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GREENBERG E TRONTI

Essere realmente fuori?


1 dicembre 2011, di Francesco Matarrese

1. Lottare contro se stessi


Alla seconda met degli anni sessanta risalgono due brevi scritti che chiedono oggi
di essere riletti e accostati. Lincontro estremo che come artista voglio favorire
quello tra Clement Greenberg, il pi celebre critico darte americano, e Mario
Tronti, il pi radicale filosofo italiano della politica. Sul mio tavolo ho voluto
cos mettere insieme, Recentness of Sculture di Greenberg, dal catalogo American
Sculpture of the Sixties (singolare copertina argentata, anno 1967) e Lotta contro il
lavoro! (1965) di Mario Tronti, dal suo celebre libro Operai e capitale, pubblicato a
Torino nel 1966. Credo che questo incontro a distanza si collochi in uno dei punti
pi alti che oggi sia possibile immaginare per una discussione su arte e politica.
Tutti e due sono animati da una stessa preoccupazione, non riuscire a pensare
sufficientemente linaudito. Per Tronti la sconfitta operaia, per Greenberg il Good
design, la cultura middlebrow, veleno per larte. La insoddisfazione di Greenberg
emerge oggi come un fantasma tra le rovine ancora fumanti del suo modernismo. Cos
come la intransigente critica dello stato di cose presente ci che permane
inattuale nella fortunata attualit di Operai e capitale. Si pongono come due vere e
proprie eredit a distanza, due posizioni sul Moderno che ci interrogano, a causa di
una emergenza senza paragoni. Mai si era avuta una totalit organica, dice Mario
Tronti, come questa. Il Moderno oramai occupato interamente dal Capitalismo. Mai
nessun Impero o Chiesa avevano raggiunto questo livello. Non libero un mondo
diventato unico. Da questa radicale Critica dellideologia Manfredo Tafuri, lettore
acuto di Mario Tronti, fece partire negli anni sessanta una delle pi importanti
opposizioni al Modernismo. Poco tempo dopo luscita di Recentness lautorevole
critico darte americano Michael Fried notava tempestivamente, in un memorabile
numero di Artforum (special issue dellestate 1967), che Greenberg aveva parlato di
una condition of non-art e aggiungeva che si era aperta una fase esplicitamente
conflittuale nellarte, a war. Oggi tutto ci appare quasi come una profezia. Credo
che la condizione di non-arte aperta da Greenberg sia il campo abissale che si
spalancato dopo la sconfitta delle speranze dellavanguardia. In questo luogo c
solo conflitto, una guerra senza fine. Tutto ci sembra preannunciato dai due testi.
Il breve scritto di Greenberg denunciava la scandalosa presence di unarte
davanguardia far-out, anticonvenzionale, irregolare, diversa ma solo a parole. Le
opere di questarte alla prova dei fatti risultavano essere penosamente ammansite
dalla cultura middlebrow, in good safe taste. A questa egli opponeva la visione di
unarte alta, assoluta, unitaria, integrally abstract, in guerra con le
insignificanti forme darte della societ dello spettacolo. Per Tronti lirruzione
del soggetto operaio nel novecento da iscrivere alla grande esperienza della
cultura della crisi. Per lui la guerra era contro lintero stato di cose presente. Il
rifiuto del lavoro capitalistico doveva essere totale. Compito della classe operaia
era oramai quello di lottare contro se stessa. Alla irrisolvibilit della crisi,
allasfissiante mancanza di identit e unit si rispondeva con un pensiero
impossibile. Esiste una unit al di fuori dellunit? Si pu contrapporre un tutto a
un tutto, una unit ad unaltra unit? Si pu essere realmente fuori? E appena il
caso di ricordare, che la questione della unit negli anni sessanta usufruiva in
America di un eccellente tavolo di discussione tra Greenberg, Fried e due artisti
minimalisti della forza di Donald Judd e Robert Morris. Anche in questo caso decisiva
fu allepoca una riflessione di Fried in Art and Objecthood (1967). Importanti gli
apparivano le critiche di Greenberg alla presence delle opere minimaliste,
proiettate troppo pericolosamente verso lesterno. Ci rompeva inevitabilmente
lunit della forma verso cui si erano diretti gli sforzi di alcuni importanti
artisti dellespressionismo astratto. Ma gli objects di Judd (cio non-soggetti)
non a caso erano pensati come letteralmente presenti in un esterno. Alla loro
presenza esterna era affidato il compito di eliminare la tradizionale separazione
illusionistica tra fondo e piano. A questa discussione si univa anche Robert Morris
che inserendo lopera in uno spazio gestaltico riteneva di poter bloccare la
separazione percettiva, resistance to perceptual separation (Artforum, febbraio
1966), e tenere sotto controllo, the entire situation (Artforum, ottobre 1966).
Greenberg era in totale disaccordo con questa via allesterno, difendeva sino in

