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Istituto di Istruzione Superiore

ITC Crescenzi - ITG Pacinotti , Bologna


Docente: Giuseppe Falivene

Classe 3 BS geometri

APPUNTI DI GEOPEDOLOGIA A.S. 2008/09


NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali e del libro di testo e non
sostitutivi dei suddetti materiali didattici.
ARGOMENTI TRATTATI: Ecologia generale 1^parte - ecosistema, diversit e stato stazionario,
fattori
limitanti 1 , clima, ...

1 DIVERSITA

ECOSISTEMA

1) ricchezza di specie in numero totale


2)

in abbondanza

relativa
STABILITA: capacit di conservarsi nel tempo

Fattori biotici
Fattori abiotici

SUCCESSIONE ECOLOGICA

CLIMAX

Componente abiotica: pi stabile nel tempo


Componente biotica: pi facilmente alterabile anche in tempi storici
e non solo geologici
5 RISORSE:

Elementi biogeni: Macro: N, P, K, Ca, Mg, C, H, O, S


Micro: Fe, Na, Cu, Zn
6 Clima: radiazione solare (luce, temp); acqua, ossigeno
ALE
Spazio
LOB
G
BRIO
UILI
Q
E
2 RELAZIONI FRA GLI ORGANISMI
4
3 con lambiente fisico-chimico

Note:
1. DIVERSIT
L'ecosfera presenta una grande variet di specie biologiche detta biodiversit.
Il termine biodiversit comprensivo di diversit, in numero ed in frequenza, di
comunit, di specie, di patrimoni genetici della biosfera.
La diversit di comunit data dall'insieme di tutti i differenti ambienti biotici naturali
presenti sul pianeta, biomi e comunit acquatiche.
La diversit di specie riguarda l'insieme di tutte le specie viventi.
La diversit genetica la somma complessiva delle informazioni contenute nei geni degli
organismi di piante, animali e microrganismi che popolano la Terra.
A partire dalla rivoluzione industriale, le attivit umane hanno determinato una
notevole riduzione della biodiversit.
RIDUZIONE DELLA BIODIVERSIT
I cambiamenti indotti dall'attivit umana distruggono, frammentano e alterano gli ambienti
naturali portando all'estinzione di specie.
Si valuta che, ogni giorno, si estinguano dalle 50 alle 150 specie; ci equivale ad una
perdita annua approssimata compresa fra le 20.000 e le 50.000 unit.
Un quarto della diversit biologica del pianeta corre il rischio di estinguersi nei
prossimi 30 anni.

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La maggior perdita di biodiversit attualmente dovuta alla distruzione delle foreste


tropicali (in cui oltre la met di tutte le specie viventi ha il proprio ambiente) e al
surriscaldamento del pianeta.
Vengono in tal modo distrutte complesse catene alimentari che garantiscono il mantenimento
dello stato di equilibrio stazionario del pianeta.
2. INTERAZIONI DELLA BIOCENOSI
Le interazioni tra le popolazioni possono essere di vario tipo:
- neutralismo: le popolazioni non interagiscono tra loro;
- competizione: - (per interferenza indiretta): entrambe le popolazioni si inibiscono
reciprocamente;
- (per sfruttamento): ciascuna popolazione inibisce indirettamente l'altra a
causa dello sfruttamento di risorse comuni;
- parassitismo e predazione: una popolazione influenza negativamente l'altra attaccandola
direttamente;
- commensalismo: una popolazione avvantaggiata mentre l'altra non influenzata;
- protocooperazione: interazione favorevole ad entrambe le popolazioni ma non obbligatoria;
- mutualismo: interazione favorevole ad entrambe le popolazioni, obbligatoria.
COMPETIZIONE E PREDAZIONE
La competizione tra organismi tanto intensa quanto pi essi sono simili, per esigenze o stili
di vita.
Le interazioni competitive riguardano spazio, nutrienti, luce e prede.
La competizione pu produrre una regolazione dell'equilibrio tra due popolazioni o una
differenziazione delle loro attivit giornaliere o stagionali; se invece una popolazione
decisamente pi forte, pu arrivare all'eliminazione dell'altra, o a costringerla ad usare
un'altra zona o ad usare altro cibo.
La tendenza alla separazione ecologica, risultante dalla competizione di specie simili tra loro,
nota come principio di esclusione competitiva.
Nella predazione (individuata da una catena di predatori) ogni popolazione collegata in
serie con le altre popolazioni.
3. INTERAZIONI CON L'AMBIENTE GEOFISICO
Nell'ambiente abiotico, una serie di fattori chimico-fisici, definiti fattori limitanti,
rappresentano una importante espressione del controllo sulle dimensioni delle popolazioni.
Tra i pi importanti fattori limitanti di tipo fisico sono:
- la luce
- la temperatura,
- l'umidit,
- le precipitazioni;
tra quelli chimici:
- i gas atmosferici,
- i nutrienti inorganici, quali i nitrati e i fosfati.

