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n umero
2
Sentier i letter ar i del Novecento
Relazioni su temi di Letter atur a italiana
a cura di
Lina DAndrea
PROVINCIA DI PERUGIA
Provincia di Perugia
QUADERNI
DEL LICEO SCIENTIFICO STATALE
GALILEO GALILEI
numero
2
Sentieri letterari del Novecento
Relazioni su temi di Letteratura italiana
a cura di
Lina DAndrea
Anno 2004
Indice
Eduardo e la humanitas del Novecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.11
RELATRICE PROF.SSA L. DANDREA
Gadda e lo sperimentalismo linguistico nella Letteratura italiana
RELATORE PROF. M. FERRARI
............................
29
Prefazione
Questa pubblicazione raccoglie le relazioni presentate e rese disponibili da
docenti di Italiano e Latino del Liceo G. Galilei per il progetto Sentieri letterari del
Novecento realizzato nellanno scolastico 2002-2003. Gli incontri, prevalentemente a carattere divulgativo, hanno proposto approfondimenti didattici rivolti a docenti, studenti, genitori, operatori scolastici, che volessero ripercorrere le linee culturali del secolo appena concluso attraverso alcune tematiche letterarie di autori significativi ed esemplari del secolo stesso.
Il gruppo di lavoro, aperto a docenti di Letteratura italiana e di Letterature straniere, valutando come il Novecento urga con le sue tematiche pi vicine cronologicamente e problematicamente ai nostri studenti, ha sperimentalmente individuato
alcuni autori rappresentativi dei diversi generi letterari, proponenti temi ritenuti
incisivi nelle prospettive dellattivit letteraria, in particolare del secondo
Novecento; lesclusione di autori rispondenti comunque ai criteri indicati motivata essenzialmente da problemi afferenti ai tempi ridotti; altri autori che soddisfano
comunque i criteri di selezione, sono stati inseriti nei Sentieri 2003-2004 ed altri
ancora potranno trovare spazio negli anni successivi se il nostro Caff Letterario
vorr incamminarsi ancora per altri sentieri.
La metodologia di approccio allautore individuato fonda su un approfondimento tematico che sia distintivo, oltre che dellautore, anche del Novecento e che offra
spunti di convergenza con autori stranieri, sul piano linguistico e letterario, nellambito delle Letterature comparate. Le finalit educativo-didattiche dei Sentieri sono
sia il potenziamento di alcuni saperi forse marginalizzati dal Postmoderno, sia il
tentativo di contributo allo sviluppo di una persona-studente salda nei valori acquisiti attraverso la definizione o ridefinizione di un metodo, per usare le parole di
Morin, che traduca la complessit del reale, riconosca lesistenza degli esseri e si
avvicini al mistero delle cose.
Il programma concordato con i colleghi presenta un sottile filo conduttore delle
tematiche scelte per contribuire a ridefinire un sistema valoriale di forte valenza
pedagogico-educativa in un postmoderno cos pericolosamente seducente per le
nuove generazioni.
Abbiamo iniziato a percorrere il nostro Sentiero lasciando con un nostalgico
addio sul viale del tramonto il gattopardesco mondo ottocentesco e il principe di
Salina, emblematica figura de Il Gattopardo che profeticamente avverte la radicale
trasformazione dei tempi. Un caso letterario simbolico di un mondo ormai irreversibilmente in trasformazione per laffermazione di nuovi ceti sociali e di nuovi linguaggi abilmente e provocatoriamente sperimentati da Gadda nei suoi romanzi
attraverso personaggi nuovi e inquietanti per la loro sagacia nellironizzare sul
mondo circostante attraverso mezzi linguistici di forte impatto espressivo. Queste
sperimentazioni linguistiche produssero opere che non si confinarono in ristretti
13
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Humanitas e valori
La testimonianza che luomo sia stato concretamente raccontato e un sistema
valoriale trasmesso si trova nelle conclusioni delle relazioni degli studenti che nel
1996 hanno seguito il progetto Eduardo e lEuropa; in particolare si legge:
Infine, il grande successo eduardiano non si limitato a diffondersi tra le
platee dei teatri di mezzo mondo, ma ha sicuramente raggiunto lUomo dovunque si
trovasse. Avendo avuto la possibilit di conoscere tramite videocassette e anche
grazie ad un incontro con il prof. Marotti questo grande personaggio sono riuscito
a comprendere veramente i problemi che affliggono luomo in Europa, nel mondo e
solo ora sono in grado di dare una risposta appropriata. Devo molto a questo per sonaggio anche se praticamente sono venuto a contatto con lui da pochi mesi.
Uomo realista, che applicava i suoi principi alla vita di tutti i giorni e non si
limitava a parlarne soltanto. Mi sembra doveroso quindi, cercare di diffondere i
suoi insegnamenti che sono numerosi.
Dobbiamo prenderlo come esempio e penso che tutti, quando lo avranno conosciu to saranno entusiasti, colpiti dalle sue espressioni semplici, spontanee, immediate.
Con questo lavoro non sar riuscito sicuramente a trasmettere tutti i suoi inse gnamenti di vita, non ne sono in grado, ma ho intenzione di stimolare la vostra
curiosit; il mio un invito a conoscere colui che secondo me stato un vero citta dino europeo e forse del mondo.[]
E necessario che ogni persona guardi indietro, riscopra le proprie origini e si
accorger che esiste una matrice comune che si rif alla cultura greca e a quella lati na che hanno influenzato notevolmente tutto il mondo allora conosciuto. Tutto ci si
pu riassumere in tre concetti fondamentali e ancora attuali: La (filan tropia) greca che riassume in s doti come la nobilt danimo, gentilezza, umanit e
soprattutto affabilit (disponibilit al dialogo); la humanitas latina basata su quat tro importanti virt: saggezza, giustizia, valore, moderazione. In s intrinseco il con cetto della disponibilit ad affrontare problemi comuni espresso nella frase di
Terenzio:Homo sum: humani nil a me alienum puto(Heautontimorumenos, v. 77)
Sono uomo: niente di ci che riguarda luomo mi estraneo.
Questi concetti poi confluiscono nella (paideia) intesa come processo
educativo del giovane.1
1 Dalle relazioni conclusive Eduardo e lEuropa di Valerio Donato e Massimiliano Geoli, classe terza I, 1996-7
2 F. Cupaiuolo, Terenzio: teatro e societ, Napoli 1991, pp. 98-107
15
cortigiana pensieri, azioni, sensibilit, caratteristiche proprie di donna libera; successivamente altre tre donne-personaggio esprimono questo ruolo come una figura
sociale perfettamente integrata nel contesto romano e onestamente consapevole del
distacco etico da altre tipologie di donne. Bacchide nellHeautontimorumenos,
Taide nellEunuchus e Bacchide nellH e c y r a sono cortigiane-prostitute dellantichit che cercano il riscatto etico nel contributo che danno alla soluzione della
vicenda in termini di buoni sentimenti. Tra queste lultima la pi incisiva per il
nostro sistema valoriale di riferimento perch animata da un nobile e generoso sentimento di gratitudine che scioglie il nodo dellintreccio, ricomponendo il legame
familiare, e che la impone nella sua statura etica come vincente sulle donne libere e
sui d o m i n i. A questo proposito sempre Fabio Cupaiuolo opportunamente fa notare:
E cos questi personaggi (non liberi) anche nel momento dellingiuria non merita ta, di un sopruso di cui sono vittima, di unincomprensione totale non reagiscono
violentemente, con rabbia: in loro la sofferenza individuale diviene dolore cosmico,
nella consapevolezza che, nel singolo atto pi che loro stato mortificato il loro
tentativo di riscatto, stata svilita la dignit umana, in un venir meno dellidea di
giustizia: cos Taide, offesa da Cherea, reagisce con parole ferme, ma quasi sussur rate, cos Bacchide (Hecyra) accusata ingiustamente si mostra conciliante e arren devole.3
Nei versi seguenti, che svelano un mondo interiore segnato da solitudine e da
bisogno affettivo, si rivela tutta linfondatezza del pregiudizio che, a causa del ruolo
sociale, esclude dalla possibilit di essere persone e di provare sentimenti elevati.
A Lachete che chiede di lasciare libero suo figlio Panfilo, ormai sposato con
Filumena, Bacchide generosamente risponde:
BA. faciam quod pol, si esset alia ex hoc quaestu, haud faceret, scio,
ut de tali causa nuptae mulieri se ostenderet.
sed nolo esse falsa fama gnatum suspectum tuom,
nec leviorem vobis, quibus est minime aequom, <eu>m viderier
inmerito; nam meritu de me est quod queam illi ut commodem.
Terenzio, Hecyra, V, 756-760
Certo che lo far: unaltra del mio mestiere credo che non lo farebbe, presentarsi a una sposa per uno scopo di questo genere; ma non voglio che tuo figlio sia
sospettato per una falsa diceria, n che egli sembri a voi, cio a chi meno deve sembrare, un uomo leggero senza averne colpa, perch egli si merita da me che io gli
faccia del bene per quello che posso. 4
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E ancora:
Quantam obtuli adventu meo laetitiam Pamphilo hodie!
quot commodas res attuli! quot autem ademi curas!
gnatum <ei> restituo, qui paene harunc ipsi(u)sque opera periit;
uxorem, quam numquam est ratus posthac se habiturum, reddo;
qua re suspectu s<uo> patri et Phidippo fuit, exsolvi:
hic adeo his rebus anulus fuit initium inveniundis.
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gio, raffigurazione pietosa della sua vita e ne segna il trascorrere dalla giovinezza
alla maturit e alla vecchiaia [...] dal giorno della laurea che credette il suo ulti mo esame e non sar che un pallido annuncio di quelli che lo aspettano e lo giudi cheranno anche, soprattutto, a sua insaputa e insudiceranno i suoi successi di
segnacci rossi. Da allora sar processato per quello che fa e per quello che non fa,
anzitutto per quello che gli altri insinuano che faccia o sopporti. A sentenziare sar
la malignit, non la giustizia. [...] Tipico personaggio eduardiano, Guglielmo:
dallo scoramento sdegnoso, che non vede pi il modo o la speranza di aprire un
varco nella scorza dura e spinosa del mondo dal quale deve anzi difendersi tron cando qualunque compromesso.10
Il concetto di creature d al lavoro un senso di religiosit che gi in Filumena
era stata espresso e sottolineato dallo stesso autore in una sua promessa al critico
cattolico Carlo Trabucco e in una sua raccomandazione a Zeffirelli, regista della
rappresentazione inglese cui ricorda di ridare alla commedia il giusto significato,
che la capitolazione assoluta dei privilegi borghesi nei confronti del diritto di tutti
alleguaglianza, che poi il vero insegnamento di Cristo.11
Lopera si colloca nella seconda fase della copiosa produzione eduardiana che
trova i suoi testi esemplari in Napoli Milionaria (1945), Questi Fantasmi (1946),
Filumena Marturano (1945), Il Sindaco del Rione Sanit (1960), Gli esami non fini scono mai (1973): tutte opere che hanno ottenuto un successo internazionale e
hanno consacrato Eduardo come lautore pi prestigioso del teatro italiano della
seconda met del Novecento.12
E interessante notare come, in questa seconda fase post-bellica, col mutare
della prospettiva storico-esistenziale, muti anche la struttura delle opere: negli ultimi lavori il drammaturgo abbandona in parte il tradizionale, rassicurante schema del
dramma borghese ottocentesco, con la divisione canonica in tre atti, la consequenzialit logica, la separatezza tra pubblico e attori. In questo dramma il protagonista,
dialogando con il pubblico, (al quale chiede addirittura di fare da spalla) rivela il
montaggio della commedia: Lazione ha inizio intorno al 1922-1923. La cantante di strada [...] via via che scorreranno gli anni vi canter le canzoni di successo
dellepoca. Queste tre barbe rappresentano i passaggi di tempo.... E un procedi mento metateatrale pressoch ignoto al dramma tradizionale , e contiguo piuttosto
a innovative esperienze novecentesche, come quelle pirandelliane; anche lutilizza zione di canzoni per suggerire i diversi periodi della storia e linserimento - con
raffinata allusione alla costruzione del dramma classico - di un prologo e di un
coro (il coro degli studenti) rende ragione della particolarit strutturale dellope -
20
ra.13 Oltre che nei temi la struttura nuova con Prologo e Coro, con funzioni esplicative nella dialogicit con il pubblico, ricorda la commedia classica e particolarmente quella terenziana in cui lautore difendeva e motivava al pubblico alcune sue
scelte in uno spazio comunicativo privilegiato. Anche in questo caso lautore avverte la necessit di spiegare al pubblico alcune soluzioni drammaturgiche: in questa
commedia il tema risulta scottante per la denuncia di dinamiche familiari eticamente contaminate, ma, inizialmente fiducioso nellimmediato dopoguerra di poter
ricostruire luomo e di modificare lipocrisia di questi schemi, successivamente si
arrende di fronte a questi nuovi e continui esami imposti dalla societ con la quale
non dialogher pi (III atto) e seguir il suo funerale finalmente alleggerito dal peso
della intollerabile finzione della commedia umana e della sua ritualit.14
Humanitas e pieta
Eduardo, consapevole che avrebbe tolto la maschera a qualcuno o a qualcosa, in
unintervista a G. Prosperi chiarir i motivi della sua perplessit nellallestire una
commedia pensata fin dal 1953, ma annunciata solo nel 1972: Il soggetto era peri coloso.Vi si rappresentava una famiglia senza tanti complimenti, in modo negativo,
e allora la morale era ancora chiusa, i gusti non erano evoluti come adesso.[...]
Rifare sempre gli esami agli altri un vizio delluomo. Vedi, un autore spera sem pre che una sua commedia serva a qualche cosa.15
Il protagonista, Guglielmo Speranza, nel prologo si presenta con in mano tre barbe
finte, una nera, una grigia e una bianca a indicare il passaggio delle tre et della sua vita,
descritta dal 1922 al 1970 e oppressa dalle ipocrisie e dalle maschere adottate dalla
societ che lo circonda, una societ-tipo con tipi fissi, in particolare lipocrita che con
la sua maschera rappresentativo della societ che lautore vuole denunciare, come
indicato dai passi precedenti. Il rapporto finzione-realt magistralmente e profeticamente indicato dai riferimenti amari che lautore utilizza quando parla della genteche
si intromette mascherata nella vita dellindividuo condizionandone lesistenza con continui esami; anche nel momento del funerale la gente vorr esprimersi inseguendo ipocriti formalismi: Non ha saputo morire. E non verr rispettata neanche la sua ultima
volont: da morto sar ridicolmente abbigliato.
Quali le soluzioni indicate dallautore? Guglielmo, negli ultimi quindici anni,
adotta la non dialogicit per sottrarsi alle trappole dei ruoli che la gente vuole
cucire addosso agli altri nella grande messa in scena della vita perch se lumanit
sorda inutile parlare. Soluzione pessimistica? Probabilmente non del tutto se
14 vedi in Appendice Riflessioni sentenziose, selezione di alcuni passaggi del testo significativi per
motivare questa denuncia.
15 G. Prosperi, Il Messaggero, Roma 17 febbraio 1974
16 R. Tian, Il Messaggero, Roma 11 gennaio 1974
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seicentesco, ma come pu scriverlo un uomo che vive oggi; sarebbe stato innatura le cercare unaderenza completa ad una lingua non usata ormai da secoli.
Perquanto bello questo napoletano antico, cos latino, con le sue parole piane,
non tronche, la sua musicalit, la sua dolcezza, leccezionale duttilit e con una
possibilit di vivere fatti e creature magici, misteriosi, che nessuna lingua moderna
possiede pi.18
La traduzione fu scritta su richiesta di G. Einaudi nel 1983 ed lultimo lavoro
di Eduardo.
Ne risult unopera bellissima. La vera trovata era luso del napoletano antico.
Lo si pot ascoltare dalla voce dello stesso eccezionale traduttore, quando recit
davanti ad una immensa folla di giovani stipati nellAula Magna dellUniversit di
Roma. Sul nastro aveva registrato tutte le voci, sdoppiandosi in dialoghi a due e
perfino a tre; ma lasciando distinta solo la presenza di Miranda affidata a Imma
Piro. Fu uno spettacolo sorprendente, una prova di virtuosismo interpretativo.19
Scelsi questo testo nel 1998 per lattualit del tema della tolleranza particolarmente gradito anche ad Eduardo: ci sono tante ragioni che mi hanno fatto prefe rire La Tempesta ad altre splendide commedie scespiriane[] e una delle pi
importanti la tolleranza, la benevolenza che pervade tutta la storia: sebbene sia
stato trattato in modo indegno da suo fratello, dal re di Napoli e da Sebastiano,
Prospero non cerca la vendetta bens il loro pentimento. Quale insegnamento pi
attuale avrebbe potuto dare un artista alluomo di oggi, che in nome di una religio ne o di unideale ammazza e commette crudelt inaudite, in una escalation che
chiss dove lo porter? E preciso che tra gli ideali ci metto anche il danaro, la ric chezza, che appunto come ideali vengono considerati in questa nostra squallida
societ dei consumi.20 Profetico nella motivazione di una scelta che io assunsi, per
la rappresentazione che i miei studenti del Galilei avrebbero proposto al teatro La
Sapienza dellO.N.A.O.S.I, perch particolarmente convincente gi nel 1984 e direi
di assoluto oggetto di riflessione pedagogica oggi. Feci quella scelta anche per la
continuit con lo spettacolo dellanno precedente, il 1997, La vita un teatro, sempre rappresentata da miei studenti partecipanti al laboratorio teatrale Eduardo: La
vita un teatro per il quale furono proposti undici quadri tematici che enucleavano argomenti centrali da testi eduardiani centrati spesso su maghi e illusionisti della
vita in maschera. Inizia il percorso di vita il semplice e talvolta patetico Sik-Sik,
artefice magico che si affida ad una consapevole incertezza di illudere il suo pubblico per poter sopravvivere alle difficolt quotidiane; dopo ventanni, nel 1949, SikSik, abbandonati gli squallidi teatri di terzordine, si trasformer nel pi raffinato
Otto Marvuglia, intrattenitore meno ingenuo di un pubblico pi scaltro che assister
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attonito ad una una grande magia: il dramma popolare della sopravvivenza quotidiana si trasforma in dramma borghese, lartefice magico diventa professore di
scienze occulte. Eduardo si accompagna infine a Shakespeare per far parlare in
napoletano il suo ultimo mago, Prospero, mago autentico, protagonista dellultima
fatica teatrale di entrambi; pensa, poi, a ridefinire in nuovi contesti gli altri personaggi della commedia: Ariele, uno spirito-scugnizzo, impertinente e pigro esecutore delle volont di Prospero; Trinculo e Stefano gi ideati e caratterizzati dallautore inglese come altrettanto impertinenti e sagacemente partenopei; alla fine del
suo percorso filosofico-esistenziale, Eduardo trova la sublimazione di Sik-Sik e
Otto Marvuglia nella tollerante bonariet del mago Prospero che, stanco di simulare la vendetta, ritorna alla dimensione prevalentemente umana, alla tempesta della
sopravvivenza quotidiana, alle apparenti e illusorie magie necessarie per relazionarsi ad una umanit di cui forse diventer schiavo; ma il finale vedr una persona
veramente libera: lo schiavo Calibano che felice ritorna a dominare nella sua isola
come giusto che sia, realizzando il suo sogno di emancipazione.
Rassicurantemente inquietante un passaggio del IV atto, filologicamente significativo anche nella traduzione eduardiana per le varianti di significato che il termine suonno acquista usato al singolare e al plurale: sing. suonno (il sonno) e plur.
suonne (i sogni):
We are such stuff
as dreams are made on, and our little life
is rounded with a sleep
Il sogno caratterizza la nostra vita, il sonno eterno appartiene alla morte che
non pu vincere, come ben sappiamo dalla letteratura, sulla forza eternatrice dellarte: lartista vivr sempre attraverso le sue opere. Questo afferm Eduardo nellultima apparizione pubblica a Taormina dove 1l 15 settembre 1984 ritir il premio alla carriera con la significativa motivazione Per essere Eduardo in Italia e nel
mondo: stata tutta una vita di sacrificio e di gelo; cos si fa il teatro, cos io ho
fatto. Ma il cuore ha tremato sempre, tutte le sere, tutte le prime rappresentazioni
e ho pagato. Anche stasera mi batte il cuore e continuer a battere, anche quando
si sar fermato.
Si fermer un mese e mezzo dopo, il 31 ottobre 1984, ma, come lui stesso aveva
profetizzato, le sue opere non si sono ancora fermate, forse perch sanno dialogare
tollerantemente con tutti.
E non a caso proprio con la tolleranza si conclude la trama del sistema filosofico eduardiano in cui si evidenziano sentimenti di pietas convergenti nella nobilt
danimo, gentilezza, umanit e disponibilit al dialogo caratterizzanti lhumanitas
terenziana. Eduardo ha parlato e trasmesso tutto questo attraverso i suoi personaggi
collegandosi idealmente al sistema classico dei valori filantropici. E questa condivisione idealistica potr essere lunica e certa garanzia di sopravvivenza dei testi
eduardiani e della valenza pedagogica che trasmetteranno ai giovani di tutte le generazioni proprio perch sono testi capaci di testimoniare lUomo e di raggiungerlo e
dialogare con lui dovunque si trovi.
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Appendice
Riflessioni sentenziose
Significativi a motivare la denuncia dellautore alcuni passaggi della commedia Gli esami
non finiscono mai in cui emergono riflessioni utili per comprendere ed eventualmente condividere il suo punto di vista. 21
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GUGLIELMO Preciso! Si cade dalle nuvole quando il dialogo non procede come pensavamo che dovesse procedere, secondo la prassi comune. E tu infatti sei caduto dalle nuvole.
(II atto p. 561)
GUGLIELMO [...] Viva gli Arabi, viva le mura altissime che circondano le loro case, e siano
benedette le finestre con le gelosie! Tutto dentro e sotto chiave: dolori, gioie, sconfitte, tutto!
Tutto chiuso dentro! I giorni amari, dolci, felici o dolorosi della nostra vita, nelle mani di
gente come te diventano generi commerciabili che si vendono a metri e a scampoli nelle case,
per le strade e le piazze della citt. E mi voglio togliere questo vestito da fesso che a viva
forza mi hanno voluto mettere addosso e che, dopo avermelo messo, vanno dicendo che mi
sta a pennello!
(II atto p. 562)
GUGLIELMO Ma un povero Dio come si pu difendere da questi angeli custodi che ti
escono dal naso, dagli occhi e che il bastone ce lhanno non per affrontarti a viso aperto,
ma per gettartelo continuamente fra le ruote...?
(II atto p. 572)
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Inglese
GONZALO
I the commonwealth I would by contraries
Execute all things; for no kind of traffic
Would I admit; no name of magistrate;
Letters should not be known; riches, poverty,
And use of service, none; contract, succession,
Bourn, bound of land, tilth, vineyard, none;
No use of metal, corn, or wine, or oil;
No occupation; all men idle, all;
And women too, but innocent and pure;
No sovereignty;
..
All things in common nature should produce
Without sweat or endeavour: treason, felony,
Sword, pike, knife, gun, or need of any engine,
Would I not have; but nature should bring forth,
Of its own kind, all foison, all abundance,
To feed my innocent people.
SEBASTIAN
No marrying mong his subjects?
ANTONIO
None, man; all idle: whores and knaves.
GONZALO
I would with such perfection govern, sir,
To excel the golden age.
Italiano
Napoletano
GONZALO
GONZALO
EBASTIANO
SEBASTIANO
De matrimonie niente
nfra li suddite suje?
ANTONIO
ANTONIO
GONZALO
Governerei con tale perfezione,
da non rimpiangere let delloro.
GONZALO
Lu governo mio
sarra lu cchi perfetto:
add s visto maje
nu Rre senza difetto?
Sarebbe pe lu popolo
Na vocia sola in coro:
Ma chisto ha superato
letade e che? Delloro!
22 Si ringrazia la prof.ssa Carla Martellotti per la collaborazione offerta per la lettura del testo in inglese.
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Inglese
PROSPERO
You do look, my son, in a moved sort,
As if you were dismayd: be cheerful, sir.
Our revels now are ended. These our actors,
As I foretold you, were all spirits and
Are melted into air, into thin air:
And, like the baseless fabric of this vision,
The cloud-cappd towers, the gorgeous palaces,
The solemn temples, the great globe itself,
Ye all which it inherit, shall dissolve
And, like this insubstantial pageant faded,
Leave not a rack behind. We are such stuff
As dreams are made on, and our little life
Is rounded with a sleep. Sir, I am vexd;
Bear with my weakness; my, brain is troubled:
Be not disturbd with my infirmity:
If you be pleased, retire into my cell
And there repose: a turn or two Ill walk,
To still my beating mind.
Italiano
Napoletano
PROSPERO
PROSPERO
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Nota bibliografica
Opere di Eduardo De Filippo
Commedie
E. DE FILIPPO, Cantata dei giorni pari Einaudi, Torino 1959 (1962, 1971, 1979, 1991)
E. DE FILIPPO, Cantata dei giorni pari, Einaudi, 1998, a cura e con introduzione di A. Barsotti
E. DE FILIPPO, Cantata dei giorni dispari, voll.1, 2, 3 - Einaudi, 1995, a cura e con introduzione di A. Barsotti
La Tempesta di W. Shakespeare nella traduzione in napoletano di EDUARDO DE FILIPPO, Einaudi, Torino, 1984
I capolavori di Eduardo, vol. I-II, Einaudi, 1973, 1991
Teatro (scelta), prefazione a cura di G. Davico Bonino, Ed. CDE, Milano, 1985
Tre commedie, nota introduttiva di G. Davico Bonino, Einaudi, 1992
Poesie, racconti e altri scritti
E. DE FILIPPO, Il paese di Pulcinella, Casella, Napoli, 1951
E. DE FILIPPO, O Canisto, Ediz. Del Teatro S. Ferdinando, Napoli, 1971
E. DE FILIPPO, Le poesie di Eduardo, Einaudi, 1975, 1989
E. DE FILIPPO, O pensiero e altre poesie di Eduardo, Einaudi, 1985
E. DE FILIPPO, Lezioni di teatro, Einaudi, 1986
Il teatro a fumetti - E. De Filippo - Elledi 91, 1999 (raccolta di commedie nella versione a fumetti)
Saggi critici, biografie, interviste
E. DE FILIPPO, Teatro, Cantata dei giorni pari, A. Mondadori, 2000, vol. I a cura di N. De Blasi e P. Quarenghi
Eduardo 2000, a cura di T. Fiorino e F. C. Greco, Napoli, 2000
Eduardo - Larte del teatro in televisione, Rai Eri, 2000, a cura di A. Ottai (con CD-Rom)
Eduardo, in I grandi autori italiani del 900, Einaudi e Rai Educational, 2003 (con video-cassetta)
F. DI FRANCO, Eduardo, Roma, 1978
I. Q. DE FILIPPO - Eduardo - Bompiani, Milano, 1985
M. GIAMMUSSO, Vita di Eduardo, A. Mondadori, 1993
R. RADICE Perch Eduardo non recita da un anno - LEuropeo, 22 gennaio 1953
MASSIMO DURSI, Il Resto del Carlino, Bologna, 22 dicembre 1973.
S. GUGLIELMINO - H. GROSSER - Il sistema letterario, Principato, Milano, 1996
GAVINO OLIVIERI Teatro italiano da Verga a Fo, Laterza, Bari, 1997
G. TREVISANI, Calendario del popolo, n. 247, 1965
A. CARLONI, Titina De Filippo, Rusconi, 1984
F. DI FRANCO, Il teatro di Eduardo, Laterza, 1975
I. DE FILIPPO, Eduardo, polemiche, pensieri, pagine inedite, Bompiani, 1985
MAURIZIO GIAMMUSSO, Eduardo da Napoli al mondo, Mondadori, 1994
F. DI FRANCO, Le commedie di Eduardo, Laterza, 1984
FEDERICO FRASCANI, Eduardo, Guida, 1974
ISABELLA DE FILIPPO - SERGIO MARTIN, Eduardo De Filippo, vita e opere, Mondadori, 1986
E. DE FILIPPO - Serata donore, Avagliano editore, 2000
F. FRASCANI, Eduardo segreto, Ediz. Del Delfino, 1982
Su Terenzio
TERENZIO, Le Commedie, Garzanti, 1977
G. CUPAIUOLO, Terenzio: teatro e societ, Napoli, 1991
Siti internet
www.defilippo.it
http//w.3.uniroma1.it/cta/Eduardo/indee.htm
www.bilio-net.com
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Obiettivo del presente intervento rendere conto di alcuni aspetti della personalit e dello stile di Carlo Emilio Gadda, ed in particolare della sua tendenza allo sperimentalismo linguistico.
Fra i molti giudizi critici significativi, riportiamo, per dare unidea della grandezza
della figura di Gadda, le seguenti parole di N. Sapegno: Con il suo umore bizzarro, irto
di motivi polemici e satirici, il suo acre ed intenso lirismo, la sua ansiosa e tenace esigenza di puntigliosa ricerca linguistica, che si riallaccia alla tradizione dialettale, al travaglio morale del Manzoni ed agli Scapigliati, il pi grande dei nostri narratori contemporanei.
Due esperienze, vissute da Gadda fra linfanzia e la giovinezza, contribuirono in
modo determinante a radicare in lui quella visione profondamente pessimistica del reale
che emerge dai suoi romanzi attraverso la particolarissima modalit espressiva del pasti che e della commistione di diversi registri linguistici.
La prima di queste due esperienze la rovina economica della famiglia; il padre di
Gadda, imprenditore tessile piuttosto benestante, si trov a dover far fronte alle difficolt legate alla concorrenza delle sete giapponesi nello stesso momento in cui si era
impegnato nella costruzione di una villa in Brianza, impresa tanto prestigiosa quanto
costosa. Alla morte del padre, la madre non volle mettere in vendita la lussuosa residenza, quasi a non voler ammettere davanti alla buona borghesia milanese la reale situazione economica della famiglia. Costretto come i fratelli a umiliazioni e privazioni, il giovane Carlo Emilio svilupp quellambiguo e tormentoso sentimento di amore-odio nei
confronti della madre che alla base della Cognizione del dolore.
La seconda esperienza quella della prima guerra mondiale, a cui lo scrittore partecip da ufficiale, animato da un sincero sentimento patriottico, ma anche dalla segreta
speranza di un riscatto personale rispetto alle recenti frustrazioni patite a livello sociale
ed economico e a quella condizione di inettitudine, peraltro tipica dellintellettuale
novecentesco, che gi cominciava ad avvertire.
Ma la Grande Guerra segn per il giovane Gadda un nuovo violento trauma. La sua
ansia di eroismo si risolve con un ulteriore ripiegamento su se stesso, di fronte allavvilente spettacolo della disorganizzazione dellapparato bellico italiano, la cui responsabilit ricade, secondo lo scrittore, sugli alti gradi dellesercito, sugli uomini politici, sugli
industriali, senza risparmiare la stessa casa reale, come testimonia questo straordinario
brano tratto dal Giornale di guerra e di prigionia:
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morale delle truppe costrette alla vergogna di questa lacerazione, e, in guerra, alle orri bili sofferenze del gelo! Quanta abnegazione in questi uomini cos sacrificati a tren totto anni, e cos trattati! Come scuso, io, i loro brontolamenti, la loro poca disciplina!
Essi portano il vero peso della guerra, peso morale, finanziario, corporale, e sono i peg gio trattati. Quanto delinquono coloro che per frode o per incuria li calzano a questo
modo; se ieri avessi avuto innanzi un fabbricatore di calzature, lavrei provocato a una
rissa, per finirlo a coltellate. Noi Italiani siamo troppo acquiescenti al male [ ]
Chiss quelle mucche gravide, quegli acquosi pancioni di ministri e di senatori e di
direttori e di generaloni: chiss come crederanno di aver provveduto alle sorti del paese
con i loro discorsi, visite al fronte, interviste, ecc. Ma guardino, ma vedano, ma pensi no come calzato il 5 Alpini! Ma Salandra, ma quello scemo balbuziente dun re, ma
quei duchi e quei deputati che vanno a veder le trincee domandino conto a noi, a me,
del come sono calzati i miei uomini: i mi vedrebbe il re, mi vedrebbe Salandra uscir dai
gangheri e farmi mettere agli arresti in fortezza: ma parlerei franco e avrei la coscien za tranquilla. Ora tutti declinano le responsabilit: i fornitori ai materiali, i collauda tori ai fornitori, gli ufficiali superiori agli inferiori, attribuiscono la colpa: tutti si leva no dal proprio posto quando le responsabilit stringono. E ora di finirla: ora dim piccare chi rovina il paese. Non mi dar pace se non avr fatto qualche cosa: e alla
prima occasione far. [ ]
Il generale Cavaciocchi, che deve essere un perfetto asino, non ha mai fatto una
visita al quartiere, non s mai curato di girare per gli alloggiamenti dei soldati; eppu re Giulio Cesare faceva ci. Si dir: non suo compito. E con ci? Forse che un pro fessore di calcolo integrale, sentendo un allievo che sproposita in geometria proiettiva,
non si curer di correggerlo perch quella non la branca a lui affidata? Asini, asini,
buoi grassi, pezzi da grand hotel, avana, bagni; ma non guerrieri, non pensatori, non
ideatori, non costruttori? Incapaci di osservazione e di analisi, ignoranti di cose psico logiche, inabili alla sintesi; scrivono nei loro manuali che il morale delle truppe la
prima cosa, e poi dimenticano le proprie conclusioni [ ].
E stata questa una giornata tragica: una di quelle giornate in cui mi domando per ch vivo, e se non sarebbe meglio farmi scoppiar la testa con un colpo di revolver: subi to, naturalmente, il pensiero di mia madre insorge nella mia anima, il pensiero dei miei
amati fratelli, e comincia una vicenda di torture, di immaginazioni dolorose, di pensie ri tetri. La mia patria mi lontana; la vita pantanosa della caserma, e di una caserma
simile, annega in me le gioie e gli entusiasmi che mi potrebbero venire dalla contem plazione della grande storia presente, mi fa scordare le speranze, mi prostra, mi attuti sce il desiderio di sacrificio; le cattive notizie russe e balcaniche mi abbattono, e io
chiudo in me i timori per non far opera di avvilimento. Anche la considerazione delle
mie scarse forze fisiche mi umilia, facendomi pensare che forse non riuscirei a resiste re ai disagi.
Lorrore e la tristezza della solitudine crebbero oggi a dismisura: ora subentrato
un senso di rassegnazione amara, che limmagine di mia madre e dei miei fratelli cam bia a quando a quando in dolore. Li vedo con me, col povero pap, in una mattina di
Pasqua, in Brianza: entusiasmarsi alla ricerca delle mammole, giubilare di un folto di
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fiori. Che mi farebbe ora un mazzo di violette? Non sarei capace neppure di fermarvi
lo sguardo. Penso al mio Enrico che combatter, alla mamma e alla Clara a casa sole,
a me, debole come il pi debole degli uomini, gettato da una vita orribilmente tormen tata a questi giorni di squallore spirituale. Se qualche cosa di eroico sorgesse in me!
