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CAPITOLO PRIMO

Riflessioni sulla corruzione del Papato


Ora, prima di proseguire, sar bene riflettere su questi eventi sconcertanti: infatti
naturale chiedersi come potessero i cristiani dell'epoca continuare a considerare il Papa
vicario di Cristo in terra. Non parliamo della gente semplice che, almeno fuori Roma, forse
non sapeva quasi nulla di quegli scandali, ma dei vescovi e dei sacerdoti di tutta Europa:
come potessero continuare, non solo a venerare questi Papi come vicari di Cristo, ma anche
ad obbedir loro come ai supremi capi spirituali e temporali. Questa una questione che
tocca la fede anche dei cristiani di oggi: Bonifacio VII infatti era veramente considerato il
Vicario di Cristo su tutta la terra, prescelto da Dio, come oggi Giovanni Paolo II o
Benedetto XVI. Qual era dunque l'atteggiamento dei vescovi e dei preti o dei monaci di
allora? Il vescovo Arnolfo di Orlans, in un concilio tenuto a Reims nel 991, esprime tutta
la sua indignazione e la sua perplessit, quando esclama: O Roma, degna di essere
compianta! Tu hai trasmesso ai nostri antenati la luce dei Padri della Chiesa, ma ora il
nostro presente da te oscurato con tenebre cos orribili che in futuro non se ne potr
smarrire il ricordo. Un tempo da questa citt ci giunsero i magnifici Leoni [San Leone
Magno, ecc.], i grandi Gregori [San Gregorio Magno, ecc.], nonch Gelasio [I] ed
Innocenzo [I], che superarono in eloquenza e saggezza tutti i filosofi della terra. Ma che
cosa accade ai nostri giorni? Abbiamo visto Giovanni [XII], cognominato Ottaviano,
immergersi nel fango delle passioni e congiurare contro quello stesso Ottone [I,
Imperatore] che da lui era stato incoronato. Egli [Giovanni XII] fu scacciato e Leone [VIII],
un laico, divenne Papa. L'Imperatore Ottone lasci Roma e Ottaviano vi ritorn: ne scacci
Leone, mozz il naso al diacono Giovanni, insieme con le dita della mano destra e la
lingua e, avido di sangue, massacr molti nobili. Poco dopo mor [...]. Poi passa a
deplorare la nefandezza di papa Bonifacio VII: A Roma saliva dipoi sulla cattedra di
Pietro Bonifacio, ancora lordo del sangue del suo predecessore: egli fu un orribile mostro
le cui nefandezze superarono quelle di tutti i mortali. Ed ecco infine l'angosciosa
domanda di Arnolfo: Dove mai sta scritto che gli innumerevoli sacerdoti di Dio, sparsi
per l'orbe terrestre e provvisti di dottrina e di meriti, debbano essere sottomessi a tali
mostri privi di sapienza umana o divina, e vergogna dell'umanit?. Dove sta scritto? Chi
poteva avere il coraggio di dire che Bonifacio VII era il vero Vicario di Dio sulla terra?

