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Una cum patribus

La formula conclusiva delle decisioni del Vaticano I I.


Il Regolamento del concilio Vaticano II, pubblicato- come noto-
col Motu proprio Appropinquante Concilio di Giovanni XXIII del
6 agosto Ig6z, dedicava il I capo della III parte alle norme De ratione
procedendi in sessionibus publicis >> raccolte negli articoli 44-SI
1
. I primi
articoli contengono disposizioni preliminari, mentre gli artt. 48 e 49
fissano la procedura relativa all'atto proprio che costituisce l'oggetto
e il centro della sessione pubblica conciliare, cio l'approvazione e la
promulgazione delle decisioni conciliari. E' infatti previsto che il Segreta-
rio generale del Concilio, data lettura dei testi di tali decisioni, chieda
ai padri di manifestare il proprio consenso o dissenso mediante apposite
schede. Eseguito il conteggio dei voti il medesimo Segretario presenta
i risultati al Papa. A questo punto il secondo paragrafo dell'art. 50
prevede che il Papa, se decide di confermare le decisioni del Concilio,
pronunci la seguente formula : Decreta et canones modo lecta placuerunt
Patribus, netnine dissentiente (vel si quis forte dissenserit, tot numero
exceptis) Nosque, sacro approbante Concilio, illa ita decemimus,
atque ut lecta sunt
2

Paolo VI nell'udienza del I3 settembre I963, alla vigilia cio del
secondo periodo del Concilio, approv tutta una serie di modifiche al
Regolamento conciliare cosi che si ebbe un' editio altera recognita del-
l' Ordo concilii oecumenici Vaticani II celebrandi
3
, contenente alcune
sensibili modificazioni suggerite dall'esperienza del primo periodo,
conciliare. Esse culminavano nella creazione di un collegio di moderatori
ai quali era affidata la direzione dei dibattiti conciliari. Comunque
I. Uso l'Orda Concilii Oecumenici Vaticani II celebrandi, Typis Polyglottis
Vaticanis MCMLXII in cui tali articoli sono editi alle p. 39-41. Il medesimo testo
fu poi pubblicato negli AAS 54 (1962) 609-631.
2. La formula introdotta dall' espressione Stttmmts Pontifex si Decreta et
Canones confirmare dignatftr, sollemnem formulam prommtiat :Decreta ... , Ordo
Concili i ... , 41.
3 Uso anche in questo caso il fascicoletto a stampa edito dalla Poliglotta
Vaticana nel 1963; le modifiche erano state disposte da Paolo VI in un'udienza al
cardinale Segretario di Stato del 13 settembre 1963. Non risulta che esse siano
state pubblicate negli Acta Apostolicae Sedis.
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G. ALBERIGO
per lo schema generale del Regolamento restava immutato, cosi che la
terza parte era sempre dedicata alla Ratio procedendi e in essa il primo
capo conteneva disposizioni De ratione procedendi in sessionibus
publicis (sempre artt. 44-51). Immutata restava, infine, anche la
formula con la quale il Papa avrebbe dovuto confermare le decisioni
conciliari.
Tale formula peraltro non era stata ancora collaudata, dato che il
primo periodo si era concluso senza l'approvazione definitiva di alcun
documento.
Sin qui fin troppo facile indicare la fonte della formula stessa, che
era stata ripresa letteralmente dall'VIII paragrafo, dedicato appunto
alle sessioni pubbliche, del Regolamento del Concilio Vaticano I, pubbli-
cato il 27 novembre r86g da Pio IX col motu proprio Multiplices inter
4

Tale formula fu effettivamente impiegata dal papa nella sessione pubblica
dell'8 dicembre r86g e non fu modificata neppure in occasione delle con-
trastate restrizioni regolamentari pubblicate da Pio IX il 20 febbraio
r87o. E' peraltro interessante ricordare che nelle due successive sessioni
pubbliche dell'aprile e del luglio, nelle quali furono pubblicate le costitu-
zioni dogmatiche Dei Filitts e Pastor aetermts la formula effettivamente
usata da Pio IX fu sensibilmente modificata. Infatti nella seconda parte,
quella propriamente riguardante il papa, invece di decemi11ms, stattti1mts
atq,ue sancimus ,Pio IX disse deftni1mts et apostolica attctoritate conftrma-
mtts
6
Il fatto stesso che a poche settimane di distanza si fosse sentito
il bisogno di modificare la formulazione regolamentare induce a chiedersi
quali possano esserne state le ragioni, per poi valutare meglio il significa-
to della modifica.
A questo proposito non inutile ricordare che il regolamento del Vatica-
no I prescriveva che le decisioni conciliari dovessero essere lette in ses-
sione solenne ea adhibita solemni tituli praejatione qtta Praedecessores
nostri in eiusmodi conciliari actioni uti consttever,unt, nempe : Pius
Episcopus servus servormn Dei, sacro approbante concilio, ad perpetuam
rei memoriam
6
Tale intestazione figura infatti in tutte le decisioni
del Vaticano I, ma nelle due costituzioni dogmatiche essa ripresa e
rafforzata alla fine del proemio, prima che il testo passi alla parte pi
direttamente impegnativa. Cos la Dei Filius sulla fede, approvata
il 24 aprile r87o, avanti il capo I recita : Nunc atttem sedentibus 1wbis-
4 Uso l'edizione del VII volume della Collectio Lacensis, Friburgi, 1892, p. 17-
24.
5 Ibid. 7, p. 24a. Per la formula della sessione dell' 8 dicembre I86g ibid. 7,
p. 33; per quelle del 24 aprile e 18 luglio 1870 ibid. 7, p. 257 e 488.
6. Ibid. 7, p. 23d ; cfr Conciliomm Oecmnenicormn Decreta ( = COD), ed. Centro
di Documentazione-Istituto per le scienze religiose, Friburgi, 1962, p. 780, I-2 e
p. 787, 28-29.
UNA CUM PATRIBUS
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cmn et iudicantibtts tmiversi orbis episcopis, in hanc oecmue-nicam synodum
atectoritate nostra in Spiritu Sancto congregatis ... , ex hac Petri cathedra
i1t conspecttt omnimn sal1ttarem Cltristi doctrinam profiteri et declarare
constitttimtts.. .
7

Rispetto all'intestazione prevista dal regolamento non si tratta solo
di una ripresa letteraria degli stessi motivi. Infatti opportuno sotto-
lineare che il soggetto sempre il papa in prima persona, il quale si
associa i vescovi della chiesa universale, vescovi anzi, si aggiunge,
riuniti attctoritate nostra. Non agevole ritenere con sicurezza se
con tale inciso si volesse solo richiamare il fatto che il Vaticano I era
stato convocato dall'autorit del papa, fatto che nessuno metteva in
discussione, o se si intendesse piuttosto pregiudicare una questione
aperta e dibattutissima, quella dell'origine dell'autorit del Concilio.
Tale impressione potrebbe essere rafforzata dall' ex hac Petri cathedra ,
che quanto meno sposta ulteriormente l'asse di tutto il periodo sul papa
rispetto al concilio. Anche questi elementi sembrerebbero tali da far
propendere verso un'interpretazione pregnante della modifica della
formula di approvazione del papa, dove definire e confirmare sono
sostituiti a decemere, statuere e sancire. Si tratta cio di modifiche intese
sia a rafforzare il valore preminente dell'atto del papa, il quale definisce
- anche se non va dimenticato che si trattava di una costituzione
dogmatica, cio di materia rispetto alla quale definire era particolar-
mente indicato- sia a distinguere da esso la<< conferma, data sulla base
dell'<< autorit apostolica ? Rispetto a quest'ultimo problema la modi-
fica costituisce un innegabile passo avanti, mentre il suo significato
ecclesiologico globale resta incerto. N contribuisce a dissipare questa
incertezza il periodo che nella Pastor aetermts precede il capo I, dove
si torna alla formula stereotipa <<sacro approbante concilio>>
8

Sembra pertanto difficile dare una valutazione univoca alla modifica
della formula papale d'approvazione intervenuta nei primi mesi del
1870. Si pu solo dire che essa non ebbe certo lo scopo e l'effetto di
articolare meglio il rapporto tra papa e concilio rispetto all'iniziale
formula regolamentare, che era stata redatta intorno alla dizione << sacro
approbante concilio, caratteristica dei concili celebrati sotto una deter-
minante egemonia papale. Riprendendo la formulazione del regolamento
del Vaticano I, l'Ordo Concilii del Vaticano II ne condivideva inevitabil-
mente anche l'ispirazione, mentre forse non sarebbe stato inopportuno
riproporsi l'intera questione alla luce del clima completamente diverso
e di due fatti di eccezionale portata, l'intervenuta approvazione della
7 COD, p. 781, 23-29.
8. COD, p. 788, 8-13 : nos ad catlzolici gregis custodimn, incolumitatem, augmen-
tmn, necessarium esse iudicamus, sacro approbante concilio, doctrinam de institutione,
perpetuitate ac natura sacri apostolici primatus ... proponere .
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G. ALBERIGO
costituzione Pastor aeternus >> sul primato del Romano Pontefice e la
convocazione di un nuovo concilio ecumenico da parte di Giovanni
XXIII.
Comunque questi problemi non tardarono a porsi nell'intersessione
del 1963. Infatti la conferma da parte di Paolo VI che il Vaticano II
avrebbe regolarmente ripreso e proseguito i suoi lavori nell'autunno
dello stesso 1963 port in primo piano il problema dell'approvazione
delle decisioni conciliari da parte del papa e quello della loro promulga-
zione. Queste questioni d'altra parte ricevevano nuova luce dalle discus-
sioni in corso, nell'aula conciliare e nella Commissione dottrinale, sullo
schema di costituzione sulla Chiesa, dibattito iniziato vigorosamente
negli ultimi giorni del primo periodo conciliare con interventi di grande
impegno, tra cui quello del cardinale di Milano, divenuto pochi mesi
pi tardi Paolo VI. D'altro canto anche il clima dei rapporti tra concilio e
papa si era manifestato sin dalle primissime battute sostanzialmente di-
verso rispetto a quello del 1869-1870 e caratterizzato da un rispetto ed
una sintonia profondi tra il successore di Pietro e l'episcopato universale.
Entrambi questi elementi contribuirono in modo determinante alla
decisione del papa di promuovere lo studio di una formula di approva-
zione da parte del papa delle decisioni conciliari che tenesse conto sia
del mutato clima generale, sia del progresso della teologia sulla chiesa
che il concilio si avviava a sancire, sia infine dell'opportunit che tale
formula fosse adeguatamente studiata e ponderatamente articolata
in obbedienza alla singolare pregnanza dell'atto che essa doveva espri-
mere.
In vista di tutto questo, un ristretto gruppo di teologi, storici e ca-
nonisti studi l'argomento e si trov d'accordo nel proporre l'abbandono
della formulazione contenuta nell'Ordo Concilii a favore di una formula
pi articolata. Essa era risultata la seguente: In ~ o m i n e sanctissimae et
individttae Trinitatis. Decretum (vel Decreta) quod (vel quae) in hac
sacrosancta et universali synodo Vaticana II in Spiritft Sancto legitime
congregata modo lectum placuit ( vel lecta placuemnt) Patri bus nemine
dissentiente (vel tot dissentientibus) Nos Paulus VI apostolica auctoritate
Capitis lmts sacri Concilii [et Vicarii Christi] consenti1mts et quae ita
synodaliter statuta s1mt promftlgari iubemus
9
La decisione definitiva
spettava naturalmente al papa e fu conosciuta solo nell'atto stesso
in cui Paolo VI il 4 dicembre 1963 pronunzi la formula di approvazione
g. Per quanto mi risulta alle riunioni intervennero C. Colombo (Milano), H.
Jedin (Bonn), G. Dossetti (Bologna), R. Morsdorf (Monaco) e K. Rahner (lnnsbruck).
Il testo della formula proposta conservato nella documentazione relativa al Con-
cilio Vaticano II custodita presso l'Istituto per le Scienze religiose di Bologna.
UNA CUM PATRIBUS
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due volte, prima per la costituzione sulla liturgia e poi per il decreto
sui mezzi di comunicazione sociale
10