Non mi manca il desiderio di combattere, il senso del sacrificio, ma questo si ottunde
nei disappunti, nelle controversie, nel veleno della vita fangosa di questi giorni.
Notevole la durezza di Gadda nei confronti della classe dirigente italiana del tempo;
ed altrettanto significativa appare la sua comprensione nei confronti degli umili soldati
che affrontano in prima persona tutte le durezze ed i pericoli della guerra. Potremmo
citare, per le evidenti affinit, il film di Francesco Rosi Uomini contro (1971), nel quale
troviamo una precisa denuncia nei confronti di generali insensibili e di fornitori senza
scrupoli di materiale scadente.
La guerra fa scoprire a Gadda, in maniera definitiva, linadeguatezza morale e civile degli italiani; tale scoperta ferisce, nel modo pi profondo, il giovane borghese desideroso di ordine, di coesione e di solidariet fra connazionali.
Forse, proprio per questi motivi, pochi anni pi tardi, Gadda nutr qualche speranza
nel fascismo; ma anche queste speranze furono presto amaramente disilluse, e nellanimo dello scrittore si insedi un violentissimo disgusto per gli aspetti volgari e buffoneschi del regime, oggetto di derisione in alcune pagine del Pasticciaccio e nel feroce
pamphlet Eros e Priapo.
Ma tornando alla pagina gaddiana sopra riportata, non possiamo non cogliere anche
i sintomi di una profonda sfiducia dello scrittore in se stesso, che avverte la propria
debolezza nello stesso momento in cui vagheggia atti di eroismo alla maniera del giovane Leopardi delle prime canzoni civili.
Unultima notazione pu riguardare lo stile del brano, piuttosto lineare e privo di
elementi particolarmente aulici, o, al contrario, popolareschi e dialettali, secondo le
modalit di quella commistione che caratterizzer le prove del Gadda pi maturo.
Passiamo quindi a rendere conto delle tecniche espressive cui si pi volte accennato, partendo dalla Cognizione del dolore, uno dei due principali romanzi del narratore milanese, (laltro Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, ed entrambi, ricordiamo, furono lasciati senza conclusione da Gadda, quasi a voler rappresentare anche con
questa scelta, la mancanza di senso del reale).
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accessi dira e veri e propri deliri. Un rancore profondo, che si manifesta in scenate e
minacce, divide il figlio dalla madre. Gonzalo rovescia la sua rabbia su tutto ci che lo
circonda, gli aspetti pi banali e piatti della vita di campagna, il cattivo gusto dei borghesi e la loro ristrettezza di idee, i contadini sporchi e maleodoranti, ma anche la presenza stessa di semplici oggetti, come le campane che lo esasperano con il loro suono
fragoroso o il croconsuelo, formaggio verminoso di cui tutti vanno ghiotti.
Il romanzo inizialmente delinea la stupidit irritante dellambiente di campagna,
registra le chiacchiere insulse degli abitanti del paese intorno a don Gonzalo, mitizzato
nella leggenda popolare come essere infame e mostruoso, capace di tutti i vizi e terrore
della vecchia madre. Buona parte della narrazione occupata dai deliri delleroe, generati dalle occasioni pi futili, in cui egli rovescia il suo furore sulloceano della stupidit
che lo circonda e minaccia di sommergerlo. Una sera, in assenza di Gonzalo, unombra
misteriosa si insinua nella villa; la vecchia signora viene trovata dai vicini ferita e
morente. Qui il racconto resta interrotto, lasciando il sospetto che lautore del crimine
sia il tristo figlio.
Il primo brano che prendiamo in considerazione tratto dal secondo capitolo della
Cognizione, e prende spunto da una delle personali ossessioni dellIngegnere: la villa,
simbolo dello sciocco bisogno di apparire dei milanesi appartenenti alle classi sociali
pi alte e causa non ultima, come si detto, dellinfelice giovinezza dello scrittore.
Siamo in un immaginario paese del Sud America, ma tutto sembra alludere agli orizzonti ben pi famigliari, per Gadda, della Brianza:
Di ville, di ville!; di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali
quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchon orto, frutteto,
garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzonero oltre settecento ettolitri: esposte mezzogiorno, o ponente, o levante, o levante-mezzogiorno, o mezzogiornoponente, protette dolmi o dantique ombre dei faggi avverso il tramontano o il papero,
ma non dai monsoni delle ipoteche, che spirano a tuttandare anche sullanfiteatro
morenico del Serruchon e lungo le pioppaie del Prado; di ville! Di villule!, di villoni
ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici
delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po tutti, i
vaghissimi e placidi colli delle pendici prendine, che, manco a dirlo, digradavano dol cemente: alle miti bacinelle dei loro laghi. Quale per commissione dun fabbricante di
selle di motociclette arricchito, quale dun bozzoliere fallito, e quale dun ridipinto
conte o marchese sbiadito, che non erano riusciti n luno a farsi affusolare le dita, n
laltro, nonch ad arricchire, ma purtroppo nemmeno a fallire, tanto aveva potuto soc corrergli la sua nobilt danimo, nella terra dei bozzoli in alto mare e delle motociclet te in aria. Della gran parte di quelle ville, quando venivan fuori pi civettuole che
mai dalle robinie, o dal ridondante fogliame del banzavois come da un bananeto delle
Canarie, si sarebbe proprio potuto affermare, in caso di bisogno, e ad essere uno scrit tore in gamba, che occhieggiavano di tra il verzicare dei colli. Noi ci contenteremo,
dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de pi in
vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a
triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur segui -
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tando a cuocere nella vastit del ferragosto americano: ma il legno dellOberland era
per soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po troppo stinto, anche,
dalle dacuate e dai monsoni. Altre villule, dov lo spigoluccio pi in fuora, si dirizza vano su, belle belle, in una torricella pseudosenese o pastrufazianamente normanna,
con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si
insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po come dei rava nelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cio squame
dun carnevalesco rettile, met gialle e met celesti. Cosicch tenevano della pagoda e
della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra lAlhambra e il Kremlino.
Possiamo notare le tecniche tipicamente gaddiane dellanafora e dellaccumulo: la
parola villa ripetuta pi volte in apertura, con alcune varianti, fra cui spicca il latinismo di ascendenza catulliana villula. Daltra parte il poeta di Lesbia ulteriormente citato attraverso il riferimento ai monsoni delle ipoteche (si confronti il carme 26). Inoltre,
linsistere sulleterna contrapposizione sociale fra nobili decaduti e trafficoni arricchiti,
non pu non far pensare al mondo del Satyricon, opera caratterizzata da umori corrosivi che potrebbero benissimo aver suggestionato lo scrittore milanese. Ma a colpirci
soprattutto il proliferare delirante di forme aberranti e grottesche (le cupole a forma di
ravanello, ad esempio), testimonianza dellirrimediabile stupidit e mancanza di ordine
della societ, e al tempo stesso della deformazione mostruosa cui va soggetta la realt
materiale.
Il secondo brano, sempre tratto dalla Cognizione, si concentra sugli stati danimo
dellalter ego dello scrittore, lingegnere-hidalgo don Gonzalo Pirobutirro:
Il sole e le luci declinavano verso la loro dolcezza, allorch il figlio discese dal
Simposio, o forse dalle Leggi, e, senza prevedere, apr la porta di sala. Vi vide la
mamma, con gli occhi arrossati, tener crocchio: allimpiedi: e intorno, come una con giura che finalmente tenga la sua vittima, Peppa, Beppina, Poronga, polli, peone, la
vecchia emiplegica del venerd, la moglie nana e ingobbita dellaffossamorti, nera come
una blatta, e il gatto, e la gatta tirati dal fiuto del pesce.: ma fissavano il cagnolino del
Poronga, lercio, che ora tremava e dava segni, il vile, daver paura dei due gatti, dopo
aver annusato a lungo e libidinoso le scarpe di tutti e anche pisciato sotto la tavola. Ma
il filo della piscia aveva poi progredito per suo conto verso il camino. E sul piatto il
pesce morto, fetente. Era enorme, giallo, con gli occhi molli e cianotici dopo limpudi cizia e la nudit; con la bocca rotondo-aperta pareva gli avessero dato a suggere, per
finirlo, il tubo del gas. E nel cestello i funghi dallodor di piedi; per aria due calabro ni, una o forse due vespe, un farfallone impazzito contro la specchiera: e, comput subi to, stringendo i denti, un adeguato contingente di pulci. La rabbia, una rabbia inferna le, non alter tuttavia la sua faccia. Aveva una speciale capacit dodio senza altera zioni fisiognomiche. Era, forse, un timido. Ma pi frequentemente veniva ritenuto un
imbecille. Si sent mortificato, stanco. Lantica ossessione della folla: lorrore de com pagni di scuola, dei loro piedi, della loro refezione di croconsuelo; il fetore della
ricreazione, il diavolio sciocco; le lunghe processioni verso gli orinatoi intasati, in
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ordine, due a due; la imperativa maestra che diceva basta a chi la faceva troppo lunga:
alcuni rimandavano dunque il saldo a un tempo migliore. Il disgusto che lo aveva tenu to fanciullo, per tutti gli anni di scuola, il disprezzo che nei mesi dopo guerra aveva
rivolto alle voci dei cosiddetti uomini: per le vie di Pastrufazio sera veduto cacciare,
come fosse una belva, dalla carit inferocita, di uomini: di consorzio, di mille. Egli era
uno.
Il brano si apre con uno squarcio lirico-descrittivo che ben sintona con laccenno ai
nobili interessi (la lettura di unopera di Platone) di don Gonzalo, il figlio. Ma la realt
impreveduta si presenta in tutta la sua oscena volgarit: la madre circondata da un
crocchio di figure umane deformi, cui si aggiungono altre presenze ugualmente disgustose ed inquietanti, quelle animali fra cui spicca il pesce che dovr probabilmente essere consumato a cena. Ma in questo brano sembra circolare lidea di una profonda ripugnanza nei confronti del cibo: il pesce, appunto, morto, giallo, fetente; i funghi emanano odor di piedi; il croconsuelo, versione pastrufaziana del lombardo gorgonzola,
continua a provocare disgusto anche attraverso i tristi ricordi dinfanzia del protagonista. Di questultimo viene ribadita la sostanziale inconciliabilit con il consorzio, con i
mille: stupendo lossimoro carit inferocita per mezzo del quale Gadda coglie la crudelt dei pi che inesorabilmente condannano allemarginazione colui che si appare
diverso, magari per unesasperata sensibilit. Tutto quello che, a questo proposito, viene
qui detto su don Gonzalo, il romanziere deve averlo provato e patito in prima persona;
ma alla sbrigativa condanna del volgo (ma pi frequentemente veniva ritenuto un imbe cille), si contrappone lorgogliosa affermazione che chiude il passo: egli era uno. Qui
abbiamo il dramma umano ed esistenziale di Gadda, consapevole del proprio valore, ed
al contempo del durissimo isolamento che dovette sopportare per tutta la vita.
Per concludere con la Cognizione del dolore, non parso opportuno escludere il
celeberrimo brano dedicato ai manichini ossibuchivori. Qui Gadda osserva, con la freddezza di un entomologo, i comportamenti vacui e meccanici dei clienti di un ristorante
pastrufaziano, talmente convinti della straordinaria importanza di ogni singolo proprio
gesto, da poter essere assunti a simbolo della trionfante umana idiozia:
Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da lunga
pezza oramai, cio fin dallepoca dellossobuco, si era andato a mano a mano accumu lando nella di loro persona [] estraevano, con distratta noncuranza, di tasca, il por tasigarette dargento: poi, dal portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massic cia, col bocchino di carta doro; quella te la picchiettavano leggermente sul portasiga rette, richiuso nel frattempo dallaltra mano con un tatrc; la mettevano ai labbri; e
allora, come infastiditi, mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor
fronte, onnubilata di cure altissime, riponevano il trascurabile portasigarette. Passati
alla cerimonia dei fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in due o tre
tasche, una bustina a matrice: ma, apertala, si constatava che nerano gi stati tutti
spiccati, per il che, con dispitto, la bustina veniva immantinenti estromessa dai confini
dellIo. E derelitta, ecco, giaceva nel piatto, con bucce. Altra, infine, soccorreva, stana -
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ta ultimamente dal 123 taschino. Dissigillavano il francobollo-sigillo, ubiqua immagi ne del Fisco Uno e Trino, fino a denudare in quella pettinetta miracolosa la Urmutter
di tutti gli spiritelli con capocchia. Ne spiccavano una unit, strofinavano, accendeva no; spianando a serenit nuova la fronte, gi cos sopraccaricata di pensiero (ma pen siero fessissimo, riguardante, per lo pi, articoli di bigiutteria in celluloide).
Riponevano la non pi necessaria cartina in una qualche altra tasca: quale? oh! se ne
scordavano allatto stesso; per aver motivo di rinnovare (in occasione duna contigua
sigaretta) la importantissima e fruttuosa ricerca.
Dopo di che, oggetto di stupefatta ammirazione da parte degli altri tavoli, aspi ravano la prima boccata di quel fumo di eccezione, di Xanthia o di Turmac; in una
volutt da sibariti in trentaduesimo, che avrebbe fatto pena a un turco stitico.
E cos rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta tra medio e indi ce, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati di miasmi, questo si sa, dei bronchi e dei
polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe, e andava dietro come
un disperato ameboide a mantrugiare e a peptomizzare lossobuco. La peristalsi veni va via con andazzo trionfale, da parer canto e trionfo, e presagio lontano di tamburo,
la marcia trionfale dellAida o il Toreador della Carmen.
Cos rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse a
rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro
polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia di manichini ossibuchivori.
Siamo di fronte ad un vero e proprio sfoggio di bravura da parte di Gadda, che si
serve particolarmente dellarma del linguaggio aulico per sferzare con duro sarcasmo i
personaggi pieni di s collocati sotto la lente deformante dello scrittore. Possiamo cos
catalogare termini ed espressioni come: da lunga pezza, nella di loro persona, onnubi lata di cure altissime, dispitto, ubiqua. Chiaro lintento dellautore di creare un effetto
comico e straniante al tempo stesso: si pensi solo alla sproporzione esistente fra un termine arcaico come dispitto, nobilitato da Dante grazie allimpiego nel X canto
dellInferno, quello di Farinata, e la banalit della scena in cui lo utilizza Gadda.
Possiamo poi ricordare ancora lonomatopeico tatrc ed il germanismo Urmutter, particolarmente evocativo con le sue sfumature accademiche; ed avremo gi una significativa prova dellabilit dellIngegnere nel mescolare registri linguistici diversi. Ma proviamo a concentrarci solo su questa frase: Lo stomaco era tutto messo in giulebbe, e
andava dietro come un disperato ameboide a mantrugiare e peptonizzare lossobuco.
Qui possiamo riconoscere unespressione dialettale lombarda (andava dietro), termini scientifici (ameboide, peptonizzare), un termine vernacolare toscano (giulebbe), un
termine arcaico e prezioso (mantrugiare). Il tutto culmina con la geniale definizione di
manichini ossibuchivori, nella quale la funzione del mangiare, tipica degli esseri animati, viene messa in relazione con la figura, inerte perch priva di vita, del manichino.
Tutto il brano si presta dunque a dimostrare come in Gadda linvenzione linguistica
non sia fine a se stessa, ma funzionale alla visione del mondo forse pi cupa ed antiumanistica della nostra letteratura del Novecento.
Abbiamo finora privilegiato, nella scelta antologica, la Cognizione, che, con la sua
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dolente materia autobiografica consente di comprendere meglio la complessa personalit di Gadda. Ma eccellenti esempi di commistione linguistica possono essere rinvenuti nel Pasticciaccio, di cui presentiamo innanzi tutto la trama:
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Prima di affrontare gli aspetti linguistici del passo, appare importante sottolineare
come la narrazione dei fatti (la prosecuzione delle indagini da parte del Pestalozzi) si
interrompa per lasciar posto allindugio su un particolare marginale, insignificante. E
questo un procedimento costante nel Pasticciaccio: ad ogni momento Gadda sembra
dimenticare intreccio e personaggi, come trascinato e inghiottito in un vortice incessante ed inesauribile di divagazioni. Si pensi che solo poco prima rispetto a questo episodio, lo scrittore, prendendo spunto dal passaggio di un carabiniere motociclista nei
pressi di unedicola votiva, si soffermato a lungo su un argomento bizzarro quale limportanza della raffigurazione degli alluci dei santi nella storia della pittura italiana!
Riprendendo il nostro discorso, possiamo ricordare che, se da una parte Gadda aspirava a scrivere quello che egli stesso definiva un romanzo ben fatto, cio un romanzo di
tipo tradizionale con una struttura narrativa perfettamente organica, alla maniera degli
ammirati Manzoni e Zola, dallaltra questaspirazione risulta del tutto irrealizzabile per
il nostro autore, cui non pare affatto possibile racchiudere una realt caotica e labirintica in una ben congegnata architettura romanzesca.
Ma non possiamo non rimanere colpiti anche dal modo in cui lo sguardo di Gadda
si sofferma su particolari apparentemente insignificanti, quale appunto la gallina del
brano sopra riportato. Si tratta di uno sguardo che, rimanendo fisso prolungatamente sul
medesimo oggetto, riesce a cogliere quellimpreveduta e mostruosa deformit che lo
scrittore sintetizza con la definizione di barocco. Anzi, il caso di ricordare che, a quanti lo accusavano di coltivare uno stile eccessivo, barocco appunto, Gadda rispondeva,
non senza sdegno: Barocco il mondo (confronta la premessa alla Cognizione nelledizione del 1963)
Lesame dei diversi registri linguistici compresenti nel brano ci porta, innanzi tutto,
a soffermarci sulla quantit di onomatopee presenti: non si deve dimenticare che lonomatopea si limita ad imitare dal punto di vista fonico la realt, proprio quella realt che
lIngegnere condanna, ma dalla quale risulta pure morbosamente attratto. Numerosi
sono, naturalmente, i termini del registro basso, plebeo e dialettale (ner gargarozzo,
incazzatissima, scaracchietto, solo per fare pochi esempi). Ma non mancano esempi di
un lessico colto ed aulico mediante il quale il romanziere riesce ad ottenere un effetto di
stridente contrasto: citiamo evocata di tenebra, divieti contrastanti del fato, corruccio
immedicabile, amist. Allo stesso effetto mirano anche le espressioni ed i termini propri del linguaggio scientifico, cui Gadda, daltra parte, spesso ricorre. Ma soffermiamoci su questo breve passaggio: un cioccolatinone verde intorcolato alla Borromini come
i grumi di solfo colloide delle acque albume. A parte laccostamento dellescremento
gallinaceo ad un cioccolatino, notiamo la fissit dello sguardo gaddiano sulloggetto in
questione, fissit che porta lo scrittore a rilevarne la caratteristica forma (intorcolato,
che termine romanesco). Ma la nota pi bizzarra il richiamo al mondo alto dellarte
(alla Borromini). Tutta la parte finale del passo che stiamo analizzando consiste di una
similitudine di tipo scientifico (come i grumi).
Infine, tutti i brani analizzati sembrano contribuire a convalidare la tesi su cui si basa
questo lavoro: il plurilinguismo di Gadda non affatto il divertissement di un intellettuale blas, n tende ad effetti esclusivamente comici. LIngegnere fu un uomo estrema-
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Appendice
Cronologia della vita e delle opere di C. E. Gadda
1893 il 14 novembre Carlo Emilio Gadda nasce a Milano, primo di tre figli.
1909 alla morte del padre le condizioni economiche della famiglia, che pure apparteneva alla buona borghesia cittadina, peggiorano e si apre un periodo di privazioni e di stenti.
1915 convinto della necessit dellintervento italiano nella Prima Guerra Mondiale parte
per il fronte. Dallesperienza bellica nascer il Diario di guerra e di prigionia.
1917 fatto prigioniero.
1919 al ritorno a Milano, apprende della morte del fratello Enrico.
1920 si laurea in ingegneria al Politecnico di Milano.
1922 vive un periodo in Argentina per motivi di lavoro.
1924 viaggia moltissimo per lavoro; studia filosofia a Milano; insegna matematica
e fisica in un liceo.
1928 inizia la collaborazione a Solaria.
1931 esce La Madonna dei filosofi.
1934 esce Il castello di Udine.
1936 la morte della madre ispira La cognizione del dolore, stesa quasi per intero
(ma destinata a restare incompiuta) in pochi mesi; uscir a puntate su
Letteratura tra il 1938 e il 1941.
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1940 si trasferisce a Firenze, cessando lattivit professionale e dedicandosi completamente alla letteratura.
1944 pubblica LAdalgisa.
1945 si trasferisce a Roma, dove lavora al Pasticciaccio (pubblicato a puntate su
Letteratura).
1950 ottiene un incarico presso la RAI (che manterr fino al 1955).
1957 esce in volume, ampliato ma non concluso, Quer pasticciaccio brutto de via
M e r u l a n a, da cui prende il via il successo degli ultimi anni.
1958 esce la raccolta di saggi I viaggi, la morte.
1963 esce in volume La cognizione del dolore, che fa ottenere allautore il prestigioso Premio Internazionale Formentor.
1973 il 21 maggio muore a Roma.
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Introduzione
Affronto il tema circoscritto, in genere poco trattato in modo centrale, della presenza di alcune tendenze della filosofia del Novecento nella poesia montaliana.
Largomento molto vasto, per cui mi limito a prospettare da un punto di vista prevalentemente filosofico spunti analitici e interpretativi che spero utili ad una migliore comprensione dellargomento e delle sue molteplici connessioni.
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za al male di vivere le cui immagini, desunte da vari ordini della natura, evocano sensi
di fatica, aridit, tonfo mortale. Le cose, il mondo, sono quindi disabitati da ogni prospettiva di senso. Lio lirico lunica presenza umana. Per il resto, lumano ridotto a
sonnolenza, impietramento, in una sorta di climax discendente che anche ossimoro
straniato. Il male viene dunque mostrato come realt, come presenza naturale concreta
in cui spesso ci si imbatte.
Il rivo, la foglia, il cavallo, sono mostrati nel loro approdo finale. La Natura leopardiana, la Volont di vivere, che in Schopenhauer agisce come unica vera realt al di
sotto dei fenomeni (le rappresentazioni, cio il modo regolare in cui, come aveva insegnato Kant, i fenomeni sono rappresentati dal soggetto che li inquadra nella sue categorie) perpetua se stessa consumando e sfinendo in un anelito spossante le individualit
singole, ciecamente avide di vita e di autoaffermazione. Di fronte a tale esito, alla sua
necessit, si colloca una individualit, quella dellio lirico, non mondanamente vincente, ma capace di quel distacco che le consente di affrancarsi dal servizio al Wille.
Certo, la metafisica classica, fino allidealismo e al positivismo, ha generalmente
mostrato la tendenza ad attenuare la consistenza ontologica del male, a considerarlo
come momento negativo, ma destinato ad essere superato e riassorbito nel complessivo
disegno teleologico dello Spirito. Dagli inizi del Novecento, in Italia si afferma lidealismo di Croce e Gentile. Semplificando, si pu dire che ambedue i filosofi cercano di
identificare il piano dellAssoluto, dello Spirito e quello del mondo, della storia, ritrovando cos lo Spirito nei fatti.
Montale visse, insieme alla sorella, in un ambiente nutrito di suggestioni e interessi
filosofici e religiosi, di letture approfondite; si mosse nellambito della reazione al positivismo. In Intenzioni - Intervista immaginaria, pubblicata nel 1946, il poeta afferm di
essere stato attratto, subito dopo la prima guerra mondiale, dallimmanentismo assoluto di Gentile, ma di aver poi preferito il grande positivismo idealistico del Croce.
Comunque, anche se avverte il fascino dellidealismo crociano per la sua lezione di
razionalit, di chiarezza, di aderenza al concreto e di solida moralit, di decenza grande-borghese, Montale resta estraneo ad un indirizzo di pensiero per il quale ravvisabile nella storia un infallibile processo non dal male al bene, ma dal bene al meglio,
come ebbe a scrivere nel 1963 nel saggio Lestetica e la critica. Molto netta ormai in
lui la consapevolezza della presenza ineludibile e non razionalizzabile del male di vivere. Dopo la prima guerra mondiale, nel periodo della composizione degli Ossi di sep pia, Montale ormai pienamente inserito nel clima filosofico europeo. In tale clima
Schopenhauer e Nietzsche continuano ad offrire un linguaggio-base per lespressione
dellimmaginario del tempo.
Il rapporto con Schopenhauer , per Montale, in questa fase, fondamentale. Dice di
s il poeta, riferendosi allepoca di Ossi di seppia : Mi pareva di vivere sotto una campana di vetro, eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile,
un filo appena mi separava dal quid definitivo () la fine del mondo come rappresentazione. Sono evidenti lestraneit del poeta al reale; larte come attivit conoscitiva
privilegiata (musicale al tempo stesso), capace di cogliere il Wille stesso, lacerando
Maya, il velo ingannatore (come dice Schopenhauer) che separa luomo e i fenome-
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ni, pure apparenze sottoposte alle leggi necessitanti dello spazio-tempo e della causalit,
dallessere in s, dalla Volont incosciente, cieca e irresistibile. Le immagini del
muro, della muraglia, del giro inquieto, della catena e dell anello ricorrenti
nelle liriche di Ossi di seppia simboleggiano tutte una condizione di necessit, di meccanismo costrittivo, fondata su una razionalit estranea alluomo. Del resto, anche Max
Weber, in ambito sociologico, definisce la societ capitalistica come una gabbia dacciaio. Dallaltro lato il mondo presenta in Montale e in Schopenhauer caratteristiche di
illusoriet e vanit che trovano una espressione, ad esempio, nello scialo/ di triti fatti,
vano/ pi che crudele (Flussi). Un cosmo quindi ferreo e necessitato da un lato, vacillante ed entropico dallaltro.
Ma la scepsi montaliana pone in discussione ogni tipo di certezze, anche quelle di
Schopenhauer, e affianca, alla necessit e inconsistenza del mondo, il miracolo, la rottura della catena operata dall anello che non tiene. soprattutto Boutroux che offre
al poeta il concetto di contingenza come elemento correttivo nei confronti del pessimismo assoluto di Schopenhauer; ma in Montale, a differenza che in Boutroux, lo scatto
della contingenza, quale sintomo della libert dellessere, non si verifica. Forse un
mattino in unaria di vetro potr verificarsi un miracolo negativo: lapparire, alle
spalle dellio lirico, del nulla che, anticipando la morte, cancella linganno consueto
delle rapprentazioni; ma sar di breve durata e il suo significato sar chiaro al solo
poeta. Gli altri non se ne avvedranno nemmeno.
Ossi di seppia opera di prodigi sempre attesi, mai verificatisi. Ma il superamento
dellincomunicabilit attraverso lincontro e il rapporto damore si pone come fattore
che pu portare oltre la negazione totale delle ragioni del vivere e rendere plausibile la
ricerca di una via di salvezza magari attraverso lofferta, al destino, del proprio sacrificio per la salvezza dellaltro (vedi soprattutto In Limine e Crisalide).
Ma la scoperta di una intersoggettivit fondata sul dono di s alla donna conduce
parzialmente oltre Schopenhauer e decisamente oltre il suo rifiuto dellamore (in quanto inganno operato dalla Volont di vivere che vuole perpetuare se stessa), in direzione
di una riproblematizzazione dellesistere, comportante la necessit di un viaggio purgatoriale (Arsenio e Incontro) nella memoria, alla ricerca di possibilit di senso attraverso
la pur persistente opacit dei fenomeni.
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nel definire, conformemente alla poetica del correlativo oggettivo di Eliot, una immagine, un oggetto, una situazione concreta in cui calare uno stato danimo, quasi occultandolo un mondo interiore, un insieme di emozioni, sentimenti, riflessioni.
Non stato per dato il dovuto risalto alla motivazione rigorosamente filosofica
posta da Montale alla base della propria poetica, motivazione consistente nella necessit
di abbattere quella barriera fra interno ed esterno che mi pareva insussistente dal punto
di vista gnoseologico.
Tutto interno e tutto esterno per luomo doggi; senza che il cosiddetto mondo
sia necessariamente la nostra rappresentazione. Il clima filosofico cui aderisce tale
impostazione quello antipositivistico fondato sul superamento di un basilare caposaldo della metafisica dellOccidente fino ad Hegel e al Positivismo, consistente nella
distinzione fra interno ed esterno, tra io e natura, pensiero e mondo, soggetto e oggetto (ancora operante ad esempio in Schopenhauer ), di cui sono state protagoniste soprattutto le nuove correnti dello storicismo tedesco, della fenomenologia, della filosofia dellesistenza e dellontologia di Heidegger.
Secondo tale ambito filosofico, bisogna considerare linteriorit come gi da sempre proiettata nellesteriorit, il soggetto nelloggetto, e viceversa, escludendo sia il
naturalismo che lidealismo. Non c un dato, una oggettivit che sia posta di fronte ad
un soggetto e disponibile alluso, al possesso, alla conoscenza obiettivante, o riducibile al calcolabile. La visione del mondo come oggettivit reificata, dellessere come
ente, appartiene ad un epoca e ad un modo di concepire lessere che vanno superati
se si vuole andare oltre la crisi dellOccidente. Coscienza e mondo sono da sempre
coimplicati in un flusso continuo di reciproche relazioni, sia per Husserl (concetto di
intenzionalit) che per Heidegger.
Questultimo riposiziona lintenzionalit, allinterno del perenne accadere dellessere negli enti, in quel particolare ente che lEsserci (luomo). Esistere, per lesserci,
consiste nellaver cura e nellessere sempre aperti al mondo. Occorre pertanto riscoprire il senso delle cose, del nostro vivere muovendo dalleffettivo, non strumentale, rapportarsi della coscienza ai suoi oggetti, alle cose stesse (Husserl) o dallessere cos
come esso, uscendo dalla sua latenza, si manifesta negli enti (Heidegger). Solo cos ci
si opporr al processo di reificazione del mondo cui loblio dellessere ha condotto
lOccidente.
La cultura degli anni tra le due guerre mondiali, del resto, generalmente caratterizzata da una tendenza alla riscoperta delloriginario, dei dati primi, di una trama nascosta da disoccultare. Le tendenze filosofiche del tempo partono dal presupposto che lessere, il sapere, sono ricoperti da una cortina di oblio; la storia e il mondo costituiscono
il dominio dellassurdo e dellaccidentale.
Mettere in discussione la barriera fra esterno ed interno significa quindi porsi contro la concezione di una soggettivit che pretenda una volta per tutte di inquadrare, giudicare, avere a disposizione il mondo: ecco perch Montale pu affermare che non bisogna pensare che il cosiddetto mondo sia necessariamente la nostra rappresentazione.
Si giunge cos al riconoscimento che il pensiero dellessere continuamente rilanciato e messo in discussione da quellessere che il pensiero stesso . Ma la nostra civilt si
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allontanata dalle sorgenti umane e vitali di quel sapere anche scientifico che ne costituisce la base (Husserl), la metafisica dellOccidente ha obliato lessere, riducendolo a
semplice ente (Heidegger). Rendersi conto di ci significa allora compiere uno sforzo di
progressiva rammemorazione, di interpretazione, non garantita da alcuna sicurezza,
che recuperi quegli spazi di verit in cui lessere possa farsi incontro al nostro cercare.
Limportante per Heidegger comprendere che, se cerchiamo lessere, se lintenzionalit della nostra coscienza si attiva, non ci illudiamo di conquistarlo: lessere che,
accadendo negli enti, ci si rivela nascondendosi. La condivisione, da parte di Montale,
di tali presupposti in questo periodo straordinaria. Per lui, poetare dar forma al nostro
cercare lessere in un contatto autentico con laltro, con la donna, cominciando dallinterrogazione della nostra esistenza, volgendo lo sguardo verso gli eventi, gli incontri, i
rapporti concreti.
Soprattutto rammemorare, cogliere nelle occasioni del passato e del presente
quel valore, quel senso, quel barlume che non siamo stati capaci di afferrare, lasciandolo spesso cadere; aprire la ragione ad un orizzonte inesauribile di senso. Certo,
abbiamo visto che negli Ossi il miracolo non si d se non in negativo, non rompe la
catena della necessit. In Occasioni lesperienza rimane destituita di valori, ma lacquisizione, da parte di Montale, di una visione del mondo pi vicina alla prospettiva
fenomenologico-ermeneutica (lungo lasse Husserl-Heidegger-filosofie dellesistenza)
che al pessimismo di Schopenhauer, consente una ricerca di verit e di significato, non
garantita, spesso fallimentare, talvolta di esito positivo, allinterno dellesperienza storico-esistenziale nella sua concretezza e fragilit (ci visibile, ad esempio, nella lirica Il
Balcone).
Nel clima fiorentino degli anni Trenta-Quaranta del Novecento, le scelte di poetica
e di stile attuate da Montale sono caratterizzate da un classicismo moderno, simbolico-allegorico, ma assolutamente antiorfico ed antiermetico. Montale non rinuncia al
dato reale, concreto, al cemento strutturale-razionale (come egli ebbe a dire). La sua
una scelta, in contrasto con la generale tendenza dellambiente fiorentino che egli definisce poesia pura.
Loggetto, nella sua lirica, conformemente alla poetica che egli condivide con
Eliot, conserva spessore fenomenico, spazio-temporale, occultando i dati di riferimento
di base, ma assumendo in s lintenzionalit investigante e la tonalit emotiva del soggetto. Certo la poesia di Montale spesso oscura, come quella effettivamente ermetica (da
ci peraltro la lirica montaliana di Occasioni stata assunta come modello), ma ci
dipende dal fatto che labbattimento della barriera fra interiorit ed esteriorit sfocia in
una concentrazione stilistica e tematica che accresce il livello di ambiguit semantica: il
lettore costretto quindi ad armarsi di puntiglio ermeneutico per tentare di risalire alle
motivazioni dellautore, di cogliere le stratificazioni profonde delloggetto poetico.
Il fatto che Montale, pur in un contesto di deprivazione esistenziale e di crisi delle
certezze, si mantiene fedele non solo ad un ideale di razionalit problematica e al tempo
stessa aperta allimprevedibile, ma anche ad un modello di individualismo umanisticoliberale che lo accompagner sempre, connotando in questi anni, del resto, la sua scelta
sicuramente antifascista.
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mico, di uno sfondo, a seconda di come si relazionano tra di loro e con la coscienza
che in varie modalit le intenziona o se ne prende cura. I testi di Occasioni (soprattutto
le liriche gi menzionate dellultima sezione) e di La bufera e altro sono costruiti sulla
base di tale procedimento che richiama, fra laltro, spesso, quello dello stream joyciano
o delle fulminanti correlazioni eliotiane.
