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fondo una rigorosa autonomia interna allarte, profonda e radicale. Solo questa
poteva garantire unit allopera. Tutti i protagonisti di questa discussione avevano
in comune la speranza di poter chiudere la crisi delle forme da cui era partita
lavanguardia. La divergenza sulle soluzioni rese tuttavia conflittuale la
discussione. La process art, che venne dopo il minimalismo, coraggiosamente si
incaric di mettere in luce la volont di potenza che era dietro allintero progetto
modernista. Ma non bast, la crisi delle forme non era superata. La mia proposta,
ora, di trasferirci altrove, dove possibile riannodare i fili della discussione e
riprendere il cammino. Negli stessi anni in cui in America si consumava lavventura
del tardo modernismo in Italia Mario Tronti guidava una delle imprese teoriche pi
originali e politicamente influenti di fine novecento, loperaismo. Ritengo che il
suo contributo sia sicuramente pertinente e decisivo anche per la nostra discussione.
In Operai e capitale aveva elaborato un punto di vista cosiddetto copernicano (come
lo si chiam allepoca), secondo il quale era oramai giunto il tempo di abbandonare
nella lotta politica lidea di contrapporre un tutto a un tutto, ununit ad unaltra
unit, un interesse universale ad un altro interesse universale. Anche recentemente
ridiscutendo le pagine di questo suo libro ha ribadito che la conoscenza che il
tutto si propone di se stesso sempre falsa e ideologica. Essa porta sempre a una
falsa apparenza. Lunica conoscenza vera e realistica quella che una parte pu fare
della totalit. (da Perch ancora loperaismo, intervento presso lUniversit La
Sapienza di Roma nel 2006, ora in Noi operaisti, Roma 2009, p.105). Tronti avanza
lidea di una parzialit assoluta, di una verit assoluta di parte, non di una verit
che vale per tutti, ma di una verit che vale per una parte, per un pezzo di mondo.
E un riposizionamento strategico del tradizionale concetto di assoluto. La questione
dellunit, in questo contesto di parzialit, riproposta al di fuori di qualsiasi
volont di potenza. Questo perch differenza assolutamente differente. E unit
assolutamente differente, separata. E il cosiddetto pensiero italiano della
differenza, come ha evidenziato recentemente Toni Negri in La differenza italiana
(Roma 2005), accostandolo al femminismo italiano della differenza e in particolare a
Luisa Muraro. Tuttavia ci che rende ai miei occhi veramente singolare lintervento
di Tronti in questa discussione che la parzialit a cui lui pensava allepoca,
quella delloperaio-massa italiano (la rude razza pagana), era in esplicita
continuit con loperaio-massa americano. Pi volte Tronti ha sottolineato che ci
che era avvenuto negli anni trenta (il contesto politico di partenza di Greenberg) in
America, era poi avvenuto negli anni sessanta in Italia. Ma mentre Tronti dalla
radicalizzazione operaia degli anni sessanta traeva lidea vertiginosa di una
parzialit assoluta, di un esterno assoluto, Greenberg dallAmerica degli anni trenta
ricavava lidea di una rigorosa autonomia, di una legittimit solo interna allopera
darte. Greenberg insomma non ammetteva un assoluto di parte o a parte o separato,
cos come gli artisti minimalisti non erano riusciti mai a concepire una parzialit
assoluta. Il tema dellunit, dellassoluto, era in Greenberg una preoccupazione che
possiamo ritrovare gi in Avanguardia e kitsch del 39 dove egli espone lidea che
lavanguardia aveva raggiunto il suo livello alto di arte astratta grazie a una vera
e propria search of the absolute. In Recentness, dunque a distanza di molti anni,
con grande indipendenza intellettuale, non solo ribadisce questa posizione ma la
radicalizza facendo riferimento a un arte integrally abstract. Certo, il suo
concetto di assoluto era indebolito dalla mancanza di volont decostruttiva. Ma a
sopperire, almeno in parte, a questo limite e a rendere ancora importante la sua
posizione c laltezza dellintransigenza critica. Non si pu naturalmente
nascondere che in quegli anni egli sostenne unarte non in accordo con le grandi
questioni da lui stesso sollevate. La domanda, la richiesta di anticonvenzionale era
per reale ed autentica. Questo forse potrebbe spiegare perch ancora oggi gli
antimodernisti pur avendo efficacemente dimostrato linfondatezza della risposta di
Greenberg e di gran parte della sua costruzione teorica non hanno minimamente
scalfito la pertinenza della sua insoddisfazione per lo stato dellarte, come credo
Rosalind Krauss abbia pi volte cercato di spiegare. Era corretto chiedere un uso
assoluto dellanticonvenzionale o come lo chiamava Greenberg far-out in itself?