Con viva soddisfazione si apprese allora che il papa, accogliendo sostan-
zialmente la proposta che gli era stata fatta e sanzionando autorevol-
mente il clima di comunione esistente tra papa ed episcopato, aveva
considerato superata la formula prevista dall'Orda Concilii e l'aveva
profondamente rinnovata. Infatti, dopo l'annunzio del risultato favore-
vole del voto sulla costituzione de s. liturgia, Paolo VI aveva detto :
l1t nomine sanctissnae et indz'viduae Trinitatis Patris et Filii et Spiritns
Sancti. Decreta, quae in hac sacrosancta et universali synodo V aticana
sewnda legitime congregata modo lecta stmt placttemnt Patribzts. Et
Nos, apostolica a Christo Nobis tradita potestate, illa, una cum venerabili-
bus Patribtts, in Spiritu Sancto approbamus, decemimus et statuimus,
et qt.tae ita synodaliter statuta sunt ad Dei gloriam promulgari iubemus
11
.
Malgrado l'art. 50 del regolamento del Vaticano II non sia mai stato
formalmente modificato, di fatto Paolo VI rest sempre fedele alla
formula del 4 dicembre rg63 anche in occasione dell'approvazione
solenne dei numerosi documenti successivi sino agli ultimi, votati nella
sessione solenne del 7 dicembre rg65.
Sembra pertanto legittimo esaminare anzitutto le ragioni d'ordine
storico che possono aver presieduto alla modifica della formula per
cercare poi di identificare il nucleo ecclesiologico di tale modifica e
pertanto il suo significato globale.
Si gi ricordato sopra che con la conclusione del primo periodo
conciliare si pose, con notevole ampiezza, il problema della modifica
10. E' interessante che il fascicolo a stampa iV/ etlzodus servanda per la sessione del
4 dicembre 1963, preparato a cura della Segreteria del Concilio, lasciasse in bianco
il testo della formula, che fu pertanto nota solo al momento in cui fu pronunciata.
11. L'Osservatore Romano del 5 dic., 1963 n. 281; la stessa identica dizione fu
pubblicata nel medesimo giorno ne L'Avvenire d'Italia e come tale ristampata in
R. LA VALLE, Coraggio del Concilio, Brescia, 1964, p. 471. E' pertanto molto singo-
lare che invece le successive edizioni ufficiali, e cio prima quella degli AAS (56,
1964,p. 134pubblicatonel maggio 1965) e poi quella dell' Editio typica di tutte le
decisioni conciliari (Sacrosanctum oecttmenicmn concili1111t Vaticanttm II. Consti-
tutiones Decreta Declarationes. Cura et studio Secretariae generalis concilii oecmneniC'i
V aticani I I, 1966, p. 62), attribuiscano al contrario al Papa una formula sensibilmen-
te diversa e, almeno nella prima parte, usata effettivamente solo un anno pi tardi, a
partire cio dalla solenne approvazione il 21 novembre 1964 della Costituzione
dogmatica Lwnm Gentittm, cfr AAS 57, 1965, p. 67. Anche V. FAGIOLO (La fommla
di approvazione e promulgazione dei decreti conciliari, Diritto ecclesiastico 75, 1964,
p. 370-386) rileva la discrepanza tra il testo della formula effettivamente pronun-
ciata da Paolo VI il 4 dicembre 1963 e quello pubblicato dagli Acta Apostolicae
Sedis e dall' Editio typica. Va aggiunto che anche un controllo effettuato sulla regi-
strazione magnetica della medesima sessione solenne conferma che le pubblicazioni
ufficiali hanno arbitrariamente mutilato e alterato una formula papale solenne la
cui redazione il papa aveva espressamente riservato a s.
zg6 G. ALBERIGO
del regolamento del concilio. Tale esigenza fu ripresa dall'antico arci-
vescovo di Milano dopo la sua elezione alla cattedra di Pietro e si concret
nelle modifiche del 13 settembre 1963, esattamente due settimane
avanti la ripresa dei lavori conciliari. Queste modifiche, pur non riguar-
dando direttamente la formula di approvazione delle decisioni conciliari
da parte del papa, avevano il significato fondamentale di una ratifica
autorevole e coraggiosa del nuovo modo di porsi dei rapporti tra papa
e concilio. A Basilea, come a Trento e al Vaticano I il papa aveva provve-
duto a farsi rappresentare in concilio da Legati, incaricati sostanzial-
mente di tutelare i diritti e le prerogative della Sede Romana di fronte
alle istanze dell'episcopato universale, spesso direttamente o indi-
rettamente in polemica verso il papa.
L'Ordo Concilii del Vaticano II nella misura in cui si era prevalente-
mente ispirato alle norme regolamentari del Vaticano I era rimasto
sostanzialmente fermo al clima di tensione istituzionale caratteristico
del r86g-r87o. Ma invece il Vaticano II si apriva in una situazione
sostanzialmente diversa, sia dal punto di vista psicologico che da quello
propriamente istituzionale e costituzionale. Il Vaticano I e in particolare
la Pastor aetermts avevano dato i loro frutti e il grande rinnovamento
ecclesiologico si era orientato in direzione diametralmente opposta
ai contrasti istituzionali, mettendo invece finalmente in luce i motivi
di convergenza e il sostanziale regime di comunione. Il primo periodo
di vita del Vaticano II, nell'autunno 1962, aveva confermato tutto
questo. L'assemblea conciliare aveva manifestato una vitalit intensa e
ricca, orientata ad una ricerca della conformit della Chiesa alla sua
vocazione, ma, pi che aliena, estranea a qualsiasi forma di contrap-
posizione o di minor solidariet col successore di Pietro, capo inconte-
stato del concilio
12

Traendo le conseguenze di questa nuova situazione le modifiche
regolamentari dell'estate rg63 erano imperniate sulla creazione del
gruppo dei quattro Delegati Moderatori, deputati dal papa a dirigere
il concilio formando una specie di giunto elastico tra l'assemblea e il
papa stesso. Non era privo di significato che fosse stata preferita questa
12. E' interessante come la decisione di Giovanni XXIII di convocare un concilio
ecumenico abbia goduto di un larghissimo consenso nell' episcopato universale,
nel setiSIIS fidei del popolo cristiano e, infine, tra i cristiani di altre chiese e confessioni.
Eppure non vi atto di eguale gravit e di altrettanto rilievo per la chiesa uni-
versale che sia stato consumato da un papa con un grado cos esclusivo di decisione
personale quanto questo. Tutti i particolari che si conoscono dei mesi intercorsi
tra l'elezione di Roncalli e l'annuncio ufficiale del 25 gennaio 1959 confermano che
la decisione matur nel papa in modo completamente indipendente da qualsiasi
partecipazione altrui. Si tratt cio di un atto nel quale si realizzarono contestual-
mente sia l'iniziativa libera del pontefice, fondata sul carisma proprio del suo
ufficio primaziale, che la adesione corale dell' episcopato e del popolo cristiano.
UNA CUM PATRIBUS
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figura a quella pi consueta dei legati papali. Quest'ultima infatti era
stata caratteristica di un regime di rapporti ora superato e la sua utilizza-
zione avrebbe potuto risuscitare ombre ormai dissipate. Se il problema
non era pi quello di salvaguardare i diritti del papa dalle insidie del-
l'episcopato, ma piuttosto quello di realizzare un concorso organico del-
l'uno e dell'altro alla grande opera di rinnovamento della Chiesa, la
creazione di un gruppo di prelati di grande prestigio anche presso l'episco-
pato, gruppo al quale veniva affidata la funzione di mediare dinamicamen-
te tale concorso, acquistava un valore sintomatico. E anche la concreta
composizione del gruppo dei Moderatori, scelti quasi tutti tra i capi
spontanei e riconosciuti del Concilio, corrispose a tale orientamento,
segnando una svolta rispetto alla scelta dei Legati papali, i quali - sia
a Trento che al Vaticano I - erano stati designati avendo di mira
l'efficace rappresentanza e tutela degli orientamenti ed interessi del
papato.
Con le modifiche regolamentari dell'intersessione del 1963 la svolta sto-
rica avvenuta nei rapporti tra papa e concilio aveva dunque trovato
una prima sanzione tecnica. Nel frattempo, come si gi accennato,
l'attenzione del Concilio si concentrava sulla problematica ecclesiologica
nei tre momenti della discussione generale alla fine del primo periodo,
dell'intenso lavoro della Commissione dottrinale tra il gennaio e il
settembre 1963 e, infine, del nuovo dibattito in aula lungo l'ottobre e
parte del novembre dello stesso anno. Durante ciascuna di queste tre
fasi si ebbe un fatto decisivo nell'iter formativo della Costituzione dog-
matica sulla Chiesa destinata ad essere approvata il 21 novembre 1964.
Infatti il breve dibattito del 1962 bast ad indicare in modo inequivoca-
bile quali fossero gli orientamenti del Concilio in ordine alla problematica
ecclesiale e quanto essi fossero impropriamente espressi o addirittura
traditi nello schema di costituzione predisposto dalla Commissione pre-
paratoria. Nel successivo lavoro di Commissione furono tratte le necessa-
rie conseguenze dell'orientamento tanto nettamente manifestato in
aula e fu deciso l'abbandono del testo preparatorio e l'adozione, come
base di lavoro, del testo predisposto dal teologo lovaniense G. Philips
(26 febbraio 1963). Il 30 settembre i padri iniziarono il dibattito sul
nuovo schema e il 30 ottobre successivo si ebbe il terzo momento forte
con l'approvazione da parte di una larga maggioranza di cinque quesiti
proposti dai Moderatori in accordo col papa e relativi agli argomenti
pi controversi, sui quali era opportuno che l'assemblea manifestasse
chiaramente il suo orientamento in modo da fornire precise indicazio-
ni al successivo lavoro di commissione. In particolare il III e il IV quesito
contenevano elementi direttamente inerenti il rapporto tra papa ed
episcopato e perci anche la questione del concorso del papa nelle decisioni
conciliari.
298 G. ALBERIGO
Infatti, rispondendo affermativamente al terzo quesito i padri (r8o8
contro 336) manifestavano di ritenere che il corpo, ossia il collegio,
episcopale succede al collegio apostolico nella funzione di evangelizzare,
santificare e pascere e che lo stesso collegio, insieme col suo capo il roma-
no pontefice e mai senza questo capo (del quale rimane salvo ed integro
il diritto di primato su tutti i pastori e fedeli) investito della piena
e suprema potest nella Chiesa universale . Questa comunione tra papa
e collegio episcopale e la potest relativa nella Chiesa universale trovava
il suo fondamento, sempre secondo i padri (1717 contro 408), diretta-
mente nel diritto divino
13

