che Pitagora sia una delle perso- nalit pi in- fluenti e al tempo stesso pi misterio- se della storia. Filo- sofo, scienziato, educatore, uomo carismatico, leader politi- co e religioso, guru e sciamano, tutte queste categorie interpretative sono state utilizzate, pi o meno a proposito, per decifrare questa comples- sa figura. I resoconti bio- grafici che ci restano si In apertura, Pitagora nellaffresco La scuola di Atene, di Raffaello Sanzio. Nella pagina seguente, capitelli a Metaponto. TRADIZIONE OCCIDENTALE di Alessandro Coscia La casa di Metaponto dove il grande filosofo visse i suoi ultimi anni divenne un tempio dopo la sua morte. Quali riti segreti vi si cele- bravano? E quali rapporti avevano con antichi culti sciamanici? Pitagora e la Casa dei Misteri mescolano a narrazioni cosiddette leggendarie. In questa sede, fra gli strati di storie e rielaborazioni che si sono accumulati, vogliamo sezionare quelli che ac- costano il filosofo e la comunit da lui fondata a pra- tiche di tipo misterico e definizione da usare con cautela - sciamanico. Cominceremo dalla fine. Se la vita del filosofo di Sa- mo intessuta di elementi favolistici, non meno lo la morte. Dopo aver vissuto in Magna Grecia, a Cro- tone, citt a cui leg le proprie vicende personali e la sua attivit di maestrofilosofo, fu costretto a lasciare la polis in seguito a una ribellione capeggiata dalla- ristocratico Cilone, divenuto avversario di Pitagora dopo il rifiuto ad accoglierlo come discepolo (ma le motivazioni storiche delle ribellioni antipitagoriche sono ovviamente pi complesse). Le fonti antiche non concordano, ma sembra verosimile che Pitagora si sia rifugiato in unaltra colonia greca, Metaponto. Qui, secondo alcune versioni, si sarebbe lasciato mo- rire, dopo essersi rifugiato nel santuario delle Muse e aver trascorso quaranta giorni senza toccare cibo. In altre narrazioni, invece, si fa cenno a una fine meno tragica: a Metaponto Pitagora avrebbe vissuto gli ulti- mi anni della sua esistenza. Qui il filosofo samio di- venne oggetto di culto e venerazione anche dopo la sua morte. Cos ci dicono Giamblico e Diogene Laerzio, che scrivono nel III secolo d.C: E i Meta- pontini, che serbarono memoria di Pitagora ancora dopo la sua morte, fecero della sua casa un santua- rio di Demetra e del vicolo in cui abitava un santua- rio delle Muse. La menzione di unabitazione di Pi- tagora lascia dunque supporre che il filosofo ebbe modo di trascorrere un po della sua vita nella nuova residenza, prima di morire. Perch la casa di Pitagora divenne proprio un tempio di Demetra? O meglio, perch i Metapontini mettevano in relazione lo hie- ron di Demetra con la residenza di Pitagora nella lo- ro citt? Il collegamento con le Muse ben attestato nel pitagorismo: Mnemosyne e le sue figlie erano di- vinit guida di Pitagora e incarnavano le varie decli- nazioni dellingegno, di cui la Memoria era la facolt principale. Memoria parafrasando il filosofo Em- pedocle - come capacit di estendere le forze della mente oltre il limite fisico della vita umana e, nella teoria della reincarnazione a lui attribuita, come pro- cesso di ri-memorazione delle proprie origini e delle vite precedenti. Mnemosyne guidava anche gli inizia- ti nel loro viaggio oltremondano, come ci attestano le lamine auree rinvenute in varie sepolture antiche (ve- di Fenix n.31): la Memoria garantiva la consapevolez- za delle origini divine dellanima dei mystai, assicu- rando uno status privilegiato nellAde. Ma Demetra, in apparenza, non sembra aver svolto un ruolo di ri- lievo nella tradizione filosofica relativa al pitagorismo. Eppure le fonti che istituiscono questo collegamen- to, riportando quasi meccanicamente il ricordo di una tradizione, fanno forse affiorare uno strato origi- nario delle dottrine pitagoriche, travisato o mal com- preso gi dagli autori antichi. 