fondo una rigorosa autonomia interna allarte, profonda e radicale. Solo questa
poteva garantire unit allopera. Tutti i protagonisti di questa discussione avevano
in comune la speranza di poter chiudere la crisi delle forme da cui era partita
lavanguardia. La divergenza sulle soluzioni rese tuttavia conflittuale la
discussione. La process art, che venne dopo il minimalismo, coraggiosamente si
incaric di mettere in luce la volont di potenza che era dietro allintero progetto
modernista. Ma non bast, la crisi delle forme non era superata. La mia proposta,
ora, di trasferirci altrove, dove possibile riannodare i fili della discussione e
riprendere il cammino. Negli stessi anni in cui in America si consumava lavventura
del tardo modernismo in Italia Mario Tronti guidava una delle imprese teoriche pi
originali e politicamente influenti di fine novecento, loperaismo. Ritengo che il
suo contributo sia sicuramente pertinente e decisivo anche per la nostra discussione.
In Operai e capitale aveva elaborato un punto di vista cosiddetto copernicano (come
lo si chiam allepoca), secondo il quale era oramai giunto il tempo di abbandonare
nella lotta politica lidea di contrapporre un tutto a un tutto, ununit ad unaltra
unit, un interesse universale ad un altro interesse universale. Anche recentemente
ridiscutendo le pagine di questo suo libro ha ribadito che la conoscenza che il
tutto si propone di se stesso sempre falsa e ideologica. Essa porta sempre a una
falsa apparenza. Lunica conoscenza vera e realistica quella che una parte pu fare
della totalit. (da Perch ancora loperaismo, intervento presso lUniversit La
Sapienza di Roma nel 2006, ora in Noi operaisti, Roma 2009, p.105). Tronti avanza
lidea di una parzialit assoluta, di una verit assoluta di parte, non di una verit
che vale per tutti, ma di una verit che vale per una parte, per un pezzo di mondo.
E un riposizionamento strategico del tradizionale concetto di assoluto. La questione
dellunit, in questo contesto di parzialit, riproposta al di fuori di qualsiasi
volont di potenza. Questo perch differenza assolutamente differente. E unit
assolutamente differente, separata. E il cosiddetto pensiero italiano della
differenza, come ha evidenziato recentemente Toni Negri in La differenza italiana
(Roma 2005), accostandolo al femminismo italiano della differenza e in particolare a
Luisa Muraro. Tuttavia ci che rende ai miei occhi veramente singolare lintervento
di Tronti in questa discussione che la parzialit a cui lui pensava allepoca,
quella delloperaio-massa italiano (la rude razza pagana), era in esplicita
continuit con loperaio-massa americano. Pi volte Tronti ha sottolineato che ci
che era avvenuto negli anni trenta (il contesto politico di partenza di Greenberg) in
America, era poi avvenuto negli anni sessanta in Italia. Ma mentre Tronti dalla
radicalizzazione operaia degli anni sessanta traeva lidea vertiginosa di una
parzialit assoluta, di un esterno assoluto, Greenberg dallAmerica degli anni trenta
ricavava lidea di una rigorosa autonomia, di una legittimit solo interna allopera
darte. Greenberg insomma non ammetteva un assoluto di parte o a parte o separato,
cos come gli artisti minimalisti non erano riusciti mai a concepire una parzialit
assoluta. Il tema dellunit, dellassoluto, era in Greenberg una preoccupazione che
possiamo ritrovare gi in Avanguardia e kitsch del 39 dove egli espone lidea che
lavanguardia aveva raggiunto il suo livello alto di arte astratta grazie a una vera
e propria search of the absolute. In Recentness, dunque a distanza di molti anni,
con grande indipendenza intellettuale, non solo ribadisce questa posizione ma la
radicalizza facendo riferimento a un arte integrally abstract. Certo, il suo
concetto di assoluto era indebolito dalla mancanza di volont decostruttiva. Ma a
sopperire, almeno in parte, a questo limite e a rendere ancora importante la sua
posizione c laltezza dellintransigenza critica. Non si pu naturalmente
nascondere che in quegli anni egli sostenne unarte non in accordo con le grandi
questioni da lui stesso sollevate. La domanda, la richiesta di anticonvenzionale era
per reale ed autentica. Questo forse potrebbe spiegare perch ancora oggi gli
antimodernisti pur avendo efficacemente dimostrato linfondatezza della risposta di
Greenberg e di gran parte della sua costruzione teorica non hanno minimamente
scalfito la pertinenza della sua insoddisfazione per lo stato dellarte, come credo
Rosalind Krauss abbia pi volte cercato di spiegare. Era corretto chiedere un uso
assoluto dellanticonvenzionale o come lo chiamava Greenberg far-out in itself?
Il bersaglio era sempre lo stesso, ieri come oggi, larte irresponsabile, scandalo
senza fine per la cultura.
2. Dov finito lanticonvenzionale?
La mia battaglia in questo testo in corso. Ora per si tratta di sfuggire,
nellaffrontare la questione dellassoluto, a qualsiasi posizione in generale.
Procedo in questo territorio con cautela e sospetto. Provo a chiedermi, c un

