k ronstadt 51
© Massimo Ghimmy
Quella sera a Milano era caldo
di Gianluca Flego
V R
ivere in Italia è diffi-
cile, perché è un pa-
ese strano. Il nucleo
di questa verità è così scarno,
a guardarlo da fuori, che nem-
meno lo si afferra bene, figurar-
si spiegarlo ad altri. È a vivere
qui, sempre qui, per anni, che
assume la forza di un’esperien-
za quotidiana. Ci si abitua a tan-
te cose; non c’è termine di para-
gone, soprattutto; il vero disastro
silenzioso è che si perde il sen-
so di cosa può succedere altrove,
cos’è “fisiologico”, e cosa no.
Qualcosa di non fisiologico è
successo a Milano, in questura,
la notte del 16 dicembre ‘69. I
personaggi del dramma: Pinel-
li, ferroviere, 40 anni, attivista
anarchico: chi lo conosce ne
parla bene, e soprattutto esclu-
de il suo suicidio. Il commis-
sario Calabresi, della Politica,
impegnato da tempo nel con-
trasto all’estremismo, che co-
nosce bene Pinelli (si sono ad-
dirittura regalati libri!) e l’ha
interrogato in precedenza. An-
tonino Allegra, capo Ufficio Po-
litico, “il tipo del poliziotto bor-
bonico” (Cederna). Il questore
di Milano Guida, ex direttore
del confino politico di Ventote-
ne. Lograno, Mucilli, Mainardi,
Caracuta e Panessa, della Poli-
tica, presenti al momento del-
la caduta.
Come sappiamo, il 12 c’è una
L’Italia del
strage. Vengono fermati anar-
chici, tra cui Pietro Valpreda,
ballerino, una testa calda au-
tore di volantini inneggian-
ti alla violenza. E in qualche
ora, la polizia giunge al circo-
lo Porta della Ghisolfa a pre-
levarvi Pinelli, che li segue
col suo motorino (!). La pi-
sta anarchica sembra un auto-
matismo per la questura, che
l’ha seguita per altre bombe
nel corso dell’anno, anch’es-
se poi attribuite ai fascisti. Ad
ogni modo, su Pinelli c’è poco
o niente: sospetti, tutt’al più,
di un ruolo secondario. Cio-
nonostante l’interrogatorio si
prolunga per tre giorni e tre
notti: fino alla sera del 15 a Pi-
nelli viene impedito di dor-
mire. È suonata da minuti la
mezzanotte che un corpo vien
visto cadere dalla finestra del-
lo studio di Calabresi (“aper-
ta per il fumo”, nonostante il
gelo), quasi in verticale, sen-
za un grido. Poi l’ambulan-
za, l’ospedale, l’obitorio. So-
lo dopo, l’arrivo dei familiari,
avvertiti da giornalisti (e al
telefono, per discolparsi, Ca-
labresi dirà a Licia Pinelli di
“aver molto da fare”). E la con-
ferenza stampa, in cui Guida
parlerà di un “suicida perché
gravemente indiziato”.
Continua a pagina 5
Piazza Fontana, una riflessione
di M.S.
agionare di Piazza
Fontana non è sempli-
ce, lo si può osservare
proprio fra le pagine di questo
giornale. Per qualcuno ha vo-
luto dire approfondire un capi-
tolo del libro di storia che nel-
le scuole viene appena appena
accennato, per altri è stata l’oc-
casione di esternare una serie
di interessi che difficilmente
si discuteranno mai in una se-
rata tra amici, per altri ancora
ha richiesto lo sforzo di tornare
con la memoria a quegli anni, a
quei giorni, a quelle sensazioni
che, secondo l’età, erano capi-
te, intuite o solo provate, come
Il Caso Sofri
di Jco
Contesto.
In Italia la contestazione contro
il potere costituito trovò una for-
te base ideologica nel comuni-
smo in opposizione alla sensa-
zione che vi fossero spinte per il
ritorno di un governo autoritario
di stampo fascista. I fatti del 12 di-
cembre, e la morte di Pinelli tre
giorni dopo, non poterono che
scatenare il sospetto e l’indigna-
zione di tutto il mondo intellet-
tuale di sinistra e della Contesta-
zione. Non si trattava solo delle
minacce sporadiche di qualche
estremista: a testimonianza di
12 dicembre
un brivido ghiacciato, giù, lun-
go la schiena.
Date, protagonisti - nel bene o
nel male - vicende e il quadro
generale si potranno trovare
leggendo gli articoli di queste
pagine, ottimi strumenti per
avvicinarsi e per approfondire
l’intera vicenda. Fra queste ri-
ghe invece troverete solo una
riflessione... una, come dire,
“voglia di poterci fare qualco-
sa” che non posso credere esse-
re un caso unico, nemmeno ra-
ro, ma che voglio immaginare
come la normale conseguenza
della lettura di questo numero.
Continua a pagina 4
questo fatto sono di grande rilie-
vo l’Appello dell’Espresso con-
tro il commissario Calabresi del
13/6/71 (firmata da 757 persone
tra cui Pasolini, Moravia, Fo, Fel-
lini, Bernardo Bertolucci, Tinto
Brass, Bevilacqua, Giulio Einau-
di, Eco oltre a insospettabili gior-
nalisti che oggi lavorano a Me-
diaset e in Rai) e l’autodenuncia
di solidarietà a Lotta Continua
pubblicata sul giornale omoni-
mo (firmata tra gli altri da Eco,
Tinto Brass, N. Ginzburg, Mieli).
Continua a pagina 4
periodico mensile
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
ISSN 1972-9669
Quarant’anni
“I n questa piazza luo-
go di operosi incontri
civili, il 12 dicembre
1969 un criminoso attentato re-
cava tragica sfida alla città ed alle
istituzioni repubblicane. Milano
popolare e democratica onorava
con determinazione unitaria il
sacrificio delle vittime innocen-
ti, mobilitandosi contro l’attacco
eversivo e contro ogni tentativo
di avventurismo autoritario, a ri-
conferma dell’attualità dei valo-
ri di Libertà e Giustizia, cardini
del rinnovamento sociale e civi-
le del Paese”.
Così recita la lapide commemo-
rativa posta sul luogo della stra-
ge dieci anni dopo l’attentato.
Parole ampollose, forse un po’
scontate, che però possono ser-
vire a farci riflettere. Perché da
quel giorno l’Italia è stata ine-
quivocabilmente diversa, da
quel giorno davvero i valori di
Libertà e Giustizia hanno avu-
to bisogno di essere difesi a spa-
da tratta.
Piazza Fontana: sulla cartina, a
Sud-Est del Duomo; material-
mente, proprio dietro, nascosta
dal Palazzo Reale a da un paio
di vie trafficate. Una zona molto
centrale, dunque, facilmente vi-
sibile a tutti. Eppure, pochissi-
mi oggi sembrano comprende-
re la portata di un avvenimento
del genere – pochissimi sem-
brano anche semplicemente ri-
cordare con lucidità.
Alla consegna degli Ambrogi-
ni d’oro, quest’anno, il figlio del
commissario Calabresi, Mario,
direttore de La Stampa, ha dedi-
cato il suo premio proprio alle
vittime di Piazza Fontana: “Le
vittime delle stragi sono dop-
piamente vittime perché i lo-
ro nomi non sono ricordati”. Ci
uniamo a lui nel quarantesimo
anniversario dell’attentato, per-
ché ricordare queste pagine del-
la nostra storia è forse il metodo
migliore per essere consapevoli
di ciò che accade attorno a noi
ogni giorno.
Giovanni Arnoldi
Giulio China
Eugenio Corsini
Pietro Dendena
Carlo Gaiani
Calogero Galatioto
Carlo Garavglia
Paolo Gerli
Vittorio Mocchi
Luigi Meloni
Gerolamo Papetti
Mario Pasi
Carlo Perego
Oreste Sangalli
Angelo Scaglia
Carlo Silva
Attilio Valè
Isabella Bossolino
 2 k
Q uando viene citata
Piazza Fontana, i ven-
tenni (e non solo) di
oggi sanno di cosa si sta parlan-
do? Molto probabilmente no;
ai nostri giorni come vent’anni
fa. “Quando ho iniziato a scri-
vere questo libro nel 1989, mi
sono accorto che la conoscenza
in proposito era davvero mini-
ma. C’era seriamente bisogno
di maggiore informazione” – a
parlare è Giorgio Boatti, storico
prima ancora che giornalista e
scrittore; l’abbiamo incontrato
a Voghera, dove ha tenuto una
conferenza al liceo cittadino in
occasione della terza ristampa
del suo libro Piazza Fontana. 12
dicembre 1969: il giorno dell’in-
nocenza perduta. E osservando i
volti e le reazioni degli studen-
ti alle sue parole, è facile ca-
pire che la situazione non de-
ve essere migliorata da allora:
a causa della complessità del-
la vicenda – e della confusione
che attorno ad essa si è creata
nei decenni – è ancora diffici-
le, per chi non c’era, avere in
mente un quadro chiaro degli
avvenimenti.
Boatti, classe 1948, invece,
c’era – e ha vissuto il periodo
con intensità, da protagonista:
è militante in Lotta Continua
dal ’68 al ’71, in seguito si im-
pegna nell’organizzazione an-
timilitarista Proletari In Divisa
(PID). Pavia, nelle sue parole,
Adriano Sofri: nato a Trieste
nel 1942, la sua attività di in-
tellettuale e di militante iniziò
già nei primi anni ‘60. Fu tra i
fondatori del movimento “Il po-
tere operaio pisano” dal qua-
le poi nacque, nell’autunno del
1969, la formazione extraparla-
mentare comunista Lotta Con-
tinua, di cui fu fondatore (in-
sieme a Giorgio Pietrostefani)
e leader fino al suo scioglimen-
to nel 1976. Il movimento in re-
altà nacque in maniera sponta-
nea in seguito alla scissione in
seno al “Movimento operai-stu-
denti” di Torino (l’altra parte
confluì nella formazione Pote-
re operaio) e si puo’ quindi con-
siderare in continuità coi movi-
menti del ‘68.
Anni di Piombo: periodo du-
rante il quale forze della sinistra
extraparlamentare cercavano
di opporsi, in alcuni casi anche
con la forza, all’autoritarismo
dello stato che passava attra-
verso la collusione con l’estre-
mismo di destra e lo stragismo,
come è stato dimostrato nel ca-
so di Piazza Fontana. Il termine,
tuttavia, è stato usato solo dopo,
e deriva dal titolo omonimo di
un film di Margarethe Von Trot-
ta uscito nel 1981.
Autunno Caldo: realtà di lot-
te sindacali operaie che si svi-
luppò a partire dall’autunno del
“Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna,
l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera” Giorgio Gaber - Qualcuno era comunista
Conversazioni su Piazza Fontana
Intervista a Giorgio Boatti
assume un aspetto molto diffe-
rente da quello che siamo abi-
tuati a conoscere: una città vi-
vace, molto attiva dal punto di
vista culturale e sociale, con
una notevole partecipazione
studentesca e menti brillanti
impegnate nella politica giova-
nile. Le organizzazioni e i mo-
vimenti operavano con conti-
nuità: “Ad esempio, dove ora
c’è il Dipartimento di Lingue
dell’Università, allora avevamo
creato una scuola serale gratu-
ita per operai, per permettere
loro di superare l’esame di ter-
za media”. Esperienze ai nostri
occhi romanzesche.
