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a cura di
Marco Salvatore Vanad`a
27 maggio 2016
ii
a Giulia
Il presente documento `e rilasciato sotto licenza cCreative Commons 3.0 bysa-nc cbna.
consentita la creazione di opere derivate, traduzioni, adattamenti, totali o parE
ziali, fatta salva lattribuzione dellautore originale e il mantenimento della licenza.
Marco Salvatore Vanad`a
Politecnico di Bari
Indice
I
1 Misura e incertezza
1.1 Concetto di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Errori e incertezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Errori e loro propagazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Classificazione degli errori e correzione . . . . . . . . . . . . .
1.5 Accuratezza e precisione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 Taratura o calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Linearizzazione della curva di taratura . . . . . . . . . . . . .
1.8 Media polarizzazione e deviazione . . . . . . . . . . . . . . . .
1.9 Deviazione standard, varianza e momento centrale . . . . . . .
1.10 Concetti di frequenza e di probabilit`a . . . . . . . . . . . . . .
1.11 Leggi di distribuzione di probabilit`a . . . . . . . . . . . . . . .
1.12 Distribuzione uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.13 Distribuzione di Gauss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.14 Calcolo della funzione di distribuzione di Gauss . . . . . . . .
1.15 Deviazione standard della media . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.16 Definizione e calcolo dellincertezza . . . . . . . . . . . . . . .
1.16.1 Valutazione Tipo A (o di categoria A) dellincertezza .
1.16.2 Valutazione Tipo BA (o di categoria B) dellincertezza
1.16.3 Raccomandazioni sullincertezza . . . . . . . . . . . . .
1.17 Incertezza standard combinata e propagazione delle incertezze
1.17.1 Grandezze dingresso non correlate . . . . . . . . . . .
1.17.2 Grandezze dingresso correlate . . . . . . . . . . . . . .
1.18 Incertezza estesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.19 Livelli e intervalli di confidenza . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.20 Presentazione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.21 Prova del Chi-quadro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.22 Metodo dei minimi quadrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.23 Rette di regressione e coefficiente di correlazione . . . . . . . .
1
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36
38
38
39
41
43
45
46
47
48
49
52
53
55
2 Grandezze Unit`
a Campioni
59
2.1 Cenni storici introduttivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
2.2 La conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) . . . . . . . . 59
2.3 Unit`a di misura fondamentali e derivate . . . . . . . . . . . . . . . . 60
iii
iv
INDICE
2.4
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73
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111
114
116
120
4 Strumenti digitali
127
4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
4.2 Errori di campionamento e troncamento . . . . . . . . . . . . . . . . 128
4.3 Quantizzazione e conversione analogico-digitale . . . . . . . . . . . . 136
II
Esercizi
4.4
4.5
139
a
Parte I
Fondamenti della Misurazione
Capitolo 1
Misura e incertezza
1.1
Concetto di misura
anche nel mondo accademico. Infatti, fino a non molto tempo fa si `e ritenuto che
ogni branca della tecnologia richiedesse lesecuzione di misure specialistiche e che
ogni specialista di quella branca fosse in grado di eseguirle, anche in assenza di
conoscenze specifiche sui fondamenti della misurazione.
Le misure sono fondamentali per la verifica di un modello, di una teoria; se il modello o la teoria sono errati, ci`o sar`a rivelato dalle misure. Viceversa
`
se la misura `e errata, non si avr`a conferma della validit`a o meno della teoria. E
quindi necessario imparare a capire se una misura `e stata o meno eseguita correttamente e pu`o essere impiegata per i fini che si intendeva perseguire. Occorre un
insegnamento propedeutico di base in cui si apprendano i fondamenti della misurazione prima di poter affrontare qualsiasi tipo di misura specialistica. I concetti
fondamentali da apprendere riguardano i principi base della scienza delle misure,
come lincertezza, lanalisi statistica dei dati, linterpretazione dei ri` , la certificazione, in specie quella di qualita
` , inoltre
sultati, laffidabilita
occorre imparare a conoscere la strumentazione di base che `e essenzialmente di tipo
numerico.
Per eseguire una misura ci si serve di opportuni strumenti costruiti in modo da
rendere semplice lesecuzione e facile la lettura. A questo scopo si sono molto diffusi
in tutti i campi gli strumenti elettrici, elettronici analogici e digitali.
In particolare negli ultimi trentanni si `e avuto uno straordinario impulso della strumentazione elettronica digitale, con la proliferazione di strumenti accurati, precisi,
sensibili, dedicati, intelligenti ed esperti. Gli strumenti digitali sono estremamente
flessibili e questo ha determinato una loro proliferazione e differenziazione. Inoltre lavvento dei sensori intelligenti ha notevolmente e ulteriormente espanso il loro
campo di applicazione. In Fig. 1.1 `e mostrato uno schema a blocchi semplificato di
un generico strumento digitale singolo. Il primo elemento della catena di misura `e
un sensore, ovvero un elemento di un sistema di misura che `e direttamente soggetto allazione di un fenomeno, di corpi o di sostanze che trasmettono la grandezza
da misurare. Come mostrato in figura il segnale in uscita al sensore `e condizionato
prima di essere inviato al convertitore analogico digitale (ADC) e a una memoria
dalla quale poi sono trasmesse le informazioni al sistema di visualizzazione, il tutto
operato in modo automatico tramite un sistema di controllo. Limportanza di avere
sensori precisi e accurati `e aumentata con lavvento di IoT (Internet of Things)
un sistema di condivisione in rete non solo di software, ma anche di dispositivi di
misura.
Una misura deve iniziare con unappropriata specificazione del misurando, del
metodo di misura e della procedura di misura. Per misurando si intende una
quantit`a soggetta a misura, valutata nello stato assunto dal sistema in osservazione
durante la stessa misura.
Per metodo di misura sintende la sequenza logica di operazioni, descritte in
modo generico, impiegate nellesecuzione delle misure.
Per procedura di misura sintende linsieme di operazioni, descritte in modo
specifico, utilizzate nellesecuzione di particolari misure, in accordo a un metodo
prefissato.
Con lo strumento di figura si esegue una misura con metodo diretto. Spesso
Sensore
Sistema di
condizionamento
del segnale
ADC
Memoria
Visualizzatore
numerico
Sistema di
controllo
Figura 1.1: Schema semplificato di uno strumento digitale singolo
1.2
Errori e incertezza
per valutare ed esprimere la sua incertezza. Lincertezza di misura `e il parametro, associato al risultato di una misura, che caratterizza la dispersione dei valori
che potrebbero essere ragionevolmente attribuiti al misurando. Per misurando si
intende una quantit`a soggetta a misura, valutata nello stato assunto dal sistema
in osservazione durante la stessa misura. Le cause, facilmente intuibili, alle quali
addebitare queste incertezze possono essere:
1. la imperfezione strutturale nei componenti degli strumenti utilizzati;
2. la inadeguatezza del campione di confronto;
3. la limitatezza della scala o del sistema numerico di visualizzazione dello strumento;
4. fretta o eccessiva sicumera da parte delloperatore.
Daltra parte il solo fatto di esser obbligati ad inserire uno strumento di misura
in un sistema altera le condizioni iniziali del sistema stesso e non consente la misura
del valore che il misurando assumeva prima dellinserzione. Il processo di misura
disturba il sistema e altera il valore delle quantit`a fisiche da misurare. Lentit`a del
disturbo varia con il tipo di strumento usato per la misura. Lo studio dei mezzi per
minimizzare questo disturbo `e uno tra i principali scopi della scienza delle misure.
In letteratura si incontrano correntemente le dizioni di valore vero o valore
convenzionalmente vero, valore atteso e valore teorico a significare il
valore della grandezza che si tende a misurare. La scelta delluna o dellaltra dizione
o di dizione analoga `e stata oggetto di discussioni e dispute filosofiche, che qui non
`e il caso di esaminare; si preferir`a nel prosieguo far riferimento a quanto riportato
nella GUM Guide to the expression of uncertainty in measurement dellISO (International Organization for Standardization) stampata nel 1993, corretta nel 1995,
nel seguito indicata come Guida. La Norma europea ENV 13005 del 1999 recepisce larticolato della GUM dellISO e nel luglio del 2000 `e diventata norma italiana
sperimentale UNI CEI ENV 13005 Guida allespressione dellincertezza di misura.
In tale Norma alla definizione di errore si afferma: dato che un valore vero non si
pu`o determinare, in pratica si usa un valore convenzionale. In essa si afferma che
scopo di una misura `e di determinare il valore (non il valore vero) del misurando.
Oggi si assiste ad una netta distinzione tra un approccio classico (CA Classical Approach) alla teoria della misurazione, contrapposto a quello basato sullincertezza (UA Uncertainty Approach). Questa contrapposizione sta creando,
tra quanti si occupano di misurazioni, una pericolosa spaccatura, che vede da una
parte i difensori del CA e dallaltra i sostenitori dellUA. Si rischia, proseguendo
cos` le cose, sia di non far progredire ed affermare i nuovi concetti metrologici, legati
allincertezza, sia di far perdere un prezioso patrimonio di conoscenze, basato sugli
sviluppi che negli anni passati ha avuto la teoria degli errori. La teoria degli errori
ha consentito lo sviluppo di nuove metodologie scientifiche ed il raggiungimento di
eccellenti risultati in diversi campi del sapere. In particolare la tecnica di minimizzazione degli errori `e uno strumento di indubbia utilit`a, che continua ad essere
giustamente ancora molto usato in diversi settori della scienza e delle tecnologie.
1.3
Prima di eseguire una misura si pu`o avere una stima, A, del valore del misurando.
Questa stima A pu`o essere assunta come valore convenzionalmente vero del
misurando; la sua valutazione pu`o derivare dalla disponibilit`a di un campione e dalla
conoscenza del suo valore e della sua incertezza, o anche dalla definizione convenzionale a priori del valore del misurando, o dal valor medio di misure precedentemente
eseguite con cura sullo stesso misurando, o da una indagine attraverso banche dati
su risultati di misure eseguite da altri sullo stesso misurando, o da altri casi ancora.
Allo scopo anche di operare alcune possibili correzioni alle misure eseguite, `e
tradizionalmente risultato utile introdurre il concetto di errore. Gli errori di
misura possono essere espressi come: assoluto, relativo, percentuale.
Nel caso specifico esaminato precedentemente, lerrore assoluto, E, `e definito come la differenza fra il valore misurato, X, e il valore di una grandezza di
riferimento A, assunta come valore convenzionalmente vero:
E =X A
(1.1)
`e evidente che essendo A solo una stima del valore del misurando, lerrore E `e
un concetto idealizzato e non pu`o essere mai conosciuto esattamente, quindi la
correzione non potr`a mai essere completa.
Ne deriva che una misura sar`a sempre affetta da incertezza. Occorre distinguere
le parole errore e incertezza, che non sono assolutamente dei sinonimi, ma
rappresentano concetti completamente differenti, come sar`a chiarito in seguito. Essi
non devono essere confusi luno con laltro, ne scambiati tra loro.
Lerrore relativo, e, `e definito come il rapporto tra lerrore assoluto, E, e il
valore A:
X A E
(1.2)
e=
=
A
X
Lerrore percentuale, e% , `e definito come lerrore relativo, e, espresso in
percento:
X A
e% =
100
(1.3)
A
Si vuole ora esaminare come si propagano gli errori in misure indirette.
La valutazione del modo in cui si propagano gli errori pu`o risultare utile in una fase
iniziale di scelta del metodo pi`
u corretto per lesecuzione di una misura e non va
confusa con la procedura necessaria allindicazione del risultato finale di una misura
indiretta, per cui occorre far riferimento alla propagazione dellincertezza, che sar`a
esaminata in seguito.
Si consideri una grandezza X = f (a, b, c, . . . ) funzione di diverse grandezze misurabili: a, b, c, . . . . Gli errori da cui sono affette le misure di a, b, c, . . . si propagano su
X e tale propagazione pu`o essere studiata mediante semplici tecniche matematiche.
Nellipotesi che gli errori siano sufficientemente piccoli e che sia possibile confondere lerrore assoluto, dato dallEq. 1.1, con il differenziale totale della
funzione X:
f
f
f
da +
db +
dc + . . .
(1.4)
dX =
a
b
c
si pu`o scrivere la seguente relazione tra lerrore assoluto sulla X, Ex , e quelli sulle
grandezze misurabili, Ea , Eb , Ec , :
Ex =
f
f
f
Ea +
Eb +
Ec + . . .
a
b
c
(1.5)
In base allEq. 1.4 `e facile esprimere lerrore relativo sulla X, in funzione degli
errori relativi su a, b, c, . . . :
ex =
a f
b f
c f
ea +
eb +
ec + . . .
X a
X b
X c
(1.6)
(1.7)
(1.8)
lultima uguaglianza deriva dal fatto che il prodotto ea eb risulta trascurabile rispetto
ai singoli fattori ea ed eb . Dal confronto tra lEq. 1.7 e lEq. 1.8 si ottiene la seguente
uguaglianza:
ex = ea + eb
(1.9)
Si pu`o pertanto affermare che lerrore relativo di una grandezza X, ottenuta dal
prodotto di due grandezze misurabili a e b, `e dato dalla somma degli errori relativi
di a e b. Lo stesso risultato poteva ottenersi dallapplicazione dellEq. 1.6. Infatti:
ex =
ab
ba
ea eb = |ea | + |eb |
X
X
(1.10)
Il risultato ottenuto pu`o essere facilmente esteso ad altri casi analoghi. Ponendo
a = b si ha che lerrore relativo su un quadrato `e due volte lerrore relativo
sulla base. Se si considera X grandezza misurata e a grandezza incognita, si ha
che lerrore relativo su una radice quadrata `e la met`a dellerrore relativo
` fattori `e
sul radicando. Inoltre lerrore relativo su un prodotto di piu
dato dalla somma degli errori relativi sui singoli fattori. Cos` lerrore relativo
su una potenza con esponente n `e pari a n volte lerrore relativo sulla base, il
che `e valido per valori di n sia positivi sia negativi. Applicando lEq. 1.6, ovvero il
principio di sovrapposizione degli errori, al rapporto X = a/b, si ha:
ex =
a
ba
ea
eb = ea eb
Xb
Xb2
(1.11)
dalla quale si ricava che lerrore relativo su un rapporto `e dato dalla differenza degli errori relativi su dividendo e divisore. Poiche spesso accade in pratica
che gli errori relativi non siano noti con esattezza in entit`a e segno, se ne fissano i
limiti che delimitano la fascia di incertezza. Si preferisce quindi in genere fornire
una stima del valore massimo dellerrore relativo, ponendosi nellipotesi del caso
peggiore e sommando i moduli dei due errori relativi. Alternativo al criterio del
caso peggiore `e quello del valore pi`
u probabile, che consiste nel calcolo della
radice
quadrata della somma dei quadrati dei valori pi`
u grandi degli errori relativi:
p
(e2a + e2b ). Questa quantit`a `e maggiore di ea o di eb , ma minore della loro somma.
Si consideri ora la somma di due grandezze X = a + b; dallapplicazione dellEq. 1.6 si ha:
a |ea | + b |eb |
ex =
(1.12)
a+b
questa uguaglianza diventa ex = ea nel caso in cui ea = eb .
Infine si consideri la differenza di due grandezze X = a b; dallapplicazione
dellEq. 1.6 si ha:
a ea b eb
ex =
(1.13)
ab
LEq. 1.13 si modifica nel caso in cui si applichi il criterio del caso peggiore nella
seguente espressione:
a |ea | + b |eb |
(1.14)
ex =
ab
in base alla quale lerrore relativo su una grandezza ottenuta per differenza `e tanto
maggiore quanto pi`
u le grandezze misurabili a e b sono vicine tra loro. Ne risulta
che un metodo di misura basato sulla differenza fra due grandezze misurabili va
applicato solo in casi particolari.
1.4
10
attendersi che gli effetti mediamente si annullino, ovvero il valore atteso degli errori
accidentali `e nullo. Quindi, al limite, se si sono corretti tutti gli errori sistematici e
gli errori accidentali seguono leggi simili di variazione, il valore del misurando
tende alla media aritmetica di un numero molto elevato di osservazioni. Quanto pi`
u piccoli risultano gli errori accidentali, tanto pi`
u si dice che la
misura `e precisa.
Gli errori sistematici sono quelli che si ripresentano sempre con lo stesso
segno e la stessa ampiezza, ripetendo la misura di una grandezza con la stessa strumentazione quando siano immutate le condizioni operative e ambientali. Il VIM
definisce errore sistematico la componente dellerrore di misura che in misure
ripetute resta costante o varia in modo prevedibile. Gli errori sistematici si calcolano attraverso la differenza tra il risultato della misura o il valor medio di una serie
ripetuta di misure e una stima nota del valore del misurando o il valore convenzionalmente vero del misurando. Essi sono in genere dovuti ad una non corretta
taratura o a difetti degli strumenti. I difetti possono essere costruttivi, oppure
derivare dallavere sottoposto lo strumento a particolari condizioni o ambientali od
operative. Particolarmente temibili sono elevate temperature, forti campi elettrostatici o elettromagnetici, sovraccarichi. Gli errori strumentali possono essere ridotti
attraverso una regolazione della curva di taratura dello strumento, usandolo in
modo appropriato, maneggiandolo con cura e sottoponendolo a una frequente manutenzione. Gli errori sistematici dipendono anche dallambiente in cui si esegue
la misura. Infatti variazioni di temperatura, la presenza di campi elettromagnetici
possono influenzare in modo continuativo sia la strumentazione sia il misurando. In
tal caso si asserisce che esiste una interferenza esterna sul sistema di misura e gli
errori prendono il nome anche di condizionati. Gli errori sistematici sono difficili
da valutare e solo un operatore esperto pu`o prevenirli o correggerli. Essi possono rivestire maggiore importanza di quelli accidentali, in quanto essenzialmente da
loro dipende laccuratezza della misura. Mentre la riduzione degli errori accidentali consente di migliorare la precisione, quella degli errori sistematici permette di
migliorare laccuratezza.
Per evidenziare la presenza e lentit`a degli errori sistematici `e utile confrontare i
risultati utilizzando strumenti o metodi di misura pi`
u accurati. Si definisce correzione il valore da aggiungere algebricamente al risultato non corretto di una misura
per compensarne lerrore sistematico. Indicata con C la correzione, pari al valore
negativo dellerrore sistematico stimato, ES :
C = ES
(1.15)
una stima corretta del valore del misurando si potr`a ottenere dalla relazione:
A=X +C
(1.16)
11
seguente:
A = CF X
(1.17)
` ora opportuno sottolineare che lincompleta conoscenza del valore richiesto per
E
la correzione contribuisce allincertezza del risultato e che il risultato della misura, dopo la correzione, `e ancora solo una stima del valore del misurando a causa
dellincertezza, dovuta sia allimperfetta correzione, sia alla presenza degli effetti accidentali. Dopo la correzione il risultato di una misura potrebbe essere molto vicino
al valore del misurando, ovvero lerrore sistematico residuo potrebbe essere molto
piccolo, ma lincertezza di misura potrebbe essere molto grande, in quanto i fattori
che la determinano (come per esempio lincertezza sulla correzione effettuata) non
vanno confusi con gli errori. Per dirla in altri termini, lincertezza del risultato di
una misura non va confusa con lerrore sistematico residuo non corretto.
1.5
Accuratezza e precisione
Qualsiasi misura `e soggetta a limitazioni, quando si fornisce il risultato di una misura `e necessario dare anche unindicazione sullincertezza della misura stessa. In
letteratura per qualificare la bont`a di una misura si incontrano diversi termini, come
quelli di accuratezza e precisione, sui quali non si `e pervenuti a una definizione
univoca.
`
Molto spesso si usa un termine per laltro, dando luogo a grande confusione. E
bene quindi chiarire luso che di questi due termini si far`a nel seguito. Si intender`a
per accuratezza il grado di approssimazione fra un valore di una grandezza misurata e il valore convenzionalmente vero di un misurando. In tal modo si
riprende la definizione, riportata nella maggior parte dei testi in lingua inglese, di
accuracy, termine che molti traducono in lingua italiana con la parola precisione, favorendo in tal modo la confusione. Le norme internazionali consigliano di
considerare laccuratezza come un concetto qualitativo e non quantitativo. Spesso
per`o sui cataloghi e su alcuni testi si trova quantificata laccuratezza. Si trova scritto
o si sente dire che uno strumento presenta unaccuratezza dello 0, 5%, il che, se preso
alla lettera, starebbe a significare che lo strumento fornisce delle pessime prestazioni. Probabilmente invece si voleva far riferimento allincertezza. Se cos` fosse, in
modo del tutto qualitativo si dovrebbe dire semplicemente che lo strumento presenta
unottima accuratezza.
La precisione di una misura `e intesa come il grado di approssimazione fra
le indicazioni o i valori della grandezza misurata ottenuti da misure ripetute sullo
stesso oggetto o su oggetti simili in condizioni specificate.
` dei risultati delle
Il VIM riporta altri concetti simili come quelli di ripetibilita
` . La precisione di una misura a volte `e espressa numemisure e di riproducibilita
ricamente attraverso limprecisione, quantificata mediante la deviazione standard
(scarto tipo nella norma italiana) o la varianza o un coefficiente di variazione, calcolati in condizioni specificate delle misure ripetute. Il VIM associa al concetto di precisione quelli di ripetibilit`a e di riproducibilit`a dei risultati delle misure. Si definisce
` la precisione ottenuta operando in un insieme di condizioni ripetibili.
ripetibilita
12
Si intendono condizioni ripetibili quelle che comprendono misure eseguite sullo stesso oggetto o su oggetti simili in un breve periodo di tempo, nella stessa postazione e
nelle stesse condizioni operative, seguendo la stessa procedura, impiegando gli stessi
` la
operatori e lo stesso sistema di misura. Si definisce inoltre riproducibilita
precisione ottenuta operando in un insieme di condizioni riproducibili. Si intendono
condizioni riproducibili quelle che comprendono misure ripetute sullo stesso oggetto
o su oggetti simili, in diverse postazioni, utilizzando diversi sistemi di misura che
possono seguire anche procedure differenti, con limpiego anche di vari operatori. Il
VIM introduce inoltre la definizione di precisione intermedia di misura, per cui
le condizioni di misura includono la stessa procedura, la stessa postazione e misure
ripetute sullo stesso oggetto o su oggetti simili, in un periodo di tempo esteso, ma
che possono includere altre condizioni, comprendenti anche variazioni, come nuove
tarature, nuovi calibratori, nuovi operatori o nuovi sistemi di misura.
` bene chiarire che laccuratezza e la precisione di una misura sono concetti
E
qualitativi e si sono voluti distinguere per rimarcare, come sar`a evidente in seguito,
che una bassa incertezza di misura si pu`o ottenere solo quando entrambe queste
caratteristiche sono elevate.
Esse dipendono sia dalla qualit`a degli strumenti utilizzati, sia della cura esercitata dalloperatore nellesecuzione della misura.
La precisione, in una visione estensiva, implica sia ripetibilit`a di una serie di
misure, sia un sufficiente numero di cifre significative. Quanto maggiore `e
la precisione della misura tante pi`
u cifre significative la rappresentano e gli scarti
tra le misure sono piccoli tra loro. Viceversa una misura non `e precisa, anche se
gli scarti tra pi`
u misure sono piccoli, quando sono poche le cifre significative che la
rappresentano. Per esempio se si disponesse di uno strumento digitale che consentisse
la lettura di sole due cifre della grandezza da misurare, si avrebbe una serie di misure
probabilmente ripetibili, ma non precise.
Sorge ora il problema se una misura precisa `e anche accurata e viceversa. Ebbene
si pu`o affermare che la precisione `e un requisito auspicabile ma non sufficiente per
assicurare accuratezza. Ovvero si auspica che una misura accurata sia anche precisa
e rappresentabile con un sufficiente numero di cifre significative, ma una misura
precisa non `e detto che sia anche accurata. Infatti si ipotizzi di avere uno strumento
digitale che permetta di leggere sei cifre della grandezza da misurare e inoltre di
eseguire diverse misure abbastanza vicine tra loro. Si pu`o affermare di avere eseguito
una misura precisa, nellipotesi che pi`
u misure si scostino poco tra loro, ma non `e
detto che essa sia accurata, potendo lo strumento risultare non correttamente tarato
o potendo aver perso le sue caratteristiche nel tempo a causa di degradazione di
componenti o per motivi accidentali. In alcune applicazioni, come per esempio nel
controllo di processo, spesso si richiede ripetibilit`a delle indicazioni, ovvero unottima
precisione, che risulta pi`
u importante dellaccuratezza.