La risposta cristiana di fronte alla corruzione del Papato

Qual dunque la risposta cristiana, oggi come allora, di fronte a Pastori cos stolti,
ignobili e spregevoli come, ad esempio, un Bonifacio VII? San Paolo scriveva: Dio ha
scelto ci che nel mondo stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ci che nel mondo
debole, per confondere i forti; Dio ha scelto ci che nel mondo ignobile e spregevole
(,27-21Cor 18). Questa frase seguente pu essere presa quasi come manifesto della dottrina
cattolica riguardo ai Papi: per quanto possano essere ignobili e spregevoli, proprio in tale
bassezza si manifesta l'altezza e potenza di Dio e la Sua azione superiore. Quello stesso
Dio che ha scelto Giacobbe, "l'Ingannatore", come Suo patriarca; che ha scelto una semplice
donna come Sua dimora divina; che ha scelto il villaggio di Betlemme come culla per la
salvezza del mondo intero; che ha scelto come Suoi apostoli e delegati uomini rudi e
ignoranti - ecco, questo stesso Dio avrebbe scelto come Suo Vicario in terra Pietro,
peccatore, e poi Lino, Cleto e poi Bonifacio VII e ogni singolo Papa.
A questo proposito significativo che, alla fine del XIII secolo, Benedetto Caetani,
divenendo Papa, abbia assunto il nome di Bonifacio VIII, proprio per sancire
definitivamente la divina legittimit di Bonifacio VII. Bonifacio VIII, cos facendo,
intendeva rendere chiaro a tutti che Bonifacio VII, non ostanti tutte le sue depravazioni ed
efferatezze, era stato veramente Papa legittimo, Vicario di Cristo, secondo la volont di
Dio. E lo stesso Bonifacio VIII dichiarer solennemente, come dogma di fede, che ai fini
della salvezza, assolutamente necessario ad ogni creatura umana, essere sottomessa al
Romano Pontefice 1, chiunque esso sia.
Un testo ufficiale della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio, promulgato nel 1998,
cos commentava la fragilit umana e la corruzione dei Papi: Non sono mancati nella
storia del Papato errori umani e mancanze anche gravi: Pietro stesso, infatti, riconosceva di
essere peccatore. Pietro, uomo debole, fu eletto come roccia, proprio perch fosse palese
che la vittoria soltanto di Cristo e non risultato delle forze umane. Il Signore volle portare
in vasi fragili il proprio tesoro attraverso i tempi: cos la fragilit umana diventata segno
della verit delle promesse divine2. Bonifacio VII era il "segno" in terra della Verit
dell'eterno Dio. In un altro documento autorevole della Chiesa moderna, dopo aver alluso
a certe "mancanze" dei Papi del passato, si dice: Dio lo permise per far conoscere la sua
potenza nel sostenere la Chiesa, mantenendo un uomo infallibile nel suo insegnamento,
bench fallibile col suo personale operare3.
Il fatto che ogni Papa santo per i meriti di San Pietro 4, come diceva Gregorio
VII, non per i suoi meriti personali, ma per i meriti di Cristo e quindi anche della Madonna
e di S. Pietro. Come, secondo la fede cristiana, ogni uomo in s irrimediabilmente
peccatore e viene "giustificato" solo dal Sangue redentore di Cristo, non dai suoi personali
meriti (come invece sostenevano gli eretici pelagiani), cos ogni Papa "sacralizzato" e
"santificato" dallo Spirito Santo. La Chiesa sacra e divina indipendentemente dalla santit
personale dei suoi membri. Umanamente ci si pu lamentare delle stoltezze di un Papa,
Bonifacio VIII, Bolla Unam Sanctam.
S. Congregazione per la Dottrina della Fede, Il primato del Successore di Pietro nel mistero
della Chiesa, 1998.
3
Breve Storia della Religione, in appendice al Catechismo Maggiore di Pio X.
4
San Gregorio VII, Dictatus Papae, n. 23.
1
2

come i Giudei si indignavano della stoltezza (1Cor 1,25)5 di un Dio fatto uomo, flagellato e
crocifisso. Eppure in quel corpo ignobile e spregevole dimorava tutta la pienezza della
divinit (Col 2,9). Cos in ogni Papa, per quanto ignobile e spregevole dimora la
plenitudo potestatis ed egli permane l'immagine visibile del Dio invisibile (Ef 1,15).
San Francesco d'Assisi, nel suo Testamento, scrive: Io non voglio considerare in essi
[cio nei sacerdoti] il peccato, perch in essi io vedo il Figlio di Dio, e sono miei signori 6.
Significativo anche quel che dice il vescovo Burcardo di Worms nel suo Decretum, redatto
intorno all'anno 1008: si tratta di un Penitenziale, ossia di un manuale per confessori;
vengono elencati tutti i possibili peccati e ad ognuno viene comminata una penitenza
(costituita per lo pi da digiuni). Ora, molto pi grave della fornicazione o dell'omicidio,
il peccato di criticare un prete concubinario o comunque peccatore. Ogni sacerdote infatti,
anche se personalmente non "santo" per per istituzione divina "sacro". Nel Medioevo,
come oggi, molte persone si sdegnavano contro questi preti indegni e di conseguenza
rifiutavano di venerarli come "vicari di Cristo" o di ricevere da loro i sacramenti, le
prediche o di confessarsi da loro. Burcardo dunque, rivolgendosi al penitente, dice: Hai
abbandonato la Messa celebrata da un prete concubinario? Ne hai disprezzato la preghiera
o le offerte prescritte? Hai rifiutato di confessarti a un prete sposato e di ricevere la
Comunione dalle sue mani, con la scusa che lo ritenevi peccatore? - Un anno di digiuno 7.
Questo atteggiamento infatti rivela secondo la fede cattolica non solo superbia, ma
anche la tentazione di giudicare la Chiesa come una realt umana, essa che cosa tutta
divina8. Dio dir Pio IX -, per manifestare la forza della Sua potenza, spesso adopera
per il governo della Sua Chiesa i mezzi pi insignificanti o anche i pi ignobili e
spregevoli, come un Bonifacio VII o schiere di preti libertini, perch sempre pi tutti si
rendano conto che Dio stesso che con la Sua meravigliosa Provvidenza guida e protegge
la Chiesa9.

