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numero 38 anno VI 5 novembree 2014


edizione stampabile

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SEVESO E #ITALIASICURA. ATTENZIONE A NON ROTTAMARE IL FUTURO


Luca Beltrami Gadola
Dopo aver discusso per 30 anni
sulle possibili soluzioni per ridurre il
rischio di esondazioni del fiume Seveso a Milano e nei comuni dell'hinterland come Lentate sul Seveso,
Senago, Paderno Dugnano e Varedo; dopo aver registrato dal 1875 a
oggi 347 eventi alluvionali, in pratica
2.5 allagamenti lanno, con ingenti
danni e costi (nel 2010, con lallagamento delle stazioni della metropolitana, si sono registrati oltre 70 milioni di euro di danni); dopo lestate
2014 con 6 esondazioni anche in
centro a Milano (quella 7-8 luglio ha
colpito 23 comuni diversi e causato
48 milioni di euro di danni); nonostante striscioni 'No alle vasche' appesi a Senago e ricorsi, noi apriamo
la stagione dei cantieri.
Questo il breve testo di #italiasicura il progetto della Presidenza
del Consiglio che si articola in due
strutture di missione, #Dissesto e #Acquepulite
oltre
che
#Scuole col quale presenta il progetto di intervento sul Seveso. A
parte il profluvio di hashtag, il ridicolo marchio indispensabile oggi per
connotare la modernit e la comunicazione Internet (un hashstag non si
nega a nessuno!) e ancora evitando
accuratamente il sito dedicato con
la sua grafica scioccamente puerile,
nelle ultime due righe questo il
ritratto dellarroganza dei nuovi ministeriali renziani, pi renziani del
re.
E se il Comune e i cittadini di Senago avessero ragione? E se lidea
delle vasche di laminazione fosse
sbagliata o quantomeno largamente
insufficiente a risolvere il problema
soprattutto milanese delle esondazioni del Seveso? Chi ci dice che
improvvise bombe dacqua cadute

tra la vasca pi vicina a Milano e


dove il Seveso si incanala sotto la
citt, non siano sufficienti a produrre
le condizioni di esondazione?
Allora la domanda spontanea una
sola: perch non si realizza ora il
progetto del 2004, redatto da MM,
inserito allora nel piano delle opere
del Comune, messo in bilancio e il
cui costo - 70 milioni - era per met
a carico di MM gestore del Servizio
Idrico Integrato e per met a carico
del Comune? Un progetto nato per
risolvere tre problemi: evitare lesondazione del Seveso, permettere la
manutenzione straordinaria della
rete interna dei canali milanesi e,
per finire, controllare il rialzarsi delle
acque di falda. Il sindaco Moratti,
che lo ricevette in eredit da Albertini, non ne fece colpevolmente nulla e il finanziamento disponibile in
bilancio se lo mangi per lassurda
operazione di ricomprarsi le obbligazioni di AEM e avere la parit azionaria con Brescia su A2A.
MM allora provvide a dotarsi di un
modello di simulazione dellacquifero sotterraneo che copriva tutta
larea della provincia e che consentiva di simulare tutti gli eventi meteorologici ipotizzabili e le relative
conseguenze su fiumi, canali e acquifero sotterraneo. Era la base essenziale per progettare razionalmente. Il modello e lhardware necessari per gestire questo modello
furono forniti a Comune, Provincia e
Regione. #italiasicura lha utilizzato? Forse come molti dei buoni lavori finito in fondo ad un cassetto o
vittima del vizio particolarmente
renziano di rottamare il passato,
qualunque esso sia.
Ma come era in sintesi questo progetto?

Si trattava di un condotto sotterraneo profondo di circa 2 metri di diametro, lungo 11 chilometri, che
scolmava il Seveso a Niguarda,
prima di confluire nel Martesana e
nel Redefossi, e sbucava nel Lambro, vicino a Ponte Lambro. Anche
lAIPO (Agenzia Interregionale per il
fiume Po) aveva dato la sua approvazione, ma a condizione di intervenire contestualmente per controllare le esondazioni, anche queste
frequenti, del Lambro. Nei periodi
normali avrebbe potuto accogliere le
acque del Seveso opportunamente
deviate per mettere in asciutta la
rete dei canali milanesi per permettere di farne la necessaria manutenzione straordinaria, a cominciare
dal Redefossi. E quando necessario
sarebbe servito per captare le acque di falda lungo il suo percorso,
mantenendo la falda ad una quota
di sicurezza rispetto alle gallerie della MM e ai parcheggi sotterranei.
Ultima ciliegina: approfittando del
dislivello tra entrata e uscita avrebbe potuto far funzionare una piccola
centrale idroelettrica sotterranea
con una resa di 400-500.000 euro
lanno, buoni per coprire i costi di
gestione e manutenzione del condotto. Bello e impossibile, come
canta la Nannini? No, intelligente e
fattibile, quindi utile. Oggi ci si avvia
a spendere 100 milioni di vasche di
laminazione e un milione e mezzo di
opere accessorie per una soluzione
monouso il cui risultato non d la
piena garanzia di risolvere neppure
il problema principale. E lo scontento della popolazione, che si pu ridurre solo se si spiegano i perch,
in che colonna lo mettiamo nel bilancio costi e ricavi?

LA FINANZIARIA DI RENZI: CAMBIO DI VERSO O GIRO DI VALZER?


Franco DAlfonso
La finanziaria di Renzi contiene cose di buon senso, qualche utile correzione, qualche nuovo errore ma
sostanzialmente in linea con tutte le
ultime finanziarie. nettamente migliore dal punto di vista della comunicazione politica, basta leggere i
titoli dei diversi articoli: quelli che
sono indiziati di portare novit e beneficio sono chiarissimi, tipo "Bonus
80 euro alle famiglie", "taglio Irap"
ecc., mentre quelli relativi alle coperture riprendono il linguaggio esoterico della legislazione italiana degli ultimi quaranta anni, parole e rin-

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vii ad articoli di altre leggi, deleghe


etc.
Quello che manca il "cambio di
verso" di politica economica. Siamo
sempre sul piano dei rapporti di forza, delle relazioni interpersonali,
della serie "Me le hanno date, ma
gliene ho dette" in particolare con
riguardo ai veri decisori sulla politica
economica del nostro continente, la
signora Merkel in primis.
Pretendere che la storia sia maestra
di vita demod, ma qualcosa ogni
tanto occorrerebbe ricordarsi. La
somma attuale dei debiti del pianeta

sette o forse nove volte il Pil planetario annuale. Nella storia non si
mai rimborsato un tale debito senza un evento straordinario come
una guerra e pensare di fare piani
di rientro dal debito con tagli alla
spesa pubblica di quelle dimensioni
serve solo ad alimentare la spirale
risparmio - credit crunch - caduta
investimenti che innescano tutte le
Depressioni economiche conosciute, dal 1929 fino a oggi. Debiti molto elevati come quello dell'Italia e
non solo sono sostenibili esclusiva-

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mente con una crescita spinta e un


tasso di inflazione elevato.
Anche i sassi sanno che in un periodo di depressione tagliare la spesa
pubblica ha un effetto recessivo
moltiplicatore. Gli stessi sassi sanno
che in situazione di depressione occorre alzare le tasse sui redditi alti e
sui patrimoni, non tagliarle indiscriminatamente, diversamente sar
l'effetto rendita feudale, i ricchi
sempre pi ricchi, la scomparsa del
ceto medio e l'aumento della povert generale.
In Italia non mancano affatto le risorse, nemmeno quelle finanziarie:
la ricchezza mobile su conti correnti,
fondi, assicurazioni ecc. di oltre
1500 miliardi di euro. Si interrotto
il circuito che insegnavano al primo
anno di economia, il passaggio di
risorse tra famiglie - banche - imprese, con i soldi che non arrivano
alle imprese non tanto per colpa
delle banche ma in quanto le imprese in un clima di poca fiducia e alte
tasse sul reddito non investono, le
famiglie aumentano la propensione
al risparmio e le banche investono
in carta-finanza, oltretutto tassata
per meno di un terzo rispetto alla
produzione e il lavoro.
Gli economisti liberisti alla Giavazzi
o Rogoff e Reinhart basano le loro
teorie su tabelle Excel con un errore
di formula (fatto vero, non inventato)
e invece di essere presi a pedate
continuano a essere gli ispiratori di
questa demenziale politica della
"austerit". Come fece Herbert Hoo-

ver nel 1929 si applicano formule


(taglio tasse e taglio spesa pubblica) che portarono alla grande depressione del 1931, risultati che si
sono ripetuti sempre in ogni loro
applicazione.
Valga
per
tutti
lesempio dei danni fatti dal Fmi tra
la fine del Novecento e il 2011 con i
paesi in via di sviluppo: pensando di
estendere la cosiddetta ricetta dei
Chicago Boys che aveva dato "risultati" con il Cile di Pinochet hanno
distrutto economie in tentativo di
sviluppo per decenni, fino a che la
Cina (essenzialmente) con il proprio
piano di investimenti e soprattutto la
necessit di materie prime non li ha
sottratti alla nefasta influenza di
gente che non si era mai mossa da
Washington e decideva dei destini
del mondo.
Tutto questo per dire che in un periodo come questo privo di senso
mettere soldi in tasca al "privato"
che non ha fiducia e non investe.
Per ricostruire questo clima l'unica
via un grande piano di investimenti pubblici, che inevitabilmente viene
finanziato a debito e inflazione, che
deve far ripartire la "macchina", esattamente come successe nel dopoguerra .
Le nuove infrastrutture e i nuovi investimenti riguardano il risanamento
ambientale, idrogeologico, il recupero del patrimonio edilizio esistente, il
trasporto su ferro (qualcuno dovr
dirlo a Maroni che pensa sempre
alle Autostrade come Brebemi). Occorre farlo prima che si disperda la

risorsa principale di cui disponiamo


in Italia, la cultura delle arti e dei
mestieri. E la dimensione di investimento non quella dei Piani Marshall nazionali, ma quella dei territori, quella "locale" che sviluppa le
tendenze esistenti e non ne inventa
di nuove.
del tutto evidente, che, ancora
una volta, il segnale e la guida del
cambiamento in Italia non pu che
venire da Milano e da quella che
ancora una delle prime cinque aree
economicamente pi forti dEuropa.
Rivendicare questo ruolo non segno di arroganza o presunzione, ma
al contrario segnalare una precisa
presa di responsabilit da parte di
una comunit che ha sempre fatto
da locomotiva per il treno del progresso italiano.
La formulazione di un nuovo patto
istituzionale che veda riconosciuta
una specificit e un ruolo di guida
delle citt metropolitane potr avvenire solo se Milano tutta si metter
alla testa un movimento politico, culturale e sociale che ancora una volta funzioni da riferimento per lintero
paese.
Mi chiedo se Renzi e Pisapia non
possano trovare unintesa concreta
proprio nel costruire le condizioni
perch Milano possa essere la locomotiva di testa della nuova fase di
sviluppo
per
l'intero
paese.
Unintesa politica che varrebbe mille
volte di pi di qualsiasi altra cosa.

TOCQUEVILLE E GLI ONERI DI URBANIZZAZIONE


Marcel Libeaut
In LAntico Regime e la Rivoluzione Alexis de Tocqueville, il famoso
storico e politico francese autore fra
laltro del fondamentale La Democrazia in America, nota come, fra i
cahiers de dolance presentati dal
Terzo
Stato
nei
confronti
dellamministrazione statale, ci fosse una lamentela particolarmente
ricorrente e risentita: quella che riguardava la tassazione per realizzare e tenere in efficienza le strade;
tassa che veniva chiesta, riscossa,
ma poi spesa in altro modo (di solito, per coprire le spese militari) e poi
nuovamente richiesta imponendo
alle citt di realizzare e aggiustare
le strade per conto proprio. Di tutte
le gabelle aristocratiche, questa veniva percepita come la pi ingiusta,
proprio perch teoricamente corretta, ma del tutto sviata e inefficace
nella pratica.

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Qualcosa di simile ahim avviene


spesso con gli oneri di urbanizzazione. Partiti come tassa di scopo
(che serve appunto a realizzare i
servizi e le infrastrutture di cui la citt ha bisogno) si sono spesso trasformati per i Comuni in una fonte di
finanziamento della spesa corrente
(e cos si pagano il riscaldamento
delle scuole, gli stipendi dei dipendenti ), salvo poi il paradosso
visto che le opere di urbanizzazione
servono di accollarle come extraonere agli interventi di trasformazione stessa. Versare gli oneri e realizzare le opere: ecco quello che
spesso ci si sente dire nella cosiddetta negoziazione urbanistica
(magari anche su aree gi destinate, e non solo nel caso di modifica
della destinazione urbanistica).
Di fronte a una situazione del genere, spesso si passa alleccesso opposto: azzerare gli oneri, per favori-

re lattivit edilizia (ma poi, come si


realizzeranno le opere? dico io. Si
rischia insomma di dimenticarsi che
le opere alla fine servono e che una
citt senza strade, parcheggi, verde
e fognature non un posto bello
dove viverci).
Forse sarebbe meglio quindi cercare invece di ritornare ai fondamentali, alle ragioni originarie di questa
tassa. Gli oneri dunque servono soprattutto nelle zone scarsamente
urbanizzate o dove si va a generare
nuova domanda di servizi; e vanno
spesi per questa finalit.
Dov che invece possono essere
ragionevolmente ridotti? Nella citt
gi edificata e ben urbanizzata, dove le infrastrutture esistenti abbiano
ancora buoni margini di capacit,
per interventi che non incrementino
in modo significativo il carico urbanistico. Gi adesso in verit la legge
regionale consente la riduzione de-

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gli oneri per interventi minori (c
lart. 44 comma 10bis della LR
12/05, mi pare, che consente appunto di dimezzare gli oneri per interventi di sostituzione edilizia). Ma
soprattutto sarebbe importante che
a livello di PGT ci fosse
unindividuazione chiara e ragionevole di tali aree, a cui agganciare le
riduzioni (non come adesso, dove ci
sono PGT che indicano come TUC
tessuto urbano consolidato anche aree verdi, agricole o aree degradate e compromesse).