Il bersaglio era sempre lo stesso, ieri come oggi, larte irresponsabile, scandalo
senza fine per la cultura.
2. Dov finito lanticonvenzionale?
La mia battaglia in questo testo in corso. Ora per si tratta di sfuggire,
nellaffrontare la questione dellassoluto, a qualsiasi posizione in generale.
Procedo in questo territorio con cautela e sospetto. Provo a chiedermi, c un
assoluto che non assolutista, totalitario, potente e virtuoso? Oggi sappiamo che a
dominare nel nostro mondo c solo lassoluto globale. Forse questa la ragione del
perch non riusciamo ad essere assolutamente anticonvenzionali o anticonvenzionali in
s. Tuttavia Greenberg e Tronti non accettano la sconfitta, cercano un rifiuto
finale. Anche io ritengo che la partita possa essere riaperta. Mario Tronti ha
recentemente detto in una conversazione con Pasquale Serra che tutto ci che c
il contrario di quello che io sono (da Mario Tronti, Non si pu accettare, Roma
2009, p.38). Ora provo a stabilire una differenza. A me sembra che il rifiuto
dellesistente (mediocre e spettacolare) porti Greenberg a essere fuori, ma al punto
da dimenticare il mondo e questo non va bene. Abbiamo imparato da Roland Barthes che
non c nessun fuori al di l del deserto quotidiano. Per Greenberg il mondo esterno
non pu che portare danno allarte. Come risponde Tronti? Certo, anche per lui la
genericit e la non qualificazione delloperaio-massa sono il riflesso del mondo. Ma
proprio su questo punto che si registra il pi importante spostamento strategico
della discussione. La critica di Tronti delloperaio-massa non specializzato e in
generale, che passa indifferentemente da un lavoro allaltro non mai fatta contro
questo operaio. La sua critica sempre una decostruzione della sua condizione.
Loperaio non specializzato (come lartista della cultura middlebrow) solo il punto
di partenza per legittimare la resistenza e lattacco. E la lotta delloperaio
contro se stesso. E importante poi liberarlo dalla sua condizione passiva di lavoro
morto per raggiungere il lavoro vivo. Il lavoro morto domina e succhia il lavoro
vivo, scrive Marx nel Capitale tote Arbeit, welche die lebendige Arbeitskraft
beherrscht und aussaugt (Karl Marx, Das Kapital, MEW 23 S.446). Viceversa la critica
dellarte come buon design, come svolta in Recentness, non permette a Greenberg di
emanciparsi, di andare oltre lo sdegno nei confronti di una cultura inautentica. Non
riesce insomma a considerare quella passivit, quella inautenticit come il punto di
partenza per una resistenza. Tronti reclama invece la necessit di essere dalla parte
delloperaio non qualificato, indisciplinato e indifferente. Avverte che la mancanza
di specificit nel suo lavoro riflette direttamente o indirettamente lindifferenza
della merce, di cui certo vittima. La sua critica decostruttiva ci permette di
capire che non c alcuna specificit, alcun lavoro vivo (come sperava Greenberg)
capace di oltrepassare il problema, capace di staccarsi dalla gabbia dacciaio che lo