Fra le ultime Occasioni e La bufera e altro, assistiamo ad una sorta di dilatazione
dello spazio poetico-figurativo: si amplia larea della realt ambientale ed esperienziale
coinvolta, dello sfondo (esterno-interno, orizzontale-verticale, passato-presente); al
tempo stesso il tu salvifico assume sempre pi valenze universalistiche e metafisiche:
Clizia, gi diventata visiting angel (come dice Montale), ad esempio nel Mottetto Ti
libero la fronte dai ghiaccioli (dalle Occasioni), intermediario fra cielo e terra, fra
mondo del significato ed insensata realt storico personale (siamo alla fine degli anni
Trenta e allinizio della Seconda Guerra Mondiale) compie in alcuni momenti una ben
rilevabile metamorfosi da oggetto di rammemorazione a effettiva presenza metafisica o
numinosa intervenuta a proiettare sul reale concreto la propria energia positiva irradiante verit e senso: allora in alcuni componimenti (Stanze, Il ritorno), la sua apparizione
illumina e parzialmente riscatta il male che continua inesorabilmente a stringere il
mondo nella sua morsa; nelle altre (gi menzionate) la raccolta di Le occasioni si chiude nel nome di Clizia ormai in via di angelicazione, messaggera accigliata del vero
Amore che libera dallerrore (la primitiva religiosit delle donne-barbute e degli
uomini-capri), sfingea e sacrale figura (in Nuove stanze) che conosce la tregenda
imminente (la guerra, figurata nel gioco degli scacchi) e salvifica Protettrice dagli
occhi dacciaio, a cui lio si affida con totale dedizione ( Marchese).
Clizia insomma conosce e orienta, ormai novella Beatrice, il destino dellumanit,
almeno nella speranza del poeta.
In La bufera e altro, lo spettro del reale si allarga fino a comprendere limmane catastrofe bellica ormai in atto, cio il male di vivere fattosi storico. Parallelamente si
manifesta sempre pi nettamente in Montale lesigenza di istanze metafisiche ed etiche
dotate di stabilit e positivit che assicurino la conciliazione di reale ed ideale, di assoluto e relativo, di essenza ed esistenza, attraverso il prevalere nella storia, per tutti, dei
valori umanistico cristiani.
Dante, quindi, offre a Montale non pi solo un modello retorico-stilistico, ma larchetipo religioso caduta-redenzione-salvezza. Il nazi-fascismo e la guerra-bufera,
responsabili sul piano biografico della separazione fra Montale e Irma-Clizia, da un lato
rendono ancora pi drammatica la vicenda esistenziale dei rapporti tra lio e la donna,
tra lio e il suo mondo di affetti anche familiari; dallaltro, in alcuni componimenti,
mediano la trasformazione di Clizia in figura cristica (Cristofora, portatrice di Cristo,
la definisce Montale).
Iride e La primavera hitleriana, soprattutto, presentano con chiarezza la curvatura
religiosa, assunta dal discorso montaliano in questa fase di La bufera e altro (siamo
negli anni 1940-47, ma lopera abbraccia il periodo che giunge fino al 1954 e viene edita
nel 1956).
Non siamo in presenza della adesione ad una fede rilevata o ad una chiesa.
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(Ammetter pi tardi Montale in una intervista a Ferdinando Camon: Qualche fermento cristiano senzaltro in me, ma non sono un cristiano praticante; io rispetto tutte
le Chiese come istituzioni).
Montale, nella lirica Iride (cos ora vi chiamata Clizia), di fronte a Iride-Cristofora
dichiara di sentirsi povero Nestoriano smarrito: allude cio alla sua affinit con i seguaci dellantica eresia cristiana di Nestorio (V sec.) che distingueva nettamente in Ges
Cristo due nature e due persone, quella umana e quella divina.
Il nestorianesimo di Montale coincide in ultima analisi con una religiosit aconfessionale che da un lato tende a ipotizzare un calarsi del divino nellumano (fuggo
liddio che non sincarna dice il poeta in Gli orecchini), del valore nella storia; dallaltro per a salvaguardare razionalisticamente la autonomia reciproca delluno e dellaltro termine e in ultima analisi le ragioni dellindividualismo liberale.
Comunque se in Iride il poeta afferma che loperare divino deve essere continuato
trasformandosi in quello della donna, in La primavera hitleriana che si giunge a invocare una fusione mistica fra Clizia, ormai paradisiaca Beatrice, e lAltro, per tutti, per
la salvezza del mondo e della civilt e per linizio di una nuova fase sulle ceneri della
barbarie nazifascista.
Per Montale, per, gi in La bufera e altro, la speranza viene meno in seguito alle
vicende personali e storiche di un dopoguerra che si rivela sempre pi estraneo a un
modello etico-politico di ascendenza umanistico-liberale.
Allamore per Clizia, segue un amore di tipo diverso per altre donne (Volpe, ad
esempio; Mosca, gi da molti anni sua compagna, poi sposata), un amore non pi umanamente sublimato e non pi religiosamente trasformato in charitas.
Il dopoguerra foriero di delusioni, soprattutto a motivo delle opposte chiese
rossa e nera (democristiani e comunisti) che si contendono legemonia e il predominio
politico sulla base di ideologie illiberali contrapposte, ma in realt molto vicine a giudizio del poeta.
La diffusione ormai capillare della societ industriale avanzata e delle comunicazioni di massa minaccia anchessa i valori umanistico-cristiani e liberali a cui Montale si
mantenuto fedele.
Lultima delle due Conclusioni provvisorie, Il sogno del prigioniero (1954, sempre
in La bufera e altro), presenta limmagine di un universo concentrazionario che, da fatto
storico si trasforma in incubo atemporale (immagine di un totalitarismo disumano, aldil
della concretezza dei riferimenti ai lager nazisti e ai gulag); farcitori e farciti, carnefici e vittime, vi si possono tranquillamente scambiare i ruoli: basta abiurare.
Solo il sogno, la poesia, rimangono come baluginante conforto, in una resistenza che
si aggrappa ad unesile attesa.
Vista la vicinanza pi volte dimostrata da Montale al mondo ebraico specie attraverso le sue figure femminili, rimane ancora da studiare, secondo me, il suo rapporto con
personalit come Primo Levi e Hannah Arendt. Ormai nel mondo tornato il tempo
della povert (Hlderlin), i dati di fatto continuano a prospettarsi privi di senso.
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bilit e presenza ascritte allessere dalla metafisica classica e invece ricusate, ad esempio, da Heidegger in Essere e tempo, dove invece affermata, appunto, la connessione
privilegiata dellessere con la temporalit.
Il fatto che Montale, pur rilevando sul piano dei comportamenti e dei valori individuali e collettivi gli effetti negativi della recente filosofia, esclude per ogni possibilit di sostituire a tale filosofia e a tali comportamenti una diversa visione del mondo.
Per certi aspetti si ripresenta il pessimismo di Schopenhauer, privo per di correttivi e aggiornato alla situazione attuale con esiti che si chiariranno fra poco. Nel mondo
attuale il disinteresse per la mancanza di senso e lossimoro permanente azzerano
le antitesi, le contrapposizioni valoriali in un clima di perenne alluvione in cui insieme ai mobili vengono sommersi la cultura, la tradizione, il passato, il presente.
Non c pi posto ormai per il progresso: tutto posto sullo stesso piano.
Rimangono sottopassaggi, cripte, buche / e nascondigli senza per che sia possibile
distinguere il dentro e il fuori (ci risiamo!). Sul piano stilistico-tematico, anche lautocitazione continua e straniata, ironica, pone il passato al livello del presente. Montale
qui partecipe del Postmoderno.
Da un punto di vista filosofico appare plausibile, del resto, la tesi, enunciata dal
Marchese, del coesistere nella poesia compresa fra Satura e Altri versi, di due estremi
tipici del pensiero contemporaneo (posti ben in rilievo in sede filosofica dal Volpi): il
nichilismo e, insieme, aspetti paradossalmente mistico-teologici. La radicalizzazione
del domandare filosofico, - afferma Volpi - che tutto investe e tutto consuma, produce,
da un lato unaccelerazione della dissoluzione, un potenziamento del nichilismo, dallaltro, nel compiersi di tale dissoluzione, il pensiero si apre allaspettativa del totalmente
altro, a ci che sta radicalmente al di l di quanto stato dissolto.
La decostruzione dei concetti e dei teoremi della filosofia tradizionale ha come
risultato lapertura alla problematica del sacro e del divino: Il domandare che Heidegger
considera la piet del pensare implica la messa in questione e al tempo stesso la ricerca, la dissoluzione e lattesa: conduce a quel Nulla che la purificazione estrema della
finitudine, la quale vuole spogliarsi di tutto per accedere al divino, porta a quel punto
estremo, che Meister Eckhart chiamava con parole quasi blasfeme il punto dove langelo, la mosca e lanima sono la stessa cosa. E un domandare che rade al suolo la metafisica per preparare lavvento del nuovo inizio.
La convivenza tra nichilismo e problematica religiosa caratterizza pertanto la poesia montaliana da Satura in poi. Per quanto riguarda il primo aspetto, innegabile che
spesso la ripresa del problematicismo esistenziale schopenhaueriano, tipico di Ossi di
seppia, (ben visibile, ad esempio, nella lirica Lalluvione ha sommerso il pack dei mobi li, e in molte altre liriche) la polemica, talora insistente e inacidita nei confronti dei vari
aspetti della vita e dei modi di pensare individuali e collettivi, sfociano in prese di posizione apertamente nichilistiche.
Il mondo appare cos sempre pi tetro e soffocante; scomparsa ogni prospettiva di
luce, di intervento salvifico. Il male che vi regna si presenta come sempre pi irredimibile; il comico, lo escatologico, lironia, occultano langoscia, finendo spesso col ridurre ad un arido nulla tutte le misure del vivere e del pensare.
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Il determinismo cosmico e causalistico del mondo come rappresentazione e il fatalismo, insito in una volont di vivere che tutto dissipa, hanno assunto la dimensione
fantascientifica del Calcolatore: unico miracolo dato dallincagliarsi di qualche leva
e dalla conseguente cessazione della vita nella stessa macchina universale (Senza mia
colpa in Quaderno di quattro anni).
Ma da questo contesto emerge un rovello metafisico-religioso, talvolta travestito da
chiacchiera, talvolta espresso in forme paradossali o provocatorie: travestimento e scelte espressive, che hanno indotto studiosi come Fortini a parlare di empiet pseudosacrale e pseudoreligiosa, di rivestimento di unideologia reazionaria.
A dire il vero, Montale non esente da atteggiamenti che giustifichino tali rilievi;
ma la frequenza e lautenticit del suo interrogare emergono da molti componimenti di
questa fase.
Egli, nellaffrontare il tema ontologico e teologico dellessenza di Dio e del rapporto Dio-mondo, assume quella insanabile contraddittoriet ed incoerenza rilevate nella
societ e negli odierni comportamenti umani qualificati come ossimoro permanente
(ad esempio nella lirica Lettera a Malvolio), trasferendo siffatto ossimoro in un modo di
dire Dio, attraverso i contrari (la mistica coincidentia oppositorum), come abisso non
logicamente definibile.
Dio coincide cos con lindicibile Nulla che non il niente ma lineffabile Altro (v.
in Satura: LAltro; Realismo non magico; Non mi stanco di dire al mio allenatore; Il
mio ottimismo). Scrive il poeta: Il nulla e il tutto\ sono due veli dellImpronunciabile
(Il tuffatore in Diario del 71).
Alla base di tale visione dellAltro si possono rinvenire tracce non effimere provenienti dalla Bibbia, dalla teologia apofatica, dalla mistica di Meister Eckhart, dal concetto di demitizzazione del teologo Bultmann, dalla filosofia dellesistenza di Jaspers.
Ma Montale mostra anche rapporti con la gnosi: la figura malvagia del Demiurgo
divino compare in Altri versi, insieme ad altri spunti gnostici gi da prima presenti (fra
le svariate liriche, v. Loboe in Altri versi; Il principe della festa in Diario del 72;
lIddio taurino compare per in Ballata scritta in una clinica in La bufera e altro). In
ideale riferimento a Leopardi (come in altre liriche), Montale fa entrare in gioco, ma in
modo diverso rispetto al recanatese, lo gnosticismo manicheo con leterno duello fra
Arimane e Ahura Mazda (v. Se il male naturaliter in Diario del 71; Appunti e Chi in
ascolto in Quaderno di quattro anni).
La variet delle posizioni assunte, comunque, in sede ontologico-religiosa, da
Montale, attesta, allinterno della sua visione della crisi della civilt occidentale e della
poesia, il persistere in lui di tensioni tra scepsi e ricerca, dissoluzione e attesa, che lo
pongono allaltezza del nostro tempo, come lucida e dolorosa coscienza delle sue inadempienze e delle sue richieste di valore e di senso.
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Nota bibliografica
La presente bibliografia si limita a volumi in gran parte recenti che mi sono stati indispensabili per la conoscenza e linterpretazione di Montale e delle filosofie coeve. Nelle bibliografie
contenute in tali volumi si trovano tutte le altre indicazioni necessarie.
Per Montale
M. MARTELLI, Il rovescio della poesia Interpretazioni montaliane, Longanesi, Milano, 1977
Presenta interpretazioni testuali molto acute, ma anche in alcuni casi stranamente unilaterali. Si tratta di uno
dei pochi studi su Montale basati su strumenti interpretativi filosofici oltre che stilistico retorici.
R. MONTANO, Comprendere Montale, G.B. Vico, Napoli, 1978
Critico e studioso non molto conosciuto, emarginato a motivo delle sue posizioni originarie ma polemiche, in
questo scritto sullopera complessiva di Montale, analizza anche, antologicamente, molti testi, con acutezza di
rilievi, anche se non sempre condivisibili. Imprescindibile comunque la sua analisi della posizione di
Montale nei confronti del neoidealismo crociano.
M. MARTELLI, Eugenio Montale Introduzione e guida, Le Monnier, Firenze, 1982
Testo agile, chiaro, utile, talvolta illuminante, anche grazie al ricorso a paralleli con le tendenze filosofiche
coeve, ma linterpretazione di Occasioni a volte fuorviante.
P. DYERVAL ANGELINI, Eusebio o i paradossi del poeta lettera aperta a Eugenio Montale Traduzione dellautore con testo francese a fronte, Riscontri XIV, 2-4-, Sabatia Ed., Avellino, 1992
un testo del 1991 caratterizzato da complice affettuosit e intelligenza critica, scritto dal traduttore francese, per Gallimard, dellopera montaliana, amico del poeta. Testimonianza di notevole interesse.
G. SCARPATI, Invito alla lettura di Montale, Mursia, Milano, 1999
Interpretazione acuta, attenta ad individuare e ad approfondire lanalisi di tematiche esistenziali e spirituali,
proponendo nuove prospettive interpretative.
R. LUPERINI, Storia di Montale, Laterza, Roma-Bari, 2001
Studio indispensabile, ma importanti aspetti spirituali e di religiosit risultano spesso sottovalutati o taciuti.
G. MAZZONI, Forma e solitudine Unidea della poesia contemporanea, Marcos y Marcos, Milano 2002
G. SIMONETTI, Dopo Montale, Fazzi Ed., Lucca, 2002
Si tratta di due testi di studiosi di ascendenza luperiniana, utilissimi per capire le strutture retorico-stilistiche
e semantiche dellopera montaliana, e il loro accoglimento nella poesia italiana successiva. Chiarificatrice in
Mazzoni la delucidazione delle caratteristiche del classicismo moderno montaliano ed europeo.
A. MARCHESE, Montale La ricerca dellAltro, Messaggero, Padova, 2000
Pubblicato poco dopo la morte dello studioso, il testo che mi stato pi utile per la ricchezza di suggerimenti e indicazioni dal punto di vista filosofico, e che ha meglio chiarito aspetti importanti anche della particolare religiosit montaliana.
Per le filosofie coeve
SINI-MOCCHI, Leggere i filosofi 3B, Principato, Milano, 2003
Presenta trattazioni dense ed estese dei grandi filosofi del Novecento. Sini uno specialista, fra laltro, del
pragmatismo, di Wittgenstein, del filone fenomenologico- esistenziale. Il testo, malgrado la destinazione editoriale liceale, richiede una lettura concentrata e lenta, non assillata da scadenze impellenti.
BONTEMPELLI-BENTIVOGLIO, Il senso dellessere nelle culture occidentale (vol.III), Trevisini, Milano, 1992
Gli autori, che con Preve sono fautori di unoriginale revisione dallinterno del marxismo, attraverso una rilettura di Hegel, presentano filosofi e correnti con un linguaggio chiaro e rigoroso, in una prospettiva spesso polemica con diffusi indirizzi attuali di pensiero (con Vattimo e Galimberti, tra gli altri, per intenderci).
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Il moralismo di Moravia da
Gli Indifferenti a LAttenzione
di Stefania Biscontini
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Potrebbe sembrare strano o almeno improprio parlare di moralismo (si badi bene
non moralit e morale) a proposito dellopera di Moravia, autore conosciuto generalmente dal pubblico per la vena erotica, pi o meno accentuata e a volte sconfinante
addirittura nella pornografia, piuttosto che per gli alti valori spirituali veicolati dalla sua
narrativa. Questo erotismo, daltro canto, come tutte le cose proibite che non si dicono, ma si fanno e in questo caso si leggono, ha guadagnato a questo scrittore un consenso da parte dei lettori, vastissimo e duraturo, che spiega la fortuna editoriale che ha sollecitato il Moravia a scrivere, per tutta la vita, una enorme quantit di opere, spesso,
soprattutto nellultima parte della sua vita, di veramente scarso valore letterario e abbastanza ripetitive nei temi trattati e nei modi narrativi. Il rovescio della medaglia, cio lo
scotto che Moravia ha dovuto pagare per questa scelta poetica, stato lostracismo che
hanno subto le sue opere dai programmi scolastici (a parte qualche stralcio tratto da Gli
indifferenti e qualche racconto abbastanza anodino, presenti a volte nelle antologie) che
stato giustificato, da un lato, appunto dal contenuto delle storie trattate e dalle modalit della narrazione, dallaltro dallinnegabile trascuratezza estetica della sua prosa,
sicuramente non raccomandabile come modello linguistico. Nelle sue opere infatti non
difficile imbattersi in locuzioni sbagliate, in tempi e modi verbali usati male (soprattutto il congiuntivo), in grossi svarioni sintattici, ma, a dire il vero, a proposito dellaspetto stilistico, il Moravia ha dimostrato, per lo pi, una certa indifferenza, nonostante
sia stato ben consapevole delle proprie difficolt linguistiche. Eliminata leccessiva
preoccupazione per la forma, riteneva infatti che il romanzo non potesse essere basato
sulle pure scritture, ma sulle strutture: personaggi e situazioni. Dice a questo proposito
il Cimmino: Narratore distinto, Moravia non si pone un problema linguistico ed i
fattori stilistici saranno sempre un fatto secondario per larte di Moravia. Quando pure
se lo porr, ricercando un suo modello in Manzoni, non esiter comunque a metterlo da
parte, concentrandosi sui contenuti.
A lui importava di pi criticare liberamente certi fatti ed esporre certe idee, realizzare cio quella visione del mondo che era alla base della sua personalit e dei suoi pi
immediati interessi. Altri critici sono stati molto meno indulgenti al riguardo; ad esempio, dovendo giudicare laspetto stilistico della produzione moraviana, il De Robertis ha
avuto non poche perplessit e, al proposito, si espresso in termini di arte scarsa, di
barlumi darte, di incapacit di creare i bei rapporti della narrativa. Anche Salvatore
Battaglia, che ha scritto alcune pagine essenziali per la comprensione dellopera moraviana, afferma: Moravia ha saggiato il surrealismo, il picarismo populista, lesistenzialismo, senza che le sue doti di scrittore abbiano fatto progressi significativi.
Non molto diversamente avvenuto, in parte, per quanto riguarda la poetica stessa
del Moravia che, se da un lato stata generalmente apprezzata dai critici, non credo sia
stata compresa totalmente o, almeno, in modo del tutto corretto. C stato anche chi, fermandosi alla superficie dei fatti narrati, ha dato un giudizio di merito alquanto negativo.
Ad esempio, uno dei critici pi severi della opera di Moravia stato Francesco
Flora, che lha sottoposta ad unanalisi contenutistica inficiata da un atteggiamento censorio a volte insopportabile, che scambia la narrativa moraviana per un manifesto eversore ed invoca anatemi verso il corruttore. Invece, la maggior parte dei critici che di
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Moravia si sono occupati, non hanno potuto non rilevare, nella sua produzione, la presenza costante di un elemento, il moralismo, appunto, come fattore quasi connaturato
alla sua arte e alla sua visione del mondo. Ad esempio, il Pancrazi, in un testo intitolato
significativamente Alberto Moravia un moralista? in Scrittori doggi, serie 4,
Laterza, Bari, 1947, ha poggiato a lungo laccento sulla moralit e sul moralismo del
Moravia Geno Pampaloni riconosce fra gli elementi fondamentali nellopera dello scrittore un moralismo severo e potente, per cui egli vede la realt umana come gioco aspro
di passioni, istinti, egoismi, gelosie, inganni, con un vago riferimento al Dostoewskij.
Rimane da chiarire per secondo quali elementi vada definito questo suo
moralismo cui molti critici si ri feriscono. Per fa re questo, necessario ri p e rcorre re brevemente le tappe della produzione di Moravia, a partire dalla sua fortunata opera prima, cio Gli Indifferenti, fino a L A t t e n z i o n e, ultimo dei romanzi maggiori che presenti in modo signifi c ativo questo aspetto. La vocazione innata del
Moravia per lindagine sociale e per il conseguente moralismo, ai critici ap p a rsa gi evidente proprio a partire dal suo primo romanzo, allorch venne salutato
dalla critica letteraria come unopera di rottura, una decisa e chiara accusa al
costume contempora n e o , che si imponeva per la sua originalit e per la ve e m e n z a
polemica sul panorama asfittico della narrat iva italiana dellepoca.
Dice al proposito il gi citato Cimmino: La tendenza moralistica del Moravia fu
chiara fin dalla prima prova dello scrittore. Gli fa eco Eugenio Ragni quando afferma
che ne Gli Indifferenti Moravia delinea una profonda crisi della classe borghese, offrendo una diagnosi spietata, lucidissima della propria classe, assolutamente miracolosa in
un ragazzo del tutto digiuno di politica e per di pi chiuso in un suo dramma personale, la malattia. Leone De Castris, in Storia, morale e arte nella narrativa di Moravia
sostiene: Gli Indifferenti esprimevano in modo implacabile latonia morale, la desolazione borghese, piena di grettezza, materialismo e impotenza. In definitiva, fin dal suo
primo romanzo, e soprattutto in esso, Moravia apparso come una sorta di fustigatore
dei costumi del proprio tempo ed, esaminando i libri pi significativi della sua produzione, si vede che ognuno di essi ci si offre come interpretazione critica di una fase culturale della societ contemporanea. Eppure, a dire del Moravia stesso, non era nella sua
volont fare opera di moralista e addossa la responsabilit interpretativa in tal senso ai
critici che della sua arte si sono occupati. Scrisse infatti lo stesso Moravia: Gli
Indifferenti nella mia intenzione non voleva essere che un romanzo; ma la critica e il
pubblico ci videro una violenta polemica sociale che cera senza dubbio, ma che io non
avevo intenzione di metterci.
In realt c molto da dubitare sulla sincerit progra m m atica di queste affe rm azioni, poich, ad una analisi dellopera , ci si accorge come questo suo moralismo sia
stato voluto e sentito, soprattutto perch il modo in cui Moravia guarda alla re a l t
umana e part i c o l a rmente a certi suoi aspetti tra i pi crudi e sensuali, fa pensare
invece ad un espediente da lui messo in atto per sollecitare il proprio ed altrui senso
c ritico. Inoltre la scelta di situazioni scabrose, osservate e narrate con atteggiamento di pru d e rie, non pu non provo c a re reazioni morali di disappunto in chi legge, che
quindi viene spinto e coinvolto in una reprimenda di tali malcostumi. Alcuni critici
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Vien fatto di pensare, a proposito del Moravia, allattitudine di chi, pieno di pudore
e vergogna, si trovi a guardare una scena raccapricciante od oscena e finisca per non
vedere pi altro e, di pi, tra ripulsa e desiderio, non possa allontanare lo sguardo da tali
spettacoli. Non a caso, la tendenza voyeuristica di Moravia si concretizzata addirittura in un libro, intitolato, significativamente Luomo che guarda (1985), nel quale lautore immagina proprio il protagonista del romanzo nellatteggiamento di chi, falsamente
innocente, sia intento a spiare dal buco della serratura, la vita degli altri. Potrebbe trattarsi, alla luce di quanto abbiamo detto, di un sottile gioco di specchi fra lautore ed il
suo personaggio, dal momento che Moravia tende, il pi delle volte a non immedesimarsi direttamente negli uomini o nelle donne di cui racconta, ma ad osservarne le vicende
da una posizione esterna, o meglio, appartata. Qualche critico si addirittura spinto ad
affermare che questo modo di vivere di riflesso, da parte di Moravia, gli sarebbe derivato dalle ben note vicissitudini personali legate alla sua malattia giovanile, che a lungo
gli avrebbe precluso una partecipazione piena e gioiosa alla vita di relazione.
Si tratta comunque di ipotesi che, fra laltro, sminuiscono non poco labilit poetica
dello scrittore, rendendolo incapace dellelaborazione di un modus narrandi frutto di una
cosciente elaborazione artistica. A dire il vero, Moravia, autore eversivo, scomodo, tanto
per citare il titolo di un libro a lui dedicato (Intervista con lo scrittore scomodo, a cura
di N. Ajello, Laterza, Bari, 1978), come si gi visto, ha dovuto assistere a non poche
semplificazioni arbitrarie operate a danno della propria letteratura. Lo stesso considerare la cruda maniera di rappresentare la vita sotto una luce deformante per ingenerare
facile moralismo, pu sembrare, espresso in questi termini, un po beffardo e sicuramente riduttivo, come, di converso, il far apparire il suo moralismo solo una posa intellettualistica per far meglio risaltare la sconcezza delle situazioni narrate. In realt, al di l dellerotismo, che pure occupa un posto di tutto rilievo nella poetica di Moravia e ne sicuramente un aspetto caratterizzante, gli orizzonti di interesse dellautore sono di certo pi
vasti e profondi. Lerotismo stesso, in questa prospettiva non si configura nemmeno
come fine narrativo, ma come mezzo del quale lautore si serve per concretizzare gli
atteggiamenti morali delluomo.
Dalla lettura delle opere moraviane risulta evidente che lo scri t t o re non ha, in
ge n e ra l e, una concezione positiva delluomo, che visto soprattutto nella sua mesch init; la sfiducia negli esseri umani, uomini o donne che siano, fa s che ve n gano rappresentati soprattutto nei momenti in cui legoismo, lintere s s e, lindiffe renza li re n dono sempre pi soli. Appunto per cog l i e re questi aspetti deteri o ri , Moravia ri c o rre
p ro p rio allaccentua-zione di atmosfere e particolari scab ro s i , utilizzando termini piuttosto fo rt i , che ve n gono ri p roposti insistentemente, s o p rattutto per quanto ri g u a rda la
d e s c rizione di corpi femminili. Come dice il Cimmino: In tutte le descrizioni dei nu d i
m o raviani c sempre qualcosa di mort i fi c a n t e, come un complesso puritano di colpa.
Anche quando non si tratta di descrive re donne, ma i pers o n aggi in ge n e ra l e, c
questa tendenza al ri d i c o l o , al turp e, al ve rgognoso. Con essa il Moravia vuole denu nc i a re un modo di pensare e di agi re umano: gli uomini non si amano, c solo un desid e rio sottile di farsi male, offe n d e rs i , fe ri rsi. Ad esempio, nel racconto C o rt i giana
s t a n c a, del 27, lo scri t t o re indugia sui pensieri del gi ovane amante che ha deciso di
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abb a n d o n a re la donna, giunta un po oltre la piena maturit: per stra d a , la sua fa n t asia si era accanita con una specie di rabbiosa volont ad immagi n a re Maria Teresa
c a rica di autunni, dai seni pesanti, dal ventre grasso e tremolante sulle gi u n t u re allent ate dellinguine, dai fi a n chi impastati e disfatti.
Se lautore intendeva destare nei lettori un senso di ripulsa di fronte a questa moderna commedia umana, ha raggiunto senzaltro il suo scopo. Ha scritto efficacemente in
tal senso Ines Scaramucci: Al di l di questa sorda, pesante, argillosa materia di cui la
vicenda impastata, non dato cercare un senso diverso? Al di l del quadro certamente urtante di una realt fenomenica che rasenta la pornografia, non si denuncia tuttaltra
realt noumenica? La nausea, ha detto qualcuno. Una dolorosa nausea sartriana avanti
lettera, in una visione desolata e plumbea di un mondo crudelmente deformato e deformante, dove fermentano gli stessi motivi chiave del pi tipico esistenzialismo letterario;
della solitudine, della impossibilit di dialogo tra creature atone e disperate La nausea qui nasce dal tedio, dalla noia, dallindifferenza di fronte a una repellente realt che
sembra aver spento la stessa origine dei sentimenti autentici, che ha reso impossibile
ogni azione vitale. Posto in questi termini, il moralismo di Moravia assume connotati
pi profondi e sicuramente contenuti polemici di ben altro spessore che una semplice
fustigazione di costumi corrotti: un vero atto daccusa contro una societ che sembra
ormai tarata da uninerzia morale assoluta, che non riesce a scuotersi dal suo torpore. La
noia appare il frutto dellalienazione delluomo del nostro tempo, incapace di poter stabilire alcuna comunicazione efficiente con tutto ci che fuori di lui, la regione desertica dove non si pu nemmeno pi parlare di moralit o immoralit, ma esiste solo una
serie di gesti compiuti da automi.
Dice Eugenio Ragni al proposito: Il tema centrale, in pratica esclusivo di tutti i libri
di Moravia quello dellirrimediabile distacco tra individuo e realt e di una conseguente situazione di inerte abbandono al flusso quotidiano del vivere, cosa fra cose, che
determina il senso di inutilit, di incapacit di reagire pensando che ogni azione non porter mai a un risultato di integrazione con la realt. Lumanit dunque un insieme di
individui che vegetano ognuno per proprio conto, in solitudine e angoscia personali.
Latonia morale che raggela ogni velleit dazione appunto lesistenziale indifferenza che Moravia articola via via in diverse accezioni analoghe: disubbidienza,
conformismo, automaticit, disprezzo, noia. Non un caso che i libri di Moravia abbiano proprio nei titoli un riferimento a questi elementi, tutte modalit poco lusinghiere del
modo di declinare la propria esistenza. Si capisce dunque che Moravia non punta il dito
contro i personaggi e le situazioni che racconta, quanto contro un sistema di vita diventato alienante e del quale gli elementi suddetti non sono altro che attori e parabole.
Questo aspetto lo si coglie molto bene osservando lo svolgersi della carriera narrativa di Moravia, allorch ci si accorge che labilit ed il gusto per il racconto si consumano sempre pi e cedono il passo ad una caratterizzazione didascalica a volte eccessiva, che riduce i personaggi a maschere irreali e le storie a vicende forzatamente esemplari. A partire da un certo momento in poi, Moravia sembra ricorrere addirittura a dei
modelli prefabbricati per dimostrare lesistenza di certi vizi e di certi difetti nella nostra
societ. E lapprodo al romanzo-saggio, al quale Moravia ha sempre mostrato di ten-
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dere e i cui esempi pi tipici ed estremi sono La noia (1960) e Lattenzione (1965). Egli
non stato certamente pensatore o critico sistematico, ma non ha mai perso di vista lidea che nella disarmonia e nella confusione che caratterizzano la societ contemporanea, si perso il concetto che luomo debba essere il fine per il quale organizzata e
strutturata la societ stessa, e lalienazione degli individui che egli vede intorno a s
riguarda proprio la crisi del rapporto fra luomo e la realt. La societ moderna, con i
suoi vizi, gli appare costruita su misura per gli esercizi di un moralismo che vuol far la
voce grossa e troppo forte, daltro canto, in lui limperativo morale di mostrare nudamente i vizi e le miserie dellesistenza contemporanea. Egli stesso, in un suo articolo
intitolato Mancanza di maestri, esprimeva questa esigenza di denuncia: Ora mi sembra
che per la maggior parte degli scrittori italiani uscire dai limiti della poesia, intervenire
nel costume, dedurre dallarte la moralit, sia estremamente difficile. In pratica non si
vuole dire nulla Moravia, invece, deve aver sentito prepotente in s, la vocazione
innata ad una funzione sociale dello scrittore ed ha finito, in nome di questa, per sacrificare spesso ad essa la vivacit creativa ed espressiva.
Non sempre, infatti, e soprattutto nella sua ultima produzione, egli riuscito a fondere efficacemente in unit il fine moralistico e la visione letteraria, ad equilibrare linteresse morale ed il gusto gnomico con le esigenze della narrazione; tutto preso dal fine
moralistico, dallesigenza di mostrare una tesi, lautore ad esempio, si trovato spesso
a realizzare una coerenza assoluta, ma forzata, fra i personaggi, i sentimenti e lambiente in cui vivono. Non infrequente trovare espressa questa volont di Moravia di accordare artificiosamente lambiente ai significati della narrazione, si veda ad esempio una
descrizione paesaggistica ne Gli Indifferenti: Quando furono sulla soglia del portone
si accorsero che pioveva dirottamente; senza violenza, ma con una sciatta abbondanza
come da un catino sfondato, un gran fruscio torrenziale empiva loscurit; un livido velo
dacqua ribolliva sul lastrico della strada, grondaie, stillicidii, rigagnoli, la grossa pioggia vecchia di due settimane di tempo sfogava da ogni parte il suo fiotto impuro fermentato a lungo nei fianchi delle nubi..
In altri casi, lardore polemico si risolto in una ripetitivit di situazioni che ha
impoverito la vivacit immaginativa, riproponendo, spesso stancamente e con poche
varianti narrative gli stessi argomenti: ambizioni fallite (e lambizione considerata e
giudicata da Moravia con seriet non equivocabile, come uno degli aspetti, forse il pi
distruttivo, dellegoismo umano) temperamenti meschini e grigi fino alla monotonia,
passioni equivoche, disprezzo fra le generazioni ed infine disistima per gli uomini e fra
gli uomini. E questo un concetto che S. Battaglia ha chiaramente enunciato nel suo saggio su Moravia: Se lo scrittore assume il reale soltanto per comodo, come espediente e
lo sottopone a riflessione, onde trarne un discorso dimostrativo e disputante, la reazione
del lettore deve spostarsi dai valori del narrare alla verifica delle idee che lo scrittore
intende avallare. In tal caso, il narratore cede il posto al moralista e al critico, cio al saggista (in La narrativa di Moravia e la defezione dalla realt, 1952). Tuttavia, anche questo riferimento al reale cui si accenna, deve essere ridimensionato o, almeno precisato,
dal momento che, per taluna critica, il Moravia stato superficialmente inserito nella
corrente del neorealismo, senza spiegare i limiti di questa classificazione. I problemi di
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cui lartista intuisce lesistenza nellanima moderna, sono s assunti dal reale, ma sono
interpretati ed esposti attraverso una sensibilit tanto personale ed orientata che non pu
evitare di deformarli e, comunque, di limitarli. Dunque, luomo e la donna appaiono
colti nella loro miseria e pochezza interiore, che poi trova riscontro nelle forme derivate della sessualit, che non mai giocosa, ma sofferta, a volte perversa e, sicuramente,
non soddisfacente. In questa visione sconsolata dellumanit pu intendersi espresso al
miglior grado il moralismo del Moravia. Egli ci propone figure umane dolenti che si
muovono sulla scena della vita piene di impacci e di vizi morali e su di esse il Moravia
punta il suo dito di aspro censore, presentandocele in tutta la loro vergognosa nudit. In
realt essi sono solo limmagine di una societ in dissolvimento. Individui corrotti e corruttori, che non sanno sollevarsi dalle pastoie della propria miseria spirituale.