Tutti questi fatti costituiscono gli antecedenti storici e le premesse
dottrinali della deCisione di modificare la formula predisposta per l'appro-
vazione papale delle decisioni conciliari. Era infatti ormai evidente lo
scarto tra la formula dell'Ordo Concilii, che risaliva letteralmente al
Vaticano I, e la nuova situazione teologica. La formula usata per la
prima volta il 4 dicembre rg63 aveva dunque la sua causa nei fatti e
negli orientamenti sopra ricordati. E'ora possibile esaminare in quale
misura essa abbia effettivamente innovato rispetto a quella in uso
nel Vaticano I, cercando di mettere in evidenza la simmetria dei principi
ecclesiologici sottesi alla nuova formulazione rispetto agli indirizzi
generali del Concilio in questa materia
14
.
13. Credo opportuno trascrivere il testo dei quesiti 3 e 4 cosi come fu votato dai
padri, tanto pi che essi non hanno trovato posto in nessuna delle edizioni dei testi
conciliari, malgrado abbiano giocato un ruolo almeno altrettanto rilevante quanto
la cosiddetta Nota praevia . Essi recitavano:
3 Utrum placeat Patribus ita apparari sclzema ut dicatur Corpus sett Collegium
Episcopomm in munere evangelizandi, sanctiftcandi et pascendi succedere Collegio
A postolormn ; et ipsum, tma cum capite suo Romano Pontiftce et 1mmquam #ne lzoc
capite ( witts salvum et integmm remanet ius primatiale in omnes pastores et ftdeles),
piena et steprema potestate in tmiversam Ecclesiam pollere (Placet: 1808 ; non placet:
336).
4 Utmm placeat Patribus ita apparari sclzema ut dicatm praedictam potestatem
ipsi Collegio Episcopomm Capiti tmito competere iure divino (Placet: 1717; non
placet : 408).
N.B. : Sensus propositiomem tertiae et quartae est : a) actuale exercitimn potestatis
Corporis Episcopomm regitter ordinationibus a Romano Pontiftce adprobatis ; b) actus
vere collegialis Corporis Episcopomm non datur nisi i1witante aut saltem libere reci-
piente (cfr Schema De Ecclesia , p. 27, !.38) Romano Pontiftce ; c) modus practicus
et concretus, quo duplex forma supremae potestatis in Ecclesia exercetter, ad ulteriorem
determinationem tlzeologicam et iuridicam pertinet, Spiritu Sancto lzarmoniam inter
utramque jormam indejectibiliter roborante .
14. Furono sostanzialmente unanimi nel rilevare la novit della formula adottata
da Paolo VI tutti i principali commentatori del Concilio : Y. CoNGAR, Le concile
au jottr le jottr. Deuxime session, Paris, 1964, p. 153; J. RATZINGER, Das Konzil auj
dem Weg. Rilckblick auj die zweite Sitzungsperiode, Ki:iln, 1964, p. 73-75; R. LAUREN-
T1N, L'enjett du Concile. Bilan de la deuxime session, Paris, 1964, p. 187-188 e 296;
A. WENGER, Vatican II. Cllronique de la deuxime session, Paris, 1964. p. 258-260;
(I)
UNA CUM PATRIBUS
299
Anzitutto opportuno confrontare sin otticamente la formula
dell'Orda Concilii- ripresa dal Vaticano I-, quella proposta dal gruppo
di esperti incaricato di studiare il problema, quella impiegata da Paolo
VI il 4 dicembre 1963 e, infine, quella successivamente rettificata e
usata nelle seguenti sessioni solenni a partire dal 21 novembre 1964.
l ti: .l
Orda concili i oecume- Proposta autunno 1963 Sessio 4.XII.x963
nici Vaticani II cele
brandi (art. 49)
(OR s.XII.I963 n. 281)
In nomine sanctissimae et In nomine sanctissimae et
individuae Trinitatis individuae Trinitatis Patris
et Filii et Spiritus Sancti
Sessio4.XI1.1963
(AAS 56 (1964) 134, ed.
V.x964 e anche Editio typi&a)
(II) Decreta et canones
modo lecta placuerunt
patribus nemine dis-
sentiente (ve! si quis
forte dissenserit, tot
numero exceptis)
decretum (ve! decreta) quod
(vel quae) in hac sacrosancta
et synodo Vaticana
II in Spiritu sancto legitime
congregata modo lectum pia-
cui! (ve! Iecta placuerunt)
patri bus, nemi ne dissentiente
(ve! tot dissentientibus)
decreta, quae in bac sacro-
sancta et universali synodo
Vaticana II legitime congre-
gata modo Iecta sunt, placue
runt patribus.
Haec omnia et singula quae
j.{ hac constitutione edicta
sunt placuerunt sacrosancti
concilii patrihus
(III) Nos Paulus VI apostolica
auctoritate capitis huius sacri
concilii [et vicarii Christi]
piene consentimus
Et Nos, apostolica a Cbristi
Nobis tradita potestate, illa
una cum venerabilibus patri-
bus, in Spbitu sancto appro-
bamus, decernimus et sta-
tuimus,
Et Nos, apostolica a Cbristo
Nobis tradita potestate, illa
una cum venerabilibus patri ..
bus, in Spirito sancto appro
bamus, decemimus ac sta
tuimus
(IV) Nosque, sacro appro-
bante concilio, illa ita
decemimus, statuimus
atque sancimus, ut lecta
sunt.
et quae ita synodaliter sta-
tuta sunt promulgari iube-
mus.
et quae i t a synodaliter sta-
tuta sunt ad Dei gloriam
promulgari iubem us.
et quae ita synodaliter sta-
tuta sunt ad Dei gloriam
promulgari iubemus.
Non privo di fondamento nella stessa struttura delle formule pi
complesse - quelle cio del 1963 - individuare quattro articolazioni
fondamentali. La prima (I) ha letterariamente una funzione di premessa
e di invocazione e costituisce il membro teologicamente pi rilevante
in quanto ribadisce il fondamento trinitario della fede cristiana e costi-
tuisce la testimonianza della volont del concilio e del papa di subordi-
nare il loro magistero all'essenziale professione trinitaria. E' probabil-
mente per queste ragioni che la proposta dell'autunno 1963 e la formula
effettivamente usata nell'approvazione papale della costituzione liturgica
e del decreto sui mezzi di comunicazione sociale si aprivano con una
X. RYNNE, Tlze second Session, New York, 1964, p. 297; G. CAPRILE, Il concilio
Vaticano Il. III Roma, 1966, p. 448 non avverte della modifica della formula pre-
vista dal regolamento. Riguarda pure i problemi discussi in questo saggio il lavoro
di B. RoMANo-U. SANTINO, Lo sviluppo storico della procedura conciliare, Milano,
1963 condotto sfortunatamente con insufficiente conoscenza della problematica
sia ecclesiologica che canonistica. Con la sua abituale competenza ha fatto invece
riferimento a queste questioni H. }EDIN in due brevi note: Gesclziiftsordmmg und
Gesclliiftsgang, inDie Autoritiit der Freiheit. Gegenwart des l(onzils mtd Zukrmjt der
[(irclle im okumen.iscllm Disput, hrsg. J.C. HAIIIPE, I Miinchen, 1967, p. 55-61 e
Die Gesclziijtsordmmg des Konzils, in Das Zweite Vatikanisclle l(onzil, III Freiburg,
1968, p. 6xo-623.
300 G. ALBERIGO
premessa trinitaria sostanzialmente analoga. Che tale premessa mancasse
nella formula dell'Orda conc-ilii si spiega agevolmente ricordando che
essa era stata semplicemente ripresa da quella del Vaticano I, invece
meno chiaro comprendere perch essa sia scomparsa nelle edizioni
ufficiali delle decisioni del dicembre 1963 e nella formula impiegata nelle
sessioni successive.
Il secondo membro {II) presente in tutte le formulazioni ed ha in
tutte una funzione essenzialmente dichiarativa del definitivo consenso
gi manifestato dai padri conciliari, o - almeno - dalla loro maggioran-
za, sul documento ora sottoposto al papa. Le varie formulazioni sono
concordi nell'usare il verbo placere per esprimere il voto definitivo dei
membri del Concilio, tanto pi che anche il Vaticano II ha continuato
la tradizione dei precedenti concili chiedendo che i padri manifestino
il loro consenso o dissenso con le espressioni placet o non placet. Peraltro
rispetto alla formula del Vaticano I la proposta del gruppo di esperti
aggiungeva una qualificazione precisa del concilio : << in hac sacrosancta
et 2miversali synodo Vaticana II in Spiritu Sancto legitime congregata.
Come noto la qualificazione globale del concilio un problema che
queste assemblee si sono ripetutamente posto nel corso della storia.
Cos avvenne sia a Calcedonia che al Niceno II, le cui decisioni si aprono
con formulazioni analoghe destinate appunto a qualificare il concilio,
soprattutto rispetto agli eretici che si disponevano a rifiutarne le decisio-
ni
15
Ancora, il problema si pose a Costanza, dove era necessario fondare
IS. Per Calcedonia mi riferisco al tratto iniziale dell' "Opos 1rloTWS che suona
(COD p. 59, I-II) :
Opos 1rloTWS
'H d.yla Kal p.eyd>tTJ al olKovp.ev&KTJ
a.Jvo8os ..j KaT 6EOV x.J.p1v Kal 6tomop.a
TWv ec1f:f3ea-rdTwv al r/JI>..oxplaTCJJV
vp.wv {3ao1Mwv O.laEVTIVIavov Kal
MapKiaVOV a.lyo.SoTWV ovvax6eloa v
Tf XaK"'8ovJwv P."/TpomSe Tfs B.6vvwv
, , , .... , ... c l '
E1Tapxas ev Ttp fLapTIIP''P T"/S ayas Kal
KavlKOII p.&pTvpos E.lrf>"'p.las wp!OE
[Definitio fidei]
Sancta et magna et universalis syno-
dus quae per gratiam Dei et prae-
cepta piissimorum et christianissi-
morum imperatorum nostrorum
Valentiniani et Marciani augusto-
rum congregata est in Chalcedona
metropoli provinciae Bithyniorum
in ecclesia sanctae et victricis mar-
tyris Euphemiae, haec definivit quae
subter scripta sunt.
e per il Niceno II all' analoga premessa all' "Opos (COD p. 109, I-II) :
["Opos]
'H dyla p.ey&.\"1 Kal
o.Jvo8os, ..j KaT 6eov xtJ.piV Kal 6tomop.a
TWV e.loe{Jwv Kal rf>.\oxploTwv "'fLWV
{3ao1Mwv KwvaTavTlvov Kal
Tfs a.lTov fL"/Tps ovva6po1o6e<aa T
8e.STepov v Tf N1Katwv ap.1rpif fL"/Tpo-
[Terminus]
Sancta magna ac universalis syno-
dus, quae per Dei gratiam et sanc-
torum piorum et christianorum impe-
ratorum Constantini et Irenae matris
eius congregata est secundo in Nicae-
norum clara metropoli Bithynensium
UNA CUM PATRIBUS
301
l'autorit del Concilio sia dal punto di vista dottrinale sia rispetto alle
varie obbedienze papali esistenti. A tale scopo anzitutto il testo delle
decisioni si apre abitualmente con una professione trinitaria cui segue
la qualificazione che l'assemblea d di s. Cos ad esempio la sentenza
di condanna degli articoli di Wicliff del 4 maggio 1415 si apre con queste
parole : Sacrosancta Constantiensis synod1ts, generale concilittm faciens,
et ecclesiam catlzolicam repraesentans, ad extirpationem presentis schismatis,
errontmque et haeresimn sttb ets umbra pullulantimn eliminationem,
et reformationem ecclesiae, in Spiritlt Sancto legitime congregata, ad
perpetztam rei memoriam n
16
. Ci si preoccupava dunque di qualificare
l'assemblea costantiense come generale concilimn, legittimamente
riunito nello Spirito santo e perci garantito dalla sua assistenza e,
infine, investito della rappresentanza dell'intera chiesa cattolica.
A Basilea, sin dalla prima sessione il decreto adottato sotto la presi-
denza del legato papale card. Cesarini conteneva una formula analoga :
<< sacrasancta synodtts Basileensis 1miversalem ecclesiam repraesentans,
in Spirittt sancto legitime congregata, praesidente rev.11to in Christo
patre domino lttliano ... , apostoz.icae sedis legato ... ,,
17
E' noto che a
Trento il problema fu riproposto sin dalle prime battute per iniziativa
7
del vescovo italiano Braccio Martelli, il quale riteneva che anche il 1
Tridentino dovesse qualificarsi << mtiversalem ecclesiam repraesentans ,,,
Vi si opposero i legati e la maggioranza accett la formula che figura
in testa a tutte le decisioni : << Sacrosancta oewmenica et generalis Tridenti-
na synodtts in Spiritn sancto legitime congregata, praesidentibus in ea
nomine sanctissimi in Christo patris et domini nostri Pauli divina pro-
videntia papae tertii, reverendissimis dominis... S.R.E. cardinali bus
et apostolicis de latere legatis ... ,,
1
8.
1roE Tijs B,Ouvwv e1rapxlas, ev Tj
d.y{q. Toi 8Eoi EKKTJa{q. Tfi E1Tovop.a{op.lvTJ
l:o<f>lq., Tfi 1rapaloaE
TijS Ka8oKijS EKK7Jalas' wpaE T
l
IJ1TOTETayp.EVa,
provinciae in sancta Dei ecclesia,
quae cognominatur Sophia, sectata
traditionem catholicae ecclesiae, defi-
nivit inferius ordinata.
16. COD p. 387, 1-5. Analoga dichiarazione, preceduta dall' invocazione trini-
taria, apre il famoso decreto Haec sancta del 6 aprile 1415 (ibid., p. 385, 15-21), la
nuova condanna di Wicliff del 6 luglio 1415 (ibid., p. 397, 13-15) e quella di Huss
(ibid., p. 402, 33-34)
17. COD p. 431, 5-8; analogamente si apre il decreto della XXV sessione del 7
maggio 1437 col quale la minoranza in comunione col papa decise il trasferimento
del concilio e la sua continuazione come concilio d'unione con i greci (COD p. 488,
24-26).
18. E' la formula usata nel decreto de iustijicatione del 13 gennaio 1547 (COD
p. 647, 6-12), ma essa ricorre, con piccole varianti stilistiche, in tutte le decisioni
tridentine, a partire dalla IV sessione, la prima con un contenuto rilevante. Fu
appunto in vista di tale sessione che alcuni vescovi, e soprattutto l'italiano .Braccio
Martelli, posero il problema di riprendere nell' intestazione dei decreti la formula
302 G. ALBERIGO
Risulta evidente che la formulazione proposta nell'autunno rg63
riprendeva su questo punto letteralmente la formula tridentina, sia
pure non in sede di intestazione delle decisioni, ma invece come parte
delle premesse alla manifestazione dell'adesione del papa alle decisioni
conciliari. Secondo la proposta infatti il papa stesso avrebbe sottolineato
la caratteristica universale dell'assemblea e la legittimit della sua
riunione nello Spirito Santo. In sostanza la formula usata il 4 dicembre
rg63 acquisiva tale proposta, salvo il riferimento allo Spirito Santo,
omesso forse in considerazione dell'estesa invocazione trinitaria della
prima parte della formula effettivamente adottata. Al contrario, la
redazione delle successive sessioni omette tutte le novit adottate nel
rg63 per tornare in sostanza alla formulazione dell'Orda concilii se non
nel suo contenuto materiale almeno nella sua sostanza, limitandosi
alla scarna dichiarazione che tutto quanto stato letto ha avuto l'appro-
vazione dei padri.
Dopo questa constatazione, la formula del Vaticano I passava alla
parte centrale e cio alla manifestazione della volont del papa espressa
con i verbi decemere, statuere e sancire. Il papa diveniva cosi il soggetto
personale ed esclusivo dell'atto che comprendeva nel medesimo tempo
sia l'approvazione di quanto il concilio aveva deciso, sia l'attribuzione
a tutto ci di un'efficacia giuridica nell'ordinamento canonico. Il rapporto
tra il romano pontefice e il concilio ecumenico espresso nell'inciso
sacro approbante concilio n, che appare per la prima volta nella storia
dei concili generali nel decreto<< Licet de evitanda )) sull'elezione del papa,
sottoposto da Innocenza III al Concilio Lateranense III del II79
19

