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ISLAM.

LA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI


C'e una contraddizione forte nella cultura occidentale: e ormai e necessario cir
coscriverla, ridurla quanto piu si possa, al limite cancellarla.
Tale contraddizione e costituita dai rapporti obiettivi tra l'Occidente europeo
e il mondo islamico dal VII-VIII secolo a oggi e dalla percezione che noi ne abb
iamo tratta e conservata. Sembra in effetti che noialtri ci siamo accorti del mo
ndo musulmano solo in due lontane e distinte circostante: fra VIII e XI secolo,
quando la guerra corsara saracena dominava il Mediterraneo e gli arabo-berberi a
rrivavano sino ai Pirenei; e fra Quattro e Ottocento, quando si tratto in un pri
mo momento di arginare l'avanzata della potenza turco-ottomana con il suo scomod
o annesso marittimo, i corsari barbareschi, e poi di spartirsi le spoglie del l'
"uomo ammalato", cioe della monarchia sovranazionale di Istanbul giunta ormai a
una crisi irreversibile.
Momenti importanti e anche lunghi; ma, salvo i quali, gli europei si sono sempre
comportati
forse con l'eccezione spagnola - come se l'Islam fosse un fenomeno d
el tutto diverso ed estraneo rispetto alla loro vita. Con l'eta delle crociate,
nonostante i rapporti economici e culturali fra i due mondi fossero strettissimi
, si ando affermando l'idea diffusa che l'Islam fosse l'Altro per eccellenza, ci
oe l'Estraneo-Nemico. Con l'aprirsi dell'era coloniale vera e propria, cioe con
il Settecento, si diffuse poi la progressiva sicurezza che la religione coranica
fosse un arnese ormai invecchiato, una fede barbara e decadente destinata a far
da sfondo piu o meno pittoresco alla pittura o alla musica
il cosiddetto orienta
lismo - e che il progresso avrebbe inevitabilmente cancellato.[1]
Del resto, dal Trecento in poi, il main stream della cultura umanistica aveva ri
mosso accuratamente la componente musulmana dal suo esame della genesi della cul
tura europea. Dal Petrarca in poi, si fece di tutto per dimenticare che nell'eta
precedente le parole "arabo" e "filosofo" erano significativamente state sinoni
mo. Si volto le spalle alla scolastica con tutto quello che essa aveva significa
to nell'impianto del ragionamento dialettico e nella fondazione della cultura sc
ientifica moderna (fisica, chimica, matematica, astronomia, medicina) e si riann
odo artificiosamente un filo diretto che in realta non c'era mai stato fra Antic
hita greco-romana ed eta moderna.
Questa forma di brigantaggio intellettuale e stata una parte del peccato origina
le dell'Occidente sotto il profilo dell autocoscienza identitaria. Nonostante oggi
lo "scusismo" vada di moda, personalmente non credo che di cio ci si debba scus
are con nessuno: si deve soltanto prenderne atto, ora che un Islam del resto tut
t'altro che monolitico e per molti versi mutato rispetto ai secoli precedenti il
nostro, torna a bussare alle porte dell'Occidente. Non e un estraneo che giunga
inaspettato, e un vecchio compagno di strada che torna a domandarci conto dell'
oblio nel quale lo abbiamo troppo a lungo abbandonato mentre saccheggiavamo alle
gramente le contrade nel quale esso era diffuso e promettevamo ai suoi fedeli un
progresso e una liberta che essi non avevano chiesto e che, quando sono loro ar
rivati, si sono rivelati ben diversi da come li immaginavano.
E' giunto quindi il momento di fare i conti con il nostro disinteresse e con le
lacune d'informazione che esso ha comportato. Finora, i nostri sforzi davanti al
"ritorno dell'Islam", sono stati rivolti principalmente alla rivisitazione dei
rapporti politici, economici o culturali passati: in questa direzione si sono mo
ssi autori peraltro molto diversi fra loro, quali
e ne richiamo soltanto pochiss
imi - il Gibb, il Lewis, il Rodinson, il Mantran e tanti altri. Questi studi han
no permesso anche al lettore piu attento e meglio preparato uno sguardo di insie
me su quello che l'Islam e stato e ha significato in se e per se, al di la dei r
apporti con noi. Manca comunque, o e ancora troppo debole, un'attrezzatura anche
solo bibliografica che ci permetta di cogliere l'essenza della cultura islamica
e la dinamica delle sue molte differenti espressioni quali esse sono in realta.
Molti studi recenti - e per limitarmi agli italiani o alle cose comunque tradott
e in italiano cito alla rinfusa almeno quelli di Biancamaria Scarcia Amoretti, d
i Leonardo Capezzone, di Burhan Ghalioun, di Massimo Campanini -[2] si distinguo
no oggi per una nuova, specifica attenzione volta ai livelli di sviluppo della c

