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della donna e del suo seguito presso l'imperatore, che non permise ritorsioni contro Blemmida. Dopo
quell'episodio si perdono le tracce della "Marchesina" ed possibile immaginare che la sua fortuna sia
andata successivamente declinando, finch ella fu dimenticata. Quel che importa qui rilevare che
l'episodio non sembr compromettere le buone relazioni diplomatiche tra Giovanni III ed il suocero
Federico II. C. con il tempo vide poi rafforzata la sua posizione alla corte nicena e dopo la morte di suo
padre nel 1250 accolse presso di s lo zio Galvano Lancia e altri membri della sua famiglia materna
banditi da Corrado IV, figlio e successore di Federico II. Ci cre delle tensioni tra l'Impero tedesco e
quello niceno che si allentarono solo con l'invio a Nicea da parte di Corrado IV di una speciale legazione
guidata da Bertoldo di Hohenburg.
Morto Giovanni III nel 1254, C. a soli ventidue o ventitr anni inizi una difficile vedovanza. Dapprima
sotto il regno del figlio di primo letto di Giovanni, Teodoro II Lascari, che probabilmente non aveva
particolare considerazione per la matrigna, ma soprattutto in seguito allorch nel 1259, morto a sua
volta Teodoro II, il potere venne assunto da Michele Paleologo, che come tutore del giovane figlio di
Teodoro ben presto riusc ad usurparne il trono. Due fattori rendevano delicata la posizione di C. a
Nicea: il suo essere legata alla dinastia appena spodestata, ma soprattutto il fatto che Manfredi, suo
fratello, divenuto re di Sicilia nel 1258, aveva mutato la politica estera di suo padre assumendo un
atteggiamento ostile e bellicoso contro l'Impero niceno d'intesa con il despotato d'Epiro, lo stato greco
occidentale rivale di Nicea. Proprio nel 1259 ebbe luogo la battaglia di Pelagonia in cui Manfredi, i greci
d'Epiro e il principe d'Acaia attaccarono l'Impero niceno, uscendone per sconfitti. In questo contesto,
C. pass rapidamente dalla condizione di sovrana a quella di ostaggio, per quanto trattata con il
riguardo dovutole.
Nel 1261 Michele VIII Paleologo, ponendo fine all'Impero latino d'Oriente, riconquist Costantinopoli e
la rese nuovamente capitale del suo Impero: l'epoca di Nicea era finita. La corte, con al seguito C., torn
a risiedere sul Bosforo.
Per distendere i rapporti con la Corona di Sicilia Michele VIII aveva accarezzato frattanto l'idea di un
suo matrimonio proprio con la giovane vedova di Giovanni III, ma dovette poi rinunciarvi per
l'opposizione della propria moglie Teodora Ducena, niente affatto disposta a farsi da parte, e dello
stesso patriarca di Costantinopoli, che gli prospett la scomunica. Michele VIII accett anzi a quel punto
di rimandare C. da suo fratello Manfredi in cambio del generale Alessio Strategopulo, che aveva guidato
le truppe nicene alla riconquista di Costantinopoli, ma era successivamente caduto in mano nemica.
Intorno al 1262 C. pot cos tornare dalla sua famiglia d'origine. Un documento estratto dai registri
angioini un tempo conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli, attualmente non pi consultabili
perch andati distrutti, indicava alcune spese sostenute dalla regia corte ancora nel 1265 al tempo di re
Manfredi per "Costanza detta Imperatrice dei Greci" (Registro nr. 6 1269 D, cc. 9-12, in Del Giudice,
1869, pp. 20-21).
Erano quelli, per, gli ultimi anni del dominio della dinastia sveva nell'Italia meridionale. Con la
battaglia di Benevento del 1266, Carlo d'Angi sconfisse e uccise Manfredi, conquistando la Corona di
Sicilia. La famiglia stessa del re sconfitto, rifugiatasi a Lucera in Puglia, rimase alla merc del vincitore:
la moglie di Manfredi, la regina Elena, i loro figli e C., che forse aveva raggiunto gli altri a Lucera, furono
tutti imprigionati da Carlo. Per sua fortuna, tuttavia, e a differenza degli altri parenti di Manfredi, a C.
fu successivamente concesso di andarsene in esilio: probabilmente Carlo d'Angi stimava meno
pericolose le sue rivendicazioni sulla Corona di Sicilia finch egli aveva comunque in pugno la vedova e i
figli di Manfredi. Intorno al 1269 C. giunse presso la corte di Aragona, dove fu accolta dalla nipote,
anch'ella di nome Costanza, figlia di Manfredi e della sua prima moglie Beatrice di Savoia, sposata
all'infante e futuro re Pietro III d'Aragona. A ben guardare, forse anche la liberazione di C. fu un atto, da
parte di Carlo, tutt'altro che disinteressato, mentre l'ex imperatrice con il suo ingresso alla corte
aragonese divenne, ancora una volta, lo strumento pi o meno inconsapevole della politica altrui:
l'Aragona, con la figlia di Manfredi come sua futura regina, aveva ragione di essere mal di-sposta nei
confronti di Carlo d'Angi, mentre questi invece si sforzava di tessere il maggior numero di alleanze a
sostegno del suo progetto di invasione dell'Impero bizantino; se Carlo non poteva sperare nella
collaborazione dell'Aragona, doveva almeno scongiurare il suo avvicinamento alle posizioni di Michele
VIII Paleologo. Ecco infatti che nel 1269 un'ambasceria fu inviata da Michele VIII a Valencia proprio per
caldeggiare un'alleanza con l'Aragona; sembra per che la missione fosse un fallimento. Pu darsi che
C., che da Michele VIII era stata tenuta in semicattivit e quasi sposata a forza dopo la fine dei Lascari,
giunta a Valencia proprio intorno al 1269, abbia speso qualche parola di fronte a Giacomo I d'Aragona
contro l'imperatore bizantino, servendo cos indirettamente i propositi di Carlo d'Angi.