Anche la riduzione degli oneri a


fronte di migliori prestazioni energetiche (questa pure gi prevista dalla
legge) pu sollevare qualche perplessit: meglio infatti che venga
applicata solo su una percentuale
degli oneri stessi (senza azzerarli) e
comunque non nelle aree dove le
opere di urbanizzazione restano indispensabili (altrimenti, chi le paga?).
Diverso invece il discorso sul contributo sul costo di costruzione, che
essendo
invece
una
tassa

sullattivit edilizia, potrebbe essere


ragionevolmente riarticolato e ridotto soprattutto per le funzioni che si
intendono incentivare, senza attestarsi sempre sul massimo del 10%
previsto dalla legge.
In definitiva, sembra che oggi i Comuni abbiano tutti gli strumenti normativi per intervenire ragionevolmente sul tema. Serve per pi un
lavoro paziente e faticoso, che
qualche facile scorciatoia.

GLI INCENTIVI AL CONSUMO DI SUOLO: LE CONTRADDIZIONI REGIONALI IN VISTA DI EXPO


Marco Pompilio

La Giunta della Regione Lombardia


ha presentato la settimana scorsa
un progetto di legge sul consumo di
suolo, che sostituisce e modifica
integralmente il precedente di febbraio 2014, il quale introduceva limitazioni sul consumo di suolo piuttosto generiche, da specificare in successivi provvedimenti. Il nuovo progetto di legge continua limpostazione generica sulle limitazioni, ma
si occupa di accelerare la realizzazione delle vecchie previsioni presenti nei piani comunali.
La Giunta vuole procedere velocemente con lapprovazione di questa
nuova legge, possibilmente gi alla
seduta di discussione in Consiglio
Regionale programmata per la seconda settimana di novembre, accelerando e contenendo le consultazioni, dopo che con il precedente
progetto di legge aveva tergiversato
per quasi un anno. Come mai tanta
fretta? E in cosa consistono le novit presentate?
A inizio 2014 gli uffici tecnici della
Regione avevano pubblicato un ottimo lavoro in cui si mostrava che
nei vigenti piani dei comuni esistono
circa 450 milioni di mq di superfici
urbanizzabili, ossia pianificate ma
non attuate. Il dato era riferito al
75% circa dei comuni, quindi il dato
complessivo ancora pi elevato.
Per dare unidea della dimensione,
la superficie amministrativa del Comune di Milano pari a 180 milioni
circa di mq. Se tutte queste previsioni fossero attuate contemporaneamente si aggiungerebbe un volume edificato capace di ospitare
nel territorio regionale pi di un milione di nuovi abitanti.
Questa la prima volta che viene
elaborata una stima numerica su un
problema noto da tempo, ma mai
affrontato se non da qualche raro
Sindaco volonteroso. Nessuno fino
a oggi aveva mai pensato che que-

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ste aree si potessero concretizzare


visto che la maggiore parte di esse
deriva da previsioni sbagliate, oppure con il tempo diventate obsolete,
contenute in piani comunali di molti
anni fa, anche degli anni novanta.
Sbagliate nel sovradimensionamento o sbagliate nella localizzazione
non hanno mai trovato negli anni
operatori interessati, nonostante la
crescita costante del mercato immobiliare prima del 2007.
La logica di buon senso suggerisce
che le previsioni quando si dimostrano sbagliate debbano alla prima
occasione utile essere cancellate,
se non possono essere corrette, ritornando le aree alla loro originaria
destinazione agricola. Invece nel
passato gli Amministratori locali
hanno per pigrizia, per non doversi
scontrare con i proprietari, preferito
soprassedere, e le previsioni sono
state pi o meno automaticamente
confermate ad ogni successiva variante dei piani regolatori generali
(oggi chiamati piani di governo del
territorio). Per le nuove previsioni si
preferiva, era pi facile, impegnare
nuovo suolo agricolo. E siccome
anche una parte di tali nuove previsioni ha finito per mostrarsi inadeguato, si arrivati con le successive
stratificazioni di piani allenorme
numero sopra citato.
Nessuno poteva immaginare che la
Regione un giorno avrebbe deciso
di assumere la superficie occupata
da tali previsioni come un diritto acquisito per i proprietari, e di fornire a
questi condizioni molto favorevoli
per reinserirle nel mercato. Previsioni che sono peraltro palesemente
sovradimensionate in un territorio
regionale che da cinque anni ha una
popolazione sostanzialmente stabile.
Il nuovo progetto di legge fissa limitazioni generiche per il consumo di
suolo rimandandone la definizione

pi precisa alla conclusione di lunghi processi di pianificazione a cascata regionale, provinciale e comunale, che richiederanno non meno di 3 - 5 anni.
Nonostante il titolo dato alla legge
Disposizioni per la riduzione del
consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato poco
o nulla si dice su come riusare le
aree dismesse o degradate o riorganizzare il tessuto edificato esistente.
Il testo delle norme orientato a
rendere concretamente fattibile la
costruzione dei 450 milioni di mq di
vecchie previsioni, un consumo di
suolo agricolo che andrebbe ad incrementare del 10-15%
lestensione delle superfici urbane presenti
in Regione.
Bisogna vedere se questo intento
della Regione si realizzer veramente. Le condizioni di crisi economica stanno negli ultimi anni spingendo molti proprietari a chiedere di
togliere le previsioni edificatorie, a
fronte delle scarse prospettive di
mercato, ad evitare di pagare tasse
annuali sempre pi elevate su tali
previsioni. Intanto per questo progetto di legge introduce tutta una
serie di facilitazioni per attuare in
tempi brevi un consumo di suolo
che ad oggi solo sulla carta.
In che modo? Ad esempio permettendo di spostare le previsioni insediative obsolete in altre localizzazioni, pi appetibili per la domanda
immobiliare, anche mutando le destinazioni, per esempio da residenziale (per la quale oggi c poca richiesta) a commerciale o logistica,
per la quale invece continuano in
questa regione ad emergere proposte di nuovi insediamenti (si veda ad
esempio il quarto IKEA vicino a Legnano, Westfield a Segrate, o loutlet in costruzione a Locate). evi-

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dente il vantaggio che i proprietari
ne ricaveranno.
Le proposte potranno essere avanzate da proprietari e operatori, ai
quali il progetto di legge fornisce
strumenti giuridici molto forti per ottenerne lapprovazione, anche dove
lAmministrazione locale sia contraria avendo adottato una politica territoriale di tutela del suolo agricolo.
Il privato potr per esempio ricorrere
alla Regione per fare entro 7 giorni
nominare un commissario con pieni
poteri per portare ad approvazione
la proposta esautorando Dirigenti,
Sindaco, Giunta e Consiglio comunale. Il privato potr inoltre chiedere

il pagamento rateizzato e posticipato per una parte degli oneri. Quegli


oneri che sono necessari al Comune per realizzare servizi e urbanizzazioni.
Ancora una volta un problema che
dovrebbe logicamente trovare una
soluzione organica entro la pianificazione comunale, viene invece affidato a percorsi paralleli che svuotano di credibilit la pianificazione
stessa. Eppure, la norma procedurale avrebbe in alternativa potuto
introdurre strumenti, giuridici e incentivanti, di supporto ai Sindaci per
risolvere il problema entro lo strumento di pianificazione generale,

componendo istanze dei privati ed


interesse pubblico.
Tutto questo avviene a pochi mesi
da Expo 2015. Pu sembrare paradossale, ma di fatto questa Regione
si presenta allattenzione mondiale,
a giornalisti e media presenti a Milano per levento dal motto nutrire il
pianeta, energia per la vita, con
una legge che del suolo agricolo
mostra chiaramente di non conoscerne il valore, e che si pone in
contraddizione con unaltra legge
regionale (la LR 31/2008) che aveva
in modo lungimirante individuato il
suolo agricolo come bene comune.

REGIONE LOMBARDIA E PROGRAMMA REGIONALE DELLA MOBILIT E DEI TRASPORTI


Aldo Ciocia e Luca Imberti*
1. Lo stato di attuazione delle politiche dei programmi regionali gi approvati e le criticit ereditate Liniziativa promossa dalla Regione
Lombardia di avviare nel 2014 - a
ventiquattro anni dallapprovazione
dellultimo Piano regionale dei trasporti - un nuovo atto programmatorio di portata generale per la mobilit rappresenta una sfida straordinaria. La straordinariet non risiede
soltanto nel voler dare risposte alla
domanda di mobilit regionale di
persone e merci in presenza di una
crisi acuta delleconomia e del debito pubblico; sta anche nella necessit di recuperare un equilibrio fra
tutti i fattori in gioco: insediamenti,
infrastrutture, paesaggio, ambiente,
investimenti, gestione, sfera amministrativa, utenti, regole.
Che si tratti di affrontare un assetto
squilibrato e frammentato dovrebbe
essere palese. I corridoi europei
delle reti TEN-T - in particolare
quelli ferroviari - attendono ancora
un avvio mentre si completata
lautostrada Brebemi, concepita per
rinforzare laccessibilit di un bacino sub-regionale; i lotti brianzoli e
bergamaschi dellautostrada Pedemontana non trovano a oggi investitori convinti; alcune opere dinteresse metropolitano sembrano aver
perso lordine di priorit che si attribuiva loro (autostrada Rho-Monza,
interconnessione fra le autostrade
A4 e A51).
Del tutto incerto il destino di altre
opere autostradali approvate, come
la Cremona-Mantova e la BroniMortara. Lo stato dei programmi e
dei cantieri relativi al sistema ferroviario, di interesse sia metropolitano
sia regionale e interregionale, appare piuttosto confuso. I potenziamenti ferroviari previsti sulla direttrice
Milano-Genova sono frammentati in

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lotti costruttivi, che non produrranno


benefici sullesercizio del corridoio
nel breve termine. In attesa
dellerogazione di nuove tranche di
finanziamenti sono sospesi i progetti ferroviari della tratta AV/AC Brescia-Verona, le connessioni al tunnel del Gottardo, il nodo di Novara,
il collegamento a nord di Malpensa,
il potenziamento Rho-Gallarate. Da
ridefinire i prolungamenti delle linee
metropolitane milanesi verso i Comuni di seconda cintura metropolitana nonostante siano giunti allo
stadio di progetti definitivi.
Il settore dellintermodalit e della
logistica appare in profonda riorganizzazione su iniziativa dei grandi
operatori privati (HUPAC, DHL), ma
al di fuori di una programmazione
chiara, che eviti sprechi e traffici
impropri sul cosiddetto ultimo miglio. Il tutto in un territorio dove
lurbanizzazione diffusa dilagata.
Se questo schematicamente il
quadro, si tratta forse, in primo luogo, di riflettere sulle debolezze emerse delle politiche territoriali e dei
progetti infrastrutturali, oltre che sulle effettive possibilit di mantenere
una cos ampia gamma di interventi, che cercano di inseguire la domanda di mobilit (meglio sarebbe
dire al plurale: le domande di mobilit, sempre pi diversificate) anzich mirare a governarla.
Quali connotati dovrebbe avere una
strategia regionale orientata al riequilibrio di questi fattori?
2. Reti a servizio di un territorio non
disperso - Un primo connotato qualitativo da coltivare offerto dalla
capacit di alcune infrastrutture di
porsi a servizio di un assetto insediativo non disperso. Una urbanizzazione dispersa consumatrice di
suolo, richiede reti tecnologiche
sempre pi estese e capillari ed

energivora; di conseguenza la dispersione comporta costi economici


e impatti ambientali negativi crescenti nel tempo. Viceversa una
urbanizzazione per poli contiene
costi economici e impatti negativi
sullambiente. Se cos, non agiscono a favore di un territorio adeguatamente polarizzato le nuove
reti stradali e autostradali, che in
assenza di una pianificazione urbanistica rigorosa sui consumi di suolo agricolo - favoriscono lurbanizzazione dispersa.
Di verso opposto gli interventi sulle
reti ferroviarie, che incentivano
scelte modali meno libere (con accesso a stazioni puntuali), gerarchizzano il territorio in funzione della rilevanza dei luoghi e di conseguenza inducono processi localizzativi di residenze e attivit pi selettivi. In sintesi, poich gli effetti sui
consumi di suolo e di paesaggio del
modello dintervento strada-dipendente prevalso in molti anni si sono
dimostrati negativi, nel PRMT merita di essere privilegiata la complementariet fra sistemi di trasporto
individuale e collettivo. Detto in altri
termini, si tratta di organizzare valide alternative per limitare gli usi
non essenziali dei veicoli privati.
3. Tener conto dei nuovi comportamenti di consumo - Un secondo
connotato di una nuova strategia
per la mobilit regionale potrebbe
trarre ispirazione dai mutamenti nei
comportamenti di consumo degli
utenti. La tendenza di questi ultimi
anni potrebbe essere riassunta dalla constatazione di treni pi affollati
e autostrade meno congestionate.
Secondo i dati raccolti dalla Regione Lombardia in attuazione dellAccordo di programma per la Tangenziale est esterna di Milano, la frequentazione dei treni del SFR in

