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Capita a volte… di ritrovarsi a compiere gesti che non si vorrebbero

compiere, dire cose che non si vorrebbero dire. Cose senza senso
forse…
È anche vero però, che per dare valore ai gesti dell’amore occorre
riflettere sul significato intrinseco di tali gesti e su come entrano in
gioco i nostri sensi.

Innanzitutto occorre rilevare che la parola “senso” è polisemica, cioè capace di esprimere realtà diver-
se ma significativamente correlate. Dire “senso” può significare in primo luogo il sentire: l’uomo sente,
e questo non è evidente. Questa esperienza viene declinata in molte parole: sensibilità, sensazione,
sentimento, sensualità, risentimento… La capacità di sentire è propria degli animali, e, pur in modo
diverso potrebbe essere riconosciuta anche ai minerali e ai vegetali. Quanto all’uomo, egli ha consa-
pevolezza che i suoi sensi percepiscono la multiformità e complessità del reale: la vista percepisce
l’immagine, l’odorato percepisce i profumi, l’udito percepisce il suono, il palato percepisce il gusto e il
corpo, tramite il tatto, tocca ed è toccato.
Ma non possiamo dimenticare che la parola “senso” può anche significare direzione, orientamento
nello spazio. È proprio tramite i sensi infatti che noi individuiamo l’orientamento, normalmente con la
vista, ma a volte anche con l’udito; lo stesso tuttavia possiamo fare anche con l’olfatto e con il tatto…
Infine, c’è una terza possibilità di intendere la parola “senso”, ossia come significato. Cerchiamo il
senso profondo di quanto ci circonda, e anche questa ricerca di comprensione di significato richiede
l’esercizio dei sensi di cui l’uomo è dotato.
L’uomo “sente” attraverso i sensi, ma un’enorme carica simbolica viene a innestarsi sul suo esercizio
dei sensi. Noi uomini non ci limitiamo a sentire, come gli animali, ma attraverso i sensi percepiamo,
prendiamo le distanze, concettualizziamo, compiamo scelte. Tutta la nostra conoscenza viene dai
sensi, la più elementare come la più raffinata. Ne sono prova le parole che usiamo: “sapienza” deri-
va da “sapere”, cioè “gustare”. Spesso non ci riflettiamo ma la sapienza è un esercizio del gusto.
È attraverso i sensi che costruiamo noi stessi: odorato e gusto ci insegnano il discernimento, la sco-
perta della differenza. La vista si nutre di simultaneità, l’udito implica la dinamica del tempo; la vista ci
fornisce l’immagine che ci fermiamo a guardare, l’udito non ci consente di fermarci, ma ci chiede di a-
scoltare il suono come un flusso che scorre. Dire sensi significa dunque evocare un corpo e una psi-
che in funzione, un essere umano vivo nella propria singolare identità.

I sensi sono le antenne del nostro corpo attraverso il quale si esprime anche la nostra interiorità. Essi
ci fanno capire che il nostro corpo non è chiuso al mondo ma comunica. Sono la mediazione tra noi (in
tutto quello che siamo) e il mondo. I sensi ci danno sensazioni: per passare dalle sensazioni
all’interiorità è necessario conoscere il valore delle sensazioni.
L’olfatto ad esempio, oggi non sentiamo più gli odori del nostro corpo, ma solo dei cosmetici. L’odore
del corpo è sgradevole e quindi rifiutato, rimosso, eliminato. Emettere odori pare che sia una vergo-
gna.

“Quel che era da principio, quel che abbiamo ascoltato, quel che abbiamo visto con i
nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno palpato, cioè la
Parola della vita…” (1 Gv 1,1).

“Mi baci con i baci della sua bocca!


Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
Per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!”
(Ct 1,1-3)
I gesti dell’amore non sono solo degli atti, ma hanno un significato più denso di
quanto sembri (accarezzare il volto della donna che amo ed accarezzare il mio gatto
no è la stessa cosa). I gesti dell’amore sono una forma di poesia. È interessante nota-
re che il significato della parola “poesia” viene dal greco poiei-n che significa “fare”,
“operare”. Allora l’espressione “fare l’amore” non è così lontana. Ci sono dei gesti che
“fanno” l’amore come opera artistica, poetica.

