Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
e le vicissitudini dell’eraclitismo
Giambattista Gori*
“Praeterea historia id forte significat quod �sthsi tÕn ˛oàn, id est sistit
fluxum” (Cratylus, 437b, trad. Marsilii Ficini, Omnia Platonis Opera,
Froben, Basileæ, 1532, p. 331)
1. Dopo essere stato a lungo minoritario, il confronto fra Descartes e la
tradizione scettica si è conquistato ormai un posto di tutto rilievo nella
storiografia cartesiana. A questo risultato ha largamente contribuito,
oltre
alla ricerca cartesiana in senso proprio, lo sviluppo complessivo degli
studi sulla rinascita dello scetticismo nell’età moderna e in particolare
il rinnovato interesse per autori storicamente più vicini a Descartes
come Gassendi, La Mothe Le Vayer, Charron e lo stesso Montaigne. La
consumata perizia degli studi cartesiani ha in tal modo beneficiato di
un ampliamento delle prospettive storiche e concettuali che hanno
consentito di arricchire il contesto in cui si è inserita la risposta carte-
* Università Statale di Milano.
Ringrazio Mariafranca Spallanzani, Marco Geuna, Francesco Tomasoni, Maria
Lorenza Chiesara, Massimo Parodi che mi hanno cortesemente fornito utili indicazioni
bibliografiche. Ad Anissia Becerra devo proficue discussioni sul tema e molta
gratitudine
per il suo generoso aiuto. Le opere di Descartes sono citate secondo l’edizione
Adam-Tannery (AT); la sigla è seguita da numerazione romana per indicare il tomo e
araba per le pagine. Gli Essais di Montaigne nell’edizione di Pierre Villey in 3 voll.
(Paris, PUF, Quadrige, 1999); se segnalati (a), (b), (c) indicano rispettivamente.il testo
del 1580, le aggiunte dell’edizione del 1588 e le integrazioni di Montaigne sul
cosiddetto
esemplare di Bordeaux. Le citazioni da Sesto Empirico e dagli altri autori antichi
seguono le sigle correnti: Schizzi Pirroniani (PH), Adversus Mathematicos (M),
De sera numinis vindicta di Plutarco (De sera, 559b), Teeteto di Platone (Theaet. 153
d
- 154 a).
Letture cartesiane, a cura di Mariafranca Spallanzani, Bologna, Clueb, 2003.
siana alla sfida scettica1. A questo ampliamento delle prospettive si è
tuttavia accompagnata l’esigenza di determinare con maggior
precisione
lo scetticismo che Descartes si era trovato a fronteggiare e di cui
aveva
tenuto effettivamente conto. La risposta cartesiana alle difficoltà
scettiche comportava il recupero dalla tradizione di una molteplicità di
figure e di argomenti, ma al tempo stesso anche una loro netta
selezione.
Non tutti gli argomenti offerti dalla tradizione si prestavano ad es-
18 Giambattista Gori
1 Per l’incremento degli studi, sensibile soprattutto in questo ultimo decennio, si
fa riferimento in particolare a: G. Paganini, Scepsi moderna. Interpretazioni dello
scetticismo
da Charron a Hume, Busento, Cosenza, 1991, in part. cap. 3, “Intorno a Descartes:
discussioni su dubbio, criterio e certezza”, pp. 85-121; AA.VV., Le scepticisme
au XVIe et au XVIIe siècle, direction P. F. Moreau, Paris, Albin Michel, 2001 (in
particolare,
per il nostro argomento, J.-P. Cavaillé, Descartes et les Sceptiques modernes. Une
culture de la trompérie, pp. 334-347); “Il ritorno dello scetticismo. Da Descartes a
Bayle”, Atti del convegno internazionale di Vercelli, 18-20 maggio 2000, in corso di
stampa presso Kluwer. Al confronto fra Descartes e Montaigne sono dedicate le
“Journées cartésiennes” organizzate dal Centre d’Études Cartesiénnes de la
Sorbonne,
7-8 giugno 2001. Cfr. inoltre: J.-P. Cavaillé, Les sens trompeurs. Usage cartésien d’un
motif sceptique, “Revue Philosophique”, 1/1991, pp. 3-31; E. Mehl, La question du
premier principe dans la Recherche de la Vérité, in Atti della giornata di studio “René
Descartes, La Recherche de la Vérité”, “Nouvelles de la Republique des Lettres,
1/1999, pp. 77-107; Idem, Le méchant livre de 1630, in AA. VV., Libertinage et
Philosophie
au XVIIe siècle, Publications de l’Université de Saint-Étienne, 1996, pp. 53-68
(sui rapporti con i Dialogues di La Mothe Le Vayer, ma senza accettarne
l’identificazione
con il “méchant livre” menzionato nella corrispondenza con Mersenne). Indicativi
del crescente interesse per la scepsi sono anche i contributi degli studiosi cartesiani,
fra i quali si ricordano: G. Rodis-Lewis, Doute pratique, doute speculatif chez
Montaigne
et Descartes, “Revue Philosophique”, 4/1992, pp. 439-449 e Du doute vécu au
doute suprême: ses limites dans le Discours, in Atti del congresso ‘350 Años del
Discurso
del Método’, Barcellona, 1987, entrambi ristampati in Idem, Le développement de la
pensée de Descartes, Paris, Vrin, 1997, rispettivamente alle pp. 96-105 e 113-131; S.