assoluto che non assolutista, totalitario, potente e virtuoso? Oggi sappiamo che a
dominare nel nostro mondo c solo lassoluto globale. Forse questa la ragione del
perch non riusciamo ad essere assolutamente anticonvenzionali o anticonvenzionali in
s. Tuttavia Greenberg e Tronti non accettano la sconfitta, cercano un rifiuto
finale. Anche io ritengo che la partita possa essere riaperta. Mario Tronti ha
recentemente detto in una conversazione con Pasquale Serra che tutto ci che c
il contrario di quello che io sono (da Mario Tronti, Non si pu accettare, Roma
2009, p.38). Ora provo a stabilire una differenza. A me sembra che il rifiuto
dellesistente (mediocre e spettacolare) porti Greenberg a essere fuori, ma al punto
da dimenticare il mondo e questo non va bene. Abbiamo imparato da Roland Barthes che
non c nessun fuori al di l del deserto quotidiano. Per Greenberg il mondo esterno
non pu che portare danno allarte. Come risponde Tronti? Certo, anche per lui la
genericit e la non qualificazione delloperaio-massa sono il riflesso del mondo. Ma
proprio su questo punto che si registra il pi importante spostamento strategico
della discussione. La critica di Tronti delloperaio-massa non specializzato e in
generale, che passa indifferentemente da un lavoro allaltro non mai fatta contro
questo operaio. La sua critica sempre una decostruzione della sua condizione.
Loperaio non specializzato (come lartista della cultura middlebrow) solo il punto
di partenza per legittimare la resistenza e lattacco. E la lotta delloperaio
contro se stesso. E importante poi liberarlo dalla sua condizione passiva di lavoro
morto per raggiungere il lavoro vivo. Il lavoro morto domina e succhia il lavoro
vivo, scrive Marx nel Capitale tote Arbeit, welche die lebendige Arbeitskraft
beherrscht und aussaugt (Karl Marx, Das Kapital, MEW 23 S.446). Viceversa la critica
dellarte come buon design, come svolta in Recentness, non permette a Greenberg di
emanciparsi, di andare oltre lo sdegno nei confronti di una cultura inautentica. Non
riesce insomma a considerare quella passivit, quella inautenticit come il punto di
partenza per una resistenza. Tronti reclama invece la necessit di essere dalla parte
delloperaio non qualificato, indisciplinato e indifferente. Avverte che la mancanza
di specificit nel suo lavoro riflette direttamente o indirettamente lindifferenza
della merce, di cui certo vittima. La sua critica decostruttiva ci permette di
capire che non c alcuna specificit, alcun lavoro vivo (come sperava Greenberg)
capace di oltrepassare il problema, capace di staccarsi dalla gabbia dacciaio che lo
lega al lavoro morto. Lerrore di Greenberg di non aver concepito a sufficienza la
doppia natura del lavoro (lavoro vivo e lavoro morto). Il nipote di Rameau ancora
fra noi. Greenberg non si accorge che il lavoro vivo, lanticonvenzionale in s,
intimamente connesso con il lavoro morto. Tronti in Lotta contro il lavoro! invece
spiega che la doppia natura del lavoro impone una separazione solo per lotta, per
guerra, persino contro se stessi. La separazione non pu essere decisa solo con un
atto di sdegno. La separazione, lanticonvenzionalit vera, per sfuggire a qualsiasi
condizione di assoluto in generale (e cio globale) non pu che tentare di essere un
assoluto parziale che trae vita solo dalla differenza, dal non. Loperaio di Tronti
ha solo da combattere se stesso, deve negarsi come forma produttiva. Per questo
fondamentale ribadire che la verit assoluta di parte diversa dallassoluto
totalitario. Questa verit assoluta di parte dentro il non-assoluto. Ecco perch
stato un errore per Greenberg trascurare le risorse nascoste presenti nella
condizione di non-arte che lui stesso aveva contribuito a portare alla luce proprio
in Recentness. Avrebbe cos scoperto che la non-arte era laltro nome del non-lavoro
e del rifiuto. Tronti avverte che fondamentale considerare la doppia natura del
lavoro e ritorna a raccomandarlo proprio allinizio di Lotta contro il lavoro! E
evidente che questa una condizione spettrale. Lavoro morto e lavoro vivo ovvero per
Marx abstrakt Arbeit e lavoro concreto, oltretomba e terraferma. I passages
parigini ritornano.
3. Incontrarsi allinferno
Ecco levidenza delle cose! In quale altro luogo posso trovarmi come artista se non
nel campo disegnato dai due scritti che io stesso sto analizzando? Ricevo la
benedizione dai fatti stessi. Ma c di pi. Mi chiedo, che cosa permette
strategicamente a Greenberg di essere anche lui in questo territorio di lotta? E
bene subito dire che Recentness un testo di non facile lettura. Mascherature,
ambiguit, doppiezze lo mortificano dallinizio alla fine. In pi lapparenza di
scritto doccasione ingannevole. Non penso che lobbiettivo fosse solo quello di
stroncare i minimalisti del tempo. Questo aspetto era probabilmente il coup de
thtre (il padre che fa fuori i figli illegittimi in nome del rigore politico) del
consumato e temibile critico darte. Greenberg parlava agli artisti della sua