Per una semplice comprensione della differenza tra accuratezza e precisione spesso si fa riferimento al tiro con larco. Si pensi ad un bersaglio costituito da tante
corone circolari attorno al cerchio centrale, che simula il misurando, mentre i tiri
sono le misure. Quando si effettuano diversi tiri e le frecce si concentrano nel cerchio
centrale le misure sono accurate e precise, se invece sono sparse su tutte le corone
13
14
statistica. Labbandono dellapproccio deterministico rende superata e inutile la definizione di valore vero del misurando, che `e unentit`a inconoscibile, ma rende pi`
u
difficile la comprensione di come migliorare laccuratezza di una misura. Infatti per
accuratezza si intende il grado di concordanza tra il risultato di una misurazione e
il valore convenzionalmente vero del misurando.
Normalmente si parte dal concetto di accuratezza per introdurre la taratura
di uno strumento e per far comprendere che ottenere una misura precisa, ovvero
ripetibile non fornisce assicurazioni sulla bont`a della misurazione e dello strumento,
se non `e stata regolata recentemente la sua curva di taratura e se la misura non `e
stata corretta, ovvero depurata dagli errori sistematici.
Si `e detto in precedenza che lincertezza del risultato di una misura riflette la
mancanza dellesatta conoscenza del valore del misurando e si `e anche sottolineato
che il risultato di una misura dopo la correzione `e solo una stima del valore del
misurando. Per poter quantificare lincertezza occorre introdurre alcuni semplici
concetti di statistica, che sono esaminati nei successivi paragrafi.
1.6
Taratura o calibrazione
Per stabilire in modo compiuto il valore del segnale di uscita di uno strumento di
misura, di un sensore, in condizioni di regime stazionario del misurando occorre
che sia nota una serie di parametri che definiscono le caratteristiche metrologiche
in regime permanente. La pi`
u importante fra queste caratteristiche `e la curva di
taratura o calibrazione. Purtroppo spesso si fa confusione tra taratura e regolazione
della caratteristica, per cui nel seguito si cercher`a di chiarire la loro differenza. Per
taratura o calibrazione si intende loperazione che, in condizioni specificate, in
una prima fase stabilisce una relazione tra i valori della grandezza misurata con dei
campioni di misura (tenendo conto delle loro incertezze di misura) e le corrispondenti
indicazioni dello strumento o del sensore, con associate le sue incertezze strumentali,
e in una seconda fase utilizza questa informazione per stabilire una relazione, che
consenta di ottenere il risultato di misura da unindicazione dello strumento. Attraverso la taratura si determina lincertezza strumentale dello strumento
o del sensore, valutata in genere come semi ampiezza dellintervallo di massimo
scostamento tra i valori del misurando corrispondenti ad una stessa indicazione dello
strumento o del sensore. Perche la taratura sia effettuata correttamente lincertezza
strumentale deve essere grande in confronto con le incertezze di misura associate ai
valori della grandezza ottenuti dai campioni di misura. Il costruttore `e tenuto ad
indicare le condizioni operative di riferimento definite come quelle prescritte
per la valutazione delle prestazioni del dispositivo o per il confronto dei risultati di
misura. La specifica delle condizioni operative durante la taratura richiede che siano
forniti gli intervalli dei valori sia del misurando sia delle grandezze dinfluenza.
Lespressione grafica, per esempio su un piano cartesiano, della relazione tra lindicazione dello strumento, posta su un asse, e il corrispondente risultato di misura,
posto sullaltro asse, `e definita come diagramma di taratura. In genere ad una
stessa indicazione dello strumento corrispondono diversi valori della grandezza mi-
15
16
lineare tra i segnali dingresso e di uscita, rendendo applicabile limportante principio di sovrapposizione degli effetti. Limportanza di avere una relazione lineare
tra misurando e indicazione `e tale che, come sar`a meglio evidenziato nel paragrafo
successivo, spesso gli strumenti o semplicemente i sensori sono dotati di una serie
di componenti aggiuntivi per la linearizzazione della caratteristica. Le relazioni fra
i due segnali possono essere scritte nel modo seguente:
y = kx
x = kt y
17
18
punto si applica al sensore un valore del misurando pari a xmax e, agendo sullamplificatore a guadagno variabile, si fa assumere alla retta la pendenza corrispondente
alla sua costante di taratura nominale, condizione raggiunta quando la tensione in
uscita allamplificatore risulta pari a ymax ymin , in modo tale che la corrispondente indicazione del sensore sia ymax , visto che alluscita dellamplificatore `e sempre
sommata una tensione pari a ymin . Quindi, anche in questo caso, impiegando due
semplici sommatori-sottrattori, uno a monte e uno a valle dellamplificatore, con
una sola traslazione della caratteristica e una sola variazione del guadagno si sono
apportate le correzioni necessarie a riportare il sensore allinterno delle sue specifiche. Al termine di queste operazioni il sensore `e stato regolato. Quando queste
operazioni sono effettuate automaticamente, si dice che il sensore `e dotato della
funzione di autoregolazione della curva di taratura. Spesso questa operazione
`e detta impropriamente autotaratura. Poiche lautoregolazione pu`o essere eseguita
frequentemente e allo scopo di non sollecitare indebitamente il sensore con il valore
massimo del suo misurando si scelgono coppie di valori misurando-indicazione differenti da quelle limiti del campo nominale. Ci`o presuppone che la caratteristica non
si discosti da un andamento lineare, il che consente di considerare due punti qualsiasi, purche non troppo vicini tra loro, per le inevitabili incertezze che accompagnano
tutti i processi di misura.
Un altro effetto sistematico pi`
u difficile da correggere `e rappresentato dallisteresi
che `e la massima differenza tra le indicazioni dello strumento o del solo sensore corrispondenti al medesimo misurando quando la misura `e eseguita procedendo per valori
prima crescenti e poi decrescenti del misurando stesso nellambito del suo intervallo
di misura. Essa d`a luogo ad un errore sistematico in genere espresso in per cento
del fondo scala, `e presente in diversi componenti ed `e causata da un ritardo nellazione di un elemento. Valori diversi dellisteresi si presentano al variare del campo
di escursione del misurando. Essa `e massima quando il misurando varia dallinizio
della scala fino al fondo scala e viceversa. Un errore analogo a quello causato dalla
presenza dellisteresi `e quello di frizione, presente ad esempio nei potenziometri dove
una spazzola scorre su delle spire.
Al costruttore si richiede di assicurare la ripetibilit`a delle misure durante tutta
la vita utile dello strumento o del solo sensore, quali che siano le grandezze din`,
fluenza che su esso possano agire. La ripetibilit`a nel tempo `e detta stabilita
definita come la propriet`a dello strumento o del solo sensore di conservare le sue
caratteristiche metrologiche costanti nel corso del tempo. Quanto pi`
u sar`a stabile
il dispositivo tanto minore sar`a nel tempo il numero di regolazioni da apportare
alla curva di taratura. Per ottenere la curva di taratura, una volta disponibile il
diagramma di taratura, si possono utilizzare diversi algoritmi matematici, il metodo
pi`
u utilizzato `e quello dei minimi quadrati, noto anche con lacronimo inglese LSM
(least square method ), che sar`a esaminato nellultimo paragrafo di questo capitolo.
Lalgoritmo LSM `e ormai disponibile non solo tra i pacchetti software di statistica,
ma anche nelle calcolatrici scientifiche tascabili. Si assume per ogni indicazione dello
strumento o del solo sensore il valor medio fra quelli del misurando relativi alla suddetta indicazione. Operando in tal modo si ottengono tante coppie di coordinate,
in numero n, quante sono le indicazioni del dispositivo prefissate in sede di taratura
19
20
1.7
21
22
D1
RS1
D2
Rm
b
Figura 1.2: Linearizzazione della caratteristica di un diodo raddrizzatore
Molto spesso si impiegano blocchi analogici con caratteristica inversa a quella del
dispositivo. Per esempio sono ampiamente impiegati amplificatori logaritmici con
caratteristiche esponenziali. Un metodo pi`
u recente che si `e molto diffuso negli smart
sensor `e quello di impiegare un convertitore analogico digitale, ADC, con caratteristica non lineare tale da compensare la non linearit`a del sensore, in questo modo
la conversione e la linearizzazione sono effettuate contemporaneamente utilizzando
ununica unit`a fisica. Sono stati proposti al riguardo diversi schemi di conversione
che in genere si basano sul principio di adattare la conversione alle caratteristiche
non lineari del sensore. Unaltra tecnica `e quella di realizzare un ADC con una
caratteristica che a tratti approssimi la caratteristica inversa del sensore.
1.8
23
1X
Xi
n i=1
X=
(1.18)
Nel calcolo della media a volte pu`o essere conveniente attribuire maggiore rilievo
a delle misure pi`
u attendibili o maggiormente significative. Allo scopo si moltiplica
ciascuna misura per un appropriato fattore peso, wi , e si divide la somma di questi
prodotti per la somma dei fattori peso ottenendo una media pesata, Xp :
n
P
Xp =
wi X i
i=1
n
P
(1.19)
wi
i=1
Si noti che lEq. 1.19 coinciderebbe con lEq. 1.18 nel caso in cui tutti i pesi
fossero uguali. Si pu`o utilizzare come i-esimo peso la quantit`a 1/2u2i , dove ui `e
lincertezza relativa della i-esima misura.
In base alle considerazioni fatte sugli errori, prescindendo momentaneamente
dallincertezza di misura, indicati con Esi e Eai gli errori sistematici e accidentali
relativi alla i-esima misura, questa potrebbe essere scritta nel modo seguente:
Xi = A + Esi + Eai
(1.20)
che sostituita nellEq. 1.18 consente di esprimere la media nella forma seguente:
n
1X
1X
X =A+
Esi +
Eai
n i=1
n i=1
(1.21)
Gli errori accidentali Eai rappresentano una tipica variabile aleatoria con valor
medio che si approssima a zero per n che tende allinfinito. DallEq. 1.21 si ricava
quindi che la media aritmetica di un insieme di misure `e una stima del valore del
misurando, tanto migliore quanto maggiore `e il numero di misure e quanto pi`
u sono
stati corretti gli errori sistematici. Si noti inoltre che lEq. 1.21 si pu`o esprimere
anche nella forma:
n
1X
X A=
Esi
(1.22)
n i=1
La differenza fra il valor medio e la stima A del misurando si definisce bias, che
ha una difficile traduzione in italiano, da alcuni `e tradotto come polarizzazione,
da altri distorsione ed `e un indice dellinaccuratezza di una misura.
La polarizzazione rappresenta la media degli errori sistematici e sar`a tanto pi`
u
piccola, quanto migliori saranno le correzioni apportate alle misure. Essa `e detta
anche errore sistematico e con il segno meno rappresenta la correzione totale
24
(1.23)
1X
1X
1X
di =
(Xi X) =
Xi X = 0
n i=1
n i=1
n i=1
(1.24)
e quindi non pu`o essere un indice della dispersione. Si pu`o ovviare a ci`o considerando
la deviazione media come la media dei valori assoluti delle deviazioni:
=
n
n
1X
1 X
Xi X
|di | =
n i=1
n i=1
(1.25)
1.9
La pi`
u importante misura della dispersione `e la deviazione standard, normalmente indicata con . La deviazione standard del campione di dati in esame `e
definita in termini dei quadrati delle deviazioni della media nel modo seguente:
v
v
u n
u n
u1 X 2 u1 X
(1.26)
di = t
(Xi X)2
=t
n i=1
n i=1
Si definisce invece come varianza del campione delle misure il quadrato della deviazione standard, ovvero la somma delle deviazioni quadratiche delle misure dal
loro valor medio diviso per il numero delle misure:
n
1X 2
1X
di =
(Xi X)2
=
n i=1
n i=1
2
(1.27)
la presenza del segno di allincirca uguale presente nelle Eq. 1.26 e Eq. 1.27 deriva
dal fatto che la varianza di un campione di una popolazione cos` come la deviazione
standard, definite dalle precedenti equazioni, rappresentano stime distorte dei loro
valori attesi. Infatti il numero di deviazioni indipendenti ovvero il grado di
`
1.10. CONCETTI DI FREQUENZA E DI PROBABILITA
25
1 X
s =
(Xi X)2
n 1 i=1
2
(1.29)
1X
(Xi X)q
n i=1
(1.30)
1.10
26
uguale per tutte e pari a 1/n. Ad evitare ci`o `e preferibile raggruppare le misure in
k gruppi o classi. La frequenza relativa `e allora rappresentata dal numero di misure
che cadono in ogni classe, diviso per n. In un istogramma la frequenza relativa
rappresenta larea di un generico intervallino, in quanto si assume unitaria lampiezza
delle singole classi in cui sono suddivise le misure, come mostrato in Fig. 1.3. Inoltre
larea sottesa dallistogramma `e unitaria, in quanto la somma di tutte le frequenze
relative `e lunit`a:
k
k
X
1X
ni = 1
(1.31)
fi =
n i=1
i=1
dove con ni si `e indicato il numero di risultati che cadono nella generica classe o
intervallino Xi = (Xmax Xmin )/K, dove con Xmax e Xmin si sono indicati rispettivamente i valori massimo e minimo dellinsieme dei risultati e con k il numero di
classi. Nel caso sia difficile porre uguale ad 1X, si definisce una frequenza specifica
data da fi diviso per lampiezza delli-esimo intervallino, in modo che fi sia sempre
uguale allarea delli-esimo rettangolo costituente listogramma. Listogramma di
Fig. 1.3 si modifica in quello di Fig. 1.4, nel caso in cui i risultati delle n prove si
ripetano singolarmente, come avviene, per esempio, quando si considerino i risultati
del lancio di due dadi (intero compreso tra due e dodici). La media degli eventi `e
ottenibile dalla somma dei prodotti fra i risultati delle prove e il numero delle volte
che essi possono verificarsi, ni = nfi , diviso per il numero delle prove eseguite, pari
a n:
k
k
X
1X
X=
Xic nfi =
Xic fi
(1.32)
n i=1
i=1
dove Xic `e il valor medio delle misure nellintervallino Xi . La media risulta pertanto
indipendente dal numero n di prove eseguite. In base allEq. 1.32 si pu`o affermare
che la media di una serie di eventi ripetibili `e una media pesata i cui pesi sono
rappresentati dalle frequenze relative fi . Nel caso in cui i risultati siano raggruppati
in classi, si assumer`a per Xic , da porre nellEq. 1.30, come si `e detto il valor medio
dei risultati relativi alla generica classe o intervallino Xi . La deviazione media,
la deviazione standard e la varianza assumono le seguenti espressioni:
v
u k
k
uX
X
X
=
fi Xic X
=t
fi (Xic X)2
2
fi (Xic X)2 (1.33)
=
i
i=1
i=1
In genere le frequenze relative variano con il numero delle prove eseguite e tendono ad assumere valori sempre pi`
u stabili quanto pi`
u n aumenta, fino ad un valore
` dellevento.
limite ben definito detto probabilita
Indicato con X un evento qualsiasi dellinsieme S di eventi aleatori, la probabilit`a
che si verifichi levento X `e sempre compresa tra 0 e 1. La probabilit`a di tutti gli
eventi `e la certezza:
0 < Pr(X) < 1
Pr(S) = 1
(1.34)
In genere se pr `e la probabilit`a che levento X assuma il risultato xr si scriver`a:
pr = Pr(X = xr )
`
1.10. CONCETTI DI FREQUENZA E DI PROBABILITA
27
fi
fi
x
2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Figura 1.4: Probabilit`a relative al lancio di una prova di due
X
p(xi ) = 1
(1.36)
i=1
In Tabella 1.1 sono riportate le probabilit`a relative ai risultati del lancio di due
dadi. Si pu`o verificare facilmente che la somma di tutte le probabilit`a `e pari ad 1.
28
1.11
(1.37)
(1.38)
Si ipotizzi ora che X sia una variabile aleatoria continua, in tal caso `e necessario introdurre una nuova funzione, la densit`a della distribuzione di probabilit`a o,
` di probabilita
` , definita come la derivata della
brevemente, funzione densita
funzione di distribuzione: p(x) = dF (x)/ dx, per cui:
Z x
F (x) =
p(x) dx
(1.39)
la funzione densit`a di probabilit`a `e indicata a volte anche con f (x). In base allEq. 1.39 si ha:
Z +
F (x) =
p(x) dx = 1
(1.40)
Se `e soddisfatta lEq. 1.40 si dice che la funzione p(x) `e normalizzata. Nota la p(x)
`e possibile calcolare ad esempio la probabilit`a che x cada nellintervallo (x, x + x)
mediante il seguente integrale:
Z x+x
Pr(x < X < x + x) = F (x + x) F (x) =
p(x) dx
(1.41)
x
`
1.11. LEGGI DI DISTRIBUZIONE DI PROBABILITA
29
la probabilit`a `e uguale allarea sottesa dalla curva della densit`a p(x) compresa tra
x e x + x.
La funzione densit`a di probabilit`a, se nota a priori completamente o parzialmente, pu`o essere utilizzata per migliorare la precisione della misura e anche per ridurre
lincertezza.
Essa `e stata considerata una funzione continua, in cui la variabile x pu`o assumere
tutti i valori nel campo [, +], il che contrasta con il campione limitato da cui
si `e partiti.
In realt`a un numero finito di osservazioni pu`o essere considerato solo un campione di un insieme infinito che presenta una certa funzione densit`a di probabilit`a.
Listogramma delle probabilit`a di occorrenza degli eventi relativi al campione `e una
approssimazione della curva p(x) e il grado di approssimazione dipende dal numero
di prove e dallampiezza in cui i risultati sono raggruppati.
Per distinguere i risultati ottenuti con un piccolo numero di prove da quelli relativi ad un numero molto grande, si usa considerare i risultati derivanti da un numero
limitato di prove come una stima di queste funzioni. In termini statistici il valore
atteso, o speranza matematica, o semplicemente laspettazione, o la media
statistica di una variabile aleatoria discreta {xi } si esprime simbolicamente come E[xi ]. A tale funzione si applicano le stesse propriet`a della sommatoria per le
variabili discrete e dellintegrale per le variabili continue:
x = E [X] =
k
X
p i xi
(1.42)
i=1
la grandezza x prende anche il nome di media della distribuzione della variabile aleatoria. Nel caso di variabili aleatorie continue qualora sia nota la funzione
densit`a di probabilit`a p(x) della variabile continua X, laspettazione se esiste `e:
Z +
xp(x) dx
(1.43)
x = E [X] =
la deviazione media, la deviazione standard e la varianza della distribuzione assumono le seguenti espressioni:
Z
=
sZ
(1.44)
(x )2 p(x) dx
(1.45)
(x )2 p(x) dx
(1.46)
=
2 =
|x | p(x) dx
Z +
Si noti quindi che per il calcolo delle aspettazioni `e necessario conoscere, per
variabili aleatorie discrete, la funzione di probabilit`a di massa, per variabili aleatorie
continue, la funzione densit`a di probabilit`a. Si `e detto che la media aritmetica
30
rappresenta una stima del valore del misurando quando siano stati corretti gli errori
` bene precisare che mentre la media aritmetica `e una
sistematici correggibili. E
stima dellaspettazione , la grandezza A, che compare nellEq. 1.1, `e una stima
dellaspettazione del misurando.
1.12
Distribuzione uniforme
0
x<a
x a
a<xb
(1.47)
F (X) =
ba
1
x>b
E presenta quindi una funzione densit`a di probabilit`a data da:
1
p(X) =
ba
x<a
a<xb
x>b
F (x)
1
(1.48)
31
Z b
1
b 2 a2
a+b
=
x dx =
=
ba a
2(b a)
2
Z b
Z b
1
1
2 =
(x )2 dx =
x2 dx1 =
ba a
b a a 1
"
3
3 #
(b )3 (a )3
1
ba
ba
(b a)2
=
=
+
=
3(b a)
3(b a)
2
2
12
1.13
(1.49)
Distribuzione di Gauss
La distribuzione detta normale fu derivata da Demoivre nel 1733 studiando i problemi associati con il lancio di monete.
Pi`
u tardi, in modo autonomo, essa fu ricavata da Laplace e da Gauss, dal quale
prende il nome. Fu Gauss che lapplic`o per primo alla distribuzione degli errori
accidentali su dati astronomici e scientifici in genere.
La distribuzione di Gauss ha grande importanza pratica, nel campo della teoria
degli errori e delle incertezze, per diverse ragioni. In particolare essa descrive, in
molti gruppi di misure effettuate in diversi campi, la distribuzione degli errori
aleatori e permette la valutazione di tipo A delle incertezze.
Per questo motivo essa prende anche il nome di funzione errore normale.
La distribuzione di Gauss da alcuni `e considerata un risultato derivato matematicamente da considerazioni elementari, da altri una formula empirica che bene si
raccorda con la teoria degli errori aleatori. Questo secondo punto di vista appare,
pur se pragmatico, sostenuto dal fatto che molti insiemi di osservazioni sperimentali presentano una distribuzione degli errori aleatori che `e bene approssimata dalla
curva di Gauss.
Daltra parte `e bene sottolineare che una distribuzione binomiale approssima
molto bene la curva di errore normale quando n `e molto grande, anche se vi `e
la differenza sostanziale che la distribuzione binomiale `e discreta, mentre quella
normale `e continua.
La distribuzione di Gauss ha per funzione densit`a:
2 (xm)2
p(x) = Aeh
(1.50)
32
Perche la distribuzione sia normalizzata deve risultare verificata lEq. 1.40, dalla
cui applicazione `e possibile ricavare il valore della costante A:
Z
Z
A z2
h2 (xm)2
Ae
dx =
e dz = 1
(1.51)
h
2
ez dz =
(1.52)
si ricava:
h
(1.53)
A=
Per la simmetria della curva tracciata in Fig. 1.6 `e ovvio che m coincide con la
media della distribuzione, ma ci`o pu`o essere verificato matematicamente, in base
allEq. 1.43:
Z +
Z
h
2
2
=
x p(x) dx =
x eh (xm) dx =
Z
z
1
2
+ m ez dz =
=
h
(1.54)
Z
Z
1
z z2
m
2
e dz +
ez dz =
=
h
m
=m
=
`e nullo per la simmetria della funzione p(z) rispetto allascissa zero. Il calcolo della
varianza procede in modo analogo; in base alla terza espressione dellEq. 1.46
Z
Z +
h
2
2
2
2
(x )2 eh (x) dx
=
(x ) p(x) dx =
Z
1
1
1
2 z 2
= 2
z e dz = 2
= 2
2h
h
h 2
da cui si ricava
1
=
h 2
(1.55)
La deviazione standard `e inversamente proporzionale alla costante di precisione h, quindi quanto pi`
u `e piccolo tanto pi`
u la curva `e appuntita e minore `e la
dispersione intorno alla media.
33
Ci`o `e evidenziato nella Fig. 1.6 dove sono mostrate diverse curve della p(x) al
variare della deviazione standard.
In base alle equazioni precedenti la funzione densit`a di probabilit`a, data dallEq. 1.50, pu`o essere scritta nella seguente forma:
(x)2
1
p(x) = e 22
2
(1.56)
k/e
1
h
1
h
2/ 2 p(x)
0 = 0,5
1/ 2
1 = 1
2 = 2
1/2 2
34
1.14
(1.60)
La funzione di distribuzione normale standard `e mostrata in Fig. 1.8. In Tabella 1.3 sono riportate le soluzioni dellintegrale nellEq. ?? per diversi valori di z, i
dati forniti si intendono preceduti dalla virgola decimale.
