
ferro,
e mettendovi
le
1
I famosi
giardini
di
Sallustio,
che si trovavano dove
oggi
sorge
il
quartiere
Ludovisi,
divennero
propriet degli imperatori,
ed avevano
costruzioni
magnifiche.
2
ravviluppando.
SAN LOEENZO 199
bracia
sotto,
co' le forche di ferro il vi calcavano suso.
E
disse Lorenzo a Valeriano:
Appara
tu, misero,
che
i
carboni tuoi mi danno
rifrigerio,
ma a te tormento
eternale,
imper
sa bene il
Signore
ch'io non l'ho ne-
gato
)>. E disse con la faccia
allegra
a Decio:
Ecco,
misero,
che hai arrostita una
parte,
or
volgi
l'altra e
mangia.
E
volgendosi
al
Signore,
disse: Grazie ti
fo,
o
Signore,
che ho meritato d'entrare in cielo ! . E dette
queste parole,
mand fuori lo
spirito.
Decio lasci stare il
corpo sopra
lo
fuoco,
e andomie
con Valeriano al
palazzo
di
Tiberio;
e
Ippolito rap
il
corpo
la
mattina,
s l'unse e lo racconci con buona
spezie
e
seppeUillo
nello
Campo
Verano.
Fu martoriato il beato martire intorno
agli
anni
Domini CCLX
*,
e la sua festa si a d dieci
d'agosto.
Amen.
ANNOTAZIONI
DaUa
Legenda
Aurea. Abbiamo
gi
avvertito in una nota
cme il narratore confonda la
persecuzione
di Decio
(250)
con
quella
di Valeriano
(25).
L'Editto di
Valeriano,
datato dai
primi giorni d'agosto,
contiene
queste parole:
<>.
episcopi
et
pre-
shyteri
et diacones incontinenti animadvertantur >. II 6
agosto
Papa
Sisto II venne ucciso nelle catacombe insieme con
quattro
diaconi,
come attesta
Cipriano (lettera 80);
e
quattro giorni
dopo,
Lorenzo sub la stessa sorte. SuUa tomba del martire a
Campo
Verano,
Costantino edific un
oratorio,
cui
pi
tardi
Onorio III
aggiunse
ima suntuosa basilica a tre navi
(1216-27),
cambiando l'orientamento della
chiesa,
e
volgendone
la facciata
ad
occidente.
Questa
basilica una delle sette chiese la cui
visita si
fa,
praticando
la divozione istititita da S.
Filippo
Neri.
Nel
restauro
compiuto
nel secolo scorso venne ornata di affreschi
del
Fracassini
rappresentanti
vari
episodi
della vita del
Santo..
In onore di S. Lorenzo fin dai
primi tempi
vennero
composti

precisamente
il 10
agosto
258.
^.-
J-.
>t'?><;_y.
1^
T-_ -i.y'^-.Hi'^'^
'
f'"^
200 LEGGENDE CRISTIANE
vari
ioni;
fra i
quali
ricorderemo
quello
di
Sant'Ambrogio
che
comincia:
Apostolorum supparem
Laureniium archidiaconum
pari
corona
martyrwtn
Romana sacravit
fides;
l'epigramma
di
Papa
Damaso:
Verter,
camifices, flammas,
tormenta,
catenas
Vincere Laurenti sola
fides potuit.
Ha,ec Damasus cumulat
supplex
altaria
donis,
Martyrio egregium suspiciens
meritum:
e finalmente il carme di Prudenzio nel
Peristephanon,
che ter-
mina
esprimendo
il rammarico del
poeta
di non
potersi inginoc-
chiare
presso
la tomba venerata del Santo.
O ter
quaierqtie
et
septies
Nos Vasco Hiberits dividit
beaitis Urbis
incola,
binis remotos
Alpibus,
qui
te ac tuorum comminus trans Gottianorum
juga
sedem celebrai
ossuum;
trans et
Pyrenas ninguidos.
. Cui
propter
advolvi
licet,
Vix
fama
nota
est,
abditis
qui fletibtts spargit locum, quampiena
sanctis Roma
sit,
qui pectus
in terram
premit,
suam dives urbanum solum
qui
vota
fundit
murmure. sacris
sepidcris floreaf.
Nelle arti
figurative,
oltre i
gi
accennati afiEreschi del Fra-
cassini son da ricordare le belle
pitture dell'Angelico
nella
cap-
pella
di Niccol V in
Vaticano,
e la scena del martirio del Santo
dipinta
daUo
Spagnoletto (Galleria Vaticana),
da Tiziano
(Ve-
nezia,
chiesa dei
Gesuiti)
e dal Rubens
(Galleria
di
Monaco).
Gli attributi consueti di S. Lorenzo sono la dalmatica e la
graticola
di' ferro su la
quale
venne martirizzato.
LA LEGGENDA
DEI SETTE DORMIENTI DI
EFESO
[Inedita:
dal Codice
MagliabecMano
XXXVIII, 8,
6
e
Riccardiano, 1234,
carte 173 e
segg.].
Li
gloriosi
sette Santi Dormienti furono di nazione
del
paese
d'Asia,
e della citt di
Efeso,
a la
quale
citt
san Paolo scrisse
l'epistole
che si chiamano ad
Ephesios.
Ora venendo
Dpoio,
imperadore
de' Romani e
persecu-
tore crudele de'
Cristiani^,
nella
sopradetta
citt d'E-
feso,
comand essere disfatte le chiese di
Cristo,
le
quali
avea fatte fare san Giovanni
evangelista,
e nel mezzo
deUa citt f' fare un
tempio grandissimo
e bellissioio
a
nome deUi dii de'
Romani,
nel
quale
f'
ponere
molti
idoli d'oro e
d'argento
e d'altri
metalli,
e comandato
che ciascuna
persona
li
sopradetti
idoli dovesse ado-
rare,
e a loro
sacrificare;
e
chiunque questo
non
facesse,
di
presente
dovesse crudelmente essere
guasto
e marto-
rizzato. E fu
questa
s
aspra persecuzione
che il cri-
stiano che non era ben fermo nella fede di
Cristo,
l'uno
abbandonava l'altro
per potere fuggire
la furia di Decio:
il
padre
abbandonava il
figliuolo,
il
figliuolo
il
padre;
l'uno
fratello lassava
l'altro,
e l'uno l'altro
rinnegava,
perci
che
grande
moltitudine di Cristiani fu
quine
martorizzata. Allora nella citt di Efeso furono trovati
sette
uomini fedeli
cristiani,
e i loro nomi son
questi:
^
Decio
regn
dal 249 al
51,
e fu veramente un terribile
persecutore
.l*l'.-ioi^'i
dei
Cristiani.
202 LEGGENDE CRISTIANB
Massimiano, Malco, Martiniano, Dionisio, Giovanni, Se-
rapione
e
Costantino,
li
quali,
vedendo lo strazi
che
si faceva de'
Cristiani,
doleansr
molto,
e
dispregiando
i sacrifici che si facevano
agli
idoli,
stavano
nascosti
e celati nelle loro
case,
in
digiuni, vigilie
e sante
orazioni,
ma
pure
alla
perfine
furono accusati davanti a
Decio
imperadore
come fossero veri
cristiani,
e conci sia
cosa
che ellino erano nobili e
grandi
de la
citt,
l'imperadore
die loro termine di venti
giorni
a dovere deliberare.
Nel
quale tempo
ellino venderono tutta la loro so-
stanza e dierono a'
poveri
di Cristo
per
l'amore di
Dio,
e
ispirati
dal Santo
Spirito,
deliberarono di
fuggire
la
citt e andarono su uno alto e
aspro
monte che si chiama
monte
Olimpo
^. E cos
,
menati dallo
Spirito
Santo,
in
su
quel
monte abitando in
digiuni, vigilie
e in
orazioni,
l'uno di loro veniva de li otto d una volta a la citt
a
procurare
del
pane per
se e
per
li
compagni.
Ritor-
nato lo
imperadore
in
Efeso,
e mandando
per
li
sopra-
dtti sette
santi, Malco,
il secondo dei
sette,
il
quale
era ito alla citt
per procurare
del
pane,
ud e intese
dalla
gente
il furore e l'ira de lo
imperadore
contra di
loro
sette;
e ritornando con
poco pane
a'
compagni,
narr loro l'ira e la rabbia
imperiale
contra di loro. Ed
ellino,
confortati da convenevole e onesto
pane,
rende-
rono laude e
grazie
a
Dio,
il
quale
li scrivea nel numero
dei martiri. E
dappoi apparve
loro una cerva la
quale
con atti e con
segni
li condusse alla bocca d'una
gran-
dissima
spilonca,
e
quine
entrarono,
e la bocca de ]a
spilonca
serrarono con
pietre,
nelle
quali
scrisse Dio-
nisio,
il
quarto
di
loro,
come
gli
fu
possibile,
i loro nomi
e la
progenie
e il (t e l'anno ch'elli entravano nella
spi-
lonca. E intrati
dentro,
si
puoseno ginocchioni
ne
la
spilonca
in
orazione,
e
contemplavano
i
gaudi
di vita
etema;
e la divina bont immise in loro uno
sopore
di
1
Pi. avanti chiamato rettamente Celion.
L'Olimpo
dell'Asia
Mi-
nore sta
pi
a
nord,
vicino a Brussa.
I SETTE DOEMIENTI DI EFESO 203
dolce
sonno,
nel
quale,
siccome fece Adamo nostro
padre,
s'addormentarono in Cristo e dormirono anni
trecento
ottantotto
^,
s come fu da
poi provato
e trovato.
E
perci
la santa Chiesa cristiana li chiama li Sette
Santi
Dormienti '''. Ora facendo Decio cercare
per
costoro,
e non
trovandosi,
perch
Dio non
voleva,
esaminati li loro
padri,
amici e
parenti,
e non
sappiendosene
nulla,
se non
ch'eUi
aveano venduti i loro beni e dati a'
poveri,
e che
erano
stati veduti sul monte
Olimpo,
ovvero
Celion;
fa-
cendo
cercare,
fu trovata
questa spilonca
serrata,
ne la
quale,
volendo
aprire per
entrare
dentro,
e Dio riservando
H suoi
santi,
prima
da cielo mand
tuoni, saette,
venti
e
grandine
e
acqua
con infinita
tempesta. Dappresso
a
la bocca de la
spilonca apparve poi
moltitudine d'ani-
mali feroci:
lupi,
leoni, orsi,
serpenti
e
dragoni,
di che
furono costretti lassare
l'impresa.
Ma comand
l'impera-
dore che
quella
bocca de la
spilonca
fosse bene murata.
Fra
quelli
muratori erano due
cristiani,
occulti
per
timore del
martirio,
Teodoro e
Rufino,
li
quali
scris-
sero li nomi e il martirio dei
sopradetti
santi,
e avvi-
satamente lo misero nel muro.
Da
poi
mor Decio
imperadore; passano
centinaia
d'anni,
mutansi tutti i
reggimenti
e i
costumi,
il favel-
lare,
la
moneta,
e la Cristianit viene in alcuna
pro-
sperit.
Passati anni trecento settanta
tre,
regnando poi
Teodosio
imperadore
cristianissimo
^,
nel cui
imperio
anno
trigesimo, pullul
l'errore de l'eresia di certi eretici
*
li
quaU negavano
la resurrezione de' morti. De la
qual
cosa dolendosi molto lo
imperadore,
che vedea vacillare
la santa fede di
Cristo,
sedeasi in cenere e
cilicio,
di-
giuni
e
vigilie,
orazioni e lacrime. La cui divozione
^
poco dopo gli
anni sono ridotti a 373.
^
La Chiesa ne fa memoria nel
martirologio
il 28 di
luglio.
^
Si tratta evidentemente di un
computo
errato,
perch
Teodosio il
Grande
regn
dal 379 all'SS. Sono
dimque,
al
massimo,
solo 133 anni.
*
Gregorio
di Tours li chiama
Saducei,
e dice che i
capi
erano i due
vescovi Teodoro e Gaio.
204 LEGGENDE CRISTIANE
vedendo
l'orimpotente
Dio,
avendo
compassione
a'
suoi
devoti
fedeli,
volendo confermare la fede della resurre-
zione de'
morti,
aperse
il tesoro della sua infinita mise-
ricordia e
piet,
e li
sopradetti
sette suoi martiri mera-
vigliosamente
risuscit in
questo
modo.
Inspir
nel
cuore d'alcuno
grande
e onorevole cittadino d'Efeso
che
sopra quel
monte dovesse fare abitazione
per
li
suoi
pastori,
di che avendo i maestri muratori di
pietra
tutto il monte
cercato,
come volle
Iddio,
pervennero
alla bocca della
spUonca,
e smurando e
aprendo,
risu-
scit Iddio i suoi santi
martiri,
li
quali
si credeano una
sola notte aver dormito. E salutandosi
insieme,
si rac-
cordarono della
persecuzione
di Decio
imperadore,
di
che li sette domandarono
Malco,
lo
quale
li solca
servire,
quello
che Decio di loro avesse
determinato,
e Malco
rispuose
ai
compagni
e disse:
Sapete
che
jersera
io vi
dissi che noi fummo cercati
per
esser
presi
e sforzati
a adorare
gl'idoli
de
l'imperadore
di
Roma,
de'
quali
Decio
zelatore;
ecco
quello
che di noi
pensa l'impe-
radore.
Rispuose
Massimiano,
uno dei sette dormienti:
ft
Ben lo sa Iddio che mai
questo
non
faremo,
che lasciamo
la sua santa e vera
fede
per
adorare l'idoli
dell'imperadore,
apparecchiati piuttosto
metter la vita e le
persone
nostre che
rinnegare
la verace fede di Cristo . E avendo
cos consolati i
compagni,
ordinarono insieme che di
presente
Malco,
loro
dispensieri
^,
dovesse andare alla
citt d'Efeso
per comperare
del
panfe
e
per sapere quello
che di loro fosse determinato da
l'imperadore.
Prese
"Malco
cinque
soldi de la moneta
corrente,
usc de la
spilonca,
e vedendo all'uscio moltitudine di
pietre,
molto si
maravigli,
ma
perch
attendeva a
maggiori
cose,
il
pensieri
^
delle
pietre
lass,
e
approssimandosi
tutto
pauroso
e timido a la
porta
d'Efeso,
e veduta la
porta
rimurata e
sopr'essa
il
segno
de la santa
Croce,
^
V. nota a
pag.
183.
2
Ibid.
I SETTE DOBMIENTI DI EFESO 205
per
maraviglia
non entra
dentro,
ma
rigira
di
fuori,
e and a un'altra
porta, sopra
de la
quale
anco vide
dipinto
il
segno
de la santa Croce di
Cristo,
di che ma-
ravigliandosi, perch pure
la sera
avanti,
al suo
parere,
queste
cose non aveva
vedute,
ma tutto il
contrario,
dubit di dormire e di
sognare.
Di che tutto
sbigottito,
con
vergogna
entrando ne la
citt,
quanto
onestamente
pi poteva
celandosi,
e
egli
udendo
parlare
la cittadi-
nanza di Cristo
onorevolmente,
vanne tutto maravi-
glioso
^
a
quelli
che vendeano
pane,
e
comperando,
ancora ud con onore nominare Cristo e la
Vergine
Maria,
e vedeva che la
gente
si
segnava
del
segno
de
la santa Croce. AUora non
possendo pi
ritenersi,
disse:

Qual'
la
cagione, signori,
che
pure jer
sera chi Cristo
nominava e
confessava,
era
martorizzato,
e
oggi
cia-
scuno chiama Cristo? Forse non la citt
d'Efeso,
la
quale
tanto rimutata?. Fu
riputato per questo poco
savio,
e che fosse
sciocco,
per
ci che erano, centinaia
d'anni che Efeso aveva ricevuto la fede di Cristo. Ulti-
mamente,
pagando egli
il
pane
che avea
comprato,
e cavando fuori la
moneta,
non fu voluta
prendere,
e
ciascuno si
meravigliava
di s fatta
moneta,
di che fu
avuto
sospetto ch'egli
avesse trovati tesori antichi
degl'imperadori.
Ed
egli:
Abbiatevi i danari il'
pane,
e
lassatemi
andare;
di che
per questo
molto
pi
so-
spetto 2,
fu
preso,
e menato davanti al vescovo della
citt. Ed
egli ragguardava
tra '1
popolo
se vedesse o rico-
noscesse alcuno de' suoi consorti o
parenti,
e nullo ri-
conoscendone,
stava tutto
stupefatto.
Domanda il ve-
scovo di due cose: la
prima,
chi
fosse,
e
onde;
di
qual
luogo
e di che
parentado;
la
seconda,
in che
luogo
avesse
trovato tesoro nascosto anticamente. A la
prima
do-
manda
rispuose
Malco e disse:
Io so bene che io sono
nato e allevato in
questa
citt
d'Efeso,
de la
quale
sono
^
pieno
di
maraviglia.
2
sospettato.
206 LEGGENDE CRISTIANE
cittadino,
se
questa
la citt
d'Efeso,
come io mi credo
bene,
che tutta mi
pare
rimutata da ieri in
qua.
A
questo
disse il vescovo:

Se tu sei veramente di
questa
citt,
fa' trovare i
parenti
tuoi che diano testimonianza
di te. E
quando gli
ebbe contati
per
nome,
non era
alcuno che ne conoscesse ninno. Alla seconda domanda
rispuose
Malco e disse che
egli
non aveva trovato al-
cuno
tesoro,
ma che dal sacchetto de'
parenti
suoi aveva
avuti i detti danari. Disse il vescovo:

E come crediamo
noi che
quest'argento
fusse de'
parenti
tuoi,
con ci sia
cosa che la scrittura sua abbia
pi
di trecento settan-
tadue
anni,
e fusse del
primo
Decio
imperatore,
e in
ninna cosa sono
somigHanti
alla nostra moneta d'ariento ?
E come furono i
parenti
tuoi,
.gi
cotanto
tempo?
E
tu,
giovane, vuogH ingannare
i savi e
gU
antichi d'E-
feso,
per
comando che tu sia dato alle
leggi
iniino a
tanto che tu confessi
quello
che tu hai trovato. Allora
il
giovane, inginocchiandosi
dmanzi al
vescovo,
disse:

Pregovi per
Dio,
Signore,
se a me direte
quello
che
v'addimando,
ed io dirovvi
quello
che ho nel cuore.
Ditemi,
|>rego,
dove Decio
imperadore?
.
Rispuose
il
vescovo:
Figliuolo
mio,
non
oggi
in terra chi sia
chiamato
Decio,
egli
fu
imperadore gi lungo tempo.
Disse Malco:
Messere,
in ci mi
maravigho
io
molto,
e non che lo mi
creda,
che so bene che noi
fuggimmo
dalla faccia di Decio
imperadore
e
jersera
vidi che Decio
entr in
questa
citt. Ma venite
dopo
^
me e mostre-
rovvi i
compagni
miei
che
sono nel monte
Celion,
e se
a me credere non
volete,
a loro crederete. Allora il
vescovo,
pensando
in se
medesimo,
disse che
questa
era
una visione che Dio vuole mostrare ih
questo giovane.
Andarono
dunque
con lui
grande
moltitudine della
cittade,
e
prima
entr Malco a'
compagni
suoi,
e en-
trando il vescovo
dopo
lui,
trov tra le
pietre
lettere
suggellate
di due
suggelH d'argento.
E raunato il
popolo,
^
dietro.
I SETTE DORMIENTI DI EFESO 207
S
le
lesse,
e intendendole e
maravigliandosi
tutti,
e
veggendo
i santi sedere nella
spilonca
colle faccie loro
fiorite
come
rose,
gittaronsi
in terra e diedono
gloria
a Domenedio;
e incontanente mand il vescovo a Teo-
dosio
imperadore, pregandolo
che venisse tosto a vedere
i miracoli
mostrati novellamente. Il
quale
si lev im-
mantanente
di terra e del sacco dove s
piagneva,
e
glo-
rificando
IddiO;
venne da
Gostantinopoli
in
Efeso,
e in-
contrandosi
a lui
tutti,
salirono tutti insieme alla
spi-
lonca,
a'
santi;
e s tosto come i santi ebbero veduto
l'imperadore, risplendettero
le faccie loro come sole.
E
entrato,
l'imperadore gittossi
dinnanzi a'
piedi
loro,
glorificando
Iddio;
e
levandosi,
gli
abbracci
tutti,
e
sopra
catuno
pianse,
cos dicendo : Io
veggio
voi
come s'io vedessi il
Signore
risuscitare
Lazzaro
. Allora
disse santo Massimiano a lui:

Credi a
noi,
che alle
tue
cagioni
^
ci ha-risuscitati il
Signore
imianzi al
grande
d della
Risurrezione,
acci che tu creda sanza veruno
dubbio ch'essa resurrezione delli morti si
,
poich
ve-
ramente siamo risuscitati e viviamo. E come il fanciullo
sta nel ventre deUa
madre,
non sentendo offensione
alcuna,
e
vive,
cos siamo stati vivi
giacendo
e
dormendo,
e non sentendoci
^
. E dette
queste
cose,
veggendo
tutti
quanti,
inchinarono i
capi
in terra e dormirono
in
pace,
e renderono
gli spiriti
loro secondo il coman-
damento di Dio.
E
levandosi,
l'imperadore
cadde
sopra
loro,
piagnen-
doli e
basciandoh;
e avendo comandato che si facessero
casse
d'oro nelle
quaU
si
mettessono,
ia
quella
notte
ap-
parvero
i santi
all'imperadore
e
dissergli
che,
s come da
indi
adrieto erano
giaciuti
in
terra,
cos
gli
lasciasse stare
iiifno a tanto che Iddio
gh
risuscitasse un'altra volta.
Comand
dimque
lo
imperadore
che
quel luogo
fusse
adornato di
pietre
dorate,
e acconcio onorevolmente.
^
per
cagiou
tua.
^
pri\'i
di sentimento.
208 LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
L'originale
di
questa leggenda
trovasi in
Gregorio
di
Tours,
che la tradusse dal siriaco. Vedi Monmn. Qerm.
Historica,
Script,
rer.
merov.,
voi.
I,
pag.
847, o,
con
pi agio,.H.
Mobf,
Auswahl
a. d. Werkeii des
Oregor
von
Tours,
Heidelberg
1922,
pag.
16.
Ho dovuto ricorrere a due codici
perch
il racconto nel
primo
mutilo. Una narrazione in ottave della,
Leggenda
venne
pub-
blicata nel 1557 a Firenze e
riprodotta poi
dal Remondeni a
Bassano
(s.
a. ma secolo
XVII)
col ttolo:'
Leggenda
de" Sette
Dormienti,
li
qzuili
dormirono anni
373,
poi
si
svegliarono
cre-
dendo aver dormito una notte. Una sacra
rappresentazione
venne
accolta dal D'Ancona nel II vi.
(pag.
348 e
segg.).
Per
l'origine
e lo
svolgimento
della
leggenda
vedi J.
KoCH,
Die Siehenschl-
ferlegende,
ihr
Ursprung
und ihre
Verbreitung, Lipsia
1883,
e
L.
HuBEB,
Die
Wanderlegende
vom
Sibenschlfer, Lipsia
1910.
Dice il Lanzi nella Storia della
pittura
italiana,
tomo
IV,
e.
5,
che a Milano nella basilica di S.
Ambrogio
esisteva un mosaico
bisantino
rappresentante questa leggenda.
Debbo alla cortesia del
compianto prof.
Vladimiro
Zabughin,
dell'Universit di
Roma,
l'indicazione di alcxme altre
rappresen-
tazioni artistiche: i sette
giovani
dormienti sono
raffigurati
in una
miniatura del
Menologio
di Basilio II della Biblioteca Vaticana
(Cod.
Greci
1613) ^,
e la visita del vescovo efesino
accompa-
gnato dall'imperatore
Teodosio
rappresentata
in due icone
russe
riprodotte
nell'atlante del
Lichaoev,
Pietroburgo
1903,
figure
352,
353.
^
Una
magnifica riproduzione
di
questo
codice venne
pubblicata
nel 1907 a Torino dai Fratelli
Bocca,
auspice
S. S. Pio X.
Mantegna
-
5.
Giorgio.
(Venezia
-
Gcilleria
dell'Accademia).
(fot. Anderson).
208
LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
L'originale
di
questa leggenda
trovasi in
Gregorio
di
Tours,
che la tradusse dal siriaco. Vedi Monum. Oertn.
Historica,
Script,
rer.
merov.,
voi.
I,
pag.
847, o,
con
pi agio,
H.
Morf,
Ausioalil
a. d. WerJcen des
Gregor
von
Tours,
Heidelberg
1922,
pag.
16.
Ho dovuto ricorrere a due codici
perch
il racconto nel
primo
mutUo. Una narrazione in ottave della
Leggenda
venne
pub-
blicata nel 1557 a Firenze e
riprodotta poi
dal Remondini a
Bassano
(s.
a. ma secolo
XVII)
col titolo:
Leggenda
de' Selle
Dormienti,
li
quali
dormirono anni
373,
poi
si
svegliarono
cre-
dendo aver dormito una notte. Una sacra
rappresentazione
venne
accolta dal D'Ancona nel II voi.
(pag.
348 e
segg.).
Per
l'origine
e lo
svolgimento
della
leggenda
vedi J.
Koch,
Die Siebenschla-
ferlegende,
ihr
Ursprung
und ihre
Verbreitung,
Lipsia
1883, e
L.
HuBER,
Die
Wanderlegende
vom
Siebenschldfer, Lipsia
1910.
Dice il Lanzi nella Storia della
pittura
italiana,
tomo
IV,
e.
,'>,
che a Milano nella basilica di S.
Ambrogio
esisteva un mosaico
bisantino
rappresentante questa leggenda.
Debbo alla cortesia del
compianto prof.
Vladimiro
Zabughin,
dell'Universit di
Roma,
l'indicazione di alcune altre
rappresen-
tazioni artistiche : i sette
giovani
dormienti sono
raffigurati
in una
miniatura del
Menologio
di Basilio II della Biblioteca Vaticana
(Cod.
Greci
1613)
^,
e la visita del vescovo efesino
accompa-
gnato dall'imperatore
Teodosio
rappresentata
in due icone
russe
riprodotte
nell'atlante del
Lichacev,
Pietroburgo
1903.
figure
352,
353.
"^
Una
magnifica riproduzione
di
questo
codice venne
pubblicRta
nel 1907 a Torino dai Fratelli
Bocca,
auspice
S. S. Pio X.
Mantegna
-
5.
Giorgio.
(Venezia
-
Galleria
dell'Accademia).
(fot. Anderson).
LA LEGGENDA DI S. GIORGIO
[Inedita.
Dal Codice Riccardiano
138,
carte 16 e
segg.].
Santo
Giorgio
fu nobile cavaliere e fu
grande
amico
di
Dio,
e
sempre
stette fermo nella fede e nelle
opere
di
Dio,
e di suo
corpo
fu
vergine, pm^o
^;
e fu nato d'una
citt che si chiamava Melena
^,
nella
provincia
di
Cap-
padocia.
E in
quello
reame aveva uno
gomito
di mare
che vi stava uno
dragone
terribile,
e usciva del mare
e veniva alla
citt,
e
gittava
s
grande
fiato
puzzolente
per
la
bocca,
che
corrompeva
l'aria e uccideva molte
gente,
e anche le divorava. E uno d s'armarono tutti
gli
uomini della
citt,
de'
popoli
e
cavaheri,
e andarono
verso
questo dragone.
E '1
dragone
era terribile cosa
a
vedere,
tanto che tutto '1
popolo
cominci a
fuggire.
E i
cavalieri,
che erano
-pi
di
duemila,
tutti
fuggirono,
s che il
re,
vedendo il
pericolo, per mitigare
il fuore del
dragone
ordin
cogli
uomini della citt che si desse
al
dragone ogni
d due
bestie,
e cos
feciono;
e
questo
^

Giorgio,
scrive ii da
Varagine,
detto da
geos,
cio
terra,
e
orge,
cio coltivatore
quasi
coltivante,
la terra
sua,
cio la carne. S.
Agostino
dice nel libro della Trinitade che la buona terra
nell'altezza de' monti
e
delle colline e nella
pianura
de'
campi:
la
prima
buona all'erbe ver-
dicanti,
la seconda buona alle
vigne,
la terza alle biadora. E cos san
Giorgio
fu
alto,
spi:ezzando
le cose di
sotto,
e
per
ebbe la verdezza de la
puritade;
fu
temperato per
la
discrezione,
e
per
ebbe vino della
giocon-
dit
dentro: fu
piano per
l'umiltade,
e
per
men biade di buone
opera-
zioni .
^
il
volgarizzatore
erra non solo nella trascrizione del nome della
citt,
che
Selene,
non
Melena,
ma anche della
provincia,
che la
Cilicia,
non la
Cappadoeia.
14,

BatojeIiLI,
Leggende
cristiane.
210 LEGGENDE CRISTIANE
dur
gran tempo,
tanto ohe in tutto
quello
reame
non
v'erano ninna
pi
bestia rimase. E venute meno le be-
stie,
ordin che
ogni
d
gli
fosse dato uno fanciullo ma-
schio,
ovvero una
donzella,
e ci si
gittasse per
sorte
a chi dovesse toccare di dare il
figliuolo
o la
figliuola,
o
nobile
o non
nobile,
o ricco o
povero,
sicch comu-
nemente conveniva che toccasse a
ognuno
la sua
volta,
e non se ne
poteva
nuUo dolere. Ora avvenne
che,
fatto
cos
gran tempo,
tocc la sorte al re del
paese,
che era
nella citt. E
questo
re aveva una sua
figliuola
^
ch'era
la
pi
bella donzella che si trovasse a
quello tempo,
e non aveva
pi figliuoli
che lei. 11
re,
vedendo che
gli
conveniva dare la
figliuola
al
dragone,
fu mlto triste
e
dolente,
e molto umilmente e dolcemente colle
lagrime
pregava
il
popolo
che
togliessono
oro e
argento
tanto
quanto piacesse
loro,
e la sua
figliuola
non fosse data
a
divorare
al
dragone.
E il
popolo,
tutti a
gridare:
Noi
abbiamo dati
gli
nostri
fgHuoli,
e
pi
non ce n'ene ri-
masi a
dare;
d tu la
tua,
che noi non
vogliamo
oro n
argento;
e se
questo
non fai
per
amore,
noi Venirem
tutti a furore e faremtelo fare
per
forza. Allora il re
fece il
maggior pianto
e
pi
doloroso che mai nessuno
potesse fare,
e molto si lamentava. E cos
piangendo,
dacch altro non
poteva
fare,
s fece vestire la sua
fi-
gliuola nobilemente,
come si vestono le
spose
del
re,
e coronata a modo di reina.
Quando
ella fu tutta ador-
nata cos
nobilmente,
il re l'abbracci strettamente
e
baciolla,
e con
grandissimo
dolore e
pianto
la mand
all'isola dove stava il
dragone
che la doveva divorare.
E
tutti
quelli
della citt trassono a vedere
quando
la
donzella fu
giunta
all'isola,
ed
ogni gente
si
dilung
da
lei,
e rimase
sola;
e con
grande
triemito di
paura aspet-
tava il
dragone,
cos adornata e
bellissima;
e a tutta
la
gente
n'incresceva di molto. Ed ella fortemente
pia,ngendo, aspettava
d'essere divorata. S
apparve
il
^
di nome Sabra.
SAN GIOR&IO 211
beato
Giorgio
in su uno
grosso
cavallo,
ed era il
pi
bello
giovane
che si
potesse
trovare a
quel tempo,
et
adornato
a modo d'uno
figliuolo
di re. E mossesi e an-
dossene
diritto alla donzella che
aspettava
d'essere
divorata
dal
dragone
e dolorosamente
piangeva.
Allora
quello
benissimo nobile
giovane
messer santo
Giorgio
disse
alla donzella:

Gentile
donzella,
perch piangi
e stai
qui
sola?. Ed eUa
rispose
e disse:

nobilissimo
gio-
vane,
che se' tutto
gentile,
io ti
priego
che tu tosto ti
debbi
partire, imper
ch'io
aspetto
uno terribile dra-
gone
che mi debba
divorare,
per
t'addomand in cor-
tesia che tosto tu ti
parti,
acci che tu non muoia con
meco
insieme,
che a me
pure
mi conviene
morire,
che
m' toccato in sorte. E il
giovane
molto
piatosamente
la domand e disse:
Dimmi,
gentile
donzella,
tante
gente qua
ch'io
veggo,
stanno
lassii,
perch
vi stanno? .
E la donzella disse:

Perch '1
dragone
verr immanta-
nente che mi debba divorare. E
per,
dolcissimo e dili-
cato
giovane, partiti
e
piacciati
di non voler morire
di cosi dolorosa morte e crudele come far io
;
e
sempre
tremava. E santo
Giorgio
disse: Nobilissima
donzella,
non
temere,
ch'io t'aiuter
gaghardamente
. Allora il
dragone
misse un
po'
il
capo
fuori
dell'acqua,
e cominci
forte a zufulare. E venendo verso
lei,
e santo
Giorgio
mont a
cavallo,
e fecesi il
segno
della santa
Croce,
e
and verso il
dragone,
e
diegli
im
grande colpo
colla
lancia
ch'egU
aveva in
mano,
e abbattello. E tutta la
gente
che lo stavano a
vedere,
fortemente si
maravigHa-
vano di vedere tanto ardire e tanta
prudenzia
in uno
cos
giovane
cavahere. E santo
Giorgio
chiam la don-
zella
e fecele
sciogHere
la cintola ch'ella aveva
cinta,
e
f
ecela
mettere al coUo al
dragone,
e disse alla donzella:
((
Mnalti drieto arditamente . E '1
dragone
andava
drieto alla donzella a modo d'uno
agnello;
e menavalo
in
verso la
citt,
e
ognuno
ai
maravigliava.
E '1
re,
padre
della
donzella,
aveva tanta letizia che non si
potrebbe
n
dire,
n
contare,
n
pensare,
vedendo la
figliuola
212 LEGGENDE CEISTIANE
campata
di cos crudele morte. E
quando
la
donzella
ebbe menato il
dragone
dentro alla
citt,
e santo
Gior-
gio
dinnanzi al re e a tutti i cittadini s
l'uccise,
e
con-
vemie che fusse tre
paia
di fortissimi buoi
^
a
trainarlo
fuori della citt. Allora santo
Giorgio predic
al re e
a tutti
quelli
della citt la fede di Cristo. E
per
lo mi-
racolo che aveva
veduto,
si convert il re e la
figliuola,
e tutto il
popolo,
e fecionsi tutti
battezzare,
e
tutti
perfettamente
credettono in Cristo Gesti. E 1 re fece
edificare chiese ad onore di Dio e a reverenzia di
santo
Giorgio.
E santo
Giorgio
ammaestr
questo
re nella
fede,
e
dssegli com'egli
dovesse amare e servire a
Dio,
e '1
modo che dovesse tenere della santa
chiesa,
e de'
preti
e de'
poveri.
E
quando
l'ebbe ammaestrato di ci che
bisognava, egli prese
commiato da lui e
partissi
del
reame suo, E s
gli
lasci il nobile cavallo che
cavalcava,
e tutto il suo nobile adornamento di
cavaliere,
di che
egli
era nobilmente e riccamente adornato. E tutto
Io diede a'
poveri per
amore di Cristo.
Ed a
quel tempo regnavano
due
imperadori^,
e
l'uno di
questi imperadori
era uno crudelissimo
perse-
guitatore
de'
Cristiani;
fece uccidere in uno d cento
migliaia
di cavalieri che erano
cristiani,
perch
non
voUono
negare
Cristo. E molti miseri l'avevano
negato
per paura
di non essere tormentati da
quello pessimo
imperadore.
E santo
Giorgio
arditamente and
allo
imperadore
crudele e disse:

Voi adorate
gl'idoH
che
sono demoni dello
'nferno,
quinci
vi
vogho
dare
assapere
che voi dovete adorare e fare sacrificio a Ges Cristo,
il
quale
vero
Dio,
e che venne di cielo in terra e voUe
morire
per
noi e
per
la salute dell'umana
generazione.
E lo
imperadore, pieno
di
furore,
s lo domand
chi
egli
era. Ed
egh risjose:

Io sono di nobile
gente,
e sono
cavaliere ed ho lasciate ricchezze e tutte le
pompe
mon-
^
Varagine
dice
quattro paia
di btioi.
2
Diocleziano e Massimiano.
SAN GIORGIO 213
o
dane
per
servire a Ges
Cristo,
che vero Iddio . Allora
lo
imperadore
comand che fusse
preso
e messo in una
stretta
prigione,
e cos fu fatto. E
poi
l'altro d
vegnente
comand
che
gli
fusse menato innanzi. E
quando
fu
dinnanzi
allo
imperadore,
s '1 domand se voleva ne-
gare
Cristo
e adorare
gli
loro dei. Allora disse santo
Giorgio:
Io t'ho detto ch'io adoro il vero Iddio che tutti
ci
ha creati e fece il cielo e la
terra,
e altro Dio mai
non
adorerj). E ci udendo
l'imperadore,
s comand
che
fusse
spogliato ignudo
e fusse
impiccato
in
alto,
e
poi
co' rasoi e con uncini
gli
fussono tratte e strac-
ciate le carni da dosso. E santo
Giorgio
si raccomand
divotamente
a Dio. E' ministri tutto lo
insanguina-
vano,
ed
egli
con
grande allegrezza
lodava e bene-
diceva Iddio. E vedovasi Fossa e '1 cuore e tutte l'in-
teriora
drento,
e
pareva
che lo
spirito
ne fusse
par-
tito dal
corpo
tanto l'avevano
squarciato
e
lacerato,
e lasciarono
quasi per
morto. E lo
'mperadore
lo fece
portare
e mettere in una
prigione
tenebrosa,
e nelle
rotture delle carni fece mettere
sale,
e forte
stropicciare,
acci ch'avesse
maggiore pena.
E
poi
fatto
questo,
lo
imperadore
credette che fusse morto. E la mattina san
Giorgio,
tutto
squarciato
e
lacerato,
chiam Cristo che
l'aiutasse a vincere
questa battagha.
E detta la
pa-
rola,
e Cristo
gli apparve
nella carcere con
grande splen-
dore,
e santo
Giorgio gli
disse:

Or se' tu lo mio Iddio
e
Signore,
il
quale per
me sostenesti tanta
pena,
e mo-
risti in croce
per gli peccatori?
. E Cristo disse:

Io
sono desso. E toccoUo colle sue
mani;
immantanente
fu
tutto sanato ed era
pi
bello che '1
giglio.
E la mat-
tina lo
'mperadore
volle
[vedere]
se santo
Giorgio
fusse
morto;
e
gli soprastanti
della
prigione
andarono e tro-
vronlo
pi
sano e bello e fresco che mai fusse. Allora
andarono allo
imperadore,
e
dissongli
come
Giorgio
era
tutto sano e
guarito,
sanza macula alcuna. Allora disse
l'imperadore
che ci era fatto
per
incantesimo. E lo
imperadore
fece venire uno incantatore e
dissegli:
214 LEGGENDE OBISTIANE

Sapresti
tu s fare
per
tue arti ch'io
potessi
vincere
Giorgio,
e' suoi incantamenti non
gli
valessino niente?
.
E lo Incantatore disse di s. E lo
imperadore
mand
per
santo
Giorgio
e si lo fece venire dinnanzi da se. E
quando
lo incantatore
venne,
arrec seco veleno
prepa-
rato molto
forte,
e diello bere a santo
Giorgio, perch'egli
il
bevesse,
e non si
potesse
aitare,
ma
immantinente
cadesse
morto;
e
diegUelo
bere. E santo
Giorgio
il
segn
e
benedisse,
e
bevello,
e no
gli
fece niente
impedimento,
se non come
s'egli
avesse bevuto un fino vino di ver-
naccia. E l'incantatore vedendo il
miracolo,
si convert
e fecesi battezzare. E ci vedendo
l'imperadore, gli
fece
tagliare
la testa a
quello
incantatore,
e
gli angioli
ne
portarono
l'anima in vita eterna. Allora lo
'mpera-
dore,
pieno
d'ira contro a san
Giorgio,
fece fare uno bue
grandissimo
di metallo e fecelo
empiere
di
spuntoni
d'aguti,^
e disse a san
Giorgio:

tu
neghi
il tuo Cristo
e adori
gH
miei
dii,
o tu entrerai in
questo
bue,
e fa-
rollo
volgere
a modo di
ruota,
s che tutto sarai abbo-
minato. E san
Giorgio
disse: Io sono acconcio di
portare og-ni pena per
amore del mio buono
Iddio,
e tu
fa' che ti
piace.
Allora lo
'mperadore
lo fece mettere
in
quello
bue del
metallo,
che v'erano dentro ordinati
quegli spontoni
ritti,
acci che tutto lo
spezzassi.
E
santo
Giorgio
si raccomand a Ges
Cristo,
e subito
vennono
angioli
dal cielo e
ruppono
e
spezzarono
tutto
quello
bue del
metallo;
e
presono
santo
Giorgio gli
an-
gioli
e tennerlo
per ispazio
d'una mezz'ora levato in
aria,
sanza nuUa lesione. Allora lo
'mperadore
tutto si divo-
rava
d'ira,
e fece
struggere
una
grande
caldaia di
piombo,
e
quando
fu bene
strutto,
e bolliva ben
forte,
e
egh
vi
fece mettere dentro san
Giorgio.
E
egli quando
v'entr,
si raccomand a
Dio,
e non
gli
fece ninno male.
E lo
imperadore
vedendo tante
maravigHe,
chiam san
Giorgio
e cominciollo a
lusingare
e con molte belle e dolce
pa-
^
chiodi.
SAN GIOR&IO 215
role
il
preg
ch'adorasse
gli
suoi dii. E san
Giorgio,
ammaestrato,
disse:

Ecco,
andiamo al
tempio
e ivi
adorer.
E lo
imperadore
ebbe
grande allegrezza,
credendo
che santo
Giorgio
adorasse
l'idolo;
fece mettere
un
bando
per
tutto il
paese
che
s'armeggiasse
e faces-
sesi
grande
festa,
per
che
Giorgio,
rubeUo
degli
dei,
voleva
adorare
gli
dei e fare loro
sagrifcio.
Allora fece
grande
festa,
e tutta la
gente
corsono al
tempio per
vedere.
E santo
Giorgio
entr nel
tempio
e divotamente
s'inginocchi
in terra e disse:

Io non adoro
voi,
idoli
maladetti,
anzi adoro Gesti Cristo Iddio
vero,
che col
Padre
e coHo
Spirito
Santo vive e
regna
in secula se-
culorum.
Amen^y. E or a Cristo e disse:

O
Signore
mio
Dio,
re
potentissimo,
io ti
priego
che tu dimostri ora
qui
la tua somma
potenzia,
acci che
questi
miseri
conoschino il loro
perfido
errore: fa' rovinare
questo
tempio
e
rompi questo
idolo,
e fa' tornare tutta
questa
gente
a via di verit. E
quando
ebbe
compiuta
l'ora-
zione,
ed
egli
sci del
tempio,
e subitamente il
tempio
min e
gl'idoli
tornarono in
cenere,
e i sacerdoti
degli
idoli caddono ia
profonda
d'abisso. AUora lo
'mperadore,
pieno
d'ira e di
furore,
chiam li suoi
consiglieri
e savi
prQcipi,
e disse:
Vedete,
signori, quello
che ci ha fatto
Giorgio
co' suoi
incantesimi;
e' ha
vituperato
lo nostro
imperio,
e
per
se ne vuole fare
grande giustizia,
s
fatta in tal modo che niuno s'ardisca di fare contra
gH
dei. Allora
rispose l'imperadrice
e disse:

O misero
imperadore,
tu hai udito dire e hallo veduto
cogli
occhi
tuoi che lo )io ch'adorano
gli
Cristiani vero e
poten-
tissimo. Di chi vuole fare contra di lui
sempre

vincitore.
Di'
agli
idoli tuoi
ch'egli
ha morti e
battuti,
ch'elli si
vendichino,
se
possono,
di. lui. Allora lo
'mperadore,
tutto affocato
d'ira,
disse: Io conosco alle tue
parole
che
tu se' cristiana. Et ella
rispose
che voleva essere
ancilla di Cristo. Allora lo
imperadore,
tutto arrabbiato
d'ira
contro
l'imperadrice,
diede sentenzia che imman-
tanente fusse arsa. E san
Giorgio
molto la confort
216 LEGGENDE OBISTIANE
che stesse ferma e forte nella
fede,
per
che Iddio
l'a-
spettava
e avevale
gi apparecchiata
la corona
nobi-
lissima,
la
quale
sarebbe etemale. Allora fu
menata
l'imperadrice
alla
giustizia;
ed ella
lietamente,
con
allegrezza,
sanza nulla
turbazione,
quando giunse
al
capannuzzio
^
entr nel fuoco
allegramente, sempre
chia-
mando Cristo. E l'anima sua ne fu veduta
portare
dagli
angioli
in vita eterna.
Poi lo
imperadore
si fece menare san
Giorgio
din-
nanzi a s e disse:

Tu come rubello dello
imperio,
e
per
i tuoi incantamenti di tua arte
magica,
hammi distrutto
il
tempio
e
guasto gli
dei,
e hammi
pervertita
la mia
donna,
che
per
tua
cagione
s fu arsa. Ora s che de' due
partiti pigli
l'imo: o tu adori
gh
dei
piatosi
e
perdone-
rannoti le
ingiurie
commesse,
o io ti far crudelmente
morire.
Rispuose
santo
Giorgio:
Tu se' cieco e non
vedi
lume, misero,
e
perch
non
apri gli
occhi e conosci
la
potest
infinita e
grandissima
di Gesti Cristo? Tu
chiami li tuoi idoli
dei; ora,
se sono
dei,
come si lasciano
abbattere e disfare al mio
potentissimo
Cristo ?
Considera,
misero,
la sua
potenzia
e convertiti a
lui,
acci che
po-
trai avere misericordia e salvare l'anima
tua,
che
gi
condannata al fuoco dello inferno eternamente. Fa'
di me tutto ci che '1 tuo
padre
diavolo t'ha
insegnato,
e
spacciati, per
che Dio
m'aspetta,
non lasciare a fare
nulla,
per
ch'io
veggo
Cristo ohe
m'aspetta,
cui ho
sempre
desiderato d'essere con lui . E ci
udendo,
l'im-
peradore
si cominci a tremare
tutto,
e
pareva
ch'el
si volesse manicare di
pazzia d'empiezza
^. AUora il fece
spogliare ignudo
e comand che fusse strascinato sanza
asse
^
per
tutta la
citt,
e
poi,
se
per questo
non
morisse,
gli
fusse
tagliato
il
capo.
^
feseine ammonticchiate
per
il
rogo,
che avevano
l'aspetto
d'un
capanno
di
stipe.
2
dalla rabbia si mordeva. Ricorda il
Filippo Argenti
dell'Inferno
dantesco
che in se medesmo si
volgea
co' denti .
^
senza carro.
SAN GIORGIO 217
Allora
gl'iniqui
ministri con
grande'
furore lo
spo-
gliarono
e strascinarono
per
tutta la citt. Della sua
carne,
molta ne rimase
appiccata
alle
pietre,
e '1 suo
sangue
tutto lo
sparse quando
fu cos strascinato. E
giunti
al
luogo
del
martirio,
appena gli
era rimaso lo
spirito
vitale,
anzi era tutto lacerato e
maccato,
ma
pure
Iddio
gli
fece
grazia
che divotamente
s'inginocchi
e
disse:

Signore
mio,
Gesti
Cristo,
abbi misericordia
del
tuo
servo,
e nelle tue mani raccomando lo
spirito
mio.
E addomandoti
per ispeziale
dono che tutte
quelle
persone
che
per
tuo
amore,
con
fede,
avendo delle tri-
bulazioni
che d il
mondo,
nelle loro fatiche chiame-
ranno il mio
soccorso,
pregoti,
Messere,
che tii
gli
esau-
disca e soccorri in tutti i loro
bisogni,
in mio nome.
E fatta ch'ebbe
l'orazione,
e
l'angelo
di Dio
gU apparve
e disse:

O
Giorgio
beato,
la
giusta
tua orazione da
Dio
udita,
e Iddio
t'aspetta per
menartene in vita eterna
con seco. Allora santo
Giorgio pose
il collo
giuso,
e '1
giustiziere gli
diede della
spada,
e al
primo colpo
il
capo
si
part
dallo
busto,
et ivi
apparve
uno
grande
isprendore.
E l'anima si
part
dal
corpo
e fu
portata
dagli angioH
in vita eterna a
godere
con Cristo.
E
poi,
tornando
questo imperadore
che aveva fatto
uccidere il beato
Giorgio
santissimo,
volendo ritornare
al suo
palagio,
e subitamente venne una
grande
tem-
pesta
di tuoni e di baleni e di saette e
folgore;
il suo
palagio profond
e la terra
tranghiott
il
pessimo impe-
radore
vivo,
e l'anima sua fu
portata
allo 'nfemo. S
che
ciascuno dev'essere ubbidiente e reverente a Dome-
neddio,
che ci
pu
dare vita e morte. A lui sia laude
e
gloria
per
infinita secula seculorum. Amen.
218 LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
La narrazione differisce solo in alcuni
particolari
dal rac-
conto della
Legenda
Aurea. In
questa
detto che non
l'impe-
ratore,
ma il suo
preside
Daziano fece tormentare e mettere a
morte il
Santo;
e invece della botte irta di
chiodi,
si fa menzione
d'una ruota attorniata intorno intomo di coltelli a due
tagli
,
come
quella
di S. Caterina. Ivi data con
approssimazione
anche
la data del martirio: anno domini nel tomo di
284,
e si dice
anche che dall'altare della sua chiesa esce una fontana viva
il cui
beveraggio
sana tutti
gl'infermi.
Niccol da Poggibonsi nel suo
Viaggio
d'OUramare
(Bo-
logna, Romagnoli, 1881)
racconta d'aver veduto la fossa dove
fu sotterrato il
drago
ucciso da S.
Giorgio,
fossa che nessuno
riusc mai a
riempire.
La
leggenda
di S.
Giorgio
divenne
popolarissima
in
Oriente,
tanto che
per
un certo
tempo,
come attesta Brunetto Latini
nel suo Tesoro
(libro
III,
capo i),
si dette il
nome
di lui allo
stretto dei DardaneUi. I mercanti
genovesi
ne diffusero il culto
anche
presso
di noi: Gonova eresse una chiesa in onore del
Santo,
e chiam col nome di lui il celebre Banco che sussiste tuttora.
Anche
Venezia,
che aveva
frequenti
relazioni con
l'Oriente,
ebbe
ben
presto
notizia
del
Santo,
ed eresse in onore jdi
lui tre chiese:
S.
Giorgio Maggiore,
S.
Giorgio
dei
Greci,
S.
Giorgio degli
Schia-
voni.
Quest'ultima
fu ornata d'tm ciclo di
pitture
del
Carpaccio,
rappresentanti
i
principali episodi
della
leggenda.
Verona ha
nella chiesa titolare del Santo una bella
pala
del Veronese
rap-
presentante
il suo martirio.
La nobile
figura
di S.
Giorgio
il cavalier de'
Santi,
il santo
protettor
dei cavalieri
ispir
al
Mantegna
il bel
quadro
della
Galleria di Venezia e a Donatello il suo
capolavoro
nella celebre
statua che orna una delle nicchie di Orsanmichele a Firenze
(l'originale oggi
al
Museo,
sul
posto
una
copia
in
bronzo).
La
lotta di S.
Giorgio
col
dragone,
oltre che dal
Carpaccio,
fu
rap-
presentata
dal Pisanello in una serie di affreschi di cui non re-
stano che
pochi
frammenti neUa chiesa di S. Anastasia a Ve-
rona
^;
da Raffaello in un
quadretto
che
oggi
trovasi nel Museo
^
Dello stesso autore vedi la cmosa
figura
di S.
Giorgio
dal
largo
cappello
di
paglia
ornato di
piume, accompagnato
da S. Antonio abate,
nella National
Gallery
di
Londra.
SAN GIORGIO 219
del Louvre,
e dal Tntoretto in un
quadro
famoso della
National^
Gallery
di Londra. Numerose sculture
riproducono quest'epi-
sodio:
a
Gronova,
a
Venezia,
a
Praga (fontana
del Castello
reale),
a Firenze
(suUa porta
omonima,
e sul basamento della statua
di
Donatello).
Tra i
pittori
moderni che
s'ispirarono
alla
leg-
genda
di S.
Giorgio,
ricordiamo
l'inglese
Bume Jones e il te-
desco
Hans Thoma.
Una
Rappresentazione
di S.
Giorgio
martire e cavaliere di
Cristo
venne
stampata
a
Siena,
alla
Loggia
del
Papa,
nel
1608;
altre
storie in ottave furono
starapate
a Firenze
1569, 1602,
1653
per
cura di G. Battista AsoIANI.
LA LEGGENDA DI S. CRISTOFORO
[Dalla Legenda
Aurea.
Volgarizzamento
inedito;
Cod.
Panciatichiano XXXIX della Nazionale di
Firenze,
carte SI e
segg.].
Santo Oistofano fu di
gente
cananea e fue
grandis-
simo del
corpo
e terribilissimo neUa faccia sua. E stando
egli
con uno re della
gente
cananea,
vennegli
io.
pensiero
di volere servire al
maggior signore
che
potesse
trovare
nel mondo. E andando
cercando,
fue
pervenuto
ad uno
grande
re,
del
quale
diceva la
gente
che non aveva suo
pari
nel mondo. E
quando
lo
vide,
il re ricevettelo vo-
lentieri in sua
famiglia,
e facevalo stare nella sua corte.
Addivenne una
stagione
che uno buffone cantava da-
vanti al re una
canzone,
nella
q^uale
molte fiate si no-
miaava lo
diavolo,
e '1
re,
come fedele
cristiano,
quando
udiva nominare lo diavolo incontanente si
segnava
col
segno
deUa croce. E santo Cristofano si
maravigliava
molto e domand il re
perch
si
segnava
cos. E 1 re
non
volendogUelo
dcere,
santo Cristofano disse:

Se
tu
no '1 mi
dicerai,
io mi
partir
dalla tua corte e non star
pi
teco. Allora lo
re,
non volendo che si
partisse
da
lui,
disse:

Qualunque
ora odo nominare lo
diavolo,
s mi
segno
col
segno
della
croce,
acci che non mi
possa
nuo-
cere e non
possa
avere in me
potenza
. E santo Cri-
stofano disse:

Se tu hai
paura
del diavolo che non
ti
possa
nuocere,
dunque pare
che
egli
sia
pi potente
che
tu,
lo
quale
mostri che tu temi cotanto.
Dunque
sono
io
fuori del mio
intendimento,
che io credeva avere trovato
SAN CRISTOFORO
221
lo
maggiore
e
pi potente signore
del mondo. Ma io
voglio
andare
caendo
^
lo
diavolo,
e tu sie sano e
salvo,
lui vo-
glio
servire e avere
per signore
. E
dipartendosi
da
quel-
lo,
ne andava caendo come
potesse
trovare lo diavolo.
E andando
per
uno
luogo
molto salvatico e
deserto,
vide una
grande gente
di
cavalieri,
uno deUi
quali
venne
inverso di lui con vista
terribile,
e domandoUo ove an-
dasse.
E santo Cristofano disse: Io vado caendo lo
signore
divolo,
che '1
voglio prendere per
mio
signore
.
E
quelli
disse: Io sono esso cui tu vai caendo. E Cri-
stofano,
allegrandosi, preselo per
suo
signore
e obbli-
gossi
ad essere suo servo mai
sempre.
E andando in-
sieme
per
una
via,
viddono una croce ritta nella via. E
incontanente lo
diavolo,
quando
la
vidde,
fuggitte ispa-
ventato,
e abbandon la via
piana
e and
per ripe
e
per
monti
asprissimi,
e torn alla via
pi
oltra. Allora santo
Cristof
ano,
maravigliandosi,
domand il diavolo e disse:
Perch avesti tu tale
paura
che abbandonasti la via
piana
e hammi menato
per
monti e
per
fossati con tanta
fatica,
e ora semo tornati in
quella
medesima via?.
E '1 diavolo non
glielo
voleva confessare n dicere.
Allora santo Gristofano disse:

Se tu no '1 mi
dicerai,
io mi
partir
da te. E '1 diavolo disse: Uno lo
quale
ebbe nome Cristo fue confitto nella
croce,
e
quando
io
veggio questo segno
della
croce,
abbo tale
paura
che
no '1
posso
sostenere,
ma convienemi
fuggire
. E santo
Cristofano disse:

Or
quello
Cristo
pi potente
che
tu,
lo cui
segno
tu temi
tanto;
dunque
invano sono
io
fatto tuo
servo,
se
quelli
c'
maggiore
e
pi potente
che tu . Allora si
dipartitte
dal diavolo e andava caendo'
come
potesse
trovare Cristo. Et essendo molto andato
attorno,
ebbe trovato uno
romito,
lo
quale gli
favell
di
Cristo et ammaestrollo
diligentemente
nella sua fede.
E
disse
quello
eremito a santo Gristofano:
Questo
re
al
quale
tu vuoli servire richiede da te che tu
digiune
?
cercando;
vedi
pag.
60.
222 LEGGENDE CRISTIANE
ispessamente
. E santo Criatofane disse: Altro ser-
vigio prendi
da
me,
che
questo
non
potrei
io fare . E lo
eremita disse:

Conviene che tu faccia molte
orazini;
e santo Cristofano disse: Non
sappo
che sia
questo,
e no '1
potrei
io fare. Allora lo eremita disse: Sai tu
cotale fiume nel
quale
molti,
passando,
sono
affogati?
.
E santo Cristofano disse: Ben so
quello
fiume. E lo
eremita disse: Conci sia cosa che tu se molto
grande
de la
persona
e
forte,
se tu volessi stare al
passo
di
quello
fiume a valicare coloro che
vogliono passare,
molto
sarebbe accettevole
questo servigio
a Cristo
re,
cui tu
desideri di
servire,
e
spero
certamente che
egli
ti si
manifesterebbe
tostamente,
s che '1
potresti
vedere.
E santo Cristofano disse:

Questo
servigio
ben
posso
io
fare,
e
prometto
che '1
vogUo
fare. E incontanente
and a
quello
fiume e acconci uno
luogo
ove stava
sotto
coperto quando pioveva,
e la
notte,
e teneva una
pertica
colla
quale
si
appoggiava,
e tutti
quelli
che vo-
levano valicare lo fiume s
gli portava
in collo suo. E
passati
molti
d,
stando
egli
nella sua
capanna
e
rijpo-
sandosi,
una notte incominci a udire una voce
quasi
come d'un
fanciullo,
che '1 chiamava e diceva:

Cristo-
fano,
vieni fuori e vaHcami il fiume . E santo Cristo-
fano incontanente uscitte
fuori,
e non trovando chi '1
chiamava,
torn dentro. Et ancora uditte
quella
mede-
sima
voce,
e uscitte fuori e non trov
persona.
E ri-
tornato
dentro,
fue la terza volta chiamato come
prima,
e uscendo
fuori,
trova alla
proda
del fiume imo fan-
ciullo,
lo
quale
umilemente lo
pregava
che '1 dovesse
vahcare lo fiume. E santo Cristofano
prese
lo fanciullo
e
puoselosi
in
collo,
e
presa
la sua
pertica,
entr nel
fiume
per passare.
-E
l'acqua
a
poco
a
poco
cresceva,
e. T fanciullo
pesava
come fusse
piombo;
e
quanto pi
andava
oltre,
tanto
pi
cresceva
l'acqua
e '1 fanciullo
pi gravava,
tanto che santo Cristofano aveva tanta
fatica che temeva fortemente di
pericolare nell'acqua.
Ma essendo con
grande
fatica
valicato,
puose
in terra
SAN CBISTOFOEO 223
lo
fanciullo,
e
dissegli:

O
fanciullo,
in
grande pericolo
mi
ponesti,
e s
pesasti
che s'io avessi avuto tutto il
mondo
adosso,
appena
avrei sentito
maggiore peso.
E
'1 fanciullo disse: Non ti
maravigliare,
Cristofano,
che
non solamente tu avesti tutto '1 mondo
sopra,
ma
ancora
avesti colui che cre tutto il
mondo,
e
porta-
stilo
con le tue
spalle.
Io sono
Cristo,
re
tuo,
al
quale
tu servisti
questa
fatica. Et acci che tu
sappi
ch'io
dico
vero,
quando
tu sarai ritornato dall'altra
parte
del
fiume,
prendi
lo tuo bastone e ficcalo in terra dentro
a la tua
abitazione,
e domattina troverai che aver
li fiori e li frutti .
E dette
queste parole,
incontanente fue
disparito
lo
fanciullo. E santo
Cristofano,
tornando dall'altro lato del
fiume,
ficc in terra lo suo
bastone,
e la
mattina,
quando
si
lev,
s '1 trov che avea le fronde e li frutti a modo
di
datteri. Allora vedendo santo Cristofano che aveva
trovato lo
suo
intendimento,
fue molto
allegro
e and
a
quello luogo
ov'erano tormentati li
cristiani,
col
capo
coperto,
e
confortavagli
nell'amore di Dio. Allora uno
deUi infedeli diede a santo Cristofano una
gotata;
e
santo
Cristofano,
discoprendo
la faccia
sua,
disse a colui
che
gli
diede:

Se io non fusse
cristiano,
io vendicherei
la mia
ingiuria.
E detto
questo, prese
la sua
verga
e
fccoUa in
terra,
e acci che '1
popolo degli
infedeli
si
convertisse,
fece divotamente orazione a Dio ch'ella
menasse frutto. E menando
frutto,
convertironsi otto
migliaia
di
persone.
Allora lo re mand duecento ca-
valieri che '1 menassono
preso
davante a lui. E li ca-
valieri,
trovandolo
orare,
ebbono
paura
di
dicergli quello
per
ch'erano venuti. E '1 re ne mand
altrettanti,
li
quali
si
puosono
a stare in orazione con lui insieme.
E
santo Cristofano si lev disse alli cavalieri: Chi
addimandate voi? Et
eUi,
vedendo la faccia
sua,
dis-
sono:
Lo re ci manda
^
che noi ti menassimo
preso
^
ordina,
dal latino mandare.
224
LEGGENDE CRISTIANE
e
legato
dinante a lui. E santo Cristofano disse:

Se io
vorr,
voi non mi menerete n
legato,
n sciolto a liii .
Et elli dissono: Se non ti
piace
di
venire,
va'
libero
ove ti
piace,
e noi diceremo al re che non ti avemo tro-
vato ^). E santo Cristofano disse: Non
voglio
cosi
fare,
anzi
voglio
venire con voi. E tutti
gli
convertitte
aUa
fede,
e
pregoUi
che
gli legassono
le mani dietro alle
reni,
e cos lo menassono al re. E menaronlo davanti a lo
re.
Quando
lo re lo
vide,
fue tutto
spaventato
e cadde in
terra de la sua sedia. E li servi suoi lo levarono suso
e
ripuosonlo
nella sedia sua. E
quando
fue tornato in se
medesimo,
incominci a domandare santo Cristofano
come aveva nome e onde era. E santo Cristofano disse;

Anzi ch'io fosse battezzato ebbi nome


reprobo,
e
poi
ch'io fui battezzato abbo nome Cristofano. E '1 re
disse:

Stolto nome ti
ponesti
di
Cristo,
che fue croci-
fisso,
lo
quale
non
pot
aiutare
s,
e non
potr
aiutare
te. Or
dunque,
cananeo
malfattore,
perch
non- fai tu
sacrifcio
agl'idoli
e alU dei nostri? . E santo Cristofano
disse: Dirittamente se' chiamato
Danno,
per
che tu
se' morte del mondo e
compagno
del
diavolo,
e
gli
tuoi
idoli sono
o]3era
d'uomo . E '1 re disse:
Tu sei nutri-
cato fra le
bestie,
e
perci
non
puoi
favellare se non
pa-
role
bestiali,
che non sono intese dalla
gente.
Ma io
ti
dico che se tu farai sacrificio aUi miei
idoH,
averai da me
grandi
onori e
ricchezze,
e se non
vorrai,
io ti consu-
mer con crudeli tormenti. E non volendo fare sacri-
fcio
agli
idoli,
fue messo in
pregione,
e tutti
quelli
ca-
valieri che andarono
per
lui e furono convertiti da
lui,
fece decollare. Poi fece venire due
giovani
bellissime,
l'una delle
quali
aveva nome Nicea e l'altra
Aquilina,
e fecele serrare nella
pregione
con lui
insieme,
e
pro-
mise loro molti doni s'eUe convertissono e inducessono
a
peccato
santo Cristofano. E santo Cristofano
vedendo
questo
fatto,
diedesi
ad
orazione,
e le fanciulle scher-
zando
appressando
a santo
Cristofano,
colle mani
volendolo
abbracciare,
egli
si lev e disse loro:
Che
SAN CRISTOFORO

225
addimandate
voi? e
perch
siete venute
qua
entro?.
E
quelle,
vedendo la faccia sua
risplendente,
furono
ispaventate
sopra
modo e dissono:

santo
di
Dio,
abbi
misericordia di
noi,
che
possiamo
credere in
quello
Dio
e ricevere la fede
sua,
del
quale
tu
predichi.
Il
re,
udendo
quelle parole,
incontanente le fece venire
a s
e disse loro:

Dunque
voi siete
ingannate;
io
giuro
per
li miei idoli
che,
se voi non farete sacrificio al mio
dio,
voi
perirete
di mala morte. Et elle
rispuosono
e dissono:

Se tu vuoli che noi facciamo sacrifcio al
tuo
dio,
fa mondare e
spazzare
le
piazze
e fa raunare
ogni gente
al
tempio
. E fatto
questo,
elle entrarono
nel
tempio,
e
discingendosi,
tolsono le cintole e misonle
in collo
agli
idoli e
fecionogli
cadere in
terra,
e furono
tutti diventati
polvere.
E dissono alla
gente
ch'era
presente:
Andate e menate li medici che
guariscano
gli
vostri dei. Allora lo re comand che
Aquilina
fosse
impiccata,
e furo
legati
alli
piedi
suoi
grandi
sassi,
s
che tutte le membra sua si stracciarono e si schianta-
rono,
et ella incontanente rendette l'anima a Dio. Poi
lo re fece mettere Nicea nel fuoco
grandissimo,
del
quale
ella sanza nessuna macula e sanza lesione
uscendo,
file
decollata.
Dopo questo,
fue menato santo Cristofano
davanti al
re,
lo
quale
comand che fosse battuto con
verghe
di
ferro,
e
in
capo gli
fece mettere un
cappello
di ferro
ardente,
poi
fece fare una sedia di ferro e fecevi
legare
suso
santo
CJristofano,
la
quale
era
coperta quasi
come
un'arca,
poi
fece accendere di sotto il
fuoco,
gittandovi
entro la
pece per
accenderlo
megUo.
E incontanente
quella
arca si distrusse come
cera,
e santo Cristofano
ne
usc
fuora sano e salvo. Poi lo fece
legare
ad uno
palo,
e fecelo saettare a
quattrocento
uomini. E tutte
le
saette
stavano
sospese
nell'aere e no' 1
toccavanp.
E
'1
re,
credendo che fosse
saettato,
andava a fare ro-
tore
e
dicere villania contra lui. E subitamente una
delle
saette venne dell'aere nell'occhio al
re,
e accecollo.
15.

Battelli, Leggende,
cristiane.
226 LEGGENDE CRISTIANE
E santo Cristofano
gli
disse:

tiranno
crudele,
do-
mani,
quando
io sar
morto,
tu farai del mio
sangue
uno
impiastro
sull'occhio che hai
perduto,
e riavrai lo lume .
Allora
per
comandamento del re fue menato a
decollare.
E
prima
fece orazione a Dio con
grande
devozione,
e
poi
fue decollato. E 1 re
prese
il
sangue
suo e
ponendplosi
all'occhio disse: Nel nome di Dio e di santo Cristo-
fano . Et incontanente fue sanato.
Allora lo re fue convertito alla fede di
Cristo,
e fece
comandamento che
qualunque persona
bestemmiasse
Dio o santo
Cristofano,
incontanente fosse morto.
ANNOTAZIONI
San
Cristoforo
(nel volgare
fiorentino
Cristofano)
era un
santo
popolarissimo
nel Medio
Evo,
perch
si credeva che scon-
giurasse
le
disgrazie
accidentali
per
ancor
oggi
considerato
come il santo
protettore degli automobilisti)
e la morte
improv-
visa,
come attestano i
seguenti
versi :
Ohristophore
sancte,
virtutes tvae sunt
tantae;
Qui
te mane
videi,
nocturno
tempore
ridet,
Ghristophori faciem quacumque
in luce videris
Isto
namque
die non morte mala morieris.
Un'altra
cantilena,
riferita dal Monib
(III, 249)
termina
con
quest'invocazione:
Sancte
Ohristophore,
martyr
Jesu
Ghristi,
qui pr
Ghristi nomine
poenas pertulisti,
vultu tuo me
assigna
omni
loco, tempore,
ne
attingant
me
maligna,
o sancte
Ghristophore.
SAN CRISTOFORO 227
Per
tal
ragione
lo si
raffigurava
a
capo
delle scale nelle abi-
tazioni (Palazzo
Ducale a
Venezia;
Palazzo Davanzati a Fi-
renze, ecc.)
e nelle facciate delle chiese
(Castiglione
Olona,
Cat-
tedrale
di
Amiens,
Dumo di
Toledo,
ecc.).
La sua statura
gi-
gantesca
veniva
esagerata dagli
artisti,
i
quali
si
compiace-
vano
talvolta
di
dipingerlo
cos alto da toccare coi
piedi
il
pavi-
mento
della
chiesa
e col
capo
la volta. celebre il san Cristo-
foro
nel duomo di
Erfurt,
e
quello
della cattedrale di Franco-
forte
sul
Meno,
e tra
noi,
quello
della chiesa
parrocchiale
di Me*
rano
e l'altro della chiesa di San Giovanni a Bressanone. La
leggenda
stata
maravigliosamente rappresentata
da un
gruppo
di artisti
veneto-marchigiani
nella chiesa
degli
Eremitani a
Padova:
tra
questi
eccelle il
Mantegna,
che
raffigur
il
martirio
e la decollazione del
Santo;
gli
affresch
per
sono deteriorati
dall'umidit. Nella Galleria
palatina
di Parma abbiamo
per
fortuna una tavoletta che
riproduce
in
piccole
dimensioni le
storie di
Padova,
e ci
permette
di farci una idea esatta del
capola-
voro
mantegnesco.
Ricordiamo anche le belle
stampe
di Al-
berto
Drer,
datate 1511 e
1521,
e l'affresco di Tiziano sulla
scala del Palazzo dei
Dogi
a Venezia.
Una
Rappresentazione
di S.
Cristoforo
-martire,
ridotta ad teso
(li commedia da Cesare
Saccheo?!!,
bolognese,
venne
stampata
in
Firenze nel 1575. Un antico
poemetto
tedesco in onore di
S.
Cristoforo,
cavato da un antifonario del XIII
secolo,
tro-
vasi nel voi. di Augusto
Sinemus,
Die
Legende
von
heilig.
Chri-
stoforv.9
Wild die Plastik und
Molerei,
Hannover 1868. Nella
letterattira
portoghese contemporanea
la
leggenda
di S. Cristo-
foro
trov xm narratore brillante in Eoa
de
Queiroz,
nel sito
volume
postumo:
Ultimas
Paginas.
LA LEGGEin)A DI SANT' EUSTiCCHIO
[Pubblicata
dal
Manni,
vi.
II,
pag.
287 e
segg.].
1. Incomincia la leggenda di santo Eustagio mar-
tire,
E in prima come si
convert,
apparendogli
Cristo in forma di cervo.
Eustagio,
nobilissimo
romano,
in
prima
fu chia-
mato
Placido,
cio innanzi al
battesimo,
ed era maestro
e
principe
^
della milizia di Troiano
imperadore.
E
avvegnach
fosse
pagano
e
idolatro,
con tutta la sua
famiglia,
era nientedimeno
egli
e la
moglie
molto mise-
ricordioso de'
poveri,
e avea due
figliuoli piccoli;
e
perch
intse
^
all'opere
della
misericordia.
Iddio misericor-
dioso lo trasse a
grazia
di conoscere la verit. Onde
un
giorno
essendo
egli
a cacciare in una
selva,
trovando
una mandria di
cervi,
videne uno molto
bello,
e an-
dogli
dietro
cacciando,
e
gli
altri cavalieri andarono
dopo
lui.
E andando Placido dietro al
cervo,
lo cervo
fugg
in su una
ripa
^
d'un sasso molto in
alto,
e
quivi
ristette;
e
approssimandosi
Placido,
e avvisando* come lo
po-
tesse
pigliare,
vide fra le corna del cervo la forma e
la
'^
capitano.
2
attese.
^
sulla sommit d'un
macigno.
*
riflettendo.
SANT'EUSTACHIO 229
immagine
di Cristo in
croce,
pi splendiente
che il
sole,
e
lo
cervo
miracolosamente
gli parl,
anzi Cristo
per
lo
cervo,
e
dissegli:
O
Placido,
perch
mi
perseguiti?
Io
sono
Cristo,
io sono
Cristo,
lo
quale per grande
e
singulare
grazia
in
questo
cervo sono
apparito;
io sono
Cristo,
lo
quale
tu non conoscendo adori in
ci,
che fai
mlte limosino,
onde hai meritato di
conoscermi;
per-
ciocch
le tue limosino sono
piaciute
nel
cospetto
mio,
e
perci
venni
per prenderti per questo
cervo
^,
lo
quale
tu
studiavi
di
prendere.
Le
quali parole
udendo Pla-
cido,
cadde in terra dal
cavallo,
di
paura.;
ma
dopo
lo
spazio
di un'ora
levandosi,
prese
ardire e disse:

Reve-
lamiti
chiaramente tu che
parli
e crederotti. Cristo
rispose:

Placido,
io sono Cristo creatore del cielo e
della
terra,
il
quale
feci nascere la luce e divisila dalle
tenebre,
e ordinai li
tempi,
li
giorni
e
gli
anni e
plasmai
l'uomo del limo della
terra,
e
poi per
salute
degli
uo-
mini
presi
carne e fui crocifisso e
sepolto,
e il terzo
di resuscitai.
E udendo
queste
cose.
Placido fu tutto
stupefatto,
e anche
^
cadde in
terra,
e adorollo e disse:
Veramente credo che tu se' lo fattore
d'ogni
cosa,
e tu se'
quegli
che converti
gli
erranti. E disse Cristo:
Se cos
credi,
va' al vescovo di Roma e fatti battez-
zare. E Placido disse: Or vuoi ch'io annunzi
queste
cose alla mia
moghe,
acciocch'ella e' miei
figliuoli
cre-
dano in te? E Cristo
rispose
e disse:
Voglio,
e
fgli
battezzare con
te,
e tu domani fa' che tomi a me
qui,
e
ch'io anche mi ti dimostrer e dirotti anche
quello
che ti dee avvenire . E
dopo queste parole
torn Placido
ai
cavaheri,
e non disse nulla di
questo
fatto. E tornando
a
casa la
notte,
stando con la
moglie,
disse ci che ve--
duto e udito
aveva,
cacciando lo cervo. Le
quali
cose
udendo
quella
e
maravigliandosi,
disse: Marito
mio,
e
io
anche ieri notte udii una voce che mi disse: Domani
^
venni
per guadagnarti
col mezzo di
questo
cervo,
cio sotto
figura di
Questo cervo.
questo
cervo
^
e di
nuovo.
230 LEGGENDE CRISTIANE
tu e '1 marito tuo e'
figliuoli
tuoi verrete a me. E
vera-
j
mente credo che Ges Cristo
quegli
che ci cos
ap-
parito
e hacci cos
parlato
. E subitamente si
levarono
in sulla mezza notte e andarono al vescovo
occulta-
mente co'
figliuoli,
e dimandarono il battesimo: e
quegli
con
grande allegrezza gli
battezz,
e a Placido
pose
nome
Eustagio
e alla
mogfie Teopante,
e all'uno de'
figliuoli Agapito
e all'altro
Teopisto.
E come fu
giorno,
Eustagio,
sotto
spezie^
d'andare a
cacciare,
ritorn
a
quel luogo
ove avea trovato il
cervo;
e
prima
dis-
perse
2
li suoi cavalieri
per
la selva
cacciando',
sicch
egli
solo and a
quel luogo.
E incontanente trov lo
cervo come il d
prima;
e
gittandosi
in
terra,
ador e
disse:
Prigoti
umilmente che tu mi manifesti
quello
che mi
promettesti.
Al
quale
disse Cristo: Beato
se',
Eustagio,
che hai ricevuto lo lavacro del mio bat-
tesimo e della mia
grazia, per
lo
quale
hai vinto il ni-
mico e conculcato
quello
che t'ha insino a ora
ingannato.
Ora
tempo
di
provare
la fede tua: che
sappi
che '1
diavolo molto turbato
perch
l'hai
lasciato,
e armasi
contro di te
per
darti molte
tribolazioni;
ed io ci
per-
metto,
perciocch
si conviene che tu
passi per questa
via delle
tribolazioni,
e combattendo riceva i meriti
e
la corona della
gloria
celestiale. Tu
dunque
sii
valente,
e non
guardare
alla
prosperitade
e
gloria
che hai avuto
infno a
qui; perciocch per
molte tribolazioni
e danni

bisogno
che tu diventi
quasi
un altro
Giobbe;
e
poich
sarai ben umiliato e
provato
^,
io ti ristorer nella
prima
gloria.
Dimmi
dunque
se tii vuoi ricevere ora
queste
tribolazioni
per purgazione
de' tuoi
peccati,
o essere
purgato
dopo
la morte?.
Rispose Eustagio:
Mes-
sere,
se cos
bisogno
che sia ch'io
passi per
tribolazione,
permetti
che siamo ora
tribolati;
ma
piacciati
di darci
pazienza. Rispose
Cristo: Sta' costante
e sicuro,
1
facendo vista di andare a cacciare.
2
abbandon i cavalieri
sparpagliati per
la foresta.
3
provato
dalla sventura.
SANT*EtrSTA0HIO 231
che
la
mia
grazia guarder
l'anime vostre. E
dopo
queste
parole
lo
cervo
disparve; Eustagio
torn a casa
e
disse
ogni
cosa alla
moglie.
2.
Delle
molte teibolazioni che
ebbe,
e come per-
dette LA MOGLIE E I EIGLItTOLI.
E
dopo alquanti giorni
venne una
gran
mortalit
neUa
casa di
Eustagio,
sicch morirono tutti i suoi
fedeli
e servi e
serve;
e da indi a
poco
morirono i cavalli
e tutto l'altro
bestiame;
e
dpo alquanto tempo alquanti
malandrini
gli
entrarono in
casa,
e
tolsongli gni
cosa
che
rimaso
gli
era,
oro e
argento
e
ogni gioia:
intantoch
vedendosi
cosi
concio,
fugg
colla
moglie
e co'
figliuoli
in
Egitto, vergognandosi
di vivere fra li loro vicini.
E
poich
furono
partiti
di
Roma,
ogni
loro
possessione
da altri baroni e uomini
malvagi
fu
usurpata.
E ve-
dendo Troiano
imperadore
e tutto il senato lo
parti-
mento
^
di
Placido,
furonne molto
turbati,
perciocch
era molto utile allo
imperio per
lo senno e
per
la
pru-
denza,
e molto
pi
|S
dolevano
perch
nulla novella ne
poteano sapere.
E andando
Eustagio
colla sua
famiglia
in
una
nave,
vedendo lo
padrone
della nave la
moglie
d'Eustagio
ch'era molto
bella,
puosole
molto
amore;
e
come furono
giunti
al
porto,
domand lo
padrone
un
nolo s
grande,
che
Eustagio
non avea di che
pagare.
Per
la
qual
cosa lo
padrone
comand che la donna fusse
ritenuta
per
lo
nolo;
e contraddicendo
Eustagio,
lo
pa-
drone lo minacci di farlo
gittare
in
mare,
se non si
par-
tisse:
onde
Eustagio,
non
potendo
resistere,
lasci la
moghe,
per
non
perdere
la
vita,
e
fugg
co'
figliuoli,
e con
grande
tristizia
piagnendo.
E
pervenendo
ad un fiume
per
lo
quale gH
convena
guadare,
vedendo che v'era
dell'acqua profonda,
non fu ardito di
guadare
con
am-.
^
la-partenza.
232 LEGGENDE CBISTIANE
bedue i
figliuoli,
a,nzi la.sci l'uno e
posesi
l'altro in
collo
per portarlo
di l e
poi
tornare
per
l'altro. E
avendo
gi passato
l'uno,
tornava
per
l'altro;
e
quando
fu
in
mezzo del fiume venne un
lupo,
e
portonne
^
quel figliuolo
ch'era
passato,
e
fuggissi.
E ci vedendo
egli,
e
dispe-
rando di
riaverlo,
con molta tristizia tornava
per l'altro;
e
com'egli
andava,
innanzi che fussi
giunto
alla
ripa,
venne lo
leone,
e
portonne quell'altro,
e
fuggitte
in
una
selva. E vedendo
Eustagio
che non v'era
speranza
di
riaverlo,
incominci a
piangere
e a
pelarsi
il
capo per
dolore,
e
per
la
grande
tristizia che
ebbe,
poco
meno
'^
che non si
anneg;
e sarebbesi
annegato,
se non fosse
che la divina
grazia
lo soccorresse. E ricordandosi delle
parole
di Cristo che
gli
avea
predette, ch'egli
avrebbe
molte tribolazioni come
Giobbe,
e
prendendo
alcuno
conforto,
venne a terra.
3. Come li figliuoli furono tratti l'uno di bocca
DEL LUPO E l'altro DI BOCCA DEL LEONE E NOTRI-
CATI DA
QUELLI
CHE GLI LIBERARONO DALLA MORTE.
Or
avvenne,
come
piacque
a
Dio,
che
portandone
lo leone
quello garzone sopra
detto,
alquanti pastori
del
paese
lo
vidono,
e
andarongli
dietro con li
cani;
sicch lo
leone,
avendo
paura,
lasci lo
garzone
vivo e
sano e
fuggi,
e
quelli pastori
lo ricolsono. E simile-
mente
alquanti
lavoratori ch'erano nelli
campi
dal-
l'altra
parte
del
fiume,
vedendo lo
lupo portare
uno
fanciullo,
pognamo
^
che non
sapessono
di chi si
fosse,
gridando gli
corsono
dietro;
sicch
quello lupo
lasci
quel
fanciullo sano e
vivo,
e
dipartissi
via da
loro,
e li
lavoratori lo ricolsono con buono amore. E
questi pastori
e
questi
lavoratori erano d'una villa
medesima,
e notri-
^
port
via.
2
sottinteso
avvenne,
^
sebbene.
SANT'EUSTACHIO 233
carono
li
predetti garzoni,
non
sapendo per
che fossono
fratelJi,
n di cui fossono
figliuoli, Eustagio
era ito
via,
e
queste
cose non
sapeva,
e andava
piagnendo,
cre-
dendo
che i
garzoni
fossono
divorati,
e diceva:

Oim
misero,
che in
prima
era come albero fiorito con molti
rami,
e ora sono come albero secco e senza rami! In
prima
solca essere circondato da moltitudine di
cavalieri,
e ora
sono solo e
abbandonato,
che ho
perduto
eziandio
li
figliuoli!
Ricordami,
Signor
mio Ges
Cristo,
che
voi
diceste ch'era
bisogno
che io fossi tentato come
Giobbe;
ma
io,
al mio
parere,
in alcuna cosa sono
pi
tribolato
che
Giobbe; che,
avvegnach egli perdesse
ogni possessione, pur gli
rimase un votino
^
per
sedere,
ma a me non rimaso
nulla;
egli
ebbe
alquanti
amici
che lo vemiono a
consolare,
e a me vennono le fiere
per
li miei
figliuoli
divorare;
a lui rimase la
moglie,
e a me tolta. Poni
fine. Messere,
alle mie
tribolazioni,
e
poni guardia
alla mia
bocca,
ch'io
non
mormori contro
a
te,
sicch tu non mi cacci dalla tua faccia . E andando
cos
piagnendo
e
dicendo,
giunse
a una
villa,
e
posesi per
servo
d'alquanti
villani,
e
guardava
le bestie e lavorava la
terra,
per
anni
quindici.
E i
figliuoli
furono notricati
da
quelli
che
gli
tolsano di bocca del
lupo
e del
lione,
e
non
sapeano
n eUi n
quelli
che
gli
notricavano,
che
fossono
fratelli;
e Iddio
guard
la
moglie d'Eustagio
che non fu
tocca,
perocch quel
misero e reo uomo
che
la
tolse tosto
mor,
e
quella fugg
e
pervenne
a un certo
luogo,
e
quivi poveramente
vivea.
4.
Come lo 'mpekadore fece cercare di
lui,
e come
fu
trovato.
In
questo
mentre lo
'mperadore
di Roma e '1
popolo,
essendo
molto molestati de'
nemici,
ricordandosi come
Placido
pi
volte
gli
aveva isconfitti
per
la sua
prudenza
letamaio.
23i LEGGENDE CBISTIJrB
e
per
la sua
valenta,
incominciaronsi molto a
dolere
della sua
assenza;
onde mandarono molti
cavalieri,
cercandolo
per
diverse
parti
del
mondo,
e
promisono
molte ricchezze e molto onore a chi lo
trovasse,
ac-
ciocch ciascuno fosse bene sollecito a cercarlo. Or
avvenne che due di
questi
che l'andavano
cercando,
li
quali
erano stati alcuna volta suoi
cavalieri,
ven-
nono a
quella
villa dove
Eustagio
era,
lo
quale eglino
chiamavano Placido. Li
quali Eustagio
vedendo e ri-
conoscendogli,
ricordandosi della
gran dignit
ch'avere
solca,
incominciossi tutto a conturbare
dentro,
e disse
orando:
Signor
mio Ges
Cristo,
come
costoro,
li
quali
furono
gi
di mia
famiglia,
m'hai fatto vedere non
isperandomelo,
cos mi
concedi,
priegoti,
che io
possa
ritrovare la mia dorma alcuna
volta,
che de' miei fi-
gliuoH
son certo che sono divorati. E fatta
questa
orazione,
ud una voce che
gli
disse: Abbi
confidanza,
Eustagio,
che di
qui
a
poco
tornerai all'onore di
prima
e troverai la
moglie
e li
fghuoli
. Ma
avvegnach egli
conoscesse
quelli
cavaUeri,
non fu conosciuto da
loro;
anzi scontrandosi con
lui,
s lo dimandarono se in
quella
villa fosse nullo forestiero che avesse nome
Placido,
con due suoi
fghuoli
e con una donna. E
rispondendo
egU
che non
gli
vi
sapea
^,
invitogli per
cortesia,
e me-
nolli a casa de' suoi
signori
e
fecegh mangiare;
ed
egli
serva
loro,
e
servendo,
ricordandosi del
primo
suo
stato..
non si
potea
tenere di
lagrimare;
onde,
perch eghno
non
se ne
avvedessero,
ispesse
volte usciva fuori e lavavasi
il
volto,
e
poi
tornava loro a servire. E considerandolo
coloro,
dicevano insieme: Come
somigHa questi
Pla-
cido! E diceva l'uno all'altro: Veramente
egli pare
pur
desso. Cerchiamo se
egli
avesse un
segno
in
capo,
d'una ferita che ricevette in
battagha:
e se la vi tro-
viamo,
veramente
egh
desso. E
poich
ebbono man-
giato,
cercando e trovando il
segno,
e conoscendo ch'era
^
che non
sapeva
se vi fossero.
SANT'EUSTACHIO 235
desso,
gittaronsegli
al collo ed abbracciaronlo e bacia-
ronlo
per grande
letizia,
e
poi
lo dimandarono della
moglie
e dei
figliuoli;
e non
potendosi egli
celare e ne-
gare
che non fosse
Placido,
rispose
loro come
gli
suoi
figliuoli
erano divorati e la
moglie
tolta. E udendo li
vicini
della contrada
quello
che
questi
cavalieri dice-
vano
d'Eustagio
e del suo istato di
prima,
correvano
per
meraviglia
a
vedere;
e allora
gli
cavalieri dissero
come
per
comandamento dello
'mperadore eglino
e
molti
altri l'erano iti cercando
per
diverse
parti,
e come
al
postutto
^
era
bisogno ch'egli
n'andasse con loro. E
dopo quindici
d
Eustagio, ispirato
da
Dio,
e
sapendo
quello
che addivenire
gli
dovea,
se n'and con
loro,
e
giunse
allo
'mperadore.
E
sapendo
lo
'mperadore
la
sua
venuta,
andogli
incontro e baciollo e
abbracciollo,
e
fecegU
molto
onore,
e costrinselo di ricevere l'ufficio
di
prima,
cio d'essere
principe
della milizia de' cava-
lieri dello
'mperadore.
5. Come fatto peincipe isconfissb gli
nemici,
e poi
toenando ritrov la moglie e l
figlittoll;
e come
poi tornando a roma ricevette lo martirio.
i
E ricevuto ch'ebbe
l'ufficio,
incontanente annover
i cavalieri
suoi,
e vedendo ch'erano
pochi
a
rispetto
de'
nemici,
comand che in
ogni
contrada
soggetta
a
l'imperio
fossono scelti ed eletti
alquanti
valenti
giovani
e ammessi e scritti alla milizia
dell'imperatore.
Onde avvenne che
quella
villa nella
quale
erano li suoi
fighuoli
ebbe comandamento di dare due
giovani
a
questa milizia;
e considerando
gli
uomini della contrada
che
questi giovani ch'egH
aveano
campati,
l'uno dal
lupo
e l'altro dal
leone,
erano molto
arditi,
savi e va-
^
in
ogni
modo.
236 LEGGENDE GEISTIA2TB
lenti,
mandarongli
al
principe
della
milizia,
cio ad
Eustagio,
lo
quale, vedendogli
cos belli e bene costu-
mati,
si
gli
fece di sua
famiglia
~. Poi and alla
battaglia
contro certa
gente
rubellata,
e sconfisse
gl'inimici,
e
tornando a casa con
grande
trionfo,
avvenne che si
ripos
tre d colla sua
gente
in
quella
villa dov'era la
sua
moglie;
e come
piacque
a
Dio,
dividendosi
gli
uo-
mini
per
le
case,
questi
due
giovani
entrarono ad al-
bergo
in
quella
casa nella
quale
istava la loro madre
Teopante,
ch'era
moglie
di
Eustagio;
e un
giorno
di
meriggio,
sedendo
eglino
insieme,
ragionando
di certe
cose,
incominciarono a
parlare
e addomandarsi l'uno
dell'altro della loro
puerizia,
e la madre loro sedeva
ivi
presso
e udiva
quello
che
dicevano,
ma non
gli
co-
nosceva. E diceva lo
maggiore
al minore:

Io mi ricordo
che
quando
io ero
fanciullo,
lo mio
padre
era
principe
della
milizia,
e mia madre era molto bella donna e avea
due
figliuoli,
me e un altro
minore;
e ricordomi
ch'eglino
si
partirono
da Roma ed entrarono in
mare,
e non so
dove ci
menavano;
e uscendo noi di
mare,
nostra madre
rimase non so
perch,
e mio
padre
andava
piagnendo
e menavacene
per
terra,
e venendo a un
fiume,
pass
col fratei mio dall'altro
lato;
e tornando
per
me,
quando
fu a mezzo il
fiume,
venne un
lupo
e
portonne
'1 fratel
mio,
e
poi
innanzi che mio
padre giungesse
a
me,
venne
ini leone e
rapimmi
e
portavami
nella
selva;
e li
pastori
gli
mi tolsono e nutrironmi in
quella
villa,
come tu
sai;
e non
potei
mai
sapere quello
che fsse di mio
padre,
n di mio fratello . E udendo
queste parole
l'altro,
in-
cominci a
piagnere
e disse: Per
Dio,
secondo che
tu mi
di',
tu se' il mio
fratello,
che
questi
che m'hanno
notricato mi dissono che mi cavarono di bocca del
lupo
.
E abbracciandosi
insieme,
incominciarono a
piagnere
dell'allegrezza.
E udendo la madre loro che cos
appunto
aveano detto come la sua fortuna
istava,
maravigliavasi
^
della sua Corte.
sant'ettstaohio 237
e diceva:

O
Iddio,
sarebbono
questi
li miei
figliuoli?
.
Ma non fu ardita di dire loro altro.
E l'altro d se n'and al
principe
della
milizia,
cio
ad
Eustagio,
non
conoscendolo,
e
dissegli:

Priegoti,
messere,
che mi faccia rimenare nella mia contrada
a Roma. E
parlando
cos con lui delle sue
isciagure,
videgli
alcun
segno per
lo
quale
lo
conobbe;
e non
po-
tendosi
tenere,
gittoglisi
a'
piedi
e
dissegli:

Priegoti,
messere, che mi
esponi
lo
tuo
istato di
prima:
che,
per-
donami,
tu mi
pari
lo mio
signore Eustagio,
lo
quale
Cristo Salvatore
convert,
e sostenne tale
tribolazione,
e la cui
moglie gli
fu tolta in mare
(la quale
sono
io;
ma Iddio mi
guard d'ogni corruzione),
e il
quale
avea
due suoi
figliuoli,
cio
Agapito
e
Teopisto.
Le
quali
parole
udendo
Eustagio,
e
diligentemente
consideran-
dola,
conobbe ch'ell'era la sua buona
donna,
e
piglian-
dola,
per l'allegrezza
si
l'abbracci,
ringraziando
Iddio,
lo
quale
consola
gli
afflitti. E domandando ella de'
figliuoli, Eustagio
le disse come lo leone si aveva
portato
l'uno e '1
lupo
l'altro,
e disse tutto il modo come
gli
av-
venne. E
quella rispuose:

Riugraziamo
Cristo,
che
io mi
penso
e credo
che,
come
per
sua misericordia ci
ha fatti ritrovare
insieme,
cos far ritrovare li nostri
figliuoli; che,
sedendomi ieri nell'orto dietro la
casa,
udii due
giovani
di
questa
tua
gente
che vi sono al-
bergati, parlare
insieme della loro
puerizia,
e dicevano
come
l'uno di loro era istato
preso
dal
lupo
e l'altro dal
leonC;
e
ogni
cosa
appunto
come hai
detto,
eccettoch
dicevano lo modo come furono
campati;
onde veramente
credo che siano
gli figliuoli
nostri,
onde manda
per
loro
e fatti loro dire lo fatto
per
ordine .
E
mandando
Eustagio per
loro e
dimandandogli,
conobbe veramente chei erano li suoi
figliuoli;
ed
egli
e
la
moglie
si
gittaronp
loro al
coUo,
e non si
potevano
saziare di
baciargli
e
d'abbracciargli;
e tutta la
gente
ne
faceva
gran
festa,
quando
'1
seppono, per
amore
d'
Eustagio.
E tornando a Roma trovarono che Tro-
238 LEGGENDE CTIISTIANB
iano
imperadore
era
morto,
e succedeva allo
'mperio
Adriano,
lo
quale,
s
per
la vittoria e s
perch
avea
ritrovato la
moglie
e i
figliuoli, gli
mostr
grande
alle-
grezza
e
fecegli grande
onore,
e ricevettelo
magnifica-
mente,
e
fecegli
un
gran
convito. E l'altro
giorno
and
lo
'mperadore
al
tempio
a fare
sagrificio agl'idoli
della
vittoria
ricevuta;
e vedendo che
Eustagio,
n
per
la vit-
toria,
ne
per
lo ritrovamento de'
figliuoli
e della
mogUe
non faceva
sagrificio, maravigliossene
molto,
e
dissegli
che
sagrificasse.
Al
quale rispuose Eustagio
e disse ar-
ditamente: Io adoro
Cristo,
e a lui solo
sagrifico);.
Per la
qual
cosa lo
'mperadore
adirato
forte,
fece
pren-
dere lui e la
moglie
e i
figliuoli,
e
menargli
in un
campo,
e fece
sciogliere
un leone ferocissimo contro di
loro;
e come lo leone fu
giunto
a
loro,
inchin lo
capo, quasi
adorandoli,
e
partissi.
Allora lo
'mperadore
fece tosto
incendere uno bue di metallo roventissimamente e met-
tervili dentro. E orando e raccomandandosi a
Dio,
en-
trarono nel
bue,
e
quivi
renderono lo
spirito
a Dio.
E '1 terzo
di,
essendo tratte le loro
corpora
dal
bue,
dinnanzi lo
'mperadore,
furono trovati illesi dello in-
cendio,
sicch n
capello,
n
panno,
n membro alcuno
avea ricevuto danno n
mutjamento.
E ci vedendo
gli
cristiani,
ringraziarono
Iddio,
e con
grande
onore
li
seppellirono
al
luogo
onorevole,
e fecionvi una chiesa
in loro nome.
E ricevettero
passione
anni Domini
centoventi,
il d di calen di
novembre.
Deo
gratias.
ANNOTAZIONI
Un'altra redazione
pi ampia
di
questa leggenda,
ma di
forma meno
elegante,
venne
pubblicata
dal Maini a
Reggio
Emilia nel
1854,
e ricorda
quella
accolta dal Makni nel III voi,
delle sue
Vite,
a
pag.
269 e
segg.

Nella
Legenda
Aiirea il rac-
conto della vita e del martirio di S. Eustachio vien dato
il
20
settembre,
il
giorno
della festa del Santo.
SANT'EUSTACHIO 239
La chiesa di S. Eustachio esiste tuttora a
Roma,
e sotto
l'aitar
maggiore,
in un'antica urna di
porfido
rosso,
si conservano
le
reliqrue
del martire.
Fra le numerose
rappresentazioni
artistiche della
leggenda,
ricordiamo
la celebre
stampa
di Alberto
Durer,
e una tavola
del Pisanello,
che ora trovasi alla National
Gallery
di Londra.
Un racconto in
ottave,
con la sottoscrizione del nome del-
l'autore
Johannes dictis
Florentinus,
venne
stampato
a Firenze
sulla
fine del 400. Per dare un'idea
dell'ingenua grazia
della
composizione,
ne riferiamo le ultime due strofe.
E '1 terzo
giorno poi l'Imperatore
f' cavar fuori
questi quattro
santi,
e come
piacque
a Ges Salvatore
parca
che fussin vivi tutti
quanti,
puliti
e dehcat come im^
fiore,
non mancando di nulla in suoi
sembianti,
tal che ciascuno si
meravigliava
che un sol
capei
fra tutti non mancava.
Da
po'
i Cristiani ben secretamente
den
sepoltura
a' lor
corpi
beati;
con
gran
devotion ferventemente
ebbono i
corpi
lor ben collocati.
In un
sepolcro
lor
quattro
al
presente
in santo Eustachio sono ancor
trovati,
dentro di
Roma;
l con
grande
amore,
sepolti
sotto son l'aitar
maggiore.
LA LEGGENDA DI S. SEBASTIANO
[Attribuita
a S.
Ambrogio. Volgarizzamento
irtedito,
tratto
dal God. Laurenziano
LXXXIX, swp.
94,
carte 52
e
segg.].
1. Del glorioso e vittorioso cavaliere e martire
DI Cristo santo Sebastiano.
Nel
tempo
che
regnavano
nel mondo due
impe-
radori
romani,
cio Diocliziano e Massimiano
^,
era
uno nobilissimo cavaliere in Nerbona
^,
il
quale
avea
nome
Sebastiano,
il
quale
era
per
certo
prodissimo
e
savissimo,
e tutto virtuoso e leaUssimo e
veritiere;
o
in dare sentenzie dirittissimo e
giustissimo,
et in con-
sigli
dare tutto
provveduto.
In
battaglie
e in tornia-
menti
^
valentissimo,
e in
sapere
bene ordinare
ogni
arte cavalleresca era
i3rovatissimo;
et in
ogni
virtude
e bontade
espertissimo; per
la
qual
cosa i detti due
imperadori
lo elessono
per
loro barone e
compagno
e
segreto consigliere
della loro
corte,
e
ch'egli
dovesse
continovo dimorare in Roma
per guardare
loro onore
e loro
grandezza.
Istando il detto santo Sebastiano
1
Diocleziano fu
proclamato imperatore
il 17 settembre
284,
e due
anni
dopo
si associ
all'impero
Massimiano: entrambi
deposero
il
po-
tere nel 305.
2
Sant'Ambrogio (in
Paul.
CXVIII,
oct.
20)
afferma che Sebastiano
era oriundo di Milano: a
mediolanensia oHundus est-.
^
tornei,
giostre
cavalleresche.
5j
E^
0-.
li
o
t-4
ij
LA LEGGENDA DI S. SEBASTIANO
[Att7'ibuita
a 8.
Ambrogio. Volgarizzamento
inedito,
traiio
dal Cod. Lanre7i7iiuno
LXXXIX, sup.
04,
carte 52 r.
'^egg.].
1. Del glorioso e vittorioso cavaliere e martire
r>i Cristo santo Sebastiano.
Nel
tempo
che
regnavano
nel mondo due
m]w-
radon"
romani,
cio Biocliziano e Massimiano
^,
era
uno nobilissimo cavaliere in Nerbona
^,
il
quale
avea
nome
Sebastiano,
il
quale
era
per
certo
prodissimo
p
savissimo,
e tutto virtuoso e lealissimo e
veritiere;
o
in dare sentenzie dii'ittissimo e
giustissimo,
et in co-
i^gii
dare tutto
provveduto.
In
battaglie
e in tornia-
menti
^
valentissimo,
e in
sapere
bene ordinare
ogni
arte cavalleresca era
provatissimo;
et in
ogni
virtude
e bontade
espertissimo; per
la
qual
cosa i detti due
mperadori
lo elessono
per
loro barone e
compagno
e
segreto consigliere
della loro
corte,
e
ch'egli
dovesse
continovo dimorare in Roma
per guardare
loro onore
e loro
grandezza.
Tstando il detto santo Sebastiano
^
Diocleziano fu
proclamato imperatore
il 17 settembre
284,
e
due
anni
dopo
si associ
all'impero
Massimiano: entrambi
deposero
il
pa-
tere liei 305.
-
Sant'Ambrogio (in
Fdal.
CXVIII,
oct.
20)
afferma che Sebaatian.i
era oriunda di Milano:
.
nediolanenris oTundm: esi.
'^
tornei,
giostre
cavalleretebe.
Cr
<
w.
t
x:
SAN SEBASTIANO 241
nella
corte co' detti due
imperadori,
divent
grazio-
sissimo
a tutte
genti,
che tutti l'amavano e volevan-
gli
bene,
portandogli grandissima
reverenza;
e tutto
questo
gli
avveniva
per
la
grazia
di
Dio,
poi
ch'era
buono
e fedele cristiano
segretamente,
e amava Gesti
Cristo
con tutte sue forze.
E cosi il tenea
celato,
acci che
potesse
sicuramente
andare a confortare e nella verace fede mantenere
i
Cristiani ch'erano
perseguitati
e
'mprigionati
e tormen-
tati
durissimamente,
e amaramente morti
per
lo co-
mandamento de' due
imperadori,
nemici di Cristo e
perseguitatori
della fede cristiana. Sicch santo Se-
bastiano,
avendo
paura
che alcuni
per pena corporale
non abbandonassero la fede di Cristo
e servissero alle
(lemonia,
il d e la notte andava cercando dove stavano
i santi martiri
imprigionati, sovvenendogli
di
mangiare
e di
vestimenta,
e
facendogli
medicare,
in tutte neces-
sit
sovvenendogli,
lavando loro
piedi,
desiderando
tosto venire al martrio
per
amore di Cristo.
2. Come due nobili giovani
cristiani,
ch'erano
ROMANI,
FURONO DAL PREFETTO PER L'aMORE
DI
Cristo
imprigionati. E come i loro parenti pro-
cacciavano CON lusinghe trarli dalla fede
cristiana.
In
quello tempo
che santo Sebastiano era cos
grande
nella corte de' detti
imperadori,
e che
adoperava
cela-
tamente tanta carit ne' servi di Ges
Cristo,
era a
Roma uno ricco e nobile uomo ch'avea nome
Tranquil-
lino,
e avea
per moglie
una nobile donna chiamata
Marzia,
et erano
pagani,
et avevano due
figliuoli,
l'uno
avea nome Marcelliano e l'altro
Marco;
et erano nati
a
uno
corpo
in uno medesimo d ^.
Questi
due benedetti
^
erano
gemelli.
16.