Meno romanzeschi, estrema-
mente più tragici gli scenari
violenti che si accompagnaro-
no tristemente a quel periodo
glorioso dell’impegno politico.
A cominciare proprio da Piazza
Fontana, primo attentato (pre-
ceduto soltanto dagli attenta-
ti ai treni dell’agosto preceden-
te) a inaugurare quell’epoca
poi passata alla storia col no-
me di Stragismo. Nel clima di
tensione interna e di divisio-
ni internazionali, fra blocco so-
vietico e tentativi di creazio-
ne di Stati d’ordine, l’Autunno
caldo italiano, invece di esse-
re accettato come un momen-
to di contrasto fautore di nuo-
ve idee e consapevolezze, cosa
che dovrebbe essere propria di
ogni paese democratico, esplo-
Glossario Essenziale
1969 in Italia. La grande mobi-
litazione sindacale, figlia del
clima politico del Sessantotto,
venne determinata dalla sca-
denza triennale dei contratti di
lavoro, in particolar modo re-
lativi alla categoria dei metal-
meccanici.
Avanguardia Nazionale: orga-
nizzazione della destra nazio-
nal-rivoluzionaria italiana, na-
ta da una costola del Centro
Studi Ordine Nuovo a causa
dell’effettiva inattività politica
di quest’ultimo.
Delfo Zorzi: militante di Ordine
Nuovo, condannato all’ergasto-
lo per la Strage di Piazza Fonta-
na. Ha acquisito la cittadinanza
giapponese illegalmente, men-
tendo sui suoi precedenti pena-
li e conservando anche il passa-
porto italiano per 8 anni (cosa
vietata dalla legge nipponica).
Nonostante ciò attualmente vi-
ve ancora in Giappone.
GLADIO: organizzazione ita-
liana di estrema destra clan-
destina di tipo “stay-behind”
promossa dalla NATO per con-
trastare un’eventuale invasio-
ne sovietica dell’Europa occi-
dentale. Altre organizzazioni
di questo tipo furono istitui-
te in tutta l’europa occidenta-
le non solo per contrastare il
comunismo ma anche con il
locale
de a causa di una clamorosa
reazione di risposta al disordi-
ne: gli attentati. Metodo nuovo
per il Bel Paese – due soli pre-
cedenti (l’attentato contro il Re
alla Fiera Campionaria di Mila-
no, il 12 aprile 1928, e la strage
di Portella della Ginestra, il 1°
maggio 1947), ma con interes-
santi risvolti: in occasione del
primo attentato la polizia fa-
scista fermò e accusò Umberto
Ceva, chimico dalla reputazio-
ne intatta; dopo alcuni interro-
gatori, probabilmente convinto
dagli agenti della colpevolezza
dei suoi compagni, egli si suici-
dò in carcere, avvalorando co-
sì indirettamente la tesi dei po-
liziotti. L’analogia col caso di
Giuseppe Pinelli è evidente:
secondo il giornalista, infatti, il
ferroviere fu “vittima di un in-
terrogatorio brutale”. Lo stesso
commissario Calabresi era ben
noto all’epoca per i suoi metodi
poco ortodossi.
Questo attentato, dunque, così
nuovo e inatteso, ebbe un im-
patto fortissimo sulla società
e segnò un punto cruciale del-
la nostra storia. Italia del 12 di-
cembre, quindi, ma anche Ita-
lia dal 12 dicembre. Questo è un
argomento che sta molto a cuo-
re a Giorgio Boatti: “Quando si
fa storia, spesso ci si deve inter-
rogare non solo su cosa è acca-
duto, ma anche su cosa sarebbe
potuto accadere. L’Italia sarebbe
compito di compiere delle stra-
gi e attentati per impedire che
vi fosse un’ascesa dei partiti
comunisti.
Lotta Continua (LC): fu una
delle maggiori formazioni della
sinistra extraparlamentare ita-
liana, di orientamento comu-
nista rivoluzionario, tra la fine
degli anni sessanta e la prima
metà degli anni settanta. Nac-
que nell’autunno del 1969 in
seguito a una scissione in seno
al Movimento operai-studenti
di Torino che aveva infiamma-
to l’estate delle lotte all’univer-
sità e alla Fiat (l’altra parte si
costituì in Potere operaio, con
base nel nord-est).
Ordine Nuovo: il nome indivi-
dua due organizzazioni: il Cen-
tro Studi Ordine Nuovo, mo-
vimento di destra fondato da
Pino Rauti, e il Movimento Po-
litico Ordine Nuovo, organiz-
zazione terroristica di estrema
destra nata in seguito al ritor-
no del Centro Studi all’interno
dell’MSI.
Pino Rauti: giornalista e poli-
tico, è tra i fondatori del Movi-
mento Sociale Italiano (MSI) da
cui si distaccherà dopo la nomi-
na a segretario di Arturo Miche-
lini, fondando il Centro Studi
Ordine Nuovo. È stato indaga-
to per gli attentati ai treni dell’8
e 9 agosto 1969, per la strage di
periodico mensile
stata certamente diversa senza
Piazza Fontana: l’Autunno caldo
si stava chiudendo positivamen-
te, era stato approvato lo statuto
dei lavoratori, si stava assisten-
do a importanti lotte per la le-
galizzazione dell’aborto e del
divorzio. Negli anni ’70 ci sono
state le riforme più significati-
ve per il nostro Paese, ma ora
di quell’epoca abbiamo princi-
palmente una visione raggelan-
te. Da allora si è perso l’entusia-
smo, il coraggio di impegnarsi
– si è persa fiducia nella dimen-
sione pubblica, fino ad arrivare
al cosiddetto riflusso al privato,
condizione sociale portata alla
ribalta dal Corriere della Sera nel
settembre del ‘78”.
Il giudizio sul ruolo che ebbe la
stampa allora non è certamen-
te tenero – i giornalisti italiani
non fecero altro che asseconda-
re le tesi più accreditate all’ini-
zio delle indagini, assecondan-
do così i servizi segreti e le
forze dell’ordine: “Pochi ebbero
il coraggio di fare seria inchie-
sta, Il Giorno diretto da Italo
Pietra, Scaramucci e pochi al-
tri. Allora però cominciò la sta-
gione della Controinformazione:
giornalisti decisi a scoprire e a
divulgare la verità a proposito
delle realtà più scottanti, gior-
nalisti pronti a scagliare perico-
lose ‘bombe a inchiostro’”.
Infine, le note più dolenti, co-
me è facile aspettarsi, giungono
Piazza Fontana (nessun reato
a suo carico) e per la strage di
Piazza della Loggia (rinvio a giu-
dizio). Sua figlia Isabella è mo-
glie di Gianni Alemanno, di cui
ha appoggiato la candidatura
nelle elezioni per il sindaco di
Roma.
SID: erede del SIFAR, a sua vol-
ta derivante dal SIM (Servizio
Informazioni Militari), istitui-
to da Mussolini. Nonostante il
cambiamento di nome, il ser-
vizio segreto non venne mai
epurato dagli elementi lega-
ti all’estrema destra e al fasci-
smo.
SIFAR: era il servizio segre-
to delle Forze Armate, istitu-
ito nel ‘49 e dipendente di-
rettamente dal Capo di Stato
Maggiore della Difesa. Verrà
sciolto nel ‘65, dopo una storia
di coinvolgimento in numero-
se trame, tentativi di colpi di
stato, attentati, rapporti con
mafia e massoneria, per esse-
re sostituito dal SID.
Stragismo: periodo della storia
italiana compreso tra la fine de-
gli anni ’60 e gli anni ’80. Carat-
terizzato da un clima di violenza
e da una diffusa paura, percepi-
bile in tutto il paese, fu causa-
to da una serie di numerosi at-
tentati e rapimenti, di mano sia
rossa che nera. Iniziò il 12 di-
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
quando si parla della vicenda
giudiziaria – le considerazio-
ni non sono affatto ottimiste. A
partire dalle responsabilità po-
litiche che fanno da scenario a
questo periodo della storia ita-
liana: “Durante il dibattimento
del processo a Catanzaro, era fa-
cile assistere a scene penose –
una sfilata di obnubilati: uomini
di governo, teoricamente desti-
nati a prendere il timone del Pa-
ese, totalmente incapaci di dare
risposte coerenti e sensate”; ce-
leberrimi i trentatré “non ricor-
do” di Giulio Andreotti. Aveva-
no davvero dimenticato tutto?
“Probabilmente non erano più
in grado di controllare ciò che
avevano creato e se ne rende-
vano conto soltanto allora”. Per
quanto riguarda le sentenze,
con l’ultima del 2005 che ha in
buona sostanza assolto tutti si è
probabilmente chiusa anche la
vicenda giudiziaria – difficile ot-
tenere una condanna definitiva.
Che cosa possiamo ancora fare,
dunque? “Possiamo e dobbiamo
chiedere che tutto il materiale
raccolto finora non sia disper-
so o distrutto. A Catanzaro, ad
esempio, i documenti rischiava-
no di rimanere sotto la pioggia
– nulla è stato ancora digitaliz-
zato né riorganizzato. Tutto que-
sto non è accettabile in un pae-
se civile”.
Isabella Bossolino
cembre ’69 con la strage di Piaz-
za Fontana e parve concludersi
il 2 agosto 1980 con l’attentato
alla stazione di Bologna.
Strategia della Tensione: teo-
ria interpretativa che accomu-
na le stragi e gli attentati ac-
caduti in Italia tra il ‘69 e l’84
sotto un unico disegno politi-
co, che prevedeva di influire
sull’intero sistema democrati-
co rendendo instabile tale for-
ma di governo.
Stefano Delle Chiaie: inizial-
mente membro di MSI e Ordi-
ne Nuovo, se ne distaccherà per
fondare il movimento Avan-
guardia Nazionale. A seguito di
un mandato di cattura per asso-
ciazione sovversiva, banda ar-
mata e concorso in strage fugge
in America Latina, dove sostie-
ne i regimi dittatoriali di Cile e
Bolivia. Estradato in Italia nel
1987 viene indagato per il Gol-
pe Borghese, la Strage di Piaz-
za Fontana e quella di Bologna,
ma sarà prosciolto da ogni ac-
cusa.Chiediamo solidarietà per
questa situazione. Chiediamo
che chiunque possa aiutarci ci
contatti. Chiediamo agli stu-
denti e alle associazioni uma-
nitarie di tutta Italia di prende-
re posizione davanti ad un caso
gravissimo di violazione dei di-
ritti umani.