` interessante notare anche dalla Fig. 1.8 che la funzione distribuzione normale
E
gode la seguente propriet`a: (z) = 1 (z). Inoltre quando x1 = si ha
z1 = 1 e quando x2 = + si ha z2 = 1; pi`
u in generale quando x1 = k si
ha z1 = k e quando x1 = + k si ha z2 = k e pertanto si pu`o scrivere:
Z k
z2
1
Pr( k < X + k) =
e 2 dz = 2(k) 1
(1.61)
2 k
In base alla precedente e ai dati riportati in Tabella 1.2 si possono calcolare
alcune probabilit`a di particolare interesse:
Pr( < x < + ) = 2(1) 1 = 0, 683
1 Pr( < x < + ) = 0, 317
Pr( 2 < x < + 2) = 2(2) 1 = 0, 954
1 Pr( 2 < x < + 2) = 0, 046
Pr( 3 < x < + 3) = 2(3) 1 = 0, 997
1 Pr( 3 < x < + 3) = 0, 003
Quindi la probabilit`a che le misure cadano nellintervallo di confidenza
x = ovvero il livello di confidenza, `e circa il 68%, nellintervallo x = 2
`e circa il 95%, mentre la probabilit`a che le misure cadano al di fuori dellintervallo
x = 3 `e solo dello 0, 3%.
35
(z)
0,5040
0,5080
0,5120
0,5160
0,5199
0,5239
0,5279
0,5319
0,5359
0,5398
0,5438
0,5478
0,5517
0,5557
0,5596
0,5636
0,5675
0,5714
0,5753
0,5793
0,5832
0,5871
0,5910
0,5948
0,5987
0,6026
0,6064
0,6103
0,6141
0,6179
0,6217
0,6255
0,6293
0,6331
0,6368
0,6406
0,6443
0,6480
0,6517
0,6554
0,6591
0,6628
0,6664
0,6700
0,6736
0,6772
0,6808
0,6844
0,6879
0,6915
z
0,51
0,52
0,53
0,54
0,55
0,56
0,57
0,58
0,59
0,6
0,61
0,62
0,63
0,64
0,65
0,66
0,67
0,68
0,69
0,7
0,71
0,72
0,73
0,74
0,75
0,76
0,77
0,78
0,79
0,8
0,81
0,82
0,83
0,84
0,85
0,86
0,87
0,88
0,89
0,9
0,91
0,92
0,93
0,94
0,95
0,96
0,97
0,98
0,99
1
(z)
0,6950
0,6985
0,7019
0,7054
0,7088
0,7123
0,7157
0,7190
0,7224
0,7257
0,7291
0,7324
0,7357
0,7389
0,7422
0,7454
0,7486
0,7517
0,7549
0,7580
0,7611
0,7642
0,7673
0,7704
0,7734
0,7764
0,7794
0,7823
0,7852
0,7881
0,7910
0,7939
0,7967
0,7995
0,8023
0,8051
0,8078
0,8106
0,8133
0,8159
0,8186
0,8212
0,8238
0,8264
0,8289
0,8315
0,8340
0,8365
0,8389
0,8413
z
1,01
1,02
1,03
1,04
1,05
1,06
1,07
1,08
1,09
1,1
1,11
1,12
1,13
1,14
1,15
1,16
1,17
1,18
1,19
1,2
1,21
1,22
1,23
1,24
1,25
1,26
1,27
1,28
1,29
1,3
1,31
1,32
1,33
1,34
1,35
1,36
1,37
1,38
1,39
1,4
1,41
1,42
1,43
1,44
1,45
1,46
1,47
1,48
1,49
1,5
(z)
0,8438
0,8461
0,8485
0,8508
0,8531
0,8554
0,8577
0,8599
0,8621
0,8643
0,8665
0,8686
0,8708
0,8729
0,8749
0,8770
0,8790
0,8810
0,8830
0,8849
0,8869
0,8888
0,8907
0,8925
0,8944
0,8962
0,8980
0,8997
0,9015
0,9032
0,9049
0,9066
0,9082
0,9099
0,9115
0,9131
0,9147
0,9162
0,9177
0,9192
0,9207
0,9222
0,9236
0,9251
0,9265
0,9279
0,9292
0,9306
0,9319
0,9332
z
1,51
1,52
1,53
1,54
1,55
1,56
1,57
1,58
1,59
1,6
1,61
1,62
1,63
1,64
1,65
1,66
1,67
1,68
1,69
1,7
1,71
1,72
1,73
1,74
1,75
1,76
1,77
1,78
1,79
1,8
1,81
1,82
1,83
1,84
1,85
1,86
1,87
1,88
1,89
1,9
1,91
1,92
1,93
1,94
1,95
1,96
1,97
1,98
1,99
2
(z)
0,9345
0,9357
0,9370
0,9382
0,9394
0,9406
0,9418
0,9429
0,9441
0,9452
0,9463
0,9474
0,9484
0,9495
0,9505
0,9515
0,9525
0,9535
0,9545
0,9554
0,9564
0,9573
0,9582
0,9591
0,9599
0,9608
0,9616
0,9625
0,9633
0,9641
0,9649
0,9656
0,9664
0,9671
0,9678
0,9686
0,9693
0,9699
0,9706
0,9713
0,9719
0,9726
0,9732
0,9738
0,9744
0,9750
0,9756
0,9761
0,9767
0,9772
z
2,01
2,02
2,03
2,04
2,05
2,06
2,07
2,08
2,09
2,1
2,11
2,12
2,13
2,14
2,15
2,16
2,17
2,18
2,19
2,2
2,21
2,22
2,23
2,24
2,25
2,26
2,27
2,28
2,29
2,3
2,31
2,32
2,33
2,34
2,35
2,36
2,37
2,38
2,39
2,4
2,41
2,42
2,43
2,44
2,45
2,46
2,47
2,48
2,49
2,5
(z)
0,9778
0,9783
0,9788
0,9793
0,9798
0,9803
0,9808
0,9812
0,9817
0,9821
0,9826
0,9830
0,9834
0,9838
0,9842
0,9846
0,9850
0,9854
0,9857
0,9861
0,9864
0,9868
0,9871
0,9875
0,9878
0,9881
0,9884
0,9887
0,9890
0,9893
0,9896
0,9898
0,9901
0,9904
0,9906
0,9909
0,9911
0,9913
0,9916
0,9918
0,9920
0,9922
0,9925
0,9927
0,9929
0,9931
0,9932
0,9934
0,9936
0,9938
z
2,51
2,52
2,53
2,54
2,55
2,56
2,57
2,58
2,59
2,6
2,61
2,62
2,63
2,64
2,65
2,66
2,67
2,68
2,69
2,7
2,71
2,72
2,73
2,74
2,75
2,76
2,77
2,78
2,79
2,8
2,81
2,82
2,83
2,84
2,85
2,86
2,87
2,88
2,89
2,9
2,91
2,92
2,93
2,94
2,95
2,96
2,97
2,98
2,99
3
(z)
0,9940
0,9941
0,9943
0,9945
0,9946
0,9948
0,9949
0,9951
0,9952
0,9953
0,9955
0,9956
0,9957
0,9959
0,9960
0,9961
0,9962
0,9963
0,9964
0,9965
0,9966
0,9967
0,9968
0,9969
0,9970
0,9971
0,9972
0,9973
0,9974
0,9974
0,9975
0,9976
0,9977
0,9977
0,9978
0,9979
0,9979
0,9980
0,9981
0,9981
0,9982
0,9982
0,9983
0,9984
0,9984
0,9985
0,9985
0,9986
0,9986
0,9987
36
0.5
x
2
1.15
Xj =
1
n
n
X
Xji
Xji
i=1
Dm = X j
(1.62)
2
m
1 X 2
=
D
m j=1 mj
(1.63)
37
Dmj
1X
1X
1X
= Xj =
Xji =
(Xji ) =
dji
n i=1
n i=1
n i=1
(1.64)
1 X
2
=
m
m j=1
1X
dji
n i=1
!2
m
n
1 X X
=
dji
mn2 j=1 i=1
!2
m
n
s2
1 XX 2
=
d
=
mn2 j=1 i=1 ji
n
(1.65)
m =
n
(1.66)
X
s2 (Xi )
1
=
(Xi X)2
s (X) =
n
n(n 1) i=1
2
(1.67)
38
1.16
1.16.1
39
misura di X :
v
u
n
X
1
s(Xi ) u
t
(Xi X)2
u(x) = s(X) = =
n(n 1) i=1
n
2
u2 (x) = s2 (X) =
s (Xi )
1
=
n
n(n 1)
(1.69)
n
X
(Xi X)2
i=1
1.16.2
40
41
1.16.3
Raccomandazioni sullincertezza
42
1X
1X
X =A+
Esi +
Eai
n i=1
n i=1
(1.72)
Gli errori accidentali Eai rappresentano una tipica variabile aleatoria con valor medio che si approssima a zero per n che tende allinfinito. Lerrore sistematico `e
assimilabile ad uninterferenza e quello aleatorio a un rumore, il che permette
di considerare la tecnica dellaveraging o della media, come strumento elementare
per ridurre gli effetti del rumore.
Anche gli errori aleatori non sono completamente eliminabili e contribuiscono
allincertezza con una componente ur (X). Ipotizzando lesistenza delle sole due
incertezze precedentemente indicate lincertezza tipo, complessiva sar`a data da:
p
(1.73)
u(X) = u2s (X) + u2r (X)
La valutazione delle componenti dellincertezza us (X) e ur (X) pu`o essere di tipo
A o B indifferentemente per luna o per laltra, in base alla metodologia di misura
seguita.
Lincertezza, come lerrore, pu`o essere espressa in valori assoluto, dato dallEq. 1.71, relativo u(x)/x o percentuale [u(x)/x]100.
1.17
(1.74)
(1.75)
In alcuni casi la stima y pu`o essere ottenuta dalla media aritmetica di n misure indipendenti di Y , basate su un insieme completo di valori osservati delle N
grandezze dingresso:
n
n
1X
1X
Yi =
f (X1,i , X2,i , . . . , XN,i )
(1.76)
y=Y =
n i=1
n i=1
44
Questo modo di ottenere la stima in genere, quando f `e una funzione non lineare delle grandezze dingresso, `e preferito allaltro, basato sul calcolo delle medie
aritmetiche delle singole grandezze dingresso:
y = f (X1 , X2 , . . . , XN )
(1.77)
I due metodi sono identici quando f `e funzione lineare delle grandezze dingresso.
Lincertezza standard combinata, indicata con uc (y), `e determinata dalla deviazione standard stimata, associata a ciascuna delle stime dingresso xi , denominate incertezze standard e indicate con u(xi ). Ciascuna stima delle grandezze
dingresso xi e ciascuna incertezza standard u(xi ) sono ricavate da una distribuzione
di valori possibili delle grandezze dingresso Xi .
Queste distribuzioni di probabilit`a possono essere basate su valutazioni Tipo A,
ovvero su una serie di osservazioni e sulle relative distribuzioni di frequenza, o su
valutazioni Tipo B, ovvero su distribuzioni a priori.
Nel paragrafo 1.3 si `e considerata la propagazione dellerrore su misure indirette, si vuole ora mostrare come sia possibile calcolare la incertezza standard
combinata di grandezze misurate indirettamente quando siano note sia le stime
x1 , x2 , x3 . . . , xN delle N grandezze X1 , X2 , X3 . . . , XN misurate, sia le incertezze
standard u(x1 ), u(x2 ), u(x3 ), . . . , u(xN ).
Lincertezza standard combinata uc (y) della stima y del misurando `e la radice
quadrata positiva della varianza standard combinata. Lo sviluppo dellEq. 1.75 in
serie di Taylor intorno ai valori di aspettazione delle xi , E [xi ] = i , troncato al
primo ordine, consente di confondere la differenza con il differenziale. Quindi per
piccoli scostamenti di y intorno alla y in funzione di piccoli scostamenti delle xi
intorno alle i `e possibile scrivere:
#2
N
X
f
(xi i ) =
(y y )2 =
x
i
i=1
(1.78)
2
N
N
1 X
N
X
X
f
f
f
=
(xi i )2 + 2
(xi i )(xj j )
x
x
x
i
i
j
i=1
i=1 j=i+1
"
2
N
X
f
i=1
xi
i2
+2
N
1
X
i=1
N
X
f f
i j %ij
x
x
i
j
j=i+1
(1.79)
dove % = covij /i j `e il coefficiente di correlazione in funzione della covarianza covij di xi e xj . DallEq. 1.79 si ricava come si vedr`a in seguito la legge di
propagazione delle incertezze.
1.17.1
In una prima analisi si ipotizzi che le grandezze dingresso siano tutte indipendenti.
In tal caso le variabili casuali associate alle grandezze dingresso possono essere
ritenute scorrelate.
Ci`o pu`o accadere quando le grandezze dingresso siano state misurate ripetutamente, ma non simultaneamente in esperimenti indipendenti distinti, o perche
rappresentano grandezze risultanti da valutazioni distinte fatte indipendentemente,
o se le grandezze dingresso possono essere trattate come costanti, o se vi `e informazione insufficiente per valutare la covarianza associata alle stime delle grandezze
dingresso.
Nei casi esemplificati lEq. 1.79 si semplifica nella seguente:
y2
N
X
f
i=1
xi
i2
(1.80)
LEq. 1.80 fornisce la relazione tra la deviazione standard della grandezza misurata indirettamente e le deviazioni standard delle grandezze dingresso indipendenti
di cui essa `e funzione.
` importante sottolineare lesistenza del teorema del limite centrale che
E
afferma la possibilit`a di approssimare la distribuzione di Y a quella normale anche
se le distribuzioni delle X non risultino perfettamente normali, qualora la varianza
u grande di ogni singola componente della varianza c2i i2 delle grany2 sia molto pi`
dezze dingresso con distribuzioni che si discostino da quella normale, dove ci `e il
coefficiente di sensibilit`a, derivata parziale della funzione rispetto a xi .
Poiche si `e detto che le incertezze standard sono calcolate ricorrendo alle varianze,
o meglio lincertezza standard combinata uc (y) della stima y del misurando `e la
radice quadrata positiva della varianza standard combinata, questa per grandezze
dingresso non correlate, in base all 1.80 si pu`o scrivere:
u2c (y)
N
X
f
i=1
xi
u2 (xi )
(1.81)
Ciascuna incertezza u(xi ) `e standard ottenuta con valutazioni sia di tipo A sia
di Tipo B. Le derivate parziali presenti nellEq. 1.81 sono pari alle derivate parziali
rispetto alle grandezze dingresso, valutate nei valori di aspettazione delle Xi , anche
se si calcolano per X1 = x1 :
f
f
ci =
=
(1.82)
xi
Xi x1 ,x2 ,...,xN
Le derivate presenti nellEq. 1.82 sono chiamate anche coefficienti di sensi` , indicati con ci , e descrivono come la stima della grandezza duscita y varia
bilita
al variare dei valori delle stime delle grandezze dingresso x1 , x2 , x3 . . . , xN . La incertezza combinata quadrata pu`o pertanto essere scritta come la seguente somma
46
N
X
c2i u2 (xi )
i=1
N
X
[ci u(xi )] =
i=1
N
X
u2i (y)
(1.83)
i=1
dove si sono indicate con ui (y) = |ci | u(xi ) le incertezze standard della stima y generate dalle incertezze standard delle stime xi . Ci`o `e valido in quanto nelle ipotesi di
piccole variazioni di xi , cui corrisponda una variazione di y, si ha (y)i = ci xi . Pertanto, in base allEq. 1.83, la incertezza combinata quadrata pu`o essere vista come
la somma delle incertezze della stima duscita y generate dalle incertezze quadrate
stimate associate alle stime dingresso xi .
` , ci , a volte invece di essere calcolati in base alla
I coefficienti di sensibilita
conoscenza della funzione f , possono essere valutati sperimentalmente. In tal caso
si misura la variazione prodotta su Y da una variazione di una specifica grandezza
dingresso Xi , mantenendo costanti le altre grandezze dingresso: ci = y/xi
(costanti tutte le grandezze dingresso diverse da xi ).
1.17.2
LEq 1.82 e le sue derivate sono valide solo se le grandezze dingresso, Xi , sono
indipendenti o scorrelate.
Se alcune delle Xi sono correlate in misura significativa, bisogna tener conto
delle correlazioni e in base allEq. 1.12 lespressione della varianza combinata risulta:
u2c (y)
2
N
X
f
xi
i=1
N
X
i=1
N
X
f
xi
N
1
X
N
1
X
u (xi ) + 2
i=1
2
u (xi ) + 2
i=1
c2i u2 (xi ) + 2
i=1
N
1
X
N
X
N
X
f f
u(xi , xj ) =
x
x
i
j
j=i+1
N
X
f f
u(xi )u(xj )r(xi , xj ) =
xi xj
j=i+1
(1.84)
i=1 j=i+1
N
X
f
i=1
xi
#2
u(xi )
"
=
N
X
#2
ci u(xi )
(1.85)
i=1
47
`e data da:
n
X
1
u(xi , xj ) = s(Xi , Xj ) =
(Xik Xi )(Xjk Xj )
n(n 1) k=1
(1.86)
u(xi )j
u(xj )i
(1.87)
dove i `e la variazione in xi che produce una variazione j in xj . LEq. 1.87 pu`o anche
essere usata per calcolare la variazione approssimata indotta su una stima dingresso
da una variazione di unaltra, quando sia noto il loro coefficiente di correlazione.
Quando si deve valutare la correlazione tra una grandezza dingresso e una grandezza dinfluenza, come la temperatura ambiente, la pressione atmosferica e
lumidit`a, occorre molta esperienza da parte delloperatore.
Fortunatamente spesso tali correlazioni sono trascurabili, se cos` non fosse, si
pu`o evitare di introdurre le correlazioni se le grandezze dinfluenza sono considerate
come grandezze dingresso indipendenti aggiuntive, note che siano le loro incertezze
standard indipendenti.
1.18
Incertezza estesa
Nel campo industriale e commerciale, cos` come in quello sanitario o l` dove siano
coinvolte la salute e la sicurezza pubbliche, `e preferibile introdurre lincertezza
estesa U , ottenuta moltiplicando lincertezza standard combinata uc per un fattore di copertura k:
U = k uc (y)
(1.88)
Lincertezza estesa `e quella grandezza che definisce un intervallo, intorno al risultato della misura, che ci si aspetta contenga una frazione rilevante della distribuzione
di valori, ragionevolmente attribuibili al misurando.
La scelta del fattore k, di solito compreso tra 2 e 3, `e basata sulla probabilit`a di
copertura o livello di confidenza o ancor meglio grado di confidenza richiesto allintervallo. Tale fattore deve essere dichiarato, in modo che si possa ricavare
lincertezza standard della grandezza misurata, da usarsi nel calcolo dellincertezza
standard combinata di altri risultati di misure eventualmente dipendenti da quella
grandezza.
Il risultato di una misura `e espresso in modo appropriato come:
Y =yU
(1.89)
48
LEq. 1.89 sta a significare che la migliore stima del valore attribuibile al misurando Y `e y e che ci si aspetta che lintervallo [y U, y + U ] comprenda una gran
parte della distribuzione di valori ragionevolmente attribuibili a Y . Un intervallo di
questo tipo `e anche espresso come:
yU Y y+U
(1.90)
Il termine livello di confidenza sarebbe appropriato solo se le incertezze fossero ottenute con valutazioni di tipo A, poiche lincertezza estesa non fa riferimento
specifico a un tipo di valutazione dellincertezza, `e pi`
u corretto parlare di grado
di confidenza. Si pu`o quindi affermare che U definisce, intorno al risultato della
misura, un intervallo che comprende una gran parte p della distribuzione di probabilit`a caratterizzata dal risultato stesso e dalla sua incertezza standard combinata,
` chiaro
dove p `e la probabilit`a di copertura o grado di confidenza dellintervallo. E
che dovrebbe essere buona norma nella dichiarazione della incertezza estesa indicare
anche il grado di confidenza p associato alla fascia dincertezza definita da U .
Nel caso in cui la distribuzione di probabilit`a delle stime del misurando e delle
incertezze standard combinate siano di tipo normale, o approssimativamente tali,
e il numero di gradi di libert`a sia sufficientemente elevato, si pu`o ritenere che per
k = 2p 95% e per k = 3p 99%.
Spesso la definizione di p non `e facile, in quanto non si riesce ad avere una
conoscenza approfondita della distribuzione di probabilit`a delle stime del misurando.
1.19
49
Tabella 1.3: Valori del fattore di copertura e del livello di confidenza nel caso di una
distribuzione di tipo normale
1.20
Fattore di copertura k
1
1,645
1,960
2
2,576
3
50
Simbolo
Y
Z
E
P
T
G
M
k
h
da
d
c
m
n
p
f
a
z
y
Nome
Y
Z
E
P
T
G
M
k
h
da
d
centi
m
n
p
f
a
z
y
Potenza
1 1024
1 1021
1 1018
1 1015
1 1012
1 109
1 106
1 103
1 102
10
1 101
1 102
1 103
1 106
1 109
1 1012
1 1015
1 1018
1 1021
1 1024
Esempi1
1 PHz
1 TW h
1 GHz
1 MW
1 kV
1 hg
1 dm
1 crad
1 mA
1 s
1 pF
51
Unaltra convenzione correntemente accettata `e quella relativa agli zeri significativi. Nella presentazione di un numero non si considerano significativi quegli
zeri che hanno la sola funzione di indicare lentit`a numerica del dato presentato,
ovvero la corretta posizione delle cifre significative alla destra o alla sinistra degli
zeri. I numeri 512 000 e 0,003 18 hanno, ad esempio, solo tre cifre significative,
mentre 0,051 300 ne ha cinque, in quanto gli ultimi due zeri sarebbero superflui se
servissero a posizionare le cifre 513 e quindi sono riportati unicamente per stabilire
la precisione della misura.
Ad evitare incomprensioni nella presentazione di risultati di esperienze scientifiche, si `e convenuto di non riportare alla destra delle cifre significative zeri che
non siano anchessi significativi, utilizzando opportuni prefissi che rappresentano
determinate potenze del 10 e che sono riportati in Tabella 1.4.
Un modo molto utilizzato per la presentazione delle misure eseguite e dei risultati ottenuti `e quello delle tabelle. Una tabella di misure e di calcoli dovrebbe
rispettare determinate regole.
Essa deve avere un titolo esplicativo dei dati presentati.
Ogni colonna di cifre dovrebbe far riferimento a risultati, ottenuti da misure
dirette o indirette, associati ad una sola quantit`a, essa inoltre in testa deve riportare
un titolo che consenta di identificare i dati contenuti nella colonna stessa.
` importante anche non dimenticare di riportare sotto il titolo della colonna
E
` di misura dei dati, racchiusa in parentesi tonde o quadre. Il titolo della
lunita
tabella e i titoli delle colonne con le unit`a di misura vanno separati tra loro e dai
dati numerici mediante linee orizzontali.
` buona norma infine associare ad ogni colonna di dati le incertezze da cui
E
essi sono affetti, con la loro denominazione, o utilizzando una colonna aggiuntiva
o facendo riferimento solo al valor massimo della fascia dincertezza e in tal caso
questo si riporter`a in coda alla rispettiva colonna.
A volte la presentazione dei dati avviene in forma grafica, anche se si perdono
inevitabilmente informazioni dettagliate sullaccuratezza dei risultati. Vi sono degli
innegabili vantaggi di tale presentazione su quella tabellare.
In particolare i grafici forniscono una rappresentazione visiva dei risultati
che consente una comprensione pi`
u immediata del fenomeno fisico. Inoltre `e possibile
verificare in modo immediato e sintetico il tipo di relazione esistente fra due variabili.
Come per il caso della compilazione di tabelle, esistono determinate regole per
una rappresentazione appropriata dei dati in forma grafica.
Il grafico deve innanzi tutto contenere indicazioni, attraverso unintestazione,
un titolo, una didascalia, sul tipo di misure eseguite, sulla apparecchiatura in
prova e sulle condizioni nelle quali sono state eseguite le misure.
Le curve vanno tracciate con cura scegliendo in modo opportuno le scale. Su
uno stesso grafico si possono tracciare pi`
u curve e in tal caso su ciascuna sinteticamente va indicata la grandezza rappresentata.
La scelta delle scale sia in ascisse sia in ordinate deve essere fatta in modo da
rendere facile la lettura dei valori relativi a un determinato punto della curva,
nel senso che la grandezza sia letta direttamente senza che venga richiesta alcuna
operazione ausiliaria di moltiplicazione o divisione.
52
1.21
Uno speciale tipo di prova, spesso utilizzata per verificare la equivalenza tra una
funzione di densit`a di probabilit`a di dati, relativi a un campione di una popolazione,
`
e una funzione teorica di densit`a di probabilit`a, `e la prova del 2 o della bonta
dellapprossimazione. Un esempio pu`o chiarire il significato della prova.