Gaukroger, The Ten Modes of Aenesidemus and the Myth of Ancient Scepticism,
“British
Journal for the History of Philosophy”, 2/1995, pp. 371-387 e Idem, Descartes. An
Intellectual Biography, Oxford, Clarendon Press, 1995, pp. 304-321. Fra i contributi
precedenti vanno almeno ricordati: Myles Burnyeat, Idealism and the Greek
Philosophy.
What Descartes saw and Berkeley missed, “The Philosophical Review”, XLI,
1/1982, pp. 3-39, fondamentale nel determinare la peculiarità del dubbio cartesiano
rispetto alle fonti dello scetticismo antico; Burnyeat è anche curatore dell’importante
raccolta The Skeptical Tradition, University of California Press, 1983 (che include il
saggio di B. Williams, Descartes’ Use of Skepticism, pp. 337-352). Ancora importante
il
saggio, innovativo per le fonti tardo-medievali, di T. Gregory, Dio ingannatore e genio
maligno. Nota in margine alle Meditationes di Descartes, “Giornale critico della
filosofia
italiana”, 4/1974, pp. 477-516.
sere recuperati all’interno di un progetto strettamente epistemologico
come quello cartesiano, rivolto a ricavare dalle difficoltà scettiche
principi
certi e indubitabili; né gli argomenti adottati stavano tutti su un
piede di parità, ma alcuni venivano privilegiati rispetto ad altri. Ad un
confronto storiografico più esigente la presa di posizione cartesiana
appariva
caratterizzata quindi non solo dall’adozione di argomenti e figure
scettiche di diversa provenienza, ma anche dal ridimensionamento o
dall’abbandono di alcune di esse. Una comprensione adeguata del
confronto
fra Descartes e lo scetticismo si potrà avere allora prestando
attenzione
anche a quelle varianti scettiche che Descartes non aveva fatto
rientrare nel proprio progetto epistemologico. Uno degli autori che
consente di istituire un confronto con Descartes a tal proposito è
costituito
proprio dal capostipite degli “hodierni sceptici” (Ob. et Resp. Septimæ,
AT VII 549), e cioè Montaigne, tradizionalmente indicato come
il principale interlocutore scettico di Descartes2. Proprio per la libertà
con cui aveva attinto alla tradizione antica e per la ricchezza dei suoi
riferimenti,
Montaigne presentava un quadro dello scetticismo che non
si prestava facilmente ad una definizione univoca, testimoniato del
resto
dalla revisione critica cui è andato incontro il tentativo di Popkin di
ricondurre gli Essais, e l’Apologie in particolare, ad una ascendenza
strettamente
pirroniana. Non solo alla lettura della traduzione latina di Sesto
si era sovrapposta nelle edizioni successive una fase più propriamente
accademica, testimoniata dalle citazioni degli Academica di Cicerone,
ma nemmeno a quest’ultima spettava l’ultima parola in fatto di
scepsi3.