77 78 In alto, Pitagorici che celebrano il sole, di Bro- nikov. In basso, Ade e Per- sefone in una tavolet- ta trovata a Locri. La discesa nellAde Questi racconti riguardano una singolare discesa nellAde, spiegata come un inganno perpetrato da Pitagora. Ermippo (citato da Dio- gene Laerzio): (Pitagora) come giunse in Italia si costru una sor- ta di piccola camera sotterranea e ordin alla madre di scrivere su una tavoletta gli avvenimenti, non senza le opportune indicazioni temporali e poi di inviargliela gi fin quando non avesse fatto ritor- no; cosa che la madre fece. Dopo qualche tempo Pitagora ritorn alla luce, smagrito e ridotto pelle e ossa; recatosi allassemblea pub- blica, afferm di essere tornato dallAde e per di pi lesse loro le- lenco degli avvenimenti verificati- si nel frattempo. Allora i cittadini, colpiti dalle sue parole, davano in pianti e lamenti, credendo che Pi- tagora fosse una divinit, tanto che gli affidarono le donne affin- ch apprendessero qualcosa dai suoi insegnamenti. E queste furo- no chiamate Pitagoriche. Ancora Diogene Laerzio scrive: Ieroni- mo dice che Pitagora sarebbe di- sceso nellAde e avrebbe visto la- nima di Esiodo legata a una co- lonna di bronzo e urlante e quel- la di Omero appesa a un albero e circondata di serpenti, come pu- nizione per ci che entrambi ave- vano detto riguardo gli dei; avreb- be anche visto puniti coloro che erano restii a unirsi alle proprie mogli. Anche se questa storia ri- sente probabilmente di influssi platonici (nella svalutazione dei poeti Esiodo e Omero come edu- catori e teologi), va rimarcato un particolare interessante: Pitagora avrebbe fondato la sua dottrina etica e pedagogica su insegnamen- ti trasmessi dopo una catabasi, la discesa nellAde. In altri termini, un viaggio iniziatico viene posto come principio dellinsegnamento e dellautorit del filosofo. Un viaggio iniziatico anche allinizio del poema di Parmenide, che ri- ceve da una dea innominata i principi della sua filosofia. Dietro i particolari bizzarri del racconto di Ermippo qualche studioso (Burkert) ha ipotizzato gi in passato il ricordo deformato di rituali iniziatici. Nella figu- ra della madre di Pitagora pu essere adombrata una madre divina, una divinit femminile affine alla madre degli dei o proprio a Deme- tra, la madre legata con la fi- glia Persefone al principale culto misterico del mondo greco, ben radicato in Italia meridionale. Meno rilievo, a quanto mi risulta, stato dato a un altro particolare di que- sto ipotetico rito iniziatico /misterico: la scrittura su una tavoletta. In un precedente ar- ticolo (Fenix n. 35) ho illu- strato come si possano rinve- nire tracce di culti oracola- ri/misterici legati alla scrittura: nella colonia greca di Olbia, nellattuale Ucraina, i membri di una comunit orfica del V secolo a.C. praticavano riti di immorta- lizzazione, utilizzando tavolette ossee incise con formule mistiche. Nella colonia magnogreca di Thurii gli iniziati di una setta che si autodefinivano katharoi (i pu- ri), furono sepolti insieme a lami- ne auree inscritte che descrivono il loro viaggio nellAde. Nel sepolcro principale, tra i materiali del cor- redo funerario, fu rinvenuto una specie di stilo da scrittura. Deme- tra e Persefone (insieme a Dioni- so) sono le divinit sotto il cui