La novella di Abraam giudeo


La seconda novella del Decameron di Boccaccio parla di un certo Abraam giudeo, un
mercante di Parigi. Costui era tenacemente attaccato alla sua religione. Un suo amico
cattolico, Giannozzo, voleva persuaderlo a convertirsi al Cattolicesimo, ma Abraam non
voleva saperne; dopo un certo tempo, l'ebreo, esasperato dall'insistenza di Giannozzo, gli
promise che sarebbe andato a Roma, il centro della Cristianit, cos che, se avesse
constatato di persona che il Papato era tanto nobile ed eccelso e degno da poter essere a
ragione creduto lo strumento unico e vero di Dio in terra, allora si sarebbe convertito al
Cfr. Tertulliano, De carne Christi, V, 1: O forse vorrebbero dire che cosa saggia un Dio
crocifisso? [] Ma tu non potrai essere saggio se non diverrai stolto in questo mondo
credendo alla stoltezza di Dio!.
6
San Francesco d'Assisi, Testamentum.
7
Burcardo di Worms, Decretum.
8
Lespressione di Gregorio XVI, Enciclica Mirari vos.
9
Pio IX, Enciclica Qui Pluribus.
5

Cattolicesimo. Giannozzo sussult: sapeva infatti che a Roma Abraam non avrebbe visto
che corruzione e depravazione; cerc dunque di dissuaderlo da tale viaggio, adducendo il
pretesto che sarebbe stato molto costoso, eccetera. Ma Abraam non cambi idea, part per
Roma e Giannozzo perse ogni speranza. Al ritorno da Roma, inaspettatamente Abraam si
fece cattolico. Giannozzo non poteva crederci; ma l'ebreo gli spieg che proprio a motivo
della depravazione che aveva visto nel Papato, si era convertito: se infatti, non ostante tale e
tanta miseria umana dei suoi ministri, intenti quasi a demolire con i loro peccati e le loro
stoltezze la Chiesa, questa tuttavia sussisteva indefettibile nella propria dottrina e nella
propria missione, evidentemente era guidata e retta dallo Spirito Santo: altrimenti, in
mano a uomini cos inetti, non avrebbe potuto sussistere, integra e inviolata, per tanti
secoli. Ecco dunque che, ancora una volta, possiamo constatare che un Bonifacio VII
poteva essere considerato veramente il segno della verit delle promesse divine.

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CAPITOLO NONO
LA QUESTIONE DELLA LEGGE CRISTIANA E LE STRANE CONSEGUENZE DELLO
SCISMA TRA CATTOLICESIMO E ORTODOSSIA