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costante aumento; la densit del
traffico sulle autostrade e le strade
regionali lombarde generalmente
in progressiva diminuzione (si veda
il 4 Rapporto di Monitoraggio, giugno 2011, e i successivi), anche se
restano alcuni colli di bottiglia. Se
oggi indubitabile il successo dei
nuovi treni regionali, pi problematica appare lapertura al traffico
dellautostrada Brebemi, di cui si
valuter nei prossimi mesi leffettiva
attrattivit.
Ad agire su questa nuova ripartizione modale non solo la crisi economica ma, per meglio dire, la disponibilit a pagare degli utenti per
sfruttare i vantaggi di accessibilit
offerti dalle nuove infrastrutture ultimate. Non solo si contiene la spesa individuale e familiare per la mobilit quotidiana; si pi sensibili
alle differenze di prezzo fra
unopzione di spostamento e
unaltra, se i benefici percepiti non
paiono ripagare il prezzo dovuto. In
gergo, sono probabilmente cambiati
sia il valore attribuito al tempo dai
diversi segmenti di utenza sia
lelasticit ai prezzi praticati. Se
questi comportamenti di consumo
dovessero consolidarsi in futuro - e
non vi sono a oggi motivi per escluderlo - le nuove politiche regionali
dovrebbero cautelativamente tenerne conto.
4. Compatibilit ambientale come
criterio guida di progettazione - Un
terzo connotato da maturare quello della massima compatibilit ambientale dellassetto delle reti. In
una regione tuttora fra le pi industrializzate, urbanizzate e inquinate
dEuropa un requisito del genere
dovrebbe ritenersi da tempo inderogabile. Interventi che minimizzino
le emissioni inquinanti e climalteranti appaiono ovviamente raccomandabili in tutto il territorio regionale, interessato da criticit dovute
allaccumulo invernale di polveri fini
e altri inquinanti da tempo evidenziate nel PRIA (Piano degli interventi per la qualit dellaria) approvato dalla Regione Lombardia nel
2013; inoltre, interventi che contengano lingombro fisico delle infrastrutture e ne permettano la massima mitigazione e inserimento nel
paesaggio sarebbero da preferire
rispetto ad altri pi invasivi.
Quelli autostradali in particolare
(archi e nodi complessi) solo parzialmente riescono a essere mitigati
e finiscono cos per richiedere massicce compensazioni agli abitati interessati, sotto forme assai diverse
da quelle della tutela dellambiente.
Un caso emblematico al riguardo
rappresentato dallampliamento della strada Paullese la quale, nel suo

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adeguamento da vecchia statale a


due corsie a strada veloce a doppia
carreggiata, ha visto in alcune tratte
aumentare la propria sezione a 8
corsie complessive, avendo realizzato due controstrade a doppio
senso di marcia sui margini della
piattaforma principale per garantire
laccessibilit a tutti i passi carrai
gi esistenti dovuti allurbanizzazione a nastro concessa in passato, in piena campagna.
5. Gradualit delle realizzazioni per
battere la scarsit di risorse - Un
quarto connotato di una nuova strategia regionale potrebbe essere
rappresentato dalla gradualit nella
realizzazione degli investimenti. A
fronte della scarsit di risorse pubbliche e della complessit delle fasi
di progettazione, approvazione e
affidamento dei lavori delle opere
infrastrutturali, abbiamo vissuto
lavvio di opere che stanno richiedendo decenni per essere completate, senza che nel tempo intercorso siano stati offerti veri e propri
benefici agli utenti. Anzi, spesso gli
utenti sono stati esposti a disagi per
il prolungamento dei cantieri, come
nel caso dellautostrada A4 fra Torino e Milano.
Per difendere la collettivit dai possibili imprevisti di tipo tecnico, finanziario e/o procedurale, qualunque strategia potrebbe essere articolata in lotti funzionali effettivi, che
garantiscano lanticipazione di benefici rispetto allopera completa
(mentre per il passante ferroviario
di Milano sono occorsi 20 anni, la
citt viveva lassedio di un traffico
veicolare crescente e diveniva una
delle metropoli pi inquinate
dEuropa). Lanticipazione di benefici costituisce un requisito fondamentale di cautela politico-amministrativa in una situazione di arretratezza; certo, per garantire benefici i
lotti funzionali dovrebbero essere
concepiti con una loro intrinseca
efficacia. Ad esempio sulla direttrice
Milano-Genova potrebbe essere
anticipato il quadruplicamento ferroviario fra Milano e Pavia, dove si
svolge il traffico passeggeri pi intenso oppure realizzata la doppia
circolazione parallela (progetto degli anni 70 ancora valido oggi, ribattezzato primo valico dallurbanista Paolo Rigamonti) al valico
dei Giovi. Allo stesso modo un asse
autostradale progettato a 3 corsie
per senso di marcia potrebbe nel
suo primo ventennio di esercizio
essere realizzato a 2 corsie, predisponendo le opere darte principali
a successivi ampliamenti.
6. Infrastrutture non ridondanti - Un
quinto connotato da perseguire,
strettamente legato ai precedenti,

sarebbe rappresentato dallapproccio per lean infrastructures (infrastrutturazione snella), come enunciato recentemente da Ennio Cascetta. In molti casi la soluzione
delle criticit dellaccessibilit regionale risiede nei nodi e non in
nuovi archi della rete; nella configurazione migliore della maglia e non
nelle pure capacit di deflusso delle
direttrici. Nel caso del trasporto ferroviario, i sistemi tecnologici di controllo della marcia sono da sempre
fondamentali per consentire sicurezza e piena potenzialit alla rete,
che a volte non pienamente sfruttata. Anche la concezione e realizzazione di nuovi sistemi di tariffazione e pedaggiamento possono
produrre effetti positivi (come promettono le prime esperienze straniere di free flow tolling). Lapproccio lean pu contribuire significativamente a mantenere elevata sia la
redditivit finanziaria sia la redditivit sociale delle opere.
7. Un vero atto programmatorio per
la Lombardia - In sintesi, se quanto
sopra schematizzato rappresenta il
quadro delle problematiche oggi
emergenti, il PRMT che la Regione
Lombardia ha avviato non pu essere considerato come un puro aggiornamento del quadro programmatorio. E loccasione per operare
una revisione profonda delle scelte
in essere.
Affinch il disegno complessivo del
PRMT sia attento ai connotati qualitativi citati occorre vincolarne la
formazione a un metodo fine e rigoroso. Un metodo gi adottato per il
Piani della mobilit della Regione
Campania, ad esempio, ove la base
conoscitiva stata attentamente
costruita - oltre che con le consuete
indagini sui flussi di persone e merci e le relative modellizzazioni - con
un approccio avanzato di marketing
(indagini innovative sulle caratteristiche dellutenza, sulle scelte di
modo di trasporto di ciascun segmento di utenza rilevante, sulle preferenze di consumo). A queste verifiche possono seguire Linee guida
di progettazione dettate dal PRMT
stesso per infrastrutture snelle, ecocompatibili, realizzabili per gradi,
efficaci, accompagnate da analisi
benefici-costi accurate sulle migliori
opzioni strategiche proponibili, attente alle citt capoluogo su cui la
grande urbanizzazione dispersa
continuer a gravitare per le funzioni di livello superiore.
E necessario che le relazioni con
altri strumenti e atti di programmazione, le visioni di lungo periodo, la
documentazione di dati e tendenze,
le strategie e gli obiettivi non restino
enunciazioni di principio o a s

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stanti, ma trovino concretezza in
una scala di priorit definita, in progetti attivabili nel quinquennio:
questo il periodo di tempo nel quale
sar pi difficile gestire tutto il pregresso incompiuto e operare scelte
avvedute per il futuro.
Il nuovo PRMT deve per questo rispondere con chiarezza a ineludibili
domande. Quali target di riduzione
delle emissioni assume nelloriz-

zonte di riferimento e con quali


strumenti intende raggiungerli?
Come fare proprio lobiettivo di non
consumare nuovo suolo, ovvero
quanto suolo intende occupare, per
quali interventi, in base a quali priorit e con quali provvedimenti di mitigazione o compensativi? Come
concretamente e con quali risultati
attesi intende perseguire i propri
obiettivi e ad esempio migliorare

integrazione modale e gestione?


Quali piani economico-finanziari lo
sosterranno? Senza risposte convincenti a queste domande non si
potr parlare di un vero atto programmatorio per la Lombardia.
* (INU - sezione Lombardia)

CONSUMO DI SUOLO. IL TRADIMENTO DEL PROGETTO DI LEGGE LOMBARDO


Andrea Arcidiacono* e Damiano Di Simine**
La recente ricomparsa del progetto
di legge lombardo sul consumo di
suolo (n. 140) lascia profondamente
sconcertati. Il testo, che da pochi
giorni oggetto dei lavori del Consiglio Regionale appare radicalmente modificato e segna una netta inversione rispetto alle aspettative
che aveva generato la prima versione, approvata a febbraio dalla Giunta Regionale, che prevedeva misure
di contenimento quantitativo dei
processi urbanizzativi in atto e di
sostegno a politiche per il riuso e la
rigenerazione del patrimonio edilizio
esistente quale strategia di governo
urbano alternativa alla crescita espansiva.
Il nuovo PdL. n. 140 annulla gli
elementi positivi del primo testo
normativo, proponendo disposizioni
che, al di l delle finalit dichiarate,
di fatto non rendono praticabile alcune politica n di limitazione efficace dei processi di consumo di
suolo, ancora assai intensi (malgrado la crisi del settore edilizio), n di
indirizzo degli strumenti urbanistici
verso politiche sostenibili di riqualificazione e rigenerazione urbana.
Linconsistenza e la confusione della proposta di legge appaiono evidenti a partire dalla componente definitoria (art. 2). Innanzitutto si torna
a considerare come Superficie agricola (SA) non i terreni effettivamente utilizzati per attivit agricole nella
situazione di fatto, ma le sole aree
come tali disciplinate dal Piano di
Governo del Territorio vigente. Mentre tutti quei terreni liberi che, per
quanto ancora naturali o utilizzati
per attivit agricole, vengono destinati dal PGT ad una futura trasformazione urbana vengono considerati come suoli gi urbanizzati,
come statuito dalla definizione della
Superficie urbanizzata e urbanizzabile SU, senza che ci venga contabilizzato nel monitoraggio del consumo di suolo.
A conclusione e conferma di questa
preoccupante deriva definitoria si
stabilisce che il Bilancio Ecologico

n. 38 VI - 5 novembre 2014

del Suolo - BES, attraverso cui si


pretenderebbe di misurare il saldo
effettivo del consumo di suolo, venga determinato come differenza tra
la superficie agricola (come sopra
definita) trasformata per la prima
volta verso usi urbani e la superficie
urbana che il PGT ri-destina ad usi
agricoli. Dunque non solo i suoli urbanizzabili (anche se di fatto agricoli) non vengono considerati nella
contabilit del consumo di suolo
(come fossero suoli gi urbani), ma
ancor pi grave, sufficiente una
semplice previsione di PGT che
azzona un suolo urbano o urbanizzabile (dismesso o semplicemente una previsione inattuata) come
agricolo per renderlo computabile
come tale nel saldo del consumo di
suolo, non considerando che la
complessit e spesso limpraticabilit tecnica ed economica dei processi di ri-permeabilizzazione dei
suoli urbani difficilmente renderanno
attuabile quella previsione.
Se limpianto definitorio del Progetto
di Legge mostra dunque gi aspetti
evidenti di grave criticit, lindeterminatezza delle politiche messe in
campo dalla proposta di legge viene
ulteriormente confermata nei passaggi successivi. La scelta di rimandare al Piano Territoriale Regionale (PTR), in corso di revisione,
la determinazione delle modalit e
degli indicatori di quantificazione del
consumo di suolo, nonch la definizione dei criteri e degli indirizzi operativi che dovranno essere applicati
per il suo contenimento, significa
non aver ancora chiaro nellambito
della legge quali politiche (limitazione, compensazioni, fiscalit, rigenerazione urbana, etc.) dovranno essere utilizzate per affrontare e contenere i processi di urbanizzazione
del territorio.
La stessa priorit attribuita alle azioni di riuso e di rigenerazione urbana pare quanto mai aleatoria nelle disposizioni normative del progetto di legge laddove si prevede che i
PGT potranno comunque prevedere

nuove aree urbanizzabili qualora


venga dimostrata limpossibilit,
tecnica ed economica, di riqualificare aree gi edificate (dismesse o
degradate). evidente la debolezza
prescrittiva di un tale disposto (cui
non sono tra laltro connessi dettami
sanzionatori). Non si capisce come
le amministrazioni e gli uffici comunali possano concretamente verificare ex ante la praticabilit economica e tecnica di tutti gli interventi di
recupero, riuso e rigenerazione, che
dipendono in prevalenza dallintervento e dalle convenienze private.
plausibile che tale situazione costituir un comodo alibi cui si appelleranno molte amministrazioni per
giustificare la scelta, pi semplice e
conveniente, di rispondere a eventuali bisogni insediativi ancora attraverso nuove previsioni urbanizzative
di suoli liberi. Mentre in altri Paesi
europei lobbligo al riuso di quote
rilevanti del patrimonio esistente
non utilizzato viene stabilita come
condizione senza cui non possibile prevedere alcuna nuova espansione, il testo di legge lombardo
stabilisce che sia una valutazione
tecnico economica il criterio con cui
verificare leventuale necessit di
nuove aree urbane di espansione.
Lunico condizionamento alla ammissibilit di nuove previsioni urbanizzative sta invece nellobbligo
allattuazione preliminare di tutte le
previsioni di espansione e trasformazione vigenti allentrata in vigore
della legge. Ci vuol dire che si potranno consumare nuovi suoli solo
quando avremo consumato totalmente quelli gi previsti nei PGT ad
oggi approvati. I dati sulle potenzialit edificatorie contenute nei nuovi
PGT (non solo negli Ambiti di Trasformazione del Documento di Piano, ma anche negli ambiti di completamento e di espansione contenuti nei Piani delle Regole) sono
preoccupanti, apparentemente indifferenti alle attuali condizioni di crisi
profonda del settore edilizio: le aree
libere che potrebbero essere coin-