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periodico mensile
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
Il piano Ierax: un complotto da esportazione
M ilano 12 dicembre
1969. Una bomba
esplode nella banca
dell’agricoltura in Piazza Fonta-
na: 17 morti, 88 feriti. Vittime
innocenti. Quello stesso pome-
riggio, quasi allo stesso tempo,
altre bombe esplodono a Ro-
ma. Le due più importanti città
italiane sono sotto attacco. Per-
ché?  cia in Europa. Washington cer-
Crimea, febbraio 1945. In se-
guito agli accordi di Yalta, si
concorda che gli Usa potranno
detenere il 70% dell’influenza
politica in Grecia, e l’Unione
Sovietica il restante 30%. Ma in
Grecia, col venir meno dell’au-
torità di una Famiglia Reale
forte, gruppi differenti inizie-
ranno a fomentare le tensioni
sociali. Queste tensioni cause-
ranno inizialmente la guerra
civile greca (1945-1949) e in se-
guito un susseguirsi di governi
deboli e precari.  gli e finanziamenti provenien-
Nel 1946 i comunisti del KKE ri-
fiutano di riconoscere la monar-
chia e riorganizzano I partigiani
dell’ELAS come Esercito Demo-
cratico Greco (DSE). Nel 1949
il generale monarchico Alexan-
der Papagos sconfigge i comuni-
sti di Zachariadis. La guerra ci-
vile greca ha termine ma lascia
nella popolazione una profon-
da divisione ideologica che im-
pedisce la formazione di una si-
tuazione politica stabile.  ti greci in Italia. ESESI e ROLA
1965: re Costantino costringe
Papandreu alle dimissioni. Con
il nuovo primo ministro Kanel-
lopoulos tenta di riportare in
auge il piano Prometheus. Si
trattava di un piano sviluppato
anni prima dalla NATO e colle-
gato all’attivazione dell’articolo
91 della costituzione greca: una
legge che permetteva, in caso
di emergenza nazionale (quale
il rischio di un’ascesa dei comu-
“Con il cuore in quella piazza/tiene a mente Piazza Fontana”
Litfiba - Il Vento (versione modificata)
dalla Grecia dei Colonnelli alle bombe rosse in Italia
nisti), di esautorare dal potere
le norme democratiche e la vo-
lontà popolare per dare corpo a
un golpe istituzionale. 
Ma sorprendentemente gli
stessi colonnelli che dovevano
mettere in atto il piano Prome-
theus decisero invece di attua-
re un piano parallelo: il piano
Ierax (“sparviero”).
Marzo 1967: delle bombe esplo-
dono ad Atene. Vengono accusa-
te organizzazioni di sinistra. Ma
i veri attentatori sono il gruppo
“VI Agosto” di Kostas Plevris.
Così, dopo la sequenza delle
“bombe rosse”, i colonnelli pro-
clamano il golpe. Papadopulos
diventa il capo del “Katesthos
ton Suntagmatarchon” (Dittatu-
ra dei Colonnelli) chiamato an-
che “e Chounta”(la Giunta). Il
cambio di scena in Grecia vie-
ne supportato anche da consi-
ti dagli Stati Uniti. I colonnelli
vengono addestrati in speciali
scuole del MAP, il programma
internazionale di appoggio mi-
litare statunitense.  nel continente e molti, troppi,
Plevris, agente del KYP per le
questioni italiane, è in contatto
con Pino Rauti, leader dell’orga-
nizzazione neofascista Ordine
Nuovo. Il servizio segreto KYP
mantiene contatti con la rete
ESESI, l’unione degli studen-
(altra organizzazione con leader
Teodoro Karampetsos) stabili-
scono un contatto con gruppi
neofascisti italiani come Avan-
guardia Nazionale di Stefano
Delle Chiaie. L’obiettivo è im-
porre in Italia una dittatura mi-
litare come in Grecia. Il colon-
nello Papadopoulos (foto qui
sopra) diventa il loro model-
lo, e Plevris, con le sue “bom-
be rosse”, il modello da seguire
per poter vedere anche in Italia
i carri armati che girano per le
strade a caccia dei comunisti.  re degli anni ‘60, i rapporti tra
Arriviamo così al pomeriggio del
12 dicembre 1969. Ma che è suc-
cesso la mattina di quel giorno?  no davvero gli anarchici e i co-
La mattina del 12 dicembre 1969
l’allora ministro degli esteri ita-
liano, Aldo Moro, stava presie-
dendo la riunione del Consiglio
d’Europa. Si doveva decidere se
espellere dal Consiglio la Grecia
dei Colonnelli. Una scelta diffi-
cile, visto che andava contro la
volontà degli USA.
Dal 1968, Richard Nixon è il
nuovo Presidente degli Sta-
esteri
ti Uniti d’America; fondi per
la campagna elettorale gli so-
no arrivati anche dal regime in
Grecia. E Henry Kissinger è il
Segretario di Stato. 
I rapporti con Aldo Moro non so-
no dei migliori, Moro è un mem-
bro della sinistra democristiana.
La scelta dell’Italia è importan-
te per decidere il fato della Gre-
ca di influenzare Aldo Moro, ma
Moro vuole rimanere fedele al-
la linea comune dell’Europa e si
appresta a votare contro i Colon-
nelli. La Germania fa lo stesso.
La mattina del 12 dicembre Ita-
lia e Germania annunciano di
votare per la sospensione della
Grecia dal Consiglio d’Europa. E
il pomeriggio... “bombe rosse”.
Milano, ore 12.45: viene trova-
ta una bomba alla Banca Com-
merciale di Piazza della Scala.
Milano, ore 16.30: una bomba
distrugge la Banca dell’Agricol-
tura a Piazza Fontana.
Roma, ore 16.55: una bomba
esplode alla Banca Commercia-
le del Lavoro, vicino a via Ve-
neto.
Roma, ore 17.22: una bomba
esplode su uno dei simboli na-
zionali, l’Altare della Patria.
Roma, ore 17.30: una seconda
bomba scoppia sull’altare della
patria, nella scalinata che con-
duce al Museo del Risorgimen-
to.
Berlino Ovest, sempre nel po-
meriggio del 12 dicembre: una
bomba esplode davanti al club
della guarnigione americana.
Berlino Ovest, stesso pomerig-
gio: una seconda bomba vie-
ne trovata vicino all’Amerikan-
haus.
Berlino Ovest, ancora lo stes-
so pomeriggio: una terza bom-
ba viene trovata vicino alla se-
de della compagnia israeliana
El Al.
L’Europa è sotto attacco. Ma so-
munisti i suoi veri attentatori?
Oppure sono nascosti sotto una
delle sue bandiere?
15 luglio 1974. I colonnelli gre-
ci invadono Cipro. Makarios
fugge dall’isola ed evita di di-
ventare un nuovo Allende. Kis-
singer riconosce Sampson co-
me nuovo presidente.  ti in contatto dal 1964 e istruttori
Novembre 1974. La prospettiva
di una guerra con la Turchia a
causa della questione cipriota
convincono una parte della uffi-
ciali più anziani a togliere il suo
appoggio alla Giunta e a restatu-
rare la democrazia; il presidente
Gizkis e il primo ministro Kara-
manlis organizzano le elezioni:
vince “Nea Demokratia” (Nuova
Democrazia) di Karamanlis. La
democrazia torna nel paese do-
ve è nata: in Grecia.
1974: Kissinger proibisce agli
inglesi di impedire lo sbarco
dei turchi a Cipro. Gli Usa non
hanno più alcun interesse a di-
fendere l’isola
1974: dopo lo scandalo Water-
gate, Nixon rassegna le dimis-
L’Aginter-Press
e un po’ di altre cose
L
isbona, anni ‘60. Yves
Guérin-Sérac (al seco-
lo Guillou), ex ufficia-
le dell’OAS, fonda un’agenzia
di stampa: l’Aginter Press. Gli
obiettivi quelli della lotta al co-
munismo; la reale e principa-
le funzione quella di un centro
di addestramento e reclutamen-
to; il modus operandi quello
dell’infiltrazione nelle organiz-
zazioni di sinistra e dello svol-
gere propaganda e atti di terro-
rismo riconducibili a sorgenti
filo-comuniste.
I suoi primi anni di vita si svol-
gono in Africa, focalizzati nel
contrastare i movimenti anti-
colonialisti sorti nelle nazio-
ni ancora sotto la dominazione
europea, ma ben presto l’atten-
zione dell’Aginter Press torna
sono i contatti con l’Italia.
Viene stipulato un contratto per
“lo scambio di corrispondenze
giornalistiche; di notizie e docu-
mentazioni su alcuni paesi afri-
cani; l’aiuto reciproco sul piano
delle relazioni internazionali nel
quadro della lotta contro il co-
munismo; la partecipazione del-
le due agenzie alla realizzazione
pratica di un centro di legami edi
coordinamento su scala interna-
zionale; l’azione psicologica e di
propaganda coordinata su piani
operativi da definire” con l’agen-
zia di stampa Oltremare, control-
lata dal SIFAR e poi dal SID, ma
c’è di più.
Armando Mortilla, giornalista e
militante nell’M.S.I. nonché in-
formatore del Ministero dell’In-
terno, inizia a tessere, sul fini-
Guérin-Sérac e Pino Rauti, ca-
po di Ordine Nuovo. Il magistra-
to Guido Salvini, inoltre, riporta
di come durante alcune investi-
gazioni siano emersi dati che an-
drebbero a confermare collega-
menti tra l’Aginter Press, Ordine
Nuovo e Avanguardia Nazionale,
in particolare Guido Giannetti-
ni e Guérin-Sérac sarebbero sta-
dell’Aginter Press sarebbero ve-
nuti a Roma nel 1967 e nel 1968
per istruire membri di Avan-
sioni. Il KIP aveva finanziato
Nixon, ma prima ancora la CIA
aveva fondato lo stesso KYP.
Un caso di riciclaggio di dena-
ro: pensare che era proprio per
questo che gli svaligiatori sta-
vano cercando prove all’ufficio
di O’Brien. Al Watergate Hotel.
Simone Mattoli
Nelle foto sono raffigurati,
dall’alto verso il basso:
Rauti con Almirante,
il complottista Plevris e
il colonnello Papadopoulos
guardia Nazionale sull’uso degli
esplosivi. Salvini fornisce queste
informazioni nell’ambito della
commissione parlamentare d’in-
chiesta sul terrorismo in Italia e
sulla mancata individuazione dei
mandanti delle stragi. Si, stiamo
parlando di Piazza Fontana.
A fare da cornice a questo scena-
rio certamente non rassicuran-
te c’è ancora dell’altro: l’Agin-
ter Press è riconducibile ad una
rete NATO di tipo Stay-Behind,
ovvero un’operazione di spio-
naggio e infiltrazione sotto co-
pertura per raccogliere infor-
mazioni su gruppi sospetti, i cui
metodi vanno dalla propaganda
al sabotaggio passando per il fa-
voreggiamento di insurrezioni o
colpi di stato dietro le linee “ne-
miche” -in questo caso il comu-
nismo-. Nello specifico parliamo
dell’operazione Gladio: sebbe-
ne il nome evochi una struttu-
ra del tutto nostrana, in realtà il
progetto si estendeva in mezza
Europa, dalla Grecia, dove pro-
mosse e sostenne il “Regime dei
Colonnelli” al Portogallo di Sala-
zar, appunto.