4. L "EQUILIBRIO GLOBALE" DELL'ECOSFERA


L'ecosfera, attraversata da flussi di materia ed energia, caratterizzata da fasi o stadi di
"stabilit" o di "stazionariet" dinamica (poich i continui cambiamenti nell'ecosfera tendono a
perpetuarne le caratteristiche e non ad alterarle).
L'ecosfera in uno stato stabile per quanto riguarda struttura e flussi grazie ai cicli.
I processi che avvengono nei cicli geobiochimici hanno velocit ben precise e diverse tra
loro; come le ruote di un ingranaggio, ogni parte dell'ecosfera ha un preciso collocamento
nell'architettura del tutto e tutte le parti collaborano a mantenere l'"equilibrio globale".
In natura gli equilibri restano tali in tempi dell'ordine di migliaia di anni.
La Terra ha vissuto una storia geologica e climatica movimentata in cui continenti, fauna e flora sono
mutate. La natura tende comunque perennemente ad uno stato stazionario, pur attraverso
l'evoluzione.

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Le modifiche apportate dall'uomo a questi equilibri non sono irrilevanti, poich sono
estremamente pi veloci rispetto a quelle geologiche: vedi i modelli quantitativi dei cicli
geobiochimici.
STATO DI EQUILIBRIO STAZIONARIO
In un ecosistema vi equilibrio se le masse, a breve o lungo periodo, sono, pur con delle
fluttuazioni, in linea di massima , costanti nei singoli comparti.
In altri termini l'eco-organizzazione recupera sotto forma di materie prime tutti i sottoprodotti
(rifiuti respiratori e digestivi dei viventi) in una condizione di autosufficienza, in cui le uniche
necessit sono l'energia solare ed i sali minerali provenienti dalla decomposizione delle rocce.
Lo stato di equilibrio stazionario verso il quale tendono gli ecosistemi viene definito dagli ecologi
"climax": esso pu mantenersi indefinitamente, a parit di altre condizioni; se il climax viene
distrutto da perturbazioni disorganizzatrici, subentra il fenomeno dell'evoluzione.
EVOLUZIONE
Un sistema composto da elementi e relazioni tra elementi che evolvono poich, al suo interno,
mutano le relazioni tra gli elementi in rapporto all'energia disponibile:
L'energia pu essere trasformata in una sola direzione, da uno stato di disponibilit ad uno di non
disponibilit quindi : i cambiamenti proseguono a senso unico.
L'evoluzione non nega la conservazione: ogni fenomeno naturale trova la sua ragione d'essere in
qualcosa di preesistente: non possono esserci episodi creativi.
In un sistema, anche nel corso di cambiamenti, sussiste sempre una invarianza di massa.
gli atomi assunti sotto forma di molecole o ioni sono riorganizzati in molecole diverse da quelle
assunte (metabolismo).
MECCANISMI A RETROAZIONE O FEEDBACK
Il meccanismo di retroazione un meccanismo di controllo automatico che permette ad una
"macchina", finalizzata al raggiungimento di un dato obiettivo, di autoregolarsi, nel corso del
proprio funzionamento, correggendo gli scarti dal programma previsto in sede di progetto.
I meccanismi di retroazione possono essere fondamentalmente di due tipi:
1. a retroazione negativa
2. a retroazione positiva.
Talvolta i due meccanismi possono essere presenti contemporaneamente, come
nei viventi; in tal caso si parla di retroazione integrale.
RETROAZIONE NEGATIVA
Ha l'effetto di contrastare le deviazioni nel funzionamento del sistema: lo stabilizza opponendosi
ai cambiamenti.
Se la deviazione causata dal fattore influente legata a un suo eccesso, il meccanismo provoca la
sua diminuzione, viceversa (difetto) ne provoca l'aumento.
RETROAZIONE POSITIVA
Accelera le deviazioni incrementandole: tende cos a creare instabilit nel sistema, che tender a
sua volta a crearsi un nuovo stato di equilibrio.
Quando il fattore influente sia in eccesso, sia in difetto, il fenomeno viene amplificato in modo da
creare una situazione critica di instabilit, e poi uno stato stazionario nuovo.
Se nell'ambiente avvengono cambiamenti notevoli, tali da allontanare molto dal punto di equilibrio,
si crea perci una retroazione positiva o di fuga: incontro ad un ambiente diverso:
"EVOLUZIONE".

SISTEMI COMPLESSI
DEFINIZIONE: un sistema viene definito complesso quando costituito da molte componenti,
sottosistemi o subunit, che interagiscono tra loro in modo tale che il comportamento globale non
sia riducibile alla semplice somma dei comportamenti delle sue componenti, ma dipenda in
modo imprevedibile dalle mutue interazioni tra questi ultimi.
- Nei sistemi complessi i sottosistemi interagenti tra loro possono essere sempre riconosciuti come
unit distinte.