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volte in processi di urbanizzazione
superano ampiamente i 55.000 ettari, una quantit addirittura superiore
ai 47.000 ettari consumati in Lombardia tra il 1999 e il 2012 (si veda:
Rapporto 2014 CRCS, INU Edizioni). In altre parole se si consuma
tutto quanto previsto nei piani si potr consumare ancora. Non c che
dire, un ottimo disincentivo al consumo di suolo!
Infine si conferma, secondo una impostazione inaccettabile nel momento in cui ci si pone concretamente lobiettivo di mitigare gli impatti determinati dalle trasformazioni
antropiche sulle capacit ecosistemiche e funzionali dei suoli (ecologiche, idrogeologiche, produttive,
ecc), la possibilit di escludere alcune categorie di interventi pubblici
o di interesse pubblico dalla contabilit del consumo di suolo; come se
il valore sociale di una scuola o di
un servizio collettivo annullasse
limpatto della trasformazione del
suolo e non rendesse comunque
necessari adeguati interventi di
compensazione o di mitigazione.
Cos, mentre in altri paesi si stanno
mettendo in campo politiche integrate di contenimento dei processi urbanizzativi, che comprendono la regolazione degli usi del suolo, il sostegno agli interventi di riuso e rigenerazione urbana, meccanismi di
compensazione ecologica e dispositivi di fiscalit locale, la legge lombarda si limita a prefigurare
lapplicazione di un controllo puramente quantitativo del consumo di
suolo (la soglie comunali di consumo di suolo ripropongono le stesse
logiche di contingentamento dei
suoli urbanizzabili applicati senza
grandi risultati nello scorso decennio dai PTC provinciali). Limportanza di definire modalit omogenee
e condivise per la definizione dei
fabbisogni insediativi, e non solo

residenziali, rispetto ai quali valutare


ladeguatezza delle previsioni dei
piani non viene invece affrontata, se
non marginalmente, introducendo
lobbligo per il DP di dimensionare
gli obiettivi quantitativi di sviluppo
sulla base di un generico e non meglio verificabile fabbisogno residenziale.
Il sostegno alle politiche di rigenerazione urbana limitato a vaghe misure di incentivazione che prevedono la possibilit di accedere a finanziamenti regionali (quali e di che entit resta non detto) a quei comuni
che avviano genericamente azioni
concrete di riqualificazione e riuso.
Si prevedono misure di semplificazione procedurale e di incentivazione, ma anche in questo caso i loro
contenuti verranno definiti successivamente (entro 12 mesi) dalla Giunta regionale.
Si rinuncia invece a rafforzare uno
dei dispositivi pi importanti contenuti nella legge regionale 12/2005,
lart. 43, comma 2bis, che prevedeva un incremento del costo di costruzione (fino ad un massimo del
5%) nel caso di urbanizzazione dei
suoli di fatto agricoli. Un dispositivo che timidamente anticipava
unauspicabile e pi robusta applicazione della fiscalit locale come
strumento per ridurre le assai elevate convenienze economiche determinate dalla rendita urbana nella
trasformazione dei suoli agricoli. Nel
nuovo Progetto di Legge, per quanto si fissi al 5% lincremento obbligatorio del costo di costruzione, si elimina la specificazione che tale contributo venga applicato ai suoli agricoli di fatto rendendo in tal modo
implicito che verr richiesto solo nella trasformazione urbana di suoli a
destinazione agricola nel piano (e
cio evidentemente mai, salvo varianti). A ci si aggiunga unulteriore
confusione generata nel meccani-

smo applicativo laddove si estende


la possibilit di destinare le risorse
cosi acquisite non solo al sostegno
di politiche ambientali ed ecologiche
locali (lattuale fondo aree verdi),
ma anche per misure di riqualificazione urbana, senza specificare
competenze e quote dedicate, rendendo ingestibile la finalizzazione
del gettito generato.
Infine le norme transitorie. Ci si
chiede se quando questa legge verr applicata servir ancora a qualcosa. Tutte le enormi previsioni dei
PGT vigenti sono fatte salve;
ladeguamento ai disposti di legge
fissato alla scadenza di validit dei
DP. Allentrata in vigore della legge
le previsioni dei PGT potranno essere rese esecutive con lapprovazione dei relativi piani attuativi, da
convenzionarsi entro un limite di 3
anni; ancora una volta il ricorso ad
un periodo di moratoria (di cui gi si
intravedono le usuali proroghe ad
libitum) rischia di avviare una corsa
frenetica degli operatori allattuazione del piano per non perdere le
potenzialit edificatorie, anche al di
l di una effettiva sostenibilit finanziaria e opportunit dellintervento
urbanistico.
Affrontare il consumo di suolo una
questione seria e urgente. Questa
legge, al di l della retorica, rischia
di avere effetti distorsivi e incentivanti sui processi urbanizzativi, di
segno opposto rispetto alle finalit
dichiarate. La strada non pu essere quella di emendare alcuni articoli
ma quella di ripartire dalla prima
proposta approvata, di fatto gi discussa e condivisa, di migliorarla
dove possibile, e di approvarla al
pi presto.
*Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo
- CRCS, Politecnico di Milano
**Presidente Legambiente Lombardia

ACQUA PUBBLICA, MM E CITT METROPOLITANA


Emilio Molinari
Il Comitato milanese acqua pubblica
ha sempre avuto, per la gestione
dellacqua potabile dellarea milanese alcuni punti fermi:
- lunificazione delle due aziende
speciali ATO (Milano citt e Milano
provincia) in cui fu divisa la gestione
milanese. Unico e anomalo caso in
Italia, concepito dalla Regione Lombardia in ragione dei diversi schieramenti che governavano il Comune
e la Provincia;
- unificare le due realt, la Spa MM
che gestisce lacquedotto cittadino e
la Spa CAP Holding che gestisce il

n. 38 VI - 5 novembre 2014

Consorzio Provinciale. Il CAP aveva


gi assorbito le diverse SPA satelliti
e si era reso disponibile a ragionare
attorno a una visione unitaria dellintero servizio idrico milanese; unire
allacquedotto la gestione della depurazione;
- lo scorporo dellacquedotto dalla
Spa MM, in quanto la societ
composta da due settori di intervento senza affinit alcuna tra loro:
lacquedotto e il settore ingegneria
della Metropolitana. A questo accorpamento si era arrivati con la
giunta Albertini senza alcuna visio-

ne n strategica di ci che ha rappresentato e rappresenta lacquedotto per la vita di una citt.


- collocare linsieme di questi obbiettivi nella prospettiva dellarea Metropolitana, dando a questa una valenza strategica nella quale le acque dellacquedotto e la tutela/controllo di quelle di superficie
(fiumi, rogge, fontanili, canali, navigli) fossero al centro del disegno
della nuova Citt metropolitana. Determinante per definire il rapporto
della citt con il suo territorio agricolo, il tipo di colture, di allevamento e

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di rifornimento alimentare della citt
stessa.
- cambiare il consiglio di amministrazione di MM sostanzialmente
espressione della vecchia amministrazione.
- definire con lo scorporo una vera
politica per lacquedotto milanese
che fermasse: il travaso di risorse
dal settore idrico a quello ingegneristico e lesternalizzazione di tante
delle sue attivit con la relativa perdita di posti di lavoro e professionalit. Ridesse valore culturale, strategico, etico allacquedotto, come garante della vita e della salute dei cittadini. Garantisse la sicurezza dei
controlli. Ora pi che mai necessari
per i numerosi pericoli (indagine ISPRA sui pesticidi nelle acque) e
per gli inquinanti di nuova generazione non ancora testati (droghe
ecc. ): una denuncia fatta dal Corriere della Sera. In sostanza si chiede che lacquedotto venga potenziato e non concepito come produttore
di utili per il comune o per sostenere
il settore ingegneristico.
Oggi alcuni degli obbiettivi del processo da noi delineato hanno trovato attuazione per i processi che si
sono determinati per levoluzione
della realt politica, pi che per la
volont del Comune. Vediamone
alcuni punti essenziali:
- larea Metropolitana stata realizzata per legge nazionale a seguito
dellabolizione delle Province. A capo c il Sindaco di Milano e in virt
di tale ruolo, il Comune di Milano
diventa anche il maggior azionista
del CAP oltre che lunico azionista
di MM. (Ma la citt Metropolitana
resta un involucro senza idee di cosa deve essere e cosa deve diventare).
- con larea Metropolitana i due ATO
sono in procinto di essere unificati.
- il Comune di Milano, ha nomina di
Davide Corridore a presidente di
MM
Gi il determinarsi di queste condizioni rimette al centro il disegno

complessivo da noi delineato da


tempo, per riproporlo al Comune e
allarea Metropolitana.
Mettere in sicurezza lacqua metter in sicurezza il ruolo dei comuni.
un elemento strategico per le
amministrazioni comunali, visti gli
indirizzi del decreto Sblocca Italia
che oltre a sopprimere/privatizzare
7 mila aziende pubbliche, con
lobbligatoriet alla costituzione di
Multiutility di servizi essenziali minaccia in prospettiva anche i servizi
idrici. Se si aggiunge poi la messa
sul mercato di ulteriori quote azionarie e la tagliola del patto di stabilit
per chi non fa entrare i privati e un
nuovo centralismo che toglie sovranit e trasferisce le politiche tariffarie al centro. Il rischio pi che
concreto.
Per Milano si riaffaccia la questione
della Multiutility del Nord a cominciare dalla fusione di A2A con IREN
nella quale il servizio idrico gi
presente in molte realt, per MM
sarebbe difficile sottrarsi. Inoltre tutta la politica europea e il prossimo
trattato USA UE si muovono con
determinazione verso la monetizzazione di tutta lacqua, la sua finanziarizzazione e listituzione di una
borsa dellacqua.
Questo pone a noi ma anche ai comuni un compito essenziale: mettere in sicurezza il servizio idrico da
ogni privatizzazione/ finanziarizzazione e difendere assieme quel poco di ruolo e di autonomia che i
Comuni ancora conservano.
In questo contesto la decisione del
Comune di Milano di affidare a MM
la gestione delle case popolari milanesi di sua propriet, sottraendole
giustamente alla disastrosa gestione regionale, non pu che trovarci
pienamente concordi purch non si
tratti di una semplice politica di parcheggio. La gestione delle case popolari in MM una buona soluzione
e congeniale al suo settore ingegneristico. quindi loccasione per dare
ruolo e autonomia a questo settore

e realizzare quindi quella condizione


cui lassessore Maran subordinava
lo scorporo dellacquedotto da MM
per dar vita a un processo di unificazione con lacquedotto provinciale.
In una parola il percorso da noi delineato si attualizza e si rende pi urgente perch aumentano i rischi di
privatizzazione per lacquedotto, in
quanto vengono meno le condizioni
previste dalle leggi Europee e Nazionali sui servizi idrici, che definiscono la natura della gestione in
house in quanto lacqua deve rappresentare la sua attivit prevalente.
Ora chiaro che dentro a una MM
che gestisce le case popolari,
lattivit prevalente non sar certo
lacquedotto che diventa cos a rischio di privatizzazione. Oltre tutto
vedr impoverirsi il proprio ruolo sociale e lattenzione delle istituzioni
sulla sua efficienza.
Infine in questa scelta manca ogni
visione politica e industriale, sia per
lacquedotto MM e per il CAP, sia
per le case popolari, ci si limita
allemergenza di metterle in una
scatola disponibile, ma di come gestirle, con quali mezzi, con quale
visione inclusiva per quella parte del
patrimonio abitativo metropolitano
che resta ancora in ALER non si sa.
Per quanto riguarda il Comitato milanese acqua pubblica crediamo ora
pi che mai che lorizzonte da noi
delineato sia lunico che abbia una
visione politica e industriale e in
quanto tale va riproposto. Discutiamo i tempi le tappe intermedie, ma
se abbiamo a cuore lacqua pubblica e una futura gestione del patrimonio pubblico abitativo metropolitano, lo scorporo dellacqua da MM
e la creazione di ununica gestione
idrica metropolitana e una seria discussione partecipata dai cittadini
sullarea metropolitana stessa, un
passaggio inevitabile.

LA CITT METROPOLITANA COME SISTEMA EQUILIBRATO DI COMUNI


Giuseppe Natale*
Sono al lavoro per redigere lo Statuto delle Citt Metropolitane i membri
dei consigli eletti dai sindaci e consiglieri dei comuni componenti la
nuova istituzione. Il compito di scrivere uno statuto un atto fondante
e di grande rilevanza costituzionale
che non poteva non essere affidato
alla sovranit popolare e quindi al
suffragio universale con voto personale e libero, attraverso il sistema
elettorale proporzionale, lunico a

n. 38 VI - 5 novembre 2014

garantire una rappresentanza democratica articolata e plurale.