lega al lavoro morto. Lerrore di Greenberg di non aver concepito a sufficienza la
doppia natura del lavoro (lavoro vivo e lavoro morto). Il nipote di Rameau ancora
fra noi. Greenberg non si accorge che il lavoro vivo, lanticonvenzionale in s,
intimamente connesso con il lavoro morto. Tronti in Lotta contro il lavoro! invece
spiega che la doppia natura del lavoro impone una separazione solo per lotta, per
guerra, persino contro se stessi. La separazione non pu essere decisa solo con un
atto di sdegno. La separazione, lanticonvenzionalit vera, per sfuggire a qualsiasi
condizione di assoluto in generale (e cio globale) non pu che tentare di essere un
assoluto parziale che trae vita solo dalla differenza, dal non. Loperaio di Tronti
ha solo da combattere se stesso, deve negarsi come forma produttiva. Per questo
fondamentale ribadire che la verit assoluta di parte diversa dallassoluto
totalitario. Questa verit assoluta di parte dentro il non-assoluto. Ecco perch
stato un errore per Greenberg trascurare le risorse nascoste presenti nella
condizione di non-arte che lui stesso aveva contribuito a portare alla luce proprio
in Recentness. Avrebbe cos scoperto che la non-arte era laltro nome del non-lavoro
e del rifiuto. Tronti avverte che fondamentale considerare la doppia natura del
lavoro e ritorna a raccomandarlo proprio allinizio di Lotta contro il lavoro! E
evidente che questa una condizione spettrale. Lavoro morto e lavoro vivo ovvero per
Marx abstrakt Arbeit e lavoro concreto, oltretomba e terraferma. I passages
parigini ritornano.
3. Incontrarsi allinferno
Ecco levidenza delle cose! In quale altro luogo posso trovarmi come artista se non
nel campo disegnato dai due scritti che io stesso sto analizzando? Ricevo la
benedizione dai fatti stessi. Ma c di pi. Mi chiedo, che cosa permette
strategicamente a Greenberg di essere anche lui in questo territorio di lotta? E
bene subito dire che Recentness un testo di non facile lettura. Mascherature,
ambiguit, doppiezze lo mortificano dallinizio alla fine. In pi lapparenza di
scritto doccasione ingannevole. Non penso che lobbiettivo fosse solo quello di
stroncare i minimalisti del tempo. Questo aspetto era probabilmente il coup de
thtre (il padre che fa fuori i figli illegittimi in nome del rigore politico) del
consumato e temibile critico darte. Greenberg parlava agli artisti della sua
figure (Thorie des figures, 1973-74) di Marcel Broodthaers ne una prova. La sua
complessit critica (capace di allargarsi sino al gesto di Piero Manzoni), neither
language nor icon, stata messa in rilievo da Rosalind Krauss e da Benjamin Buchloh
(Rosalind Krauss, A Voyage on the North Sea, London 2000, p.60). Questo mi riporta
allintuizione di Timothy J. Clark, che dietro alle immagini di Pollock ci fosse
quasi un dramma di classe, drama of class (Timothy J. Clark, Farewell to an Idea,
Yale 1999, p.363). Tutte buone ragioni per aver provato a immaginare lorizzonte
artistico di Greenberg dentro un contesto politico trontiano.