Battelli, Leggende
cristiane.
242 LEGGENDE CEISTIANE
giovani
avevano
moglie
e
figliuoli,
et erano santi
cri-
stiani,
erano stati battezzati
per
mano d'un santo
prete
ch'avea nome
Policarpo.
Ora avvenne che uno
pre-
fetto di
Roma,
che in
quello tempo
faceva la
giustizia
de'
predetti imperadori
contro a'
Cristiani,
il
quale
avea
nome Clomazio
^,
sentendo che' detti MarceUiano e
Marco erano
cristiani,
si li fece
prendere
e mettere in
pregione,
e
raccomandgli
^
a uno
principe
di Roma
ch'avea nome
Nicostrato,
il
quale gli
fed
^
duramente
e
misegli
in un'oscura
pregione
nel fondo del suo
j)a-
lagio.
In
quello tempo
erano i due detti
imperadori
in Francia
per conquistarla, perch
s'era rubellata da
loro ^. E diede il
prefetto questa
sentenzia contro a
loro,
a
petizione
del
padre
e de' loro
parenti,
che se infra
trenta d essi non tornassero ad adorare
gl'idoli
e ab-
bandonassero e
rinnegassero
la fede de'
Cristiani,
do-
vessero
perdere
il
capo
et essere
privati
di tutti i loro beni.
Questo
procacciarono
i loro
parenti
e
amici,
perch
per lunghezza
di
tempo
^
credeano
potere partirli
dal-
l'amore di Gesti
Cristo.
Santo
Sebastiano,
del
quale
abbiamo fatto
menzione,
continuamente entrava a loro
nella^
pregione, imperocch
a
lui,
per
la sua
grandezza
'^
non era tenuta
[serrata]
ninna
porta,
e i
signori
di Roma
credeano che santo Sebastiano fosse
pagano.
Et
gli
confortava arditamente e
diligentemente
santo
Mar-
ceUiano e Marco nella
prigione, ammaestrandogli
come
non curassero
lusinghe
e
pene temporali, imper
che
tosto
passano
e,
dopo
esse,
seguitano gloria
et alle-
grezza
sanza fine.
1
Cos il
testo,
per
la sostituzione della Ietter l alla
r,
comtinis-
sima nella
parlata
toscana.
Il vero nome Cromazio.
2
li affid.
^
li
colpi,
li
percosse.
,
^
I contadini
della Gallia si erano ribellati
per
caxisa
degli
enormi
tributi loro
imposti
e avevano formato
delle bande
armate,
dette
con
vocabolo celtico
Bagaudi.
5
in
questo lungo tempo.
8
per
la carica di cui era rivestito.
SAN SEBASTIANO 243
3.
Come
gli
amici,
il padre e la madre e le mogli
DI SANTO MaRGELLIANO E MaRCO GLI VENNERO A
lusingare
per TRARLI DALLA FEDE CRISTIANA.
Vennero
prima gli
amici di santo Marcelliano e
Marco
dinnanzi a loro
piangendo
e
lagrimando,
dicendo
con
piatose
boci:

Onde a voi nato cos crudele e duro
cuore
che non avete
paura
di
morire,
n
piata
del vostro
nobile
padre
e antico e
canuto,
e della nobile vostra
madre,
che
per grande
vecchiezza
oggimai
moritoia
^;
perch
siete s salvatichi e sanza misericordia che le
recate nella sua antichit
^
novello e doloroso
parto
^,
che dovresti essere ora tutto il suo
riposo
e sollazzo?
Quand'ella
vi
partor
in unO d
amendue,
bene ebbe
doloroso
parto,
ma vedendovi
nati,
di suo dolore non
cur. Ora nuovo e
penoso parto
voi le
rinnovate,
sanza
consolazione e
medicine,
e datele dolore sanza rimedio
e tormento sanza
coniparazione. Imper
che la vostra
iseonsolata madre vede che da voi l' tolta
ogni
buona
isperanza j)er
la vostra
propria
volontade,
che da voi
iscacciate
ogni
onore,
e solamente in voi non cade se
non
desiderio di morte crudelissima e amara. Pensate
dunque,
carissimi
amici,
e
ponete
fine innanzi
tempo
a
tanta vostra
tempestade,
e siate
piatosi
e
benigni
a
voi
medesimi,
a vostro
padre
e a vostra madre e
amici;
acci
che col vano cieco vostro
proponimento
voi non
facciate
annegare
*
coloro che vi
generarono,
non cu-
rando tanta
dignit
e ricchezza
^
. Dicendo a
questi
gloriosi
santi i loro amici cos
piatose parole,
ed ecco che
^
vicina a morire
(dal
lat.
moriturus).
La Crusca non lo
registra,
ma
il
Tommaseo ne cita tre
esempi
tratti dal
volgarizzamento
delle Omelie
fli
S.
Gregorio
e deUa Eneide,
^
vecchiaia.
^
metaforicamente: nuovo dolore.
*
morir di dolore,

abbiate
riguardo
al dolore dei
genitori,
se anche non vi
premono
Is
ricchezze
della vostra casa e il nome della
famiglia.
,.-:^
.
r
';;; ;";-;-;v';--P^!i*'S'
'"
;.
;-"":v?b
244 LEGGENDE CRISTIANE
venne
Marzia,
loro dolorosa
madre,
per
che
non
co.
nosceva ancora
perfettamentie
la virt di Gesti
C5risto,
lo
quale
avevano Marcelliano e Marco fondato in
se
medesimi come in ferma
pietra.
Questa
loro
madre
venne a loro
istridendo,
tutta
iscapigliata,
mostrando
loro,
e a
quegli
che
v'erano,
li suoi
capelli
canuti,
istrac-
dandosi le sue vestimenta del
petto,
mostrando le
sue
mammeUe del suo
sanguinoso petto,
che
per grande
dolore s'avea
graffiato.
Tutti
quelli
d'intorno
per pia-
tade
piangevano, veggendo
tanto dolore. E colle
mam-
melle in
mano,
si rivolse verso i
figliuoli
e
cominci
quasi
tramortita a dire:

Ohim,
figliuoli
miei dolcis-
simi,
chi v'ha
spartiti
da
questo
doloroso
petto,
che con
tanta delicatezza vi lattai? O dolce mio
figliuolo
Marcel-
liano,
che del frutto del mio ventre diedi in
prima
al
mondo,
queste
sono
le
grande lusinghe
che tu ave!
alla tua dolorosa
madre,
le
quali
mi facevi
quando
eri
garzone,
colli abbracciari e baci
puerili
che mi solevi
fare? E tu
Marco,
il
quale
in
quello
medesimo die
partorii
con
Marcelliano,
mio
primogenito, pognano
che
pi
fussi
vergognoso
^
che '1 tuo
fratello,
almeno so che nel
tuo cuore non meno m'amavi di
lui,
e in te conosceva
la similitudine
^
del tuo disavventurato
padre
e mio
disavventurato marito. Ohim misera
lassa,
che intor-
neato m'hanno s
l'angoscio
e le
tribolazioni,
che
da
qualunque parte scampo
non
posso
vedere;
il dolore
ov'io
sono,
ch'io
veggio
morire due miei
figliuoli,
i
quali
partorii
in uno die! E se 'miei
figliuoli
mi fossono
tolti
da' miei nemici io anderei
dopo
loro
^,
tanto ch'io
li
riarei,
o io insieme con loro morrei. Se 'miei
fighuoli
fossero
imprigionati per
loro
malefici,
io
romperei
la
pregione
e
trarregliene per
forza. Ma i miei
fighuoli
ciechi hanno iscelto di morire d'una nuova e
pericolosa
morte,
nella
quale
coloro che deono essere morti
pregano
^
timido,
meno
espansivo,
2
rassomiglianza.
^
dietro loro.
SAN SEBASTIANO 245
coloro
che
gli
deono
uccidere,
con
allegrezza
che tosto
e
arditamente fediscano,
pregiando poco
la loro
vita,
disiderando
tosto
vegna
meno. Trista e dolorosa la vita
mia,
perch
il mio
pianto
nuovo e con nuova
miseria;
ch'io
veggio
dinnanzi a' miei occhi
perdere
la fresca
gio-
ventute
e bellezza de' miei
figliuoli per
loro
propria
vo-
lontate.
E
veggio
la mia vecchiezza e
quella
del mio ma-
rito
rimanere
in
questa
miseria contro a nostra volon-
tate!
Parlando cosi la loro madre cos
piatose parole,
v^ennero
donzelli che recavano
Tranquillino,
loro
padre,
ti
braccia,
per
che non solamente era
vecchio,
ma con
questo
^
era debilissimo e
infermo,
sicch
per
s andare
non
potea,
e verna col
capo iscoperto,
mostrando li
capelli
canuti
e '1
capo
calvo, vestito,
co' suoi
donzelli,
di nero.
E
quando
fu a
loro,
mise mi
grandissimo mugghio
e incominci amarissimamente a
piangere, gittandosi
la
polvere
in sul
capo
suo
canuto,
e nel suo lamento
diceva
queste
mortali e dolorose
parole: Figliuoli
miei,
sentendo io che
per
vostra volontade volete ire
a
morire,
sono venuto
prima
a vedervi e a scomiatarmi
^
da
voi,
e
veggendo
essere tanta la mia
sciagura,
che a
me conviene adornare le vostre
sepolture
delli ador-
namenti li
quali
io aveva riserbati a
voi, acci,
che la
mia
sepoltiura
onorassi,
siccome uomo che
sempre
in
Roma sono stato onorato
sopra
tutti
gli
altri. O fi-
gliuoli
miei
dolcissimi,
i
quali
secondo diritta
cagione
dovete essere bastone e sostenimento della vecchiezza
e
lume de' miei
occhi,
i
quali
insiememente,
in uno
punto,
della mia vertude foste
generati:
e so
bene,
e tutta Roma
il
sa,
che voi foste in
grande
ventura
^
nati e in
grande
delicatezza
nutricati,
e che voi fosti di
grande ingegno,
e
delle scienze tutte fosti ammaestrati
perfettamente,
or
dunque
in che subita
pazzia
e furiosa siete
entrati;
la
quale
vi fa essere amatori e cercatori della morteI
^
oltre a ci.
^
prender
commiato.

fortuna.
246 LEGGENDE CRISTIANE
E SO bene che la morte mai non fu disiderata n
amata,
e
spezialmente
da'
giovani;
e non da amare la
morte,
poi
che
quando
la
persona s'appressa
alla
morte,
essa
ninna cosa
gli porta,
ma
ogni
cosa
gli toglie
e del
tutto
lo
spoglia d'ogni
bene. E a
qualunque persona
la
morte
viene,
contro alla volont di colui che morire
s'aspetta.
Oggimai, giovani
di
Roma,
venite a
piangere
meco
sopra questi
miei
figliuoli,
bellissimi
giovani,
ma ismar-
riti,
e
'quali
contro a natura sono fatti amatori della
abominevole
morte,
la
quale
da
ogni persona

odiata.
Venite ancora a
me, vecchi,
e
spezialmente
voi che
sapete
com' dura cosa e amara la morte de'
figliuoli,
e lamentatevi e
piangete, provvedendovi
di non
porre
troppo
amore a' vostri
figliuoli,
acci che
per
li loro
mali
portamenti
voi non
caggiate
a tanta iscuritade
^
e amaritudine
quale
io, doloroso,
per
li miei
figHuoh
mi ritrovo cos
profondato
e abbattuto!
Ohim,
occhi
miei,
piangendo
venite
meno,
menando fiume di
lagrime,
e le mie
ciglia
si
chiudano,
s ch'io non
veggia
in tale
modo uccidere li miei
figliuoli! Imper
che
per
lo
tempo
passato,
neUa loro
fanciullezza,
io era s tenero che con
ogni piccola
cosa aveva
paura
di
gastigarli.
E
quando
della mia
gastigatura
io li vedea
turbati,
non
posava
mai d'abbracciarli e baciarli infino a tanto ch'io
gli
avea racconsolati. E cosi
parlando piatosamente
a'
suoi
figliuoli,
vi
sopravvennero
le
mogli
di
queste
bene-
detti
giovani,
e menavansi dinnanzi i loro
piccioli
fi-
gliuoli.
E
quando
furono dinnanzi a' loro
mariti,
si
presero
il loro
figliuolo
nelle loro
braccia, mostrandogli
a' loro
padri,
e
cominciarono,
fortemente istridendo,
a dire:

O crudeli nostri
mariti, salyatichi
piti
che
fere
pessime, poi
che voi non volete avere
piata
del vostro
padre
e della vostra
madre,
i
quali
fate morire
dispe-
rati in loro
vecchiezza,
almeno abbiate
piata
di
questi
vostri
piccioli figliuoli,
e di
noi,
che non
rimagnamo
1
tristezza,
miseria.
SAN SEBASTIANO 247
COS
vedove e
isconsolate,
e non siate tanto
spiatati
che
voi ci
vogliate
lasciare
per
fancelle
altrui,
e' vostri
e nostri
figlinoli per
fante
^
di tale
persone
che ora non
sarebbono
degni
d'essere nostri scudieri. A cui rimar-
ranno
le nostre ricchezze e
possessioni,
e' vostri servi
e
fedeli,
che
sempre
sono istati vostri e de' vostri ante-
cessori?
Che cuore di ferro il vostro? Triste a
noi;
che
generazione
di ferro
oggi
nata
per
noi nel
mondo,
che
hanno in
dispetto
i loro
parenti
e
amici,
e da loro
discacciano le loro
mogli,
e non curano de' loro
figliuoli,
n
del
padre
o madre non ne
curano,
ma
rinegano?
E
peggio
che
peggio,
voi
rinegate
voi
medesipai;
e
per
vostre volontadi in mano di
persone
crudeli vi met-
tete a morire. E in
questo
modo tutte le
persone
no-
mate facevano lamento dinanzi a
questi
santi
giovani
e vittoriosi martiri.
5. Come
santo Sebastiano si manifest come era
legittimo cavaliere di
cristo,
e come cominci
A CONFORTARE SANTO MaRCELLIANO E SANTO MaRCO.
Onde santo Marcelliano e santo
Marco,
udendo
tanti
cordogliosi
e dolorosi lamenti e atti
piatosi,
avendo
udito e veduto le
parole
e' modi del loro
padre
e madre
e
delle loro
mogli
e de' loro
parenti
e
amici,
comincia-
rono a intenerire i loro
cuori,
e
impallidire
e
sospirare,
e
quasi
cominciarono a
lagrimare.
E santo
Sebastiano,
ch'era a tutte cose
presente,
vedendo che
questi
cava-
lieri di Cristo cominciavano a venire meno nella bat-
taglia
del
mondo,
non si
pot pi
tenere celato che non
manifestasse il nome di Gesti
Cristo,
il
quale
infino al-
lora aveva tenuto
nascoso,
e volsesi verso santo Mar-
celliano e
Marco,
e incominci a dire
queste parole
altamente:
Deh,
cavalieri di Gesti
Cristo,
glorioso
^
servo.
248 LEGGENDE CRISTIANE
1
1 :
.
nostro redentore e maestro in ciascuna
battaglia
che
s'appartiene
cntro a' nemici del vero
Iddio,
nostro
creatore e
salvatore,
e'
pare
che in
questo
poco
comin-
ciamento cominciate a
dubitare;
e'
pare
che nella
fine
della vostra vittoria
^
voi
gittiate
in terra l'armi
della
vostra vittoria e
gloria.
E di
questo veggo
manifesto
segno,
che
per
le
molte
lusinghe
voi
v'apparecchiate
di
perdere
la corona
sempiternale
de'
gloriosi
cavalieri
di Cristo. Grande vilt e codardia sar la vostra se
per
lusinghe
di femmine voi
gittate
in terra la vostra sem-
piternale
corona.
Fate,
cavalieri di
Cristo,
che in
questo
punto paia
che
piti
sia forte la vostra fede che non sono
l'armi di
qusto
mondo misero. fortissimi cavalieri
di
Cristo,
levatevi da' diletti e dalle
lusinghe
di
questo
mondo;
mantenete vittoria della vostra
battaglia,
e
non
vogliate perdere
lo infinito bene
per
lo
pianto
de'
vostri
figliuoli,
ch'io vi dico in veritade che
quelli
che
piangono
dinanzi di voi vi
vogliono
trarre daUa diritta
via della vostra
salute,
e dicovi
ch'eglino
canterebbono
e
rallegrerebbonsi
con voi
insieme,
s'eglino
conoscessino
del vostro
Signore quella grazia
che voi conoscete.
Ma
eglino, per
t
inganno
del
demonio,
non credono
che sia altra vita che
questa presente,
misera;
ma se elli
sapessono
l'altra vita beata che voi
aspettate,
e tutti
quelli
che sosterranno morte e
passione
e crederanno
nel nome di
Cristo,
nel
quale
e
per
lo
quale
ciascuno
meritato del bene e del
male,
se
questo sapessono,
come
voi,
e credessono avere
quello luogo
nell'altra
vita che voi
aspettate,
la
quale

perpetua
beatitudine
e
perpetua pace
e
tranquillitade,
come letame fracido
fuggirebbono questa
vita
presnte,
la
quale

penosa
e dolorosa e mortale. Fedeli
cristiani,
disse san Seba-
stiano,
e amici del smmo
Creatore,
priegovi
che
questa
presente
vita non
amiate,
n in essa nulla
speranza
pognate, imper
ch'ella tutta
infedele,
e troviamo
1
nel momento in cui state
per riportar
vittoria.
SAN SEBASTIANO 249
ohe
niuna
persona
mai tanto l'am che ella
perci
a
lui
tenesse lealtade o fede. E
questa
falsa
e traditrice
vita,
nel
principio
che '1 nostro
Signore
cre- il
mondo,
cominci
ad
ingannare
i suoi
amadori,
ed ha beffato
e
schernito
ciascuna
persona
che di lei s'
confidato,
ed
tanto
malvagia
che di s a nulla
persona
d
certezza,
acci
che ciascuno
provi
com'ella mentitrice. E vo-
lesse
Iddio che
questa presente
vita fosse
cagione
sola-
mente
del
peccato
e del
mentire,
e non isforzassi i suoi
amadori
a fare
gli
altri
pessimi
e abominevoli
peccati.
Ma
questa pessima
vita d volontadi disordinate di
mangiare
a'
ghiottoni,
et ebrietadi a'
bevitori;
ella
fa
pericolare
coloro che sono lussuriosi ne' loro avol-
terii^ e
negli
altri abominevoli
peccati
carnali. Et ella
ammaestra i ladroni a' furti e
rapine,
e fa coloro che
tosto s'adirano
impazzare
e diventare
crudeli;
et ella
ammaestra i mentitori a
ingannare,
infra
moghe
e
marito mette
divisione,
e infra
gli
amici semina
discordia;
infra
pacifici
e mansueti allaccia lite e discordie e mette
tenzone,
fralli uomini
giusti
fa venire la
ingiustizia,
fralli fratelli suscita scandali.
Questa
crudele vita
toglie
ai
giudici
la
giustizia,
ai casti
l'onestade,
ai savi la sa-
pienza,
ai costumati l'ammaestramenti delle virtudi.
E
dir ancora
peggio
^
cose e di lamento
piene,
che fa
fare
questa
iscellerata vita alcuna volta a' suoi ama-
dori:
che alcuna volta ha fatto uccidere l'uno fratello
a
l'altro,
e '1
figliuolo
alcuna volta ha morto il
padre,
e
l'uno amico l'altro. E
queste
e molte altre cose
pes-
sime,
che non sono da nomare e che non sono
degne
d'essere
nomate,
e chi le
adopra
se non
gli
amadori
di
questa
vita
serpentina?
Chi muove i corsali ad affo-
gare
i
mercatanti che vanno con tanto
pericolo pro-
cacciando loro
guadagno per
lo
tempestoso
mare?
Chi
induce
gli
scherani ad uccidere i viandanti che con
^
aduiterii.
2
peggiori.
250 LEGGENDE CRISTIANE
tanta
angoscia compiono
i loro
viaggi
? Chi muove
i
ricchi
possenti
a forzare i
poveri
uomini? e i
superbi
a fare
ingiurie
ai mansueti e
agli
umili? Chi
muove
universalmente i rei a
perseguitare
i buoni?
Solamente
gFinvita
l'amore che
questi
hanno a
questo
cieco
mondo
e vita
presente
misera.
Quella
persona
che '1 mondo non vuole
servire,
mai
cos
pessime
cose non
pensa
di fare.
E viene
questo
inganno per
che i
malvagi queste pessime
cose ao-
prano
^,
per
che
questo
mondo crdono tenere abbrac-
ciato
per
lungo tempo,
ma non addiviene cos. Anche
la contradizione
propria
di
questo
mondo
pessimo,
che
quando
saziato di commettere
^
cotali cose a'
suoi
amatori,
ed enne
^
bene
ingrassato,
ed
egli
subito
li
straripa
*
nelle
pene
eternali dello
inferno,
e seco non
portano
se non i loro
peccati, per
li
quali
sono sanza
fine tormentati. E
questo
non
gran
fatto,
per
che
questa vita,
vipera
di
questo
mondo,
del suo velenoso
ventre
gener
le
pene
dello inferno al
principio
del
mondo,
quando gli
uomini e le femmine cominciarono a
servire alla
gola
e alla
lussuria,
i
quali
erano da Dio
creati acci che avessino l'eredit di vita eterna.
Poich santo Sebastiano ebbe dette
queste parole,
si rivolse verso il
padre
e la madre di
questi
due santi
giovani,
e verso le loro
mogli
e
figliuoli,
e disse:

A voi
dico,
o
Tranquillino
e
Marzia,
ed a voi dirizzo le mie
parole,
e dico che
questa
vita
presente pessima,
la
quale
per
la sua retade
^
ho tanto
biasimata,

quella
cosa
che voi al
presente
siete venuti a
fare,
con volere
impe-
dire a' vostri
legittimi figliuoli
che non vadano ne]
viaggio
della loro
salute,
perch
non vincano lo reame
del cielo e la corona che non
puote
venire meno e mai
^
adoprano,
fanno.
2
di
consigliare.
^
ne .
*
gli scaglia.
5
reit,
cattiveria.
SAN SEBASTIANO 251
perdere
non si
puote.
E
questo
vi fa
operare
lo misero
mondo
colle vostre disordinate e
pazze lusinghe
e coi
vostri
dissoluti
pianti

sospiri.
Non
impedite
i vostri
figliuoli,
e lasciate loro avere l'amist del re del cielo
e
della terra.
5. Come
santo Sebastiano pabl teeribilmente
delle pene dell'inferno.
Poi che santo Sebastiano ebbe molto
ripreso
Tran-
quillino, padre
de' santi
giovani,
e Marzia loro
madre,
de' disutili loro lamenti e vane
lusinghe,
e santo Se-
bastiano si rivolse verso le loro
mogli,
che teneano il
loro
figliuolo
in
braccio,
e
parl
loro in cotale maniera:
((
Voi,
gentiU
donne di
Roma,
oneste di vostre belle
persone,
e fedeli in tutto a' vostri
mariti,
or
perch
pure piangete
dinanzi a loro? Avete voi cotale volon-
tade di riaverli nelle vostre case colla vostra
famiglia?
Io vi dico e
profeto
ch'essi
per
vostra
isciagura
se tor-
nano in casa
vostra,
che molto
poco tempo
con voi
istaranno,
che da voi si
partiranno,
e mai non li
potrete
vedere ne trovare se non nelle
pene
dell'Inferno,
e con
loro insieme sanza fine sarete tormentate. Nel
quale
Inferno si una fiamma ardentissima ch'arde e divora
l'anime di coloro che nel vero Iddio non hanno
creduto,
ma
hanno adorato e fatto reverenza alle
creature,
come
sono i
pagani.
Nel Ninferno sono
dragoni
i
quali
man-
giano
e divorano le labbra di coloro che in
questo
mondo
hanno biastemato Iddio e i suoi santi. Ivi sono demonii
ch'hanno le faccie
pi
fiere che di
leoni,
e i denti
grandi
come leonfanti e
aguti
come
ispuntoni
^,
e
tagUano
come i
rasoi,
i loro
capelli
sono come
aspidi
2,
e
gli
occhi
loro
paiono
fornaci
ardenti,
e
spruzzano per
le nari
^
spiedi.
^
serpenti.
252 LEGGENDE CKISTIANB
fuco
pennace
^
continuamente,
come fa il ferro
rovente
quand'esce
dalla fucina. E di loro nari esce
puzzolente
fiamma di
zolfo,
pil
che d'uno
carnaio;
hanno le braccia
nerissime e
pilose
com'orsi,
e le loro mani come
capo
di
vipera.
Questi
tormentano e divorano i traditori
e' micidiali usurieri e
adulteri,
e'
guastatori
di loro
terra e i falsi cristiani. E il fuoco mai d'ardere e di con-
sumare non si
sazia,
e
quando
l'anima consumata
una
volta,
ancora si rifa da
capo,
acci che
sempre
arda e si consumi. Le dimonia
giammai
non si saziano
di divorare i
peccatori.
E
quando
i
peccatori
sono istati
divorati ed
inghiottiti
una volta dalle demonia

e
hanno s orribile
figura

e
quelli
continuo
^
da
capo
si
rifanno,
acci che sanza fine sieno divorati. Nello
Inferno sono continui
istridori^,
terribili
pianti,
ter-
rbili istrida e oscuritade.
Quelle
pene giammai
non
a-vranno
fine,
per
che chi messo nell'Inferno si
per
che in
questa ingannevole
vita non si voUono
pentere
*.
Adunque,
vi
prego,
carissime e
gentili
donne,
che voi
lasciate
fuggire
a' vostri mariti tante dolorose e mortali
*
pene,
e voi medesime
priego
che
procacciate
di scam-
pare
da tante
pene,
e correte con loro insieme a ricevere
la corona beata che '1 nostro
Signore
dolce e amoroso
Gesti Cristo ci ha
apparecchiato,
e^*non
tardate.
6. Come santo Sebastiano annunzi la beatitu-
dine DEL Paradiso.
Poi che santo Sebastiano ebbe dette le
predette
parole
aUe
spose
di
quelli
benedetti
giovani,
et elli
^
che d
pena.
2
continuamente.
^
lamenti.
*
pentire.
Questa
descrizione dell'Inferno ricorda
quelle
che si tro-
vano nella
Leggenda
di Tundalo e nel
poemetto
di Giacomino da Vb-
BONA intitolato La Babilonia
infernale,
a oui
s'ispireirono gli
artisti del
Medio
Evo,
come
l'Orcagna
nelle
pitture
del
Camposanto
di Pisa e il
Maitani nelle sculture del Duomo
d'Orvieto.
SAJ^ SEBASTIANO 253
incominci
da
capo
a
parlare,
e
disse,
confortando
queste
nobili
donne,
con
allegra
faccia:

nobili donne e dab-
bene e savie in tutte le cose
mondane,
lasciate andare
i vostri mariti
per
la via deUa
salute,
per
la
quale
hanno
cominciato ad
andare,
imper
ch'essi non si
partiranno
da
voi,
anzi vanno innanzi ad
apparecchiarvi
il cielo
a voi ed a' vostri
figliuoli,
e i
palagi
eterni,
i
quali
con
loro insieme
possiate godere,
e
rallegrarvi
insieme sanza
fine. E se voi in
questa
vita vi dilettate di stare in
pa-
lagi
di
pietra
ornati,
com'
grande
diletto e
allegrezza
di
quelle
sante anime che sono ne'
palazzi
etemali,
le
quali
insieme con
voi,
e voi con
loro,
potrete
avere
tutti
quelli
diletti et
allegrezze
che voi desiderate! E
per
con tutto vostro istudio
procacciate
d'andare
con loro a
stare,
con
quelle
sante anime che sono in
quelli palagi
etemali del
regno
di Paradiso. In
quelli
palagi
eternali sono sale e
loggie
e corti tutte adornate
d'oro fino. In
quelli
dilettosi
palagi
sono le camere tutte
coperte
di
margherite
^,
e le
pareti
e lo
ispazzo
sono
tutti adornati
d'ogni generazione
di
pietre preziose,
scolpite
di tutte le
figure
ch'hanno
gli
occhi dell'uomo
a dilettare. Nella
gloria
del Paradiso sono rose e fiori
freschissimi
d'ogni
colore e
odore,
e
giammai
non
per-
dono n odore n colore n freschezza. In
quella gloria
santissima sono boschi d'alberi ch'hanno le loro frondi
rilucenti come
istelle,
ne'
quali
istanno uccelli che sem-
pre
dolcissimamente cantano.
Quivi
sono i
prati
fre-
schissimi
d'ogni tempo
e
d'ogni generazione
di fiori
adorni,
i
quali
mai non
perdono
n verdura n
colore,
e
continovamente di loro esce odore
suavissimo,
tanto
che non cuore d'uomo che '1
possa imaginare,
e mle
dilettevole continuo ne' fiori abbonda. Per li
prati
corrono
riottoli
d'acque
chiarissime come cristallo e mai non
si
turbano,
ed suavissima la detta
acqua
a
bere,
e
dolce
pi
che
mle,
e dilettevole
piti
che cosa che in
^
gemme.
254 LEGGENDE CRISTIANE
questo
mondo si che bere si
possa
^. E 1 naso
nostro
trae a se in
quello
santissimo
luogo
aria
suavissima
e
santissima,
la
quale
aria d vita sanza morte. In
quello
luogo
dilettoso lume sanza
ombra,
e
sempre
sereno
sanza
nuvola,
e d sanza notte.
Quelle
anime sante che
quivi sono,
non sono
impedite
da nuUa
operazione
e
fa loro
bisogno
d'avere sollecitudine di neente. Sono
quelle
sante anime in tutto sanza turbazione. In
quello
beato
luogo
non s'ode strido ne lamento
giammai,
n
sospiro
n
pianto
n nullo
rammaricamento,
e non vi
si ode n vede
mangiare
n
vegghiare,
n cos fatte
cose mai non vi si mentovano. Ancora in
quella
vita
beata non vi si trova mai sozzura
veruna,
n abomi-
nevole ismisuranza
^,
e
gli
occhi dell'anime beate hanno
sempre
diletto di vedere la verdura de'
prati
e de' bo-
schi
verdissimi,
e la chiarit
dell'aire;
in
quella
santa
patria
non vi si ode mai ninna cosa che
possa
la mente
turbare.
Qui
sono continui canti dolcissimi e
gloriosi,
e suoni
d'organi
soavissimi e
d'ogni
altro stromento.
E tutti
gli angeli
cantano laudando il nostro
Signore
Iddio. In
quello luogo
santissimo non si trova alcuna
amaritudine n alcuna
asprezza,
n tuoni n baleni
non saranno
quivi
uditi,
n vedute saette cadere.
In
quella
santa vita
gli albuscegli
rendono
balsimo,
e'
ramuscegli
cinnamo
^;
e i cibi che in
quella
santa vita
si
mangiano
mai non rende
fastidio,
e non se ne
genera
nulla sozzura. Ci che l'anima beata in
quella
santa
vita
disidera,
incontanente n'
ripiena;
e come
gli
occhi
si dilettano di vedere una bella cosa e
gli
orecchi
di
udire uno dolce suono e '1 naso d'odorare uno soave
odore,
cos l'anima santa nella citt celestiale del
pa-
radiso si
pu
dilettare insieme
d'ogni
diletto,
dolcezza
^
Bella e viva
descrizione,
che fa
pensare
alle
pitture
del Beato
Angelico
!
-
saziet che nausea.
^
cinnamono,
specie
di
balsamo.
SAN SEBASTIANO 265
e
soavit
d'ogni
suo volere ^. E
sappiate
che '1 nostro
Signore
Iddio
prepose
la morte all'uscita di
questa
vita
misera e
terrena,
acci che
noi,
dubitando della
morte
^,
sappiamo
che
per
certo
gli
altra vita che
questa,
la
quale
ci conviene
procacciare
d'avere. N avere la
possiamo
se non siamo adornati di tutte le virtudi);.
Qui
da
pensare
che messer santo Sebastiano volendo
dimostrare la
gloria
di vita
eterna,
parl
a similitudine
de'
diletti
corporali, imper
che allora
parlava
a
gente
grossa
neUa fede di
Cristo,
sicch bene
per
altro modo
non
si
poteva
far loro intendere ^.
7. Come per li meriti di santo
Sebastiano,
Nico-
strato NOBILE
ROMANO,
DI CITI ERA IL PALAGIO
OVE BRANO IN PRIGIONE
QUELLI
DUE SANTI
GIOVANI,
TORN ALLA FEDE DI CRISTO COLLA SUA MOGLIE
. DETTA ZOETTA.
Parlando santo Sebastiano cos dolcemente dinanzi
a
queUa gente,
detto che
abbiamo,
et a molte altre che
dette non
sono,
subitamente verme da cielo una luce
sopra
santo
Sebastiano,
ch'era
pi splendiente
che '1
sole,
nella
quale apparve
imo
angelo,
stando accanto a san
Sebastiano in
figura
d'uno bellissimo
giovane,
e aveva
la sua faccia
pi
fresca ch'una
rosa,
e' suoi
capelli pa-
reano
d'oro,
et era vestito di vestimenta bianchissime
et
avea due
alie,
e ciascuna
penna
rendeva chiarezza
splendientissima
quanto
la stella *. Avea
quello gentile
uomo
Nicostrato una sua
moglie
ch'avea
nome
Zoetta,
che
per
una
grande
infermit ch'avea
avuta,
avea
^
Anche
questa
descrizione del Paradiso trova riscontro in altre
leggende
medievali,
come ia
quella
dei Tre monaci che visitano U
pa-
l'odiso
terrestre,
nella
Navigazione
di san Brandano e nel
poemetto
della
Gerusalemme Celeste di Giacomino da Verona.
^
vivendo in attesa della morte.
^
Glossa del
volgarizzatore.
*
il
sole. Anche in Dante:

lucean
gli
occhi suoi
pi
che la stella .
266 LEGGENDE CRISTIANE
perduta
la
favella,
bene erano sei anni. E
avvegna-
ch
parlare
non
potesse,
almeno vedea e
intendea,
e
rispondea per
cenni molto bene.
Questa
Zoetta
mutola,
quando
santo Sebastiano
parlava
dinanzi aUa
pregione
le
parole
che detto
abbiamo,
stava alle finestre del
suo
palagio
e vedea e udia santo Sebastiano e
intendea
le
sue
parole;
la
quale quando
vide il
segno
della
luce,
s se ne verme correndo
gi per
la scala e
gittossi
a'
piedi
di santo
Sebastiano,
presente
tutta la
gente,
la
quale
era tutta sbalordita
per
lo veduto
segno.
Costei basciava i
piedi
di santo
Sebastiano,
pian-
gendo,
con molta
divozione,
e
per
che non
poteva
parlare,
mostrava alla
gente
che
v'era,
con
segni
e con
mugghi
che dovessero fare reverenza a santo Sebastiano.
La. divozione della
quale
vedendo santo
Sebastiano,
e vedendo che non
poteva parlare,
s le disse
queste
parole:

S'io sono vero servo di Ges
Cristo,
e vere sono
le sue
parole
che io t'ho
dette,
e se
questa gentile
donna
cos crede che mi sta a'
piedi,
io
priego
il dolce
Signore
Ges Cristo che le renda il
parlare
siccome il rend a
Zaccheria
patriarca, padre
del
glorioso
Battista,
il d
ch'egli nacque^.
Quando
ebbe detto
questo,
subita-
mente Zoetta cominci a
parlare
e a
gridare
chiaramente,
e ad alta voce a dire :
Beato se'
tu, Sebastiano,
e be-
nedette sono le tue
parole
che
parla
la tua santa
bocca,
e benedetti sono coloro che ti
credono,
e
per
te credono
in
Cristo,
figliuolo
di Dio vivo e
vero ! Et io confesso
questo
dinanzi a
voi,
buona
gente:
incontanente
che
Sebastiano cominci a
parlare,
io vidi un
angelo
venire
dal
cielo,
il
quale
teneva dinanzi a' suoi occhi un libro
ajperto
che
^
era scritto di lettere d'oro tutte le
cose
ch'egli
v'ha
parlate.
Ed io dalla
parte
mia
ringrazio
quanto posso,
che Ges Cristo
per
la sua
grazia,
il
quale
tu
predichi,
non solamente m'ha renduto il
parlare,
1
S.
Luca, I, 64;
vedi
pag.
19.
2
nel
quale.
Sodoma

5. Sebastiano.
(Firenze
-
Galleria
Uffizi).
(fot. Brogi).
256
LEGGENDE CRISTIANE
perduta
la
favella,
bene erano sei anni. E
avvegna-
ch
parlare
non
potesse,
almeno vedea e
intendea,
e
rispondea per
cenni molto bene.
Questa
Zoetta
mutola,
quando
santo Sebastiano
parlava
dinanzi aUa
pregione
le
j)arole
che detto
abbiamo,
stava alle finestre del
suo
palagio
e vedea e udia santo Sebastiano e
intendea
le
sue
parole;
la
quale quando
vide il
segno
della
luce,
s se ne venne correndo
gi per
la scala e
gittossi
a'
piedi
di santo
Sebastiano,
presente
tutta la
gente,
la
(|nale
era tutta sbalordita
per
lo veduto
segno.
Costei basciava i
piedi
di santo
Sebastiano,
pian-
gendo,
con molta
divozione,
e
per
che non
poteva
])arlare,
mostrava alla
gente
che
v'era,
con
segni
e con
mugghi
che dovessero fare reverenza a santo Sebastiano.
La divozione della
quale
vedendo santo
Sebastiano,
e vedendo che non
poteva parlare,
s le disse
queste
y)a,role:

S'io sono vero servo di Ges
Cristo,
e vere sono
le sue
parole
che io t'ho
dette,
e se
questa gentile
donna
cosi crede che mi sta a'
piedi,
io
priego
il dolce
Signoiv
Ges Cristo che le renda il
parlare
siccome il rend a
Zaecheria
patriarca, padre
del
glorioso
Battista,
il d
ch'egli nacque^.
Quando
ebbe detto
questo,
subita-
mente Zoetta cominci a
parlare
e a
gridare
chiaramente,
e ad alta voce a dire:
Beato se'
tu, Sebastiano,
e be-
nedette sono le tue
parole
che
parla
la tua santa bocca,
e benedetti sono coloro che ti
credono,
e
per
te credono
in
Cristo,
figliuolo
di Dio vivo e vero! Et io confesso
questo
dinanzi a
voi,
buona
gente:
incontanente
che
Sebastiano comiaci a
parlare,
io vidi un
angelo
veniie
dal
cielo,
il
quale
teneva dinanzi a' suoi occhi un
libro
aperto
che
^
era scritto di lettere d'oro tutte le
cose
ch'egli
v'ha
parlate.
Ed io dalla
parte
mia
rmgrazio
quanto posso,
che Ges Cristo
per
la sua
grazia,
il
quale
tu
predichi,
non solamente m'ha renduto il
parlare,
1
S. Luca, I, 64;
vedi
pag.
19.
'
nel
quale.
Sodoma
-
5. Sebastiano.
(Firenze
-
Galleria
Uffizi). (fot. Brogij.
SAN SEBASTIANO 257
il
quale
gi
sono sei
anni,
avea
perduto,
ma ancora mi
ha
illuminata la mente e
l'anima,
e hammi fatto vedere
lo
suo
angelo
e tante cose
meravigliose. Dopo queste
parole,
Tranquillino, padre
de' detti due
giovani,
e
Marzia,
loro
madre,
e le loro
mogli
e le loro
famiglie
e
amici,
si
gittarono
a'
piedi
di santo
Sebastiano,
e con
lagrime
gli
domandarono la misericordia di Dio e la
virt
del santo battesimo. Allora
Nicostrato,
marito
di
Zoetta,
vedendo il
grande
miracolo il
quale
Cristo
aveva
operato
nella
moglie
sua,
si mise una fune in
collo e
gittossi
a'
piedi
di santo
Sebastiano,
forte
pian-
gendo,
e
pregando
che
per
amore di Gesti
Cristo,
il
quale
e'
predicava,
che
gli
dovesse
perdonare
la
ingiuria
che avea fatta a'
Cristiani,
tenendogli
in
pregione per
comandamento di coloro che in Roma faceano la
giu-
stizia contro a' Cristiani
^
per
li maledetti
imperadori
pagani.
E incontanente corse e sferr santo Marcelliano
e Marco e tutti
gli
altri Cristiani che teneva
incarcerati,
e
gittossi
loro
inginocchioni
a'
piedi, pregandogli
con
molte
lagrime
che
gli
dovessero
perdonare,
e che come
piacesse
loro
^
dovessero andare e
partirsi.
Allora disse
santo Marcelliano e Marco: Come vo' tu che noi ci
partiamo,
e
fuggiamo
la corona che noi abbiamo com-
battuta
^
e
procacciata
infino dalla nostra
fanciullezza,
la
quale
tu subitamente hai
conquistata?.
A'
quali
disse
Nicostrato: Poich
fuggire
non
volete,
pregate
santo
Sebastiano,
nostro
maestro,
che mi ammaestri
nella
fede
cristiana,
acci che io
per ispargimento
di
sangue
possa
avere
quella
corona
beata,
in
quella
beata
gloria
la
quale
tanto lodata . Allora
gli rispose
santo
Sebastiano:

Io ti
dico, Nicostrato,
che '1 nostro
Signore
glorioso

tanto
piatoso
e
largo
e
cortese,
ch'a suoi amadori
d
pi
e
maggiori
doni ch'e' non sanno
domandare
.
^
per
ordine del
prefetto,
al
quale gl'imperatori
avevano
delegato
il
potere di
scoprire
e
punire
i Cristiani.
^
a
loro talento.
^
abbiamo
conquistata
combattendo le cattive inclinazioni.
17.

Battelli,
Leggende
cristiane.
'^'
258 LEGGENDE OBISTIANE
8. Come Nicostrato e Zoetta addomandaro a
santo
Sebastiano il santo
battesimo,
e
quello che
SANTO Sebastiano domand a Nicostrato
anzi
IL facesse battezzare.
Poi che santo Sebastiano ebbe fatte le
grandi pro-
messe a Nicostrato da
parte
del nostro
Signore,
e
Ni-
costrato e Zoetta
gli
dissono: Noi ti
diciamo,
Seba-
stiano,
servo di
Cristo,
che mai non
mangeremo
n
berremo,
se noi non siamo battezzati. Allora santo
Sebastiano onestamente sorrise e disse:
Nicostrato,
io
voglio
che della salute dell'anima tua ne facci
per
mio
consiglio.
Ed
egli
mi
pare
che nel tuo battesimo e
della tua donna tu faccia a Gesl Cristo uno
grande
presente,
e cio tu fai
questo:
tu se' uno creduto
^
uomo
in
Roma,
per
la tua
grandezza
e
nobiHtade,
perch
i
tuoi antichi
sempre
furono difenditori di
Roma;
tu
andrai a Claudio
Claudii^,
il
quale
in tra'
principi
di
Roma hae la
signoria
e
guardia
de'
prigioni pagani
che
per
le loro male
operazioni
debbono
morire;
e di'
che
gli vogli
in tua
guardia per volergli
esaminare
in
presenza
de' Cristiani che tieni in
pregione, per
met-
tere loro
paura
e
terrore,
e
poi giustiziarli. Egli
t'ama
tanto che non te ne
sapr
disdire. E
quando gli
avremo
qui
con
noi,
noi
gli
allumineremo della
grazia
di
Dio
e
trarremgli
dalle mani del
diavolo,
e con loro insieme
andremo a lo vicario di
Dio,
e riceverete il battesimo
e il lavamento dell'anime vostre. Che
degna
cosa
che
come il demonio
si
procaccia
di torre a Ges Cristo
i suoi
figliuoli
e
amici,
o
per
s o
per
li
suoi
membri,
che
cos
noi
procacciamo
di torre a lui li suoi servidori e
ragu-
naUi,
colla
grazia
di Dio nostro
Signore.
E se farai
se-
^
autorevole,
accreditato.
2
figlio
di Claudio: il testo latino lo chiama Commensarienaem.
SAN SEBASTIANO 259
condo
il mio
consiglio,
io
t'imprometto
che tu meriterai
d'andare
alla
gloria
di Paradiso con
ispargimento
di
tuo
sangue,
e sarai nel novero dei santi martiri come
disideri.
AUora Nicostrato inclin il
capo
e andonne
al
detto
Claudio,
e
addomandgli
i detti
prigioni,
come

detto. E
quegli
incontanente
glie
li concedette
per
lo
modo
ch'egli glie
li addomand. Ed
egli gli
men in-
contanente
tutti
incatenati,
e
presentgli
dinanzi a
santo
Sebastiano;
ed erano
per
novero
settantadue,
i
quali
tutti dovevano essere
impiccati
o
dicapitati.
Quando
anche santo Sebastiano
gli
vide,
parl
loro in
cotale maniera: Servi del
demonio,
i
quali
dovete
perdere
le
persone per
le
pessime operazioni
ed eccessi
che '1 demonio v'ha fatto
fare,
e coUe
corpora perderete
l'anima,
se non vi
amendate,
ora date
luogo
a Dio on-
nipotente,
e iscacciate da voi il dimonio che v'ha
per
tanto
tempo
tenuti
legati,
acci che
per
lo
sangue
che
voi
ispargerete per
l'amore di Ges
Cristo,
possiate
entrare nella
gloria
di Paradiso ed essere nel novero
dei santi martiri. Allora tutti
piangendo
e
lagrimando
fortemente,
si
gittarono
a'
piedi
di santo
Sebastiano,
addomandando la misericordia di Dio. Allora
Nicostrato,
lagrimando,
cominci
[sferrare] prima
a
santo
Marcel-
li ano e
poi
a santo Marco e a tutti i Cristiani
i
quali
avea
tenuti in
prigione.
Poi isferr tutti i
prigioni pagani

quali
dovevano
perdere
le
persone.
Poi che santo Se-
bastiano
gli
vide tutti
isferrati,
se n'and a uno santo
prete
eh'avea nome
PoMcarpo,
il
quale
istava celato
per
temenza
degli
ufficiali di
Roma,
nemici della fede
cristiana.
260 LEGGENDE CRISTIANE
9. Come santo Policarpo venne al palagio di
Ni-
costrato,
E COME Nicostrato eti richiesto
dal
Senato e dal prefetto che reggeva Eoma
pee
gl'imperadori,
per li prigioni ch'aveva
lasciati.
Quando
santo Sebastiano ebbe detto a santo Po-
licarpo
le novit sute
^
nel
palagio
di
Nicostrato,
egli
lev le mani al
cielo,
e con molte
lagrime ringrazi
il
nostro
Signore
Gesti Cristo e la sua santissima
Madre,
che aveano dato
grazia
a santo Sebastiano di
potere
colle sue
parole multipUcare
alla sua santa fede tanta
gente.
Poi si mosse santo
Policarpo
e venne con santo
Sebastiano a casa di
Nicostrato,
e
quando
vide tanti
fedeli di Cristo
apparecchiati
di ricevere lo santo bat-
tesimo
per
le sue
mani,
s h benedisse e
segn
e disse loro:

Benedetti siete voi da Dio tutti


quanti
e dal
Figliuolo
e da 1 santo
Spirito,
i
quali
avete creduto alle
parole
della vostra
salute,
secondo che Iddio v'ha
dimostrato,
e santo Sebastiano suo
servidore;
oggimai v'apparec-
chiate a sostenere il
peso
e '1
giogo
di
Cristo,
e
per
lo
suo amore essere umili e
mansueti,
secondo che s'ammae-
stra nel santo
evangeho,
e troverete
pace
e
riposo
alle
vostre
anime.
Imperci
che '1
giogo
di Cristo si lieve
a
portare,
e facciovi
assapere
che della vostra conver-
sione si fa
allegrezza grande
dinanzi a Dio in cielo
per
gli angeli
di
Paradiso,
e
grande
dolore e turbazione
n'hanno le demorda dello Inferno. E
imper, figliuoli
novelli di
Cristo,
rinunziate da
questo punto
innanzi
al demonio e alle sue
pompe
e vestitevi di Ges Cristo,
acci che
possiate
l'anime vostre liberare dalle infer-
nali
pene
e conducerle alla beatitudine di vita eterna
.
Mentre che.
Policarpo
diceva
queste
cose,
ecco venire
Claudio
Claudii,
e disse con
gran
furia a Nicostrato:

Io ti
dico, Nicostrato,
che
per
li
prigioni
ch'io ti
con-
^
state,
accadute.
SAN SEBASTIANO 261
cedetti,
li
quaK
doveano
perdere
le
persone,
e
ha'gli
menati
al tuo
palazzo,
tutto il Senato e la corte se n'
meravigliato, parendo
loro
grandissima
novitade,
per
la
qual
cosa il
prefetto
ti manda comandando
^
che
immantanente
con meco insieme tu sia dinanzi da lui.
Et
egli
immantanente si
part
con
lui,
e andarono al
Campidoglio,
al
prefetto
e
agli
ufficiali della corte im-
periale.
A cui disse il
prefetto:
Noi
vogliamo sapere
da
te
perch
tu hai menato al tuo
palagio
i
prigioni
che
doveano essere
giudicati
a morte. Et
egli rispose
saviamente e disse: Io
voglio
che la vostra
signoria
sappia
che i Cristiani che m'avete dati in
guardia,
i
quali
sono nella mia
pregione,
hanno s
grande
cuore e
sanno s bene confortare l'uno l'altro che non credono
potere
morire,
per
io mi feci dare da Claudio i mal-
fattori della nostra
legge,
e messili insieme co'
Cristiani,
acci ch'elli
veggiano,
che
poi
che noi uccidiamo i mal-
fattori i
quali
sono di nostra
legge,
abbiano
maggior
paura
di
morire,
e
sappiano per
certo che se noi non
risparmiamo
la vita a coloro che fanno
sagrifcio
a'
nostri iddi
mortali,
molto meno
risparmieremo
la vita
a loro
per
le loro ree
operazioni.
Ora i Cristiani be-
stemmiano i nostri iddi ed hannoli in
dispregio
. Onde
il
prefetto
e tutto il Senato credettero alle
parole
di
Nicostrato,
e commendarono molto il suo senno e
prov-
videnza e lasciaronlo andare liberamente.
10.
Come
Claudio,
ch'era de' grandi principi di
Roma,
per li meriti di santo Sebastiano si con-
vert ALLA fede: e santo Policarpo battezz
tutti coloro ch'erano a casa Nicostrato.
Quando
Nicostrato con sue
parole
ebbe contentato
il
prefetto
e '1
Senato,
e
egli
si
part,
e Claudio
gli
fece
^
ti
ordina.
262 LEGGENDE ORISTIAISTB
compagnia.
E
vegnendo per
la
via,
cominci a
ragionare
con Claudio come santo
Sebastiano,
essendo cos
grande
appresso
alli
imperadori,
era
perfetto
cristiano,
e
come
avea
provato per
vere
ragioni
come
questo
mondo
era
mi'ombra,
e come i
sagrifci
de'
pagani
erano
sagrifici
di
demoni,
e
come,
parlando egli,
una luce era discesa
sopra
lui
pi
chiara che '1
sole;
e come
l'angelo
di Dio
istava con lui continuo
quando parlava,
e come avea
miracolosamente renduta a
Zoetta,
sua
moglie,
la fa-
vella.
Quando
Claudio ebbe
diligentemente
udite
queste
cose,
si
gitt
di
presente
a'
piedi
di Nicostrato
e disse:
Nicostrato carissimo
mio,
priegoti
che mi
meni
a
santo
Sebastiano,
per
ch'io ebbi una
moglie
la
quale
molto
amai,
di cui mi rimase due
figliuoli,
i
quali
sono
gravemente
infermi,
e l'uno
ritruopico
^,
l'altro
tutto
pieno
di male
postme;
ed io ho
preso isperanza
che santo
Sebastiano,
come rend il
parlare
alla tua
mogHe,
che cos renda sanit a' miei
figliuoli.
Poi
che Claudio ebbe ci
detto,
se n'and alla sua
casa,
e fece a' suoi servi
portare
amendue i suoi
figliuoli
a
casa
Nicostrato,
ov'erano i santi raunati.
Appresso
di
loro venne
Claudio,
e
puosesi
a'
piedi
de' santi e disse:

Nulla dubitazione della vostra


legge
e fede rimasta
nel mio
cuore,
ma credo che Gesti Cristo veramente
il
figliuolo
di Dio
onnipotente,
e credo veramente che
Egli per
le vostre
preghiere
liberer
questi
miei
figliuoli
di tanta
pena.
Allora
gli
santi
gli rispuosono
tutti
insieme:

Tutti coloro che tu vedi
qui,
che sono infermi
d'alcuna
infermit,
incontanente che saranno battez-
zati,
d'ogni
malattia saranno liberati. Allora Claudio
preg
santo
PolicarxDo
che '1 dovesse battezzare
con
amendue i suoi
figliuoli.
Allora santo
Policarpo
fece
apparecchiare l'acqua
in uno molto bello vaso di
por-
ferito
2
ch'era nel
palagio,
la
quale
benedisse nel nome
^
idropico.
2
porfido.
SAN SEBASTIANO 263
del Padre,
del
Figlio
e dello
Spirito
.Santo.
Poi disse
a'
donzelli
di
Tranquillino, padre
di santo Marcelliano
e Marco,
che
spogliassero Tranquillino,
loro
signore.
E
dovete
sapere ch'egli
era molto
gottoso
e
pieno
di
podagre,
sicch non
poteva
andare,
e non si
poteva
imboccare,
ed era tutto rattratto. E
quando
li donzelli
lo
cominciarono
a
spogliare, egli
misse uno
grande
istrido
e disse:

Se '1 santo battesimo mi lever da dosso
queste
pene,
veramente creder che Cristo sia
figliuolo
di
Dio,
senza
nulla dubitazione. Allora santo
Policarpo
e
Sebastiano
si feciono dare il nome di ciascuno che si
facea
battezzare. E
prima
fu battezzato
Tranquillino,
e come
fu
battezzato,
gli
si distesono le
congiuntura
deUe
ossa,
e fu
perfettamente
sanato
d'ogni
sua infer-
mitade,
e la sua carne divenne cos netta come
quella
d'un
garzone,
e mai non sent
pi quelli
dolori e divent
forte e
vigoroso.
Poi battezz santo
Policarpo
Ariston,
Crescenzio, Tiziano, Urbano,
Vitale e
Crosto,
amici
carissimi di
Tranquillino. Dopo questi
battezz Feli-
cissimo e
Felice,
figliuoli
del detto
Claudio,
principe
romno;
poi
si battezz
Sinforosa,
'moglie
di
Claudio,
e
Zoetta,
moglie
di
Nicostrato;
con tutta la sua
famiglia
^,
i
quali,
solo
maschi,
furono
trentatre;
e
quelli
ch'avea
il
corpo pieno
di
posteme
fu liberato che non vi rimase
margine
^
nulla,
e simile
quello
che era
antropico; poi
battezz i fanciulli di santo Marcelliano e
Marco,
colle
loro
madri,
e
poi
Marzia.
11. Come il prefetto ch'avea nome Cromazio fece
DINANZI A SE VENIRE
TrANQTJILLINO,
IL
QUALE
GLI
MANIFEST com'era FATTO CRISTIANO.
Compiuto
il termine di trenta
d,
che '1
prefetto
avea
dato a
Tranquillino, padre
di santo
Marcelliano,
acci
^
intendi i
famigliari,
i servi.
^
cicatrice.
264 LEGGENDE CRISTIANE
che
iDer lusinghe
o
per
minacce
potesse
ritrarre i
suoi
figHuoli
dall'amore di Ges
Cristo,
mand
per
Tran-
quillino
e domandollo come avea fatto de' suoi
figliuoli,
e se
gli
avea
partiti
dal loro errore. A cui
egli rispose:

Del termine che mi desti io ti


ringrazio, per
che
perci
me ne
pare
avere
acquistato
i miei
figliuoli,
e
per
og-
gimai
tutti coloro che hanno
figliuoli
se ne
rallegrino
con meco
insieme,
i
quali portano
loro
grande
amore.
Imper
che neUa mia
vecchiezza,
e sendo
presso
alla
morte,
ho ricevuto
per
li miei dolci
figliuoli
tale e
s
fatta
allegrezza
e
consolazione,
che
giammai
non
la
perder.
E
voi,
messer lo
prefetto,
siccome mio
antico
amico,
con meco insieme vi dovete
rallegrare
.
Quando
il
prefetto
l'ud cos
parlare,
se ne
rallegr
molto,
cre-
dendo ch'avesse recati i suoi
figliuoli
alla sua volontade
e fattoli ritornare ad adorare
gli
idoli. Onde il
prefetto
gli
disse:

E' mi
parrebbe, Tranquillino,
che tu sia molto
tenuto di servire e onorare i nostri iddii
immortali,
che
t'haimo fatto tanta
grazia,
ch'hai
racquistati
i tuoi
figliuoli
da morte a vita. Onde mi
pare
che uno d so-
lenne andiamo a
Marte,
nostro
grande
Iddio,
e
faremli,
in riconoscimento di tanto
beneficio,
dare incenso e
fare
sagrificio
a' tuoi
figliuoh,
acci che dia loro buona
e
lunga
vita.
Quando
il
prefetto
ebbe
queste parole
dette a
Tranquillino,
e
Tranquillino
incominci a sorri-
dere e
dissegh:

Signore
savio e
gentile,
se vorrai una
buona e
perfetta
cosa
sapere
da me e da' miei
figliuoli,
noi
t'insegneremo
come il nome di Cristo
sopra
tutte
le cose virtuose.
Quando
il
prefetto
l'ud cosi
parlare,
si
maravigli
molto e disse:
Tranquillino,
se' tu im-
pazzato
in tua vecchiezza? . Allora disse
Tranquillino:

Infino a
qui
mi
tengo
io bene essere istato
pazzo
e
matto,
ma
poi
ch'io cominciai a conoscere e credere
nel nostro
Signore
Ges
Cristo,
io sono divenuto sano
e savio dell'anima e del
corpo;
ed anzi ch'io conoscessi
Ges Cristo era tutto infermo dell'anima e del
corpo.
Disse il
prefetto:
Dimmi dov' l'errore ch'avevi.
SAN SEBASTIANO 265
E
quegli
disse:

Il
primo
errore abbandonare la via
della
vita e andare
per
la via della morte
)).f
Disse il
jjrefetto:

Qual'
la via della morte? . Disse
Tranquil-
lino:

La via della morte si chiamare
gli
uomini morti
iddii,
e fare.loro
figure
d'oro e
d'argento
e d'altri metalli
e adorarli. Disse il
prefetto:

Dunque
i nostri non sono
iddii?.
Rispose Tranquillino:
Io ti dico veramente
che
le
figure
le
quali
voi adorate non sono iddii ma de-
monii,
li
quali
menano alle
pene
dell'Inferno tutti co-
loro che a loro credono o fanno reverenzia . Il
prefetto
rispose quasi
turbato: Io
veggio oggimai
la vostra
malizia,
che
per
mi domandasti termine di trenta
di,
acci che tu insieme co' tuoi
figliuoli potessi meglio
or-
dinare vostre vane e maliziose
voglie, poi
vieni a
dispu-
tare con meco. Disse
Tranquillino:
Ci ch'io ti dico
non sono n favole n
bugie, per
che la loro fede io
l'ho
provata
ch'ella
perfetta
e santa e
buona,
e come
vedi sono
libero,
per quella
fede
cristiana,
di' tutto il
mio
corpo.
E tu
sai,
e tutti i
Romani,
com'io ero
gottoso
e infermo del
corpo,
che non mi
poteva
muvere,
e
poi
ch'io credetti nel mio
Signore
Ges
Cristo,
e ricevetti
il
santo
battesimo,
sono
per
la virt di Cristo divenuto
grasso
e fresco come mi
vedi,
e in verit ti dico che mai
non mi sentii cosi sano e forte della
persona
com'io
ora mi sento.
Quando
il
prefetto
ebbe udite
queste
parole,
se ne
rallegr
molto,
imper
ch'elli sentiva
^
di
quella
infermit. Allora il
prefetto
fece
prendere
corte-
semente
Tranquillino
e raccomandoUo ad
alquanti
gentili
uomini di
Roma,
suoi
amici,
che '1
guardassono,
e
che incontanente che mandasse
per
lui
^
gliel
man-
dassero,
per
che voleva
ragionare
con lui
segreta-
mente.
^
soffriva.
^
chiedesse di
lui.
266 LEGGENDE CRISTIANE
12. Come Cromazio prefetto preg
Tranquillino
CHE GLI DOVESSE MENARE COLUI CHE L'AVEVA BAT-
TEZZATO,
E
QUEGLI
GLI MEN SANTO POLICARPO.
La notte
seguente
il
prefetto
mand
per Tranquil-
lino,
e menoUo nella sua camera e disse:

Tu sai come
io sono stato uno tuo
grande
amico,
per
io ti
prego
che tu
m'insegni
la medicina che t'ha
guarito,
e
prendi
quanto
tesoro ti
piace,
acci ch'io
possa guarire
come
se'
tu,'
s ch'io non
venga
nella istremit deUa mia vita
perduto
della
persona
in tutto. Disse
Tranquillino:
Non ricordare mai
prezzo
alle cose di
Dio,
imper
che' suoi doni e
grazie giammai
vendere o
comprare
non si
possono per prezzo
mondano,
e chi le vendesse
o
comprasse
ne cadrebbe nell'ira di
Dio,
ma solamente
il dono e la
grazia
di Dio si
compra
coll'amore e colla
fede diritta nel
cuore,
siccome addivenne a
me,
che
immantinenti ch'io credetti in Gesti
Cristo,
fighuolo
di
Dio,
e ricevetti il santo
battesimo,
immantanente di-
venni cos sano e cos atante
^
come mi vedi . Allora
gli
disse:

Dunque
io ti
prego
mi meni colui che ti
battezz,
acci
che,
s'egK impromette
di farmi
sano,
incontanente
mi battezzer
per
le sue
mani;
e menalo
segretamente.
Immantanente
Tranquillino
se 'n'and a santo Poli-
carpo
e
dissegli
tutto
quello
che il
prefetto gli
avea
ragionato.
E santo
Policarpo
lod Iddio di tanti be-
neficii,
poi
se n'and
segretamente
al
prefetto.
Quando
il
prefetto
vide santo
Policarpo,
s
gli
disse:

Pognamo
che
per
li comandamenti
degli imperadori
noi siamo
nimici di voi cristiani ed
affliggiamvi
di crudeli morti
e
tormenti;
niente meno se tu
m'imprometti
di
guarirmi
delle mie infermitadi
pessime,
io
t'imprometto
di darti
la met di tutti i miei beni. Allora santo
Policarpo
^
aitante.
SAN SEBASTIANO 267
incominci
a sorridere e disse:

Iddio
glorioso
ti faccia
conoscente
della tua
ignoranza
e dimostriti
com'Egli

solo
quello
che ti
pu
sanare l'anima e il
corpo:
la
pecunia
che
m'imprometti
non ti
pu
dare sanitade
n
medicina
alcuna,
ma io ti dico che chi la d o chi la
prende
per
lo modo che mi
di',
s ne cade in infermitade
da non
potere
sanare. Allora disse il
prefetto:
Adun-
que
m'insegna
come debbo
fare,
s ch'io
possa
essere
sano,
siccome
Tranquillino,
di
questa
medesima infer-
mitade,
la
quale
ho avuta
per piti
di
quattordici
anni .
Disse santo
Policarpo:
o
Se tu crederai in Ges Cristo
con tutto il tuo
cuore,
come ha fatto
Tranquillino,
tu
sarai sano e libero. E
voglio
che
sappi
che '1 dolore delle
pene
che tu
hai,
appo
le
pene
dello
Inferno,
che sostiene
l'anima di chi non amico di
Dio,
et come dal fuoco
dipinto
al vero fuoco. Disse il
prefetto:

Che via debbo
tenere nel mio
credere,
acci ch'io sia fedele cristiano? .
E santo
Policarpo gli propose
tutti
gli
articoli della fede
ed
egli
cos
gli
confess. Poi
gli
disse santo
Policarpo
che
digiunasse
tre
di,
e fatto
questo,
se n'and a santo
Sebastiano,
e
pregollo
che
quelli
tre di ch'elli aveva
imposto
di
digiunare
al
prefetto,
dovesse insieme con
lui
digiunare,
e
pregasse
Iddio che il dovesse illuminare
dell'anima e del
corpo,
e
multiplicare
la fede cristiana.
13. Come santo Policarpo e santo Sebastiano do-
MANDARO licenza AL PREFETTO DI CITASTARE E
ROMPERE TUTTI GL'IDOLI STTOI.
Dopo
il terzo
die,
santo
Policarpo
e santo Sebastiano
vennero in
Campidoglio
et intrarono a
lui,
dentro nella
camera,
e
salutaronlo,
dicendo:

Pace sia alla tua fede .
Il
prefetto
rend loro il saluto con molta
allegra
faccia,
poi
gli preg
il
prefetto
che si
ponessono
a sedere con
lui;
et avendo l'uno dal lato ritto e l'altro dal
mancino,
e'
cominci a
parlare
con loro con
allegra
faccia e disse:
268 LEGGENDE CRISTIANE

Io vi
prego
che come
pi
tosto
potete,
facciate
ch'io
sia
battezzato,
acci che
queste pene
e
dplori
ch'io
patisco
si
partano
da
me,
e
pregovi
che dobbiate ammae-
strare mio mio
figliuolo
ch'io ho e che ha nome
Tiburzio,
sicch con meco insieme si battezzi. Disse santo Se-
bastiano:

Prefetto,
se tu
vogli perfettamente
ricevere
il
battesimo,
egli
ti conviene avere in te due cose:
avere
santa
^
nell'anima e nel
corpo.
La
prima
si
,
prima
che tu riceva il
battesimo,
avere la mondizia
dell'anima;
per potere
avere
degnamente
la
gloria
di vita
eterna,
e non
principalmente per
avere la santa nel
corpo.
La
seconda si che ti conviene conoscere il tuo
Creatore:
se tu non lo
conoscerai,
tu non
potrai
avere ne la santa
dell'anima n
quella
del
corpo.
Disse il
prefetto:
Mo-
strami
quello
che mi
bisogna
di fare e io il
voglio
fare
pienamente,
e
volentieri,
acci ch'io
possa
conoscere
il mio Creatore e ch'io
possa
essere bene sano dell'a-
nima e del
corj)o.
Disse santo Sebastiano: Tu hai
adorato molti idoli e
iddii,
i
quali prima
ti conviene
del tutto discacciarli dell'animo
tuo,
e avere ferma
credenza che in loro non nulla
potenza,
se non in Dio
padre onnipotente,
e allora
potrai
vedere
perfetta
sa-
nitade dell'anima e del
corpo.
Disse il
prefetto:
Io
ti
prego
che mi facci conoscere
com'egli

pure
uno Iddio
solo,
tutto
possente,
creatore del cielo e della terra e
di tutte l'altre cose. Disse santo Sebastiano:

EUi
ti conviene
prendere esempio
dal fante che '1 suo si-
gnore
manda col vasello aUa fonte
per l'acqua,
che
quando
sentisse che non fosse ben
netto,
non vi mette
l'acqua,
se
jprima
non l'ha bene lavato. E cos la verit
del tuo creatore non entrer mai nel tuo cuore n nella
tua
anima,
se
prima
non la netti
d'ogm*
sozzura della
maladetta idolatria. Disse il
prefetto: Insegnami
com'io
possa
ricacciare da me l'idolatria. Disse santo
Sebastiano: D a noi licenzia che i tuoi falsi iddii
^
sanit,
pure:sza.
SAN SEBASTIANO 269
possiamo
rompere
e
spezzare,
e
quelli
che sono d'oro
e
d'argento
dare a'
poveri, per
Dio. Disse
quelli:
Poi
che
questo
aver
fatto,
che sar di me? .
Rispose
santo
Sebastiano
incontanente: Sarai cos chiaro e sano
come
mai fosti. Disse il
prefetto:
E
io sono
contento;
ma io vi
priego,
amici
miei,
quello
che fate
^
che non
facciate
male all'idoli
miei,
acci che male non ve ne
potesse
avvem're;
io comander ai servi miei che li
rompano
e
guastino. Rispose
santo Sebastiano:
e I
servi tuoi non sono
cristiani,
sicch i demonii che sono
nascosti ne' tuoi idoli
-potrebbono
loro mettere
paura,
e
potrebbonli
offendere nella
persona.
E
per
che' demonii
non
possono
offendere
persona
che non abbia
paura
di
loro,
da' a noi
questa
licenzia,
i
quali
siamo armati
di
quella
arma sicura di Ges
Cristo,
e
per
non abbiamo
paura
delle
demorda,
ma
eglino
hanno
paura
di noi.
Allora disse il
prefetto:
Sia fatta la volont di Dio
e la vostra .
14. GoM SANTO Sebastiano e Policarpo ruppono e
GUASTARONO L'iDOLI DEL
PREFETTO,
E COME PER
NON DIVENNE
SANO,
PERCH AVEVA ANCORA CERTI
Prr SEGRETI IDOLI.
Poi che santo
Policarpo
e santo Sebastiano ebbono
licenzia del
prefetto
di
guastare gl'idoli
suoi,
egli
si
puo-
sono in orazione e stettono un
grande pezzo ginocchione
in
terra,
poi
si levarono e
guastarono
tutti
gl'idoli
che
trovarono nel suo
palagio,
i
quali
furono bene
dugento,
tra di
legno,
di
pietra, d'argento
e d'oro. Poi renderono
lode e
grazie
a
Dio,
e tornarono al
prefetto,
credendolo
trovare
sanato,
e vedendolo come non era
guarito,
s
gli
dissono: Noi abbiamo
guasti
tutti i tuoi idoli e
credevamo trovarti
guarito,
ma
veggendo
che non
^
qiaalunque
cosa voi facciate.
270 LEGGENDE CRISTIANE
COS,
crediamo
per
certo che delle due cose
l'una;
o
che tu hai alcuna dubitazione della fede cristiana e hai
dolore di ci che abbiamo
fatto,
oppure
tu hai celati
alcuni tuoi
idoli,
i
quali
non
vogli
che noi
guastiamo,
e
per
ti
preghiamo
ce ne dichi la verit. A'
quali
disse il
prefetto:

Questo
la
verit,
ch'io ho una mia
cameretta
segreta
la
quale
tutta
coperta
di tavolette
d'ulivo,
nelle
quali
sono
iscolpiti
tutti i
segni
del cielo
e' mutamenti delle
pianete,
e sono adornati di fino oro
e di
pietre preziose
e sono
coperti
tutti di
cristallo,
i
quali
costarono
piti
di
dugento
libbre
d'oro,
e in
quelle
tavole conosco i
punti
di tutte le cose
^,
per
l'arte che
v'
scolpita,
e conosco in essa le venture e le
sciagure
di tutti
gli
uomini e di tutte le
femine,
secondo che
nascono,
e' loro
propri punti.
Allora disse santo Se-
bastiano: Io ti dico in verit che se non fai
rompere
il tuo
artificio,
tu sarai rotto e
spezzato
in tal modo
che mai non ti
potrai
rifare. Disse il
prefetto:
Io vi
priego,
che se essere
puote,
che
questo
mio artificio
mi sia
lasciato,
ed io
v'imprometto
che mai non li adorer
e
sagrificio
non far loro. Allora
-gli
disse santo Po-
licarpo
: Io ti dico che se
vogli guarire,
di
bisogno

che '1 tuo artificio sia
guastato, imper
che indovinare
non
pu
essere sanza
peccato
e sanza
operazione
di
demonio
;
e
pognamo
che nello indovinare
possa
essere
alcuna similitudine di
veritade,
non
per perfetta
veritade,
per
che le cose indovinate non
vegnono
di
necessitade,
ma la
maggior parte
sono false. Ond'io
veggio
che alcuna volont te ne verrebbe
ancora,
ri-
manendo,
di
operarli.
E noi
veggiamo
alcuna volta
di due uomini che saranno nati in uno
die,
e in ima ora
generati,
far l'uno contraria
operazione
e vita che
l'altro;
e altri
generati
in diversi
tempi affogano
in
uno
punto
in
mare,
rompendo
^
insieme in un medesimo
^
termine
astrologico, per
indicare i dati onde si traeva il
pronostico.
2
naufragando.
SAN SEBASTIANO 271
legno.
E similemente addiviene delle femine in uno
die
generate
e nate: l'una diventa meretrice e
disonesta,
e
l'altra osserver
virginitade
e sar tutta onesta.
E
allora il
prefetto
disse:
Voi mr vincete con vostre
vere
ragioni,
che
pi
non mi
posso
tenere;
onde fate
di me e delle mie cose ci die vi
piace.
Allora
Tiburzio,
figliuolo
del
prefetto,
disse: Padre
mio,
e' m'incresce
molto che tale edificio e cos bello e caro sia
guasto,
ma non
voglio
contradire alla tua
volontade,
acci che
non creda ch'io non
voglio
la tua sanitade. Ma io far
accendere
una
fornace,
e se
costoro,
avendoci
guaste
s belle
cose,
non ci renderanno
sanitade,
io far loro le-
gare
le mani e'
piedi
e
farogli gittare
nella fornace.
Allora santo
PoHcarpo
e santo Sebastiano
dissono a
Tiburzio
che,
come avea
detto,
facesse
apparecchiare
la
fornace,
e dovesse fare di loro la sua volontade se
non rendessero sanit al suo
padre, guasti
che fossero
tutti
gl'idoli.
15. Come il prepetto divenne
sano,
essendo guasti
l'idoli
ttttti,
e come Ftr battezzato
Tiburzio,
suo
FIGLIUOLO,
E TUTTA LA SUA FAMIGLIA.
Avuto santo Sebastiano e
Policarpo
la licenzia dal
prefetto
di
potere guastare gl'idoli
suoi
secreti,
salirono
ad
alti
^
nel
palagio,
ov'era la detta secreta
camera,
e
cominciarono a
rompere
e
spezzare
tutti
gl'idoli
del
cristallo,
del
vetro,
dell'ulivo e tutto
quello
edificio
adornato. E come incominciarono a
rompere
i detti
idoli
segreti,
subitamente in
quella
camera
apparve
di-
nanzi
[a Cromazio]
xm
giovane
colla faccia
piti isplen-
diente che '1 sole. E
questi
era
l'angelo
di
Dio,
e disse:

Il
mio
Signore
Ges Cristo m'ha mandato a
te,
acci
che.
tu riceva sanit in tutte le tue membra. E come
^
su in
alto,
airultimo
piano.
272 LEGGENDE CRISTIANE
l'angelo
ebbe cos
parlato,
il
prefetto
divent sano e
forte come
giammai
fosse il
meglio,
incontanente corse
inverso il
giovane per volergli
baciare i
piedi.
Disse
l'angelo:
Non mi
'toccare,
per
che ancora non se'
pm-gato
e santificato
per
lo santo battesimo. Allora
il
prefetto
e il suo
figliuolo
si
gittarono
a'
piedi
di santo
Policarpo
e santo
Sebastiano,
e
piangendo
diceano ad
alta boce:

Uno solo
Iddio,
cio Ges
Cristo,
il
quale
voi
predicate!;
e incontanente fu il
prefetto
mutato
in altro uomo e cominci a confessare e
predicare
la
fede di
Cristo,
e rend ci
ch'egli
aveva
dell'altrui,
com-
piutamente, piangendo
e lamentandosi dell'offese che
avea fatte a Dio e a' suoi amici.
Questi
fu
poi grande
difenditore de' .Cristiani e deUa santa fede. E vedendo
santo
Policarpo
tanta mutazione fatta da Dio nel
pre-
fetto,
lod Ges Cristo e
ragun quanti
Cristiani
pot
averCj
e in loro
presenza
benedisse
l'acqua,
e battezz
il
prefetto
e Tiburzio suo
figliuolo, poi
tutti i suoi fa-
migli
e molti suoi
parenti
e
amici,
che
per
suo amore
e
per
lo miracolo che Iddio aveva
operato
in
lui,
cre-
dettero in
Cristo,
i
quali
furono intorno di mille
quattro-
cento, E
poi
tutti insieme laudarono e benedissero
il
nome di Ges
Cristo,
il
quale
tanta
grazia
aveva loro
conceduta che erano tornati a via di salute.
Poi,
cos
fatto,
santo
Policarpo
e santo Sebastiano con
questa
moltitudine de' Cristiani se n'andarono a uno santo
Papa
ch'avea nome
Gaio,
e a' suoi
piedi presentarono
questa
moltitudine,
ed eUi tutti li
benedisse,
e
lagri-
mando
d'allegrezza ringrazi
Iddio di s
grande
e nobile
crescimento come nel suo
tempo
era fatto nella
cri-
stiana
fede,
per
li meriti di santo
Policarpo
e Sebastiano.
Poi il
Papa
disse la messa e comunic tutta
quella gente
del
corpo
e
sangue
di Cristo. Il secondo die il
papa
tenne
ordinazione,
e fece
prete Tranquillino, padre
di santo Mareelliano e
Marco,
e
quelli
due fece diaconi
e
accoliti.
SAN SEBASTIANO 273
16.
Come
queste
novelle furono mandate alli
impeeadobi: come tutta roma divena
cristiana,
per che gli imperadori cassarono della per-
FETTERIA^
CrOMAZIO,
E PECIONO PREPETTO
AQUI-
LINO NOBILE ROMANO.

Mentre che la fede cristiana di bene in


meglio
ac-
cresceva in
Roma,
alquanti
nemici della fede cristiana
iscrissono
agli imperadori
in
Provenza,
come tutti i
Romani diventavano
Cristiani,
e come Cromazio
pre-
fetto non diceva loro
nulla,
ma li
favoreggiava, per
che
si eredea ch'elli fosse cristiano e avesse da' Cristiani
ricevuta moneta. Udendo
questo, l'imperadori
ne furono
assai
turbati,
e feciono
prefetto
un altro
romano,
nobile
uomo ch'avea nome
Aquilino,
il
quale
era con loro in
Provenza,
e
comandarongli
che incontanente dovesse
andare a Roma e dovesse
ispegnere
e uccidere
quanti
Cristiani
potesse
trovare. E
quelli
immantanente,
furiso,
ritorn a Roma e fece due
grandissimi processi
contra a loro. Il
primo
fu che in certe
parti
di Roma
si dovessero
.
vendere le cose da
mangiare
e bere e da
vestire,
e non in altra
parte;
e in
quelle parti
dove
queUe
cose si
vendevano,
fece
porre
idoli,
e comand che ninno
dovesse alcuna cosa vendere ad
alcuno,
se
prima
non
facesse reverenzia all'idolo
posto quivi.
Il secondo
fu,
che
puose signori per pi parti
di
Roma,
i
quali potessero
pigliare
e uccidere liberamente
quanti
Cristiani
potes-
sero
trovare. Essendo la fede cristiana in tanta
perse-
cuzione e
tempestade,
Cromazio,
ch'era istato
prefetto,
ricettava nel suo
palagio
i
Cristiani,
iT
quale
era
gran-
dissimo e con molti
abituri,
e a tutti dava
mangiare
e
bere e vestimento
quando
n'aveano
bisogno.
La
per-
secuzione de' Cristiani
ogni
d
cresceva,
sicch molti
^
prefettiira.
18.

Battelli,
Leggende
cristiane.
274
LEGGjENDB OKISTIANB
n'erano morti
per
tutta
ItaKa,
come bestie al
macello,
e si era fiera la
persecuzione,
che
pochi
se ne
trovavano
che
palesemente
volessono ricordare il noiiie di Cristo
e dirsi Cristiani. Vedendo santo Gaio
papa
come la
per-
secuzione
cresceva,
ne fu fortemente turbato e si rauu
quanti
Cristiani
pot
avere,
e
quando gli
ebbe
radunati,
s disse:

Figliuoli
miei,
ora venuto il
tempo
nel
quale
per pazienza possiamo acquistare
la
gloria
del
paradiso.
Voi
sapete
che Ges Cristo ha scelte due
generazioni
di santi in
questo
mondo: la
prima
si
quella
dei santi
martiri,
la seconda sono i santi
confessori,
i
quali
mar-
toriano la loro carne
per
dura ed
aspra penitenzia.
Onde
a me
pare
che Cromazio se ne vada in
campagna
al suo
forte
castello,
e menine con seco tutti
quelli
Cristiani
che non si sentono bene forti da
potere
sofferire il
martirio,
sicch,
avendo
paura,
non
perdano
la
gloria
di Para-
diso. A tutti
piacque
il detto del santo
Papa,
ma do-
mandarono che con loro andasse santo
Policarpo
o
santo
Sebastiano,
per potere
essere confortati da
loro,
i
quali
voleano
pure
rimanere in Roma
per
desiderio
del martirio. E
per
comandamento del santo
Papa,
umilemente
ubbidendo,
vi and santo
Policarpo, per
ch'era
prete
sacrato e molto
litterato,
e santo Seba-
stiano rimase in Roma con
gli
altri Cristiani.
17. Come
Tiburzio,
figliuolo di
Cromazio,
rimase
IN
Roma,
e come Iddio pece per lui uno grande
MIRACOLO.
Udendo
Tiburzio,
figliuolo
di
Cromazio,
che '1
papa
diceva
ch'egli
andasse col
padre
in
campagna
e
cogh
altri Cristiani che
temevano,
si
gitt
in terra al Santo
Padre e disse ad alta boce:
Priegovi,
Santo Padre
e
vicario di Dio in
terra,
che
per
tua
cagione
io non
perda
l'acquistare
la
gloria
di vita
eterna,
per
che molto
de-
sidero di
potere
morire mille
volte,
se
possibile
fosse,
SAN SEBASTIANO 276
per
amore del mio
Signore
Ges
Cristo,
acci che
quella
somma
gloria
che non mi verr
giammai
meno,
tosto
possa
acquistare
e
possedere.
Udendo il santo Padre
tanta
fede e costanzia in
quello
nobilissimo
giovane,
co-
minci
a cercare nel suo
cuore,
per piata lagrimando,
come
il
potesse
consolare con
gli
altri. E
preg
Iddio che
desse
loro forza e
vigore
a
quelli
che rimanevano in Roma
che
pazientemente portassero
il martirio
per
lo suo
amore,
sicch
potessero acquistare
la corona di vita etema
co'
santi martiri. Avvenne che andando
per
Roma
Tiburzio,
s'abbatt a uno
giovane
ch'era caduto da
uno alto
palco
di
palagio
ed era tutto rotto e fracas-
sato,
e stava
quasi
come morto in
terra,
onde il
padre
e tutti i
parenti
e amici ne facevano
grande
lamento,
e
gi
era ordinata la
sepoltura per
sotterrallo.
Tiburzio,
udendo tanto
dolore,
disse al
padre
e alla madre:
La-
sciatemi accostare al vostro
figliuolo,
ch'io
voglio pre-
gare
Iddio
per
lui. E
poi
che fu venuto
sopra
lui,
s
disse il
paternostro
e il Credo in
Deum,
e
preg
Iddio
per
lui con molta fede.
Incontanente,
finita
l'orazione,
il
garzone
si lev sano e libero come mai fosse il
megho,
e
cominci a correre dietro a santo
Tiburzio,
che
gi
s'era
partito.
Vedendo
questo,
il
padre
e la madre di
lui si
gittarono
a'
piedi
di santo
Tiburzio,
pregandolo
divotamente che loro e 'l.loro
figliuolo
dovesse tenere
per
suoi
servi,
per
ch'avea risuscitato dalla morte il
loro
figliuolo
che
piti
non avevano. E Tibin^zio disse
loro:
Altra
grazia voglio
da voi . E
quegh
dissono:

Ci
che
vogli
comandane. Allora disse santo
Tiburzio,
Drenandogli
da
parte
da l'altra
gente,
in
segreto,
e
pre-
dic
loro la virt del nostro
Signore
Ges
Cristo,
per
la
cui virt era sanato il loro
figliuolo,
e che solo a lui
ne
dovessono rendere
grazie,
il
quale
tutto
possente
di
sanare l'anima e '1
corpo
insieme. Per le
quali parole
il
padre
e la madre col loro
figliuolo
insieme si
gittarono
^'
suoi
piedi
domandando il santo battesimo. Allora
Tiburzio
gli
men a santo
Gaio,
papa,
e disse:

Santo
276
LEGGENDE CRISTIANE
Padre,
ricevete il
frutto,
il
quale
Cristo ti manda
per
me,
piccolo
suo servo e
piccolo
albuscello. Allora
il
Papa,
rendendo
grazie
a
Dio,
gli
battezz tutti e
tre,
e
ammaestrogU
nella santa fede. Avvenne
poi
che
Ti-
burzio fu
preso
da'
pagani
e menato a uno vicario
del
prefetto,
chiamato
Fabiano,
il
quale gli
comand che
egli
desse
agli
iddii incenso
sopra
la bracia che vi fu
recata,
o
egli
a
piedi ignudi sopra
a
quella
andasse. H
quale,
facendo
sopr'essa
il
segno
della
Croce,
con
grande
con-
stanzia and
sopr'essa
ardente a
ignudi piedi,
cos di-
cendo: A me
pare
andare
sopra
fiori e
rose,
nel nome
del
Signore
Gesti Cristo. Al
quale
disse Fabiano: Or
chi non sa che Cristo ha
insegnata
l'arte del dimonio?.
A cui Tiburzio disse:

Sta
cheto,
malaugurato,
che tu
non se'
degno
di ricordare s fatto e s santo nome e
cos melato . Allora
Fabiano, adirato,
gli
fece
tagliare
la
testa,
e incontanente fu fatto. E in
questo
modo se
n'and Tiburzio alla
gloria
di vita eterna ^.
18. Come molti de' santi Cristiani che abbiamo
nominati furono per cristo morti.
In
quello tempo
cresceva la
persecuzione
tanto
forte che i Cristiani non si
poteano
nascondere in neuno
luogo,
n in Roma n di
fuori,
che non fussero ritrovati
e morti e tormentati. Avvenne che in Roma era uno
uomo molto ricco che avea nome
Castolo,
ed era
cri-
stiano
celatamente,
ed era
guardiano
del
maggiore
pa-
lagio
di
Roma,
nel
quale
anticamente istavano i
signori
del mondo
quando
venivano a
Roma,
ove era abituro
nobihssimo
per
settantadue re ^.
Questo Castolo,
veg-
1
La sua
tomba,
ancora
oggi
visibile sulla via
Labicana,
reca
un
graffito
con le
parole
Tihurtius in XP cum suis amen. Vedi
nelle
An-
notazioni
l'epigrafe
di
Papa
Damaso.
^
il
palazzo imperiale
sul Palatino.
SAN SEBASTIANO
.
277
gendo
fare tanta e s
grave
uccisione de'
Cristiani,
che
secondo
che conta il libro detto
Martirologio,
dentro
dalle
mura di Roma in
quello tempo
in meno d'uno mese
furono
morti
piti
di diecimila
Cristiani;
onde il detto
Castolo
nascose celatamente nel detto
palagio
molti
Cristiani,
e il santo
Papa
Gaio con
coloro,
e tutti
gli
pascea
e sovvenia di tutti i beni che Iddio
gH
avea
dati,
e cosi istava celato il santo
Papa
con
queUi
nobili Cri-
stiani,
istando
sempre
in orazioni e
pregando
Iddio
con
molte
lagrime
che a' suoi santi desse fortezza e
pazienza,
e
affliggevano
i loro
corpi
di molti
digiuni
e
vigilie.
A
questi
santi Cristiani
andavano,
e visitavano
segretamente, alquante gentili
e oneste
donne,
e con-
fortavangli,
e
portavano
di
quelle
cose che
bisognavano
loro;
e tutta
questa
visitazione non era sanza molte
lagrime.
E menavano a
questi
santi Cristiani che stavano
nascosi,
molti uomini e femine
piene
di varie infermi-
tadi,
e
per
la
grazia
di Dio tutti erano liberati. Av-
venne che '1 d della festa di santo Piero e di santo
Paolo si
parti
del detto
palagio
Zoetta,
moglie
di Ni-
costrato,
per
visitare il
luogo
dov'erano stati
seppelliti
questi gloriosi Apostoli,
e
puosevisi
in orazione. Certi
pagani,
ci vedendo ch'era
cristiana,
s la
presono
e
allegrolla,
e menrolla dinanzi a uno loro idolo chia-
mato
Marti,
e comandroUe che
gli
dovesse fare sa-
crificio e reverenzia. E
quella rispose:
e
Figliuoli
del
diavolo,
credetemi voi fare
per
forza adorare
gl'idoli
che non hanno in se alcuna bontade? Io vi dico che io
avr
piti
forza di
loro,
e non mi
potrete
con loro in-
sieme fare alcuna cosa contro a mia
volontade,
per
la
virt del mio vero
Iddio,
il
quale
mi dar corona sem-
piternale.
Allora il vicario fu molto adirato e fecela
mettere in
prigione
iscurissima,
e comand che ne bere
n
mangiare
le fosse
dato,
acci che
perisse
di
fame;
e
cos vi stette sei
d,
che non
mangi
e non
bevve,
e
solo
era
pasciuta
dalla visitazione
dell'angelo,
il
quale
nella
prigione l'accompagnava.
E
dopo
i sei
d,
il vi-
278 LEGGENDE CRISTIANE
cario mand a
sapere
s'ella era
morta,
e trovando
ch'era
sana e
fresca,
s ne la fece
trarre,
strascinandola
pe'
capegli,
e
per
li
capegli
comand che fosse
impiccata
a uno
arbore,
e di sotto le fusse fatto uno fummo
di
letame,
acci che con
fiamma,
con fummo e con
puzzo
a stento niorisse. Ma come
piacque
a
Dio,
come fu
impiccata,
rend l'anima a lui. E i maladetti
pagani,
per paura
che i Cristiani non facessero riverenzia a
quello
santissimo
corpo,
s '1
presono
e
legarono
con un
grande
sasso e
gittroUo
nel fiume. E incontanente
quello
mar-
tirio fu manifestato a santo Sebastiano la notte
vegnente,
sicch la mattina il manifest a tutti i Cristiani ch'erano
con lui nel
palazzo.
Allora
TranquiUino, padre
di santo
Marceliiano e
Marco,
disse:

Trista la vita
nostra;
or
che facciamo noi
qui,
se le femine c'entrano innanzi
nella
gloria
del Paradiso? acche istiamo
qui
rinchiusi?)-.
Sicch l'ottava di san Piero e di san
Pagolo
se n'and
alla loro
sepoltura,
e stando
quivi
in
orazione,
i
pa-
gani, veggendolo,
colle
pietre
l'uccisono,
e cos rend
l'anima a Dio. E
poi presono quello
santo
corpo
e
git-
troUo nel fiume del Tevero.

Il secondo die si
partirono
dal detto
palazzo mag-
giore,
Nicostrato, Claudio, Vittorino,
Sinforiano e Ca-
storo
per
cercare de' santi
corpi
di
Tranquillino
e di
Zoetta. Andando allato al
Tevero,
cercando e
gua-
tando de' detti santi
corpi,
furono trovati e conosciuti
da'
pagani
e da loro furono
presi
e menati a uno uffi-
ciale ch'avea nome
Fabiano,
il
quale
tutti e
cinque
li
fece mettere in una oscura e
puzzolente prigione,
e
tennevegli
dieci
d,
facendo loro dare male
mangiare
e
bere,
e
sempre minacciandogli
di
gravi
tormenti
e
d'amara
morte;
e
quegli,
istando fermi e costanti
nella
fede,
si faceano beffe delle sue minacele. E Fabiano,
veggendo
che n
per
minacele n
per
tormenti
poteva
coloro mutare del suo
proponimento,
e temendo
porre
loro le mani adosso
per
la loro
grandezza,
ne scrisse
all'imperadori,
e che scrivessero
quello
che dovesse
fare
SAN SEBASTIANO 279
di
S
grandi
e
gentili
uomini. E
l'imperadori
sentendo
ci
e vedendo che' loro vicari non ardivano
per
loro
medesimi
di farli morire sanza nuovo comandamento
delli
imperadori,
mandarono comandamento al nuovo
vicario
che,
se
quegli cinque
non tornassero all'ubbi-
dienza
de' loro
comandamenti,
gli
dovesse fare morire
di crudele morte. Poi che Fabiano ebbe avuto
questo
comandamento
dalli
imperadori,
s torment
questi
gloriosi
santi
pi
volte,
con diversi
tormenti,
e non
po-
tendo
per questo
in ninno modo mutarli dal loro santo
proj)onimento,
s
gli
fece menare in alto
mare,
e a cia-
scuno
fece
legare
uno
grande
sasso a
collo,
e
legate
loro
le mani e'
piedi, gittogli
in fondo di mare. E in
questo
modo santo Nicostrato e santo Claudio e santo Castoro
e santo Vittorino e Sinforiano insiememente renderono
l'anima loro a Dio ^.
19. Come santo
Castolo,
guaediano del detto pa-
lazzo
MAGGIOBE,
E SANTO MaRCELLIANO E MaRCO
FURONO MABTORIZZATI.
In
quello tempo
della
gra-nde persecuzione
de' Cri-
stiani,
era in Roma uno ufficiale ch'avea nome Tor-
quato,
al
quale
fu accusato da certi vicini il detto
guar-
diano del
maggiore palazzo,
come era cristiano e come
egli
ricettava i detti Cristiani ad
albergo
nel detto
pa-
lazzo. Onde il detto
Torquato
il fece
pigliare
e menare
dinanzi a s. e
domandandolo,
trov come era cristiano
per
sua
confessione;
il
quale
il fece
ispogliare
e
legare
a
una colonna e battere e tormentare
duramente,
sicch
da
ogni parte
del
corpo
usciva il
sangue
e scorreva in-
fino a terra. E
sempre
con
allegra
faccia lodava e rin-
graziava
Ges Cristo. Poi il fece battere con
verghe
di
^
Vedi nota 3 a
pag.
284.
2S0 LEGGENDE OltlSTIANB
ferro sottili e intaccate
^,
sicch tutto il
corpo gli
rom-
peano
e
perdea
molto
sangue.
Ed elli
ognora
dicea:

Signor
mio Ges
Cristo,
sempre
aia tu
lodato,
che
m'hai
fatto
degno
di ricevere
pena
e morte
per
te,
come
tu
facenti
per
me .
Veggendo Torquato
che
egli per
tor-
menti non si movea del santo
proponimento,
fece
fare
una
grande
fossa,
e
legogli
le mani e i
piedi,
e
fecelvelo
mettere
dentro,
e
poi ricoprire
di terra. E in
questo
modo,
santo Castolo ricevette da Dio corona di
martirio
nella
gloria
di vita eterna. Poi
dopo poco tempo
uno
ufficiale di Roma cli'avea nome
Fabiano,
si fece
inqui-
sizione di santo Marcelliano e di santo
Marco,
e
trovando
per
certo com'erano veri
cristiani,
s
gli
fece
pigliare
e
mettere in
prigione;
e '1 secondo d se
gli
fece venire
iimanzi,
per sapere
se li
potesse
rimuovere del loro
pro-
ponimento,
ma vedendoli istare fermi e costanti ne]
loro
proponimento
della santa
fede,
n voleano adorare
l'idoli,
s li fece
martoriare,
e fece levare due croci in
alto,
e nell'una fece
porre
l'uno,
e nell'altra
l'altro,
e aveali fatti
legare
nella
parte
di
sopra
della croce
per
le
braccia,
e nella
parte
di sotto si fece conficcare
i loro
piedi
con
grossi aguti^;
e stando
questi gloriosi
santi
cantando,
lodando e
ringraziando
Iddio,
diceano:

Deh,
come bella cosa e
allegra quando
dua fratelli
carnali sono in uno amore insieme
congiunti
con Ges
Cristo ! . Udendo
queste parole.
Fabiano disse loro
queste parole:

giovani
di
poco
senno,
lasciate
la
vostra
pazzia
e servite a' nostri iddi
immortali,
ch'io
vi dico in veritade che mai costinci non sarete levati,
se voi Cristo crocifisso non
rinnegate.
Allora
risposero
i santi: Noi conosciamo ora veramente che noi siamo
nella croce di Cristo e nel suo
amore,
e la
maggiore grazia
che fare ci
possi
si che tu
qui
ci lassi
istare,
e non
ce
ne facci
levare,
infino a tanto che l'anima non si
parte
^
non
liscie,
ma
piene
d'intaccature a
guisa
di una
sega.
2
cliiodi.
SAN SEBASTIANO 281
dal
corpo.
E cosi vi stettono
quelli gloriosi
fratelli,
sempre
cantando salmi e inni a riverenzia di Ges Cristo.
Vedendo
Fabiano che la mattina non erano
morti,
anzi
stavano belli e freschi e
allegri
come mai istettono
il
meglio,
comand a' servi suoi che dovessono loro
lanciare
lancie,
acci che 'loro
corpi
fossero di ferri
trapassati,
e in
questo
tormento
questi gloriosi
santi
render
l'anime a Dio con vittoria di
martirio;
e in
quello
medesimo
luogo
furono i loro santi
corpi seppelliti^.
20. Come fu la fine e il mabtiiiio di messeb santo
Sebastiano.
Dopo
la morte di santo Marcelliano e Marco
poco
tempo,
torn in Roma Diocliziano
imperadore.
Come
fu
giunto
in
Roma,
fece
porre
la sedia della sua
giu-
stizia,
anzi della sua
iniquitade,
in
Campidoglio,
e co-
minci a fare fortissima
inquisizione
contro a' Cristiani.
E il terzo di
appresso
vi
giunse
Massimiano,
l'altro im-
peradore,
e
puose
la sua sedia nel
palagio
Tectuliano,
e altres
per punire
fortemente
quelli
Cristiani che erano
rimasi in Roma. Ora avvenne che santo Sebastiano
fu accusato alli
imperadori,
e massimamente a Diocli-
ziano,
e fulli detto come era istato
capo
de'
Cristiani,
e che
per
sua
operazione
erano cotanto
multiplicati,
e se non fosse i
grandi processi
fatti contro ai
C*ristiani,
per
la
malvagit
di Sebastiano tutti i Romani sarebbono
divenuti cristiani.
Quando
Diocliziano ebbe inteso
questo
di santo
Sebastiano,
se ne
maravigli
molto,
e
immantanente
gli
mand,
comandando he fosse din-
nanzi a
lui;
e
quelli
di
presente
venne. Al
quale
l'im-
peradore
con faccia irata disse:
Malvagio
traditore,
tu
eri il
pi
caro barone che noi avessimo nella nostra
^
La loro
cripta
tutta ornata di
pittiu'e
simboliche venne sco-
perta
di recente da
Mons.
Wilpert.
V. Nuovo Bollettino d^
Archeologia
cristiana,
1903,
282 LEGGENDE. CBISTIANE
corte,
e
ora,
secondo che c' istato
detto,
tu hai
commesso
grande
tradimento contro alla nostra
corona,
e a'
nostri
iddi hai fatto
gravissima ingiuria,
e
per
tu hai meri-
tato la morte. Allora santo Sebastiano
rispuose
allo
imperadore:

Io ho fatto onore e reverenzia al mio
Signore
Gesti
Cristo,
figliuolo
di Dio vivo e
vero,
et
ho adorato e
pregato per
la tua salute e della citt d
Roma,
e in accrescimento del tuo
imperio,
n de' tuoi
iddi sordi e
muti,
e che n a loro n altrui
possono
fare
bene,
curato mi
sono,
per
che
grande pazzia

agli
uomini d'intendimento tenere
per
iddi
legni,
oro o
argento,
formati
per
li
maestri,
pe'
vostri comanda-
menti. Allora s turb forte l
'imperadore
e comand
a' suoi cavalieri che '1 dovessero menare nel
campo
ove la mostra
^
de' cavalieri si
facea;
e
quivi
fece riz-
zare uno
legno,
e fece
ispogliare
santo Sebastiano e fe-
cevelo
legare
suso istrettamente. E
poi
comand il
pes-
simo
imperadore
che ciascuno de' cavalieri lo dovesse
saettare,
o con arco o con balestro. I
quali,
ubbidendo
al suo
comandamento,
tante saetta e
quadrella gli
saet-
tarono,
che tutto
quello
santissimo
corpo
n'era
pieno,
come l'istrice, delle sue
penne.
E
pensando
che fosse
morto,
s il lasciarono cos stare. La notte
seguente,
una nobile e santa donna di
Roma,
la
quale
era stata
moglie
d santo
Castolo,
questa
santa
donna,
credendo
che santo Sebastiano fosse
morto,
venne
quella
notte
colle sue cameriere
per
trre
queUo
santo
corpo, per
seppellirlo.
E
giungendo,
trov che non era
morto,
lo
sciolse dal
palo,
con molte
lagrime
e menollo a casa
sua,
la
quale
era
appresso
al
palagio maggiore.
E come
piac-
que
a
Do,
subitamente santo Sebastiano fu sanato
di tutte le sue
piaghe,
siccome mai non avesse avuto
niente. I Cristiani che '1 visitavano
segretamente,
tutti
il
pregavano
che si dovesse
partire
di Roma e andarne
in
campagna,
al castello di Cromazo e starvi
cogli
altri
^
la rivista.
SAN SEBASTIANO 283
Cristiani.
E santo Sebastiano
rispondea
dicendo: Non
piaccia
a Dio ch'io
fugga
la corona della mia vittoria.
Avvenne
dopo alquanti
d,
Diocliziano e Massimiano
andavano
al
tempio
d'Ercole
per
fare
sacrificio,
e santo
Sebastiano
si fece loro
incontro,
su nelle
gradora
^
del
tempio,
e disse loro ad alta boce: Miseri
crudeli,
che
uccidete noi cristiani a
petizione
dei
preti degli
idoli
e delle
demonia,
i
quali
Cristiani
mantengono
il bene
comune di Roma
per
le loro sante
operazione
! . Ve-
dendolo e
udendolo,
Diocliziano si
maravigli
fortemente
e s
gli parl
con male talento e disse: Non se' tu il
malvagio
Sebastiano,
il
quale
io feci uccidere con le
saette? . Al
quale rispuose
santo Sebastiano:

Bene
sono desso. Ma il mio
Signore
Ges Cristo m'ha risu-
scitato acci ch'io vi dicesse che se voi non vi
partite
dalla
persecuzione
de'
Cristiani,
in brieve
tempo
voi
morrete di mala
morte,
e le vostre anime saranno menate
aUe
pene
infernali. Allora Diocliziano il fece
pigliare
e menare nel suo
palagio,
e tanto il fece battere con ba-
stoni
grossi
e duri che tutte le carni e l'ossa
gli
fece
rompere
e fracassare. E in
questo
modo il
glorioso
santo
Sebastiano rend l'anima al suo
Signore
Gesi Cristo.
Poi fece lo
imperadore prendere queUo
santo
corpo,
e
fecelo
gittare
in una fossa molto
puzzolente, piena
di
sozzura e
lordura,
sotto una istrada di
Roma,
onde
andava
l'acqua piovana
di che si lavavano le strade.
La notte
appresso,
santo Sebastiano
apparve
ad una
santa donna di
Roma,
ch'avea nome
Lucina,
nobile e
ricca,
e dissele come dovesse il suo
corpo
ritrovare,
mostrandole dov'era
gittato.
E
quella
di
presente
l'ub-
bida,
e and co' suoi donzelli e
famigliari
a ritrovare
quello
santo
corpo,
facendo ci che le fu dimostrato
da
lui,
e
adornollo di balsimo e d'altre odorifere
ispezie,
e
seppellillo
con
grande
reverenzia. E
quivi
ove il
sep-
pello,
santa Lucina
istette,
per
divozione e di lui e
degli
^
sugli scalini,
dal latino
gradua.
284 LEGGENDE CRISTIANE
Apostoli
che v'erano
seppelliti,
trenta di ^. E
poi
che la
santa Chiesa ebbe
posa
della
prefata persecuzione,
in
quello luogo
fece fare santa Lucina una molto bella chiesa
a onore di Dio e di santo
Sebastiano,
e
dotolja
riccamente
di suo
patrimonio,
nella
quale
Ges Cristo ha
operati
miracoli
per
li meriti di santo Sebastiano. Et in
quella
chiesa il cimitero di santo Calisto
papa
^.
Fu martorizzato
santo Sebastiano intorno
agli
anni
domini
dugento
ottantasei ^. Deo
gratias.
^
Si discusso a
lungo
se veramente
-gli Apostoli
Pietro e
Paolo,
fossero stati
seppelliti
nelle Catacombe della via
Appia.
I recenti scavi
hanno confermato
quello
che
gi
aveva afiermato
Papa
Damaso:
Hic habtasse
prius
saictos
cognoscere
debes
nomina
quisque
Petri
pariter PauUque requiris.
Infatti
poco dopo
la met del terzo secolo le salme
degli Apostoli,
per
tema di un
trafugamento per parte
dei
Bizantini,
furono nascosta-
mente celate nella basilica della via
Appia.
Vedi l'articolo di O. Makuc-
CHi nel Nuovo Bollettino
d'Archeologia cristiana, XXVIII,
1-4
(1922).
2
Le catacombe di S. Sebastiano furono confuse
per litngo tempo
col cimitero di S.
Calisto,
il
quale
trovasi a non
grande
distanza.
^
Questa
data non
attendibile,
perch
la
persecuzione
di Diocle-
ziano cominci soltanto nel
303,
e
l'imperatore
non torn a Roma che
sulla fine del novembre di
quell'anno.
L'AiiLABD nella sua Storia critica delle
Persecuzioni,
voi.
IV,
pag.
6,
pensa
che Sebastiano sia stato vittima non della
persecuzione generale
ordinata con l'Editto di Nicomedia
(25
febbraio
303),
ma
piuttosto
di
quella repressione
del Cristianesimo tra le file dei soldati che Masimiano
ordin nel 297 avanti di muovere contro i
Bagaudi
della
Gallia,
feroce
repressione
in cui trov la morte
l'intrepida Legione
Tebea a S. Maurizio
sulle rive del Rodano. Nella
Leggenda egli
vede
poi
accomunate narra-
zioni svariate di martirii avvenuti in
tempi
e
luoghi
diversi. Cosi Zoe
e
Tranquillino,
come Marcelliano e
Marco,
avrebbero veramente incon-
trato la morte nell'anno- indicato dal
racconto,
cio nel
286,
mentre
Castolo e Tiburzio furono uccisi nella
grande persecuzione,
e
gli
altri
cinque
martiri ricordati nel
capitolo
18,
cio
Nicostrato, Claudio,
Vit-
torino,
Sinforiano e
Castorio,
morirono non a
Roma,
ma in Pannonia
{voi. cit.,
pag.
20, nota).
Riportiamo
la bella
epigrafe
di
Papa
Damaso
per
la tomba di Ti-
burzio.
Tempore quo gladius
secuit
pia
viscera
niatrs,
^
egregius martyr, contempto principe
mundi,
aetheris alta
petit
Ghristo Gomitante heatvLs.
Hic tibi sanctus honor
semper lavdesque
manbunt.
Care
Deo,
ut
foveas
Damasum
precor,
alme Tiburti.
SAN SEBASTIANO 285
ANNOTAZIONI
Sebastiano
fu,
secondo
questa leggenda,
una delle tante
vittime
della
persecuzione
di
Diocleziano,
durata dal febbraio del
303
al
maggio
del
305,
in cui
perirono
cos
gran
numero di Cri-
stiani,
che
quel tempo
fu detto l'era dei martiri. Di essa ci ha
lasciato
un'impressionante
descrizione un testimonio oculare:
CoMMODiANO
DI Gaza nel suo Carmen
Apologeticum.
Non bastando
Diocleziano a
compiere
da solo l'orrenda
strage
dei Cristiani
....
quorum martyrio
decima
pars
conruit urbis
et
pereunt
ibi homines
septem
milia
piena;
participes
aviem duo sibi Oaesares
addii,
cwm
quibus
hunc
popuLum persequatur
diro
furore.
Mittunt et dieta
per
ivdices omnes
vbique,
ut
genus
hoc hominum
faciant
sine nomine Christi.
Nulla dies
pacis
tunc erit nec oblaUo
Ghristo,
sed cruor
ubique manat, quem
describere
vincor;
vincunt enim
lacrinae,
deficit
manus,
corda
tremescunt,
quamquam
sit
martyribus aptum
tot
funera ferre;
per mare,
per
terras,
per
insuXas
atque
latebras
scrutanturque diu,
execratos victimam dtccunt.
Haec Nero
^
tunc
.faciet,
triennii
tempore
toto
et anno dimidio statuta
tempora compiei.
La
figura
di S. Sebastiano tra le
meglio
conosciute e
pi
amate dal
popolo:
cos si
spiega
il numero
grandissimo
e
quasi
direi infinito delle
opere
d'arte ch'essa
ispir.
Accontentiamoci di ricordare il martirio del Santo
dipinto
dal Pinturiechio
(nelle
sale
dell'appartamento Borgia
in Vati-
cano),
dal
Pollaiolo (Galleria
di
Londra)
e dal Sodoma
(Galleria
degli Uffizi),
e le bellissime
figure
di lui
dipinte
dal
Perugino
(Museo
del
Louvre),
dal
Mantegna (Galleria
di
Vienna),
dal
Botticelli
(Museo
di
Berlino)
e da Tiziano
(Boma,
Galleria Va-
ticana).
Tra i
pittori
moderni da ricordare il
francese
Dela-
croix,
che
s'ispir
al racconto
leggendario, rappresentando
Lu-
cina e le
pie
donne cristiane che fasciano le ferite del Martire.
L'attribuzione della
Leggenda
a S.
Ambrogio

puramente
tradizionale,
ma non basata
sopra
nessuna
prova
sicura.
^
Il nome di Nerone usato
qui genericiamente, per
indicare il
tiranno.
286 LEGGENDE CRISTIANE
Gabriele d'Annunzio
riport
sulla scena il dramma reli-
gioso
con il suo Mistero di S.
Sebastiano^
scritto in francese
antico. Ne
riportiamo
l'ultima scena che
rappresenta
l'assun-
zione del martire nella
gloria
del Paradiso.
Chorus
martyrum.
Gioire! sous nos armures
flamboyez,

blessures!
Qui
est colui
qui
vient?
Le
lys
de la oohorte.
Sa
tige
est la
plus
forte.
Louez le nom
qu'il porte:
Sbastien !
Chorus
virginum.
Tu es lou. L'toile
de loin
parie
l'toile
et dit un nom: le ten.
Dieu te eouronne. Toute
la nuit comme une
goutte
ton front est
disaoute,
Sbastien.
Chorus
apostolorum.
Tu es Saint,
Qui
te nomme
verr le Fils de l'Homme
(sur
son coeur il te
tient)
sourire de ta
grce.
Jean fa donne sa
place.
Tu boiras sa tasse
Sbastien.
Chorus
angelorum.
Tu es beau. Prend six ailes
d'Ange
et viens dans l'chelle
de Feux musiciens
chanter
l'hymne
nouvell
SAN SEBASTIANO 287
au Ciel
qui
se constelle
de tes
plaies
immortelles,
Sbastien.
Anima Sebastiani.
Je
viens,
je
monte. J'ai des ailes.
Tout est blanc. Mon
sang
est la manne
qui
blanchit le dsert de Sin.
Je suis la
goutte,
l'tincelle
et le feu. Je suis une
me;
Seigneur,
une me dans ton sein,
Ghorns Sanctorum omnium.
Louez le
Seigneur
dans l'immensit de sa force.
Louez le
Seigneur
sur le
tympanon
et sur
l'orgiie.
Louez le
Seigneur
sur le sistre et sur la
cymbale.
Louez le
Seigneur
sur la flte et sur la cithare.
Alleluia !
li
,
'
'V^', ^f-^i^W^E^^^SIfig
A. Del Sarto
-
Sant'Agnese.
(Pisa
-
Cattedrale)
(fot. Brogi).
A. Del Sarto
-
Sani'A
senese.
(Pisa
-
Cattedrale)
(fot. Brogi)
IV.
LE VERGINI
Jesu,
corona
virginum,
Quem
mater illa
concipit
Quae
sola
virgo parturit,
Haec vota clemena
accipe.
Qui
pergis
inter
Ulta,
Septus
cho'eis
virginum,
Sponsani
decorane
gloria,
Sponsisque
reddens
proemia;
Quocumque pergia virgines
Sequuntur, atque
laudibus
Post te canentes
curaitant,
Hymnosque
dulcea
personant.
Te
deprecamur largiua
Noatris
adauge
mentibus
Nescire
prorsus
omnia
Gorruptionia
vulnera.
Da un inno attribuito
a S. Ambbogio.
19.

Battelli,
Leggende
cristiane.
1.
'
LA PASSIONE DI SANT'AGNESE
[Attribuita
a 8.
Ambrogio. Volgarizzamento
inedito.
Codice Riccardiano
1443,
da carte 88 a 102. I
passi
tra
parentesi
sono stati omessi dal
traduttore']..
1.
Ambruosio,
servo delle sacre
vergini
di Cristo:

Questo
'1 sacro di della festa di
Agnesa,
el
quale
dobbiamo celebrare con salmi et
inni,
e cantare
lezioni;
e tutto '1
popolo
si debba
rallegrare,
e
'povari
di Cristo
sovvenire. Tutti
adunque
ci
rallegriamo
nel
Signore
et a edificazione delle
vergini [la passione di] Agnesa
santissima a memoria riduciamo. El terzo decimo anno
della sua et
perde
la morte e trov la vita
^,
della
quale
dilesse el fattore. Nell'infanzia
d'anni,
Agnesa
era
gio-
vana,
ma della mente era vecchia ed antica: del
corpo
era
fanciulla,
ma dell'animo era canuta: aveva bello
viso ma
pi
bella fede
[e
castit
piti
mirabile].
2. Tornando
Agnesa
daUa
scuola,
el
figliuolo
del
prefetto
della citt di Roma s'innamor di lei. Allora
i
parenti
di
quello garzone
andarono a'
parenti d'Agnesa
domandando di fare
parentado
con
loro,
offerendo molto
largamente, [e piti largamente promettendo].
Et offer-
sero a beata
Agnesa
molti
preziosi
ornamenti,
la
quale,
com'ella
gli
vidde,
non
gli apprezz,
ma awiliUi come
sterco. Allora
quello giovano [per] questa
recusazone
che
aveva fatto beata
Agnesa
di
quelle
vestimenta,
'
etema.
292 LEGGENDE OBISTIANE
pi
forte si accese de lo amore
d'Agnesa,
e
pensando
ch'ella volesse
migliori
e
pi preziosi
doni di
quelli,
[le present ogni gloria
di
pietre preziose],
e
per
se me-
desimo e
per gli
amici e noti
^
e
parenti
cominci
[a
stancar l'orecchie della
vergine] promettendo
le ric-
chezze della sua
casa,
le sue
possessioni
e la sua fa-
miglia
2
[e
tutte le delizie di
questo mondo]
se non ne-
gasse
al suo consentimento e consentisse d'essere sua
sposa.
3. Allora beata
Agnesa
a
quello giovano rispuose
e
disse:

Parteti da me. casa di
peccati
e nutrimento
loro,
e cibo della morte:
parteti
da
me,
imperocch
da mio altro amadore sono stata amata
[innanzi],
el
quale
a me molti
migliori
ornamenti assai che non sono
questi
m'ha ornata
^,
e dello anello della fede sua me ha
sposata
e
inguardiata
*,
et molto
pi
nobile di
ge-
nerazione di te e di
pi dignit.
Et ha ornato la mia
destra di bello
ornamento,
e '1 collo e le braccia ha cir-
condato di
pietre preziose,
e simile la mie orecchie di
preziose perle.
Tutta mi ha ornata di
preziose [e
cor-
ruscanti] gemme
et ha
posto
un
segno
nella faccia
mia,
acci che nissuno altro amadore abbi se non lui.
Egli
mi ha ornata di vestimenti
[tessuti
d'oro e di
monili]
preziosissimi,
e mi ha mostro il suo tesoro che non ha
simile,
el
quale
m'ha detto che mi vuole donare se io
perseverer
ne' suoi comandamenti. E come
dunque
ad un altro amadore
andare,
ovvero
guardare,
e lassare
questo,
col
quale
sono
desponsata
in
carit,
el
quale
di celestiale
aspetto
molto
bellissimo,
d'amore soa-
vissimo e di tutte le
grazie graziosissimo?
che
gi
mi
ha
apparecchiata
la camara
nuziale,
nella
quale
fa so-
nare
organi [con]
boci
dolcissime,
e le sue
vergini
con
1
conoscenti.
-
i servi e
gli
schiavi.
3
uno
degli
anacoluti che il Tommaseo chiamava
sgrammaticature
sapienti.
*
fidanzata,
perch
non sia d'altri.
SANT'AGNESE 293
dolcissime
boci cantano? Gi '1 mle e '1 latte dalla
sua
bocca
ho
avuto,
e da lui sono stata abbracciata
[di
casti
amplessi], gi
1
corpo
suo col mio s'
accompa-
gnato,
e '1
sangue
di lui ha ornato le mie
guancie
^. E la
sua
madre

vergine,
e '1
padre
non conobbe mai femina:
al
quale
servono
gli angeli,
e della sua bellezza el sole
e
la luna
se ne
maravigliano;
al suo odore risuscitano i
morti,
del suo tatto si confortano
gl'infermi,
e le sue
opare
^
non
mancano,
e le sue divizie mai non scemano.
A
costui solamente servo la fede et a lui con tutta la
divozione
mi
commetto,
el
quale,
come io
l'amo,
casta
sono,
come io '1
tocco,
monda
sono,
e come io '1
piglio,
vergine
sono. N saranno
[per mancare] dpo
le nozze
i
figliuoli,
ma '1
parto
senza dolore si
[e
tuttod s'ac-
cresce la
fecondit].
4.
Allora,
udendo
questo, quello
insensato e
pazzo
giovano,
accecato
dall'amore,
essendo in
grande angu-
stia d'animo e del
corpo, gittossi
in sul letto con
grandi
sospiri,
e '1 suo amore
aperse
a'
medici,
e'
quali
el fecero
noto al
padre. [Questi
con
paterna
voce
ripet]
a
pe-
tizione della
vergine Agnesa
tutto
quello
che aveva
detto
quello giovano, [ma
ella
rispose]
che nollo voleva
per
nissuno modo
per sposo, perch
non voleva
negare
n
violare il
primo sposo,
al
quale
aveva
promesso
e
data
la fede. Allora il
prefetto, padre
di
quello garzone,
fece
cercare chi fusse
quello sposo
el
quale Agnese
tanto
amava,
per sapere
se fusse di
maggiore dignit
di
lui,
^
Non mi sembra
inopportuno
riferire il commento che di
queste
parole
fa S. Maria Maddalena de' Pazzi nelle sue Estasi
(parte
III,
cap.
34):
et
Questa
gloriosa
santa aveva dalla bocca di Dio ricevuto il
micie
ed il
latte. L'umanit del Verbo la
bocca;
il miele la
carit,
e il
latte
un
sapore
della soavit
divina,
anzi un sentire che fa
l'anima,
per
quanto
p\i
esser
capace,
deUa divinit di Dio. Il Santo
Evangelio
si
pu dire che sia latte soavissimo e ci dato
per
bocca della santa Chiesa
mediante
gli
Evangelisti
e i Dottori che l'hanno
esposto.
Il
qual
Evan-
gelio
quanto
sia
ripieno
di dolcezza e soavit della Divinit e umanit
del
Verbo,
dicalo.
Dio
mio,
chi t'ama e chi in
qualche parte
ha di te
cognizione . Vita ed estasi di S. M. Maddalena de'
Pazzi,
Firenze
1893,
voi.
m,
pagine 337,
338.
^
il
testo ha
opes: facolt,
ricchezze.
294 LEGGENDE OBISTIANE
ch'era
prefetto.
E uno de'
parasiti
^
di lui disse
come
Agnese
era cristiana infno dalla
puerizia
e in arte
ma-
gica
tanto amaestrata che dice che Cristo si '1 suo
sposo.
5. Udendo
questo,
el
prefetto
se ne fece lieto e
subito
mand a fare richiedere
Agnesa
da tutta la sua corte
2
ch'ella
comparisse
dinnanzi al suo tribunale. Et
essendo
venuta
Agnesa,
el
prefetto imprima
la cominci
con
parole piacevoli
a
lusingare
in
segreto,
e
poi
le cominci
a dire terribili
parole.
Allora la
vergine
di Cristo non
per lusinghe
si lass isvolvere
^
l'animo
suo,
n
per parole
di minacele e terribili non mosse el suo
volto,
e stette
coU'animo
fermo,
cos alle
parole
di
lusinghe
come alle
parole
terribili. E di tutto si rideva.
Allora
Simproniano
*
prefetto,
vedendo tanta co-
stanzia in una
fanciulla,
parl
a'
parenti d'Agnesa,
i
quali
erano
nobili,
e
nogli poteva
forzare,
ma
appose
loro
che
erano cristiani. E
poi
el
seguente
d el
prefetto
comand che
Agnesa gli
fusse
presentata,
e da
capo
le
disse del
giovano,
l'amore che le
portava,
e molto
la
lusing
con molte
parole.
Alle
quali
beata
Agnesa poco
rispuose,
e si rideva d'esse
parole.
6, Vedendo el
prefetto
che tutto
quello ch'egli par-
lava era invano e senza frutto a
lei,
sedendo
per
tri-
bunale
^
comand che
Agnesa gli
fusse
presentata;
alla
quale
disse:

Le
superstizioni
de'
Cristiani,
del
quale
numaro tu
sei,
incantatrice di
magiche
arti,
se da
te
non si
partiranno,
non
potrai
la
pazzia
dal tuo
petto
partirti,
n
prestare
consenso a
saggi consigli.
E
per
bisogna
che tu adori e facci riverenzia alla idea
^
Vesta,
e se ti
piace
di
perseverare
nella
verginit, [di
e
notte]
e' sacrifici reverendi ti
ibisogna
fare alla idea Vesta.
^
il manoscritto ha
per
errore:
parenti
d^
Agnesa.
"
guardie.
^
mutare.
^
il testo dice
Simphronius.
^
valendosi della sua
autorit,
mentre innanzi aveva
parlato
come
privato.
^
idea, per
dea. Protesi
frequente
nelle scritture antiche.
saistt'agnese 295
Allora
beata
Agnesa
disse:

Se '1 tuo
figliuolo, [bench]
d'amore
iniquo
tribolato,
ma
pur
vivente,
ho ricu-
sato

nn uomo
[infine ragionevole]
il
quale
vede e
ode
e
palpa
e va e '1 fiore di
questa
luce
pu godere
[insieme
co'
buoni]

r se io
per cagione
dello amore
di
Cristo
per
nissuna
ragione
noUo
posso guardare,
gl'idoli
sordi e
mutoli,
che non hanno anima n senti-
mento,
in che modo
gli posso
adorare,
e fare
questo
ad
ingiuria
del sommo
Iddio,
e inchinare il
capo
alle
pietre,
dicendo: Iddio se' tu?.
7.
Allora,
udito
questo, Simproniano prefetto
disse:

[Vogho
lasciar
tempo
di riflettere all'infanzia tua
e]
lasso
di
punirti,
che hai ardire di biastemare
gl'iddii,
perch
a' tuoi anni
ragguardo
col sentimento.
[Non
voler
dunque
te medesima tanto
disprezzare]
che tu
non
incolga
nell'ira deUi dei. Allora beata
Agnesa
disse:

Non
guardare
alla infanzia
corporale, imper
che la fede non sta ne
gH
anni ma nel
sentimento,
e
Iddio
onnipotente
accetta
pi
l'animo e la mente buona
che
gli
anni. E li tuoi
iddi,
de'
quali
tu dubiti che io
non incorra nella loro
ira,
[lascia
che
s'adirino,
comanda
che
parlino];
mi comandino essi di
fargli
onore e di ado-
rarH. Ma
poich veggo
che tu a loro domandi
quello
che non
potrai
avere,
epper
fa'
quello
che tu
vogli
.
8.
Allora
Simproniano prefetto
disse: De' due
par-
titi
eleggi quale
tu
vuoli;
o veramente tu colle
vergini
della
idea Vesta
sacrifica,
o veramente tu colle mere-
trici
andarai al
luogo pubblico.
E allora saranno a te
di
longa
e'
Cristiani,
e'
quali
t'hanno
[cos] insegnato
l'arte
magica,
che
questa
calamit e miseria
[tu
confidi
poter
sopportare
con animo
intrepido].
E
per
anco ti
dico,
o tu sacrifica alla idea Vesta a laude della tua
progenie,
o
veramente,
a tua
vergogna
e de'
tuoi,
andarai
al
luogo pubbHco
coll'altre meretrici a stare
pubbli-
camente. Allora beata
Agnesa
con
grande
constanzia
disse:
Se tu
sapessi qual'
lo Iddio
mio,
tu non
par-
laresti
queste
parole.
E
poich
io so la virt del
Signore
296 LBOGENDE CEISTIAKB
mio Ges
Cristo,
sono
sicura,
e non temo le tue
minaccie.
E
sappi
che io non sacrificher
agli
idoli
tuoi,
e
non
sar contaminata con li uomini del
luogo, perch'io
ho
con esso meco il
guardatore
del
corpo
mio,
cio
l'Angelo
di Dio. E
l'unigenito figliuolo
di
Dio,
che tu non
conosci,
egli
a me come muro che non si
pu passare,
ed
mia
guardia
che mai non
dorme,
ed mio difenditore che
mai
non
manca;
e' tuoi iddii
[o
sono di
bronzo,
de'
quali
meglio
si fanno vasi ad uso
degli uomini]
o sono di
pietra,
le
quali
d'esse si fanno le strade
per
amore de'
fanghi
\
La divinit non consiste
^
nelle
pietre,
ma in
cielo;
non
in
metalli,
ma nel
regno superno
sta. E tu
adunque,
e
quelli
che sono simili a
te,
se non vi levarete dalla
adorazione de' vostri
idoli,
sarete conchiusi con
pena,
siccome
loro,
nel
fuoco,
e s come loro sono
posti
nelle
fiamme del fuoco acci sieno
fusi,
cos saranno
quelli
che
gli
adorano;
in
perpetuo
saranno nel fuoco ardente
consumati,
e in eterno saranno confusi.
9. Allora lo senza sentimento
giudice
fece
espogliare
beata
Agnesa ignuda,
e comand ch'ella fusse menata
al
luogo pubblico
delle
meretrici;
e uno con la tromba
andava innanzi bandendo e dicendo con
grande
boce:

Agnesa, sacrilega vergine, gli


iddii ha
bestemmiati,
e
per quello
data
agli
uomini che
tengono
il
luogo
pubblico
delle meretrici. E come beata
Agnesa
fu
spogliata,
di subito e' suoi
capegli
crescerono,
e in tanta
quantit per
la divina
grazia
le furono
concessi,
che
pa-
reva che fusse
coperta
insino a
terra,
e
meglio
stessero
che una vesta. E intrata
dunque
beata
Agnesa
nel
luogo turpissimo, l'angelo
di Dio trov a lei
apparec-
chiato,
acci che la circondasse d'immenso
lume,
acci
che nissuno
per quello grande splendore
la
potesse
ve-
dere n
appressarsele. Risplendeva quella
celletta dove
fu messa beata
Agnesa
come el sole
quando
nella sua
^
per
evitare il
fango.
"
il testo lia habtai.
SANT'AGNESE
297
altezza
vert del di
^,
e
quanto pi gli
occhi di
quelli
che
erano circostanti cercavano di volerla
vedere,
tanto
pi
i loro occhi erano obombrati
^
che non la
potevano
vedere.
E stando beata
Agnesa
in orazione all'altis-
simo
Iddio,
pparbe
innanzi a lei uno vestimento candi-
dissimo.
Allora ella el
prese,
e d'esso si vest e disse:
Grazie
te
rendo,
Signore
mio Ges
Cristo,
che me hai
annoverato
nel numaro delle tue ancille et el vestimento
mirabile comandasti che io avessi. Et era
quello
vesti-
mento a misura del
corpo
di beata
Agnesa,
et era tanto
cando
^
pi
che la
neve,
el
quale
non a dubitare che
per
mano
d'angeli
fu fatto et
apparecchiato.
E in
questo
*,
quello luogo
fu fatto come un
oratorio,
e tutti
quelli
che v'erano intrati adoravano e davano onore a
quello
immenso
lume,
e mondi uscivano fuore
pi
che non
v'erano intrati.
10. E mentre che
queste
cose si
facevano,
el
figliuolo
del
prefetto,
el
quale
era stato
cagione
di
questa
scel-
leraggine,
venne a
quello luogo,
co' suoi
compagni gio-
vani,
quasi per
assaltare
quella
fanciulla,
colla
quale
credeva la sua libidine esercitare.
[E
avendo mandato
innanzi a
s] quelli
furi e cattivi
giovani,
vedendo che
uscivano
pieni
d'ammirazione e di
venerazione,
cominci
a
farsi beffe di loro
[giudicandoli
vani e molli e
impotenti];
e
ridendosi di
loro,
entr sfrontatamente in
quello luogo
dove
beata
Agnesa
orava,
e vedendo
quello
lume m-
torno a beata
Agnesa,
non dette onore a
Dio,
ma
git-
tossi in
quello
lume
per
mettere
le mani addosso a
beata
Agnesa:
e innanzi che la sua mano
giongesse
a
lei,
egli
cadde in
terra,
colle mani al
volto,
e '1 diavolo
lo
strozz,
e cos
spir.
E
vedendo i suoi
compagni,
che
l'aspettavano
di
fuore
di
quella celletta,
ch'egli
molto istava a venire
^
quasi
radians sol in virtute sua.
^
adombrati.
^
candido.
*
frattanto,
298 LEGGENDE OBISTIANB
fuore,
credettero
ch'egli
fusse
occupato
con
Agnesa.
Allora entr in
quello luogo
uno
compagno
di
quello
figHuolo
del
prefetto,
andando
per raUegrarsi
con
lui,
el
quale,
come fu dentro in
quella
celletta,
trov morto
quello figliuolo
del
prefetto.
Allora
quello
con
grande
boce
grid,
dicendo:

Piatosissimi
Romani,
soccor-
rite;
questa
[meretrice]
con
magici
incantamenti el
figliuolo
del
prefetto
ha occiso . Allora
per quelle grida
corse molto
popolo
a
quello luogo,
e varie
parole
dice-
vano,
gridando.
Alcuno diceva:

Agnesa
si
maga
incantatrice
,
altri dicevano:

EUa
sacrilega, [altri
a
Ella innocente
].
10. E subito and
queste
booi al
prefetto,
el
quale
come ud che '1 suo
figliuolo
era
morto,
di subito con
grande
furia e
pianto
venne a
quello luogo
dov'era
morto,
e intrato in
quello luogo
dove el
figliuolo
suo
giaceva
morto,
con
grandi grida
disse a beata
Agnesa:

Cru-
delissima
sopra
a tutte le
femmine,
la
quale sopra
el
figliuolo
mio hai dimostrato le tue arti
magiche!.
E
dicendo il
prefetto queste
et altre
parole,
domandando
della
cagione
della morte di
quello
suo
figliuolo,
disse
allora beata
Agnesa:
Colui al
quale
el tuo
figliuolo
lui voleva contrastare alla sua
volont,
ed
Egli
in lui
essercit la sua
potest;
e
questi
altri che a me sono
intrati,
sani ne sono
usciti,
perch
tutti hanno dato onore
a
Dio,
el
quale
mand
l'angelo
suo che mi vest
questo
vestimento della misericordia
d'Iddio,
ed ha
guardato
el
corpo
mio,
che
per
insino che io ero nella
culla,
a
Cristo fui
consegnata
e offerta. E tutti
quelli
che vede-
vano lo
splendore dell'angelo,
tutti si
partivano
senza
lesione,
ma
questo
tuo
figliuolo impudente,
fremitando,
distese la mano verso di me
per pigliarmi,
e
l'angelo
di
Dio el rimand
indietro,
e coin tu vedi morto!.
12. Disse allora el
prefetto:
In
questo apparir
che tu non coll'arte
magica questo
hai
fatto,
e
per
prega quello angelo
che restituisca a me el
figliuolo
sanojj.
Allora beata
Agnesa
disse:

Posto
per
che
per
SANT'AGNESE 299
la
fede
vostra
questo
io da Dio
impetrare
non
merito;
ma
perch
egli

tempo
che la virt del mio
Signore
Ges
Cristo
si
manifesti;
e
per
uscite tutti
fuore,
et io
sola
in orazione star . Et essendo tutti usciti di
quella
ceUetta,
e beata
Agnesa
si
pose
in terra in orazione
e
incominci
a
pregare
el
Signore
che risuscitasse
quello
giovano.
Et orando beata
Agnesa, apparbe
a lei
l'angelo
di
Dio
e la rizz dal
pianto
e confort l'animo
suo,
e
quello
giovano
risuscit.
Essendo
risuscitato,
el
figliuolo
del
prefetto
usci
subito
fuore di
quella
cella,
et incominci con boce
pubblica
a
gridare
et a dire:
Uno Iddio in cielo e
in terra
e in
mare,
el
quale
lo dio de'
Cristiani,
e tutti
gli
iddii de'
templi
sono vani e non
possono
aiutare loro
propri
ne
quelli
che
gli
adorano .
13. A
questa
boce tutti
gl'indivinatori
de'
templi
e i
pontefici
si
conturbarono,
e fu fatto rumore
grande
nel
popolo.
E
gridavano:

Tolle la
maga,
tolle la male-
fica,,
la
quale
la mente delli uomini muta e
gli
animi
[aliena]
. Allora el
prefetto,
vedendo tali cose
miracolose,
fu
stupefatto,
ma temendo
[la proscrizione
se facesse
contra
a'] pontefici
del
tempio,
e' vedeva che non
po-
teva liberare beata
Agnesa
dalla sua
sentenzia,
e nolla
poteva
defndare. Allora el
prefetto
fece uno vicario
[per
la
sedizione]
del
popolo
^,
e
poi
si
part
con tri-
stezza e dolore
perch
nolla
poteva
defndare
dopo
la
resurrezione del suo
figliuolo,
e
per questo
si era
dolente.
Allora
quello
vicario fatto dal
prefetto,
el
quale
si
chiamava
Aspasio,
comand che fusse fatto uno
grande
fuoco in
presenzia
di
tutti,
e comand che beata
Agnesa
fusse
gittata
nel mezzo di
quello
fuoco. E subito el co-
mandamento del vicario
[fu eseguito].
E . le fiamme
allora si
divisero in due
parti,
di
qua
e di
l,
e beata
Agnesa
istava in mezzo e non sentiva nissuno incendio
^
lasci ad un vicario l'incarico di sedare il tumulto.
300 ljggende cbistiane
n caldo di
fuoco,
n nisstino male le fece el fuoco. Al-
lora e]
popolo
con boci
grandissime
incominci a
gri-
dare,
dicendo:

Questo
non
per
divinit della
vergine,
ma
per
1 a sua
arte
magica
e
per
li suoi incanti .
14. Et allora beata
Agnesa,
essendo in mezzo del
fuoco,
distese le mani sue al
cielo,
e in
queste parole
or al
Signore
e disse:

Omnipotente,
da adorare e da
riverire e da
temere.
Padre del
Signore
mio Gesti
Cristo,
io
benedicoti,
el
quale per
lo
figliuolo
tuo io ho
scampato
le minacele
degli
uomini
impii,
e la
spurcizia
del diavolo
io ho
passata,
ed ecco ora
per
lo
Spirito
Santo la
rugiada
celestiale
venuta,
e '1 fuoco intorno a me si
spento,
e la fiamma
divisa,
e '1 calore e lo incendio si andato
a coloro che '1 facevano
per
me. Io te
benedico.
Padre
da
predicare,
el
quale
in fra la fiamma ti
prego
che tu
mi lassi a te
venire,
imper
che
quello
che io credo io el
veggo,
e
quello
nel
quale
io
spero gi
el
tengo,
e
quello
che desideravo l'ho abbracciato. Te confesso colla bocca
mia,
e col cuore e con tutto el
corpo
mio desidero. Ecco
che a te
vengo,
tu che se' vivo e vero
Iddio,
el
quale
col
Signore'
nostro Ges Cristo e collo
Spirito
Santo
vivi e
regni
ora e
sempre, "pe/r infinita
secula
seculorum,
amen .
15. E come ebbe finita
l'orazione,
allora tutto el
fuoco fu
spento,
e non vi rimase nissuno caldo di fuoco.
Allora
Aspasio,
vicario della citt di
Roma,
vedendo
che '1
popolo
non si fermava n
rifrenava,
comand
che a beata
Agnesa
fusse dato d'uno coltello nella
gola.
E subito usc el
sangue
suo come rose
vermigHe.
E in
questo
modo consacr Cristo la
sposa
sua
Agnesa,
sua
vergine
e martire.
Allora e'
parenti
di santa
Agnesa
non ebbero di lei
nissuna tristzia n
malancom'a,
ma con tutto el
gaudio
presero
el
corpo
suo e
portrlo
a una loro
possessione
non molto di
longa
dalla citt di
Roma,
nella via la
quale
si chiama via
Nomentana,
et ine la
soppellirono
ad
XXI di
gennaio.
E
per
che in
quello luogo
tutta la
SANT'AGNESE 301
turba
de' Cristiani
concorrivano,
allora e'
pagani,
ve-
dendo
questo, ponevano agguati per
farli
dispiacere;
e vedendo
e' fedeli venire
sopra
di loro e'
pagani
armati,
allora
fuggivano,
e
quelli pagani
colle
pietre
molti ne
ferirono
a morte.
16.
Emerenziana,
la
quale
fu
compagna
di beata
Agnesa,
era
vrgine
santissima et era catecumena
^,
ma
non
battezzata;
costantemente e senza
paura
istava
contra
a
quelli
che venivano contra di
lei,
e con
queste
parole
dicendo:
O
superflui,
miseri, caduc,
perfi-
dissimi,
considerate Iddio
onnipotente
el
quale
in
cielo,
e voi occidete
quelli
che '1 confessano e
adorano,
e colle
pietre lapidate gl'innocenti
uomini e i
giusti
scannate. E dicendo Emerenziana
queste
e simili
parole,
mentre che
quelli perfidi
uomini la
lapidavano,
et
orando,
istando in
ginocchioni presso
al
sipolcro
di beata
Agnesa,
rend lo
spirito
a Dio. E non dubbio
ch'ella nel suo
sangue
non fusse
battezzata,
perch
costantemente confessando el
Signore,
la morte e '1
martirio sostenne. E in
quella
ora fu uno
grande
ter-
remoto,
et essendo l'aria molto
serena,
vennero tante
saette e tuoni e
piova grandissima,
che la
maggiore
parte
di
quelli
che facevano
quella ingiuria
a' Cristiani
morirono. E
per questo,
da
poi
nissuno del
popolo
dette
pi
molestia a
quelli
che andavano a'
sipolcri
de' santi
martiri. E
dopo questo,
vennero e'
parenti
di beata
Agnesa
con
sacerdoti,
la
notte,
e
presero
el
corpo
della
vergine Emerenziana,
e lo
seppellir
in uno
campo
[vicino]
al
corpo
di beata
Agnesa.
17. E
dopo questo,
e'
parenti
di santa
Agnesa per
ogni
notte
venivano a
vigilare
al
sipolcro
di beata
Agnesa,
e
una
notte viddero uno exercito
grande
di
vergini
^
tutte
vestite di seta e
d'oro,
che con
grandissimo
lume
andavano. In fra
quelle
viddero beata
Agnesa,
vestita
^
iniziata ai misteri della
fede,
ma non ancor battezzata.
^
il
volgarizzatore
scrive
per
errore
artgeli;
ma
poche righe pi
sotto
accenna

alle
vergini
che erano "con
Agnesa
.
302 LEGGElJfDB CRISTIANE
di simile
veste,
e della sua mano destra aveva uno
agnello
candidissimo. Allora
gli parenti
di beata
Agnesa,
istando attesi e
guardando
e
quasi stupefatti
nella
mente
loro,
e santa
Agnesa preg quelle vergini
che
erano con
lei,
un
poco
si
fermassero,
et ella disse a'
suoi
parenti:

Guardate e
vedete,
che come morta
voi mi
piangete,
ma
godete
e
rallegratevi
con esso
meco,
imper
che io con
questi
tutti una sedia lucente ho
avuta,
e con Colui sono
congiunta
in cielo el
quale
in terra
con tutta l'anima desiderai e amai. E dette
quelle pa-
role,
si
parti
la visione. E
questa
visione da tutti
quelli
che la viddero fu
pubblicamente divolgata.
18. E
dopo alquanti
anni, Costanzia,
figliuola
di
Costantino
Augusto,
sentendo dire e narrare
questo
fatto a
quelli
che l'avevano veduto

et era
questa
Costanza
reina,
et era
vergine prudentissima,
la
quale
era
piena
di malattie in tutta la
persona,
in modo che
dal
capo
insino alle
piante
non era
luogo
libero

,
e
preso conseglio
e
speranze
di ricevere
sanit,
and una
notte al
sipolcro
di santa
Agnese vergiue
e
martire,.

et era
questa
Costanza
pagana,
niente di meno col-
l'animo
credeva,

e fece
prego
fedelmente,
et orando
s'addorment,
e vidde in visione beata
Agnesa,
in
quello
modo che le era stato detto. Alla
quale, Agnesa
disse:
a
Ist
costantemente,
Costanzia,
e
crede^
el
Signore
nostro Ges
Cristo,
figliuolo
di
Dio,
essere salvatore
tuo,
per
lo
quale
al
presente
riceverai sanit nel tuo
corpo.
Allora Costanzia si
risvegli
sana,
e nissuno
segno
di malattie del suo
corpo
vi
rimase,
e non vi
pa-
reva che mai nissun male avesse avuto. E tornando
questa vergine
al
palazzo
sanissima,
fu fatta
grande
allegrezza
dal
padre
suo
imperadore,
e da' suoi
frategli.
E tutta la citt di Roma fece
allegrezza,
e
quelli
che
Inihtavano
^
e tutto el
popolo
e tutti
quelli
che l'udi-
vano. E la infedelt delli
gentili
si
confondeva,
e la fede
del
Signore
si
rallegrava.
^
i
soldati.
SANT'AGNESE 303
19."
E in
questo
el
padre
di Costanzia e*
frategK
ordinmo
che si facesse una chiesa dov'era el
corpo
di
santa
Agnesa,
a suo onore. E
concorse'^questa
fama di
santa
Agnesa,
e tutti
queUi
che
credevano,
andavano
al
suo
sipolcro,
et erano fatti sani
d'ogni
infermit
che
avevano.
E
[questo]
dura fino al
presente
d.
Persever
Costanzia nella sua
verginitade, per
la
quale
molte
vergini
nobili ed altre
presero
el sacro velo.
[E
poich
la fede della santa
dura]
insino al d
d'oggi,
sono
molte
vergini
alla chiesa di S.
Agnesa,
le
quali

quelle
che vi sono
state,
e
quelle
che vi sono e saran-
no

se
perseverano
e
persevereranno
in.
questa
ver-
ginit,

senza dubbio
acquistano
la
palma
della vit-
toria.
20. Et io
adunque,
Ambruosio,
servo di Ges
Cristo,
poich
ne' volumi divini trovai cos
scritto,
non mi sono
affatigato
senza frutto ad onore di tanta
vergine
e mar-
tire,
e siccome ho trovato cos ho
scritto,
a edificazione
vostra,
o
Vergini
di
Cristo,
el testo della
passione
e
martirio della
gloriosa vergine
santa
Agnesa.
A laude
e
gloria
dello
omnipotente
ed eterno Iddio e del suo
figliuolo,
nostro
Signore
Gesti
Cristo,
e dello
Spirit
Santo,
el
quale
vive e
regna per infinita
secula seculo-
rum.
Amen,
Ameny*.
ANNOTAZIONI
Tra
quella fulgida
schiera di
Vergini
che
imporpor
del
suo
martirio l'aurora del Cristianesimo
nascente,
risplende
di
vivida
luce la soave
figura d'Agnese.
La tredicenne
giovinetta
patrizia,
bellissima del
corpo
ma
pi
dell'anima
che,
sprez-
zando
lusinghe
e
minaccio,
afferma
intrepida
la
propria
fede,
e
non
piega
nemmeno dinnanzi all'onta d'una
turpitudine
senza
nome
che un tiranno
stupidamente
feroce tenta
d'infliggerle,
e
donde
essa riesce miracolosamente
immacolata;
quest'eroica
fanciulla che
affronta
impavida
le
famiQQ
destinate a incene-
rirla,
e
che
invece
s'aprono
dinanzi a lei lasciandola illesa e
304 LEGGENDE CRISTIANE
offendendo i suoi
persecutori; questa
serena martire di
Cristo
che offre senza un lamento alla
spada
del carnefice la
bianca
gola
donde il
sangue spiccia vermiglio
come le rose tale
esempio
di
meravigliosa
fortezza da fare
impallidire
tutti i racconti
pi
o meno veritieri
degli
antichi eroi di Plutarco. Non sembra
scritto
per
lei,
quel
sublime inno cristiano dove la
fragile giovi-
nezza delle vittime innocenti sfida
l'esasperata
ferocia del car-
nefice a
preparare
nuovi e
pi.
crudeli tormenti?
Quid,
tyranne, quid
minaris,
quid usquam poenarum
est?
malo mori
quam foedari,
mxiior vis amoris est.
Para
rogos, qtiamvis
t^uces
et
quicquid
tormenti
est,
adde
ferrmn,
adde
cruces,
nihil adhuc amanti est.
Nimds hlandus dolor ille
una m,ors
quatn
hrevis est!
cruciatus amo
mille,
omnis
poena
levis est ^.
Con tale eroica
fermezza,
con tale
intrepido
ardore di martirio
Agnese
affront serena la morte durante la ferocissima
perse-
cuzione ordinata da Valeriano nel 258.
Non a
meravigliare dunque
se fin dai
primi
secoli cristiani
la soave
figura
di lei
ispir
a
gara poeti
ed
artisti,
e se in suo
onore si eressero
magnifiche
chiese. Non erano trascorsi venti
anni dalla morte di
Agnese
che,
in
segno
di riconoscenza
per
la
grazia
ricevuta dalla sua
figliuola,
Costantino
Magno
edificava
suUa via Nomentana la basilica in onore
della Santa,
la cui abside
veniva decorata
pi
tardi,
per
ordine di
papa
Onorio
I,
di un
magnifico
mosaico a fondo
d'oro,
dove
Agnese

rappresentata
vestita di un ricco manto
gemmato,
cinto il
capo
di una corona,
avendo ai
piedi
il fuoco e la
spada,
strumenti del suo martirio.
L'iscrizione
che si
legge
nella fascia sottostante al mosaico esalta
^
E. Du
MebU,
Posies
populaires
latinea,
Parigi
1843,
pag.
138.
<
co
Q
CO
(/l
C3
t/1
0!
o
Pi
304 LEGGENDE CRISTIANE
offendendo i suoi
persecutori; questa
serena martire di
Cristo
che offre senza un lamento alla
spada
del carnefice la
bianca
gola
donde il
sangue spiccia vermiglio
come le rose tale
esempio
di
meravigliosa
fortezza da fare
impallidire
tutti i racconti
pi
o meno veritieri
degli
antichi eroi di Plutarco. Non
sembra
scritto
per
lei
quel
sublime inno cristiano dove la
fragile giovi-
nezza delle vittime innocenti sfida
l'esasperata
ferocia del car-
nefice a
preparare
nuovi e
pi
crudeli tormenti?
Quid,
tyranne, quid
ninaris,
quid usquam poenarum
est?
malo mori
quam foedari,
maior vis anoris est.
Para
rogos, quamvis
truces
et
quicquid
tormenti
est,
adde
ferrum,
adde
cruces,
nihil adirne amanti est.
Nim/ls blandus dolor ille
una mors
quam.
hrevs ?M!
criiciatis a/mo
mille,
oninis
poena
levis est '.
Con tale eroica
fermezza,
con tale
intrepido
ardore di martirio
Agnese
affront serena la morte durante la ferocissima
perse-
cuzione ordinata da Valeriano nel 2/8.
jSfon a
mei'avigliare dunque
se fin dai
primi
secoli cristiani
la soave
figura
di lei
ispir
a
gara poeti
ed
artisti,
e se in suo
onore si eressero
magnifiche
chiese. Non erano trascorsi venti
anni dalla morte di
Agnese
che,
in
segno
di riconoscenza
per
la
grazia
ricevuta dalla sua
figliuola,
Costantino
Magno
edificava
sulla via Nomentana la basilica in onore della
Santa,
la cui abside
veniva decorata
pi tardi,
per
ordine di
papa
Onorio
I,
di un
magnifico
mosaico a fondo
d'oro,
dove
Agnese

rappresentata
vestita di un ricco manto
gemmato,
cinto il
capo
di una corona,
avendo ai
piedi
il fuoco e la
spada,
strumenti del suo martirio.
L'iscrizione che si
legge
nella fascia sottostante al mosaico esalta
^
E. Du
M.EEIL,
PoHes
populairea
latines,
Parigi
1843,
pag.
13S
Cr
y.
s.
X
o
Il

SANT'AGNESE 305
meritamente l'opera compiuta
dall'artista,
paragonandone
lo
splendore
ai
raggi
dell'aurora,
ai colori dell'iride ed
agli
sma-
(^lianti
riflessi delle
penne
del
pavone.
Un'altra
iscrizione acrostica contiene il nome della fonda-
trice
[CONSTANTINA Deo].
Gonstantina deum venerans
Ghristoque
dicala
Omnibus
impensis
devota mente
paratis
Numine divino m,ultum,
Ghristoque
iuvante
Sacravi
templum,
victricis
virginis Agnes,
Templorum quod
vincit
optis terrenaque
cuncta.
Aurea
quae
rutilant summa
fastigia
tecti.
Nomen enim, Ghristi clbratur sedibics
istis,
Tartaream solus
potuit qui
vincere mortem
Invectus cacio
solusque inferre triimipMim
Nomen Adae
referens
et
corpus
et omnia membra
A 7nortis tenebris et cacca nocte levata.
Dignum, igitur
munus
martyr devotaque
Ghristo
Ex
opibus
nostris
per
saecula
longa-
tenebis,
O
felix virgo,
memorandi nominis
Agnes.
L'antico fornice di Piazza Navoria dove la martire
gioxd-
ntta fu
trascinata a forza
per esporla
al ludibrio della
folla,
e
dove
invece
l'angelo
del
Signore
la
protesse
con la sua
spada
invisibile,
circondandola di lume
celeste,
venne ben
presto
tras-
formato in
santuario,
e molti secoli
dopo
vide
sorgere sopra
i
suoi
fondamenti la bella chiesa del
Borromini,
che con la sua
facciata
leggiadramente
riciirva,
con
gli agili campanili,
la cu-
pola,
i
frontoni
spezzati,
le nicchie e le statue di marmo forma
un
cosi
pittoresco prospetto
alla
piazza
del Circo
Agonale,
di-
nanzi
a cui scrosciano le
acque
della
stupenda
fontana dei
Quattro
Fiumi. Molti
pittori
amarono
raffigurare
le sembianze della
gio-
vine
martire
cristiana;
e Duccio senese nella
gran pala
del Duomo
di
Siena,
l'Angelico
nTIncoronazione della
Vergine
al
Louvre,
il
Luiui
nel Monastero
Maggiore
di
Milano,
e Andrea del Sarto
nel
celebre
quadro
del Duomo di Pisa la
effigiarono accompagnata
dal
candido
agnello,
simbolo del sub nome e della sua
purit
iniinacolata: mentre invece lo
Spagnoletto,
nel
quadro
del Museo
di
Dresda,
rappresent
la Santa circondata di luce e vestita de'
suoi
capelli,
nell'atto di ricevere
dall'angelo
la bianca tunica
20,

Battei,!,!, Leggende
cristiane.
306 LEGGENDE CRISTIANE
tessuta in
cielo,
e il Domenichino ne
figur
la morte in un
grande
dipinto pieno
di sentimento
drammatico,
che si conserva
nella
Pinacoteca di
Bologna.
Anche
gli
scultori ne modellarono la
figura gentile;
e
Andrea
della Robbia la
effigi
in una delle sue terrecotte
verniciate,
dove
sorrde tutta la
grazia
del Rinascimento
toscano,
mentre l'Al-
gardi
nel fornice di Piazza Navona
rappresent
il miracolo della
sua
liberazione,
ed il Ferrata nella chiesa sovrastante la
scolp
in atto di attraversare
impavida
le fiamme del
rogo
acceso
per
lei. I
poeti
dei
primi
secoli cristiani subirono il fascino di
questa
pura
e
gentile giovinezza
eroica immolatasi
per
testimoniare
la fede di
Cristo,
e fino dal IV secolo
Papa
Damaso e sant'Am-
brogio
ne tesserono le lodi: il
primo
con
questa epigrafe
che
ancora si
legge scolpita sopra
una lastra di marmo nella basilica
di via Nomentana:
Fama
refert
sanctoa dudmn retidiase
parentes
Agnem,
cum
luguhres
cantus tvha
concrepuisaet,
mttricis
gremium
subito
liquisse pullam,
sponte
trucia calcasse minas
raiemque tyranni.
Urere cum
flamm.is
voluisset nobile
corpus,
viribus immensum
parvis superasse
timorem,
nudaque prqfusum
crinem
per
m,embra
dedisse,
ne Domini
templum facies peritura
videret.
O veneranda
mihi,
sanctum
decus, alma, pudoris,
ut Damasi
precibus faveas precor, inclyta
martir;
e l'altro nell'inno
magnifico
che comincia:
Agnes
beatae vir-
ginis,
che la Chiesa Romana ha accolto nel suo Breviario.
Nel
secolo
segTiente,
Prudenzio,
il
pi grande
dei
poeti
latini
cri-
stiani,
ne cant l'indomita
fortezza,
il martirio e la morte
in
uno dei
pi
bei carmi del
PeristepUnon,
che ben
pu
definirsi,
secondo
l'etimologia
del suo
nome,
come una raccolta di
ghir-
lande votive dedicate alla memoria dei martiri.
O
virgo felix,
o nova
gloria,
Goelestis arcis nobis
incola,
Intende nostris coUuvionibtcs
Vultum
gemello
cum diademate.
Nil non
pudicum
est,
quod pia
visere
Dignaris,
almo vel
pede tangere.
SANT'AGNESE 307
E
pur
tacendo dei tanti
innografi
medievali che fecero ri-
cordo
di
Agnese
^
mi
piace
di ricordare almeno
l'inglese
Adelmo,
vescovo
di Sherbome
(676-709)
che nel suo
lungo poema
in lode
della verginit
ha dedicato una bella
pagina
alla nostra Santa
^;
la
monaca
benedettina Horosvita
(X secolo)
che dedic a S.
Agnese
l'ottavo
dei suoi
poemetti
3,
e il francese Adamo da san Vit-
tore
(t
1192),
che
compose
in onore di lei un
polimetro
latino,
notevole,
come dice il
Clement,
non tanto
per
la
semplicit
e la
precisione
dello
stile,
quanto per
la
rapidit,
il movimento
e
l'interesse
del racconto *.
Tra
i
componimenti popolari
ricordiamo la
Rappresenta-
zione
di S.
Agnese vergine
e
martire,
stampata
a Firenze dal Po-
cavanza
nel 1688.
Una narrazione
quasi
identica alla nostra venne
pubblicata
a
Perugia
nel 1857 da Adamo
Rossi,
cavandola da vai codice
del monastero di Monteluce. Ma edizine rarissima
per
esser-
sene tirati
pochi esemplari.
Anche di
questa Leggenda,
come di
quella
di S.
Sebastiano)
dobbiam dire che l'attribuzione a S.
Ambrogio

puramente
tradizionale;
il vescovo di Milano
per
ha fatto uno
splendido
elogio
della santa nel De
inrginihus.
Un eccellente studio critico
venne
pubblicato
da A. Franchi de'
Cavalieki, Sant'Agnese
mila
tradizione e nella
leggenda,
Roma 1899.
^
Vedi
Mos-R,
nymni
latini Medii
Aevi,
Friburgo
1855,
voi.
Ili,
pag.
178-181,
e
Deeves,
Analecta
Hymnica
M.
Aevi,
Lipsia
1888
(gli
nini
ordinati alfabeticamente: vedi richiamo alla fine di ciascun
volume).
2
MiGNE,
Patrologia latina,
voi.
LXXXIX,
pag.
272.
^
Hbotsvit, Carmina,
Lipsia,
Teubner,
1906. Vedi anche il recen-
tissimo
volume di F.
Ebmini,
Poeti
epici
latini del X
secolo,
Roma
1921,
pag.
36 e
segg.
*
F.
Clement,
Carmina e christiania
po'tis excerpta,
Parigi
1880,
pag. 490.
LA LEGGENDA DI SANTA CECILIA
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
II,
pag.
217].
Cecilia,
vergine
santissima,
fu nata di
gentile ischiatta,
nella citt di
Roma,
e fu nutricata e ammaestrata
nella
fede di Cristo: ed ella
crescendo^
continuamente
pregava
Iddio che le conservasse la sua
verginitade.
Or addi-
venne che fu da' suoi
parenti disposata
a uno
gentile
giovane,
el
quale
avea nome Valeriano: e
quando
venne
el d delle
nozze,
fu trovato alla beata Cecilia uno
aspris-
simo cilicio alle sue
carni,
sotto e' vestimnti bellis-
simi,
dorati e ornati: e
sempre portava
el
vangelio
di
Cristo nel suo
glorioso petto.
E
quando
la
gente
del
convito cantavano e
rallegravansi,
e la beata Cecilia
diceva divotamente nel suo cuore:

O
Signor
mio Ges
Cristo,
x^regoti
che mi
guardi
da
ogni
macula di
pec-
cato. E
quando
venne la
notte,
essendo sola col suo
isposo,
e la benedetta
vergine
cominci a dire:
di-
lettissimo
giovane,
se tu mi
vogli giurare
e tenere
cre-
denza,
io ti manifester mia cosa molto
segreta.
Al-
lora Valeriano incominci a
giurare
che
per
ninna
ca-
gione
no '1 manifesterebbe a
persona.
E santa Cecilia
disse:

Io ho meco
l'angelo
di
Dio,
el
quale guarda
el
mio
corpo
con
grande
sollecitudine,
e
s'egli
vedesse
clie
tu mi volessi toccare
per
ninna
cagione, per
carnale
amore,
incontanente t'ucciderebbe. Ma
s'egli
vedr
che tu m'ami con
puro
cuore,
cos amer te come me ama,
e mostreratti la sua
gloria
e beatitudine. Allora Vale-
riano disse:
Vuogli
ch'io ti creda? fammi vedere
Fan-
SANTA CECILIA 309
gelo
tuo,
ed io ti
prometto
di fare a tuo senno ci che
ti
piacer.
Ma se fosse uomo e non
angelo,
io uccider
te
e lui.
E la beata Cecilia
vergine
disse:

Se tu
vuogli
credere
in
Dio ed essere cristiano e farti
battezzare,
io
ti
dico
che tu
potrai
vedere
l'angelo.
E
voglio
che
vadi
fuori
di
Roma,
a uno
luogo
che si chiama via
Appia,
e
dirai
ai
poveri
che vi
troverai,
queste parole:

Cecilia
mi
manda
a
voi,
acci che
m'insegniate
Urbano,
al
quale
voglio
parlare
certe
parole
da sua
parte.
E
quando
sarai
battezzato
dal detto
Urbano,
e tu
potrai
vedere
l'angelo
di Dio.
Allora
Valeriano,
isposo
di Cecilia
vergine,
and
a
quello luogo,
e secondo e'
segni
di Cecilia
gli
avea
dati,
cos trov e cos fece. E Urbano
istaya
nascosto
per paura degli
eretici. E
quando gii
ebbe dette tutte
le
parole
della beata
Cecilia,
e Urbano lev le mani a
cielo,
lodando e
ringraziando
Iddio con molte
lagrime,
dicendo: 0
Signore
mio Jes
Cristo,
seminatore di
casto
consiglio, piacciati
di ricevere el frutto del seme
el
quale
hai seminato in
Cecilia,
la
quale
ti serve solle-
citamente come
ape
fruttuosa: el suo
isposo,
el
quale
era feroce come
leone,
ed ella lo manda a te mansueto
come
agnello.
E subitamente
apparve
loro uno bello
massaio
^
vestito di vestimenta
bianchissime,
e teneva
in
mano uno libro iscritto di lettere d'oro. Allora Vale-
riano
per
la
paura
cadde in terra come
morto;
e
quello
massaio el
pigli per
la
mano,
e fecelo rizzare e fecelo
leggere
in
quello
libro,
nel
quale
si contenevano
queste
parole:
Uno
Iddio,
una
fede,
uno
battesimo;
uno Iddio
padre
di
tutti,
el
quale

sopra
tutte le
cose,
ed in tutti
noi. E
abbiendo Valeriano lette
queste parole,
disse el
massaio:
Credi tu
queste parole?.
E Valeriano disse:

Niuna
cosa
pi
vera a credere che
questa
. E incon-
tanente
quello
massaio,
el
quale
era
l'angelo
di
Dio,
dispar.
E Valeriano incontanente si fece battezzare
a
Urbano,
e
poi
ritorn
Cecilia,
e trovolla nella ca-
^
uomo
maturo.
310 LEGGENDE
0IIISTIAH;E
mera favellare
coll'angelp:
e' aveva due
ghirlande in
mano,
di rose e
gigli;
l'una diede a Valeriano e
l'altra
a
Cecilia,
e disse:

Queste
ghirlande guardate
sanza
macula del vostro cuore e del
corpo;
le
quali
vi
reco
di
paradiso,
che mai non infracideranno e non
mancher
mai in loro odore n
bellezza,
e non saranno mai
vedute
se non da coloro a'
quali piacer
la castit come
piace
a voi; E
tu, Valeriano,
imper
ch'hai
seguitato
el
buono
consiglio
di
Cecilia,
adomandami ci che ti
piace
e
sar
fatto. E Valeriano disse: Io non amo in
questa
vita
ninna cosa tanto
quanto
il mio
fratello,
e
imper
ti
prego
che tu m'acatti
grazia ch'egli
creda Iddio e ab-
bandoni
gl'idoli.
E
l'angelo
disse:

Quello
che
adomandi
piace
a
Dio;
e
sappi
che '1 tuo fratello tostamente
vedrai
in
paradiso, per
via di martirio . E
dopo queste parole
venne el fratello di
Valeriano,
el
quale
avea nome Ti-
burzio,
ed intr nella camera di Cecilia e di
Valeriano,
e sentendo
grandissimo
odore,
incominci a dire: Io
mi
maraviglio
molto che in
questo tempo
senta odore
di rose e
gigH;
e se io
gli
avesse in mano non sentirei
tanto odore
quanto
io sento
poi
ch'io intrai
qua
dentro .
Disse Valeriano: Per li miei
preghi
tu senti
questo
odore,
e se tu
crederai,
s
potrai
vedere i
gigli
e le rose
onde viene
questo
odore. Noi abbiamo due
corone,
le
quali
tu non
puoi
vedere. Disse Tiburzio:

sogno
od vero
quello
che tu favelli?. Disse Valeriano:
In-
sino a
qui
abbiamo
sognato, imper
che
gl'idoli
e'
quali
ingannano
la
gente,
abbiamo
adorati;
ma '1 verace
Iddio in
cielo,
el
quale
criatore del cielo e della terra.
E se tu
vuogli
credere in lui e
battezzarti,
come
feci
io,
tu
potrai
vedere
l'angelo
di
Dio,
ed i
gigli
e le rose
che ci ha
recato,
onde viene
questo grande
odore
che
tu hai sentito.
Rispose
Tiburzio: Come
potre'
io
essere
battezzato,
acci ch'io
potesse
vedere
l'angelo
?
.
Disse Valeriano: Prometticii di
negare gl'idoli
e ado-
rare el verace
Iddio, Cristo,
crocifisso
per
li
peccatori.
E Tiburzio disse:

Io non intendo bene le tue
parole.
SANTA CECILIA 311
Allora
la beata Cecilia disse: Molto mi
meraviglio
che
non intendi che
gl'idoli
sono
simiglianti
al
corpo
morto,
el
quale, awegna
ch'abbia mani e
piedi
e tutte
le vembra^,
non
puote
andare n
toccare,
n
fiatare,
n favellare,
n muoversi:
simigliantemente
diviene
de
l'idolo,
el
quale, awegna
ch'abbia fatte le
vembra,
non
ha in s ninno sentimento. Allora
Tiburzio,
molto
allegramente
disse:
Qualunque persona
non crede
come
tu hai
detto,

peggio
che bestia sanza sentimento .
Allora Cecilia abbracci Tiburzio e bacioUo nel
petto
e
dissegli:

Ora confesso io che tu se' veramente mio co-
gnato.
Onde
per
che tu se'
apparecchiato
a
credere,
va' col tuo fratello
ov'egli
ti
mener,
e riceverai el bat-
tesimo,
e
potrai
vedere
l'angelo
di
Dio,
e sarannoti
perdonati
tutti e' tuoi
peccati.
Allora Tiburzio disse:
Io ti
prego
che tosto mi vi
meni,
e dimmi ove mi di
menare. E Valeriane disse: (fio ti mener ad
Urbano,
el
quale
sta nascoso
per paura degli
infedeli,
e'
quali
el
vogliono
uccidere. E Tiburzio disse: Dimmi tu
di
quello
Urbano che' cristiani chiamano
Papa?
Io ho
udito dire
ch'egli
sbandito da'
Romani,
e se fosse
preso,
sarebbe
arso,
per
che
capo
di Cristiani: e se
noi saremo trovati con
lui,
saremo morti insieme con lui .
Allora
rispose
la beata santa Cecilia e disse:

Se
fosse
pur questa
vita,
e non altra vita
dopo questa,
non
sarebbe
grande
cosa se noi avessimo
paura
di morire.
Ma
con ci sia cosa che sia altra vita
migliore,
la
quale

beata e non ha
fine,
non dobbiamo temere di
per-
dere
questa: imper
che chi
perde questa
si
guadagna
quella.
E Tiburzio disse: Mai non intesi che fosse
altra
vita che
questa.
E la
vergine
santa Cecilia disse:
La
vita di
questo
mondo
piena
di dolore e d'infer-
^
in
luogo
di
membra,
per
lo scambio
frequente
delle due lettere m
e
V.
Anche nel Milione del Polo troviamo
vembro,
velma
per
membro e
melma. Velme si chiamano ancor
oggi
i banchi di
fango
nella
laguna
veneta.
312 LEGGENDE CRISTIANE
mtadi e
d'angosce
e di sollecitudine e di
povert
e
di
superbia:
e
dopo
tutti
questi
mali viene la
morte,
la
quale pone
fine a tutte le mondane
allegrezze.
E
l'altra
vita,
dopo questa,

piena d'ogni
letizia
per
li
buoni
e
per
li
giusti;
ed
piena d'ogni
tristizia e dolore
per
li
rei e
per
li
peccatori.
Disse Tiburzio:
Volentieri
vorrei
sapere
se ninno di
quelli
che vanno
nell'altra
vita ritorna
giammai
a dirne
novelle,
acci ch'io
po-
tesse
meglio
credere le tue
parole.
E la santissima Ce-
cilia disse:
El Padre
onnipotente
mand el suo Fi-
gliuolo
in
questo
mondo,
e fecelo nascere dalla
beata
vergine
Maria. E stando
egli
tra'
peccatori, predicava
el
regno
del cielo
per
convertire la
gente,
dicendo:

Venite a me e fate
penitenza.
E
questo fgliuol
di Dio
fece molti e
grandi
miracoli nel mondo:
egli
risusci-
tava e' morti e sanava
gl'infermi
e andava
sopra l'acqua
e
ristringeva
le
tempestadi dell'acque,
e alltuninava e'
ciechi,
e dirizzava
gli
attratti,
e rendeva l'udire a' sordi
e la favella a'
mutoli,
e solamente con la
parola
mon-
dava e'
lebbrosi,
e cacciava e' dimoni. E
poi dopo
tutti
questi
miracoli fatti
per
lui,
fu
per
li Giudei
preso
e
morto,
per
invidia,
in su la
croce,
e fu
seppellito;
e
dopo
tre d
risuscit,
e viderlo dodici suoi
apostoli
e
pi
altri santi uomini e donne. E
dopo
e'
quaranta
d
n'and in
cielo,
e
quelli
suoi dodici
apostoli
furono
per
lui mandati
predicando per
lo mondo a convertire
e'
peccatori,
e con la loro dottrina andavano ammaestrando
ogni gente,
facendo molti miracoli. E se tu credi
queste
cose,
io ho ferma
speranza
che tu
dispregerai
con tutto
el tuo cuore
questa
vita
presente,
e desidererai d'avere
quella.
Allora Tiburzio con molte
lagrime
divotamente
si
gitt
a'
piedi
di Cecilia e disse: Non mi
pare lingua
di femmina la
tua,
ma
d'angelo
. E incontanente disse
al fratello:
o
fratello,
o fratello mio
carissimo,
io ti
prego
che tu mi meni a
quello
santo
uomo,
acci che
mi
battezzi,
s ch'io
possa
avere
parte
in
quella
beata vita
.
Allora Valeriano el men a
Urbano,
e
dissegli
ogni
SANTA CECILIA 313
cosa
per
ordine,
ed
egli
ne rend, laude e
grazia
a
Cristo,
e
battezzoUo.
E
poi
che fu battezzato ebbe da Dio tanta
grazia
che
molte
volte vide
l'angelo
suo. E in
quello tempo
era
in Roma
prefetto
uno
pessimo
uomo ch'avea nome
Amanzio
^,
il
quale
faceva uccidere tutti i cristiani
che
potea
trovare,
e'
corpi
loro faceva
gittare per
le
vie
e
per
le
piazze,
e non
gli
lasciava sotterrare. E Va-
leriano
e
Tiburzio,
vedendo
quella
crudeltade,
nascosta-
mente
gli
andavano di notte sotterrando con
grande
reverenzia,
e andavano facendo
grandissime
limosine
a' cristiani che stavano rinchiusi
per paura.
Donde
ne furono accusati ad Almanzio
prefetto;
ed
egli
incon-
tanente li fece
pigliare
e
diedegli
in
guardia
ad uno che
avea nome
Massimo,
el
quale gli
men al suo
albergo.
E la beata e santa CecUia la mattina and a
loro,
e
conf
ertogli
dicendo: 0 cavalieri di
Cristo,
andate
arditamente
per
avere la corona di vita eternai. E
la mattina furono menati fuori delle mura. Non volendo
adorare
gl'idoli,
furono
decollati,
e furono vedute
por-
tare l'anime loro in
paradiso dagli angioli,
e molti di
quelli
che li
videro,
diventarono
cristiani;
e santa Ce-
cilia
tolse le loro
corpora
e sotterrolle. E
dopo questo
cominci Almanzio a cercare delle loro
processioni
^;
e fece
prendere
Cecilia e
costrignere
che
gl'insegnasse
i
loro
beni;
e la santa fdelmente tutti
quanti l'insegn.
Ed
Almanzio la cominci dolcemente a
lusingare
che
negasse
Cristo e adorasse
l'idoli;
e la benedetta santa
CeciHa,
essendo da molti servi del
prefetto guardata,
incominci a dire:
A me
grandissima allegrezza ogni
pena
e
vergogna
che mi sia fatta
per
l'amore del mio
Signore
Jes Cristo. Ma molto mi
pesa
di voi che ubbi-
dite
a'
malvagi
e
pessimi
comandamenti del vostro
malvagio
signore.
E come ci non dovessero
fare,
^
poco
appresso
detto
Almanzio,
e
nel
testo latino Almachio.
^
del
loro modo di
procedere.
314 LEGGENDE CRISTIANE
ell'assegnava
molte belle
ragioni, per
salute
dell'anima
loro. E
quegli,
vedendola cos bene e saviamente
asse
gnare
sue
ragiom*,
con
grande pianto
dicevano:

Gentil
donzella savia
.
e
bella,
non
perdere
tanta bellezza
e
dignitade
che ti facci uccidere. Ed ella
diceva;,:

Questo
non
uccidere,
ma cambio in dare loto e ricevere
oro,
e dare cosa
piccola
e riceverla
grande
senza
fine,
che
'1
benigno Signore
Jesti Cristo
per piccola pena
d
altrui
vita eterna . E dicendo
queste parole,
e' servi
incomin-
ciarono a
gridare
e a dire: Noi crediamo
veracemente
ciocch tu hai
detto,
e siamo e
vogliamo
essere cri-
stiani. E la
notte
vegnente
Urbano venne a lei e
bat-
tezzovvi
quattrocento
uomini.
Quando
Ahnanzio
prefetto seppe questo,
mand
per
Cecilia e fecesela venire dinnanzi e domandoUa
com'avea nome. Ed ella disse: Cecilia. E Almanzio
disse: Di che condizione se' tu?. E la
vergine
disse:

Io sono
gentilmente
nata
^
secondo el
secolo,
e sono
cristiana e serva di Cristo. E .Almanzio disse: Non
sai tu
quant'
la
potenzia
miai. E la benedetta ver-
gine
santa Cecilia disse:
La
potenzia
de l'uomo un
otre
pieno
di
vento,
lo
quale
essendo forato da uno
ago,
diventa niente. E Almanzio
malvagio
disse: Non
sai tu che
gl'imperadori
hanno comandato che tutti
e' cristiani che si trovano sieno
morti,
se non
vogUono
la loro fede
rinnegare?.
E la savissima santa Cecilia
disse:
Meglio
morire bene che vivere male. E Al-
manzio
malvagio
disse:

Piglia quel
che ti
piace.
vuogli
adorare l'idoli
miei,
o
niega
che tu non sei
cristiana,
e
scamperai; imper
che
quegli
che t'hanno accusata
mi dicono che tu fai molte arti
per.
m.antenere e' cri-
stiani e
per accrescergli,
e inducestivi el tuo
sposo
e
'1
tuo
cognato,
e'
quali per
ho fatto decollare. E
rispose
la beata santa Cecilia e disse:

L'accusazione di coloro
che mi hanno accusata m' molto
cara,
e la
pena
che
^
di
famiglia nobile,
discendente da una
gens.
SANTA CECILIA 315
mi
prometti
a me
grande allegrezza.
E Almanzio
pessimo
disse:

Come favelli cos
superba
dinnanzi a
me?
. E santa Cecilia benedetta disse:

Altro essere
superba,
e altro essere forte e costante in confessare
el
nome
di Cristo. Io non favello con
superbia,
ma con
fermezza
del nome del mio creatore . E allora Almanzio
maledetto
comand che fosse
messa,
in uno
grande
vasello
d'acqua
bollita,
continuamente facendovi
gran-
dissimo
fuoco,
tanto ch'ella vi morisse dentro. E sendo
la beata Cecilia messa in
quel grande
vasello,
conti-
nuamente bollendo
per
uno d e
per
una
notte,
si stava
come
in
luogo
freschissimo sanza alcuna
pena.
.
Quando
il
pessimo
Almanzio ud
questo,
mand uno che le moz-
zasse el
capo;
e stando in
questo
vasello,
el
giustiziere
le diede con una
spada
tre
colpi,
e lasciolla
per
morta.
E' cristiani nascosamente
ricoglievano
el suo
sangue
con
grande
divozione.
Dopo questo
vivette tre
d,
e molte
persone
convert,
e
confermavagli
nella fede di Cristo. E anzi ch'ella mo-
risse,
vi venne Urbano nascostamente di
notte,
per paura
degli
infedeli,
e conferm la casa della
gloriosa
santa
CeciKa,
cio consacr come
Papa,
e fecene una
chiesa,
la
quale
insino a
oggi,
secondo ch'ella avea doman-
dato a Dio ^.
E
quand'ella
fp
finita di
morire,
e sant'Urbano
papa,
con molti altri cristiani riverentemente
seppelli-
rono
quello
santissimo
corpo.
Deo
gratias.
Amen.
^
la
bellissima chiesa di S. Cecilia in
Trastevere,
ornata di un mo-
saico
del secolo
IX,
dove si vede la
figura
della Santa e
quella
di Vale-
riane suo
sposo, accompagnata
da dodici simbolici
agnelli.
Sotto l'aitar
maggiore
la statua
stupenda
del
Maderna,
che
raffigura
la salma della
martire cristiana
quale apparve adagiata
su un
fianco,
in atto di dolce
riposo,
ancora incorrotta
dopo
13
secoli,
nel
1659,
allorch venne
aperta
la
sua
sepoltura.
316 LEGGENDE CRISTIANE
ANNOTAZIONI
Cecilia
a]
pari
di
Agnese
fu una delle sante
predilette dagli
innografi
cristiani dei
primi
secoli. Il Mone
(voi.
Ili, 246)
riporta
un inno bellissimo in suo onore:
Ave o
Caecilia,
tota
speciosa,
candens,
ut si lilia
sint iuncta cmn
rosa;
contemnis sublimia
et
imperiosa
ligis
humilia,
magis gratiosa.
Ave dei
viola,
flos
humilitatis,
in me
nunquam [viola]
fidem
caritatis,
dele acta
frivola
meae
pravitatis,
ne damnatae incola
fiam
civitatis.
Ave, quae
ab
impiis
nimis
adversaris,
nam obscoenis
nuptiis
cum non
delectaris,
sed in
piis
studiis
tota
conversaris,
hinc coeli dliciis
digne
satiars.
Ave
sponsa
sedula
almi
redemptoris,
tua
prece
iacula
vincam
temptatoris;
ne me
fuscet
macula
ultra
pravi
moris,
succende me
facula
divini amoris.
Ave in hoc saeculo
rosa sine
spina,
in mortia articulo
accurre
festina,
mhi tuo
famulo
a^sistens vicina
et in Jesu lectulo
me tecum reclina.
S.
Ambrogio
e Adelmo fecero
splendido elogio
della sua ver-
ginit,
e una folla di
pittori
la
dipinsero
in atto di trarre melodie
da un
organo,
ascoltata
dagli angioli.
Chi non ricorda la
stupenda
S. Cecilia di Raffaello nella Pinacoteca di
Bologna,
e
quella gen-
tilissima e delicatissima di Carlo Dolci a Dresda? Gli
episodi
SANTA CECILIA 317
della
vita di Cecilia
e Valeriano
ispirarono
al Francia il suo ca-
polavoro
negli
affreschi bellissimi dell'Oratorio dedicato alla
Santa
in
Bologna,
Tra
i
pittori
stranieri che trattarono
questo soggetto pri-
meggiano
il Rubens
(Museo
di
Berlino)
e il francese
Delaroche,
che
rappresent
la Santa
morta,
galleggiante
a fior
d'acqua,
il-
luminata
da un
raggio
di luna
(Museo
del
Louvre).
Delle sculture ci contenteremo di ricordare il divino
profilo
a bassorilievo
di
Donatello,
pur troppo emigrato
a
Londra,
e
la statua del
Madama,
di cui si
parla
a
pag.
313.
Un
magnifico
studio su S. Cecilia e la societ romana nei
primi
due secoli venne
pubblicato
nel 1874 a
Parigi
dall'Abate
di So-
lesmes,
D. Prospero Gtjranger.
LA LEGGENDA DI SANTA LUCIA
[Pubblicata
dallo
Zambrin,
voi.
I,
pag.
237 e
segg.].
Nella isola di Cecilia una citt la
quale
ha nome
Siracusa,
nella
quale
citt
nacque
una
vergine
la
quale
ebbe nome Lucia. E udendo ella ricordare la buona
fama di santa
Agata,
and con
gran
divozione a visi-
tare lo suo
sepolcro
^. E la madre
sua,
la
quale
avea
nome
Autrizia,
la
quale
avea sostenuto
quattro
anni
il flusso del
sangue
suo
continuamente,
e non
potea
guarire per
ninno
modo,
essendo santa Lucia nella chiesa
^
A
Catania,
dove S.
Agata

sepolta.
Della
vergine
cataneae matti-
rizzata
per
ordine del
pretore
Quinziano,
si
legge
la vita nello Zambrin
(voi. II,
pag. 335).
Mirabile l'eroismo della
fanciulla,
che tra
gli spasimi
delle
tanaglie
che le straziavano il
seno,
cos
rimproverava
il suo carne-
fice:
Ohi,
uomo crudelissimo e senza
pietade,
non hai
vergogna
di moz-
zare alla femmina
quel
seno il
quale
tu succiasti alla tua madre ? . Chiusa
in
carcere,
nel mezzo della notte viene a lei un
angelo
circondato di
splen-
dore
vivissimo,
che la risana con un balsamo celeste. I custodi atterriti
dalla visione e dal
fulgore improvviso, fuggono,
ed uno di
questi
la
sup-
plica
che ella esca di
prigione
e si
salvi;
ma la santa rifiuta
per
non esser
causa della loro
punizione.
Due
giorni dopo
Quinziano
la fa
porre sopra
i carbni
ardenti,
ma un terremoto
improvviso
che scuote tutta la
citt,
lo
consiglia
a
sospendere
il
supplizio.
La santa
per
estenuata da tanti
e cos dolorosi
tormenti,
muore. Mentre la
portano
a
seppellire compare
un
giovane
belUssimo che
pone
in
capo
del suo
sepolcro
una
lapide
con
queste parole:

Hbuit mentem
sanctam,
svstinuU
passionem,
et dedit ho-
norem
Deo,
et
patriae
liberationem . Ci
fatto,
il
giovane dispare.
Quin-
ziano
poco dopo
viene ucciso a morsi e a calci da alcuni
cavalli;
mentre
i Catansi venerano la martire cristiana come la
protettrice
della loro
citt. Un anno
dopo
la sua morte mentre l'Etna minaccia con le sue lave
ardenti di
distruggere
Catania,
i cittadini corrono al
sepolcro
di Si
Agata,
ne
tolgono
il velo che lo
copriva,
e lo
spiegano
andando incontro alle lave
ardenti,
che miracolosamente si
arrestano.
Ancor
oggi,
in memoria
di
questo
miracolo,
ogni
anno si fa una solenne
processione,
e le
reliquie
della Santa sono
portate
attorno racchiuse in ima cassa d'oro.
SANTA LUCIA 319
di
santa
Agata
colla sua
madre,
aweime che nella messa
fu
detto
quello vangelo,
in lo
quale
si contiene siccome
Cristo
san una femmina
^
la
quale
avea l'infermitade
ch'avea
la madre di santa Lucia. Disse a la madre:
Se
voi
credete
quello
che si
legge
nella
messa,
se
vero
che voi crediate che santa
Agata
sia insieme con
Colui
per
cui ella sostenne morte e
passione,
toccate
reverentemente
lo suo
sepolcro,
e voi sarete inconta-
nente
liberata della vostra infermitade . E
partito
che
fu
ogni gente,
rimase nella chiesa Lucia e la
madre,
e
stavano
amendue allato a lo
sepolcro
di santa
Agata.
E beata Lucia si fu adormentata a lato allo
sepolcro,
e vide in visione santa
Agata
in mezzo di molti
angioli,
ed era adornata di
pietre
e di
gemme preziose,
e
disse:

Sirocchia mia
Lucia,
vergine
divota di
Dio,
perch
addimandi tu
quella grazia per
la tua
madre,
la
quale
grazia
tu
potresti
dare costantemente? E
dicoti,
per
la
tua fede la tua madre
gi guarita
della sua infermitade )>.
E destandosi santa
Lucia,
disse alla sua madre:
O
madre
mia,
veramente voi siete sanata.
.
Io vi
priego,
per
amore di Colui che v'ha
sanata,
che voi non mi dob-
biate
giammai
ricordare
marito;
e
quelle
ricchezze che voi
mi
dovevate dare a maritarmi a uomo
mortale,
voglio
che
voi le diate a Cristo.
Rispuose
la madre: O fi-
gliuola
mia,
lasciami
imprima
morire,
e
poi
fa' ci chi
ti
piace
della mia ricchezza.
Rispose
Lucia: Se voi
ne
volete avere
mercede,
date le vostre ricchezze mentre
che
voi
siete
viva;
che darle
dopo
la
morte,
non le
po-
tresti
portare,
e non ne averesti s
grande
mercede.
Allora
disse la madre:
FigHuola
mia,
fa' ci che ti
piace
.
E
tornando loro a
casa,
incontanente
incominciarono a
vendere
le loro
possessioni,
e davano
ogni
cosa ai
poveri
di
Cristo.
Udendo lo
sposo
di Lucia che
quelle posses-
sioni
ch'egli
doveva avere
da
lei
per
dota si
vendevano,
SI
fece
grande
maraviglia,
e incontanente mand alla
S.
Matteo, IX, 20,
22.
320
LEGGENDE CRISTIANE
madre di
Lucia,
e disse:

Qual'
la
cagione,
che
quelle
possessioni
le
quali
mi dovevate dare
per
dota si
ven-
dano,
e come le vendete voi senza mia
parola?.
Ri-
spuose
la madre di Lucia:

La tua
sposa
si ha
trovato
migliori possessioni
e
pi
nobili;
e
per
vende
queste,
per
avere
quelle
che sono
migliori
e non le
verranno
gi
mai meno .
Quando
lo
sposo
ud cos
dire,
fu
molto
allegro;
ed
egli
medesimo aiutava
poscia
vendere
le
possessioni
di
Lucia,
credendo
egli
ch'ella ne
comperasse
altre
possessioni.
E sendo vendute e dati i danari
per
Dio ai
poveri,
e
quando
lo
sposo
il
seppe,
incontanente
and ed ebbela accusata dinanzi a uno vicario lo
quale
avea nome
Pasquasio,
lo
quale
era vicario in
quella
citt
per
li
Romani,
e disse come era cristiana. E
allora
Pasquasio
mand
per
lei ch'ella venisse davanti a
lui,
e comandoUe ch'ella dovesse adorare
gli
idoli,
e rinne-
gasse
Cristo. E beata Lucia
rispuose:

Lo sacrifcio
eh' accettevole a Dio visitare i
poveri
e sovvenire
loro necessitadi: a Dio ho dato ci ch'io
avevo,
per
lo
suo
amore,
e non
gli
ho a dare se non lo mio
corpo;
e
io lo far
pi
tosto ch'io
jDotr, per
ch'io sono
ai)parec-
chiata ad
ogni pena
sostenere
per
lo suo amore. Ri-
spuose Pasquasio:

Queste
parole voglio
che tu le dica
a coloro che sono
assomigliante
a
te,
ch'a me non
voglio
che tu le
dica;
imperci
ch'io ubbidisco il comanda-
mento del mio
signore imperadore, quello
che non fai
tu,
ne le tue
pari. Rispuose
Lucia: Tu ubbidisci
lo
tuo
signore,
e io ubbidisco lo mio
Signore,
e
voglio
ub-
bidire e servire.
Rispuose Pasquasio:
Tu hai consu-
mato tutto lo tuo
patrimonio cogli
uomini
rei,
ed hai
fatto strazio del tuo
corpo,
e favelli come meretrice
sfacciata.
Rispuose
Lucia: Io ho
riposto
lo mio
pa-
trimonio in
luogo
sicuro,
e non l'ho
speso
con
gli
uo-
mini
rei,
come tu
di',
n con
gli corrompitori
del
mio
corpo
n della mia anima. Disse
Pasquasio:
Quali
sono i
corrompitori
dell'anima? .
Rispuose
beata Lucia:

Se' tu e la tua
ischiatta,
che fate adducere le
genti
A. Della Robbia
-
Santa Dorotea.
(Berlino
-
Museo
Imperatore Federico).
320
LEGGENDE CRISTIANE
madre di
Lucia,
e disse:

Qual'
la
cagione,
che
quelle
possessioni
le
quali
mi dovevate dare
per
dota si
ven-
dano,
e come le vendete voi senza mia
parola?.
Ri-
spuose
la madre di Lucia:

La tua
sposa
si ha
trovato
migliori possessioni
e
j)i
nobili;
e
j)er
vende
queste,
per
avere
quelle
che sono
migliori
e non le
verranno
gi
mai meno .
Quando
lo
sposo
ud cos
dire,
fu
molto
allegro;
ed
egli
medesimo aiutava
poscia
vendere
le
possessioni
di
Lucia,
credendo
egli
ch'ella ne
comperasse
altre
possessioni.
E sendo vendute e dati i danari
per
Dio ai
poveri,
e
quando
lo
sposo
il
seppe,
incontanente
and ed ebbela accusata dinanzi a uno vicario lo
quale
avea nome
Pasquasio,
lo
quale
era vicario in
quella
citt
[j&r
li
Romani,
e disse come era cristiana. E allora
Pasquasio
mand
per
lei ch'ella venisse davanti a
lui,
e cornandone ch'ella dovesse adorare
gli
idoli,
e rinne-
gasse
Cristo. E beata Lucia
rispuose:

Lo sacrificio
eh' accettevole a Dio visitare i
j)overi
e sovvenire
loro necessitadi: a Dio ho dato ci ch'io
avevo,
j)er
lo
suo
amore,
e non
gli
ho a dare se non lo mio
corpo;
e
io lo far
i3i
tosto ch'io
j)otr, per
ch'io sono
apparec-
chiata ad
ogni peuja
sostenere
per
lo suo amore.
Ri-
spuose Pasquasio:

Queste
parole voglio
che tu le dica
a coloro che sono
assomigliante
a
te,
ch'a me non
voglio
che tu le
dica;
imperci
ch'io ubbidisco il comanda-
mento del mio
signore imperadore, quello
che non
fai
tu,
n le tue
x^ari. Rispuose
Lucia: Tu ubbidisci
lo
tuo
signore,
e io ubbidisco lo mio
Signore,
e
voglio
ub-
bidire e servire.
RisiDuose Pasquasio:
Tu hai consu-
mato tutto lo tuo
patrimonio cogli
uomini
rei,
ed hai
fatto strazio del tuo
corpo,
e favelli come meretrice
sfacciata.
Rispuose
Lucia: Io ho
riposto
lo mio
pa-
trimonio in
luogo
sicuro,
e non l'ho
speso
con
gli
uo-
mini rei, come tu
di',
n con
gli corrompitori
del
mio
corpo
n della mia anima. Disse
Pasquasio:
Quali
sono i
corrompitori
dell'anima?.
Rispuose
beata Lucia:

Se" tu e la tua
ischiatta,
che fate adducere le
genti
A. Della Robbia
-
Santa Dovoiea.
Berlino
-
Museo
Imperatore Federico).
SANTA LUCIA 321
allo
inferno
e fate
negare
Cristo. E
Pasquasio
disse:

Quando
tu
proverai
delle
battiture,
e tu dirai altro .
Rispuose
Lucia:

Le
parole
di Dio non
possono
venire
meno.
Disse
Pasquasio:
Se'
dunque
tu Iddio?.
Rispuose
Lucia:

Io sono sua
anelila,
che disse
agli
discepoli
suoi:
Quando
voi sarete
presi
e menati dinanzi
agli
signori,
non
pehsate quello^
che voi volete
dire,
imper
che lo
Spirito
Santo vi
insegner
a favellare
per
voi.
Disse
Pasquasio:

Dunque
lo
Spirito
Santo
in
te?.
Rispuose
Lucia: Lo
Spirito
Santo abita in
coloro
che vivono in castitade. Disse
Pasquasio:
E
io ti far mandare al
luogo
del
peccato,
e fartti
perdere
la tua
verginit,
e
poi
lo
Spirito
Santo si
partir
da te .
Rispuose
Lucia: Io non
perder
la mia
verginit,
imperci
che la volont non
consente,
anzi averonne
doppia
corona di
castitade;
e non
potrai
tanto fare
che la volont acconsenta ad alcuno
peccato.
E, dico,
lo
mio
corpo

apparecchiato
ad
ogni
tormento;
e comincia
a fare arditamente ci che ti
piace,
e non
indugiare pi
.
Allora
Pasquasio
fece venire coloro che ritenevano le
meretrici,
e disse loro:

Invitate
ogni gente
alla ca-
stit di
costei,
e fatene fare
ogni
strazio ed
ogni vituperio
del suo
corpo.
E volendola menare al
luogo
delle me-
retrici,
s la
presono,
e
per
niuno modo la
potevano
muovere. Allora
Pasquasio
fece venire di molti
uomini,
e
fece
legare
i
piedi
e le
mani;
e non la
potevano
menare,
n
muovere
punto
i
piedi.
Allora
Pasquasio
fece venire
molte
paia
di buoi e
legarla
colle
funi,
e non la
potevano
muovere. Allora
Pasquasio
fece vem're molti incanta-
tori
d'arti
diavoliche,
e
incantavonla;
ed ella di
quelli
incanti
non curava
niente,
anzi stava ferma come uno
monte.
Allora disse
Pasquasio:

Come
puote
essere che
una
fanciulla
puote
fare cotali malefcii? A dire che
per tanti
buoi e
per
tanta moltitudine di
gente
non
potete
fare muovere una cosi
giovanissima
fanciulla!.
Rispuose
Lucia:
Questo
non
maleficio,
anzi bene-
iieio
di
Dio
onnipotente;
e
sappi
che se tu ne facessi ve-
21-

Battelu,
Leggende
cristiane.
322 LEGGENDE CRISTIANE
nire anche diecimilia
cotanti,
non arebbono
possanza
di farmi
muovere,
imperci
cbe
gli
meco lo
sposo
santo
che mi riferma. E
Pasquasio,
credendo che
quegli
mali-
fcii si cessassino
per
olio,
s fece venire di molto
olio,
e
versogliene
in sul
capo,
e tutta la fece
ungere, perch
si
potesse
muovere;
e
poi
fece accendere
grandissimo
fuoco dintrno a
lei,
e fecele
gittare pece
e olio
caldis-
simo. Allora disse beata Lucia:

Honne accattato
grazia
dal mio
Signore
Gesti Cristo con lo mio martirio:
s'in-
ducer
^
questo
fuoco e non mi
cocer,
acci ch'io
tolga
ogni paura
a tutti e' cristiani li
quali
mi
vederanno.
E aUora il fuoco si divise in due
parti,
e consum molti
di
quelli pagani
che le stavano dintorno a vedere. E
veg-
gendo
li amici di
Pasquasio ch'egli quasi
mora di dolore
perch
non
poteva
uccider
costei,
venne uno di loro e
dielle d'uno coltello
per
la
gola.
Onde ella non cadde e
non mut la
favella,
e disse dinanzi a tutti i cristiani:

Sappiate
certamente che
per quello
che m'hanno fatto
costoro,
oggi
sono
privati
dello
impero
e della
signoria
di Roma i
pessimi imperadori
e
perseguitatori
de'
cristiani;
Diocliziano scacciato dallo
impero
e Mas-
simiano morto.... ^.
E dicendo ella
quelle parole,
vennono messi e cava-
lieri
per
li
Romani,
e
presono Pasquasio
tiranno,
e diii-
nanzi
agh
occhi di santa Lucia il menarono
prigione,
imperci
ch'erano andati li Cristiani a
Roma,
dicendo
che
Pasquasio
aveva
predata
la
provincia
di Cicilia,
la
quale egli guardava per
li
Romani,
sicch
gli
fu
in-
contanente
tagliato
il
capo.
E santa Lucia non si mosse dal
luogo
l dov'ella
h
fedita,
infno a tanto che non venne il
prete
e diedele
il
corpo
di
Cristo;
e
quegli
che la stavano a
guardare
^
si accrescer.
2
Alla lacuna del testo
pu supplire
il
Varagiae:
Annuncio
voh
pacem
Ecclesiae
redditam,
Maximiano Jiodie mortuo et de
regno
suo
1^'
cletiano
expulso:
et sicut civitati Oathaniensi soror mea
Agatha
data
c
protectrix,
sic et
ego
civitati Siracvsanae concessa -auminterventrix.
SANTA LFOIA 323
laudavano
Iddio.
Quando
ebbe
preso
il
corpo
di
Cristo,
santa
Lucia rend l'anima a
Dio,
e
gli
altri cristiani
reverentemente
la
seppellirono.
In
quello
medesimo
luogo
ov'ella
fu
morta,
vi si fece una bella
chiesa,
la
quale
al d
d'oggi,
il
quale
ella vive e
regna
in secula
seadorum.
Amen.
ANNOTAZIONI
La tradizione
popolare
che si
compiace
di
rappresentare
santa
Lucia con
gli
occhi
sopra
un
bacile,
nata da una falsa
analogia
del nome di lei: di Lucia si fatta la santa dUa
luce,
la
protettrice
della vista. Ma la
leggenda
autentica della Santa
come
qui
narrata trovasi
rappresentata
nel bel
polittico
di
Quinzio
da Murano
(vissuto
neUa seconda met del
Quattro-
cento), oggi
al Museo Civico di
Rovigo.
A
Siracusa,
nei
giardini
dell'Arcivescovado,
si vede una beUa statua della
Santa,
opera
dei
Gagini. Rappresentata
nel modo tradizionale si vede di fre-
quente
nelle Sacre Conversazioni
(Domenico
Veneziano
agh
Uf-
fizi,
il Francia a
Bologna,
Lorenzo Lotto alla Galleria
Borghese
di
Roma,
ecc.).
Una sacra
rappresentazione
venne
stampata
a Firenze nel
1558 col titolo di Devotissima Historia di Santa Lucia.
Tra i
componimenti
letterari eccelle
l'elogio
della Santa
scritto da
sant'Adelmo,
vescovo di Sherborne
(Vili secolo)
nel
poema
De Laudibtis
virginum (vedi Migne, Patrologia
latina,
LXXXIX,
268 e
sgg.).
Il Magnanelli ne' suoi Ganti narrativi
religiosi
del
popolo
italiano
(Roma 1909)
a
pag.
189 e
segg.
rac-
coglie
alcune canzoni tuttora viventi sulla bocca dei
popolani
in
varie
regioni
d'Italia.
BA
LEGGENDA DI SANTA DOBOTEA
[Pubblicata
dal
Manni,
vi.
IV,
pag. 127].
Nella
provincia
di
Cappadocia,
nella citt di
Cesarea,
era una nobilissima
vergine
la
quale
avea nome Do-
rotea,
la
quale
con molta
purit
serviva Iddio in
santi
digiuni
et orazioni.
Questa
beata
vergine per questo
modo merit di
pervenire
a corona di martirio.
In
quello temporale
^
era in Cesarea
predetta
uno
perfido perseguitatore
di cristiani ch'avea nome Sa-
prizio,
il
quale
udendo come Dorotea era
cristiana,
s
la si fece venire dinnanzi e domandolle come avesse
nome,
ed ella
rispuose:
Il nome mio Dorotea. Sa-
prizio
disse: Io t'ho fatta richiedere acci che tu facci
sacrificio e adori aUi nostri iddii secondo il comanda-
mento
degl'imperadori.
Dorotea disse: Lo Iddio
del
cielo il vero
imperadore,
il
quale
mi comanda
ch'io
adori e serva a
lui;
adunque
io debbo
piuttosto
ubbidire
a lui che
agli imperadori,
i
quali
sono uomini mortali.
Saprizio
disse:

Io
m'accorgo
che tu ti se'
posta
in cuore
di star ferma in tua
pertinacia,
che vuoli morire con
gli
altri tuoi
pari.
Io ti
consiglio
che ascolti me e sacrifichi
agl'idoli
nostri,
acciocch
scampi
li duri tormenti.
Dorotea disse :

I tormenti tuoi sono
temporali,
ma
i tormenti dello 'nferno sono eternalr. Ah
Saprizio,
spacciati
di ci che debbi
fare,
acciocch io tosto
veggio
^
tempo.
SANTA DOROTEA 325
Colui
per
lo cui amore non temo d'essere tormentata
e
mortai.
Saprizio
disse:

E chi colui che tu desideri
vedere?.
Dorotea disse:
Cristo,
Figliuolo
di Dio.
Saprizio
disse: E dov'
quel
Cristo? . Dorotea
rispuose
e
disse:

Quanto
alla sua
potenza egli
in
ogni parte,
in
quanto
all'umanit,
egli
in cielo alla destra del
Padre,
collo
Spirito
Santo,
ed invita noi alle delizie del
paradiso,
dove sono
d'ogni tempo
i
giardini
ornati di
pomi
e di frutti e di
fiori;
ivi i
gigli
oloriscono
^
e le rose
fioriscono,
e dove li santi cristiani
riposano. Saprizio,
vedendo
che non la
poteva
vincere,
diede contra a lei
sentenzia
in
questo
modo:
Dorotea,
superbissima pul-
cella,
la
quale
non vuole sacrificare
agl'idoli
immortali,
acciocch
viva,
ma vuole
piuttosto
morire,
e non so
per
quale
Cristo
crocifisso,
io comando che le sia
tagliata
la testa.
Data la
sentenza,
Dorotea
grid
e disse:

Io ti rendo
grazia. Signor
mio Ges
Cristo,
amatore
dell'anime,
il
quale
m'inviti al convito di
paradiso
e alla tua camera
celestiale. E
poi
Dorotea,
uscendo fuori del
palagio
per
andare al
martirio,
uno
giudice
avvocato che avea
nome
Teofilo,
il
quale
era stato
presente quando
ella
diceva a
Saprizio
che il suo
sposo
era in
cielo,
e come
ivi
erano i
giardini pieni
di fiori e di
frutti,
questo
co-
tale
giudice
la
motteggi
e disse:

Dorotea,
tu te ne
vai
al tuo
sposo
in
paradiso,
ove tu dici che sono i
giar-
dini
pieni
di fiori e di rose e di frutti. Davvero?. E
Dorotea
rispuose:
Certo s. E Teofilo sorridendo
disse:
Priegoti adunque
che me ne mandi delle mele
e
delle rose del
paradiso.
E Dorotea
rispuose
e disse:

Certamente ch'io te ne mander e soddisfar alla tua


addimanda. E Teofilo di
questa impromessa
si fece
beffe. E
giugnendo
Dorotea al
luogo
del
martirio,
preg
il
carnefice che le dovea mozzare il
capo,
che le conce-
desse
alcuno
spazio
d'orazione. Allora il carnefice
glielo
^
olezzano.
326 LEGGENDE CRISTIANE
concedette. Allora Dorotea or
divotamente, raccoman-
dando l'anima sua a messere Ges
Cristo,
e
poi
lo
preg
che le dovesse mandare delle mele e delle rose del
para-
diso,
affinch ella
potesse
attenere la
'mpromessa
a
Teofilo,
giudice
avvocato.
Compiuta
ch'ebbe
l'orazione,
eccoti venire
l'angelo
di
Dio,
in forma di
fanciullo,
e
presentolle
tre
preziose
e
magnifiche
mele e tre
colo-
rite e odorifere rose da
parte
di Ges Cristo. Allora
Do-
rotea rendette laude a Dio e
grazie,
e
poi preg questo
fanciullo che in suo servizio
portasse quelle
rose e
quelle
mele a Teofilo e dicesse: Ecco le mele e
le
rose
che
Dorotea
t'impromesse
di mandare dal
paradiso
del
giar-
dino dello
sposo
suo,
e dice che tu non abbia schifo
perch'elle
sieno
poche.
Ancora disse Dorotea:
E
digli
che se ne vuole
pi,
se
ne
pensi
come ho fatto io
^,
sic-
ch'egli venga per
esse al
giardino
dove ne vo io. E
il fanciullo
rispuose
che molto volentieri farebbe l'im-
basciata a lui
imposta
e
partissi.
Allora Dorotea distese
il collo e ricevette il
colpo
della
spada.
Il
corpo
rimase
alla terra e l'anima and in vita. Amen.
Essendo
adunque
morta santa
Dorotea,
Teofilo
avvocato
predetto,
s'and co' suoi
compagni,
e scher-
niva la
impromessa
di santa
Dorotea,
e sollazzando
di-
ceva:

Non
sapete
che
oggi
andando al martirio
Dorotea,
la
quale
dicea s essere
sposa
di non so che Ges
Cristo,
e che n'andava a
paradiso
al detto
sposo
suo,
io la mot-
teggiai
e
per
istrazio le chiesi delle rose e delle
mele
di
paradiso,
ed ella fu s sciocca ch'ella
m'impromesse
di
mandarmene?. Teofilo
adtmque
dicendo
queste parole,
eccoti venire il
fanciullo colla tafferia
^
in .che erano
le tre
preziose
mele e le tre colorite rose e
odorifere,
e
disse a lui: La
sagratissima vergine
Dorotea ti manda
del
paradiso
del suo
sposo
il
presente
ch'eUa
t'impro-
messe,
e dice che tu non abbi a schifo
perch'elle
sieno
^
segua l'esempio
mio.
2
bacino.
SANTA DOROTBA 327
poche;
e che se tu ne vuoi
pi
che tu te ne
pensi
come
ha
fatto ella,
e facci s che tu vadi
per
esse al
giardino
ov'ella aguale
^
abita . E
compiuto
ch'ebbe
l'imbasciata,
il
fanciullo
lasci il
presente,
e subito
spar
via. Allora
Teofilo
usc tutto di se e cominci a
gridare
con
grande
voce:
Cristo
il vero
Iddio,
e tutta veritade in lui.
Allora
dissono i
compagni:

Or che novelle sono
queste
Teofilo?
or di' tu
queste pjEirole per
istrazio?. Teoflo
rispose:

Io non
parlo per
istrazio,
ma in me e sar
sempre
vera fede di credere in Ges Cristo vero Iddio .
Dicono
a lui i
compagni:
E che vuol dire
questo
romore
che
tu fai cos
grande?
.
Rispuose
Teofilo e disse:

Di-
temi,
di
qal
mese ora?.
Rispuosono
i
compagni:
Del
mese di febbraio. Dice allora Teofilo: Conci
sia che '1
ghiacciato
freddo
cuopra
tutta la
provincia
di
Cappadocia
e al
postutto
non si trovi albero n erba
viva in
terra,
onde stimate voi che
vengano queste
preziose
mele e
queste
odorifere e
preziose
rose? . Ri-
spuosono
i
compagni:
Nel
tempo
che sono le rose e
le
mele,
noi non vedemmo tanta bella cosa
quanto
sono
queste.
Disse allora Teoflo: Ecco il
presente
ch'io chiesi a Dorotea
per
beffe,
ed ella il m'ha mandato
da
dever,
per
uno fanciullo che
pareva
forse d'etade
di
quattro anni,
e
parlavami
s saviamente che il
par-
lare
mio a
rispetto
del suo
pareva
d'uno
villano;
il
qua^le
fanciullo io non dubito che fosse
l'angelo
di Dio. Di-
cendo
Teofilo
queste parole, gridava
e diceva:

Beati
sono
coloro che credono in Ges
Cristo,
beati coloro
che
patiscono
pena per
lo suo amore.
E
dicendo Teofilo
queste
e altre
parole
simili,
le
novelle
andro a
Saprizio
come Teoflo era divenuto
cristiano.
Allora
Saprizio
lo fece venire dinnanzi a
s,
e
trovandolo stabile e fermo nella fede di Ges
Cristo,
SI
lo
fece
porre
in su la colla
^
e
poi
lo fece battere dura-
^
pure,
ugualmente.
^
supplizio,
strumento di tortura.
328 LEGGENDE CBISTIANE
mente,
e
poi
comand
gli
sia^tagliata
la testa. E
cos
compiette
Teofilo il suo
glorioso
martirio,
e
l'anima
sua
and a vita etema e il
corpo
rimase alla terra.
Amen.
La festa della
gloriosa vergine
e martire di
Cristo
santa Dorotea si celebra a' sei d del mese di
febbraio
cio il
seguente
dj
dopo
la festa di madonna
sant'Agata,
nel
quale
di and aUa celestiale
gloria
di vita
eterna,
alla
quale
Cristo ci conduce: il
quale
benedetto
per
infinita
secula secuorum. Amen.
ANNOTAZIONI
Questa
gentile leggenda ispir
varie
opere
d'arte,
tra
cui
da ricordare in
primo luogo
la
graziosa
statua robbiana
del
Museo di
Berlino,
e
poi
la
pala
d'altare di
Jacopo Ligozzi
nella
chiesa della titolare a Poscia. Nell'arte straniera va rammentato
il Martirio della Santa
dipinto
da Hans Holbein il Vecchio
(Museo
di
Augsburg). Riportiamo
un bell'inno in onore di santa Do-
rotea,
tratto
dall'opera
del Mone
(III, 175).
Salve sancta
Dorothea,
audi
quaeso
vota
mea,
da sincere reserare
tuas
laudes,
et orare.
Salve
virgo gloriosa,
intus .extra
speciosa,
te
rogamus, virgo casta,
firma,
consfans,
nobis asta
Ante deum tua
prece,
ne delectamenti
facce
mundiali sordidemur
castitate sed
firmemur....
Salve nobilis
puella,
ruiilans coelestis
stella,
rogitamus
votis honis
mundanae
confvsionis
Ut a malo
defendamur
pondere,
nec teneamur
paupertate,
te iuvante
et a Deo
procurante.
Salve
pulchra
Ghristi verna,
castitatis tu
lucerna,
ut codesti
perfundamur
unctione,
te
precamur.
Per te nobis
impetrari,
Stygis igne
nec cremari
nos
permittat piter
ille
speciosus super
miUe,
Tibi rosas
qui portamt
et ab es
defensavit.
Salve
gemma speciosa
paradisi
vernans rosa..-
SANTA DOBOTEA 329
Salve constans,
animosa In hoc vita
feriamur
in
conspectu,
rubens
rosa,
pr peccaiis
et
scindamur,
fac
ut
saluiiferarum
ut Me
poenitendo
coesi
plagis
poenitentiarum
maneanms tunc
illaesi.
Ut a clade malae mortis
nos
defendat
deus
fortis
et concedat
finem
honum
quod
est
super
omne donum.
A titolo di curiosit
aggiungiamo questi
versi,
cavati dal
Cod.
Panciatichiano
XL,
che confermano la devozione
popolare
verso la Santa:
In
qtuzcumque
domo nomen
fuerit
vel
imago
Virginis egregiae
Dorotheae meritis almae
Nvllus abortus
irifans
nascetur in
illa,
Nec domus haec
ignis furtique pericvla
sentiet,
Nec
quisquam poterit
ibi mala morte
perire
Coelesti
pane
moriens
quin partecipetur.
Ed eccone la
traduzione,
trovata nel Laurenziano
Gaddiano,
XXXIV,
a carte 64:

Qui
finisce la
passione
di madonna santa
Dorotea,
della
quale
si dice ch'ella
impetr
da Dio
questa grazia,
che
chiunque
tiene
questa
scritta in casa o il nome
suo,
ovvero la sua
immagine
con
divozione,
in
questa
cotale casa non si
pu scipare
donna
veruna. Ancora
quella
cotale casa non
pu
sentire
pericolo
di
fuoco n di furto. Ancora in
quella
cotale casa non
pu
alcuno
morire di mala morte e sanza la comunione del
corpo
di Cristo
e
del
sangue
di Ges Cristo >>.
LA LEGGENDA
DI SANTA CATERINA
D'ALESSANDRIA
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
II,
pag. 141].
Santa
Caterina,
vergine
santissima,
fu
figliuola
di
re
[ed
ebbe nome re
Costo],
ed ebbe alto e sottile inten-
dimento in molte scienze. Ora avvenne che Massenzio
imperadore
faceva raunare in Alessandria
^
molta
gente
e molti cavalieri armati: e fece comandare che
ogni
uomo,
fosse
gentile
^
o
villano,
andasse a fare sacri-
ficio
all'idolo;
e chi non
v'andasse,
sarebbe morto.
E
la
gentile
Caterina,
vergine
beata,
in Alessandria
nata,
essendo ella
rimasa,
dopo
la morte di messer lo re Costo
suo
padre,
nel
palagio
suo,
con molte
ricchezze,
et era
d'et di
diciott'anni,
e udendo ella il trionfo
grande
e romore
degli
uomini e
degli
stormenti e delle bestie
ch'erano morte
per
li sacrifici che facieno
quelli pa-
gani
all'idoli nel
tempio,
incominciossi forte a mara-
vigliare.
Quando
intese
quello
che
era,
s si fece accom-
pagnare
dalla
famigKa
del
palagio
suo,
e col
segno
della
croce and al
tempio
dov'era lo
imperadore
che faceva
sacrificio
all'idoli;
e vedeva che molti
cristiani,
per paura
^
d'Egitto.
La nostra non era ancor fondata. Massenzio era
figlio
di
Massimiano,
l'Augusto
che Diocleziano s'era associato al
trono,
e
fu
salutato
imperatore
dai
pretorifini
nel 306. Sconfitto da Costantino
a
ponte
Milvio,
anneg
nel Tevere il 23 ottobre 312. Vedi
pag.
103.
*
nobile;
vedi nota a
pag.
314.
SANTA CATERESTA D'ALESSANDRIA 331
dello
imperadore, negavano
Jesu Cristo e adoravano
l'idoli.
E
veggendo
santa Caterina
queste
cose,
fu molto
trista
e con
grande
furore and dentro dov'era lo im-
peradore,
e disse: O
imperadore, quanto per
la tua
dignitate
che tu
hai,
sarebbe convenevole cosa che
altri
ti salutasse e facesseti
reverenzia,
se tu conoscessi
lo
verace
Iddio e adorassilo e facessili
onore,
e
dispre-
giassi
l'idoli vani e
rei,
altri farebbe reverenzia a te.
E
stando
santa
Caterina,
e dicendo
queste parole,
for-
temente
combattea con lui di molte
ragioni,
mostran-
doli
li suoi
errori,
dicendo a lui: O
imperadore,
io t'ho
dette
queste parole
siccome a uomo
savio;
ma
priegoti
che tu mi dica
perch
hai fatta raunare tanta
gente
di
questa
citt a fare onore all'idoli. O uomo sanza cono-
scimento! Se tu ti
maravigli
vedendo
questo tempio
fatto
per
mano
d'uomo,
e
maravigliti
di vedere
queste
belle ornamenta che sono in
questo
tuo
tmpio,
che sono
come
polvere
dinnanzi al
vento,
maggiormente
ti do-
vresti
maravigliare
vedendo il cielo e le stelle e la luna
e il sole e la
terra,
e le bestie che sono
sopra
la
terra,
e
l'acqua
e'
pesci
ch'ella mena. Per
pensa
chi fece
queste
cose;
e
quando
conoscerai la sua
potenzia [dirai] egli

signore
de'
signori.
E dicendo santa Caterina
questo,
disse molte
parole
della incarnazione di Jesu Cristo.
E lo
imperadore
fu molto
sbigottito,
e disse:

O fan-
ciulla,
non dire
queste
cose ora
pi:
lascia
compiere
lo
sacrificio
nostro,
e
poi
ti
risponder
. E comand lo
imperadore
a' suoi servi che la
guardassono
bene.
Quando
ebbono
compiuto
lo
sacrificio,
lo
imperadore
torn al suo
palagio; poi
fece menare dinanzi a s la
gentile
reina
Caterina,
e dissele:

Io udii le tue
parole,
e
molto mi
maraviglio.
Ma
imperci
ch'io ero
occupato
nel
sacrificio de' miei
dei,
non ti
potei
udire;
ora dico:
onde
tu sei nata?. Et eUa disse: Io confesso lo mio
parentado,
non
per vanagloria
n
per superbia,
ma
per
amore
di
Dio. Io sono detta
Caterina,
figliuola
del re
Costo;
la
quale
ho abbandonate tutte le mie ricchezze
332 LEGGENDE CEISTIANB
temporali,
e
voglio pure seguitare
la via di Jesu
Cristo.
E
sappi
che i tuoi idoli sono vani e cattivi e
mutoli;
e
grande
stoltizia
adorargli.
E lo
imperadore
disse:

S'egli
vero
quello
che tu
dici,
sarebbe tutto lo
mondo
in
errore,
se non se tu sola. Ma con ci
sia
cosa
che
tu
se'
sola,
e se' femmina
fragile,
io non ti
vogUo
credere.
E santa Caterina disse:

Io ti
priego, imperadore,
che
tu
non ti lasci vincere
all'ira,
imperci
ch'ella d
imped-
mento alla mente
dell'uomo,
che non conosce
quello
ch'
ragione.
E lo
imperadore
disse: A me
.pare
che
tu mi
vuogli insegnare per
detto de' savi. Allora
Io
imperadore,
non
potendo rispondere
alle sue
parole per
via di
scienza,
s fece raunare molti
savi,
pieni
di
grandi
scienze;
e
promise
loro
grande prezzo,
se
eglino
la vin-
cessono
per
via di scienza e di senno. E santa Caterina
si raccomand a Dio che le
insegnasse rispondere.
E
stando ella
all'orazione,
e
l'angiolo
venne a
lei,
e disse:

Caterina,
sta
arditamente,
che tu li
vincerai,
e con-
vertirai tutti
quanti
alla fede di Jesu Cristo. E
quando
santa Caterina fu menata dinanzi a
questi
maestri,
disse:

Perch hai
qui
raunati tanti maestri
per
una
fanciulla,
e hai loro
promesso grande guiderdone
s'egli
hanno vittoria contro a me? A me non hai
promesso
nulla,
se io vinco loro: ma io ti dico che Jesu Cristo
sar mio
guiderdone, per
cui amore io entro a
questa
battaglia,
della
quale
io ho certezza di vincere.
E se-
gnossi
col
segno
della santa
croce;
poi
disse a
quelli
maestri: Io confesso che io non so nulla tra
voi,
se
non
Jesu Cristo crocifisso. E detta
questa parola,
con molte
ragioni
cominci a dimostrare come
Jesu
Cristo era verace
Dio,
e come
gl'idoli
erano demoni.
Allora li
maestri,
udendo
parlare
a
quella
fanciulla
cosi
alte
cose,
stavano
cheti,
e non
sapeano
che si dire.
Al-
lora lo
imperadore
adirato disse loro molta viUania,
e
disse:

Ohim,
che siete vinti da una fanciulla
di
di-
ciott'anni! . Allora lo
maggiore
di loro disse:
Sappi
o
imperadore,
che Dio favella
per
bocca di
quella
fan-
SANTA CATEBINA
D'ALESSANDRIA
333
ciulla,
e
per
siamo
vinti,
e none abbiamo ardire di
dire
nulla
contro
lei/ per
ch'ella ha veramente
provato
che
Cristo
verace
Dio,
ed
signore
dei
signori,
e
gli
idoli
sono
nulla .
E
lo
imperadore,
udendo
quelle parole,
fu molto
adirato,
e con
grande
furore
gli
condann che doves-
sono
essere arsi nella
piazza
della cittade. E
quando
erano
menati al
fuoco,
e santa Caterina li confortava
nella
fede di Dio e nella
pazienza.
E
quando
furono
presso
al
fuoco,
tutti
si feciono il
segno
della santa Croce.
Quando
furono messi nel
fuoco,
renderono l'anima
loro a Dio in tale modo che non furono trovati arsi
n
capelli,
n
vestimenta,
n le
corpora
loro non si ma-
gagnarono
^
niente: anzi furono trovati come fossero
morti sulle letta loro. Poi furono sotterrati nascosta-
mente dai cristiani.
Dopo questo,
disse
l'imperadore
a santa Caterina: Io ti
priego, vergine
savia e
bella,
che tu mi debba
credere,
e starai nel mio
palagio,
e
terrotti in
grande
stato,
colla mia donna. E ancora ti
prometto,
che
per
la tua
sapienza
e
per
la tua bellezza
io far fare una statua d'oro a tua
somiglianza,
e farotti
adorare a tutta Alessandria. E santa Caterina disse
a
lui:

Non mi dire
pi
nulla di
queste parole,
che sono
piena
di fastidio. Io sono
sposa
di Jesu
Cristo,
e a lui
mi
sono
data;
il
quale
mio
sposo
e mio
amore,
e
ogni
mio
desiderio e conforto del mio
cuore;
lo
quale
da me
non si
puote partire,
e non me ne farai
partire
n
per
lusinghe,
n
per
minacce,
n
per
tormenti. Allora l'im-
peradore
la fece
spogliare ignuda,
e fecola duramente
battere: e
poi
la fece mettere in
prigione,
e comand
che
non le fosse dato n
mangiare
n bere. E in
questo
mezzo
avvenne che
l'imperadore
and fuori della citt
per
suoi
fatti,
e stette
alquanti
d. E la
moglie
dell'im-
peradore rimanendo nel suo
palagio,
avea
grande vogKa
di
parlare
a santa Caterina: e una notte v'and con
un
^
guastarono.
334 LEGGENDE CRISTIANE
^
capitano
dei cavalieri dello
imperadore,
il
quale
avea
nome messer Profilio
^,
e con molti altri
cavalieri,
e
an-
darono aUa
prigione
dov'era santa Caterina.
AUora
santa
Caterina,
veggendo
la
moglie
dell'imperadore,
ricevutala con molta
letizia,
e cominciolle a
predicare
la fede di Jesu
Cristo;
e dicendole molte savie e
sante
parole,
e cos la convert a Jesu Cristo. E messer
Pro-
filio,
capitano
dei
cavalieri,
udendo le
parole
che
santa
Caterina diceva alla
moglie dell'imperadore,
inconta-
nente si
gitt
a' suoi
piedi,
e convertissi alla fede di
Jesu Cristo. E anco si convert con lui
dugento
cavalieri
ch'erano con lui alla sua
obbedienza,
e tutti si
feciono
cristiani. E in
questi
dodici d che santa Caterina istette
in
prigione,
Jesu Cristo le mandava
ogni
d continua-
mente una colomba bianchissima che le recava il cibo
onde ella viveva. E disse la colomba a lei:

figliuola,
conosci lo tuo
creatore,
per
lo
quale
tu hai
presa grande
battaglia;
e
per
non dubitare ch'io sar
sempre
con
teco e aiuterotti
sempre.
E ritornando lo
'mperadore,
credendo che santa Caterina fosse
morta,
quando seppe
ch'ella era
viva,
feccia venire dinanzi da lui: e vedendo
la sua faccia cos bella e cos
chiara,
e rilucea come
il
sole,
ebbe mlto
dolore,
e fece tormentare le
guardie
della
prigione,
credendo che l'avessono dato
mangiare
e bere. E santa Caterina disse: O
imperadore,
sappi
ch'io non ho ricevuto cibo
terreno,
come tu
credi,
ma
Jesu Cristo m'ha nutricata
per l'angiolo
suo. Disse
lo
'mperadore:

Caterina,
pensa quello
ch'io ti dico! non
mi
rispondere parole
dubbiose,
per
ch'io ti
voglio
tenere
come non
fanciulla,
ma come reina. Disse Caterina:

Io ti
prego
che tu ascolti le mie
parole,
e
rispondimi
lo vero.
Quale
sposo
io debbo
trre,
tra
quello
ch'
eternale
e
pi
bello che '1 sole e
potente
che ninno altro,
o
quello
ch' mortale e sozzo?. Allora lo
imperadore
adirato . disse:
Qualunque partito
tu
vogli, piglia;
^
alterazione di
Porfirio,
come detto
pi
avanti.
SANTA CATEBINA D-ALESSANDBIA 335
tu
farai sacrifcio
agli
miei
,idei,
o tu morrai. Disse
santa
Caterina:
lo ti
priego
che tu
pensi quanti
tor-
menti
puoi
e non
indugiare
di
farli tutti al mio
corpo;
imperci
ch'io
voglio
dare la carne alli tormenti
per
l'amore
di Jesu
Cristo,
che diede se medesimo a mo-
rire.
Egli
mio amore e mio
sposo
e mio aiutatore.
Allora
uno cavaliere
udendo,
vedendo lo
imperadore
adirato,
disse: Fa'
apparecchiare quattro
ruote
piene
di ferri
agutissimi; poi
la faremo
acconciare,
e tutto
lo
corpo
suo
squarciare:
ancora
tuttj
li cristiani avranno
paura
di te. E incontanente lo
'mperadore
fece fare
queste
ruote.
Quando
santa Caterina le
vide,
inco-
minci a
pregare
Iddio e disse: 0
Signore
mio,
io ti
prego per
confortamento de'
cristiani,
che non abbiano
paura,
che tu
rompa
e
spezzi quelle
ruote . E fatta l'o-
razione,
incontanente
l'angiolo
di Dio
ruppe
e fracass
tutte
quelle
ruote,
e uccise
quattro
mila
pagani
ch'erano
d'intorno a vedere. E allora la
moghe
dell
'imperadore,
stando di
sopra
a
vedere,
vedendo ella
questo
miracolo,
non
pot pi
tenere che non mostrasse la sua fede: e
tosto discese dal
palagio
e cominci duramente a ri-
prendere
lo
'mperadore
di tanta crudeltade. E lo im-
peradore
vedendo che la
moghe
era fatta
cristiana,
fu
adirato contro a
lei,
e comand ch'ella fosse tormen-
tata e
morta. E
quando
ella fu menata al
martirio,
e
ella
preg
santa Caterina umilemente che
pregasse
Iddo
per
lei. E santa Caterina disse:
reina amata da
Dio,
non
avere
paura; imperci
che
oggi
il d che tu avrai
lo
reame di vita
superna per
iscambio di
queste
cose
transitorie;
e
per
.
iscambio dello
imperadore
mortale
avrai
lo re eternale. Allora la
reina,
essendo
confortata,
pregava
coloro che la menavano al martirio che ubbi-
dissero lo comandamento dello
imperadore:
e cos fu
menata di fuori della cittade. In
prima
le divelsono le
poppe
del
petto
con ferri
tagHenti;
e molti altri tor-
menti: alla fine
le^
tagliarono
il
capo.
E la notte venne
messer
Porfirio
nascostamente,
e sotterr il suo santo
336 LEGGENDE CRISTIANE
corpo;
e l'anima sua se n'and a
godere
in vita
eterna,
l ove vive e
regna
col sovrano re. E
sappiendo l'impera-
dore che '1
corpo
della
moglie
era stato
sotterrato,
fece
prendere
molti cristiani e
tormentargli.
Allora messer
Porfirio cominci a
gridare,
e dicea:

Io sono
quegli
che sotterrai la nobile
reina,
servigiale
di
Dio,
ed
ho
ricevuta con lei la santa fede cristiana. Allora lo im-
peradore
divent
quasi pazzo per
lo
dolore,
e
dicea:

Oim
misero,
com'io ho
perduto
la mia
moglie,
e ora
perdo
colui ch'era tutta mia sicurtade- e mio
sollazzo,
per
una fanciulla. Allora i
dugento
cavalieri di messer
Porfirio incominciarono a
gridare:
Noi siamo
cristiani,
e
vogliamo
morire
per
amore di Cristo . E allora lo im-
peradore
comand con
gran
furore che messer Porfirio
con tutti i suoi cavalieri fossno dicollati: e' loro
corpi
rimanessero
nel
campo,
acci che tossono
mangiati
dalle bestie e
dagli
uccelli. E cosi furono i santi martiri
cavalieri di Jesu
Cristo;
e l'anime loro
andarono
al sommo
riposo;
ci Jesu Cristo benedetto.
Dopo questo,
lo
imperadore
fece venire dinanzi da
se santa
Caterina,
awegna
che se n'era
disperata
^,
e
disse a lei: Tu hai
ingannata
la mia
moglie
e il mio
capitano,
con molti
cavalieri,
e ancora ti dico: se tu
vogh
consentire al mio volere sarai donna
^
del mio
palagio;
e se non
consentirai,
io ti far uccidere. Et ella disse:
Tu non
potrai
vincere
per
nullo
modo;
imperci
fa'
che ti
piace.
E immantanente comand lo
imperadore
ch'ella fosse dicoUata: e cos fecero.
E incontanente ch'ella fu
dicollata,
vennero
gli
angioli
da cielo e
portarono
lo
corpo
suo santo in sul
monte
Sinai,
e ivi la
seppellirono
in un bello
sepolcro,
del
quale sepolcro
insino a
oggi
n'esce olio continua-
mente^. E
quella
virtude ebbe santa Caterina da Dio
^
aveva
perduta ogni speranza
di convertirla.
2
signora,
dal lat, domina.
^
Niccol da
Poggibonsi,
nel suo Libro d'oltremare
cap.
213,
de-
scrive il monastero della Santa sul monte Sinai e
parla
della tomba di
lei
<
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336 LEGGENDE CRISTIANE
corpo;
e l'aniina sua se n'and a
godere
in vita
eterna,
l ove vive e
regna
col sovrano re. E
sappiendo l'impera-
dore che '1
corpo
della
moglie
era stato
sotterrato,
fece
prendere
molti cristiani e
tormentargli.
Allora
messer
Porfirio cominci a
gridare,
e dicea: Io sono
quegli
che sotterrai la nobile
reina,
servigiale
di
Dio,
ed
ho
ricevuta con lei la santa fede cristiana. Allora lo im-
peradore
divent
quasi pazzo per
lo
dolore,
e dicea:

Oim
misero,
com'io ho
perduto
la mia
moglie,
e ora
perdo
colui ch'era tutta mia sicurtade e mio
sollazzo,
per
una fanciulla. Allora i
dugento
cavalieri di messer
Porfirio incominciarono a
gridare:
Noi siamo
cristiani,
e
vogliamo
morire
per
amore di Cristo . E allora lo im-
peradore
comand con
gran
furore che messer Porfirio
con tutti i suoi cavaheri fossno dicoUati: e' loro
corpi
rimanessero
nel
campo,
acci che fossono
mangiati
dalle bestie e
dagli
uccelli. E cos furono i santi martiri
cavalieri di Jesu
Cristo;
e l'anime loro andarono al sommo
riposo;
ci Jesu Cristo benedetto.
Dopo questo,
lo
imperadore
fece venire dinanzi da
s santa
Caterina,
avvegna
che se n'era
disperata
^,
e
disse a lei: Tu hai
ingannata
la mia
moglie
e il mio
capitano,
con molti
cavalieri,
e ancora ti dico : se tu
vogli
consentire al mio volere sarai donna
^
del mio
palagio;
e se non
consentirai,
io ti far uccidere. Et ella disse:
Tu non
potrai
vincere
per
nullo
modo;
imperci
fa'
che ti
piace.
E immantanente comand lo
imperadore
ch'ella fosse dicoUata: e cos fecero.
E incontanente ch'ella fu
dicoUata,
vennero
gli
angioli
da cielo e
portarono
lo
corpo
suo santo in sul
monte
Sinai,
e ivi la
seppellirono
in un bello
sepolcro,
del
quale sepolcro
insino a
oggi
n'esce olio continua-
mente ^. E
quella
virtude ebbe santa Caterina da Dio
^
aveva
perduta ogni speranza
di convertirla.
"
signora,
dal lat. domina.
2
Niccol da
Poqoibonsi,
nel suo Libro d'oltremare
cap.
213,
de-
scrive il monastero della Santa sul monte Sinai e
parla
della tomba
di lei
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^Hf I

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co
e
o
G
SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA 337
al
SUO
santo
corpo;
e all'anima don il
regno
del
cielo,
l
dov'ella
vive e
regna 'per infinita
secula seculorum.
Amen.
ANNOTAZIONI
Santa
Caterina d'Alessandria
(da
non confondersi con la
Domenicana senese,
n con le omoininie da
Bologna
e da
Genova,
e nemmeno
con santa Caterina de'
Ricci,
fiorentina),
una
delle
figure pi popolari dell'agiografa
cristiana. Niomerosi inni
e laudi
furon
composti
in onore di
lei,
la sua vita fu narrata in
ottava
rima e dette
origine
a sacre
rappresentazioni.
Ricordiamo
la Vita
di 5iS. Caterina
verseggiata
da Buccio di Rnallo
^
e la
Historia
di S. Catarina
vergine
e martire in 41
ottave,
di un certo
Johannes
dictus
Florentinus,
di cui abbiamo un raro incuna-
bolo alla Nazionale di Firenze nel Fondo Palatino.
Il Mone
(voi. Ili,
pag. 349) riporta
ventotto inni latini in
onore della
Santa,
fra i
quali
notevole
quello
di
quarantasei
strofe,
che tutte cominciano col saluto Ave/
Ave
felix
Catherina,
euge virgo
turturina,
vale
martyr
et
regina,
salve stella matutina.
Ave saneta Catherina
flos
illaesus a
pruina,
adiuvare me
festina
fravde
laesum
serpentina.
Ave
martyr
illibata,
velut aurum
c&mprobata,
supra
nivem
dealbata,
luce
degens
coeKba,ta.
e
di
codest'olio
miracoloso. Anche Simone Sigoli nel suo
Viaggio
di
Terrasanta
(Parma 1856,
pag. 95)
dice che la testa della Santa di con-
tinuo
gitta manna,
e
quel patrone
dov'ella
seppellita,
manda s
grande
odore
che cosa incredibile
.a
chi
cpU'occhio
corporale
noi vedesse .
"
Vedi
Monaci,
Crestomazia italiana dei
primi
secoli.
Citt di Ca-
stello,
1921,
pag.
536.
29
2.

Battelli,
Leggende
cristiane.
338 LEGGENDE CRISTIANE
Ave tellus
inarata,
flore pulchro purpurata,
paradiso comparata,
cujus
mire vemant
prata.
Ave
virgo
verecunda,
deo
placens,
mente
munda,
me bsolve de
profunda
procellosi
maria unda. Ecc.
Anche S.
Caterina,
al
pari
di S. Lucia e S.
Barbara,
vive
tuttora nel ricordo
popolare,
come attestano i canti delle
varie
regioni
italiane
raccolti
e studiati dal MagnlNEILI.
op. cit.,
pag.
Ili e
segg.
o
I
pittori,
fin dai
primi
secoli del
risorgimento
dell'arte,
an-
darono a
gara
nel
rappresentarne
l
leggenda:
ricordiamo,
il cielo
degU
affreschi di scuola
giottesca
nella chiesa dell'Antella
presso
Firenze,
e
quelli
di S. Clenxente a
Roma,
attribuiti a Masaccio.
II .
Pinturicchio
negli
affreschi
dell'appartamento Borgia
in
Vaticano narr con arte
squisita
la vita di
lei,
e il Luini nel-
l'affresco che
oggi
trovasi a Brera
rappresent
in modo mirabile
la traslazione della Santa
per
mano
degli Angeli
sulla cima del
Sinai. Il suo matrimonio mistico col
Salvatore,
che le
porge
l'anello di
sposa, ispir
un
gran
numero
d'artisti,
dal Luini al
Correggio,
dal Veronese al
MurUlo,
dal
Parmigianino
al
Rubens;
ma la scena che nel maestro milanese
(Galleria
di
Brera)
e nell'e-
miliano
(Museo
del
Louvre)
tutta soffusa d'intima e delicata
poesia,
al maestro veneziano offre il
pretesto per
uno de' suoi
quadri pi pomposi
e
pi
affollati,
d'un discutibile
gusto
teatrale
(chiesa
di S. Caterina a
Venezia).
Attributo caratteristico della Santa la ruota mimita
di
aculei,
conxe si
pu scorgere
nel
quadro
di Raffaello al Louvre
e in
quello
di Andrea del Sarto nel Duomo di Pisa. Sovente
la
si
rappresenta
anche ornata d'un diadema
per
indicare la
sua
origine regale.
Vedi il bellissimo
quadro
del
quattrocentista
fiammingo
Gerard David nel Museo di Rouen.
LA LEGGENDA DI SANTA BARBARA
[Dalla
Legenda
Aurea.
Volgarizzamento
inedito del Codice
Laurenziano
Gaddiano, XXXIV,
carte 31 e
segg.].
Dopo
la
passione
e ascensione del nostro Salvatore
Ges
Cristo,
nel
tempo
di Massimiano
imperatore^,
persecutore
crudelissimo de' fedeli
cristiani,
uno che
ebbe nome Marziano
regnava per
li Romani in una
provincia
^,
nella
quale provincia
era una citt che si
chiamava citt del Sole ^. Nella
quale
era
unq
uomo che
avea nome
Dioscoro,
il
quale
era molto ricco e fervente-
mente
seguitava
la sua
legge pagana.
Il
quale
Dioscoro
aveva una sua
figliuola
che avea nome
Barbera,
la
quale
molto
amava. Or
questo
Dioscoro fece incomiuciare
una
bellissima torre
per
rinchiudervi dentro
questa
sua
figliuola,
la
quale
era
maravigliosamente
bella,
acci
che
non
potesse
essere
veduta,
per
che molti di
quella
cittade
gliela
addomandavano
per moglie.
E il
padre
le
disse:
Figliuola
mia
dolcissima,
alquanti
uomini
della
nostra terra m'hanno
parlato
e domandatoti
per
isposa;
e
per, figliuola
mia,
dimmi l'animo tuo.
^
Massimiano
regn
insieme con Diocleziano dal 285 al 305.
^
Bitinia.
Nicoraedia,
detta anche
Eliopoli per
lo
splendore
de' suoi monu-
Hienti.
Diocleziano l'aveva
prescelta
come
capitale dell'impero
d'Oriente.
Ammiaito
MaboelIINO al
capo
9 del XXII libro delle sue Historiae af-
n ?^-^
^he
aedium multitudine
privatarum
et
jmhlicarum regio quaedani
Urbis
aeatimabatur >.
Oggi
la citt si chiama Ismid ed in rovina.
340 LEGGENDE CRISTIANE
Ed
ella,
ragguardando
nella faccia del
padre, molto
turbatamente disse:

Padre
mio,
io vi
priego
che
pi
non mi
parliate
di
questa
materia,
per
che al
tutto
io non
voglio
attendere a ci. E il
padre,
udendo
l'a-
nimo
suo,
partissi
da
lei,
e and a vedere la
torre
che
faceva fare
per
lei,
e s
v'aggiunse pi maestri,
acci
che
piti
tosto si
compiesse.
E
disegnato
ch'ebbe
come
dovessero
fare,
e dato a ciascuno il salario
suo,
partissi
e and in altri
paesi
alla
lunga,
e lasci la
figliuola
con
onesta
compagnia.
E
dopo
certo
tempo,
and la
beata
Barbera a vedere il lavorio della
predetta
torre,
e
guar-
dando,
ella vide dalla
parte
del
meriggio
fatte due fi-
nestre,
ed ella disse ai maestri:

Perch avete voi
fatte
solo due finestre ? . I maestri
rispuosono
:

Perch
vostro
padre
ci disse che noi facessimo solamente due finestre
e non
piti.
E la beata Barbera disse loro: Io
voglio
che voi ne facciate un'altra dalla
parte
dell'oriente,
sicch di
quindi possa
orare a Domenedio che abita
nei cieli. I maestri dissono:
Madonna,
noi temiamo
che il vostro
padre
non ne fosse contento e non se ne
crucciasse contro a noi
;
e
ragionando
i maestri
tra
loro come fosse da fare di
ci,
disse la santa:
Fate
sicuramente
quello
che io vi
dico,
per
ch'io far ben
s che '1
padre
mio sar contento. Onde i maestri
fe-
ci ono la terza finestra come ella disse loro. E
dopo
questa
and la beata Barbera contro ad oriente a
una
piscina d'acqua
che era
appi
della
torre,
e colle sue
dita
disegn
il
segno
della croce
sopra
a una
lapida
di marmo
che
v'era,
e scrissevi lettere d'intorno che diceano
cos:

Questo
il
prezioso segno
della santa Croce a rimedio
della
gente.
Ed entrando nella
piscina
dell'acqua,
rimase fatta e
scolpita
nella
pietra
la
figura
del suo
pre-
zioso
pie;
nel
quale luogo
tutti coloro che credeano
in Cristo riceveano
ogni
sanitade e
salute,
secondo
la
misura della fede loro. In
questo bagno
ella ricevette
il santo
battesimo,
ed attuffossi tre
volte,
al nome
della
Santa
Trinitade,
e disse orando :
Questo
lavamento
e
SASTA BABBAEA 341
gimigliante
a
quello
del fiume
Giordano,
nel
quale
Ges
(jristo onnipotente
inchin il suo santissimo
capo,
rice-
vendo
il battesimo dal suo servo Giovanni
Battista;
ed

questo
lavamento simile alla
piscina
di
Siloe,
nella
quale
lavandosi
colui che era stato cieco dalla sua na-
tivitade,
riebbe
perfettamente
il
vedere;
ed simile alla
probatica
piscina,
nella
quale
chi v'entrava
prima,
dopo
il movimento
dell'acqua
che faceva
l'angelo
toc-
candola,
sanava
d'ogni
infermitade ^. Ed
l'acqua
viva
che
domand
la femina Samaritana a Cristo ^. E
quando
ebbe
cos
orato,
ed ella anche attuff se medesima tre
volte
nell'acqua
cos dicendo: Battezzasi Barbera nel
nome
del
Padre,
del
Figliuolo
e
dello
Spirito
Santo;
e uscita che fu
dall'acqua,
si rivestia. Nella
quale pi-
scina molti
entrandovi,
poi
che ci si
seppe,
furono da
diverse infermitadi liberati. Ed essendo battezzata
santa Barbera
per
lo
predetto
modo,
si torn nella
torre,
e vedendo
gl'idoli
che suo
padre
adorava,
sput
loro
nel viso dicendo cos :
Simili a voi siano coloro che vi
adorano,
e che in voi si confidano k. E dimorando
la
beata Barbera nella
torre,
stava continuamente in ora-
zione. E
dopo
certo
tempo,
essendo
compiuta
la
torre,
il
padre torn,
e vedendovi tre
finestre,
disse a' maestri:
Perch avete fatte tre finestre nella
torre,
avendovi
io
detto che non ve ne facessi se non due? .
Rispuosono

maestri :
Perch la tua
figliuola
volle che noi cos fa-
cessimo.
Egli
allora chiamando a s la beata
Barbera,
disse:
Figliuola
mia,
comandasti tu a
questi
maestri
che
facessono tre finestre nella torre?. Ella
rispose:

Padre
mio, s,
poich
tre sono le finestre che allumi-
nano
ogni
uomo che viene in
questo
mondo;
ma le due
sole
sono scure. E
pigliandola per
la mano il
padre
suo,
nel
luogo
dello
bagno,
dissele:

Or mi d: in che modo
le
tre
finestre alluminano
pi
che le due? .
Rispose
la
^
Vedi
Vangelo
di S.
Giovanni,
cap.
V e vedi
pure
a
pag.
100 di
questo
volume.
^
S.
Giovanni, IV,
15.
342 LEGGENDE CRISTIANE
santa e disse:

Il Padre e il
Figliuolo
e lo
Spirito
Santo
alluminano
ogni
uomo che viene in
questo
mondo.
Allora il
padre, pieno
d'ira e di
furore,
trasse
fuori
la
spada per
volere
ucciderla;
e orando la beata
Barbera,
subito la
pietra
del muro
s'aperse
ed ella
pass per
lo
mezzo dall'altra
parte,
e come ella fu
passata,
la
pietra
si richiuse com'era
imprima.
Lo
padre gli
and
dietro,
girando
il monte di
fuori,
e trovando di l dal
monte
due
pastori
che
guardavano
loro
pecore,
i
quali
l'avevano
veduta
fuggire,
ai
quali
disse Dioscoro se avessono ve-
duta
fuggire
di
quindi
una fanciulla. E l'uno disse
con
giuramento
che no' l'avea
veduta;
l'altro l'accus e
mostrolla a dito al
padre,
e il
padre
and e s la
prese.
Ed ella
per giudicio
di Dio maladisse
quel pastore
e
le sue
pecore,
e subito il
pastore
con le sue
pecore
di-
ventarono statue di
marmo,
e s sono al d
d'oggi
le
predette
statue dinanzi al suo
sepolcro, pier
memoria
del detto miracolo. E il
padre, quando
l'ebbe
presa,
s
la batt e
frageU
crudelissimamente e
poi
la trascin
per
i
capelli
da ivi fino a
casa,
e rinchiusela in una ca-
mera,
e
suggellolla
con lo anello
suo,
e
puosevi
le
guardie
all'uscio infino a tanto ched
egli
l'andasse ad accusare
a Marziano
giudice,
acci che la tormentasse
e facesse
morire di crudelissima morte. E la beata
Barbera,
stando
rinchiusa,
orava e diceva:

Signore
mio Ges Cristo,
lo
quale
abiti in
cielo,
a te lievo
gli
occhi miei siccome
l'aricilla alla donna
sua;
Signore
mio,
non mi abbandonare,
per
che
gli
occhi miei
ragguardano
a
te.
Iddio mio
e
liberator
mio;
liberami dalla minaccia che mi fa il
mio
padre
.
Udendo il
giudice
l'accusa che il
padre
di santa
Bar-
bera
gli
facea,
comand ch'ella
gli
fosse menata innanzi,
e
Geronzio,
notaio del
prefetto,
and con Dioscoro
a
casa
sua;
e trassonla di
prigione
e fu menata dinanzi
al
prefetto.
E il
padre pregava
e
scongiurava
il
pre-
fetto
per
la
potenzia degli
iddii
ch'egli
la dovesse
fare
morire di crudeUssimi tormenti e
pena.
AUora
il
pre-
SANTA BAEBAEA 343
fetto,
sedendo nella sua sedia
giudici
ale,
maraviglian-
dosi
della
sua
bellezza,
s le disse
benignamente:
Fi-
gliuola,
perch
vuo'
morire,
e
perch
non vuo' tu vi-
vere?
Abbi
piet
di te
medesima,
non volere
perdere
tanta
bellezza.
E
per
sacrifica a' nostri
iddii,
acci che
vivi,
sicch
scampi
da' crudeli tormenti che ti sono
ap-
parecchiati
se tu non vorrai sacrificare .
Rispuose
la
santa
al
prefetto
e disse:

Io sacrifico contiuuamente al
mio
Signore
Ges
Cristo,
il
quale
fece il cielo e la terra e ci
che
in essa si contiene. Ma l'iddii tuoi sono falsi
demonia,
de'
quali
dice il
profeta
David:
Egli
hanno bocca e non
parlano,
hanno occhi e non
veggono,
hanno orecchi e
non
odono,
hanno naso e non sentono
odore,
hanno
piedi
e non
vanno,
hanno mani e non
palpano,
e non
gridano
nella
gola
loro. Simili siano coloro tutti a loro
che
in loro si confidano. Allora il
prefetto, pieno
di
furore,
comanda ch'ella fosse
spogHata
nuda e le sue
carni fossero duramente
tormentate,
e
poi
con uno
panno
rozzissimo ed
aspro
fossono fortemente
stropic-
ciate,
sicch tutto '1
corpo
suo
s'insanguinasse.
E fatto
questo,
comand il
prefetto
ch'ella fosse messa nella
scura
carcere,
intanto
ch'egli
ordinasse di che crudele
pena
la facesse morire. E stando la beata Barbera in
carcere,
nella mezza notte venne di cielo uno
splendore
grandissimo,
e si l'attorn tutta
quanta,
e nello
splen-
dore le
apparve
Cristo e dissele:

Confidati,
figliuola,
e
confortati
per
che
grande allegrezza
fatta in cielo
della tua
passione, awegna
che in terra tu abbia
grande
battaglia per
lo nome mio.
Adunque
non temere le
minaccie del
tiranno,
per
ch'io sar
sempre
teco e
saner tutte le tue
piaghe.
E dettole
queste parole,
la
san
completamente
di tutte le sue
piaghe
del
corpo
suo,
e
partissi
da lei. E rimanendosi la santa tutta
piena
di
gaudio
e di
letizia,
godeva
e
rallegravasi
sanza mi-
sura
del conforto che Gesii Cristo l'avea donato. La
mattina,
il tiranno comand ch'ella
gli
fusse menata
dinanzi,
e vedendola che non
avea,
piaga
alcuna,
U
344 LEGGENDE CRISTIANE
prefetto
le disse:

Or
vedi,
figliuola
mia,
come i
nostri
iddi sono
benigni
e
quanto
umani,
che cos tosto
hanno
sanato le tue
piaghe
. Ed ella
rispuose:

Li tuoi
iddi
sono sordi e mutoli e ciechi e
immobili,
e sanza
alcuno
intendimento. Come
dunque
mi
potrebbono eglino
avere
sanate le mie
piaghe,
che non
possono
atare
^
loro
me-
desimi? Ma e' m'ha sanato lo mio
Signore
Gesti
Cristo,
il
quale
verace
figliuolo
di
Dio,
lo
quale
tu non
se'
degno
di
vedere,
per
ch'ai diavolo hai donato il
cuor
tuo. Allora il
prefetto,
fortemente
adirato,
comand
che tutto il suo
corpo
fosse
squarciato
e
dilaniato,
e
poi
che
sopra
le sue carni fosseno
poste piastre
di ferro
affocate,
e fossele bastonato il
capo
con uno
martello,
Ed essendo la santa cos
martoriata,
guat
in cielo e disse:

Signore
mio Ges
Cristo,
re di tutti i secoli e cono-
scitore di tutti i
cuori,
tu sai bene ch'io
per
lo tuo amore
volentieri
sostengo questi
tormenti,
i
quali
tu,
essendo
meco,
e aiutimi e mi fai
sostenere,
e io te lodo e
ringrazio
.
Allora una femina cristiana temente
Iddio,
la
quale
aveva nome
Giuliana,
vedendo cos crudelmente marto-
riare la beata
Barbera,
con
pianto l'accompagnava
e
diceva:

O
Signore
mio Ges
Cristo,
aiuta l'ancilla tua
.
Udendo ci il
prefetto
disse:

Ch'
quello
ch'io odo?.
Dissono coloro che erano
presenti:

Ella si ima cri-
stiana che si conduole di Barbera . Allora il
prefetto
comand che Giuliana insieme con Barbera fosseno
appiccate
in
alto,
e ai loro fianchi fossono accese fiamme
di
fuoco,
e cos fossero arse le loro
corpora.
E cos
fa-
cendosi loro
per
li
carnefici,
come il tiranno aveva coman-
dato,
la beata Barbera
riguardando
in
cielo,
or e disse:

Signore
mio,
Ges Cristo
benedetto,
il
quale
cerchi
e conosci i cuori
degli
uomini,
tu sai che volontaria-
mente sono ricorsa a te e
per
lo tuo amore costante-
mente
sostengo queste piaghe. Adunque
non mi
ab-
bandonare,
ma ricevimi nel tuo santo
regno
insieme
^
aiutare.
SANTA BABBARA 345
coU'ancilla
tua e sirocchia mia Giuliana. Noi siamo
ricorsi
a
te,
padre
celestiale,
non ci
abbandonare,
ma
ricevici
nel tuo santo
regno
! . E cos orando santa
Barbera,
incontanente si
spense
il fuoco che era acceso
ai
loro
fianchi.
Allora il crudelissimo tiranno comand che fosse loro
tagliate
le
poppe.
E
poi
che furono
tagliate
loro,
la beata
Barbera
guard
in cielo e or e disse:

Signore
Iddio,
non
volgere
la faccia tua da
noi;
il tuo
Spirito
Santo
noi
trre da
noi,
ma dacci e rendici la letizia della tua
salute,
ci conferma nel tuo santo timore . E sostenendo
le
martire di Cristo
allegramente questi
tormenti,
il
prefetto
comand che Giuliana fosse rinchiusa e
diligen-
temente
fosse
guardata,
e
poi
comand che santa Bar-
bera fosse menata nuda
per
tutta la contrada e conti-
nuamente fosse battuta e
fragellata.
E sostenendo
questi
tormenti,
santa Barbera
guat
il
cielo,
or e disse:
Signore
mio Dio
onnipotente
e
invisibile,
il
quale
cuopri
il cielo co'
nuvoli,
sii mio aiutatore da coloro che
mi
fragellano,
e lo mio
corpo
cos
dinudato,
cuoprilo
acci ch'io non sia veduta dalli
iniqui
uomini. E orando
queste parole
la
santa,
venne incontanente
l'angelo
di
Dio e s la
coperse
di bianco
vestimento,
e
poi
che l'eb-
bono
menata
per
tutta la
cittade,
s la
rappresentarono
dinanzi al
prefetto.
E vedendo il
prefetto
che '1
corpo
suo
non aveva alcuna lesione ed era cos nobilmente
vestita del vestimento che
l'angelo
l'avea
dato,
e ve-
dendo la sua faccia
risplendente maravigliosamente,
stava
stupefatto.
E vedendolo santa Barbera stare
cosi
smemorato e
attonito,
disse a lui :
Con ci sia
cosa
che tu sia simile al tuo
padre
diavolo,
or se' con-
fuso
dal vero Iddio ch'io adoro:
perch dunque
ti con-
tristi
dalla
grazia
e dei doni che io ho ricevuti da lui?.
Mugghiando
il
prefetto,
come
lione,
d'ira e di
rabbia,
comand ch'ella
gli
fosse menata dinanzi alla sua sedia
gmdiciale e diede colale sentenza di
lei,
dicendo:

Bar-
bera,
essendo di nobile schiatta nata 'ed essendo
per
346 LEGGENDE OBISTIANE
molti tormenti
costretta,
e non assentendo
per
sacri-
ficare
agli
idoli
immortali,
secondo il
comandamento
dei
principi
romani,
ma adorare uno
crocifisso,
siccome
ribelle e
sacrilega
comando che sia morta di
coltello.
E comand ancora che santa
Giidiana,
sua
sirocchia
nella fede di
Cristo,
fosse dicoUata.
Allora
Dioscoro,
padre
di santa
Barbera,
essendo
presente
a
questa
condannazione,
come fu
compiuta
la
sentenza,
la
prese
e levolla dinnanzi al
prefetto,
e
con
furore e con rabbia la men al
monte,
al
luogo
della
giustizia,
e colle sue
proprie
mani le
tagli
il
capo.
La
santa,
essendo menata dal
padre
cos rabbiosamente
al
luogo
della
giustizia, rallegrandosi
e confortandosi
molto in
Dio,
andava come andasse a nozze e affret-
tavasi che '1 suo martirio si
compiesse
tosto,
accioc-
ch ricevesse la corona della
giustizia
e della
gloria,
la
quale
molto
desiderava,
per. potersi congiungere
al suo
celestiale
sposo
Ges Cristo, E orando dicea:

Signore
mio Ges
Cristo,
corona de' santi martiri e
glria
e onore
delle
vergine,
il
quale
stendesti i cieli e fondasti la terra
e rinchiudesti
l'abissi,
il
quale
comandasti a' nuvoli
che
piovessono sopra
i buoni e
sopra
i
rei,
e andasti
sopra
il
mare,
e
riprendesti
il
tempestoso
vento : al
quale
tutte le cose
obbediscono,
esaudisci
per
la tua miseri-
cordia infinita la orazione della tua
anelila,
e dammi
grazia
ch'io
possa godere
teco nel tuo santo
regno,
il
quale
vivi e
regni 'per infinita
saecula seculorum. Amen.
Priegoti, Signore
mio Ges
Cristo,
che se alcuna
persona
a tua laude far memoria di me e del mio
martirio,
ti
piaccia
di non ricordare de' suoi
peccati, per
che
tu
sai
bene.
Signore,
che noi siamo carne e
sangue
e
fragili;
mandali
grazia per
tua
misericordia,
ch'egli
ubbidisca
i tuoi
comandamenti;
il
quale
se' benedetto e vivi
e
regni per infinita
saecula saeculorum . E
poi
ch'ebbe
com-
piuta questa
orazione venne una voce da cielo e
disse:

Vieni,
amica mia e sirocchia mia
Barbera,
a
riposarti
con
gli
altri santi nel
riposo
del
padre
mio,
con Giuliana
SANTA BABBABA 347
compagna
tua,
e
quello
che tu
piatosainente
m'hai do-
mandato,
io t'ho esaudito nella tua
orazione,
e cos
sar
come hai domandato.
Dopo queste
cose,
giunta
che
fu santa Barbera al
luogo
della
giustizia,
cio al
monte,
fu dicollata dal suo
iniquo padre.
E fii il suo
santo
martirio nella confessione del nostro
Signore
Ges
Cristo,
insieme con santa
Giulianaj
nel detto
luogo.
E
avendola
il suo crudele
padre
cos
morta,
e discendendo
gi
di
quel
monte,
fu
percosso
da Dio di severissima
giu-
stizia,
per
che venne fuoco da cielo e s lo arse e
divamp
tutto,
in tal modo che eziandio la
polvere
del suo
corpo
non
si
pot
mai ritmovare. Per la
qualcosa
venne
gran
paura
e terrore a tutti
quelli
che v'erano
presenti
e a
tutti coloro che l'udirono dire. Onde cominciarono
poi
ogni
anno a celebrare il martirio di santa Barbera e
di santa Giuliana.
E
dopo
la loro
passione,
uno venerabile uomo cri-
stiano,
il
quale
avea nome
Valentino,
domand al
per-
fido Marziano li venerabili
corpi
delle
sante
martire,
e
condigli
con
preziosi unguenti
e
seppelligli
riverente-
mente in un ottimo
monumento,
nel
luogo
che si chiama
del
Sole,
in una
piccola
abitazione. Nel
quale luogo
molti miracoli son fatti a
gloria dell'onnipotente
Iddio
e
onore delle sante
vergine.
Fu martirizzata la beata Barbera e santa Giuliana
a d
quattro
del mese di
dicembre,
regnante
Massimiano
imperadore,
ed essendo
preside
Marziano;
ma
appresso
di
noi
regnante
il nostro
Signore
Salvatore Ges
Cristo,
al
quale
onore e
gloria fer infinita
saecula saeculorum.
Amen.
ANNOTAZIONI
Anche S. Barbara
popolarissima:
ne fanno fede i molti
canti
delle varie
regioni
italiane nei
quali
si narrano le vicende
della
sua
vita. Vedi
l'opera
citata del
Maqnanelli,
pag.
88 e
sgg.
348 LEGGENDE CRISTIANE
I fedeli anticamente ne invocavano il
patrocinio
con
questa
giaculatria
in versi leonini;
Barbara, virgo Dei,
sps perpetuae requiei,
lux vera
fidei, quaeso,
"memento
mei,
e il Mone
(voi. Ili,
pag.
212)
riporta
un
grazioso
inno in
suo
onore:
Ave
m,artyr gloriosa
Barharaqm generosa,
paradisi
vernans
rosa,
castifatis lilium.
Ave Barbara
serena,
Clara
quasi
luna
piena,
singtdari
cantilena
sponsum agnum sequeris.
Ave
fulgens margarita
in corona Jesu
sita,
tam in morte
quam,
in vita
sis nobis
propitia.
Una
elegante
narrazione in ottave della sua vita fece stam-
pare
Francesco di Giovanni di Benvenuto a Firenze sulla fine
del
quattrocento;
di cui la
prima
strofa
pu
dirsi
quasi
una
pa-
rafrasi dell'inno
sopra
citato:
Ave lucente stella
mattutina,
Barbara
gloriosa
e
benedetta,
Ave,
virgo
da Dio fatta
divina,
penetrata
nel ciel come
saetta,
ave fiorita rosa senza
spina,
immacolata
palma pura
e
netta,
priega
Ges ch'io
possa
in versi dire
la tua nativit e '1 tuo martire.
Una sacra
rappresentazione
venne
stampata
dal Baleni
a
Firenze nel 1588 ed stata accolta dal D'Ancona
nell'opera
citata,
voi.
II,
pag.
71 e
segg. Sopra
tutte le
filgurazioni
arti-
stiche eccelle la
stupenda pittura
di Palma il
Vecchio,
nella
chiesa di S. Maria Formosa a Venezia.
SANTA BARBARA 349
Santa
Barbara
festeggiata
il 4
dicembre,
giorno
della sua
morte,
e viene considerata come
patrona degU artiglieri, perch
pot
uscire illesa dalla
breccia,
e
perch
la sua morte venne
vendicata
dal fuoco celeste. L'attributo consueto della sua fi-
gura

appunto
la torre con le tre finestre di cui
parla
la
leggenda.
Di recente il
Targioni-Tozzetti
ha
ripresa
l'antica tradizione
dandole
formia letteraria. Poich si
tratta
di tina
pubblicazione
fuori commercio,
tirata a
pochissimi esemplari,
crediamo far
cosa
grata
ai lettori il
riprodurla,
avendone avuto il
gentile
con-
sentimento
dall' Autore.
SANTA BARBARA
I.
In
quella
notte come dolci i flauti
sonarono,
le faci
arsero,
e i canti
squillaron per
le vie di
Nicomedia,
che tu
nascevi,
o
Barbara,
frutto
aspettato
di due cori amanti !
Lieti
gli augri
intomo a te volarono.
Ti diceva la
madre,
trasognata
nel rimirarti:

O
figlia
di
Dioscoro
tanto sei
vaga,
e
candida,
che da
Venere iddia tu sembri nata.

Perch d'un tratto nei


giardini pensili
non ebber
pi gorgheggi
i
rosignoli?
perch pi
voce non ebber le
ctere,
perch perch
le tortore
rattenner tra le
palme
i loro voli?
Perch tutte le stelle
impallidirono
ed una luce balen
vermiglia,
della
tepida
notte nella
tenebra,
e avvolse il cesto serico
ove
giacevi tu,
chiuse le
cigha,
o Barbara?

E con lento volo i Cherubi
tutti
fulgenti
nel candor
dell'ale,
a te farfalla
angehca venivano, .
a
te, bimba, osannavano,
anima etema in tenue vel mortale!
350 LEGGENDE CBISTIANB
II.
Quindici
volte su
gli
steli
fragili
salutar Primavera e
gigli
e
rose,
quindici
volte
gi
dal ciel
perlaceo
lente le nevi caddero
sovra le
querce
di Bitinia
annose;
e
tu,
fra '1 riso de'
maggi purpurei
fra '1 nitor muto
degli
inverni
algenti
bella
crescevi,
e ti
fulgea
ne' cerali
occhi una luce
insolita,
e dal labbro t'uscian non usi accenti.
E
se,
chiusa ne' veli t'incontravano
per
le vie
popolose
a
passeggiare,
meravigliando
le
genti
ammutivano,
te discesa
pensavano
di cielo in terra a miracol mostrare.
Invano invano le madri
sollecite,
di
monili adornaron le
figliole,
invano i
padri
ai
giovani proposero
ricche belt
patrizie:
non lucon stelle ove
fiammeggia
il sole!
HI.
Cadevan
gl'idi
di Marzo. Le rondini
stridendo
s'inseguian lungo
la
sponda;
dagli
orti effluvi di fiori
sahvano,
il
sole,
immenso
clipeo,
lento scendeva nel mare
senz'onda;
quando,
seduto
presso
un verde
salice,
Dioscoro
padre:

O di mia casa
fiore,

a Barbara diceva

o labbra
rosee,
o chioma d'or
finissima,
occhi lucenti
gai pieni
d'amore,
l nel
palazzo
dalle cento
parie
colonne,
a Marzian aurea
dimora,
domani andrai. Sciatilleranno
l'aquile
SANTA BAEBABA 351
romane al
sol,
le tibie
risoneranno,
e ti diran
signora,
schiavi e liberti. D'Imeneo le :&ccole
divamperanno.
Marzian che l'Urbe
qui
tra noi
rappresenta,
e il Divo
Cesare,
te chiamer nel talamo
compagna.
Intorno acclameran le turbe.