Lesclusione dei cittadini costituisce
un vulnus gravissimo.
Stando cos le cose, ancora possibile correggere gli aspetti oligarchici e colmare la distanza tra societ civile e casta politica? La risposta
diventa positiva solo se si realizzano alcune condizioni preliminari e
necessarie: apertura di spazi di partecipazione a gruppi / comitati / as-

sociazioni di cittadinanza attiva e ai


corpi intermedi disponibili (forze sociali sindacali produttive ecc.), e accoglimento delle proposte coerenti
con quelle parti della legge che
vanno nella direzione di istituire la
Citt Metropolitana come organo
democratico di governo locale e di
un sistema equilibrato di Comuni.
Si tratta di riportare nellalveo costituzionale la legge n. 56/2014. Ci
forse possibile se si attuano quelle

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parti che prevedono: la riorganizzazione dei piccoli e piccolissimi comuni attraverso unioni e fusioni;
lelezione a suffragio universale del
sindaco e del consiglio metropolitano, a condizione che si proceda ad
articolare il territorio del comune
capoluogo in pi comuni. Superare
da una parte la polverizzazione dei
municipi e dallaltra il monocentrismo dei Capoluoghi contribuirebbe
a far nascere sistemi equilibrati di
Comuni delle aree metropolitane ed
Enti di governo sovra-comunali (le
Citt Metropolitane) pi vicini ai cittadini comunali e metropolitani e pi
adatti a rappresentare e amministrare i territori.
Occorre pensare e attuare un progetto strategico di riequilibrio urbano
e di valorizzazione storico-ambientale, socio- economica e culturale
del territorio dentro un sistema di
governo fondato sui comuni e sulla
loro collaborazione e solidariet.
Una Citt Metropolitana costituita da
Comuni autosufficienti, ma in rete
con gli altri. Sistema di Comuni che
si deve reggere sulle solide basi
della partecipazione democratica e
sugli spazi aperti alla discussione
pubblica e alla consultazione (di natura anche deliberativa) su questioni
di interesse generale e strategico:
lavoro e diritti, riconversione ecologica delleconomia e riassetto idrogeologico e relativi impianti industriali e infrastrutture, pianificazione
urbanistica, mobilit - inteso come
diritto della persona - e trasporto
pubblico, verde e parchi, rifiuti, energia, immigrazione e multiculturalit, servizi sociali e culturali, ecc.).
Questa prospettiva, davvero riformatrice , che rivitalizzerebbe e rinnoverebbe il tessuto della societ e
delle sue istituzioni di base - in sintonia perfetta con lart. 5 della Costituzione (autonomie locali e decentramento) - potrebbe realizzarsi se
si hanno la consapevolezza e la volont politica di perseguire lobiettivo
di battere il disegno autoritario di

rafforzare gli apparati centralistici a


tutti i livelli e di mettere pesantemente in discussione i diritti sociali
civili e politici.
Rinviando ad altro intervento riflessioni e proposte sullarticolazione in
pi comuni dei Capoluoghi, provo a
soffermarmi in modo sintetico (e mi
auguro chiaro) sulla questione della
riduzione del numero ma nel contempo dellaumento del potere di
rappresentanza amministrativa dei
Comuni metropolitani: le due questioni sono due facce della stessa
medaglia.
Per le unioni di comuni finalizzate
allesercizio associato di funzioni o
servizi, la legge 56 fissa il limite minimo di 10.000 abitanti ovvero di
3.000 per i comuni di montagna.
Mentre il singolo comune non
scompare , si istituisce un mini apparato di coordinamento dellunione
(presidente e segretario). Allunione
possono essere delegate in forma
associata alcuni compiti (anticorruzione, trasparenza, revisione dei
conti, valutazione e controllo di gestione). Solo se previsto dallo statuto specifico, il presidente assume le
funzioni di sindaco dellunione.
evidente che questo tipo di unione
molto difficilmente potr risolvere i
problemi dei singoli comuni derivanti
dalla loro limitata dimensione e precaria autosufficienza.
Lunione dei micro comuni pu avere senso e svolgere una funzione
positiva di coordinamento e valorizzazione delle risorse nei territori
montani dove si rende necessaria
lesistenza delle singole unit amministrative come indispensabili
presidi socio-amministrativi per ragioni geofisiche e per le condizioni
di isolamento. Nei territori metropolitani di pianura in cui le distanze sono molto ravvicinate si dovrebbe
scegliere la strada delle fusioni di
pi comuni.
Nonostante la farraginosit e
lambiguit delle norme (commi 116139), con le fusioni di due o pi co-

muni contigui si abrogano le singole


unit amministrative (ciascuna delle
quali deve avere meno di 5.000 abitanti) e si istituisce tramite legge
regionale - un nuovo comune di
medie dimensioni, il cui statuto dovr assicurare alle comunit adeguate forme di partecipazione e di
decentramento dei servizi.
Se si prende in considerazione
larea metropolitana milanese (monca di Monza Brianza) ci si trova di
fronte a questi dati (2011): su
3.156.694 di abitanti, 1.324.110 risiedono nel comune di Milano, con
un rapporto abitanti / superficie di
7.276 ab. / 1 kmq; 1.832.584 distribuito - 1.313 ab. / 1 kmq - nei
133 comuni del rimanente territorio
ex provinciale. Il disequilibrio demografico e socio-territoriale evidente. Il gigantismo del comune unico
di Milano non pu non schiacciare il
nanismo delle rimanenti unit amministrative. Per riequilibrare il sistema socio-amministrativo e politico-istituzionale una strada possibile
da percorrere quella di scomporre
Milano in 20 comuni (esperienza
1968 / 1998 dei 20 consigli di zona); oppure in 19 comuni corrispondenti ai collegi delle elezioni provinciali, a cui si aggiungono gli altri 26
in cui sono divisi i rimanenti comuni.
I collegi aggregano quartieri (di Milano) e comuni (dellarea metropolitana) contigui e limitrofi. 45 comuni,
al posto di 134, di circa 70.000 abitanti ciascuno. Non si tratta di calcoli astratti, ma di dati rappresentativi
della realt viva delle comunit e dei
centri urbani, di indicazioni per avviare possibili processi di ridisegno
geo-istituzionali finalizzati a un equa distribuzione delle risorse e al
taglio degli sprechi, al decentramento concreto e alla partecipazione
democratica pi diffusa capillare e
coinvolgente.
*Forum Civico Metropolitano

EUROPA E UNIT POLITICA: FINIR LA SOFFERENZA?


Giuseppe Gario
Una persona competente ci informa
sul virus ebola (se lo conosci lo eviti) e gli allarmi lanciati da Antony
Banbury, capo missione ONU in Africa Occidentale, e Christine Lagarde, direttore Fondo Monetario
Internazionale, rispettivamente per
la diffusione del virus (a velocit di
jet) e il contagio economico (a velocit della luce, quella delle borse).

n. 38 VI - 5 novembre 2014

Banbury e Lagarde combattono ebola prospettando a big pharma il


ricco mercato, che lAfrica non , di
USA e Europa, dove il virus comparso a Dallas e Madrid. Se impresa e lavoro da anni sono valutati
solo sulla base di quanto rendono a
breve, ora lo la vita di tutti noi, potenziali vittime del virus. Per impresa e lavoro a costo della qualit della vita, per noi a costo della vita

stessa. greed economy, economia dellavidit.


Intervistato da Tuvia Tenembom, un
top manager di Bank of America
Merril Lynch a Francoforte non ammette per di essere avido: Sarebbe avvilente [Ho dormito nella camera di Hitler. Viaggio di un ebreo
americano alla scoperta della Germania, 2014, p. 161]. Per non avvilirci tutti con la nostra inconfessabile

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avidit, dobbiamo ridimensionare i
(dis)valori che la generano: potere,
status, autosufficienza, frenesia,
piacere. In Europa questi (dis)valori
sono maschili, perch le donne sono meno egoiste, anche se pi
spesso disoccupate o impiegate in
lavori meno qualificati e pagati; poco presenti nella politica istituzionale, sono molto attive nella politica di
base (petizioni, boicottaggi, ).
cos in ogni paese dellUE, povero e
ricco, di nuova e vecchia democrazia, sud e nord, est e ovest: uomini
e donne hanno orientamenti e comportamenti pi egoisti gli uni, pi altruisti le altre [Silke I. Keil e Oscar
W. Gabriel, Society and Democracy
in Europe, 2013, conclusioni].
Il momento straordinario. Lunione
economica e monetaria prefigura
lunit politica necessaria per
leconomia e democrazia non solo
nostra. Lerrore dei governanti europei che nei due secoli passati
hanno soffocato nel sangue le rivolte democratiche di sudditi che volevano essere cittadini, ripetuto oggi
dai governi autoritari nellOriente
europeo, mediterraneo, asiatico. In
particolare Putin teme la vicina democrazia UE pi della lontana ex
superpotenza USA, perci finanzia i
nazionalisti populisti e radicali che
odiano lunit europea [The Economist, 19/04/2014, p. 24].
Stiamo costruendo, per tentativi e
errori, una democrazia fondata non
pi su Stati sovrani, ma su una unione regionale post-nazionale di
impronta cosmopolita, ispirata alle
norme internazionali e ai diritti umani. Che per funzionare, per, deve
dotarsi dei requisiti democratici
dellautonomia e della responsabilit
[Eric O. Eriksen e John E. Fossum,
Rethinking Democracy and the European Union, 2012, conclusioni].
Vale a dire, darsi un governo invece
del consiglio di premier nazionali,
rissosi e impotenti perch tali sono
gli Stati nazionali nel mondo unificato da tecnologia, finanza, mercati

globali, migrazioni spontanee o forzate e, non da ultimo, epidemie.


Tra le condizioni che Eriksen e Fossum ritengono necessarie per una
Europa democratica e unita, le organizzazioni delle donne sono parte
costitutiva di una societ civile autonoma e transnazionale che dibatte
pubblicamente e offre molti punti di
accesso (non solo i soldi). E, col
consenso, d forza alle decisioni di
qualit e a una identit collettiva
meno gerarchica di quelle statuali,
pi fluida perch cosciente di quanto contino la sicurezza e le garanzie
sociali per leguaglianza.
Con il particolare contributo delle
donne, lopinione pubblica europea
subentra a quelle nazionali, ormai
inconsistenti e incapaci di uscire
dalla camicia di forza globale che
blocca la politica. Cos scrive Wolfgang Streeck, secondo cui prima
che nuove istituzioni democratiche
riportino i mercati sotto il controllo
della societ [] saranno necessarie ampie mobilitazioni politiche e
lunghe turbolenze dellordine sociale attualmente in formazione [Le
Monde des Livres, 10/10/2014, p.
7]. Inclusa la turbolenza di borse
atterrite dal declino (annunciato)
delleconomia tedesca, finora sugli
altari, e di quella americana; dalla
caduta dei prezzi del petrolio, nonostante le guerre in corso; e soprattutto dalla fine della espansione
monetaria USA, che in questi anni
ha drogato le borse di tutto il mondo. Infine, la Grecia vuole anticipare
luscita dal programma di aiuti del
Fondo Monetario Internazionale,
garanzia degli investitori. Insomma,
le borse mondiali vogliono soldi
senza rischi, se va male pagano le
banche centrali. A New York un trader oggi guadagna il 15% in pi del
2013 con un salario medio quintuplo
degli altri settori (era il doppio nel
2012) [Le Monde conomie et Entreprise, 15/10/2014, p. 6].
Come sempre, anche lapprendista
stregone finisce vittima del suo sor-

tilegio, ma rifiuta di perdere il potere, lo status, lautosufficienza, la


frenesia, il piacere che ne fanno
licona di una generazione. Appunto
i disvalori arginati, in Europa, dai
diversi orientamenti e comportamenti dellaltra met del cielo.
questione di mentalit, non di quote
rosa, nella Europa madre delle rivoluzioni di cui molti anni fa laustriaco
Friedrich Heer ci ha dato la cifra: il
salto. Il salto necessario per non
cadere nel vuoto provocato dalla
distruzione dellesistente ordine socio-politico. In avanti o indietro.
Il salto che oggi stiamo per compiere dopo avere distrutto le basi
culturali e legali del nostro mondo,
sulla scia di una forza unificatrice
tecno-economica senza precedenti,
a scala globale e con armi finanziarie, per ora senza la mediazione di
una terza guerra mondiale dichiarata. Si vede gi il possibile salto indietro: Se trovate implausibile una
storia in cui Marine Le Pen porter
la Francia fuori dalleuro e
dallUnione Europea, ditemi qual il
vostro scenario, scrive il premio
Nobel Paul Krugman (Il Sole 24Ore,
19/10/2014, p. 7). Non a caso, Le
Pen la pi grossa leva (anti)europea di Putin. Si vede anche il
necessario salto in avanti: lUE governata nel segno della solidariet
di cui le europee danno ogni giorno
prova.
In questi anni di globalizzazione
Jacques Le Goff riflette sui periodi
in cui abbiamo diviso la storia e conferma gli studi che fanno iniziare i
tempi moderni nella seconda met
del Settecento [Il tempo continuo
della storia, 2014, p. 131]. Tempi
nei quali la sovranit, con le sue responsabilit, delle unioni di cittadini democratici e non dei re, neppure in forma di Stati e di organismi
internazionali.
Ancora una volta, solo questione
di tempo, e di gradi di sofferenza.