E, si badi bene, il Moravia non fa un discorso classista, perch ce n per tutti: popolo, borghesia, ricchi, poveri, con qualche accento peggiorativo per i borghesi che, fra
tutti, sembrano i meno esenti dal vizio della menzogna sociale. Anche quando ha orientato chiaramente la critica verso il campo politico (ad esempio nel romanzo la
Mascherata) la condanna dello scrittore ricade su tutti gli ambienti della vita politica e
sociale, compresi anche rivoluzionari falsi e ridicoli, la massa stupida e bestiale. Non c
dunque nessuno che si salvi dal disgusto morale del Moravia? In alcuni tratti egli sembra avere un moto di piet per quelle figure, soprattutto femminili, costrette ad abbrutirsi dalle situazioni familiari o sociali o economiche in cui vivono.
Per esempio, nel racconto del 27, intitolato Cortigiana stanca, troviamo, oltre alle
descrizioni crude e deformanti dei rapporti interpersonali, il primo pianto di donna.
Quasi in ogni libro di Moravia ci si imbatte in donne che piangono e questo pianto silenzioso riesce a dare un senso di dolcezza e di bont, quasi sgo rgasse dalle pi
pro fonde radici umane, d ove luomo non riuscito a port a re i suoi erro ri e le sue dep ravazioni. Il Moravia solitamente abituato a rap p re s e n t a re le situazioni con fre ddezza o
con senso polemico, in questo caso si add o l c i s c e, ma solo un breve momento, che
subito cede il passo alla seriet censoria. A l t rove c della simpatia dellautore per quelle donne del popolo (come la Cesira de La Ciociara o lAdriana de La Romana) ch e,
nonostante le difficolt ogge t t ive nelle quali incorro n o , riescono, grazie alla loro semplicit e al loro innato buonsenso, a ri m a n e re a galla. Questi due romanzi ap p a rt e ngono ad un decennio nel quale Moravia ap re la cosiddetta parentesi popolare, c a rat t erizzata dal mito della sostanziale sanit del popolo, della sua capacit spontanea di
vivere istintivamente la realt, a n c o ra non corrotta dagli ideali borghesi.
Ne La Ciociara, inoltre, lautore si serve di due personaggi chiave della storia
(Rosetta e Michele), come portatori di istanze nuove ed esprimenti lideologia dellautore. La religione schietta di Rosetta trova riscontro nel credo sociale di Michele, che
prospetta una nuova speranza, un mondo nuovo, dopo il crollo della religiosit tradizionale. Ne La Romana, come ha giustamente rilevato Vittorini, la caduta morale della protagonista non dovuta a una mancanza di freni, ma ad un indebolimento della volont
derivato dallinfluenza negativa che la societ decaduta pu avere sugli esseri pi sensibili e di cui essi sono vittime privilegiate e da cui potrebbero essere annientati , se non
intervenisse a salvarli la loro filosofia spicciola. Si legga ed esempio, la chiusa del
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romanzo, allorch Adriana, dopo aver fatto credere ai parenti di un amante che si ucciso che il figlio che porta in grembo del morto dice: Pensai a Mino e poi pensai a mio
figlio; pensai che sarebbe nato da un assassino e da una prostituta; ma a tutti gli uomini
pu capitare di uccidere e a tutte le donne di darsi per denaro; e ci che pi importava
era che nascesse bene e crescesse sano e vigoroso. E decisi che se fosse stato un maschio
lavrei chiamato Giacomo, in ricordo di Mino. Ma se fosse stata una femmina, lavrei
chiamata Letizia, perch volevo che, a differenza di me, avesse una vita allegra e felice
ed ero sicura che, con laiuto della famiglia di Mino, lavrebbe avuta.
E importante notare che nel dopoguerra linteresse di Moravia si rivolto con insistenza a due temi soprattutto: linfanzia e listintivit popolare. Scrive a tal proposito G.
Pullini (in Il Romanzo italiano del dopoguerra, Padova, 1970): Questi due temi possono apparire estranei, ma non lo sono, se crediamo ad una semplicit di fondo del ragazzo e del plebeo, che li mantiene capaci, nonostante tutto e tutti, di reazioni naturali e
generose. Moravia li presenta come vittime della mentalit corruttrice, ma crede anche
nella sopravvivenza in essi, di alcuni strati psicologici e morali naturalmente restii a farsi
plasmare e riaffioranti nella loro genuinit. Lammirazione per la presunta autenticit
popolare stata per ben presto superata dal Moravia, che ha chiuso nettamente questa
fase (1945-1960), tornando con il romanzo La noia, ad occuparsi della borghesia, personificata in Dino che, per sottrarsi alla realt neocapitalistica della famiglia, sceglie di
fare il pittore ed evade cos dalla propria classe, ma rimanendo in una condizione di
sospensione, di atarassia morale, incerto fra una reintegrazione sempre possibile nel proprio ceto dorigine e laspirazione ad una autenticit ideale. Il mito popolare trova poi
una sua demistificazione definitiva ne LAttenzione, che riguarda la crisi dellintellettuale borghese nella societ capitalistica, quando Cora, una donna del popolo che il protagonista sposa perch convinto a priori della sincerit e schiettezza dei suoi costumi, si
rivela invece in tutta la laidezza del suo mestiere di mezzana. Si legga, come esempio,la
disillusione di Francesco nei riguardi della moglie: Perch io, giovane borghese, figlio
di borghesi, colto e agiato, avessi sposato Cora, presto detto: ... si era formato in me,
per contrasto con la in autenticit nella quale vivevo, il mito del popolo come solo depositario di tutto ci che vi era di autentico al mondo ... ma poi avvenne un fatto imprevedibile, mi svegliai dal sogno in cui mi ero cullato e cominciai a detestare la donna che
mi stava accanto. Cora era stata complice involontaria dellillusione alla quale mi pareva adesso di avere soggiaciuto amandola e sposandola; mi rendevo conto che lei non
aveva alcuna colpa; tuttavia non potevo fare a meno di odiarla come appunto si odia la
causa innocente di un nostro errore.
LAttenzione un romanzo senza dubbio particolare: il suo titolo deriva dallattenzione che il protagonista pone sulla societ che lo circonda e su se stesso, laddove la
disattenzione dei pi produce la pesante crisi cui soggetto il mondo moderno. In questo senso, e per questo aspetto, lopera pu intendersi vagamente autobiografica, se si
pensa allo spiccato interesse nutrito dal Moravia per la realt del suo tempo e la sua perseveranza nel seguire levolversi (o involversi) dei tempi e delle idee, di cui si serve per
poi applicare su questo deserto di valori la propria azione di censore.
Se la riprovazione morale del Moravia appare socialmente rivolta a 360, lo stesso
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Nota bibliografica
Fra i numerosi critici che si sono occupati dellopera moraviana possiamo citare:
S. BATTAGLIA, La narrat iva di Moravia e la defezione dalla re a l t , in Filologia e letteratura, anno VII, fa s c. II
C. BENUSSI, Il punto su Moravia, Laterza, Roma-Bari, 1987
N. F. CIMMINO, Lettura di Moravia, Volpe Ed., Roma, 1966
L. CROCENZI, La donna nella narrativa di A. Moravia, Mangiarotti, Cremona
O. DEL BUONO, Moravia, Feltrinelli, Milano, 1962
G. DE ROBERTIS, Scrittori del Novecento, Le Monnier, Firenze, 1940
A. LIMENTANI, Alberto Moravia fra esistenza e realt, Neri Pozza, Venezia, 1954
G. PANDINI, Invito alla lettura di Alberto Moravia, Mursia, Milano, 1990
R. PARIS, Alberto Moravia, La Nuova Italia, Firenze, 1991
E. RAGNI, Narrativa e societ, in Letteratura italiana contemporanea, 1980
E. SANGUINETI, Alberto Moravia, Mursia, Milano, 1970
R. TESSARI, Introduzione ad Alberto Moravia, Le Monnier, Firenze, 1975
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M. Luzi (nato a Castello, provincia di Firenze, nel 1914; vivente) stato uno dei
maggiori rappresentanti dellErmetismo italiano; laureato in Letteratura Francese, ha
insegnato prima al Liceo, poi allUniversit; negli anni Trenta ha preso parte al vivace
dibattito culturale fiorentino, collaborando alle riviste Letteratura, Campo di Marte,
Frontespizio.
Tra le numerose raccolte poetiche, ricordiamo: La barca (1935), Avvento Notturno
(1940), Quaderno gotico (1947), Primizie del deserto (1952), Nel magma (1963), Al
fuoco della controversia (1978), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1992).
Il valore della poesia di Luzi stato riconosciuto sin dalle produzioni giovanili,
tanto che gi nel 1940 Bo lo definisce immagine esemplare; allepoca il poeta appena
ventiseienne viveva a Firenze, citt di grande fervore culturale dove lavoravano e contribuivano al dibattito letterario, Montale, Bilenchi, Landolfi, Gadda, Vittorini,
Palazzeschi, Pratolini.
E proprio in tale contesto che Luzi viene caratterizzato come il poeta ermetico per
antonomasia.
Nel dopoguerra, quando lermetismo aveva ormai esaurito la sua spinta innovativa,
Luzi viene considerato un epigono di una stagione superata, con la conseguente sottovalutazione della sua opera; negli anni Cinquanta e Sessanta, quindi, la sua poesia era
considerata come un esempio da non riproporre, una pagina da voltare; tuttavia Luzi
ebbe sempre la capacit di rivitalizzare la sua ispirazione grazie ad una forza creativa
sorprendente, pur nella costanza dei temi di fondo e di un suo codice; cos la fedelt ad
alcuni elementi si unisce ad un continuo rinnovamento, tanto che per la sua poetica si
parla di un ininterrotto procedere tra continuit e discontinuit.
Nella percorso di Luzi possono cos essere riscontrati sia elementi di stabilit che di
mutamento: lideologia religiosa, che si focalizza intorno allidea di un cristianesimo
militante, costituisce il filo conduttore in tutta la sua opera poetica; la fede, quindi, si
pone come un forte elemento di continuit; il mutamento si individua invece nella problematicit con cui il poeta vive le sue certezze: cristianesimo significa senzaltro
dimensione assoluta, ma anche necessit continua di verifica nel divenire storico e
sociale.
Ci ha permesso a Luzi di concepire la vita attraverso unottica, s critica e spesso
pessimistica, a tratti addirittura cupa, tuttavia complessivamente solida e rassicurante; il
poeta, ad esempio, non sprofonda mai in quelle crisi di identit che travagliano invece
quasi tutti i poeti novecenteschi.
Assai vasta risulta la sua produzione poetica, testimonianza di stagioni molto diverse: si va dalla lirica esistenziale (fino agli anni cinquanta) di derivazione montaliana e
orfica, al superamento del Male di vivere attraverso lottica di solidariet cristiana del
Ciascuno e tutti insieme.
Questa concezione della vita pu essere considerata una vera e propria svolta, per cui
la prospettiva non pi il rapporto tra io e realt, ma la comunione con tutti e con il tutto,
del soggetto immerso nel Magma, nel flusso della vita stessa.
La realt, manzonianamente concepita, caratterizzata spesso da sofferenza e
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Il cristianesimo imbeve laria stessa, i suoni, i silenzi in cui sono inserite le parole,
per spesso, specialmente nei tempi pi recenti, si traduce in immagine dirette. (...)
Ecco, qui c il mio convincimento sulla teologia: Il dio pensato dagli uomini...che
risibile creatura della loro presunzione! (...)
Appendice
Testi poetici analizzati:
Nellimminenza dei quarantanni (da Onore del vero, 1957):
Lavvicinarsi dei quaranta anni rappresenta per il poeta, come del resto per tutti gli uomini,
un momento di bilancio, di ripensamento alle vicende della vita; Luzi sente il bisogno di capire
il significato dellesistenza, del dolore, della sofferenza e della morte;
la vita potrebbe sembrare talvolta priva di senso se lideologia religiosa non intervenisse a
suggerire soluzioni; la fede permette di intravedere un piano Provvidenziale verso cui si finalizza il tutto.
A che pagina della storia (da Al fuoco della controversia, 1978)
Anche in questo testo il tema religioso centrale e correlato a problematiche civili; il mondo
caratterizzato da soprusi, violenze, prepotenze, sofferenze, ma Dio vicino agli umili, pronto a
sollevare chi continua, nonostante tutto, ad avere fiducia nella vita e in una possibilit di riscatto; Luzi esprime una visione di militanza religiosa a fianco dei diseredati e degli oppressi.
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In tutta la poesia forte luso di analogie criptiche che assumono talora sfumature irreali; da
notare il gusto per ci che orientale, quindi lontano e che suggerisce immagini da sogno e arabeschi.
Nota bibliografica
M. LUZI, Opera poetica, I Meridiani, 1992
M. LUZI, Tutte le poesie, Garzanti, 1988
G. BALDI - S. GIUSSO - M. RAZETTI - G. ZACCARIA, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia, 1994
G. DEBENEDETTI, Poesia italiana del Novecento, Garzanti, 1974
R. LUPERINI - P. CATALDI - L. MARCHIANI - F. MARCHESE, La scrittura e linterpretazione, Palumbo, 2001
G. QUIRICONI, Il fuoco e la metamorfosi, Cappelli, 1980
P. RENARD, MARIO LUZI. Frammenti e totalit, Bulzoni, 1995
L. RIZZOLI - G. MORELLI, Mario Luzi, Mursia, 1992
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Luomo passione, ethos spontaneo, anche pura energia fisica e vitale: pu morire
per amore di una donna o per unamicizia, in un estremo individualismo tutto giocato
sulla ricerca di una verit esistenziale che passa anche attraverso la lotta partigiana, ma
che vale pi di essa.
Questo non vuol dire che egli abbia voluto dissacrare la Resistenza, alla quale - del
resto - egli aveva aderito da liberale conservatore e non da rivoluzionario, mantenendo
un certo distacco rispetto alle rispettive posizioni politiche, pur essendo chiaramente
allineato su posizioni antifasciste. Lo dice chiaramente in PJ, XIV descrivendo i badogliani, di cui aveva fatto parte:
Quanto alletichetta politica, i capi badogliani erano vagamente liberali e decisamente conservatori, ma la loro professione politica, bisogna riconoscere, era nulla,
sfiorava pericolosamente il limbo agnostico, in taluni di essi si risolveva nel puro e
semplice sprit de bataille. Lantifascismo per, pi che mai considerato, oltre tutto,
come unarmata, potente rivendicazione del gusto e della misura contro il tragico
carnevale fascista, era integrale, assoluto, indubitabile.
Gli stessi protagonisti delle sue opere, che - come gi detto - sono forgiati sullautore stesso, manifestano un disagio che sfiora lo snobismo quando si trovano a contatto
con le persone di basso ceto, incolte e rozze che popolano le file dei rossi e passano
ai badogliani proprio per attenuare questo senso di estraneit e di degradazione, anche
se non condividono del tutto neanche le loro posizioni.
Vediamo, a questo proposito un passo tratto da PJ, V:
entr coi compagni di viaggio, e vi cen a pane e carne, in uno spoglio stanzone, alla
luce bianchissima, candente e oscillante di acetilene. E mangiando osserv gli altri,
per trovarsi confermato e peggiorato in quella scoperta che nessuno era lontanamente della sua classe, fisica e non, a meno che un giorno o poco pi di quella disperata vita animale - giunglare non imprimesse su tutti, anche su un genio dimminente
sbocciatura, quel marchio bestiale. Gli altri non gli badavano pi, dopo che si furono voltati a esaminare lindifferentemente annunciato nuovo, con un bovino giro
della testa e un lento lampo negli occhi.
O ancora, nel cap. VI, leggiamo:
Progressivamente, comunque, Johnny impara ad apprezzare anche i lati positivi dei
suoi compagni; questo avviene dopo aver combattuto al loro fianco (cap. IX):
Il cuore di Johnny sapriva e si scioglieva, gir tutta laia apposta per farsi partecipe e sciente dogni uomo. Erano gli uomini che avevano combattuto con lui, che stavano dalla sua parte anzich allopposta. E lui era uno di loro, gli si era completamente liquefatto dentro il senso umiliante dello stacco di classe. Egli era come loro,
bello come loro se erano belli, brutto come loro se erano brutti. Avevano combattuto con lui, erano nati e vissuti, ognuno con la sua origine, giochi, lavori, vizi, solitudine e sviamenti, per trovarsi insieme a quella battaglia.
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Quando infine Johnny passa agli azzurri (cap. XIV), cos li descrive:
Johnny naturalmente era un altro uccello in questo stormo, ma trov per, nel nuovo
ambiente, almeno un comune linguaggio esteriore, una comune affinit di rapporti
e di sottintesi, un poterci stare insieme non soltanto nella necessitante battaglia, ma
pi e principalmente nei lunghi periodi di attesa e di riposo. Erano brillanti, attraenti, ma superficialmente. Ed in tutti regnava una lancinante nostalgia ed inclinazione
alla regolarit, una dolorosa accettazione di quellirrimediabile irregolarit per la
quale non era possibile schierarsi e combattere nei vecchi cari ed onorati schemi.
Lepicit della narrativa fenogliana si esprime anche nella rappresentazione del paesaggio in cui si muove leroe, un paesaggio protagonista e spesso ostile. A parere di
Corsini e di Cecchi, esso fa riferimento alla rappresentazione della cacciata delluomo
dallEden biblico e al Paradiso perduto di Milton. Su posizioni analoghe si muovono
Luperini e Falaschi; questultimo, pur valutando complessivamente Fenoglio come un
autore neorealista, ha rinvenuto nei suoi testi echi biblici e omerici, ma anche degli storici classici. Falaschi ha inoltre notato come ricorra limmagine dellisola- Langhe,
immagine arcaica risalente alla cosmologia biblica ed omerica in cui il mondo immaginato come unisola circondata dal mare; lisola-Langhe sovradimensionata, il
mondo, la scena infinita della storia umana in cui si muovono i personaggi. Molte
espressioni fanno riferimento al mare come confine: apparizioni di terre o case come
dolci porti dapprodo; le cime delle colline alte sulla nebbia o loscurit della notte come
certi segni di vita, che talora si mostrano come barche, talora come isole. Questa idea si
perpetuata nella societ contadina e Fenoglio vi attinge anche per altre immagini ricorrenti: ad es. quella del tempo ciclico, scandito dal passare delle stagioni, dei mesi e dei
giorni ed infine di ore, che sono per solo quelle canoniche (alba, mattino, meriggio,
pomeriggio, sera, notte). Il tempo lineare scandito da poche date oggettive, riconosciute da tutta la comunit (ad es. la guerra dAfrica, quella di Spagna, la prima guerra mondiale); per il resto, fatti privati e fatti della comunit diventano date rispetto alle quali
datare altri fatti: ne esempio la guerra partigiana, definita semplicemente lera dei
grandi avvenimenti o allora. la tecnica dellepica e del racconto orale vivo nelle
comunit contadine, lo stesso utilizzato dai cronisti antichi, che - come Fenoglio - raccontano i fatti straordinari di cui sono stati spettatori per trasmettere ai figli e ai nipoti
una filosofia pragmatica che permettesse loro di cavarsela nel grande mare della vita,
altra metafora classica che fondamentale in Fenoglio.
arcaica questa idea dei figli che ripetono il comportamento dei padri e ne perpetuano il ricordo anche nel nome e nel patronimico, come arcaica lidea della vita come
un libro mastro, registro a partita doppia con il dare e lavere, a cui si fa riferimento con
lespressione rendere conto a Dio di quello che si fatto, riferita alla morte; ancora,
arcaica lidea delle prove che un giovane deve superare per diventare adulto, presente anche nel racconto di fate.
Barberi Squarotti ha invece incentrato la sua analisi sulleroe della sconfitta, il protagonista tipico dei testi dellautore di Alba. Leroe epico di Fenoglio perdente in par-
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tenza e non a caso anche il PJ si chiude con un combattimento inutile e perduto e non
narra la disfatta finale dei fascisti e la vittoria dei partigiani, che non avrebbe senso nellepicit antifrastica tipica dellepica moderna. chiaro il riferimento agli angeli del
bene in lotta con quelli del male del poema di Milton, cos come allepica classica (evidente in passi come quello della morte di Tito) di Omero, di Virgilio e a quella di Tasso;
ci sono anche riferimenti a Dante e a Shakespeare. Tuttavia la traformazione radicale
che Fenoglio. compie nella prospettiva con cui rappresenta le gesta dei suoi eroi: non
dallalto di un tempo fermo e assoluto , sorvegliato dagli dei , ma dal basso di una con dizione creaturale di fatica, fango, gelo, fuga (che, allora, ha, dentro, uneco biblica).
Gli eroi moderni del bene sono poveri, vinti, bagnati, raffreddati, infangati, in fuga
continua: ma sono dalla parte del bene, appunto.
Ne abbiamo un saggio in un celebre passo del PJ, alla fine del cap. IV:
Part verso le somme colline, la terra ancestrale che lavrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com grande un uomo quando
nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui part, si sent investito
- nor death itself would have been divestiture - in nome dellautentico popolo
dItalia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere
militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente
pi inebriante la coscienza delluso legittimo che ne avrebbe fatto. Ed anche fisicamente non era mai stato cos uomo, piegava erculeo il vento e la terra.
Sembra, quindi, opinione ormai largamente condivisa che Fenoglio si distacchi per
certi versi dal Neorealismo, a cui - ad unanalisi abbastanza superficiale dei suoi testi sembrerebbe appartenere pienamente.
Se non bastasse lanalisi delle tematiche fenogliane e del modo di affrontarle, ci
confermerebbero questa impressione anche degli aspetti pi tecnici.
Maria Corti e Maria Antonietta Grignani, affrontando unanalisi comparata delle
diverse stesure del PJ, hanno dimostrato come da PJ1 a PJ2 ci sia unevoluzione progressiva dallautobiografia, cio dalla coincidenza tra personaggio e narratore, ad una
prospettiva pi distaccata, oggettiva, epica.
A Luigi Beccaria, invece, si deve la puntuale analisi della lingua di Fenoglio e la
definizione di grande stile, oggi comunemente utilizzata per descrivere la peculiare
maniera di esprimersi di questo autore:
Il grande stile difficilmente definibile in termini linguistici: lo potremmo intende re intanto come unit e totalit di stile monotonale ad alta tensione, buona per parlare
di vortici notturni del vento o di paci edeniche collinari come di un taglio di capelli sotto
Natale, tutto sopra il rigo:
lo fece sedere su uno scanno di legno, prospiciente il tetro greto del torrente e laperta campagna. E stacc un foglio a sentinellare sulla piazza e la figlia a speculare
verso il ponte. Indi sospir e con una sorta di sospirosa furia prese a spogliare
Johnny di grossi, opachi, terragni bioccoli di chioma selvatica, che Johnny mirava
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con acre gioia atterrare sullammattonato, mentre sentiva sulla testa liberata i fieri
morsi della gelida brezza nascente sul torrente ( PJ1 XXXVI 11)
o di una mela immangiabile e di poche nocciole spezzate da Johnny affamato:
Entr nella stanza sottoscala, dove solitamente stavano i prodotti della terra: patate e mele e nocciole. Tutto era stato rapito e spazzato, solo in fondo alla stanza, su
una piramide di torsi di meliga brillava, come un calice, una mela perfetta di
forma e colore. Mosse avanti, felinamente, come se si trattasse di mobile, fuggevole cosa, poi le sue dita artigliarono ed affondarono nel suo pus gelato. La gett
via per la finestra senza vetri e sprizz contro la parete le gocce di gelido, corrotto succo. In un angolo rinvenne alcune nocciole, meno di sei, erano cos secche
che resistevano ai denti e dovette fiaccarle sotto il tacco, con molta rovina e
dispersione (PJ2 XX 6).
Gli esempi citati da Beccaria mostrano chiaramente luso quasi virtuosistico della
lingua da parte di Fenoglio. In essa, oltre a parole e calchi dallinglese, sono presenti
anche francesismi, latinismi, neologismi, termini dialettali e gergali. Leffetto quello
di una prosa di tono elevato, epico appunto.
Un lavoro analogo a quello di Beccaria stato effettuato da Dante Isella , che ha
elencato un campione delle forme notevoli presenti ne Il Partigiano Johnny, sottolineando come in Fenoglio ci fosse una sorta di autocompiacimento per la propria peculiare cifra linguistica e stilistica, che lo distingueva dagli altri scrittori dellepoca e si
opponeva a quellitaliano imposto sin dallinfanzia alla sua generazione dal fascismo in
luogo del dialetto nativo.
Michele Prandi, invece, ha individuato la presenza di modificazioni oblique e di pro cedimenti di deformazione astrattiva ne Il Partigiano Johnny:
un osservatore che guarda un paesaggio di campagna macerato dalla pioggia
libero di vedere i campi fradici oppure la fradicit dei campi [PJ2, VIII, 45: incre dibile era la fradicit dei campi]() la lingua , in quanto tale, indifferentemente dispo nibile alle due formulazioni. Se il parlante preferisce in generale la prima, per ragio ni del tutto estranee al dispositivo formale della lingua: questa formulazione si accor da con gli schemi ontologici che caratterizzano la nostra percezione.() Scegliendo
una formulazione alternativa linguisticamente disponibile - la fradicit dei campi Fenoglio sovverte la prospettiva: il supporto subordinato alla qualit. () Essa pro duce, quindi, al tempo stesso, un effetto interno di stile e un effetto esterno di strania mento.
Al contrario di Beccaria, per, Prandi , come la Corti e la Grignani, pensa che Il
Partigiano Johnny sia unopera della giovinezza, un tentativo poi abbandonato e non
lapprodo finale della maturit artistica. evidente, infatti, la tendenza alla semplificazione del testo, leliminazione progressiva di alcuni aspetti e la conservazione di altri.
Una caratteristica permanente dello stile fenogliano invece la modificazione obli qua, cio luso estroso, estremamente obliquo e spesso ai limiti dellimpertinenza, dei
modificatori - aggettivi qualificativi e avverbi di maniera. Questo effetto ottenuto, ad
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Considerazioni finali
Da questa rapida indagine sullopera e la personalit di Beppe Fenoglio possiamo
dunque trarre alcune conclusioni. Beppe Fenoglio di certo uno scrittore affascinante
per la sua complessit e profondit, la cui lettura indispensabile per cogliere gli aspetti pi veri di un periodo della storia e della letteratura del nostro Paese che - nel bene
e nel male - ha gettato le basi della societ attuale.
Probabilmente se le opere pubblicate postume avessero subto una revisione finale
da parte dellautore, oggi certe pagine non ci sembrerebbero cos ostiche e molte espressioni inglesi sarebbero state sostituite da termini italiani. Sembra evidente, infatti, che
unopera come Il Partigiano Johnny non fosse destinata ad essere pubblicata nella veste
in cui il pur pregevole lavoro dei filologi ce lha restituita. Forse stata davvero soltanto un esperimento giovanile, un serbatoio magmatico di idee da cui lautore ha incessantemente attinto per gli altri suoi lavori; ma, se anche fosse quel grande romanzo che
lautore aveva in serbo di scrivere ed al quale allude in alcune sue lettere, di sicuro nella
sua forma definitiva non sarebbe stato diverso - dal punto di vista linguistico - dagli altri
testi della maturit artistica, come Una questione privata, che hanno ricevuto il consenso della critica e del pubblico. Appare evidente, infatti, anche dal confronto fra le diverse stesure, come la presenza di certe parole inglesi nel PJ non fosse sempre necessaria e
fosse semplicemente un momento intermedio, la testimonianza del passaggio dallingle se mentale della prima stesura ad un italiano complesso ed elaborato che si sforzasse di
tradurre - anche con qualche forzatura - lincisivit della lingua di partenza.
Al di l delle questioni filologiche, che hanno finito, come ha sottolineato Beccaria,
per far passare in secondo piano il valore sul piano contenutistico delle opere di
Fenoglio, oggi questo autore considerato un classico proprio per la piet e lucidit
intellettuale con cui ha affrontato tematiche sulle quali altri erano scivolati nella retorica o nel sentimentalismo. Come intu Calvino, con lui si chiude una stagione della nostra
cultura - il Neorealismo - che molto aveva dato sia alla Letteratura che al Cinema e si
conclude con un autore che in parte si distacca da quanti lo hanno preceduto e che era
rimasto il solo a parlare della Resistenza in un momento in cui essa tendeva ad essere
dimenticata, cancellata, con il suo carico di sofferenza e di miseria, dallottimismo del
boom economico dei primi Anni 60.
Spesso incompreso in vita e costretto talvolta ad umiliarsi per veder pubblicate
le proprie opere, Fenoglio ha ottenuto il giusto riconoscimento dopo la morte e grazie ad opere pubblicate postume ed in forma incompleta ed sempre oggetto di ricerca e di studio. La pi recente scoperta sono le lettere del c.d. Fondo Tanaro, trovate
fortuitamente nel luglio 1968 da un giovane operaio originario di Alba nella soffitta
della casa di Piazza Rossetti dove Fenoglio aveva abitato fino al 1957. Di esse si
salv solo una minima parte, che quelluomo, incuriosito dalla bella grafia e dal titolo Beppe - Appunti partigiani - 44-45 su quei fogli intestati Macelleria Fenoglio
Amilcare - Piazza Rossetti - Alba e con la dicitura carne-prezzo-importo, prese
con s e port nel suo casolare di famiglia dove teneva lattrezzatura da pesca. L
giacquero dimenticati per anni.
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Le ragioni per leggere Fenoglio, dunque, non dovrebbero mancare neanche agli adolescenti del Duemila; infatti:
La grandezza di uno scrittore nella forza della sua parola. Perch solo agli scrit tori e agli artisti concesso un privilegio, direi sacrale, che ne raccomanda il nome
oltre il silenzio del tempo? E perch gli scrittori sanno parlare anche per quelli che non
hanno parola; per tutti quelli che sentono, che vivono, che partecipano di eventi e sen timenti comuni ma che senza di loro non saprebbero esprimere il senso del loro vivere,
la verit grande o piccola di cui ciascuno di noi depositario (Dante Isella).
Cenni biografici
Beppe Fenoglio nasce ad Alba ( Cuneo) il 1 marzo 1922, da Amilcare e Margherita
Faccenda. Trascorre linfanzia nella citt natale e nelle Langhe. Allepoca Alba era una
tranquilla cittadina di provincia, singolarmente caratterizzata da un gran numero di case
di tolleranza. La casa in affitto dei Fenoglio era modesta e si trovava presso la Chiesa.
La sua famiglia era di origini contadine e il padre aveva una macelleria. I suoi genitori - in particolare la madre - non vedevano di buon occhio questo figlio cos studioso
(studiava anche a tavola, mangiando distrattamente con un libro sulle ginocchia) e poco
incline agli aspetti pratici della vita, pur vedendo in lui lunica possibilit di riscatto
sociale. La sorella Marisa ricorda di lui la passione per la musica americana, allora di
moda, e il suo carattere schivo e silenzioso: gli unici segni della sua presenza in casa
erano il fumo delle sigarette, la tosse, il battere dei tasti sulla macchina da scrivere.
Negli anni 40 Fenoglio frequenta il liceo di Alba. Questo un periodo decisivo per
la sua vita futura; infatti in questa scuola che conosce linsegnante di lingue Maria
Luisa Marchiaro che lo indurr ad appassionarsi alla lingua, alla cultura e alla letteratura inglese, fondamentali per la sua formazione di uomo e di scrittore. Legge prima autori del periodo elisabettiano e cromwelliano, poi si occupa anche di autori di epoche successive: Browning, Hopkins, Yeats, Lawrence, Coleridge, Conrad.
Al Liceo ha inoltre come insegnanti Pietro Chiodi (storia e filosofia) e Leonardo
Cocito (italiano), antifascisti e poi partigiani, la cui influenza peser non poco sulla
scelta del giovane Fenoglio di partecipare alla resistenza armata dopo larmistizio
dell8 settembre 1943. In quel momento Fenoglio allievo ufficiale a Roma; ritornato ad Alba, si arruola per un breve periodo nei partigiani delle Brigate Garibaldi (i
rossi) di ispirazione comunista e poi, nel 1944, entra nelle formazioni partigiane
autonome dei Badogliani (gli azzurri) del Comandante Mauri, operando con loro
nel territorio delle Langhe.
Alla fine dellesperienza resistenziale, il reinserimento nella societ difficile per
lui, come per molti suoi compagni. Trova lavoro nella ditta enologica Marengo e conduce unesistenza appartata e schiva, dedicandosi alla letteratura come ad una sorta di
hobby particolarmente impegnativo; emblematiche a questo proposito sono le parole
con cui si esprime in unintervista:
Scrivo per uninfinit di motivi. Per vocazione, anche per continuare un rapporto
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che un avvenimento e le convenzioni della vita hanno reso altrimenti impossibile, anche
per giustificare i miei sedici anni di studi non coronati da laurea, anche per spirito ago nistico, anche per restituirmi sensazioni passate; per uninfinit di ragioni, insomma.
Non certo per divertimento. Ci faccio una fatica nera. La pi facile delle mie pagi ne esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti.
In una lettera a Pietro Citati del 1959 afferma: alla radice del mio scrivere c una
primaria ragione che nessuno conosce allinfuori di me.
Quando nel 1952, agli inizi della sua carriera di scrittore, gli viene richiesta da Italo
Calvino una breve nota biografica per ragioni editoriali, cos si descrive:
Circa i dati biografici, dettaglio che posso sbrigare in un baleno; nato trentanni
fa ad Alba (1 marzo 1922), studente (Ginnasio-Liceo, indi Universit, ma naturalmen te non mi sono laureato) soldato nel Regio esercito e poi partigiano; oggi, purtroppo,
uno dei procuratori di una nota ditta enologica. Credo che sia tutto qui. Ti basta, no?
Mi chiedi una fotografia. Ora, sono sette anni circa che non mi faccio fotografare.
Al 1950 risale la sua prima esperienza come scrittore ma anche la prima delusione,
con il romanzo breve La paga del sabato; Vittorini, infatti, lo rifiuta e gli suggerisce di
ricavarne alcuni racconti. Lopera uscir postuma nel 1969 presso leditore Einaudi.
Nel 1952 Fenoglio pubblica il suo primo libro per leditore Einaudi, I ventitre gior ni della citt di Alba, nella prestigiosa collana I gettoni, riservata a giovani scrittori esordienti e diretta da Elio Vittorini. Nel 1954 arriva unaltra delusione: Fenoglio pubblica
per leditore Einaudi La malora, ma sul risvolto di copertina compare il giudizio poco
lusinghiero di Vittorini, che lo accosta riduttivamente ai provinciali del naturalismo di
fine 800, i Faldella, i Remigio Zena, accusandolo implicitamente di aderire ad una sorta
di Neorealismo di maniera. Fenoglio ne Il Diario commenta: Debbo constatare da per
me che sono uno scrittore di quartordine. Non per questo cesser di scrivere, ma dovr
considerare le mie future fatiche non pi dellappagamento di un vizio.