Triste sorrise la fanciiiUa
(il vespero
avea strano un
baglor,
come di

sangue !)
e disse:

Padre,
io di Ges di
Nazareth,
di colui che sul
Golgota
raccolser le Marie
pallido, esangue;
io di
Ges,
del Dio vero
unigenito,
che
per
salvarci venne in
terra,
e in croce
spir,
che sorse il terzo d dal
tumulo,
e al Ciel fu visto
ascendere,
io sono
sposa
!

Dioscoro feroce
surse a tali
parole,
e con
gran
furia,
fra
turpi
accenti e
ignobiU
blasfema,
gherm, squass,
batt le membra tenere
della
figlia
che tacita
lui
guarda
senza
lacrime,
e non trema.

Ah! tu
dunque
sei
sposa
al Rabbi
apostata,
che falsi disse i nostri sommi dei?

grida
il
Pagan.

Come Maria di
Magdala,
corae la donna
adultera,
devota ancella tu del Cristo sei?

E la veste succinta e le
purpuree
tessute
bende,
e fin
l'integra
zona
rabbiosamente
egli calpesta
e
lacera;
ella soUeva i
languidi
occhi e mormora:

Dio,
tu
gli perdona!

Ogni
senso
gentil
come nell'anima
tacque
al fiero
parente? Ogni pudore
come
egli
vinse, e,
nude le
virginee
forme,
pot
l'esanime
,
figlia
trarre d'innanzi al suo
signore?
352 LEGGENDE CRISTIANE
Marziano frem di
desiderio,
e
cupido guard
Barbara. Oh come
era bella ed altiera! Il volto cereo
non avea moto. Simili
a un manto
l'avvolgean
folte le chiome.
Fu illusione? Una luce
mirifica,
stibitamente scesa
gi
dal
cielo,
vider brillare i
riguardanti
attoniti,
che
l'ignuda
Dioscoride
tutta ravvolse come in denso velo.
E furon vani i
giuramenti;
inutili
le offerte alla
proterva disdegnosa.
N
pi
de'
preghi
le minacce valsero
di
castighi
terribili,
a vincer di Ges la casta
sposa.
Avvamp
d'ira Marziano
e,
orribile
a
dirsi!,
rinum.an
padre
annuente,
lei che dicea
d'amar,
f' dai carnefici
atrocemente battere!
Barbara Iddio
pregava
umilemente.
Ma le
verghe
cadevano,
oh
prodigio!,
senza
possa
sul
corpo
denudato.

Invoca,
o
trista,
Giove Ottimo Massimo!
Marziano
gridavale,
e Barbara:

Ges,
tu sii lodato!
^

S'appresti
il
rogo!
Con bollente resina
s'abbruci il seno alla vii cristiana!

Ella sorrise del crudele strazio
cui Marzian
dannavala,
e Cristo Dio
preg
soave e
piana.
Bruciavano le
carni,
a fiotti il vivido
sangue
scorreva,
d'ogni
intomo il foco
avvampava
la
Vergine,
che immobile
dicea
rapita
in estasi:

O
fgho
a
Dio,
Cristo Ges t'invoco!

Ad un tratto le
fiamme, ecco,
si
spengono,
e tutte cose
avvolge
un tenebrore.
Palma il Vecchio
-
Santa Barbara.
(Venezia
-
Chiesa di S. M.
Formosa).
(fot. Anderson).
352 LEGGENDE CRISTIANE
Marziano frem di
desiderio,
e
cupido guard
Barbara. Oh come
era bella ed altiera! Il volto cereo
non avea moto. Simili
a un manto
l'avvolgean
folte le chiome.
Fu illusione? Una luce
mirifica,
subitamente scesa
gi
dal
cielo,
vider brillare i
riguardanti
attoniti,
che
l'ignuda
Dioscoride
tiitta ravvolse come in denso velo.
E furon vani i
giuramenti;
inutili
le offerte alla
proterva disdegnosa.
N
pi
de'
preghi
le minacce valsero
di
castighi
terribili,
a vincer di Ges la casta
sposa.
Avvamp
d'ira Marziano
e,
orribile
a dirsi
'.,
i'inuman
padre
annuente,
lei che dicea
d'amar,
f' dai carnefici
atrocemente battere !
Barbara Iddio
pregava
umilemente.
Ma le
verghe
cadevano,
oh
prodigio!,
senza
possa
sul
corpo
denudato.

Invoca,
o
trista,
Giove Ottimo Massimo!
Marziano
gridavale,
e Barbara:

Ges,
tu sii lodato!

S'appresti
il
rogo!
Con bollente resina
s'abbruci il seno alla vii cristiana!

Ella sorrise del crudele strazio
cui Marziali
dannavala,
o Cristo Dio
preg
soave e
piana.
Bruciavano le
carni,
a fiotti il vivido
sangue
scorreva,
d'ogni
intorno il foco
avvampava
la
Vergine,
che immobile
dicea
rapita
in estasi:

O
figlio
a
Dio,
Cristo Ges t'invoco!

Ad un tratto le
fiamme, ecco,
si
spengono,
e tutte cose
avvolge
un tenebrore.
Palma il Vecchio
-
Santa Barbara.
(Venezia
-
Chiesa di S. M.
Formosa).
(fot.
Anderson).
1:'i
SANTA BARBARA 353
Piove dal ciel su la dolente un balsamo
che le
piaghe rimargina,
che alla indomita d nuovo
vigore.
Ed al Padre dei
poveri, degli
Timili
Barbara
volge
le ardenti
preghiere.
Come al canto di lei
rispondon gli angeli!
Come esultano i
martiri,
cui ride Dio dalle
superne
sfere!
IV.
Quale
furia
infornai,
qual turpe
demone
del
parricida
arma la man cruenta?
Siccome
gigh'o
schiantato dal turbine
(scintilla
al sol la lucida
lama e
uccide!)
la
pia
Barbara
spenta!
E Dioscoro
fugge:
e lui
perseguono
minacciosi fantasmi.... e
fugge....
e
fugge....
per inospiti pian
trascorre,
valica
monti: volan le nuvole
negre,
sibila il
vento,
il tuono
rugge.
Lo
sospinge
il rimorso.
Urla, bestemmia,
fugge
il ribaldo. In vortici fschianti
la
tempesta
lo
stringe.
Assumon
gli
alberi
strani
aspetti
diabolici,
al chiaror delle
folgori
croscanti,
e la
via,
come enorme
angue,
distendesi
quasi
a serrarlo nelle inmiani
spire;
urla il torrente che a valle
precipita....
Egli, gi
vinto,
incespica,
cade
ansimando,
e
pi
non sa
fuggire.
Qual
se di cielo in ciel
piombasse un'ignea
valanga,
e l'eco all'atterrito mondo
ne
ripetesse
il
pauroso strepito,
tale un
fragor propagasi
nella
tempesta
fra '1 buio
profondo,
e la saetta dalle cento lucide
lingue
il caduto
divampando
assale:
23.

Battelli,
Leggende
cristiane.
354 LEGGENDE CRISTIANE
le ree membra
sussultano,
si torcono
in un ultimo
spEisimo....
cade la
pioggia
ftta,
greve, uguale.
Dalle
fortezze,
dalle navi ronxbino
le
mitraglie
e i
cannoni,
e l'acre fumo
si
disperda
nell'aria in
spire argentee:
t'
grato,
o santa
Barbara,
delle
scoppianti polveri
il
profumo!
E
per
l'alto
fragor
chiari risuonino
gli
echi ai
monti,
alle
valli,
e
degU
umani
al Ciel della tua
gloria,
o
Diva,
ascendano
armoniosi i
cantici,
ed
implorando
a te
s'ergan
le mani!
Dimmi,
non senti tu di
queste supplici
anime in
pena
i voti e le
parole?
Le ascolti tu che nel celeste
empireo
t'aggiri,
o santa
Barbara,
irradiata dal
perpetuo
Sole?
Se dei mortali affanni hai tu
memoria,
se di noi serba il core adamantino
qualche
ricordo,
se ancor le
nequizie
nostre ti fan le lacrime
riscintiUare sul
ciglio
divino,
odi le
preci!
Quando guizza
il fulmine
via
pel
nemboso cielo a notte
fonda,
tu lo rattieni colla mano
eburnea;
quando
i mortai rimbombano
oh raffrenali
tu,
vergine
bionda!
Vigilatrice provvida
ed assidua
tu alle madri alle
spose agli aspettanti
figli
radduci da' lontani
oceani,
dalle contrade
inospiti,
dall'isole remote i
naviganti!
LA
LEGGENDA DI SANT'ORSOLA
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
I,
fag. 177].
Chi vuole
posare
ed abitare e
godere
con
Cristo,
in
questo
mondo le cose
temporali
li conviene
abandonare,
e
conviengli contemplare
de la vita e de le
cose
superne:
e
possianne pigliare
verace
esemplo
ed amaestramento
de la
gloriosa
e santissima
vergine
alluminata santa
Orsola,
che fu fondata nel divino
amore,
e
piena
di sa-
pienza
e di
grazia
da Dio
onnipotente.
E udirete le
virtudi
divine,
e com'ella fu in
grazia
a raimare tanto e
maravigUoso
e
magnifico collegio
di
pulcelle,
tutte di
schiatta
reale,
e
figliuole
di conti e di marchesi e di
grandi
baroni: e tutte le
spos
e marit al dolce Cristo
Signore
celestiale.
E tutte erano state
pagane
e rubelle di
Dio;
e
per
la
sua industria e
sagacitudine
le fece inamorare del
divino
amore,
e tutte le fece incoronare de la corona
celestiale,
ed intrare nelle schiere de li
angioli,
e nel
collegio
loro del
pgiradiso.
Fu
questo
nel reame
d'Ungaria.
Il re e la reina
d'Ungaria,
i
quali
erano
sposi
e
grandi
amici di
Dio,
aveano
grande
desiderio d'avere
figliuoli,
acci che '1
reame
non rimanesse vedovo. Levaronsi tre notte a
lato
a lato
^,
e stettero in orazione divotamente dinanzi

-
^
di
seguito.
356
LEGGENDE CRISTIANE
a Dio: e in
capo
de le tre
notte,
la reina fu
incinta,
di
che
grande
fu la festa e
l'allegrezza
che ne
fecero
quelli
del
reame,
donne e
donzelle,
baroni e cavalieri e
ogni
borghese.
E,
come venne al
tempo
del
parto,
la
reina
partoro
una
zitella,
la
pi
bella creatura che
giammai
fosse veduta in
questo
mondo,
e
nacque
vestita
d'una
vesta tutta
pilosa;
e
grande maraviglia
se ne facea
tutta
la
gente.
E lo re ebbe seco a
consiglio
tutti i savi
suoi,
e domand loro che
potesse
essere ci: e' savi non
sep-
pono
conoscere la
propit
^,
ma solo Iddio lo
sapea,
che
quella
vesta
pilosa figurasse
ch'ella
seguiterebbe
la
santi-
tade e la
verginitade
e la
sapienza
di Santo Giovanni
Bat-
tista.
E,
per
amore di
quella
vesta
pilosa,
le
posono
nome
Orsola,
e fu
appellata
e chiamata
poi
Orsola;
e
venne crescendo in
grazia
ed in bellezza ed in
tanta
sapienza, ch'ogni persona
se ne
maravigliava.
E anche
di
questo
non si dovevano
maravigliare, imperci
che
ninna cosa
impossibile appo
Dio. Orsola cresciuta era
d'etade d'anni
quindici,
ed era lume
d'ogni sapienzia,
ed
era
specchio d'ogni
bellezza,
ed era fontana di scrittura
e di
begli
costumi:
piti
bella femina di lei non era in
questo
mondo. Lo suo
parlare
era s dolce e si dilettevole e s
soave,
che
parca
uno
angelo
di
paradiso
ch'avesse
presa
carne umana: e cosa neuna che
portasse peso
di
gra-
vezza
2,
non si facea in tutto lo
reame,
senza lo
consiglio
d'Orsola. La fama sua era volata
per
tutto l'universo
mondo,
del suo senno e della sua
grande
beltade.
Udendo lo re di
pagania
d'oltramare la sua
profon-
dit di senno e di savere e di
bellezza,
fue
preso
del suo
amore,
e
puosesi
nel cuore suo di fermo
^
di volerla
dare
per noglie
al suo
figliuolo,
e lei avere in casa sua
per
sua nuora. E immantanente fece
grandissima
amba-
scera ed
onorifica,
di conti e di
marchesi,
con
grande
^
quella propriet,
o
meglio particolarit.
^
d'importanza.
^
risolutamente.
SANT'ORSOLA 357
compagnia
di cavalieri e donzelli e filosofi
^;
e comand
loro
immantanente
fossono
mossi,
e andassono in Un-
gheria
al
padre
d'Orsola. Discretamente lo
pregate
[disse]
che
gli piaccia
di dare Orsola
per moglie
e
per
isposa
al
mio
figliuolo.
E
s'elli,
per
le vostre
parole
pacifiche
e
cortesi,
non
acconsentisse,
diteli ed
apri-
teli
il cuore
mio,
ch'io lo sfido a morte
perpetuale,
e
cavalcher
immantanente
sopra
lo suo
reame,
ed arder
e dibrucer
tutte le sue
terre,
e lui
piglier
e farollo
morire
di morte
crudele,
e
poi
ne mener Orsola. E
questa
imbasciata li
gittate
da mia
parte:
e comandovi
che
immantenente che voi siete
giunti,
che a loro voi
disponiate
^
mia
volont,
e dareteli termine tre d a
dihberare
ed a
rispondere:
e,
fatta la
risposta,
non
soggiornate
alcuna
parte,
ma tostamente
ritornate;
ch'io mi
distruggo
tutto di
spacciare questo piato
^,
di vedere ed avere Orsola in mia baUa. Ecco
gli
am-
basciadori che furono
mossi,
e con
grande
soUicitudine
camminarono
per
terra e
per
mare,
e furono
giunti
in
Ungheria,
e furono dinanzi al
re,
e saviamente
dispo-
sono la loro imbasciata
interamente,
e dissero tutta la
volont del loro
signore,
e lo
prego
e le
minacce;
e die-
dero tre
giorni
a
rispondere,
e andarono
all'albergo.
E
messere lo re rimase in tanto dolore ed in tanta
pas-
sione,
che sudava e
trangosciava,
e
pareva
che volesse
ispasimare:
e la reina corse a
lui,
e domandoli: Che
novelle avete
voi,
o che v' incontrato?. E lo re disse
tutto
per
ordine
ogni
cosa,
e disse:

compagna
mia,
prima
che Orsola
nascesse,
dolorosa era la vita
mia,
e
poi,
ora che
l'abbiamo,
trista sar la vita mia in-
fino
a l'anima ed a la morte mia. Noi siamo
cristiani,
servi
di Dio: s'io la marito al nemico di
Dio,
a
quello
grande
Cane
*
pagano
d'oltre lo
mare,
la mia morte sar
^
gente colta,
capaci
di ben
.parlare,
^
esponiate.
^
definire
questa questione.
*
Kan in tartaro
significa signore.
358 LEGGENDE OBISTIANE
Ogni
d,
e la vita mia sar dolorosa e torta: che
giam-
mai la
speme
mia non credo
rivedere,
s'ella
passa
lo
mare,
il lume deUi occhi miei. Or come far io mai
sanza
lei? Il
corpo
mio come
rimarr,
e come
viver,
da
che
l'anima non vi sar
pi
dentro? E s'io non
gliela do,
egli
mi verr addosso con
pi
moltitudine di
armati,
che non sono le stelle del cielo. Assai
maggior
male
ne
seguiter, ch'egli
uccider ed arder il nostro
reame,
e meneranne
presi
e
legati
ed incatenati tutti li
nostri
cavalieri,
e la nostra
gente
uccider,
e di me far
strazio,
ed Orsola ne mener.
Adunque,
ei sarebbe
meglio
ch'ella
non fosse mai nata. E
poi
che la reina ebbe
intese
queste parole, gitt
in terra la
corona,
e misesi le
mani
nel
capezzale
^
e
squarciossi
i
drappi,
ed incominci,
a fare un doloroso
pianto,
e
piangea
forte la sua sven-
tura,
e
piangeva
la sua
figliuola
dolcissima s come fosse
morta;
e diceva:

anima
mia,
come far io sanza la
consolazione de la mia vita?
rifugio
delle mie
fatiche,
sapienza
e
consiglio
del reame
tuo,
che tu se' ! Come do-
loroso
partito
che noi abbiamo alle mani! Se noi ti
maritiamo,

peggio
che se noi ti teniamo. O baroni e
conti e marchesi e cavalieri e donne e donzelle ed
ogni
borghese,
vem'te a
piangere
con meco la nostra
Orsola,
dolce
speranza, consiglio
amabile
d'ogni
cosa!. E infra
questo
lamento, Orsola,
lucerna di
paradiso, quella
ch'
di senno e di savere bene
armata,
usc di
camera,
e vemie
ne la sala
reale,
e trov lo
padre
stare boccone in su
la
sala,
e
piangeva
amaramente: e la madre sua tutta si.
consumava,
e' baroni
maggiori
del reame stavano
in-
cantonati
^,
e tutti
lagrimando
e
piangendo.
E Orsola
allora
prese
lo
padre
e disse: ((Padre
mio,
state suso
e
confortatevi,
ed io
rallegrer
i vostri cuori che
sono
turbati. E
poi prese
la
reina,
cio la madre
sua,
e ri-
posele
la corona in
capo,
e
pregolla
che,
per
lo suo amore,
^
ornamento del
capo.
2
rmc6intucciati.
sant'obsola 359
si
dovesse
confortare:
imperci
ch'io vi dar consola-
zione
e conforto
ed"
allegrezza
a
voi,
ed a tutto il nostro
reame
^.
Rispuose
messere lo re:

figliuola
mia dol-
cissima,
e dilettosa
speme,
ma che conforto
posso
io
avere?
Io
ho due lance in mano:
qualunque
io
piglio
mi
fora
il cuore e l'anima. S'io ti
marito,
che tu te ne
vadi
oltra
mare,
li miei occhi non ti rivedranno
mai,
e mai
non
ristaranno i miei occhi di lacrimare: e s'io
non
ti
marito,
il Cane d'oltre mare de'
pagani
mi verranno
adosso,
ed arder tutto il mio
reame;
ed uccider tutta
la
gente,
e
meneranne
te
per
forza; e,
se ci interve-
nisse,
la mia vita sarebbe
brieve,
e dolorosa sar la
morte
mia. Ed Orsola incontanente incominci a sor-
ridere
e disse:

dolce
padre
mio e dilettosa madre
mia,
io vi
priego, per
lo mio
amore,
che voi vi confortiate
e
rallegrate,
ch'io vi
prometto
nella mia fede ch'io vi
porr
in
pace
col re d'oltra
mare,
e darowi consolazione
della mia
persona.
0 dolce anima
mia,
come
pu
essere
quello
che tu di' ? Domane mi conviene
rispondere
agli
ambasciadori d'oltra mare: come
risponder
io?.
Rispuose
Orsola:

Padre
mio,
io
voglio
fare
questa
risposta per
voi;
ma
voglio
che voi
gl'invitiate
a desinare
con voi domattina: e
troppo
avete
mancato,
che voi no
gli
avete
invitati,
poi
che
vennero,
ne fatto loro onore
.
Rispuose
il
padre: Figliuola
mia
dolcissima,
questi
due d
passati
del termine
^,
lo mio cuore stato con
passione,
pieno
di molti dolori e
d'amaritudine;
gli
occhi
miei
hanno versato fiume di
lacrime,
ed ho
perduto
lo
senno e la
memoria e la
materia;
ma da ch' tuo
piacere,
mando a fare la invitata
per
domattina,
e tu
risponderai
;
e
prego
Iddio di
gloria
che t'allumini e t'ammaestri
tale
risponsione
che sia
gaudio
e consolazione di me e
deUa
tua
madre,
che tanta fatica sostene in te.
E
gl'invitatori
andarono,
da
parte
di
messer lo
re, agli
^
Si
noti il
passaggio
dalla
parlata
indiretta alla
diretta,
di ciii tro-
'"o
tanti altri
-esempi
in
questa
narrazione,
del
termine
prefisso per
la
risposta.
360
*
LEGGENDE CRISTIANE
ambasciadori d'oltre
mare,
che
piacesse
loro di
venire
domattina a
mangiare
con messere lo re. E
poi
che
la
invitata fu
fatta,
gli
ambasciadori fmrono
molto
gau.
denti ed
allegri, imperci
che molto stavano
manin-
conosi^. E la
savia,
gentile,
bella e
piacente, oltr'e
fuori di
natura, Orsola,
gaia
ed
allegra
e
rilucente
pi
che steUa di
cielo,
tutta
quella
notte istette nella
camera
sua
serrata,
con
grande
orazione dinanzi la
figura
di
Dio
padre,
e tutta la notte con lacrime or e
preg
l'alto
Iddio,
nostro
Signore
beato,
e dice:

O
Signore
mio Ges
Cristo,
io avea
promesso
e diliberato
dentro
al mio cuore e nella anima
mia,
vivere e morire
vergine
per
lo tuo
amore,
ed a te donare la mia
verginitade,
e te avere e tenere
per isposo.
Ecco,
dolce
amabile
Signore
mio,
sia la volont tua: or vuo' tu ch'io entri
nell'ordine del
matrimonio;
ma se tu vli ch'io entri
nell'ordine del
matrimonio,
donami
grande
vertude,
ch'io converta
quelli
cani
pagani
a te e alla tua
fede;
dainmi tanto senno e
savere,
ch'io
gli
allumini de la
tua
fede,
e rechili e conducali al santo battesimo ed
alla santa confessione: ch'eUino conoscano
te,
uno
Iddio ed alto
re,
salvatore del
mondo,
ch'io
possa
e
sappia
consolare e
rallegrare
lo mio
padre
e la mia madre
e tutto lo mio
reame,
e ch'io mi
riposi
in
pace
ed in
gaudio
ed in
tranquillitade
,
E a
questa
orazione^,
tutta la notte
istette a domandare
questo
a Cristo.
E
quando
fu
presso
all'alba del
giorno,
la donzella
non avea ancora dormito:
posesi
a
giacere
in terra
appi
della
Croce,
e fu
addormentata;
e
l'angelo
di Dio
apparve
in
sogno,
e disse:

Orsola,
la tua
adomandagione
esaldita
^
dinanzi al
cospetto
di
Dio,
ed andrai
ista-
mattina e
parlerai
dinanzi
dagli
ambasciadori
d'oltra
mare,
e Iddio celestiale t'ammaestrer ed alluminer
e nietter senno e savere nella
lingua
tua,
come
tu
do-
1
malinconici,
^
esaudita,
come
pi
avanti laido
per
laud.
SANT'ORSOLA 361
verai
dire.
E fatto
giorno,
l'amabile Orsola si lev
dal sonno,
e
ringrazi
e laido e benedisse e
glorific
il
nome
di
Dio;
e fu adornata e vestita d'uno vestimento
fatto
come
il cielo
stellato,
lavorato ad
opera
musaica,
incoronata
d'una corona di
gemme
e di
pietre preziose,
che
valea
pi
d'una citt. E nell'ora ordinata e
dipu-
tata
^,
gli
ambasciadori del re d'oltra mare erano
giunti
nella
sala reale: e '1
re,
con tutta la sua
baronia,
era
nella
detta
sala,
ed
aspettava
Orsola,
che dovea ri-
spondere
a la
gente pagana
d'oltre lo mare: che lo re
non
sapea
come si
rispondere.
Ecco
Orsola,
uscita di
sua
camera,
e venne
per
la sala ov'era la
baronia,
e
quando
apparve
nella
sala,
parve
aUa
gente
che,
fosse
uno
raggio
di sole che venisse da
cielo,
che
ogni gente
se ne
maravigliava;
ed assai
piti
se ne
maravigliavano
gli
ambasciadori d'oltre lo mare: e
quasi
tutti uscirono
di loro medesimi de la
grande
bellezza
della
pulcella.
E disse l'uno co' l'altro:

Chi
questa
che viene del
paradiso?.
Fue loro detto che la era
Orsola,
figKuola
di messere lo
re,
per
la
quale
voi venite. Ed ella venne
cortese,
cOgli
occhi chinati a
terra, onesta,
savia e dotta
ed
amaestrata,
bella e
piacente sopra
tutte l'altre del
mondo;
dietro
a lei vennero cento
pulcelle,
tutte ve-
stite a seta
bianca,
e bionde e
belle;
e
risplendenti
i
loro
vestimenti,
e lucevano
piti
che
stelle;
ed
Orsola
parea
la luna e la stella ^. E incominci a
parlare;
e
primieramente
salut la baroma ch'era venuta d'oltre
lo
mare,
e
poi
disse,
ch' la loro venuta ed a lei ed al
suo
padre
ed a la sua madre ed a tutto suo reame a
grande
onore e
grande
esaltazione e
gaudio
e festa e
pasqua
^,
che
mai non fu simUe onore a
questo
reame,
come
la
vostra venuta.

Al nostro ed al vostro
signore
che vi
ha
mandati,
dite che messere lo re
d'Ungheria,
della
sua
figliuola
vole fare ci ch'a lui
piace.
E direteli da
^
destinata.
^
il
sole.
^
solennit
gioconda.
362 LEGGENDE CBISTIANB
la mia
parte primieramente
ch'io molto li mi racco-
mandando;
e
poi
cento milia
^
di salute mi
porterete
al suo
figliuolo
e mio
sposo.
E direte da la mia
parte
al mio
signore,
messere lo re d'oltre
mare,
ch'io
gli
do-
mando tre
grazie:
e
pregatelo
molto incarnalmente
2
da la mia
parte,
che me le faccia e m^e le conceda. La
prima
,
ch'io
voglio
e domando
ch'egli
insieme col suo
figliuolo
e mio
sposo,
si battezzino nel nome del Padre
e del
Figlio
e dello
Spirito
Santo. La seconda
grazia
si
ene,
ch'io
vogHo
ch'elli mi dia termine tre
anni,
inanzi
ch'io mi
congiunga
con lui: infra
quelli
tre anni
vogHo
andare a visitare
quelle corpora
sante da
Roma;
e
poi
voglio
andare a visitare lo santo
sepolcro
del nostro
Signore
Gesti Cristo. La terza
grazia
,
ch'io
voglio
che
mi mandi dieci milia
pulzelle, vergini
tutte,
di
gentUe
sangue
nate,
e
vengano qua
in
Ungheria,
che
venghino
meco in
questi viaggi
e 'n
questo
santo mio
pellegri-
naggio.
E direteU che '1 terzo
anno, io,
con
questa
mia
compagnia,
darr la
volta,
e torner
per
le sue contrade:
ed allora
compieremo
il matrimonio e la convenzione
carnale. E se voi sete mandati a
ci,
e se voi avete baha
aiiitoria^
per cagione
di
compiere
tutto lo suo intendi-
mento,
datemi
l'anello
per
nome del
figliuolo
di messere
lo re d'oltre
mare,
sotto i
patti
e sotto le
grazie
e sotto
le
leggi
ch'io ho adomandate. Allora tanta
allegrezza
e
gaudio
fu nel cuore e nell'anima
degli
ambasciadori
d'oltre
mare,
che
quasi
non
potevano parlare,
si for-
temente
i loro
coraggi*
erano
pieni
di
gaudio.
Levossi
suso uno nobilissimo conte di
quegli
ambasciadori,
di s
grande
altura che tenea
sempre
trecento cavaHeri
d'arme,
e
ringrazi
messere lo
re,
e
poi
la reina e
poi
la
gentilissima
e nobilissima Orsola: e con
gaudio
e
con trionfo si furono
partiti,
e
presano
loro cammino.
^
migliaia.
2
forse da
leggere:
coralmente.
3
avete autorit siifficiente.
*
cuori.
sant'obsola 363

E^giunsero
oltramare: e
quando
lo re
gli
vide ritor-
nare,*
fino
da
lunga
si fece loro
incontro,
e dimand
di
novelle.
Et ellino
rispuosono
e dissero:

Noi abbiamo
buone
novelle
ed alte e
magnifiche
e
gaudiose.
Allora
messere
lo re
gli
abbracci,
e fece loro bella raccolta
^
e
beUa
cera e beUo
sembiante;
e tanto tosto
gli
men
ne
la camera
sua,
e fecesi dire il
t&tto,
com'era stato
loro
graziosamente
risposto.
Ed ellino
risposono
brie-
vemente,
ed in somma dissero che Orsola era
piti
bella
che
niuna
stella che fosse in
cielo,
ed era
piti
savia
^
che
tra
tutti
i
pianeti
del cielo. E
poi
dissero come ella avea
risposto,
e com'ella vi si manda a voi
raccomandando,
e com'eUa
mandava cento milia salute al vostro
figliuolo,
suo
sposo:
e
poi
dissero com'ella domandava tre
grazie,
e nominatole
per
nome: la
prima
ch'ella domandava
ch'eglino
si
battezzassino;
la seconda
grazia
che le desse
termine tre anni: infra
quello tempo
vuole visitare le
corpora
sante da
Roma,
e
poi
lo santo
sepolcro
d'oltra
mare. E
poi
voleva dieci
migliaia
di
pulceUe vergini
di
gentile lignaggio;
e
poi, compiuti quelli
tre
anni,
si
ritornerebbe
per
le vostre contrade.
Allora messere lo re disse: Benedetto e laudato
sia lo nostro
signore
Iddio
Malcometto,
c'ha consolata
l'anima mia di
quello
ch'io ho disiderato. Veramente
questa
la
pi
franca donna che sia sotto la ruota del
sole;
e io
giuro- per
le viscere de la madre
mia,
che non
si e
non sar cosa ch'ella m'addimandi ch'io le
disdica,
e
tutte le sue
petizione voglio
che sieno esaudite e com-
piute
immantanente . E rimand nuova ambasceria
in
Ungheria
al re e ad
Orsola,
e mandlle tante
gioie
magnifiche
e di s
grande
valimento
^,
che non era al
mondo
citt che valesse
tanto;
e mandolla
pregando
ch'ella
dovesse
prima
visitare lo santo
sepolcro
d'oltra
mare
e
poi
andasse a Roma. E
questo
dicea elli ch'ella
^
accoglienza.
^
Cos il
testo,
ma sarebbe
pi opportuno
un altro
aggettivo.
^
valore.
364 LEGGENDE OEISTIANE
passasse prima
lo
mare,
imperci
ch'elli si volea
imprima
battezzare
per
sua
mano,
con tutta sua baronia e
col
figliuolo,
ch'era suo
sposo.
E Orsola mand
rispondendo
ch'ella avea
fatto
il
boto d'andare
prima
a
Roma,
e
poi
andare in
Gerusa-
lem al santo
sepolcro:
e
mandgli
dicendo che li
piacesse
di mandare diecemilia
pulcelle
di
gentile sangue;
ed
ella tostamente si
spaccerebbe
del suo
viaggio,
e
ri-
tornerebbe
per
lo
paese
d'oltra
mare
per
le sue
contrade,
e
per
lo suo i sforzo
riposarebbesi
con
lui,
e
compierebbe
lo santo matrimonio:
poi
non tornerebbe
giammai
di
qua
da mare.
Ecco
gli
ambasciadori scomiatati da
Orsola,
e
sono
ritornati oltre
mare,
e sono dinanzi a messere lo
re,
e
ricontano la savia
risposta
ch'avea fatta Orsola: ed im-
mantanente fece il
maggiore parlamento
^
che
giammai
facesse. E
quando
furono assembrati i conti e marchesi
e
principi
e baroni e
grandi
cavalieri di
legnaggio,
e'
disse nel
parlamento
ed
ispose
tutto
per
ordine di ci
ch'era stato e fatto e detto e
promesso.
E
poi
disse loro
come il cuore suo era
gaudioso,
e come l'anima sua era
consolata ed
appagata
e contenta: e
poi
disse come
egli
avea
impromesso
di mandarle diecemilia
pulcelle,
tutte di
gentile sangue
nate;
e
perci
io vi
priego
e co
mando che voi tra voi le dobbiate
isceghere
tutte
da
vantaggio:
e,
per
buono
incomiaciamento,
io mi inco
mincio ed
eleggo
la mia dolce
figliuola,
la
quale
ha
quin
dici
anni,
e con lei mander cento
pulcelle
in sua
se
creta
compagnia,
le
quali
tutte saranno
figliuole
di
cavaUeri. E
poi
tutta
quella
baronia a uno a uno
si le
vavano tutti
quanti,
e ciascuno
nominava
la sua
fi
gliuola.
E
poi
ch'ebbero fatto e
compiuto
il novero
de
le dieci mUia
pulcelle,
immantanente fu fatto il comanda-
mento che tutte fossero ed acconce e
parate
e fornite
ed addobbate ed assembrate dinanzi da
lui,
da
ivi
a
^
riunione di tutti i nobili del reame.
SANT'ORSOLA 365
quaranta
giorni.
Col
termine,
il
giorno
stabilito,
tutte le
donzelle vergini,
assemblate dinanzi a messere lo
re,
tutte
vestite
ed addobbate e
parate:
de le
quali
alcune
erano
vestite
di
porpora,
e
quale
di sciamito
^,
e
quale
di
baldaccbiuo ^,
e
quale
di
palio
adorato
^,
e
quale
d'opera
e lavoro
iudaico,
e
quali
incoronate,
e
quali
inghirlandate,
e
quaU
in
capelli:
e tutte
parieno angele
iscese
di cielo: e catuna avea seco
quale cinque
e
quale
diece,
e
quali
venti e
quale venticinque,
e
quali
cin-
quanta
pulcelle,
in sua distretta e secreta
compagnia,
per
loro
speziale servigio.
Ed erano con loro
cinque
migliaia
cavalieri da
battaglia; imperci
che li man-
davano
i
padri
loro,
i
quali
erano
principi
e duchi e
conti e marchesi e baroni e
grandi capitani
e cavalieri
di
lignaggio,
e menavano bene dodici
migliaia
muli,
tutti a
campanelle,
e carichi d'oro e
d'argento
e d'altre
cose
d'arnesi;
e
perci
si menavano a destro bene
quin-
dici milia cavalieri
armati,
sellati e covertati ad oro e
seta ed a sciamito. E
quando
messere lo re vide tanta
bella
gente
e tanta nobilt e tanta
magnificenza
d'al-
legrezza assemblata,
incominci a
lagrimare,
come
grande
baronaggio
e cavalleria che
questa
era;
e fu mosso
elli in sua
persona,
ed and con
loro,
e men seco il suo
figliuolo unico,
lo
pi
bello
giovane
che si trovasse in
tutta
pagania d'oltre, mare;
ed alzarono le vele in
pe-
lago
d'alto mare.
E
Orsola
per
sue
spie seppe
la loro
venuta,
e
com'egli
erano
sopramare:
e
quella
stava con
grande
divozione
d
e
notte,
e
pregava
Iddio che li
guardasse
di
pericolo
di
venti,
e che desse loro bonaccia e sereno e
tranqui-
litade e
porto
di salute. E tostamente ella fu in camera
a
stretto
consiglio
col
padre
e co' la madre e con al-
quanti baroni
savissimi;
e Orsola disse a loro: Che vi
pare da
fare,
e che vi
pare
che noi abbiamo da fare al
^
stoffa di seta orientale.
*
stoffa d'Oriente tessuta a
Bagdad.
^
panno
dorato,
broccato.
366
LEGGENDE CRISTIANE
presente?
Lo re de'
pagani
viene ne le nostre
contrade
in
Ungheria,
con
gente
innumerabile a
pie
ed a
cavallo
ed
gi
in. mare. E '1
padre rispuose
e disse:
Io
ho
grande
temenza,
e temo forte che no' mi
tolga
lo
reame,
da
poi
che elli viene in sua
persona,
e lo
simigUante
dissero li
baroni;
e la reina medesima molto
pi
ne
te-
mette.
E Orsola si lev in
piede,
e con molte belle
parole
e
soavi,
e s li
prese
a
confortare,
e disse
loro,
che
al
postutto
non temessono e non avessero
dottanza^,
imperci
ch'io vi
prometto
di
ponervi
tutti in
pace;
e '1 nostro Padre celestiale mi dar de la sua
grazia,
s
ch'io
spero
di recare
quella gente pagana
a l fede
san-
tissima di Dio
padre onnipotente.
Ma io non vi
raunai
per
udire la vostra temorosa
risposta;
anzi
per
avere
consiglio
da voi dell'onore che noi avessimo a tenere.
EHino allora si confortarono
molto,
ma la
paura
e la
febbre ch'elli aveano del
tremore,
non si
part per
ci
da
loro,
ma dissono:
Madonna,
voi siete savia
pi
che
persona
di tutto
questo
reame
d'Ungheria; quello
che
pare
a voi di
fare,
comandate e sar
fatto;
noi^
siamo
tutti
quanti
sotto '1 vostro
consiglio,
e molto
speriamo
che Iddio vi dar
grazia, quella
che voi
adomanderete;
imperci
che voi siete accostante
^
a
Dio,
e divota amante
sua. E consideriamo come Dio
onnipotente
ha
posto
in voi
pi sapienza
e di savel*e e di senno e di bellezza
d'onestade che mai avessono tra tutte le donne
del
reame
d'Ungheria:
e cos
potr
mettere in voi
pi
di
grazia
e di virtude. E Orsola disse e
rispuose
a
quelli
savi e a
queUi
baroni:
De la
grazia
del nostro
Signore
Domenedio ha
pieno
il cielo e la
terra,
e la sua
potenza
si distende infno nel fondo del
mare,
e nel
profondo
del nabisso: ed s
largo
e cortese e
grazioso,
che
chiun-
que
ne
vuole,
s ne
puote
avere sanza
dispendio
e costo
niuno,
solamente con la volont del
cuore;
ed
io
gli
^
timore.
^
costante,
fedele.
SANT'ORSOLA 367
ho
dato
e donato tutto il mio cuore e la mia
volont,
e
delle
cose di
questo
mondo io none
curo,
n amo n
desidero
cosa mondana n terrena. E
vogHo
che
voi
sappiate
che
qualunque persona porr
il cuore
suo,
cio
la volont del suo
cuore,
nelle cose
superne
ce-
lestiali,
ci
ch'egK
adomander a Dio non
gli
sar
ne-
gata;
e in ci ho
posto
lo mio
intendimento,
e '1 mio
cuore
ad
alto,
neUe cose
superne
del cielo.
Adunque
avr
io da Dio ci ch'io adomander a
lui,
e la mia
adomanda
sar di
guardare
e di difendere e
salvare,
e di conservare in
pace
e in
tranquillit
lo nostro reame
e la nostra
gente,
e convertire e recare alla fede cri-
stiana
e al santo battesimo tutta
quella gente pagana:
e
voglio
io
ringioire
e
rallegrare
i vostri
coraggi
con-
turbati.
Sappiate
che Dio
padre
celestiale m'ha
pro-
messo d'esaudire tutte le mie
petizioni
. Allora lo
padre
si leva dalla
sedia,
volendola abbracciare e
basciare,
con
lagrime d'allegrezza;
e la reina sua madre fece
il
somigliante;
e i baroni e i
maggiori
di tutto U reame
d'Ungheria
vennero a baciare i
piedi
d'Orsola;
ma ella
no' si
lasci,
ma
egli
le fecero
grande
reverenza,
e dis-
sero: Messere lo
re,
questa
vostra
figliuola
colomba
di
pace
che venne di
paradiso,
che
rec l'ulivo delle
buone novelle all'arca di
No,
al
tempo
del diluvio

^.
E
Orsola disse: E io
voglio
che immantanente si faccia
parlamento
generale,
e
voglio proporre
nel
cospetto
loro
quello
ch'io
voglio
adomandare . E cos tosta-
mente il
parlamento
fu
fatto,
nel
quale
erano
prin-
cipi
e conti e marchesi e catani
^,
baroni e cavalieri.
E
Orsola si lev suso in
piede
a
parlamento,
e disse
la
venuta di
questo grande
re d'ltra
mare,
e disse la
cagione
della sua
venuta,
e disse lo
grande
suo intendi-
mento;
e finalmente disse ch'ella voleva mille
pulcelle
vergini,
di
gentile sangue
nate,
iu sua
compagnia,
e
1
Vedi
Geneai, Vili,
11.
^
capitani.
368 LEGGENDE CRISTIANE
voleva mille cavalieri a
sproni
d'oro a la
guardia
di
quelle
mille
pulceUe;
e catuna fsse di
quindici amii,
o
da indi ia suso. E immantanente furono elette e
trovate
mille
pulceUe,
e tutte di
quindici
anni infino in
ven-
ticinque
anni,
e tutte
figliuole
di
conti,
duchi e
marchesi
e baroni e catani e di
grandi
cavalieri di
legnaggio;
e
per
loro servire e
per
loro onesta
compagnia
furono
eletti mille cavalieri da
battaglia.
E,
fatta
questa
co-
tale elezione e
scelta,
incontanente furono ornate
e
parate
e
apparecchiate maravigliosamente:
e
poco
istante,
il
messA,ggio
del re d'oltra mare
ginse
dinanzi a
Orsola,
e disse:

Madonna,
la
gente
d'oltra mare
giun-
gono
istanotte a
porto
di mare.
Orsola se n'and incontanente nella cella
sua,
nel
suo
oratorio,
dov'ella stava di d e di notte ad adorare
e
contemplare: inginocchiossi
a
ginocchio ignudo,
e
lev
gli
occhi e la mente e le mani a
cielo,
e
lagrimando
divotamente,
che le desse
grazia
e senno e
potere
di
potere
fare onore a tutta
gente
onorificamente,
e
ricevere,
servire e
governare
tanta turba
magna
di
gente
e ca-
vagli,
s come a loro si richiede.
E,
fatta
questa
orazione,
l'angelo
di Dio venne dal cielo a lei in
quella
cella,
e
disse:

Orsola, Orsola,
la tua
petizione
bene esaudita
dinanzi da
Dio,
e adomanda ci che tu
voglia
a
Dio,
e
egli
il ti dar . E la donzella si lev
suso,
e adomand
tanti
padigUoni
^
e
trabacche,
quanto
fossero
bisogno
a tanta
gente
e a tanta cavalleria e
salmeria,
i
quah
onorevoli e
magnifichi
fossero. E
poi
adomand
che'
suoi fedeli fossero sofficienti a fornire tanta
gente:
e
l'angelo
le disse:

Amica diletta di
Dio,
tu se' esaudita
da Dio: e
sparlo
dal suo
cospetto.
E Orsola usc fuori
della
cella,
e
vegnendo
nella sala
reale,
trov uno fante
ch'avea in mano una
verga,
e disse a Orsola:
Ma-
donna,
i
padiglioni
e le trabacche sono ritte e
tese;
ve-
nite a vedere. E
quella
chiam il
padre
e la madre,
tende.
e
e
<
o
-^
o
I^
o
a
C>0
368 LEGGENDE CRISTIANE
voleva mille cavalieri a
sproni
d'oro a la
guardia
di
quelle
mille
pulcelle;
e catuna fosse di
quindici anni,
o
da indi in suso. E immantanente furono elette e
trovate
mille
pulcelle,
e tutte di
quindici
anni infno in
ven-
ticinque
anni,
e tutte
figliuole
di
conti,
duchi e
marchesi
e baroni e catani e di
grandi
cavalieri di
legnaggio;
e
per
loro servire e
per
loro onesta
compagnia
furono
eletti mille cavalieri da
battaglia.
E,
fatta
questa
co-
tale elezione e
scelta,
incontanente furono ornate e
parate
e
apparecchiate maravigliosamente:
e
poco
istante,
il
messaggio
del re d'oltra mare
giunse
dinanzi a
Orsola,
e disse:

Madonna,
la
gente
d'oltra mare
giun-
gono
istanotte a
porto
di mare.
Orsola se n'and incontanente nella cella
sua,
nel
suo
oratorio,
dov'ella stava di d e di notte ad adorare
e
contemplare: inginocchiossi
a
ginocchie ignude,
e
lev
gli
occhi e la mente e le mani a
cielo,
e
lagrimando
divotamente,
che le desse
grazia
e senno e
potere
di
potere
fare onore a tutta
gente
onorificamente,
e ricevere,
servire e
governare
tanta turba
magna
di
gente
e ca-
vagli,
s come a loro si richiede.
E,
fatta
questa
orazione,
l'angelo
di Dio venne dal cielo a lei in
quella
cella,
e
disse:

Orsola, Orsola,
la tua
petizione
bene esaudita
dinanzi da
Dio,
e adomanda ci che tu
voglia
a Dio,
e
egli
il ti dar . E la donzella si lev
suso,
e adomand
tanti
padiglioni
^
e
trabacche,
quanto
fossero
bisogno
a tanta
gente
e a tanta cavalleria e
salmeria,
i
quali
onorevoli e
magnifichi
fossero. E
poi
adomand che'
suoi fedeli fossero sofficienti a fornire tanta
gente:
e
l'angelo
le disse:

Amica diletta di
Dio,
tu se' esaudita
da Dio: e
sparlo
dal suo
cospetto.
E Orsola usc fuori
della
cella,
e
vegnendo
nella sala
reale,
trov uno fante
ch'avea in mano una
verga,
e disse a Orsola:
Ma-
donna,
i
padiglioni
e le trabacche sono ritte e
tese;
ve-
nite a vedere. E
quella
chiam il
padre
e la madre,
^
tende.
S:
-Cl.
cy
sant'obsola 369
e
fece
chiamare
grandi principi
e barbassori^ e ba-
roni,
ch'erano
venuti alla corte: e salirono a cavallo
e
uscirono
fuori della
citt,
e trovarono i
padiglioni
e
le
trabacche
tese e
ritte,
e tutte di seta e di
porpora
e
di
sciamiti
e di
scarlatti,
magni
e in
grande
altura e
in
grande
magnificenza,
e tanti che teneano
per ispazio
di
sei
miglia:
e sotto catauno era uno letto onorifico
e
bene fornito,
e tutti erano
composti
e ordinati a
rughe
^
per
ordine,
a modo di una
citt,
colle vie e colle strade
per
lo mezzo: e tra essi erano le fontane. E
Orsola,
quando
vide tanta
magnificenza,
alz
gli
occhi a
cielo,
col
cuore
e
ringrazi
e laud e benedisse il nome
e la
potenza
di Dio: e disse a' baroni ch'erano con lei: Ve-
dete la
potenzia
e la
grazia
di
Dio,
e vedete che chi si
confida
in Dio non sanza
consiglio
. E costoro scesero
da
cavallo,
e volevano adorare Orsola: ed ella contradisse
e no'
volle,
e immantinente fece dare nelle
trombe,
e and
incontro a messere lo re d'oltra mare e a tutta la sua
gente,
alla
marina,
al
porto
del
mare,
e tutte le sue
pui-
celle andarono con
lei,
ch'erano in novero di due^
mila: con la loro
compagnia
furono
pi
di
cinque
miUa
cavalieri,
e
giunsero
alla riva del mare e al
porto.
E
quando
videro il re di
pagana
d'oltra
mare,
s si
gitt
a
terra da
cavallo,
e
inginocchiossi
a' suoi
piedi;
e
poi
abbracci il suo
sposo, figliuolo
del
re,
e a tutta sua
baronia fece
grande
onore,
e catuno barone
pigliava
per
la
mano. E
poi quando
venne a le
pulceUe,
tutte
l'abbracci,
e
ogni
catuno si
meravigliava
de la bellezza
d'Orsola,
e del suo
angelico
viso,
che
pareva
uno razzo
di
sole. "E
poi
s'accost a messere lo re d'oltra
mare,
e
cavalcava con lui a
costa,
e
giunsero
a la
citt,
al
palazzo,
suo reale
albergo.
Lo re d'oltra mare e lo suo
figliuolo,
e molto si
maravigliavano
delle molte bellezze
^
valvassori,
in
fila,
formando tante
strade;
rue francese. Ancor vivo in certi
nomi^
come
Rugabella
a Milano,
il
testo dice
per
errore dodici.
24.

Battelli,
Leggende
cristiane.
370 LEGGENDE CRISTIANE
d'Orsola,
e '1 suo
figliuolo isposo pareva gi
uscito
di
questo
secolo,
s
maravigHosamente gli piaceva
la
sua
sposa.
E
quando
la si vedea
innanzi,
perdeva
il
vigore
l'ardire e '1 senno e la
lingua:
si fortemente era
innamo-
rato di lei. E
poi
che si furono
alquanto riposati, che
ogni gente prese albergo,
e Orsola fece
parlamento
davanti a tutta
gente;
e
giammai
non fu
filosofo,
n
uomo di carne
nato,
che
parlasse
cos saviamente e
mi-
racolosamente;
e diceano tutte le
genti:

Questa
no'

femina n
uomo,
anzi
agnolo
del cielo venuta.
Infra
l'altre cose e le
parole
ch'ella
disse,
adomand che
messer lo re con tutta la sua
gente
si
battezzassero e
tornassero a la santa fede di Cristo: e adimand
ch'ella
volea termine tre anni ad andare e
tornare,
e
voleva
compiere
lo boto suo d'andare a Roma e al Santo Se-
polcro:
e l'ultimo
anno,
cio lo terzo
anno,
ritornerebbe
per
lo
paese
suo,
e ivi rimarrebbe. E
poi
adomand che
fosse dato uno
signore, per
sua
mano,
a tutta
questa
gente,
colla sua
insegna, imperci
che
volea,
con tutta
questa gente,
sotto le sue
insegne
vivere e morire. E
allora il re
d'oltra
mare fu
quasi
inebriato del suo
par-
lare
angelico,
si si lev suso in
piede,
e disse:
bella
e savia e
graziosa
Orsola,
dolce anima
mia,
ci che
tu
hai detto e
adomandato,
sia fatto. E
prima,
ecco
io
mi
voglio
battezzare
per
tua mano: e immantanente
s
si fu
spogliato
e
inginocchiato
dinanzi da
lei,
e Orsola
lo battezz: e
poi
si fu
spoghato
lo suo
fighuolo,
sposo
d'Orsola,
e
poi per
ordine tutti baroni e cavalieri
e val-
letti e donzelli e scudieri: e
poi
si trassono innanzi
le
vergini pulcelle,
e tutte
singolarmente, per
ordine,
fu-
rono battezzate. E
quando
tutta la
gente
fu battezzata,
e
Orsola disse a messere lo re d'oltra mare:
Messere,
chiamate
^
uno
capitano
a
questa gente
che la
governi
e conduchi e
regga.
E il re disse:
E io chiamo
te
ca-
pitana
e duca e vicaria di me medesimo e di
tutta
la
*
nominate.
sant'ossola 371
gente
mia,
che tu abbi
podest d'imprigionare,
in avere
e in
sangue
e in membri
punire,
e condannare nelle
per-
sone,
le
quali
contra tuo comandamento facessero.
AUora
Orsola chiam suoi
consiglieri
due arcivescovi
e uno
abate de l'ordine di santo
Benedetto,
e tre
conti,
1
quali
erano i
maggiori
di tutto il mondo: i due erano
d'oltra mare,
e '1 terzo era
d'Ungheria:
e tutti
questi
sei
consiglieri
erano santi
uomini,
e
grandi
amici di
Dio,
e vecchi uomini maturi di scienza. E
poi
chiam
tre fanti
armati,
che fossero
giustizieri;
e
poi
diede loro
le
'nsegne
del santo
segno
della
Croce;
e
poi
divise tutte
le centinaia delle
vergini,
e a
ogni
cento
vergini
dava
una
capitana;
e '1
simgliante
fece a' cavalieri. A catuno
puGse
la croce in sulla
spalla
diritta,
e
poi
diede a ca-
tauna
pulcella
uno bordone e ima scarsella -e uno
cap-
pello
e uno
paio
di
guanti
e uno
paio
di
paternostri
i;
in su catuno era la santa
croce;
e
l'angelo
di Dio era
sempre
con
lei,
ammaestrandola. E
poi
ella fece andare
il bando che la
gente
tutta se movessono e
seguit
assono
lo stendardo della croce santa e andassero
ordinati,
catuna
gente
la sua
bandiera;
e
giammai
non fu veduta
in
questo
mondo tanta e s bella
gente
da occhio
umano,
com'erano
costoro,
che
pareano angeli
romei
^
che fos-
sero discesi dal reame celestiale. E
quando
Orsola vide
messere lo re d'oltra mare e lo
sposo
suo che vernano
in
quello
santo
pellegrinaggio, parl
con esso
lui,
e dis-
segli:

Messere,
se voi vi volete
riposare qui
col
padre
mio,
assai mi
parrebbe
bene
fatto,
imperci
che* siete
attempato
e
grave
di carne e debole della natura .
Et
egli
rispuose:

O dolce
figliuola
mia,
io non mi di-
partir
mai da
te,
se morte non ci
sparte:
tu n'hai inco-
minciato a mostrare a conoscere
Dio;
priegoti
che tu
no'
mi
abbandoni,
e che tu
m'adempi
il cuore e l'anima
mia
della dolcezza del
paradiso,
la
quale
tu m'hai co-
^
rosari.
pellegrini
che vanno a
Roma;
vedi nota
4,
pag.
63.
372 LEGGENDE
CRISTL(^NE
minciato a fare
assaggiare.
Orsola allora fu
tutta
ripiena
da
gaudio
ed
allegrezza;
e vanno
camminando;
con
grande
natalizia^ e festa e
pasqua
e
gaudio, gimise
a Roma.
E
quando
furono a le
porte
della citt di
Roma,
tutti ismontarono da
cavallo,
e vernano a
piedi
schie-
rati,
catuna schiera sotto il suo
gonfalone
della
santa
C5roce. E la donna
maggiore,
cio
Orsola,
veniva
sotto
lo stendardo che
soprastava
a tutte l'altre
insegne,
e
catuna veniva col bordone in mano e colla
scarsella
e
col
cappello,
e co'
paternostri
e col saltro ne
l'altra
mano,
vestite
maravigliosamente;
e venivano
dicendo
paternostri
e
orazioni;
e dietro a
loro,
dalla loro
guardia,
venivano
grosse
schiere di cavalieri armati a meravi-
glia.
Andarono
prima
al
corpo
santo,
o a l'altare di
messer san
Piero,
prencipe degli apostoli:
e
quando
messer lo
papa
^
seppe
che
gente quella
era,
venne
loro
incontro,
e fece
grande
onore ad
Orsola,
e
predic
a tutta
quella gente;
e
poi
dimand Orsola di
quello
viaggio,
E
quella rispuose
e disse:

Noi andiamo al
Santo
Sepolcro
del nostro
Signore
Ges
Cristo;
ma noi
vogliamo imprima
fare
qui
la santa
quaresima,
e visi-
tare le sante
corpora
de' santi
martiri,
e le sante
reli-
quie;
e
ogni
di
tutte,
cos a
schiera,
facendo le cerche^.
E fatta la santa
quaresima,
e Orsola fu
appi
del
papa
santo
per
iscomiatarsi da
lui,
e
per
ricevere la sua santa
benedizione, E messer lo
papa, veggendo questa
santa
congregazione,
rifiut il
papato,
e misesi ad andare
con lei in
questo
santo
pellegrinaggio;
e molti vescovi
e
preti
e cherici e
alquanti
cardinali,
e molti di
grandi
cittadini
romani,
uomini e donne e
pulcelle,
intravano
in
quella
santa
congregazione.
E Orsola
predicava
e
ammona ed esortava la
gente:
e andarono
per
loro
cammino;
per
la
grazia
di Dio
passarono per
Toscana
e
per
Lombardia,
e intrarono
per
la
Magna
*,
e
poi
pas-
^
festivit.
2
Ciriaco.
^
facendo ricerca delle sante
reliquie
nelle varie basiliche.
*
Alemagna.
SANT'ORSOLA 373
sarono
la
Magna
e intrarono nel diserto e nella forza
^
del
re
di
Schiavoma,
il
quale
avea fatto
parentado
col
Soldano
di Bambilonia ^. Lo
signore
de' Saracini incon-
tanente
mand
significando
che
gente
e
turba
magna
andavano
inverso le sue terre e inverso
lui,
la
qual
gente
era
cristiana;
'1
Soldano temette che
quella gente
non
andassero
per
trli la Saracinia. Immantanente
raun
la sua
gente
in tanta
quantitade,
che furono
pi
di
cento
cinquanta migliaia
di saracini
armati,
e con
grande
furore si fecero loro
incontro;
e
quivi
si videro
dappresso.
Lo Soldano domand e disse:

Che
gente
siete
voi?. E Orsola
rispuose:
Noi siamo
gente
cristiana
ch'andiamo
al Santo
Sepolcro
del nostro
Signore
Ges
Cristo,
per
salvare l'anim
nostre,
e
per
meritare la
grazia
d'andare a vita eterna nel santo
paradiso.
E il Soldano
rispuose:

voi
rmegate
il vostro
Dio,
io vi metter tutti alle
spade,
e morrete di morte do-
lorosa. E Orsola
rispuose:
Anzi
vogliamo
confermare
il nome di
Dio,
e affermare e
predicare
la
groUa^
e '1
suo nome:
imperci ch'egli
fece il cielo e la terra e '1
mare colla sua
parola;
e
poi
fece e cre tutte le creature:
e
poi
volle morire
per
noi,
per
darci salute e
gloria:
e chi
seguita
lui,
andr a
godere
ne la sua
patria
e nel
suo
regno.
E
poi
si volse a le
genti
sue: Sirocchie
mie e
fratelli
miei.
Iddio ci ha mandata la
grazia
sua;
abbracciamla e
pigliamla,
e non temete di ferri n di
morte,
che la nostra morte ci sar vita
perpetuale
e
gaudio
e dolcezza
sempiternale,
e andremo col su con
la
Maest e con
gli angeli
di
paradiso.
E
poi
chiam
il
suo
isposo,
e confortollo e
predicollo:
e
egli rispuose
che
gli pareva
tremilia anni che la morte
venisse,
tanto
n'avea
gi
assaggiata
della dolcezza del
paradiso.
E
poi
il
Soldano comand che tutta
questa gente
fosse
morta;
e cos fu
fatto;
che tutti furono
morti,
e tutti
^
nel
reame,
nel
possesso.
^
Babilonia
d'Egitto,
cio il Cairo.
*
metatesi di
gloria.
374 LEGGENDE CBISTIANB
n'andarono in
paradiso,
isvernando i dolci canti e
suavi
del
paradiso.
Amen.
Qui
finisce la
leggenda
di santa Orsola.
Laudato
e benedetto sia e
ringraziato sempre
Dio nostro
Signore
Ges Cristo.
Amen,
amen.
Qualunque persona legge questa leggenda,
no'
li
sia fatica di dire uno
paternostro
e una avemaria
per
l'anima di chi l'ha scritta. Amen.
ANNOTAZIONI
Questa narrazione,
che una delle
pi
belle e
coromoventi
del
leggendario
cristiano,
stata rivestita
d'uno
smagliante
co-
lorito
poetico
dall'anonimo
narratore,
che
meglio possiam
credere
vissuto fra
gli splendori
d'una Corte che nel silenzio del chio-
stro.
Egli
infatti
s'indugia
con
singolare compiacenza
nella
descrizione delle
sete,
delle
vesti,
degli
ri,
delle
armi,
dei ricchi
cortei e dei suntuosi ricevimenti
regali,
tanto che la sua
parola
pu
dirsi
garegg
con lo sfarzo dei miniaturisti e dei
pittori,
i
quali
s'accinsero
pi
tardi a
figurare
il racconto della vita della
Santa.
Due
artisti,
quasi contemporanei,
ma d'indole e di nazione
diversa,
il veneziano
Carpaccio
e il
fiammingo Memling,
hanno
maravigliosamente rappresentato
i diversi
episodi
della
leggenda;
il
primo
neUe
pitture
che decoravano un
tempo
la Scuola
di
Sant'Orsola,
ed ora sono all'Accademia di
Venezia;
il secondo
con le
pitture
che ornano il famoso
reliquiario
della Santa
nel-
l'Ospedale
di S. Giovanni a
Bruges.
.
L'italiano,
pi
fantasioso,
trae motivo dalla
leggenda per rappresentare
la fastosa
vita
veneziana del suo
tempo
e
riprodurre l'aspetto
dell'isola di Candia,
allora nuovamente
conquistata;
il
fiammingo, pi
intimo
e
pi
raccolto,
narra i vari
episodi
con tma
ingenua
semplicit
ed un calore di sentimento da far
pensare all'Angelico.
Attributi caratteristici di sant'Orsola sono il
gonfalone
e
la corona.
Fra
gl'inni
in onore della Santa e delle sue
compagne
merita
d'essere ricordato
quello pubblicato
dal Mone
(voi.
Ili,
pag.
542)
di cui riferiamo
qualche
strofa
piena d'ingenua grazia.
SANT'ORSOIUA
375
O
pueUae,
o
agnellae
Ghristi carae
colwmellae,
sine
dohf
aine
felle,
coli
atllae,
dei
cellae,
jvbilate, purpurataef
coronatele,
congregatele
cwn
Agno
inrhocenfiae.
Vos
jocundae pMlomencK
quarum
turmae aunt
undenae,
aponsae
dei,
deo
plenae,
decantate latidem bene
virgiriales per
choreaa
et coelestea
per plateaa
jticundum
carmen dicite.
Te,
turba
generosa,
prosit
illa
florena rosa,
cujvs
nomen et
peraona
sua lucei in corona
quam inacripsit
Deus
pater,
haec est illa Jesu
mater.
Maria,
virgo virginum.
Haec vos
praeit
cum
honore,
trahens suo vos
odore,
f
erena
signum vexiUare,
modtdatur vobis
dare,
per floreta, per
roseta
promit
novum carmen
laeta;
cantantes
svbsequimini.
insignes sponsae dei,
mementote,
quaeso, mei,
non ait vobia hoc
indignum
paupertatis
meae
signum,
sit hoc vobis Carmen
carum,
quamvia parvum, quamvis
parum,
off
ero cum
laetitia.
376 LEGGENDE CRISTIANE
La Historia di S. Orsola con le 11.000
vergini, qiiali
da
ki
furono
convertite insieme con alcuni santi nomini e
poi gloriosa-
mente'
martirizzati,
venne
stampata
a Firenze
presso Bartolommeo
Anichini
(1568)
e alle Scale di Badia
(1698).
Una sacra
rappre.
sentazione di Castellano Castellani stata
riprodotta
dal
D'An-
CONA nella sua Baccolta
(voi.
II,
pag. 409).
.f'-
V.
GLI EREMITI
E I PELLEGRINI
O
quam jiicundae
sunt sitien-
tibus
Deum,
eiiam deoiae illis aal-
tibus aoUiudines !
quam
amoena
sunt
quaerentibus
Ghriatum illa se-
creta,
quae longe lateque
natura
excubante
porrecta
sunt ! Sileni
omnia;
nullvs
interstrepens
illic
sonus,
nulla niai
forte
cum Deo
vox est ,
S.
Ettchebio,
De laude
eremi,
cap.
37.
LA LEGGENDA DI S. PAOLO EREMITA
[Dalle
Vitae Patrum
volgarizzate
dal
Cavalca'].
1.
Incominciasi
la vita di San Paolo primo bbb-
mita:
e prima come per paura di certi perico-
losi TORMENTI CHE SI FACEVANO ALLI CRISTIANI
FUGG AL
DISERTO,
E COME TROV LA SPELONCA.
Al
tempo
di Decio e di Valeriane
imperadori
^,
per-
seguitatoli
de' fedeli
cristiani,
nel
qual tempo
Cornelio
a Roma e
Cipriano
a
Cartagiae
fm:ono
martirizzati,
fu
grande persecuzione
e uccidimento di cristiani
appo
Tebaida
^
ad
Egitto. Veggendo
il tiranno che
signoreg-
giava
in
queUe
contrade,
i fedeli con
gran
desiderio
ricevere il martirio
per
lo nome di
Cristo,
instigato
e
ammaestrato dal
diavolo,
trov nuovi e
disusati
tor-
menti,
nelli
quali
tardi e'
morissero,
e con tedio si tor-
mentassero;
volendo
per questo
modo innanzi uccidere

l'anima de'
martiri,
facendogli negar
Cristo
per
lo tedio
del
martirio,
che '1
corpo,
lo
quale egU
volentieri davano,
a
morte
purch
tosto fossero uccisi.
In
questo
cotale
tempo
che cos
pericolosi
tormenti
si
faceano ai cristiani
appo
la Tebaida di
sotto,
rnnase
Paolo in etade d'anni
sedici,
morti
gi
il
padre
e la
madre, ricchissimi,
con una sua
suora,
la
quale
n'era
gi
ita a
marito;
ed era ammaestrato sofficientemente
^
Decio
regn
dal 249 al
61;
Valeriane dal 53 al 60.
^
Tebe dalle cento
porte, gi capitale
del Medio
Impero,
era situata
nell'alto
Egitto, presso
le cataratta del Nilo.
1
380 LEGGENDE CRISTIANE
in letteratura
greca
e
egiziana,
ed era mansueto e
molto
amico di Dio. Lo
quale,
udendo la
grande persecuzione
contro alli cristiani in
quelle contrade,
andossene
in
una villa molto
rimota,
e
quivi
stava occulto ed in
se-
greto.
E,
incitato dal demonio e dall'avarizia il suo
co-
gnato,
volendo avere tutte le sue
ricchezze,
si
diede
vista
-^
di volerlo accusare e di farlo
prendere
come
cri-
stiano;
ne da
questo
lo ritraeva il
piangere
della
moglie,
n il timore di
Dio,
ne l'amore della
parentezza.
La
qual
cosa intendendo
Paolo,
fugg
al
diserto,
e
quivi
aspettando
la fine della
persecuzione,
come
piacque
a
Dio,
che sa trarre
d'ogni
male
bene,
la necessit torn
in
volont,
e incominciandosi a dilettare dello stato
dell'eremo
per
amore di
Dio,
al
quale prima
era
fuggito
per paura
mondana,
e mettendosi a cercare
pi
ad-
dentro al
diserto,
ebbe trovata una bella
spelonca
chiusa
con una
lapida
^
appi
d'uno bellissimo
monte,
lo
quale
era
quasi
tutto
sasso;
la
qual pietra
levando dalla bocca
della
spelonca per investigare quello
che fosse den-
tro,
secondoch naturale desidero dell'uomo di voler
sapere
le cose
occulte,
entrando
dentro,
trov
grande
spazioso luogo
con una bellissima
palma,
la
quale per
una
apritura
del monte verso il cielo distendeva
li
suoi
rami,
che
quasi copriva
e
occupava quel
luogo,
e
quivi presso
era una fonte
d'acqua
viva e chiaris-
sima. Trov anche su
per questi
monti in diversi
luoghi
alquanti
abitacoli
antichissimi,
ne'
quali,
secondoch
si truova
per
le scritture
d'Egitto,
si batteva furti-
vamente la moneta in
quel tempo
che Antonio
im-
peradore
si
congiunse
in matrimonio a
Cleopatra
re-
gina d'Egitto;
in
segno
e testimonio della
qual
cosa,
Paolo vi trov ancudini e martelli da
quel
mestiere.
Del
quale luogo
Paolo dilettandosi e
riputando,
secon-
doch vero
era,
che Iddio a lui e
per
lui l'avesse
apparec-
^
mostr.
*
pietra,
dal lat.
lapis.
SAN PAOLO EREMITA 381
chiato
e
serbato,
rimase
quivi,
e stette tutto '1
tempo
della
sua vita in continua orazione e
contemplazione
di Dio, prendendo
suo cibo del frutto di
quella palma
e
vestimento
delle sue
fronde,
le
quali
insieme
tessendo,
se
ne
faceva vestimento.
La
qual
cosa acciocch niimo
reputi impossibile,
chiamo
per
testimonio Iddio coi suoi santi
angeli,
avere
me
veduto
e trovato in
quelle parti
dello ermo che dal
lato
di Siria
si
congiugne
ai
Saracini,
due
monaci,
l'uno
de'
quali, gi quaranta
anni rinchiuso
stando,
solamente
la
domenica
e il
gioved prende
in suo cibo
pane
d'orzo
e
cacio,
e bee
d'un'acqua
torbida e
quasi
lotosa,
e di
questo
si notrica insino al d
d'oggi;
e l'altro stando
rinchiuso
in una cisterna
vecchia,
la
quale
in loro
lingua
si chiama siricomba
^,
ogni
d
prende per
suo cibo
cinque
fichi secchi e non
pi.
Queste
cose so
che
paiono
incre-
dibili a
quelli
che non
credono
che
ogni
cosa sia
possi-
bile a
quelli
che bene di Dio si confidano. Ma torniamo
a narrare de' fatti di
Paolo,
secondoch cominciammo.
2. Come ff rivelato a
sant'Antonio,
e com'ei il trov.
Essendo Paolo
gi
in et d'anni centotredici e me-
nando
quasi
vita celestiale in
terra,
e sendo santo An-
tonio
2
gi
d'anni
novanta,
in uno altro eremo
solitario,
1
avvenuta la fusione di due
parole
del testo:
Syri gubbam
voeant,.
^
Antonio,
figlio
di nobile e ricca
famiglia egiziana,
avendo ascol-
tato un
giorno quel passo
del
Vangelo
di S. Matteo dove detto che chi
vuole
seguire
il
Signore
deve vendere tutte le sue
possessioni
e distribuire
il
denaro ricevuto ai
poveri, segui
tale
consiglio,
e
appena
ventenne si
ntir a vita eremitica nel deserto.
A
tutti sono note le fiere
persecuzioni
che
gli
mosse il
demonio,
il
quale gli appariva
ora sotto forma di vari ani-
mali
feroci,
ora di femmine
lusingatrici (ricorda
il celebre
quadro
del Mo-
relli
nella Galleria Nazionale di
Roma).
Nel
polittico
di
Colmar,
il Grii-
newaid
ha
rappresentato
con vivo sentimento drammatico l'assalto dei
demoni
trasformati in esseri
spaventosi,
mentre il
Teniers,
Gerolamo
Bosch e il Callot
preferirono
ricorrere al
grottesco,
riuscendo
spesse
volte
umoristici. Le sofferenze del
Santo,
vittima delle
pi
svariate
appari-
382 LEGGENDE CEISTIANE
e non
sapendo
di Paolo
niente,
vennegli
uno
cotale
pensiero
e
immaginazione ch'egli
fosse il
primo
che
avesse incominciato ad abitare
l'eremo;
la
quale
vana-
gloria volendogli
Iddio
trre,
rivelgli per
visione
che
un altro era nell'eremo
pi
addentro,
che era
migliore
di
lui,
ed ammonillo che '1 dovesse andare a
vedere.
Per la
qual
cosa
Antonio,
avvegnach
debole
per
la
vecchiezza,
incontanente
la mattina
per tempo, pren-
dendo un suo bastone
per
sostentare le sue
membra
deboli,
mossesi
per
andare,
avvegnach
non
sapesse
lo
luogo
n l'abitazione di
Paolo;
ed essendo in sul
mezzo
d,
sentendo un
grandissimo
caldo,
cominciossi a con-
fortare in Dio
per
lo
grande
desiderio che avea di tro-
vare
Paolo,
e disse: Credo e
spero
nel mio Iddio che mi
mostrer lo suo
servo,
lo
quale
mi
promise.
Ed
ecco,
come
piacque
a
Dio,
cosi andando e confor-
tandosi,
levando
gli
occhi,
ebbe veduto uno animale
che
parca
mezzo uomo e mezzo cavallo
(li quali
li
poeti
chiamano
centauri):
lo
quale,
vedendo
Antonio,
si
fece lo
segno
della croce e
salutollo,
e
disse:
In che
parte
abita
questo
servo di
Dio,
che io vo caendo?.
Allora
quello
centauro;
come fu volont di
Dio,
inten-
dendo Antonio ed estendendo la mano diritta verso
una via e
parlando
come
potea,
anzi
linguettando
con-
fusamente,
mostr ad Antonio la via onde dovea
te-
nere. E fatto
questo,
subitamente cominciando a
cor-
rere verso la
pianura, disparve.
Ma se
questo
centauro
animale di
quello
bosco,
o se un diavolo confinse
^
e form cotale forma mostruosa
per
mettere
paura
ad
Antonio,
incerto
,
e nullo sa chiaramente
quello
che
zioni
demoniache,
sono state
raaravigliosamente espresse
dal Flatjbebt
nella sua celebre Tentaton de S. Antoine. Sotto la
protezione
di S.
An-
tonio furon
posti
i
primi ospedali
dove si curavano i
lebbrosi,
detti
anche
gli
ardenti,
perch
affetti
appunto
dalla malattia cutanea che ancor oggi
si chiama fuoco di Sant'Antonio.
I frati
ospitalieri portavano
cucita
sulla tunica una croce di
panno
rosso
foggiata
a
T,
e
perci
erano
detti
anche i frati del
Tau,
dal nome della lettera
greca
di
questa
forma.
^
finse, contraffece,
da
confingere, antiquato.
SAN PAOLO BBBMITA
383
fosse.
Della
qual
cosa Antonio
maravigliandosi
pro-
cedeva
e contQuava la sua
via,
pensando
di
questa
cosa
che
gli
era
apparita.
E andando cosi
pensando,
pervenne
ad una valle molto
sassosa,
e
quivi
mirando,
vide
quasi
la forma d'un uomo
piccolo
col naso ritorto
e
lungo
e con corna iq
fronte,
ed aveva i
piedi quasi
come
di
capra;
alla
qual
cosa
spaventandosi
Antonio,
armssi
del
segno
della croce e
prese
fidanza in
Dio;
6 incontanente
lo
predetto
animale,
quasi
in
segno
di
pace
e di
sicurt,
gli proferse
datteri. Allora
Antonio,
prendendo
fiducia,
istette e dimandollo chi
fosse;
e
quegli
rispuose
cosi:
Creatura sono mortale e uno di
quelli
che discorrono
^
per
l'eremo,
li
quali
li
Pagani,
ingannati per
varii errori adorano
per
dii e chiamano
fauni,
satiri e
incubi ^. Sono
legato
della
gente
mia,
e
preghiamoti
che
per
noi
prieghi
lo comune
Signore,
lo
quale sappiamo
essere venuto
per
la salute del
mondo,
e in
ogni
contrada
sparta
la sua fama . Le
quali pa-
role udendo
Antonio,
incominci a
piangere
di
grande
letizia,
gaudendo
della
gloria
di Cristo e della sconfitta
del nimico ^. E
maravigliandosi
come
quello
animale
avea
potuto
intendere la sua
lingua
e
parlargli,
e
per-
cuotendo lo bastone in
terra,
piangendo
diceva:

Guai
a
te, Alessandria,
la
quale per
iddio adori
gl'idoli
e le
bestie;
guai
a
te,
citt
meretrice,
nella
quale pare
che
sieno entrate tutte le dimonia del mondo! Or che dirai
per
tua scusa?
Ecco,
le bestie confessano Cristo.
E
dicendo
queste parle
Antonio,
quello
animale si lev
a
corsa e
fuggi.
Di
questa
cosa nullo dubiti
riputandola
incredibile o
vana;
imperciocch
al
tempo
dello im-
peradore
Gostanzo uno
simigliante
uomo vivo in Ales-
sandria fu
menato,
e
poi
lo suo
corpo,
essendo
gi
morto,
fu
insalato
*,
perch
il caldo non lo
guastasse,
e
portato
^
vagano.
^
specie
di
spiriti,
o di demoni che
apparivano
nel sonno,
^
il
demonio.
^
imbalsamato con sali aromatici.
384 LEGGENDE CBISTIANE
in Antiochia innanzi allo
'mperadore,
secondoch
di
ci
quasi
tutto il mondo
pu
rendere
testimonianza.
Ma torniamo al nostro
principale proponimento.
Ecco Antonio
pur seguitava
la sua
andata,
avvegnach
non trovasse se non bestie e
luoghi
diserti e senza
via;
ma confidavasi in
Dio,
non
potendo
credere
ch'egli
l'ab-
bandonasse. Ed ecco la seconda
notte,
avendo
egli
molto
vegghiato
in
orazione,
gi appressandosi
il
d,
vide
una
lupa appi
d'uno
monte,
che mostrava d'avere
gran
sete;
la
quale
Antonio,
seguitando, avvegnach
quasi
nulla veder
potesse perch
non era ancora
giorno,
ma,
come dice la
Scrittura,
la carit cacciando
paura
^,
Antom'o entr
pi
addentro,
ma
pianamente
e con si-
lenzio,
che non fosse
sentito;
e andando molto
addentro,
vide uno lume dalla
lunga.
E movendosi con
pi
desi-
derio
per
andar
tosto,
inciamp
in una
pietra
e fece
alcuno
strepito;
lo
quale
suono e
strepito
sentendo
Paolo,
lo
quale
era
dentro,
serr incontanente un uscio
che
v'era,
maravigliandosi
di
quello
che sentito aveva.
Allora Antonio si
gitt appi
dell'uscio,
e stette infino
presso
a nona
2,
pregando
che
gli
fosse
aperto,
dicea:
Chi io sia e
donde,
perch
io sia
venuto,
tu '1 conosci.
E
questo
dicea credendo che Iddio
gli
avesse rivelata
la sua venuta e la
cagione;
e diceva:

Sappi
che
io
non
sono
degno
di vedere la faccia
tua,
ma
pure
insino
ch'io non la
veggio,
non mi
partir.
Poich ricevi
le
bestie,
come cacci
gli
uomini?
Cercai,
e botti trovato;
picchio,
acciocch
m'apri;
e se
qusto
non mi
concedi,
morrommi al tuo
uscio,
e almeno mi
seppellirai,
poi
ch'io sar morto. Al
quale
Paolo,
quasi
sorridendo,
conoscendo il fervore del suo
desiderio,
rispose:
Nullo
dimanda
grazia
nnacciando e
piangendo:
e tu
pare
che
mi
minacci,
che di' che ti lascerai morire se io non
ti
ricevo . E cos dicendo e
sorridendo,
gli aperse.
Ed
en-
1
S. Giov.
IV,
18.
2
tre ore innanzi al tramonto del sole.
5
o
fi-
co
is:
<
K-'
o
G
da
C3
384 LEGGENDE CRISTIANE
in Antiochia innanzi allo
'mperadore,
secondoch
di
ci
quasi
tutto il mondo
pu
rendere
testimonianza.
Ma torniamo al nostro
principale projjonimento.
Ecco Antonio
pur seguitava
la sua
andata,
avvegnach
non trovasse se non bestie e
luoghi
diserti e senza
via;
ma confidavasi in
Dio,
non
potendo
credere
ch'egli
l'ah-
bandonasse. Ed ecco la seconda
notte,
avendo
egli
molto
vegghiato
in
orazione,
gi appressandosi
il
d,
vide
una
lupa appi
d'uno
monte,
che mostrava d'avaro
gran
sete;
la
quale
Antonio,
seguitando, avvegnacli
quasi
nulla veder
potesse perch
non era ancora
giorno,
ma,
come dice la
Scrittura,
la carit cacciando
paura
^
Antonio entr
pi
addentro,
ma
pianamente
e con si-
lenzio,
che non fosse
sentito;
e andando molto
addentro,
vide uno lume dalla
lunga.
E movendosi con
pi
desi-
derio
per
andar
tosto,
inciamp
in una
jjetra
e fece
alcuno
strepito;
lo
quale
suono e
strepito
sentendo
Paolo,
lo
quale
era
dentro,
serr incontanente un uscio
che
v'era,
maravigliandosi
di
quello
che sentito aveva.
Allora Antonio si
gitt appi
dell'uscio,
e stette infino
presso
a nona
-,
pregando
che
gli
fosse
aperto,
e dicea:

Chi io sia e
donde,
perch
io sia
venuto,
tu '1 conosci .
E
questo
dicea credendo che Iddio
gii
avesse rivelata
la sua venuta e la
cagione;
e diceva:

Sappi
che
io
non sono
degno
di vedere la faccia
tua,
ma
pure
insiiio
ch'io non la
veggio,
non mi
partir.
Poich ricevi
le
bestie,
come cacci
gli
uomini?
Cercai,
e botti trovato;
picchio,
acciocch
m'apri;
e se
qusto
non mi concedi,
morrommi al tuo
uscio,
e almeno mi
seppellirai,
poi
ch'io sar morto. Al
quale
Paolo,
quasi
sorridendo,
conoscendo il fervore del suo
desiderio,
rispose:
Nullo
dimanda
grazia
minacciando e
piangendo:
e tu
pare
che
mi
minacci,
che di' che ti lascerai morire se io non
ti
ricevo. E cos dicendo e
sorridendo,
gli aperse.
Ed
eii-
1
S. Giov.
IV,
18.
"
tre ore innanzi al tramonto del sole.
Cr
j-
T3
SAN PAOLO EREMITA 385
trando
dentro
Antonio,
abbracciandosi con
Paolo,
salataronsi per proprii
nomi, avvegnach
^
mai innanzi
lo
nome
l'uno dell'altro non avessono
saputo.
3.
Come
Paolo rivel a sant'Antonio la sua morte.
E
poich
ebbono renduto
grazie
a
Dio,
e furonsi
posti
a sedere
insieme.
Paolo iacominci a
parlare
e
disse:
Ecco,
quegli
il
quale
con tanto istudio hai cer-
cato
di
trovare,
che
quasi pute
di vecchiezza e di salva-
tichezza.
Or ecco vedi uomo che di
qui
a
poco
torner
in cenere. E
poi
disse:
Priegoti per
carit che mi
narri in che stato l'umana
generazione,
e sotto che
imperio
si
regge,
e se sono
pi
rimasi alcuni eretici e
idolatria). E stando in
questo
cotale
parlamento,
videro
un corbo volare e
porsi
in su uno ramo d'uno arbore
presso
a
loro,
lo
quale quindi
tosto e lievemente vo-
lando,
venne e
puose
uno
pane
in terra in mezzo di loro
e
partissi.
Della
qual
cosa
maravigliandosi, ringraziando
insieme
Iddio,
disse Paolo :

Ecco lo
Signore
nostro
ci ha mandato
mangiare.
Veramente
benigno
e cortese

lo
nostro
Signore,
lo
quale, gi
sono sessanta
anni,
per
questo
modo
ogni
d m'ha mandato un mezzo
pane,
ma
ora
per
la tua venuta ha
per
suo amore
duplicata
la
vivanda. E
dopo queste parole
rendendo
grazie
a
Dio,
puosonsi
a sedere insieme in sul
cigliare
^
della
fonte
per
mangiare.
Ma contendendo insieme
per
re-
verenza
l'uno dell'altro di
rompere quel pane,
alle-
gando Paolo che ci dovea fare
Antonio,
perch
era
ospite
e
pellegrino appo
lui,
e Antonio dicendo che
questo
dovea
fare
pur egli perch'era pi
antico e
pi
santo,
istando in
questa
cotale santa e umile contenzione
quasi infno a
vespro,
all'utimo
presono per consiglio
^
sebbene.
^
margine, ciglio.
25.

Battelli,
Leggende
cristiane.
386 LEGGENDE CRISTIANE
che ciascuno lo
prendesse
dal suo lato: e cos
ciascuno
tirando,
il
pane
si divise
per
mezzo,
e rimase in
mano
a ciascuno la
metade;
e
poi
chinandosi nella
fonte, bey.
vono un
poco d'acqua.
E
poich'ebbono
cos
mangiato
e beuto e rendute le
grazie
a
Dio,
incominciarono
in-
sieme
a
parlare
di
Dio,
vegghiando
tutta la
notte
in
sante orazioni e
ragionamenti
di Dio. E
poich
fu
d,
Paolo incominci a
parlare
ad
Antonio,
e
dissegU:
Gi

lungo tempo,
fratel mio
carissimo,
ch'io
seppi
che
tu abitavi in
queste
contrade,
e che Iddio mi ti
pro-
mise
per compagno
e
rivelmmiti;
e
ora,
perch

ve-
nuta l'ora della morte
desiderata,

compiuto
lo
corso
della mia
vita,
debbo essere sciolto dal
legame
del
corpo
e
congiimgermi
col mio diletto Cristo e ricevere la co-
rona della
giustizia.
Tu se' mandato da
Dio,
acciocch
tu mi
seppellisca
e renda la terra alla terra. Le
quali
parole
udendo,
Antonio incominci a
piangere
forte-
mente,
pregandolo
che non lo
abbandonasse,
anzi il me-
nasse con seco. Allora
rispuose
Paolo e disse:

Sai che
non di
pure
addomandare e cercare il
vantaggio
tuo e
la tua
utilitade,
ma l'altrui. Ben so che
per
te farebbe
di lasciare lo vincolo e lo
peso
della carne e andarne
a
Cristo. Ma a' frati e
discepoli
tuoi ancora necessaria
la
tua
vita,
acciocch
prendano
da te
esempio.
Secondo
l'ordine della
caritade,
di esser contento di rimanere
per
l'altrui
servigio.
Or ti
priego,
se non t'
troppo grave,
che vadi e torni alla tua cella e che tu
tolga
e rechi
quel
palio
^,
lo
quale
ti diede Attanasio
vescovo,
acciocch
in esso
involga
lo mio
corpo quando
sar morto.
E
questo
disse
Paolo,
non
perch'egli
di
quel palio
molto
si
curasse,
n cercasse
quel
tanto onore d'essere
involto
in
palio dopo
la
morte,
lo
quale
vivendo si vestia
pure
di
palme
contessute,
ma acciocch Antonio non
sen-
tisse
troppo
dolore vedendolo morire. Allora AntoniO
udendo ricordare lo
paho
di
Attanasio,
e vedendo
che
^
manto,
coperta.
SAN PAOLO EREMITA 387
ci
non
potea
sapere
se non
per
divina
rivelazione,
maravigliossi
molto
e,
incMnando il
capo
con
reverenzia,
non
fu ardito
di
contradire,
ma incominci a
piangere
teneramente:
e
poich
l'ebbe
abbracciato,
mossesi.
per
tornare
al
monistero
suo,
per
lo
predetto palio,
e dando-
gli
forza
l'amore che '1
portava,
vincea la
fragilit
della
vecchiezza,
e fu
giunto
tosto al monistero molto
istanco;
al
quale
venendo incontro due suoi
discepoli,
diman-
daronlo
dove fosse stato tanto.
Rispuose lagrimando:
Guai
a
me,
misero
peccatore,
che falsamente sono re-
putato
e chiamato
monaco,
e non sono nulla. Ho veduto
EUa,
ho veduto
Giovanni Battista nel
diserto,
e vera-
mente
ho veduto Paolo in
paradiso.
E tutto
questo
diceva
di
Paolo,
assimigliandolo
ai
predetti
santi,
e
il diserto chiamava
paradiso;
onde da'
discepoli
non fu
inteso. Dette
queste parole,
non
potendo pi
dire
per
l'abbondanzia del dolore che avea
dentro, tacette,
e
picchiandosi
il
petto prese
il
palio
e uscette di cella e
mossesi
per
correre da Paolo. E
pregandolo
i
discepoli
che
pi
chiaramente dicesse loro
quello
che avea
veduto,
rispuose
loro:

Tempo
di
parlare
e
tempo
di tacere
^
.
E
per
lo desiderio che avea di
giugnere
a
Paolo,
non
restandosi
pure
a
mangiare,
usc di
cella,
e in
fretta,
correndo come
potea,
tornava,
temendo
quello
che
gli
avvenne,
cio
che,
innanzich
giugnesse,
Paolo
pass
di
questa
vita in santa
pace.
4.
Come Antonio vide l'anima di Paolo andarne
AL
CIELO,
E come SEPPELL IL SUO CORPO.
n
secondo
giorno,
essendo
gi
Antonio
presso
alla
oella
di
Paolo,
e avendo ad andare
quasi per ispazio
di
tre
ore,
vide chiaramente Paolo fra' cori
degli angioli
6
de'
profeti
e
degli apostoli,
ornato di
rpirabile
chia-
^
Ecclesiaste, TU,
7.
388 LEGGENDE CEISTIANB
ritade e
bianchezza,
salire al cielo: onde
incontanente
gittandosi
in
terra,
e
spargendosi
la
polvere
in
capo
piangea
e dicea:

Paolo
mio,
come ti
parti
e
non
ti
se'
da
me accommiatato?
Paolo,
perch
mi lasci?
Oim
come tardi ti
conobbi,
e come tosto ti
perdo!
. E
poi
le-
vandosi
per giugnere
tosto alla cella di Paolo
per
trovare
lo suo
corpo,
corse,
secondo che
egli
solca
narrare,
con tanto desiderio e con tanta volontade
quel
tanto
spazio
di via che
restava,
che
quasi parve
uccello:
e
entrando nella
spelonca,
trov
quel
santissimo
corpo
istare
ginocchione
colle mani
giunte
e
cogli
occhi
verso
il
cielo,
e
parca
che orasse. Onde
Antonio,
immaginan-
dosi che ancora fosse vivo e
orasse,
puosesi
ivi
presso,
e con silenzio
orava,
ma non
sentendo,
come
solea,
Paolo
sospirare, quando
orava,
e vedendo che nuUo
movimento
avea,
conobbe
per
certo ch'era
passato.
Avendo
Paolo,
in orazione
stando,
lo
spirito
mandato
a
Dio,
lo
corpo
era cos rimaso inflessibile. E
prendendo
il
corpo
e
involgendolo
in
quel palio
che avea
recato;
con molte
lagrime
cant salmi e fece orazione secondo
l'uso della cristiana
religione,
e trasse il
corpo
fuori
della
spelonca;
ma non trovando alcuno ferramento^
con che fare la
fossa,
contristavasi e non
sapea
che
si
fare,
e dicea:

S'io torno al
monistero
mio, troppo
indugierei, perch
ci via di
quattro giornate;
se
io
ist
pur qui,
io non fo nulla, E levando
gli
occhi a Dio
disse:

Ecco,
Signor
mio,
non so che mi
fare;
mor-
rommi
qui,
come
degno
sono,
e cadendo allato a
questo
tuo combattitore renderotti lo
spirito.
E stando
cos
in
questo
cotal
pensiero
Antonio,
aspettando
lo
divino
consiglio,
ecco subitamente vide uscire del diserto
molto
addentro due bellissimi
Moni,
e venire molto correndo,
verso
lui;
li
quali
vedendo cos
venire,
nel
primo
loro
aspetto
temette,
ma
incontanente,
levando la
mente
a
Dio,
prese
fiducia e non temette se non come
di
due
^
strumento di ferro.
SAN PAOLO EREMITA 389
colombe.
E come furono
giunti
ilioni al
corpo
di
Paolo,
stettono
fermi
mansuetamente e
gittandosi
a
giacere
allato
al
corpo, rugghiavano
in tal modo che veramente
parca
che
piangessono
la morte di Paolo: e
poi,
levandosi,
incominciarono qui appresso
a cavare la terra colle
branche
e fecero una fossa a forma e misura d'uno
corpo
d'uomo;
e
fatta
la
fossa,
inchinando il
capo quasi
con
reverenzia
verso
Antonio,
e mansuetamente
leccandogli
le
mani
e'
piedi, parca
dirittamente che domandassero
la
sua
benedizione,
volendo
prendere
da lui commiato.
La
qual
cosa intendendo
Antonio,
incominci con
grande
cuore
a lodare e
ringraziare
Iddio,
e
rallegrandosi
che
eziandio
gli
animali bruti e muti secondo il modo loro
l'ubbidiano
e
conosceano,
or e disse:

Signor
mio,
senza la cui
provedenza
e volontade non cade
pure
ima fronde
d'albore,
non
pure
una
passera
si
posa
in
terra,
da' loro la tua benedizione come tu sai. E ac-
cemiando colla mano che si
partissono, quelli,
ricevuta
la
licenzia,
si
partirono:
e
partiti
i
lioni,
Antonio con
reverenzia
prese quel
santissimo
corpo
e
seppellillo.
E
poi,
come erede di
Paolo,
per grande
divozione
prese
la
tonaca
sua,
la
quale
in modo di
sporte
^
egli
medesimo
s'avea tessuta di
palme,
e tornando al suo monistero
narr ci che
gli
era incontrato
^
a' suoi
discepoli,
e
per
reverenzia del suo
padre
Paolo
quella
tonica
portava
pure
le
Pasque
e' d molto solenni.
Piacemi in fine di
questa leggenda
domandare
gli
uomini
ricchi e
potenti
del
mondo,
i
quali
non sanno
bene
usare le loro
ricchezze,
i
quali
hanno
gli grandi
palagi
di
marmi e
indorati,
e
comperano
li molti
poderi
6
le
grandi
possessioni:
che manc mai a
questo povero
vecchio,
cio Paolo ?
Voi,
uomini
ricchi,
beete con
coppe
gemmate: e Paolo mettendosi
l'acqua
in bocca con
mano
3
soddisfacea alla
sete;
voi
portate
li vestimenti
^
a
quel
modo che di
giunchi
si tessono le
sporte.
"
accaduto.
^
bevendo a
giumella.
390 LEGGENDE CRISTIANE
ornati,
e innorati
^;
e Paolo non ebbe mai cosi
buona
gonnella
com'ha uno de' minimi fanti. Ma
per
con-
trario considerate che a
questo povero
era
aperto
il
cielo,
e a voi lo 'nferno.
Egli,
amando
nuditade, serv
la vesta di
Cristo; voi,
vestiti a
seta,
avete
perduto
il
vestimento di Cristo.
Paolo,
sepulto
vilmente in
terra,
risusciter con
gloria:
voi coi
sepolcri
^e'
marmi
ed
esquisiti
ed aurati risusciterete a
pena. Perdonate,
pregovi, perdonate
almeno alle
ricchezze,
che
tanto
amate,
e non le
spendete
in cose vane e inutili.
perch
involgete
voi li morti
vostri.
in vestimenti aurati?
Come
non cessa l'ambizione e la
vanit,
almeno a
tempo
di
corrotto^ e di
pianto?
Or non
possono
infracidire i
corpi
de'
ricchi,
se non
s'involgono
in seta?
Priego
voi tutti che
queste
cose
leggete,
che vi ri-
cordi
pregare per
me Geronimo
peccatore;
che in ve-
rit vi dico
che,
se Iddio mi mettesse al
partito, pi
tosto
eleggerei
la
povera
tonica di Paolo coi meriti
suoi,
che le
porpore
de' re coi
regnami
loro.
Qui
finisce la
Leggenda
di San Paolo
primo
eremita.
Deo
gratias.
ANNOTAZIONI
Questa
biografia
non che il
volgarizzamento
della
Vita
Pauli,
scritto da S. Gerolamo durante
gli
anni che
pass
nel
deserto di Siria
(374-78 circa).
Molto
probabilmente
egli
fu
sti-
molato a scrivere
questo
racconto dal desiderio di
lumeggiare
la
figura leggendaria
del
primo
Eremita, dqlla
cui esistenza
si
dubitava
{quia semper latuit,
non
juisse
a mcdedicis extimatur),
oppure
anche dal
bisogno
di sollevare con \ina
composiziono
latina lo
spirito
affaticato dallo studio
aspro
e difficile della
lingua
ebraica.
EgU
stesso ci narra come suonassero strani
alle
sue
orecchie,
abituate alla dolcezza
dell'eloquio
di
Cicerone,
di
Vu-
gilio,
di
Quintiliano,
i suoni
gutturali {stridentia
anhlantiaqu^
verbo)
dell'ebraico.
^
dorati.
2
lutto.
SAlSr PAOLO EREMITA 391
Per
stendere
i] suo
lavoro,
S. Gerolamo si
giov soprattutto
della
tradizione
orale ancora
vivente,
e di alcuni
particolari
ch'egli
pot
cavare dalla Vita di S.
Antonio,
scritta in
greco
da
Atanasio,
e
volgarizzata
in
quegli
anni da
Evagrio,
allora
semplice
prete
in Antiochia.
L'opera
di S.
^
Grerolamo ebbe un
grande
successo,
venne
tradotta
in
greco,
in
copto,
in
siriaco,
e servd
poi
di fondamento
per
i
Leggendari
volgari.
L'incontro
di S. Antonio col centauro narrato anche da
Atanasio (cap. XI): Dopo alquanti giorni,
lavorando Antonio
e tessendo
im.a
sporteUa,
sent tirare la 'ntrecciatura della
quale
facea
la
sportella;
onde levandosi
per
vedere chi
fosse,
vide una
bestia mostruosa,
secondo che il diavolo aveva
formato,
la
quale
parea
dal mezzo in su
uomo,
e d'indi in
gi
asino. La
qual
cosa
veggendo
Antonio,
armandosi col
segno
della
croce,
disse:

Servo
di Cristo
sono;
se tu se' mandato da lui a
me,
non
fuggo;
fa' di me ci che t'
permesso.

Alla
quale parola quello
co-
tale
prodigio
incontanente
fuggendo,
cadde
quasi
morto... .
L'onocentauro ricordato in molti beatiarii medievali:
Gentaurus est une atttre beste:
Poitrine,
espaules,
mains. teste
Ha tot ensi come ont
home,
Asri/e resamele
per
desoz la
centuire,
MovU est de mauvaise nature.
Gebvaise ^
E
spesso
viene anche
rappresentato plasticamente,
come ad es.
nei
bassorilievi del Battistero di Parma e in
quelli
che stanno
di
fianco aUa
porta
della
cappella
nel Castello di Tirolo.
n
centauro
per
i trattatisti medievali simbolo del demonio
perch unisce la
perfidia
della mente imaana alla violenza della
bestia. Vedi
Ugo
da S. Vittore in
Migne,
Patrologia latina,
vo-
lume
177.
Una
redazione
poetica
di
questa leggenda
in
dialetto franco-
veneto,
venne
pubblicata
da
Novati,
in BaccoUa d studi de-
dicata
ad A.
D'Ancona,
Firenze
1901,
e un'altra in dialetto
^
pubblicato
da P. Meyeb nella
Bom'ania, I,
430.
392 LEGGENDE CRISTIANE
abruzzese,
dal
Monaci,
in Rendiconti della R.
Accademia
dei
Lincei,
voi.
V,
fascicolo 12.
Quest'ultima
stata
riprodotta anche
da C. Gtjerrieei-Cbocetti nel suo volume L'antica
poesia
abruzzese. Lanciano, Carabba,
1914.
Novanta anni era stato
Saneto Antonio lo
beato;
Disse nel suo
cogitato:
A lo mundo non ho trovato
Monaco che facza
questa
vita
Che
pi
de me sia stato eremito.
Chillo Dio che
signore
Disseh
per grande
amore:
A Jo diserto de te
megliore
E
megho
me
ay
servato in tale
E meritilo
gire
ad
visitare,
ecc.
L'incontro di S. Paolo eremita con S. Antonio venne
rap-
presentato
frequentemente
dai Primitivi senesi e fiorentini
(vedi
le tavolette dei Lorenzetti e di Lorenzo Monaco nella Galleria
Vaticana,
n. 14 e
15, 21, 81)
e
poi
dal Pinturicchio in una delle
Sale
dell'appartamento Borgia;
ma
sopra gli
altri si distinsero
due
pittori
stranieri,
il tedesco Mattia Griinewald nel celebre
polittico
di
Colmar,
e lo
spagnuolo Velasquez
nel
quadro
del
Museo del Prado a Madrid. Si vuole che
quest'ultimo
si sia
ispi-
rato alla
pittura
del
Salvoldo,
oggi
nell'Accademia di Venezia
(n. 328).
Tra le molte
figurazioni
isolate di S. Antonio ricordiamo
quella
del Pisanello aUa Galleria di Londra e la celebre
stampa
di Alberto
Diirer,
datata
1519,
che
rappresenta
il Santo intento
alla lettura in riva a un
fiume,
presso
il
quale
si leva un
villaggio
dal carattei'istico
profilo
tedesco.
LA
LEGGENDA
DI S. MACCARIO
[Dalle
Vite
volgarizzate
dal
Cavalca].
1. Incomincia
la vita di San Maccabio
Romano,
COMPILATA
DA TbOFILO E SERGIO ED ALCUNI MO-
NACI PERFETTISSIMI.
Gloria e
magnificenza
al
benignissimo
Iddio,
lo
quale
per
le innumerevoli e mirabili
opere
ed
esempli
de'
suoi
miracoli,
noi
tiepidi
e
indegni
continovamente
invita e accende a virtti e a desiderio dalla beata vita.
Onde noi vili e
indegni
monaci,
cio Teofilo e
Sergio
ed
Elchino,
volendo
per
la dificazione
^
della
gente,
nar-
rare e scrivere le mirabili cose che Iddio ci ha
mostrate,
preghiamo voi,
santissimi Padri e
fratelli,
che ascol-
tiate
fedelmente
quello
che
vogliamo
e intendiamo di
dire
dlia vita e della mirabile conversazione del san-
tissimo Maccario
Romano,
lo
quale
trovammo
presso
a
venti
miglia
del
paradiso
terrestre,
ovvero deliziano ^.
E
preghiamovi
che diate fede al nostro detto: che altri-
menti
megUo
ci
parrebbe
tacendo rimanere- innossii
^
che
parlando
essere
reputati
mendaci e falsi.
^
edificazione,
ammaestraniento.
^
la
traduzione del
paradisus voluptatis
di cui
parla
la
Bibbia,
Genesi,
II, 8;
vedine la descrizione nella successiva
leggenda
dei Tre
Monaci.
^
innocenti,
dal lat. innoxius.
394' LEGGENDE CBISTIANE
2. Come certi monaci fuggirono del
monistero
DI Siria per desiderio d'andare al
paradiso,
E COME DOPO molti PERICOLI PERVENNONO
INSINQ
ALLA ASSIDA D'AlESSANDBO.
Noi
dunque predetti Sergio
e Tofilo ed
Elchino,
spirati
da
Dio,
rimiTiziamnio al
secolo,
e
andammo
a
quel
monistero,
lo
quale
in
Mesopotamia
di
Siria,
in
mezzo di due
fiumi,
cio
Tigris
ed
Eufrates;
nel
quale
era abate e rettore un santissimo
padre, Asclepione,
e
quivi
umilmente domandando e
pregando
noi d'essere
ricevuti,
fummo
benignamente
e con
gran
carit dal
predetto
Padre e da tutti i monaci
ricevuti,
e sottomet-
temmoci a
quella regola
e a
quella
conversazione santa.
Ora avvenne
che,
poich
fummo
lungo tempo
stati
nel
predetto luogo,
un
giorno,
detto nona
^,
andando al
fiume
Eufrates,
ponemmoci
a sedere in sulla
ripa per
nostro
riposo,
e cominciammo a
parlare
delle virtudi
e deUa
perfezione
di diversi santi Padri. AUora io Teo-
filo dissi a'
predetti
miei
compagni Sergio
ed Elchino:
Venuto m' in
desiderio,
fratelli
miei,
di andare
pel-
legrinando
tutti li d della vita mia e d'andare tanto
ch'io
venga
a
quel luogo
nel
quale
si
congiunge
lo cielo
colla terra. E
rispondendo eglino
che
sempre
m'ave-
vano avuto
per padre spirituale,
e che erano
apparec-
chiati di
seguirmi
infino alla
morte,
e mai non
partirsi
da
me,
levammoci di
quel luogo
con
questo proponi-
mento e tornammoci al
monistero;
e non
palesandoci
all'abate ne ad altro
monaco,
la sera al
tardi,
poi
che
tutti erano iti a
posare,
fatta che avemmo nostra
ora-
zione,
raccomandammoci a
Dio,
e occultamente
ci
par-
timmo,
e
dopo
diciasette
giorni giugnemmp
in Geru-
salem,
e adorammo la santa Croce e visitammo
que'
luoghi
santi,
e
poi
andammo in Bettelem e adorammo
^
recitate le
preghiere prescritte per
l'ora di nona.
SAN MACCAEIG 395
e
salutammo
quel
santo
presepio,
dove Cristo fu
posto
quando
nacque,
e nel
quale
li
Magi
il
trovarono,
gui-
dandogli
la stella: e vedemmo
quel luogo
mirabile,
dove
l'Agnolo
con moltitudine del celestiale esercito cant:
Gloria
in excelsis
Deo,
quando apparve
a'
pastori;
lo
qual
luogo

dilimgi
da Gerusalem forse
per ispazio
di
due
miglia.
Andammo anche al
monte Uliveto e ado-
rammo
in
quel luogo
donde Cristo saH in cielo. E
poi,
visitati
tutti li
luoghi,
ritornammo in Gerusalem e ado-
rammo
e raccomandammoci a Dio e a' suoi
santi,
e
partimmoci
con tanto
fervore,
che
quasi
nulla memoria
avevamo
in
questo
secolo. E
accompagnandoci
la divina
grazia,
in
capo
di
cinquanta giorni
entrammo nella
terra
di
Persia,
che si chiama
cos,
e venimmo in un
gran
campo
e
spazioso
che si chiama
Asia,
nel
quale,
come dicono le
storie,
lo martire di Cristo san Mercurio
uccise Giuliano
apostata imperadore
^. E
poi
intrammo
in
quella
citt di Persia che si chiama
Tiassefedo,
nella
quale
Anania e Azaria e Misael^ sono
sepulti;
e
quivi
ci
riposammo alquanti giorni,
lodando Iddio. E
quindi
partendoci,
dopo quattro
mesi uscimmo di tutte le con-
trade di
Persia,
ed entrammo nelle contrade d'India
ed
entrammo in una
casa,
e non trovandovi
persona,
stemmovi due
giorni;
ed ecco al terzo
giorno
vi ven-
nono due
armati,
uno maschio e una
femmina,
de'
quali
noi
temendo,
vedendogli
venire,
deKberammo d'andare
loro
incontro;
ma
egli,
vedendoci,
tornarono
addietro,
e
dopo
alquante
ore ci
giunsono
in casa bene con tremila
Etiopi.
E subitamente
ponendosi
in
quella
casa,
cio
^
Vedi
Legenda Aurea,
26
gennaio,
ultimo
paragrafo.
S.
Mercurio,
o
Mercuriale,
era un valoroso soldato cristiano che
l'imperatore
aveva
messo a morte
per
la sua
fede;
per
ordine della
Vergine
Maria
risorse,
prese la
lancia e
precipitandosi
contro Giuliano nel folto della
mischia,
nella
quale
era
impegnato
contro i
Persiani,
lo uccise. Avanti di at-
taccar
battaglia l'imperatore
aveva fatto, chiedere a un suo indovino :
Che
cosa fa il
figUuolo
del
falegname
di Necaret?. E
l'indovino,
pronto:
Prepara
la bara di Giuliano.
^
i tre
fanciulli
posti per
ordine di Nabucodnosor nella fornace
ardente e
miracolosamente uscitine illesi.
396 LEGGENDE CRISTIANE
intorno a
essa,
nella
quale
noi stavamo in
orazione,
misonvi fuoco da
quattro parti per poterci
ardere
vivi.
La
qual
cosa noi vedendo e
temendo,
chiamammo
in
nostro aiuto Cristo e uscimmo fuori in mezzo di
loro.
Allora
eglino,
molto in loro
linguaggio parlando
contro
a noi e
fremendo,
vedendo che noi non
gli intendevamo,
n
eglino
noi,
presonci
e misonci in una
prigione
molto
iscura,
e
quivi
ci lasciaroiio
per pi giorni
senza
man-
giare
e senza bere. Onde
noi,
vedendoci da
ogni
umano
aiuto destituti e
abbandonati,
oravamo
continovamente,
e Iddio continovamente di cibo invisibile ci
nutricava.
E
dopo alquanti giorni,
venendo
alquanti
di loro
alla
carcere,
credendoci trovare morti di
fame,
vedendoci
vivi e sani stare in orazione e
ringraziare
Iddio,
aprirono
la
prigione
e trassonci
fuori,
e
poi,
infra se stessi non
so che
parlottando
e
fremendo,
fecionci duramente
battere e cacciaronci delle loro
contrade;
e
quindi
cac-
ciati,
come Iddio c'
testimonio,
andammo ottanta
gior-
nate senza cibo terreno. E
dopo
molti
giorni perve-
nimmo in un
campo
mirabile neUe
parti
d'Oriente,
el
quale
tutto era
pieno
d'albori
altissimi
e di dolcissimi
frutti,
de'
quali
noi,
lodando e
ringraziando
Iddio,
man-
giammo
abbondantemente. E
quindi partendoci,
en-
trammo nelle contrade de'
Cananei,
li
quali
colle loro fa-
miglie
abitano
quasi pure
in
ispelonche.
E come
piacque
alla
grazia
di
Dio,
che ci
difese,
lasciaronci andare
e
non ci feciono male. E
partendoci quindi, dopo
cento-
dieci d
pervenimmo
nella contrada de'
Giovitelli^,
li
quali,
vedendoci,
tutti
per paura fuggirono.
Della
qual
cosa noi lodando
Iddio,
partimmoci quindi
tosto;
e
dopo alquanti giorni pervem'mmo
a certi monti
al-
tissimi e scuri e
sterili,
nelli
quali
lo sole non
viene,
ii
alberi n erbe
nasce;
e
quivi
trovando noi
serpenti
e bestie feroci di diverse
maniere,
difendendoci Iddio,
1
Sarebbe vano tentare d'identificare
queste
indicazioni
puramente
fantastiche,
che
prestarono
cos facile
pretesto
alla satira nella
no-
vella boccaccesca di Frate
Cipolla.
SAN MACOARIO 397
passammo
senza"
nocimento,
ma bene
per
venti
gior-
nate
continue
ci
pareva
udire lo sibilare e lo fremire
loro,
intantoch
non
potevamo passare,
se non turan-
doci
gli
orecchi ^. E
dopo questo, giugnemmo
ad un
luogo
terribile,
con altissime
ripe
e
asprissime,
e
quivi
stemmo
sette
giorni
e non vedemmo via d'andare
pi
oltre
2. E
dopo
sette
giorni
ci
apparve
un cerbio bellis-
simo,
e dava vista di volerci
guidare;
lo
quale
noi se-
guitando,
trovammo monti e
ripe pi
altissime,
e
poi
pervenimmo
in un
campo grandissimo pieno
di lion-
fanti;
e come
piacque
a Dio
passammo
in mezzo di
loro
senza
nocimento,
e non vedendo
pi
oltre
via,
raccomandammoci
a Dio e mettemmoci alla ventura.
E
dopo
nove
giorni pervenimmo
in un
gran piano
molto
fruttifero
^;
e incontanente
quel luogo
fu
pieno
di te-
nebre
oscurissime;
onde
noi,
molto turbati e
afflitti,
gittammoci
in terra
piangendo,
e orammo e
gridammo
a
Dio,
per
sette
giorni
continovi non
mangiammo,
n
bevemmo,
n lume vedemmo
*,
e
dopo
sette
giorni
ci
apparve
una colomba
bellissima,
la
quale
movendo
l'alie verso di
noi,
pareva
che c'invitasse di camminare.
Allora
noi,
raccomandandoci a
Dio,
seguitammola.
3.
Come teovarono certi luoghi penosi e altri
dilettosi,
e come mirabilmente andando pi
gfiornate senza
cibo,
pervennono alla ispelonca
DI
San Maccario.
Ed
ecco andando noi trovammo una
gran
tavola di
marmo
tutta
iscritta,
e la scrittura era
questa:

Questa
^
Secondo . i
geografi
antichi
(P.
Mela e
Solino),
sulle rive del
Caspio
si
raccolgono
con la buona
stagione
tutti i
serpenti.
Vedi Bru-
netto
Latini,
I
liiri natwrali del
Tesoro,
pag.
15.
^
Giunsero alle famose
porte Caspie
l ove non
pu
andare uomo se
non
per
un
piccolo
sentieri,
che
per lungo
bene ottomilia
passi

{Ihid.).
^
il
Direu,

luogo
dovizioso di tutte cose che sono in terra
{Ibid.).
*
Di
quest'improvviso
oscurarsi dell'atmosfera
per
nembi di sabbia
sollevati
dal vento
parla
a
limgo
Marco Polo nel suo Milione. Vedi
1
edizione di
Q.
Tibeeii, Firenze,
Le
Monnier, 1919,
pag.
32.
398 LEGGENDE CRISTIANE
absida
^
di marmo fece fare e
qui porre
Alessandro
im-
peradore quando perseguit
Dario re di Persia. Chi
vuole
andare
piti
oltre,
tenga
da mano
manca,
che da mano
di-
ritta non v'
piti
via. Onde
noi,
tenendo dalla
mano
sinistra,
andammo molte
giornate;
e
dopo quaranta
giorni,
andando
noi,
sentimmo una s intollerabile
puzza
che
quasi
come morti cademmo in
terra,
non
potendola
sostenere,
e
pregammo
Iddio che ci ricevesse in
pace.
E come
piacque
a Dio
dopo
un
poco,
sentendoci
con-
fortati,
levammoci di
terra,
e
guatandoci d'intorno,
vedemmo un
lago grandissimo pieno
di
serpenti
che
tutti
pareano
che
gittassono
fuoco,
e udimmo
voci
uscire di
quel lago
e
stridere,
e come
d'innumerabili
popoli
che
piangessono
e urlassono. Della
qual
cosa
essendo noi
stupefatti,
udimmo voci dal cielo che dis-
sono:

Questo
'1
luogo
del
giudicio
e di
pene,
nel
quale
sono crucciati
quelli
che
negarono
Cristo . La
qual
cosa
noi
udendo,
piangemmo
e
sospirammo;
e
percuoten-
doci il
petto,
ci
partimmo
tosto. E
andando,
pervenuti
che fummo fra due monti
altissimi,
apparveci
un uomo
di statura in
lunghezza
bene di cento
cubiti,
incatenato
con
quattro
catene,
le due delle
quali
erano conftte
nell'uno
monte,
e l'altre due
nell'altro,
e tutto intorno
a lui era
fuoco,
e
gridava
s
fortemente,
che s'udiva bene
quaranta miglia
alla
lunga
^. E vedendoci incominci
a
gridare
fortemente. Delle
quali
cose noi molto stu-
pefatti
e
impauriti, coprimmoci
la
faccia,
non
potendo
patire
di vedere cosi orribili
cose;
e
partimmoci quindi
tosto e venimmo in un
luogo
molto
profond
e orribile
e
scoglioso
e
aspro,
nel
quale
eziandio vedemmo
una
femmina
nuda,
laidissima e
scapigliata
in volto
e com-
*
edificio di forma circolare. Ne
parlano
anche i Fatti d'Alessandro
Magno (ed.
Grion,
Bologna
1875,
pag. 138):
E
quando
Alessandro
vidde
che non
potea
andare
innanzi,
comand che
qiiivi
fosse fatta una
gran-
dissima colonna di marmo e fecevi
intagliare
lettere che diceano:

j-
In-
fino
qui
fue
Alessandro,
il
figliuolo
del dio Aimon e della reina
Olimpias
.
*
Come vedremo nelle
leggende
successive,
questo disgraziato
e
Giuda.
SAN MACCARIO 399
presa
tutta da un
dragone grandissimo;
e
quantunque
ella
voleva
aprire
bocca
per parlare
o
per gridare, quel
dragone
le metteva il
capo
in bocca e mordeale crudel-
mente
la
lingua;
e i
capelli
di
quella
femmina erano
grandi
insino in terra. E
guatando
noi in
lei,
stando
stupefatti,
udimmo subitamente di
quella
valle uscire
voci
che dicevano
gridando
:
Abbi misericordia di
noi,
Figliuol
di Dio Cristo
.
benedetto . Onde
noi,
molto
ispaventati
e
compunti, gittammoci
in terra
giaocchioni
e orammo
con
lagrime,
dicendo :

Signore
Iddio,
lo
quale
ci
creasti,
togli
l'anime nostre da s occulti
giudicii
che
ci
hai mostri. E levandoci con
gran pianto
e
paura,
venimmo
in un altro
luogo,
nel
quale
vederimo molti
alberi
che avevano similitudine di
fichi;
e ne' rami
erano certi uccelli con voce umana che
gridavano
forte-
mente dicendo:
Perdonaci, messere,
che ci
plasmasti.
Perdonaci,
misericordioso
Signore, perocch
confes-
siamo lo nostro
peccato.
Delle
quali
tutte cose noi
molto
stupefatti, gittammoci
in terra e orammo e
pre-
gammo
Iddio che ci desse ad intendere
quelle
cose
che ci avea mostrate. Allora udimmo una voce che ci
disse:
Non si
conviene a voi di conoscere li
segreti
giudicii
di
Dio;
andate alla via vostra. Onde noi con
paura
quindi partendoci, pervenimmo
in un bellissimo
e
spazioso
luogo,
nel
quale
trovammo
quattro
bellis-
simi
uomini di venerabile e santo
aspetto
e
beUo,
che
parrebbe
incredibile a
dire,
e aveano in
capo
corone
d'oro e di
gemme
bellissime,
e in mano rami di
palma
d'oro,
e
dinanzi da loro era un
gran
fuoco e
spade
molto
taghenti
e
agute.
Della
qual
cosa noi
stupefatti
e te-
mendo,
gridammo
e dicemmo loro: 0
signori
nostri,
servi
di
Dio,
abbiate misericordia di noi e
atateci,
che
questo fuoco e
queste ispade
non ci
facciano
male.
Allora
egHno
ci confortarono e dissono: Non temete:
andate, alla via vostra
sicuramente,
che noi siamo
qui
posti
da
Dio infino al 6 del
giudicio.
E
partendoci
da
loro,
quaranta
giorni
andammo senza
cibo,
se non
400 LEGGENDE CRISTIANE
che beevamo
dell'acqua.
E andando
noi, subitamente
udimmo voci come di
popolo
innumerabile fare
gran
canto e sentimmo un odore soavissimo come di
fine
balsamo,
e una
dplcezza
nel
palato
come di
mle.
Per
le
quali
tutte cose
quasi
inebriati di dolcezza
addor-
mentammoci;
e
dopo
un
poco
levandoci, vedemmo
innanzi a noi una chiesa mirabilmente bella e
ornata,
e
parca quasi
tutta di
cristallo,
e in mezzo era un
altare
onorabile,
del
quale
usciva
un'acqua
bianca come
latte,
e
d'intorno istavano uomini
d'aspetto santissimo,
e
cantavano un canto celestiale con mirabile
nielodia;
e
quella
chiesa dalla
parte
verso il
meriggio
avea si-
miglianza
di
pietra preziosa,
e dalla
parte
australe
colore di
sangue,
e dall'occidente era bianca come
neve,
e
sopra
essa erano molte
stelle,
molto
pi
rilucenti
che
quelle
che comunemente si
veggono,
e cosi simi-
gliantemente
lo sole v'era sette cotanti
pi risplendiente
e
pi
caldo che 'n
queste
nostre
contrade;
Talpe
e i
monti
pi
alti;
e
gli
alberi e frutti
pi grandi
e belli
e
migliori;
e aveavi uccelli
pi
belli,
che facevano
pi
dolci
canti; e, brievemente,
ogni
cosa vi vedemmo di
pi
bellezza e frutto e nobilt che non sono in
questo
nostro mondo di
qua.
La terra medesima dall'uno
lato bianca come neve e dall'altro rosa \ Le
quali
tutte
cose noi considerando con
maraviglia,
salutato
che
avemmo
que'
santi
uomini,
proseguitammo
lo nostro
cammino;
e
dopo
cento
giorni,
come Iddio ci testi-
mone,
ne'
quali
niuno cibo
prendemmo,
se non
che
beveamo
dell'acqua,
subitamente,
andando
noi,
ci
venne incontro un
popolo
di moltitudine innumerabile
d'uomini e di femmine adunati
insieme,
che l'uno di loro
non era
maggiore
d'un
gomito
^;
li
quali
vedendo,
molto
tememmo. Allora
io,
misero
peccatore
Teofilo,
dissi
a'
predetti
miei
compagni,
fratelli
Sergio
ed Elchino:
Sca-
^
Confronta
questa
descrizione del Paradiso con
quella
che
segue.
2
Di
questi popoli
nani
parlano
i Fatti d'Alessandro.
e
ce
o
S
tlJD
^-^
<
<
u
Pi
O
<
^
OS
C
a.
r-
C
O
400
LEGGENDE CRISTIANE
che beevamo
dell'acqua,
E andando
noi, subitamente
udimmo voci come di
popolo
innumerabile fare
gran
canto e sentimmo un odore soavissimo come di
fine
balsamo,
e una dolcezza nel
palato
come di mle.
Per
le
quali
tutte cose
quasi
inebriati di dolcezza
addor-
mentammoci;
e
dopo
un
poco
levandoci, vedemmo
innanzi a noi una chiesa mirabilmente bella e
ornata,
e
parea quasi
tutta di
cristallo,
e in mezzo era un
altare
onorabile,
del
quale
usciva
un'acqua
bianca come
latte,
e
d'intorno istavano uomini
d'aspetto santissimo,
e
cantavano un canto celestiale con mutabile
melodia;
e
quella
chiesa dalla
parte
verso U
meriggio
avea si-
migHanza
di
pietra preziosa,
e dalla
parte
australe
colore di
sangue,
e dall'occidente era bianca come
neve,
e
sopra
essa erano molte
stelle,
molto
pi.
rilucenti
che
quelle
che comunemente si
veggono,
e cos simi-
gliantemente
lo sole v'era sette cotanti
pi risplendiente
e
pi
caldo che 'n
queste
nostre
contrade;
l'alpe
e i
monti
pi
alti;
e
gli
alberi e frutti
pi grandi
e belli
e
migliori;
e aveavi uccelli
pi
belli,
che facevano
pi
dolci
canti; e, brievemente,
ogni
cosa vi vedemmo di
pi
bellezza e frutto e nobilt che non sono in
questo
nostro mondo di
qua.
La terra medesima dall'uno
lato bianca come neve e dall'altro rosa ^. Le
quali
tutte
cose noi considerando con
maraviglia,
salutato
che
avemmo
que'
santi
uomini,
proseguitammo
lo nostro
cammino;
e
dopo
cento
giorni,
come Iddio ci testi-
mone,
ne'
quali
ninno cibo
prendemmo,
se non
che
beveamo
dell'acqua,
subitamente,
andando
noi,
ci
venne incontro un
popolo
di moltitudine innumerabile
d'uomini e di femmine adunati
insieme,
che l'uno di loro
non era
maggiore
d'un
gomito
^;
li
quali
vedendo,
molto
tememmo. Allora
io,
misero
peccatore
Teoflo,
dissi
a
predetti
miei
compagni,
fratelli
Sergio
ed Elchino:
Sc,i-
^
Confronta
questa
descrizione del Paradiso con
qviella
che
segue
2
Di
questi popoli
nani
parlano
i Fatti d'Alessandro,
Ca
I-,
e
u
e
<
~
SAN MACCARIO 401
pigliamci
e
spargiamo
li
capelli
del
capo
e diam vista
d'andare
loro addosso cos
contraffatti;
forse che teme-
ranno
e
fuggiranno.
La
qual
cosa
parendo
loro,
arrxif-
fammoci
il
capo
e
spargemmo
li
capelli,
e contraffacem-
moci
quanto potemmo,
e movendoci verso di
loro,
gri-
dando
fortissimamente. La
qual
cosa
eglino
udendo,
su-
bitamente
prendendo
li loro
figliuoli,
stridendo e
temendo,
fuggirono
da noi. Onde
noi,
lodando
Iddio,
passammo
un
fiume
e trovammoci in un
campo
bellissimo,
lo
quale
era
pieno
d'erbe bianche come latte e dolci come
mle,
e alte
forse un
gomito,
delle
quali mangiando,
confor-
tammoci
e
ringraziammo
Iddio;
e
poi per
lungo
tempo
andando,
dopo alquanti
d trovammo una bella
via,
per
la
quale,
rendendo molte
grazie
a Dio che ce l'aveva
mostrata,
andammo
pi. giornate,
tanto che trovammo
una
spilonca
molto bella.
4. Della fattezza e forma e vista di
Maccario,
e
come li ricevette e cen con loro.
Allora 'facendoci lo
segno
della
croce,
entrammo
dentro,
e non trovandovi alcuno
abitatore,
dicemmo
fra
noi:
Questo
luogo pur pare
assettato e acconcio
s,
che
pare
che altri ci abiti: onde
aspettiamo qui
in sino
a
sera,
e forse torner
quegli
che ci abita. E
preso questo
consiglio,
come uomini ch'eravamo
stanchi,
ci
ponemmo
a
sedere;
e subitamente sentimmo vai mirabile odore
di
tanta
soavit,
che
quasi,
inebriati di
dolcezza,
ci
addormentammo,
e
dopo
un
poco svegHandoci,
uscimmo
fuori
della
spilonca;
e
riguardammo
verso
Oriente,
ed
ecco
noi vedemmo venire verso noi come una
figura
d'uomo
co'
capelli
bianchi come
neve,
ed erane tutto
coperto
come l'uccello delle
penne;
lo
quale
inconta-
iiente
che ci
vide,
gittossi
in terra e
or,
e
poi
levandosi
grid e
disse:
Se voi siete da
Dio,
fatevi lo
segno
della
croce
e
venite a
me;
ma se siete del
nimico,
partitevi
26,

Battelli, Leggende
cristiane.
402
LEGGENDE CBISTIANE
da me. Allo
quale
noi
rispondemmo
cosi:
Dacci
la
tua
benedizione,
o Padre
santo,
e non ti
turbare; che
sappi
noi siamo servi di Ges Cristo e
per
suo
amore
siamo fatti monaci e abbiamo rinunziato al
secolo.
Le
quali parole egli
udendo,
venne a
noi,
e
levando
le
mani al cielo or
per gran pezzo;
e
poi,
levandosi da
ora-
zione levossi li
capelli
dinanzi dal. viso e
parlocci
e
bene-
disseci,
e i suoi
capelli
e i
peK
della barba erano
bianchi
come latte. La sua faccia
pareva
faccia
d'angelo,
e
per
la molta vecchiezza
gli
occhi
quasi
non si
pare-
vano,
perciocch
le
sopracciglia gli coprivano: l'unghie
de'
piedi
e deUe mani erano molto
grandi,
li
capelli
e
la barba li
copriano
tutto il
corpo:
la sua
loquela
era
molto sottile e
poca,
che
appena
s'udiva;
la
pelle
della
faccia
quasi
come una
pelle
secca. E
giunto
che fu a
noi,
incominci a
piangere
e dissoci: Fratelli
miei,
onde siete e onde venite? ditemi in che stato il mondo
e la santa
Chiesa,
e se cessata la
persecuzione
deU'im-
peradori
contro
agli
cristiani. Al
quale
noi
rispondendo
per
ordine in tutti li suoi
dimandi,
aprimmogli
lo nostro
intendimento,
dicendogli
che avevamo intenzione
d'an-
dare infino al
luogo
nel
quale
si
congiugne
il cielo colla
terra,
e
dicemmogli
tutto ci che nel cammino ci era
incontrato. Ai
quali egli rispuose
e disse:
Sappiate,
fratelli miei e
figliuoli
miei
carissimi,
che da
questo
luogo
innanzi,
verso il
paradiso,
nullo uomo mortale
si
pu approssimare:
onde io
medesimo,
misero
peccatore,
avendo cotale
desiderio,
mi sforzai d'andare inanzi,
ma una notte
l'angelo
di Dio mi
apparve
in visione
e dissemi: Non andare
pi
innanzi,
e non
prosumere
di
tentare Iddio, Ed io
gli
dissi: Per che
cagione,
messere,
non m' lecito d'andare
pi
innanzi? E
que'
mi
rispuose:
Da
questo luogo
insino al
paradiso,
dove Adamo
ed
Eva stavano in
delizie,
sono venti
migha,
e dinanzi
al
paradiso
ha
posto
Iddio un cherubino con una
ispada
in. mano
infocata,
che
sempre
si
volge per guardare
lo
legno
della
vita,
e ha da'
piedi
insino al beUico
simi-
SAN MACCABIO 403
litudine
d'uomo,
e il
petto
conje
di leone e le mani
pa-
iono
come
di cristallo. Le
quali
tutte cose udendo io
Teofilo
e i miei
compagni
dal santissimo servo di Dio
Maccario, gittammoci
in terra
per
riverenzia e
ringra-
ziammone
Iddio e lui. E come fu
sera,
s ci disse: !Pra-
telH
miei
dolcissimi,
uscite fuori di ceUa e
aspettatemi
un
poco
insino che siano tornati due
leoni,
li
quali ogni
sera
tornano
a me. E
tornati
che
furono,
puose
loro
le
mani
al collo e disse loro:

Figliuoli
miei,
questi
frati
sono
venuti dal secolo a
noi;
guardate
che non fac-
ciate
loro male. E
poi
incontanente ci chiam dentro
e disse:

Venite, frati,
sicuramente e non temete.
Allora
noi ritornando nella
ispelonca,
ma non senza
paura,
salutammolo;
e cantato e detto ch'avemmo il
vespro,
ponemmoci
a sedere e cenammo con lui in
carit,
pren-
dendo in cibo
ghiande
e certe radici d'erbe e bevendo
dell'acqua.
E
poich
avemmo
cenato,
e dormito la
notte,
poich
fu fatto
giorno,
s
gli parlammo
e dicemmo:
Padre santo e
signore
nostro,
preghiamo
la tua bea-
titudine che ti
degni
e
piacciati
di narrarci
per
ordine
la tua
conversazione e vita
tutta,
e come e
perch
ve-
nisti a
questo luogo.
5.
Come
narr per ordine tutta la stia
vita,
cio
com'egli fugg dal padre e dalla
moglie,
e per
mebabil modo pervenne al detto
luogo,
essendo
GUIDATO dall'angelo.
AUora
egli benignamente
ci
rispuose
e disse:
Io,
carissimi
figliuoli
e
fratelli,
ho nome
Maccario,
e fui
nato
e
notricato nella reale citt di
Roma,
e fui
figliuolo
d
un
grande
e
gentile
uomo
romano,
lo
quale
era molto
innanzi
^
collo
imperadore.
E
passato
ch'io ebbi lo
tempo
della
puerizia,
lo
predetto
mio
padre
contro a
ogni
mio
^
aveva
lon'alta carica a Corte.
404 . LEGGENDE CBISTIANB
volere,
mi fece
sposare moglie:
e
apparecchiate
che
fu.
rono le nozze e i
conviti,
e
gi
venuta la
sposa
a
casa,
e attendendo tutti a
mangiare
e ai
giocoli
e a'
sollazzi
e mio
padre
essendo
occupato
in
disponere
e
ordinare
la
corte,
occultamente iscesi la scala e
fuggii,
ed
entrai
in casa d'una vedova mia conoscente e stettivi
nascosto
sette
giorni:
ed ella
ogni giorno
in
quel
mezzo
entrava
in casa di mio
padre,
come dimestica della
casa,
e
udiva
ci che vi si diceva di
me,
e come e dove mi faceva
cer.
care;
e
poi,
tornando a
me,
mi ridiceva
ogni
cosa,
e
come
mio
padre
e mia madre e tutta la corte stavano in
gran
pianto
e corrotto
per
me. Alle
quali parole
tutto
io
indurando il
cuore,
dopo
i sette
giorni,
la notte
seguente
sopra
la
domenica,
salutai e
ringraziai
la
predetta
ve-
dova,
e uscito di
casa,
misimi in via. Ed ecco inconta-
nente mi trovai con un bel vecchio e
reverendo,
lo
quale
pareva
che desse vista di
camminare,
lo
quale
trovando,
f
ecigli
riverenza e
dissigli:
E dove voi andate?. Allora
egli
mi
rispuose
con una faccia molto
allegra,
e disse:

Dovunque
tu vuoi
andare,
ed io ti
seguir;
e so tutte
le vie e le contrade
per
le
quali
tu vuoi
passare
o andare.
Allora
io, confortandomi,
ringraziai
Iddio e
anda'gli
dietro. E andando cos insieme con
grande allegrezza,
accattammo del
pane per
le case onde
passavamo.
Ed andando
pi giornate, pervenimmo
a
quel
luogo
dei tormenti e a
quei
rei
passi
che voi dite che trovaste.
E
quando
noi fummo
giunti presso
a
questo
luogo
a
trenta
miglia,
un
giorno
sedendo noi e
riposandoci
e
parlando
insieme, subitamente,
e non so
come,
lo
mio
compagno disparve.
Della
qual
cosa essendo io molto
ispaventato
e
conturbato,
e non
sapendo
che
mi
fare
e dove
andare,
gittaitni
in terra
piangendo
fortemente
e raccomandandomi a Dio. Ed ecco
subitamente, pian-
gendo
io,
lo mio
compagno
fu ritornato a me con
grande
isplendore,
e dissemi cos: Non ti
turbare,
carissimo
mio,
ma
sappi
ch'io sono
l'angelo
Raffaello,
lo
quale
da
Dio fui mandato in tuo
ajuto; per
suo comandamento
SAN MACCABIO 405
t'ho
menato
insin
qui,
e,
come tu
sai,
Iddio t'ha
cam.pato
di
molti
pericoli
e hai
passati
li
luoghi
delle tenebre e
delle
pene,
e feceti vedere lo
luogo
de'
giusti
e la fonte
dell'acqua
viva. Non ti sconfortare
dunque,
ma
levati,
e
va'
alla
via tua. E
incontanente,
dette
queste parole,
disparve.
Allora
io,
prendendo
forza
e
confortandomi,
misimi
in
via;
e
andando,
vedendomi venire incontro
un animale,
lo
quale
si chiama
onagro,
cio asino sal-
vatico,
gridai
infino dalla
lunga,
e dissi: Per Cristo
che
ti
plasm,
ti
scongiuro
e
priego
che mi mostri la via
per
la
quale
io debbo andare . Allora
egli
incontanente
mi si
par
innanzi ed entr
per
una semita
^
molto stretta
e
piccola,
e
per quella
semita
gli
andai dietro due
giorni:
e '1 terzo
giorno
trovammo un cerbio di smisurata
gran-
dezza,
del
quale l'onagro
avendo
paura fuggi,
e
lasciommi;
onde
io,
rimanendo
solo,
rimasi in
gran
tristizia,
e non
sapendo
dove
m'andare,
ma
pure
confortandomi,
gridai
contro al
cerbio,
e dissi:

Poich tu m'hai tolto lo mio
ajuto
e
guidatore, per
Cristo ti
scongiuro
che mi mostri
per
che via debba io andare . Allora
egli,
come animale
dimestico,
venendo a me
incontanente,
misesi innanzi
ed
entr
per
una semita molto
istretta,
e
sempre
si
mirava dietro verso
me,
quasi
invitandomi a
seguitarlo.
E
cos
andando tre
giorni,
ecco,
lo
quarto giorno,
noi
trovammo uno smisurato e terribile
dragone
^
disteso
intraversato nella
via,
lo
quale
incontanente vedendolo
lo
cerbio,
si
fugg.
Per la
qual
cosa io molto
impaurito
e
sbigottito,
vedendomi essere rimaso solo con
quel
dragone,
caddi in
terra;
ma
dopo alquanto ispazio,
con-
fortandomi Q
Dio,
levaimi e fecimi il
segno
della croce
e
andai
verso il
dragone
e
dissigli:
Temi Iddio onni-
potente
e
non mi far male . Allora
egli
si rizz terribil-
mente e
con umana voce mi
parl
e disse:
e
Vieni
dpo
ine
sicuramente,
benedetto da
Dio,
che tu se' Maccario
^
sentiero, viottola,
animale
fantastico,
di etti vedi la descrizione nel Tesoro di Bbtj-
2fETTo
Latini,
edizione
citata,
pag.
85.
406 LEGGE5NDE CRISTIAIirB
servo dell'altissimo
Iddio;
e
sappi
che
l'angelo
Raffaello
m'ha mostrato lo tuo volto e la tua forma
innanzi
ch'io
ti
vedessi,
e hammi comandato ch'io ti venissi
incontro
e
guidassiti
insino al
luogo
che Iddio t'ha
apparec-
chiato: e
quattro giorni
sono
oggi
ch'io t'ho
aspet-
tato
qui,
e non ho
mangiatp,
n
bevuto;
e
stanotte,
ch'
passata,
ti vidi sedere in una lucidissima
nuvola,
e udi' una voce che mi disse: Affrettati e mena
Maccario
teco,
servo di
Dio,
che eccolo che
oggi giugner
a
te
come io ti
predissi.
Per la
qual
cosa sta'
su,
e
seguitami,
non
dubitare;
ma vienne ed io ti mostrer
quel
luogo,
nel
quale
tu debbi stare a lodare Dio. E dette
queste
parole, parve
che diventasse e tornasse in forma
d'un
bellissimo
giovene;
e venne meco insino a
questa
spi-
lonca,
e
poi
incontanente che fummo entrati
dentro,
disparve.
Allora io
peccatore, guardando per questa
spilonca,
vidi dall'un lato due leoncini
giacere
iu
terra,
e la leonessa lor madre allato a loro
morta,
la
quale
traendo io fuori della
ispilonca, seppellii,
e tornando
dentro,
ringraziai
Iddio che tante
maraviglie
m'aveva
mostrate e di tanti
pericoli
m'aveva liberato e tanti
benefcii m'aveva
fatti;
e li
predetti
leoncini notricai
come miei
figliuoli
dando loro da
mangiare
frondi
d'al-
bori;
e cos
per questo
modo stemmo
quietamente
insieme due anni.
6. Come lo nemico lo 'ngann apparendogli
in ispe-
ZIE della
moglie;
e della penitenza ohe
ne
FECE,
ESSENDO SOTTEBRATO INSINO AL COLLO.