Abbiamo appena parlato, nel capitolo precedente, di norme e leggi emanate e


osservate dalla Chiesa. Viene spontaneo allora chiedersi: che cosa si deve intendere per
leggi della Chiesa? Erano esse considerate Legge divina, o solo norme (mutabili)
decretate dallautorit ecclesiastica? La questiione estremamente complessa e abbraccia
lintero arco della storia bimillenaria del Cristianesimo, ma vale la pena riassumerla,
perch essa costituisce indubbiamente un aspetto senza comprendere il quale si rimane
alloscuro di uno degli aspetti fondamentali della mentalit medievale.
Nel 1800 fu pubblicato in greco il Pidalion, opera compilata, redatta e annotata da
Macario di Corinto e dal celebre Nicodemo Aghiorita. Si tratta di una raccolta di tutti i
Sacri Canoni dellOrtodossia: le decisioni dei Concili ecumenici, di quelli locali
riconosciuti come normativi, nonch le sentenze di vari Padri della Chiesa e Dotti
ecclesiastici riconosciute anchesse come normative dalla tradizione ortodossa. Ma che cosa
cera alle spalle di questo lavoro?
Gi da prima del Medioevo ci si rifaceva, sia nella Chiesa latina che in quella
dOriente, alle decisioni (canoni) dei concili come a norme inderogabili della Tradizione
cristiana. Le decisioni dei concili ecumenici (Nicea, Costantinopoli, ecc.) furono ben presto

ritenute assolute e infallibili. I canoni dei concili locali (Gangra, Laodicea, Antiochia, ecc.
per lOriente; Elvira, Orlans, Orange, ecc. per lOccidente), invece, ebbero valore
legislativo solo per le Chiese locali a cui appartenevano. Ciononostante molti di questi
Concili locali (della Chiesa dOriente) furono, dagli stessi concili ecumenici, promossi a
normativa universale al pari dei decreti dei concili ecumenici. Lo stesso avvenne in
relazione a certi scritti, sentenze, lettere, di alcuni Padri della Chiesa: furono inseriti nel
corpus delle leggi conciliari, per autorit degli stessi concili ecumenici (in particolare del
Trullano e del Niceno II).
Questo corpus di leggi ecclesiastiche divenne, a partire dal X/XI sec., intoccabile e
inalterabile. Lo si considerava ormai come la Legge cristiana per eccellenza, ormai
conclusa e perfetta e vincolante per tutti e per sempre. La Chiesa Ortodossa dOriente, vi
aggiunse ancora, nellXI sec. qualche breve testo normativo (v. Nicola di Costantinopoli e
Niceforo il Confessore), ma poi non vi aggiunse pi nulla, e il corpus rimase tale e quale,
inalterato, fino ad oggi. Soprattutto dopo il grande scisma del 1054, infatti, la Chiesa
bizantina, sentendosi la custode dellOrtodossia e della Tradizione, si arrocc
ulteriormente su di una posizione di strenuo conservatorismo, rifiutando ogni modifica
della Tradizione ricevuta, tanto pi perch la Chiesa latina invece, dopo lo scisma, assunse
un atteggiamento differente, un atteggiamento di cambiamento della Tradizione in
nome dellautorit papale.
Il corpus dei sacri canoni, infatti, era venerato e osservato presso i latini proprio
come presso i greci, tant che il Decretum di Graziano, nellXI sec., sintesi compilativa del
Diritto ecclesiastico latino, contiene, in latino, quasi tutti i testi conciliari e patristici che
costituiscono il Pidalion greco. La Chiesa Romana, tutttavia, dopo lo scisma dOriente,
volendo accentuare lautorit del Papa e la sua superiorit rispetto alla Tradizione,
aggiunse al suddetto corpus tutta una serie di nuove leggi ecclesiastiche emanate dai
romani pontefici. Cos, il Corpus iuris canonici latino, pur comprendendo il corpus originario
identico a quello del Pidalion, vi aggiunse, durante tutto il secondo millennio, molti altri
testi papali. Solamente allinizio del XX secolo, con la redazione del Codex iuris canonici, la
Chiesa latina abrog formalmente il Corpus.
La Chiesa dOriente, invece, specialmente quella bizantino-greca, conserv il corpus
del Pidalion fino al giorno doggi come unica e immutabile Legge della Chiesa (anche se in
verit molto spesso essa non viene affatto osservata alla lettera).
Bisogna precisare che il nome di Pidalion (letteralmente Timone) stato dato
solamente nel XVIII sec. da Nicodemo Aghiorita, il quale, redigendo appunto questa
compilazione del Corpus dei Sacri Canoni (con traduzione-parafrasi in greco moderno e
abbondanti note esplicative), la volle chiamare il Timone dellOrtodossia.
Per gli ortodossi, soprattutto greci, il Pidalion costituisce tuttora il punto di
riferimento obbligato per ogni questione ecclesiastica: le regole sul digiuno,
sullamministrazione delle parrocchie, sullaccettazione o meno di certe superstizioni
pagane quali il Carnevale, sulla vita matrimoniale dei preti sposati, ecc. ecc.
Ma la domanda fondamentale diventa, a questo punto: che senso ha una Legge
cristiana? Che cosa significa, per il cristiano, seguire una Legge? E questa Legge va
considerata divina o umana? Assoluta o mutabile? Per rispondere a questa domanda, sar