generazione, quelli che avevano letto la Partisan Review. Ricordiamo che


lantifascismo italiano, da Silone a Chiaromonte (successivamente si aggiunsero la
Arendt e Sartre) aveva dato un contributo insostituibile a quella memorabile impresa
di cui egli era stato un protagonista eccellente. Io leggo Recentness come il testo
di chi non vuole spietatamente rinunciare allo spirito di resistenza nei confronti
della cultura bassa, di massa, fascista. E stato Italo Calvino, molti anni dopo, a
usare il termine spietatezza per descrivere il modernismo neorealista e antifascista
(come ha sottolineato Timothy J. Clark in Farewell to an Idea, Yale 1999). Questo
concetto potrebbe aiutare a garantire il passaggio dalle intenzioni irrealizzate di
Greenberg al rifiuto del lavoro di Tronti. Per far questo proviamo ora a stabilire
qualche relazione estrema. Dicevamo che lassoluto di Tronti va cercato nel nonassoluto, nella parzialit. Poi abbiamo aperto una parentesi per chiarire che un
possibile destino dellidea di anticonvenzionalit di Greenberg, transitoriamente
sospesa in Recentness, possa essere ritrovata nel rifiuto di Tronti. Ci chiediamo se
questo rifiuto (rifiuto del lavoro astratto e in generale), esito strategico massimo
della separazione in Lotta contro il lavoro!, possa alla fine in qualche modo
utilizzare lassoluto irrealizzato di Greenberg. Tronti in quel testo scriveva
Tenere la classe operaia dentro di s e contro di s, e su questa base imporre alla
societ le leggi del suo proprio sviluppo, - questa la vita del capitale, e non
esiste per esso nessunaltra vita allinfuori di questa. Per il capitale dunque non
c nulla al di fuori di questa vita fittizia. Nella pagina successiva scrive
Lobiettivo di nuovo il rifiuto, a un livello pi alto e ancora Lapertura del
processo rivoluzionario tutta posta al di l, cio fuori. Di qui parte il suo
rifiuto radicale. Se vuoi essere antagonista e rifiutare, egli dice, non puoi che
chiedere una differenza radicale. Questa non pu che essere trascendente, ma si badi
in un senso tutto da decostruire. Chi vuole andare contro lo stato di cose presente,
chi vuole andarci contro, usa mezzi a dir poco disperati (da Mundus pulcherrimus
nihil in Diotima, rivista online della comunit filosofica femminile, numero tre,
2005 ). In un testo del 2009 sulla teologia di Paolo e la politica, Tronti precisa
che nella politica della trasformazione dei rapporti e della trasvalutazione dei
valori, in questa politica lassoluto c. Ed sempre qualcosa che trascendente
rispetto al tuo agire qui e ora (ora in Mario Tronti, Dallestremo possibile, Roma
2011, p.92). La sua visione cos radicalmente separata dal mondo (pur dentro il
mondo) da essere vertiginosamente trascendente. Anche questa separazione assoluta
per parziale e non astratta, e soprattutto non in generale. Deve rimanere
inflessibile il rifiuto del lavoro astratto e in generale. Anche la separazione deve
essere decostruita dallo stesso mondo del lavoro. La relazione estrema che voglio
stabilire tra Greenberg e Tronti va cercata nelle viscere dellinferno del lavoro
morto. Qui sono destinati a incontrarsi. Solo la radicalit dellidea di
separazione di Tronti pu offrire la parola non allanticonvenzionale in generale
di Greenberg (in lui specificit e in generale alla fine si identificano) ma alle
intenzioni che sono nel destino di quellanticonvenzionale. La condition of nonart individuata da Greenberg in Recentness pu essere riletta alla luce di questi
sviluppi trontiani intorno allidea di separazione. La non-arte, non come inutile
contrario dellarte, potrebbe alludere a un non di tipo trascendente nel senso
indicato da Tronti, un trascendente dentro il mondo. Questo ci porta a fare alcune
considerazioni. Il limite del modernismo riduttivo greenberghiano probabilmente non
fu tanto nel non aver immaginato un medium allargato al non (lExpanded Field della
Krauss). Forse la sua visione dichiaratamente kantiana e trascendentale della purezza
artistica ( per me molto discutibile il Postscript del 78 a Modernist Painting)
manc di un esito radicale. Questo gli avrebbe permesso non solo di superare la
vecchia metafisica dellorigine e delloriginario ma anche di approdare ad una
coraggiosa nuova separazione. Lo stesso discorso vale per gli antimodernisti. La loro
esplicita critica allessenzialismo greenberghiano non riuscita a immaginare la
possibilit di usare laltezza della richiesta di assoluto di Greenberg proprio in
un contesto antigreenberghiano. Questo ha loro vietato laccesso ad una vera e
propria nuova separazione. Non senza stupore oggi constatiamo che il trascendente di
Tronti pu ricevere luce paradossalmente proprio dallarte integralmente astratta
evocata da Greenberg. Ancora una volta necessario disordinare il mondo dellarte (e
non solo) per raggiungere qualche obiettivo reale.
4. Metafisica, mon amour
Il mio cammino dartista in questo testo sta lentamente rendendo visibile il suo
medium, il suo mezzo di lavoro. La mia arte si apre dentro questo mondo che sto

descrivendo. Torniamo a Tronti e proviamo a ragionare nuovamente intorno allidea di