Montaigne, Descartes e le vicissitudini dell’eraclitismo 19
2 Si veda il commento di E. Gilson al Discours de la Méthode,, Paris, Vrin, 1925
(1a), 1966 (4a) e L. Brunschvicg, Descartes et Pascal lecteurs de Montaigne,
Neuchâtel,
Ed. de la Baconnière, 1945; E. M. Curley, Descartes against the Skeptics, Cambridge,
Mass., Harvard University Press, 1978, in part. i capp. 1 e 2 e pp. 38-40; G. Rodis-
Lewis, Doute pratique, doute speculatif, op. cit., prima di registrare nel suo
Descartes,
Calmann-Lévy, 1995, pp. 71-76, la più forte incidenza di Charron, anche a seguito
del ritrovamento di una edizione de La Sagesse dedicata dal gesuita J. B. Molitor al
giovane Descartes (Bulletin Cartésien, in “Archives de Philosophie”, 1992 e 1994).
3 R. H. Popkin, The History of Scepticism from Erasmus to Descartes, Assen, Van
Gorcum, 1960, poi ampliato in The History of Scepticism from Erasmus to Spinoza,
Berkeley, University of California Press, 1979 (trad. it. Milano, Mondadori, 2000, in
particolare pp. 64-72 e n. 42 dove si richiama l’articolo di E. Limbrick, Was Montaigne
really a Phyrronian?, “Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance”, XXXIX, 1977,
pp. 67-80 che contro l’unilaterale influenza di Sesto Empirico documentava la
successiva
incidenza degli Academica sul pensiero di Montaigne, richiamandosi da un lato
agli studi di P. Villey sulle fonti degli Essais e dall’altro a Ch. B. Schmitt, Cicero
SceptiProprio
l’Apologie de Raymond Sebond, il testo che aveva portato secondo
Popkin la sfida scettica del XVI secolo al suo più alto ed argomentato
livello, costituiva una vistosa eccezione alla linea strettamente sestana
e pirroniana dello studioso americano. L’Apologie non si concludeva,
infatti,
con uno degli argomenti delle Ipotiposi pirroniane di Sesto – e
nemmeno con un argomento degli Academica – ma con una lunga
citazione
dal De E apud Delphos di un autore platonico come Plutarco, costruita
intorno a due frammenti eraclitei, il primo dei quali presentava
la celebre immagine del fiume4. La lunga citazione eraclitea, innestata
direttamente sugli argomenti sestani circa l’impossibilità di stabilire un
criterio razionale per dirimere le discordanze delle rappresentazioni
sensibili prodotte dall’applicazione dei tropi, portava le conclusioni
scettiche dell’Apologie al loro esito più radicale: “le jugeant et le jugé
estans en continuelle mutation et branle”, era la stessa relazione
conoscitiva
a venire meno5. Restringendo la sua analisi dell’Apologie ai soli
argomenti di Sesto, Popkin eliminava alla radice il problema del
rapporto
fra eraclitismo e scetticismo che era ben noto e discusso nella tra-
20 Giambattista Gori
cus. A Study of the Influence of the Academica in the Renaissance, The Hague,
Nijhoff,
1972). Per una discussione critica del metodo e dei risultati storiografici di Popkin
rinvio
al fascicolo monografico a lui dedicato: Histoire du Scepticisme de Sextus Empiricus
à Richard Popkin, “Revue de Synthèse” (119), 1998 e in particolare al contributo di F.
Brahami, L’articulation du scepticisme religieux et du scepticisme profane dans
l’Histoire
du Scepticisme d’Erasme à Spinoza, pp. 293-305, con il rilievo a Popkin di non aver
adeguatamente sottolineato la differenza profonda che divide lo scetticismo moderno
da quello antico, tema sviluppato da Brahami in altri suoi lavori: in Des Esquisses aux
Essais. L’enjeu d’une rupture (in Le Scepticisme au XVIe et XVIIe siècle, cit., pp. 121-
131) e soprattutto in Le travail du scepticisme. Montaigne, Bayle, Hume, Paris, P.U.F.,
2001, oltre che nella breve sintesi Le Scepticisme de Montaigne, Paris, P.U.F., 1997.