se- gno si svolge il percorso iniziatico dellanima dei defunti di Thurii. Il criptico testo inciso su una del- le lamine un vero e proprio puzzle, probabilmente decifrabile solo da chi conosceva il codice, ma una vecchia e suggestiva ipote- si lo legge come una preghiera di Persefone, rapita nellAde, alla ma- dre Demetra (vedi Fenix n.35). Torniamo agli elementi essenziali di questi scenari iniziatici: il viag- gio sotterraneo (dellanima), lin- contro con una divinit, la tra- smissione e trascrizione di cono- scenze superiori, la morte e la ri- nascita di un individuo che diven- ta un eroe (in senso mistico). Euforbo, la Madre e le reincarnazioni I biografi di Pitagora come Giam- blico ci dicono anche che, sotto il segno di Demetra Pitagora con- dusse la sua opera di paideia, di educazione delle donne, che era- no ammesse al suo insegnamento. La Demetra che si intravede in fi- PITAGORA E LA CASA DEI MISTERI ligrana, nei misteriosi riti a cui si sarebbe sottoposto Pitagora, sembra essere la Demetra ctonia, in bino- mio con la figlia Persefone. Una Demetra identifica- ta, in alcune teogonie (ad esempio, quella del teolo- go Ferecide di Siro, vissuto nel VI secolo a.C., e da alcuni ritenuto il maestro di Pitagora) con Ge, la ter- ra madre. Esistono altri indizi che fanno pensare ad un legame stretto del filosofo con il culto di una dea madre, indizi che affiorano nel racconto di Eraclide Pontico, citato da Diogene Laerzio, autore, nel III se- colo d.C., di una monumentale opera sulle vite dei filosofi illustri. Pitagora riguardo a s raccontava che un tempo era stato Etalide, figlio di Hermes [...], tempo dopo la sua anima pass in Euforbo [...], quando Euforbo mor, la sua anima trasmigr in Er- motimo[...[, quando Ermotimo mor, divenne Pirro, pescatore di Delo [...], e quando Pirro mor, divenne Pitagora e si ricordava di tutte le cose prima dette (n.d.a: di tutte le sue precedenti vite). Si tratta di un passo famosissimo, che inaugura la leggenda delle varie reincarnazioni di Pitagora, secondo la dottrina, a lui attribuita, della metempsicosi (o trasmigrazione delle anime). Senza soffermarsi sulla natura di questa dottrina (spesso travisata e su cui torneremo in un prossimo articolo), centriamo lattenzione su una delle incarnazioni: Euforbo. Conosciuto come il fi- glio del troiano Panthoos, sacerdote di Apollo, com- pare nellIliade e fu un protagonista della guerra di Troia, durante la quale inferse la prima ferita mortale a Patroclo, il sodale di Achille. La presenza di questa figura nel ciclo delle reincarnazioni di Pitagora non facilmente spiegabile, a differenza delle altre. Etali- de, figlio di Hermes, ricevette dal padre il privilegio di conservare memoria sia della sua esperienza terre- na sia di quella nellAldil. Ermotimo, personaggio forse realmente esistito, condivide con Pitagora (e al- tre figure come Aristea di Proconneso) alcuni tratti sciamanici: la sua anima abbandonava il corpo esa- nime per una serie di peregrinazioni in luoghi re- moti. Etalide e Ermotimo, dunque, sono avatar con- gruenti con le caratteristiche di Pitagora. Euforbo, a prima vista, no (e cos Pirro, il pescatore). Nonostan- te ci, la figura di Euforbo presente in tutte le tra- dizioni relative alle vite precedenti di Pitagora e, in alcuni autori, Euforbo viene usato per indicare Pita- gora stesso, con un vero e proprio processo di iden- tificazione. Anche gli studiosi pi scettici ammetto- no che il rapporto tra Euforbo e Pitagora sia di ori- gine antica, e non inventato da Eraclide Pontico. Co- me spiegare dunque la rilevanza