separazione e di trascendente, tentando di disordinare nuovamente i rapporti con
larte. Che significa decostruire e acquisire un punto di vista trascendente sulla
questione? Nato nella lotta, dallestrema volont di chiamare in vita una risorsa
ulteriore (dopo la fine delle avanguardie e dopo la sconfitta della classe operaia a
fine novecento), questo trascendente potrebbe usufruire delle allusioni a un
paesaggio metafisico pi volte apparse nella storia del modernismo. Sono ombre
transitate sulle pareti alte dellarte moderna. Come continuare il lavoro
sullassoluto di Picasso e Pollock, sembra chiedersi pi volte Greenberg? La nostra
strategia per rispondere a questa domanda stata quella di risalire al segreto
politico di Recentness messo in relazione con Lotta contro il lavoro! E emersa,
dalle nebbie della coscienza infelice di queste due eredit a distanza, una forte e
paradossale volont di separazione metafisica. Lorizzontalit della pittura astratta
un sorta di immanentismo metafisico. Cerca di separarsi dal mondo stando nel mondo.
Qual il paesaggio nel quale mi sto inoltrando e che potrebbe ospitare le nuove
forme? E stato Timothy J. Clark in Farewell to an Idea a richiamare la mia
attenzione sulla descrizione che William Rubin fece nel 1972 di Ma Jolie di
Picasso, in occasione di una retrospettiva al MoMA. Rubin parla di una composizione
come the most profoundly methaphysical in the Western tradition (in William Rubin,
Picasso in the Collection of the Museum of Modern Art, New York 1972). Qualche rigo
prima nota che the light in early Cubist paintings did not function in accordance
with physical laws; yet it continued to allude to the external world. Dentro e
fuori? La strategia politica di Tronti in Lotta contro il lavoro! impedire
qualsiasi unit dentro il capitale. Il capitale costruisce una unit fittizia, in
modo tale che al mondo non esista nessunaltra vita allinfuori di questa. Per
Tronti fondamentale viceversa impedire questa unit del capitale. La vera unit
fuori, separata. E pur provenendo dal di dentro bisogna saperla costruire
fuori. E un compito quasi impossibile. Tronti chiede una organizzazione
dellalienazione, che sarebbe uno di quei miracoli dorganizzazione che sono
possibili solo dal punto di vista operaio (questultima frase, presente nel
manoscritto originale, manca nella edizione a stampa). E questa anche una risposta
a Recentness. E tempo ora che io tiri fuori dal mio scaffale il numero due della
Partisan Review, della primavera del 55 e il numero unico di Possibilities del
1947 curiosamente con lo stesso colore giallo in copertina. Nel primo c il celebre
saggio di Greenberg American-Type Painting. Tra gli artisti del dopo 29 Greenberg
individua Pollock come il pi promettente erede del cubismo analitico. A lui tocca
continuare dove Picasso aveva lasciato, tra indeterminato e limitato. Ora apro
Possibilities a pag. 79. dove Pollock scrive On the floor I am more at ease. I
feel nearer, more part of the painting, since this way I can walk around it, work
from the four sides and literally be in the painting.. Nelloriginale il dentro (in)
in corsivo. Anche per Pollock dentro e fuori? Ritorno sul locus classicus, come
dice Clark, della discussione, la pagina di Fried in Three American Painters dedicata
a Number One, 1948, di Pollock. Qui confesso di non essere tanto impressionato dalla
difesa dellautonomia ottica dellopera, quanto dal primato visivo di questa
sullesistente. Come se esistesse una possibilit di vedere oltre lesistente o
meglio, come se solo il visivo permettesse la separazione dallesistente, da un certo
esistente. Leggo a pag. 14 conditions of seeing prevail rather than one in which
object exist. Lombra della metafora, sollevata da Clark come barriera
insormontabile in Pollock, potrebbe essere allontanata solo da una visione forte
della separazione, come quella avanzata da Tronti. Se vuoi separarti, egli dice, devi
essere fuori ma anche disperatamente dentro, perch solo alla luce concreta del mondo
la metafora fugge via. A questo punto della discussione non mi lascio sfuggire
levidente constatazione che ci che per Tronti dovrebbe essere separato, nel
visivo alluso da Pollock sembra in procinto di esserlo. Non il visivo ma un
visivo promette di realizzare la separazione. E a sua volta la separazione di Tronti
potrebbe essere uno degli oggetti di pensiero inscritti nel destino del vedere di
Pollock. E come se il visivo, per esempio la luce dei quadri cubisti, fosse capace
di separarci dal mondo. Ed come se la volont di farlo fosse il significato ultimo
del perch del visivo nel mondo. Siamo vicini a una seconda astrazione o astrazione
di secondo grado dopo quella delle avanguardie e neoavanguardie? Le metafore in
Pollock viste da Clark esistono concretamente, nel senso che sono attive, ostacolano
il percorso. Queste ombre non sono altrove ma dentro il tessuto connettivo della
cultura, il territorio nel quale molto concretamente ci stiamo inoltrando, dove non
ci sono immagini nel senso tradizionale, ma gesti sociali, di classe. La Teoria delle

figure (Thorie des figures, 1973-74) di Marcel Broodthaers ne una prova. La sua
complessit critica (capace di allargarsi sino al gesto di Piero Manzoni), neither
language nor icon, stata messa in rilievo da Rosalind Krauss e da Benjamin Buchloh
(Rosalind Krauss, A Voyage on the North Sea, London 2000, p.60). Questo mi riporta
allintuizione di Timothy J. Clark, che dietro alle immagini di Pollock ci fosse
quasi un dramma di classe, drama of class (Timothy J. Clark, Farewell to an Idea,
Yale 1999, p.363). Tutte buone ragioni per aver provato a immaginare lorizzonte
artistico di Greenberg dentro un contesto politico trontiano.
5. The condition of non-art
Ora mi chiedo, il campo nel quale mi sto inoltrando quello della condition of nonart? La non-arte per Greenberg quasi sempre qualcosa che prima cera e poi non c
pi. Come se qualcosa avesse bisogno di sbarazzarsi di qualcosaltro. In Recentness
grande il suo stupore per le opere minimaliste che rimangono non-arte, non essendo
riuscite a riciclarsi come arte. E la singolare condition of non- art, cio della
non-arte che permane. E come se i crolli ontologici a cui ci avevano abituato i
poststrutturalisti si fossero improvvisamente bloccati. Ci che chiamiamo non-arte
dovrebbe avere un altro nome. Se permane vuol dire che qualcosa. In tal modo la sua
esistenza non sarebbe pi provvisoria e postmediale. La separazione, il rifiuto,
aprono a un vero e proprio paesaggio metafisico che non questa volta in generale
ma incredibilmente parziale, singolare. Questo paesaggio nasce dalla scomparsa e
mancanza di assoluto che per in qualche modo resta e si conserva (come
nellAufhebung di Hegel). Forse abbiamo bisogno di un diverso significato del
concetto di mancanza. Scrive Jean-Luc Nancy Soit quon dplore lpuisement de la
puissance mythique, soit que la volont de cette puissance accomplisse des crimes
contre lhumanit, tout nous conduit un monde o fait profondment dfaut la
ressource mythique. Penser notre monde partir de ce dfaut pourrait bien tre une
tche indispensable (da La communaut dsoeuvre, Paris 1983-1999, p.118). Ricordo
che il giovane Gyrgy Lukcs in apertura di Die Theorie des Romans scrisse una pagina
profonda su una mancanza, che non assolutamente nostalgia. Una mancanza che
permane, a tal punto da aprire un orizzonte, un campo. Lidea che la non-arte
permanga (la condizione della non-arte) ci permettebbe dunque di entrare nella
mancanza, in una sorta di oltretomba del lavoro morto e di farvi penetrare una luce.
Questo il fuori e il dentro, il luogo della separazione. Stiamo andando via da un
mondo? Denn das ist das tragische bei uns, da wir ganz stille in irgend einem
Behlter eingepakt vom Reiche der Lebendigen hinweggehn, nicht da wir in Flammen
verzehrt die Flamme ben, die wir nicht zu bndigen vermochten si chiedeva
Hlderlin nel 1801, in una lettera a Boehlendorff. E un territorio singolarissimo
quello che incontriamo. E abitato da strani oggetti o elementi, fatti di menzogne,
paure, cecit ma anche di luce. E ci che accade lottando con se stessi. In alcune
raffigurazioni magnogreche delloltretomba le ombre e le allegorie sembrano saper
riconoscere i loro visitatori. E proprio un mondo dentro il mondo. Sono i palinsesti
del capitalismo. Come artista riesco ad essere dentro e fuori? Il luogo separato di
un artista del rifiuto non in un deserto ma in un territorio preciso di questo
mondo. Laccesso tra queste parole, tra i punti di vista.
6. Dentro e fuori
Lo status di non-arte sia pure nella sua condizione spettrale e provvisoria descrive
un campo, una estensione. La non-arte assieme al non-lavoro nel territorio marxiano
del lavoro morto. E una sorta di oltretomba. Loltretomba il tema che ci attende
per terminare. Prima per una parentesi. E importante ritornare sulla questione
delle astrazioni. Il merito del Picasso cubista secondo me di aver drammatizzato il
chiaroscuro portando lombra a livelli quasi teosofici, goethiani. La sua strategica
utilizzazione della luce lo dimostra. Certo, il fallimento di questa impresa ben
noto. Non sono per daccordo sullidea che lobiettivo mancato fosse la piattezza
pi vera. La piattezza perfetta non doveva essere pi vera ma pi viva rispetto
allillusoria grisaille classica (ecco la sua insistenza sulla luce). Ci pu
aiutarci a intendere lintera avventura dellastrattismo come un viaggio alla ricerca
del lavoro vivo e la sua archeologia come una discesa negli inferi, il regno
baudeleriano e benjaminiano del lavoro morto. Levoluzione del palinsesto astratto da
Picasso a Pollock unevoluzione interna al lavoro astratto, in generale e morto,
esattamente come quello descritto da Marx nel Capitale e nei Grundrisse.
Larbitrariet del linguaggio in ambedue, in Picasso attraverso per esempio luso di
elementi esterni, in Pollock nella gestualit anti-industriale e antitayloristica,