necessario ripercorre, molto brevemente, il concetto di Legge religiosa a partire


dallAntico Testamento.
Al tempo dei Patriarchi (No, Abramo, Giacobbe) non esisteva una Legge
religiosa precisa e codificata: la loro religione era una religione di adorazione del Dio
unico, con semplicit e senza norme complicate e dettagliate. Anche in campo cultuale, il
loro culto era la semplice preghiera a Dio, senza riti precisi, e i sacrifici animali anchessi
non erano regolati da norme rituali. Sar solo con Mos e Aronne che entra nella religione
biblica la Legge: lEsodo, il Levitico, i Numeri e il Deuteronomio contengono appunto la
Legge dettata da Dio a Mos, Legge concernente ogni aspetto della vita del credente,
compreso in particolare laspetto liturgico rituale.
La Legge mosaica si presenta come Legge assoluta di Dio e le motivazioni del suo
essere possono sintetizzarsi in tre punti:
1) Dio detta alluomo delle norme da rispettare, per mettere alla prova la sua
obbedienza a Lui. E un modo per vagliare il cuore delluomo, per vedere fino a che punto
egli si fida di Dio e gli obbedisce.
2) Per guidare luomo al bene, sia sul piano morale e sociale, che su quello politico e
spirituale. Dio, come un esperto medico, d alluomo le leggi da osservare per essere
felice e sereno e sano, come ricette mediche e diete salutari.
3) La Bibbia insiste molto sul fatto che la Legge mosaica distingue Israele dagli altri
popoli e in tal modo lo preserva dal mescolarsi con essi e perdere la propria integrit
religiosa.
La Legge mosaica divenne cos lasse portante del popolo dIsraele e della sua
religiosit. Losservanza scrupolosa dei comandamenti divenne lessenza dellessere ebreo.
E spesso questa osservanza divenne fine a se stessa, arida, puramente esteriore e formale,
farisaica. Ecco allora che Dio invi i grandi profeti Isaia, Geremia e molti altri, appunto
per richiamare il popolo dIsraele ad unosservanza intelligente della Legge, alla
comprensione dello spirito della Legge prima di applicarla pedissequamente. Ed
esattamente sulla scia dei Profeti si colloca anche la missione di Ges. Non pare, dal
Vangelo, che Ges abbia voluto abrogare minimamente la Legge mosaica. Non crediate
che io sia venuto ad abrogare la Legge o i Profeti (Mt 5,17). E al dottore della legge che
chiedeva a Ges: Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?, Ges aveva
risposto: Che cosa sta scritto nella Legge?... Mettilo in pratica e avrai la Vita (Lc 10,25-28).
Egli per richiam, proprio come i Profeti prima di lui, ad osservare una scala di
priorit: le leggi mosaiche vanno osservate, ma ve ne sono alcune pi importanti di altre:
amare il prossimo pi importante e prevale sullosservanza del sabato; pagare la tassa al
Tempio giusto, ma non a costo di trasgredire un comandamento pi importante qual
quello di compiere la giustizia e la carit. Guai a voi, farisei, perch pagate la decima della
menta, della ruta e di tutte le erbe, ma poi trascurate la giustizia e lamore di Dio. Queste
erano le cose che dovevate fare, senza trascurare quelle (Lc 11,42).
Questo dunque lequilibrio posto da Ges: mantenimento della Legge mosaica e
osservanza della medesima, ma con discernimento, intelligenza e consapevolezza delle
priorit, e avendo sempre docchio lo spirito della Legge.