L'origine e il significato di tale espressione non sono stati ancora rico-
struiti ed approfonditi come forse meriterebbero. E' perci difficile
cogliere senza incertezze il significato dell' approbatio data dal concilio,
significato che oscilla tra quello di un'approvazione, o di un assenso o,
infine, di una semplice testimonianza, sia pure qualificata
20
Per,
costantiense secondo la quale il concilio ecumenico era ecclesiam universalem reprae-
sentans ; la richiesta fu respinta dai legati papali ; cfr H. }EDIN, Gescllicl!te des
Konzils von Trient, II Freiburg, 1957, p. 17-19 e 21 ; il mio I vescovi italiani al
Concilio di Trento (1545-1547}, Firenze, 1959, p. 246-247, p. 256 e 437-438 e, infine,
il saggio di }EDIN, Der Episkopalist Braccio lltfartelli, Bisc/wf von Fiesole. Nova
et vetera, Riimische Quartalschrift 6o, 1965, p. 153-185.
19. COD p. 187, 5; interessante che la formula prevedesse sullo stesso piano del
consenso del concilio anche quello del collegio cardinalizio.
20. Un esame anche superficiale di vari dizionari e lessici indica che sono compre..-
senti vari significati fondamentali secondo una scala che va appunto dall' appro-
vazione vera e propria, ad un assenso di valore molto pi generico sino alla testi-
monianza data ad un atto cui si rimane estranei, cfr DucANGE I, 332, FoRCELLINI I,
289 e il Mittellateinisclres Worterbucll bis zmn ausgelrendm 13. ]alwlmndert, 1/6
Miinchen, 1963, p. 815-816; cfr anche J.F. ScHULTE, Die Stelltmg der Concilien,
Piipste mzd BiscliOje, Prag, 1871, p. 109-II3.
UNA CUM PATRIBUS
al di l di queste oscillazioni semantiche, molto meno incerto il signi-
ficato storico globale di quest'uso, che interviene nel momento in cui
l'autorit del romano pontefice in grande ascesa e trova, con sempre
maggiore frequenza e rigore, adeguate formulazioni dottrinali. Basti
qui richiamare il XVI punto del Dictattts papae di Gregorio VII che
intendeva legare indissolubilmente non solo la convocazione, ma anche
la legittima celebrazione di concili generali all'esclusiva sanzione da
parte del vescovo di Roma
21
La celebrazione dei concili lateranensi
uno degli indizi pi evidenti di questa nuova stagione, nella quale
l'iniziativa del papa rispetto all'episcopato e alle sue riunioni diviene
sempre pi ampia e meno contrastata. In questo clima storico e dottri-
nale le decisioni dei concili, anche di quelli generali, sono abitualmente
intestate al papa regnante, quando addirittura non sono redatte nella
forma di bolle papali. Il papa, ancora, non ha alcuna incertezza a modi-
ficarle o, comunque, a manipolarle dopo la chiusura del Concilio e prima
della loro entrata in vigore. Esse sono atti steoi, sacro approbante
concilio>>
22
Entro questo contesto globale cio al concilio assegnata
una funzione relativamente marginale, come di un coro che si associa
solennemente ad atti che hanno per un soggetto ben individuato :
il papa.
E' noto come questo regime nei rapporti tra vescovi di Roma ed episco-
pato universale abbia caratterizzato i concili generali compresi tra il
Lateranense I {II23) e il concilio di Vienne (I3II-I3I2), per essere poi
ripreso nel concilio Lateranense V (I5I2-I5I7). Al Tridentino invece,
malgrado la solida e indiscussa posizione del papa, il concilio ribadi
le proprie fondamentali prerogative, riconducibili sostanzialmente
21. Quod nulla synodu.s absque precepto eius debet generalis vocari " ed. E.
CASPAR, MGH Epp. sei. II /r, Berolini,
2
1955, p. 205, 6-7.
22. Malauguratamente il recente studio di R. FoREVILLE sui primi quattro concili
del Laterano non presta speciale attenzione a questo aspetto, malgrado il suo
significato ecclesiologico come indizio del regime di rapporti tra papa e concilio
(Latran I, II, III et Latran IV, Paris, 1965). Ha formulato invece un giudizio
acuto, ancorch globale, H. ]EDIN, Iaeine I(onziliengescllicl!te, Freiburg
7
1966,
qualificando questo gruppo di concili come Piipstlichm generalkonzilien des Hocli-
mittelalters ovvero Piipstliclze Reformsynode (p. 39). D'altronde il problema
della posizione subalterna dei concili medievali rispetto al papa non limitato ai
Lateranensi, ma riguarda in modo clamoroso anche il primo concilio di Lione (1245).
Infatti nella grande bolla di deposizione di Federico II, Innocenza IV esordisce con
la formula Innocentius episcopzts servus servorwn Dei sacro praesente concilio ...
(COD p. 254. 2), secondo la quale al concilio attribuita una esclusiva funzione di
testimonianza. Tale impressione risulta solo attenuata dalla formula conclusiva del
medesimo atto, la quale suona: Nos ... cttm fratribus nostris et sacro concilio deli-
beratione praeltabita diligenti ... (COD, p. 259, r6-r8). In questo caso ancora pi
chiaro che il concilio solo una cassa di risonanza particolarmente solenne e quali-
ficata per la pubblicazione degli atti papali, nella formazione e determinazione dei
quali all' episcopato non riconosciuto alcun concorso autonomo e responsabile.
G. ALBERIGO
all'affermazione della sussistenza autonoma dell'assemblea. Anzi questa
rivendicazione, a causa delle circostanze storiche, si spinse ad una
acentuazione formale della distinzione tra papa e concilio espressa
particolarmente dall'approvazione da parte di Pio IV delle decisioni
conciliari solo vari mesi dopo la conclusione del Tridentino come un
atto completamente separato dal corpus delle decisioni dell'assemblea 2a.
Quando fu stabilita la celebrazione di un nuovo concilio generale,
il Vaticano I, l'atmosfera dottrinale e storica era tale da riproporre
l'uso della formula sacro approbante concilio . Essa fu effettivamente
usata sia nell'intestazione delle decisioni, sia nelia formula di approva-
zione finale di Pio IX
24
Invece non se ne fece uso nel contesto delle
decisioni, neppure in quella sulla fede, dove anzi furono usate espressioni
pi adatte a manifestare un certo concorso dell'opera e dell'autorit
del papa con quella dell'assemblea sedentibtts nobiscmn et i11dicantibtts
tmiversi orbis episcopis >>. Solo nella conclusione delle premesse ai quattro
capi della costituzione sul primato e l'infallibilit del Romano pontefice
si ritorn alla formula medioevale
25
in un contesto dominato, anche
letterariamente, dall'iniziativa del papa, rispetto al magistero del quale
l'assemblea episcopale si ritrova ad esercitare soprattutto un ruolo
corale e di testimonianza.
A ben vedere per neppure questa riesumazione di una formula
caratteristica di un particolare momento della storia giunse ad offuscare
23. Cio avvene, come noto, con la bolla Benedictus Deus di Pio IV, che reca la
data del 26 gennaio I564, ma in realt fu promulgata solo il 30 giugno successivo a
causa dei tentennamenti provocati nel papa dalle correnti curiali e conservatrici
contrarie all' approvazione globale dell' opera del Concilio (P."PRODI, Il cardinale
Gabriele Paleotti (1522-1557}, I Roma, p. I95-I97). Dal punto di vista della ricerca
condotta qui altrettanto interessante ricordare che con l'ultima decisione del
Tridentino - votata all' unanimit da tutti i padri - si dava mandato ai Legati
di chiedere omnium et singulorum, quae tam sttb felicis recordationis Paulo III; et
lttlio I I I, qua111 mb sanct-issimo domino nostro Pio I V Romanis pontiftcibus in ea
decreta et definita sunt, conftrmatio(nem) .nomine sanctae lmius synodi , (COD, p. 775,
5-8). La richiesta era cio molto rigida quanto all' inscindibilit delle diverse
decisioni conciliari- sia che fossero state adottate in periodi diversi, sia che riguar-
dassero argomenti disparati vuoi di dottrina che di riforma - e, ancor pi, quanto
alla natura delle decisioni stesse che il Concilio riteneva. compiute e definitive,
suscettibili cio solo di promulgazione da parte del papa. Tale posizione d'altronde
appare molto rigorosa dato che alle discussioni e votazioni conciliari avevano parte-
cipato tanto i vescovi quanto i legati in rappresentanza del papa. Questa imposta-
zione fu fatta propria da Pio IV e anche materialmente ripresa nel testo della Bene-
dictus Deus.
24. COD p. 778, 2 e I I ; p. 780, 2 ; p. 787, 28. La stessa formula ricorre anche nella
lettera apostolica Postquam Dei m1111ere del 20 ottobre 1870 con la quale Pio IX
sospendeva il Vaticano I, Collectio Lacensis, 7. p. 498c.
25. COD p. 78I, 24 (conclusione delle premesse della costituzione Dei Filius) ; per
sacro approbante concilio , nella Pastor aetemus : COD p. 788, g.
UNA CUM PATRIBUS
una visione pi limpida dei rapporti complessi e articolati tra papa e
concilio come testimoniato dal fatto che il Codex ittris canonici non
prevede l'uso della formula sacro approbante concilio , ma. si limita
a prescrivere col canone 227 che concilii decreta vim deftnitivam obligandi
non habent, nisi a Romano pontiftce fuerint conftrmata et eiu.s tssu
promulgata. Cosi dunque la legislazione canonica vigente tra il Vaticano
I e il Vaticano II prevedeva che rispetto alle decisioni di un concilio
ecumenico il papa potesse esercitare due atti sostanzialmente distinti:
anzitutto una conftrmatio, cio un atto inteso a portare l i ~ deliberazioni
conciliari il concorso della volont del vescovo di Roma, e in secondo
luogo un ordine di promulgazione, un atto dunque tipicamente formale,
destinato a rendere operante nell'ordinamento canonico vigente la
decisione prec;edentemente perfezionata.
Il dettato del Codex lasciava ancora una volta impregiudicata la
questione dell'origine della potest del collegio episcopale riunito in
concilio, limitandosi a fissare schematicamente le prerogative del papa
rispetto al concilio, di cui per ci stesso si supponeva ed ammetteva
una sussistenza autonoma e distinta sino al punto anzi- indubbiamente
oltre il segno - di dar l'impressione che l'intervento del papa nell'iter
formativo delle decisioni conciliari fosse circoscritto solo al momento
in cui tali decisioni dovessero ottenere una << vim deftnitivam obligandi )),
In sostanza cio il Codex supponeva un regime di rapporti pi equili-
brato e articolato di quello sotteso l i ~ formula dettata dal regolamento
del Vaticano l. Ci pu mostrare, meglio di ogni argomentazione, quanto
fosse anacronistico che I'Ordo concilii del Vaticano II riprendesse alla
lettera tale formula.
Rispetto ad essa la proposta del 1963 articolava chiaramente in due
momenti distinti l'intervento del papa. In primo luogo (III) era prevista
l'espressione del voto conciliare del V es covo di Roma con le paroJe :
<< Nos Paulus VI apostolica anctoritate capitis lmts sacri concilii plene
consentimus )), In questo modo si metteva l'accento sulla qualifica
del successore di Pietro come capo del concilio, cio del collegio episco-
pale. Anzi una variante prevedeva che ne fosse richiamato anche il
titolo di vicaritts Christi, evidentemente allo scopo di non qualificare
il papa solo sulla base del suo rapporto col concilio. In questa prospettiva
era previsto il voto qualificato e necessario del papa con l'uso del verbo
consent'e. La scelta di questa espressione fu dettata presumibilmente dal
suffisso con-, che esprimeva convenientemente l'inserirsi del voto del
papa nella formazione della comune volont del collegio episcopale
riunito in concilio. Esso d'altronde ha un indubbio uso tecnico-formale
nel senso di votare unanimemente ll e di unirsi nel deliberare))
26
,
26. Cfr BLAISE 204 e Tlzesaurus linguae latinae IV, p. 395-401.
306
G. ALBERIGO
che sono appunto gli aspetti salienti del voto del papa quando si unisce
all'episcopato universale in una determinata decisione. Era cosi soddi-
sfatta anche l'esigenza che la manifestazione. di volont del papa non
fosse privata del suo contenuto pregnante di voto qualificato e ridotta
solo ad un'adesione formale alle decisioni conciliari.
La formula effettivamente pronunciata il 4 dicembre 1963 accetta
sostanzialmente quasi tutti i suggerimenti della commissione ma ne
modifica completamente il dettato formale. La variante pi significativa
consiste nella diversa formulazione della qualifica del vescovo di Roma
riferita pi direttamente al Cristo e con la sostituzione !fi potestas in
luogo di auctoritas. L'impressione globale che si ricava dalla modifica
di questa parte di un'accentuazione della fisionomia autonoma della
figura del papa rispetto al concilio, consistente appunto nel fatto che
egli esercita una potest apostolica conferitagli da Cristo stesso. Il
corrispondente brano della proposta sembrava sottolineare piuttosto
la funzione di capo dell'assemblea episcopale del papa stesso. Complessiva-
mente parrebbe fondato ritenere che la formulazione del 4 dicembre
1963 mentre usa espressioni concettualmente pi nette, non rinuncia
per a soddisfare l'esigenza centrale tenuta presente dalla commissione
di studio, quella cio di mettere in luce come in questa circostanza il
papa manifesti il suo voto sulle decisioni conciliari come membro (quali-
ficato) del concilio.
Infatti al << plene consenti11ms della proposta, la formula papale
sostituisce un'espressione pi complessa e ricca: 1ma c-um venerabilib-us
patribus . Il vescovo di Roma cio, in forza della potest apostolica
ricevuta da Cristo si unisce ai padri conciliari- suoi confratelli nell'epi-
scopato - e in accordo con essi approva, decreta e stabilisce ci che loro
gi hanno deciso. Questo atto viene compiuto i1' Spitu Sancto >> :
stato cio spostato qui il richiamo esplicito all'assistenza dello Spirito
che secondo la proposta degli esperti figurava nel secondo membro
della formula a proposito della legittima celebrazione del concilio nel
suo insieme.
L'asse della formula dunque la personale espressione di volont
del papa riguardo alle decisioni conciliari gi votate dai padri. Questo
fatto acquista il suo significato pregnante - rispetto a qualsiasi altra
approvazione papale di documenti predisposti da organi collegiali
(come ad esempio, le singole Congregazioni Romane o, in futuro, il
Sinodo di vescovi), ma sprovvisti di capacit deliberante propria- in
forza dell' tma cmn venerabilibtts patribns . Da questo punto di vista
si pu dire che tale espressione sia la chiave di volta di tutta la formula,
che la caratterizza e la differenzia rispetto a quella dell'Ordo concilii.
E' pertanto necessario da vicino tale espressione onde
coglierne il significato proprio e, eventualmente, la novit. E' gi stato
fatto notare come l'tma cum non sia una novit assoluta nella letteratura
UNA CUM PATRIBUS
conciliare e si fatto rinvio a quanto contenuto nel testo approvato
nella X sessione solenne del Concilio di Firenze (27 maggio 1440). In
quella occasione fu rinnovato il monitorio gi rivolto il 23 marzo prece-
dente ai Basileesi e all'antipapa Felice V perch recedessero dalle loro
posizioni. E' proprio richiamando tale seduta che il testo fiorentino
recita : .. una cmn hoc sacro Fiorentino concilio synodaliter redargui1mts
et detestati fuimus n
27
In realt non si tratta n dell'unico n del primo
caso in cui in questo concilio si usano espressioni analoghe, alternate
peraltro col medioevale << sacro approbante concilio n. Infatti gi nel
testo del 15 febbraio 1438, in cui erano comminate sanzioni contro i
Basileesi, ricorreva l'espressione .. matura deliberacione cum hac sancta
synodo prehabita ... n e il 9 aprile successivo la prima dichiarazione
ufficiale congiunta di latini e greci conteneva, tra l'altro, questo passo:
.. decernimtts et declaramus, accedente consensu dictoru.m imperatoris
et patriarche 011tniftmqtte in presenti existentium synodo ... n
28
Espressioni
analoghe ricorrono ancora almeno due volte. Anzitutto nel Monitorio
del marzo 1440 contro i Basileesi, gi citato, detto : ... tma cmn hoc
sacro concilio. . . ittxta canonicas sanctiones aditi bemus remedimn ,, e poi
nell'atto che sanziona l'unione coi Siri : Diligenti itaqtte cum fratribus
nostris et sacro coitcilio tractatu prehabito ,,
29