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L'analisi dei sottosistemi considerati separatamente un'attivit interpretativa di tipo


riduzionista, utile soprattutto quando sia troppo complicato affrontare il problema nella sua globalit.

Risorse
quantit finite
competizione
FATTORI LIMITANTI: qualsiasi agente fisico o chimico il cui eccesso
(o semplice presenza) o carenza (o totale assenza) determina una crisi
nello sviluppo e nella vita di un certo organismo.

fattore di regolazione
relativo e non assoluto

(adattabilit ed ecotipi)

ladattabilit di una specie ad un f. l.


OMEOSTASI
(condizione sinecologica)
ECOTIPI: popolazioni locali adattate ad una data situazione limitante e
che hanno ampliato nei confronti di questultima i loro limiti di
tolleranza.

LEGGE DEL MINIMO: lo sviluppo dipende dal fattore


presente in minima quantit
LIVELLI di un fattore limitante
Livello ottimale: rappresenta il livello che permette allindividuo di esprimere le proprie funzioni
vitali al massimo livello.
Livello cardinale: rappresenta il valore (max e minimo) al di sopra o al di sotto (rispettivamente)
del quale lindividuo sospende le proprie funzioni vitali, per poi riprenderle nel momento in cui le
condizioni sono pi favorevoli.
Livello critico: quel valore (max e minimo) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) del quale l
individuo subisce danni irreparabili ai suoi organi o alle sue funzioni biologiche e fisiologiche.

VALENZA ECOLOGICA
Capacit che ha una singola specie di popolare ambienti che presentano una variabilit
nelle caratteristiche fisiche e chimiche.
Le specie si distinguono in:

EURIecie, se sono dotate di ampia tolleranza nei confronti delle variazioni ambientali;

STENOecie, se invece hanno ristretti limiti di tolleranza ai cambiamenti ambientali.

N. B. La valenza ecologica di una specie non una caratteristica di tipo assoluto: essa
varia in relazione allo stadio di sviluppo dell'organismo stesso, indipendentemente dalla valenza
generale della specie di appartenenza.

Le specie steno acquistano un importante significato per la lettura delle variazioni


ambientali: ottimi indicatori ecologici, in quanto consentono di monitorare l'ambiente ed
effettuare ricerche sul campo di situazioni ambientali a rischio. Esempio: i licheni.

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CLIMA

Linsieme consueto e fluttuante degli elementi fisici, chimici biologici che principalmente
caratterizzano le condizioni meteorologiche di una determinata regione della terra e che
influenzano la vita degli esseri che la popolano, siano essi animali o vegetali.

Condizioni meteorologiche medie di un luogo in un arco di tempo di almeno 30 anni.


Stato di EQUILIBRIO ENERGETICO tra il flusso totale di energia solare che arriva sulla terra e il
flusso totale di energia uscente (radiazione riflessa )
MACROCLIMA: linsieme dei fattori climatici di una data zona geografica (regioni di grande
estensione: p.padana). Entit non perfettamente definibili territorialmente. No confini netti. Zone
di transizione.
MESOCLIMA: si prendono in considerazione le variabili topografiche nellambito del macro.
(esposiz, ). Influiscono sul portamento e accrescimento delle sp. vegetali.
MICROCLIMA: allinterno del meso si osservano diversit morfologiche (colline con pendenza
uniforme o meno) topografiche (esposizione) e pedologiche che danno luogo, per zone di limitata
estensione, a condizioni particolari.
Riguardano le variabili + vicini al suolo (pochi m).
E IL CLIMA SENTITO DALLA SPECIE AL SUO PARTICOLARE LIVELLO.

A. Gli elementi del clima: sono tutti misurabili e quantificabili


Radiazione solare:
effetto luminoso
effetto termico

Idrometeore

Atmosfera

Umidit atmosferica;
Rugiada;
Brina;
Galaverna;
Pioggia;
Grandine
Neve

composizione atmosferica
venti o correnti aeree

B. I fattori di influenza: sono determinati dalla posizione geografica del territorio e da condizioni
astronomiche
Inclinazione dell'asse terrestre
Latitudine
Altitudine
Grandi masse d'acqua
Esposizione
Correnti marine
Grandi masse di vegetazione
Morfologia terrestre.

TUTTA LENERGIA UTILIZZABILE DAGLI ORGANISMI PROVIENE DAL SOLE.