Nel 1955 Fenoglio pubblica sulla rivista Itinerari la traduzione de La ballata del
vecchio marinaio di Coleridge, che uscir postuma in volume da Einaudi nel 1964, e
verr ristampata nel 1966.
Nel 1959 pubblica per Garzanti il romanzo Primavera di bellezza (con cui nel 1960
vince il premio Prato) e numerosi racconti su riviste, che poi appariranno nel volume
postumo Un giorno di fuoco.
Nel 1962 vince il Premio Alpi Apuane per il racconto Ma il mio amore Paco,
apparso nel numero 150 della rivista Paragone e poi incluso in Un giorno di fuoco.
Ammalatosi di tumore ai bronchi, dopo una breve quanto inutile terapia, muore
nella notte tra il 17 e il 18 febbraio 1963. Nello stesso anno riceve postumo il Premio
Puccini - Senigallia e vengono pubblicati postumi in volume unico i racconti Un giorno
di fuoco e il romanzo breve Una questione privata.
Nel 1968 viene pubblicato il romanzo Il Partigiano Johnny, ricostruito da
Lorenzo Mondo.
Nel 1969 viene pubblicato La paga del sabato a cura di Maria Corti.
Nel 1973 viene pubblicato Un Fenoglio alla prima guerra mondiale a cura di
G. Rizzo.
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Nel 1978 esce presso Einaudi ledizione critica delle opere, diretta da Maria Corti.
Nel 1992 esce presso Einaudi - Electa Gallimard ledizione dei Romanzi e racconti
curata da Dante Isella, comprendente la versione de Il Partigiano Johnny attualmente
pi utilizzata e pubblicata anche in edizione economica con un saggio sulla lingua del
romanzo.
Nel 2002 Einaudi, in collaborazione con la Fondazione Ferrero di Alba, pubblica le
Lettere 1940 - 1962, a cura di Luca Bufano.
Nota bibliografica
Tutti i testi di Beppe Fenoglio sono editi da Einaudi e disponibili anche in edizione economica.
M. CORTI, Metodi e fantasmi, Trittico per Fenoglio, Milano, Feltrinelli, 1969
G. PAMPALONI, La Nuova Letteratura, in AA.VV., Storia della Letteratura Italiana. Il Novecento, Milano Garzanti,
1969, pp. 863-866
M. CORTI, Basteranno dieci anni?, in Strumenti critici, febbraio 1971, pp. 99-102
W. MAURO, Invito alla lettura di Beppe Fenoglio, Milano Mursia, 1972-83
S. GUGLIELMINO, Guida al Novecento, P.I/ 304 ss., Milano Principato, 1974
G. FALASCHI, Beppe Fenoglio, in La resistenza armata nella narrativa italiana, Torino Einaudi 1976, pp. 152-196
M. A. GRIGNANI, Virtualit del testo e ricerca della lingua da una stesura allaltra de Il Partigiano Johnny, in
Strumenti critici, ottobre 1978, pp. 275-331
M. GUGLIELMINETTI, Beppe Fenoglio, in AA.VV., Letteratura Italiana, Novecento, Milano Marzorati, 1980, pp.
6814-6836
M. CORTI, Realt e progetto nel Fondo Fenoglio, ibidem, pp. 6837-6847
G. L. BECCARIA, La guerra e gli asfodeli. Romanzo e vocazione epica di Beppe Fenoglio, Milano, Serra e Riva,
1984
G. FALASCHI, Lisola, il calendario, i due libri mastri, in AA.VV., Fenoglio a Lecce, Atti dellincontro di studio su
Beppe Fenoglio (Lecce 25- 26 novembre 1983), Firenze Olshky, 1984, pp. 9-21
M. A. GRIGNANI, Generi romanzeschi e punto di vista in Fenoglio, ibidem, pp. 35-46
G. L. BECCARIA, Il Grande Stile di Beppe Fenoglio, ibidem, pp. 167-221
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Milano Mursia 1991, pp. 13- 32
G. BARBERI SQUAROTTI, Leroe, la citt, il fiume, ibidem, pp. 33-62
M. PRANDI, Procedimenti di deformazione astrattiva ne I Partigiani, ibidem, pp. 174-184
G. C. FERRETTI, Calvino lettore di Fenoglio, ibidem, pp. 252-260
G. GRASSANO, Dieci anni di critica su Fenoglio, ibidem, pp. 261-286
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92
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L. MONDO, Introduzione al Convegno, in AA.VV., Beppe Fenoglio 1922-1997, Atti del Convegno, Alba, 1997
G. BECCARIA, Fenoglio, un classico del nostro secolo, ibidem
D. ISELLA, La nuova fortuna di Fenoglio, ibidem
M. FENOGLIO FAUSSONE, Beppe Fenoglio, mio fratello, ibidem, pp. 287-291
M. VENTURI, Fenoglio e i vittoriani, ibidem, pp. 292-293
R. LUPERINI, La scrittura e linterpretazione, III, 3, pp. 417 ss., Firenze, Palumbo, 2001
L. BUFANO (a cura di) Beppe Fenoglio, Lettere 1940-1962, Torino, Einaudi, 2002
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97
Verbi:
Avverbi:
Composti:
(Ital-ingl o ital-ital)
amante-mortale calma
bassaterra (lowland)
Participio presente:
occhi-sgranato
silente-espressiva ammirazione
company-making febbriciattola
cittadinalike
aperta campagna deutschless
vento-ravaged
teatro-seeing
terra sfacentesi nellumido buio
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impensosa, inaiutante, inallusivo, inapparire (i fascisti continuavano ad inapparire), non ridente, non saziet
uniformati (in uniforme, da uniformed)
bassotravata (la stanza dellosteria bassotravata)
disumanata (faccia disumanata)
malesserato (Io mi sento molto sporco e malesserato)
Costruzioni sintattiche
Participio
presente + sostantivo:
Articolo+determinaz.
attributiva
+sostantivo:
era un molto volitivo ma alquanto corto di gamba aviatore
venne soddisfatto dal giovane, vivace, buono a tutte le mani
cameriere
Costruzioni con
spostamento
della preposizione:
A + infinito
(come il to +
infinito ingl.)
Ma doveva stare agli ordini e attendere contrordini, a giunge re chiss quando e come
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La selezione di esempi che segue stata tratta dai primi tre capitoli del romanzo Il
Partigiano Johnny e rappresenta un tentativo senza pretese di lettura consapevole
degli inserimenti in alcune pagine del romanzo:
saliva suo padre, for several requests annotations e riferirgli le notizie locali
+ Se non vuoi pensare a te, pensa a noi, a tua madre: she agonized these last days
! La voce pitched, ispirata
La non-joy del suo[del padre di Johnny] cammino
+ a fine Settembre la trentenne natura si contorceva nei fits della menopausa
* Sedeva sulla cheap sedia di vimini
+ nella discreta luce del rapidly-decaying pomeriggio
!
!+
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*
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*
*
!
*
!
!+
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Nota bibliografica
D. ISELLA, La lingua de Il Partigiano Johnny. Saggio introduttivo a Beppe Fenoglio, tratto dal volume B. Fenoglio,
Romanzi e Racconti, Einaudi, Torino, 1992
W. MAURO, Invito alla lettura di Fenoglio, Mursia, 1972
M. PIETRALUNGA, Due scrittori piemontesi e larte del tradurre, Florida State University, 1993
M. PIETRALUNGA, Beppe Fenoglio e la letteratura inglese: lesaltante fatica del tradurre, Torino, Allemandi, 1992
G. SILVESTRINI, Lepopea de Il Partigiano Johnny, in Lisola del tesoro, rivista di cinema e letteratura
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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In piena et fascista, negli Anni Trenta, la cultura italiana ebbe come una illuminazione improvvisa: dun tratto, un pugno di intellettuali che ben si possono dire davanguardia mise il naso fuori del fortino autarchico della letteratura allineata per volgersi
a nuove sorgenti dinteresse che finalmente sprovincializzassero, anche sul piano civile,
la nostra cultura, boccheggiante tra disimpegno, accademismi di maniera, prosa darte e
poesia pura.
Non che fossero mancate, naturalmente, altre voci discordi, nei primi trentanni del
secolo ventesimo, ma certo di scrittori di dimensione internazionale ne erano passati
pochi, sulla nostra scena letteraria, in grado di ritagliarsi uno spazio autonomo rispetto
alla ormai logora tradizione culturale e soprattutto rispetto alle veline di regime.
Pirandello e Svevo su tutti: ma il primo ebbe col regime un rapporto ambiguo, spesso
compromissorio, dettato dalla sua sostanziale indifferenza per le ideologie e in genere
per le dottrine che pretendono, pi o meno sinceramente, di costruire societ nuove; il
secondo, poi, rest sconosciuto fino al 1923, anno di pubblicazione de La Coscienza
di Zeno, e raggiunse fama stabile, sia in Italia che allestero, solo molto pi tardi e ben
dopo la sua tragica morte.
Forse i futuristi: che per, a parte gli esiti modesti della creazione letteraria, nellansia dello svecchiamento menarono indiscriminati fendenti che li portarono presto ai
limiti di uno sterile velleitarismo, immediatamente strumentalizzato dal fascismo.
Quanto ai poeti, pi duno andava elaborando poetiche nuove fondate su tecniche altrettanto innovative, ma i pi interessanti restavano chiusi - ancora? - nelle loro riflessioni
esistenziali e universalistiche, o deliberatamente assumendo posizioni di distacco orgoglioso (come Montale) o cedendo, per motivi vari, a compromessi ancora una volta
ambigui (come Ungaretti, di cui ledizione del 1923 de Il porto sepolto - poi confluita
ne Lallegria - usc con la prefazione di Mussolini).
E in genere gli intellettuali italiani, quasi tutti, non riuscirono a scrollarsi di dosso le
prospettive soffocanti della cultura ufficiale, pur magari per generosit dintenti,
restando ingenuamente, improvvidamente miopi di fronte alla pianificazione di regime:
lo stesso Vittorini, che pure fu tra gli animatori del risveglio, fu lungamente fascista di
sinistra (e con lui Bilenchi e Pratolini), e tanti (fior di nomi: Pavese - un altro di quegli animatori - Pratolini, Guttuso, Gatto) risposero comunque positivamente, a guerra gi in corso, al tentativo di Bottai e del suo Primato di riassorbire il dissenso intellettuale in nome del superiore interesse della Cultura e del comune ruolo ideologico!
E invece unilluminazione improvvisa, s detto. Forse fu solo uno squarcio, in
verit, e infatti fu in fondo assorbito con buona disinvoltura dalla stessa cultura ufficiale e perfino a livello politico, ma i pi avveduti (soprattutto Pavese, il giovanissimo
Pintor e il pur contraddittorio Vittorini) intuirono la strada giusta e la indicarono: fu cos
che nacque e attecch, nonostante il terreno infecondo, il mito americano.
Era un mito potenzialmente eversivo, certamente; e i suoi due principali promotori,
Pavese e Vittorini, che lo sapevano bene, lo lanciarono sulla scena della cultura italiana
provocatoriamente, anche se entrambi soltanto in nome della difesa dei valori dellumanesimo che la rozza barbarie del tempo presente e la stanchezza del mondo occidentale stavano uccidendo. Fu una battaglia di civilt, insomma, e solo indirettamente poli-
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tica, poich vedeva nella cultura il baluardo morale e civile da opporre al nefasto degrado dei tempi. Ebbene, Pavese e Vittorini identificarono in quella americana la nuova
civilt da innestare in Europa perch restauratrice dei valori umanistici, di un umanesimo popolare, democratico, libertario; Giaime Pintor, poi, ancor pi chiaramente indic
il senso della scoperta: in un saggio del 43 che recensiva assai positivamente lantologia Americana di Vittorini, dal significativo titolo La lotta contro gli idoli, egli
contrapponeva alla tradizione europea la civilt americana, scrivendo: Grava sulla
civilt americana la stupidit di una frase: civilt materialistica. Civilt di produttori:
questo lorgoglio di una razza che non ha sacrificato le proprie forze a velleit ideologiche e non caduta nel facile trabocchetto dei valori spirituali; ma ha fatto della tecnica la propria vita, ha sentito nuovi affetti nascere dalla pratica quotidiana del lavoro
collettivo e nuove leggende sorgere dagli orizzonti conquistati (1).
Una posizione ideale non molto lontana dallumanesimo scientifico di cui parler
poco pi tardi proprio Vittorini sul suo Politecnico, indicandolo come unica strada percorribile per un vero rinnovamento della cultura europea. Lo stesso Pintor, nella conclusione del succitato saggio, aggiunge: Nelle nostre parole dedicate allAmerica molto
sar ingenuo e inesatto, molto si riferir ad argomenti forse estranei al fenomeno storico USA e alle sue forme attuali (2).
Ma poco importa: perch, anche se il continente non esistesse, le nostre parole non
perderebbero il loro significato. Questa America non ha bisogno di Colombo, essa scoperta dentro di noi, la terra a cui si tende con la stessa speranza e la stessa fiducia dei
primi emigranti e di chiunque sia deciso a difendere a prezzo di fatiche e di errori la
dignit della condizione umana (3).
Non una condanna strettamente politica, come si vede, ma comunque esplicita
verso quei valori - o meglio, controvalori - degli idoli culturali europei che avevano condotto lEuropa, e segnatamente la Germania che vi si era identificata come guida, sullorlo dellabiezione morale e civile.
Sulla spinta della scoperta americana, lanciata da Pavese con un saggio su Sinclair
Lewis pubblicato su La Cultura nel novembre del 1930, molti furono gli intellettuali
che si lasciarono stuzzicare dalla curiosit per la cultura e la civilt contemporanee del
Nuovo Mondo: da Soldati a Vittorini, appunto, da Cecchi a Prezzolini, da Barzini jr.
a Piovene, da Calvino alla Pivano: unondata che dagli anni Trenta si spinse fino ai tardi
anni Sessanta, seguendo tracce danalisi diverse, naturalmente, e giungendo a conclusioni, altrettanto naturalmente, assai variegate.
Non si pu ritenere un caso che molti degli scrittori che parteciparono alla scoperta dellAmerica furono anche i protagonisti, almeno inizialmente, di quella che sar la
stagione del Neorealismo. Come sostiene la Vitzizzai, nel secondo dopoguerra gli intellettuali italiani, nel generale clima di rinnovamento collettivo, sociale e morale, cercarono di recuperare una dimensione pi ampia della loro funzione, tesa, ora, ad ottenere una convalida sociale, operazione che si traduce in una manifesta volont di adesione alla realt della societ italiana con i suoi problemi di miseria e di arretratezza lItalia del proletariato urbano e contadino, della guerra e del dopoguerra, i problemi del
sud, loppressione sociale - e nella ricerca di una ristrutturazione del linguaggio lettera-
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stesso era finito miseramente in se stesso, ripetutosi, esauritosi spontaneamente, lasciandosi attorno il disgusto persino della parola. [] LEstetica di Croce ci lasciava freddi
come una stella notturna, lontana nel ricordo e nellastronomia letteraria; nessuno aveva
del resto bisogno di canoni artistici ma di una realt palpabile, sicura, una terra a cui saldamente attaccarsi. [] Prezzolini, la Voce, non insegnavano nulla. [] Oggi un poco
guardiamo a Verga. Ma certo che Verga abbia potuto influire, con la sua riservata arte
narrativa, sulla formazione del nostro temperamento? [] Di DAnnunzio non possiamo non sentirci migliori; [] ma da Verga lontani, diversi. [] Allora la letteratura dei
giovani [] nata da un incontro fortunato e peregrino della nostra pi pura originalit
grammaticale con la grande tradizione europea (10).
E anche Pavese, parlando della sua opera, cio del suo lavoro letterario, in unintervista alla radio concessa in quello stesso anno 1950 che doveva tragicamente essere il suo ultimo, dice: Questopera, cominciata scontrosamente in pieno periodo
ermetico e di prosa darte, quando il castello della chiusa civilt letteraria italiana resisteva imperterrito ai venti gagliardi del mondo, non ha sinora rinunciato alla sua ambigua natura, allambizione cio di fondere in unit le due ispirazioni che vi si sono
combattute fin dallinizio: sguardo aperto alla realt immediata, quotidiana, rugosa,
e riserbo professionale, artigiano, umanistico - consuetudine coi classici come fossero contemporanei e coi contemporanei come fossero classici, la cultura insomma intesa come mestiere (11).
Del disagio di Pavese parla anche Fernandez: [] lungi dal trovarsi a suo agio nellambito della cultura e della tradizione europee, Pavese vi soffoca. Vi soffoca perch il
fascismo ha sterilizzato in Italia questa cultura e questa tradizione, ma anche e forse in
primo luogo perch lEuropa, anche senza fascismo, gli sembra non possa pi rispondere ai nuovi problemi che si pongono alluomo moderno (12).
Da qui, da questo bisogno di sprovincializzazione, e di rinnovamento della letteratura, si colloca lintenso impegno culturale di Vittorini e Pavese, soprattutto, che
mosse nella duplice direzione del confronto con la cosiddetta letteratura europea della
crisi (Proust, Joyce, Kafka, Virginia Woolf) e delle traduzioni della narrativa nordamericana, specialmente di quella impegnata nel filone sociale e populista (Lewis, Dreiser,
Steinbeck, Faulkner, Caldwell, ecc.) (13).
S gi detto, comunque, come la critica abbia oggi intuito quanto questo tipo di
opposizione antifascista restasse allinterno di un orizzonte ideologico essenzialmente
umanistico, nei limiti di un discorso riferito ai valori metastorici della Cultura e
dellUomo, i limiti, daltra parte, di una formazione culturale e ideologica che di tutta
una generazione nutrita dellidealismo di Croce e di Gentile (Vitzizzai) (14). E ancora,
sempre in Vitzizzai: si tratt di una generica avversione nei confronti della dittatura, in
nome di ideali e valori propri della tradizione liberale-democratica, di una reazione
istintiva, di gusto, contro la volgarit e la retorica di cui si ammanta[va]no le manifestazioni del regime (15).
Insomma, latteggiamento culturale anche dei migliori intellettuali italiani non riusc mai a sostanziarsi di una reale consapevolezza storica del significato dellesperienza
antifascista, per quanto riguarda cio lespressione di una consapevolezza delle ragio-
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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ni storiche della dittatura e il superamento perci di unideologia umanitaria universalistica (16). E siccome i migliori intellettuali italiani degli anni Trenta furono anche i
primi e forse ancora i migliori neorealisti del dopoguerra, ecco che limiti del neorealismo e limiti del mito americano finiscono per confondersi, perch originati in fondo
dalle stesse radici, morali pi che politiche: Nel discorso neorealista, indirizzato per lo
pi alla rivendicazione di una generale giustizia e fratellanza umana, si rilevano i limiti
della coscienza politica del movimento, il quale, davanti alla complessit sociale della
nuova realt italiana, non riesce ad andare oltre alle formulazioni di un impegno genericamente progressista e antifascista, vissuto in una direzione prevalentemente moralistica e sentimentale (Vitzizzai) (17).
Quando si parla di umanesimo, per, occorre intendersi. Perch diverso lumanesimo in cui credettero, pur su posizioni diseguali, un Cecchi e un Praz, e diverso lumanesimo che personaggi come Pavese, Vittorini e Pintor discussero e, fondamentalmente, rivitalizzarono. E qui il discorso, pur sempre partendo da una riflessione culturale, scende finalmente anche sul terreno del dibattito politico, o almeno ideologico. Un
tempo - scrive Pavese - esisteva in Italia una cultura umanistica che diede lavoro e
dignit alla classe che laveva promossa nel corso della sua costituzione in classe dirigente. A questa cultura, signori, ecclesiastici, nobili e infine borghesi credettero come a
un comune ideale.
Le humanae litterae rappresentarono un campo di lavoro che signific ragione di
vita per questa gente. Esse sono tuttora la base della cosiddetta scuola classica.
Tuttavia, continua Pavese, tranne pochi specialisti, e forse un certo numero di
ecclesiastici, chi riesce pi oggi, nei nostri mutati rapporti di classe, a proporsi nella vita
come serio, come utile, come esauriente, lideale dello studio umanistico, delluomo
umanistico? Eppure esso il termine ideale della cultura che simpartisce nelle nostre
scuole. Ma quanto decaduto e, come tutte le cose inutili, incarognito! Non difficile
dimostrare che proprio gli elementi umanistici di questa sua ormai superficiale cultura
furono laddobbo festaiolo che permise alla borghesia italiana di ritrovarsi e compiacersi nella baracca del fascismo (18).
Beninteso, Pavese si riconosce una base culturale profondamente classica, e di essa
ritiene non si debba e non si possa fare a meno. Gi s visto come, nella citata intervista alla radio datata 1950, egli parlasse della sua consuetudine coi classici come fossero contemporanei; nella stessa intervista, pi oltre, parlando del nuovo ruolo dellintellettuale, cui spetta il compito di impartire alle masse future, che ne avranno bisogno,
una lezione di come la caotica e quotidiana realt nostra e loro pu essere trasformata in
pensiero e fantasia, ribadisce che per far questo, va da s che sar necessario non essere sordi n allesempio intellettuale del passato - il mestiere dei classici, - n al tumulto
rivoluzionario, informe, dialettale, dei nostri giorni.
Perci Pavese am particolarmente, tra le sue opere, i Dialoghi con Leuc, costruito di rapide battute dialogiche fra i due protagonisti di un mito classico, veduto e interpretato nella sua problematica e angosciosa ambiguit, penetrato nel suo ncciolo
umano, spogliandolo di ogni bellurie neoclassica e trattandone i protagonisti come bei
nomi carichi bens di destino ma non di un carattere psicologico a tutto tondo (19).
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E nella stessa pagina, parlando di s in terza persona: Prima che italiane le sue letture sono classiche e poi sovente straniere, e gi a stilare una lista di autori a lui pi o
meno cari, da Erodoto a Omero a Sofocle, da Shakespeare a Vico e fino a Melville (20).
Sulla stessa lunghezza donda si trova Vittorini, tanto critico verso il vecchio
umanesimo quanto fautore di un nuovo umanesimo della scienza. Se, infatti, da una
parte ritiene che lumanesimo letterario persiste nella difesa di modelli superati (Come
residuo del modello classico di cultura, lumanesimo ormai la cultura di una stirpe che
vive - pur ancora controllando, sotto specie politica, il presente - ad esemplificazione del
passato, tra fantasmi di piante scomparse, fantasmi di animali scomparsi, in funzione di
una umanit e di una societ ancora esistenti come modelli formali, ma in realt prive di
contenuto), dallaltra, distinguendo appunto lumanesimo letterario dallumanesimo
della scienza, afferma la sua concezione della cultura come attivit autonoma, ma
costantemente protesa verso il rinnovamento, e perci non avulsa dal corso della storia
e dal progresso della scienza; a suo giudizio, dunque, la prima cultura, lUmanesimo,
che ha rifiutato la scienza fin dallinizio (addirittura fin dal tempo di Galileo), e labisso si approfondito: solo la scienza rimane protagonista ed agente del mondo nuovo, ed
capace di sollecitare anche per suo conto un nuovo umanesimo (21).
Il fatto che per Vittorini importante una cultura aperta alle necessit del progresso ma non strumentalizzata, valido soprattutto limpegno naturale dellartista capace di risonanza nel tempo, e quindi di efficacia nel tempo. In varie occasioni, parlando
dei libri che contano, Vittorini, da moralista e da critico militante qual , ribadisce che
i libri che contano e gli autori che contano sono [] quelli che simpegnano nel discorso sulluomo, che agitano una viva problematica morale. Un alto concetto della letteratura e della poesia sostiene perci le sue pagine.
Ma la coscienza poetica non facolt devasione dai problemi, di astrazione nel
senso del disimpegno, in Diario in pubblico si legge: una nuova presa di coscienza
poetica pu verificarsi solo in chi abbia bevuto alla feccia il miele e lassenzio della
coscienza contemporanea. Tornando, sul Politecnico (nn. 33-34 del 1946), a parlare di
letteratura americana (vi cominci a pubblicare un profilo storico mai poi condotto a termine), Vittorini ne rivela una tensione morale violentissima, un carattere costante di
modernit: Tutte le altre letterature conservano, pur nei loro aspetti contemporanei,
caratteri umanistici e medioevali.
Scriverne [] scrivere anche dellumanesimo e del medioevo, mentre scrivendo
dellamericana si scrive soltanto dellet moderna e si pu isolare la modernit in se
stessa, coglierla come tale, studiarla come soltanto tale. Il rilievo dato da Vittorini ad
autori come Poe, Hawtorne, Melville il rilievo dato al tema delluomo in cerca di salvezza, di purezza (22).
Il pi lucido, forse, tra gli intellettuali italiani degli Anni Trenta - Quaranta fu per
Giaime Pintor; se non altro, quello che ha lasciato il maggior rimpianto, per le enormi
potenzialit purtroppo rimaste pressoch inespresse a causa della precoce morte, a soli
24 anni, su una mina tedesca, nel 1943. Germanista di vaglia nonostante la giovanissima et, traduttore notevole di letteratura tedesca, fine critico letterario e teatrale e collaboratore di numerose riviste (Campo di Marte, Letteratura, Oggi, Primato), allo scop-
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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pio della guerra fu mandato sul fronte occidentale e fece parte del comitato di armistizio con la Francia e della missione militare italiana presso il governo di Vichy (gennaio
1943); dopo l8 settembre partecip alla difesa di Roma contro i Tedeschi, quindi si rec
al Sud per arruolarsi nellesercito inglese. Il comando militare britannico voleva affidargli compiti di propaganda e comunque attinenti con la sua esperienza di intellettuale e
diplomatico, ma lui rifiut: si trovava a Brindisi dovera stanziato il governo Badoglio
quando, nel novembre 1943, decise di passare le linee, per raggiungere le forze partigiane, organizzarne la resistenza nel Lazio anche in base ad incarichi e istruzioni del
comando alleato, e comunque impegnarsi direttamente nella guerra. Mor subito, senza
mai combattere, mentre attraversava le linee.
La sua parabola intellettuale esemplare, perch esprime in estrema sintesi tutte le
tappe della svolta che Pavese e Vittorini maturarono nel corso di molti anni, attraverso dubbi e ripensamenti, incongruenze, polemiche, dibattiti e anche crisi rovinose (come
quella che port Pavese al suicidio, per esempio). La guerra, per Pintor, fu uno shock
violento e improvviso, che gli cambi decisamente la vita e gli illumin la coscienza. In
una famosa lettera che egli scrisse al fratello Luigi, da Napoli, prima di partire per il suo
ultimo viaggio (23), Pintor spiega le ragioni della sua scelta, finendo per tracciare, a partire dalla sua, una radiografia della situazione pi o meno generale degli intellettuali italiani di quegli anni: Senza la guerra io sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari [].
Altri amici, meglio disposti a sentire immediatamente il fatto politico, si erano dedicati da anni alla lotta contro il fascismo. Pur sentendomi sempre pi vicino a loro, non
so se mi sarei deciso a impegnarmi totalmente su quella strada: cera in me un fondo
troppo forte di gusti individuali, dindifferenza e di spirito critico per sacrificare tutto
questo a una fede collettiva. Soltanto la guerra ha risolto la situazione, travolgendo certi
ostacoli, sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a contatto con un mondo inconciliabile. [] Una giovent che non si conserva disponibile,
che si perde completamente nelle varie tecniche, compromessa.
A un certo momento gli intellettuali devono essere capaci di trasferire la loro esperienza sul terreno dellutilit comune, ciascuno deve sapere prendere il suo posto in una
organizzazione di combattimento. [] Musicisti e scrittori dobbiamo rinunciare ai
nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti. Contrariamente a quanto afferma
una frase celebre, le rivoluzioni riescono quando le preparano i poeti e i pittori, purch
i poeti e i pittori sappiano quale deve essere la loro parte. [...] Quanto a me, ti assicuro
che lidea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo (24);
non ho mai apprezzato come ora i pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore e un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilit un mediocre partigiano. Tuttavia lunica possibilit aperta e laccolgo.
La coscienza dellinerzia della cultura italiana (e anche tedesca), la crisi dei valori
dellumanesimo tradizionale, lesigenza di una diversa e maggiore adesione alla realt e
della fondazione di nuovi valori umani sono alla base anche del suo gi citato saggio
sulla civilt americana (La lotta contro gli idoli, poi confluito nella raccolta postuma Il
sangue dEuropa) che risale al 1943; stigmatizzando latteggiamento degli antiquati
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sostenitori (qui, in particolare, tedeschi) del mediocre estetismo umanistico, Pintor scrive: Il fascino del deserto, lesotismo, il cielo azzurro dItalia restano i limiti di una poetica che da oltre un secolo basta a nutrire questi irriducibili filistei: nessuno di loro ha
capito che una fabbrica della periferia di Berlino pu essere non meno natura degli
scogli di Capri e che una finestra intravista dalle vetture dellU. Bahn ha molto pi diritto a essere ammirata di un point de vue riconosciuto, come nei giardini barocchi.
Luniverso romantico, questo pericoloso giocattolo per uomini difesi da una superiore ironia, passato tale e quale nelle mani dei nipoti, ridotto a una formula comune e
venerato come un oggetto da museo. [] Cos lestetica romantica agisce come un
ingorgo nello sviluppo di una libera sensibilit e la politica romantica copre col suo
equivoco la sostanziale incertezza di un popolo cresciuto attraverso prove durissime, ma
a cui sempre mancata una certa esperienza politica (25).
Da qui, per contrasto, il riconoscimento della vitalit americana: LAmerica non ha
cimiteri da difendere. In questa lotta contro gli idoli pu riconoscere la sua missione:
nella lotta contro i gentili che continuamente riproducono il loro errore e oppongono
alluomo unortodossia o un rito, una macchina politica o dottrinale (26).
Questo lumanesimo progressista. Ma ci fu, in quegli anni, anche un umanesimo
conservatore, arroccato cio nella difesa dei valori della tradizione umanistica pi classica, e perci poco o nulla disponibile a riconoscere le mutate esigenze dei tempi, che
richiedevano evidentemente anche un cambiamento nel punto di vista, nellatteggiamento e nel ruolo degli intellettuali e della cultura, fino ad investire il significato stesso della
parola civilt.
Accadde cos che entrambi gli schieramenti, ugualmente dotati di forte spirito critico e intuito letterario, si accorsero delle prorompenti novit che in qualche modo giungevano dallAmerica e non le ignorarono nonostante la scarsa simpatia del regime, ma
gli uni le accolsero con entusiasmo facendone la bandiera di un mondo nuovo e di un
uomo nuovo, gli altri le respinsero con sdegno in nome della salvaguardia dellumanesimo europeo.
Alfieri di questa tenace difesa della tradizione furono molti fini letterati, provenienti sia dal giornalismo letterario che dal mondo ufficiale della cultura universitaria.
Anzi, in verit, la prima raccolta di saggi dedicati ad autori americani contemporanei fu pubblicata nel 1932 proprio da un conservatore, Carlo Linati, col titolo Scrittori
amgloamericani doggi; la raccolta ebbe una discreta risonanza e fu recensita favorevolmente da Alessandra Scalero su Leonardo del giugno 1932, ma la sua tesi era fondata
sulla contrapposizione tra la ricchezza e lantichit della cultura europea e lincultura
americana.
Pronta fu la stroncatura del libro da parte di Pavese! Clemente Fusero, nellottobre
1937, pubblic su Frontespizio un saggio dal titolo Del romanzo americano: vi critica
negativamente i romanzi americani contemporanei, e particolarmente Hemingway, che,
secondo lui, non fanno che esprimere il disorientamento e la folle frenesia di gente che
ha perduto ogni concezione normale della vita!
Per i tipi di Einaudi usc poi, nel 1938, un altro saggio sulla cultura americana, La
cultura americana e lItalia di Angiolina La Piana, che ribaltava del tutto la questione:
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no da riconoscimenti di stima laddove egli ritenne che quella letteratura avesse offerto
un contributo effettivo al progresso delle lettere. Diversa la posizione di Emilio Cecchi,
che intervenne una prima volta nella questione nel 1935 con una raccolta di Scrittori
inglesi e americani, e che fu certamente il pi battagliero, il pi fiero avversario della
letteratura americana contemporanea.
Quando apparve il suo libro pi importante, America amara, che aveva anchesso la
veste del reportage, era il 1940, e anche a causa del peso del prestigio del suo autore,
il pi importante esponente della cosiddetta prosa darte, ebbe una notevole risonanza,
non solo nel mondo della cultura per cos dire ufficiale. Quanto ai contenuti, anche ideologici, illuminante appare il giudizio, ancora una volta, di Giaime Pintor, che, nel ritenere il libro il primo saggio importante delle reazioni della nostra intelligenza alle
forme ormai mature della cultura americana, aggiunge: America amara un libro
esemplare. Puro di linguaggio come pochi scrittori europei e sensibile al valore della
parola attraverso una sottile educazione letteraria, Cecchi porta con s i limiti della
regione: subisce lo spazio come un ostacolo invalicabile.
La Toscana, questa regione troppo civile, presente in ogni suo giudizio, e le figure ormai consuete del paesaggio toscano sono il limite di ogni altra terra. Viaggiatore
instancabile, egli uno degli uomini meno capaci di adattarsi alle sorprese del viaggio,
uno dei pi ostinatamente rinchiusi nei pregiudizi di una sola patria. Accanto a questa
inferiorit geografica Cecchi trattenuto nel suo giudizio politico da unaltra remora: la
caratteristica inettitudine della sua generazione a comprendere tutti quei valori che sfuggono allapprezzamento estetico, la tendenza a convertire i fatti del costume in pura
curiosit e le situazioni sociali in moti della fantasia. [] Cecchi ha raccolto scrupolosamente un museo di orrori, dove ha isolato malattie e decadenza e riconosciuto un
mondo a cui impossibile prestar fede ( 27).
In realt Cecchi non pu rendersi conto [] del valore prezioso carico di spezie e
di oro che i nuovi vascelli hanno riportato dallAmerica. Egli si accanisce nella sua critica ai narratori americani su discutibili motivi filologici per giustificare quella che
prima di tutto una incompatibilit esistenziale: lincompatibilit di chi cresciuto nellaria condizionata con i liberi terreni dAmerica e di chi ha confessato troppo francamente il proprio rispetto dei carabinieri a cavallo per poter comprendere gli impulsi e
le reazioni di una folla in tumulto (28).
Gli stessi limiti regionalistici sottolinea Fernandez: I fautori della supremazia culturale europea, gli avversari del mito, provengono dalle due pi antiche fortezze della
cultura italiana, Cecchi da Firenze e Praz da Roma. I creatori del mito, invece, provengono dalle regioni periferiche: Pavese dal Piemonte e Vittorini dalla Sicilia (29).