A costo di andare fuori tema
-ma quando c’è da tirar somme
e i numeri sono tanti è inevita-
bile che ciò accada-, parlando di
Gladio, soprattutto dopo le di-
chiarazioni del pentito Spatuz-
za (che siano attendibili o me-
no sono comunque state fatte),
non si può non citare un artico-
lo di Ed Vulliamy apparso sul
Guardian il 5 dicembre 1990:
“I collegamenti tra Gladio, i ca-
pi del servizio segreto italiano
e la famigerata loggia massoni-
ca P2 sono molteplici. I capi di
tutti i tre servizi segreti - gene-
rali Santovito (Sismi), Grassini
(Sisde) e Cellari (Cessis) - erano
membri della loggia. Nell’anno
in cui Andreotti negò l’esisten-
za di Gladio [1974], il tesoriere
della P2, il generale Siro Doset-
ti, diede una generosa descrizio-
ne di ‘una struttura di sicurezza
segreta formata da civili, paral-
lela alle forze armate”. Vi ricor-
date della tessera della P2 1816?
Indizio: è più alto che onesto.
Ginevra Sanvitale
 4 k
continua dalla prima.
Ciò che dà origine a tale rifles-
sione è semplice: il fatto che a
quarant’anni da questa strage
la vicenda giudiziaria si sia con-
clusa con una assoluzione per
i tre imputati, responsabili non
solo delle vittime di quel gior-
no, ma della vita politica e socia-
le di quelli e degli anni a segui-
re, è fatto sconcertante ma non
deve stupire. La Magistratura e
le Forze di Polizia, anche quan-
do lavorano nel pieno delle loro
potenzialità operano in un ambi-
to molto delicato, legati alla smi-
nuente realtà dei fatti concreti,
delle prove tangibili, delle testi-
monianze credibili. Se le prove
non ci sono, se i fatti vengono
confusi, annebbiati, e se le testi-
monianze, i collegamenti, i no-
mi sono nascosti dietro la parola
omissis sulle bocche dei testimo-
ni e, di conseguenza, nei verba-
li, poco può fare la Giustizia. Alla
Magistratura compete la commi-
nazione della giusta pena una
volta individuato il colpevole,
se e quando questo colpevole si
possa individuare.
A questa triste conclusione
era giunto già Valpreda anni
or sono, e ne parlò in una in-
tervista a Sergio Zavoli recen-
temente riproposta in televi-
sione. Alla domanda di Zavoli:
“Si saprà mai la verità, e a qua-
li condizioni? Lei crede anco-
ra nella Giustizia?” Valpreda ri-
continua dalla prima.
Quest’ultima si era resa neces-
saria a seguito dell’inquisizione
di alcuni suoi militanti accusa-
ti di istigazione a delinquere, in
particolare a seguito della cam-
pagna contro il commissario
Calabresi, ritenuto responsabi-
le della morte di Pinelli. Di fat-
to stavano prendendo il via in
italia gli “Anni di Piombo”. Qual-
che settimana prima dell’omici-
dio Calabresi, vi fu un forte ac-
centramento del potere in seno
a LC in seguito alla decisione,
presa durante il congresso na-
zionale del movimento, di porsi
in un atteggiamento di scontro
generale con la borghesia e lo
Stato. All’indomani dell’uccisio-
ne del commissario, Lotta Con-
tinua pubblica così: “Ucciso Ca-
labresi, il maggior responsabile
dell’assassinio Pinelli”.
L’iter giudiziario e la grazia.
Grazie ad alcuni testimoni ocu-
lari fu possibile ricostruire i fatti.
In particolare si seppe subito che
il commando era formato da due
uomini su una Fiat 125 blu di cui
fu anche presa la targa. Da prin-
cipio fu sospettato quale esecu-
tore Gianni Nardi, estremista di
destra e appartenente all’orga-
nizzazione Gladio, in quanto pa-
re che Calabresi stesse indagan-
do proprio su un traffico d’armi
che lo riguardava. Questo è uno
dei punti più oscuri dell’indagi-
ne, e rappresenta un punto a fa-
vore dei teorici del “complotto”
“penso al 12 dicembre ‘69, /allo stato delle stragi, allo stato delle trame”
12 dicembre 1969
Piazza Fontana, una riflessione
spondeva: “Credere nella verità
non comporta necessariamen-
te credere nella Giustizia... ne-
gli ultimi tempi abbiamo visto
che forse credere alla verità è
porsi in maniera antitetica con
la giustizia... io per conto mio
sono convinto che alcune veri-
tà non... non si sapranno più...
non credo che anche apren-
do tutti gli archivi dei servi-
zi segreti possano emergere
delle verità, potrebbero emer-
gere delle indicazioni potreb-
be emergere delle ammissioni
delle non-responsabilità forse
ma la colpevolezza non credo
più che si trovi...”.*
Il Caso Sofri
in quanto non solo Nardi mo-
rì in un incidente d’auto prima
che si accertasse la sua posizio-
ne, ma gli atti che testimonia-
vano le indagini di Calabresi su
Nardi non furono mai ritrovati.
Nel ‘74 fu invece rinvenuto, in
un covo delle Brigate Rosse, im-
portante materiale riguardante
alcune controinchieste effettua-
te dalle BR su molti avvenimen-
ti politici di quegli anni, tra cui
un’inchiesta sull’omicidio Cala-
bresi nella quale si indicavano i
mandanti nell’area di LC. Ciò fu
confermato solo nel 1988 con la
confessione Leonardo Marino,
la quale indicava come compo-
nenti del commando e dunque
esecutori materiali se stesso, al-
la guida dell’auto, e Ovidio Bom-
pressi, e come mandanti Giorgio
Pietrostefani e Adriano Sofri, tut-
ti all’epoca membri di LC. Nono-
stante alcune contraddizioni la
versione di Marini venne sostan-
zialmente confermata.
L’iter giudiziario, che durò no-
ve anni, ebbe un percorso un
po’ ambiguo. In particolare, con
tutte le difficoltà che si possono
avere nel giudicare un processo
non vissuto in prima persona, è
rilevante notare come, dopo due
condanne nei primi due gradi di
giudizio, Sofri non interpose ap-
pello ma la sua condanna non
andò in atto, in quanto i giudi-
ci considerarono non possibile
procedere per le richieste di ap-
pello degli altri tre (tra cui pu-
re Marino). Gli imputati furono
99 Posse - odio/rappresaglia
La sapeva o forse la immaginava
Pasolini quando concluse quel
suo famoso editoriale dal tito-
lo decisamente esplicativo, “Lo
so”, con le parole “Sono pronto
a ritirare la mia mozione di sfi-
ducia (anzi non aspetto altro
che questo) solo quando un uo-
mo politico - non per opportuni-
tà, cioè non perché sia venuto il
momento, ma piuttosto per cre-
are la possibilità di tale momen-
to - deciderà di fare i nomi dei
responsabili dei colpi di Stato e
delle stragi, che evidentemente
egli sa, come me, non può non
avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere ame-
poi assolti prima della condan-
na, in via definitiva, a 11 anni
per Marino (pena prescritta) e
a 22 per Bompressi (grazia con-
cessa da
Napolitano
per motivi
di salute).
Pietroste-
fani (lati-
tante) e So-
fri (che sta
scontan-
do la pena
ai domici-
liari) non
hanno po-
tuto usu-
fruire delle
attenuan-
ti essendo-
si costan-
temente
dichiarati innocenti. Per questa
sua posizione Sofri non chiese
neppure la grazia, giudicandola
inadeguata a sanare la posizio-
ne giudiziaria di un innocente.
È da notare, però, come intorno
a lui si sia subito formato un mo-
vimento di sostegno, di cui fu-
rono esponenti di spicco Giulia-
no Ferrara e Gad Lerner. Dopo
che la grazia fu chiesta da 160
mila firmatari, una prima volta
non fu concessa da Scalfaro, poi
venne rifiutata per parere nega-
tivo del ministro della giustizia
Castelli durante la presidenza
di Ciampi, dimessosi tre giorni
dopo che la Corte Costituziona-
le aveva sancito che il ministro
periodico mensile
ricano lo consentirà - magari de-
cidendo “diplomaticamente” di
concedere a un’altra democra-
zia ciò che la democrazia ameri-
cana si è concessa a proposito di
Nixon - questi nomi prima o poi
saranno detti. Ma a dirli saran-
no uomini che hanno condiviso
con essi il potere: come minori
responsabili contro maggiori re-
sponsabili (e non è detto, come
nel caso americano, che siano
migliori). Questo sarebbe in de-
finitiva il vero Colpo di Stato.”**
A chi spetta allora, non cono-
scere la verità che già è cono-
sciuta ma, ristabilire la verità,
interrompere questo parados-
so storico che si ripete quoti-
dianamente su fatti più o me-
no gravi?
Ebbene io credo che competa a
questa intera società che vuo-
le definirsi civile, credo che a
questo finto insieme eteroge-
neo di individui competa l’im-
pegno civile e sociale, la vo-
lontà di studiare il fatto, di
comprenderlo e di assimilarlo,
l’individuazione delle colpe a
qualsiasi livello siano. Al libero
cittadino, che su questi fatti ha
riflettuto e ha dimostrato di vo-
ler comprendere senza pregiu-
dizi, senza discriminazioni di
parte, con una onestà intellet-
tuale che è specchio dell’one-
stà dell’individuo, non deve e
non può essere tolta la possi-
nella giustizia non poteva impe-
dire al Presidente della Repub-
blica di concedere la grazia.
La “redenzione” di Sofri.
Lotta Continua si sciolse nel ‘76
(il giornale nell’82), probabil-
mente fu fatale la scelta di usci-
re dall’area extraparlamentare e
di candidarsi alle elezioni. Mol-
ti appartenenti al giornale con-
tinuano tutt’oggi una carriera
di successo nel campo del gior-
nalismo, come nel caso di Gad
Lerner e Paolo Liguori, quest’ul-
timo seguendo una linea oppo-
sta a quella di LC. Lo stesso Sofri
scrive spesso articoli su giornali
di centro-sinistra quali Repubbli-
ca e L’Unita, sostenendo posizio-
ni opposte alla sinistra giustizia-
lista (Travaglio, Ricca), mentre
la nuora Daria Bignardi condu-
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
bilità di accusare e di continua-
re ad accusare i colpevoli di un
simile fatto.
Non importa che questi siano
stati assolti dalla giustizia per
mancanza di prove, per vizio di
forma o per cavilli burocratici,
perché la prova più grande, la
prova definitiva e schiacciante
della loro colpevolezza rimane
indelebile nella storia della no-
stra Repubblica.
E quasi sembra ancora di senti-
re cantare da Fabrizio quel ver-
so che oggi pare così attuale e
che deve suonare come un mo-
nito per tutti quanti inutilmen-
te credano che la questione di
Piazza Fontana sia un capitolo
chiuso legato al passato: “Per
quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.”
M.S.
* Originariamente in
“La notte della Repubblica” di
Sergio Zavoli, trascrizione
fonetica di parte dell’intervista
visibile su
http://bit.ly/79cpXd
recentemente riproposto dalla
trasmissione “La storia Siamo
noi” di Gianni Minoli.
** Corriere della Sera,
14 novembre 1974 “Cos’è que-
sto golpe? Io so” di Pier Paolo
Pasolini (vedi a pag.8)
ce programmi in tv. Ci si potreb-
be chiedere come mai un uomo
che si proclama innocente e che
è stato per così tanto tempo su
posizioni così estreme sia oggi
un moderato e come mai molti
esponenti e sostenitori di LC ri-
coprano ruoli importanti in poli-
tica e in televisione.