L'esilio aragonese fu comunque il periodo probabilmente pi tranquillo della vita di C. e per noi il pi
oscuro: ritiratasi nel convento di S. Barbara a Valencia, visse in disparte, morendo in tarda et nel 1307
secondo alcuni, nel 1313 secondo altri. Fu sepolta a Valencia, nella cappella di S. Barbara della chiesa di
S. Giovanni dell'Ordine degli Ospitalieri di Gerusalemme (denominato poi Ordine di Malta), dove
ancora oggi si conservano le sue spoglie, sebbene racchiuse in una tomba molto pi tarda.
Secondo lo storico cinquecentesco Zurita y Castro, fonte per gli anni dell'esilio aragonese, C. non
rinunci mai ai propri diritti di imperatrice vedova di Nicea, che consistevano, in base alle disposizioni
lasciate dallo stesso Giovanni III, nell'usufrutto delle rendite di tre citt e diversi castelli dell'Impero
niceno per una somma annuale di oltre 30.000 iperperi d'oro; di tali diritti C. aveva poi lasciato erede la
Corona d'Aragona. In effetti, presso l'Archivio della Corona d'Aragona a Barcellona furono rinvenuti, nei
primi decenni del Novecento, oltre ad un estratto in copia del testamento di C., relativo ai lasciti per la
celebrazione di messe di suffragio, due altri documenti: la copia pi tarda di un diploma emanato da
Michele VIII Paleologo con la riconferma dell'appannaggio vedovile (ossia il dovario) di C. solo nel caso
per, piuttosto remoto invero, che l'imperatrice vedova tornasse a risiedere nei domini dell'imperatore
bizantino, e un atto datato 13 agosto 1306, con il quale C. cedeva appunto al pronipote Giacomo II
d'Aragona tutti i diritti da lei sempre vantati su quanto aveva costituito il suo dovario e sulla dote che lei
stessa aveva portato a Nicea.
Altri documenti dello stesso Archivio di Barcellona e qualche fonte narrativa indicherebbero che la
Corona d'Aragona tent, effettivamente, di rivendicare quella eredit tanto lontana. FONTI E BIBL.:
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R.I.S., VIII, 1726, col. 506; Bartolomeo di Neocastro, Historia Sicula, ibid., XIII, 3, 1728, col. 2;
Niceforo Gregora, Historia byzantina, in Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, XXX, Bonnae
1829, l. II, cap. 7, pp. 45-47; l. IV, cap. 3, pp. 91-92; Giorgio Pachimere, De Michaelo et Andronico
Palaeologis libri tredecim, ibid., XXXIV-XXXV, ivi 1835, l. III, cap. 7, pp. 181-185; Matteo Paris,
Historia Anglorum, a cura di Fr. Madden, II, London 1866, p. 487; G. Del Giudice, Codice diplomatico
del regno di Carlo I e II d'Angi, ossia collezione di leggi, statuti e privilegi [] dal 1265 al 1309, II, 1,
Napoli 1869, pp. 20-21; Matteo Paris, Chronica Maiora, a cura di H.R. Luard, IV, London 1877, pp.
299, 357; The Chronicle of James I King of Aragon, a cura di J. Forster, II, ivi 1883, pp. 599-600;
Niceforo Blemmida, Curriculum vitae et carmina, a cura di A. Heisenberg, Lipsiae 1896, pp. XXI-XXII;
l. I, cap. XLI, pp. 39-40; l. II, cap. XX, p. 74; Giorgio Acropolita, Historia, in Georgii Acropolitae Opera,
a cura di A. Heisenberg, I, ivi 1903, cap. 52, p. 104; J. Miret y Sans, Tres princesas griegas en la corte
de Jaime II de Aragn, New York-Paris 1906, pp. 17-19, 37-39, 54-56; Id., Nuevos documentos de las
tres princesas griegas, ivi 1908, pp. 10-13; G. Zurita y Castro, Anales de la Corona de Aragn, a cura di
A. Canellas Lpez, Zaragoza 1977-1990, l. III, cap. 75, p. 678; l. V, cap. 105, pp. 785-786. G. Del Giudice,
La famiglia di Re Manfredi, Napoli 1880, pp. 25-27, 32, 155-160; A. Meliarakes, Storia dell'Impero di
Nicea e del Despotato d'Epiro (1204-1261), Atene 1898, pp. 357-364; Ch. Diehl, Constance de
Hohenstaufen, impratrice de Nice, in Id., Figures byzantines, II, Paris 1908, pp. 207-225; A.
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Heisenberg, Aus der Geschichte und Literatur der Palaiologenzeit, "Sitzungsberichte der Bayerischen
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