Gestualità è guardarsi con intensità, ricercare un timido contatto corporeo, mani che
si sfiorano, braccia che si toccano, accarezzarsi, stimolarsi alla reciproca presenza,
girovagare con un soffio sul corpo dell’altro, silenziosa contemplazione, esperienza di
alterità e differenza, accarezzarsi, incontrare la pelle sottile delle labbra dell’altro, cin-
gere le membra dell’altro, sentire il contatto del suo corpo rinfrancare il mio, gustare il
suo odore unico nella sua maglia, un massaggio delicato che risana, un bacio pieno
di passione, un abbraccio che avvolge, una carezza giocosa, una pacca sulla spalla, stringersi la ma-
no, scompigliarsi i capelli, intrecciare i piedi, prendersi in spalla, toccare ed essere toccato...

Accarezzare. Tra una carezza e uno schiaffo, ciò che fa la differenza è la velocità.

Abbracciare. Cingere con le braccia: questo significa che prima le ho aperte per accogliere l’altro, poi
le ho richiuse per riceverlo realmente. Nel mio spazio intimo preparo un porto per l’altro. Il gesto espri-
me l’accoglienza, la vittoria sulla relazione come scontro. Quando è veramente amoroso l’abbraccio
apre uno spazio di tenerezza, di reciproca confessione della vulnerabilità e debolezza. Significa cin-
gersi per affrontare insieme le difficoltà della vita.
Cingere con le braccia non è molto lontano dall’accerchiare, assediare, catturare, prendere. È proteg-
gere, accogliere o è un catturare, costringere? Inoltre ci si può aggrappare all’altro come ad un salva-
gente.

Il bacio. La bocca serve principalmente per mangiare. Il bacio è una vittoria sull’appetito. Più che man-
giare è un bere, come si beve ad una coppa. Il bacio non è divorare, ma venerare: il verbo latino
“adorare” significa “portare la bocca verso”. Si pensi allora al bacio come forma di rispetto e venerazio-
ne (la mano, l’altare). Nel bacio la vicinanza è ancora più forte che nell’abbraccio. La pelle delle labbra
è più sottile e sensibile di quella delle mani. La vicinanza è più intima: la bocca è un’apertura del corpo
che mette in comunicazione l’interno con l’esterno. Abbandonarsi al bacio vuol dire vincere la chiusura
dei corpi, non accontentarsi di essere prigionieri di un corpo, voler passare all’altro, conoscere il gusto
dell’altro.
Il bacio conserverà sempre una traccia della sua funzione di divorare, appropriarsi di qualcosa. Inoltre
ci si può dimenticare del bacio di Giuda?

Spesso la coerenza è invocata nei confronti delle parole che si dicono. I gesti coinvolgono corpo e
sensi nella proclamazione di significati molto profondi: quindi a maggior ragione occorre sentirsi impe-
gnati.
Cogliere l’appello alla responsabilità che viene dai gesti della sessualità. L’intimità chiede di sentirsi
responsabili dell’altro: la fiducia che si vive nei gesti chiede di tradursi in rispetto e fedeltà. La prima
esperienza di fedeltà che l’amore richiede è l’attesa come capacità di accettare la distanza e di vivere
il significato di tutti i gesti della sessualità senza correre all’unione svuotando di senso i gesti più
semplici.

“Stringimi al tuo cuore come un sigillo, come un sigillo tra le tue braccia!”

“E vede la mano di lui schiacciata contro il chiavistello mentre cerca di forzare la porta. E già vede
la mano di lui accostarsi alle sue carni e la sua carne trema di desiderio, e dentro le si contraggono le
viscere ed è tutto un tumulto per la sua vicinanza.”
Le perle malate, Alter Kacyzne

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