Pareri favorevoli alla grazia nei
suoi confronti sono giunti da
Bossi, Berlusconi e Cossiga, se-
gno che il suo pubblico penti-
mento, non per la morte di Ca-
labresi ma per la sua condotta
politica degli anni di piombo,
è stato accolto con favore poi-
ché costituisce la testimonianza
che consente di propagandare
quegli anni come gli anni della
violenza e degli orrori dell’ideo-
logia, glissando sulle responsabi-
lità gravi avute dallo stato. Tale
testimonianza, inoltre, è falsata
da una percezione diversa che si
ha oggi di destra e sinistra, in un
panorama politico che si e ine-
sorabilmente spostato verso la
prima. Basti pensare che in re-
altà i membri di LC vivevano in
un contesto sì extraparlamenta-
re ma molto più a destra di for-
mazioni politiche quali Potere
Operaio, Gruppi d’Azione Parti-
giana (GAP), Nuclei Armati Pro-
letari (NAP), Prima Linea (PL),
Comitati Comunisti Rivoluzio-
nari (Co.Co.Ri), Proletari Arma-
ti per il Comunismo (PAC), Bri-
gate Rosse (BR).
Jco
 k 5
periodico mensile “Ho visto bombe di Stato scoppiare nelle piazze /e anarchici distratti cadere giù dalle finestre”
Numero 51 Modena City Ramblers - Quarant’anni

piazza fontana
Sabato 12
Dicembre 2009

Quella sera a Milano era caldo

continua dalla prima.
La tesi della questura è che Pi-
nelli si sia ucciso, vistosi per-
duto all’annuncio di Calabresi
che “Valpreda ha parlato”, gri-
dando “è la fine dell’anarchia!”.
Questa versione, con le sue va-
rianti (Panessa che afferra o
non afferra la scarpa), subirà
varie modifiche; quando sarà
chiaro che su Valpreda non c’è
nulla, e che dunque essa ren-
de Calabresi responsabile di in-
duzione al suicidio, verrà ad-
dirittura anticipata di quattro
ore, rendendo così il raptus im-
motivato. Una prima inchiesta
viene archiviata in agosto do-
po le indagini preliminari, sen-
za possibilità di ricorso per la
famiglia, benché non sia stata
fatta perizia alcuna sulla cartel-
la clinica, sulla dinamica del-
la caduta, etc. Una denuncia
per diffamazione, cui Calabresi
viene costretto dalla campagna
stampa di Lotta Continua (“Ca-
labresi sarai suicidato!”), diven-
ta così il vero processo Pinelli.
La storia di quel dibattimen-
to è uno spaccato di malcostu-
me giudiziario italiano, con le
deposizioni spesso surreali dei
poliziotti, l’impressione di una
parte imparata a memoria, la
contiguità di confidenze tra
giudice e difensore, da questi
usate - mesi dopo! - per ricusa-
re il primo quando dispone la
riesumazione. “A un certo pun-
to ti vergogni pure di essere un
essere umano” (Licia Pinelli).
Tutto induce ai peggiori sospet-
ti, sulla morte e sul giudizio dei
magistrati. È a quel punto che
si inserisce l’appello, firma-
to da centinaia di persone fra
cui molti personaggi illustri,
a una “ricusazione di coscien-
za” dei “commissari torturatori,
magistrati persecutori, giudici
indegni.” Appello che poi sarà
loro ritorto contro, e su cui al-
cuni hanno intonato il mea cul-
pa. Ma, a mio parere, non un
testo che sarebbe ingiustifica-
to in qualunque circostanza: e
una considerazione attenta del
contesto in cui fu scritto (come
insiste, credo correttamente,
Adriano Sofri) mostra che al-
meno alcune posizioni poteva-
no ben sembrare fondate.
Il processo a Lotta Continua di-
minuirà di molto il suo interes-
se con la morte di Calabresi,
nel ’72. La vera inchiesta su Pi-
nelli verrà però svolta dal giu-
dice Gerardo D’Ambrosio, che
finalmente svolgerà le perizie
del caso, giungendo però nel
’75 a una conclusione altrettan-
to controversa: la tesi del “ma-
lore attivo”, per cui Pinelli cad-
de per un capogiro. I poliziotti
han sì mentito per compiacere
superiori cui un suicidio face-
va comodo, ma non hanno pic-
chiato né soprattutto defene-
strato.
Cosa avvenne in quella stanza?
Non si sa. Ma è ragionevolmen-
te certo che Pinelli, in un modo
o nell’altro, sia stato vittima di
un interrogatorio brutale, fon-
damentalmente ingiustificato e
vigliaccamente rivolto all’anello
più debole della sinistra; attuato
da forze dell’ordine in cui era-
no comuni persistenze fasciste,
in un disegno di spostamento a
destra della politica italiana. Se
quel mondo è tramontato, non
tutto sembra diverso negli inter-
stizi della nostra macchina sta-
tale, e su questo la scuola Diaz
o il caso Cucchi danno molto
da pensare. È un mondo di cui
gran parte della sinistra tradi-
zionalmente non sa, spesso non
vuole sapere; ma capirne i mec-
canismi di funzionamento (vir-
tuosi e viziosi) sarebbe un pas-
saggio cruciale per una sinistra
matura.
Gianluca Flego
Riferimenti:
C. Cederna, Pinelli. Una finestra
sulla strage, Il Saggiatore,
Milano 2009 [1° ed. 1971].
L. Pinelli, P. Scaramucci,
Una storia quasi soltanto mia,
Feltrinelli, Milano 2009
[1° ed. 1981].
A. Sofri, La notte che Pinelli,
Sellerio, Palermo 2009.

Il Golpe Borghese & Andreotti (quasi) Come Cicerone

S arebbe doveroso, nel rac-

contare del Golpe Bor-
ghese, iniziare spenden-
do due righe sull’attore primo
del progetto di rovesciamen-
to del disordine democratico
tutt’ora in vigore, ma per ovvie
mancanze di spazi, si presume
si abbia quantomeno una vaga
idea di chi fosse Junio Valerio
Scipione Ghezzo Marcantonio
Maria dei principi Borghese.
Veniamo dunque ai fatti.
È la notte tra il 7 e l’8 dicem-
bre 1970: una lunga serie di
azioni coordinate e ramificate
su tutto il territorio nazionale
vengono messe in atto, prima-
riamente centralizzate a Ro-
ma, dove in vari luoghi si riu-
niscono decine di militanti di
estrema destra. Contempora-
neamente una colonna di qua-
si 200 Guardie Forestali muove
da Rieti verso la capitale. Altri
gruppi, si scoprirà, sono pronti
ad entrare in azione da Ligura,
Veneto e Lombardia. Il Colon-
nello Regia è pronto ad occupa-
re Sesto San Giovanni, mentre
negli uffici del Maggiore Rosa
a Roma si stabilisce il comando
politico dell’operazione.
Motivo di tanto trambusto?
Semplice: occupare il Ministe-
ro dell’Interno, il Ministero del-
la Difesa e gli uffici romani del-
la RAI, rapire il Capo dello Stato
Giovanni Saragat, uccidere il ca-
po della Polizia Angelo Vicari.
Lo scopo? Ancor più banale:
destituire il potere costituito
per instaurare una nuova fase
di controllo politico fondata sul
potere militare.
Anche un imbelle capirebbe:
trattasi di colpo di stato.
Il tutto procede secondo i pia-
ni. I Ministeri in questione so-
no occupati dai ragazzacci di
Avanguardia Nazionale, i fo-
restali sono prossimi alla sede
RAI, uomini dell’appositamen-
te risorta Decima Flottiglia Mas
sono pronti a rapire Saragat e,
si saprà poi, emissari della ma-
fia siciliana hanno già messo il
colpo diretto a Vicari pronta-
mente in canna. Mezzo appa-
rato militare italiano, intanto,
veglia con le orecchie tese e gli
occhi ben aperti.
È nelle prime ore dell’alba di
martedì 8 dicembre che tutto
si ferma: il Principe Borghese
in persona annulla l’operativi-
tà dell’iniziativa.
Tutto tace come se nulla fosse
accaduto, quando quasi un an-
no dopo un giornale locale di
Roma (e secondo organo del
PCI), Paese Sera, titola: “Sco-
perto Complotto di Estrema
Destra”: è la prima notizia uffi-
ciale circa l’accaduto.
Ufficialmente interrogato per or-
dine della magistratura, il verti-
ce del SID, nella persona di Vito
Miceli, prontamente minimizza:
non ci sono riscontri tangibili su
quanto affermato dal giornale.
Nel 1974, però, la svolta: l’allora
responsabile politico del SID, il
Ministro della Difesa Giulio An-
dreotti, consegna alla magistra-
tura un voluminoso dossier nel
quale si raccoglie un’inchiesta
svolta dal numero due del ser-
vizio segreto e capo del contro-
spionaggio Gianadelio Maletti,
che coinvolge oltre venti mili-
tari dell’alto grado di stato mag-
giore della Difesa, unitamente
a noti imprenditori e industria-
li italiani (un esempio su tutti:
Andrea Piaggio). Il dossier vie-
ne consegnato da Maletti diret-
tamente ad Andreotti, saltando
impunemente il suo superiore,
in quanto lo stesso Miceli risul-
ta chiaramente implicato nella
vicenda.
Il 30 maggio 1977 inizia così il
primo processo. Della prima
cospicua richiesta di condan-
na per oltre 60 imputati vengo-
no respinte le accuse di “insur-
rezione armata contro i poteri
dello stato” e negata la realtà
dell’occupazione dei ministeri.
Il reato di “cospirazione politi-
ca” costerà invece 5 anni al le-
ader di Avanguardia Nazionale
Stefano delle Chiaie e 10 anni
di reclusione al costruttore edi-
le Remo Orlandini.
Peccato però che il 27 novem-
bre 1984, con una sentenza
confermata in cassazione un
anno dopo, vengono sempli-
cemente assolti tutti, perché il
fatto “si è concretato in un con-
ciliabolo di 4 o 5 sessantenni”.
Tutto quasi ironicamente ben
occultato? Non ancora: nel 1991
il capitano Antonio La Bruna,
che ai tempi del Golpe aveva
svolto il ruolo di tecnico delle
registrazioni allegate al dossier,
tira fuori un jolly dal cilindro: i
nastri consegnati da Andreotti
alla magistratura non sarebbe-
ro le versioni originali, e quan-
to reso pubblico sarebbe frut-
to di numerose omissioni che
avrebbero coinvolto un nume-
ro molto più grande di espo-
nenti dello Stato Maggiore Ita-
liano. E non solo: spunta qui il
nome del massone Licio Gelli,
poi fondatore della loggia P2, in
quanto implicato nel rapimen-
to di Saragat.
Le versioni integrali per fortu-
na esistono: è lo stesso La Bru-
na ad averle scrupolosamente
conservate.
Andreotti interrogato circa l’ac-
caduto dichiara senza troppi im-
barazzi che quanto da lui perso-
nalmente eliminato risultava
compromettente e in grado di
arrecare danno alle istituzioni.
Bisogna attendere il 19 dicem-
bre 2004 e la pubblicazione del
Freedom Information Act per
vedere svelate una serie di mis-
sive trasmesse dagli uomini ro-
mani della CIA agli USA, che
rivelano una lunga e articolata
sequela di contatti tra i cospira-
tori e l’ambasciata italiana.