A SCUOLA LEZIONI DI PACE


Rita Bramante
Ambasciatori di eccezione per la
Carta di Science for Peace per le
scuole: nella sala Alessi di Palazzo
Marino il professor Umberto Veronesi e il sindaco Giuliano Pisapia,
affiancati dallassessore allEducazione Francesco Cappelli, hanno
presentato la versione junior del
manifesto scientifico in cui si d alla
scienza la dignit di educare alla
pace.

n. 38 VI - 5 novembre 2014

Sfatati i miti della violenza innata, la


scienza ha provato che luomo un
animale pacifico e che laggressivit
non scritta nel nostro DNA. La natura non solo competizione, ma
anche cooperazione e altruismo:
casi di empatia, di cooperazione e
di solidariet non sono unesclusiva
umana, ma si riscontrano anche nel
mondo animale.
La violenza una reazione ambientale alle cause che seminano il

germe di molti conflitti: la povert,


linaccettabile diseguaglianza delle
risorse, la fame, lansia di reperire
acqua potabile e la sete.
Non siamo nati n per fare la guerra, n per fare la pace, ma possiamo decidere di esprimere questi
comportamenti. Dunque siamo liberi
e responsabili verso di essi: come
evidenziato nelle conclusioni della
Dichiarazione di Siviglia, la stessa

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specie che ha inventato la guerra
ora pu inventare la pace.
Il professor Veronesi ribadisce che
scientificamente dimostrato che la
violenza genera violenza e che la
pace un punto di arrivo, che va
costruita attivamente, garantendo
allumanit condizioni di giustizia,
non prevaricazione, tolleranza e solidariet. E perch la pace possa
diventare un imperativo morale globale, leducazione alla pace non
pu che iniziare dai primi anni det
e essere poi sostenuta e rinforzata
nel percorso di crescita, durante il
quale la scuola ricopre un ruolo fondamentale per stimolare il dibattito e
orientare i giovani ad essere i veri
attori di un cambiamento positivo.
Il sindaco fa riferimento allannuale
commemorazione dei martiri di Gorla con gli alunni delle scuole elementari per ricordare le giovani vit-

time del bombardamento di una


scuola del quartiere 70 anni fa:
unoccasione per tenere viva con i
bambini di Milano la memoria della
guerra per ripudiarla.
Da circa un triennio la Carta diventata strumento didattico nella
scuola superiore; ora grazie alla
richiesta dellassessore Cappelli di
moltiplicarne versioni semplificate
per iniziare a promuovere una cultura di pace gi tra i pi piccoli la
Carta pu parlare anche ai bambini
e ai preadolescenti con una accattivante veste grafica e unefficace
sintesi di slogan e domande.
Adattata nel linguaggio e nei contenuti, la Carta pu ora circolare nelle
scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola dellinfanzia, attraverso un poster collocabile in modo
informale su una parete dellaula, in
modo da essere consultato libera-

mente dai bambini e materiali di approfondimento didattico per linsegnante. Un decalogo sempre a portata di mano per porre domande e
animare la discussione, per sostenere pensieri e esaminare situazioni
di vita quotidiana in classe. Per esempio per imparare a litigare, a
utilizzare il conflitto come occasione
di apprendimento e a non prendere
mai la scorciatoia della violenza (1).
Il grande antidoto a ogni forma di
violenza il dialogo e a scuola
possibile fare quotidianamente esercizi di pace.
(1) D. NOVARA, La grammatica dei conflitti. Larte maieutica di trasformare le
contrariet in risorse, Sonda, 2011
(2) P. RAGUSA, Imparare a dire NO,
Rizzoli, 2013

Scrive Walter Monici a proposito di piazza S. Ambrogio


Perfetto articolo di Renzo Riboldazzi
sullo snaturamento di piazza S.
Ambrogio. Ancora una volta si evidenzia come la carenza culturale
dei progettisti italiani stia depauperando il paese delle sue bellezze. Di

chi la colpa? Delle amministrazioni


che si affidano ai propri uffici tecnici
dove operano mestieranti inamovibili, delle leggi che comprendono la
progettazione nell'appalto come
fosse un calcolo strutturale, delle

commissioni giudicanti dei concorsi


che non giudicano o seguono interessi di partito o di cordata, infine
degli italiani che di tutte queste cose
non si interessano.

Scrive Luca Benassei a proposito di piazza S. Ambrogio


Il professore Riboldazzi fa un'attenta
e accurata analisi architettonica e
urbanistica di questa nuova piazza,

dimenticandosi per di una cosa: di


sera illuminata a giorno!! Non ne
vedo assolutamente l'utilit.

Scrive Giovanna Majno a proposito di piazza S. Ambrogio


Di piazza Sant'Ambrogio io ricordo
soprattutto le tre file di auto posteggiate e gli autobus avanti e indietro.
Le auto e gli autobus non ci sono
pi e nell'articolo non lo si dice, forse troppo ovvio per dirlo. Certo, si

poteva fare meglio, come sempre.


Ma mi trovo pi a mio agio ora, rispetto all'immenso e caotico parcheggio in superficie. Le auto le preferisco sotto. Vedo molti studenti o
altre persone che si siedono sulle

panchine, chiacchierando. Certo il


lunghissimo periodo del cantiere
stato terribile.

Scrive Felice C. Besostri a proposito di Citt Metropolitana


Vano auspicio. Per risparmiare
hanno abolito i difensori civici, per
lasciare le mani libere agli amministratori hanno abolito i comitati regionali di controllo invece di riformarli. Sempre per negare diritti costituzionali il contributo unificato minimo di circa 700 euro e fra un po
per le opere pubbliche strategiche,
cio per la cementificazione del territorio, non ci sar pi la sospensiva
dei provvedimenti illegittimi. Per Senato, Citt Metropolitane e Province

n. 38 VI - 5 novembre 2014

non ci sar pi nemmeno la possibilit di punire con il voto chi ha fatto


male, perch ci saranno elezioni di
secondo grado, cos si sapr chi
vince la sera prima delle elezioni.
Dove si voter una minoranza assoluta travestita da maggioranza relativa potr far tutto quel che vuole
compreso cambiare la Costituzione.
In questo contesto i 9 milioni sottratti alla Giunta sono un dettaglio trascurabile per chi servito da una
stampa al suo servizio. Quali gior-

nali milanesi hanno dato una notizia


che la Citt Metropolitana stata
eletta con una legge di sospetta costituzionalit e che la ex Provincia
lascer un buco di bilancio che la
paralizzer per anni. Di cosa si discute invece, come servire un cibo
(statuto) precotto al Consiglio metropolitano espropriando met dei
24 consiglieri dell'unica competenza
che hanno: discutere il testo dello
Statuto della Citt Metropolitana.
Per come dicono gli inglesi " Il dia-

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volo si annida nei dettagli". Si pu
sperare in Pisapia ma soltanto se
vuole essere il futuro sindaco me-

tropolitano eletto direttamente dai


cittadini

Scrive Vito Antonio Ayroldi commentando larticolo di Stefano Rolando


Si deve ancora finire di mettere una
"pezza" (leggasi soldi pubblici) agli
"inguacchi" di Expo che gi il professor Rolando si esercita con inesausta "fantasia" degna di miglior
causa alla: "regia di scrittura di obiettivi vocazionali e uso delle risorse secondo un approccio di compatibilit auto-generante". Ai pi semplici apparir un mistero escatologico cosa ci possa significare in lingua italiana mentre i pi smagati ne
scorgeranno i "promettenti" presagi.

Eh gi, perch le uniche vocazioni


che la citt Stato di Milano ha dimostrato di saper generare grazie a
Expo confliggono con ci che la
Magistratura considera molto pi
prosaicamente come interesse pubblico. Nonostante l'azione di contrasto tuttavia, il fervore pare non scemare.
Ora, anzich una riflessione seria
su come questa citt stia mutando
realmente, di quali siano le leve di
produzione di valore aggiunto resi-

due di una citt desertificata industrialmente perch fagocitata da un


settore terziario dalla mission non di
rado piuttosto opaca, ci si proietta
allegramente, come se nulla fosse
in un nuovo "lavoro di scrittura".
Come se ci che Expo ha mostrato
sino a oggi non meritasse una lunga
e igienicamente necessaria pausa
di riflessione. Continuiamo cos che
andiamo bene.

Replica Stefano Rolando


Quando si usa il fioretto per deridere i linguaggi, si finisce a subirne i
danni. Il lettore Vito Antonio Ayroldi
- che comunque va ringraziato per
la partecipazione - scrive che bisogna rintracciare "le leve di produzione di valore aggiunto residue di una
citt desertificata industrialmente
perch fagocitata da un settore terziario dalla mission non di rado piuttosto opaca"... Vede che a ritagliare
frasi decontestualizzate sempre
un po' mistificatorio?
A buoni conti come se rimproverasse quello che chiama il "nostro
fervore" riguardante l' avviamento
della citt metropolitana perch non
siamo capaci di far una pausa di
riflessione sulla brutta cronaca che

accompagna il cantiere di Expo.


Come dire che se chiediamo una
riforma della scuola dignitosa non
dobbiamo farlo perch non facciamo abbastanza i conti con i costi
della politica o con l'insufficienza
della lotta alla mafia o con gli irrisolti
dello stragismo in Italia. Una cosa
la vicenda Expo in cui chi ha cuore
le sorti della citt nutre al tempo
stesso apprensione e speranza, vigilanza critica e se possibile (cosa
non scontata) la praticabilit di
qualche contributo; un'altra cosa
che si avvia - per ineluttabile determinazione normativa - una complessa e difficile costituzione di realt metropolitana. Il nesso che il
cambiamento della narrativa della

citt investe e riguarda entrambi i


fatti. E per chi ha la segmentale ma
non minuscola responsabilit di
contribuire metodologicamente a
questa "narrativa" la preoccupazione connessa alla lotta contro il tempo non pare affatto compatibile con
quella "lunga e igienica" pausa di
riflessione che il lettore propone.
Serve piuttosto una robusta e civica
"riflessione" messa in pratica. A
questo spirito era ispirata la mia nota, che poneva - per la prima volta
credo - qualche questione di metodo attorno alla scrittura del piano
strategico per la citt metropolitana
che ha tempi obbligati fissati dalla
legge Delrio.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Un Trio e un Requiem
La Societ dei Concerti, presente
tutti i mercoled al Conservatorio
con le sue due serie Rubino e
Smeraldo, mercoled scorso ha
proposto un concerto straordinario
lanciandolo con la stessa inesauribile enfasi con cui accompagna usualmente la presentazione dei
suoi artisti. Questa volta si trattava
di un violoncellista americano di
lungo corso, Lynn Harrel, con una
carriera molto apprezzata negli States e in molti altri paesi ma ancora
poco conosciuto in Italia nonostante
alcuni concerti tenuti trenta e venti
anni fa alla Scala, alla Fenice di Ve-

n. 38 VI - 5 novembre 2014

nezia e in Vaticano. E dunque ha


ben meritato il presidente della Societ dei Concerti, avvocato Mormone, per averlo fatto arrivare fin
qui e averlo fatto riascoltare al pubblico milanese.
Lynn Harrel si presentato in Trio
con due musicisti molto pi giovani
di lui, il violinista lituano Julian Rachlin e la pianista cinese Zhang
Zuo, con un programma che non lo
ha premiato, adatto pi a lanciare i
colleghi che non a farci conoscere
lui che, sia nellaspetto che nellatteggiamento, sembrava essere il
loro Maestro. Suonare insieme, pe-

r, non cosa elementare; sembra


facile, pu riuscire molto bene anche la prima volta, o facendolo sporadicamente, ma per raggiungere
risultati di grande qualit occorrono
anni e anni di lavoro in comune e la
capacit di fondere le sensibilit individuali in un unico sentire. Ma tutto ci matura lentamente, poco a
poco; i Trii, e ancor pi i Quartetti,
devono essere delle strutture stabili,
consolidate, non si possono mettere
insieme tre o quattro musicisti solo
per un concerto o una tourne, non
basta avere un buon feeling e fare
qualche prova. Non basta neanche

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a musicisti bravissimi come quelli
dellaltra sera.
Dunque il trio Harrel-Rachlin-Zuo
(non posso chiamarlo diversamente) ha eseguito due Trii, entrambi
connotati dal numero 1, il primo di
Schubert, in si bemolle maggiore
opera 99 (D898) e il secondo di
Brahms, in si maggiore opera 8; ma
mentre per Schubert si tratta di
unopera matura, il Trio di Brahms
al contrario unopera giovanile. E lo
si percepito molto bene.
Schubert scrisse due soli Trii per
violino, violoncello e pianoforte (il
secondo in mi bemolle maggiore),
entrambi nellanno precedente la
sua scomparsa, e fra i due non c
confronto: di essi Schumann scrisse
che mentre il Trio in mi bemolle
attivo, virile, drammatico, quello in
si bemolle passivo, femminile
(sic!), lirico , e se quello in mi
bemolle un capolavoro grandioso,
una delle pi amate opere del compositore austriaco, laltro ancorch
ricco di temi suggestivi e di momenti
dolcissimi ha sempre avuto minor
successo, probabilmente per la sua
frammentariet, per la minore compattezza e coerenza formale.
Il trio di Brahms, a sua volta, non
affatto uno dei suoi capolavori: aveva ventanni nel 1853, quando lo ha
scritto, ed era appena entrato a far
parte diciamo cos della famiglia
Schumann. Nonostante non gli sia
mancato fin da subito un buon successo di pubblico, Brahms lo riscrisse quasi interamente nel 1889 a dimostrazione del fatto che qualcosa
non andava bene. Ma, come si sa,
le minestre riscaldate ... .
Alla fine, per fortuna, un generosissimo bis ha salvato la serata e rianimato il pubblico: si trattava nien-

temeno del Trio dellArciduca di Beethoven (lopera 97, anchesso in si


bemolle maggiore) che i nostri musicisti hanno ripreso a partire dal
famosissimo Tema con variazioni
Andante cantabile e completato
con lAllegro moderato finale.
Questo s, un vero capolavoro. Ed
anche la sua interpretazione apparsa pi profonda, consapevole,
attenta.
***
Tuttaltro concerto abbiamo ascoltato il giorno dopo allAuditorium, dove
lorchestra e il coro della Verdi diretti
da Jader Bignamini - maestro del
coro come sempre la brava Erina
Gambarini - hanno eseguito una
strepitosa Messa da Requiem di
Verdi; lavevamo ascoltata meno di
un mese fa alla Scala, diretta da
Riccardo Chailly, e in questa rubrica
avevo detto che si era trattato di
una magnifica esecuzione. Avevo
scritto da anni non capitava di assistere a tanto impegno e a tanta
concentrazione da parte dei duecento e pi musicisti dellOrchestra
e del Coro del Teatro, di sentirli in
perfetta armonia con il direttore e
con i solisti, di vivere alla Scala uno
di quei momenti magici e irripetibili
che si vorrebbero eterni e che,
quando finiscono, ci fanno sentire
svuotati e inebetiti come quando
scendiamo da una cima che non ci
saremmo mai immaginati di raggiungere.
Ebbene, difficile crederci, ma il
Requiem di Bignamini forse anche
grazie alla dimensione ridotta della
sala ed allottima acustica stato
ancor pi emozionante e commovente, con lorchestra e il coro che
hanno suonato e cantato con una
passione e una professionalit as-