Dopo Ges per le cose, a quanto pare, cambiarono. La elasticit di Ges


nellosservanza della Legge, elasticit da lui intesa in senso morale, come abbiamo
spiegato, cio allo scopo di non assolutizzare lobbedienza formale alla Legge ma di
mantenere le giuste priorit, fu interpretata invece, da san Paolo e da molti Padri della
Chiesa, in senso ontologico: cio Ges si ritenne fu elastico con la Legge perch essa
doveva essere abrogata, essa non serviva pi, diveniva inutile, lunica cosa importante
essendo, ai fini della salvezza, la fede in Cristo come Figlio di Dio.
Questa divenne, in sostanza, la dottrina ufficiale della Chiesa, fondata
sullinsegnamento di san Paolo: losservanza della Legge mosaica abolita, il cristiano non
pi legato ad una Legge esteriore a cui obbedire, la sua salvezza dipende esclusivamente
dalla fede, la fede che Ges il Figlio di Dio. Questa posizione, incentrata sul concetto di
fede intesa come adesione intellettuale al dogma, fu rafforzata dal progressivo
allontanamento e poi odio della Chiesa primitiva nei confronti degli Ebrei e del giudaismo
e di tutto ci che pareva giudaico (tra cui appunto il concetto di Legge).
Mentre per si consolidava questa dottrina dellabolizione della Legge, la Chiesa,
attraverso i concili e i decreti episcopali e papali, emanava leggi. A partire dal quarto
secolo (da quando cio il Cristianesimo diventa religione ufficialmente riconosciuta dallo
Stato romano, e poi addirittura religione di Stato) si moltiplicano i concili di vescovi che
legiferano in materia ecclesiastica, promulgando canoni e decreti, con relative sanzioni per
i trasgressori. Si viene a formare, quindi, un nuovo corpus di leggi, una nuova Legge che
sostituisce quella mosaica. Cos, la stessa Chiesa, che insegnava che la salvezza si ottiene
solo grazie alla fede e che losservanza della Legge (mosaica) da respingere in quanto
pratica giudaica e contraria allo spirito della grazia ebbene questa stessa Chiesa
ripropone ai fedeli una Legge esteriore ben precisa da osservare ai fini della salvezza! E la
cosa peculiare poi che, nel fare ci, essa non attinse alla Legge dellAntico Testamento
(come sarebbe stato naturale, se proprio si voleva rimettere in vigore una Legge divina),
ma al diritto romano! E da osservare infatti che lo stile, la forma, la mentalit e in gran
parte anche il contenuto dei canoni conciliari sono improntati al diritto romano e non alla
Legge dellAntico Testamento. E questo non sorprende, se si pensa che la maggior parte
dei vescovi della Chiesa antica, e soprattutto i grandi Padri della Chiesa, avevano una
formazione culturale prettamente greco-romana, cresciuti negli studi di filosofia greca e di
diritto romano.
E cos va formandosi, secolo dopo secolo, un vero e proprio corpus di diritto
ecclesiastico, e cominciano a crearsi le prime raccolte sistematiche. Un primo caso
emblematico quello del Nomocanone del patriarca Fozio, che include nella Legge
cristiana non solo i decreti dei concili ecclesiastici ma anche le leggi emanate dagli
imperatori cristiani. Abbiamo gi ricordato che lo stesso processo avvenne nella Chiesa
latina come in quella greca, ma che questultima nellXI secolo cess di legiferare, mentre
la Chiesa romana (come anche quella russa, in parte, e altre Chiese) continu ad ingrossare
il corpus della Legge, fino ad oggi.
Ora per, mentre nella Chiesa cattolica, proprio perch si continuava ad aggiungere
materiale di nuovi papi e concili al corpus, il tutto appariva in qualche modo mutevole e
umano, la Chiesa ortodossa bizantina dopo il grande scisma accentu lidea di essere la

depositaria unica della Tradizione cristiana autentica e intatta, conservata immutabilmente