RICHIAMI:
1 principio della termodinamica = la variazione di energia interna di un sistema e pari
alla differenza tra il calore che ad esso viene somministrato e il lavoro che il sistema compie.
U = Q W
U = var di energia interna; Q = calore ceduto al corpo; W = lavoro svolto
1 cal = 10 Kcal = 4,18 J

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2 principio della termodinamica (importante per capire il flusso di energia negli ecosistemi): la
trasformazione del lavoro in calore e un fenomeno irreversibile.
NON TUTTA L ENERGIA CHE FLUISCE IN UN ECOSISTEMA SI RENDE DISPONIBILE PER I SISTEMI
VIVENTI

ELEMENTI DEL CLIMA

2.1 Radiazione solare


E la pi importante.
Direttamente o indirettamente influisce su tutti gli altri elementi e ne determina variazioni pi o
meno profonde.
Le radiazioni sono caratterizzate da due parametri fondamentali:
lunghezza d'onda e la frequenza.
LUNGHEZZA d'onda: la distanza fra due punti corrispondenti di un'onda elettromagnetica e si
misura in nm (nanometri).
La lunghezza d'onda della radiazione emessa da un corpo funzione della sua temperatura.
FREQUENZA: rappresenta il numero di volte in cui tale fenomeno si ripete nell'unit di tempo.
IR Lapporto energetico il
50% della RST; hanno una
forte influenza sul
riscaldamento del suolo e
sullo stato termico dei corpi

Scarso apporto
energetico

la fonte energetica di tutti i processi


fotosintetici, rappresenta quasi la
met (48,1%) della radiazione
solare totale che giunge al suolo.

Radiazione terrestre: fenomeno attraverso il quale la frazione infrarossa solare che arriva sulla
superficie terrestre, viene da essa assorbita e reirradiata verso l'atmosfera.

L'effetto della radiazione terrestre si manifesta soprattutto dopo il tramonto del sole e
durante tutta la notte.
La radiazione terrestre si trova tutta nel campo dell'infrarosso, ma ad onda pi lunga
dell'I.R. solare (dai 4000 a oltre i 40000).

EFFETTO SERRA
Per effetto serra si intende quel fenomeno con il quale la superficie terrestre emette
energia radiante verso lo spazio per controbilanciare l'energia trasmessa dal sole.
Tale energia radiante (gli IR terrestri) viene in parte assorbita da alcuni gas presenti nell'atmosfera
(gas-serra: CO2, protossido d'azoto, clorofluorocarburi, metano, ecc.) che provvedono ad irradiarla
(circa il 70%) nuovamente verso il suolo.
Le attivit umane, specialmente quelle industriali, stanno incrementando questo fenomeno a
causa di un abnorme aumento nella emissione dei gas-serra con conseguente rottura dell'equilibrio

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termico come rapporto fra energia assorbita/energia irradiata. Conseguenza: pericoloso


innalzamento della temperatura media terrestre.

INTERAZIONI FRA PIANTE E RADIAZIONE SOLARE


L'aspetto luminoso della radiazione solare (luce) produce effetti differenziati sulle piante, in rapporto
ai diversi parametri che la compongono. I principali parametri sono:
1. intensit della luce (ovvero la quantit di flusso luminoso);
2. qualit della luce (ovvero i diversi colori che la costituiscono e cio le varie lunghezze
d'onda);
3. durata della luce (ovvero la diversa durata del d e del buio).
L'intensit luminosa: si misura con strumenti denominati lucimetri o

illuminometri.

lux (1 lux = flusso luminoso emesso da una sorgente puntiforme dell'intensit di una candela posta alla
distanza di 1 m dal punto di osservazione).
Il lux (simbolo lx) l'unit di misura per l'illuminamento del Sistema Internazionale, una misura relativa ad
un'area. Cos 1 lumen su un'area di 1 m2 corrisponde ad 1 lux, mentre lo stesso lumen concentrato in 1 cm2
corrisponde a 10 000 lux.
Alcuni dati di illuminamento per dare un'idea di quanto vale un lux:
la luce del Sole mediamente varia tra i 32 000 lx (32 klx) e i 100 000 lx (100 klx);
in un ufficio luminoso si hanno circa 400 lx;
la luce della Luna pari a circa 1 lx;
la luce di una stella luminosa soltanto 0,00005 lx (50 lx).

INTENSIT DELLA LUCE E SUOI EFFETTI


L'intensit della luce un elemento determinante sull'attivit vegetale e dipende da vari fattori:
1. LATITUDINE: l'intensit luminosa varia in rapporto alla latitudine.
Nei pressi dell'equatore la radiazione luminosa ha la sua massima espressione.
Ai poli, lo spessore atmosferico massimo ed anche la superficie terrestre interessata
molto maggiore.
2. STAGIONE
3. ORA DEL GIORNO
4. LIMPIDEZZA DEL CIELO la presenza o meno di nubi influisce sull'intensit della luce.
5. OROGRAFIA ed ESPOSIZIONE: l'intensit luminosa del luogo in rapporto con:
la quota (altitudine sul livello del mare)
l'esposizione (orientamento rispetto ai punti cardinali).
6. CARATTERI MORFOLOGICI E DISTRIBUZIONE DELLE PIANTE:
la struttura geometrica delle piante e la loro densit sul terreno.
L'INTENSIT DELLA LUCE HA UNA ENORME INFLUENZA SULLE PIANTE E SULLE LORO
FUNZIONI PRINCIPALI QUALI:
1. la fotosintesi
2. la fotorespirazione, - processo metabolico respirativo che le piante con ciclo C3 attuano alla
luce, e continuano per un breve periodo anche al buio, per eliminare l'ossigeno in eccesso. La
fotorespirazione, consuma i carboidrati prodotti per fotosintesi (fino al 50% di quelli
sintetizzati), senza apportare un beneficio energetico alla pianta ( un processo
svantaggioso) . Ha maggiore probabilit di verificarsi in ambienti (o in giornate calde) caldi
e/o ventosi, poich ad una temperatura pi elevata gli stomi si chiudono per impedire
un'eccesiva perdita di acqua. Alcuni esempi di questo tipo di piante sono: grano, riso. mais,
crassulacee.
Alcuni vegetali sono riusciti a sviluppare una via fotosintetica che aggira
il problema della fotorespirazione: fotosintesi a ciclo C4.
3. la fotomorfogenesi (vedi pi avanti)
4. la traspirazione
5. la formazione dei cloroplasti e della clorofilla