solutamente straordinarie, da togliere il fiato; laVerdi, che da ormai diciassette anni esegue questopera,
cambiando spesso il direttore (fra gli
altri lo stesso Riccardo Chailly), che
lha portata in tourne in tutta Italia
e a Vienna, a Budapest, persino a
Baku e a Tokyo, laVerdi, dicevo,
in perfetta simbiosi con questo giovane direttore che proprio l, solo
cinque anni fa, dal leggo del clarinetto piccolo salito per la prima
volta sul podio. Che meraviglia i violoncelli nellincipit dellOffertorio, e il
coro nel fugato del Sanctus, e quegli ottoni cos importanti in tutto il
Requiem!
Un discorso a parte meriterebbero i
solisti, tra i quali brillava il basso
Massimiliano Catellani (magnifico
nel Mors stupebit), era un po sopra
le righe la soprano Chiara Taigi, non
erano sempre perfetti gli attacchi
della mezzosoprano Anna Maria
Chiuri (ma stata deliziosa nel Lacrymosa); la potente voce del tenore algerino Yusif Eyvazov, per, era
proprio sguaiata e totalmente estranea allo spirito del Requiem.
Finalmente,
giunti
allincanto
dellAgnus Dei, quando le due voci
femminili e il coro sembrano cantare
a cappella perch gli archi che li accompagnano suonano allunisono, e
si viene a creare unatmosfera da
canto gregoriano che poco a poco
volge a un ampio, grandioso corale,
appena ingentilito dai brevi gruppetti
dei legni, allora tutto diventa maga
e rapimento e si percepiscono insieme limpegno e la preparazione
dei musicisti, la sensibilit e
lautorevolezza del direttore, e la
grandiosit di unopera che contempla la vita e la morte da unaltezza
vertiginosa.

ARTE
questa rubrica a cura di Benedetta Marchesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Il PAC si mostra tra arte e cinema: Glitch
Glitch la distorsione, linterferenza non prevista allinterno di
una riproduzione audio o video.
anche il titolo della mostra, al PAC
fino al 6 gennaio, dedicata alle interazioni tra arte e cinema: attraverso
il video si compie una ricerca molto
soggettiva, indirizzata talvolta a raccontare delle storie, tal altre a documentare accadimenti o performance, altre ancora a sperimentare
tecniche espressive. Il glitch, la fermatura improvvisa della proiezione,
offre una pausa alla visione e
unoccasione per cogliere una sfu-

n. 38 VI - 5 novembre 2014

matura che altrimenti passerebbe


inosservata. Tra arte e cinema il
confine quasi invisibile, sempre
opinabile e mai definibile laddove
ciascuna voce lecita e autorevole.
La mostra raccoglie 64 video realizzati da artisti italiani che, raggruppati per aree tematiche, vengono proposti in loop nei tre mini-cinema allestiti negli spazi del museo in palinsesti ripetuti a giorni alterni. Al fianco delle proiezioni vengono presentate una selezione di opere di artisti
che hanno scelto il video come
mezzo espressivo ma che si avval-

gono anche delloggetto come concretizzazione tangibile dellidea artistica.


Tra le opere di maggiore impatto:
Mastequoia Op. 09-013, una lunga
striscia di frame selezionati da un
girato di 54 ore su un viaggio compiuto dai tre artisti tra Rotterdam,
Fs e Tokyo (vero e proprio film,
vincitore del premio Lo schermo
dellarte 2013); attraverso luso del
VHS come supporto la qualit perde
molta definizione acquisendo per
un velo quasi melanconico e onirico,

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oltre che di ricordo che si va lentamente sbiadendo.
Per rendere pi esaustivo il tema
stato presentato poi un fitto palinsesto di proiezioni e performance che
vanno ad ampliare ancora di pi la
panoramica sul tema che lesposizione si propone di offrire, dando
la possibilit al pubblico di ascoltare
il contributo diretto che lartista pu
dare.

Alla mostra, per, come se mancasse un collante tra le opere: ciascuna porta con s un valore riconosciuto e condiviso ma sembra
non essere in dialogo con quelle a
fianco, privando di conseguenza il
visitatore di quellaccrescimento dato dallinterazione e dal confronto
con un percorso complesso che
presenti artisti differenti.

Glitch fino al 6 gennaio 2015 al


PAC via Palestro - Orari da marted
a domenica 9.30 - 19.30; gioved
9.30- 22.30 Biglietti Abbonamento
10,00: consente un accesso illimitato alle proiezioni e agli eventi della
mostra, Intero 8,00 Ridotto 6,50
Ridotto speciale 4,00: per tutti i
visitatori ogni gioved a partire dalle
19.00;

Giovanni Segantini tra colore e simbolo


Una retrospettiva come Milano non
ne vedeva da tempo: 18 sale ricche
di ricerca, dipinti e testi che ripercorrono la vita e il lavoro del maggiore
divisionista italiano, Giovanni Segantini. Si tratta di un ritorno ideale
quello di Segantini a Milano, il capoluogo lombardo rappresent infatti il
polo di riferimento intellettuale e artistico per lartista; era la Milano della rivoluzione divisionista che stava
lentamente dimenticando lo spirito
scapigliata per cogliere la sfida simbolista. Al fianco del Segantini maturo delle valli e delle montagne
svizzere si riscopre anche un giovane Segantini che a Milano compie il
proprio apprendistato e ritrae i Navigli sotto la neve o delle giovani
donne che passeggiano in via San
Marco.
La mostra un racconto complesso
sul mondo di Giovanni Segantini
che accompagna il visitatore in un
graduale avvicinamento allartista,
che lo invita ad avvicinarsi attraverso i quadri, alle emozioni, ai pensieri
e alle riflessioni che alle opere sono
vincolati.
I grandi spazi, gli animali, le montagne sono elementi non di complemento e non casuali in Segantini ma
anzi, acquisiscono un valore mistico
e quasi panteistico che permea
lintero lavoro, frutto del forte legame tra lartista e la natura.
Questultima, madre spirituale per
lartista (e orfano di quella biologi-

ca), spesso resa (co)protagonista


delle opere al punto che giocando
sui titoli e sulla compresenza tra
uomo e animali si arrivi interrogarsi
su quale sia il vero protagonista.
Luso dei colori, che si scopre con il
tempo, sempre pi potente grazie
alla giustapposizione dei colori
complementari e uno dei momenti
culmine si raggiunge nellazzurro
senza eguali del cielo di Mezzogiorno sulle alpi (1891).
La mostra pu essere percorsa e
goduta in diverse maniere: in ordine
cronologico seguendo levoluzione
artistica e personale dellartista accompagnati dallo scandire degli accadimenti della vita dellartista, oppure seguendo le sette sezioni tematiche in cui lesposizione suddivisa: Gli esordi, Il ritratto, Il vero ripensato, Natura e vita dei campi,
Natura e Simbolo attraverso i pannelli chiari e lineari che accompagnano ciascun gruppo di sale; o ancora,
lasciandosi
trasportare
dalluso magistrale della tavolozza
dei colori, che ha reso Segantini il
maggiore esponente del divisionismo italiano. una delle poche occasioni dove le scelte curatoriali e
allestitive consentono al visitatore di
unire la vita e il lavoro dellartista
creando un percorso omogeneo dal
quale emerge la complessit del
carattere dellartista, composto, come tutti gli uomini, da vari ruoli: figlio, padre, uomo, artista. Qualsiasi

modalit si sia scelta per la fruizione


della mostra se ne uscir con appagata la necessit di bellezza e colore, ma pi vivida quella di percorrere le montagna e le valli tanto amate
dallartista.
Una nota positiva: i toni alle pareti
che vengono giustapposti uno dopo
l'altro, stanza dopo stanza, creando
come una rappresentazione visiva
al sedimentarsi delle conoscenze
dellartista.
Una nota negativa: nessuna segnalazione allingresso della mostra sul
numero di sale e il tempo previsto di
visita, lorario di chiusura sono le
19.30 ma dalle 19 i custodi provvedono incessantemente a fare presente la questione facendo uscire il
pubblico dalle sale alcuni minuti
prima dello scoccare della mezza.
Alla stessa ora chiude anche il bookshop, non una scelta vincente laddove questultimo rappresenta notoriamente una delle maggiori fonti di
entrata per mostre e musei. Benedetta Marchesi

Segantini fino al 18 gennaio 2015


Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12 20121 Milano) Biglietti (con audioguida in omaggio) 12/10/6 Orari
Luned: 14.30-19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.3019.30 Gioved e Sabato: 9.30-22.30

Alla Triennale di Milano tutte le Trame del rame


Dalla pepita, forma in cui il rame
viene trovato e raccolto, al Tracciatore di vertici a silici dellesperimento BaBar, Trame un inno al
cuprum, uno degli elementi chimici
con maggiore duttilit, conducibilit
di calore e energia, e al tempo stesso lesaltazione delluomo e delle
capacit di trasformare questo elemento. Il percorso espositivo, alla
Triennale di Milano fino al 9 novembre, si articola in quattro sezioni
quasi concentriche attraverso le
quali si esplorano molteplici sfaccettature del prezioso metallo.

n. 38 VI - 5 novembre 2014

Nucleo centrale, cuore della mostra,


la sala dedicata al design, nel
senso pi completo del termine, che
attraverso pi di 100 oggetti spazia
dallilluminazione alla moda, dagli
arredi alloreficeria, dagli strumenti
di cucina alle forme per budini offrendo al visitatore una panoramica
di grandi nomi che hanno giocato
con il rame creando oggetti di altissimo livello. Tom Dixon, Odoardo
Fioravanti, Shiro Kuramata, Ross
Lovegrove, Gi Ponti/Paolo De Poli,
Ettore Sottsass, Oskar Zieta Giorgio

Vigna, Prada sono solo alcuni dei


nomi presenti.
Larchitettura da un lato e la tecnologia dallaltro circondano la sala
dedicata al design; nella prima attraverso modellini, fotografie e video
si evidenzia quanto il rame sia
strumento plasmabile e al contempo
caratterizzante nelle mani degli architetti. La sezione di Tecnologia,
realizzata in collaborazione con il
Museo Nazionale della Scienza e
della Tecnologia Leonardo da Vinci
di Milano, raccoglie le applicazioni
pratiche delluso del rame: minerali

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in vari stadi di produzione, macchine elettromagnetiche e alternatori,
interfacce di computer, telefoni, rilevatori di particelle. Oggetti, alcuni,
che portano con s il fascino di aver
cambiato la storia: tra tutte la pila di
Alessandro Volta.
Come a creare un abbraccio inclusivo attorno a tutto questo la sezione dedicata allarte: una trentina
di opere di artisti contemporanei che
hanno studiato, analizzato, sperimentato il rame e le sue caratteristiche. Ogni artista plasma a suo piacimento il rame, facendogli assumere caratteri e colori unici e sempre

diversi: chi tessendolo una spirale


che tende allinfinito come Marisa
Merz; chi rendendolo una parabola
riflettente quasi mistica come fa
Marco Bagnoli nel suo Janua Coeli;
e ancora, chi giocando con le sue
qualit ossidative che attraverso
lelettrolisi con il piombo realizza disegni sulle pagine del libro di Anselm Kiefer Unter den Linden.
Camminando tra le opere si percepisce la sfida che il rame lancia e
che lartista coglie: nellincontro tra i
due si creano sodalizi meravigliosi
che veicolano messaggi e pensieri
alla materia.

Il percorso espositivo inaugura un


nuovo modo di concepire la mostra:
non pi legata solo alla bellezza e al
messaggio delle opere esposte ma
volta ad indagarne la loro essenza
concreta.

Trame - Le forme del rame tra arte contemporanea, design, tecnologia e architettura Fino al 9 novembre alla Triennale di Milano Orari Marted - Domenica 10.30 20.30 Gioved 10.30 - 23.00 Ingresso 8,00/6,50/5,50 euro

Viaggio nellAfrica ignota


In anteprima per lItalia si inaugura
l11 ottobre la mostra Viaggio
nellAfrica Ignota. Il continente nero
tra 800 e 900 nelle immagini della
Societ Geografica Italiana. Composta di 54 riproduzioni digitali di
fotografie dellepoca, lesposizione
racconta lAfrica nera e ancora misteriosa della fine dell800 e dei
primi del 900 attraverso una selezione degli scatti pi belli conservati
dalla Societ Geografica Italiana.
Realizzate per la maggior parte nel
corso di missioni esplorative italiane
e internazionali, le fotografie - di ritratto, di reportage e di paesaggio mostrano come dovessero apparire
ai primi visitatori occidentali le popolazioni e i panorami di quello che

allepoca era il continente meno conosciuto del pianeta.