Ma ecco
dopo questo,
lo
diavolo,
lo
quale
non
cessa
mai di molestare li servi di
Dio,
avendomi
invidia,
m'ebbe teso e
apparecchiato
un lacciuolo molto nascosto;
che un
giorno
in sul
meriggio,
essendomi uscito
im
poco
fuori della
spilonca
e
sedendomi,
guardando,
vidi
presso
a me una sottile e molto bella
benderella;
onde
io
m*'
SAN MACCABIO 407
ravigliandomi
dissi infra me stesso: Come
in
questa
solitudine questa
benda? Ma
pure parendomi
che ve-
racemente
fosse
benda,
non intendendo io misero le
'nsidie
del nimico e non mi ricordando del
segnare
^,
presi
questa
benda e
portarla
nella
ispelonca.
E '1 se-
guente
giorno,
essendo anche uscito fuori della
ispe-
lonca,
trovai calzari di femmina in terra. E anche non
iatendendo
io misero le 'nsidie e
gl'inganni
del
nimico,
e non
ricordandomi di farmi lo
segno
della
croce,
per
la
cui
virt si vince e conosce
ogni
fantasia e
inganno
del
nemico,
presi questi
calzari e
portarli
nella
ispelonca
e
puosigli
insieme con
quella
benda. E il terzo
giorno
anche
uscendo
fuori,
lo
diavolo,
che m'va trovato
cos
incauto in
prendere
le
predette
cose,
prendendo
baldanza contro a me e avendo fidanza
d'ingannarmi,
come
poi
fece,
si trasform in forma e
spezie
d'una bella
femmina vestita e ornata di
preziosi
vestimenti,
e
puo-
sesi
presso
alla mia
spelonca.
E vedendo io
misero,
quando
uscii
fuori, costei,
non
pensando
anche lo
'nganno
del nimico e i lacciuoli che m'erano
apparecchiati,
n
segnandomi,
ma credendo in
verit,
che fusse
femmina,
s le dissi:

Onde
vieni,
e come se' venuta a
questa
so-
htudine? . Allora
egli
incominci a
piangere
fortissima-
mente,
intantoch mi
provoc
a
compassione
e a con lei
piangere,
e dissemi:

Oim
misera,
o santissimo
Padre,
sono
figliuola
di un
gentiluomo
di
Roma,
lo
quale
contro
a
mia volontade mi marit a un nobile
giovane
romano;
e
venendo il
tempo
delle
nozze,
essendo
gi
ordinato
lo
convito e
apparecchiata
la
camera,
quel
mio
sposo
subitamente,
non avvedendosene
altri,
fugg;
e
parten-
dosi
la
gente
invitata con
grande
ira e
maninconia,
poich
vidono che lo
sposo
era
fuggito,
e
spargendosi
niolti chi
qua
e chi l
per
ricercarlo,
rimanendo io
quivi
sola,
essendone molto contenta
per
desiderio ch'io ho
di
tenere
verginit, fuggi'
anch'io
occultamente,
e ca-
^
di farmi il
seguo
di
croce,
per scongiurare
l'artificio del demonio.
408 LEGGENDE CRISTIANE
nmffandomi
per
non essere
conosciuta,
misimi
in
via-
e non avendo altra
guida,
errando
per
li monti e
per
le
valli sono
pervenuta qui.
Le
quali parole
io
misero
udendo,
e non avvedendomi dello
inganno
del
nimico,
credendomi
per
certo ch'ella fusse mia
sposa,
commosso
da una istolta
pietade, presila per
mano e menaila
nella
spilonca per
farla
riposare
e
per
darle
mangiare,
non
per
altra laida
intenzione;
e massimamente
per
fui
pi ingannato
e
pi
mi
fidava,
perch
ella non
cessava
di
piangere,
mostrandosi molto contrita e
divota.
E
poich
l'ebbi menata
dentro,
vedendola cosi
piangere,
fui mosso a
pietade
e intenerii e
piansi
con
lei,
e
feci-
lami sedere
allato,
e
puosile
innanzi certe
ghiande,
e
confortavala che
mangiasse;
e cosi insieme con
lei,
non
intendendo le insidie del nimico n
segnandomi,
stetti
a
parlare per lungo spazio;
e
dopo
molte
parole
iaco-
minciandomi a far
sonno,
incominciai a 'nchinare e
appoggiarle
il
capo
in
grembo.
Stato ch'io fui un
poco,
subitamente
svegliandomi,
mi
trovai,
scoperto, giacere
in terra
disonestamente,
ed ella era
disparita.
Allora
io
sciagurato
e
misero,
tardi avvedendomi dello in-
ganno
del
nimico,
uscii fuori molto
isgomentato.
Ed
ecco
(che
mirabile cosa
pare) quelli
due leoncini ch'io
aveva
nutricati,
quasi
intendendo lo mio
peccato,
non
potendomi
sostenere di
vedere,
incontanente
fuggi-
rono. La
qual
cosa io
vedendo,
incominciai con
gran
pianto
e lamento a
pregare
la misericordia di Dio
che
mi mostrasse via e modo di
penitenzia,
e in
segno
di
misericordia facesse di ritornare a me
quei
leoni.
Ed
ecco incontanente lo clementissimo
padre
e
benigno
Signore
Iddio,
lo
quale
si
degn
di riservarmi a
peni-
tenzia,
fece ritornare a me
que'
leoni;
li
quali
inconta-
nente come furono
giunti,
entrando con meco in
questa
ispelonca,
incominciarono colle branche a fare una
fossa
a mism-a d'un uomo. La
qual
cosa io considerando
e
intendendo,
e conoscendo che a Dio
piacesse
che io
quivi
facessi
penitenzia,
entraivi dentro infino a collo
e
co-
SAN MAOCARIO 409
mandai
loro che
quivi
mi
seppellissono,
rincalzandomi
la
terra d'intorno;
la
qual
cosa
eglino poich'ebbono
fatta,
si
partirono.
E in
capo
di tre
anni,
venendo una
gran
piova,
la
spilonca
di
sopra
a me si
aperse
un
poco
e
vidi
lume.
Allora
io,
stendendo la mano d'intorno
sopra
il
capo
mio,
presi
dell'erba che v'era e
mangiaine.
E
compiuti
li tre
anni,
tornarono li leoni a
me,
e vedendo
ch'io
poteva
vedere lume
per
la rottura della
spilonca,
come
se intendessono che
quello
fusse
segno
che Iddio
m'avesse
perdonato,
incominciarono a scalzare la terr
d'intorno
a
me,
e tanto cavarono ch'io ne
potei
libera-
mente
uscire .
7.
Come,
poich fu uscito della
fossa,
crebbe in
mirabile
fervore,
e apparvegli
cristo,
ed ebbe
altre mirabili
grazie;
e come poi gli monaci si
partirono e tornarono al loro monistero donde
erano partiti.
E uscendone sano e
salvo,
sentendomi la virt
e la forma di
prima, ringraziai
molto lo misericordioso
Iddio che tanta misericordia m'avea
fatta,
e venni in
tanto
fervore,
ch'uscendo della
ispelonca,
mi
gittai gi-
nocchioni in terra e
per quaranta
d
e
quaranta
notti
vi
stetti
continovo,
ringraziando
Iddio della misericordia
tanta che fa a'
peccatori.
E
compiuti questi quaranta
giorni,
guardando
nella
ispelonca
vi
vidi,
da'
quattro
cantoni,
mirabili a
risplendenti
lumi;
e vidivi il Salva-
tore
Gesti Cristo istare in
mezzo,
a modo e in frma d'un
uomo
bellissimo e molto
ornato,
con una corona d'oro
bellissima in
capo,
e cantava dolcissimamente a
grandi
voci
un canto celestiale
mirabile;
e
compiuto
il canto
disse
Amen tre volte e saB in
cielo,
me vedente. Ed ecco
subitamente,
salendo
egli
in
cielo,
entr nella mia
spi-
lonca
una colonna di fuoco
grandissima,
a modo
quasi
d'una
nuvola,
e vennono tuoni e baleni
assai,
e udii
410 LEGGENDE CRISTIANE
un canto come di diversi
uccelli,
catuno nel suo
modo
dire:
Sanctus, Sanctus,
Sanctus Dominus Deus
Sabaoth.
Le
quali
cose io vedendo e
udendo,
fui s
rapito fuori
di me ch'io stetti bene otto d ch'io non mi sentii ^. E
per
questo
allora veramente intesi e credetti che il
Salva-
tore del mondo entrando in
questa spilonca
la
benedisse
e santific. E
dopo queste
cose,
tornando io nella
spi-
lonca,
rende'mi in
colpa
a Dio della mia
nigligenza
e
sconoscenza,
e '1
ringraziai
di tutti i benefcii che
fatti e
mostrati
m'aveva,
che m'aveva sostenuto con
tanta
pazienza,
e riservato e recato a
penitenza
e
avevami
mostrato tanta clemenza. R
quando queste
cose
furono,
era io
gi
stato sette anni in
questa ispelonca,
ed era in
etade d'anni
quaranta.
Ecco
come,
carissimi
figHuoli,
in verit vi ho detto tutta la mia vita
per
ordine. Voi
dunque,
se le insidie e le
battaglie
del nimico vi dice il
cuore di
potere
sostenere,
rimanete
qui
meco;
e se
non,
tornatevi al
monistero,
dal
quale
vi
partiste,
in
pace,
e Iddio sia vostra
guida.
Le
quali
cose
poich
avemmo
udite,
gittammoci
in
terra e adorammo e
ringraziammo
Iddio e
lui,
e dicem-
mogh:

Padre
beatissimo,
priega
Iddio
per
noi,
che ci
dia
grazia
di
poter
tornare al nostro monistero e manife-
stare la tua santa conversazione
per
le Chiese di
Cristo;
che veramente crediamo che Iddio ci facesse a
questo
luogo
venire,
acciocch la tua vita al mondo manife-
stassimo. Allora lo santissimo Maccario
per grande
ispazio
fece orazione
sopra
noi,
e
poi
ci benedisse e diede
pace
e raccomandocci a Cristo che ci
guardasse,
e
co-
mand a
quei
due leoni che ci
accompagnassero
infine
a
quel luogo
nel
quale,
come di
sopra
dicemmo,
gia-
cemmo in tenebre sette
giorni
e sette notti. E
parten-
doci da
lui,
passammo
lo detto
luogo,
e
giungemmo
senza dubbio e senza
impedimento
all'absida
d'Ales-
sandro,
della
quale
di
sopra
detto. Allora
gli
leoni,
1
ero fuor di
sentimento,
rapito
in estasi.
SAN MACOABIO 411
salutandoci
come
poterono,
con
segni
d'amore lascia-
ronci
e tornarono addietro. E
partendoci quinci,
e con-
tinovando
la via
nostra,
entrammo e
pervenimmo
neUe
contrade
di
Persia,
e
pervenimmo
in
quel campo
che si
chiamava Asia,
nel
quale,
secondo di
sopra

detto,
san
Mercurio
uccise Giuliano
imperadore apostata.
E
poi
entrammo
anche in
quella
cittade
presso
a Babi-
lonia
che si chiama
Ciafosoda,
nella
quale,
secondoch
si conta
in Daniello
profeta,
li tre fanciulli furono messi
neUa
fornace
^. E
dopo questo, passammo quel
fiume
che
si chiama
Tigris.
Il
quindecimo
d
giugnemmo
in
Gerusalem
e adorammo il
Sepolcro
e
gli
altri santi
luoghi,
e
ringraziammo
lo Salvatore che di tanti
pericoli
ci
aveva
liberati e rimenati sani e salvi.
E
poi partendoci quindi, dopo alquanti giorni giun-
gemmo
al nostro monistero e trovammo lo nostro abate
e tutti i frati sani e salvi. Narrammo loro
per
ordine
quello
che aveamo trovato e veduto e udito s della
via e della vita di san
Maccario;
e tutto ci
udendo,
ringraziarono
e laudarono
l'onnipotente
Iddio Padre
col suo
Figliuolo unigenito
Ges
Cristo,
e col santo
Ispi-
rito vivificatore
dell'anime,
lo
quale
in tre
persone
e
in mia essenzia e divinit
signoreggia
e
regna sempre
in
ogni luogo,
e benedetto e laudabile
per infinita
saecula
saeculorum. Amen.
ANNOTAZIONI
Questa
leggenda
tanto attraente
per
il suo colorito fanta-
stico, ebbe
grande popolarit
nel M. Evo. S. Maccario
per
la sua
austera
penitenza
veniva considerato come un maestro di vita
spirituale,
come un
apostolo
della rinunzia ai beni
terreni,
e
lo si
rappresentava
di
frequente
nell'atto di mostrare a una lieta
brigata
di cavalieri e di
gentildonne
mondane cavalcanti
per
diporto,
tre bare
scoperchiate,
nelle
quali giacevano
tre cada-
^
Daniele, III,
21.
412 LEGGENDE CBISTIANE
veri: l'uno morto da
poco,
l'altro
gi
in
dissoluzione,
e il
terzo
ormai scheletrito.
Cos,
ad
es.,
lo
dipinse l'Orcagna
in S.
Croce
(oggi
non ne restano
pi
che
pochi
frammenti,
nascosti da un
qua-
dro)
e nel
Camposanto
di Pisa. Di
qui
ebbe
origine
Le dici
des
trois morta et des troia
vifs,
di cui abbiamo tante redazioni
fran-
cesi e
italiane,
che non era altro se non
un'allegoria
morale
della
fugacit
della vita ^. Chi non ricorda l'ammonimento con
cui
s'apre
il famoso Gontraato del vivo e del morto di
Jacopone
da
Todi?
Quando
t'allegri,
uomo
d'altura,
Va'
poni
mente a la
sepoltura,
E loco
2
poni
lo tuo
contemplare,
e
pensa
bene che tu de' tornare
in
quella
forma che tu vedi stare
l'uomo che
giace
ne la fossa scura K
Questo
motivo
suggerir poi
ai
pittori d'oltr'alpe
la celebre
Danza
macabra,
o Danza dei
morti,
che l'Holbein sollever a vera
opera
d'arte
negli
affreschi,
ormai
distrutti,
del
Camposanto
di S. Giacomo a Basilea e nelle
suggestive silografie
che vanno
raccolte sotto
questo
'
titolo. Sono celebri le Danze dei Morti
della Cattedrale di
Lubecca,
quella
della Chaise-Dieu in
Francia,
e
quella
del Ponte dei Molini a Lucerna. Anche noi in Italia ne
abbiamo
qualche esemplare;
a
Clusone,
nel
Bergamasco,
a Pin-
zolo nel Trentino e nel castello di Duino
presso
Trieste.
^
Vedi S.
Glixel!.!,
Les
cinq pomes
des trois morta et des trois
vifs,
Parigi
1915,
e P.
Vigo,
Le danze macabre in
ItaUa,
Livorno 1878,
2
avverbio di
tempo: poi, appresso.
Confr. Io
spagnuolo luego
e il
portoghese
logo.
3
Jacopone,
Le
laudi, Bari, Laterza, 1915,
pag,
51.
LA
LEGGENDA DI SANTA MARIA EGIZIACA
[Dalle
Vite
volgarizzate
dal
Cavalca].
1. Come narr all'abate Zozima tutta la sfa vita
e in che modo era pervenuta in
quel
deserto.
{Uahate
Zozima era
priore
d'un monastero di Palestina.
Un
giorno
della
quaresima
errando sulle rive del Gior-
dano, poich'era
costume di
quei
monaci trascorrer la
quaresima
nelle solitudini del
deserto,
s'imbatt in
S. Maria
Egiziaca,
l'austera
penitente
macerata dai
disagi
e dai
digiuni,
che
-pregata
da
lui,
gli
narra le
vicende dolorose della
propria vita).
Laida e
vergognosa
cosa mi
pare,
abate
Zozima,
di
narrarti le mie
opere vergognose;
ma
priegoti
che
mi
perdoni,
e in tutto ti
scoprir
li miei fatti. Non
gli
volea io tacere
per paura
di
vanagloria,
anzi
per
ver-
gogna,
perocch
tali sono state le mie
opere
che non me
ne
posso
gloriare,
ma
confondere;
e temo
che,
se io ti
comincer a dire li miei
mali,
tu.
mi
fuggirai
come ser-
pente,
e non ti
potr patire
lo cuore d'udire tante ini-
iiitadi; neentedimeno,
poich
tu
pure
vuoi,
io lo ti
dir;
ma
priegoti, padre,
che
prieghi
la divina miseri-
cordia che mi
perdoni
le mie
grandi
miserie. Allora
Zozima si
puose
in orazione
per
lei con
lagrime,
e Maria
incominci a narrare la sua vita
per
ordine,
e disse:

Io,
padre mio,
fui nata in
Egitto,
ed essendo
pervenuta
414 LEGGENDE CBISTIANE
ad etade di anni
dodici,
vivendo ancora mio
padre
e
mia
madre,
come vana e dissoluta
giovane, fuggii
in
Alessandria,
dove- in
quanta
disonest vissi diciaset-
t'anni e come insaziabilmente servii aUa corruzione
della carne non te '1
potrei
dire con
lingua,
ma
dirotti
che sommo mio desiderio e diletto era stare
in
risi e
in
giuochi
e in disonesti conviti e 'n corruzione contiuova.
Or avvenne che una
fiata,
dopo
la
pasqua
della
Resurrezione,
standovi in tanti
mali,
vidi molte
genti
d'Egitto
e di Libia e di diverse
parti
andare inverso
'1
porto
come
pellegrini;
e non
sapendo
dove s'andas-
sono,
accostaimi ad uno e domandailo dove
andavano;
e
que'
mi
rispuose
che andavano in Gerusalemme al
perdono
dell'Esaltazione della Croce e a visitare li
luoghi
santi;
e io
rispuosi
a
quell'uomo,
e
dissigli:
Dimmi,
priegoti,
s'io volessi
venire,
credi che costoro mi la-
sciassono andare con loro?. E
que' rispuose:
Se tu
hai di che
pagare
lo navilio e di che fare le
spese,
nullo
ti
pu
vietare la via. Allora
io,
come
vagabonda, gli
dissi:
Veramente,
fratello
mio,
non ho n
spese
ne
navilio: ma io
pure
sarr
^
in su uno di
questi legni,
e
poich'io
sar intra '1
mare,
bisogno
fia che mi notri-
chino,
e '1
corpo
mio fia loro
per
navilio
,
non volendo
io andare con loro
per
cura ch'io avessi di
perdono,
ma come sa
Iddio, solamente,
per
avere con loro
pec-
cato e dimestichezza disonesta.
Quell'uomo
lo
quale
io domandai dove andava la
gente,
udendo le mie cat-
tive disoneste
parole,
sorrise e
partissi,
e io velocemente
me n'andai alla riva del mare e trovai dieci
giovani
marinari che
giuocavano
e sollazzavano
vanamente,
e
aspettando
li
compagni per navigare, perciocch
molta
gente
era
gi
sahta in sul
legno
loro,
e io come isfacciata
me n'andai in mezzo di
loro,
e dissi:

Menatemi
con
voi dove voi volete
andare,
e io vi
prometto
che
io
non vi sar disutile. Li
quali,
vedendomi cos vana
e
salir.
SAISTTA MARIA EGIZIACA 415
impudica,
come
giovani
lascivi volentieri mi
ricevettdno;
e
per
tutto
quel viaggio
la mia vita non fu altro se non
ridere
e dissolvermi in canti e in
giuochi
vani inebriarmi
a
fare
avolterii
^
e fornicazioni ed altre cattive e laide
cose,
e
parole
dire e
fare,
le
quali
tutte sufficientemente
la
lingua
non
pu isprimere.
Onde,
quando
mi
ripenso,
mi
maraviglio
non
poco
come il mare sostenne tante
mie
im'quitadi,
e come la
terra,
in
prima
e
poi
non
si
aperse
e
inghiottimmi
viva viva.
Ma,
come io
veggio,
l'onnipotente
e
pietoso
Iddio
m'aspettava
a
penitenza,
perch
non si diletta deUa morte del
peccatore,
ma
vuole
che si converta e viva.
Or navicando venimmo
dopo alquanti giorni
in
Gerusalem
innanzi la
festa;
e tutti
quei giorni
feci si-
miglianti opere
e
peggiori,
isforzandomi di mal fare
in
perdizione
dell'anime. E venendo la festa della Esal-
tazione della Croce
^,
vedendo la turba
grande
andare al
tempio, perch
si dovea mostrare lo
legno
deUa
Croce,
andai loro dietro insino alla
porta
del
tempio,
e
approssi-
mandosi l'ora
quando
si dovea mostrare lo
legno
della
Croce,
volli entrare
dentro,
e io mi sentia
sospignere
in-
dietro. Per
pi
volte cos
m'addivenne,
sicch io a nullo
modo
potei
entrare dentro
cogli
altri,
anzi
quando
era in
sull'uscio e credevami
poter
entrare,
ima divina
potenza
mi
cacciava addietro. E avvenendomi cos
piti
volte,
e io
pure
volendomi mettere
per
entrare,
stancai
^,
sic-
ch'io
rimasi tutta rotta del
corpo
e dolorosa e afflitta
dell'anima;
e cosi
piena
d'amaritudine,
puosimi
in un
cantone molto
istanca,
e
pensava piangendo per
che
cagione
questo
m'avvenisse. E
aprendomi
Iddio lo
cuore,
conobbi,
che
per
le mie sordide
iniquitadi
non
per-
mettea Iddio che io cos immonda e
iniqua
entrassi
nel
suo
tempio.
Allora incominciai a
piangere
e
percuo-
"^
adulterii.
^
il
14
settembre;
vedi
pag.
107 e
segg.
^
usato
intransitivamente: mi stancai.
416 LEGGENDE CRISTIANE
termi il
petto
colle mani e
gittare
bene dal cuore
grandi
voci e dolorosi
sospiri:
e
guardando,
ebbi veduto
una
figura
della
immagine
deUa Nostra Donna
quivi presso
dirimpetto
a
me,
alla
quale
mi votai
^
e dissi:
Santis-
sima
Vergine,
che
portasti
lo
Figliuolo
di Dio nel
tuo
ventre,
confessoti che io non sono
degna,
essendo
laida
di tante brutture e
piena
di tante
iniquitadi,
di
gua-
tare la tua
immagine;
ma certa sono che
per
ci
^
Iddio
prese
di te carne e venne in
questo
mondo,
per
chia-
mare i
peccatori
a
penitenza.
Aiutami,
Madre di
Dio,
perciocch'io
non ho altro
soccorso,
e
dammi.
grazia
ch'io
possa
entrare nella chiesa.
Priegoti,
Madonna,
sie
mia
pagatrice appo
Dio,
e che '1
prieghi
che mi lasci
entrare
cogli
altri a vedere e adorare lo venerabile
legno
deUa
Santa
Croce,
nel
quale
lo nostro
Signor
Gesti
Cristo,
figliuolo
tuo,
per
la salute nostra fu
confitto;
e io ti
pro-
metto. Madonna,
dinanzi a Dio che da ora innanzi
non macoler la mia
carne,
ma incontanente ch'io avr
veduto lo salutifero
legno
della Croce e
adoratolo,
se
tu me lo
permetti,
rinunzier al secolo e a tutte le sue
opere,
e andr
dovunque
tu mi
mostrerai,
per
cercare
la salute mia . E dicendo
queste
cose,
e facendo
queste
promesse, concependo
una
gran
fidanza che la
Vergine
Maria
per
me sarebbe avvocata e
impetrerebbemi
la
grazia
ch'io le
addimandava,
levaimi di
quel
luogo
dove io orava e mescolaimi fra la
gente
ch'entravano
nel
tempio
e non mi sentii
piti sospignere
addietro come
solca,
e entrai nel
tempio.
Allora
per grande allegrezza
incominciai a
lagrimare
e
quasi
tremare e temere d'una
grande
reverenzia,
ve-
dendomi cos miracolosamente in
quel
santo
luogo,
nel
quale
la mia
iniquitade
in
prima
non m'avea lasciato
entrare. E
poich
a
grande agio
ebbi veduto e adorato
lo
legno
della
Croce,
e veduti e visitati
gli
altri santi
luoghi
del
tempio,
tornai alla
predetta immagine
di
^
feci voto.
2
per questa cagione.
L. DI Credi
-
Santa Maria
Egiziaca.
(Berlino
-
Museo
Imperatore Federico).
(Phot. Gesellschaft).
416 LEGGENDE CRISTIANE
termi il
petto
colle mani e
gittare
bene dal cuore
grandi
voci e dolorosi
sospiri:
e
guardando,
ebbi veduto
una
figura
della
immagine
della Nostra Donna
quivi presso
dirimpetto
a
me,
alla
quale
mi votai
^
e dissi:
Santis-
sima
Vergine,
che
portasti
lo
FigKuolo
di Dio nel
tuo
ventre,
confessoti che io non sono
degna,
essendo
laida
di tante brutture e
piena
di tante
iniquitadi,
di
gua-
tare la tua
immagine;
ma certa sono che
per
ci
^
Iddio
prese
di te carne e venne in
questo
mondo,
per
chia-
mare i
peccatori
a
penitenza.
Aiutami,
Madre di
Dio,
perciocch'io
non ho altro
soccorso,
e dammi
grazia
ch'io
possa
entrare nella chiesa.
Priegoti,
Madonna,
sie
mia
pagatrice appo
Dio,
e che '1
prieghi
che mi lasci entrare
cogli
altri a vedere e adorare lo venerabile
legno
della
Santa
Croce,
nel
quale
lo nostro
Signor
Gesi
Cristo,
figliuolo
tuo,
per
la salute nostra fu
conftto;
e io ti
pro-
metto. Madonna,
dinanzi a Dio che da ora innanzi
non macoler la mia
carne,
ma incontanente ch'io avr
veduto lo salutifero
legno
della Croce e
adoratolo,
se
tu me lo
permetti,
rinunzier al secolo e a tutte le sue
opere,
e andr
dovunque
tu mi
mostrerai,
per
cercare
la salute mia . E dicendo
queste
cose,
e facendo
queste
promesse, concependo
una
gran
fidanza che la
Vergine
Maria
per
me sarebbe avvocata e
impetrerebbemi
la
grazia
ch'io le
addimandava,
levaimi di
quel
luogo
dove io orava e mescolaimi fra la
gente
ch'entravano
nel
tempio
e non mi sentii
pi sospignere
addietro come
solca,
e entrai nel
tempio.
Allora
per gi'ande allegrezza
incominciai a
lagrimare
e
quasi
tremare e temere d'una
grande
reverenzia,
ve-
dendomi cos miracolosamente in
quel
santo
luogo,
nel
quale
la mia
iniquitade
in
prima
non m'avea lasciato
entrare. E
poich
a
grande agio
ebbi veduto e adorato
lo
legno
della
Croce,
e veduti e visitati
gli
altri
santi
luoghi
del
tempio,
tornai alla
predetta immagine
di
^
feci voto.
^
per questa cagione.
L. DI Credi

Santa Maria
Egiziaca.
(Berlino
-
Museo
Imperatore Federico).
(Phot. Gesellschaft).
SANTA MAEIA EGIZIACA 417
Maria,
alla
quale
m'era
votata,
e
inginocchiaiidonii
incominciaile
a
parlare per questo
modo:

Madonna,
tu
m'hai
fatto misericordia e hai esauditi
gli
miei
prieghi,
e
per
te sono stata
degna
di vedere la Croce santa e
le
gloriose
cose di
Dio;
onde
per
te
glorifico
e
ringrazio
lo
misericordioso
Iddio,
figliuolo
tuo,
Ges Cristo
e ri-
cevitore
de'
peccatori.
Farmi
tempo oggimai
di com-
piere
la mia
promessa,
o
Madonna,
e andare a fare
penitenza
dovunque
tu mi
mostrerai;
e
per priegoti.
Madonna,*
dirizzami in la via della salute e mostrami
il
luogo
della mia
penitenza
. E dicendo io
queste pa-
role,
udii una voce che mi disse:
Se tu
passi
il fiume
Giordano,
quivi
troverai buon
riposo
. La
qual
voce
intendendo
io essere detta
per
me,
incominciai a
pian-
gere
fortemente,
e dissi
gridando:

Santissima Madre
di
Dio,
non mi
abbandonare,
ma abbi
guardia
di
me,
e
guidami
e difendimi . E dette
queste parole,
mossimi
per
andare.
E vedendomi cos andare un
pietoso
e divoto
uomo,
s mi die
per
limosina tre danari
piccioh',
dei
quali
io
comperai
tre
pani per portare
meco;
e domandai
quel-
l'uomo da cui
comperai
il
pane, qual
fusse la via di
andare al fiume Giordano. E mostrandomi
egli
la
porta,
per
la
quale
s'andava verso il
fiume,
uscii di
citt,
an-
dando
piangendo
con
gran
contrizione;
e
quando
io
mi
partii,
adorata la Croce del
tempio,
era in sulla terza
^,
e
poi
la mattina
seguente,
innanzich '1 sole si
levasse,
fui
giunta
ad una chiesa di san Giovanni
Battista,
posta
in sulla
ripa
del fiume
Giordano,
e
quivi
mi comu-
nicai,
e
per
divozione mi lavai le mani e i
piedi
e la
faccia
dell'acqua
di
quel
fiume,
e
mangiai
mezzo d'uno
tli
quei
pani
e bevvi
dell'acqua,
e
puosimi
a
giacere
in
terra e
riposaimi
e
dormii,
perch'era
molto istanca.
E
il
giorno seguente,
raccomandandomi
pi
divota-
Qiente
alla
Vergine
Maria
.
che mi dirizzasse in via di
^
tre ore
dopo
l'alba.
27.

Battelli,
Leggende
oriatiane.
418
LEGGENDE CEISTIANE
salute,
passai
di l dal
fiume,
in una barca che
v'era
e
misimi
per
lo diserto e
pervenni per questo
eremo.
E
da allora in
qua
mi sono stata cos solitaria alla
ape-
ranza di
Dio,
lo
quale
salva e sovviene
quelli
che
in
lui
sperano.
E domandandola Zozima
quanti
anni erano
che
v'era
stata,
rispuose
che,
secondo il suo
parere,
era
armi
quarantasette.
E disse Zozima:
e
Che cibo
stato
il tuo
poich
ci venisti? . E Maria
rispuose:

Com'io
ti
dissi,
due
pani
e mezzo avea
quando
io
passai
il
fiume
Giordano,
e indurando come
pietra,
mi bastarono
pa-
recchi
anni,
perocch ognind
ne
prendea pure
un
poco.
Consumati
quelli pani, mangiai
dell'erbe di
questo
di-
serto anni diciassette: e le vestimenta
mie,
colle
quali
passai
il
diserto,
in brieve
tempo
si
guastarono
e infra-
cidarono
per
la brinata e
per
lo
caldo,
onde rimanen-
domi
nuda,
fui molto tribulata
per
tutto il
predetto
tempo,
di verno dal freddo e dalla
brinata,
e di state
dal disordinato
caldo;
ma da
quel tempo
in
qua
la di-
vina misericordia ha liberato lo mio
corpo
e la mia anima
da
ogni pericolo;
e
quante
volte mi ricordo e
ripenso
di
quanti
mali e
quanti pericoli
la divina
grazia
m'ha
campata,
crescemi una
grande speranza
e una
gran
letizia e
fervore;
ma mio cibo e mio vestimento
la
parola
di Dio. E veramente
pruovo
che,
come disse
Cristo,
non in solo
pane
vive
l'uomo,
ma in
ogni parola
che
procede
dalla bocca di Dio ^.
E vedendo Zozima ch'ella
gli allegava
la Scrittura,
maravighossi,
e
dimandandola,
disse]e: Or mi
di',
sai
tu
leggere?
o hai tu avuti libri di
profeti
e de' salmi?-
E
quella rispuose:

Credimi,
uomo di
Dio, che, poich
io entrai in
questo
diserto,
non vidi n
bestia,
n
altro
animale,
n
uomo,
altri che
te,
n mai libro non
ebbi,
n
lessi,
n mai lettera non
impresi
^
da
uomo;
ma
il
1
Matteo, IV,
4.
2
appresi.
SANTA MAEIA EiilZIACJA 419
Figliuolo
di Dio m'ha
insegnato,
lo
quale
a tutti
pu
insegnare
sapienza.
Ecco,
padre,
t'ho
spianato
^
la vita
mia iniqua.
Onde ti
priego,
come feci infino di
prima,
per
lo
Figliuolo
di Dio incarnato e morto
per
noi,
che
ti
degni
di
pregare
Iddio incessantemente
per
me,
mi-
sera
peccatrice
.
E fatto
ch'ebbe fine alle
predette parole
Maria
per
lo
predetto
modo,
l'abate Zozima si
gitt
in
orazione,
e
cominci
a
piangere,
e disse ad alta voce: Benedetto
Iddio,
lo
quale
solo fa cose
grandi
e mirabili e
gloriose
e innumerabili.
Benedetto sia
tu,
messer
Signor
mio
Iddio
onnipotente,
lo
quale
a me
peccatore
ti se'
degnato
di rivelare
li beni e le
grazie
che hai fatte a
questa
tua
anciUa
e fai
continovamente
alli tuoi
servi;
lo
quale
non abbandoni
quelU
che ti vanno cercando. Allora
Maria lev Zozima di
terra,
e
dissegli:
Per Ges Cristo
nostro
Salvatore,
ti
priego
e
scongiuro,
servo di
Dio,
che
queste
cose,
le
quali
ti ho
detto,
non riveli a crea-
tura,
mentre ch'io sono viva. Partiti ora e va' in
pace,
e '1
seguente
anno,
il
gioved
santo,
fatto
l'ufficio,
preridi
il
corpo
di nostro
Signore
Gesti
Cristo,
e in un vasello
mondissimo vieni con esso al fiume
Giordano,
e
quivi
m'aspetta,
acciocch di tua mano lo
prenda
e comu-
nichi;
perocch
da allora in
qua
ch'io mi comunicai
nello
oratorio di san Giovanni Battista in suUa
ripa
del
fiume
Giordano,
quando
venni in
prima
al
diserto,
come
di
sopra
ti
dissi,
non
presi questo
Santissimo Sa-
gramento;
onde ti
priego.
Padre
carissimo,
che non
dispregi
me
peccatrice,
ma
recami,
second che t'ho
detto,
a
quest'altro
anno
questo
Santissimo
Sagra-
mento,
del
quale
il nostro
Signor
Ges Cristo nella cena
del
giovect
santo
gli
suoi
discepoli
fece
partefici^.
E
poi disse:

Ora
^
per
me,
padre
o;
e tornossene verso il
diserto,
e
lasci andare l'abate Zozima.
^
manifestata,
dal latino
explunare.
^
partecipi,
dal lat.
partem facere.
^
prega.
420 LBGOENDE CRISTIANE
2. Come l'abate Zoziiha si part e poi torn a
comtj.
nicarla e poi seppellirla.
E
poich
fu
partita
Maria,
l'abate Zzima
per
divo.
zione baciava la terra dove avea
posati
i
piedi
suoi;
e
poi
lodando e benedicendo
Iddio,
torn al suo
moni-
stero e non disse di
questo
fatto alcuna cosa ad
alcuna
persona,
E '1
seguente
anno
sopravvenendo
il
gioved santo,
prese
lo
Sagramento
del Santissimo
Corpo
e
Sangue
del nostro
Signor
Ges
Cristo,
e
alquanti
datteri e
fichi
secchi e lenticchie
infuserate^,
e andossene al fiume
Giordano e
aspettava
che Maria
venisse;
e
indugiando
ella a
venire,
Zozima
guardava
verso il deserto con
gran
desiderio
per
vedere se
venisse,
e diceva: For-
sech i
peccati
miei non hanno
permesso
ch'ella ci
venga,
e forsech ci
venne,
e non
trovandomi,
torn addietro.
E
pensando
e dicendo in fra se stesso
queste
cose,
con
gran
dolore
pianto
lev le mani e
gli
occhi al cielo
e
or e disse:

Signor
mio Ges
Cristo,
re e fattore
d'ogni
creatura,
non mi fraudare del mio
desiderio,
ma con-
cedimi ch'io
vegga
ancora
questa
tua
ancilla,
la
quale
io
aspetto
. E
poi
iucominci a
pensare
in fra s e disse:
Or che far io s'ella
viene,
che non ci navicella da
poter
passare?
Oim come sono fraudato del mio desiderio!''.
E dicendo
cosi,
ecco Maria fu
giunta
dall'altra
parte
del
fiume;
la
quale
Zozima
vedendo,
rallegrossi
molto
e lod Iddio. E
pensando egli
com'ella
potesse passare
a
lui,
vide che
Maria,
facendo il
segno
della croce
sopra
all'acqua
di
quel
fiume,
venne e
pass
a lui andando
sopra
essa come
sopra
alla terra. La
qual
cosa
egli
ve-
dendo,
gittossi
in terra
per
adorarla;
ma ella vietandolo
disse:
a
Guarda,
non
fare,
conciossiacosach se'
sacer-
dote e
porti
lo Santissimo
Sagramento.
E
poich
i^
ammollate.
SANTA MARIA EGIZIACA
421
giunta
a
Zozima,
domandogli
la sua benedizione.
E
Zozima
tremando e con reverenza la benedisse e
poi
disse:
((Certamente
so che la verit di Dio mai non
mente;
per
la
quale promesse
che chi in lui
perfettamente
cre-
desse,
farebbe
simigHanti
miracoli
a s. Gloria sia a
te,
Cristo Signor
nostro,
che non m'hai fraudato del mio
desiderio
e baimi mostrato
per
la tua misericordia nel-
l'esempio
e nella dottrina di
questa
tua santissima
anelila,
quanto
io sia ancora di
lungi
dalla
perfezione,
la
quale
in
prima,
come
superbo,
mi credeva avere.
E
dette
queste parole,
disse il Credo
e '1
Paternostro,
a
petizione
di
Maria,
e dieUe
pace,
e
poi
la comunic. E
poich
fu
comunicata,
Maria lev le mani al cielo e disse:
{iNuic
dimittis, Domine,
ancillam
tuam,
secundum
verbum
tuum,
in
pace; quia
viderunt oculi mei salutare
hmm

^. E
poi
disse a Zozima:

Va' ora in
pace.
Ma
priegoti
che
quest'altr'anno venga
a me in
quel luogo
nel
quale
io
prima
ti
parlai,
acciocch tu
veggia
come
io sono
piaciuta
a Dio. E
promettendo
Zozima vo-
lentieri
d'andarvi,
pregoUa
che si
degnasse
di
mangiare
un
poco
con lui
per
carit di
quelle
cose ch'avea recate
seco. AUora
Maria,
volendoli
condiscendere,
prese
tre
granella
di
lenticchie;
e
ringraziando
Iddio le
mangi
e
disse:

Bastici la
grazia
dello
Ispirito
Santo,
per
la
quale
possiamo
osservare li comandamenti di Dio inno-
centemente. E
poi soggiunse:
(f
Per Dio ti
priego,
o
Padre,
ra
per
me e ricorditi di me . Allora
Zozima,
volendosi
partire,
le si
gett
a'
piedi
e disse:

Priegoti
che
faccia orazione a Dio
per
la santa Chiesa e
per
lo
mperio
de' cristiani e
per
me
peccatore
. E
dopo queste
parole accomiatandosi l'uno
dall'altro,
la santissima
Maria
segn l'acqua
del fiume come innanzi e
pass
il
fiume,
andando
sopra l'acqua
come fece di
prima.
E
tornando
Zozima al monastero
riprendeva
s
^
Son
parole
che disse il vecchio sacerdote Simeone allorch rice-
vette
nelle sue braccia il bambino
Ges,
che era stato
portato
al
Tempio
per la
circoncisione. Vedi
Luca, II,
29.
422 LEGGENDE OEISTIANE
medesimo che non l'avea domandata del nome
suo;
e
passato quell'anno,
Zozima
fu sollecito di
ritornare
all'ermo secondo
l'usanza,
e and tante
giornate quante
in
prima, quando
la trov la
prima
volta,
e
aspettava
con
grande
desiderio
ch'.ella
gli apparisse;
ma non
ve-
dendola
venire,
incominci a
piangere
e
orare,
e
disse:

Signor
mio Ges
Cristo,
rivelami
questo
tuo
tesoro,
lo
quale
hai nascosto in
questo
ermo,
che sai ch'io
non
te '1
posso
furare;
dimostrami
questo
tuo
agnolo,
del
quale
il secolo non
degno
. E orando e
andando,
pervenne
in un
luogo
nel
quale
era
gi
stato un
tor-
rente,
e
guatando
vide da una
parte
dell'oriente
quasi
uno
isplendore
di sole come
quando
si
leva
la
mattQa;
e correndo
per sapere quello
che
fusse,
trov lo
corpo
di Maria ch'era
passata
di
questa
vita,
cosi
appunto
e
assettato,
e acconcio le mani e'
piedi,
come si
sogliono
acconciare i morti. E vedendo
questo
Zozima,
puosesi
a'
piedi
e fece s
grandissimo pianto
che.
gli bagn
di
lagrime
e null'altra
parte
del
corpo
suo
presumette
di
toccare. E facendole l'ufcio e cantando certi salmi
come
potea,
incominci a
pensare
e dire infra se stesso:
Io mi
pensava
di
seppellire questo
santo
corpo,
ma
temo che non
dispiaccia
a
questa
santissima femmina.
E
pensando
cosi,
vide a
capo
di
questo corpo
una scritta
che dicea: Abate
Zozima,
seppellisci questo corpicello
di me misera
Maria,
e ora
per
me a
Dio,
per
lo cui
co-
mandamento,
del mese di
aprile passai
di
questa
vita.
Per la
quale
scrittura Zozima conoscendo lo suo nome,
lo
quale
infino allora non avea
saputo,
fu molto
allegro,
e
computando
bene lo
tempo
della sua
morte,
conobbe
che incontanente
ch'egli
l'anno
precedente
l'ebbe
co-
municata al fiume
Giordano,
corse
questa
santissima
al
predetto luogo,
dove
giaceva
morta.
E volendo Zozima
seppellire questo
santissimo
corpo,
secondoch la iscritta
contenea,
dolevasi che non
avea
con che fare la fossa e non
sapea
che si fare. E
stando
cos,
ebbe veduto in terra un
pezzo
di
legno,
e
prenden-
SANTA MABIA EGIZIACA 423
dolo per
cavare la
terra,
non
poteva, perei
occh'era
troppo
salda
e
dura;
e
pure
isforzandosi e affaticandosi
per poter
cavare,
poich
fu assai sudato e
stanco,
levossi
sospirando,
vedendo che non
potea
bene fare
questa
fossa;
e
com'egli
si
rizz,
si vide un leone molto
grande
ai
piedi
di
Maria,
che
gli
leccava e
facevagli
reverenza
secondo
il modo
suo;
lo
quale
vedendo,
temette
molto,
massimamente
ricordandosi che Maria
gli
avea detto
che
mai
fiera nulla in
quel
diserto avea
veduta;
ma
pure
affidandosi,
fece il
segno
della
croce,
credendo che
per
li meriti
di
quel
santo
corpo
Iddio non
permetterebbe
che
gh
facesse male. E lo leone mirando verso
Zozima,
faceva
vista che si
fidasse,
e
mostravagli segni
Idi man-
suetudine.
Allora Zozima
gh parl
e disse:

Questa
santa
femmiaa mi comand ch'io
seppellissi
lo suo
corpo,
e io sono vecchio e non
posso
fare la
fossa,
ispezialmente
perch
la terra dura e non ho ferramento da
cavare;
onde tu fa' la fossa colle
branche,
sicch la
possiamo
seppelhre
. E incontanente lo leone incominci a fare
la
fossa,
e
poich
fu fatta bene e
sufficientemente,
Zo-
zima
prese quel
santissimo
corpo,
e
seppellillo
con
gran
reverenza. E
poich
fu
seppellita,
lo leone si
part
man-
suetamente come fusse uno
agnello;
e Zozima torn al
suo monistero lodando e
ringraziando
Iddio,
e disse a
tutti li frati
per
ordine ci che incontrato
gli
era di
Santa Maria
d'Egitto.
Deo
gratias.
ANNOTAZIONI
Questa
poetica leggenda,
che fa riscontro a
quella
della
Maddalena,
ha
ispirato
vari
pittori;
dal
quattrocentista
fioren-
tino
Lorenzo di Credi
(Museo
di
Berlino)
al Tintoretto
(chiesa
di
S.
Rocco a
Venezia)
e allo
Spagnoletto
(Galleria
del
Prado).
Tra i
moderni ricordiamo lo Chasserieu
(chiesa
S.
Mry
a
Parigi).
Un
poeta contem.poraneo
che si nasconde sotto il nome di
Plodovent,
ha
ripresa
la narrazione di
questa
storia con commo-
vente
semplicit.
La riferiamo
quale
venne
pubbKcata
nella rivista
bolognese
S.
Giorgio
del
marzo-aprile
1913,
ormai
irreperibile.
424 LEGGENDE GBISTIANE
DI SANTA MARIA EGIZIACA
ha cui
festa
si
fa
ai dite
d'aprile.
Io
voglio
celebrar la
peccatrice
Santa Maria
d'Egitto,
e la sua
gloria
voglio
cantare in un'antica storia
trasmessa dai milleni a
noi,
che dice
il miracolo
grande
che
comp
la
piti
che santa Madre del
Signore,
al
tempo
che
regnava imperatore
da
Roma, Claudio,
sul mondo cos
ferocemente. Triste una bambina
sola e
sperduta
nel frastuono vario
confuso d'un mercato
voluttuario,
piano piangeva, per
l'acuta
spina
della
vergogna
fitta nel suo cuore
vergine.
Ed i mercanti ebrei lodavano
la
gracile
sua carne e la
palpavano
come
bestiame,
i servi de l'amore
senza l'amre. Alfine uno la
tolse,
.
trattato il
prezzo,
e la
port
con s
in vma casa
turpe,
dov' re
il satiro
maligno
; . . . .
Quivi
essa visse
ignara
di se stessa
vendendo il
corpo
suo ne' suoi
malanni,
e fu la donna
per
diciassett'anni
che a tutti ed a nessuno s' concessa.
Ed ecco sorse dalla sua
purezza
il desiderio inunenso d'un amore
che fosse luce a lei nello
squallore
della miseria infame
Allor la vinse
l'immagine
radiosa di Ges
che
perdon
la
Maddalena,
e fu
tanto
benigno.
E
quindi
a Lui si
strinse,
SANTA MABIA EGIZIACA 425
e come
folle via
fugg
discinta
da
quella
casa
turpe,
e al
porto
venne,
ove
a
guardar
le navi si trattenne
ansiosa....
Ma d'un
trtdtto
fu
sospinta
nel fondo d'ima
barca,
da un siriano
che voUe
imporle
le sue
voglie
oscene.

Maria, Maria,
deh!
lascia,
deh! ch'io bene
conosca
il nudo
corpo
tuo si
strano,
e dove che tu
voglia
ti conduco
con le mie vele
gonfie d'allegrezza!

A cui Maria si
volse,
e con tristezza
di s concesse
quello
ch' caduco.
Su
quella
nave
veleggi per
mare
giorni
e
poi giorni
E
giunsero
a Gerusalem di sera.
Maria non volle attendere l'aurora
sopra
la nave. SuUa
porta
l'ora
lenta ed etema trascorreva. C'era
presso
di
lei,
nel
vano,
un mendicante
lebbroso,
un cieco con un cane
nero,
e nessun altro. Silenzio. Mistero.
Lunga
l'attesa su le
soglie
sante....
L'alba torn rosata a
poco
a
poco.
La
gran porta s'aperse, cigolando,
e i cardini stridettero
allorquando
lontano un
gallo
cant fioco e
roco.
Allora entr nel
tempio
il mendicante
lebbroso,
il cieco con il cane
nero,
e
nessun altro. Dentro il vano austero
Maria
guard
la luce abbacinante
di
mille e mille
lampade
votive.
Ma
quando
volle
entrare,
come
piombo
inerti
giacquero
le
membra,
e un rombo
ud
lontano,
come di
sorgive
426 LEGGENDE CBISTIANB
acque
cadenti: e
per quanto
tentasse,
entrare non
poteva;
ed il martirio
cresceva,
tuttavia: nel suo delirio
a lei sembrava un fiume le scrosciasse
dentro la testa.
Ognora
vanamente
tentava di
strapparsi
dalla
soglia,
ed
ogni
sforzo una novella
doglia
le dava. Il rombo
sempre
veemente
schiantava le sue fibre.... E
pianse!
Pianse,
una
per
una,
le lacrime triste
del
pentimento,
e caddero commiste
alla sozzura del
peccato.
Pianse,
dentro,
nel
cuore,
e non
sapea
dir
nulla,
ma si batteva con le mani il
petto
affranta,
ed
implorava
il suo diletto
sposo
novello,
ch'era morto sulla
croce
per
lei,
peccatrice, pentita....
E via via che
piangeva, s'acquetava
il rombo nella testa e si calmava
l'ansia: e si sent rinascere la vita.
D'ogni peccato perdonata
e
monda,
senza
pi pianto,
sorridente entr
nel
tempio:
e un coro
d'angeU
cant:
Gloria in excelais!
per
Maria,
la bionda
donna
d'Egitto,
che
piangendo piana-
mente divelse le male radici.

r
O tu
beata,
e
pura,
benedici
chi
piange,
e del suo male lo risana!
Un'antica redazione
poetica castigliana
deUa Vida de Santa
Maria
Egipciagua,
cavata da un codice
dell'Escoriai,
venne
pvib-
blicata a Barcellona nel
1907,
e il Cornn nella Romania
(vo-
lume
XI)
ne
pubblicava
una redazione
portoghese.
LA LEGGENDA DEI TRE MONACI
CHE
VANNO AL PARADISO TERRESTRE
[Pubblicata
du G,
Bosio,
Venezia
1846].
Lo Paradiso deliciano
^
si in
terra,
in
questo
mondo,
nelle
parti
di
Oriente,
suso uno monte altissimo
sopra
tutti altri monti e
sopra
tutto il mondo terreno: del
qual
Paradiso nascono
quattro
fiumi li
quali
cercano
tutto il mondo
^,
li
quali
hanno nome
Tigris,
Eufrates,
Gion e Fison ^. E allato di mio di
questi
fiumi,
il
quale
ha nome
Gion,
era un monastero di
monachi,
grandi
amici di
Dio,
e
facevano
veramente vita
angelica.
Ora
avvenne che una fiata andando tre monachi di
questo
monastero
per
l'orto di
questo
monastero
spaziando
*,
pervennero
alla
ripa
di
Gion,
e lavaronsi li
piedi
e.
le
mani. In
questo,
videro venire
giuso per
lo detto fiume
uno
ramo di uno
arbore,
molto variato di colori belhs-
simi;
e aveva
foglie
di
colore,
l'una
dell'oro,
l'altra dello
argento,
l'altra dello
azzurro,
e l'altra era
verde;
e cos
erano variate di colori: lo
quale
ramo era
pieno
di
pomi
e
di
frutti bellissimi e molto amorosi
^
da
mangiare.
Al-
lora
questi
monachi
presero quello
ramo,
e
guardavano
^
terrestre:
per distinguei'lo
dal celestiale. Vedi nota 2,a
pag.
393.
^
si
spandono per
tutto il mondo.
-

Gion il
Nilo,
Fison il
Gange.
Vedesi
Genesi, II, 11,
13. Con-
fronta anche
pag.
94,
nota 1.
*
passeggiando.
^
gustosi,
saporiti;
aimer in francese indica anche
gustare, piacere.
428 LEGGENDE OBISTIANE
la bellezza
sua,
e laudavano e
glorificavano
il
nome
e
la
possanza
di
Dio,
di cosi maravelioso
arbore;
e
pensando
e
guardando quella
rama cos maraveliosa e
bella,
e
contemplando
ciascheduno
infra loro
medesimi,
comin-
ciarono a
lacrimare,
considerando le
grandissime
cose
di
Dio,
e dicevano infra loro medesimi: Veramente

santo
quello
loco donde
quello
ramo venne. E
pensando
sopra
ci e lacrimando
ciascheduno,
riguardava
l'uno
all'altro e diceva:
Di che
piangi
tu? .
Rispondevano:

Io
piango
della
grande immaginazione
e
contempla-
zione che ho nell'anima
mia,
pensando
e
contemplando
lo loco donde venne
questa
rama;
credo ch'ivi sia Dio
con li
angeli
suoi . E allora ciascheduno
disse,
lo simi-
gUante
pensiero
era nell'anima sua. E disse uno di
questi
monachi:
Vogliamo
noi andare in
quello
santo
loco,
suso
per
la
ripa
di
questo
fiume,
tanto che Dio ne con-
duca a
quello
santo loco?.
Risposero
li altri:
Andiamo,
e movianci al nome di Dio . Andorsene cos
subitamente,
senza la
parola
del suo abbate: tanto erano infiammati
e
presi
dell'amore di Cristo! Andando suso
per
la
ripa
del
fiume,
trovarono l'erbe tutte
piene
di
manna;
e di
quella mangiavano,
la
quale
era la
piti
dolce e
saporosa
cosa di
questo
mondo. Ed ebbero fatica di andare
in
uno anno l
^;
e trovarono arbori
pieni
di
pomi
dol-
cissimi e suavissimi da
mangiare,
che toccavano terra
d'intorno intorno^. Onde andavano con tanta dolcezza
e diletto di
aniito,
che
quasi
non toccavano terra..
Quando
giunsero appresso
del
monte,
suso il
quale
era lo Pa-
radiso
deliciano,
cominciarono a udire lo canto delli
angeli
del Paradiso. Tutti furono
pieni
di
allegrezza,
e in
grande
desiderio andavano. E
questo
monte
era
tutto inarborato d'arbori di diverse
maniere,
li
quali
arbori erano
pieni
di
pomi
dolcissimi e dilettevoli
e
suavissimi da
mangiare,
e erano maraveliosi da vedere;
^
e faticarono un anno
per giungere
l.
2
tanto erano carichi di frutti.
IL PARADISO TERRESTRE 429
e
tutto
era
pieno
di erbe
sante,
fiorite e di maraveliosi
colori,
e di diversi maraveliosi odori. Lo
quale
monte era
alto
per spazio
di cento
miglia.
E andavano con tanta
allegrezza,
che
giunsero
sullo monte che non sentirono
quasi
niente
^;
e
presto
furono
appresso
della
porta
dello Paradiso;
e la
porta
era
serrata,
e videro
l'angelo
cherubino
in sulla
porta,
ch'ei la
guardava
con una
spada
di fuoco in mano. E
questi
monachi si
posono
a
sedere
appresso
della
porta,
e
guardavano l'angelo
cherubino;
e avno tanto dolcezza e
gaudio
ne' loro
cuori
e ne' loro animi a
guardare
lo detto
angelo,
che
non si ricordavano
pi
di
questo
mondo
n dell'altro:
tanto
grandi
erano le altissime bellezze e le maravelie
di
quello angelo!
E cos stettero alla
porta, guardando
lo
angelo cinque
6 e
cinque
notti. Pareva la faccia di
questo angelo
come la luce del sole.
L'angelo parla
a
loro e dice: Che volete voi?.
Risposero
li monachi:
Noi vorremmo venire l
dentro,
se vi
piace,
a star
tre d o
quattro
. E la
porta
si fu incontinente
aperta;
e
questi
santi monachi entrano dentro. E incontinente
che furono
dentro,
udirono lo suono della rota del cielo
che si
volgeva;
lo
quale
suono era di tanta dolcezza e
suavitate e di tanto
diletto,
che
quasi
non
sapevano
lo
sito dove
erano,
anzi si
posono
a sedere dentro della
porta:
tanto erano
allegri
e dilettosi di
quello
suono
della rota del cielo! E cos stando in
grande allegrezza,
videro venire verso loro due massari
^
bellissimi e bianchi
come
la
neve,
e avevano la barba e i
capelli
fino a terra:
e
questi
erano Eha e
Enoc,
santi
padri,
li
quali pose
Dio
nel
paradiso
deliciano a ci che vivessero infin'alla
fin
del
mondo,
per
render testimonianza della morte di
Ges
Cristo,
suo
imigenito figliuolo.
E dissero a
questi
tre
monachi: Che fate voi
qui?. Risposono
li mo-
nachi:
Noi siamo venuti
per
vedere
questo
santo loco .
^
uon
provarono quasi
fatica e
stauchezza.
^
veoohi. Vedi
pag.
309.
430 LEGGENDE EISTIAN
Allora dissero li santi
padri
Elia e Enoc:
Rendete
grazia
e laude al nostro
Signore
Ges
Cristo,
che vi
ha
donato la
grazia
e dono cosi
magnifico
di essere
venuti
in
questo
santo
loco;
poich giammai
non ci
venne
uomo di carne
nato,
ma anime
purgate
ci
vennero
e
glorificate.
Ma
poich piace
a Dio nostro
Signore,
noi
vi meneremo mostrando
per
tutto le
grandissime glorie
e ammirabili cose del Paradiso
santo,
tante e tali
che
lingua
non le
potrebbe
narrare n cuore
immaginare.
E
pigliarono per
mano
quelli
santi monachi e
mena-
ronli
per
lo
Paradiso,
mostrandoli li
grandi
doni di
Dio e le maraveliose cose che '1 dolce Ges' aveva fatte.
E andando
guardando
e cercando lo
Paradiso,
udirono
li dilettosi suoni e lo amoroso canto deUi
angeli
del cielo:
allora
quasi
volsero cadere
^
per
la
grande
dolcezza
suavissima di
quello
canto
angeh'co,
e
alzavano,
li occhi
e la mente e le mani a
Dio,
rendendo
grazie
e laude a
lui. E
poi
videro una fontana viva: chi beve di
quella
aequa
non invecchia
mai,
e chi
vecchio,
torna all'etade
di trenta anni. E videro l'arbore del bene e del
male,
per
lo
quale
noi fummo tutti
perduti,
e del
quale mangi
Adamo ed Eva. E anche videro l'arbore della nostra
salute,
dello
quale
si
part
lo
legno
della Santa Croce:
e a
questo
santo
legno questi
monachi
s'inginocchia-
rono e fecero
grande
riverenzia,
e adorarono Dio con
grande pianto.
E
poi
videro uno altro
arbore,
che
chi
mangiava
de' suoi
pomi, giammai
non moriva. E
poi
videro
quattro fon|iane;
e di ciascheduna usciva
uno
fiume,
il
quale
cercava il mondo. E
poi
videro una fon-
tana
lunga
e
larga per spazio
di
miglia cinque, piena
di molti
pesci,
li
quali
cantavano d e notte
quando
udivano il canto del
Paradiso;
e era s dolce canto,
che
lingua
umana non
potrebbe
narrare. E
poi
videro
l'arbore della
gloria,
lo
quale
era s
grande
che
gittava
intorno i rami
per
lo
spazio
di un
miglio;
e le
foglie
^
furono
quasi per
cadere.
IL PARADISO TERRESTEE 431
erano
d'oro,
e erano
grandi
a modo di
foglie
di fico e
li
suoi
pomi
parevano
lavorati e confettati
per
mara-
velia:
di tanta dolcezza e di tanto diletto e suavitate
a
mangiare,
che non si
potrebbe
dire. Lo
quale
arbore
era
pieno
di uccelli
piccoli
;
e avevano
penne
rosse come
carbone
di foco
a,cceso,
e
parevano
lucerne
accese,
e
cantavano
tutti ad una
voce,
s che
parevano
vera-
mente
angeli
del Paradiso celestiale. E cosi facevano
a tutte
le ore del
d;
e tanto era dolce e suave
quello
canto,
che
ogni
mente umana si sarebbe
addormentata;
e laudavano
la crte del Paradiso
ogni
ora del d. E
poi
quelli
santi
padri
Elia e Enoc menarono
quelli
santi
monachi
alla
porta
del
Paradiso,
e dissero a loro: An-
date e tornate al vostro
monastero,
imperciocch
Dio
creatore
che vi cre vi chiama.
Risposero
li monachi:

Oh
messeri,
mercede vi chiamiamo
^,
ch'e' vi
piaccia
di lassarne stare
qui quindici
di. E facevano
grandis-
simo
pianto,
e
gittavansi
in terra in
ginocchione,
e di-
cevano alli santi
padri:
Non ancora otto d che noi
venimmo
qui. Risposero
li santi
padri:

Voi siete
qui
dimorati settecento anni. Allora li monachi co-
minciarono
piti
fortemente a
piangere,
e levavano al
cielo li occhi e le mani e la
mente,
laudando e
glorifi-
cando la
potenzia
e
sapienzia
del verace
Dio,
e dice-
vano:
dolce Ges
Cristo,
dappoich questo
loco
terreno tanto suave e
dilettevole,
or
dunque
che de'
essere la vita
beata,
ove tu dimor visibilmente con
la
tua dolce madre? dolce Ges
Cristo,.,
quanto
de'
.essere lo
gaudio
e la
allegrezza
a vedere li cori delli
tuoi
santi,
e a vedere le schiere e le
legioni
delli
Angeli
e
delli
Arcangeli
e delle Potestadi e delli
Principati!
^
or
che
allegrezza
dee essere a vedere li cori de' Cheru-
t)ini e
Serafini,
e a vedere le
legioni
de' Santi e delle
Sante! O dolce Ges
Cristo,
ci veniremo noi lassuso a
^
vi
chiediamo la
grazia.
^
per
la
distinzione
di
queste
schiere
angeliche,
vedi la Oerarchia
Oeleate
di
S.
Dionigi,
di cui si
parla
a
pag.
140,
nota 1.
432
LEGGENDE CRISTIANE
quel
tuo
regno
beato?.
Risposero
li santi
padri Elia
e Enoc:

Andate con la
grazia
di Dio e in breve
tempo
voi anderete in
quello regno
di vita eterna.
Rispo-
sero li santi monachi :

Come
pu
essere che noi
siamo
stati
qui
settecento anni?
imperciocch
a noi
pare
essere
di
quella
medesima etade che noi ermo
quando
noi
venimmo
qui. Risposero
li santi
padri:
Voi
avete
mangiato
di
quello pomo
dell'arbore,
che non
lassa
invecchiare;
e avete bevuto
dell'acqua
santa della
fon-
tana che fa ritornare la vecchiezza in
gioventude;
e
siete dimorati in
questo
santissimo
loco,
in lo
quale
avete udito
alquanto
della
gloria
di vita eterna. Im-
perci
andate al vostro monasterio.
Risposero
H mo-
nachi:

santi
padri,
troveremo vivi li nostri
compagni?
.
Risposero
li santi
padri:

Li vostri
compagni
e li vostri
fratelli sono vivi in vita
eterna;
ma li
corpi
loro sono
fatti terra e
cenere,
gi passati
settecento anni: rin-
novato e riformato lo vostro monasterio di
gente
nova,
sette fiate morti e
rinnovati;
e sette etadi sono
dipoi
passate
che voi vi
partiste. Risposero
li' monachi:

Quelli
che mo'
^
l sono nel monasterio non ne vorranno
ricevere,
e non crederanno che noi siamo stati monachi
di
quello
monasterio;
or come faremo noi?.
Risposero
li santi
padri:

Voi darete a loro
questo signale:
di-
rete a loro che cerchino in lo altare
maggiore,
e trove-
livaino lo libro missale su lo
quale
sono scritti tutti
li
monachi di
quello
monasterio da mille anni in
qua,
e
troveranno scritto lo nome vostro e l'ora il d e '1 mese
e
l'anno'e lo
tempo
che voi
partiste per
venire
qua.
E
poi
darete loro
questo
altro
signale:
che in
capo
di
quaranta
d,
voi subito sarete fatti
cenere,
e di voi non si veder
carne n
ossa;
e le anime vostre andaranno a
riposarne
nel santo
riposo
di vita
eterna,
e li
angeli
del cielo
ver-
ranno visibilmente
^
per
le anime vostre . Allora
questi
^
ora.
^
in forma sensibile aU'ooohio umano.
C
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K
5S
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432
LBGGElirDE CRISTIANE
quel
tuo
regno
beato?.
Risposero
li santi
padri Elia
e Enoc :

Andate con la
grazia
di Dio e in breve
tempo
voi anderete in
quello regno
di vita eterna.
Rispo-
sero li santi monachi :
Come
pu
essere che noi
siamo
stati
qui
settecento anni?
imperciocch
a noi
pare
essere
di
quella
medesima etade che noi ermo
quando
noi
venimmo
qui. Risposero
li santi
padri:
Voi
avete
mangiato
di
quello pomo
dell'arbore,
che non
lassa
invecchiare;
e avete bevuto
dell'acqua
santa della
fon-
tana che fa ritornare la vecchiezza in
gioventude;
e
siete dimorati in
questo
santissimo
loco,
in lo
quale
avete udito
alquanto
della
gloria
di vita eterna. Im-
perci
andate al vostro monasterio.
Risposero
li
mo-
nachi:

santi
padri,
troveremo vivi li nostri
compagni?
.
Risposero
li santi
padri:

Li vostri
compagni
e li vostri
fratelli sono vivi in vita
eterna;
ma li
corpi
loro sono
fatti terra e
cenere,
gi passati
settecento anni: rin-
novato e riformato lo vostro monasterio di
gente
nova,
sette fiate morti e
rinnovati;
e sette etadi sono
dipoi
passate
che voi vi
partiste. Risposero
li' monachi:

Quelli
che mo'
^
l sono nel monasterio non ne vorranno
ricevere,
e non crederanno che noi siamo stati monachi
di
quello
monasterio;
or come faremo noi?.
RisjDosero
li santi
padri:

Voi darete a loro
questo signale:
di-
rete a loro che cerchino in lo altare
maggiore,
e trove-
ramio lo libro missale su lo
quale
sono scritti tutti
li
monachi di
quello
monasterio da mUle anni in
qua,
e
troveranno scritto lo nome vostro e l'ora il d e '1 mese
e
l'anno e lo
tempo
che voi
partiste per
venire
qua.
E
poi
darete loro
questo
altro
signale:
che in
capo
di
quaranta
d,
voi subito sarete fatti
cenere,
e di voi non si veder
carne n
ossa;
e le anime vostre andaranno a
riposarne
nel santo
riposo
di vita
eterna,
e li
angeli
del cielo
ver-
ranno visibilmente
^
per
le anime vostre . Allora
questi
^
ora.
-
in forma sensibile all'occhio umano.
e
e
y.
e
<
tr.
Hi paradiso terrestre 433
santi
monachi,
ripieni
di
allegrezza
cominciarono a
pian-
gere,
ed uscirono fuori del Paradiso
deliciano,
e rende-
rono
grazie
e mercede e onori alli santi
padri.
E
poi
si
partirono
con
grande allegrezza,
e
giunsero
allo mona-
sterio,
e trovarono la
porta aperta;
e andarono in la
chiesa,
e
gittaronsi
in
ginocchione
dinanzi
all'altare,
piangendo,
laudando e
magnificando
la
grande potenzia
di
Dio,
che aveva dato a loro
grazia
di ritornare a morire
a
casa
loro. E a
queste parole
vennero tutti li monachi
di
quello
monasterio,
e dissero a
questi
tre monachi:

Che
andate voi facendo? . Ed elli
gli
dissero il
perch.
E Io abate
gli
disse: Voi dite che siete di
questo
mo-
nasterio;
e noi ci siamo
gi

passato
ottanta
anni,
e
giammai
non vi abbiamo visti n
cognosciuti. Dunque
perch
dite voi cotali
bugie?
.
Risposero
li tre monachi:
Di
questo
monasterio,
prima
che voi siate
monachi,
ci siamo stati dinanzi di
voi,
e ci
partimmo
di
questo
monasterio
gi
sono settecento anni
passati,
e andammo
al santo Paradiso
deliciano;
e li nostri
compagni
e fra-
telli sono
morti,
e
poi
rinnovato sette volte di
gente
nova. E acci che voi il
crediate,
cercate in. lo altare
maggiore,
e troverete il libro missale che vi
dentro,
e
troverete il memoriale dove siamo
scritti,
e vedrete
lo d e
l'ora e '1 mese e l'anno che noi ci
partimmo.
Quando
lo abate e tutti li altri monachi udirono dice
queste
parole,
s si fecero
grandissima
maravelia:
e
senza
alcuna dimoranza andarono e cercarono in lo
altare,
e
trovarono come
quelli
tre monachi erano
par-
titi,
e
trovarono come era settecento anni che erano
partiti.
Allora lo abate e li altri monachi si maraveha-
rono
di
questo grandissimo
miracolo,
e dissero fra loro:
Come
pu
essere che costoro cotanto siano
vivati,
conciossiacosach ciascheduno di loro
pare
di etade di
trent'anni?. Allora dissero
questi
tre monachi: Non
vi
maraveliate della
possanza
di
Dio;
poich
nulla
cosa

impossibile
a fare a lui. Noi siamo stati tanto
tempo
in
quello
loco santo: e vedemmo
l'angelo
cheru-
28.
.
Battelm, Leggende
cristiane.
434
.
LEGGENDE CBISTIANE
bino
visibilmente;
e
poi
siamo stati con
quelli
santi
padri
Elia e
Enoc,
che andarono e toccarono e
mangia-
rono con Ges
Cristo;,
e
poi
udimmo lo dolce
canto
beato delli
angeli,
e non ne
pareva
essere stati l otto
di.
Or
dmique
che de' essere la vita beata e corte
celestiale?
Ancora vi diamo mio altro
signale:
che noi
caderemo
morti subitamente in
capo
di
quaranta
d,
e
saremo
tutti cenere in
quello punto;
e le anime nostre
andranno
in cielo in loco di
riposo,
in
gloria sempiterna,
a
riposare
la vita
beata;
e li
angeli
del cielo verramio visibilmente
per
le
anime
nostre , Allora lo abate e tutti li
monachi,
li
quali
erano in
quantit
di
cento,
si
gittarono
in
terra,
piangendo
e facendo riverenzia a
questi
tre monachi,
che narravano e dicevano le
grandissime
cose e marave-
liose udite e vedute della
gloria
di Dio, E in
capo
di
quaranta
d,
questi
tre monachi stando in
ginocchione
dinanzi
all'altare,
piangendo per
la
grande
dolcezza del
cuore,
lo abate e li altri monachi
vegliavano
e adora-
vano con
grande
divozione. E
compiuti
li
quaranta
d,
li tre santi monachi furono fatti
cenere,
e ne veniva
s
grande
odore come se tutti moscadi e cose odorifere
del mondo fossero
l;
e
videro li
angeli
del cielo visibil-
mente
portare
le anime di
questi
tre santi monachi
con
grandissimo
canto, E lo abate e li altri monachi
vedendo
questo,
rimasero molto
consolati,
piangendo
per
la
grande
dolcezza e amore che avevano in loro.
E da
quello
d innanzi fecero santissima
vita,
pi
che
non facevano
dinanzi,
per
li
grandi
miracoH che ave-
vano veduti di
costoro;
e vivettero in l'amore e
in la
grazia
di
Dio,
e
poi
al loro
trapassamento
ebbero
vita
sempiternale.
ANNOTAZIONI
Del
paradiso
deludano
parla
anche Bbunetto Latini
{I^
Tesoro, III,
2):
In India il
paradiso
terreno,
l ove son
tante
maniere di frutti e d'arbori e di
pomi,
e si vi l'albore della
morte
IL PARADISO TERRESTBE 435
che
Iddio
viet al
primo
uomo che non manicasse del suo frutto.
E
si
v'
l'albore della
vita,
che non morrebbe mai chi
mangiasse
del
suo
frutto.
L non v'
freddo,
n
caldo,
e se non
perpetuale
tranquillitade
e
temperanza,
E nel raezzo la fontana che tutti
li
arbori
bagna
e
infonde,
e di
quella
fontana nascono li
quattro
fiumi
Fison, Geon,
Tigris
ed Eufrates .
Nelle
vecchie chiese e nei battisteri medievali
frequente
la
rappresentazione
plastica
di
questi quattro
fiumi: a Chartres
essi
prendono
figura
di
quattro giovinetti
sorridenti,
in atto di
versare
le
acque
dall'urna;
nel Duomo di Hildesheim son
figurati
invece
in
ginocchio
nell'atto di
reggere
la vasca battesimale di
bronzo ^,
sulla
quale

scolpita
l'iscrizione
seguente:
.
TEMPEBIEM GEON TBBBE DESIQNAT
HIATUS,
EST VELOX
TIQBIS, QUO
FORTIS
SIONIFICATUR,
FEUGIFER EUPHBATES EST JSTITIA
QUE NOTATUS,
OS MUTANS PHISON EST PRUDENTI SIMILATUS.
QUATUOB
IBRORANT PARADISI PLUMINA
fMUNDUM,
VIRTUTES
QUE
RIGANT TOTIDEM COR CRIMINE MUNDUM.
Le
pi
belle
rappresentazioni
del
paradiso
terrestre si tro-
vano nelle
pitture
del Beato
Angelico
al Museo di S. Marco di
Firenze,
e nella dehziosa tavoletta del senese Giovanni di
Paolo,
all'Accademia di
Siena,
dove i beati si
veggono
abbracciati
agli
angioli
in dlce atto
d'amore,
su
prati
smaltati di fiori e
rigati
da
fresche
acque,
tra
l'ombra
degli
alberi carichi di frutti.
Sulla collocazione
geografica
del Paradiso terrestre vedi
l'ope-
retta del P.
DuBAZZO,
Il P. terrestre nelle carte
medievali,
Man-
tova
1886,
e il voi. di E.
Coli,
Il Paradiso
terrestre,
Firenze lg9S.
Per le derivazioni
letterarie,
vedi lo studio di Arturo
Gbaf,
La
leggenda
del Paradiso
terrestre,
nel voi. Miti e
leggende
del
M.
Evo,
Torino
1892,
e confronta le due narrazioni
seguenti.
^
Vedine la
riproduzione nell'opera
citata: / libri naturali del Te-
soro,
pag.
24.
I PURGATORIO DI S. PATRIZIO
[Dal
voi. di
Pasquale
Villari,
Tradizioni e
leggende
che
illustrano la Divina
Commedia, Pisa,
1865].
1.
Qui
si comincia una bella e divota
narrazione
DEL Purgatorio di santo Patricio.
Leggesi
di msser santo Patricio
^
che,
predicando
egli
nelle
parti
d'Ibernia
^
la
parola
di
Dio,
e facendovi
molti
grandi
miracoli,
studiavasi di convertire
quella
gente
dura e acerba alla fede di
Cristo,
mettendo loro
^
San
Patrizio,
l'apostolo
dell'Irlanda,
era nativo della
Bretagna.
Suo
padre, Calpurnio,
diacono
e
decurione,
possedeva
una
piccola
fat-
toria
presso
Bannavem Taberniae
(Bennaventa).
A sedici
anni,
fatto
prigioniero
dai
corsari,
Patrizio fu condotto in
Irlanda,
dove
pass
vario
tempo
errando
per
monti
e foreste come
guardiano
di mandre.
Dopo
sei anni riusc a
fuggire
e ritorn
presso
i suoi
parenti.
Obbedendo
a una voce
interiore,
egli
si
propose
di
evangelizzare
le
popolazioni
irlan-
desi ancora immerse nelle tenebre
dell'idolatria,
ma
prima
di
accingersi
a
questa
missione,
volle visitare la Gallia e
l'Italia,
e solo
dopo
aver rice-
vuta l'ordinazione
vescovile,
approd,
nell'isola,
e
vi convert
molte
mi-
gliaia
d'infedeli. Dal 432 al
461,
anno della sua
morte,
egli viaggi
senza
interruzione attraverso le terre
d'Irlanda,
combttendo la
superstizione
dei
druidi,
atterrando
gli idoli,
e
compiendo
un'infinit di miracoli.
Nel 444 fond il monastero di
Armagh,
la cui chiesa ancor
oggi
sede
arcivescovile.
Egli
stesso ci ha lasciato il ricordo delle circostanze piii
importanti
della sua vita nella sua
Confessione
e in una
Epistola,
scritte
in rozzo latino. A lui si attribuisce
pure
un Inno
Fded, Fiada,
in
lingua
gaelica.
Ancora nell'XI secolo si venerava nella chiesa abbaziale
di
Armagli
il bastone
pastorale
di S. Patrizio
che,
anche secondo
la nostra
leggenda, gli
era stato
consegnato
da Ges. Cristo in
persona:
e
nel
museo di Dublino si conserva tuttora una
campana
di bronzo
del
p""
mitivo monastero. Vedi G.
Dottin,
Les livrea de saint Patrice, aftre
de
Vlrlande, Paris, Bloud,
1913.
2
il nome che i romani davano all'Irlanda.
IL PTJRGATOEIO DI SAN PATRIZIO 437
' " - -... i.i.
^
, I r I . - .1 I ,
paura
delle
pene
dello
Inferno,
se non si
convertissono,
e
promettendo
loro i
grandi
e smisurati beni del Para-
diso,
se alla vera fede vorranno tornare. Ma
quella gente
barbara, incredula, rispuose
a santo Patricio che mai
non
si
convertirebbono,
n
per
suoi
miracoli,
ne
per
sue
predicazioni,
se
prima
non facesse che alcuno di loro
apertamente
vedesse i tormenti che nell'altra vita hanno
i
rei,
e le
allegrezze
e i beni ch'hanno i
buoni;
acci che
per
le cose vedute fossono
pi
certi delle cose
promesse.
Allora
santo
Patricio,
commosso a
pietade
di
quello
popolo,
incominci
pi
divotamente a
pregare per
loro.
Affliggendo
continovamente il suo
corpo
con molti
digiuni
e
vigilie
e orazioni e altre buone
operazioni,
e
perseverando
santo ^Patricio in
questi
santi
esercizi,
sempre pregando
Iddio che illuminasse le -menti e '1
cuore di
quelle genti
infedeli,
subitamente
-
il nostro
Signore
Gres Cristo visibilmente
gli apparve
e
diegli
il Hbro de'
Vangeli
e una
verga,
siccome a sommo
pon-
tefice;
il
quale
libro e la
quale verga
ancora al di
d'oggi
hanno in
grande
riverenza
quella gente
d'Ibernia,
sic-
come
grandi
e
preziose orlique
^;
ma la detta
verga,
per
che '1 nostro
Signore
Ges Cristo la diede in
per-
sona a santo
Patricio,
ancora
oggi
si chiama la
verga
di
Ges. Ora usanza in
quello paese
d'Ibernia che
quando
si
fa di nuovo il sommo
pontefice
di
quella
contrada,
incontanente
gli
dato il libro de'
Vangeli
e ima
verga
in
mano,
per
mostrare
ch'egli
il
maggior prelato
di
quel
paese.
E
poi
che '1 nostro
Signore
Gesti Cristo ebbe date le
dette cose al suo diletto
Patricio,
s lo rden nel
deserto,
^
e
quivi
gli
mostr una fossa tutta
ritonda,
e dentro
molto
scura,
e
poi gli
disse:

Qualunque persona
vera-
mente confesso e
pentuto,
armato della vera
fede,
en-
trer
in
questa
fossa,
e staravvi
solamente
da l'una
mattina a
l'altra,
cio uno d e una
notte,
sar
purgato
^
reliqme.
jp
438 LEGGENDE OBISTIANE
di tutti i suoi
peccati;
e
passando per
essa,
vedr
non
solamente i tormenti de'
rei,
ma eziandio
l'allegrezza
e '1
riposo
de' buoni. E dette
queste
cose,
il
Signore
disparve,
e santo Patricio rimase
pieno
di molta
alle-
grezza spirituale,
non solamente
per l'apparizione
del
Signore,
ma eziandio
per
la dimostrazione della
detta
fossa,
per
la
quale sperava
di convertire
quello
popolo
e recarlo alla fede di Cristo. E incontanente fece
fare
in
quello luogo
una chiesa ad onore di messer santo
Pietro
Apostolo,
nella
quale
ordin che stessono
continovamente
calonaci
regolari,
i
quali
tenessono e conservassono
la
santa vita
apostolica;
e
poi
fece fare
intorno
a
quella
fossa
un muro a modo di cimitero
^,
al
quale
fece fare
una
porticciola
con
serrame,
a ci che ninno
disavedutamente
o sanza licenzia v'ardisse ad
entrare,
e la chiave della
detta
porta
raccomand al
priore
di
quella
chiesa.
Ed essendo ancora vivo santo
Patricio,
molti vo-
lendo essere
purgati
de' loro
peccati,
entravano in
quella
fossa;
i
quali
tornando dicevano come
quivi
avevano
sostenute
grandissime
e diverse
pene,
e
poi
avevano
veduti
luoghi
molto dilettevoli e
pieni d'ogni allegrezza.
Le
quah
narrazioni e visioni comand santo Patricio
che tutte si dovessono iscrivere in
perpetuale
memoria
nella detta
chiesa;
e
per questi
cotali testimni delle
dette cose vedute e
provate,
molti se ne convertirono
alla fede
cristiana,
i
quali prima
stavano
pertinaci
^
come s'usa nei cimiteri.
Questa
fossa esiste tuttora e trovasi
iu
mia isoletta del
Lago
Rosso,
cos chiamato dal
sangue
di mi
dragone
oli,
secondo la
leggenda,
ne avrebbe tinte le
acque.
I
pellegrinaggi
vi erano
frequenti
nel M. Evo e durarono
per
molti
secoli;
il Froissart racconta
ohe
durante il suo
viaggio
in Irlanda
parl
con un cavaliere che vi
aveva
passato
la
notte,
facendo strani
sogni.
Il
papa
Alessandro VI nel
1479
dette ordine che la
grotta
fosse distrutta e cessasse l'affluenza dei
pel;
legrini.
Ma la credulit
popolare
fu
pi
forte dell'ordine del
Papa,
i
pellegrinaggi sospesi per
.
qualche tempo,
ricominciarono ed ancor oggi
sono numerosi i visitatori che vi si
recano,
specialmente
nella ricorrenzo
della festa del
Santo,
il 17 marzo. Una
fotografia
del
Lago
Rosso
e della
grotta
si
pu
vedere
nell'opera
olandese di R. Vebdeyen e I. Enpe-
POLS,
Totidalus Vision en St. Patricius
Vagevuur,
L'Aia 1914.
IL PTTKGATOKIO DI SAN PATEIZIO 439
e
duri
nella
loro infedelitade. E
per
che in
quella
fossa
chi
v'entra
dentro,
come detto
,
vien
purgato
di tutti
i
suoi
peccati,
ancora'
oggi
si chiama
quello luogo
il
Purgatorio
di santo
Patricio,
e lo
luogo
della Chiesa
Beale.
2.
Comincia
il trattato e nabramento d'uno nobile
CAVALIERE
CHE V'BNTR NUOVAMENTE.
Ora avvenne a' nostri
tempi,
cio al
tempo
dello
re
Stefano,
che uno nobile
cavahere,
il
quale
aveva
nome Oveni
^,
del
quale
si conta
questa presente
narra-
zione,
che andandosi a confessare da uno
vescovo,
nel cui vescovado era il detto
Purgatorio,
essendosi
confessato,
da lui fortemente
ripreso
de' suoi
peccati,
incontanente cominci a
piagnere
e a dire ch'era
ap-
parecchiato
a
portare ogni penitenza
e
pena
che al
vescovo
piacesse.
E
volendogli poi
il vescovo
imporre
la
penitenza
che a' suoi
peccati
si
convenia,
rispose
il
cavaliere che non solamente
quella
intendeva di
fare,
ma eziandio molto
maggiori
di
quella,
in
quanto egli
glielo
concedesse. Poi disse ch'era acconcio d'intrare
nel
Purgatorio
di santo
Patricio,
accioch fosse
per-
fettamente
purgato
e mondato di tutti li suoi
peccati;
della
qual
cosa il
vescovo
fortemente lo
sconfortava,
mostrandogli
come molti v'erano andati che mai non
erano tornati. Ma l'animo del cavahere veramente
peni-
tente,
n
per parole
n
per esempio
inchinare non si
po-
teva
che non volesse
pure
mettere a
seguizione
^
questa
sua
volont e desidero. Ancora il vescovo lo ammomVa
che
si facesse
religioso
di
quella religione
^
che
piti
li
piacesse,
dinanzi che mettersi a cos dubbioso e incerto
^
nel testo
inglese Owayne.
^
ad effetto.
^
8i facesse monaco di
quell'ordine
che
pi gli piacesse.
440 LEGGENDE CRISTIANE
pericolo;
alla
quale
cosa lo cavaliere
rispose
che
farg
non
voleva,
se
prima
non entrasse nel
Purgatorio.
Allora lo
vescovo,
veggendo
la sua fermezza e
co-
stanza che
per
ninno modo rimuovere no '1
potea,
f.
cegli
una lettera al
priore
di
quello luogo
dov' il
detto
Purgatorio, comandandogli
che
questo
cavaliere
vera-
mente
penitente
dovesse mettere nel
Purgatorio,
se-
condo l'usanza
degli
altri che in esso erano
entrati.
Ed essendo il cavaliere
pervenuto
a
quello luogo,
co-
nosciuto ch'ebbe il
priore
la
cagione
della sua
venuta,
incontanente lo cominci fortemente a
sconfortare,
siccome avea fatto lo
vescovo,
dicendogli
di molti
che
v'erano entrati com'erano
periti,
che mai non erano
tornati. Ma lo cavaliere di
Cristo,
ricordandosi della
moltitudine de' suoi
peccati, per
mondarsi da
essi,
rispose
ohe,
rimossa
ogni cagione,
era
disposto
a com-
piere questo
suo intendimento. Allora il
pr:k>re
lo mise
nella
chiesa,
e
cornandogli
che dovesse
digiunare
nove
di
continovi,
istando continovo in
orazione,
e fare certe
altre buone
operaziom',
siccome era usanza di
quegU
che
veramente sono
pentuti,
e che
quivi
volevano entrare.
Compiuti
1 nove
d,
il
priore
con tutti i suoi calonaci
e
cogli
altri cherici vicini
d'intorno,
fecero una solenne
pricissione
^,
accompagnando
il
predetto
cavaliere
in-
fino alla bocca del
Purgatorio.
Ed essendo cos
quivi
tutti
pervenuti, quello
venerabile
priore,
dinanzi
a
tutta
queUa gente,
incominci a
parlare
e
ripetere
da
capo
a
quello
cavaliere tutti i
pericoli
che
prima
detto
gli
avea,
e
pregarlo
che a ci
disporre
non si dovesse,
proponendogli
^
ancora da
capo
la moltitudine
de'
tormenti che
gli
converr
sostenere,
volendo l
entro
entrare. Ma
quello
costante cavaliere di
Cristo,
perfetta-
mente contrito di tutti i suoi
peccati,
volendo andare
a
quelle pene
di che si
giudicava degno,
con
chiara
1
processione.
2
envunerandogli, mostrandogli.
IL PFEGATOBIO DI SAN PATRIZIO 441
voce
disse che al tutto era
disposto
di entrare in
quello
Purgatorio,
desiderando che in
quelle pene
lo suo
corpo
fosse tormentato,
col
quale
aveva offeso lo suo Oea-
tore.
Allora il
priore,
vedendo lo suo costante
proponi-
mento,
s
gli
disse:
Ecco,
al nome di
Dio,
tu ci
entrerai,
ma
questo
ti
voglio prima
dire e
annunziare,
che nel
principio
di
questo
tuo
viaggio
tu s andrai
per
una
fossa
sotterra molto
scura,
e
dopo questa
fossa tu s
perverrai
in uno bello
campo,
nel
quale
tu troverai una
bella
magione
nobilmente
lavorata,
nella
quale, quando
tu vi sarai
entrato,
s troverai
l'agnoli
di
Dio,
i
quali
t'ammaestreranno
diligentemente
di
quello
iche avrai
a fare e sostenere. Ma
partendosi eglino,
tu
rimarrai
quivi
solo;
ed incontanente verranno le demonia a
te,
e comiucierannoti fortemente a tentare ed a
spaurire,
se
potranno.
Tutte
queste
cose
leggiamo
ch'hanno tro-
vato coloro che dinanzi a te ci sono
entrati,
e
imper
fa' che valentemente tu ti
porti
in
questa
tua
impresa
.
ch'hai tanto desiderato.
Allora lo cavaliere di Cristo non si
spaventa per
la
perdizione
di molti che
quivi
entrando erano
periti,
ma con animo virile e
forte,
solam.ente nella miseri-
cordia di Dio si confida. E colui che
per
addietro stava
tutto armato a ferro nelle
battaglie degli
uomini,
ora
in
questa
nuova e disusata
battaglia,
non di
spada
e'
di
coltello
armato,
ma di fede e di
speranza
e di
giu-
stizia,
che sono
sopra ogni
altra
armadura,
arditamente
a
combattere con le demonia
discende,
non
presumendo
di
se,
ma tutta la sua
speranza
avendo in Dio. Ma in
prima
che
entrasse,
divotamente
ingiuocchiandosi,
s
si
raccomand umilmente all'orazioni di
tutti,
poi
facendosi nella testa lo
segno
della Santa
Croce,
lieta-
mente e fedelmente cominci ad entrare
per
la
porta,
la
quale
incontanente il
priore
fece serrare di
fuori,
e
la
pricissione
fece ritornare reverentemente alla
chiesa,
l
onde erano
partiti.
Ora andando lo fedele cavaliere di Cristo
per quella
442
LEGGENDE OMSTIANB
fossa,
desiderando d'esercitarsi in
questa
disusata
bat-
taglia,
tutto solo andava
arditamente,
avendo
sempre
Cristo neUa mente sua. Ma
quanto pi
addentro
pro-
cedeva,
tanto
piti
trovava
maggiore
oscuritade, sicch
non
poteva punto
vedere lume. Ma alla
perfine
co-
minci a vedere alcuno
piccolo spiraglio,
andando
per
quella
fossa;
e
poi,
uscendo di
quella
fossa,
pervenne
a
uno bello
campo,
nel
quale
era una bella
magione,
sic-
come
gli
fu detto che troverebbe. Ben vero che
quivi
poco
lume si
vedeva,
siccome suole essere di
qua
nel
tempo
di verno la
sera,
dopo
al tramontare del
sole.
E
questa
cotale
magione
era murata
d'ogni parte,
e
aveva intorno intorno volte murate in su
colonne,
come
uno chiostro di monaci.
E
quando egli
fu ito un
grande pezzo
d'intorno alla
detta
magione, ragguardando quello
bello e
maraviglio-
glioso
lavorio,
entrowi
dentro,
e
pareagli
molto
pi
bella
dentro,
che non
gli parea
di fuori. E
poi
si
pose
a
sedere,
volgendo gli
occhi ora in
qua
e ora in
l,-
mara-
vigliandosi
di tanto bello
apparecchiamento
che vi
vedea. E stando cos a sedere un
poco,
ecco subitamente
alquanti
uomini in abito
religioso
vestiti di vestimenta
bianchissime,
i
quali pareano
tutti
quanti
rasi di
nuovo,
ed entrando in
qusta magione,
salutarono lo cavaliere
da
parte
del
Signore,
e
poi gli
si
posono
a sedere a lato.
E colui che
pareva
il
maggiore
di
tutti,
cominci a
par-
lare al
cavahere,
stando tutti
gli
altri
quieti;
e disse
cos:

Benedetto sia Iddio
onnipotente,
il
quale
ti
mise nel cuore
questo
buono
proponimento
e desidero;
egli

quegli
che
perfettamente compier
in te
questo
bene che hai incominciato. E
imper
che tu sei venuto
in
questo Pm^gatorio per
essere
purgato
de' tuoi
peccati,
di necessitade che s ti
bisogna portare
sicuramente ^,
imper
che se tu se'
pigro
o
nigrigente,
la
qual
cosa
non
voglia
Iddio che
sia,
tu
perdesti
insiememente
in
1
fa mestieri che tu ti
comporti
virilmente.
IL
PTIEGATORIO'^ DI SAN PATRIZIO 443
anima
e in
corpo. Sappi
che incontanente che noi sa-
remo
partiti
di
qui,
tutta
questa
casa
s'empier
di de-
monia,
i
quali
ti molesteranno con molti e
gravi
tormenti,
e
poi
ti minacceranno di tormentarti con molte
pi
aspre
e
gravi pene
che
quelle
che t'avranno
date;
e
ancora
ti
prometteranno
di rimenarti sano e salvo
alla
porta
l onde tu
entrasti,
se tu vorrai credere
loro,
e isforzerannosi
per ogni
modo che
potranno,
e con
tormenti
e con minaccie e con
lusinghe
e con
promesse,
d'ingannarti.
E se
per
ninno modo
potranno
fare che
tu
creda
loro,
sappi
che,
com'io t'ho detto di
sopra,
tu
perirai
in anima e in
corpo.
Ma se tu sarai costante
e
forte,
avendo
sempre ogni
tua
speranza
in
Dio,
e di
loro
tormenti,
minaccie e
promesse
non ti
curerai,
sappi
che non solamente tu sarai
purgato
di tutti i tuoi
pec-
cati,
ma eziandio tu vedrai li tormenti e
pene
de'
pec-
catori,
e la
gloria
e i beni ch'hanno i
giusti.
Abbi
sempre
Iddio nella tua
memoria,
e
quando eghno
ti tormente-
ranno,
di' solamente
questa parola:

Signore
mio Ges
Cristo,
abbi misericordia di me.

Imper
che s tosto
come tu ricorderai lo nome di
Ges,
incontanente sarai
liberato
d'ogni pena
. E dette che
gli
ebbe
queste parole,
gli
disse:

Noi non
possiamo pi
stare
qui
teco,
racco-
mandoti a Dio
onnipotente
. E
datagli
la
benedizione,
si
partirono
da lui.
Allora lo cavaHere di
Cristo,
tutto
rinvigorito
e
confortato
per questi
ammaestramenti,
sperando
d'es-
sere
molto
pi
forte contro alle demonia che non era
stato contra
agli
uomini nelle
battaglie,
con
grande
desiderio
aspettava
di essere invitato e
provocato
a
questa nuova
battaglia.
3.
Come egli spregi lo strepito e le grida delle
DEMONIA.
Ora
adunque
sedendo
lo
cavaliere,
siccome detto
,
con
animo
sicuro
e
ardito,
aspettando,
l'assalimento
444 LEGGENDE CRISTIANE
delle
demonia,
ecco incontanente cominci a
venire
un s
grande strepito
di demonia e romore che
pareva
che tutto '1 mondo si commovesse.
Imper
che se
tutti
gli
uomini e tutti
gli
animali che sono
sopra
la
terra
e tutti
gli
uccelli
dell'aria,
e li
pesci
del mare con
tutto
loro isforzo si fussono
percossi
insieme,
no'
gli pareva
che avessono fatto s
grande
romore. Onde se non
fosse
stato aiutato dalla divina
Potenzia,
e confortato
dinanzi
da
quegli
santi
uomini,
come detto di
sopra,
a
tale
strepito
e s fatte
grida,
al tutto di se sarebbe
uscito,
e
quasi
come
morto,
in terra caduto istramazzato.
4. Come dispregi i loro crudeli
visi,
e
promessioni
e minaccie.
A
questo
udimento di cos crudele
istrepito
e romore
seguit
vie
pi
crudele e orribile
vedimento;
cio
l'aspetto
delle
demonia,
li
quali
visibihnente entrano in
quella
casa con
grande empito
e
furore,
avendo
quelle
faccie
e
quei
visi s terribili e crudeli che non uomo che '1
potesse
contare. E
comiuciargli
ad andare
d'iatorno,
salutandolo,
tuttavia
isgrignando
e facendosi beffe
e
scherni di
lui^
e
quasi per
obbrobrio
gli
dicevano:
Gli
altri uomini che ci hanno serviti non sono venuti
quaggi
a noi se non
dopo
la
morte,
onde noi non dobbiamo
rendere minore merc di
questo,
cio che tu hai tanto
voluto onorare la
compagnia
nostra che non hai
vo-
luto
aspettare
il di della morte
tua, anzi,
essendo vivo,
il
corpo
e l'anima insiememente ci hai voluto dare,
acci che tu d noi riceva
maggiore
remunerazione
e
guidardone:
or ecco tu riceverai abbondantemente
quel
ch'hai meritato. Tu se' venuto
quaggiti per
soste-
nere tormenti e
pene per gli
tuoi
peccati,
e tu
avrai
insieme con noi
quello
che vai
caendo,
cio
pene
e dolori.
Nondimeno,
imper
che tu ci hai serviti infino ad ora,
se crederai ai nostri
consigli
e vorrai ritornare adietro,
IL PURGATOBIO DI SAN PATRIZIO 445
questo
ti daremo
per premio
e
guidardone,
che noi ti
daremo
tutte
quelle
delizie e ricchezze che sono dilet-
tevoli
e soavi al
corpo
umano .
E tutto
questo gli promettevano,
volendolo
ingan-
nare;
ma il vero cavaliere di Cristo n
per
minaccie
n
per lusinghe
non si
mosse,
niente a loro
rispondendo.
5.
Come nella detta magione s'accese un
fuoco,
E Fuwi
gittato;
chiamato IL nome di
Cristo,
FU libero.
Vedendo le dimonia che '1 cavaliere cosi li
dispre-
giava,
tutti si
struggevano per
volerlo divorare. E su-
bitamente acceso
un
grande
fuoco in
quella magione,
e
poi pigliarono
lo cavaliere e con uncini di ferro lo ti-
ravano istrascinandolo
per
lo detto fuoco chi in l e chi
in
qua, avendogli legato
le mani e i
piedi,
facendo in-
verso di lui s
grandi
e s terribili istrida che
pareva
ehe tutto '1 mondo nabissasse ^.
Ora essendo messo il cavaliere in
quello
fuoco,
pat
grandissima
pena,
nel
principio quando
vi fii
gittato,
ma ricordatosi dell'ammaestramento il
quale
ebbe da
quegli
santi
uomini,
subitamente chiam il nome del
pietoso Ges,
ed incontanente fu liberato da
quelle pene
crudeli.
Imper
che s tosto
egli
ebbe chiamato il
pia-
tso
nome del nostro
Salvatore,
cio
Ges,
e ancora
pi,
che innanzi che l'avesse
compiuto
di
chiamare,
incontanente
quello
fuoco fu s
perfettamente
tutto
spento
che
pure
una
piccola
favilla non se ne sarebbe
potuto
ritrovare. La
qual
cosa vedendo il
cavaliere,
con
tutto il cuore
ringrazi
Iddio,
e
per questo
libera-
mento
pi
ardito,
costantemente si
propose
di non te-
mere
pi
niente coloro che alla invocazione di
questo
santissimo nome cos
agevolmente
vincere si
poteano.

sprofondasse.
446 LEGGENDE OEISTIANE
6. B'UNA GRANDE REGIONE E
OSCURA,
NELLA
QUALE
ERA UN VENTO S ARDENTE CHE FORAVA I CORPI
DEGLI UOMINI.
Ora uscendo le demorda di
quella magione
facendo
grandissime
e dolorose
istrida,
trssonne fuori con
grande
empito
lo detto
cavaliere,
andando come cani arrab-
biati chi in
qua
e chi in l. Ma
alquanti
di loro con
grande
furore si lo tiravano con loro in una
grande regione,
menandolo
per
una
lunghissima
via, E la terra
sopra
la
quale
andavano era tutta
nera,
e tutto
quello paese
era
pieno
di tenebre e
d'oscuritade,
sicch non
poteva
vedere n discernere nulla
cosa,
e
qui
soffiava un vento
ardente e s sottile che non si
sentiva,
ma la sua sotti-
gliezza passava
e forava i
corpi.
E
poi
lo tirarono in
quella parte
dove il sole si
leva,
e
seguitando
oltre l'an-
dare,
pervennero quasi
nella fine del
mondo.
E
quando
qui
furono
pervenuti,
volsonsi da l'uno
lato,
e comin-
ciarono ad andare
per
una valle
larghissima
verso le
parti
dell'austro;
e
qui
cominci a udire
grandissime
e dolorose
strida,
con
pianti
e
miseri
dolori,
e
quanto
pi s'appressava,
tanto
pi
chiaramente
gli
udiva.
7. Del primo
campo,
pieno d'uomini confitti le mani
e i piedi con aguti in terra.
Alla fine di
questo lunghissimo
traimento le demonia
lo condussono iu uno
campo pieno
d'uomini e di femine
piccole
e
grandi,
vecchi e
giovani,
e brevemente
d'ogni
maniera di
gente
e
d'etade,
li
quali giacevano
tutti in
terra
ignudi,
senza vestimento
alcuno,
ed erano tutti
distesi boccone
per quello campo,
avendo conftti
i
piedi
e le mani in terra con
aguti
^
tutti ardenti di fuoco.
^
chiodi.
IL PTJRGATOBIO DI SAN PATBIZIO 447
E
questi
cotali
pareva
che
per pena
e dolore
grandis-
simo
che
sentivano,
rodessono la
terra,
ed alcuna volta
pareva
che co'
grandi pianti
e
guai,
dolorosamente
gri-
dassono
e dicissono: Perdona noi miseri! abbi mise-
ricordia
di noi! abbi misericordia di noi! . Ha in
quello
luogo
non era chi
potesse
avere di loro misericordia n
perdonanza
in alcuno
modo,
e le demonia discorrevano
^
tra
loro e
sopra
loro,
percotendogli, tormentandogli
contiuovamente
con
fragelli
^
aspri
e durissimi.
Allora
dicono le demonia al cavaliere:

Questi
tormenti
che tu
vedi,

bisogno
che tu
provi
e senta
nel
corpo
tuo...... E subitamente lo
pigliarono
e lo
gettarono
in
terra,
isforzandosi con furore di confic-
carlo
per
modo ch'erano
gli
altri del
campo.
Ma lo ca-
valiere ricorse a l'arme
usate,
e chiamato ch'ebbe
quello
piatoso
nome di
Ges,
incontanente fu difeso e liberato
d'ogni pena
e tormento.
8. Del secondo campo degli uomini ch'erano di-
vorati da' serpenti e dragoni e gufi grandis-
simi di puoco.
Partendosi
adunque
le demonia con
grande
ira da
quello
luogo,
tirro lo cavaUere con molto furore ad un
altro
campo pieno
di molto
maggiore
miseria. E
questo
cotale
campo
era
pieno d'ogni
maniera di
gente
e
d'etade,
confitti in terra
supini,
col volto rivolto inverso il cielo.
E
sopra questi
miseri stavano
dragoni
di
fuoco,
i
quali
parea
che si
gli
manicassono e
divorassono,
e con
questi
loro
denti affocati arrabbiatamente li
squarciavano.
Ed
-alquanti
avevano
intorno
alle braccia
serpenti
tutti
di
fuoco,
i
quali
con
grande empito
infino alle midolla
dell'osso tutti
gli
rodeano;
alquanti
aveano i detti ser-
^
correvano
qua
e l,
2
flagelli.

448
LEGGENDE CRISTIANE
penti
intorno al
collo,
i
quali
senza ninna
posa
li
divo-
ravano. E molti altri v'erano che aveano tutto il
corpo
cinto e attorniato di
serpenti,
i
quali
si studiavano
con
tutto loro isforzo di mettere ne'
petti
di
quei
miseri i
capi
loro,
e di
spargere
l'affocato veleno che
usciva
loro dalla bocca ne' cuori di
quei peccatori.
Ancora
vide
in
quel campo gufi grandissimi
di fuoco sedere
sopra
lo
petto d'alquanti,
i
quali
ficcavano rabbiosamente
que'
loro sozzi e
aguti
becchi ne'
petti
di
quei
cotali;
e
quasi parca
che
per
frza volessono cavare fuori del
loro
corpo
il
cuore;
gli quali
cos afflitti non
ristavano,
per
lo
grande
dolore che
sentivano,
di
piangere
e trarre
grandissimi guai.
E oltre a
questo
discorrevano
sopra
loro continovamente le demonia
percotendoli
con diver-
sissimi e
asprissimi fragelli.
9. Del terzo
campo,
ove erano uomini confitti con
ispessissimi agttti.
Partendosi
quindi
le
demonia,
menarono lo cava-
liere nel terzo
campo, pieno d'ogni
maniera di
genti
conftte,
come detto di
sopra,
con
aguti.
di ferro tutti
ardenti di
fuoco,
e
questi
cotali
aguti
erano
confitti
s
spesso sopra
di loro dal
principio
del
capo
infine alle
dita dei
piedi,
che non vi si sarebbe
potuto
trovare
tanto
luogo
vuoto che colla strema
parte,
del dito vi si
potesse
toccare. E sostenevano
questi
cotali tanta
pena
che non
potevano quasi
*
favellare,
e avevano
perduto
le loro voci e la
favella,
siccome
gli
uomini che sono
in fine di morte....
10. Del
quarto
campo,
l ov'erano diverse
gene-
razioni DI tormenti.
Le demonia con
grandissima
ira tirarono il
cava-
liere nel
quarto campo,
lo
quale
era
pieno
di molti
e
grandi
fuochi,
nel
quale
erano
apparecchiate
tutte
le
M. Grunewald
-
La tentazione di S. Antonio.
(Colmar

Museo
Proviriciale)
.
(fot. Bruckmann).
448 LEGGENDE CBISTIANE
penti
intorno al
collo,
i
quali
senza ninna
posa
li
divo-
ravano. E molti altri v'erano che aveano tutto il
cor])o
cinto e attorniato di
serpenti,
i
quali
si studiavano
con
tutto loro isforzo di mettere ne'
petti
di
quei
miseri
i
capi
loro,
e di
spargere
l'affocato veleno che
usciva
loro dalla bocca ne' cuori di
quei peccatori.
Ancora
vide
in
quel campo gufi grandissimi
di fuoco sedere
sopra
lo
petto d'alquanti,
i
quali
ficcavano
rabbiosamente
que'
loro sozzi e
aguti
becchi ne'
petti
di
quei
cotali;
e
quasi parea
che
per
forza volessono cavare fuori del
loro
corpo
il
cuore;
gli quali
cos afiiitti non
ristavano,
per
lo
grande
dolore che
sentivano,
di
piangere
e trarr
grandissimi
guai.
E oltre a
questo
discorrevano
sopra
loro continovamente le demonia
percotendoli
con diver-
sissimi e
asprissimi fragelli.
9. Del terzo
campo,
ove erano ttomini confitti con
ispessissimi aguti.
Partendosi
quindi
le
demonia,
menarono lo cava-
liere nel terzo
campo, pieno d'ogni
maniera di
genti
nonfitte,
come detto di
sopra,
con
aguti
di ferro tutti
ardenti di
fuoco,
e
questi
cotali
aguti
erano confitti
s
spesso sopra
di loro dal
principio
del
capo
infino alle
dita dei
j)iedi,
che non vi si sarebbe
potuto
trovare
tanto
luogo
vuoto che colla strema
parte
del dito vi
si
potesse
toccare. E sostenevano
questi
cotali tanta
pena
che non
potevano quasi
'
favellare,
e avevano
perduto
le loro voci e la
favella,
siccome
gli
uomini che sono
in fine di morte....
10. Del
quarto
campo,
l ov'ebano diverse
gene-
razioni DI tormenti.
Le demonia con
grandissima
ira tifarono il cava-
liere nel
quarto campo,
lo
quale
era
pieno
di molti
e
grandi
fuochi,
nel
quale
erano
apparecchiate
tutte
le
M. Grunewald
-
La teniazione di S. Antonio.
Colmar

Museo
l'roxiriciakj.
(fot. Hruckniaiiu).
IL PTTEGATORIO DI SAN PATEIZIO 449
venerazioni
de' tormenti.
Alquanti
v'erano
impiccati
pe'
piedi
con catene di
fuoco,
alquanti per
le
mani,
alquanti
per
le
braccia,
altri
per
li
capegli,
altri
per
le
gambe,
rivolti col
capo
verso la
terra,
tutti attuffati
nelle
fiamme
di
quel
fuoco,
con zoHo
puzzolente,
altri
pendevano
in
que'
fuochi,
avendo
gH
uncini di ferro
ftti
negK
occhi,
alquanti negli
alari
^
del
n'aso,
alcuno
nelle mascelle,
altri ne' membri
genitali,
altri erano
messi
nella fornace ai
vj^i^eno
zoiio e
quivi
crudelmente
tormentati;
altri erano arsi e fritti in
padelle
di
fuoco;
altri
erano forati con ischidoni di fuoco e
poi
arrostiti e
tormentati
da
ogni parte
dalle
demorda,
che
poi
davano
loro bere metalli strutti. I
guai
e le dolorose strida che
costoro continovamente facevano non
lingua
umana
che lo
potesse esprimere
o
raccontare.
Or volendo le
demonia
gittarlo
in
que'
fuochi,
chiamato che lo cava-
liere ebbe lo nome di
Ges,
d'ogni
loro
potenza
inconta-
nente fu difeso e liberato.
11. D'una ktjota di
etjoco,
ne la
quale
pendevano
uomini ce.udelmente tormentati.
Ma
quando
furono
partiti
di
quello luogo,
andando
un
poco
pi
oltre,
apparve
dinnanzi a loro una ruota
di
fuoco
grandissima,
tutta
piena
d'uncini
ritorti,
di
ferro
ardente,
e
sopra questi
uncini era
appiccata
e con-
fitta
grande
moltitudine di
gente,
intanto che niuno di
quelli uncini
v'era,
sopra
il
quale
non
pendesse
una
per-
sona. E la met di
questa
^ruota
era volta in
alto,
tanto
che
pareva
che
per
la sua
grandezza
toccasse
l'aria;
e
l'altra met era rivolta in
giuso,
sicch
pareva
che
n'andasse
sotterra. E intomo a
questa
ruota era conti-
novamente una fiamma d'uno sozzo e
puzzolente
zolfo,
Ja
quale
tormentava crudelmente tutta
quella gente
^
pinne nasali.
29.