5. The condition of non-art
Ora mi chiedo, il campo nel quale mi sto inoltrando quello della condition of nonart? La non-arte per Greenberg quasi sempre qualcosa che prima cera e poi non c
pi. Come se qualcosa avesse bisogno di sbarazzarsi di qualcosaltro. In Recentness
grande il suo stupore per le opere minimaliste che rimangono non-arte, non essendo
riuscite a riciclarsi come arte. E la singolare condition of non- art, cio della
non-arte che permane. E come se i crolli ontologici a cui ci avevano abituato i
poststrutturalisti si fossero improvvisamente bloccati. Ci che chiamiamo non-arte
dovrebbe avere un altro nome. Se permane vuol dire che qualcosa. In tal modo la sua
esistenza non sarebbe pi provvisoria e postmediale. La separazione, il rifiuto,
aprono a un vero e proprio paesaggio metafisico che non questa volta in generale
ma incredibilmente parziale, singolare. Questo paesaggio nasce dalla scomparsa e
mancanza di assoluto che per in qualche modo resta e si conserva (come
nellAufhebung di Hegel). Forse abbiamo bisogno di un diverso significato del
concetto di mancanza. Scrive Jean-Luc Nancy Soit quon dplore lpuisement de la
puissance mythique, soit que la volont de cette puissance accomplisse des crimes
contre lhumanit, tout nous conduit un monde o fait profondment dfaut la
ressource mythique. Penser notre monde partir de ce dfaut pourrait bien tre une
tche indispensable (da La communaut dsoeuvre, Paris 1983-1999, p.118). Ricordo
che il giovane Gyrgy Lukcs in apertura di Die Theorie des Romans scrisse una pagina
profonda su una mancanza, che non assolutamente nostalgia. Una mancanza che
permane, a tal punto da aprire un orizzonte, un campo. Lidea che la non-arte
permanga (la condizione della non-arte) ci permettebbe dunque di entrare nella
mancanza, in una sorta di oltretomba del lavoro morto e di farvi penetrare una luce.
Questo il fuori e il dentro, il luogo della separazione. Stiamo andando via da un
mondo? Denn das ist das tragische bei uns, da wir ganz stille in irgend einem
Behlter eingepakt vom Reiche der Lebendigen hinweggehn, nicht da wir in Flammen
verzehrt die Flamme ben, die wir nicht zu bndigen vermochten si chiedeva
Hlderlin nel 1801, in una lettera a Boehlendorff. E un territorio singolarissimo
quello che incontriamo. E abitato da strani oggetti o elementi, fatti di menzogne,
paure, cecit ma anche di luce. E ci che accade lottando con se stessi. In alcune
raffigurazioni magnogreche delloltretomba le ombre e le allegorie sembrano saper
riconoscere i loro visitatori. E proprio un mondo dentro il mondo. Sono i palinsesti
del capitalismo. Come artista riesco ad essere dentro e fuori? Il luogo separato di
un artista del rifiuto non in un deserto ma in un territorio preciso di questo
mondo. Laccesso tra queste parole, tra i punti di vista.
6. Dentro e fuori
Lo status di non-arte sia pure nella sua condizione spettrale e provvisoria descrive
un campo, una estensione. La non-arte assieme al non-lavoro nel territorio marxiano
del lavoro morto. E una sorta di oltretomba. Loltretomba il tema che ci attende
per terminare. Prima per una parentesi. E importante ritornare sulla questione
delle astrazioni. Il merito del Picasso cubista secondo me di aver drammatizzato il
chiaroscuro portando lombra a livelli quasi teosofici, goethiani. La sua strategica
utilizzazione della luce lo dimostra. Certo, il fallimento di questa impresa ben
noto. Non sono per daccordo sullidea che lobiettivo mancato fosse la piattezza
pi vera. La piattezza perfetta non doveva essere pi vera ma pi viva rispetto
allillusoria grisaille classica (ecco la sua insistenza sulla luce). Ci pu
aiutarci a intendere lintera avventura dellastrattismo come un viaggio alla ricerca
del lavoro vivo e la sua archeologia come una discesa negli inferi, il regno
baudeleriano e benjaminiano del lavoro morto. Levoluzione del palinsesto astratto da
Picasso a Pollock unevoluzione interna al lavoro astratto, in generale e morto,
esattamente come quello descritto da Marx nel Capitale e nei Grundrisse.