Al paragrafo 1.8, in Tabella 1.1, sono stati forniti i dati relativi alla legge di
probabilit`a, pi, relativa al lancio di due dadi.
La validit`a di tale legge `e legata allipotesi di perfetta realizzazione dei dadi. Nel
caso si esegua un gran numero di lanci e i risultati siano tali da non rispettare la
suddetta legge di probabilit`a, sorge il dubbio che i dadi siano truccati.
Il problema `e quello di stabilire un criterio per quantificare il disaccordo tra le
due leggi. Con riferimento alle variabili discrete, la funzione di probabilit`a `e in
genere espressa in termini di frequenze dei vari eventi F (x).
53
k
X
[npi (x) Fi (x)]2
i=1
npi (x)
(1.91)
1.22
Il principio dei minimi quadrati fu formulato inizialmente da Legendre il quale afferm`o che il valore pi`
u probabile di qualunque quantit`a misurata `e tale che la somma
54
(1.92)
i=1
(1.93)
LEq. 1.93 pu`o essere considerata come una procedura di minimizzazione della
varianza, da essa si ha:
n
n
n
X
X
X
d
d
2
(x xi ) = 2
(x xi ) = 2nx 2
xi = 0
dx
dx
i=1
i=1
i=1
da cui
(1.94)
1X
xi
=
n i=1
(1.95)
Dallapplicazione del principio dei minimi quadrati deriva dunque, in modo conforme a quanto esaminato in precedenza, che il valore pi`
u probabile di una quantit`a
misurata `e la media aritmetica delle misure. Legendre applic`o il metodo dei minimi
quadrati alle equazioni lineari in due variabili. Si consideri lequazione:
y = mx + q
(1.96)
i=1
n
X 2
d =0
q i=1 i
(1.99)
2
d
=
2x
(mx
+
q
y
)
m ni=1 x2i + qnx = ni=1 xi yi
i
i
i
i
i=1
i=1 m
Pn 2
P
= ni=1 2(mxi + q yi )
mx + q = y
i=1 q di
(1.100)
le cui soluzioni sono:
Pn
Pn
(
xi yi nxy
i=1 xi yi nxy
=
m = Pi=1
n
2
2
2
nP
x
nx
x
i=1
i
P
Pn
Pn
n
(1.101)
2 x
2
y n
x
x
y
y
i
i
i=1
i=1 xi n
i=1 xi yi
Pn i 2 i=1
q=
=
2
2
n
x nx
i=1
Il metodo dei minimi quadrati pu`o essere generalizzato al caso in cui la relazione
tra le variabili x e yc non sia lineare. Questa per esempio pu`o avere una relazione
del tipo:
y = a0 + a1 x + a2 x 2 + + am x m
(1.102)
che comporta la determinazione di m + 1 incognite. In tal caso le coppie di misure
(xi , yi ) devono essere in numero n maggiore di m + 1. Le costanti ak possono essere
valutate imponendo che sia minima la somma delle seguenti deviazioni:
n
X
i=1
d2i
n
X
2
=
(yi a0 a1 xi a2 x2i am xm
i )
(1.103)
i=1
1.23
56
Senza entrare nel merito delle tecniche di regressione, si sottolinea che la verifica
pi`
u semplice `e quella della correlazione lineare. Per questa verifica si procede al solito
ipotizzando la validit`a dellEq. 1.96. In genere si preferisce esprimere questa in altra
forma, tenendo conto, come `e facile verificare, che la coppia di punti, costituiti dalle
medie dei dati sperimentali, cade sulla retta di Eq. 1.96 per cui si pu`o scrivere:
y = mx + q
(1.104)
(1.105)
che prende anche il nome di retta di regressione di y su x. LEq. 1.104 pu`o anche
essere posta nella forma:
xx=
1
(y y) = m0 (y y)
m
(1.106)
xi yi nxy
0
(1.107)
r = mm = i=1
nx y
A volte le rette di regressione sono espresse in funzione del coefficiente di correlazione e in tal caso `e facile che assumono la seguente forma:
yy
xx
=r
y
x
xx
yy
=r
x
y
(1.108)
Purtroppo in molti casi lesame su un grafico dei punti sperimentali mostra che
non esiste una relazione lineare tra i punti sperimentali. Tuttavia la conoscenza delle
58
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
13
16
19
22
25
28
2
.003157
.003628
.00393
.0158
.0642
1.642
2.706
3.841
5.412
6.635
10.827
.297
.429
.711
1.064
1.649
5.989
7.779
9.488
11.668
13.277
18.465
1.239
1.564
2.167
2.833
3.822
9.803
12.017
14.067
16.622
18.475
24.322
2.558
3.059
3.940
4.865
6.179
13.442
15.987
18.307
21.161
23.209
29.588
4.107
5.812
7.633
9.542
11.524
13.565
Pr
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.99
.99
.99
.99
.99
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
11
11
11
11
11
11
11
11
11
11
11
14
17
20
23
26
29
2
.0201
.0404
.103
.211
.446
3.219
4.605
5.991
7.824
9.210
13.815
.554
.752
1.145
1.61
2.343
7.289
9.236
11.07
13.388
15.086
20.517
1.646
2.032
2.733
3.49
4.594
11.03
13.362
15.507
18.168
20.09
26.125
3.053
3.609
4.575
5.578
6.989
14.631
17.275
19.675
22.618
24.725
31.264
4.660
6.408
8.26
10.196
12.198
14.256
Pr
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.99
.99
.99
.99
.99
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
12
12
12
12
12
12
12
12
12
12
12
15
18
21
24
27
30
2
.115
.185
.352
.584
1.005
4.642
6.251
7.815
9.837
11.341
16.268
.872
1.134
1.635
2.204
3.07
8.558
10.645
12.592
15.033
16.812
22.457
2.088
2.532
3.325
4.168
5.38
12.242
14.684
16.919
19.679
21.666
27.877
3.571
4.178
5.226
6.304
7.807
15.812
18.549
21.026
24.054
26.217
32.909
5.229
7.015
8.897
10.856
12.897
14.953
Pr
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.98
.95
.90
.80
.20
.10
.05
.02
.01
.001
.99
.99
.99
.99
.99
.99
Capitolo 2
Grandezze Unit`
a Campioni
2.1
La metrologia `e, in senso lato, la scienza della misurazione delle grandezze fisiche
e, pi`
u propriamente, lo studio storico dei sistemi metrici utilizzati dai vari popoli
nelle diverse nazioni.
Essa `e scienza antica e le sue origini sono difficilmente databili, in quanto pur
avendo certezza sullesistenza di diverse unit`a di misura, utilizzate anche prima della
nascita di Cristo, non ne conosciamo ne il valore ne chi le propose.
` da ricordare la data del 7 aprile 1795, quando con decreto legge in Francia
E
la Convenzione Nazionale istitu` il Sistema Metrico Decimale, che riconduceva
tutte le unit`a di misura a soltanto quattro grandezze fondamentali e permetteva
luso di soli multipli e sottomultipli decimali.
Il metro, unit`a di lunghezza, era definito come la decimilionesima parte di
quadrante di un particolare meridiano terrestre passante nei pressi di Parigi e serviva
a definire anche lunit`a di superficie. Il kilogrammo, unit`a di massa, era definito
come la massa di un decimetro cubo di acqua distillata alla temperatura della sua
massima densit`a (4 C). Il litro, unit`a di capacit`a o di volume, era definito come
il volume di un kilogrammo di acqua distillata sempre alla temperatura di 4 C.
La poca praticit`a delle unit`a di misura cos` definite port`o allaccordo di costruire
dei campioni materiali disponibili in laboratorio. Il 29 giugno 1799 una delegazione dellIstituto Nazionale delle Scienze e delle Arti presentava al Consiglio dei
Cinquecento e deponeva negli archivi francesi i prototipi metallici del metro e del
kilogrammo, detti degli Archivi.
2.2
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
60
2.3
Unit`
a di misura fondamentali e derivate
Una qualsiasi grandezza fisica o chimica, per poter essere compiutamente espressa e
quindi confrontata con altre o perche su di essa possano essere eseguiti dei calcoli,
deve essere definita sia qualitativamente sia quantitativamente.
La misurazione come si `e detto `e un processo che porta ad ottenere sperimentalmente uno o pi`
u valori che possano ragionevolmente essere attribuiti al misurando
` di
e pu`o essere intesa come il rapporto tra la grandezza fisica osservata e lunita
misura della grandezza stessa, essa deve avere lindicazione dellunit`a ed `e il mezzo
utilizzato in tutto il mondo per fornire le informazioni necessarie sia sul tipo o specie
` di misura si intende
sia sullampiezza della grandezza fisica in oggetto. Per unita
quella grandezza reale scalare definita ed adottata per convenzione, con la quale
pu`o essere confrontata qualsiasi altra grandezza della stessa natura, per esprimere
il rapporto di due grandezze come un numero.
Priva di unit`a la misura non ha alcun significato fisico. Questo mezzo efficiente
di cui oggi si dispone, che ci consente di parlare la stessa lingua, anche se si lavora in
continenti diversi, e che ci appare cos` logico e naturale, `e in realt`a, come si `e tentato
di mostrare sinteticamente nel paragrafo precedente, il frutto di un lavoro antico e
faticoso di unificazione e razionalizzazione al quale hanno partecipato scienziati di
tutto il mondo. E questo lavoro spesso sommerso continua e procede di pari passo
con lo sviluppo ad abbracciare tutti i campi e i settori scientifici e tecnologici in
rapida espansione.
61
62
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
6. La candela (cd) `e lintensit`a luminosa in una assegnata direzione di una sorgente che emette una radiazione monocromatica di frequenza pari a 540 1012
Hz e la cui intensit`a energetica in quella direzione `e di 1/683 W/sr (sedicesima
CGPM 1979)
7. La mole (mol) `e la quantit`a di sostanza di un sistema che contiene tante entit`a
elementari quanti sono gli atomi in 0,012 kg di carbonio 12 (quattordicesima
CGPM del 1971).
` supplementari relative agli angoli:
Vi sono inoltre due unita
8. Il radiante (rad) `e langolo piano fra due raggi di un cerchio che sottende
sulla circonferenza un arco di lunghezza pari al raggio (undicesima CGPM del
1960)
9. Lo steradiante (sr) `e langolo solido che avendo il suo vertice al centro di
una sfera sottende una calotta sferica avente unarea di dimensioni pari al
quadrato del raggio (undicesima CGPM del 1960).
Nel 1980 il CIPM ha precisato che nellSI le grandezze angolo piano e angolo solido devono esser considerate come grandezze derivate adimensionali e
che, di conseguenza, le unit`a supplementari radiante e steradiante sono unit`a derivate adimensionali che possono o meno essere utilizzate nelle espressioni delle unit`a
derivate.
Risulta evidente che con lintroduzione della nuova definizione del metro del 1983
oltre a dover fissare 0 = 4107 m kg/s2 A2 la permeabilit`a del vuoto `e stato necessario definire unaltra costante fondamentale, in particolare, la velocit`a della luce
nel vuoto c = 2, 99792458 108 m/s. In tal modo, per la legge di Maxwell, resta fissata
anche la permettivit`a del vuoto 0 = 1/0 c2 = 8, 8541878176 1012 s4 A2 /kg m3 . In
realt`a per la definizione della mole `e stata implicitamente fissata anche la costante
di Avogadro.
Le grandezze base indipendenti attualmente sono il kilogrammo, il secondo
e il kelvin. Infatti la definizione del metro richiede quella del secondo, lampere
`e definito sulla base del kilogrammo e del metro, la mole utilizza la definizione del
kilogrammo e la candela `e definita in base al secondo al kilogrammo e al metro.
` interessante inoltre notare che le attuali unit`a base possono essere raggruppaE
te in tre distinte categorie. La prima categoria `e quella che fa riferimento a un
prototipo e in essa `e compreso esplicitamente il kilogrammo e in parte anche
la mole, per il suo riferimento al kilogrammo. La seconda categoria `e quella
che fa riferimento alla caratteristica di un fenomeno o di uno stato fisico.
Appartengono a questo gruppo esplicitamente il secondo e il kelvin e in subordine la candela. La terza categoria `e quella che fa riferimento a costanti
fondamentali e in essa rientrano il metro e lampere.
` estremamente difficile prevedere come si evolver`a e si modificher`a il gruppo
E
delle unit`a base nellSI. Certamente il vincolo attuale dellampere a una grandezza meccanica quale il kilogrammo, definito tramite il prototipo, limita laccuratezza
63
delle misure di grandezze elettriche, in contrasto con le disponibilit`a oggi offerte dalla strumentazione in commercio. Questo lascia presumere che si possa andare presto
alla sostituzione con altra dellunit`a elettrica fondamentale. Gi`a il CCE, nella diciottesima sessione del 1988, ha raccomandato la riproduzione del volt con leffetto
Josephson, fissando la costante 2e/h = 483 597, 9, GHz/V, con unincertezza di 4
parti in 107. Una giunzione fra due materiali superconduttori costituita da un sottilissimo strato di materiale isolante quando sia irradiata con energia a radiofrequenza
di frequenza f presenta una caratteristica tensione frequenza a gradinata indipendente dalle condizioni sperimentali, con una netta distinzione fra i livelli relativi a
due gradini successivi. Lampiezza di un gradino di tensione `e data da:
V =
h
f
2e
(2.1)
64
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
Figura 2.1: Effetto Josephson in corrente alternata: Relazione tra la tensione (asse
orizzontale) e la corrente (asse verticale) ai capi di una giunzione. In rosso sono evidenziati
gli intervalli di valore di corrente (gradini) in cui il valore della tensione `e costante e
dipende solamente dalla frequenza del segnale con cui la giunzione viene irradiata.
65
quella chilo-, inoltre esso nel simbolo va scritto con la lettera minuscola. Si consiglia
infine, nella scrittura di un numero, di suddividere le terne di cifre partendo dalla
virgola.
` ausiliarie il cui uso `e
Nella Tabella 2.2 sono invece riportate alcune unita
ancora temporaneamente ammesso o riservato solo a campi specifici.
Per concludere questo paragrafo si riportano sinteticamente alcune definizioni
` di misura.
relative ai sistemi di unita
Un sistema si dice completo quando le sue unit`a fondamentali siano tali da
consentire di rappresentare tutti i fenomeni osservabili.
Laggettivazione di assoluto compete ai sistemi caratterizzati dallinvariabilit`a
temporale e spaziale delle unit`a per la cui definizione non occorre quindi ricorrere a
sperimentazioni.
Un sistema, come si `e detto, `e coerente quando il prodotto e il quoziente di
pi`
u unit`a danno luogo a una nuova unit`a di valore unitario.
Decimale `e il sistema i cui multipli e sottomultipli delle sue unit`a sono potenze
del dieci.
Un sistema si dice razionalizzato quando i coefficienti numerici che legano
le diverse grandezze contengono il numero irrazionale solo in formule relative a
configurazioni circolari, sferiche o cilindriche. Si ricorda che la razionalizzazione dei
sistemi di unit`a `e dovuta allacume di Giovanni Giorgi, che includendo il fattore
4 nellespressione della permeabilit`a del vuoto, consent` di far scomparire il numero
irrazionale dalle equazioni dei campi non circolari scritte in unit`a CGS.
Unultima notazione va fatta a proposito della temperatura, per la quale oltre
al kelvin `e previsto anche luso del grado celsius che ha per simbolo C, detto anche meno propriamente grado centigrado. Per definire la scala fondamentale delle
temperature termodinamiche si fa riferimento al punto dello zero assoluto, al quale i
corpi posseggono unenergia termica nulla. A scopi pratici sono stati fissati due punti
sulla scala di temperatura Kelvin, precisamente 273.15 K e 373.15 K, che definiscono
la scala pratica internazionale di temperatura, ovvero le temperature di riferimento,
0 C e 100 C, della scala Celsius. Cos` in termini di intervalli di temperatura si ha
la seguente uguaglianza 1 K = 1 C, mentre come livelli di temperaura per ottenere
dai gradi Celsius i kelvin occorre aggiungere 273.15.
2.4
66
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
67
68
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
Il confronto tra le pile campione, nonostante mostri che esse presentano un elevato livello di precisione e stabilit`a, non garantisce il valore assoluto delle pile stesse.
Per far questo attualmente nei laboratori primari si ricorre sempre pi`
u frequentemente alleffetto Josephson. Sfruttando leffetto Josephson si riesce a correggere la
deriva delle f.e.m. delle pile campione il che ha permesso di ottenere una maggiore
uniformit`a nelle misure del volt tra i diversi laboratori primari.
Per quanto attiene ai resistori campioni a essi si richiede stabilit`a, basso coefficiente di temperatura e linsorgere di f.e.m. termoelettriche di entit`a trascurabile
nel contatto tra materiali diversi. I migliori risultati in tal senso si sono ottenuti con
leghe di rame, manganese e nickel, immerse in olio.
` metrologica delle misurazioni `e la propriet`a che ha un risulLa riferibilita
tato di misura solo quando tale risultato possa essere ricondotto a un riferimento
attraverso una catena ininterrotta e documentata di tarature, le quali contribuiscono ciascuna alla determinazione dellincertezza di misura. La riferibilit`a ai campioni
nazionali o internazionali delle unit`a del Sistema Internazionale (SI) delle unit`a di
misura, con riferimento alle misure eseguite nei laboratori dellindustria e dei centri
di ricerca `e oggi garantita dal Servizio di Taratura in Italia (SIT), che opera
secondo quanto previsto dalla normativa tecnica, dagli accordi internazionali siglati
dal SIT e dalla legge no 273/91 sul Sistema Nazionale di Taratura. La certificazione
rilasciata dal SIT ha una validit`a che supera lambito nazionale, in quanto il SIT `e
consociato alla WECC (Western European Calibration Cooperation) che vede dal
1975 la partecipazione di pi`
u di una decina di paesi europei. Con funzioni analoghe al SIT in Italia operano il BCS (British Calibration Service) in Inghilterra e il
DKD (Deutscher Kalibrierdienst) in Germania, questi servizi hanno concordato il
mutuo riconoscimento dellequivalenza tecnica dei rispettivi certificati di taratura.
Nel 1991 `e stato istituito lSNT (Sistema Nazionale di Taratura) con il compito di
disseminazione delle diverse unit`a di misura sul territorio nazionale. Esso `e composto dai laboratori primari dellINRIM, dellENEA (Ente Nazionale per la Ricerca e
per lo Sviluppo dellEnergia Nucleare e delle Energie Alternative) e dellISS (Istituto
Superiore di Sanit`a ), dal SIT e da una serie sempre crescente di laboratori accreditati dagli istituti primari di metrologia. Questi laboratori, detti anche Centri
di Taratura, operano come laboratori secondari, riconosciuti idonei ad affiancare gli istituti primari nella disseminazione delle unit`a di misura. Ogni centro di
taratura `e dotato di campioni secondari o di prima linea, che vanno verificati negli
istituti primari e quindi devono assicurare stabilit`a anche se soggetti a trasporto.
Per accreditamento si intende attestazione dellacquisizione delle competenze
e consiste in un procedimento con cui un organismo riconosciuto attesta formalmente la competenza di un altro organismo (o di una persona) a svolgere specifiche
funzioni. I centri di taratura autorizzati devono quindi avere laccreditamento SIT.
Gli enti normatori in Italia sono lUNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) e il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano). Questi enti sono i rappresentanti
italiani nei principali organismi di normazione e certificazione internazionali, lUNI
nellISO e il CEI in: IEC, CENELEC, IECQ, IECEE, CIGRE, AVERE. Il CEI inoltre, tramite il CONCIT, partecipa allattivit`a dellETSI, ente normatore europeo
nel settore delle telecomunicazioni.
69
Nel 1988 lUNI e il CEI, con il patrocinio del Ministero dellIndustria del Commercio e dellArtigianato (MICA), del CNR, dellENEA e delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, hanno dato vita al SINAL (Sistema
Nazionale per lAccreditamento dei Laboratori ). Laccreditamento, ovvero laccettazione in ambito nazionale dei risultati delle prove eseguite, `e concesso ai laboratori
di prova nazionali ed esteri che operano in conformit`a alle norme UNI CEI EN 45001
ed alle prescrizioni dello stesso SINAL. Nel 1991, sempre per iniziativa dellUNI e
del CEI, con la partecipazione di MICA, CNR ed ENEA, `e stato costituito un altro
ente di accreditamento, il SINCERT (Sistema Nazionale per lAccreditamento degli
Organismi di Certificazione). Il compito specifico di questente `e quello di accreditare organismi di certificazione di sistemi di qualit`a, prodotti, personale, sistemi di
gestione ambientale e organismi di ispezione. A seguito di una direttiva comunitaria
(regolamento CE 765/2008) che prevede in ogni nazione un unico istituto di accreditamento, nel 2009 il SINAL e il SINCERT si sono fusi in ACCREDIA ed `e sorto
il COPA (Consorzio pubblico per laccreditamento).
70
` CAMPIONI
CAPITOLO 2. GRANDEZZE UNITA
Tabella 2.1: Unit`a derivate del SI
Quantit`a
Area
Volume
Densit`a di massa
Nome
Simbolo Dimensioni
metro quadro
L2
metro cubo
L3
kilogrammo per (o al) metro
L3 M
cubo
Velocit`a lineare
metro per (o al) secondo
LT 1
Velocit`a angolare
radiante per (o al) secondo
T 1
Accelerazione lineare metro per (o al) secondo
LT 2
quadro
Accelerazione ango- radiante per (o al) secondo
T 2
lare
quadro
Frequenza
hertz
Hz
T 1
Forza
newton
N
LM T 2
Pressione
pascal
Pa
L1 M T 2
Potenza
watt
W
L2 M T 3
Energia
joule
J
L2 M T 2
Carica elettrica
coulomb
C
TI
Potenziale elettrico
volt
V
L2 M T 3 I 1
Flusso magnetico
weber
Wb
L2 M T 2 I1
Densit`a flusso ma- tesla
T
M T 2 I1
gnetico
Resistenza
ohm
L2 M T 3 I 2
Conduttanza
siemens
S
L2 M 1 T 3 I 2
Capacit`a
farad
F
L2 M 1 T 4 I 2
Induttanza
henry
H
L2 M T 2 I2
Flusso luminoso
lumen
lm
Illuminamento
lux
lx
Luminanza
nit
nt
Concentrazione
mole per (o al) metro cubo
Campo elettrico
volt per (o al) metro
LM T 3 I 1
Campo magnetico
ampere per (o al) metro
L1 I
Coppia
newton metro
L2 M T 2
Viscosit`a dinamica
pascal secondo
L1 M T 1
Tensione superficiale newton per (o al) metro
M T 2
Densit`a di potenza
watt per (o al) metro quadro
M T 3
1
Densit`a di energia
joule per (o al) metro cubo
L M T 2
Capacit`a termica
joule per (o al) kelvin
L2 M T 2 K 1
Resistivit`a
ohm metro
L3 M T 3 I 2
Permettivit`a
farad per (o al) metro
L3 M 1 T 4 I 2
Permeabilit`a
henry per (o al) metro
LM T 2 I 2
Densit`a di corrente
ampere per (o al) metro
L2 I
quadro
Forza magneto mo- amperspira
I
trice
Derivazione
m2
m3
kg/m3
m/s
rad/s
m/s2
rad/s2
1/s
kg m/s2
N/m2
N m/s
N m (W s)
As
W/A
Vs
Wb/m2
V/A
A/V
As/V (C/V)
Vs/A (Wb/A)
cd sr
lm/m2
cd/m2
mol/m3
V/m
A/m
Nm
Pa s
N/m
W/m2
J/m3
J/K
Wm
F/m
H/m
A/m2
A
Quantit`a
giorno
ora
minuto (tempo)
grado (angolo)
minuto (angolo)
secondo (angolo)
ara
ettaro
barn
atmosfera standard
bar
litro
tonnellata
unit`a di massa atomica
angstrom
elettron-volt
curie
rontgen
Simbolo
d
h
min
a
ha
b
atm
bar
l
t
u
A
eV
Ci
R
Equivalente SI
86 400 s
3600 s
60 s
/180 rad
/10 800 rad
/648 000 rad
1 dm2 = 100 m2
1 hm2 = 104 m2
100 fm2 = 1028 m2
101 325 Pa
0, 1MPa = 105 Pa
1 dm3 = 103 m3
103 kg = 1 Mg
1, 660 53 1027 kg
0, 1nm = 1010 m
1, 602 19 1019 J
3, 7 1010 s1
2, 58 104 C/kg
71
Capitolo 3
Fondamenti sui sensori
3.1
Introduzione e definizioni
Le grandezze fisiche da misurare nella maggior parte dei casi risultano non
elettriche. Daltra parte i metodi di misura che assicurano la migliore accuratezza dei risultati e che consentono lottimizzazione nella progettazione della strumentazione di misura e controllo sono quelli elettrici. Allo scopo di utilizzare i metodi
e le tecniche delle misure elettriche, la quantit`a non elettrica deve essere convertita
in un segnale elettrico, il che avviene utilizzando un dispositivo che prende il nome
di sensore o trasduttore. Non esiste ancora a livello internazionale un accordo
sulle definizioni da attribuire ai termini trasduttore e sensore che molto spesso sono
utilizzati in modo indifferenziato. Per cercare di distinguere i due termini, nel seguito si fornisce per essi una definizione riportata nellultima edizione, la terza, del
VIM (International Vocabulary of Metrology).