di questa figura che, a prima vista, non ha legami concreti col filosofo? Esiste una tradizione alternativa a quella omerica. Un poemetto, di epoca tarda, chiamato Lithik, in- centrato sulle qualit delle pietre e attribuito a Orfeo, ci descrive un Euforbo differente: giovane di straordi- TRADIZIONE OCCIDENTALE 79 In alto, a sinistra De- metra, a de- stra Persefone. In basso, scena classica di John Wil- liam Wa- terhouse. In alto, Achille e Patroclo. In basso, Persephone, di Frederic Leighton. naria bellezza, cacciatore che vive sul monte Ida, intrattiene rapporti con lindovino Eleno dal quale ri- ceve una pietra magica, lorite, che gli permette di scacciare i serpenti. Nello stesso tempo, Euforbo rive- la a Eleno gli insegnamenti della madre Abarbarea, conoscitrice dellarte medica. Abbiamo dun- que un Euforbo legato a figure mantico-sapienziali come la ninfa Abarbarea, e a dimensioni precivi- lizzate come gli ambienti selvatici. Si tratta di una figura accostabile al paradigma del divine child frigio, come Attis, figlio di Cibele: un pa- redros (compagno) di una dea madre, soggetto a un ciclo di mor- te e rinascita. Una memoria del- loriginario Euforbo, giovane dio che muore e risorge, potrebbe es- sere conservata nella tradizione (Diogene Laerzio) che parla di una frase incisa sullo scudo del- lEuforbo omerico: Io prima vis- si. Lo scudo di Euforbo era con- servato nel tempio di Apollo Di- dimeo a Mileto. E dunque, un culto locale, di area anatolico-fri- gia, sarebbe passato in area ionica, nelle colonie greche dellAsia Mi- nore, come Samo, la citt dorigi- ne di Pitagora. Pitagora avrebbe avuto accesso qui a riti iatromanti- ci articolati sulla figura di un gio- vane sapiente ed eroe, figlio di una dea, depositario, grazie a que- sta, di insegnamenti iniziatici sulla vita e sulla morte. Pitagora potreb- be aver rielaborato e introdotto a Crotone una dottrina dai tratti mi- sterici, basata su una dualit di fi- gure: una dea e un figlio di natura divina o semidivina, di cui il filo- sofo si present come incarnazio- ne. Sotto il velo della parodia e della satira, il racconto di Ermippo acquista un senso. Nellarea ma- gno greca, la Grande Madre di origine anatolica potrebbe essere stata identificata con Demetra, la Demetra misterica e orfica, e la casa di Pitagora divenne la casa di Demetra. Una casa temuta e vene- rata come un santuario inviolabile e segreto, a detta di Giamblico (Vita Pitagorica, 143): Si raccon- ta anche che chi acquist labita- zione di Pitagora e fece degli scavi (ma non os rivelare a nessuno quanto aveva visto) sia stato puni- PITAGORA E LA CASA DEI MISTERI 80 to per tale sacrilegio; infatti fu colto in flagrante mentre faceva un furto in un luogo sacro a Crotone (n.d.a: qui la vicenda ambientata a Crotone) e fu mandato a morte []. Lattenzione posta da Giam- blico ai tab di inviolabilit e di silenzio, relativi alla casa di Pitagora, la rendono equiparabile a un luogo di culto misterico. Camere sotterranee e sciamanesimo La leggenda della camera sotterranea di Pitagora ha strette analogie con vicende attribuite a figure limi- nari del mondo greco, dalle forti connotazioni scia- maniche, poste in relazione con Pitagora dagli stori- ci antichi. Erodoto, nel quarto libro delle Storie, dedicato alle popolazioni dellEllespon- to e del Ponto, ci narra la vicenda (da lui udita presso i Greci del Mar Nero) di Zalmoxis, uno schiavo tracio di Pitagora poi liberato e arricchitosi, tornato a vivere tra i suoi conterranei: que- sto Zalmoxis, il quale [] aveva frequentato i Greci e tra questi