In questo contesto è svelato il
ruolo di tale Adriano Monti, già
implicato nel Golpe, qui indi-
coinvolti. In secondo luogo si
cato come elemento di collante
spiegherebbe come mai fosse
tra i vertici del piano e ambien-
stato proprio lui a rendere pub-
ti internazionali. In concreto si
blico il dossier con il dovuto ri-
delinea come il servizio segre-
tardo. Infine si potrebbe azzar-
to americano abbia finanziato
dare anche il motivo vero degli
il piano sovversivo.
omissis apportati ai nastri ac-
C’è di più: gli americani avreb-
cusatori: il futuro sette volte
bero posto, come veto irrinun-
Presidente del Consiglio, al cui
ciabile, la presenza ai vertici
confronto Santo Silvio Martire
del nuovo potere che si sareb-
risulta tutt’ora un principian-
be instaurato di una figura po-
te, crocifisso in una posizione
litica riconosciuta a livello in-
più che scomoda - d’altra par-
ternazionale, come primario
te bisogna sottolineare come
garante del rispetto delle sud-
la macchina sovversiva era più
ditanze.
che in moto - avrebbe barattato
Non ci sono, e non ci posso esse-
il fallimento istantaneo del pia-
re, riscontri tangibili per identi-
no con l’impunità dei maggior-
ficare direttamente la persona
mente potenti colpevoli.
in questione. Rimangono sol-
Esposti i fatti noti e meno noti,
tanto un pizzico di buon sen-
non rimane che questa ardita
so e, perché no, un po’ di sana
conclusione: il buon Giulio ri-
malizia. Immaginare che quel-
sulta in ultima istanza il salva-
la persona fosse proprio Giulio
tore della Patria.
Andreotti farebbe tornare infat-
Ciò che abbiamo (una farlocca
ti parecchie cose.
democrazia del popolo) e, so-
Primariamente si può desume-
prattutto, ciò che non abbiamo
re come sarebbe stato il prode
mai avuto (un secondo regime
statista italiano, nella notte in-
fascista) lo dobbiamo in larga
criminata, venuto improvvisa-
parte a lui.
mente a conoscenza di quello
Itali Andreotti patrem patriae
che sarebbe stato il suo ruolo e
salutant.
intimamente contrario, a man-
dare letteralmente all’aria tut-
Matteo Bertani
to: da qui l’improvvisa ritira-
ta degli attori originariamente
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“E non fu solo un sogno e non ci credemmo poco periodico mensile
mettere il mondo a ferro e fuoco... Numero 51

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Sabato 12
Dicembre 2009

Cronologia degli eventi

1969 1984
12 dicembre......esplode una bomba a Milano, nella Banca Nazionale dell’Agricolutura, 13 dicembre........inizia il quinto processo. Tutti gli imputati vengono assolti.
a piazza Fontana. 1985
14 dicembre......Vittorio Ambrosini incolpa il gruppo di Ordine Nuovo per la strage 1 agosto.............la Corte d’Assise d’appello assolve per insufficienza di prove
15 dicembre......Giuseppe Pinelli muore precipitando dalla finestra dell’ufficio del Franco Freda, Giovanni Ventura, Mario Merlino e Pietro Valpreda,
commissario Calabresi. ma condanna Gian Adelio Maletti e Antonio Labruna ad un anno e
16 dicembre......Viene arrestato l’anarchico Pietro Valpreda e con lui anche Mario a dieci mesi di reclusione. La Corte di Cassazione confermerà la sentenza.
Merlino ed altri componenti del Circolo anarchico 22 marzo. 31 agosto...........le autorità argentine scarcerano Giovanni Ventura.
1971 1987
13 aprile............vengono arrestati Franco Freda e Giovanni Ventura. 27 marzo...........Viene arrestato in Venezuela Stefano Delle Chiaie
21 ottobre..........Vittorio Ambrosini muore suicida. 26 ottobre..........Sesto processo, gli imputati sono i neofascisti Massimiliano Fachini
1972 e Stefano Delle Chiaie.
21 febbraio........Marco Pozzan sostiene il coinvolgimento di Ordine Nuovo (con la 1989
presenza dell’allora capo Pino Rauti) e dei servizi segreti nella 20 febbraio........Massimiliano Fachini e Stefano Delle Chiaie vengono assolti per non
pianificazione della strage (successivamente ritratterà). aver commesso il fatto.
23 febbraio........Si apre a Roma il primo processo per la strage, con imputati Valpreda 1990
e Merlino. 1990..................Delfo Zorzi viene sospettato di essere l’esecutore materiale della
3 marzo.............Freda e Ventura vengono arrestati assieme a Pino Rauti strage. Immigrato in Giappone subito dopo la strage, non ne viene
24 marzo...........Viene scarcerato Pino Rauti, senza però che vengano fatti cadere i concessa l’estradizione in quanto divenuto cittadino giapponese.
capi d’accusa. 1992
7 maggio...........Elezioni anticipate: Pino Rauti viene eletto deputato nelle liste del ottobre...............viene arrestato ed estradato in Italia da Santo Domingo Carlo Digilio.
Movimento Sociale Italiano. Il Manifesto candida Valpreda che non Affermerà di aver ispezionato personalmente i congegni esplosivi
viene eletto. usati nelle stragi di Piazza Fontana e di Brescia.
17 maggio..........Luigi Calabresi rimane vittima di un attentato politico per il quale 1994
verranno condannati come mandanti Adriano Sofri e Giorgio ottobre...............si pente Martino Siciliano, ex appartenente a Ordine Nuovo. Spunta
Pietrostefani. il nome di Carlo Maria Maggi.
29 dicembre......vengono rimessi in libertà Valpreda e altri anarchici. 1995
1973 maggio..............Carlo Digilio viene colpito da un ictus che compromette le sue
15 maggio.........Vengono incriminati Guido Giannettini e il giornalista de La Nazione capacità mnemoniche.
Guido Paglia. luglio.................Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi sono iscritti nel registro degli
21 novembre.....Il Tribunale di Roma condanna per violazione dell’articolo 12 delle indagati con l’accusa di strage.
disposizioni transitorie e finali della Costituzione (riorganizzazione 1997
del partito fascista) Ordine Nuovo. 14 giugno..........il gip Clementina Forleo emette due ordini di custodia cautelare nei
1974 confronti di Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi.
18 marzo...........A Catanzaro riprende il processo, ma viene nuovamente interrotto 1998
dopo un mese a causa della comparsa di due nuovi imputati: Freda 2 marzo.............per problemi di salute Carlo Maria Maggi ottiene la scarcerazione.
e Ventura. 21 maggio..........la Procura di Milano chiude l’inchiesta sulla strage e deposita la
20 giugno..........Giulio Andreotti, all’epoca Ministro della Difesa, indicherà in una richiesta di rinvio a giudizio per Carlo Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo
intervista Guido Giannettini come collaboratore del SID. Rognoni (capo del gruppo di estrema destra “La Fenice”), Carlo Digilio
1975 e altri due ex appartenenti a Ordine Nuovo.
27 gennaio........Riprende il processo. giugno...............Carlo Digilio viene dichiarato incapace di sottoporsi ad ulteriori esami
27 ottobre..........chiude l’inchiesta sulla morte di Pinelli. La sentenza afferma che testimoniali per “decadimento delle facoltà mnemoniche”.
l’anarchico è morto per un malore attivo. 1999
1976 13 aprile............comincia l’udienza preliminare, con imputati per concorso in strage
28 febbraio........Vengono arrestati il generale Gian Adelio Maletti, capo del reparto Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Digilio.
D (controspionaggio) del SID, e il capitano Antonio La Bruna. 8 giugno............vengono rinviati a giudizio per strage Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi
1977 e Giancarlo Rognoni.
18 gennaio.........Si riapre il processo a Catanzaro (il quarto) con imputati anche membri 2000
del SID. Il Presidente del consiglio Giulio Andreotti, chiamato a 9 febbraio..........Delfo Zorzi afferma che i servizi segreti italiani avrebbero dato 100
testimoniare sulle circostanze in cui tre anni prima era stato opposto milioni di lire a Martino Siciliano per spingerlo a indicare in lui l’autore
il segreto politico-militare ai magistrati che indagavano su Giannettini, materiale della strage.
pronuncia trentatré volte le parole “non ricordo” durante un 24 febbraio........Inizia a Milano il settimo processo.
interrogatorio sotto giuramento dinanzi alla Corte d’assise. 4 agosto.............Gian Adelio Maletti rilascia un’intervista in cui parla del coinvolgimento
1978 della CIA nelle stragi compiute dai gruppi di destra.
4 ottobre............Franco Freda scompare. 20 settembre......il pentito Martino Siciliano non si presenta a testimoniare al processo.
1979 2001
16 gennaio........Giovanni Ventura fugge all’estero. 30 giugno..........vengono condannati all’ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e
23 febbraio........Freda, Ventura e Giannettini vengono condannati all’ergastolo, a Giancarlo Rognoni; i reati per Carlo Digilio risultano prescritti.
quattro anni e mezzo Valpreda e Merlino per associazione sovversiva 2002
e a due anni Antonio Labruna del SID per favoreggiamento. 10 aprile............nell’ambito del processo per la strage di Brescia i difensori di Delfo
12 agosto...........Giovanni Ventura viene arrestato a Buenos Aires. Zorzi presentano un memoriale firmato da Martino Siciliano, in cui
23 agosto...........Franco Freda viene individuato in Costa Rica, arrestato e poi ritratta tutte le accuse rivolte a Zorzi. Martino fa perdere le sue tracce.
estradato in Italia. 10 giugno..........Martino Siciliano, rientrato in Italia, viene arrestato a Milano.
1981 6 luglio..............muore Pietro Valpreda.
20 marzo.............si conclude il processo d’appello, vengono assolti per insufficienza 22 novembre.....viene scoperta una nuova fuga all’estero di Martino Siciliano.
di prove Franco Freda e Giovanni Ventura, ma vengono condannati li 11 dicembre.......Siciliano sostiene di aver cambiato versione sul coinvolgimento di
comunque a 15 anni per gli attentati a Padova. Vengono confermate le Zorzi nella strage a seguito del ricevimento di alcune somme di denaro,
condanne di Valpreda e Merlino, viene assolto Giannettini per con intermediari il suo ex difensore e il difensore di Zorzi, Carlo Pecorella.
insufficienza di prove. Il generale Maletti viene condannato a due anni 2003
di carcere e il capitano Labruna ad un anno e due mesi. 12 marzo...........Martino Siciliano rientra in Italia e si costituisce.
21 maggio..........Viene diffuso dall’ufficio stampa della presidenza del consiglio dei 16 ottobre..........comincia il processo d’appello.
ministri il contenuto della lista degli iscritti alla P2 . Tra i nomi 2004
quelli di Gian Adelio Maletti e Antonio La Bruna (e di Silvio 22 gennaio.........il sostituto procuratore generale chiede la conferma delle condanne.