Battelli,
Leggende
cristiane.
450 LEGGENDE
CMSTIANB
che SU v'erano
appiccati.
E oltre a
questo
erano
le
demonia da
ogni parte
con
bastoni
di
ferro,
rincal-
candoli e
ripignendoli
arrabbiatamente
agli
uncini
do-
v'erano
appiccati
e
confitti,
volgendo
la ruota s
velo-
cemente che ninno di loro avrebbe
potuto
conoscere
ne discernere l'uno dall'altro. Ed era s
disordinatamente
e furiosamente volta
questa
ruota,
che
pareva
che
fosse
un cerchio tondo di
fuoco,
tant'era il suo corso
veloce,
tostano ^.
12. D'una casa piena di fosse ritondb.
'Or
procedendo adunque
le demonia
pi
oltre,
tira-
rono lo cavaliere con
grande
furore in altra
parte,
dov'era
una casa
larghissima
e s
lunga
che
per
niuno modo
poteva
vedere la fine. E
approssimandosi
inverso la
detta
casa,
subitamente cominci a sentire lo cavaliere
si
grande
il caldo che
quindi
usciva,
che si ferm un
poco,
temendo d'andare
pi
oltre. Allora
gli
dissono le de-
monia:

Or
perch
tardi di venire?
Questo
che tu vedi
un
bagno;
o
vogli
tu o
no,
infine col ti conviene ve-
nire,
e in esso con
gli
altri
bagnare.
E
dopo
le dette
parole,
cominci a udire
grandissimi guai
e dolorose
istrida che facevano
quei
miseri ch'erano in
quella
casa. Ed essendovi menato
drento,
videvi un crudele
e terribile modo di
pene,
cio vi vidde tutto lo
spazio
di
quella
casa
pieno
di fosse
ritonde,
le
quali
erano
cos accostate l'una
all'altra,
che
per
niuno modo vi
si
sarebbe
potuto
andare senza cadervi dentro, E
queste
cotali
fosse erano tutte
piene
di diversi metalli e licri
^
strutti che continovamente
bollivano,
e nelle
fosse
era
gran
moltitudine di
gente d'ogni
maniera ed etade,
de'
quali alquanti
erano attuffati si
profondi
che
quasi
^
subitaneo,
dall'avverbio tosto.
*
liquidi.
IL PURGATORIO DI SAK PATRIZIO 451
non
si
potevano
vedere. Altri v'erano dentro infino
alle
ciglia,
alquanti
infino
agli
occhi,
altri infino alle
labbra,
altri
fino al
collo,
altri fino al
petto,
altri fino
al
bellico,
altri fino alle
coscie,
altri fino alle
ginocchia,
altri
fino
alle
gambe;
alcuni v'erano che non v'aveano
dentro
se non un
piede,
altri amendue le
mani,
altri
pur
una
mano. Ma tutta
questa
moltitudine di
questi
miseri,
per
lo dolore e
pena
che
sentivano,
tutti insieme
piangevano
amaramente,
mettendo continovamente
grandi
guai
e amare strida.
13. D'un
monte nel
quale
erano molti
tormenti,
e
d'un vento
tempestoso,
e un fiume
d'acque
molto
freddissime.
Ora crescendo
sempre
la invidia delle demonia contro
al
cavaliere,
partendosi
di
quello luogo,
tirroUo con
grande empito appresso
d'un
monte,
su
per
lo
quale
vide s
grandissima
moltitudine di
gente d'ogni
ma-
niera d'tade che
pochi gli pareano
tutti
quelli
che
dianzi aveva
veduti,
a
rispetto
di
questa
cos
grandis-
sima moltitudine che
quivi
vedeva
ragunata.
E tutti
costoro sedevano
ignudi
in
terra,
sanz'alcuno
vestimento,
avendo il
capo
chinato
quasi
infino alle dita de'
piedi,
istando volti verso
l'aquilone;
e
pareva
che stessono
in
grande
paura
e
timore,
come
quegli
che
aspettavano
continovamente di ricevere nuovi e vari tormenti. E
ragguardando
il cavaliere con
grande
ammirazione
finello
che
questi
miseri
aspettavano,
dissono de' de-
moni al
cavaliere:
Forse tu ti
maravigli perch questo
popolo
sta
qui
con s
gran
tremore?. E non avendo
appena
compiuto
di dire
queste parole,
ecco subita-
niente
venne dalla
parte d'aquilone
uno
vento
grandis-
simo e
tempestoso,
il
quale prese
e
arrapp
^
quella
mi-
^
rap,
dal latino
arripere.
452 LEGGENDE CBISTIANE
sra
turba,
insiememente con le
demonia,
che
mena-
vano il
cavaliere,
e
gittogli
in uno fiume
d'acque
fred-
dissime e
puzzolenti,
facendo
questa gente,
insieme
con le
demonia,
s
grande
e dolorose strida che
non

lingua
umana che '1
potesse
raccontare. E oltre a
questo
le demonia discorrevano
sopra questo
fiume,
percotendo
e attuffando continovamente
qualunque
si
sforzasse
di uscire dalle dette
acque,
o che non vi fosse
bene
at-
tutato. E
poi
che nel detto fiume
questa gente
era
stata
un
poco,
subitamente veniva un altro vento
forte,
s
che traeva tutti costoro di
queste acque
e
gittavagl:
in altra
parte
del
monte,
facendo tutti
quanti gran pianti
e
guai.
Nel
qual luogo
erano tormentati s di
grandis
simo
freddo,
che non
corpo
umano che ne
potesse
campare.
Ma il cavaliere di
Cristo,
ricordandosi del
l'adiutorio
divino,
con
gran
voce il nome di Ges co
minci a
chiamare,
e di
presente,
sanza alcuno
indugio
in un'altra
ripa
sano e salvo si fu ritrovato.
14. D'onde tjscia un gran
fuoco,
il
quale
si dice
che una bocca di nlnfebno.
Ma essendo le demonia ancora n sazii n stanchi
d'ingiuriare, partendosi questo
cavaliere di
quel
luogo,
s lo menarono inverso le
parti
dell'austro. Ed ecco
subitamente vide dinnanzi
agli
occhi suoi una fiamma
s scurissima e
puzzolente
che non si
potrebbe per
niuno
mdo
dire,
la
quale
usciva d'uno
profondissimo pozzo.
E
poi
vidde uscire di
quello pozzo grande
moltitudine
di
gente d'ogni
maniera ed
etade,
tutti
ignudi,
sanza
vestimento,
che
pareano quasi
di fuoco a
vedergli.
E
uscendo di
questo pozzo
con
quella
fiamma cos
puz-
zolente,
erano
gittati
in aria siccome faville di
fuoco,
e
da che erano bene in aria
levati,
subitamente
tutta
questa
fiamma con
quella gente
ricadevano in
quello
ardente
pozzo,
facendo continovamente
grandissime
IL PTJBGATORIO DI SAIS PATRIZIO 453
e
dolorose
strida
per
le
pene
e tormenti che
quivi
cru-
delmente
sentivano.
Or
essendo le demonia
presso
a
questo pozzo,
dis-
sono
al cavaliere :

Sappi
che
questo pozzo
cos ardente
di
fuoco
la bocca e l'entrata de lo
'nferno;
qui
l'abi-
tazione nostra;
e
imper
che infino a
qui
tu ci hai ser-
viti,
or
ecco,
quaggiti
con noi mai
sempre
starai.
Dove,
se
v'entrerai
pure
una
volta,
sappi
che in anima e
corpo
in
sempiterno perirai;
ma,
se ci vorrai
credere,
cio
di volere
ritornare,
ecco che incontanente ti rimen-
remo
sano e salvo alla
porta
dove tu entrasti . La
qual
cosa il cavaliere
ispregiando
e rifiutando di
fare,
avendo
tutta la sua fede e
speranza
in
Dio,
subitamente le de-
monia,
vedendosi da lui
ispregiare,
si
gittarono
con
grande
furore in
quello pozzo,
tirandosi
questo
cavaliere dietro.
E
quanto pi
affondo
andarono,
tanto trovarono il
dozzo pi largo
e
spazioso;
e s fatta fu la
pena
e '1 tor-
mento intollerabile che '1 cavaliere sostenne in
questo
pozzo,
che al tutto
gli pareva
di s
uscire,
intanto che
del
nome del suo Salvatore non si ricordava. Ma Iddio
onnipotente
s lo aiut in
questo
dubbioso
pericolo....
che
una forte e
potente
fiamma lo trasse di
quello pozzo,
e
insiememente con
gli
altri,
ne la via fu
gittato.
E stando
quivi
un
poco',
tutto
solo,
non
sapendo
da
qual parte
si
dovesse
volgere
od
andare,
ecco subitamente
alquanti
altri
demoni uscirono di
quel pozzo,
i
quali,
siccome
isconosciuti da
lui,
si
gli
dissono cos: I nostri com-
pagni
ti dissono che
qua
entro era un
inferno,
ma
egli
s
ti
mentirono,
e non ti dissono il
vero,
com' nostra
usanza,
acci che coloro che non
jjossiamo ingannare
con
la
verit,
noi
inganniamo
con
bugie
e
falsitadi;
e
per
sappi
che
questo
non lo
inferno,
ma no
'aguale
^
al
vero inferno ti meneremo .
^
tra
breve,
or ora.
454 L^EGGKENDB CBISTIAITE
20. D'un fiume tutto coperto di
fuoco,
e d'un
ponte
altissimo e
stretto
e isdrucoiolente.
Ora desiderando
sempre
le demonia di
potere
iu-
gannare
il
cavaliere,
contiaovamente
rinnovellandogli
disusate
battaglie,
s lo menarono ad uno fiume
grandis-
simo e
larghissimo,
tutto
coperto
d'una fiamma
ardente
di
puzzolente
zolfo;
e
sopra
al detto fiume era un
ponte
altissimo. Ora dicono le demonia al cavaliere:
Sappi
che
questo
fiume infiammato e ardente
inferno,
e
che
ti conviene
passare
su
questo ponte,
e mentre tu
pas-
serai,
noi soffieremo e commoveremo fortissimi
venti
e
grande tempestade,
sicch dal detto
ponte
ti faremo
cadere in
questo
affocato e
puzzolente
fiume,
nel
quale
sono i
compagni
nostri,
i
quali
ti
piglieranno
inconta-
nente e allo inferno ti meneranno. E volendolo ancora
pi ispaurire, gli
dissono cos :

Noi
vogliamo
che tu
provi
un
poco piti
il
grande pericolo
che a
passare
questo ponte
. E
pigliando
la mano
sua,
si
glie
la feoiono
passare sopra
lo sdrucciolente
ponte; imperocch
in
questo ponte
erano tre cose
pericolose,
le
quali
erano
fortemente da temere a chi volesse
passare presto.
La
prima
era che il detto
ponte
era si delicato e sdruccio-
lente,
che non vi si sarebbe
potuto per
ninno modo
rattenere,
o
porvi
solamente il
piede
fermo;
la seconda
ch'egli
era s stretto che
pareva
cosa
impossibile
a
po-
tervi andare suso sanza cadere nel detto
fiume;
la terza
ch'egli
era tanto levato in alto in aria che
pareva
cosa
orribile e oscura a
sguardare pur cogli
occhi
quella
immisurata altezza.
Or dicono le demonia al cavaliere:

Ecco,
se
tu
voglia
ancora credere a
noi,
cio di ritornare addietro,
tu
puoi
essere sicuro di
questo
dubitoso
pericolo,
e
noi
ti meneremo sano e salvo alla casa e
patria
tua
.
Ma
quello
fedele cavalire di
Cristo,
diligentemente
ripen-
sando di
quanti
e
grandi pericoli
Ges
Cristo,
suo
pia-
IL PTJEaATORIO DI SAN PATRIZIO 455
toso avvocato,
cosi
maravigliosamente
l'avea
liberato,
cominci
umilmente a chiamare esso avvocato
^
nome
beato,
nella cui virt
sperava
d'essere vincitore. E
poi
che a Gesti divotamente si fu
raccomandato,
inco-
minci
piano piano
a salire su
per
lo detto
ponte,
non
sentendo
in alcuno modo sotto li suoi
piedi quella
de-
licatezza
e isdrucciolente morbidezza che
prima
colla
mano
provato
avea;
della
qual
cosa tutto
rinsicurito,
con
tutto il cuore
ringrazi
Iddio,
e sicuro e ferm.o su
per
lo
ponte
andava. E come
pi
andava
innanzi,
il
ponte
si
rallargava,
e tanto cresceva
poco
a
poco
che
due
carra
largamente gli
sarebbono venute
id'incontro^
sanza ninno
impedimento
e
pericolo.
E le demonia che
tin
qui
avevano
accompagnato
il
cavaliere,
facevano
tremare lo
ponte,
commovendo
grandissimi
venti,
e
quanto potevano s'ingegnavano
di farlo
cadere,
e sta-
vano a
pie
del
ponte,
come cani arrabbiati
aspettando
suo cadimento.
Ma vedendo che liberamente
passava,
comincia-
rono a fare s
grandi
e terribili strida che
pareva
che
tutto '1 mondo nabissasse e
pericolasse,
e s fatte fu-
rono
queste
istrida della
demonia,
che
gli
furono
mag-
giore
gravezza
a sostenere che non erano state alcune
delle
pene passate.
Ma vedendo lo cavaliere che niuno
di
loro lo
seguitava,
e che
pi
oltre venire non
potevano,
ringrazi
lo suo
piatoso
salvatore,
e sicuramente andava.
E
le demorda
continovamente
su
per
lo fiume discor-
revano,
gittandogli
addosso
quei
loro
uncini,
ingegnan-
dosi
d'arraffarlo e tirarlo in
quello
fiume. Ma il
caya-
liere,
dalla divina
potenza
atto
2,
aL tutto dalle loro
forze fu
liberato,
e andando oltre
arditamente,
vide
alla
perfine
tanto crescere
questo ponte
in
larghezza
che,
andando
per
lo
mezzo,
non avrebbe
potuto
discer-
nere n
dalla
parte
dritta n dalla manca alcuna
persona
^
aggettivo: invocato,
dal latino advocatus.
^
aiutato.
456 LEGGENDE CBISTIANE
che fosse stata alla
sponda
di esso. E cos sano e
salvo
pieno
di molta
allegrezza ispirituale, pass questo
dub-
bioso
ponte,
avendo
sempre
in bocca e in cuore il
nome
di Ges
Cristo,
suo salvatore e liberatore.
16. Del pabadiso deliziano e di sua
gloria,
e
di
colobo che ci abitano dentbo.
Ora essendo il fedele cavaliere di Oisto da
ogni
tentazione e assalimento delle demonia
liberato,
par-
tendosi
quindi,
trov un bello
prato,
e andando
presso,
levando
gli
occhi in
alto,
vide dinnanzi a s un
muro
grandissimo,
il
quale pareva
che fosse alto da
terra
infino all'aria. Ed era
questo
muro s nobilmente la-
vorato e cos riccamente ornato
che avanzava
ogni
bellezza di lavoro umano. Nel
quale
muro vide una
porta
chiusa,
la
quale
era s adornata di diversi metalli
e bellissime
pietre preziose,
ch'ella
splendeva
e riluceva
d'uno ammirabile
splendore.
Ora
approssimandosi
il
cavaliere alla detta
porta,
ed essendo di
lunge
ancora
per
ispazio
di mezzo
miglio,
subitamente la detta
porta
fu
aperta
inverso di
lui,
della
quale
sent uscire s
grande
e soave
odore,
che se tutto
questo
mondo fosse
pieno
di
spezierie,
no'
gli pareva
che dovesse
gittare maggioro
odore che
quello.
Del
quale
odore e soavitade ricevette
s
grande
conforto e
fortezza,
ch'egli
si
pensava
fra
s
medesimo d'essere sufficiente a sostenere da
capo
tutte
le
pene
e tormenti che
prima
aveva sostenuto. Ed
es-
sendo
poi presso
alia detta
porta aperta,
cominci
a
ragguardare
dentro e videvi s
grande sj)lendore
e chia-
rit,
che era molto
maggiore
che la luce del sole
quando
pi
chiaramente
risplende,
la
qual
cosa
veggendo,
de-
siderava con tutto il cuore d'andare a
quella
ismisu-
rata chiaritade e bellezza che veduto avea.
E veramente beato
quello
uomo e femina a
cui

aperta questa
cos ammirabile
porta
! E Cristo benedetto,
IL PUBGATORIO DI SAN PATRIZIO 457
che
infino
a
qui
aveva
permesso
che
questo
suo cava-
liere venisse,
s lo volle consolare e onorare
per questo
modo,
che,
essendo ancora un
poco
di
lunge
dalla
porta,
vide
venirsi incontro una venerabile
pricissione
d'uo-
mini
e
femine,
i
quali
uscivano dalla detta
jporta,
avendo
dinanzi
a loro croci bellissime e
gonfaloni
e ceri nobi-
lissimi,
portando
in mano rame di
palma
s belle e re-
lucente
che
parieno
come d'oro finissimo: ed
questa
pricissione
s
grande
e mirabile che mai in
questo
mondo
non
ne fu veduta un'altra
somigliante. Imperocch
qui
vide uomini e femine di ciascuna
religione
^
e
d'ogni
maniera
etade;
alquanti
vide che
quai pareno
arcive-
scovi,
altri come
vescovi,
altri come
abati,
alquanti
come
monaci,
altri coin
calonaci,
alcuni come
preti;
e di ciascun
grado
e ordine della santa Chiesa. Ed erano
tutti costoro vestiti e ornati di sante
vestimenta,
le
quali facevano^
a
ciascuno,
secondo il suo ordine e stato.
E cos con
grande
festa e letizia
ricevettono.
riverente-
mente
questo
cavaliere,
e con
quei
dolcissimi e soavi
canti che in
questo
mondo mai furono
uditi,
s lo con-
dussero dentro a
quella
bellissima
porta.
Ora finiti e
compiuti que'
canti nobilissimi e dilet-
tevoli
melodie,
e
isparita
e
scompagnata quella
vene-
rabile
pricissione,
due di
loro,
che
pareano
arcivescovi,
menarono con loro da
parte
il cavaliere in loro
compa-
gnia,
quasi
come
persone
che
gli
dovessono mostrare
quella,
gloriosissima
patria
colle sue
grandissime
deHzie
e
infiniti diletti. I
quali
arcivescovi incominciando a
favellare con
lui,
imprima gli
dissono cos:

Benedetto
sia
Iddio,
il
quale
ha fatto forte e costante l'animo tuo
in
tanti
tormenti
quant'hai
veduti e
sostenuti,
e
qua
t'ha
condotto. E
poi
lo cominciarono a menare
per
queUa
beatissima
patria,
ora in
questa parte,
ora in
quest'altra.
Ma
quelle
cose dilettevoli e nobilissime e
^
ordine
religioso.
^
confacevano,
s'addicevano.
458 LEGGENDE CRISTIANE
piene d'ogni
bellezze e
gioconditate
che
quivi
vide
furono tante e s fatte che
egli,
ne niun'altro
nomo
di
questo
mondo,
le
potrebbe
dire con
lingua
ne
dichica.
rare
per
iscritto
perfettamente pei*
lo modo che
sono
in
quello
santo
luogo.
Ma nondimeno
alquante piccole
cose
qui
ne
scriveremo,
secondo che
a.
questo
cavaliere
fu
possibile
di raccontare.
Era
quella
beata
patria piena
di s
grande
chiaritade
e
splendore,
e tutta
piena
di
prati
bellissimi e
erbe odo-
rifere e
dilettevoli,
tutti
verzicanti,
adornati di
diversi
fiori e frutti soavissimi che
pendevano
da
quegli arbori;
delle
quali
cose tutte usciva mirabile odore. In
quel
luogo
non v' mai notte n tenebria
veruna,
imper
che lo
splendore
di
quel
cielo
purissimo,
con
grande
chia-
rit,
sempre quivi risplende.
E videvi s
grande
molti-
tudine d'uomini e di femine
d'ogni
etade,
che in
questo
mondo non fu mai veruno che ne vedesse altrettanti.
Ed era
quella
beata moltitudine distintamente ordinata
in
pi parti, imper
che tutti coloro che
parevano quasi
d'un abito o d'una
forma,
facevano una schiera e un
coro
per
s. E siccome
quivi
avea molti abiti isvariati
l'uno
dall'altro,
cos v'aveva molte schiere e molti
cori;
e bene che fossono ordinati e
accompagnati
cos distin-
tamente,
nondimeno
ciascuno,
quando
voleva,
poteva
uscire della sua ischiera e andare a vedere e a visitare
l'altre schiere e cori di
quei
beati,
ed averne di loro
ogni
consolazione e letizia che l'animo suo desiderava.
E
simigliantemente
coloro a cui andavano li ricevevano
con
gran
festa;
della cui visitazione tutti si
rallegra-
vano,
e cosi tutti insiememente si
godevano
con
gran-
dissima
letizia,
l'uno
lo.
bene dell'altro.
Stavano
quei
cori di
quella gente
beata
dirimpetto
l'uno
all'altro,
cantando e
giubilando
cos
dolci canti
e
melode che non
lingua
umana che '1
potesse
raccon-
tare. E l'uno coro cominciava e l'altro
rispondeva:
e cos in
questo
modo
sempre
rendevano
grazie
a
Dio
che in tanto onore e
gaudio
li aveva collocati. E siccome
IL PURGATOmO DI SAN PATBIZIO 459
le
stelle
del
cielo,
l'una
pi
lucente e
pi risplendente
ohe l'altra,
cos
aimigliantemente
i volti di
quei
beati,
l'uno

pi
chiaro
che
l'altro, ,
secondo i meriti loro.
Nondimeno
ciascheduno contento
pienamente
del suo
beato
e
grolioso
^
stato che Dio
onnipotente
l'ha
posto.
Le
vestimenta che avevano
queste
beate
genti
erano
s
preziose
e nobilissime che
parrebbe
cosa incredibile
a
dire,
imper
che
alquanti pareano
vestiti di vestimenti
lavorati
d'oro,
altri di
verde,
altri d'una
porpora
rossa
s
bella e rilucente che mai in
questo
mondo non ne fu
veduta
una
simigliante, alquanti
v'erano con vesti-
menta
bianchissime e
nobilissime,
oltre a
ogni
bellezza
umana.*
Erano ancora in
quella
beata
patria alquanti
che
per
li loro
grandi
meriti erano incoronati a modo di
re,
avendo in
capo
corone
nobilissime;
e
alquanti
che
portavano
in mano
palme
d'oro finissimo.
Era
dunque
in
quel
beato
luogo
somma
allegrezza
e
gioconditade,
vedere
que'
volti rilucenti e
pieni d'ogni
chiaritade di
quella gente giusta
e
beata,
e udire
que'
loro dolci e soavi canti e ineffabile melode. Da
qualunque
parte
si
volgeva, sempre
udiva
ringraziare
e benedire
Iddio,
con tanta dolcezza e soavit che non
lingua
che '1
potesse parlare....
Tutta
quella
moltitudine di
que'
beati,
vedendo
questo cavaliere,
si
rallegravano
come d'un
angelo
di
Dio,
ringraziando
lo loro
Creatore,
il
quale
lo aveva liberato
da tanti
pericoli,
e del suo avvenimento
^
tutti si ralle-
gravano
e facevano nuova festa come fosse un loro fra-
tello carissimo. E tutti
que'
cori di
que'
santi s lo
ve-
devano con tanto
desiderio,
che
quando s'appressava
a
loro,
ciascuno ristava di cantare tanta era la nuova le-
tizia che aveano di vederlo.
^
metatesi di
glorioso.
^
venuta.
460 LEGGENDE CBISTIlSrE
17. Dichiarazione delle cose ch'aveva vedute.
Ora
compiute
di vedere
queste
cose,
que'
venerabili
pontefici
ch'aveano
accompagnato
il cavaliere
gli
dissono
cos:

Or
ecco, fratello,
per
la
grazia
di
Dio,
tu hai
ve-
dute
quelle
cose che l'aninia tua desiderava di
vedere,
imper
che
vegnendo qua,
tu vedesti
per
la'via i
tormenti
de'
rei,
e
qui
hai veduto il
grolioso riposo
de'
buoni.
Ma,
o carissimo
figliuolo
e
fratello,
noi
vogliamo aguale
che tu
sappi
come si chiama
questa patria
ove tu vedi
tanta
grolla
e beatitudine.
Questa
beata
patria
si
chiama
il
paradiso
terrestre,
ovvero
deliziano,
.del
quale
fu cac-
ciato il nostro
primo padre
Adamo
per
lo
peccato
della
inobedienza. Per lo
peccato
d'esso nostro
padre,
tutta
l'umana
generazione
che discese e discende da lui ha
ricevuta e ricever la morte. Ma il nostro
piatoso Signore
e
Creatore,
volle che '1 suo
figliuolo unigenito
Ges
Cristo
pigliasse
carne
umana,
la cui fede noi ricevendo
per
lo santo
battesimo,
fossimo
purgati
del
peccato
originale,
e cos liberi e
purgati
meritassimo di ritor-
nare a
questa
beata
patria.
Ma
imper
che l'umana
fragilitade
tanta che noi tutto d
pecchiamo,
eziandio
dopo
il santo
battesimo,
la
penitenzia
che noi non com-
piamo
interamente di fare nel
mondo,
o
per
caso
di
subita morte o
per
altro
difetto,
conviene di necessit
si
compia perfettamente
di fare
dopo
la morte in
quei
luoghi
di
pene
e di tormenti che tu vedesti
vegnendo
qua.
E secondo il modo e la
qualit
e la
quantit
delle
colpe
e de'
peccati,
stiamo in
quelle
crudeli
pene
e tormenti,
chi
poco tempo
e chi
assai;
ma
dopo quelle pene,
s
pas-
siamo e
vegnamo
a
questo grolioso riposo. quanto

dolce e beato
quello
soave
trapassamento
dalle
pene
cos terribili a s fatta
grolla
e beatitudine! Non cuore
umano che fosse sufficiente a
pensarlo
o ad
immagi-
narlo,
se in se medesimo no '1
provasse.
E
poi
sappi
certamente,
o carissimo
fratello,
che tutte
quelle
molti-
IL PURGATORIO DI
SAN PATRIZIO 461
tudine
di
persone
che in
quelle pene
e tormenti vedesti
stare,
salvo coloro che sono in
quello pozzo
eh' chia-
mato
la bocca dello
Inferno,
da che saranno
diligente-
mente
purgate
in
que'
tormenti,
alla
perfine
verranno
in
questo
beato
riposo,
e saranno salvi.
E Cristo benedetto tutto d ci manda coloro ch'hanno
compiuto
il
tempo
di loro
purgamento,
e'
quali
noi
riceviamo
con
quella
festa e letizia che ricevemmo
te,
e
mettiangii
in
questa
beata
patria
ad abitare con noi.
E
ninno di coloro che sono in
quelle pene
e tormenti
sa o
pu sapere
in alcun modo
quanto tempo
abbia a
stare nelle dette
pene;
ma
quando per
loro si far dire
messe o altre orazioni e
salmi,
o dannosi limosine
per
l'anime
loro,
sentono allora scemare e
alleggiare
^
le
pene
e tormenti che
patiscono,
e
poi vengono
ad abitare
in
questa
beata
patria,
nella
quale
ninno
pu sapere
quanto tempo
ci debba stare.
Ed
avegnadio
che noi
qui
siamo liberi da
ogni pena
e
tormento,
nondimeno non siamo
degni
ancora di sabre
e.
andare a
quella superna grolia
e
patria
di vita
eterna;
e
niuno
pu sapere quando
saremo esaltati e
groHficati
in
maggior gloria
che
questa
che
qui
abbiamo .
18. D'un MONTE L ONDE VIDE LA PORTA DEL
CIELO,
E
COME FU PASCIUTO DI VITA ETERNA.
Da
poi
che
que'
beati arcivescovi ebbono
compiuto
di
dire e narrare al cavaliere tutte le
sopradette
cose,
si
lo
menarono con loro in su 'n uno
grande
monte. Ed
essendo
gi pervenuti
con
grande
fatica nella sommit
d'esso monte
altissimo,
dissono
quegli
arcivescovi al
cavaliere:
O carissimo
fratello,
leva
gli
occhi tuoi in
alto,
e
ragguarda diligentemente questo
cielo che
qui
sopra
a
noi,
acci che tu ci
sappi rispondere
di che
^
alleggerire,
alleviare.
462 LEGGENDE CEISTIANE
colore ti
pare
che sia. La
qual
cosa
egli
sollecitamente
facendo,
con
grande
letizia
rispose
e disse che
gli pareva
secondo il suo
vedere,
ch'egli
fosse
somigliante
a
l'oro
fine ch' nella fornace ardente. La cui
risposta quei
beati uomini chiaramente
intendendo,
s
gli
dissono:

Sappi
ohe
questo
cielo cos rilucente la
porta
del su-
perno
Paradiso
celestiale,
e
per questa
beata
porta
en-
trano tutti coloro ch'escono di
questo paradiso
terrestre,
cio che sono tratti di
questo luogo
e sono menati alla
grolla
di vita eterna. E
dopo questo
dissono:

Or
ecco,
fratello,
molte cose mirabili hai vedute e
qui
udite,
e
per

degna
cosa e
giusta
che non ti sia celata un'altra
grandissima
consolazione che Iddio fa a tutti coloro che
abitano in
questa
beata
patria,
cio che Cristo benedetto
ci
pasce, ogni
d una
volta,
continovamente del suo cibo
celestiale dolcissimo. Ma
questo
beato cibo
quant'e'
sia
dilettevole e
pieno d'ogni
soavitade,
Iddio
onnipotente
s lo ti far
gustare
e
assaggiare
insieme con esso noi.
E
appena
che avessno
compiuto
di dire
queste
pa-
role,
ecco subitamente discese di cielo una cosa
risplen-
dente che
pareva quasi
una fiamma di
fuoco,
la
quale
coperse
tutta
quella j)atria, spargendo
e dividendo
i
raggi
suoi in sul
capo
di
ciascuno,
e alla
perfine
entr
e ricover tutta in loro. Della
qual
cosa il cavaliere sent
s
grande
dolcezza e soavitade nel cuore e nel
corpo
suo
in
quello punto,
che al tutto
gli pareva quasi
essere fuori
di
s,
sicch non
sapeva
se fosse morto o vivo. Ma
questa
tanta soavit e dolcezza tosto
trapass
via,
imper
che
pochissimo tempo
fu
questo
nel
quale
e' senti
questa
cos dolcissima e dilettevole consolazione. Ed essendo
poi
il cavaliere al tutto ritornato" in
s,
dissono
quei
gloriosi
arcivescovi:

Ora
sappi
che
questo

quel
cibo
celestiale del
quale
noi
ragioniamo,
del
quale
noi siamo
pasciuti
da Dio
onnipotente ogni
d una
volta,
come
t'abbiamo detto. Ma coloro che sono menati di
questo
luogo
alla
grolla
di vita eterna sono
pasciuti
di
questo
cibo non solamente una volta il
d,
ma tante volte
IL PITRGATOEIO DI SAN PATRIZIO 463
quante
l'animo loro desidera.
Imperocch qusto
cibo
dolcissimo
e celestiale continovamente nella loro
pre-
senza,
del
quale possono pigliare ogni
consolazione
e
diletto
che a loro
piace,
e
questa
cos fatta consolazione e
diletto
avranno
e
possederanno sempre
mai in
quella
beatissima
patria
celestiale .
19.
Come
il cavaliere torn triste e piangente
al
secolo.
Ora
avendo
questo
cavaliere
compiuto
di vedere e
udire
tutte le
sopradette
cose,
per
lo modo detto
,
co-
minciarono
quei
beati
pontefici
a favellare con lui e dire
cos:
carissimo
fratello,
imper
che hai veduto
quello
che desideravi di
vedere,
cio le
pene
e i tormenti di
quelli
che si
purgano,
ed eziandio dei
dannati,
e lo
grolioso
riposo
dei
buoni;
perci sappi
che,
rimossa
ogni
dubita-
zione,
ti conviene ritornare al
secolo,,
e
per quella
mede-
sima via conviene che tu ritorni
per
la
quale
tu ci venisti.
Ma di
questo
ti
vogliamo
rendere sicuro infno a
ora,
che se da
quinci
innanzi tu ti
porterai
bene,
e viverai
giustamente
e santamente tutto il
tempo
che nel mondo
starai,
alla fine tua tu
ayrai
non solamente il
grolioso
riposo
di
questo
beato
luogo,
ma eziandio tu andrai e
salirai aUa santissima
grolla
celestiale di vita eterna.
Ma se tu ti
porterai
male,
la
qual
cosa non
piaccia
a
Do
che
sia,
e sommetterai il
corpo
tuo ai sozzi diletti
carnali e sensuali del mondo misero e
vano,
tu mede-
simo
co' tuoi occhi hai veduto le
pene
e i tormenti che,
tu
avrai a sostenere. Or
dunque
sta'
su,
e
sicuramente
ritorna
alla
patria
tua,
e non temere niente di
quelle
cose
che tu avesti
paura
veniendo
qua.
Udito ch'ebbe
il
cavaliere
queste parole,
tutto si cominci a turbare e
contristare,
e con
grande pianto
umilmente
pregava
<luei beati arcivescovi che dovesse loro
piacere
di non
costringerlo
di
partire
di
tanta
letizia e ritornarlo alle
dolorose
fatiche di
questa presente
vita. Alle
quali pa-
464 LEGGENDE CRISTIANE
role e
preghi risposono quei
beati
pontefici
e dissono
cos
:

fratello,
sappi
che
quello
che tu addomandi non
pu
essere
per
ninno
modo,
ma di necessit conviene che
sia
quello
che Dio
onnipotente
ha
disposto
e
ordinato
che si
faccia,
il
quale
sa e conosce
perfettamente
ci
che
bisogna
a ciascheduno. La
quale
cosa
egli udendo,
cominci amaramente a
piagnere
e a fare dolorosi
so-
spiri, veggendo
che non
poteva
avere la
grazia
di
rima-
nere in
quel luogo
beato. Cos fu costretto di
partirsi
di
quella patria,
e ricevuta che ebbe la benedizione di
quei
santi
uomini,
cominci a uscire fuori
per quella porta
nobilissima
per
la
quale prima
era
entrato,
la
quale
in-
contanente dietro li fu serrata.
Ed
egli
essendo molto
malinconoso
e tristo nell'animo
suo,
si ritorn in
questo
mondo. Ma nondimeno era
tanta la fortezza che in s
sentiva,
che senza alcuna
paura
e tremore arditamente reddiva
per quella
dubbiosa
via
per
la
quale prinaa
era venuto. Il
quale veggendo
le
demonia che cos sicuramente
passava,
isforzavansi
come
prima
di
spaventarlo
coi loro
assalimenti,
discor-
rendogli
dintorno chi di
qua,
chi di l. Ma s tosto che
il cavahere di Cristo si
rivolgeva
loro,
solamente col suo
sguardo,
tutti
gli sfolgorava
e scacciava da
s,
non
dicendo eziandio cosa veruna loro. E siccome
gli
uccelli
si levano a volito
^
quando veggiono
alcuna
persona
presso
a
loro,
cos le
demonia,
veggendo pur l'aspetto
e
il viso di
costui,
quando
a loro
s'appressava,
tutti
si
levarono a volito
nell'aria,
come di lui vessono
gran-
dissima
paura.
E
quelle pene
e tormenti che
prima
so-
stenne al
venire,
ora al tornare non
gli poterono
nuocere
n offendere in alcun modo. E cos in
questo
modo
an-
dando, pervenne
sano e salvo a
quella magione
nella
quale
sostenne il
primo
assalimento delle
dempnia
nel
suo venire. E come vi fu
dentro,
subitamente v'entra-
rono
quei
venerabili uomini vestiti di bianco che
prima
volo.
^/Commentfejiiiembefainctpatd^pbonna
ei)penitence
aubictceua(ietquiheunaft .yS.
toiire/
(iquitiift pu'erecfioiapfone
a
no(!refei
gneurquif
f
Sowffif!
pieferwer
beb
angier
.
Il Pozzo di S. Patrizio.
(dalla
silografia
dcll'edizioiic di Lione
1506).
IL PURGATORIO DI SAN PATRIZIO 465
oli
erano
appariti
in
quel
medesimo
luogo,
li
quali
l'am-
maestrarono
come detto di
sopra,
e cominciarono a
lodare
e
ringraziare
Iddio e fare
grandissima
festa e le-
tizia
con
lui disila vittoria che Cristo benedetto
gli
avea
conceduta.
E
appresso gli
dissono: Or
ecco, fratello,
imper
che costantemente hai sostenuto e
portate
le
pene
e i
tormenti,
e
per
la
grazia
di Dio sei stato vinci-
tore
di
tutto,
per sappi
certamente che tu sei
purgato
e mondo
di tutti i tuoi
peccati
. E
poi
lo cominciarono
ammaestrare
diligentemente
come si dovesse
portare
giustamente
in
questa presente
vita di
questo
mondo,
acciocch
alla sua fine
egli potesse campare
i delle dolo-
rose
pene
e tormenti
ch'egli
avea veduti e
provati,
e
andare a
quella
beata
grolla
che
gli
era stata mostrata.
E
compiuti
ch'elli ebbono di dir
queste
e altre molte
dolci
ammonizioni,
alla fine s
gli parlarono
cos:

O
carissimo nostro
fratello,
sappi
che ne la
patria
tua,
cio nel
secolo,
s si comincia a fare
oggimai
d e
gi
v' levato il
sole,
e
imper
tu non
puoi
stare
pi qui
con
noi,
anzi ti conviene affrettare d'andare
piuttosto
^
che tu
puoi. Imper
che
quel
venerabile
priore
che ti
mise
qua
dentro,
compiuto ch'egli
avr di celebrare la
messa,
solennemente verr con
solenne
pricissione
ad
aprire
la
porta
di
questo purgatorio
donde tu
entrasti,
e
se non vi ti
trovasse,
sappi
che incontanente
egli
ser-
rerebbe la detta
porta
e ritornerebbesi aUa chiesa sua.
Le
quali parole
e ammaestramenti
egli
ricevette
gra-
ziosamente,
ma intendendo che
quivi egli
non
poteva
pi
stare,
s si raccomand a
quei
santi
uomini,
e rice-
vuta
ch'ebbe la
benedizione,
da loro incontanente sanza
alcuno
indugio
si si
part.
Quindi
venendone inverso la
porta"
donde era
entrato,
e siccome
piacque
a
Dio,
mira-
colosamente addivenne che in
quell'ora
e
punto
che la
detta
porta
del
Purgatorio
del detto
priore
s'apriva,
questo
cavaliere
giunse.
Lo
quale veggendo
il
priore,
s
^
pi
presto.
30.

BattelII,
Leggende
cristiane.
466 LEGGENDE CRISTIAltB
lo ricevette con
grandissima
letizia e
allegrezza,
e
con
gran
festa s lo men seco alla chiesa sua. E
poich
ebbe
udito e inteso
diligentemente
da lui tutte le
sopradette
cose,
s
gli
comand che dovesse stare in
quella
chiesa
quindici
di in continui
digiuni
e sante
orazioni,
ringra-
ziando Iddio continuamente della
grazia
ricevuta.
La
qual
cosa
egli diligentemente ademp.
E
compiuto
ch'ebbe
di
digiunare
i detti
quindici
d,
il
priore
lo fece venire
dinnanzi a
se,
e fatto
ch'egli
ebbe
sopra
lui lo
segno
della
Santa
Croce,
e
datagli
la sua santa
benedizione,
s
gli
disse che liberamente se ne
poteva
andare
quando gli
piacesse, perocch egli
aveva
compiuto
di fare
quanto
gli
era stato comandato.
Allora il cavaliere si
part
da
quella
chiesa,
e la
prima
cosa che fece s fu che
egli
and a visitare lo Santo Se-
polcro
del nostro
Signore
Ges
Cristo,
e
poi
che l'ebbe
divotamente
visitato,
si torn a vedere e a visitare
lo re con cui
egli
stava
prima,
e con lo
quale egli
aveva
grandissima
amicizia e familiaritade. Il
quale
re era
un uomo savio e
prudente
non solamente nelle cose
temporali,
ma eziandio nelle
spirituali,
intanto
che la
vita sua
pareva piuttosto
vita di
religioso
che vita
di
re o
signore temporale.
E
poich'ebbe
innarrato
per
or-
dine
diligentemente
ci che
gli
era
intervenuto,
umi-
lemente
pigli
l'abito d'una
religione
che
piacque
a lui
e al
re,
nel
quale
abito e
religione
da credere che
vi-
vette in tanta santit che alla fine sua
egli
and a
quella
patria
celestiale,
del cui cibo
egli
aveva
gustato
e
assag-
giato
in sul monte del Paradiso deliziano.
Alla
quale patria
e
groHa
eternale Cristo benedetto
ci conduca
per
la sua cortesia e
pietade.
Amen.
ANNOTAZIONI
Anche
questa leggenda

d'origine
monastica: venne
composta
neirXI secolo dal benedettino
inglese
Enrico di
Saltrey
ed
ebbe
un'immensa diffusione. Mentre la narrazione
precedente
si
IL PURGATORIO DI SAN PATRIZIO 467
oreoccupa
sopratutto
di descrivere il
paradiso
terrestre,
questa
invece
si diffonde
a
raccontare
le varie
pene
cui sono
sottoposti

i
dannati
nell'inferno.
Per tale
ragione
si
pu ragionevolmente
supporre
che avr servito a Dante

insieme con altri elementi

per
tracciare
il
quadro
fantastico e
pauroso
dei cerchi infernali.
Un'altra
leggenda
che ha
singolare analogia
con
questa,
e
che
al
pari
di
questa godette
di un'immensa
popolarit,

la
Visione
di Tundalo
(o
Tondalo,
o
Tantalo,
a seconda delle vari
redazioni) pubblicata
anch'essa dal Villari nel
1865,
e
poi
in
volume
a
parte
dal Corazzini a
Bologna (Romagnoli, 1882).
Anche
Tundalo era vai cavaliere
irlandese,
il
quale
trascurava
i
doveri
religiosi
e
pensava
a darsi bon
tempo
e
piacere,
dicendo
che
lui era Dio in
questo
mondo,
e che altro mondo
inon
era .
Ma
il
Signore
ebbe misericordia di
lui,
e
per
convertirlo
gli
mand
un
malore
improvviso,
che lo lasci
privo
di sensi
per
tre
giorni.
tanto
che. tutti lo credevano morto. Durante
questi
tre
giorni
l'angelo
custode men l'anima di Tundalo a visitare i
regni
d'ol-
tretomba,
per
verificare
quali pene gli
sarebbero state
apparec-
chiate se avesse continuato nella solita
vita;
e
quale premio
al
contrario avrebbe
meritato,
pentendosi. Dopo
tre
giorni
l'anima
ritorn al
corpo,
con sommo
stupore degli
astanti,
e Tundalo
narr
quel
che aveva
veduto,
esort
gli
altri a
penitenza
e ab-
bandon il-
mondo,
ritirandosi a vita
religiosa.
Il
torto
grave per
di
questa leggenda,
oltre che nelle lun-
gaggini
e nelle
ripetizioni
tediose,
sta
nell'esagerazione
deU'o^-
rido:
lo
scrittore vorrebbe
apparir
terribile,
e invece cade
nel
grottesco,
s da muovere il
riso,
come certe diavolerie del
Bmeghsl
e di
Gerolamo
Bosch, che,
come
giustamente
osservano il Ver-
deyen
e
l'Endepols nell'opera
citata
(v. pag. 438), potrebbero
servire di commento
grafico
alla narrazione. E che dire di certi
particolari
ridicoli,
come
quella penitenza
di dover
guidare
una
vacca
inferocita
sopra
uno stretto
ponticello, per espiare
il furto
d'un
altro animale commesso tanti anni
prima?
Che Dante si
sia
giovato
di
queste
scorie non ammissibile: tutt'al
pi
esse
possono avere
ispirato
Giacomino da Verona
per
la sua Babi-
lonia
infernale:
L li demonii co' li
grandi
bastoni
Che 1
ghe spezza
li
ossi,
le
spalle
e li
galoni.
Li
quali
cento tanto
pi

nigri
de carboni
(Se
'1 no' mente U ditti de li santi Sermoni
468 LEGGENDE CRISTIANE
Chi
getta
tutt'ora la sera e la doman
Fora
per
la bocca orribel
fogo
zauban.
La testa i
gha
coma e
pelose
le
man,
E urla corno Invi e
baja
corno can.
E in arte si deve
pensare
a
Buffalmacco,
oppure
a
quei
dia-
velini
ridicoli, neri, rossi, verdi, cenerini,
gialli, pavonazzi
che
Andrea da Firenze
dipinse
nel
Cappellone degli Spagnuoli a
S. Maria
Novella,
tutti storditi dalla rovina delle mura e
delle
porte
infernali,
sbarrate invano contro la discesa di
Cristo
nel
Limbo.
Nella
leggenda
di S. Patrizio invece c'
pi
arte,
e si
pensa
al Cfiiidizio
finale
di Giotto nella
Cappella degli Scrovegni
a
Padova,
o al
Satanasso,
veramente
spaventoso
nel
eormaoo
balenar deUo
sgTiardo,
dell'
Orcagna
nel
Camposanto
di
Pisa;
e
alla tremenda scena dell'Inferno
scolpita
con mano maestra da
Lorenzo Maitani sulla facciata della Cattedrale
d'Orvieto,
mi-
rabile
poema
di terrore e di
dolore,
spettacolo
lacrimevole di
delitto e di
castigo,.
Che
gli
antichi amassero
queste. rappresen-
tazioni ce lo attesta il Villani nella sua Cronica: Per lo calendi
maggio
del 1304 mandarono
gli
abitanti di San Priano un
bando,
che
chiunque
volesse
sapere
novelle dell'altro
mondo,
dovessero
essere
quel
d sul
ponte
alla Carraia e dintorno
all'Arno;,
e ordi-
narono in Arno
sopre
barche e navicelle
palchi,
e
feeionvi la
somigUanza
e
figura
deU'nferno con fuochi e altre
pene
e mar-
tri,
con uomini contraffatti e demonia orribili a
vedere,
e altri
i
quali
avevano
figure
d'anime
ignude....
e
per
lo nuovo
gioco
\i
trassono a vedere molti
cittadini;,
e '1
ponte
della
Carraia,
che
allora era di
legname,
si caric s di
gente
che rovin in
pi parti,
e cadde colla
gente
che v'era
suso,
onde molte
genti
vi morirono
e
v'annegarono
.
La
leggenda
di S. Patrizio
porse argomento
al CaldbkoN
per
il suo dramma
spirituale
El
purgatorio
de S.
Patricio;
come
la vita del Santo aveva
gi
tanti secoli innanzi
ispirato
ad
un
ignoto innografo
medievale il canto latino che
pti leggersi
nel
voi. del
DuMERiL,
Posies
populaires
latines du M.
Age.
Un
an-
tico mistero in tre atti venne
pubblicato
da J. Dunn a Parigi
presso
l'editore
Champion,
s. a.
Ai
giorni
nostri il
poeta
bretone Atjgitste Brizeux
ha
rie-
vocato la
gloria dell'Apostolo
irla-ndese nell'inno che
qui
riferiamo.
IL PimaATORIO DI SAN P-ATBIZIO 469
Le Combat db
saint.
Patrick
Aptbb
d'Iblande,
ou d'Eib-Inn
^,
n en
Abmobiqite
2
AU IV SICIiE.
Sois
donc
fire, Armorique,
il est
fils
de ta
lande.
Le
grand
aaint
appel VAptre
de
Vlrlande;
Dans
tes hois il
regut
le
sceptre pasforal
Qui dfendait
Eir-Inn sous le
sceptre royal!
Mais rsclave s'est
rebelle;
Patrick,
le .doux
vque,
est noimn
chef
des clans /
Voix du
coeur,
air
bardique,
allez,
nobles
lans,
Betentissez dans la mle !
UArvor
frmif
ton
rappel,
Patrick,
son
fils,
descend du
del,
Eir-Inn/
Lui, par qui
Dieu te
fut porte.
Te
porter
la
liberti,
Eir-Inn !
Il est
temps,
sors du
gouffre
amer,
O
perle
bianche de la
mer,
Eir-Inn !
Va! le
Leopard
du Saxon
^
En vain mordrait ton
ciisson,
Eir-Inn !
Patrick,
pour
Venchainer
encor,
Patrick a son tole
d''or,
Eir-Inn !
Sous le bton
piscopal
Mourra le
sanglant animai,
Eir-Inn !
^
Eir-Inn,
in
lingua
celtica
significa
la terra verde
{^irdand).
^
Armorca il nome antico della
penisola
bretone. La madre di
f'atrizio era bretone e
l^leggenda
vuole che fosse
parente
di S. Martino.

i
Sassoni che
conquistarono l'Inghilterra
avevano nelle loro in-
segne
il
leopardo.
470 LEGGENDE CRISTIANE
Le
Lopard
et ses
petits,
Traitres u
Dieu,
aont dea
matidits,
Eir-Inn !
Mais
toi,
qui
combats
pour
la
fot,
Lea Sainta cotnbattroni avec
toi,
Eir-Inn !
Il est
temps,
sors du
gouffre amer,
O
perle
bianche de la
mer,
Eir-Inn !
Voeux
impuissants
!
force
du crime !
he Saxon est
vainqueur
du
courage
et de Vart!
L*oeil
farouche,
la
guetde
en
sang,
le
Lopard
Sous aes
griffes
tient sa victime.
Vivez
pourtant.
!
vivez,
mea
imprcations
!
Venta de
colere, eni/rez,
au coeur dea nationsl
Gioire aux vaincus ! Et
toi,
protge
encor tea
ouaillea,
Patrick,
o saint
pasteur,
o
fila
de la GornotunlU.
LA NAVIGAZIONE DI S. BRANDANO
[Dal
vi. di
Pasquale
Villari,
Tradizioni e
leggende
che
illustrano la Divina
Commedia, Pisa,
1865].
1. Come S. Beandano fece una nave ed entrowi
DENTRO co' SUOI COMPAGNI.
[S.
Brandano,
abate d'un
popoloso
convento scozzese che
contava ben tremila,
monaci,
avendo
saputo
da un suo
frate
di nome Barinto che in mezzo all'Oceano sono isole
piene
di vari
prodigi,
delibera d'andare a visitarle in
compagnia
di sette
religiosi
del suo
monastero'].
Allora S.
Brandano,
e tutti
quelli
ch'erano con
lui,
fe-
ciono una nave molto forte e
leggiera
d'andare
per
mare,
e
ben
piena
di
legname
e di forti
travi,
alla usanza di
quella
contrada,
e
puosele
nome Cocca
^;
ben
compiuta
e bene
adorna
d'ogni
cosa,
tutta di fuori
coperta
di cuoia di buoi.
E
po'
la
dipigne
di
vermiglio,
e ferma bene le
giunture
del
legname
con
pelle
di
buoi,
e
poi ugne
molto bene la
nave,
e
mette in nave due
paramenti
^
di cuoi di
buoi,
e assai
unto in vaselli
per ugnere
la nave
quando
facesse
bisogno.
E
poi
vi mette
spesa
^
per quaranta
c^,
per
avere da man-
^
nome ohe si dava comunemente alle navi veloci e resistenti.
'V. il
Viaggio
in Terrasanta di Simone
Sigou, Parma,
1865.
^
coperte.
Di
queste
navi
coperte
di cuoio fa menzione anche Marco
Polo nel suo
Milione,
cap.
27,
il
quale parla
anche
dell'unto,
ossia del-
l'olio di
pesce,
che si usava in
luogo
della
pece per spalmare
il
legno
delle navi stesse.
^
vettovaglie.
472 LEGGENDE CRISTIANE
giare
e da
bere,
e dell'altre cose che a loro faceva
bisogno,
e s mette nel mezzo della nave mio albero e
l'antenna
e
tutte l'altre cose che faceva
bisogno
alla nave.
E San Brandano comanda a' suoi frati che al
nome
del Padre e del
Figliuolo
e dello
Spirito
Santo,
debbano
entrare in
nave;
e cos feciono
tutti,
ed
egli
rimase
solo
in sul lido. E avendo benedetto il
porto,
e' suoi
frati,
altri tre frati del suo munistero
giunsono
ivi;
e
quando
furono
giunti,
si
gittarono
a'
piedi
di S.
Brandano,
di-
cendo :

Padre,
lasciateci venire con voi dove
voi
andate;
e se voi non ci lasciate venire ove voi
andate,
noi morremo in
questo luogo,
di fame e di sete.
Sappi
che noi abbiamo ordinato tra noi d'andare
pellegri-
nando
per
lo
mondo,
tutto il
tempo
della nostra vitaw.
E
veggendo
San Brandano la loro
grande
volont,
s
comand loro che dovessono entrare in
nave,
dicendo:

Iddio sia con voi .


E in
quell'ora
San Brandano entra in
nave,
e avendo
distesa la
vela,
cominci a navicare inverso
mezzod,
ed ebbono subito buono
tempo.
E non
bisognava
loro
di navicare
^,
se non di tenere la vela ben
j)er
ordine.
E cos andarono
quaranta
d,
e in
capo
di
quaranta
d
lo vento cadde
^,
e tanto navicarono che furono stanchi
e non
potevano pi
navicare. Incontanente San Bran-
dano
gli
cominci tutti a
confortare,
dicendo cos:

frati
miei,
non abbiate
paura.
Iddio nostro ci
regger
e
governer
e daracci di
quello
che ci far
bisogno;
onde
allogate
tutti e' remi e l'altre cose a'
luoghi
suoi
e lasciate la vela su
alta, distesa,
e Domeneddio far
de' suoi servi e della nave
quello
che a lui
piacer.
^
adoprare
i remi.
^
il testo dice
crbbe,
ma errore manifesto. La redazione latina
dice: cesaavit ventum et
coperunt navigare uaque
dum vires eorum
defice-
rent.
Adoprano
i remi
appunto perch
cessato il
vento.
n
ut NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 473
2.
Come
trovarono lo procuratore de' poveri di
Cristo,
e trovarono le pecore molto
grandi,
e
L
dove fecero la cena del Signore el gioved
SANTO.
E
cosi navicando
per
mare,
e' viddono una isola ivi
presso
molto
grande.
E
appressandosi
a
questa
isola,
incontanente
gli
venne incontro uno
uomo,
lo
quale
era
il
prociuratore
de'
poveri
di
Cristo,
e
prese
la nave
con
una fune e menolla in
porto,
e tutti
quanti
dismonta
di
nave,
laudando Iddio divotamente. El
buono
uomo
con
grande
riverenza baci i
piedi
all'abate e a* suoi
frati,
e
poi
disse
questo
verso:
a Mirahilis Dominus
in sanctis
suis,
Dominus Israel in se dahit virtutem et
fortitvdinem plebis
suae;
benedictum sit nomen eius in
sempiternum
i. Et avendo detto
questo
salmo,
egli
aiuta i frati uscire di
nave,
e distende un bello
padi-
glione,
e
apparecchia l'acqua
da lavare e'
piedi,
e ve-
stegli
tutti di vestimento bianco. E ivi feciono la Gena
Domini
^,
e stettono tre
d,
e feciono la sua
vita,
e '1 suo
ufficio,
siccome
gli parve
che fosse da
fare,
della
pas-
sione di
Cristo,
con
gran
divozione. Essendo
compiute
queste cose,
lo Sabato
santo,
lo
procuratore
de'
poveri
disse a' frati: Montate in nave
per
andare alla vostra
via. E San Brandano disse: Lo nostro
signore
Jesu
Cristo s ha ordinato e' buoni di
questo luogo per
volere
fare la festa de la santa
Pasqua
della Resurrezione .
E
avendo cos
detto,
il buono uomo
gli rispse
cos:

padre,
voi starete
oggi qui
e farete
questo
che si
conviene;
cosi come voi avete
fatto;
ma domani
per
tempo
voi anderete in
quella
isola et ivi farete la vostra
istanza,
e direte la messa e altre vostre ore^: a Dio
^
le
citazioni dei Salmi son fatte a
capriccio,
alterandone il
testo.
^
il
gioved
santo.
^
le
preghiere
stabilite
per
le varie ore canoniche.
474 LEGGENDE OBISTIANE
piace
che
questo
si faccia in
quella
isola e non in
questa
.
E avendo colui cos
detto,
San Brandano f'
allogare
tutte le sue cose in nave
per
andare a
quello luogo
la
mattina
per tempo,
essendo la nave bene carica di
vet-
tovaglia
e di
quello
che
bisogna.
E il
procuratore
de'
poveri
disse a l'abate:

La vostra nave molto
ben
fornita e
piena
di
cose,
e non dubitate che vi
manchi.
Andate
oggimai quando
voi
volete;
io vi
mander,
passati
otto
d,
di tutto
quello
che vi
bisogner per
mangiare
e
bere,
e mandervi tanta
vettovaglia
che ?i
baster insino alla Pentecoste. E San Brandano
gli
rispose
e disse:

Come
saprete
voi dove noi
saremo,
passati gli
otto d? . Ed
egli
disse:

Voi sarete in
questa
notte ben
per tempo
in
quella
isola,
la
quale
voi vedete
da
presso,
e staretevi domani insino a ora di sesta
i,
e
poi
navicherete in un'altra isola che
presso
a
quella,
e si inverso
ponente,
ed chiamata el lito
degU
uc-
celli
bianchi,
e l starete insino alla ottava della Pen-
tecoste .
E San Brandano doraanda delle
pecore
che erano
cosi
grasse
e cos
grandi
e
cotante,
ed
egU rispuose:

Sappiate
che in
questa
isola s ha buone erbe e cadeci
la
rugiada piena
di
manna,
e l'aria s c' molto bene tem-
perata;
onde c' buono
stare,
e niuno non
gli toglie
il latte
per
forza,
bench
l'agnello
le latti
^;
non v' niuno
che le facci
morire,
n uomo n altro
animale,
e cos
vivono, andando, istand, bevendo,
mangiando
come
loro
diletta;
pascono per
d e
per
notte,
e
perci
sono
cos
grande
e tante e cos
grasse
come voi vedete.
^
mezzod.
^
prenda
il latte da
loro,
le
poppi.
LA NAVIGAZIONE DI SAN BRANDANO 475
3.
Come
trovarono il pesce
Geson,
che' frati n'eb-
bono
grande paura.
Ed
avendo cos
detto,
San Brandano
toglie
commiato
ed
entra
in
nave,
e tanto navicarono che
giunsono
a
quella
isola,
facendosi lo
segno
della santa Croce e dando
la
benedizione.
E
quando eglino
furono
giunti
all'isola,
la
nave
si ritenne
^
innanzi
ch'eglino potessino pigliare
porto,
e San Brandano comanda a' frati che uscissono
di nave ed entrassono in
acqua,
e tolsono le
soghe
^
e
trassonla
in
prto
e fermrolla molto bene^
Questa
isola
era
tutta
piena
di
pietre,
e non v'era erba in ninno
luogo,
e lo lido non aveva rena ma
pur
terra ferma.
E
poi
si
puosono
tutti i frati in orazione in diversi
luoghi,
e l'abate rimase in
nave;
e
sapeva
bene che isola era
quella,
ma
egli
non voleva loro
dire,
perch'eglino
non
avessino
paura.
Essendo venuto il
d,
e San Brandano
comanda ben
per tempo
che ciascuno dicesse una
messa,
e cos
feciho;
e fatto
questo,
e' tolsero di nave del
pesce
crudo
per
cuocere. E' frati
puosono
un
laveggio
^
al
fuoco,
e facendo
grande
fuoco
sotto,
e bollendo lo
laveggio,
tutta l'isola comincia a tremare a modo di
una
onda;
e' frati cominciano tutti a
fuggire
alla
nave,
e
lasciarono istare
ogni
cosa,
e
pregavano
divotamente
l'abate che avesse cura di
loro;
e l'abate li fece tutti
entrare in
nave,
e
cominciarono forte a navicare.
E
questa
isola si distendeva
*
inverso
ponente,
ed
eglino
viddono da
lungi
un
grande
fuoco,
quasi
di
lungi
un
miglio.
E il santo
padre gli
disse:

Che cosa
,
o
frati
miei,
questa
che voi vi
maravigliate,
che esce fuoco
di
quella
isola?. Ed
eglino rispuosono
tutti cos:
E
vero,
sappiate,
messere,
che noi abbiamo avuto una
^
s'arrest.
*
le
funi.
'
paiolo.
*
s'allontanava.
476 LEGGENDE CRISTIA103
grande patir;
Ed
egli
disse:
Figliuoli
miei,
non
ab-
biate
paura,
il
Signore
Iddio m'ha rivelato
questa
vi-
sione,
che
quella
isola che
^
noi funimo e che arde
cosi,
eUa non
isola,
anzi un
pesce,
e si
mangia
tutti
quelli
che
vengono
in
queste parti,
e ha nome Geson ^);.
4. Come San brandano trova l'isola che si
chiama
l'isola de gli uccelli bianchi.
E
veggendo
da
presso
un'altra isola che era
quasi
la met di
quella
donde
venivano,
che era contra occi-
dente,
ed era
congiunta
con
quella quasi per
uno
miglio,
ed era
grande,
e
piena
d'erbe,
d'alberi e di
fiori,
e' co-
minciano a volere
pigliare porto,
e andavano
pure
a
torno. E
navigando
inverso mezzod dalla detta
isola,
si trova un rivo
d'acqua
dolce che dismontava in
mare;
^
anacoluto,
dove noi fummo.
^
Il testo latino dice Jasconius dal celtico
jasc (ted. Fiach)
che in-
dica
pesce.
Si tratta della
balena,
che secondo molti trattatisti medie-
vali
gioca questo
brutto tiro ai
naviganti.
Vedi in
proposito
cosa ne dice
Bbtjnetto Latini nel suo Tesoro
(libro IV,
cap. 3):

Questo
pesce
s'alza
tanto
dall'acqua
che '1 suo dorso si
pare
di
sopra
a tutte l'onde del
mare,
poi
infino che sta a
questo
modo,
il vento vi rauna suso rena e nasconvi
erbe,
tanto che molte volte ne sono
ingannati
li
marinari,
che.
quando
veggiono
ci,
credono che sia un'isola e scendonvi
suso,
e ficcano insuso
i
pali
nella rena
per
cuocere. E
quando questa
balena sente lo
palo
e il
fuoco,
s si
muove,
e
quelli
che vi sono suso sono a mala
condizione,
e
talvolta ne
periscono
. Per
quest'inganno
la balena considerata
dagli
scrittori ecclesiastici come
l'immagine
del demonio che seduce
gli
uo-
mini coirallettamento del
piacere
e
poi
li trascina nell'abissso. Onde
\
Bestiano moralizzato
(edizione Monaci):
Lo
pescio
che se nomina balena
A la fada
sopra l'acqua pare
En
simglianza
d'isola terrena
L o' va
quelli
ch'en
sopra
mare.
Pigliano posa
e
raccogliono
alena,
Conciano le cose da
mangiare:
Sentendo lo
calore,
quella
fera
Tutta la
gente
fa
pericolare.
Cotale
somiglianza
ha lo nemico.
Che
copre
la sua
malvagitade
Ne lo
cospecto
de li
peccatori,
Sonuuergeli,
e conduceli a li dolori.
LA NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 477
e
giunti
al
porto,
e' affermano la nave e dismontano in
terra.
E San Brandano comanda che traessono la nave
pi
a terra che
potessono,
su
per
lo
fiumicello,
il
quale
era
poco
pi largo
della nave. E in
capo
di
questo
fiume
era
una
fontana onde usciva
quest'acqua.
San Bran-
dano
disse:

Vedete che '1 nostro
Signore
ci ha mandato
in
questo
luogo
a
stare,
per
fare la
Pasqua
e la festa
della
Surrezione. E
poi
disse: Frati
miei,
se noi non
avessimo
altra vivanda che
questa acqua
di
questo
fiume,
s.
sarebbe sufficiente
per mangiare
e
per
bere,
tanta bont in lei. E
sopra questa
fontana si era un
albero molto
grande,
et era
istorto,
e non era molto
alto da
terra,
ed era tutto
coperto
d'ucceUi
bianchi^
ed eravene tanti eh'e' rami e le
foglie
erano tutte cari-
cate. E
veggendo
San Brandano
questa
cosa,
comincia
intra s medesimo a dire che cosa era
questo
e
per
che
cagione
erano cotanti. E cos
pensando,
e' si
gitta
in
terra in orazione
divotamente,
e lacrimando disse:

Signor
mio,
il
quale cognosce
tutte le cose
segrete
e le non
segTete,
voi
sapete
i
pensieri
del cuore mio e
la mia
volont,
onde io vi
priego
e adoro la vostra mae-
st,
che a
me,
peccatore, per
la vostra
misericordia,
voi
mi
dobbiate
perdonare
e rivelare che cosa
questa,
la
quale
vede e' miei occhi. Io so
bene. Messere,
ch'io
non sono
degno
di ci
per gli
miei
meriti;
ma
per
la
vostra santa
grazia
e bont Voi mi facciate di ci
degno
.
5.
Come venne un tjccello stilla nave e favell
CON SAN Brandano.
Or come
egli
ebbe dette
queste parole,
e' si
pone
a
sedere e
guata questi
uccelli,
e uno di
questi
uccelli si
parte
dagli
altri,
e
volando,
le sue alle sonava a modo
d'una
campana;^
e cos volando e sonando venne in
verso dell'abate
questo
uccello,
e si si
pose
in sulla
punta
della
nave,
e comincia a distendere l'alie
per grande
allegrezza,
tuttavia
guardando
l'abate con
allegro
viso.
478 LEGGENDE CRISTIANE
El santo
padre cognosce
adesso che Iddo si
ricordava
di lui e della sua orazione. E stando l'uccello
per questo
modo,
lo santo
padre gli
favell,
e disse:
Dimmi,
se
se' messo di
Dio,
o chi tu
se',
e' onde tu
se',
e
perch
quelli
uccelli sono cotanti insieme ? . E l'uccello
gli
ri-
spose
in
questo
modo :
O servo di
Dio,
noi
siamo di
quella grande compagnia
che caddono di cielo con
quello
agnolo
Lucifero,
lo
quale
nimico dell'umana
genera-
zione. Noi non
peccammo per
noi,
ma
per
consenti-
mento;
e
per questo
non siamo dove noi fummo creati,
anzi siamo cacciati di
fuori,
con
quelli
che
peccarono
gravemente,
E
perch
noi non abbiamo
quel grave
peccato
che hanno
gli
altri,
Iddio nostro
signore,
lo
quale

giusto
e
verace,
per
la sua misericordia e
per
la
sua
giustizia
e
vendetta,
s ci ha lasciati ia
questo luogo,
per
insino alla sua volont. Ben vero che noi non so-
stegnamo
niuna
pena,
e
per
la
possanza
di Dio
possiamo
vedere l'uomo. E noi andiamo
raminghi
di
qua
di l
per
diverse
parti
dell'aria,
sotto lo fermamento della
terra,
s come fanno
gli
altri
spiriti,
ma noi
pe' gli
santi
d solenni riceviamo tal
corpo
come tu
vedi,
e stiamo
qua
e l come
piace
a
Dio,
nostro
Signore. Sappiate
che
gli

passato
uno anno che voi siete in
questo viaggio,
e sette anni
starete,
innanzi che voi torniate a casa
vostra. E
ogni
anno voi dovete fare
qua
la
Pasqua.
E in
capo
di sette
anni,
voi tornerete al
luogo
che voi
andate
cercando,
e avevatevi
posto
in cuore di
vedere;
la terra di
promissione
de' santi . E
quando
ebbe detto
cos,
elli si
part
d'in sulla
nave,
e torn al suo
luogo
con
gh
altri, E
quando
fu a ora di
vespro,
tutti
quelli
uccelli di
quello
albero cominciano a cantare ad una
boce,
e battevano
l'alie,
e dicevano el suo canto dol-
cemente:
a
Te decet
ymnus
Deus in
Syon,
et Ubi reddetur
votum in Jerusalem. Exaudi orationem meam et clamor
meus ad te veniat . E
questo
fermava
^
per
'
ispazio
^
durava.
LA NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 479
d'un'ora.
E
pareva
all'abate e a' frati che '1 suono de
l'alie
fusse.a
modo d'un
pianto
di
compassione.
6.
Come
trovarono una isola nella
quale
Inferno.
[Lasciata
l'isola
degli
uccelli
bianchi,
ecco
apparire
sull'ac-
qua

una bestia molto
sozza,
grande
e
spaurosa,
e
fuori
della
bocca li usciva una
grande
schiuma
,
la
quale
sem-
brava volersi avventure contro la nave e divorare i na-
viganti.
Questi
si raccomandano a S. Brandano che li
libera da
quel pericolo
con una
formula
rituale di scon-
giuro:

messere Oesii
Cristo,
el
quale
non suoli abban-
donare i tuoi
servitori,
e a chi torna a voi con
ferma
fede;
io vi
prego
che voi
guardiate
i nostri servi che sono
in
questa
nave,
s come voi
scampaste
No dal
diluvio,
e David da Golia
gigante,
e Giona dal ventre del
pesce,
e Daniello dal
lago
dei
leoni,
e
Giuseppe
da' suoi
fra-
telli,
e
Moys
dalle mani del
Faraone))].
Essendo andati col vento nelle
parti d'aquilone, eglino
viddono una isola la
quale
era tutta
piena
di
pietre
grandi.
Ed era ima molto sozza
isola,
e non v' n albori
n
foglie,
ne
erbe,
n
fiori,
n
frutti;
ma tutta era
piena
di
fucine e di ferrari ^. E
ogni
fucina aveva el suo
ferrare,
aveva tutti e' suoi ferri che al ferraro
s'appartiene;
le
sue
fucine ardevano a modo d'ardentissime
fornaci,
e
ciascuno martellava
per
s
gran
forza e con tanto romore
che
se
non fosse altro
inferno,
quel
sarebbe
parato
troppo.
E
veggendo
San Brandano e' suoi frati tutte
queste
cose,
le
quali
erano s crudeli e si
paurose
a
vedere,
disse
San Brandano a' suoi frati: Frati
miei,
questo
si

reo
luogo
da
stare,
i' ho
gran compassione
di
queste
Cse
che
veggio,
e
per
ci non d'andarvi
presso,
se noi
ce
ne
possiamo
guardare
. E avendo detto
queste parole,
fabbri ferrai.
480
LEGGENDJJ CRISTIANE
e' venne un
gran
vento e molto
forte,
e men la
nave
presso
a
questa
isola. E siccome
piacque
a
Dio,
questa
nave
pass
oltre con salvazione.
Essendo la nave di
lungi
im tratto di
balestro,
e'
frati udivano uno
ismisurato
vento,
e romore di
mar-
telli,
e battevano i martelli su
per
l'incudini. E
udendo
San Brandano
questo
romore,
e' si comiacia a
segnare,
e disse cos:

O
Signore
Iddio,
debbiaci
iscampare
da
questa
isola,
se a voi
piace.
E avendo cosi
detto,
im-
mantanente e' venne uno uomo di
questa
isola
inverso
loro,
el
quale
era
vecchio,
e aveva la barba molto
lunga,
e nero e
piloso
a modo d'un
porco,
e
apuzzava
molto
forte. E cos tosto come
questi
servi di Dio ebbero ve-
duto
questo
uomo,
cos torn subitamente indietro. E
l'abate si
segna,
e raccomandasi a
Dio,
e disse cos:

O
figliuoli
miei,
levate
pi
alta la vela e navichiamo
pi forte,
acci che noi
possiamo fuggire
di
questa
isola,
che c' male stare . E avendo detto
queste
cose,
cio
parole,
incontanente e' venne uno mal vecchio barbuto
in su lo lido del
mare,
e recava in mano una
tanaglia
e
una
pala
di ferro tutta ardente di
fuoco,
e
veggendo
egli
che la nave era
partita,
elli
gitta
lor dietro
quella
pala
del
ferro;
ma come
piacque
a
Dio,
ella noUi
giunse;
ma dove ella
diede,
tutta
l'acqua
f' bollire fortemente,
E avendo veduto
questo
fatto,
eglino
ebbono veduti
in
su la riva una
grande
moltitudine di sozzi uommi come
fu lo
j)rimo;
e aveva
ognuno
in mano una
gran
mazza
di
ferro,
tutta ardente di fuoco e rendeva una
gran puzza.
E di
queste
mazze e dell'altre che traevano lor
dietro,
mai non
glie
ne
giunse
veruna,
ma un
gran puzzo
faceva
e faceva bollire
l'acqua
ben tre d. Anche vidono ardere
quella
isola molto
forte,
e andando via i
frati,
egli
udi-
vano un
grande
urlamento e
romore,
il
quale
faceva
quella
brutta
gente.
E San Brandano confortava
tutti
e'
suoi
fra-ti,
e diceva: Non temete
j
figliuoli
miei,
lo
Signore
Iddio si e sar nostro aiutatore. Io
voglio
che voi
sappiate
che noi slama nelle
parti
del ninferno,
LA NAVIGAZIONE
Dl\sAN
BRANDANO
48^1
e
quest'isola
delle
sue,
e avete veduto de' suoi
segni,
e
perci
dobbiate orare divotamente acci che non vi
bisogni
temere di
queste
cosew.
E dette
queste parole, egli
udivano boci che
grida-
vano
molto dolorosamente e dicevano: O
padre
santo
e
servo
di
Dio,
priega per
noi miseri
tapini. Sappi
che
noi
siamo
presi
a mal nostro
grado,
e contra a nostra
vogHa.
Volentieri verremmo da
voi,
ma noi non
pos-
siamo:
dolente a
noi,
che mal nascemmo al
mondo,
il
quale

pieno d'ogni inganno
e tradimenti. Noi siamo
legati
molto forte e non
veggiamo
da
chi,
n chi ci
tiene;
onde
la nostra vita
sempre
dolorosa e
sempre
sar.
E
quando
i frati udirono
queste parole,
ebbono
grande
compassione,
e
pregnno
Iddio che li
guardasse
da
queste.
pene.
E
guardando eglino
inverso
l'isola,
e' viddono
questo
liomo che era
ignudo
ed era menato al
tormento;
e
udir le boci che
gridava
e diceva: al
fuoco,
al fuoco!
e altre diceva:
all'acqua!,
e molte
parole
udivano assai
peggiori.
E in
queste parole, l'acqua
del mare venne
tutta
torbida,
e
pareva
che
gittasse
fiamma e
puzzo
molto
orribile;
e
per questo
e' frati vennono molto
isbigottiti,
tal che non
sapevano
dove si fossono n
dove
dovessono andare. Ma coll'aiuto di
Dio,
pur
si
partirono
di cos brutto
luogo.
E
andando un altro
d,
si viddono un
grande
monte
inverso
ponente,
in mare. In
quel
monte
pareva
vi fosse
nature d'animali
salvatichi,
s come
dragoni,
leoni,
grifoni
^
e orribili
serpenti,
e altre brutte cose assai. E
in
sulla cima di
questo
monte,
usciva imo
grande
fiume
d'acqua.
E volendo San Brandano ischifare
questo
monte,
uno
vento
gli
men
appresso
alla
riva,
e era molto
alta,
e
in
su
quel
monte correva un fiume di
sangue
vivo.
E
uno frate s usc fuori di nave molto
tosto,
e cominci
andare
giuso
ai fondo della
riva;
e
quando
e' fu l
gii,
^
animali
fantastici,
dal
corpo
di
leone,
ma la testa e
gli artigli
d'aquila.
31.

Battei^IiI,
Leggende
cristiane.
482 LEGaENDE CRISTIANE
incontanente e' fu
preso,
e
egli
comincia a
gridare
su-
bitamente molto
forte,
e diceva:

santo
padre,
per
male mi
partii
da la vostra
compagnia,
io sono
preso
e non so da
cui,
n
perch,
e non ho
possanza
di
ritor-
nare a voi. Incontanente e' frati cominciarono a
tr
via la
nave,
volendosi
partire
dal
porto, pregando
Iddio
e dicendo:

Signore
Iddio,
abbi misericordia di
noi
peccatori.
E l'abate
guardava pure
che faceva
quel
frate,
e
quello
che era fatto a lui da' dimoni. E' lo me-
navano dall'uno tormento
all'altro,
molto
forte,
e
vid-
delo
inghiottire
nove volte da un
dragone, uscendogli
ogni
volta di sotto. E
veggend
l'abate
ch'egli
era s
forte tormentato da diversi
tormenti,
allora disse:
0
figliuolo,
tristo a
te,
che mal nascesti in
questo
mondo,
e' mi
pare
che tu meriti di stare in codeste
pene per
li
tuoi
gravi peccati.
E avendo cos
detto,
e' venne un
vento e men la nave inverso
austro,
e
andando,
e' si
rivolse indietro
per
vedere l'isola onde si erano
partiti,
e viddono che tutta la
montagna
ardeva di un
grandis-
simo fuoco e molto alto. E
veggend
l'abate e' suoi
frati
questo,
s navicarono molto forte inverso
mezzod,
per ispazio
di sette
d,
e non trovano altro che cielo
e
acqua.
7. Come i frati cominciano a entrare nel paradiso
TERRESTRE.
[Continuando
il
viaggio
trovano
dapprima
Oiudu Iscariotto
che sedeva su una
pietra
entro al
mare,
il
quale
rac-
conta loro

come
ogni
domenica e
ogni
Natale insino
alla sera di
Pasqua befania,
e 'l d di
Pasqua
e della
Pentecosta,
e nelle
quattro feste
di Santa
Maria,
e nel
d
d'Ognissanti, per
intercessione della
Vergine
e
per
al-
cuna
apparenza
di
refrigerio
la
quale
n'
fatta
ad
onore
di
Dio,
egli possa
uscire dai tormenti del
fuoco
eterno,
e
riposare
su
quello scoglio
y>. Pii tardi
giungono
al-
LA NAVIGAZIONE DI SAN BEANDANO 483
l'isola
dove abita San
Paolo,
'primo
eremita,
che
fa
loro
lieta
accoglienza
e racconta la storia della
propria vita].
Essendo
eglino
andati tutto '1
d,
navicando infino
a sera,
e' venne una
grande
nuvola
^,
e s
spessa
che
ap-
pena
poteva
vedere l'uno l'altro. In
piccola
ora comincia
a
venire
di
gran
tuoni e
baleni,
spaurosi
da vedere e
da
udire;
per
la
qal
cosa e' frati ebbono una
gran paura.
El
procuratore
^
pure
li confortava e diceva: Non ab-
biate
paura
di ninna cosa . E
poi
diceva a San Brandano:
Sapete
voi che
iiu5X)la
sia
questa?.
Ed
egli'
li
rispose
di no. E '1
procuratore gli
disse:
Or
guardate
indietro
e ditemi
quello
che voi vedete. Allora e'
guatarono
indietro e
innanzi,
e non viddono altro che la nuvola.
Elli disse a lui:

Ma io sento un molto
grande
odore
e
soave,
che tutto mi conforta. E '1
procuratore gli
disse
cos
: v
Questa
cos
gran
nuvola,
la
quale
voi ve-
dete,
si ha circumdata
quella preziosa
isola,
la
quale
voi andate cercando
gi
sette
anni;
e
perch
voi siete
stati fermi nella
fede,
e sietevi ben
portati
in
questo
viaggio.
Ges Cristo vi vuole
oggimai compire
e' vostri
intendimenti;
e
per questo
che voi avete veduto e sen-
tito,
voi
potete
ben
sapere
che
gli
molto
grande
la
grazia
di Dio.
Essendo stati in
queste parole per ispazio
d'una
ora,
e
in
quella
nuvola,
e andando tuttavia la nave
innanzi,
eglino
uscirono fuori di
quella
nuvola,
e vid-
dono
una
grande
luce e
chiarit,
come lo
sole,
e
pareva
l'aiu-ora chiara e
lucida
di colore
giallo.
E andando
innanzi,
la chiarit cresceva s
pienamente
che molto
si
maravigliavano,
e vedevano
per
lo cielo molto
meglio
le
stelle
che non si
pu
vedere in altra
parte,
e vedevano
li
sette
pianeti
manifestamente andare
per
lo
cielo,
l
ov'eglino erano;
ed era in
questo
s
gran
luce che '1
^
calgine.
^
il
procuratore
di cui si fatto
parola
al
paragrafo
2,
perch
i
monaci
erano ritornati a
quell'isola,
e lo avevano
preso
a bordo con
loro.
484 LEGGENDE CRISTIANE
sole non vi faceva
bisogno.
San Brandano
domanda
onde veniva tanta
luce,
e se
gli
era un altro sole in
quelle
parti, maggiore
e
pi
lucente del nostro.
Rispuose
e
disse:

La luce che
par
s
grande
q
queste parti,
si
bene
d'un altro
sole,
el
quale
non
somiglia quello
che
per
li
segni
del cielo.
E
com'eglino
andavano
pi
innanzi colla
nave,
e'
vedevano 16 cielo
pi
bello e l'aria
pi
chiara e
maggiore
luce del
d,
e udiva uccelli cantare molto e
soavemente,
e di diverse boci e
canti;
e tanta era
l'allegrezza
e
'1
conforto e '1 diletto, lo
quale
riceveva San
Brandano
con tutti li suoi frati di vedere e d'udire e
d'odorare
tante
preziose
cose,
che
quasi
di dolcezza li usciva
l'anima
di
corpo.
E andando la nave
innanzi,
ella
giunse
al
porto,
o' stette ferma alla
riva,
ed ellino lodavano
Iddio,.divo-
taia&nte dicendo: (.(.Te deum laudamus)).
8. Come San Brandano co' siroi frati trovano la
TERRA DI PRO
DELLE DELIZIE
TERRA DI PROMISSIONE DE'
SANTI,
E 'l PARADISO
E avendo
compiuto
lo lodo
^
di
Dio,
e' dismontano
tutti in
terra,
di nave. Incontanente e' viddono
quella
terra
pi preziosa
che tutte le altre
terre,
per
la sua
bel-
lezza e
per
le
maravigliose
e
graziose
cose e dilettevole
che v'erano
dentro,
s come di belli e chiari e
preziosi
fiumi,
colle sue
acque
molto dolcissime e fresche e soave;
ed eravi alberi di molte
maniere,
tutti
preziosi
di
pre-
ziosi
frutti,
e assai eravi rose e
gigli
e fiori e viole
e erbe,
e
ogni
cosa odorifera e
perfetta
in sua
bont;
ed
eravi
uccelltti cantatori
d'ogni
dilettevole
natura,
e
tutti
cantavano ordinatamente dolcissimo e soave
canto;
ben
pareva
veramente
tempo
dilettevole a modo
di
dolce
primavera.
Ed eravi
le
strade e le vie tutte
lavo-
1
la lode.
. . -
lA NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 4^5
rate d'ogni
natura
pietre preziose,
ed eravi tanto bene
^
che
molto
rallegrava
lo cuore di tutti
quelli
che lo ve-
deva
colli
occhi;
ed eravi bestie dimestiche e salvatiche
d'ogni
maniera. Andavano e stavano a loro
piacere
e
volont,
e tutte stavano insime
dimesticamente,
sanza
volersi
fare ninno male o alcuna noia l'uno a l'altro.
Ed
eravi uccelli
per questo
modo,
e stavano insieme
somigliantemente.
Ed eravi
vigne
e
pergole sempre
ben
fornite
di
preziose
uve,
che la sua bont e bellezza avanza
tutte
l'altre. E
veggendo eglino queste
cose,
e dall'altre
assai
che noi non abbiamo
detto,
noi non ci ricorda-
-
vamo
del
mondo,
ne del nostro
munistero, n,
di ninna
cosa
che ci fosse mai
incontrata,
n
fame,
ri
sete,
n
sonno mai non
avemo;
mai non v'era notte n
nugoli
n cosa che mai rincresce:
ogni piacere
che a noi dilet-
tava,
tutti
gli
abbiavamo
^
a
compimento, per quelli
quaranta
d che noi stemmo. E andando San Bran
dano di
qua
e di
l,
egli
domanda:

Che
ci,
che in
questo luogo
ha tante cose cos
belle,
e di cos
gran
virtti
e bont e bellezza? . Lo
procuratore rispuose
cosi:

La
cagione
di ci si
questa:
lo nostro
Signore
Iddio nel
cominciamento del
mondo,
cre
questo luogo,
e fecelo
nel
pi
alto
luogo
del
mondo,
e
per
la sua altezza non
venne di
qua l'acqua
del diluvio. E di ci ne fa ricordanza
David
profeta
in uno salmo che disse:
Qui
confidit
in
Domino,
sicut mona
Sion,
non commovehitiiT in aeter-
num.
L'altra
ragione
si
questa:
Quelle
ruote del cielo
e
delle
stelle,
s si
volgono pi
dirittamente
sopra que-
sto
luogo,
che
sopra
ninno
degli
altri
luoghi, perch
v'
l'aura
pi
diretta,
e
maggiore
la sua virt
per
ci
ne
viene. Onde non ci
per
ninno
tempo
ninna tenebria
^,
e
ogni
raggio
di sole diritto
qui,
e delle stelle e
degli
^
abbondanza di cose buone.
^
habbarmis,
latino. Nota come dalla terza
persona
il narratore
passa
alla
prima, quasi
si trattasse d'un ricordo suo
proprio.
'
Anche nel Paradiso terrestre di Dante
regna

un'aiu:a dolce senza
mutamento e non
pioggia,
non
grando,
non
neve.
Non
rugiada,
non
brina
mai vi cade

{Purgatorio,
XXI,
46).
486 -LEGGENDE CRISTIANE
altri
pianeti,
e
giugnesi per
virt lo mondo di
sotto
con
quello
di
sopra: per queste ragioni,
s v' cotali
cose
e cotante.
Qua
non
niuna
persona
che
commetta
niuno
peccato
mortale n
veniale,
n che faccia
cosa
che non debbia . E andando cos
parlando
insieme
tutti
quanti,
di
queste
cose
maravigliose
le
quali
noi
vediamo;
e che talvolta vediamo la terra tutta colorita
come
azzurro
fine,
e talora la vediamo lucente come oro
fine,
e talvolta
pareva
bianchissima,
e talvolta
vermiglia,
e altri colori assai
proprii.
ivi uva in
gran quantit
e
di molte
ragioni
^,
l'una
buona,
l'altra
migliore,
e di
pi
colori;
altra aveva le
granella
ritonde e
grosse,
e
ben
piene
di dolcissimo
vino;
altra uva aveva lo
granello
lungo
e
bello,
e
somigliava
vino.
Queste
cose e dell'altre
assai vedemo tutte dilettevole e
piacevole
all'occhio
dell'uomo,
tanto che
troppo
sarebbe
lungo
a
dire,
e
dare a credere. Iddio ne sia
testimonio,
che sa tutte le
cose di
questo
mondo.
9. Come San Brandano trov un bosco di strane
erbe ed
alberi,
ed altre belle cose.
E andando di
qua
e di
l,
e' viddono un bosco molto
bello,
e in mezzo del bosco s era un albero
grandissimo
sopra degli
altri,
el
quale
era tutto carico di
begli pomi
d'oro,
in cima di
questo
albero si era un molto bello
uccello,
assai
maggiore
d'un
pavone;
e le sue
penne
erano tanto belle e s divisate da
altre,
che di bellezze
mai non si troverebbe
pari
di
quelle
^.
Quest'uccello
comincia a cantare s dolcemente e soave che
ognuno
1
qualit.
2
Quest'uccello
maraviglioso
la
Fenice,
l'uccello immortale
che
ri-
nasce dalle sue
ceneri,
perch
non
assaggi
il frutto
proibito,
alla
quale

perci
concesso di
potere
abitare ancora nel Paradiso terrestre.
Fe-
nice,
scrive Brunetto Latini
{Tesoro, V, 26),
ha due
creste,
cio
una
da ciascuno lato
sopra
le
tempie,
e le
penne
del collo sono molto
rilu-
centi come di
paone:
dalle
spalle
infino alla coda ha colore di
porpora,
e la coda di colore di rose.
LA NAVIGAZIONE DI SAN BRANDANO 487
par
niente
a
rispetto
di
quello,
e
pareva
che dicesse
questo
verso:
.Quis
similiter
tui,
Domine
Deus,
quis
similiteT
in virtute
est,
qui faciat magna opera
virtutis,
qui
solus
regnet
in aeternum? Et ultra:
qui
te viderunt
et
delectabuntur
in salutari tuo?y>. E
quando
ebbe detto
questo
verso,
ed
egli
vola
via,
oltre il
grande
fiume,
e
allora
noi andamo
presso
al bosco. L dentro erano
caricate
di
pietre preziose
le
foglie
sue,
erano d'oro e
d'ariento ^,
e
parevano
ch'elle ardessero da uno de'
lati;
e venivaci uno odore s odorifero e s soave che
quasi
ci
faceva
trangosciare
di
gran
dolcezza. La fiamma che
usciva
fuori di
quelli
alberi era
grandissipaa,
e ninno
fumo
noi non vedemo. E andando in
quella parte,
ove
pareva
quea
fiamma,
e non trovamo
per
ci altro
che
gli
lbori;
e levando noi il
capo
in alto
guatamo
dall'altro
lato,
donde noi c'eravamo
partiti,
e noi ve-
demo la fiamma assai. E noi tornamo
indietro,
e non
trovamo
perci
altro fuoco.
10. Come San Sbandano co' sfoi erati trov una
colonna che toccava il cielo e la
terra,
fatta
A MODO d'una scala.
E
guatando
ancora dall'altro
lato,
noi vedemo an-
cora
maggiore
fiamma di fuoco molto chiaro e alta.
In
mezzo
pareva
essere una
colonna,
la
quale pareva
che
toccasse lo
cielo,
ed era molto diritta e
grossa,
ed
eravi
lavorata ima scala a
scaglioni
tutta cos fatta
attorno attorno ^. Ed era
questa
scala tutta lavorata
^
Ricorda il ramo dalle
foglie
d'oro e
d'argento pescato
dai tre
monaci nel Nilo
(v. pag. 427).
^
Si
pensa
alla Scala d'oro che conduce
all'Empireo:
Di color
d'oro,
in che
raggio traluce,
Vid'io uno scaleo eretto in suso
Tanto,
che noi
seguiva
la mia luce .
Paradiso, XXI,
28.
488 LEGGENDE CBISTIANE
di
pietre preziose,
e in
piccola
ora
^
venne un
agnolo
molto bello e
piacevole
di sua
persona,
ed era
molto
bene vestito. E
quando
e' fu
per
mezzo la_ cima del-
l'albero de'
pomi
d'oro,
ed
egli
vola in su uno
albero,
e comincia a cantare tanto
bene,
.
e s
graziosamente
con dolci canti e
soavemente,
che umana
lingua
non
potrebbe
dire. Lo suo cantare s era di
ventiquattro
versi
lunghi
di
parole.
Ed era fatto a
questo modo,
come una donzella che cantasse a un suo amadore.
E
quando egli
l ebbe cantati e'
versi,
ed e'
parla
cos:

Questo
canto dell'anima del
giusto
che vuol trre
per isposo
Jesu
Cristo,
figliuolo
d'Iddio,
che bello
sopra ogni
donzello,
gentile
e savio
d'ogni
virti,
gra-
zioso sanza fine. Da
poi
ch'ebbe
compiuto
di
cantare,
disse a noi:

Sappiate
che
gli

oggi quaranta
d che
voi fusti in
questo luogo.
Dobbiatevi
oggimi partire
e
andarne,
e bastivi la
grazia
e la consolazione che Iddio
v'ha
fatta,
di vedere e di odorare e di toccare tante
pre-
ziose cose:
pensate oggimai
di tornare a casa vostra.
Lo nostro
Signore
Iddio vi manda a dire che voi siete
iscritti nel libro de' beati di vita
eterna,
e siete sicuri
d'avere vita
eterna,
e avete la
grazia
sua. E
quando
ebbe dette
queste parole, egli
si torna indietro
ond'egli
era venuto.
Della colonna su diritta
pareva
che n'uscisse una
grande
moltitudine di
pecchie
da far
mle,
ed erano
grandi
a modo di colombe. Ancora andava
per
lo
luogo
una
compagnia d'alquanti garzoni giovani
tutti vestiti
dihcatamente,
e bene andavano cantando tanto alle-
gramente
e
bene,
che l'anime nostre
pareva
loro essere
piene d'ogni
dolcezza e
d'ogni
buon
piacere.
*
poco dopo.
LA NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 489
11.
Come
i frati trovano un fiume ampio e
grande,
E partiva
questa
isola per mezzo.
E andando noi
per questa
isola,
e
per questa
riviera,
noi
trovando
un
gran
fiume,
il
quale partiva questa
isola
per
mezzo,
e non vi
pareva
essere ninno
ponte.
Allora
San
Brandano
si
volge
a' frati e disse cos :
O frati
miei,
questo
fiume s
grande per ampiezza
che noi
noi
potremo passare;
e
perch parte
dirittamente
questa
isola
per
mezzo,
noi non
potremo pi
cercare
questi
luoghi,
n non
potiamo
ben
sapere
come
questa
isola

grande.
E
poi,
non vuole Iddio che noi
is'appiamo
de
le cose di
l,
in
quella parte;
ma noi abbiamo ben tante
cose vedute e
toccate,
che ci basta. E detto che
egli
ebbe
queste parole,
e' venne loro incontro un bel
gio-
vane adorno e
piacevole,
e veniva cantando una can-
zona molto dolcemente
e
soave. Salutocci molto cor-
tesemente,
e s ci abbracci e diecci la
pace
con
gran
divozione e
allegrezza,
chiamandoci tutti
per
nome,
cos
dimesticamente
com'egli
fosse stato con esso noi
sempre
mai. E
poi
disse
questo
verso del saltero: n Beati
omnes
qui
habitant in domo
tua,
Domine;
in saecula sae-
culorum
laudahunt tey>.
Ancora disse cos a San Brandano:

Amico di
Dio,
suo
servo,
questa
si
quella preziosa
terra la
quale
voi
siete
andati cercando molto
tempo,
di d e di
notte,
e
avete
sofferto
gran
fatica e
passione
e
gran paure;
ma
per
la
grazia
di
Dio,
voi siete fuori di
questi pericoli,
e siete
stati
pr'
e valenti e fermi nella fede a venire di
qua,
e
compiere
lo vostro intendimento. El
Signore
Iddio
s
v'ha assai bene fornito e fattovi a
piacere,
ma la
cagione
perch
voi noi
potesti
tosto
trovare,
si fu
per-
ch
vi
voUe
prima
mostrare delle cose
segrete,
le
quali
egh
ha fatte
per
sua
possanza,
in terra e in
mare;
e
quelle che voi avete vedute si men che niente a ri-
spetto
di
quelle
che voi avete lasciate. Ora
partitevi.
490 LEGGElirDE OEISTIANE
e tornate indietro colla vostra
navicella,
e andate
pella
terra onde voi vi
partisti;
e ivi
compierete
la
vostra
penitenzia
allo onore di Ges
Cristo,
ed
egli
vi
meriter
di tornare al vostro
luogo,
se a Dio
piace;
e a
quelli
del vostro
munistero,
e all'altra
gente
sar
consolazione
dell'anima e del
corpo.
E delle cose di
questa
isola to-
glietene quante
voi
volete,
che sar testimonio del
vostro
viaggio.
E direte che avete veduto
per grazia
di
Dio,
in vostra
vita,
la terra di
promessione
de'
santi,
e
quello prezioso paradiso
che Iddio
piant
in terra nel
cominciamento del
mondo,
e
l'agnolo
non ve l'ha vie-
tato. Io vi dico che
gli
venuto lo d della vostra
pere-
grinazione,
cio che voi vi dovete
partire
di
qua,
e tor-
nare al vostro
munistero,
e stare
ivi,
tanto che Iddio
vi chiamer a se. E
queste
cose s si diranno dietro alla
vostra jfine
^
per
molta
gente,
e s sar manifesta
questa
terra e
queste
cose,
e
questo gran
fiume che voi vedete
che
parte questa
isola
per
mezzo,
,si molto
prezioso.
Questo
luogo
ha
questa
natura e
grazia,
che
sempre
sta
abondevole e
copioso
di^.tutti
i beni. E la luce ch' in
questa
isola si luce di
Oisto,
e non di sole n di
luna;
e
perci
non ci viene mai notte
per
niuno
tempo.
Poi
disse:

Io sono uno de' donzelli di
Dio,
e hammi mandato
qua
da
voi,
a
vedervi,
e che voi
possiate
vedermi
me,
e che io
parli
con voi da sua
parte.
E
quando
ebbe
dette
queste parole,
e' si
part
che niuno nollo vide
".
Allora San Brandano comanda a' suoi frati che do-
vessero sicuramente
cogHere
de' frutti di
quella
isola,
^
dopo
la vostra morte.
2
Questo
misterioso
messaggero
celeste,

donzello di Dio
pare
che
fosse S.
Michele,
almeno se
vogliam
credere a
quanto
sta scritto in fronte
a una
lunga
divozione contenuta nel Cod," Palatino
120,
della Nazionale
di
Firenze,
a carte 141-46:

Questa
si un'orazione molto divota
di
San Brandano
monaco,
che
gli
fu data da S. Michele
Arcangelo, qiiando
pass
sette
mari,
dopo
sette anni dalla
prima pasqua,
toccando
l'isola
di
promessione.
E chi
questa
orazione dir 444
volte,
tenendo le
ginocchia
a
terra,
ovvero tutto '1
corpo,
vale cento salteri e cento offizi e
cento
commendazioni, A nessuno
pu sfuggire
il carattere
superstizioso
di
tale
divozione.
LA NAVIGAZIONE DI SAN SBANDANO 491
'
-f
e
togliessono
pietre preziose,
e altre buone cose che
v'erano
assai. I frati cos
feciono,
e
poi
entrarono
in
nave.
E tuttavia era con loro lo
procuratore
de'
poveri
di
Ges
Oisto;
e al nome Ges Cristo cominciano a na-
vigare
inverso
ponente,
e in
piccola
ora e'
giunsono
alla
nuvola
cos
grande, ch'eglino
aveano trovata
prima,
e
passarono
per
mezzo entro la nuvola. E
quando
e' ne
furono
fuori,
e' vennero a una isola che si chiamava
risoletta
delle
deUzie,
e andarono
per ispazio
di tre d.
E
quando
e' furono
partiti
d'indi,
e
gli
ebbono
poi
d
e
notte,
come d uso nel
mondo,
e stettono col
procu-
ratore
alquanti
d,
con molta consolazione. E
poi
si
partirono
al nome di
Dio,
e di buona ventura tolsono
commiato dal
procuratore.
E cosi si
partirono
da
quel
luogo.
La nave loro
sempre
ebbe buon
vento,
e mai
non ristettono d'andare e di fare el suo
viaggio,
infino
a tanto ch'ella
giunse
alla sua
contrada,
sempre
andando
sana e salva. E
per questo
modo San Brandano e' suoi
frati tornarono in
quattro
d a
salvamento,
al suo mu-
nistero. E
quando
fu
giunto
aUa riva del suo
luogo,
e'
cominciarono a cantare divotamente: Te Deum lau-
damus,
e
salmeggiando,
dissono: a Ecce
quam
bonwm
et
quam jucundum,
e
Lauda, Jerusalem, Dominum,
e
Benedicta omnia
opera
e Benedictus Dominus Deush\
E
cos
cantando,
tutti
quelli
del munistero vennero a
udire li
cantatori,
ed e' conobbono l'abate loro e' suoi
frati,
e
solennemente e con
grande
riverenza e festa
gli
riceverono. E l'abate diede la sua benedizione colla
pace,
divotamente laudando e benedicendo lo nome del
Signore
nostro Ges
Cristo,
in saecula saeculorum. Amen.
Deo
gratias.
ANNOTAZIONI
Il
testo latino di
questa leggenda,
ossia la
Navigalo
Sancii
Brandani,

opera
di tin
ignoto
monaco del secolo XI. Da essa
derivarono numerosi
volgarizzamenti
italiani e francesi
(vedi
492 LEGGENDE ORISTIAlirB
JtTBiNAL,
La,
legende
latine de Saint
Brandane,
Parigi
1836
e
NovATi,
La
navigatio
sancti Brandani in antico
veneziano,
Ber-
gamo 1892), perch
soddisfaceva a
quel
desiderio vivissimo
nello
spirito degli
uomini del Medio Evo d'aver notizia dei
regni
ol-
tremondani. Ma si sente che
questa
narrazione non una
volgare
impostura,
invece stata scritta con fede
sincera;
con la
stessa
fede con cui
l'Angelico dipingeva
le sue visioni celesti nella
soli-
tudine del chiostro fiorentino. Perci nessun commento
grafico
riesce
pi spontaneo
e
pi appropriato
che la
grande
tavola del
Giudizio Finale del Museo di S. Marco. Anche
qui
troviamo
le
lide
figure
d'uomini neri e
pilosi
a
guisa
di
porco,
che
brandi-
scono
tanaglie
arroventate;
anche
qui rosseggiano
le fiamme
e
si sentono le
disperate
strida delle anime
dannate,
e
corrono
rivi di
sangue,
e
gli
orribili
serpenti
s'attorcono alle membra
dei
peccatori;
ma dalla
parte opposta verdeggiano
i
prati
co-
stellati d'anemoni e di
viole,
su cui
passa
con lieve
volo,
appena
sfiorando la
terra,
la danza dei beati che
spegneranno
la loro
fame colle frutta che
pendono
mature dai rami e disseteranno la
loro sete nel cristallo
limpidissimo
dei ruscelli
gorgoglianti
fra
le
erbe;
mentre dalle
porte
della Gerusalenome celeste
raggia
l'oro del sole che non conosce tramonto.
La
leggenda
vive ancor
oggi
tra le
popolazioni
marinar
della
Liguria:
vedine una redazione in dialetto loanese raccolta
da Guido
Vitaleto?!,
nel Giornale Dantesco dell'anno
1923,
fa-
scicolo II. Per la identificazione delle isole toccate dai monaci
vedi
D'AvEZAC,
Les iles
fantastiqties
de VOcan au M.
Age, Parigi
1845,
e F.
MiOHBii,
Les
voyages
merveiUeux de St.
Brandane,
Parigi
1878. Confr. anche il citato voi. del
Gbat,
Miti e
leggende
del M. Evo. Il lavoro
pi
recente e
pi completo per
indicazioni
bibliografiche
il voi. del
Wahlund,
Die^
Altfranzsische
Prosati-
bersetzng
von Brendans
Meerfahrt, Upsala
e
Lipsia
1900.
Una miniatura
rappresentante
il
viaggio
di S. Brandano
si trova nel Cod. 9225 della Biblioteca Reale di Bruxelles: vedine
la
riproduzione nell'opera
di Max
Rooses,
L'arte in Fiandra,
Bergamo
1914,
pag.
36.
Vedi
nell'Appendice
una bella
poesia
dell'Arnolb.
LA LEGGENDA DI SANT'ALESSIO
[Pubblicata
da Andrea
Tessier, Imola,
1882],
Scrivesi nelle
leggende
de'
Santi,
che Santo Alesso
file
figliuolo
d'uno nobilissimo uomo di
Roma,
il
quale
avea nome Eufarmiano
^,
il
quale
era il
maggiore
che
fusse nella corte dello
Imperadore,
ed era
questo
Eu-
farmiano di tanta
ricchezza,
secondo che si
legge,
e di
tanta
magnifi-cenza,
che continuamente aveva a suo
servizio tremilia
donzelli,
e'
quali
istavano vestiti di
vestitnenta di seta e cintole
d'oro,
ed era costui tanto
misericordioso inverso de'
poveri,
che
ogni
d nella sua
abitazione aveva tre mense di
poveri pellegrini,
d'orfani
e di
vedove,
ai
quali poveri
elli serviva
diligentemente;
e
poi
che aveva servito a
questi poveri,
ne l'ora della
nona,
con
molti
religiosi
e di buona
vita,
elli
pigliava
il
cibo suo nello amore di Dio. E aveva
questo predetto
Eufarmiano una
isposa
la
quale
aveva nome
Aghales
^;
e
non ne avendo niuno
figliuolo,
feciono
prego
a
Dio,
ed
ebbono uno
figliuolo,
cui
posero
nome Alesso. E
quando
fu
in
et,
trattarono di darli
isposa,
la
quale isposa
li
fu
data dalla casa dello
Imperadore
^. E venendo il di
delle
nozze,
e fatta la festa
grande,
la
sera,
essendo elli
ed
ella in nella
camera,
e
questo
santo
giovane
la inco-
minci a maestrare del timore di
Dio,
e
pregarla
ch'ella
^
Eixfemiano.
^
Aglae, Egle
3
una
principessa
di casa reale.
494 LEGGENDE CRISTIANE
volesse servare la sua
verginit
^. E
poi
che l'ebbe
con-
vertita e recata alla sua
volont;
tolse uno anello e
uno
suo
ischegiale
^,
e diello a
questa
sua
isposa,
e
disse:
e
Serba
questo
anello e
questa
cintola,
infine a
tanto
che sia la volont di
Dio,
e
sappi
che
ogni
bene
ch'io
far in
questa
vita,
voglio
dividere
per
mezzo con
teco,
e Iddio sia
sempre
iia nostra
guardia.
E dette
queste
parole,
si tolse dalle sue stanze e
partissi,
e andonne oc-
cultamente al mare. E salendo occultamente nella
nave,
capit
al
porto
di Laudocia
^,
e
poi
si and in una citt
che si chiamava
Edessa,
la
quale
nella contrada di
Siria,
nella
quale
citt era la
imagine
del nostro
Signore
Ges
Cristo,
in un
panno,
fatto senza mano
d'uomo,
miracolosamente *. E istando in
questa
citt,
immanta-
nente ci che aveva
portato
seco,
diede ai
poveri,
e ve-
stendosi di
panni
di vestimenta
vile,
si stava
cogli
altri
poveri
sotto un
portico
della chiesa della
Vergine
Maria
a ricevere la
limosina;
e della limosina che riceveva
quello
che era a lui di
necessit,
prendeva per
s,
e l'altro
dava alli
poveri bisognosi.
^
Il testo non
spiega
che Alessio aveva fatto voto di castit finch
non avesse visitato il Santo
Sepolcro, per ringraziamento
al
Signore
d'a-
verlo
scampato
da morte in una
pericolosa
caduta. In una redazione
po-
polare marchigiana,
raccolta in
provincia
di
Ascoli,
la cosa
spiegata
molto bene. La sera delle
nozze,
la
sposa
chiese ad Alessio:

Che
avete,
Alessio
mio,
che
sospirete?
Sospirate per
roba o
per
danaro,
Oppur
ch'io non son donna del tuo
paro
?

Non mi lamento di
te,
sorella
cara.
Mi lamento di mio
padre
e di mia madre:
M'hau dato
moglie
contro la
voglia
mia.
Quando
ero
piccolo
fanciullo
Io da
per
le scale mi
cade'.
Allora feci lo voto in vita mia
D'andare ai santi
sepolcri
di
Soria,
Do' Cristo morto
per
la
gente
mia.