I termini sensori e trasduttori sono molto spesso utilizzati in modo indifferenziato. Per sensore si intende un elemento di un sistema di misura che `e direttamente
soggetto allazione di un fenomeno, di corpi o di sostanze che trasmettono la grandezza da misurare. Nella nota del VIM a questa definizione si precisa che in alcuni
campi lo stesso concetto `e espresso con il termine rivelatore, che `e un dispositivo o
una sostanza in grado di indicare la presenza sempre di un fenomeno, di corpi o di
sostanze, quando si ecceda un valore di soglia della grandezza dinteresse.
Nel VIM si definisce trasduttore di misura un dispositivo impiegato nelle
misurazioni, che fornisce una grandezza in uscita avente una specificata relazione
con la grandezza dingresso. La parola trasduttore deriva dal verbo latino traducere
che significa convertire, pertanto per trasduttore si pu`o intendere un dispositivo che
riceva energia da un sistema e la ritrasmetta, in genere in forma differente, ad un
altro sistema. Per sensore si pu`o intendere un dispositivo sensibile alla grandezza
da misurare e che rappresenta il primo elemento di una catena di misura o di
un sistema di controllo, dove per catena di misura si intende una serie di elementi
di un sistema di misura costituenti un singolo percorso del segnale dal sensore ad
un elemento di uscita. Quindi il sensore svolge le stesse funzioni dei nostri sensi,
rivelando lesistenza di una grandezza al suo ingresso. Il sensore sar`a tanto pi`
u
pregiato quanto meno il contenuto dellinformazione, che esso trasmette in genere
73
74
75
Si ricorre ad una registrazione quando `e necessario avere una cronistoria dellevoluzione di un fenomeno. Essa si espleta, come mostrato in Fig. 3.2 sia attraverso
una registrazione su carta o su un supporto magnetico o su un disco ottico o su un
compact disk, sia attraverso la stampa su carta di una schermata sul monitor di un
calcolatore.
Un sistema di controllo, come mostrato nelle Fig. 3.3 e 3.4, richiede la
presenza di uno o pi`
u sensori. Questi sono sensibili in ingresso alla grandezza da
controllare e forniscono in uscita in genere un segnale elettrico che aziona un attuatore, il quale consente di trasformare lenergia in ingresso in altra forma utile
76
al processo di controllo e di misura in atto nel sistema, si pensi ad esempio al termometro che `e parte del sistema di controllo del riscaldamento di un ambiente. Per
comprendere la funzione di un attuatore si pu`o ancora una volta far riferimento
al corpo umano che possiede diversi attuatori, di natura sia meccanica come per
esempio i muscoli, sia acustica come per esempio la voce.
Mediante un opportuno trasduttore e un controllo in retroazione una termocoppia consente non solo la misura della temperatura, ma anche la regolazione della
potenza immessa nellelemento riscaldante, in modo che si abbia la costanza della
temperatura entro limiti prefissati. Campi tipici di applicazione dei trasduttori sono
i sistemi di controllo di processo, la robotica, le catene di produzione assistite dal
calcolatore. Lutilizzazione dei sensori sempre pi`
u diffusa si `e accompagnata al passaggio sempre pi`
u massivo dal controllo manuale dei processi a quello automatico.
Lottimizzazione del processo si ha mediante linvio da parte del sensore del segnale
di controllo ad un opportuno attuatore.
La diagnostica industriale si pone lobiettivo di acquisire tutte le informazioni possibili sullo stato sia delle macchine sia dei processi automatici e consente
di individuare sul nascere potenziali guasti marginali incipienti o gi`a in atto, di
seguirne levoluzione nel tempo e di programmare con largo anticipo e flessibilit`a
le necessarie azioni correttive. Tecniche di diagnostica industriale si vanno sempre
pi`
u diffondendo in svariati settori in quanto, operando in tempo reale, consentono una riduzione dei costi di manutenzione preventiva, ma soprattutto migliorano
la disponibilit`a delle macchine e dei processi produttivi e quindi la continuit`a del
servizio. La diagnostica industriale richiede molti sensori predisposti nelle diverse
parti del sistema in osservazione, sensori intelligenti, ovvero dotati di intelligenza
77
Figura 3.3: Mercato dei sensori wireless e dei trasmettitori dei relativi segnali
78
3.2
Il sensore intelligente
79
80
Sensore
DUT
DUC
Attuatore
Sistema di condizionamento
del segnale
DAC
P
Sistema di Visualizzazione
Registrazione
Comunicazione
Dati
81
linee di tendenza di questo sviluppo stanno essenzialmente in una maggiore integrazione tra sistema sensorio e sistema di elaborazione, in un trasferimento dei risultati
conseguiti nellambito dellintelligenza artificiale alla sensoristica. Probabilmente
presto si passer`a dal sensore intelligente al sensore esperto.
Le fabbriche moderne sono fornite di un gran numero di sensori che permettono il monitoraggio delle variabili ambientali, oltre che dalcune variabili specifiche
allinterno delle macchine, in un sistema integrato, assistito da calcolatore. In tal
modo si ha la possibilit`a di rilevare situazioni anomale ed anche davere indicazioni
in tempi rapidi, sia di situazioni pericolose per le persone, sia di parti di macchine
in avaria. In sistemi intelligenti, assistiti da calcolatori si `e in grado anche di avere
indicazioni sugli interventi da operare, sui tempi e sulle modalit`a dintervento. In
Fig. 3.4 `e mostrato lo schema a blocchi di un sistema multisensoriale, in cui sono
distinte le funzioni di autotest e di controllo. Certamente il modo pi`
u diffuso
per passare dal continuo al discreto `e, come mostrato in figura, quello di utilizzare
un convertitore analogico digitale (ADC) e su questo principio si basa la
maggior parte dei sensori intelligenti disponibili sul mercato. Essi prevedono nel
sistema di condizionamento oltre allamplificatore, un adattatore dimpedenza, un
filtro per ridurre il rumore e un filtro anti-aliasing, per evitare gli errori dovuti
al campionamento. I segnali in uscita agli ADC, attraverso un multiplatore digitale (MUX) da paralleli diventano seriali, il che ne facilita la trasmissione. Dal
MUX i segnali sono convogliati sia su un processore di segnali digitali (DSP) sia su
un bus di comunicazione. Il DSP governa sia il controllo della macchina tramite un
controllore locale dedicato, un DAC e un attuatore, sia la funzionalit`a dei sensori. A
questo scopo sono necessari ancora i DAC, filtri e regolatori, oltre ad una tensione di
riferimento (in genere ottenuta stabilizzando una tensione continua con un diodo
ed interruttori non mostrati in figura. La catena di controllo del
zener), a rele
sistema multisensoriale consente la scelta della portata dei sensori e della polarit`a,
della frequenza di campionamento oltre che lautoconfigurazione.
Il bus di comunicazione interna permette ai segnali di raggiungere la stanza
centralizzata di controllo dove si ha a disposizione un host-computer. Il sistema
di comunicazione `e molto importante non solo nella fase di esercizio del sensore, ma
anche in quella iniziale di verifica della taratura. Infatti a questo scopo si utilizza
quasi sempre un sistema automatico di regolazione della curva di taratura gestito
dallhost-computer che ha una notevole capacit`a di calcolo per poter eseguire tutte
le operazioni necessarie allo scopo. Il bus di comunicazione pu`o trasmettere i segnali
anche allesterno.
Oggi si vanno sempre pi`
u affermando reti di sensori distribuiti spazialmente, anche in luoghi diversi, detti web sensor, che trasmettono i segnali ad un computer
remoto per lelaborazione, utilizzando protocolli di comunicazione e interfacce standard (come ad esempio la IEEE 1451). Essi sono gi`a impiegati, a volte ancora in fase
sperimentale, in diversi campi quali il monitoraggio ambientale, il telerilevamento da
satellite, la gestione dei trasporti, le informazioni per le forze dellordine, la gestione
di impianti di sicurezza non presidiati, il monitoraggio di situazioni calamitose, operazioni SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition), controlli industriali,
e si stanno molto sviluppando nel campo della telemedicina, con svariate applica-
82
REGOLATORE ATTUATORE
FILTRO
FILTRO
FILTRO
FILTRO
FILTRO
ADC
ADC
ADC
DAC
DAC
MUX
DSP
CONTROLLORE
LOCALE
BUS COMUNICAZIONE
HOST
MEMORIA ESTERNA
CPU
STANZA CENTRALIZZATA DI CONTROLLO
Figura 3.5: Sensore inserito in una catena di test e controllo
83
84
Grande sviluppo alla sensoristica industriale specie nei settori militare, biomedico, automobilistico e aeronautico `e stata data dai MEMS (Micro-Electro-Mechanical
Systems). I MEMS sono lintegrazione di elementi meccanici, di sensori, di attuatori
e dellelettronica per il condizionamento e lelaborazione del segnale su un unico substrato di silicio, ottenuto attraverso le moderne tecnologie di microfabbricazione. I
MEMS quindi rappresentano unimportante fusione della tecnologia dei circuiti integrati (IC) con la pi`
u avanzata tecnologia micromeccanica. Lacronimo MEMS risale
agli anni Novanta anche se la tecnologia per la realizzazione di micro macchinari `e
nota gi`a dagli anni Cinquanta, quando si scopr` che silicio e germanio manifestavano
un effetto piezoelettrico. Questa tecnologia comprende un insieme piuttosto
vario di processi che consentono di modellare sulle tre dimensioni uno o pi`
u wafer
di silicio. Anche se il silicio `e il materiale pi`
u utilizzato, sono stati impiegati anche wafer di vetro e di quarzo. Nei MEMS ai noti processi per la realizzazione di
circuiti integrati si affiancano quelli di micromacchine in grado di realizzare componenti meccanici in scala micro per la fabbricazione di dispositivi elettromeccanici
denominati systems on a chip, tra i quali anche i gi`a citati lab on a chip. La presenza dei microsensori, in grado di rivelare la presenza di grandezze meccaniche,
termiche, biologiche, chimiche, ottiche ed elettromagnetiche, insieme con quella dei
microattuatori, capaci di muovere, posizionare, regolare, pompare e filtrare, fornisce
ai MEMS straordinarie capacit`a di percezione e controllo e ne amplia le possibilit`a
dimpiego in diversi campi con la realizzazione di dispositivi a pi`
u basso costo e con
pi`
u elevati livelli di funzionalit`a ed affidabilit`a rispetto a quelli realizzati in scala
macro. Questi benefici sono ottenuti proprio dalla riduzione dei costi di sensori ed
attuatori, che tra laltro nei MEMS raggiungono laffidabilit`a dei circuiti integrati.
Si sta ottenendo un ulteriore miglioramento delle prestazioni attraverso sistemi sia
di trasmissione dati senza fili, sia di protezione dalle elevate temperature.
Senza dubbio uno dei maggiori benefici derivante dalla simbiosi tra elementi elettronici e meccanici `e quello di permettere a molti circuiti MEMS di non richiedere
limpiego di batterie per lalimentazione elettrica dei sensori. Come sar`a meglio
85
chiarito in seguito, la maggior parte dei sensori `e di natura passiva, per cui si richiede limpiego di una alimentazione esterna, costituita in genere da una batteria,
con tutti i problemi legati ai costi di manutenzione della batteria e ai rischi di mal
funzionamento dovuti a un deterioramento della stessa. La possibilit`a di utilizzare
sensori auto alimentanti ne amplia enormemente luso. Lauto alimentazione deriva
dalla conversione effettuata nei MEMS di energia meccanica in elettrica, energia
quasi sempre pi`
u che sufficiente dato il bassissimo consumo di potenza richiesto al
funzionamento dei circuiti integrati. Lenergia meccanica convertita in elettrica `e
quella che deriva dal movimento delloggetto su cui `e montato il sensore. Quando il sensore opera su un automobile o un aeromobile o un qualsiasi motore o un
braccio o una gamba di un essere vivente la trasformazione di energia `e semplice,
pi`
u complessa quando il misurando `e rappresentato da un oggetto apparentemente statico. In realt`a in natura tutto `e in movimento, in particolare il pavimento
sul quale camminiamo `e sollecitato da vibrazioni che diventano pi`
u intense con il
passaggio di autoveicoli nelle strade adiacenti alledificio nel quale ci troviamo. I
MEMS pi`
u moderni iniziano a sfruttare lenergia di queste vibrazioni per la loro
auto alimentazione, rendendo, come si pu`o intuire, il futuro di questi dispositivi
sempre pi`
u affascinante. In sintesi i vantaggi dei MEMS rispetto ai dispositivi tradizionali riguardano un minore consumo energetico con possibilit`a di auto alimentarsi,
migliori caratteristiche di funzionamento, un peso ridotto e costi inferiori, in quanto
la fabbricazione in serie riduce i costi di produzione e di assemblaggio. I principali materiali utilizzati per la fabbricazione dei mems sono: silicio, materiali vetrosi,
metalli, polimeri. I MEMS nel campo medico prendono il nome di BIOMEMS e tendono sempre pi`
u a rimpiazzare i dispositivi biomedicali gi`a esistenti. La diffusione
dei BIOMEMS `e dovuta anche al fatto che la maggior parte dei materiali utilizzati
sono biocompatibili (silicio, ossido di silicio, metalli preziosi: oro e titanio, polimeri
: polydimethiylsiloxane (PDMS), parylene).
Le tecnologie di fabbricazione dei MEMS in gran parte sono quelle impiegate nella
realizzazione dei circuiti integrati come per esempio luso di basette di silicio, di film
sottili e dei metodi foto litografici. Sulla superficie di un wafer di silicio si realizzano
in scala micrometrica i componenti del dispositivo rimuovendo chimicamente strati
di ossido. Con la sempre maggiore diffusione dei MEMS si sono gi`a messi a punto
diversi processi di fabbricazione alcuni dei quali anche differenti da quelli tipici degli
IC. I tre processi principali sono quelli di deposizione di film sottili di materiale su
un substrato, di applicazione di una maschera con lo schema circuitale sulla
base del film attraverso la fotolitografia e di incisione della maschera sul
film. Lo spessore dei film sottili varia in genere da un centinaio di micrometri fino
a pochi nanometri. Per la fabbricazione di un dispositivo mems si possono avere
da 1 a 15 cicli consecutivi. Per la fabbricazione in tecnologia CMOS si richiede
necessariamente un numero di cicli maggiore di 30.
Il processo di deposizione pu`o avvenire per reazione chimica o fisica. Nel caso si
impieghi una reazione chimica le tecniche pi`
u utilizzate sono lelettrodeposizione
se i film sono di materiale conduttivo, come rame, oro o nichel e la crescita epitassiale
su un substrato isolante sul quale si diffonde il silicio o larseniuro di gallio, tecnica
che ha il vantaggio di essere molto rapida e di consentire la realizzazione di film
86
87
MEMS Sensors
Pressure sensor
Auto Parts
Engine assembly
Pressure sensor
Engine assembly
Oxygen sensor
Engine assembly
Cranshaft
sensor
Throttle
position Engine assembly
sensor
Speed sensor
Engine assembly
Water
sensor
Acceleration sensor
Air bag
Pressure sensor
Air bag
Pressure sensor
Braking system
Pressure sensor
Suspension system
Pressure sensor
Wheel speed sensor
Tilt sensor
Tire
ABS/TCS/ESP
Chassis systems
Gyro
Navigation
equipment
3.3
Application
To reflect the air-intake volume
and control the fuel injection
To measure the internal pressure
of cylinder
To reflect the concentration of the
engines combustible gas
To reflect the engine cranshaft
speed and angle and top-deadcenter piston position
To reflect the engine load
To reflect the auto speed and
control the fuel injection
To measure and control the engine coolant temperature as well as
the fuel injection
To test and control the airbag
popping-up time
To test and control the airbag
inflation pressure
To control the oil pressure of the
braking system
To test and control the suspension hydraulic pressure
To test the tire pressure
Traction control
To measure and control the
vehicle seat angle
To measure and control the
angular velocity
Nella trattazione dei sensori si trovano diversi modi di classificazione: per tecnologia e principio fisico che essi utilizzano (ottico, piezoelettrico, fotoelettrico,
88
fotovoltaico, ecc.); per funzione che essi svolgono o per grandezza da misurare
(lunghezza, temperatura, pressione, vibrazione, ecc.); per settore cui essi sono
destinati (agricoltura, siderurgia, chimica, manufatturiero, ecc.); per dispositivo
interessato alla misurazione (macchine utensili, motori, variatori, cuscinetti, pompe,
compressori, valvole, saldatrici, forni, ecc.).
Le diverse classificazioni sono adottate in modo alternativo in diversi testi. La
prima, quella per tecnologie, riesce a dare una visione ragionevolmente integrata
dei processi utilizzatinella realizzazione dei sensori e risulta particolarmente utile al
progettista di sensori. Essa evidenzia lo stato dellarte e le possibilit`a che un dato
principio fisico soddisfi una determinata richiesta, purtroppo `e poco utile quando
uno desideri comparare i pregi e i difetti di sensori in grado di misurare una stessa
grandezza. Per esempio se si ha da scegliere un termometro occorrerebbe andare ad esaminare separatamente le sessioni riguardanti i dispositivi resistivi, quelli
termoelettrici, quelli a semiconduttore, i pirometri.
Anche una classificazione per settore pu`o risultare utile a chi operi in un certo
campo, ma, a parte la difficolt`a di individuazione dei tanti settori in cui si utilizzano
i sensori, essa darebbe luogo a ripetitivit`a o a continui rinvii, in quanto uno stesso
sensore viene correntemente adoperato in diverse aree. La classificazione per dispositivo interessato alla misurazione, mettendo in evidenza i particolari requisiti dei
sensori in relazione alle differenti applicazioni e fornendo una panoramica dei sensori utilizzabili per eseguire misure su un determinato macchinario, `e particolarmente
utile agli specialisti. Da un punto di vista dellutente senza dubbio la migliore classificazione `e quella per grandezze da misurare in quanto consente di stabilire subito
` evidente che una clasquali siano i sensori disponibili con le loro caratteristiche. E
sificazione per funzioni deve soprattutto mettere in evidenza i particolari requisiti
dei sensori in relazione alle differenti applicazioni, dando una panoramica delle varie
propriet`a fisiche utilizzabili per eseguire una determinata misura. In tal modo lutente potr`a operare la sua scelta in base alle necessit`a, tenendo conto del rapporto
costi benefici. Purtroppo molti testi classificando i sensori per grandezze da misurare spesso tendono ad assumere la veste di un catalogo con la giustapposizione di
dispositivi privi di un minimo di correlazione, perdendo molto spesso di scientificit`a.
Nel prosieguo si fornisce una sintetica visione dei processi fisici che presiedono
alla trasformazione da una forma di energia allaltra nei diversi trasduttori. Si
descriveranno sensori da anni utilizzati a livello industriale e alcuni che si affacciano
in maniera promettente sul mercato. Infine si cercher`a di dare un quadro dei possibili
futuri sviluppi nel campo della sensoristica.
Solo per completezza di trattazione si accenna a un altro tipo di classificazione dei
sensori che si trova in alcuni testi, riprendendo un concetto presente nellelettronica.
I sensori possono suddividersi in passivi (detti anche a modulazione) quando
richiedono potenza dallesterno per fornire un segnale di tensione o di corrente e in
attivi (detti anche ad auto-generazione) quando non richiedono una potenza
esterna (a esempio in forma di energia elettrica) per fornire il segnale in uscita
derivato dalla grandezza fisica da misurare.
I sensori passivi agiscono come impedenze elettriche. Il misurando pu`o produrre una variazione nei parametri geometrici (volume, superficie, lunghezza, ecc.)
89
3.4
Caratteristiche di un sensore
Si `e gi`a accennato che per un corretto impiego dei sensori `e necessario conoscere le
loro prestazioni. A loro fa riferimento sia il progettista del sistema nel definire le
specifiche necessarie per il buon funzionamento, sia il costruttore quando indica la
qualit`a del prodotto.
Nel definire le caratteristiche di un sensore, si pu`o rappresentarlo come un blocco in grado di trasferire linformazione e lenergia in ingresso alluscita in forma
invariata o convertita. Allo scopo di studiare nel modo pi`
u completo possibile il
funzionamento di un sensore, nel seguito si esamineranno le seguenti caratteristiche:
` e affidabilita
`.
stazionarie, dinamiche, ambientali, di qualita
Le caratteristiche metrologiche stazionarie sono quelle che fanno riferimento alle condizioni di regime permanente definite come quelle condizioni
operative del sensore nelle quali la relazione ottenuta durante la taratura resti valida anche quando il misurando vari nel tempo. Esse descrivono il comportamento
90
`
3.5. LE CARATTERISTICHE DI QUALITA
91
Grandezze dinfluenza
x1
x2
x1
Flusso di informazione X
Sensore
Misurando
interazione x3
x2
y
x5
Sistema di alimentazione
Figura 3.8: Schema di un sensore con alcune possibili interazioni
siano gli effetti delle grandezze di influenza sul sensore stesso. Dalla figura si nota
che le grandezze dinfluenza agiscono anche sul misurando, alterandone le caratteristiche. Come si `e detto, tali alterazioni sono molto spesso oggetto della misura e
il sensore sar`a tanto pi`
u pregiato quanto pi`
u riuscir`a a distinguere le variazioni del
segnale in uscita, attribuibili a fluttuazioni del misurando, da quelle addebitabili al
suo normale funzionamento influenzato da perturbazioni dellambiente esterno.
Le crescenti potenzialit`a dei microprocessori rendono possibili tali correzioni, si
richiede semplicemente lutilizzazione di altri sensori, sensibili alle grandezze dinfluenza i cui effetti sul sensore collegato al misurando non siano trascurabili, nel senso
che le variazioni nel segnale in uscita, determinati da queste grandezze, risultino superiori allincertezza strumentale del sensore stesso. Per esempio la temperatura
`e un parametro che `e sempre presente nei fenomeni fisici e chimici, pertanto nella
quasi totalit`a dei casi, quando si misura una grandezza bisogner`a tener conto dellinfluenza della temperatura sul sensore e quindi sulla relazione esistente tra i segnali
x ed y. Ecco perche `e ormai invalso nelluso dotare tutti i sistemi automatici di
misura di un sensore termico.
3.5
Le caratteristiche di qualit`
a
Molto spesso gli utilizzatori di sensori sono interessati alla loro qualit`a a lungo
termine. I sensori impiegati nellindustria, nel commercio, in agricoltura, nei servizi,
con particolare riguardo a quelli in campo medico, nei laboratori di ricerca devono
essere in grado di soddisfare pienamente le esigenze del cliente. La globalizzazione
delleconomia, il crescente interesse al commercio elettronico hanno determinato una
maggiore offerta di sensori con conseguente aumento della competizione su tutti i
mercati. I clienti diventano sempre pi`
u esigenti e consapevoli della necessit`a di
svolgere con competenza le proprie scelte. Essi valutano, con cognizione di causa, la
qualit`a del prodotto offerto e quindi sono in grado di conoscere quali informazioni
pretendere dai fornitori, in particolare le prestazioni qualificanti ed i relativi livelli.