4 Cfr. Apologie de Raymond Sebond in Montaigne, Les Essais, éd. Pierre Villey, Paris,
PUF, Quadrige, 1999, t. II, p. 602: “Heraclitus, que jamais homme n’estoit deux
fois entré en mesme rivière”; l’altra citazione è: “comme disoit Heraclitus, la mort du
feu est generation de l’air, et la mort de l’air generation de l’eau”. La prima citazione
modifica leggermente il testo della traduzione di Amyot in cui Montaigne leggeva i
dialoghi di Plutarco (“car comme souloit dire Heraclitus, on ne peut pas entrer deux
fois en une mesme rivière”), mentre la seconda citazione coincide alla lettera. Cfr.
Que
signifioit ce mot Ei qui estoit engravé sur les portes du temple d’Apollo en la ville de
Delphe, in Les oeuvres morales et meslées de Plutarque, traduites du grec en
francois par
Messire Jacques Amyot, à Paris, 1572 (ma la mia citazione è dalla edizione di Lyon,
1611, t. II, p. 1138).
5 Montaigne, Les Essais, ed. cit., II, XII, t. II, conclusione del capoverso che congiunge
gli argomenti sestani alla citazione plutarchea (“Nous n’avons aucune communication
à l’estre [...] sans commencement et sans fin”), pp. 601-603.
dizione scettica antica e che sarebbe stato ripreso anche dalla critica
montaignana, attenta a valorizzare il momento eracliteo all’interno
degli
Essais; ma, quel che più conta, lo studioso americano veniva ad
escludere consapevolmente la variante eraclitea dalla storia dello
scetticismo
moderno, nella convinzione – certo in gran parte giustificata –
che a svolgere un ruolo determinante e ad avere un futuro fossero stati
i
formidabili argomenti sestani e non certo una scepsi legata al flusso
eracliteo6. La tesi di Popkin, imperniata sulla fortuna delle traduzioni
prima latine e poi in lingua volgare delle Ipotiposi pirroniane e
dell’Adversus
Mathematicos di Sesto Empirico, doveva risultare influente anche
sugli studi cartesiani dove il maggiore lavoro di sintesi sull’argomento –
Descartes against the Skeptics di E. M. Curley – avrebbe privilegiato
nettamente
l’indirizzo scettico pirroniano, che faceva di Montaigne un lettore
di Sesto e l’interlocutore principale di Descartes7. Ma anche la suc-
Montaigne, Descartes e le vicissitudini dell’eraclitismo 21
6 Riguardo all’eraclitismo di Montaigne, basti citare il suo più deciso assertore,
Marcel Conche che colloca l’Apologie in una direzione più vicina all’insegnamento
originario di Pirrone – una filosofia della pura apparenza – che non al fenomenismo
dualistico di Sesto, basato sulla distinzione fra apparenza e realtà. Montaigne riesce
nel tour de force di scavalcare la fonte sestana per ritrovare l’ispirazione del
pirronismo
originario. Conche può recuperare così la storia dello scetticismo di Popkin imperniata
sulla fortuna di Sesto, ma in senso negativo: la filosofia moderna è venuta a contatto
e ha discusso, attraverso Sesto, una deviazione del pirronismo originario,
accogliendone
l’impostazione dualistica. Si veda M. Conche, Montaigne et la philosophie, Villers-
sur-Mer, éd. du Mégare, 1987 e Idem, Pyrrhon ou l’apparence, Paris, P.U.F., 1994
(1a éd. du Mégare, 1973). Fra gli studi che più hanno sottolineato l’eraclitismo di
Montaigne, a volte valorizzato in base a una lettura fenomenologica come
dimensione
autentica del suo pensiero in opposizione ad uno scetticismo dottrinario: M. Merleau-
Ponty, Lecture de Montaigne, in “Les Temps Modernes”, 1947, poi in Idem, Signes,
Paris,
Gallimard, 1960, trad. it. a cura di A. Bonomi, Milano, Il Saggiatore, 1967, pp.
260-275; H. Friedrich, Montaigne, (1949), trad. fr. Paris, Gallimard, 1968, p. 151; A.
Thibaudet, Montaigne, Texte établi par Floyd Gray, Paris, Gallimard, 1963; M. Baraz,
L’Être et la connaissance selon Montaigne, Paris, Libr. Corti, 1968, cap. I; J.
