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Sacchi, Alessandro, Paolo e i non credenti. Lettera ai Romani 2,14-16.

26-29, Milano: Paoline (Paolo


di Tarso 7), 2008; pp. 392. € 18,00. ISBN 978-88-315-3536-6.

L’argomento di questa rielaborazione d’una tesi di dottorato del 1971 al PIB, fu suggerito da Stanislao
Lyonnet. Nell’introduzione, Sacchi (S.) presenta Romani, contenuto e struttura, come il primo
contesto di Rm 1,18-3,31 in cui sono inclusi i versetti scelti. Sacchi sintetizza collocazione, struttura e
problemi. In I. Legge e natura nella filosofia greca, S. indaga su una “legge non scritta” e “sul primato
della ragione” in scuole filosofiche del tempo; in particolare, nella “filosofia stoica”, studia il rapporto
“ragione e natura” e il “vivere secondo natura”, individuando doveri, virtù e vizi, ma anche il sorgere
della “coscienza”. In II. Conoscenza di Dio e legge mosaica, S. esamina tre temi biblici: 1) la parola di
Dio annunziata dai profeti (ricerca del “diritto di JHWH”; diritto e conoscenza di Dio; 2) La legge di
Mosè (la sua clausola fondamentale; il decalogo come direttiva di vita; i codici come normativa
inculturata; la tôrāh di Mosè); 3. Formule riassuntive della legge (l’amore del prossimo; la regola
d’oro; la proibizione del desiderio). In III. Una legge uguale per tutti S. tenta : 1) la rilettura
sapienziale della legge (ricerca dei saggi; la sapienza personificata; sapienza e legge; la conoscenza
universale della legge); e 2) la legge di Mosè che vale per tutta l’umanità (legge conferita già ad
Adamo; i precetti noachici; l’offerta della legge alle nazioni). In IV. Giudizio e salvezza, l’investigazione
verte, in contesto biblico, su: 1. Israele di fronte al suo Dio (alleanza e giudizio; redenzione di Israele);
2. La condanna delle nazioni (l’immoralità dei gentili; Israele giudicherà le nazioni); 3. Il destino finale
delle nazioni (salvezza universale; i gentili onesti). Dopo conclusioni parziali, a questo punto S.
conclude la prima parte, introduttiva, della tesi. L’esegesi dei versetti scelti in Rm 2, inizia, in una
forma più che discorsiva, nel capitolo V. I gentili e la legge (Rm 2,14a.26a.27a), dove S. inizia lo studio
specifico di queste parole-chiave: 1. L’identità dei “gentili”/ “non-circoncisi” in Rm 2,14.26 (“gentili” o
“etnico-cristiani”? i “gentili” nell’epistolario paolino; in Rm 2,14.26: gentili non evangelizzati); 2. I
gentili di fronte alla legge in Rm 2,14.26.27 (semplice conoscenza o pratica della legge? Il contesto:
conoscenza e pratica della legge in Romani; i giusti fra i gentili in Rm 2,14.26.27); 3. La “natura” (Rm
2,14.27: Paolo fra i filosofi? La “natura” nell’epistolario paolino; un ponte con la filosofia in Rm
2,14a.27). In VI. La salvezza dei gentili (Rm ,14b-15.26b-29) S. approfondisce l’esame del testo di
Paolo: 1. La legge scritta nei cuori e la circoncisione del cuore in Rm 2,14b-15a.29 (la salvezza prima
di Cristo: opinioni; le promesse escatologiche nell’epistolario paolino; i gentili onesti sono salvati,
secondo Rm 1,14.27.29); 2. L’“opera della legge” in Rm 2,15 (L’“opera” o “le opere” della legge?
L’unico comandamento della legge secondo Paolo; una legge capace di operare secondo Rm 2,15); 3.
La coscienza in Rm 2,15b (coscienza previa o susseguente? La coscienza nel linguaggio paolino; la
coscienza come tribunale). In VII. I gentili e il giudizio in Rm 2,16.27, continua con: 1. Il giudizio di Dio
secondo Rm 2,16.27 (un Dio che giudica o che giustifica? Il giudizio escatologico; il giudizio come
salvezza secondo Rm 2,16.27); 2. L’argomentazione di Paolo (giudizio finale e regno di Dio; giudizio e
giustificazione: giudei e gentili nel corso della storia). Da p. 351, inizia una “conclusione generale” che
riassume risultati dell’indagine e della discussione sui testi con tre asserzioni: a) la rivelazione della
legge di Dio è universale; b) la natura ha un suo magistero; 3. l’opera dello Spirito è nascosta ma
continua. Segue la Bibliografia, variamente suddivisa; l’Indice di nomi e l’indice generale.

L’opera è complessa, ripetitiva e non del tutto coerente con il titolo della tesi. Paolo non usa ápistos,
“non credente” in Romani (mentre lo fa spessissimo con i corinzi: cf. 1Cor 6,6; 7,12ss; 10,27; 14,22ss;
2Cor 4,4; 6,14s; 1Tm 5,8; Tt 1,15). Invece dominante in Romani è éthnos, “gentile, pagano” - non
facilmente traducibile con “non-credente” o “laico” - in almeno 29 versetti e 10 volte in Gal. La prima
parte della tesi, solo introduttiva, dedicata alla ricostruzione dello sfondo culturale è lunga fino a p.
194. L’esegesi del testo, alleggerita da note critiche (per cui l’argomentazione risulta indebolita),
dovrebbe dimostrare la possibilità di salvezza per i gentili (o “non-credenti”?) che non hanno ricevuto
il vangelo o che, se ricevuto, l’hanno rifiutato per difficoltà a rapportarlo alla coscienza e razionalità.
Leggendo Romani, pare però che tale asserzione meglio corrisponda ad un magistero ecclesiale
preoccupato per l’ecumenismo più di quanto lo sia Paolo che, se è “apostolo delle genti” lo è anche
per richiamare giudei e greci (gentili) al primato assoluto del vangelo e della fede in Gesù, Figlio di
Dio, Cristo e Signore di tutti.

Angelo Colacrai

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