Del resto, Fernandez rileva che gi Pavese se nera accorto, e ne cita una pagina del diario (5 marzo 1948): Sfuggono [allalessandrinismo della scuola romana]
gli estremi, Sicilia e Piemonte, che fascisti non furono e simbarbarirono e scoprirono oltremare - Vittorini e Pavese. E Fernandez aggiunge: il solo viaggiatore del
ventennio a entusiasmarsi per gli Stati Uniti Giuseppe Antonio Borgese, un altro
siciliano. E Giaime Pintor, che porter il mito al suo apogeo, un sardo. Tutto si
svolge come se, a mano a mano che ci si allontana dalla cittadella della tradizione
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avrebbe voluto. Lavorava tanto, per mandare avanti il nostro garage; e il suo solo, vero
divertimento era quando poteva andare con laeroplano), Cecchi commenta: Con un
freddino alla schiena, leggevo queste parole della donna, e pensavo che il giornalista
[che laveva intervistata] avesse voluto fare del Faulkner E la verit che, in America,
si pu trovare del Faulkner in natura, cos, belle pronto [proprio quello che sarebbe piaciuto a un Pavese! n.d.r.]. Si immaginino questi scrittori risoluti a battersi duramente,
proprio come un Kling ed un Haines; non frastornati da scrupoli e pastoie duna austera tradizione secolare, incoraggiati a pi osare dalle piccole minoranze inquiete, eccentriche, intellettualmente anarcoidi, alle quali del resto quasi tutto il loro successo si raccomanda: simmaginino a manipolare questa feroce materia; e ad aggiungervi le crudelt del proprio temperamento.
Simmaginino ad applicare, con la assolutezza e la brutalit di cui pu essere capace un americano, i procedimenti della tecnica post-impressionista e post-simbolista:
appunto il monologo interiore, lamalgama di realt e sogno, lasintattismo, le parole
libere, si completi con ci che, come taglio, modi di presentazione, urti e contrasti, avr
loro insegnato anche il cinematografo (33).
Anche qui, peraltro, la competenza di Cecchi non pu fare a meno di riconoscere
come artisti gli scrittori antologizzati, con i loro punti di riferimento anche nella letteratura europea e con le loro tecniche pi o meno innovative; proprio quelle tecniche e quegli atteggiamenti che, come si gi detto, Pintor invece ritenne cos tanto vitali.
Tutto quanto s detto il terreno specifico su cui nasce e si sviluppa il mito americano, sono le motivazioni che lo generano in relazione al contesto italiano. In realt, non
solo in Italia ma in tutta Europa, negli Anni Trenta-Quaranta del Novecento, lelemento mitico-simbolico costituisce una delle componenti fondamentali della cultura letteraria e artistica, alimentando - come scrive Luperini - quellinteresse per la razza, per il
primitivo, per lorigine, per laspetto antropologico, che fondamento, per esempio, del
culto per lAmerica (come luogo del selvaggio e della natura) e degli studi sul mondo
contadino: significativo, per esempio, il caso di Pavese che si occupa di narrativa americana, di Jung e della vita contadina. []
Il tempo e lo spazio vengono mitizzati: gli spazi vengono trasformati in luoghi dellanima o della condizione umana (la terra desolata in Eliot, la Liguria aspra e arida e
i cieli cosmici di Montale, le Langhe di Pavese) e tendono cos a divenire indeterminati, mentre il tempo diviene una dimensione della psiche o del ricordo (34).
La dimensione mitico-simbolica insomma manifestazione di una profonda esigenza che accomuna lEuropa degli Anni Trenta alla ricerca di nuovi punti di riferimento
dopo la grande crisi di certezze rivelata dal Decadentismo, sul piano culturale, e dallo
shock violento della prima guerra mondiale, sul piano storico. E allora che gli intellettuali pi avveduti scoprono vie nuove ed elaborano quella dimensione mitica in un senso
clamorosamente controcorrente.
E allora che lAmerica prorompe sulla scena europea come il Paese ideale, come il
luogo leggendario dove lutopia si pu realizzare. E in Italia, a causa del suo particolare contesto, prima e pi chiaramente che altrove. Ecco la descrizione di questo fenomeno nelle parole di Italo Calvino: LAmerica. I periodi di scontento hanno spesso visto
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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nascere il mito letterario di un paese proposto come termine di confronto, una Germania
ricreata da un Tacito o da una Stael. Spesso il paese scoperto solo una terra dutopia,
unallegoria sociale che col paese esistente in realt ha appena qualche dato in comune;
non per questo serve di meno, anzi gli elementi che prendono risalto sono proprio quelli di cui la situazione ha bisogno.
Linteresse per la letteratura degli Stati Uniti sotto il fascismo [] non fu evasione,
e nemmeno contemplazione esemplare, punto darrivo stabilito; la letteratura americana
fu (come scrisse Pavese) il gigantesco teatro dove con maggiore franchezza che altrove veniva recitato il dramma di tutti, fu ci che ci permise in quegli anni di vedere
svolgersi, come su uno schermo gigante, il nostro stesso dramma; noi scoprimmo
lItalia - questo il punto - cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in
Francia, nella Spagna.
E davvero, questAmerica dei letterati, calda di sangui di popoli diversi, fumosa di ciminiere e irrigua di campi, ribelle alle ipocrisie chiesastiche, urlante di scioperi e di masse in lotta, diventava un simbolo complesso di tutti i fermenti e le realt
contemporanee, un misto dAmerica, di Russia e dItalia, con in pi un sapore di
terre primitive - una incomposta sintesi di tutto ci che il fascismo pretendeva di
negare, di escludere (35).
America, Russia, Germania: sul piano del mito questi tre paesi assumono lo stesso
posto nellimmaginario costruito dallo sparuto ma pertinace gruppo di intellettuali davanguardia. E ancora una volta Pintor a intuirne la determinazione dei ruoli: La
Germania si a poco a poco presentata nella riflessione come lantitesi naturale di questo mondo [quello del vecchio umanesimo, o dei vecchi idoli, come dice lui] e in un
significato pi esteso il suo specchio in Europa. Nessun popolo pi vicino a quello
americano per la giovinezza del sangue e il candore dei desideri e nessun popolo celebra con parole tanto diverse la propria leggenda.
Le vie della corruzione e quelle della purezza sono anche qui paurosamente vicine;
ma una continua follia trascina i tedeschi fuori della loro strada, li opprime in avventure disumane e difficili. Cos questi due popoli, che pochi anni fa lottavano vicini nel
caldo degli stadi e cercavano il migliore esempio di un lavoro organizzato, si affrontano ora come i protagonisti di una lotta cruenta: essi hanno preso su di s la responsabilit di dirigere il mondo e colpiscono senza ritegno gli ultimi ostacoli alla loro impetuosa natura. [] Da una parte e dallaltra sono impegnate forze capaci di correggere il
corso della nostra esistenza, di buttarci in un angolo come rottami inutili o di condurci
in salvo su una riva qualsiasi.
Ma lAmerica vincer questa guerra perch il suo slancio iniziale obbedisce a forze
pi vere, perch crede facile e giusto quello che si propone. Keep smiling, conserva il
tuo sorriso: questo slogan di pace veniva dallAmerica con tutto un seguito di musiche edificanti, quando lEuropa era una vetrina vuota e lausterit di costumi imposta ai
paesi totalitari scopriva soltanto il volto disperato e amaro della reazione fascista.
Lestrema semplicit dellottimismo americano poteva allora indignare quanti erano
persuasi del dovere di portare il lutto in segno dumanit, quanti anteponevano lorgoglio per i propri morti alla salute dei propri vivi.
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esattamente determinato: [] la lotta per la difesa della civilt non poteva avere un
carattere di conservazione, ma di rinnovamento, la lotta materiale doveva quindi essere
accompagnata da una lotta ideologica contro gli idoli della tradizione (43).
E questo fu anche il momento di scegliere da che parte stare: se il regime, spiega
Luperini, poneva gli intellettuali bruscamente di fronte alla scelta fra labdicazione a
qualunque mandato sociale e la strumentalizzazione pi completa alla politica (culturale e non) del fascismo, non restava insomma uno spazio ideologico (e cio politico-culturale) libero, ma solo la possibilit di un dominio separato (e di fatto subalterno) della
cultura (44).
I pi scelsero la separatezza, in questo influenzati - sono ancora parole di Luperini
- dallegemonia crociana ed ermetica, costrette nelle sfere rarefatte della filosofia dello
spirito e della poesia dellineffabile. [Questa alternativa schiacci la] vivace ma gracile
esperienza - volta in sostanza nelle due direzioni della ricerca di un nuovo mandato
sociale e della rivendicazione di unautonomia ideologica nellambito del fascismo - dei
populisti degli Anni Trenta, i fascisti di sinistra, tra i quali il solo Vittorini cerc,
come si visto, nuove strade in nuovi miti.
Conseguenza logica fu che la maggior parte dei periodici politici si trasformarono
in periodici culturali (come Il Selvaggio, che si dedic allarte figurativa, per lo pi),
mentre pochissimi osarono loperazione inversa (e tra questi LUniversale di Berto
Ricci, che da giornale prevalentemente letterario trapass, ovviamente per breve tempo,
in giornale politico); in ogni caso era la riprova dellimpossibilit di qualunque discorso che volesse essere, nel contempo, politico e culturale; le scelte insomma si chiudevano, imponevano agli intellettuali termini definitivi: o la separatezza nella cultura-laboratorio o la pesante eteronomia nella politica (45).
Oppure la terza via dellutopia del mito americano! Che soprattutto Vittorini e
Pavese costruiscono con la loro paziente opera di traduttori, di recensori, di divulgatori, di critici. E cos, pi o meno clandestinamente, penetrano nelle librerie italiane
sia autori ancora ottocenteschi, Hawthorne, Withman, Melville, Twain in particolare,
ma anche Irving, Cooper, Emerson, Poe, Thoreau, Emily Dickinson, sia - soprattutto i contemporanei, a cominciare da quelli che Pavese chiama i tre innovatori, Dreiser,
Lewis, Anderson, e poi Saroyan, Cain, Lee Masters, Scott, Fitzgerald, Dos Passos,
Gertrude Stein, Faulkner, Steinbeck, Hemingway, Wright, O. Henry. Il mito
dellAmerica - scrive Luperini - di cui entrambi [Pavese e Vittorini] furono promotori
non port solo allassimilazione del realismo americano (scarno, sobrio, sintetico,
fatto di frasi brevi e incisive), ma anche a sognare ideologicamente unumanit totale,
un Uomo assoluto e universale, e dunque indeterminato, di cui si voleva cogliere lessenza attraverso larte (46).
O ancora lo stesso Luperini: Il fascino che la narrativa americana ebbe agli occhi
degli europei (e anche degli italiani: si pensi a Pavese e Vittorini) sta proprio in questa
forza originaria, quasi primitiva, che dava limpressione di andare alle radici dellessenza stessa delluomo (47).
E sempre Luperini, parlando della reazione degli scrittori italiani al fascismo, sottolinea come la vera novit, e perci la vera reazione, si palesi proprio nei nuovi valori
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Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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fissava, per gli scrittori nostri, i procedimenti di immedesimazione con quel paese e quel
mito (gli astratti furori, il ruggito delliperbole) (53): Pensiamo sullAtlante limmensit dei popolati colori, le pianure, le montagne, le nevi eccelse sulle montagne, e su,
nel nord, i ghiacci marini, e i chilometri delle coste in faccia ai due oceani con quei due
grandi nomi, Atlantico, Pacifico, e in ci lantico iddio, il deserto, e le vie dacqua, le vie
di ferro, le vie dasfalto, le case, le case, le case. [] Sembra che i Padri Pellegrini fossero venuti dallEuropa pieni di delusioni e stanchezza: per finire, non per cominciare.
Delusi del mondo non volevano pi il mondo; solo astratti furori li agitavano, lidea
della grazia, lidea del peccato, i pregiudizi feroci del dualismo calvinista. E non avevano pi la forza di affermarli nelle vecchie citt delle lotte religiose; fuggivano come se
non vi credessero, come se vi rinunciassero. Ma l, su quelle coste coperte di alberi dal
legno duro, era di nuovo il mondo: lo videro e furono di nuovo nel mondo, accettando,
poi anche ringraziando, e dalla stanchezza passarono via via alla baldanza, alla fede. []
Qui c, continuo, il ruggito delliperbole, che indicher gli sviluppi interiori delluomo in America (54).
Subito Pavese gli scrisse, da Torino, per esprimergli non solo solidariet contro il
provvedimento della censura, ma anche ammirazione per la sua operazione culturale, di
cui riconobbe facilmente il fondamento: Siccome questa tua storia non stata una caccia alle nuvole ma un attrito con la letteratura mondiale (quella letteratura mondiale che
implicita, in universalit, in quella americana - ho capito bene?), risulta che tutto il
secolo e mezzo americano vi ridotto allevidenza essenziale di un mito da noi tutti vissuto e che tu ci racconti (55).
Lo stesso Pavese, scrivendo allamico Antonio Chiuminatto, un piemontese trasferitosi con la famiglia in America allet di quattro anni, grazie al quale impar linglese, da cui si faceva ragguagliare sulle novit letterarie e da cui si faceva mandare i libri
introvabili in Italia, riconosce senza mezzi termini: Vi toccato il predominio in questo secolo su tutto il mondo civilizzato, come gi accadde alla Grecia, e allItalia, e alla
Francia. [] Un buon libro europeo doggi , in genere, interessante e vitale solo per la
nazione che lha prodotto, laddove un buon libro americano parla a una folla pi vasta,
scaturendo, come scaturisce, da necessit pi profonde e dicendo cose veramente nuove
e non soltanto pi originali (56)
Ed ecco dunque il grande fervore delle traduzioni, cui soprattutto Pavese e Vittorini
si dedicarono - anche per sbarcare il lunario, per la verit, tanto che spesso essi dovevano assoggettarsi a tradurre anche libri mediocri, e solo cos ottenevano di poter tradurre
i libri da loro prediletti, per giunta quasi gratis perch dagli editori ritenuti poco commerciali quando non pericolosi! (57)
Zanobini sottolinea il duplice valore di novit delle traduzioni di Vittorini, linguistico in prima istanza: Egli pone allora il grosso problema di costringere a una nuova flessibilit questa nostra lingua rigida, che la narrativa non riesce mai a esorcizzare, perch
suona cos falsa; basta poi pensare, appunto, al gusto narrativo che imperava in quei
tempi, cos poco articolato, vorremmo dire cos terribilmente asettico, cos arido (58).
Anche, per, se non soprattutto, culturale e civile: Ma le traduzioni di
Vittorini [] contano anche come impulso culturale e messaggio sociale in un
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determinato tempo. Tradurre Caldwell e Saroyan nel 1940, in quella congiuntura storica, aveva un significato. In unintervista televisiva del 1965, Vittorini riconosceva questo: Non ritradurrei certamente Caldwell e forse nemmeno Saroyan. Ma se la congiuntura storica fosse per lItalia e la sua letteratura ancora quella di venticinque anni fa,
credo che ritradurrei tutti quanti (59).
Il fatto che agli occhi del Vittorini americano - scrive Fernandez - la letteratura
americana si presenta come il grande spettacolo di una lotta tra le forze del male e le
forze del bene, tra i vecchi pregiudizi, i tirannici divieti che cercano di soffocare luomo, e la giovanile ferocia dei liberatori delluomo, dove peraltro lAmerica che
Vittorini ha scoperto una copia del suo universo interiore. La concezione della vita
come lotta tra le forze che turbano e avviliscono luomo e le forze che lo redimono,
appartiene a Vittorini assai pi che a qualunque americano (60).
E lo stesso Vittorini, del resto, a fornire un documento prezioso della mitizzazione simbolica dellAmerica, che diventa immagine eterna e universale della condizione umana: LAmerica oggi una specie di nuovo Oriente favoloso, e luomo vi appare di volta in volta sotto il segno di una squisita particolarit, filippino o cinese o slavo
o curdo, per essere sostanzialmente sempre lo stesso: io lirico, protagonista della
creazione, Quello che nella vecchia leggenda il figlio dellOvest, e viene indicato
come simbolo delluomo nuovo, ora il figlio della terra. E lAmerica non pi
America, non pi un mondo nuovo: tutta la terra. Ma le particolarit vi giungono da
ogni parte, e vi si incontrano: aromi della terra: la vita vi si sofferma coi gesti pi semplici, e senza mai sottintesi ideologici, intrepidamente accettata anche nella disperazione e nella morte (61).
E, nella sua universalit, tra le maglie della leggenda americana emerge luomo
nuovo che fonder il nuovo umanesimo; e qui la grande novit. Perch luomo nuovo
non , romanticamente, il superuomo, tuttaltro: , come dice Fernandez, un uomo
medio, fratello a tutti gli uomini. Forse, continua Fernandez, Pavese e Vittorini travasarono anche i rispettivi problemi personali nello stampo delluomo nuovo: per
Pavese, contrariamente alluomo dellumanesimo, che non dubita della superiorit
delle citt e della civilt urbana, luomo nuovo colui che fugge i grandi agglomerati e
ricerca una vita pi semplice, a contatto con la natura. Per Vittorini, invece, il problema quello del Mezzogiorno, delle minoranze oppresse. Pavese, dunque, ricava i suoi
modelli dai vagabondi di Sinclair Lewis, dai fuggiaschi di Sherwood Anderson (e
sopravvaluta questi due scrittori), mentre Vittorini si riconosce nei poveri bianchi del
Sud di Caldwell, negli armeni di Saroyan, negli italo-americani di John Fante (e sopravvaluta, a sua volta, questi tre scrittori) (62).
In generale, comunque, si pu dire che per entrambi uomini nuovi sono quelli che
in passato non avevano diritto di cittadinanza nella letteratura: gli operai e i contadini,
innanzi tutto, e i disoccupati, i ragazzi traviati, i banditi, gli assassini, le vittime e i relitti del determinismo economico. Niente operai-eroi alla Zola, n monelli romantici: soltanto la miserabile plebe stritolata dagli ingranaggi del sistema capitalistico, alla quale
bisogna restituire la propria dignit umana o almeno far prendere coscienza di tale
dignit. Luomo nuovo, che Pavese e Vittorini scoprono in America e introducono
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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nella cultura italiana, [] non altro, in fin dei conti, che luomo universale, luomo
che pu essere capito da tutti, senza limitazione di classe sociale, di condizione economica o di cultura, luomo la cui umanit esclude ci che non fondamentale, elementare e comune a tutti. Perch nel romanzo borghese vengono mostrati soltanto uomini che hanno lopportunit, il gusto e i mezzi intellettuali per analizzarsi; necessario,
per capire e apprezzare pienamente gli uomini, essere di per s a un buon livello di cultura. Il romanzo americano rivela unaltra variet di uomini: quelli che non sanno leggere n scrivere, incapaci di osservare e di capire ci che dentro di essi avviene, ma non
meno uomini nella misura in cui, privi del mezzo esorcizzante dellanalisi, soffrono pi
a fondo le loro passioni e sopportano pi crudamente i loro bisogni (63).
Il documento pi convincente, forse, per capire il mito americano resta un breve
saggio di Pavese, dal titolo Ieri e oggi, pubblicato su LUnit di Torino il 3 agosto 1947
(64): unanalisi del fenomeno sia nelle sue radici sia nel suo tramonto, nella sua tragica
perdita di attualit. Si comincia dagli albori: Verso il 1930, quando il fascismo cominciava a essere la speranza del mondo, accadde ad alcuni giovani italiani di scoprire nei
suoi libri lAmerica, unAmerica pensosa e barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il passato del mondo, e insieme giovane, innocente.
Da cui lindignazione della cultura ufficiale e la tolleranza a denti stretti del regime
ma, nonostante tutto, il successo delle traduzioni di quei libri presso il pubblico: i nuovi
libri e i loro argomenti, il furore di rivolta e di sincerit che anche i pi sventati sentivano pulsare in quelle pagine tradotte, riuscirono irresistibili a un pubblico non ancora del
tutto intontito dal conformismo e dallaccademia. Cos lincontro con gli americani
per molta gente aperse il primo spiraglio di libert, il primo sospetto che non tutto nella
cultura del mondo finisse coi fasci. Anche se la vera lezione, per chi seppe leggerla, fu
pi profonda: chi ci riusc si capacit presto che la ricchezza espressiva di quel popolo nasceva non tanto dalla ricerca di assunti sociali scandalosi e in fondo facili, ma da
unaspirazione severa e gi antica di un secolo a costringere senza residui la vita quotidiana nella parola.
Di qui il loro sforzo continuo per adeguare il linguaggio alla nuova realt del
mondo, per creare in sostanza un nuovo linguaggio, materiale e simbolico, che si giustificasse unicamente in se stesso e non in alcuna tradizionale compiacenza. Ecco: la
grande scoperta dellAmerica nel linguaggio, come gi abbiamo visto anche nellintuizione di Vittorini, consapevole di aver influito sui giovani, con le sue traduzioni, pi
per la creazione di un nuovo linguaggio che per i contenuti, pur di per s rivoluzionari
per la cultura italiana.
Laltro grande aspetto della scoperta poi, concettualmente, che la vitalit del mito
americano proprio nella letteratura: gli ambienti in cui si sviluppano i romanzi americani sono s soffocanti, oppressivi, discriminatori, ma nella letteratura torna la speranza,
la volont di lottare, o anche solo di denunciare. Nel saggio dedicato a Sinclair Lewis,
Pavese rivela, a proposito dei tanti ubriaconi che ne popolano i romanzi,: In fondo, la
sete di questi personaggi una sola: la libert. Libert per gli individui di fronte alle
catene irragionevoli della societ. La malattia nazionale dellAmerica, paese, se altri
mai, dei ficcanaso moralisti. E subito dopo: La ricchezza e la variet del mondo di
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Lewis stanno in questo: gli innumerevoli atteggiamenti con cui egli contempla lo spettacolo dellumana giornaliera ribellione allambiente e a se stessi (65).
Come si vede, non c rigidit nella contrapposizione tra sanit americana e corruzione europea, perch quel che di sano si riconosce nella societ americana proprio la
lotta contro i meccanismi che hanno generato in Europa la corruzione, cosa che in
America, forse perch ancora primitiva, possibile fare mentre in Europa non possibile perch non vi si riconosce nemmeno la negativit di quei meccanismi.
Questa che una semplice anche se geniale intuizione, si trasforma in senso apocalittico in Pintor. Lo rileva Fernandez, con altrettanto felice intuizione critica: Pintor
prima di tutto un germanista. [] Ed ecco che vede tutta questa meravigliosa cultura
tedesca impotente a impedire il naufragio della civilt germanica nelle follie sanguinarie del nazismo. La sventura non soltanto nellessere italiani: anche nellessere europei. Occorre diffidare della cultura classica, non pi e non solo a causa del problema
umano della Sicilia o del problema tecnico della lingua, non pi e non solo perch la
maggioranza non vi pu accedere affatto o perch essa non in grado di rispondere alle
esigenze delluomo moderno. Bisogna diffidare della cultura classica e condannarla perch la stessa Europa condannata, sia nelle sue democrazie, sia nelle sue dittature
dementi. Atto di fede politico ancor pi che letterario, il mito di Pintor carico di tutte
le disillusioni che verranno (66).
Proprio cos: disillusioni. Cio: la scoperta e la diffusione del mito americano conteneva gi in s la coscienza del suo fallimento! Del resto, nessuno dei tre, n Pavese n
Vittorini n Pintor hanno osato parlare ed anzi nemmeno trarre le conseguenze della
nuova leggenda. Perch? Perch essi avevano bisogno di una leggenda del tutto ottimista, ma avevano intuito che, al contrario, luomo nuovo della leggenda americana, pur
ricco della vitalit di una denuncia sincera e profonda, era, appunto, vittima e non eroe
della societ nella quale viveva e che perci quella societ, quellAmerica che doveva
ergersi in contrasto con lItalia fascista che soffocava e alienava luomo, non era poi
davvero libera e democratica. Sarebbe, viceversa, stato necessario che luomo scoperto in America e proposto allEuropa come modello [fosse] fiero della sua qualit di
uomo, fiero e felice della sua nuova dignit di uomo infine conquistata (67).
Lintuizione definitiva, a questo proposito, fu di poco posteriore, ma non venne
dallItalia; si deve invece a Claude-Edmonde Magny, una giovane intellettuale francese
purtroppo morta prematuramente nel 1966. Nel suo LAge du roman americain, un libro
ormai classico del 1948 (68), parlando dei personaggi di Dos Passos (un autore non a
caso poco o nulla considerato dai nostri) la Magny si accorge che, poich essi sono
governati dal triplice determinismo della fame, del sesso e della classe sociale, la loro
vita interiore non esiste, lapparato psicologico non offre realt alcuna, la coscienza
non ha importanza.
Luomo nuovo, ben lungi dallapparire libero e invidiabile, prigioniero di una doppia fatalit: I personaggi di Dos Passos sono sempre guidati da un determinismo qualsiasi, generalmente economico. Essi realizzano pressoch allo stato puro lesse in alie num di Spinoza, riveduto attraverso Marx Ogni loro realt al di fuori di essi. Cos
[] il ritratto di questi esseri senza consistenza costituisce la miglior requisitoria che si
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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possa pronunciare contro la societ che li ha prodotti e come fabbricati, senza essere
capace di condurli al vero essere. La descrizione di creature superficiali, bidimensionali, ridotte alle loro determinazioni pi intrinseche, gi di per s una satira, un porre
sotto accusa lordine costituito. Anche se, in realt, la rivolta contro la societ solo
il mascheramento di una rivolta metafisica: Dallopera di Dos Passos si leva una protesta muta, non soltanto (come egli senza dubbio ritiene) nei confronti del capitalismo,
ma anche avverso la condizione umana e il mondo quale , vale a dire in definitiva contro la struttura dellEssere.
Invece, luomo nuovo come lo pensava Vittorini un uomo - scrive Fernandez - di
sangue e lacrime, e di astratti furori rigeneranti, un uomo traboccante di coscienza e talvolta anche di buona coscienza, insomma un romantico, ben pi vicino ai vecchi clichs romantici europei che al freddo nichilismo americano. Lerrore che consiste nel
vantare gli Stati Uniti come la patria ideale delluomo liberato, non sarebbe grave: ogni
popolo oppresso ha bisogno di trasferirsi, con limmaginazione, in un mondo migliore.
La mitizzazione dellAmerica in senso ottimista e sentimentale arreca un torto pi
grande alla cultura italiana: la culla con frasi vuote, tanto vaghe quanto adulatorie, sulluomo nuovo; la pasce di speranza fallace; la orienta verso una retorica sulluomo invece di costringerla a una conoscenza delluomo. E questa deformazione idealizzante,
quando i tempi saranno cambiati e non sar pi possibile negare linsuccesso della
nuova leggenda, avr le conseguenze tragiche o dannose che si sanno: per Pavese, il
suicidio; per Vittorini, linterruzione della vitalit creativa (69).
Peraltro, sia in Pavese che in Vittorini non mancano note premonitrici, o addirittura
prese datto del tramonto del mito americano. Per esempio Vittorini gi nel 1941, in una
lettera a Pavese, giudica il romanzo Paesi tuoi di gran lunga migliore dei libri di
Steinbeck (70), e pi chiaramente sul Politecnico, nel 1945, pubblica una serie di articoli e racconti molto significativi, sia nei titoli che nei contenuti: Pericolo fascista in
America, di William Forster; U.S., paradiso e no, di Michael Gold (il cui vero titolo doveva essere Strano funerale a Braddock); LAmerica non sempre il paradiso,
di Henry Miller (71).
Pavese, poi, ancora pi esplicito. Nel 1943, recensendo lAntologia di Spoon River
di Edgar Lee Masters appena tradotto da Fernanda Pivano e pubblicato da Einaudi, scrive: Parlare di questo libro risalire alla fonte di qualcuna delle pi vivide esperienze
poetiche della nostra giovinezza, al periodo eroico in cui gettammo per la prima volta lo
sguardo su un meraviglioso mondo che ci parve qualcosa di pi che una cultura: una
promessa di vita, un richiamo del destino. Storia passata. Ma siamo grati alla giovane
traduttrice per averci [] messi di fronte a questimmagine perduta di noi stessi (72).
Siamo ormai alla vigilia della Liberazione, e quando essa avviene, come dice
Fernandez, lAmerica cessa di sembrare un paradiso nel momento stesso in cui laccesso ad essa non pi interdetto (73).
Ancora: nel 1946, parlando di un libro di F. O. Matthiessen che risaliva per al
1941, dal significativo titolo di American Renaissance, Pavese puntualizza che quella
che ai giovani scrittori americani per primi, e poi a loro intellettuali italiani che ne avevano trasmesso il mito, era parsa una grande novit, con protagonisti uomini sgombri
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di ogni bagaglio del passato, freschi e disposti a camminare sulla libera terra, era in
realt solo unillusione: quei giovani americani seran sbagliati. La loro esplosione non
fu la prima n, soprattutto, la maggiore della storia americana.
A loro era parso diversamente, perch quando ci si rivolta si ha pur bisogno dellillusione di fare una cosa inaudita; e noi li avevamo creduti, anche perch sedotti dal loro
umano calore. Ma in realt non fu la cultura americana a rinnovarsi a fondo in quegli
anni; fummo noi a toccarla seriamente con mano la prima volta (74).
Come si vede, Pavese comincia a delineare il fenomeno nei suoi veri, pi reali, contorni; ovvero, il mito sta ormai svanendo. Nel maggio 1947, recensendo alla radio
Ragazzo negro di Richard Wright, Pavese torna indietro con la memoria agli anni del
grande entusiasmo americano, ma per considerare conclusa quella esperienza: Sono
finiti i tempi in cui scoprivamo lAmerica. Nel giro di un decennio, dal 1930 al 1940,
lItalia non solo ha fatto conoscenza di almeno mezza dozzina di scrittori nordamericani contemporanei i cui nomi resteranno, ma ha riesumato qualcuno dei classici ottocenteschi di quella letteratura e intravisto la radicale continuit che corre sotto tutte le manifestazioni passate e presenti di quel popolo.
Fu anche il decennio in cui parve che musica e cinematografo dessero un originale scossone alla nostra viziata sensibilit europea. Alla scoperta non manc nemmeno quel brivido di liberazione e di scandalo, ch inseparabile da ogni incontro con
una nuova realt e che il clima politico italiano ed europeo faceva del suo meglio per
incutere. Ma ora finita. Ora lAmerica, la grande cultura americana, sono state scoperte e riconosciute, e si pu prevedere che per qualche decennio non ci verr pi da
quel popolo nulla di simile ai nomi e alle rivelazioni che entusiasmarono la nostra giovinezza prebellica (75).
E aggiunge che gli stessi americani hanno capito di aver smarrito quella miracolosa immediatezza espressiva, quel nativo senso della terra e del reale, quella cruda saggezza, tanto da dedicarsi ormai pi a lavori di studio e di catalogazione che non a nuove
opere originali, anche perch perfino gli scrittori appena scoperti per ora non aggiungono [pi] nulla alla nostra malizia di scaltriti europei (76).
E anzi, i romanzi che giungevano dallAmerica in quegli anni, a riconoscere la
verit, erano tutti di anni precedenti alla guerra, come appunto Ragazzo negro, che era
uscito in America nel 1937.
Lucida analisi di esperienze ritenute bellissime e importanti ma passate, dunque, se
non disincanto, o addirittura disillusione, come del resto s gi detto. Il 3 agosto 1947,
pochi mesi dopo la recensione su Wright, Pavese, nel gi citato articolo pubblicato su
LUnit di Torino dal titolo Ieri e oggi (anchesso significativo), decisamente pi duro,
anzi definitivo nel suo giudizio, in cui non solo torna a riconoscere come le ragioni della
scoperta americana siano soprattutto storiche e contestuali (77), ma in pi si chiede che
cosa sia veramente cambiato da allora: Siamo noi che invecchiamo o bastata questa
poca libert per distaccarci? Certo, si continua comunque ad amare quei libri, ma leroico trasporto che aveva accompagnato la scoperta non c pi. Perch? Lanalisi di
Pavese, qui, si fa spietata: A esser sinceri insomma ci pare che la cultura americana
abbia perduto il magistero, quel suo ingenuo e sagace furore che la metteva allavan-
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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guardia del nostro mondo intellettuale. N si pu non notare che ci coincide con la fine,
o sospensione, della sua lotta antifascista. Cadute le costrizioni pi brutali, noi abbiamo
compreso che molti paesi dellEuropa e del mondo sono oggi il laboratorio dove si creano le forme e gli stili, e non c nulla che impedisca a chi abbia buona volont, vivesse
magari in un vecchio convento, di dire una nuova parola.
Ma senza un fascismo a cui opporsi, senza cio un pensiero storicamente progressivo da incarnare, anche lAmerica, per quanti grattacieli e automobili e soldati produca,
non sar pi allavanguardia di nessuna cultura. Senza un pensiero e senza lotta progressiva, rischier anzi di darsi essa stessa a un fascismo, e sia pure nel nome delle sue tradizioni migliori (78).
Da allora in poi, praticamente Pavese e Vittorini non si occuparono pi di letteratura americana. Lultimo atto doveva essere, forse - come gi s ipotizzato - il drammatico suicidio di Pavese. Ma certo, come non sbalordire di fronte a queste ultime parole,
a questa frase da brividi, inquietamente profetica a guardare gli sviluppi della storia successiva, e fino a quella recente dei nostri ultimissimi giorni?
Note
1 G. PINTOR, Il sangue dEuropa, Torino, Einaudi, 1950, p. 155
2 Cfr. a questo proposito E. C. VITZITZZAI (a cura di), Il neorealismo, Torino, Paravia, 1977, p. 122, in cui si ribadisce che lAmerica cui si guarda solo un concetto ideale: Il paese proposto come ideale modello ha pochi riscontri oggettivi nei caratteri storici, reali degli Stati Uniti del New Deal e del fordismo. Non sar inutile ricordare che
proprio negli stessi anni, dagli opposti versanti dellanalisi marxista (con Gramsci) e di quella del grande capitale italiano (con Agnelli), si guarda agli Stati Uniti con un interesse ben altrimenti concreto, e cio incentrato sugli aspetti
strutturali, economico-produttivi e sociali, della realt americana. Viceversa per due generazioni di intellettuali americanisti - quella di Cecchi e quella di Pavese e Vittorini - il problema degli Stati Uniti si limita ad essere un problema di cultura, di civilt, un mito letterario in definitiva, negativo per luno, positivo per gli altri
3 G. PINTOR, op. cit., p. 159
4 E. C. VITZTIZZAI, op. cit., pp. 3-4
5 Ivi, p. 4
6 Che lesigenza di realismo si sia sposata allopposizione antifascista lo dimostra anche la pittura dei tardi anni
Trenta, in particolare la Scuola Romana (Scipione, Mafai, il giovane Guttuso) e il gruppo di Corrente, a Milano
(Treccani, Sassu, Birolli, Migneco, Cassinari, ), uniti non tanto da un certo indirizzo figurativo, ma dalla stessa
ribellione morale di fronte ai crimini fascisti in Spagna (Fucilazione nelle Asturie di Aligi Sassu; Fucilazione in
campagna di Renato Guttuso, con allusione evidente alla morte del poeta spagnolo Garcia Lorca fucilato dai franchisti). Il filone realistico, poi, si svilupp in quegli anni anche nel cinema, in contrapposizione polemica a quello evasivo e commerciale dei telefoni bianchi ed ebbe i suoi archetipi in Assunta Spina e Sperduti nel buio; nel
1941 lo teorizzarono su Cinema Alicata e De Sanctis: Anche noi [] vogliamo portare la nostra macchina da
presa nelle strade, nei campi, nei porti, nelle fabbriche del nostro paese: anche noi siamo convinti che un giorno
creeremo il nostro film pi bello seguendo il passo lento e stanco delloperaio che torna alla sua casa, narrando lessenziale poesia di una vita nuova e pura, che chiude in se stessa il segreto della sua aristocratica bellezza (Cfr. E.