2
cintura,
come detto
pi
sotto.
^
Laodicea,
nell'Asia Minore.
*
la
Veronica,
cio
l'impronta
del volto
sanguinoso
di Cristo
coro-
nato di
spine
mentre saliva U
Calvario,
lasciata
sopra
un
panno
che una
pia
donna
gli
accost al viso
per rasciugarlo.
SANT'ALESSIO 493
Vedendo
il
padre
che
questo
suo
figKuolo
s'era
par-
tito
e non
tornava,
e non
sapendo
dove
fusse,
con molto
dolore
si chiam molti de' suoi
servi,
e s li mand
per
diverse
parti
del mondo
cercando,
e disse loro: Andate
cercando
diligentemente
se
potete
trovare U mio fi-
gKuolo
Alesso in veruna
parte
,
promettendo
a loro
molta
pecunia.
Partiti i
servi,
e venuto alcuno a
questa
citt
dove era santo Alesso colli
poveri,
imantanente
egK
li
conobbe,
ma ellino non conobbero
lui;
e dando
costoro
limosino a'
poveri, egli
con esso loro ricevette la
limosina,
e cominci a
ringraziare
Iddio,
e disse cos:

Signore
mio Ges
Cristo,
io ti rendo
grazie,
el
quale
m'hai conceduto che io abbia avuta e ricevuta la li-
mosina da coloro che sono servi del mio
padre.
E tor-
nando
questi
e
gli
altri suoi servi a
Roma,
dissono al
padre
che in ninno
luogo
l'aveano
potuto
trovare. La
madre,
dal d che '1 suo dolce
figliuolo
s'era
partito,
si
stava in terra in su im
sacco,
l ove ella
giaceva,
e la-
mentandosi,
piangendo
diceva cos :
Io istar
sempre
in
questo
modo in
pianto
infno a tanto che io ritrover
il mio
figliuolo
diletto . E la
isposa
diceva alla madre
di
santo Alesso :
f
Io istar solitaria a modo de la tortola
che ha
perduto
il suo
compagno
^,
per
infino che io sa-
per
novelle del mio dolce
isposo
e marito . Onde addi-
^

E
sappiate
che la tortora si amabile al suo
marito,
che
quando
ella il
perde
per
alcuna
cagione,
mai non s'accosta a nessun
altro,...
e
pi
non
bee
acqua
chiara e non si
posa
mai in alcun ramo
verde,
anzi sem-
pre
in
secco

(Brunetto Latini,
Il
Tesoro, V, 34).
La tradiziona
lieordata ancor
oggi negli
stornelli
popolari.
Vedi: G. Giannini,
Canti
popolari
toscani,
Firenze
1902,
pag.
247.
La tortora eh' ha
perso
la
compagna
la fa una vita molto
dolorosa,
e
cogli
altri uccelletti un'
s'accompagna
n in albero frondoso si
riposa.
Poi va sul mare e con l'ale si
bagna,
e beve di
quell'acqua
torbidosa.
E
poi
si
picchia
con l'ale nel
core,
dicendo: maledetto sia l'amore!
E
poi
si
picchia
con l'ale nel
petto
dicendo: che l'amor sia maledetto!
496 LEGGENDE CRISTIANE
venne
che,
essendo istato santo Alesso sotto
quel
por-
tico di
quella
chiesa
per ispazio
di diciotto
anni, nel
servigio
di
Iddio,
intervenne
questo
miracolo,
che
una
imagine
deUa
Vergine
Maria,
la
quale
era in
quella
chiesa,
s
parl
a uno che era
guardiano
della
chiesa
e
disseli:
Va',
e metti dentro nella chiesa
quello
uomo
di
Dio,
che
egli

degno
del reame di vita
eterna,
e
lo
spirito
del
Signore

sopra
lui,
imper
che la sua
orazione
andata nel
cospetto
d'Iddio,
siccome fa il
fummo
de lo incenso. E non
sapendo questo guardiano
della
chiesa di cui s dicesse
questa imagine
de la
Vergine
Maria,
allora disse
questa imagine:
Quello
uomo
che
siede fuori della chiesa. E allora costui immantinente
usc
fuori,
e vedendo santo
Alesso,
s '1
prese per
mano
e s '1 mise dentro della chiesa. E cominciandosi a
spar-
gere
tra le
genti
della citt e della
contrada,
della sua
santit;
e cominciando ad essere riverito dalla
gente,
fu molto
impensierito,
e volendo
fuggire
le laude del
mondo,
s si
part
occultamente di
quella
contrada,
e
andonne al
porto
di
Laudocia,
ove
prima [er-a sbarcato].
E salendo in su la nave
per
volere andare in
Tarso,
per
divina
dispensazione
la nave ebbe un forte
vento,
e
pervenne
nella contrada e al
porto
di
Roma;
e ve-
dendo
questo,
santo Alesso si
pens
e disse fra s me-
desimo: Io me n'andar a casa del mio
padre
e mi
istar
isconosciutamente,
e non dar
gravezza
a
persona,
e anco sentir della mia donna se si
porter
bene.
E intrando santo Alesso in
Roma,
e il
padre
tornando
al
palazzo
suo con molta
gente,
e santo Alesso s si fece
alla rincontra al
padre,
a modo d'uno
pellegrino povero.
El
padre
non
conoscendolo,
santo Alesso
grid
al
padre
e disse:

uomo di
Dio,
io ti
prego
che tu mi riceva
nella tua casa
per
amore di Ges
Gfisto,
che vedi
ch'io
sono
pellegrino,
e fammi notricare delle briciole
del
pane
che si levano dalla tua
mensa,
acci che
Iddio
ti renda il tuo
figliuolo,
il
quale

per
lo mondo
pel-
legrino
come sono io. Le
quali
cose udendo il
padre.
G. Caccini

Sant'Alessio.
(Firenze
-
Chiesa di Santa
Trinit). (fot. Alinari).
496 LEGGENDE CKISTIANE
venne
che,
essendo istato santo Alesso sotto
quel por-
tico di
quella
chiesa
per ispazio
di diciotto
anni, nel
servigio
di
Iddio,
intervenne
questo
miracolo,
che
una
imagine
della
Vergine
Maria,
la
quale
era in
quella
chiesa,
s
parl
a uno che era
guardiano
della chiesa
e
disseli:
Va',
e metti dentro nella chiesa
quello
uomo
di
Dio,
che
egli

degno
del reame di vita
eterna,
e
lo
spirito
del
Signore

sopra
lui,
imper
che la sua
orazione
andata nel
cospetto
d'Iddio,
siccome fa il
fummo
de lo incenso . E non
sapendo questo guardiano
della
chiesa di cui s dicesse
questa imagine
de la
Vergine
Maria,
allora disse
questa imagine:

QueUo
uomo che
siede fuori della chiesa. E allora costui immantinente
usc
fuori,
e vedendo santo
Alesso,
s '1
prese per
mano
e s '1 mise dentro della chiesa. E cominciandosi a
spar-
gere
tra le
genti
della citt e della
contrada,
della sua
santit;
e cominciando ad essere riverito dalla
gente,
fu molto
impensierito,
e volendo
fuggire
le laude del
mondo,
s si
part
occultamente di
quella
contrada,
e
andonne al
porto
di
Laudocia,
ove
prima
[era sbarcato].
E salendo in su la nave
per
volere andare in
Tarso,
per
divina
dispensazione
la nave ebbe un forte
vento,
e
pervenne
nella contrada e al
porto
di
Roma;
e ve-
dendo
questo,
santo Alesso si
pens
e disse fra s me-
desimo: Io me n'andar a casa del mio
padre
e mi
istar
isconosciutamente,
e non dar
gravezza
a
persona,
e anco sentir della mia donna se si
porter
bene.
E intrando santo Alesso in
Roma,
e il
padre
tornando
al
palazzo
suo con molta
gente,
e santo Alesso s si fece
alla rincontra al
padre,
a modo d'uno
pellegTino povero.
El
padre
non
conoscendolo,
santo Alesso
grid
al
patii?
e disse:

O uomo di
Dio,
io ti
prego
che tu mi riceva
nella tua casa
per
amore di Ges
Cristo,
che vedi cliio
sono
pellegrino,
e fammi notricare delle briciole
de.
pane
che si levano dalla tua
mensa,
acci che
Iddio
ti renda il tuo
figliuolo,
il
quale

per
lo mondo
pel-
legrino
come sono io . Le
quali
cose udendo il
padre,
G. Caccixi
-
Sant'Alessio.
(Firenze
-
Chiesa di Santa
Trinit). (tot. Alinari).
i"',
SANT'ALESSIO 497
per
amore
del suo
figliuolo,
comand a' suoi servi che lo
ricevessero,
e dieUi in nel suo
palagio
alcuno
luogo,
e
s
ordia
che continuamente li fusse dato il cibo della
sua
mensa,
e uno servo che lo servisse. E santo Alesso
perseverava
continuamente nella orazione e in
piacere
d'Iddio,
e macerava continuamente il suo
corpo
con
digiuni
e con
vigilie
e con molta
penitenzia,
ma dalla
famiglia
^
di casa ricevea molti ischemi e molti
istrazi,
e lavature
di scodelle e d'altri
vasi,
che
per
dirisione
^
ispesse
volte
gli gittavano
adosso;
e molte altre
iQgiurie
questi
servi li faccano. Ma tutte
queste
cose elli era
paziente
molto,
e mai non se ne lamentava con venma
persona;
ma
ogni
cosa
portava
con
grandissima pazienza,
per
amore di Jesu Cristo. Di
questo
modo stette in casa
del
padre
deciisette
anni,
che non fue conosciuto da
veruna
persona.
Vedendo santo
Alesso,
per ispirito,
che
s'appres-
sava il
tempo
di
partirsi
di
questa
vita,
e andarsi a ri-
posare
a
quella
beata
grolla
^,
s dimand a uno servo
della
casa,
della carta e dello
inchiostro,
e una
penna,
ed
ivi scrisse
per
ordine tutta la vita sua. E venendo il d
della
domenica,
ed essendo celebrata la
messa,
venne
[nel
tempio]
una voce da cielo e disse cos:

Venite a
me,
voi che avete durata fatica e
gravezza
in el mondo
per
lo
mio
amore,
e io vi dar
riposo.
La
qual
voce
spavent
tanto che
[tutti
i
fedeli]
caddero q
terra;
e
poi
venne
un'altra voce e disse:
e
Cercate l'uomo di
Dio,
che
preghi per
la citt di Roma!. Costoro cercandolo
e
non
trovandolo,
venne un'altra voce e disse:
ci
Cer-
cate
in nel
monte Aventino in casa di Eufarmiano
.
Allora
lo
'mperadore
di
Roma,
cio Arcadio
Onorio*,
6
'1
papa,
il
quale
aveva nome
Iimocenzio,
vimero a
^
i
servi.
^
il
testo
per
errore
legge
dilezione.
gloria.
E
la
solita confusione dei nomi: Arcadio e Onorio erano i due
'gli di
Teodosio il
grande,
clie se ne divisero
l'impero,
toccando al
P'imo
l'Oriente,
all'altro
l'Occidente.
"2.
-
BatteIiII,
Leggende
cristiane.
498 LEGGENDE CRISTIANE
casa di
questo Eufarmiano,
e non trovando
questo
uomo d
Dio,
disse
[a Eufarmiano] quel
servo il
quale
aveva servito Alesso:

Guardate che non sia
quello
pel.
legrino
il
quale
tu hai tenuto tanto
tempo
in
casa,
per
ch'elli mi
pareva
un uomo di santa vita e di molta
pa.
zienza. E correndo Eufarmiano l dove elli
era,
trov
ch'era
morto;
e la sua faccia
risplendeva
a
modo
d'uno
angiolo.
E volendo trre Eufarmiano una carta
ch'elli
aveva in
mano,
non
pot.
Allora,
vedendo
queste cose,
il sommo
pontefice
e lo
'mperatore
andarono l
ove
era il
corpo
di santo
Alesso,
e dissono cos:
Avvegna
che noi siamo
peccatori,
niente di meno siamo
governa-
tori del
ppolo
cristiano,
e
per
da' a noi
questa carta,
acci che noi
sappiamo quello
che v' scritto dentro;.
E dette
queste parole,
el
papa
and con molta rive-
renza,
e
presa
la
carta,
lessela innanzi a tutta
quella
moltitudine e dinanzi al
padre.
E udendo Eufarmiano
leggere questa
carta,
e come
questo
era il suo
figliuolo
diletto,
conturbossi in se medesimo
per
la
paura.
E
venendo meno
per
lo
dolore,
cadde in terra come
morto,
e
poi
ritornando in se
medesimo,
con molto
grande
lamento incominci a stracciare i suoi vestimenti
e
divellersi i
capelli,
e
grafiiars
tutto il
viso,
e
gittossi
con
gran pianto
adosso a
questo
suo diletto
figliuolo,
gri-
dando
e dicendo:
a
Guai a me!
figliuol
mio,
perch
m'hai
cos
contristato,
e
per
tanto
tempo
m'hai fatto
istare
in tanto dolore? e
guai
a me
misero,
imper
ch'io
ti
veggio
in mia vecchiezza con tanta
tristizia,
e
veggio
te morto in cos vile
luogo,
e a me non
parli piti
1
Ogginiai
che consolazione
potr
io
avere,
vedendoti morto?.
E dicendo
queste parole
e molte altre di
grande
dolore,
veline la madre
che,
udendo
questo, quasi
usc
di
se
medesima. E straziandosi le sue
vestimenta,
levando
gli
occhi al
cielo,
'e non
potendo
andare,
per
la molti-
tudine che
v'era,
tosto
^
come
voleva,
s
gridava
con
^
cos
veloce,
cos
presto.
Il Cavalca dice che correva a
guisa
di
leona
fracassante.
SANT'ALESSIO 499
orandissimo
pianto,
e diceva:
e
Date
luogo
alla misera
madre,
acci ch'io
possa
vedere il mio dolcissimo e diletto
figliuolo,
consolazione dell'anima
mia,
il
quale prese
il latte
del
mio
petto.
E
pervenendo
al
corpo,
si
gitt sopra
lui
e
con
gran
vce diceva:
Guai a
me,
fgliuol
mio,
lume
delU
occhi miei! Oh
perch
ti sei tu
partito,
e
portatoti
inverso
di me tanto crudelmente? tu vedevi il tuo
padre
e
me misera
sempre piangere,
e non ti manifestasti
mai
a
noi;
e
quelli
che dovevano essere tuoi servi ti
facevano
ingiuria
e sostenevila
piacevole
e
paziente-
mente!.
E
poi
l'abbracciava e toccava il suo volto
santissimo,
il
quale
riluceva a modo
d'angiolo,-
e
gridava:
Piangete
meco,
voi che siete
qui
d'intorno,
imper
che diecisette anni stato nella nostra
casa,
e non ho
conosciuto che fosse il mio diletto
figliuolo,
e dai nostri
servi hai ricevuto molte
ingiurie
e
villanie;
e
per
debbo
sempre
dire;
guai
a
me,
figliuolo, guai
a me! Chi d a'
miei occhi
fiunie
di
lagrime,
acci ch'io
pianga
il do-
lore della anima mia el d e la notte ? . E dicendo
queste
parole,
venne la sua
isposa,
vestita di vestimenta
nere,
piangendo
e
lamentandosi,
diceva cos :

Guai a
me,
che
oggi
mai sono rimasa inconsolata vedova.
Oggimai
non ho in cui
reguardi,
n in cui
possa
levare
gli
occhi,
che
m' tolto il mio
ispecchio
e la mia
isperanza!
E
comincer
quello
dolore il
quale
non avr mai
fine,
mentre ch'io viver . E udendo la moltitudine che ivi
era,
questo lamento,
non si
poteano
tenere di
piangere.
E
allora il
papa
e
l'imperatore puosono questo
sants-
simo
corpo
in uno belUssimo cataletto molto
adornato,
e
portatolo
nel mezzo della
citt,
andavano dicendo ad
alta
voce che '1 servo di Dio era trovato. Allora tutta
la
gente
deUa citt di Roma correva a
vedere;
e
qua-
lunche infermo toccava
questo
santo
corpo
imante-
nente
era
guarito;
e molti ciechi furono
alluminati,
e
molti indimoniati liberati dalli
demoni,
e altri infermi
di
qualunque
infermit fussero
gravati, per
li meriti
del
grolioso
Alesso
guarivano,
toccando il suo
corpo
500 LEGGENDE CRISTIANE
m
santissimo. Vedendo lo
'mperatore
tanti
miracoli,
co-
minciarono lui e '1
papa
a
portare questo
santissimo
corpo,
acci che ellino ancora fussino santificati. E
per
la
grande
moltitudine,
comandarono che
per
la via
si
gittasse
di molta
pecunia,
acci che la
gente
conten-
desse a
raccogliere
i
danari,
e
per questo
modo lo
po-
tessero
portare
alla
chiesa;
ma la moltitudine
lassavano
i danari ed erano
pure
desiderosi di
potere
toccare
quello
santissimo
corpo;
e cos con
grande
fatica lo re-
carono alla chiesa di santo Lorenzo martire. E ine stette
tre
d;
e intanto fecero uno monimento
maraviglioso,
adornato d'oro e
gemme preziose
e
pietre
di molta va-
luta. Nel
quale sepolcro
con
grandissima
reverenzia
collocro
questo
santissimo
corpo,
del
quale
monimento
usc s
grande
odore che
pareva d'ogni
odorifica
ispezia.
E
pass
di
questa
vita misera
questo grolioso
santo il
d
quindici
di
luglio
del
CCCXCVII;
per
li cui meriti
Iddio ci conceda
grazia
che. noi
seguitiamo
la sua vita
santa,
che noi abbiamo la sua
grazia,
ed alla nostra
fine
quella
beata
grolia,
la
quale
elli ci conceda
per
la
sua infinita misericordia. Laus Deo.
ANNOTAZIONI
Il Tessieb
pubblic questa leggenda
nel volume Serto
di
olezzanti
fiori
dai
giardini
dell'antichit
(Imola 1882),
traendola
dal Cod. Marciano
XXI,
classe 5\ Un'altra
redazione,
pari-
mente cavata da tm Cod.
Marciano,
ma assai inferiore a
questa
per
dettato,
era stata
pubblicata
nel 1861 dalla
tipografia
Ga-
sparri
in Venezia.
La
leggenda
di S. Alessio
d'origine
siriaca
^
e fu
portata
a Roma dai monaci basiUani venuti a stabilirsi sull'Aventino,
dove fondarono
appunto
il monastero di S.
Alessio,
che esiste
tuttora. Ivi si venera una antica icone della
Vergine,
che si
dice
esser
quella
che favell miracolosamente in
Edessa,
e una scala
A.
Amiatjd,
La
legende syriaque
de S.
Alexis,
Parigi
1889.
SANT'ALESSIO 501
di
marmo,
che la tradizione asserisce
appartenere
alla casa di
Eufemiano,
a'
piedi
della
quale
Alessio sarebbe
spirato.
La
leg-
genda
ebbe una
larghissima
diffusione in
Occidente,
tanto nei
paesi
latini
quanto
nei
paesi germanici
e
slavi,
e dette
origine
a
molti componimenti
letterari,
tra i
quali
ricordiamo la Vie de
Saint
Alexis
^,
dell'XI
secolo,
il Ritmo
marchigiano
del XIII
secolo,
scoperto
dal
Monaci neUa Bibl. Comunale d'Ascoli Pi-
ceno,
e la Vita Beati Alexi di Bonvesin da Riva
(t 1313)
2.
Fra
Giovanni di Benvenuto
stampava
nel 1517 a
Firenze,
al canto
de' Biscari una Istoria e vita di santo
Alessio,
iella
quale
si racconta
come
egli,
andando ed
Sepolcro fu ingannato
dal mala-
detto diavolo,
e
alfine
ritornato a casa
sua,
visse sconosciuto sotto
una scaia,
dove
glorioso
mor,
e
fece
nella sua morte molti
m,iracoli,
che venne
riprodotta pi
volte. Marin Sanudo racconta che nel
1515
i frati fecero una
rappresentazione
di S.
Alessio,

divota
cosa.
Nel 1634 a
spese
del Cardinale Antonio Barberini venne
rappresentata
a Roma l'Istoria di S.
Alessio,
composta
dal Card.
Giulio
Rospigliosi (poi papa
Clemente
IX)
con musica del Laudi
e scenari del Bernini^.
Molti canti
popolari, piemontesi,
umbri,
marchigiani,
na-
poletani
fanno ancor
oggi
ricordo del Santo *. Della cui anti-
chissima devozione
singolare
testimonianza l'affresco di Bono
da
Rapiza
nella chiesa sotterranea di S. Clemente a
Roma,
il-
lustrato da Adolfo Venturi nel III volume della sua Storia del-
Varte italiana
(pag. 86).
Una statua del Santo in abito di
pel-
legrino, pregevole opera
del
Cacciai,
si vede sulla facciata della
chiesa di S. Trinit in Firenze.
^
pubblicata
da G. Pabis e L.
Pannieb,
Parigi
1872.
'
^
pubblicati
entrambi da E. Monaci nella sua Crestomaza italiana
dei
primi secoli.
Citt di Castello 1912.
^
v. Bi.
Renier,
Sulla
diffusione
della
leggeida
di S. A. in Italia
(nel
voi. Baccolta di studi critici dedicati ad A.
d'Ancona,
Firenze
1901).
*
Vedi L.
BATTr>ANA-VACCOi.rNi,
Sulla
leggenda
di S.
Alessio,
in Bui-
lettino della Societ
Filologica
Romana,
n.
9,
Roma 1906
(riporta
sei
nuove
redazioni
marchigiane
della
leggenda);

M.
Chini,
Ganti
Umbri,
Todi,
1918,
e
l'opera
citata del Magnanelli. Per la dififusione delle
leggenda
in Germania vedi il voi. dello
Jobet,
Parigi, Champion
1881.
LA LEGGENDA DI S. GIULIANO L'
OSPITALIERO
[Pubblicata
da
Luigi Maini,
Beggio 1854].
Santo Giuliano fu
grande
amico di
Dio,
e fu
uomo
di
grande lignaggio,
e fu nato di schiatta di
re,
e aveva
madre e
padre.
Avvenne che san Giuliano
sogn
tre
notti a lato a lato
^,
com'egli
uccidea il
padre
e la
madre,
ond'egli
n'avea
grande
tenerezza,
e
pens
di
fuggire
dinanzi al
padre
e a la
madre,
e di nascoso si
part
da
loro e
capit
n la corte del re
d'Egitto
^;
e
pens,
e disse:

Io sono
grande
e
gentile
uomo,
e in
grande
corte
voglio
capitare.
E
giunto
ch'ei fu in
Egitto,
s se n'and di-
nanzi al
re,
e inchinosse dinanzi da
lui,
e
dissegli
che
quando gli piacesse, egli
volea essere al suo
servizio,
e
ch'egli
il
deputasse
a
qualunque
servizio
gli piacesse.
Giuliano avea bella
persona,
ed era molto
piacevole
e adatto fra le
genti,
e
quando
il re il
vide,
molto
li
piacque,
e fecelo servidore de la tavola sua. E Giuliano
facea molto bene
quello
uffizio. Poi il re il lev di
quello
uffizio,
e miselo a la
guardia
del tesoro suo.
E
dopo questo,
sei fece vicario d'una sua
provincia,
ne la
quale
Giuliano si
port
s saviamente e s lealmente
che '1 re il fece vicario di tutto il suo
reame;
e tanto
entr ne l'amore del
re,
che '1 re
gli
diede
per moglie
una
^
di
seguito;
v.
pag.
355.
-
Altre redazioni dicono in
Galizia,
a S. Giacomo di
Campostella:
vedi
le Annotazioni.
SAN GIULIANO l'OSPITALIERO 603
sua figliuola;
poi, poco
stante,
come
piacque
a
Iddio,
il
re mor,
e lasciollo in sua vece. E fue coronato re del
reame
di
Egitto.
Venne
nelle contrade del
padre
una
grande
fame:
onde
il
padre
e la madre si
partirono
de le loro
contrade,
e
arrivro
in
Egitto,
l dov'era
grandissima
divizia
^,
e
andando
per
la
terra,
udir nominare
Giuliano,
loro
figliuolo.
Onde molto
allegri capitar
o al
palagio
di Giu-
liano,
e furono
dinanzi a la
reina,
e disserli tutta la con-
dizione.
La
donna,
siccome savia e amica di
Dio,
s
fece
loro
grande
onore,
e
poi gli
mise a dormire nel
letto
suo reale
per pi
onore di loro.
Giuliano
era a cacciare in una forte
^
foresta,
e di
questo
non
sapea
niente. Avvenne che '1
diavolo,
il
quale
invidioso
d'ogni
bene,
apparve
a Giuliano in
forma d'uno suo
valletto,
al
quale egli
volea molto
bene,
e
giunse
a lui molto sudato e molto
affannato,
e disse
a Giuliano:
e
Messere,
io vi dico novelle nuove. Disse
Giuliano: Dille
tosto,
per
Dio,
e non le
indugiare.
Rispose
il valletto:
Messere,
per
la molta fede e
per
lo molto amore ch'io vi
porto,
non
posso
sofferire ch'io
non vi dica
quello
ch'io ho
veduto;
e
per sappiate,
bello
signore,
che essendo io disteso a casa
^,
io vidi
ne la vostra camera co' la vostra donna uno de' vostri
baroni,
e
pi
volte me ne sono
avveduto,
e non ve l'ho
detto,
credendo che di ci si rimanesse . Giuliano avendo
ci
inteso,
tantosto se ne venne a la
corte,
e '1 valletto
con
lui.
E
quando
furo
giunti
al
palagio,
n valletto disse:

Andate
soavemente,
che noi senta ninno de la corte .
E
GiuUano
giunse
al letto
suo,
e trov il
padre
e la madre
dormire. Credendo che la madre fosse la
moglie
e '1
^
dovizia,
abbondEinza.
^
folta. Si
pensa
alla

selva
selvaggia
ed
aspra
e forte
di Dante.
'
i
valletti dormivano talora nella camera dei
signori,
a
piedi
del
letto, distesi sulla
greppina.
Vedi G.
GiACOSA,
Castelli
Valdostani,
Mi-
lano
1905,
pag.
320.
504 LEGGENDE CRISTIANE
padre
fosse
l'amico,
trasse fuori la
spada
e
immanti-
nente
gli
uccise. E
quando
fu fatto
giorno, GiuHano
vide il
grande peccato
che avea commesso.
Incomiaci
a fare
grandissimo pianto;
e la
moglie,
vedendo
piagnere
il suo
marito,
s il dimand
quale
fosse la
cagione
che
s
dirottamente
piagnea.
Ed
egli rispose:
Io ho
fatto
quello
che la terra non mi dovrebbe
sostenire;
che
io
ho morto mio
padre
e mia madre ! . Allora la
donna
il
cominci a confortare e a dire che non
dubitasse,
per
che
pi
era la misericordia di Dio che '1
peccato
de
l'uomo,
e
ch'egli
se n'andasse al santo
papa
e confessasse il
pec-
cato
suo,
e
poi pigliasse
la
penitenzia
che
gli
fosse
im-
posta:
ella
glie
l'aiuterebbe a fare mezza o
tutta,
e
egli
ne fosse dilibero.
Allora Giuliano si mosse e andonne a Roma al santo
papa,
e confessossi bene e
diUgentemente
de' suoi
pec-
cati. E '1
papa gli
diede
per penitenzia ch'egli
andasse
quattordici
anni
pellegrmando
a le sante
luogora
^
e non
albergasse
l'una notte dove
l'altra,
e andasse vivendo
di limosine. E Giuliano ricevette la
penitenzia
e and
per
lo mondo
pellegrinando
e visitando i santi
corpi
e
le sante
luogora;
e
passando alquanto tempo,
la donna
sua si
maravigliava ch'egli
non tornava.
E fu mossa subito e andonne a Roma al santo
papa
e domandollo di
Giuliano,
ed
egli gli
disse tutto
ci
che
gli
avea
imposto,
ed ella allora il
preg
che le con-
cedesse
grazia
ch'ella
gli potesse
aiutare e fare
per
lui
mezza la
penitenzia.
E '1 santo
papa gliel
concedette.
Allora ella li domand
suggelli
^,
acci che s'ella il tro-
vasse,
egli
li
credesse;
e avuti i
suggelli,
la donna si
part,
vestissi a modo d'uomo
pellegrino,
e con lei andare
assai
^
in sua
compagnia;
e tanto
andarono,
che trovato
Giuliano a l'oratorio di Ravenna. E la donna and
a
1
vedi
pag.
54,
nota 2.
2
un breve col
sigillo
del
Papa.
.2
persone.
SAN GIULIA-N l'OSPITALIERO 505
lui
ed
abbraccioUo,
e
dissegli:

Vedi,
marito
mio,
io
sono
andata al santo
papa
ed
hogli
domandato di
grazia
ch'io
ti
possa
aiutare fare mezza la
penitenzia;
che
l
dove
tu devi andare
quattordici
anni
per
lo
mondo,
anderemo
pure
sette
tr'ambedui,
e verr
compiuta
la
penitenzia;
ed ecco la carta e'
suggelli.
AUora Giuliano
li
disse:

Vedi,
donna
mia,
io non
voglio per
ninno modo
che
tu
venghi
meco,
ma toma a casa e
guarda
i beni
nostri
. Ed ella disse:

Vedi,
che
per
ninno modo io
non
mi
partir
mai da te. Allora si mossero
ambidue,
e tornro al santo
papa
e
presero
la
penitenzia
da
capo.
E
'1
papa
disse loro
che,
poich
la donna vlea aiutare
il suo
marito,
ch'egli
non avessero
penitenzia
d'andare
^,
ma volea che stessero in uno
luogo,
e che
tutto
quel
tempo
servissero a'
poveri
di
Dio,
e
albergassero per
lo suo amore ^.
Avuta
questa penitenzia.
Giuliano si mosse con la
donna
sua,
e fece fare uno
spedale
a la riva d'uno fiume
molto dubitoso
^
e
pericoloso,
e all'entrata di una
grande
selva molto
scura,
e fece fare una
navicella,
e
passava
ogni gente per
amor di
Dio;
e la donna sua stava in
casa e
cucea,
e servia e facea
ogni vassallaggio
*
a
po-
veri che
v'albergavano,
col marito suo
insiemp.
E stato che furono in
questa
vita tre
anni,
la donna
disse a Giuliano:
Quanto
tempo
staremo noi
qui?.
Rispose
Giuliano: Tanto che Iddio mi
perdoner.
Ma
forsi che
per
ventura
questa
vita non ti
piace?
e
per
io ti
priego
che tu te ne vadi alle nostre ricchezze
e
al
nostro tesoro. Allora disse la donna:
Compagno
mio,
gi
mai da te non mi
voglio partire:
anzi
voglio
sempre pensare
de la vita
superna.
E infra
queste pa-
role,
venne
per
la selva uno lebroso tutto
quanto pieno
di
lebra,
e
puta
come fosse una cosa fracida. Allora
''
pellegrinando
come avanti.
^
cio di
pellegrini
si trasformassero in
ospitalieri.
^
pauroso: pensa
al
dubbioso
passo
del Petrarca.
*
servizio.
506 LEGGENDE CRISTIANE
Giuliano, vedendolo,
and verso lui e vide che non
potea
quasi
andare;
ed
egli
allora il s levo in collo e
portello
a
casa;
e incontanente il cominci a lavare e
poselo
in
su un
letto,
e
apparecchigli
da
mangiare.
E fatto
questo,
quel
lebroso,
il
quale
era il nostro
Salvatore,
si cominci
a
levare,
e incontanente vi
appar
il
maggiore splendore
e '1
maggiore
lume del mondo. E allora Cristo chiam
Giuliano e disse:

Sappi,
Giuliano,
ch'io sono
Cristo,
e hotti
perdonato
il tuo
peccato,
e dicoti che da
qui
a
dieci di tu ne verrai meco a la
gloria
di
paradiso.
Al-
lora la donna
sua,
udendo
queste
cose,
s
parl
e disse:

Signore
mio,
io vi
priego
che voi no' mi lasciate dietro
al mio marito . Allora Cristo le disse:

Ed io
per
amore
di te e del tuo
marito,
ti far
grazia
che tu ne verrai
con esso lui
insieme;
e siccome tu sei stata
partecipe
della sua
penitenzia,
cos sarai
partecipe
del suo me-
rito. Allora Giuliano
parl
a Cristo e
domandogli
una
grazia,
che
qualunque persona
andasse
per
cammino
e
dicesse due
patrenostri per
l'anima del
padre
suo e de
la madre
sua,
che la sera
gli
fusse
apparecchiato
buono
albergo,
e che ninna mala
persona gli potesse
nuocere.
E Cristo disse :
Giuliano,
il tuo
priego

esaudito;
e detto
questo sparo.
Poi in
capo
di dieci
d,
tutti i cori
degli angeli
di
paradiso
vennero cantando e
giubilando
con dolcissimi suoni e
voci,
e
presero quelle
anime sante
di Giuliano e de la
moglie,
e
con
questi
canti le
porta-
rono a la
gloria
di vita eterna. E cos
pass
di sua vita
messer santo
GiuHano,
cavaliere di Cristo.
E noi
preghiamo
lui che
prieghi
Iddio
per
noi,
che
per
la sua
piet
e misericordia ci
perdoni
i nostri
pec-
cati,
e alla tne ci meni a la
gloria
di vita eterna. Amen.
ANNOTAZIONI
Questa
leggenda
venne
ristampata,
con lievissime varianti,
da PiETHO Fanfani nel
Propugnatore,
anno V
(1872), pag.
246
e
seguenti.
SAN GUTJLIANO l'oSPI^ALIEBO 507
Nella
Legenda
Aurea la
sciagurata
fatalit che incombe a
Giuliano gli

Rivelata,
invece che in
sogno,
da un cervo
ch'egli
sta
cacciando
nella foresta. Per volere di
Dio,
il cervo
a^cquista
la
parola
e
volgendosi improvvisamente,
dice a Giuliano: Come
mai
osi
perseguitarmi,
tu che sei destinato a divenire l'assassino
di
tuo
padre
e di tua madre?. Su
questo
miracolo
s'impernia
anche
la bella narrazione del
Flaubert,
Saint Julien
VHospi-
talier,
nel voi. Trois
contes,
Parigi
1886.
Nella
tradizione
popolare
abruzzese sono invece le Fate che
gettano
il loro maleficio a GiuUano.
Lu
patre
nella caromera staeva
La
nocte,
quando nacque
Juliano,
Troppo
ben le fate lo vedeva
Quando
lui fatro humile e
piano.
Altra
persona
non se
n'accorgeva.
Il
padre
vorrebbe
uccidere il bimbo
appena
nato,
ma la
madre invoca
piet
e
gli
mostra il
figliuolo
che
par
rosa fiorita
Tant' bellissimo a vedere.
A dieci armi la madre stessa
gU
rivela il terribile
segreto:

Quando
nacquisti, figlici,
siate a
mente.
Tre fate te fatro in tando in tando
Dirotte una ventura tanto forte:
Tu colle toi mani farai un
grande
danno,
Che mi e tou
padre
occiderai,
E
questa
ventura
fugir
non
potrai.
GiuUano abbandona la casa
paterna
e va
pellegrinando
a
S.
Giacomo di
Compostella,
dove si ferma e
prende mogUe. Dopo
vent'anni
giungono
al santuario i vecchi
genitori:
Appresso
alla santa Ecchesia bero trovata
Una donna: nanti l'uscio se
sedea.
Li
pellegrini
l'bero
salutata,
La donna le salute lor rendea:
Donde
sete
voi,
gente
cortisi.
Quanto
snno lontan vostri
paisi?
Li
pellegrini resposera
mantenente
508 LEGGENDE OBISTIANE
Disseroli lu
pageae
e li confini:
Cercando
gimo
uno
figliolo
veramente,
E lo sou nome se chiama Juliano.
La
sposa
li
riconosce,
li colma di carezze e li conduce
nella
propria
abitazione.
Li
pellegrini prese pei'
la
mano.
Pesce,
carne et ova li
puse
ad mano
De multe bon vivande li
serviva;
Li
pellegrini
sono stanchi dello
andare;
Poi li mand a letto tuttavia.
Intanto il diavolo si
presenta
a
Giuliano,
che era a
caccia,
e
gli
sussurra all'orecchio l'infame calunnia contro la consorte.
Avvenuta la
tragedia, egli
si
dispera,
ma la
moglie
lo conforta:
De
quisto peccatu
ben te
poi
salvare;
E nui
figlioli
no avemo
niente;
Auro et
argento
avemo
assai.
Faremo fare
ponti
et
hospitali,
veramente.
Cristo de celo ce aver ad
perdonare:
In
quisto
mundo ne verremo ad salvare.
Aperto l'ospedale,
ecco che il diavolo nuovamente si
pre-
senta in veste di
pellegrino
Co' lo
capu
ructu et
ligatu,
ed
approfitta
dell'
ospitaht
che
gli
concessa
per
fare una
serie
di
malestri; tagUa
i ienzuoli e le
coperte,
mescola lo strame
del
pagliericcio
con la
piuma
delle
materasse,
e
poi allegando
una
urgente
necessit di
porsi
in
cammino,
se ne
parte
avanti
che
sorga
l'alba.
Quand'
fatto
giorno,
e Giuhano vede s
gran
danno
Allora s
giurava
e s
promise
De no
albergar pi poveri
in
quill'anno.
Ma una sera
d'inverno,
Tirava una strina con
jacciu
mortale!
SAN GIULIANO L'OSPITLIERO 509
ecco
una
voce lamentosa che
implora:
Abbe'
rgame,
ad honor de Deo sobrano .

O
pellegrino,
vanne alla tua via
Cha l'altro
jumo recep gran
villania.
Per nullo modo no te
albergarla.
Lu
pellegrino
li
respuse
tremulando:

Quisto
bordone me
repuni
in cortesia.
Juliano lu bordone s
piglione.
In nella mani se li
appiccicone.
Juliano de fore fu uscito a
guardare
No vede remer n
pellegrino.
Allora
s'accorge
che il
pellegrino
misterioso era Ges
Cristo,
venuto
ad
annunziargli
il
perdono
^.
In una redazione
marchigiana
raccolta da Guido Vitaletti
^
quando
Giuliano riceve il
bordone,
improvvisamente gli
S'arriemp
le man di rose e
fiori,
e
poi
sonarono a un tratto le
campane.

Tocca il mio
bastone.
Sentirete se so '1
figlio
de
Maria;
Se non voi
alloggia
me,
alloggia
'1
bastoncello.
Se
alloggi
me e
alloggi
sto
bastone,
Girete in Paradiso in
ginocchione.
Sonar le
campane
a doie a
doie,
Girete in Paradiso ansiem con
noie,
Sonar le
campane
a tre a
tre,
Girete in Paradiso ansiem con me.
In
una redazione
romagnola
raccolta da Nino Massarom
nella
rivista La Pie
(La focaccia)
anno
I,
n.
7,
luglio
1920,
San
Giuliano
prende per penitenza
anche
l'impegno
di costruire il
ponte di Rimini.
A
j
aven tan
or,
tan
arigien;
An aven
fiul,
an aven
ignent.
^
C.
Gxtebeieei-Ceocetti,
Antica
poesia
abruzzese.
Lanciano
1914,
"
G.
ViTAiiETTi,
Tradizioni
carolingie
e
leggende popolari
nelle Mar-
"^6, nella rivista Archivium
Romanicum,
anno
III,
n. 4.
510 LEGGENDE CRISTIANE
A tulm zent
ragazi
da raaride'
E e'
pont
ad Remen da
f';
E l'anma d' San Zulian la s'ha da salve.
(Abbiamo tant'oro,
tanto
argento;
non abbiam
figli,
non
abbiam
niente:
prendiamo
cento
ragazze
da maritare e il
ponte
di
Ri.
mini da
fare,
ma l'anima di San Giuliano s'ha a
salvare).
Ma
bc-
come,
per quanto egli
lavorasse,
il
ponte
andava
poco
avanti,
perch
il diavolo lo tormentava
continuamente.
Giuliano
pr-
pose
al demonio che facesse il
ponte
lui,
promettendogli
in
premio
la
prim'anima
che vi
passerebbe sopra.
La mattina di
poi
il
ponte
era beU'e finito e San Giuliano rimase
incantato; ma
poich
il diavolo lo sollecitava con tanta insistenza di
passare
dall'altra
parte per
vedere come il
ponte
fosse
pi
bello,
si
cacci
avanti una
cagna,
la
quale
fu subito afferrata dal demonio e
portata gi
nell'inferno. Sul
ponte
rimasto un buco che non
s' mai
potuto riempire:
v'hanno messo una
grata;
vi ancora.
L'uso di recitare un Pater noster
per
l'anima del
padre
e
della madre di S. Giuliano onde avere buon
albergo
la
notte,
ci attestato dal Boccaccio
{Deeamerone,
Gior,
II, 2),
dal Sac-
chetti
(Nov. 33)
e dall'autore del Pecorone
(Gior.
II,
Nov.
1).
Il
Boccaccio racconta che un
compagno
di
viaggio
chiese a Rinaldo
d'Asti
quale
orazione fosse slito dire e che
questi rispose:
Ho
sempre
avuto costume canuninando di dir la
mattina,
quand'esco dall'albergo,
un Paternoster e un Ave Maria
pei
l'anima del
padre
e de la madre di S.
Giuliano,
dopo
il
quale
io
prego
Iddio e lui che la
seguente
notte mi deano buono
albergo.
Ed assai volte
gi
de' miei d sono stato camminando in
gran
pericoli,
de'
quali
tutti
scampato, pur
sono la notte
poi
stato
in buono
luogo
e bene
albergato: perch
io
porto
ferma credenza
che S.
Giuliano,
a cui onore il
dico,
m'abbia
questa grazia
impe-
trata da
Dio,
n mi
parrebbe
il d ben
potere
andare n dovere
la notte
seguente
bene
arrivare,
ch'io non l'avessi la mattina
detto
{Decameron,
Gior.
II,
Nov.
2).
Al Paternoster si
aggiungeva
un
prego,
ossia una
specie
di
scongiuro:
Il beato messer santo Giuhano
Venia dal monte Calvaro
Con la croce dell'oro in mano.
Allo scender di monte al
piano
SAN GIULIANO L'OSPITALIEEO 511
Trov il
serpente,
l'orso e il lione.
Legasti
lor la forza e la
bala,
E cos Ubera me
E chi in mia
compagnia.
Poi trovasti il
malandrino,
Legastigli
'1 braccio e la bocca e la mano.
Cos
priego
il mio
Signore
Ges Cristo
E la beata
Vergine
Maxia
Che mi difenda me e la mia
compagnia.
Chi
questo per
l'amor di san Giuliano
porter
^
D'ogni
febre e
sciagura campato
sar.
Una Historia di S.
Giuliano,
ad istanza di
Giovanni
d'Ales-
sandro venne
stampata
a Siena nel
1644,
e
riprodotta pi
volte.
Nel Palazzo Comimale d'Assisi e nel Palazzo Pesenti di
Bergamo
sono stati recentemente
scoperti
alcuni affreschi
rap-
presentanti
la
leggenda
del Santo:
l'episodio
della uccisione
dei
genitori
trovasi anche
riprodotto
in una scultura in
legno
d'origine
francese,
che si conserva nel Museo Poldi-Pezzoli di -Mi-
lano
(v. Rassegna d'arte,
gennaio 1920).
Il Museo
Ingres
a Mon-
tauban
possiede
una
predella
d'altare,
proveniente
dalla chiesa
di Pieve a Settimo
presso
Firenze,
dove
pure

rappresentato
questo
fatto. Vedi la rivista
Dedalo,
marzo 1923. Una
grande
e
pregevole pittura
di Cristofano Allori alla Galleria Pitti ci mostra
S. Giuliano nell'atto di offrire
l'ospitalit
a un
povero giovane
cieco.
chi
porter
in dosso
questo
breve.
ff^
508 LEGGENDE CRISTIANE
Disseroli lu
pagese
e li confini:
Cercando
gimo
uno
figliolo
veramente.
E lo sou nome se chiama Juliano.
La
sposa
li
riconosce,
li colma di carezze e li conduce
nella
propria
abitazione.
Li
pellegrini prese pei'
la
mano.
Pesce,
carne et ova li
puse
ad mano
De multe bon vivande li
serviva;
Li
pellegrini
sono stanchi dello
andare;
Poi li mand a letto tuttavia.
Intanto il diavolo si
presenta
a
Giuliano,
che era a
caccia,
e
gU
sussurra all'orecchio l'infame calunnia contro la consorte.
Avvenuta la
tragedia, egU
si
dispera,
ma la
moglie
lo conforta:
De
quisto peccatu
ben te
poi
salvare;
E nui
figlioli
no avemo
niente;
Auro et
argento
avemo
assai,
Faremo fare
ponti
et
hospitaU,
veramente.
Cristo de celo ce aver ad
perdonare:
In
quisto
mundo ne verremo ad salvare.
Aperto l'ospedale,
ecco che il diavolo nuovamente si
pre-
senta in veste di
pellegrino
Co' lo
capu
ructu et
ligatu,
ed
approfitta dell'ospitalit
che
gU
concessa
per
fare una
serie
di
malestri;
tagUa
i lenzuoli e le
coperte,
mescola lo strame
del
pagliericcio
con la
piuma
delle
materasse,
e
poi allegando
una
urgente
necessit di
porsi
in
cammino,
se ne
parte
avanti
che
sorga
l'alba.
Quand'
fatto
giorno,
e Giuliano vede s
gran
danno
Allora s
giurava
e s
promise
De no
albergar pi poveri
in
qull'anno.
Ma una sera
d'inverno.
Tirava una strina con
jacciu
mortale!
SAN GIULIANO l'OSPITLIERO 509
ecco
una'
voce lamentosa che
implora:

Abbe'
rgame,
ad honor de Deo sobrano .

O
pellegrino,
vanne alla tua via
Cha l'altro
jumo recep gran
villania,
Per nullo modo no te
albergarla.
Lu
pellegrino
li
respuse
tremulando:

Quisto
bordone me
repuni
in cortesia.
Juliano lu bordone s
piglione.
In nella mani se li
appiccicone.
Juliano de fore fu uscito a
guardare
No vede remer n
pellegrino.
Allora
s'accorge
che il
pellegrino
misterioso era Ges
Cristo,
venuto
ad
annunziargli
il
perdono
\
In una redazione
marchigiana
raccolta da Guido Vitaletti
^
quando
Giuliano riceve il
bordone,
improvvisamente
gli
S'arriemp
le man di
rose e
fiori,
e
poi
sonarono a un tratto le
campane.

Tocca il mio
bastone.
Sentirete se so '1
figlio
de
Maria;
Se non voi
alloggia
me,
alloggia
'1
bastoncello.
Se
alloggi
me e
alloggi
sto
bastone,
Girete in Paradiso in
ginocchione.
Sonar le
camptne
a doie a
doie,
Girete in Paradiso ansiem con
noie,
Sonar le
campane
a tre a
tre,
Girete in Paradiso ansiem con me.
In
una redazione
romagnola
raccolta da Nino Massarom
nella
rivista La Pie
(La focaccia)
anno
I,
n.
7,
luglio
1920,
San
Giuliano
prende per penitenza
anche
l'impegno
di costruire il
ponte
di
Rimini.
A
j
aven tan
or,
tan
arigien;
An aven
fiul,
an aven
ignent.
^
C.
Guebriebi-Ceocetti,
Antica
poesia abruzzese.
Lanciano
1914.
^
G.
ViTAiiEa?Ti,
Tradizioni
carolingie
e
leggende popolari
nelle Mar-
l'he, nella
rivista Archivium
Rornanicum,
anno
III,
n. 4.
510 LEGGENDE CRISTIANE
A tulm zent
ragazi
da marde'
E e'
pont
ad Remen da
f';
E l'anma d' San Zulian la s'ha da salve.
(Abbiamo
tant'oro,
tanto
argento;
non abbiam
figli,
non
abbiam
niente:
prendiamo
cento
ragazze
da maritare e il
ponte
di
Ri.
mini da
fare,
ma l'anima di San Giuliano s'ha a
salvare).
Ma
sic-
come,
per quanto egli
lavorasse,
il
ponte
andava
poco
avanti,
perch
il diavolo lo tormentava
continuamente.
Giuliano
pro-
pose
al demonio che facesse il
ponte
lui,
promettendogli
in
premio
la
prim'anima
che vi
passerebbe sopra.
La mattina di
poi
il
ponte
era bell'e finito e San Giuhano rimase
incantato;
ma
poich
il diavolo lo sollecitava con tanta insistenza di
passare
dall'altra
parte per
vedere come il
ponte
fosse
pi
bello,
si
cacci
avanti una
cagna,
la
quale
fu subito afferrata dal demonio e
portata gi
nell'inferno. Sul
ponte
rimasto un buco che non
s' mai
potuto riempire:
v'hanno messo una
grata;
vi
ancora.
L'uso di recitare un Pater noster
per
l'anima del
padre
e
della madre di S. Giuliano onde avere buon
albergo
la
notte,
ci attestato dal
Boccaccio
{Decamerone,
Gior.
II, 2),
dal Sac-
chetti
(Nov. 33)
e dall'autore del Pecorone
(Gior.
II,
Nov.
1).
Il
Boccaccio racconta che un
compagno
di
viaggio
chiese a Rinaldo
d'Asti
quale
orazione fosse solito dire e che
questi rispose:
Ho
sempre
avuto costume canuninando di dir la
mattina,
quand'esco dall'albergo,
un
Paternoster
e un Ave Maria
per
l'anima del
padre
e de la madre di S.
Giuliano,
dopo
il
quale
io
prego
Iddio e lui che la
seguente
notte mi deano buono
albergo.
Ed assai volte
gi
de' miei d sono stato camminando in
gran
pericoli,
de'
quali
tutti
scampato, pur
sono la notte
poi
stato
in buono
luogo
e bene
albergato: perch
io
porto
ferma credenza
che S.
Giuliano,
a cui onore il
dico,
m'abbia
questa
grazia
impe-
trata da
Dio,
n mi
parrebbe
il d ben
potere
andare n dovere
la notte
seguente
bene
arrivare,
ch'io non l'avessi la mattina
detto
{Decameron,
Gior.
II,
Nov.
2).
Al Paternoster si
aggiungeva
un
prego,
ossia una
specie
di
scongiuro:
Il beato messer santo Giuliano
Venia dal monte Calvaro
Con la croce dell'oro in mano.
Allo scender di monte al
piano
SAN GIULIANO L'OSPITALIEBO 511
Trov il
serpente,
l'orso e il lione.
Legasti
lor la forza e la
bala,
E cosi libera me
E chi in mia
compagnia.
Poi trovasti il
malandrino,
Legastigli
'1 braccio e la bocca e la mano.
Cos
priego
il mio
Signore
Ges Cristo
E la beata
Vergine
Maria
Che mi difenda me e la mia
compagnia.
Chi
questo per
l'amor di san Giuliano
porter
^
D'ogni
febre e
sciagura campato
sar.
Una Historia di S.
Giuliano,
ad istanza di Giovanni d'Ales-
sandro venne
stampata
a Siena nel
1544,
e
riprodotta pi
volte.
Nel Palazzo Comunale d'Assisi e nel Palazzo Pesenti di
Bergamo
sono stati recentemente
scoperti
alcuni affreschi
rap-
presentanti
la
leggenda
del Santo:
l'episodio
della uccisione
dei
genitori
trovasi anche
riprodotto
in una scultura in
legno
d'origine
francese,
che si conserva nel Museo Poldi-Pezzoli diJMi-
lano
(v. Rassegna d'arte,
gennaio 1920).
Il Museo
Ingres
a Mon-
tauban
possiede
una
predella
d'altare,
proveniente
dalla chiesa
di Pieve a Settimo
presso
Firenze,
dove
pure

rappresentato
questo
fatto. Vedi la rivista
Dedalo,
marzo 1923. Una
grande
e
pregevole pittura
di
Cristofano Allori alla Galleria
Pitti ci mostra
S. Giuliano nell'atto di offrire
l'ospitaht
a un
povero giovane
cieco.
^
chi
porter
in dosso
questo
breve.
'i-
-
e. Allori

L'
ospitalit
di S. Giuliano.
(Firenze
-
Galleria
Pitti).
(fot. Brogi).
e. Allori
-
L'ospitalit
di S. Giuliano.
(l'ireuze
-
Galleria
IMtti).
(fot. Brogi).
-i
VI.
I VESCOVI E I DOTTORI
Quasi
stella matutina
splendei pater inclytus,
et ut luna
piena,
bina
stat corona
praeditu^;
pudicitia
doctrina
radiana diviniius:
Fulget quasi
sol in
tempio
doctor iste
maximus,
verbo,
signia
et
exemplo
confessor apostolicua.
Mone,
op.
cit., ITI,
341.
33.

Battelli,
Leggende
cristiane.
LA LEGGENDA DI S. NICOOLA
[Dalla
Legenda
Aurea.
Volgarizzamento
inedito. Cod.
Panciatichiano XXXVIII della Biblioteca Nazionale
di
Firenze,
carte 135 e
segg.'\.
1.
Qui
comincia la leggenda del glorioso vescovo
Messere Santo Niccol.
Santo Niccol fu della citt che si chiama Patera
^,
e lo suo
padre
e la sua madre furono santissime e ricche
persone.
Il nome del
padre
fu
Epifanio,
lo nome della
madre fu Giovanna. Il
quale
avendo
eglino generato
nella loro
gioventudine,
da indi innanzi vivettono in
continenza e in
castitade,
facendo onesta vita.
Questo
loro
figliuolo,
il
primo
di che fu
bagnato,
istette
per
se medesimo ritto nel
bacino;
e due ct della
settimana,
cio il mercoled e il
venerd,
non
prendeva
il
suo cibo del latte se none una volta il die ^. E fatto
giovane,
schifava le dissoluzioni e le vanitadi
degli
altri
giovani
e usava di continuo alla
chiesa,
e
qui,
ci
che
poteva
intendere della santa
Scrittura,
tutto lo
riponeva
nell'arca della sua mente. E in
questa
et
della
sua
giovanezza.
Dio chiam a se lo suo
padre
e
la
sua
madre,
ed
egli
rimase erede a solo di molte ric-
chezze. E vedendosi cos
rimaso,
cominci a
pensare
come
egli potesse dispensare queste
ricchezze,
non a
laude
umana,
ma ad onore di Dio.
^
della
provincia
di
Licia,
aggiungono
altri testi.
-
in
segno
di
digiuno
e di santit.
516 LEGaENDE CRISTIANE
2. Come sovvenne itn stjo
vicino.
In
quel tempo
era uno suo
vicino,
assai
gentile uomo,
venuto in
grande povertade,
intanto che tre
sue
fi.
gliuole vergini ch'egH
aveva,
s'era
disposto
di
metterle
al
servigio degli
uomini,
e di
quello guadagno
notricare
s e loro. La
quale
cosa sentendo
Niccol,
si ebbe
una
grande
malinconia,
onde si
puose
in cuore di
riparare
a tanto male. Onde
prese
del suo imo
pezzo d'oro,
e
s lo
leg
in uno
panno
e
segretamente
di
nottetempo
per
una finestra lo
gitt
in casa del
predetto uomo,
e
subito si ritorn alla sua casa. E levandosi la
mattina
il buono
uomo,
e trovando il detto
oro,
ringrazi
molto
Iddio,
e incontanente s ne marit la
prima maggiore
sua
figliuola.
E
dopo poco tempo,
Niccol,
sentendo
come U buono uomo non aveva da maritare l'altra
sanaa il suo
aiuto,
and e
per
lo
predetto
modo
gli gitt
in casa altrettanto oro. Di che il
padre,
trovando il
detto
oro,
molto
ringrazi
Iddio,
e s ne marit la sua
seconda
fighuola.
E disiderando di
sapere
chi fosse
quegli
che
gli
aveva fatta
quella
cos bella e
grande
li-
mosina,
avvis che
per
la terza
figliuola gli
facesse
il
simighante,
onde si mise a stare alla
guardia per
vedere
chi fosse. Onde Niccol da indi a
poco
tolse
simigKan-
tamente due tanti d'oro e s and
per
lo
predetto
modo
a
gittargUeU
in casa di notte. Il
buon
uomo sentendo
il
busso
^,
che stava aUa
guardia,
corse dietro a Niccol,
il
quale fuggiva
molto
ratto,
e
correndogli
dietro
disse:

O amico
di.
Dio,
aspettami
,
e cos
giugnendolo,
co-
nobbe che
egh
era
Niccol,
e
subito,
gittandosi
in terra,
gli
voleva basciare
gli piedi,
ma Niccol non solamente
che si lasciasse
toccare,
ma
egli
si fece
promettere
che
mai nollo manifesterebbe infino
ch'egli
vivesse ^.
^
tonfo,
rumore.
2
Questa generosit
ricordata anche da Dante
{Purgatorio,
XX,
31):
Esso
parlava
ancor della
larghezza
Che fece Niccolao alle
pulcelle
Per condurre ad onor lor
giovinezza.
SAN NICCOLA 517
3. Come fu fatto
vEScavo.
Dopo
alquanto tempo,
venne caso che mor il vescovo
di
Mira.
Di
che,
secondo
l'usanza,
tutti li vescovi di
quel
paese
si
ragunarono
insieme
per eleggere
un altro
vescovo.
In fra'
quali
ve ne aveva uno di
grande
auto-
ritade,
il
quale
avea a fare la confermazione dello
eletto,
ed
egh
ordin a
que'
vescovi e al
popolo
che stessono in
digiuno
e
orazioni,
acci che Dio
gli
anmiaestrasse
d'eleggere
buono e sofficiente
^
pastore,
E in
quella
notte
ud una voce che
gH
disse
ch'egli
stesse la mat-
tina
per tempo
alla
porta
della
chiesa,
e la
prima per-
sona
che
venisse,
ci uno il cui nome
Niccol,
quegli
eleggesse
e confermasse vescovo.
Ond'egli,
ci
udito,
revelollo
agli
altri vescovi e
anunonigli
che stessono in
orazione,
ed
egli
starebbe Ua
porta
deUa chiesa. E cos
facendo,
nell'ora del
mattutino,
siccome Iddio avea
preordinato,
Niccol venne alla
chiesa,
s come era
sua
usanza,
e fu il
primo
che vi
giugnesse.
E lo vescovo
che stava alla
guardia,
s lo
prese
e domandoUo com'era
il suo
nome;
e
quegli,
ch'era come
colomba,
in
simpli-
citade e
puritade, rispuose:

Io s ho nome
Niccol,
servo
della vostra santitade. Allora lo vescovo lo men
dentro,
e mostrollo
agli
altri
vescovi,
onde
eglino
tutti
insieme,
molto
egh.
contendendo di non volere
essere,
lo
elessono vescovo e
puosero
in sedia.
^
E fatto
vescovo, Niccol,
cos
sublimato,
quella
umilt
e
gravezza
^
di costumi serbava in tutte sue cose come
facea anzi che fosse vescovo. E molto stava in
orazione,
macerando il suo
corpo
in
vigilie
e
digiuni, fuggendo ogni
dimestichezza di femmine. Era umilissimo e con
grande
benignit riceveva,
e conversava con
ogni persona,
ed
era
in
parlare
molto virtudioso e dolce. Dicesi di lui
che
fu nel concilio di Nicea
^,
secondo che si trova *.
^
capace.
^
austerit.
^
ebbe
luogo
nel 325.
*
intendi,
scritto.
518 LEGGENDE CRISTIANE
4. Come soccorse i marinai in una grande
fortuna.
Uno die avendo uno navile in mare
grande
fortuna
i,
gli
uomini che dentro
v'erano,
temendo di
perire,
git-
taronsi in
orazione,
dicendo con
lagrime:
0
Niccol,
servo di
Dio,
se vere sono le cose che di te
udiamo,
pre-
ghiamti
che ora ci
soccorri,
sicch le
proviamo
in
noi
medesimi. E subito
apparve
uno in sul
legno,
in
sua
simighanza,
dicendo: Io sono
presente.
Certa
cosa
che voi mi chiamaste. E
comincigli
ad aiutare
a
governare
nell'antenna e
canapi,
e di ci che
bisognava,
e subito cess la
tempesta,
e rimasono liberi. E
poi
andando aUa sua
chiesa,
come il
vidono,
lo
conobbono,
non avendolo mai
pi
veduto se non
quella
volta in
mare,
come detto
;
onde renderono
grazie
a Dio e a
lui della loro liberazione
per gli
suoi
meriti,
ed
egh gli
ammaestr che ricevessono dalla misericordia di Dio
la detta
grazia,
e non
per
i suoi meriti ^.
5. Come Santo Niccol sovvenne la sua terra
e
CITTADE in una GRANDE FAME.
Avvenne che fu una
grande
carestia e
fame,
di che
la terra
e,
tutta la
provincia
di santo Niccol vennero
in
grande
necessitade,
e vennono a tanto che non
ave-
vano da
mangiare.
E santo
Niccol,
udendo che al
porto
della sua cittade erano arrivate nave cariche di
grano,
andossene al
porto, agli padroni
di dette
navi,
e s
gli
preg
molto che sovvenissono
quel popolo
almeno
di
cento
moggia
di
grano,
ciascima delle
navi,
acci
che
non morissono di fame. Di che
quegli padroni
rispuo-
^
burrasca.
2
In memoria di tale miracolo ancor
oggi
i marinai
greci
sogliono
augm-arsi:
Che san Mccola stia al tno timone! Ved. E. Cxjbtius,
Db
Volkgrsse
der
Neugriechen,
Berlin 1887.
SAN NICCOLA 519
goiio
che
ci non sarebbono arditi di
fare,
imper
che
1
detto
grano
avevano ricevuto in Alessandria a
misura,
e
cos
l'abbiamo
ora a
presentare
nel
granaio dell'impe-
radore.
E santo Niccol disse: Fate ora
quello
ch'io vi
dico,
e
poi
Iddio
proweder
colla sua
potenza
e
grazia,
che
voi
renderete la vostra misura
compiutamente
a
cui
dovete.
E tanto
seppe
si bene dire e con tanta
benignit,
che coloro s'inchinarono a
dargli
il detto
grano,
e
presa
la
pecunia,
feciono vela e andarono al
oro
viaggio,
e
giunti
a
Roma,
assegnato
il detto
grano
agli
ufficiali
dell'imperatore,
trovarono tanto
grano
quanto
avevano ricevuto in Alessandria.
Ondei
mani-
festarono
il fatto
com'era,
di che
ogni
uomo che
l'ud,
ringraziarono
Iddio e santo Niccol. E ndolto si doleano
che
piti
non
glie
ne avevano
dato,
vedendosene avere
ricevuto si fatto
guiderdone.
E santo Niccol
dispens
quello grano
molto
ordinatamente;
per
virt di santo
Mccol,
Dio lo fece
multiplicare per
modo che
ogni gente
del suo
popolo
n'ebbe,
per mangiare
e
per
seminare,
quanto
bisogn per
due anni.
6.
Come santo Niccol spense il culto di
Diana,
IDOLO pessimo.
Era
quella provincia
donde santo Niccol era
vescovo,
molto
viziata d'adorare
idoli,
che non vi si
potea spe-
gnere,
tanto v'erano
divoti;
e massimamente avevano
grande
riverenza e fede a uno idolo chiamato
Diana,
che
fu
una
pessima
femmina;
ma
quegli paesani,
in-
fino
al
tempo
di santo
Niccol,
le faccano sacrifcio
e
reverenza sotto un albero conservato ad onore del
predetto idolo. Li
quali
modi e sacrifci santo Niccol
al
tutto
spense,
e fece
tagliare quello
albero. Della
quale
cosa
lo
diavolo
indegn
forte contro a santo
Niccol,
onde
fece uno olio tanto lavorato
per
s fatto
modo,
che
dov'egli
era
posto,
o d'esso
qualunque
cosa ne fosse
520 LEGGENDE CRISTIANE
Tinta,
o
pietra,
o
acqua,
o
ferro,
o
terra,
ardea
come
pagKa,
e chiamavasi il
detto,
olio mediaco ^. E '1
detto
demonio,
prese
forma d'una donna
religiosa^, e-fecesi
incontro a certi ch'andavano
per
mare a santo
Niccol,
e
parlando
loro disse:

Io vi
prego
che voi mi
facciate
uno
servigio per
amore di santo
Niccol,
il
quale voi
andate a visitare
(che
io vi sarei venuta con
voi, ma
per
alcuna
cagione
non
posso),
ma
per
amore vi
prego
che
portiate questo
olio a la sua
chiesa,
e a mio
nome
ne
ugnete
le sue mura in reverenzia di lui. E
quegli
togliendo
il
predetto
olio,
e
promettendo
di ci
fare,
andarono al loro
viaggio.
E
andando,
vidono
venire
contro a loro una navicella carica di
persone,
tra
le
quali
vidono uno simile a santo
Niccol,
il
quale
loro
disse:

Buoni
figliuoli,
ditemi che vi disse
quella
fem-
mina e che vi diede . Li
quali gli
dissono
ogni
cosa
per
ordine. Ed
egli
disse loro:

Quella
s fu la
pessima
dia-
vola Diana d'inferno. Acci che voi
veggiate
ch'io dico
vero,
gettate quello
oHo in mare e vedrete la sua reta
^
.
Ed
eglino
ci fecero subito. Gittato l'olio in
mare,
ac-
cese uno
fuoco,
e ardea
l'acqua
come
stipa.
Veduto
ci,
disparve
santo
Niccol,
ed
eglino seguendo
il loro
viaggio
e
giugnendo
a santo
Niccol,
gli
dissono ci che era
loro
addivenuto,
e con lui laudarono Iddio.
7. Come liber da morte tre cavalieri e tre baroni.
In
quello tempo
s'era rubeUato dallo
imperio
ro-
mano una
gente,
contro alla
quale
lo
imperadore
mand
tre
baroni,
lo nome dei
quali
era
Nepoziano,
Orso
e
Arpillone.
I
quali, navigando,
ebbono uno vento
con-
trario,
di che
per
forza arrivarono al
porto
adriatico*
1
della Media. il
petrolio,
che arde anche
sull'acqua.
Ne fa cenno
anche M. Polo nel
Milione,
cap.
17.
2
monaca.
^
reit.
*
lo scrittore chiama
per
estensione Adriatico tutto il Mediterraneo
ad oriente d'Italia.
SAN NICCOLA 521
nella
provincia
di santo Niccol. E
qui
stando la
gente
loro,
offendea a' mercatanti e alle
genti
della
contrada,
siccome
indiscreti. E sentendo ci santo
Niccol,
and
e
invit
a
mangiare
seco li
predetti
tre
baroni,
e dolsesi
con
loro
che la loro
gente
offendeva,
e facevano alle
sue danno,
e forza alli
mercatanti,
di che li
preg
che
piacesse
loro
d'ammonirgli
che ci non facessono. Di
che
eglino
dissono che ci non era di loro
saputo,
e che
comanderebbero
loro
per
modo che ci
pi
non av-
verrebbe.
Per
certa
cagione
essendo andato santo Niccol
ia certo
luogo,
il consolo che
signoreggiava
in
quella
terra,
essendo corrotto
per
moneta,
tre cavalieri di
quella
terra, per operazione
di loro nemici falsamente accu-
sati,
il detto consolo li
giudic
che subito fosse loro
mozzata la testa e menati al
luogo
della
giuistizia.
In
queUa
santo Niccol
tornando,
fugli
detto
per
alcuno
padre:

Una
grande ingiustizia

fatta,
la
quale,
se voi
ci foste
stato,
non l'avreste lasciata
fare,
di tali tre ca-
valieri di
questa
terra,
che '1 consolo
ingiustamente gli
ha mandati a dicollare. Santo Niccol dimandando
s'erano
dicollati,
fugli
detto com'erano andati alla
giu-
stizia. Di che santo Niccol subito vi
corse,
e
preg.
li
predetti
tre baroni romani
^
che andassono con lui.
E
giugnendo, quelli
tre cavaHeri erano
gi ginocchione
con
gli
occhi
fasciati,
e lo
giustiziere gi
aveva levato
alto lo
colpo
della
spada per
dare. Allora il beato Nic-
col,
acceso d'uno fervente
zelo,
si
gitt
addosso al
giustiziere
e
levogli
la
spada
di mano
^,
e
poi
sciolse
coloro,
e si
gliene
men
seco,
et andossene al detto con-
solo ed
entrogh
in
casa,
essendo le
porte
serrate. E
'1
consolo
gli
si fece
incontro,
facendogli
riverenza e salu-
tandolo. Lo
quale
santo Niccol
dispregi,
ma
dissegli:

inimico di
Dio,
e
trapassatore
della
legge,
come fosti
^
cio
Nepoziano,
Orso e
Arpilioae.
^
Un editto di Costantino dava ai vescovi la facolt di cassare
giudizi dei
consoli,
quando
fossero contrari a
giustizia.
522 LEGGENDE CRISTIANE
tu ardito di
guardare
nella mia faccia? , E
forternente
lo
riprese
della
ingiustizia
ch'avea commessa
contra
quegli
innocenti cavaUerii E
quegli
tre baroni
romani
il
pregarono
che
gli perdonasse
e ricevesse a
miseri-
cordia,
e cos fece.
E ricevuta la
benedizione,
li
predetti
tre
baroni
andarono al loro
cammino,
e
giunti, conquistarono
e
recarono sotto il
giogo
dello
imperio
tutta
quella gente
rubellata,
dove lo
imperadore gli
aveva
mandati,
sanza
nullo
ispargimento
di
sangue.
E tornati a
Roma,
lo
imperadore
ricevette molto
graziosamente
e con
magno,
onore,
per
tanto che
per
invidia molti
baroni,
tra con
pecunia
e con certi rei e
falsi
uomini,
procurarono
tanto che '1
prefetto gli
accus
allo
imperadore
di
tradimento,
per
modo e con si fatte
prove
non
vere,
che lo
imperadore,
forte turbato contro
di
loro,
gli
fece
pigliare
e mettere in
pregione,
e subito
comand che in
quella
notte fossono morti.
E
saputo
i
predetti
tre baroni dalle
guardie
come
la notte dovevano
morire,
cominciarono forte a
piagnere,
stracciandosi i
panni
di
dosso,
vedendosi cos
giudi-
cati senza
colpa
commessa. Allora l'uno di loro
tre,
lo
quale
avea nome
Nepoziano,
ricordandosi come santo
Niccol aveva liberati
quegli
tre cavalieri
innocenti,
come detto di
sopra,
confort i
compagni
dicendo:

Poi che noi non abbiamo altro soccorso ne


aiuto,
rac-
comandiamoci divotamente a
quello grazioso
santo
Niccol,
che liber
quei
tre cavalieri innocenti
nella
nostra
presenza
. E cos si
gittarono
con
grande
fede
e
divozione
ginocchione,
domandando il suo soccorso
e
aiuto. Onde in
quella
notte santo Niccol
apparve
a
Gostantino
imperadore, dicendogli:
Perch hai
presi
e
giudicati ingiustamente
a morte
gli
tali tre baroni?
Levati subitamente e comanda che sieno
lasciati,
e
se
non,
io
priego
il vero Iddio che ti commova
^
incontro
^
susciti.
SAN NICCOLA 523
nemici,
nella
quale battaglia
tu sia morto e diventi
cibo
delle
bestie. Al
quale
lo
imperadore
disse: Chi
g' tu,
che se' stato ardito d'entrare nella mia
camera,
e
se'
ardito
di dirmi tali
parole?
. E Niccol
rispuose
e
disse:
Io sono
Niccol,
vescovo di Mira e servo di Dio ,
E
per
lo simile modo and al
prefetto
e
dissegli:

perduto
de la mente
^,
perch
hai
procurato
la morte
de'
tali
tre
baroni,
li
quali
non hanno ne
colpa
n
pec-
cato?
Or va tostamente e studia di
campargli;
se non
lo
tuo
corpo
tosto diventer verminoso e la tua casa
tostamente
sar distrutta . E il
prefetto rispuose
e disse:

Chi
se' tu che fai
queste
minacele? . E Niccol-
rispuose
dicendo:
Sappi
ch'io sono
Niccol,
vescovo di
Mira,
e
disparve.
Il
prefetto, isvegliato,
molto
impaurito,
se ne and
allo
imperadore
e disse l'uno all'altro le loro
predette
visioni. Onde subito mandarono
per
li
predetti pre-
gioni,
e
venuti,
disse loro
l'imperadore:
Che arte d'in-
cantesimo
sapete
voi
fare,
che tutta notte ci avete fatti
schernire con
sogni?.
Ei
rispuosono
che incantantori
non
erano,
ma che non avevano meritato la morte.
Allora lo
imperadore gli
domand
s'eglino
conoscevano
uno che avea nome Niccol, E
costoro,
udendolo ri-
cordare,
subito levarono le mani al
cielo,
pregando
Iddio
che
per
li meriti di san Niccol
gli
liberasse da
quella
morte.
E udendo
l'imperadore
da loro della vita e miracoli
di
santo
Niccol,
disse loro:

Or andate e rendete
grazia
a
Dio,
che
per
li meriti di santo Niccol siete
liberati,
e
a
lui
portate
delle nostre
gioie,
e
pregatelo
che
per
sua
cortesia
pi
non ci
minacci,
e facci orazione a Dio
per
me
e
per
lo mio
regno.
Da indi a
pochi
d andarono li detti baroni al servo
di
Dio Niccol a
ringraziarlo
della
grazia
ricevuta. E
giunti a
lui,
dissongli per
ordine tutto il fatto e come
^
pazzo.
524 LEGGENDE CRISTIANE
l'imperadore gli
si mandava raccomandando.
Onde
eglino
e chi l'ud renderono laude e
grazie
a Iddio e
a
santo
Niccol;
poi
da lui bene ammaestrati in
Dio,
si
ritornarono a casa a Roma.
8. Della sfa santissima fine.
Quando
il
Signore
lo voc
^,
ch'egli
lo voleva
chiamare
a
se,
egli
lo
preg
che
gli
mandasse li suoi
angeli.
E in-
chinato il
capo,
vide venire a s
gli angioli.
E detto
ch'ebbe
quello
benedetto
psalmo
che comincia:
a
In te Domine
speravi
,
quando giunse
a
quello
verso che dice:
a
In ma-
nus tuds domine commendo
spiritum
meum
,
subito rend
lo
spirito
a Cristo.
Negli
anni del
Signore trecentoqua-
rantaquattro
^. E fu
seppellito
in Tina tomba di
marmo,
la
quale gittava, poi
che dentro vi
fu,
una fontana d'oho
da
capo,
e da
piede
ne usciva vena
d'acqua,
e infino al
d
d'oggi
anche delle sue membra esce olio
santo,
lo
quale
sana molte infermitadi.
Dopo
lui fu vescovo uno buono e santo
uomo,
il
quale
da molti invidiosi fu scacciato dalla sua
sedia,
per
la
qual
cosa subito
quello
olio rest d'uscire. E
poi
che fu richiamato e restituito in
sedia,
l'olio
gitt
come
prima.
Dopo
molto
tempo
vennono
gli
Turchi e
presono
la
citt di
Mira,
e si la
distrussono,
[E poich
alcuni sol-
dati di Bari in
quel tempo passavano per
la
citt,
i
monaci li
chiamarono]
e
apersono
la
sepoltura
dov'era
il
corpo
di santo
Niccol,
e l'ossa
sue,
le
quali
notavano
nell'olio che v'era colato
d'esse,
reverentemente ne
por-
tarono alla citt di Bari.
Negli
anni del nostro
Signore
milleottantasette.
^
lo
chiara,
gli
manifest.
2
Altri testi dicono trecento
cinquantatre.
SAN NICCOLA 525
ANNOTAZIONI
Il
testo ha
grande analogia
con
quello pubblicato
dallo Zam-
brini
(I, pag. 105).
Le ultime
parole
fra
parentesi
erano state
omesse
dal traduttore.
La
traslazione del
corpo
di S. Niccola da Mira a Bari venne
narrata
dal monaco
Niceforo;
questi
atti furon dati la
prima
volta
alle
stampe
nel 1751.
Dopo
la
traslazione,
il eulto del Santo
si
diffuse
largamente
tra
noi,
specie
nell'Italia
meridionale,
dove
la
sua tomba meta di numerosi
pellegrinaggi.
S. Pier Damiani
scrive:
Hic est
Nicolaics,
cujus
miracula
per
totam mundi lati-
tvMnem
diffunduntur, qtcem
laudat orbis terrae et
qui
habitanf in
eo.
Tot enim et tanta miracida
cumvlantur,
ut omns litteratorum
argutiae
vix ad scribendum
sufficiant,
nos ad
legendum
. Il Boegia
nelle sue Memorie di Benevento
(voi.
II,
pag. 333) pubblic
tm
inno antico in lode di S.
Niccol,
che I'Ozanam rimise in luce
come cosa inedita nei suoi Documenta inedita
pour
servir Vhi-
stoire liti, de VItalie
ecc.,
Parigi
1850,
pag.
232 e
segg.
Altri inni
e
tropi
latini in onore di S. Niccola vedi nel
Mone,
voi.
ILE,
pag.
450 e
seguenti.
Per la diffusione della
leggenda
in Francia
V. Ida del
Valle,
Leggende
di S. N. nella tradizione
poetica
medioevale
francese,
Firenze 1921.
E. Carabellese nell'Archivio Storico
Pugliese (1895,
li,
405 e
segg.) pubblic
un'antica laude toscana in onore del
Santo,
che era
particolarmente
venerato in
Firenze,
come attesta il suo
nome dato ad una deUe
yie
principali
e ad una
porta
della citt.
E morti suo'
parenti,
tutto U suo
patrimonio
a Dio volse dare:
in
quei tempi
occorrenti
un
gentiluom
si volse
disperare,
e tre
figliuole pens
far
peccare
.
per
carestia del
pane,
e stava come un cane

in tal tristizia.
Ma
questa
santa stella
tre volte and di notte a casa
loro,
"-
e
per
la fenestrella
gitt
tre
palle
di
gTan peso
d'oro.
E liberate
per
cotal tesoro
furon le tre
pulzelle,
e maritarsi
quelle

in
pudicizia.
526 LEGGENDE GBISTIANE
Nei
paesi
del Norcl'^aa Niceola considerato come
l'amico
dei bimbi
buoni,
ai
quali ptrta
un dono la notte che
precede
la
sua festa
{
6
dicembre). Egli
attiversa i
villaggi
addormentati,
traendosi dietro il suo asinelio caric -di balocchi e di
confetture,
e ne
riempie
le
scarpette
che i bimbi himo avuto cura di
mettere
la sera sul davanzale.
Ecco una canzone
popolare
in suo onore ohe viene
cantata
nelle Fiandre:
O
grand
saint
Nicolas,
patron
des
coUers,
Apportez-moi
des
pommes,
des
poires
dans mes soiliri
Je serai
toujours sage
camme un
petit
mouton,
Je dirai ma
prire pour
avoir des honbons.
Bonjour
saint
Nicolas,
comment vous
portez-voics?

Trs
hien,
mes
petits enfants, que
me demandez-vous?

Une hien belle


grosse poupe, qu'elle
soit hien
habille.
Et
puis
des macarons et encore des honbons.
Tra,
l l!

Nelle arti
figurative
la
leggenda
di S. Niccola ha avuto sin-
golare
fortuna;
essa ha
ispirato
tre
dei
pi. grandi pittori
fio-
rentini del
Quattrocento:
Filippo Lippi, l'Angehco
e il Baldovi-
netti. Le
pitture
del
primo
si trovano nel
gradino
della celebre
AnnurtziatiovA nella basilica di S. Lorenzo a
Firenze;
quelle
dell'
Angehc
alla Galleria
Vaticana;
e
quelle
del Baldovinetti
nel Museo Buciarroti in Via Ghibellina a Firenze. Una bella
figura
del Santo venne
dipinta
da Raffaello, nella fartosa Madonna
degli
Ansidei,
della National
Gallery
di Londra: nella stessa
gal-
leria si trova la
grande pala
del Veronese
rappresentante
la
consacrazione del Santo.
Anche Tiziano nella famosa Madonna di S.
Niccol,
un
tempo
ai Frari ed
oggi
nella Galleria
Vaticana,
figur
nel centro della
composizione
il Santo in abito
vescovile,
un hbro nella sinistra
e il
pastorale
nella
destra,
con lo
sguardo
rivolto al cielo.
L'attributo caratteristico di S.
Nicola,
oltre la
cappa
e la
mitria
vescovile,
sono le tre
palle
d'oro
ch'egli rgge
con la mano
sinistra,
o tiene
posate
ai suoi
piedi.
LA LEGGENDA DI S. MARTINO
[Pubblicata
dallo
Zambini,
voi.
II,
pag.
235].
1. Nscita e giovinezza di San Mabtino.
jSanto Martino fu nato di Sabaria
^,
villa di Pan-
nonia,
e fu notricato in Talia
^,'
a
Pavia,
e tenne caval-
leria
^
sotto Constantino e Giuliano
imperadore,
col
padre
suo,
lo
quale
fu mariscalco
*
della cavalleria de lo
imperadore,
e
capitano.
Ma santo Martino non istava
per
sua volontade in
cavalleria,
imper
che in suo fan-
cillezza
^
ammaestrato e
spirato
da
Dio,
in etade di
12 anni incominci ad usare nella
ecclesia,
contra vo-
lontade del
padre
e della madre. E domand di volere
istare tra li
catacumeni,
cio tra
quelli
che volevano
essere
battezzati;
e infino allora sarebbe volentieri
intrato ad abitare nel
diserto,
se non avesse lasciato
per
la infermitade del
corpo.
Adivenne,
dopo
la morte
del
padre
suo,
che
gl'imperadori
comandarono che tutti
e'
figliuoli
de' cavalieri antichi si facessero inscrivere
alla cavalleria de lo
imperadore,
in
luogo
dei loro
padri.
E
santo
Martino,
essendo
gi
di .15
anni,
fue contra
sua
volontade inscritto a la
cavalleria;
e stava umil-
^
Sawar in Croazia.
^
per Italia,
idiotismo
popolare
nel
Cinquecento,
usato anche da
letterati come il Caro.
^
milit come cavaliere.
*
maresciallo.
*
per
fanciullezza,
come
ancilla, fancilla
per
ancella e fanciulla.
528 LEGGENDE CRISTIANE
mente con uno suo
servo,
al
quale egli
serviva
in
tutte
le
cose,
e
spezialmente gli
traeva li suoi
calzamenti.
Adivenne una
istagione
che,
uscendo santo Martino
fuori
de la
cittade,
incontr un
povero
sulla
porta,
lo
quale
era
ignudo,
e non trovando chi
gli
desse
limosina,
santo
Martino
quando
lo
vide,
pens
nell'animo suo che
Do
glie
l'avesse
apparecchiato
innanzi;
e
incontanente
co' la sua
spada
divise el mantello ch'aveva
indosso,
e la mezza
parte
diede al
povero ignudo.
E ne la
notte
seguente,
vide in visione Cristo vestito di
quello
mezzo
mantello ch'aveva dato al
povero,
e Cristo disse a
li
angeli
che
gli
stavano d'intorno: Martino
catacumeno
mi vest di
questo
vestimento. E santo
Martino,
non
levandosi in
gloria
umana,
ma conoscendo la boutade
di Dio in
questo
fatto,
essendo in etade di 18
anni,
si
battezz,
e ancora istette due anni nella cavalleria. E
avendo
impromesso
al suo
capitano
che
dopo
la sua
capitania egli
abbandonerebbe el
mondo,
e intra
questo
tempo
venendo
gli
barbari contro le terre de lo
imperio
romano.
Giuliano
imperadore apparecchiandosi
ad an-
dare incontro a
loro,
incominci a dare el soldo a' ca-
valieri. Allora santo
Martino,
non volendo
pi
stare in
cavalleria,
non ricevette lo soldo come
gli
altri,
ma disse:
Io sono cavalieri^ di
Cristo,
e non licita cosa ch'io
vada a combattere. E Giuliano adirato disse: Tu
non fai
questo per
Dio,
ma
per paura
delle
battagUe,
che non vuoU combattere. E santo
Martino,
sanza
paura
nessuna,
rispose,
e disse: Se
questo

riputato
a
paura
e non a timore di
Dio,
io mi
profero
^
a stare
domane dinanzi a
tutti,
contra
gli
nimici sanza arme
alcuna;
e nel nome di
Cristo,
non armato con elmo
n con
targia
^,
trapasser
arditamente la schiera
degli
nemici . E Giuliano lo fece tenere e
guardare, per
met-
terlo el
seguente
die dianzi alla sua
gente
contro
gli
^
singolare;
vedi nota 1 a
pag.
183.
^
profferisco.
^
targa,
scudo.
CA,
5
O
O
(n
C/1
tu
11
U
C3
528
LEGGENDE CRISTIAKE
mente con uno suo
servo,
al
quale egli
serviva in
tutte
le
cose,
e
spezialmente gli
traeva li suoi
calzamenti.
Adivenne una
istagione
che,
uscendo santo Martino
fuori
de la
cittade,
incontr un
povero
suUa
porta,
lo
quale
era
ignudo,
e non trovando chi
gli
desse
limosiaa,
santo
Martino
quando
lo
vide,
pens
nell'animo suo che
Dio
glie
l'avesse
apparecchiato
innanzi: e
incontanente
co' la sua
spada
divise el mantello ch'aveva
indosso,
e la mezza
parte
diede al
povero ignudo.
E ne la
notte
seguente,
vide in visione Cristo vestito di
quello
mezzo
mantello ch'aveva dato al
povero,
e Cristo disse a li
angeli
che
gli
stavano d'intorno: Martino catacumeno
ini vest di
questo
vestimento. E santo
Martino,
non
levandosi in
gloria
umana,
ma conoscendo la bontade
di Dio Q
questo
fatto,
essendo in etade di 18
anni,
si
battezz,
e ancora istette due anni nella cavalleria. E
avendo
impromesso
al suo
capitano
che
dopo
la sua
capitania egli
abbandonerebbe el
mondo,
e intra
questo
tempo
venendo
gh
barbari contro le terre de lo
imperio
romano,
Giuliano
imperadore apparecchiandosi
ad an-
dare incontro a
loro,
incominci a dare el soldo a' ca-
valieri. Allora santo
Martino,
non volendo
piti
stare in
cavalleria,
non ricevette lo soldo come
gli
altri,
ma disse:

Io sono cavalieri
^
di
Cristo,
e non licita cosa ch'io
vada a combattere. E Giuliano adirato disse: Tu
non fai
questo per
Dio,
ma
per paura
delle
battaglie,
che non vuoli combattere. E santo
Martino,
sanza
paura
nessuna,
rispose,
e disse:

Se
questo

riputato
a
paura
e non a timore di
Dio,
io mi
profero
^
a stare
domane dinanzi a
tutti,
contra
gli
nimic sanza arme
alcuna;
e nel nome di
Cristo,
non armato con elmo
n con
targia
^,
trapasser
arditamente la schiera
degli
nemici . E Giuliano lo fece tenere e
guardare, per
met-
terlo el
seguente
die dianzi alla sua
gente
contro
gli
^
singolare;
vedi nota 1 a
pag.
183.
^
profferisco.
^
targa,
scudo.
V:
s.
VI
I
m
SAK MARTINO 529
nemici
sanza arme. E nel
seguente
die li barbari man-
darono
ambasciatori a
Giuliano,
che volevano fare
pace
in
qualunque
modo lui
piaceva,
e volevano dare ci
ch'avno
^
e se medesimi nella
potenzia
e nella volon-
tade
sua. Onde non da dubitare neente che
questa
vittoria
sanza
spargimento
di
sangue
fue data a Giu-
liano
per
li meriti di santo Martino.
2. San
Martino,
lasciata la
cavalleria,
entra in
religione.
E
quando
ebbe abbandonata la
cavalleria,
and
a santo
Ilario,
vescovo di Pitavia
2,
e ricevette li minori
ordini da
lui;
e fue ammonito da Dio in visione ch'an-
dasse a visitare li suoi
parenti
^,
ch'erano ancora
pagani
infedeli,
e
predisseli
come sosterrebbe molte fatiche.
E andando santo
Martino,
trov
nell'alpe
ladroni,
l'uno de'
quali
levando alto la scure
per
dare in
capo
a
santo
Martino,
l'altro de li ladroni ricevette il
colpo.
E
poi leg
le mani dietro a le reni a santo
Martino,
e
diedelo ad xm.o dei
compagni
a
guardia;
e lo ladrone
domand santo Martino s'aveva avuto
paura
del
colpo.
Ed
egli
disse:
a
Io non fu' mai
pi
sicuro,
imperci
ch'io
sappo
che la misericordia di Dio
presente
ne li
peri-
coli. E incominciando a favellare di Dio al
ladrone,
e'
ebbelo convertito alla
fede,
ed incontanente rimen
santo
Martino alla
via,
e lasciollo andare
salvo,
ed
egli,
convertito,
da
quindi
innanzi vivette in
opere
buone *.
^
avevano.
^
Poitiers,
in
Francia,
dal latino Pictavium.
^
latinamente, genitori.
*
Bello il racconto di codesta conversione nel
poemetto
di Ve-
nanzio
Fortimato:
Credit latro
Deum,
dum
praedicai iste, colendum,
Et dare
qui
voluit
mortem,
capit
ore salutem.
Servantur
simul,
ille
fide,
hic
corpore
vivena. ,
Ambo
valenti
dum nemo
cadit,
sic vicit
uterque.
34.

Battelli,
Leggende
cristiane.
530 LEGGENDE CRISTIANE
Ed avendo
gi passato
Melano,
incontrossi ne la via
lo diavolo in
figura
d'uomo: e disse el diavolo:

Due
^
va' tu?. E santo Martino disse: Io vado
ovunque
lo
Signore
mi manda . E '1 diavolo disse:

Dunque
^
tu
anderai,
e lo diavolo ti dar
battaglia.
E santo Mar-
tino disse:
Iddio mio
aiutatore,
non temo nocimento
altrui,
e incontanente fue
disparito
lo dimonio.
3. Suo
esilio;
miracoli da lui compiuti.
E
quando
santo Martino fue
pervenuto
alla casa
del
padre
e della
madre,
e' convertitte alla fede di Cristo
la
madre,
ma '1
padre
no ^. E in
quello tempo
la resia
degli
Ariani usciva fuori nel
mondo,
e
quasi
solo santo
Martino contrastava a
gli
Ariani e difendeva la fede
cattolica efficacemente contra loro.
Egli
lo
presero
e
duramente lo
batterono,
e cacciarolo fuori della
cittade,
e
egli
torn a
Melano,
e
quivi
fece un monistero. Ed
ancora li Ariani lo cacciarono
quindi,
e mandaronlo
nell'isola che si chiama
Gallinaria*;
e and solamente
con JXD.
compagno prete.
Nel
quale luogo egli
avendo
mangiato
in
cibo,
con altre
erbe,
uno
granello
di elleboro
velenoso,
e sentendosi
presso
a la
morte,
fece orazione
a
Dio,
e cacci via lo dolore e '1
pericolo
della morte.
E
quando
intese che santo Ilario tornava del suo
pel-
legrinaggio
e de li confini ove l'avevano fatto istare li
Ariani,
andogli
incontro,
e allato a Pitavia fecero uno
monistero ^. Ove essendo uno
catacumeno,
e santo Mar-
tino
partendosi alquanto
del
monistero,
quando
torn,
trov morto
quello
catacumeno sanza
battesimo;
e
incontanente lo
port
nella sua
[cella],
ove
giaceva,
e
^
dove.
2
dovunque.
'
Lo scrittore dimentica d'aver
gi.
detto che il
padre
era morto
(pag.
527).
*
un'iaoletta nel mar
ligure,
di contro ad
Albenga.
^
Marmoutiers
{magnum monisterium)
di cui tuttora esistono avanzi.
SAN MARTINO 531
fece
orazione
a
Dio,
istando disteso
sopra
'1
corpo
morto,
e immantanente
ranima ritorn al
corpo,
e fue sano
come
prima.
E diceva
poi
ad
ogni gente
che,
sendo data
la sentenzia
contro
lui,
ed essendo messo in
lugo
oscu-
rissimo,
e' vide venire due
angeli,
li
quali
dissono al
giudice
ch'aveva data la
sentenzia,
come
quegli
era colui
per
cui santo Martino
pregava.
E '1
giudice
comand
e disse:

Bimenatelo e rendetelo vivo a Martino. E
simigliantemente
uno,
lo
quale
aveva ucciso se mede-
simo
impiccandosi,
e santo Martino lo rimen a vita
colle sue orazioni.
4. Viene nominato vescovo.
E addivenne in
quello
medesimo
tempo
che non
avendo vescovo nel vescovado di Turonia
^,
elessono
santo Martirio in Idl-o
vescovo,
awegna
che contra la
sua volontade. Et essendo ordinato
vescovo,
volle al-
quanto
cessare
^
lo rimore e la
frequenzia
della
gente:
e
fecero uno monistero due
miglia
fuori della cittade
^;
e
quivi
vi stava con 80 suoi
discepoli
in molta astinenzia:
e
quivi
non si beveva vino se non
per
infermitade;
e
qualunque
avesse
portato
vestimento morbido era ri-
putato
come
grande
offensione;
e molte cittadi
elegge-
vano di loro li vescovi.
Essendo uno morto onorato dalle
gente
come mar-
tire,
e santo Martino non trovando nessuno bene della
vita di
colui,
istette un di
sopra
il suo
sipolcro
in ora-
zione e disse: Io ti
prego,
Iddio,
Signore
mio,
che tu
mi
debbi dimostrare e revelar la veritade e li meriti
di
questo
ch' adorato come martire e onorato . E ri-
^
Toiirs,
sulla Loira.
^
allontanaorsi.
^
il famoso monastero di
Ligug (cos
chiamato dal nome latino
della
Loira
Liguria)
devastato dai rivoluzionari del
'93,
e
poi
rifabbri-
cato
per
cura dei Benedettini nel secolo
scorso,
ma ora nuovamente
deserto.
532 LEGGENDE CEISTIANE
volgendosi
alla mano
manca,
e' vide una ombra neris-
sima istare ritta come uno
uomo;
e santo Martino disse:
a
Io ti
scongiuro
dalla
parte
di Dio clie tu mi dichi chi
tu se'. E
egli
disse: Io fui uno
ladrone,
lo
quale
fui
morto
per
le mie reitadi e
per
li miei
peccati
. E inconta-
nente santo Martino fece disfare l'altare ove era
sep-
pellito
lo
corpo
di colui. E
leggesi
di santo Martino che
nel
tempo
di Valentiniano
imperadore,
and a lui molte
fiate
per
addomandare alcuno
servizio;
e lo
imperadore
sappiendo quello
che santo Martino voleva addoman-
dare,
imperci
che non
gliel
voleva
concedere,
si faceva
chiudere la
porta,
s che non
potesse
entrare nel
pa-
lagio
a lui. E santo
Martino,
essendo cos
cacciato,
una
fiata e due e
piti,
torn al
monistero,
e umilemente si
puose
la cenere in
capo
e vestissi di
cilicio,
e tutta una
settimana istette in molte
asprezze
di cibi e di tutte le
cose
temporali;
e
l'angelo gli apparve
e
dissegli
che
andasse al
palagio
de lo
imperadoife.
E santo Martino
and,
e non trov
persona
che
gli
contradicesse o chiu-
dessegli
l'uscio. E
quando
lo
'mperadore
lo vide
venire,
fue adirato
per
ci ch'era lasciato intrare
dentro,
e
per
l'ira non si lev
ritto,
quando
venne. Incontanente
incominci a sentire el fuoco nella sedia ove
sedeva;
e sentendo ch'era virtude e miracolo
divino,
levossi
in
piede
ed
abbracciollo;
e manzi ch'addomandasse
nuUa,
s
gli
concedette ci
ch'egli
addomandava,
dan-
dogli
e
proferendogli grandi
doni;
ma santo Martino
non
gli
ricevette. E
leggesi
ancora di lui
che,
sendo morto
uno
giovane,
la madre
pietsamente pregava
santo
Martino che le
rendesse,
coUa sua
orazione,
lo suo fi-
ghuolo:
ed
egU s'inginocchi
nel mezzo del
campo
dov'era
il
morto,
e vedendolo tutti
quelli
che
v'erano,
lo
giovano
si lev suso vivo e sano. Per la
qual cagione
tutti
quegli
che '1
videro,
essendo
pagani,
si convertirono a la fede
di Cristo. A santo Martino obbedivano le creature sanz
sentimento,
secondo ch' lo fuoco e
l'acqua.
Onde avendo
messo fuoco santo Martino in uno
luogo
ove si faceva
SAN MARTINO 533
sacrifcio
agli
idoli,
e lo fuoco si cominci a
spandere
intomo
alle case: aEora santo Martino sal
sopra
1
tetto
e
puosesi
incontro a la
fiamma;
e incontanente
la
fiamma,
ch'era
portata
dal
vento,
si ritornava contro
'1 vento
addietro,
quasi
come fusse una
battaglia
tra
1 vento
che
portava
la fiamma inverso la casa ov'era
santo
Martino,
e la fiamma che tornava contro '1 vento.
5. Della sua misericobdia.
Anco si
legge
di
lui,
che una nave la
quale
era
piena
d'uomini,
essendo in
pericolosa
fortuna,
uno mercatante
della nave non essendo ancora
cristiano,
incominci a
dicere con
grandi
boci: Iddio di
Martino,
libraci
di
questo pericolo
! . E incontanente fu fatta
grandissima
tranquUlitade
nel mare. E in
questo
modo medesimo
ubbidivano a santo Martino le creature le
quali
hanno
vita sanza sentire e sanza conoscere. Onde in uno
luogo
era un'albore
grandissima
consacrati alli
demonii,
la
quale
santo Martino voleva
tagliare;
e li villani della
contrada,
ch'erano
pagani,
non
volevano;
uno delli
quali
disse a santo Martino:

Se tu hai
speranza
nel
tuo
Dio,
noi
taglieremo questa
albore,
e tu la rice-
verai
sopra,
e se '1 tuo Dio sar
teco,
camperai.
E
santo
Martino,
consentendo alla loro
sentenzia,
istette
legato
da
quello
lato dove doveva
cadere;
e
quando
la
vide
cadere,
fece contra di lei lo
segno
della croce. E
incontanente l'albore si volse in altra
parte
a cadere:
e
per
quello
miracolo tutti
quegli pagani
si converti-
rono a la fede di santo Martino. E fue santo Martino
uomo di
grandissima
umiltade;
onde incontrandosi in
uno
lebbroso
orribile,
abbracciollo e bacioUo e benedis-
selo,
e incontanente fue mondato
d'ogni
lebbra. E
quando
stava nella
ecclesia,
non fu mai veduto sedere. E' fu
di
molta
dignitade,
onde fue detto
uguale agli Apostoli,
534
LEGGENDE CRISTIANE
secondo che si canta di lui ^: e
gli Apostoli spessamente
lo visitavano come loro
compagno.
Essendo
egli
una
stagione
solo neUa sua
cella,
Severo e
GaUo,
suoi disce-
poli,
istavano di fuori e
aspettavano;
e subitamente
venne loro
grande
tremore,
e incominciarono a sentire
pi persone
nella cella favellare con lui. E l'altro
d,
quando
el domandarono chi era a favellare con
lui,
ed
egli rispose
e disse:

Io lo vi
dicer,
ma
pregovi
che
noi diciate altrui: santa Maria e santa
Agnesa
e santa
Tecla vennero a me. E non solamente
quello
d,
ma
spessamente
confess ch'era
visitato,
e
spesse
fiate aveva
veduto santo Pietro e
gU
altri
Apostoli.
E fue santo
Martino di molta
pazienzia;
onde mai non fu veduto
adirato ne turbato e non aveva in bocca se non
parole
utili ed
umili,
e mai non era lo suo cuore se non
pieno
d'ogni pietade
e di caritade e di
pace
e di misericordia.
E andando
egli
una
stagione
in su
l'asino,
vestito di
vestimento
asprissimo
e con uno mantello
nero,
intopp
uomini a
cavallo;
e
gli
cavalli ebbero s
grande paura
quando
lo
videro,
che incominciarono tutti a
spaven-
tare e a ritrosire ^.
Allora,
adirati
gli
uomini,
smontarono
de'
cavagli,
e
presero
santo Martino e sanza
pietade
lo
cominciarono fortemente a battere: e
egli
con molta
pazienzia apparecchiava
loro le
spalle
e le
reni;
e
quegU
pi
s'adiravano,
imper
che non credevano che
gli
do-
lessero
quelle
battiture;
e
piti
forte lo battevano. E
poi
quando
si volleno
partire,
incontanente e' loro cavalli
furono miracolosamente s fermi e immobili che
per
nessuna condizione
potevano
muovere
passo
di
quello
luogo.
Allora
quelli
conobbero la verit
divina,
e
pen-
tendosi di ci ch'avevano
fatto,
andarono
agli piedi
di
santo Martino e domandarono
perdonanza;
ed
egli
benignamente gli
benedisse;
e incontanente e' cavalli
^
Adamo da S.
Vittore,
nel suo inno che stato accolto nel Bre-
viario,
chiama S. Martino a
campar Apostolis
. Ved.
Olement, op.
cit.,
pag.
510.
2
indietreggiare.
SAN MASTINO 535
andarono
liberi come
prima.
E fue di
grande
orazione,
onde
non stava n ora n momento che non orasse o
leggesse.
E s'alcmia cosa faceva co' le
mani,
sempre
orava
con la mente. E fu di molta
asprezza
al suo
corpo
:
onde
contiaovamente
giaceva
in
terra,
tenendo sotto
uno
cilicio
per
letto,
e
quando
andava attorno e
perve-
niva ad
albergo,
e li cherci e
religiose persone apparec-
chiandogli
con
grande
studio lo
letto,
egli
non vi
poteva
giacere,
anzi
pianamente
si
poneva
in terra a
giacervi
la notte. E fue di molta
compassione
inverso coloro che
commettevano
peccato,
se si volevano
pntere;
s
che tutti
gK
riceveva nel seno e nel
grembo
della
compassione.
Onde una
istagione
lo diavolo
gli apparve,
e
ripreselo
che
perdonava
cos tosto a coloro che cadevano in
alcuno difetto. E fue
piatosissimo agli poveri,
onde
spesse
fiate diede loro lo vestimento che
portava
in dosso.
E vedendo una fiata una
pecora
tonduta,
disse a' suoi
discepoli:

Questa
pecora adempiuta
ha la
parola
del
Vangelo
di
Cristo,
imper
ch'ella aveva due
gonnelle,
ed hae data l'una al
jprossimo;
cos dovmo fare noi.
Ed ebbe
grandissima potenzia sopra gU
dimonii: onde
spesse
fiate li cacciava di
sopra agli
uomini e
femmine,
e di
sopra
a le
bestie;
e sottilissimamente
gli
conosceva
in
qualunque figura gh apparivano.
E addivenne una
stagione
che '1 diavolo
gli apparve
vestito di
porpora,
q
figura
di re
incoronato,
e con calzamento d'oro e
colla faccia
allegra;
e stando ambeduni una
grand'otta
^
che non
favellavano,
disse el diavolo:
Conosci,
Mar-
tino,
colui che tu adori? Io sono
Cristo,
che
voglio
venire
in
terra,
ma
prima
volli manifestare a te la mia venuta .
E
santo
Martino,
ancora dubitando e
maravighandosi,
non
rispondeva;
e '1 diavolo disse:
Martino,
perch
dubiti di
credere,
vedendomi? .
Allora,
ammaestrato
santo Martino dallo
Spirito
Santo,
disse: Lo
Signore
Ges Cristo non disse di venire in forma di re
porpo-
^
lungo tempo.
636 LEGGENDE CRISTIANE
rato e
incoronato;
onde s'io non vedesse Cristo in
quella
forma nella
quale
fu
morto,
e colle
margini
^
de l cla-
veUi
2,
non creder che sia venuto . A
queste parole
lo
dimonio si
part,
e tutta
quella
cella rimase
piena
di
puzza grandissima.
6. Della morte sua.
Approssimandosi
la fine
sua,
fugli
rivelata
lungo
tempo
innanzi,
l'ora
della
sua
morte;
ed
egli
la rivel
a'
discepoli.
E infra
questo tempo
andando ad uno
vescovado ch'era in
grande
discordia,
per cagione
di
pacificare
la loro
discordia,
vide uno fiume lo
quale
era
tutto
pieno
di
mergoni
^,
li
quali
si
gittavano
nel fiume
e
prendevano
li
pesci
che non si
guardavano.
E santo
Martino disse a li
compagni:
Questi
mergoni
sono,
li
dimonii che in
questo
modo,
come
vedete,
prendono
l'anime che non si
guardano,
e
divoranle,
e non si satol-
lano. E incontanente comand a li
mergoni,
e disse:
Dipartitevi
quinci,
ed andatene in contrada
diserta,
e incontanente tutti si raunarono e andarono
negli
monti e
negli
diserti. E stando santo Martino in
quello
vescovado
alquanto tempo, incomincigli
a venire meno
la forza del
corpo,
e disse a li
discepoli
come
egli
mo-
riva. Allora tutti
con
grande pianto
dicevano:

padre,
perch
ci abbandoni?
Oh,
a cui ci lasci cos sconsolati?
Gli
lupi rapaci
assaliranno la tua
greggia!.
E santo
Martino,
mosso a
pietade
delle loro
lagrime,
incominci
egli
a
piangere,
dicendo:
Messere,
s'io sono utile al
tuo
popolo,
ancora non rifiuto fatica: ma sia la vo-
lont tua . Onde
egli
dubitava
quello ch'egli
dovesse
piti
tardi
volere;
imper
che non abbandonava volentieri
e'
discepoli,
e non voleva
piti indugiare
d'andare a Cristo.
E stando in sul letto colla
febbre,
fue
pregato
da li di-
^
impronte,
cicatrici.
2
chiodi.
2
smerghi,
uccelli comunemente detti Martin
pescatore.
SAN MARTINO
*
537
scepoli
suoi che tenesse sotto alcuna cosa
pi
morbida,
per
la
infermitade,
imperci
che
giaceva
in
terra,
e non
aveva sotto
per
letto altro che un cilicio.
Egli rispose
e disse: Non si conviene al
cristiano,
figliuoli
miei,
di morire altrove ohe in cilicio e in terra: onde se io vi
desse altro
esempio, peccherei.
E stando
sempre
in-
tento in cielo colle mani e colli
occhi,
non si staccava dalla
orazione lo suo
spirito;
e stando
supino
nel
letto,
fue
pregato
da' suoi
discepoli
che
per riposo
del
corpo gia-
cesse in lato.
Egli rispose
e disse:

Lasciatemi,
fratelli
miei,
guardare
anzi el cielo che la
terra,
acci che lo
spirito
mio si dirizzi in seno a Dio . E dicendo
queste
parole,
vide il diavolo istare
presso
al letto e disse:

Or che fai tu
qui,
bestia crudele? Tu non troverai in
me nissun
peccato,
ma il
grembo
di Abramo mi ricever .
E dette
queste parole
rend lo
spirito
a
Dio,
anno Do-
mini
CCCOXLVII;
e
egli
avea anni
ottantuno,
e la faccia
sua
risplendente
come
gi
fosse
glorificata;
e da molti
fue udito canto
d'angeli
intomo al
corpo
suo santissimo.
E alla sua morte si raunarono li Pitavesi e li
Turonici,
e fue tra loro
grande
contenzione;
onde dicevano
que-
gli
di Pitavia:
Egli
nostro
monaco,
e noi lo rivo-
lmo,
e
queUi
di Turonia dicevano: Iddio lo tolse
a voi e donollo a noi . E nel mezzo della
notte,
per
vo-
lontade di
Dio,
tutti
quegli
di Pitavia ch'erano venuti
al
corpo,
furono addormentati. E
quegli
di Turonia
presero
lo
corpo
beatissimo e
calarolo
per
le
finestre,
e
misolo in una nave
nel
fiume che si chiama
Ligeri'^,
e
andarono con esso con
grande
letizia -a Turonia. E santo
Saverio,
vescovo di
Colonia,
stando la
domenica,
dopo
mattino
2,
vide
angeli
che
portavano
in cielo
quella
santissima
anima;
e awidesi
poi
che in
quello punto
era
passato
santo Martino di
questa
vita.
Eludendo
cantare
gli angeli,
chiam l'archidiacono
suo,
e domandolli
^
la Loire.
^
mattutino: era la
prima
ora
canonica,
l'alba.
538 LEGGENDE CRISTIANE
se
egli
udiva nulla in
cielo;
e
egli rispondendo
che non
udiva
nulla,
disse santo Saverio:
Ascolta,
diligente-
mente. E mentre che l'archidiacono
ascoltava,
e santo
Saverio fece orazione a Dio
ch'aprisse gli
orecchi dell'ar-
chidiacono,
e incontanente incominci a sentire lo canto
degli angeli.
E santo Saverio disse:

Quello
lo mio Si-
gnore
e
padre
Martino,
ch'
passato
di
questa
vita,.
la cui
anima ne
portano
in cielo li
angeli
. E Severo monaco
^,
lo
quale
scrisse la vita di santo
Martino,
stando
dopo
mat-
tino,
fue lievemente
addormentato,
e secondo
ch'egli
dice
in una
pistola,
santo Martino
gli apparve
vestito di bianco
vestimento,
con faccia rossa come
fuoco,
con occhi
risplen-
dienti e colli
capelli purpurei,
con un Kbro nella mano
diritta;
e nel
quale
libro si conteneva la vita di santo
Martino,
secondo che Severo monaco l'avea scritta.
E
datagli
santo Martino la
benedizione,
andavane in
cielo con
gli angeli:
e Severo voleva andare con lui:
e in
questa
visione fue desto Severo: e
dopo alquanti
d vennero novelle che santo Martino era
passato
di
questa
vita in cotal d e in cotale ora. E Severo trov
che in
quella
medesima ora aveva veduta la
.
visione
nella
quale egli
era
passato.
E in
quello
medesimo di
santo
Ambruogio,
vescovo di
Milano,
dicendo la messa
a
l'altare,
e stando
dopo
l'altare in
quello spazio
tra la
profezia
e la
pistola
2,
fue
addormentato;
e non essendo
nessuno ardito di
destarlo,
lo soddiacono non volendo
andare sanza la
benedizione,
essendo
gi passate
due
o tre
ore,
destarono lo vescovo li
cherci,
e dissero: O
padre,
l'ora
passata,
e '1
popolo
non
puote pi aspet-
tare. E santo
Ambruogio
disse: Non mi
turbate,
che
'1 mio fratello Martino andato a
Dio,
e io sono istato
presente
a fare l'uf&cio alla sua
sepoltura;
ma non
ho
^
Sulpizio
Severo,
che visse nel V
secolo,
scrisse tuia narrazione
pro-
sastica della vita del
Santo,
a cui
s'ispirarono
i
poeti
successivi.

pub-
blicata nel fascicolo 48 dei Patrum Sanctorum
ospuscula
deU'HTJBTEit.
2
verso il lato destro
dell'altare,
dove
appunto
si
legge
dal sacer-
dote celebrante
l'epistola
di S. Paolo ai Corinti.
SAN MARTINO 539
compiuto
la ultima
orazione,
im.per
che voi mi destaste .
Allora notarono lo d e
l'ora,
e trovarono che allora
santo Martino era andato a Dio.
7. Della sua traslazione.
Gli re di Francia
sogliono portare
ne le loro bat-
taglie
la
cappa
ch'hanno di santo
Martino;
e
nperci
anticamente
quelli
che
guardavano quella cappa
erano
detti
cappellani.
E
dopo
la morte di santo Martino
anni
sessantaquattro,
santo
Perpetuo
vescovo,
suo
successore,
avendo molto cresciuto la; sua
chiesa,
e vo-
lendo
trasportare
lo
corpo
suo nella
ecclesia,
prov
una
fiata,
e non
poterono
mutare lo
sipolcro,
e alla seconda
fiata n a la
terza,
non
poterono.
E lasciando
stare,
per
non toccarlo
pi, apparve
loro uno massaio
^
bellissimo,
e disse: Non vedete voi che santo Martino venuto ad
aiutarvi,
se voi lavorerete? . Allora
quelli
incomincia-
rono,
e
egli
vi
puose
la sua mano
santissima;
e inconta-
nente lo mossero
agevolmente,
e
puoserlo
in
quello luogo
ov'
ora,
e
quello
massaio non fue
pi
veduto. E
questa
trasmutazione si celebra del mese di
luglio
^. E allora
due
compagni,
l'uno dei
quali
era cieco e l'altro
contratto,
e '1 cieco
portava
lo contratto e '1 contratto mostrava
la via al
cieco,
e cosi mendicando accattavano molta
pe-
cunia;
e
quando
intesero che molti infermi erano curati
a
quello trasportamento
di
quel
santissimo
corpo,
eb-
bono
paura
che non sanicasse
loro,
imper
che volevano
anzi stare
cos,
per guadagnare;
e
fuggirono
in altra
contrada ove non credevano che
passasse quello corpo
benedetto santissimo. E cos
fuggendo,
disavveduta-
mente
s'intopparono
in
lui,
e
imperci
che
ispessamente
1
vedi nota a
pag.
309.
2
Ma la festa del Santo rimase fissata l'il novembre. Il
trasporto
della salma e il miracolo che ne
segu (raccontato poche righe appresso)
vennero
dipinti
molto bene dal
pittore
secentesco Paolo
T'inogha,
in una
lunetta della Certosa di san Martino a
Napoli.
540 LEGGENDE CRISTIANE
Iddio concede benefcio a l'uomo contra sua
volontade,
cio che no 1 va caendo e no el
prega
e non
vuole,
fu-
rono curati coloro contra loro volontade.
Molti altri miracoli e
esempli
virtuosi
adopera
Iddio
per gli
meriti di santo Martino
benedetto;
gli quali
non
sono iscritti
qui.
Deo
gratias.
Amen.
ANNOTAZIONI
Questa
leggenda riproduce
il racconto di
Jacopo
da Vara-
gine,
non
per
interamente,
n
sempre
esattamente.
La vita di S. Martino venne scritta in
prosa
latina da Sul-
pizio
Severo e
poi verseggiata
da Paolino di
Prigueux,
vissuto
nel V secolo in
Francia,
nella citt di
questo
nome. Da
questi
documenti trasse materia
Gregorio
di Tours
per
i suoi due libri
De virtutibus sancii Martini
episcopi,
che vennero
poi
a loro
volta
verseggiati elegantemente
da Venanzio Fortunato;
Le
reliquie
di S. Martino a Tours furono
oggetto
di
grande
venerazione
per
molti
secoli,
ma la
magnifica
basilica dov'esse
si
conservavano,
saccheggiata
ima
prima
volta dai Protestanti
nel
1562,
venne demolita fino dalle fondamenta dal cieco fana-
tismo dei Giacobini nel
1793,
i
quah
vollero
aprire
tma strada
pubblica
sull'area di
quel tempio, perch
nessimo
potesse pi
ricostruirlo. Molte citt hanno dedicato
qualcuna
delle loro chiese
a san
Martino;
ricorderemo Colonia sul
Reno,
che dominata
dall'imponente
e massiccia torre della chiesa del
Santo,
alta
pi
di 80
metri; Lucca,
che a S. Martino ha intitolata la sua
magnifica
cattedrale
^j
Napoli
che alla memoria di lui ha consacrato la sua
bella e
grande
Certosa,
vero museo d'arte. Tanto sulla facciata
del Duomo di
Lucca,
come sxilla' chiesa di S. Martino a Pisa si
vede
scolpita l'immagine
del
santo,
a
cavallo,
in atto di divi-
dere il mantello con la
spada, per ricoprire
un
povero
tremante
di freddo:
soggetto
che venne sovente
riprodotto
anche in
pit-
tura. Vedi il
quadro
di Van
Dych
nel Castello di Windsor.
Un intero ciclo di
pitture rappresentaunti
la vita del
Santo,
opera
del senese Simone
Martini,
si
veggono
nella baslica di
san Francesco in Assisi.
Una Historia di S. Martino fece
stampare
in Firenze nel 1558
maestro Zanobi da Barberino che non ha mai in casa un fiorino .
^
Coni anche delle naonete dette cavallotti
perch
recavano l'imma-
gine
del Santo a cavallo.
LA LEGGENDA DI S. GIROLAMO
[Pubblicata
dal
Manni,
voi.
IV,
pag.
1 e
segg.].
Girolamo fu
figliuolo
d'Eusebio,
; nobile
uomo,
e
fu nato nel castello di
Stridono,
che sta ne' confini tra
Dalmazia e Pannonia. Essendo Girolamo ancora fan-
ciullo,
and a
Roma,
e ivi fu
pienamente
ammaestrato
di lettere
greche,
ebraiche
^
e latine. Nella
granmiatica
ebbe
per
maestro Donato
^,
nella retorica Vittorino
^
arringatore.
Nelle scritture divine s'esercitava il di e
la
notte,
e indi trasse desiderosamente
quello ch'egli
sparse
abbondevolmente. Poi a uno
tempo^
siccome
egli
scrive nella
pistola
che mand ad Eustochio
*,
leg-
gendo
lui il d
Tullio,
e la notte
Platone,
molto deside-
rosamente,
perocch
il
parlare
non ornato nel libro de'
Profeti non
gli piaceva,
avvenne che intomo al mezzo
della
quaresima
s subita febbre e s ardente
gli prese,
che,
raffreddando
gi
entro il
corpo
il calore della
vita,
regnava
solo nel
petto,
onde
giudicandolo
i
parenti
come
morto,
apparecchiavano
le cose
per seppellirlo.
E cos
stando,
subitamente
egli,
cio la sua
anima.
^
Le lettere ebraiche furono studiate da Gerolamo non a Roma ma
a
Gerusalemme.
2
celebre
grammatico,
^
celebre retore
africano,
che
insegn
a Roma sotto Costanzo e si
convert da vecchio alla fede
cristiana;
vedi
pag.
539.
*
figlia
di
Paola,
nobilissima matrona
romana,
che essendosi votata
a
Dio,
and con la madre a Betlemm.e e vi fond un
ritiro,
dove mor
nel 418. A lei indirizzata la XX lettera di
Gerolamo,
di cui
pi
avanti
son
riportati
vari tratti.
542 LEGGENDE CRISTIANE
fu menata innanzi a una sedia dove sedeva un
grande
giudice,
e fu domandato di che condizione
gli
fosse.
Rispose
che era cristiano. E '1
giudice
disse:

Tu
menti,
tu se' tulliano
^
e non
cristiano,
imperocch
dove il
tuo
cuore,
ivi lo tuo tesoro . Allora Girolamo divent
come
mutolo,
di che lo
giudice
comand che fosse bat-
tuto durissimamente. Allora
egK, gridando,
disse: Mi-
sericordia,
misericordia ti
addimando.
Signore
! . E
allora
quelli
ch'erano
presenti, pregarono
il
giudice
che
perdonasse
al
giovane,
ed
egli
incominci a
giurare per
Dio e disse:

Messere,
se io
avr,
ovvero
legger
mai
libri
secolareschi,
s t'abbia io
per rinnegato
. E a
queste
parole
del saramento^
fatto,
Girolamo si risent e tro-
vossi tutto
bagnato
di
lagrime,
e
per
le
predette
bat-
titure ch'avea ricevute dinnanzi alla
sedia,
si trov
tutte le
spalle
livide molto terribilmente. Poi da
quel-
l'ora
innanzi,
si diede con tanto studio a
leggere
la Di-
vina
scrittura,
che mai libri de'
pagani
non avea tanto
studiati,
n con tanto affetto. Ed avendo anni
34,
fu fatto
cardinale della Chiesa di
Roma,
e morto
papa
Liberio,
fu
gridato
che Girolamo era
degno
d'essere Sommo
Sacerdote;
ma
perch'egli
usava
per
zelo di Dio
riprendere
le vanit e' difetti di certi
chierici,
i monaci
indignati
contro di
lui,
se 1
posono
al
petto,
e mahziosamente
per
vestimento di
femmina,
come di ci dice Giovanni
Beleth,
villanamente lo schernirono in
questo
modo.
Che levandosi Girolamo
per
andare a dire il
Mattutino,
com'era sua
usanza,
trov un vestimento femminile
al
capo
del suo
letticciuolo,
siccome i suoi invidiosi av-
versari ve lo avevano
posto,
ed e' credendosi che fossero
li
suoi,
s se K mise
indosso,
e con essi and nella chiesa.
E ci feciono li suoi nemici
per
infamarlo,
acciocch
fosse manifesto
ch'egli
aveva ima femmina nella sua
camera. La
qual
cosa vedendo
Girolamo,
diede
luogo
a
^
ciceroniano.
^
fatto il
giui-amento.
SAN GEROLAMO 543
tanta loro
malizia,
onde si
part
subito da Boma e s
se ne and i.
Costantinopoli
e a
Gregorio
Nazianzeno
^,
vescovo della
citt;
e
poich
con lui fu stato
alquanto
e
da lui bene ammaestrato nella divina e santa
scrittura,
si
part,
e s se n'and in
quei paesi
[d'Oriente]
ad abi-
tare
nell'eremo,
nel
quale luogo quante
cose
egli
sostenne
per
amore di
Cristo,
esso medesimo lo scrive ad Eustochio
cos dicendo:
k
Oh
quante
volte io
nell'ermo,
in
quella
oscura solitudine la
quale per
ardore del sole incende
tutti,
ed di
aspero
abitamento a'
monaci,
pensava
d'essere tuttavia nelle delicatezze di
Roma,
per opera-
zione del nemico !
^
Erano
inasprite
le'
membra,
e dif-
formate
per l'aspro
vestimento del
sacco,
e la mia
pelle
aveva
presa
forma
nera,
come di
Saracino,
e continua-
mente stava in
pianti
e
lamenti,
e se
pur
alcune
volte,
contrastando
me,
il sonno
sopravvegnente
mi abbat-
tesse,
in sulla terra
ignuda poneva
a
giacere
le mie ossa.
Del
mangiare
e del bere
taccio,
conciossiach eziandio i
monaci infermi usano di bere
acque
fredde,
e l'usare cibi
cotti si
appo
loro
riputato
lussuria;
e
pertanto
essendo
io
compagno degli scarpioni
e delle fiere
bestie,
spesse
volte mi venia a memoria la
compagnia
delle donzelle
di
Roma,
e nel freddo
corpo
e nelle carne mortificata
gl'incendi
della lussuria
rampollavano,
sicch continua-
mente
piagneva,
e la carne contrastante sottometteva
alla fame di tutta la
settimana,
e
spesse
volte
congiunsi
il d con la
notte,
niente
mangiando.
Non mi rimaneva
dalle battiture del
petto,
infinoch il
Signore
mi sowenia
con alcuna
quietudine,
e ancora la mia celletta io te-
meva,
per
la coscienza de' mali
pensieri,
e adirato
aspra-
mente,
solo
nato,
forava
^
i
deserti,
e Iddio me ne sia
testimonio che alcuna volta
dopo
le molte
lagrime
mi
pareva
essere tra le schiere
degli angeli.
E
compiuta
che ebbe ivi la
penitenza,
e
per tempo
di
quattro
anni,
^
celebre oratore e scrittore: uno dei
padri
della chiesa
greca.
2
del diavolo.
^
solo solo
penetrava
nei deserti.
544 LEGGENDE CRISTIANE
andossene a la citt di
Betlem,
nel
qual luogo
siccome
savio animale offerse s a dimorare alla
mangiatoia
del
Signore^.
La sua
Bibbia,
la
quale
con sommo studio
egli
s'aveva fatta
2,
e
gli
altri libri
leggendo, digiunava
tutto il d infine alla
notte,
e
ragunati
molti
discepoli
in santo
proponimento
nel traslatare le sante
scritture,
cinquant'anni
e sei mesi s'affatic
^,
e
persever
in ver-
ginitade
fino alla fine della sua vita. Finalmente tanto
s'affatic e afflisse che venne in tanta debolezza che
per
se medesimo non si
poteva
rizzare,
anzi aveva
appic-
cata alla travicella
sopra
al suo letticciuolo una fimi-
cella,
alla
quale s'appiccava,
volendosi vestire. Un di
stando Girolamo a dire lo
vespro
co' suoi
frati,
subita-
mente un leone entr dentro nel
monasterio,
il che ve-
duto che
fu,
gli
altri frati
per paura
si
fuggirono,
ma Gi-
rolamo-
gli
si fece
incontro,
come a suo
ospite,
e lo leone
gli
mostr la
zampa,
la
quale
era
magagnata*,
oiide
fece chiamare i frati e comand loro che lavassono
quella
zampa
e cercassono
diligentemente
lo difetto che vi
fosse,
e avendo ci
fatto,
trovarongli
alcuna enfiatura
per
certo stecco che dentro
v'era,
di che lo curarono
diUgentemente;
e
quando
e' fu
guarito,
lasciando
ogni
salvatichezza,
stavasi con
loro,
come animale mansueto
e
dimestico. Allora intendendo Girolamo
che,
non tanto
per
lo difetto che lo leone avesse nelle
zampe,
ma che
Dio il vi avesse mandato
per
loro
servigio,
con
consiglio
dei suoi frati si
gli pose
cotale
ufficio,
cio
ch'egli
me-
nasse alla
pastura
e
guardasse
uno
loro
asino,
il
quale
recava loro le
legna
del'
bosco,
e lo leone ci faceva con
molta
intelligenza,
a modo
d'ingegnoso pastore,
che
andando alla
pastura sempre
lo
accompagnava,
e cos
mentre che
pasceva
stava alla sua
guardia,
e acci che
^
si
pose
in
ginocchio
alla
mangiatoia,
dove erano stati l'asinelio
e il bue.
2
ricopiata.
^
H
computo

errato,
perch
Gex-olamo cominci la traduzione nel
382,
onde anche ammettendo che vi avesse lavorato fino alla morte
(420),
sono 38
anni.
*
ferita.
DoMENiCHiNO
-
La morte di S. Girolamo.
(Roma
-
Galleria
Vaticana).
(fot. Anderson).
544 LEGGENDE CRISTIANE
andossene a la citt di
Betlem,
nel
qual luogo
siccome
savio animale offerse s a dimorare alla
mangiatoia
del
Signore
^. La sua
Bibbia,
la
quale
con sommo studio
egli
s'aveva fatta
'^,
e
gli
altri libri
leggendo, digiunava
tutto il d infine alla
notte,
e
ragunati
molti
discepoli
in santo
proponimento
nel traslatare le sante
scritture,
cinquant'anni
e sei mesi s'affatic
^,
e
persever
in ver-
ginitade
fino alla fine della sua vita. Finalmente tanto
s'affatic e afflisse che venne in tanta debolezza che
per
se medesimo non si
poteva
rizzare,
anzi aveva
appic-
cata alla travicella
sopra
al suo letticciuolo una funi-
cella,
alla
quale s'appiccava,
volendosi vestire. Un d
stando Girolamo a dire lo
vespro
co' suoi
frati,
subita-
mente un leone entr dentro nel
monasterio,
il che ve-
duto che
fu,
gli
altri frati
per paura
si
fuggirono,
ma Gi-
rolamo
gli
si fece
incontro,
come a suo
ospite,
e lo leone
gli
mostr la
zampa,
la
quale
era
magagnata
*,
onde
fece chiamare i frati e comand loro che lavassono
quella
zampa
e cercassono
diligentemente
lo difetto che vi
fosse,
e avendo ci
fatto,
trovarongli
alcuna enfiatura
per
certo stecco che dentro
v'era,
di che lo curarono
diligentemente;
e
quando
e' fu
guarito,
lasciando
ogni
salvatichezza,
stavasi con
loro,
come animale mansueto
e dimestico. Allora intendendo Girolamo
che,
non tanto
per
lo difetto che lo leone avesse nelle
zampe,
ma che
Dio il vi avesse mandato
per
loro
servigio,
con
consiglio
dei suoi frati s
gli pose
cotale
ufficio,
cio
ch'egli
me-
nasse alla
pastura
e
guardasse
uno loro
asino,
il
quale
recava loro le
legna
del
bosco,
e lo leone ci faceva con
molta
intelligenza,
a modo
d'ingegnoso pastore,
che
andando alla
pastura sempre
lo
accompagnava,
e cos
mentre che
pasceva
stava alla sua
guardia,
e acci che
^
si
pose
iu
ginocchio
alla
mangiatoia,
dove orano stati l'asinelio
e il
bue.
-
ricopiata.
^
II
computo

errato,
jierch
Gerolamo cominci la traduzione nel
382,
onde anche ammettendo olie vi avesse lavorato tino alla morte
(420),
sono 38 anni.
*
ferita.
DoMENiCHiNO
-
La morte di S. Girolamo.
(Roma
-
Galleria
Vaticana).
(fot. Anderson).
SAN GIBOLAM
545
paseesse
se medesimo e l'asino
compiesse
la sua
opera,
sempre
all'ore debite tornava conlui a casa. Or addivenne
che
un
d,
pascendo
l'asino e lo leone addormentandosi
per
grave
sonno,
passando
indi certi mercatanti con
cammelli,
vedendo che '1
predetto
asino era
solo,
si '1
se
ne
menarono,
e lo leone
isvegliandosi
e non vedendo
l'asino,
discorrendo e
mugghiando
d'intorno e
guardartdo
presso
e non
trovandolo,
si ritorn al suo
monistero,
e
per vergogna
non fu ardito di entrare
dentro,
com'era
usato.
E vedendo i frati
com'egli
era tornato
pi
tardi
che non soleva e sanza
l'asQo,
pensaronsi
che
per
co-
stringimento
di fame lo s'avesse
mangiato,
e non vo-
lendo
dargli
il suo usato
cibo,
s
gli
dicevano: Va' e
mancati l'avanzo
dell'asino,
che t'
avanzato,
e
riempi
molto bene la tua
ghiottomia)\
Ma dubitando che non
avesse commesso
questo
male,
certi di loro andarono
alle
pasture,
cercando se trovassino l'asino
vivo,
ovvero
alcuno
segno
di
morte,
e non trovandone
nulla,
tomaronsi
a casa e riferirono a Girolamo
questo
fatto,
e avendo
bisogno
de' servizi che faceva
l'asino,
e non avendone
altro,
deliberarono che lo lione
gli
facesse
egli,
e
tagliando
la
legna
nel
bosco,
le
ponevano
addosso al
leone,
ed
egli
mansuetamente ci sosteneva e recavale al munistero.
Or avvenne che un
d,
avendo lo lione
compiuta
l'opera sua,
usc fuori e andavasi discorrendo
per
la
foresta,
forse se
per
ventura
potesse
rinvenire lo suo
compagno
asiuo;
e cos
andando,
guard,
e vide venire
dalle
lunge
i
predetti
mercatanti coi loro cammelli ca-
richi,
col
predetto
asino innanzi. Ora usanza di
quelle
contrade che
quando
vanno alla
lunga
con molti cam-
melli,
acciocch vadano
piti
diritti,
mettono loro innanzi
un
asino
per guida, legato
con una funicella al collo.
Onde lo
leone,
riconosciuto che ebbe l'asino
suo,
subito,
con
grande
mugghio
corse loro
addosso,
di che
gli
uomini
per
paura
si misono alla
fuga,
e lo leone con
mugghi
terribili,
e
percotendo
la terra fortemente colla
coda,
si
mise innanzi tutti
que'
cammelli cos carichi e costrin-
35.