Larbitrariet del linguaggio in ambedue, in Picasso attraverso per esempio luso di
elementi esterni, in Pollock nella gestualit anti-industriale e antitayloristica,
padroni del mondo che non sanno come uscire dalla weberiana gabbia dacciaio, che
avevano costruito per comandare sul lavoro. Ricordiamolo: in arte come in politica,
non c che lotta. E vero, bisogna che la guerra diventi inutile. Ma non perch
subentri al suo posto una improbabile pace perpetua kantiana, piuttosto perch si
instauri una forma, legale e legittima, civile e civilizzatrice, di conflitto
permanente tra diverse e opposte Welt-und-Lebensanschauungen. Al pensiero unico va
ri-contrapposto un pensiero duale. Come allarmonia sociale va di nuovo contrapposta
una societ divisa. Questo del resto il principio di realt, che varie modalit di
mascherature ideologiche oggi occultano. E le maschere varie hanno un modo unico di
occultamento, quello di restituire, demonizzata, questa realt a un passato estinto,
donde il meccanismo logico del post, il post-storico, il post-politico, il postideologico. La verit del non lavoro diventa il falso della societ del post-lavoro.
La verit della non-arte diventa il falso del creativo della post-arte. Non c altro
modo per spezzare questo meccanismo perverso che restaurare la presenza di punti di
vista alternativi: che si combattono ma che si riconoscono. E che dunque sollevano la
lotta allaltezza di un confronto/scontro mai definitivo, cio che mai presuppone
leliminazione dellaltro. Non esiste una verit per tutti, esiste la verit per una
parte e la verit per unaltra parte. E possibile dunque una parzialit assoluta, o
un assoluto parziale? Bisogna rendere, questo, possibile, garantendo, con le leggi,
che il conflitto non diventi guerra. E pensando, e praticando la propria verit, il
proprio assoluto, in termini non totalitari, non integralisti, non fondamentalisti.
Lo spazio per la presenza, attiva, dellartista nella vita del mondo in questo
contesto si allarga e si approfondisce. Non tanto necessario schierarsi, come era
necessario appunto in tempi di guerra, necessario stare dentro il conflitto, con le
risorse della solo propria, specifica, insostituibile, esistenza interiore. Allora,
ecco, tenendo fermo il contro, va rivista la dialettica del dentro/fuori. Dialettica,
appunto, perch movimento di opposti, che nelle fasi cambiano di posto nella
predominanza, pratica e teorica. Pollock, che gira intorno al quadro, si tuffa
dentro, ne fuoriesce, lo domina e ne condizionato, la metafora giusta. Che cos
il fuori? Non il sopra. E loltre. Lber, il passaggio del punto zero, che
attraversa il nulla fece discutere Jnger e Heidegger: se si trattasse del trans
lineam o del de linea. Per il nostro problema, tutte e due le cose. Il mondo cos
com, lesistere storico del capitale, per combatterlo devi stare dentro, per
conoscerlo devi stare fuori, per esprimerlo, nel suo contrasto di fondo, devi stare
dentro e fuori. Trascendere quello che vuoi contrastare, per questo ci vuole la buona
forza, e la sua organizzazione, sia quando sei insieme agli altri, sia quando sei
solo con te stesso. Un salto, vero, kierkegaardianamente inteso, ma non una volta
per tutte, ogni giorno, ogni ora del giorno, nel fare, nel pensare, nel creare, cio
nel vivere.
Mario Tronti , 8 gennaio 2012
Il testo di Francesco Matarrese
presentati nel 2012 a dOCUMENTA
tedesco, "Greenberg and Tronti,
(13), 100 Notizen 100 Gedanken,
Matarrese, Francesco
(Molfetta 1950 -) Artista. Raccolta l'eredit dell'arte concettuale e le sue
contraddizioni (Saggio di estensione segnico-dialettico, pubblicato su Flash Art,
1974), con il Telegramma di rifiuto (1978) ha rigettato il lavoro astratto in arte
quale forma di lavoro alienato avvicinandosi alle posizioni del marxismo operaistico.
La scelta di utilizzare testi propagandistici quale forma di sottrazione del prodotto
artistico si radicalizza negli anni successivi con la negazione critica dell'arte
come spazio autonomo (L'inadeguato, 2011, Biennale di Venezia, in coll. con Dora
Garcia e Cesare Pietroiusti; 100 notes, 100 thoughts, 2012, Documenta XIII).