nel corpus dei Sacri Canoni: a differenza della Chiesa latina, essa non apportava modifiche
e aggiunte alla Tradizione apostolica (dal momento dello scisma in poi lOrtodossia non
aggiunse n modific una sola virgola dei Sacri Canoni), e quindi questo corpus appariva
sempre di pi agli occhi dellOrtodossia come qualcosa di completo, compiuto, perfetto,
immutabile, e quindi divino. Sempre di pi, durante il secondo millennio dellOrtodossia,
si faceva strada lidea secondo cui il corpus dei Sacri Canoni non sarebbe altro che linsieme
delle leggi apostoliche dettate dallo Spirito Santo alla Chiesa come deposito per
leternit. Nicodemo, nellintroduzione al Pidalion, scrive appunto: Questo il Libro dei
comandamenti di Dio, la Legge che permane in eterno. Questo Libro la Sacra Scrittura
che viene dopo la Sacra Scrittura, Il Testamento che viene dopo lAntico e il Nuovo
Testamento. Esso , dopo la prima parola rivelata da Dio, la seconda parola rivelata da Dio.
Esso contiene le norme eterne, che i nostri Padri hanno stabilito, le leggi che rimangono in
eterno.
In tal modo, quella stessa Chiesa che, con la predicazione di san Paolo e dei Padri,
aveva proclamato labrogazione della Legge in nome della grazia e della fede, tornava a
riproporre ai suoi fedeli una nuova Legge, in tutto simile a quella dellAntico Testamento,
richiedendone lobbedienza come condizione necessaria per appartenere alla Chiesa ed
essere salvi.
In realt, come abbiamo osservato sopra, la posizione di Ges non pare fosse quella
dellabolizione della Legge mosaica, bens solamente di una sua osservanza meno farisaica
e ottusa. Ma dunque, se il Cristianesimo di Ges non implicava labbandono della Legge,
perch allora abrogare la Legge mosaica e rimpiazzarla con la Legge ecclesiastica di diritto
romano?
Cos voi annullate la Parola di Dio in nome della tradizione che voi stessi vi siete
tramandata (Mc 7,13). S, si tratta indubbiamente di unaporia, di unincoerenza che pesa
sulla struttura stessa della religione cristiana, una contraddizione che dovrebbe far
riflettere, per aprirci nuovi orizzonti nel capire il messaggio di Cristo e il senso dellessere
della Chiesa.
Perch trasgredite il precetto divino, in nome della vostra tradizione? (Mt 15,3).
Ma proseguiamo la nostra analisi. La questione delle leggi ecclesiastiche ha giocato
infatti un ruolo essenziale nello scisma del 1054 tra cattolici e ortodossi. Vediamo dunque
di illustrare molto brevemente levoluzione della mentalit e dellatteggiamento della
Chiesa Ortodossa bizantina a cavallo del grande scisma. La frattura e linimicizia create
dallo scisma portarono entrambe le Chiese a posizioni peculiari e contraddittorie. La
Chiesa latina rinforz la sua posizione di superiorit, la sua concezione secondo cui la vera
e pura tradizione apostolica sarebbe conservata nella Chiesa di Roma, grazie alla guida
infallibile del Papato, il quale la regola della fede. E il papa che guida la Chiesa, il papa
che insegna la Verit.
La Chiesa dOriente, invece, rafforz la sua teoria secondo cui la Tradizione un
deposito apostolico che nessun uomo, neppure il papa, pu modificare. Fece quindi
dellimmutabilit della Tradizione il perno del proprio essere Chiesa.