Baiteuli,
Leggende
cristiane.
546 LEGGENDE CRISTIANE
segli [a seguirlo],
finch li condusse tutti al
monistero.
Vedendo ci i
frati,
annunziarono al beato Girolamo il
fatto,
ed
egli
disse,
sappiendo
le cose che doveano ve-
nire:
Andate,
frati
miei,
e
apparecchiate per gli ospiti
che
vengono, quello
che fa
bisogno
. Non aveva ancora
compiuto
di dire
Girolamo,
che uno messo
giunse
a lui
e disse :
Alle
porte
nostre sono
ospiti,
i
quali
domandano
di voler
parlare
all'abate. Di che Girolamo
gli
f' ve-
nire
dentro,
ed
eglino,
come
gli
furono
dinnanzi,
gli
si
gittarono
a'
piedi, domandandogli perdonanza
della loro
colpa,
ed
egli
levandosi
benignamente
suso :
Pren-
dete liberamente il
vostro,
e siate ammaestrati
per
innanzi di non trre l'altrui. Ed
egli pregarono
santo
Girolamo che
prendesse
la met dell'olio che
eglmo
avevano,
per
benedizione,
di che
per
ninno modo
egli
noi volea
ricevere;
ma
egli
tanto lo
pregarono
che
per
consolazione di loro il
ricevette,
ed anche essi
promisono
di voler
sempre
dare
ogni
anno a'
quei
frati cotale mi-
sura
d'olio,
e cosi comandarono e ordinarono alle loro
rede
^
che
sempre
dovessono fare.
Dice Giovanni Beleth che
per cagione
che insino a.
quel tempo
tutti i
rehgiosi
cantavano e dicevano cia-
scheduno
quello
Officio che
gli piaceva,
lo
imperadore
Teodosio,
spirato
da
Dio,
preg papa
Damaso
^
che im-
ponesse
^
ad alcuno uomo sufficiente il
quale
ordinasse
il modo dell' Officio ecclesiastico.
Ond'egli,
conoscendo
Girolamo uomo sufficiente e ammaestrato di
lingua
latina,
greca
ed
ebrea,
e sommo in divma
sapienza
*
s
gli
commise la detta
opera;
laonde Girolamo ci fece
sollecitamente,
e divise i salmi del Salterio
per
il d
della dima
^;
e
per
ciascuno d
assegn
suo
proprio
not-
turno ed ordin che si dicesse Gloria Patri nella fine di
ciascun
salmo,
e ordin le
Pistole
e i
Va^geli
da dire
*
ai loro eredi.
2
regn
dal 366 all' 84.
^ comandasse.
*
teplogia.
^
settimana,
dal latino hebdomas.
SAN aiEOLAMO 547
e
cantare
nel detto
ufficio,
fuori che '1 canto ^. E le
dette
cose mand
per
iscritto ordinatamente al sommo
pontefice.
Onde lo detto
papa
e i
cardinali,
veduto che
l'ebhono,
molto
piacque
loro,
di che subito l'autenti-
carono ^,
e ordinarono che cos si dovesse
sempre
dire.
E
dopo queste
cose,
Girolamo s s'ordin la sua
sepol-
tura
sulla bocca della
spelonca
nella
quale
lo
Signore
nostro
nacque;
nel
qual luogo, compiuti
anni novanta
e mesi
sei della sua vita
^,
fu
seppellito.
ANNOTAZIONI
Volgarizzaraento
della
Legenda
Aurea.
Gerolamo,
Ambrogio,
Agostino
e
Gregorio
sono i
quattro grandi
dottori della Chiesa
latina,
e come tali furono
dipinti
da Raffaello a lato dell'altare
nella
Disputa
del Sacramento delle Stanze Vaticane,
La maestosa
figura
dello Stridonese tent molti
artisti,
dal
Carpaccio
al
Drer,
dal Botticelli al
Correggio.
Il
primo
in una
serie di
quadri
nella Chiesa
degli
Schiavoni a Venezia
rappre-
sent le varie vicende della vita del
Santo;
il Dixrer ne trasse
argomento per
una delle sue
pi
celebri
incisioni;
il Botticelli" lo
dipinse
in
Ognissanti
di Firenze in atto di scrivere la
Bibbia,
e
finalmente il
Correggio
lo
figur
in atto di offrire la Bibbia stessa
alla
Vergine
e al
Bambino,
in uno dei
pi
luminosi tra i suoi
dipinti,
elle si conserva nella Galleria di Parma.
La morte di S. Gerolamo
ispir
al Domenichino il suo
grande
capolavoro, oggi
nella Pinacoteca Vaticana. Nella medesima
gal-
leria anche un
quadro appena
abbozzato a chiaro scuro da'
Leonardo,
rappresentante
S. Gerolamo
penitente.
Una buona scelta
degli
scritti di S. Gerolamo venne
pub-
blicata a Torino nel 1920 dalla Societ Editrice Internazionale
a
cura di A.
Ficarra,
sotto il titolo di
Florilegium
Hierony-
fiianum.
Veggansi
anche
gli
studi
pubblicati
dai Cardinali
Maffi,
Mercier e
Gasquet
col titolo di
Conferenze
Oeroni-
niane.
Roma, Tip.
Vaticana,
1920.
^
questo
l'ordin
Gregorio.
^
approvarono.
^
Girolamo mor nel
420,
il 30 di settembre. Era nato tra il
340-42,
6
per
il
computo
deU'et non esatto: aveva circa ottant'anni.
LA
LEGGENDA DI
SANT'AMBROGIO
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
II, pag. 350].
Ambruosio,
figliuolo
d'Ambrosino
prefetto
di Roma
^,
stando nella culla in sala del
palagio,
e
dormendo,
subitamente venne uno sciame
d'ape
e
copersegli
la
bocca e la faccia in tal modo come s'elle entrassono nel-
l'arnie
loro
e uscissono insieme: le
quali api poscia
si
levarono
in tanta altezza dell'aria che non si
potevano
vedere con occhi d'uomo. La
qual
cosa essendo cos
fatta,
il
padre, spaventato,
disse cos:

Se
questo
fan-
ciullo avr a
vivere,
grande
fatto sar !
^
. Poscia
quando
venne
crescendo,
e vedea la madre e la
sirocchia,
santa
vergine
^,
baciare la mano a'
preti, per giuoco porgea
la
mano a la
sirocchia,
e dicea:

E' conviene che tu mi baci
la
mano,
e
quella,
non
sapendo quello
che dovea in-
tervenire,
si rifiutava di fare. Ammaestrato
dunque
a
Roma di
lettera,
con ci fosse cosa che li andasse bene
per
mano le
ragioni
del
pretore
*,
fu mandato da Valen-
^
S.
Ambrogio
nacque
a Treviri nel 340 da un
patrizio
romano che
era stato mandato col come
prefetto
delle Gallio. Il
palazzo degli
Am-
brosi! a Boma
sorgeva
tra il
portico
d'Ottavia e il tratto di
Marcello,
dove
oggi
la chiesa di S.
Ambrogio
in Maximo. La
famiglia
torn
a
Roma
quando Ambrogio
era ancora fanciullo.
^
diventer
grande.
Il fatto narrato da Paolino che fu
discepolo
e
segretario
del
Santo,
e
poi
divenne vescovo di
Nola;
egli aggiunse
che
lo sciame
d'api simboleggia
l'elevatezza
degli
scritti di S.
Ambrogio.
3
Marcellina,
sorella
maggiore
di 10 anni ad
Ambrogio,
che nel Na-
tale del 354
pronimzi
i voti di
castit,
e si diede a vita
monastica
con
alcune
compagne
nella casa
patema,
S.
Ambrogio
aveva anche
un
fratello,
maggiore
a lui di due
anni,
di nome
Satiro.
*
essendo
capace
di tenere l'ufficio di
pretore.
sant'ambeogio 549
zianor^
imperadore
a
reggere
le
provincie
di
Liguria
e
di
Emilia ^. Essendo venuto a
Melano,
e non avendovi
vescovo,
raunossi il
popolo
a
provvedersi
di vescovo.
Ma
nascendovi uno
grande
rumore tra
gli
ariani ed
i cattolici
del chiamare
^
il
vescovo,
and l Ambruosio
per
pacificare quella
discordia. E incontanente son
una
voce e disse: Ambruosio vescovo!. Nella
quale
tutti ad uno animo
acconsentirono,
gridando
: Ambruosio
vescovo!. La
quale
cosa
quegli
conoscendo,
per
rimuo-
verli da s con
paure,
uscendo della
chiesa,
salo in sedia
*,
e contra sua
usanza,
comand che fosse fatto tormenti
alle
persone^.
E facendo
ci,
il
popolo
neentedimeno
gridava:
Il
peccato
tuo sia
sopra
noi!. Allora fece
entrare a s
palesemente
le
meretrici,
a ci
che,
veduto
questo,
si ritraesse il
popolo
dal suo
eleggere
^. Ma non
giovando
a
questo
nuUa,
e
sempre
il
popolo gridando:
il
peccato
tuo sia
sopra
noi;
entro la mezzanotte si
mise a
fuggire,
e
pensandosi
d'andare a
Como,
la mat-
tina fu trovato innanzi a,Ua
porta
di
Melano,
la
quale
si chiama Romana. Il
quale,
cos
trovato,
essendo
guar-
dato dal
popolo,
fu mandata ambasciata allo
'mpera-
dore
Valenziano;
il
quale
con
grande allegrezza
rice-
vette
"^
che i
giudici
i
quali
erano
mandati
da s fossero
domandati
per
sacerdoti.
Rallegrossi
anche il
probo
prefetto ^,
di ci che la
parola
sua,
la
quale
avea
detta,
era
adempiuta: per ch'egli
avea detto
quando
andava,
dandogli
le comandamenta:
Va',
e fa' non come
giu-
dice,
ma come vescovo. Ancora fra
questo rapporta-
^
Valentiniano.
^
Egli
risiedeva a
Milano,
gi
scelta da Diocleziano come sede di un
Cesare.
'
nominare. Allora si usava nominare il vescovo
per
acclamazione.
*
si rec al tribimale.
^
contro la sua abitudine volle mostrarsi crudele
perch
il
ppolo
desistesse dal
pensiero
d nominarlo vescovo.
^
Vuol
fingersi peccatore per
essere
reputato indegno
della carica.
'
apprese.

cio il
padre d'Ambrogio.
II
volgarizzatore,
scambiando,
fa di
Probo im sostantivo.
550 LEGGENDE CRISTIANE
mento che si faceva allo
'mperadore;
s si nascose
un'altra
volta,
ma fu trovato ancora.
[Allora
si
battezz]
concio-
fosse cosa che non fosse ancora
battezzato,
e in
capo
degli
otto d fu messo in sedia vescovile ^. E
dopo quattro
anni,
essendo venuto a
Roma,
la sua
sirocchia,
vergiae
consacrata
^,
basciando la mano a
lui,
elli sorrise e
disse:
Ecco,
com'io
diceva,
che tu basci la mano al
prete!.
Essendo andato in una citt
per
ordinare
alcuno
vescovo,
contrastando alla sua elezione la
imperadrice
Giustina
^
e
gli
altri
eretici,
perch
volino alcuno di
loro
setta fosse
ordinato,
advenne che una delle
vergini
deli
ariani
paterini,
la
pi svergognata
dell'altre,
sabo . su
ad alti
*,
e
prese
santo Ambruosio
per
lo
vestimento,
vogliendolo
tirare dal lato delle donne
^,
acci che bat-
tuto da esse con
ingiuria,
fosse cacciato fuori della chiesa.
AUa
quale
disse Ambruosio :
Perch'io
^
non sia
degno
d'essere s
grande
sacerdote,
a te
pure
non si conviene
di mettere mano contra a
qualunque prete
sia: onde
dovresti temere n
giudicio
di
Dio,
che non te ne mter-
venisse alcuna cosa. Il
quale
detto si conferm
per
fatto,
che l'altro d la
port
morta al
sepolcro,
renden-
dole
grazia, per vergogna
'
ch'avea ricevuto da
lei;
la
quale
cosa misse
grande paura
a tutti.
Dopo questo,
torn
a
Melano,
e sostenne molti
agguati
dalla
imperatrice
Giustina,
la
quale
con donamenti e con oro commovea
i
popoli
contra di lui. Conci
dunque
fosse cosa che
molti intendessero a mandarlo a'
confini,
uno di
loro,
pi
disavventurato
degli
altri,
si msse da tanto fu-
rore,
che tolse a
pigione
una casa
lungo
la chiesa
per
questa cagione:
acci che tenendoci
apparecchiato
uno
^ il 7 dicembre 37.
^
fatti voti monastici.
2
madre di Valentuiiaiao
II,
che favoriva
gli
Ariani.
*
sul
prebistero, luogo
riservato ai sacerdoti.
^
usava allora che le donne stessero
separate dagli
uomini,
in
un'ap-
posita
. navata della chiesa.
^
bench io.
'
in cambio dello scorno.
sant'ambeogio 551
carro,
procurando
ci Giustina e
comandando,
pi
leggermente
il
pigliassero
e mandassero a' confini.
Ma,
per giudicio,
in
quello
die
quelli
che il si credea
pigliare,
di
quella
casa fu cacciato
fuori,
e mandato a'
confini
in
quello
carro medesimo. Al
quale
santo Am-
bruosio,
rendendo bene
per
male,
gli
fece dare le
spese
e l'altre necessitadi. Erano in
quello tempo
indemoniati
che
gridavano
a
grandi
boci d'essere tormentati da santo
Ambruosio:
e la
'mperadrice
Giustina,
abitando^ con
li
ariani,
dicea: Ambruosio
corrompe gli
uomini
per
pecunia,
ched elli si confessano indemoniati e tormentati
da lui. Allora subitamente uno di
quelli
ariani che
erano ivi
presenti, preso
fu dal
demonio,
e
gittossi
nel
mezzo di loro e dicea:
Voglia
Dio che cos siano tor-
mentati come sono
io,
quelli
che non credono ad Am-
bruosio ! .
E
coloro,
vergognatisi
di
ci,
pigliarono quello
in-
demoniato
e
gittarolo
entro in un
pelago
^,
e fecerlovi
affogare
dentro. IJno
paterino,
molto
agro disputatore,
duro e da non
potere
convertire alla
fede,
udendo
pre-
dicare
santo
Ambruosio,
s li vidde all'orecchie uno an-
gelo
che li diceva le
parole
le
quali
e'
predicava
al
po-
polo:
la
qual
cosa
quando
ebbe cos
veduto,
la fede la
quale perseguitava,
cominci a difendere. Uno individuo
chiamava le
demonia,
e mandavale a fare nocimento a
santo Ambruosio: ma le demonia ritornavano a
lui,
e
dicevano che non che a
lui,
ma
pure
alle
porte
della casa
sua non si
poteano appressare, per
che uno fuoco da
non
potere
essere
soperchiato,
armava tutto
quello
abi-
turo,
intanto che
quelli
che ne fossero di
lungi
ardea.
Uno
indemoniato,
entrando in
Melano,
il demonio il
lasci,
e uscendone
il
riprese.
Dimandato di
ci,
il de-
monio s
rispuose,
che avea avuto
paura
d'Ambruosio.
Uno,
corrotto della
reina
per prezzo,
entr ima notte
^
parteggleindo.
2
propriamente
mare,
ma
qui
fossa
d'acqua.
552 LEGGENDE CSSTIAlfE
nella camera del santo
per
ucciderlo;
e levando il
colpo
del coltello
per dargli,
incontanente
gli
si secc
^
la mano.
Una volta che
gH
uomini della citt di Tessalonica avea
fallato alcuna cosa contro lo
'mperadore
^,
lo
'mpera-
dore
perdon
loro
per gli preghi
di santo
Ambruosio,
ma
poi adoperando
celatamente la malizia di
quelli
della
corte,
molti di
quella
citt furono morti. La
qual
cosa
quando
santo Ambruosio ebbe
ispiata,
viet a lo
'mperadore
l'entrare della chiesa. Al
quale
dicendo
lo
'mperadore
che David ha commesso l'avolterio
^
e
'1
micidio,
el santo
rispuose:
Tu che hai
seguitato
l'er-
rante,
e
seguita
il
correggente.
La
qual parola quando
lo
'mperadore
ebbe
intesa,
s l'ebbe s
per
bene,
che non contese di fare
pubblica
penitenzia
*. .
Or fu
Ambrugio
di tanta astinenza che
ogni
d,
fuori che il sabato e la domenica e certe
feste,
digiu-
nava. Fu ancora di tanta
largitade
e cortesia che
ogni
cosa dava ai
poveri,
n non si riserbava nulla. Fu di
tanta
compassione,
che
quando
alcuno si confessava
da lui del suo cadimento si
piangeva
il santo s amara-
mente che
costringeva
altres di
piangere
lui. Di tanta
umiltade e fatica
fu,
che i libri i
quali
dittava,
elli stesso
^
irrigidi.
2
Teodosio il
grande (379-383).
^
adulterio.
*
Nella Storia che il seiiatore Aurelio Cassiodoro
compil
servendosi
degli
scritti di
Teodoreto,
di Sozomence di
Socrate,
e che comunemente
conosciuta col nome di Storia
tripartita,
riferito il discorso che Ambro-
gio
tenne
all'imperatore:
Perch
tu,
imperadore, dopo
la
cagione
di co-
tanto furore non conosci la
gravezza
della tua
presunzione,
a te si conf
che la
ragione
vinca la
potenza.
Con che
odchi,
vedrai tu il
tempio
del
comunale
signore
? con che
piedi scalpiterai
lo smalto santo ? come sten-
derai tu le mani a
Dio,
le
quali gocciolano
ancora di
sangue
non
giusto
?
con che
presunzione
riceverai tu colla bocca tua il
beveraggio
del
sangue
di
Cristo,,
quando per
lo furore delle tue
parole

sparso
co-
tanto
sangue
senza
ragione?
Partiti,
dunque, partiti,
e non ti sforzare
d'accrescere al secondo
peccato
la
malvagit
di
prima.
Ricevi il
legame
di che il
Signore
t'ha ora
legato:
ecco la
grande
medicina di sani-
tade.

Quest'episodio
venne
rappresentato maravigliosamente
dal
Rubens nel suo
quadro
al Museo di
Vienna.
ANT'AMBROGIO 553
con
la sua mano
scrivea,
se non fosse
gi
infermo. Di
tanta
piatade
e dolcezza
era,
che
quando gli
veniva
nunziata
la morte d'alcuno
prete,
ovvero
vescovo,
piangea
s amarissimamente che
appena
si
potea
rac-
consolare.
E
quando
era domandato
perch piangesse
cosi
i santi uomini che andavano alla
gloria,
s disse:
Non
pensate
voi ch'io
pianga perch
si
partano,
ma
perch
e' m'entrano
innanzi,
e
perch
si trovano mala-
gevolmente
chi sia
degno
di cotanto officio. Di tanta
fermezza
e fortezza
era,
che i vizi
deU'imperadore
ov-
vero di
baroni,
non
palpitava^,
ma con libera voce li
ripreiidea
tutti costantissimamente.
Una
volta,
come dicono
alcuni,
andando lui a
Roma,
essendo
albergato
in una villa
^
di
Toscana,
a casa d'uno
uomo ricchissimo
molto,
s lo domand sollecitamente
dello stato suo. E l'uomo disse:

Lo stato
mio,
signore
mio,
stato bene avventurato
sempre
e
glorioso.
Ecco
che io abbo abbondanza di ricchezze sanza
fine,
con molti
servi e bella e
grande gente
di
figliuoli
e di
nepoti;
e
tutte cose abbo
sempre
avuto a mio
volere,
n non
sentii
giammai
che fosse tristizia. Udendo ci il
santo,
maravigliossi
fortemente,
e disse ai
compagni
suoi:

Levate
su,
levate
su,
fuggiamo quinci, per
che '1
Signore
non in
questo luogo:
affrettatevi,
figliuoli,
affrettatevi
figliuoli,
e non fate dimoranza neuna in
fuggire,
accioch non ci
colga pi
la vendetta di
Dio,
e
involgaci
insieme coi
peccati
di costoro. Sicch
fug-
gendo costoro,
ed essendo andati un
poco
oltre,
subita-
mente
s'aperse
la terra e
inghiott quell'uomo
con tutti
i
suoi beni che
s'appartenevano
a
lui,
in tale
maniera,
che
segnale
veruno
i^on
ne rimase. La
qual
cosa
veg-
gendo
santo
Ambruosio,
si disse:
Ecco,
frati
miei,
come misericordievolmente Dio
perdona
quando
elli
affligge
l'uomo in
questa
vita,
e come
aspramente
s'a-
toccava,
palpava
cautamente.
"''
citt: ville francese.
554 LEGGENDE CRISTIANE
dira
quando
d le cose
prosperevoli
. Ma nel detto
luogo
rimase una
profondissima
fossa,
la
quale
infino
al d
d'oggi
sta
per
testimonianza di
questo
fatto
i,
E
veggendo
santo Ambruosio la radice di tutti i
mali
cio
l'avarizia,
crescere in
tutti,
e massimamente
in
coloro ch'erano ordinati in
signoria,
e anche in
coloro
ch'erano ordinati nei santi
uffici,
ch'ognuno
riven-
devano
2,
incominci fortemente a
piangere,
e
^preg
Domeneddio molto
ferventemente,
che lo traesse di
questo
mondo. La
qual
cosa
quand'ebbe impetrata
da
Dio,
rallegrossi
e manifestollo a' suoi
frati,
che sarebbe
stato con loro infno a Resurresso ^. E
pochi
d
dapprima
che si
ponesse
a
giacere,
abbiendo,
dettato col
notaio
suo il
quarantesimoquarto
salmo,
e cominciato col-
l'altro, subitamente,
veggendo
il detto
notaio,
uno
pic-
colo
fuoco,
a modo d'uno
scudo,
coperse
il
capo
suo,
e a
poco
a
poco gli
entr
per
la
bocca,
come abitatore
in sua
casa,
e allora la faccia sua s si fece come neve.
In
quello
die fece la fine al dittare e allo
scrivere,
n
non
pot compiere quello
salmo,
e da ivi a
pochi
d
inferm.
Allora il conte d'Italia
*
essendo a
Milano,
fecesi
venire tutti i nobili
uomini,
dicendo che se cotale uomo
andasse di
questo
mondo,
sarebbe a
pericolo
di morte
tutta Italia. Sicch
gli preg
ch'andassero a visitarlo
e a
pregarlo
che
egli
s'accattasse da Domeneddio
spazio
di vita. La
qual
cosa
udendo,
quegli
s disse: Non son
^
Confronta
questa
narrazione con
quella,
del Cavalca nel
Pungi-
lingua
e del Passavanti nello
Specchio
di vera
penitenza.
2
Erano i
simoniaci,
contro i
quali
si
scaglier poi
Dante:

O Simon
mago,
o miseri
seguaci
che le cose di
Dio,
che di boutade
deono essere
spose,
e voi
rapaci
IDer
oro e
per argento
adulterate.... .
{Inferno, XIX, I, 5).
^
la
Pasqua
di reserruzione.
*
Fin dai
tempi
di Diocleziano
l'impero
era stato diviso in te-
trarchia,
e uno dei Cosari abitava
appunto
a Milano.
sant'ambbogio 555
si vivTito tra voi ch'io mi
vergogni
di
vivere,
n non ho
paura
di
morire,
abbiendo noi buono
Signore
. In
quello
tempo
trattavano
quattro
suoi diaconi tra loro chi
fosse buono
^
dopo
la morte di costui. Ed essendo molto
di
lungi,
et abbiendo nominato cos chetamente
Simpli-
ciano
^,
s che
appena
si
potevano
udire fra
loro, elli,
posto
di
lunge, grid
tre volte:

vecchio,
ma buono .
Coloro,
udendo
ci,
spaventati fuggirono,
e
poscia
lo
elessero.
Onorato,
vescovo di
Vercelli,
aspettando
il
passa-
mento di Santo
Ambruosio,
s li venne un
sonno,
e
ud una voce la
quale gli
disse tre volte:

Leva
su,
ora
si dee
passare
.
Questi
si lev e venne ratto a Milano e
diedegli
il sacramento del
corpo
di
Cristo,
e inconta-
nente che
[Ambrogio]
l'ebbe
preso,
distese le mani
in modo di
croce,
e fra le
parole
dell'orazione mand
fuori lo
spirito.
Fu al
tempo degli
anni domini
397,
ed essendo la notte della
Pasqua portato
il
corpo
suo
alla
chiesa,
molti
garzoncelli
battezzati diceano che lo
vedeano,
sicch altri il mostravano a li
parenti
^
loro
che sedea sulla
sedia,
altri che
saliva,
e mostravanlo
a
dito,
altri diceano che avevano veduto una stella
sul
corpo
suo.
ANNOTAZIONI
La narrazione tratta dalla
Legenda
Aurea,
la
quale
a sua
volta
esemplata
sulla Vita di Paolino.
L'episodio
delle
api
che si
posano
sulla bocca del fanciullo un ricordo di
quanto
si narrava di Platone. S.
Ambrogio
considerato come uno dei
quattro
massimi dottori della
Chiesa,
e
per
Raffaello lo
dipinse
accanto a S,
Agostino
nella
Disputa
del Sacramento e il Cor-
9
^
capace, degno
di
succedergli.
2
Era stato maestro di
Ambrogio,
e
gli
succedette sulla cattedra di
]MiIano.
^
genitori;
v.
pag.
529.
556 LEGGENDE CRISTIANE
roggio
in uno dei
pennacchi
della
cupola
di S. Giovanni evan-
gelista
a Parma.
Alla memoria di S.
Ambrogio,
Milano fin dal secolo IV aveva
eretto una
chiesa,
sulle rovine d'un
tempio pagano.
Pi
tardi,
nel XII
secolo,
venne costruita la famosa basilica che
oggi
si
ammira,
ricca di
mosaici,
di sculture e di
pitture pregevolissime
^.
Il Santo
riposa
sotto l'aitar
maggiore
entro un'urna
d'argento.
Sant'Ambrogio
fiss le norme della
liturgia
che ancor
oggi
si osserva dalla Chiesa milanese
(
rito
ambrosiano)
e dett i fa-
mosi inni da cantarsi nelle ore
canoniche,
di cui il
pi
cono-
sciuto
quello
di
Compieta:

Te lucis atite terminum Rerum creator
poscimust
ricordato anche da Dante
{Purgaiorio,
canto
Vili).
L'opera pi
famosa di lui
VExameron,
ossia la Storia della Crea-
zione del mondo. I tre libri De
officiis
ministrorum
possono
dirsi
un trattato di morale e un
contrapposto
eristiano
all'opera
di
Cicerone.
Delle
esemplari
virt e dell'alta
intelligenza
di
Ambrogio
fa affettuoso ricordo S.
Agostino
nel libro VE delle
Confessioni,
dove narra come dai discorsi di lui a
poco
a
poco
fosse tratto a
ravvedersi dei
propri
errori ad abbracciare la dottrina cri-
stiana.
La Biblioteca Braidense conserva un raro incunabolo del
1492: La vita et li miracoli del Beatissimo Ambrosio
patrono
de
li
Milanesi,
adorno di una rozza
silografia rappresentante
il
Santo in abito vescovile col bastone
pastorale
nella destra e nella
sinistra il
flagello
da usare contro
gli
eretici ariani.
Questo
il
suo attributo consueto.
^V'
*
Vedi C.
RoMTJSSi,
Sant'Ambrogio,
Milano 1897.
LA LEGGENDA DI SANT'AGOSTINO
[Pubblicata
dallo
Zambrini,
voi.
II,
pag. 43].
Agustino,
dottore
nobile,
nacque
ne la
provincia
d'Africa,
nella citt di
Cartagine
^,
d'onesto
parentado.
Il suo
j)adre
ebbe nome Patricio e la madre Monica.
Nell'arti liberali sufficientemente ammaestrato:
per
la
qual
cosa era tenuto sommo filosofo e maestro allumi-
natissimo,
per
che i libri d'Aristotile e tutti li libri del-
l'arte
liberali,
qualunque poto
avere,
per
se medesimo
gli appar
e
intese,
s com'elli medesimo dice nel libro
delle
Confessioni:

Essendo
reissimo,
e servo delle
cupidezze, per
me medesimo
gli
lessi e intesi
qualunque
io
potei leggere
2. Ancora dice in
quel
medesimo libro:

Ci
eh' dell'arte del
parlare
e di
quistionare,
e ci
eh' dell'arte del misurare e de'
numeri,
sanza
grande
malagevolezza
e sanza ammaestramento d'uomo in-
tesi. Tu
sai.
Signore
mio
Domeniddio,
che l'avaccezza
^
dello 'ntendere si tuo
dono,
ma io non te ne sacrificava
*,
messere,
ma
imper
che la scienza sanza la carit
giam-
mai non
edifica,
ma enfia
^,
caddi nello errore de' Ma-
nicei,
i
quali
dicono che Cristo ebbe
corpo
fantastico,
^
Pi esattamente a
Tagaate,
nella
prov,
di
Cartagine,
l'anno
354,
^
Oonfeaaioni, TV,
16.
^
prontezza.
*
non te ne facevo
omaggio,
non li riconoscevo
per
doni tuoi.
6
inorgoglisce.
558 LEGGENDE CRISTIANE
e
niegano
la risurrezione della carne. In
questo
errore
stetti nove anni
^,
essendo ancora
giovane.
E in tante
beffe venni
che,
quando
era tolto il
pomo
e la
foglia
all'albore,
dicea ohe
quel
cotale albore
piangeva.
Essendo
dunque
ancora d'etade di diciannove
aimi,
e
leg-
gendo
uno libro d'alcuno filosofo
^,
nel
quale
era scritto
come la vanit del mondo era da
dispregiarj imperci
li
piacque
molto
quello
libro. Ma
perch
'1 nome di Ges
Cristo,
lo
quale egli
aveva udito dalla
madre,
non v'era
scritto,
cominciossene fortemente a
turbare;
e la madre
piangeva
molto
per
lui,
e sforzavasi di reducerlo all'unit
della fede ^. S che una
volta,
come si
legge
nel libro delle
Confessioni, l'apparve
un
giovine,
stando ella in molto
dolore,
e dissele: Sta'
sicuramente,
che col dove so'
tu,
sar
egli
. E raccontando ella
queste
cose al
figliuolo,
s le
rispuose
santo
Agustino
:

Madre
mia,
non ti fu cos
detto,
anzi ti disse: l ove
egli
,
sarai tu.
Pregava
dunque
la madre continuamente con
improntezza
*
uno
vescovo,
siccome si
legge
in
quello
libro,
che
degnasse
di
pregare
Domeneddio
per
lo
figliuolo
suo. Il
quale
le disse: Va'
sicuramente,
che
impossibile
cosa che
'1
figliuolo
di tante
lagrime perisca!
. E abbiendo santo
Agustino
letto

molti anni la rettorica alla citt di
Cartagine,
celatamente,
sanza
saputa
della
madre,
se
n'and a
Roma,
e
ragun
ivi molti
discepoli.
In
quei tem]3
addimandarono
quelli
di Milano a
Simmaco,
prefetto
di
Roma,
che mandasse loro uno
maestro di rettorica. Ai
prieghi
dei
quali
fu mandato
loro
Agustino,
Era in
quello tempo
santo
Ambruogio
vescovo di
Milano,
al
quale
cominci santo
Agustino
ad
accostarsi,
e udire le
prediche
sue. Addivenne che
in una
predica disput
molto santo
Ambruogio
contro
^
dai diciannove ai
ventotto,
come dice
egli
stesso nel VI libro delle
Confessioni
(cap. I).
-
L'Ortensio di
Cicerone;
v.
Confesioni,
1,
4.
^
la madre era cristiana.
*
insistenza.
^
letto in
classe,
cio
insegnato.
SANa?'AGOSTINO 559
a
quella
resia
^,
e
vituperolla per aperte ragioni,
in tal
modo
che
quello
errore al tutto si
parto
dal cuore di
santo
Agustiao.
E con ci fosse
cosa,
s com'elli dice
nel
libro
delle
Confessioni,
che la via di Cristo
gli pia-
cesse,
tutto che ancora
gli paresse malagevole, missegli
il
Signore
in cuore d'andare a
Simpliciano
^,
nel
quale
era
la
grazia
di
Cristo,
acci
che,
ragionandosi
con
lui,
gli
contasse i fervori
suoi,
e
imprendesse qual
fosse
aperto
modo di vivere ad andare
per
la via di Dio. E
Simpliciano
il cominci a confortare e dicere:

Quanti
giovani
fanciulli e fanciulle servono a Dio nell'Ecclesia
sua! Or non
potrai
tu tanto
quanto questi
e
queste?
Ma veramente
possono
in
Domeneddio,
loro
^,
tu non
puoi, perch
stai in te e non stai in
lui;
gettati
dunque-
in
Domeneddio,
ed
egli
ti ricever e sanicheratti
*
.
Fra
questi ragionamenti
venne loro alla mente il fatto
di Vittorino
^,
il
quale per
la
sapienza
e
ragione,
essendo
ancora
pagano,
merit d'avere statua d'oro. Venuto
dunque
Vittorino nella
chiesa,
e dato a lui
colatamente,
s come a
vergognoso,
il libro ov'era scritto il Credo in
Dio,
s mont ad
alto,
e
pronunziollo
ad alta voce ^.
Allora venne d'Africa uno amico di santo
Agustino,
il
quale
aveva nome Ponziato
'^,
e
raccontagli
la vita e
i
miracoli del
grande
santo
Antonio,
il
quale
era
pas-
sato di
questa
vita nuovamente
^,
nell'Egitto,
al
tempo
di
Costantino
imperadore.
Per lo cui
esemplo
fu santo
Agustino
si fortemente
acceso,
che con fervore
grid
al
compagno
suo
Alipio
^,
dicendo: Che facciamo?
^
manichea.
-
vecchio e dotto
prelato,
clie succedette a S.
Ambrogio
sxilla catte-
dra
vescovile di Milano nel 397. Mor nel
400;
v.
pag.
555.
^
loro
soggett(j.
Essi
possono,
coU'aiuto di
Dio,
e tu non
puoi.
*
risaner.
^
vedi
pag.
541.

I sacerdoti avevano
proposto
a Vittorino di fare una dichiara-
zione
privata,
ma
egli
invece volle farla
pubblicamente
in
chiesa,
ad alta
voce,
in
presenza
di tutto il
popolo.
'
Pontiniano,
o Poliziano.

di
recente.

compaesano
ed amicissimo di
Agostino,
che lo aveva
preceduto
in
Italia.
560 LEGGENDE OBISTIANE
che udiamo? Levansi i
semplici
e
rapiscono
il
cielo,
e
noi,
con le nostre
dottrine,
discendiamo allo
inferno!.
E
intrando in uno
orto,
gittossi
sotto un
fico,
e
dicea
inverso Dio:

Tardi t'ho
amato,
bellezza: tu eri
meco,
e
io
non era teco
;
e altre
parole belle,
si come dice nel libro
delle
Confessioni.
E stando lui in
questo pianto,
udo
una notte una voce che
gli
disse:
Togli, leggi; togli,
leggi;
e incontanente
aperse
il
libro,
e il
primo capi-
tolo che
gli
venne alle mani dicea:

vestitevi del
Signore
Ges
Cristo^;
e incontanente si
partirono
da lui le
tenebre del dubitamento. In
questo
mezzo,
cominci
a essere tormentato di fortissimo dolore de'
denti,
in-
tanto che
poco
meno che non si diede a credere
l'opinione
di Cornelio
filosofo,
che
puose
il sommo bene dell'anima
in
savere,
e
quel
del
corpo
in non sentire neuno
dolore;
e fu s forte
quel
duolo che eziandio la favella ne
perdea.
Onde,
s
com'egli
dice nel libro delle
Confessioni,
scrisse
in tavole di cera che tutti
pregassero
Iddio
per
lui che
mitigasse quello
dolore;
e
inginocchiandosi
con
gli
altri,
subitamente si trov
guarito
^. Fece
dunque assapere
al servo di Dio
Ambruogio, per
lettere,
il disiderio suo
acci che
gli
mostrasse
qual
de' libri santi fosse
pi
da
leggere, per
acconciarsi
megho
alla fede cristiana.
E
quegli gli
mand che
leggesse
Isaia
profeta;
e il comin-
ciamento di
quel
libro non intendendo
Agustino,
e cre-
dendo che '1 libro fosse cos
fatto,
indugiossi
di
leggerlo,
insino a tanto che fosse
pi
esercitato ne' libri santi
^.
Approssimandosi dunque
il
tempo
della
Pasqua,
ed
essendo
egli
di XXX
anni,
ricevette il santo
battesimo,
insieme col
figliuolo
Diedato,
fanciullo molto
ingegnoso,
il
quale
avea
ingenerato
nel
tempo
ch'era stato
pagano,
e
con
Ahpio
suo amico.
Allora,
s
com'egli
dice,
santo
Ambruogio
disse: Te deum laudamus
));
e santo
gu-
stino
rispuose:

Te dominum
confitemur
. E cos amendue
1
Era la lettera XIII di
S. Paolo ai
Romani,
paragrafo
13,
14.
2
Confessioni, Vili,
12.
3
Ibid., IX,
4.
P. Rubens

Sant'Ambrogio respinge l'Imperatore
Teodosio.
(Vienna
-
Galleria
Nazionale).
(Phot. Gesellschaft).
560 LEGGENDE CRISTIANE
che udiamo? Levansi i
semplici
e
rapiscono
il
cielo,
e
noi,
con le nostre
dottrine,
discendiamo allo
inferno!);.
E intrando in uno
orto,
gittossi
sotto un
fico,
e
dicea
inverso Dio:

Tardi t'ho
amato,
bellezza: tu eri
meco,
e io
non era teco
;
e altre
parole
belle,
si come dice nel libro
delle
Confessioni.
E stando lui in
questo pianto,
udo
una notte una voce che
gli
disse:
Togli, leggi; togli,
leggi;
e incontanente
aperse
il
libro,
e il
primo capi-
tolo che
gli
venne alle mani dicea:

vestitevi del
Signore
Ges
Cristo^;
e incontanente si
partirono
da lui le
tenebre del dubitamento. In
questo
mezzo,
cominci
a essere tormentato di fortissimo dolore de'
denti,
in-
tanto che
poco
meno che non si diede a credere
l'opinione
d Cornelio
filosofo,
che
puose
il sommo bene dell'anima
in
savere,
e
quel
del
corpo
in non sentire neuno
dolore;
e fu s forte
quel
duolo che eziandio la favella ne
perdea.
Onde,
s
com'egli
dice nel libro delle
Confessioni,
scrisse
in tavole di cera che tutti
pregassero
Iddio
per
lui che
mitigasse quello
dolore;
e
inginocchiandosi
con
gli
altri,
subitamente si trov
guarito
^. Fece
dunque assapere
al servo di Dio
Ambruogio, per
lettere,
il disiderio suo
acci che
gli
mostrasse
qual
de' libri santi fosse
pi
da
leggere, per
acconciarsi
meglio
alla fede cristiana.
E
quegli gli
mand che
leggesse
Isaia
profeta;
e il comin-
ciamento di
quel
libro non intendendo
Agustino,
e cre-
dendo che '1 libro fosse cos
fatto,
indugiossi
di
leggerlo,
insino a tanto che fosse
pi
esercitato ne' libri santi
'.
Approssimandosi dunque
il
tempo
della
Pasqua,
ed
essendo
egli
d XXX
anni,
ricevette il santo battesimo,
insieme col
figliuolo
Diedato,
fanciullo molto
ingegnoso,
il
quale
avea
ingenerato
nel
tempo
ch'era stato
pagano,
e
con
Alipio
suo amico.
Allora,
si
com'egli
dice,
santo
Ambruogio
disse:

^e deun
laudamus)>;
e santo
Agii-
stino
rispuose:

Te domimtm
confitemur
)\ E cos amendne
1
Era la lettera XIII di 3, Paolo ai
Romani,
paragrafo
13,
14.
2
Confessioni, Vili,
12.
3
Ibid., IX,
4.
P. Rubens
-
Sant'Ambrogio respinge l'Imperatore
Teodosio.
(Vienna
-
Galleria
Nazionale).
(Phot. Gesellschaft).
I
i
I
f
I
f
I
i
#
i
I
.il
I
sant'agostino 561
dicendo,
l'uno vers
l'uno,
e l'altro verso
l'altro,
questo
inno
infino
aUa fine il cantarono ^. E
incontanente,
con-
fermato
mirabilmente neUa
fede,
abbandon
ogni spe-
ranza
ch'egli
avea nel
secolo,
e rinunzi le scuole del-
l'arti liberali,
s
com'egli
medesimo il mostra nel detto
libro
delle
Confessioni,
nel
parlare
dolce che fa a Dio.
Di
po'
queste
cose,
prende
seco Nebridio e Nodio
^
e
la
madre,
la
quale
era venuta a
lui,
e ritornavasi in
Africa,
ma
quando
furono ad
Ostia,
la
pietosa^
sua
madre
moro
^;
di
po'
la
cui
morte,
Agustino
ritorn
alle
possessioni
sue,
nel
quale luogo
serviva a Dio in
digiuni
e orazioni insiememente con
quegli
,
che a lui
s'erano accostati. Scriveva li
libri,
e ammaestrava

non
sapienti^.
La nominanza sua si
spandeva
in
tutte
parti;
e in tutti libri e
opere
sue era tenuto maravi-
glioso.
E'
guardavasi
d'andare ad alcuna cittade ove
non fosse
vescovo,
per
non esservi
impedimento
nel
detto ufficio ^. In
quel tempo,
ad
Ippona,
un uomo
di
grandi
ricchezze
mand,
dicendo a
Agustino
che
s'egli
andasse a lui e udisse la
parola
della bocca
sua,
si si
rinunzierebbe al secolo. La
qual
cosa,
comunque
'
Agu-
stino il
seppe,
ratto and a lui. E udendo
Valerio,
ve-
scovo
d'Ippona,
la fama
sua,
s l'ordin
prete
neUa sua
chiesa,
avegna
Iddio che molto il contradiasse
^;
la
'^
Tale affermazione
puramente
tradizionale,
non confermata da
nessuna
prova.
Alcuni studiosi
pensano oggi
che l'inno sia da attri-
buirai
al vescovo serbo Nieeta
(t 414).
^
Errore di trascrizione: trattasi non di
Ennodio,
ma di
Evodio,
compaesano
di
Agostino, gi
ufficiale
dell'Imperatore,
che
dopo
il bat-
tesimo,
aveva rinunziato alla milizia.
^
religiosa: pietas
nel senso latino.
*
La morte della madre narrata in modo commovente nel
capi-
tolo 8
del libro IX delle
Confessioni.
^
tJn
bell'esempio
di catechismo ci ha lasciato
nell'opuscolo
De
catechizandis rudibus.
*
non andava in citt ove fosse sede vacante
per
non correre
il
rischio di esserne acclamato
vescovo,
come
capit
a S. Niceola e
8
S.
Ambrogio.
'
appena.
^
non senza
gran
contrasto di
Agostino, interpretato
da molti come
disprezzo.
L'ordinazione avvenne nell'anno 391.
36.

Battelli,
Leggende
cristiane.
f
562 LEGGENDE CmSTIANE
qual
cosa molti credettono che '1 facesse
per disdegno.
E
santo
Agustino
incontanente ordin il
monasterio
de'
cherici,
e cominci a vivere secondo la
regola
ord-
nata de' santi
Apostoli
^. Del
quale
monasterio sono
eletti dieci
-
vescovi,
e
perch
'1 vescovo era
greco,
e
sapea
meno di
lingua
latina e di
lettere,
diede la
p-
destate
a santo
Agustino
che
predicasse
nella
chiesa
dinnanzi a lui ^. Per la
qual
cosa fu da molti vescovi
ripreso, perch'era
contro all'usanza della chiesa orien-
tale;
ed
egli
di ci non si
cur,
purch per
lui fosse fatto
quello
che
per
lui fare non si
potea.
In
questo tempo
convinse e tolse via
Fortunato,
prete
maniceo,
e
altri
eretici
manicei,
e massimamente ribattezzati dona-
tisti^. E Valerio temea molto d'
Agustino
che non
gli
fosse tolto e domandato
per
vescovo da altra
cittade,
e alcuna volta
gli
sarebbe stato
tolto,
se non l'avesse
mandato ad alcuno
luogo
secreto;
s che
impetr
dal-
l'arcivescovo di
Cartagine
di dare
luogo
al
vescovado,
e ordinare
Agustino
in vescovo
d'Ippona:
la
qual
cosa
ricusando
Agustino,
alla
perfine,
essendo
costretto,
il
ricevette *. Le vestimenta sue e i calzari suoi e
gli
altri
ornamenti n
troppo gli
avea belli n molto
sozzi,
ma
di
temperato
abito
sempre
us; la mensa comune e molto
iscarsa,
e in
quella
mensa amava
pi
la lezione o la
dispu-
tazione che '1
mangiare;
e contra la
pistolenza
del dir
male
d'altrui,
avea cos scritto in
quella
mensa :

Qua-
lunque persona
ama di rodere la vita de' lontani con
pa-
role,
sappia
che
questa
mensa non si
fa
a lui)). E alcuna
volta alcuni vescovi famidarissimi a
lui,
stando alla
mensa con
lui,
-e abbiendo isfrenata la
lingua
di dir male
d'altrui,
s duramente li
riprese,
che disse che si rimanes-
^
fond una comunit di
preti
e canonici che
presero
il nome
di
Agostiniani.
2
nessuno
pu predicare
senza il
permesso
del vescovo della diocesi.
^
seguaci
di
Donato,
vescovo della
Ninnidia,
fondatore di una setta
che reclamava dalla Chiesa
particolare purezza
di costumi e
rigorosa
disciplina,
e
contrapponeva
alla concezione universale
(cattolica)
della
Chiesa di Roma il
particolarismo
africano. Ved. H.
Bonaiuti,
S.
Ago-
stino,
Roma
1924,
pag.
54 e
segg.
*
l'anno 396.
sant'agostino 563
sero,
o
egli spegnerebbe
^
quelli
versi,
o
egli
si
partirebbe
dalla
mensa. Una
volta,
avendo
egli
invitati a desinare
alcuni
suoi
familiari,
uno di
loro,
pi
curioso
degli
altri,
entr
in cucina e avendo trovata
ogni
cosa
fredda,
torn
a santo
Agustino
e domandollo
quello
che avea
apparec-
chiato
da
mangiare.
E santo
Agustino gli rispuose:
E io con esso voi noi so ! .
Di tanta
purit
e umilt
fu,
che i
peccati
i
quali
paiono
appo
noi
nulla,
o molto
piccolini,
s
gli
con-
fessava
e accusavasene umilmente dinanzi al
Signore,
siccome
si
legge
nel libro delle sue
Confessioni.
Onde
quivi
s'accusa che
quando
era fanciullo
giocava
alla
palla quando
dovea ire alla scuola ^: raccusasi come
non volea
leggere,
se
per paura
non era costretto dal
maestro. Anche dice che
leggeva
volontieri,
essendo
ancora
fanciullo,
le favole de'
poeti,
siccome la favola di
Enea,
e
piagnea
Bidone morta
per
amore. Anche s'accusa
di ci che in
quella
etade
togliea
celatament del cel-
liere o della mensa di
casa,
per
dare ai fanciulli che
giu-
cavano^: anche di ci che
operava d'inganno
nel
gioco
de' fanciulli. Anche s'accusa che
quando
era d'etade
di dodici
anni,
tolse delle
pere
d'un
pero,
allato alla
vigna
sua. Anche s'accusa di
quel piccolo
diletto che sentiva
nel
mangiare
alcuna
volta,
e dice cos:

Ha' mi inse-
gnato
ch'io vada a
prendere
il nodrimento come la me-
dicina,
l'ebrietade
lungi
da me. Il
troppo mangiare
non fu mai nel servo tuo . Hassi eziandio
sospetto,
dell'odorato;
onde dice: O
Signore,
al diletto
degli
odori
non mi sforzo
troppo: quando
non
gli
sento
gli
vo caendo:
quando
gli
sento s
gli
rifiuto,
e
sempre
sto
apparec-
chiato a non
avergh.
Cos
pare
a
me,
ma forse m'in-
ganno,
per
che neuno dee stare sicuro in
questa
vita,
la
quale
detta tutta tentazione

*. Ancora si con-
^
cancellerebbe.
^
Confessioni, I,
10.
3
Ibid, I,
19.
*
Ibid., X,
32.
564 LEGGENDE CBISTIANE
fessa
dell'udire,
e dice che
quando
il muove
pi
il
canto
che le
parole
del
canto,
si confessa avere
peccato:
e
allora vorrebbe anzi non udire colui che canta.
Anche
s'accusa del
vedere,
siccome dice che alcuna volta
vide
troppo
volentieri correre i cani de' cacciatori. E
anche
s'accusa che stava
troppo
attento,
quando
era a
casa,
di
vedere i
ragnoli pigliare
le
mosche,
dicendo
ch'alcuna
volta rimuovono altrui da' buoni
pensieri,
e
rompono
l'orazioni. Anche si accusa del volere lode e del movimento
della
vanagloria;
onde dice: ((Chi vuole essere lodato
dagli
uomini,
vituperandolo
te,
non sar difeso
dagli
uomini,
giudicandolo
te. lodato l'uomo
per
alcuno dono
che tu
gli
hai
dato,
e
pertanto
vuole
essere lodato
egli
pi
che '1 dono. Noi siamo tentati
quotidianamente
di
queste
tentazioni,
sanza rimanercene. Io mi contristo
alcuna volta delle mie
lodi,
quando quelle
cose sono
lodate in
me,
nelle
quali
io
dispiaccio
a me medesimo

\
Questo
santo
Agustino
confondea fortissimamente
gli
eretici,
e sostenne da loro molti
agguati, volendogli
trre la vita: ma
per
la
provvedenza
di Dio noi
pote-
rono fare niun'otta. I
poveri sempre
avea nella
mente,
e dava loro diliberatamente di
quello
che
potea:
e al-
cuna volta facea disfare vasellamenti del
Signore,
e
dare a'
poveri.
Casa o
campo
o villa
gi
mai non volle
comperare.
Molti
retaggi
rifiut,
che
gli
erano lasciati.
Di nuovi lavori
^
non ebbe
gi
mai
studio,
ischifando
d'avere
impacciato
l'animo
suo,
il
quale
voleva
sempre
libero da
ogni impaccio
e sollecitudine
corporale,
acci
che liberamente
potesse
intendere alla continenzia
e
alla meditazione
^,
e alla continua lezione. E lodava molto
coloro che avevano disiderio di
morire,
e di ci recava
l'esemplo
di santo
Ambruogio,
il
quale
essendo in sulla
stremit della
vita,
i cherici suoi il
pregarono
che
si
^
Confessioni, IX,
37.
2
costruzione di edifizi sacri.
2
cos il
testo,
ma
l'originale
latino ha: contimiae. meditaiioni
sant'agostino 565
laccattasse
prolungamento
di vita
per
suoi
preghieri;
led
egli
rispuose:

Non sono s vivuto che mi sia
vergogna
Idi
vivere
tra
voi;
n non temo di
morire,
per
che noi
javemo
buono
Signore
r.
^. Molto
aggradiva
santo
Agustino
[questa
risposta.
Ancora raccontava santo
Agustino
d'un altro ve-
Iscovo,
al
quale,
essendo detto
ch'egli
era molto neces-
sario
alla
Chiesa,
e
per pregavano
il
Signore
che '1
diliberasse,
questi
disse:

S'alcuna volta mi conviene
I
morire,
or
perch
non ora? ,
Ancora raccontava santo
Agustino
d'mi altro ve-
scovo,
che
Cipriano
racconta, che,
avendo una
grande
iufermitade,
pregava
Domeneddio che
gli
rendesse sa-
nitade:
al
quale apparendo
un bellissimo
giovane,
con
grande indignazione, piagnendo,
s li disse: Di
pene
e
di miserie non volete uscire? Or che vi far
dunque?
.
Femmina
gi
mai neuna non
permise
abitare seco:
n ancora la sua sirocchia
carnale;
n le
figliuole
del suo
fratello,
le
quali
serviano
igualmente
a Domeneddio:
non
perch
da loro
potesse
nascere
sospezione,
ma
per
ischifare dell'altre che verrebbono alle loro
cagioni
^.
Con femmiua
gi
mai non
parlava
solo,
se
gi
non fossi
in
confessione,
o in alcuna cosa molto secreta. A'
pa-
renti dava in tal modo che n ricchi
fossero,
n
troppo
abbisognassero.
Rade volte volea
pregare
altrui
per
alcuno,
o
per
lettere o
per parole;
volea anzi
^
tra' non
conosciuti che tra
gli
amici udire i
piati,
dicendo che
pi
liberamente si conoscer la
quistione.
Da molte chiese era invitato di
predicazioni,
a
pre-
dicarvi la
parola
di Dio. In
quel tempo
i Goti avendo
presa
Roma
*,
coloro che adoravano l'idoli e
gl'infedeli,
diceano molta villania ai
cristiani,
di ci che
patano
cotali cose dai
pagani.
Per la
qual
cosa santo
Agustino
^
vedi
pag.
554.
^
le amiche che sarebbero venute a visitarle.
^
piuttosto.
*
nel
410,
sotto la
guida
di Alarico.
566 LEGGENDE OBISTIANB
compuose
un libro Della citt di
Dio,
nel
quale
mostra
che i
giusti
deono essere
pressati
in
questa
vita,
e i
rei
fiorire: nel
qual
libro tratta delle due
cittadi,
cio Jeru-
salem e
Bambillonia,
dello loro
re;
che il re di Jerusalem
s
Cristo,
e lo re di Bambillonia si il diavolo: le
quali
due cittadi fanno a s due
amori,
s come dice in
quel
luogo,
che la citt del diavolo si fa l'amore di se mede-
simo,
crescente infino al
dispregio
di
Dio,
e la citt di
Cristo si fa l'amore di
Dio,
crescente infino aL
dispregio
di s. E ne' d
suoi,
cio
negli
anni
CCCCXXX,
li Van-
doli
occupano
tutta la
provincia
d'Africa,
non
perdo-
nando n a maschio n a
femmina,
n a etade n a or-
dine,
n a
persona
veruna. Poi vennero alla citt
d'Ip-
pona,
e assediarla con
grande
sforzo. Sotto
questa
tri-
bulazione,
sopra
tutte l'altre della sua
vecchiezza,
men
amarissima vita e
lamentevole,
di molte
lagrime
di d
e di
notte,
vedendo altri
morti,
altri
scacciati,
le chiese
spogliate
de'
preti,
le cittadi disfatte ne' fondamenti.
Ma infra cotanti mali usava
per
consolazione,
la sen-
tenzia d'uno
savio,
che dice cos :
Non sar
grande
chi
pensa grande
cosa
^
che i
legnami caggiono
e le
pietre,
e che
gli
uomini
muoiono;
i
quali
naturalmente
sono
mortali ^. E chiamati ch'ebbe i
frati,
disse loro:

Ecco
che ho
pregato
il
Signore
che,
o
egli
ci liberi di
questi
pericoli,
o
egli
ci dia
pazienzia,
o mi riceva di
questa
vita,
acci ch'io non sia costretto di vedere tante
mi-
serie. Ed ecco che ha
impetrata
la terza domanda,
per
che nel terzo mese
dell'assedio,
il
prese
la
febbre,
e
giacque
in su'n
letto;
e intendendo che
s'approssimava
lo sceveramento
^
dell'anima dal
corpo,
fecesi scrivere
i sette salmi
penitenziali,
e
porgli
alla
porta
che
gH
era
dirimpetto:
e
giacendosi
nel letto s
gli leggea,
e in ab-
^
come un fatto straordinario.
2
si
pensi
ai versi del Tasso:
Cadono le
citt,
cadono i
regni,
E l'uom d'esser mortai
par
che si
sdegni,
^
separazione.
sant'agostino 567
bondanza
gittva lagrime.
E acci che
potesse pi
li-
beramente
intendere a
Dio,
e la sua intenzione non
po-
tesse
essere
impedita
da
neuno,
dieci d innanzi alla sua
morte,
non
permise
a veruno d'intrare in
camera,
se
non
al
medico,
o
quando gli
fosse recato
mangiare.
Un infermo venne a lui e
pregavalo
attentamente
che
gli ponesse
la mano
sopra
e
guarisselo
della sua
infermit,
e '1 santo
rispuose:

Che
quello
che tu
di',
figKuolo
mio? or non credi
tu,
che se io
potessi
fare
cotal
cosa,
ch'io il facessi a me medesimo?, E
egli
stava
pur
fermo e diceva che avea avuto
per
comanda-
mento di venire a
lui,
e di ricevere sanitade.
Veggendo
santo
Agustino
la fede
sua,
preg
Iddio
per
lui,
e
in-
contanente
egli
ricevette la sanitade. Molti indemoniati
cur e molti altri miracoli fece. Nel XXII
capitolo
del
libro della Citi di Dio racconta due miracoli di
se,
s
come fussero fatti da un
altro,
e dice cos :
Io so una
vergine ipponese
ch'era
infermata,
la
quale poi
che
s'ebbe unta
d'olio,
un
prete preg
Iddio con
lagrime per
lei e incontanente fu sanata . Anche dice cos nel detto
libro: So anche un vescovo che
preg
un'altra volta
per
un
giovane,
lo
quale
eUi non avea mai
veduto,
ed
era
indemoniato,
e incontanente fu liberato . Non
pare
dubbio a veruno che non
parli
di
se,
ma
per
umilt non
voUe
porre
il nome suo. Anche dice in
quel
libro,
che
dovendosi
tagliare
uno male ad uno
infermo,
e temen-
dosi molto della
morte,
per
la
tagliatura, pregando
lo
'nfermo il
Signore
con molte
lagrime,
or con lui e
per
lui
Agustino,
e incontanente sanza
tagliatura
veruna
si trov
guarito.
Alla
perfine, approssimandosi
alla
morte,
questo
ne diede
per
ammaestramento di ricordanza:
che neuno
uomo,
quantunque
sia
eccellente,
debba
passare
di
questa,
vita sanza essere confessato e comu-
nicato. E
vegnendo
all'ultima
ora,
saldo di tutte le
membra del suo
corpo,
con intero vedere e
udire,
negli
anni della sua etade LXXVI e del suo vescovado
XXXIV,
dinanzi ai suoi
frati,
che
gli
erano
presenti,
stando loro
568 LEGGENDE CEISTIAHE
in
orazione,
pass
di
questa
vita a Domeneddio ^.
Te-
stamento veruno non
fece,
per
che non ebbe
onde
farlo il
povero
di Cristo. Fioro la sua vita intorno
agli
anni Domini CCCC.
Adunque
da notare che
Agustino
fu ed lume chiaro di
sapienza,
bertesca
^
di
veritade,
armatura di fede. Tutti i dottori della Chiesa vinse s
d'ingegno
come di
scienza,
sanza
comparazione
veruna
fiorendo
sopra gli
altri s
per esempli
di vertudi come
d'abbondanza di ammaestramenti. Onde santo Ee-
migio,
ricordando santo Jeronimo e alcuni altri
dottori,
conchiuse cos:

Tutti costoro vinse
Agustino
collo
ingegno
e con la scienza sua. E santo Jeronimo nel
libro de' Dodici Dottori
^
scrisse cos (di lui:
Agustino
vescovo,
volando
per
l'altezza de' monti come
aquila,
e non considerando
quelle
cose che sono nelle radici
de'
mpnti,
con chiare
parole pronunzia
*
i molti
spazi
de' cieli e i
luoghi
delle terre e '1 cerchio de
l'acque.
E santo
Prospero
^
dice cos di
lui,
nel libro terzo della
Vita
Contemplativa:

Santo
Agustino
vescovo,
aguto
d'ingegno,
soave in
parlare,
di mondana scienza ammae-
strato,
e neUe fatiche ecclesiastiche
operoso,
nelle
gravi
disputazioni
chiaro,
in
ogni
sua
operazione composto,
in solvere le
questioni aguto,
in convertire
gli
eretici
accorto;
nella
sposizione
della fde cattolica
perspicuo;
in
assemprare
le scritture
regolari*
savio. E santo
Bernardo scrisse cos di lui:
Agustino, questi
for-
tissimo martello
degli
eretici .
1
il 28
agosto
430.
2
torre fortificata.
^
l'epistola
De XII
doctoribtis,
detta anche De luminaribus Ecclesiae,
che va anche sotto il nome del Beda. Vedi
Migne,
Patr.
lai., XXIII,
725.
*
illnstra,
dichiara.
^
Tirone
Prospero
d'
Aqmtania
era un
laico,
assai versato in
teologia,
ardente
seguace
di
Agostino,
che
per
difendere le dottrine del Maestro,
le
quali
venivano
impugnate
nei conventi della
Gallia,
scrisse alcune
opere prosastiche:
De dono
perseverantiae.
De
praedestinatione
sancto-
rum
ecc.,
ed un carme De
Ingratis,
dove considera come
ingrati
i
dispregiatori
della
grazia
divina
(vedi
Migne,
Patr.
lat.,
volume
LI).
8
nel dettare la
regola
della
prima
comunit
religiosa,
che
prende
nome da lui.
sant'agostino 569
ANNOTAZIONI
Volgarizzamento
della
Legenda
Aurea del
Varagine.
La
pi
bella
rappresentazione
della vita di S;
Agostino
venne
dipinta
da
Benozzo Gozzoli scolaro
dell'Angelico,
nella chiesa del Santo
a S.
Gimignano (prov.
di
Siena).
La
figura
di lui
ispir
molti
artisti,
tra i
quali
ricorderemo
Filippo Lippi (Uffizi),
il Botticelli
(chiesa d'Ognissanti
a
Firenze),
e
Raffaello,
che nella
Disputa
del Sacramento lo
rappresenta
in atto di dettare una delle sue
opere teologiche,
Domenico
Theotocopuli,
detto il
Greco,
dipinse
una
magnifica figura
del Santo che sta
deponendo
nella tomba
il conte
d'Orgaz,
nel celebre
quadro
della Chiesa di S. Tom-
maso a Toledo. Notissimo il
quadro
del
pittre
romantico
Ary
Scheffer,
rappresentante
S. Monica e il
figlio
che in un'az-
zurra notte d'estate
contemplano
il cielo dall'alto di una ter-
razza,
e. dinnanzi a
quel meraviglioso spettacolo
sentono l'anima
commossa levarsi a Dio.
Le
spoglie
mortali di
Sant'Agostino
furono trasferite a
Pavia,
nella chiesa di San Pietro in Ciel
d'Oro,
dove
riposano
in un
superbo
mausoleo ricco di
.sculture.
Ogni parola d'elogio per l'opera
del
grande Cartaginese
rie-
scirebbe inferiore al merito di lui: aU'acuta e lucida
intelligenza
dei misteri della Fede
egli accoppia
un calore di sentimento e
un senso d'umanit cos
palpitante
e
spesso
cos
dolorante,
che
la lettura delle sue
pagine
ci avvince e non di rado ci sforza
alle lacrime.
A dimostrare
quanta
venerazione avesse Dante
per
il sonmao
dottore della Chiesa basti ricordare il
posto
eminente che
gli
assegna
nel Paradiso
(Empireo,
Rosa dei
Beati,
canto
XXXII);
quanto poi
lo
prediligesse
il
Petrarca,
ci attestano i tre
dialoghi
del Secretum
^,
dove la
grande figura
luminosa del Santo
appare
dapprima
ammonitrice
severa,
e
poi paternamente indulgente
al
peccatore
che
piange
le
proprie colpe.
Fra
gli
scrittori moderni
che narrarono in modo drammatico la vita
agitata
ed
operosa
del
grande
Africano,
nessuno riusc
megUo
di L.
Bertrand,
nel suo voi. Saint
Atigustin, Parigi
1910.
^
Becentemente tradotto
dall'Asioti, Milano,
Hoepli,
1924.
LA LEGGENDA DI S. GREGORIO
[Dalla Legenda
urea.
Volgarizzamento
inedito. Cod.
Riccardiano, 1254,
carte 82 e
segg.].
Gregorio
fu nato di schiatta di senatori ^, Suo
padre
era chiamato Gordiano la madre Silvia. Il
quale
nella
sua
gioventudine,
essendo salito nella sovrana altezza
deUa
filosofia,
e abbondato di moltitudine di richezze
e di cose
temporali,
cominci a
pensare
di volere abban-
donare tutte
quelle
cose e d'entrare in
rehgione.
Ma
mentre che
prolungava
^
il
convincimento,
e
pensava
che
pi
sicuramente servirebbe a
Cristo,
se sotto abito
di cittadino servisse
spontaneamente
al
mondo,
per-
dette il
padre,
e allora si ritir nel monistero di Santo
Andrea,
da lui stesso fondato entro le mura di E,oma^.
Nel
quale
monistero,
abbandonate le vesti di
zendado,
d'oro e di
gemme risj)lendenti,
di vile abito monacile
vestito,
a tanta
perfezione pervenne
in breve
tempo,
che,
in esso
principio
del suo
convertimento,
poteva
es-
sere
computato
nel numero dei
perfetti.
Una volta che
egli
scrivea,
l'angelo
di Dio
gli
fu
innanzi in forma d'uno mercatante rotto in mare
*,
^
Apparteneva
alla
gente
Anicia,
che aveva la sua dimora sul Celio,
dov'oggi
la chiesa di S.
Gregorio.
In essa si mostra ancora xma tavola
di marmo sulla
quale
il Santo era solito dar da
mangiare giornalmente
a
dodici
pellegrini.
2
differiva.
^
nella sua stessa casa
paterna.
Il monastero
seguiva
la
regola
di S. Benedetto.
*
che avea fatto
naufragio.
SAN GBEGORIO 571
e
con molte
lagrime
addomand che
gli
fosse avuto
misericordia.
E com.e fusse cosa che
Gregorio gli
avesse
fatto
dare sei monete
d'argento,
e
quelli
si fosse
partito,
ritorn
il d medesimo un'altra volta e dicea che avea
molto
perduto
e
poco
ricevuto. E avendo ricevuto da
lui
altrettante monete
quante
la
prima
volta,
anche
il terzo di
ritorn,
e con
grande improntitudine
di
grida
domand
che
gli
fusse avuto misericordia.
Ma
saputo Gregorio
dal
procuratore
del monistero
che non v'era rimaso nulla da
poter
dare,
se non uno
vaso,
cio una scodella d'ariento che la madre
gli
solea
mandare con
legume,
cio fave e
ceci,
la
quale
scodella
era rimasa nel
monistero,
immantanente comand ch'ella
gli
fosse
data,
e
quegli
la tolse
tantosto,
bene e volen-
tieri,
e andossene molto lieto.
Questo
mercante fu l'an-
gelo
di
Dio,
come
gli
si rivel
poscia
a
tempo.
Uno d che santo
Gregorio passava per
lo mercato
di
Roma,
vide
alquanti garzoni
di bellissima
forma,
piacevoli
nel volto e tutti biondi di
capelli,
et erano
venderecci ^. Sicch il beato
Gregorio
domand di
quale
paese
il mercatante
gli
avea
menati,
e
quelli risposero:
di
Brettagna,
l ove
gli
abitanti
risplendono
di simi-
gUante
bianchezza. Ancora domand s'eUi erano cri-
stiani,
e '1 mercatante disse: Non sono
cristiani,
anzi
sono involti
negli
errori de'
pagani.
Allora san Gre-
gorio
cominci fortemente a
sospirare
e a
piagnere,
cos dicendo:

Ohim
dolente,
o che
splendente
faccie
possiede
il
principe
delle tenebre!. Anche domand
quale
fosse il vocabolo di
quella gente,
e
quegh rispose:
Son
chiamati
anglici,
cio
inglesi.
Disse san
Gregorio:

A diritto son chiamati


anglici, quasi angeli, perch
hanno volto
d'angeli!.
E andando immantenente a
messer lo
Papa,
con molta
perseveranza
e
preghiere,
a
grandissima
pena impetr
da lui d'essere mandato
convertirgli.
E avendo
preso
il
cammino,
i
Romani,
^
schiavi in vendita.
572 LEGGENDE CRISTIANE
conturbati molto della sua
partenza^,
andarono al
Papa
e
parlarongli
in
questa
maniera: Tu hai offeso
san
Piero,
ed hai distrutta
Roma,
per
che tu hai lasciato
aiidare
Gregorio.

E cosi
spaventato,
il
papa
mand
incontanente messi che lo facessino tornare
adrieto,
e conci fusse cosa che
Gregorio
avesse
gi compiute
tre
giornate,
causandosi in
qualche luogo,
mentre che
gli
altri si
riposavano,
ed
egli leggeva,
e
leggendo
lui
venne il
locusta,
cio il
griQo, sopra
di
lui,
e fecelo
ristare di
leggere,
e
per
considerazione del nome suo
s
gl'insegn
che dovesse stare nel detto
luogo
^. E so-
pravegnendo
i messi di messere
l'Apostolico
di
Roma^,
fu fatto tornare
adrieto,
avvegna
che di ci molto si
turbasse e facessene tristo. Allora il
papa
lo trasse del
monistero e ordinoUo suo diacono e Cardinale.
Ad un
tempo
il fiume del Tevero venne in s
grande
piena
che usc del
viaggio
suo e and
sopra
il muro di
Roma e molte case fece
pericolare;
e allotta
per
lo detto
fiume venne moltitudine di
serpenti,
con uno
grande
drago,
e discese nel mare. Ma
affogati
dall'onde e dalla
tempesta,
e arrivati alla
riva,
tutta l'aere
corruppero
col loro
puzzo
e cosi ne
nacque
ima
piaga
mortale,
che si
chiama
volgarmente anguinaia
*,
in tal modo che anche
corporalmente,
ad
occhio,
furon vedute da cielo venire
saette e
percoteano
ciascheduno. La
quale piaga per-
cosse
prima
di tutto
papa Pelagio
^
e ucciselo sanza
dimoro
neuno;
poscia
misse si mano all'altro
popolo
minuto,
che sottraendo
gli
abitatori,
fece abbandonare
e lasciare vuota Roma.
Ma
imper
che la chiesa di Dio non
poteva
stare
sanza
rettore,
tutto il
popolo
acclam
Gregorio, avvegna
^
perch
venivano
privati
della sua beneficenza.
2
locusta,
da locus
stare,
secondo una delle tante
ingenue etimologie
medievali.
8
il
Papa.
*
un'altra
ingenua etimologia; anguinaia
da
anguia, serpente,
in-
vece di
inguinaia,
male
all'inguine.
^
Pelagio
II,
che mor nel
590.
SAN GREGORIO 573
ch'egli
molto si ricusasse. E volse
fuggire
di
Roma,
ma
non
pot, per
che di d e di notte si
guardavano
per
lui sollecitamente le
porte
della
citt;
ma alla
per-
fine
mut
abito,
ed
appena
ebbe
grazia
d'alcuni merca-
tanti
d'esser tratto fuori di
Roma,
entro una botte che
era
sopra
un loro carro, E tosto se n'and alle
selve,
cercando
tane da
potersi
nascondere,
e
v'entr,
e vi
stette
nascosto tre
d;
ma essendo andato caendo
^,
sol-
lecitamente una colonna
splendente
di luce si
apparve
che
pendea
dal cielo
sopra
il
luogo dov'egli
era
nascoso,
nella
quale
colonna vide uno rinchiuso
^
angeli
che sali-
vano e scendevano. E incontanente
preso
da tutto il
po-
polo
e tira,to alla cittade e consacrato sommo
pontefice.
Ma
imper
che la
sopradetta pestUenzia
ancora
guastava
Roma al modo
usato,
s'ordin al
tempo pa-
squeteccio
la
processione
colle letane
^,
nella
quale
processione
fece
portare l'immagine
della beata santa
Maria
sempre Vergine,
la
quale
a Roma nella chiesa
di S. Maria
Maggiore,
la
quale immagine
si dice che la
form santo
Luca,
d'arte
medico,
e bello
dipintore
*.
Ed ecco che tutta la macula del turbamento del-
l'aere dava
luogo
alla detta
immagine, quasi fuggisse
e non
potesse patire
la sua
presenza.
E
cos,
dopo
la
immagine
rimanea
maraviglioso
sereno e l'aere tutto
purificato.
Allora,
come si
dice,
furono udite in aere
voci
d'angeli
che cantavano
Regina
coeli,
laetare al-
lehija,
e il beato
Gregorio
incontanente
aggiunse
la
parola
che
seguita,
cio: Ora
pr
nobis,
te
rogamus
al-
^
essendo cercato.
^
uno di
quei
monaci che
per penitenza
stavano contnuamente
chiusi nelle loro celle. Pi tardi s'ebbero anche monasteri
femminili,
dove si esercitava codesta
penitenza,
e furon detti delle Murate.
^
litanie.
*
una delle tante
imagini
bizantine che
rappresentano
la
Vergine
di
colore bruno. Famosa
soprattutto quella
che si venera sul Colle della
Guardia,
presso Bologna,
dove
sorge
un santuario detto
appunto
della
Madonna di S. Luca.
Questo
Evangelista
chiamato medico da S.
Paolo,
Golosa..^ IV, 14,
onde Dante nel XXIX del
Purgatorio:

L'un si mo-
strava alcvm de'
famigliari
Di
quel
Sommo
Ippocrate.
574 LEGGENDE CRISTIANE
leluja!
E allora vide in sul castello di
Crescenzio,
che
oggi

chiamato Castello
Sant'Angelo,
un
angiolo
di
Dio che
forbiva
uno coltello
aguzzente
^
tutto
insangui-
nato e rimettealo nella
guaina.
E intese
per questo
il
beato
Gregorio
che la
pestUenzia
era
rimasa,
e cos fu.
Onde
quello
castello fu da indi innanzi chiamato Ca-
stello
Sant'Angelo
^.
Alla
perfine,
siccome aveva
desiderato,
mand in
Inghilterra, Angustino
^
e Melito e
Giovanni,
con alcuni
altri,
e
per
li
suoi
meriti li convert alla fede di Cristo *.
E di tanta umiltade fu il beato
Gregorio,
che in veruno
modo non
permetteva
d'essere
lodato,
e a
Stefano,
che
l'avea molto lodato nelle sue
pistole,
mand cos scritto:
Molto favore e
pi
ch'io,
indegno,
non debba
udire,
m'avete dimostrato nelle vostre
lettere,
poich
scritto:
non lodare l'uomo mentre che vive. Ma
pertanto,
se io
non fui
degno
di udire cotali
cose,
pregovi
che colle
vostre orazioni ne sia fatta
degno
.
Questi
fu il
primaio
che nelle sue lettere si chiam
Servo dei servi di
Dio,
e ordin che si chiamassero
gli
altri
,cos.
Uno santo
padre,
che avea nome l'abate
Giovanni,
essendo venuto a Roma
per
visitare
l'orlique
de' Santi
Apostoli;
et avendo veduto
passare
il beato
Gregorio
per
lo mzzo della
citt,
s li volle andare incontro e
farli riverenza come si
convenia,
e
veggendo
il beato
Gregorio
che
quegli
si voleva
gittare
in
terra, affrettossi,
e
gittossi prima
di lui in
terra,
dinnanzi a
lui,
n non
si lev
ritto,
se
prima
il detto abate non si lev
imprima.
Di tanta
largitade
e di tante limosino
fu,
che non
solamente a
quelli
che erano
presenti,
ma eziandio a
quelli
della
lungi,
ed eziandio a' monaci che stavano
sul monte Sinai faceva servire nelle cose
necessarie;
^
tagliente.
^
In memoria di
questo
miracolo Bonifacio IV costru
pi
tardi alla
sommit del castello un
piccolo
oratorio detto S.
Angelus
inter
nubes,
e
vi fece
porre
ima statua di
marmo,
che
poi
fu sostituita nel 1752 dall'at-
tuale di
bronzo.
^
che divenne
poi
vescovo di
Cantorbery
ed annoverato fra i
santi.
*
convert il re con 10.000 suoi sudditi.
SAN GREGORIO 575
che elli aveva scritte le nomora
^
di tutti i
bisognosi
e
sovvenia loro deliberatamente. Ordia uno monisterio
in
Gerusalem,
e ai servi di Dio che abitassono in detto
luogo, procacci
di mandare
quello
che era loro
bisogno;
e anche a tre mila ancelle di Dio offeriva a loro
ogni
anno
per
loro vivere continovo ottanta libre
d'oro,
ed
ogni
d invitava alla sua mensa ciascuni
^
pellegrini.
Intra i
quali,
un d ne venne
uno,
al
quale
volendo
per
la sua umiltade dare
dell'acqua per
lavare le
mani,
vol-
gendosi
indietro
per
torre
l'orciuolo,
subitamente colui
nelle cui mani
egh
voleva dare
l'acqua,
non fu trovato.
E con ci fosse cosa che
egli
si
maravigliasse
fra se stesso
di
questo
fatto,
in
quelle
notte
gli
disse il'
Signore per
visione:

Gli altri d hai ricevuto me ne' miei membri
^,
ma
jeri
mi ricevesti tu in me medesimo . Ad un altro
tempo
comand al cancelliere suo che invitasse dodici
pellegrini
a
mangiare.
Quelli
and e
compiette
il coman-
damento,
e
mangiando
insieme a
loro,
pose
mente il
papa
alli
pellegrini,
e annoveronne tredici. E chiamato il
cancelliere,
s il dimand
perch egli
era tanto
presun-
tuoso d'avere invitati
pi
che
gli
fusse
comandato,
e '1
cancelliere
annover,
e trovonne
pure
dodici. Allora
disse:
Credimi,
padre,
ch'elli non sono se non dodici.
Accorsesi
Gregorio
d'uno di loro che si stava
pi dap-
presso,
che
spesse
volte mutava la
faccia,
che ora si
mostrava
giovane
ed ora
vecchio,
d'una cotale canu-
tezza di reverenzia *. E
compiuto
il
convito,
s lo men
in camera e
scongiurollo
fortemente che li dovesse dire
e manifestare chi
fosse,
e come avesse nome. E
quelli
rispose
e disse:

Sappi
che io sono
quello
rotto in mare
a cui tu donasti la scodella
dell'argento
^,
e
questo
ti sia
^
il solito
plurale
neutro alla latina: nomina.
2
quanti pellegrini
trovava.
^
i
poveri
sono
rappreaenteinti
di Cristo.

Quante
volte avete fatto
qualche
cosa a uno di
questi
de' minimi miei fratelli l'avete fatta a me
(Matteo, XXV, 40).
*
vecchio,
tutto
bianco,
che
ispirava
reverenza.
*
vedi
pag.
571.
576 LEGGENDE CRISTIANE
conto
1
per
certo,
che da
quel
d che tu me la
desti,
ti
predestin
Domineddio
per soprastante
alla Chiesa sua
e successore di santo Piero
apostolo.
Al
quale
disse
Gregorio:
E tu come il sai? , E
quelli
disse:
Io sono
l'angelo
suo,
e '1
Signore
mi ha mandato a
te,
perch
tu
possa per
me medesimo
impetrare appo
lui ci che tu
domanderai. E incontanente
disparette.
Essendo una volta san
Gregorio
a Santa Maria
Mag-
giore (l
ove sta
l'immagine
della beata
Vergine
la
quale
dipinse
Santo
Luca)
^
per
dire la messa il d della
Pasqua,
quando
venne a dire: Pax domini sit
sempr
vohiscum,
l'angelo
di Dio
rispose
ad alta voce: Et cu/m
spirito
tuo!
Laonde il
papa,
a memoramento e a testimonianza di
questo
miracolo,
stabil che
quando
il d della
Pasqua
fa
stazione a detta
chiesa,
quando
dice Pax
domini,
non
gli
sia
risposto.
Ad un
tempo
che Troiano
imperadore
s'affrettava
molto d'andare a una
battagha,
una vedova
gli
si
par
dinnanzi
piangendo
e dicendo:

Io ti
prego
che tu debbi
fare vendetta del
sangue
d'uno mio
fighuolo
ch' morto
^
senza
colpa
veruna . E dicendole Troiano che ne la ven-
dicherebbe se tornasse
sano,
la vedova disse:

E chi
mi far
ci,
se tu morrai nella
battagha?.
E Troiano
disse:
Quelli
che sar
imperadore dopo
di me. Disse
la vedova:

Or che
pr
fa a te s'altri mi far
giustizia?
Or non
meglio
che tu mi faccia
ragione, piuttosto
che tu
la lasci fare ad altra
persona?
. Allora Troiano si mosse
a
pietade
e scese a terra del
cavallo,
e
quivi
vendic
il
sangue
di
quello
innocente *.
1
cognito
conosciuto.
2
vedi
pag.
573.
^
stato ucciso.

*
A tutti noto come Dante abbia
maravigliosamente
narrato
qtie-
st'episodio
nel X Canto del
Purgatorio.
Quivi
era istoriata l'aita
gloria
del roman
principato
il cui valore
Mosse
Gregorio
alla sua
gran
vittoria.
Io dico di Traiano
imperatore
ecc.
Ad esso si
ispirato
anche il Delacroix
per
il suo
quadro
La
giustizia
di
Traiano,
al museo del Louvre.
Giusto di Gand
-
San
Gregorio.
(Roma
-
Galleria
Barberini). (fot. Anderson).
576 LEGGENDE CRISTIANE
conto
^
per
certo,
che da
quel
d che tu me la
desti,
ti
predestin
Domineddio
per soprastante
alla Chiesa sua
e successore di santo Piero
apostolo
. Al
quale
disse
fTregorio:

E tu come il sai? . E
quelli
disse:
Io sono
l'angelo
suo,
e '1
Signore
mi ha mandato a
te,
perch
tu
possa per
me medesimo
impetrare appo
lui ci clie tu
domanderai . E incontanente
disparette.
Essendo una volta san
Gregorio
a Santa Maria
Mag-
giore (l
ove sta
l'immagine
della beata
Vergine
la
quale
dipinse
Santo
Luca)
^
per
dire la messa il d della
Pasqua,
quando
venne a dire: Pax domini sii
semper
vobiscurn,
l'angelo
di Dio
rispose
ad alta voce: Et cum
spirito
tuo!
Laonde il
papa,
a memoramento e a testimonianza di
questo
miracolo,
stabil che
quando
il di della
Pasqua
fa
stazione a detta
chiesa,
quando
dice Pax
domini,
non
gli
sia
risposto.
Ad un
tempo
che Troiano
imperadore
s'affrettava
molto d'andare a una
battaglia,
una vedova
gli
si
par
dinnanzi
piangendo
e dicendo :
Io ti
prego
che tu debbi
fare vendetta del
sangue
d'uno mio
figliuolo
ch' morto
^
senza
colpa
veruna . E dicendole Troiano che ne la ven-
dicherebbe se tornasse
sano,
la. vedova disse:

E ehi
mi far
ci,
se tu morrai nella
battaglia?.
E Troiano
disse:
Quelli
che sar
imperadore dopo
di me. Disse
la vedova:

Or che
pr
fia a te s'altri mi far
giustizia?
Or non
meglio
clie tu mi faccia
ragione, piuttosto
che tu
la lasci fare ad altra
persona?
. Allora Troiano si mosse
a
pietade
e scese a terra dei
cavallo,
e
quivi
vendic
il
sangue
di
quello
innocente *.
^
cognito
conosciuto.
2
vedi
pag.
573.
^
stato
ucciso.
*
A tutti noto come Dante abbia
maravigliosamente
narrato
quo-
st'episodio
nel X Canto del
Purgatorio.
Quivi
era istoriata l'alta
gloi-ia
del roman
principato
il cui valore
Mosse
Gregorio
alla sua
gran
vittoria.
Io dico di Traiano
imperatore
ecc.
Ad esso si
ispirato
auclie il Delacroix
pei'
il ano
quadro
La
giustizia
di
Traiano,
al mixseo del
Louvre.
Giusto di Gand
-
San
Gregorio.
(Roma
-
Galleria
Barberini). (fot. Anderson).
SAN GBEGOBIO 577
Sicch una
volta,
morto
gi
da
lungo tempo
Troiano,
passando
santo
Gregorio per
lo mercato
^
di
Troiano,
essendosi
ricordato di
questa
cotale
mansuetudine,
giunse
alla chiesa di messer San
Piero,
e
quivi
ritto
^
pianse
amarissimamente
per
l'errore di colui. Allora
gli
fu
risposto
da Dio: Ecco che io ho
adempiuta
la
tua
domandazione ed ho
perdonato
la etemale
pena
a
Troiano,
ina da
qui
innanzi ti
guarda dihgentissimamente
di non fare
preghiera per
veruno dannato.
Sopra
di
ci,
dicono alcmii che Troiano fu revocato in
vita,
l
ove,
conseguendo
la
grazia,
merit il
perdono
ed ac-
quist
la
gloria
^. Altri sono
che
dicono che l'anima sua
non fu
prosciolta
dal male deUa
pena,
ma fu
sospesa
la
pena
a
tempo,
cio infino al d del Giudizio. Dicesi an-
cora che
quella
voce
aggiunse questa parola:
Per che
tu
pregasti per
lo
dannato,
delle due cose t' dato a
pren-
dere o l'una o l'altra: o tu sarai tormentato due d in.
purgatorio,
o tu sarai certamente affaticato da infermi-
tade e da dolori
per
tutto il
tempo
della vita tua.
Ed
egli
elesse innanzi d'essere addolorato tutto il
tempo
della vita
sua,
anzi che stare in tormenti di
purgatorio
due d. Onde cos intervenne che da indi innanzi e' fu
affaticato di febbri ed ebbe la
podagra,
cio le
gotte,
e fu tribulato da forti dolori e fu tormentato mirabil-
mente
*
dal dolore dello stomaco.
Alla
perfine
il beato
Gregorio,
essendo
stato nella
sedia
papale
XIII anni e sei mesi e dieci
d,
pieno
di
1
il Foro
Traiano,
tuttora esistente,
2
ivi,
3
Questa

l'opinione
accettata da Dante
{Paradiso, XX,
112-17):
L'anima
gloriosa
onde si
parla,
'
Tornata ne la
carne,
in che fu
poco.
Credette in lui che
poteva
aiutarla;
E, credendo,
s'accese in tanto fuoco
Di vero
amor,
ch'alia morte seconda
Fu
degna
di venire a
questo giuoco.
Una scultura nel
pulpito
del Duomo di Bolzano
rappresenta l'angelo
che
per
intercessione di
Gregorio
libera l'anima
dell'imperatore
dalle fiamme.
*
fortemente.
37.

Battelli,
Leggende
cristiane.
578 LEGGENDE CRISTIANE
buone
opere,
uscio del
corpo
^. Erano scorsi
gli
anni deUa
incarnazione del
Signore seicentoquattro.
Nel cui
sepolcro
sono scritti
questi
versi:
Ricevi,
o
terra,
il
corpo
tolto dal
corpo
tuo,
acci che tu il
possa
rendere,
risuscitandolo Iddio. Lo
spirito
addimanda le
stelle;
le
ragioni
della morte non
gli
nuoceranno
niente,
che d'altra vita essa morte
maggiormente
via ^.
Del
pontefice
sovrano si racchiudono le membra in
questo sepolcro.
Il
quale
visse
sempre
in
ogni luogo
di
beni senza numero. Le fami
soperchiava
coUe vivande
e i freddi col
vestimento,
e
compose gli
animi del nemico
cgU santi
ammonimenti,
e
adempieva per opera
ci
che ammaestrava in
parola,
acci che fosse
esempio
agli
altri,
parlando
le sante
parole.
A Cristo convert
gl'Inglesi,
maestro della
pietade
^,
acquistando
ischiere
di novella
gente
alla fede.
Questa fatica,
questo
studio,
questa rangola*
aveva il
pastore,
acci ch'offerisse al
Signore
molti
guadagni
della sua
greggia

^.
ANNOTAZIONI
Gregorio Magno
il
quarto
dei
grandi
dottori della Chiesa.
L'attivit
pratica
fu in lui
pari
al
pensiero,
e il
ponteficato
ro-
mano deve a lui la considerazione che esso venne
acquistando
anche nel
carapo politico,
oltre che nel
campo religioso.
Com'
ripetutamente
detto nella
leggenda, egU
estese la sua
opera
evan-
gelica
ai lontani
popoh dell'Inghilterra
e
dell'Irlanda;
protesse
validamente i cittadini romani contro le
prepotenze
barbariche,
e si
prodig
in
ogni
maniera
per
lenire le sofferenze del
popolo.
Dette alla Chiesa la
liturgia
della santa
messa,
e la
regola
del
canto
fermo,
maestoso e solenne che ancor
oggi
si chiama col
suo
nome,
canto
gregoriano.
^
mori.
2
la morte
corporale
strada alla vita eterna dell'anima.
3
fraintende il testo:
magistra pietate.
*
sollecitudine, cmra;
v.
pag.
181.
^
Manca la traduzione
degli
ultimi due versi: Ed ora che sei fatto
console di
Dio,
t'allieta di
questi
trionfi,
poich possiedi
ormai una mer-
cede delle
opere
tue che non verr mai meno.
SAN GEEGORIO 579
Appartenne
all'ordine
benedettino,
di cui
unp,
delle
mag-
giori
glorie.
In imo dei suoi famosi
Dialoghi
tracci la vita di
S. Benedetto,
con sentimento di venerazione filiale. I suoi Mo-
rali
furono ima delle
opere pi
lette e
pi
stimate nel M.
Evo,
un
vero testo di morale
pratica.
Anche le sue
opere
mistiche,
come le Omilie sui
Vangeli,
e
sopratutto
il suo Liber
regulae pastoralis, godettero
di
grande
e meritata
considerazione,
onde Raffaello lo
dipinse
a
giusto
ti-
tolo
accanto a S.
Ambrogio
nella
Disputa
del
Sacramento,
e
Gixisto
di Gand lo
comprese
in
quella
raccolta d'uomini
insigni
che
egli effigi
nei ritratti della Galleria
Barberini,
in
compagnia
con
Mos, Salomone, Euclide,
Ippocrate,
Cicerone e Boezio.
I
pittori
lo
ritraggono
in abito
pontificale
con iin libro neUa
destra,
e
sovente ia atto di ricevere il
messaggio
di tma
colomba,
perch
Pietro
Diacono,
che fu uno de' suoi
pi
intimi,
afferm
con
gimramento
d'averlo veduto
pi
d'una volta in
quell'atteg-
giamento (vedi MiGNB, Patrologia
latina, CXXVIII,
653).
Fra
gl'ioni composti
in suo onore ricordiamo
quello.
riferito
dal
Mone,
op.
cit.. Ili,
pag.
327,
che riassiime tutta la vita di lui.
Ecco finalmente il testo
dell'epigrafe,
a torto attribuita a
Papa
Damaso,
scritta sulla sua tomba:
Svscipe, terra,
ttto
corpus
de
corpore sumptum,
Beddere
guod
valeas,
vivificante
Deo.
Spiritila
astra
petit,
lethi nil
jura
nocebunt.
Cui vitae alteriics mors
magis
illa via est.
Pontificis
suinmi hoc claicduntur membra
sepulcro.
Qui
innumeris vixit
semper vhique
bonis.
Esuriem
dapibus superami, frigora
veste,
Atque
animaa monitis texit ab hoste sacris.
Implebatque
actu
quidquid
sermone
docebat,
Esset ut
exem/plum mystica
verba
loquens.
Ad Ghristum
Anglos
convertii
pietate magistra,
Acquirens fidei agmina gente
nova.
Hic
lbor.
Me
studium,
haec tibi
cura,
hoc
pastor agebas.
Ut Domino
offerres plurima
lucra
gregis.
Hisque,
Dei consul
factics,
laetare
triumphis,
Nam mercedem
operum jam sine.fine
tenes.
EXPLICIT IN DOMINO PELICITER
37*
'
Battbli.1,
Leggende
cristiane.
li
APPENDICE
A
proposito
dell'incontro di S. Brandano con
Giuda,
da ri-
cordare la bella ode del
poeta inglese
Matteo Arnold
(1822-1888)
che riferiamo nella traduzione di Ettore Ciccotti.
SAN SBANDANO
Brandan
viaggia per
il mar
polare;
de' Beati il concilio
allegro
intanto;
ei U saluta e toma a
navigare.

S tardi? e con tal


tempo?
matto il Santo!
Egli
udiva- di mezzo a' flutti urlanti
del convento le
squille
risonare;
ne la notte
iavemal
su le
albeggianti
Ebridi il monaster vedea brillare.
Ma verso il norte San Brandan cammina:
or
campane
non
pi,
non
pi
convento;
a le luci
polari
ei s'avvicina:
non orma umana in
quel
desolamento.
Alfine
(era
la notte di
Natale,
fulgea dopo
un d fosco il ciel
pi bello),
scorge
un candido masso
glaciale
ed un'iunana forma

oh Dio!

su
quello.
Col ciuffolo
rossigno
e l'occhio
ardente,
sanguinoso,
con
quel piglio
di
scherno,
egli


chi
scamper
Brandan
fuggente
?

Giuda
traditor,
fuor dell'Inferno!
582 APPENDICE
Immoto
per
terror Brandan
giaceva,

tersa la
luna,
il
ghiaccio appo
il
naviglio;

sospirosa
una voce a lui diceva:

Besta:
questo
del ciel alto
consiglio.
Solo un momento
attendi,
uom
venerando;
su,
di me morte e fallo
conosciuto,
dagli
uomini il mio nome messo al
bando;
fa' che il conforto mio sia
pur saputo!
Di' che lina santa notte di Natale
(era
la
prima, poi
che di
dispitto,
ebbro di frenesia nell'eternale
fiamma scesi a scontare il mio
delitto),
io
m'intesi,
giacendo
in
quel
martire,
tra l'alme che il divin foco
addolora,
da un
angelo
toccare il braccio e dire:
Parti: abbi tu di
refrigerio
un.'ora!

Donde tal
grazia

a lui
dissi,

o
Signore?
Ed
egli:

Pel mendico

mi
rispose,

che in Giaffa chiese aiuto al suo


dolore,
e la
piet
in te si disascose.

Allora ricordai com'io
passava
una sera di
Giaffa
per
la via:
lo scirocco con fianunea afa
soffiava,
e il nembo della
polve
alta saUa.
E sulla strada un lebbroso
languiva
febbricitante,
grave
d'anni, nudo;
la sabbia le sue
piaghe inciprigniva,
il vento ardente fa '1 suo mal
pi
crudo.
A me
passante
volse il
guardo,
e roco:

Aita,
o m.oio!

mormor. Gettai
all'infelice il mio
mantello;
un
poco
lo vidi
confortato,
e oltre
passai.
APPENDICE 583
Qual
mai dolcezza la Grazia di
'Do,
Braudan,
quai
beni,
la.scer
godere,
se cosi
poco
come il
raerto
mio,
ha tale inestimabile
potere?
Ricco
d'abiti,
amici e
nutrimento,
feci
per
caso di
piet quell'atto;
mi macchiai
poi
di
sangue
e
tradimento,
ed il ben obliai tosto che fatto.
Pure,
quel germe
di
piet,
di Dio
cadde nel
grembo,
e non
pot perire;
sorvive aUa
condajxna,
al fallo
mio,
e neUe fiamme allevia il mio soffrire.
Ogni
anno,
quando
del Natale in terra
la notte
allegran
le carole
lievi,
dal
lago
su che i
peccatori
serra
ne
vengo
a
queste
sanatiici nevi.
Qui
col
ghiaccio
ristoro il mio rovente
petto,
con la
quiete
il mio
cervello;
Brandano,
per quell'ora
che al soffrente
di Giaffa feci il male meno fello!

Agli
occhi di Brandano sah il
pianto;
chin la
testa,
assorto in una
pia
preghiera:
llor che si
guard
da
canto,
sgombro
il
ghiaccio
nel freddo aer sala.
Ebnesto Renan chiama la
leggenda
di S. Brandano
une
des
plus
tonnantes crations de
l'esprit
humain et
l'expression
la
plus complte peut-tre
de l'idal
celtique

(Esaais
de morale
et
critique, Parigi,
1850,
pag. 446).
E non a torto il MontaijAmbert
nella sua Histoire des Moines
d'Occident,
Parigi
1868,
voi.
Ili,
pag.
91,
dice che ces visions ont exerc una influence
nergique
pendant
tout le M.
Age
et
jusqu'au jours
de
Christophe
Colomb
lui
mme,

qui l'epope
maiitiine de saint Brandane semble
avoir montr la route de
l'Amiique
.
584 APPEiroiCE
A
proposito
dei
galletti
risuscitati
per comprovare
il miracolo
di S.
Giacomo,
(v. pag. 175)
curioso ricordare
quanto
narra un
pellegrino bolognese.
Don Domenico LAm nel suo
Viaggio
in
Ponente,
a S. Oiacomo di Galizia e Finisterrae
(Bologna 1681)
a
pag.
162 e 168.

Al
primo
arrivo nella
piazza (
di S. Domenico
de la
Calzada)
andammo al duomo
per
la
porta
laterale:
giunti
dentro,
vedessimo
il
gallo
e la
gallina,
che sono chiusi entro una
gabbia
di
ferro,
a mano
manca,
all'entrare di detta
porta.
Questi,
quando
entras-
simo in chiesa vestiti cos da
pellegrini
com'eramo,
comincia-
rono a cantare di
allegrezza
e far
gran
festa;
e
questo
lo fanno
a tutti li
pellegrini.
Dimandassimo delle
penne
al
sacrestano,
il
quale
ce le
diede,
e le abbiamo
portate
alla
patria per
divozione.

Questi
animali non
mangiano
altro che
quello
che li vien
dato dai
pellegrini
che vanno in
Galizia,
ossia
pane
che abbiano
trovato
per
amore di
Dio,
che se fosse
pane comprato,
non lo
vogUono
e
piuttosto
molerebbero di fame.
Anzi,
quando
non
passano pellegrini,
vi una donna che li ha in
custodia,
la
quale
va
per
la citt dimandando
l'elemosina,
vestita da
pellegrino,
e cos li
sostentano. Vivono
questi
due animali successivamente
sette
anni,
perch
Iddio costitu
questo
termine al loro
vivere;
e in
capo
aUi sette
anni,
avanti al
morire,
la
gallina
fa due uova
da cui nascono due
pulcini,
uno raaschio e l'altro
femmina,
del
medesimo colore del
padre
e madre
(cio
bianchi come
neve)
e
della medesima
grandezza,
e ci si fa nella chiesa
ogni
sette
anni. E
quello
che di
gran meraviglia
si che tutta la citt e
tanti forastieri e innumerabili
pellegrini
che
passano per
detto
luogo, pighano
delle
penne
del
gallo
e della
gallina,
n mai lor
mancano le
penne.
Io attesto
questo perch
l'ho veduto e
porto
meco delle medesime
penne
.
INDICE DEI
I>fOMI
(I
numeri indicano la
pagina).
Abele,
92.
Abiathar,
162,
Abron
(Ebron),
91, 96,
97.
Adamo, 3,
91 e
segg.
Adamo da S,
Vittore, 9, 8, 143,
166, 307,
634.
Adelmo,
307.
Adriano
(imperatore),
238.
Adriano
(papa),
105.
Aghales (Egle),
493.
Agapito,
230,
237.
Agata (s.),
318,
319.
Agnese (s.),
291 e
segg.,
534.
Agostino (s.),
8, 139, 191, 192, 556,
557 e
segg.
Agostino
di
Cantorbery (s.),
574.
Agrippa,
139,
162.
Ainone,
144.
Aix
(Achisi), 77,
83.
Albero
secco.
111.
Alessandria
d'Egitto,
161,
163,
330,
519.
Alessandro
(re),
398.
Alessio
(s.),
493 e
segg.
Alipio,
559.
Allard,
284.
Allori
Cristofano,
611.
Amanzio
(Almachio),
313.
Ambrogio (s,), 9, 104, 139,
200.
240, 285, 289, 291, 303, 306,
316, 638,
648 e
segg.,
558.
Ammiano
Marcellino,
339.
Amiaud,
600.
Anania, 136,
396.
AngeUco (beato),
81, 117, 167, 193,
200, 254, 304, 436,
526.
Amano,
152,
Animali
parlanti,
7,
478.
Antonio
(s.),
381 e
segg.,
559.
Antoniazzo
Romano,
112.
Apuleio,
141.
'
Aquileia,
150.
Aquilina,
224,
225.
Areadio
(imperatore),
497.
Ariani
(eretici),
530,
550.
Aristodemo, 182,
183.
Ariston,
263.
Armagh,
436.
Amobio,
139.
Arpillone,
620,
521.
Asolani,
219.
-
Aspasio,
300.
Assisi,
611.
Attanasio
(vescovo),
386,
391.
Augusto,
3,
13.
Autrizia,
318.
Avezac
(D'),
492.
Avignone,
85.
Azaria,
396.
Bagaudi,
284.
Baldovinetti,
526.
Barbara
(s.),
339 e
segg.
Bari, 524,
525.
Barinto
(monaco),
471.
Bartolommeo
Anglico,
4,
7.
Basilio
n,
208.
Baudana
Vaccolini,
501.
Beda,
568.
Bergamo,
511.
Belcari,
60.
Beleth, 163, 194,
646.
BeUini
Gentile,
155.
Bellini
Giovanni,
61.
Benedetto
(s.),
679.
Bernardo
(s,),
8,
668.
586
INDICE,
DEI NOMI
Bernini,
601.
Berti,
3.
Bertrand,
569.
Bestiario
moralizzato,
476.
BetanJa,
52.
Betlem, 4, 5,
444.
Boccaccio,
510.
Bono di
Bapza,
601.
Bonvesin da
Riva,
501.
Bolsena, 113, 114,
117.
Bolzano,
577.
Bonaiut,
662.
Borromin,
304.
Bosch, 381,
467.
Bosio,
427.
Botticelli, 285,
547,
Bovio,
145.
Bramante, 141,
178.
Brandano
(s.),
471 e
segg.
Bressanone,
227.
Breughel,
407.
Briseux,
468.
Buccio di
Banallo,
337,
Bume-Jones,
219.
Caccini,
501.
Caino, 91,
92.
Calderon,
468.
CaUot,
381,
CaJpumio,
436.
Calvario,
102.
Campostella,
163.
Cana
(nozze di),
53.
Cananea
(donna),
58.
Cappadocia,
209.
Carabellese,
525.
Caravaggio,
142,
149.
Carlo
Magno,
141.
Carpaccio,
192, 218, 374,
547.
Cartagine,
557,
558.
Cassiodoro,
552.
Castel S.
Angelo,
574.
Castellani
Castellano,
376.
Castellino,
50,
Castolo,
276 e
segg.
Castiglione
Olona,
227.
Castoro,
278,
Caterina
(s.),
330 e
segg.
Cavalca, 31,
553,
Cecchi,
112.
Cecilia
(s,),
308 e
segg.
Cedonio
(Sidonio),
73,
Celio
(monte),
203,
206.
Centauro, 382,
391.
Cesarea, 143, 159,
324.
Cesareo,
80,
Cesario di
Heisterbach,
169,
Chartres,
436,
Chassrieu,
423,
Chini, 80,
90.
Cicerone,
558.
Cigoli,
193,
Cipriano (s.), 199,
379.
Cireneo
(Simone),
101.
Ciriaco, 106,
107.
Ciriaco
(papa),
372.
Claudio,
260 e
segg.
Claudio
(imperatore),
137.
Clemente
(papa),
136.
Cleopatra,
380,
Cleto
(papa),
137.
Coli,
435.
Commodiano,
285.
Cornelio,
136.
Cornelio
(s.),
379.
Corpus
Domini
{iesta),
in.
Correggio,
48, 81, 184, 547,
565.
Cosroe,
107.
Cessa Francesco
(del),
142.
Costantino
(imperatore),
102, 141,
148, 202, 522,
527.
Costanza,
302.
Costanzo,
103,
Costo
(re),
330.
Craton, 179,
180.
Crescenzio,
263,
Cristina
(s.),
114,
115,
Cristoforo
(s,),
220 e
segg.
Cromazio,
242 e
segg,
Curtius,
518.
Damasco,
143.
Damaso
(papa),
8, 141, 200,
276,
284, 306,
579.
D'Ancona,
9.
D'Annunzio, 117,
286.
Dante, 94, 104, 105, 140, 157,
163,
191, 216, 235, 485, 487, 516,554,
556, 569, 573, 576,
577.
Danza
macabra,
412.
Daux,
163.
David, 97,
98.
David
Gerard,
338.
Daziano,
218.
Decio
(imperatore),
195, 196,
198,
201, 203,
379.
INDICE DEI NOMI 587
Delacroix, 285,
676.
Delaroche,
317.
Del Sarto
Andrea, 50, 304,
338.
Del VaUe
Ida,
525.
Demetrio
(orefice),
143.
Diana,
519.
Diocleziano
(imperatore),
212,
240.
281, 283, 304, 322, 330,
654.
Di Mauro
(Francesco),
113.
Diodato,
560.
Dionigi Areopagita,
140.
Dionisio,
201.
Dioscoro, 339, 342,
346.
Dolci
Carlo,
317.
Domenichiao, 306,
547.
Domenico
Veneziano,
323.
Domine
quo
vadis?,
139.
Dominici
(cardinale),
11.
Donato
(granmiatico),
541.
Donato
(eretico),
562.
Donatello, 81, 218,
317.
Dorotea
(s,),
324 e
seg.
Dottin,
436.
Dreves,
185.
Drusiana,
179.
Duccio
Senese,
304.
Durazzo,
435.
Diirer
Alberto, 142, 148, 227, 239,
547.
Ebioniti
(eretici),
159.
Edessa, 494,
500.
Efeso, 143,
201 e
segg.
Elchino
(monaco), 393,
400.
'
Elena
(imperatrice),
102,
104.
Elia
(profeta),
39,
427.
Elima,
142.
Elinando,
184.
Elisabetta
(s.), 14, 15, 16, 18, 19,
24, 30,
36.
Emerenziana,
301.
Enea,
136.
Endepols,
438,
467.
Enoch
(profeta),
427.
Epifanio,
516.
Erfart,
227.
Ermagora,
150,
151.
Eraclio,
108.
Ermogene,
160, 161,
162.
Erode, 40, 41, 42, 46,
47.
Erodiade,
40.
Eucherio,
377.
Ermini,
307.
Eudossia,
141.
Eufarmiano
(Eufemiano),
493.
Eusebio, 102,
541.
Eustachio,
228 e
segg.
Eustochio,
541,
Eutiche,
541.
Eva,
91.
Evagrio,
391.
Evodio,
561.
Ezechiele, 156,
157.
Fabiano, 276, 278,
279.
Fanfani,
506.
Felice,
263.
Felicissimo,
263.
Fenice,
486.
Ferrata,
306.
Fileto, 160,
161.
Filippi,
143.
FiUppo
l'Arabo, 194,
195.
Filippo (s.),
158 e
segg.
Filone
Ebreo,
151.
Finoglia
Paolo,
539.
Fita,
163.
Fiumi del
Paradiso, 93, 94,
427.
Flaubert, 382,
507.
Fonte
Avellana,
151.
Fortunato
(s.),
562.
Fra
Bartolommeo, 142^
157.
Fracassini,
193.
Fruicesca
(Piero della),
112.
Francesco di
Giovanni,
348.
Francia, 317,
323.
Franchi de'
Cavalieri,
307.
Frezzi,
94.
Froissart,
438,
Frontone,
88.
Ftmck,
136.
Gaddi
Agnolo,
112.
Gagini,
323.
Gaio
(papa),
272.
Gaio
(vescovo),
203,
Galla
Placidia,
148,
Galliaaria
(isola),
530.
Gallizia,
83,
Gamaliele,
191,
Gauthier
d'Arras,
112.
Geremia,
5.
Gerolamo
(s.), 52, 144, 153, 178,
390,
541 e
segg.,
568.
Geronzio,
342.
Gerusalem, 101, 136, 143, 414,
425,
588 INDICE DEI NOMI
Gervaise,
301.
Ghirlandaio,
60.
Giacomino da
Verona, 252, 255,
467.
Giacomo
Maggiore (s.),
39,
160 e
seguenti.
Giacosa,
503.
Giairo,
135.
Giannini,
495.
Giobbe, 230, 232,
233.
Giorgio (s.),
209 e
segg.
Giotto, 50, 184,
468.
Giovanni
Battista,
14 e
segg.
Giovanni
Evangelista,
39, 53, 64,
65,
178 e
segg.
Giovanni di
Paolo,
435.
Giuda, 105,
106.
Giuda di
Scheriot, 398,
482.
Giuliano
(imperatore),
166, 344,
345, 395, 411, 527, 528,
529.
Giuliano
(s.),
502 e
segg.
Giulio H
(papa),
141.
Giuseppe (s.),
16, 30, 31, 32, 36,
37.
Giuseppe
d'Arimatea, 66, 67,
69.
Giustina
(imperatrice),
550.
Giustino, 138,
139.
Giusto di
Gand,
579.
Godolia,
5.
Gordiano,
570.
Gozzoli,
569.
Graf, 11, 435,
492.
Gregorio (s.),
156,
570 e
segg.
Gregorio
di
Tours, 107, 203, 208,
540.
Griinewald, 381,
392.
Guranger,
317.
Guerrieri
Crocetti, 392,
509.
Guido
Monaco,
48.
Hildesheim,
435.
Holbein il
Giovane,
412.
Holbein il
Vecchio,
328.
Horoswitha,
307.
Huber,
208.
Huysmans,
13.
Ibemia,
436.
Iconio,
143.
Haro,
530.
Innocenzo
III,
6.
Ippolito,
197.
Ippona,
561.
Ireneo, 139.
Isaia,
1.
JacoponedaTodi, 11,
412.
Jerapoli,
158.
Johannes
Florentinus, 329,
337.
Josia,
163.
Joppe,
136.
Jubiaal,
491.
Elampers,
11.
Keller,
135.
Koch,
208.
Lago rosso,
438.
Lanzi,
208.
Latini
Brunetto, 84, 94, 155, 165,
218, 397, 434, 476, 486,
495.
Laudocia
(Laodicea),
494.
Lazzaro,
52 e
segg.
Leone
(papa),
137.
Leonardo da
Vinci, 61,
547.
Libano,
99.
Licaonia,
143.
Lichacew,
208.
Lidda,
135.
Liegi,
117.
Ligeri (Loira),
537.
Ligozzi,
328.
Ligug,
531.
Lino
(papa),
136,
137.
Lippi Fihppo,
626,
569.
Lippi Filippino,
158,
184.
Listra, 143,
144.
Lope,
143,
944.
Lope
de
Vega,
11.
Lorenzetti,
392.
Lorenzo
Monaco,
392.
Lorenzo
(s.),
194 e
segg.
Lotto,
323.
Luca
(s.), 573,
576.
Lucca,
540.
Lucia
(s.),
318 e
segg.
LuciUo,
197.
Luciaa,
284.
Luini,
306.
Lupa (regina),
164,
165.
Maccario
(s.),
393 e
segg.
Machiavelli,
9.
Maddalena,
62 e
segg.
Maddalena de' Pazzi
(s,),
293.
Maderna, 315,
317.
INDICE DEI NOMI 589
Magi (re), 5,
13.
Magnanelli,
323, 338, 347,
501.
Malco, 201, 204,
205.
Maini, 238,
502.
Maitani, 117,
468.
Malemi,
3.
MandeviUe,
111.
Manfredi,
117.
Manichei
(eretici),
557.
Mantegna,
177, 218, 227,
285.
Mansueti,
152.
Maometto,
363.
MarceUiano,
241 e
segg.
Marcellina
(s.),
548.
Marcello,
141.
Marco,
241 e
segg.
Marco
(evangelista),
150 e
segg.
Marco
Polo, 111, 311, 397, 471,
520
Maria
Egiziaca (s.),
412 e
segg.
Marmoutier,
530.
Marsiglia,
73, 77,
83.
Marta,
52 e
segg.,
73,
83 e
segg.
Martini
Simone,
540.
Martioiano,
201.
Martino
(s.),
527
e, segg.
Marzia,
241 e
segg.
Marziale, 136, 191,
192.
Marziano, 347, 351,
352.
Masaccio, 142,
338.
Massaroli
Nino,
509.
Massenzio, 103,
330.
Massimo,
313.
Massimino, 73, 79,
84.
Massimiano
(imperatore),
212, 240,
284, 330,
339.
Massimiano di
Efeso,
201.
Matteo
(s.),
58,
65.
Mazzoni
Piero,
112.
Melena,
v. Selene.
Melita
(Malta),
144.
Memling,
374.
Menghini,
170.
Merano,
227.
Mercuriale
(s.),
395,
411.
Merson
Olivier,
13.
Michel, 7,
492.
Michelangelo,
141.
Michele
(arcangelo),
490.
Milano, 530,
649 e
segg.
Mira, 517, 524,
525.
Misael,
395.
Mistral, 80, 81,
89.
Mois, 39, 96,
97.
Monica
(s.),
557.
Montauban,
511.
Moreau
Gustavo,
50.
Morelli
Domenico, 135,
381.
Morf,
208.
Murillo,
338.
Neaberet,
14.
Nebridio,
561.
Nepoziano,
520,
521.
Nerbona
(Narbona),
240.
Nerorie, 137, 139,
140.
Niccola
(s.),
615 e
segg.
Nicea,
517.
Nicea
(martire),
224,
225.
Niceforo
(
monaco),|
625.
Nicodemo,
66 e
segg.;
91.
Niccolo da
Poggibonsi,
218,
336.
Nicodemia
(Ismid),
284,
339.
Nicostrato,
242 e
segg.
Notkero
Balbulo,
9.
Notre Dfune di
Parigi,
183.
Nevati, 391,
491.
Odorico da
Pordenone,
111.
Olimpo (monte),
202,
203.
Onorato di
Vercelli,
655.
Onorio I
(papa),
304.
Onorio m
(papa),
199.
Orcagna,
252, 412,
468.
Origene,
194.
Orosto,
263.
Orso, 520,
521.
Orsola
(s.),
355 e
segg.
Orvieto,
113 e
segg.
Ostia,
661.
Ottaviano,
6.
Oweni
(Owayne),
439.
Ozanam,
625.
Palma il
vecchio,
348.
Pamplona,
167.
Paola
(matrona),
641.
Paolino di
Nola,
656.
Paolino di
Prigueux,
540.
Paolo
diacono,
48.
Paolo
(s.),
eremita,
379 o
segg.
483.
Paolo
(s.), apostolo,
143 e
segg.
Papia (vescovo),
161.
Paris
Gaston,
601.
Parmigianino,
338.
Pascoli,
110.
690 INDICE DEI NOMI
Pasquasio,
320,
322,
Fassavanti,
553.
Patera,
616.
Patricio
(padre d'Agostino),
567.
Patrizio
(s.),
436 e
segg.
Patroclo, 153,
145.
Pecorone,
510.
Pelagio (papa),
572.
Perugino, 81,
142.
Petrarca, 81,
569.
Petronia,
192.
Pianto della
Vergine,
65.
Pier Damiani
(s.), 151,
525.
Pietro
Diacono,
679.
Pietro
(s.), 39, 75, 76,
135 e
segg.
Pieve a
Settimo,
511.
Pinturicchio, 48, 285, 338,
392.
Pisa,
540.
Pisanello, 177, 2l8,
239.
Pisano
(Andrea),
. 50.
Piscina
probatica,
100.
Pistoia,
177.
Pitavia
(Poitiers),
529,
537.
Placido
(v. Eustachio).
Platone,
656.
Plautina,
147.
Policarpo,
242,
259 e
segg.
Pollaiolo,
285.
Ponziate
(Ponziano),
669.
Porfirio,
336.
Porte
Caspie,
397.
Prato, 168,
193.
Provenza,
273.
Prospero d'Aquitania,
568.
Prudenzio, 9, 149, 200,
306.
Publio,
144.
Puvis de
Chavannes,
50.
Quiaziano,
318.
Qtiirizio
da
Murano,
323.
RaffaeUo, 112, 117, 136, 142, 148,
157, 219, 316, 338, 626, 547, 556,
579.
BasigUa
Marco,
80.
Remondini,
208.
Beni
Guido,
141.
Renier,
501.
Bicci
Corrado,
177.
Rodano, 83,
84.
Romolo
(statua di),
5.
Rooses,
492.
Bossellino,
193.
Bossetti,
81.
Eossi
Stefano, 161, 189,
192.
Bouen
(cattedrale),
50.
Bubens, 142, 149, 200, 317, 338,
552.
Bufino,
203.
Rundggaldier,
177.
Saba
(regina di),
100.
Sabaria
(Sawar),
527.
Sabra,
210.
Sacchetti
Cesare,
227.
Sacchetti
Franco,
510.
Saducei
(eretici),
203.
Safira,
135.
Salome, 42, 43,
50.
Salomone, 98, 99, 100,
101.
Samaritana,
50.
San Giovanni in
Oleo,
178.
San Lorenzo in
Fonte,
197.
Santa Maria
d'Aracoeli,
6.
Sante Marie del
Mare,
80.
Santo Stefano
Rotondo,
193.
Saprizio,
324,
327,
Satiro
(s.),
548.
Satiro
(animale),
383.
Saverio
(s.),
637,
538.
Savoldo,
392.
Saulo, 143,
190.
SchefEer,
569.
Sebastiano
(s.),
240 e
segg.
Selene
(Melena),
209.
Seneca,
146.
Sienkievicz,
139.
Serapione,
202.
-
Sergio (monaco), 393,
400.
Set,
92 e
segg.
Severo
(Sulpizio),
638,
540.
Sibilla, 6, 6,
13.
Signorelli,
117.
Sigoli
Simone, 337,
471.
Siloe
(fonte),
100,
101.
Silvestro
(papa),
103, 104,
141.
Silvia,
570.
Simeone,
421.
Simone il
Lebbroso,
60.
Simon
Mago,
136 e
segg.
Simplicio (papa),
192.
Simpliciano,
556,
569.
Simproniano,
694,
695.
Sinai
(monte), 336, 338,
576.
Sinforiano,
278.
Sinforosa,
263.
INDICE DEI NOMI 591
Sisto
II
(papa),
194, 196, 196,
199.
Sodoma Antonio,
285.
Soldano,
373.
Soratte
(monte),
104.
Spagnoletto
(Bibera), 81, 200, 305,
423.
Stefano
(s.), 73,
189 e
segg.
Strauss,
51.
Stridono,
541.
Tabita, 136,
137.
Tabor
(monte), 96,
97.
Tagaste,
657.
Tarascona,
89.
Targioni
Tozzetti,
349.
Tauiisano
Innnoeenzo,
117.
Tebaide,
379.
Tecla
(s.),
534.
Teodoro,
203.
Teodosio
(imperatore),
203,
552.
Teofilo, 325,
328,
Teoflo
(monaco),
393.
Teopante,
230.
Teopisto,
230,
237.
Teotocopuli {il Greco),
569.
Tertulliano,
139.
Tessalonca
(Salonicco),
143.
Tessier,
500.
Tetramorfo, 155,
184.
Thoma,
219.
Thorwaldsen,
149.
Tiburzio,
272 e
segg.,
310 e
segg.
Timoteo,
140.
Tintoretto, 149, 165, 219,
423.
Tito,
147.
Tiziano, 51, 81, 200, 227, 285,
526.
Toledo,
227.
Tolomeo,
5.
Tommaso
(s.) d'Aquino,
116,
310.
Torquato,
279.
Tranquillino,
241 e
segg.
Tre Fontane
(Abbazia),
148.
Treviri,
548.
Traiano
(imperatore),
228, 229,
576.
Tumiati,
80.
Tundalo, 438,
467.
Turona
(Tours),
531, 537,
540.
Vceelli
parlanti,
478.
Ugo
da S.
Vittore,
391.
Ugolino
del
prete
Ilario,
117.
Uhde,
13.
Urbano IV
(papa),
113, 117,
309.
Urbano
(martire),
263.
Uziano,
263.
Valentiniano,
232.
Valentino,
347.
Valeriano
(imperatore),
.
379.
Valeriane, 196,
197 e
segg.,
308 e
segg.
Valerio
(vescovo),
561,
562.
Van der
Weyden,
13.
Van
Dych,
540.
Van
Eych,
183.
Val
Gardena,
176;
Vangelo (pseudo Matteo),
48.

(di Jacopo),
48.

(di Nicodemo),
110.
Vegio
Matteo,
140.
Velasquez,
392.
Venanzio
Fortvmato, 9, 110, 529,
540.
Venezia, 153,
154.
Venturi
Adolfo,
501.
Verdeyen (v. Endepols).
Veronese, 112,
338.
Veronica,
494.
Vieux
Nols,
10.
Villani,
468.
Vincenzo
(s.),
194.
Vinson,
163.
Vitae
Patrum,
31.
Vitale,
263.
Vitaletti
Guido, 492,
502.
Vittorino
(retore),
641,
569.
Vittorino,
278.
Voragine (Jacopo
da), 3, 110, 154,
184,
322.
Wahlund,
492.
Wilde
Oscar,
51.
Wilpert,
281.
Zabughin,
208.
Zaccheria,
15 e
segg.,
30,
36.
Zaccheo,
104.
Zebedeo,
160.
Zoetta,
266.
Zozima,
413 e
segg.
mDICE BELLE ILLUSTEAZIONI
Psg.
1.
Baboccio,
La Nativit
(Pinacoteca Ambrosiana)
1
2.
AlbebtineijIJ,
La Visitazione
(Galleria degli Uffizi)
.... 16
3.
PrNTumccHio,
San Giovanni e Ges
(Accademia
di
Siena)
32
4. La danza di Salom e la morte del Battista
(scultura
della Cattedrale di
Rouen)
48
5.
DeIiABOohe,
Il ritomo dal Calvario 64
6.
CoBBEGGio,
San Giovanni
Evangelista (Chiesa
di San
Giovanni a
Parma)
80
7. I
Qtiattro
Fiumi dell'Eden
(scultura
della Cattedrale di
Chartres)
96
8.
Veronese,
SanfElena
sogna
la Croce
(Londra,
Galleria
Nazionale)
. 112
9.
ErAiTAEiiLO,
Il miracolo di Bolsena
(Koma, Vaticano)
128
10.
Cabavaggio,
La
crocifissione
di San Pietro
(Santa
Maria
del
Popolo, Roma)
144
11. Beato
Angelico,
La
predicazione
di Santo
Stefano
(Roma, Vaticano)
192
12.
Mantegna,
San
Giorgio (Galleria
dell'Accademia,
Ve-
nezia)
208
13.
PiSANELLO,
SanfEtbstachio
(Londra,
Gali.
Nazionale)
. . 240
14.
Sodoma,
San Sebastiano
(Galleria degli Uffizi)
256
15. Andrea DEL
Sarto,
Sanf
Agnese {'Bssl, Duomo)
288
16.
Madebna,
Sartia Cecilia
(Chiesa
della
Santa,
Roma)
. . 304
17. Andrea della
Robbia,
Santa Dorotea
(Museo
di Ber-
lino)
320
18.
Ltjini,
Santa Caterina
portata
al
sepolcro dagli Angeli
(Milano,
Brera)
336
594 INDICE DELLE ILLTTSTEAZIONI
Pag.
19. Palma il
Vecchio,
Santa Barbara
(Venezia,
Santa
Maria
Formosa)
352
20.
Carpaccio,
Sant'Orsola
prende congedo
dai
genitori (Ve-
nezia,
Accademia)
368
21.
Velasqtjez,
Sant'Antonio e San Paolo eremita
(Ma-
drid,
GaUeria del
Prado)
384
22.
Obcagna,
L'insegnamento
di San Macario
(Pisa,
Cam-
posanto)
400
23. Lorenzo di
Credi,
Santa Maria
Egiziaca {MaBeo
di
Berlino)
416
24. Beato
Angelico,
Il Paradiso
(Firenze,
Museo di San
Marco)
: 432
25.
Gbjnewald,
La tentazione di Sant'Antonio
(Museo
di
Colmar)
448
26. Il Pozzo di San Patrizio
(silografia
dell'edizione di
Lione,
1506)
464
27.
Caccini,
Sant'Alessio
(scultura
nella chiesa di Santa
Trinit in
Firenze)
496
28. Cristofano
Allori,
L'ospitalit
di San Giuliano
(Fi-
renze,
Galleria
Pitti)
512
29. San Martino
(scultura
nella chiesa del Santo a
Pisa)
. . 528
30.
DoMENiCHiNO,
La morte di San Girolamo
(Roma,
Gal-
leria
Vaticana)
644
31.
Rubens, Sant'Am,brogio
e
l'imp&ratore
Teodosio
(Vienna,
Museo
Nazionale)
560
32. Giusto di
Gand,
San
Gregorio (Roma,
Galleria Bar-
berini)
576
I]^BICE
Pag.
Introduzione
'
vn
Indice
bibliografico
xv
Parte I.

Il Salvatore.
1. La Nativit di Nostro
Signore {inedita)
3
2. San Giovanni Battista 14
3. La Maddalena 52
4. Santa Marta
{inedita)
. : 83
6. La
Leggenda
della Croce:
a)
L'Albero della Croce
.91
6)
L'Invenzione della Croce 102
e)
L'Esaltazione della Croce
{inedita)
107
6. H miracolo di Bolsena 113
Parte II.

Gli Apostoli e gli Evakgelisti.
7. San Pietro
{inedita)
135
8. San Paolo
{inedita
143
9. San Marco 160
10. San
Filippo {inedita)
158
11. San Giacomo 160
12. San Giovanni
Evangelista {inedita)
178
Parte III.

I Martiri.
13. Santo Stefano
{inedita)
189
14.
San Lorenzo 194
15. I Sette Dormienti di Efeso
{inedita)
201
596 INDICE
Pag.
16. San
Giorgio {inedita)
'
209
17. San Cristoforo
{inedita)
220
18. Sant'Eustachio 228
19. San Sebastiano
{inedita)
240
Parte IV.

Le VEBaiNi.
20.
Sant'Agnese {inedita)
291
21. Santa Cecilia 308
22. Santa Lucia 318
23. Santa Dorotea 324
24. Santa Caterina d'Alessandria
'
330
25. Santa Barbara
{inedita)
339
26. Sant'Orsola 355
Parte V.

Gli Eremiti e i Pellegbini.


27. San Paolo eremita 379
28. San Maccario 393
29. Santa Maria
Egiziaca
413
30.

I tre monaci che vanno al Paradiso terrestre 427
31. H
Purgatorio
di San Patrizio 436
32. La
navigazione
di San Brandano 471
33. Sant'Alessio 493
34. San Giuliano
l'Ospitaliero
502
Parte VI.

I Vescovi e i Dottori.
35. San Niccola
{inedita)
515
36. San Martino 527
37. San Girolamo 641
38.
Sant'Ambrogio
548
39.
Sant'Agostino
557
40. San
Gregorio {inedita)
570
Appendice
581
Indice dei nomi 585
Indice delle illustrazioni 593
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