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Nei confronti dell'intensit luminosa, le piante coltivate possono essere suddivise in:
1
eliofile;
2
sciafile obbligate;
3
sciafile facoltative o eliosciafile.
1
PIANTE ELIOFILE: sono quelle piante, di origine tropicale o sub-tropicale come mais, sorgo,
riso e canapa. La fotosintesi assume un valore medio intorno a 10.000 lux ed incrementano la loro
attivit di fotosintesi fino ad una intensit luminosa dell'ordine di 50.000 - 60.000 lux;
2
PIANTE SCIAFILE OBBLIGATE: sono rappresentate dalle piante tipiche del sottobosco
dove si registra un prolungato ombreggiamento.
3
PIANTE SCIAFILE FACOLTATIVE o ELIOSCIAFILE: sono rappresentate da tutte quelle
specie che raggiungono il livello di saturazione luminosa in una zona compresa fra 10.000 - 30.000
lux. Sono piante che possono prosperare in ambienti sottoposti sia a luce che in quelli dove esiste un
certo tenore di aduggiamento. Appartengono a questa categoria tutti gli arbusti e cespugli del
sottobosco nelle zone temperate, alcune piante arboree e praticamente tutte le piante erbacee
coltivate in pieno campo.
Conseguenze del difetto di intensit luminosa
1. Eziolatura o filatura:

foglie pallide o giallastre, poco consistenti, fusto esile ed


internodi allungati e deboli, fiori poco sviluppati a tinte
sbiadite.

2. Allettamenti
Conseguenze dell'eccesso di intensit luminosa

deprimere l'attivit della fotosintesi clorofilliana a vantaggio della


fotorespirazione: (intensit luminosa in alcune giornate estive> 110.000 lux).
Prevalgono i fenomeni distruttivi (catabolici)

3. FOTOMORFOGENESI

La fotomorfogenesi riguarda il complesso dei fenomeni originati dalla radiazione luminosa


che si riflettono sulla crescita e sul comportamento delle piante. I principali effetti
fotomorfogenetici si possono cos classificare:
a. fototropismo;
b. fototassismo;
c. eziolamento;
d. eliotropismo.
a. Fototropismo: fenomeno per cui il fusto della pianta si presenta incurvato verso la fonte
luminosa. (La luce ossidando l'auxina (fitormone o ormone vegetale),
determina una minore concentrazione dell'ormone, inibendo la crescita
in distensione. La parte in ombra continua invece il processo di
distensione dei tessuti).
b. Fototassismo: la reazione di movimento che presentano alcuni organismi dei vegetali
quando vengono stimolati da una radiazione luminosa (alghe).
c. Eziolamento: si manifesta quando, in assenza di luce, il fusto e le parti verdi sono
carenti di clorofilla, per cui la pianta, in generale, cresce poco e presenta internodi
allungati e scarsi tessuti meccanici di sostegno a causa della mancanza o della ridotta
attivit fotosintetica.
d. Eliotropismo: il fenomeno tipico di alcune piante che compiono movimenti di alcuni
organi, specialmente i fiori, in modo che questi siano costantemente rivolti verso il sole
(girasole).

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QUALIT DELLA LUCE E SUOI EFFETTI

I colori della luce (radiazione solare visibile) derivano dalleffetto ottico delle vibrazioni
elettromagnetiche con diversa lunghezza d'onda.

I vari colori della luce solare hanno effetti differenziati sulle qualit ottiche della lamina fogliare.
Per esempio: la banda corrispondente alla luce rossa induce un maggior accumulo di
sostanza secca nelle foglie stesse, rispetto a quella blu, la quale, invece, favorisce
l'immagazzinamento di prodotti proteici.

DURATA DELLA LUCE E SUOI EFFETTI


L'alternanza delle stagioni, unitamente alla latitudine, incide in maniera sensibile sulla durata del
d e della notte nell'arco di un intero giorno.