Siamo dunque effettivamente in presenza dell'uso di una formula
speciale per sottolineare un tipo particolarmente stretto di concorso
tra le volont del papa e del concilio, diverso e pi denso di q u l ~ o pre-
visto e testimoniato da sacro approbante concilio,, ? In realt l'espres-
sione tma cttm risulta usata in tutti i casi ricordati secondo caratteristiche
abbastanza precise. Da un lato infatti facile notare che essa compare
negli atti del Fiorentino che riguardano la polemica con i Basileesi,
l'aspetto cio pi spinoso di tutta la situazione di quel momento in ordine
al quale il papa aveva certo particolare desiderio e indubbia convenienza
a sottolineare che il proprio atteggiamento era non solo spalleggiato
ma condiviso dall'assemblea conciliare. Questo per quanto riguarda
27. COD p. 543, 9-10. R. KAY, The Concilim Ordo oj Eugenius IV, Orientalia
Christiana Periodica 31, 1965, p. 295-304 fa osservare che per le sessioni era previsto
che per la votazione si iniziasse dal papa per passare poi ai cardinali e agli altri
prelati, p. 304, 105-n1.
28. COD p. 495, 20 e p. 498, 26-30. Sacro approbante concilio ricorre nel solenne
decreto d'unione (COD p. 502, 32-34), nel decreto del 4 settembre 1439 contro i
Basileesi (COD p. 509, 13) e anche nel decreto del 14 ottobre 1443 che trasferisce il
concilio da Firenze a Roma. Anzi in questo caso la formula ricorre in un contesto
insolito, infatti il testo recita : auctoritate apostolica et de plenitudine potestatis
eodem approbante concilio transtulerimus ... (COD p. 560, 9-10). Non mi risulta
infatti consueta questa coniugazione tra "plenitudo potestatis - espressione abi-
tualmente esclusiva - e approvazione conciliare.
29. COD p. 540, 24-25 e p. 564, n-12.
G. ALBERIGO
il contesto storico. Da un punto di vista formale per opportuno
aggiungere un altro ordine di considerazioni. Infatti non difficile costa-
tare che l'tma wm viene usato in passaggi importanti ma mai in quelli
decisivi e dispositivi, nei quali ricorre invece il consueto sacro approbante
concilio>>. L'esempio pi tipico costituito dall'ultimo dei passi citati,
quello dell'atto d'unione coi Siri, di cui opportuno rileggere l'intero
periodo che conclude le premesse : <<Diligenti itaque cmn fratrib'lts nostris
et sacro concilio tractatu prelzabito fidem atqtte doctrinam, quam sacrosancta
Romana tenet mater ecclesia, eodem sacro approbante concilio, eidem
archiepiscopo prefatis nominibus 1'ecipienti tradere et assignare decrevi-
nms >>
30
Risulta chiaramente che quando si vuole indicare in senso
tecnico il concorso delle volont del papa e del concilio si fa ricorso,
anche a poclssima distanza dalla precedente espressione, al << sacro
approbante concilio>>. Ci confermato anche dal fatto che l'mta cmn
spesso accompagnato da prelzabito( a) o comunque si riferisce ad
una fase preliminare di preparazione dell'atto. L'uso comunque delle
due espressioni non pare promiscuo e indifferenziato, ma anzi qualificato
e controllato, come ben si addiceva ad una cancelleria agguerrita e
preparata come quella di cui disponeva a Firenze Eugenio IV.
Un'ulteriore conferma in questo senso sembra costituita dalla formula-
zione usata nel passo centrale del documento di gran lunga pi impor-
tante di tutto il Fiorentino, e cio il decreto << Laetentttr coeli>>. Qui
infatti l'enunciazione della serie dei punti dottrinali comuni a latini
e greci solennemente introdotta cosi : <<In nomine sanctae Trini-
tatis, Patris, Filii et Spirit1f.s sancti, lzoc sacro universali approbante
Fiorentino concilio, diffinimtts ... n
31
Non vi dubbio che l'eventuale
intenzione di Eugenio IV di esprimere il suo r.apporto col concilio
mediante una formula diversa da quella consueta avrebbe dovuto
manifestarsi proprio in questa occasione, dove invece si continua a far
ricorso a <<sacro approbante concilio>>. Questo e questo solo resta sino
alla vigilia del Concilio di Trento, con l'ovvia eccezione di Costanza
e il modulo dei rapporti tra papa e concilio. L'<< tma cmn >>
non sembra avere p. nel contesto storico-dottrinale n in quello lettera-
30. COD p. 564, II-14.
31. COD p. 502, 31-34. E' anche interessante che sacro approbante co1zcilio
compare persino in un atto tipicamente papale come la bolla 111iserator et miseri-
cori Domimts di Eugenio IV, pubblicata il 26 aprile 1443 con la quale si disponeva
il trasferimento del Concilio di Firenze a Roma. In essa infatti il periodo dispositivo
finale inizia cosi : in nomine sane/e et individue Trinitatis, Patris et Filii et Spirit11s
sancii, ex approbacione prefali generalis co11cilii... (COD p. 561, 39-40). Sempre a
questo proposito bene ricordare come !'Ordo stabilito da Eugenio IV per il Fioren-
tino prevedesse che le decisioni conciliari recassero l'intestazione Etegenius episco-
pus, servus servortem Dei, ad perpetuam rei memoriam , cio la stessa consueta per
gli atti papali.
UNA CUM PATRIBUS
rio un significato particolarmente pregnante ed una funzione tecnica
32

Non si tratta perci n di un'alternativa n di un analogo della formula
medioevale <<sacro approbante concilio, rispetto alla quale solo il Tri-
dentino, prima del Vaticano II, ha tenuto un atteggiamento distaccato
33