Pitagora, certo il non meno grande dei sa- pienti, si fece costruire una grande sala nella quale teneva ad albergo e ospitava a banchet- to i primi cittadini, cui insegnava che n lui, n i suoi convitati, n i loro discendenti nelle successive gene- razioni sarebbero morti: anzi, avrebbero rag- giunto un luogo dove sarebbero sopravvissuti per sempre godendo di ogni bene. Mentre si comporta- va come si detto e teneva questi discorsi, in quello stesso momento si costruiva una dimora sotterranea. E quando questa fu completata, spar dalla vista dei Traci; discese nella dimora sotterranea e vi visse per tre anni, mentre i Traci, per parte loro, ne lamenta- vano lassenza e lo piangevano morto. Ma dopo tre anni apparve ai Traci e in questo modo quel che aveva detto Zalmoxis apparve degno di fede. Zal- moxis una figura del pantheon mitologico dei Ge- ti, una popolazione tracia: si tratta di una divinit (o di un individuo divinizzato), una sorta di daimon, creatura intermedia tra dei e uomini, presso la cui di- mora oltremondana si recano le 0anime dei defunti destinati allimmortalit. Nella prospettiva ellenocen- trica di Erodoto, il nume trace diventa un essere umano, uno schiavo civilizzato dal contatto coi Gre- ci, che, seguendo gli insegnamenti di Pitagora, isti- tuisce dei riti i cui elementi fondamentali sono un banchetto sacro e una catabasi, con lo scopo di ga- rantire limmortalit. Zalmoxis viene dunque tramu- tato in un Pitagora dei Geti, anche se Erodoto stes- so precisa di non credere troppo a questa vicenda e di ritenere che Zalmoxis sia vissuto molti anni pri- ma di Pitagora. Il collegamento comun- que notevole e ci riporta a riti di im- mortalizzazione, ai viaggi nellaldil e alla ritualit sotterranea. Un am- biente con queste funzioni, peral- tro, potrebbe essere riconosciuto in una sala sotterranea rinvenu- ta tra le rovine di un tempio nellantica capitale della Dacia, Sarmizegetusa Regia, dove so- no attestati i sacerdoti di Zal- moxis. E per finire, torniamo a Metaponto, da dove siamo parti- ti: qui ancora Erodoto colloca la vicenda di un altro sciamano, Ari- stea di Proconneso, compagno di Apollo nelle vesti di un corvo, che in una delle sue esistenze - sarebbe apparso nella colonia greca e avrebbe ordinato ai Metapontini di erigere nellagor un altare per il dio e, accanto a que- sto, una statua col nome di Aristea. In questo caso, larcheologia ci ha restituito una prova straordinaria del racconto di Erodoto: il temenos di Apollo, con i basamenti delle statue e i resti di foglie di alloro in bronzo, fu rinvenuto durante gli scavi archeologici della fine degli anni 70. Le tracce di questi culti na- scosti sono ancora tutte da seguire. TRADIZIONE OCCIDENTALE Al centro, un conio con Pitagora. In basso, Pitagora pro- muove il vege- tarismo, di Pe- ter Paul Ru- bens. Biblio - W. Burkert, Lore and Sci- ence in An- cient Pythago- reanism, Cam- bridge (Mass.), 1972 - E. Federico, Euforbo/Pita- gora genealogo dellanima, in Tra Orfeo e Pitagora, Atti dei seminari napoletani 1996-1998, - M. Giangiulio (a cura di), Pi- tagora. Le ope- re e le testimo- nianze, 2 voll, Milano 2000 - P. Kingsley, Misteri e ma- gia nella filoso- fia antica. Em- pedocle e la tradizione pi- tagorica, Mila- no 2007. -Ch.Riedweg, Pitagora. Vita, dottrina e in- fluenza, 2007 81 Chi Alessandro Coscia Laureato in archeologia e storia dell'arte antica, lavora presso la Pinacoteca di Brera. Ha collaborato a varie trasmissioni come autore televisivo e ha scritto articoli per riviste specializzate. appassionato di storia delle religioni.