ultura islamica e alle diverse correnti che essa ha generato nel tempo. Il Campa
nini, ad esempio, non esita a raccogliere la sfida insita nelle nostre attuali n
ecessita di fondo: da una parte non perde di vista lo specifico musulmano nato d
alla diffusione del testo coranico; dall'altra sottolinea come l'Islam, pur mant
enendosi fedele al suo ceppo originario, si sia andato sviluppando in una plural
ita di esperienze e di forme civili e culturali che hanno dato luogo a una irrid
ucibile molteplicita di risultati. Un dato, questo, a maggior ragione vero se si
considera il ruolo svolto dalla politica nella riflessione religiosa dell Islam,
lungi dallo schematico e fallace ma ohime diffuso stereotipo secondo il quale l Isl
am non distingue tra religione e politica : e tale e appunto il problema al centro
della riflessione del Campanini.
In analogia con quanto diceva il Bultmann a proposito dell'unicita della fede ch
e produce al contatto con la dinamica storica una pluralita di esperienze religi
ose, si puo dire che l'Islam, nella sua forte e in apparenza immobile fedelta al
testo e alla lingua "sacri", ha prodotto grazie a una serie continua di eventi
acculturativi una molteplicita di culture islamiche. Come scrive appunto il Camp
anini, dunque, si tratta di immergersi nell universo mentale musulmano per rintracc
iare i percorsi seguendo i quali la consapevolezza politica dell Islam e maturata.
Ne uscira un immagine polivalente e sfaccettata del fenomeno. Nonostante vi sia u
na continuita e un intreccio di problematiche tra il cosiddetto medioevo e l eta m
oderna e contemporanea, l Islam apparira meno compatto e piu internamente segmenta
to di quanto si possa a prima vista sospettare .[3]
Conosciamo Il Mulino come uno dei pochi editori italiani che abbia avuto nell'ul
timo quarto di secolo il coraggio di rispondere, forse con unilaterale generosit
a , all'esigenza di un University editor obiettivamente presente anche se purtro
ppo non avvertita nel nostro paese. Altri editori ci hanno provato, talvolta sco
nfinando nel divulgativo, talaltra rinchiudendosi al contrario nell'elitario. Tr
a i prodotti editoriali della casa bolognese che il mondo universitario piu appr
ezza c'e una valida linea manualistica. Il libro del Campanini appartiene, sotto
il formale profilo merceologico, a quest'ordine di prodotti.
Se ne distacca tuttavia non solo per un'ampiezza di informazione che copre un ar
co storico e geografico praticamente totale, ma anche per una qualita di scrittu
ra e per una compartecipazione sempre sorvegliata ma non per questo meno sentita
rispetto all'argomento delle sue pagine. Il giovane islamista ci fornisce con q
uesto volume una prova di sintesi che obiettivamente ci mancava e che quanti gia
ne conoscevano il lavoro scientifico si aspettavano in effetti solo da lui o da
pochi altri.
[1] Cfr. C. Peltre, Orientalisme, Paris 2004.
[2] B. Scarcia Amoretti, Il mondo musulmano. Quindici secoli di storia, Roma 199
8; L. Capezzone, La trasmissione del sapere nell Islam medievale, Roma 1998; di B.
Ghalioun, Islam e islamismo. La modernita tradita, Roma 1998; M. Campanini, Isl
am e politica, Bologna 1999; si dovrebbero ricordare peraltro gli studi di Sergi
o Noja, di Paolo Branca, di Stefano Allievi, di Khaled Fouad Allam e di molti al
tri.
[3] Campanini, Islam e politica, cit., p.8.

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