Berlusconi, che non c’entra con la storia, ma è sempre meglio ricordarlo). 12 marzo............la Corte d’assise d’appello di Milano assolve Delfo Zorzi e Carlo Maria
14 ottobre..........la Procura generale di Catanzaro decide di riaprire l’inchiesta sulla Maggi e Giancarlo Rognoni per non aver commesso il fatto.
strage ed emette due comunicazioni giudiziarie nei confronti 2005
dell’ex capo di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie per 21 aprile.............inizia la verifica della corte di Cassazione.
reato di strage e contro Mario Merlino per associazione sovversiva. 3 maggio............settimo processo sulla strage. La Cassazione conferma le assoluzioni
1982 degli imputati e l’obbligo, da parte dei parenti delle vittime, del pagamento
10 giugno...........la Corte di Cassazione annulla la sentenza d’appello e rinvia il delle spese processuali.
processo, confermando solo l’assoluzione di Guido Giannettini. 12 dicembre......muore il pentito Carlo Digilio.
23 dicembre .....emissione di un mandato di cattura contro Stefano Delle Chiaie.
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periodico mensile
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
Luna Rossa
Il pomeriggio del 12 Dicembre
in piazza del Duomo ce l’avete illuminato
ma in via del Corso non ci sono le luci
per l’Autunno caldo il comune le ha levate
In piazza Fontana il traffico è animato
c’è il mercatino degli agricoltori
sull’autobus a Milano in poche ore
la testa nel bavero del cappotto alzato
Bisogna fare tutto molto in fretta
perché la banca chiude gli sportelli
oh come tutto vola così in fretta
risparmi e gente tutto così in fretta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l’unica giustizia borghese si è spenta
scende dicembre sopra la sera
sopra la gente che parla di Natale
se questa vita avrà un futuro
metterò casa potrà anche andare
Dice la gente che in piazza Fontana
forse è scoppiata una caldaia
là nella piazza 16 morti
li benediva un cardinale
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l’unica giustizia borghese si è spenta
Notti di sangue e di terrore
scendono a valle sul mio paese
chi pagherà le vittime innocenti?
chi darà vita a Pinelli il ferroviere?
Ieri ho sognato il mio padrone
a una riunione confidenziale
si son levati tutti il cappello
prima di fare questo macello
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l’unica giustizia borghese si è spenta
Sulla montagna dei martiri nostri
tanto giurando su Gramsci e Matteotti
sull’operaio caduto in cantiere
su tutti i compagni in carcere sepolti
Come un vecchio discende il fascismo
succhia la vita ad ogni gioventù
ma non sentite il grido sulla barricata
la classe operaia continua la sua lotta!
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l’unica giustizia borghese si è spenta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza
bisogna piangere i sogni per capire
che l’unica giustizia borghese si è spenta
Parole e musica di
Claudio Bernieri
Nella foto: Giuseppe Pinelli
...mentre un’altra stagione già suonava la campana/il primo rintocco fu a Piazza Fontana”
Valerio Sanzotta - Novecento
cultura
Un romanzo da scrivere
S iamo nell’Italia degli anni Set-
tanta, se apriamo un quotidia-
no sentiremo raccontare di stra-
gi, di attentati,di scontri politici, di città
dilaniate, di bombe. Echi che si acca-
tastano in un deposito comune tramu-
tandosi nella materia per un possibile
romanzo.   rispondendo ai desideri di un pubblico
Eppure nessuno ha ancora dato vita a
quel romanzo, nessuno è stato capace
di filtrare una visione “nuova”, di sca-
valcare le convenzionalità, di andare
oltre le frasi fatte e l’ ideologia.   ture giovanilistiche, storie di viaggi, in-
Nessuno, in realtà, è riuscito a prende-
re la dovuta distanza dalla violenza di-
lagante.   Inoltre quest’involuzione che ha porta-
Questo fenomeno è stato dettato dall’av-
vento della società dei consumi, dove
la cultura ha perduto la propria auto-
La mia Piazza Fontana
M
atricola. Media altissima.
Un sudatissimo agosto pas-
sato su quell’esame. Un cor-
so che avevo amato intensamente,
proprio come il proff. Il pensiero che
correva a lui, mentre ripetevo a voce
alta sul letto; a lui che sorrideva di quel
suo sorriso disincantato (che lo capivi
che ti prendeva per il culo) dal sagrato
del duomo di Siracusa.
Arriva la mattina dell’esame. Una gior-
nata ancora calda di metà settembre, il
14. Ero la seconda della lista, arriva il
mio turno. Ed eccomi lì, seduta di fian-
co a lui. No, non eravamo più al risto-
rante dell’albergo, quando voleva che
bevessimo, non eravamo più al con-
trollo bagagli dell’aereoporto, mentre
mi aprivano la valigia e mi facevano ti-
rar fuori il mondo, e lui lì a due passi
che si sbellicava “Iannotta!?”; no, non
eravamo più in dipartimento, mentre
fumava affumicando i libri, e non di-
scutevamo più sull’etimologia incerta
della Latomia dei Cappuccini. Quello
era l’esame... E mi sarei uccisa se non
avessi preso trenta... Mi chiede l’argo-
mento a scelta. Evvai! Snocciolo l’accu-
sa a Socrate, la collego a Finley (che ho
letto per l’occasione). Perfetta. È mio.
Vi state chiedendo cosa c’entri tutto
questo con Piazza Fontana? Bene.
Arrivano le domande. Nella mia testa
un’orgia di nomi e di date, Pericle e Te-
mistocle ballano il tip-tap... Mi chiede
il processo delle Arginuse. Bella lì, par-
to in quarta!
Il discorso procede, chiacchieriamo co-
me al bar, parliamo della teoria degli
opposti estremismi, utilizzata da Musti
per descrivere questo particolare pe-
riodo della storia greca. E poi: “Che co-
sa sa lei di Piazza Fontana?”
Balbetto, boccheggio. Mi ha completa-
nomia rispetto alle regole del mercato:
il prodotto artistico si svaluta, non ri-
sponde più alle esigenze qualitative dei
tempi precedenti.
La cultura è, sì sempre stata in parte
mercificata, ma in questi anni la saggi-
stica si riduce ad un bene da sbranare,
sempre più acritico, convinto e illuso
di detenere gli strumenti per parteci-
pare al dibattito artistico, quando è in-
vece accomunato dal solo denominato-
re del consumismo.  
Sembrano riaffiorare le parole di Pier
Paolo Pasolini: “Io sono solo un intel-
lettuale.”
Pare che l’ uomo di lettere abbia smar-
rito il proprio ruolo epifanico, non è
più punto di riferimento culturale e
portatore della verità attraverso la pa-
rola scritta,intermediario tra il circo-
stante e i suoi referenti.
È il ceto borghese che disprezza profon-
damente l’intellettuale, tanto che la ge-
nerazione di Calvino e Sciascia volge ad
una prospettiva puramente individua-
le, rinunciando a una funzione sociale
e politica. Persino negli anni successi-
vi i racconti saranno pregnati di avven-
timità. Tanto che sarà legittimo parlare
di una vera e propria rimozione.
to ad un depauperamento della Parola
e del suo statuto, ha avuto conseguenze
sull’ esistenza del cittadino.  E il suo socio sappiamo sei tu”
mente spiazzato. Cosa c’entra Piazza
Fontana?
La teoria degli opposti estremismi è una
teoria politica nata già negli anni Cin-
quanta in ambito centrista, per etichetta-
re ed isolare gli aspetti estremistici degli
ambienti di destra e sinistra, pericolosi
per la repubblica, allo scopo di sottoli-
neare che i soli e unici valori democra-
tici risiedevano al centro (democrazia
cristiana). Successivamente quest’espres-
sione fu usata durante gli anni di piom-
bo, (inaugurati proprio dal tragico atten-
tato di Piazza Fontana) per indicare quei
gruppi di destra e di sinistra che si scon-
travano gettando i prodromi (e le conse-
guenze) del terrorismo. Sembra banale a
dirsi, ma la storia si ripete, riaffiora. Le vi-
cende di Atene sul finire del V secolo a.C.
con la repressione effettuata dal regime
dei Trenta Tiranni, il successivo ritorno
alla democrazia, la condanna a Socrate
etc., formano un quadro politico compli-
catissimo e quanto mai moderno, che ci
aiuta a comprendere a fondo le vicende
politiche attuali. Spesso infatti quando i
fatti sono cristallizzati dal tempo e gli uo-
mini diventano l’icona di quello che rap-
presentavano, è molto più semplice rico-
noscere un universale politico, un luogo
comune, un sistema corrotto e poi ragio-
nando, applicarlo alla nostra realtà, o al-
la storia più recente. Quando mi è stato
chiesto di scrivere un articolo per Kron-
stadt che avesse come tema Piazza Fon-
tana, questa è stata la prima cosa che mi
è saltata alla mente, e ho rubato questo
spazio, lo ammetto, per uno scopo perso-
nale. Rivivere quel periodo, e dirti grazie
prof. Davvero. Non lo dico solo perchè
quasi un anno fa, proprio il 12 dicembre,
venivo al tuo funerale. Ciao Dino.
Emanuela Iannotta
Ma, parafrasando lo scrittore italiano
Marco Mancassola, serve oggi una lin-
gua che si salvi dall’impoverimento au-
toreferenziale del mezzo televisivo e
racconti la verità in maniera “compat-
ta, dinamica, viva”. Una lingua delle lin-
gue, che si inabissi, che vada dai mar-
gini esitenziali fino a vincere le facili
rappresentazioni consensuali. 
Originado, così, una sua Rivoluzione.
Costanza Gaia
Ma, a proposito di libri, consigliamo:
Sarasso Simone - Confine di Stato
Marsilio  (collana Farfalle)
Sarasso Simone - Settanta
Marsilio  (collana Farfalle)
La ballata del Pinelli
Quella sera a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
Brigadiere apra un po’ la finestra
E ad un tratto Pinelli cascò.
“Commissario io gliel’ho già detto
Le ripeto che sono innocente
Anarchia non vuol dire bombe
Ma eguaglianza nella libertà.”
“Poche storie indiziato Pinelli
Il tuo amico Valpreda ha parlato
Lui è l’autore di questo attentato
“Impossibile” – grida Pinelli –
“Un compagno non può averlo fatto
Tra i padroni bisogna cercare
Chi le bombe ha fatto scoppiar.
Altre bombe verranno gettate
Per fermare la lotta di classe
I padroni e i burocrati sanno
Che non siam più disposti a trattar”
“Ora basta indiziato Pinelli”
– Calabresi nervoso gridava –
“Tu Lo Grano apri un po’ la finestra
Quattro piani son duri da far.”
In dicembre a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
È bastato aprir la finestra
Una spinta e Pinelli cascò.
Dopo giorni eravamo in tremila
In tremila al tuo funerale
E nessuno può dimenticare
Quel che accanto alla bara giurò.
Ti hanno ucciso spezzandoti il collo
Sei caduto ed eri già morto
Calabresi ritorna in ufficio
Però adesso non è più tranquillo.
Ti hanno ucciso per farti tacere
Perché avevi capito l’inganno
Ora dormi, non puoi più parlare,
Ma i compagni ti vendicheranno.
“Progressisti” e recuperatori
Noi sputiamo sui vostri discorsi
Per Valpreda Pinelli e noi tutti
C’è soltanto una cosa da far.