denota un modello di artista privo di linguaggio specifico, come nelloperaio-massa


non qualificato descritto da Tronti. Le opere astratte di Picasso del periodo
analitico e il Pollock del 47-50 sono fabbriche, palinsesti di fabbriche. Sono la
via di accesso alloltretomba del nostro tempo. Sono fabbriche di lavoro morto. Il
medium si ridotto al solo uso della visione del pensiero, secondo la tabella di
marcia ordinata dallarbitrariet del segno, oramai destino irreversibile dellarte
occidentale. Lotticit modernista vertiginosamente catapultata in un mondo che
tutto modernista in un inferno di niente. Ma Jolie e Number One sono leggibili ora
non in base a uno stile artistico ma al tipo di lavoro che li caratterizza. Un lavoro
astratto, nel senso marxiano di lavoro in generale e morto. Peter Brger, nel suo
Theorie der Avantgarde (Frankfurt, 1974), sulla base delle analisi marxiane dei
Grundrisse, sottolinea che grande ruolo dellavanguardia stato quello di aver reso
comprensibile proprio nella nostra epoca borghese le categorie generali e astratte
dellattivit artistica. Anche Meyer Schapiro sosteneva che un arte astratta avanzata
aveva il compito di criticare la stessa societ industriale che laveva prodotta. Ma
nessuno dei due forse fa il passo definitivo e considera larte astratta non un
semplice riflesso della societ industriale ma una vera e propria fabbrica di lavoro
astratto, in generale e morto. Le impressioni metafisiche sullastrazione di Rubin
potrebbero essere un accesso al lavoro morto, alloltretomba del lavoro. Cos si
potrebbe spiegare meglio la volont di separazione avanzata dal modernismo. Dopo il
First American Artists Congress del 1936, a seguito dellinfluente presenza di
alcuni antifascisti italiani nella Partisan Review, dellinvito allindipendenza
delle arti espressa da Lev Trockij (sia pure in funzione antistaliniana), del
fallimento della politica del Fronte Popolare, si fece strada in America una volont
esplicita di separazione nellarte astratta, culminata nel 39 con Avant-Garde and
Kitsch di Greenberg. Il testo archetipo di Schapiro sullarte astratta americana,
Nature of Abstract Art del 1937 (gli artisti americani, a differenza delle prime
avanguardie artistiche, prenderebbero le distanze dal mondo dellindustria) potrebbe
essere utile nella discussione su un Pollock come primo non-artista, come artistaoperaio non qualificato, dentro unattivit industriale per cos dire sospesa,
bloccata. Pollock era un operaio massa trasfigurato in un mondo diventato modernista?
Yve-Alain Bois insiste opportunamente in La lesson de Khanweiler (in Cahiers du Muse
National dArt Moderne, vol. 23, 1988) sulla funzione determinante svolta dallhorror
vacui nel Picasso cubista. A questo proposito penso che la paura, lo sgomento domini
dantescamente non laccesso a un panorama indeterminato ma a un vero e proprio
oltretomba del mondo capitalistico. Mi avvio verso la fine di questo testo. Cosa ho
tentato di fare? Forse non avevo voglia sin dallinizio (quale inizio?) di lasciar
perdere lidea di Greenberg, lopera o non-opera integrally abstract. Larte
autenticamente e integralmente astratta, unarte realmente fuori non mai unarte
inutilmente e genericamente fuori dal mondo (larte astratta e in generale pari al
lavoro astratto e in generale del capitale). Credo esista solo unarte astratta
capace di essere integralmente fuori, radicalmente fuori, ed quella che riesce a
saltare, a passare autenticamente da una Form im Leben a unaltra Form im Leben
come suggeriva il giovane Gyrgy Lukcs in Die Seele und die Formen, agli inizi del
novecento. Questo salto (il volo magnifico) garantito da un gesto. Solo con questo
gesto si pu arrivare ad esprimere una vita (lunit o univocit forse non
potente,die das Eindeutige klar ausdrckt,). Noi conosciamo ancora solo la parte di
infelicit di questo gesto, che ci appare drammaticamente opposta alla promesse de
bonheur, su cui avevamo elevato tanto tempo fa i nostri sogni. Die Geste allein
drckt das Leben aus, aber kann man ein Leben ausdrcken?. Questa la domanda
finale, terribile. Lartista deve scendere dentro il lavoro morto, dentro la vecchia
forma di vita, per vedere e ancora vedere nel pensiero. Non deve temere di rimanere
fedele al suo punto di vista.
7 gennaio 2012
Post scriptum
Si pu essere realmente fuori? E la domanda che ho rivolto a Mario durante le nostre
ultime conversazioni. Ricevo oggi, otto gennaio, la sua risposta, importante,
straordinaria. Ora qui, naturalmente, nella lotta del testo, di questo testo.