Starobinski,
Montaigne en mouvement, Paris, Gallimard, 1982, trad. it., Bologna, Il Mulino, 1984,
in part. pp. 108-119; M. A. Schreech, Montaigne and Melancholy. The Wisdom of the
Essais, (Duckworth, 1983), Penguin Books, 1991, pp. 81-82, n. 1; ed ora anche F.
Brahami, Le Scepticisme de Montaigne, cit., in part. pp. 67-70.
7 E. M. Curley, Descartes against the Skeptics, cit., capp. 1 e 2, pp. 38-40. Si veda
anche M. Williams, Descartes and the Metaphysics of Doubt, in AA. VV., Essays on
Descartes’
Meditations, ed. by A. Oksenberg Rorty, Berkeley-Los Angeles, University of
California Press, 1986, pp. 117-139 e K. R. Westphal, Sextus Empiricus contra René
Descartes, “Philosophy Research Archives”, vol. XII, 1987-88, pp. 91-128
(sull’inefficacia
della risposta cartesiana alle difficoltà scettiche di Sesto).
cessiva rivalutazione della componente accademica nell’ambito degli
studi cartesiani e dell’età cartesiana non contribuiva certo a dare un
seguito
alla conclusione eraclitea dell’Apologie. Il ruolo svolto dalla
componente
accademica nell’Apologie e soprattutto nella Sagesse di Charron
nel preparare le premesse per la confutazione dello scetticismo ad
opera
di Descartes da un lato, e la ripresa dall’altro di uno scetticismo
accademico
in funzione anticartesiana nella seconda metà del Seicento venivano
a bilanciare l’egemonia sestana di Popkin senza lasciare peraltro
spazio
alla variante eraclitea8. In questo quadro il recente richiamo
all’eraclitismo
ad opera di due studiosi cartesiani come Jean-Pierre Cavaillé e
Geneviève Rodis-Lewis presenta una interessante eccezione che
merita
di essere ripresa e approfondita. L’eraclitismo era recuperato da
Cavaillé
nel quadro della crisi scettica propria della cultura barocca, cultura
dell’apparenza,
della trompérie, della finzione e anche della fable. All’interno
della crisi barocca il marchio eracliteo è riconoscibile nell’immagine
del flusso universale, della dispersione e dell’écoulement che
imprimevano
un connotato inequivocabilmente scettico alla conoscenza umana,
incapace di andare oltre il fluire delle apparenze9. Descartes
condivideva
il gusto e il fascino dei suoi contemporanei per queste immagini legate
alla fluidità, ma se ne appropriava nell’intento di combatterne lo
scetticismo latente attraverso la costruzione di una rappresentazione
del
mondo fornita di verità10. Cavaillé non mancava di segnalare la
pervasività
di questi temi che eccedevano l’ambito della cultura istituzionale
22 Giambattista Gori
8 J. Maia Neto, Academic Scepticism in Early Modern Philosophy, “Journal of the
History of Ideas”, 1997, pp. 199-220 e Idem, Charron’s épochè and Descartes’
Cogito:
the Sceptical base of Descartes’ refutation of Scepticism, Atti del convegno
internazionale
“Il ritorno dello scetticismo. Da Descartes a Bayle”, cit. Gli studi di Maia Neto
rinviano,
oltre che a Popkin e in particolare al suo breve e incisivo Charron and Descartes:
the Fruits of Systematic Doubt, “The Journal of Philosophy”, (LI), 1954, pp. 831-837,
agli studi fondamentali di Ch. B. Schmitt e soprattutto al suo Cicero Scepticus. Non va
dimenticato il confronto fra Carneade e Descartes istituito da P. Couissin, Travaux du
IXe Congrès International de Philosophie – Congrès Descartes, III, Paris, 1937, pp.
9-16; per gli studi sullo scetticismo accademico in ambito antico si vedano C. Lévy,
Cicero Academicus. Recherches sur les Academiques et sur la philosophie
cicéronienne,
École française de Rome, Palazzo Farnese, 1992; AA. VV., Assent and Argument.
Studies
in Cicero’s Academic Books, ed. by B. Inwood and J. Mansfeld, London, Brill,
1997.
9 J.-P. Cavaillé, Descartes. La fable du Monde, Paris, Vrin, 1991, pp. 9-10, 91, 171-
173.
10 J.-P. Cavaillé, Descartes, cit., pp. 153, 168-174 e 169 in particolare.