Gli operai nelle fabbriche e fuori
Stan firmando la vostra condanna
Il potere comincia a tremare
La giustizia sarà giudicata.
Calabresi con Guida il fascista
Si ricordi che gli anni son lunghi
Prima o poi qualche cosa succede
Che il Pinelli farà ricordar.
Quella sera a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
Brigadiere apra un po’ la finestra
E ad un tratto Pinelli cascò.
testo originale: G. Barozzi,
F. Lazzarin, U. Zavanella
Rielaborazione successiva: J. Fallisi
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Reg. Trib. Pv n° 594 - ISSN 1972-9669 - Stampa: Industria Grafica Pavese SAS, Pavia - Chiuso in Redazione 07-12-2009 - Tiratura 2000 copie - 2009, Alcuni diritti riservati (Rilasciato sotto licenza Creative Commons 2.5 Ita by-nc-sa)
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di
quello che viene chiamato “gol-
pe” (e che in realtà è una serie
di “golpe” istituitasi a sistema
di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili
della strage di Milano del 12 di-
cembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili
delle stragi di Brescia e di Bolo-
gna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha
manovrato, dunque, sia i vec-
chi fascisti ideatori di “golpe”,
sia i neo-fascisti autori materia-
li delle prime stragi, sia infine,
gli “ignoti” autori materiali del-
le stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gesti-
to le due differenti, anzi, oppo-
ste, fasi della tensione: una pri-
ma fase anticomunista (Milano
1969) e una seconda fase antifa-
scista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di po-
tenti, che, con l’aiuto della Cia
(e in second’ordine dei colon-
nelli greci della mafia), hanno
prima creato (del resto mise-
ramente fallendo) una crocia-
ta anticomunista, a tamponare
il ‘68, e in seguito, sempre con
l’aiuto e per ispirazione della
Cia, si sono ricostituiti una ver-
ginità antifascista, a tamponare
il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra
una Messa e l’altra, hanno da-
to le disposizioni e assicurato
la protezione politica a vecchi
generali (per tenere in piedi,
di riserva, l’organizzazione di
un potenziale colpo di Stato),
a giovani neo-fascisti, anzi neo-
nazisti (per creare in concre-
to la tensione anticomunista)
e infine criminali comuni, fino
a questo momento, e forse per
sempre, senza nome (per cre-
are la successiva tensione an-
tifascista). Io so i nomi delle
persone serie e importanti che
stanno dietro a dei personag-
gi comici come quel genera-
le della Forestale che operava,
alquanto operettisticamente, a
Città Ducale (mentre i boschi
italiani bruciavano), o a dei
personaggio grigi e puramente
organizzativi come il generale
Miceli.
Io so i nomi delle persone se-
rie e importanti che stanno die-
tro ai tragici ragazzi che hanno
scelto le suicide atrocità fasciste
e ai malfattori comuni, siciliani
o no, che si sono messi a dispo-
sizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tut-
ti i fatti (attentati alle istituzio-
ni e stragi) di cui si sono resi
colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non
ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellet-
tuale, uno scrittore, che cerca
di seguire tutto ciò che succe-
de, di conoscere tutto ciò che se
ne scrive, di immaginare tutto
ciò che non si sa o che si tace;
che coordina fatti anche lonta-
ni, che mette insieme i pezzi
disorganizzati e frammentari di
un intero coerente quadro poli-
“Se non li conoscete [i fascisti ndr.] pensate alla lontana,/ai fatti di Milano e di Piazza Fontana...”
Fausto Amodei - Se non li conoscete
scritti corsari
Cos’è questo golpe? Io so
tico, che ristabilisce la logica là
dove sembrano regnare l’arbi-
trarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio me-
stiere e dell’istinto del mio me-
stiere. Credo che sia difficile
che il mio “progetto di roman-
zo”, sia sbagliato, che non ab-
bia cioè attinenza con la real-
tà, e che i suoi riferimenti a fatti
e persone reali siano inesatti.
Credo inoltre che molti altri in-
tellettuali e romanzieri sappia-
no ciò che so io in quanto intel-
lettuale e romanziere. Perché la
ricostruzione della verità a pro-
posito di ciò che è successo in
Italia dopo il ‘68 non è poi co-
sì difficile.
Tale verità - lo si sente con as-
soluta precisione - sta dietro
una grande quantità di inter-
venti anche giornalistici e po-
litici: cioè non di immaginazio-
ne o di finzione come è per sua
natura il mio. Ultimo esem-
pio: è chiaro che la verità urge-
va, con tutti i suoi nomi, dietro
all’editoriale del “Corriere della
Sera”, del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i
politici hanno anche delle pro-
ve o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i gior-
nalisti e i politici, pur avendo
forse delle prove e certamente
degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare
questi nomi? Evidentemente
a chi non solo ha il necessario
coraggio, ma, insieme, non è
compromesso nella pratica col
potere, e, inoltre, non ha, per
definizione, niente da perdere:
cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque po-
trebbe benissimo fare pubblica-
mente quei nomi: ma egli non
ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur
non essendo del potere, tiene
rapporti pratici col potere, ha
escluso gli intellettuali liberi
- proprio per il modo in cui è
fatto - dalla possibilità di avere
prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io,
per esempio, come intellettua-
le, e inventore di storie, potrei
entrare in quel mondo esplici-
tamente politico (del potere o
intorno al potere), compromet-
termi con esso, e quindi parte-
cipare del diritto ad avere, con
una certa alta probabilità, pro-
ve ed indizi.
Ma a tale obiezione io rispon-
derei che ciò non è possibile,
perché è proprio la ripugnan-
za ad entrare in un simile mon-
do politico che si identifica col
mio potenziale coraggio intel-
lettuale a dire la verità: cioè a
fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della
verità e la pratica politica sono
due cose inconciliabili in Italia.
All’intellettuale - profondamen-
te e visceralmente disprezza-
to da tutta la borghesia italiana
- si deferisce un mandato fal-
samente alto e nobile, in real-
tà servile: quello di dibattere i
problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo
mandato viene considerato tra-
ditore del suo ruolo: si grida su-
bito (come se non si aspettasse
altro che questo) al “tradimen-
to dei chierici” è un alibi e una
gratificazione per i politici e
per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere:
esiste anche un’opposizione al
potere. In Italia questa opposi-
zione è così vasta e forte da es-
sere un potere essa stessa: mi
riferisco naturalmente al Parti-
to comunista italiano.
È certo che in questo momento
la presenza di un grande partito
all’opposizione come è il Partito
comunista italiano è la salvezza
dell’Italia e delle sue povere isti-
tuzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano
è un Paese pulito in un Paese
sporco, un Paese onesto in un
Paese disonesto, un Paese in-
telligente in un Paese idiota, un
Paese colto in un Paese igno-
rante, un Paese umanistico in
un Paese consumistico. In que-
sti ultimi anni tra il Partito co-
munista italiano, inteso in sen-
so autenticamente unitario - in
un compatto “insieme” di diri-
genti, base e votanti - e il resto
dell’Italia, si è aperto un barat-
to: per cui il Partito comunista
italiano è divenuto appunto un
“Paese separato”, un’isola. Ed
è proprio per questo che esso
può oggi avere rapporti stretti
come non mai col potere effet-
tivo, corrotto, inetto, degrada-
to: ma si tratta di rapporti di-
plomatici, quasi da nazione a
nazione. In realtà le due morali
sono incommensurabili, inte-
se nella loro concretezza, nel-
la loro totalità. È possibile, pro-
prio su queste basi, prospettare
quel “compromesso”, realisti-
co, che forse salverebbe l’Italia
dal completo sfacelo: “compro-
messo” che sarebbe però in re-
altà una “alleanza” tra due Stati
confinanti, o tra due Stati inca-
strati uno nell’altro.
Ma proprio tutto ciò che di po-
sitivo ho detto sul Partito comu-
nista italiano ne costituisce an-
che il momento relativamente
negativo.
La divisione del Paese in due
Paesi, uno affondato fino al col-
lo nella degradazione e nella
degenerazione, l’altro intatto
e non compromesso, non può
essere una ragione di pace e di
costruttività.
Inoltre, concepita così come io
l’ho qui delineata, credo ogget-
tivamente, cioè come un Pae-
se nel Paese, l’opposizione si
identifica con un altro potere:
che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini poli-
tici di tale opposizione non pos-
sono non comportarsi anch’es-
si come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in que-
sto momento così drammati-
camente ci riguarda, anch’essi
hanno deferito all’intellettua-
le un mandato stabilito da loro.
E, se l’intellettuale viene meno
a questo mandato - puramente
morale e ideologico - ecco che
periodico mensile
è, con somma soddisfazione di
tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomi-
ni politici dell’opposizione, se
hanno - come probabilmente
hanno - prove o almeno indizi,
non fanno i nomi dei respon-
sabili reali, cioè politici, dei co-
mici golpe e delle spaventose
stragi di questi anni? È sempli-
ce: essi non li fanno nella mi-
sura in cui distinguono - a dif-
ferenza di quanto farebbe un
intellettuale - verità politica da
pratica politica. E quindi, natu-
ralmente, neanch’essi metto-
no al corrente di prove e indizi
l’intellettuale non funzionario:
non se lo sognano nemmeno,
com’è del resto normale, data
l’oggettiva situazione di fatto.
L’intellettuale deve continua-
re ad attenersi a quello che gli
viene imposto come suo dove-
re, a iterare il proprio modo co-
dificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso -
in questo particolare momento
della storia italiana - di fare pub-
blicamente una mozione di sfi-
ducia contro l’intera classe poli-
tica. Non è diplomatico, non è
opportuno. Ma queste catego-
rie della politica, non della veri-
tà politica: quella che - quando
può e come può - l’impotente
intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non
posso fare i nomi dei responsa-
bili dei tentativi di colpo di Sta-
to e delle stragi (e non al posto
di questo) io non posso pro-
nunciare la mia debole e idea-
le accusa contro l’intera classe
politica italiana.
E io faccio in quanto io credo
alla politica, credo nei principi
“formali” della democrazia, cre-
do nel Parlamento e credo nei
partiti. E naturalmente attraver-
so la mia particolare ottica che
è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia
mozione di sfiducia (anzi non
aspetto altro che questo) solo
quando un uomo politico - non
per opportunità, cioè non per-
ché sia venuto il momento, ma
piuttosto per creare la possibi-
lità di tale momento - deciderà
di fare i nomi dei responsabili
dei colpi di Stato e delle stragi,
che evidentemente egli sa, co-
me me, non può non avere pro-
ve, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere
americano lo consentirà - ma-
gari decidendo “diplomatica-
mente” di concedere a un’altra
democrazia ciò che la democra-
zia americana si è concessa a
proposito di Nixon - questi no-
mi prima o poi saranno detti.
Ma a dirli saranno uomini che
hanno condiviso con essi il po-
tere: come minori responsabi-
li contro maggiori responsabili
(e non è detto, come nel caso
americano, che siano migliori).
Questo sarebbe in definitiva il
vero Colpo di Stato.
Pier Paolo Pasolini
da Il Corriere della Sera
14 Novembre 1974
Numero 51
Sabato 12
Dicembre 2009
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per il contributo di pag.8: sem-
pre in gamba Pier!
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tati nelle frasette. Un elenco di
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