Dal punto di vista storico non risulta dunque che la formula m
cttm >> fosse gi stata usata per esprimere l'unione della volont del papa
a quella del concilio, in luogo cio dell'espressione con la quale nei con-
cili medioevali e poi nel Vaticano I era stata manifestata la funzione
corale dell'assemblea rispetto alla potest decisionale esercitata dal
vescovo di Roma. Ci posto, resta per da vedere se dal punto d[ vista
dottrinale la modifica introdotta da Paolo VI ha un contenuto specifico
e perci innovatore o se deve intendersi come una semplice variante
letteraria.
Non ci si deve nascondere, mi pare, che vi almeno una presunzione
-come dicono i giuristi- a favore della prima ipotesi. Non si vedrebbe
cio la ragione di(venir mer.o .ad una formula che poteva n t ~ e almeno
otto secoli di vita e che era espressamente prevista dal vigente regola-
mento conciliare senza l'intenzione e lo scopo di un'effettiva modifica
e non solo di una rettifica letteraria. Anche il fatto che sino alla vigilia
della sessione solenne del4 dicembre 1963 il fascicolo a stampa contenente
la N! ethodus servanda et preces recitandae... die 4 decembris 1963
avesse lasciato in bianco lo spazio riservato alla formula che il Papa
avrebbe pronunziato, sta ad indicare che, indipendentemente dalla
preferenza per una formulazione o per un'altra, la volont di non ricor-
rere alla formula del Regolamento era comunque consolidata ed esplicita
sino al punto da escludere che Paolo VI potesse usarla. Essa cio non
32. Di diverso avviso il FAGIOLO, secondo il quale" l'uso dell' espressione" tma
cmn venerabilibus patribus " non coinvolge una sostanziale innovazione n pu
essere interpretata in tal senso, sia perch in termini analoghi si espresso un altro
concilio [il Fiorentino], sia perch sostanzialmente l'espressione identica al-
l'altra "sacro approbante concilio, p. 384. L'autore anzi si preoccupa di respingere
persino l'opinione di W. BERTRAMS (La collegialit episcopale, La Civilt Cattolica
115/1, 1964, p. 448
7
), secondo il quale la formula usata il 4 dicembre 1963 manifesta
il concorso della potest del pontefice col potere proprio dei vescovi, conferito
immediatamente da Cristo. Il FAGIOLO argomenta anche che la formula del4 dicem-
bre 1963 non potrebbe essere vista come un' espressione dell' ecclesiologia del III
capitolo della Lmnen Gentium dato che quest'ultima fu definitivamente votata solo
un anno pi tardi, il 21 novembre 1964. Argomentazione che risulta infondata
qualora si ponga mente al fatto che con i voti del 30 ottobre 1963 il concilio aveva
. espresso inequivocabilmente il suo orientamento sui punti decisivi di questa materia.
33 H. }EDIN, Die Geschiijtsordmmgen der beiden letzten okmnenischen Konzilien
in ekklesiologischer Sicht, Catholica 14, 1960, p. 105-118 e ora in J(irche des Glaltbms-
J(irche der Gescllicllte, II, Freiburg, 1966, p. 577-588 sottolinea che la diversit si
espresse anche nella diversa intestazione delle decisioni, conciliare a Trento e
papale al Vaticano I.
310 G. ALBERIGO
rispondeva pi alla coscienza e alle convinzioni ecclesiologiche come si
erano venute modificando e chiarendo lungo il dibattito conciliare.
Passando ora a considerare in s il valore della parte centrale della
formula usata il 4 dicembre 1963, sembra possibile raccogliere la discus-
sione sulla sua novit intorno ad alcuni punti nodali. Anzitutto appare
di notevole importanza la introduzione di una chiara distinzione tra
manifestazione del voto del Papa sulle decisioni prese dagli altri padri
conciliari e atto di promulgazione delle decisioni conciliari da parte del
papa come organo supremo dello specifico ordinamento giuridico cano-
nico. I due atti trovano il criterio decisivo della loro distinzione nel
diverso rapporto che hanno con il Concilio. Il primo infatti un atto
sostanziale col quale si manifesta - all'interno del Concilio -la volont
del vescovo di Roma, capo del Collegio episcopale, di consentire (o
dissentire) dall'opinione della maggioranza del Concilio stesso; senza
tale manifestazione non possibile ritenere perfezionato l'iter formativo
della volont conciliare. Naturalmente non costituiscono difficolt n
il caso in cui la volont del vescovo di Roma sia espressa da suoi rappre-
sentanti (legati), n quello in cui il consenso possa legittimamente e
fondatamente presumersi. L'atto di promulgazione invece un atto
strettamente formale mediante il quale - secondo uno dei principi
che reggono gli ordinamenti giuridici - si inserisce pubblicamente un
atto nel corpus delle leggi vigenti, riconoscendogli con ci valore cogente.
Sar opportuno tornare pi diffusamer.te su questo aspetto, gi presente
nei concili medievali e riservato invece all'imperatore per quelli dell'anti-
chit.
E' opportuno sottolineare come il fatto di aver dedicato la parte
centrale della nuova formula al voto del papa, distinguendolo dall'atto
di promulgazione, costituisca una interessante novit nel modo di
porre i rapporti tra papa e concilio, ispirato alla rivalutazione del collegio
episcopale comprendente- sia pure come membro sui generis- anche
il papa. Ci contribuisce a dissipare le ombre dense che dentro e fuori
la teologia cattolica si erano addensate, soprattutto dopo il Vaticano I.
Infatti non pochi teologi e canonisti, riprendendo motivi che gi avevano
serpeggiato nei secoli precedenti, si erano orientati dopo il 1870 a porre
in una prospettiva dualistica i rapporti tra papa e concilio sottolineando
l'alterit dell'uno rispetto all'altro, piuttosto che la loro fondamentale
unione come espressione dell'unit del collegio episcopale, comprendente
non solo i vescovi ma anche il papa. Anzi era proprio tale prospettiva
dualistica che era stata spesso all'origine delle tensioni dottrinali e sto-
riche che si erano manifestate sia in occasione delle affermazioni pi
estremistiche delle prerogative papali, che in risposta alle posizioni
pi intransigentemente gallicane.
Proprio a causa di tutto ci risulta significativo che la formula sostituita
da Paolo VI a quella dell'Orda Concilii contenesse un'inequivocabile
UNA CUM PATRIBUS
3II
riferimento alla condizione del vescovo di Roma come membro del
Concilio e all'esercizio dell'atto supremo inerente a tale condizione:
il voto. Tanto pi che di tale condizione invece non si faceva alcuna
menzione negli articoli del Codex iuris canonici
34
, relativi al Concilio
ecumenico e ai suoi rapporti col papa. In tale sede infatti si garantivano
al papa la convocazione, la presidenza, la direzione dei lavori e la deter-
minazione degli argomenti, il trasferimento, la sospensione e lo sciogli-
mento del concilio e, infine, la conferma dei suoi decreti, ma si lasciava
completamente in ombrala vera e propria partecipazione del vescovo
di Roma al concilio. Le sue prerogative erano state identificate cio
partendo principalmente da un'ottica di accentuata estraneit del papa
rispetto al concilio e, forse, di potenziale conflitto.
La nuova formula del dicembre 1963 rappresenta pertanto un indizio
significativo degli sviluppi che l'indirizzo ecclesiologico indicato dal
Vaticano II pu avere anche in ordine al ((tab classico dell'ecclesio-
logia cattolica: i rapporti tra papa e concilio
35
Peraltro essa costituisce
non pi che un primo passo. Infatti movendosi nella direzione di riportare
dentro il Collegio episcopale, e perci all'interno del Concilio ecumenico,
la potest del papa sin qui concepita, formulata ed esercitata come
esterna, si apre un numero cospicuo di problemi di una certa difficolt,
soprattutto perch relativi ad aspetti ecclesiali atrofizzati da secoli.
Alludo alla densit e fecondit di un effettivo rapporto dialettico tra
il vescovo di Roma e tutti gli altri vescovi della Chiesa universale riuniti
a concilio in una comune ricerca di fedelt alla volont di Dio e meno
preoccupati di difendere o riaffermare le proprie specifiche prerogative.
Forse non azzardato auspicare che la determinazione delle prerogative
papali fatta al Vaticano I e quella delle prerogative dell'episcopato
(sacramentalit e origine sacramentale dei (( munera )sancita al Vaticano
II consenta nel prossimo futuro di dedicare maggiore attenzione agli
aspetti di comunione del reciproco rapporto, superando e inverando
gli elementi autentici della concezione prevalentemente garantista di ta-
li rapporti che si affermata nei secoli pi recenti. Gi si avuta un'avvi-
saglia di questa nuova problematica in occasione degli interventi operati
dal Papa nel corso dei dibattiti conciliari
36
Dal punto di vista formale
34 Can. 222 e 227.
35 Malgrado I'Ordo concilii non disponesse nulla al riguardo, le decisioni del Vati-
cano II hanno avuto la seguente intestazione Paulus episcopus serv1ts servormnDei t ma
cum sacrosanct-i Conc-ilii patribus ad perpetuam rei memoriam. Anche in questo caso
si abbandonata la formula papale" dei concili medievali e del Vaticano I a favore
di un' espressione egemonizzata dal medesimo " wza cwn " della formula conclusiva.
36. Si vedano a questo proposito le pertinenti osservazioni di J. RATZINGER,
Ergebnisse ttnd Probleme der dritten J(onzilsperiode, Kiiln, 1965, p. 47-50. Anche il
teologo tedesco fa osservare come gibt es keine rechtlich regulierten Formen, wie
der Papst seine Meinung im Konzil ins Spie! bringen kann "
312 G. ALBERIGO
infatti sia un intervento come quello di Giovanni XXIII nel novembre
del 1962 per sanzionare la reiezione dello schema sulle due fonti della
Rivelazione e il suo rinvio ad una commissione mista per un integrale
rifacimento, sia quelli di Paolo VI, vuoi per modifiche ai testi conciliari,
vuoi in occasione della discussa operazione che va sotto il nome di Nota
explicativa praevia alla Lmnen gentittm comunicata ai padri conciliari
Superiore Auctoritate , risultano privi di ogni qualificazione e garanzia
formale. Cio sia rispetto al diritto del papa di intervenire nei dibattiti
conciliari dal momento che egli un membro dell'assemblea, sia rispetto
al diritto del concilio di non subire pressioni arbitrarie in quanto di
provenienza incerta o sottratte al normale vaglio dell'esame e della
discussione, la procedura conciliare risulta completamente sprovveduta.
Sar probabilmente fecondo riesaminare le modalit degli interventi,
spesso di grande peso sull'andamento dei lavori conciliari, fatti dai
vescovi di Roma nei concili dell'antichit, senza peraltro che ci si
risolvesse in alcun modo in un'offesa della dignit e del buon ordine delle
assemblee
37
E accanto a tale riesame occorrer ripensare con libert
e fantasia forme di funzionamento del concilio ecumenico che esprimano
adeguatamente la nuova coscienza ecclesiologica e tengano conto della
possibilit e necessit di un dibattito pi largo e articolato di quello
che si ebbe in circostanze storiche diverse
38