Strutturata attraverso le collezioni
della Societ Geografica Italiana da
cui sono state tratte le fotografie, di
cui molte scattate durante le spedizioni geografiche di esplorazione,
lesposizione di snoda in un affascinante percorso che attraversa molti
dei paesi di cui si compone il continente africano. Un viaggio che partendo dallAfrica Orientale allepoca
delle colonie italiane ci porta
nellAfrica Sub Sahariana, quindi
nellAfrica delle foreste equatoriali e
fin gi nellAfrica Australe. A produrre le immagini erano in alcuni casi
fotografi professionisti al seguito
delle spedizioni, in altri gli stessi

protagonisti delle spedizioni, spesso


appassionati e preparati utilizzatori
del mezzo fotografico. Aperta fino al
14 novembre, ultima di tre esposizioni in programma per il 2014, la
mostra inserita in History & Photography, rassegna annuale che ha
per obiettivi principali raccontare la
storia del mondo contemporaneo
attraverso la fotografia e rendere
fruibili al grande pubblico collezioni
e archivi fotografici spesso sconosciuti perfino agli addetti ai lavori.
Alessandro Luigi Perna
Viaggio nellAfrica ignota La Casa
di Vetro di via Luisa Sanfelice 3, Milano, 11 ottobre -14 novembre h 1519, ingresso libero

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.

n. 38 VI - 5 novembre 2014

Il Museo un piccolo gioiello, per la


qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi
di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto

e il calice in avorio di san Carlo; si


possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso
un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture
che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che

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un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.

Il Duomo da sempre il cuore della


citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in

quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo


stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Corrado Augias
Il lato oscuro del cuore
Einaudi editore, 2014, Torino
pp. 275, euro 19,00
Chi di noi pu affermare di non avere un lato oscuro del cuore? Dalla
seconda met dellOttocento, numerosi scienziati studiano il comportamento umano deviante. I grandi
progressi della scienza e della tecnologia spingono gli studiosi verso
nuove frontiere, ancora oggi poco
conosciute: quelle dellinconscio.
Au fond dellInconnu pour trouver
du Nouveau scriver Charles Baudelaire.
Corrado Augias, giallista e giornalista, dopo quasi mezzo secolo di esperienza nella cronaca nera, fra
tribunali, fascicoli impolverati e casi
irrisolti, affronta territori proibiti,
quelli di cui si avverte il fascino e il
terrore. Sono le dimensioni della
mente umana, strati profondi della
memoria, che Janet e Breuer hanno
tentato di raggiungere con lipnosi,
Freud con i sogni, e che Augias tocca con la narrativa.
Questa la storia di Wanda, che
subisce il potere del maschio dominatore. Mia madre apparteneva alla
generazione nella quale le donne
non si ponevano nemmeno il pro-

blema di essere indipendenti. Libere


erano solo quelle nate ricche e le
puttane confessa a Clara, una psicologa di primo pelo, incaricata
dallavvocato Vettori di ricercare la
verit per un caso di omicidio. Ed
proprio questa verit a dividere gli
uomini di legge dagli psicologi. Per i
primi, per verit sintende il resoconto pi fedele possibile dei fatti come
si sono svolti, per la psicologia anche la menzogna pu contenere
una verit o pi verit.
Wanda dunque una vittima del
nostro tempo, dei costumi, di una
cultura insufficiente, di un matrimonio sbagliato e di una fragilit che
ne avrebbero fatto una preda perfetta nelle mani di un amante - aguzzino.
Franco limmagine del doppio.
Lo stesso doppio che abbiamo conosciuto con R.L. Stevenson in
Dottor Jekyll e Mr. Hyde e con O.
Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray.
Franco calcola ogni cosa. Sa che
possedendo Wanda finir per coinvolgerla sentimentalmente, perfe-

zionando su di lei il suo dominio, e


ridurla in stato di soggezione.
Non un caso straordinario, quello
di Wanda, magari la nostra storia
o quella della vicina di casa, ovvero
di una donna dominata dalla paura
di restare sola, di non essere degna
damore, di essere abbandonata.
Amare con paura porta ad attaccarsi a qualcuno che si ritiene indispensabile per la propria esistenza,
senza sapere chi realmente. Del
resto, questo lesito di secoli di
cultura errata, che ha sempre portato le donne a non aver stima di se
stesse. stato insegnato loro che
sono deboli, dipendenti per natura,
paurose, fragili, bisognose di protezione e di guida scrive Augias.
Wanda incarna la donna che evade
dal proprio focolare per essere liberata dalle frustrazioni, ma si trova
coinvolta in processo distruttivo di
degradazione, in cui, alla fine, solo
lodio le dar la forza per riemergere
dallinganno in cui caduta e scappare di nuovo.
Cristina Bellon

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Milano mi ha dimenticato
Intervista a Luigi Lunari
Luigi Lunari nato a Milano nel
1934, ha vissuto da protagonista
lavventura del Piccolo Teatro,
come stretto collaboratore di
Giorgio Strehler, ha scritto testi
che sono tuttora rappresentati in
tutto il mondo, eppure in Italia
messo in scena pochissimo. Come mai? Non lo so. Forse aspettano che muoia. Io ci ho anche pensa-

n. 38 VI - 5 novembre 2014

to, questa primavera, al suicidio.


Non un suicidio violento, eh, ma una
morte dolce: mettermi a letto e aspettare la fine. I miei figli sono
grandi, i nipoti pure, ho scritto tutto
quello che dovevo scrivere e quindi
poi mi sono venute un paio di idee, mi sono dedicato a quelle e mi
tornata un po la voglia di fare. Per se fossi morto avrei fatto un favo-

re alle mie commedie. Ci sono attori


settantenni non faccio nomi che
mettono in scena testi di loro coetanei solo perch adesso sono morti,
non si sarebbero mai sognati di farlo
finch erano vivi.
E Milano? Milano la mia citt, ma
negli ultimi ventanni mi ha completamente ignorato. Nessun teatro milanese ha prodotto un mio testo.

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Testi che sono rappresentati dappertutto, tranne qui. Nel 1994 ho
avuto un lancio internazionale con
la commedia Tre sullaltalena che
ha avuto un grande successo al Festival di Avignone, e da l stata
tradotta in ventitre lingue e viene
correntemente rappresentata in tutto il mondo. In un teatro di Praga
anche diventata parte del repertorio
e sono sedici anni che la fanno tutte
le stagioni. Die Welt nel 1996 ha
scritto: Questo elegante capolavoro
ha la qualit per diventare un classico del repertorio contemporaneo.
Il Diario de Noticias di Lisbona ha
scritto: Tutto lo humour del teatro
europeo del XX secolo si ritrova in
questa commedia: una sorta di trattato filosofico esistenzialista quasi
fosse scritto da Fo. Poi anche altre
opere come Nel nome del Padre, Il
senatore Fox e Sotto un ponte, lungo un fiume hanno avuto grandi
riscontri, traduzioni e allestimenti un
po dappertutto. Io non mi lamento
perch ogni anno le rappresentazioni dei miei testi aumentano e i
diritti dautore sono sempre di pi.
Per mi dispiace che i teatri milanesi facciano finta che io non ci sia.
Questo secondo lei a cosa dovuto? Io non voglio per forza essere in cattiva fede. Secondo me,
semplicemente, mi hanno ignorato
quando ho avuto successo a livello
internazionale, e prendermi in considerazione adesso sarebbe come
ammettere che si erano sbagliati. E
questa una cosa che a nessuno
piace fare. In pi, il problema grande, secondo me, che molti artisti
del teatro italiano non leggono. Anche in questo caso non faccio nomi
ma alcuni lavorano come attori, registi, magari anche autori, poi fanno
cinema, pubblicit e partecipano
agli eventi pubblici. Io non riesco a
immaginarmeli seduti nel loro studio
che leggono un copione. E questa
una grave mancanza. E poi io, diciamoci la verit, vengo ignorato
perch non ho niente da dare in
cambio. Non ho un mio teatro in cui

ospitare spettacoli altrui, e finora il


sistema dei grandi teatri ha sempre
funzionato cos, con gli scambi. Io
posso offrire solo le mie commedie,
e in un sistema come il nostro
troppo poco.
Per ci sono anche alcuni autori
quarantenni che seppur poco e
seppur molto meno rispetto
allestero vengono comunque
prodotti e messi in scena. S,
vero.
Crede sia anche una questione
storica? Forse nellultimo decennio c pi attenzione verso la
drammaturgia
contemporanea.
Mentre invece gli autori italiani
che hanno avuto il loro periodo di
maggior produzione negli anni
70, 80 e 90, come lei, sono stati
snobbati perch lidea stessa di
autore drammatico veniva rigettata in favore di creazioni collettive
o affidate a un regista demiurgo
che re-interpretava testi classici.
S, c unintera generazione di autori snobbati dal teatro italiano, come Balducci, Sarzano e Parodi, che
io ho fortemente voluto al Piccolo e
che in certi casi anche grazie al
mio lavoro sono stati messi in
scena, per non hanno avuto il risalto che avrebbero meritato. Io credo
che il fattore storico, per, sia da
ricercare ancora prima: lItalia del
dopoguerra veniva da un ventennio
fascista autarchico e nazionalista, e
aveva una gran voglia di sentirsi europea, occidentale, americana. Perci siamo diventati improvvisamente
e incondizionatamente esterofili: tutto quello che veniva dallestero era
bello, meritevole e interessante,
quello che veniva dallItalia invece
era robetta. un pregiudizio che
difficile togliersi dalle spalle.
Non credo che ce lo siamo ancora tolto. No.
Cos stato che ha fatto finire il
rapporto con Strehler? Il nostro
disaccordo nato quando io gli ho
proposto di aprire il Piccolo ad altri
registi. Erano anni in cui gli spettacoli diretti da lui si stavano diradan-

do, e io ero convinto lo sono ancora che fosse necessario chiamare


altri registi importanti per avere ogni
anno produzioni nuove. Ma lui si
limitava ad appaltare alcuni lavori
minori ai suoi assistenti, senza pensare davvero di coinvolgere qualcun
altro. Perch il Piccolo era una sua
creazione e lui voleva che rimanesse solo suo.
Queste cose io gliele ho dette tante
volte in privato fra di noi non cera
amicizia ma cera una grande stima
e lui non mi ha mai ascoltato.
Quando poi le ho dette in pubblico e
la stampa ha montato il caso, i nostri rapporti si sono rotti. Mi ha anche fatto causa. Una causa da nove
miliardi di lire. Io gli ho fatto dire da
un amico comune che nessuno dei
due far in tempo a vedere quei
soldi. Infatti lui morto. E anche io
non rester qui ancora tanto. Comunque su questi argomenti ho anche scritto un libro, Il maestro e gli
altri, pubblicato da Book Time.
In cosa si sente diverso dagli autori pi giovani di lei? Nella cultura. Tra i giovani drammaturghi noto
sempre anzi, quasi sempre, giusto
per non generalizzare una grandissima ignoranza. evidente che
non hanno letto un cazzo. Non hanno letto i classici greci, le laudi medievali, la commedia del Rinascimento, gli elisabettiani, eccetera. Io
invece ho letto tutto quello che potevo. E saprei scrivere una scena
la manire di Goldoni, Shakespeare, Cechov, Ionesco. Una volta con
Strehler ho scritto un prologo a un
atto di Shakespeare e lui non si
accorto che non era di Shakespeare. I giovani autori invece non percorrono questa strada, non traggono insegnamento dal passato. E
sbagliano.
Come vorrebbe che fosse la scena teatrale italiana fra ventanni.
Non lo so, non prendo pi impegni a
lungo termine (ride). Quello che dovevo fare lho fatto.
Emanuele Aldrovandi

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Il sale della terra
di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado [Brasile, Italia, Francia, 2014, 2014, 100']
documentario
Ci vuole davvero del coraggio a fare
u Lascia senza parole questo documentario che Wim Wenders ha
dedicato a Sebastiao Salgado sia
per il fluire della narrazione sia per

n. 38 VI - 5 novembre 2014

la potenza delle immagini. Accanto


alla bellezza e lintensit delle fotografie a rapire lo spettatore, a
smuovere la sua sensibilit sono
anche le parole del fotografo.

Sono Wenders e il figlio Juliano a


farci conoscere Sebastiao. Negli
anni 60 era un giovane dai lunghi
capelli biondi poco studioso, poi
divenuto un economista, si rifugia-

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to in Francia con la moglie nel periodo della dittatura e a Parigi sono
nati i suoi figli. Fotografo per caso in
Africa, dove si trova per la Banca
mondiale, lasciata listituzione diventato un narratore per immagini.
Con speciale sensibilit ha documentato gli avvenimenti che hanno
segnato la storia degli ultimi decenni: dai conflitti internazionali (Ruanda, Kwait), agli esodi di migliaia e
migliaia di profughi (Sudan, Mali),
alla fame nel mondo.

Accanto a questo, come per compensazione, ha cercato la bellezza


nelle foreste incontaminate, nei
ghiacci dellAntartide, nella taiga siberiana, nei luoghi in cui animali,
popolazioni e ambiente sembrano
godere di un equilibrio che altrove
sembra perso. La somma delle immagini definisce lumanesimo di
Salgado, il suo rispetto per la vita e
la sua partecipazione emotiva agli
eventi.

Merito di Wim Wenders, che si rivela ancora una volta un grande documentarista come da Tokyo Ga a
Pina Bausch, e ha trovato la chiave
giusta per raccontare il lavoro di
Salgado assemblando foto e riprese
di repertorio, alternando il bianco e
nero e il colore, il particolare il generale, valorizzando le parole.
Il sale della terra , innanzitutto, una
grande esperienza emotiva che tocca profondamente gli spettatori.
Dorothy Parker

FOTO RACCONTO DI URBAN FILE

SOCIAL HOUSING IN VIA SENIGALLIA

MILANO SECONDO [Alvise]


Alvise De Sanctis:
la settimana milanese 29/10 - 04/11/2014
http://youtu.be/NIpsCroUXzo

n. 38 VI - 5 novembre 2014

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