In arte come in politica non c che lotta


Si pu essere realmente fuori? Questa la domanda. Io rispondo: s. Io lo sono.
Sento di esserlo. Per sensibilit, prima ancora che per ragione. Questo mondo, cos
com, come storicamente organizzato e dominato, non mi appartiene, non fa parte di
me, e dunque a me estraneo. Non mi fermo qui. Registro un dato: trovo di fronte a
me una forma dellessere nel mondo, anchessa non metafisica ma storicamente
determinata, che chiede e ottiene un rapporto di ostilit. Questo modo dessere, o
questo mondo dellessere, mi combatte e io lo combatto. Le forme di lotta non le
subisco, le scelgo: naturalmente nei limiti del possibile. E tutto lo sforzo,
intellettuale e pratico, consiste nellampliare e nel possedere la sfera delle
possibilit. C un mutamento nelle contingenze. E tutto dipende dai rapporti di
forza. Il dentro e contro, il lavoro che dallinterno del capitale aveva
sufficiente potenza per bloccare il meccanismo della sua riproduzione, descriveva un
livello alto della lotta, e proponeva lutopia concreta di una messa in crisi
soggettiva dellorganismo sistemico. Tutto questo un passato. Non si d pi nel
presente. E possibile una lettura utopica del passato? Benjamin ha dimostrato che,
non solo possibile, necessario. Seguo quella traccia. Con un di pi. Il passato,
che per me ha un nome, il Novecento - scrivo sempre il mio secolo con la maiuscola,
per marcarne la maest non ledenica et che chiama nostalgia, piuttosto
lepoca del massimo pericolo per lordine secolare del dominio e dello sfruttamento.
E so, con Hlderlin, che l dove il pericolo pi grande, l c la salvezza. E dal
disordinamento del mondo della vita che solo possono nascere nuovi cieli e nuove
terre, ovvero nuove forme di vita. Le avanguardie novecentesche non sono
neoromanticismo, sono neue Revolution. Se vero che tra ieri e oggi, tra passato e
presente, in mezzo c il macigno della sconfitta operaia, in comune, per larte e la
politica, ci sarebbe la non accettazione di questa sconfitta e la ricerca di unaltra
modalit di rifiuto, che possa valere, in modi diversi e autonomi. Io cos la metto.
Nellattuale, profonda, strutturale, crisi dei fondamenti della politica moderna, che
ruolo pu avere, quale funzione attiva pu svolgere, lo sperimentarsi, esistenziale,
dellarte contemporanea? Accettazione della sconfitta da parte dellantagonismo e
rifiuto dellordine del mondo che ne seguito, devono costruirsi insieme e
ridiscendere, per poi da l ripartire, per ciascuno di noi, nel fondo dellanima, a
dirla con Maestro Eckhart. Un altro costruttivismo per unaltra dissoluzione. E
tuttavia, dobbiamo sapere, con una coltivata lucidit, che quel macigno della
vittoria del capitale sul campo del lavoro, sta l e se non possiamo saltarlo,
bisogna fare in modo di aggirarlo. Qui politica e arte si dividono i compiti, al di
la dei muri di ostruzione che sono stati sollevati nella nuova presente pace dei
cento anni. Spetta allartista riconoscere, creativamente, le pieghe del mondo entro
cui si nasconde lalienazione della vita delle persone, spetta al politico misurare,
realisticamente, le forze disponibili e suscitare le energie indispensabili, alla
buona battaglia, a una lotta che sia credibile e che sia affascinante. Non-lavoro e
non-arte, forme dunque del rifiuto, e per nuovi mondi vitali, dove riconoscersi,
appartenersi, organizzarsi. Che fare invece di queste retroguardie intellettuali del
post-moderno? Cantano il mai visto, ma ripetono il gi detto. Si allineano
sullopinione delle maggioranze democratiche. Galleggiano sullonda del nuovo che
avanza, finch non ne vengono inghiottiti. Non tanto il mercato che mi preoccupa,
ladesione, lo schiacciamento, al gusto di masse acculturate subalterne, armate, o
meglio disarmate, di politically correct, lomaggio alla societ dello spettacolo,
lassunzione della civilt dellintrattenimento, la fuga precipitosa dal reale per
cadere nelle braccia del virtuale, labbandono dello spirituale nellarte senza
raggiungere una corporalit dellispirazione. Lastrazione era una scelta del
soggetto pensante e agente, forma di rifiuto di ci che si vede, il vuoto,
linsignificanza, lindifferenza, sono al contrario limposizione delloggetto che
conta, che magari fosse solo merce, in realt sempre il tavolo di Marx che, una
volta prodotto, si autonomizza, anzi si mette a ballare sulle proprie gambe, con
tanti grilli per la testa. E tutti, l, ad ammirare la tecnologica performance, che
finalmente vince sulla forza gravitazionale della storia, umana, troppo umana. Io sto
ben saldo dentro una tradizione di sovvertimento dello stato di cose presente, dal
punto di vista di quello che stato il movimento operaio. Lenin diceva: la verit
rivoluzionaria. Oggi si pu ben dire: il passato rivoluzionario. Perch il passato
la verit. Mentre il falso lattuale: una sovrapproduzione di artifici, che non a
caso ha finito per mettere in crisi la stessa produzione di beni. E bello vedere i