La luce, oltre alla fondamentale azione sull'accrescimento della fotosintesi clorofilliana, esplica
altre importanti azioni su numerosi aspetti della pianta, come risposta di questa all'alternarsi
giornaliero di periodi di illuminazione con periodi di buio. (FOTOPERIODO)

I fenomeni biologici legati alla risposta fotoperiodica sono:


1. caduta delle foglie,
2. dormienza invernale delle gemme,
3. formazione di bulbi e tuberi,
4. determinazione del sesso nelle piante dioiche,
5. fioritura delle piante, ecc.
6. Muta
7. Gli accoppiamenti
8. Le migrazioni, ecc. ...
Fotoperiodismo
La successione ciclica di periodi di illuminazione e di buio nell'arco della giornata chiamata ritmo
circadiano, che, a sua volta, determina nei vegetali il fenomeno denominato fotoperiodismo.
Fotoperiodo: la lunghezza ottimale ed ininterrotta del periodo di buio caratteristico di ogni singola
specie per l'induzione fiorale.
Soglia critica fotoperiodica, soglia che pu variare per ogni variet di pianta all'interno della
stessa specie.
A seconda della loro esigenza in fatto di durata continua del periodo di buio, le piante vengono divise
in tre diversi gruppi:
1. piante brevidiurne,
2. piante longidiurne
3. piante neutrodiurne o fotoindifferenti.
Piante BREVIDIURNE: per l'induzione a fiore necessitano di un periodo ininterrotto di buio
superiore alla soglia critica.
La maggior parte di queste piante sono di origine tropicale e sub-tropicale (soia, tabacco,
mais, ecc), molte altre (stella di Natale, primula, crisantemo) possono vivere anche nei nostri climi,
ma fioriscono all'inizio della primavera o in autunno quando il fotoperiodo scende al di sotto della
soglia critica.
Piante LONGIDIURNE: per l'induzione a fiore hanno bisogno di una durata del periodo di buio
inferiore alla soglia critica.
La maggior parte di queste piante sono originarie di latitudini medie o medio-elevate
(frumento, fava, barbabietola, cipolla, spinacio, carota, ecc).
Piante NEUTRODIURNE: dove l'induzione a fiore non influenzata dalla lunghezza del periodo di
buio.

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Sono comprese in questo gruppo piante come la zucca, il pomodoro, il girasole, ecc. Spesso le
piante neutrodiurne sono il risultato dell'adattamento di specie fotoperiodiche ad un diverso
ambiente di coltivazione.
Esempi di importanti specie coltivate (mais, soia, tabacco, fagiolo, ecc.) le cui variet,
originariamente adatte a latitudini vicine ai tropici in quanto brevidiurne, alle nostre latitudini
risultano essere fotoindifferenti.
N.B. Contrariamente all'attivit fotosintetica, la risposta delle piante alla lunghezza del
giorno indipendente dall'intensit della radiazione.

FOTOMORFOGENESI

FATTORE LIMITANTE: TEMPERATURA


Richiami di fisica
Calore: forma di energia che pu essere trasferita da un corpo ad un altro con differente
temperatura.
Temperatura: grandezza fisica che definisce il livello di calore posseduto da un corpo.
La propagazione del calore pu avvenire per:
1. conduzione: tra due corpi a contatto diretto senza spostamento di particelle;
2. convenzione: tra due corpi circola un fluido che si riscalda per conduzione cedendo calore al
corpo pi freddo. Trasferimento di particelle: spostamento di grande masse daria
nellatmosfera.
3. irraggiamento: emissione e assorbimento di vibrazioni elettromagnetiche.

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Fattori che influenzano la temperatura dellaria


Latitudine: La latitudine geografica la distanza angolare di un punto (P) dall'equatore
misurata lungo il meridiano che passa per quel punto. Per meridiano geografico si intende
una semicirconferenza compresa tra i due poli.
Altitudine
gradiente termico = rapporto fra la differenza di temperatura dei limiti inferiore e
superiore di un determinato strato daria e lo spessore dello strato stesso. ( 0,55 C/100 m di
quota)
Pendenza ed esposizione:
Pendenza: influisce sulla inclinazione dei raggi solari rispetto al suolo.
La pendenza il rapporto tra spostamento verticale e spostamento orizzontale. Questo rapporto se
espresso in forma percentuale mi dice di quante unit in verticale ci si sposta se si avanza in
orizzontale di 100 unit. Una pendenza del 5% : 5/100 = 0.05 = 5 centesimi = 5% (spostandomi
orizzontalmente di 100 metri mi sposto verticalmente di 5).

5m
100 m

Esposizione: determina il periodo di insolazione

Inversione Termica: la temperatura cresce allaumentare della quota s.l.m.