92
`
3.5. LE CARATTERISTICHE DI QUALITA
93
94
suoi aggiornamenti, a modifiche, in base a loro esigenze specifiche o implicite, attraverso un rapporto continuativo con il cliente. In ambito aziendale `e divenuta
fondamentale lergonomia gestionale dimpresa, che vede il lavoratore non pi`
u
come un fattore condizionante la produttivit`a, ma come portatore di conoscenze e
di efficienza quando se ne assecondino i bisogni e se ne riconoscano i limiti lavorativi
` noto lapporto che i lavoratori sono stati in grado di fornire in molte
nel tempo. E
nostre aziende al miglioramento della qualit`a dei prodotti. I pi`
u capaci in questo
processo si sono rivelati i lavoratori con maggiore esperienza e con maggiore integrazione nella filosofia di sviluppo aziendale, in quanto soddisfatti del loro lavoro. La
competitivit`a sul mercato globale richiede che siano sfruttate tutte le potenzialit`a
umane presenti in azienda, abituandole allinterdisciplinarit`a. Nellambito della fase
di progettazione `e fondamentale la sua validazione, per assicurarsi che il prodotto
soddisfi definite esigenze e requisiti dellutilizzatore; `e importante che la validazione
sia eseguita su un prototipo del prodotto finale (o in una fase intermedia di sviluppo)
dopo una positiva verifica della progettazione, in condizioni operative definite. Si
richiede anche che tutte le varianti o modifiche siano documentate.
Terminata la fase di progettazione si passa alla pianificazione e allo sviluppo dei
processi. Il concetto di pianificazione della qualit`a risponde alle necessit`a di innovazione e di dinamica produttiva delle imprese inserendo il sistema qualit`a nel quadro
organizzativo e gestionale costituito dalla compagine aziendale. A questo scopo `e
compito della organizzazione predisporre, documentare e mantenere attivo un sistema di gestione per la qualit`a inteso come strumento perche il prodotto sia conforme a
requisiti specificati, assicuri la soddisfazione del cliente ed il suo miglioramento continuo. La organizzazione deve predisporre un manuale della qualit`a che contenga o
richiami le procedure del sistema qualit`a e delinei la struttura della documentazione
relativa al sistema stesso. Particolare rilevanza assume poi la produzione del prodotto. Subito dopo la seconda guerra mondiale si ebbe lintroduzione di macchine
di elevata complessit`a e sorse la necessit`a di incrementare lautomazione prima delle
macchine e poi dei processi produttivi, assegnando alluomo semplicemente compiti
di controllo e coordinamento.
Lautomazione dei processi produttivi `e stata favorita dallavvento di sistemi
assistiti da calcolatore e dagli sviluppi della robotica. La possibilit`a di corredare
la macchina con sensori in grado di trasmettere le informazioni a distanza ha dato
la possibilit`a di rilevare situazioni anomale ed anche di avere indicazioni in tempi
rapidi sia di situazioni pericolose per le persone sia di parti di macchine in avaria.
In sistemi intelligenti, assistiti da calcolatori si `e in grado anche di avere indicazioni sugli interventi da operare, sui tempi e sulle modalit`a di intervento. Al fine di
soddisfare gli elevati requisiti di qualit`a che debbono essere garantiti sia per quanto
attiene alla produzione sia per quanto si riferisce ai materiali di base utilizzati nei
processi produttivi, sono introdotti sistemi di controllo e di garanzia della qualit`a
che accompagnano tutte le fasi di produzione. Si pu`o quindi affermare che il sen` soggetto e oggetto della qualita
` , nel senso che un sensore `e parte
sore e
integrante di quasi tutti i sistemi di produzione in qualit`a ed al tempo stesso anche
la sua produzione richiede unorganizzazione in qualit`a. Particolare cura va posta
alle prove, ai controlli e ai collaudi. Il fornitore dei sensori deve predisporre
`
3.5. LE CARATTERISTICHE DI QUALITA
95
96
` importante anche la gestione del magazzino, che pu`o risultare molto diE
spendiosa. Con la politica del just in time si cerca di rendere minime le giacenze di
magazzino in termini sia di materie prime, sia di prodotto finito. Per quanto attiene alla gestione del magazzino lorganizzazione deve predisporre e mantenere attive
procedure documentate sia per la movimentazione, allo scopo di impedire danni
o deterioramenti, sia per limmagazzinamento o deposito, allo scopo di evitare il
danneggiamento o il deterioramento del prodotto in attesa della sua utilizzazione o
consegna, sia per limballaggio, la conservazione e la consegna del prodotto.
Per la vendita e distribuzione lorganizzazione si deve dotare di una rete quanto
pi`
u estesa possibile di venditori nelle aree geografiche, nelle quali dalle indagini di
mercato `e risultata la presenza di potenziali clienti.
Cura va posta anche allinstallazione del sensore, che in genere `e demandata
direttamente al cliente, quando risulti semplice, accompagnando il sensore con un
piccolo manuale di installazione, che deve risultare facilmente comprensibile o, come
`e ormai invalso dire, amichevole nelluso. Nel caso linstallazione sia demandata in
` bene sottofase contrattuale ai fornitori, sar`a necessario porre molta attenzione. E
lineare la delicatezza di questa fase, in cui si `e a diretto contatto con il cliente. Un
cattivo servizio pu`o vanificare completamente quanto fatto in precedenza per assicurare la soddisfazione del cliente. Linstallatore deve essere non solo qualificato,
ma anche a conoscenza delle procedure richieste dal manuale di qualit`a aziendale
o, come si dice anche, dello stile dellazienda, a salvaguardia del suo marchio o
brand. Il manuale duso del sensore deve contenere istruzioni in merito anche alla
manutenzione del prodotto. Il cliente si sentir`a pienamente soddisfatto se potr`a confidare nella continuit`a duso del sensore e, quindi, in un rapido intervento
di personale qualificato, qualora trovi difficolt`a nelluso del prodotto o ritenga che
questo abbia subito un guasto. Il manuale distruzioni deve contenere indicazioni
dettagliate sulla migliore manutenzione del prodotto, ma `e sempre bene addestrare
personale qualificato per un eventuale pronto intervento. A tal proposito lorganizzazione deve predisporre e mantenere attive procedure documentate per individuare
le necessit`a di addestramento del personale che svolge attivit`a che hanno influenza sulla qualit`a. Il personale che svolge compiti particolari deve essere qualificato.
La qualificazione si acquisisce attraverso unadeguata istruzione, laddestramento e
lesperienza acquisita.
Una fase delicata nel ciclo delle attivit`a tese alla qualit`a `e quella relativa ad
attivit`a e verifica ex post. Pu`o essere considerata come il bilancio di tutte
le procedure seguite, finalizzato, in un processo dialettico, ad attivare tutte quelle
azioni correttive e preventive tese al miglioramento nellorganizzazione della qualit`a. Ogni azione correttiva o preventiva intrapresa per eliminare le cause di non
conformit`a effettive o potenziali deve essere di livello appropriato allimportanza dei
problemi e commisurata ai rischi relativi. Lorganizzazione deve attuare tutte le
modifiche derivanti dalle azioni correttive e preventive, registrandole nelle procedure documentate. A questo proposito sar`a necessario attivare procedure documentate per lidentificazione, la raccolta, la catalogazione, laccesso, larchiviazione, la
conservazione, laggiornamento e leliminazione delle registrazioni della qualit`a.
Ultima fase non meno delicata delle precedenti `e quella attinente alleliminazione
` DEI SENSORI
3.6. AFFIDABILITA
97
3.6
Affidabilit`
a dei sensori
Uno dei requisiti richiesti ad un sensore di qualit`a `e unelevata affidabilit`a. Limitazioni e difetti nella progettazione e realizzazione di un sensore, deterioramenti
legati al suo uso intenso o a condizioni operative anomale, linfluenza delle condizioni ambientali sono fattori che possono causare incertezze ed errori nella risposta del
sensore. Allo scopo di studiare linfluenza di questi fattori sul suo funzionamento e
sulle sue caratteristiche nel tempo, in modo da poterla quantificare, `e stato introdotto il concetto di affidabilit`a. Si associa un elevato grado di affidabilit`a di un sensore
a un buon progetto, a una corretta costruzione, allutilizzazione di componenti di
qualit`a.
Linizio dello studio dellaffidabilit`a si pu`o far risalire intorno al 1930. Il maggiore sviluppo `e avvenuto in campo militare e aerospaziale. Con gli inizi degli anni 70
si `e avuta una significativa incidenza anche in campo industriale. Oggi laffidabilit`a
`e presa in considerazione in diverse discipline soprattutto in campo ingegneristico,
biomedico e scientifico in generale. Senza tema di smentita `e per`o opportuno sot-
98
` DEI SENSORI
3.6. AFFIDABILITA
99
100
` DEI SENSORI
3.6. AFFIDABILITA
101
legato alle condizioni operative cui `e soggetto il sistema oltre che a quelle ambientali.
A volte accanto allMTBF `e fornito anche lMTTFF (acronimo di Mean Time To
First Failure), che `e il tempo al primo guasto di un sistema riparabile.
` , D, definita come latUn altro parametro legato allMTBF `e la disponibilita
titudine di un oggetto ad essere in grado di svolgere una funzione richiesta a un dato
istante o durante un dato intervallo di tempo, in condizioni determinate, supponendo
che siano assicurati i mezzi esterni eventualmente necessari:
MTBF
(3.3)
D=
MTBF + MTTR
dove lMTTR (acronimo di Mean Time To Repair, tempo medio alla riparazione)
`e il tempo medio necessario alla riparazione del guasto, includendo il tempo per la
diagnosi, per la localizzazione del guasto e per il lavoro meccanico. Dallequazione
precedente risulta che si ha massima disponibilit`a, a parit`a di MTBF, quanto minore
`e lMTTR. Un metodo per migliorare la disponibilit`a di un sensore `e quello della
ridondanza, che consiste nellaggiungere un dispositivo addizionale in parallelo a
uno gemello, in modo che lo rimpiazzi in caso di guasto. In tal modo il guasto del
sensore non causa landata fuori servizio dellintero sistema. Quando in un sistema
ridondante si ha la commutazione di un componente sano su uno guasto, in tempi
brevissimi, si aumenta notevolmente la disponibilit`a del sistema.
Sono state sviluppate diverse tecniche matematiche per il calcolo sia della affidabilit`a sia della disponibilit`a. Nel caso di sistemi riparabili le tecniche pi`
u utilizzate
sono quelle markoviane, in grado di descrivere il comportamento stocastico del sistema nel caso di una gran variet`a di guasti e di condizioni di riparabilit`a. Quella
di una elevata disponibilit`a `e una qualit`a che molti utilizzatori richiedono ai componenti, ai sensori, agli strumenti, ai sistemi. Infatti a volte anche poche ore di non
utilizzabilit`a di questi possono comportare rilevanti danni alla produzione, per non
dire che a volte occorrono diverse settimane per la riparazione di un componente
` ovvio quindi che anche se un dispositivo presenta
reso alla ditta costruttrice. E
elevati gradi di affidabilit`a, ovvero basse probabilit`a che subisca guasti, non `e detto che soddisfi pienamente alle esigenze dellutente se la sua disponibilit`a risulta
bassa, ovvero `e notevole il tempo che rimane non utilizzabile quando si guasta. I
sensori intelligenti, in cui sia prevista la autodiagnosi, quindi la localizzazione del
guasto, e che siano in grado di fornire indicazioni sul modo di ripararlo, consentono
di aumentare notevolmente la disponibilit`a. Allo stesso scopo `e necessario istruire
in fabbrica gli addetti al servizio riparazioni che devono avere conoscenze nel campo
delle misure e della componentistica. Inoltre `e auspicabile che il reparto acquisti
della fabbrica si accerti che i componenti necessari alla riparazione siano forniti da
buoni costruttori e rispondano alle specifiche fornite. A questo fine `e raccomandabile una prova dei componenti per campioni. Non bisogna neanche sottovalutare la
giacenza in magazzino dei componenti occorrenti alla riparazione; essa non dovrebbe mai essere molto lunga, perche, a parte i costi del magazzino, i componenti nel
tempo modificano le loro caratteristiche. A volte si richiede che siano tenute sotto
controllo la temperatura e lumidit`a del magazzino.
Una particolare categoria di sensori `e quella dei tolleranti al guasto (anche se `e diffuso dire con la dizione inglese fault tolerant). I sensori ed attuatori
102
tradizionali sono vulnerabili, soggetti a possibili guasti. Questi guasti possono causare malfunzionamenti in tutta la catena di produzione, con gravi conseguenze al
ciclo produttivo. Un sensore che abbia subito nel tempo una variazione delle sue
caratteristiche in genere non determina il blocco della catena di produzione, ma
non ne consente il corretto funzionamento. Per esempio, in uno stabilimento di
imbottigliamento automatico del vino se un sensore di posizione non funziona correttamente pu`o determinare il non allineamento tra il collo della bottiglia e il tubo
di immissione del vino, con una notevole perdita del liquido. Stesse considerazioni
possono essere fatte per il sensore di livello, destinato ad arrestare il flusso del vino
quando ha raggiunto il giusto livello. Lo scopo principale di un sensore fault tolerant
`e evitare che avarie localizzate possano ripercuotersi su tutto il processo produttivo,
portando a gravi rischi. Sensori tolleranti al guasto sono impiegati anche in campo
medico per assicurare la sicurezza e la salute dei pazienti. Questi sensori sono in
grado di rivelare, stimare e compensare possibili malfunzionamenti al loro interno,
in modo da non interrompere il funzionamento del sistema dove sono inseriti. Essi
segnalano anche la condizione di avaria in modo che il gestore del sistema possa
ripristinarne appena possibile la piena funzionalit`a del sensore senza compromettere il ciclo produttivo. Essi dispongono di un rivelatore di limite di errore.
Come si `e detto, questo limite, indicato anche come errore di misura massimo
ammissibile, `e definito come il valore estremo dellerrore di misura in rapporto a
un valore noto di una grandezza di riferimento, permesso dalle specifiche o dalle
regolazioni di un sensore. Quando si `e raggiunto questo valore di soglia si procede
alla commutazione automatica su un componente sano, interno al sensore che ne
permette il ripristino del funzionamento secondo le sue specifiche.
Spesso la commutazione fra i diversi componenti uguali allinterno del sensore
avviene con una certa frequenza prestabilita, questa procedura rende molto improbabile levenienza di commutazione su un elemento in avaria quando si sia rivelata
` ovvio
la presenza dellerrore massimo ammissibile in uno dei due componenti. E
che la commutazione `e bloccata quando uno dei due componenti `e in avaria. La
condizione `e segnalata, in modo che appena possibile si sostituisca o si ripari tale
componente, quando `e fermo il ciclo produttivo. Questa tecnica `e molto costosa in
quanto richiede la presenza allinterno dei sensori o dei sistemi sensori del doppio
dei componenti strettamente necessari per la loro realizzazione. Una tecnica meno
costosa anche se meno affidabile `e quella di sottoporre il sensore a frequenti autoregolazioni che ne correggano gli errori in modo che non si raggiunga lerrore di misura
massimo ammissibile e quando questo non `e possibile si ferma automaticamente il
ciclo inviando contemporaneamente un segnale al gestore del sistema in modo che
sappia dove si `e verificato il guasto e si possa ridurre al minimo lMTTR. Questo
ultimo tipo di sensore `e detto a controllo di guasto (fail controlled ).
Un altro parametro utile per lo studio dellaffidabilit`a di un sensore `e il tasso di
guasto (t) definito nel modo seguente:
=
1 dNf
Ns dt
(3.4)
dove dNf `e il numero di guasti che si verifica nel tempo dt. Il modo in cui (t) varia
` DEI SENSORI
3.6. AFFIDABILITA
103
nel tempo dipende sia da parametri costruttivi (eventuali difetti in parti del sensore),
sia da parametri operativi (condizioni anomale di funzionamento del sensore), sia
da parametri ambientali (particolari condizioni termiche o di umidit`a o di salinit`a,
ecc.). In molti casi landamento nel tempo di assume la forma tipica di una vasca
da bagno, come indicato in Fig. ??.
todo:inserire figura tasso di guasto
Nella vita di un sensore, o di un dispositivo in genere, si distinguono tre fasi.
La prima, detta infantile termina al tempo t1 ed `e caratterizzata dai guasti di molti
componenti a causa di materiali difettosi o di imperfezioni nel processo di lavorazione. In genere i componenti difettosi sono sostituiti in una fase iniziale (equivalente
per esempio a quella di rodaggio). Terminata questa prima fase, ne segue una seconda, caratterizzata da un tasso di guasto costante, fase in cui il sensore `e impiegato al
meglio, in quanto `e bassa la probabilit`a che si verifichino guasti, dovuti quasi esclusivamente a fortuite combinazioni di parametri operativi che danno luogo allinsorgere
di pericolose sollecitazioni. La terza e ultima fase inizia dopo il tempo t2 , prende
il nome di periodo senile ed `e caratterizzata da un crescente tasso di guasto. Se si
vuole aumentare la disponibilit`a del sensore dopo il tempo t2 , occorre intervenire
nella fase in cui il tasso di guasto si mantiene costante, provvedendo a unaccurata
manutenzione con sostituzione dei componenti pi`
u facilmente deteriorabili con luso.
Il tempo intercorrente tra t1 e t2 `e detto anche vita utile del sensore e in tale
periodo esiste uninteressante relazione tra il tasso di guasto costante e laffidabilit`a
R(t). Infatti integrando (t) tra 0 e t, tempo in cui si sono verificati Nf guasti,
ricordando la relazione tra numero N complessivo di componenti provati, il numero
Nf dei componenti che si guastano e il numero Ns dei componenti sani, si ha:
Z
Nf
Nf
= et
N
0
0
(3.5)
Lequazione precedente di R(t) mostra come sia possibile calcolare in modo semplice laffidabilit`a di un dispositivo durante la sua vita utile, noto il tasso di guasto,
quando questo sia costante. Precedentemente si `e indicato con Nf sia il numero di
guasti di un dispositivo, sia il numero di componenti in prova che subiscono guasti.
Infatti, essendo il tasso di guasto costante `e indifferente provare un componente per
t0 ore o N componenti uguali per t0 /N ore, in quanto la probabilit`a di guasto in
un tempo prefissato sar`a la stessa nei due casi. Ne consegue intuitivamente che il
tasso di guasto costante (che ha le dimensioni dellinverso di un tempo) risulta coincidere con linverso dellMTTF per i componenti non riparabili e dellMTBF per le
parti del sensore riparabili. Allo stesso risultato si pu`o pervenire matematicamente
ricordando la definizione di MTBF, coincidente con quella data per lMTTF:
dt =
1
dNf
N Nf
t = ln(N Nf ) ln N
Z
N
1
1 X
ti =
R(t) dt =
MTBF =
Ns i=1
R(t) = 1
(3.6)
104
Rs (t) =
N
Y
Ri (t) = e
N
X
i=1
i t
= et
(3.7)
i=1
dove Rs (t) `e laffidabilit`a del sistema, Ri (t) quella del generico componente i-esimo,
i il tasso di guasto relativo alli-esimo componente e quello del sistema. Dalla
precedente si ha:
1
= 1 + 2 + 3 + + N =
(3.8)
MTBF
Dalla relazione precedente si desume che un sistema serie, anche se economico,
in quanto non vi sono ridondanze, presenta un aumento del tasso di guasto e una
riduzione del tempo medio al primo guasto, ovvero peggiora laffidabilit`a. Il contrario avviene nel caso di componenti in parallelo, cio`e di un sistema ridondante,
dove sono le inaffidabilit`a delle singole parti del sistema che si moltiplicano per determinare linaffidabilit`a di quel componente costituente il sistema sensorio; in altre
parole nel caso di componenti in serie si ha un prodotto di valori di affidabilit`a, nel
caso di componenti in parallelo si ha un prodotto di inaffidabilit`a. Quindi in un
sistema ridondante si ha un miglioramento dellaffidabilit`a tanto maggiore quanto
pi`
u elevato `e il numero di componenti in parallelo.
3.7
105
106
3.8
3.9
107
Come si `e accennato in precedenza diversi sono gli effetti fisici che si utilizzano nei
sensori. Proprio la loro attuale espansione non consente di essere esaustivi nellesame dei principi fondamentali di funzionamento su cui si basano tutti i sensori oggi in
commercio. Le possibilit`a offerte dallintelligenza artificiale hanno infatti permesso
di far ricorso a principi e tecniche operative un tempo abbandonate. Le innovazioni
tecnologiche nellambito dei materiali fanno intravedere il superamento degli attuali
limiti di alcuni sensori. Nel seguito si propone semplicemente una sintesi dei principi
di funzionamento sui quali si basa una larga parte dei trasduttori oggi disponibili
in commercio. Lesame degli effetti fisici utilizzati nei sensori richiede una schematizzazione delle varie forme in cui lenergia si manifesta. Una interessante e ormai
famosa rappresentazione tridimensionale dei sensori `e stata proposta nel 1981 da
Middelhoek e Noorlag. In essa sono considerate le seguenti sei forme di energia:
1. energia elettromagnetica radiante;
2. energia meccanica;
3. energia termica;
4. energia elettrica;
5. energia magnetica;
6. energia chimica.
Queste forme di energia si possono presentare sia in ingresso (in tal caso sono
riportate lungo lasse x di uno spazio cartesiano) sia in uscita (in tal caso si riportano
lungo lasse y dello spazio cartesiano) sia come fonte ausiliaria esterna per consentire
il funzionamento del sensore (in tal caso si riportano lungo lasse z dello spazio
cartesiano).
In base a questa rappresentazione `e evidente che nel piano xy saranno contenuti
tutti i sensori attivi. In totale nel piano xy si possono presentare 36 combinazioni
tra le energie del misurando e del segnale in uscita al sensore. Trenta di queste
trentasei combinazioni sono scambi energetici che si riferiscono a forme diverse di
energia tra segnali di ingresso e uscita, mentre sei a forme uguali di energia (si tratta
in tal caso di modificatori o convertitori). Tra i trenta scambi di energie diverse i
pi`
u importanti sono cinque e precisamente quelli che prevedono in uscita energia
elettrica, anche se assumeranno in futuro rilevanza i cinque scambi che presentano
in uscita energia elettromagnetica radiante.
Se risulta indispensabile per il funzionamento del sensore un apporto esterno
di energia, occorre considerare nella rappresentazione del sensore la componente
dellenergia lungo lasse z. In tal caso si tratta di sensori passivi e le possibili
combinazioni tra le componenti in gioco dellenergia lungo i tre assi risultano duecentosedici. Ancora una volta i sensori pi`
u diffusi sono quelli che prevedono un
apporto di energia elettrica dallesterno.
108
3.10
Diversi sono i principi sui quali si basano i sensori. Lungi dal voler essere esaustivi,
nel seguito si accenna ad alcuni tra i pi`
u diffusi tra questi principi. Data lespansione che i sensori ottici hanno avuto recentemente, si esaminano inizialmente
i principi su cui essi si basano. Tali sensori sono impiegati in diversi settori, possono sfruttare differenti fenomeni, ed utilizzano unampia gamma di frequenze di
radiazione. A quelli di concezione tradizionale, basati sullimpiego della luce visibile
e di rivelatori a variazione di resistenza, si sono sostituiti quelli con emettitori a
LED (light emitting diode) e rivelatori al silicio, che possono essere fotodiodi, in
particolare quelli PIN (caratterizzati da uno spessore della regione di svuotamento
controllato giustapponendo del semiconduttore intrinseco fra gli strati di tipo p e di
tipo n), o fototransistor. Molto impiegato per la realizzazione dei LED `e larseniuro di gallio che ha una banda di emissione (circa 0,7 0,9 m) bene adattabile
alla regione di assorbimento del silicio. Per permettere una emissione di luce pi`
u
efficiente si pone larseniuro di gallio su un substrato di fosfuro di gallio. Inoltre si
stanno diffondendo anche sensori ottici basati sulle fibre ottiche, le quali non solo
sono sensibili a diverse grandezze fisiche e chimiche, ma hanno permesso di risolvere
problemi particolari di trasmissione dei dati in ambienti industriali ostili caratterizzati dalla presenza di intensi rumori elettromagnetici. Infatti le fibre ottiche oltre
ad avere un livello di attenuazione incredibilmente basso ed una elevata velocit`a di
trasmissione sono intrinsecamente immuni al rumore elettromagnetico, essendo realizzate in vetro e in altri materiali non conduttori. Infatti i campi elettromagnetici
non possono indurre correnti elettriche nel vetro che `e un materiale dielettrico, come
invece accade in presenza di cavi in materiale conduttore come il rame. Inoltre i
campi elettromagnetici non modificano le caratteristiche della luce che attraversa la
fibra ottica.