Proprio la possibilit e l'opportunit di questi sviluppi costituiscono
da se stessi una riprova che non solo l'ecclesiologia del Vaticano II ha
rinnovato in molti punti la dottrina ritenuta tradizionale, ma che nella
fattispecie la formula del 4 dicembre 1963 ha un significato oggettivo
ed un valore storico di innovazione rispetto alla prassi pi recente,
rispecchiata da ultimo dall'Orda Concilii. Anche se occorre ammettere
che la formulazione proposta dagli esperti si staccava ancora pi netta-
mente dal sacro approbante concilio .
Non va per trascurato che un passaggio di primaria importanza per
la soluzione di questo problema costituito dalla frase di transizione
che apre l'ultimo membro (IV) della formula : ... et q ~ e e ita synodaliter
s t t ~ e t s1mt ad Dei gloriam ... . Inizia qui infatti la parte dichiarativa
37 Si vedano in proposito i significativi riconoscimenti di uno studioso prote-
stante come G. I(RETSCHMAR, Die J(onzile der Alten J(irche in Die okumeniscllen
J(onzile der Cllristenheit, hrsg. H.J. MARGULL, Stuttgart, 1961, p. 46-47 e 61-62.
38. Senza attenuare in nulla la sostanziale differenza che intercorre tra il con-
cilio ecumenico e il Synod-us episcopalis, istituito nel 1965 da Paolo VI, cade qui
l'opportunit di osservare che anche per il funzionamento del Synodus rimasta
del tutto inevasa la necessit di regolare i rapporti col papa sia in sede di formazione
della volont del consesso che, poi, in sede di utilizzazione delle deliberazioni. In
questo caso la totale discrezionalit in cui resta l'atteggiamento del papa ha peraltro
un significato univoco, quello di ribadire la natura consultiva del Sinodo, attinente
alla forma personale di esercizio del supremo potere nella chiesa universale.
UNA CUM PATRIBUS
- notarile, per cosi dire - di tutta la formula ed di estremo interesse
che Paolo VI abbia integralmente accolto il suggerimento degli esperti
39
,
i quali avevano appunto proposto che tra l'espressione dell'adesione
del vescovo di Roma alla volont espressa dagli altri membri del collegio
episcopale e la promulgazione agli effetti giuridici della decisione conci-
liare, fosse inserita una dichiarazione che si potrebbe qualificare come
<< accertativa )). Con essa infatti il papa accerta solennemente che essendo
intervenuti i tre fattori costitutivi della volont conciliare : l'invocazione
della Trinit, onde chiedere l'assistenza dello Spirito Santo (I parte),
il voto della maggioranza dei padri conciliari (II parte) e il voto del capo
del collegio episcopale (III parte), si ottenuta un'autentica decisione
conciliare. Risulta cos ancora pi chiaro che l' appi'Obare, decemere e
statttere del papa sono destinati ad esprimere il consenso della sua volont
con quella degli altri vescovi riuniti a concilio in forza del suo essere
anch'egli membro del concilio, sia pure sui generis. Solo dopo tale con-
senso si ha una decisione conciliare vera e propria. Si badi peraltro
che lo schema di tale procedimento ben diverso da quello di un'eventua-
le successiva approvazione da parte del papa. Infatti i tre elementi
ora ricordati risultano non solo tutti essenziali e costitutivi del formarsi
di una volont conciliare, ma- ancora- tutti e tre hanno una natura
ben distinta e originaria, anche se interdipendente. Ci ovvio per
l'assistenza dello Spirito Santo e non esige argomentazioni particolari,
anche se vale la pena di ricordare che si tratta di un'assistenza condi-
zionata all'effettiva celebrazione di un concilio che riunisca in modo
assembleare i membri del collegio episcopale
40
. Un secondo elemento la
volont della maggioranza dell'episcopato, che ha la sua origine nella
consacrazione episcopale come partecipazione all'unico sacerdozio del
Cristo e come integrazione nel collegio episcopale. Il voto dei vescovi non
deriva dunque in alcun modo il suo valore dall'autorit o dalla volont del
papa, anche se da solo non sufficente a produrre una corretta e piena
decisione conciliare. E' infatti ugualmente necessario che vi sia il consenso
del vescovo di Roma, consenso che procede dal u ~ s che Pietro e i suoi
successori hanno ricevuto da Cristo. Anche questo terzo fattore legato
agli altri due da un rapporto di interdipendenza, cos che nort si d
decisione conciliare in forza della sola volont del papa.
L'ultima battuta della formula del Vaticano II contiene l'ordine del
papa perch le decisioni conciliari ormai definitivamente perfezionate
siano promulgate, munite cio di efficacia giuridica nell'ambito dell'ardi-
39 Completandolo pero molto opportunamente con l'espressione ad Dei gloriam ,
come risulta dal quadro sinottico pubblicato sopra.
40. Si veda irt proposito il saggio di Y. CoNGAR, J(onzil als Versammltmg tmd
Grmzdsiilzliclze J(onziliaritiit der J(irclze, in Gott in Welt. Festgabe K. Ralmer, II
Freiburg, 1964, p. 135-165.
G. ALBERIGO
namento canonico. Come si gi accennato, viene soddisfatta cos
un'esigenza di certezza giuridica, cui d'altronde simmetrica anche la
determinazione di una vacatio legis , stabilita per la costituzione sulla
liturgia e poi anche per altre decisioni del Vaticano II allo scopo di fissare
un termine a qtto per l'entrata in vigore delle disposizioni conciliari.
Si tratta della parte dottrinalmente meno rilevante di tutta la formula,
anche se potrebbe forse essere interessante discutere l'omogeneit
sostanziale di questo atto con la natura solenne e definitiva delle decisioni
di un concilio generale. Esse infatti non si situano ad un livello pi
elevato della legislazione canonica ordinaria, per cui non si ponga altro
problema che quello di un'adeguazione di quest'ultima a quelle, piuttosto
che una entrata in vigore di quelle nell'ambito di questa ? E' una discus-
sione che porterebbe molto lontano, sino al rapporto tra chiesa e diritto
canonico. Qui basta prendere atto che anche secondo la formula conclu-
siva delle decisioni del Vaticano II la promulgazione disposta dal papa
risulta un atto esterno, aggiunto, rispetto alle decisioni conciliari che sono
compiutamente tali quando sono il risultato del concorso dell'assisten-
za dello Spirito Santo e della volont dei vescovi di tutta la chiesa e di
quella del vescovo di Roma
41

E' facile ammettere che da un lato la formula costituisce un sostanziale
passo avanti rispetto a quelle precedenti, mentre da un altro lato non
esprime che timidamente e imperfettamente il nuovo livello della co-
scienza ecclesiologica, che dovrebbe consentire in occasioni future una
fusione pi spontanea e meno meccanica e giustapposta della volont
del papa con quella del collegio episcopale. In questa prospettiva si
pu auspicare che - come per molti altri aspetti - il Vaticano Il segni
un inizio, per cui in un futuro concilio possa essere lasciata cadere,
dopo aver compiuto sino in fondo un'interessante parabola storica,
la stessa occasione in cui il papa si associa ex post alle decisioni concilia-
ri
42
L'ecclesiologia cristiana, e in essa la coscienza di una posizione
41. Mi sembra che risulti anche da questa analisi come siano rudimentali e insuf-
ficienti le argomentazioni formulate per chiarire i1 rapporto tra autorit del concilio
ecumenico ed autorit del papa da solo. Mi riferisco sia alla opinione secondo la
quale l'autorit conciliare sarebbe maggiore extensive ma non intensive, sia a quella
per cui esisterebbero due soggetti inadeguatamente distinti della suprema autorit
nella chiesa.
42. I rari riferimenti che la Lumen Gentiwn fa al Concilio ecumenico- cap. III,
nn. 22 e 25 - sono abbastanza significativi delle incertezze che sono rimaste anche
nel testo conciliare, malgrado le precise opzioni intervenute sui problemi di fondo.
Infatti, mentre al n. 22 si indica nel Concilio ecumenico una manifestazione parti-
colarmente significativa della natura collegiale dell' episcopato e al n. 25 si afferma
che l'episcopato nel concilio ecumenico definisce le questioni di fede e di costumi, nel
medesimo n. 22 si trova un' affermazione tipicamente dualistica del rapporto tra
papa e concilio : Concilium oecumenicum memquam datur, quod a successore Petri
non sit ut tale confinnatum vel saltem l'eceptwn , et Romani Pontijicis praerogativa
UNA CUM PATRIBUS
stti generis del successore di Pietro, consente e richiede nello stesso
tempo che il papa ritrovi pienamente il suo posto all'interno del collegio
episcopale rinunciando a steccati e garanzie di difesa suggeriti da circo-
stanze ormai passate, il cui costo ecclesiale stato molto elevato.
D'altronde non difficile comprendere come n la commissione di
esperti n Paolo VI abbiano creduto di omettere quest'ultima clausola
della formula. L'esigenza che essa esprime ha infatti alle spalle una
lunga e complessa storia. Per i concili dell'antichit e dell'alto medioevo
celebrati in Oriente opinione comune, anche tra gli studiosi cattolici
pi seri - soprattutto dopo le decisive ricerche di F. X. Funk
43
-,
che non si possa parlare in alcun modo di approvazione o conferma,
n tanto meno di promulgazione da parte del Vescovo di Roma. A questa
ultima infatti, secondo la prassi introdotta a Nicea, provvedeva un atto
imperiale
44
Anche per Calcedonia- a proposito del quale si voluto
sostenere a lungo l'esistenza di una conferma da parte di Leone I -gli
storici pi attendibili sono ormai concordi per escludere qualsiasi atto
del genere
45