C. Vitzizzai, op. cit., p. 4)
7 La memoria della Pivano si pu leggere in F. ZANOBINI, Elio Vittorini, Firenze, Le Monnier, 1976, pp. 168-69
126
8 D. F ERNANDEZ, Il mito dellAmerica negli intellettuali italiani dal 1930 al 1950. Caltanissetta - Roma,
Sciascia, 1969, p. 7
9 Ivi, p. 16
10 E. VITTORINI, Diario in pubblico, Milano, Bompiani, 1970, pp. 5-6
11 Lintervista di Pavese alla radio in C. PAVESE, La letteratura americana e altri saggi, Torino, Einaudi,
1951; ora anche in Firenze, Il Saggiatore, 1978 (2^ ed.; 1^ ed. 1971), p. 287
12 D. FERNANDEZ, op. cit., p. 32
13 Cfr. E. C. VITZIZZAI, op. cit., pp. 52-53
14 Id., pp. 5-6. Luperini accentua il valore di questa opposizione e, pur confermandone il carattere culturale pi
che politico, parla comunque di una vera e propria svolta degli Anni Trenta, proprio in funzione antiidealistica e
proprio in conseguenza della presa di coscienza della crisi dellumanesimo tradizionale: svolta sia in campo economico (programmazione capitalistica in seguito alla grande depressione, capitalismo di stato con lIRI, forme di
oligopolio tipiche del capitalismo maturo, in modo da cominciare la trasformazione dellItalia in paese industriale
moderno), sia in campo culturale a causa del nuovo sviluppo della crisi delle ideologie umanistiche e del ruolo tradizionale degli intellettuali come mediatori, in loro nome, tra le classi sociali in funzione della civilt e del progresso; per Luperini la svolta produce una rivolta che assume, presso le riviste pi inquiete ed impegnate, il segno di
una protesta antigentiliana e antiumanistica. E cita LUniversale di Berto Ricci, portatore di un dissenso volto
soprattutto contro le ideologie ufficiali del regime e alla affermazione di un realismo sostanzialmente empirico, e
LItaliano di Leo Longanesi, con il suo ironico scetticismo antideologico. Luperini, tuttavia, riconosce come
appunto il regime fosse riuscito ad assorbire questa rivolta, perch fu capace, soprattutto attraverso lopera di
Bottai, non solo di sostituire lideologia idealistica gentiliana con quella cattolica, ma di partire al recupero degli
intellettuali, costruendo il doppio concetto di cultura-laboratorio (che riconosceva limportanza anche della cultura
separata di ermetici e solariani) e di cultura-azione (sostanzialmente lorganizzazione fascista della cultura):
Lideologia era assunta in proprio dal regime, il quale, mentre cominciavano a diffondersi gli attuali strumenti di
persuasione di massa, doveva servirsi - come tramiti diretti del consenso - degli intellettuali, a tal uopo opportunamente irreggimentati nelle strutture della cultura-azione (R. Luperini e E. Melfi, Neorealismo, neodecadentismo,
avanguardie. Bari, LIL Laterza, vol. 65, 1980, pp. 3-4)
15 E. C. VITZIZZAI, op. cit., p. 28. Nella medesima pagina della Vitzizzai troviamo due testimonianze che confermano questatteggiamento. La prima di Cassola: Constatai di essere antifascista non per una precisa convinzione ideologica, ma per unistintiva avversione alla dittatura e al nazionalismo (la citazione tratta da La generazione degli anni difficili, a cura di Albertoni, Antonini, Palmieri. Bari, Laterza, 1962, p. 89). La seconda di
Calvino: Ero stato, prima dandare coi partigiani, un giovane borghese, sempre vissuto in famiglia; il mio tranquillo antifascismo era prima di tutto opposizione al culto della forza guerresca, una questione di stile, di sense of
humour, e tutta un tratto la coerenza con le mie opinioni mi portava in mezzo alla violenza partigiana, a misurarmi con quel metro. Fu un trauma, il primo (la citazione tratta dalla prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno.
Torino, Einaudi, 1974, p. 18)
16 E. C. VITZIZZAI, op. cit., p. 5. Significativa, a questo proposito, sembra lesperienza dei cosiddetti fascisti di
sinistra. Peraltro, come osserva Luperini, la loro operazione culturale, pur limitata nel tempo (stroncata come fu
dalla guerra di Spagna) e nello spazio (si tratt di unesperienza prevalentemente fiorentina, attorno al settimanale
della Federazione provinciale di Firenze del Partito fascista Il Bargello) e pur avendo il carattere di un tentativo
tipicamente giovanile e intellettualistico, privo di un vero respiro nazionale, ebbe comunque delle conseguenze
fruttuose: La tendenza populistica e velleitariamente e confusamente antiborghese che questo gruppo di giovani
promosse, muovendo dalla ricerca di uno spazio ideologico e di un nuovo ruolo degli scrittori, di un loro mandato
sociale da parte del popolo ma in nome della cultura, trover un momento di sviluppo, in forme nuove, e terreno fertile nellimmediato dopoguerra, nellambito della cultura antifascista di sinistra (Luperini - Melfi, op. cit., p.
5). E aggiungerei, nel caso di Vittorini, soprattutto, che la fecondit di quella esperienza si sarebbe riscontrata gi
prima, proprio nella creazione del mito americano
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
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17 Ibidem
18 C. Pavese, La lett. am., cit., Cultura democratica e cultura americana (1950), pp. 280-281
19 D. FERNANDEZ, op. cit., pp. 76-77, sottolinea proprio questa esigenza come indicativa delluomo nuovo cui
pensa Pavese: Luomo nuovo, la cui caratteristica di non analizzarsi, sfugge allanalisi: occorre limitarsi a descriverlo dallesterno, a rappresentarlo soltanto attraverso il comportamento. La nuova filosofia delluomo importa due
obblighi evidenti per il romanziere: la rinuncia allanalisi psicologica e luso, in sua vece, di una tecnica oggettiva,
ispirata pi o meno dal cinema
20 C. PAVESE, La lett. am., cit., Intervista alla radio (1950), pp. 288-289
21 In omaggio a questa concezione, Vittorini fond e diresse la rivista Il Politecnico (significativa gi nel
nome), che dur dal settembre 1945 al dicembre 1947, prima come settimanale e poi come mensile, caratterizzata
da un largo ventaglio di interessi disciplinari, dalla letteratura alle scienze, dalle arti figurative al cinema, dalla filosofia ai problemi politico-sociali, sempre con una vivace apertura europea e mondiale e con una carica antifascista
di fondo e pronta ad ospitare voci di intellettuali anche molto diversi per posizione ideologica. (Le notizie e le citazioni riportate nel testo a proposito della posizione culturale di Vittorini si trovano in Zanobini, op. cit., pp. 31-32)
22 Tutte le citazioni sono tratte da ZANOBINI, op. cit., pp. 34-36
23 Ora in Doppio diario 1936-1943, (a cura di L. PINTOR), Torino, Einaudi, 1978, pp. 199-202
24 Come si pu notare, questa una posizione molto simile a quella che, riferendosi a quegli stessi anni, esprime FENOGLIO nel suo Il Partigiano Johnny
25 G. PINTOR, Il sangue dEuropa, cit., pp. 157-158
26 Ibidem
27 Quello stesso mondo, sottolinea PINTOR, in cui invece noi abbiamo sentito una voce profondamente vicina,
quella di veri amici e dei primi contemporanei (Il sangue, cit., p. 150)
28 G. PINTOR, Il sangue, cit., pp. 149-151
29 D. FERNANDEZ, op. cit., p. 35
30 Ivi, pp. 35-36. La citazione da Pavese tratta dal suo diario, pubblicato postumo (Il mestiere di vivere. Diario
1935-1950. Torino, Einaudi, 1952)
31 Ivi, p. 42. E singolare notare, peraltro, che attraverso la letteratura americana Pavese riscopre proprio la prorompente vitalit e anzi la carica innovativa della provincia, accostando senzaltro il regionalismo americano a
quello di casa nostra per concludere che Senza provinciali, una letteratura non ha nerbo, come recita il titolo di
uno dei saggi (pp. 5-32) della Lett. am., quello dedicato a Sinclair Lewis, dove, parlando dei bevitori della provincia americana di cui sono pieni i romanzi di questo scrittore, dice: Non son tipi deccezione questi bevitori:
impiegati, operai, giornalisti, gente comune, gente di tutti i giorni. [] Da noi non si mai scritto nulla di simile a
questo. Se in qualche romanzo sociale del secolo scorso qualche europeo beve fuor dellordinario, siamo alla solita polemica: lubriacone un operaio, un bruto, la bestia umana. Ora la novit e il valore del mito americano proprio che invece il bevitore non ha nulla dinsolito: uomo medio tra gli uomini, la vita lopprime e lui protesta a suo
modo (p. 6). E nel saggio successivo dedicato a Sherwood Anderson, dal titolo Middle West e Piemonte (pp. 3349), ribadisce il concetto: Si pensi a quel che stato nella letteratura italiana la scoperta delle regioni che proceduta parallela alla ricerca dellunit nazionale, storia della fine del 700 e di tutto l800. DallAlfieri in gi, tutti gli
scrittori italiani che si sforzano, talvolta e anzi spesso inconsciamente, di giungere a una pi profonda unit nazionale, penetrando sempre pi il loro carattere regionale, la loro vera natura; giungendo cos alla creazione di una
coscienza umana e di un linguaggio ricchi di tutto il sangue della provincia e di tutta la dignit di una vita rinnovata (p. 34). Quanta differenza tra il regionalismo conservatore di Cecchi e quello progressista di Pavese!
32 E. CECCHI (Prefazione di) a Americana (a cura di E. Vittorini), Milano, Bompiani, 1942, pp. XVIII-XIX
128
Quaderno n. 2, Pintor Pavese Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta di V. Romano
129
130
Nota bibliografica
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135
La presente relazione nasce dallesigenza di fornire un quadro generale di infor mazioni utili ad illustrare il significato dellespressione mito americano che tanta
influenza ha avuto ed ha in Europa e nel mondo. Pertanto, la selezione di autori ed
opere effettuata cerca di delineare, in modo funzionale, ma necessariamente sinteti co, i tratti principali del mito dellAmerica, suolo dalle incomparabili risorse natu rali e naturalistiche e nazione che per prima realizz il sogno della libert e della
democrazia.
W. Irving (1783 - 1859)
F. Cooper (1789-1851)
R.W. Emerson (1803-1882)
N. Hawthorne (1804-1864)
E. A. Poe (1809-1849)
J. Thoreau (1817-1862)
H. Melville (1819-1891)
W. Withman (1819-1892)
E. Dickinson (1830-1886)
M. Twain (1835-1910)
H. James (1843-1916)
136
Ones-Self I sing
Io canto lindividuo
Cheerful, for freest action formd under the laws divine, pieno di gioia, per le pi libere azioni che si svolgono sotto The
Modern Man I sing.
le leggi divine,
lUomo Moderno io canto.
18
With music strong I come, with my cornets and my drums,
I play not marches for accepted victors only, I play
marches for conquerd and slain persons.
18
Io giungo con musica forte, con le mie trombe e i miei tamburi,
e non suono le mie marce soltanto per i vincitori, ma anche per i
vinti e per gli uccisi.
137
pi grandi e famosi!
19
19
This is the meal equally set, this is the meat for natural hunger, Questo il pasto offerto a tutti in parti uguali, questo il cibo per
la fame naturale,
it is for the wicked just the same as the righteous, I make
per il giusto come per il malvagio, tutti sono invitati,
appointments with all,
nemmeno uno deve restare escluso, nessuno devessere trascurato,
I will not have a single person slighted or left away,
e dunque qui c posto per il ladro, per la mantenuta, il parassita,
The kept-woman, sponger, thief, are hereby invited,
venga il sifilitico, venga lo schiavo dalle labbra tumide, tra questi
The heavy-lippd slave is invited, the venerealee is invited;
e gli altri non ci sar differenza.
There shall be no difference between them and the rest.(.)
21
I am the poet of the Body and I am the poet of the Soul,
The pleasures of heaven are with me and the pains of hell are
with me,
The first I graft and increase upon myself, the latter i translate
into new tongue.
I am the poet of thewoman the same as the man,
And I say it is great to be a woman as to be a man,
And I say there is nothing greater than the mother of men.
21
Io sono il poeta del Corpo e sono il poeta dellAnima,
con me porto le gioie del cielo e le pene infernali,
le une le innesto su me e le faccio crescere, le altre traduco in una
nuova lingua.
138
lirono un modo potente di pensare se stessi e la vita, nonch un modo potente di esprimere questo sentimento:
I know that tomorrow will be as this day, I am a dwarf,
& I remain a dwarf. That is to say, I believe in Fate.
As long as I am weak, I shall talk of Fate; whenever the God
fills me with his fullness, I shall see the disappearance of Fate.
I am Defeated all the time; yet to Victory I am born
Nella sua scelta di vita in assoluta reclusione, in una vita familiare dominata dallaustera figura puritana del padre avvocato e dal fortissimo legame con la sorella e con il
fratello, nel suo graduale rifiuto del divino, nella sua ben nota enigmaticit, Emily
Dickinson si pone come voce al di fuori del gusto corrente, con cui, tuttavia, condivide
lo straordinario amore per la natura del paesaggio americano.
E. Dickinson cominci a scrivere la maggior parte delle sue poesie dal 1858; queste furono raccolte in pacchetti o fascicoli dallautrice stessa, il loro ritrovamento e la
loro pubblicazione fu per merito della sorella Vinnie. Inoltre, alcune delle poesie che
conosciamo sono state inviate dalla Dickinson a varie persone che conobbe nella sua
casa di Amherst, Massachussetts. Molte poesie sono poesie damore a destinatari noti e
ignoti, maschili e femminili. La sua poesia una ricerca religiosa, anche se il suo discorso si allontan progressivamente da Dio a favore di unindagine introspettiva e descrittiva della natura. Il linguaggio , come in Withman ed in Emerson, fatto di parole comuni della lingua, con qualche arricchimento dal mondo della geologia, della geografia,
delle esplorazioni; le parole si combinano in una forma poetica semplice, concentrata in
catene di metafore, dove alla punteggiatura sono sostituiti i trattini a spezzare il ritmo e
le categorie tradizionali del discorso, a creare pause per suggerire significati impliciti.
Gli esempi che seguono sono stati scelti fra tantissimi come dimostrazione del particolarissimo stile della poetessa, ma anche del personalissimo trattamento di temi cari
alla coscienza americana dellepoca quali la terra, la natura, lavventura, lesuberanza,
oltre allintimo ragionamento di Emily con la morte, il dolore della creazione, la sacralit degli oggetti del vivere quotidiano, la ricerca dellesperienza delleternit nelle separazioni, negli amori finiti, nellamore.
Exultation is the going
Of an island soul to sea,
Past the houses - past the headlands Into deep Eternity -
1860
1860
139
non databile
Lalba della leggenda americana era stata oscurata dal problema della schiavit,
abolita di stato in stato tra il 1776 ed il 1804; nel 1808 fu abolito il commercio transatlantico di schiavi, ma la schiavit continu, minacciando la reputazione della nuova
Union. La Guerra Civile fu un altro grande tema trattato in letteratura.
Mark Twain, originario del Missouri, fu uno di quei sudisti che, dopo la guerra civile, si spostarono ad Ovest nella corsa alloro in quelle terre leggendarie incontaminate
dellOregon, del Nevada, della California ecc. Prima della guerra civile la letteratura
popolare nel Sud presentava una terra gentile con uomini bianchi pieni di cavalleria,
belle donne bianche e devoti servitori neri, tutti felici nei loro ruoli sociali ed esistenziali. Per la sua esperienza di vita nel Missouri e lungo le rive del Mississippi, M. Twain
era qualificato a parlare della questione razziale.
La storia di Huckleberry Finn (1884), che ambientata prima della Guerra Civile,
ruota intorno ai tentativi di fuga dello schiavo nero Jim e a quelli dello scapestrato ragazzo bianco per conquistare la libert: Huck fugge da un padre violento e brutale, Jim fugge
dalla padrona bianca. Il viaggio di Huck e Jim lungo il Mississippi a bordo di una zattera non solo la loro fuga dalla civilt e la ricerca di una seconda identit per sopravvivere alla societ che considera entrambe propriet e denaro, ma loccasione narrativa
per descrivere luoghi ed avventure unici che restano nellimmaginario del lettore.
E il viaggio verso Ovest che molti coloni vollero esplorare, una specie di seconda
spedizione del Mayflower. La storia raccontata in prima persona nel linguaggio di un
giovane adolescente del Missouri, la struttura e la tecnica narrativa degli eventi riproducono gli itinerari mentali caotici del pensiero adolescente. Il romanzo, a lungo considerato esclusiva lettura per ragazzi, presenta, al contrario, tematiche non troppo elementari che la lettura adulta riesce ad intravedere: la lealt e la dignit dello schiavo nero che
fa da centro morale del libro, il conflitto interiore di Huck che sente la spinta emotiva
140
ad aiutare Jim, ma che allo stesso tempo si sente colpevole verso la legge secondo la
quale illegale sottrarre la propriet ad altri, la scoperta graduale che il ragazzo compie
a proposito delle menzogne trasmesse da uneducazione razzista.
The shame is ours, not theirs and we should pay for it (la colpa nostra, non loro
e noi dovremmo pagarla), scrisse M. Twain sovente accusato di avere un atteggiamento subdolamente razzista e di possedere contraddizioni irrisolte: lui, il critico della competitivit americana, che usava fare speculazioni ardite che lo portarono sullorlo della
bancarotta, lui, lumorista, che fin con amare considerazioni sui valori europei e su
quelli americani.
Contraddizioni dellautore, ma contraddizioni di un paese e di unepoca che viveva
le sue crisi al di sotto dei toni esaltati e profetici di W. Withman. Gli intellettuali americani puritani si trovarono a dover scegliere tra due opposte realt: il mondo del progresso materialistico ed il disincarnato pensiero trascendentalista.
Nathaniel Hawthorne prese discrete distanze dalla sue educazione religiosa. Nel suo
romanzo, ambientato a Boston nel New England puritano nel 17 secolo, The Scarlet
Letter (La Lettera Scarlatta), fortissimo il dibattito sullopposizione corpo-spirito,
avvincente luso dei simboli mistici ed allegorici e centrale il tema allegorico della
Caduta.
Il cuore de La Lettera Scarlatta quella simbolica lettera A che Hester Prynne
deve indossare al petto per imposizione della comunit puritana che lha punita per un
adulterio commesso prima dellinizio della narrazione. Latto adulterino non presente
nel romanzo, resta infatti abbastanza misterioso nelle sue motivazioni, un atto consumato nella foresta; la figlia Perla e la lettera scarlatta A sono le conseguenze tangibili, da
Hester accettate come giusti obblighi per domare la sua natura selvaggia. Incapace di
confessare, ladultero, il Reverendo Arthur Dimmesdale, lacerato dal senso di colpa e
si ammala. Alla fine della storia, egli confesser pubblicamente il suo peccato e morir
fra le braccia di Hester, mostrando una A impressa sul suo petto.
Alla ricerca dei tratti peculiari ed innovativi della narrativa americana, vale la pena
soffermarsi sulloriginalit della creazione del personaggio di Perla. Perla linnocenza
nel senso romantico del termine, natura, istinto, male e bene insieme, diversa per temperamento, diversa perch figlia illegittima. E la rappresentazione del rifiuto della
visione bi-polare puritana e, nelloriginale concezione letteraria dello scrittore, Pearl
la trasgressione dellimmagine dellinfanzia, unindomabile bambina selvaggia:
Now thou art my mother indeed! And I am thy little Pearl!
In a mood of tenderness that was not usual with her, she drew
down her mothers head, and kissed her brow and both her
cheeks. But then - by a kind of necessity that always impelled this
child to alloy whatever comfort she might chance to give with a
throb of anguish - Pearl put up her mouth, and kissed the scarlet
letter too!
141
Nato a Boston ma vissuto a Richmond, nel Sud, con la famiglia che lo allev, Edgar
Allan Poe rappresent unaltra voce, unaltra ricerca rispetto al credo trascendentalista
che opponeva unidea di natura salvifica e rassicurante alla wilderness affrontata dai
pellegrini del Mayflower prima e dagli esploratori dellovest poi. E. A. Poe, una vita
difficilissima ed una personalit dannata, dedic il suo talento allesplorazione della
soggettivit, della mente umana e delle sue aberrazioni quando lindividuo viene tagliato fuori dal mondo convenzionale da cui proviene. In patria Poe fu accusato di perversione, alcolismo e tossicodipendenza; in Francia i suoi racconti furono tradotti da
Baudelaire e le sue poesie da Mallarm. Fu considerato, infatti, un precursore del movimento Simbolista. In seguito, ma anche oggi, Poe stato ben considerato per il suo lavoro di critico letterario.
Scegliendo luoghi diversi o lontani in cui ambientare i suoi racconti (Poe diceva che
a foreign theme is, in a strictly literary sense, to be preferred: un tema forestiero , in
senso strettamente letterario, preferibile), ad esempio un quartiere malfamato di Londra,
un lago di montagna, una cittadina vicino al Reno nonch gli innumerevoli luoghi sotterranei come cantine, prigioni o stanze chiuse, Poe contribu a sprovincializzare la letteratura americana la quale, fin dagli inizi, aveva tentato loperazione culturale inversa,
quella di chiudersi nell autoesaltazione del raccontarsi.
In qualche modo anche Poe si pose il problema, tutto puritano, della separazione del
corpo e dello spirito; lo fa nella rappresentazione di luoghi chiusi e stati della mente alterata dalla segregazione, dal pericolo, dal senso di morte. Pi che nei racconti di raziocinio ed indagine, per intenderci quelli che hanno aperto la strada ai gialli con il detective Monsieur Dupin, nei racconti di immaginazione Poe supera la semplice tradizione
del romanzo gotico inglese per esplorare lorrore che nasce da dentro la nostra mente.
La perversione viene guardata con distacco e neutralit narrativa, la perdita del controllo della mente descritta con chiarezza e rigoroso sviluppo logico, la soggettivit
immaginativa dellautore-personaggio (i racconti sono spessissimo in prima persona)
comunica direttamente con quella del lettore in perfetta armonia. Se il pubblico americano, sulla scia della moda trascendentalista, cercava segni nel mondo che indicassero
il suo rapporto con una realt pi elevata, Poe ha risposto alla richiesta nella presentazione di quegli elementi, oggetti o dettagli ingigantiti che danno origine alle situazioni
dei suoi racconti.
Alcuni esempi significativi sono racconti come Metzengerstein, (1832), caso di reincarnazione di un antico cavaliere nel suo cavallo dipinto su una tappezzeria della casa
del discendente del suo uccisore, MS Found in a Bottle, (1833), storia di un naufragio,
Berenice, (1835), caso di sotterramento prematuro e feticismo nato dallossessione di
Egeo per i denti perfetti della cugina Berenice, sua promessa sposa, Ligeia, (1838), storia delle due mogli, la bella Ligeia dai capelli corvini, e la seconda, la bionda Lady
Rowena di Tremaine, uccisa dal veleno depositato dalla mano della defunta Ligeia, The
Fall of the House of Usher, (1839), storia gotica della morte inspiegabile degli ultimi
discendenti della famiglia Usher e del crollo della loro cadente dimora ai bordi di uno
stagno nero, William Wilson, (1840), storia di un malvagio perseguitato per tutta la vita
da un sosia buono, ucciso invano dal primo, The Black Cat, (1843), storia dal finale sor-
142
143
eating in them, till they are left living on with half a heart anf half a lung, cio come
personificazione del male nel mondo e nel cuore di certi uomini, come forza interna contro cui luomo deve lottare.
Essendo oggetto della natura, la balena bianca certamente anche simbolo delle
forze ignote della natura, imprevedibili ma giuste (bianco il suo colore), potenza
distruttiva dominata dalle sue ragioni. Il rapporto uomo-natura che il trascendentalismo
vedeva in termini di armonia e convenienza (le balene venivano considerate fonti di ricchezza da sfruttare completamente), in Melville il conflitto di sempre, romantico perch richiede alluomo uno sforzo titanico per affrontarlo. Dellidea trascendentalista di
Emerson, comunque, resta la ricerca trascendente dellestasi oltre la vita e la morte.
Il tema del libro americano per vari motivi. Tratta un argomento alto ed umile
al tempo stesso, il lavoro in mare diventa quasi occasione unica per rendere luomo
forte, coraggioso, vero; lequipaggio, descritto con umanit e simpatia nelle personalit
varie dei suoi membri-personaggi, diventa oggetto dattenzione secondo uno spirito
democratico che vuole rendere dignit a tutti. Del tono di autoesaltazione del mito americano, per, in Melville mancano lottimismo e lentusiasmo patriottico. Moby Dick si
pone sicuramente lontano dal coro autocelebrativo. Melville ci racconta, in chiave simbolica, la delusione delluomo con i suoi sogni e la sua idealit di fronte al fallimento
prodotto dalla realt.
144
The Sun Also Rises (Fiesta), 1926 - For Whom the Bell Tolls, 1939
The Old Man and the Sea, 1952
145
Venne il 1930 e fu il turno degli Stati Uniti dAmerica. Questo avvenimento segna
una svolta non solo negli annali del premio Nobel, ma anche nellevoluzione dei giudi zi formulati in Europa sugli scrittori del Nuovo Mondo. Essi diventavano, per questo
fatto, rispettabili sul piano convenzionale e accademico () Per molto tempo gli Stati
Uniti erano stati considerati come una terra davventura destinata agli emigranti e ai
cercatori doro, o anche come il paese dellesibizione affaristica, degli arrivati dai denti
doro di Wall Street: La Statua della Libert, il fonografo di Edison, le automobili di
Henry Ford, e i film comici di Mack Sennet, questi erano i rappresentanti duna civilt
priva di una vera cultura. Dal punto di vista letterario il paese sembrava trascurabi le() Ma si vide questAmerica entrare in guerra () Con grande sollievo lEuropa
pot constatare che i nuovi emissari doltre Atlantico erano lontani dal solidarizzare
con la volgarit che si era abituati ad associare alla loro civilt. Erano i primi a fusti gare la vanteria e le false pretese. Un H. L. Mencken, un Theodore Dreiser o un Sinclair
Lewis facevano apparentemente causa comune con gli intellettuali dEuropa. Essi sma scheravano, ironizzavano, lapidavano, e il loro rifiuto a lasciarsi illudere, le loro
denunce corrispondevano bene alle antipatie provate a Londra o a Parigi.
Alla cerimonia della premiazione, S. Lewis, un quarantacinquenne disinvolto, dalla
parola franca in pubblico, tenne un discorso dal titolo Il timore della letteratura in
America, in cui, oltre a meravigliarsi per il Nobel conferito ad un reporter come lui,
spieg le condizioni di lavoro di uno scrittore di temperamento liberale a contatto con
gli ambienti ufficiali americani che temevano ogni letteratura che non li adulasse; inoltre present unimmagine di grande rinnovamento letterario, di opere scritte per contestare la mediocrit da scrittori come Upton Sinclair, T. Dreiser, E. ONeill, Sherwood
Anderson, o da autori ancora giovani come Hemingway.
In Main Street (1920) S. Lewis descrisse la sua terra, in particolare la sua cittadina
natale nel Minnesota, ma sotto il nome di Gopher Prairie; un abitato di circa tremila abitanti nella Grande Prateria, un paese dalle vaste ondulazioni, con laghi e boschetti, dove
sono nate altre citt simili a quella del romanzo, per esempio San Paolo e Minneapolis.
A Gopher Prairie la gente, fiduciosa e credente nella democrazia, conduce unesistenza felice dove non si esclude, tuttavia, la divisione degli abitanti in funzione dei loro
affari economici e del possesso di un automobile: la strada principale piena di tante
Ford, infatti.
In una centro simile vive George Babbitt, felice cittadino di Zenith, citt molto pi
vasta di Gopher Prairie e per questo pi soddisfatta ed ottimista. In Babbitt (1922), il
protagonista, rappresentazione dellutilitarista allegro, pieno del brio e della vitalit
americane, crede nella relativit delle regole di condotta, nel commercio e nella morale
individuale, un commerciante, abita in una classica casa con giardino, possiede unautomobile di cui va fiero, ha una moglie tranquilla e dei figli vivaci, un uomo in salute, grasso, sempre di buon umore e loquace, coltiva anche interessi un po pi elevati
quando esce con un amico poeta e compositore di annunci deffetto per ditte. A 50 anni,
per, Babbitt si scopre addosso delle tendenze al vizio, entra in unassociazione illegale, si unisce ad una banda di giovani scapestrati, rischia, insomma, di perdere la sua
reputazione al Club ed in citt. Torna velocemente sui suoi passi, ottiene lassoluzione
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dal pastore e ritorna alla sua vita di sempre, arricchita solo da attivit socialmente utili.
Il quadro generazionale della famiglia di George Babbitt si presenta in evidente
cedimento sul piano dei valori e cos mentre Babbitt da ragazzo aspirava alla
Presidenza degli Stati Uniti, suo figlio Ted aspirava a una Packard a sei cilindri accop piati, ma lo stesso padre da adulto, a New York per la prima volta, desiderava solo
vedere il Pennsylvania Hotel e pensava duemiladuecento camere e duemiladuecento
bagni! C tutto quello che si pu desiderare. Signoriddio! Devono incassare be,
supponiamo che il prezzo delle camere vada da quattro a otto dollari al giorno.
La vasta ed acuta produzione narrativa di S. Lewis e la sua penetrante critica sociale hanno fatto pensare ad un Dickens americano che ha parlato delle ribellioni al sistema e del ritorno dei suoi personaggi dentro le sue regole, quasi fosse inutile anche tentare la fuga. Dalla sua prosa emerge un tratto tipicamente americano, cio il ritmo essenziale della narrazione, con poche pause, il fluire del discorso descrittivo o dialogato
senza interruzioni per riflessioni o osservazioni fuori campo.
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148
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be teso la mano per toccare il morbido vestito rosso di una ragazza, nonostante le urla
spaventate di lei.
A circa met della storia, entra in scena anche un altro personaggio, un vecchio lavorante che promette ai due i soldi per realizzare il loro sogno, purch lo portino via da
quella vita e da quel ranch. Il sogno si fa pi vicino, ma solo per un po. Poco dopo
Lennie viene aggredito da Curley, in preda ad un attacco di gelosia e Lennie reagisce
con la sua tremenda forza fisica. Lennie e George terminano il loro sogno cos come lo
avevano iniziato, cio riprendendo il loro vagabondaggio, legati da un affetto e da un
bisogno reciproco di compagnia; del loro sogno continueranno a parlare per sempre,
come ritornello alla loro amicizia.
La rappresentazione quella di una classe sociale dAmerica, quella della mano dopera avventizia che si aggira su uno sfondo californiano e a cui va la simpatia dello scrittore e del lettore. Ora il sogno americano si riduce immensamente e vediamo due operai agricoli che sognano inutilmente di passare al livello sociale successivo: quello dei
piccoli proprietari terrieri.
Il breve romanzo, oltre ad essere un testo accattivante sul piano del suo utilizzo
didattico, ci porta ancor di pi dentro il discorso sullo stile americano. I tempi del libro
sono tempi da teatro, il ritmo si fa sempre pi incalzante, lazione sempre pi incisiva,
il dialogo e le descrizioni non lasciano spazio ad altro che a loro stessi; in particolare il
dialogo non ha sbavature, nitido, fresco, immediato, facile da seguire, di grande presa.
Luomo che influenz profondamente i lettori e non solo i letterati che furono giovani fra il 1930 ed il 1945 fu Ernest Hemingway, un caso letterario americano, un uomo
molto solo che cre qualcosa di americano ma di universale insieme, facendo ricorso ai
pochi prestiti della sua formazione: Withman, Melville, Twain, Crane, Stein, lanelito
alla ricerca metafisica di Emerson, Kipling e Jack London.
Molto della sua opera e del personaggio che fu contenuto nella sua vita burrascosa ed intensa. Nato in un sobborgo borghese di Chicago, Illinois, Hemingway era
solito trascorrere le vacanze in Michigan, la selvaggia regione dei laghi dove egli
apprese lattitudine sportiva, primitiva e selvaggia verso la vita. In et molto giovane, Hemingway si trov ad essere un reporter per il Kansas City Star. Nel 1917
durante la prima guerra mondiale part volontario come autista di ambulanza per il
fronte italiano dove fu seriamente ferito e rimandato a casa con una medaglia al
valore prima che compisse ventanni.
Si spos per la prima volta nel 1921 e part per Parigi come corrispondente per il
Toronto Star. L entr a far parte dei giovani expatriate americani riuniti intorno alla
figura della Stein. Un anno pi tardi, nel 1922, fu mandato in Medio Oriente come corrispondente; in questo periodo inizi a scrivere dei racconti che furono pubblicati nel
1938 come The First Forty-Nine Stories (I Quarantanove Racconti). Il suo romanzo
The Sun Also Rises (1926) fu pubblicato in Inghilterra come Fiesta. Al suo ritorno negli
Stati Uniti, lo scrittore pubblic Farewell to Arms (1929).
Dopo un secondo matrimonio, Hemingway si trasfer in Florida; inizi un periodo
di grandi spostamenti. Si appassion alle lotte dei tori, alla caccia grossa e alla pesca nei
fondali. Questi viaggi e queste esperienze gli fornirono materiale per storie come The
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Snows of the Kilimanjaro (1936). Nel 36 lo scrittore part per la Spagna come corrispondente di guerra e nei suoi articoli profetizz i danni del fascismo ed i pericoli di una
nuova guerra mondiale. Nel 1940 pubblic For Whom the Bell Tolls (Per chi suona la
campana), romanzo sulla guerra civile di Spagna.
Ancora un altro matrimonio, il terzo, e la sua nuova vita a Cuba. Nel 1944, per,
Hemingway torn in Europa nuovamente per prendere parte attiva alla seconda guerra
mondiale come partigiano; Across the River and into the Trees raccont questa esperienza nel 1950.
Fu la volta del quarto matrimonio e del suo ritorno a Cuba dove simpatizz con il
movimento di Fidel Castro. A Cuba Hemingway trov lispirazione per il suo breve
romanzo The Old Man and The Sea (Il Vecchio e il Mare). Durante uno dei suoi safari
in Africa fu coinvolto in un incidente aereo da cui si salv. Nel 1954 vinse il premio
Nobel, ma non partecip alla premiazione per motivi di salute. Trascorse gli ultimi anni,
di cui si sa poco, combattendo contro problemi fisici e mentali. Nel 1961 Hemingway
mise fine alla sua vita sparandosi.
I romanzi di Hemingway originano da sue esperienze in guerra, da sport pericolosi, da amori tumultuosi, da amicizie che vengono ricordati con nostalgia. Ad esempio,
ne I Quarantanove Racconti, il protagonista della maggior parte di essi Nick Adams,
personaggio scopertamente autobiografico la cui vita ripercorre le tappe di quella del
suo creatore. In Fiesta (1926), Hemingway rappresenta la vita di un gruppo di expatriate americani ed inglesi che vivono in Francia, una lost generation di giovani
disillusi, nulla facenti, privi di valori diversi dallesibizione quotidiana della loro capacit di reggere gli alcolici.