I. T. per radiazione: si verifica quando il terreno di notte disperde nello spazio grandi quantit di
calore per reirraggiamento, per cui lo strato daria immediatamente sovrastante cede calore al
terreno per conduzione, raffreddandosi a sua volta.
strati daria pi bassi T < a quella degli strati sovrastanti
CONDIZIONI: notti lunghe; cielo sereno; aria calma
I. T. per convenzione: nei fondovalle per scivolamento lungo le pendici delle masse daria pi
fredde degli strati alti. Laria fredda si stratifica nel fondovalle per un certo spessore
Misura della Temperatura:
scala Celsius C; scala Kelvin K: lo zero assoluto = - 273,15 C
scala Fahrenheit F: 0 C = 32 F; 100 C = 212 F
Strumenti misuratori:
Termometri a massima e minima
Termografi
geotermometri; geotermografi
Valori
1.
2.
3.

di temperatura con maggiore interesse


Temperatura minima giornaliera: ora prima del sorgere del sole
Temperatura massima giornaliera: due ore dopo lo zenit
Temperatura media giornaliera: media aritmetica dei precedenti
T media = T min + T max / 2

Escursione termica
Linee isoterme:

una delle linee sulle carte del tempo che uniscono i punti della terra e del mare
che hanno la stessa temperatura.
Linee isoalloterme: uniscono i luoghi la cui T in un determinato periodo variata in + o in - della
stessa quantit.
Linee isofane:
uniscono i luoghi nei quali un determinato fenomeno biologico si manifesta
nello stesso giorno.

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EFFETTI BIOLOGICI DELLA TEMPERATURA SULLE FUNZIONI DELLE PIANTE


La T determina in misura significativa la distribuzione geografica delle piante sul nostro
pianeta.
La temperatura determina direttamente lintensit con cui si svolgono le varie funzioni vegetali
(germinazione, assorbimento radicale, fotosintesi, respirazione, ecc.) e microbiche ( umificazione,
ammonizzazione, nitrificazione, ecc.)
LIVELLI TERMICI DEI VEGETALI
Temperatura ottimale: rappresenta la temperatura che permette alla pianta di esprimere le
proprie funzioni vitali al massimo livello.
Temperature cardinali: rappresentano quelle temperature (max e minima) al di sopra o al di sotto
(rispettivamente) delle quali la pianta sospende le proprie funzioni vitali, per poi riprenderle nel
momento in cui le condizioni termiche siano pi favorevoli.
Temperature critiche: quelle T (max e minima) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) delle
quali la pianta subisce danni irreparabili ai suoi organi o alle sue funzioni biologiche e fisiologiche.

CLASSIFICAZIONE DELLE PIANTE IN RAPPORTO ALLE ESIGENZE DI CALORE

PIANTE MICROTERME: adatte ai climi freddi.


meccanismi adattativi
Perdita delle foglie, dormienza invernale,
portamento prostrato, ecc.

PIANTE MESOTERME: piante dei climi temperati

PIANTE MACROTERME O MEGATERME: piante della fascia tropicale ed equatoriale


meccanismi adattativi:
Formazione di uno strato di sughero
Trasformazione delle foglie in spine
Entrata in riposo nei periodi di maggior caldo

ADATTAMENTI E TOLLERANZE
SPECIE STENO E EURITERMICHE
QUIESCENZA: riduzione delle attivit metaboliche
IBERNAZIONE: con un difetto termico
ESTIVAZIONE: con un eccesso termico
NICCHIE TERMICHE
per gli organismi animali: OMEOTERMI: T corporea K
PECILOTERMI: T corporea variabile
ENDOTERMI: la T corporea dipende da fattori endogeni (metabolismo)
ECTODERMI: la T corporea dipende da fattori esogeni (radiazione solare) + sensibili
Regola di Bergmann: per un determinato gruppo sistematico di organismi. Omeotermi, quelli di >
dimensione abitano i climi pi freddi.
Regola di Allen: nelle regioni fredde si ha una riduzione delle appendici corporee.

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FATTORE LIMITANTE: ACQUA

SUBSTRATO ABIOTICO

RISORSA IDRICA

ACQUA

EFFETTO CLIMATICO

EFFETTO GEOMORFOLOGICO

IDROMETEORE

ORGANISMI:
o
o
o
o
o

XEROFILI
MESOFILI
IGROFILI
IDROFILI
TROPOFILI

Umidit
atmosferica
Rugiada
Brina
Galaverna
Pioggia
Grandine
Neve

Umidit atmosferica
Acqua allo stato di vapore presente nellatmosfera terrestre derivante da fenomeni di evaporazione
e di traspirazione.

Relazione temperatura dellaria-umidit atmosferica:


Liquido -----> gas (evaporazione): processo endotermico (diminuzione della T)
Gas ----> liquido (condensazione): processo esotermico (aumento della T)

DUE ASPETTI:
U. Atm. Assoluta:

quantit di vapore acqueo contenuta nellunit di volume daria in


un determinato momento. Si misura in g/m.
ES. : saturazione a 10 C 9 g/m; a 25 C 23g/m
U. Atm. Relativa: rapporto tra il vapore acqueo contenuto in un determinato
volume di aria e quello che dovrebbe contenere se fosse in
condizione di saturazione alle stesse condizioni di P e T.
Si misura in %.
Alta T ----> alta UA e bassa UR
Bassa T ----> bassa UA e alta UR

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Rugiada: condensazione notturna del vapore acqueo che si deposita sotto forma di piccole
goccioline che si depositano sui corpi freddi. (precipitazione occulta nella stagione estiva delle
zone tropicali: c. 3-4 mm)

1) Elevata UR 2) Forte escursione termica tra d e notte 3) Notte con cielo sereno e assenza di vento

Punto di rugiada: T a cui deve essere raffreddata una massa daria per renderla satura, a P
costante.