I concili del medioevo latino, soprattutto quelli del Xiii e XIV
secolo
46
; offrono invece casi pi interessanti
47
Per essi, celebrati
est haec Concilia convocare, iisdem praesidere et eadem conformare . Si pu compren-
dere che G. PHILIPS commentando questi passi provi un certo imbarazzo (L' glise
et sonmystre au II concile du Vatican, I, Paris, 1967, p. 287-288 e 301-302).
43 Mi riferisco soprattutto a Die piipstliclle Bestiitigu.ng der acllt erstetl allgemei-
nen Synoden, ora in I(ircltengescltichtliclten A bllandltmgen 1md Untersuclumgen, I
Paderborn, 1897, p. 87-121. Sulle sue conclusioni si basa J. FoRGET trattando la
voce Conciles nel D T TIC 3, 1908, p. 655-664, il quale sottopone ad una critica serrata
la vecchia tesi apologetica sostenuta ancora dall' HEFELE nella sua ConcUien-
gesclliclite, ma gi abbandonata dal suo editore francese LEcLERCQ, Histoire des
Conciles ... , I, p. 58-68.
44 I. 0RTIZ DE URBINA, Nice et Constantinople, Paris, 1963, p. 88-90, 122 e 233
45 Il testo discusso la lettera di papa Leone del 21 marzo 453 al Concilio, edi-
ta da E. ScHWARTZ, Acta ConcU.'.mtm II /4 Berolini et Lipsiae,
1932, p. 70-71. Per l'orientamento attuale degli storici si veda per tutti Th. CAME-
LOT, Le ConcUe et les conciles, Pris, 1960, p. 69 e dello stesso Epltse et Chalcdoine,
Paris, 1961, p. 63, 136-137 e 172-173: Rispetto a queste conclusioni della critica
storica appaiono in luce singolarmente apologetica le affermazioni contenute in
una pagina del decreto Pastor aetermts del concilio Lateranense V col quale si
abrogava la Prammatica Sanzione (19 dicembre 1516). Il Concilio infatti si dilun-
gava a sottolineare come tutti i concili antichi, da Nicea in poi, avessero chiesto e
ottenuto dai papi un'approvazione, COD p. 619, 1-16.
46. Per la procedura dei concili lateranensi e in modo particolare per quanto
riguarda i rapporti del concilio col papa si dispone tuttora di una documentazione
completamente insufficiente, il che impedisce agli studiosi di giungere a qualsiasi
conclusione attendibile: R. FoREVILLE, Latran I, II, III et Latran IV, Paris, 1965,
p. so, 136, 152 e 271 e della stessa Procdttre et dbats dans les conciles mdivmtx du
Latran (1123-1215}, Rivista di storia della Chiesa in Italia 19, 1965, 21-37.
47 A questo proposto restano fondamentali le ricerche di A. HAUCK, Die Recep-
3!6 G. ALBERIGO
sempre presso la stessa residenza papale e sotto la presidenza del papa
o dei suoi legati, non si conosce alcun atto di conferma o approvazione,
ma si hanno sistematicamente atti formali di promulgazione o pubbli-
cazione mediante l'invio alle Universit e la notifica ai fedeli. Cos
avvenne per il Lugdunense I, le cui costituzioni vennero inserite nelle
raccolte canoniche ufficiali mediante tre atti papali di invio alle Univer-
sit intercorsi il 25 agosto 1245, il 21 aprile 1246 e il g novembre 1253
48
.
Altrettanto avvenne per il concilio di Vienne, le cui decisioni vennero
notificate alle Universit e inserite nelle Clementinae con la bolla Quoniam
ulla di Giovanni XXII 49.
Ma il caso forse pi interessante quello delle decisioni del Lugdu-
nense II per le quali Gregorio X provvide con due atti, entrambi dell'I
novembre 1274- Infatti con la bolla Cmn mt.per invi il corpo delle
decisioni alle principali universit - Padova, Parigi, Bologna ecc. -
con l'esplicito scopo di promulgarle e di renderle esecutive tam in
iudiciis q1tam in sclzolis
50
Contemporaneamente l'enciclica Injra
scriptas diretta a tutti i cristiani provvedeva allo stesso scopo nei con-
fronti dell'intera Cristianit
61
.
Per i concili di Costanza e Basilea non si pose ovviamente alcun
problema di promulgazione
62
; lo stesso fu per Firenze, forse anche a
tion und Umbildung der allgemeinen Synode im Nlittelaller, Historische Vierteljahrcs-
schrift ro, 1907, p. 465-482.
48. COD 250-251 e gli studi ivi citati. La prassi di invio alle Universit era stata
introdotta da Innocenzo III con la bolla Devotioni vestrae con la quale invio a Bologna
la cosidetta CompilaNo III (Quinque Compilatioues antiquae, ed. Ae. FRIEDBERG,
Leipzig-Graz, r882-19S6, p. ros), cfr St. KuTTNER, Conciliar Law in tlle Jl1aking.
T h e Lyonese Constitutions ( 1274) of Gregory X in a 111 anuscript at W ashin.gton, in
111iscellanea P. Paschini, II Roma, 1949, p. 39
49. FRIEDBERG II II29-1132, cfr J. LECLER, Vienne, Paris 1964, p. 136 e q6.
so. Il testo, che ricalca letteralmente la bolla di Innocenza IV del 1246 per il
Lugdunense I, edito nel Chartularium Universitatis Parisiensis, ed. H. DENIFLE,
I Parisiis, 1899, [1964], n. 449 p. 514-515 e suona: Cwn nuper in generali concilio
Lugdunensi et post quasdam constitutiones super certis articulis duxerimus promul-
gandas, universitati vestre per apostolica scripta mandamus quatinus eis, quas sub
bulla nostra vobis transmittimus, uti velitis amodo tam in iudiciis quam in scolis ipsas
sub suis titulis, prout super eis exprimitur, inseri faCientes " ; cfr A. FRANCHI, Il
concilio II di Lione (1274) secondo la OrdinaNo generalis Lugdmzensis,
Roma, 1965, p. roo.
51. Universis Christi ftdelibus presentes litteras inspectttris salutem etc. Infra-
scriptas constitutiones nuper in generali concilio Lugdmzeusi, et post super certis
articulis duxnus promulgandas, quibus tmiversos uti volmnus et mandalnus in iudi-
ciis et in sclzoliis, ipsasque sub suis titulis inser, prout exprimitur super eis : Grego-
rius X in generali concilio Lugdunensi etc. " Les registres de Grgoire X, ed. J.
GuiRAUD, Paris, 1892-1960, n. 576, p. 241-250; cfr H. WoLTER, H. HoLSTEIN,
Lyon I et Lyon II, Paris, 1966, p. 74, 79, 81 e 187.
52. Cfr H. }EDIN, Bischofliches J(onzil oder Kirchenparlameut ? Ein Beitrag zur
Ekklesiologie der J(onzitien von ttnd Base!, Basel-Stuttgart, 1963, p. 15-16
UNA CUM PATRIBUS
causa della personale partecipazione di Eugenio IV. Come si gi accen-
nato, alla conclusione del concilio di Trento il problema si present
in termini del tutto singolari : infatti la pressione perch Pio IV confer-
masse le decisioni conciliari muoveva dalla preoccupazione che egli,
solleci.tato dagli ambienti ostili alla riforma della chiesa, potesse cercare
di ridurre la portata dei decreti di riforma, come testimonia la bolla
Sicttt ad sacromm dell'agosto 1564, con la quale Pio IV dovette stroncare
tutte le dicerie che venivano fatte circolare su un rinvio dell'entrata
in vigore dei decreti disciplinari
6
3.
Se dunque la prassi di provvedere ad una forma di pubblicazione
delle decisioni conciliari pu vantare interessanti anche se recenti prece-
denti storici, essa lascia pur sempre aperto un grave problema ecclesio-
logico, forse il pi delicato e decisivo di fronte al quale si trova oggi
la teologia cristiana relativa al concilio ecumenico, quello cio del rappor-
to non pi del concilio con il papa, ma del concilio con la Chiesa come
comunione delle diverse comunit cristiane
54
Anzi, mi pare che proprio
nella misura in cui col Vaticano II si riguadagnata un'immagine pi
piena del concilio come assemblea che comprende, insieme ai membri
dell'episcopato universale, anche il vescovo di Roma - e anche rap-
presentanti delle chiese estranee alla comunione gerarchica e semplici
fedeli -, si creato lo spazio dottrinale ed ecclesiale perch possa
porsi con prospettive e vigore nuovo il problema del rapporto tra chiesa e
concilio, sia in ordine alla partecipazione al concilio che in relazione
all'accettazione delle sue decisioni da parte delle chiese. Anche a proposito
di ci appare necessario il superamento di una prospettiva esclusiva-
mente o prevalentemente giuridica
55
Basta forse la riflessione sugli
e P. DE VooGHT, Les pouvoirs du conci/e et l'autorit du pape au Concile de Constance,
Paris, 1965, p. 73 ; interessante che, partendo da punti di vista molto diversi e con
differenti argomentazioni, i due studiosi siano pervenuti al medesimo risultato.
53 Concilium Tridentimem, ed. Societas Goerresiana, IX Friburgi Br., 1923,
p. II61-II62.
54 Il problema era gi stato posto da varie parti prima del Vaticano II; ricordo
in modo particolare: St. ZANKOW, Die prinzipiellen Schwierigkeiten der AbhaUung
eines Okwuenischen Konzils, in Procs-verbaux du premier Congrs de Thologie
orthodoxe ( 1936}, Athnes, 1939, p. 268-283 ; due brevi articoli del 1950 sul punto
di vista riformato e ortodosso: E. WoLF, Zur Entstelmngder kaiserlichen Synodal-
gewalt, zu illrer theologischen Begrindun! und kirchlicllen Rezeption, J(irche 1md
J(osmos, 1950, p. 153-168 e A. KARTASCHOW, Die Entstelmng der kaiserlichen Synodal-
gewalt unter J(onstanti1i dem Grossen, ilwe theologisclle Begri!ndung und il!re kircl!-
liche Rezeption, ibidem, p. 137-152; G. RACOVENEANU, L'Oecumnicit. Point de
vue de l'Orthodoxie roumaine, Lmnire et vie 8, 1959, p. 124-145 e infine Y. CoNGAR nella
conclusione a Le Concile et les conciles, Paris, 1960, p. 287 e 317-318. Aveva gi fatto
un'approfondita discussione del problema, J .F. ScHULTE, Die Steltung ... , p. 96-109.
55 Ha sviluppato soprattutto questi problemi H. KuENG, Strukturen der Kirche,
Freiburg 1962 riprendendo il precedente saggio Das theologisclle Verstiindnis des
iikmneniscllm J(onzils, Tiibinger Theologische Quartalschrift 141, 1961, p. 50'-77.
G. ALBERIGO
ultimi quattro concili, dal Lateranense V in poi, per suggerire interes-
santi considerazioni
56
Infatti, al di l della loro autorit giuridica,
le decisioni del Lateranense di Giulio II e Leone X non hanno trovato
alcuna eco n attuazione dentro la chiesa cattolica, e tanto meno fuori.
Le decisioni tridentine, malgrado fossero molto pi controverse, hanno
invece esercitato, anche al di l dei confini confessionali delle chiese
rimaste in comunione con Roma, un cospicuo influsso su tutto il cristia-
nesimo occidentale, tanto che si pu parlare per questa area spirituale
di un' et tridentina >>
57

Le chiese cristiane hanno tenuto un atteggiamento completamente
diverso, in Occidente come in Oriente, di fronte alle due costituzioni
approvate dal Vaticano I. Particolarmente la costituzione sulle prero-
gative papali rimasta fondamentalmente estranea sia alle chiese
riformate che a quelle ortodosse ; anzi la stessa ricezione da parte della
chiesa cattolica andata ben poco al di l di un'adesione formale, segnan-
do quasi solo la fine del gallicanesimo, gi pervenuto per parte sua al
termine della parabola declinante. E' significativo che non sia percepi-
bile un influsso della Pastor aetermts nel senso di un approfondimento
del valore proprio e specifico del servizio primaziale nell'economia
globale della comunione ecclesiale, ma solo uno schieramento a favore
o contro una crescente estensione dell'autorit del papa e della sua
curia 5
8

In occasione dell'annuncio, della celebrazione e ora dell'attuazione
del Vaticano II si assiste ad un vasto, complesso e profondo fenomeno
56. Il problema ancora ai margini della teologia .cattolica : K. RAHNER, Zur
Tlleologie des J(onzils, in Sdwijten zur Tl!eologie, V Einsiedeln, 1962, p. 278-302;
J. RATZINGER, Zttr Tlleologie des J(onzils, Catholica 15, 1961, p. 292-304 ; C. VAGAG-
GIN1, Osservazioni intorno al concetto di concilio ewmenico, Divinitas 5, 1961, p. 4II-
430. Il problema posto indirettamente da Fr. WETTER, Die sakramentale Struktur
des J(onzils, Milnchener Tl!eologiscl!e Zeitsclwijt 17, 1966, p. 1-12 e lasciato in ombra
da H. ]EDIN, Strukturprobleme der iikumenischen Konzilien, Koln u. Opladen 1963.
Maggiore attenzione vi hanno dedicato C. TECKLENBURG J OHNS, Luthers Konzilsidee
in ilwer llistoriscllen Bedingtl!eit mzd illrem rejormatorischm Neuansatz, Berlin 1966
e H.M. BIEDERMANN, Zter Prage der Synode in der Ortllodoxen Theologie, Ostkirclz-
liclle Studien 16, 1967, p. II3-131, ma soprattutto esso stato dibattuto nel corso
degli studi che il Segretariato di Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle
Chiesa ha dedicato alla teologia del Concilio, i cui risultati sono raccolti nel volume
Konzile und die iikwnenische Bewegung, Genf, 1968. Sono di particolare interesse
le pp. 16 e 17 del rapporto conclusivo e i saggi di L. STAN, Ueber die Rezeption der
Besclllilsse der iikmneniscllm Konzile seitens der J(ircl!e (p. 72-81) e Rezeption. Prole-
gomena zte einer systematisdzen Ueberlegtmg (p. 81-104).
57 Cfr G. ALBERIGO, Vues nouvelles sur le concile de Trente, Concilium 7. 1965,
p. 65-79
58. Si ricordino le penetranti osservazioni formulate in proposito da R. AUBERT,
L'ecclsiologie au concile du Vatican, in Le concile et les conciles, Paris, 1960, p. 245-
284.
UNA CUM PATRIBUS
di ricezione da parte di larghe aree delle chiese cristiane, al di l delle
articolazioni confessionali. E' chiaro che non si tratta affatto di una
ricezione formalizzata in atti classificabili secondo il diritto canonico,
ma di un'accettazione molto pi articolata, diseguale, capace peraltro
di esercitare un'influenza determinante ben pi interessante di quella
che spesso sottesa ad un'obbedienza completa ma estrinseca. Si pu dire
che dopo il Vaticano II e in larga misura a causa di esso le chiese cristiane
hanno attuato profonde modificazioni sia di atteggiamenti dottrinali
e di abiti mentali che di prassi e istituti ecclesiali. Pi che per il passato,
oggi sembra difficile affrontare i rapporti tra chiesa e concilio senza
riflettere a fondo su questa dimensione, che indica tutta la fecondit
di un approfondimento della nozione di ecumenicit, sia per condurla
definitivamente fuori dalle secche di una concezione rigida e schematica,
restia ad ammettere l'esistenza di diversi gradi di ecumenicit, sia per
cogliere la complementarit di diversi criteri dell'ecumenicit stessa,
nessuno dei quali pu essere ritenuto decisivo senza cadere in contraddi-
zioni storiche e teologiche insanabili
5
9.
Giuseppe ALBERIGO
59 Ho espresso alcuni punti di vista su queste questioni in Note di storia e
teologia cot1ciliare, Ephemerides Theologicae Lovanienses 40, 1964, p. 81-103.
IMPRIMATUR: Lovanii, die ua februa rii 1970.
t A. L. DESCAMPS,
episc. Tuneten.,
rect. m. univ.
ditions J. DucuLoT, S.A., r8, rue Pierquin, 58oo Gembloux (1970)
(Imprim 811 Belgique) D.I970.00352o
BIBLIOTHECA EPHEMERIDUM THEOLOGICARUM
LOVANIENSIUM
XXVII
Ecclesia
a Spiritu Sancto edocta
Lumen Gentium, 53
Mlanges thologiques
Hommage Mgr Grard Philips
Verzamelde Theologische Opstellen
aangeboden aan
Mgr. Grard Philips
ditions J. DUCULOT, S. A., GEMBLOUX (Belgique)

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