Si esamina quindi leffetto Doppler, che consiste nella variazione di frequenza delle onde acustiche, ottiche o radio dovuta al moto relativo tra sorgente
e ricevitore delle onde. Tale effetto `e impiegato in svariati campi come quello dei
sensori radar di velocit`a, diffusi in campo sia automobilistico, sia militare, dove tra
laltro servono per avere indicazioni sulla velocit`a radiale dei bersagli aerei. I sensori
sonar ad effetto Doppler acustico sono quelli pi`
u indicati per la determinazione della velocit`a di un veicolo sottomarino. Molti sensori di flusso si basano sugli effetti
prodotti dalla propagazione di onde ad ultrasuoni, con trasmettitore e ricevitore ge-
109
110
111
diffusa `e quella a pettine, costituita in una delle sue realizzazioni da tre armature
due periferiche collegate metallicamente tra loro ed una centrale in grado di scorrere
allinterno delle altre due.
3.11
Effetti fotonici
112
si crea una corrente elettrica incrementando leffetto fotoelettrico mediante una serie
di elettrodi secondari.
Leffetto fotoconduttivo determina un passaggio di corrente elettrica in
materiali investiti da radiazioni di varia lunghezza donda. Esso `e dovuto alla variazione delle caratteristiche elettriche nel materiale investito dalla radiazione, in
particolare della conduttivit`a per quanto riguarda materiali isolanti e semiconduttori. Il fenomeno prende anche il nome di effetto fotoelettrico interno per
distinguerlo da quello esterno che attiene alla fotoemissione.
La radiazione incidente consente il passaggio degli elettroni da uno stato di legame a uno libero. Gli elettroni liberi non hanno energia sufficiente per uscire dal
materiale (come avviene nel caso della fotoemissione) ma contribuiscono alla conduzione facendo diminuire la resistivit`a del materiale, ovvero aumentare la conduttivit`a. In questo tipo di fenomeno, per avere un flusso di corrente elettrica, variabile
con la radiazione incidente, `e necessario collegare lelemento fotoconduttivo a un
generatore di tensione elettrica, dando quindi luogo a sensori passivi.
Tra i materiali fotoconduttivi si annoverano anche i materiali semiconduttori,
nei quali, come `e noto, vi `e una separazione fisica dei portatori di carica. Per questi
materiali `e necessario fare una distinzione. Vi `e un effetto fotovoltaico (che sar`a
esaminato in seguito) in cui senza un apporto di energia dallesterno del materiale si
ha il verificarsi di una d.d.p. per il passaggio di elettroni dalla banda di valenza (BV)
a quella di conduzione (BC); leffetto fotoconduttivo invece comporta semplicemente
una variazione di conduttivit`a nel materiale, per quantificare la quale occorre un
apporto di energia dallesterno. La conduttivit`a in un materiale semiconduttore
`e data da = Ne , dove N `e il numero totale di elettroni in BC, e `e la carica
dellelettrone e la mobilit`a dei portatori di carica.
Purtroppo anche leffetto fotoconduttivo `e influenzato dalleffetto termico. Infatti il numero N di elettroni in BC `e fortemente influenzato dalla temperatura in
accordo alla formula seguente: N = N0 exp(Eg /2kT ), dove N0 `e il numero totale
di elettroni nel materiale (cio`e in banda di conduzione, BC, e banda di valenza,
BV), Eg `e il gap di energia tra le due bande, k `e la costante di Boltzmann e T `e la
temperatura della giunzione. N quindi aumenta con T ed `e zero allo zero assoluto.
Un altro fenomeno che riduce lentit`a delleffetto fotoconduttivo `e il tempo di vita
limitato degli elettroni in BC, mentre sarebbe auspicabile che esso fosse pi`
u lungo
possibile per aumentare la sensibilit`a. Per un calcolo della corrente di fotoconduzione
si pu`o considerare un cubo di germanio avente lo spigolo di 1 cm con due elettrodi,
necessari per creare il campo elettrico, posti su due facce opposte. Se NF sono
i fotoni assorbiti in un secondo, il numero di elettroni e lacune liberi in eccesso
raggiunge una concentrazione costante NF t per ciascun tipo di carica. Il numero
di elettroni Ne che fluiscono nel tempo t attraverso la batteria nel circuito esterno
`e dato da: Ne = V NF t(e + b ), dove V `e la tensione applicata e e e b sono le
mobilit`a di elettroni e lacune rispettivamente.
Leffetto fotoconduttivo si presenta in molti materiali come gli alogenuri alcalini,
il germanio, il solfuro di cadmio, il seleniuro di cadmio, il solfuro di piombo, il seleniuro di piombo. Lentit`a delleffetto nei diversi materiali fotoconduttivi e quindi la
sensibilit`a del sensore che utilizzi un determinato materiale variano con la lunghezza
113
donda della radiazione incidente. Pertanto si assegna a ciascun materiale fotoconduttivo un particolare campo di frequenze, compreso nella banda fondamentale di
assorbimento ottico, nel quale si manifesta la sua migliore attitudine. Ad esempio
gli alogenuri alcalini sono particolarmente indicati nella regione rossa dello
spettro (avendo un picco di assorbimento ottico nellintorno di 1,6 eV), mentre il
germanio `e indicato per radiazioni nellinfrarosso (avendo massimo assorbimento
ottico intorno a 0,7 eV), ma pu`o essere utilizzato anche nel visibile e nellultravioletto. Le propriet`a di conduttivit`a dei fotoconduttori sono notevolmente migliorate
con il drogaggio consistente nellintroduzione di una quantit`a controllata di impurezze. Il fotoconduttore `e di solito preparato sotto forma di sottile pellicola, per
evaporazione del materiale sotto vuoto, per precipitazione chimica o per compressione del materiale polverizzato. Le celle di solfuro di cadmio sono molto usate per
applicazioni industriali, per la loro alta sensibilit`a nello spettro visibile. Tuttavia
esse presentano errori di isteresi (la risposta dipende dalla esposizione alla luce avvenuta in precedenza) e di piedistallo (presenza di correnti nel circuito anche in
assenza di luce). Le celle di solfuro di piombo e seleniuro di piombo sono
particolarmente sensibili alla radiazione infrarossa e la sensibilit`a aumenta alle basse
temperature con il crescere delle lunghezze donda delle radiazioni. Per utilizzarle nel
lontano infrarosso `e necessario raffreddare le celle con idrogeno liquido (si portano
a temperature intorno a 250 C). Le celle fotoconduttrici sono caratterizzate dalla
loro sensibilit`a nellinfrarosso ( = 1 2m) e dal loro breve tempo di risposta.
Il loro utilizzo si ha nei sistemi di registrazione ad alta velocit`a, nei microscopi ad alta risoluzione, nellelettrografia e nei rivelatori di radiazioni
infrarosse.
La fotoionizzazione `e un effetto che consente di produrre in un gas la ionizzazione per azione di una radiazione elettromagnetica. La ionizzazione consiste nella
modificazione di una molecola o di un atomo neutro in uno ione positivo o in un
elettrone libero. In casi pi`
u complessi una molecola pu`o essere modificata in uno
ione positivo o in uno negativo, separati tra loro. Lenergia necessaria perche possa manifestarsi il processo di fotoionizzazione `e fornita per irraggiamento di fotoni
contenuti in radiazioni X od ottiche. Tali radiazioni agiscono in genere in un gas,
ma possono anche essere applicate alla superficie di materiali solidi e danno luogo
ad atomi ionizzati o a elettroni liberi. La fotoionizzazione `e utilizzata nel campo
della misura delle radiazioni.
I due effetti precedenti danno luogo a sensori passivi, mentre quello fotovoltaico `e riferito a sensori attivi ed `e conseguente alla conversione dellenergia radiante in
energia elettrica. Tale effetto consente la realizzazione di celle solari, notissime
per la loro utilizzazione sempre pi`
u diffusa in diversi campi, come quello dei satelliti.
Leffetto fotovoltaico si presenta nelle giunzioni p-n dei semiconduttori, sottoposte a radiazioni che danno luogo alla comparsa di una forza elettromotrice (f.e.m.).
Come mostrato in Fig. 3.12, illuminando la giunzione si producono coppie elettronilacune; le coppie vengono separate dal campo della barriera (gap) e danno origine a
una f.e.m.. La giunzione p-n altri non `e che un diodo caratterizzato da una elevata
corrente inversa. Naturalmente si vengono a creare una lacuna o buca in BV ed
un elettrone in BC, solo se lenergia hf del fotone `e superiore a quella Eg caratte-
114
3.12
Effetto doppler
Questo effetto fu scoperto nel 1842 dal tedesco C. Doppler e consiste nella variazione di frequenza delle onde acustiche, ottiche, radio, dovuta al moto relativo tra
sorgente e ricevitore delle onde. Occorre distinguere gli aspetti salienti del fenomeno nel campo acustico e in quello ottico in quanto si presentano alcune differenze.
Nel campo acustico leffetto `e facilmente percepibile quando una tromba attivata
di una autoambulanza si avvicini ad un ascoltatore fermo. Anche se lintensit`a e la
frequenza dellonda sonora emessa dalla tromba restano costanti, lascoltatore percepir`a lavvicinarsi o lallontanarsi dellautoambulanza perche aumenter`a o diminuir`a
115
la frequenza dellonda sonora (numero di suoni nellunit`a di tempo) che giunge al suo
orecchio. Quando, come in genere accade, la velocit`a, vu , di propagazione del suono
`e molto pi`
u grande della velocit`a, vr , del moto relativo tra sorgente e ricevitore, la
variazione di frequenza tra la frequenza, fs , dellonda emessa dalla sorgente e
quella dellonda percepita dal ricevitore risulta:
f = fs
vr
vu
(3.9)
Se il moto non avviene lungo la retta di congiunzione della sorgente e del ricevitore,
nella precedente equazione occorre considerare per vr la componente della velocit`a
secondo la suddetta retta. Leffetto Doppler nel campo acustico `e quindi un effetto
tipicamente longitudinale, non si presenta quando la direzione del moto `e ortogonale alla congiungente sorgente-ricevitore. Nel campo acustico la variabilit`a della
velocit`a di propagazione delle onde influisce sulla variazione di frequenza f , il che
non accade nel campo delle onde elettromagnetiche.
Leffetto Doppler, relativo alle onde elettromagnetiche `e molto utilizzato
sia in cosmologia sia nei radar. Se una stella si muove rispetto a un osservatore
si ha una variazione nella frequenza delle onde ricevute. Tale variazione d`a luogo a
una dispersione delle righe spettrali in un ricevitore sincronizzato con le frequenze
delle onde emesse dalla stella. Dalla dispersione delle righe spettrali `e possibile
risalire al moto dei corpi celesti il cui spettro sia rivelabile. Leffetto Doppler nel
campo delle onde elettromagnetiche d`a luogo a una variazione di frequenza,
che ha la seguente forma generale:
q
2
1 vcr
(3.10)
1
f = fs
1 vcr cos
dove c `e la velocit`a della luce e `e langolo che la congiungente sorgente-ricevitore
forma con la direzione del moto. Pertanto nel campo delle onde elettromagnetiche
si hanno due effetti:
effetto Doppler longitudinale, nellequazione precedente = 0, vr <<
c, per cui si ha:
1
vr
(3.11)
fl = fs
vr 1 = fs
1 c
c
con una variazione di frequenza di segno negativo nel caso di allontanamento
della sorgente dal ricevitore;
effetto Doppler trasversale, nellequazione generale si deve porre =
/2, vr c:
"r
#
v 2
fs vr 2
r
ft = fs
1
1
(3.12)
=
c
2 c
Dallesame delle due equazioni precedenti si evince facilmente che essendo il rapporto vr /c molto piccolo leffetto Doppler trasversale, proporzionale al quadrato di
116
3.13
Leffetto piezoelettrico d`a luogo a una differenza di potenziale (d.d.p.) fra le due
facce di particolari cristalli, quando su di esse siano applicate delle sollecitazioni
meccaniche. Il fenomeno osservato dai fratelli Pierre e Jacques Curie nel 1880 pu`o
` ). Leffetto piezoelettrico diretto
manifestarsi anche in senso inverso (reversibilita
fu riscontrato dai due fratelli Courie in diversi cristalli come il clorato di sodio, la
boracite, la tormalina, il quarzo, il sale di Rochelle.
Si possono presentare deformazioni meccaniche in particolari cristalli ferroelettrici sottoposti ad un campo elettrico. Il segno della d.d.p. segue quello
della deformazione e viceversa. Utilizzando leffetto piezoelettrico si realizzano sensori che convertono una deformazione in cariche elettriche. Leffetto non si verifica
in materiali che presentano una distribuzione di cariche simmetriche o meglio che
abbiano un centro di simmetria nella struttura cristallina. Fu Voigt nel 1910 che
scopr` che tra le trentadue classi cristallografiche sono ben ventuno quelle che
non hanno centro di simmetria e che, a eccezione di una, presentano caratteristiche
piezoelettriche.
Nei cristalli non conduttori la piezoelettricit`a `e interpretata come una alterazione
dellequilibrio dei momenti di dipoli elettrici. Quindi una sollecitazione meccanica
che provoca una deformazione modifica i momenti di dipolo con conseguente variazione di cariche in superficie dando luogo a una differenza di potenziale. Si possono cos`
realizzare sensori di pressione, di vibrazione e di onde acustiche. La polarizzazione
piezoelettrica `e legata al processo di orientazione dei dipoli elettrici tendenzialmente
nella direzione della forza applicata e non `e limitata ad un unico asse, ma in molte
118
q
sF
= kq
= kV sp
C
A0 r
(3.14)
120
Figura 3.13: Fig. 3.14 Schema di un resistore potenziometrico (a)lineare; (b) angolare
3.14
Effetti magnetici
La magnetostrizione `e quel fenomeno fisico che determina variazioni di dimensioni e forma in un materiale magnetico soggetto a magnetizzazione ed `e detta anche
effetto Wiedemann. Lentit`a del fenomeno dipende dalla direzione in cui agisce il
campo e dal grado di magnetizzazione del materiale. Reversibilmente si hanno variazioni nella caratteristica di magnetizzazione a causa di deformazioni meccaniche
del materiale e leffetto `e denominato magnetoelastico o Villary.
La magnetostrizione `e dovuta alla dipendenza della energia di anisotropia del
cristallo dallo stato di deformazione del reticolo cristallino. Nelleffetto magnetoelastico sollecitazioni contenute entro il limite di elasticit`a del materiale pos` , in relazione alla
sono produrre una diminuzione o un aumento di permeabilita
particolare natura del materiale. Ad esempio il nichel soggetto a sollecitazioni che
producono deformazioni elastiche presenta permeabilit`a tanto minore quanto pi`
u `e
elevata la sollecitazione, mentre il permalloy 68 (lega Ni 68%, Fe 32%) ha permeabilit`a che aumenta trenta volte per sollecitazioni di trazione pari a 11 kg2 mm1 , corrispondenti al limite di elasticit`a, superato questo limite la permeabilit`a diminuisce
rapidamente.
121
122
testine di lettura e scrittura dei dischi rigidi, che sono di alluminio o vetro rivestiti
di materiale ferromagnetico e dove sono disponili su film sottili le tracce su cui
sono memorizzati i dati. Nel sensore magnetoresistivo di lettura, costituito, per
esempio, da una lega nichel ferro e da una o pi`
u testine leggerissime e velocissime
che sfiorano la superficie del disco a distanza di frazioni di micron, due contatti
galvanici, per ogni testina, conducono la corrente di polarizzazione e rivelano le
variazioni di resistenza causate dalle tracce sul disco. In base al verso del campo
magnetico che caratterizza la zona della traccia sulla quale `e posizionato lelemento
sensibile, questo varier`a la sua resistenza da un valore elevato ad uno basso. Si fa
circolare nel sensore una corrente costante in modo che a resistenza alta corrisponda
un segnale di tensione alto, equivalente al livello 1 e a resistenza bassa un segnale
di tensione basso, equivalente al livello 0. Si utilizzano particolari tecniche per
la linearizzazione della curva di taratura del sensore. Nonostante le tensioni in
uscita dal sensore siano opportunamente amplificate, le dimensioni delle testine non
possono essere ridotte oltre certi limiti, che definiscono la soglia minima di sensibilit`a
e di SNR per una sicura distinzione tra i livelli 1 e 0. Una testina di scrittura ha
invece il compito di trasferire linformazione sulle tracce del disco magnetizzandole,
mediante un polo magnetico, in due versi opposti, caratteristici dei livelli 1 e 0.
Lavvento della tecnologia MEMS sta permettendo la realizzazione di dischi rigidi
di piccole dimensioni, tali da poter essere inseriti allinterno di dispositivi portatili.
Sensori per misure di intensit`a di corrente o di campo magnetico potrebbero utilizzare leffetto magnetoresistivo, ma in genere per tali sensori si preferisce
attualmente sfruttare leffetto galvanomagnetico pi`
u conosciuto che `e quello Hall.
Leffetto Hall fu scoperto da Edwin Hall nel 1879. In un materiale conduttore sottoposto a un campo di induzione magnetica Bz normale al flusso di una
corrente elettrica di intensit`a Ix , si manifesta una d.d.p. Vy in direzione perpendicolare alle direzioni sia di Bz sia di Ix , come mostrato in Fig.3.15. Il fenomeno `e
dovuto al fatto che le cariche elettriche, in movimento per la presenza della corrente
Ix , si accumulano su una faccia del materiale per effetto del campo magnetico, finche
si determina un campo elettrico Ey che d`a luogo a una forza agente sugli elettroni
tale da opporsi e compensare la forza dovuta al campo magnetico. Il campo elettrico Ey (campo di Hall), che `e legato alla tensione Vy (tensione di Hall) dalla
relazione Ey = Vy /d, `e proporzionale al prodotto della corrente e della induzione
ovvero al prodotto delle cause che lo hanno determinato. Il segno della tensione di
Hall che si manifesta su due facce opposte del materiale dipende dalla direzione del
campo magnetico, da quello della corrente e dal segno delle cariche elettriche.
Leffetto Hall pu`o essere spiegato mediante la teoria degli elettroni liberi. Sia vx
la velocit`a media di spostamento degli elettroni lungo la direzione x. Ogni elettrone
sar`a soggetto nel piano xy alla forza di Lorentz che `e generata sia dal campo di Hall,
sia dal campo magnetico agente normalmente al piano xy.
Come si `e detto questa forza tende ad annullarsi, in quanto leffetto dei due campi
`e opposto: FL = e(Ey vx Bz ) = 0, dove e `e la carica dellelettrone. Ricordando
123
che la velocit`a degli elettroni si pu`o esprimere mediante il prodotto della mobilit`a
x per il campo elettrico nella direzione x, dallequazione precedente si ricava la
seguente espressione: Ey = vx Bz = x Ex Bz . Poiche il campo elettrico `e legato alla
densit`a di corrente attraverso la resistivit`a del materiale, lespressione precedente
pu`o scriversi in funzione di tale densit`a e da essa ricavare la tensione di Hall:
Ey = x Jx Bz = x
Ix
Bz
td
Vy = Ey d = x
Ix
Ix
Bz = kH Bz
t
t
(3.16)
124
permanente solidale con lorgano in rotazione induce una tensione di Hall ogni volta
che incontra il sensore posto in posizione fissa rispetto al magnete rotante. In tal
modo il numero di giri `e convertito in un treno dimpulsi di frequenza tanto maggiore quanto pi`
u alta `e la velocit`a di rotazione. Utilizzando un semplice contatore
digitale dimpulsi si pu`o facilmente risalire alla velocit`a. Questo sensore `e applicato
per esempio su alcune biciclette, dove il magnete `e solidale con la ruota e il sensore
di Hall `e fisso sul telaio. Noto il raggio della ruota e quindi la sua circonferenza `e
possibile misurare oltre alla velocit`a anche la distanza percorsa.
Gli effetti dellinterazione di un campo elettrico con uno magnetico sono molti e
molti sensori ne sfruttano diversi di questi. Altri due di questi effetti che danno luogo
a svariate applicazioni sensoristiche sono: la legge dinduzione di Faraday; le
variazioni di una induttanza in una bobina avvolta su un circuito magnetico
perturbato. La legge di induzione di Faraday stabilisce che quando una bobina di
n spire `e soggetta a un flusso magnetico variabile nel tempo, che si concateni con le
sue spire, si induce in essa una f.e.m. la cui espressione `e la seguente:
e = n
d
dt
(3.17)
Questa legge `e del tutto generale, nel senso che `e valida qualunque sia la causa determinante la variazione del flusso concatenato, e pu`o essere utilizzata nei
sensori di campi magnetici variabili nel tempo. In tal caso il sensore o sonda `e costituito dalla bobina di n spire ferma. Quando invece si vogliano misurare campi
magnetici statici occorre far ruotare la bobina a una velocit`a nota, ma in tal caso
leffetto si dice elettrodinamico. Linduttanza di una bobina di n spire avvolte
su materiale magnetico varia in dipendenza non solo delle n spire, ma anche della
riluttanza del circuito magnetico. Se questo `e dotato di un traferro si pu`o facilmente variare la riluttanza modificando le caratteristiche del circuito magnetico stesso.
Dalle variazioni di induttanza si pu`o risalire a spostamenti, deformazioni, forze, pressioni. Tra gli effetti elettromagnetici si annoverano anche quelli
elettrodinamici. Quando un conduttore di lunghezza l si muove con velocit`a v,
perpendicolarmente a un campo magnetico di induzione B `e facile verificare che si
manifesta una f.e.m. data da: e = Blv. In modo reversibile quando il conduttore `e
attraversato da corrente elettrica i e perpendicolarmente agisca un campo magnetico
di induzione B si genera una forza F data da: F = Bli.
La presenza nelle due formule precedenti del prodotto Bl `e molto utile per la
taratura dei cosiddetti sensori a equipaggio mobile che operano con un campo
magnetico generato da un magnete permanente.
Sugli effetti elettrodinamici (alla base del funzionamento delle macchine elettriche) si basano alcuni sensori tachimetrici e i microfoni elettrodinamici.
125
Classi ed esempi
Resistore a filo
Strain gage
Termometri a resistenza
Sensore a spira calda
Misurando e applicazioni
Dimensioni, spostamento in un
potenziometro
Resistenza variabile Sforzi, forze, coppie, con lo sforzo
pressioni
Spira o termistore Temperatura, effetti termici, cacon variazioni di re- lore irradiato
sistenza
Spira riscaldata elet- Variazioni di flusso, turbolenze,
tricamente
densit`a gas
Variazioni di resisti- Umidit`a relativa
vit`a con lumidit`a
Radiazioni focalizza- Inseguimento di missili e satelliti
te su un bolometro
Misura di resistenza Spessore di fogli, livello di liquidi
Igrometro a resistenza
Radiometro a termistore
Misuratore di spessori del contatto
Cellule fotocondutti- Resistenze variabili
ve
con radiazioni incidenti
Tubi fotoemissivi
Emissione di elettroni con le radiazioni
Misuratori di ioniz- Flusso di elettroni
zazione
con la ionizzazione
Misuratori di trafer- Variazioni di indutro
tanza
Sensore a riluttanza Variazioni di riluttanza con posizione,materiale
Sensore a correnti- Variazioni di indutparassite
tanza
Trasformatori diffe- Nucleo
magnetico
renziali
mobile in speciali
avvolgimenti
Sensore a magneto- Propriet`a
magnestrizione
tiche variabili con
sforzi
Sensore a effetto Hall Interazioni
campo
magnetico corrente
Condensatore varia- Variazioni capacit`a
bile
lunghezza o area
Microfono a conden- Variazioni capacit`a
satore
per pressione del
suono
Dielettrico
Variazioni nel dielettrico
Livelli, spessori
126
Classi ed esempi
Natura del sensore
Sensori a equipaggio Movimento relativo
mobile
tra magnete ed equipaggio
Termocoppie
Metalli dissimili a
diverse temperature
Sensori piezoelettrici Compressione
del
quarzo
o
altro
cristallo
Cellule fotovoltaiche Generazione in semiconduttori di tensione dalla luce solare
Misurando e applicazioni
Velocit`a di vibrazione, velocit`a di
spostamento
Temperature, radiazioni flussi di
calore
Vibrazioni,accelerazioni, suoni,
pressioni
Esposizione, luce
Capitolo 4
Strumenti digitali
4.1
Introduzione
Gli strumenti digitali possono essere considerati combinazioni di porte logiche che
variano stato a velocit`a molto elevata. Sono utilizzati in diversi settori quali quelli
delle misure, dei sistemi di controllo, delle telecomunicazioni, dellinformatica, per
citarne solo alcuni. Essi si stanno diffondendo in modo estensivo e tendono nella
maggior parte delle applicazioni a sostituire quelli di natura analogica. Presentano
infatti rispetto a questi diversi vantaggi molto attrattivi che saranno di seguito
sintetizzati, ma la loro diffusione `e dovuta essenzialmente al costo. Si pu`o affermare
che a parit`a di costo laccuratezza e la risoluzione risultano di un ordine di grandezza
superiori a quelle di uno strumento analogico che svolga le stesse funzioni.