Addio alle Armi (1929) autobiograficamente la storia di un ufficiale dellambulanza volontario al fronte italiano nella prima guerra mondiale e del suo amore per
uninfermiera militare; anche simbolicamente, dopo la disillusione dei nobili ideali di
patriottismo di fronte alla cruda realt della guerra, la vicenda di una diserzione, la
pace separata del protagonista, ribellione ed atto di rottura dello scrittore e del suo
personaggio con la societ. Per chi suona la campana (1940) una storia di guerra e
di politica dove leroe abbraccia la causa della guerra civile di Spagna per la quale perder la vita in un attentato ad un ponte. La grande conoscenza dellattivit della pesca
lelemento autobiografico pi evidente ne Il Vecchio e il Mare (1952); un pescatore
cubano, Santiago, riesce a prendere un enorme pescespada in mezzo alloceano, ma
deve difendere la sua preda dagli squali. Non ci riesce e a casa riporter solo la carcassa dellanimale e la sua propria salvezza.
In molti modi Hemingway ha descritto sia il ciclo vittoria-sconfitta delleroe, delluomo ferito nellinfanzia, nelladolescenza, nella giovinezza e nella vecchiaia, sia il
suo coraggioso tentativo di reazione al trauma subito, sebbene spesso nella consapevolezza che la vittoria non comporta nessuna conquista concreta. Lopera di E.
Hemingway stata letta alla luce dellampio disegno che descrive le fasi di questo ciclo
vittoria-sconfitta. Il trauma descritto in Addio alle Armi e ne I Quarantanove Racconti,
la ferita del trauma ben visibile nel disperato universo psichico in cui si muovono i personaggi in Fiesta; in Addio alle Armi troviamo anche la consapevole rottura con la
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societ ed infine ne Il Vecchio e il Mare, ma anche in Per Chi suona la campana troviamo il codice espressivo delleroe: il coraggio.
Lesperienza della vita risulta dolorosa in quanto riesce a distruggere tutta linnocenza, pur lasciando addosso alleroe e allo scrittore tutta la nostalgia; gli eroi
hemingwayani non sembrano mai essere divenuti degli adulti e questo sembra anche
essere un tratto tipico della letteratura americana, come pi volte stato notato. Essi
sono dei delusi dalla Storia, come fu lo stesso Hemingway, e, in mancanza di un appiglio filosofico positivo, investono tutto nel coraggio che sembra restituire dignit alla
condizione umana.
La vita e lattivit di scrittore per Hemingway si spiegano attraverso la metafora
della corrida a cui egli si era molto appassionato: luomo e lo scrittore sono come il
torero nellarena che avverte la presenza del pubblico, ma, per vincere, deve dimenticarla. Cos vivono lo scrittore e leroe, dimentichi il pi possibile di che li circonda e li giudica.
E stato detto che le tipologie degli eroi hemingwayani sono due: c leroe giovane, sensibile, autolesionista, appassionato al punto da immolarsi, amante degli sport
estremi pur nel timore della morte, pieno di umanit e di debolezze, raffinato pensatore
a caccia del senso delle cose, di solito di nazionalit americana; c poi leroe pi maturo, pieno di dignit, razionale, molto poco istintivo, amante di una vita vissuta in condizioni estreme, rude, poco umano, uomo dazione, con valori solidi ma non quelli tradizionali, di solito non di nazionalit americana. Unendo le due tipologie di eroi ai singoli romanzi, ne emerge unevoluzione politica del pensiero di Hemingway passato da una
prima fase anarchico-individualista ad una dove lindividualismo viene messo pi in
secondo piano a favore di un itinerario pi impegnato; a conciliare il dramma esistenziale e quello sociale degli eroi hemingwayani interviene il valore etico del coraggio e
della dignit.
Hemingway ha avuto il merito assoluto di rinnovare definitivamente il linguaggio
letterario americano. Le caratteristiche dello stile hemingwayano sono quelle gi rintracciabili nelle innovazioni introdotte da coloro che lo hanno preceduto in questa opera di
rinnovamento: stile impassibile con poche convenzioni letterarie, forza della prosa non
letteraria, periodo semplice con grande uso di proposizioni dichiarative, uso predominante del sostantivo, nitidezza del discorso, presenza massiccia di dialoghi semplici pi
reali di quelli reali, fotografia di cose e gesti. Il significato della scelta di questo stile
la scelta della prosa dazione, del pragmatismo rispetto al trascendentalismo, dello stile
del reporter usato non pi per riferire ma per inventare e narrare la realt in prosa.
Spesso nellopera di Hemingway si trova un io narrante che fa da filtro tra lo
scrittore che inventa delle maschere ed il lettore che viene tenuto ad una distanza
di sicurezza mai tale da fargli perdere di vista la carica fortemente autobiografica
del racconto.
A conclusione viene riportato un breve brano da Il Vecchio e il Mare, racconto breve
in grado di sintetizzare in s quelle grandi innovazioni tra tradizione locale, favola, rifiuto delleloquenza vittoriana e sperimentalismo modernista che furono realizzate dalla
narrativa americana nella sua breve esistenza:
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Fish, the old man said. Fish, you are going to have to die anyway. Do you have
to kill me too?
That way nothing is accomplished, he thought. His mouth was too dry to speak but
he could not reach for the water now. I must get him alongside this time, he thought. I
am not good for many more turns. Yes, you are, he told himself. Youre good for ever.
On the next turn, he nearly had him. But again the fish righted himself and swam
slowly away.
You are killing me, fish, the old man thought. But you have a right to. Never have
I seen a greater, or more beautiful, or a calmer or more noble thing than you, brother.
Come on and kill me. I do not care who kills who.
Now you are getting confused in the head, he thought. You must keep your head
clear. Keep your head clear and know how to suffer like a man. Or a fish, he thought.
Pesce, disse il vecchio. Pesce, dovrai pur morire in ogni caso. Vuoi uccidere
anche me?
Cos non si combina niente, pens. Aveva la bocca troppo asciutta per parlare, ma
ora non riusciva ad arrivare a prendere la bottiglia dellacqua. Devo farlo venir vicino
questa volta, pens. Non ce la far con molte altre svolte.
S, ce la farai, disse a se stesso. Ce la farai sempre.
Alla prossima svolta laveva quasi preso. Ma di nuovo il pesce si rizz e si allontan lentamente.
Mi stai uccidendo, pesce, pens il vecchio. Ma hai il diritto di farlo. Non ho mai
visto nulla di grande e bello e calmo e nobile come te, fratello. Vieni a uccidermi. Non
mimporta, chi sar a uccidere laltro.
Ora stai perdendo la testa, pens. Devi tenere la testa lucida. Tieni la testa lucida
e fa vedere come sa soffrire un uomo. O un pesce, pens.
[traduz. di Fernanda Pivano, Il Vecchio e il Mare, Mondadori, 1952]
Nota bibliografica
The New Pelican Guide to English Literature: A m e rican literat u re (vol. 9), edited by Boris Ford, Penguin Books,
1988
SPIAZZI TAVELLA, Only Connect 3: The Twentieth Century, Zanichelli, 1997
BIGGI-CORRADI-DE BLASIO, The 20th C e n t u r y, Principato, 1997
BAIN-BEATY-HUNTER, The Norton Introduction to Literature, Norton, New York, 1973
The World Book Encyclopedia, Field Enterprises Educational Corporation, Chicago, 1950 - 1967
I giganti della letteratura mondiale, Mondadori, 1970
I Premi Nobel per la Letteratura, Editions Rombaldi, Paris, 1966
Album Hemingway I Meridiani, Mondadori Editore, 1988
Calvino e Pa s o l i n i , i n t e l l e t t u a l i
t ra impegno e disimpeg n o
di Lina DAndrea
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voglio ci siano in un libro ci sono. E un libro come avrei voluto scrivere io (con tutte
quelle cose dentro, poi diversissimo) e forse mai scriver, ma sono contento che sia
stato scritto cio che la letteratura oggi non sia tanto diversa da come la vorrei. C il
salto qualitativo da Ragazzi di vita, perch in Ragazzi di vita (pur bellissimo come
poema lirico) mancava la tensione individuale, lattrito col mondo, e lumanit era
marmellata.4
Lentusiasmo della lettera testimonia un rapporto fra i due autori molto autentico
nella sua dialetticit, un rapporto documentato nelle raccolte di Lettere di entrambi 5
nelle quali molto frequentemente si definisce il ruolo della letteratura attraverso lispirazione del momento di due intellettuali italiani spesso contrapposti. La lettera riportata
significativa per laffermazione della stima di Calvino per un collega che ha fatto una
scelta di impegno diversa dalla sua. Queste scelte diversificate fanno scrivere a
Pasolini nel 1973: Poi Calvino ha cessato di sentirsi vicino a me. 6
E Calvino nella sua accorata risposta fornisce la risposta anche allinterrogativo che
anima da anni un dibattito critico tra i pi accesi. Quale la funzione della letteratura e
dellintellettuale nella societ: passionale impegno o eburneo disimpegno?
Caro Pier Paolo, solo ieri ho letto il tuo articolo bellissimo7 e sono felice che anco ra lo scrivere mi riservi la sorpresa di un dialogo come questo, un discorso come il tuo
tutto di rapporto diretto e intelligenza vitale, fuori da ogni prevedibile meccanismo del
discorso critico. [] Una parola sul nostroaver cessato di sentirci vicini negli ulti mi dieci anni o gi di l. Sei tu che sei andato molto lontano, vuoi dire: non solo nel cine ma che quello che pi di lontano ci pu essere dal ritmo mentale di un topo di biblio teca quale io nel frattempo sono diventato, ma perch anche il tuo uso della parola s
adeguato a comunicare traumaticamente una presenza come proiettandola su grandi
schermi: un modo di rapido intervento sullattualit che io ho scartato in partenza.[]
lessere presente per dire la tua sullattualit secondo lottica dei giornali, col metro
dellattualit dei giornali e in presa diretta sullopinione pubblica d certo una
grande sensazione di vita, ma vita nel mondo degli effetti, non in quello delle lente
ragioni. E dunque il tuo modo di aver scelto lattualit che ci ha diviso: non il mio,
che non esiste; nellattualit ho capito spesso di non aver posto e sono rimasto da parte,
magari rodendomi il fegato, ma restando in silenzio, come tu dici del resto, tanto anche
se avessi parlato non cera nessuno disposto a starmi a sentire e a rispondermi.[]
Quello che tu dici della mia immagine che ha cominciato a ingiallire e a scolorire cor risponde bene alle mie intenzioni. I morti, a non essere pi in un mondo in cui troppe
cose non gli appartengono pi, devono provare un misto di dispetto e di sollievo, non
diverso dal mio stato danimo. Non per niente sono andato a vivere in una grande citt
dove non conosco nessuno e nessuno sa che esisto: e cos ho potuto realizzare un tipo
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di vita che era almeno una delle tante vite che ho sempre sognato: passo dodici ore al
giorno a leggere, la maggior parte dei giorni dellanno. Cercher di leggerti sempre su
Tempo. Abbiti i miei ringraziamenti e saluti con la mia vecchia amicizia.8
Questa lettera esprime una sintetica, ma acuta e sentita analisi dellessere intellettuali in quegli anni cos ideologicamente segnati e con assunti relativi alla figura dellintellettuale in et post-moderna... Lo scoiattolo della penna, come Pavese defin Calvino,
con la sua incisiva leggerezza nel dominio assoluto di forma e costruzione spiega la
distanza, o meglio, il non sentirsi vicini intuito e denunciato da Pasolini, intellettuale
inserito nei mass-media con la dominanza della categoria della visibilit e della vita e
passione. Non appartiene a Calvino questa categoria, questo modo di aver scelto lattualit: preferisce, e lo dichiara, il nascondimento isolato nelle sue storie di carta e dinchio stro alla impegnata visibilit di un Pasolini, dedito alle storie di carne e di sangue 9, che
non accetta di scomparire dietro il testo, dietro le maschere della narrazione e le frantumazioni dellidentit.
Forma e costruzione contro vita e passione?
A ragione A. Asor Rosa afferma che il Novecento che vedevamo diviso si oggi
tutto riunificato alle nostre spalle e le battaglie anche di poetica ipotizzabili oggi sono
irreversibilmente compiute senza alcuna possibilit di interventi riparatori con possibilit di interpretare e comprendere un secolo che non pi il nostro futuro, ma un pas sato compiuto. La contemporaneistica duplice, la prospettiva storica monastica: noi
siamo allo stesso tempo gli storici e i contemporanei di noi stessi.10 Questa premessa ci
autorizza a scoprire in un Novecento riunificato nella prospettiva letteraria il terreno di
confronto - conflitto con i processi di modernizzazione tendenti a travolgere e annullare ogni opportunit di produrre immagini con parole originali e sensate. Lantinomia
Forma - Costruzione contro Vita - Passione pu essere superata, come individuato da
Asor Rosa, nel comune terreno di Immaginazione e Linguaggio e risolta, aggiungeremo,
con lesito di un utilizzo di linguaggi diversamente espressivi della facolt immaginativa: linguaggio iconico-verbale nella produzione filmica di Pasolini e linguaggio di parola scritta in Calvino, particolarmente negli ultimi anni. Restringendo ancora di pi il
campo di osservazione al rapporto dei due autori con i classici si potr scoprire nella
religiosit dellessere la chiave ermeneutica che entrambi utilizzano per interpretare la
realt attraverso i classici della letteratura di tutti i tempi.
Calvino e la parola-imago
Sono due le posizioni critiche che Calvino assume nel suo iter di formazione letteraria. La prima riassumibile nella presentazione di Una pietra sopra del 1980 cui espone il suo progetto per una letteratura utile alla ricostruzione:
8 I. Calvino, Lettere 1940-85, op. cit., pp. 1196-1198
9 C. Benedetti, Pasolini contro Calvino, Bollati Boringhieri, 1998
10 A. Asor Rosa, Letteratura italiana del Novecento - Bilancio di un secolo, Einaudi, 2000, pp. 5-6
158
11 I. Calvino Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e societ, Torino, Einaudi, 1980, Collana Gli Struzzi.
12 I. Calvino, Lezioni americane, Introduzione, Mondadori Milano, 1993
13 I. Calvino Perch leggere i classici, con prefazione di Esther Calvino, Milano, Arnoldo Mondadori, 1991,
pp. 5-13
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lessere: quello che sta prima (o dopo) che luomo con la sua infaticabile e inesauribi le attivit disgiuntiva e associativa, lo abbia sistemato, catalogato, neutralizzato in
sistemi logici ed espressivi. []Oltre il pensiero c lessere e con lessere c la fine
dellessere e con la fine dellessere c la fine del pensiero, della parola, del segno, delle
forme, ecc...; ossia la contemplazione, lucida e disincantata, del limite insuperabile di
ogni conoscenza umana, anche la pi raffinata e profonda. Ma siamo sicuri che la via
della conoscenza sia limitata dalla morte? Se si vuole davvero credere nella forza e nella
potenza della parola evocatrice di immagini possiamo anche credere che esista un meccanismo di sovrapposizione di immagini che va oltre le singole vite e costituisca, come
afferma Starobinski ne Limpero dellimmaginario16, lanima del mondo che viene
guardato dallalto come fa il Barone rampante.
A questanima in senso laicamente religioso, affidata la sopravvivenza della paro la-imago, una parola che non nasce e non muore, ma che si radicata in questa anima
cosmica e vive sempre con tutti e per tutti. Calvino credeva in questa eternit della parola scritta, aveva almeno questa di inconsapevole e scomoda credenza che testimoniava
in qualche modo leternit almeno di unanima, quella cosmica. Negare tutto questo
avrebbe determinato togliere la vita alla parola scritta, ad un sistema di segni che si combina in un numero infinito di soluzioni: per questo la conoscenza non pu essere limitata alla vita del singolo, ma si alimenta della continuit delle conoscenze in una catena
infinita.
Alla fine Calvino avrebbe potuto affermare, se solo lo avesse voluto: Io credo nella
parola di chi scrive Storie di carta e dinchiostro perch mi fa credere nelleternit.
Pasolini e la immagine imago
Anche per Pasolini la risposta allaffermazione che lo vede autore di storie di carne
e di sangue risiede nelluso dellimmagine evocatrice di immagini, sul comune terreno
di immaginazione e linguaggio che condivide per la parola con Calvino. Limmagine
nel cinema di Pasolini religiosamente poetica soprattutto quando si rivolge alla trattazione di opere classiche e attinge alla perizia poetica dellautore. Ma il cinema pasoliniano
spesso soccombe sotto il peso dello scandalo e la battaglia pi faticosa che deve fare un
insegnante oggi per parlare di Pasolini alle nuove generazioni sgombrare il campo dal
pregiudizio scandalistico. Anche in questo caso alcune riflessioni dellautore e di altri
autori aiutano nelloperazione di riabilitazione. Nei due passi seguenti, a conferma dellalone profetico che lo circonda, lautore parla della morte e dello scandalo, invitando
gli amici a non lasciarsi toccare dal contagio scandalistico.
E dunque assolutamente necessario morire, perch finch siamo vivi manchiamo
di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attri buiamo la massima importanza) intraducibile: un caos di possibilit, una ricerca di
relazioni e di significati senza soluzione di continuit. La morte compie un fulmineo
montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non
16 J. Starobinski in La relation critique, Gallimard, 1970
161
pi ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in suc cessione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguistica mente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben
descrivibile (nellambito appunto di una Semiologia generale). Solo grazie alla morte,
la nostra vita ci serve ad esprimerci.17
Non rinuncer mai a nulla per la reputazione. Io spero che coloro che mi sono
amici, o personali, o in quanto lettori, o come compagni di lotta (e nei cui occhi, lo so,
cala unombra, ogni volta che la mia reputazione in gioco: unombra che mi d un
dolore terribile) siano cos critici, cos rigorosi, cos puri, da non lasciarsi intaccare dal
contagio scandalistico: se cos fosse, gli sconfitti sarebbero loro; se solo cedessero per
un attimo e dessero un minimo valore alla campagna dei nemici, essi farebbero il gioco
dei nemici. Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi,
con gli scritti, con i versi: la lotta pi dura quella che si svolge nellintimo delle
coscienze, nelle suture pi delicate dei sentimenti.18
Franco Fortini risponder a questo invito, dopo lunghi anni di contatti interrotti,
esprimendosi con parole molto convincenti: Meno commozione per Pasolini, pi
amore e intelligenza per quello che egli ci ha detto.
Il solo modo di parlare di Pasolini, in mezzo al vocio autopunitivo di questi giorni,
leggerlo.[] Per questo non ho nulla da dire per la morte di Pasolini che non sia stato
detto in questi giorni, anche egregiamente, dai miei colleghi in letteratura; fuor del con siglio di prendere i suoi libri di versi e capirli. Gli sono stato amico per molti anni;
avverso per altri; sempre ho cercato di intenderlo e amarlo. Ho in comune con lui la
divisione, la duplicit, di cui si fa, quando si fa, la poesia. Nel testo autentico, daltron de, come nellattimo della morte, coincidono elezione e destino, scelta e inevitabilit.
Meno commozione per Pasolini, pi amore e intelligenza per quello che egli ci ha
detto.19
Accogliendo linvito di Fortini, indaghiamo questo Pasolini della poesia e del cinema, ambiti dove al meglio si espressa la sua facolt immaginativa legata allimmagine poetica e allimmagine filmica.
La facolt immaginativa: gli approcci alla musica e alle arti figurative
Durante la seconda guerra mondiale Pasolini conosce a Casarsa la violinista slovena Pina Kalc, rifugiata in casa di parenti, e prende da lei lezioni di violino; nel 1944 scriver uno studio sulle sonate di Bach con molti riferimenti a versi poetici. Funzionale
alladerenza alla realt del nuovo filone neorealista, Pasolini da Accattone a Sal propende spesso per attori non professionisti, come i ragazzi di strada di Accattone o alcuni personaggi del Decameron. Questa scelta determinata, come afferma M. Valente,
dalla concezione di cinema di poesia che ispir Pasolini, un cinema, come si detto, che
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molto attinge dalla propensione poetica e che si fonda sulla soppressione delle regole
decodificate e sulla trasgressione stilistica nellintento di esprimere la facolt immaginativa in forme espressive assolutamente libere, poeticamente libere; si superano gli
schemi classici dei film popolari a favore di un cinema dove lautore sia lunico protagonista e dove il poeta-regista tende ad un linguaggio iconico fortemente caratterizzato
da inquadrature e sequenze brevi e dal ritmo molto rapido dove la recitazione risulti polverizzata ricorrendo a brevi battute e alla mimica per valorizzare uno stato danimo; successivamente il regista poeta polverizza ulteriormente le inquadrature con unulteriore
frammentazione delle sequenze. A Bologna nel 1941 Pasolini aveva seguto i corsi di
Storia dellArte medievale e moderna di R. Longhi e anche questo contribuir a costruire con grande gusto figurativo le inquadrature dei suoi film e ad orientarlo in alcune
soluzioni come quelle di rappresentare apostoli e santi soprattutto nella loro appartenenza a ceti popolari. Sui propositi figurativi scrive A. Bertini:
Alluso semplificato e rigoroso degli obiettivi 50 e 75, impiegati in Accattone,
Pasolini aggiunge il pancinor o zum. Si tratta di un obiettivo, come si sa, che permette
di passare (senza soluzione di continuit) dallinquadratura di un dettaglio o di un
primo piano fino a un totale o a un campo lungo. [...] Sembra quasi ci sia la volont da parte del regista - di togliere allimmagine filmica limpressione di tridimensiona lit, di profondit di campo (dovuta soprattutto allimmagine in movimento, al movi mento allinterno dellinquadratura) per ricondurla in un ambito figurativo e pittorico.
Il richiamo a Masaccio (che ritorna spesso nelle dichiarazioni della sua tecnica)
non casuale. Lobiettivo viene paragonato a un pennello nelle mani di un pittore, un
pennello leggero e agile che, tuttavia, ha la forza di rendere greve, massiccia la mate ria, con una forte accentuazione del chiaroscuro.20
Lattenzione ad unimmagine che sia altamente e poeticamente evocativa ha una
valenza fortissima nel cinema-poesia e viene fortemente potenziata alluso della musica. Frequentemente usate le musiche di Bach, ben note allautore e da lui particolarmente amate: utilizza le musiche de La Passione secondo Matteo in Accattone, prima opera,
e ne Il Vangelo secondo Matteo.
Lincontro con Bach un incontro felice per elementi particolari introdotti dal compositore nelle Passioni, sviluppatesi dal XV secolo, nelle quali inserisce lazione di tre
personaggi: Cristo, un Diacono e un Evangelista; con il coro si rappresentava il popolo, talvolta con spunti polifonici. Per la prima volta nella storia della creazione artistica musicale, Bach riun nelle Passioni elementi eterogenei, e tenne conto al tempo stesso di tutto quanto storicamente gli era noto sulla musica, compiendone una mirabile sintesi. Ne La Passione secondo Matteo, lopera pi vasta che Bach abbia scritto, anche per
il ricco complesso vocale e strumentale previsto, piuttosto che ripercorrere il calvario di
Cristo, il compositore prefer evocarne e meditarne la morte.
La caratteristica che contraddistingue la Passione secondo Matteo limpiego di un
doppio coro, non come mezzo impiegato per ottenere efficaci artifici sonori, ma come
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uno strumento indispensabile per rendere pi incisivo lelemento dialogico che laspetto prevalente nella Passione secondo Matteo, nonch un modo efficacissimo per
esprimere e per far percepire una intensa emozione.21
Quando nel 1961 Pasolini inizia la lavorazione della prima pellicola cinematografica con un soggetto da lui scritto e diretto, Accattone, ha idee ben chiare per quanto
riguarda la musica che avrebbe adoperato. E convinto - come regola generale a cui
rimarr sostanzialmente fedele, sia pure con qualche eccezione - che preferibile usare
musica di repertorio (cio brani classici o leggeri di autori noti) piuttosto che farla
espressamente comporre. Questo perch, secondo Pasolini, pi efficace una buona
musica gi collaudata piuttosto che una mediocre partitura che, il pi delle volte, un
cattivo rifacimento di temi e motivi gi noti.22
Elsa Morante, sua cara amica con la sua ricca collezione di dischi, sar da allora in
poi una preziosa risorsa cui Pasolini far ricorso per realizzare il commento musicale dei
suoi film. In Accattone il commento musicale in gran parte affidato a brani di Bach e
a lutilizzo di canzoni popolari e di stornelli con testi parodiati: c una scena in cui
domina il bellissimo blues di William Primrose St James Infirmary.
La Passione secondo Matteo di Bach - come scrive Pasolini - nel momento della
rissa di Accattone, assume questa funzione estetica. Si produce una sorta di contaminazione fra la bruttezza, la violenza della situazione, e il sublime musicale. lamalgama
(il magma) del sublime e del comico di cui parla Auerbach.23 [...] La musica si rivolge
allo spettatore e lo mette in guardia, gli fa capire che non si trova di fronte a una rissa di
stile neorealista, folklorica, bens a una lotta epica che sbocca nel sacro, nel religioso. [...]
Io sentivo, sapevo, che dentro questa degradazione cera qualcosa di sacro, qualcosa di religioso in senso vago e generale della parola, e allora questo aggettivo, sacro,
lho aggiunto con la musica. Ho detto cio che la degradazione di Accattone , s, una
degradazione, ma una degradazione in qualche modo sacra, e Bach mi servito a far
capire ai vasti pubblici queste mie intenzioni.24
Il Coro finale della Passione secondo Matteo viene inserito dal regista sia nella
scena sopra ricordata sia nelle ultime inquadrature del film, quando si compie il tragico
destino di Accattone e sopravviene la morte, unica vera libert concessa dalla societ a
uomini privi di dignit che ignorano (come Accattone) o rifiutano (come Pasolini) le
leggi della ragione dominante.
Sempre in Accattone, il secondo movimento del Concerto brandeburghese n. 2 di
Bach viene utilizzato per creare forte contrasto nei confronti delle immagini che frattanto scorrono sullo schermo, quelle cio in cui la prostituta Maddalena viene malmenata
nella radura dellAcqua Santa dai ragazzi di vita amici del suo sfruttatore. E Pasolini
chiarisce:
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[...] Questo aver contaminato una musica coltissima, raffinata come quella di
Bach con queste immagini, corrisponde nei romanzi allunire insieme il dialetto, il
gergo della borgata, con un linguaggio letterario che per me di derivazione proustia na o joissiana. lultimo elemento di questa contaminazione che rimane cos un po
esteriore nel film. Quanto alla scelta, una scelta molto irrazionale, perch prima
ancora di pensare ad Accattone quando pensavo genericamente di fare un film, pensa vo che non avrei potuto commentarlo altrimenti che con la musica di Bach: un po per ch lautore che amo di pi; e un po perch per me la musica di Bach la musica a
s, la musica in assoluto.[...] Quando pensavo ad un commento musicale, pensavo sem pre a Bach, irrazionalmente, e cos ho mantenuto, un po irrazionalmente, questa pre dilezione iniziale.25
Anche la formazione pittorica di Pasolini entra in gioco, a partire da Accattone:
Come modello formale pensa alla grande tradizione pittorica italiana del TreQuattrocento, a Giotto, a Masaccio e quindi allesigenza di rappresentare i suoi personaggi frontalmente, fortemente chiaroscurati, statuari. E, riguardo al luogo prescelto
per le ultime inquadrature del film, Pasolini scriver: [...] era soprattutto su Olevano
[una localit del sud del Lazio] che puntavo, come luogo dipinto da Corot. Ricordavo le
sue montagne leggere e sfumate, campite come tanti riquadri di sublime, aerea garza
contro un cielo del loro stesso colore.26
Tra il 1962 e il 1964 lautore elabora una successione di progetti. Casualmente rilegge il Vangelo di San Matteo durante un convegno ad Assisi nel 1962 e scopre quanto del
contesto contadino dellet di Cristo emerga dalle pagine dellevangelista Matteo da lui
considerato il pi rivoluzionario perch il pi realista. Pasolini racconta di aver letto
il Vangelo per la prima volta nel 1942 e, quando ebbe lidea di un film sul Vangelo sceglie non a caso la versione di San Matteo perch quella che pi dogni altra esalta lumanit del Cristo, il suo essere uomo tra gli uomini. Pasolini non un cattolico, non
sono nemmeno cresimato dir rispondendo alle critiche provenienti da ambienti marxisti, ribadendo il suo ateismo. Questo suo distacco, questa mancanza di resistenze interne lo convincer a terminare questo ambizioso e rischioso progetto. Il Vangelo anche
il risultato di una crisi personale di Pasolini e, pi in generale, di una crisi della cultura
italiana:
... Tutto il razionalismo ideologico elaborato negli anni cinquanta, non solo in me
ma in tutta la letteratura, in crisi, le avanguardie, il silenzio di molti scrittori, le incer tezze ideologiche di scrittori come Cassola o Bassani, c aria di crisi dappertutto e evi dentemente cera anche in me. In me ha assunto questa specie di regressione a certi temi
religiosi che erano stati costanti, per, in tutta la mia produzione. Non mi sembra ci si
debba meravigliare davanti al Vangelo quando leggendo tutto quello che ho prodotto
25 Ibidem
26 Quaderni rossi del 46, in Nico Naldini, Pasolini, una vita, Einaudi, Torino, 1989
165
una tendenza al Vangelo era sempre implicata, fin dalla mia prima poesia del 42. [...]
Quindi un tema lontanissimo nella mia vita che ho ripreso, e lho ripreso in un momen to di regressione irrazionalistica in cui quello che avevo fatto fino a quel punto non
maccontentava, mi sembrava in crisi e mi sono attaccato a questo fatto concreto di fare
il Vangelo.27
Le musiche sono di Bach, Mozart, Prokofiev e Webern. Le musiche originali di Luis
E. Bacalov. Come nelle opere cinematografiche precedenti non a caso Pasolini affida a
un linguaggio sonoro raffinato tutte le vicende pi significative narrate nel film non perch la musica debba essere al servizio del cinema e viceversa, ma perch sono entrambe espressioni artistiche che utilizzano linguaggi non verbali e che tuttavia sono assolutamente differenti e agiscono in modo diverso e indipendente sulla percezione e, inoltre,
come puntualizza lo stesso Pasolini, I valori che essa [la musica] aggiunge ai valori ritmici del montaggio sono in realt indefinibili, perch essi trascendono il cinema, e
riconducono il cinema alla realt, dove la fonte dei suoni ha appunto una profondit
reale, e non illusoria come nello schermo.28
Per il suo Vangelo il ricorso alla Passione secondo Matteo di Bach quasi dobbligo. Ma, in particolare, alla morte di Ges, egli associa la Musica funebre massonica, che
a sua volta una delle pi alte creazioni di Mozart, che in essa ha anche espresso la propria immagine della morte non come titanica lotta contro il destino ineluttabile, ma
come cara amica; nella musica stessa si percepisce il dolore per la separazione, a cui
Mozart si lascia andare senza esserne tuttavia sopraffatto.
Vi un momento isolato della lunga sequenza della crocefissione e della morte in
cui il racconto non affidato al solo indivisibile binomio immagine-musica: quello
in cui Cristo pronuncia queste ultime parole: Voi udrete con le orecchie ma non intenderete e vedrete con gli occhi ma non comprenderete, poich il cuore di questo popolo
si fatto insensibile e hanno indurito le orecchie e hanno chiuso gli occhi per non vedere con gli occhi e non sentire con le orecchie
Nelle ultime immagini del film si pu ascoltare un canto che richiama in modo
significativo il Gloria di una messa cantata congolese con il testo in latino e la musica
ricca di tutti gli accenti, gli strumenti e i ritmi del folclore africano, quasi a sottolineare
luniversalit di un profondo sentimento religioso. Suggestiva anche la scena in cui
Maria, interpretata non a caso dalla stessa madre di Pasolini, si reca con le altre donne
alla tomba del figlio. In altre occasioni lo scrittore ha espresso il suo religioso sentimento filiale in un rapporto struggente madre-figlio che molto si ritrova nel film. La sublimazione di questa relazione con tutte le implicazioni di Passione che possono essere
facilmente intese, si ritrova in forma poetica nella Supplica a mia madre da Poesia in
forma di rosa del 1964:
166
167
il Vangelo secondo Matteo, senza farne una sceneggiatura o riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o unaggiunta il racconto. Anche
i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una
frase di spiegazione o di raccordo: perch nessuna immagine o nessuna parola inserita
potr mai essere allaltezza poetica del testo. E questaltezza poetica che cos ansiosamente mi ispira. Ed unopera di poesia che io voglio fare. Non unopera religiosa nel
senso corrente del termine, n unopera in qualche modo ideologica. In parole molto
semplici e povere: io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perch non sono credente,
almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cio che in lui lumanit
sia cos alta, rigorosa, ideale da andare al di l dei comuni termini dellumanit. Per questo dico poesia: strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo.31
Pasolini, non cattolico, seguace di Matteo, riesce a raccontare nel suo Vangelo, la
sua religiosit di filialit e di genitorialit non praticata, ma comunque vissuta per i suoi
ragazzi di vita. Annuncia nel suo Vangelo la pi alta aderenza al messaggio cristiano
grazie alla sua distaccata non omologazione allortodossia comunista e alla sua totale
libert da schematismi precostituiti. E cos la storia di Cristo dopo due millenni di interpretazione cristiana supera la realt storica per accedere allimmaginario mitico in cui
questo mito fosse unidea centrale per un film e in cui la facolt immaginativa potesse
esprimersi nella visibilit.
Conclusioni
Il senso di religiosit della parola e dellimmagine.
Per Pasolini la riproduzione audiovisiva diventata una forma decisiva di rappresentazione e di interpretazione della realt: il passaggio dalla letteratura al cinema non
un cambiamento di tecnica letteraria, ma utilizzo di unaltra lingua, di un altro sistema di segni che non usa simboli come le parole, ma la realt stessa. In questa operazione la musica supporta il sistema di segni integrati adottato dal regista e diventa poesia,
cinema-poesia, lunico sistema capace di esprimere la disperazione della solitudine di
una creatura che conosce il suo dramma interiore e che chiede aiuto ad una umanit
sorda e piena di pregiudizio.
Anche Calvino usa religiosamente la facolt immaginativa, il mito della parola, ma
per penetrare la realt attraverso la parola stessa e riprodurre luniverso indagato dal suo
animo di scienziato; per raggiungere questo obiettivo si serve di uno schermo vuoto
da riempire con la visibilit delle parole. Per Starobinski il motivo del vuoto occupa un
posto considerevole in Calvino: il vuoto certamente necessario perch vi si produca
la caduta degli atomi di cui sono composti tutti i corpi immaginabili; ma dato che il
31 Pier Paolo Pasolini, Sette poesie e due lettere, a cura di Rienzo Colla, La Locusta, 1985
168
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Marted Pintor, Pavese e Vittorini, il mito americano nella cultura italiana degli Anni Trenta
20 maggio Relatore prof. V. ROMANO