padroni del mondo che non sanno come uscire dalla weberiana gabbia dacciaio, che
avevano costruito per comandare sul lavoro. Ricordiamolo: in arte come in politica,
non c che lotta. E vero, bisogna che la guerra diventi inutile. Ma non perch
subentri al suo posto una improbabile pace perpetua kantiana, piuttosto perch si
instauri una forma, legale e legittima, civile e civilizzatrice, di conflitto
permanente tra diverse e opposte Welt-und-Lebensanschauungen. Al pensiero unico va
ri-contrapposto un pensiero duale. Come allarmonia sociale va di nuovo contrapposta
una societ divisa. Questo del resto il principio di realt, che varie modalit di
mascherature ideologiche oggi occultano. E le maschere varie hanno un modo unico di
occultamento, quello di restituire, demonizzata, questa realt a un passato estinto,
donde il meccanismo logico del post, il post-storico, il post-politico, il postideologico. La verit del non lavoro diventa il falso della societ del post-lavoro.
La verit della non-arte diventa il falso del creativo della post-arte. Non c altro
modo per spezzare questo meccanismo perverso che restaurare la presenza di punti di
vista alternativi: che si combattono ma che si riconoscono. E che dunque sollevano la
lotta allaltezza di un confronto/scontro mai definitivo, cio che mai presuppone
leliminazione dellaltro. Non esiste una verit per tutti, esiste la verit per una
parte e la verit per unaltra parte. E possibile dunque una parzialit assoluta, o
un assoluto parziale? Bisogna rendere, questo, possibile, garantendo, con le leggi,
che il conflitto non diventi guerra. E pensando, e praticando la propria verit, il
proprio assoluto, in termini non totalitari, non integralisti, non fondamentalisti.
Lo spazio per la presenza, attiva, dellartista nella vita del mondo in questo
contesto si allarga e si approfondisce. Non tanto necessario schierarsi, come era
necessario appunto in tempi di guerra, necessario stare dentro il conflitto, con le
risorse della solo propria, specifica, insostituibile, esistenza interiore. Allora,
ecco, tenendo fermo il contro, va rivista la dialettica del dentro/fuori. Dialettica,
appunto, perch movimento di opposti, che nelle fasi cambiano di posto nella
predominanza, pratica e teorica. Pollock, che gira intorno al quadro, si tuffa
dentro, ne fuoriesce, lo domina e ne condizionato, la metafora giusta. Che cos
il fuori? Non il sopra. E loltre. Lber, il passaggio del punto zero, che
attraversa il nulla fece discutere Jnger e Heidegger: se si trattasse del trans
lineam o del de linea. Per il nostro problema, tutte e due le cose. Il mondo cos
com, lesistere storico del capitale, per combatterlo devi stare dentro, per
conoscerlo devi stare fuori, per esprimerlo, nel suo contrasto di fondo, devi stare
dentro e fuori. Trascendere quello che vuoi contrastare, per questo ci vuole la buona
forza, e la sua organizzazione, sia quando sei insieme agli altri, sia quando sei
solo con te stesso. Un salto, vero, kierkegaardianamente inteso, ma non una volta
per tutte, ogni giorno, ogni ora del giorno, nel fare, nel pensare, nel creare, cio
nel vivere.
Mario Tronti , 8 gennaio 2012
Il testo di Francesco Matarrese
presentati nel 2012 a dOCUMENTA
tedesco, "Greenberg and Tronti,
(13), 100 Notizen 100 Gedanken,

e il Post scriptum di Mario Tronti sono stati


(13) di Kassel. Sono stati tradotti in inglese e in
Being Really Outside?", Ed. Hatje Cantz - dOCUMENTA
No. 093, 2012, 48 pp., 5 ills.

Matarrese, Francesco
(Molfetta 1950 -) Artista. Raccolta l'eredit dell'arte concettuale e le sue
contraddizioni (Saggio di estensione segnico-dialettico, pubblicato su Flash Art,
1974), con il Telegramma di rifiuto (1978) ha rigettato il lavoro astratto in arte
quale forma di lavoro alienato avvicinandosi alle posizioni del marxismo operaistico.
La scelta di utilizzare testi propagandistici quale forma di sottrazione del prodotto
artistico si radicalizza negli anni successivi con la negazione critica dell'arte
come spazio autonomo (L'inadeguato, 2011, Biennale di Venezia, in coll. con Dora
Garcia e Cesare Pietroiusti; 100 notes, 100 thoughts, 2012, Documenta XIII).

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