Fin qui notiamo semplicemente due atteggiamenti differenti di fronte alla


tradizione, due posizioni che in realt avevano convissuto nella storia della Chiesa quasi
fin dalle sue origini. Ci che avvenne per con il grande scisma che queste due posizioni
differenti furono accentuate ed esasperate a motivo della reciproca inimicizia creatasi tra le
due Chiese. In sostanza, la tensione politica tra Costantinopoli e Roma, linimicizia e il
disprezzo reciproco, lodio, la rabbia, la demonizzazione dellaltro presero il sopravvento.
Basti pensare agli atteggiamente sprezzantemente ostili del patriarca Michele Cerulario da
parte greca e del Cardinale Umberto di Silva Candida da parte latina.
Ora per, questa durissima inimicizia di origine politica ed ecclesiastica divenne
anche inimicizia teologica e religiosa. Mentre i capi politici ed ecclesiastici scagliavano
insulti gli uni contro gli altri, parallelamente i monaci, i teologi e i preti scagliavano insulti
gli uni contro la teologia latina, gli altri contro la teologia greca. La difesa fanatica
della propria identit diventava sistematica distruzione, demonizzazione e
ridicolizzazione della posizione avversaria. Quelle che fino ad allora erano state posizioni
differenti, pi o meno condividibili o discutibili, divenivano ora eresie ed abomini. La
dottrina della superiorit magisteriale del Papa, presente anche tra i Padri greci (si pensi a
san Massimo il Confessore), divenne per i greci con lo scisma leresia per eccellenza
della Chiesa latina. E viceversa, la dottrina greca dellimmutabilit della Tradizione e il
disconoscimento dellautorit del papa al di sopra della Tradizione, dottrina
abbondantemente presente nel magistero latino di tutto il primo millennio, divenne
improvvisamente leresia dei greci, il loro ostinato e diabolico rifiuto di sottomettersi al
Vicario di Cristo in terra, con conseguente loro esclusione dalla vera Chiesa e dalla
salvezza eterna.
Questo radicalizzarsi della difesa fanatica della propria identit greca o latina
port anche ad assumere posizioni alquanto peculiari non solo in campo teologico
(esempio ne la questione del Filioque, marginale problema teologico trasformato in punto
nevralgico ed essenziale pur di esasperare le differenze reciproche e dimostrare a tutti i
costi che la fazione avversa eretica), ma anche in campo di disciplina ecclesiastica. Un
esempio curioso riguarda lacconciatura dei preti. Sulla scia della tradizione ebraica, i
Padri della Chiesa dei primi secoli insistettero che il cristiano deve portare la barba. Questa
norma fu poi accentuata per i preti, a cui fu sempre rigorosamente proibito di radersi la
barba. Decine di testi patristici e conciliari ribadiscono questa regola ecclesiastica. Ora,
cosa avvenne con lo scisma? Il papa, per esaltare (contro i greci) la propria autorit di
decidere a suo arbitrio, e per sottolineare che i latini non sono greci e si vantano di questa
differenza, impone ai preti latini di radersi la barba! Ne testimone una lettera di papa
Gregorio VII alle chiese di Sardegna. E dopo di lui la Chiesa latina continua questopera di
differenziazione dallo stile greco. Sempre pi i preti latini diventano preti rasati, in
quanto latini, per mettere bene in mostra la loro distanza dai greci eretici. Atteggiamento
curioso, indubbiamente, soprattutto perch lunanime tradizione della Chiesa anche latina
era stata, per tutto il primo millennio, che i preti portassero la barba!
Parallelamente, i greci fanno una manovra simile. Fin dai primi secoli della Chiesa,
secondo la testimonianza di innumerevoli testi patristici e conciliari, era uso e regola dei
preti di tagliarsi i capelli in modo che fossero molto corti, o anche rasati a tonsura.

Questo fu luso dei preti sia greci che latini durante il primo millennio. Il Concilio
Trullano, nel VII secolo, protesta con veemenza contro quei preti (greci) che, seguendo
mode laicali e mondane, si lasciano crescere i capelli lunghi. Ma siccome, a quanto pare,
questa moda si stava diffondendo tra i greci nonostante i divieti ecclesiastici, al momento
dello scisma anche i capelli divennero cavallo di battaglia contro i latini. I greci
approfittarono delluso di alcuni dei loro preti di farsi crescere i capelli, per farne
unusanza greca contro i rasati ed effeminati preti latini. Avere i capelli lunghi divenne
allora una caratteristica del prete greco, ortodosso, che si distingue con fierezza dagli
eretici latini!
E cos la tradizione tanto delluna quanto dellaltra Chiesa si and costruendo
sullinimicizia verso lavversario, creando norme, usanze, leggi e dottrine teologiche aventi
come unico scopo la sottolineatura della propria identit e differenza rispetto al nemico,
quasi che tutto il valore e il senso di essere greco ortodosso (o viceversa latino cattolico)
stia nel differenziarsi il pi possibile dagli altri, e non invece nel mettere in pratica i
comandamenti del Vangelo, con umilt e senza giudicare gli altri.

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