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GOLEMAN
intervista
il
professor
Daniel
CLAUDIO FOTI: LEI HA SCRITTO UN LIBRO STRAORDINARIO CON IL DALAI LAMA SULLE EMOZIONI
DISTRUTTIVE IL CUI SOTTOTITOLO E' COME LIBERARSI DAI VELENI DELLA MENTE. QUALI SONO
LE PRINCIPALI EMOZIONI DISTRUTTIVE E COME E' POSSIBILE LIBERARSENE?
DANIEL GOLEMAN: Ogni emozione pu avere una funzione utile: la rabbia ci informa che qualcosa
deve essere cambiato, la tristezza pu essere una vera e propria cura, lansia ci fa scappare da
qualcosa che dobbiamo affrontare. Quindi nessuna emozione cattiva in s stessa, ci sono emozioni
che potrebbero diventare distruttive quando ci conducono a ferire noi stessi o altre persone. Allora
diventano emozioni negative che ci fanno stare male, ma lemozione in s stessa valida, le
emozioni rendono ricca la nostra vita. Il Dalai Lama comunque ha dato una risposta diversa, lui ha
detto: Ogni emozione diventa distruttiva quando disturba lequilibrio della mente, quando disturba
la capacit di vedere le cose realisticamente. Da questo punto di vista anche la normale ansia e la
normale rabbia sono emozioni distruttive perch cambiano la nostra percezione della realt. In effetti
quando siamo presi dalla rabbia anche la nostra memoria cambia. Quando sono arrabbiato con mia
moglie posso solo ricordare le cose spiacevoli che mi ha fatto in passato e che mi hanno fatto
arrabbiare, non posso ricordare perch la amo o amo i miei figli, dunque la rabbia distorce la nostra
comprensione della realt, la rabbia distrugge il nostro equilibrio interno, dunque dal punto di vista
del Dalai Lama anche questo tipo di emozioni ordinarie, quotidiane possono essere interpretate
come distruttive.
CLAUDIO FOTI: COME E' POSSIBILE AIUTARE NOI STESSI A LIBERARCI DALLE EMOZIONI
DISTRUTTIVE? POSSONO ESSERCI DI AIUTO, POSSONO SOSTENERCI LA SCIENZA O LA
SPIRITUALITA' IN QUESTO PERCORSO?
DANIEL GOLEMAN: Penso che le tradizioni spirituali e la scienza possano lavorare insieme. Il Dalai
Lama ha detto ad un gruppo di scienziati: Cosa possiamo fare per le emozioni distruttive? Nel
Buddismo ci sono parecchie discipline che sono state usate per migliaia di anni e che hanno avuto
successo su di noi, dunque io voglio sfidarvi a prendere queste nostre discipline e portarle fuori dai
contesti religiosi, testarle molto regolarmente nei vostri laboratori per verificare laiuto che possono
CLAUDIO FOTI: COLGO L'OCCASIONE PER RINGRAZIARLA ANCHE PERSONALMENTE PER IL SUO
LIBRO "THE MEDITATIVE MIND", "LA FORZA DELLA MEDITAZIONE" . E UN LIBRO CHE MI E STATO
UTILE IN UN PERCORSO PERSONALE DI RICERCA E DI PRATICA PER ME MOLTO SIGNIFICATIVO.
PROFESSOR GOLEMAN, COS' E' LA MEDITAZIONE?, COSA PUO' FARE PER RENDERCI MIGLIORI?
DANIEL GOLEMAN: Questo stato il mio primo libro, che ho scritto nel 1975, allepoca non avevo
ancora realizzato completamente quale era la forza della meditazione, ma adesso trenta anni dopo
abbiamo risposte decisamente migliori che io posso condividere con voi. Arrivano dalle nuove
scoperte che abbiamo fatto grazie al Dalai Lama nei laboratori delle neuroscienze, studiando il
cervello di alcune persone dopo ore e ore di meditazione. Abbiamo scoperto che il loro cervello era
diverso, la qualit mentale dellessere di queste persone era diversa come risultato. Ormai
disponiamo della risonanza magnetica funzionale, che unimmagine del cervello con cui possiamo
tramite video monitorare e fotografare attimo per attimo i cambiamenti dinamici delle varie zone del
cervello.
CLAUDIO FOTI: PROFESSOR GOLEMAN, LEI HA ANCHE PARLATO PIU VOLTE DI COMPASSIONE:
DA SECOLI NE PARLAVANO SOLO LETICA O LA RELIGIONE, ORA E UN CONCETTO DI CUI SI
OCCUPA ANCHE LA SCIENZA. SONO RIMASTO COLPITO DALLA LINGUA TIBETANA CHE USA LO
STESSO TERMINE PER INDICARE LA COMPASSIONE PER SE' E LA COMPASSIONE PER GLI ALTRI;
NOI OCCIDENTALI E COME SE SENTISSIMO COMPASSIONE PER GLI ALTRI, SPESSO PENA, E
POCO PER NOI STESSI
DANIEL GOLEMAN: E vero! Sono rimasto colpito quando il Dalai Lama ha puntualizzato come nelle
nostre culture occidentali, i linguaggi non posseggono una parola che compassione per noi stessi,
mentre in Asia, in Tibet, in Sanscrito la parola che indica la compassione implica non tanto una
compassione esclusivamente rivolta agli altri, ma contemporaneamente compassione per te stesso
cos come per gli altri. Il Dalai Lama non capiva perch noi non diamo lo stesso significato in
occidente quando diciamo compassione. In un sistema familiare, succede che un punto cieco
familiare invisibile per i componenti della famiglia, viene riconosciuto invece dallesterno. Un
osservatore esterno pu cogliere cosa sta succedendo in quella famiglia e pu farlo notare. Lo
stesso vale per le parti cieche di un sistema culturale. Il Dalai Lama ci ha restituito che manca nel
nostro sistema culturale un concetto e una parola che esprimano una compassione integrata verso il
S e verso laltro.