Brina: = rugiada ma con T < a 0C

Galaverna: nebbia e pioggia minuta si congelano su corpi molto freddi.

PIOGGIA: vapore acqueo che si condensa in gocce aventi un certo peso e volume (diametro
tra 1/10 mm e 7 mm).
PAROLE CHIAVE:

Chiusura del ciclo dellacqua; fonte principale; vapore acqueo


nucleo di condensazione: nubi; pioggia acida

Aspetti principali della pioggia

Quantit (Piovosit):

mm di acqua caduti in un anno in un determinato luogo


(1mm = 1 litro/mq = 10 mc/ha = 100 hl/ha );
Intensit: quantit di acqua caduta su una determinata superficie nellunit di tempo e si
misura in mm/h;
Frequenza: numero totale di giorni piovosi riscontrati in un anno;
Distribuzione:
regolarit o meno delle precipitazioni da un punto di vista temporale e
spaziale.

1. Quantit di pioggia
Classificazione delle zone climatiche:
clima arido
piovosit < a 250 mm/anno
clima semiarido
piovosit compresa fra 250 e 500 mm/anno
clima subumido
piovosit compresa fra 500 e 750 mm/anno
clima umido
piovosit > di 750 mm/anno
Piovosit max : circa 12000 mm annui lungo il versante meridionale della catena
montuosa dellHimalaya
Piovosit minima: circa 1,5 mm annui lungo le coste pacifiche del Cile
IN ITALIA: 2500 3000 mm annui nelle zone alpine
400 e anche meno nel sud
Fabbisogni idrici delle piante

Piante igrofile ( o igrofite): vivono e si sviluppano in ambiente con suolo permanentemente


ricco di acqua e atmosfera satura di umidit (piante tropicali e sub-tropicali: ficus, orchidee,
ecc.)
Piante xerofile: caratteristiche dei climi caldo-aridi (cactus, agave e molte piante della
fascia mediterranea)
Piante mesofile: con caratteristiche intermedie
Piante tropofile: piante con particolari sistemi adattativi per cui possono, a secondo della
stagione, comportarsi come igrofite o xerofite (baobab, alcune bulbose, tamerice, ecc.)
Piante idrofile: vivono immerse o sommerse nellacqua (ninfee, fior di loto, ecc.)

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2. Intensit di pioggia:

diventa fattore negativo quando lintensit supera i 20 mm/h


(compattazione del terreno, dilavamento, ecc.)

3. Frequenza: influisce sul clima di una determinata zona.


Es.: Parigi con giorni piovosi > di 200 allanno
Marsiglia con giorni piovosi < a 60 allanno ma con la stessa Piovosit.
4. Distribuzione:

Nord: piovosit abbondande e ben distribuita


Sud e isole: piovosit scarsa nella stagione estiva

Grandine: unidrometeora allo stato solido e deve essere considerata come una vera e propria

avversit atmosferica:
gravi o gravissimi danni alle piante e scarso apporto idrico.
Si forma allinterno dei cumulo-nembi la cui parte basale si trova a circa 500 m dal suolo,
mentre quella apicale arriva intorno ai 10000 m di quota.
Fase di formazione, accrescimento e dissipazione.

Neve: il risultato della sublimazione dellacqua in presenza di temperature molto basse

La neve un cattivo conduttore di calore (1/10 di quella del suolo: la temp. del suolo
ricoperto di neve pi alta di 3 8 gradi rispetto a quella atmosferica).

Grande valore ai fini dellapporto idrico al terreno: pari ad 1/10 dello spessore (10 cm di neve
= 10 mm di acqua).

Dannosa per possibile accumulo di CO2 a livello radicale, per la rottura di rami e quando e di
scarso spessore (formazione di lastre di ghiaccio).

Riflette l 80 - 90 % del potere calorico dei raggi solari (albedo)

FATTORE LIMITANTE: OSSIGENO

Aerobi: utilizzano lossigeno per ottenere energia (respirazione)


Anaerobi: non usano lO2 per ottenere energia (fermentazione)
Aerobi stretti (batteri della tubercolosi)
Anaerobi stretti (Batteri del gen Clostridium)
Anaerobi facoltativi: normalmente vivono da aerobi ma possono vivere anche da
fermentanti (gen. Stafilococchi)
Aerotolleranti: vivono da anerobi ma non sono danneggiati dalla presenza dellossigeno
(lattobacilli yogurt)

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