I pregi della strumentazione digitale sono: la facilit`a di lettura e quindi lattendibilit`a dei risultati, dovute alla presentazione dei dati su un visualizzatore numerico;
gli alti livelli di accuratezza e risoluzione, dovuti alla disponibilit`a oggi sul mercato
di componenti veloci ad elevato numero di bit; gli alti valori di velocit`a sia di campionamento sia di conversione, che rendono possibile il processo in tempo reale; lelevata
immunit`a al rumore e ai processi di deriva tipici dei componenti elettronici, il che
insieme con la facilit`a di trasmissione dei dati numerici ha favorito lo sviluppo degli
strumenti digitali nel campo delle telecomunicazioni; la facile realizzabilit`a dellisolamento galvanico, specie con il ricorso agli optoisolatori; la possibilit`a e la facilit`a
di ulteriore elaborazione dei dati acquisiti; la sempre pi`
u diffusa intelligenza interna
agli strumenti cosiddetti esperti; la sovraccaricabilit`a; lindicazione della polarit`a;
la scelta automatica del campo; le possibilit`a sempre pi`
u utilizzate di auto test,
ovvero di autoregolazione della curva di taratura, di autoriconfigurazione, di facilit`a
nellindicazioni di situazioni anomale; linclusione in sistemi ATE (Automatic Test
Equipment); la possibilit`a di essere programmati in ambito CAT (Computer Aided
Testing); lottimizzazione nellinterazione uomo-strumento. Naturalmente esistono
anche alcuni limiti dipendenti principalmente da: dipendenza delle prestazioni dalla
temperatura; sensibilit`a ai campi elettromagnetici; presenza di errori di aliasing, di
troncamento e di quantizzazione; necessit`a di particolari algoritmi di interpolazione
per valutare i valori intermedi tra un campione e quello successivo; mancanza di
esperienza consolidata nella progettazione e realizzazione.
127
128
4.2
129
sizione dellordine dei nanosecondi, per cui richiedono linee in grado di trasmettere
segnali a elevata frequenza
La fase iniziale e spesso la pi`
u critica dellelaborazione digitale di un segnale
analogico `e quella del campionamento. Se questa operazione non `e eseguita correttamente, tenendo presenti le caratteristiche spettrali del segnale in esame, si ottengono dei risultati errati anche se apparentemente attendibili, in quanto il contenuto
delle informazioni del segnale campionato risulta diverso da quello del segnale di
partenza.
Loperazione di campionamento consiste nel prodotto fra il segnale continuo e
una serie di impulsi unitari e periodici, di periodo Tc , che prende anche il nome di
intevallo di campionamento o tempo fra campioni. In Fig. 4.1 `e mostrato
questo processo che porta come risultato finale a una sequenza di campioni rappre` bene precisare subito, che un numero
sentativi della forma donda di partenza. E
finito di campioni pu`o rappresentare in modo accurato un segnale analogico solo se
questo `e a banda limitata ed `e rispettato il teorema del campionamento. Si ricorda
che un segnale a banda limitata ha uno spettro in frequenza con ampiezza nulla
in tutto il campo eccetto una banda ben definita. Segnali ad ampiezza di banda
limitata possono derivare da un processo di filtraggio o dalle limitazioni in banda
imposte da sensori, amplificatori o altri componenti del sistema.
Si definisce fc , frequenza o velocit`a di campionamento, il reciproco di Tc . Un
altro parametro importante `e la durata del campionamento o finestra di
osservazione, data dal tempo totale del campionamento.
Il campionamento pu`o portare a incorrere in due errori, uno di aliasing, come
`e ormai invalso dire anche in lingua italiana per la difficolt`a di traduzione e laltro
di troncamento (o truncation).
Perche il segnale campionato contenga le stesse informazioni di quello originale
non `e possibile scegliere in modo casuale la frequenza di campionamento, ma deve essere rispettato il teorema del campionamento o di Shannon. Questo
afferma che: un segnale analogico il cui spettro si estenda dalla frequenza nulla
a quella fM pu`o essere completamente rappresentato da una sequenza di campioni
regolarmente spaziati, ottenuti con una frequenza di campionamento non inferiore a
2fM , ovvero quando sia verificata la condizione f c 2fM .
La frequenza critica fc /2 prende il nome di frequenza di folding, mentre la frequenza minima di campionamento richiesta per prevenire laliasing, ovvero due volte
la frequenza pi`
u elevata contenuta nel segnale prima del campionamento, prende il
nome di Nyquist rate. La met`a della Nyquist rate, ovvero la massima frequenza della componente armonica contenuta nello spettro, prende il nome di Nyquist
frequency. Il non rispetto del teorema del campionamento comporta linsorgere dellerrore dellaliasing. Per interpretare il campionamento si pu`o considerare il segnale
analogico x(t) a banda limitata, modulato mediante un treno periodico di impulsi
s(t) aventi durata infinitesima rispetto al periodo di campionamento Tc :
s(t) =
X
k=
(t kTc )
(4.1)
130
x(t)
3
2
1 s(t)
12
3
2
3
2
x(t)
t
2
x(t)(t kTc )
131
(4.2)
k=
+
X
2k
2 X
) = x
( kc )
(
S() =
Tc k=
Tc
Xc () = c
(4.3)
X(kc )( kc )
k=
dove X() e S() sono le trasformate di Fourier del segnale di ingresso e del treno
dimpulsi, k sono solo numeri interi e inoltre si `e posto c = 2fc = 2/Tc .
Il segnale campionato ha quindi come spettro quello del segnale analogico ripetuto periodicamente a frequenze multiple di quelle di campionamento. In Fig. 4.2 sono
riportati sia un singolo possibile spettro di un segnale analogico a banda limitata
(a), la sua replica traslata di multipli interi della fc nel caso di assenza di aliasing
(b) e le repliche sovrapposte nel caso di non rispetto del teorema del campionamento
(c).
La Fig. 4.2 (c) mostra che nel caso in cui la frequenza di folding sia inferiore alla
frequenza fM si ha la sovrapposizione, anche se parziale, delle ripetizioni periodiche
dello spettro del segnale, ovvero si ha laliasing delle frequenze pi`
u elevate (comprese tra la Nyquist rate e la frequenza fM ) con frequenze inferiori alla frequenza
fc /2. In particolare si ha una rotazione di 180 delle frequenze superiori a quella
di folding intorno a questa. I nuovi valori delle frequenze false dovute allaliasing
si ottengono facilmente dalla differenza fra la frequenza di campionamento e quelle
comprese tra la frequenza di folding e la fM . Nel caso in cui queste nuove frequenze
si sovrappongano a frequenze gi`a esistenti nello spettro del segnale analogico, si ha
il fenomeno dellinterferenza armonica.
Una pi`
u facile comprensione dellerrore di aliasing si ha se si considerano segnali o
con una sola armonica o con uno spettro discreto costituito da poche armoniche. Per
esempio in Fig.4.3 (a) e (b) sono mostrati un segnale sinusoidale a 50 Hz campionato
a 75 Hz con la ricostruzione del segnale campionato, che presenta una frequenza falsa
di 25 Hz (Fig.3.4a), e gli spettri di un segnale con componenti armoniche a 50 Hz,
100 Hz e 150 Hz, e di quello campionato con una frequenza di campionamento pari
a 180 Hz (Fig.3.4b). In Fig.3.4(b) `e quindi mostrato come un campionamento a
180 Hz di un segnale contenente componenti a 50 Hz, 100 Hz e 150 Hz d`a luogo a
un segnale campionato che presenta frequenze spurie a 30 Hz e 80 Hz. Si `e avuta
cio`e una traslazione delle frequenze pi`
u elevate verso le basse frequenze, anche se
la componente fondamentale a 50 Hz non ha subito interferenze, cosa che sarebbe
accaduta se si fosse campionato a 150 Hz o a 200 Hz.
Unestensione del teorema del campionamento `e relativa a segnali con banda non
comprendente la frequenza nulla. Per essi `e possibile ricostruire il segnale senza per-
132
t
2
x(t)
t
2
x(t)
t
2
133
ribaltamento dello spettro del segnale campionato intorno alla frequenza di folding
consente la ricostruzione dello spettro del segnale originario. Per esempio un segnale
il cui spettro abbia frequenze comprese tra 1 kHz e 1.5 kHz, se campionato a 2 kHz,
presenter`a lo spettro del segnale campionato con ampiezza di banda compresa tra
500 Hz e 1 kHz. Lo spettro del segnale originario si otterr`a ribaltando lo spettro del
segnale campionato intorno alla frequenza di folding, in questo caso pari a 1 kHz.
` bene per`o sottolineare che la eventuale presenza di componenti al di fuori delE
la banda di frequenza considerata potrebbe determinare fenomeni di interferenza
armonica, rendendo difficile la ricostruzione accurata del segnale originario.
1 x(t)
t
1
1 x(t)
t
1
Figura 4.3: Due esempi di aliasing
Il rispetto del teorema del campionamento consente di evitare gli errori di aliasing. Purtroppo sorgono diverse difficolt`a quando si deve operare concretamente.
Infatti la finestra di osservazione determina una limitazione nel tempo del segnale
analogico da analizzare, dando luogo a un segnale teoricamente con spettro infinito,
il che causerebbe inevitabilmente una sovrapposizione delle repliche traslate dello
spettro del segnale. In altri termini lerrore di aliasing `e teoricamente sempre presente. Lunico modo per evitare la sovrapposizione delle repliche traslate dello spettro
del segnale `e quello di limitarlo in banda prima di campionarlo, il che pu`o avvenire
con opportuni filtri. Solo un preventivo filtraggio del segnale analogico permette
la successiva corretta discretizzazione. Naturalmente il filtro dovrebbe sopprimere
solo le componenti spettrali che abbiano contenuto energetico minimo, in modo da
limitare le distorsioni del segnale filtrato. Il filtro analogico in ingresso al sistema
digitale sar`a del tipo passabasso nel caso in cui la potenza del segnale sia concentrata alle basse frequenze, decadendo rapidamente a valori dampiezza trascurabile
oltre una certa frequenza, e un passabanda in caso contrario, per esempio quando si
tratti di segnali modulati.
Si `e detto che oltre allerrore di aliasing il campionamento comporta anche lerrore di troncamento, legato al numero di campioni necessariamente finito per le
134
limitazioni sia della memoria sia del tempo di esecuzione della misura. Ci`o determina spesso una perdita di informazioni, contenute nella parte troncata del segnale.
Mentre per segnali transitori lerrore `e di scarsa rilevanza se si `e in presenza di un
rapido decadimento, come per esempio negli esponenziali e nei segnali gaussiani,
per segnali sinusoidali o multifrequenziali o transitori con valore a regime non nullo
lerrore di troncamento pu`o essere notevole. In Fig. 4.4 sono riportati alcuni esempi
di segnali troncati dove si `e indicato con Tw la durata della finestra di osservazione.
1 x(t)
Gli spettri dei segnali finestrati sono in genere differenti da quelli dei segnali analogici originari, a causa sia della fase iniziale del campionamento sia dellinterruzione
pi`
u o meno brusca del segnale al termine della finestra di osservazione. Vengono infatti introdotte delle false discontinuit`a al segnale analogico che causano linsorgere
di frequenze spurie nello spettro.
Da un punto di vista matematico loperazione di finestratura equivale a limitare
ad un numero pari ad N i campioni e a moltiplicare ogni campione del segnale per
una funzione peso wrett (t), con t compreso per esempio tra Tw /2 e Tw /2, dove
Tw = N Tc . La finestra `e inoltre di durata limitata definita dalla relazione:
wrett (kTc ) =
1 |k| N/2
0 |k| > N/2
(4.4)
(4.6)
che `e la convoluzione tra lo spettro del segnale, quello della funzione finestra campionata W () e quelli della finestra rettangolare e del treno dimpulsi. Tale convoluzione pu`o essere eseguita sequenzialmente in quanto la convoluzione nel dominio
135
M
1
X
(1)m Am cos
m=0
W () =
M
1
X
m=0
(1) Am Wrett
2
mt
Tw
2 Tw
(4.8)
(4.9)
136
COEFFICIENTI
AMPIEZZA
DEL LOBO
PRINCIPALE
dB
-13,3
-31,5
= -43,1
Rettangolare A0 = 1
Hanning
A0 = A1 = 0, 5
Hamming
A0 = 0, 54 A1
0, 46
Blackman
A0 = 0, 42 A1 = 0, 5 -71,5
A2 = 0, 08
BlackmanA0
=
0, 42323 -98,1
Harris
A1
=
0, 49755
A2 = 0, 07922
AMPIEZZA ERRORE
BANIN AMDA
DI PIEZZA
RUMORE
1
1,5
1,37
-36,3
-15,1
-18,1
1,7
-12,2
1,98
-9,32
sinusoidale. In base al tipo di segnale troncato `e necessario studiare particolari tecniche di compensazione per ridurre lerrore di troncamento ovvero per stimare nel
miglior modo possibile lo spettro del segnale originario.
Come indicazione conclusiva si pu`o affermare che prima di eseguire un campionamento `e necessario conoscere, almeno in modo indicativo, il tipo di segnale da
analizzare e il suo spettro. Quindi in base a queste informazioni si deve operare per la migliore scelta sia della frequenza di campionamento sia della finestra di
osservazione.
4.3
137
Xt extmin = q =
XFS
2n
(4.10)
n1
X
Ai
2ni
i=0
(4.11)
(4.12)
138
stati in uscita
8
7
6
5
4
3
2
1
codice di uscita
Questa differenza tra valor massimo e valore di fondo scala non crea particolari
problemi, in quanto di essa si tiene conto nel corso della taratura del convertitore.
In Fig. 4.5 si `e indicato con FS il valore di fondo scala, per semplicit`a di scrittura,
inoltre si `e scelto come primo livello di soglia analogica FS/16, mentre i successivi
risultano: 3FS/16; 5FS/16; 7FS/16; 9FS/16;11FS/16; 13FS/16. La funzione di
trasferimento ideale `e quella che passa per i punti di ascisse FS/8, FS/4, 3FS/8,
FS/2, 5FS/8, 3FS/4, 7FS/8, ai quali corrispondono i 7 stati digitali tra gli otto
possibili, in quanto il primo `e assegnato al livello nullo di tensione in ingresso.
111
110
101
100
011
010
001
000
LSB
2
111
110
101
100
010
001
0
FS
8
F S 3F S F S 5F S 3F S 7F S
4
8
2
8
4
8
FS
LSB
2
LSB
2
LSB
2
F S F S 3F S F S
8
4
8
2
Dallesame della Fig. 4.5 si evince che la conversione analogico digitale comporta sempre una perdita dinformazione tra i livelli di soglia analogici e quindi una
distorsione in uscita del segnale analogico dingresso. Lerrore di quantizzazione `e
intrinseco alla natura del processo di conversione e non `e eliminabile in alcun modo. Esso pu`o considerarsi un rumore dinamico o di quantizzazione che si somma al
segnale utile. Il rumore di quantizzazione ha un andamento tipico a dente di sega
con ampiezza variabile tra 0 e q/2 per la particolare scelta del primo livello di
soglia analogica, operata in Fig. 4.5. Poich`e lampiezza dellerrore di quantizzazione
`e inversamente proporzionale alla potenza 2n , lunico modo per ridurre il rumore di
quantizzazione `e quello di aumentare il numero di bit, ovvero di migliorare la sua
risoluzione. Il valor medio del rumore di quantizzazione `e nullo, mentre la sua deviazione standard e la varianza risultano, come `e facile verificare in base allandamento
di tale rumore riportato in Fig. 4.5 rispettivamente:
Parte II
Esercizi
139
4.4
141
Esercizio 4.4.1. Misura di una resistenza elettrica con media aritmetica di pi`
u misure
pari a x,y. Alla media si pu`o attribuire unincertezza dello z% inoltre si `e valutato
un bias di t, d, con unincertezza del r%. Dopo aver effettuato la correzione e
valutato lincertezza complessiva si esprima il risultato della misura.
Esercizio 4.4.2. Misura di resistenza con metodo voltamperometrico. La tensione
misurata risulta di y, cV, con un errore dello x, g%, la corrente `e pari a k, sA,
misurata con lo stesso errore. Si calcoli lerrore sulla resistenza impiegando i metodi
del caso peggiore e del caso pi`
u probabile.
Esercizio 4.4.3. Misura di tre grandezze a = s y%; b = z t%; c = u v%, si
calcoli lerrore relativo sulla quantit`a x = f (a, b, c)
Esercizio 4.4.4. Nel calcolo del prodotto a b, il calcolatore sommi b volte a. Se
lerrore di troncamento per ogni iterazione `e dello t, z%, si calcoli lerrore finale sul
prodotto.
Esercizio 4.4.5. Misurare con una termocoppia una temperatura di x, y C. Lo strumento misuri una tensione di t, zV. Il candidato calcoli sia la costante di taratura
dello strumento, sapendo che esso `e un numero intero, sia lincertezza percentuale
da cui `e affetta la misura e fornisca il risultato finale.
Esercizio 4.4.6. Dal foglio illustrativo dello strumento si evince che il costruttore
assicura unincertezza dello x% per tre anni. Da una serie di misure ripetute di
resistenza elettrica risulta un valor medio pari a y, z, con t scarti dello w, f %. Si
dia unindicazione della imprecisione delle misure e si dica cosa occorre fare dopo
tre anni.
Esercizio 4.4.7. La misura di tre resistenze elettriche in serie abbia fornito i seguenti
risultati, con accanto gli errori di misura: x y; ; 3 . Il candidato
calcoli il valore della resistenza equivalente e lerrore relativo.
Esercizio 4.4.8. Misura di una resistenza elettrica con media aritmetica di pi`
u misure
pari a y, x, se alla media si pu`o attribuire unincertezza dello u, v% ed inoltre si `e
valutato un bias di h, con unincertezza del m%, il candidato calcoli laspettazione
sia della media sia del misurando, ipotizzando le incertezze positive.
Esercizio 4.4.9. Ipotizzando di aver effettuato v misure, che la media aritmetica
risulti y, xmV, che gli scarti per quattro misure siano bmV, per tre cmV e per le
altre tre dmV, calcoli i momenti centrali di ordine 0, 1, 2e3.
Esercizio 4.4.10. Si ipotizzi di aver effettuato x lanci di due dadi e di aver ottenuto
y volte il risultato a, z volte il risultato b, t volte il risultato c, p volte il risultato
d, s volte i risultati e, f eg, e k volte i risultati h, i, lem. Si calcolino le frequenze
relative dei dodici risultati e se ne faccia il confronto con le probabilit`a teoriche.
Esercizio 4.4.11. Si ipotizzi di avere una p(x) = f (x, q) nellintervallo (a, b) e 0
altrove. Si calcolino q, in modo che sia rispettato il principio di normalizzazione, e
laspettazione .
142
Esercizio 4.4.12. Valore atteso e varianza di misure di tensione elettrica con i seguenti risultati: a, b, c, d, e, f, g, hmV (si ipotizzi una probabilit`a uguale per tutti i
dati). Si valuti quindi lincertezza con valutazione di tipo A e si esprima il risultato
di misura con un fattore di copertura k = t.
Esercizio 4.4.13. Si valuti il valore del fattore di copertura che assicuri una probabilit`a di occorrenza della misura pari al d% per una distribuzione uniforme.
Ricordando che ad una probabilit`a del g% in
4.5
143
144
Esercizio 4.5.15. Si consideri una radiazione con una lunghezza donda pari a y m
e contenuto energetico pari a zJ. Assumendo per la carica dellelettrone 1, 61019 C,
la costante di Plank il valore di 6, 61034 J s e la velocit`a della luce nel vuoto il valore
di 3108 m s1 ipotizzando un fattore di efficienza del materiale impiegato pari a t, si
fornisca la corrente misurata dalla cella fotovoltaica e la sua costante di taratura.
Esercizio 4.5.16. Si supponga di avere un sensore al quarzo misuratore di forze con
costante di taratura pari a bN V1 . La superficie del sensore `e di Acm2 . Ricordando
che la sensibilit`a del quarzo `e di 5 102 V m N1 , il candidato calcoli lo spessore
della piastrina e spieghi cosa fare per triplicare la sensibilit`a di misura.
Esercizio 4.5.17. Si consideri un bolometro di dimensioni a b c con un fattore k
di efficienza di assorbimento del materiale impiegato pari a y rispetto al corpo nero
(k = 1) e coefficiente piroelettrico pari a mV K1 . Ricordando che nella legge di
Stefan Boltzmann `e allincirca uguale a 5.67 108 W/m2 K4 , si calcoli la costante
di taratura del bolometro e la quantit`a di calore irradiata da un corpo caldo che porta
la temperatura del bolometro a nK.
Esercizio 4.5.18. Si dispone di quattro estensimetri con costante estensimetrica pari
a x e di resistenza pari a nk ai quali pu`o essere applicato un allungamento unitario
pari a t con sforzi di segno opposto. Per la misura della variazione di resistenza si
dispone di un ponte con alimentazione a mV. Si scelgano le resistenze per la configurazione a ponte intero, fornendo la tensione di squilibrio misurata ed evidenziando
come sia possibile eliminare leffetto della temperatura.
Esercizio 4.5.19. Si abbia un sensore ad effetto Hall che in presenza di un campo
dinduzione magnetica di xWb m2 d`a luogo con la circolazione di una corrente
di kmA, a una tensione di Hall pari a pV. La piastrina di arseniuro di indio ha
dimensioni a b cm. Si determinino la costante di taratura del sensore impiegato
come misuratore di induzione magnetica, la densit`a di corrente nella piastrina, il
campo di Hall e linduzione magnetica quando il voltmetro segna nV.
Esercizio 4.5.20. Si abbia un sensore ad effetto Hall che in presenza di un campo
dinduzione magnetica di xWb m1 d`a luogo con la circolazione di una corrente
di kmA, a una tensione di Hall pari a pV. La piastrina di arseniuro di indio ha
dimensioni a b cm. Si ipotizzi che il sensore sia impiegato come misuratore
del numero di giri di una ruota che ha un magnete mobile che eccita la piastrina di
arseniuro con un campo dinduzione magnetica di tWb m1 ogni giro. Si calcolino
la frequenza e lampiezza degli impulsi quando la ruota compie duecento giri in un
minuto e il tragitto percorso se la ruota ha un raggio di bcm.
Esercizio 4.5.21. Un sensore con coefficiente di temperatura pari a xC1 e di resistenza a 0C pari a n k `e applicato su una superficie a tC. Per la misura della
variazione di resistenza si dispone di un ponte con alimentazione a bV. Si scelgano
le resistenze per lequilibrio iniziale del ponte con valore della resistenza a 0C, fornendo la tensione di squilibrio misurata quando il sensore `e applicato al corpo caldo
e si evidenzi come sia possibile eliminare leffetto di variazione della temperatura
ambiente.
Esercizio 4.5.22. Si consideri un resistore lineare di cermet lungo xcm e di resistenza
pari a y. Il resistore potenziometrico `e alimentato da una batteria di zV. Il
145
candidato indichi le posizioni del cursore quando il voltmetro segna aV; bV; cV; dV.
Illustri poi il circuito di misura chiarendo le caratteristiche dei componenti impiegati
e fornisca la costante di taratura del misuratore di spostamenti.
Esercizio 4.5.23. Si sono provati x dispositivi uguali per y mesi e si sono verificati t
guasti si calcolino laffidabilit`a del dispositivo, il tasso di guasto durante la sua vita
utile, stimata a l mesi, e la disponibilit`a, sapendo che lMTTR `e di p giorni.